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o «
CORSI
DI
GLOTTOLOGIA,
DATI
NELLA KEGU ACABEHU SCIENTIFICO-LETTEBARIÀ DI MILANO
DA
G. I. ASCOLI.
VOLUME PRIMO.
FONOLOGIA COMPARATA
DEL SANSCRITO, DEL GRECO E DEL LATINO.
TORINO E FIRENZE,
ERMANNO LOESGHEIl, LIBRAJO-^EDITGKE.
1870*
LEZIONI
DI
FONOLOGIA COMPAMTA
DEL SANSCRITO, DEL GRECO E DEL UTINO,
DATB
NSLLÀ SEGU ACADEHU SOENTIFIOO-LETTESASU DI HHAKO
DA
G. I. ASCOLI.
TORINO E FIRENZE,
EBMÀNNO LOESGHER, LIBBAJO-EDITOBJB.
1870.
S^. C . 3
Riservato ogni diritto di proprietà e di traduzione.
MILANO, 001 TIPI Ì>I ÈI^ItBEPPE BERNARDOMI.
GEROLAMO PIGGHIONI
TESSERA
DI AFFEZIONE REVERENTE
PREFAZIONE,
Ije lezioni di Fonologia comparata del sanscrito, del
greco e del latino, che si conterranno in quésto volume,
formano il primo dei quattro Corsi glottologici che ora mi
accingo a pubblicare. Saranno i tre altri: la Introduzione
generale alla morfologia, la Morfologia comparata del
sanscrito, del greco e del latino, e la Fonologia irana.
Vincoli molteplici stringeranno naturalmente fra di loro
questi diversi miei saggi; ma ciascun d'essi potrà stare
tuttavolta di per sé.
Le lezioni di fonologia fndo-italo-greca furono primamente
tenute nel primo semestre dell' anno academico 1861-62.
I diretti sussidj , ai quali io era allora limitato , si ridu-
cevanò, in parte per mia volontaria e pensata astinenza,
alla Grammatica comparata del Bopp, alla prima edizione
vili
delle Indagini etimologiche del Pott, e ai primi dieci vo-
lumi del giornale di Kuhn! Più tardi, com'era mio debito,
tentai di far mio prò di quante altre scritture risguardanti
la fonologia si sono pubblicate, e prima e poi, nell'in-
dustre Allemagna ed altrove, insieme continuando in-
torno ad esse l'opera mia propria. Ma il disegno e gl'in-
tendimenti e il metodo delle mie lezioni, sono rimasti
invariati.
• Ricantare le lodi dei bei nomi alemanni che rifulgono
sopra questo campo, ormai può parere omaggio superfluo.
Tutti sanno, quanto debba al genio del Bopp anche la fo-
nologia comparata, sebbene la creazione del grande mae-
stro si abbia piuttosto a dive morfologica; tutti ancora co-
noscono, come il Pott, r oltrepotenza del cui ingegno si
accoppia ad un'attività che è miracolosa, sapesse estendere
air intiera famiglia indo-europea quell'opera di ricostruzione
fonetica che la mente sovrana di Giacopo Grimito ha com-
piuto per le favelle dei Germani. A tutti è noto, del pari>
come anche in questo campo abbia stampato profondissime
orme quel robusto antesignano di più schiere che è Teof-
dóro Benfey; e anche tra noi ormai si ammirano, a buòtt
dritto , r assetto dottrinale di cui alla inano maestra di
Augusto Schleicher andrà perennemente debitrice la no^
stra disciplina, e l'opera geniale, sicura, fecondissima di
Giorgio Curtius, e la dotta e cauta mole dei lavori fon-
daiaentali di Guglielmo Oorssen. Né gli studj del Kuhn,
di Leone Meyer, e di molti altri che non nomino, in ispecis
tra i cultori^ anche, non alernsinni, di altre provineiè che
IX
là indo-itàlo-gTeca noù sia, hanno bisognò pur essi degli
elogi di tale, che mostra e dice cosi di frequente la uti^
lità che ne ha tratto*
Men superfluo, per avventura, il tocòàr con brevità de*
gli intendimenti e delle consideraaioni, che hanno in ispé»
eie regolato quella parte dell' opera tuia , alla quale metto
in fronte queste parole,
L' iddàlé era questo : condurre chi mi seguiva, capo pet
capo, dai primi eleménti in sino alle ultime squisitezza del
sapere, senza fargli provare alcuna scossa, senza che la
lucidità venisse mai meno, senza che la èspositio^e dis-*
dicesse a quella continuità naturale che è ne' molteplici
svolgiilienti dei germini primitivi.. Imperocché, dall' un GantD>
il confesso> io sento un cèrto orrore pei compeudj di fo*
nológia comparata. 8e in generale si può diire che una
qualsiasi disciplina non si raccorci senza sforinai^i, della
hÓ6tr& si può, mi sembra, a dirittura afl^rmare^ che nel
restringersi ella affatto si snaturi. Cosi in órdine alla en-^
tità del sud subietto, éome rispetto alla quantità del suo
progresso, là fonologia comparata mal si afferma per quello
scarso numerò di risultante che si possano con brevi pa^
rote enunciare; il quale, scarso come pur è, o deve^ per
artificiale sobrietà, nascondere ciò che ancóra resti in lui
di probletiiatico, oppure, se non si vuole scompagnare dà^
gli scrupoli della sciènza, apparisce chiazzato di dubbj,
per modo che non dia uh congruo concetto di quella tasta
altezza che i conquisti sicùd hanno ormai conseguito, I
continui avanzamenti, dei quali il nostro studia si ralle-**
gra, potranno forse, col tempo, render molto più agevole
la composizione di tali compendj che riflettano in giuste
proporzioni l'intiero corpo della dottrina; ma per ora siamo
a questo, che trattandosi di scienza nuova, e da pochis-
simi posseduta per intiero, chi si arrischia ai transunti
abbia le mosse tutt' altro che sicure, cosi che spesse volte,
quando egli raccorcia o tace, non ceda già in questo, con
libero giudizio, ai riguardi della opportunità didattica, ma
ceda piuttosto alla paura che è in lui di smarrirsi per via.
Dair altro canto a me pareva , che delle parti piii ardue
della nostra indagine, alcune già fossero mature per una
esposizione sistematica, e più altre si potessero, con qual-
che raggio di energia , portare anch' esse a maturanza
uguale. Ma pur le nozioni facili e volgari dovevano, nel
mio concetto, rassodarsi ed esser poste in miglior luce
per virtù di quella maggior copia d' argomenti che si è
venuta sparsamente accumulando; Quindi il proposito del
trattato compiuto, nella presunzione che le cose facili non
avessero a tediare i provetti, perchè svecchiate, né le ar-
due a stancare chi incomincia, perchè' la salita non fosse
punto scoscesa. L'ampiezza delle proporzioni mi sembrava
anche desiderabile affin che lo studio della cronologia e
dell'istoria naturale delle evoluzioni fonetiche s'incomin-
ciasse a vedere nella sua interezza, e affin che il discorso
intorno al sanscrito si potesse finalmente provare a tutto
quello sviluppo ond' è capace, principalmente per quanto
concerne l'intima istoria dell'individuo indiano per sé me-
desimo, e le sue attenenze con Tirano. E una larga ven-
XI
tilazione delle diflScoltà e dei dubbj, ed una serie di sva-
riati riassunti, non si potevano, a mio giudizio, escludere
da chi volesse porgere un quadro veritiero dello stato,
deir importanza, della mirabile efficacia di questa disciplina.
Per la qual via si doveva eziandio ottenere, che non riu-
scisse mutilOj dissonante dal sapere complessivo, il ra-
gionamento che per necessità di scuola riduce il suo sub-
ietto principale a scarso numero di lingue; e insieme si
dovevan fare di comun patrimonio molte percezioni che si
stavano appartate e quindi non avevano ancora sviluppato
tutta la loro efficacia, molte notizie che sempre ancora si
andavano quasi susurrando fra gli adepti, anziché essere
introdotte in un perspicuo inventario, che rendesse facile
a chi ci segue il superarci. E se, dall' un canto, la cau-
tela più scrupolosa non dovea mai così venir meno, né ad
autorevoli sentenze altrui sostituirsi mai tacitamente quella
dell' autore ; questi , dall' altro, doveva porre l'opera propria
in ogni parte, non lasciare intentata alcuna vena, e ac-
cennar senza paura, dalle cime superbe dei colli ormai
posseduti, alle terre promesse dell'avvenire.
Io parlo del mio ideale, come già dissi, e non del mio
libro, del quale ben so quanto grandemente rimanga lon-
tanò da quello, comechè ad esso naturalmente s'informi.
Ma lo stesso ideale era assai rimoto, alla sua volta, dal-
l' assunto ben più cospicuo che la fonologia comparata si
potrà un giorno prefiggere, tal che in essa tramontino,
per molta parte, quegli ardui problemi morfologici, la cui
soluzione è da altri oggidì cercata su per le balze del ra-
XII
zioeinio vago o della fantasia. La discussione de' quali pro-
blemi , ohe io dapprima contessevo^ prò virili fCkfUi ^U^
Morfologia comparata del sanscrito, del greco e del la--
tino, fini per fare corpo da sé in quella chQ Q?a ehiamp
Introduzione generale alla morfologia. Lo studiOi airin-^
contro, delle evoluzioni isteriche delle singole fav^ll^, come
mi condusse a considerare gli idiomi neq-greci e i neo-la-
tini, e con naturale predilezione i secondi, oosl mi portò,
sin dal principio del mio insegnamento (1861-63), a tpfit-^
tare, in separate lezioni, sì degli sviluppi medievali ^ mo-^
derni della favella degl'Irani, e sì di quelli della parola
ariana dell* India. Delle indagini intorno all^ prim^, dari
saggio la Fonologia irana; ma la scarsità d^i su^^idj mi
ha impedito di portare lo studio d^gl' idiomi pr^'Oritici ^
quella maturità che io sperava. Poiché rit^tli^ uupv^ hs^
bensì istituito, con una larghe«2£i che Ift onop?^, molti ìut*
segnamenti glottologici ed onentali; ma i reggitori della
pubblica istruzione, distratti da cure più urgonti, nop. ^\
sono forse pèrànco fermati ftl pensiero, ohe le nostre ca^
tedre, senza doviziose bibliotecho ad esse spicciali, sono
altrettanti istituti astronomici cui manchino lo ^pocole od
i telescopj. E d'altronde, eccome quel welo, ft cui si ri»-
volgono i nostri sguardi, non ha bisogno di es^er^ con-
templato da punti diverbi dellj^ peni^oji^, così si potrebbe
forse ancora chiedere perchè non si concentrino qu^st^
.catodre ed insieme ì loro sussidj, sì che $en?a. maggior
fiomma, di sacrifi^j s'accresca a molti doppj Ift stentata ,at*
tività delle forze sparto.
XIU
Ma, 8^à2a più dire della penuria degli àjuti^ pur ^ullb
altre difficoltà e sulle incertezze onde io era cipcòsidato}
in parte attenenti alla mia p^ìfeotia ed in pì^rté a bàùse
gNeherali , io non mi &dno "pèt yet'o mai fatta illusione. ] Il
doppio assunto di giovare nello stesso scritto, nella istessa
lezione, neila stéssa pàgina^ agli incipienti ed ^ì provetti^
cosi èòm'è étato pef me una voluttà continua e il proprio
incentivo d'ogni mia attività letteraria, cosi ne è'fitato per
aVvéntul-a Y inciampo più grave. Se però qnest& d-òppiò
assunto già pei* buona parte si legìttima, com' èbbi di ttO-
pra ad accennare, dalle Condizioni nelle quali vètsà per de •
medesima la nòétra dièèiplina, esso ancorai èI può diye, ié
Creàò, naturai conseguènza dell'essere nói italiani venuti
gli ultimi su qn^ésto òampo, e quindi feentiròi bramosi di
presto imprimere qualche orma nòstra nel ricalcare le al*-
trui. La latitudine ins'olita, che mal misurando le fòrze ho
voluto dare alle mie indagini, è anch'essa effetto di caUldà
non diversa; poiché dove son pochi che lavorano, e l'o-
pera pare urgente, la distribuzione delle parti non pnd
esser quella delP officina in cui gli artefici si accalcano.
Alla avidità naturale pur si aggiungeva il desiderio di ri*-
spendere in modo condegno all' invito e al pensiero di T<e-
ronzio Mamiani, iniziando sopra larga base gli studj a me
demandati nella nostra Acàdemia. GÌ' intendimenti della
(juale si sono poscia mutati , senza cessare per questo d'ei^
ser nobilissimi; ma ìò, per. la mia parte, dopò avere spiè^
igato troppe Vele, ho dovuto ammainàrie quasi tutte; e Cò'tà
la pubblicazione de' miei Còrsi, Che è forse Un feimbolè
XIV
di speranze redivive, è insieme un testimonio di speranze
mancate.
Nella Germania, che si può dir madre e altrice di que-
sti studj, essi incontrano tuttavolta una certa opposizione
fra i cultori delle discipline classiche, e quindi tra' reg-
gitori delle scuole. Della quale opposizione molti però par
che si facciano, fuor di Germania, un'idea non poco dis-
forme dal vero. Pochi sono naturalmente quei filologi te-
deschi, se pur ve ne sono, che neghino verità e impor-
tanza alle discipline comparative, le quali hanno ormai
fatto rivivere lingue e nazioni, sepolte da lunghi secoli
nell'oblio; oppure che si illudano per guisa, da stimar che
la micrologia ermeneutica abbia a pesare nella bilancia
dello scibile quanto l'istoria scientifica della parola, che
è l'istoria scientifica della natura umana, delle nazioni e
della civiltà. Ma l'opposizione, in quanto non derivi da
semplice p^ura del nuovo, proviene dall'apprensione, non
punto illegittima, che irrompa nelle scuole, con danno
della severità degli studj, la pericolosa presunzione dello
scoprir facilmente, del potersi valere con facilità di tali
strumenti, che non sono impunemente adoperati da chi
non abbia lungo esercizio e molto vigore. La efficacia e
insieme la cautela dei buoni procedimenti comparativi, la
loro utilità razionale e pratica, vengono però vincendo le
spassionate resistenze, mano mano eh' essi rassodansi in
libri dottrinali e sieno principalmente sperimentati sopra
gl'idiomi ed i vernacoli natii; né v'ha, del restante, scuola
paese, che non si debba finalmente inchinare alla ve-
XV
rità. Intanto i glottologi! italiani, sia ventura o sia sven^
tura loro, di simili opposizioni, ufficiali o didascaliche^ noii'
ne incontrano affatto. Le indagini che discorrono per am-
pia distesa di tempo e di spazio e di còse, quali appuntò
sono le comparative, qui si rallegrano di favore grandis-
Simo, e nelle alte e nelle basse sfere, e le porte della scuola
sono largamente ad esse aperte. Ma quanto e qual frutto
si vede di tanto favore? Non deve egli parere talvolta, cKe
noi ci studiamo di dare ragione a coloro, i quali insistendo
sulla inopportunità di ammettere gli studj comparativi nelle
scuole, 'Sui pericoli de' sùbiti entusiasmi e delle applica-
zioni temerarie, accennano appunto al paese nostro, e in-
sieme aggiungono, con restrizione ancor più dolorosa, che
del resto non sia il caso fra noi di una disciplina che
disturbi l'altra, e che pur fuori della scuola non si vegga
alcun nobile rigoglio degli studj che tanto ammiriamo? È
egli proprio tutta calunnia, se dicono invalsa tra di noi
la presunzione che il lavoro si abbia quasi a ripartire fra
i popoli per modo che all' uno tocchi sudare a innalzar la
piramide e all'altro spetti la più squisita gloria di arzigo-
golare intorno ad essa? Di certo, anche gli studj italiani
furono calunniati; ma pur non ama la gioventù nostra
chi non la mette in guardia contro a queir abuso della
prontezza de' nostri ingegni, pel quale non di rado noi
sembriamo intenti a farci agili sempre più , anziché a
renderci vie più robusti. Ma 1' agilità delle squadre, per
quanto grande e mirabile, non basta di certo a espu-
gnar le fortezze ; è per chi non si appaga d' illusioni , v'ha
XVI
nella regióne in cui versiamo > e in Yixi regioni attigue^
una intiera «etid 4i quadriìatm <la oonquist^ure ^ prima
che stia autorevole e rispettata la indipendenza del pen-
siero italiano*
Se i miei libri potranno, nella sfera in cui si muovono,
contribuire pur in minima parte al conseguimento di que-
sto scopo supremo, io mi terrò ben pago della mia sorte.
E se ancora una parola mi è qui concessa, dove già me
ne son fatte lecite di troppe, questa sia di gratitudine
pei fidi amici e pei discepoli, che mi accompagnarono be-
nevoli sullo scabroso cammino. Perchè ad essi principal-
mente io devo, che mi sia rimasta una qualche fiducia in
me medesimo; devo ad essi d'aver potuto assistere con
animo impavido, tuttoché attristato, a qualche deserzione
ingenerosa.
Milano, 27 febbrajo 1870.
G. I. A.
• r
FONOLOGIA COMPARATA
DEL SANSCRITO, DEL «RECO E DEL LATINO.
LEZIONE PRIMA.
GSNNI PRSaUIWNARI.
f
Per^rammatóca comparato snolsi intendere l'analisi còm-^§ 1.
parativa dell'organismo di due o di più favèlle, ette si- diino-^
strino derivate da una fonte comune-
La fonologiay clie è la dottrina de* suoni onde si costituisce
1b parola; la morfologia, che è la dottrina delle forme e quindi
pur della funzione potenziale della singola pargola; ^ la* sln^
tassi ^^ che è la dottrina della funzione che la parola asidumé net
discorso, sono naturalmente le ^arti costitutive di ogni gram-^
fnatica comparata y cosi come il sonò di ogni grammatica
speciale.
.1 ...
Ma r analisi comparativa trae con sé di continuo anche lo
studio delle intime ragioni, vale a dire dell'intima istoria, de-
gli elementi ch'essa viene sceverando.
. ' ' ■ ... ^
Se nel contrapporre ài sanscrito ■ ^&- (veloce) l'equivalente
ÓM- (wxu-) de' Greci, consultati molti altri riscontri indo-elle-^
ilici e i termini corrispondenti di altre favelle della famiglia ;
riusciremo a determinare che vi abbia equivalenza tra p san-
scrito e k greco, noi avremo per questa parte esaurito lo strette
cómpitof, che si potrebbe dir^ il compito etimologico, di una j^-
nologia comparata. M^ noi saremp inoltre condotti quasi inevi/^
tabilmente a scrutare pur la ragione istorica e fisiologica di
questa equazione (& gt% ^ iP sscr.), la quale non ci era afferà
mata per identità- fonetica od ax^sUcU,
Ascoli, Fonai. indo-ìL'-gr. 1
2 § 2. SUBIETTO DELLO STUDIO.
Cosi , se col soccorso di numerose o di continue analogie
avremo trovato, che doii- (wxu-) consti di due parti, l'una
principale o radicale (ag = ak, oh), l'altra accessoria od asci-
tizia (-w), od avremo avvertito, che questa voce, cosi nel san-
scrito come nel greco, si munisca, affine di esprimere il no-
minativo mascolino al singolare , dell* aggiunzione finale che
suona 5 {dgU'S, òhù-s), il ristretto compito di una morfologia
comparata y cioè il compito che si potrebbe dire descrittivOy
sarebbe per questa parte esaurito. Ma noi daremo ancora quasi
irresistibilmente portati a tentar l'istoria di simili aggiunzioni,
anzi delle radici stesse; imperocché gli studj che concernono
la genesi della parola, se pur non sieno di esclusiva spettanza
della grammatica comparata, son però sempre da questa efSca-
cemente promossi e grandemente agevolati.
§ 2. Nella prima serie di queste Lezioni esporrò comparativa-
mente la fonologia del sanscrito, del greco. antico e del latino,
le quali tre favelle rappresentano tre sezioni assai cospicue di
quel nobilissimo sistema di lingue, che variamente si addi-
manda: ariano, indo-europeo, sanscritico, e men corretta-
mente: indo-germanico. Questo sistema di lingue comprende,
com'è notorio, oltre al gruppo indiano, elV ellenico e b\V ita-
lico, anche Virano o medo-perso, il celtico, il germanico e
il litU'Slavo *. . .
Lungi però dal rinserrarmi rigorosamente entro ai ristretti
limiti delle tre favelle che ho indicato, mirerò di continuo, per
la provincia italica , pure alle reliquie diciferate dell' osco e
dell'umbro, e agli idiomi neo-latini o romanzi; non dimenti-
cherò il greco moderno; e. mi permetterò inoltre di toccare
anche, le altre regioni del mondo ariano , quante volte ciò mi
* Ulteriori particolari intorno al sistema indo-europèo, si hanno
negli Studj orientali e linguistici, pag. 263*^7. Del litu-slavo si pos-
sono fare due gruppi distinti, il lituano e lo slave, rimane però, che
tra lituano e slavo passi un'affinità assai piti stretta, che non tra
ciascuno di essi e un altro qualsiasi dei gruppi indo-europei.
§ 2. SUBIETTO DELLO STUDIO. 3
parrà utile ed opportuno alla illustrazione di quelle tre che
più specialmente sono a noi assegnate. Per greco, o 'per un
determinato dialetto greco senz'altro, intenderemo l'antico; e
diremo vedico, o d'indiano arcaico, un fenomeno peculiare a
quell'antico dialetto ariano dell'India, che ci è conservato nel
Vedi, laddove diremo sanscrito, senz' altro, un fenomeno che
sia comune al linguaggio' vedico e a quello della letteratura
seriore, o un fenomeno, che pure essendo peculiare al linguag-
gio della letteratura seriore, il quale si suole addimandàre
sanscrito classico (e ammette alla sua volta la distinzione tra
V epico e il veramente classico), non richiegga che di questa
particolarità, la quale, a rigore, sarebbe implicita nello stesso
termine di sanscrito, sia qui per noi fatta menzione *.
* Io pronuncio, come sempre per Taddìetro tutti hanno pronunciato
in Italia : sanscrito (e pracrito), coir accento sulla penultima. Oggi ,
all'incontro, sembra prevalere fra gli studiosi italiani il vezzo di dire
sànscrito {eprdcrito) coli' accento sulla terzultima; la quale pronuncia
a me pare stòrtamente affettata, per le ragioni che ora mi permetta
di addurre. 1.^ Vero è bensì che saskrta, nel suo proprio signiflcjato
di ^confectus', 'ornatus', ha l'accento sulla prima sillaba, volendo la
regola generale che passi sul prefisso (sors) l'accento che nel parti-
cipio in ìstato semplice è sul suffisso (-^a; krtd). Ma nell' accezione
sostantiva di ^lingua sanscrita^, il vocabolo sàskrta avrebbe potuto o
anzi dovuto essere a dirittura ossitono (sasAr^^), poiché il participio
in --td conserva il suo proprio accento pure unito a' pre^fìssi, quando
assuma una significazione individuale; e cosi, restando al verbo che è
in sàskrta^ avremo niskrta (disposto, ecc.) coU'accento sulla terzultima
nella mera significazione partecipale, ma all'incontro nelle funzioni di
nome neutro (niskrta, luogo determinato, ecc.) lo avremo coU'accento
sull'ultima; ed anzi dello stesso sàskrta ricorre la pronuncia ossitona
in un luogo del Veda {rgvaida, V, 76, 2 = sdmavaida, II,, 8, 3, 15, 2),
dove il Benfey traduceva imprima: ^sagrificio', poi: ^Tornato', e il
Lessico di Pietroburgo, malgrado l'accento suU' ultima^ parrebbe non
altro scorgere se non la mera accezione participale (v. Benfey, Voll-
stàndige sanskrtt-grammatik^ § 647, Sàma-Veda^ pag. 48, 188, 291,
4 * § 3. METODO.
§ 3. Ad altre considerazioni preliminari ci chiama ora il mètodo
generale che la trattazione avrà: a tenere.
La scienza comparativa delle lingue ariane è a tal segno
progredita, che paò ricostruire, con sufficiente sicurezza, molta
parte della favella antichissima e perduta, onde esse tutte ri-
pètono origine. I suoni, i vocaboli, le flessioni^ i costrutti deU
r idioma fondamentale, che T opera induttiva della scienza fa
cosi rivivere, vogliono rappresentarci questa favella unitaria
neir ultimo grado che il suo sviluppo abbia raggiuntò ; vogliono
cioè rappresentarcela nelle condizioni che ie eran proprie in quel-^.
Tétà, che è immediatamente preceduta alle segregazioni per le
quali si è venuta à rompere l'unità degli Arj. Il sanscrito frw-dAi
(ascolta l), a cagione d' esempio, e T equivalente klù-thi àei gre-
co, rimonterebbero cosi, per vie normali, come a loro sorgente
comune, alla forma kru-dhi; la quale però, alla sua volta,
potrebbe non avere an<5ora esìstito , od avere esistito sotto a
sembianze diverse, iri età più rimote che non sia quella, in
BoBHTLiNGK-RoTH, Sariskrit-^Qrteròuch^ s, niskrta e karir sam)» Bel
rimanente, sashrta per ^sanscrito' non occorre mai ne' libri accentati:;
a aùche nel lingimggio seriore, pur dove essa voce viene a. significare
l'eloquio sanscrito, è sempre piuttosto il participio ^adornato', che hon
propriamente il nome delia lingua {sàskrta-bhdsàj sàs^a vàkfam)-^
6fr. A. Weber, Akademisòhe vorlesungen uber indische litèraìurge-^
schichte^ p. 168, Indische streifsnj 11,52-3; Boehtlingk-Koth, o. c,
li, 98. L'accento poi di pràkrta^ che deriva dal nome astratto prakrti
(natura, ecc.), non va confuso con quello di sdiskrta^ che deriva imme-
diatamente dal verbo kr {kar), -^ 2.^ Il vocabolo ^sanscrito' avendo
ormai veste e cittadinanza italiana, non si vedrebbe, ad ogni modo,,
perchè dovesse mantenere un'accentuazione così ingrata {».dnscr.,)^
Se pure questa per sé fosse corretta. Nessuno, io crédo, vorrà dire, a.
cagion d'esempio. Bramino o Bramano^ coli' accento suU'ultinia, ben-,
che sia tale l' esclusiva accentuazione del sostantivo sanscrito che
in questo vocabolo italiano è riprodotto (èrò/imawa). A chi final-
mente pronuncia dmrita (ambrosia) e sànscrito perchè « ripugni alla^
natura del r l'appoggiarvi l'accento », basterà il sapere, che appunto
in àmrtà l'acèento è sul r.
§ 3. METODO. 5
tui si riuniflcano le due diSerenfi favelle. Àddimandasi varia-
inente: lingua fondamentale indo^europea o indo^germanica ^
lingaa proto-ariana^ lingua del periodo unitario, questa fa-r
velia, antichissima e perduta, che si venue a rifrangere, per
r infinita serie de* secoli, in varietà cosi innumerevoli; e dicia-»-
mo quindi indo-europex^, o proto^artano^ od anche originario^
un fenomeno qualsiasi, che rappresenti inalterata la esistenza
-di lei.
Avutisi chiari i precipui contorni di questo prototipo ariano, isi
potè felicemente tentare di farne a dirittura il termine fondamen-*
tale e costante della trattazione comparativa. Il continuo punto
di partenza diventa in questo caso la favella jprofo*anana. Si
procede ad esporre quali riflessi ritrovino i singoli suoi elementi
nelle diverse lingue che ne sono provenute; e dalle particolari at-^
tenènze che passano tra la favella fondamentale e ciascuna delle
derivate, risultano, più o men direttamente» pur quelle che in-^
tercedono fra V una e V altra di quéste. È metodo che racco-
mandasi pel suo rigore logico, per la perspicuità che seco trae,
per la brevità che permetta Ed è bella e invidiabile gloria della
nostra disciplina, di quésta nuova specie di anatomia compa-*
rata, l'avere siffattamiente ricostrutto T individuo pre-istorico,
che questo agevoli ed assicuri V indagine intorno a tiittè quante
le varietà istoriche che né sono rampollate. Nessun* altra disci^
plina potè forse ancora vantare, come questa fa, che sia quasi
un procedere dal noto air ignoto il muovere da una sua propria
ereazione alla migliore intelligenza del reale.
Ma non si può d* altra parte negare , che , in primo . luogo;
simil metodo importi come un rovesciamento del naturale prò-*
cesso deir indagine, cosi che gP inesperti ne debbano andare
alquanto sgomentati. È metodo, che, in realtà rappresenta un
secóndo periodò di studj , nel quale si ripercorre a ritroso la
via che si è misurata nel periodo antecedente. Il confronto
dèlie diverse lingue superstiti ci fece imprima rimontare, per
induzione, alla sorgente proto-ariana, dalla quale ora si scen-<
dèrebbe a ricomporre, per via deduttiva, T istoria di quei sin*
6 § 3« METODO.
geli idiomi. Ma a volere che il principiante si abbia a muovere
di primo tratto in questa seconda direzione, si viene quasi ad
imporgli dogmaticamente una risultanza di cui siam chiamati a
capacitarlo, e si contravviene a quel procedere guardingo che
ci è ingiunto, anche per la parte espositiva , dalle non facili
condizioni in cui versa ancora la nostra disciplina. Agli scru-
poli in ordine alla opportunità, altri poi se ne aggiungono in
ordine all'accertamento scientifico di questa continua ricostru-
zione proto-ariana. Imperocché , i varj rami dell' albero indo-
europeo non escono dal comun tronco nò tutti ad un tempo
nò tutti ad un modo. Il sanscrito, a cagion d'esempio, e lo
zendo (che è idioma paleo-irano) rampollano, per comune con-
senso, da una favella, che ebbe vita distinta e individua dopo
che Tarianità europea già era divisa per intero dall'asiatica,
e. che però viene a rappresentarci il periodo da noi addimandato,
con uno di que' termini che mancano di assoluta esattezza ma
hanno per sé la piena evidenza, il periodo dell'unità indo^
irana. Di un fenomeno, che sia esclusivamente proprio al san-
scrito e allo zendo, o alle favelle indue ed irane che risal-
gono ad essi, che sia, vale a dire, esclusivamente indo-irano^
noi potremo dunque bensì argomentare, ricorrendo alle leggi ge-
nerali che le analogie ci hanno, fatto riconoscere, quale avrebbe
dovuta essere la sua figura proto-ariana ^ cioè la figura che gli
sarebbe stata pròpria nel periodo originario, se egli vi si fosse
effettivamente manifestato; ma è chiaro, che non potremmo già
per ciò affermare che questa manifestazione sia in realtà av-
venuta.' Ora supponiamo, per limitarci ad uno solo tra i casi
di men facile decisione, che si tratti di fenomeno il quale sia
comune al sanscrito, allo zendo ed al greco, ma estraneo alle
altre favelle indo-europee, come appunto sarebbe quello della
seconda persona imperativa in -dhi, -diy -«^t, che in sul principio
del discorso ho voluto addurre. Per inferirne con piena sicu-
rezza, che la rispettiva figura proto-ariana (kru-dhi) abbia
realmente esistito nel periodo della generale unità indo-europea,
e cheiSimil forma imperativa sia quindi stata perduta da quella
§ 3. METODO. 7
parte della famiglia che più non ce la mostra, converrebbe po-
tere affermare, il che neirattuale C0ndÌ2;ione dell' iiìdagine ne^i-i
suno^ sicuramente può,- che non vi abbiano dipartenze (}al comun
troncò, le quali risalgano ad epoca più remota che- non sia
quella in cui il greco e V indo^irano si stavano • ancora tra di
loro indistinti; poiché, altrimenti, si potrebbe trattare di tal
forma, cl^e si fosse sviluppata nel tronco' indo-ircma-greea dopo
che già erano avvenuti quei più rimoti distacchi. E pure quando
siamo ad eleibenti, od a forme, la cui esistenza nel periodo
deiìa, generale unità ci sìa attestata dal necessario complesso di
prove isteriche, rimane spesse volte qualche dubbio, più o men
lieve, circa il preciso modo in cui si abbia a fissare la loro figura
primordiale; dubbj che l'ardito proposito della integrale rico-
struzione del prototipo può facilmente indurre a troncar con
sicurezza un po*soverchia. Le quali obiezioni concinone bensì
più specialmente il vero e proprio vocabolario e la, morfologia f
ohe jion il sistema fonetico per so stesso; ma a questo pure,
come a* rispettivi luoghi potremo avvertire; non si; rimangono
^ià estranee. Nò vuoisi infine tacere , : venendo al caso partico-
lare, che la nuda trattazione sinòttica, e la sistematica seve-
rità della generale economia, punto non si confanno all'as-
sunto delle nostre Lezioni. Le quali aspirano per certo anche
«sse a formare un insieme lucido e metodico, e tanto più vi
aspirano, quanto è minore, ed anzi è nulla, la speciale prepa-
razione ch'esse suppongono in chi le segue; ma voglionp piut-
tosto essere larghe esposizioni,- atte a persuadere e ad invo-
gliare, che non raccolte di canoni, le quali sono insufScienti
per tutti e non sogliono parlare abbastanza effiqacemente se
non a chi è già bene addentro nel subietto.
Noi dunque non ci faremo a dedurre sistematicapaente il ter-
juine sanscrito, il greco, od il latino, dal rispettivo termine
proto-ariano; ma, nel confrontare tra di loro quei tre termini
istorici, non lasceremo però mai di spingere la nostra indagine
in sino al loro generatore comune; né ometteremo di riunire,
in luogo acconcio, i materi;aU che, avremo a mano a mano
S § 3. METODO.
n!o$^ Iti serbò per la ricostruzione paleontològica^ a cai si slU
ìn&é. Ragion ' pd Ttìolei che quando T analisi ^comparativa abbia
Hnun^ato a far del termino pr^isterioo il sào continuo filo
òrdiiiatórè, ès^a prendia regola alle proprie mosse da quel ter-*
txtinè superstite, il quale, nel suo complesso, meglio e piti eom-*
piàtaménte ritragga r archetipo, e sarà. il sanscrito. La qaal
veneranda favella àiiìV India ariana dee bensi cèdere/ in molti
Incontri , il vanto deir antichità maggiore, cìoà della jòiglior
eoni^ervazione, air una o all'altra delle lingue cha le sodo sorellìa;
è quindi pure, ed anzi in i^^ie, alla greca ò alla latina; ma ò
tale tuttavolta, veduta nel suo insieme, che a volerle anteporre,
neir òpera comparativa, il greco od il latino o un'altra qualsiasi
dèlie favelle ariane dell' Europa, a volersi cioè valere d' una di
quéste lingue Cóme di un mezzo continuo per illustrare pur Tor-^
ganìsiiio del sansorito medesimo, ^ adopererebbe in modo poco
diverso da chi possedendo due esemplari della stessa medaglia,
l'uno logoro; l'altro d'impronta ben conservata, volesse muovere
^dal primo alla dieliiarazione del secondo^ Nò l'Asia ha alcun' al-*^
tt*a favèlla che possa competere ool sanscrito neiruffido di ràc*
costare all'unità primiera le disformi apparente che si sono ve*
-nùte produdendo nel tempo e nello spazio. Imperocché lo zenda,
ofce è il lingtoggio delle- scritture attribuito a Zoroastro, e il
^ersó, cho è lar lingua ricavata dalle iscrizioni cuneiformi per*
'Siane ^ vale a dire la lingua persiana del periodo degli Aetia^
Tnènidi, sì trovano; bensì in tali condizioni, che grandemente
'i^i aecósrt;alio a qudle del sanscrito; ma, dall' un canto, non è
vero ,♦ comèchè sempre ahcora tra noi si ripèta , che spetti a
'questi idiomi palèo^irani una qualche generale preminenza' ia
confronto del sanscrito, anzi è vero, in ' significanti proporzioni^
il contrario; e dall'altro, se la preminenza ^tta^eto^it^a ^el san-
'scrtto non è di assai grande rilievo in confronto de' dtm idiomi
ii^ani , è all' im^ontro rilevantissima la sua preminenza qtianr
titativay scarsi essendo i monumenti letteràrj donde quelli ci
parlano, do vech& sono abondaiiti, eo^e ognuno * conosce^ queili
onde sì raccoglie il* tesoro' della linguli sànscrita; Se oi man-
§8. METODO. ■] ' ' '9
cassero gli antichi rappresentanti indo-irani della nostra fa-
vella, la palma toccherebbe al greco, il quale, in ordine al
grado di conservazione, dista molto meno da quelli, che- non
faccia da lui la parola itiJica, per non dire delle altre sorelle
europee, tutte inferiori di grado alla italica stessa ;^ sicché il
greco per vero ci appare quasi una ripercussione meraviglio-
samente genuina della favella ariana dell* Asia. Il latino non
avrebbe pure diritto a capitanare il gruppo italico, poiché l'osco,
quanto è al grado di conservazione^ lo supera; ma sta per la
lingua di Roma quella preminenza che testò dicemmo quanti--
iativa. Del rimanente, la nostra, similitudjne 4ei due esemplari
di una steissa medaglia più ben si adatta, generalmente par-
lando, e ove in ispecie si prescinda dalle assai splendide con-
dizioni della flessione greca, ai rapporti vicendévoli delle ^ram-
mqtiche propriamente dette,' vàie a dire al rapporto morfologico
Ira il sanscrito e gli idiomi ariani dell' Europa, che non a quello
dèi singoli loro suoni, che é la parte fondamentale della fòno-^
logia cornjparafa. Ma purè in questo campo è suflBcieritémehte
• - .■ '*.,"• '
Spiccata là superiorità complessiva' dèi sanscrito, perché ci sia
datò di riuscirò, con bastevole facilità, à buon fine, jprèndendo
in e^so a'guida il sistema fonetico che a quella lingua é'^ro-^
prio. Ed anzi osserveremo, tuttoché senza rigore soverchio^
l'ordine stesso che ci è offerto dall'alfabeto sanscrito; il onsìe,
oltre al renderci, in grazia delle prerogative della "favella- a
cui serve, infletta ed intatta (sebbene, accresciutasi per prò-
dotti i^eriori) la serie de* suoni originar j od indo-europei ^ - il
che non possono fere l'alfabeto grecò od il latino, - è altresì il
solo, che porti in sé medésimo una distribuzione sistematica
'de'suoiii; ' -' * • :
"' Ridotta a caratteri latini ; T alfabeto sanscrito è questo che § 4.
ora porgo e brevemente illustro.
• ■ " »■ r ■■ ... . .
' . , . - . ' ' ; ;
Vocali.
Ycsi^ìi brevi : .
a,
,i. :
,uv
' r? h
Vocali lunghe:
a,
t>
Ùy
f> /•.
Dittonghi:
ai,
au,
ài.
du.
rO % 4fl SISTEMA FONETICO DEL SANSCRITO.
Consonaci, ; : -
Gutturali: ' ft, kh, g, gh, n. '
Palatine; ft, Kh, g, gh, n.
Linguali: <, th, d, dhy n. '
Dentali: f, th, d, dh, n.
Labiali: , p, ph, h, bh^ m.
Semivocali; j, r, l, v.
Sibilanti e aspl*^
raziona: p, s, 5, A.
AnunvSr^: "^ (esempio di applicazione; 3).
Ytoarga: s (esempio di applicazione: as).
Vi abbiamo dunque imprima le tre vocali brevi : a, i, u, che
dicopo fondamentali, accompagnate dalle rispettive lunghe: a
f, ti. Vendono poscia una vocale r, e una vocale Z, che tra-
scriviamo: f, /, pur queste accompagnate dalle rispettive lun-
ghe: f, J. LlS' vopale r, come a suo luogo ampiamente si dimo-
stra» surgA per contrazione di un complesso fonetico, costituito
della opnsonante r e di una vocale che la preceda la segua;
il più frequentemente, per contrazione di un originario ar
(p. e. mrfti, morto, da marita). Cosi la vocale /, che non
compara 9e non nella conj.ugazione del verbo halp, è, alla sua
volta ^ oontrazione di al. La lunga r non si vede, in realtà,
se non in pochi accidenti della declinazione dei temi in -ar,
che in altri ci danno alla loro uscita la breve f (p. e. pitFn,
patres, acc. pi., pitr-bhjas, patribus; tema pitàr). È fenomeno
analogo all'allungarsi che fanno negli stessi accidenti le brevi
a, iy u air uscita del tema (p. e. nàvàn, novós; tema nàva); e la
lunga r si addimostra assai più recente che non sia la contra-
zione per la quale surge la breve *. La lunga J sta poi neiralfa-
* V. BoEHTLiNGK, Bemerkungen zur 2. ausgdbe von Bopp^s krit.
gramm. der sanskrita-sprache in kùrz. fassung, St. Petersburg (Bìd-
Utin histoHco^hilologique^ T. Ili), 1845, pag. 8-9;- Bbnfby, Orient
und occidente III, 2.
§ 4. SISTEMA FONETICO BEL SÀNSCRITO. Il
beto per semplice ragion di simmetria, poiché nella realtà della
lingua non si ritrova mai. Seguono i dittonghi : ai (é), au (d),
dij àu. I due primi si trascrivono solitamente, e nell'India si
pronunciano: è ed 5; ma noi preferiamo di riprodurli con quella
trascrizione (ai, au) che rende manifesti entrambi gli elementi
dei quali in realtà essi constano. In favore della quale tra-
scrizione si può eziandio allegare il fatto , che la metrica del
Veda ancora esige in più incontri la dieresi^ ossia la pronuncia
bisillaba, pur di questi dittonghi *; e siamo quindi ad un caso,
che non è dissimile da quello dell'ai greco, è in pronuncia se-
riore, ed ai in antica dieresi. La vocale breve conta per
una mora; la lunga e il dittongo per due mor^; e uno ^stem-
peramento' indiano (la pluti)^ che non interessa la compara-
zione, porta a tre more le vocali e i due dittonghi ai ed au^
e a quattro more ì dittonghi di ed du *♦.
Arriviamo alle consonanti , che imprima ci danno cinque serie
parallele: la gutturale^ la palatina, la linguale (detta ezian-
dio, per interpretazione erronea del termine indiano: la cere-
brale)f la decitale e la labiale, con cinque lettere per ciascuna »
quattro delle quali rappresentano suoni che secondo la nomen-
clatura delle vecchie grammatiche si direbbero consonanti mute
e dalla disposizione dell' alfabeto sanscrito prendono altresì il
nome di consonanti ordinate, e sono : la tenue (A, R, t, t, p) ,
la tenue aspirata {kh, Uh, ih, th, ph), la media {g, g, d, d, 6),
e la media aspirata {gh, gh, dh, dh, bh); a cui tien dietro
la nasale dell'ordine rispettivo (w, n, n, n, m). Le aspirate
sono sìwni doppj, che si potrebbero anche dire dittonghi-con^
* V. Bbnfey, Die hymnen des Sàma-veda^ einleitung, lui; Kuhn
Die herabkunft des feuers (Berlin, 1859), 139, Beitràge zur ver^
gleichenden sprachforschung, IV, 188-94, 203-4, e consulta l'Indica
del presente volume, sotto Assimilazione. Bisillaba s'incontra nel
Veda pur la pronuncia delle vocali lunghe, in ispecie: aa '^ d*^ circa il
valore istorico della quale, si possono vedere gli Studj critici^ II , 24.
♦♦ V. BoEriTLiNOK, Comnientar ;;um Pàmm, 6; Benfet, Volht&n"
dige grammatik der sanskritsprache ^ pag. 2-3.
V2 § 4. SISTEMA P0KETW30 BEL SANSCRITO.
donanti. Per testimonianza della storia e deirattuale pronuncia:
indiana, esse constano del suono della nspettiya ténite, o della
rispettiva media, seguito da uno spirito aspro, ossia da un' A
tedesca, ben distinta (§30). Quindi si spiega, a cagion d'esempio,
come il sanscrito katk (kathaj), narrare, si riduca, nel pracrito
è neir indostano, à kah, o il grahh vedico, pigliare, si fàctìia gruh
nello stesso sanscrito, paA indostano; e si ragguaglia cbìaramente
la iniziale aspirata del pracrito dh-fd&y figlia, col duh^ dèlia
corrispondente voce sanscrita : duhitd (tema dichitàr). I suoni
irappresentati per ft e per ^ corrispondono pressappoco alle nostre
palatine ih lerciOy urge (cfr. § 25 in n. e § 38 )• Le lingitaU
si potrebbero à un di presso definire, considerato esclusivamente
il loro effetto acustico, per dentali turbate; e riserbahdo ad altro
luogo (§ 42) migliori informazioni intorno ad esse, qui ci limi-
tiamo ad avvertire ancora la strettissima somiglianza che è fra
ia media della serie linguale e il suono l; locchè ci porta a un
succedaneo vedico di questa media, e quindi dèi primo elemento
della rispettiva aspirata, il quale succedaneo ricorre quando essa
inedia, semplice od aspirata, sia tra vocali, ed è espresso per
iin caràttere che noi trascriviamo
?, e combinato coìl* aspirazione : ih.
La nasale della serie dentale (n) è la nostra schietta n, per
esempio in no. La nasal gutturale (n), la palatina {n)f e la lin-*
guale (n), sono all'incontro altrettante varietà della n, che par-
tecipano, nella loro formazione, delle corrispondenti esplosive; e
di solito son determinate dalla vicinanza di suoni omorganici
(esempj : -nÀ-; -ng-; -^n-; -nd-, tfàrna, marana, ùsana\ v. p. 17-19,
i §§ 38 e 55, e Assimilazioni). I suoni indiani che rappresen-
tiamo colle lettere seguenti: k, g, t, d, p, b, m, non differiscono
dai rispettivi suoni' latini od italiani; ma il g sarà naturalmente,
qualsiasi vocale esso preceda, sempre il nostro g ài gatto, gola,
e g saf^à, sempre da leggersi come il nostro g di urge.
. Cosi . non ci domanda, per ora, alcun particolare commento . la
pronunzia ^i quelle quattro lettere che incontriamo di poi nel-
r alfabeto sanscrito fj, r, l, v), e vanno comunemente sotto il
§ 4. SISTEMA FONETICO BEL SANSCRITO. 13
tìonié di semivocali. Per j s'iatenda il suono iniziala del no-
stro jeri^ Succede V ultima, serie, che si compone delle ir^
isibilanti (^, s, s)y é àeW aspirazione (h). La terza sibilante (s)
è* la nostra schiètta s àlsette^ serc^* Le altre due {g^ ^) poCQ
o punto tra di loro differiscono nell'attuale pronuncia brama-r
nica, e a un di presso si ragguagliano ali* inglese ^^, o al nostr^
se in scevrOy' scena*: Mtt istoricamente sono tra di loro ben di-
verse; e anche dal lato della pronuncia (pur tacendo della qua-
lità di linguale che spetterebbe a i; v. p. 17 e i §§ 42,43), pi{)
ragioni inducono a stabilire, avere un giorno differito lo^ (chQ
noi denominiamo sòia secondo pronuncia italiana , s francese
eha) ben più che lo {? (j^a) non facesse, dalla schietta sibilante s
(sa). Cosi gli odierni volgari sanscritici dell' India spesse volte
rispondono allo s del sanscrito con la loro tenue a3pirata M, per
esempio ^/^Ti indòstano == t>i*ia sanscrito^ ^veleno', ma non mai
rispondono in questo modo allo g sanscrito, al quale anzi di regola
contrappongono la schietta sibilante ^, come p. e. neirindostaQo
stng {mB, nello zingaricp: sing) « ppìgra sanscrito, ^corno' (v. la
Lez. XIV); e anàlogaii^ente neirirania,i ipoderni continuatori
di quei .suoni che ndlo zendo corrispondono ai sanscriti^ e g^
sono di regola s per il primo e^s per il; secondo ;esempj: t?t^-
fer, curdo, 'cammello' ^ ùsira sanscrito, ics tra zendo; ma pes
curdo ~ pagu sanscrito e zendo, ^bestiame'. Rimane, ultima,
Faspirazione A, che si pronuncia come un* h inglese o tedesca*
l^a ld> ragioni etimologiche di questo suono c'inducono a star
bilire, che, nella maggior parte.de' casi, s'abbia in esso l'ai-
•
terazioné indiana di uno ih o z (i ^/francese) del periode^
indo-irano (§ 3); e così, a dare un esf empio, verremo a rico-
noscere, a suo luogo, un originario migh, ^spandere acqua',
♦ Secondo il Colebrooke, la prima (g) si accosterebbe allò s7i in-
glese, la seconda sarebbe un suono congenere^ più aspro \ cfr. Hoefer,.
Zeitsehrift fùar die wissenschaft (for sprache^ 11^ 180; Trumpp, ZeU"
schrifù der deutschen morgenlàndischm ges^Uschaft^ XV, 700, 718:
Whitnby, JovfrYial of the American Orientai Society s VII, 353, 355;
Lepsius, Standard alphabei^ sec, ed«^ pag. 71.
14 § 4. SISTEMA FONETICO DEL SANSCRITO.
^.p.t^-e'(o, che, pel tramite di un mizh o miz indo-irano» si riduce
a miz zendo e a mih sanscrito. Il posto che spetta in gram-
matica air attuale aspirazione A, secondo la distribuzione dei
suoni sanscriti in sordi e sonori, alla quale non tardiamo
ad arrivare, è qual si addice air anteriore sua fase, testé ad-
ditataci dall' etimologia ♦.
Troviamo finalmente Yanusvàra e il visarga. La vocale cui
si sovrappone Yanusvdra (^suono accompagnatore') è nasaliZ"
zatay vale a dire è seguita da un elemento nasale; il quale,
quando gli tenga dietro una semivocale, una sibilante o A, è
fievole e turbato ; e quando air incontro gli sussegua una con-
sonante de' primi cinque ordini, suona identico alla nasale del-
l' ordine rispettivo. Avremo quindi 1' elemento nasale fievole e
turbato, quale a un di presso è quello del francese entrer e
simigliane, negli esempj che ora seguono : ganusi, nom. - acc-
pi. di ganùs, nascita, creatura ; trigàt, trenta ; masjàti (ver-
bo man + sja-ti), reputerà, j3s/dfe' (verbo /am+^/a-fo'), costrin-
gerà, correggerà; a'has, angustia; vavamjàtaif terza
sing. pres. intensivo di vam, vomitare; tà' (apàpa {tam e
gagdpà)y lo maledi; ma' junganti {mdm ejunganti)^ jungunt
me. E all'incontro: ta' dadarga {tam e dadarga\ lo vide,
ma' pati {mdm pdti)y mi protegge, ma' Hakarsa {mdm e Ka-
karsa), mi trascinò, si leggeranno cosi come se fosse, e può
essere scritto: tàn dadarga^ mdm pdti, man Jlakarsa. Il
visarga rappresenta uno spirito poco o punto sentito, a cui
secondo determinate regole, si riducono, di solito alla uscita
della parola, i suoni s e r. Cosi àgva-s, a cagion d'esempio»
nominativo singolare del tema àgva, cavallo, darà, combinan-
dosi con pihati, beve: àgvas pihati, equus bibit; e gir^ nomina-
tivo del tema ptr, infbcazione, discorso, farà in pausa: gi:^*.
* Consulta T Indice, sotto h\ e v. nel secondo volume degli Studj
critici^ il § IV del secondo Saggio italico.
** Qai prescìndiamo àalV anundsika (^accompagnato di suono na-
sale'), segno che indica esser turbata di suono nasale la vocale ola
§ 4. SISTEMA FONETICO DEL SANSCRITO. 15
Tre diversi accenti, o meglio quattro diversi gradi della to*»
nalità sillabica, si distinguono nel sanscrito; e noi ne tocche-*
remo con brevità, limitandoci a considerarli, pressochò esclu-
sivamente, nella singola parola. Vttddtta (rialzato'), vate tk
dire YacutOy è il solo vero e pròprio accento. La sillaba àtoha
{an-itddttaj che non ha Vuddtta), oppure, al principiò del di-
scorso o del verso, la serie di sillabe' itone, che preceda alla
sillaba coli* acuto, si fa più bassa della tonalità ordinaria, di-
venta, cioè, anicddttatara (an+udatta-tara, ^più che mancante
di accento che Talzi'), e un particolar segno, quasi un accento
negativo, indica questa sua condizione*. La sillaba, final-
mente, che sussegue air acuta, diventa svariia ^tonica'), o, ììk
altri termini; assume l'accento svariia^ che alcuni grammatici
europei (poco felicemente, per quanto a me pare) hanno inti-
tolato: circonflesso^ locchè viene a dire, ch'essa ha una to-
nalità più alta dell'ordinaria, ma non cosi alta com'è quella
della sillaba coU'acuto. - Diamo ora» con qualche ulteriore schia*-
rimento , alcuni esempj , rendendo T vdàtta col nostro acuto»
mentre. per lo s'oarita ricorriamo al segno del grave, e una
lineetta sottoposta e' indica la sillaba che è allo stato di an-*
tuldttatara:
r
1. qmrtàf &{iippoTo;, immortale; -acuta la sillaba di mezzo; l'àtona
che la precede, è abbassata; e la terza, di mezza altezza;
2. jpradaJmnit (al principio del verso), ^per modo di offrire il lato
destro' ; abbassate, almeno in grammatica, tutte e tre le àtone
che precedono T acuta;
consonante cui s'applica; e dai due ardha-visarga ( 'mezzi-visarga',
così detti dalla forma del segno che negli scolj a Panini è comune
ad entrambi; Boehtlingk, Commentar zum Panini (Index), 414, Be^
Tìierkungen zu Bopp's gramm.^ 11).
* Questa condizione corrisponde sM^ anudàtta dei Pratigakhja; al
praìlaja-svara de' quali viene dal canto suo a ragguagliarsi il sem-
plice anudcUùa della nomenclatura addotta dal testo.
16 § 4. glt^TEBf A FOMSTICO DEZ< SANSCRITO.
3.' pródaJiSinU (nel mézzo del versò)^ la «be^ voqq di p.ritaa, ma
con le due pri^e fnllabei $eUa tonalità ordinaria, abbassandosi,
quella sola, che immediati^mente precede ali* acuta;
^4. nàvjà^ navigabile» bhaugjà. godibile^ mangiabile; ^ill^ba jSttona
abbassata., innanzi a sillaba di mezz'altezza {svar%ta)\ il qual
tipo fli- concilia colla regola di sopra enunciata, quando ^i con-
sideri nella sua condizione anteriore: nàviàj hhdv^ià*^ cbe
non è diversa <)a quella, di amftà (n.^ 1 : aìiudattaitara^ udatta,
' svarita). ,^
ti
' Sono {KK^liisBiine» nel sanscrito, le parole àtona; e nella sia*^
góla parola ottona,- vale à dire nella parola àtona. isolata^
Éaente òonsiderata, si adopera il segno' di anudàttatara ^ ia^
Picare semplicèmedte V atonia (quindi non più là condiziona
inferiore ali* atonia) della sillaba padelle sillabe di cui essa>
corista ; per es. tm-g (toa>), ^l' uno*, 'taluno', la qual sillaba ri*
sulterà sémplicemente àtona per es. in vi mìmita u tvàs, 'qne-^'
sfuno (quest'altro) regola'.. Ma di moHe parole sanscrite, la>
scienza europea non conosce V accenta^ limitata siccome è agi' in-
ifóghattieflti dei grammatici indigeni ed alle scritture vediche,:
là dola parte della letteratura in etti degli accanti sia fatto
uso. Per r uso nostro, il segno dell' armdàttatar^ si rende
superfluo, eccetto il caso di singola parola àtona, e cosi si rende
superflua r indicazione deìlo svcnrita^ tranne i casi iu óui sia
diventato^ com'è in nàvjà, il solo e vero àocòato della parola.
§ 5. Distribuendo pur le vocali, è le due serie di consonanti che
vengono ultime nell'alfabeto (§4), secondo l'organo a cui at-
tribuiva il posto (sthana) della loro produzione, la grammatica
indiana venne eziandio all'ordinamento dei suoni sanscfiti che
♦ y. la lezióne dìwdedma^ e cfr. B6htlingk, Ein erster versuch*
uber den 'àccent im sanscrit (Móm. de TAcad. impér. dés scìences de
gt. Petersb., VP sèrie, T. VII),§ 4; Roth, Nirukta\jlxii\ Ben-
FBY, Voll^ànd. gramm, d. sanskritsprache, pag. 11, Kùr'ze sankrit--
^ramm., pag. 7; Whitney, 1. e. (Atharva-Veda Prati gakbja"), p. 489
(e Bopp, Vergléichendes dccentuàtionssystem^ pag. 12-19, 158).
§§ 5-6. SISTEMI F0N£T10I. 17
ora segue, e anch'esso importa alla nostra indagine*. Ci limi-
tiamo, per le vocali, alle prime cinque.
Gutturali:
a»
h.
kh.
§fy
gh.
n.
h**.
Palatine :
•
».
R,
Kh,
9^
gh,
n.
jr P.
Linguali :
r.
h
th.
d.
dh.
n.
Dentali :
h
t.
th.
d.
dh,
n.
K s,
Labiali:
M.
P,
ph.
K
bh.
m.
V.
Ma la diligente osservazione degli Indiani è altresì riuscita
a un'altra distribuzione de* suoni, che à d^alta importanza cosi
per la fisiologia come per la grammatica , e non è mai ben riu-
scita ai grammatici greci od ai latini, ed anzi, comechè poggi
su d*una distinzione, avvertita dal Kempeien sin dallo scorcio
del passato secolo, non s'ebbe familiare fra i dotti europei se
non per merito degli studj fisiologici e grammaticali che tenner
dietro alla divulgata cognizione del sanscrito. Seppe dunque
distinguere la grammatica indiana i suoni che si conseguono
per sola emissione di fiato da quelli che richiedono emissione
di ^wono***;. distinse, cioè, a parlar più correttamente coi mo-
derni fisiologi, i suoni, nella cui produzione Tarla passa per la
glottide bene aperta, e quindi a corde vocali ben disgiunte,
da quelli, nella cui produzione le corde vocali si raccostano
per modo, che son pronte a vibrare. I primi {k, t, s, ecc.) noi
diciamo sordi, ì secondi {g, d,j, ecc.) diciamo sonori; ed ecco
divisi i suoni sanscriti per queste due categorie:
SoBDi: k, kh; R, Kh'^ t, th\ t, th', p, ph\ g, s, s; ;.
* Qui si dà Ip schema paniniano (Scoi, a Panini, ed. Bóhtlingk,
pag. 2-.3); per le cui divergenze dagli scherni dei Pràtigàkhja si
vegga Whitney, 1. e, p. 351-59. Alla produzione di ciascun suono ,
concorrerebbero due organi; il men mobile de* quali, quasi il passivo ,
è detto il posto (sthàna), e il piti mobile, quasi Fattivo: lo strommto
produttore (kara^a); ib. 351.
** V, i §§ 34 e 44, la Lqz, XIV.
*"*"!' Nelle consonanti sorde, l'emissione è fiatp {gmsa), nelle so-
nore (6 nelle vocali), è suono inàda)] Rg-Veda Pràtigàkhja,
Ascoli, Fonol. indO'it.'-gr, 2
18 §§ 5^6. SISTEMI FÒHKTICU
Sonori: Le vocali (brevi, lunghe, dittonghi); le nasali e Vanusvàra;
le semivocali; h{v.%4);ff,gh; g, gh\ d, dh\d, dh\ b, oh.
Né a questo si è limitata la sagacia indiana; ma aDCora di-
stinse quelle consonanti, per la cui produzione si forma nella
bocca un contatto precludente, da quelle per la cui produzione
il contatto è imperfetto, o manca. Poco, o pressoché nulla, resta
cosi da aggiungere agli avvertimenti indiani, per ottenere e
dichiarare la seguente ripartizione delle consoaanti sanscrite,
la quale, comechè faccia alcune concessioni ali* uso ed alla uti-
lità pratica, risponde tuttavolta alle esigenze dell* odierna fisio-
logia.
Gutturali :
Palatine (v.§38> ;
Linguali :
Dentali :
Labiali :
Sorde.
k^ kh\
*, th\
«, th\ ,
Pj ph\
Esplosive.
I
Nasali.
Fricative.
I
Sonore.
9^ 9^
Ù^ 9^^
d. dh
d, dh
b, bh ;
n\
n;
1
Sorde.
s\
I
Sonore.
r
**
]'■
Nelle esplosive f o momentanee (e qui naturalmente non con-
sideriamo più la sola lingua sanscrita, ma si indistintamente
una lingua qualsiasi), il contatto, formatosi in una determinata
parte della bocca, per modo che l'uscita dell'aria resti preclu-
sa, si proscioglie ad un tratto, al che il suono quasi esplode,
e riesce istantaneo, tale cioè che non si può continuare. Per
le fricative, all'incontro, formasi, in una determinata parte della
bocca, non più una chiusa o un contatto, ma si una stretta,
per la quale l'aria si versa, producendo come un suono dr stro-
fimo, che può indeterminatamente continuare**. Le fricative
perciò diconsi anche continue, e noi pure verremo* cosi chia-
edito dal Reonier, Journal asiatique, avril-mai 1858, p. 2^1, 301-2,
Atharva-Veda Pràtigakbja, edito-dal Whitnby, 1. e, p. 347.
* V. la n. ** della pag. precedente, e la n. **• della susseguente.
** La r, consonante tremula, farebbe, a rigore, classe da sé.
§§ 5-6. SISTEMI FOJ>fKTICI. 19
mandole *. Ma questa denominazione è meno propria dell'altra,
perchè son continue anche le nasali ^ di cui facemmo una se-
zione intermedia. Si ottengono le nasali (tutte sonore) facendo
il contatto come per le corrispondenti esplosive, ma senza pro-
scioglierlo, e aprendo all'aria la vi.a del naso, la quale, nella
produzione delle esplosive e delle fricative, le è air incontro in-
terchiusa dal velo palatino •*.
Le consonanti greche, e le latine, si distribuirebbero alla lor
volta, secondo le norme testé accennate, nel modo che segue:
Esplosive.
Nasali.
Sorde. Sonore.
•| Gutturali: x, -^\ y;
^ Linguale :
1 Dentali: t, 5;
Fricative.
t
I I
Sorde* Sonore.
Y (in Yx > cc<5. ) ; spirito aspro
***
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5;
i Labiali :
?; P;
v;
(TX
9
•
•Gutturali: k{c^q)] g\ n(inaw<70,ecc.);
«««
Palatale:
;! Linguale :
i Dentali :
6 Labiali :
.*«♦
^, d;
f;
b\
«;
m;
s(dÀ.8eptem)\ 5(diro5a); L
Iftbiodentali.
^ Quelle fricative che stanno in frequente connessione etimologica
con le aspirate (li» eh guttur. ted., p ^th sordo ingl., f, e pur h la-
tino, che in realtà piti non è una vera consonante) addimandiamo
eziandio: spiranti (v. §§ 30, 31. 32).
** La nasale ò continua, per la manifesta ragione che gli organi
rimangono nel suo proferimento, e possono indeterminatamente rima-
nere, nella stessa disposizione in cui sin da principio si mettono. Erra
quindi Max MUller, Lectures on the science oflanguage, sec. ser.,
p. 152, ponendo le nasali tra le esplosive. Nasali ed esplosive hanno
bensì comune tra di loro il contatto', ma gli è il proscioglimento di
questo^, che determina l'esplosiva; e per la nasale, all' incontro, il
proscioglimento non avviene affatto.
*** Circa Xf «^j ?i vedi il § 31. Lo spirito aspro e il latino h
Bon possono passare per vero consonanti (BrUoke, a p. 8 dell'opera
20 §§ 5-6. SISTEMI FONETICI.
Le tenui delle vecchie grammatiche sono dunque tutte con-
sonanti sorde i e le medie di esse grammatiche son tutte con-
sonanti sonore; ma. vi hanno consonanti sorde all' infuori di
cotesto tenui^ e consonanti sonore all' infuori di coteste medie.
Le. vocali greche (a «, t *, u ù, e y), w) e le latine (a à, i i,
u ù, e et ò)i cosi semplici, come abbinate» si descriveranno
riunitamente quando sarà discorso delle loro attinenze etimolo-
giche, e si passeranno allora in rassegna anche le vocali u m-
bre eie osche. Ma delle scritture e dei sistemi fonetici del*
l'umbro e dell'osco, gioverà sin d'ora notar qualche particolare.
I resti che abbiamo dell'umbro e dell'osco, parte sono nelle ri-
spettive scritture nazionali, parte in caratteri latini. Dell'osco
c'è pure qualche iscrizione in lettere greche. L'alfabeto umbro
non ha un carattere per l'a; e quindi si confondono, nelle iscri-
zioni in cui esso è adoperato, l'o e Vu (servendo per amendue
il segno v), che si distinguono nell'umbro a caratteri latini,
comechè meno antico. L'alfabeto osco, all'incontro, dà un v
munito d'un punto (che noi trascriviamo: ù) per l'o dell'iscri-
zione osca a caratteri latini, ed ha ancora un suo i parti-
colare, che noi trascriviamo i, riserbandoci di toccare a suo
luogo della probabile sua pronuncia. Cosi l'alfabeto umbro,
come l'osco, distinguono per diversi caratteri il v dall't/, distin-
zione che va perduta nei monumenti a lettere latine. Quanto
è al sistema delle consonanti, paragonato al latino, mancano
imprima all'alfabeto umbro il p e il rf; ma che non mancas-
sero alla lingua, ci è attestato dall'umbro a caratteri latini.
Due consonanti particolari all'umbro, e rappresentaite nell' alfa-
beto nazionale da speciali caratteri, sono quelle che noi scri-
viamo: ^ e r; la prima delle quali è trascritta, nelle tavole
citata al § 80). Lo C ha il valore prosodico di due coosonauti, e il
suo valore fonetico si addimostra per noi quello dì z (>* z frane.) dop-
pio o rafforzato; cfr. lo z di zio nel prospetto delle consonanti italia-
ne , e v. r Indice , sotto C , ed il terzo Saggio greco nel secondo volume
degli Studj critici. Lo l (% + g) e lo ^ {v: -^(i) naturalmente non
compaiono in questo prospetto. Non facemmo posto allo z tra le
consonanti latine. Circa la fisiologia di p, r, v. la n. ** di p. 18.
§§ 5-6. SISTEMI FONETICI. 21
eugubine a caratteri latini, per una 5 con sopravi un'apice,
distinzione, tutta volta, che di frequente è trascurata (quindi
spesse volte la semplice s latina anche pel g della scrittura
nazionale), e la seconda per rs. Della loro ragione etimologica
si discorre a suo luogo {Lez. II e VII). Perchè sempre si
distingua senz'altro, nella nostra trascrizione, Tosco l'umbro
a caratteri nazionali (che è il più antico), dall'osco dall'um-
bro A caratteri latini, adopereremo il corsivo solo per questi,
come già altri hanno fatto *.
Proviamoci, finalmente, ad aggiungere una ripartizione delle § 6.
consonanti di nostra lingua, secondo le norme fisiologiche alle
quali abbiamo obbedito nel distribuire le consonanti indiane, le
greche e le latine ♦*; e potremo eziandio toccare, in questo in-
contro, di alcuni elementi fonetici, proprj a varj nostri verna-
coli ad idiomi romanzi non italiani, chiarendo insieme il va-
lore di alcune lettere di trascrizione che in sino ad ora non
ci sono occorse.
* V. ancora, per lo z umbro ed osco, le note 9 e 11. al prospetto
delle Consonanti italiane ^ a cui tantosto arriviamo. I dati, che
in questa Lezione si porgono, varranno poi, in generale, anche ad
assicurare sufficientemente la trascrizione e la pronuncia degli esempj
irani e litu-slavi, che nel corso della nostra trattazione ci avverrà
di addurre; solo si aggiunga, circa i primi, sin d*ora, questo av-
vertimento: che lo zendo ha due consonanti assai affini allo s san-
scrito, runa delle quali io trascrivo s {- s del Justi e del Lepsias)»
e r altra: s {s^sh del Justi, s del Lepsius); p. e. khsvas, sex.
** Sono notevoli, massime se si consideri la data a cui risal-
gono, i tentativi che intorno al nostro sistema fonetico ha il Lam-
BRUSCHiNi nella sua Guida dell' Educatore, anno secondo (1837),
pag. 298-310, 355-78. Ma il Placci {Sul meccanismo della pronun^
eia nella lingua italiana , osservazioni del dott. Giuseppe Placci M.
F.y professore di fisica nel regio liceo di Fermo, Vicenza, 1809), di
cui egli si giova, onorandolo di molte lodi (anno primo, pag. 315,
secondo, pag. 298), altro non fa che riprodurre il Kempblen (Le me-
canisme de la parole, suivi de la description d^une machine parlante ,
Vienna, 1791); e del plagio singolare e impudentissimo non bastano
di certo a scusar costui le dichiarazioni che egli premette (p. 13).
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§§ 5-0. SISTEMI FONETICI.
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§§ 5-6. SISTEMI FOHBTini. 23
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24 §§ 5-6. SISTEMI FONETICI.
Quanto a vocali d* idiòmi romanzi, qui ci limitiamo alle se-
guenti trascrizioni:
e, la vocale rumena che è per esempio in ved (vedo), e suona come
un'é oscurata; -
Uy la vocale rumena (ch« è per e3. in Romun, Rumeno), rappresen-
tata dal jìAss dell'alfabeto cirilliano, e di pronuncia cosi turbata,
che Se ne trovano trascrizioni stranamente fra di loro diverse; -
(J, la vocale lombarda, ligure e piemontese, che ricorre per es. in
oju (genov.), olfe> ^ (piem.), otto, 6v (piem.), uovo, mòd (mil.),
modo, e suona come Veu dei francesi; -
u^ la vocale lombarda, piemontese e ligure, che suona come Vu fran-
tsese.
Nel riferire esempj che spettino all' italiano, allo spagnuolo,
al portoghese, al provenzale ed al francese, noi di certo noii
ci permetteremo alcuna innovazione ortografica; ma nel ridurre
a caratteri latini le voci del rumeno (che si àuol servire del-
l'alfabeto cirilliano), e negli esempj romanci e di vernacoli na-
strali, adopereremo con rigorosa costanza le lettere di trascri-
zione che testé offerimmo *, riserbando ulteriori proposte a più
opportuno luogo. E ora non parrà, per avventura, superfluo il
vedere riunite, con l'accompagnamento di qualche esèmpio, le
lettere di trascririone che abbiamo testé adottato pef alcune
consonanti nostrali, rumene, e romancio:
e (selce): cine rumeno (cinque), car friulano (carro), due friulano
(tutti), cave veneziano (chiave), noe milanese (notte):
ff (ar,^^ento): Unge rumeno (leccare), gal friulano (gallo), ^aif engadi-
,nese e friulano {gatto)*,
i {^z francese): zenoli friulano (ginocchio), oid veneziano (voce),
averze veneziano (apre), drzola sardo** (aja, areola);
* Quando mi rimanga qualche dubbio, aggiungo, tra parentesi,
la ortografìa de' miei fonti ; e talvolta anche Tadduco perchè il lettore
si facda ben sicuro del nostro sistema di trascrizione.
** Per sardo, senz'altro, s' intenda sempre il dialetto del Logudoro.
§ 7. AVVERTIMENTI TECNICI. 25
z i^j francese): zoc rumeno (gioco), grizu genovese (grigio; v. la
n. 8 al prospetto che precede), azdid romancio (Bassa Enga-
dina), aceto;
« (scemo): lesti rumeno (è), summa napoletano (fiamma), su geno-
vese (fiore);
t (zeiZzersL): tare rumeno (terra);
n (agnolo): guadan milanese (guadagno): noi friulano (notte).
Resta che ora aggiungiamo alcuni pochi partiòolari di ordine § 7.
tecnico ^ rimettendoci pei restanti alla intelligenza di chi ci
segue, alle dichiarazioni che tornerà più acconcio d'inserire in
altfi luoghi. Saremo costretti a qualche novità, trattandosi di
studj nuovi; e se non saranno novità felici, io mi arrenderò
volentieri a chi le proporrà migliori. Vi ha dunque ito-
prima, che dovendosi qui considerare, di solito, non le lèi-'
tere dei varj alfabeti, ma bensì i suoni ch'esse rappresentano,
già sarebbe strano » per ciò solo, che adoperassimo, a indicar
questi, i nomi di quelle; e si aggiunge, che, volendo, pur cosi
adoperare i nomi delle lettere, saremmo, da un lato, costretti,
o a inutili e tediose ripetizioni (per es. la emme italiana e il mi
greco), a confondere le differenti serie di nomi (per es. la emme
greca o sanscrita), e, dall'altro, non riusciremmo per questo
ad evitare modi nuovi, poiché, a dirne una, ci mancherebbe
parte dei nomi anche pei suoni di nostra lingua, non essendoci,
a cagion d'esempio, una maniera accettata e facile di nomi-
nare quel suono che occorre per primo nella voce scemo (s).
Il rigore scientifico e il bisogno di un modo uniforme, perspi-
cuo ed agevole, ci inducono a denotare una qualsiasi conso-
nante, senza far distinzione tra lingua e lingua, per un mo-
nosillabo mascolino, il quale consti della consonante stessa,
susseguita da un a breve. Scriviamo quindi: un p, un m, uno
th, lo s, uno z, ecc., intendendo che si legga: un pa, un ma,
uno tha, lo sa (scià), uno za (Ja frane), e cosi via via. Di-
remo iniziale quel suono od elemento onde la parola incomin-
cia; finale o all'uscita quello per cui si chiude; e mediano ogni
suono od elemento che stia fra questo e quello. Nello
26 § 7. AVVERTIMENTI TECNICI.
scrivere isolatamente i singoli elementi della parola, distinguia-
mo Y iniziale per una lineetta che gli facciamo succedere (per
es. 6-); il finale, od uscente, per una che gli precede (-&); e il
mediano, con una lineetta per parte (-6-). Le figure teoriche,
vale a dire le voci o parti di voce, che la scienza ricompone,
ma che più non occorrono nella realtà del linguaggio, si fanno
precedere, quando si possano temere equivoci, da un asteri-
sco*. Un'alterazione generale, che intacchi un'intiera serie
di suoni, chiamiamo tralignamento. Cosi v'ha, a cagion d'e-
sempio, il tralignamento della media originaria in tenue go-
tica (got. kniu^gnu ganu, ginocchio, ecc.); cosi la media
aspirata originaria (gh, dh, bh) traligna o tralinea in tenue
aspirata greca (greco vscpo; = nabhas, ecc.). Elemento asci-*
tizio chiamiamo quello che si aggiunge al radicale, ed è suf-
fisso se a questo succede, prefisso se gli precede, infisso se
vi penetra. Dei nomi, o adduciamo il nominativo singo-
lare (ed è, quando si tratti di aggettivi, il nominativo masco-
lino il comune a più d'un genere), oppure il nudo tema, che
si distingue, quando non coincida col nominativo, per una li-
neetta finale (p. e. ferent- latino, nominativo: ferens); e dei
verbi sanscriti diamo, di regola, il complesso radicale e la terza
persona singolare del presente attivò (che esce in -tó; p. e. bhd^
ra-ti, fert) o dei medio (che esce in -toi; p. e. gài-tai, xei-rat)
traducendoli per l'infinito italiano o latino.
* Per altre notazioni tachigraflche, v. Vindice, - Al quale Indice
accennano tutti i rimandi che si troveranno chiusi tra parentesi e
preceduti dal vedi (p. e.: v. J-; Assimilazione'^ v. gv\ v. <j/'); e
d\V Indice medesimo vorrò sempre ricorrere chi desideri la serie com-
piuta degli esemplari, che da questo volume si possano raccogliere
per un determinato fenomeno che sia in esso descritto. — Un nu-
mero, senz'altro, cita la pagina; due o più numeri, il primo dei quali
seguito da virgola e V altro o gli altri dal punto, citano il paragrafo
ed uno o piti tra gli esempj che spettino ad esso (p. e. : 10, 4. 5. = § 10
n.« 4 e 5).
LEZIONE SECONDA.
Le dub sezioni della fonologia. — *- La tenue gutturale.
Si considerano distintamente, nella fonologia comparata ^ § 8.
due diversi ordini di fatti. L'uno di essi è la serie dei paral-
leli etimologici; dalla quale si ricavano le norme ed i modi,
per cui i singoli elementi dei sistemi fonetici delle diverse lin-
gue si corrispondono etimologicamente tra di loro, e variamente
continuano il sistema primitivo, al quale es3i tutti risalgono.
Cosi, il ragguaglio del greco hup- (Gtt-; &ir-vo-? sonno) col la-
tino 5op- (sop-or), e col sanscrito svap {svàp-na-s^ sonno),
entrerà fra gli argomenti, pei quali riusciamo a stabilire, che
il p greco e latino sia la continuazione normale del p origi-
nario, e il 5 latino e lo ^ greco sieno in siffatta congiuntura
i normali continuatori dell' originario s. E comechè per simi-
glianti ragguagli si vengano ad avvertire, pur quando si tratti
dei più nobili idiomi, non pochi fenomeni di assoluta decadenza,
tra i quali starebbe, a cagion d'esempio, quello del h greco
dirimpetto al 8 originario ( hup » sup = svap) , si può dir tutta-
volta, che queste operazioni ragguagliative concernano, gene-
ralmente parlando, lo stato sano, o meglio fisiologico, degli
organismi idiomatici. I fatti deir altro ordine, all'incontro, co-
stituiscono le serie parallele degli accidenti patologici di questi
organismi; le quali ci portano a scrutare quelle cause di alte-
razione, il cui effetto, più o men frequente, più o men profondo,
si produce in modo uguale od analogo, ora su questo or su
quel suono o complesso di suoni originarj od antichi, ed è spesse
28 § 8. LE DUE SEZIONI DELLA FONOLOGIA.
volte deleterio, si che essi ne vadano snaturati e distrutti. Cosi'
restando all'esempio di prima, Vu del hup- greco ( = svap, sop-ì
si manifesta essere una contrazione del complesso originario va ,
non estranea pure al sanscrito {sup-tà, che ha dormito), della
quale contrazione si tenterà l'istoria; e il p della stessa ra-
dice (sop-), imbattutosi in un n, si altera, nell'Italia, prima
nel m del latino som-no- (*sop-no = Stc-vo « svàp-na; assimilazione
parziale), poi nel n dell* italiano son-no (assimilazione totale),
e infine tramonta del tutto nel sono dei V^eziani; dove l'India
seriore, quasi ad impedire il lavoro assimilativo, aggiunge alla
sua volta un elemento anorganico tra radice e suffisso (pra-
crito 5t6-£-na- * sscr. svàp-na-), e quindi ha un' alterazione che
intacca la parola, e non più, almen direttamente, alcun sin-
golo suono di essa.
Lo studio del primo ordine di fatti , costituisce naturalmente
la prima e più importante sezione della fonologia comparata.
È la sezione comparativa o ragguagliativa per eccellenza, e
potrebbe dirsi: dei continuatori etimologici de' suoni originarj.
La seconda sezione, in cui si considerano i fatti dell' altr' or-
dine, e si potrebbe dire: dei fenomeni patologici o degli oc-
cidenti , ha anch' essa la sua diretta importanza neil' opera
riunificatrice, sia perchè pur v' ha un certo numero di questi
accidenti che risale a periodi anteriori alle divisioni, sia per-
chè non pochi ragguagli etimologici si ottengono od almeno si
assicurano sol per Io studio di questi fenomeni medesimi; ma
la sua principale utilità consiste in ciò, eh' essa ci offre Visto^
ria comparativa dei detrimenti fonetici, ai quali le antiche
figure vengono soggiacendo nel tempo e nello spazio. Non è,
del resto, sempre agevole il riconoscere il confine che separa
l'una sezione dall' altra, né sempre è agevole od opportuno il
religioso rispetto di questo confine. La prima sezione anticipa
quasi inevitabilmente, e in misura non iscarsa, sull'opera della
seconda; anzi, a rigore, si potrebbe dire, che quella usurpa
su questa anche tutta la molta parte dei continuatori etimo-
logici, in cui non s'abbia una continuazione inalterata dei
suoni primitivi.
§ 9. ORDINE NELLO STUDIO DEI CONTINUATORI. £9
Venendo ora senz'altro allo studio dei continuatori etimo- § 9.
logici, considereremo imprima \q consonanti, e poscia le vocali.
La dissonanza tra lingua e lingua, se pur non sia minore»
riesce di certo, in generale, mèn sensibile rispetto alle vocali
che non rispetto alle consonanti; ma appunto per questa, torna
più logico, in una trattazione come la nostra, che il ragguaglio
delle consonanti sia mandato innanzi a quello delle vocali. Im-
perocché, ove si tenti per primo il ragguaglio di queste, s'in-
contrano di continuo difficoltà soverchie nella parte non ancora
studiata, cioè nelle consonanti che si accompagnano alle vocali
nelle parole che si vengono tra di loro comparando. Cosi, a dir
di un esempio, importa di considerare il latino fir-mo- (»dhar-ma)
tra i casi di i latino per a radicale originario; ma il parallelo
fir = dhar non avrà alcuna evidenza per chi non abbia ancora
appreso a ricondurre il /"latino all'originario dh. Se, all'incon-
tro, senz'avere ancora riconosciuta l'equazione i lat. =» a orig., ci
varremo del lat. fir- di firmo-, cioè di fir = dhar, tra gli esempj
pei quali si dimostra l'equazione f- lat. ^dh- orig., la dissonanza
non ancora chiarita [i = a) qui manifestamente nuocerà assai
meno all'evid-enza del riscontro.
La prima consonante che ci occorre nell'alfabeto sanscrito, § 10.
eletto ormai a nostra guida (§ 3 in f.), è la tenue gutturale: k,
della cui ragione fisiologica sarà ritoccato in appresso (§ 38).
Negli esempj a cui tosto veniamo, vi avrà concordanza perfetta,
in ordine a questa tenue, tra la favella indiana, dall'una parte,
e ameudue le nostre favelle europee, o l'una almeno di esse,
dall'altra. Precederanno, qui e sempre, gli esemplari in cui il
fenomeno sia iniziale, di poi avranno posto quelli in cui si abbia
mediano', ultimi, dove ne sia il caso, verranno quelli in cui oc-
corra finale ( § 7 ).
1. Sscr. (vedioo) kdm, di sicuro, veramente;- gr. xev, xx dor., yà
(v, Ind»)^ per 63.- twv x$v tt? to5' ^/,Tf)<ytv, It;i\ ^àvj Sto? *05u<xaeu?,
un di loro certamente l'avrà, morto che sia il divino Ulisse
(Odiss., I, 396), E in ispecie si confronti nù kam = >t\) >ce^
(BfiNFEY, Gloss. al Sàma^eda^ pag. 46), p, o. : ima nù kam
30 § 10. k originàrio;^ k sanscrito, x greco, c latino.
hhùvand siSadhdmay ora veramente compiremmo queste creazioni
(operaiioai ; fg^-t X, 157, 1 ), tmìX vu xsv sTpuff^ev te, e certamente
[lo] avrebbe trascinato (IL, III, 373)*.
2. Sscr. kar-'t kr*-nà^t^ti^ torcere il filo, filare (cfr. hart^ nectere,
§ 13), kar^t-ana-^my il filare;- lat. cm-^-es**.
3. Sscr. kar-^t kàr^t^a'^ti kr-n-t-'d^ti ^ tagliare, recidere, kar^t^
'^Lna^m^ il recidere, kar^t-ari^ forbice, coltello da caccia; - lat.
cul-t-er. Sscr. ki^'-t-ti^s^ pelle;- lat. cor^t-ex.
4. Sscr. kùpa^Sj caverna;- lat. cùpa^ nicchia mortuaria, bot-
te;- gr. xuTTTj (Esichio), caverna, cavità.
5. Sscr. (vedico) krpj bell'aspetto, beltà, splendore {stfdjd krpà
tanvd rdukamdna:^ risplendente per la sua bella parvenza e
pel corpo, rgv.j VII, 3, 9); zendo kerep^s (nom.), kehrp~em (acc),
corpo, carne; armeno kerp, forma, figura;- lat. corp^us***.
6. Sscr. kraviSy kravj^am^ carne cruda, carogna, kravjàd" ( kra-
* Questo esempio, che 1* ordine alfabetico e la scarsità degli esem-
plari per k dinanzi a vocale, c'inducono a metter primo, domande-
rebbe veramente lunga legittimazione. V. Vlnd.y e Pott, Etymolog,
forschung,^ sec. ediz., I, 424-8.
** Mi pare molto probabile, che il nucleo radicale kar kra^ base
di questo kar^-t (torcere, contessere), non sia, in fondo, diverso dal
sanscrito kar kir^d^tij spandere, gettare, cospergere, ricoprire, dove
è da confrontare, rispetto ai significati, Tindo-irano vap^ spargere,
cospergere, tessere; dal quale kar non vorrei disgiungere i greci
X6p-av-vu-[jtt, x^p-vifi-fAt, mescere, mescolare, mandare insieme, combina-
re, che il Bopp gli ha raccostato. Cfr. Pott, Wurzel^wórterbuchj I, 4,
CoRssEN, AiAsspracke ecc., I, sec. ed., 443, e ancora, circa 1 signi-
ficati, qui più innanzi, il § 12, num. 5. Ma ad ogni modo non
saprei congiungere, come fa il Curtius, GrundziJige ^ n. 76, questo
kar sanscrito (cospergere, ecc.) col gr. xp^-vco^lat. cerano; paren-
domi evidente, che il kar^ a cui risalgono xp^v(o e cemOy sia all'in-
contro quel diverso kar^ base del kar~t che qui sussegue ( tagliare,
recidere), il quale ritorna pur nel greco xeipco, recidere; dove sono da
confrontare, rispetto ai significati, il latino de^cidere^ il tedesco schei-
derij ent-scheiden (scernere, decidere; etimologicamente: scindere) ^ e
simili. Cfr. ancora i sscr. gar e kar, § 13, 12.
*** I significati: corpo, forma, bella forma, bellezza, si vedono
riuniti nel sanscrito vdpus.
§ IQ. k originario;- k sanscrito, x greco, c latino. 31
vja + ad), carnivoro, mangia-cadaveri ; - gr. xpsoc; (v.jf), car-
ne;- lat. caro {caren^^ v. r). Sscr. Arù-rà-s, sanguino-
lento (e quindi, come il lat. cruentus^ così quello che manda
eome quello che sparge sangue), crudele, tremendo, aspro, du-
ro;- lat. cruoTj cru^entu-^s^ crw-<fM-«, crwd'^li-s *.
7. Sscr. Jisurd'S, rasojo;- gr. 5up^-?, 5wp^-v» rasojo.
8. Sscr. "ka, p. e. in cZ/iàrm-/-kà-s, giusto, virtuoso, da dhàrma*^
statuto, dovere, ecc.;- gr. -xo, p. e. in )^pov-i-xo-s, che con-
cerne il tempo, da j^c^vo-, tempo;- lat. ^co^ p. e. in coeZ-i-co
(coelicus), da coelo^,
9. Sscr. skand skdnd-a-tiy salire, scandere, cadere, elabi, effluere,
skan^nd- (skad+na), elapsus; immissus, infusus (de semine) *♦;-
lat. scandi-ere. «
10. Sscr. nrtA- (v. § 13), nakta-^^ nàkti'-s^ naktàyi-^ notte, ndkta-'m
avv., di notte;- gr. vuj (vuxt-), notte;- lat. noop {noeti'*).
11. Sscr. daks ddks^a-'tai^ essere atto, valente, dàksd-'S^ valente.
* Tra i molti paralleli zendi, che lo Justi (Handbuch der zendspra^
chey p. 92) adduce, sarebbero il participio attivo khrvant-- (« criien^-w-s),
tremendo, e Taltro participio, ch'egli dice medio : khrùta^y pel quale
ha l'esempio: iimó kUrùta-hè^ dell'inverno che oflfende (ferisce). Ma
saremo veramente al nostro crudo verno ^ e cosi raggiungeremo il
gr. xpu-o;, gelo, ecc. Cfr. Curtius, o. c, n. 77.- khr zendosAr
sanscr. ecc., ò normale (v. Aspiramenti).
** Sarebbe uno scandere ancora indifferente tra Vad^scendere e il
de^scendere] cfr. il sscr. pat^ volare e cadere, «gr. tz&x di Tt^-Tct-to,
cadere, 7reT-o[xai, volare, che è quanto dire il muoversi rapido così
dall'alto in basso come dal basso in alto. 11 Westergaard {RadiceSy
s. skand) ha pel valore di ascendere l'esempio: drapsas fai md dja
skan ('skand), che non salga (?) la goccia tua al cielo. All'incontro,
sempre accanto a drapsa- ( goccia ) , col significato di effluere seu-
z' altro, e quindi descendere ^ abbiamo {rgv. ^ X, 17, 11. 12. 13):
drapsdg kaskanday drapsd: skdndatif drapsd: skannd:. Ma dai valori
che skand assume nel congiungersi coi varj prefìssi, meglio ancora
si rafferma la sua identità collo scandere latino; p. e.: ava-^skand^
ascendere, oppugnare, — £ ali* incontro piti che problematico se qui
spetti l'esichiano 9x^vS-apo?, ^ iTcocvaLatadig vuxtòc àcppoSia^cov fvexoc (vedi
Benfet, Orient u, occidente II, 754), comechò vi si aggiunga: Phot,
lex. ms. cxivSaXeufitv. tò vixTwp STravaffTyJvat àxoXàdTw?,
32 § 10. k OHIGlNÀRip;- k SANSORITO, X ORBCO, C LATINO.
abile, ddksina-Sy abile, destro (che è a mano destra *), pra-
-^aksinity per modo di offrire il lato destro (4, 2. 3.);- gr.
Ss^c^*;, abile, che è a mano dritta, SeÌiTsp(^-; (forma compara-
tiva, che sanscritamente suonerebbe dàA/cWara-s), id.;* lat.
deoc'^teTj dtoo-timws (forma superlativa, che sanscritamente suo-
nerebbe deìA«a-(6i«fa-s).
12. Sscr. maksù^ama-$, prontissimo, màkèù {maksù) avv,, pronta-
tamante, tosto ; - lat. mox,
§11. Alla equazione unisona: k sscr. axgr. = c lat., offertaci dagli
esempj che testé sentimmo e da altri consimili che in appresso
ci occorreranno, aggiungendosi, dall' un canto, la testimonianza
concorde delle altre lingue della famiglia, per la quale breve-
mente citeremo: kareta- zendo, coltello (10,3.), èrati/es litua-
na, sangue (10,6.), naktis lituano, nahts gotico**, notte (10,
10.), e, dall'altro, le ragioni generali dell* economia del siste-
ma fonetico indo-europeo, le quaji verremo a mano a mano
riconoscendo, ce ne risulta, che nella corrispondenza etimolo-
gica: k sscr. = >c gr. - e lat. s'abbia la continuazione inalterata
della tenue gutturale originaria (A); ed è quanto dire, che,
negli esempj a cui alludiamo, le tre nostre favelle si manten-
gano, rispetto a questo suono, nella condizione proto-aria-
na (§3). Ma alla continuazione intatta fallisce spesse volte
runa l'altra o più d'una delle tre voci, od anche le falli-
scono tutte e tre, per effetto di varie vicende della tenue gut-
turale originaria, che noi verremo partitamente esaminando; e
intanto incominciamo dal riconoscere le alterazioni compiutesi
nella voce asiatica, le quali, in ordina alla loro estensione, son
qui maggiori di quelle che abbiano subito le voci europee. Si
ha, dunque, gran numero di esempj, ne' quali i riflessi greci , ita-
lici, germanici (e celtici) offrono quello stesso suono, che negli
esemplari testé discorsi vedemmo continuare, d'accordo col k
* E quindi il Ymridionàle ( il Dekban » cfr. praor, dakhina- * sscr.
dahsina'^); v. Stiuij orientali e linguistici ^ I, 219.
** h got. : k sscr. ecc. : : f got. :p sscr^, eoo. ; v. la nota a p. 62*64
§ IL k originario;- q sanscrito, x greco, e. i^atino. 33
sanscrito, la tenue gutturale originaria, mentre il riflesso san*
scrito, all'incontro, ci ofire, non più A, ma bensì K (tenue pa-
latina) g (sibilo palatino), e in ispecie questo, come si vede
dalle prove che ora seguono.
Esempj di g sscr. = x gr. = e lat. {^k originario)*.
1. Sscr. gaid-m^ cento, gatà-pad-^ centipede (é-xart^-jx-TroS-, centi^
|3ed-);- gr. é^xat^-v**:- lat. aentU'-m.
2. Sser. gad^ d-^ad^x-t (3, pars. sing. aor. att.), cadere *** ; - lat.
cad^ere.
3. Sscr. pro^ (indecL), fiducia» fede, grad^ihà^ fede, grad + dhd
grdd + dadhatij porre fede, credere •*** ; - lat. cre^do cre-didi.
4- SsQT^.grd gratti (partic. perf. pass, gr-td^^ grà^nd'-)^ cuocere ;-
lat. cre-m^are (v. Introdus. alla MorfoL, s. --ma] e. Metatesi).
♦ Per questa equazione si possono vedere gli Stitdj critica II» 74^81.
•* V. ib., 239-40.
*** NoH so astenermi dall' addurre il sscr. gad accanto a cad^ere
latino, comechè io debba confessare che il significato di cadere non
mi paja ancora sufficientemente assicurato per lo gad del sanscirito;
a dello zendo, malgrado la dichiarazione indigena {gad^gdtanai)^
e la concorde traduzione che il Benfej ed il Kuhn ci danno della
terza del pi. perf.: gd-gad-ùs {rgv.^ Il» 20, 4, son periti), e lo zendo
gad-^nja'-t (causat. : he made to happen, to cause)» e il sansòrito
goda, che il Benfej {sdmav.y II, 5, 2, 3, 7) rende per ^goccia' (la
cadente). All' incontro mi pare assicurato il valore di ^ atterrare^»
^vincere', alle forme intensive: ijà-f?ac?-àna-, gd^ad-yndhai. '^ Cfr.
RoTH, Nirukta, ad VI, 16, 14; Kuhn, Zeitschrift, I, 91-2; Ben-
FEY, Gloss. al Samav., s. 1 ^f (p. 60); Hauq e Dbstur Hoshengji
Jamaspji, An old zand'*pahlavi glossary^ 122; Jusri, o. e, s. ^odf
Spieoel, Die aUpersischen keilinschrifien^ s. thad.
**** grdd vigvd vàrjd hrdhiy fa [che si compiano coni fiducia tutti
i sagrifici (rgv^y Vili, 64, 2);- graddhàm prdtdr havdmahai grad^.
dhàm madhja dinam pdri / graddha mrfasja nimrùìii grdddhai grdd
dhàpajaihd na:^ la fede di buon mattino invochiamo, la fede* sul
mezzodì, la fede al tramonto del sole, o fede, fa che qui noi conse->
guiamo fiducia (r^t?., X, 151, 5).
Ascoli, M'onol, indo^H.-gr» 2
34- §^11. -fe originario;- g sanscrito, x greco, c làtiKo^
-5. Sser. gru gr^ndu^tii udire, j?rw-^i*s, notizia, vi-^ru-taT^ famige-
rato, g7*di'-as (ved.),. gloria;- gr. xXu-w, odo (imperat. aor.
xXu-5t =s sscr. gru'-dhi), xXu-to-; (s sscr. gr{i-^td-s)j celebrato, ^
xXeo; (xXe/'-o;, v. r), gloria;- lat. clu-o^ clu^e-Oy clu-tu-s,
in-clu-tu^s (V, gì » * ci),
6. Sscr. fra'um-s, prawm, coscia, lambo; - gr. xXc^vi-; (v. ^),
coccige;- lat. dùni-'S,
7. Sscr. gvaYi' (nomr j?t?à, acc. g'oàn^am^ gen. jjiiw^as), zendo 0)an-
(>van, V. § 17, in n.) e ^MWt-, cane;- gr. xuwv.Cxyoy-g; gen.
xuv-(^? = sscr. pziw-as), cane;- lat. cam'-s (v. t?, e il § 20).
8. Sscr. dg^ri^Sy il lato aguzzo di un oggetto ; angolo ; taglio della
spada; Udiur^agri" Katur^agrd-y quadrangolare;- gr. 5x-pt-;,
punta, asperità; ax-po-;, estremo, che è in cima, tò £x-po-v, Ja
cima, àx-pt-«. Tetta di monte;- lat. oc-n'-s (Festo: ocrem
antiqui, ut Atejus philologus in libro glossematorum refert,
»
montem confragosum vocabant, etc); ac-u-s^ ac-u-o^ ac-ie^s,
.9. Sàcr. dg-ù^Sy veloce, àgvjdn (tema: dgijds)j piùvelocej àgistha-Sy
velocissimo;- gr. wx-u-; ,• veloce, wx^wv, più veloce > loxtato-?,
velocissimo;- lat. Óo-i-ter, d(yior>, óc-is-simu-s ; acu*'j9ec?-iw-s,
piè-velòce.
10. Sscri kaldga^Sy boccale, vaso (in cui stilla il Soma), scodellinà;
dhrsdt piba kaldgai sdumam indray bevi nel nappo gagliarda-
mente il Soma ^ ò Indra {rgv.y VI, 47^ 6);- lat. calio^s;-^ gr*
xuXtS (V. usa), còppa, calice.
11. Sscr* ddga-fi dieci, dagd-t-y decade, JDa^ a-pwra-m- = Decapoli ,
" daga-md'Sy decimo ; - gr. Sexoc, dieci ; -* lat. dece-wi, deci-mu^s.
12. Sscr. pag^-Sy pecus;- lat. pec-u {pecu-bus = zendo pagu^bja),
^ec^us Cpecos-is pecoris), peo-ud- (pecus pecudis).
13. Sscr. pff-m-5i screziato, yariegatt>, pezzato;- gr. •ic6px-v(f(;, ic£px-
-o-c, macchiettato, chiazzato di nero, nerastro (Pick).
14. Sscr. darg ^a^^drg-a (perf.), vedere, darg^aid^^s (= AEpxsro^), che
è da vedersi, appariscente, cospicuo; -^ gr* Sepx-o-fjt-ai-» (perf. Se-
-5opx-a)^ vedo*
15. Sscr. da^ ddg^a-tìy mordere ; - gr. -8ix-v-a> (aor. ?-8qcx-o*-v), niordere.
16. Sscr. dig (di^dais-^ti) di-^g-d-'tiy assegnare, degnare, mostrare, upa'^
• -dtf-? (67ro-iBe6c-vu-jii.t), indicare, espórre, insegnare prà^^dig^ (itpo-
ì¥
V. Studj critici y II, 222-35.
§ 12. A originario;^ K sanscrito, x greco, ó latino. 35;
• . '-BstVvu-fxt), indicare, prescrivere ; c?atj>-i*ntv il dito indica /gr. .: :
^e^x-vu-jA£v ic mostrò, 8tx-7j (veramente: direzione, = sscn c?if-a^
direzione, indi: plaga), costumanza, uso, diritto ;- . lat. m-dicr
(in-dec-s), dic^a-re, inrdlc^a-re'j dio-is causa (per mostra) ; 6?eiC0
(dico, osco deik-um, dire), dic^-aoc.
17. Sscr* naQ ndg-a-ti (cfr. § 13, 13), perdersi, dileguarsi, andare
in ruina; al causativo: ndg-dja-ti, far disparire, mandare in
. ruina; ndg-varasy caduco; zendo nag-u-s, cadavere; - gr. vex-
-u-?, cadavere, vex-po-;, morto;- lati wec-s, nec-D; noc-^Èa,
noc-e^ ( = sscr. ndg-dja-).
18. Sscr. nag ndg-a-ti (con nasale' interna: zéndo nàg^at, tipo d*
terza sing. d'imperfetto; sscr. wa^-^'j aor* pass.), raggiiing^erey
conseguire;- lat. nanc-i-sco-rr, wanc-(M-s, nac-tu-s.,
^ ». « . • .... '
. * • • , • • ...
Ora pochi esempj per la infrequeate equazione: R sscr.=:.xgr. § 12,
«clat; =k originaria (cfr* §§r 1&; 41, 4): ,
1. Sscr. Rakrd-y ruota, disco; - gr. xuxXo-;, circolo. [V. § 19, in n.]
*2. Sscr. Kand-rd'Sy favillante (puru-gKandrd^, molto sfavillante),
biondo; il dio Luno, la luna; - lat. cand-eo^ cand-ela, cand-h
-dus. ' [Cfr. 41,4.]:
3. Sscr. ruK rduR^CL-tai^ rilucere, splendere, ruh-, luce, rauR-iSy
raggio; - lat. làc-s, luc-er-ntty Louc-ina^ Luc-ina; - gr. Xeux-
-o-?, spleùdido, chiaro, bianco.
4. Sscr. vaK (I.* sing. pres. att.: vM-mi] vedicò: t'i-ra^-twi, colla
gutturale), parlare, chiamare; vdk^asy parola, prece, inno, vàK-^,
parola, discorso, inno, a-vdk-^ senza- voce, muto; -• lat. vÓC'^a*re{
t)òc-- (nom. vóc-^s-vdkh-széhdo). [V. Ittoc ecc.]. • ' >
.6, Sscr; parH pr[nd]k-ti (3.® pi. pr[njK-dnti; p^rtig. perf. p?kss-!
prk*td') , mescolare f mischiare , congiungere ( safn-^rh-ta-^^ , mi-r
schiato, collegato; e il suo contràrio: vi-^rh-ta-^ messo fuoif
di contatto, diviso);- gr. i^XeVw» intreòcio,; annodo;-^ ,l(^t,
jptóc-^KJ, "plic- (sim-jjWc-, du-^lio-i écc.)^ plic-»o *- .
• * Di esempj affatto sicuri, in cui, sènza, mettere in- contò il h re»
dnplióativo (13,9.), si abbiano, nel sanscrito, eh e g periìnp stessa,
k originario (Kuhn, in Hoefer's Zeitschrift fUr die toissenschaft der,
sprachey II, 173; Benfey, VolUt. gramm, d. sskritspr.^ pag. j30)„
noR ne veggo alcuno. Il vedico rùg-at- (per es. sd^nid^dì^^Q Tlì^d
36 § 13* V£C£ SANSCRITA m X( B ^, Z>I A 6 f»
13. Pure entro ai confini della stessa lingua sanscrita si avver-
tono le equazioni Jlsh, g^k, aiternandovìsi, per ragione eti-
mologica, e, in parte, anche per mera ragion fonetica, cosi R
e A, come p e ft (cfr. i §§ 24, 34, 36, e l'Indice s. h-s). La vece
sanscrita òxTt q k e più decisa e frequente che non quella di g
e A; e certo per questa ragione, che all'epoca in cui le forme
si fissarono, fosse ancora assai poca la differenza fonetica tra
A e R (v. § 38). Troviamo cosi molti esempj, in cui un mede-
simo complesso radicale esca per K, dinanzi a vocale od a y,
ILel verbo, ed esca all'incontro per A, ancora dinanzi a vocale
od a j^ in qualche formazione nominale. Si osservino:
1. aK anU (partic. perf. pass. anR-i-td-), piegare;- ank-d-Sy ank^
-^dr^y arpione, uncino, cfr. gr. ^Yx-o-^^Iat. unc-^u-s.
2. arK [rfrA-a-^ì], rilucere, arRA-^s^ raggio, fiamma;- ark^d-^^
raggio, lampo.
3. uJt ùìL-^ja-^Uj compiacersi, uJi-i-td-s^ adatto, abituale; - duk-aSf
stazione abituale, abitazione.
4. paR paR-a-ti, cuocere, portare a maturità; - pàUd-s, il cuocere,
il maturarsi. Cfr. § 16, 7.
5. parRy % 12, 5;- madhwparha^, mistura di miele {mddhu).
6. vaRy § 12, 4;- vàk-jà-m ['vàkià-, v. pag. 16], discorso *.
7. guRj gduR'U-'tiy affliggersi;- gduka-s^ afflizione.
8. siR sinR'd'tiy aspergere;- saih-asy aspersione.
adargipàga:^ dell'acceso [fuoco] il rosseggiante colore [chiarore]
si vede, rgv.j V, 1, 2) non pu6, tuttavolta, di leggieri staccarsi da
ruRy rilucere (12, 3.), quando in ispecìe si confronti una frase com'è
ìa seguite: anjdd rùgad asja paga: krsndm anjdd^ rosseggiante
Ynn ecfore, nero l'altro {rgv., I, 115, 5), con quest'altra: artjdd
rduRatai krsndm anjdt^ l'uno riluce, l'altro è «ero (rpt?. Ili, 55,
II);- né vorremo staccare il sscr. prag-na^ intreccio, canestro, dal
greco Tckéìt;'^ ecc. (Fiok, Wórterbuch der indogermanischen grund^
3praehey 119)1 e dal sscr. parR che testò studiammo (12, 5.); ma
qui forse trattasi di vicenda meramente grammaticale. Y. ancora Sti4dj
erit., II, 239-40,
♦Cfr. §24, 6, »•
§ 13. VECE SANSCRITA PI A B X, I»I A E f « 37
Inoltre è regola, che il reduplicatore Ài h sìSl K (efir. § 24, 11,
e § 34), mentre jp, ali* incontrò, reduplicherebbe per V identico jp
{paty volare ecc., perfetto: pa-^t-àj^ e cosi t per t {tan^ t&st^
dere, perfetto: ta-idn-a). Quindi:
»
9. kar, fare (lat. cre-^^ ecc.); perfetto: Jta-^kàiMiy feci, fece; temi
intensivi: kar^kar^ kari^ftar (nel dial. vedico voci intensive che
ancora reduplicano per k: partic. pres. kdrir'krHXt'^', '^ kram^
incedere (13, 12.); perf. ka^krdm'-a^ tema intensivo: Kan'-kram,
y^ha poi, in terzo luogo, che talvolta coesistano, indipendenti
ormai Tuna dall'altra, la figura radicale col Jl e quella col k; cosi
10. ki-^ (zendo fti-t), particola enclitica, veramente un nom.-acc.
• neutro di quel pronome che al nom. sing. diede il sscr. ^ki^s
(17, 1.; nello zendo, colla palatina pur questo: ki''S)\ kart
ktt'à-'tij nectere, - allato a kart (10, 2.); kit kait-^-^U scor-
gere, considerare {kint kint^dja'-tij meditare, pensare) ,- ac-
canto air equivalente esemplare reduplicato: ki^-kait-ti (partic.
pres. di tipo intensivo: kài-kit^at-) , la cui radice mantien la
gutturale; e la stessa vece si ha nel piti semplice tipo radicale?
kif kiy onde, a cagion d'esempb, dpa^ki^a^f considerato <sti-*
mato), ninki'ta^^ scorto, allato a nt-/^i-/c;-a<-, che scorge, os-
serva (cfr. § 15, 1. n.) ♦; lauk Iduk^a^tai^ vedere, 2du/^na-»i,
occhio,- allato a lauk Iduk-^-tai^ vedere**.
Finalmente, si ha la continua vece grammaticale di K e %;
dove le figure col k di certo continuano, generalmente par-
lando, la condizione primitiva, ma, in parte, pur si dovranno
all'adattamento fonetico ed all'analogia***. Il Tty per cui finisce
* Coppie non bene peranco accertate, sarebbero : kùn kùn, contrar-
re, kùl {kùd) kùry abbruciare, kan kan {kan\ mandare un suono;
hipja--, nome dì un verme, kipja'-y id.
** Ed entrambi, denominativi di certo, pur secondo altra conjuga-
EÌone: lauk-^dja^ti lauk'^dja^ti; v. Vlntroduz, alla fnorfoL (n*^ ecc.).
*** Allato a vak (12, 4. 13, 6.) abbiamo vàk-van-- (ved.)j oratore,
cantore, ed allato a pak (13, 4.) abbiamo pàk-vd-'^ cotto. Si può
chiedere, se il k di vdk-'van e pak^vd sia diretta continuazione del k
originario, o se piuttosto noi si debba alla tendenza di sfuggire la
Sg § 13. VECE SANSCRITA DI A E /f, DI k M g.
uÀa dgura radicale, lasciali posto al &» o al normale sudce-^
daneo di questo, quando si abbia \ uscita scoperta oppur la.
immedìatf^ annqs^ione ò! esplosiva o sibilante; come apparispef
dalle voci che ora offriamo: : .;
11. ruk (12, 3.), splendere; rii^- (fem.), splendore, al noihin. sing.:
J rùk', e k pur dinanzi a m, nella derivazione nominale*: ruk"
*-wd-, oro t il rilacente); - vaM- (12,4.), dire; partic, perf. pass.:
w^-tó-; infinito: vdh^um', 1. pers. sing. fut.: vak^sjàmi'^^ vdh"
' Cfem.), dis.corso, al nomin. sing.: vàky all'accus. sing. : vàh-am^
.ma al locat. plur.: vàk-iù^ al dat.-abl. plur.: vdg-bhjàs ^'vàk-
'bhjasy V. Assimilazioni); - park (12, 5.) pr-n-h-ànti (3. pers.
pi. pres.), mescolare; partic. perf. ^SLSS.iprk^td^; 2. e 3. pers.
* «ing. imperf.: a-^r-no-/e.
La yece di p e A, -air incontro, lion si afferma per alcun fatto
che risponda a quelli delle prime due serie per le quali sì affer-
• r • . ^
ipava la vece di Jt e k (pah pdka-; kar Hahàra). Ma per la
varietà radicale col ^, alla ^uale coesista la figura col $, fattasi
runa dall* altra indipendente, si possono addurre;
12. gar gr^àr4iy laedere, dirumpere, abruinpere ( greco ,KEP, xe^pa>,
- recido, roda, devasto), -ffr-na-, .che si è~spiccato;^ accanto a
combinazione Hv (cfr. vag'^ùnQÌÌQ As:similazioni^ e il §14 al princ).
La 9[uale. affatto. non si vedeva, tra i .nessi binarj^ nel prospetto del
BoEHTLiNGK (1. c. a pag. 10); e s^'ha in quello del Benfby {Volisi,
gramm. d. sskritspr,) solo in grazia dell' m che si fa t?, affin di to-
gliere l'iato, in kaKvaus {kaKu + aus)^ genitivo-locativo duale (cfr:
kakvi^haku ap. Boehtlingk-Roth). Ma hanno entrambi il ternario
nkVj che si ottiene, almen teoricamente, p. e. da W/E, vacuefacere,
alla prima del pres. att. duale {rink + vas). Al partic. del perf. att.
di ruJij splendere {-f'uh-ì-vas)^ abbiamo il vedico ru-^uk^vds {sd-
niav^y II, 9, 1, 4, 1 =rgv,j I, 149, 3).- Pure in questa parte si
viene determinando un' antitesi fonetica fra verbo" e nome ( 13, 1-8.),
é a questo riman sempre il carattere di maggiore antichità; si con-
frontino, p. e., vdk^mi (ved. vi-'vak-mi) , io dico, e il tema nominale
vdk-màn- (BenfÉy, Volisi, gr.^ § 415); v. il testo (l'3, 11.) e cfr. §24*
* y« la nòta che precede, e quella al § 24, 13; e cfr. QuU-^rd-^ vi-
splendente, allato a ì?à^, risplénderè, àrdere.
§ 13. VECR SANSCRITA Di'/t E ^, DI /t E f». 39
kar kr-^à-ti kr-ndu-tif ledere, uccidere {kdr^a^Sy uccisione*),
ed al kar-'t di cui già dicemmo (10, 3.) **; gram gràm-ja^ti^
stancarsi, pràn-fà-, lasso, allato a hlàn-td-^ che dice il medcr
Simo, e così grama-s = klama-s^ entrambi: stanchezza; dg-ri^s
-ag-ra^, §11,8, allato ad dg-ra-m Cdk-ra-m àx-po-v; cfr, gag--
-md" *gah-md" ecc., nelle Assimilazioni) , punta, estremità, ver-
tice; nig nig-d, notte, accanto a nak ecc. che valgono il me-
desimo (lo, 10.; V. i sscr. =s a orig.) ***.
♦ V. ancora la Fonologia irana^ s. 2. kar,
** È della famìglia anche il latino curtu^s^ propriamente: mozzo
tv. brevis nel sec. voi. degli Studj crit., e cfr. § 15, 4), s'abbia poi a
dividere : cur^t'-U'^s o cur^-tu^s, E di base non diversa è il sscr. krdhù''^
mozzo, raccorciato, tronco, v. V Introduzione alla morfologia^ s. v.
*** Mi sono risoluto ad accogliere nel testo anche l'esempio nig
fiig^d (cfr. dig dig^à^ 13, 13.) allato a nak- ecc., parendomi affatto
improbabile, per non dire impossibile, che le forme col g rivengano,
come si è voluto (cfr. Benfey, Gloss. alla Crestom., Pott, Warzel^
uDórterbuchj I, 550), al verbo gì, giacere, ecc., anche per la ragione
che altro pur non direbbero, in questo caso (ni'-ga, cfr» girila ì, che
Sta [abita] nella montagna, dato pur che questo -pa rivenga alla
sua volta al verbo gt), se non «giacente». -Véro è che non si può
staccarle danigithd, mezzanotte, la cui provenienza da gi (ni-^i'^tha) par
manifesta; ma io ho per fermo che questa sia una derivazione illu-
soria, e reputo nigitha forma pracriteggiante di 'nig~i-stka (pràcrita-
mente: nigittha nigitha), che sta nella notte, ènei cuor della notte
(cfr. div-i-stha). E ancora rimane nigitd, notte, che alla. sua volta si
ribella per la vocale (l) alla derivazione da gi^ e air incontro vorrà
èssere un astratto {niga + td), pel quale si confronti, quanto^ ali* ac-
cento e alla indifferenza logica, il vedico dsfa-tdli, e, quanto alla
formazione, il tipo tandritd. Il Lessico di Pietroburgo pende incerto,
poicljiò rimanda, sotto nigd, cosi- a nak eco, come a nigithd, che pur
.vuole- ricondurre a gì (cfr. il Lessico medesimo s. anigita) ; ma of mai
mi parrebbe tolta pressoché ogni dubbiezza. . Riscontri ancor £v proi^
blematici, ma notevoli, che vanno qui addotti, sono inoltre: gdm
(indecL ved.), salute, prosperità, allato al kdm, indeclinabile vedico
^ch'esso, che si traduce per bene (e coli' a privativo: d-koif^-^ ^ale)*
e potrebb' essere radicalmente diverso dal J^àm (-/sam) che^piii àdr
40 § 13. VECE SANSCRITA T>1 k £ kj m k z g.
Resta la Tece grammaticale (cfr. § 13, 11); e, pure in questa
parte, la dimostrazione è meno abondante e men chiara che non
sia per K. Poiché lo p, air uscita del complesso radicale, segue,
di regola, nel verbo, in tutto e per tutto l'analogia di s (vedi
Lez. XIV), e quindi non cede il luogo a ft se non davanti a s.
Solo per alcuni esemplari si vede il h pure all'uscita scoperta.
Nel nome, all' incontro, occorre più facilmente che g resista
all'attrazione analogica di s (alla quale, del resto, vediamo in
parte soggiacere anche lo g, § 24; cfr. i §§ 41, 3; 42), e faccia
quindi luogo al A, o al suo legittimo succedaneo, sia ali* uscita
scoperta, sia- nell' imbattersi in altra consonante.- Barg, vede-
re, dig, mostrare (11, 14. 16.), ci daranno cosi, al participio per-
fetto passivo drS'tà-, dis-ià- (quasi si trattasse di verbi uscenti
in s)y e non già *drk'tà' e *dik'tà-y come i parelleli europei
(i-Sepx-To-c , a-Betx-To-;) e l'analogia indiana de' verbi in R {pari
prk-tà' ecc., 12, 5., 13, 11.) richiederebbero: ma abbiamo tutta-
volta la vece ài f e k ne' tipi che ora passeremo in rassegna:
13. darg^ vedere; aor. d-^ràh-sU^ vide, e (ved.) d-dràk^ vedesti,
vide; drf» quegli che vede, la vista, nom. sg. drk; dig^ mo-
strare, daik'sjdtij mostrerà; dtp- (e diga), direzione (plaga),
nom. sg.: dik, loc. pi.: dik-sù, dat.-abL pi.: dig^òhjds {'dìk-^
^hJ€Ls)'y nagy andare in rovina (11, 17.), nahk'sjdti^ andrà
in ruina; nag, raggiungere (11, 18., aor.: '^ak e ^nat^ v. i
§§ 24 e 42), e naW nàk^s-^-ti, ugualmente: raggiungere (cfr.
muX, prosciogliere, liberare, mauk-s-a-j liberazione).
§ 14. Se il h originario cosi si riduce di frequente, nel sanscrito,
a K od a ^, il fonologo vorrà ora tentare 1* istoria di queste
dietra adducemmo (10, 1.); garka-rd, coccio, ghiaja (cfr. xp(^xY) xpo-
xéXri [Fick], ciottolo ecc., calc-s calculu-'S), allato a karka^^a'^j
duro, karka^^d^s, aspro, duro. E devo eziandio accennare alle
coincidenze che per p = A si conseguono in quelle decomposizioni dei
complessi radicali, alle quali ci attentiamo nella Introduzione alla
morfologia", come per es.: gri grà-ja^-ti^ ire, adire (cfr. gar*a^a'')f
»
allato a hram krà^ma'^ti, gradi, incedere.
§ 14. DEL COME k PÀSSI IN A ED IN (*. 41
metamorfosi. E incominciando dal misurare la loro estensione,
trova: 1.^ che le combinazioni radicali, in cui lo K si aggruppi
con altre consonanti, sieno: nS, g^ {*sk)f rR e R; •; 2.<* che le
combinazioni radicali, in cui lo ^, alla sua volta, si aggruppi con
altre consonanti, sieno: "p **, rp, fn, (^m), g/, pr, fi, gv *♦♦;
e 3.^ che R e g possano entrambi cosi precedere come seguire
alle vocali a, i eà u. Ora, negli stessi appajamenti fonetici,
s'incontra pure, e non già per eccezione, la tenue gutturale
intatta *•♦♦. Si osservino , a cagion d' esempio ;
k, H. *g,
^ank, esitare, temere; ank^ piegare; dag^ mordere.
skandy salire, ecc.; g^jt^tj ghut^ stillare.
* Tra radicali e non radicali, i ffruppi-consonanti sanscriti in cui
entri K son questi che seguono: RR, Mh^ Hn^ Rm, Hj^ Hv (ìig si pud
omettere), nìt nKm nhj nKvy Mj Mhj KJthr Mhv hvjy rjt rRm rhj^
9^ g^j [pR/^^^l; e siamo quindi veramente limitati: al raddoppiamento «
alla 'combinazione in cui precedano sibilante palatina (^) o r, a quella
in cui seguano semivocale palatina (j) o v, e alle combinazioni con
suono nasale,
** Cioè anusvàra (§ 4) + p.
*** Non adduco pR, che è alterazione di sK (sk), né pg^ che ab-
biamo nel verbo rapg {vi'-rapg, Roth, Nirukta^ pag. 91), circa la
costituzione del quale è da vedere il Benfey, Gloss. al Samav. ,
p. 172. — La serie compiuta dèi gruppi-consonanti sanscriti, ia cui
entri p, non aggiunge, in realtà, alcun nuovo contatto, a quelli che
le combinazioni radicali ci abbiano offerto. — Le figure participiali,
di cui avemmo ésempj nel paragrafo precedente {arsita'* ^ dìs^td^y
j^er 'drg-¥tay *dig+ta, v. § 43>, e altre figure consimili, non fanno
prova per 'gt (e 'gth) da kt {ktk) anteriore; ma si tratta di g svilup-
patosi in altre congiunture (per es. da^ddrg^a, vidi, vidit), che poi
passa a combinazione grammaticale con t. Lo stesso si dica del ssor.
astd'y zendo asta^^ otto (per "ag^ta - oc-^to) ^ considerando il sscr.
flp-t-H, ottanta.
•^^ Solo mancherebbe il gruppo kj] ma tra radice e suffisso sa-
rebbe, per es^, in vdhrja^j § 13, 6.
4^
§ 14. DEL COUE k PASSI IN R ED lU p.
Ht 1
«.
P-
ark^a^j rag gio, .lampo ; jsarS , mescolare ;
AH, vendere;
A^^te?, inumidirsi; . . « ^ « .
^a^^ potere, valere;
saik-a-, aspersione 4
gauk^a-, afflizione;
iar, fare ;
Aì-m, quid;
(farj?, vedere.
.grdf cuocere.
gldu'-ka^f gloria, inno,
verso (cfr. 11,5.).
nag, andare in mina.
dig, mostrare.
krug, gridare.
gàsj esporre, lodare.
f^, giacere.
gubhy splendere.
vaìij parlare;
siTl, aspergere;
guh, affliggersi;
-ha, -que;
Ri, raccogliere;
Ai«^, agitarsi, adirarsi ; Kud, incitare;
Quindi è chiaro, che non v'ha alcuna combinazione, in cui il
k originario passi costantemente in K od in ^; ed è chiaro in-
sieme, che di queste alterazioni non v* abbia una causa palese,
come sarebbe, a cagion d* esempio, la causa onde si ripete la
palatina italiana in ci e ce, dove il k antico si altera per par-r
tìcolare effetto dell'i e dell' ^, quando all'incontro si mantiene
intatto dinanzi ad a è ad o. Vero è, che ove si prescinda da
ki e kit, ne* quali vedemmo oscillarsi tra A e h (13, 10.), mal
sì saprebbe addurre un verbo usitato, che offra la tenue gut-
turale costantemente unita ad un i che la segua o la preceda
{tì'pì siìt dig, Rigi)*; senonchè, dall' un canto, l'azione dell'i
etimologico, che qui parrebbe di scorgere, non. sarebbe conti-
nua, né uniforme^ e si ha, dall'altro, un numero infinito di
casi, ne' quali l'alterazione si compie senza che i etimologico vi
r
sia. Ben v'hanno però altre analogie, romanze in ispecie, che
, "^ Un notevole esempio di assimilazione palatina, promossa, nel san-
scrito, da i, air infuori del verbo, parrebbe gdhif che la sinonimia
indiana pone allato di gàh-^man^ gdk-ti, facendoli valer tutti: opera
(ener^ia)^ e mal si staccherebbe da gak , valere, posse, ecc. (cfr. Bbn-
FSY, Gloss. al Samav, , e Gloss. alla Crestom.); ma nel riflesso zendo
|ii questo verbo ({ja/^, apprendere, ecc., cfr. sscc. giks^ zendo gts)
domina quasi esclusivamente l'esplosiva palatina. Meglio accertato ò
l'esempio zendo; aha, malus, al superlativo aK-^ista- (cfr^ sscr. gdK-
"istha-)^ ed al comparativo (noin. neutro); a$6 {so = 'hjd m kja$h
§ 14. DEL COME k PASSI IN P. T3D 12* <?. 43
gioveranno a rischiarare di luce analogica le vicende asiatiche^
del k originario.
Tra le più frequenti affezioni delle consonanti originarie, è
nel sistema ariano T abbarbicarsi che fa, dietro ad alcuna di
esse, uria fricativa parassita, ed in ispecie'y (n/, Ij, kj, ecc.;
V. Parassite). Questo modo di descrivere il fenomeno è per vero
alquanto figurato, e noi ci adattiamo al linguaggio un po' me-
taforico, in questo e in altri casi consimili, per evitar le spine
dei particolari fisiologici, dai quali però verrà tempo che attin-
geremo di continuo una ben migliore evidenza di quella in cui
per ora ci par di mantenerci rifuggendone. Tuttavia sin d' ora
non vorremo accontentarci della sola persuasione che i nostri
dati pratici non contraddicano alle risultanze delle osservazioni
fisiologiche, ma vorremo assaggiare pur di queste alcun, poco,
secondo possibiltà nostra. Cosi, intanto qui avvertiremo, sulle
generali, come la origine di queste che diciaLm parassite stia
veramente in ciò, che nel passar dalla disposizione orale ^ che
è richièsta per la produzióne di una determinata consonante^
alla diversa disposizione che è necessaria al proferimento dal
suono che sussegue, ed è di regola una vocale, si rasenta o ai
consegue quella, per la quale si produce la fricativa che diciara
parassita; e avvertiremo ancora, come le cause o le tendenza
diverse, per le quali questi sviluppi intermedj sonipròvocBXì
od assumono entità via via più distinta ed energica, doman-^
dano speciale indagine per ogni singola congiuntura. Dopo di
che, ritornando alla descrizione grammaticale, diremo, che Vaf-i
fezione a cui si allude, ora è sporadica, ora frequente^, ovq^
afiatto costante. Sporadica avremo cosi la parassita j dietro
a .ny di solito iniziale .{njr, o vera^nenten/-, cioè gn- it. = n,
V. pag. 23, n. 6), in alcuni idiomi romanzi. Esempj italiani: .
, 1» toscano nudo ('njudo gnudo), nuca\ cfr. ^uno (gnuno) niuQO,
. , dovè I4 continua (njupo) è etimologica;-^ friulano ^i:*c/ie, nii-
ca; notj notte; nùf^ nuovo; nógis^ nozze; a collo schietto ì\
'd^Atale: yijóre (mòre,: accanto a ndr^), Auora; ma' alV incontro
f> coln seidapre suno( nud^ nudp; riùle^ nQQpiupla; nom, npmq'} epc«
44 § 14. BEL COME h PASSI IN R ED IN g.
Occorre frequente quest* affezione del n nella lingua albanese;
la quale ne vede intaccati, in larga misura, anche il k eìl g, ey
ih misura più larga ancora, il l. Ne cito per ora questi esempj :
2. vjepxs *, noverca; vjept, uomo (persona), cfr. gr, à-vsp- (àvijp)
sscr. war-; xj|v, cane (xjtvT, cento)**; dpetxj (sdraco), diavolo
(V. Studj critici, 11,38); ouvxj, zio paterno (avunculus); -vJeXj,
pollo (gallo) d'India; yjou, pi. tjouvjsxe, ginocchio (cfr. gr. yó^u);
Xjax, lacciuolo; XjàpYs, lontano (largo); ^jspdfjx, laude; xou>jdLTÒp
(slavo kolac), specie di focaccia.
Del / iniziale si fa costante la nostra affezione nel catalano
(e per Ij scrivono II, come nello spagnuolo):
3. Ijagostaj locusta; Ijagrimay lagrima; Ijanaj lana; Ijaviy labbro;
Ijetugay lattuca; Ijet, latte; Ijebre, lepre; Ijejir, leggere; Ijetra,
lettera; Ijey, legge; Iji, lino; Ijenguay lingua; Ijob, lupo; Z/o-
rer, lauro; Ijum, lume; Ijuna, luna.
L* affezione palatina di % e ^ antichi dinanzi ad a, rimane estra-
nea ai più degli idiomi neo-latini. Ma si vede quasi nascere,
e diffondersi e farsi costante, fra'varj dialetti romanci de'Gri-
gioni, efd è costante nel romancio del Tirolo e nel friulano.
La Francia ne mostrerà anch'essa e e g, per k e g antichi
dinanzi ad a, in una parte della Lorena; ai quali suoni stanno
allato, nella medesima funzione etimologica, lo s (eh) e lo z {j)
della comune favella francese. La successione fonetica, che qui
si accenna ed altrove più davvicino si considera ***, risulterà,
per limitarci alla tenue, questa che brevemente ora scriviamo :
* Gli esempj albanesi, senz* altra indicazione, sono sempre nel dia-
letto tosco, V. Studj critici, I, 87, 95 (=365,373), e segg.
•* In alcune contrade albanesi: Tcrev (»een), toivt {»cint), v. Hahn,
Albanesische studien, p, 20, e aggiungi Tc^apx {^^carh)^ circolo, al-
lato a xjapH, intomo.
*** Cioè al § 38, dove anche si tocca, in nota, delle ipotesi del Diez
e di N. Delius intorno allo eh (S) francese nel riflesso di ca latino.
§ 14. DEL COME k PASSI IN K ED IN g,
ha k^a kja kza ^sa {^sa) ca sa^ e sarà intanto
un breve esemplarlo sinottico *.
45
raffermata da
•
oa
4. caldo^
cavYìe^
capra^
cavallo^
calcagno^
cane^
capOy
ocaj
hocca^
IH
•3 OD -e
I
cduld^
carn,
edura,
cavdljy
calcón,
^cduriy
}jdu^
ócay
vdca,
buca.
S fl
2'2-c
So
© ^^
cóc?.
»»
eerw, .
'card/,
(COC?,
'càrra,
^cavdlj,
*caVcóny
4>
I
o •
s
♦' '
cdudj
♦•
cerw,
cam,
^caurUy cdvre,
^cavdly cavdly
}fau*cdn»
Van^ can*
cdy
cai
'ée.
OCOy
vd^cdy
du<éay óée **.
vd^cOy vace,
bócttj'-^cay bo^éUf bóce^
ó5?a,
chauld^
chairm
ceuve^ chèvre.
cvdy chevaL
ctriy chien, '
.... clief»
vaiàCy vache.
buocCj bouche0,
Ora, tra il doppio fenomeno romanzo {k in e, k in s) e il
doppio fenomeno che si ha nel sanscrito (e nello zendo; k in
Ky k in ^)y potrà forse non esser cosi piena la simiglianza, come
a prima irista apparisce; e per misurarla esattamente, ci manca,
in ispecie, la compiuta istoria della pronuncia dello g; ma si
può tuttavolta sicuramente affermare, come più innanzi meglio
ancora vedremo, che il parallelo tra la serie neo-latina e l'a-
siatica, il quale si riproduce appuntino nell'istoria della media,'
per ogni sua parte si regga ♦*♦. I due effetti della stessa affezione
si vedrebbero entrambi nella medesima favella asiatica (R, f).
* Il contatto per la consonante romancia che è nel riflesso di ca
latino, e da noi è trascritta per (?, si forma più vicino ai denti che
non qaello per e italiano; e il preciso e italiano ha del resto anche >
il romancio ne' riflessi dei latini ce e cu Quanto al lorenese, rendo
per o lo '4ch'^ o deh' dell' Oberlin, mantenendo la sua ortografia per
le vocali. Maggiori particolari circa i dialetti e i fenomeni romanci ,
si hanno nel luogo citato a pag. 23, n. 5. ** £ pure diAcé,
**♦ Cfr. i §§24, 25 e 38 (dove ò pur considerata l'ipotesi: k'ìig),
• anche l'esempio zendo addotto a pag. 42 in n.
46 § 14. DEL OOME h PASSI IN "fé ED IN f.
locchè punta non ripugna, quando in ispecie si consideri, che
il medesimo germe alteratore nasce o si sviluppa in diverse
età. Pure per questa parte è pronto un parallelo romanzo. Poi-
ché la palatina romancia da gutturale antica dinianzi ad e ed i,
deve surgere per processo non diverso da quello per cui surge
la palatina romancia da gutturale antica dinanzi ad a (§ 38) ;
e tuttavolta si mantiene una sensibile differenza tra il prodotto
Sì *kja^ dall'una parte, e quello, certamente più antico, di *kje
o di */yi, dall'altra, come si vede, a càgion d'esempio, da 'càuc
0^ 'éalc (calcemì dei dialetti romanci -del Tirolo, che ci oflFre le
due varietà in una stessa voce. Differenze isteriche, tra le vi-
cende romanze e quelle che avvertiamo nel sanscrito,- avrebbersi
del. resto. in. ciò, che ambidue gli sviluppi asiatici si sarebbero
indistintamente compiuti dinanzi a qualsiasi vocale (il sibilante
pur dinanzi ad alcune continue, v. p. 41), e che dall'affezione,
o almeno dalle sue conseguenze, sempre sarebbe rimasta inco-
lume, nell'Asia,- una buona parte di quelle figure originarie, tra
le- quali vediamo che si compia. Qualche diversità fra le alte-
i:azioni romanze e le asiatiche avremo pur nel modo della loro
diffusione. Cosi, quando si considerino i limiti della alterazione
asiatica. di k in K, ripugna immaginare che il fatto costante di
^ per k nella reduplicazione (13, 9.) presupponga in ogni singolo
esempio \o k^ ed i successivi sviluppi; ed è chiaro, all'incontro^
che si abbia ad ammettere, per questo accidente, la diffusione
analogica di un fenomeno, che si era fisiologicamente compiuto
in un certo numero d'esemplari.
§15. Ma ora dobbiam considerare più dav vicino i suoni che rispon-
donQy nelle diverse favelle della famiglia, allo ^e allo R del san-
scrito, mirando principalmente ai fatti od ai problèmi cronologici
che a queste corrispondenze si connettono.
Il sanscrito e lo zendo concordano compiutamente fra dì loro
nella sèrie degli esemplari per K (cfr. § 12) é pei^^(cff. § 11).
Còsi avremo, a dir per ora di pochi ésempj :
1, 8. Mhrà'-y z. Hakhra^i ruota; ^. -Md, z.-Rit^ p. e. in ha^^kid s.,
knQ-Rit z., un qualsiasi; è* va^y z. r«ft , parlare '^ ■ ^.r,uR>^
§ 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE l>Eh k ORjiSINARlQ. 47
z. ruìiy risplèndere*;— s, gatd-, z* gata^^ cento; .- i$. fi, z. pi,
»
giacere; s. gùrà-^y eroe, z. ptira-, eroico; s. pt?a«-, 2. gpan-,
cane; s. prw, z. gru, udire; s. daga-, z. daga^, dieci; s. darp,
z. darég, vedere.
Né diversa corre la bisogna se consideriamo la v ede di K e &.
e di ^ e ft, per la quale brevemente ricorriamo agli esempj
zendi che ora seguono (cfr. § 13, 4, U, 13,, e §§ 24 e 25):
2. pah, cuocere, -pàka- (uruzda-pà/ia) , che abbrucia;- guk, ar-
dere, gukh-^ra" (v. Aspiramenti) , rosso (propriamente: acceso,
rilucente), puM-^a-, acceso;- rw^ , risplendere , raoft/i-/-wa- ,
risplendente;- vaK, parlare, vakh-^sjd, parlerò, ukh^ta- ukh^
-dha-i parlato, discorso; t?à/t-, discorso, nom. sing. : vdkh'^s',^^
♦ Qualche diversità fra i limiti zendi e i limiti sànscriti, entro
acquali si compie il fenomeno di /l da /c^ è più appaiente' che reale ,
e punto non ìnfiripa la regola.; Così lo zendo ha più viva e diffusa»
che non abbia il sanscrito, la variante palatina della stirpe prono-*
minale ìia ku ki (onde^ a cagion d'esèmpio, il comuiie ^hid ''Kitj
addotto dal testo), e ne tira un ha declinabile (qualcheduno), e con^
trappone il neutro-particola -hai al -^ad sanscrito, e Haiti, quanto,
al kati sanscrito, e ancora ci offre lo hvant-, quantus, qualis, di cui
è parlato al § 16, 1^ nò a questo si ferma (ma là forma Havaiti^
adv. how many, che parrebbe aggiungersi dall' OZ^? zand'-pahlàvi glos-*
sary, pubblicato da De^tur Hoshengji Jamaspji e Haug, e ricorde-*
rebbe il tipo sanscrito tàvat ecc., Coinciderà veramente collo Jivant
testé allegato, cfr. le forme zende hava^-ka ykava'-Rit, allato a kva-^fia
Jiva-kid del sanscrito). Nel gruppo di verbi: ki kit, Hi kit kint, toc*-
cato al § 13, 10, si avverte qualche particolare ma naturalissima
oscillazione zendica: kikit- e fiìkit-', ki*-kajat ki^kajató (3. duale cow»<
giunta pres.) M^kajat [ki, espiare] kiHhi e kaè-na [espiazione, -ca« ti*»
go]; cfr. la n. al § 24, 11-12. A tak sanscrito, precipitarsi v piombare,:
sembra ' rispondere la doppia forma zenda tak (ch^ non si. v^dei'sét
non in formazioni nominali) e tak, correre, scorrere; ma il aianscrito^
alla sua volta, avrebbe,, accanto a t^Lk^ i du^ verbi. di moto: tank d:
tvank (V. rindice)) che sono però tuttora sènza 6àei»pj. .Vi ancora
la n. * a pag. 42, e gk=:*sk, § 40. : , ; < •; : \
48 § 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO.
jja^^a-, cinque, pujfe/i-rf/wi- quinto;- Qpag^ invigilare, custo-
dire, (opprimere), e gpag-^s : gpakhs nel nome gpàhh-s-ti*.
La qual compiuta concordanza viene a dire, che i danni sof-
ferti dair originario A, nei modi e nella misura che la lingua
sanscrita ci mostrava, risalgono a periodo pre-indiano, sicco-
me quelli che manifestamente appartengono all'età indo4rana
(pag. 6; cfr. § 25). Non v'ha, all'incontro, rispetto al fe-
nomeno di ^ indo-irano per k originario, alcuna consuonanza
europea, di cui si possa presumere che stia in connessione ge-
nealogica con esso ; non v' ha cioè alcun, fatto, che ci possa in-
durre a stimar consumata quest'alterazione in epoca anteriore
al compiuto distacco della favella ariana dell' Europa da quella
dell'Asia, comechè v'abbiano singolari coincidenze quantitative
, * Occorre nel composto pouru-gpakhsti-^ il quale nelle funzioni
d'aggettivo avrebbe a dire, secondo il Justi, o. c, p. 194: che pie-
namente opprime (quel dalla piena oppressione). Affatto altrimenti
è dichiarato il nome gpakhsti àsLÌTOld glossary^ citato nella nota
che precede, il quale probabilmente sbaglia in quanto ne fa un nome
d'agente; ma l'esempio vale ad ogni modo per noi, la figura radi-
cale e quindi l'istoria fonetica rimanendone sempre la stessa. Non
è agevole rinvenire evidenti esemplari zendici per la vece gramma-
ticale ài g e k {kh)j poiché, dall' un canto, scarseggiano nello zendo
le occasioni per la formula grammaticale g -^ s ( /) , e , dall' altro,
questo idioma riduce volontieri l'antico ks (khs), massime interno,
a solo /, come in dasina-^ che è a dritta, s sscr. dàksina (10, 11.) 9
o in vàsa allato all'integro vdkhsa (rad. vakh-^)^ carro. Conside-
rata la qual riduzione, un buon esempio per la nostra vece s'ha
ancora in vasi {'vakhr-si » sscr, vak^si)^ seconda pers. pres. sg. att.
di vag (s sscr. vag)^ volere, già riconosciuto, ma non abbastanza
sicuramente affermato dallo Schlbioher (Compendium^ sec. ediz.,
§ 139, p. 200). Oltre a gpahh-'S {gpag+ s)^ il dizionario del Justi
ancora ci offrirebbe: énakU-s^ raggiungere, cui dice desiderativo di
«op {^nag sscr., §§ 11, 18. 13, 13), e pikh-'s {pig^s)y ornare (cfr.
pahh8)'j ma son dimenticati tutti e tre nel suo diligentissimo spoglio
fonetico (ib.| 363 h).
^
§ 15. EtX belle ALTERA^IOf^I ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 49
(non qualitative), dì cui a suo luogo (§ 19) sì ritocca, le quali
ti portano a credere che il k originario , fattosi poi H indo-
iranoi fosse intaccato y scosso y in un certo numero di esemplari,
sin da periodi di gran lunga più remoti che Tindo-iranò non
sia, ma non però fosse ancora, in questi periodi, distintamente
alterato. Le singole coincidenze che si possono addurre per
tenue palatina europea (ft, é) di contro a tenue palatinar indo-^
irana, in tanto- sono sempre fortuite, in quanto si debbono ad
alterazione consimile che dello stesso suono originario è indi-
pendentemente avvenuta e in una regione e nell'altra. Cosi,
per incominciare da un caso evidentissimo, quando troveremo
éa romanzo, per ca (ka) latino, allato a éa (Ha) indo-irano,
p. e. ih éarbdr (frìul. cànd-id == cand-ido-, sscr. Mnd-j % 12, 2)y
sì tratterà manifestamente di due alterazioni conformi od uguali,
della cui genesi ci siamo in questa stessa Lezione (§14) occii-*>
pati, ina non già di unica alterazione primeva, che.genealogi-^
eamente si continui nelFun parlare e nell'altro. E similmente,
se p. e. la continuazione italiana dell'accusativo latino vocem
riesce ad avere una palatina {voce) che s'incontra colla pala-
tina indo-irana {vaH, 12, 4. 15, 1.), è facile avvertire, pur
prescindendo da ogni diretta prova della modesta antichità della
palatina italiana, come s'abbia in questa un fenomeno disgiunto
e diverso dall' indo-irano ; poiché, dall' un canto, il fatto della
palatina italiana dipende dalla qualità della vocale che sus-
segue {voC'Cy voC'iy ma all'incontro: voc-ale, in-voc-o), dovQ
r indo-irana, all'incontro, si trova indifferentemente preceder©
a qualsiasi vocale {valt-, discorso, allo stroment. sing. : vàk-d,
al locat.: vak-i), e, dall'altro, l'effetto costante della causa
determinatrice della palatina italiana deve naturalmente im-
portare che questa v'abbia pur dove in favella indo-irana ri-
mane imperturbata la gutturale originaria; p. e. in "de-scen-^
dere {on^e i^ì discendere , con sce = 5^), allato a scand-ere^
sscr. skand (§ 10, 9). La ragiokie della qualità della vacai
successiva vale ugualmente per esempj slavi sulla stampa del
paleo-bulgarico cetyr-ije, quattro, la cui palatina iniziale s*in-
AscoLi, Fonol. indO'it,-gr. 4
50 § 15. ETÀ. DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO.
centra bensì con quella dell' equivalente vocabolo indo-irano
(s. ìiaivar-^ z. ^athwar-), ma solò fortuitamente (cfr. il lituano
keturìy quattro, colla gutturale intatta), sempre volendosi, nel-
r antico bulgaro, ce per he anteriore, e cosi quindi pur pec-e-ti
(egli cuoce) = pàK-a-ti sanscrito, paH-a-i-ti zendo, ma all'in-
contro pek-o (io cuoco), colla gutturale intatta (dove il san-
scrito, sempre colla palatina: pàìt-à-mi), difesa com'è dall' o
che le sussegue. L'antico bulgaro, d'altronde, contrapporrà,
alla sua volta, la propria palatina alla gutturale sanscrita,
p. e. in crùvty verme {crùminù, vermiglio), pari al sanscrito
krmi'. che vale il medesimo.
È ugualmente estranea al gruppo italico, al greco, al celtico,
e al germanico, ogni coincidenza pro-etnica di una loro sibi-
lante qualsiasi con la sibilante indo-irana {q) per k originario *.
Le coincidenze, che pur v'hanno, son qui pure manifestamente
accidentali, dovute, cioè, a congruenza patologica e non a con-
tinuità istorica. Cosi sarebbe, a incominciar sempre dal caso
più evidente, di quel concordare di sibilante francese con sibi-
lante sanscrita, che avremmo, a cagion d'esempio, in chien
(sjen) da can-i- (*cvan-i-) latino **, allato a guan {*kuan) san-
scrito. Ma non sarà meno fortuito il concordar che facciano,
nella sibilante per k anteriore, la voce umbra e la indo-irana,
come sarebbe nel numerale dieci: umbro dege- {desen-du-j
dodici), sanscrito e zendo: daga-. Imperocché l'alterazione umbra
(la cui natura sibilante è del resto accertata dalla trascrizione
s Sy che s'ha nell'umbro a caratteri latini, v. pag. 20) è deter-
minata alla sua volta dalla qualità della vocale che sussegue
(v. gè gi); quindi, per rimanere allo stesso nostro esemplare.
* Esempj celtici e germanici per la continuazione di k originario,
fattosi g indo-irano (cfr. pag. 32), sarebbero le voci ibernìe (voci
d'irlandese antico): cét (két), cento (11, 1.), dùu^ fama, gloria (11,
5.), cti (genitivo: con)y cane (11, 7.); e le gotiche (cfr. la nota a
pag. 32): hunda^ cento, hliu-may udito, hun-d-s^ cane (11, 1. 5. 7.).
** Fasi intermedie: kjan^ kjen\ v. sopra.
§ 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 51
più non apparirebbe in dequria-y decuria; e per chi volesse
sospettare di provenienza forastiera questo dequria- degli Um-
bri, si aggiunge la vece umbra di ^ e ^ in uno stesso tema,
secondo la diversa vocale che la varia posizione morfologica
seco porta, cioè l'accusativo curnac-o (cornicem), allato al-
l' ablativo curnage ( curnase ) *. Ora , noi più non abbiamo
bisogno di spender parole a dimostrare la differenza che passa
tra questo fenomeno e V indo-irano ; né , del rimanente , v' ha
ombra di probabilità, che la singolare combinazione umbra ^Z,
esclusivamente interna, comunque ella si abbia più esattamente
a dichiarare, stia in alcuna diretta relazione coli' ìndo-irano gr
(sscr. gr e gì) **. Se, quindi, lo K indo-irano è prodotto po-
steriore alla compiuta separazione della favella ariana dell'Asia
da quella dell'Europa, lo g indo-irano, alla sua volta, risulta
intanto posteriore a quelle età, in cui il gruppo italico, il greco,
il celtico, il germanico, ancora stavano indistinti dall' indo-
irano.
Ma ancora rimane, rispetto a ^, il gruppo litu-slavo; e qui
il rapporto fra la voce europea e l'asiatica muta sembianze.
Imperocché, a quella sibilante indo-irana, che riconduciamo a k
originario, la voce litu-slava, alla sua volta, risponde di re-
gola con una sibilante, che è sz {= s) pel lituano e s per lo
slavo. Si osservi la serie che segue:
Sanscrito e zoQdo. Lituano e antico bulgaro.
3. s. gaia-, z. gaia-, cento (11, 1.). 1. s^lm^a-s***, id.; b. sùto^ id.
z.gareta-, freddo. 1. szdl-tiy gelare, szàl-ta-Sy freddo.
* V. AuFRBCHT-KiRCHHOFF, Die umbrischeti sprachdenkmàlerj II,
25, 40, 51.
♦* Cfr. Top. cit. nella nota precedente, II, 182-4 (dove, prese le
mosse da struhcla struglaj si tocca di tutti gli esemplari), 78 {va-
sirslome), 267-9 {previ[g]latu), 348-9 382 (tigel tiglu), 373 (ere-
jlum-a), 376 (arglataf), 383 (kurglasiu); e v. qui innanzi,
la quarta n. a pag. 55.
*** V. Di un gruppo di desinenze indo'-europee (nel sec. voi. degli
Stvdj critici) y n. 25.
32 § 15. ETÀ. DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO,
Sanscrito e zendo.
s. galja-s , porcospino.
s.gàkhàj ramo.
^gvan-, cane (11, 7).
^.gùla-, z. gùra- asta (arme).
s.gvitj essere bianco (splendi-
do).
z.^enta-' ('gvanta-^), santo,
ti.(^àmérs^ turchino oscuro.
s, gruj z. gru, udire, s. grdvas,
gloria (11, 5.), z.gravahh
Cgravas) , [gloria, e] parola.
s.Qràuni'S, z. graoni-s, anca,
natica (11, 6.).
s. dgva-^ z. agpa-^ cavallo; fem.
s. dgvà.
s. agra-y àgrvn, z. agru-, lagri-
ma.
s. mg-pdti-s, z, vig-paiti-s, capo,
signor della comunità.
s. vigva-y z. vig^a-j persiano del-
le cuneiformi : viga-, tutto.
s. daga , z. daga , dieci.
Lituano e antico bulgaro.
1. szery-s (*szerja-s), setola.
L szdkàj id.
ì. szu, gen^ ^zùn-^s, id.
h.sul'ita, id. •
b. «ri^-a-^t, risplendere.
L szvènta-Sy id.; b. svetù, id.
1. $zéma-s (szjàma-s), turchino
grigio,
b. slu-ti, audire (intrans.), slava,
gloria , slovo ( gen. sloves-^ ) ,
parola.
1. szlaunv-s, id. *.
1. aszvà, cavalla grande.
1. aszarày id.
1. vesz-^at^s, signore (detto di dio
e del re),
b. msi, id. (lit. vì&ors, id.).
1. dészi-m-t, id., b. dese-ti, id.
L' importanza della qual serie è appieno dimostrata dall' altra
che ora segue; nella quale l'indo-irano offrendo ft (o K), la
normale risposta litu-slava ci darà anch'essa, alla sua volta,
k {k lit.; k slavo suo succedaneo).
Sanscrito e zendo.
4. 8,ka'S (z. ka-), quis; kadà,
quando,
s. kaKa-y capellatura.
8»kar, z. kar, fare.
lituano e antico bulgaro.
L ka-s, id.; kadà id.
h.kùkù, id. (FiCK, 1. e, 25).
1. fewr-iw, io fabbrico.
* V. RuHIO-MlELCKE , s. hufL
§ 15. ETl DELLB ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 53
Sanscrito e sondo.
^*kart.y z. haret^ tagliare (13 ,
12. ).
s. Afan«-s, verme.
CI '
s. Katvat-^ z. Hathtoar-^ quat-
tro.
z.haofa-^ monte, gobba,
s. kravja-y carne cruda (10, 6.).
s. a^ifea-, uncino (13, 1.).
z.taH^ correre, scorrere (15,
1. n.).
s.jpal^, z. pdh^ cuocere,
s.jp^n^a, z. panKa^ cinque.
s,vrka-s^ z. «jeTir^a-, lupo.
Lituano « antìco bulgaro.
'b.krat-ukù^ breve (tronco).
1. kirmini-s^ pi. ^irm/-eì, verme
grande*; b. cmt?i, verme.
1. keturì^ b. cetyrjie^ id.
1. kaupa-s^ b. kupa^ acervus **.
1. kraùje-s , b. kruvt^ cruor, san»
guis.
1. oAa-Sy wfta-s, id. ***.
1. tek-^y b. téh-o, corro, scorro,
b.jpeA-o, io cuoco.
1. penkì , id.
1. »iZto-s, b. vlùkuy lupo.
La quantità degli esempj coincidenti è naturalmente maggiore
tra il sanscrito e lo zendo che non tra il sanscrito ( o lo iendo)
e il litu-slavo; e la quantità delle discordanze, cioè delle ec-
cezioni, che tra sanscrito e zendo, come, già avemmo a dire,
si riduce a pressoché nulla, riesce all'incontro abbastanza
sensibile tra la favella asiatica e la litu-slava, avendosi, cosi,
il k litu-slavo rimpetto allo q indo-irano, ne' seguenti esempj :
Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro.
5. s. ci gdi'-taiy z. fi caété, giacere, b. po-ei-ti, riposare, po-Ao;, quie-
te, po-]feoi-ti, sedare ; 1. pa-Zf4/"
-u-s, quiete.
* RuHiG-MiELGKE, 119 (kirminis, nio), e s. wurm: kirminasy
ino-, - oltre kimièlè\ verme, che ricorre anche presso lo Schleicher,
e kirmy-tiy mandar vermi (della carne).
** V. Ruhig-Mielcke , 111, 255-6, Miklosich, Radices (1845), 41,
FiCK, o. e. 45, 246.
*** Questo esempio ricavo dal Fick, o. c, 199, e vi avremmo
M = 'aw iniz.; cfr. Schleicher, Conipendiumy § 100, B, § 101, 4,
§ 261 lit. , e Di un gruppo di desinenze indoeuropee (Studj criti-
ci, II), n. 84.
54 § 15. ETX delle alterazioni asiatiche del k ORIGINARIO*
Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro.
s. àgman-y pietra. 1. ahmu (gen. ahmèn-s)^ b. hamy
(gen. kamen-e)^ pietra.
s. wa^?, z, nag^ perdersi, dile- 1. wyA-(nyft-atiwj/^-f£),id. (Fick,
guarsi (11, 17.). op. cit., 100),
s.|!)a^-, z. jpagu'^ pecus. antico prusso ( idioma litavo) : ^e-
ckuy id.
Ed anche per k indo-irano rimpetto alla sibilante litu-slava
si è tentato di stabilire qualche esempio *; al che finalmente
si aggiungerebbe la vece di gutturale e sibilante {k e sz; k
e $) per entro alla stessa favella litu-slava , negli esempj litua-
* Ma nessuno mi pare affatto sicuro. Lo Sghleigher (Beitràge zur
vergleichenden sprachforschung^ I, 110-11) adduceva, oltre ai voca-
boli per cvrore, il cui rapporto col termine indo-irano si manifesta
per noi affatto diverso (v. srudite, szirdìs): il lituano sjgèZp-^i, aju-
tare, allato al germanico halp (Jialf) ed al sanscrito kalp (v. intorno
a questo V Introduzione alla morfologia s. v. , e cfr. il sscr. gilpa-j
arte), e ancora, non senza esitare, il lituano szér-^ti^ cibare il be-
stiame, allato a quel kar sanscrito di cui ò toccato nella nota al
§ 10, 2 (spandere, ecc.), il quale direbbe ricoprire^ e quindi ap-
pena: riempire. 11 Fick viene ad aggiungere: lit. szekszta-s^ bronco
(tronco), allato al sscr. kàstha-^ pezzo di legno, e al xocdTo-v di
Esichio (5uXov. 'A^afxavec), 1. e, 25;- lit. szlaha-s, macchia, allato
al sscr. kalkd-, mota, sudiciume, 1. e, 37; dove però, a tacer del
resto , il significato originale della voce lituana appare dal dizion. di
RuHiQ e Mielcke piuttosto goccia che non macchia '^^ lit. szut-hàj
scherzo (non: scherno), allato al sscr. kuts (kutsaj), oltraggiare,
vilipendere, 1. e, 44; dove però è affatto problematico se la base
del verbo indiano sia hiid^ e affatto problematica resistenza indi-
viduale di questa base;- szunt-ù^ arrostisco, allato al sscr. kvath
{kvath-i-td'y cotto, bollito), 1. e, 51;- lit. sz^'p^ti-s, scontorcere
il viso, digrignare i denti, allato al lat. cap-er-^a-^e , e al sscr. kamp,
tremare, /w/wp-a, tremito, vibrazione, 1. e, 28;- lit. toszi-s^ il
tegumento bianco della betulla, allato al sscr. tvaU-y pelle, corteccia,
1. e, 81.
§ 15. ETX delle alterazioni asiatiche del k ORIGINARIO. 55
DÌ: szeim^na, famiglia (i famigli), k^ma-s, villaggio, casa-
mento, haimyna-s, vicino (Schleicher); - slep-iù, nascondo,
slap'tà, segretezza*, allato ali* antico prusso: au-klip-f-s, na-
scosto (Pick); - szlùba-Sy zoppo, allato all'equivalente lettone:
klib-a-s *^ ; " e nello slavo (antico bulgaro): sloniti se, accli-
nari, allato a kloniti, inclinare, lit. klónioti-s (inchinarsi) ♦♦*.
Ma qualche oscillazione, tra indo-irano e litu-slavo, è affatto
naturale; e la vece litu-slava sarà, in qualche esemplare, solo
apparente *•**. La generale concordanza indoirana-lituslava
rispetto agli esemplari in cui si è conservato l'antico A ed a
quelli in cui si è ridotto a suono sibilante, rimane sempre una
realtà incontrovertibile, la cui importanza può tanto meno in-
firmarsi pei singoli fatti che testé adducemmo, quanto è meno
avvertibile la causa per la quale il k originario subisse l' affe-
zione , e quindi T alteramente indoirano-lituslavo , piuttosto nei
determinati esemplari che non in altri *****, e quanto perciò è
* Fa difficoltà l'aversi si, anziché szl, così presso Ruhig-Miel-
CKE, come presso lo Schleicher. E nell'esemplare che precede manca
una sufficiente congruenza di significati.
** FicK, 1. e, 50, e aggiunge un lit. klumbas, zoppicante.
*** J. ScHMiDT, Beitràge zur vergleich. sprachforsch. , V, 467.
**** V. Politecnico, XXI, 84; e per un esempio di sibilo indo-
li tuslavo. allato a k lituano, v. Fxck, 1. e, s. parka 1. e 2. - Circa il
lit. klausyti, udire, allato all'equivalente slavo ( paleo-bulg. ) slusati,
V. PoTT, Etymolog. forschung., sec. ed., II, 586, Wurzel-wÓrter^
huch, I, 722, e similmente si avrà a dichiarare il paleo-bulg. svekrù,
suocero, allato al lituano szeszura-s ( *seszura-s ; v. sv).
***** All'incontro si tratterebbe di k susseguito da l in tre sui quat-
tro esemplari che possonsi addurre per la vece entro ai confini litu-
slavi, locchè rende ancora piti dubbio quello che rimane (szeimyna-,
kairayna-). Cfr. lo gì umbro, di cui è discorso a pag. 51. - Si è
tentato, ma indarno, d'infirmare la coincidenza di cui si tratta, alle-
gando una pretesa differenza essenziale, che vi avrebbe tra il suono
dello g indo-irano e quello dello sz s litu-slavo; v. Politecnico, 1. testé
citato, Ebel, Zeitschrift s. e, XIII, 276-7, e qui sopra, p. 13.
56 § 15.: ETÀ DEfXiliE ALTERAZIONI AdtATIOHE DBL k ORIOINARIQ.
men probabile (ed è anzi impossibile) che si tratti di mera
opera del caào.
- Nasce quindi il quesito del come si abbia a dichiarare questa
speciale somiglianza tra Tindo-irano e il litu-slavo, che affatto
ripugna di considerar fortuita 1 E due son le risposte che si
presentano. ci faremo, cioè, a supporre, che rindo-irano e
il litu-slavo abbiano avuto un più lungo periodo di vita co-
mune che non fosse tra Tindo-irano e il restante degli idiomi
ariani dell'Europa; oppure dovremo immaginare, che il k ori-
ginario, leggermente affetto dalla parassita , in un determinato
numero di esemplari , sin dal periodo proto-ariano , si venisse
poi liberando, in alcune favelle, di questo intacca, ed in altre,
all'incóntro, per conforme sviluppo dell'antica affezione, su-
bisse trasmutazioni conformi , le quali rappresenterebbero effetti
consimili, ma tra di loro indipendenti, di una medesima causa*
In questa ipotesi, il vocabolo per dieci, a cagion d'esempio,
avrebbe suonato, nel periodo unitario, con leggero intacco del k:
dak*a; donde, dall'una parte, il tipo daka, quasi il tipo risa-
nato, a cui risalirebbero il greco, l'italico, il celtico, il ger-
manico; e, dall'altra, il tipo dakja, colla parassita invadente,
al quale riverrebbero, per la via a suo luogo indicata, le due
voci in cui è la sibilante, che son la litu-slava e l' indo-irana.
È ipotesi più oftuta che non l'altra, la qual farebbe ritardare
il distacco del litu-slavo dalla favella ariana dell'Asia. Poiché
a favor di questa induzione pajono bensì stare altri fatti fo-
nologici e lessicali, che potremo, più tardi, almeno in parte
avvertire; ma le obiezioni che insorgono dalla grammatica com-
parata contro alla affermazione del più tardo distacco del litu-
slavo, son tuttavolta cosi gravi, che non soltanto ci fanno
pendere incerti, ma anzi ci rendono inchinevoli all'altra solu-
zione del problema. La quale però, alla sua volta, forse incontra
una indiretta difficoltà, ed è questa: che mentr'essa c'induce
a statuire spento nel greco, nell'italico, nel celtico e nel ger-
manico, quel germe alterativo dal cui sviluppo si ripeterebbe
la sibilante indo-irana e litu-slava per k originario , v' ha , al^
§ 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL h ORIGINARIO. 57
rincontro, che alcune altre notevoli coincidenze (ftindo-ir.= c[d
lat., ecc.), le quali già furono accennate in questa stessa Le-
zione e sono da studiarsi nella prossima, accennerebbero a un
germe antichissimo, e quasi latente, d'alterazione della tenue
gutturale originaria, il quale si sarebbe svolto, per guise di-
verse, nella favella indo-irana e in varie favelle europee, nella
greca specialmente e neir italica, laddove la litu-slava, alla
sua volta, qui non darebbe alcun sicuro indizio dell'intacco
primevo.
LEZIONE TERZA.
Là tenue gutturale. (Continuazione e fine.)
§ 16. Le alterazioni asiatiche del k originario ci condussero ad
esaminare, in sulla fine della lezione precedente, i riflessi litu-
slavi di questo suono. Ora rimane che si considerino quei con-
tinuatori quei succedanei italici e greci di esso, pei quali si
viene a deviare dalla equazione che già tanti esempj ci hanno
affermata: k orig. = x gr. = e lat. (§§ 10, 11, 12).
Dove alla tenue gutturale sussegua in favella latina un suono
che è tra ì\ v qVu^ susseguito alla sua volta da vocale, la
scrittura romana rende essa gutturale per q , e siamo alle com-
binazioni: QVA QVÉ Qvi Qvo Qvv. Le Contrazioni latine che ci
danno e per succedaneo di g (p. e. secutus e secundus allato a
seqìÀor sequutus)^ le trascrizioni di voci romane in alfabeti di-
versi dal latino (p. e. Topxouaxo? *), e la pronuncia che le combi-
♦ Cfr. CoRSSEN, Uber aussprachCy vokalismus und betonung der la"
teinischen sprache, sec. ed., I, 74. Il discorso corsseniano intorno
al Q, utile e massiccio come ogni suo studio, è, per quanto a me
sembra, tra i meno felici, rispetto alla evidenza ed alla sicurezza
della trattazione. — Dalle testimonianze delle scritture straniere
va del resto espunta quella dello kv (k+v) gotico, introdotto dai
Castiglioni in un nome proprio {Ahvilaj Epist. pr. ai Corintj, 16, 19),
la cui ortografia soverchiamente latina doveva parer singolare nella
versione ulfiliana (cfr. Gabelentz e Lobe, Ulfilasy li, ii, §§ 35, 2;
44, 2). Il palinsesto legge chiarissimamente: il%?a = 'AxuAac.
§ 16. ìi ORIGINARIO, q LATINO. 59
nazioni latine, in cui entra il q, hanno tuttora in varj idiomi
romanzi, e neir italiano in ispecie (p. e. quale, aquila), già
basterebbero a renderci persuasi che alcuna sensibile differenza
non intercedesse fra la gutturale rappresentata dal q latino e
quella che si ritraeva per e (=k). Ai quali argomenti si ag-
giunge poi la stessa ragione istorica per la quale al g è as-
segnata la funzione, a prima vista singolare, di rappresentar
la tenue gutturale in quest'unica combinazione fonetica. Poiché
il qqppa (koppa) degli alfabeti greci, al quale risponde il q
latino, era alla sua volta limitato, di regola, alla combina-
zione qo * ; limitazione opportuna ad impedire che si confon-
dessero» nell'uso, le due tenui gutturali dell'alfabeto fenicio
adottato dai Greci {kaph = kappa, qoph = qoppa), e suggerita
senz' alcun dubbio dal nome del qoph, vale a dire dalla vocale
a cui il qoph si sposava nello stesso suo nome **. Questa let-
tera, del rimanente, ridondante siccom'era nella scrittura dei
Greci, venne a poco a poco a dileguarsi dalla maggior parte
dei loro alfabeti. I Romani, alla lor volta, avutala nell'alfa-
* V. Franz, Elementa epigraphices graecae^ pag. 46 (MaXyjg^o-, 52
[1, ò]; Qopiv5o5£v, 72; Ila^rov [Xlaxwv] in uno stesso vaso allato a
£qcxi(;, 68; AogoSopxa?, 123), Kirchhopp, Studien zur geschichte des
griechischen alphabets, sec. ediz., pag. 96 v. f., 100 v. f. , 111 in f.
(efr. 32, 33 [34, 36], 41: qho = ^o, 57, 69-70). Ma in un medesimo
vaso (C. Inscr. Graec. n. 7381, Kirchhoff 111), alle cui scritte ri-
mane estraneo il x, abbiamo: As(ji.oBo^o; , FXau^o; e QXuto. Né manca
il qoppa dinanzi alFu, cfr. Kirchh. Ili, 113, 132; ma la serie qi
qa qu qe, dato pure che s'abbia veramente a leggerla sul vaso di
Cere, poco o nulla proverebbe per so stessa, e ad ogni modo non
sarebbe di scrittura greca.
** Cosi Valeph fenicio, che è tutt' altro che la semplice vocale a,
venne, tra' Greci, alle funzioni dell' a, perchè dall' a incomincia il
suo nome; e il he fenicio, lieve aspirata, e a poco a poco pure il
Mt fenicio, aspirata più forte, assunsero le funzioni della vocale che
è nella sillaba da cui si nominano, restando assegnata la prima all'è
breve, la seconda al lungo.
60 , § 16. k ORIGINARIO, q LATINO.
beto greco da essi assunto, le aissegnarono bensì una funzione
non dissimile da quella in cui i Greci la porgevan loro ^ ma pur
la ridussero meno superflua, poiché in qva ecc. si tratti della
gutturale aggruppata ad un v che non è né vocale né censo*
nante, e quindi di una combinazione caratteristica, nella quale
a buon dritto il q romano si é perennemente mantenuto. Ma il q
ridondava, in fondo, anche nella scrittura latina; e quando noi
t)rescriviamo ai nostri fanciulli di scrivere italianamente aquila,
anziché acuila, altro non facciamo che obbedir tuttora a una
fittizia distinzione, suggerita alla Grecia prisca dal nome di
una lettera fenicia *. Tra il hua di equarius ( quadrisillabo ) e
♦ Chi volesse supporre che i Romani si valessero dapprima del
qoppa per rappresentare con unica figura la tenue gutturale e T ap-
pendice labiale , ad essa susseguente , e quindi primamente si scri-
vesse qa per esprimere qua^ avrebbe contro di sé e Tuso greco di
questa lettera e l'istoria della scrizione romana. Poiché gli esempj
qaerellay neqidemj qintae^ qa^ qae^ gè, gì, raccolti dal Corssen (1. e,
p. 72), son tutti dell'età imperiale; e il solo esempio che per l'età
repubblicana egli vorrebbe stabilire, cioè Proqilia^ ben sarà, piut-
tosto, come ha veduto lo Schuchardt (Der vokalismus des vulgàr-
lateinSj II, 482, cfr. Huebner, in Corp. inscr, lat.^ I, 609), un caso
di q per e (ft; cfr. Procillus, -cilla) che non di qi =; qui (ed anche
Qaesicianum^ dell'età imperiale, sarà piuttosto per Caesicianum^ cfr.
caesicius^ che non per Quaesicianum). Questa maniera compendiosa
ha di certo per autori alcuni grammatici di bassa età, ai quali deve
essere stata suggerita o persuasa dalla storta loro opinione, che la
figura del q in sé compendiasse il e e 1' v. Cosi Yelio Longo ( ed.
Putsch, p. 2218*19): De q litera qusesitum est et multi illam exclu-
serunt, quoniam nihil aliud sit quam e et u. et non minus possit
scribi quis per e et t? et i et s. nam ipsa quoque nota qua scribitur,
si modo antiquam literse figuram spectes, ostendit e esse et v pariter
literas in se confusas. Ideoque nonnulli, quis, et quse, et quid, per
Q et I et s scripserunt , et per q^b , et per qid , quoniam scilicet in q
esset e et v. Cfr. Diomede, ed. Putsch, p. 420 (= ed. Keil, I, 425;
e Carisio, ed. Keil, I, 10). All'incontro il vecchio Scauro (ed. Putsch,
§ 16. h ORIGINARIO j q LATINO. 61
quello àìpecuaHus (qainquesillabo) v'ha bene una differenza';
ma non istà nella gutturale; sta nel suono che è fra questa e
p. 2253): q litera seque retenta est propter notas, quod per se posita
significaret q quaestorem; et quia cum illa v litera conspirat, quotiés
consonantis loco poni tur, id est, prò vau litera, ut quis etqualis;
unde et grced xaTcìra (1. xÓTrTca) quod prò hac ponebant omiserunt»
postquam etc. Della scrizione sofistica di q per qv si ha probabil-
mente un riflesso coevo al di là dei confini italiani* Poiché le due
combinazioni di lingua gotica : hv e kVjìa cui esistenza è dimostrata
nel più evidente modo da tutte le ragioni comparative, son rappre-
sentate, nella scrittura gotica, da un solo carattere per ciascuna,
e il carattere per kv altro di certo non è che il q latino (cfr. Ga-
BELENTZ-LoEBE , Ulfilas ^ II, II, 14). Qualchó fondamento storico
avrà piuttosto l'allegazione di Servio (ed. Keìl, IV, 422-3; cfr. ib. 477
= Putsch, 1828-9) : k vero et q aliter nos utimur, aliter usi sunt maìores
nostri, namque illi, quotienscumque a sequebatur, k prseponebant etc*
itemque illi q prseponebant, quotiens u sequebatur, tat qum; nos vero
non possumus q prseponere, nisi et u sequatur et post ipsam alia voca-
lis, ut quoniam; allegazione che ritorna in Pompeo (ed. Keil, V, 110;
cfr. Donato, ib., lY, 368), ma di certo non può menarsi buona sen-
z'altro, e spio può valere, associandola agli esemplari epigrafici cui
tantosto arriviamo , a farci credere che dapprima si adoperasse il q
anche dinanzi a v vocale, e mano mano poi si limitasse alle sillabe
QVA ecc. Il Corssen, comechè non affermi che primamente si scri-
vesse qa per qua ecc. , confonde tutta volta di continuo , e in penosis-
simo modo, Q e Qv; ed ha il coraggio di affermare, che si abbia q
per QV in tutte le seguenti scrizioni: Mirqurios, Aquti , pequnia (que-
sto esemplare occorre frequente, e si aggiungono jse^rusjpegrtwies), pe-
qulatu, persequtio, oqupatuniy AesqulU, me^um, qura quraverunt,
qur, Qusonius, qumditos, sequri, qubitorum, quius (1. e, 71-2), e
pur riferendosi a Sergio, e vedendo perciò che si tratti di semplice
questione ortografica, ci assicura con tutta serietà che nella pronuncia
di pequnia eco. il v del q è confiuito coli' v vocale che susseguiva
(PEQVVNIA PEQVNiA). Senouchè, prescindendo dalle propaggini del qvo-
pronominale, in cui potrebbe reggere V ipotesi di qv = *qvv = qvo (p, e.
QVOiYS, *Qvvivs, QVivs, cuìus), e forse ancora da cura curare (cfr.
62 § 16. i^ ORIGINARIO, q LATINO.
Ya\ il quale è un u ben distinto nel secondo esempio, laddove
nel primo è un semplice fruscio labiale , che non ha valor pro-
sodico alcuno *.
Se poi ci volgiamo a scrutare Tetà e la ragione istorica di
questa tenue gutturale latina con accompagnamento labiale,
gioverà imprima dare opera a distinguere in varie categorie
gli esempj che ammettono comparazioni eteroglosse. E mande-
remo innanzi gli esemplari in cui a qv latino risponda in altri
membri della famiglia, cosi dell'Asia come dell* Europa, la tenue
gutturale, o un suo normale succedaneo (§§ 11-15), simil-
mente accoppiata a t? od a u:
1. Lat. : quo- {quo^^ quò^rum^ qua-^ quo-tj ecc.) e qui^ (qui-s,
qui'dy qui'bus). La combinazione qv (cfr. § 19)^ oltre ad es-
sere affermata, come a suo luogo vedremo (§ 17), dai riflessi
greci, osci ed umbri, ha il suo pieno riscontro pure nei go-
tici: hva-s **, hvòy hva^ quis, quae, quid, hva-prò, donde,
coeravet^nt; eoe- que- quu-?), e da persequtio^ che oscilla tra se-
quutus e secutus^ io domando dove il Corssen trovi, nella realtà, la
combinazione qvv ch'egli affibbia a tutte quelle forme? Dove è un^^e-
quunia o un oquupare o un quoti- (= con-)? Qui si tratta, manifesta-
mente, o di avanzi dell'antica ortografia qu = ku {u vocale), o di
errori di tarda età; cosi come potrà essere arcaica la scrizione pe-
-qu-a-ri-o (C. I. L., n. 1130), ma certo erano semplicemente erronee
le scrizioni vaqtm vaqui (va-cu-a va-cu-i), contro alle quali insor-
geva Probo (ed. Keil, IV, Ì97).
* Egregiamente Prisciano (Putsch, 543 = Keil, II, 12): g vero propter
nihil aliud scribenda videtur esse, nisi ut ostendat, sequens u, ante
alteram vocalem in eadem syllaba positum, perdere vim literse in
metro, quod si alia ideo litera est existimanda q quam e, debet g
quoque, cum similiter prseponitur u amittenti vim literse, alia pu-
tari, et alia, cum id non facit. dicimus enim anguis sicuti quis, et
augur sicut cur (cfr. 560, 568, = K. ib., 36, 47). Cfr. il passo di Scau-
ro, allegato nella nota che precede.
** hv gotico è la normale risposta di kv ante-germanico. £ poiché
ci accadrà più volte di ricorrere ad esempj germanici, profittiamo
§ 16. k ORIGINARIO, q LATINO. ^
hva-r^ dove> (ubi, irou), ecc. Nell'Asia, il tipo *At?a- o *kvi-
mancherebbe affatto nella schietta funzion pronominale (sscr.
ka-s, quis, ecc.), ma nelle propaggini si fa sentire, comechè
ora dell'incontro per porgere in brevissimi tratti la chiave princi-
pale del rapporto che intercede fra le esplosive ìndo-italo-greche ov-
vero ante-germaniche (o meglio: originarie) e le loro corrispondenze
germaniche. Un primo e generale tralineamento (§7), al quale si
ferma il gotico e con esso ogni altra favella germanica all' infuori
dell' alto-tedesca , consiste in ciò: che per semplice tenue ante-ger-
manica {hjtyp) vi si abbia tent^ aspirata o piti propriamente spi-
rante sorda {h^ p [th], f); per semplice media ante-germanica {g^
dyb)j vi si abbia all'incontro semplice tenue (k^t^p)', e. finalmente
per media aspirata originaria e sanscrita {gh^ df^, JTi; gr. x» -S"» ?)»
vi si abbia semplice m^dia. L'alto-tedesco (e quindi la lingua let-
teraria dell'odierna Alemagna) non si arresta allo stadio gotico, ma
tralinea ancora, e alla sua volta starà allo schema gotico, in ispecie
per la sezione dentale (got. p [th], tj d)y così a un di presso come
il gotico sta agli schemi piti genuini ed in ispecie al greco. Quindi :
semplice media alto-tedesca per spirante sorda gotica ( tenue aspirata
proto-germanica = semplice tenue ante-germanica); spirante sorda
alto-tedesca per semplice tenue gotica; e semplice ^ent^e alto-tedesca
per semplice media gotica. Aggiungiamo la dimostrazione sinottica,
e qualche esempio:
Stadio ante^ermanico.
kj t, jp; g^ dj b; gMx)y dM^)j ò%).
Stadio gotico.
h, p{ih)y /*; jfe, tj p\ g, d, b.
Stadio alto-tedesco.
• •• a ^ .•* ... Z\SS) , •«. ... V. ...
Esempj per la serie gutturale (k-h; g-k; gh[x]-g):
Greco, latino, ecc. Gotico.
caeco-j haiha-, monocolo.
comu-j hauma-y corno.
men decisamente di quello che a prima vist^ appaja* Al gotico
hva-ptò (donde; forma probabilmente ablativa) fanno bel riscon-
tro il 8«cr. Mr-tra (doTe, dovunque) e. lo zendo ifeu'-^/ira.^dove),
i quali ci darebbero ku = *kva , per una contrazione cbe di fre-
Orooo, latino» ecp.
cord-y xapSt'a,
xXfiTr-T-etv, rubare,
x^u-etv, udire, ascoltare,
Set x-vu-(jt.i , io mostro,
Yvw-To-, noto, '
Yo'vu, genuy
«Ypo-, agro- (ager),
jxsyotXo-, grande,
Xr versare (xiTw, xy--fft-?),
cTs/)^-^iv, procedere,
Xst'x-«v, leccare,
f r
Q*oiico«
hairtan^j cuore.
hlif-'anj id.
hliu-mafiy udito.
-ttih-an^ mostrare.
svathran-j id,
%uii-pa-, ìi.
kniva-,ià.
akra^y id.
mikila*'^ id.
giu^^arij idè
steiff^an^ salii^e.
-iai£r*"ò»,. i4-
Esempj per la serie dentale t
Greco, latino, ecc.
To'-v, is-^M-m,
TpeT?, treSy
xTepo-, penna (ala),
Gotico.
t7ia-n-ay id.
threisy id.
ingl. feathsr^ id.
duo , fi?ai , id.
sud^ovy ingl. s«(9eaf^ i<l.
sscr. iwZ-a-, slavo vod-a ,
acqua, vat-an-y acqua.
Alto»todMCo (modèrno).
e?e-n, id.
dreiy idi
/feeder, id.
zwei; id. ' '
scìwoeissy id.
' « Ma
«(?ass-er, id.
OAPS (5ap(jeTv ^afpsTv),
osare, -daurs^an^ ant.-sass.
daurr-ariy id. ^wrr-an (antico), id.
£-pu^-po-, rosso. rauda-'i id. rot, id.
§ 16. k ORiGiNARia, q latino. 65
quente occorre {y. u = va)^ e vi si uniscono lo xendo ku-^ha^
quomodo, il vedico kù-'ha, dove, il sanscrito kù^tas^ donde, ed
altri. La reale somiglianza tra lo kva sanscrito e zendo (dove)
e il latino quo^ prescindendo dalla uscita o vogliam dire dal
caso diverso che è nelle due forme, si strema per ciò, che la
voce latina ritorna a 'kva^ e Tindo-irana air incontro, come pei
solo fatto dell'accentuazione sanscrita già si vedrebbe ( koà^kii-à ,
p. 16), a ku\ E ben minore delle apparenze, anzi forse illuso-
ria affatto , è la speciale consonanza tra il latino quantu-s e lo
zendo kvanU^ quantus, qualis, citata con soverchia compia-
cenza da più linguisti. Poiché, quanto è manifesto che la forma
latina risale a *At?a-, altrettanto è improbabile che a 'kva risalga
la figura irana, la quale mancherebbe, in questa ipotesi, di ogni
risconlro etimologico nell'Asia, e ancora rimarrebbe affatto sin-
golare per la corrispondenza fonetica Kv = 'kv. Ma kvant-, quando
a dirittura non istia per ki-vant , e così combaci affatto col ve-
dico ki-vant- = kijant- ( v. p. 47 ) , che dice ugualmente : quantus ,
qualis*, ammetterà tutt'al più la dissezione ku-\-ant {ku-¥vant)y
in cui ritorna il contratto Ku^ che si rivede in kù, come**,
parallelo al vedico kù^ dove ***.
- ^ E la doppia figura (kivant kiant) era per avventura propria anche
dell'antica Irania. Nessuna traccia del v nella forma irana medie-
T'ale e moderna: cand.
** JusTi, o. e, p. 112, Spiegel, Qramm'xtik der altbaktrischen
sprache^ p. 201.
*** Pur nel gruppo litavo si avrebbero vestigi dell' accompagna-
mento labiale. In singolare armonia colle favelle asiatiche, l'antico
prusso ha l'interrogativo ka-s (= lituano ka-Sj sanscrito kas)^ quis,
collo schietto ka^ allato alle figure avverbiali queiy dove, quendau,
donde (Diepenbach, Vergi, wórterb. d. gpth. spr.^ II, 596, Grass-
MANN, Zeitschrift s. e, IX, 20). Nel lituano s'ha il tema prono-
minale: kur-ju" (quale, quegli che, cfr. Schleicher, Lit, gramm.,
p. 299-30Ó) la cui base coincide col kur^ dove, dello stesso lituano,
come il tema gotico hvar-ja-* (nomin. hvarjis\ zU^ quale?) coincide
nella sua base collo hvar^ dove, del gotico stesso. Tuttavolta il rag-
guaglio kur lit. = hvar got. perde di sicurezza quando si considerino il
lituano msur (cfr. p. 52), ovunque, il lettone ^ur (là, colà), e altrettali.
Ascoli, Fonol. indo^U-gr, 5
66 § IG. A oiudiNAHio, g ladino*
.2. Lat. qUeOf posso. L'esatta corrispondenza fonetica e morfologica
di questo verbo latino è nello gvi sanscrito {qmunt : gvdjanti : :
ewitidjanti [vanno]), il quale però significa: enfiarsi^ crescere j
e non: potere^ meglio così coincidendo, nel rispetto logico, col
greco xub), ì^\jifa*j son pregna, e con voci latine che più tardi
addurremo (§20). Ma dalla figura radicale gav (gav^ gth)^ che
si alterna, nella conjugazione, con gvi (gav : gvi : : gir : gri,
pag. 40,: in fine), si hanno: gdv-as^ forza, gù-^ra^j eroe.(zendo
piì-ra-, fòrte, eroico, gr. xu*po-;, forza), pei .quali applen si
conciliano, anche logicamente, queo e gvi**^
3. Lat. e^uus, equulusj equa^ equio^ eqmt" (eques); sscr. àgva-s^
cavallo, àgvà^ cavalla, agvaj" {equive)^ bramar cavalli; lit»
aszvàf cavalla grande (15, 3.) ***. Della corrispondenza greca
si parla a suo luogo (17, 2.).
Seguono gli esemplari iu cui a qv latino risponde R indó-irano,
fra i quali entrerebbe, per certa parte, pur la stirpe pronominale
che già avemmo in questo capo a considerare (n. 1), in ispe-
eie per ciò che ad essa rivenga T enclitico -que-'ìla indo-irano
(p. Q.equus-qiLe^ sscr. àQvag-^a, zendo a^pag-Ua), \\ cui riflesso
greco si studierà più innanzi (cfr. 21, 4.). Alla stessa stirpe ap-
parteneva anche renclitica sanscrita -fie-d (13, 10.), etimalogi-
* Abbiamo, da Esichio, pur xuatvw (*kvan-jo),.che coincide- collo
sviluppo zendo: gpan^ ('cvan-).
** Il FiCK, o. e. 43, per troppo zelo, potrebbe destaro sospetto,
(j^uando nell' affermare queo ^ gvi traduce questo a dirittura anche per
potere^ arbitrando, come suole, circa la significazione. Ma il Pott,
dal canto suo {Wurzel-toórterbuch, I, 459, 704), troppo timidamente
si accosta al pareggiamento che qui affermiamo, - I significati
di valere e ingrossarsi (enfiarsi) si intrecciano anche nel radicale tu
(cfr. Pott, ib. 793-97), e abbiamo il seguente rapporto logico:
sscr. tu (valere): lat. tu-^m^eo, tu-m^ulus :: lat. queo : cw-mwZw-s,
*** La corrispondenza germanica (antico-sassone ehu, cavallo, ecc.)
è più sicura e copiosa che non possa parere da Pott, 1. e. 534; cfr.
DiEPENBACH, Vergleichendes toorterbuch der gothischen sprac/ie, I, 28
(il, 726).
§ 16. h ORIGINARIO, q LATINO. 67'
damente non diversa dal lat. qui-d; e nello zendo la palatina à
pure in Kf-5, quis (e quindi in naè-M-Sy nessuno, «sscr. nd-ki-s),
e in Kaiti = sscr. kàti = lat. quot {quoti-àìe) , e in altre voci an-
cora *. La combinazione gì?, allato a R indo-irano, degli esem-^
plari latini che ora si aggiungono, sarà poi a suo luogo raf-
fermata (17, 3-8.) dai paralleli greci, e dai paralleli superstiti
dell'osco e dell'umbro :
4. Lat. quatuor {quattuor)^ quar-tu^s (*qaatur-tu-s, v. Ind»)y qua^
ter'^i sser. Katvar- (nomin. Kaivàr^as^ accus. Katùr^as)^ zendo
Kathwctr-y quattro, sscr. Hatur-^thà-^^ quattro, hatù: *•* CHatur-s^
zendo Hathrus) , quattro volte.
. 5. Lat, sèqù~or^ pedisequ-u-s i sequ-^ax^ sequèla (cfp. p. 91 ) ; sscr. saf,
sdK-^-^ti (-a-toi) e si-sak-ti (eh, 13, 11.)^ allato a sagfi sdgR-^
-a-^i ****, sequi, obedire, colere: ùtqjaindra sisakti usdsà nd
sùrja:^ in ajuto a Indra segue, come all'aurora il sole {rgv.^ I,
56, 4); dti na: sagMtau naja, facci superare (conducine sopra)
i persecutori (ib. , I, 42, 7; cfr. la n. a pag. 79).
6. Lat. linqu-Oy re-linqu-ere^ re^-liqu-'U-s (cfr. p. 91); sscr. n/^ n-
"nd-k-^i (1. pers. i^L: rinR-mdSy v. pag. 38), far posto, far
vuoto, rik-td'S (cfr. re~lic-ti^s)j vuoto. Oltre al verbo che
risponderebbe a questo riR sanscrito, Tlrania ha un seconda
verbo omofono (zendo rt/t, pelvi rmr4t [3 pers. sing.], neo-»
persiano rèz**^* rèkh-^tan)^ che dice: versare (versarsi); e il
Justl (o. e, s. V.) inclinerebbe a credere cbe in fondo si tratti
di una voce stessa. Analogamente , come nota il Curtius (o. e. ,
sec. ediz., n. 625), potrebbe andare unito, nel latino, con Zfn-'
qu-ere^ il liqv^ di liqu-^ens liqu-idu-^s ecc. Ad ogni modo, non
♦ V. n. 1, e la n. a pag. 47; e cfr. pag. 92.
*• *quatur-s (cfr. òi-5 St-; Tpt-<; e le figure sanscrite e zende), *quat*rs^
quat[e]r, cfr. *socuro^s (sxupo<;), ^socurs^ *socVsy soc[e]r.
*** Per Katìkr o Mtùs, v. pag. 14.
♦*•* Per 'sa-sah (v. ^ft e sdkhi)^ Benpby, Gloss. al Samav. , 188 b.
Cfr. § 17, 6.
***** "i neopers. « fi zendo, come in sùz suhh'-tan^ ardere (cfr.
§ 15, 2), in pak pukh-tafiy cuocere (ih. e 16, S.) ,
68" § 16. k ORxàiNARio, q latino.
sarlt ieeito staccare questo latino liqt- dal rih irano, versare
(versarsi), e par certo che riH ricorra con significazione con-
simile anche nel Veda *.
7. 8. Lat. coquere {quoquere)^ e quinque. Della gutturale onde queste
due voci latine incominciano, parliamo altrove (v. Ind,)\ qui (e
al § 17, 8) si considera la seconda gutturale soltanto, comì)i«
nata con te, che in ciascun d^essi occorre, confrontandola col ^,
che le risponde, negli equivalenti: pa^^ cuocere, panha-, cin-
(^ue, del sanscrito e dello zendo.
Neir esempio che ora segue, il greco risponde collo schietto x
allo qv latino, e il sanscrito contrappone g (§ 11):
9. Lat. qut-ès (quiei; cfr. requies requiei), qui-et- (quiétis; quieto
e quiete), qui^e'-sco^ qui-è^tu-s\ gr. xeT-fjiat, giaccio, xeexat jon.
(*X6JgTat), XcTrat, giace, xéaxero (*xs[j]-g-(rxe-ro) = e-xet-TO, gia-
' ' ce va; sscr. {?t, giacere, gùj^a-^tai, gdi^tai^ giace, d^gai'-ta^ gia-
ceva. **.
* Alludo al passo seguente, che il Benfey mi addita, nel gloss.
al Samav. sotto riH : vigvàni gakrdu ndrjàni vidvàn apdu riraiha
sdkhibhir nikàmài:^ Indra, sporto in ogni opra virile, versò (fece
scaturire dalle nubi) le acque ai bramosi amici {rgv.^ IV, 16, 6).
Ma circa T altro passo che insieme egli addita, si vegga la tradu-
zione ch'egli medesimo ne dà nel ^loss. stesso, s, vaks.
, ** Il Corssen (o. e. 69, 386; dove gi sta sempre per errore in luogo
di gì) ora adduce ed ora tralascia di addurre un parallelo germa-
nico per quies ecc., nel quale ancora avremmo hv germ. = qv lat.;
ed è l'antico alto-ted. hvi-lay hvi-l-^n. Senonchè, hvi-l-on venne a
dir dimorare non già perchè valga porsi a riposo, ma perchè vale
starsene per una data quantità di tempo (so^-giorn*are) , e il. jiome
bvi-la (cfr. il mod. weile, e Tingi, tohile) altro difatti non dice se
non tratto di tempo. Il gotico, al quale stranamente il Corssen non
ricorre, gli avrebbe a dirittura offerto : ga-Jivei-l^ains , riposo; ma è
sempre un derivato da /ii?ez-?-an, che alla sua volta risale a hvei-la,
6pa, xp®'^®?> xatpo;. Al che aggiungendosi , dall' un canto, cìlq hvei-la
coinciderebbe anche etimologicamente, col gr. :X(Xip<>-<; (Schleichbr,
Compendi ^ sec. ed.^ § 196), e^ dall'altro, che l'accompagnamento
§ 17. kv SI RIDUCE A j3, NEL GRECO, NELL'oSCO E NELL'UMBRO. 6^:
Lo qv, filialmente, non è con sicurezza raffermato se non dai
paralleli germanici in questi due esemplari:
10. 11. Lat. ques" radice di gwer-o-r Cques-o-r), ques^us', islandese
hvàs-ay fessum anhelare *; lat. aqua^ got. ahva^ fiume (ani.
sassone aha^ acqua; danese aa^ fìumiceHo; svedese a, fiume,
ruscello; islandese a, acqua).
Ma dell'antica combinazione germanica hVj che riconoscem- § 17.
mo legittimo riflesso di hv anteriore e qv latino, altro non suol
rimanere, in principio di parola, all'odierno alto-tedesco se
non il v\ e quindi ai gotici hva-s (ingl. who\ § 16, 1), qtiis,
hveita- (ingl. white) = sscr. ovaita- (*kvaita), bianco, rispon-
deranno nell'odierno alto-tedesco: we-r, weiss. Ora se il gotico
stesso, come pure è possibile (cfr. snaivs), ha partecipato in
qualche esempio a questo dileguò, il suo vaàrm-s^ serpente
(verme; wurm, verme, dell'odierno tedesco), potrebbe conci-
liarsi, per r intermedio *hvaurm-s (hvurmi-), coli' equivalente
sanscrito krmi- (15, 4.) = ^karmi- (pag. 10); ed il lat. vermi-y
alla sua volta, vi coinciderebbe ugualmente per ^kvermi- **.
labiale non si vede negli altri esemplari germanici che più asseve-.
ratamente alla nostra radice si riconducono (cfr. Pott» Wurzeì^icor'-,
terb.y I, 546, Curtius, o. (i., n. 45), si dovrà affatto perdere ogni
fede nella pretesa affinità di hvila e quies. — Il rapporto indo.-
latino g = qv si riprodurrebbe nel paraltelo gi^ quaeso (rad. gwzs-),.
proposto dal Benfey {Griech, i€>ur;selleoG. , II, 152) e accettato dal:
Corssen (o. e. 377, dove sta, per errore, cish)^ mal sicuro però in.
sino a che non si possan meglio conciliare i significati; il verbo la-
tino dicendo: indagare, cercare, chiedere, e l'indiano: lasciar di resto;
(passivo: restare), separare, spiccare. Scemere potrebb' essere la basa;
concettuale ad essi comune.
, * Questa voce germanica ed altre affini adduce il Kuhn ( Zeiischrift ,
s. e, XV, 318) allato allo gvas sanscrito, respirare, sospirare, fischia-
re, e trascura il lat. ques. Del perchè io non mi fidi deUa equazione
gvas sscr. ■='kvas = qu^Sy si vede in sul principio della Lez. XIV.
** Quindi, si avrebbe: qv lat., hv germ. = k sanscrito, cfr. § 16, 1^
§ 17, 9. - Contro *hvurmi 'kvermi starebbe appunto il doversi am-^
■^O §17. kv il RIDUCE A 7), NEL GRECO, NELL'OSCO E NELL'UMBRO.
Lo stesso dileguo si è forse consumato, anche pel latino, in
alcune propaggini del pronome interrogativo-relativo, alle quali
non tarderemo ad arrivare; e si riaflferma nel vap di vap-or
{^kvap'Or) vap-i'dU'S, allato allo kvap lituano di Jivàp-a-s,
alito, esalazione, e al xair greco dixa7t-u-w, respiro fortemente,
x«7r-vo-;, fumo, vapore*. La perdita è foneticamente maggiore
nel caso del latino che non sia nel tedesco; in quello ecclis-
sandosi dinanzi al v un suono esplosivo {v da kv)^ e in questo
un ^uono continrw (v da. hv), che è fievole pur dove resta.
Ma del fenomeno latino, a cui ora si allude, vedremo più tardi
mettere la coiacidenza del dileguo, nel gotico e nel latino. Ma alla
perfetta congruenza del significato e della forma, si aggiunge forse,
in favore di questa restituzione, la forma britannica , di cui si tocca
nel seguente paragrafo. Le opinioni del resto sono divise: Pott. (Etym.
forschung.y I*, 84), Bopp (Gloss.), Schleicher {Compend,^ § 196) e
Corssen (o. e, 34), uniscono vaurm-s vermi-s con hrmi- ecc.; Auf-
i*echt e Curtius (v. questo, o. e, sec. ediz. , pag. 485-6) e Fick (o.
C, 164), tengono disgiunti quelli da questo. Ma il Benfey, dal canto
suo {Orient und occidente II, 756), riunificando ogni cosa nello *hvar^
-mant^ al quale troppo arditamente risale, si vale anche delle forme
lettone zir^mi-s ecc. per maniera che può turbare gl'inesperti, riu-
scendo equivoca in ordine al rapporto de* suoni iniziali. Giova quindi
avvertire, che lo zi (ti) della voce lettona è succedaneo normale del
ki delle corrispondenti voci lituane {kirminis ecc., § 15, 4). — Se
vermi-^ è pari a kfmi*^ avremmo, in lingua nostra, il curioso fatto
di due diversi continuatori del karmi primevo, entrambi nella spe-
cial significazione medesima , e affatto inconsci della parentela che
tra di loro intercede ; cioè : vermiglio ( * vermi-clo ; il verme che dà
Io scarlatto) e cremisi (^sscr. krmi^gà^ la nata dal verme), voce
importata dall'Asia in età relativamente moderna.
* Il Benfey (Griech, wurzelleankon^ I, 267), e altri dopo di liti,
qui adducono le voci sanscrite kapi kapi*-ga ecc. y che direbbero, stando
ai lessici, incenso, ma sono ancora senza esempj. E deve dirsi incerta
anche la parentela tra il nostro kvap e il sanscrito kup (= cup-io),
ribollire (neir animo), adirarsi, che è una combinazione, ormai an-
tica, del Pott {Etym. forschung., I*, 256, II*, 205).
§ 17. kv SI RJDUCE A Pi NEL GRECO, NELL'oSCO E NELL'UMBRO, 71
nella àtessa lìngua di Roma adeguati riscontri (§ 26; Dilegui)]
e qui intanto giova, per la continuazione del nostro discorso,
por mente a un esemplare, nel quale la perdita di una diversa
esplosiva innanzi ave cosi costante, che deve a dirittura risa-
lire al periodo unitario. Intendo la voce per venti , in cui lo
dei, che dice due, è ridotto a vi in quante lingue della fami-
glia espriman quésto numerale con antica unità di vocabolo:.
vt-'gàti' (sànscrito), vi-gaiti- (zendo), vi* ginti (latino), fi-che
C^vi-kef antico irlandese), /'si-xart (dorico). A questo vi da dvi>
sta dùnque allato, ancora per dvi due, la figura bi, che è nel
latino 6i-5, o «eli' equivalente zendo: bi-s, pari al sanscrito dvi-s^
e surge pel fatto che il v passi a mano a mano dì suono con-
tinuo \n esplosivo, cagionando cosi la proporzionale diminu-
zione, é finalmente T intero dileguo^ del primo elemento della:
combinazione etimologica {dv, *&, b) *. il quale essendo sonoro, »
il t? naturalmente si determina anch'esso in esplosiva sonora,
dove all'incontro si determinerebbe in esplosiva sorda se fosse»
sordo il primo elemento della combinazione etimologica, come
vediamo accadere nelle forme pracritiche: pat*« tvàji sanscrito
(locativo- singolara del pronome di seconda; tv, [^b]ip,p), e
"Ppana = 4vana sanscrito (suffisso derivatore di nomi astratti),
nella seconda delle quali, trattandosi di fenomeno interno, al
p è dato raddoppiarsi, in compenso del t che si eoclissa. Cosi
neUVi>P^^ eli qualche vernacolo alto-tedesco, per Vetwas (qual-
che cosa) del linguaggio letterario **.
* Intorno a questo fenomeno, e agli altri congeneri, che si toccano
piti innanzi, v. la n. 4 al primo Saggio indiano ^ nel sec. voi. degli
StudJ critici.
** È fenomeno congenere quello ài p o h zendo per v anteriore,
secondo che preceda sibilo sordo o sonoro; il qual sibilo però, essendo
suono continuo, non tramonta perchè il v s'induri. Cosi avremo li
zendi ^pan- (afgano spai), cane, cpaèta- (neopers. gipèd), bianco,
affpa- (neopers. asp), cavallo, zbà, invocare; - pei corrispondenti
sanscriti gvan-, gvaita-, agva-, hvà {h sscri = s zendo). — V. an-
cora r Indice , 5. ffo.
72 § 17. kv SI RIDUCE A p, NEL GRECO, NELl/oSCO E NBLL* UMBRO.
Ora il fenomeno di v che si miiti in labiale esplosiva^ sorda
sonora secondo il diverso genere dell'esplosiva ecclissata,^
sotto r influsso della quale egli si venne indurando» non dipende
già dalla specie di questo suono assimilatore; e ci sarà facil-
mente manifesto, che al p prodotto di tv (tv *b *p pp p-) o al J
prodotto Aìdv (dv *^b bb b-), di cui avemmo e riavremo esempj,
si potrebbe aggiungere, ricorrendosi a quella sola altra serie di
esplosive originarie che si presti all'aggruppamento col v^ cioè
alla serie gutturale, un p prodotto di hv (kv ^b ^p pp p-) o un J
prodotto di gv (gv «b bb b-). E cosi siamo, limitandoci per ora
di, p -kv, cioè continuando l'istoria della tenue gutturale ori-
ginaria, a j9 greco ed a p osco ed umbro rimpetto a qv latino;
il quale p non è quindi un capriccioso succedaneo dell' antico
suono gutturale, ma bensì è naturai continuazione dell'appen-
dice labiale di questo > cresciuta in forze, per cosi dire» all'om-
bra e a' danni di lui. Gli esempj più importanti 6 sicuri son
questi che seguono:
1. Lat. quo^^ qu(y-t (= sscr. kà-ti)j ecc. (16, 1.);- gP. (cfr, p. 89)
TTo-repo-; (sscr. ka-tarà-'S)^ quale dei due, sco-re, quando?, -tto-
-Ho-;, quale (cfr. quo-iw-s^ cm-ìw-*, aggett., di chi)^ ico-ao-;,
quanto?; ecc.- osco: pù-d, po-d, quod (sscr. ved. ka-^^
quid); pa-m, quam (acc. fem. sing.), pam^ quam (congiunz.);
pù-s, qui (nom. masc. pi.); pa-i, quae (nom. neutro pi.); pu-f
(cfr. Tzó-^i)^ ubi, pù-tùrù-, uter; pi~s^ quis (sscr. -^i-s, 21, 2.),
pi-d (e -pi d, 21, 4.), quid; ecc.- umbro: po-ij qui (nom. sing.
masc), panta, quanta, pu-f e, ubi, pu-tru-, uter, -pis,pi-s,
quis, ecc. Che pur le forme osco-umbre puf e puf pù-tù-
rù- pu-tru- abbiano la loro esatta corrispondenza romana
ne' proto-latini *kvo-fi (*vofi *vufi ubi; v. w = vo e ft »/*) *At?o-
-^ero^ (*votero- *vutero- uter), e quindi si allineino con t?er-
mi-s = *kvermi-s ( v. sopra) e simili, mi par manifesto, pur dopo
le impugnazioni a cui questo particolare ragguaglio è andato
incontro*. Anche wwgwam (*cvun-cvam) deve qui rivenire; allato
al quale va citato l'equivalente got. hvan'-hun (ni hvan-hun,
n-unquam), comechè, massime per la seconda parte (cfr. 21,
• V. il luogo degli Sttidj critici citato alla nota * di p. 71.
§ 17. ifev.SI RIDUCE A )>, NEL GKECO, NELL'OSCO E NELL' UMBRO. 73
2. no 9 non si possa affermare se non la comune presenza del
tema pronominale kìMi.
2. Lat, e^tuo- (16, 3.); - gr, "txwo- ('ix-^o-, v. Protesi)^ dove lo
kv antico , per essere interno , potè riuscir continuato da doppio
suono (^p,pp) così come vedevamo aversi ^|) (*p pp) dallo tv
interno sanscrito e germanico.
3. Lat. quatuor (16, 4.);- eoi. 'itéordup-s; (*7reT/'op-*7reT^up- v. IndJ)y
omer. irt(rup-£? (v. Indice)^ quattro; cfr. § 21, 1;- ** petora
Oscorum lingua idem quod quatuor (Festo)»»;- umbro pe^
tur^ = lat. quadru- (in quadru-ped- e simili); Petr-un-ia
= Petronia. 11 gotico , partecipando in questo esempio , come ■
pure in altfi farà, del vezzo greco, oscoy umbro (e gallico, § 18)^
ci dà, con regolare tralineamento iniziale (v. pag. 63 ) , /5it?ór -
(quattro), risalendo egli a 'hvadvor {'hvidvor) anziché a, kva^
tvor ( f : hv : : p : lev ).
4. Lat. quinque (16, 8.);- eoi. TTc'fXTrs (v. Indice) ^ cinque, a cui
si rappicca l'ordinale panellenico: tcejxtc^to-; , quinto;- osca
pomtis Cpompt-is), per la quinta volta, Pontius (*Pomp-tiu-s;
nome sannitico) = Quintius, Pomp-ilio- (nome sabino) = umbro
P u m p e r i u- ; ecc. Il gotico risponde , secondo le norme de-
scritte nel precedente esempio , per flmf, Cfr. § 21 , 5.
5. Lat. linqu-o (16, 6.);- gr. Xt(jL7r-av(o , XetTr-w (aor. g-Xticro-v),
lascio, abbandono. Nello stadio gotico, ancora con f-*hv
(*kv), si avrebbero, a cagion d'esempio, l' islandese Zet/'-a , e-
r anglo-sassone lyf-an , lasciare (concedere) *.
-6. Lat. sequ-or (16, 5.); - gr. 'iTc-o-jxat (spir. aspro = *s^), seguo,;
colla forma contratta txir-, p .e. nell'infinito otz^Ig^cu (orir = s[e]p-
= *sekv.), e la raddoppiata eair- Csesp = *seskv-)y p. e. nel parti-
cipio Iffir-o-jAevot (vedine ErDger, Griech. sprachlehre fùr schu^
letiy II, 123, quarta ediz.), la quale coincide col sanscrito sa^ìt
Csask; 16, 5.). Cfr. § 18^ 4.
7. Lat. in-seque^ in-sece^ die, narra; ecc. (v. § 20, e Porcellini,
s. V. v.); gr. e-<r:T^6T6 {di: '^"sfejp sekv, come nel num. 6),-
imperat. : dite; à-tnc-E-ro-; , indicibile; ecc: (v. Morfologia)**,
* V. il luogo citato a n. * di pag. 71.
** L'Ebel {Zeitschrift s. c, II, 47), cui si deve il più deciso im-
pulso a questo ravvicinamento, estendeva al greco la sentenza del-
1(4 § 17. kv sì RIDUCE A JO, KEL GRECO, MELL*OSCÓ E NEU/UMBRO.
8. Lat. coqu^o (^wo-^w-a; cfr. 16, 7. ) ; - gr. ittTc- ( v. oceVau) wstctw),
cuocere, maturare: TteTc-ró-?, cotto, iteTc-ov-, maturo (cfr. sscr.
'-paìt-'ja^^ matùrantesi, e ii latino |}ra?-coc-s), iroir-^$-, irwc-xvo-,
focaccia.
A questi esempj, in cui t. greco s'incontra con qv latino, si
aggiungerebbe torqu-eo allato a TpsTi-tD (attorco, volgo), di cui
ritocchiamo in appresso * ; e T osco e V umbro non diedero
alcun p rimpetto a k originario, pel quale non si avesse nel
latino lo stadio dello kv (qu). Vedremo poi, anche in altre ed
afiinissime favelle, l'istoria medesima per p rimpetto a k an-
teriore; e già quindi senz'altro sarebbe più che lecito il ripe-
tere sempre da kv il tu greco de' pochi altri esempj in cui ancora
^ vede allato al k di altre lingue,- senza che più sia manifesto
in alcuna parte lo stadio dello kv. Ma- si aggiùnge, che questo
stadio traspaja, nel latino, pure in due sui tre esempj che an-
cora sarebbero da addurre (cfr. § 19, e Curtius, o. c, num. 620
e segg.), e per l'uno di essi anche altrove. Eccoli, serbato il terzo
(Itco; ecc.) per altro luogo:
9. Lat. j'ecwr, jeoor-, che riverrà a 'jekvor (v. t?) « ?7cap gr., fe-
gato, I termini asiatici danno la gutturale intatta: sscr. ja*
krt-, zeiidojàkar[e]j fegato**. Il temaja/trf- si avvicenda.
l'AuFRECHT (ib., I, 352), secondo la quale questo esempio e il prece-
dente non ne formerebbero che uno solo. Ma il Curtius U divide (1. e,
num.i 621, 632), al che persuadono, per tacer d'altro, i riscontri
lituani. Le considerazioni del Pott, Wurzel-^toorterb. , 1 , 8 e segg. ,
mi paiono non scevre di qualche intralciamento. I duhbj circa la ra-
dicalità del cp di evi97rov ecc. (10), debbon pure esser nulli agli occhi
di lui medesimo ( Etym. forsch. , II^, 643 in f . ).
. ♦ torqu^eo = tpéw-w è proposto con esitanza dal Benfey, nel Griech.
wurzellexikon\ I, 672, e accolto dal Curtius nella bella. sua ras-
segna degli esemplari* che qui si toccano, o. e. n. 633. Nelle voci
per torchio y torchiare {torc-ulary xpaTr-sw, ecc.), l'incontro si fa piU
seducente che mai.- Cfr. § 18.
** Old zand^pahlavi glossary s. e, pag. 10, lin. 10 [20]; cfr. Fo-
nologia irana s. v.
§ 18. kv iqv) SI RIDUCE A p RUMENO, GALLICO E BRITONE. 75
nella declinazioDe sanscrita, col tema, jakan^ (cfr.jekna litua->
no, fegato*); e il latino, alla sua volta, avrà avuto, allato ad
obliqui sulla foggia di Jecor-is, altri obliqui sulla foggia di
'jecìn-is {-jahn-ds sanscrito; cfr. femur femin-is). Ma 'jecin-^is
accanto a jecor-is^ attratto dall'analogia di iter itinerié e di
/acmom, diventò jf(Jctn-or-is jecm-er-is **.
10. Lat. ùc^ultins (oquulus ***); gp. oTc-wic-a, vidi, ott-wit-ìi)', vista
(V. Morfologia^ s, v., e in questo volume: ocrae, rf/wi, ecc.).
Se kv antico si continuava cosi, dall' un canto, per qu latino, ;§ 18.
e dall'altro per p greco, osco *ed umbro, si aggiunge ora che
lo stessa qu latino sia continuato alla sua volta da muta la-
biale romanza. L'appendice del q si aflSla, cosi che veramente
si riabbia hv (aqua akva); e si riproduce l'istoria più addietro
♦ jekna (fem.), ^ì.jeknosy fegato, ho dal Fick, 1. e, 148; altrove
non rinvengo, pel gruppo litavo, se non il lettone ah-ni-Sy fegato,
che il PoTT, Etymolog. forsch.^ I*, 113, dà per fem. pi.
** Da jecus-culu-m non saprei inferire un particolar tema latino
jecusy il quale ad ogni mòdo mal potrebbe infirmare T originalità
del r di jecur (v. r lat. da s), guarentita dal parallelo indiano, dallo-
zendo e dal greco. Ma jecus-culum crederei si foggiasse, per falsa
analogia, sopra corpus-eulum ^ frigus^oulum , pectus-eulum^ (pecttó-
lum), lepus-culusy agevolando T illusione T uguale apparenza degli
obliqui (jecoris, corporis, frigoris, ecc.). -r- Del nominativo j'ociViws,
allegato da Carisio (Putsch 34, Keil 48; cfr. Prisc, Putsch. 701,
Keil I 238), non vorremo farci caso.
*** Dice Prisciano (Putsch, 560, Keil, II, 36): apud antiquos fre-
quentissime loco cu syllabae quu ponebatur et e contrario , ut arquus ,
coquusy oquulus j prò arcua y cocurS^ oculus^ quum prò cunij quur prò*
cur. Ma la risposta greca mostrerebbe legittimo il qu di oqiwli^y
com'è legittimo quello di coquus e di quum e di quur'j ed arquus
stesso (geu. arqui) non è una mera varietà ortografica, ma si un
tipo che realmente ricorre. Cfr. § 20. — Lo stadio dello kv sarebbe,
oltre che in oqu^ulus^ pur nel germanico "a/iran-, a cui FEbel
{Zeitschrift s. e.» Vili, 242), il Grassmann (ib., IX, 23) e L. Meyer
(Orient u. occid., I, 623) vorrebbero ricondotto V augan'-[{ occhio)
del gotico.
76 § 18. kv iqv) sr RIDUCE a p rumeno, gallico e britone.
descritta. Quindi i noti tre esempj rumeni (cfr. § 20 e \. pt
rum.) di pa {pe) da qua*:
1. patru, quatuor; ape, aqua (cfr. l'antico frane, aive); eapej tape,
equa (cfr. l'antico frane. yve)\
allato ai .quali giova ricordare la muta labiale sarda (logudo-
rese) per gw latino, comechè veramente qui sì tratti di kv che
prima passi in gv; e quindi, per prodotto finale, si abbia le-
gittimamente 6 anziché j? (cfr. § 27):
2. lat. gwa^wor, prima alterazione logudorese : 'gvattor-: {cir. grtighe,
rughe y croce; grógu del dialetto comune, giallo, croceus; ecc.)»
onde: bdttorOy quattro, battorinuj quattrino, battordighi^ quat-
tordici, ftamnto, quaranta; lat. aqua^ *agva, abba (sardo
settentr. éba^ ea)\ lat. aquila^ *agvila, àbile (aquila, aqui-
lotto); lat. equa^ *egva, ébba\ lat. quinque^.e in iscrizione
del principio del quarto secolo: ciwgtmginta; ital. cinque; 'cingue,
chimbe^ cinque, chimbìna^ cinquina, chimbànta^ cinquanta**.
In altro ramo della nostra famiglia, nel celtico, troviamo i
resti gallici e la favella britone contrapporre di frequente il
loro p ai k (e) della favella ibernia ***; e che pur qui, se non
sempre, almen di regola, si tratti di kv antico, ridotto da una
parte al solo k (§ 19), e dall'altra, nel modo stesso che per
varie altre favelle già descrivemmo, a ^, ci è insieme dimo-
strato dal singolare consenso tra i principali esempj celtici e
♦ Del rumeno si distinguono due principali varietà : la daco-romana
e la macedo-valaca (v. Studj criticiy I, 53, = 331). Per rumeno sen-
z'altro, s'intenda il daco-romano.
*• Cfr. DiEZ, Grammatik der romanischen sprachen^ sec. ediz. , I,
245; Sttcdj critici, I, 25 (303) e segg., e il 1. e. a n. ♦ di p. 71. -
Chimbe ecc. son nella parte italiano-sarda del vocabolario dello Spano.
**• I resti gallici attestano speciale affinità col gruppo britone (o
cimro). Badi il principiante a non confondersi tra gallico (l'antico
celto dei Galli), gallese (idioma britone del Galles), e gaelico (sino-
nimo di ibemio).
§ 18. kv iqV) SI RIDUCE A|} RUMENO", GALLICO E BRITONE- 77
g-r italo-greci, e dal maqvi, filìi (gen.), delle antichissime iscri-
zioni ibernie, in cui ci è mantenuto il generatore comune del
tnacc ibernio e del map britone. Si osservino, richiamati alla
memoria i riscontri italo-greci, e anche germanici, dianzi ad-
dotti (§ 17), le forme celtiche, di qualche antichità, che ora
qui seguono (cfr. cht ibern.):
3. irland. (ibern.)* cia^ ce, ci, co^ ci-'fdjj figure del pronome inter-
rogativo (lat. quis)', gallese (hrìi.) : pui ^ pa ^ pi, id. (osco|){-,
gr. 'ITO-, ecc.); - irland.: cdch, quisque; gallese paup ♦, id.; -
irl. con, unde? gallese |>an; irland. ech, cavallo (lat. equus);
brit. ep-** (gr.'^nwo?); irland. . ce^^ir, quattro (lat. quatuor)\
brit. jje^war; Festa: petoritum (petor-ritum) et gallicum vehicu-
lum esse, et nomen eius dictum existimant a numero quatuor
rotarum: ali! osce, quod ii quoque pecora , quatuor vocent: ali!
gr»ce, sed atoXixw; (cfr. § 17, 3) dictum (cfr. Geli. XV); ir-
land. cóic ***, cinque (quinque) ; brit. pimp] Dioscoride (IV, 62):
xeyToccpuXXov. 'Pcd^aocioi x.i^x£r^6kio\j\L , FoùXcc TrsfXTreSouXa (cfr. DiE-
FENBAGH, Celtica^ I, 169-70); irland. cruim ('cromi- *cormi
= cvormi , sscr. krmi-' , forma fondamentale latino-germanica :
*kvarmi^, v. § 15, 4, e pag. 69), verme; gallese pryf {cfr.
' crùvi nell'antico bulgaro, § 15, 4^ e t> brit. =» m orig.); nel
quale esempio si dovrebbe però ammettere che lo stesso inver-
timento (cor- ero-; por- prò-) fosse avvenuto indipendentemente
e neir un ramo celtico e neir altro , locchè non è senza qualche
difficoltà y comunque si tratti di tal fenomeno che dappertutto
♦ L' w delle forme britone: pui, paup, non va confuso coli' u di
Qvo- ecc., che affermiamo continuarsi nel p delle stesse forme bri-
ione; ma ui ed au sono normali continuazioni di è ed à anteriori,
V. Zeuss, Grammatica celtica, pag. 113 e 110 (ed. Ebel: 96, 93).
** Ebel, Beitràge sur vergleichenden sprachforschung , II, 161,
cfr. Ili, 6. — ^Eporedias Galli bonos equorum domitores vocant'.
Plinio, III, 17. — V. qui più innanzi, nelle note a questo stesso
paragrafo.
*** Sta per ^cuinc, e là presenza del n ò ancora attestata dal di-
fetto di aspirazione nella seconda gutturale ; cfr. ech » equo-.
78 § 18. SE V* ABBIA p SANSCRITO E LATINO, = kv,
occorre assai agévolmente, e ritorna nella figura paleo-bulga-
; rica dello stesso nostro esemplare *.
Rimane ancora il quesito, se il sanscrito (o mèglio la favella
ìndo-irana) e il latino partecipino anch'essi del fenomeno che
noi definiamo di p per kv anteriore, o insomitaa ci mostrino
qualche lor p in cui apparentemente si continui il k originarioi
e la risposta avrà a suonare, che ancora sub jvdice lis est
Di certo è notevole, per incominciar dal sanscrito, che si tratti
di esemplari i quali trovan pronto un riscontro eterpglosso mu-
nito dello kv; ma sulla legittimità di questo riscontro debbono
ancora rimanerci dei dubbj,. parte attinenti ai singoli casi, e
parte d' indole generale, in quanto ne risulterebbe fenomeno
affatto sporadico e insieme affatto disforme da quello che il
sanscrito suol contrapporre a p europeo ^ kv (§ 19). Piuttosto
che Q. p avutosi nel sanscrito o neW indo-irano per k {kv),
saremmo indotti a credere alla simultanea presenza d'ambo le
figure sin dal periodo unitario, sia poi che esse risalgano a
generatore comune, o sia che si tratti di costituzione etimo-
logica in parte o del tutto diversa tra figura e figura. Ed ecco
intanto i principali casi» intorno a cui verte, pel sanscrito, il
nostro problema:
4. Il solito vocabolo sanscrito per ^acqua* è ap (femin.), di regola
al plurale (nom. pi. òp-as; tema zendo: op-). La speciale con-
II
suonanza, che è tra la forma asiatica e V ape rumeno o Vabha
sardo (18, 1. 2.), manifestamente non importa una speciale
x5ontinuità istorica fra questi e quella, poiché i due termini
romanzi risalgono, come vedemmo, alla figura latina: aqua»
Ma si può domandare, se ad un antichissimo ahv- non rivenga,
alla sua volta, per analogo processo, IVop- indo-irano, o me-
glie un op- del periodo unitario, poiché solo il supposto di un
così antico ap potrebbe dichiarare, senza gravi stenti, la pre-
* Quanto al ragguaglio cruim = 'cromia pryf= 'proif'proim 'prò-
mi, cfr. Zeuss-Ebjbl, 1. e, 13, 90, 233. V. ancora V Ind. s. conso-
nanze Qomposte,
§ 18, SE v'abbia p sanscrito e latino y = kv. 79
senza della labiale nel lituano ùpé^ fiume , q nel latino am-ni-'S
=s 'ap^ni'-s (cfr, som-^u-^ = '«o/j-ni**?, pag. 28 ). La forma colla
muta labiale, comunque surta , poteva coesistere a quella con la
gutturale; e nel caso dei Msaff-àir-tot (che-sono-intra-le^acque;
PoTt, Curtius) resteremmo intra due, se la figura anteriore ne
fosse ap od akv. Le due figure coesistenti sarebbero poi vivo
entrambe in favella sanscrita, nel caso del vedico sap, che si
traduce: sequi, colere, allato al saftj cui prima riportamnid
sequor & 2iro{i.ai (16, 5. 17, 6.)* Veramente, per quanto io posso
vedere, sap non direbbe proprio: s^uiré, ma: conseguire, colti-^
vare (eseguire), onorare; e se pur sa/t, seguire, riesce ad avere
le significazioni di sap (accompagnare onorando, proteggendo^
operando; cfr. il rifiesso zendo: haK)^ tutta volta, mancando a
sap quella di seguire ^ il supposto della esistenza primeva di
amendue Te forme è per avventura ajutato anche dalla dispa-^-
rità di significati che corre tra V attivo tiztù ( mi occupo ; che
faremmo pari a sap) e il medio 87:o[it.at (seguo, :^ sak) *. Nel'
greco sarebbero naturalmente confluiti il continuatore di sap-
sa-s[a]p (l-<rir-o-v) e quello di sak sa^s[a]k {sàkix ecc. § lOj
6r:<T7c-<{-p.7iv). La coincidenza del sanscrito Zop,. parlare, la-
mentare, col lat. loqu-or (paleo-bulgar. rek-^o^ dico), sarà for-
tuita (cfr. lap-ana sscr*, bocca, lap pelvico e liipa lituano,
labbro; ecc.); e il sanscrito trap trdp^a^tai^ confondersi, ver-
gognarsi, a cui si riconducono i sanscriti trp-^rd^ e trp-'dia^-
inquieto, ansio, ben potrà far famiglia col latino trep-i-^dcH
e col paleo-bulgarico trep^t-^ati^ tremare (v^ V Introduzione alla ^
morfologia s. tar [sscr. tar-alà] tra-m tra-s tra-p), come i san-,
seri ti tarh tark^c{ja-tiy congetturare, versare in congetturet (ri-s-
torcere nel pensiero) e tark^ù^ fuso, ben potranno andar coa-
* Nei Nàighantukakànda (III, 14) si ha sap tra i sinonimi per.
laudare y glorificare (cfr. ib. 5), mentre saR vi sta fra i verbi di
naoto (II, 14). Nel Nirukta (V, 16) si dichiara sap per toccare (rag-r,
giungere), e così lo dichiara pur Sajana in rgv.y V, 68, 4, mentre
saghirai (perf., ma cfr. 16, 5.) è reso dallo stesso Sajana, ib. 67, 3,
p;er scigatà bhavàti (accompagnano). Cfr. Benfey, Orient u. occidente I,;
596 (r(7r?., I, 67, 4 [8J, e 68, 2 [4]).
80 § 18. SE V* ABBIA 2> SANSCRITO E LATINO, * hv.
giunti col lai. torqu^o; ma i due gruppi non si avranno a
confondere, comechòil greco rpeir-t»), io volgo (v. sopra), si
possa legittimamente appagare col lat. torqtieo *.
L' ultimo esempio implicava anche uno de* casi tn cui si è
voluto vedere p lat. = kv {qu) anteriore, il quale andrebbe
quindi, secondo nostra sentenza, eliminato, non valendo a ri-
muovercene r affermazione di Paolo (da Pesto), che trep4t va-
lesse verta (quindi fosse rpeir-to tal quale) e ne derivassero
trepido e trepidatio ^quia turbatione mens vertitur'. Ma come
in trep4t allato a torqu-et, cosi verrebbero a coesistere amen-
due le figure nelle seguenti tre coppie del vocabolario latino:
Ep-ona (Dea protettrice dei cavalli) ed equ-us; popina (ta-
verna) e coquina (cfr. 16, 7. 17, 8.); palumba {palumbits, pa-
lumbes; colombo selvatico) e columba **, che sono i tre mi-
gliori esempj da potersi addurre per la contrastata equazione
P lat. = kv; ed in quei due tra di essi, che spettano a copiose
famiglie di vocaboli (equus, coquo), la figura col p non an-
drebbe già per intere serie parallele (cfr. le serie dei varj dia-
' ♦ Un esempio a prima vista seducente per la doppia figura san-
scrita ('kv k; 'kv p) è questo che il Grassmann aggiunge {Zeitschrift
». e; IX, 20): katù^j acuto (aspro), in ispecie del sapore, epdtvr,
acuto (anche per accorto, proprio come catus)y cui starebbero ac-
canto il latino càto*- e l'islandese /iva^-r, acuminatus, acutus. Ma
4ui insorge la particolar difficoltà della linguale ( v. Lez. VI); e paivr-,
il cui proprio significato sarà: tagliente, riverrà al verbo jpat (tutte
forme seriori), fendere, che normaliùente risponderebbe all' indo-irano
par-t- (V. Fonologia irana^ s. v.), nel qhale c'è il senso militare deU
Vacies latino. — V. ancora V Indice ^ s. pahKa e paK\ e qui più in-
nanzi: lup (lump) accanto a luhH.
** ÉLpalumha e colomba si raccostarono il greco xoXuixpo';, mergo,
e il sanscrito hàdamba^^ specie d'anitra o d'oca; ma fu già da altri
avvertito come X gp. e e? sscr. mal tra di loro si corrispondano. Con-
siderando, all'incontro, l'uso della yoqq palombaro; parrebbe che
kk concordanza dei significati fra xo^ufA^o; e palumba dovesse un
giorno essere stata maggiore che ora non appaja.
§ 18. SE v'aèbia p sanscrito e latino, =i kv. ' 81:
letti greci, nel § 20)^ ma sarebbe, ad un tempo, coesistente,
all'altra, e in doppio senso sporadica, siccome quella che ap-
parirebbe solo in alcune delle famiglie di vocaboli che le pote-
vano dar luogo, e affatto limitatamente pure in queste ** Orai
lìon sono tali di certo le condizioni del nostro fenomeno nelle
favelle in cui non esitammo a riconoscerlo; e se, rimanendo»
a' tre esempj testé allegati, consideriamo inoltre la loro qualità,
specifica (voce mitologica; nome di una varietà zoologica; no-^
me di -una particolar cucina) propenderemo decisamente a re-,
putarle voci non-romane, ma bensì straniere, e, assai proba-
ì)ilmente, od osche od umbre. La voce per cavallo norisi sarà,
mantenuta genuina nel solito equus, equestris ecc., per alterarsi
nel solo JEpona, cioè in uno di qu e' vocaboli che anzi sogliono,
offerirci peculiari caratteri di anzianità fonetica; né il latino.
coquere coquina (*quoquere) avrà generato la forma popincé
per mantenersi esso stesso insieme con questa e limitarla ap--
punto alla bettola, frequentata,. e, per avventura,, di frequente
tenuta, da stranieri. Le voci umbre ed osche per equo- è coquo-^
ci mancano; ma avranno di certo suonato epo- e popò- , secondo
r analogia delle altre favelle che con quelle paleo-italiche hanno
comune il fenomeno normale di p - qu, vale a dire il greco
ed il britone **; e popa popina non saranno quindi più romani
* Epona starebbe isolato del tutto; popina riproduce sé stesso in
propinari ecc., e soIq gli si aggiunge pòpa , victimarius ecc., della
cui provenienza affermeremmo piti che mai decisamente quel che stia-
mo per affermare intorno a popina ecc.
** I paralleli greci vedemmo nel paragrafo precedente (num. 2 e 8).
La forma britone per equus avemmo in questo (ep-; cfr. il cornvallese
ebal e i basso-bretoni ébeicl, éal, puledro); e a quoquere {coquere) il
britone risponde normalmente col cornvallese pob-az (= poaza basso-
bretone), cuocere , jjoè-uaew , pietra cotta (Borlase), o coi basso-bre-
toni: pobein,pibi^ cuocere (antiquati ) , e pob-er, fornajo, panattiere. —
Epona compare a dirittura tra le voci galliche pre3So Zeuss-Bbel,
o. e, p. 65 (cfr.. PiCTET, Origines indo^européennes y I, 346).. Il Cor-
ssen, air incontro , senza mai avvertire .alcuna delle difficoltà teoriche
ASCOLI, Fonol, indo-it.-gr. 6
82 § 18. SE v'abbia p sanscrito e latino, =: kv,
di quello che non sieno popanum ^ ttotcxvov, focaccia, od i nomi
proprj Pompeius e Pompilius (17, 4.), Lupus accanto all'equi-
valente Xuxo; sarebbe ancora un esempio seducente; ma tacendo
che le parti risulterebbero proprio invertite (x gr* e 2> lat- *),
qui si aggiunge un curioso incrociamento di varie stirpi di vo-
caboli, che scuoterebbe per sé solo ogni fede nel ragguaglio lu-
^s = Xuxo;. Poiché , adirne brevemente, non solo si avrebbero
i fondamenti verbali d* amendue le varietà nei sanscriti Iwp
lump'à'ti, findere, dirumpere, perdere, e lunK> lùnK-a-ti^ evel-
lere, dove la figura col p è certamente pre-indiana (cfr. lat.
rump'i-t = sscr. lump-à-ti^ e il lat. rune di runc-a runc-on-
runC'ina fu^x-av^, = sscr. luM), ma ancora ci sarebbero, dall' un
canto, vrha-s sdLUScvìtOy vehrka-^ rendo, vìlkarS lituano, ouXx-
albanese, Xuxo-; greco**, lupo (canis lupus), e, dall'altro, il
latino vulpes (canis vulpes), lo zendo raopU od urupi- {gpà
urupi'Sy cfr. § 15, 1, quasi: canis vulpes), per una specie del
genus canis, e forse il sanscrito laup-àha- ***, canis aureus
(sciacallo), a tacere del gotico vulf-Sy canis lupus, che potrebbe
foneticamente rispondere cosi a vrka-s come a vulpes , e àeh
a cui i migliori esempj andrebbero incontro, giura e rigìura (v. p.
es. Top. cit., a pag. 118 in n.) che le voci da lui addotte ^er p lat.
da k son tutte prettamente latine, e non una di esse od osca o cel«
tica.
* L'analogia richiederebbe: ^li^uos latino (cfr. hirquus^. hirqui"
wt*s), e Hupos greco, osco ecc.
•* Xuxo- : varka {vrka-y alb. oi>Xx-) : : rad. Xux, lat. Zmc-, sscr. ruR :
varh (sscr. varJi arh n*^), rapporto che non vuole esprimere se non
ristoria fonetica d' amendue le serie; v. Studj critici ^ II, 134, e al-
l'incontro Curtius, o. c;, num. 89 e pag. 644 (II, 287).
**♦ Pott, Etymolog. forschung.^ prima ediz., II, 506 * Zàhlme-
thode^ 176. Per l'istoria de' significati giova considerare la serie se-
gaente: sscr. laupàgaka^ (masc«), canis aureus, laupàgikà (fem.),
canis vulpes; pelvi róbas rópàh róbàh (cfr. dah « ^das daga^ dieci),
neopers. róèa/i', curdo rùvi, canis vulpes, zingarico ruv^ canis lupus
(cfr. Justi, Bundehesh^ 158, Handlmch der zendsprachSf 65)*
§ 18* SE v'abbia p sansorito e latino, = kv^ 83
y hirpu-s od irpU'Sf canis lupus, sannitico o sabino. Qualche
altro esempio , che si è voluto far concorrere in favor dell' equa-
zione controversa, contro la quale, del resto, non si potrebbe
accampare a priori obietto alcuno, sussistendo anzi l'analoga
favorevole di b latino = *gv e *dv (v. bos , bis ecc. ) , è men con-
clusivo che mai ♦.
Vediamo, dopo queste rassegne, quanto ci sia dato ricjavare § 19,
circa le ragioni istoriche e circa Tetà della combinazione fo-
netica, rappresentata da qu latino, hi) gotico, tc greco, ecc.
L* elemento v si appalesa etimologico e quindi originario od
organico e non parassitico ^ negli esemplari che hanno per rap-
presentanti latini: queo ed èqutis (16, 2. 3. 17, 2.); poiché il v
dello fvi sanscrito è manifestamente identico al v radicale di
gav- (16,2,), e il v di ag-va- ecc. (16,3.) è unanimemente
riconosciuto qual elemento costitutivo della parte ascitizia, o
vogliam dire del suffisso derivatore della parola (cfr. àp-ii-,
veloce, § 1) **. Assai probabilmente ha la sua ragione etimo-
logica anche il v di una determinata parte di quelle voci prono-
minali a cui diamo per rappresentante latino il qiw di qiu>'d ecc^
(16, 1. 17, 1.); poiché una combinazione pronominale primigenia;
* L'elenco del pretesi p lat. da A^ è in Corssbn, o. c, pag. 116*8;
e la più gagliarda ripulsa è in Sghubigher, Compendium^ § 151, n. 4
(sec. ed.; cfr. Indogerman. chrestomathie^ 352)* — Di sp lat. allato
a sk eteroglosso, v. Vindice,
** Darebbe affatto nello scetticismo chi volesse supporre, circa
Veqwus latino, che qu vi rappresenti il solo k originario, con svi-
luppo anorganico, peculiarmente latino, del t?, e quindi sia diverso
dallo hv {=: gv sanscrito) dell' *iqvos generatore del gr, "tTr?:©;, per
modo che il vocabolo latino s'avesse a dividere equ-o-s e avesse
smarrito il v del suffisso Ceqvrvo-Sj cfr. suùs = *sovos e simili). Al-
l'incontro è affatto improbabile la sezione co^^-mm-s, voluta dal Bopji
{Vergleich. grammatiky sec. eà.j §943), questo esempio risolvendosi
assai naturalmente in coqv^" (coqu-u-s : coqu-it : : -sequus [pedise-»-
q[uus] : sequ-iWr), per guisa cio^ che vi si abbia il saffisso '^ ss^^
orig. e non -vo = -»a orig.
84 § 19. RAGIONI iSTORICHB ED ETÀ DI qu LAT. , hi) GOTICO, ECC.
kva (= *k[à]'Va)j sarebbe affatto conforme alle combinazioni che
si presentahOj per limitarci ad esempj sanscriti ^ nell' arcaico
iva- (=*t[a]'ta)'y taluno, o in sva- (^*s[a]va')>, sé, suo, de' quali
più avremo a dire nell Introduzione alla morfologia ^ per ora
bastandoci di aggiungere, come si abbiano affatto sìnonime,
nella funzione interrogativa (dileggiativa) al principio del com-
posto, ìè figure sanscrite: ha-ld], kava e ku^ Se all'incontro
passiamo a quella serie di esemplari che ha per rappresentanti
latini: gwatuor (16, 4. 17, 3.), segwor (16, 5. 17, 6.), \mquo (16,
6. 17, 5.), coquo (16, 7. 17, 8.), qmnquQ (16, 8. 17, 4.), non
rinveniamo, dall' un canto, alcuna sicura traccia del «? nei ter-
mini asiani, né abbiamo, dall'altro; alcuna ragione che ci porti
ad affermare o pur ci renda inchinevoli a credere che il v sia
parte etimologica, Vale a dire originalmente costitutiva della
parola. Qui il v sarà quindi una parassita, di natura non dis-
similò daly parassitico, che a suo luogo (§ 14) vedemmo ugual-
mente svilupparsi dietro alla tenue gutturale originaria; ma
tùttavoita sarà anch'esso un v di radice assai antica, e ba-
sterebbe a persuadercene il concordar che fanno più favelle
europee nel risalire in questi stessi esempj ad un antico kv.
Al che si aggiunge il fatto assai notevole, che essi tutti ritro-
vino, nella risposta indo-irana, non già il k intatto^ né lo g,
che è il più frequente continuatore indo-irano della tenuo gut-
turale originaria nel quale i continuatori europei s'imbattano,
ma bensì il solo R» che é il. più insolito (§§ 11, 12). La quale
coincidenza, rinflancata eziandio da altri ragguagli che in que-
sta stessa Lezione saranno ritoccati ed aggiunti, persuade che
qui si tratti, come già nella Lezione precedente si ebbe ad ac-
cennare (p. 48-9 e 57), di k originarj che fossero intaccati sin
dall'età indo-europea, ma il fossero per modo indistinto, si
che lo sviluppo dell'affezione si venisse poi, nelle età succes-
sive> in varie guise determinando. Se quindi nel considerare la
sibilante che in favella indo-irana . e in litu-slava si ha per
^succedaneo della tenue gutturale originaria (p. 56),. venimmo a
proporre l'esempio-tipo dak*a (dieci; onde: dakja dakza dasa
§ 19. RAGIONI ISTOmeUE ED ETÀ DI qu LAT., hv GOTICO, ECC. 85
daga), ora, per gli esempj a cui siamo, avremmo a' raffigurarci
un esempio-tipo che si potrebbe scrivere kyatvar^ (quattro),
la cui ipcerta para^ita (quasi un u greco) riuscisse ad' assu-
mere tra grindq-irani, in un'epoca relativamente moderna, la
i'
pronuncia palatina (kjatvar-^ donde Katvar-, éatvar-, v. .p.44),
etra gli Europei, all'incóntro, o almeno tra quelli i ,cui idiomi
qui ripercuotono uà antica Ai?, si fissasse, di regola (v, § 21)>
in pronuncia labiale od in labio-dentale {kuatvar- kvatvarr,
pnde quàtuor e *^bator ecc.). Di questa guisa avremmo in fa-
vella indo-irana il pieno sviluppo, ma di certo non coevo, di
amendue le affezioni (dak^a, daca; k^atvar katvar), le quali si
risolverebbero in un'affe/jone medesima a, (loppio effetto; & lo
sviluppo k^aivar kjatvar sarebbe venuto a .coincidere collo JiJ
(K da A) surto di sana pianta nel perioda indo-irano (oottie in
K reduplicatore di k, § 13, 9, ecc.); mentre nella sezione euro-
pea avremmo il tipo. d a k^ a risanato per tutto altrove ohe in fa-
vella litu-slava, e i poco numerosi esemplari del» tipo, kjatvar,
all'incontro, risanati appunto in favella litu-slava (pw p, lit.
heturi; Y. ip. 50,57), come per diversa ragione risanano p,ui?
nella ibórnià (§ 18, 3,^ e' v. v), e a vòlte, come tra poco vedre-r
•mo,,ancò altrove. Gli svolgimenti europei dello hv.ml quale
il t? sia pa»assitico ( kvatvar TrEWups?:; ecc. ) nfoi;i differiscono, del
resto, da quelli dello kv che abbia un v etimologico (akv2| ''ititt??);.
Di un particolare atteggiamento che la parassita del tipo
'kjatvar avrebbe assunto nella forma indo-irana dell' esem-
plare* a cui TÌ\iene 'V OG'UlU'S latino (17,10), si ragiona' nel
discorso intorno a 5^ sanscrito (Lez, XIV)*, ma già -potemmo
accorgerci ,' come qui pure i concordi cenni di più favelle con-
corraho a guarentirci assai antica lo kv. Dove l'Asia, per con-
verso, poh ci offre né kv né R, o rion ci porge alcun sicuro
suo riscontro , oppur dove tra le favelle europee da sole due a
da una .sola si accenni a kv {Y.jecur^ vermis, vapor, quies,
aqua, § 16^ 9^ 11; § 17, 9; § 18, 3), surge la probabilità che
si tratti di casi di parassita peculiari all'Europa, od anzi ,a
singole favelle europee. Il quale accidente non si vorrà di certo
86 § 19. RAGIONI ISTÒRICHB ED ETX DI qu LAT., ÌIV GOTICO, ECC.
rivocare in dubbio p. e. nel gotico hvairneins {hvairneins staps,
che rende il greco xpavtou tot:©?, calvariae locus), quando esso
abbia ad accostarsi, come pure si dovrà, ai greci xàpa, xapyjvov
(testa), xpavt'ov (teschio), zendo farà-, capo *, e simili; ed ha
per sé, a tacer d'altro, l'analogia abbastanza stringente di gv
seriore da g (§26). Ma sta tuttavolta che sicuri esempj con-
simili sia difficile stabilirne pel solo greco o pel solo latino.
L' unico tra' sicuri esemplari greci per ir s *kv che non trovi
alcuna traccia di v{qu) nella risposta latina (eico; parola; ecc.),
trova però anch'esso il ft nella risposta indo-ìrana (j^etto? =sscr,
vaìtas). E tra gli esempj di qu latino che ammettano compa-
razioni eteroglosse, il solo quies (16, 9.) resta privo di sicura
risposta per l'u **. Ben volle il Corssen stabilire una serie di qu
latini sviluppatisi da e nel periodo arcaico e nel classico; ma
gli esempj corsseniani o sono a dirittura incredibili, o affatto
incerti, o assai poco conclusivi. Vorrebbe, a volte, il valente
alemanno, non ben d'accordo, in questa parte, con sé mede-
simo, che la stessa stirpe pronominale quo- potesse entrare in
questa serie; e ora presenta le forme epigrafiche dell' età re-
pubblicana: quoius (= cuius) ecc. quali continuatrici dello hva
antelatino, solo asserendo che insieme corressero parallele, pur
nel latino antico, la serie col qu e quella col e, ed -ora fa sen-
z' altro che quoius provenga da *coios ***. Ma la contrazione di
* Ai quali il Fick, o. c, 53, assai opportunamente aggiunge: xépvo;,
scodella sagrìficale; ma troppo arditamente egli ricostruisce, sulla
fede della sola voce germanica, uno kvama indo-europeo.
♦* Lo g asiatico, col quale qui s'incontra il qu latino, non si trova
mai rispondere, di per sé solo, ad un p {dsL kv) greco, osco, ecc.
*** 0. e, 68-9, 176, 795, cfr. Kritische nachtràge zur lateinischen
formenlehre y 91. Quando poi il Corssen asserisce, nel primo de' luoghi
qui citati, che il dialetto falisco, al cui alfabeto manca il g^, viene
colla sua forma cuando (= quando) a rinfìancar la sentenza che i
tipi quo- e co- corressero, sin da antichi tempi, paralleli, il lettore
resta attonito, e non sa davvero intendere T efficacia di questo soc-
corso falisco.
§ 19. RAGIONI ISTORIGHE ED ETÀ. DI qU LAT. , hv GOTICO, ECC. 87
quo- in cw-, a tutti parràr naturale, ed accertata dalle molte
analogie che ognuno ha presenti e che tantosto qui si ritoccano;
laddove il trarrà un quo- latino da co-, ha contro di sé il fatto
decisivo, che tutte le corrispondenti forme delle altre favelle
paleo-italiche risalgano al tipo col v {pò- pi- = kvo- kvi-, § 17, 1),
a tacere della difficoltà generica di ammettere un espandimento
fonetico in simiglianti parole*. L'esserci poi, per passare agli
altri esempj, in-quiUlnu-s allato a colere^ in-col-a e col-onu-s^
non fa di certo prova per gw da e; ed anzi Yo di col- (v. Jwd.)
accenna a *kvol *kvel anteriore, al quale furono opportuna-^
mente raccostati il greco ttsX- (ttsXw TcsXoaoti), versare abituai-
mente, muoversi, e il sanscrito ftar, muoversi, versare intorno
a qualche cosa, per guisa che se ne ottenga un altro regolare
esempio per l'equazione: qu lat. = ir gr. = R sscr. **. Aqui-pedio-^
allato ad acu-pedio- (11, 9.), altro non proverebbe, quando
pur provasse qualche cosa, se non che vi avesse, pur nella ri-
sposta latina dell' à^- sanscrito, = wxu- greco, il solito rapporto
desinenziale che è in tenui- = sscr. tanù- = gr. ravu-, ecc. •**. Se,
inoltre, abbiamo hhyiuus allato a hircus, od arquus allato ad
arcibSy non veggo per quali criterj etimologici si debba ripu-
tare più antica la forma col e ♦♦♦♦; e lo stesso si dica di Quirites
* Tipo originale, o almeno antelatino, senza u, risulta all'incontro
il ci latino di ci-tra ecc., al quale risponde, da un lato, la stirpe
gotica ^2-, e, dall'altro, l'umbro gi- (gi-mo*), cosi che s' hanno i
normali paralleli: lat. quo-' = got. hva- » umbro j3o-; lat, ci- « got. ^i-
= umbro jjz-.
** Fróhdb ap. Curtius , o. e. , p. 413. Io credo sempre che in ul«^
tima analisi qui risaliamo a kar', ma ora mi risulta evidente, che
sin dal periodo unitario coesistessero le due varietà kar (operare)
e kyar (versare intorno a una data opera). V. V Introduzione alla
morfologia j s. kar e s-har.
**♦ Cfr. aqui-penserj ed anche acci-^pitery Pott, Wurzel^-wórterbuch^
I, 524, e la nota che vien dopo la seguente. Quindi: aqui-- per acui--,
**** Se la forma sabina per hircus ci offre -cus (fircus) e non -pos
come dovrebbe secondo analogia osca e sabellica per ^uo^ (-kvos)
88' § 19. RAGIONI ISTORICflE ED ETÀ DI qu LAT., hv GOTICO, ECC.
QUirinuis allato sl Cures; e ancora, tra gli altri, di aequo-,
che il Corssen si avventura a ripetere da un latino *aecO'f sol
perchè si rinvenga il nome proprio Aecetiai *.
paleo-Jitalico , non se ne può ricavare argomento per la priorità di
-CMS, poiché le voci sabine dei grammatici altro in realtà non sono
che idiotismi latini della Sabina; cfr. Mommsen, Unteritalische dia--
iekte^ pag. S47.
* La stessa sua combinazione etimologica: aiquo- "aie-mulo aemulo
tvedi p. e. Aussprache ecc. , sec. ed., 374) non legittimerebbe punto
l'asserto di aico- da aiquo-, cfr. p. e. -sec-la allato a sequ-or. Sempre
oiell'op* testé citata, a pag. 73, mette poi egli medesimo Vhircus
àeì manuscritti virgiliani (= hirquus) ad una stregua colV ecus degli
stessi manuscritti pere^t^ws, dove per certo nessuno vorrà dire che
la forma col e sia l'anziana. I soli esempj di qualche peso parreb-
bero: oquoltod (allato ad occulto) e quom = cum (con); ma a chi ben
guardi, pur l'importanza di questi si riduce al nulla. Il primo di
essi è un StTra^ XeYotxevov , che ricorre uell' ep. de bacchan. , e vera-
mente si legge: dquoltody per quella grande imprecisione di scrit-
tura, che nell'epigrafe medesima ci dà, tra l'altre: magistràtuo per
magistratud e sacanaL per òacanaL Questa stessa imprecisione non
giova di certo all'autorità del nostro unico esemplare, comechè si
debba distinguere tra gli svarioni del lapicida e quelli che si possano
'attribuire allo scrittore. Per occw/^o- dovremmo attenderci, in quella
epigrafe: ocolto^ (cfr. ih. : consoluerunt^ tabolam); e il q\, seguito
dalla sua perpetua appendice, starà per mero sbaglio in luogo del e.
Si trasmoda nell' apprezzare le supposte ortografìe arcaiche, ^ tacer
della stranezza che le forme seriori abbian poi sempre a trovarsi
proprio ne' monumenti piti antichi. Siccome in qualphe .caso la pro-
nuncia può aver legittimamente oscillato tra quo e cu {co')^ e l'antica
ortografìa essersi mantenuta, al modo che avviene dovunque, pur
dopo mutatasi la pronuncia, così un qualche ^u, adoperato per illu-
sione analogica in luogo del e, non deve recarci alcuna, maraviglia.
Ciò va dótto in ispecie per l'altro esemplare che stiamo considerando,
cioè per ^t^om (preposiz.). Nella lecv repetundàrum (G. I. L., I,n. 198)
avremmo sèmpre quom , così per la congiunzione ( dove il quo è le-
gittimo); come per la preposizione. Pur nella leof ixgtaria (C, I. L. ,
§ 20. ALTRE VICENDE DI kv* 89
Ma sé non è facile lo statuire saldi esempj di kv che si Svolga § 20,
da k per entro ai limiti di una singola favella ariana, abon-t
dano air incontro i casi, in cui, pur nello stesso idioma, s'abbia
il mero k allato al legittimo rappresentante di uno kv sicun
ramente assai antico e comune a più favelle; dove però non
è sempre facile decidere se la figura col solo k non corra par
rallela all'altra, piuttosto che derivar da questa pel dileguo
del i) (u) *. Ognuno cosi sa della serie jonia (Erodoto); xo-tspo-;
(sscr. ka-tarà-s), quale dei due, xo-tì, quando?, xo-^o-^;^ quale, xc>t»
-ao-?, quanto?, ecc., in luogo di irór^Tepo-; (*ltvo-tero-s) ecc. (17, 1.)^
E se qui abbianao, non già un mero ka originario, che strana-
mente si distacchi dalle forme degli altri dialetti ellenici ,e dall^
italiche, ma bensì, cóme fermamente io credo, l'antico kv xjf^
che smarrisce, entrando anch'esso nella generale analogia della;
favella ellenica, il suo /* (v. Ind,, e in ispecie xocirvo? e xsveo?), an-
ziché ingrossarlo al modo che avviene per lo stesso dialetto jonio
negli esempj panellenici che per quest'antica combinazione im-
parammo a conoscere (§17), e pur per .questo esempio negli
altri dialetti di regola avviene: noi qui riusciamo a stabilire
quella stessa doppia continuazione dell' antico kv che riavremmo
I, n. 200) indifferentemente quom. Ed anche nella lex rubria (C, I. L.,
I, 205) è quom sì per congiunzione e sì per preposizione, ma insieme,
per la preposizione, anche curn (.,. quae ita afi eó petetur.deye ea
re cum eo agetur, ei, quei eam rem petet deve ea re age^, aut iei,
quoins nomine ab eo peteti^r quómve^ eo agetur - . . )» E finalmente
huiusque^ che ricorre alcune poche yolte per huiusce (dove si tratta
di un rAe fuori di accento ))V9rrà pur essere un errore, a cui facil-
mente induceva T analogia tipica, di cuiusque. —, Piuttosto, oltre a
quies ecc. (v. il testo ),. vorremmo ricordare, per At? {=k) peculiare
al latino: squama ^'skadma (v. Indice),
* Affatto arbitraria è la sentenza del Cprssen, 1. e, p, 118, che
coquere^ torquere, allato a eocus torculum^ e ^ trepit popina , mo-
strino come e latino passi in p pel grado intermpdio' 4i ^,m; locchè
equivale ad affermare che coc-^ torc-- sien le piti anziane tra le figure
latine. Tantp farebbe affermare ohe ecus sia più genuino di equus {
90 § 20. ALTRE VICENDE DI kv.
neir idioma rumeno, dove, per esempio, allato a j^afrte, qua-
tuor (18, I4), ritroviamo care^ qualis *, e simili; doppia con-
tinuazione che avrebbe eziandio i suoi riscontt*i nel duplice prò*
dotto latino di un antico dv {dvis origin. e sscr., lat. bis e dis")
nel duplice prodotto indiano di un antico tv {-Ivana sscp.,
v. p. 71, -ppana e -ttana in diversi dialetti pracritici). Anche
per altre famiglie di vocaboli ellenici, nelle quali predomini il ti
da kvy si può citar qualche forma, più meno isolata, col A;
cosi, accanto al nome proprio ''Itctw? Ctinto;, cavallo, 17, 2.), anche
il nome proprio "Ixxo?, dove si aggiunge che V Etymologicum
magnum diaUxo? per sinonimo d'iTCTco?**, - Tesichiano oxxo-,
occhio, allato ad o7r-(o:r-3t ecc. (17, 10.) **♦, Appresso alle quali
forme, si possono ricordare quelle in cui 2^ kv o qu ecc., di altre
lingue il greco risponde con xu; vale a dir quelle, in cui manchi
la trasformazione greca in ??, non perchè siasi dileguato od as-
similato il i7, ma si perchè questo elemento si sia conservato
ridotto allo stato di vocale; cosi: xuew (cfr. cù-mulu-s) allato
a n?f e qtieo (16, 2.), e xJwv xuvo; allato a Qvan- Qpan* (11, 7.),
cane*"***. Nel secondo de' quali esempj vediam sottratto l'antico
kua {kva) alla trasformazion greca in ^po pò cosi come lo gv
* care : patru : : xoioc ecc. : TreV^upe^.
** l^CTToauvui. tTTTCtx^ lfX7£(pia. 8amiveTQct. to i nfo Suo aujJiQpcovbìv twv
^Tcciv, ^lìXouTat, tXXoCf \Xkoi* llxxo?, ffif][i^'vee tòv iTncov, ae9>}[j.fei(i>Tat io
l^TTOC
t<jxs[v], diceva [H-arx-e], andrebbe, secondo il Curtius, o. c,
num. 632 (Zeitschrift s. e. III, 406; cfr. Passow e Schenkl s. v., e
PoTT, Etym. forsch., 11^ 638 e 639), con e-crTt-e-re ecc. (17, 7.), e
à-rpax-To-;» fuso, o. e, num, 633, con TpeTw») e torqiteo (v* sopra).
Per oxTaXXoc, oo-cre, Ttlffuw, oaaa, v. V Indice»
*♦** Fu anche proposta la ricostruzione *kvahra^ circolo, ruota, cui si
ricondurrebbero il termine greco ed il sanscrito (xJxXots Kakrd-j 12, 1.)
per xu = fe?a e ìi = kv. Ma è ricostruzione incerta (cfr. Curtius, o« c,
sec. ed.,pag. 145^ 645), e preferimmo di considerar /l^aAras'^Ara.
Il termine anglo-sassone, col quale il Fick (o. e, p. 51, cfr. 181)
vuol rinfiancare lo *kvdkra indo-europeo (hveohl ecc., cfr. Grimm,
Deutsche grammatiky I^, 370), accennerebbe a *kvaukra kvukra.
§ 20. ALTRE VICENDE DI kv. 91
{gii) indo-irano sfugge air alterazione in gp nel tema zendo
(uni- (11, 7.), nel tema zendo Qun- cbe si avvicenda con fpan-.
E questo nome del cane^ spoglio sìccom'ò, nella figura latina,
del V o dell'i* (c«m-, non ^quanù, come per la integrale con-:
iinuazione dell* originario gruppo iniziale avrebbe a suonare) ,
ei conduce ai casi latini di e allato a qu di antica base, quali
sarebbero: sec-Uor^ ad-sec-la^ soc4u'S (v. *saski sakhi), ac-
canto a seqitor (17, 6.);- in-sec-tio^ in-sec-e, allato a inse-*
^u-e (17, 7.);- coc-tu-s, r^e-tic-tus^ allato a coqu-ere^ Un-*
qu-ere (17, 8. 5.); forc-tu-s allato a torqu-ere]" Quinct-iu-Sy
allato a quinque (17, 4.) ♦; - coi quali esempj non vanno con-
fusi quelli in cui il e succede al q per efiiìtto di vera centra-^
^ione, come in ex-cutio con-cutio, allato a quatto; - o ia «e-
cundus allato a sequor; - per tacere di ouius =» quoiuSf cum
= quum quom e simiglianti. Circa lo spegnersi dell' u di qu
tra il latino e gl'idiomi romanzi, merita ancora di essere ricor-
dato; che le combinazioni que qui possono entrare per questo
dileguo nell'analogia di ce e di ce, e qu finir per questo modo in
coff romanzo (torcere = torquere, cfr. 18, 2. ecc.; Dibz, P, 245-6),
di che si hanno i due notevoli esempj friulani che ora seguono;
gè interrogativo, = che ital., que frane, e ge^H o giri, cercare,
che riviene a *querire (querlre: quaerere [cherere] : : fuggire :
fugere), ed ha il suo perfetto parallelo, ma tuttora colla gut-
turale, nell'equivalente chiriy cri (jóchiere), dei dialetti la-
dini del Tirolo. Aggiungasi il siciliano cersa = quercia.
Arriviamo finalmente ad una evoluzione grecft del k origi- § 21
nario, che è per avventura la miglior conferma dello k^ in cui
* ei-t?i-s, quasi il 'residente', V 'accasato', (cfr. got. hei-va-^frar/^a^
otxoSetncoTif);), bene avrà la stessa radice che è in qui'^-sco (Cur^-
Tius, o. e, nam. 45, Corssen, Aussprache eac^^ sec. ed., 385), ma
lo kv (qu) di quiesco ecc. non apparendo all' infuori del latino, qui
torna assai probabile che la piti anziana delle forme latine sia quella
col e. Dileguato od oscurato ò all'incontro per fermo 1* antico v (u)
nel latino in-cient-^ allato a cù-^mulo^ %\m xus'ca gvi quea (16, 2.).
92 § 21. ^ GRECO = ky PRE^ELLENICO.
facemmo impiintarsi lo At? europeo e lo kj (ft) asiano di hvatiym^
kjatvar e simiglianti (p. 85). Poiché la Grecia si mostrerebbe
ondeggiante tra il prodotto di kv (^p, p) e quello di kj\ si da
averli ?pure entrambi per lo stesso esemplare; e, secondo il. parer
nòstro, poco disforme da quello del Curtius, il prodotto di A;,
giunto, a quello stadio in cui la tenue gutturale è ridotta a
tali condizioni che mal si discerné dalla tenue dentale {kg tg^
p. 44-45), ad es§o si sarebbe fermato ^ e a poco a poco se ne sa-
rebbe .dileguata TappendicQ palatina o. linguale, si che rimanesse
t al posto del k originario *; dove per ora vogliamo limitarci a
richiamare l'analogia del genovese tesuie {y,.Ind.)^ cesoie (*cae-
soriae), comechè sia esempio isolato e possa avere avuto una
special sua causa determinatrice. Il fatto culminante, rispetto
all'equazione ^ greco <='Av pre-ellenico, è questo, che i pochi
ma sicuri esempj, pei quali si afferma , trovino tutti, nella ri-
sposta indo-iràna, lo K, vale a dire il prodotto della continua-
zione asiatica [kj) dello A^ indo-europeo, e non; mai q ofi o
uii qualsiasi rappresentante ipdo-irano di uno ^i;' etimologico
(§ 19).. Mostreremo ora sinotticamente , le evoluzioni di que^
3to k^f facendoci al primo tra i; ppphi esemplar^ ellenici .8^ cai
alludiamo: ^ .'..:.
1. *kyatvar- (quattro) ' '
k^atvar- *kvatvar^ 'k^aivar-^ "kjàivar",
lat. quatunr » sscr. Kaivar-t ^endo Kàthtoat*^
gr. (eòi.) '/^pethvor^ •-ics^^/'up- gr. ^kgetht^ar- 'Tie^z-ap.
' . < ■
Succedono due esempj , i cui riflessi asiatici già ci occorse di toc-
care nello studiar la vece indo-ii*ana' di k e H (13, 10. 15, 1, rt.);
e ora ci apparrà grandemente antico il germe àlteratore pel
cui effetto gì' Irido-irani hanno conseguito la. variante col R.
Nel' primo di questi due' esempj troviam distribuiti' fra greco' e
Cfr. T i^) gr, :i= h pérs. in. Ti,^paJ(yTO? ecc*^ Fonologia jrar^a s. y.y,.
§ 21. t GRECO ^ ky PRE-ELLENICO. 93
latino i due prodotti di k^ che nel precedente esempio si mo-
stravano entrambi nel greco stesso, e sempre maggiormente
cosi si rafferma (cfr. 21, 4.) che nel periodo unitario si trat-
tasse di semplice intacco e non mai dì alterazione consumata:
2. TI-;, pron. interrog.: c/ii, quale*^ neutro ti; ed enclitico con signi-
ficazione indefinita: qualcuno, "^a, qualcosa. La jiàposta indo-
irana è nello zendo Ki-s, quis, sscr. -Af-s di mà-fti*s = zendo mà^
. "ìii'S^ gr. [jLyf-Ti-?, nequìs (cfr. sscr. nd-ki-s^ nessuno, e 13, 10.);
e 1 filoni italici: lat. qui-s, osco pi^s^ ecc. (17, 1.), già furon
da noi messi a contribuzione sufficiente. Se poi nel gruppo di
pronomi, che qui si tocca, v'ha realmente, come a suo luogo
indicammo (p. 83), una serie di figure collo k-v etimologico,
queste necessariamente si sarebbero confuse con quelle in cui
lo kv ^ p un suo succedaneo, è la normale continuazione di kv, e
tra queste dovremo annoverare gì* italici qui^s qui-d ecc. Del
resto, al ti- del greco ti-?, ove si prescinda dal nom. sg. masc-
fem. e dal nom.-acc. sg. neutro, si vede sempre aggiunto l'ele-
mento n : Ti-v-o;, ti-v-x, ecc., la qual combinazione Va di certo
raccostata al j)rezioso esemplare zendico: Kinem (acc. sg*), che
dice: {con) quale , sinonimo di kem, zendico (e acc. sing.) esso
pure, ma della schietta stirpe interrogativa ka~*. Lo zendo
Rinem si potrebbe dire afiatto identico al greco Ttva (v. -x=-cm),
se tutte le probabilità non istessero per la sezione Kine-m , sì
- che vi si abbia un tema in a originario (hi^na-)^ dove all' in-
<5ontro in tiv-ì. si ha un tema, il quale esce, o meglio fu ridotto
ad uscire ^ per consonante **. Dello tsi {tsi) zaconio = t/, che
avrebbe le apparenze di maggiore antichità, si ritocca a suo
luogo (v. /nd.).
* Occorre solo nel sedicesimo del Vendidad , ma ripetutamente :
Kinem qaretem frabaràt Kinem jaom fraòaràt^ [in] quale il cibo
^vrà a portare, [in] quale il frutto-del-campo avrà a portare? Cfr,
la nota che segue. , .
**,Spibqel, Grammatik der altbaktrischen sprache^ § 170, par
che a dirittura ragguagli hinem a Tiva (Tiva), e Kinem sarebbe ve-
ramente il regolare accusativo sing. maso* di un tema Kin^; ma nes-
64 § 21. t GRECO = ky PJaE-ELLENlCO.
3. TI, tt-v(ii, ripago, sodisfaccio una pena; faccio che uno paghi,
punisco; TiWt-c, multa, pena, vendetta;* zendo hi {ki} v. la
n. a pag. 47), espiare, hi^thi-s (« tt'-crtf-?), pena, ammenda;
sanscr. M Hdja-taij trarre vendetta, punire, apa-M-ti-s ( = à7co«
-Tt-ai-s), rimeritamento.
Rimangono ancora due esenoplari; della spettanza etimologica
del primo da' quali, già fu più addietro toccato (p. 66):
4. Tg (enei.), e; =-^a sanscr. e zendo, -que latino; p. es,: gr. ve/'o? te,
sscr. e z. naroff-^a, iat. novus-^iue. Notevole è l'uso dello -ha
sanscrito e zendo nelle combinazioni pronominali che ora mo-
striamo : sscr. ja: ka^Ka {ja^ è il relativo ) , chicchessia , qua-
lunque, qui-cum-grwe, qualis-cum-g^t^, zendo jà-ki'-ha^ quae-
cum-^t^. Così la risposta gotica (-mTi) tanto è, a cagion d'es.,
in kvap-^h^ dixit-g^t^, quanto in hvaz-uh = quis-^^we. Ciò ne
farà propensi a identificare il qvs di quis-^ue uter^v^ ecc. col
•^ue congiuntivo, che vedemmo, a cagion d' es. , in novus-que^ co-
munque i paralleli osci ed umbri offrano pel que di uter-qvie ecc.
(o. -pid, u. ^ei) forme con le quali non si può combinarlo senza
insieme disgiungerlo dal ^v^ congiuntivo = -/^a = -ts (-p osco ed
umbro). Cfr., nel sanscrito, -/^a (e -hxMia^ z. ^hi-^na) insieme
Buna analogia irana od indiana verrebbe ad assicurare questo tipo.
Sarebbe, all'incontro, affatto manifesto che si tratti di ^tna-, se
Kinem si dovesse considerare, col Justi (s. Kina)^ un accusat. neutro;
ma, a tacer d'altro, in un passo parallelo si ha kem <cfr. Spiegel,
o. e, § 254, cfr. Justi, s. aogista), che mal si potrebbe credere un
neutro. Ancora potrebbe stare, per la forma tematica Ri-^na-^f T en-
clitico "Kina {ma katha-Mna^ nunquam; hagvihamnMna =^ kagvikàm--
-/^it; gli altri esempj sono mal certi; na enclitico è ancora in Ja^^-na
esimili), una di quelle appendici pronominali che ebbero la funzióne
di generalizzare o di rendere indefinito il valore del vocabolo a cui
si aggiungevano (cfr. -Mt 13, 10., e "Ha 21,4.). Può sorgere però
il dubbio se l' enclitico -^ina non sia affatto identico al sanscrito
--nana (cfr., malgrado Pott, Et. forsch., sec. ediz., II, 865 n., il
gotico "hun di ni hvanr-hun^ nunquam, e ni ains-hun^ nessuno), e qui
il discorso si complicherebbe. Vedine la Morfologia^ s. v.
§ 21. t GRECO = ky PRE-ELLENICO* 95
COR hid (13, 10.)» ìr siffatta fuRzioRe di formare iRdefiRiti, e
quis-^uis e o;-ti; allato a quis-^ite. Ma si dovessero pure teRer
distiRti due diversi -giee latÌRi, rimarrà sempre, del resto, che
l'uso coRforme di -^a e "Rid (=* quid) ÌRdo-iraRÌ Rei seRSo del
qice di quis-^ue^ sia ur argomeRto assai valido, comechè ÌRdì-
retto, e ror certo il solo, che ci persuada ad accogliere pur la
coRgiuRzioRe Ts « /^a = gi^e, iRsieme cor tU = -kis (his) « quis
(21,2.), nella gran famiglia proRomiuale: Aa ikva) hi*.
5. TrevTe , ciRque* Qui pure lo ky pre-elleuico avrebbe, come Rei quat-^
tro (21, 1.)) doppia coRtiRuazioue greca: ^pankya ^pankja (sscr.
panKa) *7csvTj2rg, Tcsrce; e ^panh^a ^pankva (cfr. qmnque) *7cev(x)7rs
TcgfXTre (17,4.).
* CoRtro la coRRessioRO di xe ecc. cor tU ecc. , v. Pott, Rei luogo
testé citato, 865-6.- Di oxs oxa ecc., v. V Indice.
LEZIONE QUARTA.
La media gutturale.
§ 22. L'indagine laboriosa, che nelle precedenti due lezioni insti-
fuìmmo intorno all' istoria della gutturale tenue (fe), ci sarà di
non piccolo giovamento anche per quella della gutturale me-
dia {g)y alla quale ora ci volgiamo. Tanta è l'analogia tra gli
accidenti a cui vanno incontro questi due suoni, che l'avere
descritta quelli dell'uno, è gran parte della descrizione di quelli
dell'altro; e le due serie parallele di fenomeni si illustreranno
di continuo tra di loro.
La equazione unisona: g sscr. = y gr. = ^ lat., per la quale
afiTermasi la media gutturale originaria {g; cfr. § 11), si abbia
dunque imprima gli esempj che seguono:
1. Sscr. gar^ gir-d-ti e gil^d-ti (tipi intensivi: ved. ^gal-gal-, -gal-
-gul-), inghiottire; aga-gard-Sy inghiotti-capre (un serpente);
gala-, gola, collo; gar-gar-a, gorgo;- gr. Yap-yap-swv, ugola,
Yep-Ysp-o-; (=PpdYX.o?, Esichio), gola, gorgozza, Yap-yap-t'Cf), gar-
garizzare;- lat. gul-a (cfr. l'equivalente ant. alto-ted. kela,
anglo-sass. cecie, = ante-germanico 'gila) *, gur-gul-ion-, Cfp.
§26,l,n.
* Da gul-a = 'gal-a (cfr. lat. ul = 'al) si scostano in-gluv-ies in-
-gluv^osuSj glù-tus glù-t-io, che accennano alla forma radicale *glav
'giù, e forse rasentano il gr. yTiù^w, inghiotto, che si adduce dai lessi-
cografi; locchè, del resto, non esclude punto, che le due forme radi-
§ 32. g originario;- g sanscrito, y orbco, g j^atino* 97
2. &^QiV. gar gà^gàr-'ti e gà-gr-^a-ti ^ vegliare, gà-^gar-ti^s ^ il veglia-
re, gà^r-^vi^Sj vigile (e pure: ris vegliaate , eccitante^ v. Bobh-
TLiNGK-RoTH, 8. V. *) ;- gr. TEP, i--y&l^-ifì Cs-Ysp-jco, v. Ind.),
io sveglio; s-Ysp-^i-;» lo svegliare; ma con significazione in-
transitiva, come nel sanscrito: e-ypTf-yop-oc, veglio, e-ypTi-Y^P"^'^^»
vegliante, e-Ysp-^t', I-yP^-T^P"'^'''» vigilantemente.
3. $scr. gutù'-s Cgaru^, v. V Ind.)^ grave; gar^i-^yndn-, guru-tà^
gravità, dignità;- lat. ^raw-t-s, gravi-^tat--^ . I riflessi greci
occorreranno più innanzi (26» 9., e § 29).
4. Sscr. già, glà-ja-^tij prpvar disgusto, essere spossato, snervato,
glà^i-i svogliatezza, spossatezza; - gr. Y^«-vt-^ (àpY<>c» iners),
yXoL^oi (àypsTot, inutiles, cfr, sscr. glà-nd^s), amendiie da Esi-
chio. FiCK.
. 5. Sscr, agni-'Sy fuoco; lat. igni-^'j lit. w^m-s, id.
6. Sscr. àgasn scandalo, mancamento, dn-égas-y dn-ràga-^^ scevro
di colpa;- gr. iyo^j colpa, peccato, àv-aY>ic (nomin. sscr,
dn^àgàs)y scevro di colpa (v. i less. )•
7. Sscr. gingi-'j nome di una pianta (rubia munjista Roxb,), gr.
YtYYi-^- (T'YY'^» Y'YY^^'®^)» gingidio; lit. zingini-s^ calla palus-
tris (FiCK**K
8. Sscr. s^fto^ sthdg'^'-tiy coprire;- gr. (jtsy-w, cuoppo (v. t6y»i
e tego).
Ma il g originario si trova ridotto con molta frequenza a ^ § 23.
sanscrito, compendiandosi, a cosi dire, in quest'unica trasfor-
cali ^ar (gal) egr-^av (glav) abbiano a far parte, in ultima analisi,
di una famiglia stessa. Assai notevole è ancora la coppia lat. gur-
gul-ion-- egurg^it-^ (gurges), allato a .quella dell' antico alto-tedesco :
querechéla [gurgula, Graff, Althochd. sprachschatz, IV, 384, 679-80]
e querca [gurgula, v. (Jraff, ib., 680]. Fick. - E notevole sarebbe
pur la coincidenza di significato tra l'anglo-sass. ceolok (gurgustium
ap. (>ra£ ib. 384, cfr. ceole nel testo) e il lat. gurgustium.
* Ma l'aor. A-gì-gar (svegliasti, svegliò^, allegato dal Curtius (o.
o., n. 139), spetta al causativo^ cfr. Benpey, Vollst, skr.^gr. § 842,
Kurze $hr.-^r. , § 258.
** RuHiG-MiELKQ : zinginnei (pl.)> klapp-kraut, zvaiginnei zva--
ginnei (pi.), klapper-kraut.
Ascoli, FanoL indo-it rgr. 7
98 % 23^ ^ oRioiMARio;- ^ sanscrito, j greco, ff hx'tivo.
mozione della media (cfr. § 24 v. l. f., e § 25) l'effetto quanti-
tativo che per la tenue va distintamente distribuito in due al-
terazioni diverse (§§11 e 12). Ne consegue, che la più solita
equazione per g originario, sia g sscr. = y gr. = g lat. , come
s* incomincia a vedere negli esempj che ora offriamo:
1. Sscr. gar gàr^xr-ti gir-ja-Uj infralkre, deeadere, logorarsi, in-
fipiaeidire, invecchiare; pari» pres«: gdr^ant^ (nomin. gàran),
infralito, vecchio, ^«r-^'an^-^invecchiante; a-^^r-a-, a^drant-y
f che non invecchia; gar^à^ ^ar-^s^ l'invecchiare, vecchiaja,
gar^i-màn^i vecchiaja^ decrepitezza;- gr. y^p-ovr- (nomin.
Ytpwiv; Esichio avrebbe ancora: y*V^^ * yl^wè e yepuTac = yepcov),
vegliardo, ^epa-to-c (v. Ind.)y vecchio, ypau; (v. Ind,)y donna
vecchia; yripac, vocchiaja, à-T7)poco-s a-yiip«to-; (▼• Morfologia $
s. , Y.v. ) , che non invecchia.
2. Sscr^^ànw, e in alcuni composti ;^^t«*r ginocchio;- gr. yo^y,
ginocchio, Yvu-TTST-o-c [lessicógr.], che cade (mal si regge) sui
ginocchi, spossato (cfr. l'avv. icpcf-xvw* ginocchioni, etimologica-
mente identico airaggett* s$cr.jpra-^^u-, che si dice di chi abbia
i ginocchi storti ad un certo modo), y^y-?, in ginocchio;- lat.
genu^ eon^genu-are j geni-iiulvr-m geni^vulu*^ (la forma proto-
romanza è 'genu-c'lo-j che è pur nell'antico con-gemc^l^are),
3. Sscr. gan ffdn-a-ti (ved.; presso i grammatici anche^a-j^aw-^i
•
= lat. gi-g[e]n-'i''t)y perf. ga-^gàn^a (1. e 3. sing. ), generare,
partorire, gan-i-tdr-^ generatore, genitore, gdn^i-trij genera-
trice, genitrice , ^an-i-^ra- , luogo natio, ^an-a-, creatura, ge-
nere, stirpe, ^a«-(z*-, creatura, gan^ùs {gdn-as)^ gdn-man-^
nascita, creatura;- gr* Ysv-g-rtfp Ysv-s-Ttop, generatore, geni-
tore, yei^-s-Tsipot (*Y£^£-Tgp-ja), genitrice , Y^v-s-vS-Xo-y ysi^-s-^Xt} ,
origine, stirpe, schiatta, YsVt-ai-;, orìgine, y*V"^<J» nascita,
stirpe; cfr. § 26, 7;- lat. gi-^LeJiv-Oj gennai j gen-irtor gen-i"
"trinc-^f '^gen-^ (p. e. terri-gen^a) y gen-^-men (TertuU.), pro-
-^en-ì€-«, gen-^tt'-'f genius ^ gen^u^inu-^j gen-'iu^s. Sscr. gan
d-^atiHXrta (3, sg. imperf. med.), ^a-^hrdi (1. e 3. sg. perf.
med.)» esser generato o partorito, nascere, divenire, esse-
re;- gr. Yt-Y(e)v-o-{i.at (aor. I-y^v-ó-oli^v, perf. y^W^^^^)» iJ^^s^^o,
divengo, sono; Y«vojjwtt ('Y^v-jo-jjwti; '^tln^'z^^ *Ys^"J€*^*f rispon-
derebbe a capello al gan-^jd^tai^ ò generata, che si ritrova in
§ 28. g ORioniAJLio;- g samborito, y orbco» g la.txn^ 09
Panini; dirersa genesi ha il ystv- dell' aoristò [ysiv»- *Y«v-=-»a-] di
significazione transitiva, per esempio Y^tvocfievoi , genitori), na-
SCO. Sscr. gan gà-ja^aij nascere, gàrton^ nato» gàr-ti"^ na-
scita, gà^jà-^ genuino, gà m. e. f. , discendente, pra-^à^ di-
scendenza (cfr. pro-^^n-ie-s), -^à-« '•^a- (in fin^ di composto),
nato: p. es. api-gd-^ nato di poi (cfr* e7rt-Yov-o-c);- gr. FA
nelle note voci del perf. di y^'y^^K-*^ • Ys-Yot-òdtv, Ye-Y'^-P'W» (Y^"
-Y«-*««v), ecc. Nei sanscriti gnà^ti- e gnà^s-^ stretto par^ntQ ,
iavremo, quasi sicuramente, la stessa forma radicale obe ricorre
nel greco yvtq-<iio-c (cfr* ss^v.gàntjàrs)^ legittimo, genuino, o nel
lat. gnà'-tu-'S e simili (ofr. «- lat, da gn-) *•
4. Sscr. gnà gànà-'ti **j conoscere, riconoscere, gnàr-td^, noto, co-
nosciuto, ^Aà-far-, conoscitore, jpra-^Àà, intelligenza, discer-
* Il Lessico di Pietroburgo li manderebbe volentieri, per ia.forma,
con^nà, conoscere (23, 4.)) confortandosi, circa il significato, colla
analogia del greco Yvctì'^o-;, che vale insieme: noto, congiunto d'ami-
cizia, consanguineo, fratello, sorella. Ma conviene, che, pel signi-
ficato, meglio starebbero con gan. Il Pott, all' incontro {Wurzel^
icòrterb.y I, 39), li colloca risolutamente sotto gnà'j e il Benfey gli
verrebbe in soccorso, rispetto a gnà-s-*^ argomentando, come fa,
ehe questa voce valga: conoscente, amico (Oriént u, occidente HI,
144). Ma l'argomentazione non è sicura*, e ci mancherebbe ogni ve-
stigio del significato che avrebbero primamente dovuto avere questi
-due vocaboli (di gnà^ti" s' hanno anche derivati e composti, sempre
nell'esclusiva significazione di par^nfó, stretto parente); e pur la loro
forma attiva non istarebbe (malgrado il nostro ^conoscente') per la
derivazione da gnà. Dà il tratto alla bilancia: gnà (femina di specie
dovrumaAa, 24, 12.; zendo gena gìiMnà"^ femina; gr. YvvTi'f v. Ind.)^
vano essendo lo sforzo pel quale lo stesso Lessico di Pietroburgo
vorrebbe trarre pur questa voce a gnà^ conoscere. Di altre pro-
paggini del ga'' di ga-^ e gay tocca la nota al § 26, 8.
♦* Circa l'analisi di gànà-^ti] (cfr. le forme radicali zende xran e
xà), V. V Introduzione alla mòrfoLj s. v. La sezione del Corssen^,
I. e, 437 {gàn^''ti)9 è un curioso arbitrio, figlb di uno strano errore^
Suppone cioè una forma radicale sanscrita ^an, che si conjughi sei-
»
condo prima classe, allungando Va. Altro stranissimo errore com-
mette il valente alemanno nell'occasione istessa, ponendo la vo<$e
100 %2S^'ff oiuaiNARip;-r g sanscrito « y «JB^go» g latino,
nimento, T orientarsi;- gr. Yt^yvctì-axci) (aor. e-yvw-v; 3. sg. fut,
Yvw-ore-tat^ tipo dor. y vw-o'si-Txt , = sscr. ^nà-s;a-tot), riconosco;
ywìr^oi^ à-yvtó-To-s (sscr. ghàntd-Sj à-^nà^ta'S)j noto, ignoto
(ignorato);- lat. [g]no-*sco {gnosder, ep. de bacchaniEil. , 27;
V- n- lat. e gr. da ^-, e cfr. co^gnosco ecc.), gfiò^tu*^Sy i-^gnó-
-tU'Sj gnà'TU''Sj i-^gnà-ru^Sj guà'^'Ur^-is ^ i^gnò^ro (cfr. yvo)-
-fHtCtó , fo conoscere * ).
5. Sscr. gahh gdbhnaHai gdmbh-*a'4ai^ acchiappare, abboccare, az-
zannare; gdmbh'^Lna- , che stritola, gdmbfiàs (nomin. pi.) , i denti
(al sing.: le fauci), gdmbh''ja--y dente di una determinata se-
zione della serie;- gr. YO|A(]p-o-(; , cavicchia (propriam.: dente),
- yoyi.t^t)'^ (= sscr. gdmbh''ja^s)y dente molare; y^V-^-xi y.cL\ts^TrìkoLi
(pi.), mascelle, fauci **. [Cfr. § 24, 12.]
6. Sscr. ag dg-a~tij spingere, condurre (agore), dpàga {apa+ag~ay
2. sg. imperat., = aTraye), discaccia 1^ épàgàtu {upa^ag-^-^Uj
3. sg. imperat., uTr^ysTco), spinga accosto!; a^-ira-s, ràpido,
agile; dg^-mo^s (^oY-ao-r;, sentiero, solco), dg-^mim^^ corso,
carriera, arringo, àp'-i-s, gara, arringo, lotta;- gr. iy-co^
spingo, conduco; ày-o-? (a sàcr. ag-^d^s^ che spinge,. che ar-
reca: apàm àgd:, delle acque apportatore, cfr. pag. 78 e 14) *
sanscrita ga^nai {ga^gnè^ 1. e 3. sg. perf.) tra gli esempj di a radi-*
cale passato in e. L'è (ai) Ai ga-ghai^ come ognuno conosce j(v..p. e,
Benfey, Kurze sskr.'-grammat.^ § 217), è l'esponente dèlia persona;
Finalmente fìi a pugni col resto, od almeno è enigmàtica ^ ladÌTi-»-
sione delle voci gotiche (ka-mn ku-n-^th^s) che nello stesso luogo egli
xA dà.
* Nel sanscrito, il nostro verbo dice ancora, allò stato sémplice:
approvare ^ acconsentire '^ e col prefìsso anu: approvare ^ concedere,
condonare, perdonare; e analogamente il gr. auy-ytyvJcrxot) :. convengo,
perdono. Poca o nulla sarebbe l'efficacia del prefìsso nella propaga
gine gotica ^a-^Mnw-awZs, indulgentemente (xari ffuyyv(ì)|jL»jv); e'il la-
tino i-^gnoseo (in+gnosco) altro conseguentemente non conterrà se
non un in ^raffermativo^ e non già ^negativo', quale ancora il vuole
lo stesso PoTT (Wurzel-^òrterbìAch ^ I, 49), pur confessando assai
strano l'in > privativo in un verbo primario
*♦ Il ravvicinamento indo-greco non può di certo ^andar turbato
dal gr. ya{A<J«< (= xa[ji^'< Bsiehio; xafA^cTw), ritorto, v.'Jnd.i- -
§ 23. g originario;- g sanscrito, y «^eco, g latino. ÌOl
dùcè; ày-wv, agone, «Y-p*» caccia;- lat. a^-o, ag-ili-Sj ag-
-men^ amh^àg-es^ ind^àg-^s,
7. Sscr. ag-ra^s^ pianura, campagna, ag-r^jà-s^ che si rinvieue nella
pianura (sdmagrjàparvatjà vdsùni gigaitha^ guadagnasti Insie-
me le ricchezze del piano e le montane, r^r., X, 69, 6);- gv.
aYpo-c, campo, aypio-;, rustico (indi: selvaggio);- lat. agro-
(ager).
8. Sscr. a^ ang-d-nti (3. pi.), ungere, angana-*^ unzione, unguen-
to;- lat. ung^o ed ìmgtA-o (v. §26), ungu-en ungv^^-enr-tu-'m.
9. Sscr. aùg-as^ forza vitale, gagliardia, av^-mdn^ (m.), forza,
aug-as'^na'-'y che si addimostra robusto;- lat. aug-us-tu-s^
aug-men aug^men-tu-m ^ auge-o. [Cfr. vag ecc.]
L'equazione g ^ g risulta dal sanscrito stesso, in, modo af- §24,
fatto analogo a quello per cui vedemmo risultarne T equazione
R 51 A (§ 13). Quindi vi avremo frequente il caso, che un me-
desimo, complesso radicale esca perjr, dinanzi a vocale od slj.
nel verbo, ed esca all' incontro, in qualche formazione nominale,
per g, ancora dinanzi a vocale od a j. Cosi (cfr. 13, 1-8.);
1. tig tdig-a-tai ^ essere affilato, affilare;- ved. tig-i-td (cfr. tig--
-mdf p. 104), aguzzo, puntuto*.
2. tjag tjàg-a-ti^ abbandonare;- tjàgas, abbandono.
3. hhag bhdg-aHai, avere in sorte;- bhdg-a-s^ sorte, fortuna.
4. bhang ba-bhdng^-'a (1. e 3. sg. perf.), rompere, 6/ia«;^-a«a- (pe-
culiare al sscr. class.), che rompe (e qual sostant. neutro: rom-
pimento);- bhangd-s^ rompimento, rottura.
.5. bhug {bhug-d-ti) <, curvare, bìiug-an-ga- y (che va tortuosamente),
serpe, -bhug-i- (vedico), propriam.: giro, indi: volta (p. es.;
ddga-bhugi-y che-è-dieci-volte-tanto ; cfr. il lat. -plec-s di centvfr-
-piece ecc. y allato a.jplic-o)\- bhaug-d-Sy avvolgimento, anello
(di una serpe).
6. bhug bhung-dnti (3. pi. pres.), fruire, bhdug-ana-m ^ godimen-
to;- bhdug-ja-y che è da fruire**, bhdug-a-s^ godimento, uso.
♦ iig'i-td sarebbe un normale partic. perf. pass, di *tig.
" ** Annotano, che non si adoperi di cibi. Comechè si differenzii per
r accento, bhdug-ja" manifestamente altro non è che* un partic. fut.
102 § 24* VECB SANSCRITA ùl g 1^ ff.
7. òfiràg bhrà^-^'^taiy essere rovente, scintillarei risplendere (v. 17n-
dtce);- bhdrg-as^ splendore, radioso.
8, jugjung^nti (3. pi. presi), attaccare, congiungere^y«i^-;;a- (ved.),
congiunto y congruo;- jugà^m^ giogo, pajo.
.9. rag {rang) rag-ja^ti^ colorirsi, arrossare; lasciarsi trasportare
dalla passione, sentirsi attratto;- ràga-s^ colore; passione;
ranga-Sj colore.
10» sarg srg^d'-ti^ emettere, effondere; creare;- sàrg-a-^Sf effluvio
(ved.; Benfsy: goccia); emanazione, creazione, natura <*.
pass, in eui si mantiene intatta l'antica gutturale, e perciò, ììi fondo,
non diverso da bliaug-^jà (che è da fruire, da mangiare), che ha la
accentuazione normale e la palatina. Anzi, stando ai grammatici
(V. Benfey, Vòllst. gr.^ § 905, Kurze gr.^ § 386), bhug avrebbe
a dare normalttìente, al partic. fut. pass, in -Ja : bhaug-jà.^ poiché
statuiscono che in questa formazione passi rispettivamente in A o ^'
]o H ^ onde si chiudono quei verbi che annettono immediatamente
il suffisso del participio perf. pass, {-ta ó -na', bhug-ndy 24, 13. ). Ma
è regola che deve patire ben maggiori eccezioni che essi non registrino
(comunque ne ammettano una, che di per sé sola la dissolve tutta).
Così le forme participiali mauk-jà raik-jà vaik-jà gauk-jà saik-jàj
m
che si dovrebbero avere, secondo questa regola, dai verbi muR rih
vifl guH sihy non si sono mai vedute, che io sappia, nella realtà del
linguaggio; e probabilmente siam limitati, per -/v, a pàk-ja che
ricorre insieme con pàK-ja (che è da cuocere; dove la figura col R
è, secondo i grammatici, quella che esprime la necessità assoluta),
ed a vàk-jà-[m] nell* accezione sostantiva, reliquia fonetica di cui
a ^uo luògo ci valemmo (13, 6.). Qualche minore scarsità di reli-
quie avremo forse, nel caso nostro, per -g. Così, oltre bhdug-ja^
CI sarebbe màrg-ja (allato a mrg-ja e al parossitoùo ved. màrg-ja'^
da spazzarsi), insistentemente affermato dai grammatici. Intorno a
jdug-ja (allato o, jang-ja) Q j'àg-ja^ il secondo de' quali è pur esso
annoverato dalla grammatica fra i partic. fut. pass, e il primo già
da questi si scosterebbe pur esso per l'accento (come del Testo ve-
demmo fare anche bhdug-ja^ e pure mdrg-ja^ benché veramente que-
sto si possa raccostare al tipo gdk-ja bhdg-ja)^ e intorno a bhàgrja
(allato a bhdg~ja'^ cfr. 24, 3.), va ora consultato il lessico di Bobe-*
TLINOK e ROTH.
♦ Cfr. ancora: rug rauga-y vargvarga^^ vig vaiga^^ sang sanga-.
§ 24. VECE SANSCRITA Di ^ E ^. 103
Si ha poi ^. per normale reduplicatore di g (cfr. 13, 9^), conse-
guendosi cosi un divario tra la consonante della sillaba radicale
e qaella della reduplicativa, al quale la lingua non ha provve-
duto nel caso di & e di d, poiché forma, a cagion d'esempio,
ba-bàndh-a nel perfetto di bandhy legare, o dà-dd-mi nel pre-
sente di ddf dare. Ecco dunque alcune figure reduplicate di
verbi che incominciano per g:
11. gar^ inghiottire; perfetto (1. e 3. sg. att.): ga^^gàr^a^ ma in temi
intensivi vedici, che già adducemmo {22^ l.)» 8i ha ancora la
gutturale pur nella reduplicazioue;- gam^ andare; perfetto
(1. e 3. sg. att.) ga-gdm-a ga-gàm-a'^ tema desiderativo: gi-
-gam-is (Toìere andare), tema intensivo: gan-gam (ved.: gani-
-gam gani-^am)^ onde gan-^awHX'^y mobile;- gà gi-gòMi^
. andare;- grahh (ved.)* pigliara; perf. (1. e 3. sg. att.) ^a-
*grdbh^CL
Notevole è che gi, vincere, offra anch'esso, nelle forme redu-
plicate, il contrasto g — gr, mostrando cioè in esse, non più g,
ma bensì g radicale; quindi, a cagion d'eseàipio: ^i-gài-tha,
vincesti, gi-gt-s-a-ti (desiderat.), vuol vincere, dovechè gli' altri
verbi con g iniziale seguon tutti l' analogia di gan ga-gdn-a
(23,3.)*. Cosi rasentiamo il caso di Hi-kait-ti allato a Uàit-
-a-tl (13,10.), nel quale è già bene innoltrata la separazione
lessicale delle due varietà; separazione che ora vedremo com-
piuta , per g allato a g^ negli esemplari che seguono (cfr. 13, 10.) j
12. gavj gàr^a-tai, crepitare, risuonare, invocare,- accanto a gar
gr-ni-tdiy invocare; gan (23, 3.), partorire ecc., onde pu«
gdni- gdniy femina,- accanto Signày femina di specie sovruma-
na (V. la n. * a pag. 99); "gam- (genit. gm-as)^ terra, allato
• Il caso di gi gi-gàj-a {gi'^di-4ha) gi-^gi-^s-a-ti ecc. , e gi-^j-^^SLgg. ,
TÌnoente (cfr. requivalenie^à^'-z^-), ha, sotto H^ il suo compiuto pa-
rallelo in Ki Ki^kéij-^t hi-'ki'è'C^ti (cfr. hi ki 13, 10. e B5htlin0Is>-Roth
s. Ri eonnderare e ìli stivare ) , colla differenza però che i grammatici
ammettono ^ nel caso di ^t, anche la figura colle due palatine: Ki^Mj-a
M-m-S'^-ti { Panini y VII, 3^ 67 e 5.8, ed. Boehtl. pag. 553 >,
104 § 24. VECE SANSCRITA DI ^ £ ^.
ali* equivalente ^gam^ (gen. gm-as)^ insieme colla qual coppia
Vedica va sin d'ora considerata quest'altra (cfr. p. 109) : gnum^
-gman-^ p. e., in|)r*/»M-^maw* =pfi/iu-^man-, quello dall'am-
pia (yXaTu-) via; gàmhh^a-^ fauce, gambh-à-^ inghiotti tore
(V. 23,5.)^ allato a gahh-ird- gamòh-ira" ^ profondo (considerata
la profondità quasi una bocca spalancata, come piti chiaramente
si vedo dai vocaboli zeudì za f-ra-y bocca, fauce, ^a/^ra-, pro-
fondo, che sono tra di loro non diversi [§25] e di radice af-
finissima al sscr. gabh); langày meretrice, allato a langa-^
bordelliere (Yates: a lecher)«
Dopo di che faremo posto al fenomeno di g-m g-r g-v in pro-
paggini di figure radicali uscenti per ^, dove tanto più decisa-
mente vedremo nel g la diretta continuazione del g originario ,
quanto n^eno schito è il inserito dalle combinazioni gm gr
gv (cfr. pag. 38 e 110), Avremo cosi: tig-mà-, acuto, puntuto,
jug-mà-y pajo, e -jug-van-^y allato a tig e jug (24, 1. 8.);
log-rà, virulento, allato ad ug (onde aug- 23, 9.; v. vag); e
à'S^g-r-an (3. pi. pret. medio-pass., ved.) nel verbo sarg (24,
10.)**. I quali esempj ne serviranno di transizione alla nor-
mal vece grammaticale di g che lascia il posto a ^, od al re-
golare succedaneo di questo (A), neìldi uscita scoperta oppure
nella immediata annessione di esplosiva, di sibilante o di n
(cfr. 13, 11.). Si osservino:
13. bhang (24, 4.), rompere, bhug (24, 5.), curvare, ma^^, sommer-
gersi, lagg, vergognarsi, vig^ trepidare, - al part. perf. pass.:
* Nel vedico sva-jùgva'bhis {rgv.ylXy 111, 1), cogli-accompagna-
tori-a-lui-proprj (v. Benfey, Sama-veda [sa-^/ti^m-ò^is], pag. 193,
235 5).
** Cfr. Pàniniy "VII, 1, 8 e 41; Benfey, VoUst. gramm.jy pag. 366
(n. 5), 389 (n. 2), 408 (n. 1), il quale adduce, ih. 378 (n. 9), anchd
sa-srg'-maJiai (1. pi. perf. med.) = sa^'srg-mahài (v. Gloss. al Sama-v«,
s. V.). Pajono all'incontro mancar d'ogni conferma: ag^manss ag^man
(23,90 e il suo preteso sinonimo \sat/-man o sjag^man (Nàighant.yllf
17, vv. 11.; Benf., Vòllst. gr.y § 415).
§ 24. g-t {g-th)^ che dà ihel sakscwto' /-t (^-tA)* 10§
òhag-ndr-, bhug-nd^ mag-fid^ lag-nà vig-nd*'^ jug (24,8.),
attaccare ecc.; 2. sg. ìm^.i jung-^hi'y partic* perf. pass.: juA-
-M-, junc-tu-3 (V. Assimilaz.)^ infin.: jAM/E-tutn, a sulla mede*
sima analogia: ah^td-^ tjak-td-^ bhak~td-y hhuk-td^y rah-td^
vrh-td^ da ang^ ungere (23, 8.), tjag^ abbandonare (24, 2.)
bhag, avere in sorte (24, 3.), hliug^ godere (24, 6.), rahg^ co-
lorirsi (24, 9.), varg^ escludere ecc.; -e al futuro avremo : j^auft-
'sdi (med.), io attaccherò, ecc.; - e del nome Ju^-, congiunto,
collegato, dotato, il dativo-abl. plur. suonerà: jug-hhjdSy il
locat. ^\.'. juk-sù^ il nomin. sing. : JuÀ kjy^)»
Ma alla vece grammaticale, ultimamente descz^itta^ non st
conforma, di regola, se non nel caso di annessioq di sibilante
conjugativa, un limitato numero di figure radicali, il quale,
per prodotto di g^t g^thy ci ofifre all'incontro: Si-t s+(h (cfr^
pag. 40). Questo prodotto accenna a uscita radicale che suonasse
piuttosto i che non ^ (v. § 25), vale a dire a tale alterazione
del g originario , la quale starebbe ad esso g cosi a un di presso
come p sta a A (§ 11), mentre lo schietto ^ (24, 13.) stava a g
cosi come ft a ft (§ 12);- e la ragion grammaticale dei casi di g,
o veramente di i, ai quali ora alludiamo, diventa, nelle com-
binazioni di cui si tratta, del tutto analoga, ed anzi, per effetto
di regolare assimilamento, operato dal suono che sussegue, del
tutto identica a quella di p. Si osservino:
14. bharg {bhragg) bhrgg-d-ti^ friggere; .all'aoristo (3. sgw att):
d^bhràk'sit (cfr. 13), ma al partic. perf. pass..6/2r/-td-, e cosi
all'infinito: bUràs-tum^-^ marg mrg^d'-nti (3. pL), fregare,
ripulire, alla 3. sg. del pres.: màrs-ii^ al partic. perf. .pass.:
mrs-'td ; - sarg srg~órti , effondere , ecc. ( 24 , 10. ) , all' aoristo
(3. sg. att.) : d^sràk-^sU (cfr. 13.), ma alla. seconda sing. del perf.
Bit.: sa-'Srd^tha (o sasargri^tha) y e al partic. perf.pass. :-5r^
-td-.(v. la nota);- jag jdg^a-tiy colere deum, sacra facere;
* Presso h non ricorre il caso analogo se non iti t?rA-na,^clie,8Ì dà
per partic. 4ii vragh^ lacerare (cfr. rfA-a, lupo, .pag. 82; e Vlnd.
8.jàKnd)j è in a^^a,. curvo, allato.ad.anX, curvare, il cui norn^ald
partic. è però anU-i-ta.
108 §1^« ifr^ig^^h)^ CHE dJL hel sanscrito: s-t{9-th).
alla 3. 3g. del fui. att.: jak-Sjdti^ ma all' infinita: jdi-tum, al
partic. perf. pass.: i*^trf- (v. i sscr. da ja\ ejagnà). Quindi
avremmo i rapporti che seguono:
prk^td : parli = 'park (13, 11.) : : vrk-td : varg « *varg (24, 13.);
drf-td : darg =s 'dark (p. 40) : : mrs-td : marg = 'marg (24, 14.) *.
Nelle attuali condizioni del sanscrito, più adunque non si
distinguerebbe, dinanzi a vocali (o dinanzi ay, v, m), lo g di
varg jug ecc., che è parallelo, nella sua vece, allo ft {vrk-tà
juk'tà; prk'tà), dallo ^ di mar^ ecc., che è parallelo, nella
sua vece, allo p {trirs-tà; drè-tà). Ma la differenza statistica
che intercede, nel sanscrito, fra i continuatori alterati del g
originario e quelli dell'originario k^ è ben lungi dal limitarsi
ad un mancato discernimento di pronuncia. Tra V una e 1* altra
serie, occorre eziandio un'assai notevole diversità per questo,
che, nelle alterazioni della tenue, il tipo (darg) drs-t- a un di
presso si equilibri col tipo [parìi) prk-t*^ laddove, in quelle
♦ Cosi fj, come lo g di marg ecc., vengono a coincidere, nelle più
importanti combinazioni, con / (v. Lez. XIV), poiché nelle forme
sigmatiche del verbo, e nel partic. perf. pass., avremo k-s ^ev unico
prodotto di ogni p+s, di ogni ^+s e di 5+s, e avremo s-t per unico
prodotto di ogni gi-ty dello ^ + * in marg ecc., e di s-^t. Ora di *
avvenendo r in grammatica sanscrita, che all' uscita scoperta e dinanzi
alle esplomve iniziali degli elementi ascitizj., toltine ^ e thj e anche
dinanzi al s di locat. plur., gli si sostituiscano, di regola, le esplo-
sive non aspirate del proprio ordina {d innanzi a sonore, t innanzi
a sorde e all'uscita scoperta), entra naturalmente in questa stessa
analogia pur lo p^ di marg ecc. (veramente ;^; e i : s : : med. : ten.;
Vm anche di h sser. neìV Indice) y ed insieme l'analogia si estende,
di regola, anche a g <v. pag. 40 e 41). Quindi, a cagion d'esempio:
d'-màrd 2. e 3. sg. imperf. di marg; ud-^dhi ('ug+dhi) 2. sg. imperat.
di mg (ug)*- Alcuni complessi radicali ancora oscillerebbero tra
l'analogia di ^e quella delle gutturali rispettive (sarg^ sri~id d-sràk\
vig^ vit^sù e vikraù)'^ v. pàg. 41 e Siuflj critici^ li, 78^9^ ed anche
la nota che segue.
§ 25. ETI DELLfi A.LTERAZIONI ASIATICHE DEL g ORIGINARIOé . 107
della mediai^ il tipo i^marg) mvl-U rappresenti, in confronto del
tipo {paTg") vrk-t*\ un'assai esigua minoranza. La quantità del
danno patito dalla inedia originaria ne risulta^ in favella in*
diana, di gran lunga inferiore a quella che vi ha sofferto la
originaria tenue ♦.
Le condizioni dello zendo concordano grandemente, anche § 25,^
rispetto alla continuazione alterata del g originario , con quelle
del sanscrito (cfr. § 15), comechè a prima vista paja interve-
nire, fra le due lingue, uno screzio ragguardevole, pel fatto
che lo g sanscrito ritrovi ne' riflessi zendi ora^ e ora z. Ma le
due alterazioni zende, unite insieme, non oltrepassano in modo
sensibile i confini lessicali del g sanscrito; e, d'altra parte, negli
esemplari sanscriti sul tipo marg rrirs-tà- vedemmo indizio di
uno -g indiano che si accostasse, nel suono, all'irano z (*i),
col quale ora vedremo che pure etimologicamente egli s' incontri.
Lo zendo ^ {= g orig. ) , per vero , non è a gran pezza limitato
ai casi in cui il sanscrito ci offre s-i do, g-t (24, 14.),* ma con-
vien considerare, da un lato, che se pure incontriamo z (vera-
mente z tra vocali) rimpetto al g sanscrito del tii^ojug juk-tà-^
troviamo tuttavolta che ugualmente si riproduca, nell'esem-
plare zendo, la vece consentanea a questo tipo (v. 25, 1. IV;);
e, dall'altro, che la pronuncia assibilata dello g indiano non si
sarà di certo limitata a quei soli esemplari in cui le combina**
* Le proporzioni , compendiosamente accennate nel testo, sarebbero
rappresentate, in approssimativo modo, dalle cifre che seguono:-?
eirca 50 i complessi radicali che escono per Ji e quindi seguono , neile
note combinazioni (pag. 38), l'analogia di à;* circa 40 quelli cha
escono per g e quindi seguono in esse P analogia di / (v. la nota ohe
precede);- circa 70 quelli che, uscendo per g^ seguono in quelle
combinazioni l'analogia di ^;- e solo una mezza dozzina, o poco
piti, quelli che, uscendo per g, seguono in esse, non senza qualche
eccezione, T analogia di /. E allato a sarg e a marg^ che sono tra
questi, vedemmo, d'altronde, scorga (24, 10.) e màrgja (n* a p. 102),
dove non mai si avrebbe un darka allato a darg^ o simili <p. 39 al
princ). . . . ;v .
108 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL y^ ORIGINARIO.
zioni grammaticali ci conducono a scoprirla *. Ed ecco ora,
senz'altro, alcuni saggi della corrispondetiza indo-irana per gli
scadimenti del ^ originario:
1. 1. g sscr. -g iendo: S. ^i, 2. giy vincere; s. g^à^ z.^Ja, corda
delFarco; s. ^à-^ar- (23, 2.), z.^a-^Tiàr-, vegliare; %*àugas^
z.noganh^ vigore <cfr. III.); ^-jug, z.jug, attaccare. II. g
ssòr. t= z zendo: s. gnà {gàndti^ 23, 9.) z. zan^ riconoscere,
znà'taf^ ** (=5 Bsor. gnà-tdr^) , riconoscitóre; s. gusy z. ì^m.» ama-
re; s.gam^ (v. 24, 12. ), z. ;sem-, terra; s.gahgfiài z. jsaw-^a-,
gamba; s. gnu^ (23, 2.), z. znw **, ginocchio; s. bhag, spar-
tire, impartire (e: avere in sorte), z. baz *** (allato a bagha"
= s. bhàgd^ porzione, cfr. 24, 3. e v. IV.); s. bhràg, z. baràz^
sfavillare, splendere; s. marg^ z. marezy fregare ecc. (24; 14.);
s.jag^ z,jaz^ sacrificare ecc. (24, 14.); s. sarg^ emettere, z. harez
(^zendo = s sscr.), mandar fuori, versare (24, 14.). IH. g
sscr. che trova lo zendo oscillare tra ^ e z, ma prevalente il
secondo: ^,gan, generare ecc. (23,3.), z. ^an, aliato a \^^m-
* Di questo avremo a ritoccare piti tardi (p. 117), e intanto non è
forse inutile qui avvertire, come si renda per^ sscr. così lo dj come lo
i delle voc! straniere {gàmitra^ Stajji&Tpov; tàgi-ka, il pers. tàzi^ 'ara-
bo'). Né sarà affatto superfluo che si aggiunga, all'orecchio italiano
non parer poi cosi piena , come si suole affermare (v. pag. 12), la
eoincidenza del moderno g indiano col nostro g di èrge ecc. La pro-
nuncia dello g cosi è descritta dal missionario italiano Cassiano Beli-
gatti {AlpÌMbetum brammhanicum seu indostanum universitatis Kasi
[Kàgiy Benares]^ Romae 1771, pag. 27-8).: -^nostro gi, et z simul
arridet haec littera, vel debet pronunciari eo fere modo, quo pronun-
eiant, qui linguam habent blesam (blaesam)'. Di /^giudica lo stesso
autore (ib., 27): 'ncque haec uUi ex nostris litteris rite potest assi-
milar!, sed medium habebit looum inter e Italorum, et tcha a Gallis
pronuBciatum^ quod usus docebit.'
:** Lo j^) anziché .2:, in inàtar*' e znu- è causato dalla connessione
della nasale. Quindi il semplice z nella forma plurale zanua ^ genua.
*** Il Justi inferisce questa forma radicale da baiai ^ ma sarebbe
forse pili legittimo l' inferirne bag, e a questa forma pare eziandio
che accenni bakhta (IV. e V. e la pag. preced.).
§ 25. ETÀ DELLB ALTERAZIONI ASIATICHE IlEI» Q ORiaiNARIO^ 109
(e a gh[e]nay 24, 12.), femina [cfr.. 26, 8. n.]; s, ag^ con-
durre (23, 6.)» gù^ procedere eoa rapidità, z; az^ zu^ de'qiuaU
verbi si è trovato esempio collo ^; e cosi la radice che è nella
z. aogahh » sscr. duga^ (v; I. e 23, 9.) è pure in fondo la stessa
che ritorna in vàza- %.-^ vaga- sscr., forza (v. ancora ^a/ra-
allato a ^a/ra- nella nota), IV. vece sanscrita: jw^jw/t-
-tó-r, bhag .bhakrtd^ (q{v.2ì^ 13., e vah uU-fd 13, 11.); véce
zenda jug jukh~ta~ ^ haz * baRh-ta- (cfr. I. e II. , e vah ukh-ta-
15, 2.). V. vece sanscrita: marg mrs-ìd'^ jdg is-td-^ sarg
srs-td- (cfr. 24, 14., e nag nas-td-, 11, 17.); vece zenda: marez
marS^ta^^ jaz jùs-ta-, harez harS^ta" ( cfr. IL , e nag [= nag sscr*
11,' 17.] na^a")*"^. r j
* V. la ri. •♦• alla pag. 108.
** Vi ha qualche lieve dif^renza tra. i limiti sanscriti e li zendii
entro a' quali si compi» il fenomeno di ^ dà ^ (cfr. la n. a pag 47);
ma a guardar da vicino i pochi esemplari divèrgenti^ la discrepanza
si riduce a proporzioni affatto esigue. Il piti importante sarebbe e
z. ga'-m gi^m gorg = s. gà-m ga^hhh ( v. Lezi VI), venire, andare*
Ma, dall' un canto, la gutturale s*ha ancora sempre nello z;^a-m,
che coesiste a^a-m, e nello z.^à(as.^à), (andare, che è di base
non diversa da quella di ^a-m; e v* ha, dall'altro, che oscilli il
sanscrito stesso, in questo medesimo verbo^ tra g e gj poiché,, a tacer
di gam gdni'-ar^ti, che una raccolta sinonimica indiana pone ira i
verbi di moto, "abbiamo lo gunnxn-* (=» -^ma«- : pr^TiM-^man- *: i-;2^f ^«4*
-^ma«-, dall'ampia carriera), carriera (Boehtx^inqk-Both, s. v.v.), e
lo '^man- ài pdri^man (cfr. Bbnfet, Sàmàv. gì. s, vv.)^ ohe scorre
intorno; dove ancora si vogliono ricordare/ per là piena analogia
fonetica, i sscr. 'gam e 'gam (24, 12., cfr. 25 jì. lL),:terra; Non si
tratterebbe quindi se non di una diversa estensione che in ciascuna
delle due lingue le due figure avrebbero preso; e pur dai riflessi europei
è lecito arguire che il ^ di gam sia pre-^iràno (v. p. 127).- Secondo v
tra gli esemplari divergenti, si potrebbe addurre il gruppo di vòciaBoli
zéndi, là cui radice è identica od àffinissima % quella del B^orr. ganvr
bhira" gabUtrà^^ profondo, e suona , con la palatina : ^à[i]w^i^j ^af^rd^^
profondo, ^a/^nu-, profondità. Ma qui pure interviene, che, dall'una
parte, spunti forse ancora la gutturale pur nello zendo (Vt'pa/Va-,
110 § 2S« ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL g ORlOlNARIO.
Ora, quanto è piena, pur per questa parte, la concordanza
indo-irana, e altrettanto apparisce arbitrario, pur qui, Tessere
écaduta l'antica gutturale piuttosto nell'una serie d'esemplari
che neir altra. Le combinazioni, in cui lo § sanscrito si ag-
gruppa con altre consonanti, sono: n^, gn^ {^g, ggh), ^m^ gjy
gry gVy bg, rg *, e quanto a (iombinazioni con vocali, occor-
rono, sempre nel sanscrito: ga gu gi ed ag icg ig; tutti i quali
appajamenti fonetici, escluso quello affatto singolare in cui en-
abisso, profpndità, ap. Justi), e che, dall'altra, il sanscrito stesso
ci offra la palatina, ed è in gaòh^ azzannare, annichilire, ^am67ia-,
gola (cfr. z. zemb^ annichilire, Justi; zaf-ra--^ bocca, gola), coi
quali più addietro mettemmo appunto gambhvra'* (24, 12.)- Se, inol-
tre, lo zendo garez^ja- pur ci dia un' riflesso, con palatina iniziale,
del sscr. garg^ muggire ecc., v'ha poi, nello zendo stesso, la figura
colla gutturale conservata: garez (gridare ecc.)* Discordano i due
idiomi nella voce per ^midollo% che è maggà nel sanscrito e mazga
nello zendo; ma ò un caso sui generis^ nel qual cioè si risale alla
consonanza composta originaria: sg (cfr. i riflessi sscr. di sg e sdh
[e sk] orig.). L'unico esempio in cui la divergenza non vedremmo in
alcun modo temperata, sarebbe ^ac2 zendo, chiedere, pregare, allato
à gad sanscrito, dire; ma la convenienza de' significati non apparisce
intiera, e la forma zenda potrebbe risalire a "gadh.^ Finalmente
hieriteranno qui ancora menzione: 1.° La figura cpUa gutturale, ac-
<MLnto a quella colla palatina, nella radice zenda per ^vivere' iguj-a^
vita, accanto Agi ecc., v. Introduzione alla morfologia ^ s. v.), dove
l'esemplare reduplicato gi-^gaè-sa^ tu possa vivere, è un buon paral-
lelo fonetico de' sanscriti gi-^ài^-tha (vincesti) ecc. che di sopra no-
tammo (103);- 2*^ Il participio zendo: vars^ta-^ (sul tipo: 8. mri-ta-,
K. tnari^ta*) de, varez (*varg j^spy v. /nd.), operare, a cui manca,
per quanto io posso vedere, il riscontro di un verbo primario sanscrito
(v. l'Jiuf. 8, ùrg vrg vrg^na).
"^ Queste combinazioni occorron tutte in complessi radicali {gm Ì9
^man" ecc., v. là n. preced., e bg nel verbo ubg)'j gn gm gj gr gv
,%\ ottengono eziandio per accessione di elemento ascitizio a g radi-
cale, {{essun nuovo contatto si aggiungerebbe dalla serie . compiuta
dei gruppi-consonanti sanscriti in coi entri g. Gir. la n. *** a pag. 41.
§ 25. BTÀ. DELL& ALTBRAZrONI ASIATICHE BEL g ORiaiMARIO. Ili
tra &, sano comuni pure a p ^, come si vede dagli ésempj che
seguono :
tinga-^, memhroj ranga- (24,9.);
gnà {2éi 12.) , o^-nt-, facce;
gm-as (24, 12.)» tig-ma- (24, 1.);
hhaug-ja-jaug^a (24,6.);
grasj inghiottire , ^ra/i , pigliare;
daga-gvifi" gata-gvin-y decuplo,
centuplo ;
gam^ andare, guh^ nascondere,
giri- monte;
ràga (24,d.), jM^a (24,8.), vaiga-^^
fretta;
bhang (24,4.), sangf affiggere.
gnà (23, 4.),jaó-Ma-, culto, sacri-
ficio.
gm--as (24, 12.), ag-man- (23,6.)*
gjày usar violenza.
grajas (ved.), pianura, distesa.
gvar^ febbricitare, ^t?ai, ardere.
t V
p -
jgan^ generare, gus, amare, g%v ,
vivere.
rcbgan-y re, bhuga-'y braccio, tn-
^a-, seme.
Manca per vero, nel sanscrito, un gi genuinamente radicale,
ore si prescinda da gi-gt- (p. 103), che ha salvo il g per ragione
dissimilativa ; poiché in giri-, monte, gir-^ voce, gf-tà-, cantato^
e altrettali, in realtà si tratta; come a suo luogo vedremo, di a
che si affievolisce ad i ** ; della quale mancanza si potrà legitti-
mamente accagionare Tattiguità della vocal palatina (cfr. p. 42)^
• Non ocòorre gj qual gruppo radicale (cfr. la n. preced., la n. ♦
a pag. 42, e il testo fra poco), eccetto il caso di gi-gj-H" (p. 103, n.),
gi-^j-'às 3. pi. perf, (vinsero) ecc., ma si forma tra radice, o nobe
primario, e suffisso. Lo gv di daga^gvin" ecc., che stiam per citare;
ò probabilmente radicale.
** Manca eziandio un verbo sanscrito che esca per ig'y ma non ne
teniam conto, essendosi fatto, in generale, caso raro, nel sanscrito ,
un verbo che esca per g immediatamente preceduto da vocale. Puij
nello zendo non occorre mai gi in figura radicale; e solo può infe-
rirsi un ^gi-^i-* dalla voce gi-gaèsa^ di sopra toccata (pag. 110 in n.) ,
nel quale agirebbe il principio di dissimilazione, come fa nei sscr;
gi-gi-vàs" (gi-^di-tha, gi-gj'^às)^ gi-gi'S^a-ti (p. Ì03).
112 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL g ORIOINARIO.
Ma l'i, ad ogni modo, più non avrebbe esercitato questVin-*
fluenza nel periodo in cui s*ebbe giri da *gari, e simiglianti *»
a tacer che sempre si tollerano òhaug-ja- e simili; e restan
poi le altre congiunture fonetiche, in cui appare lo g, senza
che si possa discerhere in esse alcuna spinta alterativa, o, per
dir meglio, alcuna particolar causa dello infiltrarsi dell' eie-»
mento alteratore (v. p. 118). Quanto più adunque rimane eslege
la estensione del fenomeno, e tanto più chiaro si addimostra,
dal concordar che in essa fanno la favella degl* Irani e quella
degli Indi, come gli scadimenti, che nel sanscrito vediamo sof-
ferti dair originario ^, sien pre^indiani, ossia risalgano all'età
indo-irana (cfr. p. 48).
Non v' ha , all' incontro , nel gruppo italico , nel greco , nel
celtico, nel germanico, alcuna alterazione del g originarlo, la
qual risulti omogenea alle alterazioni indo*irane, e ini^ieme si
addimostri risalire a periodo pro-etnico •*. Cosi , ben vi sono
coincidenze continue tra^ e z indo-irani, dall'una parte, è ff e z
de' dialetti italiani, dall* altra, questi e quelli da ^ originario^
oome si può vedere dagli esempj che seguono : z. zan-tu^ ( ~ s«
gan-tfy-)^ consorzio; z. zanv-Uj nomin,-accus» duale di zCejnu-,
%.^dnu-i ginocchio; z.erezata-j s, rogata- {v. Ind.), argento,
allato a tali continuazioni odierne de' temi latini gen-ti-, genu-
-clo-, argento j quali sarebbero il romano gente e il veneziano
zente^ il romano gino-cchio e il veneziano zeno-co od ii friulano
* È in generale assai notevole, ohe gli affievoUmenti palatini delle
gutturali originarie, cqsì frequenti nel periodo indo-ìrano, piti affatto
non avvengano nel periodo indiano. Cfr. Studj critici ^ II, sec. sag-»
gio ind,, n. 3; e v., per l'Irania, la Fonologia irma^ s. A (c)y g^
♦* Esempj celtici e germanici per la continuazione di g priglnario,
mantenutosi g o fattosi g (z) indo-irano, sarebbero, dall' irL ant. :
ga,irj voce (24, 12. e p, 14 in f.), e la radice gnéy conoscere (23, 4.);
e dal gotico (cfr. p. 63): haur-s^ grave (22, 3.), akta^ campo (23, 7.).
Cfr. la n. a p^g. 50,
§ 23. ETÀ BELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL Q ORIiQtNARIO. 113
ze7ió'li, il toscano argento e il veneziano ari^nto *. Ma queste
alterazioni romanze sono esclusivamente promosse dair^ che
sussegue a ^(cfr. p. 49); e quindi non sussiste continuità isto-
rica tra di esse e le indo-irane. Ben si potranno avere, in alcuni
casi particolari (§ 26), alterazioni europee ed asiatiche, pur del-
r originario g, le quali stieno in connessione genealogica tra
di loro; ma saranno prodotti fra di loro affatto disformi di una
indistinta affezione primeva (cfr. p. 48-9 e 128). L'indo-irano g
{Zy z)j dsk g, riman sempre una risultanza fonetica di età poste-
riore a quella in cui ancora vivevano insieme uniti il gruppo
italico, r ellenico, il celtico, il germanico, e la sezione asiatica
della favella ariana.
Resta d'interrogare il gruppo litu-slavo (cfr. p. 51-7), e qui
il discorso potrà alquanto complicarsi, ma non sarà inutilmente.
Abbiamo, cioè, anche per la media gutturale, una serie di
esempj, in cui alla alterazione indo-irana (g, z) risponde in
favella litu-slava una alterazione affatto congenere (i Ut., i
si. *♦), senza che pure in questa favella possa vedersi alcuna
special causa dell'affezione subita dal suono originario. Dalla
qual serie offeriamo:
Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro.
2. s.gnà (23, 4.), z. zan^ rico- 1. Àn-ó^f, sapere, h.ina-tij cono-
aoscere. scere.
s. aga--^ capro, agahày capret- 1. ozy-s Coz-ja-s) , capro , ozka ,
ta. capra.
* I fati estremi di gè latino ne' vernacoli italiani son questi : che
possa ancora riflettersi per ghe sardo d^rghentare , inargentare , pidn-
ghere^ piangere; ghe sardo si ebbe del resto anche da,^e romanzo),
e che i^ev je ji si riduca a solo i (ital. arien^o, friul. arint\ agente
'jentCy friul. iht). Analogamente: regina "rejina^ reina^ intorno al
qual vocabolo italiano il Curtius, o. e, sec. ed., 513 (II, 156)»
prende abbaglio.
** z lit. e i: si. : ^ orig. : : s Ut. e « si. : k orig. ( p. 51 )•
Ascoli, FoimL indO'U.'gr. S
114 § 25. BTl DBLLE ALTS&AZIOIil ASIATICHE DBL g ORIOINAEIO.
Sanscrito e zendo.
lituano 6 antico bulgaro.
b. azno^j-aznoj-nzinojià. (Fick).
1. berza-s, russo beréza^ betulla
(LoTTNfiR).
s. margfy z. marez (lat. mulg" 1. mélz^^^ b. mtùz-Sy motigo.
s. agina^m , pelle.
s. bhùrga-Sy specie di betulla.
^0)9 fregare ecc.
^.^i frangere.
1. làuz'^ (rad. lui) , rompo *.
E v'ha qui pure la serie in cui il litu-slavo e rindo-irano si
mostrino all'incontro concordi in ciò, che amendue conservino
intatta la gutturale primitiva. Cosi negli esemplari seguenti:
Sanscrito e zendo.
3. s.gnà (24, 12.; 25, 1. Iti.).
s.giri-y z. gatri^j monte.
8. agnis m. ^ fuoco.
s.aiigàra^s, earbone^
t^^jugoTi giogo (e£r. 24, 8.K
lituano é fttttìtio bulgaro.
amico prasso : ganna,genna **, fe-
mina.
b. gora , monte •♦*.
L ugnì-s ( L ) , b. ógni ( m. ) , fuoco.
L anglì'S (f.), b. ogli^ polacco
to^giel (m.) id. ****.
b. igo^ id«
* Qui il Fick, o. e, p« 156, attìngendo probabilmente dal Nes-
SELMAi^N che io non ho alla mano, dà : luzù, rompo (sarà T intran-
sitivo Ji«;^at«, luziaui di Sehleicher e Ruliig-*Mieleke)| e la notcTol
figura colla gutturale: lug^^na-s (= ifòcr. rug-na''S)f pieghevole. Cfr.
pag. 117*
** Potrebbe però questo esempio doversi piuttosto contrapporre
alla forma indo-irana col ^ (v. i luoghi citati nel testo), e quindi
appartenere piuttosto al n. 4; cfr. la n. * a p. 128. Lo z del corri-
spondente vocabolo slavo: zenay è alterazione seriore, peculiarmente
filava, causata dall' e. Analogamente suona ziv^y in causa dell' t» la
radice sldva per ^ vivere'^ che nel lituano è gyv*- {^ sscr* giv).
*** Il FiCK, o« c.,p. 243, opportunamente qui richiama il lituano
giréi bosco. Cfr. lo spagnuolo monte j monte ^ boscaglia.
**^ La forma polacca ha un u? protetlco^ come ò ancora^ a cagion
d'esempio, nel polacco lo^àz Cang[i]\ gen. to^eza). Serpente « ^ lit*
angv'S,
g 25. BTl mSLLB ALTERASUONI JLSIATfiSBR BEZ« ^ ORlaZNAIUO. 115
SìEuiscrìto e zendo. ' Lituano e antico bulgaro.
s. wo^-na-, nudo. 1. nog-a-s, polacco: nagiy id. *.
s,bhaga-j signore (protetto- h.bogù^ Ho.
re), z. bagha-'y dio.
s. sthaff^ coprire. 1. stég-iuy cuopro uu tetto».
Di sicuri casi, in cui i due gruppi divergano, perchè il g ori-
ginario resti intatta nelL' indo-irano e si alteri fiel litii-slavo ,
mal sapremmo addurne; e pur 1* oscillazione Utu^lava tra g Q z
si ridurrebbe a proporzioni quasi impercettibili ♦*. All' incontro
♦ La voce litnana è presso lo Schleicher: nuga*'y la qual pro-
nuncia accennerebbe a *nanga\ cfr. la n. *** a pag. 53.
** Il Bopp metteva il Iftuano zémèy e lo slavo irewii/a, terra, col
sanscrito gam^ (r. 24, 12.), accanto al quale vedemmo pefò gam^
(= z. £em-')y e vanno ancora considerate altre fignre, a coi, piti legit*
ttmamente che non a gam-y il. ternme Mia-slavo si rapipicca. Il lit.
ianda-Sy mascella, era ancora ricondotto, dal Bopp medesimo, al san-
serito gandiJhy gaaneia; ma si aggiunge il sscr. gat*dar- (v. T/m;?»),
mento (ricordato dal Fick, o. c, p.56>« che meglio quadra pel. signi^
ficato. Lo zad" lituano di zad-a-s , discorso , ecc. , allato al sanscrito
gady proferire, discorrere, ci porta alla oscillazione litu-slava, andando
con questa radice sanscrita il paleo4)'ulg* gad^anijey vatieiiiio, e&igma
(cfr, il polacco gnd^ìiay sentenza, enigma), il polacco gad^acy par-
lare; ecc. Per la quale oscillazione avremmo ancora il Ut gémbèy
uncino di legno alla parete (Schleicher), che riviene a ^g^wJb^ja-- (f*);,
e quindi potrebbe andare con Y^jAcp-LO- ecc% (23, 5.), cosi che avesse
primamente detto: dente (FiCK), allato al paleo-bulgar. kobùy dente;
dove fli vorrà ricordare l' oscillazione asiatica nel gruppo a cui spetta
la voce parallela del sanscrito (23, 12., 25, 1. III). ADI* incontro, non
entran punto nella oscillazione di cui si discorre, r casi paleo-bul-
garici sulla stampa di lug-nti (mentiri) allato eilùia ( ntenda^ium ) >
dove z è prodotto normale e seriore di g-^j (*lug-ja); o simUi a bozi
(nomin. plur.) allato a bogù (nomin. sing.; dio, 25, 3.), dove -lì è
normale trasformazione slava di 'gi (cfr. la n.. ** alla pagina pre-
cedente).
116 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL Q ORiaiNARlO.
è rilevante la serie che offre g litu-slavo rimpetto a g {z) indo-
irano. Ne prendiamo:
Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro.
4. s.gjày z.^ja, corda dell' arco. 1. gija^ filo ♦.
s. giv , vivere , giva-s , vivo. 1. gyva-s , vivo , gyvatày vita ; ecc.
s.gù, spingersi, spingere. 1. gui-ju^ spingo, caccio**.
s. augasy vigore ; ecc. (23, 9. , 1. dug-Uj cresco, augmu (gen. aug-
cfr. 24, ad 13.). -men^s), virgulto,
s. rgù'Sj z. erèzu'Sy diritto (ag- 1. lygù-Sj che va pari, piano, giù-
gett.). sto.
s. sag sangy affiggere. 1. seg-iùj affibbio, allaccio,
s.sp/iur^, tuonare. 1. sprag-étty crepitare (del legno
nel fuoco) ***.
I quali esempj affluiscono bensì in copia notevolmente maggiore
che non faccian quelli di k litu-sl^avo rimpetto a q indo-irano
(pag. 53-4); ma da ciò già non consegue che la special concor-
danza tra la favella indo-irana e la litu-slava sia minore per
la media gutturale originaria di quello che sia per la tenue.
Anzi, a ben guardare, sarà piuttosto il contrario. Poiché, nello
scrutare lo g sanscrito (zendo g & z) alla uscita di complessi ra-
* Questo esempio , che potrebbe avere , come tantosto vedremo , una
speciale importanza, è ancora mal saldo, per la scarsa congruenza
dei significati. Il Fick, o. c, p. 61, ben gli fa dire: filo, cordone;
ma temo che c'entri quel po' d' arbitrio che assai di frequente il va-
loroso alemanno si permette. In Ruhig-Mielcke (da cui prendo la
forma gijay che è contratta nel gijè* dello Schleicher) il nostro vo-
cabolo è tradotto per faden im wfjurken. Cfr. Pott, Wurzél-wórter-
buchy I, 61, 380, 752, alla cui ricca messe potrebbe aggiungersi il
gallese giau (au nota del pi.), nervi.
' *♦ Cfr. Pott, ih., num. 244, 245 (dove alla serie lettona è da ag-
giungere la lituana dal gloss. di Schleicher p. 270), 248. Fick, o. c,
p. 201. Il secondo trascura Tt, che ha la sua importanza; ma il con-
fronto pure starà.
*** V. ancora l'esemplare citato a pag. 124-5 in n.
§ 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE BEL g ORIGINARIO. 117
dicali, noi venimmo ad avvertire, come solo il raro tipo marg
mrS'tà'f ed esso pure non interamente, si mostri analogo al
tipo darf clrs-tà-j siccome quello che contiene tal ^ da ^, che
possa stare a paro dello p da ^ ; laddove ali* incontro il tipo
jug juk-tà' è nell'analogia di parH prh-tà-j equivale cioè in
grado a /l da A (p. 106 e seg.). Nel caso di ^ {z) propriamente
mediano, o d'iniziale, ci mancherebbe ogni sicuro criterio indo-
irano per distinguere \o g {z)^ che sia parallelo a p, da quello
che il sia a /i; ma già avremmo, senz'altro, ogni diritto di
presumere, che le due varietà indo-irane (le quali potrebbersi
indicare per z e g) sussistessero pure in queste situazioni, al
pari dì g e fi, cosi come, sempre al pari di p e jt, sussiste-
vano in quella, nella quale siam riusciti a scoprirle. Ora noi
vedemmo (15,4.) come il litu-slavo risponda per h (o suo suc-
cedaneo) all'indo-irano il; e cosi, in giusta analogia, avrebbe
intanto a rispondere per g allo g {z) indo-irano del tipo Jw^
juk'tà'. Gli ultimi quattro esempj che avemmo per g lituano
rimpetto a g sanscrito {aug-as ecc.), ed altri consimili, vanno
quindi certamente sceverati, siccome spettanti a quella categoria
in cui le attenenze dello ^ (z) indo-irano col g originario non
son diverse da quelle dello K. indo-4rano coli' originario k; e ài
certo non è accidente fortuito se mentre a marg mrè-ià- il
litu-slavo risponde con melz- {mlùz-; 25 ^ 2.) y a sag sak-tà-,
all'incontro (25, 4.), risponde con seg- *. La favella litu-slava,
insieme colle altre europee, ci gioverà inoltre a scernere altri
casi, d'indole particolare, in cui lo ^ indo-irano è ancora pa-
rallelo a K (e non a g)\ vogliam dir quelli, che tantosto forme-
ranno il soggetto del nostro discorso (§ 26), e ci porteranno a
stabilire uno g^ del periodo unitario, parallelo allo h^ dell'età
medesima, del quale a suo luogo facemmo parola (p. 84-5.); che
di certo non sarà fortuito caso se in gyv-y dove appunto si tratta
di questo g'J {*gv lat., p gr.), il lituano risponde col netto g,
come col netto h rispondeva allo ky (jt? lat., -k eoi.) di ^h^atvar
Contravverrebbe, ma solo in parte, l'esemplare lui - ruy (25, 2.).
118 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL ^ ORIGINARIO.
( k'atyar-) ecc. Dal eontimiatore sibilante litu-slavo d/el g • ori-
ginarlo potrà quindi venirci ajuto, se ben vediamo, neir opera di
scernere tra Vantico continuatore assibilato (i) e Yantioo con-
tinuatore palatino (g), indo-irani amendue, dello stesso g ori-
ginario, 1 quali dovettero andarsene dipoi tra di loro coaftul
Ma noi dobbiamo astenerci da ulteriori considerazioni intorno
ai continuatori litu-^slavi , le quali di troppo ci porterebbero al
di U decimiti che in questo luogo €i sono segnati; e solo dob-
biam dire co»chiudando, che per la dichiarazione cronologica
dalla special somiglianza tra IMndo-irano e il litu-slavo, an-
drebbe naturalmente ripetuto, in ordine alla media gutturale^
il ragionamento stesso che a suo luogo facemmo rispetto alla
tenue {p. 56-7). B cosi tra l'altre porremmo, nel periodo uni-
tario, il tipo ''oiarg^a-ti (soffrega, munge), onde margja-,
marza-, marza-^ parallelo al tipo Mak^a- (dieci), onde daiya-j
dosa- 9 daga-. Locchè, finalmente, involge insieme la question
fisiologica del come la media gutturale originaria passi in g od
in z (i), igià essendo implicito, nel rapporto testé enunciato,
ohe questi alteramenti si abbiano pa* noi a ripetere dallo svi-
luppo anorganico di uno j, vale a dire da quella affezione o 4&
quella parassita medesima, <Li cui tenemmo discorso nel trattar
della tenue originaria. Ed è bello vedere oome pur qui oi ajuti
Tanalogia di quegli stessi idiomi romanzi ai quali ricorremmo
nello studiar le tra^ormazioiii di essa tenue; quindi il latino
r italiano ^a/^mer sarà ancora gaglina iiel grisone di Sur-
selva, ma neir engadinese scrivono gial e gialina, e il ladino
di Gardena ha gal e galina^ come ha longa e lerga per longa
e larga, y e il friulano ugualmente: gal galine, lunjje {lunga)]
e cosi nel lorenese (Bau de la Roche): galie (djalie), piccolo
gaUo, e finalmente, nel francese, collo z {i :*g :: s : *c): ge-
line y gelinotte, il cui mascolino : jow {^jal^^zal^ *gal) sempre
è ancora vivo nel Berry ♦. V hanno eziandìo particolari ana-
logie elleniche^ delle quali ritocchiamo in appresso {§ 29).
* Cfr. § 14, 4., e la n. a pag. 44.
§ 26. gv SI RIDUCE A P aRBGO, b, V ITALICO. 119
Ora passeremo ai parallelo di media per qu^la combinazione § 26.
che nella sfera della tenue ci era rappresentata da qu latino,
hv gotico, TT greco, ecc. (§§ 16-20); e se per la combinazione,
in cui entrava la tenue originaria {hv), la evidenza del feno-
meno ripetevasi in ispecie dalla voce latina e dalla germanica,
e prevalentemente dalla prima, ora, all'incontro, nel parallelo
di media y la voce germanica terrà essa quasi esclusivamente
il primato. Rassegneri^no imprima, nell'ordine migliore che per
noi si potrà, gli esempj che pia sicuramente si lascino qui ad-
durre , e poi ne con^iderereou) pia partitamente le ragioni fone-
tiche ed istoriche.
1. Sscr. fftv giv-a-tij vivere ♦, ffiv-d-s^ vivo, vita, ^tt?-i^a-m, ^iv-
lia-m^ (jixHàtu-s^ giv-atha-s (il quarto tuttora sen^a esempj),
vita;- gotico qviv-s (tema ^mVa- = ante-german. ^mVa- ,
V, p. 63-4), vivo;- gr. Pto-; Cpt/'o-), Pioto-; (*pt/'-OTO-),
vita;- lat. t?i»-jere, viv-u-s. Questo ' esemplare si ritocca
più tardi (p, 130-1, in n.), per l'uscito del suo radicale •*.
• Curiosa coincideaza è quella del spcr. gwa (2. sg, imperato^ vivi I,
detto a cài starnuta, col viva! ^ ohe s'ua^ n/ello stesso iacontro in più
contrade italiane, ed è l'identico verbo, comechè in posizione diversa.
*♦ Max MtU.LEa ha preteso ( Zeitschrift s, e, , XV, 215-21 ) d' in-
firmare a dirittura req[UAzio»« P gr. =»^ sscr., ed ha in jspecie tea-
tat<^ di ;staocare P('o( da giv^^^ immagioaudo di mandarlo coL sscr.
vdj-as^ viveri, vita, cioè traendolo, insiem^^ con qix^sto, dalla ra-
dice i?t (ch'egli traduce: andare, condurre, trascurando, non si vede
ben pensfaè, il significato di a/ocostarsi al cibo, mangiare). Ma l' il-
lustre indologo mal troverà seguaci. V'ha imprima, sulle generali,
che egli non impugna p ^ sscr. ^, ma solo p s: sscr. ^, laddove, a
priori , la seconda equazione è anzi meglio rinfrancata dalla analogia
della tenui8, che non la prima (v, p, 84, e Pott, Wurzel^wOrterb. ^
I, 756). E riserhando alle note successive la difesa degli altri esempj
messi iu £orse dal Miiller, abbiamo poi, nel caso particolare di pio^,
che non potrebbero, dall' un canto, esser minori le prohabilità per
la sua derivazione da vi^ né maggiori, dall'altro, qijelle per cui si
maoda con ^w eco. Poiché tanta ò la convenienza del greco pt'/*®-
120 § 26. gv SI riduce! a p greco, 6, v italico.
>
2. Sscr. gjà gi-nà-ti (part. perf. pass.: gi-id-y gi-nd')y usar violenza,
gjà-na- {gjà + ana)^ oppressione, gjà-jas-^ potente, prevalente,
gja-ista- {gjà + ista)^ prevalentissimo, brahma-gja-y che oppri-
me i Bramini;- gr. pia, forza, violenza, ptoto), piocCw, io vio-
lento, violo; a cui si aggiunge (Pott, Kuhn): pT-v-sw (cfr. sscr.
gt-na-\ ma Esichio, col dittongo : pgiveo)), propriamente: violare*.
col celtico biu {'bivo-; v. p. 131), il lat. vivO", il got. qviva-, il sscr.
giva-y il lit. gyva-y vivo, ecc. (la significazione sostantiva di 'vita'
è come in pi'o-; anche nel masc. sscr. giva-s)y tanta e tale ancora la
convenienza tra i greci pi^-oxo-; Pi/'o-tt)', vita, e l'equivalente celtico
bi[v]ad (V. p. 131), gl'indiani giv-àtu^ giv-atha^^ e il lituano gyva-tà^
che, stando, come per tutti sta, l'equazione P gr. =:^ sscr. , basterebbe
questo esempio solo e l'analogia di ir gr. = ^ sscr. per far credere fer-
mamente anche a p gr. = ^ sscr., equazione, del resto, la qual può ben
dirsi quasi implicita in p gr. = ^ sscr. La dificrenza di quantità fra
la vocal greca e la vocal latina ecc. non è , in questo caso , di alcun
grave momento (Curtius, Pott, e V Ind.), Passiamo, all'incontro,
all'ipotesi mùlleriana: pt-o-; = *t?i-a-s (od anzi 'vi-a-s^ colla stessa
differenza per la quantità vocale), e tutto, da capo a fondo, si oscura.
Poiché: 1." si tratterebbe di forma peculiarmente greca (differirebbe
per doppia ragione dallo stesso zendo voja f. ), quando pur manca
alla Grecia, anzi all'intiera Europa, un qualsiasi accertato riflesso
della radice vi\ 2.** p panellenico, in simile congiuntura, per v ori-
ginario (Pt- = t?t-), è cosa affatto inaudita; diguisachè, preferendo
pt-o-? = *vi-a'S a pt/'o-; = giva-s^ negheremmo un fenomeno consueto
per inventarcene uno nuovo di pianta; 3." alla stranezza morfologica
di un pi-o- (anziché poi-o-, sul tipo Po/'-t)' yo/'-o ^ojt-o §o/'-o ^o/'-ri
ttXo^-o lof*'"^ ) 1 s^ unirebbe la singolarità fonetica dell' -oto nella
forma pt-oro (che dovrà pur essere formazione primaria), anziché
-STO, come avrebbe pur dovuto suonare questa parte ascitizia se ori-
ginariamente le fosse andato innanzi t od ot (si). — Del riflesso
greco di una diversa combinazione radicale della stessa base che è
in gv>y è discórso nell'ultima nota al § 29. Nel qual paragrafo è
eziandio toccato d'altri duplici riflessi greci di^ originario; e d'altri
ancora si tocca nel presente.
* Qui il Mtìller (v. la n. preced.) obiezioni dirette non accampa,
ed era dìflicile escogitarne. Ma insieme col lat. vis (ch'egli pareggia
§ 26. gV SI RIDUCE A P GRECO, 6, r ITALICO. 121
3. Sscp. gjày corda dell'arco, gr. pto'-c, arco *.
al suo vdjasj viveri, vita), avrebbe a starsene, secondo lui, sotto
la radice m, anche pia (violenza) allato a pio; (vita), ed essere il
feminino di questo, perchè primamente dica: forza del corpo. Ora,
contro pt'-a = ct-à si risolleverebbero naturalmente tutte quante le
difficoltà grammaticali che opponemmo a Pi-o- = >t-a-, e di più si
aggiungerebbe il notevol distacco dei significati (viveri, vita; -forza,
violenza); laddove pur la congruenza dei valori è perfetta in quella
combinazione indo-greca, alla quale tutti di certo rimarremo fedeli.
Quanto alla ragion costitutiva del gr. pta, avremo a ritenere, se pur
non si confermi T equivalente sostantivo sscr. ^a, che vi si tratti
di un antichissimo sviluppo radicale (come appunto nel radicai san-
scrito ffjàj o nel diverso gjà del n. 3), e non di una vera e propria
derivazione nominale da gì o da, gi. Che, del resto, i due verbi che
nel sanscrito suonano gi (vincere) e gjà (violentare) vadano tenuti
fra di loro ben distinti, si vorrà di leggieri concedere al Mtìller,
senza che per questo si turbino in alcuna parte i ravvicinamenti no-
stri. Lo zemdo li distingue anche per diversa continuazione del g ori-
ginario; poiché ha gi = gi sscr. vincere, e al sscr. gjày far violenza,
risponde all'incontro con zjà^ fare ingiuria, danno, infelicemente
raccostato dal Justi al sanscrito hà^ col quale non concorda né per
costituzion fonetica né per significato. (A sjàna^ danno, » sscr. gjà"
na ecc., ora si aggiungerebbe, dall'Oc sand-pahlavi glossary^ la
forma preziosa, comeché corrotta: zjèit, che ha le apparenze di una
terza d'imperfetto, ma veramente accenna a zjèiti ^ ' gjà-ti ^ terza di
presente oppur forma nominale.) Finalmente, nello gjà sanscrito, che
varrebbe anche 'invecchiare', e quindi in gjà-j&s- gja-ista~^ i quali,
oltreché 'prevalente, prevalentissimo\ dicono 'piti vecchio, il più vec-
chio', confluiranno due verbi diversi, che lo zendo distingue, siccome
quello che allato allo zjà testé discorso ci offre ancora gjà {gi-^à-i-ti
néìV Old gloss. , he exhausts), invecchiare.
* La pretesa forma sanscrita djà-gjày citata anche dal Pott ( TFur-
zeUioórterb,^ I, 61), non ha valore alcuno. È indotta da udjà- che
si trova scritto, in un luogo solo, per uggja- {ud-^gja)^ quegli-
-dall'-arco-rallentato, e, secondo il Lessico di Pietroburgo, avrebbe
a stare per ud-^ja-^ e contener cosi uno àjà = gjà. Ora questo awaS
122 § 26. gv si eisxtce a p qbsco, by v itàlico.
4. Sscr. ràgasy sfera delle nebbie, oscurità, tenebra, vapore, poU
vere; - got. riqvis (= *ragvas), oscurità; - gr. "E-pe^o; (v. e
protet.), r Èrebo.
XtfOfjLevov, corretto, come osserva il medesimo Lessico, dal passo pa*-
rallelo di un altro libro, e scorretto ad ogni modo per sé medesimo,
non ha alcun' ombra di forza per infirmare lo gjà numerosamente
accertato in tutti i periodi della lingua; e si chiarisce, io credo, con
ciò, che l'autore di questa falsa lezione avendo letto o trovato, in
manuscritto anteriore, ugga {uggja)^ che sarebbe normal figura pra-
crìta per udja, abbia cosi sostituito udjaj nella storta presunzione di
correggere un'ortografia vernacola. --* Quanto è poi alla opposizione
di Max MUller (v. le note anteced.), essa qui si fa pili infelice che
mai* Il gr. pioc (arco) è identico lo ^Jà indiano, quando si eccettui
la differenza di genere, la quale occorre, come ognun sa, in numero
infinito d'altri sicurissimi esempj. Di certo, quanto al significato,
nel greco avremmo la pars prò toio, ma è an caso di pars prò toto
che sfida ogni scetticismo, poiché il vocabolo indiano non dice già
corda in genere, ma solo: corda dell'arco; e se i nostri vecchi per
barò^Ua (elmetto) intendevano un soldato che portasse la barbuta,
e modernamente dieiamo a dirittura baionetta , che è solo una parte
di un'arma, per tutto intiero il fantaccino armato, non vorremo di
certo impensierirci pel traslato cordard^'-aroo » arco. Quando adunque
il MUUer immagina pel gr. ptof; una derivazione da quella radice che
è nel lessico Bscv.vad (tessere, torcere), egli non solo incappa nelle
stesse difficoltà fonetiche in cui inciampava negli esempj precedenti,
ma riesce altresì, più perigliosamente che mai, a darci una mera
fizione etimologica in cambio d'un parallelo che sta tetragono e per
tiooni e per valori. La equazione p gr. = ^ sscr. , per la quale seguono
altri «sempj ancora, che il Mflller non ha voluto o potuto considerare,
andava tanto piti energicamente difesa contro di lui , quanto piti è
spiacevole che la sua legittima popolarità venga a spargere dubbj
illegittimi intorno a sicuri portati della disciplina nostra. -^ "Del
lit. gija V. § 25, 4, n.
* Questo ragguaglio, che non ammette alcun dubbio per la parte
ìndo^gotica, non è forse altrettanto saldo per la ellenica, e allaficarsa
certezza può eziandio contribuire la qualità mitologica del termine
§ 20. gv SI RIDUCE A ^ OREOO, 6, V |T;ALIGO. 123
5. Sscr. nig^ lavare, mondare (partic. perf. pasB. nik-^d-^ v. § 24, 13,
lavato, mondato, asperso), pan-ndigana- [pad^n€dg-and]y da-
-piediluvio;- gr. NIB, xep"^ip- (nomm. /ipvnj^), acqua per l'ab-
luzione delle -mani (cfr. •/yp-vip-o-v-)^6p-v4p-to-M), viV-tw (vep + xo-,
v. /n£2.), io lavo 9 bagno, netto.
6. Sser. targ tàrg-a-^Uy minacciare, oUra^iare, mettere spaven-
to; - gr. Tapp-o?, terrore, spavento, Tapp-g-w, essere atterrito,
T«ppoWuvD-c (cfr. TQtpp>)), atterrito, Tapp-»Xéo-c, che fa <ed ha)
terrore ♦. . Kubln.
greco. Ma le riserve, che il Curtius e il Pott, e il secondo in ispecìe,
oppofigo&o ad''£-fepoc = r^^a^, ragg^iaglio primamente proposto da
Leone Mejer, non son tali di certo, a chi ben guardi, che valgano
a dÌ8S4i'aderlo. Polche, dairun canto, le dubbiezze del Pott (Etym.
foTéùh.^ sec. ed., Il, 393) e del Curtius (o. e, sec. ed., 421 [li, Qò])
provengono da ciò solo, che "Epepo; possa andare con epecpw (io cuo-
pro), come con esso vanno op^pvyf (oscurità) ed opo(p7{ (copertura; circa
ep&(A-voc, tenebroso, che il Pott insieme adduce, non si deve dimen-
ticare la forma epepewo^ [epepE(;4vo], da cui mal si può disgiungere,
e quindi altro non vi si avrebbe che una propaggine dello stesso
(EpepQ;). Ora, questa sarebbe una mera possibilità etimologica, la
quale per di piti importerebbe il supposto di un fenomeno affatto
anormale, qual si è quello di p tra Tocali per <p anteriore. Stanno
all'incontro, dall'altro canto, per "E-ps Po? = rrf^as: la piena con-
gruenza fonetica, raffermata in singoiar modo dalla figura germa-
nica <*gv P), la perfetta congruenza morfologica (neutro indo-ger-
mano-greoo in -as originario); e l'armonia de' significati, la quale
è per avventura maggiore che a prima vista non appaja. L'Èrebo,
che dalla Notte sorella genera l'Etere e il Giorno, è lo strato mon-
diale -che sta fra la region superna (terrestre) e l'infema, e il rdgas
indiano (<nii sta allato il fem. Tagàni^ notte ) è alla sua volta la re-
gione o le regioni dell'aere nebuloso, che «ta fra la sfera terrestre
e la sfera della luce de^ cieli.
* Normale risposta latina terremmo, malgrado il r, fert?- torv-\
quindi si potranno qui ricondurre torV'O^ e anche pro^terf^-O" (cfr.
-«{j^-ti-s e simili); e non veggo perchè il Kulin, e il Corssen che
lo segue, costruiscano nn ^torg^vOj per guisa che il v si debba al
suifisflo.
124 § 26. ^ SI RIDUCE A P GRECO, ft, V ITALICO.
7. Sscr. gdni- (allato sl gnà^ 24, 12.), donna;- got. qveni- (ani
alto-tedesco qvena; ingl. queen; ecc.) e qvinort" moglie, don-
na; - beot. pavot Cavana ^ od anzi 'gvàna^ cfp. sscr. -gòni- =
gdni-)^ acc. pi.: pavSJxa;, di contro al solito yuvTf, donna, moglie
(acc. pi. yuvaixa?) ♦; dove la solita forma non soffre la trasfor-
mazione di'^t? in ò, per esservisi ridotto il v[a] allo stato di
u {gva gu'j cfr. p. 90-1 e v. Ind.).
8. Sscr. gam (ma pur ganiy e in ispecie nello zendo, v. p. 109 in n.)
gd-ma-ti (ved.) e gd-Mha-ti (v. Lez. VI), andare, venire, ^a-tó-,
andato. La base radicale è gay che ritorna anche in ^à (ved.:
gi-'gà-'ti)y andare, comune al sanscrito e allo zendo. In gam gd'
moti (ved.), neiraoristo d^gama-t ecc., si ha il m accessorio che
ritorna nel gotico qvim-an (1. e 3. sg. perf.: qvam = 'gvama), ve-
nire, laddove nelle seguenti voci italiche si ha per contro unn
accessorio ♦*: osco ed umbro &e-n- (u. fte-n-w-s-*, venerit, 6c-n-
* Ahrens, De dialectis aeolicisj § 36.- Cfr. 23, 3. e pag. 127.
** Di piti, intorno a simili combinazioni, si raccoglie dall' /n^roe^u^s.
alla morfologia y s. -ma e -na^ ma qui pure giova intanto toccare
di una serie affatto analoga a quella di cui tratta il nostro numero.
Incontrammo cioè più addietro (23, 3.): gan- e gà- (generare ecc.),
i quali stanno tra di loro nello stesso rapporto in cui nel numero
attuale sta ga-n (gya-n, 'gua-n, ve-n-io ecc.) sl gà. Ora la combina-
zione col m ascitizio, vale a dir la combinazione che nella famiglia
di verbi per ^andare ecc.' è nel gam indo-irano e nello qvam gotico,
non manca essa pure nella famiglia di verbi per ^generare ecc.',
comechè, massime nell'Asia, abbia le apparenze di una derivazione
nominale vera e propria (^à + l?^/'a7). Si consideri la serie che segue:
sscr. gàmin (ved.), germano, 6« qual sostantivo neutro: parentela;
più tardi, qual sostantivo fem.: nuora, allato a gàm^à-tar-y genero,
voce e valore a cui i paralleli irani assicurano antichità grande;, zendo
gàm4X- (gàmafi" ?), parentela, -zàmiti-y il partorire, zàm-aj-a- (così
leggo per lo ^àwaoja-, evidentemente scorretto, àeWOld zand-pahlavi
glossary) e zàmnà-tar-y genero (cioè: lo sposo, il generatore); fra
gr Italo-igreci: 'gam-e-ro *gam-ro- (v. Ind.y e cfr. il basso-.bretone
géver = "gemer, m brit. = t?), genero, gr. yaixo-, nozze; lituano gè-
mù gimiaùy gìmtiy nascere, gymi'-Sy nascita, parto {treéa-s gymi-Si
§ 26. ^ SI RIDUCE A P ailECO, by V ITALICO. 125
-M-r-e»^, venerint, o. kùm-be-n-e-d, coàvenit), lat. ve-n-io.
Dal quale he-n ve-n italico, mal si saprebbe staccare il greco
pai'vb), vo, che per 'pàv-jw (v. Ind.) coinciderebbe proprio con
ven-iOy comechò giovi avvertire che la nasale non va nel greco
al di là del presente e dell'imperfetto *. Ad ogni modo, il ^oc
di paiv(o spetta qui senz' alcun dubbio; e ancora vorremo notare i
seguenti riscontri indo-greci: p^-^i, dor. pa-5t (2. sg. imperata
aor.), va, = sscr.^a-?w'(epur^a-ci/ji,'zendo^a/'i>(ii); e-py]-?, dor.
l^pà-; (2. sg. aor.), andasti, = sscr. d-gà-s; potHjxe (2. sg. imperat.
pres.)^ va, = sscr. ffà-Kha (*ga-ska, zendo ga-^a^ v. Lez.VI), e
analogamente, nel tipo reduplicato: e-pi'-pa-<rx£ (3. sg. imperf.);-
altre forme reduplicate sarebbero: pt-pa-vT- (nomin. ^ipoc;), che
incede y il cui parallelo sanscrito, sulF analogia di ^t^à^t (egli
va), avrebbe a suonare: gi-ga-t" Cgi-ga-nt^)'j^ e il sscr. gi--
. -ga-tnùy che si muove rapidamente. [Cfr. baculo- ecc.]
9. Sscr. gurù'S (comparat. garijos-y ecc., v. 21, 3., e cfr. p. 129,
® § 29), grave;- gr. p«pu-c, id.; papu-T>)T-, gravità, a cui
potrebbe rispondere un vedico 'gurù-tàt- (v. -tàty e cfr. 21, 3.).
10. Sscr. gàvnSy gr. Pou-?, lat. òò-s, bove (bestia bovina); nom. pi.:
». .
sscr. gàv^as = pojf-e; = bóv^s ; dat.-abl. pi. gdu-bhjas « bò^bus.
Ài quali esempj volendoci qui fermare, solo ad essi ancora
aggiungendo il riscontro gotico-latino : gt?eY/ir/'a7- (*gvatr) =
venter **, ci facciamo ora a considerarli più d'appresso, ed im-
prima per ciò che risguarda la risposta latina. La quale più
solitamente è v (*gvivo, *torgv-o-, *gve-n-io, *gventer), ma è
il terzo figliuolo, Rohig-Miblcke), giminè\. genere (geschlecht), ga^
minti y generare, partorire. La qual serie va, ripetiamo, sotto gan
(23, 3.), e si è riservata a questo luogo sol per la congruenza mor-
fologica con gam allato a gà ecc.
* Cfr. PoTT, Etym. forschung.y sec.ediz., II, 720, Wurzeltoór--
terb.y I, 32-3 (cfr. 18), 255.
** V. V Indice. Il termine gotico non occorre se non nel composto
laus-qvipr~Sy che-è-a-ventre-(stomaco)-vuoto , digiuno, dal quale de-
riva l'astratto feminile laus-qvipreiy il digiuno. MlMnfuoci del com-
posto si ha qvithu-Sy ventre, stomaco.
126 § 26. OBMEsi £0 ETk i>i gv,
b in bós bòvis (*gvos *gTavis), col quale fanno per avventura
un esempio solo: boare boere (bount; gr. poyf, grtity, pò w, io
grido, chiamo, sscr. gu [gau-gu-] far riauonare), e si aggiun-
gerebbero alcune propaggini latine di ga (gd), andare (26, 8.),
tra cui scegliamo, come la più salda, bd-culo-, quasi ^stromento
per camminare'*. Ora, v lat. = *gv ci rappreseaterebbe il caso
di vermis e simili nel parallelo di tenue (p. 69 e seg. ) , mentre
6 lat. =' *gv sarebbe l'analogo di p osco ed umbro =» *kv (17, 1. e
seg,)* £U)Ye avremmo due notevoli cose. La prima, che nel pa-
rallela di medid noa si possa facilmente vedere una compiuta
continoazion roma&a di^la combinazione antica ^ qual di conti-
nuo si vede nel gotico, e quale era, nella tenue, il lat. gt^ « *kv]
posciachò il rcmiano gvr vale a dire la combinazione di media
che equivale prosodipamente a qv, non ricorre mai iniziale, e,
qual pur sia la sua ragione istòrica, non si mantiene pur mediana
se non sia preceduta da n (o da r), come già possono mostrarci
i soli due esempj che in questo momento sia opportuno citare:
cioè ungu-o (= ung-o) ungu-en ecc., allato al sscr. ang (23, 8.);
e sangu-en-y che mal si staccherebbe da' due temi sanscriti asrg-
C^ssarg) ed asanr^ i quali si avvicendano nella declinazione, e
anch' essi dicono 'sangue' *^. La seconda notevol cosa circa la
continuazione latina di ^gv^ è questa , die vi si abbia , assai più
• Per boare ecc., v. Aufreght, Zeitschrift 8« e. , 1, 190-L^ e Pott,
Wurzel-wórterb. y I, 738-9 (Curtius, n. 642); per bà-culo- (non
bà-culo' come erroneamento statuisce il Gorssen, Ausspracìie ecc.,
sec. ed. , p. 429) ecc., v. Studj criticiy II, 106, Pott, Le, 17 e 31
(ma pcbcuXoc [GyrìU. ap* Ducang. in Glods.} altro pur non sarà che il
baculìM latino, comechè vi si aggiunga dal moderno dialetto di Cipro
[Philistòr, III, Atene, 1862, p. 436-7]: paxXa, :? ^p8o<, 8t' ?« tt-
vQCQVovtat 01 xapW; pccxXi Cfi^, Tcvaorvu» toÙc xocfTcoò; Sia ti}; pocxXac; tal
quale il nostro ab-bacchiare),
•* V. Vlnd. - Di questo ravvicinamento, ormai antico (Bopp,Pott),
sembra non venato alcun sentore al Gorssen , il quale sbiaszarrisee in
singolar modo per escogitare di sa^a pianta un'etimologia di $angwt
{Beitràge zur lateinisch, formenlehre y 66).
§ 26. GENESI ED ETÀ DI C/V. 127
sicuramente che non in quella di *kv (cfr. p. 80 e seg.), il v con*
vertito in esplosiva (6), al modo del greco, dell'osco, dell'um-
bro, ecc. Locchè diventa ancor più degno di nota quando si ri-
corra ai paralleli celtici, nei quali vedremo, tra poco, la favella
ibernia, che non aveva comune colla britone il fenomeno di p
da *kv (18,3.), come il latino in ciò non concordava col greco
e con l'osco e coir umbro, farsi all'incontro partecipe anch'essa,
insieme con la britone ^ di questo di b da *gv. Quanto è poi
alla ragione isterica della combinazione ^gì) che si continua per
t) lat « p gf . rt '^gp qv got., avvertiremo imprima, non aversi
alcun esempio, fra i riscontri indo-italo-greci, nel quale il t?
risulti etimologico od organico, com'era, nel parallelo di te-
nuCy del v di quegli esemplari che si continuano latinamente
per eqvus e qwo (p. 83) *. All'incontro avviene pur qui, che
il sanscrito soglia rispondere colla sua palatina (^) a questi
continuatori europei di un antico *^t^; quindi: ^fo (1.), gja (2.),
jr/d (3.), roi^as (4.), ni^ (5.), tar^ (6.), gani (7.), circa l'ul-
timo de' quali esempj {gani- ecc., donna) è notevole^ che Io
screzio fonetico pel quale negli idiomi europei si distingue questa
singola forma (*gvan-; pavnx, qven-l-, celt. ben) dalla solita del
verbo da cui dipende (*gan, generare; y^v-, gen-^ got. ftun-,
celt. gen), venga in particolar modo a coincidere con un qual^
che screzio asiano •*. Nello stesso gruppo di verbi per 'andare'
{gam ecc., 8.) vedemmo spuntare, nell'Asia, lo ^; e il solo
esempio, in cui a *gv si accennasse anche infuori del gruppo
* Si avrà all'incontro a reputare etimologico lo "gv^ che si riflette
nel sanscrito gval {gi>^ : *^t>- : : jjt?- : *A»-), divampare, ardere, e si
continua assai probabilmente, in favella germanica» per *qv (co2o kola
[carbone] : 'qval- : : koma : qvam).
^ Il sanscrito, cioè» risponde bensì » nelle attuaU sue condizioni,
con lo ^^ e in gani e in gan. Ma, dall' un canto, vedemmo ancora,
in sembianze originali, lo gn di un sinonimo indo-irano di gani" (24,
12. 25, 1. III.), e, dall'altro, vediamo lo zendo géhi-^ staecarsi an-
ch' esso da san.
128 § 26. asNESi.BD età di gvr.
itaIo*greco, e TÀsia ci desse, per esclusiva risposta, la gut-
turale intatta, era il nome del bove (10.). Ora, a questa parti-
colar convenienza di g sscr. e *gv italo-greco -celto-gotico vien
luce e valore dal fenomeno parallelo di ft sscr. = '^kv della stessa
sezione europea (v. p. 84-5); e pur qui si tratterà di gutturale,
che fosse intaccata sin dal periodo unitario, ma per modo ancora
poco distinto; si tratterà, cioè, a parlar con quella brevità che
ormai per questa parte mi si può concedere, di un tipo g^iv
(vivere; parallelo al tipo k^atvar, quattro), che dà, per un
lato, lo sviluppo ^jfi? giv^ e, per l'altro, lo sviluppo guiv gviv,
«E lo sviluppo indo-irano del tipo gHv- ^iv sarebbe venuto a
coincidere collo gj {g à& g) surto di sana pianta nel periodo
indo-irano, in piena analogia coi paralleli di tervue\ e qui anzi
il livellamento sarebbesi esteso anche al tipo marg^- "^marz-
(fregare, mungere; parallelo al tipo dak^a, daga^ dieci), già
più addietro discorso, confondendosi, per gran parte, nell'Asia,
z con g. E pure qui, finalmente, al tipo che nel periodo indo-irano
ci risultava assibilato, o proclive al sibilo {marz- da marg*-, cfr.
pag. 118), anche la favella litu-slava, sola tra le europee, rispon-
deva con la gutturale assibilata (25, 2.), quando nel tipo g^iv
{g^'o ; gviv ) , air incontro , la stessa favella litu-slava , sempre in
piena analogia dei paralleli di tenue y ci offrirà la gutturale
intatta (gyvas^ cioè giva-s, Ut. = sscr. gfva-s^ vivo, 25, 4. e
p, 117 V. 1. f. •). . Là dunque ove coincidono ^ sanscrito e *</»?
* Così, a tacer del lit. gija messo a confronto del sscr. gjà (25, 4.;
gr. ^10 e, 26, 3.), dove forse anche il celtico ignora Io gv^ a cui la
forma greca risale (v. la n. * a pag. 116, e cfr. pag. 131), va pur
notato, che il solo lita-slavo mostri nell'Europa: gana e non *gvana
nella voce per ^femina' (25, 3.), di cui fu testé riparlato. Né il litu-
slavo partecipa di gvj dove a questa combinazione europea risponda
prevalentemente od esclusivamente il mero g indo-irano; quindi nel
lettone: gà-ju^ lo vo (di contro a ga- gva- del n. 8.); gòwsy vacca
(di contro a gó- [gau] gvò- del n. 10.). Cfr. eziandio il § 36. - Circa
gyva-s v. ancora la n. * a pag. 130-1.
§ 26. GBNBSi XD btI m gv. 139
aiiropeò, é massima doVe si tratti di più favelle europee che ri-
flettano !^^, crederemo che il t) continui una parassita, la quale
aveva messo radici sin dal periodo proto-ariano. Avremmo poi
que'casr, in cui l'appendice (t?) sia comune a più gruppi europe»;
0^ peculiare ad uno solo, mentre TAsia o mostri intatto il ^ o
affatto non dia alcun sicuro riscontro; e qui le presunzioni di an-
tichità verranno per èssa appendice man mano scemando. Celto-
italo-greco appare lo *gv nel nome del bove (10.) ♦; e solo la
Grecia, all' incontro, accenna sicuramente a *gv nella voce per
'grJBtve' (26, 9.; 21, 3.) **. Concorderebbero gotico e latino in
sttgqvran'{ciòhstinqv'^an), urtare, e -stingu-o, msL all'antichità
dell'appendice qui contrasta, a tacer • d' altro , la sanità della'
gutturale nella risposta greca {ITIT; v. Vlnd.). Amendue le figu-
re, cioè g e *g.Vy si. possono insieme riflettere nelle stesse favelle
europee; come sarebbe del prar, originario e sanscrito, inghiot-
tire, che fra i Greco^latini si continuerebbe, oltreché ne' ter-
mini polla gutturale intatta (22; l.),'in .*gvar pop-o'-;, -vor-u-s
(vor-o) ecc. f **. Il latino è solo a darcele entrambe in ^fruv-or
* Nella risposta germanica, abbiam forme contratte, quali ran«v
glo-sass. cti (vacca) o Tisland. ky (ky-r; id.), che potrebbero lasciarci
in dubbio se vi si rifletta !g oppur 'gv iniziale; né per affermare il
solo 'g basta ancora T inglese coio.
** Il Grassbiann (Zeitschrift s. e, IX, 28) ha voluto vedere nel
sscr.^rt*- una contrazione di 'gvaru-, e ìI.Gorssbn {Beitràge ecc. , 63)
gli va dietro. Ma,' dall' un canto, si ha gar^ (non gvar^) nel com-
parativo ecc. (21, 3.; in parecchi idiomi pracritici pur nel positivo),
e ursscr. è assai frequente per ar originario (v: V Jnd»); dall'altro
poi, la scarsa antichità dello '^v di 'gvarus ^ocpuc appar manifesta
dair eccezionale discordia, che v'ha, in questo esempio, tra la conti-
nuazione latina Cgarui- grani) e la greca (*gyaru- ^pJ-). Quanto ò
poi al gotico haur^-s (gravis), il. suo au fa' tanta prova per u origi-
nario quanta ne. fa quello di bàurans (rad. bar).
' *** V. ancora il Curtius ài n.i 638 ( Yocupo;) e 642 ( yoo^ ecc. ) ; ma la
sua ipotesi, che. nel ^(uoi.{ipyoixyi^ ^ouc, bove lavoratore) di alcuni
lesMcogifatif .si mantenga il g dì gàus.^ ^oil;, mi pare affatto improbi
AflooLi, Fonol, indo^,'gr, 9
IrBO § 26. «KETisi va irà m ffv.
(fraor)'^ allato a fi%§fè$^ eh« risalgono ad trt coA^oMFvy.hkrvfr
normalmente riflesso dalla radice^ germanioa BftCK, tufòperai^e.
Dove il latino abbia esso solo^ ed unicamente, la figura che
i^ccenna a *gVi e si tratti di figura inisiale o^ ira' vocali, e qmnH
di solo V latino di coltro a ff eterogleaso, la mancanza di anelli
intermedi potrà talfiata renderci un po' esitanti, malgrado la
perfetta concordanza dei signifioati, coma è nel caso di vàdinn
allato a gàdUa-m sanscrito ^'^ ; ma negF incontri die smnigli»)
ad ùì> (*ugv; uveo uvidus) allato al greco ^IT (uy-f»-^, umido),
il dubbio degenererebbe in soetticiamo. Lo svilupparsi, per entro
al latino, di v anorganico dietro a gr, è del rèsto fènomeRo pid
evidènte e sicuro, che non sia quello di v peculiare al latino
dietro alla tenue (v. Vlnd)', ed è fenomeno, del quale tantosto
arguiremo che si ripeta anche in idiomi romanzi.
§ 27. La quistione, se v' abbia p sanscrito o indo-irano da *ko,
che fu a suo luogo da noi dibattuta (§18), non trova alcun
riscontro nei parallelo di media ***. Air incontro » come già ci
i« i*^»» » I %
babile. roTo; (cfr. p. e. \<xo-Yato-;, uguale quanto alla terra) dirà sem-
Bticemènte: che è sul campo. Il sscr. gatja^s, bovino, ha all'incoii'
tro il suo sicuro riflesso nel gr. -poio-c (^o^io-) che ricorre in àvt/^
^^oio-c ed (do-^oco-g (del valsente di un bove), e altrove ancora.
♦ V. CoRssEN, Aussprache ecc., P, 87. Lo "gv^ non essendo prece-
duto da n o r, si riduce normalmente a v (*fruvor; v. s.), e questo
è assorbito dall' u che gli precede.
** CtJRTius, n. 634; Bbnpby, Orient u. occiéLy I, 586. Nel verbo
latino {vàdare) si rivede la lunga.
*** Si è voluto vedere un caso di t? da ^ nel sscr. ^fe, vivere (26, l.)f
ricondotto a *gmgv, dalla qual forma avessero ragione cosi uno *[gjvig[vl
che dichiari i lat. vio'si vic^tu^ allato a vw'-o, come le fornw ger-
maniche sulla stampa dell' islandese ^ik^-indi (qviqtMndi) , aaimal
(vivum); ed insieme si è voluto che amendue H gv di ^^i^ noa
fossero tra di loro per ragione isterica diversi. Ma, dall'uà canto,
bisognerebbe ammettere^ ohe i due gv si continuassero, nella voce
sanscrita, in due diversi modi, l'uno de' quali (v da ^) non avrebbe
altro esempio, a tacere che per noi pur non sussiste uno ^ da g»i
S Mi 'l^r SI mmtJQE "A i CEtTlOO i RtlHENO i S AttBO. 181
accadde <atyei^tìte, il fenonieno' di ^ da pt? è comune ad améndue
i rami della favella celtica (cfr. §18, 3), dai quali ci sono offerti
glì,6$empj'elie orai aftguonof iiou diversi, p^ età, da quelli che
Ufi ^ discorso della' tenue ubbiiono addotto :
' 1. irlafidV (ibern.) biu,'[béó]^ *biro- "gviVo (26,1.), vivus, beothu^
[òethu]y Vita,. Mac? ('bivatha, Pioto?), victus, esca;- gallese
(bfit.)' èytt?, rivuB, bywit\ vita, eornvalL (brit.) biuy vita; ir-
; landese &en, [fian-], 'bena 'gvana (26, 7.)r, mulier; - cornval-
i leso ben^ mulier, behen^ sponsa; irland. bó (gen. bowy dat. pi.
e, dall' aJtr^, questo stesso ipotetico *^z^ avrebbe una continuazione
ecoezidnale nel' gyìMt*" (ali^ioh^ ^^-aH;.v, la n. * di p. 128 e il luogo
de^ testo a (Gai si riferisce) del lituano. Dato, del resto, per semplice
ipotesi , che il v del sscr. giva- Q del lit^ gy^a- risalga a uno gv ante*-
riore, non per ciò si tratterebbe ancora di fenomeno sanscrito oppur
litu-slavo; poiché manifestamente abbiamo un giva- (gyiva--) del pe-
riodo' unitario, che si riproduce, come a suo luogo vedemmo (26, l.)i
anche nel gotico qviva- (e pur nel greco ft/'o- *pr/'o, e nel riflesso
celtico a cui tantosto arriviamo), e dal quale non si troverà anima
viva che voglia staccare il vivo- latino per farne, col Corssen, la
spoglia di un. suo ipotetico mostro reduplicato: ^gvi^gviv^ 'gvi-^gu-o
(Atis^prache ecc., sec, ediz., I, 389-90, dove, per coonestare la re-
duplicas^ione, ricorre- stranapiente a forme sanscrite che son ài perfetto
reduplicato), ha, qxiesiiojxe si presenta piuttosto cosi: se nel periodo
unitario vi avesse < oltre al- tipo gviVi anche il tipo gvig] e non v*è
pure alcuna necessità djl questo gvig. Poiché nel germanico qvik-
(qviqv-,. quegk, cheg),. allato ^1 got. qviva-y la seconda gutturale
può essere anojrganica (cfr, p^ e. Schleighbr, Compendiuniy sec. ed.»
ad § 199; CyETius, o. c.^ sec. ed., p. 527); e lo [gjvig o [g]vik^ che
appare nel latino viotu^s ecc., può essere figura peculiarmente latina,
aggiuntasi a [gjvvo-^ a [g]vi (ofr. sscp. ^w, zen do gi ed anche gjàni
gr. Pi;f- e K/^-^-gVjày v. Tult. n. della Lezione), la quale stia a [g]vi
.(cfr, Ì^Lvirtay <?he pur potrà avere la stessa forma radicale che è
nell' ^uivaiente %Qndo- girti ^ dove, ricord^^iemmo , in ordine al suf-
P^BSOysecrta e simili) 0031 cpme fluc-tU'-s a. fluro. Cfr. nello zendo: gì-
tj^a, vivo, girti" ffi-i-ti^^ vita. Ciyca Tei nel lat. are: veivo- ecc.,
V. il primo Saggio gfeoo nel seo* voL degli St\Adé critici , verso la fine*
132 § 27. gf> SI riduce a h celtico, atJMXNOi sabbo.
buaib 3 bòbus, aoc. pi.. òli » ^uc), *boa *gTou (26, IO.)* vacca; -
gallese boutig^ stabolum *.
Tra gr idiomi romanzi » incontriamo per b da gv gli stessi due
che ci accadeva di citare nello stadio ài p àsL kv {§IS,1,2).
Quindi il rumeno, che ci mostrava -pe {^ -pa) per -gua in
ape = aquUy ecc., ci darà analogamente -be (^-ba) per -gtui
in ìimbe = lingua **. Ma il terreno classico pel fenomeno
di b rimpetto sl gv o g eteroglosso, è la Sardegna; e qui an-
cora, come sempre, quando non aggiungiamo alcuna particolare
distinzione, si vorrà intendere, per sardo, Tidioma del Logu-
doro. Già vedemmo che veramente valgano per b ^ gv anco gli
esempj che ci avvenne di allegare sotto kv (18,2.); ed ora,
seguitando a distinguere i casi residui ***, vedremo imprima:
b sardo continuatore di gv latino , in
2. limba^ lingua;- imbena^ inguen;- sàmbene^ sanguis (san-
guinem; v. am&tst^);- ambidda {r.dd^^llìy anguilla.
* V. Ebel Beitràge zur vergleich. sprachforsch.^ I, 463, II, 159-60;
III, 7; Stokes, ib. , Y, 446. Il cornvallese banathel^ genista, addotto
dallo Stokes medesimo, ib. 445, coincide esso nella parte radicale
colla voce latina? La discrepanza tra il gallese giau (nerves) e il
gr. pto? (sscr. gjà^ 26, 3.; Miscellanea celtica by the late R. T. Sieg-
fried, ed. by W. Stokes) potrebbe forse renderci sospetto questo ri-
scontro , r antichità dello *gv avendo qui per sé lo g indo-irano. Cfr.
le note a p. 116 e 128. - Altri due esempj di J- celtico = "gv^ propone
lo stesso Stokes nel suo Cormac's Glossary (Calcutta, 1868); cioè il
gallese buan^ pronto, rapido, allato al sscr. gavana--^ che ha il va-
lore medesitno ( y. V art. buanann , non infirmato , per questa parte ,
didXìe Addenda) ^ e l'irland. bddud (nauf ragium) , gallese boddi (mer-
gere, mergi), cornvallese bedhy^ basso-bretone beuzi^ allato al greco
BA9 Cguadh, v. Vlnd,) di pa5u-; (profondo), pu^i'Cw (sommergo), ecc.
** Altro caso di continuazione rumena di uno gva latino, non si
troverà di leggieri. Oue gui smarriscono Vu (cfr. pag. 90); cosi:
sunc/e =s sanguis. Sarà egli lecito supporre un Hnter-^ogiùxre (cfr. ftn-
guo allato a tingo = Teyyw) P©1 quale si conciliino il latino interro^
gare ed il rumeno etrebà ( interrogare) ?
•♦• Cfr. Studj critici;! (1861), 26 [«304] e segg.
§ 27. ^ SI BIBUOB ▲ b SAEDO. 133
Ne* quali esempj ci risulta manifesto, che la radice del & sia.
veramente nel v (u) latino, e non si tratti già di g che passi
in b ed assorba l't^; poiché, dall'una parte, troviamo intatto
il g quando è appunto sparito Vu, come è in disUnghere, e,
dall'altra, vediam la doppia nelle congiunture in cui si può
vedere {abba ebba^ *9LgbB, *egbeLy *agua *egua, aqua equa), e
questa dee provenire dall' assimilarsi che fa la consonante g
all'altra consonante b. La ragion della doppia, e la tendenza
a dileguarsi che è propria a v sardo mediano fra vocali {aénai
avena, ecc.), dissuadono, del rimanente, dal supporre che vi
avesse il semplice dileguo del ^ di gv (come è p. e. nel lat.
pfv<h = *gvivo-), e il V più tardi passasse in b (*agua, ava,
aba); e quindi affermeremo, anche per la serie attuale, che
lingva, a cagion d'esempio,' desse imprima lin^bay e poi, tra-
montato il gy desse Unba, onde naturalmente limba, per quel
notissimo fenomeno che ci fa dire imbevere imbianchire anziché
inbevere inbianchire. Ma vi ha all'incontro una serie di b
sardi iniziali rimpetto a gv italiani, nella quale non è punto
certo che la ragion genetica della consonante sarda coincida
con quella àA b di limba ecc., comechè a prima vista la coin-
cidenza appaja perfetta. E la serie che ci sarà rappresentata
dai seguenti esempj :
3. bAina^ guaina;- bastare^ guastare;- bardare^ guardare; -
bindalu, guindolo.
Ne' quali non risaliamo a gv latino, poiché si tratti o di vo-
caboli germanici che nella lor forma nativa incominciano per w
{wart-èn, stare in attenzione, uoind-anf torcere), o di vocaboli
latini con v iniziale (vagina, vastare). Ora, dall' un canto, se
per le voci germaniche pur si dovrà ammettere che anche la Sar-
degna abbia un giorno avuto , in simili esempj , il gu- romanzo
per l'antico v- (to-), ciò non appar certo in alcun modo per le
latine *; e, dall'altro, la tendenza di portare a & il semplice v
• Di ^iia«- romanzo per va- latino, v. l'Indice. È noto, del resto,
come pure al to- germanico non tutti i Bomanzi rispondano con
184 § 27. §fV si ItlDÙOB Ab flA'RSO*:
antico iniziale, h spiccatissima in Sardegna (&^^^^»n^,^^nhff
Terme, Tento; ecc.); al che si aggiunge, olie la pi4 fàcile di-
chiarazione delle serie che ancora ci riniangóho ed hanno con
la presente di comune che il loro h punto non risalga ad uno
gv romano, è quella per cui di *gv- resti tv, e il t? passi di poi
in h. Considerate le quali cose, il sardo hàina^ guaina, a ca-
gion d'esempio (comune pure al dialetto settentrionale, che è di
fondo siculo), potrà semplicemente risalire a vaina (^ Tagina),
e vaina appunto ricorre nel dialetto napoletano. Ugualmente
hadUj guado, che è comune a tutta l'Isola, risalirà, ^come il
vado spagnuolo, alla schietta forma latina (vadfum *), la quale
eziandio si continua nel logudorese vadu^*^ e bindalu^ {GM^
larza, sempre nel Logudoro) , guindolo, a cui. stanno allato il
sinonimo ghindalu e il Terbò ghindare (girsure), può aver com-
piuta dichiarazione da un *vindalu, spoglia dell' anteriore guin"
dalu, e del resto incontra il v rafforzato pur nel sinonimo italiano
bindolo {= guindolo). Restano le serie, nelle quali parrebbe,
a primo tratto, che, per un tozzo peculiare al sardo/ il. p. an-
tico, od anteriore, si tramuti senz'altro in 2», di guisa che si
abbia il mero scambio di media per inedia, il che p\ir sicura-
mente non è. Ma intanto passiamole in rassegna:
• . . '..... . •
4, I. BU- Bo- di contro a gu- go- (cu- co-) delle forme anziane : biU-
tiare, buttiu, gocciolare, góccia (làt. gutta); buia igolB: (lat
gula)\ bustUy bustare^ pranzo, pranzare (cioè: gusto ^gustar
re; cfr. gustdrij nel sardo settenttipii;ale., pranzo, e nel meridior
naie: colazione di mattina, e ancora il frane, goiìter^ merejida, a
gu-. Così nel friulano si rispondo per u {t>u): if^ére guerra, uaH
guarire, uardà guardare.
♦ È noto che in guado guadare si incrocia là corrente Jfaiiàa (va-
dum) colla germanica (wat).' ' .;.:.), . < : .
** Qui, e in casi consimili ^ mi sorge iL dubbio,' se jyagpamente la
doppia figura, offertaci dallo Spano nel suo Vocabolario, sempre si-
gnifichi due voci^ ciascuni delle quaU abbia Tita distinta e propria;
T, le note a p. 136 e 137. .,.-;;...;.
§ 27; ^ gì BCKTCB ▲ Ò SARDO. 1S5
: U.fSriid. jnM^9 pranzare» gyatdd^ praiiBo); hviteddu^ nel^ial.
Bonrìdv^ortedk^u s corteUo (cu fóeZZuf); durmeeZcfa ~ ital. gon-^
■
sjella; boddire^ cogliere, e ancora in quakhe luogo del Logu**
doro: goddire^ collire ^ lai. CQlli[g]ere^ ital. cogliere; budda
{'guada *ctAada^ covata; cfr. cùa^ nascoadiglio [covo], cuare,
nascondersi), e abbuada^ covile del cinghiale, abbuare^ nascon-
dersi, abbuadu^ nascosto.
IL BA- di contro a a a- (ga-) delle forme anziane: basane ^
cavallaro (lat. agaso agasonem\ Spano); , battu ^ ital. gat-
to; 6amar«, allato a ^am^are (Ramare), caricare; bar^
du ['gardn], cardo.
IIL BE- Bi- di contro a oe- oi- di forme latine od italiane,
conaerrata o data al^, nella base sarda, la pronunzia gutturale
, (cfr. anghelu^ ghinghiva^ e i riflessi sardi di 'gettare' che stiam
per addurre *): bénmaru^ genero (lat. giner)\ bslu^ belare^
. gelo, gelare (lat. g^u eco»); binistra^ ginestra (lat. geni"
9ta)\ benujuy ginocchio (genu-clo, g 23, 2.); bennarzu » ital.
gennajp (lo gè ital., che qui è dallo Ja- di jamborius ^ si fa pri-
mamente ^Ae- sardo); belosu, belosia^ geloso, gelosia (ancora
òe- =^6- ital., che in questo esempio vien da ze- [C^Xo-]); bet~
tare = ital. gettare (ancora gè- ital. da^d- lat. [jactare], e il
sardo meridion. ha ghettdi ).
Ora, i fenomeni fonetici, che ultimamente nel sardo stesso e
in tante altre favelle considerammo , già persuaderebbero , a
priori, trattarsi pur qui della evoluzione: g gv &, che è quanto
dire di un abbarbicarsi continuo del v parassito alla media gut-
turale; e solo rimarremmo incerti, se più precisamente si abbia
a stabilire la scala: g gv ^b b, oppur quest'altra: g gv v b.
Senonchè, della evoluzione da noi affermata non ci mancheranno
particolari indizj pur ne' casi a cui ora siam giunti, e le figure
intermedie, alle quali alludiamo, qui ci indurrebbero a prefe-
* Si confrontino l'it. conghiettura « congettura » co^jectura, e an-
cora ghiacere^ ghiacinto (giacere, giacinto), che i lessici danno per
pronuncie fiorentine; comechè in questi e simiglianti esempj si SLlh
Uà gj^ jò non àncora i^, 'pei? g anteriore. Ma cfr. Tit. salgo » "salgo
«salio, e simili, nella Lez. XII.
136 § 27. gf) SI riduob a b sàbdo,
rire» come già fu di sopra accennato, la succession fonètica:
g gv V b. Rifacendoci cosi a qualche esempio della serie gu^^
gO' (3, L), nella quale la special natura della vocale favorisce
grandemente lo svilupparsi della parassita, stabiliremmo: *gul^
teddu (coltello; merid. gorteddu) *gvultèddu *vulteddu bui-
teddu *, e lo stadio che scriviam vulteddu sarà per avventura
continuato in urteddu, sinonimo di bulteddu, come il processo
di gula *gvula *vula buia sarebbe analogamente confermato
da ula^ che dice ^gola' anch'esso, e sta a gula cosi come ùturu
(*vuturu *gvuturu) b,* gùtturu (lat. guttur), o Mr^wzzone (che
si udirebbe a Guglieri, sempre nel Logudoro)^ gurgugìione
(gorgoglione)**. Dalla stessa serie prendiamo ancora bun-
nedda (gonnella; comune anche al dial. settentr., e ritorna,
fra i Córsi, nel bunnedru di Fiumorbo), la cui figura imme-
diatamente anteriore: *t?Mnn^6Ìrfa (vunnella) coinciderebbe col
napoletano vonnella. Per la serie successiva ( 3 , IL : *gattu
*gvattu *vattu battu)'non va trascurato arghehtólu, gola, che
si rappicca all'italiano gar gatta, e allo spagnuolo garganta,
per l'intermedio *gvargantólu (vargantólu, bargantólu; cfp.
adu = vadu = badu, guado; ecc.), e s'imbatte nel valgastólu,
gozzo, del dialetto settentrionalOv Lo stadio del ghe-y tra gè-
ital. e be- sardo (3, IIL), è finalmente dimostrato, nello stesso
* Per meglio capacitarci della sicurezza con cui si può ammettere
b sardo iniziale da v anteriore, vogliam qui intanto aggiungere gli
esempj che seguono: bacca, vacca, bacu, vacuo, barzu ('barju), va-
rio, bendere, vendere, bénnere, venire, berre, verro, beste, veste,
binka (*binja), vigna, birde', verde, èiYeWw, vitello, boghe, voce,
bolare, volare; ecc. V. ancora 1' /«dice, s. b protetico; e cfr. la nota
alla pagina seguente.
** bulteddu, urtéddu, entrambi logudoresl, si trovano presso lo
Spano, sotto coltello-, e se a&còra ci valiamo con qualche riserbo di
cimili doppie figure, ciò avviene per quel dubbio di cui già fu toc-
cato in una nota della pag.. 134 e di cui si riparla in' sulla :Ane di
(juella che ora sussegue. ■. . ,
§ 28. OOKSIBBRAZIONT RBTROSPBTfIVB. 197
idioma del Ldgudora, dairàntiquato gmtare '^ béttarè *^ get^
tare *.
Di questa guisa è scossa di certo ^ anche pel sardo, anzi è tolta § 28.
ogni fede nello asserto della sostituzion diretta di media a media
(Sa gr), che in^^Zw^gelo, &a<<w« gatto, e simiglianti, pure
avea cosi sicure apparenze. E non sarà, per avventura, inop-»
portuno, se a questo punto ci fermiamo un istante per dar luogo
a qualche breve considerazione, che valga a corroborare V opera
nostra, si per la parte già compiuta, e si per T avvenire. Il campò
deir immediata, arbitraria e imperscrutabile sostituzione* delP e<^
splosiva di un ordine alla esplosiva di un altro, cóme di t a h;
* Questa voce, che lo Spano adduce, nel Vocabolario, da un testp
a stampa del XVII secolo (Gar. = Garipa) , parrebbe anzi darci adirit-
tura lo stadio del gue-^ ma è assai probabile che vi si abbia gite alla
spagnuola per ghe; cfr. faguere = faghere (facere) ecc. ap. Spano j
Ortografia sarda y 19, e promiscuamente fagher e faguer nella stampa
di un documento del XII secolo, fatta nel XVII, ib., 111. — Piti fede
parrebbe meritare Vu di quàdere = cadere, che lo stesso Spano ha,
nel Vocabolario, da antichi manuscritti, poiché anche nello spagnuolo
basta ca per rendere la pronuncia di /^a; ma pur si regge il sospettò
anche per quddere. Del qual verbo non si vede, del resto, ir riflesso
moderno, avendo mere usurpato le' funzioni di cadere. Ac-
canto a guettare e tettare avremmo ancora ettdi*e (etàre), sempre
per ^gettare'; e in ettdre saremmo tentati a riconoscere il continua*
tore dello stadio 'zcettare^ ricorrendo ancora all'analogia dei casi di »•
etimologico, nei quali ugualmente compare il doppio riflesso sardo,
vale a dire ò- nell'una figura e zero nell'altra; cosi: beju = *veju,- eju^
veglio, herveghe = 'verveghe = erveghe^ vervex, benturzu ('bentur-ju)
B *vultur-ju 3 unturzu , a-voltojo. Senonchè , sentiamo il bisogno , già
in precedenti note accennato, di un migliore accertamento critico
della suppellettile lessicale del logudorese; vigendoci per ora il dub-v
bio, che, almeno in parte, queste doppie figure (dettare ettdre] eccy
veramente si riducano ad una sola, a quella cioè col d-, che nor-
malmente si affievolisca o si dilegui quando ò preceduto da vocale
(cfr. p. e. SOS òoes, i buoi, ma unu oe, un bove), dubbio che si ésten-*
dèrebbe anche 'al caso di 4«econe aliatola òiecóonè, bòci^ne.
I3S § 28. OimSIDBBA.ZIOMI «affBOBNBTnm.
ik-p 9^ if A d a ff; di d a ^ e TÌd6Vérs3[« per la (filalo toi^-*
berebbesi ogni legge di continuità , si viene restringendo, man
r manOvCha la Éneaza progredisce, entro a confini semiure in più
angusti.; e in ordine alle voci che veramente spettino air antico
e vivQ patrimonio: di un popolo, si ridurrÀ, alnien per quelle
lingiie che qui si considerano, se pure non ò già ridotto, a pres*
sochà nulla. Di consimili salU ben se ne hanno nelle conso-
nanze composte (come in gì, in sk^ ecc.), delle quali a suo
luogo sì parla, mostrandosi la ragione fisiologica ad esse pe-
culiare; e pur le esplosive scempie pcmno andare incontro ad
aerazioni di sUnil fatta, quando manichi ad una Imgua^ op«
pure vi sia insolita, una qualche articolazione che occorra nelle
voci straniere di cui viene a far uso. Ma non ci rassegneremo
mai a credere che una esplosiva scempia , o indigena o propria
di un idioma che ha soppiantato T indigeno, passi di punto in
bianco da un organo all'altro, quasi per un difetto di pronuncia
di cui sia preso a un dato momento tutto intiero un popolo; e
quindi errerà di certo chi ancora voglia, a cagion d* esempio,
parlarci di k originario che immediatamente passi in ^ o peggio
ancora in p ellenico; e un assai fallace ripiego sarebbe quello
dell'antica esplosiva indistinta, che si venisse determinando,
tra le varie favelle, ora in un organo ora nell' altro. Ma ben noi
vedemmo per quali anelli intermedj si possan compiere evolu-
zioni siffotte, e insieme vedemmo come la scienza riesca di vdta
in volta a porgerci il filo delle successive mutazioni (§§ 14,
17, 21); la causa generica delle quali consisterà veramente in
ciò, che pel graduale sviluppo di suoni accessorj (fenomeno in
mille guise accertato), o per l'afSlamento di vocali attigue, la
esplosiva scempia si faccia imprima consonanza composta {hj
da k ecc.), ii cui secondo elemento è sovranamente efficace a
provocare mutazioni ed impasti. Per grande adunque che sia
l'autorità di chi voglia farci credere a tài capricci della favella ,
pei quali il p del lat. pectus , a cagion d' esempio , sarebbe sen-
%^'altro passato iu A nel macedo-vàlaco cA^^u, e vicevej^sa il k
del latinp ;2^fa<kc^ aarebb? raalt^ito inpu^p/afru d^Uo^stesso
§ 28. ÓONBIIÌBRABIOKI tOETROBI^^SléTIVE. IM
idioma^ TàlaiQp/iion jaccohciamod ad essa, m^ serutiamo inde-
beorif 6 sa le comspondeaze son T^re, rktorià naturale dèlia»
loro divergenza fonetica dovrà farsi chiara. Del j? di patru rimn
petta alld ^i> latino (18, L), già còsi avemmo compiuta ragio-
ne.; ; e^ ài duma déUa figura pur vàlaea ( daco-roinanà ) pieptà
(= cheptu) troveremo a suo luogo come in cheptu si tratti ve-
faiiiente di i[j] àsL pj (*pjeptu), cioè di fenomeno che entra
neir analogia di chianu siciliano da *pjanu (planus), e infiniti
casi simili. Cosi là supposta permutazione zaconià di t in k
(xiiJLy), che però pronùncias^i cimf^ tuxij, pregio, prezzo), e di A
in t (ervivou et€ni!t = SX61V00, di quello; allato ad exetvi ectni » exEcvoy
^Ut^U^, no»* Ji.), do*eia. realtà: si tratta di Ri j(in) -dac tf,.\o
di ti da Ut (ci), rendesi affatto chiara, come più tài^di H^CKH;
meglio apprenderemo, dagli intermedii kji tji, vale a dire da
quello^ stàdio fisiologico di cui già avemmo ripetutamente ad
avvertire che 'possa importare indifferenza tra base palatina
e base dentale (p. 44, 92); e analogamente non vi avrà, tra
il gridone, torna (criniera, giubba) e il latino coma, lo sbalzo
inaudito di &o in to; ma òon verrà ricorrere alla singoiar figura
italica: chioma , e quindi ancora: fyo- Ajo- t[j]0'*.
-5 O
* Non rincresca di veder qui ancora citato il costante fenomeno
di esplosiva dentale o semi-dentale da esplosiva gutturale, ^é oc-*
corre in un idioma o sub-dialetto di famiglia diversa^, ma pur giova
a convalidare il nostro ragionamento e in ispìecie ad illustrare il fe<^
nomeno di t greco =s hv pre-ellenico (§21)- Federigo Mùller- (Orimi
tt. occidenti III, 104 e segg.) ci offre cioè un elenco di voci siriache,
dettategli da alcuni Siri d' Urùmijjsth, nel quale abbiamo costante-*
mente t e d (che il MtìUer distingue nella scrittura, accennando pro-
babilmente a i e d di pronuncia linguale) in luogo de* genuini A e g;
p. es.: rtàbà da 'ktàbà, libro, ^exvà da 'kuk[h]bà, stélla, dùmtó da
-gùmlà, camello. Ora il Mtlller medesimo opportunamente rimanda,
circa ^s A, alla grammatica che ci diede lo Stoddard del siriaco mo^
demo come si parla ih Urumij|ah^ in Persia ^ nel Kurdistan. Nella
quale d' detto, che il k assume in. quel parlare siriaco la pronuncia
del Jt.iagloffe di Atn<;^.vàle a dire di .un k fike yòl^ ,à ìy Mf^Qtà
140 %20. Z GRIMO DA gj S Ifj.
§ 29. ' "E cosi sarem finalmente bene avviati alla intelligenza di una
evoluzióne ellenica, della quale ancora conveniva far parola
nell'istoria di ^.
Occorre in ispecie nelF odierno dialetto dei Zaconj , che al
pósto dell'antico g (y), e pur dell'antico b (P), si trovi i (C):
1. Zaconio e^ou = lyca, io; (jlo^ou (partic. pres.) = luo'^ita^ mi travaglio,
soffro *; a cui si aggiunge da altro parlare neo-greco: SiocXiCo),
= StaXeyu), scelgo **. — Zaconio (poCoJ[xeve (partic. pres,) = ^o-
Pou{jiai, temo; C<xou, andrò, IrCar-xa, andai, felicemente ricondotti
dal Devillb a BA patvw (26, 8.) ♦♦♦.
Allato ai quali esempj moderni, vanno qui intanto considerati
^li antichi che ora seguono :
'2. L'arcadico e7ct-<apE(o, e l'arcadico o macedonico J^ép&^pov, al-
lato alle forme ordinarie c^ri-papéu), io carico, sopracarico, e
pure saremmo dunque ricondotti a: k^ kjy hj, tj^ t. — Finalmente
vdrremmo qui addotto anche lo zingarico (v. il mio Zigeunerisches^
p. 169 a), il quale ben ci offre t per k e k per ^, ma sempre, negli
esempj di cui la critica si può con qualche sicurezza valere, per effetto
del^' che viene a susseguire all'esplosiva; cosi sutjovav « sukiomv
{suhó * pracr. suhkha^- - sscr. Quska-^j mi fo asciutto, secco; ùngustó
.(^etimologico), dito, alplur.: ùngushjd. •— Gfr., allato dell'italiano
diaccio ^ ghiaccio y il siciliano dinocchiu = '^jtnoccfttu (ginocchio), e
simili; e nel pali: digaMhà = sscr. gighatsà ^ fame (Y. VJnd.).
^ * Gli esempj zaconj , quando altrimenti non sia indicato, provengono
dall'Artide du dialecte tzaconien, par Gustave Deville, Paris, 1866.
' ** Ho questo esempio dal Paspati (Journal of the Ameri<^an Orien-
tai Society, VII, 229: StaXÉycD pronounced by us often SiocXeCot)), il <ia^^
par che dimori in Costantinopoli.
•♦* 8 (cioè d fricativo, = th sonoro degli Inglesi) per p, sempre in-
nanzi adii, s'incontra ne' seguenti esempj zaconj (Deville,!. e, p. 84):
tu - ^l'oc, vita, triyp = p^S, tosse, ^oSi5i a epe^i'v^tov, cece, xouSé = xXio-
^tov, gabhia. Qui si può chiedere, se il 8 altro non sia che una va-
mziofie 4i i^, e ci porti, per l'intermedio di/^j, come, arguiremo Gb«
§ 29. z c^REdo DA. g} ir hj. l41
pQcpa5poy,r baratro; cui si aggiunge, di cèrto arcadico anch'esso»
. lo U^iktù (cfr. iffSeXXo) 3 expatXXcD, di un'iscrizione tegeaticà) dei
lessicografi, » poiXX(o, io getto *, — Nel dial. jonico occorre
XaCofxac, allato al comune Xx^a^ocvu) (^B), prendo, piglio.
Ora noi punto non dubiteremo, che tra la forma col ^ col &,
e quella collo (, ne sia interceduta una colla muta accompa-
gnata day (gj bj), il quale, secondo gli esempj, ,0 sarà affatto
parassito; potrà avere la sua ragion grammaticale; ed è bello
trovare, tra Te^ou zaconio e il solito lyw, reYJto {iyj^.) del mo-
derno dialetto di Cipro; come non sarà improprio il ricordare,
allato al moderno StaXeCw ("SiocXeYJw; 29, 1.), VoU^jx (a^yia), capra,
dello stesso dialetto di Cipro, pel volgare atya (v. rZnrf.), od
1
anche Tàyja (àyia) del dialetto medesimo, per i^g (age!) *♦.
Ma in ordine all'arcadico eTcì-^apec» , trattandosi che il p della
solita forma (sTit-pocpeto) succede veramente a un ^ (g *gv P;
papJc = *garùSf 26, 9:), può surgere il dubbio se lo C più precìsa-
mente vi provenga da gj {*gj *gz *zz C), oppur da bj {*bj *bz
*zz C); se, cioè, in altri termini, vi si abbia un'alterazione di
garu" (gjaru), oppur del greco pxpJ- (bjaru). Il qual dubbio si
potrebbe estendere anco a (epe^pov e a CeXXo» (^f apo^poy ^oXXtb),
pure per questi esempj reggendosi una qualche probabilità di
media gutturale originaria •••. E dato che qui si avesse C = *gj
faccia lo C degli esempj ultimamente addotti nel testo, a h esplosivo;
oppur se non si tratti di una particolare alterazione del ^ (v) mo-
derno, la quale si potrebbe cosi dichiarare: v merahiente labicìle,
che, per lo' spingersi dell'orlo della lingua tra* denti, volge allò th
sonoro degl'Inglesi.
• V. Ahrens, De dialectis CLeolicisy 232, Curtius, o. c. , sec. edé,
n.* 637. Non cito SXi^ov che i Tessali avrebber detto per èXc'yov, poiché
se ne contesta l'autenticità (Ahrens, 1. e, 219-20). ''OXt^ov sarebbe là
figura normale del nomin. n. del comparat. di hXl^o^.
** Le forme del moderno dialetto di Cipro son prese, quando non
*8ia altrimenti indicato, dalle Kypriakà del Saeellarios (Atene, 1868).
*^ V. Curtius, n.* 637 e 643. ^ '
allato" a ^ « '^gv (-(apsoi, ^p^pccn papJ '^gatù; ecc.), sareftmk^ a tal
doppio' riflesso gi^eco, il quale» per la sua ragione fonètica, non
sarebbe gran fatto dissimile da quello che avemmo (p. 62) in
Té<y<rapé< (*kj-) allato a ificiupec (*kv-) •, dal doppio riflesso che
ci pfifrivanp, ne' nostri vernacoli, zenoUQbenu[l]ju, entrajnbi
da gewucliQ^ ginocchio, (p, 98, 113, 135); ma la- ragione »toric^
avrebbe tutta volta, tra Tuna copia greca e l'altra^ questo di
diverso, che dello *A/ (e *ko) nel caso di TgWpe; ecc. si vede-
vano, radici pre-elleniche, quando non se ne* vedrebbero punto
per lo *(j[; (e *^t?) dell* ipotetico *gjarM onde Co^pfeo] e simili.
'; * II. preciso parallelo fonetico richiederebbe $ p di CQutro a rr^
e véramente parrebbero ricorrere $ e p, per^. originario. e sanscrito,
in 8eX(pJ( (SoXfóc), utero, e ^pefoc (*psp<po;), embrione, che entrambi
bì ricondussero al sscr. gdrbha-^ nel quale si riuniscono amendue i
«ìgniflcàii. Ma, a tacere della differenza che corre tra la condizione
del suono iniziale della risposta etereglossa di Tt^rapsc ecc. e quella
del suono inisiale di SeXfJc eoe. (cfr. il testo), e d^ altre consideni-
aioni anoora, v^ha questo principalmente contro ^ffk^gdrhha'^ clie
la «iqvSadoae B gr. » ^ ssor. n^n avrebbe d'altronde alcun vaBde suf-
fragio. U Curtius (o. e, sec. ed., p. 431 [II, 76^]) bea yorcebbe f ar
passare tra gli esempj di $ da g anche rkTii-^aptcìi (e lo (epe«9-pov) di ani
rparla il testo; ma noi può se non in grazia della sua- ipotesi, ohe tra
*gj e C debba essersi avuto, per anello intermedio: dj. Nò saprei se-
guirlo, se nel caso di CéXXco a pocXXu), che pure adduce tra gli esempj
di S da ^, volesse tenere la forma ifsllXhù (v. il testo) per particoliin
e sicuro documento del S. Ancora vuole il Curtius uno *4/"^~ tra^'
{,gi)i vivere, e il greco Ca-a>; e qui almeno rimontiamo a uno ^, e
quindi avremmo, nel *8, caso parallelo* a ^ a ky. Ma C«- potrà risa^
lire direttamente a gyj-a (cfr. Pott, WurzeìrwòrUrb.y I,^pag. 751, il
quale, del resto, ha pur toccato della particolar somiglianza- tra q^ie-
eto substrato dello C«-(o e lo zendo g^à in ^c^hti^ 'v^ita), ed anzij
.come stiam pea^ accennare nel testo, pure a ^lo^. -* Intorno alla gravi
questioni di fonologia greca che qui si, son* dovute preliminamente
^tpccfure, vogliasi consultare 1* Indice sotto C e a?, e lo scritto: Iffo-
doUi ellefiioi di ^-^i (cioò di esplosiva a cui sussegue^') nel sec. voi
degli Stu^ critici. ^ ^ ; i. •. .\
%29. s OBBOO DA gij E bj. 143
Senonchè, i moderni esempj di e ìsl *l>j\ e il corrispondente
antico esempio: XaCo^jiat C^Xa^jo-ixat, 29, 2.), ci dissuadono affatto
dallo stento di questi *gj ellenici allato a P da *gv; e in ctti-
-(apeco, C/pE^pov e inulta noi vedremo C da pj (2^*), non altrimenti
che negli esempj testé ricordati» ai quali aggiungiamo, antici-
pando sulle cose che altrove saranno compiutamente svolte, vtCc»
s vi^jd), io lavo (cfr. 26, 5.). Locchè non toglie che anche nel
greco antico si abbia frequentemente, come a suo luogo rico-
nosceremo, C da g-j; ma v*ebbe (per qui tacere di C da d-j)
pur ( da 2^1 e sempre ogni C per quel processa che fu di sojHra
accennato (bj hi ecc.; gj gz ecc.) ed è analogo al processo onde
risulta, in favella nostra, il doppio ^jf^f, cosi da d-j come da ìhj
{^vid^o vepgiò; ^deb-jo, deggio). In ojrdine ai fenomeni provo-
cati à9\jf il greco antico» giova avvertirlo sia d*ora« è affatto.
ndld'ooBdieioai d'idioma moderno*
i r
< *
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I
. .1 . :.»
LEZIONE QUINTA.
Delle aspirate in generale. — Le aspirate gutturali *.
§ 30. "^Continuando a ordinare il nostro studio secondo la serie di
lenoni che «ci è offerta dair alfabeto sanscrito, ora saremmo alle
restanti due esplosive dell' opdin^ gutturale, cioè all' o^pimto
tenue {hh) ed air aspirata media {gh). Ma al particolare di-
scorso intorno ad esse, è d'uopo far precedere generali consi-
derazioni, cosi intorno al sistema delle aspirate sanscrite, come
intorno alle corrispondenze che queste trovano nella favella
greca e nell'italica.
E gioverà, anzitutto, alla sicurezza della nostra esposizione,
l'avvertenza che segue. Noi troveremo, cioè, nella continua-
zione del nostro discorso, che grammatici, linguisti e fisiologi
non sempre intendano per consonante aspirata una esplosiva
accompagnata dall'aspirazione {k-h, d-hy ecc.). Cosi s'intese, e
può intendersi, per tenue labiale aspirata, la combinazione pf^
vale a dire la tenue labiale, a cui aderisce, o con la quale quasi
si fonde, la spirante correlativa. Noi tuttavolta, per aspiro^
taj senz'altro, sogliamo intendere quel suono abbinato, nel
quale alla esplosiva succede lo h\ e solo quando sia in discus-
sione la ragion costitutiva delle aspirate, e il contesto non
* Delle aspirate in genere, ed in ispecie dei continaatori latmi
delle antiche aspirate^ è trattato diffusamente negli Studj critici^ Ut
pag. 109-221.
j
§ 30l DBLBB aspirate SANSCRITBMN OBinHtALE. M&
66etad&^ qgmì ambiguità' oè imcei^tezzav chifamereiào^ k-h g^h eoo.
aspirate ^rei Ora eatmama seiiz^àltro" nella non facile materia.
GM passasse a rassegna, senza adoperare Pooobio critico, il
coppa de&e radici che i grammatici indiani ci porgonov j^trebbe
oiKM^iudere,. che è' importanza delle aspirate tenui {khy Hhy th^
^AVi>A:)iii4Kff sia neltsanamwtò ^ran fótfto infehriord a quella delle,
medie (gh, gh, dh, dh, bh). Senonchè, in primo luogo» già
basterebbe un rapido esame delle rispettive serie in ordine alla
autenticità jletterarla dei singoli radicali, per modificare assai
sensibilmente le proporzioni numeriche, in danno della serie
delle teiiui. Oh^ 90 poi badiamo alle ragioni isteriche,, le prò-
porsiom contttnuer^zmo a. modificarsi in quésto stesso senso man
mano ^ùtié 3i Ti^aljBfa ad età/ anteriori, si per T aggiungi^rài alia
setole dèlie Inedie' là miglior parte di quella in cui attualmente
s^pa^er la semplice aspirazione (/^;§ 34), e si pel detrarisi dalla
• • • • f ...
sisrie delle tfenuique' numerosi esemplariv ne' quali, come' à' ri-
spettivi luoghi S'ara mostrato (v. l'Ine?.), lo sviluppo dell'aspi-
rafzìohè si , manifesta seriore e' si è compiuto in gran parte per
proceàsb^alogo. od identico a quello che ampiamente si con-
tinua ^negF idiomi indiani di più bassa età, ognora, più in questi
accrescendosi, per conseguenza, il dominio dell* aspirata tenue,
si^ nelle radici. per sé stesse e si nelle loro combinazioni con
eJi^ffieEati .9^^^orj *.. Alle qiaali ragioni isteriche, prevalente-
>U — ;■■. A ■<-
^ i^)r <IUÌ seguirò al<ìùiit d^ti statistici, che himno pei:^bA86 le Éa^
diées' Unì^^/^aé sanseritae à&ì WESTERGAAtm. I lavori' lessicali òhe a-
qtiestd s«t<À^eitt€n*ol te in ispecie- il Lessico di Pietroburgo^ portereb^
bemi^^Terànfiétite^ttBa quàkbe alteràf^iotie nelle singole quantità t ma
di'C^tò non^ potratknd mutarne in seiiSibil m^ido le proporzionii Beco
duiiqbeilet ri8<cfrltàn^é sommarie de" mìei spogli: - 478 radid lessi-'
cali saAsmto contengono conisonante aspirata^ o h\ e cinque di' esse ,^
aspivliit»'^ hid un tèmpo ihUfHh\ hrthhi haih\ TcaitH, haidh)^^'^' iat
^^'6|iirauiia media «aspirdfta, cótùpfe^kf' dhtà0 e dhundK' ohe^ né
avi^ebber<j^ duei'-e^ik7Nà%^>cke) nepa<vi^be'u))^di> media' e^uiia' di te-^
HA] «:x \d \Ò6t entnd un' ]E^ptvafcli> tettUei eomprefo ^urfth^ ohe' ne
avréli^'^iié;^ ^:^lii'X]j09 <5'delle qualfl gW 'imprese fra* le cutegorie»
Ascoli, JPonoL ind(h4t.»gr. 10
146 § 30« DBLLS ASPIRATE SANSCRITE IN OBNBRALB.
mente intrinseche , venendo finalmente ad unirsi una poderosa
ragione estrinseca, quella cioè della comparazione eteroglossa,
la quale in ispecie ne mostra come le lingue europee sien con-
cordi nel dare di regola alla tenue dentale aspirata del san-
scrito, Tale dire alla sola che offra un qualche maggior campo
a conclusivi raffironti, la risposta stessa che alla semplice sua
precedenti) entra h. Delle 208 in cui si contiene aspirata media,
95 sono bene esemplate; 88 noi sono punto; 8 noi sono se non dal
Bhattikàvja (poema composto con intendimenti granlmatieali); 9 noi
sono che da autori di assai bassa età; e intorno alle residae 8 rimasi
incerta. Delle 166 in cai si contiene aspirata tenue, 46 son bene esem*
piate; 104 noi sono punto; 4 noi sono che dal Bhattikàvja] 9 lo sono
sol da autori di molto bassa età; e circa le residue 3 rimasi dubbio.
Ma i più cauti ed elementari esperimenti etimologici bastano , oome
a suo luogo vediamo, a togliere ogni fede nell'aspirazione originale
di meglio di un terzo delle stesse 46 radici lessicali bene esemplate
in cui s'abbia aspirata tenue {ihhj [ukh]^ wihh^ prdkh^ murKh
jaKh, juKh, vànhh^ Khid^ Hhady Jikal^ skhaly sphut^ sphur, phal^
phully sthà, sthagy sthiv; e ancora cfr. Rhà e Jihur)\ e circa la metà
delle restanti ci offre uno th all'uscita (katthy kvathy granthy nàth^
prathy prauth (pruth), mathj mith e maithj vjath, ^nath^ arth^
kath) , contro la originalità della qual consonante dice generalmente
non poco, già per sé solo, il nudo fatto che in realtà essa mai bob
occorra in principio di parola. In alcune altre, finalmente, lo hh ini-
ziale è grandemente sospetto di genesi pracritica (hhàd^ h1\fàj hhid\
ofr. hhahg e consimili tra quelle che occorrono solo in tarda età).
Se air incontro passiamo alle 95 bene esemplate per l'aspirata me-
dia, stentiamo, dall' un canto, a rinvenirvi un qualche singolo esem-
plare in cui l'aspirata possa sospettarsi di età seriore {t^ggh è un
esemplare sui generis , di cui v. il § 34), e vi abbiamo , dall'altro,
l'aspirata di ciascun ordine cosi al principio come all'uscita, e un
tal complesso di radicali, che sì per la sua funzione nel sanscrito, e
sì pei riflessi che ritrova nelle lingue sorelle, si addimostra cospicua
parte del miglior patrimonio ariano dell'India (ghar^ sagh^ e cfr.
§ 34; dhar^ dhà^ dhù^ vardh^ bandh^ indh\ bhar^ bhà^ hhù^ grabh^
luhh\ ecc. eccé). Di piti altrove, ed anche in questa stesso Corsa
§ 30. JDELLB ASPlàATti SANSCRITE IN GENERALE. 147'
tenue ©ssre dàhna, fio Ve dir. incontro ti*e di esse costantemente
distinguono i frequenti riflessi delle medie aspirate del sanscrito
da quelli delle semplici sue medie; slam condotti a conchiu-*
dere, ehe^, in órdine alla quantità degli esemplari i quali pos-
sano ripetere la propria ragione specifica dalle condizioni ori-
ginarie della favella indo-europea, le tenui aspirate non solo
cedano di gran lunga, nel sanscrito, alle medie, ma anzi risul-
tino in quantità tanto esigua, da rendersi mal certa, se pur
altro non fosse , pei* la sua ^ stessa esiguità. Son quindi pochi
gli esempj ne' quali le risposte greche ed italiche accennino ad
as&icui^are originalità air aspirazione sanscrita 'della tenue, e
s^ ne tocca a suo luogo; 'ma lo zendo, all'incontro, accompagna
costantemente, per un certo strato glottologico, la tenue aspi-
rata sanscrita con la pròpria tenue aspirata; locchè viene a
dire, che j per una determinata e ragguardevol parte, le tenui
aspirate del sanscrito risultin tutta volt a pre-indiane ^ apparten-
gano, cioè, al periodo che diciamo indolir ano. Alcuni esempj,
che facciam tosto seguire, avranno così a rappresentarci, dal-
l' un canto, come l'Europa non faccia differenza tra la tenue
aspirata dentale del sanscrito e la non aspirata; e, dall'altro,
sin dove lo zendo concordi col sanscrito nella aspirazione della
tenue: sscr. ràtha-^ z. rathor, carro, lat. rote, alto-ted. rad
(e non diversamente: sscr. te-m, z. te-m^ gr. to-v, lat. is-tu-m,
alto-ted. rf^-n); e cosi ancora: ^^cv. pràthas, z. frathanhy lar-
ghezza, distesa, gr. it^aTo?; sscr. stha, stare, lat. «te-, gr. 2TH,
german. st& (con st rimpetto b, sth sscr., com'è rimpetto a st
dscv. nel germari. ist = asti, est), dove però anche lo zendo ri-
sjponde per gtà. Un caso di ph sanscrito, in cui la risposta euro-
pea ugualmente accenni a semplice tenue, è gapha-, unghia del
cavallo, anglo-sassone hòf (pp. 50 n., 63), alto-tedesco huof*.
( ^' Giveà la vocale, le vod germaniche non differiscono dall'indiana
se non per la quantità, poiché Vó anglo-sassone e Tuo alto- tedesco
rtvengand ad ^originario,. p« ès« bródor^ prifodary fratello, s òArò-
tar sanscrito, fràter latino.
> La coBjirparafljioDi^ v^te djjoqa^, per^ H i^asfiim». p^nte^ iftpt
torno a quelle aspirate ok^ nei sanflcpitoi iioni milieu Gircai Ui
co3tituzion lonetica delle qiaali». si è potuto oh Toloto^ disputare;
poiché, daU*ua canto> se i gi^ammaiticij iQdiaini soao eoacprdii
nel porre gh dh ecc. tra i auoni esplosici, graot £att<^ airia->
cQùtro. non cpAvengoa tra^ di. loro> neH^ àe^w&n^ cb^ il gh
dh eoe. em ci porgono^ e, . dall* aljti»>^ ^Mtmi àfA oc^n^o^ ciftUa*'
fisiologia la risoluta obicfzjondi^ chO' non^ si: pQssta/dwertdi .£IUq»0
composto in cui a. e«p/o^i;(^. $0n<>r jQ^j (^ec€|i)iÌDuiie4iatQffae0t^
sussegua r aspirazione {h;: ohe, è Aor^ ^ CM>n<inu^$ è ittaiame^
l'ipptesi, cke f^A dh ecc. gi? ayeiBi^Ro a t^i^r^j peit' wwwft qomk
iinue (omogenee quindi] ^ ^V 4f eoq.)bi Oi in ailtm^ t^omtoi,; per
sonane spiranti, e quindi gep suqw> semplici-, anziahèi p« .jo*»
mre aispirate, che sarebbe? 3uoniaJ>binati,,dopBJ** Si^ggiunr
geva. la. 'singolare discrepaq^a ti^a le; m^ie £^pira{te^ aiattacritev'
dall'una, parte» e i; loro riflessi greoii e puR-'ppo.tOritidlciji,; omi^.
* È. BrUcKe, Ch^undzìlge der physiologie und systematik der sprach--
làute far linguisten und taubstummenlehréry Wien, 18516; p. 59, 85;
del quale autot'e' però si considerano o si' confutano dia qualche lin-
guista le opinioni qui allegate, senìea tener contodi dd^ che i^h' tardi'
egli :ebbe addire y intorno allo stesso subietto (Ubetf*die^agpifi'atenidìU'
aULtgntchisiMfi und.des sQ.n9kìHt)j i»eL Giornale pei^gi]ittafi9\àQStié«cH
Vienila, 1858, p. 698^9,' L' Ebbi.,, ^ei^c7wH/jp a^ o.„Xmv.268?.9^, alìh.
cennava a quj8^lco3ardicintej*medio., ad. uno 6A, p«,e.^ che fosse mia
mutg^ (^cioè u^' esplp^iya) ^sai. vicina, a. t?,, EJl.BaliqK^^^^el, l^og^,
ultimamente citato, applicando, alle^ medicala t^pri£^ sta^tRiti^^per, l^..
tenui dal Raume^i.( Giornale, pei gin^asjj. austrìaci, Vienna, 1858,
pag. 370» = Gesammelte sprachwissenschaftliche schriftefiy p. 386-7),
viene all' ipotèsi della esplosiva combinata colla corrispondente con-*
tiùuai quiùdì p. e.t bv per media labiale aspirata, i{>otesi * òhe s* in-
contra colle affermazioni indiane di cui tocca la nota che segue. Alle
quali mi ferm^i^ò p^h ch^ non armi fatto seono^ì i^a^^i^gghuigfvii,
durante! la stampa», T operandi Gugt Sca«As;«;r^t«r g$schicht^:>det
dmt$chen^spr<iche x3erUn» 1838)» nellaqvu^ ^ìiaostfeod; Iftì fl^fidef
sima sentenza. . , :.
«Me lùogd «tfy^M'efidiflmò {§ 32), dall' altpa; 1 4UaÌ4- so'à'é ^or*d(
maUxkbmn&^^y^ ^uidttsiE^ò ^ ^ospe^^àre ohe ìeilla fin flhè qoA
si tratti se non di aspirate originariamente sorde, le quali
sieno diventate sonore (medie) dopo avvenuto il distacco tra
la favella ariana dell'Asia e quella degl' Itali e de' Greci.
Ma son tutte dubitazioni od ipotesi, che veramente non reg-
gono a martello. Qualche ondeggiamento ne' vecchi grammatici
indigeni^ fuorviati talvolta , nelle infinite Ipro sottigliezze, da
pregiudis^ teoretici.» non può contrabbilanciare V autorità del-
l'odierna pronuiicia indiana., avvalorata da argomenti istorici,
^ in léado conformata., a ben vedere, dal complesso delle seur
tenz% di quegli stassi grammatici, * Le testimonianze sono.con^
■Il <^ r p Ti 4 !<■ • ■ .I I * »■
* Nel Pràtigdkhja &eì Rgvéda (xiii, 2; ed. Regnier, Joum. asiat,y
avìfi!-mtti 1858, pag. 29 L) è detto, -òhe la natura delle aspirate sonore
igh dh èco.) e dèlia ^piraìitd sonora (h) è fiato^-^uono (v; sopra,
'pag. 17), "Quanto alle piarne, qtiésta definizione si concilierebhe otti--
ìnaimnte 'colla loit^o pronuncia «^tùàle (v. sopra, pag. 12), che vi fa
«usségu!!^ tin elettietfto ^ofdò (fiato) ad uno sonoro (suono); e circa
k> h (Y. pajf. 13-4 e il§ 34) è da «considerarsi, che le &ue ragioni eti-^
«fìfO'logibhe "Wlefadolò, pef gtah parte degli esemplari, tra le sonore^
alle •quiali !a igtammatka pur lo ascrive, e la pronuncia indiana vo-
Jeadolo, airJnicontro, setìipre orttiài ft^ ìe sorde, per un'alterazióne
tiel valof fottetieo che gli èra primamente proprio ne' molti esemplari
a cmi alludiamo, alterazione che del resto non si è di certo compita
tutta '^d ^n punto né contemporaneamente in tutti gli esemplari ; ne
viene, chela (}<!>ppia naiura di fiato-e^suono sussisterebbe, comeché
U Benso diverso^ anche per esso (v. annoerà la 1." n. al § 34). Questi
potrebbero ^e^ere i fondamenti istorici dell* allegata sentenza; ma
parrebbe fbre'ostaeolo, per vero, una affermazione precedente (ib. 1:
ubhOffà vitébrattbhàUy cfr. B^gnier, ib., 301), giusta la quale le con-
draioni di fiato e mono si conseguirebbero entrambe per una postura
intermedia della glottide, tra Vallargato, cioè, che dà le sorde (fiato),
e il contratto^ ehe dà le eonore (suono); dal ohe si vuole inferire che
le aspirate sonore, alle quali di poi si attribuisce la natura di fiatone-
*^^n«ono, non s'intendano eoxi»9tare di doppia emissione, ma bensì di una
eainipine sola^ cbe 84i4 tra il sordo e il som^fo. B in effetto,, un aHr0
150 § 30. BELLE ÀgPUUTB fiAMfiCOtlTB IN OBNERilLB»
cordi neir affermarci , che le medie aspirate suonino in bocca
degli odierni Indiani quali medie susseguite da un* aspirazione
Pràtigàkhja {Tàittirija-Pràtigàkhja^ ed. Weitney, New-Haven, 1869|,
II, 6, 9) afferma in modo esplicito, che nello h e nelle medie aspi*
rate l'emissione è ha-kàray cioè questa intermedia tra fiato e suono.
Ma, limitando qui il discorso alle medie aspirate^ la ambigua natura
tra sordo e sonoro, e il principio della unicità fonetica, contrastano
dall' un canto colla pronuncia attuale e colla storia, e dall'altro col
complesso delle determinazioni degli stessi grammatici , pei quali pur
si tratta costantemente di base media ^ a cui si combina spirante isaus^
man^ combinata-con-*spirante, ^ aspirata); e la sentenza, di cui ra-^
gioniamo, dovrà aversi per uno spediente, al quale conducesse la
teoria della con--germinazione anziché della con-^giunzione dei requi-
sito specifico delle aspirate ecc. (Rgv. Pràtig., ib., 6), od altra squi-
sitezza consimile. Nello stesso Pràtigàkhja del Rgveda (ib.» 5) si ag-
giunge, che, secondo alcuni, Vaspiramneto delle aspirate avviene per
spirante omorganica, nelle sonore per [spirante] sonora (cioè per M
ha-'kàraina^ dice il commentario, ap. Regnier^ ib., 308, alla quale
espressione non è possibile dare, in questo caso, il valore che testé
vedemmo convenirle nel Tàittirija-'Pràtigàkf^a). Intendono, che nelle
aspirate sorde succeda alla tenue una continua, e quindi vi si abbia:
k + xiasL specie di visarga {gihvàmùlijay cfr. p. 14), t + /, ^ + s, ecc.^
mentre nelle aspirate sonore avremmo: media +^, vale a dire^ astra-'
zion fatta dalla sottigliezza della doppia natura di A, la loro pronun-
cia attuale. Che poi le aspirate tenui avesser mai suonato ts t/ecc.^
è sentenza che non ha per so il minimo argomento positivo, nò dall'ef-
fettiva pronuncia, nò dall'istoria; e non vale di certo a confermarla »
anzi ha l'effetto opposto, il veder che sia senz'altro estesa, e di certo
per mero arbitrio, anche alle aspirate medie, da Un'autorità a cui ve-
diamo ricorrere il commentatore delPrà*tf?àft/ya dell'Atharva (1, 10).
Nò tampoco può smuoverci il veder che questa sentenza ora trovi <
come avemmo ad accennare nella nota che precede, un nuovo e ri-
soluto fautore europeo, nello Scherer; poichò l'acuto alemanno sem-
bra non volersi dare alcun pensiero delle obiezióni ,che insurgono dai
fatti. Come sostenere così, senza alcuna prova, che òv, per limitarci
air esemplare labiale, abbia potuto farsi M?- Qui naturalmente si. ri-
§ 30. BELLE ASPIRATE SANSORITE IN OBNERALE. 151
beh distinta {ff-h ecc.)^ sia che le leggano nel sanscrito ó sia
che ne proferiscano la integrale continuazione ne' volgari san-r
producono le difficoltà stesse che nel testo si oppongono alla ipotesi
della semplice spirante; e sono: la mutazione per sé medesima inau-
dita, e Tessere affatto aliene dalle aspirate le lingue che nell'India
reagirono sulla favella ariana. Lo bv poi si sarebbe ridotto^ secondo
lo Scherer (o. e, 47), a pf greco, ^ponendosi la fricativa sorda al
posto della sonora*. Egli dunque vorrebbe: bv bf pf. Ma,, a tacere
della stranezza di questo arbitrario bf, ha egli pensato lo Scherer
a invalidare l'affermazione, tanto ben fondata e sostenuta, di xxno ph
proto-greco? Intanto noi ritorniamo alle Indie, per avvertire che un'al-^
tra autorità ancora, citata dal commentatore medesimo (ib., Whit-
NET, Journal ofthe Am. Orient. Soc, VII, 346, 591), descriva bensì
distesamàite le tenui aspirate secondo la sentenza a cui alludiamo
(/•f 5, ecc.) 9 ma delle aspirate medie dice solo, che sono le medie
con la spirante seconda: ùsmanà Jia dvitijaina. Le quali parole
direbbero secondo l'interpretazione piti ovvia, adottata dallo Whit-
hey, 'colla spirante che è seconda nella serie'. Ma in qual serie la
cerchiamo t Sarà forse la seconda nella seconda sezione delle spiranti
[lo ffihvàmùlijà] ^ giusta l'ordine del Pràf2f?àMja del Rgveda? Nes-
suno può crederlo; e confesso, che a me piuttosto pare di aver dinanzi
una di quelle costruzioni che si direbbero di composto disciolto, e tra-^
durrei: colla spirante per accompagnatore, per secondo membro; e
pur qui dovrebbe per ùiman intendersi quel solo ùsman che a medie
si convenga, cioè il sonoro: h. L'ultima allegazione del commenta-^
tore del Pràtipàkhja dell' Atharvaveda, è preceduta dalla breve no-
tizia che segue: ^dice un altro: la quarta [cioè la media aspirata, si
ottiene] per mezzo del h {apara àha katurthau hakàraihaiti ; o vor^
remo qui attribuire a ha-^kàra il significato di emissione intermedia ,
che deve spettargli nel passo del Tàittirija'Pràtigàkhja allegato di
sopra?)'. - Io penso, che la dottrina indiana àoiV aspiramento per
spirante omorganica possa avere avuto la sua buona ragione in
qualche antica sentenza, piti tardi frantesa, che alludesse al variar
dello h secondo l'organo diverso della esplosiva a cui succede, così
a un di presso come s' hanno tre diversi usman, che in fondò non
ne costituiscono se non uno solo (il visarga), determinati, piti o men
decisamente, dalla consonante che sussegue.
162 § 30. DELLE ASPIB^TB fiaNSCBETS IN OEICBRàC^.:
scritici viventi *. Le trascrizioni iniif euie in caratteri ràì:>abiGl
rendono respirata media, del pari che la tentiev per doA €Bft
ratteri, il primo de' quali rappresenta la semplice esplosiva, me*
dia tenue, ed il secondo uno A inglese o tedesco. Né può cre-
dersi in alcun modo che questa pronuncia ahhinata Sia fenomeno
di età recente. Vedemmo, discorrendo delV alfabeto (p. 12), come
lo dh del pracrito dhfd^, figUa, consti etimologicamente d,e\clu$
suoni che stanno distinti e divisi nella forma ^rchetipa; duhitq\
e se, nel medesimo idioma pracrito, le antiche medie 9i^|).irat.e,
cosi come le tenui, asss^ ;freque.ntemente si riducono al §iolo h
{quindi, a cagion d'eseypapip: afii^ ss>cr. ab^i, ^(1^; uhaja ==^cr.
ubhàja-, amendue; cobj|($ mM- = ssfyr, naftW> ijaghia, o liàanti
« sscr. likhànti, pingunt, scribunt), e pur l'idioma palico, d'ac-
cordo col pracrito, dice lahu-^ e hcmti {hóU^ pracr. hodi) pei
* Cosi per es. Io Shakbspeak, del bìp juìdQ9^|xo: ^as ò with aB
aspiraìtion, sensiblj espresseci, yet closely ae one indiyid.u^l letj^re.'
Il missioj;Lario citato a pag. 108 in n., insegna an^jii'^gli: ^òh<^ seeu&r
dum 6, quod aspirationem sibi adiungit, -dicei^^ ò/i,a'; ma allo dh
attribuisce strdj;iameiite funzione doppia: Test §e^i:|94uQi d ai^erum»
jcui debetur aspirMip h , et etiam respondet ad gf^^v^m: ^. deUia*^ Q
^siologo Brììck^, dal quale erano stati primaui/Qnjbe mo^pi ^li sora-^
poli» d,i sopra toccati, circa l' ammissibilitlb di veri^ aspirate medie,
ppitè poi studiare dal vero la pronuncia delle aspirate dell* iiidio#tana;
e le risultanze della sua indagine si hanno sommariaa^nt^. nelle 4^^*
scri^.ipni che ora seguono (v. Uber die ausspraohs''der a«;j|t9?^|^)fi itii
Af?^^H$^m, nei Jlendiconti dell' Academia di Vienna, Classe J^Jpp."
istop^i ^^XI, !^19-24). Sono da leggersi secondo proni^poia ^à^^^
^ \§, lineetta indipa una p^usa, comechè minima* M^dia g^tnr^
aspirata iniziale: gkMs, gkh^Srsiy stessa ^spirata interdi: .^hg^hJìÌAh
pi^-cMana; stessa aspirata finale: hsig-:h. Può quindi coachiiidersi»
che se, dall' un lato, la fisiologia non aveva avuto torto, resta ^^^'
pre, dall'altro, phe la glottologia avesse r^ione (cfr. p^ 16Srr4)< U
valor fonetico rappresentato per gkh-- ^ preziosp per. la evplu^ionfl
delle aspirate che più innanzi vediamo compiersi nel greco, ndl'it^
lieo e nello zingaro (§§31-2). -
$ 30. VKÉLR AfiHPlRÀTK dANS0RtTB IN 0BN&RÀLB. 15S
éBAÈtijAisitdghi&^y ÌBYÌB, bMvcM, est/ questa riduaione malesi
potrib idi6hi8r»re al/trimenti, che per la rprogressiva preTalensa
del A sopra r elemento esplosivo al quale si combjfnaya, e qiiiodi
attesterà, per ett abbastanza rimote, «ui valore fonetico delle
aspiratemedie non diverso da quello che oggi si hanno. Il quale
per doppia guisa si confermerebbe dai pracrito bahinf ( '^baghini )
cs 8scr. bhaginfy sorella, lo h essendovi cioè migrato daUa esplo-
siva iniziale alla mediana, ed avendo poi supplantata questa ^.
Ma ancora nel sanscrito stesso, come si può dichiarare ilfeno^
nomeno assimilativo e metatetico insieme, pel quale, a cagùm
d'esempio, laifh, asseguire, eongiungendosi col safSsso •*to, dà
nmm^Ammte^iabdhdh y o il fenomeno di aspirazion compensativa ,
pel qfual^, a dir di un solo «semplare, dah (Magh), ardere, fa
normalmente nell* aoristo vedioo : dhdk **, se non ammettendo
tali medie a<«aipirate, quali ce le offre la odierna pronuncia? Ohi
dh ecc. son dunque nell* India, « da gran tempo, esplosive me*
dte susseguite da h; e se questo fatto ci libera, dalle lievi duln
biezze clie le sofistieherie de* grammatici possono suscitare, la
esclusione a prióri dì simiglianti aspirate, che dal campo della
fisiologia fu avventurata, se ne addimostra, alla sua volta,
insussistente,, «comeohè non si voglia negare che un bi*evis»mo
interstizio debba indispensabilmente intercedere tra il proferi»
mento della media e quello dello A, e quindi la media aspirata
non si posila dire, a tutto rigore, un suono individìio. Il quale
interstizio però, a ben vedere, non solo non ripugna alla eosti^
tnziona di una qualsiasi vera aspirata, ma anzi si avrà piat«-
tosto a riputare ad essa inerente; posciachè la ragion prima
di ogni vera aspirata indo-europea stia veramente per nostra
sentenza in. ciò, che allo spiccato e quasi diyulso proferimento
della esplosiva succeda uno spirito aspro, che viene come a
* Cfr. Labssn, InstitiUiones pracriticae^ pag..203, 210; e i miei
Stuàj critici, Jly 112. !
**'Gfr, d/ia/sda dagh^ raggiungere, ap. Boehtling-Roth , s. dà^h
e dah.
154 § 30. DBLLE ▲SPIRATE SANSCRITE IN GENERALE.
congiungerle il resto della parola. Cosi la genesi dell* aspirata
che è nei sanscriti dhd, porre, dhmày soffiare, si determina » se-*
condo il nostro concetto, nella guisa che segue: d'-hdp d''hmd$
e non diversamente quella dello ih di sthd, stare: sf-hd. Del
che si avrebbe, per avventura, la miglior dimostrazione in for-
me paleo-irane sulla stampa di mithra (Mitra, amico, amore;
sscr. mitra) o *mttdhra (sigillo; sscr. mtuird), cioè veramente
mit''hra mud'-hra^ ridotti in pronuncia odierna a mihr muhr.
Ma riserbando ad altro luogo considerazioni men brevi intorno
alla genesi delle aspirate indo-europee *, qui intanto ci rimane
ancora questo doppio quesito: l'aspirata media, quale è oggi e
quale è da gran pezzo neir India, potrà ella essere stata in età
anterióri una semplice continiui sonora (spirante), oppure una
aspirata tenueì K la risposta dovrà pur sempre essere nega-
tiva. Poiché vi ha primamente, che entrambe le ipotesi hanno
contro di so il fatto dello z indo-irano (§34), il quale essendo
una continua sonora ed esistendo allato a gh da cui solita-
mente proviene, attesta che gh sia consonante che dalla conti-
nua si distinguesse e fosse insieme sonora anche nell'età indo-
irana. E le ulteriori comparazioni ugualmente non persuadono
alcuno de' due supposti. Bh sanscrito , poniamo , incontrerà ?
greco e f proto-italico (§ 32), h proto-irano, h celtico, h litu-
slavo, h germanico. Ora una continua sonora pre-indiana non
ha conferma da alcuno di questi riflessi; e il supposto della
tenue aspirata pre-indiana trova l'ostacolo gravissimo della
media irana, litu-slava e celtica *•, laddove la divergenza italo-
• Per ora mi limito ad aggiungere, come al mio concetto non ri-
pugni la media aspirata finale de' volgari neo-indiani, siccome quella
che primamente era interna; e come lo favorisca il sanscrito, con
l'assoluta sua esclusione di aspirata Anale.
** Quanto alla germanica, chi prenda, come fecero il Grimm ed
il Raumer, per termine fondamentale la fgura greca, trova p. e. b
got. ^ph (cp), e quindi conchiude che si abbia media gotica per tenue
aspirata (o spirante sorda) anteriore, cosi come nel secondo stadio
§'30. DBLLE ASPIRATE SANSCRITE IN GENERALE. 155
greca si dichiara/ come a suo luogo vediamo^ in modo affiittp
naturale. L* ipotesi del tutto arbitraria che la media aspirata
indiana provenga da spirante anteriore, incoiìtrerebbe poi spe-
cialmente questa difScoltà: che se^ dalU un canto » il processo
fonetico pel quale una contimm si converta in media aspirata
{Vy a cagion d'esempio, in bh) è affatto enorme e inaudito,
«' aggiunge, dair altro, per T India, che lungi dal potersi avere
una qualche legittimazione di questo singoiar processo nell'in*-
dolé peculiare delle lingue aborigene che reagirono sulla so*^
vrapposizione ariana (Lez. VI), queste all'incontro sono affatto
aliene dalle aspirate, siccome quelle al cui fondo originale siffatti
suoni son del tutto estranei *. L* ipotesi, finalmente, che la me-
dia aspirata indiana sia primamente stata un' aspirata tenue, ò
ancora sgominata da altre peculiari ed assai gravi obiezioni.
Dovrebbe, cioè, l'alterazione dì kh in gh ecc. risalire, per dir
poco, all' età. indo-irana , in questa distinguendosi, come le con* .
cordanze zendo-sanscrite ci mostrano, la serie delle tenui aspi-
rate (/ì A, th,ph), rimaste sempre tali, dalia serie de' suoni che
si continuano per medie aspirate sanscrite e medie zende. Ora,
dove mai troviamo alcun' ombra di analogia per simigliante e
del tralineamento germanico, ma solo per la dentale, si ha media
alto-tedesca rimpetto a tenue aspirata (o spirante sorda) di anteriori
età germaniche (v. p. 63-4). Ma non si dovrà piuttosto ricondurre
Benz'.aìiTo la media gotica alla media aspirata originaria (b s, bh ecc.),
conchiudendp, ohe se per questa parte non si altera in favella proto-
germanica il metallo della consonante (media per media), ciò dipenda
dal trattarsi nelle origini di media aggruppata (b + h ecc.), e s'abbia
quindi un caso analogo alla tenue che si mantiene intatta quanto
sussegue a s, e con ciò una special riprova germanica per la media
aspirata originaria?
♦ Cfr. la Lez. VI; e Trumpp nel Giornale della Società orientale
germanica, XV, 728, con Weigle, ib., II, 262-3. Quindi, a cagion
d* esempio, i sanscriti Vidjàdhara Qàndharva Siddha Cambhu^ di-
venteranno, passando nel t amilo (idioma dravidico) : Vittifàdara
Kàndarva Citta Cambu] cfr* Stndj critici^ II, 114, in n.
156 §31. BXLLB ▲8P9EA.TE GRECHE 4K «BUSBAOS.
^anto estesa digrvtdcizion fonetica in ooal rimoia età, «e eam
ammetterla in tali congiunture appunto (kit*!!, t+.h, ece.), le
tonali tanto poco le son fa^opevoli , ansi tanto ;le son oontnam,
"che i suoni, a cui per <essa il linguaggio si sapdlibe ridotto,
^en lufigl dal oorrispondere al natuorate intento delle digrada-»
2Ìoni fonetiche, cioè a quello di alleviare la pronuncia, sono
siffatti, air incontro, che perfino si y^lero fisiologicamentt» im«
possibili^ Tutto quindi cospira ad accertarne, che i suoni i
quali si continuano per le inedie aspirate del sanscrito., 4ÌY6rsi
dalle pure medie fin dall« -origini, come il riflesso gotico viea
tra gli altri a mostrarci, fossero, sin dal periodo umitario,
esplosive sonore susseguite da più o men densa aspinasione, e
ohe il sistema fonetico del sanscrito non sia quindi men fedda
per qtt<esta parte al sistema originario, di quello eh* egli un
nella continuazione della pura tenue e della pura media *.
§ 31. Viene ora la volta delle consonanti greche: x, «^y ?; e prima-
mente si domanda , se neir antichità Bllenioa fossero mere spi-
ranti, cioè continue^ cosi come il sono, massime x e <p (A e f)^
nell'odierna favella greca, oppure se non fossero vere aspirate,
o meglio esplosive susseguite di un aocessorio , la natura del
quale è insieme invòlta nello stesso problema. Che la pronuncia
di queste consonanti le rendesse ben distinte, nell* antichità,
dai suoni continui che in moderni tempi lor corrispondooo, ed
anzi le mettesse tra le vere esplosive, risulta principalmente
dai fatti che ora enumeriamo: 1.^ x ^ ? debbono avere assai
notevolmente difierito da A e /) poiché i Latini, nell* appropriarsi
* Gfr. Curtius, Zeitschrift s. e, II, 323-8 (QrundzUge ecc., sec.
ediz., 373-7); Grassmann, ib., XII, 81 e segg.; Arendt, loc. cit^
pag^ 285-308. Mancano, a mio vedere, di ogni persuasività, le consi-
derazioni del RAtJMER: Oesammelte sprachwissenschaftlicìie schriften^
pag. 391-3. E chi volesse far valere per gh da kh ecc. la trascrizione
greca So^aYoc^r^vo? = Subhagasainas (A. W. Sghlbobl, Indische òtWto-
theh^ I, 248), mostrerebbe di aver dimenticato rOucvSiov opoc {Vin^
dhja)j i FavSKpo^t (Oandhàra)^ e altrettali,
l'aifabetot greco V non: si adattóronó a rappriteefttat qwatìperi
meiQX) di: qu«41l*;- 2.^ nell' antichissimo alfabeto gpéoo ohe. fti:
ricora da iscriaioni di Thera e di Melos, isole del mare egeo, lo x'
è. ancora rappresentato per KH (cui si aggiunge QHj V. p: 59 in!
nota), e y pa: nn, delle quali rappresentazioni si ritoeCa.ta»'^?
tosto; - a.® r arcaica trascrizione latina di x, ^> <p> è e, *, 1?;-^
4i<^5i°( il fenomeno, mètatetioó, pel quale, a cagion d'èses^friio^r.
Tpty + c (trikb+*) dà 3^1^ (thrik^s), capello, capigliatura, o la
normale ceduplicazioBe per mera tenue, come in tf-^vj^pie (tf^the*'
-mi)^ pongo, son fenomeni che male si possono conciliare cod>
r ipotési dall' antica spirante; - 6.® si aggiungono quelle ortogra^^
fle^pei^ la quali addurremo l'esempio Ttàm' cpaXapa (IL, xt!» 106^ ad-
clavos^cftssidis; per xaT[Qe] (p«Xapòe; cfr., piuttosto che il restiliuito^
xwk(f&i^wqy Fesichiano xdéTKp«Y6 « xaTacpays), che ci dà w per t as**»
similato 21^, ed* entra* veramente nella regola di ^cop per doppio
cp, eeci *♦; . , Questi argomenti , ed altf i consimili , alcuni de' quali >
nod) tanftiamo ad; incontrare, persuadono adunque che si trattì>
di suonit esplosivi, e rimarrebbe a definirsi la qualità dell' éle^>
mentO) aocesisòrioi pel quale si distinguevano dalle pure tenui* ^
Qui sòn due essenzialmente le opinioni che si stanno di fronte*'
Ber F una, l' aspirata greca avrebbe consistito, sin dalle origini, '^
déUai tenne susseguita dallia spirante- dell' organo rèspettìvo ♦♦*-;
quindi.' approssimativamente kJi^ tSypf; per Ualtfa, airincontrìv,'
avrebbe primaiinmte consistito della tenue accompagnata dalla
* La presenza di ^ (vi/) e (p, cioè di segni monografici per kh e ph-
ttial saprebbesi revocare in dubbio per quell'alfabeto greco onde il
litìno deriva. Occorrono essi (a tacer dell'etrusco) negli anticW al-'>
fabeti greci ritrovati in Italia, e nbn sono estranei se non. al solo
alfàhet©..di Thera e Melos. Cfr. Kirghhoff, Studien sur geschichte
àes griecK:alphab'% sec. ediz., pag, 133-4, 120, 116;
. ** Y. ancora: CuKTius i op. cit», sec ed., p. 370-?; e qui inna«ri,'
a.pag.,16».
*** Cfr^ ^vBi*,Z9Uichriftc&. e, XIII, 265-8; Ea.tjmbb, l. c.i^386, 400-
(marpltl^-pnxlenteme^te ib. 98), e BjalIkOKB, CUornale pei.fiM^J. s^/^
striaci, IX, 696 (699). , .
1^8 § di. DBLLB ABI^IRATB GRBCdE IN OBNBRAIE.
mera aspirazione:^; quindi hh^ th^ph^ come nella odierna pro-
nuncia delle tenui aspirate sanscrite. Ora, per la seconda sen-
tenza stanno apertamente due dei fatti che testé adducemmo nel-
r intento di accertare la qualità di esplosive sl x, :^^ 9. Imprima
quello della metatesi C^trikh-s, thriks); poiché se 5^4'^ è tsriks,
non si comprende come lo h mancato air uscita del tema {trikh-)
si riversi sulla muta iniziale in forma di s. Poscia quello di
KHsy e IIH s (p ; poiché ben sarà vero che queste rappresen-
tazioni biletterali fossero un ripiego al quale costringeva il
non trovarsi pronti» nella scrittura fenicia, rappresentanti ade-
quati di -^ e di (p, ripiego che assai per tempo cedette il luogo
air invenzione di appositi caratteri, ma non per ciò potrà ne-
garsi che sia un fatto importante per la nostra indagine questo
dello H , cioè del carattere che insieme serviva anche per lo
spirito aspro, assunto alle funzioni di rappresentare il suono
accessorio che accompagnava la muta in x od in 9. Dove an*
ocra va considerato, per ultimo, il fenomeno di x t x che ade-
rendo a spirito aspro si facciano x «^ 9» come é per esempio in
sfdStov (ciò che si ha per un viaggio), che ò pur del greco mo**
clerno e consta di sm + ó8-(o-. Del qual fenomeno si potrà per
avventura disputare se propriamente provi che x ^ ? valessero
h'h Uh p-h * ; ma certo è che per lo meno se ne addimostri»
nel più irrefragrabile modo, come h^h Uh p-h vengano a con-
tinuarsi per : X «^ ?• L® pì^ antiche testimonianze intorno
alla pronuncia, e le ragioni intrinseche della lingua, cospirano
* Cosi TEbel, 1. e, p. 268, vuole che le figure jonie à7t"c7nrou
da cavallo (stando a cavallo), sTropao) (87re' + opaco), osservo, e simili,
allato alle attiche: à^* ^iit:cou, Icpopact) ecc., provino contro ^ ^p^h ecc.;
posciachè, die' egli, ise àcp'l'incou e<popa(o sonò ap^h {h)ippù èp^fioraó^
non s*ha più alcuna differenza tra queste figure e le jonie. L'obie-
zione è speciosa, ma non si regge bene; poiché la diffbrenza starà
veramente in ciò, che lo spirito fosse poco o punto sensibile inpro-
niincia jonia, e quindi vi si avesse quasi apippu^ev Vaphippù degli
Attici. Gfr. p, e. Kùhner, Ausfùhrliche gramm. d* griechUch. spr.y
sec. ed., Annover, 1869, p. 100-1. . •
§ 31. DBLLB ASPIRATB <3lRB0HÌB IN é&NÈRAtB. l6d
quindi u persuaderci che il primo valor fonetico rappresentato
da x^ 9 fosse k-h t-h p-h, ed è persuasione che avrà piena
conferma dalle ragioni comparative. Ma non resta per ciò men
vero, che, a tacer d'altro, lo 5 soleva ridursi, fra'Laconj, a (x;
che inoltre, sin da' tempi di Quintiliano, lo 9 più non doveva
essere una tenue aspirata alla indiana, se egli lo metteva tna'
suoni dolcissimi , tra le grazie migliori dell' invidiata favella
de' Greci * ; e che , finalmente , nella odierna pronuncia degli
EUeni, X (= oh gutt. ted. *♦; h) e 9 (« /" it.) vanno a dirittura
tra* suoni spiranti continui, e 3*, alla sua volta, che si ac-
costa allo th sordo dell'inglese, li rasenta, o affatto v'entra
esso pure. La evoluzione fonetica, per la quale da p-h, a ca-
gion d'esempio, si viene a f, deve naturalmente essersi com-
piuta a grado a grado, e non in tutte le congiunture, o in
tutti gli esemplari di una stessa congiuntura, ad un tempo, né
* Inst. or., XII, 10, 27. 28; v. Stut^j critici, II, 205-6. Ma dal
passo di Platone nel Cratilo, in cui 9, ^, or e (, si dicono lettere ven-
tose (7cvEU[xaTto8y]) nulla od assai poco ci è dato inferire. — La nota
sentenza di Prisciano (sesto secolo), giusta la quale non molto dif-
feriva il gr. f dal f lat. (I, 14: hoc tamen scire debemus, quod non
fixis labris est pronuntianda /*, quomodo ph [9] , atque hoc solum
interest; cfr. ib. 25), si può forse sospettare di essere un po' troppo
livellatrice, stante il suo proposito di volere f tra le mute anziché
tra le semivocali ^ volerlo cioè àcpcovov piuttosto che ^jm^covov, come
con suo stupore gli artium scriptores facevano. ^Sciendum tamen
(agginnge), quod hic quoque error a quibusdam antiquis Graecorum
grammaticis invasit Latinos, qui op et 5 et 1 semivocales putabant,
nulla alia causa, nisi quod spiritus in eis abundet, inducti.' È noto
che Dionisio Trace pone Xj ^, o^ come sempre si fa ancora, tra le
&f(Ava, dove Sesto Empirico, all'incontro, pur tenendo conto dell' o-
pione di coloro (Tivei;, svcot) che a questo modo le collocano, le manda
fra le :Q{A(f(iDv«; circa le quali denominazioni, non voglionsi mai di-
menticare i contesti. Y. p. e. Lsrsoh, Die sprachphilosophie der al-
^e« , II , 73, e cfr, ib. , 262-4.
** Innanzi ad e ed iy x suonerebbe come lo eh palat* dei Tedeschi*
1
^ UQ^ Uiovpo .0' a un modò-steaso (mas^im^ peir. >) Mllie Itai^ie:
CQAtrad^; e; noii'*sa9P0bbe d'altrokide l]^eg£A*si,/ che 'hin^o i secoli
Vieiit^ssaro «urgendo, per sùccìmsIk!?!' inaapìr^iwéQti, ita^U^e9«ppl)arù
di x'A'<fr <5t0 non p."v^ffanno mal avuto il piwo» vtì^lofejdi knht^tr
^^♦. Pvimo a Yolgeife, ini apira»ri*e duv'eaaertìi Stato lojp^ftv' co-
me è „ tra l'altffb, mostratof drtravei^siiO^artaiiteHwnte f^'^ iwU^
W^ .g^eQib$< v^iio^tè »glii Idiomi romanai r^eV tta;litti» d^latiimv^
quando air inooatro^yi' si ha-^osKtanttanentfer C = 5i.€i fe-=:'*^ Jk^^-, itf
ff^veUa itaiia&a, /{2o^o/Ì^ (neU*aatico iifland-: fet^ub, philosó^
plNi6, fdZAs?w&ie, philos0phia) p^<ptfWoipiav ma conte « }e«>p2a3f <^W-'
'#«^<^^;xK9tcp». Lo ^' moderno, rche tuttHYOltac ha ^qildlelLid: buon*
diffitto: a 3Pe»tai^ tr^ -le ^splosive,^ puà dim, pler app^foaaiiaazio^
UBi, 3aoi^ intermedio .tr9* ^s b% è, ;del reato^ il- migltop itoStiaid^
mo istorico della yia^ che" tennero le aQtielkeasptratb greohe^pep
volgere iaspirarnti, appunto perphè É-/it si è pte ^laesta l'^airi»*:
dotto a foggie varie, in parte da lui e tra loro acusticamente
assai rimote. La base delle diverse alterazioni di t-h si può rap-
presentare graficamente per fe, e quindi vi alibiariio la tenue
susseguita dalla continua che- a lei corrisponde, anziché dalla
mera aspirazione \ il qual fenomeno avviene, di necessità, quan-
do il contatto y formatosi per la produzione della tenue, (p. 18),
si discioglie in scarsa misura , anziché prosciogliersi di .un tratto
largamente^ come, è d*uopo perchè dietro a lei si; produca lo
A^"^*. Ora^ di questa guisa, h-h darà Mi (mujsa.e cont^nua^gnt-
.* Si allude principalmente alle combinauoni x^-^'^X^ 95- ^3v. Due
aspirate sanscrite, ^ all' incontro, Aon si Qombaciaiko iofià^iQd d mCe>
cezione solo apparente il raddoppiai>si di qualche aspirata la: orto*
grafie insolite (KhHh^ dhdh rdhdh^ dhdh). Le a^pir^ie aanseritav^i
tenui e si medie ^ non oceorrono se noa dinanzi a vobàU, «• Semi-
vocali, ed a nasali. Y'h^, del rimaniei^te,, queàto di ooMona al.safi--
scrito ed al^greeo»; ohe entrami)! gl<idi(Htti aborranoldali ikj^yTèAìcah^
in cui s'abbia insieme aspirata iniziale. ^d aspirata usìeenta (v.. ;]i!/s£.)^
dal che nuovamente si conferma la q^£(li<À.' di\àj;^traìfi& vera pel ci^-
spettivi suoni indiani e paleo-greci. .' : ,. i ./ ì u ,: 4' , T. , ■
** BRtiOKB,:;qp. cit., p. 59; cfr. RAUMW;,;2>/^:aspi*a/tòfi.tMÌ ^
lautverschiebung ^ §§ 43, 52, 60, Ebbl, 1. e, p. 265-6.
§ 31. DELLE ASPIRATA GRECHE IN OEHERALB. Xàl
turale), che assai naturalmente fiiiisi^ per ridarai al aétn-^
plice h; e p-h^ alla sua volta, darà pf {lAui^ é continua la^-i
biale), che altrettanto naturalmente si riduce a poco a poco
al semplice f. Ma dato uno t-h^ il cui t sia il t^ del fisiologo
Brucke, sia, vale a dire, un t qual si produce a denti un
pò* schiusi e colla fessura otturata dall' orlo della lingua » e
quale da noi si arguirà anche altronde che fosse proprio al-
l' antica Grecia (v. Lez. VII), allora T appendice fricativa sarà
a un di presso quello p (e, z) spagnuolo che ^se forma con la
estremidad de la lengua casi morbida de los dientes no apre-
tados% il suono V cioè, che tappresénter«!mo, un po' per coavén-
zione, collo p dell'alfabeto islandese (al quale togliamo anche
la cor^rispondénte continua sonora: d) e facilmente degenera*
in snoni diversi, come ha tentato descrivere il medesimo fisid^^
lego *, e come noi stessi avremo occasione di avvertire in ap-
presso. Delle combinazioni intermedie che noi dunque scrive-
remmo: k/i tp pf, può veramente conchiudersi che ali* odierna
pronuncia degli EUeni poco di più rimanga che la parte acces-
soria (x = ^i ^ -p9 ?=/*); Q se dello 3 ebbi a dire poco stante,
che pure in. moderne età serbi qualche diritto ad essere anno-
verato tra le esplosive, con ciò in ispecLe alludevo alle sorti
dello 5 nelle colonie greche, tutt' altro che paleo-elleniche, della
Terra d'Otranto **, dove la pronuncia sua, al punto dell' im*-
migrazione, si avrebbe a rappresentare, al modo nostro, per *p;
il qual suono, avversato eziandio dall'influsso italiano, venne
• Op. cit. , p. 39. — Con p rappresenteremmo dunque lo iti sordo
deir inglese (p. e. in thief^ ladro), e con ef la ih sonoro pMt delT in-
glese (p. e. neirartic. thè).
** Le notizie intorno ai dialetti greci di queste Polonie sono attiftte
pef la maggior parte dalla Fonologia che di essi ci poi^e un mio
caro discepolo, il dott. GmsErpE Morosi, ne'Suoi pregevoli StudJ sui
dialetti medesimi, fatti sul luogo e ora in corso di stampa. Mi valgo
eziandio dei i^o^^t dei dialetti greci delV Italia Meridionale^ raccolti
ed illustrati da Dobìbnico Comparbtti, Pisa, 1866 (p. 45^81), che
son poi la fonte principalissima per le colonie ealabi^esi. ** '
AacoLi, Fonol m<io«t(.-^r. U
à
162 g 31* HBLUl A9P;iaAT^ GRECHE IN GENERALE.
a deteifminarsi : ora in fwco.t (i% t) ed^ora in i.(^ z francese;
^dp i ), jsecondo . ohe I ora vediamo :
' 1 *. lii tutte quelle colonie et costantemente jifer 5 iniziale (ma non
' vedo esempj pet* S- iniziale* innanzi a liquida) : tdnato = ^otvxto; ,
morte V télo » .^&X«d, voglio; tervnJÒ = ^epfxoc, caldo; fero.= 5&(>o;,
messe %> ito s 5ieo; y ;io ; > teó ^.^tó^ , <iio; talasaa,^ 5aXQur(ra ( mes's ti
. ^ttàlassar^ in mezzo al mare. Canto cxxy ap. Morosi; talass ap.
Cqmparstti, pag. 50, 51). Fa eccezione: sed^ - ^id^^ dio, a So-
letp **• < B iu trutte è pur t per ^ iaterno, quando sussegua a
' :* Morosi, pag. lOT; cfr.- 131-2. Di 5 ridotto a t. in altri dialetti
neo-^reci tocca il 'Mdllacb, Qratnafnatih der griechisch. vulgarspra-
che in htatoriscìker en\wick!Lw9% P- 28, 89; vedi . ancora Ja n. * della
pagina che segue, e la n. a pag* 164 per % da^x* Questi fenocpeni
neorelleoici mi p^jonp assai infelicemente giudicati da Enr. Roscqer,
nella s^ua Memoria. De CLspiratione vulgari apud graecos (ap« Curtius,
Stuid. zur griechisch. u. lateinisch, gramm,^ fascic^ II, 63-127), 117,
la quale va ricca, del resto, di erudizione bene ordinata (y. Aspira-
menti). — US non è mai fricativo (cf) in Terra d'Otranto, com'è
iiella moderna Grecia; ma é sempre schiettamente esplosivo (df ), così
iniziale come interno (Morosi, p. 106). Questo fatto può égli infir-
mare r induzione che 41 t per 5, della steéSa- Terra d^Otrànto, sia
documento di -5 non perando ridotto a mera fricativa? Non parmi
a£ratto;'e ben piuttosto avremo- a dire, che S,. alla sua. volta, fosse
primaipeiite, in queste colonie, uno dd collo d appena iJlcipient^, il
quale, et, venisse poi a dileguarsi,, come si.òdileguato^anche relemento
fricativo dello tp iniziale, dove all'incontro nello tp (onde dd ^d) me-
diatilo la fj^cativa fl^v' essere stata più gagliarda, ed ha vinto.
. .** Npn.ò inopportuno ricordare, come fa il Morosi, il laconio aicK
= ^ei(, comechò mi paja più probabile che si tratti di riproduzione
del feno^nienOf anzichià di continuità isterica. Anche dubiterei se que-
sta di $e6 s .^£09 sia proprio l'unica eccezione; poiché in Matéra^iQ
xa^éra) s ropiaico 5u[Y]ccT&pa, figlia, è ^possibile tener lo Ti pel se-
condo eleniento del, paleo-ellenico th^ ma ben piuttosto avremo: 'gux-
Tspa (cfr. l'equivalente, zaconio oyacTif}, che si pronunciatici), onde si
ottiene' normalmefi te :j^aCéra, patera ^ e da questo, con pronuncia ral-
lentata (cfr. p. .e. il c^alabr. /iteri « napol. ibre, fiore) : hiatéra, (^\xqmU)
§ 31. DBLLE ASPIRATA QRBGHE* IN GENERALE. 153
coDSonaate: egherti « ifip^n [^t^9^^] (Coup., p. 55)^ destossi;
irta = ^X5a [^X5ov], venni ♦; eclisti = ejcXei'a^ (Comp., p, 49),
si chiuse **; spitta » <T7civ.^if]'p, scintilla; patterò « 7cev.&epo?, suo-
cere; an^repo 3 av^pùiTcoc, uomo. A 3' interno, tra vocali,
risponde il dialetto di Sternatia parte ancora col puro ^ e' parte
con d; gli altri, di regola, col s italiano di deriso^ cioè collo i
della nostra trascrizione. Quindi, nel dialetto di Sterhatia:.t^^2a
na moto « romaico ^5sXa vi (aqc.S'cd, vorrei apprendere ***; litàri
5= ^Ci-S-aptov, pietra; spati = rom. aitot^-t'ov , spada; pida^mi = <j:cì-
^-afjLiff, spanna;- mentre negli altri si dÌTùhbe: izela^ liécb'iy
spazi ***•; e così, a recare un diverso esempio, pezénno = rom.
$ finalmente allo gh che occorre di continuo in ghoró « romaico .^(opoS
peopsco; in Terra d'Otranto: toró)^ io vedo, de* canti di Bova (Ca-
lahria; ap. Gomparetti), e pur dovrebb' essere,, secondo il Morosi
(pag. 108), una continuazione del secondo elemento dell'antica aspi-
rata, a me pare abbastanza chiaro, all'incontro, comiche, non mi
sia dato di scernerne il preciso valore fonetico (si alterna jcòn cA,
G. XXXIV, XXXV, e ^, 0. xxxi), che esso surga di pianta in .bassi
tempi, e si tratti di tioró (^eopuJ) djoró (joró) gh[j]oró\ cfr. il Mo-^
rosi stesso, p. 116 (3). Il Witte (ap. Coscpar. , p. 88, 92) ;*endòrebbe
il suono iniziale del nostro verbo, ora per cà, ed ora. per gh (?).
: * Pur nel volgare di Grecia , oltre il p, anche il puro t: np^-^i
7]pTQc; e analogamente: y^z<ns = Ypaf8j3's, siete. scritti 9 "^i.^^^xia =s
Ypacp^tS, che io sia scritto. V. Mullach, o. c, -p. 287, 271, 273; cfr.
Curtius, Zeitschrift s. e, VI, 237r8, e la n.**. della p, preced.
. •♦ Notevole sarebbe cr^matza « [e]itpe{i.a«i.^»j, fu appeso, che il Gom-
paretti (1. e, pag. 71, cfr. p. xvi) ha da Calimera, pui;e in Terra
d'Otranto; quasi collo st rovesciato. Ma il Morosi., pur da Galinìera
(Cantp Lxxviii): na cremasti (cioè in trascrizione romaica: va xpe-
jfaff.&9i), che sia impiccato; e ,cfr. ap. Gpmp. , nel num. xuv: -5^- =
-ff.^- , bis.
: *** Canto GLXv ap. Morosi, il qual però nella Fonologia scrive .ide^a.
^ Zollino, che poco dista da Sternatia, avremmo, (Cfimto cxxxiii:
itela na su mazo^ vorrei apprenderti (insegnarti).
. ♦♦♦* Nel dialetto di Bova (Calabria; v. n. a. p. 161 ) trovo per ^ ini-
ziale:, thele s 5s!Xcp» voglio; na therio » <S^ep([a]b), che io mieta; Tha--
104 § 31. DKLLE ASPIRATB aRBOHS IN O^HBRALE,
«c^QufycA (itqiilaiW)» muojo, insieme col piti genuino peMniico
:^ àirod«i(^uì, id.
Di (p, all'incontro» che suoni . diversamente dal semplice ^ noa
veggo alcun esempio , nò tra i coloni greci dell' Italia , né al-
trove. Ma kh dicon suonare ancora talvolta lo x in pronuncia
Beo-greca; e in Terra d'Otranto è bensì, di regola, un sem-
plice h (Aa^el^i 3 ^aXdfCtov, grandine; hrono ^ xf^'*^^ ^ anno; ehi,
^f *^ c'/ei» ha, ecc.), ma pìir vi ha traccia di A A, e qualche esem^
pio di A : j^ : : < : 5 •.
Cassia;- per ^ interno, preceduto da consonante: effe (e cosi in Terr^^
d'Otranto: afte) » i/J^^^y J^^) ^^ *^^ "^ '^*<'^* ^ 'p*^^» ®^^ ^^ venga;
ettriwiX^^U (Pom. o/d^), nimicizia;-* tra vocali: eaitten^ixél^i^, di
la (C* ^iii e 3(ix>; ettutu *« rom. i&S^^v, di qui (Comp.; C. v e xxv),
ne* quali esempj è probabilmente preceduta una figura nasalizzata
{ecifdm ecc., efr. putte nel G. xvi>, e quindi la differenza che è tra
di essi ed i seguenti : staihi ^ rom» (rTad9| , stia ( cong. aor. in f ubz.
d'inf.); alUhia = d(Xy(.^ct«, verità; mathermi » rom. lAoc^uive, apprendi
(imperat.); clotho ss 3cX(a>i), torco; ennethe » rom. e^ve^cc, filavi; ithe^
fes^3!tX«<, volevi. Avremmo, in fondo, si per ^ inizialo (.^^> e sì
pel mediano tra vocali (^^^), un suono stesso (th\ presso il Witte:
dh] me dhelu^ idMa)^ ma quale precisamente egli sia,, non ci è dato
rilevare. Giova intanto esaurire questi canti di Beva, notando ancora
gl'isolati riflessi che seguono: af%4da « rom. pc\i3f%, ajuta (imperat.),
afudia ^ rom. *pouWa, ajuto (v. Comparetti, pag. 87«&; e anche a
Martano, in Terra di Otranto, fidò » P«y)>ó5, io ajuto, afidia » poi{-«
^ta, ajuto, Morosi, p, 107); - e eats*or*a (ap. Oomp^^ C. xxvi) » rom.
xoL^'fipo^, ogni ora, allato a ocUa pezzo (ib., C. xxi), ogni pezzo. Fi^
nalmente^ potrebb' essere utile indizio lo th di spUhia (O. ix» xiii,
dove il Witte ha spitia ^ e xv), spesso, se veramente m. tratta della
riproduzione della parola italiana.
* il Morosi <À offre (pag. 106 > per A » x £>1^ esempi che seguono:
ér^ome «£pxo(Aai, vengo; Cristóy Xpi^^ó^; roscaZì » (tac^déXi), ascila,
nei quali avremmo x aggruppato ad altra consonante. Aggiunge cor-'
d&nnoy cui ragguaglia a x^f*^ (*■ r^^- x^^*''^**^^» P*®^*^ ecc.). Ma
aitdcia o a«^i^t«&) spicbe {ìsxolx^ì rem. a^t^'x») ^ e ar<^d, eominaio
§ 31. DfiLtE AS^UtÀTR dREO^È IN O^NBRÀtÉ. 168
tlifaoenddci alla grecità antica , troviamo dunque che x ^ i
vi avessero il valore di vere aspirate tenui; ma già avemmo
(cfré ^rsiffnasane^ comincìaroiio, ap. CoitPAti.^ p. 58 )t qui bob ispet»
tane , d' altro non vi si tf attardo se noa del fenom^np neo«-greco ^
già di 9opra ricordato, pel quale x volge in suono palatino dinanzi
ad 6 ed t, fenomeno che in "ferra d'Otranto non si moi§tra però co»
stante, di guisa cbe vi abbiamo Simona (scimòna) « rom. x^^V-^'^^^h
inverno, allato a hiòni^ rom. x'^^^'^v, neve. Oalìmera (sempre Terra
d'Otranto) ci darebbe poi talora, ma quasi esclusivamente iniziale «
gh (vera gutturale aspirata) per x* ghaldzi =s haldxi = x*^*!;iov, gran*
dine, egho » ehò = J^^, ho, ecc. ; eàèìo kH^ accennato nel testo, con
media per tenue, come occorre, a éagion d'esèmpio, in damdzò à *ta^
tndzo (3au(jLoé((o, fo le meraviglie) appunto a (^alimera. Ourioso ricol^o^
pei quale si ritorna alla figura fonetica delle origini {gh kh kH [ti]ffhU
% appunto yJXoii^ ed i^^ ^^^^' Indice* — Nei canti di Bova (Calabria)
abbiamo :.ec^ echeii Ix^ ^^^^9 bo ha; monaca ip)v«x^^» solo; stcìhi^
I^X^l» apiima; [na] chiso^ X^^^ì ^^^ ^^ versi; aeharo^ rqm. «x*f^^»
sgraziato, spiacevole, cattivo; dtcM'aY "^«^X'*» mura (pi.); cheria ohi*
riay rom. X'h^^f mani; chili ^ chilùcia (diminutivo italianeggiante ;
cfr. qui sotto: gortiusi)^ rom. x«t'^t* x^'^*'^'*» ^^chome er^cJiesai, ep*
XOfMtt epxecrai, vengo vieni; chimonia^ X^^K-®^**» stagione invernale;
thorta^ rom. x®V*» erbe; chtonot XP^^®^» anno; cMlia, X'*^'*» mille;
chuma^ X^F^^» terra. Sempre dunque, in sino ad ora, x riflesso per
eh (con gh due volte: managhi ^ fJt-ovax»)', sola, C. xxix), sulla cui
pronuncia ci mancano però dati precisi. All' incontro è la pura tenue
in ercommo (C. xxvi) = «pxou[AOuv, 1. sing. imperf., allato ad ercho^
fm ecc. testé veduti; Oiseo (p. 42); zicrada (0. xx)^ rom. ^XP^*»
freddo (sost); crisi (pag. 42), rom. xP'^^*f> aurea, e ctis^mandili
(C. xxxvi), rom. xpw*o-'l**^f»^^ov, pezzuola d'oro; nei quali quattro
esempj è x aggruppato ad altra consonante. Mi restano: apoeondria
(C. Vit), titóxovS^'a, che però è probabilmente la voce italiana; gani
(C. XXV), rom. x^^Tl» P^'^da; gortuci^ erbetta (v. qui sopra: chofta
e cMVucta); e finalmente: jereta^ rom. x«tpe''ot> saluta (imperati)»
dove X dinanzi ad e subi l'alterazione palatina, di sopra discorsa #
alla quale sarebbe ali* incontro sfuggito in chimonia ecc. — Nel ro-
maico volgare ricorre ex per l'antico <rx, Mullach, 1. e, p. 300; e
altri -«x* per •^X'^ si hanno in qualche speciale dialetto 4 ib« 94<
166 § 31. DELTiE ASPIRATE 6RECHE IN GENERALE.
d' altronde occasione d'avvertire, ohe il greco risponda con que-
ste aspirate alle vere aspirate medie del sanscrito, e ancora di
accennare, come la qualità di aspirate vere sia appunto con-
fermata ai sscr. gh dh hh dal fatto che essi nel greco si riflet-
tano per kh Ih ph. Gli è che questa discrepanza fonetica tra
greco e indiano, onde a prima vista sembra venire un sin-
golare screzio nel generale sistema delle corrispondenze indo-
greche, le quali costantemente ci danno, all' infuori di questa
riscontro di aspirate, tenue contro tenue, e media contro me-
dia, veramente si risolve in un ordinario fenomeno di assimi-
lazione regressiva*, pel quale il primo elemento dell'aspirata
originaria si renda omogeneo al secondo; di guisa che g-h d-h
b'h si facciano h-h Uh p-h per processo non diverso da quello
che dalla combinazione. etimologica ^-5 ci porta a k-s greco
latino, come in Xe^w (leg-so), dirò, ìnrex (reg-a), e simiglianti.
E secondo il nostro concetto della genesi delle aspirate indo-
europèe, al quale in sul principio del discorso accennammo, la
trasmutazióne si descriverebbe più compiutamente col dire, che
cessato, in favella greca, l'interstizio separativo tra l'esplo-
siva sonora e il sordo A, ne viene l'aderenza dei due elementi,
la quale di necessità importa che si tolga, per assimilazione,
la dijBferenza fonetica onde essi contrastano fra di loro **. Vi-
cenda analoga a questa che intercede tra sanscrito e greco,
* C. Arendt, Beitràge s. e, II, 306; cfr. Alb. Ag. Benaiiy, Die
rómische lautlehre, p, 117.
** Rappresentandoci, a cagion d'esempio, per d-'a la sillaba ori-
ginaria e sanscrita dha^ — vale a dire: l'esplosiva spiccatamente
pronunciata, alla quale succede il breve interstizio (che non turba
l'unità della sillaba), susseguito alla sua volta dallo spirito aspro,
.che aderisce al suonp a cui precede, — se ne ottiene la figura irana,
celtica e lìtu-slaya i^da) pel dileguo dello spirito aspro, e la greca
(e pur la. proto-italica, § 32) pel dileguo dell'interstizio, cioè per
l'aderenza dello, spirito alla esplosiva {d^-a, onde necessariamente
th-a).
§"31: DÈLtB A^PIRÀtB OÀECHB IN tìfiMBRALK^ ' ■ '[ 167'
ricòr^re ira il 'Sanscrito 'medesimo, a'^mèglio tfa 'gli oflierni rol-**
gari pracritici, e* r idiòma zingarico; il quale; 'mentre ih ge-
nerale concorda, nel suo sistema fonetico , col stadio, coli* in-
dostano, ed altri volgari neo-^indiani di ceppo sanscrito, se he.
stacca per ciò, che alla aspirata media esso ^ costantemente «ri-*
sponda per tenue asp\|)rata, la quale poi finisce *per ridursi a^
pura tenue, come ora ci mostreranno i pochi «sempj a oui deb-*'
biamo qui limitarci:
2. Sscv.ghàsd-<f indost. pAas, foraggio,- img&r. khas ^ fièno; * sscr.
dhàv-^ha- y il lavare (nettar lavando), indo'st. dhÓTn&y lavare, -
zingar. thau^'àva^ tovdvuy io lavo; sscr.'d^t^, bhùmi-^^ indost'/
bhùm , bhùty tèrra , - zingar. phuv , puv , jj«e , id. •. ' ì
Rimarrebbe di toccare ancora di jr \^ cp, in quanto per essi
si continuino altri suoni originarj che non sìeno gh dh hhy'é
d'investigare, se del tramutarsi delle medie aspirate originarle
in tenui aspirate greche, che è fenomeno anteriore all'età cui
risalgano i più vetusti monumenti di fàvetla Mlenica in sino a'
noi pervenuti, pur v'abbiano riprove per entro a' confini della^
stessa favella greca. Ma queste indàgini gioverà ' riservare ai
particolari discorsi intorno alle singole aspirate ò ad altri luo-
ghi ancora; e qui all' incontro ,cpnverrà che senz'altro iLr,a-
gionamento ora si volga ai continuatori italici» ed in ispeci.e,
latini, delle medie aspirate «originarieT ed indiane.,. .
. Mentre l'etrusco, idioma ariano sicuramente anch'esso, co<»*. § 32
mechè'non investigato a sufficienza perchè; ci sia dato di ab-
bracciarlo in questo nostro studio', ci mostrerebbe ancora ve*^*
gete, alméno in parte, le aspirate tenui, già pel sólo £stto ohe'
nella scrittura etrusca sieno in uso,' allato a H ed a 8'(/^'e/);
tutte e tre le aspirate dell'alfabèto greco ; all' osco , all'incontrò,*
e all'umbro e al latino le tenui aspirate già affatto mancavano ,'
* V. StiAdj critici y II, 110-13. Notevolissimo, inoltre, che siritrovi'
nello zingarico l' intero processo ph pf /*, quale pel greco lo abbiamo
di sopra eruito; quindi nella yoce per 'terra' : pHuv, pfuv^ fu. V. J?i-
geunerischesy p. 83. — E v! sopra, la n. a pag. 152.
.1 • • ■ ' • .iff
ÌSè % 3$. G0NTIMU4TOK} ITALICI DBfJiB ASPIIUTB ORIGINARIE.
od eran U U per maiicarat n^l.pia antico periodo a cui ci porti
la notizia- ohe di - essi abbiamo ; poicbò troviapa cbe gli Osci ,
gli Umbriedi Latini abbiano rinunziato, nelle loro scritture,
alle flettere X O ^, ohe 1* alfabeto greco > pur da essi assunto,
loro porgerà-^. Né di medie aspirate, suoni ritnasti affatto
estranei^ come appena occorre ayrertire^ pure air etrusco, re-
sta alccraa traccia neU* osoo^ jieU* umbro ,o nel latino. Per le
quali favelle, considerate nella loro condizione isterica, non può
dunque discorrersi di aspirate, ma solo di suoni che stieno in
ìj^tretta connessione fisiologica con esse, e sono due soli: le spi-
ranti fe^; la prima delle quali è rappresentata negli alfabeti
degli Osci e degli Umbri per un carattere ad essi comune con
Tetruspo (8) ed estraneo, cioè aggiunto dagli Itali, al greco»
dovecbè i I^atini la rappresentano pel digamma de' Greci (F),
piti conyen^entemente adoperato dagli altri alfabeti italici ad
esprimere il/r; - e la seconda è in tutte le scritture italiche
espressa p^r S, fiìo^ per quella consonante fenicia che tra i
Greci vedemmo , anch^ adoperata a significar lo spirito aspro
ed U secpndo elemento della tenue aspirata dell* ordine guttu-
rale ^hh qh) ? del labiale {ph).
* Lo ^ yeramenté occorre due volte nelle tavole engubine (umbro),
ma in fubzione non diversa dal T (Au^rbcht e Eirchboff, Die um^
hrischen sprachàenkmàlery I^ § 1), e lo istesso d avrà a dire dei cor-
rispondenti ségni che occorrono in dae epigrafi sabelliohe (CoassEN,
Ztiischrift %^ 0., X, 5; 39>. Pur nelle epigrafi etriisobe ai osoilia,
per vero, ira aspirata; e pura tenne « conie è per doppio esempio in
>^fbs6nai; (xfes'9'nalj allatie a gvb^tnal, od in anxI/^rv» i«af9n, al-
lato 'a4 A]»CAHi»'» LAVTif; ma» ,a ta9er ^d'altro, c'è imprima» che vi
oocorrpQo, e nopiscarse,, tutte 9 %^ le aspirate (cosi 4> in taOane,
s^^^A^LS); e si ha poi Isi, decisa prevalenza dell'una o dell'altra
figura, come in larcna xar\]/na, dove è rara T aspirata, affatto rara
anche in lavtn iafBn, quando in lar6 lart, o in arn6 arnt, di
^ran lun^a prevale. Non poca importanza hanno eziandio le antiche
trascrizioni di voci etrusche, quali Thania Achonia. Pur nell'ètru-
SCO, la prima a cedere dev'essere stata la labiale (<^), e più dì tutte
resistente la dentale (6)«
§ 32. CONTINUATORI ITALICI DfiLLB ASPIRATA ORIGINARIE. 169
€he se ora ci poniamo a eondiderare, com^ò prineìpalmeate
Toluto dair attuale nostro assunto, quali sieno i riflessi delle
medie aspirate originarie sanscrite negli antichi idiomi italici
a cui la nostra indagine si estende, troveremo imprima, che
questi appunto rispondano a quelle aspirate per A e per /*, con-
trapponendo, cioè, allo gh il loro A, e cosi allo dh come allo
hh il loro /*; p. e.: lat. Mentis » ^ghjama- (sscr. hima-, freddo,
gelo, V. §34, e 36, 1.); lat. fù-mo- = sscr. dàù-^mà', fumo; rad.
lat. ed umbra: /é?r-«sscr. bhar^ portare; rad. lat. osca ed unj-
bra: /k-asscr. bhu, divenire, essere. Senonehò^ mentre n eli* osco
e nell'umbro queste corrispondense si mostrano costanti, cioè si
riscontrano non solo iniziali ^ quali erano negli esempj testé
veduti, ma al ancora intèrne ^ cosi tra vocali come tra vocale
e liquida, -^ e quindi neiroseo: me/lo- « escr. màdhja-f medio,
e ndl'umbro: fe/fe » «sor. tùbhjam, tibi, rufro-, rosso, = sscr. ru-
dhird- (sangue, cioè il rosso; gr. l-pu5pó-, rosso), — nel latino,
air incontro, avvien di regola, che, in mezzo alla parola, gli ori*
ginarj dh e bh sieno riflessi, anziché per /*, il primo ora per d
ed ora per ò, e il secondo per b, e che gh interno, finalmente,
ed anche iniziale dinanzi a liquida, vi sia riflesso, quando afibtto
non tenda a dileguarsi, per g. Cosi all'osco me fio- (» sscr. ma*'
dàja-) e all'umbro rufro- (= rudhiràr), testò addotti, il latino
risponderà per medio- e rubro- ^ e all'umbro tefe (^ sscr. tùbh--
jam) per tibi; e al sanscrito Uh («* "ligh^ gr. MX Xetx«>, v^ § 34,
• 35, 8u) , leccare, per ling-^n^ come al sanscrito mih (» *migh ,
gr. MIX ò^^f-i-^tù)^ spandere acqua, per mm^-ere. Il fonologo ha
quindi innanzi a sé il doppio quesito, del coma si dichiari ohe
le medie aspirate originarie si continuino nell'osco, nell'umbro
e nel latino per h e f {h n gh, fm dh e bh), e che il latino,
date certe congiunture, le continui per vie sue proprie, con-
trapponendo ad esse le pure sue medie (^ = gh, d e b ^ dh,
J*bh).
Della, prima parte del problema si può dire, che sia presso-^
che risolta in anticipazione, poiché in fondo vi si tratti di esito
non diverso da quello che incontrammo in Grecia. }j* Italia
à
170 § 32. CONTINUATORI ITALICI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE.;
antica rispondendo per A all'origin. ^^ e per ^ «allo &7^ orìgin . ,
altro non fa se non precedere ed avanzare la Grecia sa quella
via, per la quale le antiche medie aspirate, fattesi aspirate te*
nui in seguito ali* adesione dello spirito, si riducono a poco a poco
a mere spiranti, ed anzi la gutturale a mera aspirazione, che
assai facilmente del tutto si dilegua. Cosi il fiatino di fero,
che risale, insieme col 9 greco dell' equivalente (pcpio, all' origi-
nario hh del sscr. hhar (ferro), equivale anche foneticamente
alla spirante neo-greca dello stesso (pspca; e il ^ latino di Au-
mU'S che risale a ^^ originario insieme col x del greco xpo^i
(per terra), altro non è che un'ulteriore debilitazione dì quella
spirante che si sente nella pronuncia odierna dello stesso fjjL^L
Rimane, per questa prima parte, il f italico per (2/» originario;
dal quale dh (cioè th proto-italico) si sarebbe dovuto avere,
parallela a /^ da &A (pA), quella spirante a cui inclina o si ri-
duce il moderno 5 de' Greci lo th sordo degl' Inglesi, e noi
stabilimmo di rappresentare per ^. Ma gli è notorio^ come que-
sta fricativa, che si ottiene frammettendo la lingua a* denti,
acusticamente si approssimi a /e in esso /agevolmente dege-
neri ♦, come appunto avviene, a tacer per ora d'altre ana-
logie, dello th sordo inglese che fra gli stessi indigeni passa
talvolta in f, o dello 5 neo-ellenico che i Russi non sanno ren-
dere se non per f **; di guisa che nel /del latino fù-mo-^ a
cagion d'esempio, rimpetto alle sue figure anteriori: jìt^-mo,
thù-mo' (= sscr. dhù-ma-)^ si avrebbe quello, stesso fenomeno
fonetico che per l'identico radicale molti secoli dipoi si ripro-
duce in fumìàm\ cioè nella veste russa del greco ^ù-{iL-ia-(Mc,
profumo. Il grandissimo tratto di tempoy onde l' Italia anticipa
^ulla Grecia nella riduzione delle antiche aspirate a mere spi-
* La miglior dimostrazione empirica dello scarso distacco fisico
tra p e f^ sta nella difficoltà di proferire, con chiara distinzione
dei due componenti, la combinazione pf.
** Cfr. Stuclj critici, II, 122; Arendt, Beitràge s.^C, II, 485,
BaDCKEf Oiomale pei yinnmj austriaci .^ IX (1858), 692»
§ 32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE. 171
ranti, può misurarsi dal fatto, al quale già avemmo occasione
di accennare, del non aver convenuto agli Osci, agli Umbri
ed ai Latini di adottare, per he per f, lo / e lo <p dell' alfa-
beto greco.
Ben più ardua è la seconda parte del problema: come, cioè,
— a parlar per esempj greci e latini^ che in fondo qui fanno al
caso quanto gli oscch-umbri e latini e servon meglio perchè na-
turalmente occorrono in maggior copia — , come sia che al / dì
ya-ffxw (aprir la bocca) risponda lo h di hi-sco, mentre al x dì
i^tù risponde- il g dell'equivalente ango; al 9 di (pXgyo) (ardere,
risplendere) il Y di fulgeo, mentre al <p di ve<po<; (nube) il 6 di
nt^&e^. Trattandosi, come ormai sappiamo, nella massima parte
degli esemplari che possano ricondursi alle origini, di aspirata
media originaria, e cosi avendosi il sscr. bharg per parallelo
di cpXeYw fulgeo f e il sscr. nàbhas per vetpo? nùbeSy facilmente
si viene al supposto, che dove il latino, seconde le norme già
indicate, contrapponga la sua pura media alla media aspirata
originaria e sanscrita, egli veramente conservi il metallo ori-
ginario della consonante, e solo perda l'aspirazione, come già
sentimmo che tra l'altre facciano, ma indiflferentemente in ogni
postura, la voce litu-slava e la celtica. Senonchè, a ben vedere,
le difficoltà a cui questo supposto va incontro sono tali, che a
dirittura si debbano dire insuperabili. Già il fatto per sé stesso,
che un'aspirata originaria si continui, per via diretta e nor-
male, in due modi, a doppio titolo tra di loro diversi, come
sarebbe, a cagion d'esempio, lo bh riflesso in principio di parola
per sorda continua (oppur sorda aspirata) e nel mezzo all'in-
contro per pura sonora esplosiva , onde si otterrebbe la figura
non avrebbe a favor suo alcuna adeguata analogia, né in fa-
vella latina, né in alcun altro idioma della famiglia; e quindi;
se altro pur non fosse, non potrebbe concedersi cosi di leggieri-.
172 §32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIOINARIB.
Ma si aggiunge, imprima» che ammettendo, per rimanere aU
l'esempio dello bh, nnb latino che immediatamente risalga
allo bh originario, che sia, vale a dire, questo bh stesso, de-
trattane solo r aspirazione, si disvelle il latino dal sistema fone-
tico delle altre lingue italiche , si turban cioè le ragioni di quel
perìodo proto-italico, in cui il lat. Ubi, a cagion d'esempio»
pur dovea coincidere col te fé degli Umbri, o il lat amb- col-
Tarn^ {»gT. èjjwp-i) degli Osci ♦. E v'ha, finalmente, che quanto
ci è stato facile il darci ragione del come venga a rifletterai,
neir italico /*, oltre ohe lo bh (*ph, <p) originario, anche Tori-
ginario dh ("th, 5), altrettanto sarebbe difficile, e può anzi dirsi
impossibile, il dare una dichiarazione persuasiva del b latino
che per una intera serie d*esempj risponde allo dh originario
(p. e. lat. rubro- - umbro rufro- » gr. s-pu5po- « sscr. rudUtà-),
quando si voglia persistere nella teoria, che la media latina^
in cui si riflette T antica media aspirata, altro appunto non sia
che una media aspirata, da cui T aspirazione si dileguasse.
Queste difficoltà di ordine generale, ed altre che intralcia-
vano lo studio dei singoli fatti, si eliminan tutte, air incontro,
quando si ricomponga T istoria dei continuatori latini nel modo
che segue:
L Neir idioma proto^italico, vale a dire neir idioma a cui con^
. * Rimarrebbe una sola via per conciliare la continaazion latina,
intesa nel modo da noi impugnato, col fatto incontrastabile dell* unità
Qsco-^latino-umbra ; e sarebbe questa: che hh interno si mantenesse
talquale nel periodo di questa unità italica, e si riducesse, dopo la
separazione, a b latino, mentre nell'osco e nell'umbro volgeva in/",
come a /* si trova sempre ridotto , in tutti e tre gli idiomi , lo hìi
originario iniziale. Ma che l'umbro (o l'osco) e il latino ancora pos'
sedessero entrambi, nei primordj della loro vita individuale, lo hh
mediano, è ipotesi per sé stessa assai stentata, la quale, d'altronde
(sempre ancora tacendosi delle ragioni italo-greche, a cui tutta volta
fii è impossibile non concedere molta importanza), non isfugge, senza
nuovi stenti, alla» obiezione di cui. prima dicemmo, e ad ogni naodo
poi incappa in quella che ancora ci resta.
§ 32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE. 173
vergono, come a fonte comune, il latino, Todco, 1* umbro, e gli
altri dialetti paleo- italici che lor vanno congiunti, la media
aspirata originaria si è costantemente ridotta, per vicenda ana-^
Ioga a quella che si è compita in favella paleo-greca, ad aspi-
rata tenue; e quindi s* ebbero, a cagion d'esempio, i proto-ita-
lici: *khiem' (orig. ghjam-), lat. hiems, '^arikK-o (orig. angh-)^
lat. ango; ^thùmo- (orig. dhùma-)^ lat. fumu-s; ^methio- (orig*
madhjU')^ lat. mediu-s, *uther (orig. ùdhar), lat. uber; ^pher-o
(orig. bhar), lat. fero, *luph'et (orig. lubh-), lat. lubet, "alpho-i
lat. albus.
IL Assai anticamente, durante cioè ancora T unità paleo-ita-
lica, queste aspirate tenui proto-itàliche volsero in spiranti,
come avvenne, più tardi, anche delle corrispondenti aspirate te-
nui paleo-greche. Nel periodo proto-latino^ vale a dire nel pe-
riodo in cui il latino, staccatosi dagli altri idiomi italici, entra
nella sua vita individua, abbiam quindi, continuando cogli esempf
già addotti, le figure ch« seguono : Riem-y anh-Oy fer-o, luf-ety
alfch. La spirante dentale, ^, che avremmo a trovare al posto
di th, erasi nel maggior numero de* casi ridotta a /*, durante
ancora T unità paleo-italica, secondo le analogie che di sopra
toccammo (p. 170). Solo per un certo numero di ^ interni man-
tenevasi ancora il carattere dentale net periodo proto-latino»
carattere che pure in questi esemplari, per quanto ci è dato
vedere, andò perduto negli altri idiomi paleo-italici. Cosi le fi-
gure proto-latine degli esempj di sopra addotti per T aspirata
dentale proto-italica, eran queste: fumo-, mepio- (osco: me fio)
ùfer. Lo stadio fonetico rappresentatoci dalla ricostruzione pro-
to-latina : Hiem*, fer-o, luf-ety alfa-, fumo-, ùfer^ è lo stadio a
cui Tosco e l'umbro si sono di regola fermati.
in. Le aspiranti proto-latine, /t e /J all' incontro, se interne ed
in ispecie se precedute da liquida (e lo U pure iniziale dinanzi a
«
liquida) volsero col tempo, insieme collo P (v. II), nelle rispet-
tive medie; quindi: ang-o (gr. ÌYX<«>)f iub^et, albo- (umbro alfq-^
uber (gr. ou3^p), media- ^ il qoal fenomeno» a dire di una sola
analogia eteroglossa, non è diverso da quello per oui allo h pro-^
174 § 32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE.
tò-g«rmanico dei gotici svaihra-, suocero, fraihan, domandare,
risponde il g anglo-sassone degli equivalenti sveger e fregnan *.
Fra la sorda spirante proto-latina e la media, quindi p. e. tra
p e d, dev'essere intervenuto lo stadio della spirante sonora:
mépiO' medio- medio-, il qual processo avrebbe opportuno ri-
scontro nelle serie germaniche di cui ci sarà esempio: bropar
got., brodor anglo-sass., broeder oland., fratello. Un' altra evo-
luzione latina, che si presenta analoga in quanto riduce sonoro
un elemento sordo ed insieme costituisce uno screzio tra il la-
tino e gli altri idiomi paleo-italici, non dissimile da quello che
interviene in ordine alla continuazione delle aspirate originarie,
è il passar di s in r, tra vocali oppur tra vocale e consonante
sonora (v. Lez. XIV); quindi, p. e., veter-are veter-no- : ^ve-
tes-nO' {vetus) :: rub-ro- : VM/-r*o- (umbro rufro-).
IV. Sin dal periodo proto-latino, la spirante gutturale, h, era
già ridotta, in molte voci, a semplice aspirazione (Ti), od era
anche del tutto dileguata; cosi p. e. in veh-o (veo; cfr. Tosco
veia^ § 35,3); le quali voci naturalmente si sottrassero alla
alterazione, testé descritta, di spirante in media.
§ 33. Serbata, del resto, ai luoghi opportuni la considerazione di
altri uffici etimologici delle spiranti latine testé discorse, qui in-
tanto gioverà compendiare, in un quadro sinottico, V istoria, da
noi ricostruita, dei continuatori latini delle medie aspirate ori-
ginarie (cfr. §35):
aspirate originarie (e sanscrite) • gh^ dh^ bh.
aspirate proto-italiche (e pa-
leo-greche) M(x)» th(,^,^ ph{Q),
spiranti proto-latine .
continuatori latini . .
♦ V. Studj critici y II, 119-22. — Per effetto di questa regola,
non V* hanno combinazioni di consonanti in singola parola, proprie al
latino classico, in cui entri h {an-helare è un composto, v. § 35);
e quelle in cui entri /> si Tidacono quasi esclusivamente a fi.e fr ini-
§ 34. h SANSCRITO (i* IND0-IRÀÉ40) = ffh OEIGlNARlO. 175
: Anchei nel sànscrito * occorre una spirante fra i continuatori § 34.
delle medie aspirate originarie, e vi ha molteplice funzione. E
lo h, che troveremo assai di frequente al posto dello gh (§35),
e talvolta pure a quello di dh (§ 53) e di 6fe (§61). E av-,
venendo nell* indianità seriore, come- già avemmo occasione di
avvertire (pag. 152f-3), che l'aspirata sanscrita, sia media o
tenue, e in ispecie se interna, con molta frequenza si riduci^
al solo A, cioè *si spogli, com* è concordemente ammesso, del
suo elemento ' esplosivo ; era ovvia la conghiettura, che, pur
nello A sanscrito per media aspirata originaria, non si avesse
fenomeno diverso. dà questo. Senonchè, a questa conclusione
(che per alcuni singoli casi ^ come in appresso riconosceremo,
è conforme < a verità) contrastava imprima - il fatto , che già a
suo luogo accennamnxo, dell'aver lo ^, in grammatica e in
lingua sanscrita ,. titolo e funisioni di consonaute sonora; e con-
trastava poscia, più gagliardamente che mai, la risposta che
io h sanscrito suole trovare in favella irana,. edò z: Lo z
irano è in ispecie la costante risposta dello h sanscrito nella
più solita; sua funzione, che è quella di continuatore dello^A
originario, alla quale il nostro discorso deve quasi esclusiva-
mente qui intendere; e quindi; a cagion d'esempio, zendo azag-.
*Ra = sanscrito a hag-Ha {greco ìy^o^'^s, lat. angor-que). Ora,
pur qui è affatto manifesto che si tratti di alterazione che
risale al periodo iado-irano (cfr. § 36); e non solo manca, dal-
l' un lato,, qualsiasi indizio o probabilità analogica che per-
metta d'imaginar più genuino, cioè meglio conforme alla pro-
nuncia :inda-irana, lo h sanscrito che non lo ;2^ dello zendo, di
ziali; poiché, del pari che i composti ( infelix , . anfractus , ciniflo-
nes, ecc.), non entrano nel conto i nomi proprj non latineggiati, come
Alfiusy Rufrius^ e altrettali; ed Africa meno ancóra, e mal vi può
entrare V antiquata voce nefrundinès^ che si appaja col prenestino ne-
froìies (il Corsden, Aussprache ecc., 2* ed., p. 147, si confonde circa
la cittadinanza dei> due termini)* Circa in/'ertis ecc., v. V Ind* e gli
Siuélj crii, y II, 171-2.
176 § 34. A SANSCRITO (i' INDO-I&ANO) ^ ffh ORIGINARIO.
guisa che jS si possa reputare come un'evoluzione di A; ma
vi ha ancora, dair altro, che la favella irana offBrendo sem-
plice media per media aspirata originaria (p. 154, 166), ne viene
che z per gh vi sia altrettanto legittimo e genuino dello z per
^ (§ 25); e vedremo a suo luogo (§ 53 e Lez. XIV) coma questa
illazione, e quelle che eeguono, non vadano turbate per lo in-
contrarsi di h sscr. e z irano in altre funzioni etimologiche che
non sia la continuazione dello gh originario. Si aggiunge, che
Io A sanscrito, come tra non molta apprenderemo (§§ 42, 44),
ra incontro a tali vicende, che solo si chiariscono dall* affinità
grandissima ohe deve essere »tata, di regola, in una fase an-
teriore, tra il suono che ora è h sanscrito, e lo z irano. Cosi
adunque come nella continuazione del g originario vedevamo
impuntarsi una parte degli esemplari dello ^ sanscrito, e lo
zendo z, in uno z indo-irano (p. 105» 107, 117-^), saremo del
pari ora condotti a stabilire una consonante sonora indo-irana
poco da questo z diversa, alla quale faccian capo lo h ssor. e
lo zendo z nella continuazione dello gh originario; e quanto è
alla differenza acustica che intercede fra il suo&o indo-^irano
(non dissimile dallo j francese) e Fattuale h del sanscrito, mi
limiterò per ora a citare le sillabe latine gè, gi, che nel por-
toghese, come nel francese, suonano ze zi, e nello spagnuob
airincontro: he M. Questa alterazione indo^^irana dello gh ori-
gin., la quale sarà da noi rappresentata per z\ presuppone, alla
sua volta, affezioni delia gutturale aspirata (gh^ gh^, cfr. § 36)
non diverse da quelle che inducevamo per ^ e i provenienti
dal semplice^ (p. 118, 128). Ma quanta parte^ dell' antica aspi-
razione in sé conservasse lo z' indo-irano, mal si tenterebbe
definire in preciso modo. Di*certo 1* antica aspirazione valse ad
imprimergli quel particolar carattere, pel quale, di regola, ri-
mase distinta, in favella indiana, la continuazione alterativa
dello gh da quella del semplice g {z, g); ma non veggo indi/j
abbastanza sicuri per stabilire che durasse uno zh (il qual
sarebbe una dcg^ia .continua) nel perìodo in cui avvenne il
distacco dei due r^jni asiatici o nelle prime età de^'indian^i
§ 34. h SANSCRITO (Z^ INDO-IRANO) a ffh ORIGINARIO. 177
ed eLniì ne veggo tali, che debbono farci ritenere la primitiva
pronuncia indiana assai più vicina a i che non a zh *. Del
rimanente, come la connessione etimologica àik eU^ o ff e.g {z},
si manifestava dalle stesse favelle degFIndi e degrirani per la
vece che sempre ancora queste ci offrono tra il suono originario
e Talterazione sua (§§ 13, 15, 24, 35), cosi anche nella con-*
tinuazione dello gh si avvicenderanno nel sanscrito: gh e h, ^
rispettivamente nello zendo: g {gh) e z^*; e qui pure, quando
♦ Dello 'zhy che ad ogni modo sarebbe la figura genealogicamente
cornetta ^ può a prima vista parere integrai continuazione lo gh del
verbo sanscrito uggh ugghdti, abbandonare, che veramente consta
del prefisso ud (onde, per assimilazione: ug) e della rad. h[à], ab-
bandonare. Alla qual forma, che non risale ai piti antichi periodi
della lingua, si aggiungerebbe il pracrito ghina^ abbandonato, per
l'equivalente hina del sanscrito (Lassen, Institution. ling. pracrit. j
pag. 199). Senonchò, Tesser queste forme di bassa età ed affatto
solitarie, già senz'altro dissuaderebbe dal riconoscervi T antichissi-
mo ;?/i; e il miglior modo di dichiarare questo gh seriore, o pracri**
tico, è di certo quello di ripeterlo normalmente dalla combinazione hj^
alla quale vedremo risalire lo gh pracritico di un obliquo singolare
del pronome di prima e di seconda, e di altre forme (saggha-^ «=» sahja--
§ 40, 5; maggha = mahja-, tuggha «=» 'tuhja*'^ § 61). Allato alla con-
jugazione ha gd^-hà-ti hina-, avremmo cosi: ha *hja-*ti 'ùd-hja-'H (cfr.
dà dà'-ti djà-Uj recidere), onde normalmente ^/ia-^i (e qixmdi ghina-)
e ug^gha-ti. Dì altri fenomeni, che parrebbero stare per zh, v.. ai
§§ 42 e 44. 1 migliori indizj, air incontro, per la pronuncia vicinis-
sima a z^ sarebbero nei casi di coincidenza del continuatore di gh
con quello di g, tra' quali primeggerebbe: ustra-, bufalo, cammello
(a wilfra- zendo, cammello; cfr. vantar §44), cioè qiiello'^ihe^orta
o tira, dall' indo-irano vaz uz (zendo vas uz, sscr. vah uA, § 35, 8),
portare, tirare; e nella forma ìndò-irana della voce per cuore. Ai
cui alla Lez. XIV.
** Per la esatta ragione di gh allato a ^, o di i allato a z, nella
continuazione zenda dello gh orig.^ v. la FonoL ir. ai rispettivi §§^
Circa la vece sanscrita, v. in ispecie la nota al § 36,3 II, in f.
Ascoli, Fonol. ind(hit.'gr. 12
Ì7S § 35. RIFLESSI INDO-ITALO^^RECI DELLO gh ORIGINARIO»
le due figure fonetiche appajanò distribuite fra nome e verbosi
l'anziana è del nome. Lo A e lo gh hanno d'altronde per re-
duplicatóre comune lo g (cfr. p. 103 e Reduplicazione); così:
ha ^à'hd'ti, abbandonare; ghrd ^-ghra-ti, mandare odore»
odorare *.
§35. I cenni che precèdono » diligentemente richiamati appresso ai
i^ngoti òasi, potranno bastare a renderci chiara la serie delle
(^rispondenze indo-italo^-greche per lo gh originario, parte della
quale ora ci facciamo a mostrare:
1. Sscr. himd**m Cghjama'-i 'z^jama-'j v. l'/nd.)» gelo, freddo, himà
inTérno (e quindi: anno; p. e. gota' himà:^ cento anni, r^t?., I, 64^
14, II, 33, 2; cfp. zendo thri-^ató^zima^ trecent'anni); - . gr.
vsifAocT-^ ^ei[Mi>v- {x'^\^i X^^H''^^)' inverno, intemperie invernale
(e se è genuina la glossa esichiana: x^^l^^N"^ X^^H'^^'^^t 1^ quale
: è suffragata anche dal derivativo x^^l^^S* gelo, se ne ricava un
fem. x^^H-^i ^he sarebbe tal quale l'equivalente lituano zèmà\
V, § 36, 1, e cfp. il fem. sscr. himà)^ /;*'V"^~^^0"^> X''h'-***'^^<>~v»
gelone; •* lat. hiem-s **►
"2. Sscri hjas ( 'ghjàs, ^ijos) , jeri ; - gr. y ^e? ( v. Ind,) , jeri ; - lat
3. Sscr. vah vàh-^^i Cvagh<, 'vaz; zendo vaz), vehere, ferra, vdha--s
(cioè: il conducente), carro, via; - lat. (§ 32, IV) ceA-o, veh*-i^
*^ulo'^^ vehTes, e con tot^e dileguo, del hi t?ia, umbro ve a
(1.* tav. eug.) è via (3.* tav. eug.), osco viù; cui si aggiunge-
rebbe r osco veia , plaustrum , serbatoci da Paulo. Del rifless o
. greco tocchiamo pili tardi (s. /*)• Lo gh è ancora intatto nel
nome sscr. augha^ (v. Ind.), propriamente: che-porta, trascina
♦ Cfr. ancora, circa lo h sscr., la Lez. XIV, e SL crz^. ,..11, 126
e segg.; e circa lo z' indo-irano, il luogo ult, cit. e il § 36..
** Intorno al greco X'^'*'** (X***^'^) ® ^^^^ zendi zajana zaèna^ vedi
l'Indice; intorno al lat. hiber-nu-s (hiber c= 'hinfer^.'hinfro ^ xi\tj&^\o^y.
cfr. § 54), gli Studj crit., II, 97-8; e circa Vlmaùs di Plinio (sscr.
ffimavant***=* Himàlaja^)j ghiaccioso, nevoso, gli :Studj orietit. e lin^
guist,j I, 268.
t' e quindi: corrente, fiotto^ ér anche: froità (cosi il nostro frotta
riviene, insieme con /?o«Oy a ^ziicifw^ •)♦
^. Sscr. tarh ta^tàrh-^a (3. sg.perf. att.)< fracassare; - • lat* (§82, IV)
/ra^-o, trdh-^axy trahHi^ trahr-ea* Là stessa sucpessioiié dt
significati (ramperoy lacerare, distrahere^ tii'ahére) si riproduce
ne* normali continuatori germanici (pi 64) della radice origina-
ria e sanscrita: dar^ dirumpere; cioè: got. tairan (^a-tairan)
destruere, alto-ted. atii. zeran^ id., £erjaH\ moderno ze^ren^
distrahere, trahere. [Cfr. Stt4/fj coitici ^ II, p. l46 e s-eguénti.y
S. Sscr. pHhan-' Csplaghan V. Indice, *5piai*a« 'sptz'dny fcetido g^pe^
' re£a)y milza; - gr. tJttXayxv*, le .viscere, d7cX»)'v(-'spZe^n^ vedi;
Vlnd.); - lat. lièn Cplehèn, •jiWen, y. § 32, IV, e Tlnd.); :
• 6. Sscr. rah^ scorrere, correre, ragMrs^ che è in ràpido, c^ri^o^ la;^
ghù^Sy rapido, leggero, minuto, insignificante;.- . gr. i-X«}^u^
*
, V. I^d.), minuto, lieve, insignificante; al superlat.: l-Xotxt<TTp-? ,=^
sscr, làghistha-s; lat. (§32, IV) Zei?-i-5 CleUu-i^s). . Come
lev^i-^ CleUu^i-^s) ad e-Xa;(«-Cj così sta brèv^i-^s CbreUu-i^s) allo
equivalente ppà^^-c.
7. Sscr. mih mdih-a-^ti (''migh *m%z\ zendo miz)^ urinare, maighà-^
(zendo maéghà)\ nube (propriamente: spanditorè d*^ acqua **); -
gr. o-|i.t;^-£a) (V. Ind.), urino, o-[iLt)(;-fjLot, urina, è-jiit'j^-Xyj (V. lùd.)/
nebbia, nuvolo;- lat- mèjo Cmeih-o ***) è mingo Cmirihò,'
§ 32, III); — *fneiho (mejo): mitigo^ : : Xè^x*** • li'^go (n. ^)* »
8. Sscr. rih rih^^ti^ leccare. Uh U-ddih^ (3. sg- perf* aft.), id*
Cligh *iiz% cfr. l'armeno liz-^an^l); - gr. AIX, Wjc^w». Uc-.
co;- lat* ling^ (LIH KnJi-o-,. § 32^ III; cfr* n. 7).
• 9. Sscr. à'h'^s (rad. 'ani?A, *awi*)^ zendo 5;s-«pf-/la7, strettezza^
* Anche rafta- (V. sopra) direbbe ^fiotto' (Bopp): dadarga.».^ nadii
jffunja-^ahà: f vide fiumi dalle onde pure (sàvitrjupàkhj.y 4, 3Ó-31).
♦♦ Si aggiunge: mih^ nebbia; e in una raccolta indigena di parole
che hanno più significati, VAnaikàrthasàgrahà di ffaimaRandra , «?
adduce anche mihira^ nube, di cui il Fick, o. c, p. 144, si vale pei*,
stabilire la forma indo-europea *migh'-rày che genererebbe, oltre
che mihira^ il greco o-jtt'/^Xr), il lituano mig-^là^ e il paleo-bulgar.
mtg^. '
•♦* Circa "meih^o ^meij^o méj-'O, v. Sttuìj critici ^ II, 143.' - '
180 %3^. BVliESSI mVO'lTAhO^REiCl l^ELW ffh GRIGI VÀRIO.
angustia^ sauscrito e sexido agha-^ dannoso, malo; perìglio,
danno;- gr. tty^-^i stringo > strozzo, ocx-o;» angastia (cfr*
p. 182);- lat» ang-^o Cantr-Oj § 32, III), ang^or^ ang-us-to^
10. Sscr. dhi-*s m. e £> (*a^/it« *<zi't, zendo ait-), biscia, vipera; -
gr, Jx''^^®^'*- § 36, V. L fc) m. e f., vipera;- lat. angui-s
Canhvi-, § 32, III; e cfr. § 36).
*
I quaU esempj ci danno imprima la giusta misura della fre-
quenza deir alterazione sanscrita (indo-irana) dello gh origina-
rio; la quale se già a primo tratto non' apparisce meno estesa
di quella deiroriginario g (§§23,25), avrà poi a risultarci, per
più .attento esame, ben più profonda di questa, tanto che la
quantità del danno patito dalla media gutturale aspirata ori-
ginaria debba dirsi superiore pur di quella a. cui è soggiaciuta
la originaria tenue (v.p. 107)*. E nei continuatori dello gh
avremmo d'altronde, tra lingua e lingua, più di un saggio di
equivalenza fonetica ed etimologica, la quale implichi tutta-
volta diversità isterica dei suoni coincidenti. Poiché, secondo
i ragionamenti che facemmo precederei, se, a cagion d'esempio,
coincidono iu hima hiern- (35, 1.) lo h del sanscrito e lo A la-
tino, la ragione evolutiva dei due h riman tutta volta affatto
diversa, avendosi per la spirante indiana: ghghzhz h{%3i),
e per la latina: ghhhJiJiRh (§33); e cosi la coincidenza del
ff latino col g del gotico, p.^. in angustus ed aggvus (angvus;
stretto), del pari che ogni altra normale coincidenza di medie
latine e medie gotiche, non esclude la diversa istoria dei due
suoni, altro non essendo la media gotica se non la continua-
zione del primo elemento della media aspirata originaria (p. 154,
169), dovechè la media latina, nella funzione che qui si consi-
dera, ci risultava trasformazione seriore della spirante italica
(§ 32, III). Ancora va considerato, circa i continuatori latini dello
gh originario, che uno stadio di maggiore robustezza, che non
* V. § 36,3,11, e la nota; ma considera tutta volta l'ultima parte
di questa.
§ 35. RIFLESSI liS^DO-lTALO-ORECi DELLO ffh ORiamARIO. 181
dia quello della semplice aspirazione, ci sta dinanzi nelle com->
binazioni et cs di vec-to- vec-si, trac-to- trac-si; le quali forme
a buon diritto coincìdono con minc-tch mic-to* mine-si mie-si^
linc'to' lincisi, poiché nelle fasi anteriori punto non differisce
la uscita di veli- vekJi, fraJi- trakK (35, 3. 4.) da quella di minìi
minkh, Unii linkh (35, 7. 8.). Altro documento della vigoria che
aveva in fasi anteriori lo h lat. da gh orig., s* incontrerebbe
eziandìo nelle forme an-hèlus an-héìare, le quali contengono la
stessa base che è in hd-l-are e hio e /à-axw (io sbadiglio), base
con gh iniziale originario, come è in ispecie confermato dai pa-
ralleli germanici e slavi, - e ci mostrano V*amf- amh* di rtmft-
-^rfo ecc. (§60), che si ottunde, nello stringersi allo A, cònle
fa dinanzi a suono esplosivo in an-ceps e altrettali, od in an-
'fractus^. Poi domanda la nostra attenzione lo Kv (gv) dell* ul-
timo fra i riflessi latini dinanzi rassegnati (anguis, ^anìims),
intorno al quale surge il quesito, se il d continui una parassita
ante-italica, oppur se non sia uno sviluppo semplicemente ita-
lico latino, quesito che si coordina ai ragionamenti dà Mi
tenuti nello studiare il v che abbarbica vasi a ft od a ^f origi-
nario (§§ 19,26). La risposta litu-slava, e un termine greco
non peranco addotto, verranno tra non molto (§36) a farcì ri-
tenere di antica radice pure il v latino dì anguis (*an^ms);
come altrettanto antico ci apparirà quello di ninguit, esemplare
che entra anch'esso, col suo parallèlo greco, nella continuazione
dello gh originario. Air incontro, pel v di lingua allato a Unga
(*?m^, 35, 8.), il quale del resto non ha per sé che la sola au-
torità della lezione dei nostri manuscritti di Prisciano **, non si
* Circa an-helare^'amf^ halare, v. Pott, Wurzel-wórterb»^ 1, 83-1.
** X, 11: haec tamen non videntar ia iao divisas terminare, ìb. qni-
biis u vim literae amittit, unde in gico quidem syliabam terminantia
huiascemodi servant regulam in go terminatorum , sicat et quae in
quo finiantur, rationem sequanitur in co desinentiam: dicimun igiiur
tingtio unxi et linguo Uyixì^ ut pingo pinoci .... Cfr. Gorssbn, Beitr,
z. lat. f armeni, y p. 68.
JSZ §'35.|iIFLBSSI IND0-^lTALO*aREGI lySLLO ^/l ORIGINARIO;
vede affatto aloan ludiziò di esistenza ante-romana. Per la i^rte^
greca, finalmente, il penultimo degli esempj da noi riferiti
(xy/wecc.) ci conduce a toccare di tal fenomeno, che interessa
alla sua volta T istoria generale delle aspirate. Poiché, se ad
$yy-w, stringere, rivengono manifestamente, da un lato, oLyx-^^
iy/rt (da presso*), iQal si potrebbe, dall'altro, per le lievi
d^bitazioni del Pott **, staccarne l'equivalente l-^^xì-^i lyf<}^
(da. presso), quando in ispecie si consideri la coincidenza mor^
fologica del greco Iyy^"^ ^^^ ^^^' ahù-^ (*anghù), stretto, strettura,
e col got. aggvu* (angvu-), stratto. Ora la semplice media greca
per media aspirata originaṛ^ o per .1^ corrispondente aspirata
tenue del , greco utesso , h fenomeno che occorre in tutte ^ tra
1q serie' di consonanti (cfr. §§ 52) 6(>), comechè affatto raro per
la gutturale e per la dentale, e solo un po' men raro per la
labiate; ms^ sempre si tratterà, negli esempj sicuri, i\ media in*-
terna preceduta da nasale. Quindi, non contemplandosi qu^ i casi
pei quali v'abbiano testimoni^^nze, o probabilità, che le due prò-
nun4^ risalgano, entrambe ad età remotissima od abbian fpn(}a-
mento neir indecisione del suono originario ***, ci resta il doppio
quesito, se in l-^^-^ =^ *enghus j ed altrettali, 9i tratti di vera
aspirata che smarrisca nella Grecia la sua aspirazione, e quindi
C^ ne vengano altrettanti documenti che ancora fosser medie
spirate, nelle prime età greche, le consonanti che rispondono
f^Ue medie aspirate originarie e sanscrite^ oppur se non vi si
tratti, come nel latino i^minHo mingo eoo^^ di tenue aspirata
scesa a spirante sorda, la qual poi diventi media per effetto
4ella precedente nasale. Io xx^x decido per la seconda sentenza,
considerando, che se ci atteniamo alla prima, T efficacia della
"^ * (jòsì presso è da pressum^ copfot*ù)ità ideologìoa gi^ registrata
dal DiEZ, nel suo Etymolàgm wórterb. d^ rornanischen sprcuchen^ .
• *♦ Etymolog. forschung,^ 2. ed*, I, 276?, n.; e cfr. il nostro Indice.
• ^* Si allude all'attenenza che è tra il gr. y^vur;, mascella ( inferiore)»,
e l'equivalente sacr. hanurs^ e in altr©tt£^U* Vedine Vlnd^ s, ye-vu-^e
anche il § 60,
§ 36. etX è vauietX delle alterazioni dello gh originario. 183
nasale rimane enigmatica, dove, all'incontro, per wflf da n/i, ecc.»
vale a dire pel fenomeno di spirante sorda che si renda sonòra^
e finalmente consonante media, perchè le corde vocali restino
nell'attitudine medesima in cui sono nel proferimento della na-
sale, non solo s* ha questa ragione fisiologica, ma insieme, si
hanno, come ho altrove compiutamente mostrato, oltre le ana^
logie latine e le germaniche, paralleli albanesi assai conclu-r
denti.* È fenomeno affine l'aversi ngr nd mb, da nh ntmp an-
terióri, nel greco moderno e nell'albanese. B l'esistenza di un
modesto numero di voci in cui x^ ? fosser vere spiranti in rimoti
periodi ellenici, la quale è presupposta dalla dichiarazione che
iK)i adottiamo, punto non ripugna, ed anzi ben si. adatta, aK
la istoria generale delle aspirate greche (p. 159-60), Intanto, pel»
esaurire il discorso di ng »n^, noteremo ancora che (xàYyQ^vov,
Àmmaliamento, andrà con {xyi^^kv^' , arte, mezzo, stromento; dpve
-s' hanno i paralleli ideologici del sanscrito krtjd, faccenda;
,opera, ammaliamento, e AegV ita,\ia,ni fattura, fattucchierOy ecc. ;'^
.6 finalmente Tesichiano iffpU (Xu^t); quindi: afianno, dolore; e
«enza la nasale: àypteec = XuTuat ) , che anch'esso potrebbe rive-»-
iiire, come lyYu?, ad «yx**»*» stringere (angustiare). 'v ;
• Ora converrà che ritorniamo alle alterazioni asiatiche ' dello
^^ : originario, per iscrutarneretà.e la genesi, alla luce deirif
scontri litu-slavi, i quali insieme ci ricondurranno a compir lo
jstudio de' continuatori italo-greci di questo suono. E quanto
avemmo a dire, ne' corrispondenti luoghi, intorno alle contÌT
nuazioni di & e di ^**, ed in ispecie, coii discorso che sarà, po-
tuto parere soverchiamente sottile, intorno alla continuazione
del secondo, avrà qui ora, dal parallelo dell'aspirata media, com-
pinta ed assai notevole conferma.
Oià avemmo ad affermare, e a mostrar con parecchi esempj , là
speciale e continua concordanza, fra sanscrito e zendo, anche
§36.
* StudJ.criticL 11,120-22,124. - "
. ** Si confrontino, per tutto quanta concerne il presente paragrafo,
i §§15, 19, 25, 26. ' .. ;
184 § 36. ETÀ E VARIETÀ DELLE ALTERAZIONI DELLO gh ORIOINARIO.
rispetto al fenomeno di spirante da gh originario, e a riportar
^indi air età indo-irana pur questo scadimento di antica gut-
turale (§§34,35)*. Vedemmo, all'incontro (§§31,32), come
la spirante italica {K, h), e tanto più quella del greco serioire,
per lo gh originario, dipenda da un principio generale, che sì
attua costantemente nel gruppo greco-italico, per tutte le aspi-
rate e per sue proprie vie; e come, in ispecie, essa presupponga
r esplosiva aspirata mantenutasi per lunga serie di secoli dopo
che era avvenuto il distacco della favella àegV Itali e de* Greci
da quella degl'Indi e dei Persi. Quindi rimane affatto escluso
che si possa ripetere una qualsiasi speciale consuonanza» tra i
continuatori italo-greci e gl'indo-irani di gh originario, da ial-
terazioni che si fosser consumate prima di quella divisione. E
le favelle dei Germani e dei Celti ci mostrano, alla lor volta,
g per gh originario, secondo l'analogia generale di cui pur già
toccammo (p. 154, 169); quindi pure in esse non mai si ripro-
duce lo scadimento indo-irano {z' da gh) del quale ora si parla **.
Ma, anche per questa parte, le cose mutano affatto di sembianza,
<}uando ci volgiamo al gruppo litu-slavo. Il quale nuovamente
qui ci offre una particolar concordanza coir indo-irano, rispon-
dendo per i e i **• allo z asiatico {z dello zendo, h del sanscrito)
per gh originario, come si può vedere da' seguenti esempj :
♦ Vediamo tantosto (p. 190) come si dichiari l'apparente discor-
danza che è, tra sanscrito e zendo, in duhitdr^ s. , dugkdar^ z. , fi-
glia. Tocchiamo pure di han s. allato a gan-- z. (p. 192-^3 n. ), e di
'drag ohe nello zendo si aggiunge a darez^ssor» dark (p. 189 n.).
** E60mpj celtici e germanici per la continuazione di gh originario,
mantenutosi gh o fattosi i' indo-irano, sarebbero, dall' irl. ant. : gaim^
inverno (35, 1.), %-im, io lecco (35,8.), dall' irl. seriore (Stokes,
Irish glosseSf p. 118): sealg (*selg), milza (35, 5., 36, 1.); e dal got.:
gistra-^ jeri (35,2.), vig^a, via {vag-erij carro; 35,3.).
♦** Quindi lo stesso rappresentante lituano (z) e slavo (z) che ave-
vamo nella continuazione alterativa di g originario, com' è consen-
taneo all'indole della favella litu-slava, che non disceme tra media
pura e media aspirata dell'idioma primitivo.
§ 36. BTX e varietà. DSLLB ALTERA^IOm DELLO gh ORIGINARIO. 185
Sanscrito e zendo. lituano e antico bulgaro.
1. *ì^jamay z. ;sima-, s. himà (35, 1.)» !• iètnà^ b. kima^ id.
inverno.
*t?a;i', z.wajSjS. »a^ (85,3.), vehore. 1. vez^ù^ b. vei-Oj veho«
*tarz\ s. tarh (discerpere, v. 35, 4.). b. trus'-ati , veliere.
^splazariy z. gpereza^ s. pliharij h. slezenay id,
milza (35,5.).
*miz% z. mù, s. mi/i, urinare (35, 7.) 1. my'z-ti , id.
*Zii*, s. lih^ leccare (35, 8.). 1. lez-ti, b. lizzati ^ id.
*aw;2*M-, s. a^w-, angusto (cfr. 35, 9. b. ozù-kùy angusto.
e p. 186).
*darz% z. darez^ s. dark, fermare, b. rad. druz-,, tener fermo "*.
fissare, consolidare.
Il valore della quale concordanza è pur qui accertato, imprima,
dal trovarsi ancora concordi il litu-slavo e V indo-irano nei casi
non gran fatto frequenti di conservazione indo-irana dell' antica
•
* Questo esempio , non meno saldo degli altri , ha d' uopo tutta-
volta di qualche schiarimento. Il Lessico di Pietro'burgo pone allato
al sanscrito dark il paleo-bulgarico druz-atiy tener fermo, padro-
neggiare (cfr. Curtius, num. 316), e ben 9i appone di certo. Ma
druz-^ti non farebbe prova per z s\.tsh sscr., poiché il suo z tanto
potrebb' essere il prodotto di z-j, quanto quello di g-^ Cdruz-jati
*drug-jati). All'incontro avremo netto ancora il tipo' druz nel pa-
leo-bulgarico druz-^ati^ drui^noti^ audere, che mal si è tentato di
•
raccostar direttamente al sscr, dharì, poiché lo i si. non può rispon-
dere allo 8 sscr. (cfr. Schleicher, Formenlehre der hirckensL spr,^
•p. 117-8). La successione ideologica: tener fermo, sostenere, opporre
resistenza, osare, ha molteplici conferme. Cosi il greco roXi^a, audacia,
dice veramente: la forza di sostenere, sopportare; e il sscr. dhar-'f,
audere, rampolla alla sua volta da dhar^ tenere, portare (v. Vlntra-
duz. alla Morfól,^ s. vv., e nella Fonologia irana il gruppo in cui
entra l'armeno v^sta-'h^ confidente, ardito). - Il significato di 'lei-
gare' (tener fermo, fissare, legare) si manifesterebbe nello zendo de*
reza^, vincolo, catena, e nel lituano dìrza'^s, correggia, donde ulteriore
conferma al nostro riscontro fonetico.
I8Q §'36. ETÀ S VARIETÀ DELLE ALTBRÀf^IONjL DELLO gh ORIGINARIO*
gutturale. Dove in primo luogo si vuol notare, come la vece
indo-irana di^ z è ghy che avvertimmo tra il verbo miz\ uri*
nare, e il nome maigha-, nube (35, 7. ), avrebbe ora il suo ri-
scontro nel lituano mig-là, paleo-bulgaro mf^-Z^,nebula, allato
al lituano myz- (36, 1.), urinare. Si aggiungerebbero, tra gli
altri, dallo slavo antico: Ugu-ku, levis, allato al sanscr. laghi-
(35, 6.; cfr. si. oitì-Aiì = sscr. ahù-y 36, 1.), e stiff^no-ti, arrivare,
allato al sanscr. stigh sUgh-nu-tàiy ascendere •, gr. (rxsiyw, pro-
cedo**. Dall'altro canto, non v'ha pur un solo valido esempio,
in cui il gruppo litu-slavo abbia ridotto a suono continuo T an-
tica gutturale aspirata ^ e l' indo-irano la continui per suono
esplosivo***; e la reale divergenza tra lituano e slavo si ri-
duce anch'essa, per tutta quanta la continuazione di gh ori-
ginario, a proporzioni affatto insensibili ****. Resterebbe la serie,
* Questo verbo, addotto dai grammatici iadiani, non è paranco
esemplato; ma trova piena conferma ne' riscontri europei, ed in ispe-
cie, per l'aspirata, nel riscontro* greco, allegato dal testo.
, •♦ Pei riscontri 'lituani, ed altri esempj, vedi intanto lo Schlbichbr,
nel Compendio^ §g 178^ 187* E anche spoglio di quel po' di artificio
che il FiCK* ci mette (q. c., 13), ben si potrei aggiungere l'esempio
4a lui statuito rlit algà^ prezzo. (salario), sscr. arghd-y pregio, prezzo.
• ••♦ Si potrebbe pep vero citare il lituano. ;j0r-iù {iér-^ ap. Nbssbl-
ja.AìX^)f ardere, rtepleudere, a cui si trovano anche paralleli slavi,
di contro al S90t, ghar^ che si iradxkce splendere^ e che in efeJito,
Wsuoi rampolli» mostra piuttosto il valore di ardere^ riscaldare,
Senpnchò, a tacer d'altro, lo ghar originario e sanscrito {gar zendo)
ila intanto la sua normal continuazione litu*slava nel paleo-bulgar.
^or-;/e-^>\ ardere, cui pongono a fianco il lituano garas vapore. Ora
si pud consultare, intorno a questo gruppo, il secondo voi. del Wur*
jgel'njDórterbttch di Pott, p,252,
: ,*♦♦* Jl paleo-bulg. stlzat semita, allato allo 5</^-np^^/, arrivare, che
Jbestò citammo, od al lituano staig-ù-s^ precipitoso, noi^ costituisce già
uno screzio radicale; ripetendosi la forma collo ^ dsk fenomeno se-
priore, peculiarmente slavo ('Uig-ja^ Schleicher, FormenU d. kircbensL
spr.^ p. 151, Compendium^ § 182, 5). IVJeglio angora è ina^^ifesta 1^
§ 36. ETl E VARIETÀ DELLE ALTERAZIONI DELLO ^i^ORmiNAKIO. 187
in cui, a primo aspetto, par che litil-slavo e indo-irano dìacpr-^
dino air incontro pei* ciò, ch« il secondo grappo abbia il 3aonoi
continuo e V altro V esplosivo. Esempj :
. ■ • ■ • • _ •.■■•<
Sanscrito e zendo. tatuano e antico Malgaro.
2. *daz\ z. dfa^, s. da^,. abbruciare. 1. deg~ù^ abbrucio.
^duzitar, s.duhitdr (del riflesso 1. duiter^Cdug-ter-^j nom. duktb\
irano sì parla tantosto), figlia. figlia*.
*miz\ z. gnizy nevicare. 1. sni^-^t, nevicare, sw^^a^s, neve J
b. sw/e^w, neve. »
' ^az% z. flit-, s. d^t-*, biscia (35)1(L)« 1* anpi-^Sy id; *►;
modernità dello screzio in zlu-tù paleo-bulg. (con ;?, non con ir), giallo,
accanto al lituano ^èZ-^ti-s, id., e simiglianti ; dove T alterazione slava
proviene dal l attiguo; cfr. Schléicher, Compendium, § 182, e lì pres*
voi. a p.^ 55. Ad altre apparenti divergenze arriviamo tantosto. Diver-
genza, reale vi avrebbe all'incontro fra ^osi paleo-bulg. e zàk-'S li-
tuano, oca, allato all' equivalente sscr. hasd- hàsL Ma il caso essendo
«j^osì isolato, può surgere il dubbiò, che lo slavò abbia assunto la de-
nominazione germanica di questo palmipede (gans[i]).
♦ n riflesso paleo-bulgar. dusti^ gen. dustet*^^ ripete dall'i Talte-
tazione di ^Mn «i.
** L'equivalente paleo-bulg. àzi (addotto da un less. del 1704, e
confermato dai riflessi de' moderni idiomi slavi ; cfr. MiKLOSictf , Lexi^
<}on palaeoslovenico-^raeco^latinum^ 1862-65, p. 1163, e qui Bopra,
Tult. n. a. p. 114), ripete il suo z dalla vodaìe che sussegue. - Due
nuovi esempj, per la sèrie a cui ora slamo, son proposti dal FiCKt
o. e, p. 19, 148; cioè: il lit. ig^ijuy conseguo, ottengo con fatica»
ini dò pena, allato al sscr. ih ih-^a^taiy agògnarot darsi pensiero;
e i lit. pa-jSgm^Sy robusto, jVp-*itì;, son fòrte, ^lato al sscr. jàftt«t, zend^
ja*ziA*j che traducono: grande. Senonchè, circa il primo è d-àvvertìrj?^
che difficilmente esso è diverso dal composto t-*gyiù {%non è divèrso^
nella pronuncia, dat; ed y lo è solo per la quantità), conseguo, co^i^
mechò il Ksssblmann {Wórterbuch der littauiscìien sprachei 24*254)
li tenga-divisi. Circa il secondo, si désidereitebbe maggior bdnveiii'eii»»
ne' Significati ; ma ò caso, tuttavolti^i bea degno: di consideraziotife
V. ancora l'ultima nota a questo paragrafo. ' . ! :• • • «•
I8d § 30. btX b varibtX bblle alterazioni dello gh orioinario.
Ma aguzzando rocchio noi ci faremo capaci, che simili diver-
genze hanno lor proprie ragioni, e lungi dal togliere, crescono
importanza alla serie in cui coincide la alterazione indo-irana e
la litu-slava ; coincidenza che qui anzi risulta più esatta che mai.
Come riuscivamo a scoprire, nel ^ sanscrito, due diversi gradi
di alterazione del g originario (§§25, 26), Tuno de' quali ci era
rappresentato dal tipo varg vrk-tà^ e l'altro dal tipo marg
fnrs-td^ cesi nel h sanscrito (i' indo-irano) ne scopriremo due
diversi dell'originario gh ; nel primo de' quali si ha la costante
vece grammaticale Ai h e gh {ciVr p. 104-5), mentre nel secondo,
che è il più solito, avremo dh {*z-¥t, v. §44) per prodotto di
h't h'th (cfr. p. 105). Si osservino :
r
3. I. Oontiauazione di gh orig. parallela a quella di g orig. del tipo
varg vrh-td- Cvrg-td): duh^ mungere, 3. sg. del fut. att.:
dhauk'sjdti (v. Metat, delV aspirai. ), partic. perf . pass. : dug-dhà
(^QV ^dugh-ta, v. §40, ap. 5); dahj abbruciare, partic. perf.
pass.: dag^dhd^ snih^ amare, 3 sg. fut. att.: snaik-^sjd-ti^
partic. perf. pass.: snig-dhd-'.
II. Continuazione di gh orig. parallela a quella di g orig. del
tipo marg ntrs-td (che è il caso infrequente per g e solito per
gh^ cfr. p. 106-7 e 180): vah^ vehere, tarh, discerpere, mih^
mingere, lih^ Ungere, darh^ firmare (36, 1.), daranno bensì an-
ch'essi figure sigmatiche sulla stampa di vak-sjd^tij vehet; ma
se passiamo alle figure residue, che possono esserci rappresen-
tate dal partic. perf. pass, in *^a, avremo ùdhd trdhd midhd
lidhd drdhd (cioè *uz^ta trz' + ta ecc., v. §44)*.
r»^-»-
* La grammatica indiana. statuisce, che il tipo duh dug'^hd^ sia
propizio delle radici ehe incominciano, per d^ e il tipo, mih midhd- sia
di tutte le residue;' e la special concordanza, tra la voce asiatica e
la litu^slara, che stiamo per avvertire, manterrebbe tutta la sua im-
{M>rtanza aacbe.data questa regola^ tanto piti che si estenderebbe anco
air eccezione. 0iova tuttavolta considerar piU d' appresso qqest* affer-
nazione de* grammatiei. I complessi radicali, sulla forinola d-..-^, si
riducono Teramente a questi oinqite: dah dih duh druh dark. Ora il
quinto di essi ci dà, pome il testo mostraya, il partic. drdhd-^ e a<>a se
§ 36, STA B VARIETÀ DELLE ALTB&AZI<»iI DELLO ffk ORIGINARIO. 189
Ora, eì nbn può ess^r^ opera dèlcaao, che il 'lita*£rlavo rispónda
per g quando il sanscrito ci ofire il tipo duh dìig-dhà^y e allo
iacòntro risponda per z (z) quando il sanscrito ci mostra V altro.
tipo darh drdhà- (*rffi* + te); cosi come rispondeva con seg
al sscr. sag sah-tà-j mentre con melz al sscr. mar^ mrstà'^
(p. 117,)« Quindi legittimo il lituano deg-ù allato al sscr. dah:
{dag-dhà-), abbruciare (36,2.), quanto son legittime le radici
litu-slave vez trùz tniz liz drùz (36, 1.), rimpetto ai paralleli
sanscriti che testé raissegnammo (36, 3. Il), la cui uscita, nel
congiungersi con qualsiasi suono esplosivo » più non si mani-
festa per esplosiva gutturale, ma si per linguale continua. Le-
gittimo quindi ancora il lituano duk-ter (dug+ter), figlia, allato
air equivalente sanscrito duk-Utàr (36, 2.), poiché non d'altra
ne ha alcuna figura verbale che ritragga il tipo duh dug-dhd [un' an-
tica oscillazione attesta forse lo zendo drag drakh-ta-j allato a darez
cLeres~tà^ pure dello zendo] , eccezione assai importante, che lo stesso
Benfey {Volisi, gramm.^ § 66, 5) ha omesso di avvertire. Di druh
dicono i grammatici che ammetta amendue gli aspetti , ma veramente
non vedo esemplato se non il tipo drug^hd*. E a dru/i aggìungen-'
dosi gli altri tre (dah dih duh)^ resta notevole, senz' alcun dubbio,
la relativa abondanza del tipo dug-dhà- tra i complessi radicali che
incominciano per d. Ma, ali* infuori di questi, pur lo avremmo, ol-
ti^echò in snih shig-dhd^ addotto dal tèsto, che è, per quanto io po9so
vedere, il solo tipo esemplato in questo verbo, a cui la grammatica
li concede entrambi, anche in mufi^ turbarsi, di cui ricorre così mug^
-^hd come mùdhà^; e ancora comparirebbero l'un'o e T altro in shuh^
ohe non vedo esemplato. Cfr., per simiglianti osciliaùoni, la fine
della n. a p. 106. - Del rimanente, la vece tra h egh, in quanto
s' abbia la prima figura nel verbo- e V altpa in formazioni nominali ,
vece solita, come è naturale, dove ricorra g-^dh per entro al verbo
«
stesso (quindi: dahy ni^àghd", calore; duh^ dùgha-^ che porge latte,
e anche nel partic. medio: diSùghana" = dùhàna^\ dihj sanrdaigha" ^
san-daiha-, dubbiezza; dru/t, -^rdughar ^ drauka-^^ oS^a,), occorra"
anche nell'altra categoria, e cosi già incontrammo aughor moÀghà"
allato a vah mih (35, 3. 7. y. Cfr. la n. a p. 107, in-f.
l9d § 36. EtX B VARIETÀ DBLLB ALTÉaAZtONI DELLO gh ORlÓINARtCI^
TI di tratti che Mia radice dwft, mungere, allattare*, che apw
punto ^ dà, come già vedemmo, il participio dug-dkà, e dà quindi,
nello zendo, dugh-dhar* , figlia ♦♦ , pure in questo sostantivo
2endo incontrandosi immediatamente T uscita del radicale con la
consonante del suffisso, dal che dipende T apparente divergenza,
fra sanscrito e zendo, circa T abito radicale dello stesso nome
{dùh4'tar, dugh-dhar) •♦*. Per tal modo, anche delle due con-
tinuazioni alterative dello gh originario, le quali ci potremmo
raffigurare, ne*lor primordj, per gh*, del pari che delle ana-
loghe deiroriginario h ( k^ §§ 14, 15), e del g originario ( gS § 25),
la favella asiatica ha comune la più profonda^ e più antica, eoa
la litu-slàva,.e T altra no; e circa la dichiarazione cronologica
della special comunanza, che pur ne viene tra* due gruppi, dòb-^
biamo riferirci a quanto pei fenomeni analoghi ne abbiam detto
ne' discorsi precedenti ♦*♦♦. Ma ancora una corrente alterativa
incontravamo neir istoria delle altre gutturali, quella, cioè, la cui
tase volemmo rappresentare per ky gy *•♦**, e soleva determi-
narsi per hv gì) nel fondamento di varie favelle europee e per
ij gj nelle asiatiche ( onde /t</, coincidenti con T esito esplosivo
di k* g*), mentre nel litu-slavo qui trovavamo costantemente illeso
il k ed il g. Ora, et non vorrà di certo esser caso fortuito se la
< ♦ In questa voce per ^figlia', si è voluto vedere * la mungente',
dair ufficio affidato alla giovane donna nella famiglia patriarcale. Io
piuttosto ci vedo una semplice indicazione del sesso, ciod ^che allatta ^
4;Le dà latte, femina', senso che si eonviene a una derivazione da duk^
(dugh); V. gli^^uc^^* orientali e linguistioiy I (1854), 102^ e il diigha^
citato in sulla fine della n. che precede.
. •♦•Vedi, in ispecie per '^har=s''<^tarf la FonoL irana^ s. v#, e in-»
tanto cfr. lo zendo ukhdha^ parlato, *uh4a^ ( 15, 2.).
, **« La sibilante si avrà quindi pur neUa risposta irana,. là dove segue
o susseguiva vocale; si confrontino p, e. le voci neò*persiane : dukh'*
'itar^ figlia» duhhréan^ mungere^ dùsj mtmgiì^ dùsl-i'^dan.i mungere
<««*i, Y.-Fon. ir.M, V.).
**** V. p. 56-7, 118. . »♦♦*♦ V* p. 84-85, 127^28.^
§ 36. STA E VARIEtÀ DELLE ALTAHÀZIOia DELLO ffh ORlÓINÀàlO. 191
stessa attinenza si ripete nella òontinxiazione dello p^,! è quindi
le Yoci per neve^ nevicare {3Q, 2.) si ragguaglino nel modo che
segue: • . ' -,
'4. '$nighy^\ indo-ìrano: *sniz% zendo: gnizy nevicare;- base greca^
italica, germanica: 'snighv-; gotico: snai[h]v-s*^ nere; greco?
' *vix/'~ vt(p-ét ( <p : 5^ : : X : x/*, p : y/*), nevica; ; latino : *mHt?- 'ninUv^
(§ 32, III, e cfr. p. 126, 18tì-l), nic^s mv-is, ningv-M (neve)i nin4
^rc-i-f ♦♦;- forma litu-slava snig-^, coma ai veldè dalle voci cljft
* già adducemmo (36,2.). > " ,
Al quale esempio troveremo ancora. analoga la voce per 'angue*'
(35, 10., 36, 2.); poiché, dall' un canto, il termine asiatico, il la-
tino ed il lituano {az% anhui, angi) qui si stanno nuovamente
fra di loro in quella identica attenenza; e, dall'altro, si ag-
* Cfr. p. 69-70.
• ** V. Curtius, o. c, nani. 440, e la nota che qui sussegue, he
voci per ^neve' mi costringono, ancora, mio malgrado, a censurare
due uomini, che per vario modo sono assai benemeriti de' nostri studj;
Afferma ciod il Corssen, con singolare imperturbabilità {ÉritiscM
beitràge eòe, ]^. 55, Ausspraùhe ecc., 2. ed;, p. S5), che l'i* di ninguis
non sia di mero sviluppò fonetico, ma sia all' incontro il suffisso ut
come in U-^A^s ( ZeÈ-iw-s i-Xaj^-ó-? lagh^-^ 35, 6. ), suffisso eh' egli
ritrova anche nel parallelo paleo-bulgarico, al quale affibbia costan-*
temente un u finale. Ora, prescindendo dalle ragioni comparative che
sono svolte nel nostro testo, Vù^ onde veramente si chiude il paleo^
bnlg. sTfjegù^ è il normiale rappresentante sì dell-^ e si dell'io ori-»
ginario è lituano; e quindi é affatto arbitrario lo staccare la forma-^
Kione bulgarica dalla lituana, mentre l' una, come suole, risponde con
esatto ragguaglio all'altra ^Jegu^snèga'^). Viti grave d il peccato*
di Max Mùllbr. Il quale, nell'immaginazione di aver trovato unr
nuovo esempio di f «v orìg. ed in Nt^pT) una dea della neve» esce a
parlarci {Zeitschr^ s. c.^ XIX, 42-3) di un tema sniv o niv al quale
risalgano i nomi di questo frutto invernale. Senonchò il chiaro uòmo
tralascia non solo di dirci com'egli ne ricavi le forme litu«*slave,.chd
non adduce; ma tace ancora del modo in cui egli concili!, col sud
^ni'é originarlo, lo teridio gniZy che ha pur citato^'
182 § 36. BTi B VABIBtI DBLLB ALTBRAZION I DBIXO gh OBiaiNARlO.
giunge il greco 2<p(*Ct angue, che sta ad angui*s cosi precisa-
mente come vaipHx (nivem) a ningu-em. Né può sturbare il greco
{^(-c, vipera, che già a suo luogo adducemmo; stando d<p(^
(v. ITnd.) ad Ìxt-« ^si come il jonio xc^Tgpo; al WTapo; degli altri
dialetti (§ 20) ♦.
- Nessuno dei casi che sapemmo addurre per g litu-slayo al*
lato a h sanscrito (§ 36, 2), vale dunque a scemare importanza
al fenomeno di z (i) litu-slavo di contro a h sanscrito {z zendo),
coincidenza peculiare, che ci era imprima attestata da una serie
di esempj (36, 1.)**; e se ora, pressoché al fine, come siamo, del-
* Il ragguaglig o(pt- = ?yi- = aAi- ecc., proposto dubitativamente dal
POTT nella prima edizione delle Etymologische forschungen (I, 144),
e poi affermato dal Benfey ( Wurzelleooikony 1, 144-5) e dal Bopp {Glos-
sarium^ s. ahi), i quali dichiaravano T equazione cp^x P^^ ^^e che
non potevan persuadere, fu poi rifiutato dal Curtius, che si avven-
turò a propugnare la derivazione di o(pi; ('ox/'ic) da OK [OH], vedere^
cfr, $p(xx(Dv (o, e, num. 172, 627). Ma il nostro ragionamento compa-
rativo dovrehbe pur togliere ogni dubbio. L'obiezione della qualche
diversità de* signiQcati (l^^c vipera, S<pi; biscia), ^è per due vatsì in-
sussistente; poiché, dall*un canto, entrambi 1 valori si fanno proprj
anche del sanscrito a^t-*, e, dall'altro, andando a maggiorità di voci,
piuttosto si avrebbe a staccare i'/i^y che non 5^ i;, da anguis^ angìs ecc.
E l'uaa delle due voci greche valendo pel genere e T altra per una
specie^ se ne attenua, d'altronde, la singolarità dell'aversi simulta-
neamente amendue le figure ne' dialetti stessi; singolarità che ad ogni
modo non potrebbe sgomentarci, se, a dir di un solo esempio censi-
loile, già avemmo a notare, che ic^ftic-ro^, quinto, il quale presuppone
TÌ\tmtj è pur de' dialetti che dicono Wvts (17,4.)* La lunghezza me-
trica della prima sillaba di cl^tc Cox/^iq) avrebbe dunque, oltreché la
stessa legittimità, anche la stessa ragion genetica della lunghezza
dell'i di vt(p^6e (NixA*)»
' ^ Né varrebbe ad infirmarla l'esempio del Ut. ^ègù-t allato al
sscr. jahónj z. jasu-^ toccato alla n.^ di p. 187, poiché non ci ò dato
di vedere come la radice se ne atteggi nelle forme caratteristiche
del sanscrito o delb zendo. Quanto é infine al caso iniziale di han
§ 36. £TÌk E VARI^tX DBUifi ALTfìRAZIQNl DELLO gh O^TOIITARIO. ' 193
»
VftPdua nostra ia4agiM intQraa ^X cwtiatiatori dalle guttaf ali
odginarie, la più ardua, per ayyeatara, di quante oooor rótto
al fonologo nel campo sul quale ci moviamo, 36 ora volessimo
tentaa^e di raffigurarci per sommi capì , a guisa di riassunto che ci
raffermi e ci rinfranchi, le principa^li risultante che ne ricavammo
in ordine all'istoria delle diverse alterazioni che questi moni
hanno subito^ ce ne uscirebbe il pi^pspettp ch^ qui si dejiinea:
k.
g<
Indicazione
approflsltiaifciTa
d«ll'ÌBtftCCO,
y(p. 46,56),
k* seriore (p.
51,85),
. ky(p-85),
g*(p.ll8),
g* seriore (p.
117-8),
gy(pag.ll7,
128),
gh. gh» (§§34,
36),
gh* seriore
(e. s.),
ghy(c.s.),
SanscriU.
p(§n),
n (§§ 12, 13),
% ( §§ 16-19),
i/(^t§§24-5),
^(A-(,§§24-5),
^(p.l28),
h Cz'-dy dh,
p. 188),
/i(^-d?7i, C.S.),
A (p. 190-92),
Riflesso
bafte dd riflesso
greco e latino»
A(§ii),
h (§ 12),
fe? (§§16-19),
^(§23),
P'(§'23)i
A/K§35),
[hh{% 35)],
ifeA«(p.l90-2),
■ I
Lito-glari.
S^,s{gl5,3). .
*<§15,4).
ft<§lM;p,85). ,
*,i {§.25,2; p. 128,
cfr.§36).
fl'(§25,4rp.-117y.>
gr(§-25, 4; p. 117,
128).
V »
i:,;2r(g36,l;p.l89-90).
fl^(§36,2;c.s.).
gr(c. s.).
sscr.| pulsare, icere, paleo-hulg. ^na-^i, pallore, impellere (IvriKLOsiCH,
Lexicon s. e, p. 131, cfr. Fick, o. c, p. 64 e 246, e J^esselmaj^n,
o. e, 3. genù e ginù)^ va imprima considerata T assiduità della vece
sanscrita di h e gh per entro alla stessa conjugazione di g[uesto verbb
(perf. gaghàna^ desider. gighasatiy ecc.), e inoltre là risposta zenda,
in cui si ha g (e non z)y che alla sua volta si'alterna, nel verbo,
con g (gh): gan ghna^ = sscr. han ghna-. Quindi ne abbiam conferma
anziché contrasto alle deduzioni nostre.
Ascoli . Fonol. indo-it.-gr. 13
194 § 37. ETÀ E CORRISPONDENZE DELLO kh SANSCRITO*
«
g 37. Rimane che attendiamo cod breve discorso alla cronologia ed
alle corrispondenze della tenue aspirata sanscrita, kh^ prose-
guendo, con particolare riguardo a questo individuo^ le conside-
razioni già svolte, sulle generali, intorno alla specie (p. 145-7).
E si tratterà di povera messe.
Le fenùi sanscrite son di frequente aspirate quando susse-
guano, nella radice, a. s (skh-^ sth-, sph-, cfr. §§ 41 , 49, 58,
e Dilegui) ; la quale aspirazione non si può in verun caso affer-
mare jpre-indiana, poiché, od è affatto peculiare alla favella
ariana degFIndi, o se, per singoli casi, incontra il fenomeno
corrispondente in altra parte della famìglia, rincontro, quando
pur sia esatto, piuttosto che a comunanza originale, vuole es-
sere attribuito a effetto identico d'identica causa. La quale non
risiederà punto, come alcuni glottologi hanno voluto, nella effi-
cacia aspirativa della sibilante^ che mi parrebbe un'azione af-
fatto misteriosa; ma bensì in ciò, che la sibilante aderendo assai
strettamente alla esplosiva che le sussegue (ed il sibilo è, nel
sanscrito, la sola specie di consonante che possa precedere, ini-
ziale, a un* esplosiva) , la attrae come a sé e la distacca dalla
vocale che lor tien dietro, per guisa che uno spirito aspro si
venga a frammettere tra questa e la esplosiva aggruppata (sk-'a,
si-a^ sp-a; cfr. p. 154). Comunque, ad ogni modo, surgesse,
per limitarci alla gutturale, l'aspirazione del k sanscrito nella
combinazione skhy riman sempre che il semplice sh si avrebbe
a riputare, secondo la generale analogia, normal risposta eu-
ropea di questo gruppo indiano; e cosi il lat. scel-us legittima-
mente si raccosta al sscr. skhal shMl-a-ti^ vacillare, shhal'i-
-tà-, il porre* il piede in fallo, caduta, peccato, colpa. * Ma
noi siamo, d'altra parte, preparati a trovare alcuni casi, in
cui la comparazione accenni ad aspirazione originale della te-
nue; ed ora ci conviene toccare del modo, pel quale abbia a
continuarsi, in generale, nel greco e nel latino, una tenue aspi*
rata del periodo originario. Dove noi affermeremmo ^ comechè
* V. ancora il § 41.
§ 37. STA fi COREiSrONDJSNZfi DBLLO kh SANSCRITO. .195
la scarsità dei fatti qui imponga la . inaggiora cautela i pbo i
continuatori greci e latini delle tenui aspirate coincidano con
quelli delle aspirate medie, ed a buon dritto, poiché, la prima
evoluzione ellenica ed italica della media aspirata originaria
riduceva questa, secondo le conclusioni nostre (§33), a coincidere
colla tenue. Supposto cosi un originario nkh^ adi ne dovremmo
avere y/l greco, e *nìi ng latino, cioè prodotti non diyersi da
quelli che avremmo per ngh originario, che diventa nhh nella
base italica e nella greca *. Crii scarsi amminicoli di prova, che
intanto si possono addurre in ordine alla tenue gutturale aspi-^
rata, sono questi che seguono.
1. Sscr. gankha'Sf garMia^-m^ conchìglia;- gr. xÓyxo-c (x, c, =* p,
§ 11), xÓyx.>j \concha)i conchiglia bivalve, conca (vaso e mi-
sura di liquidi);- lat. *conlfi-io^s^ cong^iws^^.j^ Sscr. nor
klìd-Sj unghia, artiglio, naA7iara«-5, fatto a forma d' artiglio ;-
gr. ovo}^- Cv. Ind,) , nomin. ovu$ , unghia, artìglio ; - lat. 'onUms^
unguiSf Wedr-uhuiay reduvia (v. Ind.\ pipita o panereccio). Qui
però insorge qualche altra favella, e in ispecie la lituana còl
suo nàga-'Sy unghia, artiglio, ad accennare a gh e non a hh
originario; e sappiamo che il greco ed il latino ugualmente si
adatterebbero ad una forma originale collo gh. Ma la tenue
aspirata ha ancora per so i riflessi irani, p. e. il neo-persiano
nàkh^uHj unghia. Ai precedenti due esemplari, i quali, co-
munque si consideri la ragion fonetica dell'elemento gutturale,
sempre rimangono inconcussi, se né aggiungerebbe un terzo,
che non ha, quanto a' significati, la stessa evidenza, ma tut-
tavolta mi par sempre assai notevole; ed è il sscr. mùAha-mj
bocca, fauci, allato al greco yì-ix^ì pl« V-^X^* luogo riposto,
seno di mare, recesso.
Giova finalmente citare un esempio, in cui a kh stia allato,
nel sanscrito stesso, la sola aspirazione, lo h; sordo in questo
♦ Cfr. Studj critici, II, 161-9.
*^ Y., anche per T esempio susseguente, il 1. e. nella n. che precede,
e Vindice.
196 § 37^ ETÀ E G0&R18P0NDBN2B DELLO Hk SÀNSCRITO.
icasoi e ner consimili, sin dal suo nascere, 6 inisomma la spot
glia p^vBfcritica dell* antica aspirata *. È makhé-, brioso, gajo,
licon2iasò| e come sostantivo maschile: dimostrazione di letizia,
fssta, premio, sacrificio, allato al verbo mah, rallegrare, rav-r
virare, onorare, celebrare, onde mah-i-tà^, onorato, celebrato.
'Dalle quali voci sanscrite mal si potrà staccare il latino machts ,
fì^ctef bravo! da bravo! {maote), celebrato, onorato di offerta
^mactus esto, macte esto), consacrato (mactus taurus), e ne der
'riva il verbo macto, propriamente: celebro, indi: offro sacrificio^
-sacrifico. Onde s* inferirebbe un caso latino di c-t « *h't.^ kh-t^
parallelo ai casi di c-t « *ìi't » ghrt {veotvrs ecc., § 35, p. 181 ♦*),
Jl n guttarale, ohe ancora rimarrebbe ad esaurire la serie,
si considera più tardi, nel discorso intorno al n dentale (§55).
dM.
• Cfr. p. 152, la Lez. XIV, e Studj crit. II, 128 e segg. '
*♦ Pure intorno a màJihd- ecc. sì voglia consultare 11 luogo citato
nelle note precedènti (p. 168-9), dove è disborso anche di macellwrn.
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LEZIONE SESTA,' ' ■ '
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Airordine delle gutturali sussegue neir alfabeto sanscrito, che § 38.
regola le nostre mosse, quello delle palatine. Ma la pura tenue
palatina del sanscrito (S), e la media corrispondente (^'), i due
^uoni più importanti della serie, già furono ampiamente can-r
siderati» in ordine alla loro funzione etimologica» nel nostro
discorso intorno alle gutturali, siccome quelli che surgono, di
regola, l'uno per alterazione di A, ràltró per alterazione dì ^ * ;
e l'ufficio etimologico della nasale palatina (n) vorrà alla sua
Yolta essere altrove descritto, insieme con quello di altre na-'
sali (§. 55), Qtti all'incontro mi pare utile, per più rispetti,, che
ci sofiermiamo alquanito a scrutare V entità fonetica di queste
consonanti sanscrite secoi^do la.^ittuale loro pronuncia, e con
cdò pur quella delle consonanti d'altre lingua che per costitu-
zione fisiologica rispondono ad esse« quali sarebbero, con mi-r
nime differen^e^ à ^ g italittni (^Ice, argento)^ o i^k e J^inglesi
ijchurch , joyf). E ci risulterà , nel progresso del nostro studio»
sempi*e in più manifesto, quanto grande sia V importanza della
sottile controversia di cui ora slam condotti a toccare.
Air idiòma tedeisco mancando i suohi che noi rappresentiamo
pere o R** e per ^ (selde, argènto), é mal perciò riuscendo a
' I 1 1 ■ ■ I > I
• • Cfr. ancora, per la fanrione etimologica di R, i §§ 40 (6) e 41 (4).
' •• ^, in quanto rappresenti T attuale ^rouuncia della tenue palatina
sanscrita (e zenda), equivale dunque a e, e potrebbe, per aVventura»
198 §38. FISIOLOGIA DI e*, //, n.
riprodarli chi abbia per idioma materno il tedesco, avvenne che
in Àllemagna sempre apparisse soddisfacente queir approssima-
tiva rappresentazione che se ne ottiene , secondo ortografia ger-
manica» per tsch e dschy vale a dire, secondo la trascrizione
da noi adottata, sch essendo l'italiano se di scemo^ per ts e ds.
Ma ancora si aggiunse, che i più fra quegli scienziati tedeschi
i quali cosi proficuamente attesero alla fisiologia de* suoni , pie-
namente confermassero il concetto che deriva da tali modi di
rappresentare lo e fi lo p, solo correggendo, com* era naturale,
la trascrizione del secondo, con introdurvi lo j francese in luogo
dello sch tedesco, .vale, a dire, siccome è richiesto dalla natura
■ ( ■ , . . .
sonora della media, non più la sibilante sorda che noi trascri-
viamo per 5, ma si la corrispondente sonora y che noi rendia-
mo per z\ cosi ottenendosi: ts^c^ d[i=p*. Laonde ì glottologi
tedeschi, pressoché senza eccezione, si. stimano sicuri, che e e ^'
sieno suoni composti ^ nei quali cioè v* abbia, chiara e distinta,
una esplosiva dentale {t, d)^ susseguita da un* appendice sibi-
esserci fatto rimprovero di questa duplice rappresentazione grafica
d* uno stesso suono. Ma questa si legittima principalmente per ciò,
che lo K ìndo-iranQ e lo e romanzo cosi concordano colla figura della
I ■ ' ... ■ ■
gutturale onde etimologicamente dipendono ; p. e. : sscr. hary facere,
Rakàrà, fecit; lat. dulcis^ ladino dóuóy due. <
" ♦ V. p. e. Rauher, Die aspiration und die lautverschiéòuhg, § 47
é la' prima iappendice; Binbsbil, Abhàndlungen zùr 4ìllgemeinen^er-'
gleicìienHen sprachlehre^ p. 435 e segg., il quale però coUoca tsch ecc.
fra i suoni mistiy tra quelli, cioè^ in. cui la durata Cw&hrung) di uno
o di ciascuno degli elementi non equivale alla durata che ha quando
è singolo (Pi 379, 461); Schleicher, Zur vergleichenden sprachenge-
schichte^ p. 149^ il quale in realtà nulla modifica col distinguere i
suoi dittonghi (^« ts ecc.» p. 128 e sagg.»146e ^Qg^.) ingruppi di
consonanti; Lepsius, Standard alphabet^ sec. ed., p. 72; Brùckb,
Orundzikge der physiologie ecc., p. 67. Il Merkel, nella sua Physich
logie der menschlichen sprache (Lipsia, 1866), che mi soprarriva,
meglio parmi accostarsi, per questa parte, alla verità (p. 205 e segg.f
cfr. 195 e aegg.).
§ 38. FISIOLOGIA DI e, ^, n. 199
lante {s, z)\ il qual concetto, erroneo come fermamente io credo»
venne, tra T altre, ad impedire in sino ad ora la icorretta in-^
telligenza di molteplici fenomeni, ne* quali s* in volge T azione di
e di ^ *.
Noi siamo ben lungi dal volere affermare, che non v* abbia
differenza tra la qualità specifica di e e di jf, e quella, a ca-
gion d'esempio, di p e di &, e che e e ^ si abbiano perciò a
collocare, senz'altro, fra le esplosive semplici, cosi come a
buon dritto vi stanno, senza riserva alcuna, p e b. Ma questo
intanto possiamo affermare con ogni sicurezza, che e e g sono
suoni non meno momentanei di quello che sieno p e
b; e che se quindi ci proviamo a pronunciare é o ^
per modo ch'essi contengano, pur per la minima quan-
tità di tempo che far si possa, uno s o uno i, essi
cessano d'essere quello che sono; come ugualmente
cessano di essere quello che sono, quando si tenti
che un / od un d venga a formar parte della pro-
nuncia loro. Quale pur sia la rapidità con cui si possa pro-
ferire il gruppo ts dz in vintsere o tindzere, non si otterrà
mai, che, serbatine distinti i due elementi, n'esca il vincere
o il tingere della pronuncia italiana.
Ma tra i sìwni assolutamente semplici e 1 stioni giustaposti
che si succedcyno l'un ValtrOy vi hanno quelli che si possono
addimandare complessi, quelli cioò, i quali si ottengono, a par-
lare col BrUcke, « per ciò che le parti della bocca sieno simula
taneamente accomodate a due consonanti diverse **. » Sono tutti
continui i suoni che il valoroso fisiologo fa entrare in questa
categoria, e son principalmente: s e z. Cosi egli decompone lo
s in s + Ji***;msi naturalmente conviene, che nello s non si oda
netto né s né R, e afferma soltanto, che la disposizione, mercè
la quale si produce lo s, è quella che si domanda nella produ-
zione di ft, modificata nel senso di quella che ci vuole per s ;
♦ V. Vlnd. s. ^+jf e il luogo cit. a p. 142 in f.
♦♦ O. e, p. 63. *♦♦ Ib., 64.
20Ó § 38. FifiiOLO<iiA DI e, ff, n>
e riman-isèmprd chò s ma veramente anche pel drticke stiono
unico, e Ben già composto alla guisa di ir((? + s) od aitrattàlt.
Ora io certo non posso entrare, senza perplessità, a suggerire
nuovi discernimenti ai fisiologi; ma pur debbo avventurarmi a
dire, come a priori non ripugni una special categoria di suoni,
che si^BO compleési e momentanei. I fisiologi faticàu sempre
a descriverci ed a mostrarci' come si formino i diversi contatti
perla produzione delle varie esplosive; ma importerebbe an-
cora^ e per la fisiologia e per la linguistica, che si studiassero
e si descrivessero i diversi modi pe' quali i contatti si prosciol-
gono. Il modo del proscioglimento può produrre, pei:* ristante
deir esplosione , quella disposizione medesima che si richiede a
formare una determinata continua, d afiSsitto semplice o com-
plessa; e in questo <5aso si otterrà un suono 'Unico e morÀen-*
taneo, ma pur complèsso, od anche doppiamente complessò, per
causa di conformità parziale con un suono continuo. Immagi-
niamo tin' esplosiva, per la quale la lingua formi il contatto a
un di preèso come è per t, è pasèi poi ràpidamente, per Ti-
stante dell' esplosione, alla postura in cui è nel proferimeiito di
è^ ed ' óttèrrótóo; hoii ^ o 5, lied' entrambi, ma T esploliva »é, e
quindi, a corde vocali raccostate, là esplosiva ^*^
Della portata di queste considerazioni abbiam tostò oppor-
tttnità di fare esperiménto, riconducendo il discorso alte pala-
tile. Sanscrite. La pronùncia attuale di Jt e g equivalendo pei
dotti alemanni à is é dz, essi- trovano cTie anche i fenoilièni
d- assimilazione, provocati da R é da ^, riescano afiatto assurdi
ed inòòiioepibili, se non si ricórra alla anteriore pronùnzia di
qùe!9ti elèihenti^ la quale si può a un di presso raffigurare, come
, I I « >
> té >
* Sé fosse corretto il cerino di Max MIìller; 'Lectures oh the
sctcncg 6f language^ li, l4t in ii., il Brtircké già avrebbe conceduto
che '6 &g sieno esptòsive compleèse; ma il MiiUer, il ^ual del restò-,
inglese come si è fatto, giudica rettamente circa T entità di questi
suoni, applica ad Q|si/per isbagtio, la senteìiìa .che il Brtìoke notf por-
tava se non intorno allOv so Bimiglianti (o. e, 63 e segg,, cfr, 07).
§38. FISIOLOGIA DI cV g^:n: 201
la etimologia vuote ed ógnano^' odncede, per A> '^e ^^.' Difatti ^ i(
s di anjà'Si alias, a cagion d* esempio, passa 'BormàIineiitè,péfc
assimilazione parziale,' in g, quando s'incontri in uno R, é quindi:
anjàg-ìtay aliusque; e il d di ànjà^d\ aliud» passa nel. caso stesso,
per assimilazione normale e totale, in /t; quindi: anjAìt-^d^ àliud-
que* Ora, dato che ftaequÌTalga a <ftì5, è assurdo che non :ri-4
manga dentale il s che vi s'imbàtte; e cosi appare afiEsAte ca-*
priccioso quel mostro fonetico che avremmo ih anjAts-tsa, poichò
rassimilazione naturale sarebbe in questo caso ^njat-t^cp. Quiiidi
la conclusione, che, per intendere quei fenomeni, sia d^nopo tì^
portarci a' tempi in cui ft e ^ erano ancora palatine veféy e
che, nell'attuale ortograàa e pronuncia del sanscrito, ' si làan-*
tenga, per questa parte, a dispetto delle ragioni edfonicTie, l'ef-i
fette eufonico di una causa che più non sussiste. Ma lo studioso
italiano resta attonito al sentii* simili 'raiiiocinj. Poiché, quando
ha appreso che Io ft e Io ^ del sanscrito non drfferiscan da quelle
àue esplon'oé in-eomposte che noi trascrìviamo per é e per ^i
il ca^o dì assimilaisiòrte che s*ha in anjà^-Hà (per an/^rf+Ro
anjAt-^a), ^ ogni altro fenomeno conslmile, gli pajono Je pitt
naturali cose del mondo. 3otio anzi fenoihÌBnì che nòti' si fanno
ben chiari se non dalla pronuncia attuale di R e di g. R ise ve
ne sono dc^li altri che* fanho testimonìatiza delle anteriori faat
della loro proimnoia, come fu a suo luogo da lioi avvertito (§13)»
non sappiamo tutta volta vedere alcuna ragione, perlaquale si
possa legittimamente revocare in dubbio la molta antichità della
pronuncia attuale. Anzi vediamo che tutto induce a farla sicu-
ramente risalire in sino al peHodo indo-iràno ••; nel quale *tro-
* Cfr. p. e. Lepsius, 1. e, p. 93 (cfc. 72); Ta^MPP, Gitonnale: eletta
società orientale gerùiàmca> XV, 700. < ! ' :
, ** Le antiche trasòrizioni greche non <$on£ortaao .di cerio V ipdr
tesi di uno H che di poco si sco^ta&se da un mero ^ pait^t^l^. Avremmo
così: SavSapo*^1fO< e Xxv^a-^xXoc (1. ^^^dLysc) ó ^(xndTjOnbhdgd^ tiov^ di
fiume (cfr. A. W. ScHi;Ba£L, neli'/ndi^cl^e.òi^iio^^fty It^ìscM^^kinaf^
§ IO, Lassen, Indische alterthumskund^ Ir 44} nei ^ale ^esteiAplAre
20!^ § 38. FisiOLOOif DI é, g^ n.
ylanió/ che già fossero per intero t^mplute anche le alterazionr
di ft in g {darp drsta) e di 17 in i {marz mrsta) •, che sono
più profonde di quello che non risultino le alterazioni rappre-
sentate da fi e j^ secondo pronuncia attuale.
E ben chiaro, del rimaiiente, che noi per ciò non trascuriamo
la molta distanza che ò tra 1* incipiente affezione della guttu-
rali e la odierna pronuncia delle palatine sanscrite. Già accen-
nammo testé come la base di queste possa per approssimazione
indicarsi per h^ g\ sia, vale a dire, limitandoci per brevità alla
tenue» un h palatale (cioè un k formato al palato duro, e non al
molle opendolOi dove si forma il k da noi chiamato, secondo V uso»
gutturale)y il cni oontMo si formi e si prosciolga per guisa da
favorire lo sviluppo della vocal palatina, i,* e quindi della frica-*
tiva che le risponde, cioè di j. La qual contìnua palatina, inva-
dente per eccellenza, come già; per piccola parte, potemmo vedere,
passa rapidamente, di grado in grado, in suoni affini di forza
sempre maggiore, sospingendo di mano in mano, verso alla radice
dei denti, il contatto dell'esplosiva che le precede, sì che ad un
certo punto avviene, sempre sotto il doppio impulso della ten-
denza ad agevolare la pronuncia e dell* affinità acustica, che i
va ancora considerata la doppia corrispondenza greca f p per òk
^scr.; òhag- suggeriva il greco 9*7^, v. pag. 156 n., e cfr. Lassejic,
1. e, III, 176);- 2av§p^xuTrTo« e SxvSp^xoTxo? «=« kandra^upta"^ nome
di re (cfr. Schlegel, 1. e, § 5);r e la stessa radice, con la mede-
sima trascrizione grec^, ritornerebbe, dall' un canto, in (ràvSavov aàv-
SoXov aàvToXov « handana-, sandalo, e, dall'altro, per regioni asiatiche
diverse, in SolvSific, l'Ercole assiro e cilicio (cfr. Phil. Luzzàtto, Jour-
nal asiatique, avril-mai 1851, p. 470 e segg., Ahhens, Orienta u. oc-
dd^i, II, p. 1 e segg.). È affatto improbabile che le trascrizioni greche
riflettano gHand" anziché Jtand" (v. 41, 4.); e ^àv^ per ghand- sarebbe
del resto prova ancora piU convincente del molto distacco fra A e A.
Nò ci potrà turbare l'isolato SocvSpà[jL>2C9 nome di re (« Kandràma»,
luna, Luno; ScnLEOBL, ih., §6). Si aggiungerebbero: ì npà<rcoe
<« prdhjùr, Lassen, 1. e, I, 93, II, 691) e i IlocCocXat' {t^panMla-^ ib.).
* y. i §§24, 25 è 43.^ ^
§ 38. PisioiiOGiA DI e, "^, n. ^à03
due elementi si fondano in uno solo; onde abbiamo, e pel san^
scrito e per altre favelle, l'approssimativa serie: h^ hj kz ^s
{^s) 1l*f dove la momentanea complessa (R) è la risultanza
individua di due diversi suoni, cosi come lo s, che è tìna conr
tinua complessa 9 ò frequentemente la risultanza individua di
due diversi elementi istorici (di sk, di sj\ ecc.). Lo ft,'alla sua
volta, per ulteriore alleviamento della pronuncia, passa facil-
mente da suono esplosivo in continuo, che è quanto dire si sem--
plifica**\ e ne surgono sibilanti diverse, che anch'esse man
mano semplificandosi, offrono la serie: s, ^, s ***. Cosi avve-^
niva, che sul campo romanzo trovassimo la serie che si può de-
scrivere con questo esempio (v. p. 44-5): vaka va¥avaéavasa;
e cosi neirindia, oltre a *k il (p.e. ruk- ruU-, 12,3. 13, 11.), ave-
vamo pur l'altro esito dell'affezione, pel quale, continuandosi
»
quasi la serie romanza che or' ora adducemmo, s'arriva, a ca-
gion d'esempio, dall'originario dik (II, 16. 13, 13.), mostrare, al
sanscrito dig-y e al dis- pracrito ♦♦♦*,
♦ Per la media: p*, gj^ gz ( ^z)^ g* Cfr. Schleichbr, Zur vergi, spra^
óhengesch.^ 149; Lepsius, 1. e, 71'2.
^ Vedemmo di sopra, come e, pure essendo suono unico e momen-^
tàùeo, por si risolva in ^ + s + ?i, e così g si risolvè in rf + ir +j. Ora,
la stretta complessa, non preceduta ^^ contatto, ci ridurrà a s-^h
(«s/), 'z-k-j {z)\ e per semplificazione della strétta stessa, si può fiw
nalinente arrivare a' semplici s, z,
♦** Trovammo nel toscano, p. 22^, anche un'altra continua, vi-
cina a /, e sempre emanazione etimologica di h. V. àncora Vindice
s. ce ci, gè gù
♦♦** Va qui ancora toccato di un'ipotesi che si è ripetuta così pel g
sànscrito dirimpetto al k originario, come per \o S (eh) francese di-^
rimpetto a e latino innanzi ad a; l'ipotesi, cioè, che tra la guttu.*
rale e la sibilante vi avesse lo stadio àeMo, fricativa o spirante gù1>«
turale, che noi trascriviamo per Ti. Messa così, in questi casi» per
base della serie alterativa una spirante, nel resto la vicenda non si
avrebbe a mutare; poiché, avanzandosi nel palato la stretta perle Tiì
quindi avendosene imprima un K palatale, otterremmo;. W,lij,^z^
304 §38/FX§ioLoaiA oi e, g^ n.
' La descrmtme fisiològica :déU6 dae aspirate ^hrgh) potendosi
dir contenuta nella generale definiziohe che Inspirata si ottenga
*/, /. Ma io confesso^ che non solo non vedo alcun indizio che per-
suada l'intermedio dello H^ ma anzi trovo che oglii cosa gli parli
contro. E per incominciare dal fenomeno sanscrito, v'ha imprima, clie
la sentenza, per la quale andrebbe allo q attribuito, in uno stadio
anteriore, il valor dello H palatino che per esempio ricórre nel te-
desco ich (io), sentenza che ha per autor principale il Kuhn (inHoe-
fer. Giornale per la scienza del linguaggio, 11^ 166-74), non su d'altro
in fondo poggia, se non sopra un postulato teorico, cioè Boprs^ ra*
gioni di simmetria fonetica, per le quali sarebbe opportuna l' istitu-
zione di questa z'^iranU sorda palatina. Non ha per so alcun positivo
fatto; ha contro di so la pronuncia tradizionale e le antiche rappre^
sentazioai eterograftche; ed è scompiglia,ta dai paralleli etimo;-fonetici
C|he abbiamo in favella irana e nella litu-slava; né può essere eoa-
ciliata, quando non si accumulino ipotesi sopra ipotesi, colla vicenda
parallela che s'incontra, ed in queste e nel sanscrito', per la media
(§§ 24-25), dove per brevità ci limitiamo a ricordare, che g zendo
(foneticamente non diverso da s)i sta. a ^, così come lo z (i) della
stessa lingua sta a g. Quanto poi alla diffei^enza fonetica cjxd rimane
da statuire^ pel sanscrito, fra ^ e « (Vi p. 13 )v abbiiamo ii;!i' an^ogia
ppportunissima nel toscano, dove il e di piace (p. 22-8) non è più il
e dì selce j ma volge, senza ràggiuhgerlo, allo Jf di scemo. - E pas*
sando al fenomeno di siùh) francese per e lat. innanzi ad a, qui T ipotesi
dello ^, o vogliam dire di e aspirato, ha per autore il Diez^ il quale
ha insieme avventurato l'arditissima ipotesi che l'aspirazione possa
provenire dall'influsso del k aspirato di alcuni antichi dialetti alto-
tedeschi, parlati nella Francia o a' suoi confini. Crede inoltre il Die;,
ohe pòssa giovargli l'analogia romancia (ladina) di cfiarn per car-
ne^ ecc., e ancora un indizio in favor suo vorrebbe vedere nel modo
grafico per quesf alterazione francese di e latino (fi-^h). Seaoachòjo
k è faìlacimnwm signum (cfr. p: es. il suo ufficio ndle nostre sillabe
che chi\ ScRUGHÀaDT, Vokakismusdes vulg&rlateins^ I, 73-4); ^ locii
romancio (ladino) di charn oqc., del quale anche il Roschbr (ap. Ca^
tius, StvfàÀen zwr f^iecH. u. lat gràmm^i 11^ 153 ) con piena fede si vale
comò di un e passato in aspirata od in spirante, altro nOn rappte^^ta
§ 38. FISIOLOGIA. DI C^ éfj ^ ^05
col far succedere uno spirito aspro air esplosiva pura, rimarr
r^ebbe ancora, circa lo quattro momentanea, la questione, abr
bastanza sterile, del nome dell' ordine a cui ascriverle» Quello
che una varietà di e, come già avemmo occasione di veder più sopra
(p. 44-5), ned altro rappresenta lo gh inventato dal PiTonà per rehdere
lo e friulano. È come /(eh) frane, sta a ó lorenese (Ban de la Roche)!
ladino e friulano neir antica formula ca, cosi sta ;i'(j); francese a^
lorenese, ladino e friulano nell'antica formula .^a (Vé p. 11&), dove
mancherebbe, per giunta^ come il Diez medesimo ha veduto^ Tanar
logia germanica^ alla, quale per Ja tenue egli allude. Del resto, ben
lungi dall'aver piena fiducia nella propria cooghiettura, il Dies^ (Orarne
tnatik.d^r romanischen sprachen^ 3. edi^., I, 249) ne raccomanda. or^
a* suoi lettori una di affatto diversa» messa innanzi da N. Delius
{Jahrbuch fur romanische und englische literatur^ 1,357). Giusta la
quale avremmo a dire, che primamente si avesse \o s (eh) francese
in tìsempj sulla stampa di cher = carusy cioè dinanzi ad e frane, da à
lat., ne' quali si tratterebbe di fenoiheno congenere a quello dégl{
it; ce e ei, e che poscia simili esempj, per amor di coerenza, con sé
traessero la medesima mutazione pur ne' casi in cui l' antico a si man^
téneva'(c?iàieMrBcalor ecc.). Ma qui si risponde, imprima, che se ò
frequente lo scadere dell' a lat. di ca in e frane-, è tiitt' altro che
rarb' quello in cui si mantenga, e che affatto ripugna l' atìjuà^ettet^
che uà fenomea<9 fonetico venga così ad estendersi, non piti per Ja
eausa sua efficiente, ma. quasi per ragionamento etimologico. E v' bc^
inoltre, che. si ha costantepeate,ea ladino e friulano per ca latino, -
Quindi sosterremo con, a^imo sicurp,. cbe lo 9 ich) attuale del fran-
cese altro non sia che una semplificazione dello e che etimologica-
mente gli corrisponde nel ladino e nel friulano, e ancora si mantiene^
dall'una parte, nel lorenese (Ban de la Roche), e dall'altra sÌcon-|
serva nella pronuncia inglese delle parole importate di ^Francia {cham--
brè ecc., con ch^Cy Diez, P, 448, P, 460; cfr. il nostro ciamherlanù^
che anch'esso vien di Francia). Per e che si tìduce a i, va pur qui*
ricordato il e toscano di piace^ già citato in questa stessa nota, e lo
eh portoghese (« s) che in Tras-os-Montes è ancora e. Pure nel val-
lone abhiam ca per ca lat.,' e il fenomeno non è estraneo pure al^ pro-
venzale (Dibjj, 1. ce ^otte ^/» prov.). , .... -
206 § 38. t^isiOLOoiA DI e, g^ n.
tli ordind palatino sembra a dirittara un sacrilegio ai dotti che
altro non yedono in R e g se non .ts e dz; e dal canto nostro
potremmo aggiungere, che, per alcune varietà roinanze di e e
di ^, il posto del contatto è assolutamente a' denti. TuttavoUa,
siccome le più notorie varietà di questi suoni vogliono il con-
tatto più in su che non per le solite dentali, cioè in prossimità
della concavità palatina, e siccome nel sanscrito e nello zendo,
e di solito pur negli idiomi romanzi, le palatine vere, chela
scienza ricostruisce, coincidono etimologicame^nte coi portati fo-
netici che qui venimmo descrivendo, cosi noi ci arrendiamo yo-
lontieri alle esigenze dell* uso, e continuiamo a dir palatini lo
X e lo ^ dell' attuale pronuncia sanscrita, ed i consimili suoni
di altre favelle. Quanto è finalmente alla ragione fisiologica
della nasale sanscrita dell* ordine palatino, sembra oggidì pre-
valere, fra gli studiosi europei, 1* opinione ch'essa equivalga
in ogni incontro al suono composto che noi trascriviamo per
n (=n;). Ma quest'opinione, che ha per sé l'autorità di Gu-
glielmo Jones, e recentemente si è divulgata per gli scritti di
Max Mailer e del Lepsius •, non può tuttavolta non essere
inesatta. Il solito posto di questa nasale avrebbe ad essere
secondo grammatica sanscrita, dinanzi ad esplosiva palatina
{nK, ég); ed ognuno vede, che, nò in simile congiuntura, co-
munque s'intenda costituita l'esplosiva, nò riportandoci alla
figura etimologica anteriore con la gutturale .( nA, np), mai si
può ragionevolmente ammettere che si sviluppi o si proferisca
un / tra 1' elemento nasale e 1' esplosivo che sussegue. Bene,
all'incontro, nell'altra congiuntura in cui occorre la nasale pa-
latina, cioè dietro a /i ed a \^ {Itna gna ecc.), può essersi svi-
luppato un j dietro di essa, ed anzi ò sviluppo naturalissimo,
poichò si tratti di doppio contatto palatino a cui succeda vo-
cale. Quindi terremo per fermo che sia esatta quella notizia che
* W Jones ^ Asiatick reaearches^ I, 5. ediz* (Londra, 1806), p.25;
M. J^lìLLER, o. e, p. 158 (cfr. 152 e 146); LepsiDs, o* c, p. 77.
I
§38. FISIOLOGIA. DI e, gy né 207
vediamo accolta dal Bopp ^ e proviene di certo anch' essa da
osservazioni d'indologi inglesi fatte sul luogo, giusta la quale
il n altro in fonda non è, nella prima categoria di combina-
zioni (p. e. jungàntij jungunt), se non una semplice nasale pa-
latina, vale a dire una nasale, il cui contatto viene a formarsi
in quella stessa posizione, che è richiesta per la esplosiva sus-
seguente**; dove, air incontro, nella seconda categoria di com-
l>iQazioni (p. e. jagnà-^ òulto), il n equivarrebbe a gn italiano^
e quindi allo n delle nostre trascrizioni romanze. Ora, siccome
nelle combinazioni della prima specie si suole scrivere Y anu^'
svdra in luogo del proprio carattere della nasale (p. 14), cosi
si chiarirebbe il perchè lo Jones ci' abbia parlato sol del va-
lore che questa viene ad assumere nelle combinazioni della se-
conda specie, nelle quali è esclusivamente rappresentata dalla
lettera che ad essa è propria; e di fatto, altri esempj il Jones
non cita, tranne gndy conoscere, gnàna-, cognizione ***.
* Bopp, Krit. gràmm, d, sanskrita-sprache in hhrz. fassung^ 3* édiz.,
§ 25; cfr. Bbnfet, Volisi. gramm. d. sskritspr.^ p. 5, e- qui sotto la n* ***.
*♦ Quindi il w* di BrUckb, o. c, p. 50, 80.
*** Notevole che il missionario italiano, già altre volte citato
(p. 108 e 152, in n.), non ricordi lo gn di nostra lingua nel descri-
verci il n indiano, il cui nome egli rende per nghion : Haec per la-
tinam literam describi nequit, cum plures simul prolataeejus sonum /
exprimére valeant; palato enim simul, et naso cum aliqua aspìnitione
erit pronuncianda. usus te docebit. - Abbiamo, ali* incontro, an altro
missionario italiano (Clemens Peanius alexandrinus, carmelitn ^xcal-
ceatus provinciae pedemontanae), che néW Alphaòetum grandonieo^
tnalabaricùm sive samscrudonicum^ Romae 1772, cosi ci descrive la
nasal palatina <p. 82): gna^ ni gn italicom, effbrmatur prppe dentes
cum aliquo narium ministerio. Ma va considerato, a tacer d'altro, che
questi aveva esercitato il .suo ministerio nel Malabar, cioè in regione
di favella dravidica (§ 42). «- Il WIlkins {A gramm.ofthe sanscr^^
lang.j p. 8) ha questo strano additamento:»*. the just articulation
of ìvhibh (cioè del radicale gnd) is foiìnd so difficuU^ and the sound
so harsh, that it is frequently softened inì&^d»
208 §39. sk ORibiNA-i^io;- &h sanscrito, nk europeo.
§ 39. 'Dopo questo ragionamento foneiióo, al quale dovremo in ap^
^[yreà^o ìion poche volte riferirci, il nostro discorso si rifa eti-
mologicos 6> messa per ora in disparte la media aspirata, gh,
peculiare air India, la quale è nel sanscrito di uso assai scarso
e di quasi nessuna importanza per la comparazione europea ^
si rivolge alla tenue aspirata Rh, pecviliare air India anch* essa,
ma di non poco momento pel Jiostro studio^ si per la genesi sua,
e si pà. ridessi che ritroya nelle lingue, àffihL Dai qUàli inco-
minciando, vedremo essere sk la costante risposta eiiropea dello
Uh sanscrito**:
• .' . . . ... ....
1. Ss0r. ìihdjàt ombra; gr. '<rx(x.t ombr^;, acuì si aggiunge, daEsi-
chiQr^xoi^^ (:(7xoi%e(r)cOTeivà), oscuro. . La parte radicale di
questo vocabolo,, riapparisce, a dir solo di alcuni esemplari
(cfr. Vlntrod. alla MorfoL)^ n^l sscr. Khad M.hdrd-dia-ti, rko-
prire, velare, nascondere, nel got. s^a-d-u-^» ombra (ufar^skadv-
jdriy £7ut-(jxtiCeev ), ùel greco (txo-to-; , oscuritàt e nel latino oh"
-'Scù-'nb^s (cfr. sscr. skuj § 41 al pr.).
e 2» Sscr^ hhid Mind4nti <3 pers. pi.), scindette, discindere; lat. SCD,
. sc»di(i scindH} <i$cindunt '^ .ssQVf Jihinddnti\ prp^cindimiùs ^^^ sscv,
prd-Jthindmas \ aà^scindunt.'^ sscr.. àpa-^ìthinfitanti)^ Il lituano ri-
> sponde ugualmente per SEID, onde p. e. ^keda *** ( 'sJwdd^ f.),
scheggia, o^($i9v.,^ .che risponde a capello^ salvo il genere, ai
* Non va tnttavolta trascurato, malgrado l'onomatopea, il paral-
lelo già* messo innanzi dai PotT e dal Bop^: ssor. ghiUi^ ghilli-hài
grillo, lat. grilla^ j ted. grille. Saremmo ad nina forma originaria
^phrilla^y eiv.VInd. s. bhang^ ed avremmo, nella voce asiatica, uno
gh men profondamente alterato di quello che soglia {gh in luogo di
*i^, h*i chi t e ^, e ^, il § 36, 3 e la p* 193 in n.). •* Circa la |:e-
nesi pracritica di gh, v. intanto: § 34 n., § 40, 5. e ult. n.
** Pur la risposta gotica si mantiene qui air unisono, il traligna'*
mento <p. 69^4) essendo impedito nella -formula <^^ (cioè: esplosiva
preceduta da «),. ofn. 'Std^isty a p. 147.
>*•• Nfisi^BUKANii, L e.>, dal lessico dello Szjrwid (1713), ed è forma
che si ripete nello Mo^^ lettone»
.§39. Sft OKIQINARiO; «• Uh ìUa^WRlTO^ Bk BU^OPBO. '209
sinonimo ^éuBCTìidi.ìlkaida*' Vshs^idcir'f tùu)^ JféL riflesso greco
si tocca i^h ianaàzi (§ 41, l)t .
3. Sscr. Rhd ìthrjdrti^ i&gìi&TQ^ paft perf. p^ss» X/^-tó^e A^tWa-;
dal quale esemplare avremmo preso la mossa^ ^ ragioni di op-
portunità non ci suggerivano dì mandarne innanzi altri due,, di
piti facile ricostruzione. Qui dui^que risaliremmo, a ^shà^ alla
qual forma starà il SEC lat« di seo'tbr^ sec^dre^ cosi come tra
di loro stanno, per entrò al latino, ster*^ strd-(Hef^nOj strd^tcH)^
o per entra al sanscrito: par* e prà, empire (y. VInd,y,e tanti
altri simiglianti *, E qui spetterà atiòota il Ut. sciOf che pri-
mamente deve aver valso.: decidere, decretare, eome ^ vede
da scitum e da scisco, indi: riconoscere^ conoscere, sapere; e
'decidere* è 'tagliar colla volontà, col giudizio' (de + caedo; cfr.
p. 30, in n;)* Così sciunt ( voramente : :decidono ) nt^^derà a
capello al sscr. Rhjdnti Cskjanti^ recidono); ma scio^ per la sua
particolare costituzion fonetica, fu naturalmente attratto nel-
l'analogia della quarta, e quindi ^ttnus (allato « eapio capimus},
tdi-'tiAn 5Ct-sco ecc. **; '
4. Ma Tesemplare più importante è "Hha^^ vale a dir la figura san^
sciita d)ell^ demento ascitizio cbe nel greco e nel latino s^ ri-^
p^reiioiò per -òtco- -s<*o- (-<ncé- ecc.). Già avemmo ad incontrar
questo elemento in gd-Mha *** » pa-(X)te, va ! {26^ 3.) > e dovremo
riparlarne fra non molto (§ 41); ma qui intanto, per misurare
brevemente la sua principale attività morfologica, vorremo an-
Cora considerare, che i tipi verbali sanscriti: ar-SAa- {ar^kha-ti
r'Ahhd-tii aggreditur), ga-M^ha" (gd'Mha-tij it, venit),ya-/E/Ea-
* Y. ZeitsGhrift s. e, XVI, 207. ; ,
***. Quindi starei col Curtius, 1. e, a. 45 k^ senza però pot^r con
iui ripetere cho alla forma sanscrita manchi il ^ (v. § 40^). Il Pott,
jair incontro iEtym.forsch:^ll^,lZ4:^ WwrzeUui^rterb.^l,m,A^9^10i)
ed il Benfby {Kurze sskr.^gramm.y p. 28 in n. ; e altrove), insistono,
ma infelicemente di certo, sulla combinazione di scio col sscr. Ai, col-
li gere, dichiarando ciascuno a proprio modo la sibilante della lo?ma
latina.- Circa il riflesso greco di questo numero, v. § 41, 1^ in n.
*** Circa la ragione dello K che qui. si aggiunge alla nostra aFspi-
rata , v. il § 40.
ASCOLI, F(mol. indo-U.'gr. 14
210 §39; sk ORIGINARIO ;> Rk sanscrito, sk europeo.
' (ja-AA^--^t , cohibety, non vanno al di là dei tempii che addi-
in andane speciali \ così come Io -sco di Yi-p^"***** (riconosco)
piti non si vedrebbe ndl-aorisfco l^yvoo-v^, liò. quello del latino
no^sco nel pei^etto »?ó-wt.
5. Giova finaliHente considerare un qualche esempio di altre lingue
europee,- in cui ancora si contenga, còme per ulteriori indagini
ci sarà manifesto, l'elemento medesimo del quale testò si è di-
scorso. Abbiamo cosi Tant. alto-*-ted. vtmsc, desiderio, vunsk-ian,
desiderare, allato ai sanscriti vdhkh vàhhha-ti^ optare, desi-
derare, rmAtó,desiderium, optatio (cfr. vàn, amare, cupere); —
e il lituano (/7é*/A-(5^if (es'aisk-), pa!eo*bulgar. isk^ati Caìsk-^
'j^isk"), quaerere, ant. aUo-ted. eisc-óny pétere, allato ai san-
scriti i/^/i {ftHhd-'H ('iak-)^ quaerere, potére, optare, iRftaJ desi-
derium (cfr. § 41, 3, n.**).
• • • ,
§ 40. La analogie discorse nelle Lezioni precedenti , e tutte quante
le osservazioni^ cosi d*ordine generale, come dello speciali do-
minio di questo singolo riscontro che più innanzi varremo ap-
profondendo, ci rendono affatto sicuri, cba nella risposTta euro-
pea, cioè nello shy si continui ancora incolume la combinazione
del periodo originario; edora c'incomberà di-scoprir la via, per
la quale si consumasse questa cosi grave alterazione di 5^6 ori-
ginario in BA sanscrito*. È fenomeno di decadènza profonda,
a chiarire il quale giova imprima ricorrere alle lingue medie-
vali dell'India sanscritica, cioè al pàli ed ài pracrito**, per in-
terrogarli sul come essi rispondano a combinazioni congeneri
che ancora vigono nell'antica favella. E ritroveremo, che l'an-
tica sibilante, la quale immediatamente ,pre.ceda a consonante
nasale od esplosiva, si converte costantemente in he viene
insieme a posporsi alla consonante che imprima a lei succe-
deva; che è quanto dire: aversi per le formule sanscrite *+'
* Si vegga il^econdo Saggio indiano nel secondo volume degli
Studj critici.' -
♦♦ Per prttcrfft) senz'altro, s'intendali principal dialetto pracritico
che occorre nei drammi.
§ 40. DEL COME Sk ORroiNÀRIQ PASSI IN Rh SANSCRITO. 211
(sibilante e nasale) e ^4-^ (sibilante^ ed esplosiva» sempre sorda),
le formule paliche e pracrite ^^h ed * + A; dove non è inutile
l'avvertenza, che» nella base palica o pracrita, non si può piU
parlare se non di una sola sibilante, che à la dentale (s). Li-
mitandoci per ora ad esempj pracriti , vediamo dunque imprima,
per la formula sscr. *+*:
^v
1. s, dsmi^ io sono, p. [ajmhi; s. grismd^^ estate, p. girnha-^
»i-smtf a-, stupito, m-m?itc?a-; ri^wM-, Visna , vinfiu^.
Indi per la formula sscr. *+* *, data T esplosiva pura e a com-
binazione iniziale;
2. sscr. skandha-^ spalla^ pr. khandha-y^ sscr. stimitd^^ umido,
rigido, pr.t/iimida-;- sscr. sparga-, contatto, pr.jsftoksa-;- sscr«
df^-ti'y vista, pr. ditt/ii-;
e a combinazione interna;
- 3. sscr. maskara-y bambt, pr. makhara^-;
dstiyèj atthi;
hdstay mano, . hattha--;
vi + starante , che spande , vi + ttharanta^i
pùspa-y fiore, puppha-;
tjòipd-, vapore, lagrima, vappUa-**.
Troviamo quindi nel pracrito, ove si tratti di combinazione in»
terna, aggiungersi costantemente ali* aspirata la sua pura tenue.
È una specie di raddoppiamento, che pure ove sì tratti di com-
binazione iniziale si riproduce sempre entro il composto; quindi
p. e. sarira'pphasa- = sscr. farira-sparga- (cfr. 40, 2.), contatto
del corpo, e veramente era un composto anche il testé addotto
vi'ttharanta-. Il quale raddoppiamento ci apparirà come un ri-
* Nel § 41 ia n. si avrà la confutazione di un diverso modo pel
quale si ò tentato dichiarare la genesi dei riflesso pracritico di questa
formula.
** Figura pracritica, assunta a far parte del lessico sanscrito, è
ffuph , torcere ( intrecciare ) , onde gumpha , gumphana , 1* intrecciar
ghirlande, e guphifd'y allato al vedico guSpitd^y intrecciato.
212 § 40. DSL CÒME Sk ORIGINARIO PASSI IK hh SANSCRITO.
pie^o dell* ortografia indiana, richiesto da ciò, che il prodotto
pi-acritico di sh st ecc., cioè h^k t-¥h ecc., non si scrisse per
le due direrse lettere che rappresentano i due suoni onde esso
consta, ma bensì , come T uso rendeva pressoché inevitabile, per
Tunica lettera che rappresenta queir affintssima combinazióne
fonetica che ne è la singola aspirata M if A ecc. Ora AÀ th eco.
non davano, come pur la ortoepia voleva, una doppia consonante,
vale a dir tal composto fonetico che facesse j^o^ùione; e quindi
voluto il raddoppiamento per mezzo della rispettiva tenue, me-
diante il quale si acuisse la pronuncia della yocal precedente e
restasse ben divulso T elemento esplosivo dalr aspirazione che
sussegue, per guisa che sicuramente si avesse in at-hi (atthi),
a cagion d'esempio, un trocheo (-v^) e non un pirrichio (v^v)*.
Nel prodotto pracritico di sm sn ecc. j cioè m + h n^h ecc.,
il raddoppiamento non interviene, perchè mh nh ecc. son di
necessità rappresentati da due diversi caratteri per ciascuno,
e quindi è senz'altro pur graficamente manifesta la ^emio-
ne **. Rimane ancora il caso, in cui V esplosiva sia aspirata
* Anche essendo iniziale staccato, e massime succedendo a uscita
vocale, deve primamente esser valso per due condonanti ogni kh
ih eoe. ottenutosi nel j^raor. da sk $t eco* (cfr. HJih^ sscr.^ di cui si
tocca in sulla fin^ di questo paragrafo). Ma, a poco a poco, simili
gruppi iniziali si ridussero a non avere diverso valor prosodico da
quello, di una sepiplice aspirata. Così, per un esempio iniziale che
spetta alla categoria a cui tosto arriviamo, s' ha la prova metrica di
questa riduzione in via phulanti («sscr. iva sphuranti ^ come.... tre-
molano), alla fine del quarto emistichio d* un' ar/à (è esempio di
dialètto màgàdhico^ ap. Lassen, append. alle Institut. lingtme pra^
criticacy pag. 59; ma circa idhà khalanà ^^ sscr. tasja skhalanam, il
Vacillare di costui v che ricorre nello stesso luogo, cfic. Stsnzler,
fnrMhakatikdi pag. 256). £ vedi ancora il Lassen, nell'op. cit., a
pag. 282-3 e 397.
** Esempj di mh che faccia posizione: maTitearatnm^rzdostBSScr.
màdhukara vismrtau ^si (o ape, hai ohliato), Cdkunt.^ ed. Boehtlingk,
59,10; virnhia^^Q^av. vismitor (attonito), Urvagt^ ed. Bollsn6£N»
58,6 (cfr. 529).
§.40« DEh COME sk ORIGINARIO. PASSI IN Uh SANSCRITO. 213
neilla oombinazione sanscrita; e qui il pracrito dar^ figure zvon.
diverse da quelle che vedevamo per la formala' eoa resplosivii^
pura, perchè lo h^ che proviene dair antico s, vi si imbatte q
fonde con quello, onde si costituisce il secondo elemento d$ÌV m-r,
tica aspirata. Goal avremo:
4. sser. shhdlati^ egli vacilla, par t*9^7ia2an^-, che vacilla intorno ; -^
pr. khaladi^ parx^kkhalanta^\ sser. avorsthdpajati^ egli col^
loca;- prl avortthàòedi; sécr. dsthi-^josso'y-^^r.atthi^; 8scr«
sphurdtij coruscaty vi-^hurati, tremi t; -pr. j^^uracK, vÌ7pph\ic*
Di 8 che passi In h troveremo del resto a suo luogo (Lez. XIV)
più altri casi indiani; ma qui giova ancora: ricordare, come la
trasposizione {asmi *ahmi amhi)y e anche il raddoppiamento
dell'esplosiva {(isti *ahti atthi)^ si ripetano negli idiomi pra-*
critici anche per quelle combinazioni in cui lo h già sia proprio
della forma sanscrita.
5. Sarà quindi normale che il pracrito risponda per mh a km san-"
scrito in bam?tana'"= brdhmana^ sser. bramino. Cosi il pali, alla
sua volta, risponde per majham al sser* mahjam^ mihi ; il q,uale
invertimento dijh per antico /(/si riproduce ^ nello ^p^A pracr.
per hj 88CP. (p. e. in $aggha'* "> sser. sahja^^ da tollerarsi, e ap-
punto ricorre anche un pracrito mag^hat di cui v, al § 61) 9
poiché vi si tratti di j che p^r veszo pracrito si fa ^ (v, Vlnd.)
e quindi forma col susseguente h una lettera sola, cioè l'aspi-
rata gh^ che ha poi bisogno del raddoppiamento per ristabilir
la poaijsione. E p^r processo, affatto analogo T antico hv diventa
bbh pracrito in gaàbhara-- 'gavhara^^ sser. gahvara-'^ profondo,
profondità, nascondiglio **.
Che se, finalmente, per mancare al sser. la formola h^^ {h sus-
seguito da esplosiva), non possiamo aver sicuri esempj pracri-
tici di metatesi d'antico h in combinazioni affatto parallele a
* m,.naana me vipphuradi^ [T] occhio mi tremola; Qakunt.^ ed.
Chézt, 97 (ed. Bobhtlinok, 63).
•* V. il sec. voi. degli Studj crii. s. gabbhara-^, gibbh[d]^ bàbhanar
Cbdvhana , brdhmano'^ v. § 64). ,
314 § 40. 1>EL COME Sk ORIGINARIO PASSI IN Uh SAN^CRÌTa
quelle in cui tràttavasi di antico s {$t *ht th; ecc.), Tanalog'ia
troverà il suo compimento nel sanscrito stesso, cioè nel feno-
meno metatetico a cui va incontro il secondo elemento dell' a-
si^irata sanscrita per la legge che riduce la formola etimologica
media asp. + 1 alla figura ortoepica inedia ^ dh ; quindi p. e. lab-
dha-, ottenuto, da labh-^ia; dove si aggiunge, a reodare proprio
perfetta ratialogia» che se T elemento accessorio incomincia per
th, r aspirazione trasportata si confonde con T altra in cui
s* imbatte (40,4; cfr. § 44 e Metatesi).
Ora, l'istoria documentata e riprovata di un pracrito amhi
dair antico asmit e di un praòrito thar dall'ìantico «ter, viene
a sparger piena luce sul fenomeno di hh sanscrito da, sk ori-
ginario, che a noi qui importava di chiarire. Lo sh originario
poteva cioè facilmente ridursi a ^ftr^ft/indo-iranó, pel frequente
fenomeno indo-irano di ^ in S aQche dietro a continua , del quale
fu a suo luogo parlato (§§14,15); e questa fase fonetica è
ancora intatta in alcuni assai importanti esemplari zendi, né
manca del tutto al sanscrito stesso. Abbiamo cosi :
6. gJiid zendo, rompere, allato a Khid sanscrito, SE1I> europeo (39, 2.) ; -
gìiad zendo, ingannaire, allato a Jihad sanscrito Cska-^, 39, 1.),
coprire, nascondere, onde ^/f«icf-man-, inganno, coperchiella;-
e per lo -SK ascitizio (39, 4.) giova qui intanto considerare il
verbo zendo gragRy gocciolare, grandinare, che è manifestamente
un frequentativo, ed ha allato, come si conviene *, la figura con
là gutturale nel sostantivo gragka, grandine; e insième vedere,
dal sanscrito, il verbo vro^/f, vulnerare, lacerare, che deve an-
ch'esso andar munito dell'aggiunzione a cui alludiamo, e ri-
viene ad ogni modo a uno vr ask ^nteviore**^ il quale alla sua
* Cfr. p. 36, 38, 101, 107, 177.
*♦ Allato a, vrorgK sta il vra- del sscr. vra-na^-j ferita, cicatrice,
cui risponderebbe il lat. vul-^-us (Benpet, Griech. wurzelUxik.y 1, 4&) ;
a il rapporto fra *vrask e 'iyrak (sscr, vfka-*, offensivo, lupo) è quello
stesso che interviene fra *prask (sscr. prahh, chiedere, ricercare; ger-
man. for-sk-} e *pràk (lat.|)rec-, goL /roA-); v. la Introduz. alla Mar"
fol.y s. vv.
§ 40. DEL COME -S/t ORIGINARIO PASSI IN kh SANSCRITO. 215
' volta sarebbe intatto nel nome vraska^ {jvLpa-vrdskd-^ digros-
satore del palo*). ; . ,
Sia lo sR [Qk] ìndo-irano' doveva tosto o tardi subire, nell'India,
queir alterazione a cui man mano vi si vennero assoggettando,
. • ' ' ' ■
come testé vedemmo, tutti i complessi congèneri;- anzi esso è
stato, per la sua particolar costituzione, il prim(^ che vi an-
dasse incontro; e quindi abbiamo la proporzione esatta:
/tÀt^sscr.(39,2.):$/ftdÌQdo-irano : : hhccndha pr. (40,2.): skandha sscr. ;
la quale, se avesse bisogno dì altre conferme, sì potrebbe in
ispecie confortare della riduzione pracrita di quelli gH che si
mantengono oppur surgono nel sanscrito, ed appunto è Uh, p. e.
ixipakKhà pracrito i^ev.pagKàt sginscrito, dietro, di poi (§ 57), od
in tiriKkhi pracrito ^QXtiragki sanscrito, di traverso. Il raddop-
* Cfr. Benfey, Orient u* occidente I, 395-, Boehtlingk-IIoth, VI»
180. — A stare alle apparenze, V In.dia anzi ci offrirebbe due diversi
modi di costante e integrale continuazione della fase indo-irana: gJt^
V'ha cioè imprima che in un libro vedico, nel kdthaka {jagur^vaida
nero, secondo una particolare scuola; cfr. la pag. 221 in n.), s'abbia
ghh pel Bolito -Mh-^ vale a dire per lo hh con quel raddoppiamento
normale che già vedemmo (39, 4. 5.) e di cai tosto si ritocca; quindi
p. e. ffaghhati'^yakkhcUiy it, Yent^ a^^Khinad, scindebas scindebat,
(suparni) ^hhandasi, hyrani^ metra. Ora il Benfey {QóUinger gel*
anzeig,, 1856, p. 758, Or*, «..occ, III, 194, e altrove) si è venuto
sempre in piti raffermando nella sentenza che questa particolare or-
tografia ci rappresenti una fase isterica piti antica, e ohe da ghh^ dove
avremmo aspirata l'esplosiva per opera della sibilante, si~venisse poi,
per assimilazione, a Mh. Ma la critica mal potrà, accettare queste
eoncluaioni, che a noi importa di qui infirmare, anche perchè ne p^ir-*
rebbe sturbata T istoria che dqllo hh {kRh) sanscrito e pracrito ve-
niamo facendo. Imprima dunqu&*diciamo, xìhe quanto sarebbe irra-
gionevole l'escludere l'ipotesi di qualche gk indo-irano che nell'India
primamente si facesse ^Rhy e altrettaato ripugna 1q ammettere che
vi si compisse Cosi costantemente questa aspira^zione. Ripugna in se-
condo luogo il concedere alla ortografia d^l kàthaka questo ampio-
privilegio di anzianità etimologica; non tra(tt^ndosi , 4^11' una parl^,
216 §40. &BL COME Sh ORIGINARIO PASSI IN kh SAKSCRl'eO*
pipimento della qaal forma pracrita è affatto normale, pome
ormai sappiamo (39, 4. 5.), e corrisponde al raddoppiamento che
in ortografia sanscrita è a buon dritto voluto od ammesso- per
ogni Rh a cuti segua e preceda vocale. Gli è sempre che; con ciò
si addimostra, e in modo ancor più compiuto che nel praqrita,
che r idioma di esso libro si distingaa nel resto pét* speeiali saoi ca-
ratterì di antichità maggiore, e non rtroTandosi, dall' altra,, in tatta
I^ rimanente letteratura sanscrita, pur un solo esemplare di. questo.
gRh. Ma Vobiezioné pili poderosa vien di là appunto donde a prima
vista può parere che venga efficace soccorso alle induzioni del Benfey.
Poiché v' ha ancora, che il grammatico Ilaimaìtandra e* insegna,
aversi nel pracrito maghadico: -p/l- per -Afc- {-/^It^*-) sanscrito (▼. "Wb-
BER, nei Beitràge s. e, II, 363); il quale qK ai crederebbe a prìm<^
tratto proprio tal quale lo gH, indo-irano « sk originario , tanto pifr
che si tratta d' un idioma pracritico che non fa subire agli antichi
sfh st ecc. quella elaborazione a cui nel principal pracrito scenico e
nel pali essi soggiaciono. Senonchè, già la costante difforensà tra la
figura che ò nel kdthaka (gHh) ola figura maghadica di Haimaltandra
igH,) basterebbe a destar grandissimo sospetto intomo alla importanza
etimologica di. entrambe. Al che m. aggiunge, che lo-^ maghadico
si avrebbe per lo Kh del pracrito anche dove questo non risale di
certo a 5^ originario {vagliala'* « pr. vaìLhala" » sscr. 'vatsala^ ; V e-
sempio tirigìii ^ pr. tiriRhi non è veramente conclusivo, perocché la
corrispondenza sanscrita non ne sia già tirjak ma bensì. ^tm^^i). Cosi
tm qualsiasi ^-hh-^ {rkìih-^) pracrito trova nel dialetto gahàrico^ e non
in questo solo, oscillare i manuscritti fra -Jlt)Wi-Afc^ft^-fj^ e •^^; p.e.:
gaMh'-dmi ^gakha gaglih-4a gagll-ia gagg^ (mrKhhakaty ed. Stenzeer^
p. 182,303-4; cfr. § dQj4)\ pa^Mhdd^mi pa-^Udd'-emi e* sscr. pra-
'Mhdd^ajdmi {mrMh.^ 132, 3Ó3j; cfr. § 39, 1>; maMha'^ magha"
rwajjptt- « sser. matsja-'i pesce {mrMfu, 10, 241, Cakunt.^ ed. Chézt,
111, 5. 12. 112, Sì'jpekkh-^mi [peUh^-adi] peghh^a pegH-^mi [pegg^à]
«* sscr. pra-ìks-, mirare {mrMh. 132, 303; 21, 247; 35, 255). Siamo
quindi condotti a conchiudere,- che ben lungi dal trattarsi di reliquie
di antichità singolare, tutti questi gRh gii gg altro affatto non ci rap*
presentino se non assibilantenti provinciali dello '^RAh^ del sanscrito o
del pracrito. V. ancora il seo, voi. degli Studj critici, s. RK
j
§ 40>. DEL OOMS sA ORIGINAHIO PASSI IN Uh SÀNSCRITO, 217
non avvenga, lion aversi ih simil prodottò una semplice aspi-
rata (KA), ma bensì due distinte consonanti (^•)-A)/a cui spetti
legittimamente anche di far posizione. Quindi si scriverà: gd->
hRhà^^ifTxt, {39,4.)^jàsja HKhdjà (39, 1.), la òui ombra; e cosi
discorrendo ^.
* V. Panini^ ed. Bobhtlingk, pa^. 387, Benfey, Volht. gr,^ § 17.
Se il raddoppiamento si può tralasciare tra parola e parola, dopo vo-
cale lunga, ciò dee provenire dalla considerazióne mètrica ^ ch'esso'
in questo caso sia superfluo; ma veramente avrebbe pur sempre a'
starci, come è voluto nel mezzo della parola pur dopo dittongo, p. e.^'
in diìlhhika-'^ elettivo, e anche tra voce e voce dopo le particole ^S
(p.1^) ed d. I manuscrìttl sogliono trascurarlo (sogliono cioè dareV
p. e., gdhhati è non ga1lJÌhati)y ma T effetto prosodico resta naturai-^,
mente il medesimo, e quindi suol dirsi che U lettera ft^ faccia; po-
sizione; cfr* p. e. Bopp, gr. sscr., § 60, e Lassen, neir/ndiso^;6i-«
bliotJiekj III, 50; intomo al quale particolare metrico, può spiacei^er
che taccia il Benfey nel 1. e; cfr, Sdmav.y EinleiU^ Xhvu II Lassen,
alla sua volta, dice nelle Institutiones ling. pracriticae^ pag. 208,. che
Uh non faccia posizione nel pracrito, e si riferisce a una sentenza
Ael Lenz. Ma questi altro non dice (Vrvasia^ fabula Calidasi^ Be-
roL 1833, p, 202) senonchè: littéra Uh inter dùos vocates non sempet*
positionem facit (cfr. Bollénsen, r^rvapt, p. 524), accennando a due
ésempj {mrWkhah. if 297, 4, 155, 8, ed. Oalc.)« i quali veramente non ci
danno Uh per semplice consonante nell'interno della parola, ma bensì
al principio di parola nell'intèrno del composto (pIpa-^Ti^aficr*- «» sscr.
gir su-hKhaidana" y idi^Wo del capò; j?aif a-^^ic/da- = sscr. sapta-ìiRhw
dra-i dai-sette*fòri; ed. Stenzler, pp. 157, 3, 79, 13; neU'OVrajrf, ed.
Bollens., avremo "KUh^y che è quanto dire hh che faccia, posizione,
^n $ahKhanda 59, pukRhia 12^ seJtAhd" 74; ma Jth tenuto per conso-.
.ni.nte semplice in puhhimi 65j, e provano questo solo, che ì dialetti
pracriti abbiano fatto, pure in questa parte, qualche passo di più su
quella via per la quale giò vedemmo che si mettessero in ordine ai
prodotti delle altre combinazioni congenerì (p. 212 nelle n.), e sulla
quale il sanscrito, alla sua volta^ si è piti che mai inoltrato in ordine
a quei prodotti di cui piti innanzi si discorre (§ 41, p* 224; §§ 43,
44). - Notevole eziandio, per la genesi della media aspirata pala^^
tina (cfr. la n.* a p. 208), che interna tra vocali essa non.rieorra
218 .< § 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINÀRIO.
§41. Ma tutto ora ci spinge a proseguire con qualche abondanza
r istoria dello sh primitivo. Nella quale indagine avremo a veder
vie mèglio^ quanto sia vana, massime allorché si tratti, com'è
nel caso nostro^ di consonanti abbinate, r éspettazione di coloro»
che sperano di veder trasfusa tutta la grammàtica comparata
in un quadro sinottico di semplici ed esclusive equazioni, il quale
ci renda atti, quasi per incanto, a risalir con fàcile sapienza
a tutta quella gran parte delle origini che pure si è scoverta,
6 ad accompagnare poi le forme primigenie^ per un semplice
meccanismo di armonie alfabetiche^ attraverso a tutti i tempi
e a tutte le contrade *. Tutti i fenomeni patologici ( § 8), nel-
r amplissima sfera dei quali ora appunto per incidenza entriamo,
dovrebbero ad ogni modo andare esclusi dal quadrò magico, si
per la propria natura di essi» e si perchè la loro successione
mal coincide con quella delle fasi generali onde si Costituisce
la serie genealogica delle lingue. Ma se dobbiamo rassegnarci
air impossibilità del saper facilmente, che è del resto una dif-
ficoltà universale, e insieme ancora all'impossibilità di arrivar
sempre, nello stato attuale della cognizione, a un saper certo,
noi sentiremo tuttavolta ad ogni passo, pur movendo pe' sen-
tieri più scabri, come la scienza per ogni parte maturi; e là
dove non ha guari il pensator severo s'impauriva d'inestrica-
bili nodi^ e la poesia delle combinazioni fantastiche avea libero
il corso, troveremo problemi risoluti, o posti almeno per modo,
che sia messo strettissimo assedio intorno all'ignoto*
Mirando principalmente all' India, gioverà qui scemerà é se-
guire due diversi filoni etimologici, che, ^ulle generali, si pos-
sono brevemente cosi definire: quello in cui lo sk originario
uscisse ancora intatto dall'età indo-ìrana, e quello in cui fosse
mai semplice, ma sempre si abbia, in tale eongiantuFa:'^i^/i (Bekfet,
1. c, § 12, 2). E finalmente, ritornando ancora a %h, è ormai quasi
superflua l'avvertenza, che data per un qualche esemplare la fase 'gKh
da gk (cfr. la nota che precede), il x^rodotto di essa non avrebbe a
differire da quello del semplice gli (40, 4.).
* Cfr. Sticdj critici^ II, 9 e seg.
§ 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINAfelO* 219^.
ridotto/ éome testé vederamOi a sB * [ pft ] indo-irano. Alla' óom*
binazione proto-indiana con la gutturale, iniziale ih camplésài-,
verbali o radici e iniziale o mediana nel nome *, vediamo rivenire;
non pocbé forme del sanscrito; ma come l'indò-irano sK [gJt] sog-
giacque a vicende specificamente indiane, cosi accadde^ in misura
non diversa, pur dello sk. Esso dura ancora intatto in skand
(10, 9.), ed in sku, che è tradotto per 'coprirei e quindi si com-
bina col latino ob'Scù:ru-s, coli' anglo-sassone skù-a, ombra,
coir antico sassone sceo; cielo coperto, e simili, e si tocca con
rindo-irano sHad [pUad] che più addietro adducemmo (39, 1.) **.
Per isk interno, avemmo vrasha- (40, 6.) Ma facile alterazione
indiana di sk doveva essere skh, di cui già vedemmo esempio
(§ 37); ed altra vena di alterazioni indiane s'ebbe per un ac-
comodamento che è r inverso di quello che tra noi occorre p. e,
liei caso di lasco dall'antico lacso (laxus), ed è altrove da noi
considerato con la debita larghezza (v. sscr. ks = *ks). Quindi skk
e ks**^ sanscriti per sk primitivo; entrambe le quali formole
* All'uscita del nucleo vert)ale, per quanto si può vedere (cfr. 40, 4. 5.,
e piti innanzi in questo stesso §), è sempre gh indo-^irano. Gli elenchi
de' radicali sanscriti, offórti dai grammatici indigeni, ben ci darebbero:
hisk^ duskhy nisk^ mask^ vask^ svask. Ma eccetto duskhj — che alla
sua, voltai un esemplare illusorio, denominativo com'è di du:khd
(.dus-kha-i dolore; il contrario di sukha^y piacere), — son tutti radi-
cali non esemplati, e tutti privi eziandio di ogni conferma eteroglossa^
I tre seguenti: mask (mask makk), vask (visk)^ svask {svask svask
svakk sukk), inventati probabilmente per dar la radice a qualche
forma nominale di oscursC provenienza, direbbero tre, che è una specie
di traduzione universale dei radicali dubbj o immaginarj. Restano :
nisk^ pesare, che si conjuga secondo decima classe, e proviene mani-
festamente dal nome niskd (v. Boethlinsk-Roth, s. v.), e kisk (hiak
hikk)j uccidere, che è di decima classe e quindi di apparenza dono -
minati va anch'esso.
** V. Vlntroduz. alla MorfoL^ s. vv.
♦** Dietro a fe, il sanscrito non tollera, nella stessa voce, altra
pronuncia sibilante dallo s infuori»
22d % 41. ALTRB VIOENDB 0SLLO $k ORIQIKARIO.
avrebbero per lor normale continuatore praorito: -kkh-, hh'. Ora
al lume della comparazione si trova, che anche il solo ^ A san-
scrito continui T originario sk. Intorno alla esatta istoria del
quale fenomeno, vedremo tantosto quel di problematico che possa
rimanere; e intanto facciam di rassodare le nostre equazioni per
qualche buon esempio, che anche ci ricondurrà ali* Europa *•
1. Un originario s/tad (skand)^ eòi significati dì ^rumpere, dirompe re,
disjìcere', è intatto nello zendo gkenda-- (*skanda-), rottura, ro-
vina *^ che ha il suo riflesso sanscrito in khandd-^ (cfr. § 43),
rottura, frammento, pezzo, parte; allato alle quali forme acqui-
sta valore anche il $scr. skhad^ che va tra le radici non peranco
esemplate, ed ò tradotto anche p^ destruere^ scindere^ lacerare^
Ma lo skad originario si continua eziandio nel sanscrito ksad^
che dice: mettere in p^zzi, trinciare, e quindi anche: mangiare,
e cosi, oltreché a khad hhàdnija'ti ( v. § 43), mandare in pezzi»
che non è peranco sicuramente esemplato, si rannoda a hhdd
khdd'-atiy masticare, mangiare, sempre di lingua sanscrita.
L'Irania ci porge alla sua volta, allato a sha[n]dy qualche
forma che accenna a shid ***; e, ad ogni modo, legittima con-
tinuazione di un antico shid sarebbero le figure sanscrite skhid^
hhid^ le cui significazioni fondamentali potremmo rendere per
^abbattere, strappare^ ****. Questo antico skid^ che altro non
* Il Kuhn ha dedicato particolare attenzione ai fenomeni di cui trat-^
tano questo paragrafo e il precedente, nel quinto de' suoi articoli sul-
r antico S, Zeitschrift s. e, III, 321-31, 426-40. Io non convengo con
esso circa la genesi dello Uh sanscrito e circa i fenomeni pracritici che
vi si connettono, come ho mostrato nella stessa sua Zeitschrift^ XYI,
442 e segg. (cfr. pag. 223-4, in n., e Studj critici^ II, s. kh). Ma ciò
non toglie che io riconosca il molto merito del lavoro del Kuhn; e se
presumo di averlo anche in altri punti oltrepassato, com'è facile a
chi Tiene dipoi, do prova insieme di averne appreso non poco.
♦* L'antico skand ivsAnce ancora intiero pur dalle forme neo-per-
siane: $[i]kan^ frangi!, allato a s[i]kas^tan (» s^at? 4- fan), frangere.
*** V. la Fonol. ir. , s. *skid. ,
**** Cfr. BoEHTLiNGK-RoTH, II, 614-15, e la n. che qui sussegue.
Il significato di questo verbo sarebbe nel medio: sentirsi abbattuto; d
§ 4L ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARLO. 221
sarebbe se non skand shad con la vocale assottigliata ( v. Vlnd. >,
rasenta Io sRid {gìiidj scindere )» di cui già toccajnmo (39,2.);
ma sebbene sien tutte figure fontalmente identiche» vanno tutta-
volta ben separati, anche nella genesi loro, pur questi due verbi,
poiché risulta che simultaneamente vivessero, nel periodo indo-
ìrano, indipendenti Tuna dair altra « e la figura osella gutturale
(p. e. shand^)j e quella con la palatina (shid; cfr. § 13, 10)*,
Similmente nell'Europa, i riflessi dello skand {sJiad skid) indo-
ìrano si toccano con quelli dell* indo-i rano sHid. A skad skand
vanno cioè congiunti, nel greco, (rxeS-àvvu-fxi , dissipo, dispergo,
ma insieme pure il verbo mediale <rx^S-va-[A%i, mi spargo, dalla
cui figura radicale affatto non si distinguerebbe il riflesso greco
dello sìUd indo-irano (khid sscr., SCIJ) lat., ecc.) se non vMn-
tervenisse l'aspirazione: 2XIÀ, (rji(0^tù {(f/^^Z^jtù^ v. T/nd.)» fendo,
<rxf&-«x- (ff^fòscS), scheggia, — così come la vedemmo intervenire
in una delle, propaggini indiane di skad (sscr. skhad ) **. Altra
il part. perf. pass, dice: abbattuto, stanco (rotto, cfr. il lat. fàtisco).
Gli autori del lessico di Pietroburgo pongono 'oppresso' anziché 'ab-
battuto', e quindi, io credo, vennero all'idea di dar teoricamente per
valori fondamentali del nostro verbo: premere, comprimere (stossen,
drtlckenj niederdrtlckén). Ma poi vendono i composti, per là òui tra-
duzione' debbono usare il tedesco ^-remen, strappare. -^La figura <son
la sibilante (skhid) ricorrerebbe nella taittirija-sàhitd (Veda, jagus
nero, y. Studj orient. e Zt^., I, 79), e non è ortografia intorno alla
quale possano surgere di quei sospetti che vedemmo legittimi in or«-
dine allo gkh del kdthaka (pag. 215, in n.), poiché skhid è singolo
esemplare, non vedendosi che la taittirija^sahità dilSerisea dalla so-
lita figura rispetto a khjd {ava-^kkjat) o ad altri. - Notevole la forma
ha-khàd^a (Ki*khSd'^)'^Q si adduce, allato a hi-^khaid^aj come perf.
di khid.-
* Il Kuhn, 1. e, p. 427, non potò venire a simili discernimenti tra
hhid e khid. Le due vene si distinguono anche ne' significati : skad^^
shid'i rompere, abbattere, disperdere; skid'*, fendere. Per me è so-
pratutto norma sicura: che la palatina, in generale, é sempre comune
a sanscrito ed a zendo, é sempre, vale a dire, pre-indiana;
** Si aggiungerà ad un tempo l'aspirazione greca, si nel riflesso
dì skad^ e si in quello di sak^ ska- (39,3.), cioè della più semplice
^22 § 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO.
ooincidenza di aspirazione, fra indiano e greco, avremo nello sk
interno. La vece zenda che vedevamo in gra-^h gra-^ka- (-pft nel
verbo, gk nel nome; 41, 6.) trova cioè il suo analogo anche nella
vece sansqrita che intercede fra il verbo mùr-Jik mùr-kha-ti
Cmur-ska-ti), irrigidire, rimanere sbalordito, ecc., ed il nome
mùr'-khd-' ('mur-ska-), balordo; nel quale esempio si tratta ve-
ramente ancora dello ska ascitizio di cui già.parlammo (39, 4. 5.),
il quale perciò a buon dritto manca nel partic. perf. pass, mùr-td-.
Ora, appunto questo sk ascitizio potrà aspirare pur nella Gre-
cia la sua gutturale, e perdere insieme la sibilante (v. ^ " sk) ;
di guisa che tpy-oiMu (per ersA^oinai), vado, vengo, risponda a
capello al sscr. ar^kha-^ti (*ar-ska-ti), aggreditur, che già in-
contrammo ( 39, 4:). Allegheremo finalmente un altro lucido
esempio di sk iniziale, continuato per kh sanscrito, e sarà khang
khdngHx^i (*skag *skang), zoppicare, al quale si raccosta, ol-
treché l'antico islandese shakk-^rj zoppicante, il greco <ncxC(«>,
zoppico, per ^skag-jó (v. C«^j), solo mancando la riprova di
forme greche in cui si rimanifesti il ^ *.^
r
La figura sanscrita skh l=^sk) ricorrendo adunque tuttora ed
essendo confortata d'ogni analogia (§37), potrebbe parere che
il sscr, khf in quanto occorra nella medesima funzione etimo-
logica, abbia a dichiararsi da skh per semplice dileguo del s.
figura di questa famiglia di verbi per ^fendere, rompere', se qui ve-
Tame^te spettano <r/éZfa {'<tx^^Ì^) ^ ^^- Ma la serie dei significati
<che ci è offerta da questi verbi greci (fendere, aprir pungendo, aprire'
slogare ecc., lasciar andare, calare, trattenere; cfr. x<^C(o e yjxl^ta)^
l)asterebbe essa sola a renderci alquanto esitanti. Vedine ancora Vlnd.
. * Manca .cioè, a cagion d'esempio, un fut. .(tkìÌìù (skak^ó); ma
d'altra parte non contrasta il futuro (rxàffco, che si trova ne' lessici
/d acceiinérebbe a *skady poichò ò voce che in realtà non occorre. —
Jl parallelo nordico skakk-^ skak^r^ addotto dal Fick, rasenta vera-
mente lo skak-^a^ islandese e svezzese, quassare; ma ugualmente si
tocca lo khahg sanscrito, claudicare, col sanscrito khag^ commovere,
agitare;- e si aggiungerebbe il riflesso, altrettanto normale, della
'forma priva di s, nel ted. bang- hink-^n^ zoppicare^ v. p. 63 e Dilegui
ìKuhn; il quale però si confonde circa il ragguaglio del suono ini-
ziale di hano^ che risulterebbe esatto, cioè: h^*k).
§ 4L ALTRE ViCENDB DELLO sk ORIOmÀRlO. 223
tanto più che vediamo trattarsi di coinbinazione ini2;ial6, o di
combinazione intèrna ih cui il s riésée'tra consonanti , che soQ
due posture in cui la perdita di s é tutt' altro ^he insolita
(v. Dilegui). Tuttavolta, quando si consideri, da un lato, sulla
generali^ che il sistèma fonetico del sanscrito è affetto^ pet! non
poca parte, di pracritismOy e dalU altro, che nel caso |)articolar€>
delle combinazioni originàrie della formola^^^ («susseguito da
esplosiva) abbiamo nel sanscrito il costante fenomeno j^ramSco
niello R/i da 5?J, ed altri esemipj in cui il processo j^racWfeca ò
affatto manifesto (cosi guphità- = guspità-y p. 211), è giocoforza
riconoscere, che là dichiarazione più semplice non è in questa
incontro la .meglio conforme a verità, q che, almeno per i|n certo
numero di esemplari, si dovrà ammettere, anche pel sanscrito,
quella elaborazione di sko skh che nel pracrito è affatto nor-
male; quindi kh sscr. cosi per sk come per skh anteriore, e
intesa l'evoluzione ài modo che più addietro descrivemmo (40,
2. 3. 4.); al che ancora si aggiungerebbe kh sscr. per uno ks
anteriore (che può essere, come vedemmo, sk originario), fenomeno
anch'esso regolare nel pracrito*. Uu'obiezione generale parrebbe
* Una prova indiretta, ma assai efficace, per la genesi pracritica
del ascT. kh o del sscr. ph rimpetto a, sk o sp originario <cfr. § 58),
si ha ancora in ciò, che non esista th iniziale sanscrito , vale a dir
che non si possa discorrere di' simil processo per st iiiiz. originario.
Queista induzione si fonda sopra un fatto, che per sé stesso ha molta
importanza in ordine a tutti i fenomeni de' quali trattiamo, ed ò
(cfr. Lez. XIV): che quando nel sànscrito si incontri, fra parola e
parola, la combinazione etimologica 5+^0 s-^p^ lì s sì debba ridurre
a visarga (r + Zi, ••+p; che è quanto dire h-tkj h-¥p), così ottenendosi
il primo stadio dell'alterazione pracritica di ogni combinazione della
formola 5+^; dove, all'incontro, se si formi tra parola e parola la
combinazione etimologica s+t^ essa rimane intatta; quindi p. e. indrat
Arnaw^ì, Indra fa, indra: pibati^ Indra beve, ma indras targati, Indra
minaccia. Ed è legittimo che la piti resistente delle antiche formolo
sia quella in cui s si combina con la esplosiva ad esso omogenea. —
Non mi è sempre ben chiaro, se il Kuhn, nel luogo di sopra citato,
stia pel semplice dileguo di s, o stia pel processo pracritico. Ad ogni
324 § 41. ALTaE VICENDE DELLO. <^..QaiOlNÀlU0.
ihsorger^, p«r vero, contro ògm dichiarazione di kh j&ianscrito
per genesi praeritica; ed è il. non vedersi mai il ràddoppiamèjQto
che per simiglianti'pnodotttpracritici, e quihdii anche* per la pa-*
ìatina sanscrita RA, tedevamo normale* Senonchè, .è bensì latto
singolare, ma pare incontrovertibile, che il sanscrito «. quando
6i prescinda dalla palatina Kh^ supera tli gran lunga /il pracrito
nel ridurre alla semplice esplosiva aspirata i prodotti, alterativi
del quali si ragiona (y.p. e. i §§ 43, 44}. desterebbe dunque di
ecernere i casi sanscriti nei quali si abbia a ricgiioscere la evor
luzione praeritica, b di determinare, per ciascun caso, quale ié
tre modi di essa vi sia intervenuto. Ma qui . «r indagine trova
ancora, per molta parte, le sue colonne d* Ercole (cfr. § 58),
modo, cade qui inaccoacio di avvertire, che il processp pracritico
^i aveva a dichiarare ^ secondo la sua sentenza (nella quale non so se
ancora mantengasi) per ciò: che nel pracrito ogni tenue dietro a s
t. '" ..<... , «...
finisse per aspirarsi, ed il s, alla sua volta, esercitata questa funzione
di aspiratore, vi passasse in ^, e si assimilasse alla esplosiva sus-
seguente per guisa di renderla doppia. Egli quindi voleva, a cagion
d^ esempio, questa serie: st stk hìh "Uh; e pel caso dello XA, la serie
sR sMJi hKh "Mh. Ma si deve pur dire, che T ipotesi kuhniana si
fondava sopra ipotesi ripugnanti. Poiché, a tacer d* altro, ripugna
r ammettere aspirata ogni esplosiva per effetto del s ohe le preceda
tanto pih che vediamo, da un lato, rimaner pura la esplosiva in
que' dialetti pracritici in cui la sibilante si regge (quindi^ p. e. nel
gakàrico : hagia- « sscr. hasta'^, mano, pa^nagta-^ « sscr. pra-«a/ta-«,
perduto, sparito; e nel mo^adAtco secondo HaimaÌLandra: vuhaspadi'
s sscr. tyrhaspati-r^W pianeta Giove; ecc.), e, dall'altro, mancare ognj
addentellato, fra sanscrito e pracrito, per la supposta aspirazione nel
caso di combinazione ottenuta fra radice e sufSsso (as^i dritti ecc.;
il doppio suffisso "is-tha-y di cui è parlato ai §§ 43 e 49, non offrirebbe
analogia sufficiente); ed ò ancora affatto arbitraria l'immaginata as-
similazione di ht ecc. in tt ecc. Air incontro, V invertimento da noi inse-
jg*nato, e la ragione che del raddoppiamento noi diamo, hanno positiva
conferma nei fenomeni a cui sottostanno, e nel pracrito e nel sanscrito,
le analoghe combinazioni che furono di sopra rassegnate (41, 1.5. e
segg.), e affatto escludono, come ognun vede, la via tentata dal Kuhn.
§'41. A^TRB VICENDE DELLO sk ORIOXMAHIO. 225
«
e non dà che risultanze affatto parziali. Cosi per khid (41, 1.)
l'ipotesi del mero sk in AA resterebbe eliminata dair atersi la
serie skhad skhid hhid; e la stretta corrispondenza dei signi-
ficati suggerirebbe di rappiccare khdd a ksad (41, l.), e quindi
di vedervi kh pracritico da ks. La voce zénda non può darci
alcun lume circa le evoluzioni indiane dello sk indo-iràno; e
solo ci giova a sottrarre qualche kh sanscrito ad ógni sospetto
di genesi pracritica. Cosi è dello kh ài sàkhi't amico, sakh-jà-^
amicizia (cfr. il lat. soc-ius), che il Fick vorrebbe ingegnósa^
mente ricondurre a saskù saskja-, vedendovi quella forma ra-
dicale che altrove si determina in sagk sanscrito (16, 5., 17, 6.),
Seguire. Ma la risposta zenda, che è kakhi (:si'*sàkhi), esclude
questa dichiarazione, poiché non si può ammettere kh zendò per
sk originario, e siamo veramente ad uno sakhi- indo-irano, il
quale è probabile che rivenga al 'semplice *sak (onde il verbo
indo-irano sak seguire), con uno sviluppo indo-irano di aspi-*
razione nella formola ^ + ' + ^ (esplosiva tra vocali), che ha in-
tanto le sue esatte analogie negli indo-irani r^atha- gapha-^ già
in un precedente incontro da noi allegati (p. 147).
Un'altra dubitazione, ma del tutto vana, ora ci condurrà a
quella serie di continuatori svariati dello sk originario^ la quale
ha per base lo sK [fh] indo-irano. Vedemmo che il sanscrito
possa continuare per ks uno sk originario. Ora, siccome avviene
che lo As sanscrito si riduca alla sua volta, per un certo numero
d'esempj, a kh (anziché ^ kh) pracrito» la quale alterazione
pracritica si vede anzi alcuna volta per éntro al sanscrito stesso,
cosi potè surgere il dubbio che la palatina tenue aspirata del
sanscrito rimonti di regola allo sk originario per l'intermedio
di ks; il qual dubbio parrebbe sgominare tutta quanta T istoria
che dello kh sanscrito noi facemmo. Ma non si regge; perchè,
dall'un canto, l'alterazione di ks in kh é infrequente pur nel
pracrito*, e quindi, senz'altro, ben ripugnerebbe di ammettere^,
* kh pracr. per ks sscr., è p. e. in rikha- «= sscr. rksa-, orào (ìndost.
riJlhj sindio rikhu-^ maratt. risa) '^ g kh Ai ssor. seriore allato a hs
Ascoli Fcì^oI. iHdO'U.'-ffr.' 15
226 § 41. ALTRE vicende' dello $k ORieiNARIO.
pe'più antichi periodi della favella sanscrita, non solò il con-
tinuo invertirsi di sk in hs^ ma insieme il continuo stiacciarsi
di questo, al modo che avviene per solo un limitato numero di
esemplari nell* ultima degenerazion fonetica di età seriori; e
dall'altro canto noi troviamo, tacendo della presenza e degli
avanzi di gli nello stesso sanscrito, che in tutti quanti gli esem-
plari a cui la comparazione si può estendere, Tlrania attesti la
fase dello sìt [gK\ là dove V India ha un antico Kh ; locchè, se si
badi all'esatto concordar che fanno il sanscrito e lo zendo nei
limiti entro a cui si compie il fenomeno di .ft da & (§ 15), è so-
vrano argomento per conchiudere che qui si tratti di uno sK [pft]
che risalga al periodo indò-irano, e per escludere quindi il so-
spetto di un processo indiano che dia la formola sk ks Kh. La
fase dello «K [^K] già a suo luogo vedemmo intatta allato allo
Uh del sanscrito {40, 6.); ed ora giova che impariamo a cono-
scere ima semplificazione «zenda di questo gJt, anche perchè sia
pienamente provato che la voce irana di continuo affermi uno
isk [gh] per lo Uh dell'indiano antico.
2. Lo gh indo-irano che vedemmo ancora avvicendarsi con gk in
gragfi gragka- (40,6.) *, di regola si riduce, per assorbimento
della esplosiva palatina, a solo g zendo, in quell'elemento asci-
tizio la cui figura originale vedemmo essere -ska ( 39, 4. 5.). Quindi
avren^o: z.gaga-i-ti (v. p. 109, in n.), it, venit, « sscr.gakfiha-ti',-
z. perega-i-tèy interrogat, « sscr. prMha-tai; - z. iga-^i-tty optat,
t= sscr. iìtìiha-ti;^ z. -M^a-iWi, lucet, « sscr. uMhortL Un esem-
pio per lo stesso assorbimento in gruppo iniziale , ci è offerto
dal neo-persiano sdjah ( gdja ), umbra, = sscr. ìthdjd ( 39, 1 .) **. È
sscr., è in Khurikd = ksurikd, coltello. V. fihuri nel sec. voi. degli
Studj crit.y e ib. la n. 4 al sec. Saggio indiano.
* La presenza di --ska nel nome, allato a -sha nel verbo, che più
non è attestata dall'India, per quanto io posso vedere, se non da
-vraska vragK (40, 6.) e mùrkha mùrKh (41, 1.), risulterebbe, in
proporzione, assai men rara nello zendo; v. il voi. ultimam. citato,
s. aragka- e peregka-.
** Che si tratti di palatina assorbita (quindi della serie sk sh[gh]g).
§ 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO. 227
fenomeno asdai poco da questo diverso, il ridursi tra noi le an-
tiche sillabe ske ski, pel grado intermedio di sce sci, a se si del-
l'odierna favella italiana.
Il sanscrito alla sua volta ci ha ormai mostrato lo gK indo-irano
in due diverse figure: la intatta, che è rara (40, 6.; cfr. 41, 4.),
e hh (§39). Ma allo gli intatto, cioè ad età anteriore a quella
in cui esso andò travolto nella alterazione specificamente in-
diana, risalgono alcune semplificazioni sanscrite di cui per ul-
timo ora parliamo. La prima di esse appien s'incontra con la
semplificazione irana che testé vedemmo.
3. Alludiamo in primo luogo a,prag^nd-, domanda, questione, allato
a prahh (prhhhd'ti pa-^prdMha) , domandare, al qual nome
sanscrito risponde a capello l'equivalente zendo fras-na- {fr
z. ^ pr sscr., sn z. «=» gn sscr., e cfr. z. frag-^L-, domanda). Ma
la figura prag {^prakh\ cfr. per eg-a-i-ti zendo, 41, 2.), oltreché
ritornare nel nome sscr. pràg, chiedente, che fanno avvicendare
con prdRh (p. e. nello stromentale: prdhh-d e prdg-d)y ci sarà
e non di elisione della gutturale intatta, è per sé manifesto, e l'in-
tiero complesso delle corrispondenze indiane viene alla sua volta a
raffermarlo ( v. ancora 41, 3.). Si aggiungono altre conferme da idiomi
neo-irani, come intanto si vede dal Saggio indiano che è citato nelle
note precedenti. L'armonia indo-irana potrebbe a prima vista sem-
brar turbata dal verbo che appare presso il Justi nella forma di skd
e risponde allo Hhd, tagliare, del sanscrito (39,3.), é da un altro
riscontro al quale tantosto arriviamo. Ma già lo s in entrambi i casi
ci direbbe, non trattarsi di forma irana che affermi la fase dello sk
(cfr. 40,6.; 41,1.); e del citato verbo altra voce veramente non oc-
corre, tranne vi-skjdtd, dove abbiamo il gruppo skj, che è una com-
binazione ortografica, od ortoepica, la quale deve stare per gRj an-
teriore, e legittimamente sinalterna con sj o /. Per lo stesso vi-^skjdtd
si hanno le varianti vigjdtd visjdtd visjdtd. Così per lo sKju {gkju)
indo-irano, che stiamo per toccare nel testo, avremo dall' un canto le
forme paleo-irane su (zendo) siju (perso), e dall'altro il derivato zendo
skjao-thna. Di più vediamo nella Fonol. irana^ s. skj ski. Cfr. Justi,
o. e, p. 309-10; Spibgel, Gramm. d. altbaktr. spr,, p. 35;
à
128 § 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO.
ancora atteetata, nella stessa conjugazione sanscrita, dalle com-
binazioni con tenue dentale» nelle quali lo pa *^A ((^/L, Uh) si
tratterà naturalmente come se fosse il sòlito g indo-irano (» *ft),
ned è altrimenti nello zendo; quindi le forme sanscrite: j3ri>-tà-
(zendo: pars'ta")^ chiesto, praS^tar-^ chieditorc, jjrrfZ-Juwi, do-
mandare (cfr. pag. 40 e § 43). Ora, la figura sanscrita prag-
pr^ risale manifestamente a *pragJir- {onde prahh)y come s[
riproverebbe anche per entro al sanscrito stesso, dandosi vras-
'tar- vrai-ium per correlativi di pras-^toT" praS^ìum^ dal verbo
vragkj che già citammo per gH rimasto incolume neirindia
(40, 6.) *• Un'altra e assai poco diversa semplificazione san-
scrita di sK [gK]j la quale non si può peranco dire dimostrata,
ma è grandemente probabile (cfr. Lez. XIV), sarebbe lo s di
la-8 Id-sja-ti {Idrsa-ti)^ aver bramosia, e òhà-s òharsa-^tai^ dis-
correre; col primo de' quali s'incontra il latino lascivo-^ e coi
secondo il greco cpà-ffxw (l-<pa-axo-v), dico ♦*.
* Cfr. Pdninij 8, 2, 36 (ed. Boehtlinok, p. 607). Ma vragitvd sta
solo per isvista presso il Westergaard (s. vragR)y in luogo di rra-
ghitvd. Circa vt-k-na-^ cfr. la n. a pag. 105; e intorno a k-s da A/i + s
v. la Lez. XIV.- Parallelo all' usi tato prag-nd- {praìth)^ citano
ancora vig-na- {viìlh)^ splendore. - Lo Schleichbr, Compendium^
sec. ed., p. 169 (§ 123), mal risaliva per jjrap-na- ad un anteriore
'prak'-na^'j ned era bene inspirato nel reputare inorganico il s di prask
»
{onde praRh). Lo turbava il lat. prec-orj e qualche altro parallelo
europeo che va con esso. Ma si ha il doppio tipo pra-ska pra-ka^
intorno al quale si vegga per ora la sec. nota al § 40, 6. Né il lituano
prasz-aùj richiedo, fa prova per un indo-irano prag^ 'prak, poiché
lo sz lituano può essere il continuatore di uno sk (oltre che di uno ks),
anteriore. E ancora si confronti la nota che segue.
** Si potrebbe immaginare la serie fonetica sk '-ks-s; ma questa
avrebbe contro di so il non vedersi alcun documento per la fase di
-sh indo-irano nel verbo. La stessa difficoltà si opporrebbe all'infelice
ipotesi dell' Ebel, Zeitschrift s. e, XIV, 247: "prask prakf-tum pras-
-fwm, contro la quale protestano inoltre: jsra^Mta- prdg-d vig-na-
tv. la nota che precede) e le analoghe forme dello zendo. - Allato
a lai e a hlids può facilmente venir la tentazione di porre anche »>
§ 41. ALTRE VICENDE 0ELLO sk ORIGINARIO. 229
Rimane ancora il caso di semplificazione per dileguo del primo
elemento di sit [gìt] iniziale. È, in generale, come già conosciamo,
fenomeno tutt' altro che raro, nelle nostre lingue, quésto sfron-
darsi della formula s^^- {s susseguito da esplosiva in principio
di parola); ma possono risalire ad età rimotissime anche le fi-
gure spoglie del s, e del resto il vanto deir antichità maggiore
non è poi sempre incontestato alla varietà che ne è provveduta.
Ne riparliamo a suo luogo, e intanto ora cerchiamo qualche
lucido esempio per ft- sanscrito a cui stia oppure stesse allato
sh' [gH'] iado-irano:
4. Spetta il primo posto alla serie sanscrita: kju Hjdv-a-tai^ muo-
versi, dipartirsi, uscire, cadere a gocciole, cadere, Hjàu-^tnd-^
mossa, impresa, fatica, gUjut gJiut Hjut gUjàn-t^a-ti ecc., cadere
a gocciole, stillare, -^Kjùt 'gMt^ stillante (rgv.y III, 21, 3. 4:
staukà ghrta-gìiùta:^ goccio stillanti-grasso; iMhja gJlatUanti
staukàsa:^ a te stillano goccie); con la quale va paragonata la
serie zenda: su savHX-tè^ muovere (p^rso: a~s[i]jav'-a-mj io mo-
ve va, andava), aìjyg ^su^ga^i-ti {neìVOld zand-pahlavi glossary:
sao-sa^i'ti)^ andare, dipartirsi, Skjao-thna" (s. /[;au-^nd-), azione,
opera *. Lo shr originario sarebbe ancora intatto nelle risposte
europee: skev-jan got., far cammino, sky-t-ati paleo-bulg., andar
attorno, vagare **; e qui trattasi manifestamente di uno gii in-
do-irano che vien perdendo la sua sibilante nel sanscrito (cfr.
madhu'gJtìiù nel sscr. ved., ,e madhti^Jtjut' nel class., che stilla
che si alterna nella conjugazione con iJih (t/lfti^a-^t), desiderare, si che
entrambe le figure si riducano in etimologia ad una sola. Senonchè,
si ha pur nello zendo la doppia figura tf ed ig (ig « sscr. i/ih)j e si
aggiunge il parallelo indo-irano: s. us e z. u/(da vas) allato a s. uhh
e z. u^, splendere. Di più nella Introduz. alla morfoL^ s. vv.
* Circa r esatta ragion fonetica della serie zenda, si vegga la nota
a pag. 227. Citano anche un sscr. Rhju Khjdv-a-tai^ andare, non però
esemplato, che avrebbe ad essere pari a Hjìa Kjav-a-tai ; in quello s i
avrebbe gK con la normale elaborazione pracritica, in questo Tafe^
resi di ^.
*♦ Cfr. PoTT, Wurzel-worterbuchy I, 694.
230 § 41. ALTRE V1GBN0E DELLO sk ORIGINARIO.
mele). In secondo luogo si può addurre lo ghand sanscrito
che appare nello gìLand^ra-^ splendido, di alcuni composti, come
dova'-gHandra- (vedico), per cavalli splendido, puru-^handrà-
(ved.), molto-splendente, e nel participio dell'intensivo: hani-
•^JLad-at" (ved.), risplendente, allato allo Hand^ pure sanscrito,
di Kand-rà-^ rilucente, biondo, luna^ Luno, dove il latino ri-
sponderebbe per cand-eo (12,2.), e il greco sembra risalire a
'skand (V. Jav^^s) *• Avremmo finalmente il seguente gruppo
di vocaboli, che debbon rivenire a variazioni di una stessa
radice: sscr. karman-^ pelle (ma qui pur l'equivalente zendo
ìiar[e]man- risponde col semplice A), lat. cor-iu^m scor-tu-m,
gr. x<^p-to-v (*<rxop- *<JX°P"> ^^^* 4^» ^•)» membrana (peritoneo),
secondina, slavo skor-a, cortex, pellis, corium **.
* Cfr. Benfbt, Zeitschrift s. e, VII, 126, Orient u. occid., II, 754,
Sdma--vedaglo8s.^ pp. 126, 305, dove anche si citano esempj di gHanàra
. isolato, i quali però non mi vogliono sembrare conclusivi. I)i ghandra
in princìpio di Qpmposto sarebbe troppo scarso indizio lo Sav8pà[jL7](; da
noi citato a pag. 202 in n. Non sapremmo poi dirci persuasi dello
'gkar a cui lo stesso autore vorrebbe ricondurre il sscr. har, muo-
versi , versare intorno a qualche cosa, fidandosi dell'oscura voce sscr.
dgRaTJa-, raro, mirabile, e di assai dubbj riflessi europei (cxai'pw ecc.,
cfr. pag. 87), comechè il Bollensèn prometta di venirgli in ajuto con
qualche esempio di ghar ch'egli presume di ripristinare per Karueì
testo vedico {Orient u, occid.y II, 473 n., e Giornale della società orien-
tale germanica, XXII, 583). E di certo il Benfey passa un po' il segno
quando afferma che gK si riduca con molta frequenza a K sscr. (sehr
hàufig, Zeitschrift s. e. Vili , 81 ) ; nò si può bene intendere la fiducia
con la quale il chiaro uomo assevera, non aversi e lat. rimpetto a ìi
sscr. se non dove questo sia per 'f?^, sentenza, del resto, che anch' egli
vuol sicuramente limitata a e iniziale {Zeitschr. s. e, VII, 59, cfr.
Or, u, occ.y II, 754). Comunque, riman sempre, come già a suo luogo
fu per noi indicato, che gli esempj sicuri, in cui schiettamente si ab-
bia: k origin. B fi indo-irano «= e lat. « x gp,, sono rari assai (cfr. § 12»
e pp. 84, 86, 87).
** Qui siamo veramente a kar skar, tagliare, scorticare, v. § 10, 3,
e Vkitrod. alla morfoLy s. vv. Il paleo-bulgar. ha anche kora (cor-
§ 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO. 231
E cosi si chiuda per ora la nostra indagine intorno alle vi-
cende dello sk originario, le risultanze della quale non sarà
forse inùtile di vedere riassunte nel quadro che segue.
sk originario.
sk indo-irano.
I
z.f^,40,6;41,l
1
s. 5^, 40,6; 41;5^7i,
41,l;A/,ib.;M,ib.
I.
s^ indo-irano.
I
z- 1?^-> -i?^» 40.6 ; s. -p/^ , p^- , 40, 6 ;
-i?,41,2. 41,4; «/i, 39; 40
inf.;-p,42,3;[-.y,
ih.]; )^-, 4Ì,4.
germ. sky 39.
lit. 5^,5;?, 39;41, 3inn. |
g. ax, 39; 41, 1; lat. se, 39.
0%, 41, 1; ital. SCO, *sce jfe, 41,2.
X. 41,1,4.
venez. spe gè,
rumeno stQ *.
tex) allato a skora\ né da queste vóci slave, che accennano ad a
radìc. origin., sarà da dividere il lituano skur-à, pelle ( Curtius, o. c,
sec. ed., p. 154: sAw-rà, p. 446: skur^-à). Il lat. scor^tu-m è felice-
mente aggiunto dal Curtius ai termini che il Kuhn ha raccostato
nella Zeitschr. s. e, IV, 14. Cfr. Pott,' Wuri^el-wórterb., li, 152-3.
* È normale: ste sti rum. per 5ce sci lat.; quindi p. e. i rum. àm,
scio, kresti kreaste^ crescis crescit (cresci cresce), muske musùe^ musca
muscae, ecc. Si tratterà veramente, per limitarci alla combinazione
coire, di skBy ^skjej ste; la qual ultima alterazione si dovrà ascrivere
a influsso slavo, come ben vide il Diez, Gramm. d. roman, sprach,,
s. -SC-, poiché il prodotto slavo di skj è st (cfr. Schleicher, Formen-
lehre des kirchenslavischen, p. 154, Miklosich, Vergleichende gramma--
tik der slavisch. sprach.y I, 188, 202); e sarà fenòmeno da aggiungere
a quelli che ha raccolto il Miklosich, Die slavischen elemente im rumu-
nischefiy p. 11 e seg. La sentenza del Diez é probabilmente sfuggita
anche allo Schuchardt, il quale ha avventurato una sua ipotesi circa
il fenomeno di cui tocchiamo {Vokalismus des vulgàrlateins.^ I,l6ò)^
Ì32 § 42. ORiaiNB e FlSlt>L06IA DBUiS LINGUALI SAMflCRIÌ^.
§ 42. L* alfabeto sanscrito facendo succedere airordìhe delle pala-
tine qadlo delle ccmsonanti lineali, ora ci porta ad una se^
zione dd nostro studio, nel}a quale più ancora ci sarà d*aopa
discorrere di fenomeni peculiari all'India che non ci accadesse
neir indagine testò compiuta intorno alla tenue aspirata del-
Tordine palatino. Ma pur qui trattasi, dalFun canto, di vicende
a cui yanno incontro elementi ariani, e però di vicende che im-
portano, oltreché air istoria dell* individuo sanscrito, anche alle
ragioni comparative di tutta intiera la famiglia, e trattasi, dal-
Taltro, ditali fenomeni» la considerazione de' quali ha un'uti-
lità che oltrepassa in più direzioni i ristretti confini del capitolo
a cui arriviamo. Laonde non vorremo schivare pur la scarsa
fatica di qualche rapido cenno etnografico intorno air India, che
torna indispensabile alla, lucida intelligenza del nostro discorso.
La letteratura, l'istoria e l'etnologia ci mostrano la gente, e
quindi la favella ariana, difiondersi per la penisola gangetica
nella direzione da aquilone ad austro; e come dell'inoltrarsi de-
gli antichi ]^lleni nella direzione da oriente ad occaso è p^
avventura l' indizio più chiaro l' aver questi collocato all' estremo
loro occidente l' ultimo confine del mondo dei vivi , cosi la pau-
rosa reffione che % morti frequentano * è per gli Ariani del-
l' India la plaga* australe, e ad austro è il loro Acheronte e la
reggia del loro Plutone *^. Essi imbattevansi in popolazioni abo-
rigene, cui probabilmente trovavano tanto p^iù spesse quanto
più s'inoltravano verso mezzodì; e se riuscirono» nel corso de'
secoli, a spargere la propria civiltà e la propria favdla per
tutta quanta la immensa penisola, la sovrapposizione loro non
è però di gran lunga bastata ad eclissare in ogni partagli strati
* ,, . • paraitalixmtcm bhlmd diffam (ràmdjana, ed, Schleg., II,
LX1I1,,14).
♦* V. Stì4éy orienta e lir^fuist, I, 107-9. Pei Dravidi {drdvida-),
eioò per gli aborigeni dell'India australe, il meszodi sarebbe stato
air incontro la regione della libertà, della salvezza ^ della pace; v.
GaldwelLi a comparative grommar of the dravidian or àouthrindion
family of langtMtgeg^ London, 1856, pag. 72 in n.
§ 41^ ORIGIKE' K FISIOLOGIA DM»LE MftGUAU SANSCRITE. 293
anteriori; La famiglia degl' idiomi £»ansoritici dell* India caopre
bensì r intera sezione boreale, cbe òTIndòstan, e si protende
eziandio nella australe, che è il Dekhan , cosi a levante come
ad occaso; ma nella maggior parte di questa hanno tuttora
incontrastato predominio quelle favelle aborigene onde si com-
pone la famiglia che addomandano drdvidica, e son precipua-
mente: il tamil, il teluguy il cammda (canarese), ed il mala'-
jàlam** Ed anche rimontando verso il nord, rinveniamo in
contiguità del territorio che tuttora ò dravidico, e sparse in
ìspecie qua e colà pure per entra al territorio sanscritico, altre
genti o tribù di razza e di favella non-ariana, le quali non fu-
rono ancora a sufficienza esplorate, perchè si possa fermamente
dire se affinità intercedano, o quali, tra di esse ed i Dravidi.
Ora, nelle lingue dravidiche, che sono le più diffuse ed in-
sieme le meglio note fra le favelle non-ariane dell* India, ricor*
rono con molta frequenza le esplosive linguali: ^, cf , e la nasale
corrispondente: n, alla fisiologia delle quali arriva fra poco il
nostro discòrso. Il sahscrito, alla sua volta, ci offre non di rado
i medesimi suoni, e pur le esplosive aspirate: ih e d%, in voci
od in elementi che son di patrimonio ariano; e il dominio di qué-
ste consonanti, considerata sempre la loro presenza in voci od
elementi di ariana favella, si viene notevolmente accrescendo
negli idiomi sanscritici dell* India seriore e della moderna. Lo
zendo, ali* incontro, il greco, il latino, il celtico, il gotico e il
litu-slavo, a queste linguali dell* India sanscritica rispondono
costantemente per mere dentali; nò mostrano, ne* loro sistemi
fonetici ne' loro alfabeti, una distinta serie di suoni che fac-
cia riscontro alle esplosive ed alla nasale dell* ordine linguale
dell'India**. Quindi la conclusione, ormai antica, che queste
* Cfr. Caldwell, o. c, p. 4 e segg. Strano che anche quest'au-
tore, ib. 29, metta il Colebrooke fra coloro che volevan derivate le
lingue dravidiche dal sanscrito. Y. Studj orient. e linguista y I, 264.
♦♦ Circa le linguali neira/J)rano, v. intanto Trumpp, nel Giornale
della società orientale germanica, XXI ^ 26 e segg.; e intomo all'ele-
mento linguale nel òelticio: Lassen, nel Giornale per la conoscenza del-
roriente, IV, 423, 425, e i Beitràge s. e, III, 228.
234 § 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCRITE.
linguali (o cerebrali, come erroneamente si sono pure chia-
mate*), si abbiano nel sanscrito per influsso degl' idiomi abo-
rigeni a cui esso è venuto a sovrapporsi; la quale sentenza
ora però apparirebbe, da ulteriori studj, per più di un verso
minacciata. Senonchè, pur confessando che ci muoviamo sa
d' un terreno ancora difficile, noi stimiamo che le dubbiezze si
avranno in fine a dileguare, si che pure in questa parte, come
spesso avviene, la prima intuizione del sapere si mantenga verace.
Contro la sentenza che noi difendiamo, pare imprima che
surga una difficoltà di ordine etnografico. Poiché, attribuendo
le linguali sanscrite alla reazione del substrato aborigeno, si
suppone che agli idiomi eclissati dalla favella ariana fosser co-
muni le linguali dei Dravidi; e questo è, si può obiettare, tal
supposto, che peranco non va confortato da indizj abbastanza
sicuri, stante l'oscurità in cui tuttora si ravvolgono le genti e
le favelle non ariane dell'India boreale e centrale**. Ma, dall' un
canto, nessun etnografo vorrà pur certo negare che le favelle
dravidiche debbano un giorno avere occupato ben più ampio
territorio che oggi non facciano; e dall'altro (né questo é tutto),
l'alterazione della parola ariana nell'India apparisce prodotta,
per più altri capi, da tali predisposizioni etnologiche, le quali
anch'esse ci fanno arguire che fosse dravidica la favella a lei
soggiaciuta, o alla dravidica affine ***. Del rimanente, questa
* Il termine sanscrito : mùrdhanja (da mùrdhan^ testa) direbbe : testa-
le. V. ora intorno ad esso: Whitney, Tdittirìja-Pràtig.y ad 11,37.
** La recente opera deirHuNTER: A comparative dictionary oftk
[non-aryan] languages of India and High Asia (London, 1868), della
quale non vuoisi negare il pregio, non basta tuttavolta di gran lunga
a diradare sufficientemente questa tenebra.
*** Si consulti Vindice sotto Pracrito e Dravidiche [lingue'] ; e qui
intanto ci sia concesso d'interrogare la favella dravidica intorno a
due difficili particolari, l'uno di grammatica, l'altro di lessico san-
scrito. - Incominciamo dal grammaticale. Piti addietro vedemmo
(pp. 40 e 106 in n.), che 5, e di solito anche g, e pur lo g Ci) del
tipo marg mrs-td, abbiano per loro sostituto, in determinate posture:
§ 42. ORIGINE E FISIOLOGIA BELLE LINGUALI SANSCRITE. 235
obiezione etnografica non si vede sostenuta pur quel tanto che
t o d. Si aggiunge il fenomeno di linguale per h, come in puspa-Uh-'^
ape [lecca-fiori], che darebbe al nominativo : jpwipa-Zi? {rlid\ del tipo
in cui parrebbe aversi insieme una metatesi d'aspirazione, p. e. -dhrut
o -^hrud nomin. di -druh^j infesto, come se si trattasse di 'druzh^
V. Vlnd. s. Y. e s. zh), fenomeno al quale gik alludemmo (p. 176)
come ad una vicenda che concorre a provarci, per una fase ante-
riore, quella' pronuncia di h che noi rappresentiamo per z\ Abbiamo,
vale a dire, la sostituzione di esplosiva linguale per le quattro fri-
cative aflSni: g s z z\ Ora, come si dichiarerà questa sostituzione?
Non c'è manifestamente alcuna ragione etimologica per questa lin-
guale che venga a far le veci di k (f), g (z), gh {h) originario o s
indo-irano; e col dire che 8l s si sostituisca la corrispondente esplo-
siva, e ^ ;^ ;?' si pieghino alla analogia di s^ ben si descrive il fe-
nomeno, ma non se ne dà punto ragione. La qual ragione, che non
vedo pur cercata da alcuno, si potrà all' incontro avere nel modo in
cui il tamilo risponde allo s del sanscrito. Il tamilo, lingua dravidica
siccom'è, va pressoché sprovveduto di sibilanti; e nelle parole che
questo precipuo membro della famiglia australe piglia a prestanza
dal sanscrito, s suole ridursi a d (fricativa dentale sonora), e sàd
o 'tt-. Così : tam. kimburuda- « sscr. kimpurvLsa-y nome di certe crea-
ture mitologiche ; tam. mdnida- « sscr. mànusa, uomo ; tam. iridi- =
sscr. rsi-, un Risei; tam. idaha- ° ssav. rsabha-^ toro (prence); tam.
vittunu' = sscr. visnu-, Visnu ; tam. kiruttina-, hittina- « sscr. krsna-.
Crisna (cfr. Ariel, nel/owmaZ asiatique^ genn. 1847, pp. 16,20; Cald-
liVELL, o. e, pp! 110, 123,139; Vinson, nella Revue de linguistique^
III, 82-3, 302). Nella sostituzione ài d t dk s ecc. che il sanscrito ci
mostra, si potrebbe quindi vedere un altro effetto di quella causa gene-
rale di cui piti innanzi nel testo si tocca, cioè della favella aborigena
che in determinate congiunture soppianti con suono suo proprio un
suono avversato della lingua a cui soggiace. - Veniamo ora al par-
ticolare lessigrafico. La voce sanscrita che in figura classica è
lauka- (luogo, libero spazio, spazio mondiale, mondo), figura conva-
lidata dal riflesso lituano : Zat^^a-s, campo, l'aperta campagna, è nel
Rigveda, quasi esclusivamente: ulaukd-. Intorno a questa forma si
ò ormai studiato di molto (vedine: Rig-Veda-Sanhita ^ The sacred
hymns ofthe brahmans transL and explain. by Max Mììller, I, lxxi-v;
236 § 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE IiINQUALI SANSCEITE,
si potrebbe*; laddove qualche breccia hanno pur potato fare
BoEHTLiNGK-'RoTHt 8. lauka)\ ma due cose mi pajono sfuggite ali* at-
tenzione dei chiari uomini che hanno ad essa rivolto il loro acume.
La prima è, che il l iniziale si può dire a dirittura estraneo all'i-
dioma del Rigveda; poiché, se togliamo i seguenti esempj: laksm lau-
pdgd laugd dpa -^ni-^ lajantam làja liìmgà d-laòh-- arw-a-labhj i qaali
non ricorrono se non nel decimo mandala ^ che è il meno antico « e
ancora Iduman che ha il suo correttivo nel piti usato rduman, e ri-
solato ni alipsata^ che a rigore non va tra gli esempj di { iniziale
ed è corretto da rip^ vera forma rigvedica del rispettivo radicale,
noi saremmo veramente ridotti, se io ho bene spogliato il Lessico di
Pietroburgo, all'incerto laudha e ai due isolati sostantivi làhgalaQ
laksdy che psgono essere due finoc^ X6y<^[asv!x (v. ancorala Lez. XIII, e
cfr. il lessico del Benfej ài Samaveda, che non dà alcun esemplare
per l iniziale). La seconda è, che Vulauka^ del Rigveda coincide colla
normale alterazione tamila del sanscrito lauka (lóka)^ che è ulóga-fm],
ulàgUf il tamilo classico non tollerando { iniziale, e prefiggendovi co-
stantemente un u (Caldwell, 1. e, 56, 108, Vinson, 1. e, 302; cfr.
GuNDEKT, nel Giornale della società orient. germ., XXIII, 524*5). Ora,
piuttosto che accumulare ipotesi per rinvenire, a dispetto della forma
del sscr. classico e della lituana, una ragione etimologica dell' u- del
rigvedico ulauka-, non vorremo noi credere che ulauka fosse forma vol-
gare per lauka^ forma, cioè, che aveva ceduto alla riazione di una
favella aborigena, e tanto piti facilmente vi aveva ceduto, quanto piti
stava isolato nel dialetto del Rigveda questo vocabolo con l iniziale?
Che se vogliam sùbito confortarci con iin esempio analogo, vale a dire
con uti altro caso di alterazione vedica, il quale sappia di dravidismo
e rimanga estraneo al sanscrito classico, ricordiamoci dìpad^ ^Tpad-
(piede; cfr. § 46) in padbhisj pad-mga" (e pad-^grbTU^). - Le voci
o radici dravidiche assunte a far parte del lessico sanscrito vanno
naturalmente considerate anch'esse nella questione intorno alla qua-
lità degli idiomi che al sanscrito son soggiaciuti (v. intanto Caldwbll,
L e, p. 439 e segg.); ma chi si pone a rintracciarle, deve certamente
usare di una critica piti ferma che non sia quella dei Gdndbrt testé
citato, il quale vuol p. e. assoggettare ad etimologia dravidica il san-
scrito pu^ra-, figlio, dimenticando, fra l'altre, lo zendo puthra-.
* Pure il Caldwell, il quale contesta, non però con molta energia,
§ 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCaiTE. S37
alcune obiezioni oà affermazioni di ordine diverso, alle quali ci
conviene ora passare *. Si è dunque primamente contestato,
sulle generali, che mai un popolo si faccia ad assumere elementi
fonetici della lingua d*un altro; si è inoltre voluto attenuare
la differenza che corre tra suono dentale e suono linguale; e,
messo innanzi il fatto incontrovertibile, che il passar delle den-
tali originarie in linguali sanscrite avvien precipuamente entro
a* confini di determinate combinazioni fonetiche, si è voluto so-
stenere che molti fenomeni congeneri occorrano pur nelle lingue
ariane dell* Europa, insieme però concedendosi che la linguale
fosse estranea al primitivo sistema fonetico degli Àrj, e che solo
r orecchio degli Arj dell'India, al pari di quello dei Dravidi,
abbia saputo ben discernere tra suono dentale e suono linguale.
Ma quanto già dicano, per sé sole, queste due concessioni
insieme combinate, può ognuno vedere. E quale si è poi in realtà
la pronuncia delle consonanti linguali, che tutti concordemente
pongono affatto la stessa negli idiomi ariani dell'India e nei
dravidici^ Le più antiche indicazioni convengono a capello con
ripetute indicazioni moderne, si che non possa rimanere, per
questa parte, alcuna ragionevole dubbiezza. Dicono, dall' un
canto, quasi tutti i Prdtigàkhja (le grammatiche dei Vedi), che
le linguali si ottengono colla punta della lingua ravvolta al-
l' indietro ^'^'^i e i missionarj italiani, dall'altro, ai quali, per la
che siavi identità fra T elemento dravìdico e quell'elemento aborìgeno
che ha avuto parte nella formazione dei vernacoli pracritici, e solo
ammette che vadano congiunti tra di loro per una certa affinità ge^
nerale, crede tuttavolta che il sanscrito abbia mutuato le linguali dalla
favella dei Dravidi, della quale stima che un giorno fosse estesa per
tutta r India. V. Top. cit., a pp. 23, 37-44, 69-72, 76n., 111-13, 117, 438-9.
* Alludo principalmente allo scritto del dott. Giorgio BIìhler, On
the origin of the sanskrit linguaU (Madras literarjgournal, 1864)
che però ho la sfortuna di non conoscere se non dall'articolo che gli
ha dedicato l'Or, u, occid.j III, 379-83. Cfr. Max MUller, nella sua
gramm. sanscr. (traduz> ted.), §22,5.
** Concordano cioè in questa descrizione i jpràtigdkhjcL , del joffus
238 § 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCRITE.
ragione della natia favella, ogni fisiologo concederà di leggieri
una particolar competenza nello stabilire la diversità che in-
terceda fra le pure dentali ed altri suoni che possano entrare
in paragone con esse, cosi per esempio descrivono la tenue lin-
guale degli Indiani: « aliter, quam per t, haec a nobis latinis
explicari nequit, nec describi potest; quamvis longe sit diversa,
ejusque pronunciationem assequi necessarium sit. profertur lin-
gua pauUalum inversa, et palatura leniter percutiente, quo blese
pronunciatur »; oppure: « huius litterae sonus, sicuti et triura
sequentium (th, rf, dh)y idem prorsus est; est autem Europeis
admodum difBcilis, ac pronuntiatur inversa omnino retrorsum
lingua, adeo ut interiorem palati summ'itatem attingat »; dove
del t dentale, cosi indostano come dravidico, all' incontro direb-
bero: « a nostro t non diflFert », oppure: « ut ^ latinorum*».
Ed ormai ci soccorre eziandio la riprova del fisiologo; poiché
il Brticke affermi, nella sua analisi della media aspirata lin-
guale indostana, che l'elemento esplosivo ne sia quel d o ty A
quale si ottiene colla punta della lingua ricurva all' in su e
aderente alla più alta parte della volta palatale **. Ora, la dif-
bianco, del jagus nero, e dell* atharva. Quello del rg^v. non ha una
descrizione generale; ma della media dice (I, 11; ed. Regnier, Jbur-
nal asiatique, février-mars 1856, p. 170, 173,215), che si formi, se-
condo YdMrja Yaidamitra, alla radice della lingua ed al palato;
la quale osservazione coinciderebbe con quella del fisiologo Brùcee
{Grundzùge der physiologie ecc., p. 36, 2), che la punta della lin-
gua atteggiandosi nel modo che è richiesto per la produzione di que-
-sti suoni, la parte inferiore della lingua medesima si fa convessa in
avanti è tocca in parte il palato.
* Alphabet. brammhaniciim (v. pag. 108 in n.), p. 29; Alphabet
grand.-malab. (v. p. 207 in n.), pag. 82-3. E così Guglielmo Jones
(1. e. a ];ì. 206 in n.): This class is pronounoed with aninflexionof
the tonguò towards the roof of the mouth, which gives an chiuse
sound to the consonant.
** Cfr. Sitzungsberichte der philos.'histor. cL der kais. [lóien.]
akademie der toissenschaft.j XXXI, 224 (dove buth-tha sta, ^ev ìsU-
§ 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCRITE. 230
ferenza tra linguali e dentali, che ha nell' istoria della lingua
conferma amplissima (§ 46), vorrà essa, di punto in bianco, so-
pra qualche yaga indicazione, essere ridotta a proporzioni tanto
esigue, da dirsi poco men che impercettìbile *, e vorremo noi
glie in luogo di bud'tha) e Grundzik/e ecc., p. 36. E la distanza fra
linguali e dentali non scema già, ma anzi si accresce, se le dentali
indiane veramente si formano, come il Brticke nel primo de' luoghi
citati asserisce, a quel modo di cui toccammo a p. 161. La identità
fìsica fra dentali dravidiche e dentali sanscrite è anche espressamente
affermata dal Caldwell, 1. e, p. 107; e per la special qualità di den-
tali, a cui testé alludevamo, starebbe il fatto, che il tamil e il ma-
lajalam ci dìeno, in luogo di d^ la fricativa dentale d,
* Y. i luoghi citati alla n. * di pag. 237. Il BUhler avverte, che
^V Indù sostengano, proferir gli Inglesi con pronuncia linguale le loro
(proprie) dentali, e che nell'India si trascrive: government e director
( cfr. landra, Londra, nel less. di Pietrob.). Soggiunge, che il tamilo
arriva al punto di trascrivere solitamente gl'inglesi t d per t rf,
quando nella parola occorra un r, oppure ad essi preceda una sibi-
lante o ^, o finalmente la dentale sia aggruppata con altre conso-
nanti; e così anche trascriva per d iìd iniziale cui sussegua i. Circa
la prima affermazione, basta, e' mi sembra, ammettere che le dentali
indiane non rispondano proprio a capello alle inglesi (cfr. la nota che
precede) e ricordare che la prevalenza della pronuncia linguale sì fa
neir India sempre maggiore, per renderci capaci della sentenza e della
trascrizione degl'Indù, senza che perciò si turbi il nostro parere circa
la vera entità delle linguali indiane. E passando all'altro punto, se
i Tamil! non trascrivono le dentali inglesi colle loro linguali altro
che quando occorrano gì' incontri dei quali toccherebbe il dott. Bfih-
ler, se, vale a dire, essi non fanno linguali le dentali inglesi altro
che pressappoco nelle congiunture medesime in cui si fa linguale in-
diana la dentale del patrimonio originario, ciò manifestamente viene
a dire, dall' un canto, che la dentale inglese rimane in molti casi
dentale tamila, e, dall'altro, che il tamilo renda per linguale la dentale
inglese, non perchè in questa egli senta una linguale, ma sì perchè a
linguale egli la riduce. Dagli assalti del tedesco G. Bììhler difende del
resto la peculiarità delle linguali indiane un altro tedesco, Buhler
anch'esso (M. Buhler) e anch'osso venuto nell'Iudie, il quale, a prò-
240 § 42. ORIOIME B FISIOLOGIA DELLE LIIfGUÀLI SANSCRITE.
confondere, queste linguali specificàmenf e indiane, con certe fasi
fonetiche iinmaginarie, le quali si vogliono stabilire per anelli in-
termedi di evoluzioni che si son compiute altrove e non istanno
in alcuna connessione ìstorica con le evoluzioni indiane a cui mira
il nostro discorso (cfr. §§ 46, 51)? Noi di certo nel sapremmo; né
vale a smuoverci quant' altro resta ai contraddittori. Poiché, ma-
nifestamente, punto qui non si tratta di elen^enti fonetici che m
popolo abbia assunto dalla lingua di un altro ; ma si di tali suoni,
i quali, propij essendo degli aborigeni, cioò, pur nel nostro caso,
proprj essendo del più numeroso degli elementi onde viene a com-
porsi il nuovo individuo nazionale, ;3oppiantano per avversione
naturale, massime in date congiunture, altri suoni piti o meu vi-
cinamente ad essi conàimili ddla lingua che con la miglior civiltà
si sovrappone (§§.43-46), si che questa traccia della lingua che
soccombe si faccia per noi via via più chiara, man mano che i mo-
numenti letterarj, o là parola parlata, piuttosto ohe 4' appartato
linguaggio del popolo assimilatore, ci offrano lo schietto portato
della fusion delle due genti. VU della Gallia propria e della ci-
salpina, per Vu lungo de* Romani , è tra' più facili esemf] analo-
ghi, e non il meno calzante.
Ma più di tutto può far meraviglia il vedersi addotta, in fa-
vore della generazione spontanea delle linguali sanscrite, la
presenza di s in altre favelle della famiglia. Imperocché bene^
vero che la grammatica sanscrita colloca lo s tra le linguali
(p. 17), ed è eziandio, almeno per certe congiunture, manifesto,
che r antica pronuncia indiana di quest* elemento dovesse cor-
rispondere alia, postura alfabetica a cui alludiamo (§§43,44).
posito delle due trascrizioni di uno stesso nome di luogo indiano:
Kaultray «s Kateri , ci dice ^Giornale della società orientale germa-
nica, III, 109), essere ^^tdli peculiari suoni indiani, nei quali spunta
a un di presso un leggero l inglese ». Si vegga ancora, pure per altre
traserizioni di varia età, il § 46. Intanto, per trascrizione indiana
di suoni ìnglesf , si aggiunga il notevole lata « Lordj Bbnfby, Oior-
nale testé citato, VII, 411*12.