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Full text of "Lezioni di fonologia comparata del sanscrito, del greco, e del latino"

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o « 



CORSI 



DI 



GLOTTOLOGIA, 



DATI 



NELLA KEGU ACABEHU SCIENTIFICO-LETTEBARIÀ DI MILANO 



DA 



G. I. ASCOLI. 



VOLUME PRIMO. 



FONOLOGIA COMPARATA 
DEL SANSCRITO, DEL GRECO E DEL LATINO. 



TORINO E FIRENZE, 
ERMANNO LOESGHEIl, LIBRAJO-^EDITGKE. 

1870* 



LEZIONI 



DI 



FONOLOGIA COMPAMTA 



DEL SANSCRITO, DEL GRECO E DEL UTINO, 



DATB 



NSLLÀ SEGU ACADEHU SOENTIFIOO-LETTESASU DI HHAKO 



DA 



G. I. ASCOLI. 




TORINO E FIRENZE, 
EBMÀNNO LOESGHER, LIBBAJO-EDITOBJB. 

1870. 



S^. C . 3 



Riservato ogni diritto di proprietà e di traduzione. 



MILANO, 001 TIPI Ì>I ÈI^ItBEPPE BERNARDOMI. 



GEROLAMO PIGGHIONI 



TESSERA 



DI AFFEZIONE REVERENTE 



PREFAZIONE, 



Ije lezioni di Fonologia comparata del sanscrito, del 
greco e del latino, che si conterranno in quésto volume, 
formano il primo dei quattro Corsi glottologici che ora mi 
accingo a pubblicare. Saranno i tre altri: la Introduzione 
generale alla morfologia, la Morfologia comparata del 
sanscrito, del greco e del latino, e la Fonologia irana. 
Vincoli molteplici stringeranno naturalmente fra di loro 
questi diversi miei saggi; ma ciascun d'essi potrà stare 
tuttavolta di per sé. 

Le lezioni di fonologia fndo-italo-greca furono primamente 
tenute nel primo semestre dell' anno academico 1861-62. 
I diretti sussidj , ai quali io era allora limitato , si ridu- 
cevanò, in parte per mia volontaria e pensata astinenza, 
alla Grammatica comparata del Bopp, alla prima edizione 



vili 



delle Indagini etimologiche del Pott, e ai primi dieci vo- 
lumi del giornale di Kuhn! Più tardi, com'era mio debito, 
tentai di far mio prò di quante altre scritture risguardanti 
la fonologia si sono pubblicate, e prima e poi, nell'in- 
dustre Allemagna ed altrove, insieme continuando in- 
torno ad esse l'opera mia propria. Ma il disegno e gl'in- 
tendimenti e il metodo delle mie lezioni, sono rimasti 
invariati. 

• Ricantare le lodi dei bei nomi alemanni che rifulgono 
sopra questo campo, ormai può parere omaggio superfluo. 
Tutti sanno, quanto debba al genio del Bopp anche la fo- 
nologia comparata, sebbene la creazione del grande mae- 
stro si abbia piuttosto a dive morfologica; tutti ancora co- 
noscono, come il Pott, r oltrepotenza del cui ingegno si 
accoppia ad un'attività che è miracolosa, sapesse estendere 
air intiera famiglia indo-europea quell'opera di ricostruzione 
fonetica che la mente sovrana di Giacopo Grimito ha com- 
piuto per le favelle dei Germani. A tutti è noto, del pari> 
come anche in questo campo abbia stampato profondissime 
orme quel robusto antesignano di più schiere che è Teof- 
dóro Benfey; e anche tra noi ormai si ammirano, a buòtt 
dritto , r assetto dottrinale di cui alla inano maestra di 
Augusto Schleicher andrà perennemente debitrice la no^ 
stra disciplina, e l'opera geniale, sicura, fecondissima di 
Giorgio Curtius, e la dotta e cauta mole dei lavori fon- 
daiaentali di Guglielmo Oorssen. Né gli studj del Kuhn, 
di Leone Meyer, e di molti altri che non nomino, in ispecis 
tra i cultori^ anche, non alernsinni, di altre provineiè che 



IX 



là indo-itàlo-gTeca noù sia, hanno bisognò pur essi degli 
elogi di tale, che mostra e dice cosi di frequente la uti^ 
lità che ne ha tratto* 

Men superfluo, per avventura, il tocòàr con brevità de* 
gli intendimenti e delle consideraaioni, che hanno in ispé» 
eie regolato quella parte dell' opera tuia , alla quale metto 
in fronte queste parole, 

L' iddàlé era questo : condurre chi mi seguiva, capo pet 
capo, dai primi eleménti in sino alle ultime squisitezza del 
sapere, senza fargli provare alcuna scossa, senza che la 
lucidità venisse mai meno, senza che la èspositio^e dis-* 
dicesse a quella continuità naturale che è ne' molteplici 
svolgiilienti dei germini primitivi.. Imperocché, dall' un GantD> 
il confesso> io sento un cèrto orrore pei compeudj di fo* 
nológia comparata. 8e in generale si può diire che una 
qualsiasi disciplina non si raccorci senza sforinai^i, della 
hÓ6tr& si può, mi sembra, a dirittura afl^rmare^ che nel 
restringersi ella affatto si snaturi. Cosi in órdine alla en-^ 
tità del sud subietto, éome rispetto alla quantità del suo 
progresso, là fonologia comparata mal si afferma per quello 
scarso numerò di risultante che si possano con brevi pa^ 
rote enunciare; il quale, scarso come pur è, o deve^ per 
artificiale sobrietà, nascondere ciò che ancóra resti in lui 
di probletiiatico, oppure, se non si vuole scompagnare dà^ 
gli scrupoli della sciènza, apparisce chiazzato di dubbj, 
per modo che non dia uh congruo concetto di quella tasta 
altezza che i conquisti sicùd hanno ormai conseguito, I 
continui avanzamenti, dei quali il nostro studia si ralle-** 



gra, potranno forse, col tempo, render molto più agevole 
la composizione di tali compendj che riflettano in giuste 
proporzioni l'intiero corpo della dottrina; ma per ora siamo 
a questo, che trattandosi di scienza nuova, e da pochis- 
simi posseduta per intiero, chi si arrischia ai transunti 
abbia le mosse tutt' altro che sicure, cosi che spesse volte, 
quando egli raccorcia o tace, non ceda già in questo, con 
libero giudizio, ai riguardi della opportunità didattica, ma 
ceda piuttosto alla paura che è in lui di smarrirsi per via. 
Dair altro canto a me pareva , che delle parti piii ardue 
della nostra indagine, alcune già fossero mature per una 
esposizione sistematica, e più altre si potessero, con qual- 
che raggio di energia , portare anch' esse a maturanza 
uguale. Ma pur le nozioni facili e volgari dovevano, nel 
mio concetto, rassodarsi ed esser poste in miglior luce 
per virtù di quella maggior copia d' argomenti che si è 
venuta sparsamente accumulando; Quindi il proposito del 
trattato compiuto, nella presunzione che le cose facili non 
avessero a tediare i provetti, perchè svecchiate, né le ar- 
due a stancare chi incomincia, perchè' la salita non fosse 
punto scoscesa. L'ampiezza delle proporzioni mi sembrava 
anche desiderabile affin che lo studio della cronologia e 
dell'istoria naturale delle evoluzioni fonetiche s'incomin- 
ciasse a vedere nella sua interezza, e affin che il discorso 
intorno al sanscrito si potesse finalmente provare a tutto 
quello sviluppo ond' è capace, principalmente per quanto 
concerne l'intima istoria dell'individuo indiano per sé me- 
desimo, e le sue attenenze con Tirano. E una larga ven- 



XI 



tilazione delle diflScoltà e dei dubbj, ed una serie di sva- 
riati riassunti, non si potevano, a mio giudizio, escludere 
da chi volesse porgere un quadro veritiero dello stato, 
deir importanza, della mirabile efficacia di questa disciplina. 
Per la qual via si doveva eziandio ottenere, che non riu- 
scisse mutilOj dissonante dal sapere complessivo, il ra- 
gionamento che per necessità di scuola riduce il suo sub- 
ietto principale a scarso numero di lingue; e insieme si 
dovevan fare di comun patrimonio molte percezioni che si 
stavano appartate e quindi non avevano ancora sviluppato 
tutta la loro efficacia, molte notizie che sempre ancora si 
andavano quasi susurrando fra gli adepti, anziché essere 
introdotte in un perspicuo inventario, che rendesse facile 
a chi ci segue il superarci. E se, dall' un canto, la cau- 
tela più scrupolosa non dovea mai così venir meno, né ad 
autorevoli sentenze altrui sostituirsi mai tacitamente quella 
dell' autore ; questi , dall' altro, doveva porre l'opera propria 
in ogni parte, non lasciare intentata alcuna vena, e ac- 
cennar senza paura, dalle cime superbe dei colli ormai 
posseduti, alle terre promesse dell'avvenire. 

Io parlo del mio ideale, come già dissi, e non del mio 
libro, del quale ben so quanto grandemente rimanga lon- 
tanò da quello, comechè ad esso naturalmente s'informi. 
Ma lo stesso ideale era assai rimoto, alla sua volta, dal- 
l' assunto ben più cospicuo che la fonologia comparata si 
potrà un giorno prefiggere, tal che in essa tramontino, 
per molta parte, quegli ardui problemi morfologici, la cui 
soluzione è da altri oggidì cercata su per le balze del ra- 



XII 



zioeinio vago o della fantasia. La discussione de' quali pro- 
blemi , ohe io dapprima contessevo^ prò virili fCkfUi ^U^ 
Morfologia comparata del sanscrito, del greco e del la-- 
tino, fini per fare corpo da sé in quella chQ Q?a ehiamp 
Introduzione generale alla morfologia. Lo studiOi airin-^ 
contro, delle evoluzioni isteriche delle singole fav^ll^, come 
mi condusse a considerare gli idiomi neq-greci e i neo-la- 
tini, e con naturale predilezione i secondi, oosl mi portò, 
sin dal principio del mio insegnamento (1861-63), a tpfit-^ 
tare, in separate lezioni, sì degli sviluppi medievali ^ mo-^ 
derni della favella degl'Irani, e sì di quelli della parola 
ariana dell* India. Delle indagini intorno all^ prim^, dari 
saggio la Fonologia irana; ma la scarsità d^i su^^idj mi 
ha impedito di portare lo studio d^gl' idiomi pr^'Oritici ^ 
quella maturità che io sperava. Poiché rit^tli^ uupv^ hs^ 
bensì istituito, con una larghe«2£i che Ift onop?^, molti ìut* 
segnamenti glottologici ed onentali; ma i reggitori della 
pubblica istruzione, distratti da cure più urgonti, nop. ^\ 
sono forse pèrànco fermati ftl pensiero, ohe le nostre ca^ 
tedre, senza doviziose bibliotecho ad esse spicciali, sono 
altrettanti istituti astronomici cui manchino lo ^pocole od 
i telescopj. E d'altronde, eccome quel welo, ft cui si ri»- 
volgono i nostri sguardi, non ha bisogno di es^er^ con- 
templato da punti diverbi dellj^ peni^oji^, così si potrebbe 
forse ancora chiedere perchè non si concentrino qu^st^ 
.catodre ed insieme ì loro sussidj, sì che $en?a. maggior 
fiomma, di sacrifi^j s'accresca a molti doppj Ift stentata ,at* 
tività delle forze sparto. 



XIU 



Ma, 8^à2a più dire della penuria degli àjuti^ pur ^ullb 
altre difficoltà e sulle incertezze onde io era cipcòsidato} 
in parte attenenti alla mia p^ìfeotia ed in pì^rté a bàùse 
gNeherali , io non mi &dno "pèt yet'o mai fatta illusione. ] Il 
doppio assunto di giovare nello stesso scritto, nella istessa 
lezione, neila stéssa pàgina^ agli incipienti ed ^ì provetti^ 
cosi èòm'è étato pef me una voluttà continua e il proprio 
incentivo d'ogni mia attività letteraria, cosi ne è'fitato per 
aVvéntul-a Y inciampo più grave. Se però qnest& d-òppiò 
assunto già pei* buona parte si legìttima, com' èbbi di ttO- 
pra ad accennare, dalle Condizioni nelle quali vètsà per de • 
medesima la nòétra dièèiplina, esso ancorai èI può diye, ié 
Creàò, naturai conseguènza dell'essere nói italiani venuti 
gli ultimi su qn^ésto òampo, e quindi feentiròi bramosi di 
presto imprimere qualche orma nòstra nel ricalcare le al*- 
trui. La latitudine ins'olita, che mal misurando le fòrze ho 
voluto dare alle mie indagini, è anch'essa effetto di caUldà 
non diversa; poiché dove son pochi che lavorano, e l'o- 
pera pare urgente, la distribuzione delle parti non pnd 
esser quella delP officina in cui gli artefici si accalcano. 
Alla avidità naturale pur si aggiungeva il desiderio di ri*- 
spendere in modo condegno all' invito e al pensiero di T<e- 
ronzio Mamiani, iniziando sopra larga base gli studj a me 
demandati nella nostra Acàdemia. GÌ' intendimenti della 
(juale si sono poscia mutati , senza cessare per questo d'ei^ 
ser nobilissimi; ma ìò, per. la mia parte, dopò avere spiè^ 
igato troppe Vele, ho dovuto ammainàrie quasi tutte; e Cò'tà 
la pubblicazione de' miei Còrsi, Che è forse Un feimbolè 



XIV 



di speranze redivive, è insieme un testimonio di speranze 
mancate. 

Nella Germania, che si può dir madre e altrice di que- 
sti studj, essi incontrano tuttavolta una certa opposizione 
fra i cultori delle discipline classiche, e quindi tra' reg- 
gitori delle scuole. Della quale opposizione molti però par 
che si facciano, fuor di Germania, un'idea non poco dis- 
forme dal vero. Pochi sono naturalmente quei filologi te- 
deschi, se pur ve ne sono, che neghino verità e impor- 
tanza alle discipline comparative, le quali hanno ormai 
fatto rivivere lingue e nazioni, sepolte da lunghi secoli 
nell'oblio; oppure che si illudano per guisa, da stimar che 
la micrologia ermeneutica abbia a pesare nella bilancia 
dello scibile quanto l'istoria scientifica della parola, che 
è l'istoria scientifica della natura umana, delle nazioni e 
della civiltà. Ma l'opposizione, in quanto non derivi da 
semplice p^ura del nuovo, proviene dall'apprensione, non 
punto illegittima, che irrompa nelle scuole, con danno 
della severità degli studj, la pericolosa presunzione dello 
scoprir facilmente, del potersi valere con facilità di tali 
strumenti, che non sono impunemente adoperati da chi 
non abbia lungo esercizio e molto vigore. La efficacia e 
insieme la cautela dei buoni procedimenti comparativi, la 
loro utilità razionale e pratica, vengono però vincendo le 
spassionate resistenze, mano mano eh' essi rassodansi in 
libri dottrinali e sieno principalmente sperimentati sopra 
gl'idiomi ed i vernacoli natii; né v'ha, del restante, scuola 
paese, che non si debba finalmente inchinare alla ve- 



XV 



rità. Intanto i glottologi! italiani, sia ventura o sia sven^ 
tura loro, di simili opposizioni, ufficiali o didascaliche^ noii' 
ne incontrano affatto. Le indagini che discorrono per am- 
pia distesa di tempo e di spazio e di còse, quali appuntò 
sono le comparative, qui si rallegrano di favore grandis- 
Simo, e nelle alte e nelle basse sfere, e le porte della scuola 
sono largamente ad esse aperte. Ma quanto e qual frutto 
si vede di tanto favore? Non deve egli parere talvolta, cKe 
noi ci studiamo di dare ragione a coloro, i quali insistendo 
sulla inopportunità di ammettere gli studj comparativi nelle 
scuole, 'Sui pericoli de' sùbiti entusiasmi e delle applica- 
zioni temerarie, accennano appunto al paese nostro, e in- 
sieme aggiungono, con restrizione ancor più dolorosa, che 
del resto non sia il caso fra noi di una disciplina che 
disturbi l'altra, e che pur fuori della scuola non si vegga 
alcun nobile rigoglio degli studj che tanto ammiriamo? È 
egli proprio tutta calunnia, se dicono invalsa tra di noi 
la presunzione che il lavoro si abbia quasi a ripartire fra 
i popoli per modo che all' uno tocchi sudare a innalzar la 
piramide e all'altro spetti la più squisita gloria di arzigo- 
golare intorno ad essa? Di certo, anche gli studj italiani 
furono calunniati; ma pur non ama la gioventù nostra 
chi non la mette in guardia contro a queir abuso della 
prontezza de' nostri ingegni, pel quale non di rado noi 
sembriamo intenti a farci agili sempre più , anziché a 
renderci vie più robusti. Ma 1' agilità delle squadre, per 
quanto grande e mirabile, non basta di certo a espu- 
gnar le fortezze ; è per chi non si appaga d' illusioni , v'ha 



XVI 

nella regióne in cui versiamo > e in Yixi regioni attigue^ 
una intiera «etid 4i quadriìatm <la oonquist^ure ^ prima 
che stia autorevole e rispettata la indipendenza del pen- 
siero italiano* 

Se i miei libri potranno, nella sfera in cui si muovono, 
contribuire pur in minima parte al conseguimento di que- 
sto scopo supremo, io mi terrò ben pago della mia sorte. 
E se ancora una parola mi è qui concessa, dove già me 
ne son fatte lecite di troppe, questa sia di gratitudine 
pei fidi amici e pei discepoli, che mi accompagnarono be- 
nevoli sullo scabroso cammino. Perchè ad essi principal- 
mente io devo, che mi sia rimasta una qualche fiducia in 
me medesimo; devo ad essi d'aver potuto assistere con 
animo impavido, tuttoché attristato, a qualche deserzione 
ingenerosa. 

Milano, 27 febbrajo 1870. 

G. I. A. 



• r 



FONOLOGIA COMPARATA 



DEL SANSCRITO, DEL «RECO E DEL LATINO. 



LEZIONE PRIMA. 



GSNNI PRSaUIWNARI. 



f 



Per^rammatóca comparato snolsi intendere l'analisi còm-^§ 1. 
parativa dell'organismo di due o di più favèlle, ette si- diino-^ 
strino derivate da una fonte comune- 

La fonologiay clie è la dottrina de* suoni onde si costituisce 
1b parola; la morfologia, che è la dottrina delle forme e quindi 
pur della funzione potenziale della singola pargola; ^ la* sln^ 
tassi ^^ che è la dottrina della funzione che la parola asidumé net 
discorso, sono naturalmente le ^arti costitutive di ogni gram-^ 
fnatica comparata y cosi come il sonò di ogni grammatica 

speciale. 

.1 ... 

Ma r analisi comparativa trae con sé di continuo anche lo 
studio delle intime ragioni, vale a dire dell'intima istoria, de- 
gli elementi ch'essa viene sceverando. 

. ' ' ■ ... ^ 

Se nel contrapporre ài sanscrito ■ ^&- (veloce) l'equivalente 
ÓM- (wxu-) de' Greci, consultati molti altri riscontri indo-elle-^ 
ilici e i termini corrispondenti di altre favelle della famiglia ; 
riusciremo a determinare che vi abbia equivalenza tra p san- 
scrito e k greco, noi avremo per questa parte esaurito lo strette 
cómpitof, che si potrebbe dir^ il compito etimologico, di una j^- 
nologia comparata. M^ noi saremp inoltre condotti quasi inevi/^ 
tabilmente a scrutare pur la ragione istorica e fisiologica di 
questa equazione (& gt% ^ iP sscr.), la quale non ci era afferà 
mata per identità- fonetica od ax^sUcU, 

Ascoli, Fonai. indo-ìL'-gr. 1 



2 § 2. SUBIETTO DELLO STUDIO. 

Cosi , se col soccorso di numerose o di continue analogie 
avremo trovato, che doii- (wxu-) consti di due parti, l'una 
principale o radicale (ag = ak, oh), l'altra accessoria od asci- 
tizia (-w), od avremo avvertito, che questa voce, cosi nel san- 
scrito come nel greco, si munisca, affine di esprimere il no- 
minativo mascolino al singolare , dell* aggiunzione finale che 
suona 5 {dgU'S, òhù-s), il ristretto compito di una morfologia 
comparata y cioè il compito che si potrebbe dire descrittivOy 
sarebbe per questa parte esaurito. Ma noi daremo ancora quasi 
irresistibilmente portati a tentar l'istoria di simili aggiunzioni, 
anzi delle radici stesse; imperocché gli studj che concernono 
la genesi della parola, se pur non sieno di esclusiva spettanza 
della grammatica comparata, son però sempre da questa efSca- 
cemente promossi e grandemente agevolati. 
§ 2. Nella prima serie di queste Lezioni esporrò comparativa- 
mente la fonologia del sanscrito, del greco. antico e del latino, 
le quali tre favelle rappresentano tre sezioni assai cospicue di 
quel nobilissimo sistema di lingue, che variamente si addi- 
manda: ariano, indo-europeo, sanscritico, e men corretta- 
mente: indo-germanico. Questo sistema di lingue comprende, 
com'è notorio, oltre al gruppo indiano, elV ellenico e b\V ita- 
lico, anche Virano o medo-perso, il celtico, il germanico e 
il litU'Slavo *. . . 

Lungi però dal rinserrarmi rigorosamente entro ai ristretti 
limiti delle tre favelle che ho indicato, mirerò di continuo, per 
la provincia italica , pure alle reliquie diciferate dell' osco e 
dell'umbro, e agli idiomi neo-latini o romanzi; non dimenti- 
cherò il greco moderno; e. mi permetterò inoltre di toccare 
anche, le altre regioni del mondo ariano , quante volte ciò mi 



* Ulteriori particolari intorno al sistema indo-europèo, si hanno 
negli Studj orientali e linguistici, pag. 263*^7. Del litu-slavo si pos- 
sono fare due gruppi distinti, il lituano e lo slave, rimane però, che 
tra lituano e slavo passi un'affinità assai piti stretta, che non tra 
ciascuno di essi e un altro qualsiasi dei gruppi indo-europei. 



§ 2. SUBIETTO DELLO STUDIO. 3 

parrà utile ed opportuno alla illustrazione di quelle tre che 
più specialmente sono a noi assegnate. Per greco, o 'per un 
determinato dialetto greco senz'altro, intenderemo l'antico; e 
diremo vedico, o d'indiano arcaico, un fenomeno peculiare a 
quell'antico dialetto ariano dell'India, che ci è conservato nel 
Vedi, laddove diremo sanscrito, senz' altro, un fenomeno che 
sia comune al linguaggio' vedico e a quello della letteratura 
seriore, o un fenomeno, che pure essendo peculiare al linguag- 
gio della letteratura seriore, il quale si suole addimandàre 
sanscrito classico (e ammette alla sua volta la distinzione tra 
V epico e il veramente classico), non richiegga che di questa 
particolarità, la quale, a rigore, sarebbe implicita nello stesso 
termine di sanscrito, sia qui per noi fatta menzione *. 



* Io pronuncio, come sempre per Taddìetro tutti hanno pronunciato 
in Italia : sanscrito (e pracrito), coir accento sulla penultima. Oggi , 
all'incontro, sembra prevalere fra gli studiosi italiani il vezzo di dire 
sànscrito {eprdcrito) coli' accento sulla terzultima; la quale pronuncia 
a me pare stòrtamente affettata, per le ragioni che ora mi permetta 
di addurre. 1.^ Vero è bensì che saskrta, nel suo proprio signiflcjato 
di ^confectus', 'ornatus', ha l'accento sulla prima sillaba, volendo la 
regola generale che passi sul prefisso (sors) l'accento che nel parti- 
cipio in ìstato semplice è sul suffisso (-^a; krtd). Ma nell' accezione 
sostantiva di ^lingua sanscrita^, il vocabolo sàskrta avrebbe potuto o 
anzi dovuto essere a dirittura ossitono (sasAr^^), poiché il participio 
in --td conserva il suo proprio accento pure unito a' pre^fìssi, quando 
assuma una significazione individuale; e cosi, restando al verbo che è 
in sàskrta^ avremo niskrta (disposto, ecc.) coU'accento sulla terzultima 
nella mera significazione partecipale, ma all'incontro nelle funzioni di 
nome neutro (niskrta, luogo determinato, ecc.) lo avremo coU'accento 
sull'ultima; ed anzi dello stesso sàskrta ricorre la pronuncia ossitona 
in un luogo del Veda {rgvaida, V, 76, 2 = sdmavaida, II,, 8, 3, 15, 2), 
dove il Benfey traduceva imprima: ^sagrificio', poi: ^Tornato', e il 
Lessico di Pietroburgo, malgrado l'accento suU' ultima^ parrebbe non 
altro scorgere se non la mera accezione participale (v. Benfey, Voll- 
stàndige sanskrtt-grammatik^ § 647, Sàma-Veda^ pag. 48, 188, 291, 



4 * § 3. METODO. 

§ 3. Ad altre considerazioni preliminari ci chiama ora il mètodo 
generale che la trattazione avrà: a tenere. 

La scienza comparativa delle lingue ariane è a tal segno 
progredita, che paò ricostruire, con sufficiente sicurezza, molta 
parte della favella antichissima e perduta, onde esse tutte ri- 
pètono origine. I suoni, i vocaboli, le flessioni^ i costrutti deU 
r idioma fondamentale, che T opera induttiva della scienza fa 
cosi rivivere, vogliono rappresentarci questa favella unitaria 
neir ultimo grado che il suo sviluppo abbia raggiuntò ; vogliono 
cioè rappresentarcela nelle condizioni che ie eran proprie in quel-^. 
Tétà, che è immediatamente preceduta alle segregazioni per le 
quali si è venuta à rompere l'unità degli Arj. Il sanscrito frw-dAi 
(ascolta l), a cagione d' esempio, e T equivalente klù-thi àei gre- 
co, rimonterebbero cosi, per vie normali, come a loro sorgente 
comune, alla forma kru-dhi; la quale però, alla sua volta, 
potrebbe non avere an<5ora esìstito , od avere esistito sotto a 
sembianze diverse, iri età più rimote che non sia quella, in 



BoBHTLiNGK-RoTH, Sariskrit-^Qrteròuch^ s, niskrta e karir sam)» Bel 
rimanente, sashrta per ^sanscrito' non occorre mai ne' libri accentati:; 
a aùche nel lingimggio seriore, pur dove essa voce viene a. significare 
l'eloquio sanscrito, è sempre piuttosto il participio ^adornato', che hon 
propriamente il nome delia lingua {sàskrta-bhdsàj sàs^a vàkfam)-^ 
6fr. A. Weber, Akademisòhe vorlesungen uber indische litèraìurge-^ 
schichte^ p. 168, Indische streifsnj 11,52-3; Boehtlingk-Koth, o. c, 
li, 98. L'accento poi di pràkrta^ che deriva dal nome astratto prakrti 
(natura, ecc.), non va confuso con quello di sdiskrta^ che deriva imme- 
diatamente dal verbo kr {kar), -^ 2.^ Il vocabolo ^sanscrito' avendo 
ormai veste e cittadinanza italiana, non si vedrebbe, ad ogni modo,, 
perchè dovesse mantenere un'accentuazione così ingrata {».dnscr.,)^ 
Se pure questa per sé fosse corretta. Nessuno, io crédo, vorrà dire, a. 
cagion d'esempio. Bramino o Bramano^ coli' accento suU'ultinia, ben-, 
che sia tale l' esclusiva accentuazione del sostantivo sanscrito che 
in questo vocabolo italiano è riprodotto (èrò/imawa). A chi final- 
mente pronuncia dmrita (ambrosia) e sànscrito perchè « ripugni alla^ 
natura del r l'appoggiarvi l'accento », basterà il sapere, che appunto 
in àmrtà l'acèento è sul r. 



§ 3. METODO. 5 

tui si riuniflcano le due diSerenfi favelle. Àddimandasi varia- 
inente: lingua fondamentale indo^europea o indo^germanica ^ 
lingaa proto-ariana^ lingua del periodo unitario, questa fa-r 
velia, antichissima e perduta, che si venue a rifrangere, per 
r infinita serie de* secoli, in varietà cosi innumerevoli; e dicia-»- 
mo quindi indo-europex^, o proto^artano^ od anche originario^ 
un fenomeno qualsiasi, che rappresenti inalterata la esistenza 
-di lei. 

Avutisi chiari i precipui contorni di questo prototipo ariano, isi 
potè felicemente tentare di farne a dirittura il termine fondamen-* 
tale e costante della trattazione comparativa. Il continuo punto 
di partenza diventa in questo caso la favella jprofo*anana. Si 
procede ad esporre quali riflessi ritrovino i singoli suoi elementi 
nelle diverse lingue che ne sono provenute; e dalle particolari at-^ 
tenènze che passano tra la favella fondamentale e ciascuna delle 
derivate, risultano, più o men direttamente» pur quelle che in-^ 
tercedono fra V una e V altra di quéste. È metodo che racco- 
mandasi pel suo rigore logico, per la perspicuità che seco trae, 
per la brevità che permetta Ed è bella e invidiabile gloria della 
nostra disciplina, di quésta nuova specie di anatomia compa-* 
rata, l'avere siffattamiente ricostrutto T individuo pre-istorico, 
che questo agevoli ed assicuri V indagine intorno a tiittè quante 
le varietà istoriche che né sono rampollate. Nessun* altra disci^ 
plina potè forse ancora vantare, come questa fa, che sia quasi 
un procedere dal noto air ignoto il muovere da una sua propria 
ereazione alla migliore intelligenza del reale. 

Ma non si può d* altra parte negare , che , in primo . luogo; 
simil metodo importi come un rovesciamento del naturale prò-* 
cesso deir indagine, cosi che gP inesperti ne debbano andare 
alquanto sgomentati. È metodo, che, in realtà rappresenta un 
secóndo periodò di studj , nel quale si ripercorre a ritroso la 
via che si è misurata nel periodo antecedente. Il confronto 
dèlie diverse lingue superstiti ci fece imprima rimontare, per 
induzione, alla sorgente proto-ariana, dalla quale ora si scen-< 
dèrebbe a ricomporre, per via deduttiva, T istoria di quei sin* 



6 § 3« METODO. 

geli idiomi. Ma a volere che il principiante si abbia a muovere 
di primo tratto in questa seconda direzione, si viene quasi ad 
imporgli dogmaticamente una risultanza di cui siam chiamati a 
capacitarlo, e si contravviene a quel procedere guardingo che 
ci è ingiunto, anche per la parte espositiva , dalle non facili 
condizioni in cui versa ancora la nostra disciplina. Agli scru- 
poli in ordine alla opportunità, altri poi se ne aggiungono in 
ordine all'accertamento scientifico di questa continua ricostru- 
zione proto-ariana. Imperocché , i varj rami dell' albero indo- 
europeo non escono dal comun tronco nò tutti ad un tempo 
nò tutti ad un modo. Il sanscrito, a cagion d'esempio, e lo 
zendo (che è idioma paleo-irano) rampollano, per comune con- 
senso, da una favella, che ebbe vita distinta e individua dopo 
che Tarianità europea già era divisa per intero dall'asiatica, 
e. che però viene a rappresentarci il periodo da noi addimandato, 
con uno di que' termini che mancano di assoluta esattezza ma 
hanno per sé la piena evidenza, il periodo dell'unità indo^ 
irana. Di un fenomeno, che sia esclusivamente proprio al san- 
scrito e allo zendo, o alle favelle indue ed irane che risal- 
gono ad essi, che sia, vale a dire, esclusivamente indo-irano^ 
noi potremo dunque bensì argomentare, ricorrendo alle leggi ge- 
nerali che le analogie ci hanno, fatto riconoscere, quale avrebbe 
dovuta essere la sua figura proto-ariana ^ cioè la figura che gli 
sarebbe stata pròpria nel periodo originario, se egli vi si fosse 
effettivamente manifestato; ma è chiaro, che non potremmo già 
per ciò affermare che questa manifestazione sia in realtà av- 
venuta.' Ora supponiamo, per limitarci ad uno solo tra i casi 
di men facile decisione, che si tratti di fenomeno il quale sia 
comune al sanscrito, allo zendo ed al greco, ma estraneo alle 
altre favelle indo-europee, come appunto sarebbe quello della 
seconda persona imperativa in -dhi, -diy -«^t, che in sul principio 
del discorso ho voluto addurre. Per inferirne con piena sicu- 
rezza, che la rispettiva figura proto-ariana (kru-dhi) abbia 
realmente esistito nel periodo della generale unità indo-europea, 
e cheiSimil forma imperativa sia quindi stata perduta da quella 



§ 3. METODO. 7 

parte della famiglia che più non ce la mostra, converrebbe po- 
tere affermare, il che neirattuale C0ndÌ2;ione dell' iiìdagine ne^i-i 
suno^ sicuramente può,- che non vi abbiano dipartenze (}al comun 
troncò, le quali risalgano ad epoca più remota che- non sia 
quella in cui il greco e V indo^irano si stavano • ancora tra di 
loro indistinti; poiché, altrimenti, si potrebbe trattare di tal 
forma, cl^e si fosse sviluppata nel tronco' indo-ircma-greea dopo 
che già erano avvenuti quei più rimoti distacchi. E pure quando 
siamo ad eleibenti, od a forme, la cui esistenza nel periodo 
deiìa, generale unità ci sìa attestata dal necessario complesso di 
prove isteriche, rimane spesse volte qualche dubbio, più o men 
lieve, circa il preciso modo in cui si abbia a fissare la loro figura 
primordiale; dubbj che l'ardito proposito della integrale rico- 
struzione del prototipo può facilmente indurre a troncar con 
sicurezza un po*soverchia. Le quali obiezioni concinone bensì 
più specialmente il vero e proprio vocabolario e la, morfologia f 
ohe jion il sistema fonetico per so stesso; ma a questo pure, 
come a* rispettivi luoghi potremo avvertire; non si; rimangono 
^ià estranee. Nò vuoisi infine tacere , : venendo al caso partico- 
lare, che la nuda trattazione sinòttica, e la sistematica seve- 
rità della generale economia, punto non si confanno all'as- 
sunto delle nostre Lezioni. Le quali aspirano per certo anche 
«sse a formare un insieme lucido e metodico, e tanto più vi 
aspirano, quanto è minore, ed anzi è nulla, la speciale prepa- 
razione ch'esse suppongono in chi le segue; ma voglionp piut- 
tosto essere larghe esposizioni,- atte a persuadere e ad invo- 
gliare, che non raccolte di canoni, le quali sono insufScienti 
per tutti e non sogliono parlare abbastanza effiqacemente se 
non a chi è già bene addentro nel subietto. 

Noi dunque non ci faremo a dedurre sistematicapaente il ter- 
juine sanscrito, il greco, od il latino, dal rispettivo termine 
proto-ariano; ma, nel confrontare tra di loro quei tre termini 
istorici, non lasceremo però mai di spingere la nostra indagine 
in sino al loro generatore comune; né ometteremo di riunire, 
in luogo acconcio, i materi;aU che, avremo a mano a mano 



S § 3. METODO. 

n!o$^ Iti serbò per la ricostruzione paleontològica^ a cai si slU 
ìn&é. Ragion ' pd Ttìolei che quando T analisi ^comparativa abbia 
Hnun^ato a far del termino pr^isterioo il sào continuo filo 
òrdiiiatórè, ès^a prendia regola alle proprie mosse da quel ter-* 
txtinè superstite, il quale, nel suo complesso, meglio e piti eom-* 
piàtaménte ritragga r archetipo, e sarà. il sanscrito. La qaal 
veneranda favella àiiìV India ariana dee bensi cèdere/ in molti 
Incontri , il vanto deir antichità maggiore, cìoà della jòiglior 
eoni^ervazione, air una o all'altra delle lingue cha le sodo sorellìa; 
è quindi pure, ed anzi in i^^ie, alla greca ò alla latina; ma ò 
tale tuttavolta, veduta nel suo insieme, che a volerle anteporre, 
neir òpera comparativa, il greco od il latino o un'altra qualsiasi 
dèlie favelle ariane dell' Europa, a volersi cioè valere d' una di 
quéste lingue Cóme di un mezzo continuo per illustrare pur Tor-^ 
ganìsiiio del sansorito medesimo, ^ adopererebbe in modo poco 
diverso da chi possedendo due esemplari della stessa medaglia, 
l'uno logoro; l'altro d'impronta ben conservata, volesse muovere 
^dal primo alla dieliiarazione del secondo^ Nò l'Asia ha alcun' al-*^ 
tt*a favèlla che possa competere ool sanscrito neiruffido di ràc* 
costare all'unità primiera le disformi apparente che si sono ve* 
-nùte produdendo nel tempo e nello spazio. Imperocché lo zenda, 
ofce è il lingtoggio delle- scritture attribuito a Zoroastro, e il 
^ersó, cho è lar lingua ricavata dalle iscrizioni cuneiformi per* 
'Siane ^ vale a dire la lingua persiana del periodo degli Aetia^ 
Tnènidi, sì trovano; bensì in tali condizioni, che grandemente 
'i^i aecósrt;alio a qudle del sanscrito; ma, dall' un canto, non è 
vero ,♦ comèchè sempre ahcora tra noi si ripèta , che spetti a 
'questi idiomi palèo^irani una qualche generale preminenza' ia 
confronto del sanscrito, anzi è vero, in ' significanti proporzioni^ 
il contrario; e dall'altro, se la preminenza ^tta^eto^it^a ^el san- 
'scrtto non è di assai grande rilievo in confronto de' dtm idiomi 
ii^ani , è all' im^ontro rilevantissima la sua preminenza qtianr 
titativay scarsi essendo i monumenti letteràrj donde quelli ci 
parlano, do vech& sono abondaiiti, eo^e ognuno * conosce^ queili 
onde sì raccoglie il* tesoro' della linguli sànscrita; Se oi man- 



§8. METODO. ■] ' ' '9 

cassero gli antichi rappresentanti indo-irani della nostra fa- 
vella, la palma toccherebbe al greco, il quale, in ordine al 
grado di conservazione, dista molto meno da quelli, che- non 
faccia da lui la parola itiJica, per non dire delle altre sorelle 
europee, tutte inferiori di grado alla italica stessa ;^ sicché il 
greco per vero ci appare quasi una ripercussione meraviglio- 
samente genuina della favella ariana dell* Asia. Il latino non 
avrebbe pure diritto a capitanare il gruppo italico, poiché l'osco, 
quanto è al grado di conservazione^ lo supera; ma sta per la 
lingua di Roma quella preminenza che testò dicemmo quanti-- 
iativa. Del rimanente, la nostra, similitudjne 4ei due esemplari 
di una steissa medaglia più ben si adatta, generalmente par- 
lando, e ove in ispecie si prescinda dalle assai splendide con- 
dizioni della flessione greca, ai rapporti vicendévoli delle ^ram- 
mqtiche propriamente dette,' vàie a dire al rapporto morfologico 
Ira il sanscrito e gli idiomi ariani dell' Europa, che non a quello 
dèi singoli loro suoni, che é la parte fondamentale della fòno-^ 

logia cornjparafa. Ma purè in questo campo è suflBcieritémehte 

• - .■ '*.,"• ' 

Spiccata là superiorità complessiva' dèi sanscrito, perché ci sia 
datò di riuscirò, con bastevole facilità, à buon fine, jprèndendo 
in e^so a'guida il sistema fonetico che a quella lingua é'^ro-^ 
prio. Ed anzi osserveremo, tuttoché senza rigore soverchio^ 
l'ordine stesso che ci è offerto dall'alfabeto sanscrito; il onsìe, 
oltre al renderci, in grazia delle prerogative della "favella- a 
cui serve, infletta ed intatta (sebbene, accresciutasi per prò- 
dotti i^eriori) la serie de* suoni originar j od indo-europei ^ - il 
che non possono fere l'alfabeto grecò od il latino, - è altresì il 
solo, che porti in sé medésimo una distribuzione sistematica 
'de'suoiii; ' -' * • : 

"' Ridotta a caratteri latini ; T alfabeto sanscrito è questo che § 4. 
ora porgo e brevemente illustro. 

• ■ " »■ r ■■ ... . . 

' . , . - . ' ' ; ; 

Vocali. 



Ycsi^ìi brevi : . 


a, 


,i. : 


,uv 


' r? h 


Vocali lunghe: 


a, 


t> 


Ùy 


f> /•. 


Dittonghi: 


ai, 


au, 


ài. 


du. 



rO % 4fl SISTEMA FONETICO DEL SANSCRITO. 

Consonaci, ; : - 

Gutturali: ' ft, kh, g, gh, n. ' 

Palatine; ft, Kh, g, gh, n. 

Linguali: <, th, d, dhy n. ' 

Dentali: f, th, d, dh, n. 

Labiali: , p, ph, h, bh^ m. 

Semivocali; j, r, l, v. 
Sibilanti e aspl*^ 

raziona: p, s, 5, A. 

AnunvSr^: "^ (esempio di applicazione; 3). 

Ytoarga: s (esempio di applicazione: as). 

Vi abbiamo dunque imprima le tre vocali brevi : a, i, u, che 
dicopo fondamentali, accompagnate dalle rispettive lunghe: a 
f, ti. Vendono poscia una vocale r, e una vocale Z, che tra- 
scriviamo: f, /, pur queste accompagnate dalle rispettive lun- 
ghe: f, J. LlS' vopale r, come a suo luogo ampiamente si dimo- 
stra» surgA per contrazione di un complesso fonetico, costituito 
della opnsonante r e di una vocale che la preceda la segua; 
il più frequentemente, per contrazione di un originario ar 
(p. e. mrfti, morto, da marita). Cosi la vocale /, che non 
compara 9e non nella conj.ugazione del verbo halp, è, alla sua 
volta ^ oontrazione di al. La lunga r non si vede, in realtà, 
se non in pochi accidenti della declinazione dei temi in -ar, 
che in altri ci danno alla loro uscita la breve f (p. e. pitFn, 
patres, acc. pi., pitr-bhjas, patribus; tema pitàr). È fenomeno 
analogo all'allungarsi che fanno negli stessi accidenti le brevi 
a, iy u air uscita del tema (p. e. nàvàn, novós; tema nàva); e la 
lunga r si addimostra assai più recente che non sia la contra- 
zione per la quale surge la breve *. La lunga J sta poi neiralfa- 



* V. BoEHTLiNGK, Bemerkungen zur 2. ausgdbe von Bopp^s krit. 
gramm. der sanskrita-sprache in kùrz. fassung, St. Petersburg (Bìd- 
Utin histoHco^hilologique^ T. Ili), 1845, pag. 8-9;- Bbnfby, Orient 
und occidente III, 2. 



§ 4. SISTEMA FONETICO BEL SÀNSCRITO. Il 

beto per semplice ragion di simmetria, poiché nella realtà della 
lingua non si ritrova mai. Seguono i dittonghi : ai (é), au (d), 
dij àu. I due primi si trascrivono solitamente, e nell'India si 
pronunciano: è ed 5; ma noi preferiamo di riprodurli con quella 
trascrizione (ai, au) che rende manifesti entrambi gli elementi 
dei quali in realtà essi constano. In favore della quale tra- 
scrizione si può eziandio allegare il fatto , che la metrica del 
Veda ancora esige in più incontri la dieresi^ ossia la pronuncia 
bisillaba, pur di questi dittonghi *; e siamo quindi ad un caso, 
che non è dissimile da quello dell'ai greco, è in pronuncia se- 
riore, ed ai in antica dieresi. La vocale breve conta per 
una mora; la lunga e il dittongo per due mor^; e uno ^stem- 
peramento' indiano (la pluti)^ che non interessa la compara- 
zione, porta a tre more le vocali e i due dittonghi ai ed au^ 
e a quattro more ì dittonghi di ed du *♦. 

Arriviamo alle consonanti , che imprima ci danno cinque serie 
parallele: la gutturale^ la palatina, la linguale (detta ezian- 
dio, per interpretazione erronea del termine indiano: la cere- 
brale)f la decitale e la labiale, con cinque lettere per ciascuna » 
quattro delle quali rappresentano suoni che secondo la nomen- 
clatura delle vecchie grammatiche si direbbero consonanti mute 
e dalla disposizione dell' alfabeto sanscrito prendono altresì il 
nome di consonanti ordinate, e sono : la tenue (A, R, t, t, p) , 
la tenue aspirata {kh, Uh, ih, th, ph), la media {g, g, d, d, 6), 
e la media aspirata {gh, gh, dh, dh, bh); a cui tien dietro 
la nasale dell'ordine rispettivo (w, n, n, n, m). Le aspirate 
sono sìwni doppj, che si potrebbero anche dire dittonghi-con^ 



* V. Bbnfey, Die hymnen des Sàma-veda^ einleitung, lui; Kuhn 
Die herabkunft des feuers (Berlin, 1859), 139, Beitràge zur ver^ 
gleichenden sprachforschung, IV, 188-94, 203-4, e consulta l'Indica 
del presente volume, sotto Assimilazione. Bisillaba s'incontra nel 
Veda pur la pronuncia delle vocali lunghe, in ispecie: aa '^ d*^ circa il 
valore istorico della quale, si possono vedere gli Studj critici^ II , 24. 

♦♦ V. BoEriTLiNOK, Comnientar ;;um Pàmm, 6; Benfet, Volht&n" 
dige grammatik der sanskritsprache ^ pag. 2-3. 



V2 § 4. SISTEMA P0KETW30 BEL SANSCRITO. 

donanti. Per testimonianza della storia e deirattuale pronuncia: 
indiana, esse constano del suono della nspettiya ténite, o della 
rispettiva media, seguito da uno spirito aspro, ossia da un' A 
tedesca, ben distinta (§30). Quindi si spiega, a cagion d'esempio, 
come il sanscrito katk (kathaj), narrare, si riduca, nel pracrito 
è neir indostano, à kah, o il grahh vedico, pigliare, si fàctìia gruh 
nello stesso sanscrito, paA indostano; e si ragguaglia cbìaramente 
la iniziale aspirata del pracrito dh-fd&y figlia, col duh^ dèlia 
corrispondente voce sanscrita : duhitd (tema dichitàr). I suoni 
irappresentati per ft e per ^ corrispondono pressappoco alle nostre 
palatine ih lerciOy urge (cfr. § 25 in n. e § 38 )• Le lingitaU 
si potrebbero à un di presso definire, considerato esclusivamente 
il loro effetto acustico, per dentali turbate; e riserbahdo ad altro 
luogo (§ 42) migliori informazioni intorno ad esse, qui ci limi- 
tiamo ad avvertire ancora la strettissima somiglianza che è fra 
ia media della serie linguale e il suono l; locchè ci porta a un 
succedaneo vedico di questa media, e quindi dèi primo elemento 
della rispettiva aspirata, il quale succedaneo ricorre quando essa 
inedia, semplice od aspirata, sia tra vocali, ed è espresso per 
iin caràttere che noi trascriviamo 

?, e combinato coìl* aspirazione : ih. 
La nasale della serie dentale (n) è la nostra schietta n, per 
esempio in no. La nasal gutturale (n), la palatina {n)f e la lin-* 
guale (n), sono all'incontro altrettante varietà della n, che par- 
tecipano, nella loro formazione, delle corrispondenti esplosive; e 
di solito son determinate dalla vicinanza di suoni omorganici 
(esempj : -nÀ-; -ng-; -^n-; -nd-, tfàrna, marana, ùsana\ v. p. 17-19, 
i §§ 38 e 55, e Assimilazioni). I suoni indiani che rappresen- 
tiamo colle lettere seguenti: k, g, t, d, p, b, m, non differiscono 
dai rispettivi suoni' latini od italiani; ma il g sarà naturalmente, 
qualsiasi vocale esso preceda, sempre il nostro g ài gatto, gola, 
e g saf^à, sempre da leggersi come il nostro g di urge. 
. Cosi . non ci domanda, per ora, alcun particolare commento . la 
pronunzia ^i quelle quattro lettere che incontriamo di poi nel- 
r alfabeto sanscrito fj, r, l, v), e vanno comunemente sotto il 



§ 4. SISTEMA FONETICO BEL SANSCRITO. 13 

tìonié di semivocali. Per j s'iatenda il suono iniziala del no- 
stro jeri^ Succede V ultima, serie, che si compone delle ir^ 
isibilanti (^, s, s)y é àeW aspirazione (h). La terza sibilante (s) 
è* la nostra schiètta s àlsette^ serc^* Le altre due {g^ ^) poCQ 
o punto tra di loro differiscono nell'attuale pronuncia brama-r 
nica, e a un di presso si ragguagliano ali* inglese ^^, o al nostr^ 
se in scevrOy' scena*: Mtt istoricamente sono tra di loro ben di- 
verse; e anche dal lato della pronuncia (pur tacendo della qua- 
lità di linguale che spetterebbe a i; v. p. 17 e i §§ 42,43), pi{) 
ragioni inducono a stabilire, avere un giorno differito lo^ (chQ 
noi denominiamo sòia secondo pronuncia italiana , s francese 
eha) ben più che lo {? (j^a) non facesse, dalla schietta sibilante s 
(sa). Cosi gli odierni volgari sanscritici dell' India spesse volte 
rispondono allo s del sanscrito con la loro tenue a3pirata M, per 
esempio ^/^Ti indòstano == t>i*ia sanscrito^ ^veleno', ma non mai 
rispondono in questo modo allo g sanscrito, al quale anzi di regola 
contrappongono la schietta sibilante ^, come p. e. neirindostaQo 
stng {mB, nello zingaricp: sing) « ppìgra sanscrito, ^corno' (v. la 
Lez. XIV); e anàlogaii^ente neirirania,i ipoderni continuatori 
di quei .suoni che ndlo zendo corrispondono ai sanscriti^ e g^ 
sono di regola s per il primo e^s per il; secondo ;esempj: t?t^- 
fer, curdo, 'cammello' ^ ùsira sanscrito, ics tra zendo; ma pes 
curdo ~ pagu sanscrito e zendo, ^bestiame'. Rimane, ultima, 
Faspirazione A, che si pronuncia come un* h inglese o tedesca* 
l^a ld> ragioni etimologiche di questo suono c'inducono a star 
bilire, che, nella maggior parte.de' casi, s'abbia in esso l'ai- 

• 

terazioné indiana di uno ih o z (i ^/francese) del periode^ 
indo-irano (§ 3); e così, a dare un esf empio, verremo a rico- 
noscere, a suo luogo, un originario migh, ^spandere acqua', 

♦ Secondo il Colebrooke, la prima (g) si accosterebbe allò s7i in- 
glese, la seconda sarebbe un suono congenere^ più aspro \ cfr. Hoefer,. 
Zeitsehrift fùar die wissenschaft (for sprache^ 11^ 180; Trumpp, ZeU" 
schrifù der deutschen morgenlàndischm ges^Uschaft^ XV, 700, 718: 
Whitnby, JovfrYial of the American Orientai Society s VII, 353, 355; 
Lepsius, Standard alphabei^ sec, ed«^ pag. 71. 



14 § 4. SISTEMA FONETICO DEL SANSCRITO. 

^.p.t^-e'(o, che, pel tramite di un mizh o miz indo-irano» si riduce 
a miz zendo e a mih sanscrito. Il posto che spetta in gram- 
matica air attuale aspirazione A, secondo la distribuzione dei 
suoni sanscriti in sordi e sonori, alla quale non tardiamo 
ad arrivare, è qual si addice air anteriore sua fase, testé ad- 
ditataci dall' etimologia ♦. 

Troviamo finalmente Yanusvàra e il visarga. La vocale cui 
si sovrappone Yanusvdra (^suono accompagnatore') è nasaliZ" 
zatay vale a dire è seguita da un elemento nasale; il quale, 
quando gli tenga dietro una semivocale, una sibilante o A, è 
fievole e turbato ; e quando air incontro gli sussegua una con- 
sonante de' primi cinque ordini, suona identico alla nasale del- 
l' ordine rispettivo. Avremo quindi 1' elemento nasale fievole e 
turbato, quale a un di presso è quello del francese entrer e 
simigliane, negli esempj che ora seguono : ganusi, nom. - acc- 
pi. di ganùs, nascita, creatura ; trigàt, trenta ; masjàti (ver- 
bo man + sja-ti), reputerà, j3s/dfe' (verbo /am+^/a-fo'), costrin- 
gerà, correggerà; a'has, angustia; vavamjàtaif terza 
sing. pres. intensivo di vam, vomitare; tà' (apàpa {tam e 
gagdpà)y lo maledi; ma' junganti {mdm ejunganti)^ jungunt 
me. E all'incontro: ta' dadarga {tam e dadarga\ lo vide, 
ma' pati {mdm pdti)y mi protegge, ma' Hakarsa {mdm e Ka- 
karsa), mi trascinò, si leggeranno cosi come se fosse, e può 
essere scritto: tàn dadarga^ mdm pdti, man Jlakarsa. Il 
visarga rappresenta uno spirito poco o punto sentito, a cui 
secondo determinate regole, si riducono, di solito alla uscita 
della parola, i suoni s e r. Cosi àgva-s, a cagion d'esempio» 
nominativo singolare del tema àgva, cavallo, darà, combinan- 
dosi con pihati, beve: àgvas pihati, equus bibit; e gir^ nomina- 
tivo del tema ptr, infbcazione, discorso, farà in pausa: gi:^*. 



* Consulta T Indice, sotto h\ e v. nel secondo volume degli Studj 
critici^ il § IV del secondo Saggio italico. 

** Qai prescìndiamo àalV anundsika (^accompagnato di suono na- 
sale'), segno che indica esser turbata di suono nasale la vocale ola 



§ 4. SISTEMA FONETICO DEL SANSCRITO. 15 

Tre diversi accenti, o meglio quattro diversi gradi della to*» 
nalità sillabica, si distinguono nel sanscrito; e noi ne tocche-* 
remo con brevità, limitandoci a considerarli, pressochò esclu- 
sivamente, nella singola parola. Vttddtta (rialzato'), vate tk 
dire YacutOy è il solo vero e pròprio accento. La sillaba àtoha 
{an-itddttaj che non ha Vuddtta), oppure, al principiò del di- 
scorso o del verso, la serie di sillabe' itone, che preceda alla 
sillaba coli* acuto, si fa più bassa della tonalità ordinaria, di- 
venta, cioè, anicddttatara (an+udatta-tara, ^più che mancante 
di accento che Talzi'), e un particolar segno, quasi un accento 
negativo, indica questa sua condizione*. La sillaba, final- 
mente, che sussegue air acuta, diventa svariia ^tonica'), o, ììk 
altri termini; assume l'accento svariia^ che alcuni grammatici 
europei (poco felicemente, per quanto a me pare) hanno inti- 
tolato: circonflesso^ locchè viene a dire, ch'essa ha una to- 
nalità più alta dell'ordinaria, ma non cosi alta com'è quella 
della sillaba coU'acuto. - Diamo ora» con qualche ulteriore schia*- 
rimento , alcuni esempj , rendendo T vdàtta col nostro acuto» 
mentre. per lo s'oarita ricorriamo al segno del grave, e una 
lineetta sottoposta e' indica la sillaba che è allo stato di an-* 
tuldttatara: 

r 

1. qmrtàf &{iippoTo;, immortale; -acuta la sillaba di mezzo; l'àtona 

che la precede, è abbassata; e la terza, di mezza altezza; 

2. jpradaJmnit (al principio del verso), ^per modo di offrire il lato 

destro' ; abbassate, almeno in grammatica, tutte e tre le àtone 
che precedono T acuta; 



consonante cui s'applica; e dai due ardha-visarga ( 'mezzi-visarga', 
così detti dalla forma del segno che negli scolj a Panini è comune 
ad entrambi; Boehtlingk, Commentar zum Panini (Index), 414, Be^ 
Tìierkungen zu Bopp's gramm.^ 11). 

* Questa condizione corrisponde sM^ anudàtta dei Pratigakhja; al 
praìlaja-svara de' quali viene dal canto suo a ragguagliarsi il sem- 
plice anudcUùa della nomenclatura addotta dal testo. 



16 § 4. glt^TEBf A FOMSTICO DEZ< SANSCRITO. 

3.' pródaJiSinU (nel mézzo del versò)^ la «be^ voqq di p.ritaa, ma 
con le due pri^e fnllabei $eUa tonalità ordinaria, abbassandosi, 
quella sola, che immediati^mente precede ali* acuta; 
^4. nàvjà^ navigabile» bhaugjà. godibile^ mangiabile; ^ill^ba jSttona 
abbassata., innanzi a sillaba di mezz'altezza {svar%ta)\ il qual 
tipo fli- concilia colla regola di sopra enunciata, quando ^i con- 
sideri nella sua condizione anteriore: nàviàj hhdv^ià*^ cbe 
non è diversa <)a quella, di amftà (n.^ 1 : aìiudattaitara^ udatta, 
' svarita). ,^ 

ti 

' Sono {KK^liisBiine» nel sanscrito, le parole àtona; e nella sia*^ 
góla parola ottona,- vale à dire nella parola àtona. isolata^ 
Éaente òonsiderata, si adopera il segno' di anudàttatara ^ ia^ 
Picare semplicèmedte V atonia (quindi non più là condiziona 
inferiore ali* atonia) della sillaba padelle sillabe di cui essa> 
corista ; per es. tm-g (toa>), ^l' uno*, 'taluno', la qual sillaba ri* 
sulterà sémplicemente àtona per es. in vi mìmita u tvàs, 'qne-^' 
sfuno (quest'altro) regola'.. Ma di moHe parole sanscrite, la> 
scienza europea non conosce V accenta^ limitata siccome è agi' in- 
ifóghattieflti dei grammatici indigeni ed alle scritture vediche,: 
là dola parte della letteratura in etti degli accanti sia fatto 
uso. Per r uso nostro, il segno dell' armdàttatar^ si rende 
superfluo, eccetto il caso di singola parola àtona, e cosi si rende 
superflua r indicazione deìlo svcnrita^ tranne i casi iu óui sia 
diventato^ com'è in nàvjà, il solo e vero àocòato della parola. 
§ 5. Distribuendo pur le vocali, è le due serie di consonanti che 
vengono ultime nell'alfabeto (§4), secondo l'organo a cui at- 
tribuiva il posto (sthana) della loro produzione, la grammatica 
indiana venne eziandio all'ordinamento dei suoni sanscfiti che 



♦ y. la lezióne dìwdedma^ e cfr. B6htlingk, Ein erster versuch* 
uber den 'àccent im sanscrit (Móm. de TAcad. impér. dés scìences de 
gt. Petersb., VP sèrie, T. VII),§ 4; Roth, Nirukta\jlxii\ Ben- 
FBY, Voll^ànd. gramm, d. sanskritsprache, pag. 11, Kùr'ze sankrit-- 
^ramm., pag. 7; Whitney, 1. e. (Atharva-Veda Prati gakbja"), p. 489 
(e Bopp, Vergléichendes dccentuàtionssystem^ pag. 12-19, 158). 



§§ 5-6. SISTEMI F0N£T10I. 17 

ora segue, e anch'esso importa alla nostra indagine*. Ci limi- 
tiamo, per le vocali, alle prime cinque. 



Gutturali: 


a» 


h. 


kh. 


§fy 


gh. 


n. 


h**. 


Palatine : 


• 

». 


R, 


Kh, 


9^ 


gh, 


n. 


jr P. 


Linguali : 


r. 


h 


th. 


d. 


dh. 


n. 




Dentali : 


h 


t. 


th. 


d. 


dh, 


n. 


K s, 


Labiali: 


M. 


P, 


ph. 


K 


bh. 


m. 





V. 



Ma la diligente osservazione degli Indiani è altresì riuscita 
a un'altra distribuzione de* suoni, che à d^alta importanza cosi 
per la fisiologia come per la grammatica , e non è mai ben riu- 
scita ai grammatici greci od ai latini, ed anzi, comechè poggi 
su d*una distinzione, avvertita dal Kempeien sin dallo scorcio 
del passato secolo, non s'ebbe familiare fra i dotti europei se 
non per merito degli studj fisiologici e grammaticali che tenner 
dietro alla divulgata cognizione del sanscrito. Seppe dunque 
distinguere la grammatica indiana i suoni che si conseguono 
per sola emissione di fiato da quelli che richiedono emissione 
di ^wono***;. distinse, cioè, a parlar più correttamente coi mo- 
derni fisiologi, i suoni, nella cui produzione Tarla passa per la 
glottide bene aperta, e quindi a corde vocali ben disgiunte, 
da quelli, nella cui produzione le corde vocali si raccostano 
per modo, che son pronte a vibrare. I primi {k, t, s, ecc.) noi 
diciamo sordi, ì secondi {g, d,j, ecc.) diciamo sonori; ed ecco 
divisi i suoni sanscriti per queste due categorie: 

SoBDi: k, kh; R, Kh'^ t, th\ t, th', p, ph\ g, s, s; ;. 



* Qui si dà Ip schema paniniano (Scoi, a Panini, ed. Bóhtlingk, 
pag. 2-.3); per le cui divergenze dagli scherni dei Pràtigàkhja si 
vegga Whitney, 1. e, p. 351-59. Alla produzione di ciascun suono , 
concorrerebbero due organi; il men mobile de* quali, quasi il passivo , 
è detto il posto (sthàna), e il piti mobile, quasi Fattivo: lo strommto 
produttore (kara^a); ib. 351. 

** V, i §§ 34 e 44, la Lqz, XIV. 

*"*"!' Nelle consonanti sorde, l'emissione è fiatp {gmsa), nelle so- 
nore (6 nelle vocali), è suono inàda)] Rg-Veda Pràtigàkhja, 

Ascoli, Fonol. indO'it.'-gr, 2 



18 §§ 5^6. SISTEMI FÒHKTICU 

Sonori: Le vocali (brevi, lunghe, dittonghi); le nasali e Vanusvàra; 
le semivocali; h{v.%4);ff,gh; g, gh\ d, dh\d, dh\ b, oh. 

Né a questo si è limitata la sagacia indiana; ma aDCora di- 
stinse quelle consonanti, per la cui produzione si forma nella 
bocca un contatto precludente, da quelle per la cui produzione 
il contatto è imperfetto, o manca. Poco, o pressoché nulla, resta 
cosi da aggiungere agli avvertimenti indiani, per ottenere e 
dichiarare la seguente ripartizione delle consoaanti sanscrite, 
la quale, comechè faccia alcune concessioni ali* uso ed alla uti- 
lità pratica, risponde tuttavolta alle esigenze dell* odierna fisio- 
logia. 



Gutturali : 
Palatine (v.§38> ; 
Linguali : 
Dentali : 
Labiali : 



Sorde. 
k^ kh\ 

*, th\ 
«, th\ , 
Pj ph\ 



Esplosive. 

I 



Nasali. 



Fricative. 

I 



Sonore. 

9^ 9^ 

Ù^ 9^^ 
d. dh 

d, dh 

b, bh ; 



n\ 
n; 



1 

Sorde. 






s\ 



I 

Sonore. 
r 



** 



]'■ 



Nelle esplosive f o momentanee (e qui naturalmente non con- 
sideriamo più la sola lingua sanscrita, ma si indistintamente 
una lingua qualsiasi), il contatto, formatosi in una determinata 
parte della bocca, per modo che l'uscita dell'aria resti preclu- 
sa, si proscioglie ad un tratto, al che il suono quasi esplode, 
e riesce istantaneo, tale cioè che non si può continuare. Per 
le fricative, all'incontro, formasi, in una determinata parte della 
bocca, non più una chiusa o un contatto, ma si una stretta, 
per la quale l'aria si versa, producendo come un suono dr stro- 
fimo, che può indeterminatamente continuare**. Le fricative 
perciò diconsi anche continue, e noi pure verremo* cosi chia- 



edito dal Reonier, Journal asiatique, avril-mai 1858, p. 2^1, 301-2, 
Atharva-Veda Pràtigakbja, edito-dal Whitnby, 1. e, p. 347. 

* V. la n. ** della pag. precedente, e la n. **• della susseguente. 

** La r, consonante tremula, farebbe, a rigore, classe da sé. 



§§ 5-6. SISTEMI FOJ>fKTICI. 19 

mandole *. Ma questa denominazione è meno propria dell'altra, 
perchè son continue anche le nasali ^ di cui facemmo una se- 
zione intermedia. Si ottengono le nasali (tutte sonore) facendo 
il contatto come per le corrispondenti esplosive, ma senza pro- 
scioglierlo, e aprendo all'aria la vi.a del naso, la quale, nella 
produzione delle esplosive e delle fricative, le è air incontro in- 
terchiusa dal velo palatino •*. 

Le consonanti greche, e le latine, si distribuirebbero alla lor 
volta, secondo le norme testé accennate, nel modo che segue: 



Esplosive. 



Nasali. 






Sorde. Sonore. 
•| Gutturali: x, -^\ y; 
^ Linguale : 
1 Dentali: t, 5; 



Fricative. 

t 

I I 

Sorde* Sonore. 



Y (in Yx > cc<5. ) ; spirito aspro 



*** 



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5; 



i Labiali : 



?; P; 



v; 



(TX 



9 



• 



•Gutturali: k{c^q)] g\ n(inaw<70,ecc.); 



««« 



Palatale: 



;! Linguale : 
i Dentali : 



6 Labiali : 



.*«♦ 



^, d; 



f; 



b\ 



«; 



m; 



s(dÀ.8eptem)\ 5(diro5a); L 



Iftbiodentali. 



^ Quelle fricative che stanno in frequente connessione etimologica 
con le aspirate (li» eh guttur. ted., p ^th sordo ingl., f, e pur h la- 
tino, che in realtà piti non è una vera consonante) addimandiamo 
eziandio: spiranti (v. §§ 30, 31. 32). 

** La nasale ò continua, per la manifesta ragione che gli organi 
rimangono nel suo proferimento, e possono indeterminatamente rima- 
nere, nella stessa disposizione in cui sin da principio si mettono. Erra 
quindi Max MUller, Lectures on the science oflanguage, sec. ser., 
p. 152, ponendo le nasali tra le esplosive. Nasali ed esplosive hanno 
bensì comune tra di loro il contatto', ma gli è il proscioglimento di 
questo^, che determina l'esplosiva; e per la nasale, all' incontro, il 
proscioglimento non avviene affatto. 

*** Circa Xf «^j ?i vedi il § 31. Lo spirito aspro e il latino h 
Bon possono passare per vero consonanti (BrUoke, a p. 8 dell'opera 



20 §§ 5-6. SISTEMI FONETICI. 

Le tenui delle vecchie grammatiche sono dunque tutte con- 
sonanti sorde i e le medie di esse grammatiche son tutte con- 
sonanti sonore; ma. vi hanno consonanti sorde all' infuori di 
cotesto tenui^ e consonanti sonore all' infuori di coteste medie. 

Le. vocali greche (a «, t *, u ù, e y), w) e le latine (a à, i i, 
u ù, e et ò)i cosi semplici, come abbinate» si descriveranno 
riunitamente quando sarà discorso delle loro attinenze etimolo- 
giche, e si passeranno allora in rassegna anche le vocali u m- 
bre eie osche. Ma delle scritture e dei sistemi fonetici del* 
l'umbro e dell'osco, gioverà sin d'ora notar qualche particolare. 
I resti che abbiamo dell'umbro e dell'osco, parte sono nelle ri- 
spettive scritture nazionali, parte in caratteri latini. Dell'osco 
c'è pure qualche iscrizione in lettere greche. L'alfabeto umbro 
non ha un carattere per l'a; e quindi si confondono, nelle iscri- 
zioni in cui esso è adoperato, l'o e Vu (servendo per amendue 
il segno v), che si distinguono nell'umbro a caratteri latini, 
comechè meno antico. L'alfabeto osco, all'incontro, dà un v 
munito d'un punto (che noi trascriviamo: ù) per l'o dell'iscri- 
zione osca a caratteri latini, ed ha ancora un suo i parti- 
colare, che noi trascriviamo i, riserbandoci di toccare a suo 
luogo della probabile sua pronuncia. Cosi l'alfabeto umbro, 
come l'osco, distinguono per diversi caratteri il v dall't/, distin- 
zione che va perduta nei monumenti a lettere latine. Quanto 
è al sistema delle consonanti, paragonato al latino, mancano 
imprima all'alfabeto umbro il p e il rf; ma che non mancas- 
sero alla lingua, ci è attestato dall'umbro a caratteri latini. 
Due consonanti particolari all'umbro, e rappresentaite nell' alfa- 
beto nazionale da speciali caratteri, sono quelle che noi scri- 
viamo: ^ e r; la prima delle quali è trascritta, nelle tavole 



citata al § 80). Lo C ha il valore prosodico di due coosonauti, e il 
suo valore fonetico si addimostra per noi quello dì z (>* z frane.) dop- 
pio o rafforzato; cfr. lo z di zio nel prospetto delle consonanti italia- 
ne , e v. r Indice , sotto C , ed il terzo Saggio greco nel secondo volume 
degli Studj critici. Lo l (% + g) e lo ^ {v: -^(i) naturalmente non 
compaiono in questo prospetto. Non facemmo posto allo z tra le 
consonanti latine. Circa la fisiologia di p, r, v. la n. ** di p. 18. 



§§ 5-6. SISTEMI FONETICI. 21 

eugubine a caratteri latini, per una 5 con sopravi un'apice, 
distinzione, tutta volta, che di frequente è trascurata (quindi 
spesse volte la semplice s latina anche pel g della scrittura 
nazionale), e la seconda per rs. Della loro ragione etimologica 
si discorre a suo luogo {Lez. II e VII). Perchè sempre si 
distingua senz'altro, nella nostra trascrizione, Tosco l'umbro 
a caratteri nazionali (che è il più antico), dall'osco dall'um- 
bro A caratteri latini, adopereremo il corsivo solo per questi, 
come già altri hanno fatto *. 

Proviamoci, finalmente, ad aggiungere una ripartizione delle § 6. 
consonanti di nostra lingua, secondo le norme fisiologiche alle 
quali abbiamo obbedito nel distribuire le consonanti indiane, le 
greche e le latine ♦*; e potremo eziandio toccare, in questo in- 
contro, di alcuni elementi fonetici, proprj a varj nostri verna- 
coli ad idiomi romanzi non italiani, chiarendo insieme il va- 
lore di alcune lettere di trascrizione che in sino ad ora non 
ci sono occorse. 



* V. ancora, per lo z umbro ed osco, le note 9 e 11. al prospetto 
delle Consonanti italiane ^ a cui tantosto arriviamo. I dati, che 
in questa Lezione si porgono, varranno poi, in generale, anche ad 
assicurare sufficientemente la trascrizione e la pronuncia degli esempj 
irani e litu-slavi, che nel corso della nostra trattazione ci avverrà 
di addurre; solo si aggiunga, circa i primi, sin d*ora, questo av- 
vertimento: che lo zendo ha due consonanti assai affini allo s san- 
scrito, runa delle quali io trascrivo s {- s del Justi e del Lepsias)» 
e r altra: s {s^sh del Justi, s del Lepsius); p. e. khsvas, sex. 

** Sono notevoli, massime se si consideri la data a cui risal- 
gono, i tentativi che intorno al nostro sistema fonetico ha il Lam- 
BRUSCHiNi nella sua Guida dell' Educatore, anno secondo (1837), 
pag. 298-310, 355-78. Ma il Placci {Sul meccanismo della pronun^ 
eia nella lingua italiana , osservazioni del dott. Giuseppe Placci M. 
F.y professore di fisica nel regio liceo di Fermo, Vicenza, 1809), di 
cui egli si giova, onorandolo di molte lodi (anno primo, pag. 315, 
secondo, pag. 298), altro non fa che riprodurre il Kempblen (Le me- 
canisme de la parole, suivi de la description d^une machine parlante , 
Vienna, 1791); e del plagio singolare e impudentissimo non bastano 
di certo a scusar costui le dichiarazioni che egli premette (p. 13). 



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§§ 5-0. SISTEMI FONETICI. 



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24 §§ 5-6. SISTEMI FONETICI. 

Quanto a vocali d* idiòmi romanzi, qui ci limitiamo alle se- 
guenti trascrizioni: 

e, la vocale rumena che è per esempio in ved (vedo), e suona come 
un'é oscurata; - 

Uy la vocale rumena (ch« è per e3. in Romun, Rumeno), rappresen- 
tata dal jìAss dell'alfabeto cirilliano, e di pronuncia cosi turbata, 
che Se ne trovano trascrizioni stranamente fra di loro diverse; - 

(J, la vocale lombarda, ligure e piemontese, che ricorre per es. in 
oju (genov.), olfe> ^ (piem.), otto, 6v (piem.), uovo, mòd (mil.), 
modo, e suona come Veu dei francesi; - 

u^ la vocale lombarda, piemontese e ligure, che suona come Vu fran- 
tsese. 

Nel riferire esempj che spettino all' italiano, allo spagnuolo, 
al portoghese, al provenzale ed al francese, noi di certo noii 
ci permetteremo alcuna innovazione ortografica; ma nel ridurre 
a caratteri latini le voci del rumeno (che si àuol servire del- 
l'alfabeto cirilliano), e negli esempj romanci e di vernacoli na- 
strali, adopereremo con rigorosa costanza le lettere di trascri- 
zione che testé offerimmo *, riserbando ulteriori proposte a più 
opportuno luogo. E ora non parrà, per avventura, superfluo il 
vedere riunite, con l'accompagnamento di qualche esèmpio, le 
lettere di trascririone che abbiamo testé adottato pef alcune 
consonanti nostrali, rumene, e romancio: 

e (selce): cine rumeno (cinque), car friulano (carro), due friulano 
(tutti), cave veneziano (chiave), noe milanese (notte): 

ff (ar,^^ento): Unge rumeno (leccare), gal friulano (gallo), ^aif engadi- 
,nese e friulano {gatto)*, 

i {^z francese): zenoli friulano (ginocchio), oid veneziano (voce), 
averze veneziano (apre), drzola sardo** (aja, areola); 



* Quando mi rimanga qualche dubbio, aggiungo, tra parentesi, 
la ortografìa de' miei fonti ; e talvolta anche Tadduco perchè il lettore 
si facda ben sicuro del nostro sistema di trascrizione. 

** Per sardo, senz'altro, s' intenda sempre il dialetto del Logudoro. 



§ 7. AVVERTIMENTI TECNICI. 25 

z i^j francese): zoc rumeno (gioco), grizu genovese (grigio; v. la 
n. 8 al prospetto che precede), azdid romancio (Bassa Enga- 
dina), aceto; 

« (scemo): lesti rumeno (è), summa napoletano (fiamma), su geno- 
vese (fiore); 

t (zeiZzersL): tare rumeno (terra); 

n (agnolo): guadan milanese (guadagno): noi friulano (notte). 

Resta che ora aggiungiamo alcuni pochi partiòolari di ordine § 7. 
tecnico ^ rimettendoci pei restanti alla intelligenza di chi ci 
segue, alle dichiarazioni che tornerà più acconcio d'inserire in 
altfi luoghi. Saremo costretti a qualche novità, trattandosi di 
studj nuovi; e se non saranno novità felici, io mi arrenderò 
volentieri a chi le proporrà migliori. Vi ha dunque ito- 

prima, che dovendosi qui considerare, di solito, non le lèi-' 
tere dei varj alfabeti, ma bensì i suoni ch'esse rappresentano, 
già sarebbe strano » per ciò solo, che adoperassimo, a indicar 
questi, i nomi di quelle; e si aggiunge, che, volendo, pur cosi 
adoperare i nomi delle lettere, saremmo, da un lato, costretti, 
o a inutili e tediose ripetizioni (per es. la emme italiana e il mi 
greco), a confondere le differenti serie di nomi (per es. la emme 
greca o sanscrita), e, dall'altro, non riusciremmo per questo 
ad evitare modi nuovi, poiché, a dirne una, ci mancherebbe 
parte dei nomi anche pei suoni di nostra lingua, non essendoci, 
a cagion d'esempio, una maniera accettata e facile di nomi- 
nare quel suono che occorre per primo nella voce scemo (s). 
Il rigore scientifico e il bisogno di un modo uniforme, perspi- 
cuo ed agevole, ci inducono a denotare una qualsiasi conso- 
nante, senza far distinzione tra lingua e lingua, per un mo- 
nosillabo mascolino, il quale consti della consonante stessa, 
susseguita da un a breve. Scriviamo quindi: un p, un m, uno 
th, lo s, uno z, ecc., intendendo che si legga: un pa, un ma, 
uno tha, lo sa (scià), uno za (Ja frane), e cosi via via. Di- 
remo iniziale quel suono od elemento onde la parola incomin- 
cia; finale o all'uscita quello per cui si chiude; e mediano ogni 
suono od elemento che stia fra questo e quello. Nello 



26 § 7. AVVERTIMENTI TECNICI. 

scrivere isolatamente i singoli elementi della parola, distinguia- 
mo Y iniziale per una lineetta che gli facciamo succedere (per 
es. 6-); il finale, od uscente, per una che gli precede (-&); e il 
mediano, con una lineetta per parte (-6-). Le figure teoriche, 
vale a dire le voci o parti di voce, che la scienza ricompone, 
ma che più non occorrono nella realtà del linguaggio, si fanno 
precedere, quando si possano temere equivoci, da un asteri- 
sco*. Un'alterazione generale, che intacchi un'intiera serie 
di suoni, chiamiamo tralignamento. Cosi v'ha, a cagion d'e- 
sempio, il tralignamento della media originaria in tenue go- 
tica (got. kniu^gnu ganu, ginocchio, ecc.); cosi la media 
aspirata originaria (gh, dh, bh) traligna o tralinea in tenue 
aspirata greca (greco vscpo; = nabhas, ecc.). Elemento asci-* 

tizio chiamiamo quello che si aggiunge al radicale, ed è suf- 
fisso se a questo succede, prefisso se gli precede, infisso se 
vi penetra. Dei nomi, o adduciamo il nominativo singo- 

lare (ed è, quando si tratti di aggettivi, il nominativo masco- 
lino il comune a più d'un genere), oppure il nudo tema, che 
si distingue, quando non coincida col nominativo, per una li- 
neetta finale (p. e. ferent- latino, nominativo: ferens); e dei 
verbi sanscriti diamo, di regola, il complesso radicale e la terza 
persona singolare del presente attivò (che esce in -tó; p. e. bhd^ 
ra-ti, fert) o dei medio (che esce in -toi; p. e. gài-tai, xei-rat) 
traducendoli per l'infinito italiano o latino. 



* Per altre notazioni tachigraflche, v. Vindice, - Al quale Indice 
accennano tutti i rimandi che si troveranno chiusi tra parentesi e 
preceduti dal vedi (p. e.: v. J-; Assimilazione'^ v. gv\ v. <j/'); e 
d\V Indice medesimo vorrò sempre ricorrere chi desideri la serie com- 
piuta degli esemplari, che da questo volume si possano raccogliere 
per un determinato fenomeno che sia in esso descritto. — Un nu- 
mero, senz'altro, cita la pagina; due o più numeri, il primo dei quali 
seguito da virgola e V altro o gli altri dal punto, citano il paragrafo 
ed uno o piti tra gli esempj che spettino ad esso (p. e. : 10, 4. 5. = § 10 
n.« 4 e 5). 



LEZIONE SECONDA. 



Le dub sezioni della fonologia. — *- La tenue gutturale. 



Si considerano distintamente, nella fonologia comparata ^ § 8. 
due diversi ordini di fatti. L'uno di essi è la serie dei paral- 
leli etimologici; dalla quale si ricavano le norme ed i modi, 
per cui i singoli elementi dei sistemi fonetici delle diverse lin- 
gue si corrispondono etimologicamente tra di loro, e variamente 
continuano il sistema primitivo, al quale es3i tutti risalgono. 
Cosi, il ragguaglio del greco hup- (Gtt-; &ir-vo-? sonno) col la- 
tino 5op- (sop-or), e col sanscrito svap {svàp-na-s^ sonno), 
entrerà fra gli argomenti, pei quali riusciamo a stabilire, che 
il p greco e latino sia la continuazione normale del p origi- 
nario, e il 5 latino e lo ^ greco sieno in siffatta congiuntura 
i normali continuatori dell' originario s. E comechè per simi- 
glianti ragguagli si vengano ad avvertire, pur quando si tratti 
dei più nobili idiomi, non pochi fenomeni di assoluta decadenza, 
tra i quali starebbe, a cagion d'esempio, quello del h greco 
dirimpetto al 8 originario ( hup » sup = svap) , si può dir tutta- 
volta, che queste operazioni ragguagliative concernano, gene- 
ralmente parlando, lo stato sano, o meglio fisiologico, degli 
organismi idiomatici. I fatti deir altro ordine, all'incontro, co- 
stituiscono le serie parallele degli accidenti patologici di questi 
organismi; le quali ci portano a scrutare quelle cause di alte- 
razione, il cui effetto, più o men frequente, più o men profondo, 
si produce in modo uguale od analogo, ora su questo or su 
quel suono o complesso di suoni originarj od antichi, ed è spesse 



28 § 8. LE DUE SEZIONI DELLA FONOLOGIA. 

volte deleterio, si che essi ne vadano snaturati e distrutti. Cosi' 
restando all'esempio di prima, Vu del hup- greco ( = svap, sop-ì 
si manifesta essere una contrazione del complesso originario va , 
non estranea pure al sanscrito {sup-tà, che ha dormito), della 
quale contrazione si tenterà l'istoria; e il p della stessa ra- 
dice (sop-), imbattutosi in un n, si altera, nell'Italia, prima 
nel m del latino som-no- (*sop-no = Stc-vo « svàp-na; assimilazione 
parziale), poi nel n dell* italiano son-no (assimilazione totale), 
e infine tramonta del tutto nel sono dei V^eziani; dove l'India 
seriore, quasi ad impedire il lavoro assimilativo, aggiunge alla 
sua volta un elemento anorganico tra radice e suffisso (pra- 
crito 5t6-£-na- * sscr. svàp-na-), e quindi ha un' alterazione che 
intacca la parola, e non più, almen direttamente, alcun sin- 
golo suono di essa. 

Lo studio del primo ordine di fatti , costituisce naturalmente 
la prima e più importante sezione della fonologia comparata. 
È la sezione comparativa o ragguagliativa per eccellenza, e 
potrebbe dirsi: dei continuatori etimologici de' suoni originarj. 
La seconda sezione, in cui si considerano i fatti dell' altr' or- 
dine, e si potrebbe dire: dei fenomeni patologici o degli oc- 
cidenti , ha anch' essa la sua diretta importanza neil' opera 
riunificatrice, sia perchè pur v' ha un certo numero di questi 
accidenti che risale a periodi anteriori alle divisioni, sia per- 
chè non pochi ragguagli etimologici si ottengono od almeno si 
assicurano sol per Io studio di questi fenomeni medesimi; ma 
la sua principale utilità consiste in ciò, eh' essa ci offre Visto^ 
ria comparativa dei detrimenti fonetici, ai quali le antiche 
figure vengono soggiacendo nel tempo e nello spazio. Non è, 
del resto, sempre agevole il riconoscere il confine che separa 
l'una sezione dall' altra, né sempre è agevole od opportuno il 
religioso rispetto di questo confine. La prima sezione anticipa 
quasi inevitabilmente, e in misura non iscarsa, sull'opera della 
seconda; anzi, a rigore, si potrebbe dire, che quella usurpa 
su questa anche tutta la molta parte dei continuatori etimo- 
logici, in cui non s'abbia una continuazione inalterata dei 
suoni primitivi. 



§ 9. ORDINE NELLO STUDIO DEI CONTINUATORI. £9 

Venendo ora senz'altro allo studio dei continuatori etimo- § 9. 
logici, considereremo imprima \q consonanti, e poscia le vocali. 
La dissonanza tra lingua e lingua, se pur non sia minore» 
riesce di certo, in generale, mèn sensibile rispetto alle vocali 
che non rispetto alle consonanti; ma appunto per questa, torna 
più logico, in una trattazione come la nostra, che il ragguaglio 
delle consonanti sia mandato innanzi a quello delle vocali. Im- 
perocché, ove si tenti per primo il ragguaglio di queste, s'in- 
contrano di continuo difficoltà soverchie nella parte non ancora 
studiata, cioè nelle consonanti che si accompagnano alle vocali 
nelle parole che si vengono tra di loro comparando. Cosi, a dir 
di un esempio, importa di considerare il latino fir-mo- (»dhar-ma) 
tra i casi di i latino per a radicale originario; ma il parallelo 
fir = dhar non avrà alcuna evidenza per chi non abbia ancora 
appreso a ricondurre il /"latino all'originario dh. Se, all'incon- 
tro, senz'avere ancora riconosciuta l'equazione i lat. =» a orig., ci 
varremo del lat. fir- di firmo-, cioè di fir = dhar, tra gli esempj 
pei quali si dimostra l'equazione f- lat. ^dh- orig., la dissonanza 
non ancora chiarita [i = a) qui manifestamente nuocerà assai 
meno all'evid-enza del riscontro. 

La prima consonante che ci occorre nell'alfabeto sanscrito, § 10. 
eletto ormai a nostra guida (§ 3 in f.), è la tenue gutturale: k, 
della cui ragione fisiologica sarà ritoccato in appresso (§ 38). 
Negli esempj a cui tosto veniamo, vi avrà concordanza perfetta, 
in ordine a questa tenue, tra la favella indiana, dall'una parte, 
e ameudue le nostre favelle europee, o l'una almeno di esse, 
dall'altra. Precederanno, qui e sempre, gli esemplari in cui il 
fenomeno sia iniziale, di poi avranno posto quelli in cui si abbia 
mediano', ultimi, dove ne sia il caso, verranno quelli in cui oc- 
corra finale ( § 7 ). 

1. Sscr. (vedioo) kdm, di sicuro, veramente;- gr. xev, xx dor., yà 
(v, Ind»)^ per 63.- twv x$v tt? to5' ^/,Tf)<ytv, It;i\ ^àvj Sto? *05u<xaeu?, 
un di loro certamente l'avrà, morto che sia il divino Ulisse 
(Odiss., I, 396), E in ispecie si confronti nù kam = >t\) >ce^ 
(BfiNFEY, Gloss. al Sàma^eda^ pag. 46), p, o. : ima nù kam 



30 § 10. k originàrio;^ k sanscrito, x greco, c latino. 

hhùvand siSadhdmay ora veramente compiremmo queste creazioni 
(operaiioai ; fg^-t X, 157, 1 ), tmìX vu xsv sTpuff^ev te, e certamente 
[lo] avrebbe trascinato (IL, III, 373)*. 

2. Sscr. kar-'t kr*-nà^t^ti^ torcere il filo, filare (cfr. hart^ nectere, 

§ 13), kar^t-ana-^my il filare;- lat. cm-^-es**. 

3. Sscr. kar-^t kàr^t^a'^ti kr-n-t-'d^ti ^ tagliare, recidere, kar^t^ 

'^Lna^m^ il recidere, kar^t-ari^ forbice, coltello da caccia; - lat. 
cul-t-er. Sscr. ki^'-t-ti^s^ pelle;- lat. cor^t-ex. 

4. Sscr. kùpa^Sj caverna;- lat. cùpa^ nicchia mortuaria, bot- 

te;- gr. xuTTTj (Esichio), caverna, cavità. 

5. Sscr. (vedico) krpj bell'aspetto, beltà, splendore {stfdjd krpà 

tanvd rdukamdna:^ risplendente per la sua bella parvenza e 
pel corpo, rgv.j VII, 3, 9); zendo kerep^s (nom.), kehrp~em (acc), 
corpo, carne; armeno kerp, forma, figura;- lat. corp^us***. 

6. Sscr. kraviSy kravj^am^ carne cruda, carogna, kravjàd" ( kra- 



* Questo esempio, che 1* ordine alfabetico e la scarsità degli esem- 
plari per k dinanzi a vocale, c'inducono a metter primo, domande- 
rebbe veramente lunga legittimazione. V. Vlnd.y e Pott, Etymolog, 
forschung,^ sec. ediz., I, 424-8. 

** Mi pare molto probabile, che il nucleo radicale kar kra^ base 
di questo kar^-t (torcere, contessere), non sia, in fondo, diverso dal 
sanscrito kar kir^d^tij spandere, gettare, cospergere, ricoprire, dove 
è da confrontare, rispetto ai significati, Tindo-irano vap^ spargere, 
cospergere, tessere; dal quale kar non vorrei disgiungere i greci 
X6p-av-vu-[jtt, x^p-vifi-fAt, mescere, mescolare, mandare insieme, combina- 
re, che il Bopp gli ha raccostato. Cfr. Pott, Wurzel^wórterbuchj I, 4, 
CoRssEN, AiAsspracke ecc., I, sec. ed., 443, e ancora, circa 1 signi- 
ficati, qui più innanzi, il § 12, num. 5. Ma ad ogni modo non 
saprei congiungere, come fa il Curtius, GrundziJige ^ n. 76, questo 
kar sanscrito (cospergere, ecc.) col gr. xp^-vco^lat. cerano; paren- 
domi evidente, che il kar^ a cui risalgono xp^v(o e cemOy sia all'in- 
contro quel diverso kar^ base del kar~t che qui sussegue ( tagliare, 
recidere), il quale ritorna pur nel greco xeipco, recidere; dove sono da 
confrontare, rispetto ai significati, il latino de^cidere^ il tedesco schei- 
derij ent-scheiden (scernere, decidere; etimologicamente: scindere) ^ e 
simili. Cfr. ancora i sscr. gar e kar, § 13, 12. 

*** I significati: corpo, forma, bella forma, bellezza, si vedono 
riuniti nel sanscrito vdpus. 



§ IQ. k originario;- k sanscrito, x greco, c latino. 31 

vja + ad), carnivoro, mangia-cadaveri ; - gr. xpsoc; (v.jf), car- 
ne;- lat. caro {caren^^ v. r). Sscr. Arù-rà-s, sanguino- 
lento (e quindi, come il lat. cruentus^ così quello che manda 
eome quello che sparge sangue), crudele, tremendo, aspro, du- 
ro;- lat. cruoTj cru^entu-^s^ crw-<fM-«, crwd'^li-s *. 

7. Sscr. Jisurd'S, rasojo;- gr. 5up^-?, 5wp^-v» rasojo. 

8. Sscr. "ka, p. e. in cZ/iàrm-/-kà-s, giusto, virtuoso, da dhàrma*^ 

statuto, dovere, ecc.;- gr. -xo, p. e. in )^pov-i-xo-s, che con- 
cerne il tempo, da j^c^vo-, tempo;- lat. ^co^ p. e. in coeZ-i-co 
(coelicus), da coelo^, 

9. Sscr. skand skdnd-a-tiy salire, scandere, cadere, elabi, effluere, 

skan^nd- (skad+na), elapsus; immissus, infusus (de semine) *♦;- 
lat. scandi-ere. « 

10. Sscr. nrtA- (v. § 13), nakta-^^ nàkti'-s^ naktàyi-^ notte, ndkta-'m 

avv., di notte;- gr. vuj (vuxt-), notte;- lat. noop {noeti'*). 

11. Sscr. daks ddks^a-'tai^ essere atto, valente, dàksd-'S^ valente. 



* Tra i molti paralleli zendi, che lo Justi (Handbuch der zendspra^ 
chey p. 92) adduce, sarebbero il participio attivo khrvant-- (« criien^-w-s), 
tremendo, e Taltro participio, ch'egli dice medio : khrùta^y pel quale 
ha l'esempio: iimó kUrùta-hè^ dell'inverno che oflfende (ferisce). Ma 
saremo veramente al nostro crudo verno ^ e cosi raggiungeremo il 
gr. xpu-o;, gelo, ecc. Cfr. Curtius, o. c, n. 77.- khr zendosAr 
sanscr. ecc., ò normale (v. Aspiramenti). 

** Sarebbe uno scandere ancora indifferente tra Vad^scendere e il 
de^scendere] cfr. il sscr. pat^ volare e cadere, «gr. tz&x di Tt^-Tct-to, 
cadere, 7reT-o[xai, volare, che è quanto dire il muoversi rapido così 
dall'alto in basso come dal basso in alto. 11 Westergaard {RadiceSy 
s. skand) ha pel valore di ascendere l'esempio: drapsas fai md dja 
skan ('skand), che non salga (?) la goccia tua al cielo. All'incontro, 
sempre accanto a drapsa- ( goccia ) , col significato di effluere seu- 
z' altro, e quindi descendere ^ abbiamo {rgv. ^ X, 17, 11. 12. 13): 
drapsdg kaskanday drapsd: skdndatif drapsd: skannd:. Ma dai valori 
che skand assume nel congiungersi coi varj prefìssi, meglio ancora 
si rafferma la sua identità collo scandere latino; p. e.: ava-^skand^ 
ascendere, oppugnare, — £ ali* incontro piti che problematico se qui 
spetti l'esichiano 9x^vS-apo?, ^ iTcocvaLatadig vuxtòc àcppoSia^cov fvexoc (vedi 
Benfet, Orient u, occidente II, 754), comechò vi si aggiunga: Phot, 
lex. ms. cxivSaXeufitv. tò vixTwp STravaffTyJvat àxoXàdTw?, 



32 § 10. k OHIGlNÀRip;- k SANSORITO, X ORBCO, C LATINO. 

abile, ddksina-Sy abile, destro (che è a mano destra *), pra- 
-^aksinity per modo di offrire il lato destro (4, 2. 3.);- gr. 
Ss^c^*;, abile, che è a mano dritta, SeÌiTsp(^-; (forma compara- 
tiva, che sanscritamente suonerebbe dàA/cWara-s), id.;* lat. 
deoc'^teTj dtoo-timws (forma superlativa, che sanscritamente suo- 
nerebbe deìA«a-(6i«fa-s). 
12. Sscr. maksù^ama-$, prontissimo, màkèù {maksù) avv,, pronta- 
tamante, tosto ; - lat. mox, 

§11. Alla equazione unisona: k sscr. axgr. = c lat., offertaci dagli 
esempj che testé sentimmo e da altri consimili che in appresso 
ci occorreranno, aggiungendosi, dall' un canto, la testimonianza 
concorde delle altre lingue della famiglia, per la quale breve- 
mente citeremo: kareta- zendo, coltello (10,3.), èrati/es litua- 
na, sangue (10,6.), naktis lituano, nahts gotico**, notte (10, 
10.), e, dall'altro, le ragioni generali dell* economia del siste- 
ma fonetico indo-europeo, le quaji verremo a mano a mano 
riconoscendo, ce ne risulta, che nella corrispondenza etimolo- 
gica: k sscr. = >c gr. - e lat. s'abbia la continuazione inalterata 
della tenue gutturale originaria (A); ed è quanto dire, che, 
negli esempj a cui alludiamo, le tre nostre favelle si manten- 
gano, rispetto a questo suono, nella condizione proto-aria- 
na (§3). Ma alla continuazione intatta fallisce spesse volte 
runa l'altra o più d'una delle tre voci, od anche le falli- 
scono tutte e tre, per effetto di varie vicende della tenue gut- 
turale originaria, che noi verremo partitamente esaminando; e 
intanto incominciamo dal riconoscere le alterazioni compiutesi 
nella voce asiatica, le quali, in ordina alla loro estensione, son 
qui maggiori di quelle che abbiano subito le voci europee. Si 
ha, dunque, gran numero di esempj, ne' quali i riflessi greci , ita- 
lici, germanici (e celtici) offrono quello stesso suono, che negli 
esemplari testé discorsi vedemmo continuare, d'accordo col k 



* E quindi il Ymridionàle ( il Dekban » cfr. praor, dakhina- * sscr. 
dahsina'^); v. Stiuij orientali e linguistici ^ I, 219. 
** h got. : k sscr. ecc. : : f got. :p sscr^, eoo. ; v. la nota a p. 62*64 



§ IL k originario;- q sanscrito, x greco, e. i^atino. 33 

sanscrito, la tenue gutturale originaria, mentre il riflesso san* 
scrito, all'incontro, ci ofire, non più A, ma bensì K (tenue pa- 
latina) g (sibilo palatino), e in ispecie questo, come si vede 
dalle prove che ora seguono. 
Esempj di g sscr. = x gr. = e lat. {^k originario)*. 

1. Sscr. gaid-m^ cento, gatà-pad-^ centipede (é-xart^-jx-TroS-, centi^ 

|3ed-);- gr. é^xat^-v**:- lat. aentU'-m. 

2. Sser. gad^ d-^ad^x-t (3, pars. sing. aor. att.), cadere *** ; - lat. 

cad^ere. 

3. Sscr. pro^ (indecL), fiducia» fede, grad^ihà^ fede, grad + dhd 

grdd + dadhatij porre fede, credere •*** ; - lat. cre^do cre-didi. 

4- SsQT^.grd gratti (partic. perf. pass, gr-td^^ grà^nd'-)^ cuocere ;- 

lat. cre-m^are (v. Introdus. alla MorfoL, s. --ma] e. Metatesi). 



♦ Per questa equazione si possono vedere gli Stitdj critica II» 74^81. 

•* V. ib., 239-40. 

*** NoH so astenermi dall' addurre il sscr. gad accanto a cad^ere 
latino, comechè io debba confessare che il significato di cadere non 
mi paja ancora sufficientemente assicurato per lo gad del sanscirito; 
a dello zendo, malgrado la dichiarazione indigena {gad^gdtanai)^ 
e la concorde traduzione che il Benfej ed il Kuhn ci danno della 
terza del pi. perf.: gd-gad-ùs {rgv.^ Il» 20, 4, son periti), e lo zendo 
gad-^nja'-t (causat. : he made to happen, to cause)» e il sansòrito 
goda, che il Benfej {sdmav.y II, 5, 2, 3, 7) rende per ^goccia' (la 
cadente). All' incontro mi pare assicurato il valore di ^ atterrare^» 
^vincere', alle forme intensive: ijà-f?ac?-àna-, gd^ad-yndhai. '^ Cfr. 
RoTH, Nirukta, ad VI, 16, 14; Kuhn, Zeitschrift, I, 91-2; Ben- 
FEY, Gloss. al Samav., s. 1 ^f (p. 60); Hauq e Dbstur Hoshengji 
Jamaspji, An old zand'*pahlavi glossary^ 122; Jusri, o. e, s. ^odf 
Spieoel, Die aUpersischen keilinschrifien^ s. thad. 

**** grdd vigvd vàrjd hrdhiy fa [che si compiano coni fiducia tutti 
i sagrifici (rgv^y Vili, 64, 2);- graddhàm prdtdr havdmahai grad^. 
dhàm madhja dinam pdri / graddha mrfasja nimrùìii grdddhai grdd 
dhàpajaihd na:^ la fede di buon mattino invochiamo, la fede* sul 
mezzodì, la fede al tramonto del sole, o fede, fa che qui noi conse-> 
guiamo fiducia (r^t?., X, 151, 5). 

Ascoli, M'onol, indo^H.-gr» 2 



34- §^11. -fe originario;- g sanscrito, x greco, c làtiKo^ 

-5. Sser. gru gr^ndu^tii udire, j?rw-^i*s, notizia, vi-^ru-taT^ famige- 
rato, g7*di'-as (ved.),. gloria;- gr. xXu-w, odo (imperat. aor. 
xXu-5t =s sscr. gru'-dhi), xXu-to-; (s sscr. gr{i-^td-s)j celebrato, ^ 
xXeo; (xXe/'-o;, v. r), gloria;- lat. clu-o^ clu^e-Oy clu-tu-s, 
in-clu-tu^s (V, gì » * ci), 

6. Sscr. fra'um-s, prawm, coscia, lambo; - gr. xXc^vi-; (v. ^), 

coccige;- lat. dùni-'S, 

7. Sscr. gvaYi' (nomr j?t?à, acc. g'oàn^am^ gen. jjiiw^as), zendo 0)an- 

(>van, V. § 17, in n.) e ^MWt-, cane;- gr. xuwv.Cxyoy-g; gen. 
xuv-(^? = sscr. pziw-as), cane;- lat. cam'-s (v. t?, e il § 20). 

8. Sscr. dg^ri^Sy il lato aguzzo di un oggetto ; angolo ; taglio della 

spada; Udiur^agri" Katur^agrd-y quadrangolare;- gr. 5x-pt-;, 
punta, asperità; ax-po-;, estremo, che è in cima, tò £x-po-v, Ja 
cima, àx-pt-«. Tetta di monte;- lat. oc-n'-s (Festo: ocrem 
antiqui, ut Atejus philologus in libro glossematorum refert, 

» 

montem confragosum vocabant, etc); ac-u-s^ ac-u-o^ ac-ie^s, 
.9. Sàcr. dg-ù^Sy veloce, àgvjdn (tema: dgijds)j piùvelocej àgistha-Sy 
velocissimo;- gr. wx-u-; ,• veloce, wx^wv, più veloce > loxtato-?, 
velocissimo;- lat. Óo-i-ter, d(yior>, óc-is-simu-s ; acu*'j9ec?-iw-s, 
piè-velòce. 

10. Sscri kaldga^Sy boccale, vaso (in cui stilla il Soma), scodellinà; 

dhrsdt piba kaldgai sdumam indray bevi nel nappo gagliarda- 
mente il Soma ^ ò Indra {rgv.y VI, 47^ 6);- lat. calio^s;-^ gr* 
xuXtS (V. usa), còppa, calice. 

11. Sscr* ddga-fi dieci, dagd-t-y decade, JDa^ a-pwra-m- = Decapoli , 

" daga-md'Sy decimo ; - gr. Sexoc, dieci ; -* lat. dece-wi, deci-mu^s. 

12. Sscr. pag^-Sy pecus;- lat. pec-u {pecu-bus = zendo pagu^bja), 

^ec^us Cpecos-is pecoris), peo-ud- (pecus pecudis). 

13. Sscr. pff-m-5i screziato, yariegatt>, pezzato;- gr. •ic6px-v(f(;, ic£px- 

-o-c, macchiettato, chiazzato di nero, nerastro (Pick). 

14. Sscr. darg ^a^^drg-a (perf.), vedere, darg^aid^^s (= AEpxsro^), che 

è da vedersi, appariscente, cospicuo; -^ gr* Sepx-o-fjt-ai-» (perf. Se- 
-5opx-a)^ vedo* 

15. Sscr. da^ ddg^a-tìy mordere ; - gr. -8ix-v-a> (aor. ?-8qcx-o*-v), niordere. 

16. Sscr. dig (di^dais-^ti) di-^g-d-'tiy assegnare, degnare, mostrare, upa'^ 
• -dtf-? (67ro-iBe6c-vu-jii.t), indicare, espórre, insegnare prà^^dig^ (itpo- 



ì¥ 



V. Studj critici y II, 222-35. 



§ 12. A originario;^ K sanscrito, x greco, ó latino. 35; 

• . '-BstVvu-fxt), indicare, prescrivere ; c?atj>-i*ntv il dito indica /gr. .: : 
^e^x-vu-jA£v ic mostrò, 8tx-7j (veramente: direzione, = sscn c?if-a^ 
direzione, indi: plaga), costumanza, uso, diritto ;- . lat. m-dicr 
(in-dec-s), dic^a-re, inrdlc^a-re'j dio-is causa (per mostra) ; 6?eiC0 
(dico, osco deik-um, dire), dic^-aoc. 

17. Sscr* naQ ndg-a-ti (cfr. § 13, 13), perdersi, dileguarsi, andare 

in ruina; al causativo: ndg-dja-ti, far disparire, mandare in 
. ruina; ndg-varasy caduco; zendo nag-u-s, cadavere; - gr. vex- 
-u-?, cadavere, vex-po-;, morto;- lati wec-s, nec-D; noc-^Èa, 
noc-e^ ( = sscr. ndg-dja-). 

18. Sscr. nag ndg-a-ti (con nasale' interna: zéndo nàg^at, tipo d* 

terza sing. d'imperfetto; sscr. wa^-^'j aor* pass.), raggiiing^erey 

conseguire;- lat. nanc-i-sco-rr, wanc-(M-s, nac-tu-s., 

^ ». « . • .... ' 

. * • • , • • ... 

Ora pochi esempj per la infrequeate equazione: R sscr.=:.xgr. § 12, 
«clat; =k originaria (cfr* §§r 1&; 41, 4): , 

1. Sscr. Rakrd-y ruota, disco; - gr. xuxXo-;, circolo. [V. § 19, in n.] 
*2. Sscr. Kand-rd'Sy favillante (puru-gKandrd^, molto sfavillante), 

biondo; il dio Luno, la luna; - lat. cand-eo^ cand-ela, cand-h 

-dus. ' [Cfr. 41,4.]: 

3. Sscr. ruK rduR^CL-tai^ rilucere, splendere, ruh-, luce, rauR-iSy 

raggio; - lat. làc-s, luc-er-ntty Louc-ina^ Luc-ina; - gr. Xeux- 
-o-?, spleùdido, chiaro, bianco. 

4. Sscr. vaK (I.* sing. pres. att.: vM-mi] vedicò: t'i-ra^-twi, colla 

gutturale), parlare, chiamare; vdk^asy parola, prece, inno, vàK-^, 
parola, discorso, inno, a-vdk-^ senza- voce, muto; -• lat. vÓC'^a*re{ 
t)òc-- (nom. vóc-^s-vdkh-széhdo). [V. Ittoc ecc.]. • ' > 

.6, Sscr; parH pr[nd]k-ti (3.® pi. pr[njK-dnti; p^rtig. perf. p?kss-! 
prk*td') , mescolare f mischiare , congiungere ( safn-^rh-ta-^^ , mi-r 
schiato, collegato; e il suo contràrio: vi-^rh-ta-^ messo fuoif 
di contatto, diviso);- gr. i^XeVw» intreòcio,; annodo;-^ ,l(^t, 
jptóc-^KJ, "plic- (sim-jjWc-, du-^lio-i écc.)^ plic-»o *- . 



• * Di esempj affatto sicuri, in cui, sènza, mettere in- contò il h re» 
dnplióativo (13,9.), si abbiano, nel sanscrito, eh e g periìnp stessa, 
k originario (Kuhn, in Hoefer's Zeitschrift fUr die toissenschaft der, 
sprachey II, 173; Benfey, VolUt. gramm, d. sskritspr.^ pag. j30)„ 
noR ne veggo alcuno. Il vedico rùg-at- (per es. sd^nid^dì^^Q Tlì^d 



36 § 13* V£C£ SANSCRITA m X( B ^, Z>I A 6 f» 

13. Pure entro ai confini della stessa lingua sanscrita si avver- 
tono le equazioni Jlsh, g^k, aiternandovìsi, per ragione eti- 
mologica, e, in parte, anche per mera ragion fonetica, cosi R 
e A, come p e ft (cfr. i §§ 24, 34, 36, e l'Indice s. h-s). La vece 
sanscrita òxTt q k e più decisa e frequente che non quella di g 
e A; e certo per questa ragione, che all'epoca in cui le forme 
si fissarono, fosse ancora assai poca la differenza fonetica tra 
A e R (v. § 38). Troviamo cosi molti esempj, in cui un mede- 
simo complesso radicale esca per K, dinanzi a vocale od a y, 
ILel verbo, ed esca all'incontro per A, ancora dinanzi a vocale 
od a j^ in qualche formazione nominale. Si osservino: 

1. aK anU (partic. perf. pass. anR-i-td-), piegare;- ank-d-Sy ank^ 

-^dr^y arpione, uncino, cfr. gr. ^Yx-o-^^Iat. unc-^u-s. 

2. arK [rfrA-a-^ì], rilucere, arRA-^s^ raggio, fiamma;- ark^d-^^ 

raggio, lampo. 

3. uJt ùìL-^ja-^Uj compiacersi, uJi-i-td-s^ adatto, abituale; - duk-aSf 

stazione abituale, abitazione. 

4. paR paR-a-ti, cuocere, portare a maturità; - pàUd-s, il cuocere, 

il maturarsi. Cfr. § 16, 7. 

5. parRy % 12, 5;- madhwparha^, mistura di miele {mddhu). 

6. vaRy § 12, 4;- vàk-jà-m ['vàkià-, v. pag. 16], discorso *. 

7. guRj gduR'U-'tiy affliggersi;- gduka-s^ afflizione. 

8. siR sinR'd'tiy aspergere;- saih-asy aspersione. 



adargipàga:^ dell'acceso [fuoco] il rosseggiante colore [chiarore] 
si vede, rgv.j V, 1, 2) non pu6, tuttavolta, di leggieri staccarsi da 
ruRy rilucere (12, 3.), quando in ispecìe si confronti una frase com'è 
ìa seguite: anjdd rùgad asja paga: krsndm anjdd^ rosseggiante 
Ynn ecfore, nero l'altro {rgv., I, 115, 5), con quest'altra: artjdd 
rduRatai krsndm anjdt^ l'uno riluce, l'altro è «ero (rpt?. Ili, 55, 
II);- né vorremo staccare il sscr. prag-na^ intreccio, canestro, dal 
greco Tckéìt;'^ ecc. (Fiok, Wórterbuch der indogermanischen grund^ 
3praehey 119)1 e dal sscr. parR che testò studiammo (12, 5.); ma 
qui forse trattasi di vicenda meramente grammaticale. Y. ancora Sti4dj 
erit., II, 239-40, 
♦Cfr. §24, 6, »• 



§ 13. VECE SANSCRITA PI A B X, I»I A E f « 37 

Inoltre è regola, che il reduplicatore Ài h sìSl K (efir. § 24, 11, 

e § 34), mentre jp, ali* incontrò, reduplicherebbe per V identico jp 

{paty volare ecc., perfetto: pa-^t-àj^ e cosi t per t {tan^ t&st^ 

dere, perfetto: ta-idn-a). Quindi: 

» 
9. kar, fare (lat. cre-^^ ecc.); perfetto: Jta-^kàiMiy feci, fece; temi 

intensivi: kar^kar^ kari^ftar (nel dial. vedico voci intensive che 

ancora reduplicano per k: partic. pres. kdrir'krHXt'^', '^ kram^ 

incedere (13, 12.); perf. ka^krdm'-a^ tema intensivo: Kan'-kram, 

y^ha poi, in terzo luogo, che talvolta coesistano, indipendenti 
ormai Tuna dall'altra, la figura radicale col Jl e quella col k; cosi 

10. ki-^ (zendo fti-t), particola enclitica, veramente un nom.-acc. 
• neutro di quel pronome che al nom. sing. diede il sscr. ^ki^s 
(17, 1.; nello zendo, colla palatina pur questo: ki''S)\ kart 
ktt'à-'tij nectere, - allato a kart (10, 2.); kit kait-^-^U scor- 
gere, considerare {kint kint^dja'-tij meditare, pensare) ,- ac- 
canto air equivalente esemplare reduplicato: ki^-kait-ti (partic. 
pres. di tipo intensivo: kài-kit^at-) , la cui radice mantien la 
gutturale; e la stessa vece si ha nel piti semplice tipo radicale? 
kif kiy onde, a cagion d'esempb, dpa^ki^a^f considerato <sti-* 
mato), ninki'ta^^ scorto, allato a nt-/^i-/c;-a<-, che scorge, os- 
serva (cfr. § 15, 1. n.) ♦; lauk Iduk^a^tai^ vedere, 2du/^na-»i, 
occhio,- allato a lauk Iduk-^-tai^ vedere**. 

Finalmente, si ha la continua vece grammaticale di K e %; 
dove le figure col k di certo continuano, generalmente par- 
lando, la condizione primitiva, ma, in parte, pur si dovranno 
all'adattamento fonetico ed all'analogia***. Il Tty per cui finisce 



* Coppie non bene peranco accertate, sarebbero : kùn kùn, contrar- 
re, kùl {kùd) kùry abbruciare, kan kan {kan\ mandare un suono; 
hipja--, nome dì un verme, kipja'-y id. 

** Ed entrambi, denominativi di certo, pur secondo altra conjuga- 
EÌone: lauk-^dja^ti lauk'^dja^ti; v. Vlntroduz, alla fnorfoL (n*^ ecc.). 

*** Allato a vak (12, 4. 13, 6.) abbiamo vàk-van-- (ved.)j oratore, 
cantore, ed allato a pak (13, 4.) abbiamo pàk-vd-'^ cotto. Si può 
chiedere, se il k di vdk-'van e pak^vd sia diretta continuazione del k 
originario, o se piuttosto noi si debba alla tendenza di sfuggire la 



Sg § 13. VECE SANSCRITA DI A E /f, DI k M g. 

uÀa dgura radicale, lasciali posto al &» o al normale sudce-^ 
daneo di questo, quando si abbia \ uscita scoperta oppur la. 
immedìatf^ annqs^ione ò! esplosiva o sibilante; come apparispef 
dalle voci che ora offriamo: : .; 

11. ruk (12, 3.), splendere; rii^- (fem.), splendore, al noihin. sing.: 
J rùk', e k pur dinanzi a m, nella derivazione nominale*: ruk" 

*-wd-, oro t il rilacente); - vaM- (12,4.), dire; partic, perf. pass.: 
w^-tó-; infinito: vdh^um', 1. pers. sing. fut.: vak^sjàmi'^^ vdh" 

' Cfem.), dis.corso, al nomin. sing.: vàky all'accus. sing. : vàh-am^ 
.ma al locat. plur.: vàk-iù^ al dat.-abl. plur.: vdg-bhjàs ^'vàk- 
'bhjasy V. Assimilazioni); - park (12, 5.) pr-n-h-ànti (3. pers. 
pi. pres.), mescolare; partic. perf. ^SLSS.iprk^td^; 2. e 3. pers. 

* «ing. imperf.: a-^r-no-/e. 

La yece di p e A, -air incontro, lion si afferma per alcun fatto 
che risponda a quelli delle prime due serie per le quali sì affer- 

• r • . ^ 

ipava la vece di Jt e k (pah pdka-; kar Hahàra). Ma per la 
varietà radicale col ^, alla ^uale coesista la figura col $, fattasi 
runa dall* altra indipendente, si possono addurre; 

12. gar gr^àr4iy laedere, dirumpere, abruinpere ( greco ,KEP, xe^pa>, 

- recido, roda, devasto), -ffr-na-, .che si è~spiccato;^ accanto a 



combinazione Hv (cfr. vag'^ùnQÌÌQ As:similazioni^ e il §14 al princ). 
La 9[uale. affatto. non si vedeva, tra i .nessi binarj^ nel prospetto del 
BoEHTLiNGK (1. c. a pag. 10); e s^'ha in quello del Benfby {Volisi, 
gramm. d. sskritspr,) solo in grazia dell' m che si fa t?, affin di to- 
gliere l'iato, in kaKvaus {kaKu + aus)^ genitivo-locativo duale (cfr: 
kakvi^haku ap. Boehtlingk-Roth). Ma hanno entrambi il ternario 
nkVj che si ottiene, almen teoricamente, p. e. da W/E, vacuefacere, 
alla prima del pres. att. duale {rink + vas). Al partic. del perf. att. 
di ruJij splendere {-f'uh-ì-vas)^ abbiamo il vedico ru-^uk^vds {sd- 
niav^y II, 9, 1, 4, 1 =rgv,j I, 149, 3).- Pure in questa parte si 
viene determinando un' antitesi fonetica fra verbo" e nome ( 13, 1-8.), 
é a questo riman sempre il carattere di maggiore antichità; si con- 
frontino, p. e., vdk^mi (ved. vi-'vak-mi) , io dico, e il tema nominale 
vdk-màn- (BenfÉy, Volisi, gr.^ § 415); v. il testo (l'3, 11.) e cfr. §24* 
* y« la nòta che precede, e quella al § 24, 13; e cfr. QuU-^rd-^ vi- 
splendente, allato a ì?à^, risplénderè, àrdere. 



§ 13. VECR SANSCRITA Di'/t E ^, DI /t E f». 39 

kar kr-^à-ti kr-ndu-tif ledere, uccidere {kdr^a^Sy uccisione*), 
ed al kar-'t di cui già dicemmo (10, 3.) **; gram gràm-ja^ti^ 
stancarsi, pràn-fà-, lasso, allato a hlàn-td-^ che dice il medcr 
Simo, e così grama-s = klama-s^ entrambi: stanchezza; dg-ri^s 
-ag-ra^, §11,8, allato ad dg-ra-m Cdk-ra-m àx-po-v; cfr, gag-- 
-md" *gah-md" ecc., nelle Assimilazioni) , punta, estremità, ver- 
tice; nig nig-d, notte, accanto a nak ecc. che valgono il me- 
desimo (lo, 10.; V. i sscr. =s a orig.) ***. 



♦ V. ancora la Fonologia irana^ s. 2. kar, 

** È della famìglia anche il latino curtu^s^ propriamente: mozzo 
tv. brevis nel sec. voi. degli Studj crit., e cfr. § 15, 4), s'abbia poi a 
dividere : cur^t'-U'^s o cur^-tu^s, E di base non diversa è il sscr. krdhù''^ 
mozzo, raccorciato, tronco, v. V Introduzione alla morfologia^ s. v. 

*** Mi sono risoluto ad accogliere nel testo anche l'esempio nig 
fiig^d (cfr. dig dig^à^ 13, 13.) allato a nak- ecc., parendomi affatto 
improbabile, per non dire impossibile, che le forme col g rivengano, 
come si è voluto (cfr. Benfey, Gloss. alla Crestom., Pott, Warzel^ 
uDórterbuchj I, 550), al verbo gì, giacere, ecc., anche per la ragione 
che altro pur non direbbero, in questo caso (ni'-ga, cfr» girila ì, che 
Sta [abita] nella montagna, dato pur che questo -pa rivenga alla 
sua volta al verbo gt), se non «giacente». -Véro è che non si può 
staccarle danigithd, mezzanotte, la cui provenienza da gi (ni-^i'^tha) par 
manifesta; ma io ho per fermo che questa sia una derivazione illu- 
soria, e reputo nigitha forma pracriteggiante di 'nig~i-stka (pràcrita- 
mente: nigittha nigitha), che sta nella notte, ènei cuor della notte 
(cfr. div-i-stha). E ancora rimane nigitd, notte, che alla. sua volta si 
ribella per la vocale (l) alla derivazione da gi^ e air incontro vorrà 
èssere un astratto {niga + td), pel quale si confronti, quanto^ ali* ac- 
cento e alla indifferenza logica, il vedico dsfa-tdli, e, quanto alla 
formazione, il tipo tandritd. Il Lessico di Pietroburgo pende incerto, 
poicljiò rimanda, sotto nigd, cosi- a nak eco, come a nigithd, che pur 
.vuole- ricondurre a gì (cfr. il Lessico medesimo s. anigita) ; ma of mai 
mi parrebbe tolta pressoché ogni dubbiezza. . Riscontri ancor £v proi^ 
blematici, ma notevoli, che vanno qui addotti, sono inoltre: gdm 
(indecL ved.), salute, prosperità, allato al kdm, indeclinabile vedico 
^ch'esso, che si traduce per bene (e coli' a privativo: d-koif^-^ ^ale)* 
e potrebb' essere radicalmente diverso dal J^àm (-/sam) che^piii àdr 



40 § 13. VECE SANSCRITA T>1 k £ kj m k z g. 

Resta la Tece grammaticale (cfr. § 13, 11); e, pure in questa 
parte, la dimostrazione è meno abondante e men chiara che non 
sia per K. Poiché lo p, air uscita del complesso radicale, segue, 
di regola, nel verbo, in tutto e per tutto l'analogia di s (vedi 
Lez. XIV), e quindi non cede il luogo a ft se non davanti a s. 
Solo per alcuni esemplari si vede il h pure all'uscita scoperta. 
Nel nome, all' incontro, occorre più facilmente che g resista 
all'attrazione analogica di s (alla quale, del resto, vediamo in 
parte soggiacere anche lo g, § 24; cfr. i §§ 41, 3; 42), e faccia 
quindi luogo al A, o al suo legittimo succedaneo, sia ali* uscita 
scoperta, sia- nell' imbattersi in altra consonante.- Barg, vede- 
re, dig, mostrare (11, 14. 16.), ci daranno cosi, al participio per- 
fetto passivo drS'tà-, dis-ià- (quasi si trattasse di verbi uscenti 
in s)y e non già *drk'tà' e *dik'tà-y come i parelleli europei 
(i-Sepx-To-c , a-Betx-To-;) e l'analogia indiana de' verbi in R {pari 
prk-tà' ecc., 12, 5., 13, 11.) richiederebbero: ma abbiamo tutta- 
volta la vece ài f e k ne' tipi che ora passeremo in rassegna: 



13. darg^ vedere; aor. d-^ràh-sU^ vide, e (ved.) d-dràk^ vedesti, 
vide; drf» quegli che vede, la vista, nom. sg. drk; dig^ mo- 
strare, daik'sjdtij mostrerà; dtp- (e diga), direzione (plaga), 
nom. sg.: dik, loc. pi.: dik-sù, dat.-abL pi.: dig^òhjds {'dìk-^ 
^hJ€Ls)'y nagy andare in rovina (11, 17.), nahk'sjdti^ andrà 
in ruina; nag, raggiungere (11, 18., aor.: '^ak e ^nat^ v. i 
§§ 24 e 42), e naW nàk^s-^-ti, ugualmente: raggiungere (cfr. 
muX, prosciogliere, liberare, mauk-s-a-j liberazione). 

§ 14. Se il h originario cosi si riduce di frequente, nel sanscrito, 
a K od a ^, il fonologo vorrà ora tentare 1* istoria di queste 



dietra adducemmo (10, 1.); garka-rd, coccio, ghiaja (cfr. xp(^xY) xpo- 
xéXri [Fick], ciottolo ecc., calc-s calculu-'S), allato a karka^^a'^j 
duro, karka^^d^s, aspro, duro. E devo eziandio accennare alle 
coincidenze che per p = A si conseguono in quelle decomposizioni dei 
complessi radicali, alle quali ci attentiamo nella Introduzione alla 

morfologia", come per es.: gri grà-ja^-ti^ ire, adire (cfr. gar*a^a'')f 

» 

allato a hram krà^ma'^ti, gradi, incedere. 



§ 14. DEL COME k PÀSSI IN A ED IN (*. 41 

metamorfosi. E incominciando dal misurare la loro estensione, 
trova: 1.^ che le combinazioni radicali, in cui lo K si aggruppi 
con altre consonanti, sieno: nS, g^ {*sk)f rR e R; •; 2.<* che le 
combinazioni radicali, in cui lo ^, alla sua volta, si aggruppi con 
altre consonanti, sieno: "p **, rp, fn, (^m), g/, pr, fi, gv *♦♦; 
e 3.^ che R e g possano entrambi cosi precedere come seguire 
alle vocali a, i eà u. Ora, negli stessi appajamenti fonetici, 
s'incontra pure, e non già per eccezione, la tenue gutturale 
intatta *•♦♦. Si osservino , a cagion d' esempio ; 

k, H. *g, 

^ank, esitare, temere; ank^ piegare; dag^ mordere. 

skandy salire, ecc.; g^jt^tj ghut^ stillare. 



* Tra radicali e non radicali, i ffruppi-consonanti sanscriti in cui 
entri K son questi che seguono: RR, Mh^ Hn^ Rm, Hj^ Hv (ìig si pud 
omettere), nìt nKm nhj nKvy Mj Mhj KJthr Mhv hvjy rjt rRm rhj^ 
9^ g^j [pR/^^^l; e siamo quindi veramente limitati: al raddoppiamento « 
alla 'combinazione in cui precedano sibilante palatina (^) o r, a quella 
in cui seguano semivocale palatina (j) o v, e alle combinazioni con 
suono nasale, 

** Cioè anusvàra (§ 4) + p. 

*** Non adduco pR, che è alterazione di sK (sk), né pg^ che ab- 
biamo nel verbo rapg {vi'-rapg, Roth, Nirukta^ pag. 91), circa la 
costituzione del quale è da vedere il Benfey, Gloss. al Samav. , 
p. 172. — La serie compiuta dèi gruppi-consonanti sanscriti, ia cui 
entri p, non aggiunge, in realtà, alcun nuovo contatto, a quelli che 
le combinazioni radicali ci abbiano offerto. — Le figure participiali, 
di cui avemmo ésempj nel paragrafo precedente {arsita'* ^ dìs^td^y 
j^er 'drg-¥tay *dig+ta, v. § 43>, e altre figure consimili, non fanno 
prova per 'gt (e 'gth) da kt {ktk) anteriore; ma si tratta di g svilup- 
patosi in altre congiunture (per es. da^ddrg^a, vidi, vidit), che poi 
passa a combinazione grammaticale con t. Lo stesso si dica del ssor. 
astd'y zendo asta^^ otto (per "ag^ta - oc-^to) ^ considerando il sscr. 
flp-t-H, ottanta. 

•^^ Solo mancherebbe il gruppo kj] ma tra radice e suffisso sa- 
rebbe, per es^, in vdhrja^j § 13, 6. 



4^ 



§ 14. DEL COUE k PASSI IN R ED lU p. 



Ht 1 



«. 



P- 



ark^a^j rag gio, .lampo ; jsarS , mescolare ; 

AH, vendere; 

A^^te?, inumidirsi; . . « ^ « . 



^a^^ potere, valere; 
saik-a-, aspersione 4 
gauk^a-, afflizione; 
iar, fare ; 
Aì-m, quid; 



(farj?, vedere. 
.grdf cuocere. 
gldu'-ka^f gloria, inno, 

verso (cfr. 11,5.). 
nag, andare in mina. 
dig, mostrare. 
krug, gridare. 
gàsj esporre, lodare. 
f^, giacere. 
gubhy splendere. 



vaìij parlare; 
siTl, aspergere; 
guh, affliggersi; 
-ha, -que; 
Ri, raccogliere; 
Ai«^, agitarsi, adirarsi ; Kud, incitare; 

Quindi è chiaro, che non v'ha alcuna combinazione, in cui il 
k originario passi costantemente in K od in ^; ed è chiaro in- 
sieme, che di queste alterazioni non v* abbia una causa palese, 
come sarebbe, a cagion d* esempio, la causa onde si ripete la 
palatina italiana in ci e ce, dove il k antico si altera per par-r 
tìcolare effetto dell'i e dell' ^, quando all'incontro si mantiene 
intatto dinanzi ad a è ad o. Vero è, che ove si prescinda da 
ki e kit, ne* quali vedemmo oscillarsi tra A e h (13, 10.), mal 
sì saprebbe addurre un verbo usitato, che offra la tenue gut- 
turale costantemente unita ad un i che la segua o la preceda 
{tì'pì siìt dig, Rigi)*; senonchè, dall' un canto, l'azione dell'i 
etimologico, che qui parrebbe di scorgere, non. sarebbe conti- 
nua, né uniforme^ e si ha, dall'altro, un numero infinito di 
casi, ne' quali l'alterazione si compie senza che i etimologico vi 

r 

sia. Ben v'hanno però altre analogie, romanze in ispecie, che 



, "^ Un notevole esempio di assimilazione palatina, promossa, nel san- 
scrito, da i, air infuori del verbo, parrebbe gdhif che la sinonimia 
indiana pone allato di gàh-^man^ gdk-ti, facendoli valer tutti: opera 
(ener^ia)^ e mal si staccherebbe da gak , valere, posse, ecc. (cfr. Bbn- 
FSY, Gloss. al Samav, , e Gloss. alla Crestom.); ma nel riflesso zendo 
|ii questo verbo ({ja/^, apprendere, ecc., cfr. sscc. giks^ zendo gts) 
domina quasi esclusivamente l'esplosiva palatina. Meglio accertato ò 
l'esempio zendo; aha, malus, al superlativo aK-^ista- (cfr^ sscr. gdK- 
"istha-)^ ed al comparativo (noin. neutro); a$6 {so = 'hjd m kja$h 



§ 14. DEL COME k PASSI IN P. T3D 12* <?. 43 

gioveranno a rischiarare di luce analogica le vicende asiatiche^ 
del k originario. 

Tra le più frequenti affezioni delle consonanti originarie, è 
nel sistema ariano T abbarbicarsi che fa, dietro ad alcuna di 
esse, uria fricativa parassita, ed in ispecie'y (n/, Ij, kj, ecc.; 
V. Parassite). Questo modo di descrivere il fenomeno è per vero 
alquanto figurato, e noi ci adattiamo al linguaggio un po' me- 
taforico, in questo e in altri casi consimili, per evitar le spine 
dei particolari fisiologici, dai quali però verrà tempo che attin- 
geremo di continuo una ben migliore evidenza di quella in cui 
per ora ci par di mantenerci rifuggendone. Tuttavia sin d' ora 
non vorremo accontentarci della sola persuasione che i nostri 
dati pratici non contraddicano alle risultanze delle osservazioni 
fisiologiche, ma vorremo assaggiare pur di queste alcun, poco, 
secondo possibiltà nostra. Cosi, intanto qui avvertiremo, sulle 
generali, come la origine di queste che diciaLm parassite stia 
veramente in ciò, che nel passar dalla disposizione orale ^ che 
è richièsta per la produzióne di una determinata consonante^ 
alla diversa disposizione che è necessaria al proferimento dal 
suono che sussegue, ed è di regola una vocale, si rasenta o ai 
consegue quella, per la quale si produce la fricativa che diciara 
parassita; e avvertiremo ancora, come le cause o le tendenza 
diverse, per le quali questi sviluppi intermedj sonipròvocBXì 
od assumono entità via via più distinta ed energica, doman-^ 
dano speciale indagine per ogni singola congiuntura. Dopo di 
che, ritornando alla descrizione grammaticale, diremo, che Vaf-i 
fezione a cui si allude, ora è sporadica, ora frequente^, ovq^ 
afiatto costante. Sporadica avremo cosi la parassita j dietro 
a .ny di solito iniziale .{njr, o vera^nenten/-, cioè gn- it. = n, 
V. pag. 23, n. 6), in alcuni idiomi romanzi. Esempj italiani: . 

, 1» toscano nudo ('njudo gnudo), nuca\ cfr. ^uno (gnuno) niuQO, 

. , dovè I4 continua (njupo) è etimologica;-^ friulano ^i:*c/ie, nii- 

ca; notj notte; nùf^ nuovo; nógis^ nozze; a collo schietto ì\ 

'd^Atale: yijóre (mòre,: accanto a ndr^), Auora; ma' alV incontro 

f> coln seidapre suno( nud^ nudp; riùle^ nQQpiupla; nom, npmq'} epc« 



44 § 14. BEL COME h PASSI IN R ED IN g. 

Occorre frequente quest* affezione del n nella lingua albanese; 
la quale ne vede intaccati, in larga misura, anche il k eìl g, ey 
ih misura più larga ancora, il l. Ne cito per ora questi esempj : 

2. vjepxs *, noverca; vjept, uomo (persona), cfr. gr, à-vsp- (àvijp) 

sscr. war-; xj|v, cane (xjtvT, cento)**; dpetxj (sdraco), diavolo 
(V. Studj critici, 11,38); ouvxj, zio paterno (avunculus); -vJeXj, 
pollo (gallo) d'India; yjou, pi. tjouvjsxe, ginocchio (cfr. gr. yó^u); 
Xjax, lacciuolo; XjàpYs, lontano (largo); ^jspdfjx, laude; xou>jdLTÒp 
(slavo kolac), specie di focaccia. 

Del / iniziale si fa costante la nostra affezione nel catalano 
(e per Ij scrivono II, come nello spagnuolo): 

3. Ijagostaj locusta; Ijagrimay lagrima; Ijanaj lana; Ijaviy labbro; 

Ijetugay lattuca; Ijet, latte; Ijebre, lepre; Ijejir, leggere; Ijetra, 
lettera; Ijey, legge; Iji, lino; Ijenguay lingua; Ijob, lupo; Z/o- 
rer, lauro; Ijum, lume; Ijuna, luna. 

L* affezione palatina di % e ^ antichi dinanzi ad a, rimane estra- 
nea ai più degli idiomi neo-latini. Ma si vede quasi nascere, 
e diffondersi e farsi costante, fra'varj dialetti romanci de'Gri- 
gioni, efd è costante nel romancio del Tirolo e nel friulano. 
La Francia ne mostrerà anch'essa e e g, per k e g antichi 
dinanzi ad a, in una parte della Lorena; ai quali suoni stanno 
allato, nella medesima funzione etimologica, lo s (eh) e lo z {j) 
della comune favella francese. La successione fonetica, che qui 
si accenna ed altrove più davvicino si considera ***, risulterà, 
per limitarci alla tenue, questa che brevemente ora scriviamo : 



* Gli esempj albanesi, senz* altra indicazione, sono sempre nel dia- 
letto tosco, V. Studj critici, I, 87, 95 (=365,373), e segg. 

•* In alcune contrade albanesi: Tcrev (»een), toivt {»cint), v. Hahn, 
Albanesische studien, p, 20, e aggiungi Tc^apx {^^carh)^ circolo, al- 
lato a xjapH, intomo. 

*** Cioè al § 38, dove anche si tocca, in nota, delle ipotesi del Diez 
e di N. Delius intorno allo eh (S) francese nel riflesso di ca latino. 



§ 14. DEL COME k PASSI IN K ED IN g, 

ha k^a kja kza ^sa {^sa) ca sa^ e sarà intanto 
un breve esemplarlo sinottico *. 



45 

raffermata da 



• 
oa 



4. caldo^ 
cavYìe^ 
capra^ 
cavallo^ 
calcagno^ 
cane^ 
capOy 
ocaj 

hocca^ 



IH 

•3 OD -e 

I 

cduld^ 

carn, 

edura, 

cavdljy 

calcón, 

^cduriy 

}jdu^ 

ócay 

vdca, 

buca. 



S fl 
2'2-c 

So 

© ^^ 






cóc?. 



»» 



eerw, . 
'card/, 



(COC?, 

'càrra, 

^cavdlj, 

*caVcóny 






4> 



I 



o • 






s 



♦' ' 



cdudj 



♦• 



cerw, 



cam, 
^caurUy cdvre, 
^cavdly cavdly 
}fau*cdn» 
Van^ can* 



cdy 



cai 



'ée. 



OCOy 

vd^cdy 



du<éay óée **. 
vd^cOy vace, 
bócttj'-^cay bo^éUf bóce^ 



ó5?a, 



chauld^ 
chairm 

ceuve^ chèvre. 

cvdy chevaL 

ctriy chien, ' 
.... clief» 

vaiàCy vache. 
buocCj bouche0, 



Ora, tra il doppio fenomeno romanzo {k in e, k in s) e il 
doppio fenomeno che si ha nel sanscrito (e nello zendo; k in 
Ky k in ^)y potrà forse non esser cosi piena la simiglianza, come 
a prima irista apparisce; e per misurarla esattamente, ci manca, 
in ispecie, la compiuta istoria della pronuncia dello g; ma si 
può tuttavolta sicuramente affermare, come più innanzi meglio 
ancora vedremo, che il parallelo tra la serie neo-latina e l'a- 
siatica, il quale si riproduce appuntino nell'istoria della media,' 
per ogni sua parte si regga ♦*♦. I due effetti della stessa affezione 
si vedrebbero entrambi nella medesima favella asiatica (R, f). 



* Il contatto per la consonante romancia che è nel riflesso di ca 
latino, e da noi è trascritta per (?, si forma più vicino ai denti che 
non qaello per e italiano; e il preciso e italiano ha del resto anche > 
il romancio ne' riflessi dei latini ce e cu Quanto al lorenese, rendo 
per o lo '4ch'^ o deh' dell' Oberlin, mantenendo la sua ortografia per 
le vocali. Maggiori particolari circa i dialetti e i fenomeni romanci , 
si hanno nel luogo citato a pag. 23, n. 5. ** £ pure diAcé, 

**♦ Cfr. i §§24, 25 e 38 (dove ò pur considerata l'ipotesi: k'ìig), 
• anche l'esempio zendo addotto a pag. 42 in n. 



46 § 14. DEL OOME h PASSI IN "fé ED IN f. 

locchè punta non ripugna, quando in ispecie si consideri, che 
il medesimo germe alteratore nasce o si sviluppa in diverse 
età. Pure per questa parte è pronto un parallelo romanzo. Poi- 
ché la palatina romancia da gutturale antica dinianzi ad e ed i, 
deve surgere per processo non diverso da quello per cui surge 
la palatina romancia da gutturale antica dinanzi ad a (§ 38) ; 
e tuttavolta si mantiene una sensibile differenza tra il prodotto 
Sì *kja^ dall'una parte, e quello, certamente più antico, di *kje 
o di */yi, dall'altra, come si vede, a càgion d'esempio, da 'càuc 
0^ 'éalc (calcemì dei dialetti romanci -del Tirolo, che ci oflFre le 
due varietà in una stessa voce. Differenze isteriche, tra le vi- 
cende romanze e quelle che avvertiamo nel sanscrito,- avrebbersi 
del. resto. in. ciò, che ambidue gli sviluppi asiatici si sarebbero 
indistintamente compiuti dinanzi a qualsiasi vocale (il sibilante 
pur dinanzi ad alcune continue, v. p. 41), e che dall'affezione, 
o almeno dalle sue conseguenze, sempre sarebbe rimasta inco- 
lume, nell'Asia,- una buona parte di quelle figure originarie, tra 
le- quali vediamo che si compia. Qualche diversità fra le alte- 
i:azioni romanze e le asiatiche avremo pur nel modo della loro 
diffusione. Cosi, quando si considerino i limiti della alterazione 
asiatica. di k in K, ripugna immaginare che il fatto costante di 
^ per k nella reduplicazione (13, 9.) presupponga in ogni singolo 
esempio \o k^ ed i successivi sviluppi; ed è chiaro, all'incontro^ 
che si abbia ad ammettere, per questo accidente, la diffusione 
analogica di un fenomeno, che si era fisiologicamente compiuto 
in un certo numero d'esemplari. 
§15. Ma ora dobbiam considerare più dav vicino i suoni che rispon- 
donQy nelle diverse favelle della famiglia, allo ^e allo R del san- 
scrito, mirando principalmente ai fatti od ai problèmi cronologici 
che a queste corrispondenze si connettono. 

Il sanscrito e lo zendo concordano compiutamente fra dì loro 
nella sèrie degli esemplari per K (cfr. § 12) é pei^^(cff. § 11). 
Còsi avremo, a dir per ora di pochi ésempj : 

1, 8. Mhrà'-y z. Hakhra^i ruota; ^. -Md, z.-Rit^ p. e. in ha^^kid s., 
knQ-Rit z., un qualsiasi; è* va^y z. r«ft , parlare '^ ■ ^.r,uR>^ 



§ 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE l>Eh k ORjiSINARlQ. 47 

z. ruìiy risplèndere*;— s, gatd-, z* gata^^ cento; .- i$. fi, z. pi, 

» 

giacere; s. gùrà-^y eroe, z. ptira-, eroico; s. pt?a«-, 2. gpan-, 
cane; s. prw, z. gru, udire; s. daga-, z. daga^, dieci; s. darp, 
z. darég, vedere. 

Né diversa corre la bisogna se consideriamo la v ede di K e &. 
e di ^ e ft, per la quale brevemente ricorriamo agli esempj 
zendi che ora seguono (cfr. § 13, 4, U, 13,, e §§ 24 e 25): 

2. pah, cuocere, -pàka- (uruzda-pà/ia) , che abbrucia;- guk, ar- 
dere, gukh-^ra" (v. Aspiramenti) , rosso (propriamente: acceso, 
rilucente), puM-^a-, acceso;- rw^ , risplendere , raoft/i-/-wa- , 
risplendente;- vaK, parlare, vakh-^sjd, parlerò, ukh^ta- ukh^ 
-dha-i parlato, discorso; t?à/t-, discorso, nom. sing. : vdkh'^s',^^ 



♦ Qualche diversità fra i limiti zendi e i limiti sànscriti, entro 
acquali si compie il fenomeno di /l da /c^ è più appaiente' che reale , 
e punto non ìnfiripa la regola.; Così lo zendo ha più viva e diffusa» 
che non abbia il sanscrito, la variante palatina della stirpe prono-* 
minale ìia ku ki (onde^ a cagion d'esèmpio, il comuiie ^hid ''Kitj 
addotto dal testo), e ne tira un ha declinabile (qualcheduno), e con^ 
trappone il neutro-particola -hai al -^ad sanscrito, e Haiti, quanto, 
al kati sanscrito, e ancora ci offre lo hvant-, quantus, qualis, di cui 
è parlato al § 16, 1^ nò a questo si ferma (ma là forma Havaiti^ 
adv. how many, che parrebbe aggiungersi dall' OZ^? zand'-pahlàvi glos-* 
sary, pubblicato da De^tur Hoshengji Jamaspji e Haug, e ricorde-* 
rebbe il tipo sanscrito tàvat ecc., Coinciderà veramente collo Jivant 
testé allegato, cfr. le forme zende hava^-ka ykava'-Rit, allato a kva-^fia 
Jiva-kid del sanscrito). Nel gruppo di verbi: ki kit, Hi kit kint, toc*- 
cato al § 13, 10, si avverte qualche particolare ma naturalissima 
oscillazione zendica: kikit- e fiìkit-', ki*-kajat ki^kajató (3. duale cow»< 
giunta pres.) M^kajat [ki, espiare] kiHhi e kaè-na [espiazione, -ca« ti*» 
go]; cfr. la n. al § 24, 11-12. A tak sanscrito, precipitarsi v piombare,: 
sembra ' rispondere la doppia forma zenda tak (ch^ non si. v^dei'sét 
non in formazioni nominali) e tak, correre, scorrere; ma il aianscrito^ 
alla sua volta, avrebbe,, accanto a t^Lk^ i du^ verbi. di moto: tank d: 
tvank (V. rindice)) che sono però tuttora sènza 6àei»pj. .Vi ancora 
la n. * a pag. 42, e gk=:*sk, § 40. : , ; < •; : \ 



48 § 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 

jja^^a-, cinque, pujfe/i-rf/wi- quinto;- Qpag^ invigilare, custo- 
dire, (opprimere), e gpag-^s : gpakhs nel nome gpàhh-s-ti*. 

La qual compiuta concordanza viene a dire, che i danni sof- 
ferti dair originario A, nei modi e nella misura che la lingua 
sanscrita ci mostrava, risalgono a periodo pre-indiano, sicco- 
me quelli che manifestamente appartengono all'età indo4rana 
(pag. 6; cfr. § 25). Non v'ha, all'incontro, rispetto al fe- 
nomeno di ^ indo-irano per k originario, alcuna consuonanza 
europea, di cui si possa presumere che stia in connessione ge- 
nealogica con esso ; non v' ha cioè alcun, fatto, che ci possa in- 
durre a stimar consumata quest'alterazione in epoca anteriore 
al compiuto distacco della favella ariana dell' Europa da quella 
dell'Asia, comechè v'abbiano singolari coincidenze quantitative 



, * Occorre nel composto pouru-gpakhsti-^ il quale nelle funzioni 
d'aggettivo avrebbe a dire, secondo il Justi, o. c, p. 194: che pie- 
namente opprime (quel dalla piena oppressione). Affatto altrimenti 
è dichiarato il nome gpakhsti àsLÌTOld glossary^ citato nella nota 
che precede, il quale probabilmente sbaglia in quanto ne fa un nome 
d'agente; ma l'esempio vale ad ogni modo per noi, la figura radi- 
cale e quindi l'istoria fonetica rimanendone sempre la stessa. Non 
è agevole rinvenire evidenti esemplari zendici per la vece gramma- 
ticale ài g e k {kh)j poiché, dall' un canto, scarseggiano nello zendo 
le occasioni per la formula grammaticale g -^ s ( /) , e , dall' altro, 
questo idioma riduce volontieri l'antico ks (khs), massime interno, 
a solo /, come in dasina-^ che è a dritta, s sscr. dàksina (10, 11.) 9 
o in vàsa allato all'integro vdkhsa (rad. vakh-^)^ carro. Conside- 
rata la qual riduzione, un buon esempio per la nostra vece s'ha 
ancora in vasi {'vakhr-si » sscr, vak^si)^ seconda pers. pres. sg. att. 
di vag (s sscr. vag)^ volere, già riconosciuto, ma non abbastanza 
sicuramente affermato dallo Schlbioher (Compendium^ sec. ediz., 
§ 139, p. 200). Oltre a gpahh-'S {gpag+ s)^ il dizionario del Justi 
ancora ci offrirebbe: énakU-s^ raggiungere, cui dice desiderativo di 
«op {^nag sscr., §§ 11, 18. 13, 13), e pikh-'s {pig^s)y ornare (cfr. 
pahh8)'j ma son dimenticati tutti e tre nel suo diligentissimo spoglio 
fonetico (ib.| 363 h). 



^ 



§ 15. EtX belle ALTERA^IOf^I ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 49 

(non qualitative), dì cui a suo luogo (§ 19) sì ritocca, le quali 
ti portano a credere che il k originario , fattosi poi H indo- 
iranoi fosse intaccato y scosso y in un certo numero di esemplari, 
sin da periodi di gran lunga più remoti che Tindo-iranò non 
sia, ma non però fosse ancora, in questi periodi, distintamente 
alterato. Le singole coincidenze che si possono addurre per 
tenue palatina europea (ft, é) di contro a tenue palatinar indo-^ 
irana, in tanto- sono sempre fortuite, in quanto si debbono ad 
alterazione consimile che dello stesso suono originario è indi- 
pendentemente avvenuta e in una regione e nell'altra. Cosi, 
per incominciare da un caso evidentissimo, quando troveremo 
éa romanzo, per ca (ka) latino, allato a éa (Ha) indo-irano, 
p. e. ih éarbdr (frìul. cànd-id == cand-ido-, sscr. Mnd-j % 12, 2)y 
sì tratterà manifestamente di due alterazioni conformi od uguali, 
della cui genesi ci siamo in questa stessa Lezione (§14) occii-*> 
pati, ina non già di unica alterazione primeva, che.genealogi-^ 
eamente si continui nelFun parlare e nell'altro. E similmente, 
se p. e. la continuazione italiana dell'accusativo latino vocem 
riesce ad avere una palatina {voce) che s'incontra colla pala- 
tina indo-irana {vaH, 12, 4. 15, 1.), è facile avvertire, pur 
prescindendo da ogni diretta prova della modesta antichità della 
palatina italiana, come s'abbia in questa un fenomeno disgiunto 
e diverso dall' indo-irano ; poiché, dall' un canto, il fatto della 
palatina italiana dipende dalla qualità della vocale che sus- 
segue {voC'Cy voC'iy ma all'incontro: voc-ale, in-voc-o), dovQ 
r indo-irana, all'incontro, si trova indifferentemente preceder© 
a qualsiasi vocale {valt-, discorso, allo stroment. sing. : vàk-d, 
al locat.: vak-i), e, dall'altro, l'effetto costante della causa 
determinatrice della palatina italiana deve naturalmente im- 
portare che questa v'abbia pur dove in favella indo-irana ri- 
mane imperturbata la gutturale originaria; p. e. in "de-scen-^ 
dere {on^e i^ì discendere , con sce = 5^), allato a scand-ere^ 
sscr. skand (§ 10, 9). La ragiokie della qualità della vacai 
successiva vale ugualmente per esempj slavi sulla stampa del 
paleo-bulgarico cetyr-ije, quattro, la cui palatina iniziale s*in- 

AscoLi, Fonol. indO'it,-gr. 4 



50 § 15. ETÀ. DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 

centra bensì con quella dell' equivalente vocabolo indo-irano 
(s. ìiaivar-^ z. ^athwar-), ma solò fortuitamente (cfr. il lituano 
keturìy quattro, colla gutturale intatta), sempre volendosi, nel- 
r antico bulgaro, ce per he anteriore, e cosi quindi pur pec-e-ti 
(egli cuoce) = pàK-a-ti sanscrito, paH-a-i-ti zendo, ma all'in- 
contro pek-o (io cuoco), colla gutturale intatta (dove il san- 
scrito, sempre colla palatina: pàìt-à-mi), difesa com'è dall' o 
che le sussegue. L'antico bulgaro, d'altronde, contrapporrà, 
alla sua volta, la propria palatina alla gutturale sanscrita, 
p. e. in crùvty verme {crùminù, vermiglio), pari al sanscrito 
krmi'. che vale il medesimo. 

È ugualmente estranea al gruppo italico, al greco, al celtico, 
e al germanico, ogni coincidenza pro-etnica di una loro sibi- 
lante qualsiasi con la sibilante indo-irana {q) per k originario *. 
Le coincidenze, che pur v'hanno, son qui pure manifestamente 
accidentali, dovute, cioè, a congruenza patologica e non a con- 
tinuità istorica. Cosi sarebbe, a incominciar sempre dal caso 
più evidente, di quel concordare di sibilante francese con sibi- 
lante sanscrita, che avremmo, a cagion d'esempio, in chien 
(sjen) da can-i- (*cvan-i-) latino **, allato a guan {*kuan) san- 
scrito. Ma non sarà meno fortuito il concordar che facciano, 
nella sibilante per k anteriore, la voce umbra e la indo-irana, 
come sarebbe nel numerale dieci: umbro dege- {desen-du-j 
dodici), sanscrito e zendo: daga-. Imperocché l'alterazione umbra 
(la cui natura sibilante è del resto accertata dalla trascrizione 
s Sy che s'ha nell'umbro a caratteri latini, v. pag. 20) è deter- 
minata alla sua volta dalla qualità della vocale che sussegue 
(v. gè gi); quindi, per rimanere allo stesso nostro esemplare. 



* Esempj celtici e germanici per la continuazione di k originario, 
fattosi g indo-irano (cfr. pag. 32), sarebbero le voci ibernìe (voci 
d'irlandese antico): cét (két), cento (11, 1.), dùu^ fama, gloria (11, 
5.), cti (genitivo: con)y cane (11, 7.); e le gotiche (cfr. la nota a 
pag. 32): hunda^ cento, hliu-may udito, hun-d-s^ cane (11, 1. 5. 7.). 

** Fasi intermedie: kjan^ kjen\ v. sopra. 



§ 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 51 

più non apparirebbe in dequria-y decuria; e per chi volesse 
sospettare di provenienza forastiera questo dequria- degli Um- 
bri, si aggiunge la vece umbra di ^ e ^ in uno stesso tema, 
secondo la diversa vocale che la varia posizione morfologica 
seco porta, cioè l'accusativo curnac-o (cornicem), allato al- 
l' ablativo curnage ( curnase ) *. Ora , noi più non abbiamo 
bisogno di spender parole a dimostrare la differenza che passa 
tra questo fenomeno e V indo-irano ; né , del rimanente , v' ha 
ombra di probabilità, che la singolare combinazione umbra ^Z, 
esclusivamente interna, comunque ella si abbia più esattamente 
a dichiarare, stia in alcuna diretta relazione coli' ìndo-irano gr 
(sscr. gr e gì) **. Se, quindi, lo K indo-irano è prodotto po- 
steriore alla compiuta separazione della favella ariana dell'Asia 
da quella dell'Europa, lo g indo-irano, alla sua volta, risulta 
intanto posteriore a quelle età, in cui il gruppo italico, il greco, 
il celtico, il germanico, ancora stavano indistinti dall' indo- 
irano. 

Ma ancora rimane, rispetto a ^, il gruppo litu-slavo; e qui 
il rapporto fra la voce europea e l'asiatica muta sembianze. 
Imperocché, a quella sibilante indo-irana, che riconduciamo a k 
originario, la voce litu-slava, alla sua volta, risponde di re- 
gola con una sibilante, che è sz {= s) pel lituano e s per lo 
slavo. Si osservi la serie che segue: 

Sanscrito e zoQdo. Lituano e antico bulgaro. 

3. s. gaia-, z. gaia-, cento (11, 1.). 1. s^lm^a-s***, id.; b. sùto^ id. 
z.gareta-, freddo. 1. szdl-tiy gelare, szàl-ta-Sy freddo. 



* V. AuFRBCHT-KiRCHHOFF, Die umbrischeti sprachdenkmàlerj II, 
25, 40, 51. 

♦* Cfr. Top. cit. nella nota precedente, II, 182-4 (dove, prese le 
mosse da struhcla struglaj si tocca di tutti gli esemplari), 78 {va- 
sirslome), 267-9 {previ[g]latu), 348-9 382 (tigel tiglu), 373 (ere- 
jlum-a), 376 (arglataf), 383 (kurglasiu); e v. qui innanzi, 
la quarta n. a pag. 55. 

*** V. Di un gruppo di desinenze indo'-europee (nel sec. voi. degli 
Stvdj critici) y n. 25. 



32 § 15. ETÀ. DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO, 



Sanscrito e zendo. 

s. galja-s , porcospino. 
s.gàkhàj ramo. 
^gvan-, cane (11, 7). 
^.gùla-, z. gùra- asta (arme). 
s.gvitj essere bianco (splendi- 
do). 
z.^enta-' ('gvanta-^), santo, 
ti.(^àmérs^ turchino oscuro. 

s, gruj z. gru, udire, s. grdvas, 
gloria (11, 5.), z.gravahh 
Cgravas) , [gloria, e] parola. 

s.Qràuni'S, z. graoni-s, anca, 
natica (11, 6.). 

s. dgva-^ z. agpa-^ cavallo; fem. 
s. dgvà. 

s. agra-y àgrvn, z. agru-, lagri- 
ma. 

s. mg-pdti-s, z, vig-paiti-s, capo, 
signor della comunità. 

s. vigva-y z. vig^a-j persiano del- 
le cuneiformi : viga-, tutto. 

s. daga , z. daga , dieci. 



Lituano e antico bulgaro. 

1. szery-s (*szerja-s), setola. 

L szdkàj id. 

ì. szu, gen^ ^zùn-^s, id. 

h.sul'ita, id. • 

b. «ri^-a-^t, risplendere. 

L szvènta-Sy id.; b. svetù, id. 
1. $zéma-s (szjàma-s), turchino 

grigio, 
b. slu-ti, audire (intrans.), slava, 

gloria , slovo ( gen. sloves-^ ) , 

parola. 
1. szlaunv-s, id. *. 

1. aszvà, cavalla grande. 

1. aszarày id. 

1. vesz-^at^s, signore (detto di dio 

e del re), 
b. msi, id. (lit. vì&ors, id.). 

1. dészi-m-t, id., b. dese-ti, id. 



L' importanza della qual serie è appieno dimostrata dall' altra 
che ora segue; nella quale l'indo-irano offrendo ft (o K), la 
normale risposta litu-slava ci darà anch'essa, alla sua volta, 
k {k lit.; k slavo suo succedaneo). 



Sanscrito e zendo. 



4. 8,ka'S (z. ka-), quis; kadà, 
quando, 
s. kaKa-y capellatura. 
8»kar, z. kar, fare. 



lituano e antico bulgaro. 
L ka-s, id.; kadà id. 

h.kùkù, id. (FiCK, 1. e, 25). 
1. fewr-iw, io fabbrico. 



* V. RuHIO-MlELCKE , s. hufL 



§ 15. ETl DELLB ALTERAZIONI ASIATICHE DEL k ORIGINARIO. 53 



Sanscrito e sondo. 

^*kart.y z. haret^ tagliare (13 , 

12. ). 
s. Afan«-s, verme. 

CI ' 

s. Katvat-^ z. Hathtoar-^ quat- 
tro. 
z.haofa-^ monte, gobba, 
s. kravja-y carne cruda (10, 6.). 

s. a^ifea-, uncino (13, 1.). 
z.taH^ correre, scorrere (15, 

1. n.). 
s.jpal^, z. pdh^ cuocere, 
s.jp^n^a, z. panKa^ cinque. 
s,vrka-s^ z. «jeTir^a-, lupo. 



Lituano « antìco bulgaro. 
'b.krat-ukù^ breve (tronco). 

1. kirmini-s^ pi. ^irm/-eì, verme 

grande*; b. cmt?i, verme. 
1. keturì^ b. cetyrjie^ id. 

1. kaupa-s^ b. kupa^ acervus **. 
1. kraùje-s , b. kruvt^ cruor, san» 

guis. 
1. oAa-Sy wfta-s, id. ***. 
1. tek-^y b. téh-o, corro, scorro, 

b.jpeA-o, io cuoco. 

1. penkì , id. 

1. »iZto-s, b. vlùkuy lupo. 



La quantità degli esempj coincidenti è naturalmente maggiore 
tra il sanscrito e lo zendo che non tra il sanscrito ( o lo iendo) 
e il litu-slavo; e la quantità delle discordanze, cioè delle ec- 
cezioni, che tra sanscrito e zendo, come, già avemmo a dire, 
si riduce a pressoché nulla, riesce all'incontro abbastanza 
sensibile tra la favella asiatica e la litu-slava, avendosi, cosi, 
il k litu-slavo rimpetto allo q indo-irano, ne' seguenti esempj : 

Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro. 

5. s. ci gdi'-taiy z. fi caété, giacere, b. po-ei-ti, riposare, po-Ao;, quie- 
te, po-]feoi-ti, sedare ; 1. pa-Zf4/" 
-u-s, quiete. 

* RuHiG-MiELGKE, 119 (kirminis, nio), e s. wurm: kirminasy 
ino-, - oltre kimièlè\ verme, che ricorre anche presso lo Schleicher, 
e kirmy-tiy mandar vermi (della carne). 

** V. Ruhig-Mielcke , 111, 255-6, Miklosich, Radices (1845), 41, 
FiCK, o. e. 45, 246. 

*** Questo esempio ricavo dal Fick, o. c, 199, e vi avremmo 
M = 'aw iniz.; cfr. Schleicher, Conipendiumy § 100, B, § 101, 4, 
§ 261 lit. , e Di un gruppo di desinenze indoeuropee (Studj criti- 
ci, II), n. 84. 



54 § 15. ETX delle alterazioni asiatiche del k ORIGINARIO* 

Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro. 

s. àgman-y pietra. 1. ahmu (gen. ahmèn-s)^ b. hamy 

(gen. kamen-e)^ pietra. 

s. wa^?, z, nag^ perdersi, dile- 1. wyA-(nyft-atiwj/^-f£),id. (Fick, 
guarsi (11, 17.). op. cit., 100), 

s.|!)a^-, z. jpagu'^ pecus. antico prusso ( idioma litavo) : ^e- 

ckuy id. 

Ed anche per k indo-irano rimpetto alla sibilante litu-slava 
si è tentato di stabilire qualche esempio *; al che finalmente 
si aggiungerebbe la vece di gutturale e sibilante {k e sz; k 
e $) per entro alla stessa favella litu-slava , negli esempj litua- 



* Ma nessuno mi pare affatto sicuro. Lo Sghleigher (Beitràge zur 
vergleichenden sprachforschung^ I, 110-11) adduceva, oltre ai voca- 
boli per cvrore, il cui rapporto col termine indo-irano si manifesta 
per noi affatto diverso (v. srudite, szirdìs): il lituano sjgèZp-^i, aju- 
tare, allato al germanico halp (Jialf) ed al sanscrito kalp (v. intorno 
a questo V Introduzione alla morfologia s. v. , e cfr. il sscr. gilpa-j 
arte), e ancora, non senza esitare, il lituano szér-^ti^ cibare il be- 
stiame, allato a quel kar sanscrito di cui ò toccato nella nota al 
§ 10, 2 (spandere, ecc.), il quale direbbe ricoprire^ e quindi ap- 
pena: riempire. 11 Fick viene ad aggiungere: lit. szekszta-s^ bronco 
(tronco), allato al sscr. kàstha-^ pezzo di legno, e al xocdTo-v di 
Esichio (5uXov. 'A^afxavec), 1. e, 25;- lit. szlaha-s, macchia, allato 
al sscr. kalkd-, mota, sudiciume, 1. e, 37; dove però, a tacer del 
resto , il significato originale della voce lituana appare dal dizion. di 
RuHiQ e Mielcke piuttosto goccia che non macchia '^^ lit. szut-hàj 
scherzo (non: scherno), allato al sscr. kuts (kutsaj), oltraggiare, 
vilipendere, 1. e, 44; dove però è affatto problematico se la base 
del verbo indiano sia hiid^ e affatto problematica resistenza indi- 
viduale di questa base;- szunt-ù^ arrostisco, allato al sscr. kvath 
{kvath-i-td'y cotto, bollito), 1. e, 51;- lit. sz^'p^ti-s, scontorcere 
il viso, digrignare i denti, allato al lat. cap-er-^a-^e , e al sscr. kamp, 
tremare, /w/wp-a, tremito, vibrazione, 1. e, 28;- lit. toszi-s^ il 
tegumento bianco della betulla, allato al sscr. tvaU-y pelle, corteccia, 
1. e, 81. 



§ 15. ETX delle alterazioni asiatiche del k ORIGINARIO. 55 

DÌ: szeim^na, famiglia (i famigli), k^ma-s, villaggio, casa- 
mento, haimyna-s, vicino (Schleicher); - slep-iù, nascondo, 
slap'tà, segretezza*, allato ali* antico prusso: au-klip-f-s, na- 
scosto (Pick); - szlùba-Sy zoppo, allato all'equivalente lettone: 
klib-a-s *^ ; " e nello slavo (antico bulgaro): sloniti se, accli- 
nari, allato a kloniti, inclinare, lit. klónioti-s (inchinarsi) ♦♦*. 
Ma qualche oscillazione, tra indo-irano e litu-slavo, è affatto 
naturale; e la vece litu-slava sarà, in qualche esemplare, solo 
apparente *•**. La generale concordanza indoirana-lituslava 
rispetto agli esemplari in cui si è conservato l'antico A ed a 
quelli in cui si è ridotto a suono sibilante, rimane sempre una 
realtà incontrovertibile, la cui importanza può tanto meno in- 
firmarsi pei singoli fatti che testé adducemmo, quanto è meno 
avvertibile la causa per la quale il k originario subisse l' affe- 
zione , e quindi T alteramente indoirano-lituslavo , piuttosto nei 
determinati esemplari che non in altri *****, e quanto perciò è 



* Fa difficoltà l'aversi si, anziché szl, così presso Ruhig-Miel- 
CKE, come presso lo Schleicher. E nell'esemplare che precede manca 
una sufficiente congruenza di significati. 

** FicK, 1. e, 50, e aggiunge un lit. klumbas, zoppicante. 

*** J. ScHMiDT, Beitràge zur vergleich. sprachforsch. , V, 467. 

**** V. Politecnico, XXI, 84; e per un esempio di sibilo indo- 
li tuslavo. allato a k lituano, v. Fxck, 1. e, s. parka 1. e 2. - Circa il 
lit. klausyti, udire, allato all'equivalente slavo ( paleo-bulg. ) slusati, 
V. PoTT, Etymolog. forschung., sec. ed., II, 586, Wurzel-wÓrter^ 
huch, I, 722, e similmente si avrà a dichiarare il paleo-bulg. svekrù, 
suocero, allato al lituano szeszura-s ( *seszura-s ; v. sv). 

***** All'incontro si tratterebbe di k susseguito da l in tre sui quat- 
tro esemplari che possonsi addurre per la vece entro ai confini litu- 
slavi, locchè rende ancora piti dubbio quello che rimane (szeimyna-, 
kairayna-). Cfr. lo gì umbro, di cui è discorso a pag. 51. - Si è 
tentato, ma indarno, d'infirmare la coincidenza di cui si tratta, alle- 
gando una pretesa differenza essenziale, che vi avrebbe tra il suono 
dello g indo-irano e quello dello sz s litu-slavo; v. Politecnico, 1. testé 
citato, Ebel, Zeitschrift s. e, XIII, 276-7, e qui sopra, p. 13. 



56 § 15.: ETÀ DEfXiliE ALTERAZIONI AdtATIOHE DBL k ORIOINARIQ. 

men probabile (ed è anzi impossibile) che si tratti di mera 
opera del caào. 

- Nasce quindi il quesito del come si abbia a dichiarare questa 
speciale somiglianza tra Tindo-irano e il litu-slavo, che affatto 
ripugna di considerar fortuita 1 E due son le risposte che si 
presentano. ci faremo, cioè, a supporre, che rindo-irano e 
il litu-slavo abbiano avuto un più lungo periodo di vita co- 
mune che non fosse tra Tindo-irano e il restante degli idiomi 
ariani dell'Europa; oppure dovremo immaginare, che il k ori- 
ginario, leggermente affetto dalla parassita , in un determinato 
numero di esemplari , sin dal periodo proto-ariano , si venisse 
poi liberando, in alcune favelle, di questo intacca, ed in altre, 
all'incóntro, per conforme sviluppo dell'antica affezione, su- 
bisse trasmutazioni conformi , le quali rappresenterebbero effetti 
consimili, ma tra di loro indipendenti, di una medesima causa* 
In questa ipotesi, il vocabolo per dieci, a cagion d'esempio, 
avrebbe suonato, nel periodo unitario, con leggero intacco del k: 
dak*a; donde, dall'una parte, il tipo daka, quasi il tipo risa- 
nato, a cui risalirebbero il greco, l'italico, il celtico, il ger- 
manico; e, dall'altra, il tipo dakja, colla parassita invadente, 
al quale riverrebbero, per la via a suo luogo indicata, le due 
voci in cui è la sibilante, che son la litu-slava e l' indo-irana. 
È ipotesi più oftuta che non l'altra, la qual farebbe ritardare 
il distacco del litu-slavo dalla favella ariana dell'Asia. Poiché 
a favor di questa induzione pajono bensì stare altri fatti fo- 
nologici e lessicali, che potremo, più tardi, almeno in parte 
avvertire; ma le obiezioni che insorgono dalla grammatica com- 
parata contro alla affermazione del più tardo distacco del litu- 
slavo, son tuttavolta cosi gravi, che non soltanto ci fanno 
pendere incerti, ma anzi ci rendono inchinevoli all'altra solu- 
zione del problema. La quale però, alla sua volta, forse incontra 
una indiretta difficoltà, ed è questa: che mentr'essa c'induce 
a statuire spento nel greco, nell'italico, nel celtico e nel ger- 
manico, quel germe alterativo dal cui sviluppo si ripeterebbe 
la sibilante indo-irana e litu-slava per k originario , v' ha , al^ 



§ 15. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL h ORIGINARIO. 57 

rincontro, che alcune altre notevoli coincidenze (ftindo-ir.= c[d 
lat., ecc.), le quali già furono accennate in questa stessa Le- 
zione e sono da studiarsi nella prossima, accennerebbero a un 
germe antichissimo, e quasi latente, d'alterazione della tenue 
gutturale originaria, il quale si sarebbe svolto, per guise di- 
verse, nella favella indo-irana e in varie favelle europee, nella 
greca specialmente e neir italica, laddove la litu-slava, alla 
sua volta, qui non darebbe alcun sicuro indizio dell'intacco 
primevo. 



LEZIONE TERZA. 



Là tenue gutturale. (Continuazione e fine.) 



§ 16. Le alterazioni asiatiche del k originario ci condussero ad 
esaminare, in sulla fine della lezione precedente, i riflessi litu- 
slavi di questo suono. Ora rimane che si considerino quei con- 
tinuatori quei succedanei italici e greci di esso, pei quali si 
viene a deviare dalla equazione che già tanti esempj ci hanno 
affermata: k orig. = x gr. = e lat. (§§ 10, 11, 12). 

Dove alla tenue gutturale sussegua in favella latina un suono 
che è tra ì\ v qVu^ susseguito alla sua volta da vocale, la 
scrittura romana rende essa gutturale per q , e siamo alle com- 
binazioni: QVA QVÉ Qvi Qvo Qvv. Le Contrazioni latine che ci 
danno e per succedaneo di g (p. e. secutus e secundus allato a 
seqìÀor sequutus)^ le trascrizioni di voci romane in alfabeti di- 
versi dal latino (p. e. Topxouaxo? *), e la pronuncia che le combi- 



♦ Cfr. CoRSSEN, Uber aussprachCy vokalismus und betonung der la" 
teinischen sprache, sec. ed., I, 74. Il discorso corsseniano intorno 
al Q, utile e massiccio come ogni suo studio, è, per quanto a me 
sembra, tra i meno felici, rispetto alla evidenza ed alla sicurezza 
della trattazione. — Dalle testimonianze delle scritture straniere 
va del resto espunta quella dello kv (k+v) gotico, introdotto dai 
Castiglioni in un nome proprio {Ahvilaj Epist. pr. ai Corintj, 16, 19), 
la cui ortografia soverchiamente latina doveva parer singolare nella 
versione ulfiliana (cfr. Gabelentz e Lobe, Ulfilasy li, ii, §§ 35, 2; 
44, 2). Il palinsesto legge chiarissimamente: il%?a = 'AxuAac. 



§ 16. ìi ORIGINARIO, q LATINO. 59 

nazioni latine, in cui entra il q, hanno tuttora in varj idiomi 
romanzi, e neir italiano in ispecie (p. e. quale, aquila), già 
basterebbero a renderci persuasi che alcuna sensibile differenza 
non intercedesse fra la gutturale rappresentata dal q latino e 
quella che si ritraeva per e (=k). Ai quali argomenti si ag- 
giunge poi la stessa ragione istorica per la quale al g è as- 
segnata la funzione, a prima vista singolare, di rappresentar 
la tenue gutturale in quest'unica combinazione fonetica. Poiché 
il qqppa (koppa) degli alfabeti greci, al quale risponde il q 
latino, era alla sua volta limitato, di regola, alla combina- 
zione qo * ; limitazione opportuna ad impedire che si confon- 
dessero» nell'uso, le due tenui gutturali dell'alfabeto fenicio 
adottato dai Greci {kaph = kappa, qoph = qoppa), e suggerita 
senz' alcun dubbio dal nome del qoph, vale a dire dalla vocale 
a cui il qoph si sposava nello stesso suo nome **. Questa let- 
tera, del rimanente, ridondante siccom'era nella scrittura dei 
Greci, venne a poco a poco a dileguarsi dalla maggior parte 
dei loro alfabeti. I Romani, alla lor volta, avutala nell'alfa- 



* V. Franz, Elementa epigraphices graecae^ pag. 46 (MaXyjg^o-, 52 
[1, ò]; Qopiv5o5£v, 72; Ila^rov [Xlaxwv] in uno stesso vaso allato a 
£qcxi(;, 68; AogoSopxa?, 123), Kirchhopp, Studien zur geschichte des 
griechischen alphabets, sec. ediz., pag. 96 v. f., 100 v. f. , 111 in f. 
(efr. 32, 33 [34, 36], 41: qho = ^o, 57, 69-70). Ma in un medesimo 
vaso (C. Inscr. Graec. n. 7381, Kirchhoff 111), alle cui scritte ri- 
mane estraneo il x, abbiamo: As(ji.oBo^o; , FXau^o; e QXuto. Né manca 
il qoppa dinanzi alFu, cfr. Kirchh. Ili, 113, 132; ma la serie qi 
qa qu qe, dato pure che s'abbia veramente a leggerla sul vaso di 
Cere, poco o nulla proverebbe per so stessa, e ad ogni modo non 
sarebbe di scrittura greca. 

** Cosi Valeph fenicio, che è tutt' altro che la semplice vocale a, 
venne, tra' Greci, alle funzioni dell' a, perchè dall' a incomincia il 
suo nome; e il he fenicio, lieve aspirata, e a poco a poco pure il 
Mt fenicio, aspirata più forte, assunsero le funzioni della vocale che 
è nella sillaba da cui si nominano, restando assegnata la prima all'è 
breve, la seconda al lungo. 



60 , § 16. k ORIGINARIO, q LATINO. 

beto greco da essi assunto, le aissegnarono bensì una funzione 
non dissimile da quella in cui i Greci la porgevan loro ^ ma pur 
la ridussero meno superflua, poiché in qva ecc. si tratti della 
gutturale aggruppata ad un v che non è né vocale né censo* 
nante, e quindi di una combinazione caratteristica, nella quale 
a buon dritto il q romano si é perennemente mantenuto. Ma il q 
ridondava, in fondo, anche nella scrittura latina; e quando noi 
t)rescriviamo ai nostri fanciulli di scrivere italianamente aquila, 
anziché acuila, altro non facciamo che obbedir tuttora a una 
fittizia distinzione, suggerita alla Grecia prisca dal nome di 
una lettera fenicia *. Tra il hua di equarius ( quadrisillabo ) e 



♦ Chi volesse supporre che i Romani si valessero dapprima del 
qoppa per rappresentare con unica figura la tenue gutturale e T ap- 
pendice labiale , ad essa susseguente , e quindi primamente si scri- 
vesse qa per esprimere qua^ avrebbe contro di sé e Tuso greco di 
questa lettera e l'istoria della scrizione romana. Poiché gli esempj 
qaerellay neqidemj qintae^ qa^ qae^ gè, gì, raccolti dal Corssen (1. e, 
p. 72), son tutti dell'età imperiale; e il solo esempio che per l'età 
repubblicana egli vorrebbe stabilire, cioè Proqilia^ ben sarà, piut- 
tosto, come ha veduto lo Schuchardt (Der vokalismus des vulgàr- 
lateinSj II, 482, cfr. Huebner, in Corp. inscr, lat.^ I, 609), un caso 
di q per e (ft; cfr. Procillus, -cilla) che non di qi =; qui (ed anche 
Qaesicianum^ dell'età imperiale, sarà piuttosto per Caesicianum^ cfr. 
caesicius^ che non per Quaesicianum). Questa maniera compendiosa 
ha di certo per autori alcuni grammatici di bassa età, ai quali deve 
essere stata suggerita o persuasa dalla storta loro opinione, che la 
figura del q in sé compendiasse il e e 1' v. Cosi Yelio Longo ( ed. 
Putsch, p. 2218*19): De q litera qusesitum est et multi illam exclu- 
serunt, quoniam nihil aliud sit quam e et u. et non minus possit 
scribi quis per e et t? et i et s. nam ipsa quoque nota qua scribitur, 
si modo antiquam literse figuram spectes, ostendit e esse et v pariter 
literas in se confusas. Ideoque nonnulli, quis, et quse, et quid, per 
Q et I et s scripserunt , et per q^b , et per qid , quoniam scilicet in q 
esset e et v. Cfr. Diomede, ed. Putsch, p. 420 (= ed. Keil, I, 425; 
e Carisio, ed. Keil, I, 10). All'incontro il vecchio Scauro (ed. Putsch, 



§ 16. h ORIGINARIO j q LATINO. 61 

quello àìpecuaHus (qainquesillabo) v'ha bene una differenza'; 
ma non istà nella gutturale; sta nel suono che è fra questa e 



p. 2253): q litera seque retenta est propter notas, quod per se posita 
significaret q quaestorem; et quia cum illa v litera conspirat, quotiés 
consonantis loco poni tur, id est, prò vau litera, ut quis etqualis; 
unde et grced xaTcìra (1. xÓTrTca) quod prò hac ponebant omiserunt» 
postquam etc. Della scrizione sofistica di q per qv si ha probabil- 
mente un riflesso coevo al di là dei confini italiani* Poiché le due 
combinazioni di lingua gotica : hv e kVjìa cui esistenza è dimostrata 
nel più evidente modo da tutte le ragioni comparative, son rappre- 
sentate, nella scrittura gotica, da un solo carattere per ciascuna, 
e il carattere per kv altro di certo non è che il q latino (cfr. Ga- 
BELENTZ-LoEBE , Ulfilas ^ II, II, 14). Qualchó fondamento storico 
avrà piuttosto l'allegazione di Servio (ed. Keìl, IV, 422-3; cfr. ib. 477 
= Putsch, 1828-9) : k vero et q aliter nos utimur, aliter usi sunt maìores 
nostri, namque illi, quotienscumque a sequebatur, k prseponebant etc* 
itemque illi q prseponebant, quotiens u sequebatur, tat qum; nos vero 
non possumus q prseponere, nisi et u sequatur et post ipsam alia voca- 
lis, ut quoniam; allegazione che ritorna in Pompeo (ed. Keil, V, 110; 
cfr. Donato, ib., lY, 368), ma di certo non può menarsi buona sen- 
z'altro, e spio può valere, associandola agli esemplari epigrafici cui 
tantosto arriviamo , a farci credere che dapprima si adoperasse il q 
anche dinanzi a v vocale, e mano mano poi si limitasse alle sillabe 
QVA ecc. Il Corssen, comechè non affermi che primamente si scri- 
vesse qa per qua ecc. , confonde tutta volta di continuo , e in penosis- 
simo modo, Q e Qv; ed ha il coraggio di affermare, che si abbia q 
per QV in tutte le seguenti scrizioni: Mirqurios, Aquti , pequnia (que- 
sto esemplare occorre frequente, e si aggiungono jse^rusjpegrtwies), pe- 
qulatu, persequtio, oqupatuniy AesqulU, me^um, qura quraverunt, 
qur, Qusonius, qumditos, sequri, qubitorum, quius (1. e, 71-2), e 
pur riferendosi a Sergio, e vedendo perciò che si tratti di semplice 
questione ortografica, ci assicura con tutta serietà che nella pronuncia 
di pequnia eco. il v del q è confiuito coli' v vocale che susseguiva 
(PEQVVNIA PEQVNiA). Senouchè, prescindendo dalle propaggini del qvo- 
pronominale, in cui potrebbe reggere V ipotesi di qv = *qvv = qvo (p, e. 
QVOiYS, *Qvvivs, QVivs, cuìus), e forse ancora da cura curare (cfr. 



62 § 16. i^ ORIGINARIO, q LATINO. 

Ya\ il quale è un u ben distinto nel secondo esempio, laddove 
nel primo è un semplice fruscio labiale , che non ha valor pro- 
sodico alcuno *. 

Se poi ci volgiamo a scrutare Tetà e la ragione istorica di 
questa tenue gutturale latina con accompagnamento labiale, 
gioverà imprima dare opera a distinguere in varie categorie 
gli esempj che ammettono comparazioni eteroglosse. E mande- 
remo innanzi gli esemplari in cui a qv latino risponda in altri 
membri della famiglia, cosi dell'Asia come dell* Europa, la tenue 
gutturale, o un suo normale succedaneo (§§ 11-15), simil- 
mente accoppiata a t? od a u: 

1. Lat. : quo- {quo^^ quò^rum^ qua-^ quo-tj ecc.) e qui^ (qui-s, 
qui'dy qui'bus). La combinazione qv (cfr. § 19)^ oltre ad es- 
sere affermata, come a suo luogo vedremo (§ 17), dai riflessi 
greci, osci ed umbri, ha il suo pieno riscontro pure nei go- 
tici: hva-s **, hvòy hva^ quis, quae, quid, hva-prò, donde, 



coeravet^nt; eoe- que- quu-?), e da persequtio^ che oscilla tra se- 
quutus e secutus^ io domando dove il Corssen trovi, nella realtà, la 
combinazione qvv ch'egli affibbia a tutte quelle forme? Dove è un^^e- 
quunia o un oquupare o un quoti- (= con-)? Qui si tratta, manifesta- 
mente, o di avanzi dell'antica ortografia qu = ku {u vocale), o di 
errori di tarda età; cosi come potrà essere arcaica la scrizione pe- 
-qu-a-ri-o (C. I. L., n. 1130), ma certo erano semplicemente erronee 
le scrizioni vaqtm vaqui (va-cu-a va-cu-i), contro alle quali insor- 
geva Probo (ed. Keil, IV, Ì97). 

* Egregiamente Prisciano (Putsch, 543 = Keil, II, 12): g vero propter 
nihil aliud scribenda videtur esse, nisi ut ostendat, sequens u, ante 
alteram vocalem in eadem syllaba positum, perdere vim literse in 
metro, quod si alia ideo litera est existimanda q quam e, debet g 
quoque, cum similiter prseponitur u amittenti vim literse, alia pu- 
tari, et alia, cum id non facit. dicimus enim anguis sicuti quis, et 
augur sicut cur (cfr. 560, 568, = K. ib., 36, 47). Cfr. il passo di Scau- 
ro, allegato nella nota che precede. 

** hv gotico è la normale risposta di kv ante-germanico. £ poiché 
ci accadrà più volte di ricorrere ad esempj germanici, profittiamo 



§ 16. k ORIGINARIO, q LATINO. ^ 

hva-r^ dove> (ubi, irou), ecc. Nell'Asia, il tipo *At?a- o *kvi- 
mancherebbe affatto nella schietta funzion pronominale (sscr. 
ka-s, quis, ecc.), ma nelle propaggini si fa sentire, comechè 



ora dell'incontro per porgere in brevissimi tratti la chiave princi- 
pale del rapporto che intercede fra le esplosive ìndo-italo-greche ov- 
vero ante-germaniche (o meglio: originarie) e le loro corrispondenze 
germaniche. Un primo e generale tralineamento (§7), al quale si 
ferma il gotico e con esso ogni altra favella germanica all' infuori 
dell' alto-tedesca , consiste in ciò: che per semplice tenue ante-ger- 
manica {hjtyp) vi si abbia tent^ aspirata o piti propriamente spi- 
rante sorda {h^ p [th], f); per semplice media ante-germanica {g^ 
dyb)j vi si abbia all'incontro semplice tenue (k^t^p)', e. finalmente 
per media aspirata originaria e sanscrita {gh^ df^, JTi; gr. x» -S"» ?)» 
vi si abbia semplice m^dia. L'alto-tedesco (e quindi la lingua let- 
teraria dell'odierna Alemagna) non si arresta allo stadio gotico, ma 
tralinea ancora, e alla sua volta starà allo schema gotico, in ispecie 
per la sezione dentale (got. p [th], tj d)y così a un di presso come 
il gotico sta agli schemi piti genuini ed in ispecie al greco. Quindi : 
semplice media alto-tedesca per spirante sorda gotica ( tenue aspirata 
proto-germanica = semplice tenue ante-germanica); spirante sorda 
alto-tedesca per semplice tenue gotica; e semplice ^ent^e alto-tedesca 
per semplice media gotica. Aggiungiamo la dimostrazione sinottica, 
e qualche esempio: 

Stadio ante^ermanico. 
kj t, jp; g^ dj b; gMx)y dM^)j ò%). 

Stadio gotico. 
h, p{ih)y /*; jfe, tj p\ g, d, b. 

Stadio alto-tedesco. 
• •• a ^ .•* ... Z\SS) , •«. ... V. ... 

Esempj per la serie gutturale (k-h; g-k; gh[x]-g): 

Greco, latino, ecc. Gotico. 

caeco-j haiha-, monocolo. 

comu-j hauma-y corno. 



men decisamente di quello che a prima vist^ appaja* Al gotico 
hva-ptò (donde; forma probabilmente ablativa) fanno bel riscon- 
tro il 8«cr. Mr-tra (doTe, dovunque) e. lo zendo ifeu'-^/ira.^dove), 
i quali ci darebbero ku = *kva , per una contrazione cbe di fre- 



Orooo, latino» ecp. 

cord-y xapSt'a, 
xXfiTr-T-etv, rubare, 
x^u-etv, udire, ascoltare, 
Set x-vu-(jt.i , io mostro, 

Yvw-To-, noto, ' 
Yo'vu, genuy 
«Ypo-, agro- (ager), 
jxsyotXo-, grande, 

Xr versare (xiTw, xy--fft-?), 
cTs/)^-^iv, procedere, 
Xst'x-«v, leccare, 



f r 



Q*oiico« 

hairtan^j cuore. 
hlif-'anj id. 
hliu-mafiy udito. 
-ttih-an^ mostrare. 
svathran-j id, 

%uii-pa-, ìi. 
kniva-,ià. 
akra^y id. 
mikila*'^ id. 

giu^^arij idè 
steiff^an^ salii^e. 
-iai£r*"ò»,. i4- 



Esempj per la serie dentale t 



Greco, latino, ecc. 

To'-v, is-^M-m, 
TpeT?, treSy 
xTepo-, penna (ala), 



Gotico. 

t7ia-n-ay id. 
threisy id. 
ingl. feathsr^ id. 



duo , fi?ai , id. 

sud^ovy ingl. s«(9eaf^ i<l. 
sscr. iwZ-a-, slavo vod-a , 

acqua, vat-an-y acqua. 



Alto»todMCo (modèrno). 

e?e-n, id. 
dreiy idi 
/feeder, id. 

zwei; id. ' ' 
scìwoeissy id. 



' « Ma 



«(?ass-er, id. 



OAPS (5ap(jeTv ^afpsTv), 
osare, -daurs^an^ ant.-sass. 

daurr-ariy id. ^wrr-an (antico), id. 

£-pu^-po-, rosso. rauda-'i id. rot, id. 



§ 16. k ORiGiNARia, q latino. 65 

quente occorre {y. u = va)^ e vi si uniscono lo xendo ku-^ha^ 
quomodo, il vedico kù-'ha, dove, il sanscrito kù^tas^ donde, ed 
altri. La reale somiglianza tra lo kva sanscrito e zendo (dove) 
e il latino quo^ prescindendo dalla uscita o vogliam dire dal 
caso diverso che è nelle due forme, si strema per ciò, che la 
voce latina ritorna a 'kva^ e Tindo-irana air incontro, come pei 
solo fatto dell'accentuazione sanscrita già si vedrebbe ( koà^kii-à , 
p. 16), a ku\ E ben minore delle apparenze, anzi forse illuso- 
ria affatto , è la speciale consonanza tra il latino quantu-s e lo 
zendo kvanU^ quantus, qualis, citata con soverchia compia- 
cenza da più linguisti. Poiché, quanto è manifesto che la forma 
latina risale a *At?a-, altrettanto è improbabile che a 'kva risalga 
la figura irana, la quale mancherebbe, in questa ipotesi, di ogni 
risconlro etimologico nell'Asia, e ancora rimarrebbe affatto sin- 
golare per la corrispondenza fonetica Kv = 'kv. Ma kvant-, quando 
a dirittura non istia per ki-vant , e così combaci affatto col ve- 
dico ki-vant- = kijant- ( v. p. 47 ) , che dice ugualmente : quantus , 
qualis*, ammetterà tutt'al più la dissezione ku-\-ant {ku-¥vant)y 
in cui ritorna il contratto Ku^ che si rivede in kù, come**, 
parallelo al vedico kù^ dove ***. 



- ^ E la doppia figura (kivant kiant) era per avventura propria anche 
dell'antica Irania. Nessuna traccia del v nella forma irana medie- 
T'ale e moderna: cand. 

** JusTi, o. e, p. 112, Spiegel, Qramm'xtik der altbaktrischen 
sprache^ p. 201. 

*** Pur nel gruppo litavo si avrebbero vestigi dell' accompagna- 
mento labiale. In singolare armonia colle favelle asiatiche, l'antico 
prusso ha l'interrogativo ka-s (= lituano ka-Sj sanscrito kas)^ quis, 
collo schietto ka^ allato alle figure avverbiali queiy dove, quendau, 
donde (Diepenbach, Vergi, wórterb. d. gpth. spr.^ II, 596, Grass- 
MANN, Zeitschrift s. e, IX, 20). Nel lituano s'ha il tema prono- 
minale: kur-ju" (quale, quegli che, cfr. Schleicher, Lit, gramm., 
p. 299-30Ó) la cui base coincide col kur^ dove, dello stesso lituano, 
come il tema gotico hvar-ja-* (nomin. hvarjis\ zU^ quale?) coincide 
nella sua base collo hvar^ dove, del gotico stesso. Tuttavolta il rag- 
guaglio kur lit. = hvar got. perde di sicurezza quando si considerino il 
lituano msur (cfr. p. 52), ovunque, il lettone ^ur (là, colà), e altrettali. 

Ascoli, Fonol. indo^U-gr, 5 



66 § IG. A oiudiNAHio, g ladino* 

.2. Lat. qUeOf posso. L'esatta corrispondenza fonetica e morfologica 
di questo verbo latino è nello gvi sanscrito {qmunt : gvdjanti : : 
ewitidjanti [vanno]), il quale però significa: enfiarsi^ crescere j 
e non: potere^ meglio così coincidendo, nel rispetto logico, col 
greco xub), ì^\jifa*j son pregna, e con voci latine che più tardi 
addurremo (§20). Ma dalla figura radicale gav (gav^ gth)^ che 
si alterna, nella conjugazione, con gvi (gav : gvi : : gir : gri, 
pag. 40,: in fine), si hanno: gdv-as^ forza, gù-^ra^j eroe.(zendo 
piì-ra-, fòrte, eroico, gr. xu*po-;, forza), pei .quali applen si 
conciliano, anche logicamente, queo e gvi**^ 
3. Lat. e^uus, equulusj equa^ equio^ eqmt" (eques); sscr. àgva-s^ 
cavallo, àgvà^ cavalla, agvaj" {equive)^ bramar cavalli; lit» 
aszvàf cavalla grande (15, 3.) ***. Della corrispondenza greca 
si parla a suo luogo (17, 2.). 

Seguono gli esemplari iu cui a qv latino risponde R indó-irano, 
fra i quali entrerebbe, per certa parte, pur la stirpe pronominale 
che già avemmo in questo capo a considerare (n. 1), in ispe- 
eie per ciò che ad essa rivenga T enclitico -que-'ìla indo-irano 
(p. Q.equus-qiLe^ sscr. àQvag-^a, zendo a^pag-Ua), \\ cui riflesso 
greco si studierà più innanzi (cfr. 21, 4.). Alla stessa stirpe ap- 
parteneva anche renclitica sanscrita -fie-d (13, 10.), etimalogi- 



* Abbiamo, da Esichio, pur xuatvw (*kvan-jo),.che coincide- collo 
sviluppo zendo: gpan^ ('cvan-). 

** Il FiCK, o. e. 43, per troppo zelo, potrebbe destaro sospetto, 
(j^uando nell' affermare queo ^ gvi traduce questo a dirittura anche per 
potere^ arbitrando, come suole, circa la significazione. Ma il Pott, 
dal canto suo {Wurzel-toórterbuch, I, 459, 704), troppo timidamente 
si accosta al pareggiamento che qui affermiamo, - I significati 
di valere e ingrossarsi (enfiarsi) si intrecciano anche nel radicale tu 
(cfr. Pott, ib. 793-97), e abbiamo il seguente rapporto logico: 
sscr. tu (valere): lat. tu-^m^eo, tu-m^ulus :: lat. queo : cw-mwZw-s, 

*** La corrispondenza germanica (antico-sassone ehu, cavallo, ecc.) 
è più sicura e copiosa che non possa parere da Pott, 1. e. 534; cfr. 
DiEPENBACH, Vergleichendes toorterbuch der gothischen sprac/ie, I, 28 
(il, 726). 



§ 16. h ORIGINARIO, q LATINO. 67' 

damente non diversa dal lat. qui-d; e nello zendo la palatina à 
pure in Kf-5, quis (e quindi in naè-M-Sy nessuno, «sscr. nd-ki-s), 
e in Kaiti = sscr. kàti = lat. quot {quoti-àìe) , e in altre voci an- 
cora *. La combinazione gì?, allato a R indo-irano, degli esem-^ 
plari latini che ora si aggiungono, sarà poi a suo luogo raf- 
fermata (17, 3-8.) dai paralleli greci, e dai paralleli superstiti 
dell'osco e dell'umbro : 

4. Lat. quatuor {quattuor)^ quar-tu^s (*qaatur-tu-s, v. Ind»)y qua^ 
ter'^i sser. Katvar- (nomin. Kaivàr^as^ accus. Katùr^as)^ zendo 
Kathwctr-y quattro, sscr. Hatur-^thà-^^ quattro, hatù: *•* CHatur-s^ 
zendo Hathrus) , quattro volte. 
. 5. Lat, sèqù~or^ pedisequ-u-s i sequ-^ax^ sequèla (cfp. p. 91 ) ; sscr. saf, 
sdK-^-^ti (-a-toi) e si-sak-ti (eh, 13, 11.)^ allato a sagfi sdgR-^ 
-a-^i ****, sequi, obedire, colere: ùtqjaindra sisakti usdsà nd 
sùrja:^ in ajuto a Indra segue, come all'aurora il sole {rgv.^ I, 
56, 4); dti na: sagMtau naja, facci superare (conducine sopra) 
i persecutori (ib. , I, 42, 7; cfr. la n. a pag. 79). 

6. Lat. linqu-Oy re-linqu-ere^ re^-liqu-'U-s (cfr. p. 91); sscr. n/^ n- 
"nd-k-^i (1. pers. i^L: rinR-mdSy v. pag. 38), far posto, far 
vuoto, rik-td'S (cfr. re~lic-ti^s)j vuoto. Oltre al verbo che 
risponderebbe a questo riR sanscrito, Tlrania ha un seconda 
verbo omofono (zendo rt/t, pelvi rmr4t [3 pers. sing.], neo-» 
persiano rèz**^* rèkh-^tan)^ che dice: versare (versarsi); e il 
Justl (o. e, s. V.) inclinerebbe a credere cbe in fondo si tratti 
di una voce stessa. Analogamente , come nota il Curtius (o. e. , 
sec. ediz., n. 625), potrebbe andare unito, nel latino, con Zfn-' 
qu-ere^ il liqv^ di liqu-^ens liqu-idu-^s ecc. Ad ogni modo, non 



♦ V. n. 1, e la n. a pag. 47; e cfr. pag. 92. 

*• *quatur-s (cfr. òi-5 St-; Tpt-<; e le figure sanscrite e zende), *quat*rs^ 
quat[e]r, cfr. *socuro^s (sxupo<;), ^socurs^ *socVsy soc[e]r. 

*** Per Katìkr o Mtùs, v. pag. 14. 

♦*•* Per 'sa-sah (v. ^ft e sdkhi)^ Benpby, Gloss. al Samav. , 188 b. 
Cfr. § 17, 6. 

***** "i neopers. « fi zendo, come in sùz suhh'-tan^ ardere (cfr. 
§ 15, 2), in pak pukh-tafiy cuocere (ih. e 16, S.) , 



68" § 16. k ORxàiNARio, q latino. 

sarlt ieeito staccare questo latino liqt- dal rih irano, versare 
(versarsi), e par certo che riH ricorra con significazione con- 
simile anche nel Veda *. 
7. 8. Lat. coquere {quoquere)^ e quinque. Della gutturale onde queste 
due voci latine incominciano, parliamo altrove (v. Ind,)\ qui (e 
al § 17, 8) si considera la seconda gutturale soltanto, comì)i« 
nata con te, che in ciascun d^essi occorre, confrontandola col ^, 
che le risponde, negli equivalenti: pa^^ cuocere, panha-, cin- 
(^ue, del sanscrito e dello zendo. 

Neir esempio che ora segue, il greco risponde collo schietto x 
allo qv latino, e il sanscrito contrappone g (§ 11): 

9. Lat. qut-ès (quiei; cfr. requies requiei), qui-et- (quiétis; quieto 
e quiete), qui^e'-sco^ qui-è^tu-s\ gr. xeT-fjiat, giaccio, xeexat jon. 
(*X6JgTat), XcTrat, giace, xéaxero (*xs[j]-g-(rxe-ro) = e-xet-TO, gia- 

' ' ce va; sscr. {?t, giacere, gùj^a-^tai, gdi^tai^ giace, d^gai'-ta^ gia- 
ceva. **. 



* Alludo al passo seguente, che il Benfey mi addita, nel gloss. 
al Samav. sotto riH : vigvàni gakrdu ndrjàni vidvàn apdu riraiha 
sdkhibhir nikàmài:^ Indra, sporto in ogni opra virile, versò (fece 
scaturire dalle nubi) le acque ai bramosi amici {rgv.^ IV, 16, 6). 
Ma circa T altro passo che insieme egli addita, si vegga la tradu- 
zione ch'egli medesimo ne dà nel ^loss. stesso, s, vaks. 
, ** Il Corssen (o. e. 69, 386; dove gi sta sempre per errore in luogo 
di gì) ora adduce ed ora tralascia di addurre un parallelo germa- 
nico per quies ecc., nel quale ancora avremmo hv germ. = qv lat.; 
ed è l'antico alto-ted. hvi-lay hvi-l-^n. Senonchè, hvi-l-on venne a 
dir dimorare non già perchè valga porsi a riposo, ma perchè vale 
starsene per una data quantità di tempo (so^-giorn*are) , e il. jiome 
bvi-la (cfr. il mod. weile, e Tingi, tohile) altro difatti non dice se 
non tratto di tempo. Il gotico, al quale stranamente il Corssen non 
ricorre, gli avrebbe a dirittura offerto : ga-Jivei-l^ains , riposo; ma è 
sempre un derivato da /ii?ez-?-an, che alla sua volta risale a hvei-la, 
6pa, xp®'^®?> xatpo;. Al che aggiungendosi , dall' un canto, cìlq hvei-la 
coinciderebbe anche etimologicamente, col gr. :X(Xip<>-<; (Schleichbr, 
Compendi ^ sec. ed.^ § 196), e^ dall'altro, che l'accompagnamento 



§ 17. kv SI RIDUCE A j3, NEL GRECO, NELL'oSCO E NELL'UMBRO. 6^: 

Lo qv, filialmente, non è con sicurezza raffermato se non dai 
paralleli germanici in questi due esemplari: 

10. 11. Lat. ques" radice di gwer-o-r Cques-o-r), ques^us', islandese 
hvàs-ay fessum anhelare *; lat. aqua^ got. ahva^ fiume (ani. 
sassone aha^ acqua; danese aa^ fìumiceHo; svedese a, fiume, 
ruscello; islandese a, acqua). 

Ma dell'antica combinazione germanica hVj che riconoscem- § 17. 
mo legittimo riflesso di hv anteriore e qv latino, altro non suol 
rimanere, in principio di parola, all'odierno alto-tedesco se 
non il v\ e quindi ai gotici hva-s (ingl. who\ § 16, 1), qtiis, 
hveita- (ingl. white) = sscr. ovaita- (*kvaita), bianco, rispon- 
deranno nell'odierno alto-tedesco: we-r, weiss. Ora se il gotico 
stesso, come pure è possibile (cfr. snaivs), ha partecipato in 
qualche esempio a questo dileguò, il suo vaàrm-s^ serpente 
(verme; wurm, verme, dell'odierno tedesco), potrebbe conci- 
liarsi, per r intermedio *hvaurm-s (hvurmi-), coli' equivalente 
sanscrito krmi- (15, 4.) = ^karmi- (pag. 10); ed il lat. vermi-y 
alla sua volta, vi coinciderebbe ugualmente per ^kvermi- **. 



labiale non si vede negli altri esemplari germanici che più asseve-. 
ratamente alla nostra radice si riconducono (cfr. Pott» Wurzeì^icor'-, 
terb.y I, 546, Curtius, o. (i., n. 45), si dovrà affatto perdere ogni 
fede nella pretesa affinità di hvila e quies. — Il rapporto indo.- 
latino g = qv si riprodurrebbe nel paraltelo gi^ quaeso (rad. gwzs-),. 
proposto dal Benfey {Griech, i€>ur;selleoG. , II, 152) e accettato dal: 
Corssen (o. e. 377, dove sta, per errore, cish)^ mal sicuro però in. 
sino a che non si possan meglio conciliare i significati; il verbo la- 
tino dicendo: indagare, cercare, chiedere, e l'indiano: lasciar di resto; 
(passivo: restare), separare, spiccare. Scemere potrebb' essere la basa; 
concettuale ad essi comune. 

, * Questa voce germanica ed altre affini adduce il Kuhn ( Zeiischrift , 
s. e, XV, 318) allato allo gvas sanscrito, respirare, sospirare, fischia- 
re, e trascura il lat. ques. Del perchè io non mi fidi deUa equazione 
gvas sscr. ■='kvas = qu^Sy si vede in sul principio della Lez. XIV. 

** Quindi, si avrebbe: qv lat., hv germ. = k sanscrito, cfr. § 16, 1^ 
§ 17, 9. - Contro *hvurmi 'kvermi starebbe appunto il doversi am-^ 



■^O §17. kv il RIDUCE A 7), NEL GRECO, NELL'OSCO E NELL'UMBRO. 

Lo stesso dileguo si è forse consumato, anche pel latino, in 
alcune propaggini del pronome interrogativo-relativo, alle quali 
non tarderemo ad arrivare; e si riaflferma nel vap di vap-or 
{^kvap'Or) vap-i'dU'S, allato allo kvap lituano di Jivàp-a-s, 
alito, esalazione, e al xair greco dixa7t-u-w, respiro fortemente, 
x«7r-vo-;, fumo, vapore*. La perdita è foneticamente maggiore 
nel caso del latino che non sia nel tedesco; in quello ecclis- 
sandosi dinanzi al v un suono esplosivo {v da kv)^ e in questo 
un ^uono continrw (v da. hv), che è fievole pur dove resta. 
Ma del fenomeno latino, a cui ora si allude, vedremo più tardi 



mettere la coiacidenza del dileguo, nel gotico e nel latino. Ma alla 
perfetta congruenza del significato e della forma, si aggiunge forse, 
in favore di questa restituzione, la forma britannica , di cui si tocca 
nel seguente paragrafo. Le opinioni del resto sono divise: Pott. (Etym. 
forschung.y I*, 84), Bopp (Gloss.), Schleicher {Compend,^ § 196) e 
Corssen (o. e, 34), uniscono vaurm-s vermi-s con hrmi- ecc.; Auf- 
i*echt e Curtius (v. questo, o. e, sec. ediz. , pag. 485-6) e Fick (o. 
C, 164), tengono disgiunti quelli da questo. Ma il Benfey, dal canto 
suo {Orient und occidente II, 756), riunificando ogni cosa nello *hvar^ 
-mant^ al quale troppo arditamente risale, si vale anche delle forme 
lettone zir^mi-s ecc. per maniera che può turbare gl'inesperti, riu- 
scendo equivoca in ordine al rapporto de* suoni iniziali. Giova quindi 
avvertire, che lo zi (ti) della voce lettona è succedaneo normale del 
ki delle corrispondenti voci lituane {kirminis ecc., § 15, 4). — Se 
vermi-^ è pari a kfmi*^ avremmo, in lingua nostra, il curioso fatto 
di due diversi continuatori del karmi primevo, entrambi nella spe- 
cial significazione medesima , e affatto inconsci della parentela che 
tra di loro intercede ; cioè : vermiglio ( * vermi-clo ; il verme che dà 
Io scarlatto) e cremisi (^sscr. krmi^gà^ la nata dal verme), voce 
importata dall'Asia in età relativamente moderna. 

* Il Benfey (Griech, wurzelleankon^ I, 267), e altri dopo di liti, 
qui adducono le voci sanscrite kapi kapi*-ga ecc. y che direbbero, stando 
ai lessici, incenso, ma sono ancora senza esempj. E deve dirsi incerta 
anche la parentela tra il nostro kvap e il sanscrito kup (= cup-io), 
ribollire (neir animo), adirarsi, che è una combinazione, ormai an- 
tica, del Pott {Etym. forschung., I*, 256, II*, 205). 



§ 17. kv SI RJDUCE A Pi NEL GRECO, NELL'oSCO E NELL'UMBRO, 71 

nella àtessa lìngua di Roma adeguati riscontri (§ 26; Dilegui)] 
e qui intanto giova, per la continuazione del nostro discorso, 
por mente a un esemplare, nel quale la perdita di una diversa 
esplosiva innanzi ave cosi costante, che deve a dirittura risa- 
lire al periodo unitario. Intendo la voce per venti , in cui lo 
dei, che dice due, è ridotto a vi in quante lingue della fami- 
glia espriman quésto numerale con antica unità di vocabolo:. 
vt-'gàti' (sànscrito), vi-gaiti- (zendo), vi* ginti (latino), fi-che 
C^vi-kef antico irlandese), /'si-xart (dorico). A questo vi da dvi> 
sta dùnque allato, ancora per dvi due, la figura bi, che è nel 
latino 6i-5, o «eli' equivalente zendo: bi-s, pari al sanscrito dvi-s^ 
e surge pel fatto che il v passi a mano a mano dì suono con- 
tinuo \n esplosivo, cagionando cosi la proporzionale diminu- 
zione, é finalmente T intero dileguo^ del primo elemento della: 
combinazione etimologica {dv, *&, b) *. il quale essendo sonoro, » 
il t? naturalmente si determina anch'esso in esplosiva sonora, 
dove all'incontro si determinerebbe in esplosiva sorda se fosse» 
sordo il primo elemento della combinazione etimologica, come 
vediamo accadere nelle forme pracritiche: pat*« tvàji sanscrito 
(locativo- singolara del pronome di seconda; tv, [^b]ip,p), e 
"Ppana = 4vana sanscrito (suffisso derivatore di nomi astratti), 
nella seconda delle quali, trattandosi di fenomeno interno, al 
p è dato raddoppiarsi, in compenso del t che si eoclissa. Cosi 
neUVi>P^^ eli qualche vernacolo alto-tedesco, per Vetwas (qual- 
che cosa) del linguaggio letterario **. 



* Intorno a questo fenomeno, e agli altri congeneri, che si toccano 
piti innanzi, v. la n. 4 al primo Saggio indiano ^ nel sec. voi. degli 
StudJ critici. 

** È fenomeno congenere quello ài p o h zendo per v anteriore, 
secondo che preceda sibilo sordo o sonoro; il qual sibilo però, essendo 
suono continuo, non tramonta perchè il v s'induri. Cosi avremo li 
zendi ^pan- (afgano spai), cane, cpaèta- (neopers. gipèd), bianco, 
affpa- (neopers. asp), cavallo, zbà, invocare; - pei corrispondenti 
sanscriti gvan-, gvaita-, agva-, hvà {h sscri = s zendo). — V. an- 
cora r Indice , 5. ffo. 



72 § 17. kv SI RIDUCE A p, NEL GRECO, NELl/oSCO E NBLL* UMBRO. 

Ora il fenomeno di v che si miiti in labiale esplosiva^ sorda 
sonora secondo il diverso genere dell'esplosiva ecclissata,^ 
sotto r influsso della quale egli si venne indurando» non dipende 
già dalla specie di questo suono assimilatore; e ci sarà facil- 
mente manifesto, che al p prodotto di tv (tv *b *p pp p-) o al J 
prodotto Aìdv (dv *^b bb b-), di cui avemmo e riavremo esempj, 
si potrebbe aggiungere, ricorrendosi a quella sola altra serie di 
esplosive originarie che si presti all'aggruppamento col v^ cioè 
alla serie gutturale, un p prodotto di hv (kv ^b ^p pp p-) o un J 
prodotto di gv (gv «b bb b-). E cosi siamo, limitandoci per ora 
di, p -kv, cioè continuando l'istoria della tenue gutturale ori- 
ginaria, a j9 greco ed a p osco ed umbro rimpetto a qv latino; 
il quale p non è quindi un capriccioso succedaneo dell' antico 
suono gutturale, ma bensì è naturai continuazione dell'appen- 
dice labiale di questo > cresciuta in forze, per cosi dire» all'om- 
bra e a' danni di lui. Gli esempj più importanti 6 sicuri son 
questi che seguono: 

1. Lat. quo^^ qu(y-t (= sscr. kà-ti)j ecc. (16, 1.);- gP. (cfr, p. 89) 
TTo-repo-; (sscr. ka-tarà-'S)^ quale dei due, sco-re, quando?, -tto- 
-Ho-;, quale (cfr. quo-iw-s^ cm-ìw-*, aggett., di chi)^ ico-ao-;, 
quanto?; ecc.- osco: pù-d, po-d, quod (sscr. ved. ka-^^ 
quid); pa-m, quam (acc. fem. sing.), pam^ quam (congiunz.); 
pù-s, qui (nom. masc. pi.); pa-i, quae (nom. neutro pi.); pu-f 
(cfr. Tzó-^i)^ ubi, pù-tùrù-, uter; pi~s^ quis (sscr. -^i-s, 21, 2.), 
pi-d (e -pi d, 21, 4.), quid; ecc.- umbro: po-ij qui (nom. sing. 
masc), panta, quanta, pu-f e, ubi, pu-tru-, uter, -pis,pi-s, 
quis, ecc. Che pur le forme osco-umbre puf e puf pù-tù- 
rù- pu-tru- abbiano la loro esatta corrispondenza romana 
ne' proto-latini *kvo-fi (*vofi *vufi ubi; v. w = vo e ft »/*) *At?o- 
-^ero^ (*votero- *vutero- uter), e quindi si allineino con t?er- 
mi-s = *kvermi-s ( v. sopra) e simili, mi par manifesto, pur dopo 
le impugnazioni a cui questo particolare ragguaglio è andato 
incontro*. Anche wwgwam (*cvun-cvam) deve qui rivenire; allato 
al quale va citato l'equivalente got. hvan'-hun (ni hvan-hun, 
n-unquam), comechè, massime per la seconda parte (cfr. 21, 



• V. il luogo degli Sttidj critici citato alla nota * di p. 71. 



§ 17. ifev.SI RIDUCE A )>, NEL GKECO, NELL'OSCO E NELL' UMBRO. 73 

2. no 9 non si possa affermare se non la comune presenza del 
tema pronominale kìMi. 

2. Lat, e^tuo- (16, 3.); - gr, "txwo- ('ix-^o-, v. Protesi)^ dove lo 

kv antico , per essere interno , potè riuscir continuato da doppio 
suono (^p,pp) così come vedevamo aversi ^|) (*p pp) dallo tv 
interno sanscrito e germanico. 

3. Lat. quatuor (16, 4.);- eoi. 'itéordup-s; (*7reT/'op-*7reT^up- v. IndJ)y 

omer. irt(rup-£? (v. Indice)^ quattro; cfr. § 21, 1;- ** petora 
Oscorum lingua idem quod quatuor (Festo)»»;- umbro pe^ 
tur^ = lat. quadru- (in quadru-ped- e simili); Petr-un-ia 
= Petronia. 11 gotico , partecipando in questo esempio , come ■ 
pure in altfi farà, del vezzo greco, oscoy umbro (e gallico, § 18)^ 
ci dà, con regolare tralineamento iniziale (v. pag. 63 ) , /5it?ór - 
(quattro), risalendo egli a 'hvadvor {'hvidvor) anziché a, kva^ 
tvor ( f : hv : : p : lev ). 

4. Lat. quinque (16, 8.);- eoi. TTc'fXTrs (v. Indice) ^ cinque, a cui 

si rappicca l'ordinale panellenico: tcejxtc^to-; , quinto;- osca 
pomtis Cpompt-is), per la quinta volta, Pontius (*Pomp-tiu-s; 
nome sannitico) = Quintius, Pomp-ilio- (nome sabino) = umbro 
P u m p e r i u- ; ecc. Il gotico risponde , secondo le norme de- 
scritte nel precedente esempio , per flmf, Cfr. § 21 , 5. 

5. Lat. linqu-o (16, 6.);- gr. Xt(jL7r-av(o , XetTr-w (aor. g-Xticro-v), 

lascio, abbandono. Nello stadio gotico, ancora con f-*hv 
(*kv), si avrebbero, a cagion d'esempio, l' islandese Zet/'-a , e- 
r anglo-sassone lyf-an , lasciare (concedere) *. 

-6. Lat. sequ-or (16, 5.); - gr. 'iTc-o-jxat (spir. aspro = *s^), seguo,; 
colla forma contratta txir-, p .e. nell'infinito otz^Ig^cu (orir = s[e]p- 
= *sekv.), e la raddoppiata eair- Csesp = *seskv-)y p. e. nel parti- 
cipio Iffir-o-jAevot (vedine ErDger, Griech. sprachlehre fùr schu^ 
letiy II, 123, quarta ediz.), la quale coincide col sanscrito sa^ìt 
Csask; 16, 5.). Cfr. § 18^ 4. 

7. Lat. in-seque^ in-sece^ die, narra; ecc. (v. § 20, e Porcellini, 
s. V. v.); gr. e-<r:T^6T6 {di: '^"sfejp sekv, come nel num. 6),- 
imperat. : dite; à-tnc-E-ro-; , indicibile; ecc: (v. Morfologia)**, 



* V. il luogo citato a n. * di pag. 71. 

** L'Ebel {Zeitschrift s. c, II, 47), cui si deve il più deciso im- 
pulso a questo ravvicinamento, estendeva al greco la sentenza del- 



1(4 § 17. kv sì RIDUCE A JO, KEL GRECO, MELL*OSCÓ E NEU/UMBRO. 

8. Lat. coqu^o (^wo-^w-a; cfr. 16, 7. ) ; - gr. ittTc- ( v. oceVau) wstctw), 

cuocere, maturare: TteTc-ró-?, cotto, iteTc-ov-, maturo (cfr. sscr. 
'-paìt-'ja^^ matùrantesi, e ii latino |}ra?-coc-s), iroir-^$-, irwc-xvo-, 
focaccia. 

A questi esempj, in cui t. greco s'incontra con qv latino, si 
aggiungerebbe torqu-eo allato a TpsTi-tD (attorco, volgo), di cui 
ritocchiamo in appresso * ; e T osco e V umbro non diedero 
alcun p rimpetto a k originario, pel quale non si avesse nel 
latino lo stadio dello kv (qu). Vedremo poi, anche in altre ed 
afiinissime favelle, l'istoria medesima per p rimpetto a k an- 
teriore; e già quindi senz'altro sarebbe più che lecito il ripe- 
tere sempre da kv il tu greco de' pochi altri esempj in cui ancora 
^ vede allato al k di altre lingue,- senza che più sia manifesto 
in alcuna parte lo stadio dello kv. Ma- si aggiùnge, che questo 
stadio traspaja, nel latino, pure in due sui tre esempj che an- 
cora sarebbero da addurre (cfr. § 19, e Curtius, o. c, num. 620 
e segg.), e per l'uno di essi anche altrove. Eccoli, serbato il terzo 
(Itco; ecc.) per altro luogo: 

9. Lat. j'ecwr, jeoor-, che riverrà a 'jekvor (v. t?) « ?7cap gr., fe- 

gato, I termini asiatici danno la gutturale intatta: sscr. ja* 
krt-, zeiidojàkar[e]j fegato**. Il temaja/trf- si avvicenda. 



l'AuFRECHT (ib., I, 352), secondo la quale questo esempio e il prece- 
dente non ne formerebbero che uno solo. Ma il Curtius U divide (1. e, 
num.i 621, 632), al che persuadono, per tacer d'altro, i riscontri 
lituani. Le considerazioni del Pott, Wurzel-^toorterb. , 1 , 8 e segg. , 
mi paiono non scevre di qualche intralciamento. I duhbj circa la ra- 
dicalità del cp di evi97rov ecc. (10), debbon pure esser nulli agli occhi 
di lui medesimo ( Etym. forsch. , II^, 643 in f . ). 
. ♦ torqu^eo = tpéw-w è proposto con esitanza dal Benfey, nel Griech. 
wurzellexikon\ I, 672, e accolto dal Curtius nella bella. sua ras- 
segna degli esemplari* che qui si toccano, o. e. n. 633. Nelle voci 
per torchio y torchiare {torc-ulary xpaTr-sw, ecc.), l'incontro si fa piU 
seducente che mai.- Cfr. § 18. 

** Old zand^pahlavi glossary s. e, pag. 10, lin. 10 [20]; cfr. Fo- 
nologia irana s. v. 



§ 18. kv iqv) SI RIDUCE A p RUMENO, GALLICO E BRITONE. 75 

nella declinazioDe sanscrita, col tema, jakan^ (cfr.jekna litua-> 
no, fegato*); e il latino, alla sua volta, avrà avuto, allato ad 
obliqui sulla foggia di Jecor-is, altri obliqui sulla foggia di 
'jecìn-is {-jahn-ds sanscrito; cfr. femur femin-is). Ma 'jecin-^is 
accanto a jecor-is^ attratto dall'analogia di iter itinerié e di 
/acmom, diventò jf(Jctn-or-is jecm-er-is **. 
10. Lat. ùc^ultins (oquulus ***); gp. oTc-wic-a, vidi, ott-wit-ìi)', vista 
(V. Morfologia^ s, v., e in questo volume: ocrae, rf/wi, ecc.). 

Se kv antico si continuava cosi, dall' un canto, per qu latino, ;§ 18. 
e dall'altro per p greco, osco *ed umbro, si aggiunge ora che 
lo stessa qu latino sia continuato alla sua volta da muta la- 
biale romanza. L'appendice del q si aflSla, cosi che veramente 
si riabbia hv (aqua akva); e si riproduce l'istoria più addietro 



♦ jekna (fem.), ^ì.jeknosy fegato, ho dal Fick, 1. e, 148; altrove 
non rinvengo, pel gruppo litavo, se non il lettone ah-ni-Sy fegato, 
che il PoTT, Etymolog. forsch.^ I*, 113, dà per fem. pi. 

** Da jecus-culu-m non saprei inferire un particolar tema latino 
jecusy il quale ad ogni mòdo mal potrebbe infirmare T originalità 
del r di jecur (v. r lat. da s), guarentita dal parallelo indiano, dallo- 
zendo e dal greco. Ma jecus-culum crederei si foggiasse, per falsa 
analogia, sopra corpus-eulum ^ frigus^oulum , pectus-eulum^ (pecttó- 
lum), lepus-culusy agevolando T illusione T uguale apparenza degli 
obliqui (jecoris, corporis, frigoris, ecc.). -r- Del nominativo j'ociViws, 
allegato da Carisio (Putsch 34, Keil 48; cfr. Prisc, Putsch. 701, 
Keil I 238), non vorremo farci caso. 

*** Dice Prisciano (Putsch, 560, Keil, II, 36): apud antiquos fre- 
quentissime loco cu syllabae quu ponebatur et e contrario , ut arquus , 
coquusy oquulus j prò arcua y cocurS^ oculus^ quum prò cunij quur prò* 
cur. Ma la risposta greca mostrerebbe legittimo il qu di oqiwli^y 
com'è legittimo quello di coquus e di quum e di quur'j ed arquus 
stesso (geu. arqui) non è una mera varietà ortografica, ma si un 
tipo che realmente ricorre. Cfr. § 20. — Lo stadio dello kv sarebbe, 
oltre che in oqu^ulus^ pur nel germanico "a/iran-, a cui FEbel 
{Zeitschrift s. e.» Vili, 242), il Grassmann (ib., IX, 23) e L. Meyer 
(Orient u. occid., I, 623) vorrebbero ricondotto V augan'-[{ occhio) 
del gotico. 



76 § 18. kv iqv) sr RIDUCE a p rumeno, gallico e britone. 

descritta. Quindi i noti tre esempj rumeni (cfr. § 20 e \. pt 
rum.) di pa {pe) da qua*: 

1. patru, quatuor; ape, aqua (cfr. l'antico frane, aive); eapej tape, 

equa (cfr. l'antico frane. yve)\ 

allato ai .quali giova ricordare la muta labiale sarda (logudo- 
rese) per gw latino, comechè veramente qui sì tratti di kv che 
prima passi in gv; e quindi, per prodotto finale, si abbia le- 
gittimamente 6 anziché j? (cfr. § 27): 

2. lat. gwa^wor, prima alterazione logudorese : 'gvattor-: {cir. grtighe, 

rughe y croce; grógu del dialetto comune, giallo, croceus; ecc.)» 
onde: bdttorOy quattro, battorinuj quattrino, battordighi^ quat- 
tordici, ftamnto, quaranta; lat. aqua^ *agva, abba (sardo 
settentr. éba^ ea)\ lat. aquila^ *agvila, àbile (aquila, aqui- 
lotto); lat. equa^ *egva, ébba\ lat. quinque^.e in iscrizione 
del principio del quarto secolo: ciwgtmginta; ital. cinque; 'cingue, 
chimbe^ cinque, chimbìna^ cinquina, chimbànta^ cinquanta**. 

In altro ramo della nostra famiglia, nel celtico, troviamo i 
resti gallici e la favella britone contrapporre di frequente il 
loro p ai k (e) della favella ibernia ***; e che pur qui, se non 
sempre, almen di regola, si tratti di kv antico, ridotto da una 
parte al solo k (§ 19), e dall'altra, nel modo stesso che per 
varie altre favelle già descrivemmo, a ^, ci è insieme dimo- 
strato dal singolare consenso tra i principali esempj celtici e 



♦ Del rumeno si distinguono due principali varietà : la daco-romana 
e la macedo-valaca (v. Studj criticiy I, 53, = 331). Per rumeno sen- 
z'altro, s'intenda il daco-romano. 

*• Cfr. DiEZ, Grammatik der romanischen sprachen^ sec. ediz. , I, 
245; Sttcdj critici, I, 25 (303) e segg., e il 1. e. a n. ♦ di p. 71. - 
Chimbe ecc. son nella parte italiano-sarda del vocabolario dello Spano. 

**• I resti gallici attestano speciale affinità col gruppo britone (o 
cimro). Badi il principiante a non confondersi tra gallico (l'antico 
celto dei Galli), gallese (idioma britone del Galles), e gaelico (sino- 
nimo di ibemio). 



§ 18. kv iqV) SI RIDUCE A|} RUMENO", GALLICO E BRITONE- 77 

g-r italo-greci, e dal maqvi, filìi (gen.), delle antichissime iscri- 
zioni ibernie, in cui ci è mantenuto il generatore comune del 
tnacc ibernio e del map britone. Si osservino, richiamati alla 
memoria i riscontri italo-greci, e anche germanici, dianzi ad- 
dotti (§ 17), le forme celtiche, di qualche antichità, che ora 
qui seguono (cfr. cht ibern.): 

3. irland. (ibern.)* cia^ ce, ci, co^ ci-'fdjj figure del pronome inter- 
rogativo (lat. quis)', gallese (hrìi.) : pui ^ pa ^ pi, id. (osco|){-, 
gr. 'ITO-, ecc.); - irland.: cdch, quisque; gallese paup ♦, id.; - 
irl. con, unde? gallese |>an; irland. ech, cavallo (lat. equus); 
brit. ep-** (gr.'^nwo?); irland. . ce^^ir, quattro (lat. quatuor)\ 
brit. jje^war; Festa: petoritum (petor-ritum) et gallicum vehicu- 
lum esse, et nomen eius dictum existimant a numero quatuor 
rotarum: ali! osce, quod ii quoque pecora , quatuor vocent: ali! 
gr»ce, sed atoXixw; (cfr. § 17, 3) dictum (cfr. Geli. XV); ir- 
land. cóic ***, cinque (quinque) ; brit. pimp] Dioscoride (IV, 62): 
xeyToccpuXXov. 'Pcd^aocioi x.i^x£r^6kio\j\L , FoùXcc TrsfXTreSouXa (cfr. DiE- 
FENBAGH, Celtica^ I, 169-70); irland. cruim ('cromi- *cormi 
= cvormi , sscr. krmi-' , forma fondamentale latino-germanica : 
*kvarmi^, v. § 15, 4, e pag. 69), verme; gallese pryf {cfr. 
' crùvi nell'antico bulgaro, § 15, 4^ e t> brit. =» m orig.); nel 
quale esempio si dovrebbe però ammettere che lo stesso inver- 
timento (cor- ero-; por- prò-) fosse avvenuto indipendentemente 
e neir un ramo celtico e neir altro , locchè non è senza qualche 
difficoltà y comunque si tratti di tal fenomeno che dappertutto 



♦ L' w delle forme britone: pui, paup, non va confuso coli' u di 
Qvo- ecc., che affermiamo continuarsi nel p delle stesse forme bri- 
ione; ma ui ed au sono normali continuazioni di è ed à anteriori, 
V. Zeuss, Grammatica celtica, pag. 113 e 110 (ed. Ebel: 96, 93). 

** Ebel, Beitràge sur vergleichenden sprachforschung , II, 161, 
cfr. Ili, 6. — ^Eporedias Galli bonos equorum domitores vocant'. 
Plinio, III, 17. — V. qui più innanzi, nelle note a questo stesso 
paragrafo. 

*** Sta per ^cuinc, e là presenza del n ò ancora attestata dal di- 
fetto di aspirazione nella seconda gutturale ; cfr. ech » equo-. 



78 § 18. SE V* ABBIA p SANSCRITO E LATINO, = kv, 

occorre assai agévolmente, e ritorna nella figura paleo-bulga- 
; rica dello stesso nostro esemplare *. 

Rimane ancora il quesito, se il sanscrito (o mèglio la favella 
ìndo-irana) e il latino partecipino anch'essi del fenomeno che 
noi definiamo di p per kv anteriore, o insomitaa ci mostrino 
qualche lor p in cui apparentemente si continui il k originarioi 
e la risposta avrà a suonare, che ancora sub jvdice lis est 
Di certo è notevole, per incominciar dal sanscrito, che si tratti 
di esemplari i quali trovan pronto un riscontro eterpglosso mu- 
nito dello kv; ma sulla legittimità di questo riscontro debbono 
ancora rimanerci dei dubbj,. parte attinenti ai singoli casi, e 
parte d' indole generale, in quanto ne risulterebbe fenomeno 
affatto sporadico e insieme affatto disforme da quello che il 
sanscrito suol contrapporre a p europeo ^ kv (§ 19). Piuttosto 
che Q. p avutosi nel sanscrito o neW indo-irano per k {kv), 
saremmo indotti a credere alla simultanea presenza d'ambo le 
figure sin dal periodo unitario, sia poi che esse risalgano a 
generatore comune, o sia che si tratti di costituzione etimo- 
logica in parte o del tutto diversa tra figura e figura. Ed ecco 
intanto i principali casi» intorno a cui verte, pel sanscrito, il 
nostro problema: 

4. Il solito vocabolo sanscrito per ^acqua* è ap (femin.), di regola 

al plurale (nom. pi. òp-as; tema zendo: op-). La speciale con- 

II 

suonanza, che è tra la forma asiatica e V ape rumeno o Vabha 
sardo (18, 1. 2.), manifestamente non importa una speciale 
x5ontinuità istorica fra questi e quella, poiché i due termini 
romanzi risalgono, come vedemmo, alla figura latina: aqua» 
Ma si può domandare, se ad un antichissimo ahv- non rivenga, 
alla sua volta, per analogo processo, IVop- indo-irano, o me- 
glie un op- del periodo unitario, poiché solo il supposto di un 
così antico ap potrebbe dichiarare, senza gravi stenti, la pre- 



* Quanto al ragguaglio cruim = 'cromia pryf= 'proif'proim 'prò- 
mi, cfr. Zeuss-Ebjbl, 1. e, 13, 90, 233. V. ancora V Ind. s. conso- 
nanze Qomposte, 



§ 18, SE v'abbia p sanscrito e latino y = kv. 79 

senza della labiale nel lituano ùpé^ fiume , q nel latino am-ni-'S 
=s 'ap^ni'-s (cfr, som-^u-^ = '«o/j-ni**?, pag. 28 ). La forma colla 
muta labiale, comunque surta , poteva coesistere a quella con la 
gutturale; e nel caso dei Msaff-àir-tot (che-sono-intra-le^acque; 
PoTt, Curtius) resteremmo intra due, se la figura anteriore ne 
fosse ap od akv. Le due figure coesistenti sarebbero poi vivo 
entrambe in favella sanscrita, nel caso del vedico sap, che si 
traduce: sequi, colere, allato al saftj cui prima riportamnid 
sequor & 2iro{i.ai (16, 5. 17, 6.)* Veramente, per quanto io posso 
vedere, sap non direbbe proprio: s^uiré, ma: conseguire, colti-^ 
vare (eseguire), onorare; e se pur sa/t, seguire, riesce ad avere 
le significazioni di sap (accompagnare onorando, proteggendo^ 
operando; cfr. il rifiesso zendo: haK)^ tutta volta, mancando a 
sap quella di seguire ^ il supposto della esistenza primeva di 
amendue Te forme è per avventura ajutato anche dalla dispa-^- 
rità di significati che corre tra V attivo tiztù ( mi occupo ; che 
faremmo pari a sap) e il medio 87:o[it.at (seguo, :^ sak) *. Nel' 
greco sarebbero naturalmente confluiti il continuatore di sap- 
sa-s[a]p (l-<rir-o-v) e quello di sak sa^s[a]k {sàkix ecc. § lOj 
6r:<T7c-<{-p.7iv). La coincidenza del sanscrito Zop,. parlare, la- 
mentare, col lat. loqu-or (paleo-bulgar. rek-^o^ dico), sarà for- 
tuita (cfr. lap-ana sscr*, bocca, lap pelvico e liipa lituano, 
labbro; ecc.); e il sanscrito trap trdp^a^tai^ confondersi, ver- 
gognarsi, a cui si riconducono i sanscriti trp-^rd^ e trp-'dia^- 
inquieto, ansio, ben potrà far famiglia col latino trep-i-^dcH 
e col paleo-bulgarico trep^t-^ati^ tremare (v^ V Introduzione alla ^ 
morfologia s. tar [sscr. tar-alà] tra-m tra-s tra-p), come i san-, 
seri ti tarh tark^c{ja-tiy congetturare, versare in congetturet (ri-s- 
torcere nel pensiero) e tark^ù^ fuso, ben potranno andar coa- 



* Nei Nàighantukakànda (III, 14) si ha sap tra i sinonimi per. 
laudare y glorificare (cfr. ib. 5), mentre saR vi sta fra i verbi di 
naoto (II, 14). Nel Nirukta (V, 16) si dichiara sap per toccare (rag-r, 
giungere), e così lo dichiara pur Sajana in rgv.y V, 68, 4, mentre 
saghirai (perf., ma cfr. 16, 5.) è reso dallo stesso Sajana, ib. 67, 3, 
p;er scigatà bhavàti (accompagnano). Cfr. Benfey, Orient u. occidente I,; 
596 (r(7r?., I, 67, 4 [8J, e 68, 2 [4]). 



80 § 18. SE V* ABBIA 2> SANSCRITO E LATINO, * hv. 

giunti col lai. torqu^o; ma i due gruppi non si avranno a 
confondere, comechòil greco rpeir-t»), io volgo (v. sopra), si 
possa legittimamente appagare col lat. torqtieo *. 

L' ultimo esempio implicava anche uno de* casi tn cui si è 
voluto vedere p lat. = kv {qu) anteriore, il quale andrebbe 
quindi, secondo nostra sentenza, eliminato, non valendo a ri- 
muovercene r affermazione di Paolo (da Pesto), che trep4t va- 
lesse verta (quindi fosse rpeir-to tal quale) e ne derivassero 
trepido e trepidatio ^quia turbatione mens vertitur'. Ma come 
in trep4t allato a torqu-et, cosi verrebbero a coesistere amen- 
due le figure nelle seguenti tre coppie del vocabolario latino: 
Ep-ona (Dea protettrice dei cavalli) ed equ-us; popina (ta- 
verna) e coquina (cfr. 16, 7. 17, 8.); palumba {palumbits, pa- 
lumbes; colombo selvatico) e columba **, che sono i tre mi- 
gliori esempj da potersi addurre per la contrastata equazione 
P lat. = kv; ed in quei due tra di essi, che spettano a copiose 
famiglie di vocaboli (equus, coquo), la figura col p non an- 
drebbe già per intere serie parallele (cfr. le serie dei varj dia- 



' ♦ Un esempio a prima vista seducente per la doppia figura san- 
scrita ('kv k; 'kv p) è questo che il Grassmann aggiunge {Zeitschrift 
». e; IX, 20): katù^j acuto (aspro), in ispecie del sapore, epdtvr, 
acuto (anche per accorto, proprio come catus)y cui starebbero ac- 
canto il latino càto*- e l'islandese /iva^-r, acuminatus, acutus. Ma 
4ui insorge la particolar difficoltà della linguale ( v. Lez. VI); e paivr-, 
il cui proprio significato sarà: tagliente, riverrà al verbo jpat (tutte 
forme seriori), fendere, che normaliùente risponderebbe all' indo-irano 
par-t- (V. Fonologia irana^ s. v.), nel qhale c'è il senso militare deU 
Vacies latino. — V. ancora V Indice ^ s. pahKa e paK\ e qui più in- 
nanzi: lup (lump) accanto a luhH. 

** ÉLpalumha e colomba si raccostarono il greco xoXuixpo';, mergo, 
e il sanscrito hàdamba^^ specie d'anitra o d'oca; ma fu già da altri 
avvertito come X gp. e e? sscr. mal tra di loro si corrispondano. Con- 
siderando, all'incontro, l'uso della yoqq palombaro; parrebbe che 
kk concordanza dei significati fra xo^ufA^o; e palumba dovesse un 
giorno essere stata maggiore che ora non appaja. 



§ 18. SE v'aèbia p sanscrito e latino, =i kv. ' 81: 

letti greci, nel § 20)^ ma sarebbe, ad un tempo, coesistente, 
all'altra, e in doppio senso sporadica, siccome quella che ap- 
parirebbe solo in alcune delle famiglie di vocaboli che le pote- 
vano dar luogo, e affatto limitatamente pure in queste ** Orai 
lìon sono tali di certo le condizioni del nostro fenomeno nelle 
favelle in cui non esitammo a riconoscerlo; e se, rimanendo» 
a' tre esempj testé allegati, consideriamo inoltre la loro qualità, 
specifica (voce mitologica; nome di una varietà zoologica; no-^ 
me di -una particolar cucina) propenderemo decisamente a re-, 
putarle voci non-romane, ma bensì straniere, e, assai proba- 
ì)ilmente, od osche od umbre. La voce per cavallo norisi sarà, 
mantenuta genuina nel solito equus, equestris ecc., per alterarsi 
nel solo JEpona, cioè in uno di qu e' vocaboli che anzi sogliono, 
offerirci peculiari caratteri di anzianità fonetica; né il latino. 
coquere coquina (*quoquere) avrà generato la forma popincé 
per mantenersi esso stesso insieme con questa e limitarla ap-- 
punto alla bettola, frequentata,. e, per avventura,, di frequente 
tenuta, da stranieri. Le voci umbre ed osche per equo- è coquo-^ 
ci mancano; ma avranno di certo suonato epo- e popò- , secondo 
r analogia delle altre favelle che con quelle paleo-italiche hanno 
comune il fenomeno normale di p - qu, vale a dire il greco 
ed il britone **; e popa popina non saranno quindi più romani 



* Epona starebbe isolato del tutto; popina riproduce sé stesso in 
propinari ecc., e soIq gli si aggiunge pòpa , victimarius ecc., della 
cui provenienza affermeremmo piti che mai decisamente quel che stia- 
mo per affermare intorno a popina ecc. 

** I paralleli greci vedemmo nel paragrafo precedente (num. 2 e 8). 
La forma britone per equus avemmo in questo (ep-; cfr. il cornvallese 
ebal e i basso-bretoni ébeicl, éal, puledro); e a quoquere {coquere) il 
britone risponde normalmente col cornvallese pob-az (= poaza basso- 
bretone), cuocere , jjoè-uaew , pietra cotta (Borlase), o coi basso-bre- 
toni: pobein,pibi^ cuocere (antiquati ) , e pob-er, fornajo, panattiere. — 
Epona compare a dirittura tra le voci galliche pre3So Zeuss-Bbel, 
o. e, p. 65 (cfr.. PiCTET, Origines indo^européennes y I, 346).. Il Cor- 
ssen, air incontro , senza mai avvertire .alcuna delle difficoltà teoriche 

ASCOLI, Fonol, indo-it.-gr. 6 



82 § 18. SE v'abbia p sanscrito e latino, =: kv, 

di quello che non sieno popanum ^ ttotcxvov, focaccia, od i nomi 
proprj Pompeius e Pompilius (17, 4.), Lupus accanto all'equi- 
valente Xuxo; sarebbe ancora un esempio seducente; ma tacendo 
che le parti risulterebbero proprio invertite (x gr* e 2> lat- *), 
qui si aggiunge un curioso incrociamento di varie stirpi di vo- 
caboli, che scuoterebbe per sé solo ogni fede nel ragguaglio lu- 
^s = Xuxo;. Poiché , adirne brevemente, non solo si avrebbero 
i fondamenti verbali d* amendue le varietà nei sanscriti Iwp 
lump'à'ti, findere, dirumpere, perdere, e lunK> lùnK-a-ti^ evel- 
lere, dove la figura col p è certamente pre-indiana (cfr. lat. 
rump'i-t = sscr. lump-à-ti^ e il lat. rune di runc-a runc-on- 
runC'ina fu^x-av^, = sscr. luM), ma ancora ci sarebbero, dall' un 
canto, vrha-s sdLUScvìtOy vehrka-^ rendo, vìlkarS lituano, ouXx- 
albanese, Xuxo-; greco**, lupo (canis lupus), e, dall'altro, il 
latino vulpes (canis vulpes), lo zendo raopU od urupi- {gpà 
urupi'Sy cfr. § 15, 1, quasi: canis vulpes), per una specie del 
genus canis, e forse il sanscrito laup-àha- ***, canis aureus 
(sciacallo), a tacere del gotico vulf-Sy canis lupus, che potrebbe 
foneticamente rispondere cosi a vrka-s come a vulpes , e àeh 



a cui i migliori esempj andrebbero incontro, giura e rigìura (v. p. 
es. Top. cit., a pag. 118 in n.) che le voci da lui addotte ^er p lat. 
da k son tutte prettamente latine, e non una di esse od osca o cel« 
tica. 

* L'analogia richiederebbe: ^li^uos latino (cfr. hirquus^. hirqui" 
wt*s), e Hupos greco, osco ecc. 

•* Xuxo- : varka {vrka-y alb. oi>Xx-) : : rad. Xux, lat. Zmc-, sscr. ruR : 
varh (sscr. varJi arh n*^), rapporto che non vuole esprimere se non 
ristoria fonetica d' amendue le serie; v. Studj critici ^ II, 134, e al- 
l'incontro Curtius, o. c;, num. 89 e pag. 644 (II, 287). 

**♦ Pott, Etymolog. forschung.^ prima ediz., II, 506 * Zàhlme- 
thode^ 176. Per l'istoria de' significati giova considerare la serie se- 
gaente: sscr. laupàgaka^ (masc«), canis aureus, laupàgikà (fem.), 
canis vulpes; pelvi róbas rópàh róbàh (cfr. dah « ^das daga^ dieci), 
neopers. róèa/i', curdo rùvi, canis vulpes, zingarico ruv^ canis lupus 
(cfr. Justi, Bundehesh^ 158, Handlmch der zendsprachSf 65)* 



§ 18* SE v'abbia p sansorito e latino, = kv^ 83 

y hirpu-s od irpU'Sf canis lupus, sannitico o sabino. Qualche 
altro esempio , che si è voluto far concorrere in favor dell' equa- 
zione controversa, contro la quale, del resto, non si potrebbe 
accampare a priori obietto alcuno, sussistendo anzi l'analoga 
favorevole di b latino = *gv e *dv (v. bos , bis ecc. ) , è men con- 
clusivo che mai ♦. 

Vediamo, dopo queste rassegne, quanto ci sia dato ricjavare § 19, 
circa le ragioni istoriche e circa Tetà della combinazione fo- 
netica, rappresentata da qu latino, hi) gotico, tc greco, ecc. 

L* elemento v si appalesa etimologico e quindi originario od 
organico e non parassitico ^ negli esemplari che hanno per rap- 
presentanti latini: queo ed èqutis (16, 2. 3. 17, 2.); poiché il v 
dello fvi sanscrito è manifestamente identico al v radicale di 
gav- (16,2,), e il v di ag-va- ecc. (16,3.) è unanimemente 
riconosciuto qual elemento costitutivo della parte ascitizia, o 
vogliam dire del suffisso derivatore della parola (cfr. àp-ii-, 
veloce, § 1) **. Assai probabilmente ha la sua ragione etimo- 
logica anche il v di una determinata parte di quelle voci prono- 
minali a cui diamo per rappresentante latino il qiw di qiu>'d ecc^ 
(16, 1. 17, 1.); poiché una combinazione pronominale primigenia; 



* L'elenco del pretesi p lat. da A^ è in Corssbn, o. c, pag. 116*8; 
e la più gagliarda ripulsa è in Sghubigher, Compendium^ § 151, n. 4 
(sec. ed.; cfr. Indogerman. chrestomathie^ 352)* — Di sp lat. allato 
a sk eteroglosso, v. Vindice, 

** Darebbe affatto nello scetticismo chi volesse supporre, circa 
Veqwus latino, che qu vi rappresenti il solo k originario, con svi- 
luppo anorganico, peculiarmente latino, del t?, e quindi sia diverso 
dallo hv {=: gv sanscrito) dell' *iqvos generatore del gr, "tTr?:©;, per 
modo che il vocabolo latino s'avesse a dividere equ-o-s e avesse 
smarrito il v del suffisso Ceqvrvo-Sj cfr. suùs = *sovos e simili). Al- 
l'incontro è affatto improbabile la sezione co^^-mm-s, voluta dal Bopji 
{Vergleich. grammatiky sec. eà.j §943), questo esempio risolvendosi 
assai naturalmente in coqv^" (coqu-u-s : coqu-it : : -sequus [pedise-»- 
q[uus] : sequ-iWr), per guisa cio^ che vi si abbia il saffisso '^ ss^^ 
orig. e non -vo = -»a orig. 



84 § 19. RAGIONI iSTORICHB ED ETÀ DI qu LAT. , hi) GOTICO, ECC. 

kva (= *k[à]'Va)j sarebbe affatto conforme alle combinazioni che 
si presentahOj per limitarci ad esempj sanscriti ^ nell' arcaico 
iva- (=*t[a]'ta)'y taluno, o in sva- (^*s[a]va')>, sé, suo, de' quali 
più avremo a dire nell Introduzione alla morfologia ^ per ora 
bastandoci di aggiungere, come si abbiano affatto sìnonime, 
nella funzione interrogativa (dileggiativa) al principio del com- 
posto, ìè figure sanscrite: ha-ld], kava e ku^ Se all'incontro 
passiamo a quella serie di esemplari che ha per rappresentanti 
latini: gwatuor (16, 4. 17, 3.), segwor (16, 5. 17, 6.), \mquo (16, 
6. 17, 5.), coquo (16, 7. 17, 8.), qmnquQ (16, 8. 17, 4.), non 
rinveniamo, dall' un canto, alcuna sicura traccia del «? nei ter- 
mini asiani, né abbiamo, dall'altro; alcuna ragione che ci porti 
ad affermare o pur ci renda inchinevoli a credere che il v sia 
parte etimologica, Vale a dire originalmente costitutiva della 
parola. Qui il v sarà quindi una parassita, di natura non dis- 
similò daly parassitico, che a suo luogo (§ 14) vedemmo ugual- 
mente svilupparsi dietro alla tenue gutturale originaria; ma 
tùttavoita sarà anch'esso un v di radice assai antica, e ba- 
sterebbe a persuadercene il concordar che fanno più favelle 
europee nel risalire in questi stessi esempj ad un antico kv. 
Al che si aggiunge il fatto assai notevole, che essi tutti ritro- 
vino, nella risposta indo-irana, non già il k intatto^ né lo g, 
che è il più frequente continuatore indo-irano della tenuo gut- 
turale originaria nel quale i continuatori europei s'imbattano, 
ma bensì il solo R» che é il. più insolito (§§ 11, 12). La quale 
coincidenza, rinflancata eziandio da altri ragguagli che in que- 
sta stessa Lezione saranno ritoccati ed aggiunti, persuade che 
qui si tratti, come già nella Lezione precedente si ebbe ad ac- 
cennare (p. 48-9 e 57), di k originarj che fossero intaccati sin 
dall'età indo-europea, ma il fossero per modo indistinto, si 
che lo sviluppo dell'affezione si venisse poi, nelle età succes- 
sive> in varie guise determinando. Se quindi nel considerare la 
sibilante che in favella indo-irana . e in litu-slava si ha per 
^succedaneo della tenue gutturale originaria (p. 56),. venimmo a 
proporre l'esempio-tipo dak*a (dieci; onde: dakja dakza dasa 



§ 19. RAGIONI ISTOmeUE ED ETÀ DI qu LAT., hv GOTICO, ECC. 85 

daga), ora, per gli esempj a cui siamo, avremmo a' raffigurarci 
un esempio-tipo che si potrebbe scrivere kyatvar^ (quattro), 
la cui ipcerta para^ita (quasi un u greco) riuscisse ad' assu- 
mere tra grindq-irani, in un'epoca relativamente moderna, la 

i' 

pronuncia palatina (kjatvar-^ donde Katvar-, éatvar-, v. .p.44), 
etra gli Europei, all'incóntro, o almeno tra quelli i ,cui idiomi 
qui ripercuotono uà antica Ai?, si fissasse, di regola (v, § 21)> 
in pronuncia labiale od in labio-dentale {kuatvar- kvatvarr, 
pnde quàtuor e *^bator ecc.). Di questa guisa avremmo in fa- 
vella indo-irana il pieno sviluppo, ma di certo non coevo, di 
amendue le affezioni (dak^a, daca; k^atvar katvar), le quali si 
risolverebbero in un'affe/jone medesima a, (loppio effetto; & lo 
sviluppo k^aivar kjatvar sarebbe venuto a .coincidere collo JiJ 
(K da A) surto di sana pianta nel perioda indo-irano (oottie in 
K reduplicatore di k, § 13, 9, ecc.); mentre nella sezione euro- 
pea avremmo il tipo. d a k^ a risanato per tutto altrove ohe in fa- 
vella litu-slava, e i poco numerosi esemplari del» tipo, kjatvar, 
all'incontro, risanati appunto in favella litu-slava (pw p, lit. 
heturi; Y. ip. 50,57), come per diversa ragione risanano p,ui? 
nella ibórnià (§ 18, 3,^ e' v. v), e a vòlte, come tra poco vedre-r 
•mo,,ancò altrove. Gli svolgimenti europei dello hv.ml quale 
il t? sia pa»assitico ( kvatvar TrEWups?:; ecc. ) nfoi;i differiscono, del 
resto, da quelli dello kv che abbia un v etimologico (akv2| ''ititt??);. 
Di un particolare atteggiamento che la parassita del tipo 
'kjatvar avrebbe assunto nella forma indo-irana dell' esem- 
plare* a cui TÌ\iene 'V OG'UlU'S latino (17,10), si ragiona' nel 
discorso intorno a 5^ sanscrito (Lez, XIV)*, ma già -potemmo 
accorgerci ,' come qui pure i concordi cenni di più favelle con- 
corraho a guarentirci assai antica lo kv. Dove l'Asia, per con- 
verso, poh ci offre né kv né R, o rion ci porge alcun sicuro 
suo riscontro , oppur dove tra le favelle europee da sole due a 
da una .sola si accenni a kv {Y.jecur^ vermis, vapor, quies, 
aqua, § 16^ 9^ 11; § 17, 9; § 18, 3), surge la probabilità che 
si tratti di casi di parassita peculiari all'Europa, od anzi ,a 
singole favelle europee. Il quale accidente non si vorrà di certo 



86 § 19. RAGIONI ISTÒRICHB ED ETX DI qu LAT., ÌIV GOTICO, ECC. 

rivocare in dubbio p. e. nel gotico hvairneins {hvairneins staps, 
che rende il greco xpavtou tot:©?, calvariae locus), quando esso 
abbia ad accostarsi, come pure si dovrà, ai greci xàpa, xapyjvov 
(testa), xpavt'ov (teschio), zendo farà-, capo *, e simili; ed ha 
per sé, a tacer d'altro, l'analogia abbastanza stringente di gv 
seriore da g (§26). Ma sta tuttavolta che sicuri esempj con- 
simili sia difficile stabilirne pel solo greco o pel solo latino. 
L' unico tra' sicuri esemplari greci per ir s *kv che non trovi 
alcuna traccia di v{qu) nella risposta latina (eico; parola; ecc.), 
trova però anch'esso il ft nella risposta indo-ìrana (j^etto? =sscr, 
vaìtas). E tra gli esempj di qu latino che ammettano compa- 
razioni eteroglosse, il solo quies (16, 9.) resta privo di sicura 
risposta per l'u **. Ben volle il Corssen stabilire una serie di qu 
latini sviluppatisi da e nel periodo arcaico e nel classico; ma 
gli esempj corsseniani o sono a dirittura incredibili, o affatto 
incerti, o assai poco conclusivi. Vorrebbe, a volte, il valente 
alemanno, non ben d'accordo, in questa parte, con sé mede- 
simo, che la stessa stirpe pronominale quo- potesse entrare in 
questa serie; e ora presenta le forme epigrafiche dell' età re- 
pubblicana: quoius (= cuius) ecc. quali continuatrici dello hva 
antelatino, solo asserendo che insieme corressero parallele, pur 
nel latino antico, la serie col qu e quella col e, ed -ora fa sen- 
z' altro che quoius provenga da *coios ***. Ma la contrazione di 



* Ai quali il Fick, o. c, 53, assai opportunamente aggiunge: xépvo;, 
scodella sagrìficale; ma troppo arditamente egli ricostruisce, sulla 
fede della sola voce germanica, uno kvama indo-europeo. 

♦* Lo g asiatico, col quale qui s'incontra il qu latino, non si trova 
mai rispondere, di per sé solo, ad un p {dsL kv) greco, osco, ecc. 

*** 0. e, 68-9, 176, 795, cfr. Kritische nachtràge zur lateinischen 
formenlehre y 91. Quando poi il Corssen asserisce, nel primo de' luoghi 
qui citati, che il dialetto falisco, al cui alfabeto manca il g^, viene 
colla sua forma cuando (= quando) a rinfìancar la sentenza che i 
tipi quo- e co- corressero, sin da antichi tempi, paralleli, il lettore 
resta attonito, e non sa davvero intendere T efficacia di questo soc- 
corso falisco. 



§ 19. RAGIONI ISTORIGHE ED ETÀ. DI qU LAT. , hv GOTICO, ECC. 87 

quo- in cw-, a tutti parràr naturale, ed accertata dalle molte 
analogie che ognuno ha presenti e che tantosto qui si ritoccano; 
laddove il trarrà un quo- latino da co-, ha contro di sé il fatto 
decisivo, che tutte le corrispondenti forme delle altre favelle 
paleo-italiche risalgano al tipo col v {pò- pi- = kvo- kvi-, § 17, 1), 
a tacere della difficoltà generica di ammettere un espandimento 
fonetico in simiglianti parole*. L'esserci poi, per passare agli 
altri esempj, in-quiUlnu-s allato a colere^ in-col-a e col-onu-s^ 
non fa di certo prova per gw da e; ed anzi Yo di col- (v. Jwd.) 
accenna a *kvol *kvel anteriore, al quale furono opportuna-^ 
mente raccostati il greco ttsX- (ttsXw TcsXoaoti), versare abituai- 
mente, muoversi, e il sanscrito ftar, muoversi, versare intorno 
a qualche cosa, per guisa che se ne ottenga un altro regolare 
esempio per l'equazione: qu lat. = ir gr. = R sscr. **. Aqui-pedio-^ 
allato ad acu-pedio- (11, 9.), altro non proverebbe, quando 
pur provasse qualche cosa, se non che vi avesse, pur nella ri- 
sposta latina dell' à^- sanscrito, = wxu- greco, il solito rapporto 
desinenziale che è in tenui- = sscr. tanù- = gr. ravu-, ecc. •**. Se, 
inoltre, abbiamo hhyiuus allato a hircus, od arquus allato ad 
arcibSy non veggo per quali criterj etimologici si debba ripu- 
tare più antica la forma col e ♦♦♦♦; e lo stesso si dica di Quirites 



* Tipo originale, o almeno antelatino, senza u, risulta all'incontro 
il ci latino di ci-tra ecc., al quale risponde, da un lato, la stirpe 
gotica ^2-, e, dall'altro, l'umbro gi- (gi-mo*), cosi che s' hanno i 
normali paralleli: lat. quo-' = got. hva- » umbro j3o-; lat, ci- « got. ^i- 
= umbro jjz-. 

** Fróhdb ap. Curtius , o. e. , p. 413. Io credo sempre che in ul«^ 
tima analisi qui risaliamo a kar', ma ora mi risulta evidente, che 
sin dal periodo unitario coesistessero le due varietà kar (operare) 
e kyar (versare intorno a una data opera). V. V Introduzione alla 
morfologia j s. kar e s-har. 

**♦ Cfr. aqui-penserj ed anche acci-^pitery Pott, Wurzel^-wórterbuch^ 
I, 524, e la nota che vien dopo la seguente. Quindi: aqui-- per acui--, 

**** Se la forma sabina per hircus ci offre -cus (fircus) e non -pos 
come dovrebbe secondo analogia osca e sabellica per ^uo^ (-kvos) 



88' § 19. RAGIONI ISTORICflE ED ETÀ DI qu LAT., hv GOTICO, ECC. 

QUirinuis allato sl Cures; e ancora, tra gli altri, di aequo-, 
che il Corssen si avventura a ripetere da un latino *aecO'f sol 
perchè si rinvenga il nome proprio Aecetiai *. 



paleo-Jitalico , non se ne può ricavare argomento per la priorità di 
-CMS, poiché le voci sabine dei grammatici altro in realtà non sono 
che idiotismi latini della Sabina; cfr. Mommsen, Unteritalische dia-- 
iekte^ pag. S47. 

* La stessa sua combinazione etimologica: aiquo- "aie-mulo aemulo 
tvedi p. e. Aussprache ecc. , sec. ed., 374) non legittimerebbe punto 
l'asserto di aico- da aiquo-, cfr. p. e. -sec-la allato a sequ-or. Sempre 
oiell'op* testé citata, a pag. 73, mette poi egli medesimo Vhircus 
àeì manuscritti virgiliani (= hirquus) ad una stregua colV ecus degli 
stessi manuscritti pere^t^ws, dove per certo nessuno vorrà dire che 
la forma col e sia l'anziana. I soli esempj di qualche peso parreb- 
bero: oquoltod (allato ad occulto) e quom = cum (con); ma a chi ben 
guardi, pur l'importanza di questi si riduce al nulla. Il primo di 
essi è un StTra^ XeYotxevov , che ricorre uell' ep. de bacchan. , e vera- 
mente si legge: dquoltody per quella grande imprecisione di scrit- 
tura, che nell'epigrafe medesima ci dà, tra l'altre: magistràtuo per 
magistratud e sacanaL per òacanaL Questa stessa imprecisione non 
giova di certo all'autorità del nostro unico esemplare, comechè si 
debba distinguere tra gli svarioni del lapicida e quelli che si possano 
'attribuire allo scrittore. Per occw/^o- dovremmo attenderci, in quella 
epigrafe: ocolto^ (cfr. ih. : consoluerunt^ tabolam); e il q\, seguito 
dalla sua perpetua appendice, starà per mero sbaglio in luogo del e. 
Si trasmoda nell' apprezzare le supposte ortografìe arcaiche, ^ tacer 
della stranezza che le forme seriori abbian poi sempre a trovarsi 
proprio ne' monumenti piti antichi. Siccome in qualphe .caso la pro- 
nuncia può aver legittimamente oscillato tra quo e cu {co')^ e l'antica 
ortografìa essersi mantenuta, al modo che avviene dovunque, pur 
dopo mutatasi la pronuncia, così un qualche ^u, adoperato per illu- 
sione analogica in luogo del e, non deve recarci alcuna, maraviglia. 
Ciò va dótto in ispecie per l'altro esemplare che stiamo considerando, 
cioè per ^t^om (preposiz.). Nella lecv repetundàrum (G. I. L., I,n. 198) 
avremmo sèmpre quom , così per la congiunzione ( dove il quo è le- 
gittimo); come per la preposizione. Pur nella leof ixgtaria (C, I. L. , 



§ 20. ALTRE VICENDE DI kv* 89 

Ma sé non è facile lo statuire saldi esempj di kv che si Svolga § 20, 
da k per entro ai limiti di una singola favella ariana, abon-t 
dano air incontro i casi, in cui, pur nello stesso idioma, s'abbia 
il mero k allato al legittimo rappresentante di uno kv sicun 
ramente assai antico e comune a più favelle; dove però non 
è sempre facile decidere se la figura col solo k non corra par 
rallela all'altra, piuttosto che derivar da questa pel dileguo 
del i) (u) *. Ognuno cosi sa della serie jonia (Erodoto); xo-tspo-; 
(sscr. ka-tarà-s), quale dei due, xo-tì, quando?, xo-^o-^;^ quale, xc>t» 
-ao-?, quanto?, ecc., in luogo di irór^Tepo-; (*ltvo-tero-s) ecc. (17, 1.)^ 
E se qui abbianao, non già un mero ka originario, che strana- 
mente si distacchi dalle forme degli altri dialetti ellenici ,e dall^ 
italiche, ma bensì, cóme fermamente io credo, l'antico kv xjf^ 
che smarrisce, entrando anch'esso nella generale analogia della; 
favella ellenica, il suo /* (v. Ind,, e in ispecie xocirvo? e xsveo?), an- 
ziché ingrossarlo al modo che avviene per lo stesso dialetto jonio 
negli esempj panellenici che per quest'antica combinazione im- 
parammo a conoscere (§17), e pur per .questo esempio negli 
altri dialetti di regola avviene: noi qui riusciamo a stabilire 
quella stessa doppia continuazione dell' antico kv che riavremmo 



I, n. 200) indifferentemente quom. Ed anche nella lex rubria (C, I. L., 
I, 205) è quom sì per congiunzione e sì per preposizione, ma insieme, 
per la preposizione, anche curn (.,. quae ita afi eó petetur.deye ea 
re cum eo agetur, ei, quei eam rem petet deve ea re age^, aut iei, 
quoins nomine ab eo peteti^r quómve^ eo agetur - . . )» E finalmente 
huiusque^ che ricorre alcune poche yolte per huiusce (dove si tratta 
di un rAe fuori di accento ))V9rrà pur essere un errore, a cui facil- 
mente induceva T analogia tipica, di cuiusque. —, Piuttosto, oltre a 
quies ecc. (v. il testo ),. vorremmo ricordare, per At? {=k) peculiare 
al latino: squama ^'skadma (v. Indice), 

* Affatto arbitraria è la sentenza del Cprssen, 1. e, p, 118, che 
coquere^ torquere, allato a eocus torculum^ e ^ trepit popina , mo- 
strino come e latino passi in p pel grado intermpdio' 4i ^,m; locchè 
equivale ad affermare che coc-^ torc-- sien le piti anziane tra le figure 
latine. Tantp farebbe affermare ohe ecus sia più genuino di equus { 



90 § 20. ALTRE VICENDE DI kv. 

neir idioma rumeno, dove, per esempio, allato a j^afrte, qua- 
tuor (18, I4), ritroviamo care^ qualis *, e simili; doppia con- 
tinuazione che avrebbe eziandio i suoi riscontt*i nel duplice prò* 
dotto latino di un antico dv {dvis origin. e sscr., lat. bis e dis") 
nel duplice prodotto indiano di un antico tv {-Ivana sscp., 
v. p. 71, -ppana e -ttana in diversi dialetti pracritici). Anche 
per altre famiglie di vocaboli ellenici, nelle quali predomini il ti 
da kvy si può citar qualche forma, più meno isolata, col A; 
cosi, accanto al nome proprio ''Itctw? Ctinto;, cavallo, 17, 2.), anche 
il nome proprio "Ixxo?, dove si aggiunge che V Etymologicum 
magnum diaUxo? per sinonimo d'iTCTco?**, - Tesichiano oxxo-, 
occhio, allato ad o7r-(o:r-3t ecc. (17, 10.) **♦, Appresso alle quali 
forme, si possono ricordare quelle in cui 2^ kv o qu ecc., di altre 
lingue il greco risponde con xu; vale a dir quelle, in cui manchi 
la trasformazione greca in ??, non perchè siasi dileguato od as- 
similato il i7, ma si perchè questo elemento si sia conservato 
ridotto allo stato di vocale; cosi: xuew (cfr. cù-mulu-s) allato 
a n?f e qtieo (16, 2.), e xJwv xuvo; allato a Qvan- Qpan* (11, 7.), 
cane*"***. Nel secondo de' quali esempj vediam sottratto l'antico 
kua {kva) alla trasformazion greca in ^po pò cosi come lo gv 



* care : patru : : xoioc ecc. : TreV^upe^. 

** l^CTToauvui. tTTTCtx^ lfX7£(pia. 8amiveTQct. to i nfo Suo aujJiQpcovbìv twv 
^Tcciv, ^lìXouTat, tXXoCf \Xkoi* llxxo?, ffif][i^'vee tòv iTncov, ae9>}[j.fei(i>Tat io 



l^TTOC 



t<jxs[v], diceva [H-arx-e], andrebbe, secondo il Curtius, o. c, 
num. 632 (Zeitschrift s. e. III, 406; cfr. Passow e Schenkl s. v., e 
PoTT, Etym. forsch., 11^ 638 e 639), con e-crTt-e-re ecc. (17, 7.), e 
à-rpax-To-;» fuso, o. e, num, 633, con TpeTw») e torqiteo (v* sopra). 
Per oxTaXXoc, oo-cre, Ttlffuw, oaaa, v. V Indice» 

*♦** Fu anche proposta la ricostruzione *kvahra^ circolo, ruota, cui si 
ricondurrebbero il termine greco ed il sanscrito (xJxXots Kakrd-j 12, 1.) 
per xu = fe?a e ìi = kv. Ma è ricostruzione incerta (cfr. Curtius, o« c, 
sec. ed.,pag. 145^ 645), e preferimmo di considerar /l^aAras'^Ara. 
Il termine anglo-sassone, col quale il Fick (o. e, p. 51, cfr. 181) 
vuol rinfiancare lo *kvdkra indo-europeo (hveohl ecc., cfr. Grimm, 
Deutsche grammatiky I^, 370), accennerebbe a *kvaukra kvukra. 



§ 20. ALTRE VICENDE DI kv. 91 

{gii) indo-irano sfugge air alterazione in gp nel tema zendo 
(uni- (11, 7.), nel tema zendo Qun- cbe si avvicenda con fpan-. 
E questo nome del cane^ spoglio sìccom'ò, nella figura latina, 
del V o dell'i* (c«m-, non ^quanù, come per la integrale con-: 
iinuazione dell* originario gruppo iniziale avrebbe a suonare) , 
ei conduce ai casi latini di e allato a qu di antica base, quali 
sarebbero: sec-Uor^ ad-sec-la^ soc4u'S (v. *saski sakhi), ac- 
canto a seqitor (17, 6.);- in-sec-tio^ in-sec-e, allato a inse-* 
^u-e (17, 7.);- coc-tu-s, r^e-tic-tus^ allato a coqu-ere^ Un-* 
qu-ere (17, 8. 5.); forc-tu-s allato a torqu-ere]" Quinct-iu-Sy 
allato a quinque (17, 4.) ♦; - coi quali esempj non vanno con- 
fusi quelli in cui il e succede al q per efiiìtto di vera centra-^ 
^ione, come in ex-cutio con-cutio, allato a quatto; - o ia «e- 
cundus allato a sequor; - per tacere di ouius =» quoiuSf cum 
= quum quom e simiglianti. Circa lo spegnersi dell' u di qu 
tra il latino e gl'idiomi romanzi, merita ancora di essere ricor- 
dato; che le combinazioni que qui possono entrare per questo 
dileguo nell'analogia di ce e di ce, e qu finir per questo modo in 
coff romanzo (torcere = torquere, cfr. 18, 2. ecc.; Dibz, P, 245-6), 
di che si hanno i due notevoli esempj friulani che ora seguono; 
gè interrogativo, = che ital., que frane, e ge^H o giri, cercare, 
che riviene a *querire (querlre: quaerere [cherere] : : fuggire : 
fugere), ed ha il suo perfetto parallelo, ma tuttora colla gut- 
turale, nell'equivalente chiriy cri (jóchiere), dei dialetti la- 
dini del Tirolo. Aggiungasi il siciliano cersa = quercia. 

Arriviamo finalmente ad una evoluzione grecft del k origi- § 21 
nario, che è per avventura la miglior conferma dello k^ in cui 



* ei-t?i-s, quasi il 'residente', V 'accasato', (cfr. got. hei-va-^frar/^a^ 
otxoSetncoTif);), bene avrà la stessa radice che è in qui'^-sco (Cur^- 
Tius, o. e, nam. 45, Corssen, Aussprache eac^^ sec. ed., 385), ma 
lo kv (qu) di quiesco ecc. non apparendo all' infuori del latino, qui 
torna assai probabile che la piti anziana delle forme latine sia quella 
col e. Dileguato od oscurato ò all'incontro per fermo 1* antico v (u) 
nel latino in-cient-^ allato a cù-^mulo^ %\m xus'ca gvi quea (16, 2.). 



92 § 21. ^ GRECO = ky PRE^ELLENICO. 

facemmo impiintarsi lo At? europeo e lo kj (ft) asiano di hvatiym^ 
kjatvar e simiglianti (p. 85). Poiché la Grecia si mostrerebbe 
ondeggiante tra il prodotto di kv (^p, p) e quello di kj\ si da 
averli ?pure entrambi per lo stesso esemplare; e, secondo il. parer 
nòstro, poco disforme da quello del Curtius, il prodotto di A;, 
giunto, a quello stadio in cui la tenue gutturale è ridotta a 
tali condizioni che mal si discerné dalla tenue dentale {kg tg^ 
p. 44-45), ad es§o si sarebbe fermato ^ e a poco a poco se ne sa- 
rebbe .dileguata TappendicQ palatina o. linguale, si che rimanesse 
t al posto del k originario *; dove per ora vogliamo limitarci a 
richiamare l'analogia del genovese tesuie {y,.Ind.)^ cesoie (*cae- 
soriae), comechè sia esempio isolato e possa avere avuto una 
special sua causa determinatrice. Il fatto culminante, rispetto 
all'equazione ^ greco <='Av pre-ellenico, è questo, che i pochi 
ma sicuri esempj, pei quali si afferma , trovino tutti, nella ri- 
sposta indo-iràna, lo K, vale a dire il prodotto della continua- 
zione asiatica [kj) dello A^ indo-europeo, e non; mai q ofi o 
uii qualsiasi rappresentante ipdo-irano di uno ^i;' etimologico 
(§ 19).. Mostreremo ora sinotticamente , le evoluzioni di que^ 
3to k^f facendoci al primo tra i; ppphi esemplar^ ellenici .8^ cai 
alludiamo: ^ .'..:. 

1. *kyatvar- (quattro) ' ' 



k^atvar- *kvatvar^ 'k^aivar-^ "kjàivar", 

lat. quatunr » sscr. Kaivar-t ^endo Kàthtoat*^ 

gr. (eòi.) '/^pethvor^ •-ics^^/'up- gr. ^kgetht^ar- 'Tie^z-ap. 



' . < ■ 



Succedono due esempj , i cui riflessi asiatici già ci occorse di toc- 
care nello studiar la vece indo-ii*ana' di k e H (13, 10. 15, 1, rt.); 
e ora ci apparrà grandemente antico il germe àlteratore pel 
cui effetto gì' Irido-irani hanno conseguito la. variante col R. 
Nel' primo di questi due' esempj troviam distribuiti' fra greco' e 



Cfr. T i^) gr, :i= h pérs. in. Ti,^paJ(yTO? ecc*^ Fonologia jrar^a s. y.y,. 



§ 21. t GRECO ^ ky PRE-ELLENICO. 93 

latino i due prodotti di k^ che nel precedente esempio si mo- 
stravano entrambi nel greco stesso, e sempre maggiormente 
cosi si rafferma (cfr. 21, 4.) che nel periodo unitario si trat- 
tasse di semplice intacco e non mai dì alterazione consumata: 

2. TI-;, pron. interrog.: c/ii, quale*^ neutro ti; ed enclitico con signi- 
ficazione indefinita: qualcuno, "^a, qualcosa. La jiàposta indo- 
irana è nello zendo Ki-s, quis, sscr. -Af-s di mà-fti*s = zendo mà^ 
. "ìii'S^ gr. [jLyf-Ti-?, nequìs (cfr. sscr. nd-ki-s^ nessuno, e 13, 10.); 
e 1 filoni italici: lat. qui-s, osco pi^s^ ecc. (17, 1.), già furon 
da noi messi a contribuzione sufficiente. Se poi nel gruppo di 
pronomi, che qui si tocca, v'ha realmente, come a suo luogo 
indicammo (p. 83), una serie di figure collo k-v etimologico, 
queste necessariamente si sarebbero confuse con quelle in cui 
lo kv ^ p un suo succedaneo, è la normale continuazione di kv, e 
tra queste dovremo annoverare gì* italici qui^s qui-d ecc. Del 
resto, al ti- del greco ti-?, ove si prescinda dal nom. sg. masc- 
fem. e dal nom.-acc. sg. neutro, si vede sempre aggiunto l'ele- 
mento n : Ti-v-o;, ti-v-x, ecc., la qual combinazione Va di certo 
raccostata al j)rezioso esemplare zendico: Kinem (acc. sg*), che 
dice: {con) quale , sinonimo di kem, zendico (e acc. sing.) esso 
pure, ma della schietta stirpe interrogativa ka~*. Lo zendo 
Rinem si potrebbe dire afiatto identico al greco Ttva (v. -x=-cm), 
se tutte le probabilità non istessero per la sezione Kine-m , sì 
- che vi si abbia un tema in a originario (hi^na-)^ dove all' in- 
<5ontro in tiv-ì. si ha un tema, il quale esce, o meglio fu ridotto 
ad uscire ^ per consonante **. Dello tsi {tsi) zaconio = t/, che 
avrebbe le apparenze di maggiore antichità, si ritocca a suo 
luogo (v. /nd.). 



* Occorre solo nel sedicesimo del Vendidad , ma ripetutamente : 
Kinem qaretem frabaràt Kinem jaom fraòaràt^ [in] quale il cibo 
^vrà a portare, [in] quale il frutto-del-campo avrà a portare? Cfr, 
la nota che segue. , . 

**,Spibqel, Grammatik der altbaktrischen sprache^ § 170, par 
che a dirittura ragguagli hinem a Tiva (Tiva), e Kinem sarebbe ve- 
ramente il regolare accusativo sing. maso* di un tema Kin^; ma nes- 



64 § 21. t GRECO = ky PJaE-ELLENlCO. 

3. TI, tt-v(ii, ripago, sodisfaccio una pena; faccio che uno paghi, 

punisco; TiWt-c, multa, pena, vendetta;* zendo hi {ki} v. la 
n. a pag. 47), espiare, hi^thi-s (« tt'-crtf-?), pena, ammenda; 
sanscr. M Hdja-taij trarre vendetta, punire, apa-M-ti-s ( = à7co« 
-Tt-ai-s), rimeritamento. 

Rimangono ancora due esenoplari; della spettanza etimologica 
del primo da' quali, già fu più addietro toccato (p. 66): 

4. Tg (enei.), e; =-^a sanscr. e zendo, -que latino; p. es,: gr. ve/'o? te, 

sscr. e z. naroff-^a, iat. novus-^iue. Notevole è l'uso dello -ha 
sanscrito e zendo nelle combinazioni pronominali che ora mo- 
striamo : sscr. ja: ka^Ka {ja^ è il relativo ) , chicchessia , qua- 
lunque, qui-cum-grwe, qualis-cum-g^t^, zendo jà-ki'-ha^ quae- 
cum-^t^. Così la risposta gotica (-mTi) tanto è, a cagion d'es., 
in kvap-^h^ dixit-g^t^, quanto in hvaz-uh = quis-^^we. Ciò ne 
farà propensi a identificare il qvs di quis-^ue uter^v^ ecc. col 
•^ue congiuntivo, che vedemmo, a cagion d' es. , in novus-que^ co- 
munque i paralleli osci ed umbri offrano pel que di uter-qvie ecc. 
(o. -pid, u. ^ei) forme con le quali non si può combinarlo senza 
insieme disgiungerlo dal ^v^ congiuntivo = -/^a = -ts (-p osco ed 
umbro). Cfr., nel sanscrito, -/^a (e -hxMia^ z. ^hi-^na) insieme 



Buna analogia irana od indiana verrebbe ad assicurare questo tipo. 
Sarebbe, all'incontro, affatto manifesto che si tratti di ^tna-, se 
Kinem si dovesse considerare, col Justi (s. Kina)^ un accusat. neutro; 
ma, a tacer d'altro, in un passo parallelo si ha kem <cfr. Spiegel, 
o. e, § 254, cfr. Justi, s. aogista), che mal si potrebbe credere un 
neutro. Ancora potrebbe stare, per la forma tematica Ri-^na-^f T en- 
clitico "Kina {ma katha-Mna^ nunquam; hagvihamnMna =^ kagvikàm-- 
-/^it; gli altri esempj sono mal certi; na enclitico è ancora in Ja^^-na 
esimili), una di quelle appendici pronominali che ebbero la funzióne 
di generalizzare o di rendere indefinito il valore del vocabolo a cui 
si aggiungevano (cfr. -Mt 13, 10., e "Ha 21,4.). Può sorgere però 
il dubbio se l' enclitico -^ina non sia affatto identico al sanscrito 
--nana (cfr., malgrado Pott, Et. forsch., sec. ediz., II, 865 n., il 
gotico "hun di ni hvanr-hun^ nunquam, e ni ains-hun^ nessuno), e qui 
il discorso si complicherebbe. Vedine la Morfologia^ s. v. 



§ 21. t GRECO = ky PRE-ELLENICO* 95 

COR hid (13, 10.)» ìr siffatta fuRzioRe di formare iRdefiRiti, e 
quis-^uis e o;-ti; allato a quis-^ite. Ma si dovessero pure teRer 
distiRti due diversi -giee latÌRi, rimarrà sempre, del resto, che 
l'uso coRforme di -^a e "Rid (=* quid) ÌRdo-iraRÌ Rei seRSo del 
qice di quis-^ue^ sia ur argomeRto assai valido, comechè ÌRdì- 
retto, e ror certo il solo, che ci persuada ad accogliere pur la 
coRgiuRzioRe Ts « /^a = gi^e, iRsieme cor tU = -kis (his) « quis 
(21,2.), nella gran famiglia proRomiuale: Aa ikva) hi*. 
5. TrevTe , ciRque* Qui pure lo ky pre-elleuico avrebbe, come Rei quat-^ 
tro (21, 1.)) doppia coRtiRuazioue greca: ^pankya ^pankja (sscr. 
panKa) *7csvTj2rg, Tcsrce; e ^panh^a ^pankva (cfr. qmnque) *7cev(x)7rs 
TcgfXTre (17,4.). 



* CoRtro la coRRessioRO di xe ecc. cor tU ecc. , v. Pott, Rei luogo 
testé citato, 865-6.- Di oxs oxa ecc., v. V Indice. 



LEZIONE QUARTA. 



La media gutturale. 



§ 22. L'indagine laboriosa, che nelle precedenti due lezioni insti- 
fuìmmo intorno all' istoria della gutturale tenue (fe), ci sarà di 
non piccolo giovamento anche per quella della gutturale me- 
dia {g)y alla quale ora ci volgiamo. Tanta è l'analogia tra gli 
accidenti a cui vanno incontro questi due suoni, che l'avere 
descritta quelli dell'uno, è gran parte della descrizione di quelli 
dell'altro; e le due serie parallele di fenomeni si illustreranno 
di continuo tra di loro. 

La equazione unisona: g sscr. = y gr. = ^ lat., per la quale 
afiTermasi la media gutturale originaria {g; cfr. § 11), si abbia 
dunque imprima gli esempj che seguono: 

1. Sscr. gar^ gir-d-ti e gil^d-ti (tipi intensivi: ved. ^gal-gal-, -gal- 
-gul-), inghiottire; aga-gard-Sy inghiotti-capre (un serpente); 
gala-, gola, collo; gar-gar-a, gorgo;- gr. Yap-yap-swv, ugola, 
Yep-Ysp-o-; (=PpdYX.o?, Esichio), gola, gorgozza, Yap-yap-t'Cf), gar- 
garizzare;- lat. gul-a (cfr. l'equivalente ant. alto-ted. kela, 
anglo-sass. cecie, = ante-germanico 'gila) *, gur-gul-ion-, Cfp. 
§26,l,n. 



* Da gul-a = 'gal-a (cfr. lat. ul = 'al) si scostano in-gluv-ies in- 
-gluv^osuSj glù-tus glù-t-io, che accennano alla forma radicale *glav 
'giù, e forse rasentano il gr. yTiù^w, inghiotto, che si adduce dai lessi- 
cografi; locchè, del resto, non esclude punto, che le due forme radi- 



§ 32. g originario;- g sanscrito, y orbco, g j^atino* 97 

2. &^QiV. gar gà^gàr-'ti e gà-gr-^a-ti ^ vegliare, gà-^gar-ti^s ^ il veglia- 

re, gà^r-^vi^Sj vigile (e pure: ris vegliaate , eccitante^ v. Bobh- 
TLiNGK-RoTH, 8. V. *) ;- gr. TEP, i--y&l^-ifì Cs-Ysp-jco, v. Ind.), 
io sveglio; s-Ysp-^i-;» lo svegliare; ma con significazione in- 
transitiva, come nel sanscrito: e-ypTf-yop-oc, veglio, e-ypTi-Y^P"^'^^» 
vegliante, e-Ysp-^t', I-yP^-T^P"'^'''» vigilantemente. 

3. $scr. gutù'-s Cgaru^, v. V Ind.)^ grave; gar^i-^yndn-, guru-tà^ 

gravità, dignità;- lat. ^raw-t-s, gravi-^tat--^ . I riflessi greci 
occorreranno più innanzi (26» 9., e § 29). 

4. Sscr. già, glà-ja-^tij prpvar disgusto, essere spossato, snervato, 

glà^i-i svogliatezza, spossatezza; - gr. Y^«-vt-^ (àpY<>c» iners), 
yXoL^oi (àypsTot, inutiles, cfr, sscr. glà-nd^s), amendiie da Esi- 
chio. FiCK. 
. 5. Sscr, agni-'Sy fuoco; lat. igni-^'j lit. w^m-s, id. 

6. Sscr. àgasn scandalo, mancamento, dn-égas-y dn-ràga-^^ scevro 

di colpa;- gr. iyo^j colpa, peccato, àv-aY>ic (nomin. sscr, 
dn^àgàs)y scevro di colpa (v. i less. )• 

7. Sscr. gingi-'j nome di una pianta (rubia munjista Roxb,), gr. 

YtYYi-^- (T'YY'^» Y'YY^^'®^)» gingidio; lit. zingini-s^ calla palus- 
tris (FiCK**K 

8. Sscr. s^fto^ sthdg'^'-tiy coprire;- gr. (jtsy-w, cuoppo (v. t6y»i 

e tego). 

Ma il g originario si trova ridotto con molta frequenza a ^ § 23. 
sanscrito, compendiandosi, a cosi dire, in quest'unica trasfor- 



cali ^ar (gal) egr-^av (glav) abbiano a far parte, in ultima analisi, 
di una famiglia stessa. Assai notevole è ancora la coppia lat. gur- 
gul-ion-- egurg^it-^ (gurges), allato a .quella dell' antico alto-tedesco : 
querechéla [gurgula, Graff, Althochd. sprachschatz, IV, 384, 679-80] 
e querca [gurgula, v. (Jraff, ib., 680]. Fick. - E notevole sarebbe 
pur la coincidenza di significato tra l'anglo-sass. ceolok (gurgustium 
ap. (>ra£ ib. 384, cfr. ceole nel testo) e il lat. gurgustium. 

* Ma l'aor. A-gì-gar (svegliasti, svegliò^, allegato dal Curtius (o. 
o., n. 139), spetta al causativo^ cfr. Benpey, Vollst, skr.^gr. § 842, 
Kurze $hr.-^r. , § 258. 

** RuHiG-MiELKQ : zinginnei (pl.)> klapp-kraut, zvaiginnei zva-- 
ginnei (pi.), klapper-kraut. 

Ascoli, FanoL indo-it rgr. 7 



98 % 23^ ^ oRioiMARio;- ^ sanscrito, j greco, ff hx'tivo. 

mozione della media (cfr. § 24 v. l. f., e § 25) l'effetto quanti- 
tativo che per la tenue va distintamente distribuito in due al- 
terazioni diverse (§§11 e 12). Ne consegue, che la più solita 
equazione per g originario, sia g sscr. = y gr. = g lat. , come 
s* incomincia a vedere negli esempj che ora offriamo: 

1. Sscr. gar gàr^xr-ti gir-ja-Uj infralkre, deeadere, logorarsi, in- 

fipiaeidire, invecchiare; pari» pres«: gdr^ant^ (nomin. gàran), 
infralito, vecchio, ^«r-^'an^-^invecchiante; a-^^r-a-, a^drant-y 
f che non invecchia; gar^à^ ^ar-^s^ l'invecchiare, vecchiaja, 
gar^i-màn^i vecchiaja^ decrepitezza;- gr. y^p-ovr- (nomin. 
Ytpwiv; Esichio avrebbe ancora: y*V^^ * yl^wè e yepuTac = yepcov), 
vegliardo, ^epa-to-c (v. Ind.)y vecchio, ypau; (v. Ind,)y donna 
vecchia; yripac, vocchiaja, à-T7)poco-s a-yiip«to-; (▼• Morfologia $ 
s. , Y.v. ) , che non invecchia. 

2. Sscr^^ànw, e in alcuni composti ;^^t«*r ginocchio;- gr. yo^y, 

ginocchio, Yvu-TTST-o-c [lessicógr.], che cade (mal si regge) sui 
ginocchi, spossato (cfr. l'avv. icpcf-xvw* ginocchioni, etimologica- 
mente identico airaggett* s$cr.jpra-^^u-, che si dice di chi abbia 
i ginocchi storti ad un certo modo), y^y-?, in ginocchio;- lat. 
genu^ eon^genu-are j geni-iiulvr-m geni^vulu*^ (la forma proto- 
romanza è 'genu-c'lo-j che è pur nell'antico con-gemc^l^are), 

3. Sscr. gan ffdn-a-ti (ved.; presso i grammatici anche^a-j^aw-^i 

• 

= lat. gi-g[e]n-'i''t)y perf. ga-^gàn^a (1. e 3. sing. ), generare, 
partorire, gan-i-tdr-^ generatore, genitore, gdn^i-trij genera- 
trice, genitrice , ^an-i-^ra- , luogo natio, ^an-a-, creatura, ge- 
nere, stirpe, ^a«-(z*-, creatura, gan^ùs {gdn-as)^ gdn-man-^ 
nascita, creatura;- gr* Ysv-g-rtfp Ysv-s-Ttop, generatore, geni- 
tore, yei^-s-Tsipot (*Y£^£-Tgp-ja), genitrice , Y^v-s-vS-Xo-y ysi^-s-^Xt} , 
origine, stirpe, schiatta, YsVt-ai-;, orìgine, y*V"^<J» nascita, 
stirpe; cfr. § 26, 7;- lat. gi-^LeJiv-Oj gennai j gen-irtor gen-i" 
"trinc-^f '^gen-^ (p. e. terri-gen^a) y gen-^-men (TertuU.), pro- 
-^en-ì€-«, gen-^tt'-'f genius ^ gen^u^inu-^j gen-'iu^s. Sscr. gan 
d-^atiHXrta (3, sg. imperf. med.), ^a-^hrdi (1. e 3. sg. perf. 
med.)» esser generato o partorito, nascere, divenire, esse- 
re;- gr. Yt-Y(e)v-o-{i.at (aor. I-y^v-ó-oli^v, perf. y^W^^^^)» iJ^^s^^o, 
divengo, sono; Y«vojjwtt ('Y^v-jo-jjwti; '^tln^'z^^ *Ys^"J€*^*f rispon- 
derebbe a capello al gan-^jd^tai^ ò generata, che si ritrova in 



§ 28. g ORioniAJLio;- g samborito, y orbco» g la.txn^ 09 

Panini; dirersa genesi ha il ystv- dell' aoristò [ysiv»- *Y«v-=-»a-] di 
significazione transitiva, per esempio Y^tvocfievoi , genitori), na- 
SCO. Sscr. gan gà-ja^aij nascere, gàrton^ nato» gàr-ti"^ na- 
scita, gà^jà-^ genuino, gà m. e. f. , discendente, pra-^à^ di- 
scendenza (cfr. pro-^^n-ie-s), -^à-« '•^a- (in fin^ di composto), 
nato: p. es. api-gd-^ nato di poi (cfr* e7rt-Yov-o-c);- gr. FA 
nelle note voci del perf. di y^'y^^K-*^ • Ys-Yot-òdtv, Ye-Y'^-P'W» (Y^" 
-Y«-*««v), ecc. Nei sanscriti gnà^ti- e gnà^s-^ stretto par^ntQ , 
iavremo, quasi sicuramente, la stessa forma radicale obe ricorre 
nel greco yvtq-<iio-c (cfr* ss^v.gàntjàrs)^ legittimo, genuino, o nel 
lat. gnà'-tu-'S e simili (ofr. «- lat, da gn-) *• 
4. Sscr. gnà gànà-'ti **j conoscere, riconoscere, gnàr-td^, noto, co- 
nosciuto, ^Aà-far-, conoscitore, jpra-^Àà, intelligenza, discer- 



* Il Lessico di Pietroburgo li manderebbe volentieri, per ia.forma, 
con^nà, conoscere (23, 4.)) confortandosi, circa il significato, colla 
analogia del greco Yvctì'^o-;, che vale insieme: noto, congiunto d'ami- 
cizia, consanguineo, fratello, sorella. Ma conviene, che, pel signi- 
ficato, meglio starebbero con gan. Il Pott, all' incontro {Wurzel^ 
icòrterb.y I, 39), li colloca risolutamente sotto gnà'j e il Benfey gli 
verrebbe in soccorso, rispetto a gnà-s-*^ argomentando, come fa, 
ehe questa voce valga: conoscente, amico (Oriént u, occidente HI, 
144). Ma l'argomentazione non è sicura*, e ci mancherebbe ogni ve- 
stigio del significato che avrebbero primamente dovuto avere questi 
-due vocaboli (di gnà^ti" s' hanno anche derivati e composti, sempre 
nell'esclusiva significazione di par^nfó, stretto parente); e pur la loro 
forma attiva non istarebbe (malgrado il nostro ^conoscente') per la 
derivazione da gnà. Dà il tratto alla bilancia: gnà (femina di specie 
dovrumaAa, 24, 12.; zendo gena gìiMnà"^ femina; gr. YvvTi'f v. Ind.)^ 
vano essendo lo sforzo pel quale lo stesso Lessico di Pietroburgo 
vorrebbe trarre pur questa voce a gnà^ conoscere. Di altre pro- 
paggini del ga'' di ga-^ e gay tocca la nota al § 26, 8. 

♦* Circa l'analisi di gànà-^ti] (cfr. le forme radicali zende xran e 
xà), V. V Introduzione alla mòrfoLj s. v. La sezione del Corssen^, 
I. e, 437 {gàn^''ti)9 è un curioso arbitrio, figlb di uno strano errore^ 

Suppone cioè una forma radicale sanscrita ^an, che si conjughi sei- 

» 

condo prima classe, allungando Va. Altro stranissimo errore com- 
mette il valente alemanno nell'occasione istessa, ponendo la vo<$e 



100 %2S^'ff oiuaiNARip;-r g sanscrito « y «JB^go» g latino, 

nimento, T orientarsi;- gr. Yt^yvctì-axci) (aor. e-yvw-v; 3. sg. fut, 
Yvw-ore-tat^ tipo dor. y vw-o'si-Txt , = sscr. ^nà-s;a-tot), riconosco; 
ywìr^oi^ à-yvtó-To-s (sscr. ghàntd-Sj à-^nà^ta'S)j noto, ignoto 
(ignorato);- lat. [g]no-*sco {gnosder, ep. de bacchaniEil. , 27; 
V- n- lat. e gr. da ^-, e cfr. co^gnosco ecc.), gfiò^tu*^Sy i-^gnó- 
-tU'Sj gnà'TU''Sj i-^gnà-ru^Sj guà'^'Ur^-is ^ i^gnò^ro (cfr. yvo)- 
-fHtCtó , fo conoscere * ). 

5. Sscr. gahh gdbhnaHai gdmbh-*a'4ai^ acchiappare, abboccare, az- 

zannare; gdmbh'^Lna- , che stritola, gdmbfiàs (nomin. pi.) , i denti 
(al sing.: le fauci), gdmbh''ja--y dente di una determinata se- 
zione della serie;- gr. YO|A(]p-o-(; , cavicchia (propriam.: dente), 
- yoyi.t^t)'^ (= sscr. gdmbh''ja^s)y dente molare; y^V-^-xi y.cL\ts^TrìkoLi 
(pi.), mascelle, fauci **. [Cfr. § 24, 12.] 

6. Sscr. ag dg-a~tij spingere, condurre (agore), dpàga {apa+ag~ay 

2. sg. imperat., = aTraye), discaccia 1^ épàgàtu {upa^ag-^-^Uj 

3. sg. imperat., uTr^ysTco), spinga accosto!; a^-ira-s, ràpido, 
agile; dg^-mo^s (^oY-ao-r;, sentiero, solco), dg-^mim^^ corso, 
carriera, arringo, àp'-i-s, gara, arringo, lotta;- gr. iy-co^ 
spingo, conduco; ày-o-? (a sàcr. ag-^d^s^ che spinge,. che ar- 
reca: apàm àgd:, delle acque apportatore, cfr. pag. 78 e 14) * 



sanscrita ga^nai {ga^gnè^ 1. e 3. sg. perf.) tra gli esempj di a radi-* 
cale passato in e. L'è (ai) Ai ga-ghai^ come ognuno conosce j(v..p. e, 
Benfey, Kurze sskr.'-grammat.^ § 217), è l'esponente dèlia persona; 
Finalmente fìi a pugni col resto, od almeno è enigmàtica ^ ladÌTi-»- 
sione delle voci gotiche (ka-mn ku-n-^th^s) che nello stesso luogo egli 
xA dà. 

* Nel sanscrito, il nostro verbo dice ancora, allò stato sémplice: 
approvare ^ acconsentire '^ e col prefìsso anu: approvare ^ concedere, 
condonare, perdonare; e analogamente il gr. auy-ytyvJcrxot) :. convengo, 
perdono. Poca o nulla sarebbe l'efficacia del prefìsso nella propaga 
gine gotica ^a-^Mnw-awZs, indulgentemente (xari ffuyyv(ì)|jL»jv); e'il la- 
tino i-^gnoseo (in+gnosco) altro conseguentemente non conterrà se 
non un in ^raffermativo^ e non già ^negativo', quale ancora il vuole 
lo stesso PoTT (Wurzel-^òrterbìAch ^ I, 49), pur confessando assai 
strano l'in > privativo in un verbo primario 

*♦ Il ravvicinamento indo-greco non può di certo ^andar turbato 
dal gr. ya{A<J«< (= xa[ji^'< Bsiehio; xafA^cTw), ritorto, v.'Jnd.i- - 



§ 23. g originario;- g sanscrito, y «^eco, g latino. ÌOl 

dùcè; ày-wv, agone, «Y-p*» caccia;- lat. a^-o, ag-ili-Sj ag- 
-men^ amh^àg-es^ ind^àg-^s, 

7. Sscr. ag-ra^s^ pianura, campagna, ag-r^jà-s^ che si rinvieue nella 

pianura (sdmagrjàparvatjà vdsùni gigaitha^ guadagnasti Insie- 
me le ricchezze del piano e le montane, r^r., X, 69, 6);- gv. 
aYpo-c, campo, aypio-;, rustico (indi: selvaggio);- lat. agro- 
(ager). 

8. Sscr. a^ ang-d-nti (3. pi.), ungere, angana-*^ unzione, unguen- 

to;- lat. ung^o ed ìmgtA-o (v. §26), ungu-en ungv^^-enr-tu-'m. 

9. Sscr. aùg-as^ forza vitale, gagliardia, av^-mdn^ (m.), forza, 

aug-as'^na'-'y che si addimostra robusto;- lat. aug-us-tu-s^ 
aug-men aug^men-tu-m ^ auge-o. [Cfr. vag ecc.] 

L'equazione g ^ g risulta dal sanscrito stesso, in, modo af- §24, 
fatto analogo a quello per cui vedemmo risultarne T equazione 
R 51 A (§ 13). Quindi vi avremo frequente il caso, che un me- 
desimo, complesso radicale esca perjr, dinanzi a vocale od slj. 
nel verbo, ed esca all' incontro, in qualche formazione nominale, 
per g, ancora dinanzi a vocale od a j. Cosi (cfr. 13, 1-8.); 

1. tig tdig-a-tai ^ essere affilato, affilare;- ved. tig-i-td (cfr. tig-- 

-mdf p. 104), aguzzo, puntuto*. 

2. tjag tjàg-a-ti^ abbandonare;- tjàgas, abbandono. 

3. hhag bhdg-aHai, avere in sorte;- bhdg-a-s^ sorte, fortuna. 

4. bhang ba-bhdng^-'a (1. e 3. sg. perf.), rompere, 6/ia«;^-a«a- (pe- 

culiare al sscr. class.), che rompe (e qual sostant. neutro: rom- 
pimento);- bhangd-s^ rompimento, rottura. 
.5. bhug {bhug-d-ti) <, curvare, bìiug-an-ga- y (che va tortuosamente), 
serpe, -bhug-i- (vedico), propriam.: giro, indi: volta (p. es.; 
ddga-bhugi-y che-è-dieci-volte-tanto ; cfr. il lat. -plec-s di centvfr- 
-piece ecc. y allato a.jplic-o)\- bhaug-d-Sy avvolgimento, anello 
(di una serpe). 
6. bhug bhung-dnti (3. pi. pres.), fruire, bhdug-ana-m ^ godimen- 
to;- bhdug-ja-y che è da fruire**, bhdug-a-s^ godimento, uso. 



♦ iig'i-td sarebbe un normale partic. perf. pass, di *tig. 
" ** Annotano, che non si adoperi di cibi. Comechè si differenzii per 
r accento, bhdug-ja" manifestamente altro non è che* un partic. fut. 



102 § 24* VECB SANSCRITA ùl g 1^ ff. 

7. òfiràg bhrà^-^'^taiy essere rovente, scintillarei risplendere (v. 17n- 

dtce);- bhdrg-as^ splendore, radioso. 

8, jugjung^nti (3. pi. presi), attaccare, congiungere^y«i^-;;a- (ved.), 

congiunto y congruo;- jugà^m^ giogo, pajo. 
.9. rag {rang) rag-ja^ti^ colorirsi, arrossare; lasciarsi trasportare 

dalla passione, sentirsi attratto;- ràga-s^ colore; passione; 

ranga-Sj colore. 
10» sarg srg^d'-ti^ emettere, effondere; creare;- sàrg-a-^Sf effluvio 

(ved.; Benfsy: goccia); emanazione, creazione, natura <*. 



pass, in eui si mantiene intatta l'antica gutturale, e perciò, ììi fondo, 
non diverso da bliaug-^jà (che è da fruire, da mangiare), che ha la 
accentuazione normale e la palatina. Anzi, stando ai grammatici 
(V. Benfey, Vòllst. gr.^ § 905, Kurze gr.^ § 386), bhug avrebbe 
a dare normalttìente, al partic. fut. pass, in -Ja : bhaug-jà.^ poiché 
statuiscono che in questa formazione passi rispettivamente in A o ^' 
]o H ^ onde si chiudono quei verbi che annettono immediatamente 
il suffisso del participio perf. pass, {-ta ó -na', bhug-ndy 24, 13. ). Ma 
è regola che deve patire ben maggiori eccezioni che essi non registrino 
(comunque ne ammettano una, che di per sé sola la dissolve tutta). 
Così le forme participiali mauk-jà raik-jà vaik-jà gauk-jà saik-jàj 

m 

che si dovrebbero avere, secondo questa regola, dai verbi muR rih 
vifl guH sihy non si sono mai vedute, che io sappia, nella realtà del 
linguaggio; e probabilmente siam limitati, per -/v, a pàk-ja che 
ricorre insieme con pàK-ja (che è da cuocere; dove la figura col R 
è, secondo i grammatici, quella che esprime la necessità assoluta), 
ed a vàk-jà-[m] nell* accezione sostantiva, reliquia fonetica di cui 
a ^uo luògo ci valemmo (13, 6.). Qualche minore scarsità di reli- 
quie avremo forse, nel caso nostro, per -g. Così, oltre bhdug-ja^ 
CI sarebbe màrg-ja (allato a mrg-ja e al parossitoùo ved. màrg-ja'^ 
da spazzarsi), insistentemente affermato dai grammatici. Intorno a 
jdug-ja (allato o, jang-ja) Q j'àg-ja^ il secondo de' quali è pur esso 
annoverato dalla grammatica fra i partic. fut. pass, e il primo già 
da questi si scosterebbe pur esso per l'accento (come del Testo ve- 
demmo fare anche bhdug-ja^ e pure mdrg-ja^ benché veramente que- 
sto si possa raccostare al tipo gdk-ja bhdg-ja)^ e intorno a bhàgrja 
(allato a bhdg~ja'^ cfr. 24, 3.), va ora consultato il lessico di Bobe-* 

TLINOK e ROTH. 

♦ Cfr. ancora: rug rauga-y vargvarga^^ vig vaiga^^ sang sanga-. 



§ 24. VECE SANSCRITA Di ^ E ^. 103 

Si ha poi ^. per normale reduplicatore di g (cfr. 13, 9^), conse- 
guendosi cosi un divario tra la consonante della sillaba radicale 
e qaella della reduplicativa, al quale la lingua non ha provve- 
duto nel caso di & e di d, poiché forma, a cagion d'esempio, 
ba-bàndh-a nel perfetto di bandhy legare, o dà-dd-mi nel pre- 
sente di ddf dare. Ecco dunque alcune figure reduplicate di 
verbi che incominciano per g: 

11. gar^ inghiottire; perfetto (1. e 3. sg. att.): ga^^gàr^a^ ma in temi 

intensivi vedici, che già adducemmo {22^ l.)» 8i ha ancora la 
gutturale pur nella reduplicazioue;- gam^ andare; perfetto 
(1. e 3. sg. att.) ga-gdm-a ga-gàm-a'^ tema desiderativo: gi- 
-gam-is (Toìere andare), tema intensivo: gan-gam (ved.: gani- 
-gam gani-^am)^ onde gan-^awHX'^y mobile;- gà gi-gòMi^ 
. andare;- grahh (ved.)* pigliara; perf. (1. e 3. sg. att.) ^a- 
*grdbh^CL 

Notevole è che gi, vincere, offra anch'esso, nelle forme redu- 
plicate, il contrasto g — gr, mostrando cioè in esse, non più g, 
ma bensì g radicale; quindi, a cagion d'eseàipio: ^i-gài-tha, 
vincesti, gi-gt-s-a-ti (desiderat.), vuol vincere, dovechè gli' altri 
verbi con g iniziale seguon tutti l' analogia di gan ga-gdn-a 
(23,3.)*. Cosi rasentiamo il caso di Hi-kait-ti allato a Uàit- 
-a-tl (13,10.), nel quale è già bene innoltrata la separazione 
lessicale delle due varietà; separazione che ora vedremo com- 
piuta , per g allato a g^ negli esemplari che seguono (cfr. 13, 10.) j 

12. gavj gàr^a-tai, crepitare, risuonare, invocare,- accanto a gar 

gr-ni-tdiy invocare; gan (23, 3.), partorire ecc., onde pu« 
gdni- gdniy femina,- accanto Signày femina di specie sovruma- 
na (V. la n. * a pag. 99); "gam- (genit. gm-as)^ terra, allato 



• Il caso di gi gi-gàj-a {gi'^di-4ha) gi-^gi-^s-a-ti ecc. , e gi-^j-^^SLgg. , 
TÌnoente (cfr. requivalenie^à^'-z^-), ha, sotto H^ il suo compiuto pa- 
rallelo in Ki Ki^kéij-^t hi-'ki'è'C^ti (cfr. hi ki 13, 10. e B5htlin0Is>-Roth 
s. Ri eonnderare e ìli stivare ) , colla differenza però che i grammatici 
ammettono ^ nel caso di ^t, anche la figura colle due palatine: Ki^Mj-a 
M-m-S'^-ti { Panini y VII, 3^ 67 e 5.8, ed. Boehtl. pag. 553 >, 



104 § 24. VECE SANSCRITA DI ^ £ ^. 

ali* equivalente ^gam^ (gen. gm-as)^ insieme colla qual coppia 
Vedica va sin d'ora considerata quest'altra (cfr. p. 109) : gnum^ 
-gman-^ p. e., in|)r*/»M-^maw* =pfi/iu-^man-, quello dall'am- 
pia (yXaTu-) via; gàmhh^a-^ fauce, gambh-à-^ inghiotti tore 
(V. 23,5.)^ allato a gahh-ird- gamòh-ira" ^ profondo (considerata 
la profondità quasi una bocca spalancata, come piti chiaramente 
si vedo dai vocaboli zeudì za f-ra-y bocca, fauce, ^a/^ra-, pro- 
fondo, che sono tra di loro non diversi [§25] e di radice af- 
finissima al sscr. gabh); langày meretrice, allato a langa-^ 
bordelliere (Yates: a lecher)« 

Dopo di che faremo posto al fenomeno di g-m g-r g-v in pro- 
paggini di figure radicali uscenti per ^, dove tanto più decisa- 
mente vedremo nel g la diretta continuazione del g originario , 
quanto n^eno schito è il inserito dalle combinazioni gm gr 
gv (cfr. pag. 38 e 110), Avremo cosi: tig-mà-, acuto, puntuto, 
jug-mà-y pajo, e -jug-van-^y allato a tig e jug (24, 1. 8.); 
log-rà, virulento, allato ad ug (onde aug- 23, 9.; v. vag); e 
à'S^g-r-an (3. pi. pret. medio-pass., ved.) nel verbo sarg (24, 
10.)**. I quali esempj ne serviranno di transizione alla nor- 
mal vece grammaticale di g che lascia il posto a ^, od al re- 
golare succedaneo di questo (A), neìldi uscita scoperta oppure 
nella immediata annessione di esplosiva, di sibilante o di n 
(cfr. 13, 11.). Si osservino: 

13. bhang (24, 4.), rompere, bhug (24, 5.), curvare, ma^^, sommer- 
gersi, lagg, vergognarsi, vig^ trepidare, - al part. perf. pass.: 



* Nel vedico sva-jùgva'bhis {rgv.ylXy 111, 1), cogli-accompagna- 
tori-a-lui-proprj (v. Benfey, Sama-veda [sa-^/ti^m-ò^is], pag. 193, 
235 5). 

** Cfr. Pàniniy "VII, 1, 8 e 41; Benfey, VoUst. gramm.jy pag. 366 
(n. 5), 389 (n. 2), 408 (n. 1), il quale adduce, ih. 378 (n. 9), anchd 
sa-srg'-maJiai (1. pi. perf. med.) = sa^'srg-mahài (v. Gloss. al Sama-v«, 
s. V.). Pajono all'incontro mancar d'ogni conferma: ag^manss ag^man 
(23,90 e il suo preteso sinonimo \sat/-man o sjag^man (Nàighant.yllf 
17, vv. 11.; Benf., Vòllst. gr.y § 415). 



§ 24. g-t {g-th)^ che dà ihel sakscwto' /-t (^-tA)* 10§ 

òhag-ndr-, bhug-nd^ mag-fid^ lag-nà vig-nd*'^ jug (24,8.), 
attaccare ecc.; 2. sg. ìm^.i jung-^hi'y partic* perf. pass.: juA- 
-M-, junc-tu-3 (V. Assimilaz.)^ infin.: jAM/E-tutn, a sulla mede* 
sima analogia: ah^td-^ tjak-td-^ bhak~td-y hhuk-td^y rah-td^ 
vrh-td^ da ang^ ungere (23, 8.), tjag^ abbandonare (24, 2.) 
bhag, avere in sorte (24, 3.), hliug^ godere (24, 6.), rahg^ co- 
lorirsi (24, 9.), varg^ escludere ecc.; -e al futuro avremo : j^auft- 
'sdi (med.), io attaccherò, ecc.; - e del nome Ju^-, congiunto, 
collegato, dotato, il dativo-abl. plur. suonerà: jug-hhjdSy il 
locat. ^\.'. juk-sù^ il nomin. sing. : JuÀ kjy^)» 

Ma alla vece grammaticale, ultimamente descz^itta^ non st 
conforma, di regola, se non nel caso di annessioq di sibilante 
conjugativa, un limitato numero di figure radicali, il quale, 
per prodotto di g^t g^thy ci ofifre all'incontro: Si-t s+(h (cfr^ 
pag. 40). Questo prodotto accenna a uscita radicale che suonasse 
piuttosto i che non ^ (v. § 25), vale a dire a tale alterazione 
del g originario , la quale starebbe ad esso g cosi a un di presso 
come p sta a A (§ 11), mentre lo schietto ^ (24, 13.) stava a g 
cosi come ft a ft (§ 12);- e la ragion grammaticale dei casi di g, 
o veramente di i, ai quali ora alludiamo, diventa, nelle com- 
binazioni di cui si tratta, del tutto analoga, ed anzi, per effetto 
di regolare assimilamento, operato dal suono che sussegue, del 
tutto identica a quella di p. Si osservino: 

14. bharg {bhragg) bhrgg-d-ti^ friggere; .all'aoristo (3. sgw att): 
d^bhràk'sit (cfr. 13), ma al partic. perf. pass..6/2r/-td-, e cosi 
all'infinito: bUràs-tum^-^ marg mrg^d'-nti (3. pL), fregare, 
ripulire, alla 3. sg. del pres.: màrs-ii^ al partic. perf. .pass.: 
mrs-'td ; - sarg srg~órti , effondere , ecc. ( 24 , 10. ) , all' aoristo 
(3. sg. att.) : d^sràk-^sU (cfr. 13.), ma alla. seconda sing. del perf. 
Bit.: sa-'Srd^tha (o sasargri^tha) y e al partic. perf.pass. :-5r^ 
-td-.(v. la nota);- jag jdg^a-tiy colere deum, sacra facere; 



* Presso h non ricorre il caso analogo se non iti t?rA-na,^clie,8Ì dà 
per partic. 4ii vragh^ lacerare (cfr. rfA-a, lupo, .pag. 82; e Vlnd. 
8.jàKnd)j è in a^^a,. curvo, allato.ad.anX, curvare, il cui norn^ald 
partic. è però anU-i-ta. 



108 §1^« ifr^ig^^h)^ CHE dJL hel sanscrito: s-t{9-th). 

alla 3. 3g. del fui. att.: jak-Sjdti^ ma all' infinita: jdi-tum, al 
partic. perf. pass.: i*^trf- (v. i sscr. da ja\ ejagnà). Quindi 
avremmo i rapporti che seguono: 

prk^td : parli = 'park (13, 11.) : : vrk-td : varg « *varg (24, 13.); 
drf-td : darg =s 'dark (p. 40) : : mrs-td : marg = 'marg (24, 14.) *. 

Nelle attuali condizioni del sanscrito, più adunque non si 
distinguerebbe, dinanzi a vocali (o dinanzi ay, v, m), lo g di 
varg jug ecc., che è parallelo, nella sua vece, allo ft {vrk-tà 
juk'tà; prk'tà), dallo ^ di mar^ ecc., che è parallelo, nella 
sua vece, allo p {trirs-tà; drè-tà). Ma la differenza statistica 
che intercede, nel sanscrito, fra i continuatori alterati del g 
originario e quelli dell'originario k^ è ben lungi dal limitarsi 
ad un mancato discernimento di pronuncia. Tra V una e 1* altra 
serie, occorre eziandio un'assai notevole diversità per questo, 
che, nelle alterazioni della tenue, il tipo (darg) drs-t- a un di 
presso si equilibri col tipo [parìi) prk-t*^ laddove, in quelle 



♦ Cosi fj, come lo g di marg ecc., vengono a coincidere, nelle più 
importanti combinazioni, con / (v. Lez. XIV), poiché nelle forme 
sigmatiche del verbo, e nel partic. perf. pass., avremo k-s ^ev unico 
prodotto di ogni p+s, di ogni ^+s e di 5+s, e avremo s-t per unico 
prodotto di ogni gi-ty dello ^ + * in marg ecc., e di s-^t. Ora di * 
avvenendo r in grammatica sanscrita, che all' uscita scoperta e dinanzi 
alle esplomve iniziali degli elementi ascitizj., toltine ^ e thj e anche 
dinanzi al s di locat. plur., gli si sostituiscano, di regola, le esplo- 
sive non aspirate del proprio ordina {d innanzi a sonore, t innanzi 
a sorde e all'uscita scoperta), entra naturalmente in questa stessa 
analogia pur lo p^ di marg ecc. (veramente ;^; e i : s : : med. : ten.; 
Vm anche di h sser. neìV Indice) y ed insieme l'analogia si estende, 
di regola, anche a g <v. pag. 40 e 41). Quindi, a cagion d'esempio: 
d'-màrd 2. e 3. sg. imperf. di marg; ud-^dhi ('ug+dhi) 2. sg. imperat. 
di mg (ug)*- Alcuni complessi radicali ancora oscillerebbero tra 
l'analogia di ^e quella delle gutturali rispettive (sarg^ sri~id d-sràk\ 
vig^ vit^sù e vikraù)'^ v. pàg. 41 e Siuflj critici^ li, 78^9^ ed anche 
la nota che segue. 



§ 25. ETI DELLfi A.LTERAZIONI ASIATICHE DEL g ORIGINARIOé . 107 

della mediai^ il tipo i^marg) mvl-U rappresenti, in confronto del 
tipo {paTg") vrk-t*\ un'assai esigua minoranza. La quantità del 
danno patito dalla inedia originaria ne risulta^ in favella in* 
diana, di gran lunga inferiore a quella che vi ha sofferto la 
originaria tenue ♦. 

Le condizioni dello zendo concordano grandemente, anche § 25,^ 
rispetto alla continuazione alterata del g originario , con quelle 
del sanscrito (cfr. § 15), comechè a prima vista paja interve- 
nire, fra le due lingue, uno screzio ragguardevole, pel fatto 
che lo g sanscrito ritrovi ne' riflessi zendi ora^ e ora z. Ma le 
due alterazioni zende, unite insieme, non oltrepassano in modo 
sensibile i confini lessicali del g sanscrito; e, d'altra parte, negli 
esemplari sanscriti sul tipo marg rrirs-tà- vedemmo indizio di 
uno -g indiano che si accostasse, nel suono, all'irano z (*i), 
col quale ora vedremo che pure etimologicamente egli s' incontri. 
Lo zendo ^ {= g orig. ) , per vero , non è a gran pezza limitato 
ai casi in cui il sanscrito ci offre s-i do, g-t (24, 14.),* ma con- 
vien considerare, da un lato, che se pure incontriamo z (vera- 
mente z tra vocali) rimpetto al g sanscrito del tii^ojug juk-tà-^ 
troviamo tuttavolta che ugualmente si riproduca, nell'esem- 
plare zendo, la vece consentanea a questo tipo (v. 25, 1. IV;); 
e, dall'altro, che la pronuncia assibilata dello g indiano non si 
sarà di certo limitata a quei soli esemplari in cui le combina** 



* Le proporzioni , compendiosamente accennate nel testo, sarebbero 
rappresentate, in approssimativo modo, dalle cifre che seguono:-? 
eirca 50 i complessi radicali che escono per Ji e quindi seguono , neile 
note combinazioni (pag. 38), l'analogia di à;* circa 40 quelli cha 
escono per g e quindi seguono in esse P analogia di / (v. la nota ohe 
precede);- circa 70 quelli che, uscendo per g^ seguono in quelle 
combinazioni l'analogia di ^;- e solo una mezza dozzina, o poco 
piti, quelli che, uscendo per g, seguono in esse, non senza qualche 
eccezione, T analogia di /. E allato a sarg e a marg^ che sono tra 
questi, vedemmo, d'altronde, scorga (24, 10.) e màrgja (n* a p. 102), 
dove non mai si avrebbe un darka allato a darg^ o simili <p. 39 al 
princ). . . . ;v . 



108 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL y^ ORIGINARIO. 

zioni grammaticali ci conducono a scoprirla *. Ed ecco ora, 
senz'altro, alcuni saggi della corrispondetiza indo-irana per gli 
scadimenti del ^ originario: 

1. 1. g sscr. -g iendo: S. ^i, 2. giy vincere; s. g^à^ z.^Ja, corda 
delFarco; s. ^à-^ar- (23, 2.), z.^a-^Tiàr-, vegliare; %*àugas^ 
z.noganh^ vigore <cfr. III.); ^-jug, z.jug, attaccare. II. g 
ssòr. t= z zendo: s. gnà {gàndti^ 23, 9.) z. zan^ riconoscere, 
znà'taf^ ** (=5 Bsor. gnà-tdr^) , riconoscitóre; s. gusy z. ì^m.» ama- 
re; s.gam^ (v. 24, 12. ), z. ;sem-, terra; s.gahgfiài z. jsaw-^a-, 
gamba; s. gnu^ (23, 2.), z. znw **, ginocchio; s. bhag, spar- 
tire, impartire (e: avere in sorte), z. baz *** (allato a bagha" 
= s. bhàgd^ porzione, cfr. 24, 3. e v. IV.); s. bhràg, z. baràz^ 
sfavillare, splendere; s. marg^ z. marezy fregare ecc. (24; 14.); 
s.jag^ z,jaz^ sacrificare ecc. (24, 14.); s. sarg^ emettere, z. harez 
(^zendo = s sscr.), mandar fuori, versare (24, 14.). IH. g 
sscr. che trova lo zendo oscillare tra ^ e z, ma prevalente il 
secondo: ^,gan, generare ecc. (23,3.), z. ^an, aliato a \^^m- 



* Di questo avremo a ritoccare piti tardi (p. 117), e intanto non è 
forse inutile qui avvertire, come si renda per^ sscr. così lo dj come lo 
i delle voc! straniere {gàmitra^ Stajji&Tpov; tàgi-ka, il pers. tàzi^ 'ara- 
bo'). Né sarà affatto superfluo che si aggiunga, all'orecchio italiano 
non parer poi cosi piena , come si suole affermare (v. pag. 12), la 
eoincidenza del moderno g indiano col nostro g di èrge ecc. La pro- 
nuncia dello g cosi è descritta dal missionario italiano Cassiano Beli- 
gatti {AlpÌMbetum brammhanicum seu indostanum universitatis Kasi 
[Kàgiy Benares]^ Romae 1771, pag. 27-8).: -^nostro gi, et z simul 
arridet haec littera, vel debet pronunciari eo fere modo, quo pronun- 
eiant, qui linguam habent blesam (blaesam)'. Di /^giudica lo stesso 
autore (ib., 27): 'ncque haec uUi ex nostris litteris rite potest assi- 
milar!, sed medium habebit looum inter e Italorum, et tcha a Gallis 
pronuBciatum^ quod usus docebit.' 

:** Lo j^) anziché .2:, in inàtar*' e znu- è causato dalla connessione 
della nasale. Quindi il semplice z nella forma plurale zanua ^ genua. 

*** Il Justi inferisce questa forma radicale da baiai ^ ma sarebbe 
forse pili legittimo l' inferirne bag, e a questa forma pare eziandio 
che accenni bakhta (IV. e V. e la pag. preced.). 



§ 25. ETÀ DELLB ALTERAZIONI ASIATICHE IlEI» Q ORiaiNARIO^ 109 

(e a gh[e]nay 24, 12.), femina [cfr.. 26, 8. n.]; s, ag^ con- 
durre (23, 6.)» gù^ procedere eoa rapidità, z; az^ zu^ de'qiuaU 
verbi si è trovato esempio collo ^; e cosi la radice che è nella 
z. aogahh » sscr. duga^ (v; I. e 23, 9.) è pure in fondo la stessa 
che ritorna in vàza- %.-^ vaga- sscr., forza (v. ancora ^a/ra- 
allato a ^a/ra- nella nota), IV. vece sanscrita: jw^jw/t- 
-tó-r, bhag .bhakrtd^ (q{v.2ì^ 13., e vah uU-fd 13, 11.); véce 
zenda jug jukh~ta~ ^ haz * baRh-ta- (cfr. I. e II. , e vah ukh-ta- 
15, 2.). V. vece sanscrita: marg mrs-ìd'^ jdg is-td-^ sarg 
srs-td- (cfr. 24, 14., e nag nas-td-, 11, 17.); vece zenda: marez 
marS^ta^^ jaz jùs-ta-, harez harS^ta" ( cfr. IL , e nag [= nag sscr* 
11,' 17.] na^a")*"^. r j 



* V. la ri. •♦• alla pag. 108. 

** Vi ha qualche lieve dif^renza tra. i limiti sanscriti e li zendii 
entro a' quali si compi» il fenomeno di ^ dà ^ (cfr. la n. a pag 47); 
ma a guardar da vicino i pochi esemplari divèrgenti^ la discrepanza 
si riduce a proporzioni affatto esigue. Il piti importante sarebbe e 
z. ga'-m gi^m gorg = s. gà-m ga^hhh ( v. Lezi VI), venire, andare* 
Ma, dall' un canto, la gutturale s*ha ancora sempre nello z;^a-m, 
che coesiste a^a-m, e nello z.^à(as.^à), (andare, che è di base 
non diversa da quella di ^a-m; e v* ha, dall'altro, che oscilli il 
sanscrito stesso, in questo medesimo verbo^ tra g e gj poiché,, a tacer 
di gam gdni'-ar^ti, che una raccolta sinonimica indiana pone ira i 
verbi di moto, "abbiamo lo gunnxn-* (=» -^ma«- : pr^TiM-^man- *: i-;2^f ^«4* 
-^ma«-, dall'ampia carriera), carriera (Boehtx^inqk-Both, s. v.v.), e 
lo '^man- ài pdri^man (cfr. Bbnfet, Sàmàv. gì. s, vv.)^ ohe scorre 
intorno; dove ancora si vogliono ricordare/ per là piena analogia 
fonetica, i sscr. 'gam e 'gam (24, 12., cfr. 25 jì. lL),:terra; Non si 
tratterebbe quindi se non di una diversa estensione che in ciascuna 
delle due lingue le due figure avrebbero preso; e pur dai riflessi europei 
è lecito arguire che il ^ di gam sia pre-^iràno (v. p. 127).- Secondo v 
tra gli esemplari divergenti, si potrebbe addurre il gruppo di vòciaBoli 
zéndi, là cui radice è identica od àffinissima % quella del B^orr. ganvr 
bhira" gabUtrà^^ profondo, e suona , con la palatina : ^à[i]w^i^j ^af^rd^^ 
profondo, ^a/^nu-, profondità. Ma qui pure interviene, che, dall'una 
parte, spunti forse ancora la gutturale pur nello zendo (Vt'pa/Va-, 



110 § 2S« ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL g ORlOlNARIO. 

Ora, quanto è piena, pur per questa parte, la concordanza 
indo-irana, e altrettanto apparisce arbitrario, pur qui, Tessere 
écaduta l'antica gutturale piuttosto nell'una serie d'esemplari 
che neir altra. Le combinazioni, in cui lo § sanscrito si ag- 
gruppa con altre consonanti, sono: n^, gn^ {^g, ggh), ^m^ gjy 
gry gVy bg, rg *, e quanto a (iombinazioni con vocali, occor- 
rono, sempre nel sanscrito: ga gu gi ed ag icg ig; tutti i quali 
appajamenti fonetici, escluso quello affatto singolare in cui en- 



abisso, profpndità, ap. Justi), e che, dall'altra, il sanscrito stesso 
ci offra la palatina, ed è in gaòh^ azzannare, annichilire, ^am67ia-, 
gola (cfr. z. zemb^ annichilire, Justi; zaf-ra--^ bocca, gola), coi 
quali più addietro mettemmo appunto gambhvra'* (24, 12.)- Se, inol- 
tre, lo zendo garez^ja- pur ci dia un' riflesso, con palatina iniziale, 
del sscr. garg^ muggire ecc., v'ha poi, nello zendo stesso, la figura 
colla gutturale conservata: garez (gridare ecc.)* Discordano i due 
idiomi nella voce per ^midollo% che è maggà nel sanscrito e mazga 
nello zendo; ma ò un caso sui generis^ nel qual cioè si risale alla 
consonanza composta originaria: sg (cfr. i riflessi sscr. di sg e sdh 
[e sk] orig.). L'unico esempio in cui la divergenza non vedremmo in 
alcun modo temperata, sarebbe ^ac2 zendo, chiedere, pregare, allato 
à gad sanscrito, dire; ma la convenienza de' significati non apparisce 
intiera, e la forma zenda potrebbe risalire a "gadh.^ Finalmente 
hieriteranno qui ancora menzione: 1.° La figura cpUa gutturale, ac- 
<MLnto a quella colla palatina, nella radice zenda per ^vivere' iguj-a^ 
vita, accanto Agi ecc., v. Introduzione alla morfologia ^ s. v.), dove 
l'esemplare reduplicato gi-^gaè-sa^ tu possa vivere, è un buon paral- 
lelo fonetico de' sanscriti gi-^ài^-tha (vincesti) ecc. che di sopra no- 
tammo (103);- 2*^ Il participio zendo: vars^ta-^ (sul tipo: 8. mri-ta-, 
K. tnari^ta*) de, varez (*varg j^spy v. /nd.), operare, a cui manca, 
per quanto io posso vedere, il riscontro di un verbo primario sanscrito 
(v. l'Jiuf. 8, ùrg vrg vrg^na). 

"^ Queste combinazioni occorron tutte in complessi radicali {gm Ì9 
^man" ecc., v. là n. preced., e bg nel verbo ubg)'j gn gm gj gr gv 
,%\ ottengono eziandio per accessione di elemento ascitizio a g radi- 
cale, {{essun nuovo contatto si aggiungerebbe dalla serie . compiuta 
dei gruppi-consonanti sanscriti in coi entri g. Gir. la n. *** a pag. 41. 



§ 25. BTÀ. DELL& ALTBRAZrONI ASIATICHE BEL g ORiaiMARIO. Ili 

tra &, sano comuni pure a p ^, come si vede dagli ésempj che 
seguono : 



tinga-^, memhroj ranga- (24,9.); 
gnà {2éi 12.) , o^-nt-, facce; 

gm-as (24, 12.)» tig-ma- (24, 1.); 
hhaug-ja-jaug^a (24,6.); 
grasj inghiottire , ^ra/i , pigliare; 
daga-gvifi" gata-gvin-y decuplo, 

centuplo ; 
gam^ andare, guh^ nascondere, 

giri- monte; 
ràga (24,d.), jM^a (24,8.), vaiga-^^ 

fretta; 



bhang (24,4.), sangf affiggere. 
gnà (23, 4.),jaó-Ma-, culto, sacri- 
ficio. 
gm--as (24, 12.), ag-man- (23,6.)* 
gjày usar violenza. 
grajas (ved.), pianura, distesa. 
gvar^ febbricitare, ^t?ai, ardere. 



t V 



p - 



jgan^ generare, gus, amare, g%v , 

vivere. 
rcbgan-y re, bhuga-'y braccio, tn- 

^a-, seme. 



Manca per vero, nel sanscrito, un gi genuinamente radicale, 
ore si prescinda da gi-gt- (p. 103), che ha salvo il g per ragione 
dissimilativa ; poiché in giri-, monte, gir-^ voce, gf-tà-, cantato^ 
e altrettali, in realtà si tratta; come a suo luogo vedremo, di a 
che si affievolisce ad i ** ; della quale mancanza si potrà legitti- 
mamente accagionare Tattiguità della vocal palatina (cfr. p. 42)^ 



• Non ocòorre gj qual gruppo radicale (cfr. la n. preced., la n. ♦ 
a pag. 42, e il testo fra poco), eccetto il caso di gi-gj-H" (p. 103, n.), 
gi-^j-'às 3. pi. perf, (vinsero) ecc., ma si forma tra radice, o nobe 
primario, e suffisso. Lo gv di daga^gvin" ecc., che stiam per citare; 
ò probabilmente radicale. 

** Manca eziandio un verbo sanscrito che esca per ig'y ma non ne 
teniam conto, essendosi fatto, in generale, caso raro, nel sanscrito , 
un verbo che esca per g immediatamente preceduto da vocale. Puij 
nello zendo non occorre mai gi in figura radicale; e solo può infe- 
rirsi un ^gi-^i-* dalla voce gi-gaèsa^ di sopra toccata (pag. 110 in n.) , 
nel quale agirebbe il principio di dissimilazione, come fa nei sscr; 
gi-gi-vàs" (gi-^di-tha, gi-gj'^às)^ gi-gi'S^a-ti (p. Ì03). 



112 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL g ORIOINARIO. 

Ma l'i, ad ogni modo, più non avrebbe esercitato questVin-* 
fluenza nel periodo in cui s*ebbe giri da *gari, e simiglianti *» 
a tacer che sempre si tollerano òhaug-ja- e simili; e restan 
poi le altre congiunture fonetiche, in cui appare lo g, senza 
che si possa discerhere in esse alcuna spinta alterativa, o, per 
dir meglio, alcuna particolar causa dello infiltrarsi dell' eie-» 
mento alteratore (v. p. 118). Quanto più adunque rimane eslege 
la estensione del fenomeno, e tanto più chiaro si addimostra, 
dal concordar che in essa fanno la favella degl* Irani e quella 
degli Indi, come gli scadimenti, che nel sanscrito vediamo sof- 
ferti dair originario ^, sien pre^indiani, ossia risalgano all'età 
indo-irana (cfr. p. 48). 

Non v' ha , all' incontro , nel gruppo italico , nel greco , nel 
celtico, nel germanico, alcuna alterazione del g originarlo, la 
qual risulti omogenea alle alterazioni indo*irane, e ini^ieme si 
addimostri risalire a periodo pro-etnico •*. Cosi , ben vi sono 
coincidenze continue tra^ e z indo-irani, dall'una parte, è ff e z 
de' dialetti italiani, dall* altra, questi e quelli da ^ originario^ 
oome si può vedere dagli esempj che seguono : z. zan-tu^ ( ~ s« 
gan-tfy-)^ consorzio; z. zanv-Uj nomin,-accus» duale di zCejnu-, 
%.^dnu-i ginocchio; z.erezata-j s, rogata- {v. Ind.), argento, 
allato a tali continuazioni odierne de' temi latini gen-ti-, genu- 
-clo-, argento j quali sarebbero il romano gente e il veneziano 
zente^ il romano gino-cchio e il veneziano zeno-co od ii friulano 



* È in generale assai notevole, ohe gli affievoUmenti palatini delle 
gutturali originarie, cqsì frequenti nel periodo indo-ìrano, piti affatto 
non avvengano nel periodo indiano. Cfr. Studj critici ^ II, sec. sag-» 
gio ind,, n. 3; e v., per l'Irania, la Fonologia irma^ s. A (c)y g^ 

♦* Esempj celtici e germanici per la continuazione di g priglnario, 
mantenutosi g o fattosi g (z) indo-irano, sarebbero, dall' irL ant. : 
ga,irj voce (24, 12. e p, 14 in f.), e la radice gnéy conoscere (23, 4.); 
e dal gotico (cfr. p. 63): haur-s^ grave (22, 3.), akta^ campo (23, 7.). 
Cfr. la n. a p^g. 50, 



§ 23. ETÀ BELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL Q ORIiQtNARIO. 113 

ze7ió'li, il toscano argento e il veneziano ari^nto *. Ma queste 
alterazioni romanze sono esclusivamente promosse dair^ che 
sussegue a ^(cfr. p. 49); e quindi non sussiste continuità isto- 
rica tra di esse e le indo-irane. Ben si potranno avere, in alcuni 
casi particolari (§ 26), alterazioni europee ed asiatiche, pur del- 
r originario g, le quali stieno in connessione genealogica tra 
di loro; ma saranno prodotti fra di loro affatto disformi di una 
indistinta affezione primeva (cfr. p. 48-9 e 128). L'indo-irano g 
{Zy z)j dsk g, riman sempre una risultanza fonetica di età poste- 
riore a quella in cui ancora vivevano insieme uniti il gruppo 
italico, r ellenico, il celtico, il germanico, e la sezione asiatica 
della favella ariana. 

Resta d'interrogare il gruppo litu-slavo (cfr. p. 51-7), e qui 
il discorso potrà alquanto complicarsi, ma non sarà inutilmente. 
Abbiamo, cioè, anche per la media gutturale, una serie di 
esempj, in cui alla alterazione indo-irana (g, z) risponde in 
favella litu-slava una alterazione affatto congenere (i Ut., i 
si. *♦), senza che pure in questa favella possa vedersi alcuna 
special causa dell'affezione subita dal suono originario. Dalla 
qual serie offeriamo: 

Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro. 

2. s.gnà (23, 4.), z. zan^ rico- 1. Àn-ó^f, sapere, h.ina-tij cono- 
aoscere. scere. 

s. aga--^ capro, agahày capret- 1. ozy-s Coz-ja-s) , capro , ozka , 
ta. capra. 



* I fati estremi di gè latino ne' vernacoli italiani son questi : che 
possa ancora riflettersi per ghe sardo d^rghentare , inargentare , pidn- 
ghere^ piangere; ghe sardo si ebbe del resto anche da,^e romanzo), 
e che i^ev je ji si riduca a solo i (ital. arien^o, friul. arint\ agente 
'jentCy friul. iht). Analogamente: regina "rejina^ reina^ intorno al 
qual vocabolo italiano il Curtius, o. e, sec. ed., 513 (II, 156)» 
prende abbaglio. 

** z lit. e i: si. : ^ orig. : : s Ut. e « si. : k orig. ( p. 51 )• 

Ascoli, FoimL indO'U.'gr. S 



114 § 25. BTl DBLLE ALTS&AZIOIil ASIATICHE DBL g ORIOINAEIO. 



Sanscrito e zendo. 



lituano 6 antico bulgaro. 

b. azno^j-aznoj-nzinojià. (Fick). 
1. berza-s, russo beréza^ betulla 

(LoTTNfiR). 

s. margfy z. marez (lat. mulg" 1. mélz^^^ b. mtùz-Sy motigo. 



s. agina^m , pelle. 

s. bhùrga-Sy specie di betulla. 



^0)9 fregare ecc. 
^.^i frangere. 



1. làuz'^ (rad. lui) , rompo *. 



E v'ha qui pure la serie in cui il litu-slavo e rindo-irano si 
mostrino all'incontro concordi in ciò, che amendue conservino 
intatta la gutturale primitiva. Cosi negli esemplari seguenti: 



Sanscrito e zendo. 

3. s.gnà (24, 12.; 25, 1. Iti.). 

s.giri-y z. gatri^j monte. 
8. agnis m. ^ fuoco. 
s.aiigàra^s, earbone^ 

t^^jugoTi giogo (e£r. 24, 8.K 



lituano é fttttìtio bulgaro. 

amico prasso : ganna,genna **, fe- 

mina. 
b. gora , monte •♦*. 
L ugnì-s ( L ) , b. ógni ( m. ) , fuoco. 
L anglì'S (f.), b. ogli^ polacco 

to^giel (m.) id. ****. 
b. igo^ id« 



* Qui il Fick, o. e, p« 156, attìngendo probabilmente dal Nes- 
SELMAi^N che io non ho alla mano, dà : luzù, rompo (sarà T intran- 
sitivo Ji«;^at«, luziaui di Sehleicher e Ruliig-*Mieleke)| e la notcTol 
figura colla gutturale: lug^^na-s (= ifòcr. rug-na''S)f pieghevole. Cfr. 
pag. 117* 

** Potrebbe però questo esempio doversi piuttosto contrapporre 
alla forma indo-irana col ^ (v. i luoghi citati nel testo), e quindi 
appartenere piuttosto al n. 4; cfr. la n. * a p. 128. Lo z del corri- 
spondente vocabolo slavo: zenay è alterazione seriore, peculiarmente 
filava, causata dall' e. Analogamente suona ziv^y in causa dell' t» la 
radice sldva per ^ vivere'^ che nel lituano è gyv*- {^ sscr* giv). 

*** Il FiCK, o« c.,p. 243, opportunamente qui richiama il lituano 
giréi bosco. Cfr. lo spagnuolo monte j monte ^ boscaglia. 

**^ La forma polacca ha un u? protetlco^ come ò ancora^ a cagion 
d'esempio, nel polacco lo^àz Cang[i]\ gen. to^eza). Serpente « ^ lit* 
angv'S, 



g 25. BTl mSLLB ALTERASUONI JLSIATfiSBR BEZ« ^ ORlaZNAIUO. 115 

SìEuiscrìto e zendo. ' Lituano e antico bulgaro. 

s. wo^-na-, nudo. 1. nog-a-s, polacco: nagiy id. *. 

s,bhaga-j signore (protetto- h.bogù^ Ho. 

re), z. bagha-'y dio. 

s. sthaff^ coprire. 1. stég-iuy cuopro uu tetto». 



Di sicuri casi, in cui i due gruppi divergano, perchè il g ori- 
ginario resti intatta nelL' indo-irano e si alteri fiel litii-slavo , 
mal sapremmo addurne; e pur 1* oscillazione Utu^lava tra g Q z 
si ridurrebbe a proporzioni quasi impercettibili ♦*. All' incontro 



♦ La voce litnana è presso lo Schleicher: nuga*'y la qual pro- 
nuncia accennerebbe a *nanga\ cfr. la n. *** a pag. 53. 

** Il Bopp metteva il Iftuano zémèy e lo slavo irewii/a, terra, col 
sanscrito gam^ (r. 24, 12.), accanto al quale vedemmo pefò gam^ 
(= z. £em-')y e vanno ancora considerate altre fignre, a coi, piti legit* 
ttmamente che non a gam-y il. ternme Mia-slavo si rapipicca. Il lit. 
ianda-Sy mascella, era ancora ricondotto, dal Bopp medesimo, al san- 
serito gandiJhy gaaneia; ma si aggiunge il sscr. gat*dar- (v. T/m;?»), 
mento (ricordato dal Fick, o. c, p.56>« che meglio quadra pel. signi^ 
ficato. Lo zad" lituano di zad-a-s , discorso , ecc. , allato al sanscrito 
gady proferire, discorrere, ci porta alla oscillazione litu-slava, andando 
con questa radice sanscrita il paleo4)'ulg* gad^anijey vatieiiiio, e&igma 
(cfr, il polacco gnd^ìiay sentenza, enigma), il polacco gad^acy par- 
lare; ecc. Per la quale oscillazione avremmo ancora il Ut gémbèy 
uncino di legno alla parete (Schleicher), che riviene a ^g^wJb^ja-- (f*);, 
e quindi potrebbe andare con Y^jAcp-LO- ecc% (23, 5.), cosi che avesse 
primamente detto: dente (FiCK), allato al paleo-bulgar. kobùy dente; 
dove fli vorrà ricordare l' oscillazione asiatica nel gruppo a cui spetta 
la voce parallela del sanscrito (23, 12., 25, 1. III). ADI* incontro, non 
entran punto nella oscillazione di cui si discorre, r casi paleo-bul- 
garici sulla stampa di lug-nti (mentiri) allato eilùia ( ntenda^ium ) > 
dove z è prodotto normale e seriore di g-^j (*lug-ja); o simUi a bozi 
(nomin. plur.) allato a bogù (nomin. sing.; dio, 25, 3.), dove -lì è 
normale trasformazione slava di 'gi (cfr. la n.. ** alla pagina pre- 
cedente). 



116 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL Q ORiaiNARlO. 

è rilevante la serie che offre g litu-slavo rimpetto a g {z) indo- 
irano. Ne prendiamo: 

Sanscrito e zendo. Lituano e antico bulgaro. 

4. s.gjày z.^ja, corda dell' arco. 1. gija^ filo ♦. 

s. giv , vivere , giva-s , vivo. 1. gyva-s , vivo , gyvatày vita ; ecc. 

s.gù, spingersi, spingere. 1. gui-ju^ spingo, caccio**. 

s. augasy vigore ; ecc. (23, 9. , 1. dug-Uj cresco, augmu (gen. aug- 

cfr. 24, ad 13.). -men^s), virgulto, 

s. rgù'Sj z. erèzu'Sy diritto (ag- 1. lygù-Sj che va pari, piano, giù- 

gett.). sto. 

s. sag sangy affiggere. 1. seg-iùj affibbio, allaccio, 

s.sp/iur^, tuonare. 1. sprag-étty crepitare (del legno 

nel fuoco) ***. 

I quali esempj affluiscono bensì in copia notevolmente maggiore 
che non faccian quelli di k litu-sl^avo rimpetto a q indo-irano 
(pag. 53-4); ma da ciò già non consegue che la special concor- 
danza tra la favella indo-irana e la litu-slava sia minore per 
la media gutturale originaria di quello che sia per la tenue. 
Anzi, a ben guardare, sarà piuttosto il contrario. Poiché, nello 
scrutare lo g sanscrito (zendo g & z) alla uscita di complessi ra- 



* Questo esempio , che potrebbe avere , come tantosto vedremo , una 
speciale importanza, è ancora mal saldo, per la scarsa congruenza 
dei significati. Il Fick, o. c, p. 61, ben gli fa dire: filo, cordone; 
ma temo che c'entri quel po' d' arbitrio che assai di frequente il va- 
loroso alemanno si permette. In Ruhig-Mielcke (da cui prendo la 
forma gijay che è contratta nel gijè* dello Schleicher) il nostro vo- 
cabolo è tradotto per faden im wfjurken. Cfr. Pott, Wurzél-wórter- 
buchy I, 61, 380, 752, alla cui ricca messe potrebbe aggiungersi il 
gallese giau (au nota del pi.), nervi. 

' *♦ Cfr. Pott, ih., num. 244, 245 (dove alla serie lettona è da ag- 
giungere la lituana dal gloss. di Schleicher p. 270), 248. Fick, o. c, 
p. 201. Il secondo trascura Tt, che ha la sua importanza; ma il con- 
fronto pure starà. 

*** V. ancora l'esemplare citato a pag. 124-5 in n. 



§ 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE BEL g ORIGINARIO. 117 

dicali, noi venimmo ad avvertire, come solo il raro tipo marg 
mrS'tà'f ed esso pure non interamente, si mostri analogo al 
tipo darf clrs-tà-j siccome quello che contiene tal ^ da ^, che 
possa stare a paro dello p da ^ ; laddove ali* incontro il tipo 
jug juk-tà' è nell'analogia di parH prh-tà-j equivale cioè in 
grado a /l da A (p. 106 e seg.). Nel caso di ^ {z) propriamente 
mediano, o d'iniziale, ci mancherebbe ogni sicuro criterio indo- 
irano per distinguere \o g {z)^ che sia parallelo a p, da quello 
che il sia a /i; ma già avremmo, senz'altro, ogni diritto di 
presumere, che le due varietà indo-irane (le quali potrebbersi 
indicare per z e g) sussistessero pure in queste situazioni, al 
pari dì g e fi, cosi come, sempre al pari di p e jt, sussiste- 
vano in quella, nella quale siam riusciti a scoprirle. Ora noi 
vedemmo (15,4.) come il litu-slavo risponda per h (o suo suc- 
cedaneo) all'indo-irano il; e cosi, in giusta analogia, avrebbe 
intanto a rispondere per g allo g {z) indo-irano del tipo Jw^ 
juk'tà'. Gli ultimi quattro esempj che avemmo per g lituano 
rimpetto a g sanscrito {aug-as ecc.), ed altri consimili, vanno 
quindi certamente sceverati, siccome spettanti a quella categoria 
in cui le attenenze dello ^ (z) indo-irano col g originario non 
son diverse da quelle dello K. indo-4rano coli' originario k; e ài 
certo non è accidente fortuito se mentre a marg mrè-ià- il 
litu-slavo risponde con melz- {mlùz-; 25 ^ 2.) y a sag sak-tà-, 
all'incontro (25, 4.), risponde con seg- *. La favella litu-slava, 
insieme colle altre europee, ci gioverà inoltre a scernere altri 
casi, d'indole particolare, in cui lo ^ indo-irano è ancora pa- 
rallelo a K (e non a g)\ vogliam dir quelli, che tantosto forme- 
ranno il soggetto del nostro discorso (§ 26), e ci porteranno a 
stabilire uno g^ del periodo unitario, parallelo allo h^ dell'età 
medesima, del quale a suo luogo facemmo parola (p. 84-5.); che 
di certo non sarà fortuito caso se in gyv-y dove appunto si tratta 
di questo g'J {*gv lat., p gr.), il lituano risponde col netto g, 
come col netto h rispondeva allo ky (jt? lat., -k eoi.) di ^h^atvar 



Contravverrebbe, ma solo in parte, l'esemplare lui - ruy (25, 2.). 



118 § 25. ETÀ DELLE ALTERAZIONI ASIATICHE DEL ^ ORIGINARIO. 

( k'atyar-) ecc. Dal eontimiatore sibilante litu-slavo d/el g • ori- 
ginarlo potrà quindi venirci ajuto, se ben vediamo, neir opera di 
scernere tra Vantico continuatore assibilato (i) e Yantioo con- 
tinuatore palatino (g), indo-irani amendue, dello stesso g ori- 
ginario, 1 quali dovettero andarsene dipoi tra di loro coaftul 
Ma noi dobbiamo astenerci da ulteriori considerazioni intorno 
ai continuatori litu-^slavi , le quali di troppo ci porterebbero al 
di U decimiti che in questo luogo €i sono segnati; e solo dob- 
biam dire co»chiudando, che per la dichiarazione cronologica 
dalla special somiglianza tra IMndo-irano e il litu-slavo, an- 
drebbe naturalmente ripetuto, in ordine alla media gutturale^ 
il ragionamento stesso che a suo luogo facemmo rispetto alla 
tenue {p. 56-7). B cosi tra l'altre porremmo, nel periodo uni- 
tario, il tipo ''oiarg^a-ti (soffrega, munge), onde margja-, 
marza-, marza-^ parallelo al tipo Mak^a- (dieci), onde daiya-j 
dosa- 9 daga-. Locchè, finalmente, involge insieme la question 
fisiologica del come la media gutturale originaria passi in g od 
in z (i), igià essendo implicito, nel rapporto testé enunciato, 
ohe questi alteramenti si abbiano pa* noi a ripetere dallo svi- 
luppo anorganico di uno j, vale a dire da quella affezione o 4& 
quella parassita medesima, <Li cui tenemmo discorso nel trattar 
della tenue originaria. Ed è bello vedere oome pur qui oi ajuti 
Tanalogia di quegli stessi idiomi romanzi ai quali ricorremmo 
nello studiar le tra^ormazioiii di essa tenue; quindi il latino 
r italiano ^a/^mer sarà ancora gaglina iiel grisone di Sur- 
selva, ma neir engadinese scrivono gial e gialina, e il ladino 
di Gardena ha gal e galina^ come ha longa e lerga per longa 
e larga, y e il friulano ugualmente: gal galine, lunjje {lunga)] 
e cosi nel lorenese (Bau de la Roche): galie (djalie), piccolo 
gaUo, e finalmente, nel francese, collo z {i :*g :: s : *c): ge- 
line y gelinotte, il cui mascolino : jow {^jal^^zal^ *gal) sempre 
è ancora vivo nel Berry ♦. V hanno eziandìo particolari ana- 
logie elleniche^ delle quali ritocchiamo in appresso {§ 29). 



* Cfr. § 14, 4., e la n. a pag. 44. 



§ 26. gv SI RIDUCE A P aRBGO, b, V ITALICO. 119 

Ora passeremo ai parallelo di media per qu^la combinazione § 26. 
che nella sfera della tenue ci era rappresentata da qu latino, 
hv gotico, TT greco, ecc. (§§ 16-20); e se per la combinazione, 
in cui entrava la tenue originaria {hv), la evidenza del feno- 
meno ripetevasi in ispecie dalla voce latina e dalla germanica, 
e prevalentemente dalla prima, ora, all'incontro, nel parallelo 
di media y la voce germanica terrà essa quasi esclusivamente 
il primato. Rassegneri^no imprima, nell'ordine migliore che per 
noi si potrà, gli esempj che pia sicuramente si lascino qui ad- 
durre , e poi ne con^iderereou) pia partitamente le ragioni fone- 
tiche ed istoriche. 

1. Sscr. fftv giv-a-tij vivere ♦, ffiv-d-s^ vivo, vita, ^tt?-i^a-m, ^iv- 
lia-m^ (jixHàtu-s^ giv-atha-s (il quarto tuttora sen^a esempj), 
vita;- gotico qviv-s (tema ^mVa- = ante-german. ^mVa- , 
V, p. 63-4), vivo;- gr. Pto-; Cpt/'o-), Pioto-; (*pt/'-OTO-), 
vita;- lat. t?i»-jere, viv-u-s. Questo ' esemplare si ritocca 
più tardi (p, 130-1, in n.), per l'uscito del suo radicale •*. 



• Curiosa coincideaza è quella del spcr. gwa (2. sg, imperato^ vivi I, 
detto a cài starnuta, col viva! ^ ohe s'ua^ n/ello stesso iacontro in più 
contrade italiane, ed è l'identico verbo, comechè in posizione diversa. 

*♦ Max MtU.LEa ha preteso ( Zeitschrift s, e, , XV, 215-21 ) d' in- 
firmare a dirittura req[UAzio»« P gr. =»^ sscr., ed ha in jspecie tea- 
tat<^ di ;staocare P('o( da giv^^^ immagioaudo di mandarlo coL sscr. 
vdj-as^ viveri, vita, cioè traendolo, insiem^^ con qix^sto, dalla ra- 
dice i?t (ch'egli traduce: andare, condurre, trascurando, non si vede 
ben pensfaè, il significato di a/ocostarsi al cibo, mangiare). Ma l' il- 
lustre indologo mal troverà seguaci. V'ha imprima, sulle generali, 
che egli non impugna p ^ sscr. ^, ma solo p s: sscr. ^, laddove, a 
priori , la seconda equazione è anzi meglio rinfrancata dalla analogia 
della tenui8, che non la prima (v, p, 84, e Pott, Wurzel^wOrterb. ^ 
I, 756). E riserhando alle note successive la difesa degli altri esempj 
messi iu £orse dal Miiller, abbiamo poi, nel caso particolare di pio^, 
che non potrebbero, dall' un canto, esser minori le prohabilità per 
la sua derivazione da vi^ né maggiori, dall'altro, qijelle per cui si 
maoda con ^w eco. Poiché tanta ò la convenienza del greco pt'/*®- 



120 § 26. gv SI riduce! a p greco, 6, v italico. 

> 
2. Sscr. gjà gi-nà-ti (part. perf. pass.: gi-id-y gi-nd')y usar violenza, 

gjà-na- {gjà + ana)^ oppressione, gjà-jas-^ potente, prevalente, 
gja-ista- {gjà + ista)^ prevalentissimo, brahma-gja-y che oppri- 
me i Bramini;- gr. pia, forza, violenza, ptoto), piocCw, io vio- 
lento, violo; a cui si aggiunge (Pott, Kuhn): pT-v-sw (cfr. sscr. 
gt-na-\ ma Esichio, col dittongo : pgiveo)), propriamente: violare*. 



col celtico biu {'bivo-; v. p. 131), il lat. vivO", il got. qviva-, il sscr. 
giva-y il lit. gyva-y vivo, ecc. (la significazione sostantiva di 'vita' 
è come in pi'o-; anche nel masc. sscr. giva-s)y tanta e tale ancora la 
convenienza tra i greci pi^-oxo-; Pi/'o-tt)', vita, e l'equivalente celtico 
bi[v]ad (V. p. 131), gl'indiani giv-àtu^ giv-atha^^ e il lituano gyva-tà^ 
che, stando, come per tutti sta, l'equazione P gr. =:^ sscr. , basterebbe 
questo esempio solo e l'analogia di ir gr. = ^ sscr. per far credere fer- 
mamente anche a p gr. = ^ sscr., equazione, del resto, la qual può ben 
dirsi quasi implicita in p gr. = ^ sscr. La dificrenza di quantità fra 
la vocal greca e la vocal latina ecc. non è , in questo caso , di alcun 
grave momento (Curtius, Pott, e V Ind.), Passiamo, all'incontro, 
all'ipotesi mùlleriana: pt-o-; = *t?i-a-s (od anzi 'vi-a-s^ colla stessa 
differenza per la quantità vocale), e tutto, da capo a fondo, si oscura. 
Poiché: 1." si tratterebbe di forma peculiarmente greca (differirebbe 
per doppia ragione dallo stesso zendo voja f. ), quando pur manca 
alla Grecia, anzi all'intiera Europa, un qualsiasi accertato riflesso 
della radice vi\ 2.** p panellenico, in simile congiuntura, per v ori- 
ginario (Pt- = t?t-), è cosa affatto inaudita; diguisachè, preferendo 
pt-o-? = *vi-a'S a pt/'o-; = giva-s^ negheremmo un fenomeno consueto 
per inventarcene uno nuovo di pianta; 3." alla stranezza morfologica 
di un pi-o- (anziché poi-o-, sul tipo Po/'-t)' yo/'-o ^ojt-o §o/'-o ^o/'-ri 
ttXo^-o lof*'"^ ) 1 s^ unirebbe la singolarità fonetica dell' -oto nella 
forma pt-oro (che dovrà pur essere formazione primaria), anziché 
-STO, come avrebbe pur dovuto suonare questa parte ascitizia se ori- 
ginariamente le fosse andato innanzi t od ot (si). — Del riflesso 
greco di una diversa combinazione radicale della stessa base che è 
in gv>y è discórso nell'ultima nota al § 29. Nel qual paragrafo è 
eziandio toccato d'altri duplici riflessi greci di^ originario; e d'altri 
ancora si tocca nel presente. 

* Qui il Mtìller (v. la n. preced.) obiezioni dirette non accampa, 
ed era dìflicile escogitarne. Ma insieme col lat. vis (ch'egli pareggia 



§ 26. gV SI RIDUCE A P GRECO, 6, r ITALICO. 121 

3. Sscp. gjày corda dell'arco, gr. pto'-c, arco *. 



al suo vdjasj viveri, vita), avrebbe a starsene, secondo lui, sotto 
la radice m, anche pia (violenza) allato a pio; (vita), ed essere il 
feminino di questo, perchè primamente dica: forza del corpo. Ora, 
contro pt'-a = ct-à si risolleverebbero naturalmente tutte quante le 
difficoltà grammaticali che opponemmo a Pi-o- = >t-a-, e di più si 
aggiungerebbe il notevol distacco dei significati (viveri, vita; -forza, 
violenza); laddove pur la congruenza dei valori è perfetta in quella 
combinazione indo-greca, alla quale tutti di certo rimarremo fedeli. 
Quanto alla ragion costitutiva del gr. pta, avremo a ritenere, se pur 
non si confermi T equivalente sostantivo sscr. ^a, che vi si tratti 
di un antichissimo sviluppo radicale (come appunto nel radicai san- 
scrito ffjàj o nel diverso gjà del n. 3), e non di una vera e propria 
derivazione nominale da gì o da, gi. Che, del resto, i due verbi che 
nel sanscrito suonano gi (vincere) e gjà (violentare) vadano tenuti 
fra di loro ben distinti, si vorrà di leggieri concedere al Mtìller, 
senza che per questo si turbino in alcuna parte i ravvicinamenti no- 
stri. Lo zemdo li distingue anche per diversa continuazione del g ori- 
ginario; poiché ha gi = gi sscr. vincere, e al sscr. gjày far violenza, 
risponde all'incontro con zjà^ fare ingiuria, danno, infelicemente 
raccostato dal Justi al sanscrito hà^ col quale non concorda né per 
costituzion fonetica né per significato. (A sjàna^ danno, » sscr. gjà" 
na ecc., ora si aggiungerebbe, dall'Oc sand-pahlavi glossary^ la 
forma preziosa, comeché corrotta: zjèit, che ha le apparenze di una 
terza d'imperfetto, ma veramente accenna a zjèiti ^ ' gjà-ti ^ terza di 
presente oppur forma nominale.) Finalmente, nello gjà sanscrito, che 
varrebbe anche 'invecchiare', e quindi in gjà-j&s- gja-ista~^ i quali, 
oltreché 'prevalente, prevalentissimo\ dicono 'piti vecchio, il più vec- 
chio', confluiranno due verbi diversi, che lo zendo distingue, siccome 
quello che allato allo zjà testé discorso ci offre ancora gjà {gi-^à-i-ti 
néìV Old gloss. , he exhausts), invecchiare. 

* La pretesa forma sanscrita djà-gjày citata anche dal Pott ( TFur- 
zeUioórterb,^ I, 61), non ha valore alcuno. È indotta da udjà- che 
si trova scritto, in un luogo solo, per uggja- {ud-^gja)^ quegli- 
-dall'-arco-rallentato, e, secondo il Lessico di Pietroburgo, avrebbe 
a stare per ud-^ja-^ e contener cosi uno àjà = gjà. Ora questo awaS 



122 § 26. gv si eisxtce a p qbsco, by v itàlico. 

4. Sscr. ràgasy sfera delle nebbie, oscurità, tenebra, vapore, poU 
vere; - got. riqvis (= *ragvas), oscurità; - gr. "E-pe^o; (v. e 
protet.), r Èrebo. 



XtfOfjLevov, corretto, come osserva il medesimo Lessico, dal passo pa*- 
rallelo di un altro libro, e scorretto ad ogni modo per sé medesimo, 
non ha alcun' ombra di forza per infirmare lo gjà numerosamente 
accertato in tutti i periodi della lingua; e si chiarisce, io credo, con 
ciò, che l'autore di questa falsa lezione avendo letto o trovato, in 
manuscritto anteriore, ugga {uggja)^ che sarebbe normal figura pra- 
crìta per udja, abbia cosi sostituito udjaj nella storta presunzione di 
correggere un'ortografia vernacola. --* Quanto è poi alla opposizione 
di Max MUller (v. le note anteced.), essa qui si fa pili infelice che 
mai* Il gr. pioc (arco) è identico lo ^Jà indiano, quando si eccettui 
la differenza di genere, la quale occorre, come ognun sa, in numero 
infinito d'altri sicurissimi esempj. Di certo, quanto al significato, 
nel greco avremmo la pars prò toio, ma è an caso di pars prò toto 
che sfida ogni scetticismo, poiché il vocabolo indiano non dice già 
corda in genere, ma solo: corda dell'arco; e se i nostri vecchi per 
barò^Ua (elmetto) intendevano un soldato che portasse la barbuta, 
e modernamente dieiamo a dirittura baionetta , che è solo una parte 
di un'arma, per tutto intiero il fantaccino armato, non vorremo di 
certo impensierirci pel traslato cordard^'-aroo » arco. Quando adunque 
il MUUer immagina pel gr. ptof; una derivazione da quella radice che 
è nel lessico Bscv.vad (tessere, torcere), egli non solo incappa nelle 
stesse difficoltà fonetiche in cui inciampava negli esempj precedenti, 
ma riesce altresì, più perigliosamente che mai, a darci una mera 
fizione etimologica in cambio d'un parallelo che sta tetragono e per 
tiooni e per valori. La equazione p gr. = ^ sscr. , per la quale seguono 
altri «sempj ancora, che il Mflller non ha voluto o potuto considerare, 
andava tanto piti energicamente difesa contro di lui , quanto piti è 
spiacevole che la sua legittima popolarità venga a spargere dubbj 
illegittimi intorno a sicuri portati della disciplina nostra. -^ "Del 
lit. gija V. § 25, 4, n. 

* Questo ragguaglio, che non ammette alcun dubbio per la parte 
ìndo^gotica, non è forse altrettanto saldo per la ellenica, e allaficarsa 
certezza può eziandio contribuire la qualità mitologica del termine 



§ 20. gv SI RIDUCE A ^ OREOO, 6, V |T;ALIGO. 123 

5. Sscr. nig^ lavare, mondare (partic. perf. pasB. nik-^d-^ v. § 24, 13, 

lavato, mondato, asperso), pan-ndigana- [pad^n€dg-and]y da- 
-piediluvio;- gr. NIB, xep"^ip- (nomm. /ipvnj^), acqua per l'ab- 
luzione delle -mani (cfr. •/yp-vip-o-v-)^6p-v4p-to-M), viV-tw (vep + xo-, 
v. /n£2.), io lavo 9 bagno, netto. 

6. Sser. targ tàrg-a-^Uy minacciare, oUra^iare, mettere spaven- 

to; - gr. Tapp-o?, terrore, spavento, Tapp-g-w, essere atterrito, 
T«ppoWuvD-c (cfr. TQtpp>)), atterrito, Tapp-»Xéo-c, che fa <ed ha) 
terrore ♦. . Kubln. 



greco. Ma le riserve, che il Curtius e il Pott, e il secondo in ispecìe, 
oppofigo&o ad''£-fepoc = r^^a^, ragg^iaglio primamente proposto da 
Leone Mejer, non son tali di certo, a chi ben guardi, che valgano 
a dÌ8S4i'aderlo. Polche, dairun canto, le dubbiezze del Pott (Etym. 
foTéùh.^ sec. ed., Il, 393) e del Curtius (o. e, sec. ed., 421 [li, Qò]) 
provengono da ciò solo, che "Epepo; possa andare con epecpw (io cuo- 
pro), come con esso vanno op^pvyf (oscurità) ed opo(p7{ (copertura; circa 
ep&(A-voc, tenebroso, che il Pott insieme adduce, non si deve dimen- 
ticare la forma epepewo^ [epepE(;4vo], da cui mal si può disgiungere, 
e quindi altro non vi si avrebbe che una propaggine dello stesso 
(EpepQ;). Ora, questa sarebbe una mera possibilità etimologica, la 
quale per di piti importerebbe il supposto di un fenomeno affatto 
anormale, qual si è quello di p tra Tocali per <p anteriore. Stanno 
all'incontro, dall'altro canto, per "E-ps Po? = rrf^as: la piena con- 
gruenza fonetica, raffermata in singoiar modo dalla figura germa- 
nica <*gv P), la perfetta congruenza morfologica (neutro indo-ger- 
mano-greoo in -as originario); e l'armonia de' significati, la quale 
è per avventura maggiore che a prima vista non appaja. L'Èrebo, 
che dalla Notte sorella genera l'Etere e il Giorno, è lo strato mon- 
diale -che sta fra la region superna (terrestre) e l'infema, e il rdgas 
indiano (<nii sta allato il fem. Tagàni^ notte ) è alla sua volta la re- 
gione o le regioni dell'aere nebuloso, che «ta fra la sfera terrestre 
e la sfera della luce de^ cieli. 

* Normale risposta latina terremmo, malgrado il r, fert?- torv-\ 
quindi si potranno qui ricondurre torV'O^ e anche pro^terf^-O" (cfr. 
-«{j^-ti-s e simili); e non veggo perchè il Kulin, e il Corssen che 
lo segue, costruiscano nn ^torg^vOj per guisa che il v si debba al 
suifisflo. 



124 § 26. ^ SI RIDUCE A P GRECO, ft, V ITALICO. 

7. Sscr. gdni- (allato sl gnà^ 24, 12.), donna;- got. qveni- (ani 

alto-tedesco qvena; ingl. queen; ecc.) e qvinort" moglie, don- 
na; - beot. pavot Cavana ^ od anzi 'gvàna^ cfp. sscr. -gòni- = 
gdni-)^ acc. pi.: pavSJxa;, di contro al solito yuvTf, donna, moglie 
(acc. pi. yuvaixa?) ♦; dove la solita forma non soffre la trasfor- 
mazione di'^t? in ò, per esservisi ridotto il v[a] allo stato di 
u {gva gu'j cfr. p. 90-1 e v. Ind.). 

8. Sscr. gam (ma pur ganiy e in ispecie nello zendo, v. p. 109 in n.) 

gd-ma-ti (ved.) e gd-Mha-ti (v. Lez. VI), andare, venire, ^a-tó-, 
andato. La base radicale è gay che ritorna anche in ^à (ved.: 
gi-'gà-'ti)y andare, comune al sanscrito e allo zendo. In gam gd' 
moti (ved.), neiraoristo d^gama-t ecc., si ha il m accessorio che 
ritorna nel gotico qvim-an (1. e 3. sg. perf.: qvam = 'gvama), ve- 
nire, laddove nelle seguenti voci italiche si ha per contro unn 
accessorio ♦*: osco ed umbro &e-n- (u. fte-n-w-s-*, venerit, 6c-n- 



* Ahrens, De dialectis aeolicisj § 36.- Cfr. 23, 3. e pag. 127. 

** Di piti, intorno a simili combinazioni, si raccoglie dall' /n^roe^u^s. 
alla morfologia y s. -ma e -na^ ma qui pure giova intanto toccare 
di una serie affatto analoga a quella di cui tratta il nostro numero. 
Incontrammo cioè più addietro (23, 3.): gan- e gà- (generare ecc.), 
i quali stanno tra di loro nello stesso rapporto in cui nel numero 
attuale sta ga-n (gya-n, 'gua-n, ve-n-io ecc.) sl gà. Ora la combina- 
zione col m ascitizio, vale a dir la combinazione che nella famiglia 
di verbi per ^andare ecc.' è nel gam indo-irano e nello qvam gotico, 
non manca essa pure nella famiglia di verbi per ^generare ecc.', 
comechè, massime nell'Asia, abbia le apparenze di una derivazione 
nominale vera e propria (^à + l?^/'a7). Si consideri la serie che segue: 
sscr. gàmin (ved.), germano, 6« qual sostantivo neutro: parentela; 
più tardi, qual sostantivo fem.: nuora, allato a gàm^à-tar-y genero, 
voce e valore a cui i paralleli irani assicurano antichità grande;, zendo 
gàm4X- (gàmafi" ?), parentela, -zàmiti-y il partorire, zàm-aj-a- (così 
leggo per lo ^àwaoja-, evidentemente scorretto, àeWOld zand-pahlavi 
glossary) e zàmnà-tar-y genero (cioè: lo sposo, il generatore); fra 
gr Italo-igreci: 'gam-e-ro *gam-ro- (v. Ind.y e cfr. il basso-.bretone 
géver = "gemer, m brit. = t?), genero, gr. yaixo-, nozze; lituano gè- 
mù gimiaùy gìmtiy nascere, gymi'-Sy nascita, parto {treéa-s gymi-Si 



§ 26. ^ SI RIDUCE A P ailECO, by V ITALICO. 125 

-M-r-e»^, venerint, o. kùm-be-n-e-d, coàvenit), lat. ve-n-io. 

Dal quale he-n ve-n italico, mal si saprebbe staccare il greco 

pai'vb), vo, che per 'pàv-jw (v. Ind.) coinciderebbe proprio con 

ven-iOy comechò giovi avvertire che la nasale non va nel greco 

al di là del presente e dell'imperfetto *. Ad ogni modo, il ^oc 

di paiv(o spetta qui senz' alcun dubbio; e ancora vorremo notare i 

seguenti riscontri indo-greci: p^-^i, dor. pa-5t (2. sg. imperata 

aor.), va, = sscr.^a-?w'(epur^a-ci/ji,'zendo^a/'i>(ii); e-py]-?, dor. 

l^pà-; (2. sg. aor.), andasti, = sscr. d-gà-s; potHjxe (2. sg. imperat. 

pres.)^ va, = sscr. ffà-Kha (*ga-ska, zendo ga-^a^ v. Lez.VI), e 

analogamente, nel tipo reduplicato: e-pi'-pa-<rx£ (3. sg. imperf.);- 

altre forme reduplicate sarebbero: pt-pa-vT- (nomin. ^ipoc;), che 

incede y il cui parallelo sanscrito, sulF analogia di ^t^à^t (egli 

va), avrebbe a suonare: gi-ga-t" Cgi-ga-nt^)'j^ e il sscr. gi-- 

. -ga-tnùy che si muove rapidamente. [Cfr. baculo- ecc.] 

9. Sscr. gurù'S (comparat. garijos-y ecc., v. 21, 3., e cfr. p. 129, 

® § 29), grave;- gr. p«pu-c, id.; papu-T>)T-, gravità, a cui 

potrebbe rispondere un vedico 'gurù-tàt- (v. -tàty e cfr. 21, 3.). 

10. Sscr. gàvnSy gr. Pou-?, lat. òò-s, bove (bestia bovina); nom. pi.: 
». . 

sscr. gàv^as = pojf-e; = bóv^s ; dat.-abl. pi. gdu-bhjas « bò^bus. 

Ài quali esempj volendoci qui fermare, solo ad essi ancora 
aggiungendo il riscontro gotico-latino : gt?eY/ir/'a7- (*gvatr) = 
venter **, ci facciamo ora a considerarli più d'appresso, ed im- 
prima per ciò che risguarda la risposta latina. La quale più 
solitamente è v (*gvivo, *torgv-o-, *gve-n-io, *gventer), ma è 



il terzo figliuolo, Rohig-Miblcke), giminè\. genere (geschlecht), ga^ 
minti y generare, partorire. La qual serie va, ripetiamo, sotto gan 
(23, 3.), e si è riservata a questo luogo sol per la congruenza mor- 
fologica con gam allato a gà ecc. 

* Cfr. PoTT, Etym. forschung.y sec.ediz., II, 720, Wurzeltoór-- 
terb.y I, 32-3 (cfr. 18), 255. 

** V. V Indice. Il termine gotico non occorre se non nel composto 
laus-qvipr~Sy che-è-a-ventre-(stomaco)-vuoto , digiuno, dal quale de- 
riva l'astratto feminile laus-qvipreiy il digiuno. MlMnfuoci del com- 
posto si ha qvithu-Sy ventre, stomaco. 



126 § 26. OBMEsi £0 ETk i>i gv, 

b in bós bòvis (*gvos *gTavis), col quale fanno per avventura 
un esempio solo: boare boere (bount; gr. poyf, grtity, pò w, io 
grido, chiamo, sscr. gu [gau-gu-] far riauonare), e si aggiun- 
gerebbero alcune propaggini latine di ga (gd), andare (26, 8.), 
tra cui scegliamo, come la più salda, bd-culo-, quasi ^stromento 
per camminare'*. Ora, v lat. = *gv ci rappreseaterebbe il caso 
di vermis e simili nel parallelo di tenue (p. 69 e seg. ) , mentre 
6 lat. =' *gv sarebbe l'analogo di p osco ed umbro =» *kv (17, 1. e 
seg,)* £U)Ye avremmo due notevoli cose. La prima, che nel pa- 
rallela di medid noa si possa facilmente vedere una compiuta 
continoazion roma&a di^la combinazione antica ^ qual di conti- 
nuo si vede nel gotico, e quale era, nella tenue, il lat. gt^ « *kv] 
posciachò il rcmiano gvr vale a dire la combinazione di media 
che equivale prosodipamente a qv, non ricorre mai iniziale, e, 
qual pur sia la sua ragione istòrica, non si mantiene pur mediana 
se non sia preceduta da n (o da r), come già possono mostrarci 
i soli due esempj che in questo momento sia opportuno citare: 
cioè ungu-o (= ung-o) ungu-en ecc., allato al sscr. ang (23, 8.); 
e sangu-en-y che mal si staccherebbe da' due temi sanscriti asrg- 
C^ssarg) ed asanr^ i quali si avvicendano nella declinazione, e 
anch' essi dicono 'sangue' *^. La seconda notevol cosa circa la 
continuazione latina di ^gv^ è questa , die vi si abbia , assai più 



• Per boare ecc., v. Aufreght, Zeitschrift 8« e. , 1, 190-L^ e Pott, 
Wurzel-wórterb. y I, 738-9 (Curtius, n. 642); per bà-culo- (non 
bà-culo' come erroneamento statuisce il Gorssen, Ausspracìie ecc., 
sec. ed. , p. 429) ecc., v. Studj criticiy II, 106, Pott, Le, 17 e 31 
(ma pcbcuXoc [GyrìU. ap* Ducang. in Glods.} altro pur non sarà che il 
baculìM latino, comechè vi si aggiunga dal moderno dialetto di Cipro 
[Philistòr, III, Atene, 1862, p. 436-7]: paxXa, :? ^p8o<, 8t' ?« tt- 
vQCQVovtat 01 xapW; pccxXi Cfi^, Tcvaorvu» toÙc xocfTcoò; Sia ti}; pocxXac; tal 
quale il nostro ab-bacchiare), 

•* V. Vlnd. - Di questo ravvicinamento, ormai antico (Bopp,Pott), 
sembra non venato alcun sentore al Gorssen , il quale sbiaszarrisee in 
singolar modo per escogitare di sa^a pianta un'etimologia di $angwt 
{Beitràge zur lateinisch, formenlehre y 66). 



§ 26. GENESI ED ETÀ DI C/V. 127 

sicuramente che non in quella di *kv (cfr. p. 80 e seg.), il v con* 
vertito in esplosiva (6), al modo del greco, dell'osco, dell'um- 
bro, ecc. Locchè diventa ancor più degno di nota quando si ri- 
corra ai paralleli celtici, nei quali vedremo, tra poco, la favella 
ibernia, che non aveva comune colla britone il fenomeno di p 
da *kv (18,3.), come il latino in ciò non concordava col greco 
e con l'osco e coir umbro, farsi all'incontro partecipe anch'essa, 
insieme con la britone ^ di questo di b da *gv. Quanto è poi 
alla ragione isterica della combinazione ^gì) che si continua per 
t) lat « p gf . rt '^gp qv got., avvertiremo imprima, non aversi 
alcun esempio, fra i riscontri indo-italo-greci, nel quale il t? 
risulti etimologico od organico, com'era, nel parallelo di te- 
nuCy del v di quegli esemplari che si continuano latinamente 
per eqvus e qwo (p. 83) *. All'incontro avviene pur qui, che 
il sanscrito soglia rispondere colla sua palatina (^) a questi 
continuatori europei di un antico *^t^; quindi: ^fo (1.), gja (2.), 
jr/d (3.), roi^as (4.), ni^ (5.), tar^ (6.), gani (7.), circa l'ul- 
timo de' quali esempj {gani- ecc., donna) è notevole^ che Io 
screzio fonetico pel quale negli idiomi europei si distingue questa 
singola forma (*gvan-; pavnx, qven-l-, celt. ben) dalla solita del 
verbo da cui dipende (*gan, generare; y^v-, gen-^ got. ftun-, 
celt. gen), venga in particolar modo a coincidere con un qual^ 
che screzio asiano •*. Nello stesso gruppo di verbi per 'andare' 
{gam ecc., 8.) vedemmo spuntare, nell'Asia, lo ^; e il solo 
esempio, in cui a *gv si accennasse anche infuori del gruppo 



* Si avrà all'incontro a reputare etimologico lo "gv^ che si riflette 
nel sanscrito gval {gi>^ : *^t>- : : jjt?- : *A»-), divampare, ardere, e si 
continua assai probabilmente, in favella germanica» per *qv (co2o kola 
[carbone] : 'qval- : : koma : qvam). 

^ Il sanscrito, cioè» risponde bensì » nelle attuaU sue condizioni, 
con lo ^^ e in gani e in gan. Ma, dall' un canto, vedemmo ancora, 
in sembianze originali, lo gn di un sinonimo indo-irano di gani" (24, 
12. 25, 1. III.), e, dall'altro, vediamo lo zendo géhi-^ staecarsi an- 
ch' esso da san. 



128 § 26. asNESi.BD età di gvr. 

itaIo*greco, e TÀsia ci desse, per esclusiva risposta, la gut- 
turale intatta, era il nome del bove (10.). Ora, a questa parti- 
colar convenienza di g sscr. e *gv italo-greco -celto-gotico vien 
luce e valore dal fenomeno parallelo di ft sscr. = '^kv della stessa 
sezione europea (v. p. 84-5); e pur qui si tratterà di gutturale, 
che fosse intaccata sin dal periodo unitario, ma per modo ancora 
poco distinto; si tratterà, cioè, a parlar con quella brevità che 
ormai per questa parte mi si può concedere, di un tipo g^iv 
(vivere; parallelo al tipo k^atvar, quattro), che dà, per un 
lato, lo sviluppo ^jfi? giv^ e, per l'altro, lo sviluppo guiv gviv, 
«E lo sviluppo indo-irano del tipo gHv- ^iv sarebbe venuto a 
coincidere collo gj {g à& g) surto di sana pianta nel periodo 
indo-irano, in piena analogia coi paralleli di tervue\ e qui anzi 
il livellamento sarebbesi esteso anche al tipo marg^- "^marz- 
(fregare, mungere; parallelo al tipo dak^a, daga^ dieci), già 
più addietro discorso, confondendosi, per gran parte, nell'Asia, 
z con g. E pure qui, finalmente, al tipo che nel periodo indo-irano 
ci risultava assibilato, o proclive al sibilo {marz- da marg*-, cfr. 
pag. 118), anche la favella litu-slava, sola tra le europee, rispon- 
deva con la gutturale assibilata (25, 2.), quando nel tipo g^iv 
{g^'o ; gviv ) , air incontro , la stessa favella litu-slava , sempre in 
piena analogia dei paralleli di tenue y ci offrirà la gutturale 
intatta (gyvas^ cioè giva-s, Ut. = sscr. gfva-s^ vivo, 25, 4. e 
p, 117 V. 1. f. •). . Là dunque ove coincidono ^ sanscrito e *</»? 



* Così, a tacer del lit. gija messo a confronto del sscr. gjà (25, 4.; 
gr. ^10 e, 26, 3.), dove forse anche il celtico ignora Io gv^ a cui la 
forma greca risale (v. la n. * a pag. 116, e cfr. pag. 131), va pur 
notato, che il solo lita-slavo mostri nell'Europa: gana e non *gvana 
nella voce per ^femina' (25, 3.), di cui fu testé riparlato. Né il litu- 
slavo partecipa di gvj dove a questa combinazione europea risponda 
prevalentemente od esclusivamente il mero g indo-irano; quindi nel 
lettone: gà-ju^ lo vo (di contro a ga- gva- del n. 8.); gòwsy vacca 
(di contro a gó- [gau] gvò- del n. 10.). Cfr. eziandio il § 36. - Circa 
gyva-s v. ancora la n. * a pag. 130-1. 



§ 26. GBNBSi XD btI m gv. 139 

aiiropeò, é massima doVe si tratti di più favelle europee che ri- 
flettano !^^, crederemo che il t) continui una parassita, la quale 
aveva messo radici sin dal periodo proto-ariano. Avremmo poi 
que'casr, in cui l'appendice (t?) sia comune a più gruppi europe»; 
0^ peculiare ad uno solo, mentre TAsia o mostri intatto il ^ o 
affatto non dia alcun sicuro riscontro; e qui le presunzioni di an- 
tichità verranno per èssa appendice man mano scemando. Celto- 
italo-greco appare lo *gv nel nome del bove (10.) ♦; e solo la 
Grecia, all' incontro, accenna sicuramente a *gv nella voce per 
'grJBtve' (26, 9.; 21, 3.) **. Concorderebbero gotico e latino in 
sttgqvran'{ciòhstinqv'^an), urtare, e -stingu-o, msL all'antichità 
dell'appendice qui contrasta, a tacer • d' altro , la sanità della' 
gutturale nella risposta greca {ITIT; v. Vlnd.). Amendue le figu- 
re, cioè g e *g.Vy si. possono insieme riflettere nelle stesse favelle 
europee; come sarebbe del prar, originario e sanscrito, inghiot- 
tire, che fra i Greco^latini si continuerebbe, oltreché ne' ter- 
mini polla gutturale intatta (22; l.),'in .*gvar pop-o'-;, -vor-u-s 
(vor-o) ecc. f **. Il latino è solo a darcele entrambe in ^fruv-or 



* Nella risposta germanica, abbiam forme contratte, quali ran«v 
glo-sass. cti (vacca) o Tisland. ky (ky-r; id.), che potrebbero lasciarci 
in dubbio se vi si rifletta !g oppur 'gv iniziale; né per affermare il 
solo 'g basta ancora T inglese coio. 

** Il Grassbiann (Zeitschrift s. e, IX, 28) ha voluto vedere nel 
sscr.^rt*- una contrazione di 'gvaru-, e ìI.Gorssbn {Beitràge ecc. , 63) 
gli va dietro. Ma,' dall' un canto, si ha gar^ (non gvar^) nel com- 
parativo ecc. (21, 3.; in parecchi idiomi pracritici pur nel positivo), 
e ursscr. è assai frequente per ar originario (v: V Jnd»); dall'altro 
poi, la scarsa antichità dello '^v di 'gvarus ^ocpuc appar manifesta 
dair eccezionale discordia, che v'ha, in questo esempio, tra la conti- 
nuazione latina Cgarui- grani) e la greca (*gyaru- ^pJ-). Quanto ò 
poi al gotico haur^-s (gravis), il. suo au fa' tanta prova per u origi- 
nario quanta ne. fa quello di bàurans (rad. bar). 
' *** V. ancora il Curtius ài n.i 638 ( Yocupo;) e 642 ( yoo^ ecc. ) ; ma la 
sua ipotesi, che. nel ^(uoi.{ipyoixyi^ ^ouc, bove lavoratore) di alcuni 
lesMcogifatif .si mantenga il g dì gàus.^ ^oil;, mi pare affatto improbi 

AflooLi, Fonol, indo^,'gr, 9 



IrBO § 26. «KETisi va irà m ffv. 

(fraor)'^ allato a fi%§fè$^ eh« risalgono ad trt coA^oMFvy.hkrvfr 
normalmente riflesso dalla radice^ germanioa BftCK, tufòperai^e. 
Dove il latino abbia esso solo^ ed unicamente, la figura che 
i^ccenna a *gVi e si tratti di figura inisiale o^ ira' vocali, e qmnH 
di solo V latino di coltro a ff eterogleaso, la mancanza di anelli 
intermedi potrà talfiata renderci un po' esitanti, malgrado la 
perfetta concordanza dei signifioati, coma è nel caso di vàdinn 
allato a gàdUa-m sanscrito ^'^ ; ma negF incontri die smnigli») 
ad ùì> (*ugv; uveo uvidus) allato al greco ^IT (uy-f»-^, umido), 
il dubbio degenererebbe in soetticiamo. Lo svilupparsi, per entro 
al latino, di v anorganico dietro a gr, è del rèsto fènomeRo pid 
evidènte e sicuro, che non sia quello di v peculiare al latino 
dietro alla tenue (v. Vlnd)', ed è fenomeno, del quale tantosto 
arguiremo che si ripeta anche in idiomi romanzi. 
§ 27. La quistione, se v' abbia p sanscrito o indo-irano da *ko, 
che fu a suo luogo da noi dibattuta (§18), non trova alcun 
riscontro nei parallelo di media ***. Air incontro » come già ci 



i« i*^»» » I % 



babile. roTo; (cfr. p. e. \<xo-Yato-;, uguale quanto alla terra) dirà sem- 
Bticemènte: che è sul campo. Il sscr. gatja^s, bovino, ha all'incoii' 
tro il suo sicuro riflesso nel gr. -poio-c (^o^io-) che ricorre in àvt/^ 
^^oio-c ed (do-^oco-g (del valsente di un bove), e altrove ancora. 

♦ V. CoRssEN, Aussprache ecc., P, 87. Lo "gv^ non essendo prece- 
duto da n o r, si riduce normalmente a v (*fruvor; v. s.), e questo 
è assorbito dall' u che gli precede. 

** CtJRTius, n. 634; Bbnpby, Orient u. occiéLy I, 586. Nel verbo 
latino {vàdare) si rivede la lunga. 

*** Si è voluto vedere un caso di t? da ^ nel sscr. ^fe, vivere (26, l.)f 
ricondotto a *gmgv, dalla qual forma avessero ragione cosi uno *[gjvig[vl 
che dichiari i lat. vio'si vic^tu^ allato a vw'-o, come le fornw ger- 
maniche sulla stampa dell' islandese ^ik^-indi (qviqtMndi) , aaimal 
(vivum); ed insieme si è voluto che amendue H gv di ^^i^ noa 
fossero tra di loro per ragione isterica diversi. Ma, dall'uà canto, 
bisognerebbe ammettere^ ohe i due gv si continuassero, nella voce 
sanscrita, in due diversi modi, l'uno de' quali (v da ^) non avrebbe 
altro esempio, a tacere che per noi pur non sussiste uno ^ da g»i 



S Mi 'l^r SI mmtJQE "A i CEtTlOO i RtlHENO i S AttBO. 181 

accadde <atyei^tìte, il fenonieno' di ^ da pt? è comune ad améndue 
i rami della favella celtica (cfr. §18, 3), dai quali ci sono offerti 
glì,6$empj'elie orai aftguonof iiou diversi, p^ età, da quelli che 
Ufi ^ discorso della' tenue ubbiiono addotto : 

' 1. irlafidV (ibern.) biu,'[béó]^ *biro- "gviVo (26,1.), vivus, beothu^ 

[òethu]y Vita,. Mac? ('bivatha, Pioto?), victus, esca;- gallese 

(bfit.)' èytt?, rivuB, bywit\ vita, eornvalL (brit.) biuy vita; ir- 

; landese &en, [fian-], 'bena 'gvana (26, 7.)r, mulier; - cornval- 

i leso ben^ mulier, behen^ sponsa; irland. bó (gen. bowy dat. pi. 






e, dall' aJtr^, questo stesso ipotetico *^z^ avrebbe una continuazione 
ecoezidnale nel' gyìMt*" (ali^ioh^ ^^-aH;.v, la n. * di p. 128 e il luogo 
de^ testo a (Gai si riferisce) del lituano. Dato, del resto, per semplice 
ipotesi , che il v del sscr. giva- Q del lit^ gy^a- risalga a uno gv ante*- 
riore, non per ciò si tratterebbe ancora di fenomeno sanscrito oppur 
litu-slavo; poiché manifestamente abbiamo un giva- (gyiva--) del pe- 
riodo' unitario, che si riproduce, come a suo luogo vedemmo (26, l.)i 
anche nel gotico qviva- (e pur nel greco ft/'o- *pr/'o, e nel riflesso 
celtico a cui tantosto arriviamo), e dal quale non si troverà anima 
viva che voglia staccare il vivo- latino per farne, col Corssen, la 
spoglia di un. suo ipotetico mostro reduplicato: ^gvi^gviv^ 'gvi-^gu-o 
(Atis^prache ecc., sec, ediz., I, 389-90, dove, per coonestare la re- 
duplicas^ione, ricorre- stranapiente a forme sanscrite che son ài perfetto 
reduplicato), ha, qxiesiiojxe si presenta piuttosto cosi: se nel periodo 
unitario vi avesse < oltre al- tipo gviVi anche il tipo gvig] e non v*è 
pure alcuna necessità djl questo gvig. Poiché nel germanico qvik- 
(qviqv-,. quegk, cheg),. allato ^1 got. qviva-y la seconda gutturale 
può essere anojrganica (cfr, p^ e. Schleighbr, Compendiuniy sec. ed.» 
ad § 199; CyETius, o. c.^ sec. ed., p. 527); e lo [gjvig o [g]vik^ che 
appare nel latino viotu^s ecc., può essere figura peculiarmente latina, 
aggiuntasi a [gjvvo-^ a [g]vi (ofr. sscp. ^w, zen do gi ed anche gjàni 
gr. Pi;f- e K/^-^-gVjày v. Tult. n. della Lezione), la quale stia a [g]vi 
.(cfr, Ì^Lvirtay <?he pur potrà avere la stessa forma radicale che è 
nell' ^uivaiente %Qndo- girti ^ dove, ricord^^iemmo , in ordine al suf- 
P^BSOysecrta e simili) 0031 cpme fluc-tU'-s a. fluro. Cfr. nello zendo: gì- 
tj^a, vivo, girti" ffi-i-ti^^ vita. Ciyca Tei nel lat. are: veivo- ecc., 
V. il primo Saggio gfeoo nel seo* voL degli St\Adé critici , verso la fine* 



132 § 27. gf> SI riduce a h celtico, atJMXNOi sabbo. 

buaib 3 bòbus, aoc. pi.. òli » ^uc), *boa *gTou (26, IO.)* vacca; - 
gallese boutig^ stabolum *. 

Tra gr idiomi romanzi » incontriamo per b da gv gli stessi due 
che ci accadeva di citare nello stadio ài p àsL kv {§IS,1,2). 
Quindi il rumeno, che ci mostrava -pe {^ -pa) per -gua in 
ape = aquUy ecc., ci darà analogamente -be (^-ba) per -gtui 
in ìimbe = lingua **. Ma il terreno classico pel fenomeno 
di b rimpetto sl gv o g eteroglosso, è la Sardegna; e qui an- 
cora, come sempre, quando non aggiungiamo alcuna particolare 
distinzione, si vorrà intendere, per sardo, Tidioma del Logu- 
doro. Già vedemmo che veramente valgano per b ^ gv anco gli 
esempj che ci avvenne di allegare sotto kv (18,2.); ed ora, 
seguitando a distinguere i casi residui ***, vedremo imprima: 
b sardo continuatore di gv latino , in 

2. limba^ lingua;- imbena^ inguen;- sàmbene^ sanguis (san- 
guinem; v. am&tst^);- ambidda {r.dd^^llìy anguilla. 



* V. Ebel Beitràge zur vergleich. sprachforsch.^ I, 463, II, 159-60; 
III, 7; Stokes, ib. , Y, 446. Il cornvallese banathel^ genista, addotto 
dallo Stokes medesimo, ib. 445, coincide esso nella parte radicale 
colla voce latina? La discrepanza tra il gallese giau (nerves) e il 
gr. pto? (sscr. gjà^ 26, 3.; Miscellanea celtica by the late R. T. Sieg- 
fried, ed. by W. Stokes) potrebbe forse renderci sospetto questo ri- 
scontro , r antichità dello *gv avendo qui per sé lo g indo-irano. Cfr. 
le note a p. 116 e 128. - Altri due esempj di J- celtico = "gv^ propone 
lo stesso Stokes nel suo Cormac's Glossary (Calcutta, 1868); cioè il 
gallese buan^ pronto, rapido, allato al sscr. gavana--^ che ha il va- 
lore medesitno ( y. V art. buanann , non infirmato , per questa parte , 
didXìe Addenda) ^ e l'irland. bddud (nauf ragium) , gallese boddi (mer- 
gere, mergi), cornvallese bedhy^ basso-bretone beuzi^ allato al greco 
BA9 Cguadh, v. Vlnd,) di pa5u-; (profondo), pu^i'Cw (sommergo), ecc. 

** Altro caso di continuazione rumena di uno gva latino, non si 
troverà di leggieri. Oue gui smarriscono Vu (cfr. pag. 90); cosi: 
sunc/e =s sanguis. Sarà egli lecito supporre un Hnter-^ogiùxre (cfr. ftn- 
guo allato a tingo = Teyyw) P©1 quale si conciliino il latino interro^ 
gare ed il rumeno etrebà ( interrogare) ? 

•♦• Cfr. Studj critici;! (1861), 26 [«304] e segg. 



§ 27. ^ SI BIBUOB ▲ b SAEDO. 133 

Ne* quali esempj ci risulta manifesto, che la radice del & sia. 
veramente nel v (u) latino, e non si tratti già di g che passi 
in b ed assorba l't^; poiché, dall'una parte, troviamo intatto 
il g quando è appunto sparito Vu, come è in disUnghere, e, 
dall'altra, vediam la doppia nelle congiunture in cui si può 
vedere {abba ebba^ *9LgbB, *egbeLy *agua *egua, aqua equa), e 
questa dee provenire dall' assimilarsi che fa la consonante g 
all'altra consonante b. La ragion della doppia, e la tendenza 
a dileguarsi che è propria a v sardo mediano fra vocali {aénai 
avena, ecc.), dissuadono, del rimanente, dal supporre che vi 
avesse il semplice dileguo del ^ di gv (come è p. e. nel lat. 
pfv<h = *gvivo-), e il V più tardi passasse in b (*agua, ava, 
aba); e quindi affermeremo, anche per la serie attuale, che 
lingva, a cagion d'esempio,' desse imprima lin^bay e poi, tra- 
montato il gy desse Unba, onde naturalmente limba, per quel 
notissimo fenomeno che ci fa dire imbevere imbianchire anziché 
inbevere inbianchire. Ma vi ha all'incontro una serie di b 
sardi iniziali rimpetto a gv italiani, nella quale non è punto 
certo che la ragion genetica della consonante sarda coincida 
con quella àA b di limba ecc., comechè a prima vista la coin- 
cidenza appaja perfetta. E la serie che ci sarà rappresentata 
dai seguenti esempj : 

3. bAina^ guaina;- bastare^ guastare;- bardare^ guardare; - 
bindalu, guindolo. 

Ne' quali non risaliamo a gv latino, poiché si tratti o di vo- 
caboli germanici che nella lor forma nativa incominciano per w 
{wart-èn, stare in attenzione, uoind-anf torcere), o di vocaboli 
latini con v iniziale (vagina, vastare). Ora, dall' un canto, se 
per le voci germaniche pur si dovrà ammettere che anche la Sar- 
degna abbia un giorno avuto , in simili esempj , il gu- romanzo 
per l'antico v- (to-), ciò non appar certo in alcun modo per le 
latine *; e, dall'altro, la tendenza di portare a & il semplice v 



• Di ^iia«- romanzo per va- latino, v. l'Indice. È noto, del resto, 
come pure al to- germanico non tutti i Bomanzi rispondano con 



184 § 27. §fV si ItlDÙOB Ab flA'RSO*: 

antico iniziale, h spiccatissima in Sardegna (&^^^^»n^,^^nhff 
Terme, Tento; ecc.); al che si aggiunge, olie la pi4 fàcile di- 
chiarazione delle serie che ancora ci riniangóho ed hanno con 
la presente di comune che il loro h punto non risalga ad uno 
gv romano, è quella per cui di *gv- resti tv, e il t? passi di poi 
in h. Considerate le quali cose, il sardo hàina^ guaina, a ca- 
gion d'esempio (comune pure al dialetto settentrionale, che è di 
fondo siculo), potrà semplicemente risalire a vaina (^ Tagina), 
e vaina appunto ricorre nel dialetto napoletano. Ugualmente 
hadUj guado, che è comune a tutta l'Isola, risalirà, ^come il 
vado spagnuolo, alla schietta forma latina (vadfum *), la quale 
eziandio si continua nel logudorese vadu^*^ e bindalu^ {GM^ 
larza, sempre nel Logudoro) , guindolo, a cui. stanno allato il 
sinonimo ghindalu e il Terbò ghindare (girsure), può aver com- 
piuta dichiarazione da un *vindalu, spoglia dell' anteriore guin" 
dalu, e del resto incontra il v rafforzato pur nel sinonimo italiano 
bindolo {= guindolo). Restano le serie, nelle quali parrebbe, 
a primo tratto, che, per un tozzo peculiare al sardo/ il. p. an- 
tico, od anteriore, si tramuti senz'altro in 2», di guisa che si 
abbia il mero scambio di media per inedia, il che p\ir sicura- 
mente non è. Ma intanto passiamole in rassegna: 

• . . '..... . • 

4, I. BU- Bo- di contro a gu- go- (cu- co-) delle forme anziane : biU- 

tiare, buttiu, gocciolare, góccia (làt. gutta); buia igolB: (lat 

gula)\ bustUy bustare^ pranzo, pranzare (cioè: gusto ^gustar 

re; cfr. gustdrij nel sardo settenttipii;ale., pranzo, e nel meridior 

naie: colazione di mattina, e ancora il frane, goiìter^ merejida, a 



gu-. Così nel friulano si rispondo per u {t>u): if^ére guerra, uaH 
guarire, uardà guardare. 

♦ È noto che in guado guadare si incrocia là corrente Jfaiiàa (va- 
dum) colla germanica (wat).' ' .;.:.), . < : . 

** Qui, e in casi consimili ^ mi sorge iL dubbio,' se jyagpamente la 
doppia figura, offertaci dallo Spano nel suo Vocabolario, sempre si- 
gnifichi due voci^ ciascuni delle quaU abbia Tita distinta e propria; 
T, le note a p. 136 e 137. .,.-;;...;. 



§ 27; ^ gì BCKTCB ▲ Ò SARDO. 1S5 

: U.fSriid. jnM^9 pranzare» gyatdd^ praiiBo); hviteddu^ nel^ial. 
Bonrìdv^ortedk^u s corteUo (cu fóeZZuf); durmeeZcfa ~ ital. gon-^ 

■ 

sjella; boddire^ cogliere, e ancora in quakhe luogo del Logu** 
doro: goddire^ collire ^ lai. CQlli[g]ere^ ital. cogliere; budda 
{'guada *ctAada^ covata; cfr. cùa^ nascoadiglio [covo], cuare, 
nascondersi), e abbuada^ covile del cinghiale, abbuare^ nascon- 
dersi, abbuadu^ nascosto. 

IL BA- di contro a a a- (ga-) delle forme anziane: basane ^ 
cavallaro (lat. agaso agasonem\ Spano); , battu ^ ital. gat- 
to; 6amar«, allato a ^am^are (Ramare), caricare; bar^ 
du ['gardn], cardo. 

IIL BE- Bi- di contro a oe- oi- di forme latine od italiane, 
conaerrata o data al^, nella base sarda, la pronunzia gutturale 
, (cfr. anghelu^ ghinghiva^ e i riflessi sardi di 'gettare' che stiam 
per addurre *): bénmaru^ genero (lat. giner)\ bslu^ belare^ 
. gelo, gelare (lat. g^u eco»); binistra^ ginestra (lat. geni" 
9ta)\ benujuy ginocchio (genu-clo, g 23, 2.); bennarzu » ital. 
gennajp (lo gè ital., che qui è dallo Ja- di jamborius ^ si fa pri- 
mamente ^Ae- sardo); belosu, belosia^ geloso, gelosia (ancora 
òe- =^6- ital., che in questo esempio vien da ze- [C^Xo-]); bet~ 
tare = ital. gettare (ancora gè- ital. da^d- lat. [jactare], e il 
sardo meridion. ha ghettdi ). 

Ora, i fenomeni fonetici, che ultimamente nel sardo stesso e 
in tante altre favelle considerammo , già persuaderebbero , a 
priori, trattarsi pur qui della evoluzione: g gv &, che è quanto 
dire di un abbarbicarsi continuo del v parassito alla media gut- 
turale; e solo rimarremmo incerti, se più precisamente si abbia 
a stabilire la scala: g gv ^b b, oppur quest'altra: g gv v b. 
Senonchè, della evoluzione da noi affermata non ci mancheranno 
particolari indizj pur ne' casi a cui ora siam giunti, e le figure 
intermedie, alle quali alludiamo, qui ci indurrebbero a prefe- 



* Si confrontino l'it. conghiettura « congettura » co^jectura, e an- 
cora ghiacere^ ghiacinto (giacere, giacinto), che i lessici danno per 
pronuncie fiorentine; comechè in questi e simiglianti esempj si SLlh 
Uà gj^ jò non àncora i^, 'pei? g anteriore. Ma cfr. Tit. salgo » "salgo 
«salio, e simili, nella Lez. XII. 



136 § 27. gf) SI riduob a b sàbdo, 

rire» come già fu di sopra accennato, la succession fonètica: 
g gv V b. Rifacendoci cosi a qualche esempio della serie gu^^ 
gO' (3, L), nella quale la special natura della vocale favorisce 
grandemente lo svilupparsi della parassita, stabiliremmo: *gul^ 
teddu (coltello; merid. gorteddu) *gvultèddu *vulteddu bui- 
teddu *, e lo stadio che scriviam vulteddu sarà per avventura 
continuato in urteddu, sinonimo di bulteddu, come il processo 
di gula *gvula *vula buia sarebbe analogamente confermato 
da ula^ che dice ^gola' anch'esso, e sta a gula cosi come ùturu 
(*vuturu *gvuturu) b,* gùtturu (lat. guttur), o Mr^wzzone (che 
si udirebbe a Guglieri, sempre nel Logudoro)^ gurgugìione 
(gorgoglione)**. Dalla stessa serie prendiamo ancora bun- 
nedda (gonnella; comune anche al dial. settentr., e ritorna, 
fra i Córsi, nel bunnedru di Fiumorbo), la cui figura imme- 
diatamente anteriore: *t?Mnn^6Ìrfa (vunnella) coinciderebbe col 
napoletano vonnella. Per la serie successiva ( 3 , IL : *gattu 
*gvattu *vattu battu)'non va trascurato arghehtólu, gola, che 
si rappicca all'italiano gar gatta, e allo spagnuolo garganta, 
per l'intermedio *gvargantólu (vargantólu, bargantólu; cfp. 
adu = vadu = badu, guado; ecc.), e s'imbatte nel valgastólu, 
gozzo, del dialetto settentrionalOv Lo stadio del ghe-y tra gè- 
ital. e be- sardo (3, IIL), è finalmente dimostrato, nello stesso 



* Per meglio capacitarci della sicurezza con cui si può ammettere 
b sardo iniziale da v anteriore, vogliam qui intanto aggiungere gli 
esempj che seguono: bacca, vacca, bacu, vacuo, barzu ('barju), va- 
rio, bendere, vendere, bénnere, venire, berre, verro, beste, veste, 
binka (*binja), vigna, birde', verde, èiYeWw, vitello, boghe, voce, 
bolare, volare; ecc. V. ancora 1' /«dice, s. b protetico; e cfr. la nota 
alla pagina seguente. 

** bulteddu, urtéddu, entrambi logudoresl, si trovano presso lo 
Spano, sotto coltello-, e se a&còra ci valiamo con qualche riserbo di 
cimili doppie figure, ciò avviene per quel dubbio di cui già fu toc- 
cato in una nota della pag.. 134 e di cui si riparla in' sulla :Ane di 
(juella che ora sussegue. ■. . , 



§ 28. OOKSIBBRAZIONT RBTROSPBTfIVB. 197 

idioma del Ldgudora, dairàntiquato gmtare '^ béttarè *^ get^ 
tare *. 

Di questa guisa è scossa di certo ^ anche pel sardo, anzi è tolta § 28. 
ogni fede nello asserto della sostituzion diretta di media a media 
(Sa gr), che in^^Zw^gelo, &a<<w« gatto, e simiglianti, pure 
avea cosi sicure apparenze. E non sarà, per avventura, inop-» 
portuno, se a questo punto ci fermiamo un istante per dar luogo 
a qualche breve considerazione, che valga a corroborare V opera 
nostra, si per la parte già compiuta, e si per T avvenire. Il campò 
deir immediata, arbitraria e imperscrutabile sostituzione* delP e<^ 
splosiva di un ordine alla esplosiva di un altro, cóme di t a h; 



* Questa voce, che lo Spano adduce, nel Vocabolario, da un testp 
a stampa del XVII secolo (Gar. = Garipa) , parrebbe anzi darci adirit- 
tura lo stadio del gue-^ ma è assai probabile che vi si abbia gite alla 
spagnuola per ghe; cfr. faguere = faghere (facere) ecc. ap. Spano j 
Ortografia sarda y 19, e promiscuamente fagher e faguer nella stampa 
di un documento del XII secolo, fatta nel XVII, ib., 111. — Piti fede 
parrebbe meritare Vu di quàdere = cadere, che lo stesso Spano ha, 
nel Vocabolario, da antichi manuscritti, poiché anche nello spagnuolo 
basta ca per rendere la pronuncia di /^a; ma pur si regge il sospettò 
anche per quddere. Del qual verbo non si vede, del resto, ir riflesso 
moderno, avendo mere usurpato le' funzioni di cadere. Ac- 

canto a guettare e tettare avremmo ancora ettdi*e (etàre), sempre 
per ^gettare'; e in ettdre saremmo tentati a riconoscere il continua* 
tore dello stadio 'zcettare^ ricorrendo ancora all'analogia dei casi di »• 
etimologico, nei quali ugualmente compare il doppio riflesso sardo, 
vale a dire ò- nell'una figura e zero nell'altra; cosi: beju = *veju,- eju^ 
veglio, herveghe = 'verveghe = erveghe^ vervex, benturzu ('bentur-ju) 
B *vultur-ju 3 unturzu , a-voltojo. Senonchè , sentiamo il bisogno , già 
in precedenti note accennato, di un migliore accertamento critico 
della suppellettile lessicale del logudorese; vigendoci per ora il dub-v 
bio, che, almeno in parte, queste doppie figure (dettare ettdre] eccy 
veramente si riducano ad una sola, a quella cioè col d-, che nor- 
malmente si affievolisca o si dilegui quando ò preceduto da vocale 
(cfr. p. e. SOS òoes, i buoi, ma unu oe, un bove), dubbio che si ésten-* 
dèrebbe anche 'al caso di 4«econe aliatola òiecóonè, bòci^ne. 






I3S § 28. OimSIDBBA.ZIOMI «affBOBNBTnm. 

ik-p 9^ if A d a ff; di d a ^ e TÌd6Vérs3[« per la (filalo toi^-* 
berebbesi ogni legge di continuità , si viene restringendo, man 
r manOvCha la Éneaza progredisce, entro a confini semiure in più 
angusti.; e in ordine alle voci che veramente spettino air antico 
e vivQ patrimonio: di un popolo, si ridurrÀ, alnien per quelle 
lingiie che qui si considerano, se pure non ò già ridotto, a pres* 
sochà nulla. Di consimili salU ben se ne hanno nelle conso- 
nanze composte (come in gì, in sk^ ecc.), delle quali a suo 
luogo sì parla, mostrandosi la ragione fisiologica ad esse pe- 
culiare; e pur le esplosive scempie pcmno andare incontro ad 
aerazioni di sUnil fatta, quando manichi ad una Imgua^ op« 
pure vi sia insolita, una qualche articolazione che occorra nelle 
voci straniere di cui viene a far uso. Ma non ci rassegneremo 
mai a credere che una esplosiva scempia , o indigena o propria 
di un idioma che ha soppiantato T indigeno, passi di punto in 
bianco da un organo all'altro, quasi per un difetto di pronuncia 
di cui sia preso a un dato momento tutto intiero un popolo; e 
quindi errerà di certo chi ancora voglia, a cagion d* esempio, 
parlarci di k originario che immediatamente passi in ^ o peggio 
ancora in p ellenico; e un assai fallace ripiego sarebbe quello 
dell'antica esplosiva indistinta, che si venisse determinando, 
tra le varie favelle, ora in un organo ora nell' altro. Ma ben noi 
vedemmo per quali anelli intermedj si possan compiere evolu- 
zioni siffotte, e insieme vedemmo come la scienza riesca di vdta 
in volta a porgerci il filo delle successive mutazioni (§§ 14, 
17, 21); la causa generica delle quali consisterà veramente in 
ciò, che pel graduale sviluppo di suoni accessorj (fenomeno in 
mille guise accertato), o per l'afSlamento di vocali attigue, la 
esplosiva scempia si faccia imprima consonanza composta {hj 
da k ecc.), ii cui secondo elemento è sovranamente efficace a 
provocare mutazioni ed impasti. Per grande adunque che sia 
l'autorità di chi voglia farci credere a tài capricci della favella , 
pei quali il p del lat. pectus , a cagion d' esempio , sarebbe sen- 
%^'altro passato iu A nel macedo-vàlaco cA^^u, e vicevej^sa il k 
del latinp ;2^fa<kc^ aarebb? raalt^ito inpu^p/afru d^Uo^stesso 



§ 28. ÓONBIIÌBRABIOKI tOETROBI^^SléTIVE. IM 

idioma^ TàlaiQp/iion jaccohciamod ad essa, m^ serutiamo inde- 
beorif 6 sa le comspondeaze son T^re, rktorià naturale dèlia» 
loro divergenza fonetica dovrà farsi chiara. Del j? di patru rimn 
petta alld ^i> latino (18, L), già còsi avemmo compiuta ragio- 
ne.; ; e^ ài duma déUa figura pur vàlaea ( daco-roinanà ) pieptà 
(= cheptu) troveremo a suo luogo come in cheptu si tratti ve- 
faiiiente di i[j] àsL pj (*pjeptu), cioè di fenomeno che entra 
neir analogia di chianu siciliano da *pjanu (planus), e infiniti 
casi simili. Cosi là supposta permutazione zaconià di t in k 
(xiiJLy), che però pronùncias^i cimf^ tuxij, pregio, prezzo), e di A 
in t (ervivou et€ni!t = SX61V00, di quello; allato ad exetvi ectni » exEcvoy 
^Ut^U^, no»* Ji.), do*eia. realtà: si tratta di Ri j(in) -dac tf,.\o 
di ti da Ut (ci), rendesi affatto chiara, come più tài^di H^CKH; 
meglio apprenderemo, dagli intermedii kji tji, vale a dire da 
quello^ stàdio fisiologico di cui già avemmo ripetutamente ad 
avvertire che 'possa importare indifferenza tra base palatina 
e base dentale (p. 44, 92); e analogamente non vi avrà, tra 
il gridone, torna (criniera, giubba) e il latino coma, lo sbalzo 
inaudito di &o in to; ma òon verrà ricorrere alla singoiar figura 
italica: chioma , e quindi ancora: fyo- Ajo- t[j]0'*. 



-5 O 



* Non rincresca di veder qui ancora citato il costante fenomeno 
di esplosiva dentale o semi-dentale da esplosiva gutturale, ^é oc-* 
corre in un idioma o sub-dialetto di famiglia diversa^, ma pur giova 
a convalidare il nostro ragionamento e in ispìecie ad illustrare il fe<^ 
nomeno di t greco =s hv pre-ellenico (§21)- Federigo Mùller- (Orimi 
tt. occidenti III, 104 e segg.) ci offre cioè un elenco di voci siriache, 
dettategli da alcuni Siri d' Urùmijjsth, nel quale abbiamo costante-* 
mente t e d (che il MtìUer distingue nella scrittura, accennando pro- 
babilmente a i e d di pronuncia linguale) in luogo de* genuini A e g; 
p. es.: rtàbà da 'ktàbà, libro, ^exvà da 'kuk[h]bà, stélla, dùmtó da 
-gùmlà, camello. Ora il Mtlller medesimo opportunamente rimanda, 
circa ^s A, alla grammatica che ci diede lo Stoddard del siriaco mo^ 
demo come si parla ih Urumij|ah^ in Persia ^ nel Kurdistan. Nella 
quale d' detto, che il k assume in. quel parlare siriaco la pronuncia 
del Jt.iagloffe di Atn<;^.vàle a dire di .un k fike yòl^ ,à ìy Mf^Qtà 



140 %20. Z GRIMO DA gj S Ifj. 

§ 29. ' "E cosi sarem finalmente bene avviati alla intelligenza di una 
evoluzióne ellenica, della quale ancora conveniva far parola 
nell'istoria di ^. 

Occorre in ispecie nelF odierno dialetto dei Zaconj , che al 
pósto dell'antico g (y), e pur dell'antico b (P), si trovi i (C): 

1. Zaconio e^ou = lyca, io; (jlo^ou (partic. pres.) = luo'^ita^ mi travaglio, 
soffro *; a cui si aggiunge da altro parlare neo-greco: SiocXiCo), 
= StaXeyu), scelgo **. — Zaconio (poCoJ[xeve (partic. pres,) = ^o- 
Pou{jiai, temo; C<xou, andrò, IrCar-xa, andai, felicemente ricondotti 
dal Devillb a BA patvw (26, 8.) ♦♦♦. 

Allato ai quali esempj moderni, vanno qui intanto considerati 
^li antichi che ora seguono : 

'2. L'arcadico e7ct-<apE(o, e l'arcadico o macedonico J^ép&^pov, al- 
lato alle forme ordinarie c^ri-papéu), io carico, sopracarico, e 



pure saremmo dunque ricondotti a: k^ kjy hj, tj^ t. — Finalmente 
vdrremmo qui addotto anche lo zingarico (v. il mio Zigeunerisches^ 
p. 169 a), il quale ben ci offre t per k e k per ^, ma sempre, negli 
esempj di cui la critica si può con qualche sicurezza valere, per effetto 
del^' che viene a susseguire all'esplosiva; cosi sutjovav « sukiomv 
{suhó * pracr. suhkha^- - sscr. Quska-^j mi fo asciutto, secco; ùngustó 
.(^etimologico), dito, alplur.: ùngushjd. •— Gfr., allato dell'italiano 
diaccio ^ ghiaccio y il siciliano dinocchiu = '^jtnoccfttu (ginocchio), e 
simili; e nel pali: digaMhà = sscr. gighatsà ^ fame (Y. VJnd.). 
^ * Gli esempj zaconj , quando altrimenti non sia indicato, provengono 
dall'Artide du dialecte tzaconien, par Gustave Deville, Paris, 1866. 
' ** Ho questo esempio dal Paspati (Journal of the Ameri<^an Orien- 
tai Society, VII, 229: StaXÉycD pronounced by us often SiocXeCot)), il <ia^^ 
par che dimori in Costantinopoli. 

•♦* 8 (cioè d fricativo, = th sonoro degli Inglesi) per p, sempre in- 
nanzi adii, s'incontra ne' seguenti esempj zaconj (Deville,!. e, p. 84): 
tu - ^l'oc, vita, triyp = p^S, tosse, ^oSi5i a epe^i'v^tov, cece, xouSé = xXio- 
^tov, gabhia. Qui si può chiedere, se il 8 altro non sia che una va- 
mziofie 4i i^, e ci porti, per l'intermedio di/^j, come, arguiremo Gb« 



§ 29. z c^REdo DA. g} ir hj. l41 

pQcpa5poy,r baratro; cui si aggiunge, di cèrto arcadico anch'esso» 
. lo U^iktù (cfr. iffSeXXo) 3 expatXXcD, di un'iscrizione tegeaticà) dei 
lessicografi, » poiXX(o, io getto *, — Nel dial. jonico occorre 
XaCofxac, allato al comune Xx^a^ocvu) (^B), prendo, piglio. 

Ora noi punto non dubiteremo, che tra la forma col ^ col &, 
e quella collo (, ne sia interceduta una colla muta accompa- 
gnata day (gj bj), il quale, secondo gli esempj, ,0 sarà affatto 
parassito; potrà avere la sua ragion grammaticale; ed è bello 
trovare, tra Te^ou zaconio e il solito lyw, reYJto {iyj^.) del mo- 
derno dialetto di Cipro; come non sarà improprio il ricordare, 
allato al moderno StaXeCw ("SiocXeYJw; 29, 1.), VoU^jx (a^yia), capra, 

dello stesso dialetto di Cipro, pel volgare atya (v. rZnrf.), od 

1 

anche Tàyja (àyia) del dialetto medesimo, per i^g (age!) *♦. 
Ma in ordine all'arcadico eTcì-^apec» , trattandosi che il p della 
solita forma (sTit-pocpeto) succede veramente a un ^ (g *gv P; 
papJc = *garùSf 26, 9:), può surgere il dubbio se lo C più precìsa- 
mente vi provenga da gj {*gj *gz *zz C), oppur da bj {*bj *bz 
*zz C); se, cioè, in altri termini, vi si abbia un'alterazione di 
garu" (gjaru), oppur del greco pxpJ- (bjaru). Il qual dubbio si 
potrebbe estendere anco a (epe^pov e a CeXXo» (^f apo^poy ^oXXtb), 
pure per questi esempj reggendosi una qualche probabilità di 
media gutturale originaria •••. E dato che qui si avesse C = *gj 



faccia lo C degli esempj ultimamente addotti nel testo, a h esplosivo; 
oppur se non si tratti di una particolare alterazione del ^ (v) mo- 
derno, la quale si potrebbe cosi dichiarare: v merahiente labicìle, 
che, per lo' spingersi dell'orlo della lingua tra* denti, volge allò th 
sonoro degl'Inglesi. 

• V. Ahrens, De dialectis CLeolicisy 232, Curtius, o. c. , sec. edé, 
n.* 637. Non cito SXi^ov che i Tessali avrebber detto per èXc'yov, poiché 
se ne contesta l'autenticità (Ahrens, 1. e, 219-20). ''OXt^ov sarebbe là 
figura normale del nomin. n. del comparat. di hXl^o^. 

** Le forme del moderno dialetto di Cipro son prese, quando non 
*8ia altrimenti indicato, dalle Kypriakà del Saeellarios (Atene, 1868). 

*^ V. Curtius, n.* 637 e 643. ^ ' 



allato" a ^ « '^gv (-(apsoi, ^p^pccn papJ '^gatù; ecc.), sareftmk^ a tal 
doppio' riflesso gi^eco, il quale» per la sua ragione fonètica, non 
sarebbe gran fatto dissimile da quello che avemmo (p. 62) in 
Té<y<rapé< (*kj-) allato a ificiupec (*kv-) •, dal doppio riflesso che 
ci pfifrivanp, ne' nostri vernacoli, zenoUQbenu[l]ju, entrajnbi 
da gewucliQ^ ginocchio, (p, 98, 113, 135); ma la- ragione »toric^ 
avrebbe tutta volta, tra Tuna copia greca e l'altra^ questo di 
diverso, che dello *A/ (e *ko) nel caso di TgWpe; ecc. si vede- 
vano, radici pre-elleniche, quando non se ne* vedrebbero punto 
per lo *(j[; (e *^t?) dell* ipotetico *gjarM onde Co^pfeo] e simili. 



'; * II. preciso parallelo fonetico richiederebbe $ p di CQutro a rr^ 
e véramente parrebbero ricorrere $ e p, per^. originario. e sanscrito, 
in 8eX(pJ( (SoXfóc), utero, e ^pefoc (*psp<po;), embrione, che entrambi 
bì ricondussero al sscr. gdrbha-^ nel quale si riuniscono amendue i 
«ìgniflcàii. Ma, a tacere della differenza che corre tra la condizione 
del suono iniziale della risposta etereglossa di Tt^rapsc ecc. e quella 
del suono inisiale di SeXfJc eoe. (cfr. il testo), e d^ altre consideni- 
aioni anoora, v^ha questo principalmente contro ^ffk^gdrhha'^ clie 
la «iqvSadoae B gr. » ^ ssor. n^n avrebbe d'altronde alcun vaBde suf- 
fragio. U Curtius (o. e, sec. ed., p. 431 [II, 76^]) bea yorcebbe f ar 
passare tra gli esempj di $ da g anche rkTii-^aptcìi (e lo (epe«9-pov) di ani 
rparla il testo; ma noi può se non in grazia della sua- ipotesi, ohe tra 
*gj e C debba essersi avuto, per anello intermedio: dj. Nò saprei se- 
guirlo, se nel caso di CéXXco a pocXXu), che pure adduce tra gli esempj 
di S da ^, volesse tenere la forma ifsllXhù (v. il testo) per particoliin 
e sicuro documento del S. Ancora vuole il Curtius uno *4/"^~ tra^' 
{,gi)i vivere, e il greco Ca-a>; e qui almeno rimontiamo a uno ^, e 
quindi avremmo, nel *8, caso parallelo* a ^ a ky. Ma C«- potrà risa^ 
lire direttamente a gyj-a (cfr. Pott, WurzeìrwòrUrb.y I,^pag. 751, il 
quale, del resto, ha pur toccato della particolar somiglianza- tra q^ie- 
eto substrato dello C«-(o e lo zendo g^à in ^c^hti^ 'v^ita), ed anzij 
.come stiam pea^ accennare nel testo, pure a ^lo^. -* Intorno alla gravi 
questioni di fonologia greca che qui si, son* dovute preliminamente 
^tpccfure, vogliasi consultare 1* Indice sotto C e a?, e lo scritto: Iffo- 
doUi ellefiioi di ^-^i (cioò di esplosiva a cui sussegue^') nel sec. voi 
degli Stu^ critici. ^ ^ ; i. •. .\ 



%29. s OBBOO DA gij E bj. 143 

Senonchè, i moderni esempj di e ìsl *l>j\ e il corrispondente 
antico esempio: XaCo^jiat C^Xa^jo-ixat, 29, 2.), ci dissuadono affatto 
dallo stento di questi *gj ellenici allato a P da *gv; e in ctti- 
-(apeco, C/pE^pov e inulta noi vedremo C da pj (2^*), non altrimenti 
che negli esempj testé ricordati» ai quali aggiungiamo, antici- 
pando sulle cose che altrove saranno compiutamente svolte, vtCc» 
s vi^jd), io lavo (cfr. 26, 5.). Locchè non toglie che anche nel 
greco antico si abbia frequentemente, come a suo luogo rico- 
nosceremo, C da g-j; ma v*ebbe (per qui tacere di C da d-j) 
pur ( da 2^1 e sempre ogni C per quel processa che fu di sojHra 
accennato (bj hi ecc.; gj gz ecc.) ed è analogo al processo onde 
risulta, in favella nostra, il doppio ^jf^f, cosi da d-j come da ìhj 
{^vid^o vepgiò; ^deb-jo, deggio). In ojrdine ai fenomeni provo- 
cati à9\jf il greco antico» giova avvertirlo sia d*ora« è affatto. 
ndld'ooBdieioai d'idioma moderno* 



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. .1 . :.» 



LEZIONE QUINTA. 



Delle aspirate in generale. — Le aspirate gutturali *. 



§ 30. "^Continuando a ordinare il nostro studio secondo la serie di 
lenoni che «ci è offerta dair alfabeto sanscrito, ora saremmo alle 
restanti due esplosive dell' opdin^ gutturale, cioè all' o^pimto 
tenue {hh) ed air aspirata media {gh). Ma al particolare di- 
scorso intorno ad esse, è d'uopo far precedere generali consi- 
derazioni, cosi intorno al sistema delle aspirate sanscrite, come 
intorno alle corrispondenze che queste trovano nella favella 
greca e nell'italica. 

E gioverà, anzitutto, alla sicurezza della nostra esposizione, 
l'avvertenza che segue. Noi troveremo, cioè, nella continua- 
zione del nostro discorso, che grammatici, linguisti e fisiologi 
non sempre intendano per consonante aspirata una esplosiva 
accompagnata dall'aspirazione {k-h, d-hy ecc.). Cosi s'intese, e 
può intendersi, per tenue labiale aspirata, la combinazione pf^ 
vale a dire la tenue labiale, a cui aderisce, o con la quale quasi 
si fonde, la spirante correlativa. Noi tuttavolta, per aspiro^ 
taj senz'altro, sogliamo intendere quel suono abbinato, nel 
quale alla esplosiva succede lo h\ e solo quando sia in discus- 
sione la ragion costitutiva delle aspirate, e il contesto non 



* Delle aspirate in genere, ed in ispecie dei continaatori latmi 
delle antiche aspirate^ è trattato diffusamente negli Studj critici^ Ut 
pag. 109-221. 



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§ 30l DBLBB aspirate SANSCRITBMN OBinHtALE. M& 

66etad&^ qgmì ambiguità' oè imcei^tezzav chifamereiào^ k-h g^h eoo. 
aspirate ^rei Ora eatmama seiiz^àltro" nella non facile materia. 
GM passasse a rassegna, senza adoperare Pooobio critico, il 
coppa de&e radici che i grammatici indiani ci porgonov j^trebbe 
oiKM^iudere,. che è' importanza delle aspirate tenui {khy Hhy th^ 
^AVi>A:)iii4Kff sia neltsanamwtò ^ran fótfto infehriord a quella delle, 
medie (gh, gh, dh, dh, bh). Senonchè, in primo luogo» già 
basterebbe un rapido esame delle rispettive serie in ordine alla 
autenticità jletterarla dei singoli radicali, per modificare assai 
sensibilmente le proporzioni numeriche, in danno della serie 
delle teiiui. Oh^ 90 poi badiamo alle ragioni isteriche,, le prò- 
porsiom contttnuer^zmo a. modificarsi in quésto stesso senso man 
mano ^ùtié 3i Ti^aljBfa ad età/ anteriori, si per T aggiungi^rài alia 
setole dèlie Inedie' là miglior parte di quella in cui attualmente 

s^pa^er la semplice aspirazione (/^;§ 34), e si pel detrarisi dalla 

• • • • f ... 

sisrie delle tfenuique' numerosi esemplariv ne' quali, come' à' ri- 
spettivi luoghi S'ara mostrato (v. l'Ine?.), lo sviluppo dell'aspi- 
rafzìohè si , manifesta seriore e' si è compiuto in gran parte per 
proceàsb^alogo. od identico a quello che ampiamente si con- 
tinua ^negF idiomi indiani di più bassa età, ognora, più in questi 
accrescendosi, per conseguenza, il dominio dell* aspirata tenue, 
si^ nelle radici. per sé stesse e si nelle loro combinazioni con 
eJi^ffieEati .9^^^orj *.. Alle qiaali ragioni isteriche, prevalente- 



>U — ;■■. A ■<- 



^ i^)r <IUÌ seguirò al<ìùiit d^ti statistici, che himno pei:^bA86 le Éa^ 
diées' Unì^^/^aé sanseritae à&ì WESTERGAAtm. I lavori' lessicali òhe a- 
qtiestd s«t<À^eitt€n*ol te in ispecie- il Lessico di Pietroburgo^ portereb^ 
bemi^^Terànfiétite^ttBa quàkbe alteràf^iotie nelle singole quantità t ma 
di'C^tò non^ potratknd mutarne in seiiSibil m^ido le proporzionii Beco 
duiiqbeilet ri8<cfrltàn^é sommarie de" mìei spogli: - 478 radid lessi-' 
cali saAsmto contengono conisonante aspirata^ o h\ e cinque di' esse ,^ 
aspivliit»'^ hid un tèmpo ihUfHh\ hrthhi haih\ TcaitH, haidh)^^'^' iat 
^^'6|iirauiia media «aspirdfta, cótùpfe^kf' dhtà0 e dhundK' ohe^ né 
avi^ebber<j^ duei'-e^ik7Nà%^>cke) nepa<vi^be'u))^di> media' e^uiia' di te-^ 
HA] «:x \d \Ò6t entnd un' ]E^ptvafcli> tettUei eomprefo ^urfth^ ohe' ne 
avréli^'^iié;^ ^:^lii'X]j09 <5'delle qualfl gW 'imprese fra* le cutegorie» 

Ascoli, JPonoL ind(h4t.»gr. 10 



146 § 30« DBLLS ASPIRATE SANSCRITE IN OBNBRALB. 

mente intrinseche , venendo finalmente ad unirsi una poderosa 
ragione estrinseca, quella cioè della comparazione eteroglossa, 
la quale in ispecie ne mostra come le lingue europee sien con- 
cordi nel dare di regola alla tenue dentale aspirata del san- 
scrito, Tale dire alla sola che offra un qualche maggior campo 
a conclusivi raffironti, la risposta stessa che alla semplice sua 



precedenti) entra h. Delle 208 in cui si contiene aspirata media, 
95 sono bene esemplate; 88 noi sono punto; 8 noi sono se non dal 
Bhattikàvja (poema composto con intendimenti granlmatieali); 9 noi 
sono che da autori di assai bassa età; e intorno alle residae 8 rimasi 
incerta. Delle 166 in cai si contiene aspirata tenue, 46 son bene esem* 
piate; 104 noi sono punto; 4 noi sono che dal Bhattikàvja] 9 lo sono 
sol da autori di molto bassa età; e circa le residue 3 rimasi dubbio. 
Ma i più cauti ed elementari esperimenti etimologici bastano , oome 
a suo luogo vediamo, a togliere ogni fede nell'aspirazione originale 
di meglio di un terzo delle stesse 46 radici lessicali bene esemplate 
in cui s'abbia aspirata tenue {ihhj [ukh]^ wihh^ prdkh^ murKh 
jaKh, juKh, vànhh^ Khid^ Hhady Jikal^ skhaly sphut^ sphur, phal^ 
phully sthà, sthagy sthiv; e ancora cfr. Rhà e Jihur)\ e circa la metà 
delle restanti ci offre uno th all'uscita (katthy kvathy granthy nàth^ 
prathy prauth (pruth), mathj mith e maithj vjath, ^nath^ arth^ 
kath) , contro la originalità della qual consonante dice generalmente 
non poco, già per sé solo, il nudo fatto che in realtà essa mai bob 
occorra in principio di parola. In alcune altre, finalmente, lo hh ini- 
ziale è grandemente sospetto di genesi pracritica (hhàd^ h1\fàj hhid\ 
ofr. hhahg e consimili tra quelle che occorrono solo in tarda età). 
Se air incontro passiamo alle 95 bene esemplate per l'aspirata me- 
dia, stentiamo, dall' un canto, a rinvenirvi un qualche singolo esem- 
plare in cui l'aspirata possa sospettarsi di età seriore {t^ggh è un 
esemplare sui generis , di cui v. il § 34), e vi abbiamo , dall'altro, 
l'aspirata di ciascun ordine cosi al principio come all'uscita, e un 
tal complesso di radicali, che sì per la sua funzione nel sanscrito, e 
sì pei riflessi che ritrova nelle lingue sorelle, si addimostra cospicua 
parte del miglior patrimonio ariano dell'India (ghar^ sagh^ e cfr. 
§ 34; dhar^ dhà^ dhù^ vardh^ bandh^ indh\ bhar^ bhà^ hhù^ grabh^ 
luhh\ ecc. eccé). Di piti altrove, ed anche in questa stesso Corsa 



§ 30. JDELLB ASPlàATti SANSCRITE IN GENERALE. 147' 

tenue ©ssre dàhna, fio Ve dir. incontro ti*e di esse costantemente 
distinguono i frequenti riflessi delle medie aspirate del sanscrito 
da quelli delle semplici sue medie; slam condotti a conchiu-* 
dere, ehe^, in órdine alla quantità degli esemplari i quali pos- 
sano ripetere la propria ragione specifica dalle condizioni ori- 
ginarie della favella indo-europea, le tenui aspirate non solo 
cedano di gran lunga, nel sanscrito, alle medie, ma anzi risul- 
tino in quantità tanto esigua, da rendersi mal certa, se pur 
altro non fosse , pei* la sua ^ stessa esiguità. Son quindi pochi 
gli esempj ne' quali le risposte greche ed italiche accennino ad 
as&icui^are originalità air aspirazione sanscrita 'della tenue, e 
s^ ne tocca a suo luogo; 'ma lo zendo, all'incontro, accompagna 
costantemente, per un certo strato glottologico, la tenue aspi- 
rata sanscrita con la pròpria tenue aspirata; locchè viene a 
dire, che j per una determinata e ragguardevol parte, le tenui 
aspirate del sanscrito risultin tutta volt a pre-indiane ^ apparten- 
gano, cioè, al periodo che diciamo indolir ano. Alcuni esempj, 
che facciam tosto seguire, avranno così a rappresentarci, dal- 
l' un canto, come l'Europa non faccia differenza tra la tenue 
aspirata dentale del sanscrito e la non aspirata; e, dall'altro, 
sin dove lo zendo concordi col sanscrito nella aspirazione della 
tenue: sscr. ràtha-^ z. rathor, carro, lat. rote, alto-ted. rad 
(e non diversamente: sscr. te-m, z. te-m^ gr. to-v, lat. is-tu-m, 
alto-ted. rf^-n); e cosi ancora: ^^cv. pràthas, z. frathanhy lar- 
ghezza, distesa, gr. it^aTo?; sscr. stha, stare, lat. «te-, gr. 2TH, 
german. st& (con st rimpetto b, sth sscr., com'è rimpetto a st 
dscv. nel germari. ist = asti, est), dove però anche lo zendo ri- 
sjponde per gtà. Un caso di ph sanscrito, in cui la risposta euro- 
pea ugualmente accenni a semplice tenue, è gapha-, unghia del 
cavallo, anglo-sassone hòf (pp. 50 n., 63), alto-tedesco huof*. 



( ^' Giveà la vocale, le vod germaniche non differiscono dall'indiana 
se non per la quantità, poiché Vó anglo-sassone e Tuo alto- tedesco 
rtvengand ad ^originario,. p« ès« bródor^ prifodary fratello, s òArò- 
tar sanscrito, fràter latino. 



> La coBjirparafljioDi^ v^te djjoqa^, per^ H i^asfiim». p^nte^ iftpt 
torno a quelle aspirate ok^ nei sanflcpitoi iioni milieu Gircai Ui 
co3tituzion lonetica delle qiaali». si è potuto oh Toloto^ disputare; 
poiché, daU*ua canto> se i gi^ammaiticij iQdiaini soao eoacprdii 
nel porre gh dh ecc. tra i auoni esplosici, graot £att<^ airia-> 
cQùtro. non cpAvengoa tra^ di. loro> neH^ àe^w&n^ cb^ il gh 
dh eoe. em ci porgono^ e, . dall* aljti»>^ ^Mtmi àfA oc^n^o^ ciftUa*' 
fisiologia la risoluta obicfzjondi^ chO' non^ si: pQssta/dwertdi .£IUq»0 
composto in cui a. e«p/o^i;(^. $0n<>r jQ^j (^ec€|i)iÌDuiie4iatQffae0t^ 
sussegua r aspirazione {h;: ohe, è Aor^ ^ CM>n<inu^$ è ittaiame^ 
l'ipptesi, cke f^A dh ecc. gi? ayeiBi^Ro a t^i^r^j peit' wwwft qomk 
iinue (omogenee quindi] ^ ^V 4f eoq.)bi Oi in ailtm^ t^omtoi,; per 
sonane spiranti, e quindi gep suqw> semplici-, anziahèi p« .jo*» 
mre aispirate, che sarebbe? 3uoniaJ>binati,,dopBJ** Si^ggiunr 
geva. la. 'singolare discrepaq^a ti^a le; m^ie £^pira{te^ aiattacritev' 
dall'una, parte» e i; loro riflessi greoii e puR-'ppo.tOritidlciji,; omi^. 



* È. BrUcKe, Ch^undzìlge der physiologie und systematik der sprach-- 
làute far linguisten und taubstummenlehréry Wien, 18516; p. 59, 85; 
del quale autot'e' però si considerano o si' confutano dia qualche lin- 
guista le opinioni qui allegate, senìea tener contodi dd^ che i^h' tardi' 
egli :ebbe addire y intorno allo stesso subietto (Ubetf*die^agpifi'atenidìU' 
aULtgntchisiMfi und.des sQ.n9kìHt)j i»eL Giornale pei^gi]ittafi9\àQStié«cH 
Vienila, 1858, p. 698^9,' L' Ebbi.,, ^ei^c7wH/jp a^ o.„Xmv.268?.9^, alìh. 
cennava a quj8^lco3ardicintej*medio., ad. uno 6A, p«,e.^ che fosse mia 
mutg^ (^cioè u^' esplp^iya) ^sai. vicina, a. t?,, EJl.BaliqK^^^^el, l^og^, 
ultimamente citato, applicando, alle^ medicala t^pri£^ sta^tRiti^^per, l^.. 
tenui dal Raume^i.( Giornale, pei gin^asjj. austrìaci, Vienna, 1858, 
pag. 370» = Gesammelte sprachwissenschaftliche schriftefiy p. 386-7), 
viene all' ipotèsi della esplosiva combinata colla corrispondente con-* 
tiùuai quiùdì p. e.t bv per media labiale aspirata, i{>otesi * òhe s* in- 
contra colle affermazioni indiane di cui tocca la nota che segue. Alle 
quali mi ferm^i^ò p^h ch^ non armi fatto seono^ì i^a^^i^gghuigfvii, 
durante! la stampa», T operandi Gugt Sca«As;«;r^t«r g$schicht^:>det 
dmt$chen^spr<iche x3erUn» 1838)» nellaqvu^ ^ìiaostfeod; Iftì fl^fidef 
sima sentenza. . , :. 



«Me lùogd «tfy^M'efidiflmò {§ 32), dall' altpa; 1 4UaÌ4- so'à'é ^or*d( 
maUxkbmn&^^y^ ^uidttsiE^ò ^ ^ospe^^àre ohe ìeilla fin flhè qoA 
si tratti se non di aspirate originariamente sorde, le quali 
sieno diventate sonore (medie) dopo avvenuto il distacco tra 
la favella ariana dell'Asia e quella degl' Itali e de' Greci. 

Ma son tutte dubitazioni od ipotesi, che veramente non reg- 
gono a martello. Qualche ondeggiamento ne' vecchi grammatici 
indigeni^ fuorviati talvolta , nelle infinite Ipro sottigliezze, da 
pregiudis^ teoretici.» non può contrabbilanciare V autorità del- 
l'odierna pronuiicia indiana., avvalorata da argomenti istorici, 
^ in léado conformata., a ben vedere, dal complesso delle seur 
tenz% di quegli stassi grammatici, * Le testimonianze sono.con^ 



■Il <^ r p Ti 4 !<■ • ■ .I I * »■ 



* Nel Pràtigdkhja &eì Rgvéda (xiii, 2; ed. Regnier, Joum. asiat,y 
avìfi!-mtti 1858, pag. 29 L) è detto, -òhe la natura delle aspirate sonore 
igh dh èco.) e dèlia ^piraìitd sonora (h) è fiato^-^uono (v; sopra, 
'pag. 17), "Quanto alle piarne, qtiésta definizione si concilierebhe otti-- 
ìnaimnte 'colla loit^o pronuncia «^tùàle (v. sopra, pag. 12), che vi fa 
«usségu!!^ tin elettietfto ^ofdò (fiato) ad uno sonoro (suono); e circa 
k> h (Y. pajf. 13-4 e il§ 34) è da «considerarsi, che le &ue ragioni eti-^ 
«fìfO'logibhe "Wlefadolò, pef gtah parte degli esemplari, tra le sonore^ 
alle •quiali !a igtammatka pur lo ascrive, e la pronuncia indiana vo- 
Jeadolo, airJnicontro, setìipre orttiài ft^ ìe sorde, per un'alterazióne 
tiel valof fottetieo che gli èra primamente proprio ne' molti esemplari 
a cmi alludiamo, alterazione che del resto non si è di certo compita 
tutta '^d ^n punto né contemporaneamente in tutti gli esemplari ; ne 
viene, chela (}<!>ppia naiura di fiato-e^suono sussisterebbe, comeché 
U Benso diverso^ anche per esso (v. annoerà la 1." n. al § 34). Questi 
potrebbero ^e^ere i fondamenti istorici dell* allegata sentenza; ma 
parrebbe fbre'ostaeolo, per vero, una affermazione precedente (ib. 1: 
ubhOffà vitébrattbhàUy cfr. B^gnier, ib., 301), giusta la quale le con- 
draioni di fiato e mono si conseguirebbero entrambe per una postura 
intermedia della glottide, tra Vallargato, cioè, che dà le sorde (fiato), 
e il contratto^ ehe dà le eonore (suono); dal ohe si vuole inferire che 
le aspirate sonore, alle quali di poi si attribuisce la natura di fiatone- 
*^^n«ono, non s'intendano eoxi»9tare di doppia emissione, ma bensì di una 
eainipine sola^ cbe 84i4 tra il sordo e il som^fo. B in effetto,, un aHr0 



150 § 30. BELLE ÀgPUUTB fiAMfiCOtlTB IN OBNERilLB» 

cordi neir affermarci , che le medie aspirate suonino in bocca 
degli odierni Indiani quali medie susseguite da un* aspirazione 



Pràtigàkhja {Tàittirija-Pràtigàkhja^ ed. Weitney, New-Haven, 1869|, 
II, 6, 9) afferma in modo esplicito, che nello h e nelle medie aspi* 
rate l'emissione è ha-kàray cioè questa intermedia tra fiato e suono. 
Ma, limitando qui il discorso alle medie aspirate^ la ambigua natura 
tra sordo e sonoro, e il principio della unicità fonetica, contrastano 
dall' un canto colla pronuncia attuale e colla storia, e dall'altro col 
complesso delle determinazioni degli stessi grammatici , pei quali pur 
si tratta costantemente di base media ^ a cui si combina spirante isaus^ 
man^ combinata-con-*spirante, ^ aspirata); e la sentenza, di cui ra-^ 
gioniamo, dovrà aversi per uno spediente, al quale conducesse la 
teoria della con--germinazione anziché della con-^giunzione dei requi- 
sito specifico delle aspirate ecc. (Rgv. Pràtig., ib., 6), od altra squi- 
sitezza consimile. Nello stesso Pràtigàkhja del Rgveda (ib.» 5) si ag- 
giunge, che, secondo alcuni, Vaspiramneto delle aspirate avviene per 
spirante omorganica, nelle sonore per [spirante] sonora (cioè per M 
ha-'kàraina^ dice il commentario, ap. Regnier^ ib., 308, alla quale 
espressione non è possibile dare, in questo caso, il valore che testé 
vedemmo convenirle nel Tàittirija-'Pràtigàkf^a). Intendono, che nelle 
aspirate sorde succeda alla tenue una continua, e quindi vi si abbia: 
k + xiasL specie di visarga {gihvàmùlijay cfr. p. 14), t + /, ^ + s, ecc.^ 
mentre nelle aspirate sonore avremmo: media +^, vale a dire^ astra-' 
zion fatta dalla sottigliezza della doppia natura di A, la loro pronun- 
cia attuale. Che poi le aspirate tenui avesser mai suonato ts t/ecc.^ 
è sentenza che non ha per so il minimo argomento positivo, nò dall'ef- 
fettiva pronuncia, nò dall'istoria; e non vale di certo a confermarla » 
anzi ha l'effetto opposto, il veder che sia senz'altro estesa, e di certo 
per mero arbitrio, anche alle aspirate medie, da Un'autorità a cui ve- 
diamo ricorrere il commentatore delPrà*tf?àft/ya dell'Atharva (1, 10). 
Nò tampoco può smuoverci il veder che questa sentenza ora trovi < 
come avemmo ad accennare nella nota che precede, un nuovo e ri- 
soluto fautore europeo, nello Scherer; poichò l'acuto alemanno sem- 
bra non volersi dare alcun pensiero delle obiezióni ,che insurgono dai 
fatti. Come sostenere così, senza alcuna prova, che òv, per limitarci 
air esemplare labiale, abbia potuto farsi M?- Qui naturalmente si. ri- 



§ 30. BELLE ASPIRATE SANSORITE IN OBNERALE. 151 

beh distinta {ff-h ecc.)^ sia che le leggano nel sanscrito ó sia 
che ne proferiscano la integrale continuazione ne' volgari san-r 



producono le difficoltà stesse che nel testo si oppongono alla ipotesi 
della semplice spirante; e sono: la mutazione per sé medesima inau- 
dita, e Tessere affatto aliene dalle aspirate le lingue che nell'India 
reagirono sulla favella ariana. Lo bv poi si sarebbe ridotto^ secondo 
lo Scherer (o. e, 47), a pf greco, ^ponendosi la fricativa sorda al 
posto della sonora*. Egli dunque vorrebbe: bv bf pf. Ma,, a tacere 
della stranezza di questo arbitrario bf, ha egli pensato lo Scherer 
a invalidare l'affermazione, tanto ben fondata e sostenuta, di xxno ph 
proto-greco? Intanto noi ritorniamo alle Indie, per avvertire che un'al-^ 
tra autorità ancora, citata dal commentatore medesimo (ib., Whit- 
NET, Journal ofthe Am. Orient. Soc, VII, 346, 591), descriva bensì 
distesamàite le tenui aspirate secondo la sentenza a cui alludiamo 
(/•f 5, ecc.) 9 ma delle aspirate medie dice solo, che sono le medie 
con la spirante seconda: ùsmanà Jia dvitijaina. Le quali parole 
direbbero secondo l'interpretazione piti ovvia, adottata dallo Whit- 
hey, 'colla spirante che è seconda nella serie'. Ma in qual serie la 
cerchiamo t Sarà forse la seconda nella seconda sezione delle spiranti 
[lo ffihvàmùlijà] ^ giusta l'ordine del Pràf2f?àMja del Rgveda? Nes- 
suno può crederlo; e confesso, che a me piuttosto pare di aver dinanzi 
una di quelle costruzioni che si direbbero di composto disciolto, e tra-^ 
durrei: colla spirante per accompagnatore, per secondo membro; e 
pur qui dovrebbe per ùiman intendersi quel solo ùsman che a medie 
si convenga, cioè il sonoro: h. L'ultima allegazione del commenta-^ 
tore del Pràtipàkhja dell' Atharvaveda, è preceduta dalla breve no- 
tizia che segue: ^dice un altro: la quarta [cioè la media aspirata, si 
ottiene] per mezzo del h {apara àha katurthau hakàraihaiti ; o vor^ 
remo qui attribuire a ha-^kàra il significato di emissione intermedia , 
che deve spettargli nel passo del Tàittirija'Pràtigàkhja allegato di 
sopra?)'. - Io penso, che la dottrina indiana àoiV aspiramento per 
spirante omorganica possa avere avuto la sua buona ragione in 
qualche antica sentenza, piti tardi frantesa, che alludesse al variar 
dello h secondo l'organo diverso della esplosiva a cui succede, così 
a un di presso come s' hanno tre diversi usman, che in fondò non 
ne costituiscono se non uno solo (il visarga), determinati, piti o men 
decisamente, dalla consonante che sussegue. 



162 § 30. DELLE ASPIB^TB fiaNSCBETS IN OEICBRàC^.: 

scritici viventi *. Le trascrizioni iniif euie in caratteri ràì:>abiGl 
rendono respirata media, del pari che la tentiev per doA €Bft 
ratteri, il primo de' quali rappresenta la semplice esplosiva, me* 
dia tenue, ed il secondo uno A inglese o tedesco. Né può cre- 
dersi in alcun modo che questa pronuncia ahhinata Sia fenomeno 
di età recente. Vedemmo, discorrendo delV alfabeto (p. 12), come 
lo dh del pracrito dhfd^, figUa, consti etimologicamente d,e\clu$ 
suoni che stanno distinti e divisi nella forma ^rchetipa; duhitq\ 
e se, nel medesimo idioma pracrito, le antiche medie 9i^|).irat.e, 
cosi come le tenui, asss^ ;freque.ntemente si riducono al §iolo h 
{quindi, a cagion d'eseypapip: afii^ ss>cr. ab^i, ^(1^; uhaja ==^cr. 
ubhàja-, amendue; cobj|($ mM- = ssfyr, naftW> ijaghia, o liàanti 
« sscr. likhànti, pingunt, scribunt), e pur l'idioma palico, d'ac- 
cordo col pracrito, dice lahu-^ e hcmti {hóU^ pracr. hodi) pei 



* Cosi per es. Io Shakbspeak, del bìp juìdQ9^|xo: ^as ò with aB 
aspiraìtion, sensiblj espresseci, yet closely ae one indiyid.u^l letj^re.' 
Il missioj;Lario citato a pag. 108 in n., insegna an^jii'^gli: ^òh<^ seeu&r 
dum 6, quod aspirationem sibi adiungit, -dicei^^ ò/i,a'; ma allo dh 
attribuisce strdj;iameiite funzione doppia: Test §e^i:|94uQi d ai^erum» 
jcui debetur aspirMip h , et etiam respondet ad gf^^v^m: ^. deUia*^ Q 
^siologo Brììck^, dal quale erano stati primaui/Qnjbe mo^pi ^li sora-^ 
poli» d,i sopra toccati, circa l' ammissibilitlb di veri^ aspirate medie, 
ppitè poi studiare dal vero la pronuncia delle aspirate dell* iiidio#tana; 
e le risultanze della sua indagine si hanno sommariaa^nt^. nelle 4^^* 
scri^.ipni che ora seguono (v. Uber die ausspraohs''der a«;j|t9?^|^)fi itii 
Af?^^H$^m, nei Jlendiconti dell' Academia di Vienna, Classe J^Jpp." 
istop^i ^^XI, !^19-24). Sono da leggersi secondo proni^poia ^à^^^ 
^ \§, lineetta indipa una p^usa, comechè minima* M^dia g^tnr^ 
aspirata iniziale: gkMs, gkh^Srsiy stessa ^spirata interdi: .^hg^hJìÌAh 
pi^-cMana; stessa aspirata finale: hsig-:h. Può quindi coachiiidersi» 
che se, dall' un lato, la fisiologia non aveva avuto torto, resta ^^^' 
pre, dall'altro, phe la glottologia avesse r^ione (cfr. p^ 16Srr4)< U 
valor fonetico rappresentato per gkh-- ^ preziosp per. la evplu^ionfl 
delle aspirate che più innanzi vediamo compiersi nel greco, ndl'it^ 
lieo e nello zingaro (§§31-2). - 



$ 30. VKÉLR AfiHPlRÀTK dANS0RtTB IN 0BN&RÀLB. 15S 

éBAÈtijAisitdghi&^y ÌBYÌB, bMvcM, est/ questa riduaione malesi 
potrib idi6hi8r»re al/trimenti, che per la rprogressiva preTalensa 
del A sopra r elemento esplosivo al quale si combjfnaya, e qiiiodi 
attesterà, per ett abbastanza rimote, «ui valore fonetico delle 
aspiratemedie non diverso da quello che oggi si hanno. Il quale 
per doppia guisa si confermerebbe dai pracrito bahinf ( '^baghini ) 
cs 8scr. bhaginfy sorella, lo h essendovi cioè migrato daUa esplo- 
siva iniziale alla mediana, ed avendo poi supplantata questa ^. 
Ma ancora nel sanscrito stesso, come si può dichiarare ilfeno^ 
nomeno assimilativo e metatetico insieme, pel quale, a cagùm 
d'esempio, laifh, asseguire, eongiungendosi col safSsso •*to, dà 
nmm^Ammte^iabdhdh y o il fenomeno di aspirazion compensativa , 
pel qfual^, a dir di un solo «semplare, dah (Magh), ardere, fa 
normalmente nell* aoristo vedioo : dhdk **, se non ammettendo 
tali medie a<«aipirate, quali ce le offre la odierna pronuncia? Ohi 
dh ecc. son dunque nell* India, « da gran tempo, esplosive me* 
dte susseguite da h; e se questo fatto ci libera, dalle lievi duln 
biezze clie le sofistieherie de* grammatici possono suscitare, la 
esclusione a prióri dì simiglianti aspirate, che dal campo della 
fisiologia fu avventurata, se ne addimostra, alla sua volta, 
insussistente,, «comeohè non si voglia negare che un bi*evis»mo 
interstizio debba indispensabilmente intercedere tra il proferi» 
mento della media e quello dello A, e quindi la media aspirata 
non si posila dire, a tutto rigore, un suono individìio. Il quale 
interstizio però, a ben vedere, non solo non ripugna alla eosti^ 
tnziona di una qualsiasi vera aspirata, ma anzi si avrà piat«- 
tosto a riputare ad essa inerente; posciachè la ragion prima 
di ogni vera aspirata indo-europea stia veramente per nostra 
sentenza in. ciò, che allo spiccato e quasi diyulso proferimento 
della esplosiva succeda uno spirito aspro, che viene come a 



* Cfr. Labssn, InstitiUiones pracriticae^ pag..203, 210; e i miei 
Stuàj critici, Jly 112. ! 

**'Gfr, d/ia/sda dagh^ raggiungere, ap. Boehtling-Roth , s. dà^h 
e dah. 



154 § 30. DBLLE ▲SPIRATE SANSCRITE IN GENERALE. 

congiungerle il resto della parola. Cosi la genesi dell* aspirata 
che è nei sanscriti dhd, porre, dhmày soffiare, si determina » se-* 
condo il nostro concetto, nella guisa che segue: d'-hdp d''hmd$ 
e non diversamente quella dello ih di sthd, stare: sf-hd. Del 
che si avrebbe, per avventura, la miglior dimostrazione in for- 
me paleo-irane sulla stampa di mithra (Mitra, amico, amore; 
sscr. mitra) o *mttdhra (sigillo; sscr. mtuird), cioè veramente 
mit''hra mud'-hra^ ridotti in pronuncia odierna a mihr muhr. 
Ma riserbando ad altro luogo considerazioni men brevi intorno 
alla genesi delle aspirate indo-europee *, qui intanto ci rimane 
ancora questo doppio quesito: l'aspirata media, quale è oggi e 
quale è da gran pezzo neir India, potrà ella essere stata in età 
anterióri una semplice continiui sonora (spirante), oppure una 
aspirata tenueì K la risposta dovrà pur sempre essere nega- 
tiva. Poiché vi ha primamente, che entrambe le ipotesi hanno 
contro di so il fatto dello z indo-irano (§34), il quale essendo 
una continua sonora ed esistendo allato a gh da cui solita- 
mente proviene, attesta che gh sia consonante che dalla conti- 
nua si distinguesse e fosse insieme sonora anche nell'età indo- 
irana. E le ulteriori comparazioni ugualmente non persuadono 
alcuno de' due supposti. Bh sanscrito , poniamo , incontrerà ? 
greco e f proto-italico (§ 32), h proto-irano, h celtico, h litu- 
slavo, h germanico. Ora una continua sonora pre-indiana non 
ha conferma da alcuno di questi riflessi; e il supposto della 
tenue aspirata pre-indiana trova l'ostacolo gravissimo della 
media irana, litu-slava e celtica *•, laddove la divergenza italo- 



• Per ora mi limito ad aggiungere, come al mio concetto non ri- 
pugni la media aspirata finale de' volgari neo-indiani, siccome quella 
che primamente era interna; e come lo favorisca il sanscrito, con 
l'assoluta sua esclusione di aspirata Anale. 

** Quanto alla germanica, chi prenda, come fecero il Grimm ed 
il Raumer, per termine fondamentale la fgura greca, trova p. e. b 
got. ^ph (cp), e quindi conchiude che si abbia media gotica per tenue 
aspirata (o spirante sorda) anteriore, cosi come nel secondo stadio 



§'30. DBLLE ASPIRATE SANSCRITE IN GENERALE. 155 

greca si dichiara/ come a suo luogo vediamo^ in modo affiittp 
naturale. L* ipotesi del tutto arbitraria che la media aspirata 
indiana provenga da spirante anteriore, incoiìtrerebbe poi spe- 
cialmente questa difScoltà: che se^ dalU un canto » il processo 
fonetico pel quale una contimm si converta in media aspirata 
{Vy a cagion d'esempio, in bh) è affatto enorme e inaudito, 
«' aggiunge, dair altro, per T India, che lungi dal potersi avere 
una qualche legittimazione di questo singoiar processo nell'in*- 
dolé peculiare delle lingue aborigene che reagirono sulla so*^ 
vrapposizione ariana (Lez. VI), queste all'incontro sono affatto 
aliene dalle aspirate, siccome quelle al cui fondo originale siffatti 
suoni son del tutto estranei *. L* ipotesi, finalmente, che la me- 
dia aspirata indiana sia primamente stata un' aspirata tenue, ò 
ancora sgominata da altre peculiari ed assai gravi obiezioni. 
Dovrebbe, cioè, l'alterazione dì kh in gh ecc. risalire, per dir 
poco, all' età. indo-irana , in questa distinguendosi, come le con* . 
cordanze zendo-sanscrite ci mostrano, la serie delle tenui aspi- 
rate (/ì A, th,ph), rimaste sempre tali, dalia serie de' suoni che 
si continuano per medie aspirate sanscrite e medie zende. Ora, 
dove mai troviamo alcun' ombra di analogia per simigliante e 



del tralineamento germanico, ma solo per la dentale, si ha media 
alto-tedesca rimpetto a tenue aspirata (o spirante sorda) di anteriori 
età germaniche (v. p. 63-4). Ma non si dovrà piuttosto ricondurre 
Benz'.aìiTo la media gotica alla media aspirata originaria (b s, bh ecc.), 
conchiudendp, ohe se per questa parte non si altera in favella proto- 
germanica il metallo della consonante (media per media), ciò dipenda 
dal trattarsi nelle origini di media aggruppata (b + h ecc.), e s'abbia 
quindi un caso analogo alla tenue che si mantiene intatta quanto 
sussegue a s, e con ciò una special riprova germanica per la media 
aspirata originaria? 

♦ Cfr. la Lez. VI; e Trumpp nel Giornale della Società orientale 
germanica, XV, 728, con Weigle, ib., II, 262-3. Quindi, a cagion 
d* esempio, i sanscriti Vidjàdhara Qàndharva Siddha Cambhu^ di- 
venteranno, passando nel t amilo (idioma dravidico) : Vittifàdara 
Kàndarva Citta Cambu] cfr* Stndj critici^ II, 114, in n. 



156 §31. BXLLB ▲8P9EA.TE GRECHE 4K «BUSBAOS. 

^anto estesa digrvtdcizion fonetica in ooal rimoia età, «e eam 
ammetterla in tali congiunture appunto (kit*!!, t+.h, ece.), le 
tonali tanto poco le son fa^opevoli , ansi tanto ;le son oontnam, 
"che i suoni, a cui per <essa il linguaggio si sapdlibe ridotto, 
^en lufigl dal oorrispondere al natuorate intento delle digrada-» 
2Ìoni fonetiche, cioè a quello di alleviare la pronuncia, sono 
siffatti, air incontro, che perfino si y^lero fisiologicamentt» im« 
possibili^ Tutto quindi cospira ad accertarne, che i suoni i 
quali si continuano per le inedie aspirate del sanscrito., 4ÌY6rsi 
dalle pure medie fin dall« -origini, come il riflesso gotico viea 
tra gli altri a mostrarci, fossero, sin dal periodo umitario, 
esplosive sonore susseguite da più o men densa aspinasione, e 
ohe il sistema fonetico del sanscrito non sia quindi men fedda 
per qtt<esta parte al sistema originario, di quello eh* egli un 
nella continuazione della pura tenue e della pura media *. 
§ 31. Viene ora la volta delle consonanti greche: x, «^y ?; e prima- 
mente si domanda , se neir antichità Bllenioa fossero mere spi- 
ranti, cioè continue^ cosi come il sono, massime x e <p (A e f)^ 
nell'odierna favella greca, oppure se non fossero vere aspirate, 
o meglio esplosive susseguite di un aocessorio , la natura del 
quale è insieme invòlta nello stesso problema. Che la pronuncia 
di queste consonanti le rendesse ben distinte, nell* antichità, 
dai suoni continui che in moderni tempi lor corrispondooo, ed 
anzi le mettesse tra le vere esplosive, risulta principalmente 
dai fatti che ora enumeriamo: 1.^ x ^ ? debbono avere assai 
notevolmente difierito da A e /) poiché i Latini, nell* appropriarsi 



* Gfr. Curtius, Zeitschrift s. e, II, 323-8 (QrundzUge ecc., sec. 
ediz., 373-7); Grassmann, ib., XII, 81 e segg.; Arendt, loc. cit^ 
pag^ 285-308. Mancano, a mio vedere, di ogni persuasività, le consi- 
derazioni del RAtJMER: Oesammelte sprachwissenschaftlicìie schriften^ 
pag. 391-3. E chi volesse far valere per gh da kh ecc. la trascrizione 
greca So^aYoc^r^vo? = Subhagasainas (A. W. Sghlbobl, Indische òtWto- 
theh^ I, 248), mostrerebbe di aver dimenticato rOucvSiov opoc {Vin^ 
dhja)j i FavSKpo^t (Oandhàra)^ e altrettali, 



l'aifabetot greco V non: si adattóronó a rappriteefttat qwatìperi 

meiQX) di: qu«41l*;- 2.^ nell' antichissimo alfabeto gpéoo ohe. fti: 

ricora da iscriaioni di Thera e di Melos, isole del mare egeo, lo x' 

è. ancora rappresentato per KH (cui si aggiunge QHj V. p: 59 in! 

nota), e y pa: nn, delle quali rappresentazioni si ritoeCa.ta»'^? 

tosto; - a.® r arcaica trascrizione latina di x, ^> <p> è e, *, 1?;-^ 

4i<^5i°( il fenomeno, mètatetioó, pel quale, a cagion d'èses^friio^r. 

Tpty + c (trikb+*) dà 3^1^ (thrik^s), capello, capigliatura, o la 

normale ceduplicazioBe per mera tenue, come in tf-^vj^pie (tf^the*' 

-mi)^ pongo, son fenomeni che male si possono conciliare cod> 

r ipotési dall' antica spirante; - 6.® si aggiungono quelle ortogra^^ 

fle^pei^ la quali addurremo l'esempio Ttàm' cpaXapa (IL, xt!» 106^ ad- 

clavos^cftssidis; per xaT[Qe] (p«Xapòe; cfr., piuttosto che il restiliuito^ 

xwk(f&i^wqy Fesichiano xdéTKp«Y6 « xaTacpays), che ci dà w per t as**» 

similato 21^, ed* entra* veramente nella regola di ^cop per doppio 

cp, eeci *♦; . , Questi argomenti , ed altf i consimili , alcuni de' quali > 

nod) tanftiamo ad; incontrare, persuadono adunque che si trattì> 

di suonit esplosivi, e rimarrebbe a definirsi la qualità dell' éle^> 

mentO) aocesisòrioi pel quale si distinguevano dalle pure tenui* ^ 

Qui sòn due essenzialmente le opinioni che si stanno di fronte*' 

Ber F una, l' aspirata greca avrebbe consistito, sin dalle origini, '^ 

déUai tenne susseguita dallia spirante- dell' organo rèspettìvo ♦♦*-; 

quindi.' approssimativamente kJi^ tSypf; per Ualtfa, airincontrìv,' 

avrebbe primaiinmte consistito della tenue accompagnata dalla 

* La presenza di ^ (vi/) e (p, cioè di segni monografici per kh e ph- 
ttial saprebbesi revocare in dubbio per quell'alfabeto greco onde il 
litìno deriva. Occorrono essi (a tacer dell'etrusco) negli anticW al-'> 
fabeti greci ritrovati in Italia, e nbn sono estranei se non. al solo 
alfàhet©..di Thera e Melos. Cfr. Kirghhoff, Studien sur geschichte 
àes griecK:alphab'% sec. ediz., pag, 133-4, 120, 116; 
. ** Y. ancora: CuKTius i op. cit», sec ed., p. 370-?; e qui inna«ri,' 
a.pag.,16». 

*** Cfr^ ^vBi*,Z9Uichriftc&. e, XIII, 265-8; Ea.tjmbb, l. c.i^386, 400- 
(marpltl^-pnxlenteme^te ib. 98), e BjalIkOKB, CUornale pei.fiM^J. s^/^ 
striaci, IX, 696 (699). , . 






1^8 § di. DBLLB ABI^IRATB GRBCdE IN OBNBRAIE. 

mera aspirazione:^; quindi hh^ th^ph^ come nella odierna pro- 
nuncia delle tenui aspirate sanscrite. Ora, per la seconda sen- 
tenza stanno apertamente due dei fatti che testé adducemmo nel- 
r intento di accertare la qualità di esplosive sl x, :^^ 9. Imprima 
quello della metatesi C^trikh-s, thriks); poiché se 5^4'^ è tsriks, 
non si comprende come lo h mancato air uscita del tema {trikh-) 
si riversi sulla muta iniziale in forma di s. Poscia quello di 
KHsy e IIH s (p ; poiché ben sarà vero che queste rappresen- 
tazioni biletterali fossero un ripiego al quale costringeva il 
non trovarsi pronti» nella scrittura fenicia, rappresentanti ade- 
quati di -^ e di (p, ripiego che assai per tempo cedette il luogo 
air invenzione di appositi caratteri, ma non per ciò potrà ne- 
garsi che sia un fatto importante per la nostra indagine questo 
dello H , cioè del carattere che insieme serviva anche per lo 
spirito aspro, assunto alle funzioni di rappresentare il suono 
accessorio che accompagnava la muta in x od in 9. Dove an* 
ocra va considerato, per ultimo, il fenomeno di x t x che ade- 
rendo a spirito aspro si facciano x «^ 9» come é per esempio in 
sfdStov (ciò che si ha per un viaggio), che ò pur del greco mo** 
clerno e consta di sm + ó8-(o-. Del qual fenomeno si potrà per 
avventura disputare se propriamente provi che x ^ ? valessero 
h'h Uh p-h * ; ma certo è che per lo meno se ne addimostri» 
nel più irrefragrabile modo, come h^h Uh p-h vengano a con- 
tinuarsi per : X «^ ?• L® pì^ antiche testimonianze intorno 
alla pronuncia, e le ragioni intrinseche della lingua, cospirano 



* Cosi TEbel, 1. e, p. 268, vuole che le figure jonie à7t"c7nrou 
da cavallo (stando a cavallo), sTropao) (87re' + opaco), osservo, e simili, 
allato alle attiche: à^* ^iit:cou, Icpopact) ecc., provino contro ^ ^p^h ecc.; 
posciachè, die' egli, ise àcp'l'incou e<popa(o sonò ap^h {h)ippù èp^fioraó^ 
non s*ha più alcuna differenza tra queste figure e le jonie. L'obie- 
zione è speciosa, ma non si regge bene; poiché la diffbrenza starà 
veramente in ciò, che lo spirito fosse poco o punto sensibile inpro- 
niincia jonia, e quindi vi si avesse quasi apippu^ev Vaphippù degli 
Attici. Gfr. p, e. Kùhner, Ausfùhrliche gramm. d* griechUch. spr.y 
sec. ed., Annover, 1869, p. 100-1. . • 



§ 31. DBLLB ASPIRATB <3lRB0HÌB IN é&NÈRAtB. l6d 

quindi u persuaderci che il primo valor fonetico rappresentato 
da x^ 9 fosse k-h t-h p-h, ed è persuasione che avrà piena 
conferma dalle ragioni comparative. Ma non resta per ciò men 
vero, che, a tacer d'altro, lo 5 soleva ridursi, fra'Laconj, a (x; 
che inoltre, sin da' tempi di Quintiliano, lo 9 più non doveva 
essere una tenue aspirata alla indiana, se egli lo metteva tna' 
suoni dolcissimi , tra le grazie migliori dell' invidiata favella 
de' Greci * ; e che , finalmente , nella odierna pronuncia degli 
EUeni, X (= oh gutt. ted. *♦; h) e 9 (« /" it.) vanno a dirittura 
tra* suoni spiranti continui, e 3*, alla sua volta, che si ac- 
costa allo th sordo dell'inglese, li rasenta, o affatto v'entra 
esso pure. La evoluzione fonetica, per la quale da p-h, a ca- 
gion d'esempio, si viene a f, deve naturalmente essersi com- 
piuta a grado a grado, e non in tutte le congiunture, o in 
tutti gli esemplari di una stessa congiuntura, ad un tempo, né 



* Inst. or., XII, 10, 27. 28; v. Stut^j critici, II, 205-6. Ma dal 
passo di Platone nel Cratilo, in cui 9, ^, or e (, si dicono lettere ven- 
tose (7cvEU[xaTto8y]) nulla od assai poco ci è dato inferire. — La nota 
sentenza di Prisciano (sesto secolo), giusta la quale non molto dif- 
feriva il gr. f dal f lat. (I, 14: hoc tamen scire debemus, quod non 
fixis labris est pronuntianda /*, quomodo ph [9] , atque hoc solum 
interest; cfr. ib. 25), si può forse sospettare di essere un po' troppo 
livellatrice, stante il suo proposito di volere f tra le mute anziché 
tra le semivocali ^ volerlo cioè àcpcovov piuttosto che ^jm^covov, come 
con suo stupore gli artium scriptores facevano. ^Sciendum tamen 
(agginnge), quod hic quoque error a quibusdam antiquis Graecorum 
grammaticis invasit Latinos, qui op et 5 et 1 semivocales putabant, 
nulla alia causa, nisi quod spiritus in eis abundet, inducti.' È noto 
che Dionisio Trace pone Xj ^, o^ come sempre si fa ancora, tra le 
&f(Ava, dove Sesto Empirico, all'incontro, pur tenendo conto dell' o- 
pione di coloro (Tivei;, svcot) che a questo modo le collocano, le manda 
fra le :Q{A(f(iDv«; circa le quali denominazioni, non voglionsi mai di- 
menticare i contesti. Y. p. e. Lsrsoh, Die sprachphilosophie der al- 
^e« , II , 73, e cfr, ib. , 262-4. 

** Innanzi ad e ed iy x suonerebbe come lo eh palat* dei Tedeschi* 



1 



^ UQ^ Uiovpo .0' a un modò-steaso (mas^im^ peir. >) Mllie Itai^ie: 
CQAtrad^; e; noii'*sa9P0bbe d'altrokide l]^eg£A*si,/ che 'hin^o i secoli 
Vieiit^ssaro «urgendo, per sùccìmsIk!?!' inaapìr^iwéQti, ita^U^e9«ppl)arù 
di x'A'<fr <5t0 non p."v^ffanno mal avuto il piwo» vtì^lofejdi knht^tr 
^^♦. Pvimo a Yolgeife, ini apira»ri*e duv'eaaertìi Stato lojp^ftv' co- 
me è „ tra l'altffb, mostratof drtravei^siiO^artaiiteHwnte f^'^ iwU^ 
W^ .g^eQib$< v^iio^tè »glii Idiomi romanai r^eV tta;litti» d^latiimv^ 
quando air inooatro^yi' si ha-^osKtanttanentfer C = 5i.€i fe-=:'*^ Jk^^-, itf 
ff^veUa itaiia&a, /{2o^o/Ì^ (neU*aatico iifland-: fet^ub, philosó^ 
plNi6, fdZAs?w&ie, philos0phia) p^<ptfWoipiav ma conte « }e«>p2a3f <^W-' 
'#«^<^^;xK9tcp». Lo ^' moderno, rche tuttHYOltac ha ^qildlelLid: buon* 
diffitto: a 3Pe»tai^ tr^ -le ^splosive,^ puà dim, pler app^foaaiiaazio^ 
UBi, 3aoi^ intermedio .tr9* ^s b% è, ;del reato^ il- migltop itoStiaid^ 
mo istorico della yia^ che" tennero le aQtielkeasptratb greohe^pep 
volgere iaspirarnti, appunto perphè É-/it si è pte ^laesta l'^airi»*: 
dotto a foggie varie, in parte da lui e tra loro acusticamente 
assai rimote. La base delle diverse alterazioni di t-h si può rap- 
presentare graficamente per fe, e quindi vi alibiariio la tenue 
susseguita dalla continua che- a lei corrisponde, anziché dalla 
mera aspirazione \ il qual fenomeno avviene, di necessità, quan- 
do il contatto y formatosi per la produzione della tenue, (p. 18), 
si discioglie in scarsa misura , anziché prosciogliersi di .un tratto 
largamente^ come, è d*uopo perchè dietro a lei si; produca lo 
A^"^*. Ora^ di questa guisa, h-h darà Mi (mujsa.e cont^nua^gnt- 



.* Si allude principalmente alle combinauoni x^-^'^X^ 95- ^3v. Due 
aspirate sanscrite, ^ all' incontro, Aon si Qombaciaiko iofià^iQd d mCe> 
cezione solo apparente il raddoppiai>si di qualche aspirata la: orto* 
grafie insolite (KhHh^ dhdh rdhdh^ dhdh). Le a^pir^ie aanseritav^i 
tenui e si medie ^ non oceorrono se noa dinanzi a vobàU, «• Semi- 
vocali, ed a nasali. Y'h^, del rimaniei^te,, queàto di ooMona al.safi-- 
scrito ed al^greeo»; ohe entrami)! gl<idi(Htti aborranoldali ikj^yTèAìcah^ 
in cui s'abbia insieme aspirata iniziale. ^d aspirata usìeenta (v.. ;]i!/s£.)^ 
dal che nuovamente si conferma la q^£(li<À.' di\àj;^traìfi& vera pel ci^- 
spettivi suoni indiani e paleo-greci. .' : ,. i ./ ì u ,: 4' , T. , ■ 
** BRtiOKB,:;qp. cit., p. 59; cfr. RAUMW;,;2>/^:aspi*a/tòfi.tMÌ ^ 
lautverschiebung ^ §§ 43, 52, 60, Ebbl, 1. e, p. 265-6. 



§ 31. DELLE ASPIRATA GRECHE IN OEHERALB. Xàl 

turale), che assai naturalmente fiiiisi^ per ridarai al aétn-^ 
plice h; e p-h^ alla sua volta, darà pf {lAui^ é continua la^-i 
biale), che altrettanto naturalmente si riduce a poco a poco 
al semplice f. Ma dato uno t-h^ il cui t sia il t^ del fisiologo 
Brucke, sia, vale a dire, un t qual si produce a denti un 
pò* schiusi e colla fessura otturata dall' orlo della lingua » e 
quale da noi si arguirà anche altronde che fosse proprio al- 
l' antica Grecia (v. Lez. VII), allora T appendice fricativa sarà 
a un di presso quello p (e, z) spagnuolo che ^se forma con la 
estremidad de la lengua casi morbida de los dientes no apre- 
tados% il suono V cioè, che tappresénter«!mo, un po' per coavén- 
zione, collo p dell'alfabeto islandese (al quale togliamo anche 
la cor^rispondénte continua sonora: d) e facilmente degenera* 
in snoni diversi, come ha tentato descrivere il medesimo fisid^^ 
lego *, e come noi stessi avremo occasione di avvertire in ap- 
presso. Delle combinazioni intermedie che noi dunque scrive- 
remmo: k/i tp pf, può veramente conchiudersi che ali* odierna 
pronuncia degli EUeni poco di più rimanga che la parte acces- 
soria (x = ^i ^ -p9 ?=/*); Q se dello 3 ebbi a dire poco stante, 
che pure in. moderne età serbi qualche diritto ad essere anno- 
verato tra le esplosive, con ciò in ispecLe alludevo alle sorti 
dello 5 nelle colonie greche, tutt' altro che paleo-elleniche, della 
Terra d'Otranto **, dove la pronuncia sua, al punto dell' im*- 
migrazione, si avrebbe a rappresentare, al modo nostro, per *p; 
il qual suono, avversato eziandio dall'influsso italiano, venne 



• Op. cit. , p. 39. — Con p rappresenteremmo dunque lo iti sordo 
deir inglese (p. e. in thief^ ladro), e con ef la ih sonoro pMt delT in- 
glese (p. e. neirartic. thè). 

** Le notizie intorno ai dialetti greci di queste Polonie sono attiftte 
pef la maggior parte dalla Fonologia che di essi ci poi^e un mio 
caro discepolo, il dott. GmsErpE Morosi, ne'Suoi pregevoli StudJ sui 
dialetti medesimi, fatti sul luogo e ora in corso di stampa. Mi valgo 
eziandio dei i^o^^t dei dialetti greci delV Italia Meridionale^ raccolti 
ed illustrati da Dobìbnico Comparbtti, Pisa, 1866 (p. 45^81), che 
son poi la fonte principalissima per le colonie ealabi^esi. ** ' 

AacoLi, Fonol m<io«t(.-^r. U 



à 



162 g 31* HBLUl A9P;iaAT^ GRECHE IN GENERALE. 

a deteifminarsi : ora in fwco.t (i% t) ed^ora in i.(^ z francese; 
^dp i ), jsecondo . ohe I ora vediamo : 

' 1 *. lii tutte quelle colonie et costantemente jifer 5 iniziale (ma non 
' vedo esempj pet* S- iniziale* innanzi a liquida) : tdnato = ^otvxto; , 
morte V télo » .^&X«d, voglio; tervnJÒ = ^epfxoc, caldo; fero.= 5&(>o;, 
messe %> ito s 5ieo; y ;io ; > teó ^.^tó^ , <iio; talasaa,^ 5aXQur(ra ( mes's ti 
. ^ttàlassar^ in mezzo al mare. Canto cxxy ap. Morosi; talass ap. 
Cqmparstti, pag. 50, 51). Fa eccezione: sed^ - ^id^^ dio, a So- 
letp **• < B iu trutte è pur t per ^ iaterno, quando sussegua a 



' :* Morosi, pag. lOT; cfr.- 131-2. Di 5 ridotto a t. in altri dialetti 
neo-^reci tocca il 'Mdllacb, Qratnafnatih der griechisch. vulgarspra- 
che in htatoriscìker en\wick!Lw9% P- 28, 89; vedi . ancora Ja n. * della 
pagina che segue, e la n. a pag* 164 per % da^x* Questi fenocpeni 
neorelleoici mi p^jonp assai infelicemente giudicati da Enr. Roscqer, 
nella s^ua Memoria. De CLspiratione vulgari apud graecos (ap« Curtius, 
Stuid. zur griechisch. u. lateinisch, gramm,^ fascic^ II, 63-127), 117, 
la quale va ricca, del resto, di erudizione bene ordinata (y. Aspira- 
menti). — US non è mai fricativo (cf) in Terra d'Otranto, com'è 
iiella moderna Grecia; ma é sempre schiettamente esplosivo (df ), così 
iniziale come interno (Morosi, p. 106). Questo fatto può égli infir- 
mare r induzione che 41 t per 5, della steéSa- Terra d^Otrànto, sia 
documento di -5 non perando ridotto a mera fricativa? Non parmi 
a£ratto;'e ben piuttosto avremo- a dire, che S,. alla sua. volta, fosse 
primaipeiite, in queste colonie, uno dd collo d appena iJlcipient^, il 
quale, et, venisse poi a dileguarsi,, come si.òdileguato^anche relemento 
fricativo dello tp iniziale, dove all'incontro nello tp (onde dd ^d) me- 
diatilo la fj^cativa fl^v' essere stata più gagliarda, ed ha vinto. 
. .** Npn.ò inopportuno ricordare, come fa il Morosi, il laconio aicK 
= ^ei(, comechò mi paja più probabile che si tratti di riproduzione 
del feno^nienOf anzichià di continuità isterica. Anche dubiterei se que- 
sta di $e6 s .^£09 sia proprio l'unica eccezione; poiché in Matéra^iQ 
xa^éra) s ropiaico 5u[Y]ccT&pa, figlia, è ^possibile tener lo Ti pel se- 
condo eleniento del, paleo-ellenico th^ ma ben piuttosto avremo: 'gux- 
Tspa (cfr. l'equivalente, zaconio oyacTif}, che si pronunciatici), onde si 
ottiene' normalmefi te :j^aCéra, patera ^ e da questo, con pronuncia ral- 
lentata (cfr. p. .e. il c^alabr. /iteri « napol. ibre, fiore) : hiatéra, (^\xqmU) 



§ 31. DBLLE ASPIRATA QRBGHE* IN GENERALE. 153 

coDSonaate: egherti « ifip^n [^t^9^^] (Coup., p. 55)^ destossi; 
irta = ^X5a [^X5ov], venni ♦; eclisti = ejcXei'a^ (Comp., p, 49), 
si chiuse **; spitta » <T7civ.^if]'p, scintilla; patterò « 7cev.&epo?, suo- 
cere; an^repo 3 av^pùiTcoc, uomo. A 3' interno, tra vocali, 
risponde il dialetto di Sternatia parte ancora col puro ^ e' parte 
con d; gli altri, di regola, col s italiano di deriso^ cioè collo i 
della nostra trascrizione. Quindi, nel dialetto di Sterhatia:.t^^2a 
na moto « romaico ^5sXa vi (aqc.S'cd, vorrei apprendere ***; litàri 
5= ^Ci-S-aptov, pietra; spati = rom. aitot^-t'ov , spada; pida^mi = <j:cì- 
^-afjLiff, spanna;- mentre negli altri si dÌTùhbe: izela^ liécb'iy 
spazi ***•; e così, a recare un diverso esempio, pezénno = rom. 



$ finalmente allo gh che occorre di continuo in ghoró « romaico .^(opoS 
peopsco; in Terra d'Otranto: toró)^ io vedo, de* canti di Bova (Ca- 
lahria; ap. Gomparetti), e pur dovrebb' essere,, secondo il Morosi 
(pag. 108), una continuazione del secondo elemento dell'antica aspi- 
rata, a me pare abbastanza chiaro, all'incontro, comiche, non mi 
sia dato di scernerne il preciso valore fonetico (si alterna jcòn cA, 
G. XXXIV, XXXV, e ^, 0. xxxi), che esso surga di pianta in .bassi 
tempi, e si tratti di tioró (^eopuJ) djoró (joró) gh[j]oró\ cfr. il Mo-^ 
rosi stesso, p. 116 (3). Il Witte (ap. Coscpar. , p. 88, 92) ;*endòrebbe 
il suono iniziale del nostro verbo, ora per cà, ed ora. per gh (?). 
: * Pur nel volgare di Grecia , oltre il p, anche il puro t: np^-^i 
7]pTQc; e analogamente: y^z<ns = Ypaf8j3's, siete. scritti 9 "^i.^^^xia =s 
Ypacp^tS, che io sia scritto. V. Mullach, o. c, -p. 287, 271, 273; cfr. 
Curtius, Zeitschrift s. e, VI, 237r8, e la n.**. della p, preced. 
. •♦ Notevole sarebbe cr^matza « [e]itpe{i.a«i.^»j, fu appeso, che il Gom- 
paretti (1. e, pag. 71, cfr. p. xvi) ha da Calimera, pui;e in Terra 
d'Otranto; quasi collo st rovesciato. Ma il Morosi., pur da Galinìera 
(Cantp Lxxviii): na cremasti (cioè in trascrizione romaica: va xpe- 
jfaff.&9i), che sia impiccato; e ,cfr. ap. Gpmp. , nel num. xuv: -5^- = 
-ff.^- , bis. 

: *** Canto GLXv ap. Morosi, il qual però nella Fonologia scrive .ide^a. 
^ Zollino, che poco dista da Sternatia, avremmo, (Cfimto cxxxiii: 
itela na su mazo^ vorrei apprenderti (insegnarti). 
. ♦♦♦* Nel dialetto di Bova (Calabria; v. n. a. p. 161 ) trovo per ^ ini- 
ziale:, thele s 5s!Xcp» voglio; na therio » <S^ep([a]b), che io mieta; Tha-- 



104 § 31. DKLLE ASPIRATB aRBOHS IN O^HBRALE, 

«c^QufycA (itqiilaiW)» muojo, insieme col piti genuino peMniico 

:^ àirod«i(^uì, id. 

Di (p, all'incontro» che suoni . diversamente dal semplice ^ noa 
veggo alcun esempio , nò tra i coloni greci dell' Italia , né al- 
trove. Ma kh dicon suonare ancora talvolta lo x in pronuncia 
Beo-greca; e in Terra d'Otranto è bensì, di regola, un sem- 
plice h (Aa^el^i 3 ^aXdfCtov, grandine; hrono ^ xf^'*^^ ^ anno; ehi, 
^f *^ c'/ei» ha, ecc.), ma pìir vi ha traccia di A A, e qualche esem^ 
pio di A : j^ : : < : 5 •. 



Cassia;- per ^ interno, preceduto da consonante: effe (e cosi in Terr^^ 

d'Otranto: afte) » i/J^^^y J^^) ^^ *^^ "^ '^*<'^* ^ 'p*^^» ®^^ ^^ venga; 
ettriwiX^^U (Pom. o/d^), nimicizia;-* tra vocali: eaitten^ixél^i^, di 
la (C* ^iii e 3(ix>; ettutu *« rom. i&S^^v, di qui (Comp.; C. v e xxv), 
ne* quali esempj è probabilmente preceduta una figura nasalizzata 
{ecifdm ecc., efr. putte nel G. xvi>, e quindi la differenza che è tra 
di essi ed i seguenti : staihi ^ rom» (rTad9| , stia ( cong. aor. in f ubz. 
d'inf.); alUhia = d(Xy(.^ct«, verità; mathermi » rom. lAoc^uive, apprendi 
(imperat.); clotho ss 3cX(a>i), torco; ennethe » rom. e^ve^cc, filavi; ithe^ 
fes^3!tX«<, volevi. Avremmo, in fondo, si per ^ inizialo (.^^> e sì 
pel mediano tra vocali (^^^), un suono stesso (th\ presso il Witte: 
dh] me dhelu^ idMa)^ ma quale precisamente egli sia,, non ci è dato 
rilevare. Giova intanto esaurire questi canti di Beva, notando ancora 
gl'isolati riflessi che seguono: af%4da « rom. pc\i3f%, ajuta (imperat.), 
afudia ^ rom. *pouWa, ajuto (v. Comparetti, pag. 87«&; e anche a 
Martano, in Terra di Otranto, fidò » P«y)>ó5, io ajuto, afidia » poi{-« 
^ta, ajuto, Morosi, p, 107); - e eats*or*a (ap. Oomp^^ C. xxvi) » rom. 
xoL^'fipo^, ogni ora, allato a ocUa pezzo (ib., C. xxi), ogni pezzo. Fi^ 
nalmente^ potrebb' essere utile indizio lo th di spUhia (O. ix» xiii, 
dove il Witte ha spitia ^ e xv), spesso, se veramente m. tratta della 
riproduzione della parola italiana. 

* il Morosi <À offre (pag. 106 > per A » x £>1^ esempi che seguono: 
ér^ome «£pxo(Aai, vengo; Cristóy Xpi^^ó^; roscaZì » (tac^déXi), ascila, 
nei quali avremmo x aggruppato ad altra consonante. Aggiunge cor-' 
d&nnoy cui ragguaglia a x^f*^ (*■ r^^- x^^*''^**^^» P*®^*^ ecc.). Ma 
aitdcia o a«^i^t«&) spicbe {ìsxolx^ì rem. a^t^'x») ^ e ar<^d, eominaio 



§ 31. DfiLtE AS^UtÀTR dREO^È IN O^NBRÀtÉ. 168 

tlifaoenddci alla grecità antica , troviamo dunque che x ^ i 
vi avessero il valore di vere aspirate tenui; ma già avemmo 



(cfré ^rsiffnasane^ comincìaroiio, ap. CoitPAti.^ p. 58 )t qui bob ispet» 
tane , d' altro non vi si tf attardo se noa del fenom^np neo«-greco ^ 
già di 9opra ricordato, pel quale x volge in suono palatino dinanzi 
ad 6 ed t, fenomeno che in "ferra d'Otranto non si moi§tra però co» 
stante, di guisa cbe vi abbiamo Simona (scimòna) « rom. x^^V-^'^^^h 
inverno, allato a hiòni^ rom. x'^^^'^v, neve. Oalìmera (sempre Terra 
d'Otranto) ci darebbe poi talora, ma quasi esclusivamente iniziale « 
gh (vera gutturale aspirata) per x* ghaldzi =s haldxi = x*^*!;iov, gran* 
dine, egho » ehò = J^^, ho, ecc. ; eàèìo kH^ accennato nel testo, con 
media per tenue, come occorre, a éagion d'esèmpio, in damdzò à *ta^ 
tndzo (3au(jLoé((o, fo le meraviglie) appunto a (^alimera. Ourioso ricol^o^ 
pei quale si ritorna alla figura fonetica delle origini {gh kh kH [ti]ffhU 
% appunto yJXoii^ ed i^^ ^^^^' Indice* — Nei canti di Bova (Calabria) 
abbiamo :.ec^ echeii Ix^ ^^^^9 bo ha; monaca ip)v«x^^» solo; stcìhi^ 
I^X^l» apiima; [na] chiso^ X^^^ì ^^^ ^^ versi; aeharo^ rqm. «x*f^^» 
sgraziato, spiacevole, cattivo; dtcM'aY "^«^X'*» mura (pi.); cheria ohi* 
riay rom. X'h^^f mani; chili ^ chilùcia (diminutivo italianeggiante ; 
cfr. qui sotto: gortiusi)^ rom. x«t'^t* x^'^*'^'*» ^^chome er^cJiesai, ep* 
XOfMtt epxecrai, vengo vieni; chimonia^ X^^K-®^**» stagione invernale; 
thorta^ rom. x®V*» erbe; chtonot XP^^®^» anno; cMlia, X'*^'*» mille; 
chuma^ X^F^^» terra. Sempre dunque, in sino ad ora, x riflesso per 
eh (con gh due volte: managhi ^ fJt-ovax»)', sola, C. xxix), sulla cui 
pronuncia ci mancano però dati precisi. All' incontro è la pura tenue 
in ercommo (C. xxvi) = «pxou[AOuv, 1. sing. imperf., allato ad ercho^ 
fm ecc. testé veduti; Oiseo (p. 42); zicrada (0. xx)^ rom. ^XP^*» 
freddo (sost); crisi (pag. 42), rom. xP'^^*f> aurea, e ctis^mandili 
(C. xxxvi), rom. xpw*o-'l**^f»^^ov, pezzuola d'oro; nei quali quattro 
esempj è x aggruppato ad altra consonante. Mi restano: apoeondria 
(C. Vit), titóxovS^'a, che però è probabilmente la voce italiana; gani 
(C. XXV), rom. x^^Tl» P^'^da; gortuci^ erbetta (v. qui sopra: chofta 
e cMVucta); e finalmente: jereta^ rom. x«tpe''ot> saluta (imperati)» 
dove X dinanzi ad e subi l'alterazione palatina, di sopra discorsa # 
alla quale sarebbe ali* incontro sfuggito in chimonia ecc. — Nel ro- 
maico volgare ricorre ex per l'antico <rx, Mullach, 1. e, p. 300; e 
altri -«x* per •^X'^ si hanno in qualche speciale dialetto 4 ib« 94< 



166 § 31. DELTiE ASPIRATE 6RECHE IN GENERALE. 

d' altronde occasione d'avvertire, ohe il greco risponda con que- 
ste aspirate alle vere aspirate medie del sanscrito, e ancora di 
accennare, come la qualità di aspirate vere sia appunto con- 
fermata ai sscr. gh dh hh dal fatto che essi nel greco si riflet- 
tano per kh Ih ph. Gli è che questa discrepanza fonetica tra 
greco e indiano, onde a prima vista sembra venire un sin- 
golare screzio nel generale sistema delle corrispondenze indo- 
greche, le quali costantemente ci danno, all' infuori di questa 
riscontro di aspirate, tenue contro tenue, e media contro me- 
dia, veramente si risolve in un ordinario fenomeno di assimi- 
lazione regressiva*, pel quale il primo elemento dell'aspirata 
originaria si renda omogeneo al secondo; di guisa che g-h d-h 
b'h si facciano h-h Uh p-h per processo non diverso da quello 
che dalla combinazione. etimologica ^-5 ci porta a k-s greco 
latino, come in Xe^w (leg-so), dirò, ìnrex (reg-a), e simiglianti. 
E secondo il nostro concetto della genesi delle aspirate indo- 
europèe, al quale in sul principio del discorso accennammo, la 
trasmutazióne si descriverebbe più compiutamente col dire, che 
cessato, in favella greca, l'interstizio separativo tra l'esplo- 
siva sonora e il sordo A, ne viene l'aderenza dei due elementi, 
la quale di necessità importa che si tolga, per assimilazione, 
la dijBferenza fonetica onde essi contrastano fra di loro **. Vi- 
cenda analoga a questa che intercede tra sanscrito e greco, 



* C. Arendt, Beitràge s. e, II, 306; cfr. Alb. Ag. Benaiiy, Die 
rómische lautlehre, p, 117. 

** Rappresentandoci, a cagion d'esempio, per d-'a la sillaba ori- 
ginaria e sanscrita dha^ — vale a dire: l'esplosiva spiccatamente 
pronunciata, alla quale succede il breve interstizio (che non turba 
l'unità della sillaba), susseguito alla sua volta dallo spirito aspro, 
.che aderisce al suonp a cui precede, — se ne ottiene la figura irana, 
celtica e lìtu-slaya i^da) pel dileguo dello spirito aspro, e la greca 
(e pur la. proto-italica, § 32) pel dileguo dell'interstizio, cioè per 
l'aderenza dello, spirito alla esplosiva {d^-a, onde necessariamente 
th-a). 



§"31: DÈLtB A^PIRÀtB OÀECHB IN tìfiMBRALK^ ' ■ '[ 167' 

ricòr^re ira il 'Sanscrito 'medesimo, a'^mèglio tfa 'gli oflierni rol-** 
gari pracritici, e* r idiòma zingarico; il quale; 'mentre ih ge- 
nerale concorda, nel suo sistema fonetico , col stadio, coli* in- 
dostano, ed altri volgari neo-^indiani di ceppo sanscrito, se he. 
stacca per ciò, che alla aspirata media esso ^ costantemente «ri-* 
sponda per tenue asp\|)rata, la quale poi finisce *per ridursi a^ 
pura tenue, come ora ci mostreranno i pochi «sempj a oui deb-*' 
biamo qui limitarci: 

2. Sscv.ghàsd-<f indost. pAas, foraggio,- img&r. khas ^ fièno; * sscr. 
dhàv-^ha- y il lavare (nettar lavando), indo'st. dhÓTn&y lavare, - 
zingar. thau^'àva^ tovdvuy io lavo; sscr.'d^t^, bhùmi-^^ indost'/ 
bhùm , bhùty tèrra , - zingar. phuv , puv , jj«e , id. •. ' ì 

Rimarrebbe di toccare ancora di jr \^ cp, in quanto per essi 
si continuino altri suoni originarj che non sìeno gh dh hhy'é 
d'investigare, se del tramutarsi delle medie aspirate originarle 
in tenui aspirate greche, che è fenomeno anteriore all'età cui 
risalgano i più vetusti monumenti di fàvetla Mlenica in sino a' 
noi pervenuti, pur v'abbiano riprove per entro a' confini della^ 
stessa favella greca. Ma queste indàgini gioverà ' riservare ai 
particolari discorsi intorno alle singole aspirate ò ad altri luo- 
ghi ancora; e qui all' incontro ,cpnverrà che senz'altro iLr,a- 
gionamento ora si volga ai continuatori italici» ed in ispeci.e, 
latini, delle medie aspirate «originarieT ed indiane.,. . 
. Mentre l'etrusco, idioma ariano sicuramente anch'esso, co<»*. § 32 
mechè'non investigato a sufficienza perchè; ci sia dato di ab- 
bracciarlo in questo nostro studio', ci mostrerebbe ancora ve*^* 
gete, alméno in parte, le aspirate tenui, già pel sólo £stto ohe' 
nella scrittura etrusca sieno in uso,' allato a H ed a 8'(/^'e/); 
tutte e tre le aspirate dell'alfabèto greco ; all' osco , all'incontrò,* 
e all'umbro e al latino le tenui aspirate già affatto mancavano ,' 



* V. StiAdj critici y II, 110-13. Notevolissimo, inoltre, che siritrovi' 
nello zingarico l' intero processo ph pf /*, quale pel greco lo abbiamo 
di sopra eruito; quindi nella yoce per 'terra' : pHuv, pfuv^ fu. V. J?i- 
geunerischesy p. 83. — E v! sopra, la n. a pag. 152. 



.1 • • ■ ' • .iff 



ÌSè % 3$. G0NTIMU4TOK} ITALICI DBfJiB ASPIIUTB ORIGINARIE. 

od eran U U per maiicarat n^l.pia antico periodo a cui ci porti 
la notizia- ohe di - essi abbiamo ; poicbò troviapa cbe gli Osci , 
gli Umbriedi Latini abbiano rinunziato, nelle loro scritture, 
alle flettere X O ^, ohe 1* alfabeto greco > pur da essi assunto, 
loro porgerà-^. Né di medie aspirate, suoni ritnasti affatto 
estranei^ come appena occorre ayrertire^ pure air etrusco, re- 
sta alccraa traccia neU* osoo^ jieU* umbro ,o nel latino. Per le 
quali favelle, considerate nella loro condizione isterica, non può 
dunque discorrersi di aspirate, ma solo di suoni che stieno in 
ìj^tretta connessione fisiologica con esse, e sono due soli: le spi- 
ranti fe^; la prima delle quali è rappresentata negli alfabeti 
degli Osci e degli Umbri per un carattere ad essi comune con 
Tetruspo (8) ed estraneo, cioè aggiunto dagli Itali, al greco» 
dovecbè i I^atini la rappresentano pel digamma de' Greci (F), 
piti conyen^entemente adoperato dagli altri alfabeti italici ad 
esprimere il/r; - e la seconda è in tutte le scritture italiche 
espressa p^r S, fiìo^ per quella consonante fenicia che tra i 
Greci vedemmo , anch^ adoperata a significar lo spirito aspro 
ed U secpndo elemento della tenue aspirata dell* ordine guttu- 
rale ^hh qh) ? del labiale {ph). 



* Lo ^ yeramenté occorre due volte nelle tavole engubine (umbro), 
ma in fubzione non diversa dal T (Au^rbcht e Eirchboff, Die um^ 
hrischen sprachàenkmàlery I^ § 1), e lo istesso d avrà a dire dei cor- 
rispondenti ségni che occorrono in dae epigrafi sabelliohe (CoassEN, 
Ztiischrift %^ 0., X, 5; 39>. Pur nelle epigrafi etriisobe ai osoilia, 
per vero, ira aspirata; e pura tenne « conie è per doppio esempio in 
>^fbs6nai; (xfes'9'nalj allatie a gvb^tnal, od in anxI/^rv» i«af9n, al- 
lato 'a4 A]»CAHi»'» LAVTif; ma» ,a ta9er ^d'altro, c'è imprima» che vi 
oocorrpQo, e nopiscarse,, tutte 9 %^ le aspirate (cosi 4> in taOane, 
s^^^A^LS); e si ha poi Isi, decisa prevalenza dell'una o dell'altra 
figura, come in larcna xar\]/na, dove è rara T aspirata, affatto rara 
anche in lavtn iafBn, quando in lar6 lart, o in arn6 arnt, di 
^ran lun^a prevale. Non poca importanza hanno eziandio le antiche 
trascrizioni di voci etrusche, quali Thania Achonia. Pur nell'ètru- 
SCO, la prima a cedere dev'essere stata la labiale (<^), e più dì tutte 
resistente la dentale (6)« 



§ 32. CONTINUATORI ITALICI DfiLLB ASPIRATA ORIGINARIE. 169 

€he se ora ci poniamo a eondiderare, com^ò prineìpalmeate 
Toluto dair attuale nostro assunto, quali sieno i riflessi delle 
medie aspirate originarie sanscrite negli antichi idiomi italici 
a cui la nostra indagine si estende, troveremo imprima, che 
questi appunto rispondano a quelle aspirate per A e per /*, con- 
trapponendo, cioè, allo gh il loro A, e cosi allo dh come allo 
hh il loro /*; p. e.: lat. Mentis » ^ghjama- (sscr. hima-, freddo, 
gelo, V. §34, e 36, 1.); lat. fù-mo- = sscr. dàù-^mà', fumo; rad. 
lat. ed umbra: /é?r-«sscr. bhar^ portare; rad. lat. osca ed unj- 
bra: /k-asscr. bhu, divenire, essere. Senonehò^ mentre n eli* osco 
e nell'umbro queste corrispondense si mostrano costanti, cioè si 
riscontrano non solo iniziali ^ quali erano negli esempj testé 
veduti, ma al ancora intèrne ^ cosi tra vocali come tra vocale 
e liquida, -^ e quindi neiroseo: me/lo- « escr. màdhja-f medio, 
e ndl'umbro: fe/fe » «sor. tùbhjam, tibi, rufro-, rosso, = sscr. ru- 
dhird- (sangue, cioè il rosso; gr. l-pu5pó-, rosso), — nel latino, 
air incontro, avvien di regola, che, in mezzo alla parola, gli ori* 
ginarj dh e bh sieno riflessi, anziché per /*, il primo ora per d 
ed ora per ò, e il secondo per b, e che gh interno, finalmente, 
ed anche iniziale dinanzi a liquida, vi sia riflesso, quando afibtto 
non tenda a dileguarsi, per g. Cosi all'osco me fio- (» sscr. ma*' 
dàja-) e all'umbro rufro- (= rudhiràr), testò addotti, il latino 
risponderà per medio- e rubro- ^ e all'umbro tefe (^ sscr. tùbh-- 
jam) per tibi; e al sanscrito Uh («* "ligh^ gr. MX Xetx«>, v^ § 34, 
• 35, 8u) , leccare, per ling-^n^ come al sanscrito mih (» *migh , 
gr. MIX ò^^f-i-^tù)^ spandere acqua, per mm^-ere. Il fonologo ha 
quindi innanzi a sé il doppio quesito, del coma si dichiari ohe 
le medie aspirate originarie si continuino nell'osco, nell'umbro 
e nel latino per h e f {h n gh, fm dh e bh), e che il latino, 
date certe congiunture, le continui per vie sue proprie, con- 
trapponendo ad esse le pure sue medie (^ = gh, d e b ^ dh, 
J*bh). 

Della, prima parte del problema si può dire, che sia presso-^ 
che risolta in anticipazione, poiché in fondo vi si tratti di esito 
non diverso da quello che incontrammo in Grecia. }j* Italia 



à 



170 § 32. CONTINUATORI ITALICI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE.; 

antica rispondendo per A all'origin. ^^ e per ^ «allo &7^ orìgin . , 
altro non fa se non precedere ed avanzare la Grecia sa quella 
via, per la quale le antiche medie aspirate, fattesi aspirate te* 
nui in seguito ali* adesione dello spirito, si riducono a poco a poco 
a mere spiranti, ed anzi la gutturale a mera aspirazione, che 
assai facilmente del tutto si dilegua. Cosi il fiatino di fero, 
che risale, insieme col 9 greco dell' equivalente (pcpio, all' origi- 
nario hh del sscr. hhar (ferro), equivale anche foneticamente 
alla spirante neo-greca dello stesso (pspca; e il ^ latino di Au- 
mU'S che risale a ^^ originario insieme col x del greco xpo^i 
(per terra), altro non è che un'ulteriore debilitazione dì quella 
spirante che si sente nella pronuncia odierna dello stesso fjjL^L 
Rimane, per questa prima parte, il f italico per (2/» originario; 
dal quale dh (cioè th proto-italico) si sarebbe dovuto avere, 
parallela a /^ da &A (pA), quella spirante a cui inclina o si ri- 
duce il moderno 5 de' Greci lo th sordo degl' Inglesi, e noi 
stabilimmo di rappresentare per ^. Ma gli è notorio^ come que- 
sta fricativa, che si ottiene frammettendo la lingua a* denti, 
acusticamente si approssimi a /e in esso /agevolmente dege- 
neri ♦, come appunto avviene, a tacer per ora d'altre ana- 
logie, dello th sordo inglese che fra gli stessi indigeni passa 
talvolta in f, o dello 5 neo-ellenico che i Russi non sanno ren- 
dere se non per f **; di guisa che nel /del latino fù-mo-^ a 
cagion d'esempio, rimpetto alle sue figure anteriori: jìt^-mo, 
thù-mo' (= sscr. dhù-ma-)^ si avrebbe quello, stesso fenomeno 
fonetico che per l'identico radicale molti secoli dipoi si ripro- 
duce in fumìàm\ cioè nella veste russa del greco ^ù-{iL-ia-(Mc, 
profumo. Il grandissimo tratto di tempoy onde l' Italia anticipa 
^ulla Grecia nella riduzione delle antiche aspirate a mere spi- 



* La miglior dimostrazione empirica dello scarso distacco fisico 
tra p e f^ sta nella difficoltà di proferire, con chiara distinzione 
dei due componenti, la combinazione pf. 

** Cfr. Stuclj critici, II, 122; Arendt, Beitràge s.^C, II, 485, 
BaDCKEf Oiomale pei yinnmj austriaci .^ IX (1858), 692» 



§ 32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE. 171 

ranti, può misurarsi dal fatto, al quale già avemmo occasione 
di accennare, del non aver convenuto agli Osci, agli Umbri 
ed ai Latini di adottare, per he per f, lo / e lo <p dell' alfa- 
beto greco. 

Ben più ardua è la seconda parte del problema: come, cioè, 
— a parlar per esempj greci e latini^ che in fondo qui fanno al 
caso quanto gli oscch-umbri e latini e servon meglio perchè na- 
turalmente occorrono in maggior copia — , come sia che al / dì 
ya-ffxw (aprir la bocca) risponda lo h di hi-sco, mentre al x dì 
i^tù risponde- il g dell'equivalente ango; al 9 di (pXgyo) (ardere, 
risplendere) il Y di fulgeo, mentre al <p di ve<po<; (nube) il 6 di 
nt^&e^. Trattandosi, come ormai sappiamo, nella massima parte 
degli esemplari che possano ricondursi alle origini, di aspirata 
media originaria, e cosi avendosi il sscr. bharg per parallelo 
di cpXeYw fulgeo f e il sscr. nàbhas per vetpo? nùbeSy facilmente 
si viene al supposto, che dove il latino, seconde le norme già 
indicate, contrapponga la sua pura media alla media aspirata 
originaria e sanscrita, egli veramente conservi il metallo ori- 
ginario della consonante, e solo perda l'aspirazione, come già 
sentimmo che tra l'altre facciano, ma indiflferentemente in ogni 
postura, la voce litu-slava e la celtica. Senonchè, a ben vedere, 
le difficoltà a cui questo supposto va incontro sono tali, che a 
dirittura si debbano dire insuperabili. Già il fatto per sé stesso, 
che un'aspirata originaria si continui, per via diretta e nor- 
male, in due modi, a doppio titolo tra di loro diversi, come 
sarebbe, a cagion d'esempio, lo bh riflesso in principio di parola 
per sorda continua (oppur sorda aspirata) e nel mezzo all'in- 
contro per pura sonora esplosiva , onde si otterrebbe la figura 




non avrebbe a favor suo alcuna adeguata analogia, né in fa- 
vella latina, né in alcun altro idioma della famiglia; e quindi; 
se altro pur non fosse, non potrebbe concedersi cosi di leggieri-. 



172 §32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIOINARIB. 

Ma si aggiunge, imprima» che ammettendo, per rimanere aU 
l'esempio dello bh, nnb latino che immediatamente risalga 
allo bh originario, che sia, vale a dire, questo bh stesso, de- 
trattane solo r aspirazione, si disvelle il latino dal sistema fone- 
tico delle altre lingue italiche , si turban cioè le ragioni di quel 
perìodo proto-italico, in cui il lat. Ubi, a cagion d'esempio» 
pur dovea coincidere col te fé degli Umbri, o il lat amb- col- 
Tarn^ {»gT. èjjwp-i) degli Osci ♦. E v'ha, finalmente, che quanto 
ci è stato facile il darci ragione del come venga a rifletterai, 
neir italico /*, oltre ohe lo bh (*ph, <p) originario, anche Tori- 
ginario dh ("th, 5), altrettanto sarebbe difficile, e può anzi dirsi 
impossibile, il dare una dichiarazione persuasiva del b latino 
che per una intera serie d*esempj risponde allo dh originario 
(p. e. lat. rubro- - umbro rufro- » gr. s-pu5po- « sscr. rudUtà-), 
quando si voglia persistere nella teoria, che la media latina^ 
in cui si riflette T antica media aspirata, altro appunto non sia 
che una media aspirata, da cui T aspirazione si dileguasse. 

Queste difficoltà di ordine generale, ed altre che intralcia- 
vano lo studio dei singoli fatti, si eliminan tutte, air incontro, 
quando si ricomponga T istoria dei continuatori latini nel modo 
che segue: 

L Neir idioma proto^italico, vale a dire neir idioma a cui con^ 



. * Rimarrebbe una sola via per conciliare la continaazion latina, 
intesa nel modo da noi impugnato, col fatto incontrastabile dell* unità 
Qsco-^latino-umbra ; e sarebbe questa: che hh interno si mantenesse 
talquale nel periodo di questa unità italica, e si riducesse, dopo la 
separazione, a b latino, mentre nell'osco e nell'umbro volgeva in/", 
come a /* si trova sempre ridotto , in tutti e tre gli idiomi , lo hìi 
originario iniziale. Ma che l'umbro (o l'osco) e il latino ancora pos' 
sedessero entrambi, nei primordj della loro vita individuale, lo hh 
mediano, è ipotesi per sé stessa assai stentata, la quale, d'altronde 
(sempre ancora tacendosi delle ragioni italo-greche, a cui tutta volta 
fii è impossibile non concedere molta importanza), non isfugge, senza 
nuovi stenti, alla» obiezione di cui. prima dicemmo, e ad ogni naodo 
poi incappa in quella che ancora ci resta. 



§ 32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE. 173 

vergono, come a fonte comune, il latino, Todco, 1* umbro, e gli 
altri dialetti paleo- italici che lor vanno congiunti, la media 
aspirata originaria si è costantemente ridotta, per vicenda ana-^ 
Ioga a quella che si è compita in favella paleo-greca, ad aspi- 
rata tenue; e quindi s* ebbero, a cagion d'esempio, i proto-ita- 
lici: *khiem' (orig. ghjam-), lat. hiems, '^arikK-o (orig. angh-)^ 
lat. ango; ^thùmo- (orig. dhùma-)^ lat. fumu-s; ^methio- (orig* 
madhjU')^ lat. mediu-s, *uther (orig. ùdhar), lat. uber; ^pher-o 
(orig. bhar), lat. fero, *luph'et (orig. lubh-), lat. lubet, "alpho-i 
lat. albus. 

IL Assai anticamente, durante cioè ancora T unità paleo-ita- 
lica, queste aspirate tenui proto-itàliche volsero in spiranti, 
come avvenne, più tardi, anche delle corrispondenti aspirate te- 
nui paleo-greche. Nel periodo proto-latino^ vale a dire nel pe- 
riodo in cui il latino, staccatosi dagli altri idiomi italici, entra 
nella sua vita individua, abbiam quindi, continuando cogli esempf 
già addotti, le figure ch« seguono : Riem-y anh-Oy fer-o, luf-ety 
alfch. La spirante dentale, ^, che avremmo a trovare al posto 
di th, erasi nel maggior numero de* casi ridotta a /*, durante 
ancora T unità paleo-italica, secondo le analogie che di sopra 
toccammo (p. 170). Solo per un certo numero di ^ interni man- 
tenevasi ancora il carattere dentale net periodo proto-latino» 
carattere che pure in questi esemplari, per quanto ci è dato 
vedere, andò perduto negli altri idiomi paleo-italici. Cosi le fi- 
gure proto-latine degli esempj di sopra addotti per T aspirata 
dentale proto-italica, eran queste: fumo-, mepio- (osco: me fio) 
ùfer. Lo stadio fonetico rappresentatoci dalla ricostruzione pro- 
to-latina : Hiem*, fer-o, luf-ety alfa-, fumo-, ùfer^ è lo stadio a 
cui Tosco e l'umbro si sono di regola fermati. 

in. Le aspiranti proto-latine, /t e /J all' incontro, se interne ed 
in ispecie se precedute da liquida (e lo U pure iniziale dinanzi a 

« 

liquida) volsero col tempo, insieme collo P (v. II), nelle rispet- 
tive medie; quindi: ang-o (gr. ÌYX<«>)f iub^et, albo- (umbro alfq-^ 
uber (gr. ou3^p), media- ^ il qoal fenomeno» a dire di una sola 
analogia eteroglossa, non è diverso da quello per oui allo h pro-^ 



174 § 32. CONTINUATORI LATINI DELLE ASPIRATE ORIGINARIE. 

tò-g«rmanico dei gotici svaihra-, suocero, fraihan, domandare, 
risponde il g anglo-sassone degli equivalenti sveger e fregnan *. 
Fra la sorda spirante proto-latina e la media, quindi p. e. tra 
p e d, dev'essere intervenuto lo stadio della spirante sonora: 
mépiO' medio- medio-, il qual processo avrebbe opportuno ri- 
scontro nelle serie germaniche di cui ci sarà esempio: bropar 
got., brodor anglo-sass., broeder oland., fratello. Un' altra evo- 
luzione latina, che si presenta analoga in quanto riduce sonoro 
un elemento sordo ed insieme costituisce uno screzio tra il la- 
tino e gli altri idiomi paleo-italici, non dissimile da quello che 
interviene in ordine alla continuazione delle aspirate originarie, 
è il passar di s in r, tra vocali oppur tra vocale e consonante 
sonora (v. Lez. XIV); quindi, p. e., veter-are veter-no- : ^ve- 
tes-nO' {vetus) :: rub-ro- : VM/-r*o- (umbro rufro-). 

IV. Sin dal periodo proto-latino, la spirante gutturale, h, era 
già ridotta, in molte voci, a semplice aspirazione (Ti), od era 
anche del tutto dileguata; cosi p. e. in veh-o (veo; cfr. Tosco 
veia^ § 35,3); le quali voci naturalmente si sottrassero alla 
alterazione, testé descritta, di spirante in media. 
§ 33. Serbata, del resto, ai luoghi opportuni la considerazione di 
altri uffici etimologici delle spiranti latine testé discorse, qui in- 
tanto gioverà compendiare, in un quadro sinottico, V istoria, da 
noi ricostruita, dei continuatori latini delle medie aspirate ori- 
ginarie (cfr. §35): 

aspirate originarie (e sanscrite) • gh^ dh^ bh. 

aspirate proto-italiche (e pa- 



leo-greche) M(x)» th(,^,^ ph{Q), 



spiranti proto-latine . 
continuatori latini . . 




♦ V. Studj critici y II, 119-22. — Per effetto di questa regola, 
non V* hanno combinazioni di consonanti in singola parola, proprie al 
latino classico, in cui entri h {an-helare è un composto, v. § 35); 
e quelle in cui entri /> si Tidacono quasi esclusivamente a fi.e fr ini- 



§ 34. h SANSCRITO (i* IND0-IRÀÉ40) = ffh OEIGlNARlO. 175 

: Anchei nel sànscrito * occorre una spirante fra i continuatori § 34. 
delle medie aspirate originarie, e vi ha molteplice funzione. E 
lo h, che troveremo assai di frequente al posto dello gh (§35), 
e talvolta pure a quello di dh (§ 53) e di 6fe (§61). E av-, 
venendo nell* indianità seriore, come- già avemmo occasione di 
avvertire (pag. 152f-3), che l'aspirata sanscrita, sia media o 
tenue, e in ispecie se interna, con molta frequenza si riduci^ 
al solo A, cioè *si spogli, com* è concordemente ammesso, del 
suo elemento ' esplosivo ; era ovvia la conghiettura, che, pur 
nello A sanscrito per media aspirata originaria, non si avesse 
fenomeno diverso. dà questo. Senonchè, a questa conclusione 
(che per alcuni singoli casi ^ come in appresso riconosceremo, 
è conforme < a verità) contrastava imprima - il fatto , che già a 
suo luogo accennamnxo, dell'aver lo ^, in grammatica e in 
lingua sanscrita ,. titolo e funisioni di consonaute sonora; e con- 
trastava poscia, più gagliardamente che mai, la risposta che 
io h sanscrito suole trovare in favella irana,. edò z: Lo z 
irano è in ispecie la costante risposta dello h sanscrito nella 
più solita; sua funzione, che è quella di continuatore dello^A 
originario, alla quale il nostro discorso deve quasi esclusiva- 
mente qui intendere; e quindi; a cagion d'esempio, zendo azag-. 
*Ra = sanscrito a hag-Ha {greco ìy^o^'^s, lat. angor-que). Ora, 
pur qui è affatto manifesto che si tratti di alterazione che 
risale al periodo iado-irano (cfr. § 36); e non solo manca, dal- 
l' un lato,, qualsiasi indizio o probabilità analogica che per- 
metta d'imaginar più genuino, cioè meglio conforme alla pro- 
nuncia :inda-irana, lo h sanscrito che non lo ;2^ dello zendo, di 



ziali; poiché, del pari che i composti ( infelix , . anfractus , ciniflo- 
nes, ecc.), non entrano nel conto i nomi proprj non latineggiati, come 
Alfiusy Rufrius^ e altrettali; ed Africa meno ancóra, e mal vi può 
entrare V antiquata voce nefrundinès^ che si appaja col prenestino ne- 
froìies (il Corsden, Aussprache ecc., 2* ed., p. 147, si confonde circa 
la cittadinanza dei> due termini)* Circa in/'ertis ecc., v. V Ind* e gli 
Siuélj crii, y II, 171-2. 



176 § 34. A SANSCRITO (i' INDO-I&ANO) ^ ffh ORIGINARIO. 

guisa che jS si possa reputare come un'evoluzione di A; ma 
vi ha ancora, dair altro, che la favella irana offBrendo sem- 
plice media per media aspirata originaria (p. 154, 166), ne viene 
che z per gh vi sia altrettanto legittimo e genuino dello z per 
^ (§ 25); e vedremo a suo luogo (§ 53 e Lez. XIV) coma questa 
illazione, e quelle che eeguono, non vadano turbate per lo in- 
contrarsi di h sscr. e z irano in altre funzioni etimologiche che 
non sia la continuazione dello gh originario. Si aggiunge, che 
Io A sanscrito, come tra non molta apprenderemo (§§ 42, 44), 
ra incontro a tali vicende, che solo si chiariscono dall* affinità 
grandissima ohe deve essere »tata, di regola, in una fase an- 
teriore, tra il suono che ora è h sanscrito, e lo z irano. Cosi 
adunque come nella continuazione del g originario vedevamo 
impuntarsi una parte degli esemplari dello ^ sanscrito, e lo 
zendo z, in uno z indo-irano (p. 105» 107, 117-^), saremo del 
pari ora condotti a stabilire una consonante sonora indo-irana 
poco da questo z diversa, alla quale faccian capo lo h ssor. e 
lo zendo z nella continuazione dello gh originario; e quanto è 
alla differenza acustica che intercede fra il suo&o indo-^irano 
(non dissimile dallo j francese) e Fattuale h del sanscrito, mi 
limiterò per ora a citare le sillabe latine gè, gi, che nel por- 
toghese, come nel francese, suonano ze zi, e nello spagnuob 
airincontro: he M. Questa alterazione indo^^irana dello gh ori- 
gin., la quale sarà da noi rappresentata per z\ presuppone, alla 
sua volta, affezioni delia gutturale aspirata (gh^ gh^, cfr. § 36) 
non diverse da quelle che inducevamo per ^ e i provenienti 
dal semplice^ (p. 118, 128). Ma quanta parte^ dell' antica aspi- 
razione in sé conservasse lo z' indo-irano, mal si tenterebbe 
definire in preciso modo. Di*certo 1* antica aspirazione valse ad 
imprimergli quel particolar carattere, pel quale, di regola, ri- 
mase distinta, in favella indiana, la continuazione alterativa 
dello gh da quella del semplice g {z, g); ma non veggo indi/j 
abbastanza sicuri per stabilire che durasse uno zh (il qual 
sarebbe una dcg^ia .continua) nel perìodo in cui avvenne il 
distacco dei due r^jni asiatici o nelle prime età de^'indian^i 



§ 34. h SANSCRITO (Z^ INDO-IRANO) a ffh ORIGINARIO. 177 

ed eLniì ne veggo tali, che debbono farci ritenere la primitiva 
pronuncia indiana assai più vicina a i che non a zh *. Del 
rimanente, come la connessione etimologica àik eU^ o ff e.g {z}, 
si manifestava dalle stesse favelle degFIndi e degrirani per la 
vece che sempre ancora queste ci offrono tra il suono originario 
e Talterazione sua (§§ 13, 15, 24, 35), cosi anche nella con-* 
tinuazione dello gh si avvicenderanno nel sanscrito: gh e h, ^ 
rispettivamente nello zendo: g {gh) e z^*; e qui pure, quando 



♦ Dello 'zhy che ad ogni modo sarebbe la figura genealogicamente 
cornetta ^ può a prima vista parere integrai continuazione lo gh del 
verbo sanscrito uggh ugghdti, abbandonare, che veramente consta 
del prefisso ud (onde, per assimilazione: ug) e della rad. h[à], ab- 
bandonare. Alla qual forma, che non risale ai piti antichi periodi 
della lingua, si aggiungerebbe il pracrito ghina^ abbandonato, per 
l'equivalente hina del sanscrito (Lassen, Institution. ling. pracrit. j 
pag. 199). Senonchò, Tesser queste forme di bassa età ed affatto 
solitarie, già senz'altro dissuaderebbe dal riconoscervi T antichissi- 
mo ;?/i; e il miglior modo di dichiarare questo gh seriore, o pracri** 
tico, è di certo quello di ripeterlo normalmente dalla combinazione hj^ 
alla quale vedremo risalire lo gh pracritico di un obliquo singolare 
del pronome di prima e di seconda, e di altre forme (saggha-^ «=» sahja-- 
§ 40, 5; maggha = mahja-, tuggha «=» 'tuhja*'^ § 61). Allato alla con- 
jugazione ha gd^-hà-ti hina-, avremmo cosi: ha *hja-*ti 'ùd-hja-'H (cfr. 
dà dà'-ti djà-Uj recidere), onde normalmente ^/ia-^i (e qixmdi ghina-) 
e ug^gha-ti. Dì altri fenomeni, che parrebbero stare per zh, v.. ai 
§§ 42 e 44. 1 migliori indizj, air incontro, per la pronuncia vicinis- 
sima a z^ sarebbero nei casi di coincidenza del continuatore di gh 
con quello di g, tra' quali primeggerebbe: ustra-, bufalo, cammello 
(a wilfra- zendo, cammello; cfr. vantar §44), cioè qiiello'^ihe^orta 
o tira, dall' indo-irano vaz uz (zendo vas uz, sscr. vah uA, § 35, 8), 
portare, tirare; e nella forma ìndò-irana della voce per cuore. Ai 
cui alla Lez. XIV. 

** Per la esatta ragione di gh allato a ^, o di i allato a z, nella 
continuazione zenda dello gh orig.^ v. la FonoL ir. ai rispettivi §§^ 
Circa la vece sanscrita, v. in ispecie la nota al § 36,3 II, in f. 

Ascoli, Fonol. ind(hit.'gr. 12 



Ì7S § 35. RIFLESSI INDO-ITALO^^RECI DELLO gh ORIGINARIO» 

le due figure fonetiche appajanò distribuite fra nome e verbosi 
l'anziana è del nome. Lo A e lo gh hanno d'altronde per re- 
duplicatóre comune lo g (cfr. p. 103 e Reduplicazione); così: 
ha ^à'hd'ti, abbandonare; ghrd ^-ghra-ti, mandare odore» 
odorare *. 
§35. I cenni che precèdono » diligentemente richiamati appresso ai 
i^ngoti òasi, potranno bastare a renderci chiara la serie delle 
(^rispondenze indo-italo^-greche per lo gh originario, parte della 
quale ora ci facciamo a mostrare: 

1. Sscr. himd**m Cghjama'-i 'z^jama-'j v. l'/nd.)» gelo, freddo, himà 
inTérno (e quindi: anno; p. e. gota' himà:^ cento anni, r^t?., I, 64^ 
14, II, 33, 2; cfp. zendo thri-^ató^zima^ trecent'anni); - . gr. 
vsifAocT-^ ^ei[Mi>v- {x'^\^i X^^H''^^)' inverno, intemperie invernale 
(e se è genuina la glossa esichiana: x^^l^^N"^ X^^H'^^'^^t 1^ quale 
: è suffragata anche dal derivativo x^^l^^S* gelo, se ne ricava un 
fem. x^^H-^i ^he sarebbe tal quale l'equivalente lituano zèmà\ 
V, § 36, 1, e cfp. il fem. sscr. himà)^ /;*'V"^~^^0"^> X''h'-***'^^<>~v» 
gelone; •* lat. hiem-s **► 
"2. Sscri hjas ( 'ghjàs, ^ijos) , jeri ; - gr. y ^e? ( v. Ind,) , jeri ; - lat 

3. Sscr. vah vàh-^^i Cvagh<, 'vaz; zendo vaz), vehere, ferra, vdha--s 
(cioè: il conducente), carro, via; - lat. (§ 32, IV) ceA-o, veh*-i^ 
*^ulo'^^ vehTes, e con tot^e dileguo, del hi t?ia, umbro ve a 
(1.* tav. eug.) è via (3.* tav. eug.), osco viù; cui si aggiunge- 
rebbe r osco veia , plaustrum , serbatoci da Paulo. Del rifless o 
. greco tocchiamo pili tardi (s. /*)• Lo gh è ancora intatto nel 
nome sscr. augha^ (v. Ind.), propriamente: che-porta, trascina 



♦ Cfr. ancora, circa lo h sscr., la Lez. XIV, e SL crz^. ,..11, 126 
e segg.; e circa lo z' indo-irano, il luogo ult, cit. e il § 36.. 

** Intorno al greco X'^'*'** (X***^'^) ® ^^^^ zendi zajana zaèna^ vedi 
l'Indice; intorno al lat. hiber-nu-s (hiber c= 'hinfer^.'hinfro ^ xi\tj&^\o^y. 
cfr. § 54), gli Studj crit., II, 97-8; e circa Vlmaùs di Plinio (sscr. 
ffimavant***=* Himàlaja^)j ghiaccioso, nevoso, gli :Studj orietit. e lin^ 
guist,j I, 268. 



t' e quindi: corrente, fiotto^ ér anche: froità (cosi il nostro frotta 
riviene, insieme con /?o«Oy a ^ziicifw^ •)♦ 

^. Sscr. tarh ta^tàrh-^a (3. sg.perf. att.)< fracassare; - • lat* (§82, IV) 
/ra^-o, trdh-^axy trahHi^ trahr-ea* Là stessa sucpessioiié dt 
significati (ramperoy lacerare, distrahere^ tii'ahére) si riproduce 
ne* normali continuatori germanici (pi 64) della radice origina- 
ria e sanscrita: dar^ dirumpere; cioè: got. tairan (^a-tairan) 
destruere, alto-ted. atii. zeran^ id., £erjaH\ moderno ze^ren^ 
distrahere, trahere. [Cfr. Stt4/fj coitici ^ II, p. l46 e s-eguénti.y 

S. Sscr. pHhan-' Csplaghan V. Indice, *5piai*a« 'sptz'dny fcetido g^pe^ 

' re£a)y milza; - gr. tJttXayxv*, le .viscere, d7cX»)'v(-'spZe^n^ vedi; 

Vlnd.); - lat. lièn Cplehèn, •jiWen, y. § 32, IV, e Tlnd.); : 

• 6. Sscr. rah^ scorrere, correre, ragMrs^ che è in ràpido, c^ri^o^ la;^ 

ghù^Sy rapido, leggero, minuto, insignificante;.- . gr. i-X«}^u^ 

* 

, V. I^d.), minuto, lieve, insignificante; al superlat.: l-Xotxt<TTp-? ,=^ 
sscr, làghistha-s; lat. (§32, IV) Zei?-i-5 CleUu-i^s). . Come 
lev^i-^ CleUu^i-^s) ad e-Xa;(«-Cj così sta brèv^i-^s CbreUu-i^s) allo 
equivalente ppà^^-c. 

7. Sscr. mih mdih-a-^ti (''migh *m%z\ zendo miz)^ urinare, maighà-^ 

(zendo maéghà)\ nube (propriamente: spanditorè d*^ acqua **); - 
gr. o-|i.t;^-£a) (V. Ind.), urino, o-[iLt)(;-fjLot, urina, è-jiit'j^-Xyj (V. lùd.)/ 
nebbia, nuvolo;- lat- mèjo Cmeih-o ***) è mingo Cmirihò,' 
§ 32, III); — *fneiho (mejo): mitigo^ : : Xè^x*** • li'^go (n. ^)* » 

8. Sscr. rih rih^^ti^ leccare. Uh U-ddih^ (3. sg- perf* aft.), id* 

Cligh *iiz% cfr. l'armeno liz-^an^l); - gr. AIX, Wjc^w». Uc-. 
co;- lat* ling^ (LIH KnJi-o-,. § 32^ III; cfr* n. 7). 

• 9. Sscr. à'h'^s (rad. 'ani?A, *awi*)^ zendo 5;s-«pf-/la7, strettezza^ 



* Anche rafta- (V. sopra) direbbe ^fiotto' (Bopp): dadarga.».^ nadii 
jffunja-^ahà: f vide fiumi dalle onde pure (sàvitrjupàkhj.y 4, 3Ó-31). 

♦♦ Si aggiunge: mih^ nebbia; e in una raccolta indigena di parole 
che hanno più significati, VAnaikàrthasàgrahà di ffaimaRandra , «? 
adduce anche mihira^ nube, di cui il Fick, o. c, p. 144, si vale pei*, 
stabilire la forma indo-europea *migh'-rày che genererebbe, oltre 
che mihira^ il greco o-jtt'/^Xr), il lituano mig-^là^ e il paleo-bulgar. 
mtg^. ' 

•♦* Circa "meih^o ^meij^o méj-'O, v. Sttuìj critici ^ II, 143.' - ' 



180 %3^. BVliESSI mVO'lTAhO^REiCl l^ELW ffh GRIGI VÀRIO. 

angustia^ sauscrito e sexido agha-^ dannoso, malo; perìglio, 
danno;- gr. tty^-^i stringo > strozzo, ocx-o;» angastia (cfr* 
p. 182);- lat» ang-^o Cantr-Oj § 32, III), ang^or^ ang-us-to^ 
10. Sscr. dhi-*s m. e £> (*a^/it« *<zi't, zendo ait-), biscia, vipera; - 
gr, Jx''^^®^'*- § 36, V. L fc) m. e f., vipera;- lat. angui-s 
Canhvi-, § 32, III; e cfr. § 36). 

* 

I quaU esempj ci danno imprima la giusta misura della fre- 
quenza deir alterazione sanscrita (indo-irana) dello gh origina- 
rio; la quale se già a primo tratto non' apparisce meno estesa 
di quella deiroriginario g (§§23,25), avrà poi a risultarci, per 
più .attento esame, ben più profonda di questa, tanto che la 
quantità del danno patito dalla media gutturale aspirata ori- 
ginaria debba dirsi superiore pur di quella a. cui è soggiaciuta 
la originaria tenue (v.p. 107)*. E nei continuatori dello gh 
avremmo d'altronde, tra lingua e lingua, più di un saggio di 
equivalenza fonetica ed etimologica, la quale implichi tutta- 
volta diversità isterica dei suoni coincidenti. Poiché, secondo 
i ragionamenti che facemmo precederei, se, a cagion d'esempio, 
coincidono iu hima hiern- (35, 1.) lo h del sanscrito e lo A la- 
tino, la ragione evolutiva dei due h riman tutta volta affatto 
diversa, avendosi per la spirante indiana: ghghzhz h{%3i), 
e per la latina: ghhhJiJiRh (§33); e cosi la coincidenza del 
ff latino col g del gotico, p.^. in angustus ed aggvus (angvus; 
stretto), del pari che ogni altra normale coincidenza di medie 
latine e medie gotiche, non esclude la diversa istoria dei due 
suoni, altro non essendo la media gotica se non la continua- 
zione del primo elemento della media aspirata originaria (p. 154, 
169), dovechè la media latina, nella funzione che qui si consi- 
dera, ci risultava trasformazione seriore della spirante italica 
(§ 32, III). Ancora va considerato, circa i continuatori latini dello 
gh originario, che uno stadio di maggiore robustezza, che non 



* V. § 36,3,11, e la nota; ma considera tutta volta l'ultima parte 
di questa. 



§ 35. RIFLESSI liS^DO-lTALO-ORECi DELLO ffh ORiamARIO. 181 

dia quello della semplice aspirazione, ci sta dinanzi nelle com-> 
binazioni et cs di vec-to- vec-si, trac-to- trac-si; le quali forme 
a buon diritto coincìdono con minc-tch mic-to* mine-si mie-si^ 
linc'to' lincisi, poiché nelle fasi anteriori punto non differisce 
la uscita di veli- vekJi, fraJi- trakK (35, 3. 4.) da quella di minìi 
minkh, Unii linkh (35, 7. 8.). Altro documento della vigoria che 
aveva in fasi anteriori lo h lat. da gh orig., s* incontrerebbe 
eziandìo nelle forme an-hèlus an-héìare, le quali contengono la 
stessa base che è in hd-l-are e hio e /à-axw (io sbadiglio), base 
con gh iniziale originario, come è in ispecie confermato dai pa- 
ralleli germanici e slavi, - e ci mostrano V*amf- amh* di rtmft- 
-^rfo ecc. (§60), che si ottunde, nello stringersi allo A, cònle 
fa dinanzi a suono esplosivo in an-ceps e altrettali, od in an- 
'fractus^. Poi domanda la nostra attenzione lo Kv (gv) dell* ul- 
timo fra i riflessi latini dinanzi rassegnati (anguis, ^anìims), 
intorno al quale surge il quesito, se il d continui una parassita 
ante-italica, oppur se non sia uno sviluppo semplicemente ita- 
lico latino, quesito che si coordina ai ragionamenti dà Mi 
tenuti nello studiare il v che abbarbica vasi a ft od a ^f origi- 
nario (§§ 19,26). La risposta litu-slava, e un termine greco 
non peranco addotto, verranno tra non molto (§36) a farcì ri- 
tenere di antica radice pure il v latino dì anguis (*an^ms); 
come altrettanto antico ci apparirà quello di ninguit, esemplare 
che entra anch'esso, col suo parallèlo greco, nella continuazione 
dello gh originario. Air incontro, pel v di lingua allato a Unga 
(*?m^, 35, 8.), il quale del resto non ha per sé che la sola au- 
torità della lezione dei nostri manuscritti di Prisciano **, non si 



* Circa an-helare^'amf^ halare, v. Pott, Wurzel-wórterb»^ 1, 83-1. 

** X, 11: haec tamen non videntar ia iao divisas terminare, ìb. qni- 
biis u vim literae amittit, unde in gico quidem syliabam terminantia 
huiascemodi servant regulam in go terminatorum , sicat et quae in 
quo finiantur, rationem sequanitur in co desinentiam: dicimun igiiur 
tingtio unxi et linguo Uyixì^ ut pingo pinoci .... Cfr. Gorssbn, Beitr, 
z. lat. f armeni, y p. 68. 



JSZ §'35.|iIFLBSSI IND0-^lTALO*aREGI lySLLO ^/l ORIGINARIO; 

vede affatto aloan ludiziò di esistenza ante-romana. Per la i^rte^ 
greca, finalmente, il penultimo degli esempj da noi riferiti 
(xy/wecc.) ci conduce a toccare di tal fenomeno, che interessa 
alla sua volta T istoria generale delle aspirate. Poiché, se ad 
$yy-w, stringere, rivengono manifestamente, da un lato, oLyx-^^ 
iy/rt (da presso*), iQal si potrebbe, dall'altro, per le lievi 
d^bitazioni del Pott **, staccarne l'equivalente l-^^xì-^i lyf<}^ 
(da. presso), quando in ispecie si consideri la coincidenza mor^ 
fologica del greco Iyy^"^ ^^^ ^^^' ahù-^ (*anghù), stretto, strettura, 
e col got. aggvu* (angvu-), stratto. Ora la semplice media greca 
per media aspirata originaṛ^ o per .1^ corrispondente aspirata 
tenue del , greco utesso , h fenomeno che occorre in tutte ^ tra 
1q serie' di consonanti (cfr. §§ 52) 6(>), comechè affatto raro per 
la gutturale e per la dentale, e solo un po' men raro per la 
labiate; ms^ sempre si tratterà, negli esempj sicuri, i\ media in*- 
terna preceduta da nasale. Quindi, non contemplandosi qu^ i casi 
pei quali v'abbiano testimoni^^nze, o probabilità, che le due prò- 
nun4^ risalgano, entrambe ad età remotissima od abbian fpn(}a- 
mento neir indecisione del suono originario ***, ci resta il doppio 
quesito, se in l-^^-^ =^ *enghus j ed altrettali, 9i tratti di vera 
aspirata che smarrisca nella Grecia la sua aspirazione, e quindi 
C^ ne vengano altrettanti documenti che ancora fosser medie 
spirate, nelle prime età greche, le consonanti che rispondono 
f^Ue medie aspirate originarie e sanscrite^ oppur se non vi si 
tratti, come nel latino i^minHo mingo eoo^^ di tenue aspirata 
scesa a spirante sorda, la qual poi diventi media per effetto 
4ella precedente nasale. Io xx^x decido per la seconda sentenza, 
considerando, che se ci atteniamo alla prima, T efficacia della 



"^ * (jòsì presso è da pressum^ copfot*ù)ità ideologìoa gi^ registrata 
dal DiEZ, nel suo Etymolàgm wórterb. d^ rornanischen sprcuchen^ . 

• *♦ Etymolog. forschung,^ 2. ed*, I, 276?, n.; e cfr. il nostro Indice. 

• ^* Si allude all'attenenza che è tra il gr. y^vur;, mascella ( inferiore)», 
e l'equivalente sacr. hanurs^ e in altr©tt£^U* Vedine Vlnd^ s, ye-vu-^e 
anche il § 60, 



§ 36. etX è vauietX delle alterazioni dello gh originario. 183 

nasale rimane enigmatica, dove, all'incontro, per wflf da n/i, ecc.» 
vale a dire pel fenomeno di spirante sorda che si renda sonòra^ 
e finalmente consonante media, perchè le corde vocali restino 
nell'attitudine medesima in cui sono nel proferimento della na- 
sale, non solo s* ha questa ragione fisiologica, ma insieme, si 
hanno, come ho altrove compiutamente mostrato, oltre le ana^ 
logie latine e le germaniche, paralleli albanesi assai conclu-r 
denti.* È fenomeno affine l'aversi ngr nd mb, da nh ntmp an- 
terióri, nel greco moderno e nell'albanese. B l'esistenza di un 
modesto numero di voci in cui x^ ? fosser vere spiranti in rimoti 
periodi ellenici, la quale è presupposta dalla dichiarazione che 
iK)i adottiamo, punto non ripugna, ed anzi ben si. adatta, aK 
la istoria generale delle aspirate greche (p. 159-60), Intanto, pel» 
esaurire il discorso di ng »n^, noteremo ancora che (xàYyQ^vov, 
Àmmaliamento, andrà con {xyi^^kv^' , arte, mezzo, stromento; dpve 
-s' hanno i paralleli ideologici del sanscrito krtjd, faccenda; 
,opera, ammaliamento, e AegV ita,\ia,ni fattura, fattucchierOy ecc. ;'^ 
.6 finalmente Tesichiano iffpU (Xu^t); quindi: afianno, dolore; e 
«enza la nasale: àypteec = XuTuat ) , che anch'esso potrebbe rive-»- 
iiire, come lyYu?, ad «yx**»*» stringere (angustiare). 'v ; 

• Ora converrà che ritorniamo alle alterazioni asiatiche ' dello 
^^ : originario, per iscrutarneretà.e la genesi, alla luce deirif 
scontri litu-slavi, i quali insieme ci ricondurranno a compir lo 
jstudio de' continuatori italo-greci di questo suono. E quanto 
avemmo a dire, ne' corrispondenti luoghi, intorno alle contÌT 
nuazioni di & e di ^**, ed in ispecie, coii discorso che sarà, po- 
tuto parere soverchiamente sottile, intorno alla continuazione 
del secondo, avrà qui ora, dal parallelo dell'aspirata media, com- 
pinta ed assai notevole conferma. 

Oià avemmo ad affermare, e a mostrar con parecchi esempj , là 
speciale e continua concordanza, fra sanscrito e zendo, anche 



§36. 



* StudJ.criticL 11,120-22,124. - " 

. ** Si confrontino, per tutto quanta concerne il presente paragrafo, 
i §§15, 19, 25, 26. ' .. ; 



184 § 36. ETÀ E VARIETÀ DELLE ALTERAZIONI DELLO gh ORIOINARIO. 

rispetto al fenomeno di spirante da gh originario, e a riportar 
^indi air età indo-irana pur questo scadimento di antica gut- 
turale (§§34,35)*. Vedemmo, all'incontro (§§31,32), come 
la spirante italica {K, h), e tanto più quella del greco serioire, 
per lo gh originario, dipenda da un principio generale, che sì 
attua costantemente nel gruppo greco-italico, per tutte le aspi- 
rate e per sue proprie vie; e come, in ispecie, essa presupponga 
r esplosiva aspirata mantenutasi per lunga serie di secoli dopo 
che era avvenuto il distacco della favella àegV Itali e de* Greci 
da quella degl'Indi e dei Persi. Quindi rimane affatto escluso 
che si possa ripetere una qualsiasi speciale consuonanza» tra i 
continuatori italo-greci e gl'indo-irani di gh originario, da ial- 
terazioni che si fosser consumate prima di quella divisione. E 
le favelle dei Germani e dei Celti ci mostrano, alla lor volta, 
g per gh originario, secondo l'analogia generale di cui pur già 
toccammo (p. 154, 169); quindi pure in esse non mai si ripro- 
duce lo scadimento indo-irano {z' da gh) del quale ora si parla **. 
Ma, anche per questa parte, le cose mutano affatto di sembianza, 
<}uando ci volgiamo al gruppo litu-slavo. Il quale nuovamente 
qui ci offre una particolar concordanza coir indo-irano, rispon- 
dendo per i e i **• allo z asiatico {z dello zendo, h del sanscrito) 
per gh originario, come si può vedere da' seguenti esempj : 



♦ Vediamo tantosto (p. 190) come si dichiari l'apparente discor- 
danza che è, tra sanscrito e zendo, in duhitdr^ s. , dugkdar^ z. , fi- 
glia. Tocchiamo pure di han s. allato a gan-- z. (p. 192-^3 n. ), e di 
'drag ohe nello zendo si aggiunge a darez^ssor» dark (p. 189 n.). 

** E60mpj celtici e germanici per la continuazione di gh originario, 
mantenutosi gh o fattosi i' indo-irano, sarebbero, dall' irl. ant. : gaim^ 
inverno (35, 1.), %-im, io lecco (35,8.), dall' irl. seriore (Stokes, 
Irish glosseSf p. 118): sealg (*selg), milza (35, 5., 36, 1.); e dal got.: 
gistra-^ jeri (35,2.), vig^a, via {vag-erij carro; 35,3.). 

♦** Quindi lo stesso rappresentante lituano (z) e slavo (z) che ave- 
vamo nella continuazione alterativa di g originario, com' è consen- 
taneo all'indole della favella litu-slava, che non disceme tra media 
pura e media aspirata dell'idioma primitivo. 



§ 36. BTX e varietà. DSLLB ALTERA^IOm DELLO gh ORIGINARIO. 185 
Sanscrito e zendo. lituano e antico bulgaro. 

1. *ì^jamay z. ;sima-, s. himà (35, 1.)» !• iètnà^ b. kima^ id. 

inverno. 

*t?a;i', z.wajSjS. »a^ (85,3.), vehore. 1. vez^ù^ b. vei-Oj veho« 

*tarz\ s. tarh (discerpere, v. 35, 4.). b. trus'-ati , veliere. 

^splazariy z. gpereza^ s. pliharij h. slezenay id, 

milza (35,5.). 

*miz% z. mù, s. mi/i, urinare (35, 7.) 1. my'z-ti , id. 

*Zii*, s. lih^ leccare (35, 8.). 1. lez-ti, b. lizzati ^ id. 

*aw;2*M-, s. a^w-, angusto (cfr. 35, 9. b. ozù-kùy angusto. 

e p. 186). 

*darz% z. darez^ s. dark, fermare, b. rad. druz-,, tener fermo "*. 

fissare, consolidare. 

Il valore della quale concordanza è pur qui accertato, imprima, 
dal trovarsi ancora concordi il litu-slavo e V indo-irano nei casi 
non gran fatto frequenti di conservazione indo-irana dell' antica 



• 
* Questo esempio , non meno saldo degli altri , ha d' uopo tutta- 

volta di qualche schiarimento. Il Lessico di Pietro'burgo pone allato 
al sanscrito dark il paleo-bulgarico druz-atiy tener fermo, padro- 
neggiare (cfr. Curtius, num. 316), e ben 9i appone di certo. Ma 
druz-^ti non farebbe prova per z s\.tsh sscr., poiché il suo z tanto 
potrebb' essere il prodotto di z-j, quanto quello di g-^ Cdruz-jati 
*drug-jati). All'incontro avremo netto ancora il tipo' druz nel pa- 
leo-bulgarico druz-^ati^ drui^noti^ audere, che mal si è tentato di 

• 

raccostar direttamente al sscr, dharì, poiché lo i si. non può rispon- 
dere allo 8 sscr. (cfr. Schleicher, Formenlehre der hirckensL spr,^ 
•p. 117-8). La successione ideologica: tener fermo, sostenere, opporre 
resistenza, osare, ha molteplici conferme. Cosi il greco roXi^a, audacia, 
dice veramente: la forza di sostenere, sopportare; e il sscr. dhar-'f, 
audere, rampolla alla sua volta da dhar^ tenere, portare (v. Vlntra- 
duz. alla Morfól,^ s. vv., e nella Fonologia irana il gruppo in cui 
entra l'armeno v^sta-'h^ confidente, ardito). - Il significato di 'lei- 
gare' (tener fermo, fissare, legare) si manifesterebbe nello zendo de* 
reza^, vincolo, catena, e nel lituano dìrza'^s, correggia, donde ulteriore 
conferma al nostro riscontro fonetico. 



I8Q §'36. ETÀ S VARIETÀ DELLE ALTBRÀf^IONjL DELLO gh ORIGINARIO* 

gutturale. Dove in primo luogo si vuol notare, come la vece 
indo-irana di^ z è ghy che avvertimmo tra il verbo miz\ uri* 
nare, e il nome maigha-, nube (35, 7. ), avrebbe ora il suo ri- 
scontro nel lituano mig-là, paleo-bulgaro mf^-Z^,nebula, allato 
al lituano myz- (36, 1.), urinare. Si aggiungerebbero, tra gli 
altri, dallo slavo antico: Ugu-ku, levis, allato al sanscr. laghi- 
(35, 6.; cfr. si. oitì-Aiì = sscr. ahù-y 36, 1.), e stiff^no-ti, arrivare, 
allato al sanscr. stigh sUgh-nu-tàiy ascendere •, gr. (rxsiyw, pro- 
cedo**. Dall'altro canto, non v'ha pur un solo valido esempio, 
in cui il gruppo litu-slavo abbia ridotto a suono continuo T an- 
tica gutturale aspirata ^ e l' indo-irano la continui per suono 
esplosivo***; e la reale divergenza tra lituano e slavo si ri- 
duce anch'essa, per tutta quanta la continuazione di gh ori- 
ginario, a proporzioni affatto insensibili ****. Resterebbe la serie, 



* Questo verbo, addotto dai grammatici iadiani, non è paranco 
esemplato; ma trova piena conferma ne' riscontri europei, ed in ispe- 
cie, per l'aspirata, nel riscontro* greco, allegato dal testo. 
, •♦ Pei riscontri 'lituani, ed altri esempj, vedi intanto lo Schlbichbr, 
nel Compendio^ §g 178^ 187* E anche spoglio di quel po' di artificio 
che il FiCK* ci mette (q. c., 13), ben si potrei aggiungere l'esempio 
4a lui statuito rlit algà^ prezzo. (salario), sscr. arghd-y pregio, prezzo. 
• ••♦ Si potrebbe pep vero citare il lituano. ;j0r-iù {iér-^ ap. Nbssbl- 
ja.AìX^)f ardere, rtepleudere, a cui si trovano anche paralleli slavi, 
di contro al S90t, ghar^ che si iradxkce splendere^ e che in efeJito, 
Wsuoi rampolli» mostra piuttosto il valore di ardere^ riscaldare, 
Senpnchò, a tacer d'altro, lo ghar originario e sanscrito {gar zendo) 
ila intanto la sua normal continuazione litu*slava nel paleo-bulgar. 
^or-;/e-^>\ ardere, cui pongono a fianco il lituano garas vapore. Ora 
si pud consultare, intorno a questo gruppo, il secondo voi. del Wur* 
jgel'njDórterbttch di Pott, p,252, 

: ,*♦♦* Jl paleo-bulg. stlzat semita, allato allo 5</^-np^^/, arrivare, che 
Jbestò citammo, od al lituano staig-ù-s^ precipitoso, noi^ costituisce già 
uno screzio radicale; ripetendosi la forma collo ^ dsk fenomeno se- 
priore, peculiarmente slavo ('Uig-ja^ Schleicher, FormenU d. kircbensL 
spr.^ p. 151, Compendium^ § 182, 5). IVJeglio angora è ina^^ifesta 1^ 



§ 36. ETl E VARIETÀ DELLE ALTERAZIONI DELLO ^i^ORmiNAKIO. 187 

in cui, a primo aspetto, par che litil-slavo e indo-irano dìacpr-^ 
dino air incontro pei* ciò, ch« il secondo grappo abbia il 3aonoi 

continuo e V altro V esplosivo. Esempj : 

. ■ • ■ • • _ •.■■•< 

Sanscrito e zendo. tatuano e antico Malgaro. 



2. *daz\ z. dfa^, s. da^,. abbruciare. 1. deg~ù^ abbrucio. 

^duzitar, s.duhitdr (del riflesso 1. duiter^Cdug-ter-^j nom. duktb\ 

irano sì parla tantosto), figlia. figlia*. 

*miz\ z. gnizy nevicare. 1. sni^-^t, nevicare, sw^^a^s, neve J 

b. sw/e^w, neve. » 

' ^az% z. flit-, s. d^t-*, biscia (35)1(L)« 1* anpi-^Sy id; *►; 



modernità dello screzio in zlu-tù paleo-bulg. (con ;?, non con ir), giallo, 
accanto al lituano ^èZ-^ti-s, id., e simiglianti ; dove T alterazione slava 
proviene dal l attiguo; cfr. Schléicher, Compendium, § 182, e lì pres* 
voi. a p.^ 55. Ad altre apparenti divergenze arriviamo tantosto. Diver- 
genza, reale vi avrebbe all'incontro fra ^osi paleo-bulg. e zàk-'S li- 
tuano, oca, allato all' equivalente sscr. hasd- hàsL Ma il caso essendo 
«j^osì isolato, può surgere il dubbiò, che lo slavò abbia assunto la de- 
nominazione germanica di questo palmipede (gans[i]). 

♦ n riflesso paleo-bulgar. dusti^ gen. dustet*^^ ripete dall'i Talte- 
tazione di ^Mn «i. 

** L'equivalente paleo-bulg. àzi (addotto da un less. del 1704, e 
confermato dai riflessi de' moderni idiomi slavi ; cfr. MiKLOSictf , Lexi^ 
<}on palaeoslovenico-^raeco^latinum^ 1862-65, p. 1163, e qui Bopra, 
Tult. n. a. p. 114), ripete il suo z dalla vodaìe che sussegue. - Due 
nuovi esempj, per la sèrie a cui ora slamo, son proposti dal FiCKt 
o. e, p. 19, 148; cioè: il lit. ig^ijuy conseguo, ottengo con fatica» 
ini dò pena, allato al sscr. ih ih-^a^taiy agògnarot darsi pensiero; 
e i lit. pa-jSgm^Sy robusto, jVp-*itì;, son fòrte, ^lato al sscr. jàftt«t, zend^ 
ja*ziA*j che traducono: grande. Senonchè, circa il primo è d-àvvertìrj?^ 
che difficilmente esso è diverso dal composto t-*gyiù {%non è divèrso^ 
nella pronuncia, dat; ed y lo è solo per la quantità), conseguo, co^i^ 
mechò il Ksssblmann {Wórterbuch der littauiscìien sprachei 24*254) 
li tenga-divisi. Circa il secondo, si désidereitebbe maggior bdnveiii'eii»» 
ne' Significati ; ma ò caso, tuttavolti^i bea degno: di consideraziotife 
V. ancora l'ultima nota a questo paragrafo. ' . ! :• • • «• 



I8d § 30. btX b varibtX bblle alterazioni dello gh orioinario. 

Ma aguzzando rocchio noi ci faremo capaci, che simili diver- 
genze hanno lor proprie ragioni, e lungi dal togliere, crescono 
importanza alla serie in cui coincide la alterazione indo-irana e 
la litu-slava ; coincidenza che qui anzi risulta più esatta che mai. 
Come riuscivamo a scoprire, nel ^ sanscrito, due diversi gradi 
di alterazione del g originario (§§25, 26), Tuno de' quali ci era 
rappresentato dal tipo varg vrk-tà^ e l'altro dal tipo marg 
fnrs-td^ cesi nel h sanscrito (i' indo-irano) ne scopriremo due 
diversi dell'originario gh ; nel primo de' quali si ha la costante 
vece grammaticale Ai h e gh {ciVr p. 104-5), mentre nel secondo, 
che è il più solito, avremo dh {*z-¥t, v. §44) per prodotto di 
h't h'th (cfr. p. 105). Si osservino : 

r 

3. I. Oontiauazione di gh orig. parallela a quella di g orig. del tipo 
varg vrh-td- Cvrg-td): duh^ mungere, 3. sg. del fut. att.: 
dhauk'sjdti (v. Metat, delV aspirai. ), partic. perf . pass. : dug-dhà 
(^QV ^dugh-ta, v. §40, ap. 5); dahj abbruciare, partic. perf. 
pass.: dag^dhd^ snih^ amare, 3 sg. fut. att.: snaik-^sjd-ti^ 
partic. perf. pass.: snig-dhd-'. 

II. Continuazione di gh orig. parallela a quella di g orig. del 
tipo marg ntrs-td (che è il caso infrequente per g e solito per 
gh^ cfr. p. 106-7 e 180): vah^ vehere, tarh, discerpere, mih^ 
mingere, lih^ Ungere, darh^ firmare (36, 1.), daranno bensì an- 
ch'essi figure sigmatiche sulla stampa di vak-sjd^tij vehet; ma 
se passiamo alle figure residue, che possono esserci rappresen- 
tate dal partic. perf. pass, in *^a, avremo ùdhd trdhd midhd 
lidhd drdhd (cioè *uz^ta trz' + ta ecc., v. §44)*. 



r»^-»- 



* La grammatica indiana. statuisce, che il tipo duh dug'^hd^ sia 
propizio delle radici ehe incominciano, per d^ e il tipo, mih midhd- sia 
di tutte le residue;' e la special concordanza, tra la voce asiatica e 
la litu^slara, che stiamo per avvertire, manterrebbe tutta la sua im- 
{M>rtanza aacbe.data questa regola^ tanto piti che si estenderebbe anco 
air eccezione. 0iova tuttavolta considerar piU d' appresso qqest* affer- 
nazione de* grammatiei. I complessi radicali, sulla forinola d-..-^, si 
riducono Teramente a questi oinqite: dah dih duh druh dark. Ora il 
quinto di essi ci dà, pome il testo mostraya, il partic. drdhd-^ e a<>a se 



§ 36, STA B VARIETÀ DELLE ALTB&AZI<»iI DELLO ffk ORIGINARIO. 189 

Ora, eì nbn può ess^r^ opera dèlcaao, che il 'lita*£rlavo rispónda 
per g quando il sanscrito ci ofire il tipo duh dìig-dhà^y e allo 
iacòntro risponda per z (z) quando il sanscrito ci mostra V altro. 
tipo darh drdhà- (*rffi* + te); cosi come rispondeva con seg 
al sscr. sag sah-tà-j mentre con melz al sscr. mar^ mrstà'^ 
(p. 117,)« Quindi legittimo il lituano deg-ù allato al sscr. dah: 
{dag-dhà-), abbruciare (36,2.), quanto son legittime le radici 
litu-slave vez trùz tniz liz drùz (36, 1.), rimpetto ai paralleli 
sanscriti che testé raissegnammo (36, 3. Il), la cui uscita, nel 
congiungersi con qualsiasi suono esplosivo » più non si mani- 
festa per esplosiva gutturale, ma si per linguale continua. Le- 
gittimo quindi ancora il lituano duk-ter (dug+ter), figlia, allato 
air equivalente sanscrito duk-Utàr (36, 2.), poiché non d'altra 



ne ha alcuna figura verbale che ritragga il tipo duh dug-dhd [un' an- 
tica oscillazione attesta forse lo zendo drag drakh-ta-j allato a darez 
cLeres~tà^ pure dello zendo] , eccezione assai importante, che lo stesso 
Benfey {Volisi, gramm.^ § 66, 5) ha omesso di avvertire. Di druh 
dicono i grammatici che ammetta amendue gli aspetti , ma veramente 
non vedo esemplato se non il tipo drug^hd*. E a dru/i aggìungen-' 
dosi gli altri tre (dah dih duh)^ resta notevole, senz' alcun dubbio, 
la relativa abondanza del tipo dug-dhà- tra i complessi radicali che 
incominciano per d. Ma, ali* infuori di questi, pur lo avremmo, ol- 
ti^echò in snih shig-dhd^ addotto dal tèsto, che è, per quanto io po9so 
vedere, il solo tipo esemplato in questo verbo, a cui la grammatica 
li concede entrambi, anche in mufi^ turbarsi, di cui ricorre così mug^ 
-^hd come mùdhà^; e ancora comparirebbero l'un'o e T altro in shuh^ 
ohe non vedo esemplato. Cfr., per simiglianti osciliaùoni, la fine 
della n. a p. 106. - Del rimanente, la vece tra h egh, in quanto 
s' abbia la prima figura nel verbo- e V altpa in formazioni nominali , 
vece solita, come è naturale, dove ricorra g-^dh per entro al verbo 

« 

stesso (quindi: dahy ni^àghd", calore; duh^ dùgha-^ che porge latte, 
e anche nel partic. medio: diSùghana" = dùhàna^\ dihj sanrdaigha" ^ 
san-daiha-, dubbiezza; dru/t, -^rdughar ^ drauka-^^ oS^a,), occorra" 
anche nell'altra categoria, e cosi già incontrammo aughor moÀghà" 
allato a vah mih (35, 3. 7. y. Cfr. la n. a p. 107, in-f. 



l9d § 36. EtX B VARIETÀ DBLLB ALTÉaAZtONI DELLO gh ORlÓINARtCI^ 

TI di tratti che Mia radice dwft, mungere, allattare*, che apw 
punto ^ dà, come già vedemmo, il participio dug-dkà, e dà quindi, 
nello zendo, dugh-dhar* , figlia ♦♦ , pure in questo sostantivo 
2endo incontrandosi immediatamente T uscita del radicale con la 
consonante del suffisso, dal che dipende T apparente divergenza, 
fra sanscrito e zendo, circa T abito radicale dello stesso nome 
{dùh4'tar, dugh-dhar) •♦*. Per tal modo, anche delle due con- 
tinuazioni alterative dello gh originario, le quali ci potremmo 
raffigurare, ne*lor primordj, per gh*, del pari che delle ana- 
loghe deiroriginario h ( k^ §§ 14, 15), e del g originario ( gS § 25), 
la favella asiatica ha comune la più profonda^ e più antica, eoa 
la litu-slàva,.e T altra no; e circa la dichiarazione cronologica 
della special comunanza, che pur ne viene tra* due gruppi, dòb-^ 
biamo riferirci a quanto pei fenomeni analoghi ne abbiam detto 
ne' discorsi precedenti ♦*♦♦. Ma ancora una corrente alterativa 
incontravamo neir istoria delle altre gutturali, quella, cioè, la cui 
tase volemmo rappresentare per ky gy *•♦**, e soleva determi- 
narsi per hv gì) nel fondamento di varie favelle europee e per 
ij gj nelle asiatiche ( onde /t</, coincidenti con T esito esplosivo 
di k* g*), mentre nel litu-slavo qui trovavamo costantemente illeso 
il k ed il g. Ora, et non vorrà di certo esser caso fortuito se la 



< ♦ In questa voce per ^figlia', si è voluto vedere * la mungente', 
dair ufficio affidato alla giovane donna nella famiglia patriarcale. Io 
piuttosto ci vedo una semplice indicazione del sesso, ciod ^che allatta ^ 
4;Le dà latte, femina', senso che si eonviene a una derivazione da duk^ 
(dugh); V. gli^^uc^^* orientali e linguistioiy I (1854), 102^ e il diigha^ 
citato in sulla fine della n. che precede. 

. •♦•Vedi, in ispecie per '^har=s''<^tarf la FonoL irana^ s. v#, e in-» 
tanto cfr. lo zendo ukhdha^ parlato, *uh4a^ ( 15, 2.). 
, **« La sibilante si avrà quindi pur neUa risposta irana,. là dove segue 
o susseguiva vocale; si confrontino p, e. le voci neò*persiane : dukh'* 
'itar^ figlia» duhhréan^ mungere^ dùsj mtmgiì^ dùsl-i'^dan.i mungere 
<««*i, Y.-Fon. ir.M, V.). 
**** V. p. 56-7, 118. . »♦♦*♦ V* p. 84-85, 127^28.^ 



§ 36. STA E VARIEtÀ DELLE ALTAHÀZIOia DELLO ffh ORlÓINÀàlO. 191 

stessa attinenza si ripete nella òontinxiazione dello p^,! è quindi 
le Yoci per neve^ nevicare {3Q, 2.) si ragguaglino nel modo che 
segue: • . ' -, 

'4. '$nighy^\ indo-ìrano: *sniz% zendo: gnizy nevicare;- base greca^ 

italica, germanica: 'snighv-; gotico: snai[h]v-s*^ nere; greco? 

' *vix/'~ vt(p-ét ( <p : 5^ : : X : x/*, p : y/*), nevica; ; latino : *mHt?- 'ninUv^ 

(§ 32, III, e cfr. p. 126, 18tì-l), nic^s mv-is, ningv-M (neve)i nin4 

^rc-i-f ♦♦;- forma litu-slava snig-^, coma ai veldè dalle voci cljft 

* già adducemmo (36,2.). > " , 

Al quale esempio troveremo ancora. analoga la voce per 'angue*' 
(35, 10., 36, 2.); poiché, dall' un canto, il termine asiatico, il la- 
tino ed il lituano {az% anhui, angi) qui si stanno nuovamente 
fra di loro in quella identica attenenza; e, dall'altro, si ag- 



* Cfr. p. 69-70. 
• ** V. Curtius, o. c, nani. 440, e la nota che qui sussegue, he 
voci per ^neve' mi costringono, ancora, mio malgrado, a censurare 
due uomini, che per vario modo sono assai benemeriti de' nostri studj; 
Afferma ciod il Corssen, con singolare imperturbabilità {ÉritiscM 
beitràge eòe, ]^. 55, Ausspraùhe ecc., 2. ed;, p. S5), che l'i* di ninguis 
non sia di mero sviluppò fonetico, ma sia all' incontro il suffisso ut 
come in U-^A^s ( ZeÈ-iw-s i-Xaj^-ó-? lagh^-^ 35, 6. ), suffisso eh' egli 
ritrova anche nel parallelo paleo-bulgarico, al quale affibbia costan-* 
temente un u finale. Ora, prescindendo dalle ragioni comparative che 
sono svolte nel nostro testo, Vù^ onde veramente si chiude il paleo^ 
bnlg. sTfjegù^ è il normiale rappresentante sì dell-^ e si dell'io ori-» 
ginario è lituano; e quindi é affatto arbitrario lo staccare la forma-^ 
Kione bulgarica dalla lituana, mentre l' una, come suole, risponde con 
esatto ragguaglio all'altra ^Jegu^snèga'^). Viti grave d il peccato* 
di Max Mùllbr. Il quale, nell'immaginazione di aver trovato unr 
nuovo esempio di f «v orìg. ed in Nt^pT) una dea della neve» esce a 
parlarci {Zeitschr^ s. c.^ XIX, 42-3) di un tema sniv o niv al quale 
risalgano i nomi di questo frutto invernale. Senonchò il chiaro uòmo 
tralascia non solo di dirci com'egli ne ricavi le forme litu«*slave,.chd 
non adduce; ma tace ancora del modo in cui egli concili!, col sud 
^ni'é originarlo, lo teridio gniZy che ha pur citato^' 



182 § 36. BTi B VABIBtI DBLLB ALTBRAZION I DBIXO gh OBiaiNARlO. 

giunge il greco 2<p(*Ct angue, che sta ad angui*s cosi precisa- 
mente come vaipHx (nivem) a ningu-em. Né può sturbare il greco 
{^(-c, vipera, che già a suo luogo adducemmo; stando d<p(^ 
(v. ITnd.) ad Ìxt-« ^si come il jonio xc^Tgpo; al WTapo; degli altri 
dialetti (§ 20) ♦. 

- Nessuno dei casi che sapemmo addurre per g litu-slayo al* 
lato a h sanscrito (§ 36, 2), vale dunque a scemare importanza 
al fenomeno di z (i) litu-slavo di contro a h sanscrito {z zendo), 
coincidenza peculiare, che ci era imprima attestata da una serie 
di esempj (36, 1.)**; e se ora, pressoché al fine, come siamo, del- 



* Il ragguaglig o(pt- = ?yi- = aAi- ecc., proposto dubitativamente dal 
POTT nella prima edizione delle Etymologische forschungen (I, 144), 
e poi affermato dal Benfey ( Wurzelleooikony 1, 144-5) e dal Bopp {Glos- 
sarium^ s. ahi), i quali dichiaravano T equazione cp^x P^^ ^^e che 
non potevan persuadere, fu poi rifiutato dal Curtius, che si avven- 
turò a propugnare la derivazione di o(pi; ('ox/'ic) da OK [OH], vedere^ 
cfr, $p(xx(Dv (o, e, num. 172, 627). Ma il nostro ragionamento compa- 
rativo dovrehbe pur togliere ogni dubbio. L'obiezione della qualche 
diversità de* signiQcati (l^^c vipera, S<pi; biscia), ^è per due vatsì in- 
sussistente; poiché, dall*un canto, entrambi 1 valori si fanno proprj 
anche del sanscrito a^t-*, e, dall'altro, andando a maggiorità di voci, 
piuttosto si avrebbe a staccare i'/i^y che non 5^ i;, da anguis^ angìs ecc. 
E l'uaa delle due voci greche valendo pel genere e T altra per una 
specie^ se ne attenua, d'altronde, la singolarità dell'aversi simulta- 
neamente amendue le figure ne' dialetti stessi; singolarità che ad ogni 
modo non potrebbe sgomentarci, se, a dir di un solo esempio censi- 
loile, già avemmo a notare, che ic^ftic-ro^, quinto, il quale presuppone 
TÌ\tmtj è pur de' dialetti che dicono Wvts (17,4.)* La lunghezza me- 
trica della prima sillaba di cl^tc Cox/^iq) avrebbe dunque, oltreché la 
stessa legittimità, anche la stessa ragion genetica della lunghezza 
dell'i di vt(p^6e (NixA*)» 

' ^ Né varrebbe ad infirmarla l'esempio del Ut. ^ègù-t allato al 
sscr. jahónj z. jasu-^ toccato alla n.^ di p. 187, poiché non ci ò dato 
di vedere come la radice se ne atteggi nelle forme caratteristiche 
del sanscrito o delb zendo. Quanto é infine al caso iniziale di han 



§ 36. £TÌk E VARI^tX DBUifi ALTfìRAZIQNl DELLO gh O^TOIITARIO. ' 193 

» 

VftPdua nostra ia4agiM intQraa ^X cwtiatiatori dalle guttaf ali 
odginarie, la più ardua, per ayyeatara, di quante oooor rótto 
al fonologo nel campo sul quale ci moviamo, 36 ora volessimo 
tentaa^e di raffigurarci per sommi capì , a guisa di riassunto che ci 
raffermi e ci rinfranchi, le principa^li risultante che ne ricavammo 
in ordine all'istoria delle diverse alterazioni che questi moni 
hanno subito^ ce ne uscirebbe il pi^pspettp ch^ qui si dejiinea: 



k. 



g< 



Indicazione 
approflsltiaifciTa 

d«ll'ÌBtftCCO, 



y(p. 46,56), 

k* seriore (p. 
51,85), 

. ky(p-85), 

g*(p.ll8), 

g* seriore (p. 
117-8), 

gy(pag.ll7, 
128), 

gh. gh» (§§34, 
36), 

gh* seriore 
(e. s.), 

ghy(c.s.), 



SanscriU. 



p(§n), 

n (§§ 12, 13), 

% ( §§ 16-19), 
i/(^t§§24-5), 

^(A-(,§§24-5), 

^(p.l28), 

h Cz'-dy dh, 
p. 188), 

/i(^-d?7i, C.S.), 
A (p. 190-92), 



Riflesso 

bafte dd riflesso 

greco e latino» 



A(§ii), 

h (§ 12), 

fe? (§§16-19), 
^(§23), 

P'(§'23)i 

A/K§35), 
[hh{% 35)], 
ifeA«(p.l90-2), 



■ I 



Lito-glari. 



S^,s{gl5,3). . 
*<§15,4). 

ft<§lM;p,85). , 

*,i {§.25,2; p. 128, 
cfr.§36). 

fl'(§25,4rp.-117y.> 

gr(§-25, 4; p. 117, 
128). 



V » 



i:,;2r(g36,l;p.l89-90). 



fl^(§36,2;c.s.). 



gr(c. s.). 



sscr.| pulsare, icere, paleo-hulg. ^na-^i, pallore, impellere (IvriKLOsiCH, 
Lexicon s. e, p. 131, cfr. Fick, o. c, p. 64 e 246, e J^esselmaj^n, 
o. e, 3. genù e ginù)^ va imprima considerata T assiduità della vece 
sanscrita di h e gh per entro alla stessa conjugazione di g[uesto verbb 
(perf. gaghàna^ desider. gighasatiy ecc.), e inoltre là risposta zenda, 
in cui si ha g (e non z)y che alla sua volta si'alterna, nel verbo, 
con g (gh): gan ghna^ = sscr. han ghna-. Quindi ne abbiam conferma 
anziché contrasto alle deduzioni nostre. 

Ascoli . Fonol. indo-it.-gr. 13 



194 § 37. ETÀ E CORRISPONDENZE DELLO kh SANSCRITO* 

« 

g 37. Rimane che attendiamo cod breve discorso alla cronologia ed 
alle corrispondenze della tenue aspirata sanscrita, kh^ prose- 
guendo, con particolare riguardo a questo individuo^ le conside- 
razioni già svolte, sulle generali, intorno alla specie (p. 145-7). 
E si tratterà di povera messe. 

Le fenùi sanscrite son di frequente aspirate quando susse- 
guano, nella radice, a. s (skh-^ sth-, sph-, cfr. §§ 41 , 49, 58, 
e Dilegui) ; la quale aspirazione non si può in verun caso affer- 
mare jpre-indiana, poiché, od è affatto peculiare alla favella 
ariana degFIndi, o se, per singoli casi, incontra il fenomeno 
corrispondente in altra parte della famìglia, rincontro, quando 
pur sia esatto, piuttosto che a comunanza originale, vuole es- 
sere attribuito a effetto identico d'identica causa. La quale non 
risiederà punto, come alcuni glottologi hanno voluto, nella effi- 
cacia aspirativa della sibilante^ che mi parrebbe un'azione af- 
fatto misteriosa; ma bensì in ciò, che la sibilante aderendo assai 
strettamente alla esplosiva che le sussegue (ed il sibilo è, nel 
sanscrito, la sola specie di consonante che possa precedere, ini- 
ziale, a un* esplosiva) , la attrae come a sé e la distacca dalla 
vocale che lor tien dietro, per guisa che uno spirito aspro si 
venga a frammettere tra questa e la esplosiva aggruppata (sk-'a, 
si-a^ sp-a; cfr. p. 154). Comunque, ad ogni modo, surgesse, 
per limitarci alla gutturale, l'aspirazione del k sanscrito nella 
combinazione skhy riman sempre che il semplice sh si avrebbe 
a riputare, secondo la generale analogia, normal risposta eu- 
ropea di questo gruppo indiano; e cosi il lat. scel-us legittima- 
mente si raccosta al sscr. skhal shMl-a-ti^ vacillare, shhal'i- 
-tà-, il porre* il piede in fallo, caduta, peccato, colpa. * Ma 
noi siamo, d'altra parte, preparati a trovare alcuni casi, in 
cui la comparazione accenni ad aspirazione originale della te- 
nue; ed ora ci conviene toccare del modo, pel quale abbia a 
continuarsi, in generale, nel greco e nel latino, una tenue aspi* 
rata del periodo originario. Dove noi affermeremmo ^ comechè 



* V. ancora il § 41. 



§ 37. STA fi COREiSrONDJSNZfi DBLLO kh SANSCRITO. .195 

la scarsità dei fatti qui imponga la . inaggiora cautela i pbo i 
continuatori greci e latini delle tenui aspirate coincidano con 
quelli delle aspirate medie, ed a buon dritto, poiché, la prima 
evoluzione ellenica ed italica della media aspirata originaria 
riduceva questa, secondo le conclusioni nostre (§33), a coincidere 
colla tenue. Supposto cosi un originario nkh^ adi ne dovremmo 
avere y/l greco, e *nìi ng latino, cioè prodotti non diyersi da 
quelli che avremmo per ngh originario, che diventa nhh nella 
base italica e nella greca *. Crii scarsi amminicoli di prova, che 
intanto si possono addurre in ordine alla tenue gutturale aspi-^ 
rata, sono questi che seguono. 

1. Sscr. gankha'Sf garMia^-m^ conchìglia;- gr. xÓyxo-c (x, c, =* p, 
§ 11), xÓyx.>j \concha)i conchiglia bivalve, conca (vaso e mi- 
sura di liquidi);- lat. *conlfi-io^s^ cong^iws^^.j^ Sscr. nor 
klìd-Sj unghia, artiglio, naA7iara«-5, fatto a forma d' artiglio ;- 
gr. ovo}^- Cv. Ind,) , nomin. ovu$ , unghia, artìglio ; - lat. 'onUms^ 
unguiSf Wedr-uhuiay reduvia (v. Ind.\ pipita o panereccio). Qui 
però insorge qualche altra favella, e in ispecie la lituana còl 
suo nàga-'Sy unghia, artiglio, ad accennare a gh e non a hh 
originario; e sappiamo che il greco ed il latino ugualmente si 
adatterebbero ad una forma originale collo gh. Ma la tenue 
aspirata ha ancora per so i riflessi irani, p. e. il neo-persiano 
nàkh^uHj unghia. Ai precedenti due esemplari, i quali, co- 
munque si consideri la ragion fonetica dell'elemento gutturale, 
sempre rimangono inconcussi, se né aggiungerebbe un terzo, 
che non ha, quanto a' significati, la stessa evidenza, ma tut- 
tavolta mi par sempre assai notevole; ed è il sscr. mùAha-mj 
bocca, fauci, allato al greco yì-ix^ì pl« V-^X^* luogo riposto, 
seno di mare, recesso. 

Giova finalmente citare un esempio, in cui a kh stia allato, 
nel sanscrito stesso, la sola aspirazione, lo h; sordo in questo 



♦ Cfr. Studj critici, II, 161-9. 

*^ Y., anche per T esempio susseguente, il 1. e. nella n. che precede, 
e Vindice. 



196 § 37^ ETÀ E G0&R18P0NDBN2B DELLO Hk SÀNSCRITO. 

icasoi e ner consimili, sin dal suo nascere, 6 inisomma la spot 
glia p^vBfcritica dell* antica aspirata *. È makhé-, brioso, gajo, 
licon2iasò| e come sostantivo maschile: dimostrazione di letizia, 
fssta, premio, sacrificio, allato al verbo mah, rallegrare, rav-r 
virare, onorare, celebrare, onde mah-i-tà^, onorato, celebrato. 
'Dalle quali voci sanscrite mal si potrà staccare il latino machts , 
fì^ctef bravo! da bravo! {maote), celebrato, onorato di offerta 
^mactus esto, macte esto), consacrato (mactus taurus), e ne der 
'riva il verbo macto, propriamente: celebro, indi: offro sacrificio^ 
-sacrifico. Onde s* inferirebbe un caso latino di c-t « *h't.^ kh-t^ 
parallelo ai casi di c-t « *ìi't » ghrt {veotvrs ecc., § 35, p. 181 ♦*), 
Jl n guttarale, ohe ancora rimarrebbe ad esaurire la serie, 
si considera più tardi, nel discorso intorno al n dentale (§55). 



dM. 



• Cfr. p. 152, la Lez. XIV, e Studj crit. II, 128 e segg. ' 
*♦ Pure intorno a màJihd- ecc. sì voglia consultare 11 luogo citato 
nelle note precedènti (p. 168-9), dove è disborso anche di macellwrn. 



I 



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LEZIONE SESTA,' ' ■ ' 

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Palatine b LingualK ' 

f ' ' • ■ ■ • I ' ; • ' ' • • •••■..•' 

Airordine delle gutturali sussegue neir alfabeto sanscrito, che § 38. 
regola le nostre mosse, quello delle palatine. Ma la pura tenue 
palatina del sanscrito (S), e la media corrispondente (^'), i due 
^uoni più importanti della serie, già furono ampiamente can-r 
siderati» in ordine alla loro funzione etimologica» nel nostro 
discorso intorno alle gutturali, siccome quelli che surgono, di 
regola, l'uno per alterazione di A, ràltró per alterazione dì ^ * ; 
e l'ufficio etimologico della nasale palatina (n) vorrà alla sua 
Yolta essere altrove descritto, insieme con quello di altre na-' 
sali (§. 55), Qtti all'incontro mi pare utile, per più rispetti,, che 
ci sofiermiamo alquanito a scrutare V entità fonetica di queste 
consonanti sanscrite secoi^do la.^ittuale loro pronuncia, e con 
cdò pur quella delle consonanti d'altre lingua che per costitu- 
zione fisiologica rispondono ad esse« quali sarebbero, con mi-r 
nime differen^e^ à ^ g italittni (^Ice, argento)^ o i^k e J^inglesi 
ijchurch , joyf). E ci risulterà , nel progresso del nostro studio» 
sempi*e in più manifesto, quanto grande sia V importanza della 
sottile controversia di cui ora slam condotti a toccare. 

Air idiòma tedeisco mancando i suohi che noi rappresentiamo 
pere o R** e per ^ (selde, argènto), é mal perciò riuscendo a 



' I 1 1 ■ ■ I > I 



• • Cfr. ancora, per la fanrione etimologica di R, i §§ 40 (6) e 41 (4). 

' •• ^, in quanto rappresenti T attuale ^rouuncia della tenue palatina 

sanscrita (e zenda), equivale dunque a e, e potrebbe, per aVventura» 



198 §38. FISIOLOGIA DI e*, //, n. 

riprodarli chi abbia per idioma materno il tedesco, avvenne che 
in Àllemagna sempre apparisse soddisfacente queir approssima- 
tiva rappresentazione che se ne ottiene , secondo ortografia ger- 
manica» per tsch e dschy vale a dire, secondo la trascrizione 
da noi adottata, sch essendo l'italiano se di scemo^ per ts e ds. 
Ma ancora si aggiunse, che i più fra quegli scienziati tedeschi 
i quali cosi proficuamente attesero alla fisiologia de* suoni , pie- 
namente confermassero il concetto che deriva da tali modi di 
rappresentare lo e fi lo p, solo correggendo, com* era naturale, 
la trascrizione del secondo, con introdurvi lo j francese in luogo 
dello sch tedesco, .vale, a dire, siccome è richiesto dalla natura 

■ ( ■ , . . . 

sonora della media, non più la sibilante sorda che noi trascri- 
viamo per 5, ma si la corrispondente sonora y che noi rendia- 
mo per z\ cosi ottenendosi: ts^c^ d[i=p*. Laonde ì glottologi 
tedeschi, pressoché senza eccezione, si. stimano sicuri, che e e ^' 
sieno suoni composti ^ nei quali cioè v* abbia, chiara e distinta, 
una esplosiva dentale {t, d)^ susseguita da un* appendice sibi- 



esserci fatto rimprovero di questa duplice rappresentazione grafica 
d* uno stesso suono. Ma questa si legittima principalmente per ciò, 

che lo K ìndo-iranQ e lo e romanzo cosi concordano colla figura della 

I ■ ' ... ■ ■ 

gutturale onde etimologicamente dipendono ; p. e. : sscr. hary facere, 
Rakàrà, fecit; lat. dulcis^ ladino dóuóy due. < 
" ♦ V. p. e. Rauher, Die aspiration und die lautverschiéòuhg, § 47 
é la' prima iappendice; Binbsbil, Abhàndlungen zùr 4ìllgemeinen^er-' 
gleicìienHen sprachlehre^ p. 435 e segg., il quale però coUoca tsch ecc. 
fra i suoni mistiy tra quelli, cioè^ in. cui la durata Cw&hrung) di uno 
o di ciascuno degli elementi non equivale alla durata che ha quando 
è singolo (Pi 379, 461); Schleicher, Zur vergleichenden sprachenge- 
schichte^ p. 149^ il quale in realtà nulla modifica col distinguere i 
suoi dittonghi (^« ts ecc.» p. 128 e sagg.»146e ^Qg^.) ingruppi di 
consonanti; Lepsius, Standard alphabet^ sec. ed., p. 72; Brùckb, 
Orundzikge der physiologie ecc., p. 67. Il Merkel, nella sua Physich 
logie der menschlichen sprache (Lipsia, 1866), che mi soprarriva, 
meglio parmi accostarsi, per questa parte, alla verità (p. 205 e segg.f 
cfr. 195 e aegg.). 



§ 38. FISIOLOGIA DI e, ^, n. 199 

lante {s, z)\ il qual concetto, erroneo come fermamente io credo» 
venne, tra T altre, ad impedire in sino ad ora la icorretta in-^ 
telligenza di molteplici fenomeni, ne* quali s* in volge T azione di 
e di ^ *. 

Noi siamo ben lungi dal volere affermare, che non v* abbia 
differenza tra la qualità specifica di e e di jf, e quella, a ca- 
gion d'esempio, di p e di &, e che e e ^ si abbiano perciò a 
collocare, senz'altro, fra le esplosive semplici, cosi come a 
buon dritto vi stanno, senza riserva alcuna, p e b. Ma questo 
intanto possiamo affermare con ogni sicurezza, che e e g sono 
suoni non meno momentanei di quello che sieno p e 
b; e che se quindi ci proviamo a pronunciare é o ^ 
per modo ch'essi contengano, pur per la minima quan- 
tità di tempo che far si possa, uno s o uno i, essi 
cessano d'essere quello che sono; come ugualmente 
cessano di essere quello che sono, quando si tenti 
che un / od un d venga a formar parte della pro- 
nuncia loro. Quale pur sia la rapidità con cui si possa pro- 
ferire il gruppo ts dz in vintsere o tindzere, non si otterrà 
mai, che, serbatine distinti i due elementi, n'esca il vincere 
o il tingere della pronuncia italiana. 

Ma tra i sìwni assolutamente semplici e 1 stioni giustaposti 
che si succedcyno l'un ValtrOy vi hanno quelli che si possono 
addimandare complessi, quelli cioò, i quali si ottengono, a par- 
lare col BrUcke, « per ciò che le parti della bocca sieno simula 
taneamente accomodate a due consonanti diverse **. » Sono tutti 
continui i suoni che il valoroso fisiologo fa entrare in questa 
categoria, e son principalmente: s e z. Cosi egli decompone lo 
s in s + Ji***;msi naturalmente conviene, che nello s non si oda 
netto né s né R, e afferma soltanto, che la disposizione, mercè 
la quale si produce lo s, è quella che si domanda nella produ- 
zione di ft, modificata nel senso di quella che ci vuole per s ; 



♦ V. Vlnd. s. ^+jf e il luogo cit. a p. 142 in f. 
♦♦ O. e, p. 63. *♦♦ Ib., 64. 



20Ó § 38. FifiiOLO<iiA DI e, ff, n> 

e riman-isèmprd chò s ma veramente anche pel drticke stiono 
unico, e Ben già composto alla guisa di ir((? + s) od aitrattàlt. 
Ora io certo non posso entrare, senza perplessità, a suggerire 
nuovi discernimenti ai fisiologi; ma pur debbo avventurarmi a 
dire, come a priori non ripugni una special categoria di suoni, 
che si^BO compleési e momentanei. I fisiologi faticàu sempre 
a descriverci ed a mostrarci' come si formino i diversi contatti 
perla produzione delle varie esplosive; ma importerebbe an- 
cora^ e per la fisiologia e per la linguistica, che si studiassero 
e si descrivessero i diversi modi pe' quali i contatti si prosciol- 
gono. Il modo del proscioglimento può produrre, pei:* ristante 
deir esplosione , quella disposizione medesima che si richiede a 
formare una determinata continua, d afiSsitto semplice o com- 
plessa; e in questo <5aso si otterrà un suono 'Unico e morÀen-* 
taneo, ma pur complèsso, od anche doppiamente complessò, per 
causa di conformità parziale con un suono continuo. Immagi- 
niamo tin' esplosiva, per la quale la lingua formi il contatto a 
un di preèso come è per t, è pasèi poi ràpidamente, per Ti- 
stante dell' esplosione, alla postura in cui è nel proferimeiito di 
è^ ed ' óttèrrótóo; hoii ^ o 5, lied' entrambi, ma T esploliva »é, e 
quindi, a corde vocali raccostate, là esplosiva ^*^ 

Della portata di queste considerazioni abbiam tostò oppor- 
tttnità di fare esperiménto, riconducendo il discorso alte pala- 
tile. Sanscrite. La pronùncia attuale di Jt e g equivalendo pei 
dotti alemanni à is é dz, essi- trovano cTie anche i fenoilièni 
d- assimilazione, provocati da R é da ^, riescano afiatto assurdi 
ed inòòiioepibili, se non si ricórra alla anteriore pronùnzia di 
qùe!9ti elèihenti^ la quale si può a un di presso raffigurare, come 



, I I « > 



> té > 



* Sé fosse corretto il cerino di Max MIìller; 'Lectures oh the 
sctcncg 6f language^ li, l4t in ii., il Brtircké già avrebbe conceduto 
che '6 &g sieno esptòsive compleèse; ma il MiiUer, il ^ual del restò-, 
inglese come si è fatto, giudica rettamente circa T entità di questi 
suoni, applica ad Q|si/per isbagtio, la senteìiìa .che il Brtìoke notf por- 
tava se non intorno allOv so Bimiglianti (o. e, 63 e segg,, cfr, 07). 



§38. FISIOLOGIA DI cV g^:n: 201 

la etimologia vuote ed ógnano^' odncede, per A> '^e ^^.' Difatti ^ i( 
s di anjà'Si alias, a cagion d* esempio, passa 'BormàIineiitè,péfc 
assimilazione parziale,' in g, quando s'incontri in uno R, é quindi: 
anjàg-ìtay aliusque; e il d di ànjà^d\ aliud» passa nel. caso stesso, 
per assimilazione normale e totale, in /t; quindi: anjAìt-^d^ àliud- 
que* Ora, dato che ftaequÌTalga a <ftì5, è assurdo che non :ri-4 
manga dentale il s che vi s'imbàtte; e cosi appare afiEsAte ca-* 
priccioso quel mostro fonetico che avremmo ih anjAts-tsa, poichò 
rassimilazione naturale sarebbe in questo caso ^njat-t^cp. Quiiidi 
la conclusione, che, per intendere quei fenomeni, sia d^nopo tì^ 
portarci a' tempi in cui ft e ^ erano ancora palatine veféy e 
che, nell'attuale ortograàa e pronuncia del sanscrito, ' si làan-* 
tenga, per questa parte, a dispetto delle ragioni edfonicTie, l'ef-i 
fette eufonico di una causa che più non sussiste. Ma lo studioso 
italiano resta attonito al sentii* simili 'raiiiocinj. Poiché, quando 
ha appreso che Io ft e Io ^ del sanscrito non drfferiscan da quelle 
àue esplon'oé in-eomposte che noi trascrìviamo per é e per ^i 
il ca^o dì assimilaisiòrte che s*ha in anjà^-Hà (per an/^rf+Ro 
anjAt-^a), ^ ogni altro fenomeno conslmile, gli pajono Je pitt 
naturali cose del mondo. 3otio anzi fenoihÌBnì che nòti' si fanno 
ben chiari se non dalla pronuncia attuale di R e di g. R ise ve 
ne sono dc^li altri che* fanho testimonìatiza delle anteriori faat 
della loro proimnoia, come fu a suo luogo da lioi avvertito (§13)» 
non sappiamo tutta volta vedere alcuna ragione, perlaquale si 
possa legittimamente revocare in dubbio la molta antichità della 
pronuncia attuale. Anzi vediamo che tutto induce a farla sicu- 
ramente risalire in sino al peHodo indo-iràno ••; nel quale *tro- 



* Cfr. p. e. Lepsius, 1. e, p. 93 (cfc. 72); Ta^MPP, Gitonnale: eletta 
società orientale gerùiàmca> XV, 700. < ! ' : 

, ** Le antiche trasòrizioni greche non <$on£ortaao .di cerio V ipdr 
tesi di uno H che di poco si sco^ta&se da un mero ^ pait^t^l^. Avremmo 
così: SavSapo*^1fO< e Xxv^a-^xXoc (1. ^^^dLysc) ó ^(xndTjOnbhdgd^ tiov^ di 
fiume (cfr. A. W. ScHi;Ba£L, neli'/ndi^cl^e.òi^iio^^fty It^ìscM^^kinaf^ 
§ IO, Lassen, Indische alterthumskund^ Ir 44} nei ^ale ^esteiAplAre 



20!^ § 38. FisiOLOOif DI é, g^ n. 

ylanió/ che già fossero per intero t^mplute anche le alterazionr 
di ft in g {darp drsta) e di 17 in i {marz mrsta) •, che sono 
più profonde di quello che non risultino le alterazioni rappre- 
sentate da fi e j^ secondo pronuncia attuale. 

E ben chiaro, del rimaiiente, che noi per ciò non trascuriamo 
la molta distanza che ò tra 1* incipiente affezione della guttu- 
rali e la odierna pronuncia delle palatine sanscrite. Già accen- 
nammo testé come la base di queste possa per approssimazione 
indicarsi per h^ g\ sia, vale a dire, limitandoci per brevità alla 
tenue» un h palatale (cioè un k formato al palato duro, e non al 
molle opendolOi dove si forma il k da noi chiamato, secondo V uso» 
gutturale)y il cni oontMo si formi e si prosciolga per guisa da 
favorire lo sviluppo della vocal palatina, i,* e quindi della frica-* 
tiva che le risponde, cioè di j. La qual contìnua palatina, inva- 
dente per eccellenza, come già; per piccola parte, potemmo vedere, 
passa rapidamente, di grado in grado, in suoni affini di forza 
sempre maggiore, sospingendo di mano in mano, verso alla radice 
dei denti, il contatto dell'esplosiva che le precede, sì che ad un 
certo punto avviene, sempre sotto il doppio impulso della ten- 
denza ad agevolare la pronuncia e dell* affinità acustica, che i 



va ancora considerata la doppia corrispondenza greca f p per òk 
^scr.; òhag- suggeriva il greco 9*7^, v. pag. 156 n., e cfr. Lassejic, 
1. e, III, 176);- 2av§p^xuTrTo« e SxvSp^xoTxo? «=« kandra^upta"^ nome 
di re (cfr. Schlegel, 1. e, § 5);r e la stessa radice, con la mede- 
sima trascrizione grec^, ritornerebbe, dall' un canto, in (ràvSavov aàv- 
SoXov aàvToXov « handana-, sandalo, e, dall'altro, per regioni asiatiche 
diverse, in SolvSific, l'Ercole assiro e cilicio (cfr. Phil. Luzzàtto, Jour- 
nal asiatique, avril-mai 1851, p. 470 e segg., Ahhens, Orienta u. oc- 
dd^i, II, p. 1 e segg.). È affatto improbabile che le trascrizioni greche 
riflettano gHand" anziché Jtand" (v. 41, 4.); e ^àv^ per ghand- sarebbe 
del resto prova ancora piU convincente del molto distacco fra A e A. 
Nò ci potrà turbare l'isolato SocvSpà[jL>2C9 nome di re (« Kandràma», 
luna, Luno; ScnLEOBL, ih., §6). Si aggiungerebbero: ì npà<rcoe 
<« prdhjùr, Lassen, 1. e, I, 93, II, 691) e i IlocCocXat' {t^panMla-^ ib.). 
* y. i §§24, 25 è 43.^ ^ 



§ 38. PisioiiOGiA DI e, "^, n. ^à03 

due elementi si fondano in uno solo; onde abbiamo, e pel san^ 
scrito e per altre favelle, l'approssimativa serie: h^ hj kz ^s 
{^s) 1l*f dove la momentanea complessa (R) è la risultanza 
individua di due diversi suoni, cosi come lo s, che è tìna conr 
tinua complessa 9 ò frequentemente la risultanza individua di 
due diversi elementi istorici (di sk, di sj\ ecc.). Lo ft,'alla sua 
volta, per ulteriore alleviamento della pronuncia, passa facil- 
mente da suono esplosivo in continuo, che è quanto dire si sem-- 
plifica**\ e ne surgono sibilanti diverse, che anch'esse man 
mano semplificandosi, offrono la serie: s, ^, s ***. Cosi avve-^ 
niva, che sul campo romanzo trovassimo la serie che si può de- 
scrivere con questo esempio (v. p. 44-5): vaka va¥avaéavasa; 
e cosi neirindia, oltre a *k il (p.e. ruk- ruU-, 12,3. 13, 11.), ave- 
vamo pur l'altro esito dell'affezione, pel quale, continuandosi 

» 

quasi la serie romanza che or' ora adducemmo, s'arriva, a ca- 
gion d'esempio, dall'originario dik (II, 16. 13, 13.), mostrare, al 
sanscrito dig-y e al dis- pracrito ♦♦♦*, 



♦ Per la media: p*, gj^ gz ( ^z)^ g* Cfr. Schleichbr, Zur vergi, spra^ 
óhengesch.^ 149; Lepsius, 1. e, 71'2. 

^ Vedemmo di sopra, come e, pure essendo suono unico e momen-^ 
tàùeo, por si risolva in ^ + s + ?i, e così g si risolvè in rf + ir +j. Ora, 
la stretta complessa, non preceduta ^^ contatto, ci ridurrà a s-^h 
(«s/), 'z-k-j {z)\ e per semplificazione della strétta stessa, si può fiw 
nalinente arrivare a' semplici s, z, 

♦** Trovammo nel toscano, p. 22^, anche un'altra continua, vi- 
cina a /, e sempre emanazione etimologica di h. V. àncora Vindice 
s. ce ci, gè gù 

♦♦** Va qui ancora toccato di un'ipotesi che si è ripetuta così pel g 
sànscrito dirimpetto al k originario, come per \o S (eh) francese di-^ 
rimpetto a e latino innanzi ad a; l'ipotesi, cioè, che tra la guttu.* 
rale e la sibilante vi avesse lo stadio àeMo, fricativa o spirante gù1>« 
turale, che noi trascriviamo per Ti. Messa così, in questi casi» per 
base della serie alterativa una spirante, nel resto la vicenda non si 
avrebbe a mutare; poiché, avanzandosi nel palato la stretta perle Tiì 
quindi avendosene imprima un K palatale, otterremmo;. W,lij,^z^ 



304 §38/FX§ioLoaiA oi e, g^ n. 

' La descrmtme fisiològica :déU6 dae aspirate ^hrgh) potendosi 
dir contenuta nella generale definiziohe che Inspirata si ottenga 



*/, /. Ma io confesso^ che non solo non vedo alcun indizio che per- 
suada l'intermedio dello H^ ma anzi trovo che oglii cosa gli parli 
contro. E per incominciare dal fenomeno sanscrito, v'ha imprima, clie 
la sentenza, per la quale andrebbe allo q attribuito, in uno stadio 
anteriore, il valor dello H palatino che per esempio ricórre nel te- 
desco ich (io), sentenza che ha per autor principale il Kuhn (inHoe- 
fer. Giornale per la scienza del linguaggio, 11^ 166-74), non su d'altro 
in fondo poggia, se non sopra un postulato teorico, cioè Boprs^ ra* 
gioni di simmetria fonetica, per le quali sarebbe opportuna l' istitu- 
zione di questa z'^iranU sorda palatina. Non ha per so alcun positivo 
fatto; ha contro di so la pronuncia tradizionale e le antiche rappre^ 
sentazioai eterograftche; ed è scompiglia,ta dai paralleli etimo;-fonetici 
C|he abbiamo in favella irana e nella litu-slava; né può essere eoa- 
ciliata, quando non si accumulino ipotesi sopra ipotesi, colla vicenda 
parallela che s'incontra, ed in queste e nel sanscrito', per la media 
(§§ 24-25), dove per brevità ci limitiamo a ricordare, che g zendo 
(foneticamente non diverso da s)i sta. a ^, così come lo z (i) della 
stessa lingua sta a g. Quanto poi alla diffei^enza fonetica cjxd rimane 
da statuire^ pel sanscrito, fra ^ e « (Vi p. 13 )v abbiiamo ii;!i' an^ogia 
ppportunissima nel toscano, dove il e di piace (p. 22-8) non è più il 
e dì selce j ma volge, senza ràggiuhgerlo, allo Jf di scemo. - E pas* 
sando al fenomeno di siùh) francese per e lat. innanzi ad a, qui T ipotesi 
dello ^, o vogliam dire di e aspirato, ha per autore il Diez^ il quale 
ha insieme avventurato l'arditissima ipotesi che l'aspirazione possa 
provenire dall'influsso del k aspirato di alcuni antichi dialetti alto- 
tedeschi, parlati nella Francia o a' suoi confini. Crede inoltre il Die;, 
ohe pòssa giovargli l'analogia romancia (ladina) di cfiarn per car- 
ne^ ecc., e ancora un indizio in favor suo vorrebbe vedere nel modo 
grafico per quesf alterazione francese di e latino (fi-^h). Seaoachòjo 
k è faìlacimnwm signum (cfr. p: es. il suo ufficio ndle nostre sillabe 
che chi\ ScRUGHÀaDT, Vokakismusdes vulg&rlateins^ I, 73-4); ^ locii 
romancio (ladino) di charn oqc., del quale anche il Roschbr (ap. Ca^ 
tius, StvfàÀen zwr f^iecH. u. lat gràmm^i 11^ 153 ) con piena fede si vale 
comò di un e passato in aspirata od in spirante, altro nOn rappte^^ta 



§ 38. FISIOLOGIA. DI C^ éfj ^ ^05 

col far succedere uno spirito aspro air esplosiva pura, rimarr 
r^ebbe ancora, circa lo quattro momentanea, la questione, abr 
bastanza sterile, del nome dell' ordine a cui ascriverle» Quello 



che una varietà di e, come già avemmo occasione di veder più sopra 
(p. 44-5), ned altro rappresenta lo gh inventato dal PiTonà per rehdere 
lo e friulano. È come /(eh) frane, sta a ó lorenese (Ban de la Roche)! 
ladino e friulano neir antica formula ca, cosi sta ;i'(j); francese a^ 
lorenese, ladino e friulano nell'antica formula .^a (Vé p. 11&), dove 
mancherebbe, per giunta^ come il Diez medesimo ha veduto^ Tanar 
logia germanica^ alla, quale per Ja tenue egli allude. Del resto, ben 
lungi dall'aver piena fiducia nella propria cooghiettura, il Dies^ (Orarne 
tnatik.d^r romanischen sprachen^ 3. edi^., I, 249) ne raccomanda. or^ 
a* suoi lettori una di affatto diversa» messa innanzi da N. Delius 
{Jahrbuch fur romanische und englische literatur^ 1,357). Giusta la 
quale avremmo a dire, che primamente si avesse \o s (eh) francese 
in tìsempj sulla stampa di cher = carusy cioè dinanzi ad e frane, da à 
lat., ne' quali si tratterebbe di fenoiheno congenere a quello dégl{ 
it; ce e ei, e che poscia simili esempj, per amor di coerenza, con sé 
traessero la medesima mutazione pur ne' casi in cui l' antico a si man^ 
téneva'(c?iàieMrBcalor ecc.). Ma qui si risponde, imprima, che se ò 
frequente lo scadere dell' a lat. di ca in e frane-, è tiitt' altro che 
rarb' quello in cui si mantenga, e che affatto ripugna l' atìjuà^ettet^ 
che uà fenomea<9 fonetico venga così ad estendersi, non piti per Ja 
eausa sua efficiente, ma. quasi per ragionamento etimologico. E v' bc^ 
inoltre, che. si ha costantepeate,ea ladino e friulano per ca latino, - 
Quindi sosterremo con, a^imo sicurp,. cbe lo 9 ich) attuale del fran- 
cese altro non sia che una semplificazione dello e che etimologica- 
mente gli corrisponde nel ladino e nel friulano, e ancora si mantiene^ 
dall'una parte, nel lorenese (Ban de la Roche), e dall'altra sÌcon-| 
serva nella pronuncia inglese delle parole importate di ^Francia {cham-- 
brè ecc., con ch^Cy Diez, P, 448, P, 460; cfr. il nostro ciamherlanù^ 
che anch'esso vien di Francia). Per e che si tìduce a i, va pur qui* 
ricordato il e toscano di piace^ già citato in questa stessa nota, e lo 
eh portoghese (« s) che in Tras-os-Montes è ancora e. Pure nel val- 
lone abhiam ca per ca lat.,' e il fenomeno non è estraneo pure al^ pro- 
venzale (Dibjj, 1. ce ^otte ^/» prov.). , .... - 



206 § 38. t^isiOLOoiA DI e, g^ n. 

tli ordind palatino sembra a dirittara un sacrilegio ai dotti che 
altro non yedono in R e g se non .ts e dz; e dal canto nostro 
potremmo aggiungere, che, per alcune varietà roinanze di e e 
di ^, il posto del contatto è assolutamente a' denti. TuttavoUa, 
siccome le più notorie varietà di questi suoni vogliono il con- 
tatto più in su che non per le solite dentali, cioè in prossimità 
della concavità palatina, e siccome nel sanscrito e nello zendo, 
e di solito pur negli idiomi romanzi, le palatine vere, chela 
scienza ricostruisce, coincidono etimologicame^nte coi portati fo- 
netici che qui venimmo descrivendo, cosi noi ci arrendiamo yo- 
lontieri alle esigenze dell* uso, e continuiamo a dir palatini lo 
X e lo ^ dell' attuale pronuncia sanscrita, ed i consimili suoni 
di altre favelle. Quanto è finalmente alla ragione fisiologica 
della nasale sanscrita dell* ordine palatino, sembra oggidì pre- 
valere, fra gli studiosi europei, 1* opinione ch'essa equivalga 
in ogni incontro al suono composto che noi trascriviamo per 
n (=n;). Ma quest'opinione, che ha per sé l'autorità di Gu- 
glielmo Jones, e recentemente si è divulgata per gli scritti di 
Max Mailer e del Lepsius •, non può tuttavolta non essere 
inesatta. Il solito posto di questa nasale avrebbe ad essere 
secondo grammatica sanscrita, dinanzi ad esplosiva palatina 
{nK, ég); ed ognuno vede, che, nò in simile congiuntura, co- 
munque s'intenda costituita l'esplosiva, nò riportandoci alla 
figura etimologica anteriore con la gutturale .( nA, np), mai si 
può ragionevolmente ammettere che si sviluppi o si proferisca 
un / tra 1' elemento nasale e 1' esplosivo che sussegue. Bene, 
all'incontro, nell'altra congiuntura in cui occorre la nasale pa- 
latina, cioè dietro a /i ed a \^ {Itna gna ecc.), può essersi svi- 
luppato un j dietro di essa, ed anzi ò sviluppo naturalissimo, 
poichò si tratti di doppio contatto palatino a cui succeda vo- 
cale. Quindi terremo per fermo che sia esatta quella notizia che 



* W Jones ^ Asiatick reaearches^ I, 5. ediz* (Londra, 1806), p.25; 
M. J^lìLLER, o. e, p. 158 (cfr. 152 e 146); LepsiDs, o* c, p. 77. 



I 



§38. FISIOLOGIA. DI e, gy né 207 

vediamo accolta dal Bopp ^ e proviene di certo anch' essa da 
osservazioni d'indologi inglesi fatte sul luogo, giusta la quale 
il n altro in fonda non è, nella prima categoria di combina- 
zioni (p. e. jungàntij jungunt), se non una semplice nasale pa- 
latina, vale a dire una nasale, il cui contatto viene a formarsi 
in quella stessa posizione, che è richiesta per la esplosiva sus- 
seguente**; dove, air incontro, nella seconda categoria di com- 
l>iQazioni (p. e. jagnà-^ òulto), il n equivarrebbe a gn italiano^ 
e quindi allo n delle nostre trascrizioni romanze. Ora, siccome 
nelle combinazioni della prima specie si suole scrivere Y anu^' 
svdra in luogo del proprio carattere della nasale (p. 14), cosi 
si chiarirebbe il perchè lo Jones ci' abbia parlato sol del va- 
lore che questa viene ad assumere nelle combinazioni della se- 
conda specie, nelle quali è esclusivamente rappresentata dalla 
lettera che ad essa è propria; e di fatto, altri esempj il Jones 
non cita, tranne gndy conoscere, gnàna-, cognizione ***. 



* Bopp, Krit. gràmm, d, sanskrita-sprache in hhrz. fassung^ 3* édiz., 
§ 25; cfr. Bbnfet, Volisi. gramm. d. sskritspr.^ p. 5, e- qui sotto la n* ***. 

*♦ Quindi il w* di BrUckb, o. c, p. 50, 80. 

*** Notevole che il missionario italiano, già altre volte citato 
(p. 108 e 152, in n.), non ricordi lo gn di nostra lingua nel descri- 
verci il n indiano, il cui nome egli rende per nghion : Haec per la- 
tinam literam describi nequit, cum plures simul prolataeejus sonum / 
exprimére valeant; palato enim simul, et naso cum aliqua aspìnitione 
erit pronuncianda. usus te docebit. - Abbiamo, ali* incontro, an altro 
missionario italiano (Clemens Peanius alexandrinus, carmelitn ^xcal- 
ceatus provinciae pedemontanae), che néW Alphaòetum grandonieo^ 
tnalabaricùm sive samscrudonicum^ Romae 1772, cosi ci descrive la 
nasal palatina <p. 82): gna^ ni gn italicom, effbrmatur prppe dentes 
cum aliquo narium ministerio. Ma va considerato, a tacer d'altro, che 
questi aveva esercitato il .suo ministerio nel Malabar, cioè in regione 
di favella dravidica (§ 42). «- Il WIlkins {A gramm.ofthe sanscr^^ 
lang.j p. 8) ha questo strano additamento:»*. the just articulation 
of ìvhibh (cioè del radicale gnd) is foiìnd so difficuU^ and the sound 
so harsh, that it is frequently softened inì&^d» 



208 §39. sk ORibiNA-i^io;- &h sanscrito, nk europeo. 

§ 39. 'Dopo questo ragionamento foneiióo, al quale dovremo in ap^ 
^[yreà^o ìion poche volte riferirci, il nostro discorso si rifa eti- 
mologicos 6> messa per ora in disparte la media aspirata, gh, 
peculiare air India, la quale è nel sanscrito di uso assai scarso 
e di quasi nessuna importanza per la comparazione europea ^ 
si rivolge alla tenue aspirata Rh, pecviliare air India anch* essa, 
ma di non poco momento pel Jiostro studio^ si per la genesi sua, 
e si pà. ridessi che ritroya nelle lingue, àffihL Dai qUàli inco- 
minciando, vedremo essere sk la costante risposta eiiropea dello 
Uh sanscrito**: 

• .' . . . ... .... 

1. Ss0r. ìihdjàt ombra; gr. '<rx(x.t ombr^;, acuì si aggiunge, daEsi- 
chiQr^xoi^^ (:(7xoi%e(r)cOTeivà), oscuro. . La parte radicale di 
questo vocabolo,, riapparisce, a dir solo di alcuni esemplari 
(cfr. Vlntrod. alla MorfoL)^ n^l sscr. Khad M.hdrd-dia-ti, rko- 
prire, velare, nascondere, nel got. s^a-d-u-^» ombra (ufar^skadv- 
jdriy £7ut-(jxtiCeev ), ùel greco (txo-to-; , oscuritàt e nel latino oh" 
-'Scù-'nb^s (cfr. sscr. skuj § 41 al pr.). 
e 2» Sscr^ hhid Mind4nti <3 pers. pi.), scindette, discindere; lat. SCD, 
. sc»di(i scindH} <i$cindunt '^ .ssQVf Jihinddnti\ prp^cindimiùs ^^^ sscv, 
prd-Jthindmas \ aà^scindunt.'^ sscr.. àpa-^ìthinfitanti)^ Il lituano ri- 
> sponde ugualmente per SEID, onde p. e. ^keda *** ( 'sJwdd^ f.), 
scheggia, o^($i9v.,^ .che risponde a capello^ salvo il genere, ai 



* Non va tnttavolta trascurato, malgrado l'onomatopea, il paral- 
lelo già* messo innanzi dai PotT e dal Bop^: ssor. ghiUi^ ghilli-hài 
grillo, lat. grilla^ j ted. grille. Saremmo ad nina forma originaria 
^phrilla^y eiv.VInd. s. bhang^ ed avremmo, nella voce asiatica, uno 
gh men profondamente alterato di quello che soglia {gh in luogo di 
*i^, h*i chi t e ^, e ^, il § 36, 3 e la p* 193 in n.). •* Circa la |:e- 
nesi pracritica di gh, v. intanto: § 34 n., § 40, 5. e ult. n. 

** Pur la risposta gotica si mantiene qui air unisono, il traligna'* 
mento <p. 69^4) essendo impedito nella -formula <^^ (cioè: esplosiva 
preceduta da «),. ofn. 'Std^isty a p. 147. 

>*•• Nfisi^BUKANii, L e.>, dal lessico dello Szjrwid (1713), ed è forma 
che si ripete nello Mo^^ lettone» 



.§39. Sft OKIQINARiO; «• Uh ìUa^WRlTO^ Bk BU^OPBO. '209 

sinonimo ^éuBCTìidi.ìlkaida*' Vshs^idcir'f tùu)^ JféL riflesso greco 
si tocca i^h ianaàzi (§ 41, l)t . 

3. Sscr. Rhd ìthrjdrti^ i&gìi&TQ^ paft perf. p^ss» X/^-tó^e A^tWa-; 

dal quale esemplare avremmo preso la mossa^ ^ ragioni di op- 
portunità non ci suggerivano dì mandarne innanzi altri due,, di 
piti facile ricostruzione. Qui dui^que risaliremmo, a ^shà^ alla 
qual forma starà il SEC lat« di seo'tbr^ sec^dre^ cosi come tra 
di loro stanno, per entrò al latino, ster*^ strd-(Hef^nOj strd^tcH)^ 
o per entra al sanscrito: par* e prà, empire (y. VInd,y,e tanti 
altri simiglianti *, E qui spetterà atiòota il Ut. sciOf che pri- 
mamente deve aver valso.: decidere, decretare, eome ^ vede 
da scitum e da scisco, indi: riconoscere^ conoscere, sapere; e 
'decidere* è 'tagliar colla volontà, col giudizio' (de + caedo; cfr. 
p. 30, in n;)* Così sciunt ( voramente : :decidono ) nt^^derà a 
capello al sscr. Rhjdnti Cskjanti^ recidono); ma scio^ per la sua 
particolare costituzion fonetica, fu naturalmente attratto nel- 
l'analogia della quarta, e quindi ^ttnus (allato « eapio capimus}, 
tdi-'tiAn 5Ct-sco ecc. **; ' 

4. Ma Tesemplare più importante è "Hha^^ vale a dir la figura san^ 

sciita d)ell^ demento ascitizio cbe nel greco e nel latino s^ ri-^ 
p^reiioiò per -òtco- -s<*o- (-<ncé- ecc.). Già avemmo ad incontrar 
questo elemento in gd-Mha *** » pa-(X)te, va ! {26^ 3.) > e dovremo 
riparlarne fra non molto (§ 41); ma qui intanto, per misurare 
brevemente la sua principale attività morfologica, vorremo an- 
Cora considerare, che i tipi verbali sanscriti: ar-SAa- {ar^kha-ti 
r'Ahhd-tii aggreditur), ga-M^ha" (gd'Mha-tij it, venit),ya-/E/Ea- 



* Y. ZeitsGhrift s. e, XVI, 207. ; , 

***. Quindi starei col Curtius, 1. e, a. 45 k^ senza però pot^r con 
iui ripetere cho alla forma sanscrita manchi il ^ (v. § 40^). Il Pott, 
jair incontro iEtym.forsch:^ll^,lZ4:^ WwrzeUui^rterb.^l,m,A^9^10i) 
ed il Benfby {Kurze sskr.^gramm.y p. 28 in n. ; e altrove), insistono, 
ma infelicemente di certo, sulla combinazione di scio col sscr. Ai, col- 
li gere, dichiarando ciascuno a proprio modo la sibilante della lo?ma 
latina.- Circa il riflesso greco di questo numero, v. § 41, 1^ in n. 
*** Circa la ragione dello K che qui. si aggiunge alla nostra aFspi- 
rata , v. il § 40. 

ASCOLI, F(mol. indo-U.'gr. 14 



210 §39; sk ORIGINARIO ;> Rk sanscrito, sk europeo. 

' (ja-AA^--^t , cohibety, non vanno al di là dei tempii che addi- 

in andane speciali \ così come Io -sco di Yi-p^"***** (riconosco) 
piti non si vedrebbe ndl-aorisfco l^yvoo-v^, liò. quello del latino 
no^sco nel pei^etto »?ó-wt. 
5. Giova finaliHente considerare un qualche esempio di altre lingue 
europee,- in cui ancora si contenga, còme per ulteriori indagini 
ci sarà manifesto, l'elemento medesimo del quale testò si è di- 
scorso. Abbiamo cosi Tant. alto-*-ted. vtmsc, desiderio, vunsk-ian, 
desiderare, allato ai sanscriti vdhkh vàhhha-ti^ optare, desi- 
derare, rmAtó,desiderium, optatio (cfr. vàn, amare, cupere); — 
e il lituano (/7é*/A-(5^if (es'aisk-), pa!eo*bulgar. isk^ati Caìsk-^ 
'j^isk"), quaerere, ant. aUo-ted. eisc-óny pétere, allato ai san- 
scriti i/^/i {ftHhd-'H ('iak-)^ quaerere, potére, optare, iRftaJ desi- 

derium (cfr. § 41, 3, n.**). 

• • • , 

§ 40. La analogie discorse nelle Lezioni precedenti , e tutte quante 
le osservazioni^ cosi d*ordine generale, come dello speciali do- 
minio di questo singolo riscontro che più innanzi varremo ap- 
profondendo, ci rendono affatto sicuri, cba nella risposTta euro- 
pea, cioè nello shy si continui ancora incolume la combinazione 
del periodo originario; edora c'incomberà di-scoprir la via, per 
la quale si consumasse questa cosi grave alterazione di 5^6 ori- 
ginario in BA sanscrito*. È fenomeno di decadènza profonda, 
a chiarire il quale giova imprima ricorrere alle lingue medie- 
vali dell'India sanscritica, cioè al pàli ed ài pracrito**, per in- 
terrogarli sul come essi rispondano a combinazioni congeneri 
che ancora vigono nell'antica favella. E ritroveremo, che l'an- 
tica sibilante, la quale immediatamente ,pre.ceda a consonante 
nasale od esplosiva, si converte costantemente in he viene 
insieme a posporsi alla consonante che imprima a lei succe- 
deva; che è quanto dire: aversi per le formule sanscrite *+' 



* Si vegga il^econdo Saggio indiano nel secondo volume degli 
Studj critici.' - 

♦♦ Per prttcrfft) senz'altro, s'intendali principal dialetto pracritico 
che occorre nei drammi. 



§ 40. DEL COME Sk ORroiNÀRIQ PASSI IN Rh SANSCRITO. 211 

(sibilante e nasale) e ^4-^ (sibilante^ ed esplosiva» sempre sorda), 
le formule paliche e pracrite ^^h ed * + A; dove non è inutile 
l'avvertenza, che» nella base palica o pracrita, non si può piU 
parlare se non di una sola sibilante, che à la dentale (s). Li- 
mitandoci per ora ad esempj pracriti , vediamo dunque imprima, 
per la formula sscr. *+*: 



^v 



1. s, dsmi^ io sono, p. [ajmhi; s. grismd^^ estate, p. girnha-^ 

»i-smtf a-, stupito, m-m?itc?a-; ri^wM-, Visna , vinfiu^. 

Indi per la formula sscr. *+* *, data T esplosiva pura e a com- 
binazione iniziale; 

2. sscr. skandha-^ spalla^ pr. khandha-y^ sscr. stimitd^^ umido, 

rigido, pr.t/iimida-;- sscr. sparga-, contatto, pr.jsftoksa-;- sscr« 
df^-ti'y vista, pr. ditt/ii-; 



e a combinazione interna; 

- 3. sscr. maskara-y bambt, pr. makhara^-; 
dstiyèj atthi; 

hdstay mano, . hattha--; 

vi + starante , che spande , vi + ttharanta^i 

pùspa-y fiore, puppha-; 

tjòipd-, vapore, lagrima, vappUa-**. 

Troviamo quindi nel pracrito, ove si tratti di combinazione in» 
terna, aggiungersi costantemente ali* aspirata la sua pura tenue. 
È una specie di raddoppiamento, che pure ove sì tratti di com- 
binazione iniziale si riproduce sempre entro il composto; quindi 
p. e. sarira'pphasa- = sscr. farira-sparga- (cfr. 40, 2.), contatto 
del corpo, e veramente era un composto anche il testé addotto 
vi'ttharanta-. Il quale raddoppiamento ci apparirà come un ri- 



* Nel § 41 ia n. si avrà la confutazione di un diverso modo pel 
quale si ò tentato dichiarare la genesi dei riflesso pracritico di questa 
formula. 

** Figura pracritica, assunta a far parte del lessico sanscrito, è 
ffuph , torcere ( intrecciare ) , onde gumpha , gumphana , 1* intrecciar 
ghirlande, e guphifd'y allato al vedico guSpitd^y intrecciato. 



212 § 40. DSL CÒME Sk ORIGINARIO PASSI IK hh SANSCRITO. 

pie^o dell* ortografia indiana, richiesto da ciò, che il prodotto 
pi-acritico di sh st ecc., cioè h^k t-¥h ecc., non si scrisse per 
le due direrse lettere che rappresentano i due suoni onde esso 
consta, ma bensì , come T uso rendeva pressoché inevitabile, per 
Tunica lettera che rappresenta queir affintssima combinazióne 
fonetica che ne è la singola aspirata M if A ecc. Ora AÀ th eco. 
non davano, come pur la ortoepia voleva, una doppia consonante, 
vale a dir tal composto fonetico che facesse j^o^ùione; e quindi 
voluto il raddoppiamento per mezzo della rispettiva tenue, me- 
diante il quale si acuisse la pronuncia della yocal precedente e 
restasse ben divulso T elemento esplosivo dalr aspirazione che 
sussegue, per guisa che sicuramente si avesse in at-hi (atthi), 
a cagion d'esempio, un trocheo (-v^) e non un pirrichio (v^v)*. 
Nel prodotto pracritico di sm sn ecc. j cioè m + h n^h ecc., 
il raddoppiamento non interviene, perchè mh nh ecc. son di 
necessità rappresentati da due diversi caratteri per ciascuno, 
e quindi è senz'altro pur graficamente manifesta la ^emio- 
ne **. Rimane ancora il caso, in cui V esplosiva sia aspirata 



* Anche essendo iniziale staccato, e massime succedendo a uscita 
vocale, deve primamente esser valso per due condonanti ogni kh 
ih eoe. ottenutosi nel j^raor. da sk $t eco* (cfr. HJih^ sscr.^ di cui si 
tocca in sulla fin^ di questo paragrafo). Ma, a poco a poco, simili 
gruppi iniziali si ridussero a non avere diverso valor prosodico da 
quello, di una sepiplice aspirata. Così, per un esempio iniziale che 
spetta alla categoria a cui tosto arriviamo, s' ha la prova metrica di 
questa riduzione in via phulanti («sscr. iva sphuranti ^ come.... tre- 
molano), alla fine del quarto emistichio d* un' ar/à (è esempio di 
dialètto màgàdhico^ ap. Lassen, append. alle Institut. lingtme pra^ 
criticacy pag. 59; ma circa idhà khalanà ^^ sscr. tasja skhalanam, il 
Vacillare di costui v che ricorre nello stesso luogo, cfic. Stsnzler, 
fnrMhakatikdi pag. 256). £ vedi ancora il Lassen, nell'op. cit., a 
pag. 282-3 e 397. 

** Esempj di mh che faccia posizione: maTitearatnm^rzdostBSScr. 
màdhukara vismrtau ^si (o ape, hai ohliato), Cdkunt.^ ed. Boehtlingk, 
59,10; virnhia^^Q^av. vismitor (attonito), Urvagt^ ed. Bollsn6£N» 
58,6 (cfr. 529). 



§.40« DEh COME sk ORIGINARIO. PASSI IN Uh SANSCRITO. 213 

neilla oombinazione sanscrita; e qui il pracrito dar^ figure zvon. 
diverse da quelle che vedevamo per la formala' eoa resplosivii^ 
pura, perchè lo h^ che proviene dair antico s, vi si imbatte q 
fonde con quello, onde si costituisce il secondo elemento d$ÌV m-r, 
tica aspirata. Goal avremo: 

4. sser. shhdlati^ egli vacilla, par t*9^7ia2an^-, che vacilla intorno ; -^ 

pr. khaladi^ parx^kkhalanta^\ sser. avorsthdpajati^ egli col^ 
loca;- prl avortthàòedi; sécr. dsthi-^josso'y-^^r.atthi^; 8scr« 
sphurdtij coruscaty vi-^hurati, tremi t; -pr. j^^uracK, vÌ7pph\ic* 

Di 8 che passi In h troveremo del resto a suo luogo (Lez. XIV) 
più altri casi indiani; ma qui giova ancora: ricordare, come la 
trasposizione {asmi *ahmi amhi)y e anche il raddoppiamento 
dell'esplosiva {(isti *ahti atthi)^ si ripetano negli idiomi pra-* 
critici anche per quelle combinazioni in cui lo h già sia proprio 
della forma sanscrita. 

5. Sarà quindi normale che il pracrito risponda per mh a km san-" 

scrito in bam?tana'"= brdhmana^ sser. bramino. Cosi il pali, alla 
sua volta, risponde per majham al sser* mahjam^ mihi ; il q,uale 
invertimento dijh per antico /(/si riproduce ^ nello ^p^A pracr. 
per hj 88CP. (p. e. in $aggha'* "> sser. sahja^^ da tollerarsi, e ap- 
punto ricorre anche un pracrito mag^hat di cui v, al § 61) 9 
poiché vi si tratti di j che p^r veszo pracrito si fa ^ (v, Vlnd.) 
e quindi forma col susseguente h una lettera sola, cioè l'aspi- 
rata gh^ che ha poi bisogno del raddoppiamento per ristabilir 
la poaijsione. E p^r processo, affatto analogo T antico hv diventa 
bbh pracrito in gaàbhara-- 'gavhara^^ sser. gahvara-'^ profondo, 
profondità, nascondiglio **. 

Che se, finalmente, per mancare al sser. la formola h^^ {h sus- 
seguito da esplosiva), non possiamo aver sicuri esempj pracri- 
tici di metatesi d'antico h in combinazioni affatto parallele a 



* m,.naana me vipphuradi^ [T] occhio mi tremola; Qakunt.^ ed. 
Chézt, 97 (ed. Bobhtlinok, 63). 

•* V. il sec. voi. degli Studj crii. s. gabbhara-^, gibbh[d]^ bàbhanar 
Cbdvhana , brdhmano'^ v. § 64). , 



314 § 40. 1>EL COME Sk ORIGINARIO PASSI IN Uh SAN^CRÌTa 

quelle in cui tràttavasi di antico s {$t *ht th; ecc.), Tanalog'ia 
troverà il suo compimento nel sanscrito stesso, cioè nel feno- 
meno metatetico a cui va incontro il secondo elemento dell' a- 
si^irata sanscrita per la legge che riduce la formola etimologica 
media asp. + 1 alla figura ortoepica inedia ^ dh ; quindi p. e. lab- 
dha-, ottenuto, da labh-^ia; dove si aggiunge, a reodare proprio 
perfetta ratialogia» che se T elemento accessorio incomincia per 
th, r aspirazione trasportata si confonde con T altra in cui 
s* imbatte (40,4; cfr. § 44 e Metatesi). 

Ora, l'istoria documentata e riprovata di un pracrito amhi 
dair antico asmit e di un praòrito thar dall'ìantico «ter, viene 
a sparger piena luce sul fenomeno di hh sanscrito da, sk ori- 
ginario, che a noi qui importava di chiarire. Lo sh originario 
poteva cioè facilmente ridursi a ^ftr^ft/indo-iranó, pel frequente 
fenomeno indo-irano di ^ in S aQche dietro a continua , del quale 
fu a suo luogo parlato (§§14,15); e questa fase fonetica è 
ancora intatta in alcuni assai importanti esemplari zendi, né 
manca del tutto al sanscrito stesso. Abbiamo cosi : 

6. gJiid zendo, rompere, allato a Khid sanscrito, SE1I> europeo (39, 2.) ; - 
gìiad zendo, ingannaire, allato a Jihad sanscrito Cska-^, 39, 1.), 
coprire, nascondere, onde ^/f«icf-man-, inganno, coperchiella;- 
e per lo -SK ascitizio (39, 4.) giova qui intanto considerare il 
verbo zendo gragRy gocciolare, grandinare, che è manifestamente 
un frequentativo, ed ha allato, come si conviene *, la figura con 
là gutturale nel sostantivo gragka, grandine; e insième vedere, 
dal sanscrito, il verbo vro^/f, vulnerare, lacerare, che deve an- 
ch'esso andar munito dell'aggiunzione a cui alludiamo, e ri- 
viene ad ogni modo a uno vr ask ^nteviore**^ il quale alla sua 



* Cfr. p. 36, 38, 101, 107, 177. 

*♦ Allato a, vrorgK sta il vra- del sscr. vra-na^-j ferita, cicatrice, 
cui risponderebbe il lat. vul-^-us (Benpet, Griech. wurzelUxik.y 1, 4&) ; 
a il rapporto fra *vrask e 'iyrak (sscr, vfka-*, offensivo, lupo) è quello 
stesso che interviene fra *prask (sscr. prahh, chiedere, ricercare; ger- 
man. for-sk-} e *pràk (lat.|)rec-, goL /roA-); v. la Introduz. alla Mar" 
fol.y s. vv. 



§ 40. DEL COME -S/t ORIGINARIO PASSI IN kh SANSCRITO. 215 

' volta sarebbe intatto nel nome vraska^ {jvLpa-vrdskd-^ digros- 
satore del palo*). ; . , 

Sia lo sR [Qk] ìndo-irano' doveva tosto o tardi subire, nell'India, 

queir alterazione a cui man mano vi si vennero assoggettando, 

. • ' ' ' ■ 

come testé vedemmo, tutti i complessi congèneri;- anzi esso è 
stato, per la sua particolar costituzione, il prim(^ che vi an- 
dasse incontro; e quindi abbiamo la proporzione esatta: 

/tÀt^sscr.(39,2.):$/ftdÌQdo-irano : : hhccndha pr. (40,2.): skandha sscr. ; 

la quale, se avesse bisogno dì altre conferme, sì potrebbe in 
ispecie confortare della riduzione pracrita di quelli gH che si 
mantengono oppur surgono nel sanscrito, ed appunto è Uh, p. e. 
ixipakKhà pracrito i^ev.pagKàt sginscrito, dietro, di poi (§ 57), od 
in tiriKkhi pracrito ^QXtiragki sanscrito, di traverso. Il raddop- 



* Cfr. Benfey, Orient u* occidente I, 395-, Boehtlingk-IIoth, VI» 
180. — A stare alle apparenze, V In.dia anzi ci offrirebbe due diversi 
modi di costante e integrale continuazione della fase indo-irana: gJt^ 
V'ha cioè imprima che in un libro vedico, nel kdthaka {jagur^vaida 
nero, secondo una particolare scuola; cfr. la pag. 221 in n.), s'abbia 
ghh pel Bolito -Mh-^ vale a dire per lo hh con quel raddoppiamento 
normale che già vedemmo (39, 4. 5.) e di cai tosto si ritocca; quindi 
p. e. ffaghhati'^yakkhcUiy it, Yent^ a^^Khinad, scindebas scindebat, 
(suparni) ^hhandasi, hyrani^ metra. Ora il Benfey {QóUinger gel* 
anzeig,, 1856, p. 758, Or*, «..occ, III, 194, e altrove) si è venuto 
sempre in piti raffermando nella sentenza che questa particolare or- 
tografia ci rappresenti una fase isterica piti antica, e ohe da ghh^ dove 
avremmo aspirata l'esplosiva per opera della sibilante, si~venisse poi, 
per assimilazione, a Mh. Ma la critica mal potrà, accettare queste 
eoncluaioni, che a noi importa di qui infirmare, anche perchè ne p^ir-* 
rebbe sturbata T istoria che dqllo hh {kRh) sanscrito e pracrito ve- 
niamo facendo. Imprima dunqu&*diciamo, xìhe quanto sarebbe irra- 
gionevole l'escludere l'ipotesi di qualche gk indo-irano che nell'India 
primamente si facesse ^Rhy e altrettaato ripugna 1q ammettere che 
vi si compisse Cosi costantemente questa aspira^zione. Ripugna in se- 
condo luogo il concedere alla ortografia d^l kàthaka questo ampio- 
privilegio di anzianità etimologica; non tra(tt^ndosi , 4^11' una parl^, 



216 §40. &BL COME Sh ORIGINARIO PASSI IN kh SAKSCRl'eO* 

pipimento della qaal forma pracrita è affatto normale, pome 
ormai sappiamo (39, 4. 5.), e corrisponde al raddoppiamento che 
in ortografia sanscrita è a buon dritto voluto od ammesso- per 
ogni Rh a cuti segua e preceda vocale. Gli è sempre che; con ciò 
si addimostra, e in modo ancor più compiuto che nel praqrita, 



che r idioma di esso libro si distingaa nel resto pét* speeiali saoi ca- 
ratterì di antichità maggiore, e non rtroTandosi, dall' altra,, in tatta 
I^ rimanente letteratura sanscrita, pur un solo esemplare di. questo. 
gRh. Ma Vobiezioné pili poderosa vien di là appunto donde a prima 
vista può parere che venga efficace soccorso alle induzioni del Benfey. 
Poiché v' ha ancora, che il grammatico Ilaimaìtandra e* insegna, 
aversi nel pracrito maghadico: -p/l- per -Afc- {-/^It^*-) sanscrito (▼. "Wb- 
BER, nei Beitràge s. e, II, 363); il quale qK ai crederebbe a prìm<^ 
tratto proprio tal quale lo gH, indo-irano « sk originario , tanto pifr 
che si tratta d' un idioma pracritico che non fa subire agli antichi 
sfh st ecc. quella elaborazione a cui nel principal pracrito scenico e 
nel pali essi soggiaciono. Senonchè, già la costante difforensà tra la 
figura che ò nel kdthaka (gHh) ola figura maghadica di Haimaltandra 
igH,) basterebbe a destar grandissimo sospetto intomo alla importanza 
etimologica di. entrambe. Al che m. aggiunge, che lo-^ maghadico 
si avrebbe per lo Kh del pracrito anche dove questo non risale di 
certo a 5^ originario {vagliala'* « pr. vaìLhala" » sscr. 'vatsala^ ; V e- 
sempio tirigìii ^ pr. tiriRhi non è veramente conclusivo, perocché la 
corrispondenza sanscrita non ne sia già tirjak ma bensì. ^tm^^i). Cosi 
tm qualsiasi ^-hh-^ {rkìih-^) pracrito trova nel dialetto gahàrico^ e non 
in questo solo, oscillare i manuscritti fra -Jlt)Wi-Afc^ft^-fj^ e •^^; p.e.: 
gaMh'-dmi ^gakha gaglih-4a gagll-ia gagg^ (mrKhhakaty ed. Stenzeer^ 
p. 182,303-4; cfr. § dQj4)\ pa^Mhdd^mi pa-^Udd'-emi e* sscr. pra- 
'Mhdd^ajdmi {mrMh.^ 132, 3Ó3j; cfr. § 39, 1>; maMha'^ magha" 
rwajjptt- « sser. matsja-'i pesce {mrMfu, 10, 241, Cakunt.^ ed. Chézt, 
111, 5. 12. 112, Sì'jpekkh-^mi [peUh^-adi] peghh^a pegH-^mi [pegg^à] 
«* sscr. pra-ìks-, mirare {mrMh. 132, 303; 21, 247; 35, 255). Siamo 
quindi condotti a conchiudere,- che ben lungi dal trattarsi di reliquie 
di antichità singolare, tutti questi gRh gii gg altro affatto non ci rap* 
presentino se non assibilantenti provinciali dello '^RAh^ del sanscrito o 
del pracrito. V. ancora il seo, voi. degli Studj critici, s. RK 



j 



§ 40>. DEL OOMS sA ORIGINAHIO PASSI IN Uh SÀNSCRITO, 217 

non avvenga, lion aversi ih simil prodottò una semplice aspi- 
rata (KA), ma bensì due distinte consonanti (^•)-A)/a cui spetti 
legittimamente anche di far posizione. Quindi si scriverà: gd-> 
hRhà^^ifTxt, {39,4.)^jàsja HKhdjà (39, 1.), la òui ombra; e cosi 
discorrendo ^. 



* V. Panini^ ed. Bobhtlingk, pa^. 387, Benfey, Volht. gr,^ § 17. 
Se il raddoppiamento si può tralasciare tra parola e parola, dopo vo- 
cale lunga, ciò dee provenire dalla considerazióne mètrica ^ ch'esso' 
in questo caso sia superfluo; ma veramente avrebbe pur sempre a' 
starci, come è voluto nel mezzo della parola pur dopo dittongo, p. e.^' 
in diìlhhika-'^ elettivo, e anche tra voce e voce dopo le particole ^S 
(p.1^) ed d. I manuscrìttl sogliono trascurarlo (sogliono cioè dareV 
p. e., gdhhati è non ga1lJÌhati)y ma T effetto prosodico resta naturai-^, 
mente il medesimo, e quindi suol dirsi che U lettera ft^ faccia; po- 
sizione; cfr* p. e. Bopp, gr. sscr., § 60, e Lassen, neir/ndiso^;6i-« 
bliotJiekj III, 50; intomo al quale particolare metrico, può spiacei^er 
che taccia il Benfey nel 1. e; cfr, Sdmav.y EinleiU^ Xhvu II Lassen, 
alla sua volta, dice nelle Institutiones ling. pracriticae^ pag. 208,. che 
Uh non faccia posizione nel pracrito, e si riferisce a una sentenza 
Ael Lenz. Ma questi altro non dice (Vrvasia^ fabula Calidasi^ Be- 
roL 1833, p, 202) senonchè: littéra Uh inter dùos vocates non sempet* 
positionem facit (cfr. Bollénsen, r^rvapt, p. 524), accennando a due 
ésempj {mrWkhah. if 297, 4, 155, 8, ed. Oalc.)« i quali veramente non ci 
danno Uh per semplice consonante nell'interno della parola, ma bensì 
al principio di parola nell'intèrno del composto (pIpa-^Ti^aficr*- «» sscr. 
gir su-hKhaidana" y idi^Wo del capò; j?aif a-^^ic/da- = sscr. sapta-ìiRhw 
dra-i dai-sette*fòri; ed. Stenzler, pp. 157, 3, 79, 13; neU'OVrajrf, ed. 
Bollens., avremo "KUh^y che è quanto dire hh che faccia, posizione, 
^n $ahKhanda 59, pukRhia 12^ seJtAhd" 74; ma Jth tenuto per conso-. 
.ni.nte semplice in puhhimi 65j, e provano questo solo, che ì dialetti 
pracriti abbiano fatto, pure in questa parte, qualche passo di più su 
quella via per la quale giò vedemmo che si mettessero in ordine ai 
prodotti delle altre combinazioni congenerì (p. 212 nelle n.), e sulla 
quale il sanscrito, alla sua volta^ si è piti che mai inoltrato in ordine 
a quei prodotti di cui piti innanzi si discorre (§ 41, p* 224; §§ 43, 
44). - Notevole eziandio, per la genesi della media aspirata pala^^ 
tina (cfr. la n.* a p. 208), che interna tra vocali essa non.rieorra 



218 .< § 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINÀRIO. 

§41. Ma tutto ora ci spinge a proseguire con qualche abondanza 
r istoria dello sh primitivo. Nella quale indagine avremo a veder 
vie mèglio^ quanto sia vana, massime allorché si tratti, com'è 
nel caso nostro^ di consonanti abbinate, r éspettazione di coloro» 
che sperano di veder trasfusa tutta la grammàtica comparata 
in un quadro sinottico di semplici ed esclusive equazioni, il quale 
ci renda atti, quasi per incanto, a risalir con fàcile sapienza 
a tutta quella gran parte delle origini che pure si è scoverta, 
6 ad accompagnare poi le forme primigenie^ per un semplice 
meccanismo di armonie alfabetiche^ attraverso a tutti i tempi 
e a tutte le contrade *. Tutti i fenomeni patologici ( § 8), nel- 
r amplissima sfera dei quali ora appunto per incidenza entriamo, 
dovrebbero ad ogni modo andare esclusi dal quadrò magico, si 
per la propria natura di essi» e si perchè la loro successione 
mal coincide con quella delle fasi generali onde si Costituisce 
la serie genealogica delle lingue. Ma se dobbiamo rassegnarci 
air impossibilità del saper facilmente, che è del resto una dif- 
ficoltà universale, e insieme ancora all'impossibilità di arrivar 
sempre, nello stato attuale della cognizione, a un saper certo, 
noi sentiremo tuttavolta ad ogni passo, pur movendo pe' sen- 
tieri più scabri, come la scienza per ogni parte maturi; e là 
dove non ha guari il pensator severo s'impauriva d'inestrica- 
bili nodi^ e la poesia delle combinazioni fantastiche avea libero 
il corso, troveremo problemi risoluti, o posti almeno per modo, 
che sia messo strettissimo assedio intorno all'ignoto* 

Mirando principalmente all' India, gioverà qui scemerà é se- 
guire due diversi filoni etimologici, che, ^ulle generali, si pos- 
sono brevemente cosi definire: quello in cui lo sk originario 
uscisse ancora intatto dall'età indo-ìrana, e quello in cui fosse 



mai semplice, ma sempre si abbia, in tale eongiantuFa:'^i^/i (Bekfet, 
1. c, § 12, 2). E finalmente, ritornando ancora a %h, è ormai quasi 
superflua l'avvertenza, che data per un qualche esemplare la fase 'gKh 
da gk (cfr. la nota che precede), il x^rodotto di essa non avrebbe a 
differire da quello del semplice gli (40, 4.). 
* Cfr. Sticdj critici^ II, 9 e seg. 



§ 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINAfelO* 219^. 

ridotto/ éome testé vederamOi a sB * [ pft ] indo-irano. Alla' óom* 
binazione proto-indiana con la gutturale, iniziale ih camplésài-, 
verbali o radici e iniziale o mediana nel nome *, vediamo rivenire; 
non pocbé forme del sanscrito; ma come l'indò-irano sK [gJt] sog- 
giacque a vicende specificamente indiane, cosi accadde^ in misura 
non diversa, pur dello sk. Esso dura ancora intatto in skand 
(10, 9.), ed in sku, che è tradotto per 'coprirei e quindi si com- 
bina col latino ob'Scù:ru-s, coli' anglo-sassone skù-a, ombra, 
coir antico sassone sceo; cielo coperto, e simili, e si tocca con 
rindo-irano sHad [pUad] che più addietro adducemmo (39, 1.) **. 
Per isk interno, avemmo vrasha- (40, 6.) Ma facile alterazione 
indiana di sk doveva essere skh, di cui già vedemmo esempio 
(§ 37); ed altra vena di alterazioni indiane s'ebbe per un ac- 
comodamento che è r inverso di quello che tra noi occorre p. e, 
liei caso di lasco dall'antico lacso (laxus), ed è altrove da noi 
considerato con la debita larghezza (v. sscr. ks = *ks). Quindi skk 
e ks**^ sanscriti per sk primitivo; entrambe le quali formole 



* All'uscita del nucleo vert)ale, per quanto si può vedere (cfr. 40, 4. 5., 
e piti innanzi in questo stesso §), è sempre gh indo-^irano. Gli elenchi 
de' radicali sanscriti, offórti dai grammatici indigeni, ben ci darebbero: 
hisk^ duskhy nisk^ mask^ vask^ svask. Ma eccetto duskhj — che alla 
sua, voltai un esemplare illusorio, denominativo com'è di du:khd 
(.dus-kha-i dolore; il contrario di sukha^y piacere), — son tutti radi- 
cali non esemplati, e tutti privi eziandio di ogni conferma eteroglossa^ 
I tre seguenti: mask (mask makk), vask (visk)^ svask {svask svask 
svakk sukk), inventati probabilmente per dar la radice a qualche 
forma nominale di oscursC provenienza, direbbero tre, che è una specie 
di traduzione universale dei radicali dubbj o immaginarj. Restano : 
nisk^ pesare, che si conjuga secondo decima classe, e proviene mani- 
festamente dal nome niskd (v. Boethlinsk-Roth, s. v.), e kisk (hiak 
hikk)j uccidere, che è di decima classe e quindi di apparenza dono - 
minati va anch'esso. 

** V. Vlntroduz. alla MorfoL^ s. vv. 

♦** Dietro a fe, il sanscrito non tollera, nella stessa voce, altra 
pronuncia sibilante dallo s infuori» 



22d % 41. ALTRB VIOENDB 0SLLO $k ORIQIKARIO. 

avrebbero per lor normale continuatore praorito: -kkh-, hh'. Ora 
al lume della comparazione si trova, che anche il solo ^ A san- 
scrito continui T originario sk. Intorno alla esatta istoria del 
quale fenomeno, vedremo tantosto quel di problematico che possa 
rimanere; e intanto facciam di rassodare le nostre equazioni per 
qualche buon esempio, che anche ci ricondurrà ali* Europa *• 

1. Un originario s/tad (skand)^ eòi significati dì ^rumpere, dirompe re, 
disjìcere', è intatto nello zendo gkenda-- (*skanda-), rottura, ro- 
vina *^ che ha il suo riflesso sanscrito in khandd-^ (cfr. § 43), 
rottura, frammento, pezzo, parte; allato alle quali forme acqui- 
sta valore anche il $scr. skhad^ che va tra le radici non peranco 
esemplate, ed ò tradotto anche p^ destruere^ scindere^ lacerare^ 
Ma lo skad originario si continua eziandio nel sanscrito ksad^ 
che dice: mettere in p^zzi, trinciare, e quindi anche: mangiare, 
e cosi, oltreché a khad hhàdnija'ti ( v. § 43), mandare in pezzi» 
che non è peranco sicuramente esemplato, si rannoda a hhdd 
khdd'-atiy masticare, mangiare, sempre di lingua sanscrita. 
L'Irania ci porge alla sua volta, allato a sha[n]dy qualche 
forma che accenna a shid ***; e, ad ogni modo, legittima con- 
tinuazione di un antico shid sarebbero le figure sanscrite skhid^ 
hhid^ le cui significazioni fondamentali potremmo rendere per 
^abbattere, strappare^ ****. Questo antico skid^ che altro non 



* Il Kuhn ha dedicato particolare attenzione ai fenomeni di cui trat-^ 
tano questo paragrafo e il precedente, nel quinto de' suoi articoli sul- 
r antico S, Zeitschrift s. e, III, 321-31, 426-40. Io non convengo con 
esso circa la genesi dello Uh sanscrito e circa i fenomeni pracritici che 
vi si connettono, come ho mostrato nella stessa sua Zeitschrift^ XYI, 
442 e segg. (cfr. pag. 223-4, in n., e Studj critici^ II, s. kh). Ma ciò 
non toglie che io riconosca il molto merito del lavoro del Kuhn; e se 
presumo di averlo anche in altri punti oltrepassato, com'è facile a 
chi Tiene dipoi, do prova insieme di averne appreso non poco. 

♦* L'antico skand ivsAnce ancora intiero pur dalle forme neo-per- 
siane: $[i]kan^ frangi!, allato a s[i]kas^tan (» s^at? 4- fan), frangere. 

*** V. la Fonol. ir. , s. *skid. , 

**** Cfr. BoEHTLiNGK-RoTH, II, 614-15, e la n. che qui sussegue. 
Il significato di questo verbo sarebbe nel medio: sentirsi abbattuto; d 



§ 4L ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARLO. 221 

sarebbe se non skand shad con la vocale assottigliata ( v. Vlnd. >, 
rasenta Io sRid {gìiidj scindere )» di cui già toccajnmo (39,2.); 
ma sebbene sien tutte figure fontalmente identiche» vanno tutta- 
volta ben separati, anche nella genesi loro, pur questi due verbi, 
poiché risulta che simultaneamente vivessero, nel periodo indo- 
ìrano, indipendenti Tuna dair altra « e la figura osella gutturale 
(p. e. shand^)j e quella con la palatina (shid; cfr. § 13, 10)*, 
Similmente nell'Europa, i riflessi dello skand {sJiad skid) indo- 
ìrano si toccano con quelli dell* indo-i rano sHid. A skad skand 
vanno cioè congiunti, nel greco, (rxeS-àvvu-fxi , dissipo, dispergo, 
ma insieme pure il verbo mediale <rx^S-va-[A%i, mi spargo, dalla 
cui figura radicale affatto non si distinguerebbe il riflesso greco 
dello sìUd indo-irano (khid sscr., SCIJ) lat., ecc.) se non vMn- 
tervenisse l'aspirazione: 2XIÀ, (rji(0^tù {(f/^^Z^jtù^ v. T/nd.)» fendo, 
<rxf&-«x- (ff^fòscS), scheggia, — così come la vedemmo intervenire 
in una delle, propaggini indiane di skad (sscr. skhad ) **. Altra 



il part. perf. pass, dice: abbattuto, stanco (rotto, cfr. il lat. fàtisco). 
Gli autori del lessico di Pietroburgo pongono 'oppresso' anziché 'ab- 
battuto', e quindi, io credo, vennero all'idea di dar teoricamente per 
valori fondamentali del nostro verbo: premere, comprimere (stossen, 
drtlckenj niederdrtlckén). Ma poi vendono i composti, per là òui tra- 
duzione' debbono usare il tedesco ^-remen, strappare. -^La figura <son 
la sibilante (skhid) ricorrerebbe nella taittirija-sàhitd (Veda, jagus 
nero, y. Studj orient. e Zt^., I, 79), e non è ortografia intorno alla 
quale possano surgere di quei sospetti che vedemmo legittimi in or«- 
dine allo gkh del kdthaka (pag. 215, in n.), poiché skhid è singolo 
esemplare, non vedendosi che la taittirija^sahità dilSerisea dalla so- 
lita figura rispetto a khjd {ava-^kkjat) o ad altri. - Notevole la forma 
ha-khàd^a (Ki*khSd'^)'^Q si adduce, allato a hi-^khaid^aj come perf. 
di khid.- 

* Il Kuhn, 1. e, p. 427, non potò venire a simili discernimenti tra 
hhid e khid. Le due vene si distinguono anche ne' significati : skad^^ 
shid'i rompere, abbattere, disperdere; skid'*, fendere. Per me è so- 
pratutto norma sicura: che la palatina, in generale, é sempre comune 
a sanscrito ed a zendo, é sempre, vale a dire, pre-indiana; 

** Si aggiungerà ad un tempo l'aspirazione greca, si nel riflesso 
dì skad^ e si in quello di sak^ ska- (39,3.), cioè della più semplice 



^22 § 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO. 

ooincidenza di aspirazione, fra indiano e greco, avremo nello sk 
interno. La vece zenda che vedevamo in gra-^h gra-^ka- (-pft nel 
verbo, gk nel nome; 41, 6.) trova cioè il suo analogo anche nella 
vece sansqrita che intercede fra il verbo mùr-Jik mùr-kha-ti 
Cmur-ska-ti), irrigidire, rimanere sbalordito, ecc., ed il nome 
mùr'-khd-' ('mur-ska-), balordo; nel quale esempio si tratta ve- 
ramente ancora dello ska ascitizio di cui già.parlammo (39, 4. 5.), 
il quale perciò a buon dritto manca nel partic. perf. pass, mùr-td-. 
Ora, appunto questo sk ascitizio potrà aspirare pur nella Gre- 
cia la sua gutturale, e perdere insieme la sibilante (v. ^ " sk) ; 
di guisa che tpy-oiMu (per ersA^oinai), vado, vengo, risponda a 
capello al sscr. ar^kha-^ti (*ar-ska-ti), aggreditur, che già in- 
contrammo ( 39, 4:). Allegheremo finalmente un altro lucido 
esempio di sk iniziale, continuato per kh sanscrito, e sarà khang 
khdngHx^i (*skag *skang), zoppicare, al quale si raccosta, ol- 
treché l'antico islandese shakk-^rj zoppicante, il greco <ncxC(«>, 
zoppico, per ^skag-jó (v. C«^j), solo mancando la riprova di 
forme greche in cui si rimanifesti il ^ *.^ 

r 

La figura sanscrita skh l=^sk) ricorrendo adunque tuttora ed 
essendo confortata d'ogni analogia (§37), potrebbe parere che 
il sscr, khf in quanto occorra nella medesima funzione etimo- 
logica, abbia a dichiararsi da skh per semplice dileguo del s. 



figura di questa famiglia di verbi per ^fendere, rompere', se qui ve- 
Tame^te spettano <r/éZfa {'<tx^^Ì^) ^ ^^- Ma la serie dei significati 
<che ci è offerta da questi verbi greci (fendere, aprir pungendo, aprire' 
slogare ecc., lasciar andare, calare, trattenere; cfr. x<^C(o e yjxl^ta)^ 
l)asterebbe essa sola a renderci alquanto esitanti. Vedine ancora Vlnd. 
. * Manca .cioè, a cagion d'esempio, un fut. .(tkìÌìù (skak^ó); ma 
d'altra parte non contrasta il futuro (rxàffco, che si trova ne' lessici 
/d acceiinérebbe a *skady poichò ò voce che in realtà non occorre. — 
Jl parallelo nordico skakk-^ skak^r^ addotto dal Fick, rasenta vera- 
mente lo skak-^a^ islandese e svezzese, quassare; ma ugualmente si 
tocca lo khahg sanscrito, claudicare, col sanscrito khag^ commovere, 
agitare;- e si aggiungerebbe il riflesso, altrettanto normale, della 
'forma priva di s, nel ted. bang- hink-^n^ zoppicare^ v. p. 63 e Dilegui 
ìKuhn; il quale però si confonde circa il ragguaglio del suono ini- 
ziale di hano^ che risulterebbe esatto, cioè: h^*k). 



§ 4L ALTRE ViCENDB DELLO sk ORIOmÀRlO. 223 

tanto più che vediamo trattarsi di coinbinazione ini2;ial6, o di 
combinazione intèrna ih cui il s riésée'tra consonanti , che soQ 
due posture in cui la perdita di s é tutt' altro ^he insolita 
(v. Dilegui). Tuttavolta, quando si consideri, da un lato, sulla 
generali^ che il sistèma fonetico del sanscrito è affetto^ pet! non 
poca parte, di pracritismOy e dalU altro, che nel caso |)articolar€> 
delle combinazioni originàrie della formola^^^ («susseguito da 
esplosiva) abbiamo nel sanscrito il costante fenomeno j^ramSco 
niello R/i da 5?J, ed altri esemipj in cui il processo j^racWfeca ò 
affatto manifesto (cosi guphità- = guspità-y p. 211), è giocoforza 
riconoscere, che là dichiarazione più semplice non è in questa 
incontro la .meglio conforme a verità, q che, almeno per i|n certo 
numero di esemplari, si dovrà ammettere, anche pel sanscrito, 
quella elaborazione di sko skh che nel pracrito è affatto nor- 
male; quindi kh sscr. cosi per sk come per skh anteriore, e 
intesa l'evoluzione ài modo che più addietro descrivemmo (40, 
2. 3. 4.); al che ancora si aggiungerebbe kh sscr. per uno ks 
anteriore (che può essere, come vedemmo, sk originario), fenomeno 
anch'esso regolare nel pracrito*. Uu'obiezione generale parrebbe 



* Una prova indiretta, ma assai efficace, per la genesi pracritica 
del ascT. kh o del sscr. ph rimpetto a, sk o sp originario <cfr. § 58), 
si ha ancora in ciò, che non esista th iniziale sanscrito , vale a dir 
che non si possa discorrere di' simil processo per st iiiiz. originario. 
Queista induzione si fonda sopra un fatto, che per sé stesso ha molta 
importanza in ordine a tutti i fenomeni de' quali trattiamo, ed ò 
(cfr. Lez. XIV): che quando nel sànscrito si incontri, fra parola e 
parola, la combinazione etimologica 5+^0 s-^p^ lì s sì debba ridurre 
a visarga (r + Zi, ••+p; che è quanto dire h-tkj h-¥p), così ottenendosi 
il primo stadio dell'alterazione pracritica di ogni combinazione della 
formola 5+^; dove, all'incontro, se si formi tra parola e parola la 
combinazione etimologica s+t^ essa rimane intatta; quindi p. e. indrat 
Arnaw^ì, Indra fa, indra: pibati^ Indra beve, ma indras targati, Indra 
minaccia. Ed è legittimo che la piti resistente delle antiche formolo 
sia quella in cui s si combina con la esplosiva ad esso omogenea. — 
Non mi è sempre ben chiaro, se il Kuhn, nel luogo di sopra citato, 
stia pel semplice dileguo di s, o stia pel processo pracritico. Ad ogni 



324 § 41. ALTaE VICENDE DELLO. <^..QaiOlNÀlU0. 

ihsorger^, p«r vero, contro ògm dichiarazione di kh j&ianscrito 
per genesi praeritica; ed è il. non vedersi mai il ràddoppiamèjQto 
che per simiglianti'pnodotttpracritici, e quihdii anche* per la pa-* 
ìatina sanscrita RA, tedevamo normale* Senonchè, .è bensì latto 
singolare, ma pare incontrovertibile, che il sanscrito «. quando 
6i prescinda dalla palatina Kh^ supera tli gran lunga /il pracrito 
nel ridurre alla semplice esplosiva aspirata i prodotti, alterativi 
del quali si ragiona (y.p. e. i §§ 43, 44}. desterebbe dunque di 
ecernere i casi sanscriti nei quali si abbia a ricgiioscere la evor 
luzione praeritica, b di determinare, per ciascun caso, quale ié 
tre modi di essa vi sia intervenuto. Ma qui . «r indagine trova 
ancora, per molta parte, le sue colonne d* Ercole (cfr. § 58), 



modo, cade qui inaccoacio di avvertire, che il processp pracritico 
^i aveva a dichiarare ^ secondo la sua sentenza (nella quale non so se 

ancora mantengasi) per ciò: che nel pracrito ogni tenue dietro a s 

t. '" ..<... , «... 

finisse per aspirarsi, ed il s, alla sua volta, esercitata questa funzione 
di aspiratore, vi passasse in ^, e si assimilasse alla esplosiva sus- 
seguente per guisa di renderla doppia. Egli quindi voleva, a cagion 
d^ esempio, questa serie: st stk hìh "Uh; e pel caso dello XA, la serie 
sR sMJi hKh "Mh. Ma si deve pur dire, che T ipotesi kuhniana si 
fondava sopra ipotesi ripugnanti. Poiché, a tacer d* altro, ripugna 
r ammettere aspirata ogni esplosiva per effetto del s ohe le preceda 
tanto pih che vediamo, da un lato, rimaner pura la esplosiva in 
que' dialetti pracritici in cui la sibilante si regge (quindi^ p. e. nel 
gakàrico : hagia- « sscr. hasta'^, mano, pa^nagta-^ « sscr. pra-«a/ta-«, 
perduto, sparito; e nel mo^adAtco secondo HaimaÌLandra: vuhaspadi' 
s sscr. tyrhaspati-r^W pianeta Giove; ecc.), e, dall'altro, mancare ognj 
addentellato, fra sanscrito e pracrito, per la supposta aspirazione nel 
caso di combinazione ottenuta fra radice e sufSsso (as^i dritti ecc.; 
il doppio suffisso "is-tha-y di cui è parlato ai §§ 43 e 49, non offrirebbe 
analogia sufficiente); ed ò ancora affatto arbitraria l'immaginata as- 
similazione di ht ecc. in tt ecc. Air incontro, V invertimento da noi inse- 
jg*nato, e la ragione che del raddoppiamento noi diamo, hanno positiva 
conferma nei fenomeni a cui sottostanno, e nel pracrito e nel sanscrito, 
le analoghe combinazioni che furono di sopra rassegnate (41, 1.5. e 
segg.), e affatto escludono, come ognun vede, la via tentata dal Kuhn. 



§'41. A^TRB VICENDE DELLO sk ORIOXMAHIO. 225 

« 

e non dà che risultanze affatto parziali. Cosi per khid (41, 1.) 
l'ipotesi del mero sk in AA resterebbe eliminata dair atersi la 
serie skhad skhid hhid; e la stretta corrispondenza dei signi- 
ficati suggerirebbe di rappiccare khdd a ksad (41, l.), e quindi 
di vedervi kh pracritico da ks. La voce zénda non può darci 
alcun lume circa le evoluzioni indiane dello sk indo-iràno; e 
solo ci giova a sottrarre qualche kh sanscrito ad ógni sospetto 
di genesi pracritica. Cosi è dello kh ài sàkhi't amico, sakh-jà-^ 
amicizia (cfr. il lat. soc-ius), che il Fick vorrebbe ingegnósa^ 
mente ricondurre a saskù saskja-, vedendovi quella forma ra- 
dicale che altrove si determina in sagk sanscrito (16, 5., 17, 6.), 
Seguire. Ma la risposta zenda, che è kakhi (:si'*sàkhi), esclude 
questa dichiarazione, poiché non si può ammettere kh zendò per 
sk originario, e siamo veramente ad uno sakhi- indo-irano, il 
quale è probabile che rivenga al 'semplice *sak (onde il verbo 
indo-irano sak seguire), con uno sviluppo indo-irano di aspi-* 
razione nella formola ^ + ' + ^ (esplosiva tra vocali), che ha in- 
tanto le sue esatte analogie negli indo-irani r^atha- gapha-^ già 
in un precedente incontro da noi allegati (p. 147). 

Un'altra dubitazione, ma del tutto vana, ora ci condurrà a 
quella serie di continuatori svariati dello sk originario^ la quale 
ha per base lo sK [fh] indo-irano. Vedemmo che il sanscrito 
possa continuare per ks uno sk originario. Ora, siccome avviene 
che lo As sanscrito si riduca alla sua volta, per un certo numero 
d'esempj, a kh (anziché ^ kh) pracrito» la quale alterazione 
pracritica si vede anzi alcuna volta per éntro al sanscrito stesso, 
cosi potè surgere il dubbio che la palatina tenue aspirata del 
sanscrito rimonti di regola allo sk originario per l'intermedio 
di ks; il qual dubbio parrebbe sgominare tutta quanta T istoria 
che dello kh sanscrito noi facemmo. Ma non si regge; perchè, 
dall'un canto, l'alterazione di ks in kh é infrequente pur nel 
pracrito*, e quindi, senz'altro, ben ripugnerebbe di ammettere^, 



* kh pracr. per ks sscr., è p. e. in rikha- «= sscr. rksa-, orào (ìndost. 
riJlhj sindio rikhu-^ maratt. risa) '^ g kh Ai ssor. seriore allato a hs 

Ascoli Fcì^oI. iHdO'U.'-ffr.' 15 



226 § 41. ALTRE vicende' dello $k ORieiNARIO. 

pe'più antichi periodi della favella sanscrita, non solò il con- 
tinuo invertirsi di sk in hs^ ma insieme il continuo stiacciarsi 
di questo, al modo che avviene per solo un limitato numero di 
esemplari nell* ultima degenerazion fonetica di età seriori; e 
dall'altro canto noi troviamo, tacendo della presenza e degli 
avanzi di gli nello stesso sanscrito, che in tutti quanti gli esem- 
plari a cui la comparazione si può estendere, Tlrania attesti la 
fase dello sìt [gK\ là dove V India ha un antico Kh ; locchè, se si 
badi all'esatto concordar che fanno il sanscrito e lo zendo nei 
limiti entro a cui si compie il fenomeno di .ft da & (§ 15), è so- 
vrano argomento per conchiudere che qui si tratti di uno sK [pft] 
che risalga al periodo indò-irano, e per escludere quindi il so- 
spetto di un processo indiano che dia la formola sk ks Kh. La 
fase dello «K [^K] già a suo luogo vedemmo intatta allato allo 
Uh del sanscrito {40, 6.); ed ora giova che impariamo a cono- 
scere ima semplificazione «zenda di questo gJt, anche perchè sia 
pienamente provato che la voce irana di continuo affermi uno 
isk [gh] per lo Uh dell'indiano antico. 

2. Lo gh indo-irano che vedemmo ancora avvicendarsi con gk in 
gragfi gragka- (40,6.) *, di regola si riduce, per assorbimento 
della esplosiva palatina, a solo g zendo, in quell'elemento asci- 
tizio la cui figura originale vedemmo essere -ska ( 39, 4. 5.). Quindi 
avren^o: z.gaga-i-ti (v. p. 109, in n.), it, venit, « sscr.gakfiha-ti',- 
z. perega-i-tèy interrogat, « sscr. prMha-tai; - z. iga-^i-tty optat, 
t= sscr. iìtìiha-ti;^ z. -M^a-iWi, lucet, « sscr. uMhortL Un esem- 
pio per lo stesso assorbimento in gruppo iniziale , ci è offerto 
dal neo-persiano sdjah ( gdja ), umbra, = sscr. ìthdjd ( 39, 1 .) **. È 



sscr., è in Khurikd = ksurikd, coltello. V. fihuri nel sec. voi. degli 
Studj crit.y e ib. la n. 4 al sec. Saggio indiano. 

* La presenza di --ska nel nome, allato a -sha nel verbo, che più 
non è attestata dall'India, per quanto io posso vedere, se non da 
-vraska vragK (40, 6.) e mùrkha mùrKh (41, 1.), risulterebbe, in 
proporzione, assai men rara nello zendo; v. il voi. ultimam. citato, 
s. aragka- e peregka-. 

** Che si tratti di palatina assorbita (quindi della serie sk sh[gh]g). 



§ 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO. 227 

fenomeno asdai poco da questo diverso, il ridursi tra noi le an- 
tiche sillabe ske ski, pel grado intermedio di sce sci, a se si del- 
l'odierna favella italiana. 

Il sanscrito alla sua volta ci ha ormai mostrato lo gK indo-irano 
in due diverse figure: la intatta, che è rara (40, 6.; cfr. 41, 4.), 
e hh (§39). Ma allo gli intatto, cioè ad età anteriore a quella 
in cui esso andò travolto nella alterazione specificamente in- 
diana, risalgono alcune semplificazioni sanscrite di cui per ul- 
timo ora parliamo. La prima di esse appien s'incontra con la 
semplificazione irana che testé vedemmo. 

3. Alludiamo in primo luogo a,prag^nd-, domanda, questione, allato 
a prahh (prhhhd'ti pa-^prdMha) , domandare, al qual nome 
sanscrito risponde a capello l'equivalente zendo fras-na- {fr 
z. ^ pr sscr., sn z. «=» gn sscr., e cfr. z. frag-^L-, domanda). Ma 
la figura prag {^prakh\ cfr. per eg-a-i-ti zendo, 41, 2.), oltreché 
ritornare nel nome sscr. pràg, chiedente, che fanno avvicendare 
con prdRh (p. e. nello stromentale: prdhh-d e prdg-d)y ci sarà 



e non di elisione della gutturale intatta, è per sé manifesto, e l'in- 
tiero complesso delle corrispondenze indiane viene alla sua volta a 
raffermarlo ( v. ancora 41, 3.). Si aggiungono altre conferme da idiomi 
neo-irani, come intanto si vede dal Saggio indiano che è citato nelle 
note precedenti. L'armonia indo-irana potrebbe a prima vista sem- 
brar turbata dal verbo che appare presso il Justi nella forma di skd 
e risponde allo Hhd, tagliare, del sanscrito (39,3.), é da un altro 
riscontro al quale tantosto arriviamo. Ma già lo s in entrambi i casi 
ci direbbe, non trattarsi di forma irana che affermi la fase dello sk 
(cfr. 40,6.; 41,1.); e del citato verbo altra voce veramente non oc- 
corre, tranne vi-skjdtd, dove abbiamo il gruppo skj, che è una com- 
binazione ortografica, od ortoepica, la quale deve stare per gRj an- 
teriore, e legittimamente sinalterna con sj o /. Per lo stesso vi-^skjdtd 
si hanno le varianti vigjdtd visjdtd visjdtd. Così per lo sKju {gkju) 
indo-irano, che stiamo per toccare nel testo, avremo dall' un canto le 
forme paleo-irane su (zendo) siju (perso), e dall'altro il derivato zendo 
skjao-thna. Di più vediamo nella Fonol. irana^ s. skj ski. Cfr. Justi, 
o. e, p. 309-10; Spibgel, Gramm. d. altbaktr. spr,, p. 35; 



à 



128 § 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO. 

ancora atteetata, nella stessa conjugazione sanscrita, dalle com- 
binazioni con tenue dentale» nelle quali lo pa *^A ((^/L, Uh) si 
tratterà naturalmente come se fosse il sòlito g indo-irano (» *ft), 
ned è altrimenti nello zendo; quindi le forme sanscrite: j3ri>-tà- 
(zendo: pars'ta")^ chiesto, praS^tar-^ chieditorc, jjrrfZ-Juwi, do- 
mandare (cfr. pag. 40 e § 43). Ora, la figura sanscrita prag- 
pr^ risale manifestamente a *pragJir- {onde prahh)y come s[ 
riproverebbe anche per entro al sanscrito stesso, dandosi vras- 
'tar- vrai-ium per correlativi di pras-^toT" praS^ìum^ dal verbo 
vragkj che già citammo per gH rimasto incolume neirindia 
(40, 6.) *• Un'altra e assai poco diversa semplificazione san- 
scrita di sK [gK]j la quale non si può peranco dire dimostrata, 
ma è grandemente probabile (cfr. Lez. XIV), sarebbe lo s di 
la-8 Id-sja-ti {Idrsa-ti)^ aver bramosia, e òhà-s òharsa-^tai^ dis- 
correre; col primo de' quali s'incontra il latino lascivo-^ e coi 
secondo il greco cpà-ffxw (l-<pa-axo-v), dico ♦*. 



* Cfr. Pdninij 8, 2, 36 (ed. Boehtlinok, p. 607). Ma vragitvd sta 
solo per isvista presso il Westergaard (s. vragR)y in luogo di rra- 
ghitvd. Circa vt-k-na-^ cfr. la n. a pag. 105; e intorno a k-s da A/i + s 
v. la Lez. XIV.- Parallelo all' usi tato prag-nd- {praìth)^ citano 
ancora vig-na- {viìlh)^ splendore. - Lo Schleichbr, Compendium^ 
sec. ed., p. 169 (§ 123), mal risaliva per jjrap-na- ad un anteriore 

'prak'-na^'j ned era bene inspirato nel reputare inorganico il s di prask 

» 

{onde praRh). Lo turbava il lat. prec-orj e qualche altro parallelo 
europeo che va con esso. Ma si ha il doppio tipo pra-ska pra-ka^ 
intorno al quale si vegga per ora la sec. nota al § 40, 6. Né il lituano 
prasz-aùj richiedo, fa prova per un indo-irano prag^ 'prak, poiché 
lo sz lituano può essere il continuatore di uno sk (oltre che di uno ks), 
anteriore. E ancora si confronti la nota che segue. 

** Si potrebbe immaginare la serie fonetica sk '-ks-s; ma questa 
avrebbe contro di so il non vedersi alcun documento per la fase di 
-sh indo-irano nel verbo. La stessa difficoltà si opporrebbe all'infelice 
ipotesi dell' Ebel, Zeitschrift s. e, XIV, 247: "prask prakf-tum pras- 
-fwm, contro la quale protestano inoltre: jsra^Mta- prdg-d vig-na- 
tv. la nota che precede) e le analoghe forme dello zendo. - Allato 
a lai e a hlids può facilmente venir la tentazione di porre anche »> 



§ 41. ALTRE VICENDE 0ELLO sk ORIGINARIO. 229 

Rimane ancora il caso di semplificazione per dileguo del primo 
elemento di sit [gìt] iniziale. È, in generale, come già conosciamo, 
fenomeno tutt' altro che raro, nelle nostre lingue, quésto sfron- 
darsi della formula s^^- {s susseguito da esplosiva in principio 
di parola); ma possono risalire ad età rimotissime anche le fi- 
gure spoglie del s, e del resto il vanto deir antichità maggiore 
non è poi sempre incontestato alla varietà che ne è provveduta. 
Ne riparliamo a suo luogo, e intanto ora cerchiamo qualche 
lucido esempio per ft- sanscrito a cui stia oppure stesse allato 
sh' [gH'] iado-irano: 

4. Spetta il primo posto alla serie sanscrita: kju Hjdv-a-tai^ muo- 
versi, dipartirsi, uscire, cadere a gocciole, cadere, Hjàu-^tnd-^ 
mossa, impresa, fatica, gUjut gJiut Hjut gUjàn-t^a-ti ecc., cadere 
a gocciole, stillare, -^Kjùt 'gMt^ stillante (rgv.y III, 21, 3. 4: 
staukà ghrta-gìiùta:^ goccio stillanti-grasso; iMhja gJlatUanti 
staukàsa:^ a te stillano goccie); con la quale va paragonata la 
serie zenda: su savHX-tè^ muovere (p^rso: a~s[i]jav'-a-mj io mo- 
ve va, andava), aìjyg ^su^ga^i-ti {neìVOld zand-pahlavi glossary: 
sao-sa^i'ti)^ andare, dipartirsi, Skjao-thna" (s. /[;au-^nd-), azione, 
opera *. Lo shr originario sarebbe ancora intatto nelle risposte 
europee: skev-jan got., far cammino, sky-t-ati paleo-bulg., andar 
attorno, vagare **; e qui trattasi manifestamente di uno gii in- 
do-irano che vien perdendo la sua sibilante nel sanscrito (cfr. 
madhu'gJtìiù nel sscr. ved., ,e madhti^Jtjut' nel class., che stilla 



che si alterna nella conjugazione con iJih (t/lfti^a-^t), desiderare, si che 
entrambe le figure si riducano in etimologia ad una sola. Senonchè, 
si ha pur nello zendo la doppia figura tf ed ig (ig « sscr. i/ih)j e si 
aggiunge il parallelo indo-irano: s. us e z. u/(da vas) allato a s. uhh 
e z. u^, splendere. Di più nella Introduz. alla morfoL^ s. vv. 

* Circa r esatta ragion fonetica della serie zenda, si vegga la nota 
a pag. 227. Citano anche un sscr. Rhju Khjdv-a-tai^ andare, non però 
esemplato, che avrebbe ad essere pari a Hjìa Kjav-a-tai ; in quello s i 
avrebbe gK con la normale elaborazione pracritica, in questo Tafe^ 
resi di ^. 

*♦ Cfr. PoTT, Wurzel-worterbuchy I, 694. 



230 § 41. ALTRE V1GBN0E DELLO sk ORIGINARIO. 

mele). In secondo luogo si può addurre lo ghand sanscrito 
che appare nello gìLand^ra-^ splendido, di alcuni composti, come 
dova'-gHandra- (vedico), per cavalli splendido, puru-^handrà- 
(ved.), molto-splendente, e nel participio dell'intensivo: hani- 
•^JLad-at" (ved.), risplendente, allato allo Hand^ pure sanscrito, 
di Kand-rà-^ rilucente, biondo, luna^ Luno, dove il latino ri- 
sponderebbe per cand-eo (12,2.), e il greco sembra risalire a 
'skand (V. Jav^^s) *• Avremmo finalmente il seguente gruppo 
di vocaboli, che debbon rivenire a variazioni di una stessa 
radice: sscr. karman-^ pelle (ma qui pur l'equivalente zendo 
ìiar[e]man- risponde col semplice A), lat. cor-iu^m scor-tu-m, 
gr. x<^p-to-v (*<rxop- *<JX°P"> ^^^* 4^» ^•)» membrana (peritoneo), 
secondina, slavo skor-a, cortex, pellis, corium **. 



* Cfr. Benfbt, Zeitschrift s. e, VII, 126, Orient u. occid., II, 754, 
Sdma--vedaglo8s.^ pp. 126, 305, dove anche si citano esempj di gHanàra 
. isolato, i quali però non mi vogliono sembrare conclusivi. I)i ghandra 
in princìpio di Qpmposto sarebbe troppo scarso indizio lo Sav8pà[jL7](; da 
noi citato a pag. 202 in n. Non sapremmo poi dirci persuasi dello 
'gkar a cui lo stesso autore vorrebbe ricondurre il sscr. har, muo- 
versi , versare intorno a qualche cosa, fidandosi dell'oscura voce sscr. 
dgRaTJa-, raro, mirabile, e di assai dubbj riflessi europei (cxai'pw ecc., 
cfr. pag. 87), comechè il Bollensèn prometta di venirgli in ajuto con 
qualche esempio di ghar ch'egli presume di ripristinare per Karueì 
testo vedico {Orient u, occid.y II, 473 n., e Giornale della società orien- 
tale germanica, XXII, 583). E di certo il Benfey passa un po' il segno 
quando afferma che gK si riduca con molta frequenza a K sscr. (sehr 
hàufig, Zeitschrift s. e. Vili , 81 ) ; nò si può bene intendere la fiducia 
con la quale il chiaro uomo assevera, non aversi e lat. rimpetto a ìi 
sscr. se non dove questo sia per 'f?^, sentenza, del resto, che anch' egli 
vuol sicuramente limitata a e iniziale {Zeitschr. s. e, VII, 59, cfr. 
Or, u, occ.y II, 754). Comunque, riman sempre, come già a suo luogo 
fu per noi indicato, che gli esempj sicuri, in cui schiettamente si ab- 
bia: k origin. B fi indo-irano «= e lat. « x gp,, sono rari assai (cfr. § 12» 
e pp. 84, 86, 87). 

** Qui siamo veramente a kar skar, tagliare, scorticare, v. § 10, 3, 
e Vkitrod. alla morfoLy s. vv. Il paleo-bulgar. ha anche kora (cor- 



§ 41. ALTRE VICENDE DELLO sk ORIGINARIO. 231 

E cosi si chiuda per ora la nostra indagine intorno alle vi- 
cende dello sk originario, le risultanze della quale non sarà 
forse inùtile di vedere riassunte nel quadro che segue. 

sk originario. 



sk indo-irano. 
I 



z.f^,40,6;41,l 



1 
s. 5^, 40,6; 41;5^7i, 

41,l;A/,ib.;M,ib. 



I. 

s^ indo-irano. 

I 



z- 1?^-> -i?^» 40.6 ; s. -p/^ , p^- , 40, 6 ; 
-i?,41,2. 41,4; «/i, 39; 40 

inf.;-p,42,3;[-.y, 
ih.]; )^-, 4Ì,4. 



germ. sky 39. 

lit. 5^,5;?, 39;41, 3inn. | 
g. ax, 39; 41, 1; lat. se, 39. 

0%, 41, 1; ital. SCO, *sce jfe, 41,2. 



X. 41,1,4. 



venez. spe gè, 
rumeno stQ *. 



tex) allato a skora\ né da queste vóci slave, che accennano ad a 
radìc. origin., sarà da dividere il lituano skur-à, pelle ( Curtius, o. c, 
sec. ed., p. 154: sAw-rà, p. 446: skur^-à). Il lat. scor^tu-m è felice- 
mente aggiunto dal Curtius ai termini che il Kuhn ha raccostato 
nella Zeitschr. s. e, IV, 14. Cfr. Pott,' Wuri^el-wórterb., li, 152-3. 
* È normale: ste sti rum. per 5ce sci lat.; quindi p. e. i rum. àm, 
scio, kresti kreaste^ crescis crescit (cresci cresce), muske musùe^ musca 
muscae, ecc. Si tratterà veramente, per limitarci alla combinazione 
coire, di skBy ^skjej ste; la qual ultima alterazione si dovrà ascrivere 
a influsso slavo, come ben vide il Diez, Gramm. d. roman, sprach,, 
s. -SC-, poiché il prodotto slavo di skj è st (cfr. Schleicher, Formen- 
lehre des kirchenslavischen, p. 154, Miklosich, Vergleichende gramma-- 
tik der slavisch. sprach.y I, 188, 202); e sarà fenòmeno da aggiungere 
a quelli che ha raccolto il Miklosich, Die slavischen elemente im rumu- 
nischefiy p. 11 e seg. La sentenza del Diez é probabilmente sfuggita 
anche allo Schuchardt, il quale ha avventurato una sua ipotesi circa 
il fenomeno di cui tocchiamo {Vokalismus des vulgàrlateins.^ I,l6ò)^ 



Ì32 § 42. ORiaiNB e FlSlt>L06IA DBUiS LINGUALI SAMflCRIÌ^. 

§ 42. L* alfabeto sanscrito facendo succedere airordìhe delle pala- 
tine qadlo delle ccmsonanti lineali, ora ci porta ad una se^ 
zione dd nostro studio, nel}a quale più ancora ci sarà d*aopa 
discorrere di fenomeni peculiari all'India che non ci accadesse 
neir indagine testò compiuta intorno alla tenue aspirata del- 
Tordine palatino. Ma pur qui trattasi, dalFun canto, di vicende 
a cui yanno incontro elementi ariani, e però di vicende che im- 
portano, oltreché air istoria dell* individuo sanscrito, anche alle 
ragioni comparative di tutta intiera la famiglia, e trattasi, dal- 
Taltro, ditali fenomeni» la considerazione de' quali ha un'uti- 
lità che oltrepassa in più direzioni i ristretti confini del capitolo 
a cui arriviamo. Laonde non vorremo schivare pur la scarsa 
fatica di qualche rapido cenno etnografico intorno air India, che 
torna indispensabile alla, lucida intelligenza del nostro discorso. 
La letteratura, l'istoria e l'etnologia ci mostrano la gente, e 
quindi la favella ariana, difiondersi per la penisola gangetica 
nella direzione da aquilone ad austro; e come dell'inoltrarsi de- 
gli antichi ]^lleni nella direzione da oriente ad occaso è p^ 
avventura l' indizio più chiaro l' aver questi collocato all' estremo 
loro occidente l' ultimo confine del mondo dei vivi , cosi la pau- 
rosa reffione che % morti frequentano * è per gli Ariani del- 
l' India la plaga* australe, e ad austro è il loro Acheronte e la 
reggia del loro Plutone *^. Essi imbattevansi in popolazioni abo- 
rigene, cui probabilmente trovavano tanto p^iù spesse quanto 
più s'inoltravano verso mezzodì; e se riuscirono» nel corso de' 
secoli, a spargere la propria civiltà e la propria favdla per 
tutta quanta la immensa penisola, la sovrapposizione loro non 
è però di gran lunga bastata ad eclissare in ogni partagli strati 



* ,, . • paraitalixmtcm bhlmd diffam (ràmdjana, ed, Schleg., II, 

LX1I1,,14). 

♦* V. Stì4éy orienta e lir^fuist, I, 107-9. Pei Dravidi {drdvida-), 
eioò per gli aborigeni dell'India australe, il meszodi sarebbe stato 
air incontro la regione della libertà, della salvezza ^ della pace; v. 
GaldwelLi a comparative grommar of the dravidian or àouthrindion 
family of langtMtgeg^ London, 1856, pag. 72 in n. 



§ 41^ ORIGIKE' K FISIOLOGIA DM»LE MftGUAU SANSCRITE. 293 

anteriori; La famiglia degl' idiomi £»ansoritici dell* India caopre 
bensì r intera sezione boreale, cbe òTIndòstan, e si protende 
eziandio nella australe, che è il Dekhan , cosi a levante come 
ad occaso; ma nella maggior parte di questa hanno tuttora 
incontrastato predominio quelle favelle aborigene onde si com- 
pone la famiglia che addomandano drdvidica, e son precipua- 
mente: il tamil, il teluguy il cammda (canarese), ed il mala'- 
jàlam** Ed anche rimontando verso il nord, rinveniamo in 
contiguità del territorio che tuttora ò dravidico, e sparse in 
ìspecie qua e colà pure per entra al territorio sanscritico, altre 
genti o tribù di razza e di favella non-ariana, le quali non fu- 
rono ancora a sufficienza esplorate, perchè si possa fermamente 
dire se affinità intercedano, o quali, tra di esse ed i Dravidi. 
Ora, nelle lingue dravidiche, che sono le più diffuse ed in- 
sieme le meglio note fra le favelle non-ariane dell* India, ricor* 
rono con molta frequenza le esplosive linguali: ^, cf , e la nasale 
corrispondente: n, alla fisiologia delle quali arriva fra poco il 
nostro discòrso. Il sahscrito, alla sua volta, ci offre non di rado 
i medesimi suoni, e pur le esplosive aspirate: ih e d%, in voci 
od in elementi che son di patrimonio ariano; e il dominio di qué- 
ste consonanti, considerata sempre la loro presenza in voci od 
elementi di ariana favella, si viene notevolmente accrescendo 
negli idiomi sanscritici dell* India seriore e della moderna. Lo 
zendo, ali* incontro, il greco, il latino, il celtico, il gotico e il 
litu-slavo, a queste linguali dell* India sanscritica rispondono 
costantemente per mere dentali; nò mostrano, ne* loro sistemi 
fonetici ne' loro alfabeti, una distinta serie di suoni che fac- 
cia riscontro alle esplosive ed alla nasale dell* ordine linguale 
dell'India**. Quindi la conclusione, ormai antica, che queste 



* Cfr. Caldwell, o. c, p. 4 e segg. Strano che anche quest'au- 
tore, ib. 29, metta il Colebrooke fra coloro che volevan derivate le 
lingue dravidiche dal sanscrito. Y. Studj orient. e linguista y I, 264. 

♦♦ Circa le linguali neira/J)rano, v. intanto Trumpp, nel Giornale 
della società orientale germanica, XXI ^ 26 e segg.; e intomo all'ele- 
mento linguale nel òelticio: Lassen, nel Giornale per la conoscenza del- 
roriente, IV, 423, 425, e i Beitràge s. e, III, 228. 



234 § 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCRITE. 

linguali (o cerebrali, come erroneamente si sono pure chia- 
mate*), si abbiano nel sanscrito per influsso degl' idiomi abo- 
rigeni a cui esso è venuto a sovrapporsi; la quale sentenza 
ora però apparirebbe, da ulteriori studj, per più di un verso 
minacciata. Senonchè, pur confessando che ci muoviamo sa 
d' un terreno ancora difficile, noi stimiamo che le dubbiezze si 
avranno in fine a dileguare, si che pure in questa parte, come 
spesso avviene, la prima intuizione del sapere si mantenga verace. 
Contro la sentenza che noi difendiamo, pare imprima che 
surga una difficoltà di ordine etnografico. Poiché, attribuendo 
le linguali sanscrite alla reazione del substrato aborigeno, si 
suppone che agli idiomi eclissati dalla favella ariana fosser co- 
muni le linguali dei Dravidi; e questo è, si può obiettare, tal 
supposto, che peranco non va confortato da indizj abbastanza 
sicuri, stante l'oscurità in cui tuttora si ravvolgono le genti e 
le favelle non ariane dell'India boreale e centrale**. Ma, dall' un 
canto, nessun etnografo vorrà pur certo negare che le favelle 
dravidiche debbano un giorno avere occupato ben più ampio 
territorio che oggi non facciano; e dall'altro (né questo é tutto), 
l'alterazione della parola ariana nell'India apparisce prodotta, 
per più altri capi, da tali predisposizioni etnologiche, le quali 
anch'esse ci fanno arguire che fosse dravidica la favella a lei 
soggiaciuta, o alla dravidica affine ***. Del rimanente, questa 



* Il termine sanscrito : mùrdhanja (da mùrdhan^ testa) direbbe : testa- 
le. V. ora intorno ad esso: Whitney, Tdittirìja-Pràtig.y ad 11,37. 

** La recente opera deirHuNTER: A comparative dictionary oftk 
[non-aryan] languages of India and High Asia (London, 1868), della 
quale non vuoisi negare il pregio, non basta tuttavolta di gran lunga 
a diradare sufficientemente questa tenebra. 

*** Si consulti Vindice sotto Pracrito e Dravidiche [lingue'] ; e qui 
intanto ci sia concesso d'interrogare la favella dravidica intorno a 
due difficili particolari, l'uno di grammatica, l'altro di lessico san- 
scrito. - Incominciamo dal grammaticale. Piti addietro vedemmo 
(pp. 40 e 106 in n.), che 5, e di solito anche g, e pur lo g Ci) del 
tipo marg mrs-td, abbiano per loro sostituto, in determinate posture: 



§ 42. ORIGINE E FISIOLOGIA BELLE LINGUALI SANSCRITE. 235 

obiezione etnografica non si vede sostenuta pur quel tanto che 



t o d. Si aggiunge il fenomeno di linguale per h, come in puspa-Uh-'^ 
ape [lecca-fiori], che darebbe al nominativo : jpwipa-Zi? {rlid\ del tipo 
in cui parrebbe aversi insieme una metatesi d'aspirazione, p. e. -dhrut 
o -^hrud nomin. di -druh^j infesto, come se si trattasse di 'druzh^ 
V. Vlnd. s. Y. e s. zh), fenomeno al quale gik alludemmo (p. 176) 
come ad una vicenda che concorre a provarci, per una fase ante- 
riore, quella' pronuncia di h che noi rappresentiamo per z\ Abbiamo, 
vale a dire, la sostituzione di esplosiva linguale per le quattro fri- 
cative aflSni: g s z z\ Ora, come si dichiarerà questa sostituzione? 
Non c'è manifestamente alcuna ragione etimologica per questa lin- 
guale che venga a far le veci di k (f), g (z), gh {h) originario o s 
indo-irano; e col dire che 8l s si sostituisca la corrispondente esplo- 
siva, e ^ ;^ ;?' si pieghino alla analogia di s^ ben si descrive il fe- 
nomeno, ma non se ne dà punto ragione. La qual ragione, che non 
vedo pur cercata da alcuno, si potrà all' incontro avere nel modo in 
cui il tamilo risponde allo s del sanscrito. Il tamilo, lingua dravidica 
siccom'è, va pressoché sprovveduto di sibilanti; e nelle parole che 
questo precipuo membro della famiglia australe piglia a prestanza 
dal sanscrito, s suole ridursi a d (fricativa dentale sonora), e sàd 
o 'tt-. Così : tam. kimburuda- « sscr. kimpurvLsa-y nome di certe crea- 
ture mitologiche ; tam. mdnida- « sscr. mànusa, uomo ; tam. iridi- = 
sscr. rsi-, un Risei; tam. idaha- ° ssav. rsabha-^ toro (prence); tam. 
vittunu' = sscr. visnu-, Visnu ; tam. kiruttina-, hittina- « sscr. krsna-. 
Crisna (cfr. Ariel, nel/owmaZ asiatique^ genn. 1847, pp. 16,20; Cald- 
liVELL, o. e, pp! 110, 123,139; Vinson, nella Revue de linguistique^ 
III, 82-3, 302). Nella sostituzione ài d t dk s ecc. che il sanscrito ci 
mostra, si potrebbe quindi vedere un altro effetto di quella causa gene- 
rale di cui piti innanzi nel testo si tocca, cioè della favella aborigena 
che in determinate congiunture soppianti con suono suo proprio un 
suono avversato della lingua a cui soggiace. - Veniamo ora al par- 
ticolare lessigrafico. La voce sanscrita che in figura classica è 
lauka- (luogo, libero spazio, spazio mondiale, mondo), figura conva- 
lidata dal riflesso lituano : Zat^^a-s, campo, l'aperta campagna, è nel 
Rigveda, quasi esclusivamente: ulaukd-. Intorno a questa forma si 
ò ormai studiato di molto (vedine: Rig-Veda-Sanhita ^ The sacred 
hymns ofthe brahmans transL and explain. by Max Mììller, I, lxxi-v; 



236 § 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE IiINQUALI SANSCEITE, 

si potrebbe*; laddove qualche breccia hanno pur potato fare 



BoEHTLiNGK-'RoTHt 8. lauka)\ ma due cose mi pajono sfuggite ali* at- 
tenzione dei chiari uomini che hanno ad essa rivolto il loro acume. 
La prima è, che il l iniziale si può dire a dirittura estraneo all'i- 
dioma del Rigveda; poiché, se togliamo i seguenti esempj: laksm lau- 
pdgd laugd dpa -^ni-^ lajantam làja liìmgà d-laòh-- arw-a-labhj i qaali 
non ricorrono se non nel decimo mandala ^ che è il meno antico « e 
ancora Iduman che ha il suo correttivo nel piti usato rduman, e ri- 
solato ni alipsata^ che a rigore non va tra gli esempj di { iniziale 
ed è corretto da rip^ vera forma rigvedica del rispettivo radicale, 
noi saremmo veramente ridotti, se io ho bene spogliato il Lessico di 
Pietroburgo, all'incerto laudha e ai due isolati sostantivi làhgalaQ 
laksdy che psgono essere due finoc^ X6y<^[asv!x (v. ancorala Lez. XIII, e 
cfr. il lessico del Benfej ài Samaveda, che non dà alcun esemplare 
per l iniziale). La seconda è, che Vulauka^ del Rigveda coincide colla 
normale alterazione tamila del sanscrito lauka (lóka)^ che è ulóga-fm], 
ulàgUf il tamilo classico non tollerando { iniziale, e prefiggendovi co- 
stantemente un u (Caldwell, 1. e, 56, 108, Vinson, 1. e, 302; cfr. 
GuNDEKT, nel Giornale della società orient. germ., XXIII, 524*5). Ora, 
piuttosto che accumulare ipotesi per rinvenire, a dispetto della forma 
del sscr. classico e della lituana, una ragione etimologica dell' u- del 
rigvedico ulauka-, non vorremo noi credere che ulauka fosse forma vol- 
gare per lauka^ forma, cioè, che aveva ceduto alla riazione di una 
favella aborigena, e tanto piti facilmente vi aveva ceduto, quanto piti 
stava isolato nel dialetto del Rigveda questo vocabolo con l iniziale? 
Che se vogliam sùbito confortarci con iin esempio analogo, vale a dire 
con uti altro caso di alterazione vedica, il quale sappia di dravidismo 
e rimanga estraneo al sanscrito classico, ricordiamoci dìpad^ ^Tpad- 
(piede; cfr. § 46) in padbhisj pad-mga" (e pad-^grbTU^). - Le voci 
o radici dravidiche assunte a far parte del lessico sanscrito vanno 
naturalmente considerate anch'esse nella questione intorno alla qua- 
lità degli idiomi che al sanscrito son soggiaciuti (v. intanto Caldwbll, 
L e, p. 439 e segg.); ma chi si pone a rintracciarle, deve certamente 
usare di una critica piti ferma che non sia quella dei Gdndbrt testé 
citato, il quale vuol p. e. assoggettare ad etimologia dravidica il san- 
scrito pu^ra-, figlio, dimenticando, fra l'altre, lo zendo puthra-. 
* Pure il Caldwell, il quale contesta, non però con molta energia, 



§ 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCaiTE. S37 

alcune obiezioni oà affermazioni di ordine diverso, alle quali ci 
conviene ora passare *. Si è dunque primamente contestato, 
sulle generali, che mai un popolo si faccia ad assumere elementi 
fonetici della lingua d*un altro; si è inoltre voluto attenuare 
la differenza che corre tra suono dentale e suono linguale; e, 
messo innanzi il fatto incontrovertibile, che il passar delle den- 
tali originarie in linguali sanscrite avvien precipuamente entro 
a* confini di determinate combinazioni fonetiche, si è voluto so- 
stenere che molti fenomeni congeneri occorrano pur nelle lingue 
ariane dell* Europa, insieme però concedendosi che la linguale 
fosse estranea al primitivo sistema fonetico degli Àrj, e che solo 
r orecchio degli Arj dell'India, al pari di quello dei Dravidi, 
abbia saputo ben discernere tra suono dentale e suono linguale. 
Ma quanto già dicano, per sé sole, queste due concessioni 
insieme combinate, può ognuno vedere. E quale si è poi in realtà 
la pronuncia delle consonanti linguali, che tutti concordemente 
pongono affatto la stessa negli idiomi ariani dell'India e nei 
dravidici^ Le più antiche indicazioni convengono a capello con 
ripetute indicazioni moderne, si che non possa rimanere, per 
questa parte, alcuna ragionevole dubbiezza. Dicono, dall' un 
canto, quasi tutti i Prdtigàkhja (le grammatiche dei Vedi), che 
le linguali si ottengono colla punta della lingua ravvolta al- 
l' indietro ^'^'^i e i missionarj italiani, dall'altro, ai quali, per la 



che siavi identità fra T elemento dravìdico e quell'elemento aborìgeno 
che ha avuto parte nella formazione dei vernacoli pracritici, e solo 
ammette che vadano congiunti tra di loro per una certa affinità ge^ 
nerale, crede tuttavolta che il sanscrito abbia mutuato le linguali dalla 
favella dei Dravidi, della quale stima che un giorno fosse estesa per 
tutta r India. V. Top. cit., a pp. 23, 37-44, 69-72, 76n., 111-13, 117, 438-9. 

* Alludo principalmente allo scritto del dott. Giorgio BIìhler, On 
the origin of the sanskrit linguaU (Madras literarjgournal, 1864) 
che però ho la sfortuna di non conoscere se non dall'articolo che gli 
ha dedicato l'Or, u, occid.j III, 379-83. Cfr. Max MUller, nella sua 
gramm. sanscr. (traduz> ted.), §22,5. 

** Concordano cioè in questa descrizione i jpràtigdkhjcL , del joffus 



238 § 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCRITE. 

ragione della natia favella, ogni fisiologo concederà di leggieri 
una particolar competenza nello stabilire la diversità che in- 
terceda fra le pure dentali ed altri suoni che possano entrare 
in paragone con esse, cosi per esempio descrivono la tenue lin- 
guale degli Indiani: « aliter, quam per t, haec a nobis latinis 
explicari nequit, nec describi potest; quamvis longe sit diversa, 
ejusque pronunciationem assequi necessarium sit. profertur lin- 
gua pauUalum inversa, et palatura leniter percutiente, quo blese 
pronunciatur »; oppure: « huius litterae sonus, sicuti et triura 
sequentium (th, rf, dh)y idem prorsus est; est autem Europeis 
admodum difBcilis, ac pronuntiatur inversa omnino retrorsum 
lingua, adeo ut interiorem palati summ'itatem attingat »; dove 
del t dentale, cosi indostano come dravidico, all' incontro direb- 
bero: « a nostro t non diflFert », oppure: « ut ^ latinorum*». 
Ed ormai ci soccorre eziandio la riprova del fisiologo; poiché 
il Brticke affermi, nella sua analisi della media aspirata lin- 
guale indostana, che l'elemento esplosivo ne sia quel d o ty A 
quale si ottiene colla punta della lingua ricurva all' in su e 
aderente alla più alta parte della volta palatale **. Ora, la dif- 



bianco, del jagus nero, e dell* atharva. Quello del rg^v. non ha una 
descrizione generale; ma della media dice (I, 11; ed. Regnier, Jbur- 
nal asiatique, février-mars 1856, p. 170, 173,215), che si formi, se- 
condo YdMrja Yaidamitra, alla radice della lingua ed al palato; 
la quale osservazione coinciderebbe con quella del fisiologo Brùcee 
{Grundzùge der physiologie ecc., p. 36, 2), che la punta della lin- 
gua atteggiandosi nel modo che è richiesto per la produzione di que- 
-sti suoni, la parte inferiore della lingua medesima si fa convessa in 
avanti è tocca in parte il palato. 

* Alphabet. brammhaniciim (v. pag. 108 in n.), p. 29; Alphabet 
grand.-malab. (v. p. 207 in n.), pag. 82-3. E così Guglielmo Jones 
(1. e. a ];ì. 206 in n.): This class is pronounoed with aninflexionof 
the tonguò towards the roof of the mouth, which gives an chiuse 
sound to the consonant. 

** Cfr. Sitzungsberichte der philos.'histor. cL der kais. [lóien.] 
akademie der toissenschaft.j XXXI, 224 (dove buth-tha sta, ^ev ìsU- 



§ 42. ORIGINE E FISIOLOGIA DELLE LINGUALI SANSCRITE. 230 

ferenza tra linguali e dentali, che ha nell' istoria della lingua 
conferma amplissima (§ 46), vorrà essa, di punto in bianco, so- 
pra qualche yaga indicazione, essere ridotta a proporzioni tanto 
esigue, da dirsi poco men che impercettìbile *, e vorremo noi 



glie in luogo di bud'tha) e Grundzik/e ecc., p. 36. E la distanza fra 
linguali e dentali non scema già, ma anzi si accresce, se le dentali 
indiane veramente si formano, come il Brticke nel primo de' luoghi 
citati asserisce, a quel modo di cui toccammo a p. 161. La identità 
fìsica fra dentali dravidiche e dentali sanscrite è anche espressamente 
affermata dal Caldwell, 1. e, p. 107; e per la special qualità di den- 
tali, a cui testé alludevamo, starebbe il fatto, che il tamil e il ma- 
lajalam ci dìeno, in luogo di d^ la fricativa dentale d, 

* Y. i luoghi citati alla n. * di pag. 237. Il BUhler avverte, che 
^V Indù sostengano, proferir gli Inglesi con pronuncia linguale le loro 
(proprie) dentali, e che nell'India si trascrive: government e director 
( cfr. landra, Londra, nel less. di Pietrob.). Soggiunge, che il tamilo 
arriva al punto di trascrivere solitamente gl'inglesi t d per t rf, 
quando nella parola occorra un r, oppure ad essi preceda una sibi- 
lante o ^, o finalmente la dentale sia aggruppata con altre conso- 
nanti; e così anche trascriva per d iìd iniziale cui sussegua i. Circa 
la prima affermazione, basta, e' mi sembra, ammettere che le dentali 
indiane non rispondano proprio a capello alle inglesi (cfr. la nota che 
precede) e ricordare che la prevalenza della pronuncia linguale sì fa 
neir India sempre maggiore, per renderci capaci della sentenza e della 
trascrizione degl'Indù, senza che perciò si turbi il nostro parere circa 
la vera entità delle linguali indiane. E passando all'altro punto, se 
i Tamil! non trascrivono le dentali inglesi colle loro linguali altro 
che quando occorrano gì' incontri dei quali toccherebbe il dott. Bfih- 
ler, se, vale a dire, essi non fanno linguali le dentali inglesi altro 
che pressappoco nelle congiunture medesime in cui si fa linguale in- 
diana la dentale del patrimonio originario, ciò manifestamente viene 
a dire, dall' un canto, che la dentale inglese rimane in molti casi 
dentale tamila, e, dall'altro, che il tamilo renda per linguale la dentale 
inglese, non perchè in questa egli senta una linguale, ma sì perchè a 
linguale egli la riduce. Dagli assalti del tedesco G. Bììhler difende del 
resto la peculiarità delle linguali indiane un altro tedesco, Buhler 
anch'esso (M. Buhler) e anch'osso venuto nell'Iudie, il quale, a prò- 



240 § 42. ORIOIME B FISIOLOGIA DELLE LIIfGUÀLI SANSCRITE. 

confondere, queste linguali specificàmenf e indiane, con certe fasi 
fonetiche iinmaginarie, le quali si vogliono stabilire per anelli in- 
termedi di evoluzioni che si son compiute altrove e non istanno 
in alcuna connessione ìstorica con le evoluzioni indiane a cui mira 
il nostro discorso (cfr. §§ 46, 51)? Noi di certo nel sapremmo; né 
vale a smuoverci quant' altro resta ai contraddittori. Poiché, ma- 
nifestamente, punto qui non si tratta di elen^enti fonetici che m 
popolo abbia assunto dalla lingua di un altro ; ma si di tali suoni, 
i quali, propij essendo degli aborigeni, cioò, pur nel nostro caso, 
proprj essendo del più numeroso degli elementi onde viene a com- 
porsi il nuovo individuo nazionale, ;3oppiantano per avversione 
naturale, massime in date congiunture, altri suoni piti o meu vi- 
cinamente ad essi conàimili ddla lingua che con la miglior civiltà 
si sovrappone (§§.43-46), si che questa traccia della lingua che 
soccombe si faccia per noi via via più chiara, man mano che i mo- 
numenti letterarj, o là parola parlata, piuttosto ohe 4' appartato 
linguaggio del popolo assimilatore, ci offrano lo schietto portato 
della fusion delle due genti. VU della Gallia propria e della ci- 
salpina, per Vu lungo de* Romani , è tra' più facili esemf] analo- 
ghi, e non il meno calzante. 

Ma più di tutto può far meraviglia il vedersi addotta, in fa- 
vore della generazione spontanea delle linguali sanscrite, la 
presenza di s in altre favelle della famiglia. Imperocché bene^ 
vero che la grammatica sanscrita colloca lo s tra le linguali 
(p. 17), ed è eziandio, almeno per certe congiunture, manifesto, 
che r antica pronuncia indiana di quest* elemento dovesse cor- 
rispondere alia, postura alfabetica a cui alludiamo (§§43,44). 



posito delle due trascrizioni di uno stesso nome di luogo indiano: 
Kaultray «s Kateri , ci dice ^Giornale della società orientale germa- 
nica, III, 109), essere ^^tdli peculiari suoni indiani, nei quali spunta 
a un di presso un leggero l inglese ». Si vegga ancora, pure per altre 
traserizioni di varia età, il § 46. Intanto, per trascrizione indiana 
di suoni ìnglesf , si aggiunga il notevole lata « Lordj Bbnfby, Oior- 
nale testé citato, VII, 411*12.