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MANUALE DANTESCO
DEL PROF.
GIUSEPPE JACOPO FERRAZZI
VOLUME V.
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MANUALE DANTESCO
VCL. V ED ultimo:
V
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ENCICLOPEDIA
DANTESCA
DEL PROF.
GIUSEPPE JACOPO FEEEAZZI
Premiata colla Medaglia d' Argento
NEI CJONCRESSI PEDAGOGICI DI NAPOLI E DI VENEZIA.
BIBLIOGRAFIA, PARTE IL
AGGIUNTAVI LA
BIBLIOGRAFIA PETRARCHESCA.
Yol. V ed nltiino.
Meno t'ho inoaosi: oinai per te ti cibii.
I^rg. X. -'5.
BASSANO
TIPOGRAFIA SANTE POZZATO
187 7.
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l'roitrictà Letteraria.
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A SUA ECCELL. IL COMM.
MICHELE COPPINO
MODERATORE SUPREMO DEGLI STUDI
NEL REGNO D'ITALIA
UOMO D'INTELLETTO DI SCIENZA E DI CUORE
INTEGRO AL DIRE E AL FARE
GroSEPPE JACOPO PROF. FERRAZZI
QUESTO ULTIMO LAVORO
D. D. D.
AL TUO NOME IL MIO DESIRE
APPARECCHIAVA GRAZIOSO LOCO.
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PREFAZIONE
Con questo volume pongo fine. al mio Manuale
Dantesco. A me non istà parlare dell* utilità del
lavoro : ne lascio giudice il pubblico, che anche pel
passato mi sorresse con tanta indulgenza. Delle
inesattezze certo. ve ne saranno ; né forse mi sarebbe
stato possibile lo scansarmene. Chi pensi per poco
Tingente numero degli autori citati, talora sulla fede
de' periodici , talora di corrispondenze , in cui non
puoi sempre bene cogliere il carattere; chi pensi
le molte difficoltà che, in tal fatta di studi, quasi
ad ogni passo attraversano il cammino, vorrà, io
spero, contrappesando Vun con V altro lato, es-
sermi cortese di perdono. Non di rado per appurare
una sola notizia mi avvenne di scrivere più volte,
senza potermi acquetare ai riscontri avuti. — Mi
allargai ne' Commenti parziali, che mi parve bello
oflfrir unito un tesoro di chiose illustrative, spigolate
con pazienza pertinace da giornali, da opuscoli di-
venuti rarissimi, da varie opere di autori pregevoli
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IV PREFAZIONB.
in che si giacevano racchiuse. — Per gli schiari-
menti di alcuni passi storici non mi venne meno
l'invocata cortesia di valentuomini generosi, nelle
patrie cronache versatissimi. E larghi sussidi, oltre
a quanto avessi potuto sperare, mi vennero dal
di fuori; onde son lieto di testificare pubblica-
mente la mia riconoscenza al dott. Zbiler bibliote-
cario di Praga, al co. Géza Kuun di Pest. a' dotti
e dilettissimi miei amici prof. LuniN e prof. Scar-
TAZZiNi, al prof. TiENHOVEN di Amsterdam, e segna-
tamente al dott. Gaetano Vidal, prof. nelFUniversità
di Barcellona, anime gentili, che non fecero mai
scusa , ma , con bontà di animo , fecero i prieghi
miei esser contenti..
Alla Bibliografia Dantesca mi piacque pur ag-
giungere una Bibliografia Petrarchesca, lavoro^
ch'io sappia, fin qui intentato; che il Marsand ci
diede quella dell* edizioni del Canzoniere e di alcuni
scritti che lo riguardano, e THorUs quella dell* edi-
zioni della Rossettiana di Trieste. Più largo campo
corre la mia. — E anzi tutto mi sia consentito di
preporre alcune considerazioni sugli studi che si
fecero su questo secondo luminare della nostra let-
teratura.
Il Canzoniere, non v*à dubbio, è la più soave
lirica del mondo, il più perfetto monumento dellal
poesia amorosa tra le nazioni moderne. Ma puri
troppo, tra noi, per ben due secoli divenne il libroj
di moda, e direi, la Bibbia dei poeti. L'apparente]
facilità di mettere insieme quattordici versi, il sen-
timento d'amore connaturato in tutti, ma che il|
Petrarca rivelava con un'armonia senza esempio,!
e in una lingua nitida, e dopo cinque secoli tutta
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PREFAZIONE. V
Tira e fresca, ingenerò una turba di pedanti che
fli si appiccarono addosso, che non mossero un*orma
senza lui, e se non retro lui, gente parassita che
con versi freddi, non sentiti, con frasi raccattate,
credeasi a buon mercato guadagnare il nome che più
flfira e più onora, A Dante que' piccini non ardi-
rono pur d'appressarsi; sgomentavali l'altezza su-
Mime di quel Titano della poesia, che a guisa di .
l^one, anche quando si posa, non che riverenza mette
rimore in chi lo guarda. Oltre a che aveali già fatti
u:corti che l'acqua ch'ei prese giammai non si corse,
*= che perciò non si avventurassero di mettersi in
j^lago dietro suo legno, che, perdendo lui, ne ri-
marrebbero smarriti. Per lo contrario pareva loro
agevole crearsi una Deità convenzionale, notomiz-
zame le bellezze, giocherellare di bisticci e di con-
cettini, nella speranza di aggiungere il modello se
con di entrargli innanzi. Ma ad essi mai spirò il
cuore, ed il cuore solo dà intelletto al poetare. Ed
a tanto crebbe e sopraccrebbe la frenesia di questa
s^'uola bastarda di cantori evirati che, se prèstiam
fede al Crescimbeni, nel solo secolo XVI vi ebbero
niente meno che 660 Sonettieri. Nella sola Venezia,
scrive il Rubbi, si poteva fare una scelta di XII
Canzonieri, e Marco Foscarini avea già riunite e
preparate per la stampa le Rime di ben sessanta
gentiluomini veneziani. Era dunque necessario che
si mettesse riparo a questa fiumana irrompente, che
nulla più valea rattenere. Ci narra il Capponi che
verso il 1520, certi maestri di scuola vietavano agli
scolari leggere il Petrarca fSl, di Fir. t ii, p. 466);
e nella stessa Venezia vi ebbe un'Accademia, la
quale, ammirando pure ed esaltando il Petrarca,
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TI PRBPAZIONB. |
veniva sceverando in esso ciò che domandava la i
venerazione di tutti i tempi e ciò che bastava ve- '
nerare nell'infanzia della lingua e' deli* arte. Se non
altro tutta quella colluvie di sonetti, di ballate, di ,
madrigali rimase a danno delle carte, né valse a
salvare dall'oblio i migliori la testura del verso, la
venustà della forma squisita e finissima.
/ Con miglior stella lo scelsero a guida gli stra-
nieri: ne colsero la nota, se ne abbellirono, seguendo
il libero volo del lor genio. — I poeti castìgliani
che fiorirono al tempo di Giovanni II, ed i catalani
che cantarono al tempo di Alfonso V bevvero tutti
alle fonti del Parnaso italiano. Inntgo de Lopez de
Mendoza mena vanto di aver composto i suoi canti
suir andar degF italiani (hechos al itàlico modo!.
Aitsias March, soprannominato il Petrarca Valen-
ziano, innamora anch' egli della sua Teresita di
Momboy in una chiesa di Valenza, e in un venerdì
santo (1), e con passionata mestizia la canta viva
e morta in una serie di componimenti (cants, e-
stramps, espargos) le cui note non ti son nuove, ma
ti par d'averle altra volta ricolte. Mosseti Jordi
de Seni Jordi si scalda alla fiamma del più gentile
dei poeti, e sale in bella nominanza. Nella Canzone
degli Opositos e nel Setge d'Amor (2) e in molte
altre crobe vi leggi specchiata V imitazione del suo
prediletto Autore. Pur nondimeno gridarono molti il
Petrarca plagiario dell' Ausìas e del Jordis (3), e più
mi duole di trovarne confermata la voce dal Fo-
scolo (4), e di recente in un bell'elogio uscito tra
noi nell'occasione del Centenario. — Più tardi, in
Ispagna, l'endecasillabo e la melodia del sonetto
italiano fu messa in grido dal Navagerio, che sa-
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PBBFAZIOMB. VII
peva a mente tutto quanto il Petrarca, quando fu
ambasciatore alla corte di Carlo IV in Granata. Ne
tentò la prova il Boscan: Garcilaso de la Vega,
r Herrera, fra Luigi de Leon colla dolcezza de* lor
versi lo accreditarono. Una tal forma fu accolta in
Portogallo dal Camoens, in Inghilterra dal Shake-
speare, ed i più grandi poeti stranieri fecero alleanza
nella poesia del Petrarca, il quale, ben nota TAle-
ardi, col suggello dell* amore segnò V unità del genio
moderno. — loost van Vondel, il più originale, il
più grande de' poeti olandesi, peregrina ad Arquà,
vi si ispira, e canta della grande influenza del Pe-
trarca su tutti i poeti del mondo. — Costantino
Huygens (5) ne' suoi Korenbloemen, e ne' suoi Dag-
werck, canta mestamente la sua donna tra le belle
bella, e che Dio si tolse per adornarne il cielo e
cosa era da lui. Ma lei morta, che lo facea parlare,
glie morta pur l'ispirazione; il poema ordito giace
in abbandono , che mancagli la dittatrlce de' versi
d'amore, la pia e leggiadra fanciulla che guidava
le penne delle sue ali a voli più alti. — Alessandro
Kisfalvdi arde di una giovinetta, di nome Elisa:
secondo che amore il governa e piagne e ride, teme
e s' assicura. Ei pure, senza cessar d' essere origi-
nale, si fa norma de' versi del Nostro, e se ne infiora :
per la venustà delle imagini, per la grazia dello
stile meritò esser chiamato il Petrarca dell' Un-
gheria (6).
Una parola sui traduttori. — In latino non avemmo
che il tentativo di qualche sonetto, di qualche can-
zone, e nulla più. Valenti interpreti trovò la canzone
Vergine bella, ed è rimasta famosa la versione
delle Chiarie, fresche e dolci acque di Marcantonio
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vili PBBFàZIONB.
Flaminio. — Anche i nostri poeti vernacoli si arri-
schiarono di accostarglisi, ma smisero ben tosto la
prova. — I Trionfi furono i primi ad asser tradotti
in lingue straniere, più tardi il Canzoniere. Tedeschi
ed Inglesi lo fecero suo ; studiaronsi i Francesi tra-
piantare quella fragranza di fiori ove sentirono V aer
primo; le altre nazioni gli odorarono appena. —
Fin dal suo tempo T Alighieri scriveva: nulla cosa
per legame armonizzata potersi dalla sua in altra
loquela tramutare senza rompere tutta sua dolcezza
e armonia Se ciò è vero rispetto a tutti i poeti
e di tutte le nazioni, è incontrastato rispetto al
Petrarca. Que' piccoli drammi, que' gentili lavohetti,
dove il più consiste nella serenità, nella leggiadria,
e direi nel profumo delle imagini, ne' suoni amorosi,
voltati in altra favella, perdono tutta la lor fre-
schezza. Son pianticelle delicate che si disconven-
gono in terren non suo. La musica di que' versi,
ben diceva T Aleardi, non può essere interamente
colta dallo straniero, il quale se tenta riprodurre
le grazie fuggitive sotto la mano un pò* sempre
pesa del traduttore le vede dileguar via via. E però
un valentissimo letterato greco, e insieme profondo
conoscitore della nostra letteratura, scrivevami, es-
sere il Petrarca, secondo lui, intraducibile, e per
questo nessuno essersi cimentato a farlo ospite nella
patria di Anacreonte. Di qui la causa perchè le ver-
sioni del Canzoniere a gran pezza non agguaglino
in numero quelle della Divina Comedia, del Furioso
e della Gerusalemme Liberata.
Mi passo de' centonisti, de' contrafifattori, de' retori,
de' grammatici, che i più non fur mai vivi ; toccherò
un poco le opere latine, troppo forse dimenticate.
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PREFAZIONE. IX
Di tatte le opere latine del Petrarca abbiamo,
in men d*un secolo, sei edizioni accertate; dalla
principe basileese del 1496 ali* ultima pure basileese
del 1581. — Tra esse, ottenne maggior grido quella
De RemedUs, e già se ne conoscono ben 21 ristampe
separate, e parecchie versioni in lingue straniere, e
pur queste più volte riprodotte. Ed è notevole che col
cominciar del seicento non si vegga più che qualche
rarissima edizione di una o d'altra dell'opere morali,
uscita dal Le Preux di Berna, o dallo Stoer di
Ginevra. Le mattezze del seicento e le sdolcinate
pastorellerie del settecento se cacciarono di nido
la maggior nostra musa con più ragione doveano
far cader neglette le opere del Petrarca, scritte in
una lingua men coltivata, ed accolte in istampe
corrottissime. — Sebastiano Manifi, che nel 1492
die primo alla luce otto libri dell' Epistole Familiari,
si lamenta nella prefazione del codice scorretto
eh' ebbe tra le mani, e temea, malgrado la postavi
diligenza, che dalla sua edizione gliene venisse bia-
simo anziché lode. Ma non per questo gli editori
successivi si curarono di emendarne il testo : l' epi-
stole del Petrarca continuarono ad esser stampate
come ce le diede il Manili. — Francesco di Madrid,
arcidiacono di Alcor, nell'avvertenza preposta alla
sua versione De Remediis, si lamenta assai del testo
arruffato da non uscirne, sicché tante volte gli fu
forza porre e levare. Voltando questo libro lettera
per lettera, com' è nel latino, ne verrebbe, ei dice,
una cosa tanto strana ed oscura da non potersi
leggere, e lettala non si potrebbe cogliere.
Il primo che togliesse ad onorare il Petrarca in
modo diverso degli altri suoi veneratori, facendo
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X PRBFAZIONB.
rivivere quello che altri, più o meno direttamente,
affaticarono di seppellire fu Domenico Rossetti di
Scander, benemerito tra quanti vi furono della me-
moria del Petrarca. E anzi tutto pose le sue cure
nelle Vite degli uomini illtùstri, quasi ignote ai più
diligenti scrittori di storie letterarie. Ma eragli me-
stieri legittimarne prima la paternità, che la vita
di Giulio Cesare, la sola che più volte fosse uscita
per le stampe, portava in fronte il nome di Giulio
Celso, che non ha mai esistito quale scrittore né
di questo né di verun altro libro. — Una postilla
del codice Petaviano, datoci dal Jungermann, nella
sua edizione del 1606, la reca al Petrarca. Ma tale
opinione fu gagliardamente combattuta dal Vossio e
da Fr. Oudendorp. Appresso Bernardo de la Monnaye
(Moneta), il Fabricio, il Jócher, TArchaintre ed il
Lemaire non che la rendessero al Petrarca, entra-
rono solo in sospetto ch'ei ne fosse l'autore. Chi
si fa leggere per intero V illustrazione bibliologica
del Rossetti, con tutt^ quelle investigazioni di codici,
con tutta quella suppellettile di argomenti aperti
ed inoppugnabili, con che ci prova che tutte le Vite
da Romolo a Giulio Cesare appartengono indub-
biamente al Petrarca, non può non andarne me-
ravigliato.
Mentre che il Rossetti travagliavasi con tanto
onore in si solenne rivendicazione, un dottissimo
straniero entrava valorosamente nel medesimo ar-
ringo, onde degno è che dove è Vun l'altro s'induca.
Fu questi il prof. Carlo Schneider di Breslavia che
nel 1827 pubblicò col nome del Petrarca la Vita di
Giulio Cesare, ravvalorandone con sapienti lucubra-
zioni la paternità, e successivamente ci diede le altre
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PBBPAZIONB. XI
Vite (1828-1834); e cosi l'Italia, dopo tre secoli e
mezzo, potè andar lieta del nuovo acquisto, giacché
scambiavasi il compendio con Y opera immensa che
avea costato al suo autore tante vigilie, e di che
compiacevasi pur tanto. Se non che il prof. Schneider
riproduceva accuratamente la grafia del codice Bre-
slaviese co' suoi nessi, colle sue abbreviature, sicché
l'opera sua, quantunque lodevolissima, non potea
dirsi che una preparazione a chi si accignesse a
mettere in pubblico tutte le Vite. Oltre a ciò era pur
comune desiderio che il testo latino non andasse
scompagnato dall' aurea versione che ne fece M. Do-
nato degli Albanzani, da Pratovecchio, amicissimo
del Petrarca; che l'edizione di Polliano del 1486
è ornai irreperibile, e rarissima pure la veneta del
De Gregorii del 1527, senza contare che tutte e
due le stampe riescirono scorrettissime. A lavoro
di tanta mole, con intelletto d'amore, si diede il
Priore Razzolini, nello studio dei testi antichi con-
sumatissimo. I primi due volumi, usciti nel 1874,
ci fan fede della singolare perizia e dell'assenna-
tezza usata, e solo ci duole che gravi ragioni, in-
dipendenti dal Razzolini, ci ritardino più oltre il
desideratissimo compimento.
Non appena si raccertò il Rossetti che altri avea
posto gl'ingegni nelle Vite, s'attese alla Bucolica
ed alle Epistole metriche del Petrarca, parendogli,
ed a diritto, che meritassero d'essere vantaggiate
nel testo e mèglio conosciute nel nostro paese. 11
De Sade si avea già proposto di pubblicare l' Ecloghe,
di voltarle in francese, di arricchirle di note, rite-
nendole importantissime per la storia secreta di quei
tempi, anche per le frequenti allusioni ai papi, ai
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XII PRBFAZIONB.
cardinali, alla corruzione della chiesa, al re di
Francia ed a quello d' Inghilterra. È ben vero che
di pastorale non ne hanno che il nome, che volendo
il poeta percuotere le più alte cime, e le tante laide
opere che facean sozza la Babilonia avignonese, gli
era forza ascondere i veri invidiosi sotto il velame
di versi incompresi, de* quali dovea dinudare il con-
cetto perchè gli stessi contemporanei vi trapassassero
entro. Lo che non potea non iscemarne il pregio,
specialmente presso coloro cui quel tempo divenne
antico. — F^a l'epìstole metriche ce ne sono di
belle, di molto affettuose, ricche d* amore pel bel
paese, ed affettuosissima tra tutte mi parve quella
con che dall' alto del Monginevra il Petrarca saluta
r Italia, bellissima sua madre e gloria del mondo.
Nò solo il Rossetti volle darci il testo corretto
ed illustrato di ben 79 poemetti, ma fece appello
a poeti più noti perchè li rendessero in vesta ita-
liana. — Ed è questa, scriveva egli, V ultima pub-
blica onoranza che da me si porge alla memoria
del secondo de' massimi Glassici e servirà , se non
m'illudo, forse d'invito ed esempio ad altri che
meglio di me sappia e possa ulteriormente magni-
ficarlo.
Né s'appose egli. Quanto meritasse il Fracassetti
dell' Epistolario del Petrarca abbiam stesamente
esposto nella nostra Bibliografia. Accenno solo di
volo eh' ei ci diede 169 lettere mai più pubblicate, il
testo latino delle Famigliari e delle Varie emendato,
la versione delle stesse e delle Senili, che di molte
rettificò l'indirizzo e l'anno in che vennero scritte,
che vi appose a tutte copiosissime note, in che
meravigliosamente vi è illustrato il secolo del Pe-
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PREFAZIONE. XIII
trarca, e delineati gli uomini che gli furono fami-
gliari, e nelle quali non sai più se prevalga V urba-
nità, la erudizione o la critica sapiente. E ben fece
TAccademia della Crusca segnalare l'Autore al Co-
mitato Avignonese come degnissimo di premio, che
certo, dalla morte del poeta a* nostri giorni, nes-
suno alzò monumento più durevole alla memoria del
grande italiano.
Se non. che il Petrarca tutto pieno la mente ed
il petto della grandezza di Roma s*era posto in
cuore di raccomandare la sua fama ad un poema
che il facesse degno dell'amato alloro. Fra tutto
quel popolo di Eroi gli parea si levasse gigante
Scipione, quel Scipione che fin da giovanetto avea
appreso ad amare [EjrìsL ad PosLj, sicché egli non
arde di vedere la città dei re, la città unica al
mondo se non per ispirarsi al suo sepolcro, (Fam. ii,
9) raccendervi F estro, cantarne le magnanime gesta,
sol da Ennio con ruvido carme celebrate (7), ma
degne di poema chiarissimo e d* istoria. Ed un bel
di aggirandosi egli fra i fidi e solitari recessi della
sua Valchiusa, tra quelle di bei colli ombrose chio-
stre, vola col pensiero a Scipione, si sente scaldato
dalla fiamma divina^ comincia metterne in metro le
mirabili prove, vi torna sopra tra i monti parmensi,
dove s'avvolge l'Enza, in mezzo ai boschetti di
Selvapiana (Epist. ad Post; Barbato Sulm. Ep.
Metr. II, 30). Non appena ne corse la voce, in un
medesimo giorno Parigi e Roma (Ep. Fam. 10, 4)
gii offrono la corona, che riceve in Campidoglio.
Mai autore alcuno provò tante lotte, tante speranze,
tanti scoramenti come il Petrarca per la sua Africa.
Per essa ei spera rendersi pietosa la sua Laura
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XIV PREFAZIONE.
(EcL III, 46), per essa vivere gran tempo ancora
quando altri lo terrà morto (Canz.iii^ 1, p. 4;
Afr. ix), ed ei la carezza eoa lungo stadio e grande
amore (8) perchè venga su bella e vegnente; e così,
ei dice, spiri Minerva e conditcami Apollo (9) perchè
riesca degna di re (10), e di splendido re qual'ò il mio
Roberto (Poem. Min. ii, 102, 194, 222). Ma poi,
disconfortato, la lascia da parte, e sì duole che la
misera derelitta si muoia di sete (Ad Brunum, ii,
328); vuol consegnarla alle fiamme, ma gliene piange
il cuore e se ne rista (De Coni. Mun., DiaL iii);
ed egli si generoso di tutte le cose sue agli amici,
teme che altri vi metta su gli occhi, né perdonò mai
al suo Barbato di aver fatto pubblici 34 versi (Sen.
Il, 1). Ond' è che al solo sentirsela ricordare, sospira
(Fam. Ili, 18) ; ed a Verona gli vengono le lagrime
agli occhi, ed espone che nulla gli sarebbe più caro
se far potesse di non averle mai data la vita. £ nel
suo Segreto (DiaL ni) si fa dire da Agostino : metti
giù il pensiero dell' Afinca e lasciala a' suoi posses-
sori: tu non aggiungerai gloria a te o al tuo Sci-
pione, perchè né egli può crescere da più di quello
eh* è, né le tue ah hanno forza da tener dietro a
tanto volo.
Morto il Petrarca, il Boccaccio con affettuosa
cura chiedevano conto al Brossano (11), e face vaio
accorto a non lasciarla cadere in mano degl' invidi,
dei legisti sovrattutto. La richiese il Salutati , ne
sollecitò gli amici , pregò e ripregò per ben sette
anni, ma, ottenutala, s' addiede delle lacune e smise
il pensiero della pubblicazione. Ne vennero appresso
le sei stampe del cinquecento; ma queste senza
aiuto di indici, né d' argomenti di libri, e quel eh' è
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PREFAZIONE. XV
peggio, SÌ ispide di errori, che era una disperazione
il raccapezzarne il senso. Più avanti non se ne parlò
pili, e pressocchè nessuno la lesse. Un francese, il
Lefebvre de Villebrune le scosse per poco la polvere,
ma solo per fare del Petrarca un plagiaro di Silio
Italico; stolida calunia da italiani e stranieri con-
futata, e valorosamente dall' Occioni.
Che il poema dell'Africa sia povero d'invenzione,
che vi manchi la favola epica, che abbia di molti
difetti, primo di tutti lo conobbe il Petrarca mede-
simo. Ma l'argomento è quanto mai nobilissimo:
la guerra più bella più santa che abbia fatto Roma
contro lo straniero che per vent'anni avea corsa
l'Italia, la seconda guerra punica guidata da An-
nibale, e l'eroe di questa guerra è Scipione Africano,
il più puro il più santo de' Romani^ che avea difeso
a Roma la gloria del mondo (12). Nessun poema
latino scritto in Italia superò mai questo per nobili
aspirazioni, per note di malinconia, per generoso
sentimento di patria. Né vi mancano bellezze di
affetto e di stile , ne' tratti sovrattutto che s' ac-
cordano al genio e alla maniera del poeta lirico,
n Settembrini trasmodò nelle lodi. Certo è però
che l'Africa non meritava di esser dimenticata, e ,
eh' è più, bistrattata, e forse da quelli che solo ne
lessero qua e là qualche tratto, o non la lessero
mai. Era dunque nell'universale sentito il bisogno
di una ristampa, condotta con critici intendimenti.
L' esempio del Rossetti avea invogliato un drappello
di volonterosi a tentarne l'impresa. Ciascheduno
avea per compito un libro, dovea curarne il testo
ed aggiungervi la versione. Il solo Montanari, eh' io
sappia, in più riprese ci diede tradotto il libro quinto.
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XVI PBBFAZIONB.
Ma il tentativo, quantunque attuato, non poteva
non fallire. Il solo fatto, nota a ragione TOccioni,
di due letterati che traducano un autore classico,
tanti canti per uno, annuncia più un'industria di
mestiere che la vera coscienza dell* arte. Al ponde-
roso incarico, rifiutato da filologi valenti, gridò il
francese Pingaud ; i mi sobbarco. Ma fé mala prova ;
anche di vera luce dispiccò tenebre. Ma il Petrarca
avea cantato : Va, o mia Africa, sui nuovi sassi del
tepido sepolcro sciogli la mia promessa a quel sacro
cenere; tutto constima il tempo, ed io morirò an-
ch'io; ma tu, 0 mia Africa, tu vivrai ancora in
secolo migliore in cui non sarà questo sonno e queste
tenebre. Intanto vivi or come puoi sconosciuta al
popolo; quando il popolo avrà vita, quando splen-
deranno tempi migliori, allora riDgiovanisci anche
tu ! — E il prof. Corradini, ci donava V Africa rin-
novellata di novella vita : a lui era dato avverarne
il vaticinio.
Io mi riassumo. — Meritò bene del testo, nel
secolo nostro, il Marsand; di quello dei Trionfi il
Pasqualigo. Il De Sanctis meditò con critica più
elevata sul Canzoniere ; ed il Carducci ci diede un
Saggio di un Testo e Commento nttovo, modello
di erudizione, di critica e di gusto squisito. — Fu
Rossetti il primo che rimise in pregio le dimenticate
opere latine: per lui. Io Schneider ed il Razzolini
fummo arricchiti di una nuova importantissima opera
le Vite degli Uomini Illustri: ci riprodusse il Ros-
setti la Bucolica e V Epistole metriche. Non con-
trastabile titolo di lode si acquistarono il Fracassetti
ed il Corradini, il primo colla pubblicazione deìYEpi-
stolario, l'altro con quella deW Africa. — Il Mé-
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PRBFAZiONB. XVII
zières si propose darci il vero Petrarca, Io studiò
nelle sue passioni, neiramore, nell'amicizia, nel culto
delle lettere, nel patriotismo ; lavoro psicologico,
veramente stupendo. — L'Hortis ci raggranellava
alcune opere inedite ed illustravale degnamente : egli,
e prima di lui il Marsand, ci diedero lavori biblio-
grafici, non cosi presto superabili. Il Valentinelli
esplorò magistralmente i codici petrarcheschi della
Marciana; il tesoro dell'altre biblioteche governative
e delle non pubbliche di Roma riunì con cura sa-
piente il Narducci, sussidi preziosi a nuovi studi.
Il Centenario inoltre ci arricchì di eccellenti mono-
grafie, e mi ò caro ricordare quelle dello Zendrini,
del Fiorentino, del Di Giovanni, del Bernardi, del
Ròndani, del Ronchini e del Romussi. Ed è ben a
dolersi che il Ghivizzani non abbia potuto attuare
r ideata opera monumentale sul Petrarca e il suo
Secolo, che avremmo cresciuta la messe delle in-
vestigazioni, e, eh' è più, per cura de' più splendidi
intelletti della nazione.. Nò potrei preterire il com*
mend. Francesco Zambrini, preside della R. Com-
missione pe' Testi di Lingua, alla quale mi onoro
di appartenere. — I Ricordi della vita del Petrarca
e di M. Laura di L. Peruzzi; la Vita di Fr. Pe-
trarca, d'ignoto trecentista; il Comento a due
canzoni politiche del P. Luigi Marsili e del prof.
Berlan; due Saggi delle Vite degli Uomini Illustri;
i Fioretti dell'una e dell'altra Fortuna trovarono
luogo nella Scelta delle cur0sità tradite e rare;
e la versione de' Remedi di Giovanni Dasamminiato,
e le Vite degli Uomini illustri, curate dal Razzolini,
nella Collezione dell'Opere inedite e rare de' primi
tre secoli. Lo stesso Zambrini, nell'occasione del
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XVllI PREI^'AZIONB.
Centenaria^ mise fuori novellamente ed illustrò dsj
suo pari la Pietosa Fonte, poema di Zenone d^
Pistoia, € in cui si rimpiange la morte d' uno de' più
grandi uomini che da cinque secoli in qua possa
vantare la nazione. »
Valgano tanti nobili esempi ad invogliare i nostri
giovani segnatamente a nuovi studi larghi e coscien^
ziosi ! Bisogna rispecchiarci ne' nostri antichi , cb^
hanno onorato ogni scienza ed arte. Non con U
vuota e vanitosa garrulità, ma solo con istudi viril^
ci potrem ritemprare ad alti propositi, a più e meglio
pensare ed a meno parlare. Fu il canto inspirato
de' nostri bardi che per cinque secoli tenne dubitoso
Io straniero che ci stette sopra capo. Que' fatidici
versi divennero la Marsigliese della nazione: da
essi usciva un grido continuo che ci suonava dentro
r anima, essere omai tempo da ritrarre il collo dal
giogo antico, di ricacciar oltr'alpe la rabbia tedesca,
di sgravarci dalla soma dannosa dei tanti regoli,
pensosi solo di sé stessi, di riunire in una sola fa-
miglia tutto il bel paese ch'Appennin parte, il mar
circonda e l'alpe. Il leggendario nostro Re, seguendo
sua stella, da Palestre ci condusse al Campidoglio.
L'Italia è surta a nazione. Voglia il cielo che sa-
pienza amore e virtute le infondano vita sempre
più rigogliosa, e la facciano risalire all' antica gran-
dezza!
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NOTE.
(1) Amor, amor, lo jorn que V Ignocent
per be de tota fon posai en lo pai
V08 me ferìs, car jo* m guardava mal
pensant quel jom me sora defeneat.
Ausias Marchf nella chiusa (tornada) al suo terzo Cani dCAmor,
(2) Nel Setge SAmor:
Ajustat vey d'amor tot lo poder
E sobre mi ja posai son fort site
die ricorda:
Amor che nel penaier mio vive e regna
E*l suo seggio maggior nel mio contiene. Petr., Son, 91.
E in altra composizione:
Sino es amor donchs ago que sera?
S^amor non è, che dunque è quel ch'io sento? Son. 88.
(3) Odoardo Gomez di Portogallo e Jacopo Antonio Buono
ferrarese, Juan Lopez de Hojos scrissero che il Petrarca, non da
Toscani antichi, nò da Provenzali ma da Ausias March, poeta
lemosino, ebbe tolta gran parte delle sue composizioni (tornò
miichos de Ics conceptos mas delicados). Ma T Ausias scrìsse
un secolo dopo il Petrarca, e ce ne son bella prova i versi da
lai indirizzati alla signora Eucleia Borgia, nipote di Calisto III,
che successe a Nicolò V nel 1455, oUaniaun* anno dopo la morte
del Petrarca.
Sembra pressocchò impossibile come parecchi valentuomini
«pagnuoli, il Benter, T Escolano, Argoie de Molina, Nicolas
Antonio, Parìa j Sonsa, il Basterò, e de'nostrì il Quadrio e
perfino il Foscolo falsamente apponessero al Petrarca d^ essere
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XX NOTE ALLA. PREFAZIONE.
stato plagiario del Jordis. L'affinità di un nome, rauiorittl
de* molti scrittori che lo attestarono, senza approfondirne Is
questione, fece si che di grido in grido se ne accreditasse la
voce. — Conquistata Valenza, e cacciatine i Mori, il re d'Arac
gona Jacopo I riparti tra* suoi guerrieri le terre tolte al nemico,
nel novero de* quali trovavasi un cotal Jordà che alcuni lesserò
Jordi. E siccome il Canzoniere di Parigi (Candonero de F^aris^
Cansoner des obres ennamorades)^ segnato al n. 7699, abbraccia^
tra gli altri, vari componimenti attribuiti ad un poeta yalen^
ziano, di nome Jordi, ed uno segnatamente che ha per titolò
Cancton de Opósitos {fol. 112) in che si leggono 3 versi e
3 emistichii che si leggono pure nel Petrarca, si ritenne sen-
z'altro che il Nostro studiato avesse nel Catalano e da esso
pur presa e la dolcezza de* numeri e il bello stile che gli ha
fatto onore. — Ma posto, come vorrebbero il Ximeno (Escrt-
tores de Valencia, 1. 1, p. 1) ed il Fuster (Biblioteca Yalenciana,
1. 1, p. 1) che tra' poeti del secolo XIII fiorisse un Jordi, fami-
guarissimo del re Giacomo I il Conquistatore, e che, come
testùnonio di veduta, descrisse la terribile procella onde fu tra-
vagliata r armata reale nelle coste della Melloria nel Settembre
del 1269, non ne viene in modo alcuno eh* egli, se pur real-
mante ha esistito , sia 1* autore della canzone a cui pretende-
rebbesi inspirato il Petrarca. Ne fii invece autore Mossen Jordi
de Sent Jordi^ cameriere di Alfonso V d'Aragona , tenuto in
grande pregio ed amore da tutta quella corte, talché la stessa
regina Donna Maria, a* 14 Luglio del 1456, scrisse all*abbadessa
del monastero la Zaidìa di Valenza perchè volesse accogliere
tra le suore la giovine Isabella sorella del poeta. Ma a tagliar
netto la questione, si aggiunge la non disputabile autorità di
D. Innigo Lopez de Mendoza, marchese di Santillana, che nel
suo famoso proemio al Contestabile di Portogallo "cosi si esprime :
« En estos nuestros tiempos flores^ió Mossen Jordé de Sanct Jordé,
cavaliere prudente, el qual ^iertamente compuso assaz fermosas
cosas, las quales él mèsmo asonava : ca fuó mùsico excellente,
é fiQO entro otras, una cangion de Opósitos que comien^a:
Tota jorns aprench e desaprench ensems^
fi^o la Passion de amor ^ en la qual copilo muchas buenas
can^iones antiguas, assy destos que ya dixe, corno de otros. >
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NOTB ALLA PRBPAZIONB. XXI
Trattarono pure la questione : Torres Amai, Meinorias para
avudar à formar un diccionario crìtico de los autores catala-
ne». Art. Jordi, p. 328. Barcelona, 1836. — Amador de los
Rios^ Obras de D. Innigo Lopez de Mendoza, Marques de San*
tillana, p. 11,- 332, 618. Madrid, 1852. — G. Ticknor, Historia
de la Literatura espannola, traducida al castellano — por D.
Pascual de Gayangos y D Enrique de Vedia, t. i, p. 384.
Madrid, 1851-56. — Amador de los Rios, Historia critica de
la Literatura espannola, t vi, p. 17. Madrid, 1861. — Mild y
Fontanals M. , Resenya histórica y critica dels antichs poetas
catalana, en « Jochs florais de Barcelona en 1865, > p. 136.
Barcelona, 1865. — Brun9 Withe^ Hist. des languaa romanes
et de leur litterature. Paris, 1841, t. ii, 418-23.
Io mi professo debitore di tutte queste notizie alla squisita
cortesia del dott. Vidal prof, deir Università di Barcellona. Ed
egli pur compiacevasi di aggiungermi per intero il testo della
tanto disputata canzone degli OpósitoSy eh* io son lieto di pub-
blicare. Il testo è tolto dal Dizionario degli Autori catalani di
Torres Amat (p. 332), il quale pur si valse di alcune note im-
portanti ofièrtegli da M. Tastù. Ma il dotto amico mio vi tro-
verebbe delle inesattezze: le parole in corsivo chiuse entro
parentesi, segnano le correzioni che, secondo suo avviso, vi si
dovrebbono introdurre.
Tois jorns aprench è desapronch ensempa
E viach 6 mujr 6 lau dennig (d'enuig) plaher
Aximateix &U del arol (del avol fau) bon tempa
E yej aans alla (1) é saj menys de saber.
E no atrench res é tot lo mon abras (2)
Voi Bobrel (sobre'l) cai è nom mori de {no'm mou de la) terra (3)
E co quem fbig inoeasantment acaa
Em (E'm) fuig a^ quem {que'm) aegueix em aferra (e m' aferra).
Lo mal nom piata {no'm plau) è soren lom [lo'm) percas
Am sena amor e no creya co que se
Par que somiy tot quant vey prea ma fas
Hoy (oy) be de mi e voli altre [a altre) gran be (i).
(1) Veggio tenx* occhi. Son. 00, t. 9.
(a) B nuli* stxinro, e tutto '1 mondo abbraccio. Son. 00, r. 4.
(3) E Tolo lopraM cielo, e giaccio in terra. Son. 00, v. 8.
(4) Ed bo In odio ino ateaco, ed amo alimi. Son. 00, v. 11.
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XXII NOTB ALLA PREFAZIONE.
E per Uni cali e avis roenys doyr
Del hoc (oc) cuyt no lo ver me par faUia
E menis (meng) sena fam 6 grat-me {gratme) sena pruhir
E aens mans palp é fas de seny follìa.
Cobi vali matar de vali ^muntar devall) aens quenom (que'm nom) g-ir
E davallant (det>allant) puig corrent en alt loch
E rient plor (1) e vellar mes (vetllar m'cs) dormir
E quant (quan) ao fret, pus calt me sent que foch (2).
E adret (a dret) seny jo fas co que no vuU
E perdoni guany el {e't) temps cuytats mes tarda {m'es tart)
E sens dolor mantes de vets me duU
El simplauyell {E" l simpìe auyelt) tinch per falsa guinarda {faìaguinm-l),
Golguanl me leu e vestint me despull
E trop {trob) lenger \qì fexuch e gran carch
E quan me vany {bany) me pena que nom {no'm) remull
E sucre dolc me semble fel amar oh.
Lo jorn mes (mV«) nuyt e fas clar des eseur
I^ temps passai mes {m'es) present cascunora {cascun' ho^'o)
El (e'/) fori mes flach, el {e"t) blan lìnch moli per dur
E sens faller me fall c<> quem demora.
Nom {no'm) pari dun (d'wn) loch e james nom atur (no m'atur)
Lo que no crech ivarcosamenl trob
Del qui nom {no'm) fiu me tinch moli {tefveh per moU) segur
El {E'I) baix m*es alt el alt {e l'alt) me semble prop.
E vaig cercant co que nos {no'») poi trobar
E ferma veig la causa {ccuaf) sorooguda
E lo fona gorg {gorch) aygua sus pari {suspart) me par
E ma virlul nom {no'm) te pron nem aiuda {ne m'ajuda).
Quanl xant me par do quem prench adular {me par que'm prench a udolnr)
E lo moli beli me semble fer è leig
Avana men torn quem {m'en^>m qu'en) loch no vull anar
E no ho pau e no tench quìm garreig {qui'm gnerreig) (3).
Acon {Ago'm) ve tot per tal com vey ences
De revers fayts aycert {aycest) mon é natura
E sen quim {E sent qui 'm) so en lurs fayt {fayts) tanl erapes
Quem es {Q\^e m'es) forcai de viure sens mesura.
TORNADA.
Prengua cascu co qui millor li es
De nun dit vers revergat descriptura {d' cscriptura)
E sii {si'1) mirata al dret à al revers
Traure porets del avol {de ì'axot) cas dretura.
(1) Planrendo rido. Son. 00, r. I>.
(9) Ed ardo, e lon on ghiaccio. Son. 00, r. 2.
(3) Paca non (rovo e non ho da fkr guerra. 8on. 90, t. 1.
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Stn'E ALLA PREFAZIONB. XXlU
(4) € Anche il Petrarca fu tenuto a scontare il misero de-
bito di quasi tutti gli scrittori coi piegare il proprio seutire
a quello de** contemporanei. Innestò ne* suoi versi le agudezzas,
*^mur{u y conceptos de* poeti spagnuoli, e fu a ragione tassato
di plagio. Avemmo anticamente, dice uno storico di Valenza
(Gaspsire Scuoiano], un &moso poeta chiamato Mossen Jordi,
e il Petrarca, nato centanni dopo, gli rubò i versi, e li vendè
ia italiano al mondo come propri .... » U. Foscolo^ Saggi sopra
h poesia del Petrarca, Foscolo Opere (Ediz. Le Mounier), x, 43.
(3) E fu lo stesso Huygens che con una bella elegia si
rivolse a* suoi amici e a quanti letterati noverava la sua patria,
perchè si imissero a lui a suggellare di pei'petuo anatema il
frate Martinelli, sacrilego violatore del sepolcro del Petrarca.
(6) Eisfaludi Sandor, Uimfy* Szerelmei mesodik Rész. Budan
Jkiràldy-magyar unìversités Betùivwel 1807. A* Kersegd relem.
T. I. A* boldog herelem, t. n.
(7) Sed de hoc tam laudato juvene nemo canit ; quod ideo
dictum est, quoniam, etsi omnis historia laudibus et rebus ejus
piena sii, et Ennium de eo multa scripsisse non sit dubium rudi
et impolito, ut Valerius ait, stilo, cùltior tamen de illius rebus
liber metricus non apparet. Ep. Fam, x, 4. — Rudis senex.
Ed. m. — Quel fior antico di virtuti e d'armi Ennio di
quel cantò ruvido carme. Son, cxxxiv.
(8) Che il Petrarca ci tornasse sopra nella speranza di
ridurre con più solerti studi men imperfetto il lavoro, lo pro-
vano, tra' molti che potrei citare, i brani seguenti : — Eo tem-
pore quo ardentissime AfHcam meam ingressus, quantum nun-
quam sole leonem obtinente arsit, Africae opus inceperam,
quod inter manus meas diuUus iam pependit^ et quod unum,
si qua spes salutis est, anheli sitim pectoris puto vel leniet vel
extinguet. . . . Ep, Fam. xiii, 7. — Tu, ut video, sic itffectus
es, ut totus in Scipionis mei ac solìus Africae nomine con-
quiescas, virtutis cultor, avidissimus litterarum. Atqui ne dum
Scipio meuB ad summum meo perdudus est Carmine^ et Africa
diutìus mihi possessa, et lahoriosms exarata quam credidi,
nondum tamen supremo sarculo eulta est, nondum glebulas
inutiles rastris attrivi, nondum superductis cratibus scabrioris
agelli cumulos coeequavi, nondum frondes et luxuriantes pam-
pinos et hirsutam sepem falce compescui. . . . Ep. Fam. xiii, 11.
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XXIV NOTE ALLA. PREFAZIONE.
— Utinam iam felici exitu claudendus seni (liber meus qui
inscrìbitur Africa), quam magno animo cofptus estjuveni!
Ep. Fam, x, 4.
(9) Sic nobilis Africa snrgat, Sic mihi vìrgineus dausae
penetralia Girrhae Rite chorus reseret, fàveatqiie Bupernus
Apollo ! Ep, Zoilo, Poem. Min. n, 240.
(10) Seguita la morte del Petrarca, fu trovato il manoscritto
col titolo ai mani di Roberto,
(U) «Ma che avvenne della preziosa Biblioteca di quell* il-
lastre? se ne parla qui variamente. Per altro sono le opere di lui
che più mi stanno a cuore, e principalmente V Africa^ la quale
io reputo poema sovrano. Fu essa per ventura consegnata alle
fiamme, come, per una soverchia delicatezza e severità in ri*
sguardo ai lavori suoi propri!, avea disegnato egli medesimo?
Si narra, essere ad alcuni stata commessa la cura di pigliarla
ad esame e determinarne la sorte. Ma qual mai si ardirà con-
dannar queUo che il mio Maestro approvò? Temo essersi ad-
dossata cotesta soma a certi giuristi, che, studiate le leggi, si
danno vanto di sapientissimi. Difendano i cieli dalla temerità
loro i versi di quel generoso! Non pertanto è voce aver cotesti
Dottori fatto bruciare di già i Trionfi. Qual danno se fosse!
Ma troppo si vede, non avere la scienza un più reo nemico
dell'ignoranza. Nò gF invidiosi della gloria di quel magnanimo
uomo sono a me sconosciuti. E se alla loro malizia non sia
posto un argine, e nasconderanno il meglio, e rigetteranno ciò
che non intendono, e guasteranno ogni cosa. Laonde si appar-
tiene a te sopravvegghiare , acciocchò le lettere italiane non
abbiano a piangere uno strazio si grande e si disonesto. »
Gr. Boccaccio a Francesco di Brossano nel Nov. 1374, Versione
di M. Leoni.
(12) Virorum optimus est Scipio. Ep. Fam. xra, 11. — Scipio
Africanus vir incomparabilis, et cui in virtute omnia, nullum cum
voluptate commercium. Ep. Fam. v, 4. — Sydereum juvenem
genitumque ex stirpe Deorum. Ed. i. — V. Ep. Fam. ix, 13.
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STUDI BIOGRAFICI
(V. Man. Dant. U. «/ «M; lY 1-88^.
Villani Giovanni (m. di peste nel 1348), Chi fu il poeta
Dante Alighieri di Firenze, Cronaca, Firenze, Magheri, 1823,
per cura d* Ignazio Moutier, 1. ix. e. cxxv.
< Il più autorevole, senza dubbio, nel poco ch'egli scrisse
intorno a Dante, o meglio il solo veramente autorevole fra tutti
i biografi di Dante. Di poco piii giovane che TAlighierì, e con-
cittadino e vicino di luì, egli seppe certamente i &tti della
gioventù del poeta. . . . . > Todeschini, Scritti su Dante, i. 273.
Boccaccio Giovanni, Della vita e costumi e studi del claris-
Simo poeta Dante, Venezia, Vindelino da Spira, 1477; Roma
per Frane. Priscianese, 1554, che la diede come cosa rara e
nuova; Firenze, Sermartelli, 1576; Napoli, ma colla data di Fi-
renze, 1773 (edit. Cellenio Zacclorì-Lorenzo Ciccarelli) ; Firenze,
Tartini-Franchi, 1723 (ediz. curata dal Biscioni); Parma, fratelli
ÀmoreUi, 1801; Milano, Classici, 1803; Milano, Mussi, 1809;
Padova, Tip. della Minerva, 1822 (ediz. della Div. Com. con note
di Fil. De Romanis); Milano, Silvestri, 1823; Venezia, Alviso-
poli, 1825 (1); Firenze, Magheri, 1833, per cura d*Ign. Moutier;
(1) Ho Bostenato una pasienxa da Giobbe per ridurre ad ottima lecione
la vita di Dante che si lesse malconcia. — Suli'ediz. del Gamba veggasi
la lettera di Pier Alessandro Paravia a Vicenso Monti. Di alcune osaer-
vazioni di lingua fatte singolarmente sopra l'ultima edizione della vita
di Dante scritta dal Boccaccio, Treviso, Andreola, 1825; e la lettera dell'Aft.
Zendrini al Paravia (Estr. dal Giom. delle Scienxe e Lettere delle Prov.
Ven. 1S25). Il Milanesi ritiene Tediz. del Gamba e quella del Moutier per
le più riputate.
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2 STUDI BIOORAna.
Parigi, Didot, 1844; Napoli, Pedone (tip. Perotti, 1856); Fi-
renze, Le Monnier, 1863, per cura di G. Milanesi; Torino, Tip.
deli^Orat. di S. Francesco, 1870; Prato, Grazzini-Giannini, 1873,
nel Commento di G. de Marzo, ecc.
« Mi venne alle mani , scrive Leonardo Aretino, un' operetta
del Boccaccio intitolata Della vita, costumi e studi del clat-is-
simo poeta Dante, la quale opera, benché da me altra volta
fusse stata diligentissimamente letta, pur al presente esaminata
di nuovo, mi parve che il nostro Boccaccio, dolcissimo e sua-
vissimo uomo, cosi scrivesse la vita e i costumi di tanto sublime
Poeta, come se a scrivere avesse il Filocolo, o il Filostraio, o
la Fiammetta. Perocché tutta d' amore e di sospiri e di cocenti
lagrime è piena; come se Tuomo nascesse in questo mondo
solamente per ritrovarsi in quelle dieci Giornate amorose, nelle
quali da donne innamorate e da giovani leggiadri raccontate
furono le cento Novelle: e tanto s'infiamma in queste parti
d* amore, che le gravi e sustanzievoli parti della Vita di Dante
lascia indietro e trapassa con silenzio, ricordando le cose leg-
gieri e tacendo le gravi >. — « La vita di Dante scritta dal
Boccaccio sembra V opera piuttosto di un declamatore e di un
retore che di un diligente biografo». Todeschini, Scritti su
Dante, i, 273. — Ugo Foscolo, la ritiene, tra V opere del Boc-
caccio, la più luminosa di stile e di pensieri. (Disc. Stor. stil
Testo del Decamerone). — Sulla credibilità della Vita, v. Foscolo,
Discorso sul Testo, cxxvn. — Ma ben altrimenti ne sente il
prof. Eliodoro Lombardi. — Nel suo libro sulla Yita di Dante,
cosi egli, ben si avverte come sia V apostolo della nuova scuola,
però che non d' altro ei prende cura e attenzione che di fatti,
di accidenti umani e di fenomeni; onde tu il vedi fax pompa
di quel genio ricchissimo e descrittivo, che non soffre già emuli
nell'istoria dell'Arte, se togli forse l'Ariosto La Vita di
Dante è un lavoro unico pe'suoi pregi; è in quella che esso
ci rìvela l'acume osservativo, la potenza descrittiva e l'affettiva
del Certaldese, ei ci si Oi&e testimonio irrefragabile della onestà
ferma e della generosa nobiltà del suo animo, che, a tempi in
cui eran pur fresche le acerbe ire di parte, e pochi anni dopo
che messer Beltrame Cardinale del Poggetto, di memoria ab-
bominanda, avea come cose eretiche contenente dannato al fuoco
il mirabile libro De Monarchia, e (orribile a dirsi) il somi-
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STUDI BIOGRAFia. 3
gbante si era sforzato di fare delle stanche ossa dell' esule divi-
00 ; fa egli, il Boccaccio, che, solo, ardito e fidente, si assunse
spontaneo il mandato di rivendicare la memoria del grande
afflitto, e, descrivendone la vita, gridar T anatema agi* ipocriti
aoatematizzatori , ed ai vili persecutori del gran poeta. Lom-
bardi, La Critica italiana e il Boccaccio.
Mr&coiii prof. Filippo, Sulla sospetta autenticità della vita di Dante
che va sotto il nome di Giovanni Boccaccio. Lezione viii. — Estratta dal
Giornale Arcadico, tom. cxxix. Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1853.
Il Mercuri sostiene che non possa essere del Boccaccio un parto cosi
stranamente contraffatto (!), che meglio riterrebbe impostura di Vindelln da
Spira, o d'albi. Egli inclina a credere che la vita pubblicata dal Mehus,
e da Ixii attribuita ad Antonio Cartulario, sia la vera e genuina vita di
Dante, scritta dal Boccaccio in latino. Se non che il Milanesi ritiene le
ragioni e gU argomenti del Mercuri più speciosi che veri; che, oltre la
testimommnza di tutti i codici (e sono assai), che ne dicono autore il Boc-
caccio, e* è anche quella di lui jnroprìo, il quale la riconosce per sua nella
prima Lezione del Cemento; senza far conto di altri riscontri di somiglianza
che si trovano tra le due scritture: come per esempio, il racconto del
ritrovamento de* primi sette canti d^* Inferno, la difesa della Poesia e de'
Poeti , e la descrìzioue de* guai e delle noie che seguitano il filosofo ann
laogliato.
Villani Filippo, di Matteo (n. nella villa di S. Procolo nel
1325, m. circa il 1403), Yitae Dantis, Peirarchae, et Boccaccii
a Philippo Villanio scriptae ex cod. ined. Barberiniano, Flo-
rentiae, typis Magherianis, 1826. — Pubblicata per cura del
can. Domenico Moreni, conforme a copia tratta dalla Laurenziana
di Firenze e riscontrata coi codici Barberini di Romadairab.
Rezzi. Dalla sua opera: De Origine civitatis Florentiae, et de
ejusdem famosis cimbiis, V. Antol. di Firenze, n. lxxv.
Bruni Leonardo, Aretino (n. 1369, m. in Firenze il 9 marzo
1444), Vita Dantis poetai clarissimi per Leonardum Areiinum
Incipit. Fu impressa la prima volta in Perugia dagli eredi di
Sebastiano Zecchini nel 1671, in 4^, per opera di Gio. Cinelli,
benemerito della storia letter. fiorentina ; ripubblicata un anno
dopo in 12*^, in Firenze, all'insegna della Stella, dal rinomato
Francesco Redi, unitamente alla vita del Petrarca ; e neir edlz.
della Divina Comedla, Padova, Cornino, 1727; Venezia, Pa-
squali, 1739; Venezia, Zatta, 1757; Padova, Minerva, 1822;
Firenze, Le Monnier, 1857 e 1868, con note di Brunone Bianchi ;
Napoli, tip. Naz. 1863; Firenze, Barbèra, 1870, ecc.
Gli editori della Minerva la dicono pregevolissima per fé-
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4 STUDI BIOORAFia.
deità storica, per lingua e per brevità. — Il Giusti nel suo
Progetto per una nuova edizione di tutte le Opere di Danfe^
voleva « premessa la Vita del Poeta breve, completa e fortificata
da quelle parole che e nel Poema e nelle Opere Minori ne Iia
lasciato di sé », ed indicava quella € di Leonardo Aretino >,
L'Andreoli la dice di valore isterico incontrastabilmente mag^-
giore di quella del Boccaccio: il Todeschini la ritiene invece
cosa leggera, sbadatamente scritta — e per suo spdsso, ia
qualche ritaglio di tempo tolto a maggiori cure.
Manetti Giannozzo, (n. il 5 Giugno 1396, m. il 26 Ottobre
1459), "De vita et moribus trium illustrium poetarum floren-^
tinotnim, Firenze, Giovanelli, 1747 (per cura dell' ab. Mehus);
in più luoghi emendata e riempiuta, Palermo, 1836.
Nello stendere brevemente in lingua latina le vite dei tre
poeti fiorentini, e particolarmente quella di Dante, io non credo
già che fosse intenzione del Manetti di raccogliere nuove e
peregrine notizie, ma piuttosto di compilare intorno a quella
materia un libro che fosse gradevole ai dotti, ì quali sdogana-
vano allora la lingua volgare. Quindi la sua vita di Dante non
è per la massima parte che un accurato estratto di ciò che
ne avevano già scritto in volgare il Boccaccio e Leonardo.
Todeschini, Scritti su Dante, i, 310. — V. Foscolo, Discorsa
sul Testo, cxxvii.
Philelphi Marii, (n. a Costantinopoli nel 1426), Vita Dantis
AUgherii nunc primum ex cod. Laurentiano in lucetn edita
et notis illustrata, Florentiae, ex typ. Magheriana, 1828, pag.
XL-144. — Ne fu editore il can. Domenico Moreni. — (Alcuni
brani più interessanti di questa vita erano stati pubblicati dal
Mehus nella predizione alla vita di Dante scritta dal Manetti).
« Non solamente il Filelfo nel suo scritto intorno air Ali-
ghieri non mostra d' aver fatto diligenti ricerche, nò di appog-
giare i proprii detti sopra solide autorità; che anzi egli dà a
divedere nel modo più palese di lasciarsi cader dalla penna
ciocché I^immaginazione gli detta < Giuseppe La Farina, cosi
scriveva alquanti anni fa nel programma di un'opera intorno
al secolo XIII: — « Chrfede poi volete eh* io presti al Filelfo ....
a colui che sbagliò fio anco, citando, gì* incominciaraenti del la
Volgare Eloquenza e del Trattato della Monarchia ; a colui che
teneasi improvisatore, e gloriavasi avere a 45 anni scritto tanti
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STUDI BIOGRAFICI. 5
volami, che sarebbe bastato a pena mezzo tanto dì tempo a tra-
scriverli? > — Ed il marchese Giovan Giacomo Trivulzio con
tnono pili gagliardo scriveva il 28 Agosto 1828 al co. Mario
Valdrighi: « Il citare Mario Filelfo come autorità è tanto ridicolo,
come sarebbe il citare l'autore del D. Chisciotte per conferma
d' un fatto storico. Mario Filelfo riconosciuto vivo e morto per
QD solenne impostore da tutti, ora meriterà solo tanta fede? » —
Il prof. Todeschini conchiude: € le cose narrate intomo a Dante
dal solo Filelfo non sono che bolle di sapone che si disciolgono
in aria. > Scritti su Dante, i, 376. — V. Ugo Foscolo, Discorso
sul Testo, cxxxii e seg.
Ferretti Giovanni Pietro, Ravennate, Vito di Dante. —
Martinetti Cardoni, Dante in Ravenna, 9(>-98.
Domenico di Maestro Bandino d'Arezzo. Nel Libro i. della
parte v. del suo Fons Memorahilium universi. Pubblicata dal
Mehus nella vita del Traversar! a p. clxviii.
Landino Cristophoro, Yita et costumi del Poeta. In tutte
l'edizioni del suo Commento.
Vbllutello Alessandro, Id. Id.
Ademollo Agostino, Notizie intorno a Dante Alighieri.
Nella sua Marietta de* Ricci. Firenze , Stamperia Granducale ,
1840.
Ambrosoli Francesco, Vita di Dante Alighieri. Nel suo
Manuale di Letter. Ital. Milano, Fontana, 1831.
Arici Cesare, Della vita e degli scritti di Dante Alighieri.
Nella Vita e Ritratti pubblicati dal Bettoni ; Bologna, Tip. deHa
Volpe, 1844.
Balbo Cesare, Vita di Dante. Torino, Pomba, 1839; con
note di Emmanuele Rocco, Napoli, Nobile, 1840; Firenze,
Le Mounier, 1853. (Life and times of by Cesare Balbo tr. by
Bumbery, Bentley, 1851).
Chi voglia conoscere la vita dell* Alighieri e per essa il suo
tempo e nell^una e nelf altro il più del suo poema, non tra*
scuri, scrive TAndreoli, la lettura del Balbo. Tra le vite che
ne furono scritte la dice la sola veramente buona. (V. Bibliot. Ital.
Maggio 1839, 145-165).
Todeschini OinsBPPS, Osservazioni e censure alla vita di Dante
scritta dal co. Cesare Balbo ed annotata da Em. Rocco. Scritti su Dante,
I. 281-889.
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6 STUDI BIOGRAFICI.
Dante ci fa sapere nel canto xxii del Paradiso (v. 110-17) di essere
nato mentre il sole era in Gemini. Ora nel 1265 il sole non entrava in
Gèmini che il 13 Maggio; dunque Dante non nacque che verso la metà,
o dopo la metà di questo mese. L'equinozio di primavera, ossia l'entrata
del sole in Ariete nel 1285, avvenne al 12 Marzo, ore 5 e mezza di sera :
il tempo passato dall* entrata in Ariete all' ingresso in Gemini fa presso
a poco di giorni 61 ed ore 12 e mezza ; dunque nel 1265 l'entrata in Gemini
dovette accadere il 13 Maggio, ore 6 del mattino. Che se l'equinozio del
1300 (fissato da molti astronomi al 12 Marzo, ore 5 antimeridiane) fosse in
quella vece avvenuto di sera, come pretendono alM, allora tutto in questo
calcolo si posticiperebbe di dodici ore a cagione de' nove anni bisestili in-
termedi, e quindi l'entrata del sole in Gemini nel 1265 sarebbe avvenuta
il 13 Maggio, ore 6 della sera.
Era vezzo comunissimo nel dugento e nel trecento di abbandonare il
nome battesimale, e valersi non d'altro che d'un nome troncato, si nelle
occasioni solenni che nell' uso quotidiano. E tuttavia rimasero bastanti te-
stimonianze del nome primitivo dell'Alighieri. Esso è ripetuto tre volte in
un documento pubblico fiorentino del 1312, eretto ad istanza di suo figlio
Jacopo, di cui buona parte è riportata dal Pelli. — Il Todeschini ritiene
propriamente ed intrinsecamente fallace la opinione di coloro che asseri-
scono la famiglia di Dante ascritta alla classe de* grandi anzicchè a quella
de' popolani, e ne mette in piena luce l'erroneità. Coir autorità del Villani e
dell'Ammirato, che vide e lesse tante croniche e scritture di Firenze, quanto
forse niun altro, ci prova, come già cominciato il secolo XIIT, e più di ses-
sant' anni dopo la morte di Gacciagulda , i maggiori di Dante non erano
altrimenti fra le schiatte nobili della città. Aggiungasi che prima di appar-
tenere ad una schiatta nobile facea duopo appartenere ad una qualche schiatta,
eh' è quanto dire, essere membro d'una famiglia, che abbia un nome proprio
generalmente riconosciuto. Ora i maggiori di Dante sul principio del se-
colo XIII non avevano ancora un nome famigliare: eglino non s'appellavano
che pel nome personale e per quello de' loro genitori , come si usò lungo
tempo fra le genti mezzane, ed un tempo assai più lungo nel popolo mi-
n\}to Il nome Alighieri, come nome proprio di un casato, non era
pienamente stabilito nemmeno un secolo appresso, ma talvolta usavasi ancora
come semplice patronimico, dappoiché nel padre di Dante s' era rinnovato
il nome del padre di Bellincione. — Né i suoi maggiori si trovano net
catalogo non solo de' grandi, ma nemmeno delle case notabili del popolo,
di parte guelfa, che, in occasione della sconfitta di Montaperti, avvenuta nel
Settembre del 1260, fìiggirono di Firenze. Adunque Dante Alighieri nacque
e visse popolano , ed appunto per ciò ebbe aperto l' adito a sedere fra ì
signori del comune, locchè per le le.ggi del 1293 era vietato a ciascheduno
de' grandi. Nato da una famiglia del popolo, cresciuto a perfetta età mentre
in Firenze prendevano un grande e straordinario sviluppo i principi i de-
mocratici , salito in qualità di popolano al sommo onore della repubblica,
attaccatosi nella divisione de' Bianchi e de* Neri a quel partito, eh' era più
amico del popolo, più avverso alla dominazione de* grandi, Dante professò
per lungo tempo sentimenti i più avversi alla nobiltà ereditaria. Nella
terza canzone del Convito, ei combatte le idee comuni della nobiltà ; nega
eh' ella possa consistere , o nel possesso di antica ricchezza , o nella deri-
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STUDI .BIOGRAFICI. 7
3 da illnstri maggiori, ma che è una prerogativa indiyidaale, un seme
a felicità meMSO da Dio nell'anima ben potta^ idee singolarmente ricon-
fersuite nel Gom«nto.
Ciùimque stima Dante esser nato di schiatta nobile, dice il Todeschini,
0 non ha mai letto il Trattato quarto del Convito, o non ha mai preso a
are il paragone di quello scritto coli' eterne pagine della scienza del cuore
n Todeschini di poi le ragioni che in appresso scossero l'animo po-
polare dell* esule ghibellino , ed a poco a poco lo trassero a pensare , che,
qnal che si fosse la verità delle cose nel mondo delle idee, gli era ad ogni
modo necessario nel mondo de' fatti di attribuire una importanza ed una
considerazione alla nobiltà dei lignaggi (Par. xv. xvi). >- Todeschini, Scritti
sa Dante i, 3^t4-3G0, e i, 26S. — 11 Todeschini poi prova che, non per farsi
popolano, che tale era nato, ma per rendersi capace degli uffici del civile
reggimento, a* quali non salivano se non che i membri dei collegi delle arti,
l'Alighieri desse il suo nome all'arte de' medici e degli speziali. Alla sesta
dell' arti maggiori, la quale prendeva il suo nome da' medici e dagli speziali,
<à comprendevano i dipintori, e con loro certamente tutti quelli ch'erano
dati alla professione del disegno, e che non entravano nell' arte duodecima
dò maestri della pietra. Onde Ant. Pucci cantò: La sesta sono medici e
speóali E dipintori^ e di piA altri assaij, Che in questa arte son con loro
ignoti. — Ed ei pur ritiene che prima della battaglia di Gampaldino si fosse
trovato in altre fazioni di guerra, e perciò acquistato opinione di giovine
valoroso, e certo fra' cavalieri , cittadini di Firenze , che nel Giugno 128S
bandirono Oète sopra Arezzo. De* sette figliuoli, di cui lo si volle padre,
ei non riconosce che Pietro, Jacopo e Beatrice, e ne adduce le ragioni. —
D^e vite che dell'altissimo Poeta abbiamo, il Todeschini non par contento.
Uomini dottissimi e di rispettato nome, ei dice, hanno tessuto la storia della
vita e del poema di Dante, secondo il parere e piacer loro, e farebbe d* uopo
recare in mezzo fatti, autorità ragioni per rendere aperto il sentiero della
verità. Opera sarebbe grave faticosa e da non venirne si presto a capo.
Lango camino ù avrebbe dinanzi, nò si potrebbe trascorrerlo senza rimuo-
vere ad ora ad ora gli ostacoli che lo attraversano. Che se avessi fidanza
della mia vita e delle mie forze io moverei parola da compiere in altro
tonpo quelle cose che ora accenno.
BuNCHi Brunone, Cenni intorno alla vita e alle opere di
Dante Alighieri. Premessi alPediz. della Div. Com. Firenze,
Le Mounier, 1844 e 1846.
Camerini Eugenio, Vita di Dante, Premessa al suo Co-
mento. Milano, Sonzogno, 1873 e 1876.
Canova Giovanni, Vita di Dante Alighieri. Verona, Mo-
roni, 1823.
Correnti Cesare, Dante Alighieri, Nel iv. voi. dell'Enci-
clopedia popolare del Pomba, p. 780-86.
L* egregio prof. Zoncada mi additava T Autore di questa
vita piena di alti concetti e di vedute profonde.
y Google
O STUDI BIOORAFICI. i
Costa Paolo, Vita di Dante, Bologna, Oamberini, e Par-
meggiani, 1819, e nelle altre edizioni del suo Gomento. j
Di Cesare Giuseppe, Memoria sulla vita di Dante, Estr.
dal I. voi. dell'Accademia Pontaniana. Napoli, Stamp. R. 181 1.
Dolce Lodovico, Vita premessa alPediz. della Div. Com-
media. Venezia, Giolito de' Ferrari, 1555.
Gregorbtti Francesco, Notizie su Dante Alighieri e i suoi
tempi per agevolare a* giovani V intelligenza della Divina
Commedia. Giorn. Eug. Sett. 1847 (V. pure Man, Dani. n. 533).
Fraticelli Pietro, Cenni stotiei intorno alla vita di Dante
Alighieri, Premessi al suo Comento. Firenze, Barbèra, 1860
(Sulla sua /Scorta della Yita ecc. vedi Man, Dant, il 533).
Memorie isteriche per servire alla vita de* piti illustri uomini
della Toscana, raccolte da una Società di Letterati ed arric-
chite di diligentissimi ritratti, Livorno, Santini, 1757. La vita
di Dante Alighieri, voi. l p. 1.
MissiRiNi Melchiorb, Vita di Dante Alighieri, adoma di
40 incisioni. Firenze, Fabris, 1840. (Nel iv. voi. dell' ediz. della
Div. Com.); Milano e Vienna, Tendler e Schaefler, 1844.
N. N., Vita di Dante, Nel Magazzino Toscano. Livorno,
Santini, 1754-56.
Pelli Giuseppe, Memorie per servire alla vita di Dante
Alighieri, Venezia, Zatta, 1758; id. 1759; id. 1760; Firenze,
Piatti, 1823 — V. U. Foscolo, Discorso sul Testo cxxvn e seg.
PoociANTi P. Michael, Servita, Dantes Alygerius. Catalo-
gus scriptorum florentinorum ecc. Florentiae, apud Philippum
lunctam, 1589.
PosoGCO G. U., La vita di Dante in reiasione del suo tempo,
Studio. Fermo, Bacher, 1876.
RiNucciNi Filippo, di Gino, Vita di Dante Alighieri, Delizie
degli eruditi Toscani, voi. xii.
Rossetti Gabriele, La vita di Dante. Precede il Comento
analitico della Divina Commedia. Londra, Murray, 1826.
RuBBi A., Notìzie storiche e critiche su Dante e il suo Poema.
Nel voi. IH. dell' ediz. della Div. Com. del Zatta. Venezia, 1784.
JSacchi Deitbndbnte, Dante Alighieri, Ne' suoi Saggi, col
titolo Uomini utili, voi. i. 1-11. Milano, Silvestri, 1840.
SciFONi Felice, Dante Alighieri, Dizion. Biogr. Univ. Fi-
renze, Passigli, 1840.
y Google
STUDI BlOGRAFia. 9
Sebassi Pibr Antonio. Nella ediz. della Div. Com. Bergamo,
Lancellotti, 1752; Roma, Fulgoni, 1791.
TiRABoscHi GiROLiMO. La vita di Dante scritta dal Tiraboschi
nella Storia della Letter. Ital. (T. v. L. 3 C. 2-nn. 3-11) fu
ristampata e corredata di molte note dal De Romania nel iv voi.
dell' ediz. da lui procurata della Div. Com. 1815-17, e poscia
riprodotta nell'ediz. di Padova del 1822, Tip. della Minerva,
e in molte altre ancora.
Tommaseo Nicolò, NeW Encyclopedie des gens de Monde,
1856 — V. Man. Dani. iv. 40.
Ugouni F., Dante Alighieri. Ediz. diam. della Div. Com.
Firenze, Barbèra-Bianchi, 1859.
Zaccaria p. Francesco Antonio, Vite di Dante. Premessa
air ediz. della Div. Com. Verona, Berna, 1749. V. Lettera del
P. Valerio Baggi, Gesuita; Melandri P. Gius, intomo allo studio
dei P. P. della Comp. di Gesù nelle Opere di Dante, p. 18.
ZiNELLi Federico, Brevi notìzie intomo alla vita ed alle
opere di Dante Alighieri. Intorno allo spirito religioso di Dante
Alighieri, Venezia, Andreola, 1839, I. v. xxvi.
AiCARD J., Notice sur Dante Aligì^ieri, Nell'opera: Un
Mlion de Faits. Paris, Dubochet, 1843.
Ginguenè P. L., Notice sur la vie de Dante et sur ses
ouvrages, et Analyse de la Div. Comedie. Milan, Giusti, 1820
— Traduzione Italiana, Almanacco per Vanno 1834, Venezia,
Andreola — Id. Artide su Dante Alighieri. Nella Biographie
Universelle, Paris, Michaud frères, 1811-20.
MoR^i Louis, Dante Aligeri. Nel suo Grand Dictionnairo
historìque, Bayle, Brandmuiler, 1740.
Papirii Massoni, Vitae triumph. Hetruriae procerum, Dantis,
Petrarcae. Parisiis, a Prato, 1587 — Elogia varia. Parisiis»
Hurè, 1638.
VoLTABRE Fr. M., Le Dante. Dictionnaire phil., Kehl, Soc.
Liter. et Typ., 1784.
Floto Hartwig, Dante Alighieri, sein Lehen u. scine
Werhe (Dante Alighieri, la sua vita e le sue opere), Stuttgart»
Beisfer, 1858. — Lezioni pronunziate neir inverno 1856-57 nel-
TAula deir Università di Basilea,
BALDACCHiin Saverio, Sludii Danteschi in Germania. Hartwig Floto.
Prose, n, ll(>-26. Napoli, Stamperia del Vaglio, 1873.
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10 STUDI BIOGRAFICI.
Il Baldacchini antliza la vita che dell'Alighieri acriase U Flotto, e la
trova leggera aaaai. Secondo il Pioto, Dante non Ai mai popolare, nemmeno
ili Italia, e lo provano i molti espositori, e le molte cattedre instituite perchè
il suo poema venisse cementato e quindi inteso. Ma quel lihro esprime meglio
r ìntima natura degl'Italiani, e per conseguenza quale può essere più pò-
])olare per noi che in esso vi <A ravvisiamo come ritratti e acolpiti? Ed
appunto la Divina Commedia era dichiarata, perchè ciascuno voleva far
s-.ia quella viva parola, studiandosi che si diffondesse ancor più. Ck>me una
f'ncirlopedia essa consideravasi , e voleasi che la parte più riposta di essa
divenisse accessibile a tutti, di guisa che la più squisita ontologia cristiana
o la più alta teologia divenir potessero laicali. — Se tutto chiaro fosse il
poema ad un modo, non rappresenterebbe, come veramente rapprraenta.
1* universo, eh' è luce e tenebre; e perderebbe la sua natura simbolica e
profetica, la quale, tanto sopra ogni altro poema antico e moderno lo innalza.
— Il Fleto vuole spiegare l'adorazione di Dante per Beatrice con la cavalleria,
(> ro' trovatori, e con le corti d'amore, e con gli altri costumi de' Proven-
zali. Ma ben non considera il professore di Stuttgarda che la Cavalleria si
congiugne agli ordini feudali, e che per gl'Italiani Ai sempre cosa forestiera,
non natia. Non considera egli che la nostra poesia, altamente civile, nulla
ìi:ì che fare con quella de' trovatori, eh' è castellana. Non considera infine
li* origini gotiche della civiltà aquitanica o provenzale, affatto diver^ dalle
nostre che latine sono e, come latine, assai prossime alle elleniche. L'amore,
rlie i nostri professano per la bellezza nella sua idea universale, solo rende
possibile ogni altro amore in guisa che abbia grandezza, e s' intreccia mi-
rabilmente con la più severa osservanza del dovere. Ciò che più offende il
Balilacchini nel libretto del Fleto si è il non avere egli intesa abbastanza
la grande anima di Dante e l'unità ideale della Divina Commedia. Né il
Ruth né il Floto non intesero che essa non sarebbe stata un' epopea ab-
bastanza storica, se spogliata fosse della parte allegorica e simbolica, sendo
allegorica e simbolica l'età dantesca. — Al Floto pare imperfetta l'astro-
nomia tolemaica di Dante, imperfetta la sua teologia stessa, non ostante che
il poeta fosse ito a Parigi per fortificarsi, non ostante che la sua dottrina
si accordi a quella delle nostre scuole da Paolo a Tomaso d'Aquino. In breve,
s.?condo il Floto, la Divina Commedia fu scritta per l'esaltazione del santo
romano impero della nazione germanica.
Kakrajsck Franz, nel periodico sloveno Soca, 1874, dettò
una diffusa biografia di Dante, e ci diede tradotti pure in slo-
veno alcuni brani delle poesie dantesche. — Nel xii. £asc. an. ii.
deir Uj magyar muzeum (nuovo museo ungherese), rivista
pubblicata dairAccadetnia Ungherese, troviamo un articolo del
Csàzàr, col titolo Dante Alighieri, e col motto onorate V altis-
simo poeta. Questo articolo contiene tre parti: 1° una prefii-
zione in forma di lettera, indirizzata dalP editore del Museo a
Fr. Toldij : 2® una breve introduzione nella quale Csàz&r parla
della vita e dell' opere di Dante, e lo intitola padre del roman-
ticismo. Toldij in una nota aggiunta alla predizione dice che
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STUDI BIOGRAFICI. II
Dante è la porta gigantesca che dal medio evo introduce all'età
novella, ed ognuno che vuole conoscere Tuna o T altra di queste
epoche, ovvero ambedue, vi deve passar sotto. Co. Géza Kuun.
Sandbr Diaconus 9U Gronau Ritter des eisernen Kreuseg,
Dante Alighieri der Dickter der goUUchen KomÓdie Vortrag
iV>* evangelischen Verein zu Hannover gehalten. — Hannover,
Cari Mehr, 1872, in le"", 80 p. — Dante Alighieri, poeta della
Divina Commedia, discorso tenuto nella riunione evangelica ad
Annover da Sander diacono a Gronau, cav. della croce dì ferro.
Racconta brevemente la storia dei tempi e della vita del-
TAlighieri, e dà poi un'analisi della Divina Commedia. È un
lavoro di poca importanza.
Scrissero più o meno ampiamente della Vita del Nostro tutti gli Sto-
rici della Letteratura Italiana: Comiani Giamb.j, I Secoli della Letter. Ital.
Torino, Pomba, 1844, 1. 144>74. — Riccardi Ani., Manuale d'ogrni letteratura.
Prato, Guasti, 1839. — Alaffei Gius., Storia della Letter. Milano, Classici,
i'vit; C. IV. 42-$^. — Franceschi Ferrucci Caterina, I primi quattro se-
coli della Letter. Firenze, Bianchi, 185C, Lez. iv-ix, 74-295. — Cereseto G.
B., Storia della Poesia Italiana, Milano, Silvestri, 1857, Voi. i, 58-72. —
Emilirmi Giudici Paolo, Storia della Letter. Ital. Firense, Le Mounier, 1855,
p. 118-2Ó0; Id. Compendio, Firenze, Poligrafia lUl. 1855; p. 72-125. — Car-
t'nra Franeeéco, Antol. Ital. Vienna, Ueberreuter, i, 15-19. — Canlù Cesare,
Sloria della Letter. Ital. Firenze, Le Monnier, 1865, p. 31-59, ecc. ecc.
< Nella libreria Riccardiana (Cod. xxii. se. N. ord. I.) vi ha una raccolta
in lingua latina di vite di filosofi e di eruditi che si crede essere di Antonio
C'trtulario Padovano. Vi è un framento della vita di Dante, il quale dal
«lottissimo Gio. Lami fu trascritto nelle sue novelle letterarie dell'anno 174&
<cv\. 181 e seg. ). Anche Tab. Mehus lo inserì nella vita del Padre Am-
hrugio, traendolo dal medesimo codice. Di esso non si conosce l'autore,
«siccome pure di un* altra vita di Dante, che al dire del Gionacci nelle sopra
rifate schede si trova nella libreria Strozziaua (nel cod. segn. 181 de' libri
tn fol.). Ivi pure (nel cod. 301 e 560 de' libri in 4'> ed In 8°) trovasi altra
vita deUo stesso Poeta d* autore anonimo; ed il cod. 1006 de' libri in foglio
racchiude varie notìzie sopra la nascita e morte del medesimo. Jacopo Cor-
binelli in fine della sua edizione del libro De vulgari eloquentia, fatta in
Parigi Panno 1577, pubMico una breve vita di Dante similmente^ d'incerto
scrittore. Nel tomo xii delle Delizie degli eruditi Toscani pubblicate dal
[K Idelfonso da S. Luigi vi hanno alcune imbreviature d'istruroenti a' fra-
telli di lai, che sono curiose; l'elezione del medesimo ad ambasciatore al
romune di S. Qimignano nel 1209; la condanna dello stesso nel 1302, ed a
pag. 155 la supplica dell'Accademia fiorentina dell' 11 Gennaio 1587 per eri<r
jrere un busto dì marmo a Dante. > Pelli — Sul busto decretato dall' Accad.
fior. V. Salvino Salvini, Fasti Consolari, 286; Man. Dant. n. 422; G. Gar^
fjani. Lettera al cav. Emilio Frullani, Giornale del Centen. 113.
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12 SDUDI BIOORAFICI.
Anche Sieeone Poìentano ne scrisse la vita che inseri n^Ia saa inadita
opera: De scriptoribus latinae linguae ad Polidorum filiwn. Il Mehus nella
prefaz. alla vita del poeta di Giaunozzo Manetti (pag. xix) trascrisse questa
vita conforme al codice dell'Ambrosiana di Milano, ed a pag. xxi riferi ìì
principio ed il fine come si legge nella Ricoardiana. Nella vita poi del Tra-
versari (p. clxvi-clkxii) Tha riportata intera sopra lo stesso codice Rjo-
<;ardiano, facendo meglio conoscere quanto fra loro differiscano i due mss.
MONOGRAFIE BIOGRAFICHE
ScARABELLi LUCIANO, Che il cosato del Poeta è AUaghieri,
Codice Lambertino, iii. xxxvi.
n vero cognome o casato dell' AW/grAt^/ non è nò Allighieri, né Ali^
-ghieri, ma Del Bello, e ne' migliori testi io trovo scritto Dante d'XUìghìeri
Del Bello; dove vuoisi notare che Del Bello è il vero cognome o casata,
e àWllfghieri il soprannome. Nel 29 canto del Purgatorio sì ragiona di G^ri
■del BetlOj e nei commenti a quel canto potrei mostrare che molti priorlsti
fiorentini, nei quali si tien conto dei Gasati e insiememente del tempo, nel
quale gli uomini di una famiglia erano in dignità, tutti trattando della
nobilissima famiglia di quelli del Bello, nominano ed hanno segnato in
loro Dante Soprannome significa il nome , il quale si mette sopra al
nome, come dire Dante è il nome, Allighiert è il soprannome, cioè il
nome del padre: ma come richiede il Mercuri da Val di Pado potea
formarsi il soprannome à' Allighieri, e quale analogia egli ha la voce Val
di Pado con rAUighieril La Val di Pado dovea chiamarsi Val di Oert.
quindi Alligeri. o Aldigeri, o Allifjhieri, o Aldighieri . . . . Impone il sug-
gello il canto XXIX deli' Inferno , dove Dante parlando di Cteri del Bello,
dice: Credo eh' un spirto del mio aangtte pianga ^ e il xv del Paradiso,
dove fa dire a Cacciaguida sangui» metis o super infusa, nei quali luoghi
<;hiamando Danto e dicendo Gerì del suo sangue e messer Cacciaguida si-
milmente chiamando Dante suo sangue, certo è che Oeri e Dante venivano
ad essere del medesimo sangue e avevano lo stesso Cognome o Casato. —
Mercurij Lettera al prof. Scolari. — Anche V. Buonanni intitola il suo
Discorso sopra la prima Cantica (Fiorenza, Sermatelll, 1572) del divinissimo
theologo Dante d'Alighieri Del Bello.
DiONisi GuN Jacopo, DegH amori di Dante per Beatrice.
Aned. ii. e. xiv e xv. Preparazione Storica, cap. xxxvii-xliii,
voi. IL, p. 43-in.
Arrivabbne Ferdinando, Gli amori di Dante e tU Beatrice,
tolti d'allegoria ed avverati con autentic?ie testimonianze.
Mantova, Caranenti, 1823; Id. il Secolo di Dante. Udine, 1827,
p. 57G-601.
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STUDI BIOGRAFICI. 13^
Mbsirini Melchiorb, BelC amore di Dante Alighieri e del
TìtraUo di BecUrice Portinari. Firenze, Ciardetti, 1830; Milano,
Teadler e Scbaeffer, 1844.
Rbcmont Alfrbd, Beatrice atts Dante* s lugendleben. la
una Strcsina, col titolo Italia, Berlino, Duncker, 1838, p. 67-103.
Tommaseo Nicolò, Amori di Dante; Ancora deW amore di
Dante, Nei prologomeni al Comento.
Db Boni Filippo, Beatrice Portinari, Meseaggiere della
donne italiane di Lucca, n. Il del 1844.
Sacchi Defbndbnte, Amore e vicende dei quattro poeti ita»
Uani Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso, Studi storici. Milano^
uL ditta Vallardi, 1856.
Nardi Pietro, Amori celebri dei poeti e degli artisti italiani.
^lano, tip. Dante Alighieri, 1874.
Mi^tcH Raffaele, DegU amori di Dante veri e supposti,.
Memoria letta aWAccad. di Padova il 14 Maggio 1865. Pa-
dova, Sacchetti, 1871. Pubbl. per Nozze Carlotti-Cittadella Vi-
godarzere.
Dante Alighieri ebbe nobilissimi affetti. Amò fin dai primi
suoi anni Beatrice d* un amore purissimo, da lui quasi diviniz-
zato nei sacro Poema. Amò la famiglia, nò potea con essa non
amare la moglie, la quale dopo T esilio di lui rimase T unico
appoggio de* pargoletti lor figli. Amò la patria, quantunque da
lei pili volte acerbamente ripresa. Amò la sapienza, eh* egl' im-
bandì in tanta copia nel suo Convito, e largamente trasfuso
nella Divina Commedia, Questi i veri amori, che più sublima-
rono la mente e T anima del Poeta. Veruna prova si sa poi
trovare de* presunti suoi amori profani, se non in qualche tratto
della Canz. ix. ed appena forse in alcun altro de* suoi componi-
menti 8U Pietra. La pargoletta mentovata da Beatrice nel G. xxxi.
del Purgatorio, non è che un nome generico, ovvero una indica-
zione corrispondente, non a Gentucca, ma ad una Pietra celebrata
ne* sopraddetti versi dell* Alighieri. Nessuna prova si rinviene
dell* amore che si suppone collocato dal Poeta in una Bolognese^
e in una donna del Casentino. L* affetto di Dante alla Lucchese
Gentucca, ovvero ad Alagia Fieschi, non era illecito , bensì un
sentimento di gratitudine, che gli fece lieto il soggiorno di una
città da lui anteriormente ripresa. (V. Dionisi, Prepar. Ist. ii.
e. 35 e 36. Ugo Foscolo, Discorso sul Testo, xc).
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14 STUDI BIOGRAFICI.
WoLTERS W. P., Beatrice, Leiden; S. C. van Doesburgh, 1874.
È un piccolo romanzo dell* amore di Dante per Beatrice.
Ci vien essa presentata con la sua amica Gemma Donati, nella
•casa di sua madre Celia, dove Cimabue introduce Jacopo da
Todi. Dante, innamorato, le invia spesso de' sonetti, ne^ quali
parla del suo amot*e. Se non che Brunetto Latini dà un altro
indirizzo alla sua anima, e gli apprende ad amare T ideale non
già la realtà di Beatrice. Essa, negletta da chi ebbe tanto caro,
toglie a marito Simone de Bardi. L'autore paiola della stretta
amicìzia che legava il poeta a Simone, a Guido Cavalcanti, a
Giotto. Beatrice rimase fedele al suo sposo, quantunque non
possa dimenticare il suo Dante, ch'ella rivede qualche volta
dopo la battaglia di Campaldino, ed in un intimo convegno, in
cui egli canta le vicende di quel glorioso fatto d'armi, in versi
si belli onde ne sale in bella rinomanza. Ma amore dUèconfig-
geta ogni giorno più la poca vita di Beatrice; invano si fa
sovente a chiedere conforti e consolazioni a Fra Jacopo da Todi
che r esorta alla preghiera. Ed è Fra Jacopo che conduce Dante?
al letto di lei moriente. Neil' ultimo incontro, sulla dimanda di
Beatrice, promette che come ei Tamò nei mortai corpo, cosf
amerebbela sciolta; ed ella, a ricontro, guiderebbe le pciìne
delle sue ali ad alto volo, per poterla vagheggiar, vivo, nel cielo
che più prende della gloria di Dio.
RossBURGBB LoTHUN, Dante e Beatrice, Londra, King, 1870,
n. 2 voi.
L'Autore descrive il poeta e la sua donna, i tempi ne' quali
vissero, e consacra le sue ricerche all' « Italia non più divisxi,
madre, regina coronata nella pace ». Dopo aver alluso a € quel
g^rande avvenire dell' Italia, che di certo sarà più bello del suo
presente », egli scrive : « possa il ricordo di due nobili vite
giovare a questo avvenire, richiamando alla mente, come ri-
tratto vivo, la loro tenacità, fedeltà, perseveranza. Possano
^r italiani educare i loro figli a seguir tale esempio. » — L'opera
é dedicata a Firenze « madre e patria di Dante Alighieri e di
Beatrice Portinari. » Le descrizioni del Medio Evo prendono gran
parte del libro : vi s' impara, con diletto, come si abbigliassei-o,
come mangiassero i mercanti fiorentini, e le loro famiglie. La
nobile e severa figura di Dante, quella graziosa di Beatrice son
delineate con finezza suprema. Rivista Internas.y 1876, i, 128.
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STUDI BIOGRAFICr. 15
Witti Carlo, Un dubbio su Gemma Donati. Rivista
Internaz. Brittan. Germ. Slava I Marzo 1876, p. 6-8. —
ScARTAZziNi Gio. Andrba, Gemma Donati, Rivista Inteiiiaz.,
p. 65-71. —
WiTTE Carlo, Gemma Donati, Replica, Id. p. 97. —
ScARTAZZiNi Gio. Andrba, Gemma Donati, Replica, Id. 1G6>
173.
Carlo Witte, T illustre dantofilo, muove un dubbio intorno
a Geoìma Donati, la moglie di Dante, se cioè, egli non abbia
avuto da rammaricaci forte de* costumi di lei. Uno degli ar-
gomenti del Witte ò questo: Quando Forese Donati ià quella
sua beo nota invettiva contro le sfacciate donne fiorentine che
tan mostrando colle poppe il petto , e quando pone loro in
contrasto la illibatissima sua vedovella, perchè dimenticò la
donna di Dante pure sua affine? e perchè Dante stesso non
trovò a ridire suir asserzione esser la Nella di Forese in bene
operar più, soletta ? Dubita quindi che il Certaldese e Giannotto
Manetti sulla sua fede avesser ragione quando furono cosi crudeli
inverso cotesta Gemma, a cui pure il Witte dichiara non poter
pensare senza una oerta mestizia. Ma T egregio mio amico,
prof. Scartazzini, ritiene corti e difettivi gli argomenti addotti
dai Witte, e facendosi paladino della Gemma con fine accor-
gimento, con logica rigorosa e con acume grande ribatte ad
una ad una le accuse del Boccaccio contro la moglie di Dante.
Ma il W^itte non ritenne perciò falsificato il suo parere. Noi
però non possiamo non tenere col prof. Scartazzini.
Anche il Minich, nell'opuscolo auccennato, si fa campione della Gemma.
— L*Aiighierì, cosi egli, convisse colla moglie più di nove anni, e tuttavìa
n>bbe in quel corso di tempo non meno di sette figli, lo che dee sembrare
una bella testimonianza d' affezione e d' armonia coniugale. Fu poi separalo
a forza dalla sua donna per V ingiusta condanna all' esilio, e in tutto quel
tempo almeno Tasaenza esclude ogni paragone odila stizzosa moglie del greco
filosofo. Potrebbeai obbiettare che Gemma doveva farai compagna del marito
anco nell* esigilo , ma è facile avvertire eh' ella non poteva allontanarsi da
Firenze, giacché la conservazione de' beni della sua dote era l' unico mezzo
rU provvedere al sostentamento della famiglia; né sarebbe stato possibile
il peregrinare traendo seco molti figliuoletti in età minore ed infantile. Che
&e r Alighieri nelle sue opere non ha mai nominato la moglie, non ha nem-
meno fatta menzione de' figli , il maggiore de' quali fu però sovente al di
lui fianco ; e neppure ha creduto di poter nominare se stesso fuor che una
volta per necessaria cagione. (Purg. xxx. 55-63). Ma sono pur affettuoa-^
le parole del Poeta nel G. xvii. del Paradiso che attestano quanto gli era
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16 8TVDt BIOGRAFICI.
dolorosa la separazione dalla patria e dalla famiglia : — Tu Uuci&irai o(jni
cosa diletta più caramente, e questo è quello strale che l'arco dell'esilio
pria saetta — ; e nella famiglia, eh' è fra le cose più all'uomo dilette, dovea
par comprendersi dall'Alighieri insieme configli, la moglie, che n'era
rimasa 1* unico sostegno e conforto. Anche il Petrarca in una sua lettet^a
«1 Boccaccio, attestò l'amore di Dante alla moglie ed a' figli scrivendo: —
né l'iyigìuria de' ciUadini, né l'esilio, né la povertò, né l'amor della
moglie, né la pietà de' fijliuoli il distolsero mai dal cammino una volt'X
intrapreso.
Croce Enrico, Dante speziale. La Rivista Eur. Feb. 1876,
p. 49C-5Q0.
Ricerca il perchè Dante si ascrivesse air arte degli speziali
invece che a quella de' lanaiuoli, de' cuoiai, de' vaiai, de* tap-
pezzieri, ecc. nelle quali arti andava per legge ripartita tutta
la cittadinanza in Firenze. — « Nell'epoca della Repubblica
Fiorentina, ei dice, gli speziali erano eziandio depositarli, traffi-
canti e venditori di libri mss., ond'egli si matricolò in que-
st'arte, non perchè sua intenzione fosse di trafficar mai in
droghe, in perle preziose o in altri generi coloniali, sì bene
per aver agio e commodi maggiori a proseguire i suoi studiì
ed accrescere la cerchia delle proprie cognizioni. > — La quale
scoperta commenterebbe quel passo del Boccaccio nella vita
ch'egli scrisse di Dante, ov'è detto ch'essendo egli in Siena,
s'avvenne nella stazione di uno speziale, ed è a sua volta illu-
strata e avvalorata dal nome inglese Stationer, che tuoI dire
Libraio,
Odorici Federico, L* esilio di Dante, frammento. Monumento
di Carità, Album scient. letter. di Nazario Gallo, Trieste, Weis,
1857. Vi è unita una bellissima incisione su disegno del Tom-
roaselli.
Brot Alfonso, L'esilio di Dante, Racconto. Versione dal
francese. Milano, Martinelli, 1842. — Riduzione dal francese,
li Silfo, giorn. artist. letter. a. i. n. 18.
Grion Giusto, Cangrande amico di Dante. Il Propugnatore
di Bologna, a. iv, disp. 4, 1871, p. 395-427.
Vuole alla fine dei Settembre 1302 Dante si conducesse a Ve-
rona a cercarvi lo primo suo rifugio e il primo ostello; giacché
nulla egli avesse chiesto, e nulla ottenuto né da Ugo ad Arezzo,
né da Scarpetta a Forlì. Quivi fu per tre mesi ospitato in casa
di Cangrande, e per avventura in quella stessa casa che ve-
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STUDI BIOGRAFICI. 17
>liamo più tardi destinata ad alberg^are gli ambasciatori, a speso
pubbliche, oggi divenuta albergo privato alle due Torì-i. Nel
1302 Dante non chiedeva ospitalità ma alleanza. — Ne fu piccolo
aìerito di Cane, allora di 22 anni, se egli fece ospitare Danto
■1 spese pubbliche, cioè riconoscere gli emigrati fiorentini come
]iarte belligerante, e s'egli persuase il fratello, tutore, di affi-
'largli una mano di £inti e di cavalli, coi quali, per Faenza e la
valle del Lamone, come portato da Euro, sali e scendette le
ùlde d* A pennino, per prendere parte il 12 Marzo 1303 alla zuffa
ii PolciajK), e consigliare la ritirata quando temette d'essere
investito. Ciò risponde all' età sua, a quanto sappiamo della sua
indole, al passo di Dante, alla testimonianza del Biondo. 11 Oriou
'Xingettura su varie altre visite fatte dal Poeta a Cangrande,
ritiene suppositizia e la famosa Epistola a Cangrande, e V altra
riepiù ilare a frate Ilario, e l' egloghe scambiate tra Giovanni
«lei Vii^lio e Dante mezzo biondo e mezzo nero; vuole che
(Jane do<nasse il Poeta di una tenuta a Gargagnago in Valpu-
licella, e che a sifiatto dono si riferiscano i versi: A liti t^ aspetta
'♦ a' suoi benefici, — Non Dante, bensì il figlio Jacopo avrebbe
mandato a Cangrande l* originale autografo della Commedia
man mano che terminava di copiare i fisiscicoli per fame dono
3 Guido Novello, nel 1322 capitano a Bologna, probabilmente
Iter ultima volontà del padre, o per desiderio espresso dalla
i^entOezza di Cane.
De' viaggi di DantB a Par:igi, Estratto dal Museo di Scienze
*i Lettere di Napoli, 1845.
MoRBio Carlo, Francia ed Italia, ossia mss. francesi delle
nostre biblioteche con istudii di storia, letteratura ed arti ita-
liane. Milano, Ricordi, 1873. — Il terzo cap. parla del soggiorno
di Dante a Parigi.
Cavara. Cbsabb, Sul probabile soggiorno di Dante a Per-
-iceto, Persiceto, Giambattistelli, 1864. (Estratto dal n. 12 del
f'iccolo Educatore).
I Alighiero, figlio di Cacciaguida, fu padre di Bellincione e di
1 Hello ; da Bellincione venne Alighieri, padre di Dante. A Bello
j !u figlio Gerì padre di Bellino, che ebbe a figlie Betta e Checa,
' la quale ultima si manto a Bartolomeo di Sala. Accettato fra
i fatti storici che Dante onorò di sua presenza Nonantola, di qui
•listante poche miglia, e compresa essa pure nel va^to agro
2
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18 STUDI BIOGRAFICI.
Persiceta, vorremo noi credere che nel suo esigilo non so^ior-
nasse o molto poco a S. Giovanni, dove nel 1307 aveva un pa
rente così stretto dal lato fraterno, dove ne aveva dal lato dell^
moglie, dove erano gli Ubaldini?
ScARABELLi LuciANO, Del possibile ritratto di Beatrice Por
tinaìH e della barba probabile di Dante Alighieri, Le:iotii
Accademica, Nuovissima edizione (di soli 100 esempi.) corretto
ed ampliata, (in 8® di pag. 20). Bologna, Regia Tip., 1874. 1
dedicata alV onorevole Dantista H. CI. Barlow,
Dante ne' suoi ritratti ci si presenta sbarbato. Chi lo ren
desse altrimenti, non troverebbe più chi T accettasse. Eppun
era barbato, e ce lo dice il Boccaccio, e Dante stesso nel x:sx
del Purg. V. 68 e 71. — E nel Convito i, 12 si compiace di que
naturale ornamento del viso, e ci £sl sapere che ogni bontà prò
pria in alcuna cosa, è amabile in quella; siccome nella ma'
schiezza essere bene barbuto. — Il prof. Scarabelli ribatte dappoi
le contrarie argomentazioni. — Riguardo il possibile ritratta
di Beatrice. V. Man, Dant, iv. 172.
DioNisi Gian Jacopo, Del focale di Dante, Aneddoto viui
Verona, Merlo, 1806.
Arguzie e motti di Dante Alighieri, Nella Strenna Fion
d*arte e di Lettere italiane. Milano, Bravetta, 1840, p. 147>51.
Sbrmini Gentile, Ser Giovanni d^ Prato condoUosi con
Baldinasua vaga in camara, adagio, di nocie et soU d'accordo,
e cenato, nella veghia cominciò a leggere Dante, e troppo con'
tinuando il leggere, Baldina, sdegnata, stimando che lui piti
di Dante leggere, che di lei si contentasse, lassoUo in frega t
partissi: esso, rimaso bianco, la mattina doltosene con une
suo caro compagno, et dettoli la novella con abbondante ri^
^t risponde, come appresso la novella leggerassi. IL* ediz. di
soli 12 esempi. Venezia, Clementi, 1868. Ne fu editore il proti
Pietro Ferrato.
Dante e il conte Guido, novelletta secondo due testi a penmi^
di lezione diversa. Faenza, Conti, 1875. — Ediz. di soli 2^
esemplari tutti per ordine numerati. Ne fu editore il Comm,
Francesco Zambrini.
Paranti Giovanni, Dante secondo la Tradizione e i Novel-
latori, Ricerche. Livorno, Vigo, 1873.
Il Rapanti, bibliografo dottissimo ed accuratissimo, ha avuto
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STUDI BIOGRAFICI. 19
r Ottimo pensiero di darci per la prima voUa raccolte insieme
tutte la novelle, facezie, tnuiizioni, aneddoti storici riguardanti
TAiighieri, e che formano si pnò dire, la leggenda di lui. Tutti
i sei secoli;, dal XIV al nostro, meno il XVIII, oflrirono beila
messe, ch'ei spigolò da ben 45 scrittori. La parte in cui spicca
nmggioiTnente il merito dei Papanti, è senza meno quella delle
QOte, preziosissime anche per gli studi comparativi ch'esse
contengono e per le varie scritture che vi sono pubblicate nel
loro testo, non solo dell'antico volgare, ma e di latino, e di
lìAgne straniere, e ben anco di vernacolo. Sia lode pertanto
grandissima al valoroso Papanti e per la diligenza delle ricerche,
h felicità dei confronti e delle illustrazioni, la dottrina infine
e il buon gusto dimostrati nel curare la lezione di vari e non
sempre agevoli testi. V. L. Satorini, Propugnatore, Nov., Die.
1873. p. 492; Rimsta Eur., Die. 1873; Archivio storico, ecc.
Marchions di Coppo Stefano, Delia morte di Dante AH-
gkieri. Delizie degli eruditi toscani, Firenze, Cambiagi, 1770-86.
MsBCUBi Filippo, Lez, ix in forma di lettera diretta al cav.
Filippo Scolari netta quale è trattato se Dante veramente sia
morto nel 1321. Napoli, Nobile, 1853.
Da molti luoghi del poema e delle altre opere di Dante,
s'argomenta provare che Dante non mori nel 1321, ma indub-
biamente nel 1328 (!!).
Il prof. Orion Bcrìvevft: « Giov. Villani, il più antico biografo e quasi
coetaneo di Dante, lo dice morto in laglio; il Villani abitava in sesto
S. Pietro, e poteva faoBmente informarsene dal figlio Jacopo. Mona. Fer-
retti, dei secolo XVI, il quale avea tutto l' agio e potere di esaminare o &re
esaminare gli archivi delle sagrestie di Ravenna, nella vita di Dante che
conservasi autografa nella Classense, lo dice morto intra ealendas julicu.
Altri biografi ricordano un di festivo, e pensano o al 3 di maggio o al 1-4
settembre: il 2 luglio 1321 era un giovedì, ma dedicato alla Visitazione
di M. V. Pier Giardino, ravennate, che dovea sapere il mese in cui Dante
morì, come quegli eh* era stato presente (o per tale creduto) alla sua morte,
« che doveva sapere che la Divina Commedia era stata presentata da Jacopo
a Guido Polentano il 1 aprile 1322, fa smarrire gli ultimi tredici canti per
otto mesi dalla detta morte, il che, lasciato anche il tempo per la trascri-
zione, combina benissimo col luglio, ma elimina il settembre. Che sia di
ciò, resta incrollabile T autorità del Villani storico rimpeito a quella del
Boccaccio che non istudio il Dante con critica se non dopo il 1359, e, scri-
vendo la vita di Dante nel 1305, fu in questo punto che riguarda la morte
di lui ingannato dalle epigrafi, che sono esercitazioni poetiche del quarto
decennio del secolo. Cangrande amico di Dante, p. 30.
Alberico de Roscìate, m. nel 1354, fa invece nascere il poeta cinque anni
prima che tutti i suoi biografi : Vixit Dante» diebua viginti duobits minibus
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20 STUDI BIOGRAFICI.
quingentìa sex et dt^eessil in civitate Hawwiae anno domtmeae inc^rv^-
tionùt miUesimD trecentesimo vigeaimo primo die S. Crucia de mr;i.s*-
Aeptetnbria. O^fus anitna per Dei mìaericordiam requieacnt in pace. Atneu.
Ejc quibus diebus poasHut notori anni sex ìjinta unus menata sepie nx diri
fredeeim, computato die mortifs. Item potest notori quod eitia nativit-'^
fuit anno mUlesìtno durentesiyno aexajeaimo, Knl. februiriì.
Beltrame ab. Francesco, Priore di S.Alberto, Relazione
sul sepolcro di Dante e le sue adiacenze. Ravenna, 1783 e 1701.
— V. Lami, Novelle Letter. di Firenze, 28 Nov. 1783, ed £•//:>
tneridi Romane, 6 Dee. 1783.
Martinetti Cardoni Gaspare, Stona del Sepolcro di Dani e.
Dante in Ravenna, 79-86; 98-103.
Lemovne cav. Paolo, parigino, Visita fatta alla tomba degV H-
lustri italiani in S. Croce di Firenze e da lui esposta in uw
generale adunanza tenuta dalC Accademia tiberina il ffiornu
14 Dee. 1845, essendone Presidente annuale. Roma, Tip. delle
Belle Arti, 1846.
CoRLARi AB. Andrea, Descrizione della festa ad onore di
Dante celebrata a Ravenna nel 3 Gennaio 1798. Nella vita
deirAlighieri di Ces. Arici. Bologna, Tip. della Volpe, 1844.
— V. Martinetti Cardoni, Dante in Ravenna, 85-103.
CEiNNI CRONOLOGICI
Foscolo Ugo, Cronologia di avvenimenti connessi alia viUi
e alla Commedia di Dante, avverata su gli annali ól Italia,
e documentata con citazioni dalle opere del Poeta. Nelle edi-
zioni della Commedia di Dante da lui illustrata.
G. G. Waren LORD Vernon, Cronologia della vita di Dante
Alighieri. L'Inferno di Dante ecc. Firenze, Piatti, 1842, xci».
— Avvenimenti precedenti e contemporanei ad illustrazione
della vita e degli scritti di Dante Alighieri, Id. xcvii-civ.
Bbllomo B., Cenni cronologici intomo alla vita e alle opere
di Dante Alighieri e al suo secolo. Firenze, Cellini, 1865.
Ferrazzi Jacopo, Specchio cronologico della vita di Dante
Alighieri e degli avvenimenti contemporanei e di quelli c/w
prepararono il suo secolo con osservazioni critiche intomo alle
opere del poeta ed alla loro pubblicazione. Man. Dant. li. 1-C4.
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21
DOCUMENTI
Risgtutrdanti la vita di Dante.
1399, 8 Maggio. — Riformagione sull'amhascieria di Dante Alighieri
al oomnne di S. Gemignano. P. Idelfonso, Delizie degli Eruditi Toscani,
Voi. XII, p. 257; /V///^ Memorie, 9t ; Fraticelìi, Storia della vita di Danto
Alighieri, p. 138.
1301, 28 Apr. — Milanesi Gius. Documenti inediti e sconosciuti che
ri'jH^rdano Dante Alighieri. Archivio Stor. Ser. in, t. ix, p. 53. — V.
3Ian. Dant. iv. 22.
1308, 27 Gen. — Prima sentenza di Gante de Gabrielli con che con-
danna Dante a nn esilio perpetuo e alla confisca di tutti i beni. — Archivio
delie Riformagioni (Capitolici, xi, disi, i, n. 19 a e. 2); P. Idelfonso, De-
lizio ecc., X. 94; Fraticelli, Storia ecc., p. 147.
1302, 10 Marzo. — Seconda sentenza con che vien condannato ad esser
bruciato vivo qualora nelle forze della republica pervenisse. Archìvio delle
Riformagioni (Capitoli CI. xi, disi i, num. 23 a e. 9) ; P. Idelfonso, De-
lizie ecc., xn, 158; Pelli, Memorie, 106; Fraticelli, Storia ecc., p. 157.
1306, Giugno. — Atto rogato da ser Giovanni d' Ampinana nella chiesa
abbazlale di S. Gaudenzio, appiè dell* alpi, in che, tra' contraenti, si legge
il nome di Dante. Fraticelli, Storia ecc., 191.
1306, 6 Ottobre. — > Dantia Alighieri Legatìo prò Francischino Mala-
spina ad ineundam pacem cum Antonio Episcopo Lunensi, denuo recognita
♦"t itenim in lucem edita Consilio et sumptibus G. J. Bar. Vernon. Pisis,
ex offic. Nlstrìana, 1817. — Ex tabularlo pub. Civita tis Serazanensis, serie
342, tit. 3. instrument. Notarli pub. Parentis Stupii. Pubblicata prima dal
prof. Maccìont, Codice diplom. della famiglia Malaspina, Pisa, 1769; Fra-
ticelli, Storia ecc., 197.
1308, o 1309. — Lettera di Frate Hario dal Corvo a Uguccione della
Paggiola. V. Man. Dant. ii. 597.
1315, 6 Nov. (28 Febr. 1316). — Quarta sentenza daU da Ranieri di
Zaccaria d* Orvieto, vicario del re Roberto che lo condanna a perder la
t^sta per mano del carnefice. — Dall'Archivio diplom. di Firenze, perga-
rnene già spettanti al convento di S. Maria Novella — Fraticelli, Storia ecc.,
2r>3. — I.a terza condanna è del 1311 facta ab Hubaldo de AuguglUme;
V. ab. Mehus, Vita del Camaldolese Ambrogio Traversari a CLXXxn.
y Google
22 DOCUfiOCNTI.
IL
Riguardanti le ceneri delt Alighieri,
■* E flà 4 storico dwtlno, e Flrcnie, che a te nfgs lo oh* dd tre Brmndi tuoi
Agli. Tu li ipargeeti} fleim a gonerota rapabblicai come eplritl creatori en l'ale dd
Tenti ; e aesaano di loro A toknato alla madre ; tono rimasti con l' Italia che c»si
idealmente crearono. E Intorno alla tomba dell'Alighlcrt Teglia la fede del forte po-
polo di Romagna, cvetode degno. 8a la tomba di Arqnà cantano gli naignoli, e tutta
la Vcaeala ee ne adoma come d' nn aimbole della gcntlleaaa ava ila nell' eroismo.
La memoria di OiOTanni Boccacci abita i suoi colli paterni; e li abiterà gloriosa fin
che resti una nota di qaes|^ eloquio toscano che a Oiorgio Dyron suonara sì eome
nna musica fkvellata. ^ Cardateci, ai Parentali di Oìot. Jloceacci in Ccrtaldo, p. S7.
I.o 22 Dee. 1390. — Deliberazione de' Priori della R^Hbblica fio-
rentina.
Fu presa la parte con 153 voti su 201 .. . — « Quod Operarii oper»'
et sou fabrico majoris Ecclesie fiorentine possint ac etiam sub pena libra-
rum mille florenorum parvorum teneantur et debeant, saltem infra sex
annos proxime secuturos facere et fecisse conduci ad civitatem Florentle
Ossa que poterunt comode reperir! et haberi de olim illtistribus et Celebris
memorie viris civibus florentinis videlicet. Dante Alleghieri, D. Francesco
Petrarca ... Et quod prò quolibet ipsoruro facere et fieri fecisse in maiorì
Ecclesia fiorentina unam eminentem mapniflcam et honorabilem sepulUi-
rara ornatam scuUuris marnioreia et aliis ornnmentis de quibus et prout
bonori Civitatis Florentie et fame ac virluli talium et tantorum virorum
vidcriut convenire. Et ossa cujuslibet prcdictorum facere. In sua sepultiira
recondi ad perpetuam famam et celebrem memoriam omnium predictoruni
et Civitatis ac rei publice fiorentine et quod habeantur vel non ossa, uichilo-
minus fieri debeant prò causa predicta diete sepulturc .... »
L'originale nel R. Archivio delle Riforma{?ioni, Cod. 87 CI, ii. a 270 e
281. Il documento venne pubblicato per intero dal Martinetti Cardani,
Dante in Ravenna, 101-110; da R. Conti, p. 43.
II.® —1 Feb. 1129. — Lettera della Signoria di Firenze ad Ostnsio
Polentano^ Signore di Ravenna , con che gli si chieggono le ceneri
dell' Alighieri.
.... « Fuit jam pridera per nostram rem pubblicam conslitutum ul
Dantis Alagherii et Franciscì Petrarce inclitorum poetaruni sepulcra cum
ea qua decet' magniflcentia in urbe nostra hoc est in patria ipsorum pot^
tarum construerentur. Quam rem haclenus pretermissam, decrevimus nunc
utpote laudabilem et comendatione dignam ad effectum perducere . . . >
L'originale nel R. Archivio delle Riformagioni, Cod. 30, CI. x. Distr.
1 a 17. Il documento venne pubblicato per la prima volta dal Gaye; dal
Can. Moreni nella vita di Dante del Filelfo, xxxi, che lo dà per inedito;
dal Martinetti Cardani^ Dante in Ravenna, p. 110; dal Conti, p. 45.
III.** — 13 Aprilo 1476. — Dbl Lungo Isidoro, Un doaonento dell' Ar-
chivio Mediceo. Estratto dall'Archivio storico italiano, Serie in, t. xix,
Disp. I, Firenze, Cellini, 1871.
Il documento ch'io presento, scrive l'egregio professore, aggiunge un
v Google
DOCUMENTI. 23
episodio del tatto ignoto, e degnissimo di essere conosciuto, ad una storia
che a«&*anno di dantesca celebriU, 1805, ebbe tanti raccontatori: la storia
He vicende incontrate dalle ossa di Dante. — Da esso si fa manifesto il
t-TKolo un" altra volta corso e gravissimo, da* frati e da* cittadini di Ha-
T'-nna, di perdere le ossa del divino poeta sì caramente e nobilmente diletto.
Ebbe gran parte in questo disegno Bernardo Bembo, padre al Card. Pietro,
'.ntore -veneziano a Firenze, il quale a troppa fidanza della sua Repubblica,
i qued di a Ravenna prepotente, se ne fece promettitore. E abbiamo pur
da esso come i Medici, quantunque per loro fini, al dire del Foscolo, si
^rt>fe»aj»ero i devoti deUa Chiesa, della Francia e della plebe, dessero
jiTDva di amare e venerare T avversario implacabile di Bonifacio viii, e che
^ Lorenzo il desiderio di rivendicare la tomba di Dante alla sua Firenze
cju fosse minore della gelosa fermezza di Ravenna in conservarla. Ecco
1 docfunento:
Magnìfico viro e magior mio onorandissimo,
r ò inteso , per lettera di costi , come lo 'nbasciadorc veneziano s' è
usTQìUy a casa. Il perchè, ricordandomi quello che la Magnificenza Vostra
7i disse una sera, tornando da visitarlo, poco dopo T esequie di Matteo
Palmieri, circ' a casa Antonio di Puccio, voglio che Voi intendiate che Voi
V* apponesti; e per un piacere a' mia di, non so quale io mi potessi averlo
."nagìore, che vedere rìpatriare quell'ossa, che per la Magnificenza di
«ietto anobasciadore dopo la tornata sua vi furono promesse : massime perchè
i'> mi rendo certissimo, che con quella gratitudine e magnificenza per Voi
<i preparerà, che, per quanto si può fare, merita uno uomo tanto eccellente,
circa ricevere quelle degnissime ossa, la corona, la sepoltura e luogo. Al
i^agnanìjno s'appartengono le gran cose: ma qual può essere magiore
rhe questa? Raccomandomi a la Magnificenza Vostra in ogni caso; che
Dio felice vi conservi.
In Santo Giovanni, a' di xiij d'Aprile 1476.
Antonio Manetti, Vicario.
IH fuori: Magnifico et generoso viro Lorenzo di Piero de' Medici,
magiore «no singularissimo, ec. In Firenze,
IV.o — 20 Ottobre 1519. — Memoriale dell' Accademia Medicea fio-
rentina a Papa Leone X, affinchè le fosse concesso : ossa atqtie cineres ex
ravennate ad natale aolum transfereyidi celebrique monv^mento obrìtendi.
La proposizione venne da Girolamo Benivieni amatore ardentissimo della
patria^ eh' era stato dei più caldi seguaci di firate Savonarola. — Michelan-
gelo Buonarroti, non sapendo di latino, si sottoscrisse in volgare con queste
memorabili parole:
/b Michelagnolo schultore il medesitno a Vostra Santità sttpplico
offerendomi al divin poeta fare la sepultura stta chondecente in locho
onorevole in questa Cictà. — Egli è facile intendere che cosa era da aspet-
tarsi di meraviglioso da un monumento innalzato dal più grande artista al
più gran poeta d'Italia! La proposta, scrive il Venturi, se n'andò in
fumo, ma ci restano quelle parole tanto schiette, quanto dignitose , scritto
di sua propria mano; e noi le serbiamo come sacra eredità dell'amore e
•Iella venerazione che al divino Dante portava il divino Michelangiolo. — Nel
R. Archivio di Stato, da pergamena racchiusa in quadro proveniente dallo
Spedale di S. Maria Nuova del 1519 Ottobre 20. Pubblicate per la primi»
v Google
24 DOCUMENTI.
volta dal Gori nelle aggiunte alla vita del Buonarroti, scritta dal Condiri.
p. 112; dal Martinetti Cordoni, Dante in Ravenna, 111-117; dal Conti
p. 40; dal Gotti, Vita di Michelangelo Buonarroti, n. 82-84.
V.^ — 4 Maggio 1861. — Indirizzo del Consiglio Generale del Comune
di Firenze alla Città di Ravenna per ottenere da essa, come firatemo dono.
quanto più doloroso, tanto più nobile, la restituzione delle ossa di Dante.
Giornale del Centen., 88; Martinetti Cordoni, 121,
Deliberaz. del Consìglio Comunale di Ravenna in risposta all' indirixz«)
della Comunità di Firenze. Giornale del Cent., 149; Martinetti Cordoni.
121; Man. Dant. ii. 61.
VI.° — Della scoperta delle ossa di Dante, Relazione con DocHtnenii
per cura del Municipio di Ravenna. Ravenna, AngeletU, 1870.
Il Consiglio Municipale di Ravenna, convocato per deliberare intorno
alla scope' ta delle Ossa di Dante, adottava nel di 31 Maggio 1865 la se-
guente risoluzione:
« Considerando che la scoperta delle Ossa di Dante è fatto che non la
sola città Ji Ravenna, custode di cosi prezioso deposito, interessa, ma
^ altresì V intera nazione, che non ha guari con tanto entusiasmo si asso-
ciava al Minicipio fiorentino nella celebrazione del sesto Centenario di
Dante: Il Consiglio Municipale delibera — Che un'ufficiale Relazion<*
deir importante scoperta sia redatta in nome del Consiglio a cura della
Giunta Municipale e diramata a S. M. il Re, e ai Membri della Real fa-
miglia, ai duo rami del Parlamento, ai superiori Dicasteri del Governo, ai
principali Istituti ed Accademie dello stato ed estere, al signor conte Pietro
Scrego-Allighieri, alle R.' Deputazioni di Storia Patria, a tutte le Provincie
e Comuni del Regno, nella quale Relazione oltre alla compiuta narrativa
del fatto, saranno consegnate tutte quelle nozioni storiche sin qui raccolte
o da raccogliersi, le quali valgano a chiarire le ragioni del nascondimento
delle ossa, e a sparger lume sulle persone e fatti attinenti ali* importante
argomento. >
L' opuscolo pubblicato abbraccia : ^ I. Una Relazione dell* ingegn. Mti-
nicipale cav. Romolo Co» ti sulle vicende storiche del sepolcro dantesco,
sulle probabili ragioni del nascondimento degli avanzi di Dante Alighieri ;
— II. La Relazione anatomico-fisiologica del cav. prof. Giovanni Pugliolì:
— III. La Perizia calligrafica, avente per oggetto di dimostrare V autenticità
della mano del P. Santi che tracciava le iscrizioni nella cassetta contenente
le ossa; — IV. Una sommaria descrizione della ^festa del sesto centenario
dantesco in Ravenna; — V. Rogito folto in Ravenna, nelle ore 10 anti-
meridiane del giorno 27 Maggio 1865, per solennemente certificare lo sco-
primento delle ossa del divino Poeta; — ^^. Verbale della ripoùzione; —
VII. Quattro tavole a corredo della perizia calligrafica.
m.
Centenario di Dante Alighieri,
14 Nov. 1863. — Parte presa dal Consiglio Comunale di Firenze di
celebrare solennemente nel mese di Maggio 1865 il Centenario di Dante
Alighieri. Giornale del Cent., p. 2.
y Google
DOCUBfBNTI. 25
IV.
Casa di Dante, (1)
(V. Man, Dant. IV. 8 e ••g.).
[y-ìIberasUme del Consiglio del di 4 Maggio 1864 — Da:«tb Alighieri —
Ih^tposiz ioni per lo acquisto della casa da Lui abitata in Firenze.
Ripreso il Rapporto del Segretario deUa Commissione Fiorentina i>el
Oateaarìo di Dante Alighieri del 14 Aprile decorso in quella parte in cui
«ì prt^Kme 1* acquisto e restauro di quella Gasa che fu culla di Dante, e si
I'!hiara^che l' adempimento di questa proposta, esigendo un più determi-
sato progetto per parte della Commissione, si domanda soltanto che fin
•i' ora sia dcUberato T acquisto e restauro, riserhandosi la Commissione dì
èscare le convenevoli misure ed i modi migliori, onde sottoporli all'appro-
vaÀoike di questo Consiglio.
Aperta la discussione sulla domanda della suUodata Commissione alla
<^le hanno presa parte più specialmente gli onorevoli Consiglieri Signori
tf. di GcmfaloDiere, Professore Santarelli, Cav. Avv. FruUanì, Cav. Rubieri
e VUrcfaese Senat. Capponi, è stato in fln formulato dal Sig. Marchese
S^nat. Capponi U seguente Progetto di Deliberazione.
< Qaando la Casa attuabnente creduta Casa di Dante, o altra si possa ,
con mfILcìente certezza credere che sia stata da Lui abitata, il Municipio
ne tratterà 1* acquisto. >
Esperimentato lo squittinio suUa proposta formula di Deliberazione, è
><Uta approvata con voti favorevoli ventitre, contrari uno.
Drliòerasione del Consiglio del dì 10 Maggio 186 i — Da.ntk Alighibri —
Commissione al Consigliere Frulloni per ricerche sulla Casa abitata
in Firenze dal Divino Poeta.
Ripreso il Partito del Consiglio Generale del di -1 Maggio corrente col
quale fu deliberato sulla proposta dell' onorevole Consigliere Sig. Marchese
Omo Capponi che quando la Casa attualmente creduta Casa di Dante od
altra si potesse con sufficiente certezza credere che fosse stata da lui abitata
il Monicipio ne avrebbe trattato V acquisto.
L'onorevole Consigliere Sig. Cav. Aw. Nicolò Nobili proponeva che
le ricerche intomo alla vera Casa abitata in qu^ta Città da Dante Alighieri
fossero affidate al di lui onorevole Collega Sig. Cav. Aw. Emilio FruUani,
che ha già istituite indagini, e che fa parte della Commissione nominata
dal Consiglio nella sua Adunanza del 14 Novembre 1863 per la festa del
Centenario della Nascita di Dante.
(1) Bendo pubbliche graaie al SIff. prof. eav. Isidoro Dal Lvngo, che al adoparò
con rsim eortcata pere h A potetei «nrlcchire il mio volnoie di tutti 1 docomcati ri|«ar*
danti l'acquieto ed U laceflealTO reatauro della Ccta 4i Danto,
y Google
26 DOCUMENTI.
L'onorevole Consigliere Sig. Gav. A.vy. Emilio Pmllani aderisce alla
Commissione d'intraprendere ricerche intorno alla rera Casa abitata dal
Divino Poeta, ma chiede di associarsi a siffatte investigazioni il Si^. Oar>
gano Qargani perito e paziento investigatore di scritture antiche.
Girato il partito sulla proposizione del suUodato Consigliere Sig. A w.
Nobili con dichiarazione che T onorevole Sig. Cav. Aw. FruUani potrA
associarsi, come desidera, per le ricerche il Sig. Gargano Gargani, è stata
la proposizione approvata con voti favorevoli (Uciannove, contrari due.
Deliberazione del Consiglio del di 4 Febbraio I8B5 — Damtb Aughxbri —
Incarico ai Consiglieri Signori Marchese Senat. Capponi; e Inp.
Francolini per trattare col Sig. Luigi Mannelli-CMilei intorno all'i
Casa abitata in Firenze dal Divino Poeta.
Visto il Partito del Consiglio Generale del 4 Maggio 18dt col quale Ai
deliberato — ivi — « Che quando la Casa attualmente creduta Gasa di Dante
o altra, si possa con sufficiente certezza credere che sia stata da Lui abitata
il Municipio ne trattori V acquisto. »
Sentito il Rapporto dell* onorevole Consigliere Sig. Cav. Aw. Emilio
FruUani, dal quale resulta che la Casa situata presso la Piazza di S. Martino,
oggi appartenente al Sig. Cavaliere Luigi Mannelli Galilei, è quella dove
ha abitato il Divino Poeta.
Sentita la lettera del Sig. Luigi Mannelli Galilei diretta al Sig. Gon-
faloniere nel di 29 Gennaio ultimo scorso colla quale il prelodato proprie-
tario desideroso di conservare alla sua nobile famiglia la Casa che fu di
Dante Alighieri, si rifiuta a consentire l'acquisto che ne ha domandato il
Municipio.
Intrapresa discussione, è stato in fine generalmente consentito di so-
apendere la risoluzione dell* affare, ed è stato proposto di incaricare gli
onorevoli Consiglieri Signori Marchese Senat. Gino Capponi e Ing. Felice
Francolini di conferire col suUodato Sig. Cav. Luigi ManneUi Galilei per
ottenere possibilmente che ad esso appartenga il dominio diretto della Ca%a,
cedendo al Comune l' utile dominio, o per sistemare in altro modo l' affare
purché conduca all'effetto di restaurare la Casa di Dante, riportandola
all' onore del tempo, e di conservarla in perpetuo come Monumento Na-
zionale.
Girato il Partito sulla proposizione è stata approvata con voti favore-
voli 21, contrari uno, momentaneamente assenti i Consiglieri Signori Conte
De Cambray Digny e Commend. Peruzzì.
Deliberazione del Consiglio del di 10 Marzo 1868 — Alightbri Dante —
Disposizioni per l'acquisto delia di lui Casa,
IL CONSIGLIO
Considerando esser provato che le due Case, una posta nel popolo di
S. Martino in faccia alla Torre della Castagna ed alla via in antico dei
Sacchetti ora dei Magazzini, V altra, che le è attigua a sinistra proapicente
y Google
DOCUHBNTI. 27
iB parte anlla via detta Rìcdarda e in iurte su quella di S. Itiargherita
Icrstasaero l' abitazione di Dante Alighieri.
Gooaiderando che tatto quanto rìsguarda al Divino Poeta deve esser
iacTo agr Italiani ed a Firenze specialmente.
DELIBERA
La Gianta è incaricata di trattare lo acquisto delle due Case per resti-
tuirle possibilmente nel loro pristino stato, offrendo agli attuali possessori ,
i&s oonveniente indenniti.
Ed avuto riguardo che la Torre della Castagna, situata in faccia alla
prism di dette Case, è monumento singolarissimo della Storia Patria per
*^aKT*i stata, ali* epoca di Dante, la prima sede del Governo libero della
Cttà di Firenze, la Giunta medesima è incaricata di procurare che detta
Torre venga conservata nella sua integrità e riparata con opportuni ri-
-tonri.
n Gonnglio approva alla unanimità.
Deliberazione del CofwgUo del di 7 Agosto 1868 — Case di Dastb
AuoHiERi — Acquisto delle medesime.
Vista la propria Deliberanone del 10 Marzo 1868 vidimata dalla R. Pre-
clara li 20 detto ;
Vista la Deliberazione della Giunta Municipale del di 8 Aprile suc-
cessivo;
Vista la Perizia e Rapporto dell*Ing. Cav. Orazio Batelli del di 8
Giugno p. p.;
Visto il partito della Giunta Municipale del di 13 detto ;
Vista la lettera del 27 del mese stesso con la quale il Sig. Cesare
Gasperì-Campani accompagna un Rapporto di ugual data del suo perito
Ing. Augusto Ghelardi;
Vista la Deliberazione della Giunta Municipale del di 1^ andante ;
Udita la lettura del Rapporto dell' on. Peruzzi, Relatore a nome della
Commissione 3.^
IL CONSIGLIO DELIBERA
È incaricato il Sindaco di concludere, dopo averne riportata autoriz-
zszione per Decreto Reale, a norma della Legge 5 Giugno ÌS50; V acquisto
rielle seguenti Case che già fUrono abitazione di Dante Alighieri.
l.o Della Casa appartenente al Senatore Comm. Luigi Mannelli-Galilei,
posta in questa Città nella via Ricciarda al N. 2, per il prezzo di L. 12,900,
«* inoltre col rimborso al predetto proprietario di L. 225 per spese commesse
durante le feste del Centenario Dantesco ; concedendo altresì che nella Casa
medesima sia apposta una memoria lapidea, dalla quale resulti la cessione
(attane dall' attuai proprietario al Comune.
t/* Delle due Case di proprietà del Sig. Cesare Gasperi-Campani, situate
parimente in questa Città in via Santa Margherita ai Numeri 1 e 3 per il
complessivo prezzo di Lire 150 mila pagabile in quattro rate, che una di
v Google
28 DOCUMENTI.
25 mila Lire nell'anno 1809, una uguale nel saccesslvo anno 1970, ana
rata di Lire cinquantamila nel 1S71, e una pure di Lire 50 mila nell'aiioo
1872 coli' interesse del 6 p. 100 all'anno.
Deliberazione definitiva del Consiglio del di S Luglio 1875. ItUomo ari
parziali restauri alla Casa di Dantb àliohib&i.
Viste le proprie Deliberazioni del 10 Maggio 1864 e del 17 Marao 1866.
con le quali si dava incarico a due Commissioni successivamente nominata
. di ricercare le vestigia della Casa ove nacque ed ebbe dimora Dante
Alighieri ;
Viste le Relazioni delle prelodate Commissioni lette al Consiglio ndl**
adunanze del 4 Febbraio 18(S e del 10 Marzo 186S, dalle quali resU prx»-
vato che quelle vestigia si trovano incorporate e comprese nelle Case giù
Mannelli e Campani, l' una prospiciente sulla Piazza S. Martino in facciii
alla Torre della Castagna, V altra sulla via Santa Margherita ;
Visti i documenti allegati alle predette Relazioni, e più specialmenti"
visti i disegni compilati dall'Architetto Cav. Mariano Falcini, di concert* >
e d' intelligenza con le prefate Commissioni ;
Viste le Deliberazioni prese dal Consiglio nelle adunanze predette coti
le quali si ordina che le surricordate Case vengano in proprietà del Mu-
nicipio per demolirle in parte ed in parte restituirle possibilmente nel lon»
pristino stato;
Vista la Relazione dell' Uffizio Tecnico Comunale del 10 Luglio ISTI,
corredata degli opportuni disegni, con la quale il restauro della Casa g^iù
Mannelli-Galilei ed i lavori affini si fanno ascendere a Lire 6192.56. ;
Udita la Relazione dell'Assessore De Fabris, ed udito il parere della
Commissione 3^;
Considerando come sia da ritenere che le ricerche e gli studii fatti
intorno alla esistenza ed alla ubicazione delle Case dell' Alighieri per opera
delle Commissioni a ciò delegate con Deliberazione del Maggio 1861 e del
Marzo 1866, restarono con ogni plauso accettati, e che quindi riuscirebb**
oziosa ed inopportuna ogni altra ricerca su quel proposito;
Considerando che lo stato di deplorabile abbandono in cui tuttora ri-
mangono quelle venerande relìquie non potrebbe esser più lungamcnt ■
tollerato senza biasimo della Comunale Rappresentanza dappoiché a qtiesta
non parve grave lo erogare somma ingentissima onde preparare e disporre,
i modi di ricondurle in onore;
Considerando che il progetto di restauro proposto dall'Uffizio Tecnico
Comunale, quando venisse attuato nella sua totalità, non riuscirebbe con-
sentaneo allo spirito delle precedenti Deliberazioni Consigliarì ed allo scopo
di non pregiudicare la massima di ricondurre possibilmente nel pristino
stato le Case che furono di Dante Alighieri;
Vista la Deliberazione della Qiunta Municipale del di 21 Giugno de-
corso;
DELIBERA
1.0 Che in base ai disegni dell'Architetto Falcini ed a cura dell'Uffizio
Tecnico Comunale sia posto mano al restauro di quella porzione delle Cas<*
y Google
DOCUMENTI. 20
a Dante che comprende il piano terreno, ed il primo piano del modesto
jbttnro già posseduto dal Nobile Signore Mannelli-Galilei, lasciando prov-
riwfiamente sassistere nello stato e coudizione in cui di presente ritrovasi
1 secondo e terzo piano della Casa predetta.
2.<* Che venga autorizzata la Giunta ad erogare nei sovra indicati
UTori di parziale restauro una somma non maggiore di L. 4500 da stare
. carico delle previsioni poste in Bilancio per restauri e mantenimento di
UhlMriche e di opere d*arte monumentali, e che sia autorizzata la esecu-
di tali lavori mediante trattativa privata.
y Google
30
ELOGI
CStmnuale Damteteo, IV. 6SJ.
Fabroxi a. can. in S. Maria Transtevere (m. a Pisa li f?0
Sett. 1805, d' anni 72). Panna, Stamp. R. 1800.
F. L. (Fossati Luigi), Elogio di Dante Alighieri. Negli Elog-i
Italiani pubblicati da Andrea Rabbi, T. xi, p. 63. Venezia, Mar-
cuzzi, 1783.
L ASTRI D. Marco, Elogio di Dante Alighieri. Negli Elogi
degr illustri Italiani, Voi. i. a pag. 21. Lucca, Benedini, 1771 .
Éloge du Dante, Bibliotbèque des Roraans, T. xxxvii, par. s?,
p. l e seg.
PARALLELI
CUmm. Ikmt. IV. W « 55/;.
Dantb e Omero, (Man. Dani. iv. 61). — Bagnoli Pietro,
Della simigUanza di Omero e Dante nel magistero poetico.
Atti della R. Accad. della Crusca, m. 463. — La Lumia Isidoro,
Omero e Dante. Nel giornale palermitano La Concordia, a. i,
n. 6, 20 maggio 1840. — BetH Saltatore, L'illustre Italia,
Dial. VI, 251.
Dante e Boezio. — Baur G. A. L. Boetius und Dante.
Leipzig, 1874.
Dante e S. Agostino. — Franciosi Giot>anni, Scritti Dan-
teschi, 6 e 28.
Dante b Ugo da S. Vittore, — Lubin A., Allegorìa Mo-
rale, Ecclesiastica, Politica nelle due prime Cantiche. Gratz,
Kienreich, 1864.
Dante e S. Tommaso. — Conti Augusto, Storia della Filo-
sofia, n, 132-241. — Palermo Francesco, S. Tomaso, A>tjr.*t>-
tile e Dante. Firenze, Celiini, 18G0.
y Google
PARALLELI. 31
Dantb b Obbgorio vii. — Franciosi Giovanni, Grego^
rio VII giudicalo da Dante, Scritti Danteschi, 15.
Dantb e Fh. Petrarca, (V. voi. iv, 62 e 551). — Botta
Carlo, Belandole del Petrarca, paragonata a quella dell AH-
ghieri. Lettera al S.^ Gresne, 20 marzo 1835. Archivio storico
'ìi Firenze, Serie ii, T. i, p. 76. — Cereseto Giamb., Dante e
Petrarca. Storia della poesia Ital. Milano, Silvestri, 1857, voi. i,
p. 168. — Agrati Gio., Parallelo fra Dante e il Petrarca : I. in
'guanto al concetto: II. in quanto allo stile. Petrarca, Manuale
di Letteratura, p. 78-91. — Paravia Pier Alessandro, Diver-
fila d^indole tra lo scrittore della Divina Commedia e il cantore
di Laura. U Baretti, 1874, p. 96 e 102. — Cantii Cesare,
Parallelo fra Dante e Petrarca, Storia della Letter. Ital. 69-76.
— - De Sanctis Fr., Dante e Petrarca. Saggio critico sul Pe-
trarca p. 5 e 75. — Bozzo G., Id. Proemio al suo Cemento
del Canzoniere i, xxxiv e seg. — Lombardi Eliodoro, Id. Elogio
del Petrarca, p. 8. — Aleardi A., Id, Discorso p. 39; 60-62.
— Carducci Giosuè, Id. ; Studi Letterari, p. 332. — Crespan
G., DanU e Petrarca. Petrarca e Venezia, p. 116. — Mézierès
A., Petrarque, p. xvii e 275.
DA2*rrE B Petrarca riguardo al concetto politico. —
MatscJieg A., Petrarca e Venezia, p. U; Diverse condizioni dei
tempi in cui vissero, 19-28; Differenza tra Vuno e r altro
nel riguardo del concetto e del fine politico, 35. — Aleardi A,,
Politica dei due poeti. Discorso, 69 e seg. — Mézierès A., Con"
cetto politicò dei due Poeti, Pétrarque, 274; Come Dante sen-
tisse della Francia, 306-12; Come il Petrarca, 312-27.
Dantb, Petrarca e Boccaccio. — Carducci Giosuè, Stadi
Letterari, 71-75; Id. ai Parentali di Giovanni Boccaccio, 4 e
16. — Canini Fabio, Boccaccio nel suo tempo, 20.
Dahtb b Maoohu velli. — Gioberti V., Gesuita Moderno,
T. II, 586, Ed. di Losanna. — De Nin Antonio, Museo di Fa-
miglia di Milano, 1863, a. iv, voi. in, 8 e 15 marzo.
Daiite b Vico, (Man. Dant. iv, 64). — Cerritelli Pietro, Pen-
sieri solla Divina Commedia, p. 20.
Dantb e Michelangelo, (voi. iv, 64). — Rubbi Andrea,
nel voL IL della Div. Comm. da lui pubblicata. — Fattori Ettore,
y Google
32 PARALLELI.
Firenze, Cellini, 1875, di pag. 206. — Il Fattori li considera
rispetto a' secoli in cui vissero, alla religione, alla patrìa, all'a-
more, all'arte. È giustissimo il confronto ch'ei fa tra la ma-
niera di scrivere dantesca, e quella di scolpire micbelangelesca. —
Venturi L. Vita di Michel. Buonarroti, p. 57, — Amò il poema
divino e lo comprese Michelangiolo per conformità d'ingegno:
e r amor suo parve culto di venerazione. Gran dantista lo
chiama Donato Giannotti, ed afferma « non conoscere alcuno
che meglio di lui Io intenda e possegga. » Lo sapeva quasi
tutto a memoria: da lui trasse il vigor delle immagini; ne
istoriò il poema con disegni marginali, codice prezioso che andò
sommerso in un naufragio da Livorno a Civitavecchia; scrisse
di lui: Se par non ebbe il suo esilio indegno, Similiwfn, ««^
maggior, non naqque niai; e ne invidiò la sorte eoa quei
bellissimi versi: Fuss'io pur lui! e* a tal fortuna nato. Per
V aspro esilio suo, con la virtù te. Dare* del mondo il piii felice
stato, E Dante gP insegnò a cantar degnamente T amore, la
religione e la patria. L. Venturi, id. p. 50 — Gebhart Émih\
Dante, Savonarola, Michel-Ange. De T Italie, essais de cri-
tìque et d'histoire. Paris, Hachette, 1876, p. 72-107. —
Barlow Hemy Clark, Dante and Michelangelo. Printed in
Commemoration of the fourt Centenary festival of the Mighty
Master, March 6, 1875. From < the Builder » of March 20.
with additions. — Il prof. Tondi il 7 dee. 1873 lesse all'univ.
di Roma un erudito discorso col titolo : Dante e Michelangelo.
Dante e Loo. Ariosto (Man. Dant. iv, 551). — Matniani
Terenzio, Il Furioso s'accosta meglio di tutte le altre compo-
sizioni italiane alla Divina Commedia. Prose Letter. 45.
Dante e T. Tasso (Man. Dant. iv, 63). — Mamiani Te-
renzio, Prose Letter. 40-44. — Carducci G. Studi Letter. 132.
Dante e Manzonl — Giuliani Giambattista, Gazzetta
d'Italia, 28 Maggio, 1873.
Dante e Shakspeare. — Mamiani Terenzio, Prose Letter.
p. 30. — Gar^iolli Corrado, Nel suo dirscorso intitolato:
Letteratura e Arte Drammatica, Piovano Arlotto, 1860, p. 231.
— Franciosi Giovanni, La virtù punitiva della coscienza nel-
r Inferno dantesco, e nei Drammi di Shakspeare. Rivista Univ.
y Google
PARALLELI. 33
ii Firenze, 1875, toI. xxii, 602. — Koenig Wihelm, Shakspeare
3l Dichter weltweiéer und Ghrist Durch Erlàuterung von vier
^er dramen und eine vergleichung mìt Dante dargestellt,
Leipzig, 1873, Lackhardt*8che yerlagsbachhandlung, 8, di pag.
m% 301. — Shakspeare il poeta filosofo e cristiano. Esposi-
none di quattro suoi drammi, e confronto con 'Dante. — Pa-
ytileio fra Dante e Shakspeare, 225-231.
Dante b Klopstoch. — Topin Hyp, Livourne Guillaume,
1862, Tol. I. — V. Leoni, Dante, Storia e Poesia, 173.
Dante e Goethe. — Scherer Edmond, Etudes critiques
de Littèrature, Paris, Levy, 1876.
Da^te e Milton. — Franciosi Giovi., Il Satana Dantesco
t il Satana del Milton. Studi danteschi, 31. — Maculay ,
Saggi, m, 218-28 (Torino, Un. Tip., 1863). V. Leoni, Dante,
Storia « Poesia, 173.
OxBBO, Virgilio, Shakspeare, Klopstoch e Dante. — Spera
prof. Giuseppe, Saggi estetici-storici-critici, Potenza, Santa-
ndlo, 1870, p. 101-20 — V. Man. Dani. 551.
COMPONIMENTI POETICI
IN ONORE DI DANTE.
(T. Man. Demi. JI, 4il; TV, USS).
Amico Ugo Antonio, Francesca di Rimini, dipinto di Fran-
cesco L. lacoimo. — Amico, Versi, Palermo. Amenta, 1873,
p. 92.
AlgarotH Fr., Epistola in versi a D. Salvagnini, contro i
proscrittorì di Dante e di Petrarca : Nelle sue opere. Livorno,
Coltelliiii, 1764.
Anonimo, (del sec. xvi). Due sonetti in laude di Dante
pubblicati da Gaspare Martinetti Cardoni, tratti dalla Biblio-
teca Lanrenziana, Dante in Ravenna, p. 42, e nel Giornale
illustrato, 1865, n. 19.
Anonimo Ravennate, All' immagine di Dante, sonetto, Gior-
gie illustrato, 1865, n. 19.
Anonimo, V apparizione di Dante, Sestine. Nel Veridico di
3
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34 COMPONIMBMTI POSTICI
Roma, 27 Maggio 1865. Venezia, Giugno, 1865, Tip. Patro-
nato pei Ragazzi in Castello.
Amaboldi Alessandro, Nel sesto Centenario di Dante. Versi
di A. Amaboldi. Milano, Carrara, 1873.
Baffi Vincenzo, Dante, versione da Uhland, Frandi sparte.
Napoli, Tip. d*irAccad. R. 1875, p. 30-31.
Benivieni Girolimo, Cantico in laude di Dante Alighieri,
in terza rima.
Bettinelli Saverio, La cetra di Dante, Sonetto. Dante in
Ravenna, id.
Bosone a ManoeUo Critideo, per la morte di Dante: Due
lumi son di novo al mondo spenti. — Risposta di ManoeUo
a messer Bosone: Io che trtissi le lagrime dal fimdo. — So-
netto di Cino a Bosone per la morte di Dante e di ManoeUo
Giudeo: Messer Bosone. — Risposte di messer Rosone a Cino:
Manoel che mettete in quell'avello, — Mercuri, Lezione xi.
Napoli, NobUe, 1853, p. 30. — F. Land, Breve commentario
ai quattro sonetti di messer Bosone d* Agobbio, di messer Cino
da Pistoia, e di ManoeUo Giudeo, id. p. 47-55.
BossetU Giovanni, 11 trionfo di Danto, Poemetto. Torino,
Paravia, 1874, in 8® di p. 36.
Ne sono oggetto: Firenze, Santa Croce, il Monumento.
Capelli Antonio, S. Tommaso e Dante, Stanze, lette nella
solenne accademica tornate del 4 Marzo 1874 in S. Domenico
Maggiore di Napoli pel IV Centenario di S. Tommaso d* Aquino.
Napoli, Tip. Accattoncelli, 1874.
Carducci Giosuè, XIV Maggio 1863, tre Sonetti. Furono pub-
bUcati in pochi esemplari in occasione della feste celebrate in
onore di Dante a Ravenna, ristampati neUa Riviste Italiana,
30 Ottobre 1865, n. 250, p. 444.
Chileni Neofìama, (anagramma di un giovine piemontese).
Una visione deUe rovine del celebre monastero di Montscorvo.
Costa Paolo, Sonetto a Dante, pubblicato il 3 Gen. 1796, ìq
occas. della feste fatte alFAUghieri dal Circolo Ravennate, di
cui il Coste era Moderatore.
Dair Ongaro Francesco, La Lucchesina, Stornello. Il Gior*
naie illustrato, 1865, n. 22,
De Matteis barone Luigi, Pel monumento a Dante in Na-
poli. Canzone.
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IN ONOBB DI DANTE. 35
De Marzo Ani, Oualberto, Italia e Dante. Firenze, Graz-
zioi-Giannini , 1805.
FaedoU Dario Napoleone, La Beatrice di Dante, a Jacopo
Zanella, Sonetto. Brescia, Appoloni, 1871. — Innanzi ai quattro
monumeBli in S. Croce di Firenze, Dante, Galileo, Michelan-
gelo fimoarroti, Macchiavelli, id. id. — In iftorte di S. M. il
re di SaBsODÌa, preclaro Dantofilo, e traduttore sublime della
D. Conci, in classico idioma alemanno, Sonetto, 1 Nov. 1873,
lìp. RoTetta e Roknlglia.
FioH can. Geremia, Il sesto Centenario di Dante, Soliloquio
d*un Cnrìalista. Il Lampione di Firenze 18 Maggio 1865, n. 37.
Fontana Criangiacomo , Centoni danteschi. Venezia, Cec-
chini, 1873.
Franchini F., Per un ritratto di Dante dipinto da Giotto,
Canzone. Strenna Fiorentina, A. ii, 1844.
Forti Luigi, Il viaggio di Dante all' Inferno, poemetto dia-
logato diviso in cinque parti. Prato, Vestri, 1829.
Giusti Gius,, A Dante, Sonetto... La colpa seguirà la
parte offensa . . . Giornale illustrato, 1865, n. 19.
Lansfi P, Luigi — della C. d. G. — di Montolmo. Le lodi
della Sacra Teologia sotto nome di Beatrice cavata dalla Com"
media di Dante e distribuita in cinque sonetti. Essi furono
da Ini composti, quando dopo terminati in Roma gli studi
teologici, tenne per un anno il magiitero di belle lettere in
FuUgno ; e si trovano stampata in im rarissimo libro intitolato :
Coetus solemnis Reip. Utterariae Umbrorum initus in Curia
litteraria FuJginaH, VII Kal, Mart, A. R, S, MDCCLXXI,
dal qoale li trasse il tipografo Giacinto Marietti, e li pubbHcò
nuovamente in Torino nel 1828. — Son. I. Smato nell'amore
delle creature, Beatrice lo rimise nel buon sentiero. — li. Pur-
gato dm* visi, gli tranquillò lo spirito , e gli die quelt interne
dokezze, ch'egli ci figura coir allegoria del Paradiso terre-
sire. — in. GU beò V intelletto colla contemplazione delle celesti
cose. — IV. La volontà ancora coW amor di Dio, — V. Lo
trasformò e lo divinizzò in certo modo.
Le MoU G., Sulla tomba di Dante, due sonetti. V Universo
illustraio, 1871, p. 26.
Lombardi Eliodoro, Dante e Beatrice, Frammento. Nel voi.
Melodie, canti italiani. Milano, 1862.
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36 COMPONIMENTI POETICI
Lomonaco Vicenso, Cantica a Dante. PoUorama pittoresco
di Napoli, A. IX, n. 25, 20 Maggio 1860.
Maccari Giambattista, Dante moriente. Dante Alighieri,
Strenna del Giornale Arti e Lettere, p. 61. Roma, Sinimberg-hì ,
1865.
Mancini L., Dante a Roma, Sonetto. Fano, Lana, 1871.
Mattò Qiamb., Versione latina della Canzone di G. Leopardi
sopra il Monumento di Dante. Il Baretti, 1874, n. 17, p. 133.
Manucci V., Inaugurandosi in Mantova il monumento di
Dante Alighieri, Ode. Mantova, Mondovì.
(Messina) Festa liceale del 14 Maggio 1865 in Messina.
Messina, Ribera, 1865, di pag. 44, in 8**.
Morigi Giulio, (del xvi secolo). Il sepolcro di Dante, Sonetto.
Giornale ittusti*ato, 1865, n. 19.
Monti Yicenzo, Per le quattro tavole rappresentanti Beatrice
con Dante, Laura col Petrarca, Alessandra coir Ariosto, Eleo-
nora col Tasso mirabilmente dipinte da Fil. Agricola per com-
missione di S. Ec. la Sy^ Duchessa di Sagan, Canzone. Milano,.
Classici, 1822.
Milchell Riccardo, Pel VI Centenario di Dante Alighieri,
p. 138. — Le ceneri del divino Poeta, p. 185. Canto e luce.
Nuovi versi. Messina,
Morpurgo Carlo A,, Canto funebre sulla tomba di Giov.
Nepomuceno di Sassonia. Firenze, Barbera, 1873.
Muzzarelli Em,, Ode pel monumento di Dante. Giornale
Arcadico, xlv, 90.
Navarro Yicenzo, da Ribera, Dante Alighieri, Sonetto. —
AUa tomba di Dante, Sonetto. Palermo, Muratori, I85I.
N. N., Ultimo colloquio di Beatrice con Dante. Agli amici
deir umanità — beneficio di un ex scrittore cieco. Poesia. Ascoli
Piceno, Valenti, 1865.
(Palermo) Pel Centenario di Dante, Componimenti recitati
nella solenne Accademia tenuta in Palermo nel R. Liceo
Vittorio Emmanuele il di 14 Maggio 1865. Palermo, Lor-
snaider, 1865. — Contiene un discorso del prof. Villareaie;
Terzine del prof. Alfonso Capra; Elegia del prof. G, Sapio;
La Pace, meditazione di Dante al Monastero del Corvo, Ode
del prof. avv. Pietro Nocito; L'esilio di Dante, Canzone di
Salvatore Salamone Marino; Carme di Paolo Sapio; Dante
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38 COHPONIBfBNTI POBTia
nistero dell* Avellana , Sciolti. Letture di fanUgUa di Trieste^
1861, 205.
Sdalubba-Gallo Giuseppe, Dante ed Alfieri, Carme, a Car-
melo Pardi. Palermo, Favilla, a. iii, n. 12el3, lle21 Maggio
1859.
Salomone Marino Saldatore, L* esilio di Dante, Canto. Pa-
lermo, Loranaider, 1865.
Silvestri Giuseppe, Sull'amor patrio di Dante, Capitolo.
Firenze, Benelli, 1844.
Strocchi'Loreta Ginevra, Nel rinvenimento delle ossa di
Dante Alighieri, avvenuto a Ravenna il 27 Maggio 1865, Sonetti
due — I.° A Dante Alighieri — II.® A Ravenna.
Taddei Rosa, Confronto fra Beatrice e Laura. Taddei Tersi,
Trieste, Maldini, 1835, p. 9. Il lamento di UgoUno vedendo
spirare l'ultimo suo figlio — id. p. 14.
Turrisi Colonna (xiuseppina, A Giovanni Dupré per la sua
statuetta la Beatrice di Dante, Ode. Poesie edite ed inedite^
Palermo, Ruffino, 1854.
Trivellato Gius., Sopra T esilio di Dante Alighieri, Ode«
Carni, lat et itala p. 73 — Trionfo della Div. Commedia,
Terze Rime, id. 81-88.
Villareale Mario, U arte dantesca, Canzone. Versi, Palermo»
1873.
Zappi Giambattista, Sul Dante dipinto da Raffaello, Sonetto
letto nella solenne Accademia del disegno nel 24 Aprile 1704.
V. la Relazione di Giuseppe Ghezzi, pittore, segretario di detta
Accademia. Roma, Zanobi, p. 53.
JoJiannes de Certaldo, Francisco Petrarche poeto unico
atque illustri. — Carme laudatorio con che il Boccaccio ac—
compagna al Petrarca un esemplare della divina Commedia
tradotto e comentato dal prof. Carducci. Studi Letter. 326 e-
363-71.
Epitaphium Dantis Aligherii compositum per quondam re-
colendae memorìae D, Franciscum Petrarca (?). Pubblicato
dal Valentinelli, Petrarca e Venezia, p. 128.
Dominus Franciscus Petrarca in laudem Dantis. Da uà
codice della preziosa raccolta dell'illustre co. Carlo Morbio.di
Milano, pubblicato per la prima volta dal dott. Attilio Hortis.
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IN ONORB DI DANTB. 39
Dante e il Petrarca, Nuovi studi. Rivista Europea, Gen. 1875,
p. 277-283.
Ecloga Joannis de Virgilio, in qua auctor loquens intro-
dudt Daphnin et Moerin loquentes. Mercuri, Lez. xi, p. 34.
Fu scritta per la morte di Dante, non pubblicata dallo
Scolari, preziosissima per le allusioni, e notizie che contiene.
È diretta al padovano Mussato.
Cevap, Tomaso, milanese (visse dal 1648 al 1737). — Nel
libro del suo Poema eroico-comico, intitolato Jesus Puer con-
sacra un graziosissimo episodio a Dante.
CufUch Raimondo, Epigrammata. Ragusii, typis Ant. Mar-
tecchini, 1823, — Contiene i seguenti epigrammi: Ad Floren-
tiam. De Dante AUgherio, p. 158 (Cancellieri, p. 98); Ad Lydam,
DanUs carmina legentem (p. 298). Altro epigramma alla stessa,
sullo stesso soggetto, inedito, pubblicato dal P. Melandri —
(Intorno allo studio de' PP. della Comp. di Gesù, ecc., p. 48).
Segardi M. Lodovico (Quintino Settano), Nella Satira ix,
216-223, deride gl'inetti imitatori di Dante, come pure il p.
CordaraDé Grceculorum sui temporis literatura, Serm. ii, v. 157.
Svegliato Giamo., Dante, Ode Alcaica. Ediz. della Minerva,
voi. V, 533.
Byron G., The Prophecy of Dante. London, Creery, 1821.
Parson Thomas William, On a bust of Dante. The sha
dow of the obelisk and othr poems. Londres, Hatchards, 1872.
Uhland Ludwig, Dante — Gedichte, p. 321. Stuttgart und
Tubingen J. G. Gotta'scher Verlag, 1849.
Potgieter C, J., Florence den XIV Mèi 1265-1865. —
11 valentissimo poeta olandese Potgieter, trovavasi nella
piazza di S. Croce il 14 Maggio 1865. L'imponente solennità, a
cui prendeva parte V Italia tutta, e il fiore dei dotti d' ogni paese
ivi convenuto, inspiravagli un poema, in terzine rimate, in
onore del divino Alighieri. È intitolato al suo amico Ed. Busken
Huet, che gli fu compagno nel devoto peregrinaggio ; in 20
canti, che abbracciano 3242 versi. Eccone i titoli:
L Aankomst (Amico). — II. Eeen gouden Eevw (Un secolo
d' oro. — III. Kinderyke Liefde (Amor figliale). — IV. Hof
der Minne (Corte d'amore). — V. Slag by Campaldino (Bat-
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40 COMP. POBT. IN ONORB DI DANTE.
taglia di Campaldino). — VI. Beatrice's Uitt'oart (Funerali di
Beatrice). — VII. Burgerdevgd (Virtù citUdine). -— Vili. Di-
chterlyke Roeping : De Hel (Vocazione di poeta: L' Inferno). —
IX. Hétklooster del Corvo (Il Monastero del Corvo). — X. Di-
chterlyhe Stadie: De Louteringsberg (Studio di poeta: Il Pur-
gatorio). — XI. Hendrtk van Lmcemburg (Enrico di Lussem-
burgo). — XII. Gehandhaafd Eergevoel (Sentimento d'onore).
— XlU.Dtchte7^lyke Triomf: *t Paradys (Trionfo del poeta: Il
Paradiso). — XIV. Dantes Verscheiden (Morte di Dante). —
XV. Santa Croce. — XVI. De Opthochi (Il Corteggio). —
XVII. *s Dichters Invloed (Sua influenza). — XVIII. AHosto en
Tasso. — XIX. Typen van Lìefde (Tipo d'amore). — XX. Dantes
Zegen (La benedizione di Dante). '
EPIGRAFI IN ONORE DELL'ALIGHIERI
(V. Man. Dant. li, 4t6; IV, 83),
Inscrizione posta a Gubbio nel quftrtier di S. Andrea, presso
la porta di S. Agostino, nella parete laterale della casa dei
co. Falcucci, già de' RaffiieUi. Man. Dant. n, 56.
Iscrizione posta d,al can. della Metropolitana di Firenze,
Pietro Petrei (m. nel 1571), nel Monastero deW Ordine Ca-
maldolese di S. Croce di Fonte Avellana, e nella camera ove
si tiene eh' egli abitasse. Man. Dant. ii, 57. — Su queste due
iscrizioni v. U. Foscolo, Discorso sul Testo, cxlv.
Iscrizioni a Ravenna. V. Dionisi, Indagini intorno al se-
polcro di Dante Alighieri. Verona, Merlo, 1799.
Leoni Carlo, Iscrizioni a Dante. Padova, Prosperini, 1863.
Pubblicate da F. Fanzago, per le Nozze De Lazzara Sambo-
nifacio.
E non tornerà disaccetto il conoscere come il Leoni si
provasse e riprovasse nelF iscrizione che doveva essere scolpita
a Padova sotto la statua del Vela!
I. Dante Alighieri — Nel secentennio natale — Padova
— Al Massimo — Memoria riparatrice — P. — MDCCCLXV.
IL A Dante Alighieri — Di patria concordia — Austero
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BPIORAFI IN ONORB DI DANTE. 41
propugnatore — Nel sesto centenario della stia nascita — /
Padovani — Consacrano,
ni. Dante — Re delT altissimo canto — L* italo genio —
In novo idioma rivisse — L* avvenire svelando — // passato
terribilmente Scolpp, — Al patrio Unificatore — Nel secen-
tennto natale — Concorde a Italia — Padova MDCCCLXV.
IV. A — Dante — Poeta Massimo — Di patria concordia
propugnatore — Festeggiando Italia — // sesto centenario
del suo natale — Padova — Gloriosa di sua dimora —
P. — MDCCCLXV.
V. Ai due lati — Onorate r altissimo Poeta — A veder
tanto non surse il secondo — Nel mezzo : A Dante Alighieri
— IH patria concordia austero propi^gnatore — Nel sesto
centenario della nascita — / Padovani.
Iscrizione del Leoni che dOTOTa essere scolpita a pie' della
statua di Ugo Zanzu)ni a Verona.
A — Dante Alighieri — Fatidico Sole — Rigeneratore —
Nel secentennio natale — Lo primo suo rifugio — Supremi
voti — A Italia sacri — Unanime — Verona — MDCCCLXV.
(Messaggiere di Rovereto, 4 Luglio 1865, n. 150 — V. Man.
Dani. IV, p. 84).
MoRDANi Filippo, Nuove Iscrizioni aggiunte alle 12 pub-
blicate per le Feste Ravegnane. Forlì, Bordandini, 1869. V. Man.
Dani. Il, 416; iv, 83.
L'iscrizioni dettate nel 1865 furono elegantemente volte in
latino dal can. Lorenzo Fantuzzi, Savignanese.
Iscrizione murata dal Municipio di Castelnuovo di Magra.
Al divino Poeta Dante Alighieri — Che il VI Ottobre
MCCCVI — Delegato dal marchese Franceschino Malaspina
e consorti — In Castelnuovo stabiliva la pace — Fra' quei
dinasti ed Antonio di Canulla — Vescovo e conte di Luni
— n Municipio di Castelnuovo Magra — Pose — Il VI Ot-
tobre MDCCCLXX.
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42
COMPONIMENTI DRAMMATICI
(V. Man. DanU 11, éi9 e 4S9; tV, 8SJ.
Marroochbsi a., Dante in Ravenna, Tragedia. Firenze,
Ciardetti, 1822.
Cosenza bar. Gio. Carlo, Dante a Raryenna^ Commedia
in quattro atti. Venezia, Tip. del Commercio, 1830.
Ferrari Paolo, Framxhento della Commedia in 5 atti. Dante
a Verona. Milano, Ciotti, 1862. — Porta in fronte l'epigrafe:
Air Italia a Roma — Restituite — Ai Filosofi agli Statisti ai
Guerrieri — Al Monarca — Restitutori — Come ricordanza
e voto — Consacro,
Dante a Verona, Commedia in 5 atti. Milano, Sanvito.
Gattinelli, Dante Alighieri, Dramma, rappresentato per la
prima volta all'Arena Nazionale di Firenze il 3 Agosto 1873.
ScHMiDT Albert, Dante Alighieri, Tragedia in ftinf Acten
nebst vospiel. Wismar, 1874, 12" p. 114.
Richard Albert, Le Dante, Scène pour voix de basse, avec
accompagnement de piano par G, Grast. Paris, Richatdt, 1869.
Baoatta Francesco, Bice Alighieri, Tragedia lirica, in
quattro atti. Musica del maestro Aless, Sala, Verona, Daldò,
18B5.
« Un ricco patrizio Francese, il Duca di Massa, eh' è fìi-
natico per la musica, ha pur composto un'opera che ha per
soggetto Dante e l' ha &tta cantare a sue spese in casa. I fog^li
Francesi ne dissero gran bene, ma aspettiamo il pubblico. »
L' Universo illustrato, 1871, p. 482.
RELIGIONE E CATTOLICISMO DI DANTE
(Ma». Dtaa. II. U ttSit /F, 97 « Ki).
Pasquini Pier Vicbnzo, Del CaUoUdsmo di Dante. La pria
cipale Allegoria, 15-28.
Hardouin P. Giovanni, d. C. di G., Dubbi intomo al vero
Autore della Divina Commedia di Dante. Nelle Mémoires pour
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44 R8LIGI0NB E CATTOLICISMO DI DANTB.
e Lutero (Man. Dant. iv, 66). Ed ora se ne £& atleta il Lomo-
naco; ei mette in raffronto i principii professati da Lutero e
quelli che furono propugnati dall' esule ghibellino. La sua dis-
sertazione ò divisa ne' seguenti capitoli : — L Filosofia e Teo-
logia scolastica — Diritto canonico. ^ II. Libero arbitrio. —
III. Indulgenze — Confessione, — IV. Purgatorio — Merito
e detnerito delle anime purganti — Suffragi de' vivi. — V. i
FraU nel Tisch-Reden e nella Divina Commedia. — VI. San-
tità del voto. — VII. // culto a Maria. — VIII. Immacolato
concepimento di Maria — Infallibilità pontificia.
Faubrlein e., Dante und die beiden Confessionem. (Dante
e le due confessioni). Neir Historische Zeitschrift di Eorico
Sybel, 1873, Voi. xxix, p. 31-67.
Svolge il tema già trattato da Mattia Piaccio, dal Grani,
e ultimamente dal Dalton, se Dante sia da annoverarsi tra i
precursori del protestantismo. Le due confessioni sono la cat-
tolica e la protestante.
Lybll Carlo, On the antipapal spirit of Dante Alighieri.
(Dello spirito cattolico di Dante Alighieri). Venne tradotto dal*
r inglese da Gaetano Polidori. Londra, Molisi, 1844.
INTENTO CATTOLICO
DELLA DIVINA COMMEDIA
rifoM. Dant. tv, 99)-
P. Paolo (Atta vanti), fiorentino, Servita, Quadragesimale
de reditu peccatoris ad Deum. Milano, U. Scinzenceller e L .
Pachel, 1749.
Il P. Paolo ch'ebbe fema di grande oratore sacro nel 140O,
altamente lodato dal Poliziano e dal Ficino, cita ben ispesso
r autorità di Dante in prova e conferma degli argomenti da
lui trattati nel suo Quaresimale. E nelle sue citazioni lo nomina
ora Divus, ora Divinus , ora Christianissimus poeta noster
decus Theologorum, (1) e nella intitolazione dell'opera ad In-
(1) Trovandomi io scrittore a Trapani di Cicilia, et avendo vicitato
uno vecchio uomo pisano perchè avea fama per tutta Cidlia d'intendere
molto bene la Comedia di Dante-, e con lui ramponando e praticando sopra
essa Comedia più volte, e di più cose, ouello Ule valente uomo m* ebe a
dire cosi : Io mi trovai una fiata in Lonuìardia, e vicitai meaaer Francesco
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SBU6I0NB B CATTOLICISMO DI DANTE. 45
nocenzo Romano, generale deirOrdine, lo dice poetarum omnium
decus divinus taies noster, imo etiam philosophus et theologus
ambrosiani et nectar undique mira cum suavitate distillans,
n Negri nella sua Storia degli Scrittori Fiorentini vuole che
TAttavanti comentasse pure la Divina Comedia. — V. Sa^si,
Hist. Typ. Med., p. 210. — Il prof. Federici, dal Quaresimale
delFAttavanti, trasse 1254 versi, che raffrontò colla lezione di
Nidebeato (Milano, Molina, 1836).
LiBURNio Nicolò, La spada di Dante. Venezia, Nicolini da
Sabbio, 1534.
il Liburnio-raccolse tutti i passi della Divina Commedia, in
che il Poeta e combatte i vizi e ci offre de' salutevoli avvertimenti.
Bianchini Giuseppi, Lettera ad un religioso suo amico nella
quale dimostra che la lettura di Dante è molto utile ad un
predicatore, Firenze, Manni, 1718. E nel voi. iv dell' ediz. del
De Romanis, Roma, Fulgoni, 1815-17; e nel voi. v. dell' ediz.
padov. della Minerva, 1822.
Anche il Cancellieri nelle sue Osservasioni sopra V origi--
naàtà della Divina Comedia (p. 42-44, e 74), mostra la pe-
rìzia di Danto nella Teologia, e come venisse studiato e imitato
dai sacrì oratori.
Petrarca a Milano; il quale per sua cortesia, mi trattenne seco niù di. E
Ktando uno di con lui nel suo studio, lo domandai se aveva il libro di
Dante: e rispondendo di si, si rizo: e, cercato fra' suoi libri, prese il so-
pradetto libretto chiaraato Monarchia e gettoUomi inanzi. Di che io veg-
iriendolo dissi non essere quello eh' io doinandava, ma che io domandava
la sua Comedia. Di che allora messer Francesco mostrò maravigliarsi, che
io chiamassi quella Comedia libro di Dante. E domandommi s' io tenea che
Dante avesse Tatto «niello libco; e dicendo di si, onestamente me ne riprese,
«licendo che non vedea che Jkr umano intelletto, sanza singulare dono di
Spirito Sancto, si dovesse jwlere componere quella opera ; concludendo che
a lui i>area che quello libro di Monarchia si dovesse e potesse bene inti-
tolare a Dante, ma la Commedia pia tosto allo Spirito Sancto che a Dante.
Sogiugnendo ancora e dicendomi: Dimmi, tu pari vago e intendente di
questa sua Comedia: come intendi tu tre versi che jf)one nel Purgatorio,
capitolo xxiiij, dove pone che messer Guido Guinicelli da Lucca domandi
se quivi era colui che disse : Donne che av^te intellerto d'amore; e Dante
«lice: J&V io a lui: Io mi sono uno che, qt^ando Amor mitpira, noto, et
in qìiel modo che dieta dentro vo significnndoì Dicendo messer Francesco:
Non vedi tu che dice qui chiaro che, quando V amore dello Spirito Sancto
lo spira dentro al suo intèllecto che nota la spirazione, e poi la signiflca
secondo che esso Spirito gli dieta e dimostra? volendo dimostrare che le
cose aotlili e profonde, che trattò e toccò in questo libro, non si potevano
conoscere sanza singulare grazia e dono di Spirito Sancto. Anonimo.
Ottoneìli. Discorso sopra V abuso del dire sua SantitA, p. 42 ; Palermo Fr.
Mss. Palatini, ii, 6l9; P. Oiov. Ponta. Nuovo esperimento, ec. p. 6;
Cardticci Oioguè, Nuova Antol. Firenze, 1868, fase. Maggio, p. 48* Papanti
Gior. , Dante secondo la tradizione, p. 85. -- V. Papanti, id. Altri aned-
doti, p. 49 e seg.
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46 RELIOIONB B CATTOLICISMO DI VkSTE,
Silvestri can. Qiusbppb, La Comedia di Dante è poema
sacro e morale. Prato, Vestii, 1831.
Fanelli Giamb., La Divina Comedia, opera patria ecc. Pi-
stoia, Gino, 1837. — Nel c^». vii il Fanelli prova che la Divina
Ck>media è poema sacro morale,
ZiNBLLi M.*" Fedbrico, Intomo alio spirito religioso di Dante
desunto dalle opere di lui, Venezia, Andreola, 1839.
Gioberti Vicbnzo, // dogma ortodosso signoreggia nella
Divina Comedia, Del Primato ecc., ii, 221*28. Dante, principe
de' poeti cristiani. Bel Bello, 570.
TEOLOGIA DI DANTE
CF. Man. Dani., IV, tOtJ.
Galbani Napionb Gianfrancbsco, Discorso intomo al C, IV \
deir Inferno. Estratto dall' ediz. dell'Ancora, 1819.
Si argomenta di mostrare che la dottrina di Dante, spe-
cialmente in quanto al suo sistema, rispetto ai defunti colla
colpa originale, è conforme a quella dei teologi Scolastici, ed j
in ispecie di S. Tommaso, ed a quella dei piìi celebri contro- !
versisti, ed a' più recenti decreti della S. Sede.
Rosmini A., Della dottrina Teologica di Dante. Perez,
Pensieri trascelti dalle opere di A. Rosmini ordinati e annotati.
Intra, Bertolotti, 1873, ii, 279-288.
A. Rosmini si era proposto di dettare una serie di ragio-
namenti intesi a dichiarar la dottrini della Divina Commedia.
Da alcune noterelle, non che da qualche accenno in versi qua
e là citati, si raccoglie che il primo dovea trattare dell' ArcAi-
ieUura dell* Universo dantesco, il secondo della Politica di
Dante, il terzo della Morale filosofia, il quarto della Teologia,
il quinto dell'Arancio oratorio di Dante. Pare ch'egli recasse
a termine solo il secondo, e questo stesso in anni maturi egli
non giudicasse degno di stampa. Ecco le sue parole in una
risposta scritta l'anno 1852 al signor Teologo Canonico Gatti,
che lo avea richiesto della dichiarazione di un passo dantesco
intorno alla Risurrezione, e insieme invitandolo a mostrargli
que" lavori. « È vero quello eh' ella dice, eh' io già feci il di-
y Google
TEOLOGIA DE DANTE. 47
segno di esporre in alcuni ragionamenti la dottrina sparsa
nella Divina Commedia, dedicando un ragionamento a ciascuna
scienza. Ma saranno passati 30 anni da quel tempo, in cui
avea più agio di coltivare le a«ene lettere e allora di quei
ragionamenti non ne stesi che uno: La Politica Dantesca. >
Riguardano la dottrina teologica: I. YesUgi del Dio aristo-
telico in Dante, dall'Aristotile esposto ed esaminato: II. //
Dogma della Risurrezione, da una lettera al sig. Teologo ca-
nonico Gatti: III. La Voce deiforme usata da Dante con teolo-
gica esattezza, 11 prof. Perez aggiunge altre sue dotte osserva-
zioni a conferma dell'esposta dottrina dantesca intorno alla
Risurrezione.
Pardi Carmelo, Dante, discepolo di S. Bonaventura e di
S. Tomaso, teologo profondo. Scritti vaij, ii, 181-192.
POLITICA DI DANTE (1)
(Ma». Dmd. Il 88; IV, 200 a KS).
RofiBiiNi A., Della dottrina politica di Dante. — Perez,
Pensieri e dottrine trascelti dalle opere di A. Rosmini ordinati
e annotati. Intra, Bertolotti, 1873, n, 251-263.
(1) « Dante Alighieri, miai tipo d*aomo politico, matarato fra le con-
traddizioni della ftatria, e le torture dell' eaiglio! Egli ha scolpito il suo
disprezzo pei continui mutamenti e sperimenti di governo in tersine di
bronzo , ^ rimarranno nroverbiali dovunque ^ri per ripetersi qualche
cosa dì somigliante : egli na indirizzato alla sua patria parole tanto orgo-
0io«e e appassionate ad un tempo, che il cuore dei florentini non potè
certo non esserne scosso potentemente. Ma i suoi pensieri si allargano a
tutta Italia, anzi a tutto il mondo, e quantunque il suo entusiasmo per
l'Impero, come egli lo intendeva, non sia stato che un* errore, si dovrà
tuttavia confessare pur sempre, che le fantasie giovanili della speculazione
politica, che allora era in sul nascere, hanno in lui una sublime grandezza
poetica. Egli va superbo di essere stato il primo a mettersi per questa via,
guidato a mano senza dubbio da Aristotele, ma pure alla sua maniera pa-
drone di sé e indipendente. U suo imperatore ideale è un giudice supremo,
giusto, benevolo e dipendente solo da Dio, l' erede della signoria mondiale
di Roma, voluta dal oiritto, dalla natura, dal senno eterno di Dio. I^ con-
quista del mondo infatti fu legittima, perchè fu il giudizio di Dio tra
Roma e gli altri popoli, e Dio stesso ha riconosciuto il suo impero, pren-
dendo spoglie umane sotto di esso, sottomettendosi nella sua nascita al
censo di Augusto, e nella sua morte al giudizio di Ponzio Pilato; e così
via. Che se anche noi non possiamo sempre seguire questo suo modo di
argomentare, non manca però mai di coromoverci la sua passione .... »
Bnrckhmrdt, La Civiltà del secolo del Rinascimento in Italia, Trad. del
dott. Valbusa, i, 103,
y Google
48 EMOLITICA DI DANTE.
Noi fummo a lungo in forse, scrive P. Perez, dì pubblicare
un discorso giovanile, che par dal suo autore fosse conseg'Dato
alla dimenticanza: ma infine la vinse T amore a uno scritto
che ci pare notevolissimo ia un giovane ventiquatrenne, e nel-
Tanno 1821 o 1822, quando appena cominciavasi a bisbig-liar
di studii civili e politici intorno a Dante.
Lamennais F., Doctrines politìques de Dante. L& Divine Co-
mèdie. Paris, Chevalier, 1855, I, xxxviii-lviii.
Rendu EnaENio, La politica di Dante. L'Italie et t Empire
d'Allemagne, Paris, Dentù, 1859, p. 12-19, e p. 28-31.
Mézibres a., Dante et t Italie nowoelle. Paris, 1B65, 8^,
di p. 32
Idéal poUHqtie de Pétrarque. En guai son idéal res-
semole à celui de Dante, Pótrarque, Chap. v. — V. Paralleli,
p. 31.
Trevbrret, Theorie politique de Dante, Revue politiqae et
litteraire, 22, Juin, 1872.
Derichsweiter D.^ Hermann, Da^ poUtische System Dante" s
(il sistema politico di Dante). Gebweiler, F. Bolza, 1874, ia 8^,
di pag. 80.
FILOSOFIA
(Sion. Dani. II. 199-902 t 68S; IV. ttl e S59J.
Compendio della Commedia di Dante Alighieri per fa filo-
sofia morale di C. G. P. con figure e geroglifici consacrata
ad Alberto ab. di S. Paolo. Venezia, Albrizzi, 1669. Libro raris-
simo e sconosciuto a quanti sono i bibliografi.
Rosmini A., Della dottrina ideologica di Dante (1). Perez,
Pensieri e dottrine trascelti dalle opere di A. Rosmini , ordi-
nati e annotati. Intra, Bertolotti, 1873, ii, 268-79.
Questione deW origine delle idee. Dal Rinnovamento.
(1) Pr. Pacchiani prese a svolgere nel 1818, all' Accademia della Craaca,
in una lezione, V Ideologia del poema sacro. Mostrò che T autore di esso
conobbe sì profondamente la facoltà dell'anima umana, che non toìo pro-
dusse opinioni conformi alle tesi dei più illustri ideologi moderni ma andò
altresì alla radice di alcuni veri, la aimostrasione de' quali era ptesso che
riserbata ai giorni nostri. Credo sia tuttavia inedita.
y Google
FILOSOFIA. 49
Il Rosmini commenta i versi 49-60 del C. xvni del Purgatorio
sulle prime noitsie. — Uso della voce verità. — Facoltà della
Riflessione. — Attensione e contemplazione si intensa che
k-fjlie il poter riflettere, o anco H^poter tornare colla memoria
mie cose contemplate. Dal Nuovo Saggio.
L' accennala verità esposta in altro modo. Dalla Psico-
lem.
Tutti questi capitoli sono mano mano illustrati dal valen-
tissimo Rosmioiano P. Perez con altre ben adatte citazioni, in
mi ad on tempo mette in bel rilievo le dottrine del suo Maestro
e del sao Poeta.
Ci duole, conchiude il Perez, di non aver potuto recare se
non pochi accenni del filosofo Roveretano alla dottrina ideolo-
gica del poeta Fiorentino, accenni quasi scappatigli dalla penna
in mezzo alla grave materia che lo innalzava. Di quanta luce
egli, cosi profondo nella dottrina degli Scolastici e specialmente
di S. Tommaso, avrebbe potuto rischiarare! i passi ideologici
della Divina Comedia! Quante attinenze col proprio sistema
avrebbe trovato, per esempio, nella terzina del secondo canto
del Paradiso:
Li si vedrà ciò che tenem per fede,
Non dimostrato, ma fla per sé noto,
A guisa del ver primo, che Tuom crede;
0 nell'altra del canto decimoterzo:
Ciò che non muore, e ciò che non può morire,
Non è se non splendor di quella idea,
Che partorisce amando il nostro Sire, ecc.
Quante cose potea dirci sul primo istante in cui esiste V anima
intellettiva, esaminando le dottrine che intorno all'umana ge-
nerazione sono esposte nel canto xxv del Purgatorio, là dove
si tocca Terrore di Averroe, che fé disgiunto doUr anima il
possibile intelletto: errore di cui non andò netta nemmeno la
celebre Università degli Studi di Padova, come fanno fede alcuni
versi del Fracastoro, citati recentemente dal pisano professore,
P. Paganini, nel commento d'un luogo filosofico della Divina
Commedia :
4
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50 FILOSOFIA.
. . . OUis divina super mena
Astat, magna, micans, cujus radiata nitore,
Quae fueraut obscura prius simulacra, repente
Fiuut coram anima, claraque in luce refulgent:
Non aliter quam qua* coeca sub nocte teuentur,
Si feriat rutilum solis jubar, omnia late
Splendescunt, pulchraque petuut in luce Tidorì.
Peres, 278.
PiANCiANi P. Giambattista. — « Nel suo Saggio sul Beilo
(Roma, Morini, 1855-56) i più vaghi esempi sono tratti dalla
Div. Comedia che mostrano quanto egli la gustasse a fondo . . .
Nell'opera intorno alla Cosmogonia na^tira^ e nella sua Appen-
dice, trentotto e forse più volte intromette i versi dell* Alighieri,
e ne addita nuove spiegazioni, o se ne giova ad opportuni
riscontri. E ne' Saggi Filosofici sto per dire che voi non potete
aprire una pagina senza che v' imbattiate ne' versi del suo
Poema, e abbiatene argomento in ciò che ben quaranta volte
sono riportati ed illustrati nel solo Saggio I, Intorno alle verità
prime. > P. Melandri.
Liberatore P. Matteo. — Nelle sue opere che hanno per
titolo Della Conoscenza intellettuale (Roma, 1857-58), e del
Composto umano (Roma, 1862) a quando a quando spiega ed
illustra i più reconditi concetti filosofici del Poeta... Al capo
vui, n. 300 della Conoscenza intellettuale discorre di quello,
che i filosofi chiamano esemplarismo rispetto alla creazione,
mostrando come in vari luoghi del divino Poema sia magni-
ficamente espresso: e ragiona nell'art. 5 del capo x del Com-
posto umano, dichiarando la gradazione degli esseri secondo
il concepimento degli scolastici, manifestata pure egregiamente
da parecchi versi del sommo Alighieri. P. Melandri. V. Man,
Dani, IV, 121.
Franceschi Ferrucci Caterina, Dante filosofo, I primi
quattro Secoli della Lettor. Ital. Voi. i, 106-146.
Baldacchini Saverio, Ozanam, o della filosofia diDatUe.i
Baldacchini, Prose, Napoli, Tip. del Vaglio, 1874, Voi. nr,|
117-22.
Masuani Terenzio, Dante. Prose Letterarie, Firenze, Bar
bòra, 1867, p. 29-47.
V. // Liuto. — VII. Quello che vidi in Aloemia, I
d'un sogno meraviglioso che feci. — Vili. Come Dante coì¥
y Google
FILOSOFIA. 51
dHssemi in Yallombrosa ad un monaco, e del mio lungo me-
di' fare in filosofia e sopra Aristotile, p. 291-305.
Pardi Carmelo, Dante Filosofo. Scritti vari, ii, 192.
Conti Augusto, La filosofia di Dante. Cose di storia e
d'arte, Firenze, Sansoni, 1874, p. 171-227. — V. Man, Dant.
IV, p. 120.
Vassallo Carlo , Dante Alighieri filosofo e padre della
Letteratura italiana, Discorso letto il 21 Marzo 1872 nella
festa degli illustri Scrittori e Pensatori italiani. Asti, Devec-
chi, 1872.
« Dante fu filosofo, ed investigando le supreme ragioni delle
cose, ed una mirabile varietà in istretta unità raccogliendo,
.«[)ing'e lo sguardo fino agli estremi confini della scienza e dei
fatti che ne derivano ; e fra questi a quelli principalmente che
M collegano cogli affetti e colle sorti del genere umano
Dal suo poema si raccoglie un' armonia che si protende dal
primo giorno alla notte estrema, dall' origine alla finale desti-
nazione del genere umano. E poiché Dante nel raccogliere
ch*ei fece, e condensare, come in un foco, gli sparsi raggi
della scienza de' suoi tempi, nel disposarla agli eterni veri della
filosofia cristiana , nel consociarla alle vicende dell' umana
schiatta, e soprattutto nell' incarnarla e significarla usò quella
vivacità di colori, quella finezza xl' arte, e quella potenza d' af-
fetto eh' è propria principalmente di noi italiani, i quali fummo
perciò chiamati un popolo di artisti ; ne conseguita, che, stu-
diandolo noi come filosofo, dovremo ad un tempo considerarlo
come padre e maestro, quale esso fu, della nostra letteratura. »
— A svolgere adeguatamente questo tema importantissimo ap-
pena basterebbe un libro. Ciò non ostante ei ne trova quanto
basta a fornire un sufficiente concetto ai suoi uditori dei punti
principali della dottrina filosofica di Dante, si dal lato specu-
lativo che dal lato morale.
Genovesi Vincenzo, Filosofia della Divina Commedia nella
Cantica dell'Inferno, Sguardo sintetico, Firenze, Cellini, 1876.
11 libro, che ci presenta, « non è che una sintesi di ciò che
principalmente direbbe, analizzando e svolgendo, in un breve
corso di lezioni sull'essere intrinseco della prima cantica del
divino poema. Ed un lato oscuro lo trattiene a voler andar
oltre ; sul quale convien però che si rifeccia più di proposito
Digitized by V^OOQlC
52 FILOSOFIA.
coir attenzione , affine di poterlo tirare in luce ed esprimerlo
acconciamente.... Ma egli è sicuro che il pensiero filosofico^
come ha inteso a rilevarlo, domina nella prima cantica con
estensione ed indipendenza. > — Il prof. Gubornatis, a cui il
Genovesi ed intitola il suo lavoro, e ne riserba il giudizio, si
duole che egli, non filosofo, non può portarne alcuno che possa
presso lui avere alcun peso. Ed io pure non m'arrisico di ri-
stringere la sua sintesi. Nelle tre Donne del secondo canto ei
vede figurata la Trinità.
Lamennais F. , La philosophie de Dante. La Divine Co-
médie, Paris, Chevalier, 1855, I, xxxv.
Delff H. K. Ugo, Die Weitanschaunng. Dante's Zugleidi
als neuer Beitrag zum ticfsrn Veì^stànctntss der Divina Com-
media. — Internationale Revue, Wien, Hilberz, 1868 — fas. 3,
n. 21, p. 224-35; fas. 4, n. 22, 307-15. — 11 sistema filosofica
teologico di Dante, nello stesso tempo una nuova contribuzione
alla più profonda intelligenza della Divina Comcdia.
Non è che una ripetizione della prima parte del suo opu-
scolo Dante Alighien e la Divina Comedia. Lipsia, 1859.
SCIENZA DEL DIRITTO
E GIURISPRUDENZA PENALE
CV. Man. Dant, II, iS9Ì. 687; IV. 120).
LoMONACO VicENZO, Dante Giureconsulto. Precede lo scritta
la seg. epigrafe:
A — Dante Alighieri, — Che diffiniva la vera essenza]
del diHUo, — e divisava i genuini rapporti — ira V individuai
e lo siato, — peixhà il primo non erompesse in anarchia^
— ed il secondo in tirannide, — nel di solenne, che gli «i
eleva un monumento — in una delle piazze principali d\
Napoli, — Vincenzo Lomonaco — D. D. D.
In essa si fa ad esporre ed analizzare la definizione chi
Dante ci porge del diritto, e l'addentellato ch'essa ebbe nel
filosofemi greci e nelle teorie scolastiche, V applicazione che il
sommo archimandrita della nuova civiltà europea ne fece e nel
poema immortale, e nelle opere morali, sia riguardo all' ordina
y Google
SCIENZA DEI, DIRITTO E GIURKPR. PEN. 53
morale che al cosmico ed air intellettuale. — In tale definizione
ei trova la chiave della volta di tutti i monumenti scientifici
e letterani innalzati dal massimo Alighieri.
Nella seconda indaga il concetto ch'egli ebbe nel definire
r economia ed i rapporti tra l'individuo lo-Dìo e Dio Stato.
— Premesse ampie ed importantissime ^nozioni storiche si
dell'antiche che delle nuove scuole politiche, il Lomonaco ci
rivela, secondo le dottrine del Poeta, la genesi e la destina-
zione dell* uomo, e la sincera scaturigine de* suoi diritti, il suo
(ìiòfrancamento dopo il primo fallo, donde il bisogno di sob-
barcarsi al giogo del civile consorzio, e di una forza pubblica
che r antichissima sapienza italiana non seppe meglio espri-
mere che col fascio delle verghe, e coi manìpoli, primo blasono
e prima bandiera delle genti latine. Di qui Y orìgine ed il man-
ciato di una suprema potestà, di qui la necessità morale, o sia
convenienza di tin governo e di una legge, .che determinasse
e garantisse i diritti degli associati. — Il Principato non è che
una creazione civile, non per interesse suo proprio, ma per lo
bene della civile comunanza a lui confidata. — L* idea dei se-
dicenti progressisti di un governo protoplasta, creatore di diritti,
ripugna al buon senso ed alla storia : essi non sono che la prov-
tLsione 0 sia dote delle nature create a cagione della loro
salute. Mettere un freno agli abusi dei diritti, non vuol dire
crearli o fondarli, ma dirigerli e difenderli. — Ma pur troppo
infelicemente addivenne che spesso la podestà civile falsasse il
suo mandato, e si mutasse in istrumento di oppressione e di
danno il governo destinato come mezzo fondamentale di sua
salvezza, e che i popoli divenissero greggi abbandonati air ar-
bitrio di lupi rapaci. — Dante ravvisa nella mala direzione
dei governi la causa prim^ e principalissima dei malanni so-
ciali. — 11 Lomonaco investiga di poi, e sempre dietro alle
poste delle care piante, fin dove possa spaziare la potestà civile.
— La necessità (giustìzia) è la madre, l'arbitra, la custode e
la vendicatrice della legge — la buona legge è quella che giova
non ai pochi ma al maggior numero dei cittadini, donde Y ira
fulminea del poeta contro governi , che rappresentavano non
r intero popolo, ma una frazione predominante dello stesso, e
che abusavano di nomi santissimi per satis&re a private cupi-
digie. — Non son prole legittima della giustizia le leggi pub-
y Google
54 SCIENZA DEL DIRITTO
blicate nella maggior parte di Europa da un secolo in qua, la
cui mercè per false vedute economiche e politiche la condi-
zione de' plebei urbani e rusticani si ò miseramente degradata
a segno tale da compromettere V esistenza medesima della ci vii
comunanza. — Una siffatta alterazione di cose e di nomi fa
si, che i governi producano non susine vere, ma bozzacchionì,
e per V inesorabile legge del cader della pietra, la quale do-
mina tutte le sfere della creazione, quanta è la stoltezza de* go-
vernanti, tanta sarà la reazione ed il ribollimento dei governati.
Riguardo al tanto disputato problema della centralità , Dante
vuole, che il governo con saggia direzione informi tutto del
suo principio vitale, ma non invada ogni cosa, che in somma
siavi unità organica, e non meccanica, unità vivificatrice, non
oppressiva colla cappa di piombo dorata , cui son condannati
i veri malvagi neir inferno. Come il governo divino in ogni
parte impera e quivi regge, cosi il governo umano deve per
quanto sia possibile lasciar libero T esplicamento delle forze a
lui subordinate. — Una triste esperienza ci ammaestra, che le
pretese uniformità e semplicità non sono che servilità e com-
plicazioni, non arti ma mine. Il governo unificatore è un go-
verno di violenza e di gretto meccanismo. — Giova, conchiude
il Lomonaco, Taver interrogato T altissimo Poeta sui punti più
salienti per veder come dalle tenebre egli crea la luce, mentre
i nostri sofisti dalla luce han creato le tenebre. In tre parole
si può riassumere tutto il concetto Dantesco, suum ctiìque
iribuere, in ciò consistere la quiddità (vis et potestas) della
giustizia, il cui trionfo si celebra nel pianeta di Giove, Il Lo-
monaco si è accostato, scriv'egli stesso, com' Esiodo, con la
mente pura e col cuore casto al venerando altare : fia meglio
per noi pascerci del salubre frumento dantesco che delle mi-
sere ghiande dei novelli Maestri Adami falsatori di cose, di
concetti e di parole.
Tommaseo Nicolò, Dante e il Diritto. Lettera al Cons. Lo-
monaco. Estratto dalla Gazzetta dei Tribunali di Napoli,
A. XXIV (1872), n. 2480.
Ortolan J., professeur de Lègislation pénale comparèe a
la Facultè de droit de Paris, Les Pénalilés de F Ettfer de
Dante. Paris, Plon, 1873.
Ei non si potrebbe credere quanto mi venne fatto di rac-
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E GIURISPRUDENZA PENALE. 55
cogliere in materia di diritto penale nel Teatro di Lope de
Vega e de' suoi predecessori, neir inimitabile don Chisciotte di
Cervantes, e nei tesori drammatici di Shakespeare. Ma, scri-
veva rOrtolan a' 25 Marzo del 1873 (a' 27 era morto); e Leur
maitre à tous, par le temps, car il les a précédés de pròs de
trois cents ans et nous jette en plein moyen àge ; par V étran-
geié, par la vigoureuse unito jointe à V intarissable variété de
ses conceptions, e' est Dante : son poeme, qui offre dans l' Enfer
une succession de cercles, de coupables et de chàtiments, se
présente à noire étude comme un système complet de péna-
lités. » — Prima delFOrtolan, «scrive il Tribolati, e il prof.
Carrara esaminò Dante nel giure penale ... A concedergli pre-
stanza ed intelletto rivelatore anche in questa disciplina ei cita
e commenta giuridicamente quei versi famosi del C. xxxiii
deir Inferno: Che se il conte Ugolino aveva voce D'aver tra"
dita te delle castella, Non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.
Innocenti facea C età novella. I quali versi sono un anatema
scagliato contro la celebre costituzione di Arcadio, allora vi-
gente, che conteneva T ingiustissima teorica àeW abert^asione
della pena. » E prima del Carrara, il Carmignani ed il Nicolini
avevano riscontrate nel sacro poema alcune altre verità della
scienza moderna, o dichiarate quelle mediante la filologia dante-
sca. Il primo citava r autorità di Dante suir origine delle leggi
repressive, sul libero arbitrio, sull'azione negativa, sulla forza
morale dell'offesa, sull'amore come scusa al delitto (Teoria delle
leggi della sicurezza sociale, § i, 68; ii, 30, 44, 59, 64, 281):
il secondo ne traeva più specialmente bellissime frasi espri-
menti ridea ed il sentimento giuridico (1); e diceva giusta-
mente, dopo d' aver riferito un passo del giureconsulto Saturnino,
ov* è citato Omero : « Chi più potrà rimproverarci di ùr si fre-
quente uso di Dante e degli altri nostri grandi poeti in un' opera
legale? » Noi abbiamo voluto dare queste notizie onde non si
creda che i criminalisti italiani si fossero passati di studiare
la Divina Commedia sotto questo aspetto, e primo ad averne
r idea fosse stato un francese. Ed il libro dell' Ortolan gioverà
(l) Nicolini nella sua Giurisprudenza penale illustra con Dante una
quantità di parole usate nella procedura torense, come parte, discarico^
^fr'cusa, decidere, haiulo, cassare, difesa, prescrivere, prove, parventi,
casiìiglio, referto, ecc.
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56 SCIENZA DBL DIRITTO E 6IURISPR. PEX.
più ai francesi che agli italiani, cui (anche ai meno colti) sono
noti i luoghi più belli della nazionale epopèa. È una descri-
zione fatta con molta chiarezza delle pene infernali immaginate
e distribuite dall' Alighieri ai dannati. Vi si trovano non per-
tanto delle riflessioni peregrine e strettamente scientifiche.
Non si poteva per esempio confutare meglio coir autorità
dantesca Tart. 326 del Codice penale francese, com'egli ha
fatto a pag. 49. Eccovi unito al nome di Francesca da Rimini
quello di madama Dubourg; eccovi il divino poeta ch'entra di
mezzo nella disputa del giorno, nell' ultimo fatto di Parigi, tra
Alessandro Dumas figlio ed Emilio de Oirardin. Accanto al
tues^ìa dei romanzieri di moda, il verso del poeta gran giu-
stiziere :
Caino attende chi 'n vita ci spf*nse.
Finita la descrizione delle pene, queste législaHons imagi-
naires d' outre tombe y V emidi to criminalista si domanda : Quale
insegnamento ricaveremo noi da questo studio? Risponde: Se
consultiamo le leggi ed i codici delle pene delle diverse nazioni
europee, anche arrivando vicini alla nostra rivoluzione del 1789,
e più vicini ancora per alcune di queste legislazioni, vedremo,
che per troppo lungo tempo, l' idea di analogia, la quale tro-
vasi allo stato poetico presso Dante, passando allo stato reale
negli antichi sistemi penali dei tempi, vi apporta le più grandi
crudeltà, spesso l'indecenza ed il ridicolo. — E conclude con
queste belle parole : « Atteignons, autant que possible, à l' ana-
logie immatérielle entre le mal moral et le remède moral, et
nous pourrons alors,- sur la porte des établissements consacrés
à la peine, inserire les paroles quej'annon^is à mon début:
Prenez espérance, vous qui entrez! >
COGNIZIONI SCIENTIFICHE IN GENERALE
Mazzoni Jacopo, Delle cognizioni matematiche ^ astrologich'j,
tnetereologiche , meccaniche, ecc. del Poeìna di Dante, Della
difesa della Comedia di Dante, Parte ii, libro v, cap. xii, xin,
XIV, XV, XVIII.
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COGNIZIONI SCIENTIFICHE. 57
Merian, Science du Dante, Dalla Memoria letta all'Acca-
demia di Berlino col titolo — Poesie italienne du XI Y siede.
Dante — e inserita nelle sue Nouveaux Mémoires (Berlino,
Decker, 178G). La Dissertazione del Merian, tradotta dal Po-
lidori , fu pubblicata da Romualdo Zotti nel voi. iv dell' ediz.
della Divina Commedia. Londra, 1807-1808, p. i, ccxx.
CoRNiANi GiamBm Cognizioni scientifiche sparse nel Poema
di Dante, I secoli della Letter. Ital. Brescia, Bettoni, 1816,
I, IG3-70.
Libri Gug., Delle cognizioni scientificìie di Dante. Estratto
dalle Hist. des sciences mathém. en Italie. Paris, Renouard,
1838, i, 164-191. — L. Toccagnì ce lo diede tradotto ed an-
uotato nella Rivista Europea di Milano, 1842, i, 134-142.
Rambelli Gianfrancesco, Dante percorrilore ed indovina-
tore di molte intenzioni riputate moderne. Cesena, Biasi,
1863.
Cantìi Ignazio, Dante considerato come uomo di scienza.
Discorso recitato airAccademia fisio-medico-statistica il 1 Aprile
1847. Milano, Redaelli, 1847.
La3«bnnais F., Docirines de Dante, La Divine Comódie,
Introd. Chap. iv, xxix-xxxvii.
SCIENZE NATURALI (1)
(V. Man. Dani. Il, 284; IV. i90-ie»).
Abìbrosi Francesco, Dante e la Natura, ovvero frammenti
di Filosofia e di Storia Naturale, desunti dalla Divina Com-
media, Padova, Prosperini, 1874. (Dagli Atti della Società Ve-
(1) Non senza orgoglio ì naturalisti italiani additano le prove e gì' in-
diri , pei quali non ai può dubitare dell' empirismo di Dante nello studio
delia natura. Intorno a certe singole scoperte o priorità nella menzione di
i>^K)cialt fenomeni, che essi gli attribuiscono, noi non arrischieremo nessun
giudizio; ma anche l'uomo il più profano dovrà restar sorpreso dinanzi alla
^ande potenza di osservazione, ohe traluce da tutte le sue immagini e
simili tadini. Più assai che in qualsiasi- altro poeta moderno, esse appari-
scono in lui desunte dalla vita reale tanto della natura che dell'uomo, ed
egli se ne serve non già a semplice studio di ornamento, ma per porger»
un" idea quanto più sia possibile adeg^uata di ciò che vuol dire. Neil' astro-
nomia poi egli oà prove di cognizioni affatto speciali . . . Burckhardt, La
CìviltÀ de! secolo del Rinascimento, Trad. del dott. Valbusa, ii, 14.
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58 SCIENZE NATURALI.
neto-Trentina di Scienze Naturali, residente in Padova, Voi. iii,
fase. i).
Dopo averci esposto quello che Dante ci rileva di ^ande^
contemplando la Natura coir occhio scrutatore delle sue leg-g^i,
r Ambrosi conchiude : La filosofia naturale può dirsi creata da
lui; e come fu grande filosofo, non fu minore storico della
Natura. — Sorprende in vero, come il Poeta fosse riuscito a
tanto in &tto di filosofia e storia naturale: ma avea ingeg^no
universale e sintetico, era italiano, e teneva in mano una nìis>
sione che senza lo studio delle cose naturali, sarebbe rimasta
incompleta. E non si voglia credere eh' io esageri cosi dicendo ;
imperocché la Natura è tutto, e da lei dipendono le maggiori
rivelazioni dell'ingegno umano. — Sulla quale dissertazione
scriveva il critico della Nuova Antologia, e Finché l'Ambrosi
ci mostra nel Poeta un attento osservatore delle proprietà di
natura, e quindi un descrittore diligentissimo delle cose più
minute, non troverei da ridire; finché rileva certe quasi divi-
nazioni di nuove teorie fisiche, benché molto incerte e involute,
gli si potrà concedere, ma egli nelle parole dantesche vuole scan-
dagliare troppo, e trovarvi un senso riposto che male si accorda
col contesto del poema, mentre il senso più ovvio non differisce
colle opinioni di quei filosofi scolastici che Dante studiò. Ad
ogni modo se l'Autore ha speranza di convincere il lettore dovrà
ampliare il suo scritto, e spiegare piti minutamente quello che
afierma con pochi cenni Dante e la Natura, »
Trezza G., Del sentimento della natura nei poeti antichi
e moderni. Conferenza tenuta dal prof. G. Trezza al Circolo
filologico la sera del 21 feb. 1874.
li poema di Dante, fu detto, ò la tomba del medio evo. Sì,
ma esso ò anche la cuna della rinascenza. Larghe e molteplici
sono le impronte che il medio evo vi ha stampate; ma c'è
una parte, una grande parte, nella quale Dante è nuovo, ori-
ginale, creatore ; quella dov' egli rivela il nuovo modo di sentire
la natura. E in questo sentimento egli non chiede mai l'ispi-
razione al modelli antichi, né alle dottrine mistiche dei tempi
suoi e dei precedenti, non imita, non accatta, ma crea sempre.
Crea descrivendo le pecorelle, i branchi delle colombe, la ron-
dinella che svolazza e cinguetta ; crea ed aggiunge l' idealità
vaga, malinconica, inquieta in quei versi divini ed inspirati:
y Google
SaENZB NATURALI. 59
< Era già Torà che volge il disio > La natura si compe-
netra con r anima sua, T anima sMmmedesima con la natura,
e Dante diviene così il vero creatora del sentimento moderno.
V. Gazzetta éT Italia, 24 Febbraio 1875.
Tabgioni-Tozzeto Ottaviano, Delle cognizioni botaniche
di Dante espresse nella Divina Commedia. Lezione detta
Deir adunanza della Crusca il 9 Maggio 1820. Atti della Crusca,
u, 351-62. V. Zannoniy Relazioni, 181.
Paboi Carmelo, Dante valente fisico e diligentissimo osser-
catore delle leggi eterne della natura. Scritti Vari, ii, 195-216.
SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE
(Man. Dani. It, UO; IV, iS9).
Torelli Giuseppe, Lettera intorno a due passi del Ptir-
fjatorio. — Verona, Carattoni, 1760 — (Purg. xv, 16-24 —
>ul qua! passo vedi Cavemi, la Scuola, 1872, i, 326).
BoTTAGisio Giovanni, Osservazioni sopra la fisica del poema
di Dante. Verona, Merlo, 1807.
Vaoolini Domenico, Di alcune cose toccanti la fisica. Giorn.
Are. xxvm, 120-136.
Ferroni Pietro, Illustrazione di due passi della Divina
("rmmedia. Lezione letta nelFÀccad. della Crusca nell'adunanza
«lei 19 Decembre 1872 e 8 Febbr. 1814,- Atti della Crusca,
I. l-ll.
Sull'incessante ondeggiare della marina (Par. xiii, 82-84),
e sulla- « a ben ispiegarsi difficilissima attribuzione di tutti gli
Esseri animati, solita appellarsi dai Metafisici libertà d* equi-
Hhrio. » (Par. iv, 1-18). — Il Ferroni, neli' annunziata disser-
tazione, comunicava alla Crusca di aver già illustrati alcuni
passi della Divina Commedia, nei quali Dante espose le molte
e peregrine notizie in materia di scienze esatte e naturali, e
concbiudeva: € Se questa illustre Accademia, ponderato su
crinsta lance colla sua saviezza il mio scritto, opinasse conforme
porta il mio sentimento, unirei alle molte fisico-matematiche
illustrazioni da me raccolte in leggendo e rileggendo nell'ore
mie men distratte dagli altri studi ed uffici, e sempre col-
y Google
60 SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE.
r istesso trasporto d* ammirazione sin dalla mia adolescenza, la
Divina Commedia, quelle pochissime ancora, che hanno som-
ministrata materìa al mio presente Ragionamento... »
MissiRiNi Mblchiorb, Filosofia fisica ed astronomica di
Dante. Vita di Dante. Milano, Tendler, 450-469.
Antonblli Giovanni, D. S. P. ; Studi particolari sulla Di-
vina Commedia dedicati al nobile giovane Giorgio Fossi in
occasione delle site nozze con la nobil donzella Luisa Votini.
Firenze, Tipogr. Calasanziana, 1871. — Ripubblicati nel Vo-
lumetto: Di alami studi speciali risguardanti la Meteorologia^
la Geometria, la Geodesia e la Divina Commedia per Giovanni
Antonelli D. S. P. Firenze, Tip. Calasanziana, Settembre 1871.
< Dopo la compilazione delle illustrazioni astronomiche della
Divina Commedia, le quali dal chiariss. sig. Tommaseo furono
onorate di un posto nella magnifica edizione del suo Commento
a quell'eccelso lavoro; ho avuto occasione di ritornare suir ar-
gomento nobilissima, specialmente a richiesta del dotto can.
Brunone Bianchi, poco prima che uscisse di questa vita, e
mentre dava opera alla ristampa delle sue annotazioni al
grande Poema. — Nel riportare la mia attenzione su questo
insigne Libro deir Alighieri, mi è avvenuto di scorgere qualche
altra cosa di nuovo, sia in difesa e in conferma di ciò che fu
visto ed espresso a dovere, sia per correggere o per variare
qualche interpretazione, la quale non possa veramente reggere
agli attacchi di una critica rigorosa: e la esposizione di questa
novità forma il subietto della seguente scrittura. > —
Il prof. Caverni dopo aver notato alcuni punti ne' quali
non s'accorda coli' Antonelli , soggiunge: « che sono questi
piccoli difetti, verso tanti altri pregi che hanno le illustrazioni
astronomiche di lui? Le dimensioni della montagna del Pur-
gatorio, e il Discorso sull'anno del viaggio dantesco, e T illu-
strazione al principio del C. ix del Purgatorio, e T altre che
si trovano nel Commento e negli Opuscoli di hii, sono tali che
renderanno riverito sempre a' cultori degli studii Danteschi il
nome del P. Giovanni Antonelli. E Dio volesse che le macchie
leggiere, se pur macchie sono, da me accennate, come ombra
il l'ilievo dei corpi riuscissero a far rilevare i pregi di quelle
illustrazioni troppo a torto non curate dagl' italiani l Alle dotte
dichiarazioni del Comento si aggiungevano ora come gemma
y Google
SCIEXZE FISICHE E MATEMATICHE. 61
ìq corona, alcone nuove illustrazioni pubblicate, poco prima
della morte compianta. » La Scuola, i, 180.
Ga VERNI Raffaello (1), Alcune note sitila Divina Com--
media concementi le Scienze Naturali — La Scuola, 1872,
I, 175-182; 226-230. — Esercizi e Ricreazioni scientifiche
— La Scuola, 1872. — Conversazioni Letterarie, Cammilh
— La Scuola, 1873; L'Ateneo, 1874. — Astronomia Dantesca,
Problemi, Illustrazioni geometriche sulla Divina Commedia
— L'Ateneo, 1874. — Giovanni e Francesco, Dialoghi Dan--
teschi — L'Ateneo, 1874.
A crescere pregio alla splendida edizione della Divina Com-
media, col commento di N. Tommaseo, procurataci nel 1865
dal milanese Pagnoni, veniano pure iu luce alcune dotte Os-
servazioni astronomiche deli' insigne Scolopio P. Giuseppe An-
tonelli. Se non che un modesto professore di Firenzuola, non
ancora trentenne , non ìsgomentato dalla luce di que' nomi
illustri, dettò quel che da sé ne pensava' segnò alcuni luoghi,
dove sentia altrimenti e dal Tommaseo e dall' Antonelli , nò
tacque quelli che gli pareano manifesti errori, e con franchezza
riverente, prima di renderlo di pubblica ragione, sottopose il
mss. allo stesso Tommaseo. E il Tommaseo, per solito men
sofferente delle censure, dei giovani segnatamente, non solo*
non ne fece mal viso, ma scrivendone al prof. Emilio Bechi,
era lieto di additargli il giovine prete toscano, che sente il
belio deir arte e ama il sodo della scienza, e compiace vasi col
pievano di Sesto, ab. Ranieri Calcinai e dell' argute osservazioni'
in che pur fe prova e di dottrina e di acume, e non peritavasi
di aggiungere che il lavoro del sig. ab. Caverni, piii che prò -
mettere, annunzia ingegno che onorerà il Sacerdozio e le
Lettere italiane. Solo inòresceva al Tommaseo che quelle cen-
sure, bendbè cortesi, potessero dispiacere dell'amico suo, ed
il Caverni, non volendo far cosa disaccetta al venerabile uomo,
data altra forma allo scritto, e lasciato addietro tutto quello
(1) In quelle Osservazioni, come apparìsce da una lettera del Tommaseo
al prot Bechi e da altra al Prevosto Calcinai , il Caverni pur accennava
ad alenile esperienze da fare col Fonvantocrafo dello Scott, per le «juali
ei sperava che come la foto^afia ferma sulla carta le immagini, cosi po-
tesse la fonografia fermare i suoni fuggevoli delle parole. Ma la difficoltà,
scrivevami T amico, dell'avere un Fonvantografo, e più l'essere io sbalzato
aUora dal gabinetto di una Scuola di fisica alla sacrestia di una parroc-
chia . m cagione eh' io non potessi tentare allora la pruova , né di
toitarla, nelle condizioni mie presenti, ci veggo ancora speranza.
y Google
•62 SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE.
<:hd riguardava il P. Antonelli, dopo la morte compianta, ne
stampò nella Scuola quel tanto che concerne le Scienze Na-
turali. — Certo non appena io lessi quelle Note, non appena
m'abbattei nelle sue Ricreazioni scientifiche, ne* suoi Consigli
«opra lo studio delle lettere a un giovine, ne' quali traluce
tanto amore del buono, del vero, del bello, e insieme tanto
pratico senno; in quei Dialoghi cosi limpidi e così ricchi di
sapienza , io che non V avea mai veduto da presso , ne inna—
morai, coirsi a ricercarlo nella solitudine di Quarata Àntellese,
dove si raccolse pastore di anime , ed egli , buono e gentile
•com'è, mi mostrò del suo affetto ben oltre che le fronde. —
Delle cose fisiche della Divina Commedia, non è ne' libri mo-
derni a cercare il cemento, scrive il Ca verni, ma in que' soli
ai quali Dante poteva aver attinto la scienza, scienza da lui
appresa, e non, come pretenderebbero alcuni, indovinata. E la
fìsica dei fulmine, che ricorre cosi frequente, solo potremo
debitamente interpretare avendo sott' occhio quanto lasciò scritto
-Aristotile nella sua Meteorologia. E bene pur dice che da sem-
plici filologi e letterati non si potrebbe attendere un accurato
comento rispetto alle scienze naturali. Ei sarebbe lungo il qui
citare tutte le nuove interpretazioni che riguardano l'Astro-
nomia, la Fisica, l'Ottica^ la Metereologia, nelle quali non sai
«e tu debba ammirar meglio l'abbondanza della dottrina o la
nitida chiarezza dell' esposizione. — Ma già altri studi su questo
importantissimo argomento egli sta maturando, e, tra gli altri,
avrebbe intenzione ne' nuovi Problemi danteschi, < di mostrare
rigorosamente ciò che nell'Astronomia dantesca è di geometrico,
e secernerlo da tutto quel eh' è poetica fòntasia; e per non fare
^i Dante un astronomo del giorno, vorrebbe ricercare ne' libri
■antichi i dati scientifici alla soluzione di ciascun problema,
lavoro che potrebbe forse giovare anco alla storia dell* astro-
nomia. »
Soluzione
di alcuni problemi danteschi proposti ed illustrati
dal prof. R. Caverni.
1. (Inf. XIV, t. 42). Misurare la lunghezza della via fatta dal
Poeta nel discendere all' Inferno, e nel risalire. — Viaggio circo-
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^lENZB FISICHE E MATEMATICHE. 63
iaggio rettilineo orizzontale mig. 479; viaggio
le mig. 6490. In tutto mig. 11360, o undici
l numero tondo. (Ateneo, Voi. n, pag. 384-88).
t. 3). Ritrovare la grandezza, e la distanza
dalebolge dal centro terrestre. — La traver-
lebolge è mig. 16 l/^) ^^ distanza dal centro
aig. 730 5/22 la profondità del Burrato di Oe-
223-24).
, t. 10, 11). Trovare la grandezza delle spe-
ghiacce. — Tolomea braccia mille ; Antenora
0. (Ivi, pag. 307).
, t. 38). Trovare la misura delle relazioni di
*andezze delle regioni infernali. — Traversata
7 1/2; del gra4o de' Lussuriosi mig. 75; deGo-
Avari 50. Della palude Stigia, dei Fossi, della
37 1/2» P^r ciascun cerchio. Del grado de' Vio-
ir ciascuno de* tre cerchi, in che è quel girone
136-38).
t. 9). Si domanda la differenza di longitudine
onte del Purgatorio. — Secondo la Geografia
ti raccolti, dovea esser giudicata dal P. 150'*.
, Voi. II, pag. 362-63).
t 5). Posta la latitudine australe 31'' 40', e
ine, si domanda l'altezza meridiana del Sole,
ridiana non poteva esser maggiore di 47° 20'.
el Sole accennata dal P., dov«a essere quella
lo, e non nel verticale. Da quella salita del
e che il colloquio con Manfredi dovette durare
iti. Si conferma la lezione che ammirando è
), non gerundio. (Ivi, Voi. i, pag. 484-86).
[, t. 19). Quant'ò la misura della distanza tra
ire ed il Purgatorio? — Fatto il computo in
remo per quella distanza mig. 9243; compu-
'/s P^^ grado, secondo i geografi antichi, sarà
à foce del Tevere ed il Purgatorio mig. 8728.26.
r. 471-72).
, t. 6, 7). Nella prima delle terzine citate ac-
ma delle due leggi ottiche della riflessione : che
^gio d'incidenza che il riflesso si trovano nel
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64 SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE.
medesimo piano perpendicolare alla superficie di riflessi oiitl
4^Scuola, anno 1, Voi. i, pag. 226).
Nella seconda accenna air uguaglianza degli angoli fat^
con la perpendicolare da due raggi. (Ivi, Voi. ii, pag. 70).
9. (Purg. xxxiii, t. 35). Trovare gli angoli orarii, che V orti
bra dello stile fa nelle ore mattutine e vespertine con la line^
meridiana del Purgatorio. — Quattr' ore avanti e dopo il mezzod
r ombra fa con la meridiana un angolo di A2° 17' ; tre ore avanti
e tre ore dopo, l'angolo è di 27° 42'; due ore avanti e du|
dopo, quell'angolo si riduce a soli 8^. Le differenze prime à
questa serie sono 14° 35', 10° 51', 8° 52'; differenze le q\iai
dicono che i movimenti apparenti del sole si fenno , presso ii
meridiano, via via più lenti. Di qui si viene a proporre iinj
nuova lezione, secondo la qua||^ s'intenderebbe il v. 3 dell:]
t^erzina citata cosi : che il Sole e qua e là, ossia prima e dop<
il fiuo passaggio al meridiano, si fa come s* egli aspettasse o s{
trattenesse. {Scuola, Anno 2, Voi. i, pag. 480-81).
10. (Par. i, t. 15). Si domanda la quantità precisa dell' ani
golo dell'amplitudine del Sole, accennata coli' avverbio quasi
indeterminatamente dal Poeta. — Quell'angolo dell' amplitud in
è 12° 57*. il Sole dunque, a tempo della narrazione dantesca
era lontano di quasi 13° dalla foce di Oriente; ragione per cui
Dante dice che il Sole usciva quasi da quella foce. {Scuotili
Anno 2, Voi. ii, pag. 247-48).
11. (Par. XXII, t. 45, 51). Sotto quale angolo si sarebber
dovuti vedere dal P. i diametri apparenti della Luna, delld
Terra e del Sole? — Il diametro della Luna, sotto un angolo
di 3", 3; quel della Terra, di 20"; quello del Sole, di 1' 54" j
D'onde si concluse che qui non segue Dante le leggi geome^
triche della prospettiva, ma bada solo alle Éintasie poetiche.
{Ateneo, Voi. i, pag. 308).
12. (Par. xxvii, t. 48). Dopo quanti anni Gennaio si sarebbe
tutto svernato? — Ritenuta la centesima di 14 minuti, si sa-
rebbe svernato dopo 7500 anni. {Ivi, pag. 148-51).
Pescatore Costantino, Astronomia della Divina Com
media. L'Ateneo, Rivista Ital. 1874, L. 209-14.
11 Pescatore prometteva di pubblicare nell'Ateneo T Astro-
nomia della Divina Commedia. Ognuno sa, ei dice, che Dante
Digitized by VjOOQIC
:IENZE FISICHE B MATEMATICHE. 65
)1 1321 non poteva conoecere che il sistema
rolomeo, com'è spiegato neW Almagesto ; e
'na Commedia tutte le nozioni astronomiche
sistema Tolemaico che appartiene all'astro-
1 dunque da considerarsi come sinonimi Astro^
stema Tolemaico, e Astronomia Dantesca; e
ione di uno di questi tre argomenti contiene
Qecessariamente T esplicazione degli altri due.
ovo a questi studii, credo che sia più utile
) in due parti separate e distinte, parlando
oni storiche e teoriche déìY Astronomia antica,
Emdole alla spiegazione delle idee, delle parole
ni astronomiche della Divina Commedia.
>rof. Pescatore rimane tuttavia un desiderio.
jUIOI, Luoghi astronomici della Divina Coin^
k Commedia esposta ad un giovinetto studioso,
, 1873. — Appendice ii, 225-279.
Of^ egli, di spiegare nel più chiaro modo pos-
Btronomici, supponendo che il giovinetto, cui
sia digiuno afihtto d'ogni più elementare no-
ie che vi hanno attinenza.
SCO, Dante e V Astronomia, Discorso per VinaU"
nno scolastico 1871-72 del R. Collegio Carlo
alien. Torino, Botter, 1873 (Estratto dall' A-
1873, n. 1-4).
fondo e versatissimo astronomo, com'era ver-
limo in tutto che l'umano sapere possedeva
'enderlo esimio cultore della scienza degli astri,
ilo le tre precipue condizioni estrinseche, ri-
enire eccellente in qualunque nobile disciplina,
rgevagli antica tradizione e forte eccitamento
dei cieli. Più efficace e generoso impulso ri-
scolo in cui nacque e visse; conciossiacchè il
lustri del XIV secolo fui'ono, oltre ogni pen-
}ndi di contingenze propizie alla coltura delle
imiche. — Nò al vastissimo suo ingegno fecero
osi sussidi che sogliono derivare dagli uomini,
siamo, e ci troviamo nei più stretti rapporti
Però di tutti i potentissimi aiuti, quello da
5
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66 SCIHNZB VI8SCHE B MATBMiLTICBK.
cui r Alighieri trasse maggiore partito si fu V Almagesto del-
r immortale astronomo alessandrioo, Tolomeo, la più cla&8ica|
e più grandiosa opera che ne abbia mai trasmesso ranticbitÀj
in fatto di astronomia. Egli fece tutta la scienza astronomica di
Tolomeo tanto sua, fino ad essere da alcuni stimato più va— |
lente astronomo di quell'eccelso maestro; e Tolomeo fu por\
lui in astronomia, ciò che in molte altre cose Virgilio. Ma benj
altra si fu F applicazione che ne fece il sommo Cantore: eg^li
meditò di descriverne la parte che nessuno fino allora aveva
mai esplorata, e propose di elevarsi da un nuovo e singolare
orizzonte air altezza del firmamento, mercè dei lumi e dell^ ar-
cana dovizia della scienza dei cieli. — La materia puramente
astronomica difiusa nella Divina Commedia oltrepasserebbe la
misura di tre canti. Ma essa ur>n vi è già richiamata per eezn-
plice modo poetico, ne in maniera indeterminata, o per mera
ostentazione di sapere ; bensì vi è trattata a fondo in numerosi
e spesso difficili problemi. E a larghi tratti viene confermandoci
quanto egli espose. — 11 prof. Denza, coW Almagesto Tolemaico
alla mano, si confida farci toccare con mano come si possano
approfondire e viemeglio dilucidare alcuni luoghi del Poema,
i quali lasciano anch' oggi qualche divergenza di opinioni e
qualche incertezza. Ed io calorosamente pregai lui, maestro di
color che sanno, a volermi essere cortese de' suoi studi illu-
strativi, e già n*ebbi gradita promessa, ed io spero di poterne
arricchire il mio volume.
SULL'EPOCA DELLA VISIONE
ITINERARIO DELLA DIVINA COMMEDIA
CM<m. Dant. Il, U e 689; 17. i6tj.
Pasquini Pier Vincenzo, Sul tempo del viaggio Dantesco.
La principale Allegoria ecc. 229-296.
— Itinerario di Dante nel Canto I deW Inferno, Id. 72.
Il Pasquini vuole che Dante si smarrisse nella valle del
Giordano (o di Aulon) ed entrasse nella Seha, che à a nord-est
di Gerusalemme, su quel fiume Giordano, che è l'unico, che
non mette nel mare, ed è ^ fiumana, o\> il mar non ha
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BPOCA DELLA VISIONB. 07
»mfo. La SéLwA è posta verso TArabia. Aggiratosi per la Selva
uo' intera notte, ne uscì, e venne a piò del Calvario, dove ter»
mina la valle del Giordano, e alzando gli occhi ne vide le cime
illuminate dal Sole nascente : se lo lasciò a destra, e riprese poi
cammino per la piaggia, cioè per la costiera occidentale di dolce
salita tra il monte degli Ulivi, e il torrente Cedron, avviandosi
al monte Sion. — Respinto dalla Lupa, dovette scendere natu-
ralmente ad est nella valle del Giordano sotto la Selva, e là,
9TÌI confine tra U Giordano, e il gran Deserto di Giudea, vede
Virgilio, e di qui risalendo verso il monte Sion, trova la valle
dMnfemo, eh' è rimboccatura infernale. — Il Pasquini, e con
prove tratte dal Poèma e con prove astronomiche e cronolo-
giche s'argomenta dimostrare che il viaggio ebbe principio
Della notte dal sette all'otto d'aprile 1300, venerdì santo, nel
plenilunio, e combatte gagliardamente la data del 28 marzo
posta dal Fraticelli e da altri, non che il plenilunio fittizio.
Làbbitzzi di Nbxima FRA.NCBSC0, Intorno ali* epoca della
tisione di Dante, Discorso. Il Buonarroti, Gennaio, 1872, 1-14.
€ Io son di concetto, che non al plenilunio di marzo, ma
sì bene a quello di aprile, cioè a dire al terzo giorno di maggio
debba esser riferita la visione dell' Alighieri. >
ToiMZSCHiNi GicBBPPB, Se al maggio poetico di Dante debba
assegnarsi Vanno 1300 ovvero Vanno 1301, Prima lettera al
prof Giovanni Santini, 1 aprile 1854. — Santini Giovanni,
Prima risposta, 26 aprile 1854. — Todbschini Giuseppe, Se-
cenda lettera, 7 luglio 1854. — Santini Giov., Seconda risposta,
24 luglio 1854. — Todbschini Gius., Teraa lettera, 6 agosto
1854. Scritti su Dante, ii, 325-342.
Alcuni di dopo il plenilunio, Dante, compiuta la visita del-
rinfemo, ed uscito a riveder le stelle, si trova alle falde del
monte del Purgatorio nell'ora che precede il sorgere del sole,
ed essendo volto all'oriente vi scorge risplender Venere (Purg. i,
10-21). Dunque egli ascrive manifestamente il suo mistico
viaggio ad un tale anno, in cui ne' giorni prossimi successivi
al plenilunio della luna di marzo, Venere prendeva l'aspetto
di Lucifero, ed appariva nel segno dei Pesci. Questa comparsa
e posizione di Venere in tali giorni appartiene essa all'anno
1300 o al 1301? Io tengo siccome certo, che se il fette si ve-
rificasse in uno degli anni ora annunciati, fosse impossibile, che
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68 EPOCA DELLA. VISIONE.
3Ì avverasse anco nell'altro. E questa la questione che il To-
deschini propone al prof. Santini. L'insigne astronomo prima
di entrare nelF arringo, modestamente confessa di non aver mai
studiato Dante, se non qua e là leggendone alcuna terzina ,* se
non che appoggiai) alle tavole comuni di De Lambre e di La
Lande, porta opinione che il risalir del Poeta dalle tenebre
infernali debba attribuirsi al 1301. — Ma il Todeschini, cono-
scendo come rampolli a pie del dubbio il vero, nella tema che
un'espressione equivoca usata avesse fette forviare la risposta,
in altri termini, replicò la dimanda. — La notte fra il 7 e 1* 8
aprile del 1300, Venere splendeva veramente come Lucifero, e
trova vasi veramente nel segno dei Pesci? Se la risposta é afferma-
tiva, il discorso parrebbe finito, e potrebbe tenersi per certo, che
Dante ascrisse il suo viaggio poetico al 1300. Se perla notte
testò indicata non fosse astronomicamente vero ciò che Dante
asserì, c'è ancora una via di scampo. Il consigi . Gregoretti
con qualche ragione non affatto spregevole vorrebbe ritardar
di tre giorni il viaggio di Dante. Or dunque sarebbe forse vero
per la notte fra il 10 e 1' 1 1 aprii» 1300 quello che non sarebbe
vero per la notte fra il 7 e l'S? Se la risposta cadesse per
l'affermazione a questo luogo, bisognerebbe dar ragione al
Gregoretti ; e ad ogni modo reggerebbe l' assunto, che il viag^gio
poetico di Dante dovesse ascriversi al 1300. Nell'uno e nell'altro
caso io riterrei come assolutamente escluso l' anno 1301
Ma se la risposta non cade affermativa nò sull'una nò sull' altra
delle precedenti domande, allora ad onta di tutti gli argomenti
che combattono in £givore dell'anno 1300, bisognerà rinunziare
all'ipotesi Al 7 aprile 1300, risponde il Santini, Venere
nasceva un'ora circa dopo il sole; siccome il sole si trovava
allora negli ultimi gradi di Ariete, mentre l' equinozio era av-
venuto il 12 marzo, Venere, che rimaneva posteriore di circa
15 gradi corrispondenti al ritardo di un'ora, doveva per con-
seguenza trovarsi nel segno del Toro, onde ei trova che il 1301,
se non risponde affatto, collima meglio colle parole del Poeta.
Bd il Todeschini, scorato, si ristette da nuove indagini. —
Chiestone il parere al prof. Caverni, in tali questioni compe-
tentissimo, mi scriveva il 18 novembre 1875. — « Dalle terzine
1* e 2* del xxviii del Purgatorio si rileva che probabilmente
la scena ivi descritta dee riferirsi al di 14 di marzo 1300; ed
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BPOCA DELLA VISIONE.
he dalle terzine 27-29 del xxvin del Par. rile\
luì riferire quelle circostanze d* astronomici
ere, con molto 6)ndamento di verità, il dì !
suddetto. Ma un altro dato molto preciso i
) nella terzina 27 del xviii del Purgatorio, da]
sapesse preciso la latitudine assegnata da Dai
dell* isole di Corsica e di Sardegna, che fan
lifazis, se ne inferirebbe con molta precisio
. longitudine della Luna; cosicchò Scendo
longitudine e la latitudine che la medesir
tre nelle varie ipotesi de' commentatori, si {
te concluderne quale, tra le tante, meritasse
vo* mettermi dietro a raccogliere dagli antic
rafici, e forse ne uscirebbe qualche nuova c(
» E l'egregio amico, ritornando sull' argomen
23 luglio 1876. « A dir la verità, co
el che scrivevo allora, sento poco animo di
'0 con speranza di riuscita, parendomi che
dea, sia più spesso che non si crede, trasf
in poetica fantasia. Questo io asserirei ora
rudere di ritrovare in tutto il poema quel rigc
in un trattato astronomico, è una ubbìa in<
are ne' nostri cervelli da pochi anni in qi
che meditavano piti serio di noi, non la pen
mi ricordo di aver letto in quei bei dialof
elicati dal Gigli, che benchò Venere, alla qu
7 del e. I. del Purgatorio, fosse astronomie
l'Aquario, nonostanie il Poeta la pone ne' Pei
drava cMa sua fantasia, E anche la luna,
, che Dante dice essere stata piena quando
ilva, non era piena se non al proposito s
se accomoda il divino cantore al suo propof
asia! Ma i commentatori moderni vorrebb
> fame un Almagesto. »
y Google
70
DEL SITO
E DELLA FIGURA DEI TRE REGNI
(Mmm. DmU. II, «M/ IV, l&$).
Dal Rosso Qiubbppb, Brete trattato sopra la forma, posi-
none e misura deW Inferno. Nel Voi. iv dell* edizione firentina
dell'Ancora.
Castani Michblangblo (n. 20 marzo 1804), La materia
della Divina Commedia di Dante AlUghieri dichiarata in VI
tavole, Roma, M. DCCG. LV; Seconda edizione, Roma, Libr.
Spith5ver, 1872.
La Divina Commedia è Poema Sacro (Paradiso, C. xxv),
(cosi nel Prolog^o, con efficace brevità, V egregio Autore), il quale
ha per soggetto Tuomo, rappresentato letteralmente nei tre
stati spirituali della vita futura, cioè di dannazione, di purga*
zione, e di salvazione, ed allegoricamente significato nei tre stati
della vita presente, cioè di colpa, di pentimento e di grazia.
Il fine dell* opera si ò di rimuovere V umanità dal baratro della
miseria, e indirizzarla al sommo della beatitudine (Epistola a
Can Grande). A questo fine ha Dante immaginato so stesso,
doò Tuomo, che dallo stato prossimo alla perdizione (Inferno
C. I), di gt*ado in grado procedendo per la contemplazione delle
colpe (Inferno) ai pentimento ed alla purgazione (Purgatorio)
giunga analmente al conseguimento del sommo Bene (Paradiso).
La sua peregrinazione ò un trapasso dalle tenebre alla luce,
dall'errore alla verità, dalla perdizione alla salvazione. Questo
grande concetto è diviso in tre parti, quanti sono i regni della
vita futura, e tale tripartizione corrisponde altresì alla Unità
6 Trinità divina: conciossiachò il Fattore dei miracoli per so
medesimo è tre, cioè Padre, Figliuolo e Spirito Santo, i quali
sono tre ed uno (Vita Nuova). E come la scienza di queste cose
è rivelazione divina, cosi per questa s* intende Beatrice (Convito)
la quale ò numei*o del nove, cioò miracolo della Trinità, sio-
come vedemo manifestamente che tre via tre fa nove (Vita
Nuova). Però il Poema ò diviso in tre parti, e ciascuna di esse
y Google
SITO B DELLA FIGI
della lateria ra]
i il Fattore, e 1
weto, ^ le mo]t<
invengono in que
egrinazione di I
▼ere tutti gli stj
a Dio, egli espo
erso : perocché il
ite alla Causa P
rato letterale, qi
lesto poi ò intito
scrìtto in volg
iteria per essere
rcbè Inferno, e i
Paradiso. (Epistc
)logo segue una
la descrìve Tunì
Ei, tre tavole ci ra
irgatorìo, e una
3 commentizia d<
ielle singole prìn
brevità, si può <
izione allo studic
arda il supremo
'ito deirinterpre
prìncipale; ma
a che ha disegnai
rnatore fu il Caeti
segno. Come la
a, il pennello e
i Carlo Troya, ò
to sopra rAlighi
per fiEur compren
*anti la gran mac
> di studiarle, n<
i piani ed agevc
V. Literarisches
Dani. II, 7^1.
Soluzione di alci
y Google
72
COGNIZIONI POLIGLOTTE
fj/ow. Dant, ti, 9M t 709; JV, ÌBO e 6SéJ.
Gradenioo Giangirolimo, Lettera aW Eminentiss, e U^t?.*"
SJ Card. Angelo Maria Querini intorno agi italiani che dal
secolo XI insin verso alla fine del sec. XIV seppero di Greco.
Venezia, Bettinelli, 1743. — Dante, p. 97-104.
DiONisi GiANiACOPo, Se Dante sia stato grecista. — Argo^
menti per la greca letteratura di Dante, Aned. V. Verona ,
Carattoni, 1790, p. 66-76.
Arrivabenb Ferdinando, Se Dante si conoscesse di greco.
Il Secolo di Dante, Milano, Corbetta, 1838, p. 209.
Scolari Filippo, Se Dante sapesse di Greco, Vita N. ed.
Torri. Livorno, Vannini, 1843, p. 105-109.
Cavedoni Celestino, Osservazioni critiche inforno alia que-
stione se Dante sapesse di greco, Modena, Soliani, 1860. (Estr.
dal Tomo tiii degli Opusc. Relig. Letter. e Mora'i).
ToDBSCHiNi Gius., Se Dante si sapesse di greco. Scritti su
Dante, i, 263^5.
Il Todeschini tiene per certissimo che Dante ne fosse affiitto
ignaro.
Oltre le vite del Manetti e del Filelfo, V. Negri, Storia degli
Scrittori fiorentini, p. 140. — Boesarde, presso il Pope-Blount,
censurae celebriorum auctorum, 139. — Dom. Giorgi, nelle sue
osservazioni intorno ad Emanuele Grìsolora, T. xxv^degli opu-
scoli del Calogerà. — Fontanini, Eloq. Ital., e. 15 del libro xi.
«— Lami, Novelle Letter. 1762. — Maffei Scip., V. ii delle sue
Osservaz. letter. — Pelli, Memorie, 85. — Man. Dant, ii, 304.
< Vuoisi avvertire, che lasciando così alquanto in incerto, se
Dante giungesse negli ultimi anni della sua vita a cognizione
sufficiente della lingua Greca, non si viene per nulla a scemare
la &ma di quel meraviglioso ingegno. Se egli conobbe il Greco,
allor che dava V ultima mano al suo Poema, avrassi il merito
e r onore di avere pel primo saputo illustrare il volgar nostro j
con frasi e concetti proprii della piii splendida letteratura che
mai ci fiorisse in questa terra. E posto eh* egli non mai gtun-
y Google
y Google
74 COGNIZIONI POLKILOTTB.
Se mai riesctromo, cosi il Banilai, a trovare qd lingQagrgio
atto/ a fornirci un verso identico nel suono e nella forma a
quello dantesco, e che in so distintamente comprenda T esalta*
mento del poter di Pluto, e deliberata volontà in esso d* opporsi
air ingresso di Dante, ed un conato di ribellione contro V av-
versario di ogni moie, chi non dirà allora risolto il difficile
problema, decifrato il misterioso enigma?.... Questa lingua ò
la lingua ebraica , e questo verso con leggerissime varianti ,
rese necessarie dall'indole del volgare idioma, si è appunto
quel medesimo che T Alighieri poneva in bocca al signore delle
ricchezze, al demone dell'avarizia Pape saian,pape satan cUeppe.
Abbiamo detto leggerissime variantf, dacché il verso ebraico
dovrebbe suonare: Po-po satàn, po^o satòn aleph, il quale
letteralmente tradotto vale: Qui qui saiàn, qui qui satàn è
custode (porta sbarrata). — Ogni altro potere, ogni altra
volontà deve cedere ed infrangersi innanzi al volere di Lui ed
alla sua onnipotenza in questo cerchio. Egli vi prdbisce di
più oltre procedere, ed ò ben risoluto ad impedirlo ad ogni
eostOi Ma ▼' ha di più : il po-^o satàn aleph, olU^chò l' afièr-
mazione della potenza di Pluto, riconosciuta dallo stesso Virgilio
nelle parole che poder ch'egli abbia, implica manifestamente
un conato di ribellione, inquantochò sia inteso a contestarne
la suprema autorità suirinfei*no, come altra volta le fli disputato
da Lucifero il dominio dei cieli. Nò senza ragione fece parlare
ebraico il dio dell* avarizia, chò di quei giorni usuraio ed ebreo
erano sinonimi. E T appellativo di Satan non è attributo di
Lucifero, ma di Pluto stesso, dacchò Satan, voce puramente
ebraica, vale 1* avversario, il nemico per antonomasia, colui che
& il male per la semplice voluttà di commetterlo. Dunque non
un' invocazione al suo Signore, ma V affermazione della propria
assoluta autorità implicano le parole di Pluto: Popò Satàn
aleph: qui, qui, son io che fyegUo alT ingresso.'
Tancredi G., Intorno r interpretazione del verso dantesco;
Pape satan, pape satan aleppe. Il Buonarotti, serie ii, voi. 9,
aprile 1874, p. 113-26. Roma, Tip. delle Scienze Matematiche
e Fisiche.
Sostiene l'interpretazione del prof. Domenico de Grollis
(1833, ripubblicata dal Tancredi nell'Antologia di Roma). Se-
condo il De Grollis Pape è un'interiezione greca e latina, mutata
y Google
oooNiziora pouglottb.
iti: satan, parola ebraica, e sigi
1 linguaggio franc&te, Bcritto a i
spada, Pluto, al veder Dante ve
a carne, lo crede uno di coloro
^rfeo, dì Teseo, di Enea e di alti
0 ancor morti: vincono i custo
ìo le anime de' dannati, o spiano 1
*o ingiuria. Però si accende egli
doccia, grida: Ehi un nemico! e
redi divide la sua dissertazione
»ne pape, e sul concetto generale
che i demoni parlino più lingu
1 francese ne* primordi della lingi
erpretazione con altre parole desu
>ne r interpretazione del Lanci -
si prova essere ebraiche le sudd<
^rno l'espressione aiti che il La
l contesto, il SaXhan vale seropli<
— L'invocazione di Pluto a Lu
0 del Poema. — L'opprimer Di
0 dal quarto cerchio, ripugna
0 argomento, lettera del R.® P. i
li UngtM orientali nel collegio di
elude che Dante fòsse ignaro, e
epoca, della lingua ebraica, e pe
nella stessa favella il verso: P
l'interpretazione che ne fa il Li
re una non mediocre .cognizione
neteci quel eh* egli è: Questo m
mo, allorché si propone cosa ose
1 quel che gli è il bello, si dice
I il Bargagli racconta che fino i
ioco degl'indovinelli, dove chi
le ale indovinateti quel eh* egli è
ìdo materia da tante contraddizic
^ppe, lo abbia accorciato in ale
arne il significato e feceodo giui
y Google
76 COGNIZIONI POUaLOTTE.
manda ale ale indovina quel eh* egli è, la quale poi ]
proverbio? Non mi befiate ve', lettori, rammentatevi che se ne
son dette delle più strane. Fanfani, Studi ed Osservazioni, 241.
Il Paggi vorrebbe che tutte le parole sieno ebraiche, essendo
naturale che Fiuto avesse a parlare la primitiya lingua ebraica.
E legge il verso : j)o pò Satan, pò pò Satan alef, che saona :
qui qui Satan, qui qui Satan impera. Id. 242. V. Man, JDant
li, 307; IV, 159 e 554.
Bàrzilai dott. G», Rafel mai amec zdbi almi. Disc€frso.
Trieste, Peternelli e Morterra, 1872.
Rafel mai amech Zabi almi, e nella sua costruzione e
forma originaria Be - Amech a - rafel mai? zabi le - alma!
Egli ò questo un verso formato di parole ebraiche e caldaiche
alternativamente disposte, in guisa che ad ogni parola ebraica
una caldea ne succede , verso che tradotto suona : Nel pozzo
tenebroso a che ne vieni ì Ritoma al mondo. Confutatele in-
terpretazioni dei dotti orientalisti P. Lanci e del veronese ab.
Gius. Venturi, mostra, coir autorità di Brunetto Latini, che
r ebreo ed il caldaico erano le lingue promiscuamente parlate
ed intese da Nembrott. — « E sappiate, dice Brunetto, che
nel tempo di Salem, che fii della schiatta di Sem, Nembrott
edificò la torre di Babele, ove addivenne la diversità del par-
lare, la confusione del parlare, o vuogli de' linguaggi. E Nem-
brott medesimo mutò la sua lingua di ebrea in caldea. Tesoro,
i, e. 25. Acute ed assennate ci parvero le molte ragioni con
che il S.*^ Bàrzilai si argomenta di francheggiare la sua nuova
interpretazione.
Voci siciliane, e piene tuttavia di vita
adoperate da Dante.
Accatlari - accattare. — Addumari - accendere, ardere - allumare. —
Ammttceiari - mucciare. — Assummari - assummare. — Astutare r spe-
gnere, amorzare, dial. ven. atàare - attutare. — Cumpetgna - compagnia,
voce fresca e viva nel popolo - Compagna. — Dispittu - dispetto. — > JBaer-
citu, gran quantità di persone e di animali educati insieme - Esercito. —
FallaH - fallare. — Fazzani - faccia, aspetto. — Oulari e guUari^y far
gola, bramare - golare. — Grunna e grunnUca - broncio e ingrognato,
e deriva da quel situarsi dMle palpebre a gronda quando si è tiistì in
y Google
OOGNIZIO
Gruppu - grò
arai in drago,
a - lumiera. -
tri e Amazza
affogarlo - mi
la barba; inijp
Ranti ranti •
polani di tutta
•e. — Stipari,
ìcia - vengiare
- Marino.
ricorda la voci
5 fresca tuttav
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78
DANTE E LE ARTI BELLE
CV. Mmn. Da$U. H, «S9 • 7«7; IV, iUt),
Tancredi 6., Dante e gli Artisti, Lettera ad A, Manti.
Dante Alighieri, Strenna del Buonarroti, p. 24-28.
Pardi Carmelo, Dante e V Arte Italiana, Nel giornale VArte
di Palermo, a. i, 1 giugno 1869.
Universalità del Genio di Dante. — Dante pitiore
incomparabile di caratteri e di costumi, maestro ed inspiratore
degli artisti. VArte di Palermo, a. ii, n. 21, 1 Nov. 1870; Scritti
Vari. Palermo, Tip. del Giornale, 1870-71, ii, 216^7.
Il divino poeta abbraccia tutto lo scibile umano de* suoi
tempi, come colui che descrìve a fondo V universo. Egli teolog^o
poeta, rimette in campo ciò che l' immenso ingegno dell^Àqaì-
nate compendia nella Somma teologica. Filosofo, ammiratore
di Aristotile e di Platone, seguace delle dottrine di Severino
Boezio e di Alberto Magno, approfondisce i più ardui problemi
della metafisica. « Astronomo , secondo il sistema di Tolomeo ,
svela r armonia delle rotanti sfere e le leggi che ne governano
il moto ; valente fisico, e diligentissimo osservatore delle leggi
eterne della natura, e ricco d' ogni maniera di cognizioni zoo-
logiche, e, che è piii, profondo conoscitore del cuore umano. —
Che se poi si guardi air arti belle, Dante è cosi incomparabile
pittore dei caratteri e dei costumi, e scultore dèi suoi perso-
naggi, come abile maestro e ispiratore degli artisti d'ogni
secolo e d' ogni nazione. Il Pardi ce lo rappresenta conoscitore
delle teorie dell'arti figurative in parecchi canti nei quali il
Poeta, scolare di Cimabue, amico di Giotto, di Guido e di Ca-
sella, eleva Tarte ai supremi principi! del Bello e la rende
gloriosa e bella. Da ultimo ci viene enumerando quali e quanti
lavori pittorici, scultori, poetici, musicali siano stati inspirati
dalla Divina Commedia, rassegna eruditissima, e ricca di pre-
ziose notìzie.
Inverso questo buono e desideratìssimo amico mia ben-
vogliensa fu quale piii stìHnse mai di non vista persona. Ei
bastava che gli esprimessi una voglia, perchè subito la facesse
y Google
D4NTB B U ARTI BBLLE. 79
sua, e molte volte liberameDte precorresse al dimandare. Anche
il 4 luglio, pochi giorni prima che mancasse, affidavami alcuni
suoi appunti su quali avea divisato di stendere ub articolo sui
Commeniatori siciliani di Dante, perchè me ne giovassi, pre-
sago pur troppo che non avrebbe potuto assomare il suo cam-
mino. Ecco quanto di lui mi scriveva il 24 settembre 1875
r ottimo D.*" Salv. Salomone Marino j < Del nostro povero e
pregiato Pardi le £u*ò avere, non appena stampato, il ricordo
che sta dettando il mio amico Potrò ; per ora le basti il sapere,
che il Pardi era nato a Partinico a' 6 aprile 1822, eh* era frate
sacerdote de' Minimi di S. Francesco di Paola, che avea lasciato
l'abito nel 1863, col permesso del suo Provinciale, essendo stato
chiamato a reggere il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele
di questa Palermo. Da due anni la sua salute deteriorava sen-
sibilmente; e accortocene noi amici, lo consigliavamo premu-
rosi a studiar poco, però predicammo al deserto, ch'egli se-
guitò logorarsi ostinatamente di e notte ne' suoi libri e sull'opera
a cui ultimamente con alacrità passionata attendeva, voglio dire
la Storia d^ Incisione in Italia. Di questa opera rimangono
gran numero di preziosissimi materiali, studi, note, osserva-
zioni, e una collezione di 10 a 12 mila stampe dal secolo XIV
ai dì nostri, collezione per la quale aveva egli speso ingenti
somme, e che accoglie le più pregiate stampe sì italiane che
straniere. Tutti i mmss. del Pardi, e non eran pochi, sono
passati al Pitrò, a cui, come scolare e amico de' più antichi e
fedeli, ben di ragione si doveano. Nel principio di questo anno
1875 (1) ci aocorgemmo come era assolutamente impossibile
che la vita del diletto amico potesse salvarsi, che de' suoi pol-
moni la più gran parte era consunta. Passò egli nell'aprile
fuori di dttÀ, ma inutilmente, e sempre sperando e lusingan-
dosi colla salute avvenire e designando lavori letterari futuri,
e pur sempre scrivendo, nella mattina del 24 luglio esalava lo
(IJ < Questa rìgidissima stagione invernale, scrivevami egli il 20 aprilo
iSVi, ha ccmì indebolita la mia salute, che mi rende quasi inabile ad ogni
lung-o lavoro intellettuale. Dal Natale in qua, sono alalo come confinato in
casa, recandomi solo, nella tarda ora, e m qualche rara buona priornala
ali" ufficio (era Direttore del R. Ginnasio di Sant'Anna), o a dettare con
Ttia?g!Ìor frequenza le lenoni di religione e morale alle scuoio Normali
IVoiminili. Aggiunga a ciò che, per ristorare la mal ferma salute, ho
'ioruto cambiar di casa, affittandone una in campagna fuori Porta Cuccia
al n. 65 >
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80 DANTB E LE ABTI BELLE.
spirito. Prìma di morire, avea scrìtto e stampato nelle noetre
Effemeridi un ricordo dell' illustre incisore T. Aloysio Juvara,
e sbrigò per la stampa, ma non giunse a consegnare ai tipo-
grafi, la biografia succinta di cento scrittori siciliani. Morì
onesto e fidente, com'era sempre vissuto, compianto grande-
mente da' buoni. » — E ancor prima, il 7 agosto, dandomi
r acerba ed inattesa notizia della sua morte : « Egli è passato
il 24 del p. p. luglio, e con quale angoscioso dolore mio e degli
altri amici di qui lascio di dire. Deh gli sia lieve la terra e
. pietoso l'Eterno, che quaggiù ha sofferto abbastanza! ... E pure,
anche morto, giornalisti pretofili e giornalisti pretofobi, tristi
e infami del paro, ne insultano oggi la santa memoria e la
intemerata coscienza di cattolico e d'italiano. » (1).
Povero amico mìo! La razza viperina di codesti Farisei,
dalla pelle benigna, dalla feccia d' uom giusto, non cesserà mai
di addentare i più buoni, i più operosi, e che infingere non
sanno. Ma io mi consolo nel pensiero che 1 loro strali avvelenati
più non ti possono tangere colassù, in quel miro ed angelico
tempio che solo amore e luce ha per confini. Ma cantava il
nostro divino: Mal camina Qual si fa danno del ben fare
altrui.
Raffablli march. Filippo, Panto-Pinacografia artisticcH
Dantesca, Voi. 4, (mss).
Il valentissimo mio amico, march. Filippo Raffiielli, biblio-
tecario della civica di Fermo, avea divisato di mostrare la somma
influenza dell'altissimo poeta sulla poesìa dell'arte della nazione.
I quattro volumi della sua Panto-Pinacografia £acero parte del>
Esposizione Dantesca nel 1865, e, benchò non sieuo che spogli
ed accenni, fan fede della rara accuratezza del Raccoglitore,
e della sua vasta corrispondenza co' più illustri Dantisti, e per
appurar fatti, e perchè più ordinato e più compiuto riuscisse
il lavoro, sì largamente ideato. Ed è ben doloroso che si ri-
manesse da ovra si onorata. Forse lo trattenne il pensiero che
un tale argomento era stato pur svolto nel II voi. del mio Ma-
nuale. Ad ogni modo, io ch'ebbi lungamente in mano, per
(1) < Forse non poteva piacere a cerU arraffoni ch'ei fosse tenero so-
\Taltutto del vero projg^esso della gioventù, cara speranza della patria risorta
uir onore di nazione, » e ch'essa divenisse < gioventù degna del nome
italiano, cioè sapiente e morale, virtuosa e gentile. >
y Google
DÀNTB B LB ARTI BBLLB. 81
lenza del nobile amico, i suoi appunti, da* quali
>lare per qaesto mio lavoro qualche notizia
posso non &me grata ricordanza, e non dargli
»o concetto, e per V amore operoso ed instan-
si era posto.
NFLUENZA DI DANTE
►ESIA DELL'ARTE DELLA SUA NAZIONE
rilbM. Dant. n. 9t»).
Monaco, // Qiudino universale, a Fabriano (1).
, T. IV, 350.
fzo, da Monte Rubbian^^ // Giudizio Univer^
in più parti del suo dipinto si inspirò nella
&. V. jRtcct^ Memorie degli artisti del Piceno,
ni, 1834, II, 115.
, L'Inferno, secondo T invenzione dantesca,
itologica ed astronomica del R. Palazzo del Te
Descrizione del R, Palazzo del Te in Mantova,
S.
.GiSTRis, di Caldarola. Rappresentò nella Chiesa
*ce (1518) il concetto scritturale destre regni
ed infernale che s* inchinano al nome di Gesù,
fantasia dantesca. V. Arduini Carlo, Memorie
ittà di Offida nella Marca d* Ancona. Fermo,
36.
iNisio, (a. 1601), // Paradiso, dipinto nella
ferviti di Bologna. V. Gualandi Michelangelo,
di, riguardanti le Belle Arti, Serie I. Bologna,
., // Giudizio Universale sull'orme di Dante,
tf. il Re di Baviera, per una nuova chiesa eretta
335. V. Mbum di Roma, a. ii, n. 19, p. 151.
i. Oiovanni Parrocchia il di 18 Luglio 1839, leggeva ai-
Ardenti di Viterbo una sua disseriazione sopra un'antica
nte il Giudizio Universale, che tuttavia si vede nel tempio
ore di Toscanella. Egli è d'avviso che Dante, peregri-
lo ed in Orvieto le sculture di Nicolò Pisano, ed in To-
che toglie a descrivere, e se ne abbia inspirato.
y Google
82
TELE, AFFRESCHI, SCULTURE E DISEGNI
IL GUI SOGGETTO È PRESO DALLA DIVINA COMMEDIA
CV. Mam, DaiU. ti. 890; IV, HS).
Cr«do ararti detto pili rolte, che «peMOt posando lo
•calpclloi Icffo la Divina Commodla. ih^rè.
Cherid Alfonso, di Reggio di Modena, Dante nella selva
oscura.
Raffaello cT Urbino, E come quei, che con lena afGuinata.
(Inf. 1, 2g). Nei Diluvio. V. Pistoiesi, Il Vaticano ; Quatrèmere, ecc.
OemeUi Luigi, di^julilano, Lo giorno se n* andava, e taer
bruno,,, (Inf. ii, 1). V. Atti dell'Accademia di Bologna, 1864.
PodesH Francesco, Dante nel vestibolo d'Inferno, dove aon
puniti i pigri. Disino.
Minardi Tommaso, Il Limbo (Inf. iv). Questo disegno esiste
nel palazzo Guidi di Faenza.
I grandi filosofi e poeti deir antichità (Inf. iv). Nell'Ac-
cademia di S. Luca, per legato del Minardi.
De Antoni Andrea, Gli Spiriti Magni (Inf. tv). Vi lavorò
per tre anni, non risparmiò a fatiche ed a spese per condurre
a perfezione questo ammirabile dipinto.
Podesii Francesco, Gli Spiriti Magni — Ed io fui sesto tra
cotanto senno (Inf. iv, 129). Disegno.
Allori Alessandro, Id. — TmU V ammiran, e tutti onor gli
fanno (In£ iv, 133). Imitazione, V. Vasari.
Anonimo, Dante e Virgilio che s'abbattono nell'ombre degli I
altri poeti. Nella collezione delle stoviglie dipinte, presso il
sig. cav. Domenico Mazza in Pesaro.
BigioU Filippo, Minosse. Stawi Minos orribilmente, e rin- i
ghia (Inf. v, 4).
ArienH Carlo (n. in Arcore, paese della Brianza a' 21 luglio j
1801, m. 20 lugliir 1869), Francesca di Rimini. I
BaUarini Emesto, di Bologna, Francesca e Paolo. — Poeta,
volentieri Parlerei a que^ duo, che insieme vanno, Epaion si
al vento esser leggieri. Dipinto premiato con medaglia dall' Ac-
cademia di Bologna. V. Atti del 1864.
y Google
DANTB B LB AUTI BBLLB. 83
ypo, FranceBca di Rimini, 1823. — NaoTO boz-
come corpo morto cade.
ancesco, Morte di Paolo Malatesta e di Fran-
i. BspoA. di Parigi, 1870.
^etro. Paolo e Francesca.
Carlo, Paolo e Francesca. Inc. Calamatta. V.
0, a. vin, 1846, p. 130.
, Paolo e Francesca. — Chinai il viso, e tanto 7
nchè*l Poeta mi disse: Che pensef
Vicenro, calabrese, E caddi come corpo morto
id acquerello, ripetuto tre volte,
del quadro d' Ingres.
Francesco, palermitano, Francesca di Bimini.
, da Bergamo, Paolo a Francesca di Ri mini,
"/ò, di Bergamo, Paolo e Francesca: La bocca
emante, Qmppo, Epos, del 1870; Yienn. 1873.
1 Andrea, Id. Quando leggemmo il disiato riso,
1853.
ncesco, Id. — E caddi come corpo morto cade,
ilterra.
iuliano, Francesca di Rimini, Bozzetto a matita,
co. Borgia Combo.
lo e Francesca. Espòsiz., 1872.
1, Nessun maggior dolore. Che ricordarsi del
Ila miseria. Bassorilievo sepolcrale eseguito nel
ignora inglese.
^ietro, Ercole doma Cerbero. La fiera trì&uce
lo il concetto Dantesco (Inf. vi, 12). — Afiresco
di Firenze. V. Nuovo Giornale di Pisa, Nistri,
ristofano, detto il I>oceno, Il Dio Pluto e il cane
, nicchia della gran pittura a chiaroscuro, nella
izzo di M. Sforza Almeni, nella via dei Servi a
ari, XI, 17.
libale, 11 terribilissimo Plutone e lo spaventoso
. Inc. Oliviero Dolfin. V. De Angelis, ix, 162.
Gardins, di Breda. Nel gran monumento che
lica de la Feuillade eresse, a sue spese, nella
y Google
84 DANTB B LB ARTI BBLLB.
piazsa della Vittoria a Parigi, ad onore di Luigi il Grande^
scolpi il Cerbero di Dante. V. Cicognara, Storia della Scultura,
L. VI, e. 5, p. 28.
Minardi Tommaso, Cerbero, Disegno.
Chierici Alfonso, Dante che a* incontra in Ciacco (lof. ?i, 46).
Bozzetto a olio.
Ignoto, Vid'io gente più che altrove troppa, E d'una parte
e d* altra, con grand* urli Voltando pesi per forza di poppa
(Inf. VII, 25).
Thorwaidsen, La Fortuna. — Necessità la fa esser r)eloce . . .
Volve sua spera^ e beata si gode (Inf. vu, 89). Bassorilievo se-
polcrale eseguito nel 1814 per la Simiglia Bethman di Fran-
coforte.
PodesH Francesco, F. Argenti : Allora stese al legno ambo
le mani. (Inf. viii, 40).
Bigioli Filippo, Filippo Argenti: TutU gridawino: A Fi-
lippo Argenti. Lo fiorentino spirito ìnszarro In sé medesnw
si volgea co* denti (Inf. viii, 61).
Comerio Agostino, milanese, Dante, Virgilio e Farinata
degli liberti. Nella Galleria delle pitture moderne, tra i quadri
degli alunnati di Roma.
Bompiani Roberto, Dante che fugge dopo aver veduto il
Minotauro (Inf. xii, 12). Disegno.
Servasere, Lo Duca mio eh' era salito Già sulla groppa del
fiero animale (Inf. xvii, 79).
Bianchi Giuseppe, di Cento, Quel confitto, che tu miri. Con-
sigliò i Farisei, che conventa Porre un uom per lo popolo
a' martiri (Inf. xxiii, 115). V. Atti dell' Accad. di Bologna,
1866-67.
Podesti Fr,, Dante nella bolgia dei falsari! (Inf. xxv). Di-
segno.
Chierici Alfonso, Lo stesso soggetto.
Di Chirico, Buoso da Duera (Inf. xx;^ii). Espos. perm. mil.
1875.
BeteUni Pietro, La morte del co. Ugolino. Esposto nella
sala del Campidoglio nel Concorso del 1810.
LeidÀ Gius,, da Bergamo, Morte del co. Ugolino, 1857.
Isola com. Gius., Prof, di pittui*a nell'Accad. ligustica. La
morte del co. Ugolino, gran quadro ad olio.
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D1Z«TB I LI MtTI BBLLB. 85
Lu^, di Gasalmaggìore, Copia dell* Ugoliiio del
co. Ugolino. V. Diario di Roma, Settembre, 1823.
nmtuo. Il co. Ug^no brancolante già cieco sol
uncesco, Il co. Ugolino si rode il teschio del-
luggieri : 0 tu che mostri per si bestiai segno
lui che tu ti mangi.
Luigi, Id. OnéC io mi diedi già cieco . . . Bozzetto.
f. cav, Pietro, Gaddo mi si gittò disteso a piedi.
ierre, le jeane, Vue de TEnfer avec plusieurs
I cote Yirgile et Dante. In Firenze nella prima
favole fiamminghe, al n. 41.
>. Vicenza, Da poppa stava il celestial nocchiero . . .
l insieme ad una voce... Poi fece il segno lor
(Porg. II, 43). A penna, per S. A. R. il prìncipe
di Spagna.
en. Come le pecorelle ecc. (Purg. m, 79). Nel
leandro , ossia il sao ingresso in Babilonia. Ese-
l per il palazzo Quirinale; riprodotto per S. M.
larca e per il co. di Sommariva.
tntino. Re Manfredi. Biondo era e bello (Purg. ni,
illustrato da Fr. Dall' Ongaro.
Eduardo, Re Manfredi.
"o. Dante e Buonconte (Purg. v, 88). Disegno.
\rlo. La Pia de* Tolomei (Purg. v, 132).
Frane, paesista. La Pia. — Su questo dipinto
nobiHssimi il valente poeta Ugo Antonio Amico,
tuta, 1873, p. 92.
ro. Dante e Sordello (Purg. yi, 58). Disegno.
Carlo, di Pesaro, Cartone tolto dai C. vii ed vm
[).
Andrea, Dante entro un'amena valletta posa ki
ino. Un'eterea forma di donna scende dairalto e si
mente, cui Virgilio, Sordello, Nino-Qiudice e Cor*
la fisinno gentile corona. La bellissima donna ama-
de, e pare che dica: Ison Lucia; Lasciatemi pigliar
ne. Si F agevolerò per la sua via (Jhirg. z, 52).
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86 DANTI B LB AETI BBLLB.
Oaìli Pietro, Dante portato dall'aquila (Purg. ne, 19). Disegno.
Obici prof. Qiìis., di Modena, BaBBorilievo nel quale è raf-
figurato 1* Angelo alla soglia del Purgatorio, avente la spada
in mano, e neir altra due chiavi, Vuna d^ oro e t altra d'ar-
gento. Oltre r Angelo vi è scolpita una donna genuflessa atteg-
giata a sommessione a* voleri del cielo (Purg. n). — Di com-
missione di D. Annibale Simonetti pel monumento di sua madre
da collocarsi in Ancona.
Thorwaìdsen , L*Angel che venne in terra col decreto. . . .
Come figura in terra si suggella Umile ed alta piii che
creatura. Neil* Annunxiazione della Vergine — Per il Principe
di Baviera, 1819. — V. Opere di Thorwaldsen, illustrate da
M. Missirini.
Orcagna, Le Cariatidi (Purg. x, 130).
CassioH Amos, di Asciano in quel di Siena» Provenzano
Salvani (Purg. xi, 121). V. Riv. Eur. Maggio 1874, p. 515.
Mondini Giacomo, di Verolanuova, Dante e Virgilio che
incontrano Oderisi da Gubbio (Purg. xi, 79).
RaffaeUe Sanzio, A noi venia la craatura bella (Pui^. xii, 80).
Negli Angeli che si presentano ad Abramo, nella misteriosa
valle di Mambre, per annunciargli la miracolosa fecondità di
Sara. V. Pistoiesi, Il Vaticano, Quatrèmere, ecc.
Malaiesta Adeodato, Dante e Sapia (Purg. xiu, 109). Di
proprietà del marchese Ala Ponzoni.
GaUi Pietro, Poi piovve déntro ali* alta fantasia Un crocifisso
dispettoso e fiero Nella sua vista, e cotal si morìa. Intorno ad
esso era il grande As8uei*o, Ester sua sposa e il giusto Mar-
docheo (Purg. xvn, 29). Disegno.
GaUi Pietro, Ci apparve un'ombra, e dietro a noi venia
Dappiè guardando la turba che giace, Nò ci addemmo di lei,
si parlò pria (Purg. xxi, 10).
BigioH Filippo, Virgilio e Danto che s'incontrano in Stazio.
SogUano, Corradino che viene a reclamare k ceneri di suo
figlio (Purg. xx).
Tiskbein Enrico Guglielmo, Corradino quando nella prigione
riceve T annunzio della sua condanna. V. Gherardo di Rossi,
Memorie di Belle Arti.
Beiwenuti Pietro, Parean T occhiaie anella senza gemme:
Chi nel viso d^li uomini legge omo, Ben avrìa quivi cono-
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DANTB E IX ABTI BBLLB. 87
Purg. xxin, 31). Imitazione, nel dipinto a fresco
la Cappella dei sepolcri Medicei in S. Lorenzo
file, Corso Donati a coda d^una bestia tratto
ove mai non si scolpa (Purg. xxiv, 83). Esp.
'ito, di Firenze, Dante che s* incontra in Bea-
l olio.
Antonio, da Esine, Cartone in grande per afire-
in Casal maggiore, Id. 1851.
j, Lo stesso soggetto. Dipinto illustrato da Salv.
rmo, di Cristina, 1867; e da Gius. Pitrè. —
dipinti di Dario Quarci. Palermo, di Cristina,
ncesco. Il carro di Beatrice corteggiato dalle
«I).
! Andrea, Guardami ben : ben son, ben son Bea-
mi cadder giù nel chiaro fonte (Purg. xxx, 73).
ilto m. 1, 39, largo m. 1, 88, eseguito nel 1852.
indrea, La Beatrice velata. — V. la bella De-
• & il Pardi, Opere, i, 284. .
C Vicenzo, Piccarda narra la sua vita e quella
itanza (Par. in). Acquerello nell* Album della ex
li.
», Statua dell* amor divino (Par. v).
Mterio, Buondelmonte, che passando dinanzi casa
àdonna e la sua figliuola (Par. xvi). Esposiz.
averto, Buondelmonte.
stesso soggetto.
pò, Di contro a Pietro vedi sedere Anna, Tanto
ar sua figlia — (Par. xxxii, 133). Bozzetto pel
ico della duchessa di Torlonia; dipìnto (km a
imera del palazzo Torlonia.
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88
DISEGNI, ILLUSTRAZIONI
DEL DIVINO POEMA.
(V. Mmn. ikuu. Il 9tt « 7<7; IT, M).
BatUcelU Sandro. — < Alexander Bottioellus Pictor Florent.
— Florentiam rereraus otio porro deflnebàt, commeBtariuin in
Dantem conacrìbens, et figìiraa inferni ejna oonsardnaiu qnod
opus editunu erat Gonsamtia ig^tur iia qnae Incratus foerat,
aenex tandem ad futura sua incedens, et pauper morìebatur
anno aet. suae 78 Chr. 1515. » Iaconi de Sandrart a Stochaì?.
Parte ii, 1. 2, e. A, 107. Del Botticelli e de' suoi Disegni. V. Man,
Dani. II, p. 370.
Craribbo Luigi, L'Inferno, il Pai^torio, e il Paradiso.
Tocco a penna.
Faruffini Federico e Barbieri Carlo, Disegni 54, inciai dal
Gandini. Neli'ediz. milanese della Dir. Comm. del Pagnoni, 1865,
col comento di N. Tommaseo.
Ecco come ne parla lo stesso Tommaseo : Non mi sono mai
figurato che il mio editore sig. Francesco Pagnoni, tra le altre
Budicierie che mi fece, feoesse a Dante quella di quelle sue
malcreate figure per meglio corbellare i quattromila e pia soscrit-
tori ch'egli ha, come dicono, raccattati. B io potetti a gran
pena vietare che fosse alle cantonate di Firenze affisso il ciar-
latanesco cartellone con diavoli e versiere, e nel bel mezzo
il mio nome con quel di Dante ; nò so se mi sia stata in altre
città risparmiata cotesta gogna. Ma so di avere indamo pro-
testato contro uno sproloquio fiitto da esso Editore, nel quale
•sproloquio Dante presentasi come precursore a Lutero: il quale
sproloquio ritrovo nella ristampa del mio libro &tta fiiori dei
termini pattuiti di tempo, con la calunnia aggravandosi la la-
dreria. Lettera al pietano Calcinai,
Scaramuzza prof, Francesco, di Parma (1). — La mia
(i) < ImmaffiiìAtovi oa uomo di aUtora rmgìonevole, Urchitto e agile :
«n tipo fra M&cEkoUngelo e Socrate; che tiene d^*ano e dell* altro, cosi
Jiel volto come nell'amnaa, se è vero che Socrate era meaio spiriticta
<aingolar finalità dello Scaramuaia è la credensa nello spiritiamo) : un aspetto
«ostantemente benevolo e che inspira confldensa, ma che si comprende
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DANTE B LB ASTI BBLLB. 89
ira, scrìverami egli il 7 marzo 1875, nella quale
anni lavoro, non ò ancora al suo termine; ma
» mi manterrà sano, che fra un anno e mezzo,
moltissimo, potrò averla finita, giacché non mi
rorare ad eflbtto di chiaroscuro, che 18 quadri,
i complicata composizione e quindi di non im-
di un mese ciascuno. — E nel marzo 1876
k l'ultimo tocco all' ultima delle sue ducente
HStrcmoni dantesche, disegni a penna, nei quali
ano dal più al meno venti centimetri di altezza,
foccia parere piii grandi quel magistero di chia-
del Correggio più che di nessun altro artista,
muzza pare che abbia ereditato, con altre virtù,
si poco conosciuto fuori di Parma e di Dresda. —
dell'Inferno furono esposte la prima volta a
ocfaissimi giorni, nelle feste del centenario di
r2 furono espottte a Parma quelle deirinferno
ielle del Purgatorio (oentoeettantotto). Neil' aprile
le n'ò (atta la mostra di tutte a Parma; quindi a
m Ridotto del gran teatro della Scala), in occa-
. pel centenarie di Legnano ; saranno in appresso
Qze, a Roma ed a Napoli. — Lo Scaramuzza
ì egli medesimo che le si dovesse riprodurre
ografia, la quale die' egli, ò un eccellente artista
e di cose. < B pensare, sono le sue parole, che se
eggiarsi a fierezza grave e risoluta : un parlare, un muo-
are aUa buona, come ffli ha inseonato mamma natura:
M e senza cerimonie che a ohi gu parla dà il coraggio
sue opinioni, e anche lo scherzo urbano, mandando al
rie, le srenmìexaéj le scipite simulazioni oonvenzionali.
parola italiana facile, spedita, precisa, persuasiva ; ma
»tto : quando racconta è impossibile non stare attenti :
suoi racopnti riguardano casi spiritìd. Lettore giudizioso
celienti libri, amico di parecchi aotti, Scaramuzza s'è fatta
i, nella tua sincera modestia, non sa d* avere. L'inverno,
»rta certa sua veste rossa e nera che alla persona grave^
ilva e alla barba grigia dà un aria antica e solenne: si
iella specie di toga debba uscire un ^o di ganghe cal-
iquecento. Camminatore alpestre instancabile in gioventù,
{me nggevé al tavolino sedici ore il giorno per mesi e
suo Appennino, ripiglia le sue antiche consuetudini con
Temperato (ancne troppo) nei desideri, non molestato da
\o a indolgmaa e a rasseffBasioae viriis e filosofica, sente
i forti e segreti : non si lagna mai .... L* infelice fortuna
tatttne lo «flisse molto, non lo avviM mai • non lo fece
. » A. R&ndant RivisU Internaz. i, 300. •- Fr. Scara-
11803.
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90 DANTI B LB ARTI BBLLB.
ne possono trarre migliaia di copie di ogni dimensione, senza
che mainai alteri d*un punto il disegno naturale! Ed ora che
si è trovato modo di fissarle in guisa da essere durature in
etemo, non veggo perchè si debba usare d'altro mezzo più
costoso, meno esatto e di più lunga lena. » — L' editore Giorgio
Simona di Locamo, ne ha già impreso la riproduzione. L' ese-
cuzione fii affidata al fotografo Iginio Calzolari, a Milano, che se
ne disimpegnò in modo veramente degno deirarte e del magnifico
lavoro. Ecco come ne parla la Gazzetta d' Italia dell' otto agosto
1876. — « Abbiamo visitata V Esposizione Dantesca in via dei
Buoni, palazzo Orlandini n. 2, e ne siamo usciti non solamente
soddisMti ma quasi entusiasmati per le meraviglie d' arte che
vi si ritrovano Il pensiero Dantesco ò rivestito dal valente
autore da stupendi concetti di disegno, e la interpretazione ne
sembra scrupolosamente fedele : pare impossibile che la punta
di una penna abbia potuto tratteggiare dei lavori cosi fini, cosi
delicati, cosi eleganti come le tavole illustrative del proti Sca-
ramuzza. Ci sono cosi potenti creazioni di fimtasia informate
però sempre alla verità dell'interpretazione: c'ò tanta grazia
d'arte squisita, c'è tanta conoscenza degli efieiti del disegno,
tanta bellezza di parti, tanta armonia d'insieme che noi noa
possiamo £are a meno di dichiarare le illustrazioni del proC
Scaramuzza le migliori fra quante ne abbiamo vedute della
Divina Commedia di Dante. E non possiamo neanche scegliere
fra quelle dell' Inferno, del Purgatorio, del Paradiso, perchè in
ciascuna parte del divino Poema il prof. Scaramuzza ha saputo
creare delle tavole illustrative di artistica bellezza. Vediamo
figure terribili che spaventano; volti angosciosi che destano
compassione ; angioli che innamorano. Qilei veli, quegli alberi,
quella superficie di acqua, quegli effetti di luce, quelle sfumature
delicate di contomi, quell'espressione spiccata di oggetti e di
figure e tante altre stupende bellezze bisogna avelie vedute,
come le abbiamo vedute noi, per giudicarle subito tali. Siamo
lieti di poter constatare un nuovo trionfo dell' arte italiana. ...»
Il prof. Scartazzini ben lamenta, a ragione, che un'opera
sì splendida, sì monumentale non trovi posto in ogni biblioteca
pubblica, ed il piii oncMrevole in ogni collezione dantesca anche
privata; che è dovere. di chiunque ama l'Italia e venera Dante
d' incoraggire non solo con parole ma anche coir opera chi
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DANTB E Ut AETI BBLLB. 9
mente 8*affiitìcò onde onorarli. — Ogni illa
9, è un capo d' opera d' arte e d* intelligenza
del poema. In breve, non esita a didùararl
più eccellenti che sinora abbiamo avuto sv
. 11 Borghmi, n, 62. — Dello Scaramuzza, \
i49; IT, 183 e 436. V. più sotto: Articoli critU
Ki artistici Daniescìii,
fDRBA, (m. improvviso il 23 dee. 1868 a Pa-
Dantesco.
pesta non ci avesse rapito i disegni che il Bue
u^bi margini della prima edizione della Divin
amento del Landino, T Italia avrebbe avuto l
9r Dante illustrato dal genio di Michelangek
s'ingegnò di riparare a* di nostri il D'Antoni
itigio dell'arte, volle rendere popolare le scen
mmaginato dairAlighieri , e ci lasciava, quas
ignifico Atlante Dantesco. E que' disegni son(
> non temerei di affermare che, dopo Miche
ro D'Antoni sia stato l' artista che abbia saput
)do interpretare fra noi le splendide fintasi
ntino. > Pardi, Scritti Vari, i, 283. — Il Fard
ttuoso elogio, del quale ei mi scriveva il 1'
i Senta, e veda come si senta da taluni l'ai
8 degne. — Quando io scrissi la biografìa de
, mi credetti in dovere di richiedere qualch
re, circa a talune cose che la Simiglia dovev
que altro conoscere, al fratel suo Benefìcial
Il crederebbe? Mi accolse con manifesti segxi
mi rispose che non ci era nulla d'important
de iterate istaìize, mi die' alcuni appunti eh
0 a niente. Stampata la biografia, credetti mi
me IO copie alla fìurniglia. Dopo qualche temp
le a trovarmi, mi ringrazia freddamente, e poi
un calzolaio, mi chiese quanto mi doveva. M
(degnato e rosso in viso di vergogna per lui . . .
Mttò, la spesa della stampa. Gli feci una risat
Antai lì. Che gliene pare? Or con questi esser
nulla al mondo di bene. — Lasciamoli; esi
ndo sol per fiur letame. Quello che mi addo
y Google
02 DANTE B LB ARTI BBLLB.
k>ra 8i è che non so più nnlla di quel magnifico Atlante Dan-
tesco, al quale il D'Antoni aveva consacrato tutta una vita di
studi, e che ove fossero altri i parenti, ricdii come sono, lo
avrebbero &tto conoscere per la stampa. E sarà intanto pol-
veroso e dimenticato in qualche angolo delle stanze. Se potessi
e volessi avvicinare questo S.' Beneficiale vorrei consigliarlo
di regalare quest'Album o Atlante Dantesco al Museo. Vorrei
pregarlo percbò mi lasciasse vedere, studiare, illustrare le stampe
e i disegni del compianto da pochissimi amici Andrea D' An-
toni »
La Raccolta dantesca, formante parte della Biblioteca cosi
detta del ramo secondogenito della casa di Sassonia, va certe
annoverata tra le piii ricche ch'io conosca. Ma forse non trov£
paragone Y Album Ikaniesco, che conta da ben cento disegni
originali, lavoro de' piii valenti artisti alemanni. Di questi 6C
illustrarono l'Inferno, 20 il Purgatorio, 18 il Paradiso, senza
contare gli splendidi disegni di Bonaventura Emler che rap-
presentano i tre regni (Roma 1858-60) e che vennero nel ld6€
riprodotti in fotografia da Haana Hanfetaengel. Il famoso pittore
Koch, tirolese, ammiratore dell'Alighieri e studiosissimo de
sacrato poema ne condusse a penna, 39. — Gli altri vennen
operati dal D'Andrea (2) ; dall* Arrigoni, dal B&hr, dal Bary, da
Baur, dal Begas, dal Bendemann, dal Garus (3), dal ComeHus
dal Deger, dall'Eich, dall' Ehrhardt, dal Faber, dal de F&hrìch
dal Genelli, dal Gonne, dal Grosse, dal Bàhnel, dal Hennìg, da
Hensel, dal Hess, dal Huìmer (2), dal JSger, dall' Ittenbacfa
dal Kau^achy dal Lessing, dal Mntrop, dal Mucke, dal MuUer
dai Neher, dal Peschel (3), dal Rethel, dal ReUseh (4), da
Richter (2), dal Rietschel, dal Kumobor, dallo Schnorr, dalli
Sch5nherr (2), dallo Schraudolph, dallo SckuHff, dal de Sefwnné
dallo Steinle, dal Yeit, e dal VogeL
y Google
d3
I, STATUE ED ALTRI DIPINTI
5GU-VRDANTI DANTE ALIGHIERI.
'Man. DtmU U, 9U t jm; IV, i98 « ataj.
Andrea, di Bartol. di Simone (n. 1396). Intera
e. Nel palazzo Carducci. V. Vasari, toI. it.
(1426), Mezza figura. Presso il S/ Domenico
sevsrino. Ne trasse una copia il prof. Filippo
itessa Borgia Combò (ora a Macerata presso
accialupi).
rbìno, di Giovanni Santi (1483), Figura intera,
ìT la scuola di Atene. Nella Collezione di di-
Arciduca Carlo d'Austria. Il Cartone originale
ambrosiana di Milano. V. Quatrèmere,
Cesco, da Spoleto, Dipinto in tavola. Per la
lU.
'Hssimo (deir) Cristofano o Tofano (di Papi),
>, — < Suir esempio di Paolo Giovio, Cosimo I
fascia del cornicione de' due muri laterali dei
della Galleria, fece dipingere da Cristoforo
imo i ritratti degli uomini illustri , tra' quali
> Zacchiroli, p. 96.
ippo, Dante e Beatrice. Per lord Clamvillion di
Lti ine. La Beatrice venne ritratta dalla Costaza
s.. Dante e Beatrice. Nel gran finestrone per
Brasile, e del Palazzo R. di Torino.
pò. Nel palazzo Torlonia.
fico. Sul volto di una campata della nave si-
nica di S. Michele Maggiore di Pavia (1).
nel 1865 fu da tutta Italia solennizzato il seoenUnino
Alighieri, la Fabbricieria della Reale Basilica di S. Mi-
Pavia, desiderosa di partecipare in gualche modo alla
naie, ortlino che venisse fatta nel S. >rich*^le tma pittura
sentato il Genio rivivente a Dio. La fluirà dell' Aliphiori
a Sapienza, che, com'egli scrisse, è fonte onde opni Ver
astato ad esprimere il nobile concetto, ma la Fabbriceria
a lui si vedessero S. Severino Boezio, S. Tommaso
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94 DAMTB B LB AETI BBLLE.
CoghetH Francesco, di Bergamo. Nel Parnaso, in una sala
del principe Torlonia, 1839.
Corot, Dante. Il Corot mai non volle vendere questo suo
dipinto. Egli legatalo al Museo del Louvre. Il Corot mori a
Parigi ne' suoi 79 anni, T undici febbraio 1875.
Peschiera Federigo, NeirApoteosi di Fr. Ferrucci.
Podesti Francesco. Nel primo Parnaso, ossia T incorona-
zione del Panni. — Nel trionfo della Fama del Petrarca. —
Dante e Beatrice. Disegno.
Pietrasanta Angelo, Dante, 1876.
Rosei Fortunaio, bolognese, del Sasso. Mezza figura, dipinta
nel 1832. Nella Pinacoteca di Bologna, Sala Curlandese (l).
Pisani, Dante, in bronzo. Nel R. Gabinetto numismatico.
Angelini e Solari, Monumento a Dante Alighieri.
È nel mezzo della piazza del Mercatello, detta di poi Piazsa Dante,
senza dubbio una delle più belle di Napoli. Il Consiglio manicipale di
Napoli deliberò nel 1867 di far sorgere un monumento a Dante ohe nella
sua maestà rappresentasse la grandezza italiana, dando all'Angelini ed al
Solari r incarico di scolpire la statua colossale del gran Poeta. S* aprirono
sottoscrizioni, e soprattutto l'illustre prof. Sottembrini con queir ardore che
gli è proprio In tutto ciò che formi il meglio della patria, s'adoperò perchè
r opera andasse innanzi. Furono intrapresi in effetto ben -presto i lavori,
ma di li a non molto dovettero sospendersi, cosicché il monumento rimase
pressoché abbandonato fino al 1871. In quell'anno, lo stesso prof. Settem-
d' Aquino, e il giureconsulto pavese B. Lanfranco, morto arcivescovo a
Cantorbery. Intorno a Boezio, in atto meditabondo, leggonsi queste parole :
S. Severinut Boelhitts mart. Senator ronuinus; in un piccolo soomparto
a destra del riguardante è delineata l'antica torre di Boezio, in quello a
sinistra la facciata della Basilica di S. Pietro in ciel d* oro. C. DeìrAjequa,
Sev. Boesìo, ProfitD storico-biografico, p. 31.
(1) L' efflffie del divin Poeta trovo posto perfino ne' biglietti da L. una
della Banca Nazionale. G. Procacci, su tale argomento, dettava il seguente
sonetto :
Tempo già fa che nella sua sembianza
Qli esuli nostri, q esule cantore.
Se illanguidiva il fior della speranza
Gonsolavan di sacra ira il dolore.
Poi quando Italia nella sua possanza
liuppe de' lacci antichi il disonore.
Al simulacro tuo con esultanza
Venne e il primo recò voto del core.
Ma con più savio ed utile pensiero
Firenze la sua fama oggi rinfranca,
E ti discrede falso e baratliero.
Or la pubblica fede a te non manca,
E nraman tutti il tuo sembiante vero
Nereggiante ne' bei fogli di banca.
y Google
DA^NTS B LB ARTI BBLLB. 95
t premuro ti deve tenui dubbio in mtttimt parte il
tt beli* opera , fece qnant' era in tuo potere pretto di
mento foste menato a termine. A lui t'aggiunterò il
illuatri italiani con viatote tomme all'opera, ticchè i
nente rioominciati. Goti finalmente nel 18 luglio dello
Brti compiuto il monumento e Ai acorerta la ttatua.
Il' è più grande di quelli finora eretti in Italia a Dante,
Ite ottagonale di pietra con doppio gradino alle quattro
ft quale poggia un ampio batamento in forma pritma-
eotito di marmo bianco : tu d' etto mediante un doppio
marmo aorge un'altra baae tnperiore più alta e più
)rìama parallelepipedo che aoatiene la atatua del divino
mento, opera del Rtfga, è di ttile totcano, e toltanto
della bate tuperiore tono tcolpiti con molta accumezta
»tici. V*ha però nel tutto quella nuda aemplicità che
ho ritponde appieno alla aevera maettà del toggetto;
aamento, tolo quelle linee larghe, tpiccate, quati aim*
le creazioni danteache, e ti danno un' armonica unità,
lelicateaza unita alla maettà, 1* eleganza alla templicità,
l terenità greca apoeata alla dignità romana, la quale
i racchiude in te steato e ti richiama a contemplare li
gran Poeta; opera degli egregi artitti Angelini e
* altri belliaainù lavori. — La atatua coloaaale in marmo
. 50 e peaa circa 200 quintali. Il poeta ata dritto, col
A avanti; l'ampio lucco gli ditcende fino ai piedi, e
ii alloro gli catca tulle tpalle il cappuccio. Colla deatra
una colonnina apirale che gli ata di lato il suo volume.
Ha t tetta colonna: col braccio ainittro, eh' è il tolo
atera' matta, è in atto di mostrare agli italiani la via
apirata unità e ridiventar grandi, ed in quell' atto ai
se che fluttuano confutamente nell'animo a chi guarda,
el volto dignitoao e tevero ti legge un cotal dolore,
opagno a Dante nella vita per lo atrazio di veder la
tutta lacerata dai partiti; ma gli traspare la ticurezza,
o del trionfo. C'è in quella fitonomia l'altero ghibel-
etso, e ad un tempo il genio sublime che abbraccia i
colui che fu fatto per pM anni macro da quel poema
, e col quale creando un intero mondo, che tuttora ai
>iù gran poeta del Crittianetimo, il più grande genio
trarre di tali uomini, il cui aolo nome a'etprime un
e pentiero vive dopo tecoli tuttora gigante, l'artitta
lucer tè ttetto per incarnar l' eaprestione del suo tipo
Dgelini e il Solari ciò hanno ottenuto. Certamente V oc-
e tcorgere nella loro atatua qualche difetto (e quale
iva?) come per et. quel gestire del braccio sinistro
inerte; ma nell' astieme dell' etpressione la loro statua
le t' ispira rispetto e riverenza perchè rivela la potenza
andezsa del pensiero che l'animò per tutta la vita . . .
ustrazione popolare 1873, 19 Ottobre, p. 395.
y Google
96 PANTB B US ARTI BBLLB.
Armstead, Dante di tutta la persona. Nel monumeiito, Me-
moriale Alberto, The Aibens Memorial, eretto dalla regÌDi
Vittoria d'Inghilterra al defunto principe suo marito. — I li
neamenti sono perfetti nella gentileaaa severa del suo nobiU
volto, nell* attitudine egregiamente indovinata e resa.
Baratta E., Busto, di commissione del D.*" J. C. Hacke vai
Mijnden, di Amsterdam, insigne traduttore della Divina Commedia
Benzoni G. M., Dante, Statua, per il principe di Campo-
reale a Palermo, 1859.
Buzzi Giovanni Luigi, di Milano. Dante, Statua. Esposiz
univ. di Filadelfia, 1876.
CimletH Andrea, di Palermo. Dante si mostra nello sguard
e neir attitudine tutto commosso alla prima vista al primo Bor
riso di Beatrice. Statua, illustrata da Fr. Dall' Ongaro. Espos
mil. 1872.
Costali, Statuetta.
Dini Emesto, Dante e Beatrice in vicendevole contempla
zione. — Gruppetto.
Dupró G., Esposiz. univ di Filadelfia, 1876. — È il Dani
di una positura semplice e grave, austero nel giovanile por
lamento, senza accomodata ricerca di pieghe, quale in sommi
poteva essere uno sdegnoso e schietto figlio di quel secolo
parco di parole ma profuso di magnanimi fatti. QueUa fi-ont
pensosa, in cui forse in quel momento balena Talto concett
della Divina Commedia, ò' ferma, come l'anima, è sclu^ta
sdegnosa come il suo cuore — 1847. -— V. Mondo Illustrate
27 marzo 1847, p. 198.
Nel Trionfo della Croce.
L'Alighieri nel mio bassorilievo non doveva mancare; sì perchè cap
de' poeti cristiani, si perchè nella Cantica terza del suo poema ù descriv
il trionfo di Cristo, e per la raccolta di questo fratto gira (egli dice) og-i
sfera do' cieli Credo averti detto altre volte, che spesso, posando g-
scalpelli, leffgo la Divina Commedia. Poni mente; l'Alighieri sta ivi, no
solo invece di tutti i poeti cristiani, ma di tutta la cristiana letteratura,
meglio, di tutte l' arti cristiane del bello. Li, sotto il lacco di Dente s' ascoi
dono i poeti e gli artisti; sotto l'ultimo lembo mi ci rimpiatto anch'io..
Mi piace che tu abbia elogiato Dante pensoso , non arcigno ; e god
altresì tu gli abbia mantenuto le fattezze magre, di forte rilievo, semplic
compunte, quali d'età in età gli sogliono dare pittori e scultori. A. Cont
Giov. Duprè e dell'Arte, Dialogo L Cose di Storia e d'Arte, p. 254.
Ferravi Luiffi, Busto. Nella Pinacoteca di Vicenza, 1874
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DANTE E LE ARTI BELLE. 97
:ola, da Carrara, Busto. Espos. mil. 1838.
di Bergamo, Busto.
di Firenze, Dante Alighieri, Statua. Esposiz.
a, 1876.
io, Medaglione in gesso, donato dall'Autore al
no. Espos. ven. 1865.
'imo\ Dante, Bassorilievo, 1810. Di commis-
[ini che lo collocò nella sua villa a Mamoransi,
sio.
^ella passeggiata del Pincio. Fu scolpito nel
irezione del Tadolini.
) circolare del diametro di 9 1/2 sul cui centro
con ai lati due togate persone, alle tempia
lonne, coronate di peneia fronda, stanno per
Dna che hanno nella destra. Son essi Dante e
facelle dell'amor loro Beatrice e Laura. » —
^useo degli awm del co. Girolamo Possenti di
437, p. 20.
bone in avorio, rappresentante in tondo Dante
ce con la Morte che li congiunge. Id, al n. 536.
»antè Alighieri, busto veduto di profilo, piccola
io del S.^ Angelo Olivero, cappellaio in Torino,
Espos. tor. 1844.
jnì con l'effigie di Dante e di Beatrice, nel
pollice e 4 linee, intagliati nella prima metà
castonati in un cerchio di elegantissimo lavoro
Trovavasi presso il co. Rizzo Pater ol di Ve-
lara. Memorie sulla Calcografia, 225.
untissima con sopravi i ritratti di Dante e del
^neva al card. Bembo. V. Cicognara, Memorie
i, 84.
idreperla. Era posseduto dal professor Missirini.
Roma. Dal suo studio uscirono alcuni episodi
i Divina Commedia. V. Moroni, Dizionario di
9.
andrò, Ritratto di Dante in Agata onice di
I il rilievo bianco. — Per V Elettore Palatmo. —
^ le Belle Arti, Roma, Pagliarini, i, 86.
7
y Google
98 DANTB B LB ARTI BBLLB.
MM*chant Natale, inglese, Ritratto di Dante, inciso in una
gemma. Per Vittorio Alfieri, là. 50.
Dupré G., Beatrice, Busto, 1847.
Metti Raimondo, di Firenze, Beatrice, Busto, 1876.
Magni Pietro, Beatrice. Statua.
DIPINTI E DISEGNI
RIGUARDANTI LA \1TA DI DANTE ALIGHIERI
CK. Jfen. Dant. Il, 4M « 75»/ tV, IMJ.
Morani prof. Yicenso, dì Napoli, € Accorgendomi del mio
travagliare, levai gli occhi per vedere se altri mi vedesse. Allora
vidi una gentil donna, giovane e bella molto, la quale da una
finestra mi riguardava sì pietosamente quanto alla vista, che
tutta la pietà pareva in lei raccolta. > Vita Nuova, xxxvi. —
V. Atti deirAccad. di Bologna, 1863, p. 5.
ly Ancona Vito, Il giovinetto Dante nel di che Beatrice lo
saluta. Ottenne la medaglia d'oro alla Esposizione Italiana di
Firenze nel 1861 ; è posseduto presentemente dal sig. co. Mi-
chele Corinaldi di Padova.
Bompiani Roberto, Dante esule sui monti appennini, Scena
verso notte. Schizzo per Album.
De Paris Carlo, Paesaggio storico rappresentante T esule
Dante Alighieri che dall' alto di un colle guarda Firenze da |
lui tanto vilipesa e tanto amata. Espos. 1846. |
Podesti Francesco, U incontro di Dante con jCastruodo Ca-
stracani negli appennini. Il pensiero fu preso dalla cantica di
P. Costa. Bozzetto ad acquerello.
Minardi Tommaso, Dante ricoverato noli' ostello di Bosone.
Bozzetto.
Margarucci prof,, Dante al castello di ColmoUaro. Di prop,
del march. Francesco Raffiielli.
Chialli prof Vicenzo, Dante, esule, errante nei pacifici chic-]
stri dell'Avellana, in cerca dell'amico Moncone. Esposiz. mil.
1838. V. l'elogio del Pancrazi. Pistoia, Cino, 1842 e la Relaz*
che ne fece Giamb. Brilli. Pistoia, Cino, 1838.
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DANTB E LE ABTI BELLE. 99
peregnrinando entra nel convento dei monaci Ago-
3orvo in Lunigiana. Frate Ilario, Priore, che solo
conosceva, dimandandogli che ricercasse, e da quello
ice, gii chiede chi sia ; Dante si nomina, e vedendo
le Frate Ilario scendere a luì con raro affetto e
i trae dal seno un libro contenente parte della Com-
i offre, dicendogli : Frate, ecco parte dell' opera mia,
non veduta. Questa ricordanza ti lascio, non ob-
pittore rappresenterà il gran Poeta sul momento
gd Frate il libro. > — Programma di concorso ai
li di pittm*a dell'Accademia di Milano per il 1845.
le, napolitano. Dante a Montecorvo.
Tommaso, Dante nello studio di Oderisi, bozzetto.
Dante visitato da Giotto. Dipinto in ta<rola. Nel pa-
relli di Firenze.
pittore tedesco, Dante nello studio di Giotto.
it Ercole, Dante ricevuto dai signori Polentani in
W9.
prof, Andrea, Dante, in casa dei Polenta, legge il
ancesca.
Vicenzo, romano. Dante che legge a Guido Novello
, parte dell'immortale poema, Bozzetto a colori.
illa co. Borgia Combo, 1857.
Francesco, Dante allo studio di Giotto, in una sala
ù di Ravenna. Vien ritratto nel punto in cui Til-
Bllino avella alla domestica con Giotto, e gli va
a narrazione dei fatti descritti nell* Apocalisse. Il
<rendo i lumi opportuni, va con la matita segnando
le prime linee della composizione perchè abbia a
pondente ai concetti del Poeta. Le pitture furono
) da Giotto nella chiesa di S. Chiara a Napoli. Il
Podesti è in Francia presso il sig. co. de Chateau-
inciso a Milano nell'Ape italiana T. vin dal Met-
disegno del Guglielmi: fu prima inciso a tutts
i Fr. Clerici. V. L' Ape italiana delle Belle Arti di
V, p. 143.
ich Anselmo, Dante alla corte di Guido da Polenta
ione, 25 Marzo 1866, n. 117.
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100 DANTE E LE ARTI BELLE.
Mazzia Angelo Maria, prof, di disegno neir Instituto di
Napoli, Dante, quadro apocalittico. — « Ei scende lieve lieve
dall'Eliso dove dimora, non sapresti dire, se ombra o uomo
certo, illuminato da una luce spirituale e divina, scende tra i
bronchi e i cardi spinosi di questa terra, e si affisa a Roma,
avvolta ancora nelle tenebre del doppio serraggio. Ma il poeta
che lesse nelle pagine del destino la sorte riserbata all'Italia,
guarda codeste ruine collo sguardo sereno e fidente di chi
prevede un più bell'avvenire. »
TadoUni Adamo, bolognese. « Un implacabile destino, di-
cono i biografi, perseguitò Dante fin nella tomba. Imperocché,
avvenuta la cacciata di Guido Novello da Ravenna, i suoi ne-
mici si posero in animo di volerne manomettere e profanare
perfino il sepolcro. E diffatti vi fu questione se il corpo del
poeta si dovesse disumare e consegnare alle fiamme, mercè il
qual misfatto si sarebbe condotto ad effetto l' odioso decreto di
Firenze. Ciò fé' nascere al Tadolini il pensiero di porre in
flcoltura un tal fatto, ma compiutone lo schizzo in disegno, si
rimase dall' eseguirne l' opera, non reggendogli V animo di rap-
presentare un tale atto sacrilego che disonora T Italia. >
Marianini Annibale, Francesco da Buti che legge il Dante
nell'Ateneo Pisano, riaperto per cura di Bonifazio Novello della
Gherardesca. V. Studi inediti di Dante Alighieri, p. 125.
ARTICOLI CRITICI
su ALCUNI SOGGETTI ARTISTICI DANTESCHI
(V, Man. Dtmt, IV, a09J,
Giotto. Notizie sopra il Ritratto di Dante dipinto da Criotto.
Strenna Fiorentina, a. ii, 1844. V. Man. Dant ii, 388, 788; iv, 47.
Io non posso non pubblicare la lettera che sul Ritratto di
Dante, dipinto da Giotto, indirizzava ai marchese Capponi T in-
signe Dantista Michdangelo Caetani, Duca di Sermoneta.
Pregiatiss, Sig, Marchese.
Della figura di Dante AUighieri ritratta da Giotto nella
Cappella de' Priori in Firenze, di cui Ella si è compiaciuta
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DANTE E LE ARTI BELLE. 101
LO che io vi avessi osservato, debbo narrarle che
ta venne discoperta e fu pubblicata in stampa, si
con un fiore nella mano destra che fu cagione di
etazioni che da molti si fecero per render ragione
ficato. Il professore Pietro Venturi, mio amicissimo
più diligenti e studiosi delle cose dantesche, cre-
l disegno raffigurare non già un fiore ma bensì le
!be tali veramente sembrano que^due pomi appic-
che nella stampa pare essere in mano di Dante.
sottilmente immaginare che tale rappresentanza
re stata &tta dal pittore in allusione a cosa scrit-
tica, come per significare la teologia, scienza del-
ìuantunque più conveniente si fosse questa inter-
Ila persona di Dante ed al luogo sagro in cui ve-
, e men disdicevole che la comune spiegazione che
Duplice fiore come postogli in mano per attributo
»ri, pure non seppi confermarmi a credere nulla
a che io visitato non avessi T originale dipinto, e
*vata la cosa sulla foccia del luogo. Ciò non mi
che nell'anno 1844, e che avendo potuto per pochi
mi in Firenze fui tosto a visitare con grandissima
»ta preziosa reliquia dell' arte, nella quale ò doppio
osiderando V operante e T operato che rappresenta,
tto dair eruditissimo mio amico S.' Luigi Passerini,
vorirmi di sua dotta e cara compagnia. Siccome
o nella Cappella de* Priori, e a rimpetto dell' ima-
ighieri
qfuasi peregrio, che si ricrea
Nel tempio del suo voto rigaardando,
E spera già ridir com* elio atea.
Kicorrenza di molta osservazione come la cosa si
la destra di Dante sparire il fiore e le melegrane,
che male veniva espresso in quella stampa già da
DÒ più far duopo d'interpretazione e di allegorie
In questo dipinto adimque è rappresentato tra le
e le quali si approssimano al luogo ov' essef dovea
'imagine a cui la Cappella era dedicata, compera
ittnre de' sagri luoghi a' que' tempi. Alla diritta poi
y Google ^
102 DANTB B LK ARTI BELLE.
dell^Àlighieri, un poco a lui innanzi, vi ò ritratta altra persona,
la quale è ancor meno conservata, e su questa campe^ia la
mano diritta di Dante in atto raccolto e alquanto socchiusa,
e precisamente sulla veste rabescata a fiori o melagrane che
a detta seconda figura si appartiene, e tale ornato di veste
e tessuto con detti fiori di bianco sopra fondo rosso che og-
gimai è quasi svanito. I danni del tempo hanno alquanto con-
fuso i vari piani in cui sono espresse le figure dal pittore, che
in quella al di là di Dante volle far mostra di più vago vesti-
mento e degno di gran cittadino, e quale forse può esser stato
messer Corso Donati, di cui fa menzione il Vasari, se mai
piacesse ad alcuno andar indovinando da questi leggeri indizj.
A me basta Taver osservato come stesse l'opera veramente,
e soprattuto la soavissima espressione del viso deirAllighierì,
quale era stato da vivo realmente ritratto dal suo Giotto, e
quale esser dovea la sembianza del cantore della celeste Bea-
trice, ben diversa da quella figura accigliata e severa che si
finse di lui tanto più tardi dall'arte del XVI secolo.
Ecco, signor Marchese pregiatissimo, quanto io posso dirle
intorno a questo soggetto, che finché durerà a dispetto delle
ingiurie del tempo potrà mostrarsi a ciascuno per testimoniare
se io abbia veduto il vero in ciò che le ho narrato.
Con questo mi abbia sempre con tutta stima ed ossequio
per suo
Di Roma, ai 15 di Maggio 1855.
« La lettura della sua lettera, scrivevagli Gaetano Trevisani,
(9 aprile 1859) mi è riuscita gustosissima,... per le cose os-
servate intorno alla rosa posta in mano a Dante nel ritratto
di Giotto. Mi paiono cose si vere che, se fosse lecita la ma-
raviglia, mi maraviglierei dell'ostinazione di chi, non ostante
a tali osservazioni, ha voluto ritener quella rosa, e, che peggio
è, farne argomento di commenti ; è il caso del dente d' oro ! ... »
Flaxman Giovanni. — Delle differenze tra le arti parlate e le
rappresentative; e della Divina Commedia figurata dal Flax^
man. Lezione di Francesco Ambrosoli. (Scritti letterari editi
ed inediti, voi. i, pag. 389-402). V. Man. Dant ii, 373; iv, 86.
In questa Lezione l' Ambrosoli non prende ad esaminare tutti
i disegni del Flaxman, ma tre solamente. Il primo corrisponde^
y Google
DANTE B LE ARTI BELLE. 103
dici terzine del canto xni delT Inferno : il secondo
)na del canto xni del Purgatorio: il terzo alle
L e undecima del canto vii del Purgatorio.
primo disegno TAmbrosoli disapprova che il
Tonchi degli alberi abbia fatto apparire più o
ni di umane figure, e che in quello a cui Dante e
0 intomo abbia rappresentato assai chiaramente
per dolore si accoscia, e solleva al tempo stesso
n tanto tramutate in rami, che non conservino
imitiva figura^ e che nel mezzo di questi rami,
accia, sia evidente la testa di un uomo in gran
imente osserva che ogni forma d'uomo visibile
$, dovendo apparire visibile anche a colui che
toglie ogni effetto di questa poetica imaginazione,
ebbe per avventura scusarsi dicendo che, se non
ella sua invenzione, gli sarebbe stato impossibile
rdanti Tidea di un albero animato e parlante,
ponde TAmbrosoli air obiezione); ma sarà vero
poesia è qui grande e di grande effetto, benché
di essere convertita in imagine per lo sguardo.
ebbe potuto accostarsi un po' meglio alla poesia,
si fosse attenuto alle due terzine seguenti. Perchè
1 del sangue fuor delle schegge; Virgilio in atto
parola o voce qualunque che uscisse dall'albero ;
il pentimento e il terrore si lascia cader di mano
lai luogo dove il sangue prodigiosamente ribolle:
mestizia che un buon pittore può diffondere
1 bosco : tutto questo potrebbe, se non esprimere
ilmeno in parte accostarsi all'idea del poeta,
ili biasima poi il Flaxman di averci messo dinanzi
) a viva forza schianta un ramo picciolo si, ma
cogliersi o troncarsi con una mano; mentre nel
: AUor porsi la mano un poco avante — E colsi
da un gran pruno — ; e aggiunge che quella
>ia con la quale si vede schiantare il ramo è con-
enzione dell' autore.
secondo disegno, sotto del quale è scritta la ter-
<3^to xui del Purgatorio, ecco le riflessioni del-
rediamo rappresentati i due poeti solinghi in un
y Google
104 DANTE B LB ARTI BBLLB.
luogo deserto, e sovr^essi neiralto, come portati dalle nubi, àui
giovani ignudi, senz*ali, che attraTersano Varia. Virgilio ts
innanzi pensoso: Dante 8*è fermato, e s* affissa col volto ii
que* giovani. Io dico: si affìssa in que' giovani; è così direbbe
chiunque vedesse il disegno: e par naturale che Tuomo s
fermi attonito a tanto prodigio qual è quello di corpi umani
volanti pel vano dell* aere senz* avere alcun indizio o d*ale i
d'altro, che ci &ccia riconoscere in loro esseri non soggett
alle leggi della materia. Ma sotto al disegno sono scrìtti i vers
del testo: E verso noi venir furon sentiti. — Non però visti
spii iti, parlando — Alla mensa d' amor cortesi inviti. — ÀUon
noi ci accorgiamo che Dante non guarda, ma ascolta; e rìcor
dandoci di quella stupenda invenzione deirAUighieri , il qual^
iraaginò che, a purgare intieramente le anime dair invidia
volassero per V aria spiriti non rednti che proferivan sentenzi
e consigli di carità e d* amore, non possiamo trattenerci da
condannare F artista che volle costrìngere la sua arte a quelli
che non le ò dato di &re. Qui veramente sarebbe a propositi
quel verso dell' Arìosto nel Negromante: Come si può veder
se va invisibile f
Quanto al terzo disegno, TAmbrosoli riconosce che sarebb
difficile imaginare o disporre con più bel garbo di quello ch(
abbia &tto il Flaxman una moltitudine di bambini graziosamenti
atteggiati e aggruppati amorevolmente fra loro; i quaU tuli
fendono l'aere quasi volando. Alcuni dinanzi e già molto di
Inngati nel vano, coi loro gesti in&ntili mostrano che li rall^^
e li alletti la vista di qualche oggetto che non apparisce all<
spettatore; gli ultimi invece si stringono fra loro come coK
da gran timore, e par che s*affirettino di raggiungere gli altri
Ma dietro a quegli innocenti il Flaxman effigiò la Morte li
tutta quella deformità che i primi artisti crìstiani le hanno dats
La persona del brutto fentasima è coperta e tolta allo sguardi
da una specie di nebbia; ma si vedono il teschio e una man<
scarna ed unghiuta. Le occhiaie son vuote; le nari sono coi
rose; non vi è pure la pelle sulle ossa: ma nella bocca spalancai
è una doppia fila di denti con singolare apparenza di robustezzi
e significazione ancor più evidente di rabbia. E ciò è riproTat
dall' Ambrosoli. All'aspetto di questo mostro, dinanzi al qual
fugge attonita quella moltitudine di pargoletti, nò tanto pn
y Google
DANTB E IJB ARTI BBLLB. 105
g^U ultimi non abbiano ancora i piccioli piedi
▼ano dell'immensa bocca; a tale aspetto (dice
10 professore) noi domandiamo: qual colpa ò
punita in quelle anime, il cui soggiorno nel
ito esser si bre?e? Cercando poi nel poema i
lenti a questo disegno, troviamo che Virgilio
il Purgatorio dice al suo concittadino Sordello :
, non tristo da martiri, — Ma di tenebre soloj
~ Non suonan come guai, ma son sospiri. —
parroli innocenti — Da* denti morsi della Morte,
fosser dall'umana colpa esenti. — E quindi ci
il Flazman ò caduto nell' errore di considerare
ncipale dell'idea una metafora, della quale il
1 esprimerla. I denti della Morte, nel linguaggio
^no altro che la morte stessa: il concetto del-
risguarda il modo di morire, ma la condizione
ino nel limbo; e questa condizione tutta nega-
I, senza martiri, senza guai) non poteva esser
arti rappresentative.
i crede che l'opera del Flaxman debba essere
le una traduzione; e stima censurabile il divi-
nata. Dai grandi poeti (egli scrive sapientemente)
ire molte belle imaginazioni per le arti rappre-
)ropor8Ì di trame le imagini belle e fatte è un
ì. V arte, un supporre che la diversità dei mezzi
quali cotesti mezzi son destinati a fare impres-
>ano entrare nelle considerazioni dell'artista. ....
), se avesse dovuto disegnare o scolpire, avrebbe
:he delle idee che noi ammiriamo nel suo poema;
o di trasformarle in imagini, le avrebbe vedute
e, e pigliar tal figura da produrre un effetto
Ho eh' egli desiderava ; e qualche volta eziandio
vata l'idea, e rifiutati alcuni accessorii che andò
arcando ; perchò avrebbe trovato che, sottoposto
concetto principale, potea diventare efficace di
senza il corredo o il soccorso di queste parti
>RÈ. — Róndani Alberto, Scritti d'Arte. Parma,
141-148 (V. Man, DanU ii, 383; iv, 178, 185),
y Google
106 DiLNTB E LE ARTI BELLE.
ScARABCUZZA Fràngbsoo. — ScarabelU Luciano, Confron4
critici instiiuiti alle illustrazioni figurative della Divina Conu
media dagU arHsti Dorè e Scaramuzza, Piacenza, Tedeschi,
1874, in 8**, di p. 220. — Voi. 3 pubblicati da Giorgio Simonai
edit. delle Illustrazioni sulla Divina Comedia del prof. Sca^
ramuzza. Locamo, Svizzera, 1875-76.
« Lo Scarabelli, per le illustrazioni date al solo Inferno
dantesco dal Dorò e dallo Scaramuzza, ha fatto i confironti cri-
tici in un voi. forte di 220 pag. in 8^; più letterarìi e storici,
è vero, che tecnicamente artistici; tuttavia, se gli artisti li
credono un lavoro letterario maggiore che non sia, e i letterati
un grandioso lavoro di critica artistica, sono sempre una nobile
fatica, e scrittura che può aprire larghi e nuovi orizzonti ai
cultori della pittura; massime per le parti in cui V autore spazia
nelle regioni della filosofia dell'arte; e per ciò che riguarda
i fatti storici lascia sfidati coloro, che, dopo lui, volessero ten-
tare un comento storico-letterario alle illustrazioni di quei due
pittori. » A. Róndani, Scritti d'arte 139. — Mentre il € Dorè
non ci dà in generale che i passaggi, quasi direi il teatro ma
senza azione, lo Scaramuzza dipinge invece nella forma la più
eccellente e la più vera le scene, traduce fedelmente il linguaggio
del Poeta nel linguaggio dell'Artista in modo da ra(4re chiunque
mira i suoi disegni, quand' anche non perito nel giudicare del-
Teccellenza di opere d'arte. > Prof. Scartazzini, il Borghini, iu,62.
ScARABCUZZA Francbsoo. Róndani A. La mostra delle illu-
strazioni date all'Inferno e al Purgatorio danteschi. Scritti
d'arte, Parma, Grazioli, 1874, 12^247. — I tre regni danteschi
nell'arte, l'Inferno e il Purgatorio, Nuova Antologia, giugno,
1876, p. 276-291, — Il Paradiso, id. Luglio, 517-653.
Il S.^ Róndani è innamoratissimo del suo artista. Ei non
si rista dal vagheggiarne i lavori, ed una fiata ed una si ritoma,
e sempre vi scuopre nuove bellezze, nuove psurticolarità, nuove
avvedutezze, e ne fa una minutissima anaUsi con fine gusto,
con molta dottrina e con intelletto di amore. !• ne lessi e ri-
lessi quegli scritti, e sempre con crescente piacere. « È visi-
tando questa mostra meravigliosa, scriv' egli, che si vede come
debbono essere rappresentati i r^ni danteschi nell' arte, perchè
i pensieri del poeta sian fatti ancor più completi e sensibili,
e siano dispiegate alcune delle sue possenti sintesi, dispiegate
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DANTB B LE ARTI BELLE. 107
rat r analisi, eh* è propria dell* arte del disegno, in modo che
il esse sia csTato tutto o gran parte del sottinteso, e significato
^ forme che siano armoniche con quello che il poeta espresse
ecn brevità oosl comprensiva e cosi indocile k esser tradotta
Del ling:i]aggio dell* arte. É finalmente con qualche osservazione
e considerazione facilissime che si può vedere quanto è andata
crescendo nell* artista la fecondità della fieintasia e la perizia
:€C3iica durante il lavoro del comporre e del finire, cosi che
l'i dove altri avrebbe sentito mancar la lena e si sarebbe
sr aorato per la crescente sterilità dell* argomento, là invece lo
Scaramuzza s* è levato al disopra d* ogni difficoltà, ha fecondato
jya l'immaginazione sua e la sua dottrina il soggetto ribelle
DeQ'arte, ne ha cavato, insomma, quanto e* era di artistico
Tìvificandolo, ampliandolo, vestendolo delle piii belle forme e
«iéi più belli efietti che abbia data la sua penna taumaturgica.
£ oggi chi vede le illustrazioni del Paradiso può anche credere
che la terza cantica la sia più &cilmente illustrabile. Ma, in
tealtà destre regni, il men difficile a essere ritratto nell'arte
- r Infirmo; il più difficile il Paradiso. A trovare e scegliere
argomenti per quadri nella terza cantica ci vuol più studio,
più criterio, più intuizione ; a rappresentarli quali sono in Dante,
4 vuol più sforzo e intelletto e sentimento sincero della prima
arte cristiana; a farli piacere ci vuole un contemperamento
5apientemente misurato, equilibrato dell* antica arte religiosa
col gusto moderno tutto amore pel vero, un contemperamento
che pare impoesibile in quadri di soggetto religioso e illustra-
tin d*una poesia trecentista e cattolicissima. Lo Scaramuzza
ha &tto il miracolo di trovarlo e mostrarlo con un* arte che
non si acopre.,... Già questi disegni, conchiude il Ròndani,
restano per so monumento immortale: sono opera unica al
mondo, come cosa d*arte, mentre sono, per la filosofia e il
sentimento che li anima, altrettante pagine della Divina Com-
media, perchè qui lo Scaramuzza ò stato veramente il medium
del poeta. > — V. Róndani, Ariisies Italiens, UArt. Revue
hebdomadaireillustróe; Bohnida Eugenio, F. Scaramuzza, nel
Cittadino di Trieste.
Seartazsini G. A., Illustrazioni dello Scaramuzza. Nella
AUgemeine Zeitung di Augusta, supplemento n. 201 del 19
logHo, p. 3089-3091.
y Google
108
DANTE E LA MUSICA
CV, Man. Dwt. II, M» « 8t$; IV. tM).
Baldacchini Saverio, Contenti di alcuni luoghi della D
vina Comedia che si riferiscono alla musica, discorso di Elst^
tica Musicale. — Società Reale di Napoli, Rendiconto del)
tornate e dei lavori deirAccademia di Scienze Morali e Politiche
a. VII, febbraio, marzo ed aprile 1868. Napoli, Tip. R. Uni
versità, p. 21.
Arrecati testualmente tutti queMuoghi della Divina Cozzi
media che si riferiscono a musica, e corredatili di opportua
dichiarazioni , il Baldacchini s* accinge a fermar qua* veri e
estetica musicale che si trovano sparsi per entro. E prima
mente. Dante vuole che T accompagnamento del suono seguii
e secondi il canto per guisa che questo sempre se ne vantaggi
Di poi se ne raccoglie anche questo bellissimo documento, eh
il magistero per lui sovrano dell'arte stia in questo, ch^ell^
Farte, debba nasconder so stessa: precetto che il Tasso, for^
alquanto meno poeticamente, espresse nel verso: L'arte che tutti
fa nuUa ci scopre. La dottrina soverchia, col suo tecnicismo, noi
deve troppo occupare il lavoro; né deve troppo apparire, o megli*
mostrarsi con le sue forme scolastiche. — Una melode Ch
mi rapiva, senza intender l'inno, cantava T Alighieri, anch
senza intenderlo, diletta udirlo. Questa ò la parte di dottrini
riposta in quel verso. Su questo autore, dice il Baldacchini
ogni parola è da meditai*e che ninna vi è posta a caso. M
della dolcezza che si sente nell' anima, per virtù della musica
ninno meglio di Dante e più poeticamente seppe parlare; se-
gnatamente nel canto di Casella, dove se per avventura è minoi
la dottrina racchiusa, molto maggiore è il diietto della poesia
Questi sono i principii di estetica musicale esposti nel poems
sacro: brevi di numero, ma di tale utilità ed importanza pei
Tarte che non ò menomamente da rivocare in dubbio.
Dante, il sublime Dante, estetico profondo, cerca co\
suoni rendere F effetto della luce e del colore. Esempi tratti
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^ DANTE E LA MUSICA. 109
iaSa Dwina Commedia. Nel suo Discorso la Pittura e la Mu-
tn poste in relazione tra loro. Rendiconto delle tornate e dei
brori della R. Accad. di Scienze Morali e Politiche di Napoli,
t V. aprile e maggio 1866, p. 51.
Gioberti Vicbnzo , Mtisica della poesia di Dante, Il Pri-
llato, p. 478.
Maestro Bozzato, genovese, Le Illustrazioni della Divina
Commedia, eseguite il di 11 decembre 1875 nel teatro Castelli
a Milano,
Applaudito il preludio sinfònico: la prima parte, secondo
u Pungolo, manda tratto tratto spruzzi di luce, ma il sistema,
idottato dal Bozzano, di spargere i versi e di &rne una specie
li dialogo musicale, di dividere e suddividere le potenti e su-
i^mi descrizioni dantesche in duetti, in terzetti, in cori non
\ certo il miglior modo di rendere in tutta la sua maestosa
trandiosità il divino poema. Il Pungolo cita al proposito ciò
^he scrisse il Rossini al maestro Pedroni, quando seppe che
Donizzetti aveva tolto a musicare il canto del co. Ugolino. « Ho
adito che a Donizzetti è venuta la malinconia di mettere in
CDusìca un canto di Dante. Mi pare questo troppo orgoglio.
In un* impresa credo simile che non riuscirebbe il Padre Eterno,
ammesso che questi fosse maestro di musica. »
ARTISTI DECLAMATORI
DELLA DIVINA COMMEDIA.
« Tutti V ammiran, tutti onor gli fanno, scriveva il Leoni,
ùccome al creatore della lingua, air iniziatore del pensier na-
zionale, al Giano bifronte, che, sintetizzato il medio-evo, dischiuse
h via ai tempi nuovi E non ultima l'Arte Drammatica
porse il suo tributo alla memoria di quel sommo, il cui Poema
tripartito, unico nell'azione, e contesto d'innumerevoli scene,
è certo il più grandioso e perfetto dramma che mente umana
[iossa immaginare. >
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110 ARTISTI DBCLàMATORI
Gustavo Modena (1), imaginò e creò primo la siupeoda
tazione del Dante. Da che la nuova potenza ch'ei trasfoi
nel verso dantesco, e la perspicuità vocale e mimica od
fìicea lucido e popolare, e chiari ogni concetto, ogni frase
rerà perenne in chi Tudi. Si piangeva quand'egli con (
sua inspirata avella e modi e voce vi trasportava nei dis]
dolori di Francesca e di Ugolino! Nessun ciglio rimi
asciutto. E quando la prima volta in Venezia, 1840, nel 1
S. Benedetto, io lo udii, chiesi a me stesso qual mai altr
tenza di uomo potesse in si terribile modo risuscitare
vivi e presenti casi e parole, che per esser nella memoi
tutti, pareano per antichità fatti volgari. (Leoni, Dell'Arie
Teatro di Padova, p, 56).
E il Cleoni : — Chi ascoltò Modena sere fa nel teatro (
gennes (8 sett. 1846) non meditò ma sentì le bellezze dell
vina Commedia (Inf. in, vi, viii, xxv): ed Alighieri fu nuov
tutti quelli che Taveano letto e riletto coi commentatoi
mano, e fu direi quasi famigliare a quelle vergini menti
per virtìi della declamazione s* innalzarono al poeta e s' imi
simarono col vero delle cose eh' egli descrive. La difiìcoltà
nel mostrare che Dante avea sentito e parlato un vepo, che
posti nella condizione di lui devono sentira, benché sia quel
in un ordine d'idee strano e meraviglioso. Il Modena :
pienamente a vincere quelle difficoltà. // Mondo lUus
n.^ di Saggio, 19 settembre 1846.
E da ultimo il Dall'Ongaro: — L'insigne attore, Gu
Modena, fu il primo a declamare la Divina Commedia in
e fuori; senza l'esempio del quale nessuno, io credo,
attori viventi avrebbe osato tentarne la prova. La scelti
portuna dei passi, V azione pura e sapiente, eh' era suo p
principalissimo , diedero all'antico poema tanta efficaci
pubblico italiano e straniero, che si potè di fé Dante non
mai avuto interprete e miglior comento di quello Il
(1) E C. Leoni in onore del grande artista dettava la seguente iscri
— Studio e natura diedero a Italia — Gustavo Modena — suprt
vestire e trasfondere — gli umani affetti — inarrivabile a scolp
l'ardua nota dantesca — e dar viva la vita de' grandi — immort,
fattici plausi sdegnando — pari in amor pi'oprio ed arte — con
sudata cura — sodando il suo al nome di Talma — la corrotta
civilmente — rialzò. — Se l'opera del genio pere — dura la fama
l'Arte e del Teatro, p. 61.
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DBLLA DIVINA COBOfBDIA. Ili
che quello che non sa leggere, intese per la
>mmo poeta, e seppe la storia di Bonifazio, di
lata, e pianse e fremette, e imprecò col poeta
antiche e non ancora rimarginate piaghe dMtalia.
iracolo, e chi suole indagare le cause de' &tti
olmente quanta parte avessero le rappresene
» del Modena, neir unanime plauso, onde fu
enze la festa secolare di Dante. Dal Modena,
commentatori, apprese molta parte del nostro
) nel poeta de' tre regni oltremondani, il primo
) della nostra unità nazionale, e della indi-
:er civile dalle usurpazioni papali. In questo,
»lle sue recite, il Modena pose veramente V arte
iviltà, il bello a servizio del vero. Gazz, Uff,
igUo 1865, n. 170.
occasione delle feste del Centenario, udimmo
istralmente dalla Ristori la Francesca e il
)lla Pia e della beatitudine di Piccarda; dal
canto deir Inferno e T Ugolino; dal Rossi il
a trasformazione di uomini in serpi, e di serpi
e tanto si piaceva il Modena; dal Gattinelli
xiaguida contro 1 suoi concittadini e le im-
pietro contro i suoi successori. — li Rossi
nirabilmente la Divina Commedia neirAmerica
Salvini in Ispagna, e segnatamente a Bar-
romei SUI tempi di dante
(V, Man, Da$U. U. Né; IV. tiZ).
Saverio, Jyél valore storico della Divina Com-
ni Prose, Voi. ii, p. 79-109. Napoli, Tip. del
on creò il nostro linguaggio, che antico era
raneo in gran parte al latino. L'Alighieri, e
, riconobbe Tidea altissima, che latente era
lo e da esso esprimere si doveva: con che il
y Google
112 STUDI STORia SUI TEMPI DI DANTE.
sublimò, facendolo divenire come un* intera interpretazione, a
una forma fedelissima di quella idea. Per lui il genio etru
e il latino si pacificarono, e la poesia divenne non più ca^
laresca, come piaceva ai signori de' feudi, ma civile , quale
conveniva agli uomini de' municipi! risorti. E T amore non
più cosa solo di fantasia o di sensi : ma come una conciliazio
secondo la sentenza della Diotima del Convivio platonico,
r intelletto che illumina, ed il cuore che a que' vivi raggi chi(
scaldarsi. Il poema fu, ed essere dovea, eminentemente cattoli
perchè significare dovea i convincimenti profondi della nazic
1 quali nell'epica poesia necessariamente si debbono congi
gere e congiungonsi col vate. — Tutto il medio evo in e
infuturasi, acquistato avendo coscienza dell'esser suo, e d<
trasformazioni che ha a subire. — Oltreché la Divina Comme<
sendo in certa guisa la latinità sotto nuove forme risorta
vincitrice del -germanismo e del gotticismo, come quella
tiene del genio latino, ha ad essere storica. Che la p04
de' prischi Romani fosse storica è cosa risaputa da chi si {
fonda nelle antichità più lontane dell' eterna città. — La Di\
Commedia è moltisensa, e come non sarebbe storica? La p£
storica, la quale si trova in essa, necessariamente vi si ha i
vare, i grandi uomini come Dante non separandosi dall' £
biente in cui vivono, senza che per questo si tengano dal sa
alla più sublime e pura contemplazione, desiderosi d' un p
cipio armonico d' ordine. — Nel nostro Alighieri, quando an
la terra è veduta dal cielo, cangiandosi l'ordinaria prospett
r uomo persiste accanto al divino, e il tempo accanto all'etei
Cosi Dante potè fortemente operare sui nostri animi, e lasci
un' orma durabile non solo in poesia, ma nella prosa del A;
chiavelli e del Davanzati, e nelle tele e ne' marmi di Leona
e del Buonarroti. Cosi ad ogni destarsi del nostro pensii
si è fatto utilmente ritorno alla Divina Commedia ; cosi i v
del poema nel 1527 sonosi veduti scritti sulle bandiere d
milizia fiorentina. — Se la mitologia apparisce in Dante, <
alla storia s'intreccia, e come simbolo vi apparisce, e ce
scoltura, avendo al tutto cessato di essere una religione;
utilissima è all' arte, la quale non può e non dee punto disti
gere l' immagine sensibile per mirar eh' ella &ccia all' arche
ideale. — L' idea dell' età media si è allargata nel poema,
y Google
rCDI STORICI SUI TEMPI DI DANTE. 113
Etncelli esce col vaticiDio, e si diversifica fon-
emi tolti dal NiebeluDgea o da altri cicli che
empi in onore, i quali solo ricantavano cose
nente vaticinii non sono. Il Baldacchini trova
i ghibellina fosse dair Alighieri alterata o mo-
ante che alcuni asseriscano essere quel poema
ne e T esternazione di quell'idea.
AMBATTisTA, Rogionaììiento storico suW ItaUa
per servire cC introduzione alla lettura della
Ha. Genova, Sambolino, 1846.
OLAMO, Firenze nel secolo di Dante. Milano,
LN6EL0, Tradizioni Italiane, Voi. 4, Torino,
850. Vi son compresi i seguenti studi. — Ce-
, Luni, voi. II, 1-20; Giuria P., Antica città di
8. — Celbsia e., Valdimagra; i, Qli Apuani
(alaspina^Dante in Lunigiana, voi. iii, 276-312.
Giano Bella Bella, iv, 73-84. — Verona A.,
. — i, Z/* esilio e la Maremma ; \i. Il tentativo ;
e Bologna; iv, I Malaspina e Nino di Gallura;
IV, Eresie e gite in Francia. — Appendice.
), Carta d^ Italia illustrativa della Divina Com-
Alighieri con V indice di tutti i luoghi in essa
Genova, Pellas, 1875.
namente eseguita in cromolitografìa, ed emen-
consigli del Witte, la gran Carta illustrativa
nmedia (Man. iv, 39). Sono in essa segnati tutti
ella medioevali, le città, i campi di battaglia,
'Italia, alle quali Dante accenna nel suo Poema,
edata di un Indice, com* ei lo dice, il più, pos-
I di tutti i luoghi in essa Carta contenuti.
BSARE, r Italia nella Divina Commedia, ii ediz.
Barbèra, 1872.
a col divino poeta correre città per città il bel
suona, e con molto senno illustra e luoghi e
she nella Divina Commedia all'Italia si riferi-
, com'ei dice, di arrecar luce ad alcune voci
iriamente interpretate dai comentatori del gran
fià ne femmo cenno a pag. 217 del voi. xv.
8
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114 STUDI STORICI SUI TEMPI DI DANTE.
Questa seconda ediz. riveduta e notevolmente accresciuta vem
intitolata Alla Maestà di Vittorio Emanitele. — V. Nani Ai
gelo, L* Italia nella Divina Gomedia, Saggi di crìtica, stor.
letter. 95. — Nuova Antologia, Luglio 1869, 661.
Bocci Donato, Dizionai-io StoricOy Geografico^ Unit>ersa
della Divina Commedia di Dante Alighieri contenente la Bi
grafia dei personaggi, la notizia dei paesi e la spiegasioì
delle cose più notevoli del sacro Poema, Torino, Paravia, 187^
Tutte le persone nominate nella Divina Commedia vi hani
la loro biografia, tutti i paesi le loro notìzie storica e geografìe
tutti i passi più difficili le loro spiegazioni. Ei si è attenu
nello interpretare le cose sacre ed ecclesiastiche alla idea p
ramente cristiana, nelle filosofiche ha seguito le opinioni de^
Scolastici, le quali dominavano nel trecento, riserbandosi se
il diritto, come ei dice nella Prefazione, di accennare le moi
ficazioni, che la scienza e gli studi hanno apportato airid
deirÀlighieri.
Della sconfitta demo a* fiorentini a Monte Aperto pe7X
indinansi facemmo menzione, la vera sconfitta fu neWanno 12(
— V. Croniche Senesi pubbl. da Giov. Magoni, c. 49, Racco]
di Docum. Stor. i, p. 2, 22-29.
Lai battaglia di Monteaperii, Breve narrazione ined
d^ autore sanese, scritta nel 1441, da Giacomo di Mariano
Checco di Mano, pubblicata, come buon testo di lingua. P
pugnatore, a. vi, 1873, Disp. i, ii, 27-62. — Il codice si conser
nell'Ambrosiana per dono fattone dal nob. S.*" Carlo Casati
Milano. Non ispregevole per molte minute particolarità.
Politi Lancilotto, La Sconfitta di Monte Aperti. Sie
per Simione di Nicolò Cartolari, 1502.
Boschi D.' Giov. , La Battaglia di Monteaperti, Raccor
Siena, 1843.
V. Saba Malaspina, Histor., L. ii, C. iv; Rer. Ital. seri
T. II, VI. Col. 702. — Ricordano Malaspini, Ist. Fior. e. 167.
Giov. Villani, L. vii, c. 79. — Orlando Malvolti, L. i, par.
p. 16. — Ammirato, L. ii, al 1260. — Muratori, Ani
d'Italia, XI, 33.
Bartolini Antonio, La battaglia di Campaldino, Racco
dedolio dalle Cronache dell'ultimo periodo del sec. XIII (
note isteriche. Firenze, Tip. del Vocab., 1876, voi. 2.
y Google
réoi STORia sui tsbipi di dante. 115
LLE, Dante e Roma (Strenna del Giornale Arti
la, Sinimberghi, 1865, 3-24.
rece a raccogliere amorosamente le memorie che
Ha sua Roma. — È un bel lavoro erudito as-
>o. Delle più importanti sue osservazioni ne (arem
ica : lUustrazioni filologiche e storiche di pa-
lla Divina Commedia. Lo scritto è intitolato
[>iacendogli con delicato pensiere di unire insieme
poeta, della sua terra e della sua donna.
ANNI, Dante e i Pisani, Studi storici. Pisa Va-
i di Dante e di ragionevoli induzioni, trattasi
toggiorno di Dante a Pisa, quando pur v'era
api militari e politici della fazione ghibellina,
te poi rinovare e stringere amicizia; poi di
itti buoni 0 rei che la storia, abbandonando la
a lui attribuire. Un'accurata appendice racco-
ìlla Capuana del Donoratico, moglie del Brigata,
pitolo è consegrato alla famosa controversia sul
dell'ultime parole poste in bocca del roditore
uesto volume, arricchito di pregevoli documenti
i in bella forma disposto tutto ciò che la critica
mo da dire intorno ai &tti e ai personaggi della
a le città ghibelline di Toscana nel secolo di
quando ci capita innanzi cosi spigliata, sicura
accoglie con tutto il cuore, e parimenti si ha
graziare cordialmente chi sa scrivere un libro
con tanto giudizio e buon gusto. > — G. Cre-
Veneto T. vi, p. 1, 150; v. Riv. Eur., genn. 1874,
matore, a. v, disp. 5 e 6, 1872.
LO, D'un nuovissimo Comento sopra la Di-
per ciò che rigimrda la storia Novarese. Vige-
1833.
3 Comenti storici: I. Frate Dolcino. — II. Il
— III. Pier Lombardo.
Nicolò, Accenni alla Francia nel poema di
al sig. cav. Bormio. Archivio storico di Firenze,
, I disp. 1872, p. 154-62.
y Google
116 STUDI STORICT SUI TEMPI DI DANTE.
Le civiltà francesi Dante sentiva congiunte con quelle di
intimamente nella fede comune e ne' fraterni idiomi. Recai
xiitazioni che proverebbero che il Poeta fii in Francia, dice
gli pare di scorgere pochi cenni nel poema che provino q
impressione neir anima e neir imaginazione di lui lasciasse
Mézières a., Ce que Dante et Pétrarque pensent des F,
gais. Pétrarque, Ch. vi, p. 306.
BussoN Arnold, Benut:njing der Istorie Fiorentine
Ricordano und Giacotto Maiespini in Dante* s Gomme
Dante^ahrbuch ii, 233^9.
Die Fhrentische Geschichte der Maiespini, und di
Benutzung dwxh Dante. Insbruck, Wagner, 1869. — La st
di Firenze e dei Mahspini e Tuso fattone da Dante. (A
Dant. IV, 219).
« Non è senza disonore che si riconosca per genuina,
alleghi come autorevole e si riproduca per le stampe la
detta Storia Fiorentina di Ricordano Malispini. Essa n(
altra cosa che T abbietta sconciatura di un ignorante &lsi
il quale poco dopo la morte di Giovanni Villani fece sua bi
parte della cronica di quello scrittore e la smozzicò e la
terpolò a suo capriccio, e vi seminò grossi errori, e vi mes
ridicole favole, senza avere la perizia d'introdurre tali m
menti nel dettato del Villani, sia riguardo ai concetti, sii
guardo allo stile, che v' improntassero la forma del secolo
cedente al quale egli attribuiva T opera sua. » V. Todesch
Scritti su Dante (prima del 1857), i, 364-72. Anche lo Schi
Boichorst, ne combatte gagliardamente l'autenticità (V. Pt
Atch. Stor., Serie ii, T. xx). Gli Accademici della Crusca, .
Yannucd, Gaetano Milanesi, Marco Tabarrini, Giuseppe
guUni sentenziarono più antiche le cronache Malispinian<
quelle di Giov. Villani (Aui delCAccad della Crusca, 1875, 53-
— Gino Capponi, che vi sia dell'intercalato lo crede, eh
nome del Malispini sia da togliere via non trova motivo
stante (Storia della Rep, di Firenze, Nota intomo ai Jk
spini, i, 425402). Da quanto ci assicura ilFanfìini, un va
tissimo scrittore napolitano, da molto tempo lavora per pro^
che le storie sono apocrife.
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117
SULLA DIVINA COMMEDIA
(V. Man. Data. IV, 2Ì0).
:dini Dantesche. — Italiani e stranieri pro-
mpareggiabile nelle similitudini. — « Omero,
itiehi dissero specchio dell* umana vita e im-
*so, trae le sue similitudini da quell'aspetto
ore e da quelle serie d'oggetti, onde egli e
ipo suo avevano piena cognizione e con focosa
pi li pone davanti agli occhi. Virgilio, tutto
t, tocca per lo più le cose generali, e le riveste
sa, e le ingentilisce di maggior delicatezza di
affetto. Ma se al greco poeta Tarte fallisce
no r invenzione, in Dante squisita è Tuna,
K lui la natura tutta dischiude i suoi tesori,
postulati, la vita comune i suoi costumi,
isti suoi moti, la storia, la mitologia, le tra-
nimenti; ed egli, scorrendo con lo sguardo
coglie i particolari dal vero nelle pieghe meno
satto disegno li contorna, e con forte rilievo
isce. Nei particolari sta la bellezza e la vita.
:ri gli ammassano, e, anzi che raccogliere,
erdono. Dante li sceglie con parsimonia, li
:rice parola, e dove più spiccata è la parvenza
irisa e qu&si di getto V intiera figura. . . . Dante
lorose peregrinazioni, dalla santità degli affetti
reti della natura, dalle meditazioni del pen-
umano attinge le sue immagini, e con arte
m quella schiettezza eh' è poetica più d'ogni
<isi anima parlante ne' suoi lettori. Egli crea
a nuove locuzioni, e quelle dell' uso, nobili o
la conveniente signifìcazipne dell' idea, sempre
re della veste più propria, non della più ricca,
^uidisce con la soprabbondanza il vigore delle
lifìca mai ciò che alla mente è agevole d' in-
ispecial modo laddove ella ha potestà di spin-
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118 STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA.
gersi a intendere o divinare assai più di qneUo che parola
umana possa far manifesto. » L, Yenturi, —
4L Le sue similitudini sono T ornamento più splendido della
sua poesia, vincono di varietà e di numero quelle di qualsivog^lia
altro antico e moderno, e giovano spesso a meglio chiarire e
determinare T immagine, più spesso a renderla per ogni parte
compiuta, sempre a darle atto visibile, calore d* affetto, luce
di verità, bellezza di vita. » Yito Pomari. —
« Anche V uomo il più profono dovrà restar sorpreso dinanzi
alla grande potenza di osservazione, che tralnce da tutte le sue
immagini e similitudini. Più assai che in qualsiasi altro poeta
moderno, esse appariscono in lui desunte dalla vita reale tanto
della natura che dell' uomo Le prove più convincenti della
profonda impressione esercitata dalla natura suU* animo del-
l'uomo cominciano con Dante. Egli ci ritrae al vivo in poche
linee non solo il sorgere dell* auro ra e il tremolar della marina
sotto la brezza mattinale e la tem pesta che la tremar le selre
ed i pastori , ma sale altresì sulle cime de* monti coli* unico
intento di goder grandiose prospettive, uno dei primi o il primo
forse dopo i poeti antichi, che abbia sentito la beUezza di tali
spettacoli. » Burckhardt. —
Le metafore e le comparazioni di Dante armonizzano mirabile
mente con quella apparenza di grande realtà di cui ho parlato :
esse hanno un carattere specialissimo. Dante è forse il solo poeta,
i cui scritti riescirebbero assai meno intelligibili, se tutte le figure
rettoriche di questa specie fossero cancellate. Le sue similitudini
sono di frequente piuttosto quelle di un viaggiatore che di un
poeta; egli non le adopera soltanto per far mostra del suo
ingegno con analogie fantastiche, non per ricreare il lettore
offirendogli una vista lontana e passeggera di belle immagini
distanti dal sentiero su cui egli si avanza, ma per dare un* idea
esatta degli oggetti che descrive, comparandoli con altri gene-
ralmente conosciuti Le comparazioni di Omero e di Milton
sono digressioni magnifiche, e non si nuoce guari al loro effetto
nello staccarle dair opera. Quelle di Dante sono assai differenti :
esse traggono la loro bellezza dal contesto, e la bellezza loro
sopra di esso riflettono; il suo ricamo non può esser levato via
senza guastare tutto il tessuto. Non posso lasciare questa parte
dell'argomento senza consigliare chiunque comprenda sufficien-
y Google
STUDI SULLA. DIVINA COMMEDIA. 119
» a leggere la similitudine della pecora nel terzo
torio: io la reputo il brano il più perfetto di
le si trovi al mondo, il più fantastico, il più
i soavemente espresso (1). Macaulay, Saggi
RLO, Le Similitudini della Divina Commedia
ì per verso in lingua latina, Roma, Komarek,
^one.
USEPPE, Delle Similitudini dantesche e di una
no Poema dichiarata barbara dal Biagioli,
0 dott. Amedeo Panicucci, Lucca, Laudi, 1857.
, III serie, voi. ix, p. 106).
LCLBTO, Bocci Ippolito, Raccolta di sentente.
Ut sublimi, similitudini e comparazioni dei
Dante Alighieri, Lodovico Ariosto, T, Tasso,
irca, eseguita ed ordinata. Firenze, Toffani,
V. Giovanni, Delt evidenza dantesca studiata
nelle similitudini e nei simboli. Modena, Tip.
mi, 1872; in 4<^ di pag. 140. — Estratta dal
morie della R. Accad. di Scienze, Lettere ed
— Scrittì Danteschi, (1876) 167-301.
fu caro, cosi il Franciosi, dalle cose presenti
B cosa di sovrano: dall'universo alla vita ascosa
dall'animo a Dio, dalla parola al pensiero e
questo intendimento mi posi a ricercare qua
> del Poema sacro metafore, comparazioni, sim-
limamente consiste il visibile parlare del Poeta;
imilitadioe icriveva il Lam«imai8: « Chi ha vedato uscir
, le rivede ìb questi versi. I quali offrono un esempio
tà delle pitture di Dante, che nell* osservasione della
ifuggirsi alcuna particolarità, e la rap[>resenta con la
I uno specchio riflette gli oggetti. Mai niente di falso o
lai niente d'inutile. E vuoisi osservare che quiete e che
tiffatte immagini campestri si spanda su luoghi sacri al
inocenza di quei semplici, dolci e placidi animali renda
, le quali sofiVono si, ma sono oramai sicure di avere
\e immutabile nel seno di eterna pace. Vedasi ora come
ione usò il nostro poeta nel Convito : < Che se una pecora
a ripa di mille passi, tutte V altre le andrebbooo dietro ;
per alcuna cagione al passare d'una strada, salta, tutte
eziandio nulla veggenoo da saltare. *
y Google
120 STUDI SULLA. DIVINA. COMMEDIA.
DÒ solo a documento di bellezza, ma sì anco a nuovo testimonio
della monte e del cuore di quel Savio gentil che tutto seppe.
— Nelle metafore avverte come il poeta ne usasse parte a no-
bilitare concetti già noti e volgari, parte a far meglio evidenti
i veri più eletti, e a darcene una prova il più bel fioije ne coglie.
Accennando alle similitudini, esamina da prima quelle tratte da
cose inanimate e dai bruti, e da ultimo quelle tratte dall* uomo,
e delle manifestazioni dell' umana natura, investigandone sempre
il segreto di tanta novità e leggiadria di parola, come ape che
8* infiora una fiata, ed una si ritorna là dove suo lavoro s' in-
sapora. Tratta da ultimo dei simboli stupendi, e mediante i
quali l'ispirato teologo si leva dai segni sensibili alla visione
della luce increata. Io non posso non recare la conclusione del
nobilissimo ragionamento, come pur lo dice Pietro Venturi. —
« Intentamente pensando la perfetta limpidezza delle dantesche
Metafore, io ne veggo il segreto nella schietta visione del vero
e nella terribile rapidità dell'intelletto del Poeta: giacché per
quella visione egli acquistò come un'arcana famigliarità cogli
esemplari delle cose, si che ne conoscesse, quasi direi, il volto
e i movimenti e il suono, per quella rapidità afiìssò nella fugace
parola le più intime e più riposte relazioni delle cose; relazioni,
da cui deriva ogni bontà e leggiadria di metafora. Meditando
poi sulla straordinaria varietà e sull'incomparabile vivezza delle
Similitudini, io ne trovo la ragione principalmente nell* acume
del giudizio e nell' abito dell' osservare, onde quasi non ìsfnggi
al Nostro alcuno degli aspetti notevoli delle cose ; nello squisito
senso dell'arte, pel quale delle osservate cose valse a cogliere
la parte più eletta o meglio spiccata; e nella profonda genti-
lezza dell'anima, che, quasi cetra ben temprata, rese intera
la nota delle più gentili affezioni. Tornando per ultimo ai Szfn-
boli, e' mi paiono figli di una vigorosa e purissima fantasia,
levata sempre e per ispirazione e per abito al di sopra delle
sensibili cose, dal segno visìbile all'invisibile verità: fantasia,
onde m' è lieta figura quella vergine raffaellesca, che tien rocchio
e l'animo a non più visti sereni, da cui vien luce e armonia. »
Alla Memoria va unita un'appendice contenente, con ordine
razionale, tutte le similitudini che occorrono nella Divina Com-
media. Ei ne trova 627; 109 tolte dalle cose inanimate; 81 dai
bruti; 103 dalle arti, cioè 27 dall'arte dell'armi, 5 dall'arte
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STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 121
3 dalla meccanica, 10 dall'arte musicale, 9 dal-
ro, 4 dall' arte del falegname, 3 dall' agricoltura,
, 2 dall' orificeria, 2 dall' arte del tessere, 2 dal-
^naio, 2 dall'arte del cucire, 1 da quelle del
srivere, della caccia, della pastorizia, della dram-
non poste sotto rubrica speciale; 6 dalle scienze;
ì; 147 dall'umana natura, cioè 75 dal corpo,
ed in fine 65 dalla mitologia, dalla storia, dalle
laid, ecc.
IGI, Le similitudini dantesche ordinate, illustrate
Saggio di studi, in 16**, p. xvi-412. Firenze,
1 libro, buono veramente e per ogni riguardo;
spettare altrimenti dall'insigne e valoroso poeta
i Canti biblici dell' uomo. 11 tema è de' più ardui
lUa. mente umana, benché a tutta prima sembri
concepirsi non meno che ad esser trattato. Ma
mentre che ci discoprono le intime e sfuggevoli
cose, sono anche perciò la prova della vita in-
finissimo sentimento del suo stesso inventore,
d si manifesta nelle similitudini, di che Dante
lezza del suo poema e valse ad esercitare il buon
lente accortezza di quanti vi pongono studio. Di-
Uo dal luogo loro, vi sembrano come bellissime
mpre meglio preziose, quando compariscono nel
iognava dunque una grand' arte a comporre una
tinta, sì che, nulla perdendo del loro pregio,
nzi nuova bellezza dal ritrovarsi insieme raccolte
icambievoli splendori. — Or questa bellezza, che
lair ordine pensato e convenientissimo, il Venturi
la e ritrarla a maraviglia. Tanto che egli, nel-
ticiamente le Similitudini dantesche, vi presenta
i e quasi in immagine più viva i concetti del
anti il cielo, l'aria, il fuoco, T acqua, la terra,
2e, l'uomo, i bruti, il tempo, lo spazio, la bibbia,
a storia, l'universo. — Cosi, oltre che ci vien
quante fogge Dante abbia rafiìgurate le stesse
'gè puranco modo di conoscere e ammirare la
mmagini variate cotanto. Le quali, per essere
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122 STUDI SULLA. DIVINA COMMEDIA.
tuttavia disgiunte dalla cosa e dall'idea che devono chiarire,
importava che fossero illustrate esse medesime e con sicuro
metodo d'interpretazione. Al che pose mente T amoroso rac-
coglitore, che, non solo s' ò ingegnato di &r suo prò di quanto
seppe ad ogni miglior uopo attingere dai commentatori, ma,
potente eh' egli è d' intelletto e di dottrina, si fece libero giudice
dove gli parve richiesto, e la verità gli dovette consigliare nelle
si lunghe e faticose meditazioni. — Certo che le SimiUiudini
della Divina Commedia non sortirono fin qui un interprete più
sincero, né più accurato e modesto. Tra tutti i facitori di libri
sui libri, ciò, direi, che mi sa del prodigio, qualora non mi fosse
noto a più prove quanto possa la venerazione di Dante in coloro
che sanno intenderlo ed amarlo davvero. E il Venturi è since-
ramente meritevole d' esser della si eletta schiera, dacché basta
perciò a parlarvi del suo maestro, rispettandone per effetto la
dottrina, V arte e la favella. Nelle sue note (eh' egli neppur osa
chiamare filosofiche estetiche, critiche) si contenta invece a dirle
usate sobriamente e con quello studio di brevità che in un la-
voro intorno a Dante vuol reputarsi, anzi che pr^o, dovere.
Notabile sentenza e tale, eh' è pur sufficiente a persuaderci che
la non si poteva concepire se non da chi sentiva già in suo
cuore d'averla seguita nel fatto e dal fatto più vivamente ap-
presa. Se non che le Similitudini del nostro poeta ch^ non sono
pur dichiarazione, ma compimento dei concetti v^^èuH raccoman-
dare agli animi altrui, se ricevono così un singoiar valore, tanto
più lo dimostrano poste al confronto di quelle onde son eziandio
celebrati gli autorevoli maestri del poetare, antichi e moderai.
Ponete in ciò Dante a riscontro d'Omero, di Virgilio, non dico
di Stazio, di Lucano e d'Ovidio, e voi subito ravvisate il disce-
polo che, tenendo dietro ai nuovi maestri, giunge a sopravau-
zarli, e sa rendersi originale, imitando. Ed egli poi si schiude
una sua propria via e la percorre animoso e da solo, per quanti
seguaci s'attentino d' accostarglisi e raggiungerlo. — Anche
sifisitto paragone, merco cui le Similitudini dantesche riescono
di più in più splendide nella giustezza e novità loro, si vede
così ben preso e condotto nell' opera del Venturi , che questa
vuoisi considerare come un trattato dell' arte per fruttuosamente
studiare ne' grandi scrittori e di Dante sovrattutto. — Chiunque
ne desideri testimonianza e chiarezza d'esempi, non deve far
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STUDI SULLA DIVINA COBfMBDIA. 123
re il lodato libro, e ad ogni pagina troverà di
onesto desiderio, sentendosi inoltre eccitato a
:on fiducia di ritrarne crescente diletto e gio-
n io intanto auguro e voglio promettermi che
cui penetra e si onora il nome di Dante, si
ro del Venturi come un libro, dove il bello,
» si trovano congiunti in mirabile armonia e si
m trìonfatrice eloquenza. Giuliani, V Opinione,
n. 1875, n. 16. — V. Nuova AntoL, sett. 1874,
iasc?ii, L'Ateneo, 1874, ii, 226-230 ecc. ecc.
caldissimi voti perchè Taureo libro del Venturi,
ch'io mi conosca, possa esser contióuo nelle
giovani che vogliono acquistar gentilezza di
cC italiano pensiero, e dignitoso sentire come
^U studi danteschi e come specchio purissimo
gentile dettato. Certo il gusto fine, la squisita
Ile ci addita le fonti da cui tolse le similitudini,
I nuova leggiadria e nuova vita, non che i poeti
tarano; le profonde osservazioni onde si mette
D autore, e direi s*inluia; quelle care comici,
e oro circoscrìve, preposte a ciascuna sene, e
mi resero caramente diletto il hbro e il suo
m potei ristarmi dallo scrivergliene ammirato,
a parlare il cuore. Ed egli a riscontro il 15
' 4L Panni d'aver usato la mia non tenue né
}pera che possa tornar profittevole alla gioventù
idi nostri, in tempi ne' quali il nome di Dante
le' più ma tace nel cuore, e la classica letteratura
;gio e (se non m'inganno) corre giù alla china. >
'0, Sulla Genesi della Divina Commedia, Note
ergamo, Oafiurì e Gatti, 1875.
I raccogliere i ternari danteschi che riguardano :
dei componimenti: II.® Divisioni ternarie ri-
po, Spazio, Materia, Argomentazioni: III.® II
Allegorie, negli Esempi, nelle Similitudini:
) nella Ripetizione delle stesse parole o frasi:
nelle Interrogazioni ed Esclamazioni: VI.® II
Ipitetare.
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124 STUDI SULIA DIVINA COMMEDIA.
E ne trae le seguenti conclusioni:
1^ 11 tre in uno nella mente di Dante è il simbolo dell* ar-
monia, del cosmo, della bellezza, della perfezione, della divinità,
del mistero divino.
29 La finzione del nove, potenza del tre, come simbolo di
Beatrice, per dare ad intendere che tutti e nove li mobili cieli
al nascimento di lei si avevano insieme, e per significare ad
un tempo che quella divina creatura era per sé stessa una
emanazione della Santissima Triade, a cui s'era ricongiunta
in morte, è fondata sulle dottrine cosmologiche del medi<r'evo
e sui misteri più solenni delle religioni. — Il nove, formola
di Beatrice, è pertanto la maggiore apoteosi che pi potasse
immaginare da un poeta laico del decimoterzo secolo, che nei
tempi del più fervente ascetismo poteva ben dimostrare che
Iddio non vuole religioso di noi se non il cuore (Convito iv, 28),
ma nel campo della filosofia positiva non poteva precedere né
a Copernico, né a Galileo.
3° Se il disegno architettonico della Divina Commedia, il
più meraviglioso monumento d'arte medioevule/ha la sua spie-
gazione nel libretto dove l'autore ragiona intomo ai numeri
tre e nove, ha valido fondamento la congettura che l'abbozzo
della Divina Commedia sia contemporaneo all' opuscolo della
Vita Nuova. Ammesso poi che il nove sia simbolo di Beatrice,
perché quel numero corrisponde al Paradiso cosmolcgico e
teologico, poi considerato che la prima parola «ili* ^"Vita Nuova
è appunto nove, non è temeraria l'asserzione che la idea del
Paradiso, in onore e lode di Beatrice, sia stata concepita dal
poeta prima d'ogni altra cantica, anzi prima ancora di dar
princìpio alla stessa operetta dei suoi amori giovanili.
4® Se le tre donne gentili della Vita Nuova hanno ispirato
la creazione delle tre donne benedette, che congiungono, come
anello d' un circolo, le ultime scene del Paradiso con le prime
dell' Inferno, la congettura indicata acquista maggior grado di
valore, e la genesi del Poema Sacro ottiene maggior luce.
Imperocché, a chi ben guarda, il mistero della rappresentazione
dantesca non incomincia né col primo nò col secondo dell' In-
ferno, ma cogli ultimi del Paradiso, dove il poeta vede le tre
donne dell'amore suo triforme : l'amore terreno in Beatrice, l'a-
more intellettuale in Lucia, l' amore teologico o divino in Maria.
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8TDDI SULLA DIVINA COMSIBOIA. 125
[) di Lucia, che le ò vicina, fa conoscere il desi-
trice, che si muove a pietà di Dante, peregrino
Iva selvaggia.
j vuol essere uno de'criterii da prenderai in
lei casi di contestata autenticità, come avviene
re pubblicate col nome dell' Alighieri.
), Dei rapporti di alcuni passi della Vita Nuova
ommedia. Estratto dai Rendiconti del Regio
io, serie n, voi. vni, fase. vn. Milano, Bernar-
inde a svolgere i seguenti punti:
a nove della Vita Nuova vuol essere presa in
io; — La ptnma idea del Paradiso è contem-
ima apparizione di Beatrice,
di Beatrice corrisponde alla seconda idea del
VI primo Atto del mistero sacro, che ha prin-
iso e termina alle porte infernali; — Al pro-
di uscir fUori della volgare schiera; — Alla
W suoi primi saggi poetici, di cui si fissa per
state del 1283.
a notizia de/rinfemo viene data nel 1289, per
pubbliche.
irte di Beatrice , V idea del Paradiso si fa più,
ura, meglio definita, e V immagine di Beatrice
dia scienza della Filosofia,
^uova è dunque come in embrione od in germe
aradiso; ma poiché i nove cieli di questa cantica
itesi i nove cerchi deìV Inferno (già enunciato
va), e fra l'uno e T altro regno stanno le nove
Jon'a.si può conchiudere, che T idea delf intero
òt?&V'5lla mente di Dante come un punto lumi-
izione di Beatrice, e che da quel giorno nel-
n svolse, si ampliò, prese forme proprie, chiare,
>bili8sime, delle quali si vede T immàgine nella
)n già in uno nò in due passi, ma in quasi tutte
i prima parola nove, air ultima jfrase mirabile
ro, Sulla composizione di alcuni Canti della
fdia prima delV esilio di Dante. Nota letta nel-
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126 STUDI SULLA. DIVINA. GOlfMBDIA.
radunanza del 29 Aprilf 1875 del R. Istituto Lombardo.
Milano, Bernardoni, 1875.
L'Amati sì fa richiedere: Aveva Dante, prima dell* esilio,
concepita Tidea dei Sacro Poema? Ne aveva egli disegnato
l'abbozzo? E incominciato in alcune parti? Nella lingua laUna
0 nella volgare ? Il racconto del Boccaccio e di Benvenuto d'Imola
sulla composizione della Divina Commedia, ò degno di fede
in tutto, 0 in parte soltanto, o punto?
Dopo un diligente esame viene alle seguenti conclusioni:
I. La prima idea del Paradiso è del 1274, ventotto anni prima
deir esilio. L'idea delle altre due cantiche, se non è contem-
poranea a quella del Paradiso, non ha una data posteriore al
1289. — lì. Il disegno generale o l'architettura del Poema,
è anteriore alia composizione del primo capitolo della Vita
Nuova, che incomincia colle parole: nove fiate — III. Il
racconto del Boccaccio ha carattere perfettamente storico nel
significato piti largo, ad indicare cioè che una parte della Divina
Commedia fu scritta dall'Alighieri prima dell'esilio. — IV, Tutte
le scritture deirAlighieri ideate e incominciate prima dell' esilio
sono in volgare, quelle posteriori sono in latino. — V. In volgare
erano i canti composti in Firenze. — VI. II poema ideato alla
vista di Beatrice prosegue senza formale interruzione la vita
dell'Autore. — La vita intellettuale di Dante, prima dell'esilio
si svolge in quattro novennj. — Primo novennio, 1265-1274.
1 primi affetti. — Secondo novennio, 1274-1283, dai 9 ai 18
anni d' età. Il trivio. — Incomincia la vita del cuore. — TeriSb
novennio, 1283-1292. II Quadrivio. — Quarto novennio, 12i^2-
1301. Vita contemplativa (studi super, di filosofia e tc'i^logia)
e vita attiva (pubblici negozi). L'Amati vuol concbùidere che
r esilio di Dante fu un danno gravissimojier laf?<9t1ere italiane.
— Nel ventennio che segui di vita ramin^fa e povera, V autore
continua le opere in volgare, ideate nella gioventii e incomin*
ciate a Firenze ; ma i lavori d' invenzione non hanno più V ori-
ginalità, la novità, la bellezza del concetto e della forma che
distinguono il cantore di Beatrice.
Borgognoni Adolfo, La genesi delia Divina Commèdia.
Ravenna, Tipogr. Alighieri, 1872.
Dante s'avvisò, giovine ancora, di cantare V Inferno dei
dannati, ma pare se ne ristesse per la difficoltà di trovare
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STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 127
rispondente, una topografia, una scena tale che
are il suo ingegno matematico e ordinatore. —
ce, ha una yisione, e si propone di dire di lei
non fu detto d* alcuna, nella qual visione il
le il germe e V accenno del Paradiso. E il cielo
le porge V architettura ; come poi lo stesso dovrà
to r idea della macchina dell' Inferno , la quale
^, chi la consideri, che il disegno medesimo
ome la macchina del Purgatorio non diversifica
inferno, se non rovesciata. Anche il Foscolo ri-
e dettasse alcuni canti del Paradiso prima di
Itre Cantiche. Oltrecchò non solo il Borgognoni
onìe e le rispondenze materiali, ma pur le morali
prima e più spiccante delle quali si è il trovare
iascuno dei tre regni una corte.
Iesarb, Delle ore innanzi V orologio» a schiari-
Hve dizioni e di passi di trecentisti, Milano ,
(Estratto dal Programma del Civico Ginnasio
guilhon, professore e Proveditore nel 1857 alle
), pubblicando il programma degli studii di quelle
écegli antimessa una Dissertazione delle ore in-
io a schiarimento di relative dizioni e di passi
modestamente dirigendolo agli scolari del luogo,
assico, finissimo di critica, importante di molta
3 ristampato, ma perchè lasciato in quel pro-
sorso a giovanetti è rimasto ignorato a segno
tantissime diligenze dell'abate Ferrazzi, avvi-
detto 0 fatto in istudio di Dante. Fa la storia
del giorno, prendendola sin dai Romani e dagli
endo sino all'invenzione dell'Orologio e dopo,
ir antico della Chiesa cristiana nelle forme delle
Quest' essa avuto distribuzione di preci a tempi
mziava al Pubblico, e il Pubblico accomodava
izi il suo da fare. I Benedettini più disciplinati
^mo che cantavano a mezza notte, poi Matta-
ima, Terza, Sea$a (il mezzodì). Nona, Vespero e
terza cadeva tre ore prima di meriggio, la nona
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128 STUDI SULLA DIVINA OOSfMBDlA.
dopo, 6 la Campana della Chiesa Matrice dava segno d* ognuDa.
Rilassata nel clero secolare la disciplina, Notturni, Mattutino
e Lodi furono uniti; la Prima si abbassò e prese nome di
messa-tersaf e la sesta si uni alla tersa cominciando al punto
in che quella finiva « e cosi fu della nona die prese il posto
della sesia e soppressene il nome. Ai tempi di Dante nessuno
più la conosceva che per mezzo-di, e se egli al xxx del Pa-
radiso ancor la nominava per l'ora antica era per Fuso astratto;
del che V Aguìlhon reca citazioni che non ne lasciano più alcun
dubbio. E questa è la ragione per cui scrisse Dante la iers^a
e poi la no7ia senza nominare la sesta. Indi espone la storia
deir orologio che a' suoi tempi non era, e spiega i passi del x e
del XXIV del Paradiso perchè si sappia che specie di macchine
ivi citate. Con essa spiegazione e coir altra che quelle ore non
erano battute da martello, ma sonate da Sagrestani, si elimina
la credenza data da chiosatori che orologio fosse alla tori^
Badia di S. Pietro in Scheraggio o sulle mura.... » Scara-
belli, Il Lambertino, iii, xxvm e seg.
Algarotti Francesco, Lettera al Marchese Manara a
Parma, Comparazione di alcuni passi della Eneide colla Di-
vina Comedia. Porta la data del 6 Ottobre 1759. — Algarotti,
Lettere filologiche, pubblicate per cura di B. Gamba, Venezia,
Tip. Alvisopoli, 1826, p. 146-56.
Lettera a Mad, du Boccage contro le lettere Virgi-
liane del Bettinelli, — Algarotti, Opere, Livorno, Coltellini,
1764.
Alizbri Fedbrioo, Nella festa Commemorativa di Dante
Alighieri celebrata dal Regio Liceo Cristoforo Colombo il
XVn Marzo MDCCCLXXI, Oraziane, Genova, costipi del
R. I. de' Sordo-muti, 1871. (Estratto dal Giornale La Scuola
e la famiglia),
« Hicorrrendo ben ispesso coir animo ai Canti dell' Alighieri,
di mezzo a queir immenso di affetti, di pensieri, di sentenze
e d'imagini, io feci prova di afferrare un concetto che tutte
in una raccogliesse ed annodasse le parti del sacro Poema. >
Ed ei crede, e si argomenta di mostrare, che < simili alle
corde di Anacreonte tutte quante le sillabe del gran Poeta non
rendano che amore. »
Amalteo Francesco, Dialogo tra r ombre di Omero e di
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STUDI SULLA. DIVLNA COMMEDIA. 129
che di Dante, Per le illustri nozze Gera-Bellati.
fltion, 1849.
ANCESCO, Dante Alighieri e la Divina Com"
mento staccato da una storia inedita del Medio
Vieste, HerrmaDstorfer, 1874. (Per le Nozze
brevi tratti e con bel garbo la vita del Poeta,
ivina Commedia, della dottrina che s* asconde
dei simboli, degli sforzi da lui durati a com-
minio papale, insormontabile ostacolo al risor-
azioue, in breve ci addita come ogni scienza
^a nel sacrato poema, onde possiamo compren-
ita e r importanza del concetto ond* è animato.
ci ha pur promesso: La Visione di Dante
1*0 Esposizione ragionata della Divina Com-
osi nel programma d* associazione, tende a pò-
tudio del Poema sacro, a rilevarne i concetti,
L allegoria, la storia e la filosofìa in esso con-
)manda per la novità degli argomenti e delle
uali è esposto. » Doveva uscire dalla tipografia
DO.
ì'rancesco, Di una dottrina circa l* ideale del
ia da Dante e dal Petrarca, Lezione. Scritti
id inediti, Voi. i, p. 377-388. Firenze, Civelli,
ne è un commento filosofico ed estetico a tredici
0 decimo terzo del Paradiso, e al sonetto del
on Memmi pel ritratto di Laura. L'Ambrosoli
1 quelle terzine di Dante si trova chiarissima
lostri Estetici, che i fenomeni non corrispon-
imente a quelC ideale che noi concepiamo, guar^
fezione ond* è improntato V universo. La natura
na rimagine OaTidea; e ciò appunto (osserva
rchè quanto essa produce in questo basso mondo
materia contingente e peritura come i fenomeni
Qano i moderni. Non importa se per venire a
r Alighieri ci d^itrinse ad avvolgerci in quelle
le allora correvano intorno alle influenze celesti:
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130 STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA.
il fatto 6Ì è che egli vide essere difettive tutte le opere della
Natura in confronto della perfetta potenza del Creatore, e
perciò anche in confronto di queiV ideale che noi ci foroiianio
nella nostra mente. E questa dottrina che ne' moderni ci ai
presenta come V ultimo termine a cui la scienza abbia potuto
.condursi, egli per lo contrario T adopera come cosa general-
mente saputa, a chiarire una questione più astrusa, un pro-
blema di filosofìa teologica.
Oltre a ciò TAmbrosoli nota che Dante, mentre da una
parte concorda con gli Estesici moderni, dall'altra poi si divide
aflatto da loro. Concorda, come vedemmo, col dire che la Na-
tura dà sempre scemila nelle singole sue opero la luce (come
egli la chiama), o come noi diremmo. Videa della pei'fezione
assoluta. Ma gli Estetici poi insegnano, che l'artista sotto
questo rispetto può vincere la Natura, perchè il suo spirito
libero e padrone non sog<2:iace nelle sue opere a tutti que' casi
che nelle produzioni naturali impediscono o guastano la per-
fetta bellezza. E Dante invece non ammette in ciò differenzia
alcuna dalla Natura all'Artista, anzi dice espressamente che
la Natura dà sempre scema Videa — similemente operando
all'artista, — e ha r abito delV arte e man che trema. Se gli
Estetici (proseguo l'Ambrosoli) intendono di significare che
l'artista, operando con libera volontà, può fuggire alcuni di
quegli sconci o di quelle imperfezioni a cui soggiacciono spesso
le produzioni della Natura, dove tutto aaccede per semplice
attività istintiva, nò v'è previdenza, ne cura che allontani o
rimova gli ostacoli che so lo posson fraporre; in tal caso essi
dicono il vero, ma non insegnano cosa d'alcun momento. Se
poi voghono dire che l'artista non abbia egli pure dalla ma-
teria e dagli istrumcuti che adopera qualche impedimento ad
esprimere, noti ^o\oV ideale oV assoluto, ma anche un'iraagiue
od un concetto qualunque che tolga a rappresentare; in questo
caso ciascuno sentirà facilmente che l'Allighieri vide assai meglio
di loro la verità. ^
Commentato quindi il sonetto del Petrarca sovra indicato,
lo traduce mirabilmente nel linguaggio di Dante, e conchiude:
Vediamo pertanto avere il Petrarca avuta opinione, che vi sia
un ideale del Bello a cui noojcorrisponde mai pienamente nes-
suna opera nò della Natura nò dell'Arte: primamente percbL-
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STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 131
&0Q latta la bellezza archetìpa traluco dalia materia in che la
Xàtora è costretta di chiuderla per renderla percettibile: poi
perchè non può mai essere tutta veduta dagli occhi né ritratta
ddUe mani dell' uomo, che sono cose (|)er usare una bella frase
(li Seneca) tarda ad divina. Vediamo -inoltre nei nostri due
primi poeti una stessa dottrina intorno all'arte: e questa con-
formità di due grandi scrittori contemporanei ci conduce a
pensare di qualche fondamento comune alla loro educazione
intellettuale. Dante e il Petrarca appartengono ancora a quella
era che fondò per tutta Italia Republiche e Principati, senza
molto discorrei'e di teorie politiche e civili; a quell'età operosa
che visse di fatti, non di parole, e in ogni parte della vita po-
blica e pl^ivata attese a progredire, non a parlar di progresso.
Tuttavolta non è da credere che gli uomini operassero allora
p#T non so quale istinto che li guidasse al grande e al perfetto:
laolto meno è credibile che noi riusciamo da meno di loro
perr-hè siamo più eruditi e più culti. Apparisce dagli esempi
^ià addotti che Dante e il Petrarca poetarono, non per istinto
ni natura soltanto, ma secondo certo massime e certi princìpj
in tutti e due conformi: e chi cercasse più sottilmente nelle
loro opere di verso e di prosa, potrebbe forse cavarne com-
piuta U teoria dell'Arte da loro adottata. Frattanto a me basta
per ora dedurre da quanto abbiamo veduto fin qui che all'Al-
ligh'eri e al Petrarca non furono ignote le principali dottrine,
alle quali i moderni imposero un nuovo nome, ma non poterono
niìgliorarne gran fatto l'essenza: e questa verità io propongo
«ia considerare, non già per vano orgoglio di nazione, ma porchò
.«erva a persuadere ciascuno che l'ingegno non si mostra mai
;rrande ed eccellente a caso, ma per lunga e diligente cultura;
e che presso i popoli saliti al sommo nelle arti non mancò
mai la teoria, benché attendessero più a praticarla n Ile opere
che ad ornarla colle parole.
Baldacchini Saverio, Sulla Lettei^a di Frate Ilario del
Corvo. Baldacchini Prose, il |k 21-50. Napoli, Stamperia del
Vaglio, 1*^73.
11 Baldacchini è convinto che la scena rappresentata nella
lett4;ra italiana fu vera ; ma se fu immaginata, ei convien dire
che fu immaginata da un'anima pari a quella dell'Alighieri,
il che non gii sembra probabile.
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132 STUDI SULLA DIVINA OOMMBDIA.
P. F. Bonaventura da Sorrento, Cappuccino, Dante e ia
Divina Commedia, A/^punti'. . Napoli , Tipografia degli Accat^
toncelH, 1872.
Premessa per sommi capi la vita del Poeta, discorre del-
1* originalità della Divina Comedia, ci espone la meccanica del
regno della wiorte gente, del secondo, ove rumano spirito si
purga, di quello, deiforme; la. gloria di lui che mostrò ciò che
potea (a lingua nostra, annovera le bellezze, di che s* ingemma
r altissimo Canto, e ne espone il concetto principale. Secondo
lui, il vero concetto di Dante è il concetto cattolico, racchiuso
nelle tre parole — Dio, Chiesa, Uomo; ovvero Tuomo che
deve giungere a Dio a mezzo della Chiesa, Dio che vuole la
maggior sua gloria nella salvezza dell' uomo mediante* la Chiesa.
Il* Cappuccino si mostra di parte, torce e coarta i concetti di
Dante come meglio gli fa, si che dal fatto, in molti luoghi,
il suo dir torna diverso.
Caetani Michelangelo, (n. il 20 Marzo 1804) Della Dottrina
che si asconde nelC ottavo e nono canto delC Inferno della Di-
vina Commedia di Dante AUighieri, Esposizione nuova. —
Venerabile donum fatalis virgae. — Al sapientissimo — Conte
Carlo Troya — delle lettere delle storie della Italia — onore
e lume chiarissimo — M. Caetani — Ammiratore riverente
grato — Questo libro suo — Dona e raccomanda. Roma, 1852,
Tipografia Menicauti.
Matelda nella divina foresta della Commedia di Dante
Alighieri, Dissertazione Tusculana, Roma, Salviucci, 1857.
Di una più, precisa dichiarazione intomo ad un passo
della Divina Commedia di Dante Alighieri nel C xviii del
Paradiso. Roma, Menìcanti, 1852.
Il Salviucci in elegante volumetto di pag. 70(1876) ripubblicò
tutti e tre i lavori del Caetani, i quali quanto erano stati am-
mirati da eminenti Dantisti quando videro primamente la luce^
tanto erano desiderati invano dai nuovi studiosi.
« Nel primo s'investiga chi sia quel messo di Dio, che colla
verghetta apre a Dante l'accesso alla vietata città di Dite;
nel secondo si ricerca chi sia storicamente Matelda, che il Poeta
trova nella divina foresta del Purgatorio; nel terzo, critica-
mente e anche graficamente si determina il significato del
r ingigliarsi dell' emme nel xvni canto del Paradiso. Quest'uU
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STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 133
i troverà forse niun dissenziente, tanto bene
I r espressione dantesca ; quanto alle altre due,
) accolga, non potrà a meno di far la debita
I deirAutore. Che il messo di Dio non sia un
hiaro dal verso del Purgatono: Ornai vedrai
Ui, che significa come Dante non ne avesse
i nel suo mistico viaggio ; oltreccbè e sarebbe
iglio far discendere entro V Inferno alcuno degli
liso. — Ma che cotesto messo sia Rnea, e la
quale è aperto Dite sia il venerabile donum
to dalla sibilla air eroe troiano, non forse tutti
ebbene il Caetani esponga con poderosi argo-
erpretazione , e abbia dalla sua T autorità di
desimamente, ci par chiarissimo che la Matelda
on possa, per le ragioni lucidamente dichiarate
;r la guelfii Contessa di Toscana, ma non tutti
0 la beata Matelda di Germania, madre del-
>one Ad ogni modo sia questa o quella la
a fra le tante che vengono proposte, certo è
la Gran Contessa appare omai quasi perduta:
la colla sua dissertazione tusculana portato un
luova Antologia, Maggio, .1876, 200; Rivista
, 1876, p. 376; Renieri Antonio, La Riforma,
Xq.òì; De Gubematis, Ricordi Biografici, 300.
il 1865, perdette per intero la vista. La seconda
ria della Dicina Commedia dichiarala in sei
epigrafe questa terzina di Dante:
) abbondante f^azia, ond*io presunsi
;car lo viso per la luce eterna
nto che la veduta vi consunsi!
0, — Dante — Storia della Repubblica di Fi-
Barbéra 1875 — Dante Alighieri. — L. lì,
172 — L. Ili, C. IX, p. 345, 353 e 360.
i certamente, scrive il Capponi, il sommo tra
lostra lingua, perchè fu il sommo tra quanti
nai la nostra gente. — € La stesura del sacro
Ica del condensare ivi gli affetti ed i penaieri
USL comprendeva , lo fecero macro tutto il ri-
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IS^i STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA.
manente della vita: ne usciva il libro più intero in sé stesso
che umano ingegno mai pensasse. Come ni una opera di poesia
si spazia su tanta ampiezza di cose, dai tramiti angusti della
vita materiale fino alle più alte rivelazioni della coscienza;
cosi nessuna riesce a comporre tante cose in un concetto unico.
Bel quale Dio, Tuomo e l'universo, come Tuno air altro ne-
cessario, si offrono insieme air intelletto e a tutta T anima
del Poeta: in ciò a mio credere sta la preminenza deirAlighieri
tra i poeti d*ogni lingun. Altri ebbe forse dopo lui in altra
idioma e sotto forma drammatica, una vena più ricca e pos-
sanza di creare in maggior copia immagini vive; prodotti di
una facoltà inventiva che una dopo T altra e ognuna da so
le fa passare incessantemente dinanzi al pensiero, come obietti
nei quali non pare che egli si fermi o che più all'uno che
air altro consenta. >
« Ebbe il maestro di Dante, Virgilio, più di lui squisito e
fino il sentire di ciascuna cosa, e dolce e armonica sempre la
parola nutrita d'aJEfetti. Ma per T Alighieri il mondo pare che
si rifletta insieme tutto dentro a lui solo; talchò in lui sta
r unità del Poema suo e sta insieme T universalità, perchè il
pensiero di lui ambiva come da un centro a una circonferenza
volgere il sesto, fino ali* estremo dove non vanno altro che le
idee, e tutte chiuderle in eà stesso. Cosi nel libro ò tutto V uomo,
e quindi il nome di lui ha quasi un culto nel mondo. » —
Nel capitolo ix dopo di aver ragionato del Petrarca, licondotta
la mente dello scrittore a pensare di Dante, e di quel secolo
più robusto, più virile, dice : « Ma quanto^rande sia la infe-
riorità di questo secolo del Petrarca messo a confronto di
quello di Dante, si fa manifesto per la di Aderenza che tra essi
corre sul concetto dell'amore. Laura è una donna ed il Pe-
trarca un innamorato; T amore da lui portato alla somma
altezza sua e purità, tuttavia ò amore co' suoi affanni e le sue
dubbiezze, che « sana e uccide » e si avvolge per isquisite
^delicatezze nelle infinite sue varietà di casi, per cui ralK^tto
tra quelle anime virtuose pure ebbe una istoria. Laura puris-
«ima riposa sul margine delle dolci acque, mentre « un nembo
< di fiori cuopre ad essa le vesti leggiadre, e il grembo e le
« treccie bionde: > ò bella, ma tu puoi immaginare quella
bellezza, puoi ricordare donna veduta o donna pensata, e nella
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STUDI SULLA PIVINA COMMEDIA. 135
i tuoi fino agli affetti del grande autore. Ma
'Alighieri non è propriamente donna, ma vi-
tra gli uomini altro che mostrarsi, saluta e
»cchi non T ardiscono guardare; > ma egli la
cuore ed al pensiero, senza che amore giammai
rta di lui; nò prima che in cielo, fu mai tra
me. >
losrÈ, Dante. Dello svolgimento della Tiettera-
- Studi Letterari. Livorno, Vigo, 1874, p. 60-60.
)presenta il popolo vecchio — Dante prese dalla
a delFanterior generazione la poesia lirica, la
dottrine scolastiche per sollevarli a un i leale
meditazione e contemplazione miì^tica. Appresso
i di giustizia di Giano Della Bella diedesi a
di filosofìa e di arte civile sempre negl'inten-
lurazione e di progresso a un tempo, del comune,
prima opera italiana, ove l'elemento nazionale
I un ben determinato concetto si della scienza
antiche, e con la trattazione per volgare delle
iche che segna a un'ora il primo passo alla
della scienza e alla confermazione classica
. E il- poeta aveva dalla parte sua fatto di tutto
rapido corso della democrazia, si era adoperato
per entrare come nella civiltà del comune cosi
ca del popolo nuovo. Ma dopo il colpo di stato
i, e degli oligarchi guelfi, senti ch'ogni riven-
ca e legale tornava oramai impossibile, che il
Lveva finito : in lui risorse l' antico aristocratico . . .
nisurataroente, nel rimpicciolimento de' concetti
lasfiioni di parte, come smisuratamente si svolse
i termini nostri quell'animo e quell'ingegno!
vono l'Italia l'arte ed il mondo a quell'esilio,
fiorentino, d' un poeta elegiaco, d' un trattatista
Tuomo fatale, il cui severo profilo, nel quale
un'epoca della storia umana, domina i secoli,
il profeta non nazionale, ma europeo, ma cri-
medio! ... E air idea sociale e politica risponde
opera di Dante il concepimento estetico: egli
\ a raccogliere in sé i riverberi delle mille e
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136 STUDI SULLA. DIVINA. OOMMBDIA.
mille visioni del medio evo, e a rispecchiarli potentemente uniti
su*l mondo: giunse a tempo a chiudere con un monuoaeoto
gigantesco V età delKallegoria . . . Egli nella solitudine dell* esilio,
in una notte di dolore, imaginò, disegnò, distribuì, adornò,
dipinse, finì in tutti i minimi particolari, il suo monumento
gigantesco, il domo e la tomba del medio evo. . . . Dante, com'* è
natura de* poeti veramente grandi di rappresentare e conchiu-
dere un grande passato, Dante fu V Omero di cotesto momento
di civiltà. Ma son momenti che presto passano; e i diversi
clementi, dopo incontratisi nelle loro correnti, riprendono ognun
la sua via. Per ciò avvenne che della Divina Commedia, rima-
nendo vìvo tutto quel ch*ò concezione e rappresentazione ìq~
dividuale, fosse già antica fin nel trecento la forma primigenia,
la visione teologica; per ciò Dante non ebbe successori in in-
tegro. Egli discese di paradiso portando seco le chiavi dell'altro
mondo, e le gittò nelF abisso del passato : niuno le ha più ri-
trovate. >
Dante, Petrarca e Boccaccio* Id., p. 71-75.
DeUa varia foHuna di Dante. Id. p. 239-370. — V.
Man. Dant iv, 50.
Castiglia Benedetto, La mia dottrina intomo a Dante,
Estratto dal Courier Frangais italien, ed inser. trad. nella
Favilla di Palermo, A. xiv, n. 3, 11 die. 1857.
Dante Alighieri, ossia il problema dell'umanità tiei
Medio Evo. Favilla di Palermo.
Ceochi Leopoldo, Dante. V. Rivista Europea, Giugno 1875,
p. 91 e seg.
Cbrbsbto Giambatista, I. La Divina Commedia è un mo-
numento storico. — IL La Divina Commedia è un monumento
sdenUfico e dottrinale. Della Epopea in Italia, ecc. Torino,
Pomba, 1853, p. 32-50. — V. Man. Dani, ii, 561, 574.
Cbrritblli av. Pietro, Pensieri sulla Divina Commedia.
Chieti, Del Vecchio ed Orlando, 1871, p. 04.
Dante abbellì la scienza con la poesia: volle, secondo ^U
stesso dettava nel Convito, un accordo indiatrattibile« un ma-
trimonio etemo fra quelle due manifestazioni del pensiero
umano. — Dante adoperò il linguaggio figurato, imperoochò
così e non altrimenti gli era d*uopo mettere iosterae 1* antico
ed il nuovo sapere, sotto il velame degli versi strani. — La
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STUDI SULLA. DIVINA COMMEDIA. 137
i ò il medio evo realizzato, come vuole il De
Qttosto questo e tutto il tempo anteriore air evo
itto r avvenire ; poichò quando V umanità si con-
izzata, non ò più nei limiti del tempo; ò la vera
>io; è quello che avrebbe dovuto essere, e quel
dovrà addivenire. — 11 poema di Dante ha,
lei didascalico ; si accorda col bello, col buono,
) a correggere la società depravata, rirondurla
azione. Una tale mescolanza d'idea e di forma,
e di cristianesimo, di verità a priori ed a pò-
passata, presente, futura, di favola e di vero,
> di storia, di teologia antica ch'era filosofia
teologia moderna che è un passo a cui perviene
De, non deve riguainlarsi a guisa di una com-
& e grottesca; ma piuttosto come processo scien-
contiene T analisi e la sintesi, la scienza e Parte,
ùrito e della natura, la immaginazione e la realtà,
figurato. — Per Dante non la ci'edulità ma la
ofica è messa innanzi, mentrechò si professa
) zelante cristiano. Egli ben pensò come Tapo-
>8tra religione si estende ad ogni cittadino che
era la chiesa terrestre dalla chiesa celeste. —
i di tempo e la diversità di costumi distinguono
>. — Non basta di raffrontare con la storia il
andio richiedesi che T elemento filosofico spazii
* ideale, e si avrà T anima di quel colosso dei-
italiana. — Il bello neiralta idealità dì Dante
rientifico ad un tempo. In quanto all'arte è in-
ione e coordinamento, armonia del fantastico e
lanto alla scienza ò chiarore che si spande in
n'individuale sapere, e pareggia il lume della
— La scienza filosofica e la scienza estetica
B cidi della medesima comprensione: entrambe
Denti di universalità, e con la veste del sensibile
apparizione dell'idea... Degl* influssi speculativi
ras £ftDta8Ìa di Dante, egli concepì il disegno
li congi unger» il passato all'avvenire coi legami
se la storia è verità del bene, o provvidenza*
il determinarsi delia pura idealità, manifestaa-
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138 STUDI SULLA. DIVINA COtBIEDlA.
dosi nei fenomeni, ò istoriare le idee ò filosofare, con espres-
sione artistica, è il bello considerato nel sno più alto colloca-
mento. In ciò io credo che debba rintracciarsi l'allegoria ge-
nerale del Poema, e che ad essa si pervenga senza confonder!»!.
La Commedia non è un sistema fìlosofico , ma il tipo di
lutti i RÌ«»temi: non ò solo la storia, ma ancora la ragione
che la informa : non è astrattezza che non rientri nel concreto :
è invece realizzazione di un ideale da cui prendono colorito T in-
terno e re5*terno dell'individuo, della società, della umanità,
la vita intell**ttiva, la vita pratica, la morale, la politica. — In
breve il Fiorentino intendeva ad una meta ove scienza e bel-
ifzza formassero un medesimo prin<*ipio, meglio dichiaralo dal
nostro Viro, il quale faceva discendere quel duplice concetto
dall'idea di ordine. — K la Commedia sacra vale sacj'a rap-
presentazione, e nel gran Dramma faceva d'uopo mettere in
movimento tipi ideali, non era possibile che a tanto si perve-
nisse senza adoperare la forma allegorica nella quale com-
penetrarne la idealità e la realtà. — Sofocle ed Aristofane
immortalarono il dramma greco e so stessi. Dante fece uu
dramma che riassume tutti gli altri: Milton e Klopstok non
possono essere termine di paragone con lui, appunto perchè
mancanti di quella idealità onde il punto di partenza simbolico
ravvolge dentro un mare dt luce i fotti storici, e con essi
inalza monumenti di nazionali reminiscenze.
D. A., Florilegio Dantesco, o Studi della Divina Comedia
di Dante Alighi*:ri, Ancona, Aureli, 1847.
Db Cosmi Giov. Agostino, Elementi di filologia italiana e
latina. Palermo, 18U3.
II Can. Giov. Agostino Do Cosmi, cui la Sicilia deve la
scienza pedagogica, con l'amoroso zelo <Ae tutto accendevalo
per il bene della gioventù, nei ii voi. degli Elementi di filologia
inserì un lungo giudizio che intitola DeUa lettutyx di Dante,
nel quale ragiona della lingua e dello stile della Commedia,
ch'ò come modello in cui si ravvisano i vivi colori defo elo-
quenza e della poesia. Commenta le panile di Dante rolte a
Virgilio, quando appellandolo suo maestro ed autore gli dice :
Tu se' solo colui, da cui io tolsi lù bello stile, che m'ha fatto
onore, e prova che ^ lo stile di Dante ò perfetto, perdio ha
originalità, novità, evidenza, energia, brevità, e dice Dante feli-
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STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 139
escrizione, e dipintore mirabile di caratteri e di
I VicENZO, Gli Angeli nella Divina Commedia.
a e Critica. Palermo, Lauriel, 1874. V. Man.
— Sugli Angeli di Dante e specialmente su
i^atorio, V. Alb. Róndani, I tre regni Danteschi
nt. Giugno 1876, p. 281; Botta Vinc. The An-
13.
lAMBATiSTA, La Dtcina Comedia, opera patria^
storica, poetica. Pistoia, Gino, 1837.
seguenti lavori: I. Vita di Dante raccolta da"
:i ed illustrata dal Fanelli. — U. Ginguenè ,
deir Opera. — - III. V. Monti, Dello stile di Dante
aiglianza al Virgiliano. — IV. Sirocrhi Dionisio,
alcuni passi di Dante. — V. Perticai^ Giulio,
io di Dante. — VI. Silvestri G., Lezione sopra
media. — VII. Fanelli Giamb., Discoi*so che la
dia è poema sacro-morale e storico-politico. —
uarci del discorso di U. Foscolo. — IX. Origini
ommedia di Osanam.
LosA, Dialogo sulla Divina Commedia. V. Bal-
8, I, 200.
Giusto, Dell'Eloquenza libri tre. — Dante ^ p.
muori intomo al poema di Dante, p. 333-54.
una nuova edizione di Dante, p. 355-57.
II Raffaello, Disegno storico della Lelter. ital.
>ni, 1875. — Lezione ni. Dante, 23-37. — Di-
Esempi in appendice al Disegno storico. Firenze,
27-67.
Giovanni, Sctntti Danteschi ora per la prima
? notevolmente ritoccati daW Autore, con giunta
. Firenze, Success. Le Mounier, 1876.
i^ severo investigatore del vero, lo cercò con
a né' libri scritturali, ne' Padri, ne' filosofi, ne' poeti
ante fra tutti, perchè stupendo accoglitoi-e del-
e del nuovo. Ed ogni concetto de' suoi scritti
ita, che gli piacque accogliere in un volume, fu
sato pel solo amore del vero. Da pertutto, fin
indiente, traspare la schietta bontà, e direi letizia
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140 STUDI BULLA. DIVINA GOMBIEDIA..
dell* anima sua da verità condotta a bellezza: e gìk ei li vede
nella sua mente questi due mirabili aspetti del valore infinito
rìmandarsi lume quasi come due volti soavi, onde ride umca
letizia d'amore. — Da principio, cei'cando soprattutto io Dante
il pensatore e la piii luminosa guida della vita, scrìsse Beile
ragioni supreme deW istoria secondo fa mente delC Alighieri,
la quale opera tiene quasi un terzo dell* elegante volume. B
impossibile, scrive il critico della Nuova Antologia. Maggio 1876,
p. 201 , dare esatto conto in un Bollettino bibliografico del*
r importanza di essa, e basterà accennare che vi si discorre
fu tre parti della Umana famiglia nella sua storia, degli
Angeh cooperatori degli uomini, e di Dio nella vita delT umana
famiglia; in una Appendice poi sono raccolti alcuni Pensieri
Danteschi intorno alla filosofia della storia, considerata come
scienza. Apparecchiatosi al grave lavoro con severi studi di
teologia e di patristica, egli segue nella Divina Commedia il
logico svolgimento del concetto di Sant* Agostino, e lo espone
in forma dommatica, ma sempre così lucida e piana che ricorda
le scritture del ti*ecento. Ci sembra questa la migliore intro-
duzione che possa darsi alla piena intelligenza del pensiero
dantesco, intorno alle relazioni tra Dio e Y umanità. Oltre alle
minori dissertazioni su Gregorio VII, sul Veltro, sul Satana,
ingegnoso rafironto del dantesco col miltoniano, esuli* impor-
tanza del porre studio massimo nella Divina Commedia, il
presente volume contiene due operette estetiche della Evidenza
Dantesca e della Beatrice (l>e\V Evidenza Dantesca V. p. 119).
La seconda ricerca qual fosse V anima del Poeta, rispetto alla
sua Donna, nelle ascensioni del pensiero e dell' affetto spirìtuale,
e cosi dopo aver ragionato della Beatrice terrestre, ce la mostra
trasfigurata in visione poetica che salva dagli errori mondani
il trepido amante, e beandolo d'ineffabile dolcezza, lo leva a
contemplare i sublimi fulgori.
Poeta egli stesso spiritualissimo, il signor Franciosi ò abile
a spiegare con acuti avvedimenti i molteplici ^ensi della parola
dantesca ed il magistero di quell'arte unica al mondo eh'' è
nel tempo stesso simbolica e divinamente inspirata. Il solo ap-
punto che può muoversi alla sua maniera di critica^ egli ben
lo conosce , e prevedendolo vi risponde con queste parole :
< Chi poi dicesse che, meditando sulf opera altrui, troppo io
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STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 141
[ mio, non gli vorrò male per questo; ma libe-
rò; che suir opera altrui (uè poteva fare altri-
meditai con amore, e che V amore di necessità
.... »
gì, // dialetto di Verona nel secolo di Dante.
e. Voi. VI, 1873, p. 281-324.
NBMBRITI DELLO STUDIO DI DaNTE. V. MELANDRI.
'iCENZO, Come Dante usasse la mitologia. Del
, Honamici, 1846, p. 224.
ER Alessandro, Del sistema mitologico di Dante,
letto nelC Ateneo di Venezia li 13 Marzo 1837.
0. Venezia, Andreola, 1839; 'Discorsi ed altre
Fontana, 1843, p. 152-169.
oducendo nel suo poema gli antichi esseri mi-
gliò della divina lor veste per mostrargli, a cosi
la diabolica lor nudità. Ei si valse dei miti, sì
ioni, di memorie, di reliquie dell* antica poesia;
9mi e le forme, ma ne cambiò affatto l'essenza;
, al lume del cristianesimo, che tutte folgorando
i , tutta ne discopre la vanità Dante fii il
nerare colla face delle cattol icbe verità le favole
li tutto al più non apparivano ai suoi occhi che
I o contraffazioni di fatti reali e di popolari trar
)Oeti avvolsero nel velo mitologico, per acquistare
ore autorità e maggior fede.
Luciano, La Mitologia e la prima Cantica della
*dia, Studio comparativo. Treviso, Zoppelli, 1876.
i proposti di studiare la genesi della forma sen-
te ha saputo dare alla concezione maravigliosa
}, non potemmo esimerci dal procedere secondo
parati vo, legando cosi il concetto cristiano, pel
illa forma, qoUe tradizioni favolose d'Occidente,
conoscono di fonte indiana. Dante , è vero , non
erno : lo ti'ova nel catechismo della sua fede coi
altri misteri ; ma dal momento che in quello a
nescolarvi buona parte dell' avemo mitologico, ci
on cosi di voler saperne il perchè, quanto, cogli
3za e delle scoperte odierne, di paragonare il suo
mondo di oltre tomba con quello dogi' indiani iu
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•••
142 STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA.
cui e l'uno e T altro inconsapevolmente si rìQettono
nendo al mito d* Inferno , non smentisce ia natura e l' u;
suo nella paganità, nemesi inesorata per gli scelerati <
empii: domraa di fede nel nistianesimo , tale signoreggia
purgatorio e col paradiso nella Divina Commedia, ove si pi
qual contenente fanUistico per accogliervi parte dell' èrebo
tico. > 11 sig. Si:*sa ci annunzia d'imminente pubblicaziot
' sua Tetralogia Dantesca, studi comparativi. Abbraccerà <
La Mitologia e C Inferno — Le Visioni e il Purgatorio -
Deità e il Paradiso — L' Uomo e la Poesia nella Divina (
media.
GiRGENTi Gabtanina, Le donno nella Divina Comm
L'Arte di Palermo, A. il n. 13, 1 Luglio 1871.
Tommaseo Nicolò, Le donne del Poema. Discorso agg
• al Canto ir dell'Inferno.
Lorenzi Girolamo, Le donne della Divina Commed
Dante. Racconti e Commenti.
« Presi per soggetto, cosi il Lorenzi, un argomento a
alle lettrici, per cui feci il lavoro: cioò lo Donne di cui
Dante nelle tre Cantiche. Divisi pertanto il lavoro in sei
Nella prima do una breve vita di Danto, coH'esposizio
tutto il piano, o congegno artistico del poema, ed un r
na mento sulla bellezza ideale o poetica e sui pregi e <
delle donne in generale. Nella seconda per via di narr
e di brevi co menti parlo di tutte le donne dell* antico
nuovo Testamento, citando i versi di Dunte; e così fo
parte terza per quelle della Mitologia o dell* epoca Mi tolc
nella quarta per le donne della storia antica profana;
quinta per quelle della famiglia di Dante e per le sue
«centi; nella sesta per quelle in cui tratto delle donne i
ginarie di cui abbonda il poema, dove avrò agio d'intrc
alquanto lo lettrici nei più elevati, insegnamenti dell' esi
della morale e della tìlosofia. » Dal Programma. Milano, R. S
1876. — Il Lorenzi ce ne diede un Saggio nel suo libr
Firenze nel secolo di Dante, che ci fa dubitare assai de
lltà del lavoro.
Giuliani Giambattista, (n. nel Comune astigiano di C
il 1 Giugno 1818) Dante e il vioente Linguaggio Toscan
scorso letto nelC adunanza solenne della R. Accademia
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BTUDI SULLA. DIVINA COMMEDIA. 143
Olisca il lodi SeUembre 1872. Firenze, Stamperia Reale, 1872.
- Id. Il Propuguatore, 1872, Voi. v, p. 157-79. — Id. 3/o-
ralìtà e poesia del vioente linguaggio della Toscana, Firenze,
Le Monnier, 1873.
Il Giuliani piglia a risolvere la celebre questiono che da
Uuto tempo ai sta agitando in Italia, se, cioè, la nostra lingua
hìa. fiorentina, toscana o italiana; e, per venirne a capo, ricorro
a Dante, né senza ragione : che la lingua di Danto ò la lingua
d* Italia, e però quale è quella, tale è ancora questa. Ora egli
toglie a dimostrare che la lingua della Divina Commedia ò io
stesso linguaggio che il popolo toscano, privilegiato di gusto
e di gentilezza, ha custodito sino al presento» Nò ciò egli fa
con argomenti astratti e con briosi argomenti, ma con T aluto
Ci semplici tatù appresi alla scuola di Dante e del popolo;
inétituisce un riscontro tra la lingua di Dante e quella che si
continua ancora sulle labbra di toscani. 11 raffronto ei lo fa
as!»ai chiaramente vedere nelle parole, no' traslati, nello frasi,
ne' costrutti, negr idiotismi, ne' proverbi, neir armonia imitatrice,
in quelle scorciatoie, o tragetti, come li dicono, dove maggior-
mente pare la efficacia e la vita del parlar toscano, in somma
in tutte quelle cose che alla materia, alla forma, alla vita della
lingua si attengono. La materia de' suoi raffronti ei la prende
dalla montagna pistoiese, da Montamiata, da vai di Lima, da
vai di Nivole, dove la vena del parlare si mantiene più pura
e più incorrotta; e ne inferisce che della nostra lingua il ger-
moglio è nel dialetto toscano, ma migliorato per virtù d^inne&to,
la cui marza fu l'ingegno de' migliori scrittori italiani e par-
ticolarmente di D.inte. 11 quale trovando nel parlare toscano
un germe rigoglioso sì , ma rude e selvatico , lo fece divenir
pianta buona gentile, illeggiadrendola col suo ingegno e am-
pliandolo coir assimilargli i dialetti della rimanente Italia. Dante
volse l'animo e lo studio a magnificare i dialetti toscani, rao-
.strando in atto e palese quella bontà che aveva in podere e
occulto, e dalla ricca e pur dispregiata miniera di esso, seppe
cavare le masse informi di preziosi metalli , che setto la sua
maestrevole mano si rafSnano, si perfezionano, e di perfetto
e incancellabile conio si suggellano. Le quali cose tornano al
certo a gran lode di Dante e del linguaggio toscano ; di Dante
che seppe cosi bene forbirlo, dilargarlo e perfezionarlo, e di
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144 STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA.
quel dialetto che tanto docile si porse airiotenzion deirartc
e tanto disposto a ricevere la impronta di quel nobile ìngegao
F, Linguitì, Gazzetta d'IUlia, 7 Marzo, 1873. — V, RaffaeU^
Fornacciari, Nuova Antologia, Decembre, 1872. — G, Tigr-i
Gazzetta d'Italia, 7 Giugno, 1873, n. 58.
Grosso Stefano, Lettera filologica alC illustre sig. Ptet^\
Fanfani. Il Nuovo Istitutore di Palermo, 18 Maggio 187-4
p. 97-106.
Questa lettera, oh* è un vero gioiello, è diretta air illustri
filologo Pietro Fanfani, in lode de' suoi Studi ed Osservazioni
sopra il testo di Dante. In essi « tutto non pure elegantemeot^
ed efficacemente è scritto, come appena saprebbero faro po-
chissimi, ma dirittamente ragionato. > Manifestatigli, con molte
acume di critica, tre o quattro dubbi intorno a lezioni, difese
dal Fanfani, ei pone questo canone di ermeneutica dantesca, chv
ci pare inoppugnabile. Non solo ei stima ben fiitto scegliere
da molti codici il verisimile, ma air inverisimile, che talvolta
è dato da tutti i codici, sostituire il verisimile che è suggerito
dal contesto, cioè dalla grammatica e dalia logica, secondo
r indole dello scrittore. E ciò principalmente ove basti il mu-
tare od aggiungere una o pochissime lettere, e la mutazione
o r aggiunta, si offre, direi quasi da sé. E ce lo prova eviden-
temente con parecchi esempi. Due preziose digressioni la ren-
dono aB.Qai più interessante. Nella prima, tutto acceso di santa
ira, croscia durissimi colpi, che i secondi non aspettan li tei*zi,
sui moderni filologi o glottologi, razza di matti, che pretendono
lo scettro della grecità e della latinità, convertendo gli ameni
studi della lingua classica in una specie di analisi^chimica ed
anatomica di parole. E ben può il prof. Grosso sedera a scranna,
valentissimo com'ò nella laàna e neir italiana fiivella e forse
il primo ellenista dell* età moderna. Ci parla la seconda della
soìsrana eccellenza, anzi meglio della divinità d'ingegno dej
massimo poeta, che ei chiama mar di tutto il senno con piii
ragione che Dante non abbia chiamato Virgilio. Nella parola
senno vuoisi compresa la sanità de* concetti e la energia della:
espressione. Oltrecchò nel poema di Danto ti'ova argomenti!
eziandio del senno de*greci, cioò della scienza e deirarte di
quel popolo che fu maestro del mondo. In breve, V epistola del
Grosso ci £gi ghiotti di nuovi suoi lavori. La lettera al Fanfani,
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STUDI SULLA DIVINA OOMIOEDU. 145
marzo 1874, dovrebbe ricomparire rifatta ed
t compagnia di quattro altre sorelle ; oio^ una
0 del Blanc; ana sulla lezione nove Muse; una
t7*o feci e non innanzi il passo; ed una sulle
1 Dionisi contro gli antichi e i nuovi suoi de^
TANO, Lettera al chiarissimo prof. Stefano
Lti, 1874, 220-23; 238-40.
ire, bella figlia. Il Zolese con bel garbo e molto
gli argomenti svolti dal prof Grosso,
.ippo, Alcune Prose ed Iscrizioni. Faenza,
un discorso intomo al fine della Divina Com-
trare che tal fine ò morale ed universale, noa
*ziale.
il Bello, Padova, Sacchetto, 1873. — Secolo di
ante, Salmo, p. 49; Dante, Petrarca, Barbieri,
} su Dante, p. 163. — Del Leoni, V. Man,
ir, 565.
Augusto, Dante e la Divina Commedia, Iesi,
1873.
ftTo, Teste e figure, Studi, Padova, Sacchetto^
lei 1876. Dante, p. 1-27.
Giuseppe, Intorno allo studio dei Padri della
Gesù, nelle opere di Dante Alighieri, Lettera
intonio Donati, Custode della Biblioteca Ales^
na, Gaddi, 1871. — Estratto- dagli Opusc. Rei.
^erìe III, fosc. 8-13.
isegna uno per uno tutti gli Scrittori Gesuiti,
attato di Dante o di proposito, o di passaggio,
i speciali, o relative air intero poema. Di ogna-
nche di parecchi afflitto dimenticati, dà parti-
ed espone quel poco o molto che ne hanno
i dice, trovò un apologista nel Bellarmino, un
* Aquino, un comentatore nel Venturi, degli sto-
I, nel Tiraboschi, e neir Andrea.
Roberto, Cardinale, Responsio ad Hbrum anonymum,
^iso piacevole dato alla bella Italia da an nobile fraB-
10
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146 STUDI BULLA DIVISA OOMMBOU.
^eee, ecc. Monaco, Swarts, 1586, di Francesco Perot Signore di Megières.
Nel voi. VII dell'opere del celebre Goniroversiata, edite in Colonia da Ber-
nardo'Walter, 1617, p. 530-563, (il solo esemplare dell' infame opera del
Perot noto in Italia, è nella Biblioteca del Collegio romano, e forse è qoel
medesimo di che si valse il card. Bellarmino).
Lo scrittore francese avea ordinato in cinque capi le sue sciocche
accuse contro V Alighieri, argomentandosi di provare cbe Dante non era
cattolico, perchè nel suo poema : i,^ propsla i visi di alcuni Papi, unti dì
tutto il clero; 2.° appUcs al romano Pontefice il famoso luogo dell'Apoca-
lissi intorno s Bsbilonia ; 3.** ripruova, come fanno i Luterani, il Sacrificio
della Messa; A.^ predice e divisa con profetico spirito la venuta e la dottrina
di Lutero; 5.® riprende le indulgente concedute dai Pontefici. — Il Bel-
larmino confuta cspo per cspo (e. xix-xviii) quelle stolte ed empie calun-
nie, e per aggiunta, in un nuovo cspitolo (xix) raccoglie e dichiara ven-
tisette luoghi del sacra Poema, tutti in lode ed onore della Cattolica Reli-
gione, e de* suoi riti, e del Vicario di Oesù Cristo.
P. Carlo d' Aquino (napoletano, visse dal 1654 al 1740), La Divina
Comedia trasporttUa in verso eroico, ecc. Napoli, Mosca, 17?8, col testo
ital. L' edizione fìi veramente eseguita in Roma per Rocco Bernabò. V.
Man. Dant. ii, 501.
BxRTOu P. Daniello. — Benché non abbia lasciato niun libro ch«
proprio e tutto sìa volto allo studio di Dante, pure in tutto le opere mo-
rali, e ne' due trattati di ragione grammaticale ben spesso riporta de' versi
della Divina Commedia, e se ne giova a dichiarazione ed abbellimento
delle sue sentenze.
Venturi P. Pompeo (Sanese, n. 1093, m. 1752). Contento della Di-
vina Comedia.
Il Venturi non pubblicò il suo Cemento, ma un altro Gesuita, nativo
anch'egli di Siena. Il P. Giarob. Placidi, avuto in mano lo scritto del suo
confratello e concittadino lo diede alle stampe in Lucca nel 1732 co* tipi
del Capurri. E, avutane piena facoltà dal Venturi, soppresse molte osser-
vazioni del Comentario; e per contrario vi aggiunse egli alcune sue poche
note ad alcune parole dal Venturi medesimo adoperate. I^ stampa, ta-
ciuto il nome del Goìnentatore, porta questo titolo: Dante con una breve
e sHffieiente dichiarazione del senso letterale, dixfersa in piti luonhi dai
quella degli antichi Comentatori. A quella del Capurri tenne dietro lai
stampa del Pasquali del 1739. Ma chi presiedè ad essa, mise del suo al-^
cune contronote, che, secondo ravviso del P. Zaccaria, anzicchè abbellirla^
la guastarono. Ma nel 1759 lo stesso P. Zaccaria divisò di pubblicare ìm
toro il Cemento, e, avutone l'intatto originale, ne procurò una bella edisJ
in tre voi. co' tipi di Gius. Berne. Ed ei volle che Tediz. veronese, di pr<M
gevoli aggiunte arricchita, fosse dedicata all'insigne ornamento di Veronaj
al marchese Scipione Maffei. L'egregio filologo 6. Veratti pubblicava testi
una lettera del P. Valerio Baggi (n. a Sassuolo nel 721, m. in Modena n€
1702), Gesuita, ad un suo nepote, in che dà alcune partieolsrità intere*»
santi su questa edizione, alla quale ei pure ebbe parte, n Melandri noi
nega avere trasmodato il Gesuita commentatore; né gliene dà^ néglitnu
prega intera perdonanza. — Ei conta 30 edizioni di questo Comenld
r ultima delle quali si è quella di Parigi, Trachj, 1811. — Sul Gomenli
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STUDI SULLA DIVINA OOMMBDU. 14?
m. Dant. n, 450. — Roéa Morando Filippo^ Osservaxioni
della Divimi Comedia di Dante Alighieri, stainpato a V»-
■ona, Ramanzinl, 175f, e nell'ediz. Zatta, 1757. — Ro9<t
, Lettera al P. Giuseppe Bianchini a quanto Ai scritto
■aria d'Italia contro le Osservaxioni al Gomento del P.
Andreoni, 1754. — Zaccaria P. Franc^ Antonio, V.
Uiay T. V, 1. I, e. 2, g XIII, 54 e seg.
àso, milanese, (n. 16-18, m. 1737). Cantò dì Dante nel suo
RANCBSco Saverio, n. in Ponte della Valtellina nel 1695,
steso nella sua opera : Della Storia e della Rajionfi di
uadrio diede pure alla luce i Sette Salmi Penitenziali
i>lgar poesia dall* Aiigbieri (7), ed altre sue Rime Spiri-
doni, ecc. Bdogna, Gottardi, 1753.
'. Girolamo, Bergamasco.
. Storia della Lett. Ital. T. v, 1. 3, e. 2.
lovANMi, (n. di Planes in quello di Valenza),
a sua opera: Dell' ori jine e dei progressi d'ogni eia-
ip. R. 1782-W ; Palermo, Pedone, 1838-46, ecc. Nel T. il,
z. napoletana, dove si parla di Dante, il P. Narbone ha
), due critiche ed una bibliografica.
'. Pr. Savbrio, n. in Mantova nel 1718.
non nega che nell'opera // Risorgimento d'Italia negli
e neir Elogio del Petrarca^ e nei Dialoghi di Amore e
esiy e segnatamente nelle Lettere di Virgilio, e da ulti-
isione Accademica il Bettinelli dica scerpelloni e strafal-
Dant3, anzi gli vomiti contro bugie ed ingiurie solenni.
:he vuol discorrere dei colori.
MB. di Palermo, Voci e locuzioni poetiche di Dante,
ilermo, Feoret, 1756.
Gì, di Montjlmo.
sacra Teologia, sotto il nome di Beatrice, cavate dalla
> e distribuito in cinque sonetti. Trovansi stampate in un
ititolato : Coelus solemnis Reip. litterariae Umbrorum
ttcì-aria fulginati, VII Kal. Mart. A. R. S. MDCCLXII;
) il tip. Giaciuto Marietti e lo ripubblico in Torino nel 1828.
P'RANCBSCO, n. a Napoli nel 1798. — Dal 1825 al 1830 fu
ina Commedia neli'UniversitA di Torino.
, GiAMBATiSTA, spoletiuo, u. U 27 ottobre 1784, m. nel
• il 23i marzo 1862.
nenti intorno alle disquisizioni di Q. Rossetti, pubbl. nel
lali deUe Scienze Religiose, Roma, 1810, p. 1-46, 265-99,
' opera deir O^anam , intitolata: Dante on la Philoso-
2U treizième siicle. Nello stesso voi. p. 402-32.
l Discorso dell' ab. Zinelli intorno allo Spirito religioso
jri desttnto dalle opere di lui. Nel voi. xi degli Annali
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148 STUDI SULLA DIVINA COMMBDU.
PiANCiANi P. Giambattista, Un Ragionamento col tiU
nttova opinione intmmo all'anno in cui Dante finge di awn
poetico viaTiio, col quale mostra falsa T opinione del ZinelU
discorso aveva sostenuto 1' anno del mistico viaggio essere il
krc. T. Lxxxix, Roma, 1811.
Uu nuovo articolo sopra l'opera dell* O^anam. Annali
Rei. Serio ii, Voi. 11, 1S16, 3-14.
Intorno all'opera di Carlo LyeU, ministro anglicano
nella Scozia : Dello Spirito cattolico di Dante Alijhieri. Id. ^
p. 337-71.
Intorno ai libri de Vulgari Eloquio sive idiomate (
pubblicati dal dott. Alessandro Torri, in Livorno, 1850. C
Serie i. Voi. vn, 1837, 206-21.
Il Melandri riproduce tutti questi Articoli nella seconda
Osservazioni intomo ai Bello, Saggio, Roma, Moi
La discussione dantesca occupa da circa trenta pagine di ques
può riguardarsi come un'operetta da se. In essa vuole il P. I
l'esempio della Divina Commedia, far chiaro come sia « poss
binazione del vero bello e del sublime ne' lavori dell'arte. »
Il P. Secchi nel suo Discorso sul Panciani dice ch'ei i
. tutto a memoria, e lo recitava con sapore suo proprio, e che
occupo ne' suoi scritti. — Nella Cosmofjonia naturale compt
nesi, trentotto e forse più volte, scrive il Melandri, inlroi
dell'Alighieri, e ne addita nuovo spiegazioni, e se ne giova
riscontri. E ne* Saqii filosofici si può dire che voi non potei
pagina senza che v' imbattiate ne' versi della Divina Comi
quaranta volte sono riportati ed illustrati nel Saggio P inU
rità prime.
Piccirillo P. Carlo. Pubblicò i seg. articoli :
Dell' edizione dell' Opere Minori di Dante, procurata d
©viltà Catlol., Serie in, voi. ix, 1858, p. 571.
Sopra un lavoro di Fortunato Lanci, ossia de' t
regni cantati da Dante Alighieri, analisi per tavole sinot
Cattol. Serie iii, voi. vii, p. 610.
Intorno ai Prolegomeni del nuovo Coìnento storico
Neo della Divina Commedia di Dotnenico Dongiovanni. Ci^
rie III, voi. XI, 313. — Il Dongiovanni ne fece replica. Forlì
1858.
Sopra la dimostrazione del P. Francesco Berardineli
Il Concetto delta Divina Comtnedia. Civ. Catt. Serie iv, voi.
Bresciani P. Antonio, Interpretazione della voce Ru'jeca
61). Strenna Nuziale, Napoli, Androsio, 1854; Costumi dell'
degna, P. 1, e. 1 ; riportata dal Melandri, p. 130.
Sull'opera del Barone Drouilhet de Sigalas, voi]
P. Marcellino da Civezza, M. O. L'arte in Italia, Dante i
Divina Commedia. Civ. Catt. Serie il, voi. iv, p. 20S, 1855.
Paria P. Giuseppk, Sopra la pubblicazione fatta da Otti
gli Studi della Divina Commedia di Galileo Galilei, Vincer
ed altri. Civ. Cali. Serie n, voi. x. 652.
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STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 149
Ciccom P. Tito, n. in Loreto nel marzo 17TO, morto nella Casa di
Modulato in Roma nel die. 1846.
Nulla diede alle slampe, che propriamente ai riferisca all' Alighieri,
pare ne fa stadiosissimo, e si adoperò spezialmente a chiarire la sip-nifl-
ctzìoDe ài alcuni vocaboli. All' Arcadia diserto sulla vera etimologia delle
voci Ramoffna, Piamo, Converso^ e il Melandri ne pubblica per la prima
Tolta l'interpretozione (p. 133-38) ; diserto inoltre sulle voci Croio, Cherci e
Chercuti, e lascio pure inedite molte note ed osservazioni intorno quaranta
• più Toci^sate dal gran Poeti, delle quali egli investiga il significato, e ne
atodia Tebmologìa, e dove gli sembro errata, ne stebìlisce la vera lezione.
LcBBRATORB P. Mattso, Strìla Filosofia di Dante di Gius. Frapparti.
Qv. Cali. Serie iii, voi. i, 68.
La Filosofia della Divina Commedia di Dante Alighieri. Oroag-
^ a Dante VlUgfaierì offerto dai cattolici italiani nel maggio 18«>, Roma,
MonaUi, »&^6 (Man. Dant iv, 121).
n Lil>eratore nelle sue opere che hanno per titolo Della conoscenza
HteUettuaU, Roma, Tip. Civ. Catt. 1857-58, e Del Composto ttmano, Ro-
oa, 18K, a quando a quando spiega ed illustra i più reconditi concetti
filosofici del Poeta.
Cima P. Carlo Maria, Dei versi di Dante circa il Pontificato ed i
Pontefici de* suoi tempi. Nel giornale napolitano La Scienza e la Fede,
voi. VI, 1844. — Il P. Curcì pur sopra weglio Vedizioncina leggiadra, ni-
tida e corretta quanto desiderar si possa della Divina Commedia, Na-
poli, Nobile, 1841, e vi premise una prefazione breve assaij ma piena di
•uyo, e ben saporito.
Sarti P. GsN!fARo Maria, napolitano, L'esiglio di Dante per un
esule detta rivoluzione del 1860, Versi sciolti. Omaggio a Dante Ali-
^liìeri, ecc. p, 335.
Bbrardxnblli P. Pr\ncbsco, il Concetto della Divina Comedia di
Dante Alighieri, Dimostrazione. V. Man. Dani, ii, 609.
Ragionamento intorno al vero senso allegorico della Divina
Commedia. V. Man. Dani, iv, «67.
Sul metodo di commentare la Commedia di Dante, proposto da
Giamb. Giuliani. Civ. Cattol. Serie v, voi. |,'1862, p. 454, 592, 704.
Delle benemerenze dì Danto verso Tltelia e verso la civiltà. Pro-
lusione di Giamb. Giuliani. Civ. Catt, Serie v, voi. i, 1868, p. 718.
Il cemento di Francesco da Buti sopra la Divina Commedia di
Dante Alighieri, pubblicato per cura di Crescentino Giannini da' fratelli
Nistri di Pisa. Civ. Cattol. Serie v, voi. v, 1863, p. 170 e 667.
La Divina Commedia di Dante AHihieri, ricorretta sopra quat-
tro de* più autorevoli testi a penna da Carlo Witle. Berlino, 1862. Civiltà
Cattol. Serie v, voi. vni, 1863, p. 19& e 322.
Giornale del Centenario di Dante Alighieri, prepara la solen-
nlti nazionale della nascita di Dante. Civ. Cattol. Serie v, voi. x, 1864,
p. 706, voi. XI, p. 73 e 505.
L'AUejoria delta Divina Commedia di Danto Alighieri esposta
da Vincenzo Barelli. Civ. Cattol. Serio vi, voi. i, 1885, p. 461.
Canti di un Cristiano, Italia. Il Centenario di Danto. Civ. Catt.
Serie VI, voi. il, 1865, p. 471.
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150 STUDI SCLLA DIVINA COXMBDIA.
BxRAWMHKUJ P. Pka^ccbsco, Omofjiio a DoHt» AUihieri^ offerto
da' Cattolici italiani nel maggio 1883. Civ. Cattol. Serie vi, toI. il, 1865,
p. 717.
— — La Beatrice avelata, Preparanone aTinteUigensa dì tolta le op<*r«
di Dante per Francesco Berez. (Sv. Cattol. Serie ti, toL m, 1865, p. 593,
yol. nr, p. 73.
Morii Luigi, d. C. di G., Dante e la Libertà moderna. Civiltà
Cattol. Serie vi, voi. iv, 1866, p. 710.
Il Concetto politico di Dante e a Re^no d' Italia, Civil. Cattol.
1865, p. S66.
La Monarchia di Dante AUihieri e ii dominio temporale éUn
Romani Pontefici. Ctv. Cattol. Serie vi, vd. n, 1865, p. 72-88 ; voi. ni,
p. 35-51 ; 271-^; voi. iv, 1(^23.
La Divina Commedia di Dante .\lighieri col commento cnttolìro
di L. Benasauti, Àrcipr. di Cerea. Civil. Cattolica, Serie vn, voi. i, 1868,
p. 330.
Lettera di Aleu. Manzoni al Bonghi intorno al soggetto del
Trattato di Danto Alighieri De Vulgari Bloqnio. Civ. Catt Serie vn, voi. il,
1868, p. 396.
Mahh P. Luigi, napoletano, Dante e la Libertà moderna, Modena,
Fibreno, 1865.
SoLiMAm P. DoMB!cico, di Ponto Lagoscuro nel Ferrarese, m. nel
febbr. dd 1869, Massime religiose e morali di Dante Alighieri, tratte
dalla Divina Commedia. Prato, Contnicci, 1867.
MeLA!fDRi P. OcsBPPB, di Bagnacavallo, Maria Santissima nelle
Opere di Dante. V. Man. Dant. iv, 96.
Intorno allo studio dei P. P. della Compagnia di Cresd nelle
opere di Dante Alighieri. Modena, Gaddi, 1871.
SAGGf ACCADEMICI
NEI COLLEGI DE' R. R. P. P. GESUITI.
Cakdblla P. Yaleuiaxo. di Fano, Dante, Saggio aeeademieo di al-
tuni Umanisti e Rettorici del Collegio della Compamia di Chsrì in Or-
vieto, V anno 1845, Orvieto, Filippi. — V. Melandri, p. 53.
Saqiio Scolastico stélla Divina Commedia dato nel Collegio di Fermo.
Fermo, Pacassassi, l&t3.
Per quanto ricerche ne facessi, anche direttamente, non mi venne
fatto di trovare T enunciato Saggio..
La Divinc^Commedia di Dante Alighieri, Saggio e Accademia della
rettola di Rettorica della Cjmpagnia di Oesù in Piacenza^ ÌO Agosto.
Tip. vesc. Tedeschi.
Farono svolti i segnanti temi: Preftizione — Il Genio di Dante kìU
glneri: 1. Ndla Storia: Dipintore, — Universale, t. NeUa ftloooAa: Moi'
teplice, — Divinatore. 3. Nella teologia: Profondo, — Estetico, ^ Or o-
dosso. 4. Nella poesia: Originale, — Eloquente, — Dispotico.
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STUDI SULLA DIVINA OOMMBDU. 151
riAsagnunento di Retorict, D, OiutHno SimonetU, ben-
L Uad deiU CompagnU nel 1850, e però non ricordato
RLO, Preside del R. Liceo Verri di Lodi, La Divina Com-
Hidemico della §cuola di retorica del Col. d. C. d. O. di
larmignani, 1S47.
ancor giovanissimo, con intelletto d'amore insegnava
^o gesuitico parmigiano. Questo saggio, ornai divenuto
irreperibile, non è citato dal Melandri, perchè il Maren-
cio r abito loiolesco. Il Marenghi non volle addestrare i
arili esercizi, in vana pompa di poetici componimenti,
i, da cancellarne le native sembianze, e che fan logorare
npo prezioso; ma gli piacque ch'entrassero nello spirito
che ne apprendesser l'architettura, in breve ad inter-
>, ed a gustarne le bellezze. È il miglior Saggio di quo*
mi conosca. « Vi sono gipvani, cosi egli, divisi in tre
le* quali toglierà a interpretare tutto l' Inferno, 1' altra
■gatorio, la terra, di pochi, anche il Paradiso. L'argo-
de' passi trascelti a talento de' cortesi interrogatori, le
ile di Storia, di Mitologia, di Precetti, le osservazioni o
»ate, le comparazioni cogli antichi e particolarmente con
che serve a dilucidazione del senso letterale ed in parte
ano il non piccolo arringo in cui si possono chiamare a
de* giovani. »
ALTRI SAGGI ACCADEMICI
Llbssandro, Delle scuole Pie, Dante Atighieri, Soffgio
li teolari del Colleiio dei Nobili d' Urbino danno <Hl
K> 10 aett. 1842. Pesaro, Nobili» 1812.
iti i seguenti argomenti: Intorno al secolo ed al poema
- Dante e il suo secolo, Ottave — Ritratto morale di
tratto fisico di Dante, dipinto da Giotto, Sonetto — Bat-
no. Sestine — Morte di Beatrice Portìnari, Sonetto —
bonetto — Dante creatore della lingua e poesia italiana,
> di Dante, Ode — Incontro di Dante con un solitario
— Lamento di Dante per la venuta in Italia di Carlo di
— Dante all'Avellana, Terzine.
ilunni di Belle Lettere in Fouombrone sotto la dire"
CHI. Fossombrone, Farina, 1845.
ILO, Novissimi Studj su Brunetto Latini, su
xa e sul loro soggiorno in Francia, Branp
nàa ed Italia, Archivio storico italiano, in serie,
, Vieusseux, 1873, 187-206.
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152 STUDI SULLA DIVINA COHBIBDIA.
MoRBLLi Paolo, DelC Educazione nazionals soUo il magi-^
siero di Dante, discorso inatiffurale aW Accademia tenuta
nel Veneziano per la festa del Centenario, Palermo, Axnenta,
1865.
Nannarelli Fabio, // Paradiso di Dante. II Buonarroti,
Giugno, 1872, 199-211.
Nel Paradiso di Dante la forma dell* universo divino e deg^li
abitatori di esso ò V espi'essione più alta dell* idea ; onde questa
parte del gran poema può dirsi la cantica del bello assoluto.
D bello è quivi levato ali* ultima potenza: non ò piìi il bello
del tempo , è il bello palingenesiaco. L* individuo ha raggiunto
1* ultimo grado dell* ideale; però la sua bellezza ba il suggello
del sublime. Ma non è un sublime momentaneo, giaculatorio,
come direbbe la Sand ; ò un sublime quieto, immanente, bello.
— Di quelli che non appczzano il Paradiso di Dante, o lo
pospongono ali* Inferno, i piti non 1* hanno letto, gli altri noa
Tanno compreso. Il Paradiso è VtdHmo del sommo artista; il
cantico dei cantici, un inno degno di esser cantato dagli Angeli,
n Nannarelli non vuole penetrare le profondità simboliche di
questa cantica, ma si di toccarne i punti salienti, di compren-
derla nella sua armonia, facendone risaltare, ravvicinate 1* una
ali* altra, le bellezze piti evidenti, senza entrare nelle piii riposte
0 più fine.
Nardi Luigi, Arciprete, Memoria sopra alcune parole itO'
kane antiche ed un luogo di Dante, Roma, Boufzaler, 1824.
Nbsti G. e., Sopra Dante Alighieri e sul concetto della
Divina Commedia, aggiunto un contento al C. xxxi del Pa-^
radiso dal v, 37 al v. 93. Dresda, Meinhold e Sohne, 1866.
Pagano Vincbnzo, Dante e la Enciclopedia. Primi elementi
di Enciclopedia Universale. Napoli, Tomese, 1876, p. 652-658.
Dante nella Vita Nuova è storico, nel Convito è filosofo,
nella Monarchia ò giureconsulto, nel Vulgari Eloquio è filologo,
nella Divina Commedia è poeta, artista, enciclopedico. Chi
voglia entrare nell-ablMO della mente di Dante e studiarne
tutto il contenuto, deve guardarlo da questi Iati; cioè, come
filologo, filosofo, poeta, artista II che vuol dire, essere la mente
di Dante la Enciclopedia Universale. E sotto questo lato egli
imprende a considerarlo. — Secondo il Pagano, la Divina Com^
media è il prodotto più grande dell* ingegno, cui pose mano
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STODI 8ULL4 DIVISA COMMBDU. 153
cielo e terra, avendo rotti i confini del finito per slanciarsi nei
campo dell* infinito; è 1* epopea piii vasta e quasi immensa,
perchè abbraccia Dio« V uomo, la natura. Essa è la enciclopedia
onivereale, ò lo scibile supremo. La prima cantica si riferisce
al <a«ato« la seconda air uomo, la terza air infinito: quindi il
tensibiie, Y intelUgiàiie, il sovrintelUgihite ; T inferno, il purga-
torio, il paradiso ; V universo, Y umanità. Dio. — Dante non ò
solo il poeta dell* Italia e dell* Europa, ma di tutto il mondo e
dì tutta la cristianità; egli appartiene a tutt*i tempi a tutt*i
loogiù. I suoi insegnamenti e i suoi precetti, la sua morale e
la aita religione sono universali; i suoi principii sono eterni
ed immutabili. Il vero, il bello, il buono sono depositati in
tutte le sue opere. L* umanità leggendo in que' volumi conosce
sé stceag ed impara a fonosrere gli altri due termini, co* quali
è iu relazione, Dio cioò e la natura, la teosofia e la cosmosofia,
siccome ensa forma la scienza dell* antroposofia. -— Così può
dirsi* che Dante Alighieri in rapporto con lo spirito dell* urna*
lùtÀ abbia creato le scienze, le lettera e le arti, e che la Z)t-
tina Commedia ne contenga i principii, e sia la Enciclopedia
Vnioersale ò il libro più sacro e più venerando dopo la Ribbia.
Pabdi Cabmblo, Università del genio di Dante. Scritti vari,
Voi. II, 177-257. (Palermo, Tip. del Giornale di Sicilia, 1871).
Hen si può dire dell* Alighieri che nelCaUa sua mente sì
profondo saver fu messo,,, che a veder tanto non surse il
secondo. Diflbtti nella mirabile sua Trilogìa volle desorittfO
a fondo r universo, e in essa 1* altissimo Poeta abbracciò tutto
lo scibile de* suoi tempi. — Discepolo di S. Bonaventura e di
S. Tommaso d* Aquino, fu non solo uno splendore di luce
teolo^ca, ma colla potente viitù della sua immaginazione, ne
sa infiorare ad ogni passo le spine. — Ammiratore di Arìstotile
e di Platone, seguace delle dottrine di Boezio e di Alberto
Magao, approfondisce i più ardui problemi della metafisica;
cultore esimio della scienza dei cieli svela 1* armonìa delle
rotanti sfere e delle leggi che ne governano il moto. Egli va-
lente fisico, delle leggi eteme della natura osservatore diligen-
tissino, ed interprate ledele, egli botanico, egli medico, egli
fornito di buon corredo di cognizioni zoologiche; e, ch*ò più,
profondo conoscitore del cuore umano, in breve il savio gentil
che tuUo seppe, egliiV mare di tulio U senno. Nò tutto questo
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154 STUDI SULLA MVISK COMSfBDlA.
ò tanto. Dante è altresì pittore incomparabile di caratteri e
costumi, maestro ed inspiratore d* artisti. Percorrendo ii poe
sacrato, noi ci troveremo sparsi per entro non pure i v
deir arti mute del disegno (visibile parlare)^ ma quelli del bc
musicale, ed egli stesso ci apparirà dinanzi artista sublime.
Fasi VATI Stanislao L., Lezioni d'introduzione clUo stu
della Divina Commedia. Napoli, Marchese, 1873.
È bello il vedere con quanto passitmato afletto, e, se vno
temperanza il can. Fasi nati, giÀ professore nel Liceo Arci
scovile di Napoli, cerchi innamorare i chierici, suoi discep
dello studio del sacrato poema. Ma peirhò essi ne conosca
la Bcuola e ne veggano la dottrina, crede opportuno di \
mettere air interpretazione alcune lezioni, che, da cibo digei
più vitale ne viene l' alimento : lieti assai prima che stane
dal lor banco, lo seguiranno dietro pensando a ciò che sipreli
Ecco il titolo delle Lezioni: Lezione I. Proemiale — Lez.
Biografia di Dante — Lez. HI. Le opere di Dante ed osser
zioni generali — Lez. IV e V. La Religione cattolica ispi
trice della Divina Commedia — Lez. VI. Originalità e splend
flel Divino Poema — Lez. VII. Del concetto cristiano d<
Divina Commedia -* Lez. Vili e iX. Disegno generala d<
Divina Commedia.
PELLBaniNi Avv. Giovanni, Cosmologia Dantesca, nu
dialogo dei morii, Firenze, -Mariani, 1856.
' Pibrmartini Luioi, Beatrice inspira a Dante la Div
Commedia, Cagli, fìalìonì, 1873.
Pibromaldi Atbnaidb Za ira. Dissertazione sulle tre Cant
di Dante. Costantinopoli, 1873. ~ Fubblicaz. della Società
Chark, a. i, voi. i, pag. 103-157.
Pizzi Italo, La Divina Commedia. Anmiaestramenti
Letteratura, Torino, Loescher, 1875, p. 90*100.
Polbtto ab. prof. GiACOBfO, Amore e Luce nella Div
Commedia, Ragionamento critico. Padova, Tip. del Samin. U
Secondo il Poletto, la luce, aimbolo ed effetto di amo
va crascendo ed applicandosi nella Divina Commedia a m;
a mano che ii Poeta si dilunga dalla selva oscura e dall'
femo, e procede verso la luce del Paradiso. Il piìi alto gr
ne godono Maria Santissinaa e Beatrice, coU* aiuto delle qi
ha termine la miatìca visione. Non è ceitamente nuovo,
y Google
8T0DI SULLA DIVINA COMMBDIA. 155
bbio un tale assunto, come quello che si collega
alla simbolica di Dante e del Medio Evo, ma
da lui &ttane. che attesta una profonda cogni-
na e un senso squisito delle più recondite bellezze
, assai a mostrare sempre meglio V armonia stu-
di questo gran lavoro: armonia che, bene studiata,
liù sicura per aprirne gli occulti sensi. Nuova
pile, 1876, 91 1. — 11 vostro ragionamento critico,
Giuliani, ò un argomento sicuro del vostro dotto
vivo e accorto amore che portate a Dante
Vi che mi piace, e mi pronunzia nnovamente che
porhissimi a intendere e chiarir per effetto come
icercarsi in Dante.
iCOFO, La Chiesa nel concetto di Dante Alighieri.
icopo Bernardi^ Padova il di deirAnnunciazione
no, Speirani, 1876. Estratto óhW Ateneo.
Tero più chiaramente il pensiero di Dante, lo
io ragionamento in questa forma: I. b Chiesa
ita; 11. ntflla sua dottrina; HI. ne* suoi pastori;
li religiosi ; V. negli studi ecclesiastici ; ed avremo
^uisa, oltre a mettere in sodo la verace credenza
di mostrare i suoi generosi e savi intendimenti
trascorsivamente certe sentenze, che tengono
del pusillo insieme, che un certo genere di chio-
urato air Italia mise in campo ; perchò non volle
[>anone di ermeneutica non da questa o da quella
nza giudicare un autore, sibbene dal confenmento
varie disvelare e dedurre con mente serena la
[^chiuso pensiero. » 11 prof. Foletto trova strania-
le di coloro che nella Lupa vorrebbeix) vedervi
la corte di Roma. Nella mente di Dante T avarìzia
universale, ed a meglio tener desta la mente dei
intravedere falsamente la chiamò antica (p. 43).
eltro, per comprenderne meglio il concetto, trova
costare il v. 15 del C. xx del Purgatorio ed il
ieci e Cinque, Messo di Dio che anciderà la fuia
come pure T altro luogo del Paradiso xxvii, 143.
^ante, conclude il Poletto, con istudio d* amore
o, non già per balbettarne a vana pompa i passi
y Google
156 STUDI 8ULL\ DIVINA. COMMEDIA.
più comuni, ma, come facevano gli antichi nostri, per aaraniu
nello Rcrivere e neir ordina della vita; lo >i studi insomma m
dottrina e nella parola.
Prezzolisi ab. Pietro, Polianfea o RaccoUa di massi
e sentente le une dalie sacre carte, le affre dai cf€issici am
e dal divino Poeta, Firenze, Tipografia del Vocabolario, in
Xii-239.
Puccini Tomaso, Lettera nella quale si considera ilpoe
di Dante dal punto di vista letterario. Neil* Elogio di Da
del Fabroni.
Quadrio Francesco Saverio. Della storia e della rapii
d* ogni poesia. Milano Agnelli, 1752. — Dante Alighieri, voi.
p. i, 248-262.
Ricci Tbodorico, Discorso in lode di Alf. Varano qu
restauratore dello studio dantesco e della sacra poesia. Si
Renuzzi, 1874.
Rossi Raffaello, Dante onore e lume d'ogni scienza
arte, Udine, Zavagna, 1872, in 16®, di p. 20.
Dante dolce pedagogo. Mente e cuore, periodico
Trieste, a. i, 1874, 19 e 80. Lavoro rimasto incompinto
la morte dell'autore.
N. N. (can. Silvestri) Quei del buon tono al tribunale
Dante. Scherzo satirico moraUssimo, Firenze, a spese di
Soc. editr., 1850
Spera prof. Gius., Dante e il suo Secolo ~ La Divina
media. Spera, Saggi estetico-storico-critici. Potenza, Santanìe
1870, 120-49.
S. B., Il sacro oratore secondo Dante Alighieri al C. "%
del Paradiso, Osservazioni. Lucca, Canovetti, 1874.
Talia p. Oiambatista, Esempi di forza e di dolcezza tr
dalla Divina Commedia. Ne* suoi Princi|iii di Estetica. Mila
Fontana, 1832.
ToDBSGHiNi Giuseppe, Scritti su Dante raccolti da Bar
lommeo Bressan, voi. due. Vicenza, Buratto, 1872.
Gli scritti postumi su Dante del pro£ Todeschini venn
raccolti con riverenza di discepolo, con affetto di amico
prof. cav. Bressan, preside del R. Liceo di Vicenza, che pur
prepose la vita. Nacque il Todeschini a Vicenza il 18 Genn
1795, vi morì il 6 Maggio 1869. Questi scritti appartengc
y Google
STUDI SUIXA DIVINA COMBfBDIA. 157
vita privata, dal 1843 al 1859, quando, p«T la
agli, gli ili foi-za lasciare la cattedra di diritto
tale che con tanto onore tenne nello studio pata-
leschini era sì schivo delle Iodi che non si brigò
li alla luce, tenendosi per contento di Carli cnno-
(lettissimi amici e dì averne il loro parere. Eppure
Ite mi venne &tto d* imbattermi in scritti cosi
iati, e come li dice il Morsolin, mirabili, non sai
semplicità, T eleganza e T evidenza della dizione,
e r acume della critica ( 1 ). Ed hanno poi questo
che si rivelano sempre dandole storica. Io non
tarne mano mano un sunto nelle rubriche rispet-
ungono. — V. r assennato articolo del prof. Mor-
ì Storico di Firenze, 1875, t. xxi, p. 499-507.
OivsBPPB, Deir ordinamento morale delf Inferno
itti su Dante, i, 1-114.
1 quarto secolo, da che fu dichiarato acconcia-
tura materiale dell* Inferno (da Antonio Manetti),
e ancora a porgere un* idea compiuta deli* ordi-
te di esso, niuno espose ancora in modo sicuro
complesso dei principii seguiti dall'Alighieri nella
e* peccatori rilegati da lui nel carcere delle eterne
prof. Minich nella sua sintesi della Divina Com-
provare che il sistema penale dell* Inferno dan-
ituiva altrimenti un concetto unico, che domini
dal principio al fine della cantica, ma sia in vece
e diversi disegni insieme accoppiati. Combattuto
litro stava a cuore al prof. Todeschini di appurare i fatti
tte e rintegrare il testo noo »olo della Divina Commedia
uova e dei Convito. Ecco le sue parole: < C'è tanto da
sulla vita di Dante e su' fatti accennati nel suo poema -e* è
re per avere un testo della Commedia, di cui la repubmica
chiamarsi paga che a me sembra speso meno bene quel
cupa in sottili investigarioni intorno a' sensi figurati del
)6ti intendimenti del pu«ta. > Scritti su Dante i, 125. " Ed
ige: « Si grida fra noi Dante, Dante; ma tuttavia niuno
?gio di addossarsi il peso di quel lavoro paziente, indefesso,
rinvenire, per quanto si possa, in ogni minima cosa la
non potrà mai aversi una biografia pienamente lodevole
i un testo emendato o un comeuto compiuto della Divina
aso, che si possa tellerar molto riguardo alle opinioni sul
>, vai convenevole e sullo sconvenevole ; ma che sia bene
nessuna negligenza ^piando si tratta di stabilire una retta
a^re una interpretazione aggiustata ed intera. »
y Google
158 STUDI SULLA DIVINA OOBIMSDIA.
direttamente, e noi direm Tolorosamente, questo assunto nell
prima parte della sua dissertazione, ritiene che la piena e
evidente confutazione di esso meglio risulti dalla seconda. In
perocché, trascriverò le sue parole, quivi dimostrai, come tutf
r ordinamento morale dell* Inferno risalga ad una somma e e
pitale idea, che consiste nella duplice condizione richiesta p4
r eterna salute delle anime; da cui deriva la divisione prlnr
pale in due grandi classi di tutti i peccati, che trascinano
perdizione. Ed ho pure dimostrato, come da sì fiitta prin/npa'
divisione regolatamente procedano, e come siano con essa e ti
loro strettamente collegato tutte le distinzioni de* peccati . €\
il poeta ha introdotto nel luogo di eterna pena. Di che appai
manifesto, che il sistema penale dell* Inferno dantesco, per r
che riguarda la distribuzione di tutta la serie de* peccatori d
vi sono rinchiusi, non è altra cosa che un solo concetto, in
turamente e compiutamente formato nelFanimo delKautore prin
di accingersi a rappresentarne le parti speciali. Che se egli
giuocoforza riconoscere, che T ordinamento morale dell* Inferi
di Dante è un concetto unico, il quale sciogliendosi in mol
parti serba in tutto costantemente regola ed armonia, egli
non meno necessario di riconoscere, che esso è un conrer
grande e nobile, atto a rendere testimonianza di un altissin
ingegno, in cui la vasta penetrazione dell* intelletto pareggia^
lo straordinario vigore della fantasia. Creare colla ragiona
considerazione della mente un intero sistema dei peccati uman
nel quale, poste a capo le verità della fede cattolica, fosse ùlV
luogo alle dottrine della filosofia che dominava a quei tem(
e insieme alle richieste della pratica conoscenza delle co
umane; e poscia saper distendere questo sistema in manier
che ne fosse rimossa 1* aridità di una sposizione scientifica, <
invece vi fosse aperto il campo agli slanci più varii e più pod
rosi di un'immaginazione feconda, è questo tal fatto, di ci
non so se la storia letteraria ne rappresenti alcuno più mer
viglioso. Io non pretendo che i moralisti abbiano a considerai
r ordinamento morale dell* Inferno Dantesco, siccome una eia
sificazione de* peccati umani, nella quale nulla vi sia da aggiui
gere o da emendare ; mentre il nostro poeta non si propone^
già di servire alle rigide dimostrazioni della scuola, ma tender
in cambio ad operare un salutare effetto sul cuore degli uomio
y Google
STUDI 8UI.LA DIVINA COMMBDU. 159
)reteDdo, che tengaDO rigtiardo al sistema penala
itori di leggi criminaii, mentre io non posso
difierenza corra fra peccato e dritto, e quale
iza separi la giustizia assoluta, di cui Dante si
dalla giustizia delle ^ene umane, la quale non
ie ai danni dell' umano consorzio. E nondimeno
lente, che quando si giunga a comprendere, con
tutto, e con quale acconcia distribuzione delle
»ia condotto il disegno della prima Cantica in
iatissima condizione de* reprobi, ch'essa abbrac-
riconoscere in lui non pure il sapiente filosofo,
^ anzi sovrano poeta.
ine opinioni manifestate dal prof. Serafino Rai
l sensi delia Divina Commedia, Scritti su Dante,
prof. Minich che vuole che la fra«e senso let^^
Qto riguarda Tesposizione della Divina Gomme-
stesso che V altra frase senso storico ; che ii
ogliam dire senso figurato del poema, sia pu-
), e che non siavi quindi nella Commedia un
> storico. Meglio è, conchiude il Todeschini, di
\ modo di vedere largo, libero, direi quasi su-*
,tai*e Tallegoria morale quando essa è' abbastanza
irsi air allegoria storica quando T argomento la
inirle tuttedue quando la lettera lo comporta,
tpo pensiero né dell* una né dell' altra, quando
riuscirebbe del pari faticosa. Molti e diversi sti-
lanimo dell' Alighieri mentre egli era dato alla
Commedia : quali sarebbero, per indicarne alcuni
ibbra celarli tutti, il desiderio di ricattarsi delle
oir acquisto di un' alta ùima, lo scopo di far ab*
ed amare le virtii, la mira speciale di far de-
ito di parte che straziava l'Italia, la voglia di
loi benefattori, e quella, diciamolo pure, di ri-
lia le ingiustizie di cui egli fu vittima ; de' quali
e varie parti del lungo poema or l'uno or l'altro
redoroinio. E come mai vorremo noi persuaderci
>orre ad un sistema da noi concepito il modo
ne procacciasse il soddisfacimento ? Sconsigliata
y Google
160 STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA.
impresa ella è di voler reggere con certe briglie da noi fah-
bricate la fantasia del poeta; e non può riuscire cbe a nostro
scapito r imporre a noi stessi il freno di certe norme, a r.uì
rimanere costantemente legati nel seguire i voli di Tjaella
fantasia.
Di parecchie mende e contt'oddizioni che si riscontmtto
nella Divina Commedia. Scrii ti su Dante, i, 127-149.
Dante, facendosi per più anni macro, riuscì a compiere il
primo getto del sacro poema; ma giunto ad una età che sa-
rebbe stata assai a proposito per le cure seconde, la vita af-
Ainnosa e travagliata si chiuse, il lavoro della lima mancò. Di
qui alcune dizioni aspre e triviali, stranamente foggiate o stra-
namente usate, i duri costrutti, le locuzioni tenebrose od ambì-
gue, qualche verso duro, faticoso, zoppicante, e qualche rima
stentata tirata a forza, di qui le contraddizioni o discordanze
fra le varie parti del poema. E di queste discordanze, segna-
tamente il Todeschini ne reca alcuni esempi. Ki non nega gìk
che molti luoghi non sieno stati emendati, limati, ripuliti dal-
Fautore. Uno scrittore qualunque, e soprattutto un poeta, che
detta una grande opera, s'arresta di tratto in tratto con ispe-
ciale amore su qualche parte del suo lavoro, e s'adopera in
particolar modo alla perfezione di quella, quantunque gli stia a
cuore il proseguire T opera sua ed il recarla a intero com-
pimento.
ToMMASBO Nicolò, Lettera al sig, Pitrè suWarticoio dei
Bergman : Delle donne che voglionsi amate da Dante, Archivio
Storico, id. 146-54.
Le affermazioni che il valente uomo mette innanzi al suo
ragionamento son dettate con chiarezza francese e accoratezza
germanica e senno italico. L' ermeneutica amatoria del Ber-
gman è tutt'altro ingenerosa ed irriverente al poeta. Che la j
consolazione sia tutt'uno con la Pargola non lo crede per ve- j
rità: ritiene quel della Moìitanina^ canto politico, sotto sem«
bianza d'amore. Montanina, nel senso proprio, non avrebb'egli ;
chiamata la donna del suo desiderio. — Sulle prétendues Mai-- 1
tresses de Dante veggasi J7. A. de Kelleri, Dante und die
Frauen, Beilage zur Angsburger Allg. Zeit. 1871, n. 42, ed
il giornale T?ie Acadetny, 1871, n. 152.
Quattro lettere al Sig, Ab, Ranieri Calcinai Fies>ano
y Google
STUDI SULLA DIVINA COBfMBDIA. 161
di Sesto. — Nicolò Tommaseo, Ricordo di Camillo Tommasi.
Firenze, C^ini, 1874, 31-40.
Queste quattro lettere del Tommaseo air ab. Calcinai (firette,
%(mo osservazioni minute a quelle che il dotto Caverni avea
fatte sui Comento di Dante dello stesso Tommaseo, a quella
parte specialmente che riguarda l'astronomia dantesca, per la
^uale il Tommaseo si era molto giovato deMumi deir illustre
P. Gìov. Antonelli delle Scuole Pie.
ToBELLi GiL-SBPPE, Opere, Pisa, Nistri, 1833.
Abbraccia i segmenti lavpri : Air Autore delle Lettere Vir-
fjiUane — Lettera sopra Dante contro il sig. Voltaire — 7n-
torno a due passi del Purgatorio — Postille alla Divina Com-
.aedia, tratte daWedizione padovana deHa Minerva, 1822, se-
ondo t originale mss. con aggiunte inedite. Se ne debbe la
imbblicazione al sig. Torri.
Burckhardt Jacopo, Dante. La civiltà del secolo del Ri-
nascimento in Italia, trad. del prof. Valbusa, Firenze, San-
soni, 1876.
n Burckhardt, in brevi tratti, peanelleggiò maestrevolmente
Firenze ai tempi di Dante. — « La più elevata coscienza politica
e la ma^fior varietà nello sviluppo delle forme di Stato trovavansi
Hunite nella storia di Firenze, la quale in questo rispetto merita
la lode di primo fra gli Stati del mondo moderno. Qui è un popolo
intero che s'occupa di ciò, che nei principati è neir arbitrio di
una sola &miglia. La mente meravigliosa del fiorentino, ragio-
iiatrìce acuta e al tempo stesso creatrice in fetto d* arte, muta
e rimuta incessantemente le sue condizioni politiche e sociali, e
incessantemente pure le giudica e le descrive. Per tal modo
Firenze divenne la patria delle dottrine e delle teoriche , degli
> 'esperimenti e dei subiti trapassi, ma anche insieme con Ve-
nezia la patria della statistica, e, sola e prima d' ogni altro
Stato del mondo la patria della storia intesa nel senso mo-
derno. . . . Quando Dante a* suoi tempi paragonava Firenze che
non cessa di correggere la propria costituzione, con quelPin-
ferma che sempre muta lato per sottrarsi a* suoi dolori, egli
esprìmeva con questo paragone uno dei caratteri più stabili
-di questa città Firenze, senza paragone fu la sede più
importante del moderno spirito italiano, anzi europeo. » — E
ilell*altis8Ìmo Poeta, tra molte altre cose, ne dice: < Se una serie
11
v Google
162 STUDI SULLA DIVINA OOMBIBDIA.
di genii pari a quello di Dante avesse, dopo di lui, potuto con^
durre sempre più innanzi la letteratura italiana, essa, in oota
a tutti gli elementi antichi che s* introdussero , non avrebbe
mai mancato di serbare un'impronta a&tto nazionale e sua
propria. Ma nò V Italia, nò V intero occidente hanno poi prodott<^
un secondo Dante, e cosi egli rimase pur sempre il primoi
che condusse l'antichità al limitare della nuova coltura iuo«
derna ...» — « Qual tesoro di pensieri e d' affetti non ha e^li s
piene mani versato e nel sonetto e nella canzone ! E qual cornice
non ha egli saputo lavorarvi airintorno! La prosa della Vitt^
Nuova nella quale egli rende conto delle cause che occasio^
narono ciascuna delle sue poesie, non ò meno meravigliosa
dei versi stessi e forma con questi un tutto armonico, nel
quale regna il sentimento più delicato e profondo (1). Apertd
e sincero, egli mette in piena evidenza tutte le gradazionij
per le quali il suo spirito passò successivamente dall'ebbi-ezza
al dolore, e fonde poi il tutto con potente energia nella piìj
severa forma dell'arte. Leggendo attentamente questi sonetti <
queste canzoni, e in mezzo ad esse quei meravigliosi frammenti
del giornale della sua vita, si direbbe quasi che per tutto i|
medio-evo gli altri poeti abbiano &tto uno studio speciale di
non interrogar so medesimi ed egli solo, pel primo, abbia osate
affrontare il testimonio della propria coscienza. Di strofe ar-^
tefatte si ha copia granitissima anche prima di lui; ma egli
solo è il primo vero artista nel pieno senso della parola, per^
chò ò il primo a fondere scientemente un grande concetto irì
una forma perfetta. Qui si ha veramente una lirica soggettiva
impi*ontata della piii schietta verità. . e grandezza obbiettiva]
e ciò con si armonico accordo, che tutti i popoli e tutti i sc^
coli ponno appropriarsi una tal maniera di sentire e di scri^
vere Anche se non avesse scritto la Divina Commedia
basterebbe questa storia intima della sua vita giovanile pei
far di Dante l'ultimo uomo del medio-evo e il primo de)
tempo moderno. É la vita dello spirito, che tutto ad un trattò
acquista la coscienza di so medesimo e si manifesta quale s^
sente. —
(1) Si direbbe che la Vita Nuova di Dante, con qaella tìnta di schietta
ing(%uuità che Tanima da capo a fondo, abbia additato alla naùono la via
da tenere. Burckhardt^ n, 7».
y Google
STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA. 163
rebbe impresa disperata e soverchia il voler
simili manifestazioni s'incontrino nella Divina
oi dovremo Heguire canto per canto l'Intero
«imo metterne in evidenza i pregi in questo
rtunatamente non siamo in questa necessità,
nmedia già da lungo tempo è divenuta il libro
ti i popoli occidentali. II suo organismo e il
mtale appartengono ancora al medio-evo e non
mostre idee se non per un nesso di continuità
loema è essenzialmente la fonte primitiva d*o-
sia tanto per la sua ricchezza, come per Talta
stica nella rappresentazione dell* elemento spi-
le sue gradazioni e trasformazioni. »
., Die Wellanscìiauung Dante s. Zugleich ah
rum Uefem Verstàndniss der Divina Gomme-
ile Revue, Wien, Hilberg 1868.
ed i suoi maestri. Sarà inserito nel iv voi. del
•■r., Grundidee und Charàkter der Góttlichen
fondamentale e carattere della Divina Comme-
re.
und Papst nach Dante. Nel Der Katolik di
; Bonn, 1876, p. 76.
\ F. J., Dantisehe Reminiscenz an das bihli"
f rom ungerechten HausJialter in der Die.
r. VI, V. 127. Una reminiscenza alla parabola
3re avveduto nella Divina Commedia. Lùbek,
Dante, Nei suoi Transalpinische Studien,
ttilmente perchè il gran poeta non sia divenuto
'mania con tutti gli sforzi che ha per ciò du>
le fatiche che vi hanno speso intorno tanti e
'Uditi.
. F., (prof, di lingue romanze a Berlino), jBe-
in Dresden am 14 september d.j. gegrùnde-
Danteverein, abgestattet in der am 10 oktober
'itzung der Berliner Gesellschafì fur das Stii-
ren Sprachen von einem Mitgliede derselhen.
- Rapporto della Società Dantesca alemanna,
y Google
164 STUDI SULLA DIVINA COMBfEDIA.
costituita a Dresda li 14 settembre 1865, letto il 10 ottobre
nella sedata della società berlinese per lo studio delle lingue
moderne da un suo socio.
Paur T., Discorso nel sesto centenario di Dante. Nell'opera
Zur LeUeratur und KuUurgeschichte. Lipsia, 1876, p. 1-17.
PpLBiDERBR RuD., Dante s Gótihche Comódie nach Inhalf
und Gedarikengang ùhersichtlich dargestellt Mit biographi-
scber Einleitung. Stuttg, Kirn, 1871. — Considerazioni e pen-
sieri sulla Divina Comedia veduta a colpo d'occhio. Ne scrisse
il Notter, Gaz. d'Augusta, 1871, n. 290.
Videa della Divina Comedia. Sarà inserito nel iv
voi. del Dante Jahrhuch.
RiCHTER D., Dante und die Góttliche Comódie. Nel Teut-
sche Blàtter, Ottobre, 1873.
RiEGER M., Dante. Wiesbaden, Nedner, 1873, in 8® pie. di
82 pag.
Sander, Dante Alighieri, der Dichter der GóUlichen Ivo-
màdie. Vortrag im evangelischen Verein zu Hannover gc-
halten. Annover, Meyer, 1872.
ScARTAZZiNi G. A., Dante Alighieri e le sue Opere. Nel
voi. V della grande Opera: Conversations — Lexicon, Lipsia,
Brockhaus, 1876.
Le tre fasi dello svolgimento delC animo di DanU:
Uscirà nel iv voi. del Dante-Jahrbuch.
Schtìck, Dante* s classische Studien und Brunetto Latini
Gli studi classici di Dante e Brunetto Latini. Negli Annali di
filologia e pedagogia dello Jahn, voi. 92, a. xxxv, Lipsia,
Teubner, 1875, fase. 5 e 6, pag. 253-290.
Daniel abbé Edouard (docteur en Theologie, ancien pro-
fosseur à tìontpellier, vicaire d'Antibes), Essai sur la Divine
Comédie de Dante; ou: La plus belle, la plus inslructive, la
plus morale, la plus orthodoxe et la plus méconnue des épo-
peés mise à la portée de toutes les intelligences et dédiée d
la jeunesse catholique des nos écoles. Paris, Berche et Tralìn,
libraires, 1873, in 8®' gr. p. 314 (costa F. 15).'
Daniel Eduardus, De Dante Theologo, Thesim proponebat
Facultati Theologiae Aquensi (d' Aix) Dante et ses Doctrìnes
théologiques contenues dans la Divine Comédie. Thèse poti
le Doctorat. Antibes, Marchand, 1873.
y Google
STUDI SULLA. DIVINA COMMEDIA. 165
Dante. Nella sua Histoire de la Littér. ital.
1875.
F., Jugement sur la Divine Comedie. Nel suo
ure ancieoDe et modenoe. Paris, Depolafol, 1824.
Dante et les Origines de la lingue italienne.
1854, V. Man. Dani, ii, 661; V. E. Camerini,
erari, Milano, Battezzati, 1875, Voi. i, 288-302.
Deux vers du Dante et un chapitre du Roman
Uetin du Bibliopbile et du Bibliotbécaire pub.
A. XXXVI, Mars-Avril, 1870, Paris, Tecbener.
Vahleau de la Liiterat. au moyen dge. Paris,
Lre^on V.- — Precurseurs de Dante — Quelques
la me de Dante' — Ses études son caractére
r-321). — Le^on XI. — Imagination de Dante,
loca, — Considerations sur la Divina Con^
46). — Le^on XI, — Unite de la Divina Com-
quelques rapports , elle offre le caractére des
mciens — Elle renferme toute Chistoire, toute
le poesie du temps, — Situation de V Italie, —
lue du poéte, — Caractére de sa theologie, —
Hété de sa poesie, — Résumé sur le genie et
mte (346-368).
Cours de Litter. Frangaise, Paris, Didier, 1846.
gè nouveau de la critique après le Dante, in,
Oant. Il, 675.
loHN, An introduction io the study of Dante,
Elder, 1872, vui, 271.
Biographical Guide of the Divina Commedia
on, Provost, 1873. •
BiNOTON Tommaso, Saggi biografici e critici,
jlese di C. Rovighi, Torino, Un. Tip. ed., 1863.
73-96.
SRY Clark, M. D. Opere Dantesche. London,
acque a Londra, Newington Butta, Surrey, il
6. Dal 1850 in poi fu tutto in Dante, sicché
la sua nazione tiene incontrastato il campo. Non
3lle rime o del sacrò poema, non studio sulla
y Google
166 STUDI SULLA DIVINA OOMMBDIA.
Divina CJomedia che subito con critico senno non ce ne desse
ragguaglio. USome and Foreign Revieto, il Parthenon, il
Moming Posi, il GaUgnanVs Messenger, e sovra tutti YAthe-
naeum di Londra furon lieti d'accoglierne i suoi articoli. Il
Barlow non risparmiò nò viaggi nò spese per consultare i
Codici più accreditati, onde larvi raccolta di varianti, e sotto-
metterle ai vaglio di una critica illuminata. La stia Opera
Criticai historical, and philosophical, ecc. fu da per tutto lo-
datissima (Man. Dani, iv, 232). Porta in fronte 1* Epigrafe:
Alia — Commemorazione — Del sesto Centenario dalia nascita
— Di — Dante AUighieri, — Poeta, teologo, e filosofo —
Sempre sommo, — Questa opera è dedicata — Vanno del--
Vera sua — D. XC. IX, ~ 11 Barlow non potea non assi-
stere alle feste, o a meglio dire, all'apoteosi del suo Poeta,
e com*ei lo chiama, lt4ce e gloria della gente umana; ed io
ricordo tuttavia, non senza orgoglio, le care dimostrazioni di
affetto, che in queir occasione m*ebbi da lui. Nò contento di
dò, volle scriverne i &sti. — The sisih Centenary Festivais
of Dante AlUghieri in Florence and at Ravenna, preponen-
dovi le parole, che ne rilevano il sentito entusiasmo dell'Autore :
A — Tutti i Dantofili — Sparsi per lo mondo — Questo opu^
scolo — È dedicato — Nel nome del Pctdre loro — // Grande
AUighieri — Vanno deWera sua — D. C. L — Avendo la
dttÀ di Londra nel 1871 occupato un teiTeno che la finmiglia
Barlow da novanta anni possedeva, e allineatavi una strada, il
Dantista fece petizione al Consiglio metropolitano de* pubblici
lavori, perchò la si nominasse Strada di Dante — Dante
RoAD — e quel ministero municipale, grato al suggerimento
del suo dttadino, subito e graziosamente vi annuì. (JtaUa Nuatxi,
n. 383, 12 Ottobre 1871, Builder, di Londra, 18 nov. 1871).
E perchò si vegga con quanto amore operoso ed instancato
abbia preso ad illustrare la nostra maggior musa, anche a
dimostrazione di grato animo che gli debbe 1* Italia, credo con-
veniente di ripubblicare T elenco delle sue opere dantesche»
quale egli ce lo diede nel 1872.
La Divina Commedia, Remarks on the Reading of the
59th verse of the Vth Canto of the Inibmo. Newington Batts»|
Surrey, June 20, 1850.
Digitized by V^OOQlC
STUDI SULLA DIVINA OOXlfBDfA. 167
Daniesca. Remarks on the Reading of the 1 14th
th Canto of the Paradiso. London, 1857.
'a Rimini ^ ber Lament and Vìndication. With a
the Malatesti. London, 1859, David Nutt, (Tra-
jiamb. Ferrari e stampata in Venezia per cura
lari).
luto, what it was, who noade it, and how fatai
eri. London, 1862, Trfibner. — E con questo
- A Dissertation on verses fifty-eight to siztj-
*d canto of the Inferno. (Tradotta in lingua ital.
Imo Guiscardi, Napoli, 1864).
King and Bertrand de Bom. London, Triibner,
'tazione sul verso 135 del C. xxviii dell' Inferno,
ine diede i mal conforti.
u) e r Arcivescovo Ruggeri; a Sketch firom the
les. London, Trùbner, 1862.
torical, and pkilosophical Contributions to the
yivina Commedia (p. 607) (con fac simili di
London, Williams et Norgate, 1864.
Oentenary festivals of Dante AUighieri in Flo-
avenna. London, Williams et Norgate, 1866.
lon Dante, with other Dissertaiions — Dante
ona and in the\al Lagarina. London, Williams
). La seconda parte fu tradotta in lingua italiana
iscardi. NapoU, 1871.
Canti della Divina Commedia, tratti dai Co-
nella Biblioteca del Museo Britannico, Londra,
a Divina Commedia, dall*ediz. di. Napoli 1477.
HoBiB and poreign rbvibw.
;olato: Dante and hia CommerUalors, Nel n. 6,
p. 574-609.
Neil' Athbnabl-m di Londra.
r at Florence. N. 1539, 25 Aprii 1857.
trait at Florence. N. 1549, 4 July 1857,
of Dante's Vision. N. 1570, 28 Nov. 1857.
da, n. 1601, 3 July 1858.
y Google
168 STUDI SULLA DIVINA COMMBDIA.
The Dante Festival (come fu proposta dall'Autore), n. 1622,
27 Nov. 1858.
Altri articoli sopra questa Festa Nazionale si trOTano noi
N. 1729, 15 Dee. 1860, e nel N. 1894, 13 Fob. 1864.
The Slavina di Marco, n. 1636, 5 March 1859.
The Casato of Dante, n. 1639, 26 March, 1859.
Review of Lord Vemon*s Reprint of the first four Edt-
Hons of the Divina Commedia, n. 1643, 23 Aprii 1859.
Od the reading « sugger dette a Nino e fu sua spasa >
in the Antaldi Codice, purchased, at the suggestion of the
Author , for the Library of the British Museum , N. 1644, 30
Aprii, 1859.
Review of Thomas" Trilogy; Inferno, n. 1654, 9 July, 1859.
The YeUro of Dante, n. 1674, 26 Nov. 1859.
Dante The Sailor, n. 1704, 23 June 1860.
The Southern Cross, n. 1715, 8 Sept. 1860.
Garibaldi, il Veltro di Dante, n. 1738, 16 February 1861.
Review of FraticellCs Edition of the Divina Commedia,
n. 1745, 6 Aprii 1861.
The Murder of PHnce Henry at Viterbo, n. 1749, 4 May
1861.
Proposed Tempie at Florence in honour of Dante, n. 1750,
11 May 1861.
Review of Fraticelli* s Life of Dante, n. 1758, 6 July 1861.
Codici of the Divina Commedia existing in European Li-
braries, n. 1766, 13 August 1861.
Pope Clement V, n. 1780, 7 December 1861.
Revifew of Theodore Marti n's translation of the Vita Nuotxi,
n. 1789, 8 February 1862.
Review of the Early lialian Poets by Dante Rossetti ,
n. 1791, 22 February 1862.
A Neyo Page in the history of Dante AlUgheri, n. 1798,
12 Aprii 1862. — Questo Articolo è una dissertazione sul
V. 60 del Canto iii dell' Inferno — Che fece, per viltate, il gran
rifiuto.
Review of Tomas* Trilogy; il Purgatorio, n. 1821, 20
September 1862.
Review of Thomas* Trilogy; il Paradiso, n. 2017, 23 June
1866.
y Google
STUDI SULLA DlVlSk COMMEDIA. 169
-aphical Accuracy of Dante Alighieri, n. 1835,
1862.
Mrs, Ramsays Translation of the Dimna Com-
no e Purgatorio, n. 1849, 4 Aprii 1863 — //
1897, 5 March. 1864.
Verona, n. 1899, 19 March 1864.
mce of Beatrice, n. 1939, 24 Dee. 1864.
Rossette s Translation of the Inferno, n. 1953,
emains at Ravenna, n. 1967, 8 July 1865. — Se-
sopra lo stesso soggetto, n. 1976, 9 Sept. 1865.
Botta' s Dante as Philosopher, Patriot, and Poet,
Tords Translation of the Inferno, n. 1983, 28
Day man' s Dante, n. 1997, 3 February 1866.
of Codici at Florence in honour oi Dante, n. 1998,
1866.
Centenary Festivals of Dante at Florence and
041, 8 Dee. 1866.
;he Divina Commedia at Holkham, n. 2056, 23
Longfelloio's Inferno, n. 2064, 18 May 1867.
Longfelloxcs Purgatorio, n. 2070, 29 June 1867.
spade, n. 2073, 20 July 1867.
Longfelloios Paradiso, n. 2076, 10 August 1867.
Parson's Inferno, n. 2104, 22 February, 1868.
Dante s House, n. 2110, 4 Aprii 18G8, ed anche
ia nel n. 2104. i
ia of Dante, n. 2128, 8 August 1868.
Glasgow of the Divina Commedia, n. 2150, 9
David Johnstons Translation of the Divina Corn-
eo, 10 July 1869.
l Codici of the Divina Commedia in the Library
Museum, n. 2180, 7 August 1869.
Bologna, n. 2199, 18 Decomber 1869.
on Dante, toith Documents and Album; a Re-
>, 5 March 1870.
e de'XX, n. 2226, 25 June 1870.
y Google
170 STUDI SULLA DIVINA COMMEDIA.
Dante at the Cosile of Lizzano, n. 2230, 23 July 1870.
A Shadow of Dante, by Miss Rossetti; a Review, n. 229T,
4 Nov. 1871.
A New Commentari/ on Dante, m 2308, 20 January 1872.
The Dante de' XX, n. 2315, 9 March 1872.
TranslatioD of the Letter by the Cav. Seymcur Kirkup to
the Editor of the Nazione, of March 5, on the relics o( Dante
stili existing in Florence, n. 2316, 16 March, 1872.
Nel Parthbnon di Londra.
La Divina Commedia di Dante Alighieri rfcorretta da
Carlo WiOe, n. 4, May 24, 1862. Questo articolo è segnato
D. T. F. L. che sono le prime lettere delle quattro sillabe nella
parola Dantofilo.
Dante and his Worrks at Oxford, n. 13, July 26, 1862.
Codici of the Divina Commedia in the Cambridge Univer-
sity Library, n. 29, Nov. 15, 1862.
Nel Jahrbuch der. DBUTSCHECf Dantb-Gesbllsohaft.
The Matilda of Dante, Zweiter Band, 1869» p. 251.
Nel MoRNiNQ Post di Londra.
Letteratura Dantesca , notizia sopra < Cento correzioni alle
Opere Minori di Dante Alighieri stampaie dal prof. CarloWiOe; »
in questa notizia si ragiona di Beatrice. August 31, 1854.
The Vemon Dante; a Review, Aprii 23, 1859.
Itaìy far the ItaUans, May 13, 1859.
The Pope and the Poet, January 24, 1860.
The Wolf of Rome, February 16, 1860.
Dante* s Prophecy of Piedmont, March 21, 1860.
Fulfilment ofthe Prophecy of Dante, November 29, 1860,
Proposed Dante Festival ai Florence, January 8, 1861.
The King and the Pope, March 11, 1861.
The Last Days of the Papacy, August 28, 1861.
Rome and the King of Itaìy, May 21, 1863.
Nel GALiONANfs Mbssenobr.
Nel n. 14257 di Sett 14, 1860 si trova una lettera M. Veltro
di Dante,
y Google
STDOI SULLA. DIVINA OOMMBDIA. 171
Nel Lambbth Maoazine.
itobre 1871, avvi una breve vita del poeta, scritta
che ad una contrada vicina alla casa delFAutore,
lome di Dante Road, di che si trova pur notizia
rova, n. 383, 12 ottobre 1871 , e nel Builder di
ov. 1871.
Opere bianoscritte.
) opere Dantesche, fin qui non pubblicate, le prin-
i&xn'o delia Divina Commedia, con sua fraseologia,
iato, venticinque anni or sono, e compiuto da
ale istorico della Divina Commedia.
ose sopra la Divina Commedia.
lento sopra la Divina Commedia,
lingua inglese, di tutti i soggetti trattati o toc-
ina Commedia.
ssertazioni intomo alla Divina Commedia, e molte-
una nuova edizione delle Contribuzioni allo studio
commedia.
Naples, ecc. ecc.
DpBRB stampate POSTERIORBfENTB.
Michelangelo. Printed in commemocation of the
iry festival of the Mightj master, March 6, 1875.
Builder » of March 20, with addltions).
izioni della Divina Commedia tratte dalC edizione
M.CCCLXXYU confrontate alle corrispondenti
luattro edizioni, Londra, Williams e Norgate,.
', Dante e il suo secolo. Annali dell' Università
w. Dante, suo secolo, e sua vita. Annali di Pa-
ULT A., Dante e la poesia simbolica del oattoUdsmo^
li Europa, 1866.
y Google
172 STUDI SULLA. DIVINA. C03fMBDIA.
PiNTO M., Storia della letteratura nazionale in Italia. Dan
SÌ40 poema e suo secolo. Mosca, 1866.
Floto, Dante. Annali di Patria, 1859.
Atkinson, Dante. Contempor. Review, Agosto, 1864.
Dante Alighieri, Sua vita e sue opere. Annali di Patr
1859.
Dante Alighieri (il xiii secolo in Italia). Giornale pei £s
ciuUi, 1865.
Lafenbstre, La festa di Dante, 1864. Messa^iere st
niero, 1866.
PiNTO, // VI Centenario di Dante Alighieri. Annali di 1
tria, 1865.
BusLAjBW, // VI Centenario della nascita di Dante. Ade
contemporanei, 1867.
ORIGINALITÀ DEL POEMA DI DANTE
LEGGENDE E VISIONI.
^(V. Man. Data. IV. 2*2).
D'Ancona Alessandro, / Precursori di Dante, Letti
fatta al Circolo filologico di Firenze il 18 maggio 1874, "
renze, Sansoni, 1874.
Di queir amplissimo ciclo di leggende , che ha per for
la Visione e' per ai'gomento il gran mistero ch'ò al di là de
tomba; delle controversie sulle maggiori e minori relazioni
le monastiche visioni e la Divina Commedia se ne occupare
con cura amorosa il Delepierre, il Wright, il Labitte e T 0
nam, e degli italiani, meglio di tutti, il Villari, ma non
dice l'Ancona, che dopo tante e diligenti ricerche non vi sic
altri datti da registrare, e soprattutto non resti, per gru[
di categorie, da ordinare, con piìi senno, tutta quanta la va
materia. E a ciò s' accinse T egregio prof, d' Ancona , don
doci un libro dove la critica diligente e imparziale si acce
pagna a tale ottima disposizione delle parti, a tale giudizi<
scelta da congiungere air istruzione il diletto. In breve ci die
un lavoro veramente da pari suo.
y Google
»RIGIN. DSL POBMA LEOG. E VISIONI. 173
primieramente delle leggende anteriori al Crì-
rmandosi su quelle greche-latine; passa quindi
B* primi secoli della Chiesa, e segnatamente del
Ile quali, con bellissimo criterio, distingue tre
contemplative, politiche e poetiche,
plative o monastiche, vennero inspirate da quel-
religioso che popolava gli eremi della Tebaide e
ccidente, d'indole gretta e puerile, indistmte e
mai oltrepassarono le mura dei monasteri , o i
*ovincie in che videro la luce. Se non che a quei
mner dietro altre più ampie leggende che ci
aluna delle eterne regioni, o tutte e tre insieme,
3i spandono per tutta la cristianità ; veri abbozzi
nti del poema dantésco, che presso i credenti
tanta accoglienza, quanta presso tutti gli uomini
:o dell'arte, ottenne più tardi la Divina Comme^
laggiori leggende sono la Visione di S. Paolo,
S, Brandano, la Visione di Tundalo, il Pur-
Patrisio, e la Visione di Alberico delle quali
irende a parlare.
visioni contemplative, nate da allucinazione sin-
» da zelo di spirituale perfezionamento, altre ne
che, sotto r involucro religioso, celano fini ben
esse opere di ecclesiastici, involti negli umani
i se ne fanno stromento terribile e poderoso, a
premiare i dotatori de' monasteri, a^ spaventare
iella religione e i nemici de' loro privilegi e delle
; a stabilire nelle coscienze il predominio di opi-
»si mondani. Da ultimo la visione, con lo scemar
le in mano de' laici, si rivolge contro gli eccle-
che ne avevano usato, vi entra l'allegoria e la
a rassegna delle tante immagini accumulate da
ie di generazioni circa il soggetto stesso della
dia, eccoci il divino poeta, che attingendo diret-
oscienza popolare, alle opinioni del tempo, piut-
na delle visioni precedenti in particolare, riunisce
i lo spirito delle tre maniere, e col suo mera-
10 ricongiungendo il Cielo e la Terra, la fantasia
y Google
174 ORIGINALITÀ DEL POEMA
colla storia fa la più bella e T ultima delle Vigiom (l). — I
critica pertanto, partendo da cosi basso per giungere sì alt
conclude il d'Ancona, fa meglio vedere quanto V opera medita
del genio sovrasti alle incondite creazioni della £sLntieisia. Gioì
vedere T Alighieri simile agli uomini del suo secolo, ma maj
giore di loro; pensare e sentire come i suoi contemporanc
ma piti altamente eh* essi non potessero: chò i grandi geo
non sono, come taluno malamente se li raffigura, né solitari i
un deserto, nò sonnambuli fra' dormienti, ma animi ed iute
letti nei quali potente si accoglie tutto il sentimento e il pensi e
dell*età loro, e che li rendono ai loro contemporanei e ai vai
turi, segnati dell' interna stampa, e, di fuggevoli, fatti immo
tali. V. Nuova Ant Voi. xxvii, nov. 1874, p. 768.
Il libro cU Theodolo o vero la Visione di Tantalo da k
Cod. delXIVsec. della Capii, Bibl. di Verona, or posto in lu
per Mons, Gio. Batt. G. Giuli ari. Bologna, Romagnoli, 187
(Dispensa cxn della Scelta di Curiosità Letterarie inedite
rare dal secolo Xlll al XVII, Ediz. di soli 202 esempi.).
« Confortavami , cosi il Giullari , alla stampa del mss., e
me interessante per la forma del volgare, che ci rendeva
tipo, e vetusto, di uno speciale dialetto italiano. Fin dal prin
scorrere che feci il Codice, meglio che non alla sostanza i
libro (triviale formisura e strano mi si mostrava), a ques
avea pur io posto mente, di poter offerire agli studiosi filolo
un altro documento delle nostre volgari favelle. » — Se iMa ci
M.^ Giullari, secondo il Corazzini, fidandosi troppo al suo tri
scrittore, la stampa non riesci nò tanto corretta, nò tanto f
dele al Codice, come sarebbe stato desiderabile trattandc
specialmente di dialetto. Chò in un dialetto veneto misto
scritta, o meglio trasvestita, se nf ò lecito esternare un dubbi
una più antica traduzione toscana: se il quasi continuo rip*
tere le stesse frasi, e le meno comuni, e il commettere le stes
ommissioni e gli stessi errori, può essere sufficiente ragioi
a crederla tale.
(1) < Ad innalzare a Beatrice un monumento imperituro concorreran]
tutte le cognizioni dell* intelletto — la fisica, la filosofia, la teologia -
tutti gli elementi della vita universale, — la storia, la politica, la religi
ne — : tutto le forme dell'arte, — la lirica, l'Epopea, il Dramma — : tutti
generi della versificazione, — l' inno, la satira, la tragedia, la commedi
o a perfezionarlo coopereranno l' architettura coli' ordine, la scultura <
rilievo, col colore la pittura, col suono la poesfa. > p. 99.
y Google
LBOGBNDK B VISIONI. 175
Tugdalo volgarizzata nel secolo XI V ed ora per
posta in huie da Francesco Corazzini. Bolo-
i, 1872. (Dispensa cxxviii della Scelta di Curiosità
lite o rare dal secolo XIII al XVII, Ediz. di
>lari).
icazione di questo nuovo volgarizzamento della
ugdalo, scrive il Corazzini, sarà soddisfatto il
lussafia e degli altri cultori dell'antica letterar-
ido esso niente da invidiare agli scritti migliori
— La bellezza della elocuzione ci fa dimenticare,
e parole di M.*^ Giullari, le grettezze e le fan^
ivola; le quali pure non sono in tutto sprege-
ino parte dello spirito dei tempi che ispira-
L Commedia, e se ci danno una pagina della
0 umano pieno sempre di stravaganze, di errori,
ai e d'illusioni d'ogni maniera. La diffusione
ebbe questa leggenda in Europa, e Tesser vòlta
, non si spiega soltanto con Tidea religiosa do-
essere l'effetto di un certo valore artistico uni-
^nosciuto in essa. E forse nemmeno oggi si
Autore uno spirito inventivo, una forza d'im-
anto comune, e le idee non indegne di buon poeta.
Italia, scrive il prof, d' Ancona, pur altre ver-
cognite, ma certo è che questa tutte le supera
i redazione, e per bontà di dettato, come anche
sulle anteriori si avvantaggia per copia di pre-
» sulla leggenda.» {Nuova Antol. Nov. 1872,
' batter Tuiglat de la provincia de Irbemia.
de BosaruU la tolse da un codice di S. Cugat del
) Miscellanea Ascetica^ e F ha pubblicata assieme
1 rey de Ungria, — Questa leggenda è popò-
Spagna. Tutglat, cavaliere, di rotti costumi,
[ei tre giorni che precedono l'esequie, guidato
visita il tripudio celeste, il paradiso dei beati;
dorè della perduta gente. Nel momento appunto
iterrarlo, la sua anima ritorna al corpo, narra
ose da lui vedute, e compunto di sue colpe, ne
nenda. — Popolarissima è pure in Ispagna, e
y Google
176 ORIGINALIlA DEL POBMA
segnatamente nei monti della Catalogna la leggenda le B
Pelegri, Al principio di questo secolo si leggeva tuttavia i
scuole, come opera pia ed esemplare. A significare che
fanciullo era di molto progredito, correa la voce proverbi
ei già legge le Devot Pelegri.
Visione di S. Paolo. Pei manoscritti latini di questa leggenda ,
il CataL dea mss. dea Départem, in, 171; Wrioht, and Halliwelì^
antiq. i, 276; Du Méril, Poéa» popul. latin, anter. au. xnsiécle, l
Brockhaus, 1813, p. 293; Bartsch, Grundr, z. gesch. d. prov. Hter. j
— Per le versioni francesi, il Db La Kub, Esèai sur lea Bardes ecc
139; Il Michel, Rapporta ecc., 1837, p. 93. — Per le inglesi, il Wari
Hi»t. of engi. poetr. i, 19, e Wriobt, p. 8; per le provenzali, il Faci
Hùt. litterai. provenc., i, 360, e il Bartsch, Deukin. 4. prov. Uttor.,
il ViLLARi, ecc. — D'Ancona.
Il Viaggio di S. Brandano. Il testo latino trovasi nella pubblica
intitolata : Legende latine de S. Brandainea avec une tradttctìon inèdt
prose et en poiaie romanea pubi, par Ach. Jobinal, Paris, Techener, i
non che nella più recente : Sanct Brandan; eine lateiniache u. drei deu
texte^ heraus'jg. v. G. Scbródbr , Erlangen, Besold, 1872. Per le
versioni, vedi Douhet, Dict. dea Lèjendea, Paris, Migne, col. 277
prefazione dello Schródbr. Un testo italiano, non però nella sua inlei
a causa delle sue molte lungaggini, fìi pubblicato dal Villari. — D'An
Leggenda del Purgatorio di S. Patrizio. Le maggiori notiz
questa leggenda nel citato libro del Wrioht, nonché nel Diction. dt
gend. col. 051, e nella Appendice di Philomnbstb Iunior (Gust. Bru:
al libro Le voyage du puya aainct Patrice, Genève, Gay, 1807. Testi
ne sono indicati nel Catal. dea Ma. dea Dèpart. i. 189, 473. ii, 777. Il
attribuito a Enrico di Sutrbt (Hbnricus Saltbribmsis) moaM|J
dettino vissuto circa il 1150 (v. Pabricius, Biblioth. ediz. Galetfl^tt,
è stampato nel Massingbr, Fiorii, inaul. aanctor. Hibem. Parigi^
La leggenda è anche riferita nello Spec. di Vincenzo di Beauvais,
Matt. Paris, (a. 1153). Pel francese, oltre il testo pubbl. del Gay, v
uno molto più ampliato e moderno nel Diet. dea Légend., col. 957.
in versi trovansi in Tarbó, Le Purgatoire de S. Patrice, Reims, IS
in Marie db Frange, ediz. Roquefort, ii, 403: vedi anche Db La
Eaaai, ni, 245, e P. Paris, Maa. Frane, vi, 398. Pel provenzale,
Du MÀOE, Voyage au Purgatoire de a. P. par PerUhoa et lo Ubi
Tindalj Toolose, 1832. In italiano, trovasene un testo assai breve
Vite dei SS. PP.j iv, 88. Più ampio è il testo pubbl. dal Villari, o;
51-76. Una lezione veneziana ne ha stampata il prof. Grion nel Pi
gnatore, in, 116 (V. Man. Dani, iv, 246). Vedi anche il Teatro delle C
e Purgatorio di a. P. di G. Falboni. Bologna, 1657, e la Vita del %
gioao a. P. con la relazione del rinomato suo Purgatorio scritta da t
Parisiensb , e la veridica atoria di Luigi Ennio. Venezia , 1757. É
il dramma spagnuolo El Purgatorio de S. Patrick) di Galdbron. — 1
cona.
y Google
LB0GB9n>B B VISIONI. 177
FftATB Albbuico. CaHeeilieri^ Orione della Divina
, e nel voi. v, della Divina Goromedia nelle edizioni del
Minerva e del Ciardetti, con a pie* di pag. paralleli con-
eschi.
, Le$ Poèles Franei9C€tinM en Italie au XIII siècle. . . .
\es noutelles sur les toureet poéiiques de la Divine
complòtea di A. P. Ozanam, V. Edit. Paris, LecotTre,
li Salvatore, Storia di Rabbi Giosuè figliuolo
rida Talmudica, tradotta daW ebraico. — Gr-
iso^ — del Giariino di Eden, — Chiusa della
e\V Annuario Societ. Ital. Stud. Orient. i, 93.
IPopera di Jellinek, Bet ha~Midrasch, Samml.
ém, Lieipzig, 1853-57, ii, 48-51.
è fu dottore misnico illustre, il quale vìsse alla
lolo àAV E. V. Da alt-uni passi del Talmud si
la dimestichezza cogli Elsseai, da cui derivano
partizioni del Paradiso e dell* Inferno, imitate
, leggenda, che l'egregio prof. Benedetti ci offre
per riiipetto al suo tòma fu chiamata dair illustre
un* antica Dimna Commedia^ il Rabbino ci si
sroe ad un tempo ed autore del viaggio nelle
mio e del castigo.
niere sacro di Giuda Levita, tradotto dalC e-
"rato, con Introduzione. Pisa, Nistri, 1871.
etti chiude il Proemio, preposto alla versione,
le: Nel leggere attentamente e più volte TA. cui
studii, e che visse due secoli innanzi a Dante,
senza cercarli, concetti, e immagini e vocaboli, di
> nella Divina Commedia corrispondenze. Allora
idenze mi posi a cercare di proposito, e con amo-
distrai . . . Codesti brani della vesta dantesca, che
oli si fa sempre più chiara, coprendo e adornando
paesani di cui ò qui vestito il pellegrino ebreo
anno, spero, se non a dargli diritti di cittadino,
oppo pretendere, a procacciai*gli almeno come
nal visto, accoglienze oneste e liete.
, Elude sur Brunetto Latini apprécié camme le
le, Paris, Plen, 1873. (Les Pénalités de l'Enfei-
170).
12
y Google
178 ORIGINALITÀ DBL POEMA
Dante, aggirandosi per V Inferno (Inf. xv.), tra i rei d* ia«
fame delitto riconosce il suo maestro Brunetto Latini, si trat-
tiene con lui in colloquio afièttuoso, e gli dimostra la sua
gratitudine. Prima di accomiatarsi. Brunetto raccomanda cal-
damente al discepolo il suo Tesoro, nel quale ei vive anco-
ra (1), e più non gli chiede. — Dopo la rotta di MonteapeKi,
condottosi il Latini esule a Parigi, vi avea trovato oltre Vlmage
du Monde un recente lavoro enciclopedico del domenicano
Vincenzo de Beau vaia, scrìtto in latino, col titolo Specuium
majus, meglio conosciuto col nome di Quadruple Miroir. Ve-
nuto in vaghezza di mostrare, egli italiano, la vastità delle
sue cognizioni dettò da prìma il Tesoretto in versi italiani,
dipoi il Tesoro, in prosa fraiiceae, enciclopedia di quel secoloj
cominciatore della civiltà, e quasi arnia di mele tratta da* fiori
diversi e come un composto delle più preziose gioie deir antico
senno. — Trois quali tés éminentes firappent dans cotte oeuvre
de Brunetto Latini: e* est, d*abord, un sens pratique qui lui
fait diriger toujours vers Temploi utile aux besoins et à la
conduite de la vie Tenseignement qu* il donne ; c*est, en second
(1) Nella seconda metà del secolo XIII ne fece una versione Bono Oi am-
boni, ed ebbe quattro edizioni. La prima si fu di Trevigi nel 1474, V altra di
Venezia nel ìbià; la terza ivi stesso nel 1553, la quarta pur di Venezia del
1811. Le prime tre soorrettissiroe e mozze; la quarta, curata dall* illustre
Carrer, parve alcun che migliore di quelle: ma nemmeno questa rtusci a
porgere quella giusta e sincera lezione del Tesoro volgarizza to^h* era ai
vivamente desiderata, perchè egli pure tratto in errore da que^jtampe,
non aiutato da Codici, che sventuratamente neglesse, ned avendo "Visultato
alcun testo dell* originale francese, col quale soltanto gli sarebbe stato
possibile di emendare guello della versione, dovette lasciare per disperato
andar monchi ed errati moltissimi luoghi del libro dottissimo^ che si era
assunto di ripublicare. — Alla stessa malagevole impresa s* accinse poscia a
tutt' uomo un erudito e laborioso filologo veronese, il p. Bartolommeo Sorio,
cominciando, come doveasi, dal procacciarsi copia di Codici francesi ed
italiani, onde giovarsene nella correzione del volgarizzamento. ... I molti
studii da lui fatti sull'originale e sulla versione ne* vanì Godici, ed altri
ancora di cronologia, di storia e di varia erudizione, per confrontare 1 pasjù
del Tesoro con quelli deffli autori latini, da cui gli trasse il Brunetto, onde
con questi correggerne la lezione, gli diedero abilità d* intraprendere una
edizione def Tesoro ben più sincera dell* altre, e di questa mando innanzi
un saggio col titolo : // primo iibro volffare del Teitoro di Ser Brt^netto
Latini recato alla sua vera lezione da Bartolommeo Sorio P. D, O. di
Verona^ ma senza data e luogo. Nò si potrebbe lodare abbastanza questo
lavoro, arra non dubbia di una edizione dU tutta V opera per più risp<*tti
compiuta, se la morte immatura del ralente uomo non gliene troncava il
disegno. In continuazione di questi studii. dopo il Primo libro pubblico il
Sorio il Trattato della Sfera, dava opera alla stampa del Libro settimo,
e più correzioni proponeva al Tesoro in varii scritti da lui dati in luce
negli Atti dell' Itttituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Oltre questi, ne
lasciò ben altri tuttora inediti, che volle egli legare alla R. Commissione
y Google
LBOOENDB B VISIONI.
et douce rooralité qui en pé
fÌD, QD soufflé de poesie qui
lettura del Tesoro si compn
uoa tal scuola, auspice il sut
(tro:
in U mente in*è fitta, ed or m*ac4
a e buona imagine paterna
, quando nel mondo ad ora ad ora
Qsegnavate come Tuom s'eterna :
ìV io Tabloo in grado, roentr' io viv
n che nella mia lingua si scerna.
a sua storia della letteratura
a il Tesoretto e la Divina Coi
te ne togliesse il concetto e
prof. Ortolan, dopo di aver fat
Ito, soggiunge: € Malgré quei
des détails accessoires de pe
de dire que ni la concepti<
in Bologna. . . . Ma pur dalle sole ]
orgere quanto sia grande il nume
sriori, delle lacune supplite, delle oi
3 chiari i luoghi oscuri od errati,
1 libro. . . . Stampato quel primo lil
ni incontrasse poco dopo act^uistarc
[)ne eccellente, perchè quasi sempr
nde che non solo corregge spesso
stampe della versione, non escluse
io, ma otfre pure di bello e molte vi
ne di quelle; e membri di periodi
> a compierne il senso o il discon
onamenti, e narrazioni che in qu<
diversi. Convinto il Visiani che a
Oj come per la scrupt)lo9a esnttezzi
Tità sopra i codici italiani più nuti, <
saggio di tutto il Codice, col titolo
no Latini^ Libro primo edit > sul
0 con pili altri e coi testo originale
spensa r.iv della Scelta di curiosità
al XVII). Il dotto filologo corredava (
note preziose, e delle voci e modi ]
vide solo la luco nel 1863, per ci
r par Brunetto Latini publié poi
•its de la bihliolhéque imperiale, cU
'irs manuscrils des Departemens
563-4 (di p. 736, Forma parte della
liti della serie di. Francia).
Gingueoé, una visione del poeta,
antastici, uno smarrimento in una
dei vizii, lo scontro d'un antico pò
), e quello d'un antico astronomo, <
y Google
180 ORIGINALITÀ DSL POBM\
ni le bui des deux poéraes , ne soni à com parer G
IVsprit general qui a péiiótré dans Tàme du jeune Dante,
lui a ouvert rimmense horizon des connaissanceB humai
et Ta poussé à en parcourir lui-méme .plus tard les prol
deurs; qui, par le récit de Téxil, du séjour et des travaus
France, lui a fait connaltre les ceuvrea de savoir et de pò
alors courantes, le préparant lui-métne, sans qu'ils s*ea d
tassent ni Tun ni Tautre, à un exil sembUble et à des 1
vaux plus fóconds encore ; qui Ta mis dans la socióté des gra
philosophes et des grands poètes de Tanti quìté, comrae il
est mis plus tard lui-méme en abordant au premier cerei
Bon Erfer ; qui lui a donne, enfìn, ce coup d^aiguillon sci
rain par lequel on se sent lance dans le monde des ÌDt<
gences avec Tardeur de s'óterniser. — Brunetto Latini est,
dessus tout, un moraliste; c'est le caractère qui domine e
Tensemble de ses écrits. Les règles de la conduite de Thora
Tétude, le classement, les conséquences funestes des vice
des passions; en y joignant ce que Brunetto appelait les pe
nomeni celosli, ed ecco per avventura il primo germe del componin
del poema di Dante, o al meno che sia, V idea generale, nella quale j
e ftise in alcun modo le sue tre idee particolari dell'Inferno, del Puri
rio e del Paradiso. Avrà una visione come il suo maestro: si smarrii
una foresta, in un luogo deserto e selvaggio, d'onde si troverà trasp«)
sulle ali del pensiero dove lo richiederà il suo disegno, o lo vorrà il
^enio. Gli è necessaria una scorta : Ovidio era stalo la guida di Bran
in un argomento più ^ande sceglierà un più gran poeta, qmUo eh
Toggetto de' suoi studii, e che avea mai sempre tra le mani. Eleg
Virgilio, al qnale la discesa di Enea all' Inferno dava anche una mai
convenienzfi per condur lui. Ma esser egli pagano, lo esclude dal l
della ricompensa. Un'altra scorta pertanto condurrà il viaggiatore, e qi
sarà Beatrice, oggetto del suo pruno amore , e della quale avea prou
di dire cose non mai dette innanzi di veruna donna. — Se pero questo v
pur sospettarsi, .dice il prof. Zannoni, nella sua prefazione al Tesoretto,
msieme tenersi che una legg^iera e presso ch*e invisibile favilla suso
abbia grandissimo incendio: in che è assai più da considerare la ma
atta a nen ardere, che ciò onde mosso la prima fiammella. — Certo
può dubitarsi che Dante non pur vedesse il Tesoretto, ma lo Eludi
ed in alcuni luoghi ancor lo imitasse. 11 Nannucci ne allega molti p
che sarebbero stati pure citati dalPOrtolan. Anche V Ubaldmi pubblio
il Tesoretto (1612), il Pelli nell'Elogio di Brunetto (Elogi d'ili. Tose. 1
il Corniani, Stor. della Lett. 1, 66, sostengono che Dante togliesse dal
stro l'idea del poema, o almeno quello dello smarrimento della selv
V. Puccianti Gius. Introduzione allo studio della Letteratura, Lcx.
La Visione — il Tesoretto di Brunetto Latini.
Fra^'cesco Fontani, in una sua lettura all' Accademia della Ci
(1818) combattè l'opinione che il Tesoretto possa esser tenuto il fonte
Divina Commedia. — Skinnoni, Storia dell'Accad. della Crusca, p. 15
Nel IV. Voi. del Jahrbuch der Deutschen , Dante^Oesetlschaft, ^
inserito un lavoro del Deliits col titolo: La Divina Commedia di Da
*4 Tesoretto di Brunetto Latini.
y Google
LBOGBNDB K VISIONL 181
1 Trésor^ c^esUà-dire les avis et les sentenoes
ce que Dante a lu et entendu constaramcnt
iciliare, chiede 1* Ortolan, Dante grato al buo
con Dante che tramanda alla posterità, co-
il nome di colui, dal quale, secondo le sue
■eso egli avea quelle cose per cui l'uomo s*e-
brunetto h nel suo libro delle Passioni Figu»
ro (p. 139, 305, 379. 380, 464), più volte fle-
to un Hi laido vizio? Non scrìveva egli nel
tra questi peccati — Son via più condannati —
orniti: — Deh ! come son periti — Quei che con^
igan con tal lussuria! Quoi qu*il en soit, coa-
(et coniment serait-il poASÌble, à pareille di-
re ce vilain procès?), le jugenient du grand
irìtó, et c'est TéléVe reconnaissant qui inflige à
ivers les siècles, cette tache indelèbile!
ORI DEL DIVINO POEMA (1)
(T. Man. Dani. IV, 956).
MiANo, / Teologi naturali, Squarcio del Pa--
dall'ebraico di S. De Benedetti. Pisa, Nistri,
sze D*Ancona-NÌ9sim'.
squarcio tolto dell'opera dì quel Manoello ro-
}rto fosse amico dì Dante, e da lui abbia tratto
uo Inferno e Paradiso, che però svolse a modo
tutta ebraica. Che del resto, per T indole dei-
te Dantesche sono, direi quasi, evidenti nelle numerose
Jacopo Boehme, il gran teosofo Lusaziese (nato a Alt-
lorlizia nel 1575, morto il 97 nov. lOSi). Il mondo mi-
ctirda in modo maraviglioso le visioni dantesche, ed in
a Beatrice di Dante essere il suo ideale di verginità,
lomìna mai il Cantor di Beatrice; n6 è cosa lieve Tin-
iiezzo e^li potesse essere arrivato ad avere cognizione
« lafHnità non è anche qui che meramente casuale, e
ava per avventura il linguaggio dantesco senza che di
idito neppure il nome. . . . Una conoscenza almeno me-
nvenianio anche nelle opere del poeta satirico Giovanni
h ( nato 1601, morto 1609). L'opera sua principale, le
« e veridiche f sono in parte una libera traduzione delle
> spagnuolo Don Francesco de Quevedo Villegas, che é
materia sono una imitazione di Dante. Il Quevedo dico
y Google
182 IMITATORI DEL DIVINO POBMA.
r ingegno più arguto che grave e per larghezza d' opinioni^
egli somigliava ben più che al Teologo nutUus dogmaiis ez?^
pers al suo commentatore certaldese. E appunto, per larghezza
d*opinioni, il presente squarcio mi parve degno di nota. L.*Oh
riginale è in prosa rimata, forma che ì tedeschi ebbero i]
coraggio di riprodurre nella lingua loro, ma io non T avrei
nella nostra. — De BenedeUÙ
Emanuele di Salomone, Inferno e Paradiso, parafrasi poe^
Hca, date ebraico, di S. SepilU, in 8®, p. 65. Ancona, Civelli, 1 874;
Falamonica Bort. Gentile, poeta del secolo XV, C, xi.m irà
terza rima inediti, meno quattro o cinque. — V. Schiavi a,b\
prof. Lorenzo, Manuale della Letteratura italiana, p. 195.
M ASINI Cesare, La profana Comedia , C. xxxiv, in terza
rima. Parodia d<'irinferno Dantesco.
Monti Vicenzo, La BorWìliiana, che gli ottenne il tìtolo di
Dante raggentilito. II. Manzoni sotto il suo ritratto scriveva ì
8«g. versi: — Salce, o Divino, a cui largì natura — // cor
di Dante e del suo Duca il canto : Questo fia grido deiT etd
ventura. Ma Cetà ehe fu tua tei dice in pianto,
SOGGETTI
INSPIRATI DALLA DIVINA COMMEDIA
(V. Man. Dmnt. It, 4ÌS; IV. 2U e B68J.
Da Prato Cesare, Dante e Bice^ Racconto Storico. Milano^
Barbini, 1873.
BsNCi venni prof. Ildebrando, Francesca da Rimini^ Rac-^
conto storico. Firenze, Salani, 1873, in 16**, di p. 136.
nfìl principio del suo lavoro di avere avuto le visioni ch'egli va descrì^
vendu dopo letta la Divina Commedia (aviendo Corrado los qjos ooti el
Wtro dfl Datiffj. Il Moscherosch non fa menEÌone di avere attinto alla sw^rn
gente priroitiva. Forse ei non conosceva Dante che pel me/7o del Qut-vedo 1
sebbene non sembri probabile che e^li abbia voluto contentarsi della paln
lida imitazione del poeta spagnuolo piuttosto che ricorrere alPoriginale ìtal
liano. E si osservi che lo scopo del Moscherosch* è in parte il ii)ed«<<iinQ
di quello di Dante, cio^ di favellare i costumi corrotti e depravati del sua
tempo. Scartazzini, Dante in G*>rmanìa. Rivista Internar. I, 309.
L'egregio mìo amico dott. Gaetano Vidal. professure dell Universi (^ <ii|
Barcellona, mi la cenno d'un' operetta, venutagli alle mani, che dovrebbe
essere dei primi anni del seceuto, col titolo: Viatie al Infern por- />o^-
Pnrfrr. Ei vi trova specchiate molte imìtarioni della Divina Commedia sì
ripiiardo alla furma che al concetto; e molto ingegno nell'Autore. La crede
tuttavia ined.ta, ed ha in animo di darla alla luce.
y Google
SOGGETTI INSPIRATI DALLA DIVINA COMMBDIA. 183
} RoBfA^i Fblicr, Francesca da Rimini^ Melodramma, Vi-
[ cecza, Parise, 1823.
Gbislavzovi Antonio, Francesca da Rimini, Meiodrainma,
Miisìra del Maestro Cagnoni.
Benvenuti Matteo, Francesca da Rimini, Melodramma,
Milano, Rirordi.
PoLA FRANrESCo, Francesca da Rimini. Dramma musicato
dal M. Pietro Generali. Venezia, Casali, 1829.
BEi«iJiccfii Luigi, Francesca da Rimini, Tragedia, Siena,
1824
Casoretti GiRor.AMO, Lancilotto Malatesta, Tragedia. Ve-
nezia, Antnnelli, 1838.
Posnrco C U-, La Francesca da Rimini secondo la stona
e secondo Carte, Studio. Fermo, Barher, 1876.
Fabbri ro. FìOoardo, di Cesena, Francesca di Rimini, Tror
gedia. — Fu com(>o$ta nel 1802. La prima edizione è di Ri-
mini, tip Mai"sont»r, 1820: ristampata nel periodico il Solerle,
a. rv. 18 il. e nella Harrolta delle sue nove tragedie. Monte-
pulciano, Furai. 1844-45. — Veggasi nel periodico il Vaglio
ài Novi Ligure il raffronto che il prof. Gazzino ne fece con
la tragedia posteriore del Pellico.
Canale Michele Giuseppe, Farinata degli Ubarti, Genova.
Vigano Salvatorb, Alessandro neW Indie , Ballo eroico
rappresentato nel gran teatro la Fenice nel 1829. Venezia,
Casali, 1829,
Villa REA LE Mario, Fra Dolcino e suor Margherita, Rac-
conto poetico. Palermo, Marsala, 1872. — Fra Dolcino e la
bella Margherita. Milano, Lombardi, 1872. — Dal periodico,
La Riforma àA secolo XIX.
RoNZANi Domenico, Ugolino della Gherardesca, Ballo tra-
gico in 6 atti, composto espressamente e diretto da Domenico
Ronzani per ra|>ertura del nuovo teatro Comun. di Cesena
nella fiera deiragosto 1846. Cesena, Bisazla.
Gbrstenbbrg (di) Arrigo Guglielmo, ( n. 3 gen. 1737, m.
1 nov. 1823), Ugolino, Tragedia. Amburgo, 1768. Fu rappre-
presentata dal Dobbelin a Berlino: voltata in italiano dal Ce-
roni. Milano, 1843.
11 Bodmer scrisse contro il Gerstenberg la sua operetta: La
Torre della Fame a Pisa. Coirà, 1769. Scartazzini,
y Google
184 800GBm INBPUUTI DALLA XìVflSk OOMIfBOIA.
Taddbi Rosa, Il Commento di Ugolino, vedendo spirare
Tiiltimo suo figlio. TadJei, Versi, Trieste, Maldini, 1839, 14.
BoLHBNDOBP, UgoUno Gherardesca^ Tragedia, Di-esda, 1807.
ScBiFFiGNANi Francbsco, // conte Ugolino, Tragedia. Kl
Cbark, Costantinopoli, 1873, p. 179.
Rbcrb e. V., Bertram de Bom, Dramma lìrico. Fu assai
applaudito nelle scene di Danimarca.
CoséA Pietro, SordeUo^ Tragedia in 5 cU'i,
Colli NI Angelo, Sordeilo. Mantova, Negrotti, 1847.
Vii.larbalb Mario, Marzwxo o il Perdono, Ispirazione sto-
rica: Quel di Pisa Che fé parer lo buon Màrzucto forte. Forma
palle deiropuscolo: Inspirazioni e Fantasie, Palermo, Roberti,
1854.
Marbnco Carlo, Corso Donati, Tragedia. Torino, Pomba,
1820.
Caraccio Ant., di Nardo, Corradino, Tragedia. Roma, Bua-
gno, 1694.
Db Pasquali Gaetano, La Piccarda, Novella. Palermo, Pe-
done, 1839, di pag. 33.
Marbnco C, La Pircarda, Tragedia.
Giom Napolbonb, Piccarda Donati^ Cantica, PoUmetro,
Dalla strenna fiorentina, a. in. 1844.
Carutti Domenico, Giano Della Bella, Carme, Roma, Bot-
ta, 1872.
Galzerari Giov., Buondelmonte^ Azione mimica in 6 atti.
Venezia, Casali, 1826.
Valletta Ignazio, Le Nozze di Buondelmonte, Milano,
Goglielmini, 1838.
A 10 Feblvaio 1887, al ballo dato dalla nobile Accademia delle Dame
e Cavalieri òì Napoli, vi fu una Mascherata rappresentante i quattro grandi
poeti italiani. — Zkinte, cav. Rinaldo Actoa, — Beatrice» principessa Zurlo,
— Francesca di Rtmini co. Fiqueknont, — Paolo Malatesta Principe Ode-
scalchi, ~- Guerriero al tempo di Dante, Duca di Lieto. Tutti i soggroitì
vennero poi litografati dal Gaociniollo e Bianchi, e posti in colori e con
abiti di costume.
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185
ALLEGORIA
DELLA DIVINA COMMEDIA.
rjran. DatU. II, 900; IV, 96$).
N. N., Le allegorie morali e il senso storico. Bibliothéque
Unlreraelle de Genove, d. 13, I5feb. 1847.
Accennata brevemente )a storia dei mifttiVìsnio presso gli
scrittori sacri, fa, suo argomento speciale Tallegorismo di Dante,
e dimostra, dovervi nelle tre cantiche cercare innanzi a tutto
la storia del Poeta e de* suoi tempi , e niuna cosa essere più
iorerta e più strana, delle allegorie morali che or si vollero a
viva forza intravedere dagli sposirori antichi e moderni. Veg-
gasene Testratto che ne diede G, Picei nel Gior. Euganeo, quad.
Nov. e Die. a. iv.
Vaccaro ab. Emanuele, Sopra un contento di Dante fatto
da Ugo Foscolo, Riflessioni critiche, Palermo, Gab. Tip. alla
inaegna del Meli, 1831.
Frango Antokio, Esposizione deW Allegoria della Divina
Commedia. — Scritti Letterari e Filosofici poi»tumi pubblicati
per mra di Vicenzo Di Giovanni. Palermo, Virzl, 1875, p. 1-73.
Pel Franco è cosa evidentissima che sotto Tallegoria della
selva oscura vi«n designata la posizione della città di Firenze
nel 1300; allorché Dante, eletto Priore, dovè ntrovarsi in
mezzo a' sospetti, agli odj, alle inimicizie, alle turbolenze, ai
tamtthi, all'anarchia prodotta da' due partiti tutti armati. Questa
prima chiave, dice il Franco, apre l'intelligenza non che del
resto del Canto, ma dell'intero Poema, riguardato tuttora
misterioso, ad onta de' sudori versati da' Comentatori. Il
Colle, al pie del quale giunse Dante, là oìse terminava quella
YalUn designa la speranza ch'egli ebbe di rimettere la pubblica
tranquillità; dopo che, armato il popolo, ebbe confinali gli
uomini più perniciosi delle due sette. — Il Franco nella Lupa
vede la cupidigia de' Rivoluzionai j , ossia la parte Nera, nel
Leone l'orgoglio de' Potenti, ossìa il partito de' Bianchi, e
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186 ALLEGORIA DBLLA DIVINA COMMEDIA.
nella Lonza V indocilità del popolo, che armato da Dante per
reprimere le due fazioni, non lasciava di apportargli imba^
razzo. ' La parte Nera sostenuta dalle forze di Roma e di
Francia fu la sola bestia che diede gravezza assai, e gli tolse
ogni S|)eranza; fu la parte Nera che lo fece senza pace, rin--
Dovando le turbolenze che aveva egli sedata; fu la parte Nera
che scoraggiandolo di ottener gloria nel maneggio de* pubblici
affiàH, lo deti^rminò di acquistarsi rinomanza eterna, mediante
Talto suo ingegno, ed il suo sapere meraviglioso.
Calvori J., La Selva, le Belve e le Tre Donne della Di~
vina Commedia, Idea di un nuovo Commento esposto m due
discorsi. Torino, Paravia, 1873.
Chiamate a rassegna tutte le interpretazioni delia princi-
pale Allegoria dantesca, ei si fa a demolirle iutle^ e quasi a
cassarle^ non per inmdia^ nò per amor di. gloria^ ma animato
da un sentimento vivissimo di culto a Dante. Gli è forza adun-
que, assevera egli con rarinpima modestia (!), di riedifif*are. —
Supremo dei desiderii del Poeta era di raggiugnere il colle
della gloria, sobbarcandosi a* comuni incarichi, e con questo
entiavagli speranza di poter riwtelvare nel primiero staio la
sua Firenze, e, de' figli men pietoso, diradarne le maligne
radici^ e gli sterpi velenosi. Ma tre fiere, una lonza leggera
e pre-ta molto (Firenze, città partita, specchio di parte); un
leone, con la test'alta, e con rabbiosa fame (La Francia guelfa);
e pe$>sima di tutte, una lupa, carca nella sua magrezza di tutte
brame (Roma papale), gliene im|>e<iirono il cammina, e gli fe-
cero perdere la speranza dell'altezza, minandolo in basso loco,
dove non splende luce di gloria. Onde se vuole salire al dt-
lefioso monte, che è principio e camion di tutta gioia, gli convien
tenere altro viaggio: dalla politica tramutarsi alla poesia.* Ma
i suoi verpi non dovevano più essere semplici rime di amot*e,
ma da più ulto assumere concetto, sentimento e forma. Della
ibrma è espressione Virgilio il maestro, l'autore di Dante, il
quale dev'essere considerato altresì nel senso proprio di altis-
simo poeta; del concetto, la Donna Gentile, significazione
delia filosofia, e Lucia della Religione cristiana. Beatrice espri-
merà il sentimento, quel nobilissimo sentimento che sorge nel-
l'anima p<*r la contemplazione del veit), del buono, e del bello,
espresso e concepito nella forma più santa, più sublime e più
y Google
ALLEGORIA DELLA DIVINA COMMEDIA. 187
'QetH. pope pur »è atps^o a sìgnifir^re il partito
el partito p**l quale rominHa a splendere il lume
il pianeta eh« mena dritto altrui per ofrni rolle. —
ante n^n inte«e H^'jiiirnare « un uomo individuale
i un essere indeterminatamente compreso, ehe la
di lui e r anima tutta rivolta alla patria gli di-
ìhile in mezzo alle calamità d'Italia. >
DI Np.tima Fravcfsco, Nfinvo Commento sopra
Allegoria d^l Poema di Dante. Roma, Pallotta,
•istnnfirere in più hreve e del tutto piano sermone,
te nell'anno 1^00. trentacinquesimo di ana vita,
di Priore in Firenze, nel momento che le pubhli-
andavan'^ s'^ompiirl'Hte per l'imperversare delle
r)rdie. Phiò l'Aliehieri, r»er la sapienza e prudenza
1 comporre le discordie l'chè jfli animi esacerbati
[> pativan*» K ma farle per allora tacere, e sovra-
epotenza di pi-ivati cittadini con la rivendicata
\e^fÒ' r>a questo f^lce risultato, confortato l'a-
impie speranze, non sì tenne dall' adoperarsi con
^zi ch'ep-li p» teva i mi«rliori, perchè i Fiorentini,
fpse, le diffncptize composte, tornassero all'antico
ordini repubblicani; Vi patria libertà, per le coq-
icolante. con la loro unione salvassero. K avve-
i che con lui reg'olavan'^ le cose dello Stato, vuoi
rìn volenti, non lo priovass^ro, siccome pure do-
si loro con«ìprlio, né dell'opera loro. 1' uomo ma-
' nulla ispromenf itosene, procedeva animoso. Ma
no, non principale, al suo proposito ej^^li trovò
lertinaceraente fé oci de' suoi stessi concittadini ;
enza di Carlo di Valois, tìnal-nente nella politica
Rom-i. QuMste non si tenendo dalle celate in»i-
9 offese manifeste, ma ora le une, O'a le altre
meglio tornava al p'roposito loro, non pure im-
Poeta dare effetto al suo genei-oso pensiero; ma
infocando, ma confortando di potenti aiuti le ara-
igie de' cittadini, la (Zfià tanto disordinata città,
scompig'i, con più feroci commovimenti, minac-
iltima miserabilissima sorte. Si fu allora ch'egli,
y Google
188 ALLEGORIA DBLLA DIVINA COMMEDIA.
forse a ciò inspirato dal cielo, siccome egli stesso credeva,
concepì nella niente sublime, concitata a cose stupende dal
santo amore di Patria, Tidea del suo veramente divino Poema,
affinchè, per le meravigliose cose che sono in e5>so, ridottisi g>li
italiani a vita più costumata, assembratisi attorno quello che
solo poteva tornare unita la Patria, fosse non la sola Firenze,
ma Tuniversa Italia resa libera, forte, indipendente.
Canavbsio prof. Sebastiano, Il primo canto della Dimna,
Commedia spiegato colf Ypsilon di Pitagora, pubblica lettura
fatta a Mondovi la sera del 28 di Febbraio 1873. Mondovl,
Bianco, 1875.
Dante À assai grossamente inteso, scriveva Matteo Pal-
mieri (n. 1400, m. 1475), nel suo Trattato della Vita Civile^ da
coloro che pensano aver egli cominciato a narrare di so dal
trentacinquesimo anno della sua vita. 11 glorioso poeta, subito
nel principio, allude al sit^tema del celeberiimo filosofo di Sauio,
il quale, nel trattar della vita dell'uomo, con eleviita dottrina
la divide, secondo le virtù dell'animo, in due sole parti, Tetà
del r Ignoranza, che si chiude ne* 25 anni, e Tetà di cognizione,
raffigurate nell' Ypsilon di Pitagora. Ed è ben duopo entrare
subito nel sistema del filosofo: altrimenti non se ne coglie-
rebbe più nulla. Ma foi*te a intendere è il primo verso della
Divina Commedia. Secondo il Canevesio, s'appongono in &II0
i chiosatori che la parola nel mezzo vogliono significhi la metà
della vita, il trentacinquesimo anno. Dante, non altrimenti
lo dinotò che colmo del nostro arco, punto sommo del nostro
arco^ colmo della naturai vita; nel mezzo equivale invece,
come ce ne fan fede molti esempi della Vita Nuova, tra,
dentro. Ove si voglia seguire la comune erronea interpreta-
zione, toglierebbesi via di netto Tadoloscenza con la puerizia
e r infanzia; distruggerebbesi tutta la sapienza contenuta nel
primo canto, il sovrano concetto del poema, di assennarci cioè
della bellezza e della necessità dell'educazione. — Ed è appunto
ne' suoi venticinque anni, nel bivio di Pitagora, nella sua vita
nuova, nella soglia di sua seconda etade, che Dante, per non
essere stato a tem pò e debitamente desto, sperto e dottrinato,
smarrìto il diritto camino, volge i passi per via non vera, e
perciò an/Jchò trovarsi sull'aurea ottim.<i, illuminata via della
cognizione si trova di bel nuovo nella selva^ non più solo
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ALLEGORIA DBLLA DIVINA COMMEDIA. 189
oscura, ma selvaggia aspra e forte ^ dell'ignoranza e deirer-
rore ; perchè il terreno, se mal cólto, quantunque abbia di buon
vigore, non porta che sterpi velenosi, e piante che fiorir non
aanno. Ogni abito virtualmente destro, non può far pruova
senza il pane sacro dell* istruzione. € Ed intanto dolori ed or-
rore, litiche e pensieri incredibili, » per rimettersi nel buon
filo , ce vivere col solo pensiero d' aver sofferto e lavorato,
benché con quel dolce poi, che dal soffrire e dal lavorare può
nascere, punito vedendosi e rigenerato da quel Dio che affanna
e che consola. » — Tutto il nodo sta dunque nella retta intel-
ligenza del primo verso. Pel Canavesio non è una congettura
speciosa, ma verità inoppugnabile; che è cieco dell' intelletto,
cui non approda tanto spl-nd<»re di luce. — Le tre belve sim-
boleggiano Tinvidia, la superbia, Pavarizia, che al dire de' filo-
sofi antichi e moderni maggiormente dominano V uomo sulla
terra, che non si vincono se non colla educazione della mente e
del cuore; Virgilio, Io studio della lingua latina, lingua delle
scienze, lingua di tutti i tempi e di tutti i luoghi, lingua che
apre la via alle più grandi meditazioni, lingua che tiene uniti
e amici i popoli ; il YeltrOy il progresso ne' popoli per le let-
tere, per le scienze, per le arti, per tutto quel che v' ha di
buono, di bello e di vero, e meglio la ragione, lo spirito della
sua opera che con tanto diritto i popoli la chiamarono poi
col titolo di divina, spirito che correrà tutta la terra e ferma-
mente se ne impadronirà.
Da questo scritto apprendiamo che il prof. Canavesio fece
un" ampia e pienissima spiegazione di tutto il canto con una
Tavola sinottica dell'Ypsilon e di tutta la Divina Commedia,
dove, a così dire, è la carta topografica del tempo e delle cose
e degli spiriti posti in scena dal Poeta : si che vedesi d' ora
in ora dov'egli è, e con chi parla, e di che e perchè. Inedita
tuttavia, come inedita un'Appendice di questa lettura. — Panie
Felice, Gazzetta di Mondovl,' 26 Ott. 1878, n. 247; Gazzetta di
Cuneo, 6sett. 1875; Gaz. Piemontese, 1 die. 1875; l'Apo/b-
ffista Cattolico, 10 Febb. 1876.
Grazi&ni Giovanni, di Cotignola, Interpretazione della Al"
legoria della Divina Commedia di Dante Alighieri, Opera
poshima. Bologna, Tip. Mareggianì, 1871.
4L Vuoisi dapprima avvertire, cosi nella prefazione il signor
5dby Google
190 ALLEGORIA DBLLA DIVINA COMMEDIA.
D. S. Isani, che scopo di essa opepa è : trovare il soggetto, e I
il fine vero della Divina Commedia, p^r averne poi una regola
certa, onde si spieghi la prima e principale allegoria acuì si
aggira tutto il Foeoia. Quindi è che dimostrasi Dante fuoru-
scito e cattolico, ma uomo di parte e Ghibellino, non aver
tolto a soggetto e fine del suo cantare, che la necessità, con-
cordia ed equilibrio dei due partiti ecclesiastico e civile, ossia
della Religione e della Monarchia, del Sacerdozio e deirimpero.
n quale ultimo essendo pressoché venuto meno ali' Italia a quei
tempi, però vedest il Poeta ora intento a mettere sott* occhio,
coi più foschi colori, i disordini e i mali che n'erano la eoa-
seguenza ; ora a fiirne ben rilevare e sentire il bisogno di una
restaurazione; ora a mostrarne Torigiue e U bellezza, ed eanl^
tarne ì diritti. — Qui si fa chiaro essere sistema politico di
Dante: Che come Tuomo è ordinato al doppio fine della tem-
porale ed eterna felicità, così a conseguirlo, uopo ò nel mondo
di due supremi ed universali governi, dei quali uno diriga e
regoli la società neir ordine delle cose puramente terrene, e
Tahro Tammaestri e lo guidi in quello delle spirituali e cele-
sti: e questo compito Dante assegna alla Chiesa, e quello al-
r Impero. Il quale, come di gran lunga ad essa anteriore, come
quello che a lei preparò la via per istabilirsi fra gli uomini,
tutto il suo essere, tutta la sua autorità riceve direttamente
da Dio, senza mezzo di alcun suo Vicario. Oud'ò che eletto, o
meglio, denunziato T Imperatore, egli è tale con pieno possesso
de' suoi diritti, senza che ne si richieda l'approvazione del
Papa; nò questo a quello succede Vacante Imperio. Tal è
Tordinamento divino, e chi il distrugge, distrugge la natura,
e si rende violento contro sé stesso. Male adunque, secondo
r Alighieri, male adoperavano i Papi di queir età, negando
queste prerogative imperiali, avversando per ambizione di tem-
porale grandezza, gì* imperatori, e mettendosi per ciò alla balia
degli Angioini. Di che quello sconvolgimento, e queU'anai'chìa
politica e civile, che turbavano massimamente le città del re-
gno italico, appartenente air Impero (1). Or cotale confusione e
era
feUcitù
(1) La selva simboleggia il disordine civile e politico, a cui tiene poi
pre dietro il morale, succeduto al tempo bello antico, in che T Impero
in flore: il monte un regno ben ordinato, co' suoi effetti, pace, gioia,
jitù ; nel tentativo poi di salire, è significata la prova, a che il Poeta,
si accinge, o finge di accingersi, per togliersi al disordine ed infelicità, e
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ALLEGORIA DBLLA DIVINA COMMEDIA. 191
pessimo stato di cose canta e rappresenta il Poeta nel suo
Inferno; il quale, gìusU la sentenza all«*gorica, non è che
quello dei vìvi, per la mancan/.a di esso Impero in Italia.
Quindi tutte quelle diverse e strane invenzioni, immagini e
pene, ODd*è quesf inferno costituito. Le quali non debbonsi giÀ
tenere quasi capricciose creazioni di fantasia poetica, non re-
golate da altra legge, nò ordinate ad altro fine da quello in
fuori di rendere orribile e spaventevole cotesta abitazione dei
morti. Ogni cosa nel divino Poema vedrassi anzi, colla scorta
di questo libro, assai ben misurata e ben connessa in un modo
d^DO dell* alta mente di Dante, coir idea sua generalissima e
' fond&mentale del vagheggiato Impero : e dal primo sino alful-
timo canto non s'incontrerà alcun più notabile tipo, o simbolo,
0 fìg^i-a che il nostro valentissimo interprete non provi essere
con molta pi-ofonda filosofia a quello accomodato Poco ò
nondimeno, a ritrarre gli uomini dal male, il fiirne lor veder
la bruttezza e le conseguenze funeste : vuoisi di più lo stimolo
e la speranza del bene che si può conseguira per altra via.
Ed in conformitÀ di questo bisogno dell* umana natura, e in
relazione al fine della Divina Commedia, ne sarà aperto dal
dotto interprete, come il Poeta continuando a stabilire per
simboli la necessità dell* Impero, vien mettendo innanzi nel
Purgatorio la viva imagine di un regno ben ordinato, dove
Tuomo ritrova la maggior felicità che gli sia dato raggiungere
quaggiù. Ivi una simmetria perfetta, ivi un* esatta e perpetua
destinazione dei due poteri, ai quali spetta condurre gli uo-
pervfloire, f(# ria corta e pactAca,* all' ordine e felicità. — Nelle tre fiere
che gii contendono la salita la discordia civile j de* semplici uomini di
parte, la st^perbia ambiziosa e V avarizia di coloro che in quel disordine
erano inteai a saziare la cupidità loro di comando e di ricchezza, sicchò
trovatone modo, aveano T ordine e la pace per nemica. — Dante, non ò
l'aaino nel suo particolare, ma un ente collettivo, e rappresenta in so l'uomo
buono in genere^ che col seguito di tutti gli uomini di buona volontà in
lui tranauntìvamante rappresentati, è inconsideratamente caduto nel male
deili sttlvA, e tenta poi di sottraraene, salendo il monte, in che è ùgniAcato
il bene ed ordine contrapposto. — Beatrice è la Religione, per la quale
appunto, pi A cae per la ragione, l'uomo sovrasta a tutte le altre cose sub-
lunari. — Matilde, la celebre contessa, personifica il principio monarchico
e la Monarchia, e il Oraziani nella Donna gentile che si compiagneva de»
eV impedimenti del Poeta a guadagnare la cima del monte, vedrebbe adom-
brata la stessa MatUde. — Lfécia, secondo Ta.legoria, raAigura la donna
cotanto celebrata, sotto il velo allegorico, nelle Canzoni del Convito, cioè
la Filosofia, che ei dice sua danna e luce virtuosissima. — Virgilio è tra-
volto a guida, come maestro e dottore di quella imperiai gloria e dottrina,
U quale forse non andava a sangue ad esso Guido, il quale fu Guelfo.
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192 ALLEGORIA DELLA DIVINA OOMXBDIA.
mini al doppio fine. Onde eccovi sopra un* isoletta io mezze
al mare , un monte altissimo, figura deli* Impero, opposto i
Gerusalemme, figura della Chiesa. Appresso trovate due sezion
del monte medesimo ra| (presentanti ancora quei due reggimenti
E Catone, Cuomo nato non a se ma aita patria e a tutto i
mondo (Conv. Tratt. iv, e. 27), modello di tutte le morali virtù
alla base e custodia della prima : un Angelo. Vicario di Pietro
colle due chiavi, alla base e alla custodia della seconda. Cosi
li due fiumi in contrario correnti: cosi Beatrice e Matilda
(Religione e Monarchia, la destra e la sinistra cura); così il
carro tirato dal Grifone ed il grand' albero , cosi la valle bo-
rita degr Imperatori , e cento alti-i simboli di tal fatta , cui
danno una chiara rappresentanza e distinzione del sacerdozic
e deir Impero ; giacché lo stesso modo, lo stesso pensiero tiene
ed esprime il Poeta in tutto il girare del monte. E nella salita
di questo vedesi: un popolo onesto, con^rde, ricreduto, ed
amante del Dualismo; e nella cima un'aura dolce senza mu-
tamento avere in sé, in antitesi alla bufera infernale. Insomma
un vet*o Paradiso terrestre, ove si gode piena temporale feli-
cità, ultimo scopo della universal Monarchia. — Se non che a
più alto ed infinitamente piii nobil termine, cioè alleterna bea-
titudine, è Tuom destinato: e mentre al primo vuol esser con-
dotto dall'Imperiale governo (concordemente però ai principii,
e alle pratiche della Religione), a quest'ultimo la sola Reli>
gione lo può innalzare; e però da questo Paradiso terrestre
viene a quello del cielo da Beatrice accompagnato. AH* uno
perviene Tuomo colla vita attiva, all'altro colla contemplativa;
e le delizie di essa, secondo allegoria, formano l%«ltro uman
Paradiso qui in terra, al modo che i gaudi! dal Poeta descritti
costituiscono la felicità superna. Tutto ciò è impossibile nella
condizione ai cui rende immagine l' Inferno, dove V uomo iva
correndo alla prima, e alla seconda morte. Ed eccovi cosi ma-
nifesta la ragione della Cantica terza, e il vincolo che alle due
anteriori la unisce. Né in questa pure sono rari i simboli della
dottrina di Dante relativa all'Impero. Se non foss' altro, abba-
stanza ce la &n manifesta i magnifici versi del C. vi, laddove
per bocca di Giustiniano vengono al lettore narrate le impi*e8e
ed i successi dell' Aquila ; e quegli altri ancora del C. xvni,
pei quali altresì sotto la figura di un* aquila, e in ciò che dal
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LBGORU DBLLA DIVINA COMBfEDIA. 193
J tale 8110 venerando segno, ci vien fatta, a
losi deli*Impero Romano. Tale, secondo il Gra-
e principalissima allegoria dell* Alighieri. »
}BSCO, Discorso suila prima Allegoria e sullo
ina Commedia. Palermo, Muratori, 1836.
idamente come in nn quadro le opinioni degli
precedettero, e oppugnatele, ove conviene, per
I ne derivano, il Perez tentò una novella illu-
sma, desumendola da principi! politici morali e
fioreggiano nelle opere tutte del poeta ed in
tei trattato della Monarchia. E mostra come
la Gomedia, si rispondano e coincidano nella
)me runa appaia spesso traduzione dell'altra,
ava doversi intendere per la Selva gli errori
de, pel Monte illuminato dai raggi del sole un
condo i dettami di Dio, per la Lonza T Italia
li, pel Leone Filippo il Bello, per la Lupa
fitìni^ sullo scopo della Divina Comedia, p. 20-57.
«100, Proposta di una nuova interpretazione
Allegoria del Poema di Dante Alighieri. Ri-
, 1861. — Inserita nella Raccolta di prose e
' rare di Italiani viventi, diretta dal prof. Pie-
irata, Dispensa xii, 1861 ; Pesaro, Rossi, 1862,
1 senso deir Allegoria, lo dimostrò valorosa-
9tti ; nò il Ricci si diparte da lui nella interpre-
ire; ma nel resto sente altrimenti. — In mezzo
ico cotanto disordinato dei suoi concittadini
are (e quanti con esso lui parteggiavano), nel
IO anno dell'età sua, smarrì in Firenze (valle) la
r cui venne sbalzato nell' esilio (deserto). — La
io con tanta pietà, fu tutto il tempo corso dal-
ia alle concepite speranze, ossia quello impie-
ì da Roma a Colle, castello de' Sanesi, in Val-
ite col territorio della Repubblica fiorentina. A
monte), seppe egli le intelligenze prese cogli
in patria, che dovevano ad essi aprire certe
à, e gli aiuU che venivano apparecchiando i loro
aiuti servirono poi all'assalto del Mugello (raggi
cionche gli vennero le speranze dalla potenza e
13
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194 ALLEGORIA DBLLA DIVINA OOBfMBDU.
vigilanza dei Neri (lonza) ^ dal superbo figlio della superbissi-
ma Casa di Francia, Carlo Senza Terra (leone) ^ dalla Curia
romana, sempre acerrima nemica dei Ohibellini. Ond'ei meditò
tener altro viaggio, rìvolversi da ogni impresa arrischiata,
fjEirsi parte per so stesso , fidente di poter vincere la crudeltà
de' suoi nemici, solo coli* altezza dell* ingegno, e rientrare nel
bell'ovile condottovi dal sacro poema cui avea posto mano e
cielo e terra. — Il Ricci si confida di aver mostrato ad evi-
denza, e coir autorità stessa di Dante, come ìàselDa, la vaile
ed il deserto, che si credevano tutte e tre significare V esilio,
abbiano ciascuna di esse un senso tutto speciale. — E di questo
lavoro del Ricci cosi ne scriveva il Mordani alla Signora Fran-
ceschi Pignocchi : € L' interpretazione ò cosi semplice co^ fa-
cile, così chiara, ch'io Tho per verissima e gliene fo di cuore
le mie congratulazioni. » Ed allo stesso Ricci : « Il vostro co-
mento piacerà senza fililo a que' letterati (ma son pochi), che
non hanno ancora smarrita la dritta via. Questo vi basti , e
sievi di conforto a proseguire gli studi. »
Franceschi Pignocchi Teodolinda, k\C eemào sig. Teodorico
Ricci. Ravenna, Angeletti, J861.
Costantini Giovanni, Sullo scopo delia Divina Comedia,
Discorso. Palermo, Pedone, 1839.
L* Alighieri dimostrando ^el suo poema agli altri uomini
qual fosse lo scempio de' malvagi, e quale la venturosa rioom-
pensa de' buoni, s' ingegnava di toglierli dallo stato della mi-
seria e di ridurli a quello della felicità... Né si creda eh* egli
pretendesse di portar gli uomini ad uno stato di tblicità per
mezzo di una politica riforma; imperciocché allora avrebbe
dovuto svelarlo al Signor di Verona, il quale volentieri avreb-
be udito esaltare la parte ghibellina: ma inoltre Dante nella
lettera dedicatoria del Paradiso indiritta a Can Grande £a ve-
dere ch'egli trattasse il solo punto morale, e che par iatato
di miseria comprendesse quello della, sfrenatezza delle nostra
passioni e per stato di felicità quello del loro diritto uso.
Dando il poeta giudizio dei tralignanti costumi del secolo,
talor di necessità dovea toccare la parte politica,' mentre da
questa può anche dipendere il savio contegno dei sudditi ; ma
non n'era questo il suo primo obietto.
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ALLEGORIA DELLA DIVINA COMMEDIA. 195
Pasquini Pier Vincenzo, La principale Allegoria della Di-
Tina Commedia secondo la ragione poetica e secondo i ca-
noni posti da Dante, Studi, con un'' Appendice sul tempo del
Viaggio Dantesco e note, Milano, Battezzati, 1875 (Tip. Bietti
e Mioacca. — E il voL vin della Bibl. Contemporanea).
Il prof. Pasqoini, della cui benevoglienza grandemente mi
onoro, sin dal 1865 ci diede un Saggio delle Allegorie del I
canto deW Inferno, e nel 1869 pnbblicava un nuovo lavoro
suUe Lettera e C Allegoria del poema di Dante, con alcune Os-
servasioni sulT opera di Domenico Mauro (Man, Dani, iv, 269,
275-78). Da questi studi, grandemente lodati da giudici auto-
revoli, gliene venne concetto di Dantista valente ed assennato.
Ora Bon possiamo non esser grati all'egregio Professore che
volle fonderli insieme e notevolmente ampiarli , tanto più che
affidati a giornali (La Gioventù, di Firenze), o raccolti in opu-
scoli di pochi esemplari, non era sì agevole agli studiosi di
poterne aver copia. € Io vi ofiro, ei dice, argomenti nuovi,
dedotti dall* essenza del poema, dalle inalterabili leggi della
logica, e della poetica, nonché dai canoni da Dante medesimo
stabiliti per la dichiarazione dell*opera, continuamente dimen-
ticati, e violati dagr interpreti della scuola moderna ; prove,
con Dante alla mano, ch*ei caddero in mille errori e contraddi-
zioni, che sognano ad occhi aperti, e che se T allegoria fon-
damentale andasse intesa a loi; modo. Dante sarebbe stato
cattivo poeta: prove, che gli antichi commentatori, ch'essi
disprezzano, sono nel vero. >
Di Casanova Alfonso, VAUegoria del Poema,
Quando Dante si credette a buon diritto chiamato dalla Pre-
videnza a compiere T ufficio di apostolo, di rinnovatore e fecon-
datore della civiltà nuova,... il pervei*timento e la corruzione
era nell'animo, nelle volontà, nelle passioni; lo scompiglio e
il guasto negli ordini civili, nei principi e nel clero. 11 mondo
era un* aspra selva, paurosa e selvaggia, e Tuomo vi errava
dentro assonnato; ci si trovava, senza sapere ben come.
Cosi a' apre il Poenìa. Dante è nel vigore de' suoi anni ;
amareggiato fino a morte dall'orrore di quella selva, pur si
conforta, guardando un colle già rischiarato dal sole,
Che mena dritto altrui per ogni colle;
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196 ALLBOORIA DBLLA. DIVINA COMBfEDIA.
e sperando di poter salire e ritrovare la buona via, si mette
da solo a montare per Terta. — Ma che cosa è la selva, se non
quel ten-estre paradiso a cui Tuomo era sortito da Dio (che
Dante poi vede nel Purgatorio), disordinato e guasto e diser-
tato da*vizj e passioni degli uomini, dalle violenze e cupidi-
gie e rapine de* principi e de* pastori delle anime? Finché
dureranno quei vizj nelFuomo singolo, e quei disordini nei
poteri che lo guidano, si potrà mai uscire da quella selva
mortale? — Al primo passo verso il monte, verso il bene, vi
incontrerete in ostacoli difficili o impossìbili a superare, e ri-
cascherete nella oscura valle. E cosi accade a Dante. Mentre
ò per salire, prima una lonza leggiera, poi un rabbioso leone,
e una bramosissima lupa gli si fanno innanzi ; e gli sbarrano
la via. — Ora, in breve, quelle tre fiere non sono altro che Tuomo
individuo colle sue varie passioni e i suoi vizj ; la potestà
civile violenta e rabbiosa ; la Curia Romana e i ministri della
Chiesa cupidi, avari, rapaci. Dante è l'uomo, il rappresentante
d'ella umanità che dee rigenerare il suo animo contaminato,
ma che di continuo si vede innanzi i vizj che ne lo distolgono.
La lonza è la coscienza delle sue colpe , che non gli si parte
dinanzi al volto, e, prima a comparire delle tre fiere, perchè
più prossima a lui, anzi lui stesso, gV impedisce il cammino.
Se la lonza sia piuttosto la lussuria o l'invidia si è disputato:
ma 0 cotesta fiera,' che di pel maculato è coverta, non significa
in generale altro che l'anima viziata dalle diverse passioni
che l'agitano e la macchiano e sviano qua e là (come pare
più verisimile); o si vuol poi concentrarla in un vizio predo-
minante, da cui Dante si teneva più ofieso, e allora quel vizio
non è altro che la lussuria. Ad esso accenna Dante nel quinto
dell'Inferno, quando i casi dell* illecito amore di Francesca e
di Paolo lo fanno tramortire; ad esso più apertamente allude
Beatrice nelle sublimi rampogne verso la fine del Purgatorio;
e ad esso ti fa pensare quel gran timore che assale Dante al*
lorchò in Purgatorio gli si dice di dover traveraare le fiamme
ove si purgano i lussuriosi. Ma quel che importa è di veder
che la lonza, secondo Dante, pare la meno temibile delle fiere,
o almeno quella che dava più speranza di potersi domare;
che è uno appunto dei caratteri di quelle bestie che vuole una
spiegazione.
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ALLEGORIA DELLA DIVINA COMMEDIA. 197
L*aomo individuo, benché sviato, se soprattutto è giovane,
se r occasione gli è propizia, può purificarsi e correggersi.
L'ora del tempo e la dolce stagione J&icevano a Dante, ancor
giovane, sperare salute. Ma Dante non dovea pensare alla sa->
Iute sola di so, si a quella deiruman genere, e della società civile
tuttaquanta. A questa rigenerazione si oppongono- due altre
fiere sopraggiunte, al parere, di assai più ribelle natura. Un
leone violento e in ispecie una lupa magra, avida, che dopo
il pasto ha più fame che pria, gli fan perdere addirittura,
Cffni speranza delTaltessa. A vincere questo triplice ostacolo,
di coi Tultimo è il piii potente, perchè la corruzione dei ret-
tori delle anime è piii difficile a emendare, non v' essendo altra
potestà superiore, e più corrompe gli altri.
Perchè la gento che sua guida vede
Pure a quel ben ferire ond'ella è ghiotta,
Di quel si pasce, e più oltre non chiede; Purg. xvi.
Dante ha bisogno di aiuti superiori, e atti a ravviare i popoli,
i prìncipi e i papi. Però gli è spedito Virgilio, e gli è spedito
da Beatrice. Virgilio lo ammonisce che a lui convien tenere
altro viaggio, e non può difilato salire il monte. Dee visitare
r Inferno, il Purgatorio e poi il Paradiso, e rivelare alle genti
tutte le sue visioni, perchè facciano senno e si mettano cia-
scuna sulla buona via. Al che Dante, cui bastarono poche pa-
role di quel savio per fargli intendere la grandezza del ministero
a cui era chiamato, in via di dubbio gli domanda perchè egli
debba tenere quel viaggio, che già fece Enea e S. Paolo, Tuno
per fondare l'alto impero di Roma, e Taltro per recar conforto
alla fede? E Virgilio gli risponde che questa sua andata evo-
luta in Cielo, che Beatrice lo ha mosso ad accompagnarlo;
talché Dante, rinfrancato da quegli annunzi, e non più cre-
dendo folle la sua venuta, stimandola anzi a un tempo reli-
giosa e civile, compagna (notate) di quella di Paolo e di Enea,
s* incammina pel difficile viaggio. — In verità, con questa inter-
pretazione delle tre fiere, tutto il poema è spiegato, e a tutto
il poema quella visione del primo canto è naturale preambolo.
I viz) degli uomini, dei principi e rettori di Stato, dei capi
e pastori della Chiesa sono il continuo subbietto delle due
prime cantiche soprattutto, e non son dimenticati perfino in
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198 ALLEGORIA DELLA DIVINA OOBfMBDiA.
Paradiso, dove Giustiniano, Benedetto, e S. Pietro dicono quel
maestose e terribili parole che tutti sanno. Virgilio non
piuttosto la ragione umana o la Scienza o il cantore dellMa
pero, m& tutto questo insieme : Beatrice non è solo la teolog
o la fede, o Tamor puro e santo, o la Chiesa, ma la guida
r illuminatrice celeste di 'tutte queste cose.
Cosi spiegata quella rappresentazione dantesca, non è pi
un' allegoria, ma piuttosto figura e fantasma poetico, storico
morale, come usava Dante di farne. — Non è un astratto coi
cetto di vizj, vestito alla meglio, e mascherato sotto una forna
presa a pigione; ma sono quasi metafore viventi e personi^
cate. L'uomo passionato, vizioso, lussurioso, è uomo imbestiat
è lonza; principi malvagi e fieri e violenti, non sono princi]
ma leoni rabbiosi ; papi, vescovi, chierici avari, simoniaci soe
rapaci, insaziabili lupe. AH' insipidezza e votaggine delle ali
gorió sottentra la vivacità e la forza della metafora che dipin^
d'un tratto.
Che con la figura del leone Dante usasse di significai
la violenza de' principi , specie della casa di Francia, opp(
sta all'aquila imperiale, è dimostrato assai chiaro da qu
E non l'abbatta esto Carlo novello
Co' Ouplfl suoi, ma tema degli artigli
Ch' a più alto leon trasser lo vello. Parati, v
Che con la figura della lupa volesse esprimere l'avarizia
malvagità dei rettori della Chiesa si vede anche da qu
verso:
Perocché fatto ha lupo del pastore. Parad. i:
e dall'altro notissimo:
In veste di paslor lupi rapaci. Parad. xxvi
Della lonza poi, come figura delle passioni di Dante (indi
viduo che fosse, o rappresentante dell'umanità), una prova
quella corda ch'egli avea intorno cinta : la quale, o sia la cord
di frate minore di S. Francesco, come vogliono alcuni, e com<
pare meglio, giacché Dante se ne serve materialmente a tira
Gerione; o in generale sia quella preparazione del cuore alli
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ALLBaORIA DBLLA. DIVINA COMMEDIA. 199
Opere di virtù e quella fortezza dei lombi, ónde si combatte
la carne e i suoi stimoli, è certo che con essa Dante
penso alcuna volta
Prender la lonza alla pelle dipinta. Inf. xvi.
Queste tre fiere che Dante ci rapp^eeenta, aprendo appunto
il suo poema, ricompariscono e se ne fa ricordo appresso?
Si può dire, come già accennai , che ci vengono sempre
innanzi, massime nelF Inferno, e anche nel Purgatorio. Quei
peccatori d'ogni sorte, nominati o innominati, quei principi e
gran regi, quei papi e chierici e pastori, non sono che lonze,
e leoni, e lupe, individuate e storiche. Quelle tre fiere sono le
specie, quei dannati sono gì' individui. 'Quelle tre fiere che son
li sempre vive, nella gran selva del mondo, direi che parto-
rirono tutte qtielle anime di lonze, di leoncini, di lupi grandi
e piccoli, che poi Dante riconosce tra i dannati. Le fiere sono
la figura, l'immagine, il tipo, quei varj dannati sono i figurati,
gli esempi vivi e veri. Era ben naturale che Dante mettesse i
tipi nel proemio, e gl'individui per entro al poema. È come
se dicesse al mondo che deve udirlo : guardate lì quelle fiere ;
voi lor somigliate pili che non credete : e vi fo fede io che ho
veduto i loro figliuoli giù in Inferno, e la stessa sorte toccherà
a voi se non mettete giudizio a tempo. B questo di^orso egU
non lo vuol fi&re per uso del solo popolo cristiano, ma per
quello dei principi, dei papi, e di qualunque rettore di popoli.
Questo è l'intendimento alto, sacro e civile della Commedia.
Se poi 8Ì vuol vedere qualche raffronto con quegli animali,
se ne avranno de' mirabili per via di contrapposti. Nel Purga-
torio Dante ha la visione d'un carro, guidato da un Grifone,
animai binato in cui raffigura Cristo, il quale, attaccandosi a
un arbore robusto^ ma vedovo .di foglie e di fiorì^ che è il
genere umano dopo il peccato, a un tratto fa rinverdire e
rinnovare la pianta
Che prima avea lo ramora sì sole. Purg. xxxii.
Ed ecco calare rapidamente un' aquila a disertare e ferire quel
carro, si che questo piegò, come nave in fortuna, E poi que-
$t* aquila, calando di nuovo, lascia nel carro delle sue penne:
che sono figm*e, prima delle persecuzioni dell'antico Impero,
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200 ALLBQORU. DELLA DIVINA OOMMBDIA.
6 poi delle perniciose donazioni di dominio &tte alla Chiesa;
per cui una voce dal cielo prende a gridare :
O navicella mia oom'mal sei cardi!
Nella quale rappresentazione è chiaro che il leone è antìschema
del Grifone. La quale aquila rivediamo poi in Paradiso, e ce
ne vien descritto il rapido e glorioso volo da Giustiniano, e
la miriamo più innanzi effigiata nel pianeta di Giove, com-
posta d* innumerabili luci; e poi con Vale aperte^ sentiamo
parlar lo rostro e dar contezza a Dante dei principi savii e
giusti.
Quanto alla lupa, ò naturale che non possiamo ritrovarla
in paradiso; ma invece vediamo ì&^elva selvaggia trasformata
in candida rosa , e udiamo S. Pietro, S. Benedetto ed altri,
accennando alla terra, alla selva, parlare dei lupi in veste da
pastori.
Ecco rinterpretazione che Alfonso proponeva, con una sicu-
rezza che non gli era solita, al primo canto del poema, agg-i un-
gendo che questo concotto era cosi essenziale e adequato che
gli pareva il centro e la chiave di tutta la Commedia, da po-
terla tutta riannodare ad esso. £ infatti Beatrice, quando sono
per avvenire quelle visioni dell'Aquila e del caiTO condotto dal
Grifone, si volge a Dante e gli dice:
Però in prò del mondo che mal vive
Al carro or tieni gli occhi, e quel che vedi,
Hitornato di là, fa che ta scrive. Purg. xxxii.
Federico Persico, Alfonso di Casanova e la Divina Commedia.
Estratto dal fase. 154 della Rivista Universale.
FoRNACciARt Raffaello, Disegno storico della Letteratura
italiana. Firenze, Sansoni, 1875, p. 31. Dichiarazioni ed esempi
in Appendice al Disino storico, Firenze, Sansoni, 1876, p.
32-53.
La Divina Comedia, presa allegoricamente , è V immagine
della vita umana nei tre stati del vizio, dell'emendazione e
della pei*fezione. I dannati rappresentano gli uomini viziosi in
tutti i gradi del peccato. Le anime purganti rappresentano gli
uomini , che con la penitenza e con V orazione si emendano
gradatamente dei peccati, finchò rinnovano in so in qualche
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ALUGOBIA DBLLA DIVINA GOMBfBDIA. 201
modo la prìmiera innocenza ed esercitano la perfetta vita atu'va,
àmbol^g^ata nel paradiso terrestre. I beati finalmente rap-
presentano gli uomini, che, studiando le verità rivelate e aman-
do solo Iddio, esercitano la vita contemplativa, simboleggiata
nei paradiso celeste. Ai primi è pena il vizio stesso, raffigu-
rato nell'oecarità e nei tormenti infernali ; ai secondi è dolce
la fiducia in Dio e la pace deiranima, che rende loro care le
penitenze volontarie, raffigurate nelle pene che soffrono. Ai
terzi finalmente è premio la chiarezza e ampiezza delle cose
contemplate e la certezza d'essere amati da Dio, simboleggiate
nella luce e nel gaudio eterno. La persona poi di Dante, è
figura deiruomo, che dallo stato infelice della vita viziosa
(selva escara) tenta ascendere, emendandosi de' suoi vizii, alla
beatitudine della vita contemplatita (luce del sole). Gli fanno
inciampo tre vizi! dominanti nel mondo (1), anzi un solo ch'ò la
cupidigia (lupa), la quale non ò altro che il desiderare ciò che
non è giusto ottenere. Questo vizio per conseguire il suo scopo
si serve o della violenza (leone), o della frode (lonza), e occu-
pando gli animi e tenendo disordinati i popoli, impedisce agli
uomini di £arsi virtuosi e felici. Come poteva vincersi questa
rea passione? In due modi: politicamente; col cangiare il go-
verno di quel tempo, abbattendo la fazione guelfa e resti-
tuendo cosi i diritti dell'Imperatore romano; allora cessereb-
bero le guerre, si frenerebbero le passioni, e Tuomo potrebbe
ascendere al colle della virtù : moralmente (poiché allora que-
sto cangiamento politico non era da sperarsi); con una rifor-%
ma degli animi. L' uomo guidato dalla scienza della ragione, o
filosofia, rivestita del velo poetico (Virgilio), doveva conside-
rare i vizi! per abborrìrìi (viaggio dell'Inferno), emendarsene
(viaggio del Purgatorio) e operar bene (Paradiso terrestre);
guidato dalla scienza della rivelazione o teologia, nascosta
sotto le sembianze d'amore (Beatrice), dovea levarsi alla con-
templazione di Dio (Par. celeste). Ma perchè l' uomo potesse
ÙLV tanto, era d' uopo che lo volesse Iddio stesso, cioò che si
(1) In quanto al senso allegorico morale delle tre fiere il Fomacciari
si tiene alla bella e ragionevolissima spiegazione datane da Giacinto Ca-
sella (V. Man, Dani, iv, 267). Niuno non ha così bene e lucidamente dì-
mostrato U senso come il Casella, scrìve pure il Del Lungo. Quel discorso
da pochi conosciuto, e da alcuni forse non voluto conoscere ed apprezzare,
prosegue il Fornacciari, di la chiave della vera interpretazione dantesca.
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202 ALLEGORIA DELLA DIVINA COMMEDIA.
accordassero a volerlo i suoi supremi attributi, misericordia e
giustizia (Maria e Lucia). Siccome poi Dante attribuisce lo
sfrenamento della cupidigia ai governi guelfi di quel tempo
(e però Par. xxvii, 140, dice: Pensa che in terra non è chi
governi, Onde si svia fumana famiglia) ; cosi raffigura quei
tre vizii nei tre principali Stati guelfi, che erano Roma, rea,
secondo Dante, di cupidigia, perchè voleva usurpare airimpe-
ratore i diritti sul governo universale; la casa di Francia, si-
gnora anche del napoletano, che serviva i Pontefici in questo
loro scopo e usava violenza contro gV Imperatori germanio i ;
la repubblica di Firenze che serviva ugualmente allo stesso
scopo, ma più con le frodi che con la forza. Ecco perchè Dante
sospira al Veltro salvatore, che doveva venire dall'Italia sape-
riore o transappenina (tra Feltro e Feltro) quasi tutta g:hi-
beDina, e salvare la bassa Italia cisappennina e specialmente
Roma (queir umile Italia, ecc.) tutta guelfa. Dante era stato
impedito primieramente dalle frodi della sua Firenze (T as-
salto della lonza); ma sperava di vincerle col suo priorato ;
se non che vede già venire alla sua volta la violenza di Carlo
di Valois (leone); e dietro lui, la cupidigia di Roma (lupa),
che manda quel principe a sottomettere Firenze e rende vane
le speranze del Poeta. Aduaque il senso allegorico della Di-
vina Commedia è, come ci dice il Poeta stesso, morale prin-
cipalmente; ma qua e là è divenuto anche politico, perchè la
rea politica era considerata come effetto della cattiva morale,
e, alla sua volta, come causa di nuova immoralità.
Db Marzo Gualberto, Del velo allegorico della Divina
Commedia nella Simbologia. Mente e Cuore, Trieste, 1 lu-
glio, 1875, 273-279.
Sono pur sei secoli che le intelligenze più ardite si son
volte a quel monumento misterioso, qual è la Divina Comme-
dia, per iscrutarne V intimo senso, e cavarne il prezioso tesoro
della nascosta dottrina. E nondimeno ancora è a meravigliare
che dopo tanti durati studi, dopo tante diuturne investigazioni
e ripetute ricerche, non siasi giunto a sollevare il velame di
su quel libro dei sette si'gilil , che forma V ammirazione delle
nazioni. — Coloro che presumono di comprenderne V occulto
vero, senza veruno misticismo d' allegoria, non sono che ciechi
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ALLEGORIA DELLA DIVINA COMMEDIA. 203
della TÌsta della mente. Dante si designò uno scopo eminente-
mente umanitario, di combattere il vizio, rialzare la virtù op-
pressa, fisu^ndo guerra ai despoti, al guelfismo, specialmente,
capitanato dal Papato. Per questo appunto die mano al gran
Poema, principio e compimento di rigenerazione per l' Italia,
codice di civiltà per le nazioni, e monumento di ammirazione
pei secoli. Grandiosa e sublime ne scafuriva V idea ; se non che
gli stavano schierati d'intorno potentissimi nemici, e però non
poteva egli impunemente presentarla svelata alla vista delle genti.
Gli fa d*aopo pertanto di creare un* Epopea tutta propria, nuova
e singolare, nella quale facendo servire lo scibile universale,
▼* incarnava il concetto di risorgimento dell' umanità a trista
mina disposta; ma, eome Dante direbbe, sotto benda, e come
Toleano le condizioni politiche d'allora, e della Scuola Arcana
di quei tempi prevalente. La Divina Comedia è sotto il velo
dell'Allegorìa, il quale non può essere se non continuo e com-
pleto dal principio al fine; e senza di ciò l'originalità della
Dantesca epopea sparirebbe affatto. Onde coloro, scrive il De
Marzo, che asseriscono di poter spiegare Dante con Dante,
sono per lo meno sonnolenti per non comprendere Vignotum
per iffnotum, l'assurdo. L'unica via di verità in ogni cosa è
quella de' fatti , della dimostrazione , della storia ; epperò la
chiave per penetrare nel gran mistero della interpretazione
della Divina Commedia è lo studio della Simbologia.
CoLTELU DOTT. G., Modo nuovo di inteìtdere Dante, ovvero
compendio di un nuovo Commento da pubblicarsi. Bologna,
Zanichelli, 1875.
Poveri Comeptatori della Divina Commediai Chi v'ha gui-
dati, o chi vi fu lucerna? Niuno di voi per mancanza di stu-
diì religiosi ha potuto tracciarsi una via indipendente ed
assoluta z, come le pecorelle dantesche ciò che fecer i primi e
fecer gli altri. Voi non scriveste che a danno delle carte: agli
orbi non approda il sole. La narrazione del sacr<^ poema vi
fu buia qual Temi o Sfinge. Ma eccovi, finalmente chi solverà
l'enigma forte; chi con la verga &tale viene a sciogliervene
il serrarne. € Grazie eh' a pochi il ciel largo destina. » Quindi
innanzi voi potrete movere i piedi, appresso scorta si saputa e
fida, ed entrar sicuri nelle negate case. — Il comento vero
che tanto si desidera ve lo dà il dott. Coltelli: a lui solo fu
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204 ALLEGORIA DBLLA DIVINA COMÌIBDIA.
dato di afferrarne il concetlo vero. Fin qui credettero tutti cb
il viaggio deiraltissinio poeta si debba l'apportare ai mondi di U
ma bevvero troppo grosso. La sentenza é d' altra guisa eli
non suona. Ei ci conviene invece seguire passo passo il raming
poeta nelle sue peregrinazioni per V Italia, selva inesiricabii
di reggitnenti assurdi, iniqui calamitosi (1). Dante Albigesi
0 Valdese, o meglio Evangelico, imprende a visitare tutti
conventi e Cenobi, e gente di Chiesa, e guelfi e neri di Qgri
genere, per tasteggiarli e scoprirne le mene ed i segreti, scn
tarvi i difetti che recano seco le politiche, ed il culto fuot
viaH ed erronei; in breve, per rilevare *ciò che v'era di mai
da reprimere e di bene da fecondare. Salito egli, mercè le si
eccelse facoltà intellettuali, agli ordini e gradi della Frate
lanza d'amore, senza attendere i tempi voluti dai ca^Mtolat
nel Paradiso, € capo per capo ci viene mostrando quali doyi^
bero essere i tipi modelli delle leggi, degli statuti, ed altre
degli uffiziali superiori che stanno a capo del consorzio deg
adepti impegnati a regger le nazioni e cuoprire le digni
ecclesiastiche Gli ultimi canti poi vertono sulV organisn
favorito dal Grand' Ordine Templario, e sulle dottrine altissin
che spettano ai veggenti ed ai speculativi^ e commessi godoi
della intuizione dell'Essere primo, della sostanza prima d
regge il Creato. >!!!
Venturini Domenico, Le Allegorie fondamentali della L
vina Commedia,
(1) Dante è Tuomo a sensi, Virgilio Tuoroo spirito. L* nomo spiri
consiglia Tuomo ordinario a lasciare le orme battute e di torsi dall' aspe
delle belve, e soprattutto della lupa papista e clericale, per tenere altra ^
quella del vangelismo, rappresentato daffli Albi^^esi e dal famoso ordì
dei fratelli Templari. Il Veltro è il Gran Maestro di esse. Ei si sperava e
nella sua jmialitÀ morale di grand* Oriente (aiutato in ciò dalle rispetti
Scuole e Circoli e congreghe) non colle armi ma colla sapienza, amc
e virtude arriverebbe un giorno a ricacciare la lupa negli abissi dond' €
partita. Tale Gran Maestro o Grand' Oriente, secondo Dante, è il Pontifici
vero, e non fucilo di Roma, il quale secondo quesl' idea è vacante (Pj
xxvii, 2;i). — La donila del Cielo (ii, 94) è la religione dell'amore, della c«
tesia, della Gaia Scienza contrapposta alla triste, dogliosa ed avara di Ron
1 lucidi di essa gaia scienza, o Lticìa mossero Beatrice^ scuola di Fireni
a parlare a un /V Virgilio^ che allora era capo scaola di Bologna, on
tirare a sé V Esule e toglierlo alle zanne della potenza nera guelfa o napis
Dopo alquanto esitare il poeta si risolve a tenero col De Virgilio le pa
dei Bianchi, dei gaj dissidenti ed ostili a Roma, mettendo in aperto le pi
tiche degli uni e degli altri, onde farne risultare i rispettivi ditetti e le a
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ALLEGORIA DELLA DIVINA COMMEDIA. 205
lesto lavoro, promessoci fìn dal 1875, dairillustre Autore,
sappia, non vide ancora la tace.
lSquaugo Francesco, Le quattro giornate del PiirgaioyHo
mattro età delTuomo, Saggio. Vicenza, Grimaldo, 1874.
sesto Saggio, piuttosto che un lavoro critico, è da riguar-
come un ragionamento morale che l'Autore ha tratto
Cantica seconda, per vantaggio de' suoi figli, ai quali lo
I. «11 viaggio del Purgatorio (die' egli a pag. 31) si compie
ittro giorni non interi, perchè termina appresso al merìggio
uarto giorno. Onesti quattro giorni sono le quattro età
lomo, dal Poeta chiamate ajiolescenza, giorentule, senettute
nio 11 primo giorno comprende T Antipurgatorio, e
jo ò V adolescenza. Il secondo giorno incomincia col Pur-
■io vero, o sia colla misteriosa assunzione di Dante dalla
itta de' principi , e si estende insino al quarto cerchio iu-
re; e quest'altro giorno è la giotentii. Nel terzo giorno
«ta passa al quinto cerchio, e perviene al settimo ed ul-
; e questo terzo giorno è la senettute o sia vecchiezza.
quarto giorno Danto ascende alla vetta del Purgatorio,
il Paradiso terrestre; e questo è il senio o sia decrepi-
L. » Persuaso adunque l'Autore che questa cantica sia un
0 codice di sana morale, un tesoro di regole ordinate e
ucenti alla perfezione dell' uomo, prende in questo volume
ipplicare il suo sistema alla sola adolescenza, distiibuendo
*attazione in tre discorsi, e parlaudo nel primo deWubbi-
za, nel secondo della soavità e adornezza corporale, nel
> della vergogna; le cose appunto che Dante nel Convito
esser date dalla buona natura all'adolescenza (Convito,
L IV, cap. 24). Seguono due altri discorsi, l'uno sul tra-
to dall' adolescenza alla gioventù, l' altro sulle tre età della
entù, vecchiezza e decrepitezza, dove la materia è piuttosto
innata e compendiate, che sciolte distesamente. « L* Inferno,
1 il Pasqualigo, è l'intelletto applicato alla meditazione
•errore e de' tristi suoi effetti; il Paradiso è F intelletto che
la BÒ stesso nella contemplazione della verità, ond' è l' uomo
to; il Purgatorio è l'umana volontà che guidata dal mi*
>r possibile intelletto combatte per la perfezione Cosicché
Purgatorio che sintetizza la lotte dell'uomo per allontanarsi
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206 ALLEGORIA DELLA DIVINA COMMEDIA.
dal male e raggiungere il bene, dovea necessariamente raochiu-
dere egli solo gì* insegnamenti per la condotta pratica della
vita; ed è appunto nel suo nuovo codice di sana morale, di
tesoro di regole conducenti alla perfezione dell' uomo, che ci si
rivela col nuovo comento la seconda cantica del grande Poema.
Hipetiamo, conchtude il critico della Nuova Antologia, che
quest'opera ha un intendimento più morale e insegnativo che
critico; ma l'assunto è provato con molta convenienza e &g^
giustatezza, e l'Autore vi si mostra profondamente versato
nelle Opere Minori del Poeta che adopera sovente a sussidio
delle sue interpretazioni: e gli studiatori di Dante non deb-
bono trascurare alcune cose molto acutamente vedute, forse
pel prìmo, dal Pasqualigo, fra le quali ci sembra che possa
avere fondamento di verità l' ingegnoso confronto dell'epistola
dantesca ai Signori d'Italia, colla descrizione della valletta del
Purgatorio, e del sopravvenire degli angeli in Bocoorso delle
anime. (Vedi Disc. cap. 3, a pag. 223 e segg.).
LE TRE DONNE BENEDETTE (1)
(Man, Dani. Il, 64»; lY. S79J.
Galanti can. Carmine, La Beatrice è simbolo della JRtoe-
lazione. Lettera V su Dante AUghieri, al chiariss. D. Luigi
Benassuti, Ripatransone, laffei, 1875. — Lucia è simbolo della
Chiesa, Lettera VI, 1876, — La Donna Gentile è Maria,
Leu. VII, 1876.
(1) « Vi comanichereì una mia idea sulle tre donne benedette del so.
condo canto, nelle quali mi sembra aver riscontrata una maggiore analogia
colle tre belve del primo. Dico analogia in senso di antagonismo. Pres«
la lonza come simbolo della lussuria, Maria Vergine eh* è, come voi dite
la dolina gentile, risponde a auella come simbolo di purità. La Ltteia, ne^
mica di ciascun crudele , sarcnbe l' avversaria naturale del Leone superbo
e rabbioso. Beatrice si opporrebbe alla lupa, la quale simboleg^a tutto ciò
che Dante abborriva, e significherebbe la virttì d'amore: e Raohete chd
siede a lei da presso, sarebbe immagine della perseveranza e della longa-
nimità, come fu la Rachele vera nel mondo. Il passo del xx%. del Pargatorio
non contraddice a c^uesta interpretazione, e cosi si avrebbe nei due primi
canti una perfetta simmetria, della quale è cosi amico il Poeta. Non vi fo
Siù lunghe parole. Ditemi come trovate T interoretazione in dò che contiene
i nuovo, e se vai la pena di scriverla. » F. Òall'Ongaro a JV. Tommaseo,
11 Marzo 1813.
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LR TBB DONNB BBNBDBTTB. 207
>pra Ogni altro essere della natura, andò fornita
ft attitudine a simboleggiare la Rivelazione. Se
kvesse sentito il bisogno o gli fosse o£forta Top-
oettere in campo questo simbolo, ei lo avrebbe
ei, e lei avrebbe scelto, trattando cosi più de-
li sua Donna, in cui mise Dio tanta grazia,
esiderio. Ed a meglio raffermare il propostosi
unina ben 19 passi.
l'opinione di quelli che, in Lucia avvisano la
minante o preveniente che chiamar la si voglia,
a vincitrice d*ogni battaglia della vergine Sira-
amore devoto singolarissimo portatole, e dallo
9, e dalla sollecitudine affettuosa con che invoca
di Dio vera, affinchò accorra a soccorso dello
amico, e dalla Lucia del sogno, e dallo scanno
i candida 'Rosa, ne deduce che la Lucia del
essere che la Chiesa.
Ei Luna che non nocque al Poeta nella selva
nome di gentile, che suona nobilissima tra le
\Setto materno che, e si compiange dell' impedii
e lassù il duro giudizio divino, ei non può non
rata Maria , la regina della misericordia. — In
a Cantica ò pure espresso il concetto che Maria
peccatori e che però non fu estranea alla sua
Dal grembo di lei scendono con spade infocate
iti, a guardia dei giusti, insidiati dal serpente
*e. Ed anche in cielo, per veder Cristo, ò me-
rima lo sguardo a Maria, detta da Bernardo,
rice di grazia, chò quale a Lei non ricorre sua
volar senz* ali. 11 can. Galanti « tra le donne
e al Poema, e tra Maria Lucia e Beatrice del
una mirabile rispondenza. Là è la Donna gentile
prime parti. Lucia le seconde, e le terze Bea-
-gio più nobile è occupato da Maria, e lo scanno,
1 nobile di quello ove Beatrice si asside. . . . Oltre
> rispondenza, e forse più bella, se ne può scor-
ie tenuto da Dante nelle parti affidate alle tre
), e Tordine che comunemente suol tenere Iddio
a coscienza i peccatori. La misericordia di Dio
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208 LB TBB DONNE BBNBDBTTB.
si vale della Chiesa, o dei suoi ministri» e la Chiesa delle ve-
rità rivelate, colle quali essa illumina la ragione dei peccatori,
e si studia di muoyerne la volontà. Non è altro l'ordine con*
cepito da Dante, dove si conceda che la Donna gentile è Maria.
Ecco : Maria ( personificazione della misericordia di Dio , da
cui deriva ogni grazia), mossa a pietà di Dante (simiholo del
peccatore) chiama e manda Lucia (simbolo della Chiesa, o dei
suoi ministri); Lucia manda Beatrice (la rivelazione), e Bea-
trice corife a Virgilio (la ragione), e gli dice ciò che è da fare
per salvar Dante, cioè che deve indurìo al viaggio pei tre
regni , o in altri termini alla considerazione seria e profonda
dei gastighì riserbati nella vita futura ai peccatori e alla con*
siderazione de' premi riserbati ai giusti. »•
Baldacchini Savbrio, La Beatrice di Dante. Baldacchini,
Prose, II, 105 e seg.
. L'Hegel, fra le altre figure dantesche, celebra quella sua
Beatrice, posta con tanto fine accoi^mento a spaziare tra' campi
dell'allegoria propriamente dettra e quelli della realtà. Come
noi, crediamo che l' Hegel avrebbe creduto che quella Beatrice
dantesca è snaturata del pari e da quelli che come tutta reale
la considerano, e da quelli che incompiutamente ne conside-
rano il 'solo lato allegorico. La sola Beatrice, reale ed ideale ad
un tempo, come l' Hegel riconosce co' nostri, adegua quel concetto
grandissimo, e sintetica e dialettica è ad un tempo. L' allegt>ria
della selva e delle fiere e del veltro è il dramma umano; la
allegoria di Beatrice è l'epopea divina di quel dramma: il
contingente è nell'una, l'eterno nell'altra. Considerando la
selva e le fiere ed il veltro, tutto intomo a Dante è vario, è
incomposto, ed un continuo conflitto ed un incrudelire di tu-
multuose passioni. Considerando invece la patrizia Beatrice
Portinari, trasfigurata e trasumanata da Dante, tutto intorno a
lei diventa unità, ordine, conciliazione de' contrari ed armonia
di soavissimi afietti. La prima allegoria si riscontra col libro
di Monarchia; l'altra co' libri di Vita Nuova e del Coavito.
Ma non è la Vita Nuova e il Convito che illustrano la Bea-
trice della Divina Commedia, come alcuni erroneamente si
pensano: per l'opposto la Beatrice del poema spiega la Bea-
trice della Vita Nuova e del Convito. L'essere intero della
Beatrice non è altrove che nel poema. E di lei si compiacciono
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LE TRE DONNE BENEDETTE. 209
o la verità deUa sintesi ; deiraltra, che imper-
riace ne' due Kbri sopraddetti, si compiacciono
ai separati fenomeni si arrestano, ed anzi che
70no. Per qaanto spontanea e gentile ed inge-
nna forma di bellezza, che ne apparisce nei
ni, apparisce nella Vita Nuova Beatrice. Per
a^ve e severa può apparire la Scienza nell'età
lessione, Beatrice ci apparisce nel Convito. Ma
i ogni opposizione tra le due Beatrici : e questa
osi, ci & dair Olimpo omerico salire air alto
e, ch'ò liperuranio di Platone. Mediatrice ella
ed implorata in mezzo al poema si manifesta :
ite, nel Purgatorio, dove la speranza si con-
no, ella si mostra per aiutare il poeta a salire
lore, presentito da Platone, trova con Beatrice
sede nella donna. Questo amore, che diventa
ontemplazione del divino e delle cose invisibili
) sole rendono ragione delle visibili e contin-
un altissimo significato con Dante ; e generò i
ostra poesia, eh' è la poesia dell'età moderne,
*e nazioni si hanno da inchinare, se ristorar vo-
laria vita del concetto poetico. Non ha ad essere
ttazione de' sensi la vera poesia ; ma innalzare
» le condizioni della realtà presente. Il culto
lale è in Dante e da lui è trasfuso ne' nostri,
ime e profonde nostre credenze, e di gran lunga
al culto che le offrono le altre letterature o ger-
iche o iberiche: le quali muliebri giustamente
dominate, intanto che la nostra poesia e lano-
,, esaltando la donna con la nuova Eva, con-
a loro virilità.
Giuseppe , La Beatrice , delV Alighieri nel tipo
tisHco. Roma, Tip. delle scienze naturali, 1873,
, Dicembre, 1872, 415-20.
8 di Cristo, rinnovellando la femiglia e l'intera
, rinnovellò ancor 1' arte, che da quindi innanzi
10 spiritualismo e d'una grazia che mai la più
iica. Il tipo ideale sul quale Dante foggiò la sua
fu la donna greco-romana, ma la donna del
14
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210 LB TRE DONNE BBNBDBTTB.
Vangelo ; dal torrente di luce e di virtii che circonda la Verone
di Nazaret, trasse i raggi per cinger la fronte della bella e sven-
turata fiorentina, che di lei fu tenera devota e imitatrice.
Franciosi Giovanni, Beatrice e r anima del Poeta nelle ascen-
sioni del pensiero e delT affetto, — Scritti Danteschi, 301-336.
« Nella Beatrice dantesca tutti cercarono , o la beUisuma
figlia di Folco Portinari, o il severo concetto del filosofo; ma
io vi cerco con la visione intima dell'artista, quella gentile
creatura d* intelletto e d*amore, che del mondo &ntastico del-
FAlighieri è vita, specchio e sorriso. In lei sola, seguita nelle
varie forme del pensiero e delF affetto immaginoso, io veg^o
rinnovellati di purissimo lume i subiti rapimenti, i dolori fé--
condi, le afiannose gioie e il sospiro potente dell' anima crea-
tince. Ella non è, come la Venere di Lucrezio, fugace parvenza,
che sveglia improvviso le allegrezze del giorno e dilegua ; ma
quasi nettare che invisibile stilla, armonia difihsa, perenne,
luce schietta e veloce, che d*ogni parte del Poema aacro
inonda, ferve e s'avviva. Se non che, la Beatrice dei cieli è
ancora, sebbene trasfigurata dall'estro animoso, la Beatrice della
terra; ond' io prima toccherò di questa, poi mi sia dato di av-
visare la seconda beUessa, che in lei si cela. »
Grion Giusto, La Lucia di Dante. Verona, Franchini, 1871.
(Nelle Nozze D'Ancona Nissim).
Una leggenda trovata nel convento di Gradi, presso Viterbo,
certo non ignota a Dante , ci apprende come un frate .Cister-
ciense, vedesse in estasi l' Orazione che muove la Chiesa a pre*
gare la Vergine, d'onde il poeta trasse il suo concetto delle
tre donne benedette. — La donna Gentile, la Maria dell'Ora-*
zione cristiana, il nome del bel fiore che ei sempre invocava;
Beatrice, la gloriosa donna della sua mente, la scienza divina,
anzi la Divinità, Tento causa dell'esistente: — Maria, la divina
clemenza che si compiange; Lucia, la divina misericordia ne*
mica di crudeltà; e Beatrice, la pietà divina, che soccorre al
pianto umano. Iddio, mosso da Lucia, è mosso da so stesso.
Lucia rappresenta un tributo di Dio. Ora, dimanda il Grion, per-
chè questa personificazione, questo attributo porta il nome di
Lucia? La storia della B. Lucia del Monastero di S. Cristina
di Bologna gli dà la chiave. In essa, che invocata trasporta il
suo fedele assonnato, riconosce la Lucia di Dante. Anch' egli,
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LE TRB DONNE BENEDETTE. 211
I dopo la sfortunata impresa di Monte Accenico nel Marzo 1303,
recatosi a Bologna, al sepolcro di lei, sdegnato, si libera total-
mente dalla compagnia matta e scempia ; se la stacca dal cuore,
dopo essersela levata d'attorno. Riconoscente dell' ispirazione,
più tardi confonderà, quasi, Lucia Bolognese con la sua Bea-
trice Firentina , con la Maiia di Nazaret , fiore mistico di tutti
i cattolici romani, di una donna formandone tre, e per tre donne
ioteodendo ad una, alla gloriosa donna del suo Virgilio, che il
confortò nella settimana santa del 1301, quando il religiosissimo
priore, per aver salvato con ufficio non commesso la vita di
un fanciullo, era divenuto — al dir delle Cianghelle e dei Lapi
Saltarelli — un ateo. Del quale si prendono cura in cielo la
Beata Vergine Maria, alla porta del Purgatorio la Beata Lucia
di Stifonte, al limbo dell* Inferno la Beatrice speculazione fio-
rentina, perch*egli che, incorso nella scomunica minore, non
può salire difilato il colle della fede, dal quale chiaro si veg-
gono le proprie e le altrui creazioni, colla mente sospesa
tra 1 credere e U sapere, giunga alla fede mediante la scienza,
e possa dire in luogo di so di credere: credo di sapere.
FoRNAcciARi PROF. RAFFAELLO, Sul Significato allegorico della
Lucia di Dante AlUghierij Discorso letto alla R, Accademia
Lucchese, la sera del 30 Giugno 1871. Lucca, Giusti, 1873.
Ei si ripromette che dalla nuova sua interpretazione il di-
segno dantesco si avvantaggi di ampiezza e di simmetria, ed offra
più argomenti di credibilità. Lucia, come pensa molto acuta-
mente il Ruth, è il secondo grande attributo della divinità, la
giustizia di Dio, queir attributo, per cui egli governa le ope-
razioni tutte degli esseri liberi, punendo e premiando. E cosi
è chiaro perchè Maria chieda di Lucia, e perchè Dante ne abbia
bisogno. E che Lucia nella mente di Dante simboleggi la Giu-
stizia, e però un attributo che stia in certa opposizione da
quello rappresentato da Maria, ei lo prova non solo, come
direbbero le scuole, a priori, ma da altri argomenti positivi,
e a mio avviso, assai stringenti, tolti segnatamente dal C. ix
del Purgatorio (1). — Lucia sta sopra Virgilio come Maria
(1) L'argomento preso dal C. ix del Purg. ei lo dice necessario e ine-
apugnabUe e risplendente di evidenza matematica, ^alora si voglia tenere
da s^ono la regola di spiegare Dante con Dante. Dichiarazioni ed Esempi
in Appendice ai Disegno Storico della Letter. Ital. p. 17.
y Google
212 LE TRE DONNE BENEDETTE.
sopra Beatrice. Il simbolo più nobile della vita contem
tiva comanda al simbolo più nobile della vita attiva (qt
chiese Lucia in suo dimando). Questo poi, per effetta^
comandamenti di quello, si rivolge a Beatrice, secondo bìis
della vita contemplativa; il quale alla sua volta coniane
Virgilio secondo simbolo della vita attiva. Onde il procedlm
ò uguale tanto nel grado superiore come in quello infer
perchè la vita attiva è subordinata alla contemplativa, (
la filosofia e V impero alla teologia e alla Chiesa, benché s
anch' essi neir ordine loro santi e perfetti, e debbano rìnas
distinti e intatti affinchè si conservi la giustizia nel m
(Sì si -conserva il seme d* ogni giusto. Purg. xxxii).
VIRGILIO
SECONDO LE CREDENZE DEL MEDIO EVO
CV. Uan. Dani. U, 69S; IV. 283J.
CoMPARETTi Domenico, Il Virgilio nel Medio evo, 2.
in 8^ p. XIII, 313-310, Livorno, Vigo, 1872.
A questa nuova edizione, veramente splendida, aggi un
pregio tutti i principali documenti medievali, relativi al
gilio della tradizione popolare, che il Comparetti accolsi
secondo volume. — Il lodatissirao lavoro del Comparetti \
voltato in tedesco da H. Dutshke, Lipsia, 1875. — Casteli
Gazzetta d'Italia, 15 Nov. 1872, n. 320.; Riv. Europea, 1
m; r/i. d« l^i/mai^re, Polybiblion, 1873,Febr.; Scartazsini
Virgil. in Mittelarter, AUgemeine Zeitung, 1873, n. 217-18 ;
Jacob. Joh., Die Bedeutung der Fuhrer Dante* s in
Divina Commedia : Yirgil, BeatiHx, St, Bemìiard, in B
auf den idealen Zweck des Gedichtes und auf Grund
geisUgen Lcbensentwichelung des Dichters, — Il senso alleg(
delle guide di Dante nella Divina Commedia, Virgilio,
trice, S. Bernardo in rapporto allo scopo ideale del pò
Leipzig, J. C. Hinrichs, 1874, in 8'*, di p. 84.
y Google
213
IL VELTRO (1)
(V. Man. IkMt. n, S44, 199; IV. Uet).
Giuseppe, Di una Allegoria della Divina Coni'
ìpiegazione di questa Allegoria in due contenti
pubblicati. Il Progresso di Napoli, Nov. e Dee.
vede Nicolao di Trevigi, promotor di pace, ri-
jsi, il probo e santo Benedetto XI.
RICO, Intorno al Veltro allegorico di Dante ^
(1857). Filosofia e Diritto, Discorsi varii, Na-
87.
ntro i difensori dello Scaligero e contro i di-
giolano che né V uno nò Taltro potrebbe essere
ìè una delle condizioni di esso si è il cacciar
ni villa, rimettendola nelf Inferno là onde in-
oartita. Il che equivale a bandirla dal mondo
terla fuori dal consorzio sociale. E un tale uffi-
L confini angusti delle città italiane, non potrebbe
3 appartenere ad Uguccione , né a Cane della
uanti altri si trovassero nelle loro condizioni.
l Poeta non altro Veltro avrebbe potuto rappre-
un Pontefice futuro, di nazione latina, che sai-
i dair imperio del male, purificando la Chiesa
mondani, ed il Papato dalla soma del potere
Et cadere nel fango.
I Saverio, Del Veltro allegorico dei Ghibellini
3hini Prose, Napoli, Stamp. del Vaglio, 1873,
pur sempre il prode, ferito tanto gloriosamente
di Cerone, e giovane podestà di Arezzo prima
zetta di Venezia del 24 Ottobre 1870 trovo questo cenno:
ansi diede un saggio a Bologna di un nuovo suo me-
etazione della Divina Commedia; ora va a Verona a tener
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214 IL VELTRO.
del 1292; il restitutore decloro castelli ai Pisani neiranno 1314,
i quali al dire di Albertino Mussato il salutarono come JUesso
di Dìo con grande consenso degli ordini tutti della città; il
vincitore infine di Montecatini nell'Agosto dell'anno 1315. Per
la quale battaglia furono i Ghibellini cavati dal lago della mi-
seria e del fango, ed oltre i mille trecento furono 1 prigionieri
lasciati da' Guelfi, undicimila gli uccisi ; e tra questi il prìncipe
d'Eboli, fratello di Re Roberto, e Carlotto, nato dal principe di
Taranto, e i maggiori personaggi della loro parte. Uguccione
delle Faggiuola è pel Troya sempre il Veltro de' Ghibellini come
dell'Alighieri. E tale ò per noi, che tanta connessione ricono-
sciamo nella Divina Commedia e nella Eneide, per essere egli
sangue latino, e* per avere ospitato nel suo castello Felti^io
l'esule Alighieri a lui congiunto . . . Uguccione ò anche per noi
il Veltro, per avergli Dante dedicato l' Inferno prima di partire
per la Francia, secondo la lettera di Frate Ilario . . . Morto
Uguccione, quando il poeta componeva gli ultimi canti del
Pai'adiso, il nuovo Veltro, il prossimo Soccorritore non altjrì
essere poteva che quel Castr uccio Castracani, salutato qual
Veltro nel Dittamondo di Fazio degli Uberti, e collocato presso
Uguccione in quelle nobili pareti del Camposanto pisano dove
tanta parte della poesia e della storia italiana fedelmente è
ritratta.
ToDESCBiNi Giuseppe, Del Veltro Allegorico della Dicina
Commedia, e del tempo in cui furono scritti i versi 101-105
del Canto i deW Inferno che vi si riferiscono. Scritti su Dante, r,
151-169.
Combattuta V opinione del Ti^ya e di C. Balbo che pel
Veltro debbasi intendere Uguccione delle Faggiuola, potente
venturiere ghibellino de' primi anni del secolo XIV, il quale
ebbe per alcun tempo la signoria di Pisa e di Lucca, sostiene
che il Veltro allegorico non ò, nò può essere altri, che Cane
della Scala, Signor di Verona. — Mentre viveva V Imperatore
AiTÌgo VII, e percorreva la Lombardia, la Toscana, la terra di
Roma, l'Alighieri non riponeva le speranze del suo partito e
d' Italia in nessuna altra persona che in lui. ~ Morto l' Im-
peratore, nell'Agosto del 1313, ch'era stato l'oggetto de'piìi
solenni augurii e della più viva fiducia dell'Alighieri, l'animo
del poeta rimase in estremo turbamento e scompiglio. Ma dal 17
y Google
IL V8LTR0. 215
i in che accadde il fatto d*arroe ricordato nel
8Ì pel rassodato dominio, e sì pel dimostrato
veramente luminosa la riputazione di Cane della
0 dello Scaligero diflìisosi di mano in mano lar-
iicatoei profondamente negli animi dei Signori e
ai dell* Alta Italia fé* sì, che quattro mesi appresso,
ell*anno ventottesimo deir età sua, venisse eletto
ale della Lega Ghibellina in Lombardia. Di qui,
come futuro salvatore d' Italia. Il Todeschini con-
squarcio del Veltro fu scritto negli anni poste-
certamente non prima del declinare di quelFanno.
F., Die chrisUich-^ermanische Wr/fanschaifung
i der Dichterfursten Wolfram von Eschenbachy
ahespeare. Miheinem, Gnus an die Landsleuta
Lothringan . . . Berlin, Gebriicher-Paetel , 1871,
Il sistema cristiano e germanico nelle opere
poeti Wolfiramo di Eschenbach, Dante e Shake-
pirito profetico dotato, nel suo Veltro divinava
Germania, Guglielmo I. Risum ieneatis amici!!
Giov. Andrea F., Il cinquecento dieci e cin»
te. La Divina Commedia, il Purgatorio, Leipzig,
joi-n.
del I canto, e sul Messo di Dio vaticinato da
>ato dair Alighieri , si è disputato variamente e
. Chi volesse riferirne le diverse opinioni, forse
non basterebbe a raccoglierle. 11 prof. Scartaz-
tsantacinque autori che ne trattarono di propo-
i piace dividere in due schiere, de' comentatori
1 1826 in che apparve il Veltro allegorico del
ìWì che vennero dipoi sino a* giorni nostri. I più
arono un liberatore venturo, personaggio inde-
ì un capitano d'esercito, forse un Imperadore,
rse soltanto un benefico influsso delle costella-
lancò chi vi scorgesse Gesù Cristo venturo al
ude, opinione però abbracciata da pochi. Dal
)i si cominciò a ravvisare nel Veltro Cangrande
ael DXV T Imperadore Arrigo VII di Lussem-
nte i comentatori videro adombrato lo Scaligero»
y Google
216 IL muno.
Unto neir uno quanto nell' altro simbolo, e questa interpret
zione ne* primi cinque lustri divenne tanto generale da i
quasi porre in oblio le altre. Accanto a queste niterprefcazio]
gli antichi conoscevano altre opinioni: chi diceva il TeAro
il DXV essere l'Anticristo, chi un Papa santo, chi uno str
niero oriundo della Tartaria, ma esse non acquistarono credìi
Venne dipoi, come la chiama lo Scartazzini, la selva oscu\
delle interpretazioni moderne, e ne prende a disamina •
sedici, ed acutamente le combatte. Ei ritiene che si il \eU
che il Dux altri non sia che Gangrande, che dopo la moi
di Enrico VII, come vicario imperiale, era rappresentante de]
autorità e potenza imperiale in Italia.
PiccHiONi L., La Lupa della Divina Commedia. Il Propi
gnatore di Bologna, a. vi, Disp. I, 1873, p. 5-21.
LA MATELDA (1)
(V- Man, Dani. II. $48; IV, SSSJ.
Castani Michblanoelo, Matelda nella divina foresta, Ec
zione 11^, Roma, Salviucci, 1875.
LMllustre patrizio, nella Matelda dantesca, vi riconosce
B. Matilde, progenitrice della stirpe imperiale Sassone, mog
di Arrigo V Uccellatore, madre di Ottone il Grande, mor
Tanno 968, attiva come madre d* imperatori , contemplati
come santa , opinione propugnata dall* amico suo aw. Gaeta
(1) La Matelda del Paradiao terrestre la quale canta e insegna, al
non ò che un compimento di Virgilio, cioè la rappresentante della cristia
filosofia e poesia, la quale regge la vita attiva ma solo per condurre vei
la scienza della vita contemplativa, cioè verso Beatrice. Dante la tre
soltanto dopo che si è parificato delle macchie contratte, e tosto che
vede si abbandona a lei, senza pero perdere ancora la compagnia di y
g[iUo. Cosi dunque Matelda (il cui nome può , secondo V uso di quell* e
significare scienza e che è la celebre Contessa, modello delle, principe
giuste e benefiche), sarebbe la scienza sovrana della vita attiva, ossia
Filosofia perfetta e cristiana; l'uso amoroso di sapienza del Convito;
antesignana e sorella della teologia; e quella che regolando tutta la v
politica deve essere scorta al buono imperatore romano. Le quali cose ]
trebberò confermarsi con molti passi della Divina Commedia e delle op<
minori dell'Alighieri, come forse mostrerò un giorno. Raffaello Fotm
eiari, Dichiarazioni ed Esempi in appendice al Disegno storico della \et
ratura italiana, 45.
y Google
LA M&TBLOA. 217
Banì (1) {Album di Roma, a. xxv, disp. 31), e fieramente
aitata dal Betti (Giom, Arcad. vi, 1858). — V. Aieune
? Dantesche di Gaetano Trevisani a Michelangelo Cae-
La Rivista Europea, 1 Aprile, 1875.
RANCiosi Giovanni, La Malelda Dantesca. Giov. Fioren*
Ott. e Nov. 1866.
La Matelda dantesca ò vivo ritratto, checché altri ne
della Grancontessa, amore d*ogni anima gentile e studio
li mente innamorata del vero e del bello : di lei, che alla
ezza politica e al gueiTesco ardimento seppe congiungere
uisito senso deli* arte e la delicata umiltà de* pensieri e
aflfetti — Dante, nato del paese dell^arte e della gentilezza,
di quella donna il mirabile studio del bello e l'umile ac-
[nento del cuore: Dante, cittadino e ramingo, ne amò la
sa larghezza e la principesca munificenza: Dante, cantore
rettitudine, ne amò V ardente afietto della giustizia e la
nte operazione del bene ... Non è dunque a meravigliare,
questa donna ei fece uno de' più alti simboli della Di-
Commedia, io vo' dire il simbolo deir amore perfetto . . .
Orio VII giudicato da Dante, Scritti danteschi, 9-12, —
Ida o r amore perfetto, L' umana famiglia nella sua sto-
J. 109.
BBGBR WiLH., Dante* s Matelda. Miinchen, K. Akademie,
(Aus den Sitzungsberichten der philos, histor. Classe der
lemie der Wialenschaften, 1873).
I* autore vuole che la Matelda di Dante sia suora Matilde
[agdeburgo morta nel 1310, nella cui opera vi hanno dei
i che si pareggiano in modo proprio sorprendente colla
i) A una lettera del Trevisani, Michelangelo Caetani, quando egli
B ancora rallegrarsi del lume dpgli occhi , tì apponeva di proprio
> la seguente ricordevole postilla biografica : « Gaetano Trevisani,
rato napoletano, dotto letterato, amico e discepolo amantissimo di Carlo
i, essendo infermo, e avendo da pochi giorni avuto un primo tìglio
sua giovine sposa (Signora Enrichetta Lahonia figlia del barone di
ana e ùx Boccnigliano), venne improvvisamente, senza veruna sua
, aggredito in casa dagli sgherri borbonici e condotto in esìglio ad
ino, ove in due giorni si mori d' infermità e di crepacuore, sul finire
inno 1859. Ma quelli
che fér centra lui
Non hanno riso; però mal camina,
Chi si fa danno del ben fare altrui.
slangelo Caetani, Roma, 1839.
y Google
218 LA HATBLDA.
Divina Commedia. Il Preger, scrivevami F egregio mio amico
prof. Scartazzini, non mi ha potuto persuadere; ma confesso
però che i suoi argomenti sono molto gravi, ed il suo lavox*o
ò degno di esser preso in esame.
NoTTER F., Eoscurs uber Mathilde, Nella sua traduz. della
Divina Commedia, Stuttgart, Neff, drnck Miiller, 1872, ir,
369-370.
Propugna l'opinione del Gj^chel, accettata dal Picchioni,
e in parte anche dal Witte, che nella donna soletta vuole raf-
figurata la donna gentile della Vita Nuova e del Convito^ la
quale più di tutte, a giudizio del prof. Scartazzini, si avvicina
al vero.
ScART AZZINI Giov. Andrba, La Matelda di Dante^ JHgres^
sione sopra i canti xxviii e seg. del Purgatorio. La Divina
Commedia, il Purgatorio, Leipzig, Brockhaus, 1875, p. 595-617.
È un^accuratissìma monografìa, di oltre ben 20 fitte pagine,
che abbraccia quanto fu scritto sulla Matelda Dantesca. Il prof.
Scartazzìni, ne riporta le diverse opinioni si sul significato
letterale e si sulf allegorico: ciascuna, a sua volta, gli viene
innanzi, ed egli, conoscitore profondo, le es||piina, le giudica.
Non nella storia generale, non nel castello di Canossa, non
nel palazzo del re Enrico I, non nei conventi deUa Germania,
non nelle leggende dei santi e delle sante, non nel secolo X
e XI ; ma a Firenze, sulla fine del sec. XIII. e nella Vita Nuova
bisogna iarne ricerca. « Dite , conclude egli , che la Matelda
nella divina foresta è poeticamente la gentil donna che fu mesi
ed anni schermo alFamore di Dante, — dite che allegoricamente
ella figura il ministerio ecclesiastico; e la donna soletta non
ò più un personaggio misterioso, essa è la Matelda svelata.
ALTRI SIMBOLI
DELLA DIVINA COMMEDIA
(V. JVan. Decnt. tV. n\).
BasHani ab. prof. Sante , Dante Alighieri nel Pianeta di
Marte e V Apoteosi della Croce Bianca in Campo Rosso, II*
edizione. Napoli, Grande Tipogr., Piazza del Municipio, 1873.
y Google
ALTRI SIMBOLI DBLLik DIVINA COMMEDIA. 219
Sarà materia, ei dice di una prima parte lo scudo del-
l' Impero, di una seconda Tapparizione di Gacciaguida. In quella
rìcoQOsceremo per la prima volta come grande ornamento delle
tre Cantiche la Croce Bianca in campo rosso. Vedremo con
esse insieme velate di poetica allegorìa le tre più tristi epoche
della travagliata vita dell'Alighieri, cioè: il primo passo poli-
tico per rientrare dal recente esiglio in patria coir, opera di
un Ticario d' Impero, o Veltro ; la speranza tanto viva quanto
ben augpirata dal cielo, di esservi dal Settimo Arrigo resti-
tuito : la rassegnazione cristiana a morire onorato in bando
dopo r ultima conferma della prima condanna. Nel colloquio
col trisavo vedremo la protesta in nome della nobiltà dome-
stica e personale, da cui non fu degenere mai, e la giustizia,
ch'egli riprometteasi di conseguire pienissima nel volgere dei
tempi. — Nelle memorie alla perfine , che si annodano stori-
camente e aUo Scudo dell* Impero e al Personaggio deir appa-
rizione, vedremo ad una la ferma aspettazione d' un necessario
trionfo, sebben contrastato, di quel nazionale concetto, che egli
seguiva col pensiero di una fede invitta di generazione in ge-
nerazione sulle vie ^eir umano progresso. In quella lontananza
ci parrà un profeta, che avea ben ragione di dirci, « che^ molte
cose qtuisi come sognando già vedea, »
L* Aquila della Vittoria e- del diritto nella Divina
Commedia, Napoli, Vico, 1874. — Estratto dair Aracne.
Il Bastiani, riepilogando il suo discorso, e le sparse (ila
raccogliendo a una sintesi , conchiude : « 1 .® che venne meno
air Impero la sua giurisdizione per Toccupazione delie Romagne,
£itta dalla Curia; per lo mercato delle imperiali prerogative
che si fece pei vicarii mandati di Germania; pel costituirsi,
che fecero i nominati di grandi nostre schiatte, delle partico-
lari signorie; per T inframmettenza od abusivo vicariato che
usurparono d' accordo la Curia e la casa d'Angiò. 2.° — Che in
tutto ciò fu violazione di quel giure divino, che la Vittoria di
cui parla Giustiniano, conquistò nel mondo al santo nome di
Roma, e di cui è custode V Imperatore. — Qual rimedio rimane
al politico male? Giustiniano con un osanna supplica al Dio
d^Ii eserciti, al Dio della vittoria, onde venne il diiitto ai
regni della terra. »
Della storia delle due Aquile a spiegare alcune al-*
y Google
220 ALTRI SIMBOLI DELLA DIVINA OOBfMEDIA.
kgorie della Divina Commedia, Napoli, Vico, 1874. (Estratti
dall'Aracne).
Il Bastiani chiude il suo discorso con queste parole : e L'A-
lighieri a fugare, a suoi tempi, il sinistro augello dell' Aqnih
rossa, esalta e richiama la imperiale dal cielo, a cui volò in-
trisa i vanni del sangue di Corradino innocente: ritorni i
vendicare l'adulterio d* ogni santa cosa e T oltraggio inferito a
laicato e sopra tutto alla nazione italiana. L'Aquila della vit-
toria ritorni a vincere!
ILLUSTRAZIONI DI CODICI
(V. Man. Dam. IV, 295J.
Catania. — Ca/pci Giovanni, Cassinese, Illustrazione d
un Dante del secolo XY. Nel giornale Gioenio di Catania, 1852
T. VII, bim. II, e T. viii, bim. l
Firenze. — Palermo Francesco, Il Codice (Palatino) clxxj
(Paradiso), riconfermato autografo del Petrarca, Appendice
al Voi. u, Firenze, Cellini. — V. Carducci, Studi Letterari, p. 350.
Monreale. — Salom^one-Marino Salvatore, Di un codia
membraneceo inedito della Divina Commedia, appartenente
alla Biblioteca di S. Maria Nuova di Monreale (già dei P. P.
Benedettini), Lettera alT illustre prof. G, B. Giuliani; Con fac
simile, e riproduzione di alcuni brani del Codice. — Nuove
Effemeridi Siciliane, 1876, Serie iii, v. vili.
« È un bel codice membranaceo, ottimamente conservato, di
n. 109 membrane non numerate: l'altezza delle membrane è
di cent. 27 1/2 e in ciascuna colonna si contengono 33 versi.
La prima lettera del primo verso di ciascuna delle tre canti-
che è ad oro, con disegni a miniature, semplici ma eleganti:
la prima lettera del primo verso d'ogni terzina è maiuscola,
mentre sono minuscole quelle degli altri versi , e de' nomi
propri che occorrono per entro il testo: queste lettere maiu-
scole Sino costantemente una a inchiostro rosso ed una in
nero. La prima lettera del primo verso d'ogni canto è fatta
ben grande, e quasi costantemente s'alternano una lettera rossa
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ILLrSTRAZIONI DI CODICI. 221
}olla prima membrana, colonna 1.", comincia:
clarissitni Comoedia — prima inferni incipit
la membrana 37, col. 2.", finisce V Inferno con
frsi, e dopo altri 13 righi vuoti, al 14 si legge:
clarissitni comoedia secunda purgatorii tnci^
Col principio della membrana 74 al 1 .® rigo,
eia il Paradiso : alla fine della col. 2.* della mem-
0 si legge al solito: Dantis poetae clarissitni
ia paradisi incipit fe^liciier. Le lettere di questi
e in inchiostro rosso. Finisce il codice alla mem-
o, col. 1 .", contenendosi in questa gli ultimi sette
idono il poema. Leggesi nel Codice qua e là
a marginale, di carattere dell' epoca stessa, ma
*sa: queste postille sono in parte varianti del
te correzioni o note dilucidative. 11 Codice è di
ito corretta; fu trascritto certamente da un Si-
chiaro si vede da molti sicilianismi introdottivi,
dice par seguisse il trascrittore ; che il Salomone
i ci trova nò uniformità di dettato nò di grafia,
;anto e canto, ma eziandio tra terzina e terzina,
arso.
— Gallo Agostino, Sopra un codice di Dante
*alenno, Effemer. scient. e letter. per la Sicilia,
W-99.
0, del secolo XV, in carattere tondo semi-gotico:
o in Sicilia, sostituendovisi spesso Tw alPo. —
posseduto da un catanese, nel 1578 da altro,
della stessa città. Nella prima pagina ò tutto in
i arabeschi ad oro e vari colori ; le prime lettere
son dorate e miniate intorno.
— Cappi Alessandro, La Biblioteca Classense
nini. Orfanelli e Grandi, 1847. — Dante, la Di-
fia. Codice membranaceo del secolo XI Vy p. 35-39.
Carducci Giosuè, Del codice Vaticano 3199. —
ri, p. 324.
— Scarabelli Luciano^ Codice di Treviso, Esem-
ivina Commedia, Lambertini, in, xxxv-xxxvii. Co-
so. — Differenze notevoli del codice Trevigiano
no, 671-691.
y Google
222 ILLUSTRAZIONI DI CODICL
Udine. — Trivulzio Giangiacomo , Lettera in cui è de-
scritta la storia del codice Bartoliniano, con tMrie notisie sulla
Divina Commedia e sugli ultimi giorni di Dante, Udine, Mat-
tiuzzi, 1823.
ScARABELLi LUCIANO, Elenchi di Codici inediti trascritti
o per trainanti, degli inediti citati e degli editori a sostegno
o a correzione de' testi portati nel Lambertino, Esempi, della
Div. Com. Lambertini, ii, 669-712.
Ai codici inediti, citati a pag. ci del primo voi. s'aggiun-
sero i codici della Nazionale di Cagliari, della Gambalunga di
Rimini, dnlla Bertoliniana di Vicenza e di un altro codice ve-
duto dal prof. Valsecchi di Padova, e spogliato dal doti. Ago-
stino Palesa.
Del codice Landiano e del Triulziano della Divina
Commedia. Il Codice Lambertino, ni, xxxvii e seg.
STUDI SUL TESTO
Cr, Uan. Dani. IV. SM;.
Attavanti P. Paolo. — V. più sotto Federici e RaztoHni.
Baldacchini Saverio, Zani de Ferranti, Postille sulla Di-
vina Commedia, Baldacchini, Opere, Napoli, Tip. del Vaglio,
II, 301-304.
Il Baldacchini loda il molto studio e il diligente zelo che
mostra il Zani, navigando, per cosi dire, nel pelago delle le-
zioni dantesche. Però si duole che la sua parola suoni troppo
irriverente verso il testo datoci dagli Accademici ddla Crusca.
Rispettiamo, ei dice, la ragione de* singoli uomini ; ma ancor
più volentieri e* inchiniamo dove la ragione de' dotti in una
opinione medesima consente ; cosa tanto rara quaggiù. Il Zani
vale senz^alcun dubbio più di chi ora scrive di lui, ed è inu-
tile eh' e' si dica; ma, non avendo noi il testo genuino deirAIi-
ghieri, può imaginarsi chetigli ed uomo al mondo possa, senza
alti*ui ioccorso, cosi di leggieri sollevarsi all'altezza del poeta
di Beatrice? Or solo avendo la mente di Dante, e giovandosi
della mente dell'intera nazione, il che non è facile, da un
y Google
STUDI SUL TESTO. 223
nomo si può dire altrui: Quento e non altro è il concetto, e
la parola dì Dante; accoglietela riverenti!
Barlow Enrico C, Sei cento lezioni della Divina Com^
media tratte daW edizione di Napoli del M.CCCCLXXVII
confrontate colle corrispondenti lezioni delle prime qtiattro
edizioni. Londra, Williams e Norgate, 1875. Dai torchi di E.
J. Francis tipografo dell'Ateneo, (di pag. 54). — Porta in fronte
la dedica: — Al più, dotto — E il piti divoto Dantofilo italia»
no — Il comendatore Luciano Scarabelli — In segno di prO"
fondo rispetto e di somma stima — Questa opera dedica —
L'Autore.
Delle prime quattro edizioni della Divina Commedia, cioè
di quelle di Foligno, di Jesi, di Mantova, non che della na-
poUtana di Sesto Rossinger, divenute estremamente rare, nel
1858, ne diede la ristampa il benemerito dantofilo inglese
G. G. Warren lord Vernon. La cura intelligente che vi pose
intomo il peritissimo bibliofilo cav. A. Panizzi fu tale che riuscì
di un*accuratezza sorprendente, e, come dice, il Barlow, un
vero miracolò (Man. Dant. n, 756). Ma della stampa pur rara
e ricercatissima di Matteo Moravo (Napoli, 1477), si lodata
dal dotto bibliofilo dott. Dibdin non se n' è fatta riproduzione
alcuna. Di essa v'hanno due esemplari a Napoli, uno nella Bi-
blioteca Nazionale, l'altro, e il più bello, nella Biblioteca della
Università. Al Barlow, trovandosi a Napoli nell' inverno 1870-71
venne in pensiero di dame la ristampa ; ma un attento esame ben
presto lo fece accorto che benché per la bellezza de' tipi questa
edizione meriti gran lode, nondimeno è tanto ripiena d' errori,
di lettere a rovescio , di versi trasposti , e d' altri sbagli che
l'impresa sarebbe multata più tosto una curiosità bibliografica
che uo* opera utile agli studiosi di Dante. Onde gli fu forza
cangiar avviso, e si limitò a darci alcune centinaia di lezioni,
colle comspondenti delle altre quattro ediziohi.
Barlow Bbs. Glabe, Criticai, and philosopkical Contribu-
tions. Supplement. London, Williams and Norgate, 1865.
Bkrnardi Iacopo, Varianti della Divina Commedia tolte
da un Codice da lui posseduto.
Usciranno entro Tanno a Milano, coi tipi dell'Agnelli.
Intanto mi tengo ad onore di pubblicare la lettera che verrà
prepoeta dell'ottimo amico mio.
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224 STUDI SUL TESTO.
A Jacopo Ferrazzi
Amatissimo mio
Sciolgo di lieto animo una promessa. Da lunghi anni con
pazientissima cura, mi accinsi a collazionare con parecchie
delle moderne piii accreditate edizioni della Dinna Commedia
una mia antichissima che possedo (l). Appartiene sicuramente!
al secolo XV, ma priva delle due ultime pagine manca dei ri*
scontri necessari ad accertarne V epoca e il luogo di sua pub-
blicazione. É in foglio, ornata di tre grandi incisioni, una cioè
al principio di ciascuna cantica, e qua e là sparsamente al
cominciamento di questo o quel canto, a foggia di miniature,
assai quadrettini incisi di singolarissime rappresentazioni giusta
gli argomenti dei canti stessi, cui sono preposti. Ha il cemento
di Cristoforo Landino, per cui dev' essere compresa nel novero
di quelle che si fecero della Divina Commedia col comento di
lui nel decimo quinto secolo. Dieci sono ì fogli non numerati
che precedono la cantica deirinferno pregni di schiarimenti
sulla vita del sommo scrittore, sull'epoca sua, sui personaggi
in essa ricordati, su contemporanei più illustri per dottrina,
per eloquenza, nella musica, nella pittura e scultura, nel diritto
civile e nella mercatura. Poscia nel mezzo del bianco foglio,
nel cui rovescio sta V incisione che rappresenta il poeta nella
selva oscura con le fiere e Virgilio che gli appare, leggesi
Danthb Aleghieri Fiorentino.
Qui comincia la numerazione dei fogli segnati da una parte
solamente, che sommano a ccxcix. L'ortografia, cosi del testo
come del comento, nei nessi e nella unione delle parole ritiene
delle condizioni del tempo, il carattere però ò romano, e si
legge con facilità. Spesso ho dovuto accorgermi che il Lan-
dino, comentando, ebbe sottocchio un testo diverso da quello
eh' è dato dalla edizione , di cui discorro, e che mi valse a
quelle varianti, di che ora, circa la cantica delio Inferno, mi
(1) Ebbi sott'occhio massimamente quella fatU dal Pasnj^U ia Firens?
noi 18^17, col comento del Lombardi, e tenni conio delle varianti frequen-
tissime che pougonsi nelle note.
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STUDI SyL TESTO. f26
modo intrattener te, o.carìssimo amico mio,
del divino poeta, pubblicasti nella tua Enei-
i le moderne opere più classiche ed utili che
3, anzi oserei dire la prima per chiunque bra-
i bibliografia e critica dantesca,
i questo mio lavoro fa dato nel 1862 in una
ita al valentissimo chimico e letterato Fran-
i , che stampavaai in appendice alla Gazzetta
ritalia, numero 288, e porgeva le varianti al
e il pietosissimo caso di Francesca da Rimini,
nto nostro Filippo Scolari stampava nuova-
in capo ad un volume erudito e prezioso che
Proposta e saggio per una edizione al testo
mmedia, cui dovremo pur giungere, affinchè
glio che non valse TAIdina, raffiizzonata come
bo, a norma più o meno di quasi tutte Tedi-
3ro sino ai di nostri. Nella aspettazione per-
avvenimento letterario, che non sarà poi cosi
rsi, ommesso il Canto accennato, e in forma
rendo voluto in quello mostrare fin nelle cose
lodo che mi parrebbe opportuno da tenersi in
i esemplare edizione, verrò esponendoti ciò
di più segnalato, e io lascio alle tue medita-
de* nostri dotti e infaticabili amici, che con-
re dello svegliato ingegno e degli anni, come
ivia le veglie e ciò che rimane della loro ono-
rilo stttéio ed alla interpretazione degli scritti
IO fra gli italiani, di questa ragione civilizza-
erna società. E senza più, procedendo canto
uell'ordine maggiore che per me sarà possibile,
E tu?
Si quid novisti rectius istis
idas imperii: si non, bis utero mecam.
ONATO, In replica ad alcune osservazioni fatte
orrezioni proposte al Testo della Divina Com-
e. Nelle sue Prose edite ed inedite, Firenze,
5.
NCENZO, Varie Lezioni cavate da antichi codici
15
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226 STUDI SUL TESTO.
della Divina Commedia, con osserr>a9Ìoni sulla loro bontà
scelta. Studi sulla Divina Commedia. Firenze, Le Moonier, 185
p. 269-287.
Riscontro e scelta delle Varianti di sette mss. del
Divina Commedia, Id. 321-361.
€ Il dover vuole che agli scrittori sia mantenuta la lingi
tale e quale ella ò. » Con questo principio di sana crìtica,
Borghini pose le sue cure amorevoli sul testo della Divina Coi
media. Il Gigli trovò che sopra cinque codici avea egli notf
vari errori, o miglioramenti di lezione: e, per lo studio ci
ne fece, veduto che molte cose importanti vi si contenevan
stimò degno renderle di pubblica ragione.
Bozzo Giuseppe, Considerazioni sopra alcune Varianti del
Divina Commedia nel testo pubblicato dal chiaris, sig, Car
Witie. Il Propugnatore, a. v,DÌ8p. 3, Maggio-Giugno, 1872, p. 38
Legge con la Nidobeatina : Raphegi mai amech isabi alni
al V. Ili del C. xxxiu deir Inferno : Tanto che data v'è VulHn
posta, vuole, coirOttimo , si ponga una virgola dopo il tank
sostiene la lezione ahi quanto a dir (Inf. x, 3) in luogo di i
quanto a dir , e la francheggia coi sette seg. versi di Dant<
Ab quanto mi parea (Inf. ix, 88): — Ahi quanto cauti (Inf. xvi
116): — Ahi Costantin (Inf. xix, 115): — Ahi dura terra (h
xxxiii, 66): — Ahi Pisa vitupero delle genti (Inf. xxxiu, 79): -
Ahi Genovesi, uomini diversi (Inf. xxxiii, 151 ): — Ahi ser
Italia (Purg. vi, 76). — E legge cogli Accademici : E tre di
chiamai (Inf. xxxiii, 74).
De Puppì Raimondo, Varianti sulla Divina Commedia <
Dante Alighieri del codice Clarecini in confronto del BarU
liniano. Padova, Cartalier, 1839. — Per Nozze Cittadella-P
pafava dei Carraresi.
Fanpani Pietro, Studj ed osservazioni sopra il Testo dei
opere di Dante. Firenze, Tipografia cooperativa, 1874.
Ecco quanto ne scriveva al Fan&ni il valentissimo prc
Grosso : Ho letto, riletto, studiato il libro che Ella ha composi
di Studj ed Osservazioni sopra il. testo di Dante, e se fòsse mi
ufficio d'insegnare lettentura italiana, potrei e vorrei ree
tarlo tutto dalla cattedra. Perchè tutto mi sembra non pui
©legantemente ed efficacemente scritto, come appena saprei
bero fare pochissimi ma dirittamente ragionato. — Letier
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STUDI SUL TESTO. 227
filologica alTJUuslris. Sig, Pietro Fanfani, Il nuovo Istitutore
di Salerno 18 Maggio 1874. — V. Lettera di Gaetano Zotese
a prof. Grosso, 11 Baretti, 1874, p. ^0; V. Cesare Val. Ber-
locchi, il Propugnatore, 1874, p. 279-85.
Osservazioni critiche sopra le Varianti proposte dal
Sig.-Zani, Studi ed Osservazioni^ p. 141-162.
Il libro del sig. Zani ha molte buone parti, e non poche
rli quelle Yarie Lezioni son proprio belle, e sono ingegnosa-
mente dichiarate e difese. Assai cose per altro sembrano al
Fanfani contrarie alla diritta critica ; ed alcune di queste gli
piace di notare, acciocché non prenda luogo Terrore appresso
f^r inesperti. E gli è avviso che per queste sue note nessuno
possa prendere in mal concetto il libro, sol che pensi quanto
è sottile e lubrica la materia che vi si tratta, e quante sono
dair altra parte le cose veramente buone eh* esso contiene.
Come si potrebbe fare una edizione veramente critica
della Divina Commedia, Dialogo. Studj ed Osserva2doni, 3*18.
Io la prego, scriveva il valentissimo prof. Grosso al Fanfani,
a por mano bìH^ edizione veramente critica del poema sacro,
^be Ella ha disegnato maestrevolmente nel dialogo con cui ha
principio il preziosissimo suo volume. Delle rare qualità enu-
merate da Lei come necessarie alla grande impresa, io non
veggo quale a lei manchi. Deponga per ora il pensiero d*ogni
altro lavoro ; o almeno almeno, senza indugio formi il giornale
n preparare la desideratissima edizione.
FeDBRia Fortunato, Intorno ad alcune "Varianti nel Te-
sto della Divina Commedia di Dante di confronto alla lezione
di Nidobeato. Lettera al Sig. Pietro Steffli, Milano, Molina,
1836.
Son tolte dal Quaresimale del P. Paolo Fiorentino (Atta"
vanti). Servita. — Quadragesimale de reditu peccatoris ad
Deum. Milano, U. Scinzenceller e L. Pachel, 1479. — I versi
rìportati, su cui cadono le Varianti, sono in numero di 1254.
V. Bibl. ItaL, t. Lxxxii, 1836, p. 282.
Landoni Teodorico, Sopra alcuni luoghi deW Inferno e
uno del Purgatorio di Dante, Chiome, con un'Appendicetta^
Bologna, Fava e Oaragnanì, 1872. (Estratto dal Periodico, il
Propagnatcfre, Voi. v. — L'Appendicetta non è parte del Pro-
pugnatore).
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228 STUDI SUL TESTO.
La più onorata fatica che oggimai avanzi nella critica del
letteratura dantesca, scrive il Landoni, quella si è di ricci
durre per quanto ne sia concesso, Y immortale Poema a* su
principii, e nettarlo della scoria, onde, col pretesto di agev
lame la lettura, fu bruttato anche da uomini forse dotti
coscienziosi, ma certo non abbastanza sagaci nella pratii
deir antica favella. E nessuno meglio del Landoni, che si ebl
tante e ben meritate lodi dal Parenti e dal Sorio, ha studi <
ingegno a ciò. E ce n' è prova il saggio che ci presenta. •
La più parte dèlie chiose consiste in una più ragionata inte
punzione; ve n*ò anche qualcheduna più veramente interpr
tativa per parte della lingua e dello stile. E tutte ques
elegantemente pensate e scritte, e che ricordano un pò* la vai
erudizione, e sobriamente spesa di L. Blanc. Il Landoni cho
casa Alighieri, è più che la granata, come argutamente se
vevagli P. Viani, rivela squisito sentimento dello stile e de
poesia di Dante, conoscenza profonda della lingua dei classi
e facoltà critica sicura ed esercitata alle migliori scuole,
quanto ci vien detto, il Landoni attende a una novella edizio
della Divina Commedia, ed io fo voti perchè il creder r$
venga intero.
Squarcù della Divina Commedia con alquante Varia,
che si trovano nel Quaresimale latino del P. Paolo Attava!
di confronto colla lesione adottata dagli Accademici de
Crusca.,, per cura diL. Razzolinl Bologna, Romagnoli, 18
(Estratto dal Periodico il Propugnatore).
Il Federici ne fece il confronto con la Nidobeatina; il R,
zolini col testo degli Accademici della Crusca. Le Varianti se
riportate a pie di pagina.
Romani Matteo, Lettera air oculista Floriano Ponti
Parma, relativa a tre correzioni di tre passi del Poema .
ero. Reggio, Davolio, 1870.
Sopra runico luogo guasto del xxvm del Purgatòr
Lettera a Yicenzo Petrali. Reggio, Davolio, 1870.
Il passo del co. Ugolino emendato dalT Arciprete
Campégine. Reggio, Davolio, 1872 (V. Man. Dani. i\, 309).
Sul modo tutto suo, di emendar Dante, del Romani ,
non so tenermi dal riprodurre la saporitissima lettera di Pi
spero Viani al suo Landoni.
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8TLDI SUL TESTO. 229
€ Io mi penso che, se per volere divino rivivesse Dante, ei
rimorirebbe issofatto di crepacuore, vedendo come trattarono
6 trattano l'opera sua gl'interpreti e gli affannoni. Non so se
tn conosca la Divina Commedia (finora la prima cantica), ad
uso delTarciprete di Campégine, stampata (arrosso dalla ver-
gogna) a Reggio nell'Emilia Fa. 1864; dove sono cambiati ad
arbitrio infiniti versi e voci e forme di poesia. Quivi Yemen"
datorCy cosi egli si denomina, dice nella sua prefazione : Certo,
anzi certissimo, che il sacro poema sia stato miseramente mal-
menato dai copisti, e che giaccia in tutti i testi e in tutte le
edizioni ai testi conformate più o meno guasto; e certissimo
ancora che i signori Dantisti non ricevono alcuna correzione
che non sia da qualche testo sostenuta; mi sono appigliato
air unico partito che mi rimaneva, cioè di farmi parte per me
stesso, stampandone una edizioncina a modo mio, e ad uso
mio, per poterla leggere senz'irà alla rea fortuna del gran
poeta, e senza commiserazione a lui. E qui spero che nessuno
vorrà colparmi di audacia o di temerità fne giudicheranno i savi);
imperocché non pretendo imporre altrui le mie correzioni (non
ci mancherebbe altro!); solamente chieggo la licenza di leg-
gere il sacro poema come io lo credo caduto daUa penna del
suo autore. > Ti dia la pesta, prete sconsacrato ! Vatti a ripor
tu, Landoni mio, co' tuoi studj Danteschi : Dante, buon cristiano,
si con&ssò dall'arciprete di Caopégine, che lo spoetò. Ma qui
non è tollerabile lo scherzo. Oh, nome di Dio, chi gli vietava
di leggerlo a modo suo senza stampare e di volgare le sue
sacril^he emendazioni, falsar le menti degl'inesperti, e com-
mettere un delitto di lesa nazione? Io non sono giureconsulto,
e non so se le nostre leggi contemplino queste sceleraggini enormi ;
ma se condannano nell' avere e nella persona chi deteriora, im-
brutta, distrugge le proprietà dei viventi, io non so capacitannì
come non applichino almeno la galera a chi viola, danneggia,
deturpa le più nobili proprietà intellettuali dei morti, patrimoni
e monumenti sacrosanti dei popoli, che ne sono i legittimi
eredi e conservatori. Noi ci lamentiamo delle troppe e troppo
ardite mutazioni fatte talvolta ne' classici latini dai dotti Te-
deschi, ma poi n'abbiamo in casa esempi molti peggiori ! Sentine
solo un saggio che piglio dal canto v^ senti Dante e V oltramira-
biie emendatore:
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230 STUDI SOL TESTO.
Dante: E come gli stornei ne poftan Tali
Nel freddo tempo.
Bmend,: E come gli stornei ne porta* n Tali
Il fero tempo.
Dante: Poi è Cleopatras lussuriosa.
Ernend. : Poi è Cleopatra lassù 'mperiosa.
Dante: Motti la voce: O anime affannate,
Emend.: M'uscì la voce: O anime a fé* amate (cane!)
Dante : Quali colombe dal disio chiamate
Emend.: Quali colombe e' al desìo chiamate
Dante: Si forte fu Taffettuoso grido.
Emend.: Risposto fu all'affettuoso grido:
O animai (Si, fon'altri, al grido dell' Arciprete ^ ri-
donderà: O animalf ma non grazioso e benigno!)
Dante: .... e ciò sa '1 tuo dottore.
Emend.: .... (o tu '1 sa', e '1 tuo dottore).
Ab ungue ìeonem! Cosi egli procede per tutta la cantica con
insopportabile sdegno dello studioso e giudizioso lettore. Ma,
poiché i vicini son lenti a punirlo, noi raccomandiamolo all'av-
verf»iera. — Viani, Lettere filologiche e critiche, Bologna, Zani-
chelli, 1874, p. 316.
Al Purg. xxvin, v, 6i : dove l' erbe sono bagnate già^ ei corregge :
sono bagnate qiìl. — Al v. 139 : ed avvegna eh' essa possa esser sazia ; ed
egli : ed avce^viactié a ciò possa esser sazia. — Al e. xxxi, v. 7 : Kra la
mia virtiì tanto confusa Che la voce ai mosse e pria si spense; vuol si
legira : Che la mia virtù tanto confusa, Che la voce si mossa pria si
spense. — E al e. xix, v. 85: E volsi gli occhi allora al signor mio; e il
Romani : E volsi gli occhi ghiotti al Signor mio. — Al e. ix, v. 39, emcn*
da : Jn su mi volsi attento a pio tuonoj E, Te Deum laudamas, mi parea
Udir in voco mista a dolce suono. Tale immagino appunto mi rendea Ciò,
eh* io udiva, qual prender chi vuole^ L'oda cantar con organo, ed i sten.
Ch'or sì, or no intenda le parole. — E al e. xvi dcl'Par. v. 13 corregge :
Onde Beatrice s'era un poco scevra Ridendo, per quello che si tossio . . .
E al e XXXI, V. 115 : Ma guarda i cerchi Fino al più remoto , Tanto che
veggi scender la Regina . . . Nel Canto di Ugolino quale ce lo dà il testo
comune, ei ci trova bestemmie controsensi 1 1
ToDBSCHiNi Giuseppe, Chiose ed illustrazioni della Divina
Commedia. Scritti su Dante, n, 313-438.
Il Todeschini si occupò del testo con molto amore e molto
senno. V. la nota a pag. 157.
Zani de' Ferranti. — V, più sopra Baldacchini e Fanfani.
V. Man. Dani, ii, 564.
Sei correzioni portate nel Testo della Commedia di Danto
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STUDI SUL TESTO. 231
deW edizione Raoegnafia, 1848. Rivista Ginnasiale di Milano,
1836.
Il prof. Scarabelli nel ni voi. del suo Lambertino promet-
tevaci formalmente di mandare a solatìo un' altra opera, in
coi imprenderebbe di raccoffUere quel quantunque gli fosse
rimasto per via, come appendice agii importantissimi xx co-
dici eh* egli egregiamente ha confrontati ed illustrati. Opera,
cammei la dice, di maggior critica e d* altro fine e diverso
lavoro/ Sovrattutto occuperebbesi delle Varianti, corrispettivi
riscontri, e per queste sue nuove elucubrazioni gli ha sommi-
nistrato ricca suppellettile di materiali il dotto mio amico dot-
>, tor Salomone-Marino , e sovra tutti il p. Gregorio Palmieri,
monaco benedettino di S. Paolo a Roma, che dimorato a Lon-
dra per i-agione di lingua, con cortesia impareggiabile, lo forni
di tali sussidi da irglielo obblìgatissimo.
OSSERVAZIOiNI
su ALCUNE VARIANTI CONTROVERSE
CV. Man. Dant. tV. 8a)
Infbbno, I. 3. — Che la diritta via era smarrita, — Il
Todescbini francheggia la lezione avea smarrita, notata, per
emenda dalla lezione aldina e comune, da Benedetto Varchi e
da quattro suoi compagni, che collazionarono alquanti testi
della D. C. alla Pieve di San Gavino in Mugello Tanno 1546.
I. 4. — Ahi quanto a dir, — Il Fanfani approva la lezione:
E quanto a dir qual era è cosa dura ; e la spiega cosi : « e circa
al dire com'era cosa dura e paurosa quella selva ti basti il sapere
che essa era poco meno ammira della morte. » Ma non si potrebbe
opporre che altro è durezza e paurosità^ ed altro è amarezza ?
E che perciò il dire quanto la selva è amara non è parlare
a tono dove altri si aspetta dMntendere quanto sia dura e
paurosa? Non pare probabile che Dante, il quale è sempre
esatto e preciso, abbia voluto cambiare cosi i termini della
sua proposizione. — St. Grosso, il Nuovo Instit. di Salerno,
1874, p. 97. — I dubbi da lei affacciati, scrive il prof. Zolese
al prof. Grosso, sono di profondo logico e di perfetto cono-
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232 VARIANTI.
scitore dei sommo poeta... I cementatori generalmente si at-
tengono alla lezione Ahi! quanto a cUrqtuilera é cosa dura,
e la sentenza è chiarissima, ed il verso è più bello e molto
pili degno dell' Alighieri. Dura qui significa diffìcile, mala-
gevole e la spiegazione naturale della terzina non può esser
diversa dalla seguente : Ahi! quanto è mai arduo, difficile il
descrivere convenientemente lo stato orribile di questa seira
incolta, densa, intricata, che tremar fa t animo di paura,
ogni qualvolta a lei rivolgo il pensiero, — Animw* nieminisse
horret luctuque refugit. Chi cosi spiega non trova poi assurdo
il dir che la selva è amara, cìoò cagion d'amarezza, quasi
come la morte. Il Baretti, 1874, 220. — V. Pasquini, La prima
Allegoria, 103.
I. 9. — Dirò deir aftr^ cose. — Il Fanfani riprova come
falsa la lezione delCalte cose, e spiega cosi: « dirò dell'altre
cose che vi scorsi, di quelle cose, cioè, che non sono propria-
mente la selva, ma son estrinseche ad essa ; » e aggiunge ohe
la lezione delle alte « è contraddetta da piti codici. » Ma non
si potrebbe opporre che le cose che sono propriamente la
selva non sono cose scorte nella selva ì se già non vogliam
dire che il contenente sia parte del contenuto. Dante sin qui
ha descritto il contenente, cioè la selva oscura selvaggia aspra
e forte : ora prende a descrivere il contenuto, cioè le cose che
tn ha scorie^ che ha scorte in quel luogo; alte, cioè arcane
e misteriose. Non mi par naturale ch'egli dica delle altre,
non avendo ancora detto di alcuna. Grosso. — V. Zolesc^ Il
Baretti, 1874, .221 ; Pasquini, La Princ. Alleg. 75-85; Man.
Dant, Voi. iv, 312.
l. 116. — Ove udirai le disperate strida. Vedrai gli anti-
chi spiriti dolenti. Che la seconda morte ciascun grida. —
L'Apocalisse, al e. xxi, v. 8, parlando della dannazione dice:
quod est mors secunda. Il Todeschini accetta ben volentieri
la lezione proposta dallo Zani de' Ferranti : Ove udirai le di-
sperate strida Di quegli antichi spiriti dolenti, Che la seconda
morte ciascuna grida ; e spone : € ove udirai le strida disperate!
di quegli antichi spiriti dolenti , ciascun de' quali grida (cioèj
attesta, pubblica, bandisce, fa conoscere ad idta voce), la se-|
conda morte. > Cinque codici parigini , e i due testi Guini-'
forte e Landino giustificano la lezione proposta dallo Zani.
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VARIANTI. 233
ome l^areoa quando il turbo spira: il P. Sorio
itieri col Witte quando (il vento) a turbo spira,
{uesta lezione aggiunge la circostanza, che il
1 in direzione retta orizzontale, nò verticale, nò
su in giii direttamente, ma a turbine, a ruota,
itesto, e sei've benissimo a quell'inciso il qucU
re in queWaria senza tempo tinta.
Ed io che avea d' error la testa cinta. — Il
in questo passo la lezione orrore, come ognuno
a ragion d'occhio; e la voce errore non ò di-
ntesto da veruna circostanza, e non si saprebbe
l potesse essere questo errore che Dante aveva
gilio, che volle aver bene inteso la dimanda di
iposta non confuta alcun errore che Dante avesse
cosa ragionata, ma gli spiega ciò che Dante
:>, non ciò che avesse male pensato o franteso.
nt20.
Gtuirdai e vidi Tombra. — L'autorità dei co-
mbedue le lezioni : Guardai e vidi, — Vidi e
are a me, dice il Sorio, che il merito della ra-
ia più per la variata lezione, che per la volgata,
are Dant. 23-25. — Anche il Todeschini ritiene
snobbi sia da preferirsi alla comune. Scritti su
- E più d' onore ancora assai mi fenno Ch* essi
loro schiera. — 11 Landoni non solo ributta del
ettura eh' esser me fecer, la quale deforma al-
i, ma si ritien certo di restituire al poeta un
ttimo, leggendo co' vecchi Accademici del 1595:
otersi in egual modo scrivere: Che si, o CK'e*
j parve al Tommaseo consigliata da un senso
delicato e sicuro. E il Landoni ne francheggia
appoggio di* molti codici , i più antichi e repu-
jmpi autorevolissimi del secolo XIII, che com-
ìììo colla frase dantesca che nulla più. L* esser
irto intrusa da iilculti e goffi emanuensi, non
iere l'efficacia del vezzoso riempitivo, tutta pro-
uiza.
La bufera infernale che mai non resta, Mena
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234 VABIANTT.
gli spirti con la sua rapina. Voltando e percotendo, li mo^
Igsta, — Il LaDdoni propone, senza toccare un minimo che
del testo, di leggere come appresso: La bufera inumai che
mai non resta. Menagli spirti: con la sua rapina. Voltando
e percotendo, li molesta. Pare evidente la maggiore efficacia
e la colleganza del concetto ; si che il terzo verso non resta più
quasi staccato dal suo tutto: ed infatti, è con la sua rapina^
cioè, forsa rapitrice che la bufera molesta gli spiriti voltando
e percotendogli.
V. 107. — Chi in vita ci spense. — Il Landoni leggerebbe
meglio: chi vita ci spense, essendo nettamente sottinteso su
nel mondo , senza che bisogni leggere in vita ; e cita i co-
dici che avvalorano la lezione preferita. Accetta però anche
Taltra come probabile, ma meno efficace Variante dellViutore.
V. 139. — Mentre che Cuno spirto questo disse, L* altro
piangeva sì, che di pietade Io venni men cosi, com>* io morisse ;
E caddi, come corpo morto cade, — Il Landoni propone nuova
interpunzione : Mentre che V uno spirto questo disse, V altro
piangeva : si che di pietade Io venni men cosi com*io morisse,
E caddi come corpo morto cade. — Leggendosi : Piangeva sì
che di pietade, ecc., non potrebbe d'altra guisa intendersi che:
piangeva talmente, cioè cosi dirotto, che, ecc. Pare che meglio
giovi al decoro un pianto non diffuso, e quindi più conve-
niente alla virile dignità di Paolo. Né la commozione vi perde ;
poiché maggiore pietà suol destare, in anima che sia gentile,
la vista d'un pianto a &tica represso, che altro.
VI. 80. — Jacopo Rusticucì , Arrigo e il Mosca. — I più
de* Comentatori vogliono Arrigo della nobile fisimiglia de' Pi-
fanti. Il Critico Bolognese sostituisce ad Arrigo Odrigo, pur
de' Fifanti , osservazione , dice il Veratti , che più si distingue
per buono accorgimento insieme e per novità. E lo fa sopra
il fondamento delle Croniche del Malaspini e del Villani che
lo pongono come finale esecutore de* tristi suggerimenti del
Mosca. Il Boccacci vuole invece sia Arrigo Giandonati.
VIIL 7. — Poi si rivolse a cfieW enfiate labbia. — Gli Ac-
cademici del 37 tolsero via l' ottima lezione enfiata labbia,
accolta da que' valentuomini del 05, e, quel eh' ò più notevole,
seguendo tre soli testi a penna, de' molti che avevano da con-
sultare. Nel suo Poema e nelle Rime, Dante non usò mai le
Digitized by V^OOQlC
VARUNTI. 235
bra; ma sempre labbia^ singolare, in significato
ietto, Landoni.
Ahi giustizia di Dio tante che stipa, ecc. — 11
legga senza mutar verbo: Ahi giustizia di Dio
Mi Nuove travaglie e pene quante i* viddi, E
colpa si ne scipa! — Lez. Accad. sopra 3 luoghi
I. Nella Rivista Crinnasiale.
Qui vid io gente più, che altrove troppa, E d'una
i, con grand* urli. Voltando pesi per forza di
evansi incontro^ e poscia pur li Si rivolgea cia^
a retro ... — Il Landoni vorrebbe che s' inter-
?ui vid*io gente più, che altrove troppa : E d'una
a con grand' urli (Voltando pesi per forza di
evansi incontro , ecc. — Pare , ei dice , che ne
» non dubbia bellezza. Infatti, veggìamo coloro
muovere grandi pesi, aiutarsi con le grida nel-
iggiore sforzo. Così fanno qui i dannati, appunto
gli uni contro gli altri i pesi che mandano in-
si rivolgono e non si sa che urlino più sino al
». Del resto, colla vecchia interpunzione non è
ho di quegli urli ; del quale però il Poeta as-
Altrove: Urlar gli fa ìa pioggia come cani (Inf. vi,
luova maniera, cotesto perchè risulta assai ma-
K)ra.
Alby Ren^, Extrait des notes de la Traduction
)ais de T Enfer de Dante. — Proposition d' une
^2 vers du ix Chant de C Enfer du Dante. Gir-
1871.
ysition d'une Variante au 72 vers du ix Chant
Dante, extraite des Notes de la Traduction en
ie ce Poéme. Deuxiéme Edition corrigée et aug-
Impr. du Journal l'Italie, 1873.
i*/a d' una Variante ali 2 verso del ix Canto del-
mte estratta dalle note della Traduzione in versi
stesso Poema di Renato Aby, 11* ediz. riveduta
Roma, Tipografia del Giornale L' Italie, 1873.
ìsition d* une Variante Extraite des Notes de
en vers frangais de ce Poéme. Milan, Guigoni,
y Google
236 VARIANTI.
Esclude che Dante intendesse di parlare di belve o selvag-
giume, ma di animali domestici. Ei si {& pertanto a indagare
se in alcuno dei dialetti d' Italia o dei provenzale esista una
parola che presenti in una volta e a rassomiglianza grafica
con quella di fiere, e qualche analogia di senso accennante ad
animali domestici. Nel Piemonte, e segnatamente nei dintorni
di Chieri, i contadini chiamano feie le pecore, e tal voce era
di certo conosciuta da Dante. Il sig. Alby vuole che v' abbia
introdotto la pien>onte8e feie^ e che i copisti ignari di tal voce.
Tabbiano mutata in quella di fiere. I provenzali, secoli fa,
chiamavano fedo l'agnello e la pecora ; al sud-est della Pro-
venza si usa comunemente e feia e feie come nel Piemoute. Ci
pare molto difficile conchiude il sig. Alby, il decidere quale dei
due dialetti abbia dato quella parola air altro. Ma è fuori di
dubbio eh* essa appartiene ad amendue. — E a pi^oposito di
questa Variante scrivevami il prof. Scartazzini : € in tutta la
Bregagha si usa feda, invece di pecora ^ dicendosi la fèda in-
vece di la pecora, dunque non fedo al sing., come vuole TAlby,
ma proprio feda, donde il plurale fede. Ciò servirebbe a con-
fermare Topinione dell* Alby, che del resto io non so risolvermi
ad accettare. »
IX. 118. — Che tra gli avelli fiamme erano sparte É
certo , che dee leggersi : Ch* entro gli avelli. Questa lezione
combina perfettamente con ciò che il poeta aveva detto nel
canto antecedente ai versi 73-74: // foco eterno, Ch* entro le
affoca le dimostra rosse. Todeschini.
X. 92. — Dove sofferto Fu per ciascuno di tor via Firenze.
— Ottimamente, scrive il Betti, e secondo il codice Antaldino.
// Propugnatore di Bologna, 1874.
XI. 72. — E che s* incontran con si aspre lingue. — fi
Todeschini legge collo Zani : E che si scontran con diver.^
lingue : il si scontran è assai piii energico del s* incontran,
e rìcorda meglio V intopparsi e percuotersi T un V altro degb
avari e dei prodighi ; e il diverse nel suo doppio significa'U)
di varie e di strane è preferibile all' aspre. Todeschini, V. i',
p. 361.
XI. 114. — E 7 Caribo tutto sovra il Coro giace. — F.
Lanci vorrebbe sull'autorità dei codici Riccardiano 1028 e 1037
si leggesse : Il Como tutto sopra il Carro giace , intendead*'*
y Google
VARIANTI. 237
qui per Como V Orsa Mioore. L* Àntonelli con argomenti
astronomici prova che non si può concedere questa sostitu-
zione, e che sta a capello la comune lettura. Al Poeta era
assonato il tempo di 24 ore soltanto, per visitare il regno
della gente eternamente dannata. Sapeva il maestro che par-
lava ad alunno astronomo, il quale però da quel profondo e
coperto abisso non poteva speculare il Cielo, come farà poi al
Purgatorio, tornato a rivedere le sielle: quindi supplisce di sua
certa scienza, e gli annunzia il sorgere della costellazione zo-
diacale dei Pesci; il che, sotto quello Zenit e in quella sta-
gione, dovea farlo accorto del prossimo rinnovarsi del di, o
della imminente fine della notte sul soprastante orizzonte. Ma
tanta era la premura di Virgilio e T impeto della intimazione,
che gli porge un altro argomento per indicai^e la stessa con-
dizione di tempo, quasiché, non avendo subito capito il primo,
dovesse ri&rsi sul secondo, ed apprezzare la ragione che co-
stringeva a fretta straordinaria. P. Àntonelli^ p. 12-19.
XV. 4. — SI che del fuoco salva C acqua e gli argini. —
Il Todeschinì legge con lo Zani e col P. Sorio saha V acqua
gU argini^ ed espone: il fumo del ruscello occupa, ingombra lo
spazio di sopra per modo, che Tacqua (cioè il vapore di esso
fumo) salva gli argini dal fuoco.
XV. 115. — Lor corso in questa valle si diroccia, Fanno
Acheronte, Stige e Flegetonta: Poi sen va giù per questa
stretta doccia In sin là, dove più non si dismonta. Fanno Oo-
cito ... — A questa comune interpunzione F. Lanci vorrebbe
sostituita la seguente: — Lor corso in questa valle si diroc-
cia, Fanno Acheronte, Stige e Flegetonta : Poi sen van giù per
questa stretta doccia; Infin, là dove più non si disraonta,
Fanno Oocito . . .
Perciocché TAlighieri volle dire che la pioggia delle lacri-
me, emananti dal colosso di Creta, forata la grotta su cui
posa, penetrando nella valle infernale ; primamente vi fanno
Acheronte Stige e Flegetonte; secondamente vanno per la
stretta doccia, che attraveraa la selva e il sabbione ; finalmente
(in fin) y cadono là dove più non si dismonta, e vi fanno Oo-
cito. — F. Lancia il Bulicame e la Chiarentana, 16-18.
XVL 131. — . Venir notando una figura' in suso. — Dee leg-
gerei: venir rotando. Lo stesso dicasi al v. 115 del canto
y Google
238 VARIANTI.
seguente. La dimostrazione è nei versi 98 e 11 6 del Canto xvn.
Todeschini,
XVII. 16. ^ Con più color sommesse e soprapposte Non
fer mai in drappo, — [leggerei più volentieri non fer mai
drappi^ e ne dà le ragioni. Parenti, Eser. Fil. 12, p. 96.
XVII. 63. — - Un'oca bianca piii che burro. — Il Muzzi
legge piti eh* eburroy ovvero non parendogli quella del burro
una bianchezza come il poeta volevala esprimere, con il più
che, grandissima. Tre Epistole latine, Ql-IQ.
XIX. 95. — Quando fu sortito Nel luogo, — Al Todeschini
piace di leggere: Al luogo, — E Oiov. Villani: Quando ^li
Apostoli V assortirono al collegio, invece di Giuda Scariotto.
XXI. 46. — Tornò su convolto, — Domanderemo noi la
ragione, onde ci si regala tuttora il tornò su convolto , anzi
che con volto; il qual modo spianerà la strada ai commenta*
tori, che mal si capacitano quanto viene aggiunto appresso. — >
Qui non à luogo il santo Volto, — Creecentino Giannini.
XXVI. 14. — Che n'avean fatte i borni a scender pria, —
Il Todeschini col Bargigi e col Buti : Che il bujor n'avea £atto
scender pria. L'istessa lezione tenne T Arcangeli: V. Man,
Dant, u, 568. — In sostanza il poeta ci vuol dimostrare co-
mmesso e Virgilio riascesero per lo stesso mezzo ch*eran di-
scesi. £i torna evidente come in quella discesa ed ascesa, i
borni, che tanto è a dire li rocchi e ronchioni, insomma li
pezzi di sasso sporgenti a guisa degli addentellati di muro
imperfetto, loro avean servito di scale. Il riscontro de' luoghi
simili è il miglior comento delle scritture. — Parenti, Eser^
citazioni Filol. n. 12, p. 23-27.
XXVIII. 135. — Che diedi al re Giovanni ì ma* conforti.
— n Muzzi respinge le lezioni di re Giovanni e re giovane
e legge al regio Vanni (regio, de' reali; Vanni, Giovanni (?).
Cosi, ei dice, il Poeta non ha seguito Terror del Villani; cosi
non ha egli commesso un gran fallo ; cosi V importante altera-
zion del testo (alterato davvero) sparisce; così non ha loco la
tisica struttura d' un verso, che Dante comodamente potea fare
G fece sanissima. — Tre Epistole Latine, 71-75.
XXIX. 73. — r vidi, sedere a sé poggiati duo Come a scaldar
s" appoggia — — Ne' peggior testi, scrive il Qorghini, leggesi
appoggia in luogo di poggia, che ha per sostegno e Tuso di
y Google
VARUNTI. 239
r{uell*età; oltrecchè Dante al C. xv, 25 aveala pur usata: Certo
io pìangea poggiato ad un de' rocchi; e nel Purg, xxvn, 81:
Poggialo s' è, e lor poggiato serve.
XXX. 114. — Là 've del ver fosti a Troja richiesto. —
L'autorità di cinque codici paxigìni, del codice Poggiali e di
(juiniforte Bargigi, citati dal Zani, è più che sufficiente a fard
porre nel testo il Quando del ver, che potrebbe accettarsi anche
se nessun codice lo autorizzasse, avendo per sé la ragione.
Todeschini,
XXXI. 132. — Ond^ Ercole senti già grande stretta. —
Questa lezione è guasta e falsa. Onde non solamente migliore
ma vera e genuina dobbiamo ritenere la lezione riscontrata
dallo Zani neA. codice Bartolini e in alcuni codici parigini:
L" d'Ercole sentì la grande stretta. — U* è posto per ove, e
significa ne' fianchi, che fu appunto il sito ove Anteo fu stretto
da Ercole, per alzarlo da terra ed ucciderlo. Todeschini.
XXXII. 122. — Con Gannellone e TribaldeUo. — Mazzoni
Toselli, |all*iq[)poggio di molti documenti prova che si deve'
leggere Tebaldello e non Tribaldello, e che fu de' Zambrasi e
non dei Manfredi.
XXXIII. 10. — E cortesia fu /ut esser villano. — Il Lan-
doni non intende difendere unicamente la lettera: e cortesia
iu in lui esser villano, preferita dal Witte e tanto acremente
(-ombattuta del prof. Scarabelli. — Fu alto cortese, esser villano
contro un si malvagio traditore, mentre quel che sarebbe stato
d'uomo villano contro altri, fu di gentile contro colui, perchè
nessun uomo onesto debV essere benigno ai più esecrabili
sceleratì. Questo intendimento, alquanto aspro a' nostri giorni,
si potrebbe chiarire pure assai, e dimostrarlo al tutto dantesco,
da chi avesse voglia con lungo discorso ricercare qual fosse
il concetto che moralmente prevaleva- ne' secoli XIII e XIV,
rirca l'amore, l'odio, la cortesia, la vendetta ed altre cotali
buone o ree affezioni. L'altra lezione fu lui pargli buona al-
trettanto, se non più.
XXXIII. 41. — Pensando ciò, eh* al mio cuor s'annun-
ziava. — Benedetto Varchi e compagni nel 1546 in luogo dell'o/
mio cuor dell'Aldina notarono el mio cuor; e Bastiano de' Rossi
trovò quattordici codici, concordi in questa variante. E per ciò,
e per le buone ragioni eh' egli ne dico, e per la testimonianza
y Google
240 VARIANTI.
di molti altri m&s. e stampe da lui allegati, vuol darai causa
vinta allo Zani che legge, cAe tV cuor, — Todeschini.
Purgatorio I. 23. — Io posi mente ali* o/ero polo. — Io non
mi posso persuadere, dice lo Scarabelli, che Dante nominasse
altro il polo meridionale, non avendo in principiar della cantica
fatto motto del settentrionale per poi nominar cUiro questo. Ei
legge invece alto, e ne dà le ragioni. Il Lamberiino u, vm.
II. 26. — Mentre che i primi bianchi apparser ali. — Fin
dal 21 Settembre 1816 il prof. Renzi, ali* Ateneo Italiano di
Firenze, propugnò questa lezione.
II. 49-51. — Fra Lerici e Turbia la più diserta. La più
romita via è una scala. -» Questa lezione non può reggei^,
a meno che non si voglia dare al poeta dell* imbecille A oni
non piace apporre a Dante questa taccia, tengasi al Codke
Antaldino, sia pure unico, e legga : La più, rotta rutna è una
scala. Todeschini.
V. 116. 118. — Indi la valle — coperse Di nebbia, e il
del di sopra fece intento SI, che'l pregno aere innacqua si
converse.... I comentatori stiracchiano il testo a fargli dire
ciò che non dice, e che pur doveva: ma senza dubbio avreb-
bero mostrato un po'piii d* acume, se avessero avvertito, che
La luogo di del era da leggersi giel. La quale parola sì ha in
questo luogo nel testo del Buti : e se anche non fosse in alcun
testo, sarebbe patentemente additata dalla ragione, e dal luogo
del canto xxvra, v. 122: Cìie ristori vapor che giel converto,
— V. Todeschini, n, 387; Pica, p. 246.
V. 136. — Disposato wC avea con la stia gemma. ... ^ La
guasta lettera disposando confUse in un solo tempo ed in um
sola azione due tempi e due azioni, distinti nel concetto e nelle
parole dell* Alighieri. Egli non intese far dire soltanto alla Pia,
eh* ella era stata moglie di Nello, ma si, che questi sposolla,
già vedova d* altro marito. — Lo sa colui che me (la quale
portava prima Fanello datomi da un altro) avea coU* anello
proprio disposata. È da oltre mezzo secolo che il Dionisi io-
trodusse il disposata nel testo ; ma era di moda il derìdere e
trascurare le sue correzioni. — B. Bianchi nell*ediz. fior, del 1849,
espunse il disposando, e sostituì disposato. Ma il Parenti insiste
propriamente nel disposata come più rispondente alla finezza
della grammatica naturale. — Per me ripudio questo gerundio
y Google
VABIANTI.
(disposando) ch^ forale un avanzo dì
prendo il disposata, o il dispensata che
solo del racconto del chiosatore del C
citato : che la Pia fosse stata prima \
tore, poi sposata solennemente colla g
Scarabelii.
VII. 66. — A guisa che i valloni
rabelli legge si sceman. Qui vallon
mento, e il sceman vale si profonda^
Mi, 73. — Oro ed argento fino e
vuole si ponga la virgola dopo argei
fine al cocco, e ne dà le ragioni.
XV. 61. — Un ben distributo I
ricchi. — Leggasi in piti posseditor;
rìssimi e la terzina e i versi successi
XXI. 117-119. — Ond'io sospiro,
Maestro, e non aver paura, Mi disse, d
Leggasi francamente, senza timore di (
sospiro, e sono inteso Dal mio Maei
Mi dice, di parlar , ma parla Ch
.\ntaldino e Chigiano, citati dall*edi1
sussìdio dì questa lezione i compagn
mas. veduti da Bastiano de' Rossi : e
taggio, vada a leggere i Reali di Fr
XXII. 120. — Drizzando pur in
Con argomenti astronomici il P. Ant<
proposta dal sig. Lanci drizzando pur
intendendo per corno TOrsa Minore, (
radiso ; quasi che il Poeta avesse volu
ciiretta in quel momento verso rOrsj
\ìoeìx (Virgilio, Stazio e Dante) in cin:
alla sesta cornice, il nostro ci avvisa
ch'erano presso le undici della mat
mezzogiorno. Se le quattro ancelle (
indietro, e la quinta era al timone ài
zando pure in su T ardente corno, ci
metà del suo corso, per volgersi indi
termine, come i passi della notte nel
eludere, che in quel momento erano
y Google
242 VARI/INTI.
ti** ore e mezzo di Sole, e però non remota T undecim' ora della
mattina. L' ora quinta è poi detta ardente per la sua vicinanza
al meriggio.
XXVII. 1 . — Il Sono legge : Si come quando i primi raggi
vibra, Là dove il suo Fattor lo sangue sparse, Cadendo Ibero
sotto Talta Libra En Tonde in Gange da nona riarse; 5i
stava il Sole onde il giorno sen giva, Quando TÀngel di Dio
lieto ci apparse. — E ne dà brevi postille illustrative di luogbi,
o mal letti, o male inte.si, o bisognosi d' illustrazione. Le parole
distinte in corsivo sono le lezioni variate dalla stampa volgata.
Rivista Ginnasiale.
XXX. 15. — La rivestita luce allelujando, — Fu ilcan. Dio-
nisi il primo che a fronte di tutte le stampe che leggevano ia
rivestita carne alleviando propugnò la lezione succennata, che
poi venne concordemente accolta.
XXX. 77. — Ma veggendomi in esso io trassi all' erba. —
Il Sorio legge i trassi, e vale li trassi. Anche il Fanfani è
dell' istes.so avviso.
XXXIII. 48. — Perché a hr modo lo intelletto aXtuia.
R. Ca verni legge col Foscolo abbuia. La Scuola, 1873, ii, 204.
XXXIII. 49. — Ma tosto fien li fatti le Naiada. — Il
Sicca propone la lezione lo Laiade, cioè il figlio di Laio, Edipo,
che sciolse il famoso enigma deUa Sfinge, e che si sostituisca
solverane^ cioè solverà, a solveranno. V. Comentari deW Ateneo
di Brescia, 1847, p. 131-36.
XXXIII. 74. — Fatto di pietra ed in pietraio tinto. — U
Grosso, e con lui il Zolese, ritiene grossolano errore dagli ama-
nuensi la lezione fatto di pietra et impietrato e tinto, non meno
la variante ed in pietraio tinto. Né piii garba al aig. Zolese
la correzione ed in peccalo Unto ; ei vorrebbe piuttosto si leg-
gesse: Fatto di pietra ed impietrato tìnto, e spiega: Ma,per^hf'
io veggio il tuo intelletto divenuto pietra (indurato) e dopo
essersi trasformato in pietra (e quindi) annerito (oscurato),-
ovvero Ma, perch* io veggio it tuo intelletto non pur irasfor^
malo in pietra, ma in pietra bruna ed oscura. Il Baretti,
1874, 221.
XXXIII. 114. — E quasi amici dipartirsi pigri. — La
dizione dantesca dipartirsi dimostra che da im sol corso d'acqua
escano que' fiumi separandosi ossi in due, ma dopo aver cain-
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VARIANTI.
minato uniti tratto non breve; la dipa
lento cammino d* amendue, il che non ver
migliore quell'altra. Scarabelli.
Paradiso. I. 44. — Tal foce, e quasi t
Più Tera, e ultima lezione dev'essere stai
questa: Tal foce, e quasi tutto era già 1
II. 170. — Riraan nudo il su^getto (e
lare — — Credo che colore primamente
j>oi, e tardo, conoscendo che colore non
li là, candore scrivesse ; onde io V acco
ScaraheUi.
IX. 1 16. — Or sappi che là entro si
a nostr' ordine congiunta Di lei nel somn
prof. Scarabelli col Lambertino, legge di l
giuntiva e imisce il secondo verbo al
.soggetto : Baab si tranquilla là entro e
ordine si sigilla nel sommo grado di
cioè finisce per prendere in esso il posto
meraviglia il tempo di presente eh' è il
eternità. H Codice Lambertino^ Prefazio;
XI. 19-21. — Cosi com'io del suo rj
i-iguardando nella luce etema, Li tuoi \
apprendo. — Risplendo in luogo di m* ac
.simi codici e chi non istà con quest
Ma quello che più mi preme, è notare, e
liano leggesi in luogo di onde cagioni del
lezione nuova, e secondo me assai lumini
XII. 10. — Come si volgon per tenen
legge tenua. Il Ronto tradusse : Per tenu
discolor arcua Vertitur in circum paralle
X\l. 104. — Sacchetti, Giuochi, Sì fa
ancor si stampi Sifanti. I Tifanti furo
schiatto ghibelline, ed Odorigo Fifanti fu
fìuondelmonte, secondo il Malespina ed
B. Bianchi cangiò il Sifanti in Fifanti ne
del 1868; Fifanti ha puro il Camerini.
X\T1. 80. — Che pur not?' anni Son
<li lui torte. — Cangrande nacque a' 9 i
f'ielo di Marte girò sino al 30 Marzo 130
y Google
244 VARIANTI.
parla a Dante, non nove, ma dieci buone volte, se le rotazioni
si prendon all' indigrosso di due anni; e se si prendono col
dato presunto dal Latini (di 2 anni, l mese, 2 giorni) altresì
dieci volte intere che si compiono il 29 Marzo 1301. Onde il
passo dantesco : che pur not?'annt, vuoisi correggere che pvtr
dieci anni, imaginando che il primo copista, Jacopo di Dante,
abbia preso per T unità T iniziale filetto della x corsiva del
padre. G. Grion.
XIX. 57. — Molto di là, da quel eh* egli é, parvente. — Senza
alcun dubbio, contro tutte le stampe e tutti gl'interpreti di
questo mondo, si vuole accettare la varia lezione de' codici
Vaticano e Chigìano, citati dall'editore romano: Molto di là,
da quel che V è parvente, ossia che le è partente. Indi vuoisi
sporre tutto il passo (v. 52, 57) nel seguente modo : Nostra
veduta, cioè il nostro intelletto, ch'ò un tenue raggio della
mente divina, non può essere tanto potente, che il suo prin-
cipio (la mente divina) non discema assai più in là di quello,
che ad essa (nostra veduta) apparisce. E perciò (dicesi nei
versi appresso) la vita degli uomini non sempre giugno a ri-
conoscere ne' decreti divini quella giustizia, che in essi ravvisa
la mente infinita . . . Chi non s' acqueta a questa lezione e spo-
sizione, vada a studiare, non Dante, ma il tagliere de' gnocchi.
Todcschini.
XX. 76-78. — Tal mi sembrò C imago della itnpì*enia . . . —
II Fanfani fu il primo, che vide la vera lezione, e chiosò il
terzetto a meraviglia. Lesse: Tal mi sembrò V imago bella,
imprenta Dell' eterao piacere, al cui disio Ciascima cosa, quale
EU' è , diventa. — L' emenda è ingegnosissima ed inevitabile.
Or odasi la spiegazione : Quale l' allodola, ecc., tale si mostrò
a Dante la bella imagine (l' Aquila) improntata dall' etemo
piacere, cioè spirante al di fuori quel disino piacere, che la
faceva gioire internamente; secondo il cui desiderio ciascuna
cosa diventa quale essa (Aquila) è, tripudiante di gioja divina.
Todeschiniy Scritti su Dante, ii, 430.
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246 RIPRODUZIONE DI CODICI.
di studii d'un italiano (per disventura defunto)^ che, pubbli-
catOf accrescerà decoro alla Patria letteratura. Certo delia
sollecitudine accurata, ond'ei compiva lo studio delle Lezioni
della Divina Commedia, adunando tanta parte di riscontri di
codici danteschi, noi non possiamo non essergliene grande-
mente obbligati.
Ljubic' prof. ab. Simone, Brani inediti della. Divina Coìyi-
media tratti da un Codice deW Archivio Veneto. Padova, Pro-
sperini, 1866.
n prof. Ljubic* ce li offre nella lor forma originale con
tutte le mende e mancanze: di fronte v'ha il testo, secondo
l'edizione padovana del 1822, per i rispettivi raffronti. Vennero
essi tolti da un codice del veneto Archivio che ha per titolo:
Liber Comunis /, detto altrimenti Soccius, composizione di
leggi, raccolte tra il 1283*1335. « Quello che potrà forse a
taluno sembrar strano, e che per me è ora di massima im-
portanza, dice l'Editore, si è che in questo codice veneziano
si trovano qua e là frapposti nel testo, o aggiunti in fine
delle materie ne' spazi vuoti . . . alcuni brani di poesia* e tra
questi primaggiano per importanza alcune terzine della Divina
Commedia alla pag. 93 e 103. Se con attenta disamina si con-
frontano le varie maniere di scritture adoperate nelle aggiunte
del, nostro codice con "quella usata nello stendere esse terzine,
di leggieri si potrà rilevare, che queste furono notate dalla
mano che scriveva in esso codice dall'anno 1299 all'anno 1319
le decisioni del Maggior Consiglio. Il notaio, presente a' di-
battimenti per l'uffizio che fungeva, stanco, forse delle Inng-lie
discussioni, avrà cercato di farsi men grave il tedio collo scri-
tere sul libro, in cui doveva recare il conchiuso, i versi che e
come la memoria gli suggeriva, tirandoli però a quel volgare,
che allora ei*a in uso a Venezia; ond'ò che anco quelle ter-
2ine ci si presentano quasi direi in sopravveste veneziana. > I
brani riportati sono le prime sette terzine del C. in dell' Inferno,
e le prime otto del C. xi del Purgatorio.
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248 LETTOin DELLA DIVINA OOBIBIEDIA.
fortunosi di estrema abbiezione e servitù, si voleva che questa
povera Italia sminuzzata, e beffardamente schernita, non che
sentisse suoi guai, non alzasse la testa dal letargo in che da
secoli era caduta, e, ad assodarle meglio il letifero sonno, la
si ricingea di fiori, di canti, di armonie eviratrìci. Si temeva; e
ben a diritto, che la brusca parola del sovrano bardo della
nazione, delle cime più alte percuotitrice, trovasse un eco fecondo
rigeneratore nei giovani nostri. Né senza un fremito di sdegno
ricordo, e mi par già di vederlo, T insolente frego dato dal
Ministero aulico di Vienna, alle Canzoni del Petrarca ItaHa mia^
e Spirto gentil,, che Y egregio mio amico prof. Carrara, avea
inserito nell'Antologia pei Ginnasi austro-italiani, che per morte
lasciò incompiuta, e che io condussi a termine. Tanto era lo
sgomento che imprimevano nello straniero i patriottici canti
dei nostri Poeti!
Non si tennero, egli è ben vero, il Monti, il Perticari, il
Giordani e V Emiliani Giudici dal propugnare, e calorosamente,
r instituzione di una cattedra dantesca; ed il Giuliani (1) volle
ed ottenne che al suo maestro al suo autore fosse dato diritto
di cittadinanza ne* Congressi scientifici italiani. Oltrecchè non
ci mancarono de' magnanimi pochi che , in pubbliche confe-
renze, ne invogliassero a quello studio di sapienza; ma la spiata
parola doveva essere misurata, e guai ove si fossero attentati
di alzare il velo agli alti invidiosi veri. Se non altro, i loro ge-
nerosi intendimenti valsero a tener ritto, nel suo piedestallo di
granito, il grande colosso, in che si appuntavano le speranze
del nostro avvenire. Ma dacché il bel paese, rinnovellato di
novella vita, risurse a potenza di nazione; dacché Roma, non
(1) Nel resoconto delle Adunante preparatorie (1850) deirAccadomia di
filosofìa italica io leggo : < Il primo tema di quelle scientifiche disputaxioni
veniva proposto dal P. (Giuliani , il quale dicmarava di voler parlare dedU
filosofia di Dante , soggetto che credeva conforme a una delle intenzioni
dell'Accademia, di ravvivare, cioè^ e di illuminare le tradizioni ed i pen-
samenti dell'antica scienza italiana. > E come in un'Accademia italiana Ai
primo il Giuliani a promuovere la discussione sopra il divino poeta , cosi
egli era stato il primo nel Settembre del 1846 a dare diritto di cittadinanza
in un congresso di scienziati a Dante, ingoiandosi originalmente a dimo-
strare come la Divina Commedia fosse il più antico e sicuro monumento
della stona d'Italia, e arrivando fino ad osservare, entrato animosamente
nell'arringo politico, che i tempi erano mutati, e che nessun italiano avrebbe
oramai più chiamato Alberto tedesco ad inforcare gli arcioni d'Italia^
quando ai aveva un Alberto italiano. Il discorso fu interrotto da vivi ap-
plausi.
y Google
LBTTORI DELLA DIVINA OOmSBDlK. 249
più vedova e sola, possedè T invocato suo Cesare, che non si
scompagnerà più da lei, potevamo, e debitamente, sperare che
ci fosse consentita la desiderata imbandigione. Non e' è verso :
con le tante svariate cognizioni che ci proponiam di ammanire
a spUuzzico, non feuremo che uomini di spolvero, e degli arro-
gantellì; che non fa scienza^ sen^a lo ritenere avere inteso.
Noi abbiamo più che mai bisogno di studi vùili, che a forti
Sentimenti educhino la gioventù nostra, a più e meglio pensare
ed a meno parlare. Ciò nondimeno ima cattedra della Divina
Commedia è tuttavia un desiderio. Né si volle che quella, so-
litaria, tenuta dal Giuliani, serbasse la primitiva denominazione,
quasiché il nome di Dante fosse pauroso. Eppure fin dal 1865,
debbo confessarlo non senza rossore, a Erlangen (Baviera) il
Winterling; a Vurburgo (Baviera) il prof. Wegele; a Tubinga
(Wurtamberg) il Pièvre; a Idelberga (Baden) il Ruth; a Got-
tinga (Annover) il Fittman ; a Bonn (Prussia) i professori De-
lius e Ruth; a Gratz il Lubin; a Vienna il Mussafìa teneano
rorsi frequentatissimi sulla Divina Commedia; e nel 1874-75
teneaoli parimenti a Idelberga il Bartsch, a Strasburgo il Berg-
mann , e a Berlino , nell' Accademia per la Filologia moderna,
il dott. Schnàkenburg, e il Buchholtz.
Certo non è da tutti gli omeri l'incarico ponderoso di spo-
sitore della Divina Commedia. Senza un vasto corredo di varia
•lottrina, sarebbe presunzione, se non peggio, accostarsi a quel
Savio gentil che tutto seppe, al mare di tutto il senno, — A
costoro ben si potrebbe dire con Dante : Com* occhio per lo
mare entro s' intema : Che, benché dalla proda veggia il fondo,
In pelago noi vede; e nondimeno Egli è; ma cela lui V esser
profondo. Io mi sono travagliato, potea francamente dire il
Giuliani deUa sua cattedra, di attingere gli opportuni aiuti non
meno dai Trovatori provenzali, che dai primitivi Autori della
uostra lingua e dal popolo toscano, che di questa lingua ò il
più sincero custode e il costante maestro. Le scienze che il
sovrano Poeta s' acquistò con grande studio e lungo amore,
la storia, quale ei conobbe e volle a noi tramandata, gU scritti
diversi in che la sua mente si diffuse e risplende, le tradizioni
del Paganesimo, gY insigni lavori dell' arte, ogni cosa procurai
di mettere in opera afi&ne che ne prendessero sicuro valore le
' interpretazioni, e la maggiore utilità e chiarezza ne venisse
y Google
250 LETTORI DELLA DIVINA OOXBIBDU.
all'esposizione del mistico Poema. . . Scienza, arte, stile, favella.
non meno che religione, storia e politica, quali Dante acquistò
con assidue fatiche e mise in opera conforme al suo oltrepo-
tente ingegno, troveranno nelle mie lezioni un espositore fedel'»
e impavido amico della verità, riverente a tutto e & tutti* o
intento colle possibili forze a promuovere la civile sapienza e
la dignità delle lettere, T unità, la libertà e ogni desiderabile
onore d' Italia. — Ecco quanto io .vorrei in un interprete della
Divina Commedia.
Se non altro io mi confido che V eminente letterato, V inte-
gerrimo uomo che siede ora a capo della pubblica istruzione.
Ton. Coppi no, vorrà più efficacemente provedervi, almeno nelle
più cospicue università del Ilegno.
AccADEMia Fiorentini (1).
Lenzoni Carlo, In difesa delia Ungua fiorentina e di Dante. . .
Firenze, Toirentino, 1556.
« In qupst*opora, dice il Salvini, il Lensoni tanto si esercito, che non >>^
ne saziando mai ne mai perciò levandone la roano, la laacio alla sua mort*'
imperfetta, > (m. nel 1551) e ne diente il carico al GiambuUari, come a carts-
HÌmo amico, di condurla a termine. Ed egli con tali parole no facea la dedi^^j
a Michelangelo Buonarroti. Tanto volt»* mi sono conosciuto debitore al^j
dolce memoria del nostro Carlo Lenzoni, primieramente» dal ridurre in «u
corpo solo e appresso mandare in luce queste onorate fatiche, tanto ani-
mosamente prese da lui per la giusta e vera difesa del nostro di\inissiino
Dante e della lingua che noi parliamo; e secondariamente dello indirizzari-
o sacrarlo a voi, come aveva deliberato eiyli stesso, per quanto insieme n^'
ragionammo infinita volte. Ma neppure il GiambuUari ne venne a capo,
ma compi la pubblicazione Cosimo Bartoli.
RoFPiA Donato, Discorso in difesa della Commedia di Dant^.
Bologna, Renaci, 1572.
Mazzoni Jacopo, In difesa della Commedia di Dante. Cesena,
Raverj, 1573. — Della difesa della Comedia di Dante, distinta
in sette libn. Cesena, Raverj, 1587; Cesena, Verdoni, 1687;
(1) Nel Novembre 1510 si è fondata in Firenze un'Accademia detta deffli
Umidi, con lo scopo di far tornare in onore la linj^a toscana, ed il Giam-
buUari, il Norchiati, e Cosimo Bartoli furono de' primi Arroti de' Fondat^n'i.
Quest'Accademia fu poi detta Fiorentina, quando il Duca Cosimo la volle
onorare quanto potè, o per astuzia di tirannide o per animo volto a fav<v
rire gli studi. Come nell'Accademia Platonica si dissertava intorno a Platone
ed Aristotile, cosi in ffuella degli Umidi, e nella Firentina, Dante e Petrarca
furono oggetto di studi. Nel 1553, per deliberazione del supremo magistrato,
e per espresso volere del Duca, fu scelto il Gelli a spiegare la Diviìia Com-
media.
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LETTORI DELLA DIVINA COMilEDIA. 251
Parte seconda posthuma che contiene gli ultimi quattro libri
non piii stampati. Cesena, Verdoni, 1688.
Facilmente da questi altri amici, scriveva, alli 20 di Giugno 1573, Fi-
lippo Sasaetti a Lorenzo Giacomini in A.ncona, avete auto novelle del flagello
ir'l povero Dante stato censurato sul detto del Varchi (Ercolano, Ques. ix)
rìì'- lo prepone ad Omero. — Ecco le parole del Varchi che stuzzicarono tanto
r» siaio. « E neir eroico avete voi nessuno^ non dico che vinca, ma che
p-! T'ergi Omero f Uno, il quale non dico il pareggia, ma lo vince. — E
«-Ai \ — Dante. — Similemente se Omero è o superiore almeno pari a Ver-
'j'i'o. e Dante è pari o superiore a Omero, vedete quello che ne viene.
— Voi dite pur da dovero che Dante vantaggi e soverchi Omero f — D(t
djrerissinw. »
E fu r ipercritico Ridolfo Gastravilla , o qual si è l'uno di questi tre
che fa volle nascondere sott* esso nome, H Muzio gìustinopolitano, il Landi
[■la^-fKitino , il Bulgarini sancse , che primo si fece a combattere veleno-
vdiiit^ale il Varchi. Ma a viso aperto ne propugnò le ragioni il cesenate
Ja»-o|>o Mazzoni, non ancora quilustre, < dottissimo uomo e non inferiore
a chicchessia nell' apparecchiare e sostenere la difesa di Dante. » Gli argo-
bif^nti che il Mazzoni addusse , dice il Sassetti , hanno tanto di probabile
':hf poco meglio poteasi t^re da questi sagrestani della ortografia. L' apo-
h-'sv^ del Mazzoni , sentenzia il Cantù , si eleva alle ragioni generali del
inizio e all'analisi filosofica dell'eloquenza e della poesia. Ma se ne fece
n-jilir-atamente oppositore il Bulgarini nelle sue Considerazioni ( Siena,
Bonetti, 1583), nelle Repliche alle risposte di Orazio Capponi (id. 1585),
rj^'ile sue Annotasioni ovva-o chiose marginali (id. 1608) e nel suo An-
fid' scorso (1616).
Anche il Sassetti non si tenne dal confutare il Gastravilla, e la sua ri-
-sj^jsta si conserva nella Biblioteca Magliubecchiana cod. 125 della ci. ix, e in
pia ordinata e larga forma nel cod. 1028 della ci. vn. — Dalla lettera xxv del
Sassettì al Giacomini rilevo che anche il Giacomini se ne fece giudice, anzi
ahl)ia mandato a leggere il suo discorso al Sassetti. — Fralle lettere mss.
•li (^Viorgio Bartoli al Giacomini , una se ne legge mandatagli nel 1573 ad
Ancona, con la quale gli dà questa nuova; Mons. Arciv. di Firenze (Antonio
Alioviti) dicono che ha fatto un bel trattato di poesia per difendere Dante
>\\ quello che lo biasima il Gastravilla, ma non 1' ho ancor veduto (Salvini,
Fasti Cona. p. 310). Ed il 28 Marzo 1588, Giambattista Strozzi, il giovane,
nf 1 Consolato di Baccio Valori, lesse all' .Accademia sulle Favole degli An-
tichi come debbono usarsi nella nostra religione in difesa di Dante.
Assistevano all'adunanza^ scriveva nel di slesso lo Strozzi al Giacomini,
il Nunzio, il veneto Ambasciatore, molti Signori e Monsignori e Fore-
sfìf'ri in fin di Padova^ e di Siena parve che i Sanesi indovinandosi,
rhje e' s'avesse a ingcufgiare battaglia contro loro, volassero quivi: trO'
Torrisi il Borghesi e il Bulgarini; considerate se a farlo a posta poteva
f'ssn'e caso più bello poiché lutto quel eh' io dissi intorno alle Favole degli
antichi in difesa di Dante s'indirizzò contro l'opinione loro, e partico-
iorinente contra gli scritti del Bulgarini; ringraziommene con tutto ciò.
il discorso dello Strozzi ai trova inserito tra le sue opere.
Nel Diario dell'Accademia degli Alterati di Firenze trovo che il Mesto
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252 LSiTORi imux uvika. oomiiidia*
fOiacomini Tebaìducei) U 13 Agosto 1500 vi leggesse che Vaxkme imiiam
da Dante era verisimile; che venoe contraddetto dal Temerò (Gismh.
Stroni), e che il Reggente Giovanni de' Medici aentenàssse in favor*
del Mesto.
Ometto di parlare del breve et ingenio$o diteorto di M7 Aiettandrù
Cariero (Padova, Meietto, 15S2); àeM" Apologia del OarSero conira le im-
putazioni del Buìgarini (id., 1583); delle Difese del Buiyarini (Siena.
Bonetti, 15S8); dei Ragionamenti dello ZÒppio (Bologna, Rossi, 1583); Delb
risposta dello stesso alle Oppositioni Sanesi di Diomede Borghesi (Fermo.
De* Monti, 15S5); Delle risposte del Buìgarini a'Bagionamenii deiio Zttppio
(Siena, Bonetti, 1586) ; delle Particelle poetiche sopra Dante disputate da
Jer. Zoppio (Bologna, Denacci, 15S7); della Poetica sopra Dante da J*r.
Zoppio (id., 1589) ; delle Riprove delle Particelle poetiche sopra DanW
disputate da Jer. Zoppio per Belisario Buìgarini (Siena, Bonetti, i6(£).
opere che nessun più le^e, e che si può dire rimasero a danno delle carte.
Salvisi Anton Maria, Discorso in lode di Dante, letto nel
1715, nel Consolato di Salvino Salvìni. Firenze, Manni, 1735.
Bianchini Giuseppi, Difesa di Dante Alighieri^ detta nel
1715, nel Consolato di Salvino Salvini. Firenze, Manni, 1716.
Lesse pure, nello stesso Consolato, 1715, il P. Angelo Maria
Ricci un* Orazione in che esorta la gìoventii allo studio di Dante.
LetUoni d Accademici Fiorentini sopra Dante. Fiorenza, Kp-
presso il Doni, xxviii Giugno, 1547; Firenze, Tonrentino, 1451.
Bbnivibni Jeronimo, Dialogo di Antonio Manbtti circa al
sito^ forma et misure dello Inferno di Dante Alighieri poèta
eaxellentissimo. Firenze, Giunta, 1506; Studi sulla Divina Co-
media, per cura di 0. Gigli, Firenze, Le Mounier, 1855, p. 57-
134. — V. Gigli, x-xiv.
Galilei Galileo, Lezioni intomo la figura lo sito e gran-
dezza deir Inferno di Dante Alighieri. Studi sulla Divina Com-
media, 3-37.
Il Galilei, ventiquattrenne, indettato dal Gonaolo Baccio Valori, UAae in
due lezioni (Gen. 158S) a difendere il Manetti e 1* Accademia contro il Vel-
lutello, il quale aveala, userò la parola del Galilei stesso, calunniata. Questo
onore fatto al giovine geometra gli fruttò la cattedra di Pisa. V. Giglio vi-n.
GiAMBULLARi PiER FRANCESCO, (n. a Firenze nel 1495, vi m.
il 24 Agosto 1554), Del sito foma^ et misure deW Inferno dì
Dante. Fiorenza, Dortellata, 1544; nella Raccolta del Doni, 1547;
Firenze, Tartini e Franchi, 1727.
< Pier Francesco Giambullari, uomo certamente non manco d* ottimo
giudizio che di buone lettere .... ha con maravigliosa arto trovato il sito e
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LETTORI DBLLA DIVINA COBfME
!e misure dell* Inferno di Dante: dove essendogli fo
Anton Manetti, il quale ne ha scritto ancor egli, ;
mente, dice che, se a le oneste fatiche sue non fusso
ch<; non arebbe auto a prendere questa fatica, esj
oomo d' aver condotto a perfeziono molto maggiore e
: Capricci del Bottaio, Ragionam. viii.
11 GiainbuUari, secondo il Salvini, avrebbe con
t^rpretazione della Divina Commedia, ma quella pa
* non è stata mai ritrovata da quanti hanno ricercai
nare. E doveva esser bella ed importante, imperc
iodata. Oltre il Doni, nella sua Prima Libreria^
quando, inviandoli un sonetto, gli scrive queste pa
< Dateci la esposizione del divin tema di Dante, asp
e' Giudei il Messia , che questo non saria mai, ma
•lesiderio che aspettano le minute erbicine, gli arbori
pioggia dopo lungo tempo non caduta. > — Il Sai'
il consolato di Bernardo Segni (1512) venne il detl
•lall 'Accademia ; ma senza forse si appone al vero
che a quel tempo non si approvasse altro del Giaml
già lette.
n Gelli, fira gli altri, nel quarto Ragionamento
quando parìa di Dante, accenna al Giambullari, d
(rgli ha oggi in mano la penna, che, dimostrando U
•li qu^to poeta, scoprirà o la temerità o il poco sap
— V. Norchiatì^ Trattato do' Dittonglii toscani, Fir
il Giambullari.
Gelli Giambattista, (n. in Firenze nel
a' 12 Agosto del 1498, vi mori il 14 Lu<i
leUioni fatte da lui nelC Accademia Fiorer
Tentino, 1551.
LeUioni fatte nelf Accademia Fic
luoghi di Dante et del Petrarca. Firenze,
Lettura (prima) sopra lo Inferno
Consolato di M. Guido Guidi e di Agnolo I
1554, appresso Bartolommeo Sermartelli:
— Contiene un'Orazione e xii Lezioni.
Lettura seconda, nel consolato
Fiorenza, Torrentino, 1555. — " Contiene i
zioni.
Lettura tersa, nel Consolato d'Ant
Torrentino, 1556. — Contiene un'Oraziot
Lettura quarta, nel Consolato <
Tazmo 1567. Fiorenza, Toirentino, 1557;
— Contiene x Lezioni.
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254 LETTORI DELLA DIVINA COBUEDIA.
Lettura quinta, nel Consolato del Rev. M. Frances/*<
Cattani da Diacceto, can. fior. Tanno 1558. Fiorenza, Torren-
tino, 1558. — C^ontiene x Lezioni.
Lettura sesta, nel Consolato di M. Lionardo Taiici
Fiorenza, Torrentino, 1561. — Contiene x Lezioni.
Lettura settima, nel Consolato di Maestro Tommaso
Ferrini. Fiorenza, Torrentino, 1561. — Contiene xi Lezioni.
Nel 1553 per deliberazione del sapremo Magistrato e per espresso v*o
lore del Duca il Gelli Hi scelto a spiegare la Divina Commedia. Al qpial*
utiicio egli attese con molto suo onore; ma non pare che esponesse più <i
26 canti, perciocché le lezioni che ai hanno pubblicate colle stampe do
Sermatelli e del Torrentino, col titolo di Letture »opra l'Inferno di Incinte
e le altre poche che rimangono ancora inedite (L.ez. xxi) in un Codice dfllj
Magliabecchiana, non oltrepassano il xxxi dell' Inferno: queste pero, so ni
togli alcune lungaggini e alcune interpretazioni un po' stiracchiaie, mari-
tano nella massima parte di esser tenute in pregio, perchè rendono testi-
monianza del molto studio e del grande amore con che cerco il volumo d*:.
suo grande concittadino. A.Q. OellL — E nell'Orazione premessa alle sur
lezioni, cosi parla di Dante : <( Lo amore eh' io porto, et ho portato sempre
a cosi raro et ecceUeotissirao huomo si per la molta dottrina et TÌrtà saa^
et si per essere stato egli la prima et principal cagione che io sappia qut»)
tanto che io so : Conciosiacosàchè solamente il desiderio d' intendere pìi alti
et profondi concetti di questa sua meravigliosissima Comedia, fliaae qiieUo,
che mi mosse in quell* età , nella quale . V uomo è più dedito et inclinai»,
che in alcuni altri, a* piaceri: et nella professione che io faceva, et fo (cal-
zaiuolo), tanto diversa dalle lettere, a mettermi a imparare la lingua latina,
et dipoi a spendere tutto quel tèmpo, che io poteva torre alle mie facce udoi
famigliari, negli studj delle scienze et delle buone Arti. » Orazione sopr^
l'esposiz. di Dante.
BuoNMATTBi BENEDETTO, Quattro lesioni (dette il 17 e 2-1
Feb., il 3 e 10 Marzo 1632) sopra il primo canto deU Inferno^
Prose Fiorentine, Firenze, Tartini e Franchi. Nel Consolato di
Braccio Alberti, 1632.
Il Buonmattei dal 1632 al 1637 lesse sulla Divina Commedia air Acca-
demia Fiorentina. Le lezioni date alla Cantica deir Inferno aono 31S ; «juellc
ai primi 18 dnl Purgatorio 154. Meno le quattro succennate sono tutte
inedite e si conservano nella Magliabecchiana. Oltre a queste lasciò 11
liezioni preliminari.
Ale8aandii-o Strozzi, vescovo d'Arezzo, lesse pure all'Accad. Fiorentina
sul I Cauto dell' Inferno.
RiNUCciNi Annibale (quattro lezioni), Lezione prima inter-
jiretando duoi ternari di Dante nel iv capiL delt Inferno^
Sull'onore. Firenze, Torrentino, 1561. — Nel Consolato di M.
Francesco Cattaui da Diacceto, 1558.
y Google
LETTORI DELLA DIVLNA COMI
BoNSi Lelio, Lezione detta cUC Accade
iolaio di Fr. Torelli il 17 Ottobre 1551 ,
Dante che trattano della Fortuna. (Inf. C.
sue Lezioni. Firenze, Giunti, 1560; Prose
Firenze, Tartini-Franchi, 1727, p. &1-120
BcoN-ROMEi Bbrnardetto, da S. Miniato
della Fortuna diviso in due Lesioni lett
rAcrad. Fiorentina (6 e 13 Luglio 1572).
1572. -p- Nel Consolato di Giov. Rondine
dettò pure un discorso sopra il secondo Cai
Taxci Mario, Lezione sopra i Sogni^
di Dante : Ma se presso al matUn il ver
Lezioni sopra Dante di Accad. Fior, racco
1547, p. 103-109. — Nel Consolato di Filipf
Da Cerreto Giovan Battista, Letti
Fiorentina sul C xxxiv delC Inferno. — 1
lino Martelli. Nella Raccolta del Doni, le
Glambullari Pier Francesco, Intorno t
Lezione detta all' Accad. Fiorentina, ai di L
1547, Ediz. del Doni; Firenze, Torrentin
Firenze Tartini e Franchi, 1727. — Nel C
Sti*ozzi.
In questa, leàone è splendidezza di bel parlari
zioni : Cigli corregge coloro che pur sempre negi
t^ade poi di provare come cosa nuova e che merli
alla notizia di tutti, che sotto T equinoziale e nella
4Ìi!mÌTna copia di uomini. A. Gotti, recataci la des
dell'orizzonte, soggiunge: < Tanta lucidezza di
f^i aggio, atta a rendere piacevole ancora la scie
d'ogni eleganza, doveva essere ammirata da tu
«ssere superata che da Galileo! >
Talentoni Gio. di Fivizzano, primo fi]
Pavia, Discorso in forma di Lezione soj,
tomo al C. IV del Purgatorio di Dante.
1597. (Letto nell'Accademia degl'Inquieti
Salvini Anton Maria, Sopra un luot
(Non v'accorgete voi... Purg. x, 124-125)
renze, Guiducci e Franchi, 1715, 363-72.
Anche Fr. Redi area in animo di scrivere u
mo' di commento ad un passo della Div. Gommedi
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1^56 LETTORI PBLLA DIVINA COBOfEDIA.
none ai pare da una apede d'esordio eh* egli avea preparato, e dicevi
coai : < L* altissime cantiche del nostro divino poeta è di mio intendiiiieiit<{
spiegare^ invitato dall' esempio di que* valentissimi nomini, che in questa
luogo dalla somma loro erudizione e sapienza nobilissimi saggi sono datij
e sebbene io so che cosi fatta impresa pienamente infin ad ora e con lod<i
grandissima è stata compita , nulla di meno io spero di potere inkitar^
que* mendichi e più poveri contadinelli, che vanno spigolando li dove pii!
doviziosa è stata fatta la raccolta ; e come quegli stessi sfàgolatorì appunto!
andrò senza ordine determinato vagando, e delle tralasciato spighe andri
cogliendo quelle che agli occhi miei per lo mio bisogno più belle si oxfrtj
ranno. Colà dunque nella divina cantica del Purgatorio si legge:
Non v'accorgete voi, che noi slam vermi
Nati a formar 1* angelica farfiilla,
Che vola alla £ri<isti2ia senza schermi?
Di che r animo vostro in alto gallai
Voi siete quasi entomata in difetto.
Sì come verme, in cui formazion falla.
Per intelligenza di questo luogo, in cotal guisa della natura e della g«Dej
razione degl' insetti a favellare imprendo. >
Sembra però, che il Redi, venuto a maggiore maturità di studi amasvi
meglio cogliere frutti ne* campi di storia naturale, che fiori in que* dell.i|
rettorica, e dettò quella lettera a Carlo Dati, in cui, oltre al gettare le|
fondamenta della scienza entomologica moderna, a detta de* savi, die al-i
l'Italia, dopo il Saggiatore del Galileo, il libro migliore di filosofia na-
turale.
Il Gbllo, Accademico Fiorentino (Oiamb. Gelli), Sopra itti
luogo di Dante del xvi del Purgatorio (v. 85-96), Delia crea-
zione dell'anima umana, Lesioni tre. Firenze, Torrentino^
1548. — La prima fu detta nel Consolato di Fr. Guidetti, lo
altre due nel 1543, in quello di Carlo Lenzoni.
Baccio Gherardini lesse pur sull'Anima umana (Purg. xvi, S5-96)
nel suo Consolato, 1001, seguitato poi colla spiegazione di un altro teraetta
di Dante da Pietro di Vincenzo Strozzi. Sullo stesso subietto lessero inoltr«^
Oiambatlista del Milanese ^ e Jacopo Mazzoni, nel consolato di Baccio
Valori, lezioni che rimasero inedite.
Baldini Bacho, protomedico del Granduca Cosimo, e da
lui preposto alla correzione del Decamerone, Discorso delVes^
senza del Fato, sopra quel luogo del e. xvi del Purgatorio che
comincia : Lo mondo è ben cosi tutto deserto (v. 58-84). Fi-
renze, Sermatelli, 1578.
De' Vieri Francesco, detto il Verino primo , Lezioni tre
sopra i versi di Dante: Né Creator né creatura mai. Purg.
XVII, 91-93. -— È là prima lezione detta all'Accad. fiorentina pri-
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1 LBTTOEU DELLA DIVINA CX)MMBDIA. 257
ma dell' ìnstituzione del Consolo , sedendovi Luogotenente Fi-
lippo del Migliore. Nella Raccolta del Doni 1547, p. 9-24.
Varchi Benedetto, (n. a' 19 Marzo 1515, m. il 18 Die. 1566),
Sopra quei versi di Dante del xvii i quaU cominciano Né
CrecUor, ne creatura mai. Lezioni dtie sopra F Amore, dette
nel Consolato di Baccio Valori, 1543. Firenze, Giunti, 1590;
e nell'edizione dell' Aiazzi.
n Varchi non pur confessa ma giara d' aver letto il Divino Poema più
di mille volte e di avervi trovate nuove bellezze, nuove difficoltà, nuove
dottrine ogni volta. Dicendo Dante, cosi egli, mi pare insieme con questo
nome dire ogni cosa. — Io mi risolvei, (neU* Orazione detta nel pigliare il
Coniiolato dell'Accademia Fiorentina) di leggere io stesso ogni domenica
pubblicamente in questo luogo, dopo il vespro subito, cominciando il Para-
diso di Danto, e ogni giovedì a ore ventuna, nello studio di Firenze pri-
vatamente il Petrarca.
Varchi Benedetto, Dichiarazione sopra la seconda parte
del XXV Canto del Purgatorio (v. 61-110), nella quale si tratta
della creazione ed infusione delVanima razionale. Nel Conso-
lato di Carlo Lenzoni, 1543. Firenze, Giunti, 1590; Firenze,
Pezzati, 1841.
Lesioni ix sopra il i Canto del Paradiso, dette nel
iuo Consolato, 1545. Firenze, Pezzati, 1841, I, 187-114.
Verini Francesco, Lezioni due intomo al primo terzetto
del Paradiso; La gloria di colui che tutto move. Nella Rac-
'-olta del Doni, 1547.
Sopra lo stesso terzetto lesse pur Jacopo Mazzoni nell'Aprile 1587,
•^adendo Ck>nsolo Baccio Valori. La lezione è inedita. Pier Segni parlando
dell'eloquenza del Mazzoni, neir Orazione recitata nell'Accademia della
Crusca, dice: < di ciò facciane testimonianza molti di voi. Ascoltatori, i
quali sentiste, trall' altre, nella vostra maggiore Accademia quelle due me-
ravigliose Lezioni nelle quali espose due celebri luoghi del maggior Poeta :
ì'una dov'egli descrive Timaginativa potenza della nostra anima, e nel-
r altra te gloria di colui che tutto muove. »
Bianchini Giuseppe, Lezione sullo stesso soggetto, detta nel
Consolato di Giambattista Fantoni 1709. Firenze, Manni, 1710;
Prose Fiorentine, Venezia, Remondini, 1754.
Varchi Benedetto, Lezioni quattro sul Canto ii del Paradiso,
'lette nel suo Consolato, 1545. Firenze, Pezzati, 1841, p. 415^04.
Mancini Pouziano Jacopo, Nell'Accademia degli Aggirati
detto il Confuso, Sopra alcuni versi di Dante intomo alle
. Macchie della Luna (Par. ii, 25-59). Genova, Bartoli, 1690.
17
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n
258 LETTORI DELLA DIVINA. GOHBfEDIA.
GiAMBLXLàRi Pkb Fhancbsc», DcgV Influssi celesti (Par. \m
97-105), Lezione detta a' 27 di Maggio del 1548 nel Consolata
di Carlo Lenzoni. Giambullari Lezioni, 1551, p. 85-125; Firenze
Tartini e Franchi, 1728.
la questa lesione egli insegna come il cielo abbia forsa in noi, e <j
disponga alle cose che ei influisce.
Strozzi Giovanni, Accademico Fiorentino, Lettone sopra
due primi terzetti del e. x del Paradiso, avuta pubblicamcìii
a* di 5 di Agosto 1541. Nella Raccolta del Doni, 1547, pag
. 172-80.
Della Rena Cosimo, Consolo nel 1673 (m. nel Dee. 1696 «1
82 anni), lUtisirazione di un luogo di Dante, ove tesse il Oi
talogo di nobili Fiorentine Casate (Par. xvi). Nella sua Seri!
degli antichi Duchi, ecc. Firenze, Cocchini, 1690.
Varchi Benedetto, Lezione sopra quei versi delxnu d^
Paradiso : Col viso ritomai per tutte quante . . . Firenze, Ptìi
zati, 1841.
Bartoli Cosimo, Proposito di S. Giovanni, Lezione sopra |
versi 64-66 del canto xxrv del Paradiso. Nella Collezione dJ
Doni.
Il Bartoli a' di 8 gen. 1581 lesse pur all'Accademia degli Umidi i^
Firenze una sua lezione sui versi 118-123 del C xxxi del Purgatorio
Mille desiri pM che fiamma ealdij che si conserva tuttavia inedita nelli
Magliabechiana.
Giambullari Pier Francesco Lezione seconda, nella quah
esponendo quella terzina del xxvi del Paradiso (v. 52), eh
incomincia: Non fu latente la santa intenzione, parla ddU
Carità, Detta nel Consolato di Bernardo Segni, 1542. — Tri
le altre sue Lezioni, Firenze, Torrentino, 1551, e nella Colle-
zione del Doni e nelle Prose Fiorentine. — Su questa Lezione
vegga.si Aur, Gelli, di Pier Francesco Giambullari, xxiv.
Gelli Giovan Batista, La prima LetHone fatta da lui Vanm
1541, sopra un luogo di Dante neluxn capitolo del Para'
diso (La lingua eh* io parlai fu tutta spenta). Firenze, Torreib
tino, 1549. Nel Consolato di Lorenzo Benivieni, 1541. V. 2si
sielli, Proginasmi Poetici iv, 82 ; Lombardelli, Fonti Toscani, 78
Giambullari Pier Francesc», Lezione delT ordine delTuni
verso (Par. xxix, 31-36). Nel Consolato di Giovan BattìsM
Gelli, 1548. — Giambullari^ Lezioni, 1541. « Quanto di filosofi.^
i
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LETTORI USLLk DIVINA COMMEDIA. 1^59
e rinchiuso in qne' versi, fu dichiarato ed aperto dal nostro
autore. EgU parlò dell'ordine di quella macchina, e come da
strumento temperatissimo ne raccolse nell' animo la celeste ar-
monia. Nella natura delle cose addentrandosi quanto si può
{ter umano discorso, tenne accomodato ragionamento delia
^reazione, la quale cosi nell'ordine cosmico è causa prima,
come in quello intellettuale è sovrana ragione. » Aurelio Gotti.
Bianchini Giuseppe, Lezione stil primo terzetto dell' ultimo
'^anto: Vergine Madre, figlia del tuo figlio (Par. xxxiii, 1). Nel
Consolato secondo di Salvino Salvini, 1718. Inedita.
Dali/Ongabo Francesco (n. a Mansuè, prov. di Treviso,
m. improwis. a Napoli il 10 Giugno 1873).
La Favilla di Trieste del 19 Luglio 1846 conteneva il se-
LTiente annuncio : € Fr. Dall' Ongaro , costretto da prevalenti
occupazioni a interrompere le private lezioni da lui date per
oltre a sei anni in Trieste, seguendo e cementando il testo della
Divina Commedia, si propone ora di raccogliere il frutto dei
.lon brevi studi in un corso di pubblici trattenimenti , eh' ei
disegna di dare a quell' eletto numero di uditori che vorranno
onorario. Dante e le sue opere, studiate e interpretate per
tanti secoli e da tanti chiari ingegni, ofirono tuttora materia
<ii nuove ed importanti modificazioni che potrebbero togliere e
f^onciliare molte questioni attuali concementi l'arte e la lette-
ratura itahana. » — Ei diede applauditissimi corsi di lezioni nel
1846-47 a Trieste; nel 1851 a Londra, nelle sale del signor
Milner Gibson ; poi a Bruxelles, e a Parigi, tet^eno ingombro
di spine e bronchi, nelle nuova sala Bethoven; nel 1859 nella
sala dello Spettatore itahano a Firenze, e più tardi presso il
signor Pulszky (attuale Direttore del Museo di Pesth) per gli
stranieri; e nel 1866 a Venezia. — Ed egli l'undici Marzo 1843,
jtcriveva al Tommaseo: « D'ordinario io fo il cemento a voce
j>erchè vo' addestrarmi a parlare improvviso, men peggio che io
possa. Ma va però più tempo ad apparecchiarmivi, che non me
ne vorrebbe a scrivere il comento a leggersi poi. L'esito ch'ebbi
finora mi conforta. » E iL5 Nov. 1856 alla dotta e gentile Ba-
ronessa sassone , Ida Reinsberg von Dùringsfeld : « In esigUo
pomentai il Dante in quaranta conferenze, che pubblicherò forse
in un volume. Ho considerata la Ditnna Commedia e le que-
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2d0 LBTTOai DELLA. DIVINA COMMEDIA.
sttoni filosofiche, teologiche e storiche che contiene in rappoH]
colle medesime questioni come si considerano a* nostri giorni
Ho tentato di far [Hresentire quale sarebbe oggi il concetto d
Dante dopo Galileo, Cuvier, Humboldt. — Il pensiero è nuov(j
6 fecondo se fosse stato trattato con meno fretta e dinanzi aj
un altro uditorio.
MASCfflo Antonio, Il Gondoliere Dantofilo (1), (n. il 12 Oli
tobre 1825 nell'Isola di Murano, presso Venezia).
Correva Tanno 1848, cosi il prof. Errerà, quando il harcè
iuolo Antonio Maschio, avido di avere notizie della patria, le^
geva quanti scritti e libri gli venivano fra mano. Accadde uj
giorno che si mettesse a leggere un pezzo stracciato della Z)|
vina Commedia: non intendendone il senso, si diede indefcd
samente allo studio di quei versi finché gli rimasero scolpi^
nella mente. Dal 1848 in poi, non fece che studiare la Divini
Commedia . . . Fece attenta lettura anche dell' altre opei*e dell
l'Alighieri, e sacrificò tutto sé stesso allo studio del dilettis.9im<
(1) Nel 1866 volle recarsi a Firenze per le feste del centenario, e nel
desiderio di formarsi un' idea compiuta di ciò che intese dire T immortala
poeta, raccolse innumerevoli annotazioni , memorie , citazioni. L' occhiutJ
Folizia gli disdisse un passaporto, e avendo impreso la strada di l*adovi|
• Rovigo y dovette ritornarsene , ner tentare ^ella di Ghìoggia. A) 1^
Marzo 1865 egli attraversava Brondolo e Contarina, e munito di una cart^
di legittimazione percorse la riviera del Po, ingannando le molte §runrjli'!
che gì* impedivano il passaggio, e alle {{uali dava a credere esser egli ut
oste di Ctnoggia che andava in cerca di vino. Ma la sera si avvicinuva|
e nessun mezzo si presentava al Maschio per poter traghettare il rapidd
fiume senza prendere un* eroica deliberazione. — Amico dell*accnia e noi]
temendola , oecise di abbandonarsi ai suoi gorghi , tìdando nella pn^prij
forza muscolare. Carico di due grossi fardelli contenenti le proprie vesti |
nonché molte carte e vari libri danteschi, giunto che fu alia metà del cofid
gli parve venir meno, perchè le sue forze non erano sufficienti ai nc^
che sosteneva. Spossato dalla fatica, dopo aversi lasciato trasportare dall:!
corrente, abbanclono il fardello, e con un volumetto di Dante in mano!
pensando alla salvezza della propria vita, cerco di arrivare alla sponda. -i
Privo di vesti e di denaro, nessuno conoscendo, è ben più facile inmii^
ginare che descrivere l- penosa sua condizione. Per buona sorte fu aocolt<t
e ricoverato per quella notte da alcuni militari, i quali lo presentarono M
mattina seguente ai loro superiori^ che a forza lo consegnarono al sindaco
di (juel luogo. La Mesola. Quivi riuscirono vane le preghiere, le promesse^
i giuramenti del povero Maschio perchè gli fosse permesso di coutinuard
il vittggio. Quel sindaco comando eh* egli fosse affidato agli austriaci :
questi lo respinsero per mancanza di ricapiti. E qui rinnovo le supplichej
ina in vano ; e consegnatogli un foglio di via, lo si rimandò per la via di
Ferrara. Arrivato a Ferrara, il questore lo imprigionò, e la mattina seguente
fu ricondotto a Venezia, dojw cioè 28 lunghissimi giorni di patimenti, di
affanni e di miserie, carcerato perfino innocentement«. Tali furono le siitj
sofferenze per il desiderio di recarsi alla festa dantesca ! Prof. Erret^. >-«
Intorno ad alcuni scritti sopra Dante del gondoliere A. Maschio, V. Labruzzi
di Nexìnui Fr., il Buonarroti, Voi. vii, p. 29^4.
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LETTORI DELLA DIVINA. COBOfBDU
poeta. Liberato il Veneto dagli Austriaci, i
m una sala della scuola di S. Giovanni Lat
sua prima conferenza dantesca, a cui assista
misto di curiosi e invidiosi, il quale non rifio
il bravo gondoliere. Egli tenne tre o quattro é
le sue lezioni che venivano avidamente ascoltj
lavorare, per vivere, fu costretto a smetterne
cimentò ancora a Firenze (nell^ elegante sala i
delle Loggie), e n' ebbe conforti ed applausi (
attualmente è gondoliere presso la Banca ^
lo ti'ovi curvato, carico di carbone e di legi
(grondante di sudore) per le scale di quel paJ
avrersa la fortuna. Nei momenti di requie legg(
La Rivista Europea, Voi. ii, fase, i, 1.® Marze
Celentano Luigi di Napoli. — Tenne al
(1875) sidla Divina Commedia, in Firenze, pi
(x>nte Magliani.
De Marzo Gualberto. — Oltrecchè a Loi
a Roma, ne tenne pure, con plauso, a Mila]
Venezia, a Trieste, a Gorizia, ed a Capodistr
Firenze. — Centofanti Silvestro — (n. in
bre dell'anno 1794).
Nel 1837 imprese a Firenze un corso di
sopra la Divina Commedia, facendogli andare a
mirabile per varietà di affetti, altezza di pe
dotti'ina e poetica eloquenza. Alla prima lez
ira. gli altri intervenuti, Gino Capponi, Nicoli:
bieri, Francesco Puccinotti, Lorenzo Mancini, i]
gran folla di giovani eh' erano accorsi a racco
parole del novo oratore.... Le lezioni su Da
un' alta filosofia letteraria gli diedero credito
De GubemaUSy Ricordi Biografici, 294.
Ciardi Luigia (di Santacroce, luog
Valdamo inferiore, n. nel 1820).
(1) Sostenne, dilanganclosi da ciò cho hanno aasei
roentatorif che il Pargatorio non è agli antipodi di
sotto r Inferno, e cho 1' anime che si trovano al di fu
non sono dannate ma a* incamminano al Purgatorio.
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2C2 LETTORI DELLA DIVINA GOMMBDIA.
Ecco quanto ne scrisse il prof. L. Muzzi : € Dante è il suo
idolo; e a me par eh* egli solo valga a propagarne il culto
e r intelligenza più che tutte T edizioni e i conienti del sacro
poema. Qual canto si voglia di esso, egli senza testo né schede
dinanzi vi estempora una siiFatta dichiarazione, cui possono
ascoltare con piacer sommo gli eruditi, e con sommo van-
taggio i discenti. D'ogni terzina e, ne' casi più congrui, an-
cor d'ogni verso e vocabolo ei notomizza le beltà le impor-
tanze ; spiega il senso proprio il teologale il morale il politico
e ciò ohe pertiene a storia ed allegoria. Dotato di pronta im-
maginazione, disegna i luoghi creati da quella di Dante sì, che
par di vedergli toccargli ed esser con Virgilio, Beatrice e tutti
gli spiriti muti o parlanti in quel sublimissimo dranuna ; per
la qual evidente topografia non ismarriscesi nulla de' concetti J
che più sembrano oscuri, anzi per essa risaltano gradevol-
mente. Il tutto con la erudizion necessaria, no con frondosa:
sempre con eloquio facile adatto, continuo tranquillo ; e favelli
per un' ora o per due, nò egli si stanca né stanca veruno, che
tutti rimarrebbero altre ore ad ascoltarlo. Terminata l'espo-
sizione del canto lo recita a mente, e il modo in questo ri-
traccia si bene agli animi le cose da sé innanzi detto, che
serve ai medesiiAi quasi sigillo per custodirle nella memoria. . . .
Con tutta ragione pertanto T unico giovane è desiato e chia-
mato per le case e le ville a far di sé cosi caro e istmi ti vo
spettacolo. E con nobilissima concordia se lo sono accapparrato
gli artisti, acciò, com'ei fa regolarmente, dischiuda quella mi-
niera inesausta d' argomenti e concetti pel loro pennello e scar-
pello... » Mu2si L. Di uno straordinario espositore di Dante
(Tre epistole Latine di Dante Alighieri, Prato, Giacchetti, 1845.
p. 87). — Del suo corso tenuto a Macerata. V. Giorn. del Cen-
tenario, 148.
Giuliani GiambatUsta. — V. Man. Dant. 427 e seg.
— IV, 354.
Napoli. — Di Casanova Alfonso (1).
(1) Mi pare impossibile che ci sia ttn i Tedeschi , e non so in verità
che viva in Italia, uno che avesse rivòlto , come Alfonso, ^asi senza in-
terruzione, r amore e lo studio a Dante per circa treni' anni ; raccogliendo
ogni cemento, ogni edizione, ogni opuscolo ; che a fUria di leggerla avesse
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LBTTOBI DELLA DIVINA COMMEDIA. 263
« Correva l'inverno del 1872, e una mano di amici ci riuni-
vamo il più delle sere in casa di Alfonso di Casanova. Già s' era
inoltrata in lui quella lenta infermità che poi, pur troppo, nel-
1 Agosto di queir anno lo condusse al sepolcro ; ma nelle tregue
del male egli amava di conversare, di disputare al solito d' arte,
di educazione, d«i &tti del giorno, di scherzare con questo e con
quello, con la sua arguta e inocente ironia. A uno degli amici
che mancasse una sera, bisognava sentire le graziose rampogne ;
bisognava vedere la festa che diceva, quando era pieno il circolo
de' suoi cari ! — Non so a chi di noi venne in pensiero di fare
delle letture periodiche : il partito fu subito accolto, e la lettura
che si fissò fu la Divina Commedia. Alfonso saltò dalla sedia
per la contentezza. Dante era il suo libro, il suo ideale, il suo
amore, lo studio di tutta la vita. Uno di noi prese a leggere
il poeJAa, naturalmente, dal principio, e se ne leggeva da tre
a quattro canti per sera. Gli altri attorno a notare in silenzio
hvlÌA carta qualche pensiero, qualche oscurità da dilucidare poi
a canto fiuto. Di tratto in tratto un bravo y un bello^ un di-
cino, e subito un zitto, perchè non si rompesse il filo. — Mi
ricordo che io, a qualche punto bellissimo, davo senza parlare
col dito medio un colpo sul ventre a uno che mi sedeva al*
lato ; e Alfonso a sorridere e compiacersi, e ammiccare che
ripetessi a una prossima occasione. Terminata la lettura d' un
canto, piovevano i commenti. Uno moveva un dubbio, e un
altro si &ceva a scioglierlo. Chi notava una bellezza di espres-
sione, chi un confronto, chi avventurava una spiegazione, che
era accolta o respìnta e sostituita da un' altra. Alfonso in sulle
prime parlava poco ; ma stava tutto orecchi alle parole di eia*
senno. Approvava qui e là ; correggeva talvolta il testo che ci
era dinanzi con qualche variante, cosi a memoria, e godeva di
vederla accettata. Alla fine si riscaldava, pigliava a parlar lui,
mandato letteralmente a memoria tutta la Divina Commedia, e che per un
miracolo dì amore e di memoria ritenesse tutte le lezioni di rilievo, e sa-
pesse 8quad«rnarvi al bisogno, sopra un luogo controverso^ tutte le opinioni
o spiegazioni de* migliori interpreti. dafButi airAndreoli. Aggiungete a
Questo un Ingegno de* più fini e coltivati , una perizia della letteratura e
(iella lingua italiana singolarissima, una fantasia delle più animate e poe-
tiche, un sentimento del nello e del grande di squisitezza rara, e un animo
r^aldo, nobile, pio, che non avea bisogno per intendere T animo di Dante,
se non di guarnarsi dentro egli stesso; e ditemi poi se anche Dante avrebbe
potuto scegliersi un interprete più degno e adeguato! Fed. Persico,
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264 LBrrORI della, divina. OOlfBfEIHA.
a fare un pò* la sintesi del canto e a ragguagliarne qualche
luogo con altri del poema, trattenendosi su qualche passo
oscuro o dubbioso , citando o confutando le opinioni de* com-
mentatori e dando insieme la sua. Quando s* era così discusso
e chiarito un canto, si passava ali* altro. Per non perdere le
osservazioni e cogliere al volo qualche chiosa felice, si pensò,
di fare gli atti verbali di questa che, ridendo, si chiamò Toc-
cademta dantesca. Nella sera appresso leggevamo il sunto della
tornata precedente; si aggiungeva, si correggeva, s'approvava
il processo verbale, e s* andava innanzi. Di parecchi dei canti
deli* Inferno , ho ancora cotesti sommarii , e li ho scorsi con
mesto piacere. Che serate, che allegria onesta, che stimolo
a pensare, che scatto d* ingegno e di fantasia in tutti! Al quinto
o al sesto canto ognun di noi, con la guida di Alfonso, era
già entrato, si può dire, nella mente di Dante. Se a volte si
' consultava un cemento qui e là, a coro era spesso rigettato
per monco, lan^ìdo o Cetlso. D* ordinario i dubbi che ci fa-
cevamo, i perché che nascevano, non e* era cementatore che vi
rispondesse, o che li annusesse neppure. Si continuò così per
tutto r inverno e d giunse a leggere intero fino il Purgatorio.
Ma la malattia di Alfonso infierì ; e postosi a Ietto essendo
già primavera, i modici lo mandarono a una cua villa presso
Nola. — Oh! il Paradiso : ci diceva il povero Alfonso, non ab-
biamo potuto leggere il Paradiso, è la più bella delle cantiche,
che che se ne dica. Il poemi^ sale sempre , chi lo gpuardi pel
suo verso. — Non andò molto e quell* anima eletta non ebbe
piti a desiderare il Paradiso di Dante! — Fed. Persico, Alfonso
di Casanova e la Divina Commedia.
Padova. — Accademia Dantesca in Padova.
I seguenti due squarci di Lettere di G. Gennari compen-
diano in ^ breve le fasi della Dantesca Accademia, e ci schierano
innanzi i nomi dei migliori degh intervenienti alla stessa.
A Gaspare Patriarchi, •Venezia
L« Decembre 1753.
.... A* tre del corrente s*incomincierà la lettura del Poema
di Dante. Due sere abbiamo già scorse nel leggere la vita
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266 LETTORI DELLA. DIVINA. OOMMBDLk.
scini, 1864), si tocca la trama dell' insegnamento Dantesco che
sostenne nella cattedra univeraitaria di lettere italiane , chia-
matovi a surrogare il vecchio Michele Leoni. — e Noi intanto,
scrive il Marenghi, a più sicurezza de* nostri studi, volgeremo
la mente ai piii antichi, e principale maestro ed autore ne fia
il nostro principale poeta. E a qual altra fonte ci sarà possi-
bile attingere più puro il sapor della lingua, ili quale scrittore
più scolpita la fisonomia delle lettere nostre? Non fu forse
TAlighieri , che nelle nascoste dovizie deU' errante parola d' I-
talia penetrò, e con successo felicissimo organatane una me-
raviglia di favella comune le dio spirito ed impulso? Non fa
TAlighieri, che alle forma della nuova letteratura maritò Tallo
sapere e V italiano sentire ? Scorreva al Ghibellino magnammo
nelle vene il sangue gentile di quei Romani che nella sua pa-
tria distrutta
Rimaser quando
Fu fatto il nidio di malizia tanta.
Il sottile ingegno stimolavate a infinite ricerche, le tristizie
de* suoi tempi colla bontà dei passati rafiì'ontando, scoppiava-
gli il cuore; e fatto l'uomo del dolore e dello sdegno ora
chiedeva con animo assegnato dalla giustizia e pietà di Dio
soccorso ai mali,
Son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
ora dalla saldezza e vastità della scienza accumulata traea
consolazione e forza a rinfiammare gli estri ricordevoli delle
glorie passate, presaghi delle avvenire
Poca favilla gran fiamma seconda.
Alla lettura di Dante Y animo si rinnova. Scolorati nell*agonia
di lucri repentini , percossi, sfiduciati al turbinìo rovinoso di
tante nefandigie e calamità ci sentiremo ingiovanire la £uitasia,
addolcire i desideri alla giocondezza ineffabile dei canti, dei
lumi, dei suoni immaginati nella suprema Casa di Dio; rin-
verdirà nel cuore la speranza ai sospiri che da ogni parte
traggono i relegati nel Santo Monte; e il tempestar dei mi-
steriosi uragani, il saettar delle grida disperate, le lande ro-
venti, le raggelate campagne, le tenebre tratto tratto ct*escenti,
y Google
LETTORI DELLA DIVINA COMMEDIA. 267
tutta la paura d' inferno gioverà a rimetterci nella via abban-
donata del valore, a ritemprarci a fortezza, a riconciliare lo
spirito annoiato col soffio vitale della poesia. »
Pabma. — Caprari prof. Achille.
Ecco quanto me ne scriveva del suo corso V istesso prof.
Caprari.
^ « Cominciai quel corso di lezioni coiranno scolastico 1872-73:
e il concetto generale, onde da principio intesi a coordinarvi
tutti 1 parziali risultamenti di parecchi anni di ricerche e di
studi, fu di mostrare neir Alighieri il vero fondatore della mo-
derna civiltà italiana, e nel Divino Poema il prototipo della
Italianità psichica ed estetica. Con tale concetto, e per rendere
r insegnamento dantesco , il meglio eh* io ne fossi in grado ,
pieno e particolareggiato, mi adoperai ad innestare opportu-
namente nel disegno generale delle mie lezioni le più notevoli
opinioni degli studiosi ed interpreti del Divino Poema, quali
da me accettate, quali combattute, quali pure allegate.
Persuaso col Gozzi, sia d' uopo mettersi in istato di essere
contemporaneo a Dante, se vogliasi daddovero intenderlo e
gustarlo, nel 1 .^ anno del Corso non posi opera che a lezioni
di apparecchio e meramente storiche, per accertare la natura
delle tradizioni e delle condizioni civili, artistiche, religiose
del popolo, a cui il Poeta apriva i tempi nuovi; onde argo-
menti principali di quella 1 .^ parte, i più dei quali svolti con
parecchie lezioni, furono: — Lo stato degli Italiani durante la
dominazione dei Barbari. — Le Leggende dei vincitori e dei
vinti. — Le istituzioni e la coltura dei vinti nei vari periodi
deir età grossa di mezzo. — La continuità dell* antica stirpe e
delle memorie latine nella gente che tra V undecimo e il duo-
decimo secolo cominciava a risvegliarsi a vita nuova in Ita-
lia. — Oli intendimenti contrari delle due stirpi, straniera e
paesana, rappresentati dalla opposizione degli ordini feudali e
comunali. — Gli insegnamenti delle scuole laiche ed ecclesia-
stiche durante Y età di mezzo. — La imitazione dei simboli ,
dei riti, delle feste pagane, condotta dal Cristianesimo a di-
versa significazione. — L* ardore del sentimento religioso nel
secolo XIII, onde le Confraternite votate alla edificazione di
monumenti religiosi, e la grandiosità e ricchezza dei templi^
dei santuari \ e i nuovi Ordini Monastici ; e le predicazioni
y Google
268 LETTOBI DBLLA DIVINA OOftDfBMA.
de* Claustrali per la pace tra le città e tra le &miglie , e le
penitenze e le processioni de* Flagellanti. — Le leggende sto-
riche e simboliche che nate e nutrite di entusiasmo reUgioso
rappresentano un primo tentativo dell* arte letteraria.
Dichiarate cosi , nelle Lezioni del l .® anno , la vita degli
Italiani lungo V età di mezzo, e le tradizioni e condizioni loro
civili, artistiche e religiose in sull'alba della nuova civiltà,
della quale la Divina Commedia parve, poco appresso, il sole :
nell* anno seguente svolgeva, quale 2.^ parte, una serie di con*
siderazioni generali sulla grand* opera cui pose mano e cielo
e terra.
E perchè viemeglio s* invogliassero gli uditori di penetrare
nel pensiero dantesco, e s* ingrandisse nell* animo loro la im-
portanza del soggetto, discorreva avanti tutto nei 2.^ anno: —
Delle Onoranze di cui Dante fu segno dal di della sua morte
alla festa del Centenario. — Degli studi Danteschi in Italia. —
Degli studi Danteschi fuori d* Italia. — Delle principali illustra-
zioni , colle arti del disegno , nostrali e straniere , generali e
parziali della Divina Commedia. — Delle fantasìe dantesche
nella storia della pittura italiana, e specialmente nei capolavori
di Giotto, di Raffaello, di Michelangelo.
Indi passava a considerare e dichiarare di mano in mano:
— Il Disegno generale del Poema e 1* ordine particolare di
ciascuna delle tre Cantiche. — Il Fine principale propostosi
dair Alighieri colla composizione del gran lavoro — Il Concetto
politico — Il Concetto religioso.
E ad illustrazione del Concetto religioso e politico del
Poeta : — I disegni e i tentativi di Federico 11.^ per rialzare
1* Impèro di fronte alla Chiesa di Roma. — Il Pontificato di
Bonifazio VIII.° — La impresa in Italia di Arrigo VII.®
Chiudeva questa 2.* parte colla esposizione e dichiarazio-
ne : — Delle dottrine filosofiche dell* Alighieri.
Finalmente nel 3.® axmo del Corso mi accingeva a svolgere
la parte più particolareggiata dell* insegnamento, cioè la illu-
strazione storica ed estetica di tutti i noteToli episodi della
Divina Commedia. Questa è la parte più ampia del Corso delle
mie lezioni eh* io non ho per anco del tutto adempiuta, man-
cando nella Biblioteca parmense, e non avendo potuto sin qui
procacciarmi altronde, alcune opere che mi è d*uopo cercare
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LETTORI DELLA DIVINA COMMEDIA. 269
diligentemente per notizie particolari e certe, su personaggi e
su cose de* tempi ricordati da Dante.
Non intimo di aver messo avanti, nelle cose da me esposte
a* miei uditori , che nulla o assai poco di novo : ma se mi
iòflsero concessi e agio e mezzi, quali mi si converrebbero per
dar perfezione a codesto Corso d' insegnamento dantesco e pub-
blicarlo colla stampa, parmi, se vanità non m'iUude, torne-
rebbe a non pochi di qualche utilità col fornire tutte, raccolte
insieme e coordinate in un concetto generale, le cognizioni più
acconcie per ben comprendere e gustare il Divino Poema; e,
quel eh* è meglio, confiderei contribuisse a &r si, che molti
de* nostri giovani , sortiti ad essere valorosi nelle lettere , sì
vedessero ritornare una volta in sulla via nostra propria e
diritta del pensiero e dell'arte, ora al mio parere smarrita,
richiamativi appunto dal grido dell* Alighieri
K Tornate a riveder li vostri lìti ;
«t Non vi mettete in pelago, che forse
«t Perdendo ine, rimarrete smarriti. »
Rondarti Alberto, Di un corso di Lezioni sulla Divina
Commedia. Parma, Grazioli, 1876. — V. Borghini, A. in,
pag. 95.
Ravenna. — Ciardi Luigi,
Fin dal Genn. 1866, il Consiglio comunale di Ravenna,
rinnovellando l'esempio della fiorentina repubblica, sapiente-
mente deliberava 1* instituzione di un pubblico insegnamento
della Divina Commedia e delle dottrine dantesche. La cattedra
venne aflSdata al prof. Ciardi. Il coi^^o dura sei mesi; dal De-
cembre a tutto Maggio, due volte la settimana, il giovedì e
la domenica. — lo spiego, cosi il Ciardi, la metà di un canto
nel senso storico , estetico, morale ed artistico ; duro a parlare
un* ora, mi giovo più che altro dei comentatori antichi, perchè
essi più vicini a Dante hanno meglio compreso il concetto del
Poeta, ed i moderni sono più per Tahalisi e per le parole.
Cosi vengo a spiegare un canto per settimana. A finire tutto
il corso della Divina Commedia occorrono sei anni, ed io sono
già nel secondo corso, ed il 6 Dee. di quest*anno proseguo le
spiegazioni pubbliche seguitando dal e. xx deirinfemo, ove son
y Google
270 LETTORI DELLA. DIVINA. CX)MMEDIA.
rìmasto alla fine del Maggio scorso. Queste lezioni sono ik*e-
queatatissime , e specialmente dai maestri e dalie donae. Le
signore si fanno un pregio di venire la domenica a queste
spiegazioni, e sono d* esempio al sesso forte. Il metodo che io
tengo è. analitico, e cerco piii che altro di mettere in evidenza
il concetto di Dante e farne rilevare il bello. Le Allegorie che
non s* intendono piìi, e non sono più di moda, ora che la lette-
ratura ha assunto un carattere nazionale, io le lascio. Il poema
ò essenzialmente storico ; e se troverò i mezzi per potere un
giorno o r altro stampare il mio Commento sopra Dante, spetto
far vedere tante escogitate interpretazioni dei Commentatori,
specialmente moderni, (?) spero restituire a Dante la sua vera
grandezza, e dopo il mio cemento, pochino ma pochino ci sarà
da dire di più sopra la Divina Commedia. In somma io voglio
fiire (e qui gli svelo un poco il mio secreto), a Dante quello
che ha &tto il Martini alla Bibbia, che ha messo a sedere
tutti gli intei'preti. — Ed io fo voti perchè gli giovi ripetere :
S'io dico il ver, r effetto noi nasconde,
Bertolucci L, La cattedra dantesca di Ravenna. L* Emula-
zione, Luca Benedini, 18 Apr. 1875.
Roma. — Venturini prof. Domenico.
t^; Nel 1874 e 1875, ogni domenica, tenne le sue lezioni nel
locale dell'Arcadia, al palazzo Altemps. ' — I Ragionamenti
recitati r undici e il diciotto Decembre 1 874 sopra il passo di
Dante — Colui che fece per viltate il gran rifiuto — e che
furono già pubblicati (Roma, Tip. alle Terme, 1875) sono la
XXXVII e la xxxviii delle sue letture dantesche. Il cav. Giancarlo
Rossi più volte ne diede conto in pubbliche effemeridi, com'è
chiaro dalla premessa lettera di dedica.
Trieste. — Occioni prof. Onorato.
Il Tempo di Trieste (10 Gen., 24 Febbr., 6 Apr. 1866) ci
dà un sunto delle lezioni dette nella sala della Società di Mi-
nerva che furono entusiasticamente applaudite.
Verona. — banchi ab. Giuseppe.
Il prof. Zanchi tenne un corso di lezioni sulla Divina Com-
media negli anni 1872-73. Venne esso iniziato dalla benemerita
y Google
LETTORI DELLA. DIVINA COMMEDIA.
Lega d* Insegnamento (1), e pel gentil sesso. Ds
cinquanta signore, tutte le feste, con severo racci
traevano a disbramarsi la sete a quella indefett
della vera vita. Nelle vostre conferenze, scriveagU V
« le svariate cognizioni storiche e filologiche e
squisizioni filosofiche quasi vi dirompono incessa
mscello che alta vena preme, senza mestieri di
mezzo il camino, senza soccorso di note scritte
nella tenacità di vostra memoria che serba tutto
a lei. » Comentò pressocchò tutto V Inferno. È ben
cessasse del rimaso arringo, nel quale era entrs
onore.
Smania Michelangelo, Alcune parole sul C
Divina Commedia, Lettera al prof. ab. Giuseppe
rona, Civelli, 18T3.
(1) La Lega Italiana dell' Insegnamento dirìgeva all' eg
ia presente lettera.
X. 24. Verona, 3 Die,
Illustrissimo Sig. Prof. Zanchi
Il Comitato ringrazia la S. V. lUustris. per la generos
• '[Mira da lei professata nel passato anno, spiegando, in le
Divina Commedia alle nostre concittadine.
Qncll' insegnamento , accolto con sommo favore e mo
torno senza dubbio di ^ande onore alla Società, in nome (
a consacrarlo alla Patria.
Rinnovandole* i più vivi atti di grazia, il Gomitato si oi
con profonda osservanza.
Per il Comitato del Circolo di Verona
y Google
272
COMENTI
NUOVE EDIZIONI DI COMENTI (1)
fJfM. DtuU» ir, 988)
Camerini Eugenio, La Dtnna Commedia di Dante Alighieri}
con Note tratte dai migliori commenti^ Edizione stereotipa.
Milano, Sonzogno, 1875.
Eug. Camerìni, Anconitano, m. in Milano il 1.^ Marzo 1875. —
< Quanto alla esposizione del divino poema, cosi egli, altri era
tra due vie e brame ; o si voleva rifondere nella propria mente i
lavori degli ottimi espositori precorsi ; ma a ciò si richiedeva
la sapienza e la forza di mente del Tommaseo; o si poteva
raccogliere il meglio e ordinarlo convenevolmente, ponendo a
ciascun passo il nome dell* annotatore , che avea per primo o
piti argut£^mente spiegato questo o quel passo. A questa via
m* attenni; studiandomi di ricostituire il pensiero dei più in-
tendenti sul senso del testo della Ck)mmedia Nei punti dubbi,
e controversi allegai spesso i diversi pareri, ma brevemente
Un cementatore recente di Virgilio disse : Choùc est invention.
La parola è superba. — Diremo : Scelta è discrezione — non
ò già il brancolare dell'orbo, che non sa ove si vada e pur
si partCj ma Tappoggiarsi del fievole al robusto ed al saggio.»
— 11 Camerini dichiara di aver seguito la lezione, fermata con
tanta squisitezza di diligenza e di giudizio dal Witte; sebbene
non costantemente, attenendosi principalmente per le varianti
alle due edizioni degli Accademici della Crusca.
Di questo suo Cemento, scriveva egli il 22 Maggio 1873
al prof. Pennesi ch*ei chiama suo fratello in Dante: —
4L Che dura impresa è lo stampare, massime quando gli editori
non pensano che al guadagno > ed anche del grande e santo
nome di Dante fanno mercato! Dell* Inferno, dell* edizione illu-
strata, il Sonzogno vendè sopra diecimila esemplari; meno del
Purgatorio, e ancor meno del Paradiso; ma sempre tanto da
(1) La Divina Commedia con note del Costa e d' altri più recenti coiii-
meu latori venne pubblicata in 3 voi. dal Guigoni di Milano, 1873.
y Google
OOMBNTI. 273
guadagnarne assai bene. Il Pagnoni spacciò anc)i'egli parecchie
mìgìiaìa de* suoi Danti, col Cemento di quel grand* uomo del
Tommaseo: ed è almeno un conforto che si propaghi sempre
più Tamore e io studio del sommo maestro di lingua, di poe-
sia e di vera italianità. — Io . . . conservo sono Teca , e con
gli altri ad una potestate. — Ed il primo Luglio del 73 gli
rescriveva : ad altri sconci, eh* io vado appostando, si riparerà
in una terza edizione, che desidero tarda al possibile per aver
tempo di riviere davvero. — Non guadagnandone nulla, è
forza eh* io attenda ad altro. — Solo in qualche ritaglio di
tempo getto rocchio qua e là sul Dantino, e vedo che e* ò an-
cor molto da ridire. — Ma di tante fatiche il Camerini fu dal
tipografo men che convenientemente retribuito. » Se le raccon-
tassi, cosi egli allo stesso Pennesi, tutte le pene che io n*ebbi
e il picciol utile che ne ho ritratto, ella stupirebbe ; e si già il
Sonzogno ha in poco piti d'un mese spacciato quattromila
copie, ed ora ne tira altre quattromila!!
COMENTI INEDITI ANTICHI
PER LA PRIMA VOLTA PUBBLICATI
CV, Mum. IkaU. IV. 8*0),
Commento alla Divina Commedia d* Anonimo Fiore>tino
del secolo XIV, ora per la prim,a volta stampato a cura di
Pietro Fanpani, T. iir, II. Paradiso, Bologna, Romagnoli (Tipi
Fava e Garagnani) pubblicato il giorno 1 Giugno 1874.
« Tutto il Commento dell* Inferno, scrive il Fanfani nella sua
Prefazione ai lettori , è dell' Anonimo Fiorentino ; ed è opera
bellissima, originale, schietta di favella e di stile, ricchissima di
notizie storiche, biografiche e aneddote : una vera delizia, da in-
vitare anche il più ritroso a spendervi attorno ogni cura amorosa.
Entrato nel Purgatorio, mi accorsi che qua e là, e piìi spesso
quanto più si saliva verso il Paradiso, il nostro Anonimo si
trovava conforme al Commento che si dice di Jacopo della
Lana ; se non quanto raddirizi^ava parecchi luoghi. Nel Para-
diso poi si trovano quasi in tutto conformi, salvo le solite
addirizzature. Come va questa cosa ? Errò dunque il De Batines,
18
y Google
274 CX)MENTI.
che il codice palatino del Paradiso lo diede per il seguito del
nostro Anonimo, quando invece era di Jacopo. Ma questo Com-
mento di Jacopo della Lana è proprio un* opera condotta tutta
dal valente Bolognese, e da lui hanno preso tutti ; ovvero egli
si è giovato di altri commenti preesistenti? Io non lo accer-
terei, perchè tutti i ragionamenti ùktiì su questo argomento
dal signore Luciano Scarabelli, non mi fanno veder netta la
cosa; e dair altra parte non mi so dare ad intendere come
mai, se T opera del Lana fosse originale, e tutta quanta di lui,
molti luoghi si debbano trovare smozzicati nel suo Commento,
che poi si trovano interi, o in quello detto V Ottimo^ o nel no-
stro Anonimo ? Non porta il pregio mettersi qui a fax lunghe
dissertazioni per provare o riprovare Tautorità di questo o di
quel Commentatore. ...» L'Anonimo dato dal Fanfsmi, scrive lo
Scarabelli, è per una parte certamente originale, di particolar
disegno, di propria dicitura, anche dotto ed elegante, ma non
arriva che a tutto il x del Purgatorio, con qualche piccoli
tratti qua e là lungo il resto e sino al finir della Cantica. //
LambertinOy u, xlvu.
NUOVI COMENTI
CV. Man. Data. IV, SiSJ.
Db MàBZo Antonio Gualberto, Commento delia Divina
Commedia di Dante Alighieri, V Inferno. Firenze, Grazzini
Giannini, 1864-73. Tip. Pier Capponi. Un voi. in 4** grande di
pag. 1120.
€ Ardente il cuore non che d'altro di patria carità, bramoso
di fruttar prò a tutti del bel paese, mi auguro di produrre un
Commento di nuovo genere, fiduciando di aver dato nel segno
nel disvolgere e disvelare su la lucentezza della verità T intimo
mistico senso della Divina Commedia. Del che mi fo malleva-
dore, mercè la rassicuranza e la certezza con cui ha progredito
il mio spirito nella investigazione; perciocché quando altri si
sarà piaciuto di mirare il poema dantesco da un lato o da
tar altro esteriormente, non mai di fermo si sarà studiato di
toccargli il cuore, vederne i moti, ricordare i tempi, osservarne
y Google
cx)MENTr. 275
le circostanze, rammemorarne i costumi, le vicissitudini, le
agitazioni, le turbolenze, gli odii e le vendette. Ciò considerato,
avrebbe potuto discender con Dante neirinferno, scorrere il
Purgatorio, e volare al Paradiso ; avrebbe potuto , guidato dalla
fiaccola della Filosofia e della Teologia, inoltrarsi nel tempio
della dantesca epopea per contemplare quel bello sublime orto-
dosso, che fa grande l'uomo sulla terra, e più grande il suo
spirito, cb' è diretto mai sempre a volare a Dio. — Or poiché
mio divisamente si è di dover chiarire come Dante sia il Prin-
cipe de' poeti cristiani non pure, ma altresì quegli che abbia
raccolto intorno a sé gli elementi tutti della grandezza lette-
raria della italiana penisola, e ne abbia quasi formato un trofeo
monumentale per le età venture, perciò mi fo pregio di chia-
rire che la Divina Commedia sul cennato disegno e scopo si
ven'à presentando nei Commenti di Allegoria morale, avvalorata
io tutto dalla Sacra Bibbia e dai Ss. Padri ; nei Commenti di
Storia, sia civile, sia letteraria, sia naturale ; nei Commenti di
Esf elica comparativa, la quale dia mano all'Oratoria, alla Poe-
tica, alle scienze, ed alle Arti; ed infine nei Commenti di Fi-
lologia. E poiché dopò la Bibbia, la Divina Commedia si è il
libro, d'onde l'uomo italiano può toglier cagione di elevarsi
alla dignità e grandezza sua, perciò è che potrò assai bene
sperare che sarà fatto buon viso al desiderio di aver mirato
ad un fine sommamente utile a qualsivoglia, quanto si è V im-
megliamento dello spirito sul sentiero della virtù sociale ed
eterna. »
Dai premessi prolegomeni è facile a rilevare l' importanza del
lavoro. Ben si può dire eh' egli il gran comento feo. Nessuno nò
degli antichi né de' moderni lo pareggia di mole. Il solo Inferno,
fin qui uscito, in 4^ gr., abbraccia 1120 pagine. Non appena
venne dato alla luce il primo Saggio, si ebbe i più ampli elogi
e dal Fan&ni (Man. Dant. ir, 493) e da altri critici valenti. —
A pie dei versi, in ogni pagina, per agevolarne l' intelligenza,
vi è la versione in prosa ; poi il comento morale, estetico, storico-
filolc^co, dove pur sono notati e chiariti i più bei modi di
dire. Solo mi dorrebbe che le illustrazioni, o meglio trattati,
benché interessanti, che via via dichiarano, direi, ogni verso,
in breve tanta materia ponderosa, trattenesse i lettori a farne
lor prò, e il forte prezzo a farne acquisto. Certo in si vasto
y Google
276 COBfENTI.
emporio d'ogni sorta di dottrina vi ò molto e molto da rac-
cogliere. Però non vorrei, che per le sottoposte note, si dimen-
ticasse la divina poesia dell'Alighieri. Ed io ho sempre a mente
1 canoni posti dallo stesso poeta : e La sposizione dev' esser luce,
la quale ogni colore della sentenza &ccia parvente (Conv, u 1).
— Parlare sponendo, troppo a fondo, pare men ragionevole
(Conv, I, 2). — I lunghi capitoli sono nemici della memoria
(Conv. IV, 4).
ScART AZZINI G. A., La Divina Commedia di Dante Alighieri^
Riveduta nel Testo e commentata. Voi. i. V Inferno^ Leipzig,
Brockhaus, 1874, xii, 444 ; Voi. n. Il Purgatorio, Leipzig, Brock-
haus, 1875, xxii, 818.
Il prof. Scartazzini non solo volse e rivolse tutti i comenti
antichi e moderni, italiani e stranieri, tutte le monografie e gli
studi parziali illustrativi ; in breve, tutto quanto si scrisse sulla
Divina Commedia ; ma ne' punti più gravi ei chiama coscien-
ziosamente a rassegna le varie opinioni già emesse, le vaglia con
critica illuminata, e, andando al fondo, non di rado, si divide
da tutti, e reca la sua affatto nuova, alla quale non si può non
&re accoglienza amica. — Io devo percorrere, scrivevami egli il
29 Luglio 1874, centinaia di volumi, confrontare ad ogni passo
una buona cinquantina di comenti, arrabbiarmi le tante e tante
volte vedendo come si copiano spensieratezze, errori già da
lungo confutati, si disputa a lungo di futilità, ecc. ecc. — Né
si stette egli contento di cribrare i lavori altrui, ma gli piacque
attingere largamente alle fonti a cui bevve il sovrano Poeta.
E perciò volle approfondirsi nello studio della Somma di
S. Tommaso , la quale per ciò che concerne le dottrine dom-
matiche, teologiche e filosofiche fu senza alcun dubbio la sor-
gente prìncipale alla quale l'Alighieri attinse. Inoltre ha inter-
rogato quando la Bibbia, quando i Santi Padri, quando gli
autori classici, quando gli storici e scrittori contemporanei,
aflSnchè ne prendessero sicuro valore le sue interpretazioni, e
la maggiore utilità e chiarezza ne venisse alla esposizione del
mistico Poema. — Ed è ben assai di rado ch'ei citi sulla
fede altrui : tutto volle vedere coi propri occhi, e con mirabile
accuratezza segnarne le citazioni. Onde il lettore che desideri
esaminare se i passi riferiti sieno più o meno esatti non ha
che aprire 'il volume, trovarne la pagina, e chiarirsene da se
y Google
COMBNTI.
stesso. — Né poche cure vi spese riguard
principali lezioni vi si trovano non solo
iaiportanti autorità, che stanno per Tun
egli trasceglie quelle che, dopo matura rifl<
preferibili. Né la scelta è mai arbitraria,
messo nel testo, die* egli, una parola, non
abbia il sostegno delle più accreditate ediz
i migliori testi a penna. In breve, nel Con
tazzini, unico nel suo genere, abbiam, direi
teca dantesca, ed accumulatovi un immenso
(nel solo Purgatorio da ben oltre 30 mila
eh* è più, disposto in guisa che tanta m
lettore, ma lo meni a poco a poco addenl
r intelligenza del Poema e nella critica es
avvii così allo studio ognor più severo e ]
immortale,, eminentemente degna di essere
più che superficialmente. Ei può ben dire : l
giammai non si corse. Da quind' innanzi
con vero fintto cercare il gran volume, p
Comento del prof. Scartazzini, che il Fanfen
degno del sajcro Poema e dei 'progrediti j
il migliore di tutti gli odierni Commenti,
In una seconda edizione, che non dee
propone di rifar intieramente il comento
non disaccordi nel disegno da quello del
tantissimo sarà poi il volume dei Prolegom
la stampa del Paradiso. In esso, tra le al
tende consacrare un Ragionamento sul tei
ragionato dei libri , de* quali ha fatto use
alfabetico dei comentatori, assieme con
vita e giudizi sui loro relativi lavoriv
Io non posso non rendere qui le più sol
di grazie al dottissimo e carissimo amico,
mente, e contro mio merito, intitolare al
sua colossale fatica, onore di che vado sup
iunque più alto a cui potessi mai aspirar
De Biase prof. Luigi, La Divina Com
ghieri esposta in prosa e corredata di testo
temente interpretata nella sua Allegoria. Na]
y Google
278 COMBNTI.
€ Che ci fosse bisogno di un altro Dante in prosa , dopo
tanti sfortunati ed inutili tentativi, di opera sìffiitta, noi vera-
mente non lo crediamo : ma il sig. prof. De Biase pensa altri-
menti, e secondo lui per tal modo si potrà far di Dante ttn
libro da leggersi come un romanzo dal gentil sesso pur anco^
ed invogliar quindi le popolari masse eziandio a meditarlo
e comprenderlo. In tempi di preconizzato sufiragio universale
ci voleva proprio un Dante per le popolari masse e pel gentil
sesso ! e se ne sappia grado al sig. De Biase. Il quale ama
Dante, conosce Dante e così lo definisce: « Profondità, genio,
immaginazione, gusto, ragione, sensibilità, filosofia, elevatezza,
originalità, naturalezza, spirito, flessibilità, giustezza, abbon-
danza, finezza, varietà, fecondità, calore, venustà, grazia, forza,
veemenza , colpo d* occhio d' aquila , retto intendimento , ricca
istruzione, forte sentire, nobiltà di sentimenti, vivacità* delica-
tezza, correzione, purità, chiarezza, eleganza, armonia, splen-
dore, rapidità, patetico, sublimità, universalità, perfezione in-
sieme . . . ecco Dante Alighieri. > Che ritratto, qual vigore dì pen-
nello ! . . . L' opera, oltre esser corredata di testo ^ racchiude molte
figure, delle quali diremo soltanto che sono degne dell* Inferno.
^- Nuova Antologia, Maggio, 1876. — Il Fanfani ( Borghi ni.
a. II, p. 268), e il prof. Zambrini (Propugnatore, 1876, T. ii,
p. 506), trovano invece il lavoro del De Biase buono davvero:
ed il Fanfani le figure, se non un miracolo dell'arte, as.^i
espressive. V. De Gubematis, Rivista Europea, Maggio, 1876,
p. 580.
Anzelmi Domenico, La Comedia di Dante traslata in prosa.
Napoli, Nobile, 1875.
Ambrosi Francesco, Breve esposizione della Divina Coni-
media di Dante Alighieri. Mente e Cuore di Trieste, 1875 o
1876. ^
« La mia esposizione, scrìveva l'Ambrosi al suo Odoardo
Weis, non è fatta per dirvi : cosi va studiato il divino poema^
e cosi va inteso ; ma è fatta piuttosto per significarvi come mi
si ò presentato un libro, che lessi con grande amore, e studiai
con mente libera da gioghi e all'unico intendimento di cavare
istruzione dalle grandi verità in esso contenute. lo'spero bene
che non mi farete carico, se mi trovate alcuna volta in disac-
cordo colle idee di autorevoli Dantisti, e se ho osato troppo in
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OOBfENTI. 279
rÌTereoza di quella potenza divinatrice, di cui fu investito V alto
ingegno del Poeta. >
L'Ambrosi nelle tre fiere, vede la triplice dominazione che
opprimeva Tltalia, chiamata da Tommaso Campanella trina
bugia: tirannide (leone), w/fomi (lonza), e ipocrisia (lupa), di
che ai vestono i tiranni e tutti coloro che tendono a sovvertire
r ordine sociale cogF insidiosi apparati dei sofismi. Ragioney
Intelligenza, e Verità (le tre donne benedette), secondo lui,
costituiscono le basi, su cui poggia Fumana sapienza e tutta
la forza morale di che abbisogna una nazione per indirizzarsi
ad un grande rinovamento, ed insediarsi negh ordini della
scienza. — V. pure Ambrosi, Dante Alighieri e la Divina Com-
media, p. 13.
Mariani ab. Luigi, La Divina Commedia esposta al giova-
netto studioso. Firenze, Tip. Giuliani, 1873.
Compito del Mariani è di preparare allo studio del testo
con un lavoro, che dia un'idea chiara e completa di tutta la
machina dantesca, di tutte le sue parti, dei modi con cui sono
congegnate, degli intendimenti che in ciascuna parte ebbe il
poeta, e più fornisca agli scolari le notizie che sono necessarie, '
affinchè possano poi percorrere il testo senza che inciampo
alcuno li an*esti. Ha prescelto di fare la sua esposizione per
domande e risposte, convìnto, dalla propria esperienza, esser
questo il meto do più vantaggioso neir insegnamento. Compiono
il lavoro del Mariani due appendici, nella prima delle quali
riporta i luoghi memorabili del Poema, e ne dichiara il con-
cetto ; nella seconda tenta di spiegare i luoghi astronomici della
Divina Commedia , supponendo che il giovinetto sia digiuno
d^ogni più elementare notizia sulle dottrine che vi hanno atti-
nenza. L* operetta del Mariani fu presentata manos^ptta al nob.
S.*" Luigi Vivarelli'^lonna neiroccasione che il 4 Febbraio 1873
dava la mano di sposo alla nob. S.'* Paolina Forteguerri, e poi
stampata in pochi esemplari a spese del padre dello sposo.
L'autore soggiunge che fu confortato alla ristampa da persone
stimabili per dottrina e lunga pratica neir insegnamento.
Cabibogiovanni F., Squarci scelti dallo Inferno di Dante
spiegati e commentati ad uso delle scuole secondarie. Torino,
Favaie, 1873.
y Google
280 COMBNTI.
Doppio è lo scopo, che neUa comfùlaziooe di questo suo
lavoro 81 è proposto : I.*^ Avviare i giovani allo studio della
Divina Commedia, prima ed originaria fonte di quanto vi ha
di pili bello e di piii sublime nella italiana letteratura: 11.^ Ap-
plicare praticamente a questo grande esemplare i precetti della
Poetica e della Estetica, che è la filosofia del bello e del su-
blime. ~ Avviare la gioventù allo studio del Dante dando-
glielo tutto intero alle mani, gli par impresa impossibile, onde
ha divisato di trasc^liere dal solo Inferno que* canti o squarci
che hanno piìi del descrittivo e dell* immaginoso, e quelli tri-
tamente spiegare volgendoli a verbo a verbo in &cile prosa,
e corredandoli di tutti gli schiarimenti storici e mitologici che
fiicean uopo alla piena intelligenza del testo, e di tutte le
osservazioni che si addicono alla filologia ed alla parte piii nobile
della lingua. Tralascia quello della Frandaca di Arimino, e
spera che gli educatori non gliene &ran rimprovero.
Sqiuirci della Dimna Commedia con alquante Varianti
che si trovano nel Quaresimale latino del P. Paolo Attivanti
di confronto alia lezione CLdotiata dagli Accademici della Cru-
sca con la tessitura delle tre Cantiche e con molte chiose del
medesimo volgarizzate da Luigi Razzolini. Bologna, Romagnoli,
1876. (Estratto dal Propugnatore di Bologna, voi. xi).
Il P. Attavanti nel suo Quaresimale latino, tra le molte
autorità eh* ei porta per avvalorare i sacri suoi temi, cita molti
passi della Divina Commedia, che molte volte discordano dalla
volgata, ed a quando a quando con bel garbo gli commenta.
Il Federici, già fin dal 1836, tolse a metterne in rilievo le
Varianti, di confi*onto con la lezione del Nidobeato, ma si passò
affatto delle Chiose, alcune delle quali veramente importanti.
E il Razzolini, della cui benevoglienza grandemente mi onoro,
ce le dà ora volgarizzate con sì squisito sapore di lingua, che
meglio non se ne potrebbe desiderare. L* Attavanti ci assicura
di aver interpretato, ed ampiamente, il divino poema, alla let-
tura del qual comento rimanda più volte il suo uditore. Onde
convien ritenere che di quei giorni fosse divulgatissimo. Ma
siccome andò sventuratamente perduto, e piii prezioso ci toi*na
il dono del Priore Razzolini. — L* Attavanti sortì i natali a
Firenze, di antichissimo nobile casato ; a sette anni fu accolto
nell*Ordine de* Servi di Maria, nel quale tenne i più alti uffici ;
Digitized by V^OOQlC
COMBNTI. 281
ebbe grido di orator sacro eloquentìssimo ; mori ottantenne
nel Maggio del 1499, e fu sepolto in Firenze nel suo Convento
della Nanziata. — V. Tart. del Fanfani nel Borghini 15 No-
vembre 1876.
Zacheroni G., Del primo canto della Divina Commedia
di Dante, Cemento, Marsiglia, Mossy, 1841.
Pasquini Vicenzo, Interpretazione del i Canto delt Inferno
col testo a fronte. — Passi difficili e controversi. La prima
Allegoria, 82-133.
Galanti Garminb, al chiaris. D, Luigi BenassuU Lettera II
(21 Luglio 1874) su Dante Alighieri. Brevi osservazioni su
oleum luoghi del i Canto delV Inferno. Ripatransone , Jaffei.
— Lettera III, id. Ripatransone, 21 Aprile 1874. — Lettera IV,
id. Ripatransone, 8 Maggio 1874.
11 can. Galanti , da quanto mi si scrive , ha belle e pronte
oltre 100 lettere interpretative sulla Divina Comedia. Le ottd
già pubblicate sono dirette al ben noto comentatore arcip. 6e-
nassnti. Io le lessi tutte, e con vero piacere , perchè in tutte
vi ci trovai e chiarezza, e qualche esposizione peregrina, det-
tata con garbo, da farmi invogliare di vederle presto accom-
pagnate da altre sorelle. Il cemento è in senso morale.
Boschetti dott. Abibroqio, Sposisione, Parafrasi, Glosse
e Bellezze della Divina Commedia di Dante Alighieri ad uso
della studiosa gioventii, Trieste, Appoloni e Caprin, 1870 di
p. xxv-124. Per Nozze Janovitz-Formiggini.
Saggio di Comenti del Canto ni dell'Inferno della
Divina Commedia, Programma del Ginnasio Comun. di Trieste,
1875-74, p. 3^1.
Ne* Prolegomeni ci offre un importante» discorso sul Con-
cetto, Fine, Sviluppo e Originalità della Divina Commedia : ad
ogni canto vi precede 1* argomento ; ed ogni terzina tien dietro
la sua parafrasi, appresso le disquisizioni e gli schiarimenti alla
più possibile cognizione e intelligenza delle cose contenute; a
pie di pagina le note estetiche per farci comprendere gli alti
sensi del poeta, e per guatarne le bellezze, al fine del canto
un giudizio generale , ed il sunto allegorico , ed ove il destro
gli si presenti, vi aggiunge copiose dissertazioni. Dante è spesso
richiamato ad illustrare sé medesimo. — È un lavoro, ove fosse
y Google
282 COMENTI.
compiuto, di gran lena, e che, non ne dubito, onoperebbe as-
sai 1* autore. Ma non mi par adatto alla gioventù, e per b
spesa e per la stessa sua mole. Se i tre primi canti abbrac-
ciano 176 pag. in 4", di carattere fitto, l'intero comento no.-
ne può dar meno di 1800 Ed un giovine, anche il piii ftd-
dioso, se ne ritrarrebbe sgomento. — Il Dott Boschetti ha pu
pubblicato un Avviamento allo studio delia Divina Commedii,
di cui, egli dice, ognuno che imprende a leggere Dante ùo-
vrebbe essere dapprima erudito.
De Crollis Domenico , Ragionamento sopra Dante, — C -
mento al vii Canto della prima Cantica di Dante. Roma, Boni-
zaler, 1833.
La. Farina Giuseppe, Su di un passo del Canto xiv dt'-
l* Inferno dantesco. Lezione detta aW Accad. Pelorùana. Nel
Faro di Messina, i, 342-47.
Bozzo Gius., Ragionamento critico intomo ad un htwj
famoso della Divina Comedia (Inf. xx, 20-30). Palermo, Tip
II. delia Guerra, 1830.
Intorno al Canto trigesimo primo della Divina Cofn-
media. Osservazioni filologiche, Palermo, Tipogr. del Giora.
Letter. 1841.
La Farina Giuseppe, Lezione sopra un passo del C. xxxtv
delC Inferno^ letta nelCAccad. Peloritana, Nel Faro di Messina.
1836, i, 206-223.
Grimaldi Odo ardo. Saggio di una nuova esposizione di-
dattica della Divina Commedia, (G. i del Purg.). Temi, Stabii.
Tipogi". Ternario, 1870.
Giuliani Giambattista, Dante spiegato con Dante. Il C. xxir
del Purgatorio. 11 Propugnatore, a. tv. Dispensa m, Maggio
e Giugno, 1872, p. 394-437.
F. B. D. S. C, (P, F, Bonaventura da Sorrento, Cappuc-
cino), Prolusione del Commento sul C, xi del Paradiso della
Divina Commedia, — Annali Francescani, Periodico religioso
dedicato agli associati del terzo ordine. Milano, Maiochi, 1870.
A. I, voi. I, p. 99. — S. Francesco d* Assisi. I. // secolo di
S. Francesco, p. 151. — La patria di S, Francesco, p. 175.
— Lo sposalizio di S, Francesco, p. 199. — La paternità di
S, Francesco, p. 251. — / primi figli di S, Francesco, p. 347.
— S, Francesco a Roma, p. 391. — La progenie di S. Fran-
y Google
COMENT!. 283
Cesco, p 477. — S, Francesco in Oriente. Le Missioni, p. 487,
555. — S, Francesco al monte delfAivemia. Voi. ii, p. 200.
— S. Francesco sul colle delV Inferno, p. 221.
Rocchi Gino, Note al xv canto del Paradiso di Dante. Bo-
Ic^na, Gamberini e Parmeggiani, 1874.
BoRGHiM VicENZO, Errori di alcuni Commentatori di Dante
e principalmente di un falso Vellutello. Sensi e voci dichia-
rate nella loro proprietà e valot^e. Studi sulla Divina Com^
media. Firenze, Le Monnier, 227-269.
Osservazioni sopra le bellezze notate ne* Canti del-
r Inferno xvii-xxii. Id. 217-99.
Degli antichi, il Borghini sopra tutti, a giudizio del Giu-
liani, indicò le veraci norme per V interpretazione del Poema
sacro. Nelle sue Note sul falso Vellutello traluce sempre T in-
gegno, lo studio de* classici, e il finissimo ingegno. Oltrecchè
gli piace addentrarsi nelle finezze delle proprietà per le quali
Dante apre veramente il suo concetto, e fa, dirò cosi, leggere
in sé stesso. Le osservazioni alla voce discoscesa, cupa, scoppia,
trapela, insolla ed altre molte, sono opera di consumati studi
e mostrano la proprietà in Dante, come disse il Borghini, essere
miracolosa. Lo studio costante nel Poema lo condusse a notarvi
la part« estetica. Le osservazioni, che ne fece, parvero al Gigli
pur un buon saggio da darsi ai novelli cementatori, che decla-
mano il bello, ma spesso non sanno mostrarlo.
Stroochi Dionigi, Parecchie Osservazioni sopra alcuni
luoghi della Divina Commedia, e specialmente sulle rispettive
lezioni e chiose del P. Lombardi. NeW edizione Romana del
1815, IV, 176-184.
Spiegazioni di alcuni passi della Divina Commedia.
Fanelli, La D'JnafiiJoamedia opera patria. Pistoia, Gino, 1856-
57, li, 57-106.
Fiacchi Luigi, Sopra alcuni passi della Divina Commedia di
Dante, Lezione detta alV Accademia della Crusca il di 19 Giugno
1818. Torino, Stamp. Reale, 1819. Atti della Crusca, ii, 117-129.
Ferrucci Luigi Gbisostomo, Osservazioni sopra alcuni luo-
ghi della Divina Commedia. Giorn. Arcad. xx-xxn (1820).
Osservazioni sopra il i canto deW Inferno. Giornale
Arcad, xxm, 207-211.
y Google
284 COMENTI.
PbrTicari-Monti Costanza, Pensieri sopra cUcuni passi
deir Inferno, Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia ,
T. I, 1832, p. 40-46.
Riguardano i v. 55 del C. ii ; v. 25 del C. ni ; v. 39 e 97
del Canto stesso ; v. 31 del C. iv ; v. 109 del C. v ; v. 13 del e. vi.
Fabdella GivsBPPE ^ Rischiaramenti sopra alcuni passiì
della Divina Commedia, Giorn. Lettor, di Sicilia, 1836, uv,
289-327.
Montanari Ignazio, Dichiarazione di alcuni luoghi della
Divina Commedia, Giornale Arcadico 1839, lxx, 206-222.
Mezzanotte Antonio, Osservazioni intomo ad alcuni luo-
ghi della Divina Commedia comentata dal Biagioli opportune
a rettificare il modo con cui alcuni di essi furono interpretati^
e a proporre di piii altri una nuova interpretazione, Neil* Im-
parziale di Faenza, 1841.
Venturi Pietro ^ Osservazioni sopra alcuni luoghi della
Divina Commedia lette nel 1841 neW Accademia Tiberina di
Roma. V. Giorn. Àrcad., xui, 200 ; l'Antologia di Fossombrone,
r, 128 ; TAlbum di Roma, 1842, 86.
Betti Salvatore, Lettere Dantesche, Scritti vaij, p/351-
443, Firenze, Torelli, 1856.
Son dirette a letterati diversi, al card. Mai, a Pietro Ode-
scalchi, a Luigi Biondi, a Giamb. Zannoni, a Paolo Costa, a Pier
Al. Paravia, a Carlo Santacroce, ed al prof. Giamb. Giuliani.
ToDEscHiNi Giuseppe, Interpretazione letterale di tre luoghi,
ecc. (Inf. IV, 69; xi, 21; xviii, 9). — Lettera a F. Bellotti. —
Difesa delV interpretazione proposta, — Commento del verso
56 o più veramente della voce Caorsa nel e. xi del Paradiso
— Sulla retta intelligenza del terzo e quarto ternario dei e. xxi
del Paradiso ~ Altre chiose ed illustrazioni della Divina
Commedia, Scritti su Dante, ii, 22ò-A4iia ..
Venturi Luigi, Le Similitudini Dantesche, ordinate illu-
strale e comentate, Firenze, Sansoni, 1874. — V. p. 121.
Gamba Bartolommeo, Alcune narrazioncelle toUe dai più
antichi chiosatori della Commedia di Dante Alighieri. Wener
zia, Alvisopoli, 1840. — Per Nozze Revedin-Correr.
Loria Cesare, V Italia nella Divina Commedia ^ IPediz,.
2 voi., Firenze, Barbèra, 1872. — V. pag. 113.
y Google
COMENTI. 285
Booa Donato, Dizionario Storico, Geografico, Universale
della Divina Commedia di Dante Alighieri, contenente la
Biografia dei personaggi, la notizia dei paesi e la spiegazione
delle cose piii notevoli del sacro Poema. Torino, Paravia, 1873.
— V. p. 114.
Mazzoni Toselu Ottavio, Voci e Passi di Dante chiariti
ed illustrati con documenti a lui contemporanei, raccolti negli
antichi archivi di Bologna. Bologna, Chierici, 1871, Edizione
di 100 esemplari.
Il Mazzoni Toselii si argomenta d* illustrare alcune parole
usate da Dante su la cui significazione rimasero incerti tutti i
Commentatori , aiutato da una lunga lettura di pergamene
scritte, vivente il Poeta o poco dopo la morte sua. Dopo matura
considerazione sul modo onde vennero usate alcune di <][uelle
voci dai nostri antichi, ei potè indagare quasi con certezza il
vero significato di esse. Alla cui spiegazione aggiunge qualche
schiarimento storico intorno a persone o famiglie che trovansi
nominate nella Divina Commedia « giacché le storie antiche
tratte da tradizioni volgari e lontane, ei dice, sono sempre
incerte e fallaci, come per lo contrario irrefragabili sono i
documenti contemporanei.
— — Dizionario Gallo-ItaUco, ossia Raccolta di tremila e
piti veci primitive italiane, ecc. Bologna, Tip. della Volpe, 1831.
In fine dell* opera si trova un Indice degli articoli ne' quali
ti danno alcuni schiarimenti alla Divina Comedia, che sono
dugento incirca.
Salomonb-Marino Salvatore, Di alcuni luoghi difficili e
fontroversi della Divina Commedia, interpretati col volgare
siciliano^ Lettera al eh. prof. Francesco Corazzini. Pubblicata
per la prima volta nella Rivista Filologica Letteraria di Ve-
rona, 1872. — IP ediz. con giunte, Palermo, Tip. del Giornale
di Sicilia, 1873.
Togliendo ad investigare quale parte avesse nella Comme-
dia la lingua di Sicilia, Tegregio mio amico, con molto senno
^ acume, pur illustra le voci siciliane del poema neglette , o
meglio sconosciute da tutti i Comentatori. E, come ben notava
lo Scarabelli, tanti passi difficili e controversi ne ricevono lume
inaspettato. E perciò non è meraviglia se la Scuola Italica di
, Napoli (1 Marzo 1873), la Rivista Europea di Firenze (1 Marzo
y Google
286 COMBNTl.
1873), r Archivio storico siciliano di Palermo (a. i, 1873, p. 119),
il BuUettino bibliografico di Torino (25 Ap. 1873), la Recuc
critique d'kistoire et de littèrature de Paris (17 Mai 1873), la
Nuora Antologia di Firenze (Agosto, 1873), YEco deUe Alpi
Cozie di Pinerolo (Nov. 1873), e là Dora Baltea di Torino
(27 Nov. 1873), unanimi ne facessero i più larghi e ben me-
ritati elogi.
Ca VERNI Raffaello, Conversazioni Letterarie^ La Scuola,
1873. — Consigli sopra lo studio delle lettere ad un giaci-
netto, — Giovanni e Francesco Dialoghi Danteschi, — Iliu-
strazioni Geometriche sulla Divina Commedia. L'Ateneo, 1874.
— Voci e modi di dire della Divina Commedia deWtiSo po-
polare Toscano, Il Giusti, 1876.
€ Se io dovessi fare un commento per te, Cammillo mio, un
commento accomodato alla tua età e a* tuoi studi, non vorrei
£sure altro per ora che dichiarare il senso letterale in que* v«*si,
che 0 per qualche notizia un po' meno comune o per qualche
costrutto o per qualche arcaismo s* appresentassero dei meno
chiari. Del resto poi niente. Niente di note estetiche, se non
forse in margine segnati con asteristico que^ versi , ehe 1* Al-
fieri e il Tommaseo giudicaron più belli, e ciò non come sen-
tenza inappellabile, ma come un richiamo a fermare la tua
attenzione a ricercare il perchè paressero a loro que' versi tali.
Che se tu senti altrimenti, alla libera. Le molte cose che tu
non puoi intendere ancora, meglio è lasciarle, che T ingegno
non si sgomenti. ... Io vorrei che nel mio commento , più e
meglio che per le parole, le illustrazioni ti venissero per dise-
gni con ordine diligente pensati, con eleganza d^arte condotti
Vorrei che a ogni cantica precedessero disegni geometrici della
grande conoide dell' Inferno e della montagna del Purgatorio
e delle sfei*e del cielo , secondo le misure pensate e neir alta
mente del poeta descritte : dico geometrici e non &tti così a
casaccio, come in molte edizioni si vede, ma che tu stesso po-
tessi, sapendone le misure, ricostruirle precise sopra una data
scala di proporzione , studio utilissimo, esercizio piacevole
Le vignette quando fossero scelte con amore diligente e quando
al bello dell'arte tenessero congiunta Te spressione del vero,
potrebbero tanto giovare, risparmiare tante lunghe, inefficaci
parole. — Di molte voci e locuzioni più sicuro e più pieno, ti
y Google
coaiENTi. 287
{Terrà il commento dalla lingua del popolo viva, che non da
quella dei letterati rimorta. . . . Comentar Dante con Dante è
ottimo metodo, anzi non solo Dante, ma tatti i grandi scrit-
tori e gli uomini onesti si dovrebbero cementare con le loro
stesse parole e azioni Un altro utile metodo e un bello
esc^rciado di stile è commentare Dante con gli altri scrittori.
Ecco come ne pensa il Caverni riguardo a* cementi pe' gio-
Tiaetti. E, a mip avviso, assai assennatamente. Quelli, ad uso
delle scuole, vorrebbe banditi. A vincere i passi fòrti dee bastare
la voce viva del maestro. Ora, ei dice, non si comunica la scienza
corrente in onda piena armoniosa, ma rifranta in spruzzoli
crepitanti attraverso a' bucolini delle lettere deir alfabeto
La voce viva dovrebbe riescire vie piii efficace, e da' frutti si
vedrebbe quella differenza che è tra un albero cresciuto in una
àtanza chiusa, a' bagliori di ima luce elettrica, e un' altro edu-
cato ne' campi aperti alla luce del sole.
11 Caverni nelle sue Conversazioni Letterarie e ne' suoi
Dialoghi danteschi, con critica stringente, prende a rivedere
molte chiose che corrono, non bene intese, e dar ad esse una
piii ragionevole interpretazione. E nel suo Vocabolarietio ci
fd toccar con mano come di molte voci e locuzioni più sicuro
e più pieno ci viene il cemento dalla lingua del popolo viva,
che non da quella de' letterati rimorta.
Gaddi Hbrcolani Ercolano, Vocabolario Enciclopedico-Dan-
tesco. Saggio dell'Opera, Bologna, Società Tipogr. dei Com-
positori, 1876.
« Nuovo cemento in forma di Vocabolario ci accingiamo a
pubblicare, onde espoiTe con ordine alfisibetico quanto potevasi
illustrare filologicamente e storicamente, sia per fraseologia e
mitologia, sia per descrizioni di popoli, di città, di monti, di
valli e di animali noti e favolosi È non solo di teologia
filosofia, storia, politica e filologia abbiam trattato, ma questa
ultima parte spiegammo nei suoi veri significati. Cosi abbiam
procurato con questo sistema di cemento di spiegare quanto
mai 8Ì potesse, affinchè l'opera nostra giustamente meritasse
il titolo di Vocabolario Endclcpedico-Daniesco , titolo che ri-
tenepomo il più atto a comprendere nel più lato senso il con-
cetto del nostro ardito pensiero. — E ben ardito è il pensiero
^dclco. Hercolani! Ma il dateci saggio ci assicura e dell'utilità
y Google
288 COMBNTI.
del lavoro, e della grande &tica sostenuta nel condurlo a fine.
E hmk fece, a nostro avviso, nel dargli forma di Vocabolario,
n lettore, ogni volta che ne sente il bisogno, vi può ricorrere
fidente; che la vastità della materia non gli sarà dMngombro,
ma di guida nelle sue ricerche. Nella lettura del divin poema
è buono che ciascuno quantunque può s* aiuti mettersi addentro
ne' luoghi, foi*ti a intendere, e, dirò con Dante, con la vela €
co' remi pinga sua barca. E il frutto ne sarà ben maggiore,
il diletto pure, e gli gioverà dicer: io vinsi.
BosoNE DA Ugobbio, (detto il Novello, amico ed ospite del-
l'Alighieri), Sopra la esposizione e divisione della Comm/^dia
di Dante Alighieri. Nella Vindeliniana, 1477; Nell'ediz. del de
Romanis, 1817-18 ; nella Padovana della Minerva, 1822, V. 269 •
per cura del marchese di Camelia, Pasquale Oarofiedo, 1829; e
da ultimo per cura di Pasquale Garofalo, Duca di Bonito,
con Varianti e Comenti precedute da una lettera del cav. Gio-
vanni Rossi, di Napoli, sulla vita di Bosone e dì Manuel Giudeo.
Napoli, Ferrante, 1872.
Jacopo Alighieri, Questo Capitolo fece Jacopo, figliuolo di
Dante Alighieri di Firenze il quale parla sopra tutta la Co-
media. Nelle antiche stampe della Div. Gomedia; nell'ediz. del
De Romanis, 1817-18; nella Padovana della Minerva, 1822,
V. 274 (sotto il nome di Pietro di Dante) ; nelle Rime di Cine
da Pistoia, p, 21 1. — Con Varianti e Comento di Don Pasquale
Garofalo, Duca di Bonito. Napoli, Ferrante, 1872.
Sposisione in terza rima della Divina Commedia di Mino
Vanni d' Arezzo. — - Degli undici Capitoli che la compongono
non ne vennero pubblicati che nove nel 1755 dal Raffaellì, col
nome di Bosone. Voi. xvii delle Deliciae eruditorum del Lami,
con note dichiarative del prof. Roni.
Boccaccio Giovanni, Rubriche della Commedia di Dante
Alighieri scritte in prosa e breve raccoglimento in terzino dì
quanto si contiene nella stessa. Boccaccio, Rime, per cura del
Baldelli, Livorno, 1802, p. 83-104; Raccolta di Rime Antiche.
Palermo, Assenzio, 1817, rv, 101-119; Boccaccio, Opere, Fi-
renze, Moutier, 130-52; Venezia, Cecchini, 1843, per le Nozze
Milan Massari -Comello. La prefazione è del Cav. Cicogna,
le Note del Cav. Yeludo; Id. id. per le Nozze Padova-Levi,
y Google
COMBNTI. 289
VeDezia, Merlo, 1859. Il prof. Pizzo dichiara di aver corretti
Alquanti passi, onde il senso venne meglio chiarito.
Recita di Dante cT un Frate di S. Spirito. — Ristrinse tutto
il cootenato della Divina Commedia in una Canzone, la* quale,
quantunque i*ozza, è assai felice. Nel Crescimbeni u, 276-78.
Argomenti in prosa dei Capitoli della Divina Commedia
traiti dai Cod. Triulsiano. Nell'ediz. Udinese del 1825, I, lv-
Lxix. Si leggono pure nelle ediz. della Div. Comedia di Fuligno,
1472: di NapoU, 1474; di Venezia, 1477.
Palazzi Giovanni, Compendio della Divina Commedia. Ve-
nezia, 1696, in 4^, con figure in legno. Libro raro.
Gozzi Gaspare, Argomenti in prosa a ciascun canto del
Poetna di Dante. Venezia, Zatta, 1757; Gozzi Opere, Padova,
Minerva, 1819, voi. v, p. 121-156.
Salvi Lodovico , Argomenti per ogni canto del Poema di
Dante Alighieri. Al sig. Leone de' Leoni nobile Riminese, Fi-
losofo e Medico. Verona, Ramanzini, 1744; Venezia, 1749.
Dalmistro Angelo, Sposizione succinta d' ogni canto del-
V Inferno e de primi xx del Purgatorio di Dante Alighieri
letta neir Ateneo Trevigiano^ Padova, Crescini, 1828.
Trissino Francescx), Esposizione generale per indice di
tutti i luoghi persone e Cose menzionate nella Divina Com-
media di Dante Alighieri, non ommesse tutte le sentenze,
apostrofi j similitudini ed altre figure e nomi distinti di elo-
cuzione che si riscontrano in esse. Verona, Antonelli, 1843.
Non uscì che il primo fascicolo di pag. 96 dalla voce Abate
alla voce CieL
Ambrosoli Francesco, Esposizione analitica della Ditina
Commedia. Scritti vari intorno alla Divina Comedia, Venezia,
Antonelli, 1836, p. 65-119.
Borghi Giuseppe, Esposizione della Divina Commedia, in
foggia di argomenti. Id. p. 147-290.
Marenghi Carlo, La Divina Commedia di Dante Alighieri,
Parma, Carmignani, 1847.
Vaccaro Emanuele, Sopra un Comento di Dante fatto da
Ugo. Foscolo, Riflessioni critiche. Palermo, Gab. Tip. allMnse-
gna del Meli, 1831. — V. Malvica Ferdinando^ Effemeridi
scient. per la Sicilia, T. i, 1832, p. 169-176.
19
y Google
290 OOMBNTI.
Orti Giovanni Gibolaho, Lettere sopra un inedito »?iò\v;
contenente alcune osservazioni Dantesche di Filippo Rosa M< *•
BANDO. Verona, Libanti, 1833.
Mbrcuri prof. Filippo, Lezioni sulla Divina Commedia ,
precedute da un discorso critico sovra tutti i mss. t ecUsiom
e i commentatori antichi e moderni di Dante Alighieri, e da
una tavola sincrona di tutti gli avvenimenti principali rela-
tivi alla Divina Commedia e al secolo di Dante dal 31 CC ai
MCCCXXI in cui egli mori. Programma di associazione.
L'opera doveva esser di circa fogli 40 in 8®. Vi doveano
pure essere inseriti € alcuni estratti di un prezioso manoscritto
di Dante che si conserva neir insigne raccolta di mss. posse-
duta dal sig. commend. De Rossi Il codice ha resposizion^
in latino del Purgatorio e del Paradiso, ed è scritto nel 1412
di mano di Franceschino di Poggio Romano in Faenza.
Pachini Serafino, Esame critico sul Comentario del Cesari
alla Divina Commedia del Dante, Teramo, Scalpelli, 1871.
Montanari Ignazio, Sul Comento deWArc, Bbnassuti. Gior-
nale Arcadico, Nuova sei-ie, Voi. 63, 1870, p. 209-221. — Sul
Comento del Benassuti e specialmente sul Discorso Prelimi-
nare, veggasi r articolo col titolo: Considerazioni Prodromc\
alla scoperta delT Allegoria della Dimna Commedia nel Perio-
dico di Bologna, 1871, Il Trionfo della Chiesa e la Glorifi-
cazione di S. Giuseppe, — XXI Giudizi sul Comento del Be-
nassuiij raccolti e pubblichiti dallo stesso interprete. Verona,
Civelli, 1868. — V. Man, Dant iv, 344.
Bruno Condò, Lettere intomo alle note di Gregorio di
Siena sopra V Inferno di Dante Alighieri edite per cura di
Giacinto de Pamphilis, Marsiglia, 1873, p. 22.
Pardi Carmelo, / Comentatori di Dante, L'Arte, A. ii, n. 20,
15 Ottobre 1870.
COMENTI INEDITI
Sercambi Giovanni, Comento inedito del Paradiso.
Giovanni Sercambi n. a Lucca ai 18 Febbraio del 1347,
vi morì il 27 Mai-zo 1424. — Il Sercambi dettò una crouaca
patria, in due libri, dal 1164 al Luglio del 1423, che il Muratori
y Google
I
OOMBNTI. 291
inserì nel T. xvin degli Scrittori delle cose d' Italia. Scrisse
ÌQoltre gU Avvertimenti ai Ouinìgi, signori di Lucca, cbe pub-
blicò Mons. Mansi nel 1761. Il Sercambi fu pure autore di
molte novelle, venti delle quali diede alla luce il Gamba nel
1816, in cento esemplari, notevoli per aurea semplicità e per
r ingenua pittura de' vecchi tempi ed usanze , aUe quali ne
aggiunse dodici il Minutoli.
Fra i codici della Libreria Laure nziana di Firenze, di cui
il can. A. M. Bandini dio fuori il catalogo in più volumi in
foglio, impressi dal 1764 al 1793, uno ne registrò sotto il
D. Lxxiv degr italiani , contenente un commento o sposizione
della cantica del Paradiso dell' Allighieri colla seguente intito-
lazione: — Tef'tia Pars comoedice Dantis, sciHcet Paradisus,
cura eomentario Joannts Camini. Prcecedit index rubricarum,
si^e argumentorum utritisque cantus, tum summarium eorum
quee in hac terlia parte continentur, — Il codice è in parte
membranaceo , e in parte cartaceo, della fine del secolo XIV,
e consta di fogli 382. Ha in fine la seguente protesta dello
sposibore. — € La soprascripta expositione, chiose, o vero postille
oe scripto io Joanni Ser Cambi, secondo che a me minimo
intendente p£tre che fusse lo intellecto dell'Autore; e però ogni
esempio, argomento, oppinione, conclusione, allegoria, sententia
o vero alcuno decto che in essa ho scripto, inteso o vero asse-
gnato, se lo si conforma e assomiglia al senso e al tenore
della S. Madre Ecclesia catholica Romana, approvo, affermo,
et 00 per bene dicto: se deviasse, discrepasse, o vero contra-
dìcesse al prelodato senso, sia per vano et non bene dicto ; et
però lo casso et tcgno per da nessuno valore, siccome chri-
stiano puro, fedele e verace. »
11 codice è ornato in principio di una miniatura in cui sono
figurate le orbite de' pianeti , delle stelle , e il cielo empireo,
in mezzo a cui sta la terra, V acqua ed il fuoco. Alti'e minia-
ture stanno in fronte ai respettivi canti, nelle quali è rappre-
sentato il viaggio del Poeta di sfera in isfera giddato da Bea-
trice che lo presenta ai diversi spiriti beati, che divengono
iDaestri a Dante di teologia, di storia, di fisica, eco. Dopo
r indice delle rubriche o de' canti col quale incomincia il co-
dice, si vede tracciata in poche terzine di fattura dell'autore
tutta la economia di questa cantica del Poema ; e ciò si ripete
y Google
292 CEMENTI.
in UD discorso filosofico che viene appresso, in cui combatte
tatte le opinioni intorno la filosofìa morale che si prefigge la
felicità deir uomo , e conchiude col Poeta esser sola felicità la
contemplazione di Dio; e quindi la teologia esser la sola che
insegni i doveri, le vie, onde Tuomo possa esser felice.
Ci è ignoto se il Sercambi commentasse anche le altre
precedenti due cantiche della Di\ina Commedia. Egli accenna
in più luoghi alle altre parti del Poema, ma in modo da lasciar
dubbio se voglia riferirsi al testo o alla sposizione. Nel proemio
del canto x parla però di un passo del Piu'gatorio in guisa
che il dubbio potrebbe venir meno. Anche nel secondo libro
della Cronica il Sercambi cita e largamente comenta diversi
passi del Purgatorio, dal che il Minutoli deduce, che dal suo
cemento venisse levando i brani che gli facevano in tagho, acco-
modandoli e innestandoU nella cronaca, come il simile tieue
eh' e' facesse delle Novelle. Checché ne sia, il codice della Lau-
renziana non contiene che la sola sposizione del Paradiso, nò
sappiamo se altrove si conser\i quella delle altre due cantiche.
Del resto questo lavoro del Sercambi fa fede di sua dottrina
che fu molta per quell'età, ed anzi meravigliosa se si consi-
deri che poco o niun sussidio potò aver di maèstri e d'inse-
gnamenti.
Il Minutoli (lv-lix) ce ne offre un saggio, onde si conosca
il dettato semplice, non punto differente da quello delle Novelle.
Però son curiose ^talvolta le allegorie e i sensi figurati che
s' imagina di scoprire nel testo, e no riporta alcuni. — Minu-
toli, Alcune Novelle di G. Sercambi colla vita dell'Autore, Lucca,
Fontana, 1855.
Giovanni di Serra. valle, Comento inedito deW Inferno.
« Le biblioteche ungheresi pubbliche e private contengcuo
qualche Ubro raro e manoscritti molto importanti per V Italia.
Cosi la biblioteca arcivescovile d'Eger (AginarErlau) rincliiude
fra altre ricchezze un codice manoscritto dell'anno 1407 con-
tenente la ti'aduzione latina della « Divina Commedia » di Dante
e un commento del suo e Inferno. » L' autore di questa tra-
duzione e conunento non è aitilo che Giovanni da Serravaile,
vescovo di Fermo, come lo dicono le parole seguenti aggiunte
alla fine del « Paradiso : » Explicit translatio libri Dantis, edita
a Rndo patre et Domino fratre Johanne de Serravaile arri-
y Google
mimensi Dno episcopo et principe firmano de ordine minorum
assumpto. Principiata de mense Januarii anno Domini mUesimo
qua/irìngentesimo septimo et compieta de mense maji eiusdem
anni cÌTitate Constantiensi Provincìae Magmitinae in partibua
AJemaniae vacante sede apostolica et tempore concili! Generalis
ibi constantiae celebrati. Quae translatio fuit compilata et facta
ad instantiam Reverendissimomm in Xto patrum et Dnorum
Dni Amadei miseracione divina ecclesiae Sctae Mariae novae
Sacro-Sanctae ac universalis ecclesiae Diaconi Cardinalis de
Saluti» vulgariter nominati; et Dni Nichelai Bulowig, (Buwith?)
Dei et aplicae Sedis gratia Bathoniensis et welensis episcopi
necron et Dni Roberti Halam eiusdem Sedis aplicae gratia Sa-
resburgensi eppi, qui ambo sunt de regno Àngliae in quo suaa
sedes habent. Completo libro reddantur gratiae Xto. Amen.
Amen. Amen. >
Un anonimo fu il primo a menzionare questo manoscritto
nella rivista « Tudomànyos Gyiijtemény » (miscellanea scientifica)
dell'anno 1819. Il nostro valente dotto Francesco Toldy, quando
era a Eger nell'anno 1853, Tha esaminato scrupolosamente
secondo la sua abitudine, e di ritomo a Pest ne ha parlato
al nostro egregio traduttore dì Dante, Francesco di Csàszàr.
Csàszàr si recò a Eger per studiare quel prezioso manoscritto
e r ha descritto in un articolo pubblicato nell' « U magyar
muzeum » (nuovo museo ungherese). ... — Il Tiraboschi nella
«ma vita di Dante menzionando la traduzione latina del Gio-
vanni da Serravalle dice: « L'opera non è mai stampata, ed
è nota a pochissimi; ed è forse unico l'esemplare che se ne
conserva nella Capponiana ora Vaticana, da cui io ho avuto
copia della lunga prefazione. » Tiraboschi e gli altri critici, che
si occuparono delle opere di Dante non hanno pensato, che la
biblioteca arcivescovile d'Eger contenesse un esemplare della
traduzione di Serravalle. € Habent sua fata libelli > e qualche
volta troviamo, dove non cerchiamo neppure. — La scrittura
del codice è bella, e non ostante le abbreviature si può leggerla
bene. Una sola mano ha scritto il tutto e verso la fine, si vede,
che si affi*ettava. Anche questo codice ha sofferto dall' umidità,
ma fortunatamente i soli angoH superiori dei margini sono
guastati.
Il codice è dedicato al re ungherese Sigismondo e principia
y Google
294 COMENTI.
cosi : — € Sereniissime et invictissime atq. metuendisaime Dne
Sigismondè Dei gratia Romanorum Rex et Cesar semper au-
guste nec non et Ungaine rex etc. Vestre clementissime et
Cesaree maj estati onmis sic virtus et omne imperiam, omnisq.
salus honor et gloria per cuncta vasta orbis spatia uti est bene
congruum atq. decens. Quoniam liber poeticus trium Conie-
diarum theologi poete Dantis Aldigherii de Aldigheriis de Flo-
rentia valde fortis est et difficilis nimium ad ipsum intellii^en-
dum, tura quia est editus in vdiomate Yulgari ytalico rithniice
percoiite plurimum et ornate tura quia est de materia prò-
fundìssima ecc. » Dopo la dedica, che Tiraboscbi chiama
« lunga prefazione » seguono le cantiche dell' Inferno , Pur-
gatorio e Paradiso. La seconda parte del manoscitto principia
colla dedica della prima parte senza nessuna differenza fra i
due testi. Poi viene il € praeamhulum » del commento. Il
praeambulum consiste di otto parti, cioè vi sono otto preamboli.
Dopo r ultimo l'autore discorre della nascita e della famiglia
di Dante: « Dicitur ergo Dantes auctor noster, Dantes Akìi-
guerii de Aldigueriis, pater suus fuit magnus utriusque iuris
doctor. Notandum, quod haec agnatio de Aldigueriis principa-
litier fiiit de Ferrarla. De qua agnatione ferrariensi Dnus Cac-
ciaguida de Florentia habuit unam uxorem, quam duxit Fio-
rentiam, ex qua genuit fìlium, quem vocavit Aldigherium, qui
fuit homo magni valoris et magnanimus et habuit altas cerviccs
et fastosas, fuit multum superbus. Iste Dnus Cacciaguida fuit
de Frangipanis vel Frangipanibus. Dominus Frangipanis fuit
antiqua domus de Roma, bic dnus Cacciaguida habuit duos
germanos, quorum unus fuit vocatus Elyseus, a quo mutatum
fìiit nomen de Frangipanis in nomen Elyseorum. Tandem iste
Aldigherius fuit tantae voluntatis, quod ipse voluerit domum
suam vocari domum de Ahgheriis, sicut adhuc die hodlerna
vocatur. » . . . . Dopo quel discorso intomo ali* oiigine degli
Alighieri V autore del manoscritto intraprende di caratterizzare
Dante e fra la altre cose dice: € Dantes fuit poeta theologus.
et licet Dantes possit variis modis interpretar!, ad praesens suf-
ficiat dicere, quod Dantes dicitur quasi dans te ada]iqua(!};
iste auctor Dantes dedit se in juventùte omnibus artibus libera-
libus studens eas Paduae, Bononiae, demum Ozoniis, et Parisiis,
ubi fecit multo» actus mirabiles intantum, quod ab aliquibus
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COMENTI. 295
dicebatur magniis philosophus, ab aliquibus magnus theologus,
ab aliquibus magnus Poeta. > Dunque vediamo, che la fama del
soggiorno di Dante ad Oxford non si può dire priva di fonda-
mento. Dopo di ciò viene una dissertazione intorno alla « causa
effectiva — agens et materialis » della « Divina Dommedia, »
dissertazione filosofica secondo la maniera scolastica di que' tempi.
Poi viene il commento. Il Tiraboschi non avendo veduto il
manoscritto del Vaticano, non ci informa, se ci sia pure com-
mentario del € Purgatorio » e del « Paradiso. » Nel nostro
manoscritto d'Eger non si trova altro comnaentario eccetto
quello dell' «Inferno. » Questi sono i risultati della dotta dis-
sertazione di Csàszàr — Co. Gesa Kuun, La Rivista Europea,
1 Luglio 1874, p. 406.
ILLUSTRAZIONI FILOLOGICHE E STORICHE
DI PARECCHI PASSI DELLA DIVINA COMMEDIA
CV. Man. Dani. IV. SeSJ.
Inferno. I, 20. — Nel lago del cor. Il prof. Venturini , in
una sua acroasi fisiologica, intitolata, il lago del cuore, s* ar^
gomenta di provare che Dante, molti secoli prima dell'inglese
Harvey, aveva distintamente determinato le varie funzioni del
sangue nel corpo umano. Uscirà, tra breve, in un Giornale
medico di Roma.
I. 36. — Si che il pie fermo era sempre il piii basso.
Pbtrucci Giuseppe , // pie fermo, Studio. Civitavecchia ,
Strambi, 1873.
« È Dante, tutto Dante, Dante Cristiano, Dante poeta cit-
tadino, il quale ripensando a so (forse nella occasione del Giu-
bileo, 1300) ed alla sua vita posteriore alla morte di Beatrice,
riconosce di aver dimenticato il suo voto amoroso di essersi
tolto a lei, e dato altrui, e di aver volti i passi per via non
vera. La coscienza lo rimorde e rendegli amara, quasi come
la morie., quella sciagurata via, la quale, svanite le fallaci im-
magini degli inonesti piaceri, si appalesa in tutto l'orribile suo
aspetto come una selva paurosa. Tenta egli di sfuggirla, dan-
dosi ad una vita operosa ed. al culto del vero e della virtù ;
ma in questo Tardor suo è manchevole, Si che il piò fermo
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296 COMBNTI.
sempre era il più basso, » In breve il Petruod propugna la
opinione dei Buscaino Campo. — Un andare per dolce acclivio,
che non era nò per erta, nò per piano, doò salendo in ma-
niera che richiedeva un movimento di piedi diverso da quello,
che si fa per pianura. V. Pasquini, La principale Allegt>ria,
p. 106. — Il tanto disputato del primo canto — Si che il pie
fermo era sempre il piit basso , lo spiega bene T ab. Cavemi
notando che la tema fa T uomo lento al muovere, onde sul piede
fermo a terra pesa più a lungo il corpo tutto. Tommaseo ,
Lettera al Pievano Calcinai.
I. 37-40. — Temp* era dai principio del mattino, ecc. —
Dante, che in so compendiò il saper del suo secolo, non isde-
gnò, parmi, di fermar l'occhio sopra un volume di sacristi a.
e quanto ne profitasse pur come poeta lo dicano i versi sue-
cennati. Essi altro non sono che un elegante perafrasi di una
postilla che gli venne trovata, e che può chiunque trovare ilei
Calendari (di Beda) sotto il 18 Marzo in questi termini. Sol
in Arietem. Prima dies saecuU; secondo un'opinione sul prin-
cipio del mondo accolta da Beda stesso nel suo Trattato dei
tempi, la quale facealo cominciato nell'equinozio di primavei*a.
C. Agtiilkon.
I. 43. — L* ora del tempo, e la dolce stagione.
ViLLABi Filippo, Intorno ad un luogo della Commedia JW-
tina del i canto deW Inferno, Discorso. Palermo, Roberti, 1842,
di pag. 23.
I. 45. — La msta, che mi apparve, d*un leone. — Il Ven-
turini vuole che Corso Donati sia la personalità istorica sim-
boleggiata nel Leone.
I. 85. — Tu se' lo mio maestro e il mio autore, — Verso
che risuona in quest'altri di Terenzio: Qui eum hunc accu-
sant, Naevium, Plautum, Ennium Accusant, quos hic noster
Auctores habet (Andria, Prol.). La voce italiana ha in radice
il significato della latina, eh' è da augere, perchè autori son
propriamente coloro che danno con l'opera incremento alle
scenze e alle arti. Cavemi.
I. 114-117. — Ov' udirai le disperate strida, Vedrai gli
anticki spiriti dolenti. Che la seconda mm*ts ciascun grida.
Di Sibna Gregorio, Dissertazione sopra F intelligenza del
passo di Dante (lai i, 1 14-1 17), letta aW Accademia Ponianiana
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OOMENTI. 297
di Napoii nella tornata del 12 Dicem6re 1875. Napoli, Tip.
dell' UmT. 1876 (V. Man. Dani. Voi. iv, 369).
I Comentatori della Divina Commedia intendono questo luogo
come se Virgilio dir voglia a Dante: io ti menerò per T Inferno;
dove udirai le disperate strida, vedrai gli antichi spiriti do-
lenti, che tutti invocalo ad alte grìda la seconda»morte: cioò,
come spiegano, la morte dell'anima o T annullamento della
spiritale sussistenza. Se non che il chiariss. mio amico dimo-
stra ad evidenza, se mal non erro, che V interpretazione finora
data è ^sdsa, perchò fraintende il senso vero della parola, con-
traddice all'evidenza dei fatti, ed ò contraria all'idea fonda-
mentale del sacro Poema. Percorrendo egU, quasi palmo a
palmo, i cerchi, i gironi, le holge, le ghiaccie del carcere tene-
bi'oso por ci chiarisce come dal primo lembo all'imo fondo
dell' Inferno non ci sia un' anima che invochi il proprio annulla-
mento. — La morte prima non è, per lui, che la separazione
dell'anima dal corpo; la morie, che si chiama seconda j nel
linguaggio fermo e solenne degli ascetici e dei sacri scrittori
(S. Agostino, S. Ambrogio, S. Cipriano, S. Paohno, S. Ful-
genzio), è la separazione dell'anima da Dio, quella che allon-
tana lo spirito dal Vero, dal Bene e dal Bello assoluto, nella
qual misera condizione consiste l' Inferno. È la dannazione
stessa, la natura e il grado della pena (seconda morte) a voce
alta, e a chiare note proferisce (grida) i nomi dei- rei, massime
di quella sorta di personaggi famosi, le cui. colpe, come non
poterono occultarsi nel mondo, così non possono essi restare
asoo.<»i in Inferno, dove al reato ò misurata la pena; grida
anche i rei dove le fiamme vive fiasciano gli spiriti de' malvagi
consiglieri. Questa interpretazione verrebbe a togliere tutti gl'in-
convenienti; che nella sua spontanea facilità restituisce alle
voci il proprio significato, ai costrutti il nesso logico, proietta
tale una luce sulla sentenza, che la fa veder bella in so, bella
come fiJb aureo che s' intesse nella tela del grande poema. —
V. Bolognese Domenico, Il Preludio, Riv. Scientif. Lett. di Cre-
mona, a. I, n. 7, 76, Febr., 1786.
Nel libro di Adamo, sacro ai così detti Cristiani di S. Gio-
vanni le anime dell' Inferno, chiamano a gran voce la seconda
morte j e la seconda marte è sorda alle lor preghiere (Dict,
des Apoer. i, 22^.
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298 OOMBNTI.
II. 22. — La qtmle (Roma) e il quale . . . fur siabiUii per
lo loco santo. — Roma nel secondo è Roma ideale, non quella
ond' egli si chiamò tradito ; V Impero deriva da essa ed insieme
t ammanto papale, sotto a cui non guardava ^li per anco
agli uomini che lo portavano. Questa è una sorta di profes^
sione di feda posta in principio e rimasta ferma per tutto il
Poema; se non che essendosi dopo all'esilio in luì destate
nuove passioni che pur volevano disfogarsi, senti egli averei
bisogno di scendere ad altro hnguaggio da quello che avrebbe
voluto da prima serbare. G. Capponi, Storia della Repub. di
Firenze, L. ir, e. 8, p. 170.
II. 34. — Perchè, se del venire V m'abbandono. — Vahhan^
donarsi del venire altro non vale che abbandonarsi, darsi tutto
al venire , prendere il camino senza badare ad altro , modo
eh' è tutto Provenzale. Raimondo di Tolosa: El rossiti?iols
s* abandona del chantar per mieg le bruelh. U rossignolo si
abbandona del cantare per mezzo il bosco. Nannucd. — V.
Parenti, Esercitaz. Filologica, n. 12, p. 1, 4.
II. 52. — Io era tra color che son sospesi. — Alla parola
sospesi assegna di certo un valore singolarissimo, dacché non
vuole già indicarci, che coloro non siano dannati né beati^ ma
si che sostengono solo la pena del danno nell* esser privi di Dio,
vivendone in desiderio senza speranza di vederlo pìii mai.
Perciò di forte meraviglia ci riesce il sentire fra il popolo re-
cata a un pressoché simile uso quella parola medesima, quale
a me venne fatto di notarla nel discorso d*una giovine fio-
rentina, indispettita con chi avea promesso di sposarla: Caro
mio, bisogna finirla una volta, non posso restare cosi sospesa
come un'anima del Limbo. Se volete sposarmi, bene; se no,
ognuno pigU la sua via e amici più di prima. È tanto tempo
che vo sospirando ! non voglio struggermi di desiderio : a den'
tro, o fuori, spicciatevi che sarà meglio per tutti e due, non
mi tenete piti, in questa bilancia! Qiìdiani, Dante e il vivente
linguaggio Toscano, Discorso, p, 15.
II. 62. — Il V. L'amico mio, e non della ventura, intorno
al quale ò qualche controversia fra grintarpeiri, ha il com-
mento nel proverbio toscano: Amico di ventura y molto briga
e poco dura. Cavemi»
III. 4-6. — Giustizia mosse il mio alto fattore: Fecemi la
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COMENTI. 29^
divina PoiesUUe La somma Sapienza e il primo Amore, —
e Dot' è mirabile cominciarsi dalla Giustìzia^ e terminarsi al-
l' amore, mirabile scritto V amore sulla porta del pianto ; signi-
fica che la pena stessa viene dall' amore del bene o della giu-
stizia. > A, Conti.
III. 28. — Facevano un tumulto, — Il Fanfani crede che
un tal luogo non sia stato inteso per poca conoscenza o per
poca considerazione di lingua antica. A prender quell' un per
semplice articolo indeterminato, la proposizione ha monco W
costrutto ; il pronome un appresso gli antichi ebbe il valore di
un grande^ un certo e simili, e ce ne reca molti esempi.
HI, 34-36. — Questo misero modo Tengon Vanime triste di
coloro Che visser senza infàìnia e senza lodo.
Silvestri Giuseppe, Lezione sopra un passo della Divina
Commedia letta nella solenne adunanza dell'Ateneo italiano
in Firenze il 1 d'Ottobre 1844. Firenze, Bonetti, 1844.
L'uomo debbo esser cive, e non deve riguardarsi come
nato solo per sé con tutto riferire alle proprie comodità, ed
al proprio piacere , ma si considerarsi membro vivo del gran
corpo sociale, non rifiutando, ove uopo ne sia, lo comune in-
carto, che altrimenti adoperando, verrebbe per morte a immi-
schiarsi a quel caitivo coro Begli Angeli che non furon ribèlli,
Né fiir fedeU a Dio, ma per sé foro,
n Todeschini prova che le anime rilegate nel vestibolo
dell^ Inferno, ossia nello spazio collocato al di fuori della riva
d* Acheronte, non sieno ree di alcuna grave colpa effettivamente
comnoessa, ma perdute soltanto per non aver operato nulla di
bene, e quindi per mancamento di carità. — T. Tasso in certe
note da lui apposte ai margini della Divina Commedia, giunto
a' versi , ove si parla della pena sensibile degli sciaurati che
mai non fur vini ( v. 64 e seg. ), scrisse queste parole : « Se
questo è il Limbo, dove non è pena di senso, ma solamente
di danno, in che modo sentono queste molestie? E se non è
Limbo, com'è innanzi all'Inferno? » Anche il Todeschini os-
serva ch'era forse più convenevole che nel vestibolo avesse
collocato coloro ch'erano perduti pel solo mancamento non
malìàoBO della fede, Limbo dei sospesi, ed avesse riserbato al
primo cerchio del vero Inferno coloro ch'erano imputabili del
mancamento di carità. V. Todeschini, Scritti su Dante, i, 79-92.
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300 COMENTI.
III. 50. — E vidi r ombra di colui. Che fece per viliaie il
gran rifiuto, — È ben vero che Pier Celestino venne cano-
nizzato da Papa Clemente V con suo decreto pronunziato nel
1313 .. . ma quel decreto giacque per 15 anni negli archivi
papali, non conosciuto nel mondo ; e la venerazione di Pier Ce-
lestino non fu pubblicamente imposta ai fedeli se non dal suc^
cessore di Clemente. . . . Dunque la promulgazione della santità
di Pier Celastino non avvenne, e non costiinse i fedeli a rive-
renza verso luì, se non alcuni anni dopo la morte dell^ighieri ;
dunque potè rAlighieri, mentr' egli visse, giudicare a sua posta
Pier Celestino, senza fare oltraggio air autorità della chiesa:
perlocchò non rimane più nessun ragionevole motivo di dubitare
che qui non abbia veramente colpito il predecessore di Boni-
facio Vili. — Dobbiamo poi avere siccome certissimo dal vmrso
59 che Dante vide e conobbe anche in questa vita^papa Cele-
stino : che se egli è affatto incredibile che lo potesse vedere
e conoscere nella romita cella degli Abruzzi, o nella rocca di
Fummone, dobbiamo tenere per indubitabile, che n* ebbe cono-
scenza in Napoli sul declinare del 1294. Todeschinì^ i, 202 e
seg.; II, 350.
ViANi P. Bonaventura, Bel vero senso delia ventesima ter-
zina del III Canto dell' Inferno. Opus. Rei. Mor. e Letter. di
Modena, Luglio ed Agosto, 1875, p. 3-47.
Sostiene che il Poeta alluda al rifiuto di Giano Del BeUo.
Venturini Domenico, Colui che fece per viUaJte il gran ri-
fiuto. Ragionamenti. Roma, Tip. nell' Orfanotrofio alle Terme,
1875.
Nella prima parte dimostra che Papa Celestino V non è,
né può essere colui che fece per vi/tate il gran rifiuto ; nella
seconda che questi invece fu uno della casa di Vieri de* Cerchi.
— V. Costantini, Sullo scopo della Divina Commedia, p. 62-70;
Amari, Guerra del Vespro Siciliano, 361 ; Man. Dani, iv, 370.
III. 82. — Ed ecco verso noi venir per nave.
Lumini Apollo, Studii sulla Divina Commedia, Caronte. Vi-
gevano, Spargella, 1874.
III. 111. — Qualunque s'adagia — Mettersi in positura
più comoda, che non è lo starsene ritto. V. Parenti, Esercitaz.
FUol. n. 12, p.9-11.
IV. 1-2. '— Ruppemi V alio sonno neUa testa Un greve
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F
COMBNTI. 301
tuono. Non il tuono d'infiniti guai, ma il tuono grave del
terremoto. Cavemù
IV. 58. — Non adorar debitamente Dio. Non credettero
in Cristo venturo (Par. xxxu, 24). Isidoro Del Lungo.
IV. 86. — Mira colui con quella spada in mano. — Nel-
r insigne bassorilievo greco dell' Apoteosi di Omei o, V Iliade,
precipua gloria di quel Greco, è per appunto figurata in sem-
bianza di donna tenente una spada in mano. Visconti, Museo
Pio Qem. T. i, Tav. d'agg. B. n. 1.
IV. 98. — Yolsersi a me con salutevole cenno: EH mio
Maestro sorrise di tanto. -— Le anime di quegli uomini gra-
vis.simi fecero non più che un cenno di salutazione : nondimeno
Virgilio se ne piacque, e solo di questo sorrise. Dante se ne
appaga per modo, che si ascrive quel cenno ad oiTevolozza.
Landoni.
IV. 109. — Questo passammo come terra dura. — Questo
modo fu usato da altri scrittori, come dall' autore del Poema
V Intelligentia, il qual disse di Cesare quando era in acqua coi
commentari in bocca, E notò tanto che fu in terra dura.
Fanfani, Studi e Osservazioni, 239.
IV. 120. — Che di vederli in me stesso m* esalto. — Esal-
tarsi di una cosa vaie Jngioirsene, rallegrarsene, compiacer^»
sene, ed è modo tolto dai Provenzali. 11 Nannucci lo prova
con esempj di Arnaldo di Marsiglia e di Raimondo Vidale di
Bezoduno. .— V. Parenti, Baerc. Fil. n. 12, p. 49-53.
IV. 129. — E solo in parte vidi il Saladino. — Il Saladino
( Seiah-eddyn ) , sorti i natali in Tekrit sul Tigri, negli anni
1137, m. in Damasco a' 4 Maggio 1193. «Il valore del qual
fu tanto che non solamente da piccolo uomo il fé di Babilonia
Soldano, ma ancora molte vittorie sopra li re saracini gli fece
avere (Boc. Gior. i, n. 3). Le sue grandissime magnificenze e
liberalità (messioni) vennero non pur da Dante altamente lo-
date nel Convito (Trat. iv, e. 11), ma da Giov. Boccaccio con
le note novelle del Saladino e Melchisedec giudeo ( G. i, 3 ),
del Saladino e del pavese Torello (G. ix, 9). — Anche il No-
vellino lo dice nobilissimo signore prode e largo. — Campeggiò
S. Giovanni d'Acri (Inf. xxvii, 89), ed a' Cristiani si mostrò
greneroso nel 1187, dopo la battaglia di Tiberiade. T. Tasso
nei X canto della sua Gerusalemme, st. 22, 23, introduce Ismeno
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302 COMENTI.
a vaticinarne le glorie. — E solo in parte^ perchò senza pre-
decessori né successori che gli somigliassero.
Questo grande Sultano, benché vissuto nel sec XII, osserva
il Franciosi, per animo e per vita è da annumerare tra coloro,
che ci rappresentano il meglio di una civiltà senza Dio. Scritti
Danteschi, 86.
IV. 134. — Quim viàrio e Socrate e Platone. — Platone,
uomo eccellentissimo^ Conv. ii 5. — Ripensando, ora a Platone
e alle poesie di quelle altissime speculazioni, scrivevamì il
Caverni, non mi pareva vero che Dante si potesse tener così
stretto alla prosa fredda di Aristotile: e infatti ripensandoci
meglio , a me pare il Paradiso tutto platonico : platonico non
solo nella forma di tutta insieme la speculazione, e quella che
può chiamarsi macchina del poema, ma anche, a coste di con-
traddirsi, in qualche minima parte, come quando, per esempio,
lasciato addietro Aristotile e Tolomeo, seguita Filolao e Pita-
gora e Platone e gli egiziani in far che Venere e Mercurio
s* aggirino attorno al sole (Par. xxii, t. 48). Schiettamente pla-
tonica ò la terzina che leggesi nel xxviii del Purg. Questi
ordini di su tutti rimirano; e da Platone gli venne quella
mirabile intelligenza della fonoia vera della terra, e del trarre
che fanno i gravi al centro di essa; intelligenza ch'ò in Bru-
netto non meno chiara, e alla quale non pensano quei che
magnificano Dante precursore del Neuton. — L'universale
consenso de* dotti principe de' ttosofi V ebbe proclamato. . . .
Qual de' poeti Omero , tal de' filosofi Platone è principe. E
Tullio stesso in certo luogo delle lettere ad Attico non chiamò
Platone suo idolo? Tutti, o in modo o nell'altro, dicon divino
l'ingegno di Platone, e sol per questo a lui di Omero, o.
quel eh' è più, fin di Dio danno il nome. Petrarca, Ep. Fara.
Lib. IV, lett. 15. — Di Socrate, di Platone e di Aristotile, V.
Conti, Storia della Filosofia, Voi. i, 291-366; e La Filosofia
di Dante (ediz. Sansoni), p. 181.
IV. 143. — Avicenna, — Avicenna (Ibn Sina), filosofo
Arabo, d'Ispahan (n. nel 980, m. in Hamadan nel 1037), uomo
straordinario tra quanti n' abbia prodotto l'Oriente sino a' suoi
tempi; si mostrò fornito d'una prodigiosa memoria, e di un
genio sorprendente per le scienze. Dettò il KeMbele^Chésd,
ti*attato di Metafisica. I suoi Canoni in medicina vennero
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COMENT!. 303
Toltati in diverse lingue e in più edizioni riprodotti. Dante ne
rer-a più volte nel Convito le sentenze a confoi'to delle proprie.
Y. CotiHy Storia della Filosofia, n, lez. iv.
IV. 144. — Averì'oiSy che il gran commento feo.
Paganini P., L* Averroè della Divina Commedia, Estratto
dalle Letture di Famiglia di Firenze 3, in, Decade ii, 1861
(Averroia, Ibn Roschd, Fil. arabo, sortì i natali in Cordova,
ui. in Marocco nel 1198).
Dante ebbe in grande stima Averroia (Purg. xxv, 63, De
Mon. I, 3), e là pure, dove per amore del vero, gli è forza con-
traddirgli, lo fa con bella libertà di filosofo, ma lo fa insieme
con tali parole, che danno a vedere com' egli, appuntò perchè
filosofo, sa accoppiare nell'animo suo la riprovazione deirer-
ix>re di cui quell* arabo si era fatto maestro alla venerazione
ed alla gratitudine che si era meritata illustrando con faticoso
commento, meglio che per lui si fosse potuto, le opere dello
Stampita E chi un poco conosce la storia della Filosofia,
sa che questi sentimenti a riguardo di Averroè, come commen-
tatore delle dottrine aristoteliche, non furonp di Dante solo,
o di pochi; ma universali posson dirsi nella Europa uscente
dalla bai'barie dell* età di mezzo. Gli scrittori dei secoli XIII
e XIV, come solevano, citando Aristotele, dire il filosofo, cosi
soleano dire il Commentatore, citando Averroè (Conv. iv, xiii).
Lo stesso S. Tommaso di Aquino che torse le armi della sua
potente dialettica contro il d^nma averroistico delP unicità del-
l' intelletto negli uomini, come contro il massimo e più perni-
cioso errore del suo tempo, in altre questioni allega i detti di
Averroè, non escluse le questioni della piii elevata teologia
Ma ben presto la stima e la riverenza verso il grande comen-
. tatore in molti si mutò in una specie di superstizione, onde si
incominciò non solo ad apprezzar più del giusto 1 lavori del-
l' arabo filosofo, ma ben anco a far buon viso agli stessi errori
in materia di fede.
Di qui la grande avversione del Petrarca contro l'arrogante
incredulità e la forma ispida ed arrufiata degli averroisti Y. Ep.
Fam, V, 1 1, 13; Var. 13 ; Sen. xv, 6. — De sui ipsius et aliorum
. ignoranUa. — De vera Sapientia. — V. Rénany Averoès et
l'Averoisme; Di Giovanni, Scienza e critica, 242.
V. 34. — Oliando giungon davanti alla ruina.
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304 coMBjm.
FoBSkccihSi KhFFjJSLLE, La Ruina di Dante secondo V api
nione di un ullimo Comeniatore. Estratto dalla Nuova Art
tologia, Firenze, Settembre, 1872.
Ruina^ rovinamento, scoscendimento della roccia, pel qiia^
i due poeti hau potuto calare dal Limbo nel cerchio dei \a\\
sui'iosi. In tal senso l'adoperò ripetutamente il Poeta nel C. \i|
e sarebbe un preacenno indubitabile , a detta d* Isidoix) D\
Lungo , a cose che verran dopo , come più volte costuma. -*
Tra il Limbo e i Lussuriosi dovea esservi un burrato , sup{><
posizione non solo ragionevole, ma anche necessaria, penl^
altrimenti non s'intenderebbe come coloro ch'ebbero la so^
colpa involontaria di non conoscer la verità rilevata, non foi
sero ben distinti e separati dai Lussuriosi, co' quali comi nei a n
i peccatori, e il vero Inferno, e lo pix)va il tribunale di iMì
nosse che quivi sorge. V era dunque certamente quel burratt
ma il tremito dell' Inferno alla morte di Cristo vi produssi
una )ruina, tanto maggiore di estensione, e tanto meno i-ipi(ì:^
quanto i peccati d' incontinenza sono meno gravi , e tivìvan^
più facilmente misericordia da Dio. Ma perchè, si dimanda. \\
anime dei Lussuriosi, quando giungono davanti alla ruina i
aUo scoscendimento del burrato che li circonda, urlano e pian
gono più disperatamente, e bestemmiano la virili, cioè la pd
tenza divina? La ragione di ciò, dice il Fornacciari, se al turni
non m' inganno, è ben chiara. Quella ruina rammenta ai dnn*
nati la potenza di Cristo vincitore dell' Inferno , la grazia ciiiJ
egli détte a tutti gli uomini, e di cui essi non si seppero pre-
valere, la sorte diversa di coloro che per essa si sono astenuti,
o emendati dal peccato, oggetto della loro più fiera invidia
E poi, non siede in cima a quella ruina Minosse, il giudici
delle colpe, e quindi, secondo che bene spiegano alcuni com-
mentatori, il simbolo del rimorso della coscienza? E ben ?i
conviene ai Lussuriosi, meno depravati degli altri peccatori ^
mentire ancora il fiero toi*mento di quel rimorso. Ognuno vede^
se non eiTO , come V una cosa spieghi T altra , e come tutto
si accordi a mostrare il sublime concepimento del Poeta mo-
rale.
V. 49. — Che sugger dette a Nino e fu sua sposa. — Fu
r Atta vanti nel suo Quaresimale, che in luogo di succedette, ci
diede la rivelantissima variante sugger dette, E chiosa: « Quasi
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OOMBNTI. 305
dica : Qudla Semiramide lussuriosissima, la quale ebbe in ma-
rito Nino, cui aveva allattato;- e perchè gli uomini non ispar-
la&sero di lei, fece una legge che fosse lecito a tutti usar donna
a piacere. Questa regina di Babilonia denigrò iutta la sua fama
col prendere il figlio Nino in mai4to, e quindi il figlio del fi-
glio Ninia, dal quale fu uccisa. » P. AUavanti, versione del Raz-
zolioi.
V. 65. — WecU il grande AchiUe^ Che con amore al fine
rombatteo. — CummàMirt^ nell'uso del popolo di Sicilia, non
significa solo oppugnare il nemico , combattere , ma quello
eziandio di sollazzarsi, ingannar il tempo, attendere a . . . ba-
dare a... ar>er che fare, impacciarsi. E Salomone-Marino,
vuole che questo verso, interpretato col dialetto del suo paese,
acquisti bella evidenza. Il critico, richiamando le imitazioni di
Petrarca, di T. Tasso e segnatamente del sac. Giuseppe Salomone,
che cantò nel Filanto: « Fimmini, comu Achilli eu nun su
pazzu, Ncucciau cu Amuri e coi lassau lu strazzu » (s'impacciò,
con Amore e vi lasciò la pelle), interpreta : « Il grande Achille,
che a vizio di lussuria fu im po' rotto in sua vita, eziandio al
fine di questa ebbe che far con Amore, e fu mandato per ciò
itll' altro mondo. » Il Traina, nel suo nuovo vocabolario siculo-
italiano, il più esatto, il più giudizioso, il più completo di tutti,
accoglie questo nuovo significato di Cummàttiri, e vi pone a
lato il verso di Dante. E a miglior riprova ei cita molti passi
tlei migliori poeti siciliani, e sovrattutto dell' analfabeta campa-
g^nuolo e poeta valente Salvatore D'Arrigo da Borgetto, in cui
ha trovato tale e quale la forma della firase dantesca, com-
battere con amore: Chi focu, chi sdilliniu e crepacori! Chi
<lògghia lu cummàttiri cu Amuri! E nel senso di spassarsi e
sollazzarsi l' adoperarono pure i latini , e cita passi di Ovidio,
di Orazio e di Cicerone; e Dante medesimo l'usò pure parlando
dell'agnello che semplice e lascivo Seco medesmo a suo piacer
combatte (Par. v, 82). V. Scarabelli, il Lambertino, ni, xv.
V. 73-142. — r cominciai : Poeta ,. , e il modo ancor m'of-
fende.
Muzzi L., Epistola contenente la nuova esposizione di un
luogo del Petrarca e di alcuni di Dante, Bologna , Nobili ,
1861.
V. 104. — M prese del costui piacer si forte, — Piacere,
20
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306 COMENTI.
vale vaghezza, bellezza per la quale si piace altrui, che g-lì
Antichi dissero anche piacenza e piacimento, in Provenzale
plazer, piacenza; di modo che mi prese del costui piacer .y«
forte, significa: m* innamorò si fortemente della vaghe: ^a.
della bellezza di costui, cioè di Paolo. Nannucd,
V. 121. — Nessun maggior dolore che ricordarsi del teìnpo
felice nella miòeria. — Anche il Floto nella sua Vita di Dante,
ammette che il Rossini udisse cantare qu^te parole in Venezia,
e ne re.stasse sì preso che si senti subito tratto ad introdui*le
nel suo Otello. Baldacchini, Studii Danteschi in Germania,
Prose, II, 115.
Roncaglia prof. Emilio, Come il verso (107) Caina attende
chi vita ci spense debba intendersi in bocca di Paolo e non di
Francesca, secondochò opinano i conientatori di Dante. Dissei^
taxìone. Bullettino annuale del Liceo Galvani di Bologna, 1875.
Posocco C. U., La Francesca di Rimini secondo la storia
e Varie. Fermo, Bacher, 1876.
Dopo aver riassunto tutto quello che le vecchie cronache
e le più recenti monografìe storiche ci hanno appreso su la
Francesca da Polenta, esamina quale partito ne abbia saputo
tirare la nostra letteratura italiana, ed analizza prima i versi
immortali di Dante e poi la tragedia del Pellico e V ultima
fantasia drammatica del catanese RapisardL
Venturini Domenico, Francesca dCAHmino e Cunizza da
Romano. Il Bartolom. Borghese di Milano, a. in, 46-62.
Espone i motivi che indussero Dante a porre Francesca
ali* Inferno e Cunizza in Paradiso.
VI. 10. — Grandine grossa e acquatinta e neve. — I Senesi
dicono tuttora acquatinta per nevischio. Uno dirà per esempio:
Guarda, guarda, nevica; e T altro risponderà: No, sai, non è
neve; è acquatinta. E di tutti i comentatori di Dante che se
ne ha egli a dire i quali saltano a piò pari questo verso,
quando potevano &r spiccare la bella gradazione che fa il Poeta,
mettendo in mezzo alla grandine e alla neve l'acquatinta? Che
se ne ha a dire? Diciamo che li tutti quanti ebber gli occhi
tra' peli. Fanfani e Caverni,
VI. 10-12. — Acqu^ Unta e neve . . . PuUs la terra che
questo riceve. — Salomone-Marino ricon^e alla lingua della
sua isola per ispiegarci quest'acqua Unta, Tinta, aggiunto a
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COMENTI. 307
cosa, tra' siciliani adoperasi per corrotto, puzzolente, schifoso;
onde femina tinta la donna corrotta di cuore e di corpo, la me-
rehnce: sangu lintu o^mpistaiu, un sangue corrotto, eh' è simile
a marcia: febbre Unta, una febbre maligna, da infezione: acqui
tìnti^ un'acqua che ne' gorghi de' fiumi e nelle gore moi'te si
stagna e impaluda in estate ed emana miasmi infettanti e fa
malaria, e l'acqua de' fiumi e de' laghi, dove, a fine di Agosto,
si mette in macerazione il lino ed il canape, e ch'esala ancor
essa insopportabile fetore. Il prof. Scarabelli tiene la spiegazione
data dal Salomone-Marino di tìnto, corrotto fetido, per certis-
sima n Lambertino, iii, xvi.
VI. 13 e seg. — Cerbero, fiera crudele e diversa, Con tre
gole caninamente latra. — Ben pone essi (golosi) ad esser pu-
niti sotto Cerbero, cane di tre fauci, che significa il vizio della
gola, che ha sempre tre bocche, colle quaU vorrebbe divorare
le cose passate, le presenti e le future. E descrive la barbA
unta ed atra, cioè scura, per esprimere gli stessi golosi, sic-
come per lo più unti a cagione della pinguedine, ed atri per
la infermità; che ancora hanno per lo più gli occhi rossi pei
fumi del vino, il ventre largo, in cui vorrebbero tutto ripon'e,
l'unghie lunghe ed uncinate per rapire da lungi e da vicino
e per ritenere; e siccome essi in questo mondo discoiavano
gli animali da cima a fondo, cosi Cerbero fa ad essi. Le tre
gole di Cerbero possono significai'e tre cose proprie de' golosi:
mangiar troppo, mangiar lautamente, mangiare ardentemente.
I serpenti poi intorno al collo di Cerbero sono le mordenti
cure dei golosi, ansiose di provedere il cibo pel domani; poi-
ché sono come il bruco ; per essi non v' è altro che il ventre.
P. AUavanti.
VI. 34. — Noi passavam su per V ombre che adona La
greve pioggia, — Adonare , provenzale , atterrare , vilmente
conculcare, e come tenersi sotto. — Nostra virtù che di leggier
s* adona, Non spermentar con V antico avversaro. (Purg. xi,
19) ; qui facilmente si conosce eh' ei nota la debolezza, e come
parlavano allora la fiebolezza delle forze nostre da esser leg-
germente abbattute e vinte senza il divino aiuto. Borghini,
VI. 52. — Voi cittadini mi chiamaste Ciacco, — Ciacco, cioè
porco. Ciacco fiorentino, che mangiava per dieci, essendo in un
convito ed avendo mangiato come un lupo quasi fino al vomito,
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308 COBfENTI.
vedendo esser portate alla tavola delle rane in quantità e lau-
tamente cotte, di cui era ghiotto, inbizzito, disse: Se dovessi
morire, voglio la mia parte; e cosi ne mangiò con tanta avi-
dità, che scoppiò. Però Dante lo ti*ovò nell'Inferno che co^l
parlava: Voi, ecc. Attavanti. V. Boccaccio G. ix, n. 8.
VI. 64. — Ed egli a me: Dopò lunga tenzone. — Nel testo
dell' Inferno la predizione di Ciacco si aggira su' guai della
dita partita dove i giusti non sono intesi : dovea pertanto io
patria essere egli tuttavia. Ma ben si ode stridere il dolore
della recente ferita in quelle furiose parole contro a Filippo
Argenti, le quali s' incalzano per piii terzine nel Canto ott;iv<>
con tanto fino compiacimento. Scriveva queste dunque già es-
sendo in esilio; ai quale si accenna chiaramente, ma in modo
assai temperato nel decimo Canto, quando oltre a due anni
dopo la prìma cacciata erano scorsi, ma tuttavia gli balenava
di tratto in tratto qualche fiducia del ri tomo. Gino Capponi
Storia della Rep. di Firenze, 1. ii, e. 8, p. 170.
VI. 74. — Superbia, invidia, avarizia sono Le tre fiivHk.
— E Giovanni Villani, L. vin, e. 68 : E questa avversità e p.-
ricolo della nostra città non fu senza giudizio di Dio pel molti I
peccati commessi per la superbia, invidia ed avarizia dei nosti*. I
allora viventi cittadini, che allora guidavano la terra. I
VII. 1. — Pape Satan, pape Satan Aleppe. Veggansi i- '
varie interpretazioni a p. 73. (V. Man, Dani, ii, 786; iv, 159i '
VII. 2. — Con la voce chioccia. — Rime aspre e chiocci'. I
(Inf XXXII, 1). Chioccio, spiega la Crusca, roco, propriamen'': '
simile al suono della voce della Chioccia. Similitudine più nobii- '
e vera, sembrami quella del suono della campana rotta, cb- '
anticamente si disse Clocha. Mazzoni Toselli. \
VII. 12. — Superbo strupo. — Sirupo non deriva dallv '
strup de' Piemontesi , ma dal latino barbaix) stropus, che si*
gnificava grex, certus ovium numerus, e per traslato, mol^
indine di pecore, truppa di gente. La radice, come ha osse*
vato il Grassi , è neh' antico Teutonico Troppe , trop , ed il
alcuni di quei dialetti slrop, onde il troupeau e la troupe ci
(rancesi, e la truppa degli italiani. Nannucd.
VII. 16. — Cosi scendemmo nella qualità lacca. — L(«<\
non valle, fossa profonda, cavità, ma fianco, o coscia, traspc-r»
tata, come spalla e piede e simili altre voci , dalle partì dei
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CO»!ENTI. 309
l'animale a significare le parti di un monte. V. Caverni, La
ScDola, 1873, ii, 321, che ne difende T interpretazione anche
dalla stessa costruzione della fabbrica deirinfemo.
VII. 60. — Qi4al ella sia , parole non apptdcro, — Bene-
detto Menzìni, toscanissimo di sangue, e buon maestro di poesia
e di costruzione, a quel luogo della sua poetica , lib. 4. — La
tropp* alta inchiesta Lascio^ ed altre cose non ci accresco, fece
Fannotazione seguente : Dante, Inf. e. vii disse : parole non ci
appodero. Il disse latinamente, ma con una forza maravigliosa.
Avrei voluto poterlo dire ancor io, e me ne sarei pregiato; ma
la rima noi consenti. Parenti. V. Fanfani, Letture di fami-
glia. Voi. n.
VII. 61-97. — Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
Paganini P., Alcune osservazioni sulla Fortuna di Dante,
(R-^tratto dall'Araldo Cattolico, 1862, Luca, Landi).
La personificazione che Dante fa della Fortuna, è uno dei
be' passi di questa Cantica, nei quali più debba essere ammi-
rato il nostro grande poeta. Oli elementi di questa personifi-
cazione son tratti da lui in parte dalla religione, in parte dalla
storia, e in parte dalla cosmologia, ma gli elementi religiosi
principalmente , non difettosi come gli storici , né falsi come i
cosmologici, di cui si servi, danno pregio all'opera della sua
immaginativa. — Colui lo cui saver tutto trascende: verità teolo-
gica e filosofica, ed è il medesimo che dire, che Dio conosce,
non solamente tutte quelle cose che hanno ima esistenza reale,
ma eziandio tutte quelle che hanno semplicemente un' esif<tenza
ideale e possibile. È la sentenza stessa, che esprime la Bibbia
con potente immagine , quando dice di Dio eh' ei chiama del
pari le cose che sono e le cose che non sono. Tutto: anche
nel Timeo di Platone tu pantòs fisis è la natura del mondo,
mostrata dal Demiurgo alle anime seminali messe negli astri.
E Lucrezio attribuisce ad Epicuro la gloria di aver perlustrato
coUa mente e coli' animo omne immensum , cioè l' università
deUe cose. — Fece li deli e die lor chi conduce. Allude qui alla
simultanea creazione dei deli e degli angeli, insegnata dalla
scuola tomistica: chi conduce, frase atta per so a significare
tanto una singolare intelligenza motrice solamente, quanto tutte
le intelligenze motrici in generale. — Si che d^ogni parte ad
ogni parte splende. Distribuendo egtuHmente la luce, specifica
y Google
310 COMENTI.
appunto il moto circolare prodotto ne* cieli dalle intelligenze
separate — Volge sua spera e beata si gode, quasi dica la
Fortuna, non ostanti tutti i clamori e i corrucci dei mortali,
prosegue a rotare la sua sfera, come fanno rotare la loix> le
altre prime creature. Quindi, siccome nella protasi è detto che
Dio ha preposto un* intelligenza motrice, o delle intelligenze
motrici, a tutti i cieli, colla legge di muoverli perpetuamente
in circolo, cosi nell^apodosi deve intendersi che similmente egli
abbia dato' in potere di una intelligenza i vari beni di quaggiù
siffattamente, che distrìbuendoh fra le genti debba far loro per-
correre un circolo perpetuo ; cioè, da prima farle piii e più pro-
gredire nelFacquisto di quei beni, finché arrivino al culmine
della terrena prosperità, e poi dar volta, e di infortunio in
infortunio ritornare alla primitiva miseria e scjuallore, e cosi
sempre. . . . Onde de' versi di Dante diremo, che contengono il
germe della dottrina dei ricorsi delle cose umane, che cam-
peggia in tutta la Scienza Nuova del Vico, e ne forma il ca-
rattere più luminoso. — V. Franciosi , Scritti Danteschi , 74,
e 126.
VII. 118. — Sotto V acqua ha gente che sospira, , . . Fitti nei
limo dicon : Tristi fummo. — Nello Stige non si puniscono che
gr Iracondi; ma perchè v'ha due diverse sorta d'ira, o per
meglio dire, due diversi procedimenti di essa, l' uno impetuoso
e r altro lento, l' uno potente e l' altro celato, poiché in somma
altro è r ira che scoppia, altro quella che cova ; quindi viene,
che di quegl' iracondi danteschi, gli uni vengono a tristi fatti,
e cozzano, e si mordono, e si sbranano fra loro; gli altri in-
vece nulla fanno di tutto ci6, ma chiudono e nutriscono la ira
nel fondo del proprio cuore, ira tanto più terribile, quanto
più rattenuta ; ecco perchè la prima divampa, e l'altra fuma.
Ed è poi detto accidioso quel fumo, o perchè lento, o perchè
tristo e affannoso, entrambi significati di acedia, come si ha
nel Ducanole. Paravia, Lettera al prof. Michelangelo Lanci.-^
Con la frase accidioso fummo, il poeta significò vivamente il
dispetto, che covarono nell'animo i tristi d'ira repressa nel
trattenersi dallo sfogo della loro collera. Todeschini,
VII. 124. — Or ci attristiam nella belletta negra. — Quella
propria che lascia il fiume quando vien grosso. Borghini.
Del Lungo Isidoro , Diporlo Dantesco. Gt invidiosi nello
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COBCENTI. 31 1
Sa^e — Le tre regioni intimali — Gli sconoscitori della
Divinità. Estratto della Nuova Antologia. Firenze, Aprile, 1873
Non si può oggimai più dubitare, per la diligenza de' mi-
gliori com^ntatori che ì superbi non sieno compresi nella prima
regione infernale, in quella cioè che termina con la palude
stìgia, appiè delle mura di Dite, e non sieno rappresentati nel
tipo yiTiasimo di Filippo Argenti: se non che il Del Lungo
pone il quesito, in quale cioè degU scompartimenti del suo
Inferno abbia Dante collocati gì- invidiosi. — Richiamata alla
meote de* suoi lettori la nota partizione dell' Inferno dantesco,
secondo la quale (Inf. xi) i peccati distribuisconsi sotto tre
grandi generi, ciascun d^essi allogato in una distinta regione,
ci dimostra la rispondenza che corre tra la prima regione in-
feiiiale e il Purgatorio, la qual rispondenza fa necessario che
la detta regione dove son dannati quelli di fuori, cioè fuori
della città di Dite, contenga tutte e compiutamente le mede-
sime specie di peccatori non pentiti, che contiene, ravveduti,
il Purgatorio, senza di che sarebbe incompleto il riscontro dei
cerchi infernali della prima regione coi sette balzi del Purgar
torio. Vi devono dunque aver posto anche gl'invidiosi. Ed essi
sono le ultime fangose genti, ultime che Dante, prima di giun-
gere nell*a/i^ fosse, terza circuizione, che vallano la città
sconsolata (Inf. vin, 76-77) vede entro la palude, e che si
slanciano addosso all'Argenti. Dagl' iracondi, die' egli, ci siamo
allontanati ch'è un pezzo : lo strano è improvviso e nuovo, e
diverso da que' primi azzuffamenti. Non sono piii, infatti, ani-
me che si percuotono e si troncano co* denti le une con le
altre : queste vanno tutte d'accordo, addosso ad un solo, a quello
ibridano, a quello si scagliano, di quello fanno strazio : ed egli
anche laggiù, nella disperazione infernale, superbo, non le
respinge , non si accapiglia con loro , ma il proprio furore
e il disprezzo verso gli assalitori sfoga sopra so medesimo*
Or non è questo precisamente lo spettacolo che di so presen-*
tano nel mondo i superbi e gl'invidiosi? — Dante nello Stige
incontra, colpite dalla medesima punizione d'essere immerse
in quell'onde, le anime degli iracondi e degli accidiosi, dei
superbi e degl' invidiosi. Nella prima circuizione gì' iracondi e
gli acddìoei: di sopra quelli, in continua guerra tra loro: di
sotto questi fitti nel limo, e perpetuamente molestati, essi gli
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312 COMBNTf.
amatori del placido Tiyere, da quella orribile e sfrenata lotta
che si combatte al di sopra delle lor teste. Nella seconda cir-
cuizione i superbi e gì* invidiosi: di sopra i superbi, nel me-
desimo modo che gì* iracondi, e, quanto a sé, disdegnosi, non
che d* oflendersi a vicenda, ma pur di guardarsi ; perciò T Ar-
genti al Poeta si presenta tutto solo, né è disturbato da alcun
assalto durante il lor breve dialogo , il che parrebbe difficile
a imaginarsi d*un iracondo tra gF iracondi. Se non che essi
pure hanno sotto di so un altro ordine di dannati ; e qui, al
contrario di ciò che segue nella prima circuizione, sono quelli
di sotto che molestano quelli di sopra. Ql* invidiosi, nascosti.
com*ò conveniente alla lor cupa e qjmulata natura, entro le
acque della palude, ogni tanto ne sbucano fuori per aggpredire
i superbi, e fanno di loro tanto più fiero strazio, quanto questi,
divorati dalla loro passione, sdegnano di opporre alcuna resi-
stenza. Cosi ai superbi il vantaggio dello stare ali* aria aperta
ò bilanciato, rispetto agi* invidiosi, dall* incomodo d^li assalti
di costoro e dallo sti*azio rabbioso eh* essi medesimi di sé
&nno : e agi* invidiosi che, come gli accidiosi, si aUrìstano nella
belletta negra, lo uscirne fuori a combattere forzatamente, non
è, se si pensi, minor pena che lo starsene. Del resto nello
Stige, più forse che in qualunque altro luogo deirinfemo dan-
tesco, è ciascun vizio pena a so stesso; un bestiale intermi-
nabile impeto d* ira sconvolge e fiacca gì* iracondi ; uno starsi
sozzo e turpissimo afibga gli accidiosi; i superbi si consumano
in vano furore (cosi è r ombra qui furiosa), a vedersi etemo
bersaglio d* altrui o£fese; gì* invidiosi, dal &ngo ove si mace-
rano, sono tratti a dare addosso senz*alcun prò a chi non ha
ormai più nulla da essergli invidiato. E di questa nuova sua
interpretazione enumera vittoriosamente le ragioni, la quale ha
pure il vantaggio di compiere la topografia dell* Inferno e tutto
il morale e penai sistema del divino poema e di rendere più
razionale insieme e più artistico lo svolgimento di quelle tetre
scene dello stige dantesco.
BoROHiNi ViCBNZO, Per che ragione Dante ne V Inferno,
havendo spedjficato e primi cinque peccati mortali, non epe--
dficassi la superbia etFinmdia, V. Fanfani, Studi ed Ossero
▼azioni sopra il testo delle opere di Dante, p. 274.
Dante, che aveva presa per base del suo sistema punitivo
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OOMBNTI. 313
la considerazione, non già de* prìnctpii moventi a peccare, ma
degrli efifettivi peccati, trovò bensì ragione di contemplare come
oggetto immediato di pena la lussuria, la gola, ravarizia e 1* ira,
ed in qualche modo anche V accidia (non come gastigo dei vizi
capitali, ma de* peccati d* incontinenza che si possono consi-
derare come semplici trascorsi della natura umana tratta dal
concupiscibile p dall* irascibile appetito, e non tenuta a freno,
compera di dovere, giusta la norma delle leggi divine) ; ma non
considerò come oggetto di speciale e proprio gastigo nò la in-
vidia, nò la superbia, mentre gli effetti peccaminosi da esse
prodotti costituiscono tali colpe, eh* erano da lui 'sotto altri
rispetti contemplate e punite. Questa osservazione non isfuggl
a quel valentuomo di Girolamo Benivieni. ... V. Todeschini^
Scritti su Dante, 38-40.
Vin. 45. — Benedetta colei che *n te s* incinse. — Nelle
annotazioni al Boccaccio, fanno quei signori lungo discorso per
ritrovare 1* origine della voce incinta e vanno argumentando
so ella derivasse dalla pregnezza delle pecore, le quali, sendo
pr^ne, si dicevano latinamente incientes. Ora dite alla Ag-
ghiadato che questa voce ò castigliana antica, ma non tanto,
che ancora oggi la gente migliore non 1* intenda. L* autorità
ci ò in un libro di begli avvisi, e, come noi diremmo, di bel
parlar gentile , chiamato il conte Lucanor dove si raccontano
molte similiade, et in una cotal novelletta dice così : El conde
partiòse de su casa, y deooó d su muger endntay y vohiendo
hallo que su muger la cual dexó encirtto, habia pavido un
nino, che vuol dire: Il conte partissi, e lasciò la moglie c«-
cinta, e tornando trovò che la sua moglie, lasciata incinta,
avea partorito un bambino. FU. Sassetti, Lettera liit. — Anche il
Tas.^ni è d* avviso che tal voce siaci venuta dalla Spagna. •—
L*annotazione dei Deputati alla correzione del Decamerone, ò la
xc nò io mi sottoscrìverei alla loro sentenza di tenersi al tutto per
una baia la comunemente creduta origine di detta voce, dapoichè
Remigio Fiorentino narra che le donne di Firenze, quando
eran gravide, andavan senza cinture, e che perdo si chia-
mavano incinte; e il Tasso cantò di donna Marfisa d*Este
gravida: Velata il biondo crine e scinto il seno La bella
donna, or che 1* ha grave e pieno. Ettore Marcucd, Nota al
Sassetti.
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314 OOMKNTI.
Vili. 56. — IV sarai sasio : Di tal desio ... — Posta l' in-
terpretazione del Del Lungo, non v*ha dub1)io che aoqnistioo
un significato morale i versi tu sarai sazio ; di tal disio con-
verrà che tu goda ; e più V altro che Dio ancor ne lodo e
ne ringrazio : i quali vengono a significare una giusta compia-
cenza del vedere come la mano di Dio anche a quelle due som
di peccati serba, nelP Inferno, condegno gastigo, ed anzi fa
r uno gastigatore dell' altro. Quando invece, nella comune inter*
pretazione, i commentatori sono costretti a spiegarsi queUa
atroce soddisfazione con ragioni poco onorevoli al Poeta : come
sarebbe « che uno fratello di messer Filippo godo i beni di
Dante » esule ; alla quale ne aggiungono un* altra che pece»
d'anacronismo, cioè che « Filippo fu a cacciar di Firenze parte
Bianca e Dante », Filippo cui Dante assai innanzi al proprio
esilio e de' Bianchi fa morto. Del Lungo.
Vili. 63. — In sé medesmo si volgea co* denti, — Pena è
certamente convenientissima ad un iracondo, che si dilanii e
strazii coi denti. Io vidi talvolta uomini presi dall'ira mor-
dersi crudelmente : pena degna di essi , che insani , miseri e
crudeli non la perdonino a loro stessi. P. Atiavanti.
VIII. 67. — Ornai, figliuolo, S'appressa la duà e" fui notne
Dite. — Queste parole, e ciò che 'segue dimostrano abbastanza,
siccome la città di Dite e ciò eh* era in essa compreso formava
un luogo notabilmente distinto da quello, che i poeti visitato
avevano nell' Inferno fino a quel punto : e come in coos^ueoza
le mura di quella città divenivano una linea di separazione tra |
r inferno superiore e V inferno profondo. Anche le resistenze
gravissime, che incontrano i due poeti prima di poter entrare
la porta della città infernale, serve a mostrare, come ivi fosse
r accesso ad un più intimo e riposto luogo, la cui condizione
era ben diversa e distinta dagli altii luoghi di pene visitati
da' poeti medesimi più sopra. ... E al G. xi, v. 85 ben sì scorge,
che Dante fa solenne distinzione fra i peccatori puniti dentro
della città infernale, e pochi puniti di fuori. Todeschini.
Vili. 123. — Scritta morta. — Io vi trovo un' espressiood
tale, che deesi dire dura quanto la morte: cioè come se dicesse:
€ Sopr' essa vedestù la sentenza di morte : » tale appunto è il
vero significato di quella scritia morta. — P. Pania, Interpretaz.
di alcune parole del Petrarca e di Dante, p. 21.
y Google
COMBNTI. 315
jy46. — E tacque e tanto, — E tacque a questo sola--
-nigyB. Landoni.
iX. 67. — Non aàrimenti fatto che d* un vento Impetuoso
.^r ffii avversi ardori. — Non devesi credere che Dante dica
i calori essere avversi, perchè « Taria scaldata, crescendo in
volume, riversa, per equilibrarsi, le sue più alte colonne sulle
più finedde : quindi i gran calori dell' una parte del globo danno
venti dall^aUra, » ch'òun anacronismo nell'ordine storico delle
idee, ma perchè secondo Aris totele, i calori vengono da parte
avversa a quella dov^ è la materia propria de' venti: questa di
sotto, quella di sopra. Camillo (R, Caverni), La Scuola, 1873,
n, 161.
IX. 73. — Or drizza il nerbo Del viso ... — È dubbio se
il nerbo del viso si debba intendere dell'atto del vedere, o del
muscolo locomotore dell'occhio. Ma comparando il significato
che dà il Poeta in altii luoghi alla parola nerbo, non dubiterei
di dire, che nerbo è il muscolo o V affilatura di lui tendinosa.
Cavemi, La Scuola, 1873, Voi. ii, 360.
IX. 79. — Fuggir . , . dinanzi ad un ... — Mercurio, per
r ufficio di messaggiere, sempre in volta e in faccende pel
mondo de' vivi e de' morti , secondo lo cantano tutti i poeti.
Betti, Osserv. sulla Div. Gomedia, Il Propugnatore, 1873.
IX. 109. — Com* io fui dentro, V occhio intomo invio. —
Mi sembra nobilissimo e sottile concetto, e degno come di
Dante cosi d'esseog meglio rilevato e chiarito che non siasi
latto sin qui, queUo d* avere lungo le mura della triste città, al
di dentro, collocati gh epicurei, cotesti grandi eresi archi del
paganesimo, e gli eretici dell' evo cristiano. — Il loro spaven-
toso sepolcreto i*ovente incorona la città del male, senza che
eglino appartengano né alla prima regione che è finita appiè
delle mura di quella, né alla seconda che si parte dall'abisso
scavato nel centro della città medesima; e cosi, nò alla cate-
goria degr incontinenti, terminata, nò a quella, non ancor co*
minciata, de' violenti. Cosiffatto rimaner essi interamente fuori
del sistenm penale dantesco non può non avere un perchè: il
qual ò questo, a mio avviso; che la natura del loro peccato
li sottrae alla comunicazione diretta, non che con la Grazia,
secondo e di tutti i dannati, che più non hanno amico il re
deif universo, ma con la Giustizia medesima, di quel Dio eh' e*
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316 OOMBNTI.
disconobbero e negarono; e perciò li pone, tra le p^rcftì^^^^^^
quasi fuori di schiera. Tale concetto potrebbe parere ntiilimii
che ipotetico, se non fosse applicabile altro che a quella i^
miglia di dannati, la cui esclusione fuor delle tre grandi c^^tc-
gorie infernali da un qualche concetto, nella mente del Poeta,
dev* esser pure stata inspirata. Ma quando noi vediamo die ,
mercè di esso, cotesta fiimiglia viene a coordinai-si con perfetta
armonia, si morale rome artistica, ad altre famiglie di spiriti
della valle d abisso dolorosa, o io m* inganno, o dal campo
pericoloso dell* ipotesi noi passiamo sul fermo terreno de* tadtx
e dell'evidenza (V. Del Lungo, Diporto Dantesco, Nuova An-
tologia, Aprile, 1873). ^ Queste classi, cosi dette intermedie,
le intitola degli sconoscitori della Divinità, ch*ei ordinerebbe
nel modo che segue: — Meno colpevoli, — Ignavi e Angeli
neutrali (nel vestibolo dell' Inferno). — Non battezzati e Pagani
virtuosi (nel i cerchio o Limbo). — Più colpevoli. — Epicurei
ed Eresiarchi (nel vi cerchio). — Giganti ( tra il cerchio tiii e
il IX),.
IX. 113. — Si come ad ArU, ove 7 Rodano stagna, Sì come
a Pola presso del Quamaro Che Italia chiude e i suoi ter-^
mini bagna, — Questa terzina vale per indicare chiaramente
i confini d'Italia alle falde del monte Maggiore, che col Ne*
voso ed il Tricorno da quella parte li segna meglio che non
molti trattati di geografia, anche italiani, i quali confondono
stranamente ogni cosa, a malgrado della storia, della lingua,
della civiltà, della natura che sono con Dante. Poe, Vàlussi,
L'IUustraz. Univ. p. 16, 1864.
Castiglu Benedetto, Legioni sul Canto x delT Inferno.
Ruota di Palermo, a. i, n. 14, 30 Giugno 1840; a. ii, n. 19,
10 Ottobre 1841.
Introduzione alle Lezioni sul Canto x delt Infèrno.
Ruota di Palermo, a. m, n. 6, 30 Marzo 1843; n. 7, 15
Aprile 1842.
X. 63. — Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno.
Cesare Beccaria, sopra un verso di Dante. Il Baretti, 15
Luglio, 1875, p. 228. — Buroni Gius,, Beccaria Cesare, PoleUo
Jacopo, sullo stesso verso, — Id. 29 Luglio, 1876, p. 242-44.
Il prof. Ges. Beccaria, capovolgendo la sintassi, cambia in
soggetto, come dicono, V obbietto della proposizione, inieq^reta
y Google
'4
* - OOMBNTI. 317
rébbe a disdegno nel senso di pospose, neglesse ^ trascurò y ed
intaode che Virgilio elesse Dante, e non elesse Guido al grande
viaggio, perchè cosi a lui piacque ed all'alto consiglio che lo
mandava. Tale interpretazione parve acuta ed ingegnosa al prof.
G. Buroni, ma V ingegnosità, com' ei dice, non basta , ove non
le vada compagna la naturalezza e la semplicità. E il Buroni
spiegherebbe il passo contrastato cosi: Ba me stesso non vengo j
cioè non è solo per altezza d' ingegno, come voi dite , che io
vado per questo carcere cieco ; questa neppure a Guido vostro
avrebbe fatto difetto. Ma ecco : Colui, che attende là, per qui mi
mena, cioè Virgilio : Egli è solo colui, da cui io tolsi Lo bello
stiie^ che m' ha fatto onore, e forse Guido vostro solo per questa
rimasenù addietro, perchè lion V ebbe tanto in onore e studio,
quant* io : forse lo neglesse, Io trascurò : Forse cui Guido vostro
ebbe a disdegno. •»— E il Beccaria non esitò acquetarvisi ; dicendo
modestamente al suo Maestro, ciò che Dante a Virgilio: Tu
mi contenti si quando tu solvi, Che, non men che saver, dubbiar
m' agguata. — « Il verbo, ebbe, » scriveva al Beccaria il conte
Federico Sclapis, concorde in ciò al prof. Laguzsi ed al sig.
L. Gorcuxi, € vuol riferirsi a Guido come a soggetto, percliè
altrimenti Cavalcante non avrebbe potuto da esso argomentare
che il figliuol suo fosse morto. Questo passato ebbe che tanto
inquieta T animo del padre, sembra che debba riferirsi a Guido,
anziché, a Virgilio, e quindi starebbe il senso che si attribuisce
generalmente al v. 63. Cavalcante, il padre, non avrebbe potuto
arg'uire che suo figlio fosse morto dal verbo usato dal suo
interlocutore, quando avesse inteso la risposta di Dante nel
senso della mala voglia di Virgilio lispetto a Guido. » — E il
prof. Poletto : « L' amor soverchio della congettura non lasciò al
Beccaria vedere schietto il pensiero di Dante, consacrato anche
(e in questo luogo assai bene) dal quasi unanime consenso dei
diiosatorì, che cioè Guido Cavalcante non amasse il latino. »
(V. § 31 Vita Nuova).
V. Ugo Foscolo, Discorso sul Testo, cxxxviii e seg.
< Quanto al &moso disdegno di Guido per Virgilio io man-
tengo sempre T interpretazione che proposi tre anni sono nel
Propugnatore (Man. Dant. iv). Nondimeno ammetto che qualche
idea di disdegno possa essersi accompagnata nella mente di
Dante air idea cardinale del disdegno filosofico-teologico ; poiché
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318 COBIENTI.
certamente quel!* influsso educativo così forte ch'esercitò su|
Dante V arte antica e Virgilio In ispecie, non lo esperimenti^
il Cavalcante, il quale perciò non poteva partecipare a tnttìi
gli entusiasmi di Dante per l'Eneide. » Fr. IT Oddio, Archivila
Glottologico, voi. II, 72.
X. 47, 114. — Ck)me dicesti effU ehhef
Tommaseo Nicolò, Lettera di risposta al prof. Poletto sul-
r ignoranza del presente e sulla prescienza dell'avvenire dei
dannati ne'C. vi e x dell'Inferno. Bassano, Roberti, 1874. Per
Nozze Pavan-Negrello.
X. 119. — Qua entro è lo secondo Federico. — Fede-
rico II di Svevia , educato da uno de' piti grandi Papi , Inno-
cenzo III , parea che ad alte cose chiamasse la sua dinastia,
di guisa che potesse porre nella penisola salde radici. Federico
parea dover divenire prìncipe italiano o romano ,^ come Dante
si eàprìme nel suo libro di Monarchia. E la sua legislazione^
bene rappresentata in tutte le sue parti, e compendiata dal
Raumer, ben mostra quanto quel principe desiderasse dar mano
ai comuni; perchè, senza turbare l'unità dello stato, come i
guelfi facevano, al bene universale cooperassero. Ed in quel
riordinamento delle leggi (eh' esser debbono filosofemi, secondo
la mente di Dante espressa nel libro medesimo di Monarchia)
Federico di un uomo latino, di Pier delle Vigne, si giovava:
la cui ruina, procurata dagl'invidiosi di corte, deplora in sublime
poesia l'Alighieri, incendo a lui dire che non ruppe fede al suo
Augusto, che fu di onor si degno. Pure, non ostante i costumi
orientali e le pompe e le ambizioni smodate guastassero Fede-
rico ed in aperto dissidio il ponessero con la Chiesa, non si può
negare che gran principe ei fosse ; e non senza ragione Dante
r onora eziandio nei suoi discendenti e fino nel bastardo Man-
fredi. Federico è posto nell' Inferno ; appunto perchò si separò
da Pier delle Vigne, l' uomo latino, dando ascolto alle calun-
niose voci. Il nota di crudeltà il poeta, dove parla delle cappe
di piombo; e parve ad alcuno ch'egli il credesse autore del
libro de tribus impostoribus. Saverio Baldacchini, Prose, ii, 96.
X, 1 iO-1 1 1. — Or dunque direte a quel caduto Che'l suo
nato è co' vivi ancor congiunto, — In calce al Liuto (specie
di romanzo foggiato sulla Vita Nuova di Dante, e scrìtto da
Guido Cavalcanti per magnificare le glorie di madonna Vanna)
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COMBMTI. 319
keggesi il seguente ricordo, tratto dal Priortsla di Attaviano
Cavalcanti, coetaneo di Guido e padre di Mai nardo : € Nell'anno
1 302 morì in Febbraio di consunzione Guido di messer 'Cavalcante
fie' Cavalcanti, nobile fiorentino e nostro consorto ; tre anni dopo
^-ssere ritornato dal suo confine di Serazzano, ove per l'aria
CDaremmana infermò, e mai non potete ricuperarsi. Fu uomo
subito ed iracondo; e nell'ultimo tempo (sebbene travagliato
da febbre continua) non si asteneva d'infiammare i Bianchi
contro messer Carlo di Francia, e messer Carlo Donati. Nel-
l' arte del dire vinse tutti i suoi coetanei, come pure di senno
e di filosofia; ma ebbe il nome di epicureo, non meno che il
padre Oggi 2 di Settembre del 1312 cessò di vivere ma-
donna Vanna, che fu molto donna di messer Guido Cavalcanti.
Fecesi monaca dopo la morte di lui nelle monache di S. Do-
menico; e quelle trascelsce infra tutte, però che nella chiesa
loro fu seppellito esso messer Guido. > — Todeschini.
XI. 36. — Collette dannose. — Alcuni leggono toilette, altri
coUeUe. Ma Tuno e T altro significa tributo, imposizione: toilette
proviene dal celtico tolt, imposizione, aggravio: collette, pre-
stanza, o aggravio che doveasi pagare nelle mani dei Collettori,
specialmente in occasione d guerra. Manzoni ToselU.
XL 44. — Biscazza e fonde la sua faculfade, — Biscazza
era un gioco d* azzardo, come quello della Zara e della Busta
e di altri : « Retinuisse ludos Taxillorum Azzardi et Biscaziae
(maggio 1286) — Tenet ludum Biseazze (7 agosto 1286) — Lu-
debant ad hiscaziam quanquam habuissent tabulas supra tabu-
' lei-io. Interrc^atus si ipse est mutuator ad ludum Biscazie ecc.
Mazzoni ToselU,
XI. 50. — SugeUa del- segno suo Caorsa.
ToDBBCHiNi Giuseppe, Commento del v. 50, o più veramente
della voce Caorsa nel C. xi dell' Inferno. Scritti su Dante^ n,
301-13.
Combatte la sentenza del Ducange e del Carpentier, e ricerca
* d'onde avvenisse che col nome di Caorsa stimasse Dante di
notare cosi chiaramente e distintamente l'usura.
XI, 58. — Chi affatura, — Mazzoni Toselli riporta una
. denunzia ed accusa del 15 Aprile 1286 a carico di Tommaso
medico che fu d'Arezzo, figliuolo di Guido ed abitante a Bo-
logna nella parrocchia di S CSolomban^ per aver ammaliato
y Google
320 COMBNTI.
6d aflSikturato certa GiacomÌEia, moglie a Tommaso Ricco, dan
dole confette, e facendo altre fatture di cera a similitudine d \
Dio, in modo d* immagine femminina.... per le quali malie i\
fatture il medico privò della memoria e del buon senso ess4i
Giacomina.
XI. 60. — Ruffian, baratti. — Baratto, giuocatore d' az-
zardo. — Si aliqui baratti inveniantur ludere ad luduoà Azai*di
seu taxillorum, quod non condannantur alio modo, nisi quocl
adaquantur . . . . vidit pluries et pluries Baratos inTentos ludere,,
adacquare et eos vidit libere relaxai*e.
XII, 4. — Qual è quella mina che nel fianco Di qua €Ùi
Trento. — C è vecchia disputa fx^a gli eruditi qnal sia la ruina
di cui qui parla T Alighieri, e quale il tempo in cui avvenne.
Il co. Troja, tanto dotto delle cose dantesche, quanto og^iiun
sa, contraddice recisamente l'opinione che il poeta alludesse
allo scoscendimento nell'Adige dei monti della Chiusa^ che
presso Rivoli rovinarono il 20 giugno 1310: Egli prova che
la comparazione poetica si riferisca ad una ruina più antica
della quale sono incerti e T età e la cagione poiché Z)ante\
assicura di non sapere se fu prodotta da tremuoti o da pcA
chesza di sostegni. Todeschini, Scritti su Dante> i, 442. — /^r.
Ambrosi, oltre gli Slavini di Marco, nome preso dal viila^^gio,
eh' è alla sinistra dell'Adige, tre miglia a mezzodì di Rovereto, j
sulla via di Verona, ricorda un altro dirupo, dirimpetto oli
castello della Pietra, a poca distax&a di Galliano, sulla vecchia
via da Trento a Rovereto, che ritiensi da taluno per la vera
)^ina indicata dal Poeta, siccome quella eh* è più vicina a
Trento. Il Petrarca, nella terza delle sue Epistole Poetiche la
ricorda pure con questi versi: Vidi et terrificam solido de
monte ruinam; Atque indignantes praeduso tramite Nymphas,
Vertere iter, dextramque vadis impellere ripam, — Poesie
Min. del Petrarca, ii, 407. — V. Man, Dant, ii, 554; iv, 579.
XII. 8. — Ch* alcuna via darebbe a chi su fosse, — Per
una siffiitta ripa non si poteva discendere ad arbitrio da qua*
lunque punto senza un mezzo straordinario; quindi i poeti
girano lungo tratto sovra quella estremità circolare, finche
pervengono là dove il balzo si distnonta, ma in che modo?
per una discesa accidentale formata da una porzione di quella
ripa, ossia parete, la qual è scoscesa e smottata per una frana
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OOMBNTI. 321
o naina già prodotta da xm terremoto. La qual cosa, perchè
meglio si veda, Dante ai fa a descrivere, in via di paragone^
ti fianco di un fiume che passa fra le montagne, pel qual fianco
ripido, od anche sporgente nella sommità, non si potrebbe di-
scendere in esso fiume, quando lo smovimento del terreno,
cagionato appunto da una mina, cangiando la superficie ver-
ticale in inclinata, non venisse a presentare un qualche mezzo
dì discesa a chi fosse di sopra. . . . Quella scesa era dunque come
suol dirsi praticabile.... Alcuna inteso per qualche- esprime
la circostanza più essenziale del paragone, cioè il mezzo di
discesa ; e se dovesse altrimenti significare, presenterebbe una
superflua, anzi contraddittoria comparazione. G. Boccaccio co-
menta: di quel buratto, cioè trarupo dove venuH erano ipoetij
era Ut scesa cotale qual del monte trarupato sopra l'Adige,
eh' alcuna via darebbe al venir giuso al piano. Il che fu poi
dal discepolo ed amico di lui Benvenuto da Imola ^ con quel
suo semplice ma significante latino, esposto ne* termini seguenti
che non lasciano altro a desiderare : Hic auctor describit prae^
dictum locum per comparationem pulchram et proprissimam.
Et vuU sustantialiter dicere quod iUa via ruinosa per quam
erant descensuri, eroi talis qualis est ripa Aihesis inter Tri-
dentum et Veronam. Illa enim ripa , antequam fieret istud
praecipitium maximum, erat ita recta et repens in modum
muri, quod nullus poiuisset ire a summo ripae usque ad
fitndum flumanae inferioris; sed post ruinam factam posset
nunc aUqualiter iri,.,. Et nota quod istud praecipitium ro-
catur hodie Slavinum ab incoUs. Et ibi est unum castellum
quod vocatur Marcum. Parenti Marcantonio, Sopra le moderne
interpretazioni del Poema di Dante, Discorso letto ad una let-
teraria adunanza di Modena, la sera del 23 Febbraio 1820.
Modena, Soliani, 1844. — V. Dionisi, Àned. v, e. 15.
XII. 34-45. — Or vo* che sappi Qui ed altrove tal
fece riverso. — Com'a ciascuno è chiaro, qui si accenna al
terremoto che accadde alla morte di Gesù Cristo, e si finge che
allora anche la roccia o ripa circolare che chiude V inferno
rovinasse, ossia si scoscendesse nel burraio che serve di pas-
saggio dagr Incontinenti ai Violenti ed anche altrove. Raffaello
Fornacciari, vuole che questo altrove accenni, indubitabilmente,
alla mina del C. V., che è un altro scoscendimento della vec-
21
Digitized by VjOOQIC
322 COHXNTI.
chia roccia accaduto anch^esso per la medesima ragione. Ì
più dei commentatori, e con essi il Giuliani, rìferìrebbero qud
sto modo altrove alla ruina dei ponti che coprono la bolg-ij
degr Ipocriti. Se non che il Fornacciari aggiunge che Virg;ili|
non poteva alludere ai ponti caduti nella bolgia degripocri^
per la semplicissima ragione che non ne sapeva nulla. G, pei
verità, prosegue, non ci confessa ^li medesimo che la prinij
volta cb'ei discese nel basso Inferno, quella roccia non er\
ancor cascata? Come dunque potea sapere, innanzi d*arrì\raz*c^
la caduta dei ponti, che avvenne precisamente nel tempo stesso
Che anzi anche neirindicai^e T orìgine della ruina non si ino
stra sicuro delle sue parole, ma espone una congettura : certoi
cioè probabilmente (come l'usiamo parlando ogni giorno), sì
ben discernoy cioè, se non piglio errore. E il successo conferma
che veramente non ne sapeva nulla, perchè, quando i poe^
son giunti sopra la bolgia dei Barattieri, solamente allora ut
Demonio ne avvisa Virgilio .... più, oltre andar per qucst<ì
Scoglio non si potrà, perocché giace Tutto speziato al fonde
Varco sesto ( Inf. xxi, 106 e seg.). E appunto perchè Virgilic
non sapeva dove né come fosse questa ruina, i demoni posson<i
ingannarlo facendogli credere che ci sia uno dei ponti noi^
rovinato, mentre che invece i poeti li trovano tutti ugualmente
caduti, e si espongono a un brutto scherzo. Or dunque se
Virgilio non sapeva nulla della terza ruina, egli, quando dice
altrove, o parla a caso (il che in Dante non è presumibile), ò
allude necessariamente allo scoscendimento della roccia nel
C. V, ossia alla prima ruina, Oltredichè , se vogliamo anche
un poco sottilizzare, la terza ruina non è uguale in tutto alle
altre due, imperciocché il riverso della vecchia roccia, deter^
minato anche meglio dal pronome tal, non sarebbe sinonimo
della caduta d*un arco di ponte, il quale precipita tutto in
basso, non si scoscende in obliquo, né ùl un grembo dì sé
stesso come la roccia. Nuova ragione per credere che Virgilio
con quelle parole non alluda menomamente alla bolgia degli
Ipocriti. Raffaello Fornacciari.
XII. 40. — Da tutte parti fatta valle feda Tremò *i . . . —
« Ignem omnium rerum principium , seu comune elementum,
Heraditus esse docuit. Finitam vero esse hanc rerum univer-
sitatem eamque ex igne oriri, ac rursus, per quaedam tempo-
y Google
COBIBNTI. 323
{nm intervalla, in ignem redire : idque fiato fieri. Ex bis autem
quae contraria sint, id quidem quod generationem efiiciat,
Bellum vocari et Contentionem : quod contra muadi exustio-
Bem efficiat, Concordiazn et Pacem appellari. Quam Heracliti
sententiam Dantes , etruscus poeta, ut illa ferebant tempora,
dÌBciplinis omnibus eruditus, bis versibus attigisse vìdetur:
Da tatte parti 1* alta vaUe feda
Tremò si, eh' io pensai che 1* Universo
Sentisse amor, per lo quale, è chi creda
Più volte il mondo in caos converso. *
Io, AnU Yulpii, Opusc. Philos., 120.
Xn. 119. — Colui fesse in grembo a Dio Lo cor che in sul
Tamigi ancor si cola. — Alcuni vogliono accadesse la ucci-
sione nella cattedrale in tempo della messa dello scrutinio.
Altri affermano fosse nella chiesa di san Silvestro, oggi detta
del Gesù. Le cronache noi dicono. Né il Malaspini, nò il Vil-
lani, né altri la designano. Il Vellutello, nel commento a Dante,
afferma che fosse san Silvestro. La cronaca del Montemarte
dice, errando nella nazione dell'ucciso, in questo modo : Domi-
nus Guido de Monte forti interfecii Henrigum de Alemannia
Viterlni in ecclesia sancii Silvestri. Al certo il delitto fu com-
messo quasi sugli occhi di Filippo re di Francia e di Carlo
d'Angiò re di Sicilia venuti a Viterbo dopo V infelice crociata
di Tunisi per sollecitare i discordi cardinali all'elezione di un
nuovo papa, che fu poi Oregorio X. È da notare per infamia
di Carlo, detto da Dante il Nasuto, che Benvenuto da Imola
nel commento sulla Divina Commedia, al verso : Mostrocci un
ombra, ecc., riferisce il dilemma che allora si faceva: Se il
sapea fu un ribaldo; se no, perche noi punì? Eppure v'ha
chi dice aver Carlo fatto vendetta del sacrìlego misfatto ras-
segnandosi a saziar la propria avarizia con lo staggire le ca-
stella e i beni feudali de' fratelli Simone e Guidone di Mon-
teforte. Non fu ella piacevole vendetta? {Diploma del 23 Mar so
1271 nel regio archivio di Napoli, Reg, 1268, o, fol. 99). Nel
1287 il Monforte fatto prigione nella battaglia navale detta
de' Conti combattuta nel golfo di Napoli tra gli Angioini e
Giacomo di Sicilia, moriva poi miseramente nelle carceri di
Messina {Speciale, Nicastro, ecc.). — Ignazio Ciampi. Un Mu-
nicipio italiano all'età di Dante Alighieri (Strenna del Giornale
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324 OOBIENTL
€ Arti e Lettere, > p. 54). 5k* cola, — V. Parenti^ Esercit. FiL
n. 12, p. 34. — V. Man. Dani, iv, 380.
Xni. 25. — /' credo eh' et credette eh' io credesse. — Verso,
dice il Veratti, che parer potrebbe cosi foggiato sopra T ana-
logo di Esiodoro. Op. v. 382.
Xin. 58. — r son colui, che tenni ambo le chiavi. — Bel-
lissimo modo, tanto caro al Petrarca, e venuto a noi dai Pro-
venzali. Nannucei.
Xni. 106. — Qui le strascineremo, e per la mesta Selea
saranno i nostri corpi appesi. — Ella è cosa curiosa Tos-ser-
vare come alcune di quelle pene che Dante dà ai malvagi siano
quelle medesime che loro davano gli antichi Germani. Questi, per
testimonianza di Tacito, seguendo il principio disHnctio poena-
rum ex delieto, proditores et trans fugas arboribus stispendunt;
e Dante fa dire a quelli ch'ebbero in sé man violenta, ed ai
quali si parte V anima feroce Dal corpo ond'ella stessa s' è dis-
velta... per la mesta Selva saranno i nostri corpi appesi.
Ciascuno al prun dell'ombra sua molesta, pensando, come
Platone nella Repubblica, esser un traditore ed un disertore,
colui che uccide il suo più caro amico, cioè sé medesimo od
abbandona quel posto in cui Provvidenza Tavea collocato. Di
nuovo Tacito : ignavos, ac imbelles, corpore infames caeno at
palude — mergunt; e di nuovo Dante pone i golosi nel fango,
e gli adulatori tuffa in uno sterco Che dagli uman pritati
parea mosso. Marco Renieri, L'Apatista di Venezia, a. i, n. 37.
XIII. 117. — Che della selva rompieno ogni rosta. —
« Ecco gli è in Dante la voce rosta usata propriamente e po-
chissimo intesa, che vuol dire, quando s* intrecciano piit ratni
insieme, per far come siepe a riparare e svolger V acqua dei
fiumi. Questa voce un contadino, che abbia le sue possessioni
in monte, l'udirà come nuova, dove chi le avrà nel piano di
Firenze, vicino all' Arno od al Bisenzio od all' Ombone , V in-
tenderà subito. Così risoluto affermava il Borghi ni, esperto
giudice della patria lingua ; eppur non seppe che il medesimo
vocabolo s'adopera singolarmente dai montagnuoli del Senese,
del Casentino e di Pistoia, e per appunto nel significato inteso
dal Poeta. Roste, mi dicevano essi, noi chiamiamo certi ripari
di fiuoni e rami e frondi, soliti a farsi qua e colà per le selve.
ad impedire che le castagne, già a terra, non vengano portate
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OOMBNTI. 325
via dall'acque correnti. Giuliani, sul Vivente Linguaggio di
Toscana, Lettera xli. — Propriamente chiamiamo roste noi,
quelli che per riparo de' fiumi che rodono le ripe, si fanno^
fiixando paU e intrecciando rami fra Vuno e t altro, che al-
^^imenti si chiamono pescaiuoU, . . . Dice adunque propriissima-
mente, che dovunque ì rami intrecciati insieme avesser chiusa
la strada^ era tanto Y empito di coloro , che rompieno quello
viluppo e roste, Borghini,
XIII. 120. — Lano, si non furo accorte.
M^cooNi Giuseppe, Intorno a Lano de* Maconi, Documenti
e notine, lette nella raccolta (della Società Sanese), del di 12
Settembre 1869. Bullettino della Società Senese, Voi. n, p. 141,
Siena, Bargellini 1870. — Documenti intomo alla famiglia 4
alla casa di Lano de* Maconi, Adunanza del di 9 Maggio
1870. Atti e Memorie della Sez. Letter. e di storia patiìa mu-
nicipale della R. Accademia dei Rozzi di Siena. Siena, Barge-
lini, 1872; Maconi, Raccolta di Documenti storici, Livorno,
1876, 91-114.
Lano Maconi nacque di Squarcia e di Scanna, che oltre
Lano (Arcolano) ebbero Sozzo, Oddolino e Sapia: gli furono
avi Riccolfo ed Oddolina, e non un Mezzolombardo di Squarcia,
come vorrebbe il Carpellini. A documento, oltre a molti altri,
dta il cod. 40 dell'Archivio di Bicherna che contiene i con-
tratti dei curatori dei pupilli. Dal codice della Curia del Piar
cito ei rileva che menò moglie donna Mina de' Malavolti : ne
nacquero Nicolò, e Lanuccia. Ebbe casa in sulla piazza del
Campo, che propriamente occupava il lato estremo del pa-
lazzo, oggi Chigi-Zondadari , dal chiasso ora de' Pollaioli fino
al palazzo, al presente Sansedoni, poche braccia pure di esso
compresevi, n sig. Maconi non può concordare col Cartulario
del duomo di Siena circa V anno in che segui la battaglia del
Toppo, che la vuole avvenuta nel 1287. Da un documento del
1288 abbiamo che Lano appartenesse al general consiglio della
Campana, e precisamente ai consiglieri del terzo di S. Matteo.
Sulla fede dei libri di Bicherna, ne assegna la data del 1288,
e ne cita i passi relativi. E non parrebbe che fosse aSàiU) di-
struggitore delle cose sue, se a' pupilli rimase di che vivere
agiatamente. E i parenti conservarono buona memoria del loro
caro, sia 8a£&agandone Tanima con funzioni ecclesiastiche, sia
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326 OOMENTI.
distribuendo danaro e pane a* poverelli. Il Maconi prova con
nuovi documenti che Abbagliato è nome proprio, e non un
aggettivo: fu figlio di Renieri e capitano di soldati. Anche i
libri di Bicherna ricordano Cascia di Sciano, Nella relazione
delle cose notabili di Siena trovasi il seguente ricordo a pag.
158. — Casa (ove è ora la cappella di S. Crespino, n. 1333)
della brigata godereccia, di cui parlò Dante. Lo scritto del
Maconi è corredato da dieci documenti, ed un* appendice, ov*è
inserita la pianta geometrica di quel tratto di città dove i
Maconi possedettero case, terre e palazzo.
XIV. 12. — A randa a randa, — Bimbo, vien qui, non
andar a treppicare là (a pisticciare in quel podere) che non ò
nostro; guarda, non e* entrare nel mezzo, ma passaci randa
randa. Pontito, sulla Montagna di Pescia. — Giuliani^ Saggio
di un Dizion. del Volgare Toscano, 350.
XIV. 30. — Come di neve in alpe senza vento. — Questa
bella immagine il poeta la prese dall'amico suo Guido Caval-
canti, il quale in un sonetto, pubblicato dal Ciampi, avea detto:
Aere sereno, quando appar T albore, E bianca neve scender
senza vento. E sopra Tuna e T altra, il Petrarca magistral-
mente affazzonò poi quella sua : Pallida no , ma come neve
bianca Che senza vento in un bel colle fiocchi. B. Verattì.
XIV. 79. — Quale del Bulicame esce il ruscello^ Che parton
poi tra lor le peccatrici.
L\Nci F., Il Bulicame e la Chiarentana nella D. Comme-
dia di Dante Alighieri. Roma, Cuggiani, 1872 (Estratto dal
Giorn. Arcad. Serie ii, n. 67).
ScAaA.BBLLi LuaANO, La Chiarentana e il Bulicame nella
Divina Commedia male intesi nelle chiose antiche illustrati
da Fortunato Lanci. — All'illustre Ateneo di Bassano, 9
Aprile 1872. — Estratto dal Periodico il Propugnatore di Bo-
logna, Voi. V. — V. ScarabelU, Esemplare della Divina Com-
media donato da Papa Lambertini, ecc. Paradiso, vii-xv.
Ciampi Ignazio, Un Municipio italiano nelV età di Dante
Alighieri^ (Strenna del Giornale € Arti e Lettere, p. 58).
In luogo di peccatrici il Monti ed il Mercuri leggono pe-
scatriciy e con quel vocabolo vuol che Dante intenda parlare
delle maceratrici della canapa, le quali, facendo solchi nel ter-
reno, si dtvidon fra loro la calda acqua per compiere il lavorìo
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COMBNTI. 327
della macerazione. Il che era pur vero allora ed adesso, ben-
ché gli statati parlino più spesso del lino, che da Pio li ne' Com-
mentari (p. 378) è detto fonte pe' Viterbesi di molta ricchezza.
Ma anche le meretrici, ossia le peccatrici vi si bagnavano o
derivavano queir acqua nelle loro stanze da bagno: e cosi e
non altrimenti bisogna intender Dante senza sforzar tanto la
lingua e la lezione. Dappoiché la tradizione e gli statuti an-
tichi s*accordano con lui, e fra gli altri il libro delle riforme
del pubblico archivio di Viterbo, ove all'anno 1469, 11 Maggio,
si legge : Item aUud bandimenlum che nessuna meretrice ar-
disca né presuma da hora nanze bagnarse in alcun bagno
dove sieno consuete bagnarse le cittadine et donne viterbese^
ma si vogliono bagnarse, vadino diete meritrici nel bagno
del bulicame, sotto pena d*un ducato d'oro et de quadro traete
de corde. — Ciampi, — Ma il sig. Fortunato Lanci si oppone
e discaccia quelle meretrici e sopprime il paragone, allegando
non essere il bulicame di Viterbo di sangue, non aver color
rosso da muovere a raccapriccio, non isviluppar calore, non
impietrar fondo, nò pendici, né argini ; e aggiunge parergli dif-
fìcile congetturare perchè nominatosi dal Poeta il bulicame due
volte, ei debba uscire con un paragone a quello di Viterbo.
Indi ad escludere questa intenzione defenisce « che Dante per^
venato là dove spicciava il ruscello i cui argini dovean for-
nirgli innocente vahco per l'affocata rena lui descrive come
raccapricciante procedente , nel modo stesso come si parHa
dal bulicame o Flegetonte, d'onde si derivava'. E perchè
quelle peccatrici non trovavan riscontro nella Commedia ei
dice opinare che s' intendano anime o genti che spesso ri-
corrono nel poemc « e lo spartirsi del bulicame quella diversa
misura d'immersione che in esso patiscono i tiranni e i pre-
doni. > E trova iperbato anche qui, che quelle peccatrici sono
disgiunte dal suggetto a cui rapportansi dovendo riferirsi
al bulicame non al ruscello, con ciò sia che era nel bo^
gliente fossato che martoriavansi le anime de"* prepotenti non
nel ruscello. Né Dante fece mai allusione a Viterbo. — Il
prof. Scarabelli, esaminate le ragioni addotte dal Lanci, con-
chiude: in verità ch'io ammiro gli studii del Lanci: ma sia
che non mi faccia ia suo senso chiara costruzione granmiati-
cale delle due terzine dantesche, e finché mi nega i fatti
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328 OOMBNTU
storici e i geologici incontravertilrili che dieder argomoaito alla
chiosa, poniam pure copiata alla cieca, ma scesa per tanti
(non tutti accidiosi al pensare) sino a questi di, io non mi
attenterò di mettermi da sua parte sebbene riconosca che possa
esserci qualche dubbiezza. Non tutto si è consultato di quel
eh* esiste commenti danteschi come non tutti i codici stessi del
testo della Commedia, forse non ò inutile sperare miglior luc^
dalle chiose istesse per sicura lezione dei testi, come d*altro4
cosi di questo passo singolare e strano. V. Jfan. Dant iv, 382.
XIV. 123. — Perché ci appar pur a qtiesto vitxiffna. —
Come il maestro mio per quel vivagno (Inf. xxra, 49). — TV-
vagno^ V estremità del panno, qui per quella striscia che f>rese
nel calare, — All'un de' due vivagni (Purg. xxiv, 127), delle]
due estremità. Dante dbse pure in su F estremità d' un' aita j
ripa (Inf. xi, 1).
XV. 4. — Tra Guzzante e Bruggia, ^ Il Lanci prova che
Guzzante nell' originale idioma olandese suona e scrivesi Ka-
dzant; se non che prima di lui Taveano asseverato Filalete e
L. Blanc. — Kadzant non è piccola villa, ma isola e convene-
vole città, che il nome forniscegli. È situata dicontro le molte
isolette della Zelandia verso il nord, e dirimpetto a Sluis,
ossia VEcluse verso Test, la città circa sette leghe diritta-
mente da Bruges distante. 11 Luytz la chiama Cadsenda o
Cadsant cum munimento ejusdem nominis; e il Moreri, nel suo
dizionario, Cassandt e Cassant, ma alcuni la confondono poi con
Cassandrìa, eh' è altra terra neir isola medesima: imperdocchò
oiti^ Kadzand, aveanvi in essa isola altre due città, Oostborg
e Ysendyck con tre altre più piccole terre, Breskens Willems-
dop e Cassandrìa. Misurava un tempo sette miglia in larghezza
e dodici in lunghezza (da 60 al grado), ma col decorrer degli
anni il mare per gì' incessanti marosi, più che metà n' ha tran-
ghiottita. E quantunque tutte le isole della Zelandia sieno di
dighe e ripari munitissime, nuUamanco maggior forza d' ax^i-
nature inchiedono Bruges e Kadzand, sia pel loro più depresso
livello, rispetto al mare, sia per alcuna maggior violenza eh»
in que' pileggi l' Oceano per avventura adoperi : e questa forse
fu cagione perchè l' Alighieri que' due luoghi speciali alla
Fiandra per termini di rafironto , assumesse. — F. Land, Il
Bulicame e la Chiarentana, p. 29.
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COMENTI. 329
BrQge8,o Bruffgia, è città grande e forte e bella, nella
Fiandra detta Batavica, capitale del territorìo che porta un
medeómo nome. É situata sopra grande canale, in cui per-
corre il Liere, e in amena pianura, oggi dal mare distante
intorno a tre leghe, probabilmente, conforme argomenta. Al-
berto Maglio , trattando delle maree , una volta sulla proda
dell'Oceano, d*onde le assidue dighe, al fiotto del mare oppo-
ste, r hanno allontanata. F. Lanci, id., p. 28. — In Bruggìa,
di Fiandra, a' tempi del Poeta, i mercanti fiorentini avevano
emporio: anche Giovanni Villani vi dimorò assai tempo. V.
Man. Dani, tv, 382.
XV. 7. — E quale i Padovan lungo la Brenta, Per di-
fender ìor ville e lor castelU, Anzi che Chiarentana il caldo
senta,
L/kNCi Fortunato, Bel Bulicame e della Chiarentana. Roma,
1872. Estratto dal Giornale Arcadico, Serie n, n. 67.
ScARABBLU LUCIANO, La Chiarentana e il Bulicame nella
Divina Commedia male intesi nelle chiose antiche, illustrati
da Fortunato Land, Air illustre Ateneo di Bassano, 9 aprile
1872. — Estratto dal voi. v del Propugnatore.
Secondo il Lanci, tuoI Dante significare che i Padovani,
argomentandosi contro le alluvioni, dallo sciorsi delle nevi ori-
ginate, fanno loro argini aUe prode della Brenta, prima che ar-
rivino le altezze graduali del termt>metro, le quali son proprie
allo aprile e maggio, e talora forse giugno ; nel qual proposito
pone egVi per punto di raffronto le vicende termometriche della
Chiarentana, la quale più del Tirolo si risente del freddo, e
che quando perviene alV epoca dei forti calori, segna il termine
in cui la liquefinone delle nevi , sulle tirolesi montagne , è
sopraggrande. <— I Padovani, dunque, a rifsire lor argini, non
aspettavano di vedere spogliarsi di neve la Chiarentana, ben
sapendo quali men alte vaUi, e assai prima dieno acqua al
Brenta^ valli che faccianla gonfiare. Chiarentana non è, né può
essere che sinonimo di Carinzia, Kamthen, la Clarentana degli
scrittori latini. — Caraniani diconsi anche gli spezzati del fio-
rino, perchè si originarono di Carinzia , ossia di Carentana ;
chiarentana e chirintana un ballo popolare, perchè appunto
di colà venutoci. E nelle storie boeme del Dubravio i Carinzi
vengon detti Carentani: Fazio degli liberti (Ditt. ni, 2; iv, 14)
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330 OOHVNTI.
denominò la Carìnzia Chiarentana, e ben undici volte nella sui
Cronaca, Giovanni Villani. — Il Land, scrive il prof. Scarabelli
riuscì felice nella sua critica per la Chiarentana^ nome eh
restituì alla regione alpina fral Tirolo, T Umbria, la Stiria «
la Carnia, liberandola dal rendere al Padovano il fiume Brenta
Il celebre ab. Gennari, padovano, trasse da documenti del
r undecimo secolo , che ne' monti dell* alto Vicentino o de
Trentino, vicini alla Brenta, visse un tempo un popolo chia
mato de* Clarentani : onde la Chiarentana di Dante vuoisi ixi
tendere non per la Carinzia ( come suole spesso significar
nella lingua, de* trecentisti), ma per T antica sede di questa
popolo alpestre (Vedi: Filiasi Mem. Stor. de' Ven. Tomo i
e. 7, Bdiz. Il, p. 212). Ma c'è forse di meglio. Nella storia de
P. Macca (T. XIV, p. 420), trovasi quanto segue: Il fiume Brenta
scaturisce da una sorgente della montagna di Chiarenzana
ch'ò appresso Pergine, borgo situato nella giurisdizione d
Trento, lontano da Bassano 45 miglia: cosi scrive il Memmc
nella vita del Ferracina (p. 116). Ciò posto, si ha una imme-
diata spiegazione o giustificazione del verso di Dante , e nel
tempo stesso il nome della montagna di Chiarenzana fornisce
appoggio all'esistenza degli antichi Clarentani, ed indica la
loro sede. TodescHini^ Scritti su Dante, ii, 363.
Canzana è detto il monte che sopraggiudica il lago di
Levico ond'esce il Brenta, ed io son dell'avviso del Gennari,
che anticamente venisse chiamato Chiarentana. Quale corri-
spondenza possa avere la Carinzia, col rigonfiamento del Brenta,
nessuno mei saprebbe dire. Ed io che di presente ho innandj
agli occhi e la Canzana e le due riviere eh' escono de' laghi
di Levico e Caldonazzo, quasi amiche riunirsi, e formare u
mio Brenta , io non posso non convenire col Lunelli e coi
quanti stettero con lui.
Scolari Filippo, La Chiarentana ossia della vera e giusU
intelligenza del v, 9, Canto xv della Divina Commedia. LeUera
Venezia, Gattei, 1843. I
Dbmbshbr, La Chiarentana^ Gazzetta priv. di Venezia, ^
Ottobre 1843, N. 243.
Scolari Fil., Lettera seconda. Estratto dalla Fenice, 1 1 No4
1843. Venezia, Gattei.
Lettera terza, 31 Dee. 1843, 15. id.
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COMENTI. 331
il, Lettera al doti, F. Scolari^ Gaz. priv. di Venezia,
24 Febb. 1844, n. 45.
Soc»JkRi FiL., Lettera iv, Gaz. priviJ. di Venezia^ 28 Febb.
1844, n. 48.
Anonimo (Lunblli Francesco), Lettera sulfa Chiarentana
a Nicolò Filippi. Padova, Tip. Liviana, 1846.
XV. 10. — Tuttoché né si alH né si grossi^ Qual che si fosse^
lo maestro felli. « — Tutti i commentatori, ninno eccettuato ,
hanno riferito il qual che si fosse al maestro che i detti argini
avea materiati. Nella quale sentenza, secondo eh* io giudico,
una strana e inverisimigliante dubitazione s*1nchiuderebbe,
conciossiachè qual* altri, fuor del Conditore di tutte le cose,
potrebbe mai esser quegli che cotale edificazione avesse susci-
tata? ...» Invece mi ò avviso che si debba interpretare :
Tuttoché né si alti né si grossi ^ comunque si fòsse la cUffe^
rema, il Creatore ordinati avesseli. F. Lanci.
XV. 30-84. — Siete voi qui, set Brunitoi,,, Voi mi
insegnavate. ... — Brunetto, nella relazione con Dante, non ta
altro che un uomo di età provetta^ di molta scienza e di chiara
riputazione, il quale abl^racciando con affetto paterno un gio-
vane di alto ingegno e di molta aspettazione, che ha frequente
pratica con lui, gli porge di tratto in tratto suggerimenti
utili a* suoi studi, e non lascia d* instillargli amore ad ogni
nobUe e virtuoso esercizio. Questo, e non altro fu T ufficio
compiuto da Brunetto Latini verso Dante Alighieri ; ufficio rile*
Tantissimo e più importante forse ed efficace che quello di un
ordinario maestro. E ben* a ragione per tale ufficio dimostrò
Dante a Brunetto tutta la gratitudine; quantunque siagli sem-
brato, che la sentita gratitudine nulla dovesse menomare a quel
ministero di giustizia, eh* egli, con ardito consiglio, si era posto
ad esercitare. Todeschini, Scritti su Dante, i, 287-91. — V.
Zannoni, Storia dell*Accad. della Crusca, ecc., 196-200.
XV. 55.-50 tu segui tua stella ... — Dante derivò la
metafora dalle stelle che servon di guida ai nocchieri. Se tu, o
Dante, seguirai la stella, che il cielo ti mostra, perchè tu T ab-
bia per iscoi*ta del tuo cammino, non può mancare che tu non
giunga prospero al porto. Cioè, se coltiverai con lo studio e
la meditazióne T ingegno, di che la divina Previdenza t*ha fatto
dono, te ne verrà somma gloria. La quale interpretazione fa-
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332 ooioDnt.
volita ò dal verso che seguita: Se ben m*aeeorn nella vUa
bella; giacché valendo il verbo accorgersi, venire al conosci-
mento duna cosa colla conghiettura cT un' altra, bene esso si
adopera in parlando di alcuno, che esaminata V indole d'altrui,
preveda dover egli salire in fama; e male si userebbe trat-
tandosi di astrologo, il quale sdegna congetturare, ma osa
impudentemente spacciar per vere le stolte sue predizioni.
Zannoni, p. 199.
XV. 71. — Che runa parte l'altra amranno fame Dite.,.
— Filologia e storia assegnano indubbiamente aUa voce fame
un senso odioso e nemico ... Il buon senso comanda che il
complesso delle due terzine sia spiegato così: « Ambedue le
parti de' tuoi cittadini ti odieranno a morte, ma non potranno
riuscire nel loro malo intento ; si strazino fra loro quegli uo-
nùni bestiali, e rispettino chi loro non somiglia. > Todeschini^
XV. 122. — Corrono a Verona il drappo verde. — La
strada della corsa del palio, partiva da Tomba (vìUag^o) e
lungo la sponda deir Adige proseguiva in città per una porta
scaligera, detta di S. Croce, nel sito ora cosi detto il tavolano
(bersaglio dei Veneti); continuava la corsa lungo gli orti di
cui si formò V attuale giardino Gazzola, e per il ponte e porta
dei roiiioi (rei figlinoli) giungeva presso S. Fermo Maggiore,
tronco ora intercettato da fabbriche posteriori. Giuseppe M.
Rossi, Guida di Verona. — Il Cassinese, sincrono (1360?):
drappo verde, hodie est rubeus et viridens et currunt mulie-
res. Dante era quindi bene informato che la corsa avveniva
lungo il fiume in campagna, e che al suo tempo correvano
uomini. ^ Anonimo, Notizie intomo al correre ai Palli in Ve-
rona. Verona, 1T76. — V. Man. Dani, iv, 385.
XVI. 32. — Che i vivi piedi Cosi sicuro per lo inferno fre-
ghi. — I dannati essendo € ombre vane fuorchò nell'aspetto, >
corpo fittizio, tenean solo la somiglianza o l'apparenza de^ piedi
come quelli ch'erano veri e puri spiriti. Ma Dante, vìvo in
corpo , avea t piedi vivi. P. Ponta , Interpretazione di alcune
parole del Petrarca e di Dante, 23.
XVI. 40. — £ 7 Unto aspetto e brollo. — Brullo nel lin-
guaggio popolare toscano, significa spogliato, ignudo, e lo si dice,
per lo più, degli alberi che hanno perduto il decoro delle foglie
e delle fronde, e della terra non rivestita di verde alcuno o dì
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OOMBNTI. 333
erbe o di piante. — Il Unta aspetto, a cui accenna Jacopo Rn-
sticucci, potrebbe intendersi nero dalle scottature del fuoco. Ma
tinto^ nell'uso toscano, ha un altro significato morale bellis-
Simo, e sta ad esprìmere quel contraffarsi e disformarsi i linea-
menti del volto, quando T animo ò vinto dal dolore e daUMra.
Il Bianciardi nel Dizionario del Tommaseo dice : Tinto per in-
collerito è nell'uso, ma più ancora si direbbe nero; io ho
udito, parlando d'uomo arrabbiato: come gli era tinto! Era
proprio nero! E il Davanzati, negli Annali (i, 12) Galio vedutol
tiniOy replicò. Dando ora a quel Unto di Dante questo senso
d* irato e di contraffato e sformato da quell' ira che sentono
tutti i dannati contro la giustizia di Dio che gli addolora; si
intende quanto sia ben detto brullo quell'aspetto fatto spoglio
dell' ornamento, che vi pone la pace e la tranquillità della co-
scienza. Brulla di quel divino splendore che Tabbella, diventa
ogni anima da dolore e da peccato rimorsa, e il popolo to-
scano, di persona addolorata, con efficacia ammirabile suol dire
die non gli si fa giorno in viso, quasi la letizia abbellisca il
volto dell' uomo, com' è rallegrato dal sole l'aspetto del mondo.
Cavemi.
XVI. 94-105. — Come quel fiume, e* ha proprio cammino.
— Il Poeta paragona il remore fatto da Flegetonte, che si ro-
vina qui nei burrato di Gerìone, al rimbombare dell' Acqua-
cheta, che, là sopra S. Benedetto in Alpe, diroccia impetuosa.
La ragione di quel ribombare, oltre all'altezza di quella ca-
scata, reca Dante alla grande copia dell'acque costrette a
cadere per una sola discesa , dove a dar loro sfogo , che non
tumultuassero cosi fragorose dovrebbero per mille di quelle
scese esser ricette. Camillo (Cavemi), La Scuola, 1873, ii, 27.
XVII. 10. — La faccia sua era faccia d'uom giusto. — In
Gerione, deUa faccia d' uom giusto, ho io creduto doversi rav-
visare il fraudolente fiorentino Geri Spini gran nemico di Dante.
Betti, Osservaz. sulla Div. Comedia, Il Propugnatore, 1873.
XVn. 18. — Né fur mai tele per Aragne imposte. E il
Vasari : « Chi non volesse far cartone , disegni con gesso da
f^arto, bianco, sopra la mestica, ovvero con carbone di salcio.
Seccata questa mestica, l' artefice va calcando il cartone, o con
gesso bianco da sarti disegnando, l'abbozzo^, il che alcuni
chiamano imporre. > Imporre dunque un'opera, vale abbozzarla,
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334 oosfSNTi.
0 meglio laBciarla imperfetta in modo che la atìa in sé, ma 1*
manchi V ultima mano. — Delle Sovrapposte, V. Parenti, Gaei
Filol. n. 12» p. 96.
XVII. 87. — E triema tutto pur guardando il retso^ ^
EezzOfOYe non batte il sole. Ed ò questo bellissimo ed efiìcacissixnt
luogo, e proprietà meravigliosa di natura, che i quariat^^n
solamente a vedere il retgOj ricordandosi che vi si ritirava]
par sentir fresco, la immaginazione sola gli fa come tremare
Borghini. ,
XVII. 102. — E poi cK al tutto si smU a giuoco. — Bsser*
a giuoco o far giuoco una cosa, nel linguaggio popolare, si-
gnifica far comodo, essere opportuno; ond'ò che s' interprete
rebbe il luogo citato dicendo che, Gerione quando si seni
in comodo, o vide il tempo opportuno, si rivolse a quel modi
ch'ò detto. Cavemi,
XVII.- 121. — Attor fu* io più timido allo scoscio. — S(x>sci<.
viene da coscia; ed è il sostantivo fatto da scosciarsi. Presse
quei di Sicilia, scusciarisi equivale allMtaliano scosciarsi; ma
scusdari n. as. ha tra gli altii significati quello dì usci?- dt
sella allentando le cosde; voce bellissima, sorella carnale se,
non madre, dello scoscio dantesco. NeU'uso toscano, di una
ballerìna si dice che ha bello scoscio quando allai^a e stende
molto le gambe nel far Tarte sua. Salvatore Salomone JMa-
rino,
XVIII. 28. — Come i Roman, per V esercito moUo^ Uanno
del Giubileo,
« E al tempo del detto Potestii (Guiglielmo da Fallerone),,
el Papa Bonifazio pose el perdono di colpa e pena a tutte
quelle persone che andaseno a Roma, e stesene XV dì, e an«
daseno col modo predetto secondo l'usanza e comandamento
della Chiesa consueto, cioò Confessione, Contrizione, e Sodisfa]
zione. El detto perdono cominciò a di primo di Gemù^» ® fi
àX ultimo di Dicembre d* anno detto. Ed era tanta la moltiti
dine della gente che passava per Siena, che non era posaibii
a crederlo, imperocché i Cristiani avevano in quel tempo
comunale pace, ed erano assai divoti e prudenti nella sauci
Fede. E andavano el marito e la moglie e figliuoli, e la:
vano le case serrate, e tutti di brigata con perfetta divozioni
andavano al detto perdono ; e molti se ne moii per lo sanctc
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COBfBNTI. 335
m^ per la morìa, che era. » Croniche Senesi^ pubblicate da
G. Maconi, e. 92» i, p. 2, 55.
X\1H. 28. — Come i Roman, per V esercito molto. L'anno
del Giubileo su per lo ponte, ecc. — L' assito, o muro eh* era
stato posto lungo il mezzo del detto ponte, affinchè la gran
moltitudine avesse al camminare meno d* impaccio, e andas-
sero gli uni per un lato a San Pietro, e tornassero gli altri
per r altro volgendo il viso dalla parte del monte. Oltre all'aver
cosi partito il ponte per mezzo, v'eran state poste le guardie
che additassero a* viandanti il cammino , e tutte queste cose
erano state fatte assai provvedutamente, poiché per la gran
calca del popolo che visitava le romane basiliche potevano av-
venire di grandi sconci, come poi fu nel giubileo nel 1450, che
in quel luogo per la pressa vi morirono schiacciate intorno a
dugento persone; anzi troviamo fatto ricordo che in quello
stesso anno 1300 l'assito che partiva il ponte al riurtar delle
genti si ruppe. Per quel monte s'intende il piccolo monte
Giordano, che allora era ancor più elevato dal suolo, e che
sorge a pochi passi lontano da esso ponte. Sopra questo iponi-
ticello, formato verso il secolo XII dalle mine d'antichi edi-
fìcii, è ora il palagio de' Gabrielli che all'età di Dante era
posseduto dagli Orsini detti da prima de filiis Urei, e però dal
Poeta i figliuoli deltOrsa, e che testé dal lor Papa Nicolò III
eran stati condotti a grande potenza, e il monte traeva il suo
nome da un Giordano della stessa famiglia, un ramo della
quale' perchò avea in proprio il detto palagio, dimandavasi
degli Orsini del Monte, Nò alcuno vada pensando esser questo
nome surto dopo il nostro Poeta, poiché abbiamo ìd Giovanni
Villani che papa Clemente V fece nel 1300 suo legato e pa-
ciaro generale in Italia il cardinale Napoleone degli Orsini dal
Monte, a cui Dante stesso rivolge la parola nella famosa sua
lettera a' cardinali italiani adunati in conclave alla morte del
Guasco, ossia del detto Clemente. Taluno , é ben vero , pensò
che pel monte qui Dante intendesse tutta la parte di Roma
opposta al Castello, e che levandosi in più luoghi in colline
vien denominata li monti; o che volesse dir delGianicolo ove
^a ed è l'altra chiesa di Montorio innalzata sul luogo ove,
secondo la volgar tradizione, il maggior degli Apostoli fu cro-
cifìsso. Ma ognun vede quanto piii ragionevole e naturale è il
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336 OOMBNTI.
credere che Dante volesse dire in questo luogo del monte
Giordano così vicino al Castello, e allora così celebrato da dìir^
il suo nome ad una delle più antiche ed illustri casate di RomaJ
Achille Montiy Dante e Roma (Strenna del Oiomale, e Arti d
Lettere » p, 17).
XVIII. 51. — Ma chi ti mena a si pungenti salse. — Sais^
erano dette le pietrucce o ciottoli di selce poste e quasi ger^
moglianti in un terreno sterile, aspro e rovinoso, cui la piog^rì^
quasi lavandole lascia discoperte. Anche oggi dicesi in Bologna
salga per selciato, e dar al sdls per indicare un certo intonaH
col selce che si dà al pavimento. Mazzoni Toselli ricorda molti
luoghi del Bolognese ch'eran detti le Salse, cioè nel comune dj
Pragatto, lungo il torrente Ravone, e fuori di S. Mammolo. -^
Valle di Pietra, o valle delle Salse eran sinonimo. Perciò, dic^
Mazzoni Toselli, è chiaro che quel Sasso tetro, su cui camminava
Venetico, il Poeta lo assomiglia ad un monticello, o salita
piena di queste Salse^ cioè di piccoli ciottoli di selce versunent^
pungenti. Simili terreni si vedono fuori di San Mammolo ^
lungo TAposa.
XVni. 61. — A dicer sipa tra Savena e *l Reno. — Il Sipa^
che mi dicono sentirsi ancora nella campagna, in città diveH
nuto ornai seppa, è il congiuntivo bolognese del verbo essei^^
sia. U Ovidio, Archìvio Glottologico, ii, 82.
XVIII. 66. — Vìa , Ruffian ; qui non son fémmine d<i
conio.
Dbl Lungo IsrooRO, Bella interpretazione d^ un verso di
Dante rispetto alla storia e della lingua e de^ costumi. Estratto
dall'Archivio Storico italiano, T. xxn, a. 1875. Firenze, Tipog,
Galileiana di M. CeUini e G.
Tutti i Gomentatorì moderni, in quel conio, che a noi oggi
rammenta subito T impronta della moneta, veggono accennata
r idea del turpe mercato che fa dell' onor femminile il ruffiano^
e pongono che conio valga ivi la moneta stessa, e perciò fèììi-^
mine da conio spiegano, da farci soprar moneta ruffianeggiando,
femmine da vendere. Ma ì commentatori trecentisti che vi si
sono fermati, tutti quanti toscani, non in altro senso credono
adoperata la frase femmina da conio che femmina da ingan-
nare, da sedurre, da condurre a far la voglia altrui. E que-
sta interpretazione propugna valorosamente l'egregio prof. Del
y Google
COMBMTI. 337
Lungo, e con aperte prove dimostra che contro la moderna
staiano, filologicamente, la storia di nostra lingua e V autorità
degli antichi commentatori toscani, e per ciò che risguarda il
concetto del poeta le ragioni che con molto acume e con senno
di critica vien deducendo dal sistema morale e penale dell" in-
femo dantesco. Eccone la conclusione. « Se a peccatori d' un
peccato essenzialmente frodolento meglio convenga che il de*
monio flagellatore rammenti , percuotendoli, la frode o il da-
naro; se pietoso verso le vittime di quei ribaldi sia, che il
ministro della punizione divina le nomini con una frase che le
accomuna con le meretrici, anzi le rappresenta esse stesse per
tali; se, inoltre, più verosimile, che il diavolo affermi non
trovarsi di cotali femmine in quella orrevole brigata, nella
quale di certo la coda di Minosse dee sentenziare egualmente
et ienones et lenaSy « femmine da conio » secondo la comune
interpretazione, anche queste, e delle più venderecce, invece di
intonare a que* malnati , essere inutile che colaggiù cerchino
materia e occasione di nuovi inganni ;' e se prudente, per affer-
mar tuttociò, porre in un canto l'antica originale interpreta-
zione, ampiamente giudicata da esempi di antica lingua toscana;
il mio cortese lettore vegga un po' lui, e giudichi. — E ai let-
tori pure rimetto volentieri il giudizio, se o io travegga, ovvero
ne* valenti sostenitori della comune interpretazione faccia di-
fetto, questa volta, alcun poco il dritto sentimento della virtù
di nostra lingua, ammettendo essi, ed io contrastando, che a
significare « femmina da cavarne danari » sia efScacemente
detto , e con proprietà logica e grammaticale , femmine da
t^onio; e se, sostituendo al nome il verbo, secondo che ve-
demmo farsi dagh antichi commentatori, cioè riducendo la
frase ad un « Femmine da esser coniate » possa poi per conio
intendersi non « inganno » che d^ chiara e netta la locuzione
< femmine da essere ingannate , » ma o T « impronta della
moneta» o, con senso novissimo e non confortato da nessun
altro eeempio, la € moneta » stessa. Sarà ; ma io non me ne
PO capacitare. »
L'egregio filologo B, Verattìy a proposito di questo di-
scorso mi scriveva il 16 maggio 1876: «Non conoscendo le
ragioni opposte al Del Lungo dal Rigutini io non posso né
debbo aprir bocca in questa disputa. E posso dire soltanto,
22
y Google
338 OOMBNTI.
che desidero sia data ragione al Del Lungo: perchè essendo
alquanto stiracchiata la comune interpretazione, accolta pur
anche nel Vocabolario, mi pare che vi sia un pericolo gravis-
simo dMntendere che Dante in quel luogo avesse usato un
vocabolo si turpemente osceno che disdirebbe troppo ancorché
posto in bocca ad im diavolo. L* osservazione e T interpreta-
zione del Dal Lungo salva molto: e mi pare lodevolissìma.
Ma se conio vuol dire inffannoy non mi pare si possa poi per
femmine da conio ^ intendere femmine da ingannare, sebbene
femmine che già sedotte servono ad ingannare altii. »
Fanfani P., Le Femmine da Conio di Dante, Il Borghìni,
a. II, n. 15, p. 239.
Proposito unico dello scritto del prof. Del Lungo è stato
il rimettere in onore la interpretazione di alami cementatori
antichi, la quale ninno de* moderni , o comentatori o vocabo-
laristi, non ha conosciuto o volutaU apprezzare. Ma il Fanfani
vuol provare che sì a lui, e nella IP edizione del suo vocabolario
stampato a Firenze nel 1865, e nel Comento Anonimo pur da lui
dato fuori, che al prof. Scartazzini non fosse sfuggito tale senso
attribuito dagli antichi alla parola conio.
RiGUTiNi Giuseppe, Del vero senso della maniena Dantesca
Femmine da conio nel r. 67^ e. xviii delia Commedia^ Studio
letterario^ aggiuntavi una nota Filologica di Giovanni Tortoli.
Firenze, Tip. dell' Associazione, 1876, di p. 32.
Lettera a P. Fanfani, Il Borghini, a. ii, n. 17, p. 274.
Ancora di Conio per Moneta, Il Borghini, a.ii, n. 19.
p. 311.
Fanfani P., Le Femmine di Conio di Dante, 11 Borghini,
a. II, n. 16, 264.
Il Uigutini, appoggiato anche alla concordia e lunga e co-
stante degli spositori per oltre a cinque secoli, dei ti*e antichi in
fuori citati dal prof. Del Lungo, sostiene che la frase femmine da
conio altro non significhi che femmine da farci su guadagno, da
guadagnarne danaro. — Vi pare, egli conclude, che per alcuni
incerti esempi delle voci conio, coniare, coniatore, coniello e
coniellatore , e per T autorità di tre antichi commentatori, da
me per poco ridotti a un solo , e per le ragioni che il mio
valente amico vi ha esposte sulla frode, che, per lui secondo
Dante, e per me secondo tutti, entra come principale elemento
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COMBNTI. 339
nel concetto del lenocinio , vi pare , dico , si debba apiegare
feinnùne da conio per femmine da ingannare; oppure consi-
derando che e l'idea della frode e quella del lucro ci danno
pieno ed intiero il concetto di questa colpa, intendere quella
frase in ordine all'idea del lucro stesso, e in un Poeta terri-
bilmente sarcastico non dovendosi prescindere dalle parole dì
Venedico , considerare la mia , o per dir meglio , la comune
spiegazione come più vera, più efficace e più calzante? Tanto
più che da essa, si avverta bene, non è esclusa Tidea della
frode; perchè dicendo il demonio frustatore: Via, ruffiano^ qui
non son femmine da farvi guadagno, si capisce che non vi
son femmine da guadagnare sulla loro onestà per via d' in-
ganno, come cosa questa che necessariamente si sottintende,
trattandosi di tal peccato e di tal peccatore; onde la inter-
pretazione da me sostenuta sarebbe sempre preferibile, come
più comprensiva, più intiera e per conseguenza più vera e più
bella ; laddove V interpretazione del mio amico abbraccierebbe
.soltanto uno solo degli elementi della colpa.
A rincalzo delle prove addotte, il Rigutini (Borghini, a. ii,
n. 19) cita un esempio del Gigli, tolto da una sua bizzaris-
sima Balzana poetica, scrìtta nel 1712, in che conto vien usato
per Moneta, cosi chiaro, ei dice, che la chiarezza stessa non
potrebbe esser di più.
Il Tortoli, suirautorità dello Statuto de* Rigattieri del 1357,
prova che anticamente conio fosse parola propria, esprimente
un modo disonesto e illecito di procacciarsi guadagno; fosse
in somma una specie di estorsione, di truffa o angheria che
facevasi alle persone private, e più particolarmente in contratti.
Le 22 pagine del prof. Rigutini, scrìve il Fanfani, sono
così attrattive per la loro lucidezza di pensiero, e per garbata
speditezza di lingua, che rincresce V esservi amvato in fondo.
Egli ha assegnato tali e tante ragioni per provar vera la
interpretazione antica della Crusca, cui egli difende ; ha con-
fortato le sue parole con tanta dottrina filologica; ed ha
chiarìto COSI bene il concetto del Poeta altissimo, che sarebbe
piccosa e bambinesca ostinazione il perfidiar nell'errore : e però
i^euzsL arrossirne lo confesso, e rìngrazio assai il valente acca-
demico di avermelo fatto conoscere.
E a proposito di tal questione scrivevami il 10 Maggio 1876
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340 COMBNTI.
r egregio Priore cav. Razzolini : € Ha veduta nel Borghini la
controversia sulla yoce da conio f Mi sembra che non solo
siaosi male apposti gli antichi commentatori, ma anche i mo-
derni, non esclusi il Fanfani, il Rigutini ed il Del Lun^o. U
conio per moneta sembra che li ci abbia che faro come Pilato
nel Credo. Quel conio, a mio credere, viene da cuneus metafori-
camente preso. U verbo cotr^ (e gli antichi dicevano anche conirc.
come ci accerta Quintiliano ( Inst. Orat. Lib. i, e. 6 ) , significa
congressus animalium generationis causa). Scrissi in propo-
sito al Fanfani una lunga lettera, ed egH è rimasto capace
delle mie ragioni. Avrei scritto su questa parola un articolo,
ma non sembrami conveniente alla mia professione. Il Fanfani
però mi ha promesso di ritornarvi sopra, e vedremo presto
una sua scrittura nel Borghini. Povero Dante! com'è stato
strapazzato dai Comentatori — »
Chi sente tutti i giorni chiamar conio il nolo, che i nostii
contadini pagano al padrone per Fuso degli arnesi da (are il
vino e r oUo o de' vasi da conservar V uno e Taltro, non du-
bita del significato di quella stessa voce nel xviii dell* Inferno,
e alle tanto strane dichiai*azioni de* letterati comentatori sor-
ride compassionando. CammiUo (R. Caverni), La Scuola, 1873,
II, 320.
XVIII. 133-35. — Taide è, la puttana, che rispose Al drudo
suoy quando disse: Ho io grazie Grandi appo tei Anzi me-
ravigliose.
Non ò alla scena 1* dell'atto III^ dell'Eunuco, alla quale
dovette riferirsi l' Alighieri , come vorrebbero gì' interpreti ,
dove, contro quello ch^^egU dice, si trova lo smargiasso di
Trasone^ drudo di Taide, così interrogare, non essa Taide, ma
il suo parasito Gnatone. Magnas vero agere gratias Thais
mihiì a cui Gnatone, non Taide, rispondere Ingentes. Il sem-
brar le pai'ole dantesche come una traduzione di queste di
Terenzio fece sì che alivi credesse aver TAUghieri avuto si in
mente la scena sopraccitata, ma confusone i personaggi, per
essere forse sopra fantasia , o non aver alle mani il testo di
Terenzio, oppure adoperatavi la catacresi. Ma il prof. Beccaria
crede, che, non già alla scena 1*^ dell'atto 111°, Dante avesse
l'occhio, si piuttosto alla II" dell'atto medesimo, in cui Trasone
interroga proprio Taide in persona, se la gli sia grata del
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GOMENTI. 341
px-esente fattole della ragazza tanto desiderata, e se perciò
gliene voglia bene: 0 Thais mea — Meum suamum, quid
^tQzturì ecquid nos amasi — De fididna isthacf Al quale
Xsude con palese affettazione di subito risponde: Plurimum
mirilo tuo, . . . Che suona come dicesse : M* ho io acquistata la
tua grazia o il tuo amore col regalo di codesta sonatricef
La risposta : Anzi meravigliose, la quale in Dante rileva più,
eome quella che rappresenta il carattere di stomachevole adula*
zione, se può convenire aìVIngentes, niuno negherà che meglio
non calzi all'altra affettata e smanzerosa: Plurimum merito
ttio.... Il Borghini, ii, 15 Aprile, 1876, p 324.
XIX. 8. — Luogo de' battezzatori
Diomsi Gian Jacopo, De* fori o Pozzetti del sacro fonte di
Firenze, e dell'uso loro. Aned. v. (Verona, Cavattoni 1790),
Capo XX, p. 120-27.
Secondo il Qelli erano di diametro circa un braccio e un
quarto, e avevano il fondo ovato. L' antico Battisterìo fiorentino,
in cui Dante fu battezzato, scrive il can. Luroachi, venne de-
molito nell'anno 1577, con dispiacere universale, in occasione
del solenne battesimo che seguì a' 29 Settembre del principe
D. Filippo , primogenito del granduca Francesco I de' Medici,
per consiglio di un certo architetto di quei tempi, chiamato
Bernardo delle Girandole. Corre però tradizione che il distrutto
fosse affatto simile al sussistente di Pisa. — V. Man. Dani, iv, 388.
XIX. 49. — Io stava come 7 frate che confessa Lo perfido
assassin che poi eh' é fitto. ... — Fitto, in terra, a capo di sotto.
L' antico e buon comentatore sopra questo luogo scrisse : L' as-
sassino, per legge municipale eli Firenze, cosi si pianta: e dice
vero, che le parole dello Statuto sono : Assassinus trahatur ad
caudam muli seu asini usque ad locum justitiae et ibidem plan^
tetur capite deorsum , ita quod moriatur. E del propaginare
nel diario o giornale che '1 vogliamo dire, o istorielle del Mo-
naldi, parlando di uno che avea voluto tradire Prato, si truova:
gli furono levate le carni, poi fu propaginato. V. Villani, L. x.
— Borghini.
XIX. 52. — Se* tu già cosH ritto, Se* tu già cosH ritto, Bo-
nifazio ì — Dante accusava il principe francese presente e com-
plice, quando egli fa bandito; e con le roventi parole ond'egli
marchiò Bonifimo, gli fece peggio che non gli Scosse in Anagni
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342 coaiBim.
più tardi il fratello di questo Valois. Quali motivi personali
avesse Dante a si fiero odio contro 8 Bonifazio, quel che av-
venisse mentre egli rimase a Roma ambasciatore, o nella di-
mora che ivi protrasse fino al Gennaio dell* anno segiieote, noi
non sappiamo. — L*esiglio non venne a lui dal papa, ma in
quel tempo tra loro due qualcosa d'oscuro dovette nascere,
che da un lato accese in patria contro lui tante ire, dall'* altro
gli aveva confitte nel cuore di quelle offese che sono dare a
ricordare, ma vendicarle pai*eva dolce ali* iroso animo del poeta.
Gino Capponi, Storia della Republ. di Firenze, i, 123.
Come tranciasse Celestino, papa, al gran rifiuto. Amari,
La guerra del Vespro, C. xiv, 361. — V. Man. Dani, ii, 707.
XIX. 70. — E veramente fui figiiuol deWorsa. — « Di
grande animo, di smisurati pensieri fu Nicolò ; superbo, sagace,
chiuso nei disegni, veemente ali* oprare, non curante della g:ìu-
stizia ne* mezzi purché il fine conseguisse, eh* era ingrandir la
Chiesa per ingrandire gii Orsini; e menava a nobile effetto,
sgombrare 1* Italia d*ogni dominazione straniera. In Italia di-
signava fondar novelli reami, e darli ad uomini di sua schiatta :
vedeva ostacoli a questo 1* imperatore e il re; battea dunque
Carlo con Ridolfo ; Ridolfo con Carlo ; ambo con 1* autorità della
Chiesa. . . . Tenea la gente Orsina niente inferiore a casa d*Àng^ò,
e se molto di sopra — » Amari, La guerra del Vespro Sici-
liano, C. V, 75.
Ruberto Luigi, Nicolò III. Il Nuovo Istitutore di Salerno,
IO Nov. 1876, p. 217-225.
N*esamina la scena drammatica, in che pensiero^ sentimento^
forma sono compenetrati. In essa ei vede muoversi uguale^ ser-
rato V animo del poeta. E conchiude : € Oh ! il libro che più mi
rifa e eh* io voglio meditare ò la Divina Commedia. Dallo studio
di questo libro, dove vivono le più svariate armonie della natura
e dell* anima, non s* impara solo a essere artisti, nui a essere
uomini di carattere, e a trion&re nelle lotte della vita. »
XIX. 82. — Di ptu laid" opra. ...Un pastor — — La voce
popolare, già innanzi al racconto di Dante, avea anticipato a
Clemente V la pena che, morto, lo attendeva. Villani^ ix, 58.
XIX. 98-99. — E guarda ben la mal tolta moneta, CK esser
ti fece contra Carlo ardito. — « Secondo me, vanno errati quei
commentatori i quali, seguendo il racconto del Malespini e del
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COMBNTI. 343
Villani, veggono ne' versi di Dante V oro bizantino recato da
Oiovanni di Procida a papa Nicolò III per comperarne V asaen-
timento nella congiura contro Carlo I d'Angiò. Il cenno che
nel capo v ho fatto del pontificato di Nicolò, basta a mo-
strare, eh' ei fu bene ardito contro Carlo pria del 1280, epoca
supposta della corruzione. L' avea spogliato della dignità di Se-
natore di Roma, e di Vicario in Toscana; battuto ed attra-
T-ersato in mille guise fin dal primo istante che pose piede nella
cattedra di S. Pietro: onde l'ardimento conti'O Carlo piuttosto
si deve intendere di questi fatti certi, che del supposto disegno
della congiura, che per certo non ebbe effetto dalla parte di
J>iicoIò, morto nel 1280. E le parole, mal tolta moneta, meglio
si riferiscono alla non dubbia appropriazione delle decime eò-
desiastiche, e del ritratto degli Stati della Chiesa, che alla ba-
ratteria di cui vogliono accagionare V aito animo dell'Orsini. »
M. Amari, Appendice della sua storia del Vespro Siciliano,
p. 538. V. Todeschini, il, 370.
XIX. 114. — Se non eh* egli uno e voi n* orate cento.
Cesati Vicenzo, Nuova interpretazione cTun verso di Dante,
Lettera al Direttore del Vessillo Vercellese, a. vii, 1855, 24
Maggio.
« A mente mia, il divino Poeta intendeva dire: voi &te
peggio, o pontefici simoniaci di quanto facesse il popolo d'Israele
quando volse ad idolatria, poich' egli si accontentò di un idolo
d'oro unico (Esodo, xxxn; Sai. 105), mentre voi fete deità d'ogni
pezzo d'oro e d'argento: Iddio è per voi Mzmmon^ centupli-
cato ; sendo Mammone presso i Caldei il nume delle recondite
ricche^e. E tanto meno sembrami bistorta l' interpretazione da
me proposta che, oltre all'essere cosa notoria che Dante si
riferisce spesso nel suo poema alle bibliche carte, appunto pochi
versi addietro del contesto ci richiama al e. xvii dell'Apocalisse
collo scrivere: Colei che siede sovra tacque Puttaneggiar
co* regi fU vista, »
XX. 29. — Chi è piti scellerato di colui
Bozzo Giuseppe, Ragionamento critico, Palermo, Tip. R-
della Guerra, 1860, di p. 98.
XX. 52-100. — « E quella che ricopre le mammelle,
È indubitabile la contraddizione tra questo passo che colloca
Manto nel cerchio di Maiebolge, e quello del xxn, v. 113 del
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344 ooxBrn.
Ptirg. che aasegna aUa figìia di Tiresia la sede nel limbo
de* sospesi. Gli Accademici deUa Crusca vorrebbero che nel xxn
del Purg. parlasse di Dafne, figlinola parimenti di Tiresia, della
quale Diodoro Siculo. Filippo Rosa Morando mise fuori un* altra
Tiresia, per nome Istoriade, nominata da Pausania. Ma fl To-
descbioi osserva che Dante, privo della conoscenza della lingua
greca non lesse e non potè leggere nò Diodoro Siculo, nò Pau-
sania, e non seppe né di Dafiie, nò d* Istoriade. Oltrecchè nel
luogo del Purgatorio, Dante non vuol far menzione d* altre
donne che di tali di cui sia parlato ne* poemi di Stazio, ma in
essi non è che una figliuola di Tiresia , la sola Manto (Theb. iv).
XX. 46. — Aronta è qUei eh' al ventre gU e* atterga Che
nei monti di Luni, ... — L'antica Luni si vuole patria del &moso
Aronta, il quale venne chiamato a Roma poco innanzi alla
morte di Giulio Cesare per ottenere da lui la spiegazione di
alcuni prodigi che ivi si dicevano avvenuti. Lucano ne fa cenno
e aggiunge : Haec propter placuit Tuscos de more vetusto Acdri
vaies^ quorum qui vyiximus aevo Aruns incoluit deserta moenia
Lunae ; Fuiminis edoctus motus venasque calentes Fibrarum
et monitus voUtantis in aere pennae. Questi versi 1* Alighieri
dovette certo aver presenti là dove parlò di queir Indovino e
di Luni. G. B, Giuliani^ Lettera i sul Vivente Linguaggio della
Toscana, p. 3.
XX. 67. — Lì4ogo è nel messo.
TiBONi PiBTRO Emilio, Qual luogo sul lago di Garda ac-
cenna Dante nei versi 67-69 del C, xx delt Inferno, Memoria
letta aU* Ateneo di Brescia il giorno 5 Luglio 1868. Brescia.
Appolonio, 1868. (V. Man. Dant ni, 92; iv, 31 e 389>.
Tennero per Peschiera il Miniscalchi, TAsquini ; per V isola
dei Frati, ora isola Lecchi (discosto poco piii di* due miglia,
a mezzodì ed oriente, da Salò, e dalla parte di occidente di-
stante da terra ferma, cioè dalla punta del promontorio di
S. Felice e Portesio, il tratto di un archibugio) Bosugianmi
Grattarolo nella sua Storia della riviera di Salò (1587), Fra>->
CBBCo Gonzaga, prima frate francescano , poscia vescovo di
Parma, il Labus, il Viviani, TArrivabenb, il Gambara, il Per-
sico, il Zom, TOdorici, il Belviglieri, il KAifOLBR; ricisamente
per Campione, gli EorroRi dblla Minerva, ed il Cavattoni.
Campione, latinamente Campilium, che suona a molti pio
y Google
345
cok) campo, troraai dnqiie miglia circa dopo Oargnano; è ameno
promoDtorìo, o piatioato seno, che il lago circonda e rapì al-
tissìme a seCteatrìone: ò luogo molto vago, tutto una bella
prateria, coperto di uUvi, gelsi, allori e mirti: ed il fiume, che,
movendo dai monti di Tremoeine, percorre ìa valle di S. Mi-
chele, e che, quando pasaa appiè dei monti di Tignale, prende
U nome di Tignalga, predpitondo da ecoscese e dirupate roccie
aopra Campione tutto lo attraversa, prima che col lago ri con-
giunga. Oltre 1* autorità di Giorgio Oiodoco, bresciano, citato
pure dal CavaUoni (V. voi. iv p. 389), il Tiboni ravvalora la
8ua asserzione con qneUa degli eruditi e crìtici rhe nacquero,
e tutto dimorarono la rito sulle sponde del lago di Garda,
e delle cose fìenaoenri diligentomento e minutomente scrìssero.
Silvan Cattoneo, salodiano (1533), nella VII Giornata scrìve:
« Campione è quel luogo, che già disse Dante, tre vescovi poter
segnare, stando tatti nel suo confino, ... di maniera che, dimo-
rando tutti nel suo, potrebbero non solamente segnare, come
disse Dante, ma toccarsi eziandio la mano. > E poco dopo:
« Ritrovata una bell'ombra presso il fiumicello, confino ditrt
vescovati, » — Millo Voltolina, pur salodiano, nel bellissimo
carme Hercules Benacensis, posto in luce nel 1575, di Cam-
pione <hce: Hieque uhi eonveniuni^ et deeotris jungere dextras
Haud proprii possunt progressi e finihus agri Tres popuH
sancii paires, qui sacra minisirani, Exiguus vitreas proeurrit
campus in undas^ Quem nauias veieres, kunc qui coluere,
vocarunt Campionum; nomenque vetus nova Utora servant.
— E Bartolommeo Vitali di Desenzano, celebre giurìsperìto,
molti anni giudice in Mademo, nella Vita di S. ErcolanOy ve-
scovo di Brescia, morto in Campione, edito in Verona nel 1584,
assevera assolutamento: Campione erat veluU quidam Hme»
difimens trium episeopaiuum^ prò cujusque dioecesis finibue^
teronensis scUicet, brixiensis, et tridentinae. — Oltrecchò ri
fa forto ddle antiche carte topografiche della rìviera di Salò,
e segnatamente di quelle del padi« Coronrili, di Leone Palla-
vicino, descrìtte nel 1597, di Greg^orìo Piccoli del 1767, le
quali additano predsamento Campione pel luogo di confine dri
tre vescovati. E sono drilo stesso avrino il Maffbi ed il conte
Luigi Miniscalchi. Aggiungam che lo stesao Grattarolo, tenendo
per r itola, non s'appoggia die alla dieeria de' lirati ; onde par
y Google
346 ooMKTm.
non vi aggiustasse fede ; giacché, parlando di Campione, lasciò
scritto : « nel quale ponno legittimamente benedire e darsi mano
tre vescovi, il trentino, il bresciano e il veronese, e pare che
le giurisdizioni loro vi si sieno volute annodare — > Sicché
Dante, del quale con poca iperbole si può dire che 8£q)e88e tutte
le cose, sapendo anche questa, dove parla di questo luog-oj
cantò: Luogo è nel mezzo. Ed il Labus, che scrisse la su^
lettera al co. Lechì , per assecondare V amico , non manifesta
che un semplice e debolissimo dubbio, mentre scrive: Non ^
inverisimile che il controverso passo di Dante Luogo è mi
mezzo si debba riferire più presto a questa isola, che, cornei
tutti i commentatori pretendono , a Campione. — Campione
cessò di essere il luogo accennato dair Alighieri, allorquando
nel 1785, volendo Giuseppe II rassettare e rotondare i con-
fini della monarchia, Tignale venne staccato dalla trentina»
ed alla bresciana diocesi aggiunto. Allora la sponda destra del
fiume in Campione, pertinente alla parecchia di Tignale, cessò
di essere diocesi di Trento, e per conseguenza il trentino pa-
store fini allora di avere autorità in Campione. Oltre a questo,
alla caduta della Veneta RepubbHca, il lago cessava di tutto
appartenere al territorio e cdla diocesi veronese; mentreccbè
diviso nella lunghezza, una metà restò a Verona, e T altra
venne attiibuita a Brescia; e allora cessò anche il pastor ve-
ronese di poter segnare, se venisse a Campione : e per tal modo
tutto Campione da quel tempo diventò soggetto al vescovo di
Bi'esda. Ai quali mutamenti di confini territoriali non ponendo
mente i commentatori, ritengono Campione tuttora parte delle
tre diocesi, come gli Editori della Minerva, il Costa, il Tom-
maseo ed anche il Persico. Altro grosso errore &nno i com-
mentatori, lorchò assegnano la destra sponda del fiume in
Campione alla diocesi di Brescia, e la sinistra aUa diocesi di
Trento, perciocché la cosa era tutta al rovescio. E la causa
di questo geografico sbaglio, è la credenza che Tignale confici
col Trentino, dovecchè confine è Ti^emosine, e Tignale è posto
fra Tremosine e Gargnano. (V. Man, Dani, iv, 389).
Mafvei Scipione, Verona idustrata^ P. i, libro 6.
MiNiscÀLGHi Luigi, Osservazioni sopra la scrittura austriaca
Benacus, prodotta nel 1756 al Congresso di Mankma sulle
vertenze del lago di Garda. -^
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COMBNTI. 347
AsQUiNi Girolamo, SugH anHc?ii confini del territorio della
f^ommcia Veronese col Trentino, (V. Giorn. delle Prov. Ven.
1826. voi. XV, p. 161).
MoscHiNi Lorenzo, Sopra la lettera del co, Girolamo As^iini
(V. lo stesso Giorn. id.).
Labus, Lettera al co. Luigi Lechi intomo V isoletta del lago
di Garda e gli antichi monumenti che quivi tuttavia si tro^
vano, letta aW Ateneo di Brescia nelTanno 1820.
Persico Giambattista, Descrizione di Verona e sua Pro-'
rincia. Verona, 1820-21.
Abbìvabbne Ferdinando, Il Secolo di Dante:
Gambara Francesco, Nel Ragionamento XXI di cose patrie,
Brescia, 1840.
Odorici Federico, Lettera a Paolo Periancini, Milano, 1846.
Osservationi di un Benacense (dott. Zane di Salò) intomo
ad alcuni comenU sopra i versi di Dante, in cui è fatto cenno
del Benaco e Lago di Garda, Milano, Pogliani, 1846.
Ragionamento apologetico in risposta alle censure mosse
dal prof, sig. Gius, Picei contro V osservazioni di un Benacense
intomo ad alcuni comenU sopra i versi di Dante ^ in cui è
fatto cenno del Benaco e Lago di Garda, Milano, 1847.
Picei Giuseppe, Polemica intomo al xx delT Infimo sopra
il Benaco. Della Letteratui'a Dantesca, n. iv. Estr. dal Giorn.
Euganeo, Nov., Dee. 1848.
XX. 79. — Non molto ha corso che trova una lama. —
ZramOf^guna, ò voce notissima, usata da Orasio: Viribus uteris
per cli^B flumioa lamas (1. i, epist. 13, v. 10). Sebastiano Ciampi
ce ne dà T etimologia, e ne cita la cronaca di Sigiberto , da
cui si vede che lama ò luogo fondo, voragine. Ciampi, sopra
un anello Longobardo, e sulF orìgine del titolo di Marchese,
Bibl. Ital., voi. Lv, 1829. p. 126.
XX, 1 15. — Queir altro che ne* fianchi è cosi poco. —
Poco, suona qui piccolo, usato nello stesso significato da* Pro-
venzali. Nannucci,
XXI. 38. — Un degli anzian di santa Zita.
Monireuil Sara, Vie de Salute Zita. Paris, 1845. V. Man,
Vani. IV, 392.
XXI. 41. — Ogniuom v*è baraUier fuor che Bonturo, —
Fuor che, oltre. Spiegando in tal guisa, non ò più necessario
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348 COMENTI.
il ricorrere a queir ironia, che reputo quivi inopportuna, dis-
conyeniente, e non caduta neir animo del poeta. L. Muzsi, —
Di Buonturo, V. Todeschini, Scritti su Dante, ii, 370; Man.
BanL IV, 393.
XXI. 89. — Tra gii scheggion del ponte quatto quatto. —
Quatto quatto, chinato e come spianato in teira, e come £i
la gatta quando uccella, che si stiaccia in terra per non e>'5er
veduta, e lo fa talvolta il cane. Borghini, — Alla fine aunn-
saudo su tutti i buchi, fece vista d'allontanarsi, ma invece fì
cacciò quaito quatto m un fagiolaio. Val d* E vola. — Giuliani
Saggio d' un Dizion. del volg. Tose.
XXn. 2. — E cominciare stormo, — Stormo , V affronta-
mento e queUo andare a investire il nemico, come il tradut-
tore di Livio: < abbiendo le legioni ricominciato il grido e
rinforzato lo stormo . » Nel Villani ancora si trova piii d' unn
volta. Di qui ò stormire, far gi'an romore e fracasso; nel e.
xm, eh* ode le bestie e le frasche stormire. Borghini.
XXII. 59. — Ma Barbariccia il chiuse con le braccia , B
disse: State *n là, mentr* io lo* nforco, — Inforco, il chiudo
tra le braccia : e questo significato ò alla detta voce conve^
nientissimo ; perocché alla forca ben si assomigliano le braccia,
allorché in avanti si stendono, affine di stringere altrui e inca-
tenarlo. Fiacchiy 'Memoria letta alla Crusca, V. Zannoni, 238.
XXIII. 9, ^ E come Vun pensier delT altro scoppia. —
Intese di que^ pensieri che straordinariamente, e air improv-
viso , e quasi fuor di proposito , pur con V occasione di quel
primo, vengono fuori; il che propriamente noi diciaS) scop-
piare, come d*una fonta che rompendosi il condotto, o fen-
dendosi in qualche parte, V acqua che n* esce si dice scoppiare
e non nasceì^e. Come ancora d* un albero si dirà scoppiare U
messe, quando escon fuore del gambo, o di luoghi insoliti e
non aspettati, né procurati. Borghini.
XXIII. 88. — Costui par vivo altaUo della gola. — « Al
moto delT alitare, scrive uno dei comentatori veduti da me; a
quel moto della gola che V uomo fa respirando, chiosa un' altro.
Ma non posero mente que* valentuomini che la gola non &
respirando alcun moto e che del respiro non apparisce altro
segno che air alenare del petto. L' atto che fece Dante, al
vedersi contro la sua espettazione guardar bieco a* dannati, fn.
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COMBNTI. 349
con atto di deglutizione. Se tu pensi che la saliva si secerne
in copia sotto quelle impressioni morali nelle quali si trovava
allora il Poeta, e ti ridurrai in simili casi air esperienza tua
propria, vedrai quanto il deglutire dovesse essere a Dante
naturale. Nel deglutire sì che la gola fa un atto perchè la saliva
passando dalla bocca air eso&go fa sollevare e portare innanzi
la laringe e Tosso ioide (il pomo di Adamo) nella gola di
Dante rilevato. A questo segno riconoscono le anime che il
sopravvenuto era vivo, perchè il deglutire è atto della vita or-
ganica. Camillo. {Cavemt), La Scuola, 1873, ii, 27.
XXIII. 103. — Frati Godenti furono e bolognesi, Io Ca^
talano, e costui Loderingo, — In un' accusa del 1287 che si
conserva negli Archivi di Bologna, si parla di un laudo scritto
manu Jeromei AngelelU Not. scriptum manu Caztanemicis
contro fomiam statutorum et ordinamentorum factorum per
Dominos Loteringium de Andald et Cafelanum domini Gui-
donis de hostiae Fratres Ordinis Militiae Beatae Mariae Vir-
ginis gloriosae — Questi militi della Beata Vergine, detti poi
Tolgaimente sold^i della Madonna, denominazione che si estese
a denotare un soldato poltrone, abitarono in Ronzano a Bo-*
logna, ed a castello de' Britti ov' era un altro Ronzano. Essi
furono detti anche Templari , ed ebbero una chiesa sotto il
titolo di Nostra Donna, poi di S. Bernardino in cappella S. Lu-
ciac in via pubblica, per quam itur de burgo Arienti ad Canv-
pum (cimitero) Ecclesiae Sanctae Mariae fratrum Gaudeniium
OrcU^ft Beatae Mariae, Mazzoni Toselli.
XXIV e XXV. — Ci par degna di considerazione la pena
inflitta dall* Alighieri nella settima bolgia ai ladri: che posti
fi*a innumerabili serpi, non solo ne vengono morsi, annodati,
arsi in mille guise spaventevoli, ma son eziandio astretti a can-
giar le spoglie umane in • serpentine, e le serpentine stesse poi
a rimutar fra loro, rubandosi, barattandosi, perdendo i propri
corpi senza posa. Poiché essi disconobbero i vincoli di quella
proprietà su cui si regge V edifizio sociale, sembra che in pena
.sentano venir loro sottraendosi ogni proprietà, perfino la più
ìntima a noi, quella del nostro corpo, e corrano in disperate
fughe con la paura di perdere la radice stessa della proprietà,
cioè la personalità umana eh' è il vero fondamento del me e
del sé, del mio e del suo, e perciò d'ogni proprietà, il cui
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350 OOMBNTI.
diritto non bì può concepire là dove non è individualità e pei"-
sona intelligente. Perez^ 499.
XXIV. 3. — E già le notti ed mezzo di sen ranno. — Nel
verbo vanno intende il P. Antonelli un moto in declinazione :
al Caverni parrebbe invece doversi intendere in quel signifi-
cato che ha quando diciamo: VAve Maria va alle cinque, alle
sette, ecc. che significa: il tempo posto e dedicato a quelle
sacre commemorazioni dura infìno alle cinque, ecc. Questo
verso niente altro significa che le notti durano metà del giorno.
XXIV. 4. — Quando la brina ... — Dice la causa e ac-
cenna alle forme cristalline della brina. Esperto ossei*vator di-
ligente d* ogni fenomeno naturale , avrà osservato che i cri-
stallini aghiformi raggianti della brina si drizzano su per i
fili delle erbe e delle stoppie da una parte e dall'altra a modo
che le barbe suir astuccio d* una penna, immagine facile a de-
starsi in lui, e con questa immagine della penna descrive la
brina. Seguitando poi in su quella figura-, a significare cht-
que* cristallini penniformi al sopravvenire del sole si sfanno,
dice che a quella penna poco dura la tempra. Quello che al-
cuni si dicono dello scriver la brina sopra la terra o altro,
non mi par cosa vera, e perciò né poetica. Caverni^ La Scuola.
I, 227. — Ingegnoso il vedere nella tempra, che poco dura, della
penna messa in mano alla brina , le concrezioni cristalline
penniformi. Tommaseo^ Lettera al Pievano Calcinai.
XXIV. 14. — La speranza ringavagna : Cavagna^ o ga-
vagnay neir uso siciliano, piccola fiscella per uso di por||||a ri-
cotta: ed i siculi hanno lanche il verbo rincavagnari ^ e di-
conio i mandriani quando rimetton in cavagna la ricotta, per
tuffarla nel caldaro del siero bollente onde evitare che ina-
cidisca. Adoprasi pure figuratamente per rimettere una cosa
al posto dove pria stava; precisamente come Tha adoperato
Dante, con moltissima convenienza usando, secondo il suo co-
stume, i termini tecnici delle varie persone che introduce nel
suo mirabile dramma. S. Salomone Marino. V. Man. Dant ih
307, nota.
XXIV. 137. — Io fui Ladro alla sagrestia de* belli arredi,
Ciampi Sebastiano, Notìzie inedite della Sagristia pistoiese
de' Belli Arredi. Firenze, Molini, 1810.
Lettera sopra V inteìyreiazione d'un verso di Dante
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OOMBNTI. 351
nella Cantica xxiv delC Inferno. Pisa, Nìstrì, 1814 (In risposta
ad UQ discorso di Vicenzo Follini, letto alla Società Colom-
bai-ia dì Firenze il 6 Luglio 1814).
XXV. 2. — Ze mani ahó . . . — > F. Sassetti nella sua lettera
a Giamb. Strozzi (xxiviii, p. 90), redarguisce il torto giudizio
di mons. Della Casa, a cui parre inonesta l'espressione qui
usata dal poeta (Galateo, e. xxii), mostrando come ai tempi di
Dante non avea quel si strabocchevolmente sporco significato^
che il Della Casa vuole ad essa attribuire, ma solo quella in-
t^^rposizione del dito grosso tra li due che gli sono accanto
inunediatamente.
XXV. 49. — /' vidi un fatto a guisa di liuto. — Il liuto
al quale paragonò Dante maestro Adamo, è quello strumento
che ci vengon qua a sonare i montanari abruzzesi, e che si
chiama la pica nel sacco. Troncate le cosce nel solco angui-
naie ; la ventraia sarebbe come il sacco della piva, e la testa
e il collo r imboccatura e la canna dello strumento. Cavemi.
XXV. 81. — Folgore pare, se la via attraversa, — Vidi
Dna serpe acciambellata (ridotta in forma di ciambella): mi
ha fatto tanta paura, avesse veduto come Unguettava (vibrava
la lingua)! rimasi 11 piantata a mo'd'un palo.... S'acdam-
bella, 8* attorce (s* avvoltola) ma quando si svoltola, piglia la via,
?he manco la saetta (folgore) Varriva. Nel Volterano. Giuliani^
Saggio di un Diz. del Volg. Toscano, p. 133.
XXVI. 13. — i9u pet* le scalee. Che n' avean fatte i borni
2 scendm pria.
Vum Pbospbbo, Di Nicola Villani^ (pistoiese, più noto col
lome di Accademico Aideano, di Vincenzo Foresi, e di messer
Plagiano, secondochò gli piacque di capricciosamente cognomi-
narsi^ morto verso la fine del 1635), e di una sua interpre-
tazione dei borni di Dante. Lettere Filologiche e critiche ,
Bologna, Zanichelli, 1874, p. 312-330.
M' avvenni, così il Viani al suo Landoni, a carte 1 1 1 della
sua Uccellatura all' occhiale dello Stigliano nell' interpretazione
l'.'i borni di Dante , cjie mi pan-e nuova , né mai vidi negli
mticbi e moderni comentatori, che sopra quel luogo stanca-
rono un tempo le penne L' interpretazione ò questa : « Ora
y^ìì è da sapere che la parola bornio non solamente è fran-
àosa, e importa Uppo o losco, ma è ancora Toscana, e significa
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352 OOMBMTI.
quel tumore che nasce dalle pereoase, detto altramente b^
noccolo e bitorzolo ; e il diminutivo suo è bomioio e bomioé
che si prende talora in senso metaforico per oltraggio,
billera, o bischenca, o malo scherzo Stante dò, chial
fiene a essere il sentimento di Dante; non volendo egli dii
altro, se non che nello scendere per quelle scalee Tonchiosa I
piene di schegge ^ per le quali Lo pie senza la man non i
spediay s'era fatto dei bitorzoli, e dei bernoccoli per le maj
e per li piedi e per altre parti del corpo.» j
Io direi che bornio vale qui sporgenza, rilievo ; e che u
voce abbia tale significato il popolo lo sa, al quale è rimast^
di bornio, il diminutivo bomioccolo e bernoccolo. Dante, gin
sto qui, intende de* bernoccoli o rocchi di uno scoglio. Cavené
V. Man, Dant. ii, 568. I
XXVI. 04. ^ Né dolcezza di figlio, ne la pietà Del vecchi
padre, né il debito amore. Lo guai dovea Penelope fxr UeU\
— Con eleganza, non disgiunta da esattezza, descrìve ì tr
amorì domestici, paterno, figliale e conjugale, rattepiditi 1
dove prevale il talento d' imprese esterne e di libera attività
descrìtti in quell* ordine, in cui soleva vederti T antichità, eh
disse doversi attribuire le prime partì all'amor che discenda
le seconde a quello che ascende , le terze a quel che si prò
paga da lato. Perez, 720.
XXVI. 117. — Diretro al sol. — 1 Gomentatorì interpre
tano seguendo il suo corso d'orìente a occidente. Eppure
chiaro che il cammino d'Ulisse, secondo eh* è narrfl|| da li
medesimo nella terzina appresso, fu volto a ostro-levante. ^
cessare la confusione, consiglierei che quelle parole dirietro e
sol, tu le intendessi: dalla parte di dietro del sole. Imagina :
sole in sembianza di Apollo che guardi il polo nostro. Tuti
coloro che guardano il nostro emisfero lo vedono di &ccia
gli abitanti dell'altro emisfero, non avendo riguardo alla pa
rallasse, alle spalle o diretro. Ulisse dunque dice aver rivoli
il cammino all' emisfero australe , luogo d' onde il sole , eh
qui mostra la faccia, di là mostra il dorso. Camillo (Ca-oemij
La Scuola, 1873, ii, 60.
XXVI. 127-29. — Tutte le stelle già delCaUro polo. — ]
P. Antonelli rìtiene che T aspetto della sfera si presentasi
retto a Ulisse, quando narra a' due poeti che navigando, tant
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oouBMn. 353
s'era messo per T ampio oceano, che, tutte le stelle già deW altro
polo Vedea la notte, e il nostro tanto basso, Che non sorgeva
fuor del marin suolo. Ma se vede le stelle tuUe del polo an-
tartico, argutamente osserva il Caverai, dunque tutte le cir-
cumpolari; e, se le circumpolari tutte, dunque il polo era
sull'orfezonte elevato. Questo stesso conferma dicendo che
r altro polo, cioè 1* artico, non sorgeva fuori del marin suolo ;
cioè, ch'egli era sotto T orizzonte coperto, e perciò lo aspetto
della sfera non doveva apparire a Ulisse retto, ma obliquo. La
Scuoia, I, 179.
XXVn. 43. — La terra che fé* già la lunga prova, E di
Franceschi sanguinoso mucchio, — Accenna alla distruzione
completa dell* armata francese operata dai Forlivesi insieme a
molti prodi di altre città della Romagna nel 1282. Queir ar-
mata, foi-te di ben diciotto mila soldati sotto il comando del
generale francese, D'Appia, per ordine di Papa Martino IV
(esso pure francese), assediava Forlì cospicua città ghibellina
reggentesi a repubblica, nello scopo di assoggettarla al domi-
nio della Chiesa. — Poche migliaia di-valoi*osi, combattenti per
la libertà deUa patria sotto la scorta dell'illustre Capitano
Guido da Montefeltro, riuscirono col valore, e mercè d' un fe-
lice stratagemma suggerito dal celebre Guido Bonatti Forlivese,
a trion&re d' un esercito si poderoso per forma, che esso venne
intieramente massacrato ; imperocché i pochi che non mori-
i*ono sul campo di battaglia, trovavan poi sbandati e fuggia-
schi, li^orabile morte nella adiacenti campagne. V. Fiani
Bartohmmeo, Voi. iir.
XXVII. 50. — Il Lionese dal nido bianco, — Maghinardo
Pagani di Snsinana. Ottavio Mazzoni ToselU.
XX VII. 67. — r fui uom d' arme, e poi fU* cordigliero. —
Perchè Guido di Montefeltro sommo guerriero rendutosi frate
sia lodato a cielo nel Convito e infamato nella Divina Com-
media. Ugo Foscolo, Discorso sul Testo, cxiv-cxix.
XXVII. 85. — Lo principe de' nuovi Farisei Avendo
guerra presso -Laterano,
Con la famiglia dei Colonnesi, cui papa Bonifacio avea
bandito contro la crociata. .Veramente noi non abbiamo memorie
dalle quali apparisca che i Colonnesi abitassero presso Laterano,
dacché le loro case far sempre ove son di presente nel popolo
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354 C(HiBNn.
de' santi Apostoli, e solo sappiamo ch'essi, dopo il 1000, s'afTor*
zarono nel mausoleo di Augusto, nelle terme di Costantino, poste
sul Quirinale, e sul monte Accettorio, ora denominato Citorio,
luoghi tutti non poco dal Laterano discosti. Ma il Poeta deve
aver voluto con le sue parole vie più far notare come le ìvts
di que' miseri tempi fossero ire fraterne esercitate non g-ià
contro genti naturalmente nemiche, come Saracini e Giudei,
ma si con cristiani non pure, ma con tali che dimoravano sin
presso la chiesa madre delle altre tutte del mondo, e sede
propria del capo della chiesa cattolica, e vescovo di Roma che
è il papa.
Nella vita di Cola di Rienzo leggiamo, che morto il Tri-
buno a furore di popolo € fu strascinato fino a san Marcello,
là fu subito appeso per h piedi ad un menianello », e Matteo
Villani dice « tranaronlo in fino a casa t Cokmnesi, » Chiaro
è dunque che le case de' Colonnesi erano da san Marcello ; e
aggiunge il biografo di Cola « che poi, fu trascinato al campo
deir Austa », cioè alla fortezza fatta da quei baroni sul sepol-
cro d' Augusto. Il primo palagio dei Colonnesi era ov' è di
presente quello degli Odescalchi , ed avea presso .un orto an-
nesso alla Chiesa di San Marcello, che allora aveva la Ceciata
volta ad oriente. Achille Monii^ Dante e Jloma, (Strenna del
Giornale « Arti e Lettere »).
Nemico suo potentissimo, inesorabile (di Stefano Colonna,
della milizia splendidissimo onore) fu Bonifacio Vili Pontefice
romano, cui difficilissima cosa era vincer coU' anni, imA|psibile
con somroessione piegare o con lusinghe, tale in una parola
cui domar non poteva che sola la morte. Il quale, con inumana
sevizie, fattosi a richiedere per ogni dove la testa dell' eside
miserando , pose in opera ogni argomento di promesse , di
minacele, di potere, di autorità, di ricchezze per averlo nelle
mani , con lai^ghe offerte di premi a chi lo inseguisse , e di
severi supplizi a chi gU desse favore. . . . Petrarca j Ep. Pam.
L. II, 3.
XXVII. 89. — E nessuno era stato a vincer Acri, Nà meì^
Catanie in terra di Soldano. — « E al tempo di miser Pino da
Cremona (1291), el quale tornò un altra volta Potestà, e fu
fatto Cavaliere del Comuno di Siena, e fii confermo da l'uno
Gieuaio al 1' altro ; e al suo tempo venne Iettare da Venegia
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355
come el Soldano di Babilonia aveva preso Acri, el quale gli
era stato tolto dallo onperadore: e quando Tonperadore lo
prese, el prese per lo consìglio di miser Guido del Palagio el
quale era del Casato Bandinegli da Siena; e quando tornò, el
quale c^ era ito co* novecento uomini , e fatta la rasegna non
troTÒ ehe el suo numero fosse menuito se non di quattro ov-
vero V. E per questo veduto Tonperadore che la bandiera dei
Sanesi senpre era stata dinazi à primi feridorì, e avevano
fatta tanto bella pruova, che non era ninQO nel canpo dello
inperio, che non si maravigliasse, e quanti pochi dì loro spe-
rano trovati meno per le battaglie , che avevano fatte e per
questo r onperadore donò la Palla rossa nello scudo giallo a
Miser Guido dal Palagio, della quale ne fu fatto grande stima
nella sua tornata, e reconne di quel paese di Turchia molte
gioie e cose preziose, che lui guadagnò, e anco ne gli donò
r onperadore. » Croniche Senesi, pubb. da G. Maconi, e. 80, i,
p. 2, 49.
XXVn. 94. — Ma come CostanUn chiese Silvestro Dentro
SiraUi, — Est hinc Soracte mons, Silvestro clarus incoia. Pelr.
Fara, n, 12.
XX Vn. 129. — E si vestito andando mi rancuro. — Il Di
Giovanni osserva che il rancurare dì Dante in senso di afflig^
ffersi, soffrire omai sfiatato, ò bello e fresco tuttavia nel con-
tado siculo, e sia d'origine provenzale o no, come crede il
Varchi, che lo legge nelle canzoni di Folchetto di Genova e
di Arnaldo di Mirail, il fatto sta che ivi è antichissimo e di
casa.
XXVin. H.-^E là da TagUacozzo, — E Rè Curadino fìi
uno Re di Napoli, e andò a Canpo a Tagliacozo, e per la mala
guida che faceva la sua giente, una notte venero tutti e gli Amici
de Conti da Tagliacozo col aviso di quegli, che erano dentro.
E veduto, che *1 canpo de Re Curadino stava senza alcuno
riguardo e no' temeva nisuno , e no' facevano stima alcuna di
niuna giente che venisse in aiuto d'essi Conti, e una notte
quando fu '1 tempo che '1 socorso venne, quegli di denti'O uscirò
fiiore armata mano, e quegli eh' avenivano col socorso si mo-
stro dal altro lato, e asaltaro el Canpo de Re Curadino e
funno fatti morti dell'una parte e dell'altra, che no' si por-
rebbe dire, perchè no' conoscevano 1' uno Y altro per la schu-
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356 ooMBtm.
rità della notte, e no* valeva adimandare, & qua lume. £ int
fine fu tanta la giente di Tagliacozo, e del soccorso, che ve—
niva, che quella de Re Curadino fh mesa in fuga, e i* Re con
poca giente scanpò , e ritornossi a Napoli con poco onore , e
con poca giente. » Croniche Senesi, puh. da G. Maconi, e. 62,
I, p. 2, 36. — V. Amari, La Guerra del Vespro, e. m.
XXVIII. 26. — // tristo sacco. — Lo stomaco o ventrìcolo,
e non T intestino, come vorrehbero i moderni commentatori.
Cosi intese il Varchi e gli altri cinquecentisti, che paiono og-
gidì a noi parolai; e come pur V intende il Mantegazza: Igiene
deUa Cticina, p. 125. Cavemi,
XXVIiL 30. — Dicendo: or vedi compio mi dilaeco. — 11
Penta vorrebbe che dilaeco stesse per Dilacdo, licenza poe-
tica : Vedi come si sbraccia U mio petto : a guisa di un busto da
donna, cui vengono tagliati i legacci. Interpretazione di alcune
parole del Petrarca e di Dante, p. 23-27.
XXVllI. bò. Or di a Fra Dolcin,
MoRBio Carlo, Proposta di un nuovissimo Commento per
dò che riguarda la storia Novarese, Vigevano, Marzoni, 1833.
Frate Dolcino, p. 9-20.
Dolcino, nacque in Trontano, piccola terra dell* Ossola su-
periore. Cacciato dalla casa degli Umiliati di Trento, prima
ancora di essere ammesso alla professione, passò al servizio
del Cenobio di S. Caterina, ove sedusse e rapi una delle più
vaghe allieve monacande, chiamata Margherita. Dopo la morte
del Sagarello da Parma, dichiarossi capo della Società Pseudo-
Apostolica, e scrisse immantinente tre lettere ad Universos
Christi Fideles, onorando il suo Maestro col titolo di Angiolo di
Smirncy e so stesso appellandosi Angiolo di Tiatira : in quelle»
col viziare a suo modo i testi delie sacre carte, diede prova di
qualche ingegno e dottrina, ma più ancora di somma depravazione
di cuore. Lasciate le Alpi di Trento, ov* erasi ridotto a dogma-
tizzare, Dolcino, sotto gli auspicii dei conti di Biandrate, nel-
Tanno 1304 comparve a Gattinara, e passando oltre al così
detto piano di Cordova, v* eresse alcime trabacche, riparando
al bisogno entro al castello posto sulla sommità del monte; di
là prorompeva con frequenti scori^rie nel castello di Serravalle,
ove fece alcuni proseliti, tra i quaU il Parroco ed i Rettori del
comune. Passata di poi a guado la Sesia, ricoverossi nella
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OOMBNTI. 357
rocca di Robiallo, tenuta allora dai conti di Biandrate; cedendo
agV inviti di Milano Sola occupò le Alpi del Vallone di Val*
nera, e dietro a queste la Parete calva che fortificò, intro-
ducendovi la numerosa sna squadra di oltre a 5000 satelliti,
tra* quali prìmeggiavaDO la bella Margherita, Longino da Ber-
gamo, Federico da Novara, Walderico da Brescia, Alberto Tar
rentino. Qui Dante, che visse a que* tempi, ci fa conoscere quante
dovevano essere la fòrze di Fra Doicino, e quanto vantaggiose
le posizioni da lui scelte, dicendoci, che sarebbe stato molto
difficile il prenderlo con altro mezzo, se non se colla fame. Il
Morbio d racconta i fatti successivi, la rotta del 23 Marzo 1307
nel piano di Stavello, V avvenuta cattura, la sentenza pronun-
ziata nella chiesa de' Domenicani di Vercelli, ed il supplizio
eh' ebbe luogo sulla spiaggia del fiume Cervo. (V, Mxn. Dani, n,
796; IV, 396).
XXVIII. 74. — Lo dolce piano Che da Vercello a Marcabò
dickina. — Marcabò fu un antico castelletto, posto là dove il
Po mette in mare, quindi ali* estremità di Lombardia. Vercelli
all' incontro n' ò il principio. Ottimamente Dante chiamò lo dolce
piano quello che da Vercelli si protende in avanti. Morbio, —
V. T. Tasso, Alcune illustri prose, Venezia, 1825, p. 17.
XXVIIL 90. — Non farà lor mesUer noto né preco. —
Quanto al vento di Focaia, non sarà lor bisogno fai*e preghi,
perchò di già saranno annegati innanzi che si venga a quel
vento. Borghini,
XXIX. 31 e seg. — La violenta morte Che non gli è ven^
dicaia ancor, disseto, Per alcun che deltonUi sia consorte. •—
Con la parola consorti si designavano i membri d'uno stesso
parentado , i consorti o compartecipi del medesimo sangue :
ma poiché la consanguineità fu appunto seme di egoismo e
inimicizia, una parola destinata all'amore divenne ministra
dell'odio, e consorti dell'offesa, della vendetta, ecc. si dissero
tutti que' membri di un parentado, che sentivano come pro-
pria r ingiurìa fatta a un solo di loro, e tutti insieme s'erano
stretti e giurati a vendetta contro qualunque del parentado
avverso, senza eccezione di tempi o luoghi o persone. Persino
TAlighierì, in quella stessa bolgia dove punisce le discordie
religiose e cittadine e domestiche, trovando uno de' suoi rìs-
sosi e vendicativi parenti. Gerì del Bello, non sa tenersi dal
y Google
358 GOMKNTI.
dolore pensando che la morte cruenta di quel feroce non era
stata ancor vendicata da nessuno del parentado. Perete 783.
XXIX. 121. — Or fu giammai Gente si vana come la
Sanesef Certo non la Francesca si (Tassai. — Purg. xiii, 151.
Tu gU vedrai ira quella gente vana Che spera in Talamone.
— L* Alighieri chiama replicatamente vani i sanesi , unendoli
a confronto coi Franceschi, dai quali, e, precisamente dai Galli
Swoni, l'opinione di alcuni scrittori dei passati secoli e la
tradizione cittadina li fa derivare: e certamente pregi e difetti
comuni ai Francesi i Sanesi ne hanno non pochi: Il che con-
ferma anche il comeutatore di Dante Benvenuto da Imola,
appoggiandosi air autorità del poeta e a quella di Giov. Sali-
sbmHense : « quia sanenses in lineamentis membrorum, et for-
mositate facìei et gratia coloris et morìbus ipsis videntur ap-
propinquare ad Oallos! D'Ancona, Nuova Antologia, Geno.
1874, p. 48.
I Sanesi erano tenuti per gente vana anche due secoli dopo
Dante. Al tempo dell* incoronazione dì Leone X venne a Roma
a congratularsene una deputazione di Sanesi , i quali fecero
attendere lungo tempo il Papa ed i Cardinali prima di com-
parire. Si scusarono del loro ritardo con dire : se esse Satten-
ses et more senensi fecisse: di che molti degli astanti fecero
tale parodia: Se esse fatuos et more fatuo fecisse. Vita di
Leone X del Fabroni , nota 24. — Marco Eenieri, V Apatista
di Venezia, 15 Sett. 1844, n. 37.
II Todeschini tiene per certo che ci si continui il discorso
dì Dante, ed espone: certo non la francese si a gran pessa:
ovvero più pienamente : certo la francese non è cosi vatia a
gran pezza.
XXIX. 127. — ^ Nicolò, che la costuma ricca. — Nicolò
de' Salimbeni. I Salimbeni erano ricchissimi. Nelle Cronache
senesi , pubbUcate dal Maconi , trovo che : '« veneno i Fioren-
tini per fornire Monte Alcino, e fornito che Tebeno con tutti
i loro collegati s'acamparo a Monte Aperto tra la Malena e
la- Biena , e feceno si gran campo eh* erano più di vinti mi-
gliaia di persone; e mandoro ambasciatori a Siena, e mandoro
a dire che li davano tenpo tre di a rendersi, e se non s*ar«i-
devano gli metarebono a stermino , e volevano rompare ìe
mura per none entrare per li porti. E venuti gì* inbasdadorì
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COMBNTI. 359
a Siena, a sonato a consegUo, si raunò el Consiglio de* Vin-
tiquattro , e veduto che '1 cornano non aveva denari , misser
^alinbene Salinbeni profferse cento miglia di fiorini al comune
e alla difesa della città, e che si mandasse per essi. E subito
andoro a casa Salinbeni, e misono questi cento miglia di fio-
rini sur un carro coperto di scarlacto, e molti ulivi in mano
([negli 6 quali guidavano el carro, e venero su la piazza To-
lomei, e tutti questi denari misero nel mezo della chiesa di
Saneto Crìstofano. E misere Salinbene si levò suso e disse
a' suoi compagni Vintiqnattro, che si solcfasse giente, e che non
si mirasse a danari , che quando quegli saranno logri , ne
prestarebbe altrettanti. » — V. Man. Dani, iv, 397.
XXX. 28. — In sul nodo Del collo. — L' espressione del
nodo del colio ò vivissima sulla bocca del popolo toscano, in
significato di nuca. E qui intendesi la colonna vertebrale dei-
Tasse cerebro-spinale. Il nodo del collo è una parte della nuca,
ed è quella dove l'atlante s'articola colla epistrofea. La lus-
sazione di quelle vertebre sappiamo essere mortale, perchè
corrisponde ivi il punto vitale di Flourens nel midollo spinale:
perciò rompasi il collo è lo stesso che cadere di morte istan-
tanea per quella cagione. Dante adunque e il popolo toscano
sapevano bene per esperienza quanta squisitezza di vita fosse
nel nodo del collo, e apparisce dalla pena degV indovini i quali
sono in una continuata lussazione dell' atlante e perciò in pena
di morte continua. Apparisce dal tormento dell'Arcivescovo al
quale Ugolino rode là 've il cen>el s'ctgggiunge colla nuca, cioè
fra r atlante e l' occipitale e arriva col dente insino al midollo
nel punto vitale: pena atroce di morte .^ Caverni, La Scuola,
1, 229.
XXX. 49. e s€^. — l'vidi un fatto a guisa di Unto. —
Il valore di un vocabolo non sancito ilall' uso ... è un valore
nullo, come di moneta che non ha corso. Rosmini. — Per ciò,
cementa assennatamente il Perez, forse l' Alighieri pone nell' ul-
tima delle bolge i folsatori di parola presso i falsatori di moneta,
e quelli ancor più bassi di questi, considerando la parola come
spirituale moneta, come stromento prìncipalissimo al commercio
delle intelligenze e de' cuori umani. Né a caso tra l'ignobile
rissa del breeciano monetiere Adamo e il greco traditore Sinone,
questi dice all'altro: iS'to dissi falso j e tu falsasti il conio
y Google
360 OOMBNTI.
(▼. 115). Nò a caso il monetiere, scfaernito per la sete onde
lo cruccia il tormento dell' idropisia^ nota, a vendetta e strazio,
nello schernitore una sete ancor piii affannosa eccitata in lai dkl
tormento della febbre, e i fumosi vapori in cui la febbre lo
avvolge (ivi, 124-129). Perocché se air inoaiabile avarizia di chi
fiUseggia la moneta ben s* accomoda T oraziana similitudine
dell' idropico (Od. L. ii, 2) , ai &ticoei raggiri e alle vane in-
venzioni di chi falsifica la parola ben s* addice il brucior dolo-
roso e r inquieto vaneggiar del febbricitante : pene suggerite
forse dal Profeta , cAe de' bugiardi e de' calunniatori grida :
Caput circuitus eorum; labor labiorum ipsoruan operiet eos^
cadent super eos carbones (Ps. cxxxix, 10, 11). Peret, 111.
XXX. 76. — Ma s' io vedessi qui Vanima trista Di Guido,
d Alessandro. — Il Troja per aprirsi il campo ad ofirìrci un
Alessandro da Romena legato con istretti vincoli alFAlighieri,
e diverso dall'Alessandro I ch'ebbe parte alla falsificazione
del fiorino f scoperta nel 1281, prese a mostrarci due diversi
Aghinolfi fratelli de' due diversi Alessandri , V uno de' quali
morisse nel 1300, l'altro vivesse fino al 1338 e fosse padre
di Uberto e di Guido. Ma invece il Todeschini pienamente di-
mostra colla scorta di solenni difdomi, che i due pretesi Aghi-
nolfi non sono che un Aghinolfo solo, fratello di Guido e di
Alessandro, ifalsatori del fiorino, vissuto fino a tarda età, padre
di Guido e d' Uberto premorti a lui, e d' altri parecchi figliuoli
nominati nel suo testamento del 1338. V. Todeschini, Rela-
zione di Dante con Alessandro da Romena, i, 211-59.
XXX. 78. — Per fonte Branda non darei la vista,
Tancredi pbop. Giusjeeppb, Di una nuova interprelasiane
sulla fonte Branda nominala da Dante. Il Buonarotti, 1872,
Quad. xii, p. 421.
Nel Casentino vi h^ una contrada denominata V Uomo
morto, a mezz'ora di canunino dal castello. Poco sopra alla
via provinciale anche og^dl si vede sorger alto un cumulo
di sassi, il quale dicesi tuttora la macia dell'uomo morto,
la quale denominazione, secondo la tradizione che vi corre,
riguarda il tragico fine di maestro Adamo, cui giustizia in-
corrotta e sapientissima consegnava alle fiamme, lasciando negli
agi e nelle feudali prepotenze i conti di Romena corruttori
dell'artista bresciano. Sopra questa tradizione il P. Antonio
y Google
ooìunti. 361
Bartolmi (Cecchino e Nunzia, ovvero Ancora e' é che ire, Fi-
renze, PolTerini, 1872), stabilisce che in quell'altura, suOa
pubblica via, innanzi al castello, ad esempio e terrore di tutta
la provincia, fosse messo a morte lo sciagurato maestro. Sono
però preziose notìzie che dà il Bartolini sulle odierne condi-
zioni del castello, e su la vera fonte Branda alla quale allude
i' assetato maestro Adamo. Ecco Romena , scriv* egli, ecco le
torri, in cui riponevano la loro sicurtà e dentro alle quali
pronunziavano gli spietati giudizi, e compivano le sanguinose
vendette i crudeli feudatari. Avvi tuttora' il cassero, nelle cui
mure massiccie si può vedere V incastro del ponte levatoio, e
i fori per cui scorrevano le catene che servivano a sollevarlo
e abbassarlo. Nel fondo poi della seconda torre situata ad
ostro-scirocco della prima, rimane tuttora un'orrenda stanza
a cui si aveva accesso soltanto da un' angusta bòttola situata
nel centro della sovrapposta volta, d'onde vuoisi inferire che
ella fosse un carcere spaventoso. Alla distanza di circa cento
cinquanta metri da quella torre, nella direzione stessa di ostro-
scirocco, si vedono gli avanzi di una fonte ora inaridita, e
detta dagl'indigeni fonte Branda, nome che non può ornai
porsi in dubbio dopo un ricordo del cinquecento trovato nel-
r archivio di S. Pietro a Romena. In un libretto, o meglio in
un fascicolo di poche pagine manoscritte si leggeva l' elenco
degli ascritti ad una pia confraternita fondata in quella pieve.
Oltre la serie de' cosi detti fratelli, eranvì pure alcuni ricordi
deUe cose memorabili avvenute nella parecchia, tra le quali: (16
Nov. 1599), si ammenta che neWanno,.. avvenne un grande
ierremuoto ... il tempio di S, Pietro si spacho (sic), e V ospi-
(ale di S. Maria Maddalena fu gitasto dalla parte che guarda
fonie Branda,
XXX. 102. — Epa croia. — Croio , vuol dire duro e che
non consente, grosso e rigonfiato. Fazio degli liberti chiamò
gli oltramontani gente croia; e il Bonichi nelle sue canzoni
morali: Quel che parli per la croia gente, cioè tonda; ma piti
aperto nella Tavola Ritonda: Certo, Sire, disse lo scudiere,
questi ò un cavalier duro e croio, il quale è in grande pec-
cato; e il Passavanti: come i Tedeschi, Ungheri e Inghilesi,
i quali col volgare bazzesco e croto lo incrudiscono. Borghini.
La pancia dell' idropico, che pel troppo umore s'ò indurata
v Google
362 eomNTi.
e tesa^ e non è più cedevole, ma si è nella propria tensione
irrigidita sicccome cuoio. Croia, in Provenzale croi, deriva da
corìum. Nannucci.
XXXI. 24. — Nel maginare abborri, — Nel verbo abbor-^
rire ò in radice Y horror, voce che, cori nel latino come anco
neir italiano , significa quel disordine e quello scompìglio e
quaci rabbuffo, che induce nelle membra e specialmente nella
pelle e ne' peU V interiore turbamento dell^ animo ; donde se ne
fece il verbo horripilare. — Immaginazione che abborra è ima-
ginazione che si disordini e si scompigli. Nelxxv dell'Inferno
e nel xxvi del Paradiso il verbo abborrire ha la significazione
comune di riprovare con atto passionato una cosa, Cai>emi.
XXXI. 49. — ... . Quando lasciò V arte IH si fatH animali,
— Animali chiama Dante i Giganti, che stanno all^orlo del
pozzo, sopra le ghiaccie infernali. Anche il popolo chiama ani-
male e animaìaccio uzta persona stupida e immonda. Stupidi
infatti, in pena del loro orgoglio, descrive Dante i Giganti;
ed essi che vollero fermare i piedi sulla stabihtà de' monti a
dar la scalata a' celesti , debbono ora contentarsi di posargli
a disagio, con timore continuo di sdrucciolare, senza potersi
aiutare, assendo legati sulle sporgenze ronchiose de* massi,
che escono intorno dal muro del pozzo. Per queste sporgenze
scese giù Anteo, come per scala, a posare sidle ghiacce i Poeti.
E questo vo* che sia detto a que' comentatori, che non ba-
dando alle misure geometriche dell' edifizio infernale, credono
che i Giganti posino , sopra le ghiacce , la fermezza de* piedL
Cavemù
XXXI. 58. — La faccia sua mi parea lunga e grassa^
Come la pina di San Pietro a Roma. — Valicato il ponte
Sant' Angelo, entravasi nel portico da Leone IV già fabbricato,
il quale dal ponte metteva alla basiUca di S. Pietro, e che,
tuttoché guasto dalla vecchiezza e dalla mano degli uomini.
sappiamo che durava tuttavia in piedi, poiché se ne fa ricordo in
una bolla di Clemente V del 131 1. Da questo portico che correva
lungo la via, l'Alighieri giugneva all' altro portico quadrato che
serbava l' antico nome di Paradisus, il quale si apriva innanzi
il tempio vaticano di Costantino, prima che tutto si rinnovel-
lasse per opera di Giulio II e de' succeduti pontefici E sotto
il portico di Vaticano Dante ammirava la grande pina di
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couam, 363
bronzo posta per antico ad adornare la cima del mausoleo di
Adriano, e da papa Simmaco sul principiare del secolo VI col-
locata colà ad ornamento d' una fontana che sorgeva all' in-
;n*esso del celebratissimo tempo. Questa pina, insieme con due
pavoni, pure di bronzo, è ora nella sala del nicchione di Bra-
mante nel giardino che sta in mezzo a* musei, e che da quella
ha nome di gtardin delia pigna, — Achille Monti, Dante e
Roma, Strenna del Giornale « Arti e Lettere » 18 e seg.
XXXI. 67. — Rafél mai améch zabi almi, — Veggasi T in-
terpretazione a p. 76. (V. Man, Dani, ii, 306; iv, 162).
XXXI. 77. — QuesU è Nembrotto, per lo cui mal coto, , , .
Nannucci Vincenzo, Sopra la parola Coio usata da Dante
nel e. XXXI delT Inferno e nel e, m del Paradiso, Osservazioni.
Fii*enze, Le Monnier.
« Bene adoperarono tutti gì' interpreti che diedero alla vocov
coto il significato di pensiero, se non* che errarono nell'asse*
gname la discendenza ; non essendo, come- mi sembra, una sin-
cope nò di cogito nò di cogitata. Se io dicessi coto ò sincope
(ii cotato, ossia cogitato, preso come participio sostantivo, cioò
per colamento, o cogitamento o pensiero, non direi cosa nò
c-ontro regola, nò contro ragione. . . . Ora, che coto, se pur non
si voglia una sincope di cotato, non sia il citt dei Provenzali
nessuno me lo leverà del capo. »
XXXII. 30. — Non arma pur daltorlo fatto cricch. — Nel
cioncarli, i pani della neve, a volte fanno cri cri come cri-
stalli : anco iscagliano (schizzano) come il marmo. — E non ò
questo il cricch usato da Dante? E più al proposito, altrove
intesi dire : Il castagno, quando ha fatto cricch (che un po' si
è pinato alla forza del vento), é in terra: guai se comincia
a criccare (il castagno) ... La voce cricch, donde n' ò derivato
criccare, che ò di un uso assai frequente nella Versilia, T Ali-
ghieri deve forse averla intesa, passando per que' luoghi. Di-
fatti ricorda Pieirapana con dire, che se quel monte fosse
caduto sopra il ghiacciato lago di Oocito, questo non avria
pur daW orlo fatto cricch, -^ Giuliani, sul Vivente Linguaggio
di Toscana, LeU. 89.
XXXII. 88. — Antenora, — Vi son puniti non pure i tra-
ditori della patria che quelli che tradirono la parte, a cui erano
attaccati. Ai tempi di Dante era opinione che Antenore si
y Google
364 ooiOBiTi.
tenesse co' Greci a danno de* suoi cittadini. Il vecchio Villasi,
in una sua tirata contro i Veneziani, ch*egU accusava di aver
tradito il comune di Firenze, li disse stratH del sangue di An--
tenore, traditore della sua patria Troia. — Todesdùni, i, 104.
XXXII. 122. — Tribaldello, CK apri Faenza quando a
dormia,
VALGiMiaLi G. M., TebaldeUo Zambrasi. — Memoria ietta il
20 Marzo 1866 alla Società Scientifica e Letteraria di Faenza
e pubblicata negli Atti della medesima.
Il Mazzoni Toselli prova con incontestati documenti che
TebaldeUo e non Tribaldello fosse il nome, e Zambrasi e non
Manfredi il cognome. Anche il Valgimigli lo dice Tebaldeilo.
diminutivo di Tebaldo, trovandolo cosi appellato in molte carte
originali. Egli poi ci narra per disteso della beffa accoccatagli
da alcuni dei Lambertazzi; di che il desiderio di ricattarsi della
patita onta, e la simulata pazzia per venire a capo della sua
vendetta, e le pratiche avviate per togliere ai Lambertazzi e
recare in mano de' Geremei la signoria di Faenza. € Appres-
satosi l'esercito bolognese alla parte di Faenza, TebaldeUo
(fractis ferramenOs etjanuis porte Emilie sive Imoìensis, guani
prae ceteris conservabat, in dmtatem Faventiacintroduscit. ..par-
tem Oeremiorum de Bononia, cum omnibus et singulis eorum
sequacibus)j si conduce difilato alla maggior pia^a, ove si
pone in ordinanza di battaglia, mentre il Zambrasi, secondo
r usato, prende co' chiavistelli non più a destare un vano ru-
more, si a chiudere, quante può, case dei Lambertazzi, ed io
tal modo impedire l' uscita a coloro^ eh' erano fatti segno della
sua vendetta. Tre guelfi introdotti da TebaldeUo a Faenza, ci
viene il Gantinelli additando, siccome de' principali, Fantolinvm
et Tinum fiUum D. Ugolini de Fantolino, caianeos de Sa-
xadeUoy comitem Bemardinum de Cunio, fixUrem Albericum
et Manfredum de Manfredis, D. Guidonem de Polenta de
Ravenna, Nordiglos de Imola. — Entrati in Faenza i Gere-
mei, tamquam leones avidi et intenti ad praedam, ò il ghibel-
lino Gantinelli che cosi ce li vien ritraendo, ipsam dxntatent ir^
ruentes , quotquot potuerunt gladio occiderunt , alios vulne-
rantes , alios carceribus reducentes , refectis, eaopulsis atque
fUgatis omnibus de parte Acharianorum et Lambertaodorum,
quibusdam em eis armatis, aìiquibus inermibus^ et multis ex
y Google
couBsm, 365
ipsis absque pannis et ealceamentis pròpriis ; e poco stante a
dir prosegue, tamquam canes famelici domos intrantes depre-
daverunt ecdesicis insuper et loca religiosa^ et spedaliter do^
mos et eeclesiam S, lohannis evangeUstae fratrum eremita-^
norum, €Uqtte etìam eeclesiam S. Francisci fratrum minorum,
omnibus rebus et bonis tam iUorum^ qui in ipsis domibus
scappaverant , quam etiam ipsarum domorum et fratrum
inaudita immanitate, et videte inhumanitatem crudelissimo^
rum et impiorum christianorum, qui non contenti bonis et re-
bus et substantiis eorumdem, ipsos sacerdotes et clericos et reli"
ffiosos oc etiam plurimos laicos, qui timentes eos ad ecclesias
confuperant, et exclamaveruni in eisdem, sicut homicide et omnes
malefici possunt exdamare et refìigium habere de jure, alios
occiderunt, alios mortis articulo vulneraverunt , alios duris
carceribus intruserunt; illi vero, qui ex ipsa cimiate Far>entie
ecaserunt, reducentes se personaUter ad Livensium civitatem,
ibi benigne traclati fuerunt, et tamquam mater filios proprio»
sunt recepii, — Chiude infine la mesta narrazione, ricordando
ancora, come gì' inveleniti guelfi cum gladiis et fUstibus ecck'
Siam et domos fratrum minorum de S. Francisco circumdantes,
irrepserunt quotquot invenerunt infanies ultra x (e dopo una
breve lacuna).... infra, qui confugerunt ad eeclesiam, in ea
tam nequiter occiderunt, quorum innocentium puerorum san-
guis et ad omnipoteniiam Dei elevatis in altum vocibus coti-
die damanHum: adveniat sanctus sanctus sanctus Domtnus
Deus Sabaoth,' postmodum vero pHorem et fratres heremitanos
commorantes apud locum et eeclesiam S. lohannis Evang eliste
de porta Montanaria de ipsis loco civitatis Faventie nequiter
expuierunt, et etiam guardianum (et fratres aggiungono gli
antichi annali di Forlì), loci S. Francisci. De qua re magna
fuit abominano cantra eos et inimicos eorum. Il fatto è indubita-
tamente accaduto il 13 Nov. del 1280. — Anno M.CCLXXX
indictione Vili, così il Cantinelli .... ex abundantia cordis os
loquitur, et nefandissimam injuriam et offensam crudelissimi
ThebaMelU de Zambraxiis civis faventini narrare cupiens, quod
post Judam Schariothe mercatorem pessimum nec auris au-
dive, oculus non vidit, in cor hominis non ascendit , nec fuit
aUquoUens perpetratum, Dum enim esset dominus civitatis
Faventie, sicut et ceteri catanei et magnates, qui fovebantpar^
y Google
366 COBONTI.
lem Acharixiorumy et Lambertacciorum de Bononia common
rantium in eadem^ de quo etiam omnes ^fopulares et amiri
sui tamquam de ipsorum personis propriis confidebani^ facUx
strage viventium amicorum suorum^ deliberato consìUo et as^
sensu cum illis , qui suam patemam et fraternafn earnem
manducaverant (intendi i guelfi, da* quali erano stati morti
il genitore ed un fratello di lui), tractatuque habito cum part^
Geremiorum de Bononia et eorum sequaàbus de Romandiola^
tamquam Herodes et Pilatus facti sunt amici, E lo stesso
Cantinelli dopo aver riferito^ cbe de mense novembri^ in tnane
summo Tebaldello introdusse i guelfi in Faenza, soggiunge :
Ante horam tertiam (cioò innanzi alle ore nove aotim.) Herodes
et Pilaius facti sunt amici in die mercurii XI JI novembi-is.
Se ò a credersi al Rambaldl, Tebaldello, Hcet nobiUs, tamen
spurius erat, unde, continua a dire quelFesiinio comentatore,
adhuc diciiur in partibus meis (nella bassa Romagna) quando
tidctur unìiSy qui habeat malum aspectum: Iste videtur ilU\
qui Faventìam prodidit. Non è punto a dubitare che in guider-
done del suo tradimento Tebaldello conseguì d*.essere con tutta
laBua&miglia e con quella dell' amico Gberardone, condotto a
Bologna, ed aver ivi avuto cittadinanza e beni.
Il Mazzoni Toselli accenna che in un indice delle Rubriche
degli statuti e privilegi fatti anteriormente al 1288 si legano
due partite risguardanti ai Zambrasi di Faenza:
Rub. Quod frater ZambraoDius et ahi de ZambraxUs de
Faventia sint cives. Fol. 3.
Rub. Quod Zambraxina TebcUdelli de Faventia intelUgatur
in protectione Comunis. Fol. 3.
Ma sembra che Tebaldello, soggiunge il Valgimigli, godesse
breve pezza de' conferitigli civili onori , trovandosi nei libri
dell'Archivio, che fu, de' frati domenicani di Faenza menu>-
vato a' 21 dicembre 1286, il Testamento d'Imeldina vedova
di Tebaldello Zambrasiy siccome esìstente presso que' cenobiti,
ammirarsi, atteso il ricordo, ivi fatto dipoi li 18 Giugno 1311.
del che non è punto da di Fr, Tommaso da Reggio priore di
S. Andrea di Faenza e commissario del q. Tebaldello q. Ga-
ratone Zambrasi; donde s'apprende il nome, da cui si domandava
la cotestui moglie rimastasi sin qui ignota.
La Dissertazione, del Valgimigli è dettata con molta dili-
y Google
coiflBrri. 367
^nza e saviezza di critica. Mettendo egli a confronto cronisti
: storici antichi e moderni riduce, per quanto è possibile alla
itoHca verità la mala opera di Tebaldello, spoglia quindi le
dtrui narrazioni di quanto oontengono in so d' imaginario e di
ìBsolutamente falso: toglie dubbietà ed equivoci.
XXXII. 136. — Non eUtrimenU Tideo si rose. ... — Non
regg^o come Dante potesse esprimere T orribile passo del co.
LJprolino con reticenza piii efOicace e insieme più decente, che
2olle parole: il teschio e r altre cose; dove coli* ultima voce
?gli fa immaginare e pensare più ancora che non faccia Stazio
colla tabe del capo di Menalippo roso da Tideo. Perez, 183.
XXXIU. 75. — Poscia, più che 7 dolor, potè il digiuno.
Dall' AcquuK Giusti Antonio^ Se Ugolino abbia mangiato
ì figli. Dialogo, Strenna Veneziana, a. xu ( 1874), Venezia,
Comm^xào.
Ne' versi stessi di Dante ci ò il comento. Tu divino, con-
chiude il Retore dopo aver invocato ad ascoltare il responso
di Dante, osasti ciò che non avrebbe mai osato verun altro,
di porre in scena un padre, che narra egli stesso di avere
cacciato i denti nelle salme dei propin figli. Certo, questo pa-
dre non poteva dire con aperte parole una tal cosa; ma tu
la andasti insinuando nella mente del lettore, mostrando il
genere di castigo dell'arcivescovo, e insistendo sempre sul
Yìxangiare e sul rodere e aprendo il nuovo canto col fiero
pasiOy e facendo che Ugolino sognasse di cagne, le quali negli
antichi poeti sono nominate di spesso a proposito di corpi
umani fatti lor pasto^ e dicendo che gli parve di vedere queste
cagne con le loro acute scane addentare i fianchi dei figli.
Ma più che mai stupendo e singolare ò il passo, nel quale i
figli dicono al padre mangia di noi, con quelle parole che
seguono, quasi anticipata giustificazione dell' orrendissimo fatto.
Dopo tutto ciò, quando si arriva al famoso verso, esso è chiaro
come la luce del fulmine, ed è pieno di significazione tremenda
nella desolata ambiguità della frase , poscia piii che 7 dolor,
potè 7 digiuno^ e nel furore, con cui Ugolino, finito il parlare,
riprese il teschio co' denti, cJie furo ali* osso, come d* un can,
forti. Non si poteva dire di più. Vi è inoltre una parola che
doveva bastar essa sola spiegare tutto. Novella Tebe, che
accenna a quel banchetto che fece retrocedere per orrore il carro
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368 ooacBEm.
del sole, a quell'atroce bandietto, nd quale Tìeste mangiò 1
membra e bevve il sangue dei figli.
ZoBi Antonio, Considerazioni storiah<ritiche sulla cati
strofe di Ugolino della Qkerardesca conte di Donoratico. F
renze, Le Mounier, 1840, in 4^ di pag. 34.
• Monti Vicbnzo, Lettere due, sulla vera interpretazione d
famoso verso di Dante nel canto sulla morte di UgoUn
L'Omnibus di Venezia, 1858, Fase. 41, p. 283.
Dopo alcune osservazioni tratte dal fondo vero d^a fisi(
e della morale, « ecco, ei dice, T interpretazione, che di videi
domi da tutti gli espositori (e credo non ingannarmi), io dò
verso in questione. Dopo esser io sopravvissuto tre giorni
miei figli, dopo averli chiamati, brancolando già cieco sovra
loro cadaveri, finalmente, più che la forza del dolore e d
furore a tenermi vivo, ti potente la forza della fìune a dare
morte. » V. Man. Dant,^ iv, 401.
XXXIII. 118. — /• 8on frate Alberigo, Io san quel dal
frutta del mal orto. Che qui riprendo dattero per figo.
Delia seguente illustrazione storica, e di quelle altresì ci
riguardano i Faentini ricordati nella Divina Commedia, n
professo debitore al valente prof. Yalgimigli, Bibliotecario' del
Civica di Faenza, nelle patrie storie consumatissimo, ed insien
raccoglitore paziente ed assennato, che da me richiesto, ce
gentile condiscendenza, fece sua vogUa della voglia mia. D
che gliene rendo pubbliche e sentite azioni di grazie. Cosi
nobile esempio suo trovasse degni imitatori, che ne verrebi
agevolata T intelligenza di tanti passi storici controversi d
sacro Poema 1
« È filma che fidate Alberico de' Manfi:«di, cavaliere gaudeni
ardentìssimo partigiano di chiesa, ed uno de' più spettabili
sua famiglia, venuto a contesa per gara di dominio col coi
sanguineo Manfredo, nel calore di quella riportasse dal cost
figliuolo, nomato Alberghetto, una solenne ceffiaita (I). Conce
(1) Nulla di ciò ricorda il Can tinelli, tuttavia l'unanime sentire tki
scrittori, che da codesta ingiuria traesse origine il tradimento ordito dapì
per Alberico, ci ha indotti a non doverla passare sotto silenzio, avverteno
rome intorno alle cagioni, per cui suscitossi la mentovata contesa, avr
gnaochè talun moderno storico asserisca restarsi ella del tatto ignob
Benvenuto da Imola però ci assicura che Manfredi^ cupiditate re^juan
strweit insidiai Fratri Alberico. Et quttm devenisset ad graves verbon
y Google
COMBNTI. 369
Aiberico per queir onta odio si mortale contro Y offensore, che,
laalgrado degli uffici adoperati dagli amici giammai s'indusse
in cuor suo a perdonargli, e solo scorso alcun tempo fè mo<-
stra di arrendersi e di piegarsi a' consigli di pace, mentre a
meglio colorire l'iniquo disegno, che andavagli per la mente,
invitò Manfredo e Alberghetto ad un pranzo che segui a' 2"
Maggio del 1285 nella villa o castello di Francesco Manfredi,
posto nella pieve di Cesato, e detto la Castellina, ove, seccmdocbò
Alberico erasi indettato con alcuni sicari, quando il convito fu
in sul terminare, disse ; vengano le frutta ; ad ecco in un subito
Ugolino figliuolo di lui e il prenominato Francesco, ad una
coi nascosi scherani, scagliarsi co* pugnali addosso a que''due
miseri e barbaramente ucciderli. E ben a ragione diceva egli
Tab. Maccolini che tradimenio più atroce ed abbominoso per
quelle eia di sanguinose vendette e di rabbia civile non con-
fantina per fermo le Faentine storie, sicché la vituperosa me-
moria di tanto misfatto . stette di generazione in generazione
rome in popolesco proverbio per tutta Romagna , cioè a dire
ì-' frutta di Frate Alberico, o veramente le frutta del mal orto
a significare V empissimo dei tradii^enti e il pessimo dei tra-
ditori. Il perchè codesto nuovo Assalone vien dall' Alighieri
locato nell'Inferno tra uomini crudeli, che tradirono coloro, i
*iuali in essi fidavansi. A chiarire il grado di parentela che
passava infra gli uccisi e gli uccisóri, non fia vano l'accennare,
«ome frate Alberico (il quale non è punto vero, giusta l'av-
viso di alcuni, che nella sua ultima età diventò Cavaliere Gau-
fìente j trovandosi egli presente nel 1267 ai generali comizi
dell'ordine, siccome ne fanno fede gli atti tramandatici pel
Federici ) , era figliuolo di Ugolino di Alberico , e vuoisi che
menato avesse Beatrice Colonna. Francesco nacque di quel-
''yntentionea , Manfredus dttctua intpetu iran dedit FVcuri alapam ma-
nuam, scilicet Fratri Alberico, ove è a notarsi che V esimio coinentatore
dell* Alighieri scambia Manfredo con Alberghetto, nel cui genitore d ritrae
un ardimentoso garzone , il quale poco stante volendo rappatumarsi col.
r offeso, mostra doversi di leggieri condonare tale onta, siccome effetto d»
fresca e calda età : Manfredus diant, qw>d parcendum erat calori Jwre-
uili; ma ei s* inganna, che Manfredo era uomo cotanto maturo d*anni da
avere oggigiorno i& Alberghetto un figlio già ammogliato, il quale a detta
altresì deir Azzurìni diede alapam Fratri Alberico cupiditate dominii. E
(la questo cronista almeno apprender avea il Righi volersi ad Alberghetto
ascrivere T ingiuria, cui, suUe orme del Tonduoci, imputa al padre.
21
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370 OOXBSITI.
TAlberghetto d'Alberico, che in una battaglia combattuta firn
guelfi e ghibellini nel 1275 al ponte di S. Procolo , terrìtorio
di Faenza, caduto di sella e dai destrieri miaerameote calpe»!
stato, a poco andare fini la vita. Riguardo a Manfredo se la
mancanza di carie sincroney ed il troncarlo nei documenti sem^
pre rammentalo senza il nome del padre , ci tolgono poter
con certezza additar V origine del medesimo , non coeì però
intravviene de* figliuoli di lui , i quali si furono Ugolino , die
nel memorando fatto d'arme seguito in Forlì nel 1282 cadde
astinto, e Alberghetto, ossia Albergaccio, anunogliato con Chiara
di Niccolò degli Algeri. E dopo ciò, a maggiore schiarioiento
del fatto, mette bene venir recando quanto su di esso lasciava me»
moria il Cantinelli : Anno M.CCLXXX V, die mercurii secundo
intrante medio ocdsus ftiit gladio Manfredus deManfredis et
Albergutius ejus filius cum eo simUiter^ et ipsos oodderuni
Frandscus q. Albergati de Mànfredis et Ugolinus fiUua fratris
Alberici de Mànfredis in presentia dicH fratris Alberici in\
castro Sezate supra Faventiam in prandio, quod ibidem fa^
debant in domo et in castro D, Francisci^ dum ipsi 09nnes
veniebant a confinibus defivitate Ravenne de UcenUa D, Gui-
lielmi DuranOs, comitis Romanàiole, ecc. Secondo il patrio
cronista adunque due soli fnrono gli uccisi , né dietro V Az-
zurini riputiamo averne ad accrescere il numero, quantunque
egli narri che de ordine fratria Alberici ocdsi fUerunt Man-
fradtts et Alberghettus ejua filius cum mulUs aliis praeter
quam uno^ qui se reparatit subtus tabulam conviva prope
vestes fratris Alberici ^ quem jussit non interfici, sed voluit
eum venire- Faventiam ad redtandum Faventinis factum. lu
sentenza del Litta, era Manfredo congiunto a frate Alberico
con tai vincoli di ssCngue da esserne fratello, però che al i-e-
care di lui, alcuni hanno voluto scusare il deliUo (di frate
Alberico), dicendolo cugino non fratello a Manfredo; ma la
cronaca del Cantinelli, scrittore contemporaneo, toglie di mezzo
ogni dubbio. Se ciò sia consentaneo a verità, lo giudichi il
lettore dalle parole di esso cronista or ora riportate, nelle
quali intera si chiude la narrazione di quel luttuoso avveni-
mento: a noi intanto sembra aversi ad andare in opposto
parere. La villa, in cui venne commesso l'atroce misfatto, da
una costante ti-adizione si addita posta sulla via di Gobba-
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COMBNTI. 371
dtno, al destro lato di chi va alla pieve di Cesato dalla strada
provinciale, ove tuttora mirasi un vecchio e'pressochò rovinoso
palagio, nel quale vuoisi che seguisse la narrata tragica scena,
e in coi ewi perciò una marmoi*ea epigrafe, concepita cosi:
Qui — Alberico. Manfredi — Porse le fruita del mal orto. »
XXXIIL 124. — Tohmea, — Io non ho nessun dubbio che
il nome della terza spera del nono cerchio derivi da quel To-
lomeo, figlinolo di Abobi, governatore della pianura di Gerico,
il quale avendo tratto ad un grande convito Simone Maccabeo,
sommo sacerdote, e due figliuoli di lui, quivi gli assassinò,
c-om^è narrato neir ultimo capo dei Maccabei. Questa derivazione
ilei nome della Tolommea è risolutamente asserita da Pietro
Alighieri . . . ma più ancora che Fautorità di Pietro, vale in que-
sto caso a risolvermi il carattere dei due peccatori, che il poeta
nomina fra i sepolti nella Tolommea, vale a dire d' Alberigo
Manfredi e di Branca d' Oria, il misfatto dei quali combacia a
capello col tradimento operato da Tolommeo figliuolo di Abobi;
avendo dascuno di essi posto in opera il convito , siccome
mezzo di assassinio. E da ciò prende lume non meno Torigine
del nome di questo luogo, che la. qualità dei traditori collo-
cativi dal poeta, i quali appaiono esser quegli scellerati, che
tradirono coloro che sotto specie di pace e d'amicizia avevano
accolti alla propria mensa.... Non è disdetto il credere che
rAlighierì intendesse qui relegati tutti coloro, i quali violarono
lier tradimento le ragioni dell' ospitalità da essi medesimi con-
ceduta. — Todeschini^ i, 104.
XXXIII. 110, 150. — 0 anime crudeli.... Levatemi dal
viso i duri wU .... s*io non ti disbrigo, Al fondo della ghiaccia
ir mi convegna..». Aprimi gli occhi: ed io non glieli apersi,
E cortesia fu lui esser rnllano.
Mavbr Zaccaria, Dante accusato di mala fede^ Lettera Apo-
logetica. Inserita nei Cittadino di Trieste, n. 37, 38, 40, 42.
Ei vuol provare che non pure T artifizio e la ripulsa di
Dante tornano a completa sua discolpa e a suo onore, ma, che
lungi dal risolversi in una befia e una punizione, furono anzi per
lo meglio di Alberigo. — Promettere, ma perchè non si potesse
dire a buon diritto mentitore, annullare tosto la promessa, trar
partito dalla cecità, del dolore, della precipitazione, della falsa
f'i^enza di Alberigo e confermamelo in questa col proprio
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372 COMBNTI.
contegno, fu lo stratagemma, la gherminella salutare e neces-
saria che lo preservò da peggiore trattamento. E questa fu
cortesia^ sebbene i modi considerati in so stessi portino l'im-
pronta del villano che giuoca di parole. E qualora Tatto vil-
lano si ponga in diretta relazione col non aprire degli occhi,
ansiosamente aspettato, fors*anco meritato da Alberigo, non
però promesso da Dante, allora oltre a ciò fu cortesia (non
odio o vendetta)^ T avergli risparmiata la conoscenza dì colai
al quale si era palesato e confessato : conoscenza atta a farlo
imprecai^e air istante in che aveva implorato quel fuggevole
ristoro.
« Quanto a frate Alberigo, dico che fu vera cortesia quella
di non mantenergti la promessa, e nella inevitabile alternativa
di due mali, fai* che patisse il minore. Perocché Frate Alberigo,
acciecato dal ghiaccio, non vide che Dante era vivo, né pensò
quindi eh' ei poteva ripoi*tare sue novelle nel mondo. Ond* è che
se Dante, giusta la promessa^ lo avesse liberato dall' impedimento
che gli toglieva la vista, gli avrebbe anche ad un tempo levato
r eiTore, in cui era, da Dante fosse ombra dannata ; e così la
conoscenza del vero gli avrebbe arrecata assai più pena che il noa
potere sfogare il cuore con le lagrime La promessa di levare
d' in su gli occhi di frate Alberigo il ghiaccio, fu uno spedienie
necessario a risapere chi egU era. Il non mantenerla poi fu una
cortesia vera ; dappoiché il conforto di potere, tolta dal viso la
crosta gelata, per pochi istanti lagrimare, era un nulla verso
il cordoglio che dato gli avrebbe il sapere di essersi palesato a chi
dovea tornare tra' viventi. Bensì a frate Alberigo, cieco com'era,
doveva parere fraudolento e villano l'atto di Dante. . . . Aggiungo
che Dante non fu nemmeno mancator di parola per fin di bene ;
perchè il suo sacramento fu veramente: Dimmi cfU se\ e s'io
non ti disbrigo Al fondo della ghiaccia ir mi convegna, E
Dante in fatti va poscia al fondo della ghiaccia ; perchè passa
pel centro della terra, cioè per quel punto Al qual si iraggon
d' ogni parte i pesi. E, memore della sua promessa, dice al
maestro : ov* è la ghiacciai E la ghiaccia gli era sopra il capo. »
Pasqualigo, Le quattro giornate del Purgatorio, ecc. Venezia,
Grimaldo, 1874, p. 10-15.
XXXllI. 151. — Ahi Genovesi uomini dit>ersi, — A to-
ghere una lezione inverisimile talora basta una virgola. lu
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COMENTI. 373
questa terzina tutti leggono diversi d* offni costume : frase che
certamente ha dell* insneto. Chi ricordi i lamenti diversi uditi
in Malebolge, e il nuovo pensiero dal quale più altri nacquero
e diversi, e soprattutto quel Cerbero fiera crudele e diversa,
uon ricuserà di porre una virgola tra il primo verso e il se-
<'ondo della terzina, leggendo : Ahi Genovesi, uomini diversi,
D^ ogni costume, e pien eT ogni magagna, ... E benché serva ad
accrescere il numero dei vituperi scagliati dal poeta fiorentino
addosso a' Genovesi ; io non ripugno ad accettarla siccome
vera : io nato nella Liguria, non molto lungi da Genova ; della
<)ual città scrisse a ragione il Giordani : « che sino agli estremi
tempi raccese alcuna face di virtù italiana. » Prof. Grosso.
Verso da molti franteso e da alcuni non a sufficienza
chiarito Diverso, non vuol essere preso per aggettivo, ma
per participio alla latina dal verbo diverto, e devesi dire : Ahi
Genovesi che vi siete usciti, vi siete allontanati da ogni costume,
avete abbandonato la via regia e maestra, dandola per tragetti,
e per le vie traverse che dai latini erano precisamente chia-
mate diverticula. — C, Beccaria, Il Borghini, ii, n. 14, 15 gen.
1876, p. 232-34.
XXXIV. 25-27. — Io ^ non morii, e non rimasi t?ti?o... —
« Pntari non potest eum sententiam hanc ab Euripide accepisse,
sed naturaa suae divinitate, idem quod antea tragicus ille ma-
gnus viderat, et ipsum vi disse: locus autem hic est, cum expri-
mere vellet subitum qnendam ingentem metum, qui animum
ejns oocupavit, visa horribili re, vel potius audito sermone
doctoris sui, qui timore ipsum impleverat. » Pier Vettori, Var.
Lect XXXI, 21.
XXXI V. 94. — Levati su, disse il maestro, in piede: La
via è lunga , e 7 camino è malvagio , E già il sole a meiza
terza rieds, — Quando Virgilio cosi parlava , avean passato il
centro, e dato volta neir emisfero del Purgatorio, ove giunsero
assai prima che il sole si levasse su quel nuovo orizzonte ; per
lo che è dimostrato che mezza terza vale anche assolutamente
la prim*ora diurna, o il principio del di.' — AguUhon,
XXXIV. 97. — Non era camminata dipcUagio, La v^era"
tam — — E a pensare alla condizion dei luogo ivi descrìtto,
non può non tornare alla mente la cappa e la gola di un cammino,
per la quale dovette Dante arrampicarsi per uscir di laggiù
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374 OOMBMTI.
dall* inferno, riportandone il viso, come gli spazzacamini, fulig-
ginoso. Quella cappa e gola poi di cammino non era neanco
così comoda e larga, come nelle camminate che si vedono
ancora ai palagi, ma più che a camminata era simile, dice, a
burella, non costruita di materiali ad aiie, ma fiiUta cosi da
natura. — E il proverbio : Nuowi camminata è presto affu^
micata. — Cavemù
XXXIV. 110, 111. — Quando mi volsi, tu passasti il punto:
Al guai si traggon d ogni parie i pesi.
Della V/illb prof. Giovanni, Sopra due luoghi delia Di»
vina Commedia f spiegati coUa fisica moderna. Faenza, No-
velli, 1874.
Dante conobbe la tendenza dei corpi, e da qualunque parte
verso il centro della terra; ma non la conobbe nel senso, in
cui fu conosciuta dal Newton e da* suoi successori ; vale a dire
non la conobbe, in quanto questa tendenza procedesse dalla
attrazione reciproca dei corpi fra loro. Bd ò questa la causa
vera della tendenza di cui si parla. LMdea che n*ebbe il no-
stro poeta sovrano, fu comune a parecchi filosofi antichi, come
Democrito, Epicuro, ecc. che ammisero questa tendenza dei
corpi verso il centro terrestre, ma ignoravano la causa di
questo fatto generale, la quale fu riservata soltanto al Newton,
quantunque per altro non si possa negare che un* attraziohe
in generale fu riconosciuta anche da Keplero, da Galileo e da
qualche altro filosofo modei*no, ma non supero donde proce-
desse, o per dir meglio in che consistesse. Imperocchò procede
dalla tendenza scambievole di tutti i corpi gli uni verso gli
altri , o piuttosto delle parti materiali , o molecole dei* corpi ,
le une verso le altre.' Questo è il vero aspetto, ò il vero senso,
in cui secondo il Newton e i suoi successori si dee prendere
r attrazione universale, e di cui la tendenza dei corpi verso il
centro della terra, è come un effètto particolare di cotal forza:
quel grande Geometra e filosofo scoperse la legge generale,
cioè della ragione composta della diretta della massa e dd-
Vin'oersa del quadrato della distanza. Non si può negare tut-
tavia, che in questa grande scoperta non fosse aiutato da Galileo
e da Keplero, soiza dei quali probabilmente non T avrebbe
fatta. Veggasi pertanto quale distanza ò dalla tendenza dei
corpi verso il centro della terra ali* attrazione Newtoniana.
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COMBNTI. 375
XXXIV. 117. — Giudecca, — Io stimo doversi affermare
ricìsamente, insieme coir antico chiosatore appellato il falso
Boccaccio, che V ultima spera fu destinata dal poeta alla pu-
nizione de* sog^getti che tradirono i loro signori ; nò altri.
Todeschini,
Purgatorio I. 7. — Ma qui la morta poesia risurga. —
Morta non significa lugubre, flebile, mesta. ... A mio credere
quel morta nuli' altro significa che la poesia, la quale ha cantato
la gfflite morta dell* inferno, risorge a cantare la gente che va
risorgendo alla vita eterna nel purgatorio. . . . Dante volle dare
allo sue tre cantiche degli epiteti caratteristici ; chiamò poesia
morta quella dello Inferno: mor^^nte quella del Purgatorio: e
quella del Paradiso, dedicata alla sua Beatrice, la decorò col-
r epiteto di Beata, P, Ponta, Interpretazione di alcune parole
del Petrarca e di Dante, p. 21.
I. 14. — Nel sereno aspetto Dell' aer puro infino al primo
giro. — Il primo giro significa il primo fra i Cerchi della sfera»
r orizzonte, siccome quello che solo è parvente, e che serve
alla determinazione di tutti gli altri. *- Quell'aere sereno, in
cui si accoglieva il dolce colore di orientale zaffiro, era puro,
cioè scevro d' ogni nebbia e d* ogni caligine, fino air orizzonte,
ove un poco più, o un poco meno, è raro che non iscorgasi
traccia di materie vaporose. Ciò aggiunge molti gradi alla
purezza del cielo apparente, e ]& fa, massima. Dopo aer, il P.
Àntonelli ywAe si segni una virgola. Antonelli, Studi particolari
sulla Divina Commedia, p. 41.
I. 17. — Tosto ch'io usci* fuor delT aura moria, Che m^avea
contristato gU occhi e il petto. — Bellissima è V osservazione
in quel contristargli del petto eh' e' dice avergli fatta Taura
morta d'inferno, copiata dal Boccaccio, che della fi^ase dantesca
non ritrae bene spesso altro che la scorza ; in quel verso e in
quella frase ò inclusa un' osservazione filologica bellissima, clte
doò al buio si respira peggio che all' aria aperta. Cavemi, da
lettera.
I. 19. — Lo bel pianeta. ... — Iodica maestrevolmente l' ora
che scoccava in quel momento, la diciassettesima siderale al
merìdiano del Purgatorio. — Densa,
« Seguendo ciò che mi riférisoe il Prof. Santini in una lettera
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376 OOBCENTI.
del 24 Luglio 1854, al 7 Aprile 1300 Venere nasceva un* ora
circa dopo il sole. Siccome il sole si trovava allora negli ultimi
gradi di Arìete, mentre T equinozio era avvenuto il 12 Manto.
Venere, che rimaneva posteriore di circa 15 gradi corrispon-
denti al ritardo di un'ora, doveva per conseguenza ritrovarsi
nel segno de\ Toro. » Todeschini, ScriUì su Dante, n, 380.
I. 23. — QuaUro stelle Non viste mai. — Le quattro stelle,
in quella che accennano alle quattro virtù cardinali, deteroai-
nano gli estremi confini delle circumpolari per P orizzonte del
Purgatorio, perchò appartenenti alla costellazione del Centauro.
Denza.
1. 29. — Un poco me volgendo alt altro polo^ Là onde il
Carro già era sparito. — Dichiara nettamente la direzione di
maestro, in che vede ali* improvviso presso di sé il venerando
Usticense, con un tratto da par suo espresso in qu^ verso là
onde il Carro già era sparito, additando nel tempo istesso con
lineamenti precisi i limiti della stelle boreali, che poteano
essere vedute in quella regione novissima. Denta,
1. 31. — Vidi presso di me un veglio solo — « Credo
che la cagione, per cui V Alighieri prese un partito, che a noi
riesce stranissimo, di collocare Catone a guardiano del Purga-
torio, sia stato il verso 670 del libro Tni dell'Eneide, dove
Virgilio descrivendo lo scudo di Enea &bbricato da Vulcano,
fra molte altre cose pone: Seeretosque pios; his dantem jura
Catonem. » Piacerai di addurre su questo verso il comento di
Servio: € Seeretosque pios ; aut in secreto moraqtas; aut pria-
dpaliter, ab iUis, (sceleratis, inter quos Catilina) secretos. Sis
dantem jura Catonem; quomodo enim piis jura redderet qui
in se impius fuit? Et supergressus est hoc loco Homerì dispo-
sitionem : siquidem ille Minoen, Rhadamantum, Aeacum de impiis
Judicare dieit; hic romannm ducem innocentibus dare Jura oom-
memorat. > Ora io discorro cosi: Dante avea preso consiglio
di far che Virgilio fosse sua guida non solo per Y Inferno, ma
eziandio pel Purgatorio. Il Purgatorio poteva in qualche modo
essere considerato come la sede di qtké'secretorum piorum, sopra
i quali Virgilio avea collocato dantem jura Catonem. Adunque
la coerenza colla propria idea del magistero di Virgilio e la
necessità di non porre in discredito le parole di qud perso-
naggio, eh* egli s*era scelto per condottiero, trassero Dante al
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COMENTI. 377
IMirtito di collocare per guardiano del Purgatorio quel Catone,
che Yii^ilio aveva messo a presiedere secretìs piis. — Tode-
schini.
I. 115. — Ualba vinceva già V ora maUuHnay Che fuggia
innanzi. — L'ora mattutina precedeva Talba, ed era buio.
« È compiuto ch'ebbero l'ufficio del mattutino imperocché (il
vescovo S. Eleno) giunse di notte. » Cavalca, iu S. Eugenia, onde
r origine storica di quest'ora. — « 11 Falcone ogni notte
all'ora del mattutino, anzi che (S. Francesco) si levasse, sì gli
venia alla cella, e cantava. » Vita di S, Francesco, — « Era una
notte, vicino a quell'ora che noi chiamiamo mattutino, venuto
a casa sua il predetto Jacopo. » Boccaccio, Vita di Dante. —
« Aveva costui una moglie la quale ogni notte di verno si levava
in sol mattutino a vegliare e fìlare lo stame a filatoio. » Sae-
Ghetti^ Nov.jCC. — E per finirla € Si proprie dioamus, matutinum
est quarta sive ultima vigilia noctis > registrò Bartolomeo di
S. Concordia nella sua Somma che fu quasi il catechismo del
trecento, volgata sotto il nome di Maestruzzo, a noi non nota
che nel ms. latino. I cinquecentisti non si attennero al primo
ed originai significato della voce. C. AguilKon,
II. 1. — Cria era il Sole alT orizzonte giunto^ Lo cui meri"
dian cerchio soverchia^.*. — Il loco eletto pel secondo regno,
ò antipodo alla Sacra Sionne, riguardata allora come centro
della superficie terrestre conosciuta in que' tempi. Per tal modo
egli ne descrive una regione, di cui nessun aveva allora con-
tezza ; perchè nessuno fino a quei di aveva pur tentato di esplorare
paesi ai nostri direttamente opposti, e forse ne anco si sperava
in peregrinazioni siffatte. Denza,
IL 46. j^ E la notte che apposita a lui (il sole) cerchia, . . .
— Se Dante avesse avuto tempo di limare il poema, si sarebbe
certamente avveduto di avere qui preso un abbaglio.... Al mo-
mento che il sole tramontava, non poteva già più trovarsi sul-
r orizzoate orientale il 25'' di Libra, che sarebbe stato il punto
diametralmente opposto nell'eclittica a quello, in cui si trovava
il sole ; ma doveva già la Libra essere sorta per intero, ed essere
sorti eziandio dieci gradi, o poco meno, del segno seguente.
Dunque la notte non usda di Gange fUor colle bilance, bensì
collo Soorpione. Todesehini,
n. 56. — Lo 9ol^ che atea colle saette eonte, — Intendendo
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378 OOMBMTI.
il conte nei senso medesimo che Tusò Dante nell^ Inferno (luf.
XXXIII, 31), dove il Buti 'spiegò Cagne conte, cagne ammaestrate;
le saette conte del sole vorranno dire ammaestrate già o esperte
del gittare, e sarà posta la differenza 'che ò fra il primo levar
del sole, quando i raggi di lui incerti sorgono a illuminare le
prime vette de* monti, e il giorno già £fttto, che spande sicura
per tutto la letizia della sua luce. Carnmillo, (B, Cavemi)y La
Scuola, 1873. n, 205.
II. 91. — CaseUa mio, pertornare altra voka..., — IIP.
Antonelli cosi chiosa questa terzina: Casella mio, vado in per-
sona per questi regni della seconda vita, affinchè la conoscenza
dei gastighi e dei premj, serbati agli uomini, mi aiuti ad essere
giusto nel cospetto di Dio, e quindi a riformare i miei costumi,
prima che morte mi colga. Per conseguenza non sono qua per
rimanervi: s*io Degno non rimango: torno sulla gran secca,
coperchiata delT emisperio eh* è opposUò a questo : rivedrò Tltalia,
la gran terra, che questo Spirito, (il quale mi sta dappresso,
ed è mio maestro e duce) chiamava magna parens firugum,
Magna virum, Hesperia magna. Ma a te oom* era tanta terra
tolta? Perchè non la rivedrai più? Gom* è avvenuto che di tanto
si abbreviasse la tua^ carriera?
II. 96. — M* ha negato esto passaggio. — U Caverni è
d* avviso col P. Antonelli che la parola passaggio non debba
< riferìrsi al solo trasferimento dell' anime suUa navicella da
Ostia air isoletta del Purgatorio, ma a tutto il fatto complessivo
del transito dalla prima alla seconda vita. Ma forse, aggiunge
il Caverni, in questa ipotesi è meglio lasciare il verso nella piii
comune lezione leggendo óra, aura cioè vitale; gìacdiò pochi
versi avanti avea detto che le anime riconobbero lui medesimo
esser vivo dallo spirare; e forse dice tanta quell'ora vitale di
Casella o pel vigore, o per la dignità dell' ancor giovane vita. >
Però con questa interpretazione non gli pare i versi 95-99 si
possano riferire all'Angelo; imperocché solo Dio è Quei che
leva e quando e età gli piace.
IL 106. — Se nuova legge non ti toglie Memoria o uso
air amoroso canto. — In un codice vaticano è una baUatetta
d'un tal Lemme posta in musica da CaseUa. Essa inco-
mincia : Lontana dimoransa In gran dolor m* ha miso. So-
pravi è questo vezzosissimo titoletto : Lemmo fece^ Casella diede
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COMBNTI. 379
la titfia. — A. Monti, Dante e Roma. (Strenna del Giornale
< Arti e Lettere », p. 4).
n. 132. '— Come turni che wi^ né sa dote riesca, — E
nel § xin delia yita Nuova : « Come coiai che non sa per qual
via pìgli il suo cammino che vuole andare. »
ni. 11. — Che ronestade a ogni atto dismaga. — Scevera,
guasta disforma. — Che i marinari , in mezzo U mar dismago
(Purg. XIX, 20), disp^do e smarrisco. — Mia suora Rachel mai
non si smaga Bai suo miraglio. . . . (Purg. xxvii, 104) non separa
mai da sua imagine. — L'animo smagato (Inf. xxv, 146), tratto
fuori di suo essere. Borghini.
in. 16. — Lo soli che dietro fiammeggiava roggio. — Roggio
eh* è del fuoco rovente e che tende al colore della ruggine. —
Per Y affocato riso della stella. Che mi parea più roggio che
l'usato. Par. XIV, 86.
III. 25. — Vespero è già colà, dov'è sepolto Lo corpo^
dentro al qwzle C facev' ombra. — Avendo già il soie una de-
clinazione boreale di undici gradi, le ore del giorno al Pur-
gatorio, a una latitudine di 3P 40\ erano come col calcolo si
troverebbe. Posto ora, con Tolomeo e anche con Dante, che
Napoli avesse una latitudine boreale di 40° 36' e che V ora di
Vespero sia quella nella quale manca poco pili di un'ora al
tramonto, si dimanda la differenza di longitudine tra Napoli
e il Monte del Purgatorio. — E il Caverni, scioglie il problema
da lui proposto: A Napoli, essendo in quella stagione 13 ore
e 17 minuti di sole, si può intendere che il tempo del Vespero
accennato dal Poeta fosse alle cinque ore e trenta minuti. Al
Purgatorio pone die sia già un' ora di sole e in tutto essendone
undici, com' è detto, sarebbero mancate al suo mezzodì quat*
tr'ore ò trenta minuti e correva perciò Torà xix e mezzo.
Mentre dunque a Napoli era il 10 d' Aprile ore 5 e minuti 30,
al Purgatorio era il di 9, ore diciannove e mezzo. Si conclude
di qui che la differenza di longitudine, fra Napoli e la mon-
tagna del Purgatorio dovea essere stimata da Dante, dieci
ore, ossia gradi cento cinquanta. R. Cavemi, La Scuola^ 1873, ii,
325, 362.
IH. 49. -^ Tre Levici e Turbia, — Come all'estremità occi»
dentale del meraviglioso Golfo ligure, dirimpetto all'isola Pai*
maria, fabbricato aveano i Romani un tempietto aUa dea Venere,
y Google
380 CODIENTI.
e da Venere prese poi il nome il vicin porto e la colonia
piantatavi nel 1 1 13 dai Genovesi ; cosi dalla parte opposta, a
oriente, edificarono un altro tempio alla medesima dea, fors^
a somiglianza di quello, che dedicato le aveano sul monte Srict
nella Sicilia ; quindi il nome di Lerice o Lerici al castello, sa
cui Andrea Dori a inalberò il vessillo spagnuolo, quando, per
sottrar Genova, sua patria, al giogo francese, passò dal servizio
di Francesco I a quello di Carlo V. Il nome è di latina origine;
pili tardi italianizzato pigliò T articolo, e da prima si scrìsse
r EìHce , indi Lerice senza apostrofo , e da ultimo Lerici. —
Zolese. Il Baretti, 1874, 239.
IIL 55. — J? ìTientre che^ tenendo il viso bassOy Esaminava
del camin la mente. i
Corrispondenza letteraria inedita di G. Gozzi, G. Gsknabi
e G. Patriarchi intomo un passo della Divina Commedia, |
Padova, Prosperini, 1863. Per Nozze Giusti-Cittadella.
Quanto a me fui sempre del parere di chi dice che Virgilio 1
con gli occhi bassi, in atto di considerasdone esaminava il suo
pensiero intomo il cammino. Questa è la più {ùasa e più na- 1
turale spiegazione. Esaminare di un segreto , di una colpa è '
forma usitatissima; e cosi si può dire del cammino, Esamiear i
la mente quando si prende per fÌBtntasia, o per pensiero, non |
ha difficoltà : né io avrei difficoltà a prenderìa in tale sigaifi-
cato, poiché in quasi tutti i tempi gli esempi del Vocabolario,
anche dove esso la chiama intelletto, si può intendere pensiero;
ed ella se ne può chiarire cogli occhi suoi, ed ella vedrà che
esaminare il pensiero del camino, è modo che può osarsi, ed
è quanto dire, pensava da qual parte si dovea comiadare a
salire, ed esaminare la sua mente il suo pensiero intorno al
cammino. G. Gozzi air ab. Gennari, 19 Gen. 1754.
Stane pede in uno interpretai la voce mente per intenzione
o pensiero, senza sapere cosa il Co. v'avesse risposto, paren-
domi che il senso più naturale fosse quel desso. G. Patriarchi
air ab. Gennari, 9 Feb. 1754.
Non par strana maniera di dire esaminare la meniUf, di-
stinguendosi virtualmente anche in sentenza di Dante raaima
nostra dalle sue potenze eziandio inoiigaiiiche ; *&ò impropria
locuzione esaminare del cammi^^ cioò sopra il camiiio da
tenersL Si aggiunge che questa interpretazione par più con-
y Google
COMBNTI. 381
orme ali* allegoria , secondo la quale Virgilio ò simbolo della
Bgione, e Dante de* sensi; anzi Tuno e Taltro si devono pren-
lere sovente per una sola persona come apparisce chiaro da
noi ti luoghi della Divina Commedia, che senza questa allego*
ica chiave non si possono ben capire ed intendere. Laonde la
■agione ed i sensi nel tempo stesso esercitando il loro m im-
iterò, quella pensa ed esamina, e cerca partito, questi guardano
io torno ilp materiale e il sensibile. Nò a caso, il Poeta ha posto
the le due azioni d'esaminare adi guardare sieno state, come
dicono i filosofi, simultanee, nò che gli occhi di Dante, cioè i
sensi aiutassero in questo incontro Virgilio , cioè la ragione ;
perchè cosi in &tti esser doveva, trattandosi di una cosa egual-
mente soggetta alla speculazione della mente, e al ministero
dei sensi — G. Gennari, al co. Gasparo Gozzi, 18 Gen. 1754.
III. 79. — Come le pecorelle escon del chiuso. — € Sono
curiose queste pecore: più ò caldo e piii s'adunano, tutte ag-
gruppate. Se una va al danno, e tutte dietro di posta. Quando
si lavano, si fanno saliare nel fiume, e V una va dietro V altra.
Se non vogliono, se ne tira giti una e, non, si dubiti, V altre
saiiando subito a furia, quasi tutte in un branco. » Versilia.
Queste semplici parole sono pure una vivace descrizione del
fatto, e quasi cel rendono visibile. Ma poiché Tun pensiero sorge
dall'altro, indi subito ci viene in mente la bella similitudine
che Dante seppe a meraviglia tratteggiare in poesia e in prosa.
— Conv. I, 11. — Giuliani, Saggio di un Dizionario del Volgare
Toscano, 434.
III. 103, e seg. — // Re Manfredi. — V. C. Morbio, Pro-
posta di un nuovissimo Comento sopra la Div. Com. per ciò
che riguarda la storia Novarese, p. 21-34. — V. Amari, Guerra
del Vespro siciliano, C. ir.
III. 115. — Vadi a mia bella figlia, genitrice Deir onor di
Cicilia e cT Aragona. — Spicca per una candidissima fama la
regina Costanza, avvenente della persona, bellissima d* animo, per
le care virtti di donna, e madre, e credente nel Vangelo. La fine
di Manfredi avvelenò il fior degli anni suoi ; poi, se vide punito
lo sterminator del sangue svevo e libera la Sicilia, ebbe a tre-
mare ad ogni - istante pe' suoi piti cari , pianger la morte di
due figliuoli, la nimistà degli altri due; né troppo la poteano
£ur lieta le nozze della figlia neir abbonita casa d*Àngiò. Nacque
y Google
382 ooMEMn.
e fu educata in Palermo: tornata in Sicilia per si strane tì-
oende, la governò dolcemente dopo la partenza di Pietro ; dettò
alcuna legge che infine a noi non è pervenuta; fu -amorevoli^
coi sudditi, benigna fino con la insopportabile Macalda. Non
ebbe ambizione, lasciando prima a Pietro, poi a' fi^uoli , U
corona di Sicilia, eh* era sua per dritto di sangue; né tal mo-
derazione nacque da pochezza d* animo in costei, che ben sepp-fi
in pericolosissimi tempi provedere alla difesa della Sicilia, e
due fiate con assai destrezza salvar Federigo dalla faùone ni-
mica a* siciliani interessi. Quotata la coscienza con la benedi-
zione papale, posata poco appresso la tempesta di Sicilia, F anno
medesimo 1302 fini i suoi giorni in Barcellona, ove attendeva
a fabbricar munisteri ed altre opere che nella vecchiezza le
suggeriva la cristiana pietà. M, Amari, La Gueira del Vespro
siciliano. C. xv, 396.
11 Todeschini inclina a ritenere che la 6*860 genUrice del-
tonor di Cicilia e d^ Aragona significhi semplicemente, nella
intenzione del poeta, genitrice de* reali di Cicilia e d'Aragona:
in quella guisa medesima, che noi adoperiamo le frasi Vostra
Grazia, Vostra Maestà, Vostro Onore, rivolgendosi ai Prìncipi
ed ai Ae, per significare la suprema autorità che loro compete
sopra di noi. Ad ogni modo quegl' interpreti, che intesero onor
di Cicilia e d Aragona, Federico e Jacopo, bevettero assai
grosso, non badando qual concetto avesse Dante di questi
due re.
Di Giovanni Vincenzo, Di alcuni luoghi di Dante sopra
Federico Aragonese di Sicilia (Purg. in, 116; e. vn, v. 119-20,
Par. XIX, V. 13-35; e. xx, v. 63). Di Giovanni, Scuola, Scienza
e Critica, 192-203.
L' Alighieri porta giudizio di re Federico nel G. in del Pur-
gatorio , opposto air altro di biasimo del C. vii della stessa
Cantica, e del diciannovesimo e ventesimo del Paradiso. Questi
due opposti giudizi, dice il Di Giovanni, si spiegano bene ricor-
rendo alla storia del tempo quando da Dante fiu*ono scrìtti :
e se il Poeta mutò opinione, significò nella lode e nel biasimo
r opinione della parte Ghibellina sulla persona di re Federico,
in cui per qualche tempo si raccolsero tutte le speranze di
detta parte, prestamente deluse, o a cagione de' turbamenti
intemi di Sicilia, o per la mutazione avvenuta in Italia colla
y Google
OOMBNTI. 383
improvvisa morte dell'Imperatore Arrigo a BuoDconvento. U
canto terzo, ove è detto di Costanza genitrice delConor di
Cicilia e cP Aragona, fu scrìtto senza dubbio alcuno fra le spe-
ranze di Dante nella discesa d'Arrigo e neir amicizia e negli
aiuti del re siciliano; speranze svanite colla morte dell'Impe-
ratore e col ritorno di re Federico in Sicilia, perchè ,1 a difen-
desse o gtiardasse dalle armate, con le quali la invadeva
Roberto di Napoli. Il qual ritorno Dante giudicò come abban-
dono del partito Ghibellino, che a Federico si confidava in
Pisa, dove si crede essersi trovato anche Dante, e mosso nell'a-
nimo del re Siciliano da avarizia e da villa ; quando e gli
ftjQti di danaro e di armi fomiti o che stava fornendo ad Ar-
rigo, e la guerra bandita in Palermo contro Roberto, avrebbero
dovuto iar giudicare altrimenti del nipote di Manfredi, già
qualche anno innanzi celebrato come onor di Cicilia e d^ Ara-
gona. ... — Meglio di tutti r Amari spiega, scrive il Di Giovanni
la mutata opinione di Dante sopra Federico , dal canto lu al
VII del Purgatorio, per pubbliche cagioni : il ritomo in Sicilia,
forse necessario per Federigo, tolse ogni riparo al precipizio
dei Ghibellini; e perciò lor parve perfidia, viltà, scelleratezza,
come dicano le fazioni oppresse, agU stranieri che fan sem^
biante di ajutarle e poi si stanno.
III. 124. — Alla caccia Di me fu messo per Clemente. —
Clemente IV mori il ^ novembre del 1268. La sua salma fu
riposta nella chiesa di S. Maria in Gradi fuori di porta romana.
L'antica iscrizione sopra la statua giacente del pontefice, fu
restaurata nel 1840 (come quivi si legge) da Settimio de Fay
conte De La Tour Maubourg, ambasciatore di Francia presso
la S. Sede.
III. 129. — Sotto la guardia della grave mora. — Mora è
in uso ancora de' nostri lavoratori che una massa di frasconi
chiamano Mora, e di qui Moriccia, che vale que' monti di sassi
che da' lavoratori si fanno per nettare i campi d' intomo, o in
uoa parte più comoda. Troverassi la voce mora in Giov. Villani
al IX Gap. del vii libro raccontante il fatto medesimo della
sepoltura di Manfredi: Onde vi si fece una grande mora di
sassi; cosi in Matteo Villani al ni C. del iii libro: che bene due
braccia si alzò la mora delle pietre sopra il corpo morto del
loro senatore. — Borghini.
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384 ooMcrn.
La supertiziosa coetomanza di gettar de* sassà sopra il laago
dove altri è stato ucciso, ancor viva e rerde in molte terre della
provincia romana, era comunissima nei tempi di mezzo Per
mora da alcmii si crede essere con piccola alterazione di let-
tera lo stesso che mora, ossia mnrìcria; e, dal Muratori e
interpretajta col latino mora nel senso à' ùnpedimentum^ obsla-
culum; e che io invece spiegherà per T indugio o trattenimento
che facevano i passaggerì per gittare il pio sasso. E questa
costumanza, chi ben vi guardi, è derivata dagli antichissimi
popoli, che conservando viva la tradizione del risorgimento dei
corpi, ponevano grandissimo studio nel custodirne le ossa. Senza
entrare in esempi più antichi di queste amorevoli cure dei
sepolcri , ricordiamoci di quei luoghi di Virgilio : Et tumulun*
facite, et tumulo superaddiie Carmen. — Ergo inHoMtramus
Polidoro frenus et ingens aggerivur tum,ulo tellus. Prof. Tan-
credi, Il Buonarotti, 1872, Quad. xii, 421.
IV. 14. — Udendo quello Spirito, ed ammirando; Che ben
cinquanta gradi salito era Lo sole. ... — Posto che il luogo
avesse una latitudine australe di 31° 40' e il Sole 1 1® di decli»~i^-
zione boreale si domanda per quel luogo e quel tempo, V aitt^jca
meridiana del sole? La massima altezza, risponde il Caverni.
alla (juale poteva aggiungere quel giorno il Sole, era di 47'* 20*,
Ora, come dice il Poeta che il Sole era salito più di 50 gi-adi ?
È rhiaro, egli soggiunge, peiriò che Dante non poteva intendere
della salita del sole nel circolo verticale, ma della salita di lui
nel pareilelo — E ove si voglia sapere il tempo corrispondente,
ei trova, che se al cominciar della scena il sole era ali* orizzonte
(Purg. Ili, v. 16), tre ore e 24 minuti sarebbe durato il colloquio
de' poeti con Manfredi. Il Caverni vuole che la parola ammi-
rando si debba prendere quale attributo di spirito, e non ge-
rundio.
IV. 37. — Nessun tuo passo caggia ; Pur suso al monte
dietro a me acquista. — Quella notte era nera nera, buio pesto,
e non si sapeva dove metter piede. Mi tirai su per que* sassi,
ma per uno avanti , ne davo cento de* passi addietro. Basta,
arrocciandomi mi trovai sulla cima ai primi albóri. Queste
evidenti parole mi giovano anche a meglio chiarir due notabili
passi della Divina Commedia. Dante rimirando r alta ripa del
Purgatorio era desideroso di sapere qual via dovesse prendere
y Google
COMXNTI. 385
per salirla, e quindi ne richiese al suo Maestro, il quale subito
rispose: Nessun tuo passo caggia^ ecc. — L* arrocdarsi poi
imprime appieno Y andar carpone o il pigliare la roccia con
fe mani e co* piedi: Inf. xxvi, 18; Purg. iv, 33. — Giuliani,
Saggio di un Diz. del Volgare toscano, 329.
IV. 61-75. — Se Castore e Polluce,.. — Le parole che qui
pone in bocca al suo maestro poeta per delineare astronomi-
finente la posizione della nuova regione che intraprendevano ad
«plorare se il nostro intelletto ben chiaro bada, ofiVono tale
ina verità scientifica ed una geometrica esattezza, che formano
ma specialissima lezione di cosmografia, di cui ogni dotto
Btronomo d'oggidì andrebbe superbo. Densa.
IV. 64. — Tu vedresti il Zodiaco rtibecchio. — Rtibecrkio,
lon è punto addiettivo che signifìr^hi rosseggiante, ma è sustan-
ivo, e vale quel gran trave delle macchine ad acqua, il quale
a un capo ha la ruota a denti; quindi il zodiaco, che gira
itorno air asse come un rubecchio. P. Bresciani, Dei costumi
eir ìnoÌA di Sardegna, par. I*, e. i. ^- Lo zodiaco rubecchio va
i^'Tpretato: lo zodiaco come trave od asse con in capo la ruota
denti; o meglio, come la ruota a denti di un molino. E di
3ro ò manifesto che V aggiunto di rosseggiante non ci ha pro-
rio che fare nulla, non essendovi buona ragione ohe mostri
i convenienza di quell'epiteto al zodiaco cosi in generale, o,
I [)articolare quando si volge più vicino al polo artico: e pare
le una tale interpretazione sia data cosi un poco a maniera
chi tira ad indovinare. Ma ben si attaglia a tutto il contesto
metafora o similitudine della ruota, compiendo appunto lo
Hliaco a maniera di grande ruota le sue rivoluzioni. E come
bella in sé stessa, cosi non discorda dallo stile usato dal
istro Poeta. Che se egli rassomiglia il volgersi intorno a sé
edesimo di un santo spirito air aggirarsi di una mola in quei
mosi versi : Del suo messo fece il lume centro Girando sé
me veloce mola. Par. xxi, 80 ; anzi se volendo nominare la
rona di piìi Fulgor vivi e lucenti, cioè di dieci spiriti beati,
esprìmere il volgersi ch'essa fece intomo a lui, ha scritto:
rotar cominciò la santa mola, Par. xii, 3 ; con maggior pro-
feta e^li ha potuto scoprire somiglianza tra la circonferenza
Ilo zodiaco e il suo rotarsi intomo all'Orse, col giro e col
igersi della ruota. E chi sa che la periferia della ruota, va-
95
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386 COMBNTI.
riata ed interrotta dai denti, non raffigurasse il Poeta nella
fascia dello zodiaco divisa dai segni delle costellazioni? Oltre
di ciò la Toce rubeccìiio non incontrandosi se non in questo
luogo di Dante, a non fallare nella interpretazione egli ò me-
stieri interrogare e gli antichi espositori, e quel popolo che
nella sua parlata conserva il più e il meglio delle voci nella
loro proprietà vivace. Ora presso quattro almeno de' più ve-
tusti ed autorevoli interpreti io trovo dichiarata la voce ru-
becchio come ruota di molino. B le dichiarazioni del Postillatore
Cassinese e di Jacopo deUa Lana furono già iprite dal De
Romanis nella nota aggiunta al commento del Lombardi in
queste parole : < Presso alla parola rubecchio il Postili. Caasin.
nota quae est rota moìendini dentata, e Jac. della Lana inter-
preta egualmente dicendo che rubecchio in lingua tosca vuol
dire rota dentata di molino» » Di più nel comento attribuito
a Pietro figliuolo di Dante si legge: zodiacus robecchius^ idest
rota zodiaci, nam robecchius in Thusda didtur rota deniaia
moìendini. E in un commento inedito dì un bellissimo codice
della Biblioteca Barberiniana, segnato dal Manzi col n. 1452,
la voce rubecc?uo ò interpretata alla pag. 156 con queste pa-
role: Tu cederesti il zodiaco robecchio cioè losteUo (sic) de/
zodiaco girarsi più stretto alla costellazione chiamata Orsa,
Se mal non m' appongo, lostelh è lo stelo del zodiaco, cioè il
perno o Tasse; e però secondo quel comentatore la voce ru-
becchio indica, paragonarsi dal Poeta lo zodiaoo ad una ruota
col suo stelo che si volge intorno. Giuseppe Melandri^ Intorno
allo studio dei P. P. della Compagnia di Gesù nelle opere di
Dante, p. 130.
IV. 106. — Edundilor che mi sembrava lasso. — Belacqua
ò la creatura più umana, più vera di tutto il Purgatorio, come
è la più comica. Belacqua scherza in modo si amichevole e
sincero, che Dante è il primo a riderne, ò lo scherzo propino
dell'indole di Belacqua che non ha voglia che di uccidere il
tempo col dolce far niente. A. Ròndani.
V. 18. — Poiché la foga Cun delT altro insoUa. — Foga,
vuol dire quel moto ed empito che & cosa inviata e riscal-
data in una operazione, onde ò poi formato il verbo sfogare
quando ella è quietata. SoUo poi è il contrario e vuole dire
leggieri^ o per me' dire non pigiato, ma soUecato e come cosa
y Google
COMBNTI. 387
3he sta sempre in su Tale: così chiamò il Villani una città
nsolUta — sollevata e pronta a £EU*e tumulto o novità: — Il
movo pensiero che sopravviene, come soHentrando e soUetmndo
'[' altro , se Io leva come dire in capo e facilmente lo caccia
l'ia. — CoH la mia durezza fatta solla (Purg. xxvii, 40), leg-
orera, intenerita; e, se cosi si può dire, sdurata, — Borghini.
V. 109. — Ben sai come nelCaer si raccoglie,,, — È un
ubbìa il pretendere che disvisi la ragione fisica del precipitarsi
i vapori acquosi dell'aria, per diminuzione di temperatura.
Secondo l'Alighieri il freddo, come piii denso, spreme i vapori,
o come altrove dice gli sHpa^ parola e ragione che del fatto
rende anche il Magalotti a' tempi dell'Accademia del Cimento:
ohe la fisica vera della pioggia fu data dal Quericke pochi
anni dopo. Caverni, da una sua lettera.
VI. 44. — Se quella noi ti dice , C/w lume fia tra *l vero
e r intelletto. — Notisi: lume tra *l vero e C intelletto: perchò
ha detto V Alighieri : € Come il cielo illustra le cose visibili ,
così le scienze le intelligibili. » (Conv. ii, 14). A. Conti.
VL 74. -^Fson Sordello,
Fanfani Pibtro, Lettera alla gentil Signora Silvia Baroni
ro. Semitecoh, Per le Nozze Pasolini ZaneUi-Baroni Semitecolo.
Hassano, Roberti, 1874, p. 29-33.
U Fanfsni ci reca un racconto di Battista Fulgoso (o Fre-
goso) scrittore gravissimo del sec. XV che, dopo essere stato
Doge di Venezia, ritornò allo studio delle lettere, e compose
un libro Dei Detti e Fatti memorabili y con che ne mostra
({uanta ragione ebbe Dante di rappresentarci il poeta man-
tovano in quella grave e dignitosa maniera eh' e' fa. « Sordello
<\ei Visconti, mantovano, dei dintorni di Coito, che nacque
liei 1189, si trova che in diverse regioni di Europa, avendo
combattuto a corpo a corpo con ventitré fortissimi cavalieri,
(li tutti e ventitré rimase vincitore. La sua prodezza per altro
rifulse mirabilmente quando a Parigi nel giorno medesimo
'-ombattè contro tre, con Giachelino, e Leopardo inglesi, e con
Frassato borgognone; dacché di tanto superò nella forza di
animo e di corpo Assillo Torquato Corvino, o qual altro si
voglia cittadino romano, di quanto Tuno ò minore del ventitré,
e di quanto la gloria e la fatica di un triplice combattimento
lee preferirsi alla lode di uno solo. » Qui veggiamo recata alia
y Google
388 OOUENTI.
sua giusta misura la prodezza di Sordello, e sappiamo dì piii
ch'egli era dei dintorni di Goito e nato nel 1189: cose ignoto ri
Tiraboschi. Altrove ei racconta la qualità vera dell'amor di Sor-
delio con la sorella di Ezzelino, che ò da lui chiamata Beatrici
dalla qual cosa si raccoglie che Cunizza era un soprannomt'.|
Egli dice adunque come questa Beatrice, abbagliata dalla pix)^
dezza e dalla gloria poetica di Sordello, se ne innamorò fiera^
mente, e lo richiese d'amore; ma ch'egli rimase sordo ad o^:d^
pregliiera di lei , dicendo di non volersi mosti^are ingrato a i
Ezzehno e al suo fratello, che amorevolmente lo aveano accolto
in Verona; ed anche quando^ accecata dalla passione, ^ugpi
da' fi^atelli vestita da uomo, per seguirlo fino a Mantova, nuu
volle udirla parlar di amore, se prima Ezzelino non gli avesse
dato il consenso di sposarla, ricordandole sempre che la onc>stà|
doveva curaci piìi dell'amore e delia bellezza. E couchìude che
egh meritò più vera lode per la vittoria di tal pericolosa bat-
taglia, elle dai veutitrè combattimenti, de' quali in varii luog^hi
era rìmasto vittorioso.
VI. 112. — Ykni a veder la tua Roma che piagne, "W-|
dova, sola^ e di e notte chiama : Cesare mio, perchè non m ac-
compagne ì — E il Petrarca, Carolo IV, Aug. Irap. (Pam. xxiii, 2].
Si qua in terris patria est tua propria, Csesarum domus, ac vera
patria Roma est ... . vidua, inops, captiva, serva, misera quat.*
uuUum jam nisi es. te poscit ac sperat auxilium. . . . Exper-
giscere, imperatori bora est, immo vero jam transiit. — \".
Dante, Epist. v, vi e vii. — Romam solam sedenlem ci vi-
duam. Epist xii, § IO.
VI. 143. — A mezzo novembre Non giugne quel che tu
d' ottobre fili — « Tutto giorno si faceva nuove leggi e si cor-
l'eggevano le vecchie; e molto spesso si guastavano, ad ogni
piccolo caso che nasceva, dava occasione ad innovare previsioni.
Della quale varietà credo che sia nato quello che vulgarment<\
con vitupei'O della Città, si dice: Legge Governativa, fatta la
sera e guasta la mattina. Donato GiannoUi, Della Rep. Fior.
L. II, e, 18. Ed. Le Mounier, i, 147.
VII. 73-81. — Oro ed argento fino.. . — Or non ti sembra
egli, o lettore, che Ariosto abbia attinto a questa descrizione
quando dipingeva il giogo della montagna su cjì perviene
Astolfo col cavallo alato? Molti hanno levato a cielo l'Ai'iosto
y Google
OOMENTI. 389
por qnel passo, non sapendo che quel che vi avea di più bello
era tolto a Dante. 3/arro Renieri, L'Apatista dì Venezia, 15
Sett. 1834, n. 37.
VII. 103. — ^ quel Nasetto . . . Mori fuggendo e disfiorando
a giglio, — Di Filippo III, re di Francia, e della grande vittoria
navale riportata presso Roses, da Ruggero Loria, e della morte
di Filippo a Perpignano, V. Amaria La Guerra del Vespro,
C. XII.
^^I. 1 12. — Quel che par sì membruto, e che s' accorda
Cantando con colui dal maschio naso. — Veggasi il ritratto
che di Carlo I d'Angiò e di Pietro III d'Aragona fa T Amari,
GueiTa del Vespro, C. v, 64, e C. xii, 298.
VIII. 56. — Quanfè che tu venisti Appiè del monte per
le lontane acque? — Posto, che la differenza de' meridiani, tra
le foce del Tevere e la. montagna del Purgatorio, sia di dieci
ore; che la latitudine boreale di quella foce sia 41** 53', e la
latitudine australe della Montagna sia 31® 40', si dimanda
quant'ò la misura della distanza itineraria tra la detta foce
del Tevere e il Purgatorio ? Dalla soluzione del problema da
lui proposto, ecco la risposta del Cavemi. — Computata la
lunghezza di quest'arco in miglia italiane di 60 per grado,
troveremo che le acque della foce del Tevere sarebbero lontane
dalla montagna del Purgatorio miglia 9243. Computata poi quella
distanza a 56 miglia e due terzi per grado, secondo le misure
de' geografi antichi seguiti anche da Dante , come vedesi in
piti luoghi del suo Convito, troveremo miglia 8728,46.
IX. 1-9. — La concubina di Titone antico....
Bianchi ab. Gius., La Concubina di Titone antico (1814).
Atti dell'Ateneo di Brescia, Bottoni, 1818, p. 67.
Il Bianchi combatte la opinione di Jacopo della Lana, risu-
scitata dal prof. Poptirelli, che qui Dante intenda per la conr
cubina di Titone, l'Aurora della Luna ; sì perchè presso gli an-
tichi mai non ne fu fatta menzione ; e vie più perchè ta^attandosi
d'una notte successiva al plenilunio dell'equinozio di primavera,
in qualsiasi modo vogliansi interpretare i passi con che sale
la notte, o per le sette parti in cui la divise S. Isidoro (il che
pare più arrida al prof. Portirelli), o per le quattro vigilie in
che la divisero i Qred ed i Latini, o per le dodici ore ch'essa
ha nell'equinozio; sempre la Luna, all'epoca di eoi parla Dante,
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300 COMENTI.
esser doveva ella stessa levata , non che la sua supposta A
rora ; quando cioè il terzo passo della notte chtnawi in gh
V ale. Egli poi sostiene che pei tre passi che Dante suppc
avesse fetti la notte, devonsi intendere le tre prime vigilie
che la divisero Greci e Romani ; poiché appunto al finire dtf
terza vigilia comincia il cielo ad albeggiare, che Dante e^prii
col s' imbianca al balzo d* Oriente; in tre parti la atessa /
rora dividendo, cioè alba, vermiglia e rancia dai vari coli
che appariscono in Oriente al successivo appressarsi dei ?(
ali* orizzonte (Purg. ii, 4). Circa le stelle che ornavano la fror
dell' aurora suir ultima vigìlia della notte, con vari passi {;
ralleli dello stesso Poeta, dimostra eh* esser doveano quelle o
formano la costellazione de* Pesci.
MossoTTi Ottaviano, lUustrasione di un passo della l
vina Commedia, Inaugurazione del lyionumento ad Ottavia
Fabrizio Mossotti, Pisa, Nistri, 1867, p. 31-37.
IX.* 1-9. — La concubina di Titone anfcco ... r— Nel \S
il P. Àntonelli ritenne che la celebre Concubina di Titone anij
non potesse essere, che T Aurora lunare; se non che, me£
studiato r argomento, entrò davvero in sospetto che tutti,
egli pure, quanto al significato di quei due personaggi ibsse
fuori di strada. Titone ò Titano, Titan, il Sole: la sua Co
cubina è la gran Teti, Tethys, moglie dell'Oceano, TOo
marina. Se il Sole pernotta con Teti, e questa è moglie à.
r Oceano, risulta ad evidenza, che la medesima è ConcuMi
rispetto a Titano. Se Titone di Dante è il Sole, il nobile f]
teto di antico gli conviene molto meglio che al figliuolo
Laomedonte. Ma Teti è opaca per sua natura : quindi se Teui
investita da raggi lucidi, è benissimo detto che s'imbianca p
efietto di quelh. Inoltre per la grandissima estensione che 1
la superficie del mare, può Teti essere imbiancata in molti^sii
luoghi : quindi se voglia notarsi, eh* ella s* imbianca pel sorgie
di qualche astro, sarà indispensabile volgere l'attenzione ai
sue orientali regioni, siccome appunto ha fatto il Poeta, dicem
che s* imbiancava al balzo di oriente, cioè al lembo orientale à
V orizzonte. — Che se l'Astro sorgente non è il Sole, allora T<
8* imbianca fuori delle braccia di lui , le quali sono evideiiu
mente ì raggi, che da lui stesso procedono. E, viceversa, volenJ
indicare il sorgere di un astro diverso del Sole, e capace (
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GOBIENTI. 391
illiuninare e render parvente Tonda marina, sarebbe egregia-
mente detto, che questa s' imbianca fuor delle braccia del suo
dUilce amicOy precisamente come ha detto il grande Alighieri.
Si, dolce amico può ben dirsi Titano, rispetto alia gran mole
d^e acque che vengono da lui e illuminate, e riscaldate, e in
qualche modo fecondate coi dolcissimi e non meno delicati
amplessi delle prodigiose sue braccia. Finabnente, se con atten-
zione si rifletta, vedremo che dicendo imbiancarsi la Concubina
fìeor delie braccia del suo dolce amico, viene anche ad insinuare
il Poeta, che questo fatto fosse una specie d'eccezione, e che
^neralmente e ordinariamente e megUo s'imbiancasse fra le
braccia dell' amico medesimo : il che torna a meraviglia con
Teti Mare e Titano Sole ; e non può stare con Titone nipóte
d*Ilo e con una Aurora.
E questa corrispondenza di tutti i caratteri della descrizione
del Poeta co' due nuovi personaggi, si precisa e sì completa,
trova un appoggio e negli scrittori che in questo paiiicolare
possono rìputarsi Maestri, e dei quali a lui erano familiari le
dottrine e le maniere di porgerle, e nell'Alighieri stesso. —
Studi Particolari sulla Divina Commedia, p. 57-74.
ScARTAZZiNi Giovanni A,, La concubina di Titone antico.
Cemento del Purg* p. 148-162; TodescJuni, ii, 391.
Il prof. Scartazzini, dopo di aver riferito tutte le opinioni
8U questo passo tanto disputato della Divina Commedia, e dopo
di averle sottoposte a critica rigorosa, e recata pur la sua,
conchiude: « Invano desideriamo sapere con certezza assoluta,
quale sia il vero concetto di Dante in questo passo ; nessuna
delle diverse interpretazioni può vantarsi di aver sciolto ogni
dubbio, ed anche la migliore non può aspirare a maggior vanto
che di essere la piii probabile. Questo risultato è doloroso si,
ma per intanto non ci sembra possibile ottenerne uno più lieto.
Ed alla fine de' conti il riconoscere e confessare ingenuamente
la propria ignoranza sarà preferibile alla millanteria, che si
vanta di sapere ciò che non è possibile a nessun uomo di porre
fuor di dubbio. — V. Man. Dani, iv, 147.
IX. 4. -* Di gemme, . . . Poste in figura del freddo animale
Che con la coda percuote la gente. — Accenna in modo
grazioso e pi'eciso alle quattro stelle più brillanti dello Scor-
pione, che hanno appunto figura del freddo animale, cioè del
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392 coMEam.
Serpente, il quale trovavasi in quell'ora presso alla luna in sui
suo sorgere, ed immei'so perciò nella sua luce aurorale. Densa,
IX. 100. — Lo terzo che di sopra s'ammassiccia. — E \i>a
la parola massicciata, eh' è quello strato di sassi che s^anitìias-
sieda sulle strade, per farle più resistenti alla cai*i*^giata.
Cavemi.
IX. 118. — Trasse duo chiaìyiy V una era d" oro, e faìtra
era d'argento, — Dante esprime brevemente, gravemente ed
utilmente tutta la foi'za delle due chiavi di Pietro. Due sodo
le chiavi che i sacerdoti debbono avere, cioè l'autorità e Is
scienza. Più cara certamente è l' autorità a cagione del sacra-
mento; ma la scienza di discernere è quella che scioglie il
peccatore. E dice l'autore che se alcuna di queste chiavi er-
rerà, non si apre la porta del Purgatorio. I teologi poi e i
canonisti asseriscono che soltanto proprio il sacerdote ha questa
seconda chiave. — P. Atiavanti.
X. 65. — Trescando alsato, — Alzato y importa aver i {>anni
tirati suso, e accomodati in modo che non possano dar noia
a chi salta o si esercita col corpo con atti gagliardi e di gran
movimento. Borghini,
X, 128. — Yoi siete quasi entomata in difetto, — Ento-
mata, per insetti, quando dovea dire entoma, che tale è la voce
greca a cui risponde a capello la latina insecta. Ma perche
ne^ Lessici ai nomi ai mette appresso immediate V articolo, ov-
vero contrassegno del genere, dopo entoma venendo l' aiiicolo
neutro plurale to, venne questo articolo dai poco pratici a
congiungersi col nome medesimo e fare tutt' una voce entomata
quello eh' è ta entoma, — Francesco da San Gallo, fiorentino
Fidia, in un piccolo Dante eh' io tengo di suoi disegni insieme
e di sue postille, a otta a otta segnato, notava nel semplice
linguaggio de' suoi tempi, comparazione meravigliosa poicK ella
è tale, — Salviniy Lezione xxi delle Accademiche, 242-302. —
n Fiacchi, in una sua Memoria letta aH'Acc. della Crusca, pro-
pende a credere che Dante scrivesse entoma, parola die non
reca danno né alla misura né all' armonia del verso, e che poi
r imperizia dei copiatori recassevi il guasto che or vi si trova.
V. Zannoni, Relazioni, 240.
XI. 10. — GU Angeli tuoi Fan sacrificio a te, cantarido
Osanna. — È tanto congiunta V idea del sacrificio con quella
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OOMENTI. 393
«Iella giustizia, che talora la saci*a Scrittura fa V una attributo
deir altra, dicendo agli uomini : sacrificate sacri ficium justitiae.
Indi il Poeta pone il sacrificio perfino in cielo, a pregare che
in terra sia operata perfettamente la giustizia come viene ope-
rata lassù; e altrove egli chiama sacrificio la preghiera eh' è
r atto più frequente della Religione (Par. xiv, 92); e sacrifizio il
voto (Par. V, 44), che a giudizio di lui è il dono più generoso che
la creatura possa offrire al Creatore (Ivi, 19-31), Perez, 371.
XI. 66. — E sallo in Campagnatico ogni fante, — « E al
tempo di Bolgano da Post eiella di Milano Potestà (1259), si
prese Gampagniatico per lo Comune dì Siena, el quale teneva
lo Conte Uberto, ed era nimico della nostra città, e sempre
t<>neva in tribulazione tutta la Marema, e quanti \icini, che
lui aveva. E fu el Campo della nostra Città tanto forte, che
per batagha v'entraro dentro, e uciseno lo conte Uberto, per-
chè mai non si volse arendare per sospetto di none essare *
menato a Siena. E inazi, che lui morisse amazò di molta gientc,
inperocche, Lui s' armò lui, e '1 Cavallo, e corriva per la Piazza
di Gampagniatico come un Drago. E se non fusse uno, che
lanciò un spiedo, e gionse al Cavallo insulla testa, che non
potò scampare, e fu {erito con una maza di ferro in sulla testa,
e Maranesi e Falconi gli furo adesso per tal modo, che gli
fecero lassare questo Mondo. E veduta la Giente di Cortona,
i quai erano stati cacciati per Io disfacimento lofo, e non sa-
pendo dove andarsi, si ritomoro a Cortona loro, e tutti e ribel-
lati di Cortona , e sì la rifeceno per lo meglio che poterono ;
e visone per molti anni in santa pace, e in unione, e rìtoraò
nel primo stato, tanto la benificoro, e tenevano in Signoria
per loro. Ma i Fiorentini ne furo malcontenti, e pentirsi, che
r avevano lassata rifare, per sospetto di loro. » Croniche Se--
nesi, pub. da G, Maconi, e. 48, i, p. 2, 22.
XI. 91-117. — O vanagloria delle umane posse. — Ma a
che vi esorta egli ad acquistar rinomanza, se la fama non è
altro che un fiato che muta nome, perchè muta lato, se la rino-
manza è color éC erba che mene e vaf Sembra ch^ egli si con-
traddica, ma pur non ò, ove si voglia riflettere alle persone
coi egU fa uscire in si contrarie sentenze. Contro la fama parla
Oderiai cristiano, in favor della fama parla Virgilio pagano.
Or dà non sa come i Pagani fosser in tutte le loro azioni
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394 OOMBNTI.
spronati dairamor della gloria? Cicerone, parlando ai solda
della legione Marzia morti a Modena, non ha detto : « bre^
nobis vita data est, at memoria bene reddit» vitse sem[
terna; quae si non eeset longior quam luec vita, quia &ks
tam amens qui summis laboribus ac perle ulis ad eumma
laudem gloriamque contenderet? > Ed Orazio : € Paalam sepuli
distat inerti» Celata virtus » (od. 9, 1, 4). Anche Tacito: € Una
est insatiabiliter parandum, prospera tui memoria; nam coi
tempta fama contemnuntur virtutes > (Ann. lib. iv). « Si cu
hac exceptione detor sapientia ut illam inclusam teaeam a
enuntiem, rejiciam (Seneca ep. 6). p — Marco Genieri, L'Ap
tista di Venezia, 15 Sett. 1834, n. 37.
XI. 94. — Credette Cimabue neUa pintura Tener lo camp
— Sul sepolcro di Cimabue in S. Maria del Fiore furono scrii
da uno de* Nini i seguenti versi: Credidit ut Cimabosptic&er
castra tenere; Sic tenuit vivens: nunc tenet astra poli. —
Vasari dice che i vei-si di Dante alludono al concetto dell*
scrizione. Ma pare che T epitaffio fosse stato scritto dopo
pubblicazione del poema ; e se ò cosi veramente, come da mo
si crede , nella iscinzione latina la locuzione è tolta da* \v\
danteschi. C. Pardi.
XI. 118-119. — Lo tuo ver dir m'incuora Buona umih
e gran tumor nC appiani. — S. Paolo alle snp^bie dà il not
di gonfiamenti (u, Cor. xii, 20), e la superbia di Amano è de:
tumore d arroganza nel libro di Ester (xvi, 12): passi ci
forse ebbe a mente TAlighieri. Perez^ 46.
XI. 140-141. — ^ Ma poco tempo andrà che i tuoi ria
Faranno sì... — Mi pare indubitato, che per vidm scabbia
intendere i Donati, mentre il punir di lor perfidie aUude s^s
altro alla tragica morte di Corso Donati, avvenuta nel 1308,
di cui parla il canto xxiv del Purg. v. 82-87. Todeschini,
XIII. 68-72. — Di vii cilicio mi parean coverti. ... — Dai
mostra qui gl'invidiosi che si purgano. Ora si stringono
vicenda, mentre nel mondo si respingevano. — Hanno g:li oc*
chiusi da un filo di ferro, mentre troppo gli avevano ape:
in danno e rovina del prossimo. E sono in luogo privo de* rag
del sole, perchè erano accecati dallo splendore delle Tirtù d
prossimo, mentre avrebbero dovuto piuttosto essere iUamina
Dice dunque: Di vii cilicio y ecc. L'invidia rende gli uomi
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coafBNTi. 305
TÌlissimi. Con quanto senno chiude gli occhi agi* invidiosi, che
gli ebbero troppo aperti ad invidiare i fatti altrui. E pone
nelle tenebre coloro, che vollero essere accecati dal lume della
vii-tù. E gli pone stretti fra loro, mentre non vollero mai avere
alcun superiore, o eguale. — P. Attavanii,
Xin. 115. — Erano i ciUadin miei presso a Colle. — « E al
tempo di Ranieri del Festa da Modena Potestà di Siena (1268)
furo esconfìtti e Sanesi quando andaro a Canpo a Colle, e la
cagione della sconfitta fu el tradimento ordinato da misere
Provenzano , el quale s* intese co' Franceschi. E veduto , che
misere Provenzano era traditore, Miser Cavolino ebe lo coman-
damento da XXIIII se lui potesse per ninno modo pigliare Mi-
sere Provenzano Salvani, che lui, el pigliasse. E Misere Cavo-
lino, co' tutto el suo igenio ordinò che Misere Provenzano fusse
preso, e qualunque persona el rapresentasse a lui, gli darebbe
providigione di cento fiorini, e farebelo cittadino di Siena. E
uno dì uscendo fuore Misere Provenzano, el quale era confiigito
in Colle, e Collegiani el tradiro, e miserlo nelle mani di Misere
Cavolino de Tolomei, el quale era ancora colla giente de Sa-
nesi in Valdistrove , e ine era fortificato lui , e '1 Potestà di
Siena. E quando videno Miser Provenzano, che Tera stato
menato preso, e fecegli Citadini, e poi prosino Miser Proven-
zano Salvani, e tagliarongli la testa per comisione de XXIIII,
e poi ne venne a Siena. E Miser Cavolino de Tolomei fece
pore la testa di Misere Provenzano sur' una asta di Lanza, e
arecolla a Siena per dare terore a* Traditori, che se non fusse
lui, che rivelò a Collegiani uno trattato^ el quale avevamo in
Colle , in quella volta Colle sarebbe stata de* Sanesi. E anco
per più amaestramento degU altri, si guastò el suo Palazo e
per questo si stava in grande sospetto, e paura, inperochò e
Contadini, e le Masse d'intorno erano grandi suoi Amici. E
in questo modo quando andava o veniva ogni uomo l' ubidiva
per paura di lui. » Croniche Senesi, pubbl. da G, Maconiy
e 63, 1, p. 2, 37.
XIII. 151. — Quella gente vana Che spera in Talamone,
— < E nel tempo del Potestà sopradetto (Blinamonte da Gobio)
si conprò el porto di Talamone dall'Abate dell'Abadia di San
Salvadore, e costò otto migliaia di fiorini d'oro, e cosi ci fU
confermato, e cavatone le carte come si contiene colla licenzia
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396 OOUBNTI.
del loro superiore e del Papa Benedetto. > Croniche Senesi,
pubb. da G. Maconi, e. 101 , i, p. 60. — Sul porto di Tala-
mone, V. ScarabelU, Il Lambertino, xix; Man, Dani, iv, 409.
XIV, 34. — In fin là, *ve si rende per ristoro — — Notabile
è che Dante riconoscesse fin d' aUoi*a V origine vera delle fonti
(Purg. XXVIII, 121; Par. xx,.19), intorno alla quale tanto s'agi-
tarono nel secolo scorso le dispute di celebri naturalisti. Ca-
vemi, La Scuola, 1872, i, 228.
XIV. 54. — E non temono indegno che le occupi, — In^
gno è qui in significato di artificio, o naacchina, o ordigno, in
quel significato stesso che di cesi ingegno della chiave. Uno
degli ingegni da occupare o chiappare le volpi, sarebbero per
esempio le tagliole. . . . Occupare poi, ch'io traduco popolarmente
chiappare, ò latino schietto, e di Proteo tlifficile a chiappai-o
cosi disse Virgilio: € Cum clamore ruit magno, manicisque
iacentem Occupat. > Cavemi,
XIV. 86. — Perché poni il core Là *v è mestier di consorto
divieto f -^ Ognun sa quante fole siansi scritte dai chiosatorì
di Dante sulla parola consorto divieto, senza comprendere che
la caratteristica principale del dominio, secondo Aristotile eù
i giureconsulti romani, sia il divieto del consorzio, cioè l'esclu-
sione degli altri, di modo che difesa (defensa) fii deità nn
mezzi tempi un luogo difeso, cioè sottratto dall'altrui comu-
nione. V. Lomonaoo, Dante Giureconsulto, 85.
XIV. 100. — Quando in Bologna un Fabbro si rallignai
— Il Postillatore del codice Oassinese espone: Is fUit Dorn.
Faber de Lambertaccis de Bononia. Quel Dom. (dominus)
trasse in errore parecchi Comentatori che lessero Domenico
Fabri. Costui fu il famoso Fabro, che per vezzo era detto Fa-
bruzzo dei Lambertazzi, figliuolo di Tomasino, e fratello del
dottor Azzo, canonico di S. Pietro. Questo Fabro, o Fabrazzo,
celebre poeta al tempo di Dante, ebbe in moglie Bartolommea
dei Marzalogli, del borgo del Pradello. Il Mazzoni Toselli ri-
porta due documenti da' quali è certo che nel 1293 non èva
più vivo. Il già palazzo apostolico fu fabbricato sulle case dei
Lambertazzi, nella cui torre oggi è collocato il pubblico orologio.
XIV. 103. — Non ti maravigliar, s*io piango. Tosco, Quando
rimembro con Quido da* Praia UgoUn d^ Atzo che viwtte
nosco. — € Ugolino d'Azzo Ubaldini fu al dire di Benvenuto
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COMENTI. 397
da Imola vir nobilis et curiaiis, ciarissima stirpe in Roman-
<ldola, il quale ad iatniirci, prosegue il Tonducci, benché fosse
I*^aentino di patria^ dimoraoa per lo piti in Toscana^ e forse
per sfuggire i tumulti militari e sediUoni civili^ come persona
piti tosto dedita alle lettere che alC arine, E da' giorni del nostro
patrio storico fino per poco a mezzo il presente secolo ripu-
tossi Ugolino non pur poeta, ma cosi gentile e netto di quella
ì'tiggine che per lo più, è sparsa stille poesie del primo secolo
<ia sembrare ad alcuni assai meno antico di quello chiaverà-
inente^ e gli venne attribuito il leggiadro ditirambo Le Ricogli-
frici dei Fiori; laonde appresso essersi riconosciuto vero autore
(lei medesimo Franco Sacchetti, a questo dirittamente conceder
si vogliono le singolari lodi soprattutto dal Perticari tributate
ali* Ubaldini, di cui si rimane per anche ignoto avervi di esso
alcun poetico componimento, se pure fu uomo fornito di tali
lettere da rendersi atto a scriverne: donde si pare il torto avviso
di coloro, i quali ebbwo per fermo che il molto valore del nostro
Ugolino neir italiana poesia procacciasse al nome di lui venir
celebrato nella Divina Commedia, quando a ben considerare
r allegato terzetto ci sembra accennarsi in esso senza più alle
egregie parti dell'animo, non dello ingegno, ond'era dotato Ugo-
lino, per le quali dal poeta reputavasi degno di essere aggiunto
alia eletta schiera di quei cavalieri. Che ne invogliava amore e
cortesia. Dal Crescimbeni> e poscia da altri dietro di lui, si asse-
risce aver Ugolino fiorito nel 1250, ed a ragione, che il Can-
Tinelli, cronista vivente a quei giorni, ci accerta eh* egli moriva
mi Gennaio del 1293. E siccome ricorda il Tonducci avervi
avuto tra gli oratori della città di Faenza inviati air assemblea
Ui Costanza un Ugolino di Àzzo, cui opina fosse avolo del pre-
sente, cosi il Zambrini nella prima edizione delle Rim^ antiche
d'AtUori Faentini y riferendo il detto del nostro storico, ne
ripeteva altresì il brutto paracronismo di attribuire la celebre
pace di Costanza ai 1283, del quale però tutto il carico dar
^i dee alla stampa, potendo noi entrare mallevadori che il ms.
autografo del Tonducci legge chiaramente 1 183. — Oli storici,
;id una coi comentatori, sono concordi nel riconoscere Praia
una villa del Faentino contado, meglio nota sotto la vulgare
«lenominazione di Prada. Di contrario sentire però si palesa
Benvenuto da Imola, il quale sostiene accennarsi dal poeta ad
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398 COMBNTI.
una villa non già di Romagna, si ben di Toscana, poicfaà a[y
presso averci il suddetto comentatore assicurati che gli Ubai
dini fueruni cÙu potentes in Alpibus, citra Apenninum, et ultra
prope Florentiam, entrando poscia in Guido, racconta di costui
come iste fiat aiius vir probus de una Yiila quae dicitui
Praia in eisdem partibus, homo magni valoris, qui fanùUa
riter vixerai cum iste de Vbaldinis, Est etìam aiìa mila t>
Romandioìa inter Faventiam et Ravennam, unde quidan
volunt fiiisse istum Quidonem, e tra questi principalmente 1^
storico di Lugo, a detta di cui da Guido, die di maestro por
tava il titolo (il quale allora non si conferiva se non a valoros
professori), nacque un cotal Nìdo, e di vero tra' testimoni ac
un rogito de' 14 Dicembre 1322, che originale tuttora si con
serva, havvi Nino q. magistri Guidonis de Praia ; nondimenc
a dii» prosegue V esimio imolese, prior expositio est magìs con
sona, quia Prata colUgavit istum Guidonem cum ilio de Uba>
dinis, laonde secondo il Rambaldi vuolaiàntendere Prata e
Maremma, posta nella diocesi di Volterra. » — Valgimigii.
XIV. 106. — Federigo Tignoso...
Brigidi Adamo, Federigo Tignoso e la siui brigata. Rimin
1854.
Sostiene che fu il Tignoso di Longino, e non di Montefeltr
o di Rimini, come vogliono i Cementatori.
XIV. 121. — O Ugolin de' Fantoli, sicuro È il nome tui
da chepiv^ non s'aspetta Chi far lo possa tralignando oscuri
— UgoliDO, podestà di Faenza nel 1523, da Benvenuto à'imdi
ritrattoci, siccome vir singularis bonitatis et prudentiae, fu,
detta degli altri commentatori , uomo nobile e virtuoso, àz
quale non avendovi argomento di attendere successione, preod
perciò il poeta ad assicurarlo che il nome e la buona fam
di lui non sono per venire oscurati, dappoiché non vi avrà d
possa recargli tal onta. Tuttavia e' non si vuol conteudei
aver Ugolino avuto figliuoli, cioè a dire due maschi, i qua
chiamavansi Fantolino e Tano (contrazione di Ottaviano) gìust
ne rendono fede gli storici, specialmente contemporanei, e i
toglie qualunque dubbio un atto pubblico presso il Gherardii
{Hist. Bonon. p. i, pag. 245), per lo quale nel 1279 vien ricc«j
dato Benincasa d'Amatolo, notaio fiorentino, procurator nob
Uum virorum Fantolini et Octaviani fratrum etfiUorum oUi
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COMENTI. 399
)- XJgoUni de Cerfugnano (castello posto nella valle di Sintria,
ontado di Faenza), dei quali Fantolino rimase morto in Forlì
tei 1282, mentre, sebben dell'altro appresso a quei giorni non
" abbia memoria, certo egli era passato di vita, quando TÀli-
^liieri scrìveva il suo poema, poiché oltre ai predetti figliuoli
Lvendo avuto Ugolino altresì due femmine nomate Caterina ed
VgneBina, queste sui primordi del secolo quartodecimo fanno
contratti circa l'eredità loro scaduta per morte dei fratelli,
ie' quali Ottaviano è ricordato in un rogito delli 18 Marzo
1312 siccome allora già estinto. Di Ugolino inoltre abbiamo
ial cronista Ubertelli ch*ei fu di Faenza, della famiglia dei
VantoUni^ già nobile e principale nella ciuà^ nato di Alberino
tnttor vivente nel 1230. Si chiamò comunemente di Cerfognano,
poiché questa era una sua villa posta nel contado di Faenza,
biella valle di Sintria, dov*egli la piii parte deW anno era
tolito di haJntare per attendere ad una vita quieta e sfuggire
V horrenda peste dej/ti faHone Guelfa e Ghibellina , le quali
d* suoi giorni erano grandemente in colmo in Faenza e per
tutta Romagna, e tuttavia non potè star tanto ritirato che per
la condition de* tempi non fosse necessitato adherire alla
parte Guelfa insieme con i Manfredi, Rogati, et altri nobili
cittadini. Fu Conte di alcuni castelli e fortezze in valle di
Lamone, cioè di Calamelh, Gavina, Mentemaore, Gualdifuso
e Femazzano, intomo a' quali possedeva ancora molte pos-
sessioni e ville. Mori Ugolino l'anno 1278 a di IO Febraro,
prosegue a ragguagliarci T Ubertelli, et il su^ corpo fu sepellito
nella chiesa di S, Domenico detta di S. Andrea de* Frati Pre-
dicatori nel sepolcro de* suoi maggiori posto nella muraglia
sopra terra di pietra viva col suo epitafio, il quale si vedeva
ancora Fanno 1461, ma hora è distrutto, dopo che i Frati
hanno innanzi slongata la Chiesa, — Valgimigli,
XV. 1-3. — Qtiandotra r ultimar deW ora terza, E^lprin^
cipio del di par della spera, -— Quando sì parla dell' ora terza,
(leirora sesta, dell'ora nona, non si parla di ore uguali, ma
sì temporali. La terza si compie alla metà» del mattino, la sesta
al mezzodì, la nona alia metà dell'ore diurne pomeridiane...
Spera, vuol dire il giro dim*no del sole, che non istà mai allo
stesso segno, ma si cangia ogni giorno, ora accostandosi all' e-
quatore, ed ora disoostandosene. Todeschini.
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400 COMENTI.
XV. 16-21. — Come quando da V acqua o dallo spr
chio, eoe. — Non altro vuol dir Dante, se non che venendi»
incontro il celeste Messo, la luce, onde quegli era cinto, e \t
niva immediatamente da Dio, lo percosse, riflettendo, nel volt
in quella guisa a punto che il raggio scende contro Tacùii
o con tra lo specchio, indi sale allo stesso modo, con cui àìsces
cioè, formando quinci e quindi due angoli eguali Salendo .<
per lo modo parecchio a quel che scende. Cioè, torcendosi d
suo camino, e risalendo con Tistessa legge, con cui dk-e-
E tanto si diparte dal cader de la pietra in igual tratta. Q
spiega il poeta qual sia questa legge; e dice, che quanto
raggio scendendo si allontana dalla perpendicolare, altre! tan
se n' allontana salendo , scorso eh' egli abbia un tratto egual
// cader della pietra^ con tal nome la chiama Alberto Magn
Sì come mostra esperienza ed arte: come dimostra artificio
esperienza: con che si dinota qualche istrumento, o sia ma
china, per conoscer la legge della riflesalime, £01*86 non mo]
dissimile da quelle, che si sogliono a tal fine usare ogui
Invece di luce rifratta pare dovesse dirsi riflessa. Lettera (
Sig, Giuseppe Torelli, veronese, intomo a due passi del P^
gatorio. Verona, Carattoni, 1760.
XV. 16. — Come quando daW acqua o dallo specchio^ e
— Notabile ò il descrivere che qui fa Dante le due leggi ti»
riflessione della luce. Dico le due leggi e non la sola risp^u
dante gli angoli, come hanno ripetuto tutti i comentatori
qui, non eccettuato il P. Antonelli. — Dicendo in&tti il Poi
che il raggio incidente salta dall' opposita parte , salendo :
modo parecchio a quel che scende, vuol significare che il r^s^
riflesso non piega più da una parte che dall'altra rispetto
piano, ma sta in pari con esso; o in altre pai*ole, che tai
il raggio incidente come il raggio riflesso si trovano in
medesimo piano perpendicolare alla superfìcie riflettente
questa è la prima legge. Dicendo poi che, in egual tratti
due raggi si partono egualmente dal piede della perpen li
lare, significa che T angolo d' incidenza è u guale all' angolo
• riflessione, e questa è la seconda legg-e. — Cacemi, La Sou
I, 226.
XV. 20. — Cader della pietra. — Colla proporzione
cader della pietra spiega le leggi ed i fenomeni della i
y Google
OOMENTI. 401
anapiastica, che i recenti fisici distinguono in diottrica e catot-
trica. — V. LomonacOy Dante giureconsulto.
XV. 94-105. — Indi m'apparve un' altra con quelle acque.
— Un esempio di mansuetudine eguale a quello di Pisistrato
diede T imperati'ice di Russia Elisabetta. Kohl, professore a
Pietroburgo, si prese dell' amore di Lei ; e un giorno eh' essa
in tutto lo splendore della pompa imperiale andava alla chiesa,
Kohl, rotta la folla che la circondava, come lo menava la sua
forsennata passione, si gettò alle sue ginocchia e le dichiarò
il suo amore. Già mille spade erano alzate a far in pezzi V audace
andante, quando essa, frenando l'ardore dei suoi cortigiani, gridò
come PiMstrato « se facciamo morire quelli che ci amano, che
cosa faremo a quelli che ci odiano? Kohl venne mandato ad
Amburgo con uà annua pensione di 200 rubli che gli fu sempre
esattamente pagata. » Blog. Univ. art. Hagedom. — Marco
Renieri, L'Apatista di Venezia, 15 Seti 1834, n. 37.
XVI. 1. — Bufo d^ inferno, e di notte privata, B* ogni
pianeta sotto pover cielo, Quant' esser può di nuvol tenebrata.
— Né credo che Dante intendesse per povero cielo un emisfero
scarso di stelle di primo ordine, come il P. Antonelli dice, ciò
che riuscirebbe inutile pleonasmo avendolo detto ; privato d' ogni
pianeta ma ; povero cielo niente altro vale a me se non ristretto
orizzonte. Caverni, La Scuola, 1872, i, 179. — Io recherei
il povero a quel che segue, cioè notte intenebrata di nuvoli;
giacché potrebbesi non vedere astri, e pur tuttavia l'aria not-
turna non essere mestamente cupa. Nel sotto è l' idea dal Pro-
fessore voluta, ma indirettamente la c'è: e quo sub coelo,
leggiamo in Virgilio là dove non s' intende d' angustia cagionata
allo sguardo dalle tenebre. Lasciamo a povero V indeterminata
fsua ampiezza; perchè l'indeterminato è bellezza poetica e anco
filosofica quando non sia vago e vano. Tommaseo, Lettera al
Pievano Calcinai, p. 40.
XVI. 67. — Voi che vivete ogni cagion recate Pur suso
al Cielo, si come se tutto Movesse seco di necessitate. —
Questa sentenza ha grande analogia con quella che Omero
pone in bocca al sommo Giove : Oh ! come sì gli uomini m,ortali
incolpano gli Dei! perocché da noi dicono venire i mali,
mentr* eglino vanno soggetti ad affanni, non per destino, ma
per le proprie loro stoltezze. Odiss. A, 33. — C. Cavedoni.
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402 coMom.
XVI. 85-90. — Esce di mano a iui, che la vagheggia
Prima che sia^ a guisa di fanciulla, — Sublime in vero e
Boavissimo ai è questo tratto, ove il Poeta deecrìve la creazione,
e la discesa dell' anima umana ad informare il corpo a lei
destinato. L' espressione convenientissima, a guisa di fiindulht,
non 80 donde fosse dal Poeta ritratta, se non forse da un luogu
del Platonico Olimpiodoro , che dice a guisa di fanciulla
discende raniìna alla generazione, — V. Ckthani e C Ca-
vedoni.
XVI. 94. — Onde convenne legge per fren porre
Ravina J. a., Esposizione di una terzina di Dante , Ri^
sposta ad un amico. Firenze, Mariani, Estratto dalla Rivista
di Firenze, n. 31 e 32, iii Serie.
XVI. 106. — Soleva Roma, che il buon mondo /èo, Due
Soli aver^ che runa e l altra strada Facèn ve^ferCy e del mondo
e di Dea, — V. Petrarca, Libro vn delle SeniM, lettera unica.
XVL 140. — Gaia, — V. Todeschin^t, Scritti su Dante,
II, 399.
XVII. 31. — E come questa immergine rompeo ^ perse
stessa^ a guisa d una bulla Cui manca r acqua sotto qual si
feo, — Se qualcuno avesse voluto del vero far rilevare la scienza
fìsica di Dante noa dovea lasciar indietro questa terzina nella
quale si vede che T osservazione diligente fece al Poeta indo-
vinare la vera ragion fisica dello scoppiare la bolla deU" aria
nel giungere alla superfìcie dell'acqua; ragione cfa* e* mostra
non intendere il Segretario stesso dell'Accademia del Cimento,
dove dice che si rompe la bolla alla superficie del liquido, per
il repentino urto neiraria. Cavemi, da lettera.
XVII. 62. — Pria che s'abbui. — Come s* abbuia (si ti
buio, notte) mi tocca andar tastoni. — Sanese. — Camminai
di giorno, ma s'abbuiò (si fece notte), e io mi trovai spex'so.
Versilia. Or per significare appunto il venire della sera, quando
già raer comincia ad annerarsi, Dante usa la parola dei
volgo: Pria che s'abbui. Giuliani, Saggio di un Dizion. del
Volgare Toscano.
XVII. 104. — Amor sementa d^ogni vvrtude, — Tutte le
passioni umane non sono che ramificazioni dell*^ amore. Se questo
è proporzionato con Dio e colle creature, è virtìt: se non è
proporzionato, ò vizio e delitto: si rompe ciò che S. Agostmo
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CX)MENTI. 403
appella ordine delCamore^ e Platone nel suo nobile dialogo
il Simposio y amore simmetrico, evarmos{os. Secondo questo
filosofo, il vizio non è che un amore sproporzionato, anarmosto».
V. Lomonaco, Dante Giureconsulto, 28.
XVII. 139. — Tacciolo, acciocché tu per te ne cerchi, —
Non si tratta di far leggere, ma di far pensare, dice MoUtes*
quiev, lib. ii, 19. — R. Renieri, L'Apatista, 1834, n. 39.
XVIIL 19. — L'animo, eh* è creato ad amar presto —*
V. ConH^ Storia della filosofia, ii, Lez. xi, p. 224.
XVIII. 34-39. Or ti puote apparer — Cioè V amore in
genere, quanto alia sua natura forse è buono; forse, perchè
non ha moralmente né bontà nò malizia : riceve bensì V una o
l'altra dalF arbitrio che lo determina in atti speciali, come la
cera è configurata dal suggello. A. Conti,
XVm. 43-46 e v. 73-75. — Che s* amore è difitorianoi
offerto -*- Virgilio, che rappresenta nella Divina Commedia
la ragione umana, mttteva innanzi alcune idee di ragione intorno
al grande argomento della libertà e moralità dell'uomo, che
poi doveano ^essere ampiamente illustrate nella cantica del Pa^
radiso da Beatrice rappresentante la teologia, la qua^ nel
parlare del libero arbitrio V avrebbe appellato col nome di nobile
virtìc. Ora, dimanda il Todeschini, troviamo noi nel Paradiso
quella dimostrazione teologica del lìbero arbitrio, che Dante
ci avea promessa nel Purgatorio? 6r interpreti ci mandano
per r adempimento di quella promessa ai canti iv e v del Pa-*
radiso; ma ei non la trova, che la cantica del Paradiso non
s" accorda col discorso di Virgilio nel xviii del Purgatorio. Ed
ei viene in questa sentenza: che Dante accintosi alia cantica
del Paradiso mutò il pensiero, e deliberò seco stesso di astenersi
dalla divisata discussione teologica intorno al libero arbitrio,
alla quale per avventura sarebbe stato necessario che fosse dato
compimento, ed imposto a così dire il fastigio, colla dottrma
della grazia. -• E questa è una delle contraddizioni notate dal
Todeschini nella Divina Commedia.
XVIII. 56. — Prim£ notizie. — I greci le appellavano an**
ticipaiioni, e Cicerone prima seminoy et igniculos.
XVIII. 49-60. — Ogni forma sostanziai , che setta, ecc.
— Dante non fu discepolo ligio a S. Tommaso, ma in più cose'
scostossi da lui. Egli apprese la dottrina scolastica in tutta
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404 COBONTI.
r ampiezza sua, Don dandosi alla disciplina d* un solo maestro :
parte scelse fra le opinioni udite, e qualche volta pensò da :i«ò
atesso.... Io ho dichiarato altrove la mia opinione su questo
luogo dell'Alighieri (Nuovo Saggio, Sez. V*, C. xxv, art 2).
Ivi ho detto, la dottrina aristotelica essere stata intesa in vaii
modi, perchè oscura, e non precisa; ed uno di questi modi
esser quello di Dante. Qui due cose manifestamente dice il
filosofo poeta. La prima : che la virtù propria dell' anima, come
di ogni altra forma sostanziale che ha sussistenza propria e
setta (cioè separata) da materia (sebhen trovisi anco unita a
materia), è occulta ed incognita fino a tanto che non opera, e
non si dimostra fuori nei suoi atti ed effetti. Oosi, a ragion di
esempio, non si saprebbe mai dire se la pianta avesse in su
virtù che chiamasi vita, quando non si vedesse il viver suo
al di fuori nelle frondi verdi e rigogliose. Medesimamente
r anima ha in sé colletta , o sia accolta , una virtù, che le dà
notizia de' primi principj ; ma questa virtù innata non apparisce,
e non si sa ciò eh' ella sia in noi, se non allora che noi facciamo
uso di essa, mediante gli atti della nostra mente.
La seconda cosa è conseguente alla prima. Egli si continua
ragionando cosi: quando adunque la mente nostra fa gli atti
suoi d' intendere, di giudicare, ecc., ella trova già d' aver belli e
pronti alla mano i primi principii. Onde le sono venuti questi t
L'uomo non lo sa, dice Dante; non può sapere il quando, e
il come gli sono venuti. £ perchè ? Perchè non sono a lui venuti
onde che sia^ non sono in lui acquisiti; cioè li ha sempi'e avuti
con so ; sebbene occulti si stessero, prima che apparissero nei
loro effetti. La quale occulta esistenza de' primi principj in noi.,
non dee recarci maraviglia; perocché ogni forza e virtù nello
interiore delle cose si asconde, fino a tanto che operando non ci
si dà a conoscere negli atti suoi. Non si può dunque allegaiv
nell' uomo un' orìgine fattizia de' primi principj : questo è il
senso delle parole là onde vegna lo intelletto delle prime nch-
tizie, uomo non sape. Ma che perciò? Se Dante dice irrepe-
ribile la formazione delle prime notizie nell'uomo, nega per
questo assolutamente, che non si possa assegnare ad esse qual-
fiiasi origine? Certo no; in una parola, l'intelletto delle prime
notizie Dante lo pone innato ; e però dopo aver detto che non
si dee cercare la spiegazione di esse nelle operazioni della
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COMENTI. 405
mente , come quelle che suppongono quelle notizie prime e le
adoperano quasi istrumenti, aiferma senza dubitazione alcuna,
ihe queW inteiletto delle notizie prime è nell'uomo, come è
nell'ape lo studio di far lo mele, cioè come sono gP istinti, i
quali sono innati, ed elementi costitutivi della natura animale.
Cosi quell* intelletto è congenito a noi, e posto in noi da na-
tura.
Dante adunque esclude T opinione di quelli che vogliono
spiegare i primi principj pel mezzo de' sensi e dell' induzione,
afTerinando che questi non sanno trovar mai nulla ; ma poscia
egli assegna in altro modo l'origine di tali notizie, facendole
divenire da natura. Or di quello che è dato da natura, non
cade cercar T origine; non avendone altra, che quella della
natura medesima: T autore della natura è pur V autore di tutto
ciò che è. nella natura, e però delle prime notizie. Rosmini^
Rinnovamento, p. 17-19. — Si come studio in ape Di far lo
inele. — La similitudine dell' ape è tolta da Aristotile. Metap. i,
10. — Rosmini^ Nuovo Saggio.
XVIII. 49-66. — Ogni forma sustanzial che setlay ecc.
P. Paganini, Di un luogo del Purgatorio di Dante che non
sembra esser stato ancora dichiarato pienamente. Dall' Ara Wo
di Lucca, n. 14, 1857.
Il Poeta nel C. xvii avea fatto dire a Virgilio, che amore
i^ sementa in noi d'ogni virtù e d'ogni vizio: nel xviii vuol
fargli provare la verità di questo dettato, comune alla pagana
e alla cristiana sapienza. A tale uopo egli, in persona del suo
duce e maestro, lisale col pensiero alla costituzione primitiva
«leir essere umano: in esso, egli dice, oltre la materia v'è una
forma immateriale, fornita di una virtii o potenza specifica^
la quale non si dimostra che nei suoi effetti, cioè nelle sne
operazioni come per verdi fronde in pianta mia. Questa po-
tenza specifica può considerarsi di due lati, in quanto è passiva
e in quanto è attiva : in quanto è pa.ssiva è T intelletto delle
prime notizie, in quanto è attiva è T affetto dei primi appetì,^
UH (V. S. Tommaso Contra geni, lib. ii, cap. 60 e lib. iv, e. 19).
Quindi non è meraviglia che Tuomo non sappia donde gli
vengono siffatte cose, non essendone mai stato privo e appar-
tenendo alla sua natura in quel modo medesimo, che all'ape
per esempio appartiene lo studio ossia l'istinto di fiir lo méU^
y Google
406 COMBNTI.
Ora quell'aflfetto dei primi appetibili è senz* alcun merito, p»*-
chò non dipende dal libero arbitrio, il quale soltanto è prin-
cipio là onde si piglia Cagion di meritare. Non per tanto
esso, non avendo per oggetto altro che il bene conveniente alla
umana natura, è un affetto sotto ogni aspetto irreprensibile.
Non si può concepire non solo una creatura, ma né meno il
Creatore senz' amore alcuno ; sebbene nella creatm^a ragionevole
ne possano essere di due sorte, uno naturale o istintivo, Talrro
à^ animo o deliberato: il primo dei quali è sempre senza er-
rore, perchè è T opera della stessa sapienza divina, mentre il
secondo puoie errar per malo abbietto o per troppo o per poco
di vigore^ secondo che dalla libera volontà o è volto a ciò che
è intrinsecamente male, oppure anco a ciò che è bene ma
senza quella misura che risponda al suo vero pregio. Come
accade dunque che sia Amor semente in noi d* ogni mrtude
E d'ogni operazion che merta pene f Ciò accade: l. perchè dal
primo amore, che Dio medesimo ha posto nell'uomo si svol-
gono altri amori, come dalla foraa vegetativa delle piante na-
scono i ramoscelli e le foglie, che le adornano, e dair istinto
dell'ape i vari morimentì, coi quali essa sugge Tumor de' fiori,
lo converte in miele, e lo deposita nell' alveare : 2. perchè qucf^ti
secondi amori possono esser conformi a quel primo easenzialt^
air uomo e rettissimo , ovvero anche difformi, siccome avviene
ogni volta che finiscono in oggetto per se malo, o non serbino
il debito modo ed ordine nei beni : 3. perchè la ragion pratica,
o assecondando o promovendo colla sua Ubera efficacia cotesti
amori, fa che la rettitudine loro o la loro malvagità sia im-
putabile all'uomo, e divenuti abituali diano carattere alia sua
condotta, in altre parole, originino le rirtù e i vizi. E da tutto
questo si fa manifesto, che quel primo amore, si rispetto agli
amori secondi, come rispetto alla ragion pratica (convenien-
tissimamente diiamata da Dante la virtit, che consiglia E del-
t assenso de tener la soglia dall'ufficio a cui è stata destinata),
è come una cotal regola od esemplare, cioè rispetto agli amori
secondi perchè non possono esser ragionevoli o onesti se non
seguendolo e imitandolo, e rispetto alla ragion pratica perchè
deve procurare ch'essi nel fatto lo seguano e lo imitino. E
diciamo una cotal regola od esemplare, concìossiachò la naturai
tendenza a quel bene che conviene all' esser nostro, per sé non
y Google
COMENTI. 407
è che un fatto, e un fatto, ia quanto tale, non ha la ragion
di regola o di esemplare, ma solamente può pai'tecipare in
quanto è segno di un idea (V. S. Tommaso Somma I. ii, quest.
94 della legge naturale, e altrove). Se si vuol dunque commen-
tando questo luogo di Dante andare al fondo, non bisogna con-
tentarsi di rendere il raccogliersi per concentrarsi, ma bisogna
(li pili ridurre lo stesso concentrarsi al suo senso filosofico,
il quale non ci sembra poter esser diverao da quello che ab-
biamo indicato, cavandolo dal valor logico dei concetti, che
Dante ha espressi nel C. xvii e xviii del Purgatorio. Che se il
nostro raccogliere è dal latino colligere, e lex è detta, come
pensò Cicerone, da eligere, ognun vede la profon^ìa conveni 'nza
che quel si raccoglia ha coir ufficio, che giusta la mente di
Dante noi crediamo di dovere attribuire al primitivo e imma-
nente atto della parte affettiva deir anima umana.
XVIII. 55-59. — Però^ là onde vegna lo intelletto Delle
prime notine» . . .
Della Vali£ prof. Giovanni, Interpretazione di un passo
della Divina Cotnmedia che si trova in rapporto colla teoria
delV origine dell' idee di S, Tommaso, nell'occasione del VI Cen'
tenario dalla morte deW Angelico Dottore solennizzato in Roma
il di 7 Marzo 1874. Faenza, Novelli, 1874.
Dante non converrebbe con S. Tommaso, se ne' versi sue-
cennati avesse inteso di dire che le prime notizie, o i primi
principii deir umana ragione sono innati, mentre S. Tommaso
non ne ammette nessuno per tale, come si raccoglie dalla se-
conda divisione della prima parte della sua Somma. Ma se il
Poeta volle dire, che Tuomo non sa, come gli vennero quei
primi veri o quelle prime notizie, o come le apprese, è chiaro
allora, che non si può affermare che le riguardasse, come innate,
perchè possono essere acquisite, ma senza saper dire in qual
modo poi lo furono dal nostro intelletto. E per verità molti atti
hanno luogo nell'animo nostro, ma ignoriamo se dal tuie o
tale altro principio interiore immediatamente derivino ; sia ciò
perchè non ne abbiamo più memoria, sia perchè quando vi
nacquero, non ne avvertimmo con bastante attenzione la pre-
senza. £ in questo senso (che probabilmente è il vero senso, in
cui Dante intese quelle parole), egli converrebbe con S. Tom-
maso su questo punto delle dottrine ideologiche. — Dalle parole
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408 COMBNTI.
di Dante V animo nostro apparisce tanto naturalmente portato
alla cognizione delle prime notizie^ quanto lo è air affetto dei
primi appetibili, e quanto 1<? è T ape allo studio di fare ilmét;
il quale affetto e il quale studio sono facoltà istintive ed ine-
renti air animo e all' ape. Questo paragone, sebbene non sia vero
a rigore, scientificamente parlando, perchè la cognizione delie
prime notizie non è ingenita e inerente all' animo nostro, nondi-
meno in poesia per figura d' iperbole sta benis^mo per mostrare,
quanto sia grande la disposizione, che dalla natura ha T animo,
ad apprendere i primi e supremi principii dell' umana ragiona.
In questo senso si deve intendere la parità Dantesca, ond*'
metterla d' accordo colle parole ...là onde vegna lo intelletto
delle prime notizie, uomo non sape. — V. Man. Dani, iv, 570.
XVIll. 66. — Che buoni e rei umori accoglie e nigUa. —
Cerne e separa. Vigliare è altra cosa che vagliare, e si £a
con altri strumenti e in altri modi : che quan do il girano è bat-
tuto in su l'aia, e n'è levata con forche e rastregli la paglia,
e vi rimangono alcune spighe di grano e baccegli di veccit
salvatiche, e altri cota' semi nocivi, che i correggiati non han beo
potuto trebbiare, nò pigliare i rastregli, egli hanno certe com€
granate piatte, o di ginestre, o di alcune erbe, che si chiamano
dove Ruscie, e dove Gallinacee, e con vincastri di olmi e di
altri alberi legati insieme secondo le comodità dei paesi, e k
vanno leggermente fregando sopra la massa, o come dicoM
Vaiata, e separandoli dal grano. E questa figliatura ridoitJ
insieme in un monte alla fine della battitura si ribatte, e quel
che se ne cava si chiama il grano del vigliuolo. Borghini,
XVIII. 76. — La luna quasi a mezza notte tarda. — La
luna splendente Fatta corrC un secchion che tutto arda è lumi
di primavera. Questo sorger la luna per più sere di seguito
quasi alla stess' ora, fu ragione perchò Dante V appelli iarda
quasi rimprovero del ritardare il viaggio suo proprio nell'or
bita come stanca. L'epiteto dunque di tarda si dee dare aìL
Luna e non alla notte, come alcuni hanno &tto, e anco il P
Antonelli, il quale pure accortamente osserva che per essen
la Luna australe in regione australe, da una sera all' alti'a v
ritardava poco l'ora del suo nascere. Cavemi, La Scuola, i
178. V. La spiegazione che ne dà il Todeschini, Scritti si
Dante, ii, 403.
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COMENTI. 409
XIX. 45. — Qual non si sente in questa mortai marca. —
Dell' origiue della parola Marca, V. Sebastiano Ciampi, Del
titolo di Marchese, Bibl. Ital. t. lv, 1829, p. 115-18.
XIX. 100 e seg. — Intra Siestri e Chiaveri, ... — Ottolino
Fieschi de' conti di Lavagna, assunto nel 1276 al pontificato
9\ chiamò Adriano V. Visse pontefice, secondo anche la lapide
sulla sua tomba, 39 di. E il sepolcro non è in S. Lorenzo, come
vorrebbe la cronaca di Nicolò della Tuccia, ma a S. Francesco,
restaurata nel 1715 dai superstiti dell'illustre ^simiglia. Già si
intende che gli artisti del settecento vollero adornare di alcune
loro eleganzucce cascanti la rozza ma pur preziosa architettura
di un monumento, più italiano che* gotico, del mille ducento.
/. Ciampi^ Un Municipio Italiano, ecc. (Strenna del Giornale
« Arti e -Lettere, > p. 55).
XIX. 103 e seg. — Un mese e poco più prova^io come Pesa
il gran manto a chi dal fango il guarda^ C?ie piuma sembran
tutte r altre some. . . . Yidi che .... nèpiii salir potiesi in questa
vita. Adriano V. — « Adrianum Romanum Pontificem saepe di-
centem audivisse, Polycrates refert, qui sibi praefamiliaris fuit,
nullum se ab hoste suo quolibet majus supplicium optare quam
ut Papa fieret. Et profecto, nisi fallor, summi Pontificatus sar-
cinam quae vulgo felix et invidiosa vìdetur, humeris subiisse
difficilimum et gloriosum miseriae genus est his dico qui eam
seque ab omni contagio praecipitioque praeservare decreverunt,
reliquìsque enim quanto levior videtur, tanto funestior status est,
vìdetur itaque apud utrosque formidabilis, quod si ille fatebatur,
qui id onus paucis diebus pertulit quid iilis videri debeat qui
sub fìtóce senuerunt. » Petrarca, Rer. Memor. L. ni.
XX. 52. — Figliuol fui d*un beccaio di Parigi. — Fran-
cesco I di Francia che chiamava mon ami il Cellini amava
grandemente T Italia i suoi poeti i suoi artisti. Nò solo gF i-
lustri italiani suoi coetanei, ma eziandio i nostri antichi. Solo
Dante gli cadde di grazia quando, leggendogli V Alamanni quel
l^asso di Ugo Capeto, non appena udì il verso Figliuol fui
d'un beccaio di Parigi gli ruppe la lettura dicendo: Que Je
n* entende plus parler de ce ridicule auteur.
XX. 52. — Figliuol fui d* un beccaio di Parigi. — Il celebre
Sig. Com. prof. Witte nel 1868 che venne in Roma, m'assicurò
che in Francia, un secolo prima di Dante, correva una leg-
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410 OOUBNTI.
genda tradotta pure in tedesco, nella quale è detto che Ugo
Gapeto era nato d'un venditore dicami. Certo il nostro Ali-
ghieri ebbe di questo libro notizia a Parigi, do?' egli dinuunò,
come tutti sanno. Betti ^ Osservazioni sulla Divina Commedia,
Il Propugnatore, 1873. — Beccaio^ deve leggersi Beccai. Sorio^
Lett. Dantesche, Roma, Belle Arti, 1864, 12.
XX. 60. — Le sacrate ossa. — Benché prima che usurpasse
il regno Ugo Capeto, alcuni monarchi francesi, ad imitazione
di Clodoveo, si erano sottoposti alla sacra, nondimeno la cerì-
monia della sacra divenne comune e obbligatoria ai re Cape-
tingi. Cosi vogUono spiegarsi le sacrate ossa,
XX. 68. — E poi Ripinse al del Tommaso per ammenda,
— Giov. Villani, di grande autorità come guelfo, e il commento
di Benvenuto da Imola ne accrebbe il sospetto dell'avvelena-
mento. Io r ho posto in dubbio, scrive \ Amari, non trovandolo
noverato tra i misfatti di Carlo dagU Scrittori che non gliene
avrebbero perdonato punto, come sono il Neocastro, lo Speciale,
Montaner, d^Esclot. Ma dall'altro canto, la innocenza non mi
par dimostrata si netta, come crede il Cav. Froussard nella
dissertazione su Pietro Qiannone e il regno di Carlo I.
XX. 86. — Veggio in Alagna entrar lo fiordalisio, —
« L' ultimo periodo del regno di P. Bonifazio Vili, i cui tra-
gici &tti vennero scolpiti in due terzine che si contano tra le
più nobili della Divina Commedia, ha prestato argomento mo-
dernamente a varie ricerche, per le quali maggior lume va
diffondendosi sopra avvenimenti, in vario modo giudicati, e ai
di nostri ancora di maggior interesse, perchè toccano alla que-
stione non mai risoluta delle relazioni tra l'autorità ecclesiastica
e la civile. Il Barone Kervyn de Lettenhove, sommamente be-
nemerito della storia delle Fiandre, sua patria, cui dobbiamo
r edizione critica delle opere del Froissart, e la raccolta delle
lettere e dei negoziati di FiUppo di Comines, stampò nel 1853
le sue Recherches sur la parò que Vordre de Citeaux et (e
comte de Fiandre prirent à la luUe de Boniface Vili et de
Philippe le Bel (nelle Memorie della R. Accademia delle Scienze
del Belgio, Voi. xxviii, Bruxelles, 1853). U medesimo continuò
poi le sue indagini sullo stesso periodo nella Memoria Les
Argentiers Florentins, inserita nei BuUettini della suddetta Ac-
cademia dell'anno 1861. Ora eano ha pubblicato nella lUoue des
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COMENTI. 41 1
quesHons historiques^ Voi. xi, p. 511-20, una Relazione da lui
riputata inedita dell' attentato di Anagni, contenuta nei mas.
del Muaeo Britannico, Eeg. xiv, voi. i. Siffatta relazione non è
veramente inedita, ma essa venne stampata in un volume dove
non se ne &rebbe ricerca, e di cui devo T indicazione alla gen-
tilezza del benemerito Antonio Panizzi, cioò nel lu Tomo della
Chronica Monasierii S. Albani pubblicata da H. Th. Riley a
spese della Commissione degli Archivi inglesi (Record Commis-
Sion) liegli anni 1863-69. La narrazione de horribUi insulta-
tìone et depredatione Bonifacii papae, trovasi inserita nel fram-
mento di una storia di Re Odoardo I d* Inghilterra, attribuita
a Guglielmo Rishanger, monaco di S. Albano, morto, secondo
si crede nei primordi del trecento. L'istesso la compendiò di
poi nella sua crcmaca d'Inghilterra, 1259-1306, edita nell' an-
zidetto volume. Benché dunque la stampa procurata dal Kervyn
non abbia il pregio di un documento proprio sconosciuto, noi
r accogliamo di buon grado, essendo poco diffusa fuori d' Inghil-
terra r edizione fattane a Londra.
La relazione è di un testimone oculare. — Ille qui vidit prae-
missa, in hunc modum scripsit. Tertio die se contulit ad B. Pe-
trum, ubi modo stat valde tristis, eo quod ut videtur non potest
eeipsum salvai*e in aliquo loco nisi in urbe romana. Tot enim
habet inimicos quod vix ìnvenìatur aliqua civitas in tota Tuscia
vel Campania quae posset eum defendere centra Colupmnenses.
Dalla medesima non rileviam nulla sul modo con cui venne
condotta la spedizione, e, ciò che deve sorprendere, non vien
nemanco nominato il Nogaret, attore principale, secondo la
detta reljBzione, essendo Sciara Colonna, e dopo lui Rinaldo da
Supino e Adenolfo Papareschi, homo poteniissitmis inter omnes
de Campania et preter hoc capitalis inimicus papae, in quel
frangente dal popolo anagnaino eletto a suo capitano, e con loro
trovavansi i figli domini Johannis de Ckitau ? quorum patrem
papa tune tenebat in carcere. — Dei cardinali diconsi tre ri-
masti presso Bonifacio dominus Gentilispoeniienliarius, dominus
Franciscus nepos papae, et dominus Petrus hispanus, cioè Gen-
tile di Montefiore del Piceno e Fr. Caetani e il vescovo di Sabina,
cardinale sin dal 8 decembre del 1302. 11 Bocasìni, Benedetto XI
non vien nominato. Di oltraggi fatti al papa non si parla»
sibbene delle condizioni messe avanti da Sciarra, cioò la resti-
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412 COMENTI.
tuzione dei Cardinali Colonnesi , la renunzia e la prigiania di
Bonifazio, condizioni in verità non conciliabili runa coU^altra.
Et cum papa positus esset ad rogationem an vellet papatum
renuntiare, dixit constanter quod non, imo citìus vellet perdere
caput. Et dixit in suo vulgari: Ec le col, ec lecapCy quod est
dicere: ecce collum, ecce caput, et statim protestatu» est co-
rani omnibus quod papatui uunquam renuntiaret quamdiu
vivere posset. Dell' invito fatto di levarsi in aiuto al papa non
vi fa menzione. Intorno alle ruberie fatte dagl' iniqui satelliti
del Cristianesimo, leggiamo le seguenti parole: Non preter-
mittam quod ipse exercitus in primo sui ingressu derubaruot
papam, caraeram suam et thesauriam suam, de vasis et vesti-
mentis, de ornamentis auro et argento, et omnibus aliis rebus ibi
inventis, in tantum quod papa reraansit ita^auper sicut fuit
Job post tristissima nova sibi nuntiata. Item papa aspiciens et
videns utique qualiter viri soelerati dimiserunt vestimenta sua
et omnia bona nobilia abstulerunt statuentes quidem quis tol-
' leret boc vel illud, nihil alìud alieni dixit: dopinus dedit, dominus
abstulit. Et quicumque rapere quicquam potuit, abstulit, rapuit,
asportavit Yerum non creditur quod omnes reges de mundo
possent tantum de thesauro infra unum annum quantum fìiit
asportatum de palatio pape et de palati o marcbionis et trium
cardinalium et hoc quasi in brevi bora. Insuper Symon Gè-
rardus mercator domini pape totaliter fuit derubatus qui vis
evasit cum vita. Nos qui sumus de civitate Cesane ...» A. Reu-
montj Archivio Storico, Serie iii, T. xvii, 1873, Disp. i, p. 208.
V. Emesto Renan ^ Un ministre du Roi Philippe le Bel,
Guillaume de Nogaret , Revue des deux Mondes , Voi. xcvni,
Mara 1872. — Reumonl Alfredo, Storia di Roma, Voi. n, p.
657-70, e p. 1196-98. — Gregorovùis, Voi. v della sua storia
di Roma. — Boiitaric, La France sous Philippe le Bel, 1861. —
Clement V, Philippe le Bel, et Les Templiers, Revue des que-
stions hisioriques.
XX. 86. — "Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso —
« E nel tempo (1303) di misere Blinamonte da Gobio potestà
di Siena venne una letara a' e Signori Nove come Papa Bo-
nifazio era stato preso ad Anagni e combattendo da* Colonnesi
e da uno Siniscalco del Re di Francia , e colla loro gente el
menaro in Roma , e misello nella Chiesa di sancto Pietro, e
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COMBNTI. 413
stè cosi intomo al Papa, el Papa vedendosi steccato, e per lo
dolore percosse tanto la testa, che s'amazò lui stesso per do-
lore in Venerdì a di XI d'Ottobre, e messo 11 si soppellì. E
gli Orsini furo cagione di detta morte di Papa Bonifazio. >
Croniche Senesi, pub. da G. Maconi, e. 100, i, p. 2, 60.
XX. 92. — Senza decreto Porla nel tempio le citpide vele,
— < Senz^ addurre T opinione di molti fra i contemporanei che
dMinavono persecuzione e non giudizio, calunnie e non accuse
quanto «i operò in Francia contro i Tempieri, non è da tacere,
per chi vale per molti, l'autorità di Dante.* Ecco come l'alta
mente del poeta prontamente e lucidamente avvisasse ciò che
v'era di più mostruoso, ed è d'aver pigliato e torturato i
Tempieri, di averne occupato i beni senza cognizione di causa
e senza comandamento di giudice sensa decreto. Il che fu car
gione che la bolla di soppressione, data nel Concilio di Vienna
ai 2 Maggio 1312, fosse fatta non de iure sed per viam pre-
visionis, come vi si dice specificamente, scorgendosi V impos-
sibilità dì affermare <;Ji© per questo giudizio foss e appurata la
colpa dei Tempieri, e fondandosi perciò l'abolizione sul motivo
di cessare gli scandali nati per universal diffamazione dell'or-
dine, e sulla privata opinione che poteva averne il papa per
le confessioni di alcuni Tempieri da lui udite. » L. Cibrario ,
De' Tempieri, Torino, Bo'tta, 1868, p. 209. —La frase J^n^a
decreto trova una giustificazione in ciò, che mentre il papa
con lettera del 24 Agosto 1307 diretta al re aveva dicliiarato
di voler assumere informazioni intorno alle accuse, e quindi
riservare a so la deliberazione dell* affare, Filippo di suo arbitrio
fece arrestare il 13 Ottobre successivo tutti i Templarii del.
regno di Francia e porre il sequestro su tutti i lor beni. To-
deschini,
XXI. 43-45. — Libero è qui da ogni alterazione. . . . —Nel
V. 43 il poeta afferma , secondo eh' io intendo, che il luogo è
libero da qualsiasi alterazione, che venga da cagione terrestre.
Quindi ne' versi 44-45 il senso dev' esser questo, che tutte le
alterazioni che accadono nella religiosa montagna non possono
essere effetto che d' immediate cagioni celesti. — Le alterazioni
di questo luogo (Purgatorio) non possono avere cagione da
altro, se non da quello che in cielo si dispone, perchè in cielo
si effettui. — // Ciely la montagna del Purgatorio, perchè come
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414 COMBNTI.
luogo noprannaturale , stanza di anime elette, e scala a più
sublime sede, credo, che la detta montagna possa comprendersi
bene nell' appellazione di Cielo, — Todeschinù
XXI. 109. — Io pur sorrisi come Vuom che ammicca. —
11 Varchi n' avvisa che V ammiecare in significazione di /&r d* oc-
chio ovvero far rocchiolino, che è Taccennar con gli occhi 8Ì usa
dal popolo toscano nel modo stesso che V usò Dante. — Io pur
sorrisi come C uom che ammicca. Ed io pure udii
Borgo a Buggiano: lo ti ho ammiccato che tu la
perchè non si potfia averne meglio guadagno. Giuliani^ Ri-
creazione vili, 71.
XXII. 49. — E sappia che la colpa che rimbecca. — Rim-
beccare^ traportato da galletti e galiine che quando si atzuf
fano insieme^ propriamente si dicono rimbeccare^ e dal becco
che è proprio degli uccelli è. formata la voce. Borghini,
XXII. 71. — Torna giustizia, e primo tempo umano. —
Nella GitiStizia 8^ indica il fondamento della vera civiltà, e nel
priìno tempo umano tutta quella civiltà, e quel progresso, di
cui è capace Vuomo preso nel più bel senso della parola «
quale egli usciva dalle mani di Dio. Perei, 298.
XXII. 101. — Quel Greco Che le Muse lattar prù cKaUri
mai. — Fra gU epigrammi dell'Antologia greca Planudea ve
ne ha pur un dt^^tco di un anonimo sopra la statua di Cal-
liope, che voltato così suona: Calliope son io; e la mia mam-
mella porsi a Ciro; quella che nudri il divino Omero, e
donde bebbe il soccoe Orfeo. E vuoisi avvertire» che Dante ripetf^
altrove (Par. xxui. 85) la stessa locuzione figurata delle Muso
lattanti i buoni poeti. C. Cavedoni.
XXIII. 43-48. — Mai non C avrei riconosduio al viso. Ma
nella voce sua mi fu palese — Dante non riconosce alla
prima Forese per l'estenuazione del volto ov' erano del tutto
smarrite le antiche sembianze. Forese fa sentir Ut sua voce,
ed ecco il segno, il sensibile, a cui tosto nella mente del poeta
si annoda il riconoscimento. Il far che nella voce subitamente
ricompaia, e cosi venga quasi riconquistata Tantica sembianza
0 idea dell' amico, la quale dalla macilenza del volto era stata
rapita alla mente e al cuore di Dante ; il chiamar queiUa voce
famlla che raccende una conoscenza già spenta, congiunge all'af-
fetto del Poeta V esattezza del filosofo che descrive gli atti
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coMR?rn. 415
iella remìnisoenza. Potrebbe notarsi la stessa esattezza nel
iconoscimento di Ciacx;o neir Inferno (vi, 4(M6 ; 52, 58, 59),
s in quello di Piccarda nel Paradiso (iii, 58-63). Perez. 482.
XXII I. 58. — Però mi di, per Dio , che si vi sfoglia, —
Pier Vettori si av?isava, che Dante pel singolare suo ingegno,
venisse a combinarai con la frase figurata d*Buripide (Orest
373> afiOcn stoma Var. LecL xxxv, 7.
XXIII. 58. — Però mi di , per Dio , che si vi sfoglia, —
Prendono i commentatori Timagine dello sfogliare dall'albero,
ima gì ne poco conveniente come tu vedi. Ma, invece che dal-
l' albero, prendila dagli strati muscolari e adiposi che si com-
partouo nel volume del corpo dell'uomo : vedrai quanto la
immagine sarà piii conveniente e perciò anche più bella. L' as-
somigliare ti' fogli di un volume gli strati muscolari ne' corpi
animali e U dimagrare di questi al diminuire di quelli per lo
sfagliarsi, poteva essere suggerito al Poeta dagli antichi me-
todi anatoniici, secondo i quali dividevansi i muscoli in strati.
Cammino (R, Cavemi), La Scuola, 1873, ii, 204.
XXIII. 119. — Di quella vita mi tolse costui Che mi va
innanzi^ tattr'ier, »^ L'altr'ier significa non ieri CalirOy ma
novellamente, ultimamente, di recente. E nella Vita Nuova:
Cavalcando V altr'ier. . . . (Son. § 9).
XXIV. 10» -^ Ma dimmi, se tu sai, dov'è Piccarda, ... — Da
si fatta domanda e risposta, s'io non m'inganno a partito,
scatuiisce evidentemente la conseguenza, che Dante aveva cap
gione di dubitare, se Piccarda si trovasse ancora in luogo di
pena : d' onde viene, eh' egli la considerava bensì come vittima
deir altrui violenza, ma pure non iscema afi&tto di colpa, nò
certamente di virtù straordinarie dotata, o per grazie segnalate
distinta. Todeschini, Scritti su Dante, i, 337.
XXIV. 23, — Purga per digiuno V anguille di Bolsena e
la vernaccia, — « Furono una volta mandate in dono a Bene-
detto XTI certe anguille pescate nel lago di Bolsena di stupenda
grandezza e di squisito sapore, ed egli maravigliato della bel-
lezza loro, serbatene poche per sé, comandò che le altre fossero
distribuite ai cardinali, i quali venuti un giorno, secondo che
solevano a visitarlo, mossero intorno a quelle il discorso, ed
egli faceto com'era, se prima disse, le avassi assaggiata, men
liberale ne sarei stato con voi: ma veramente non avrei mai
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416 OOHBNTI.
creduto che tanto di buono ci potesse venir dallltalia. » Pet*ar^
Le Senili, L. 7, Lettera unica. — Vernazza è una delle CiuJ
Terre (de' villaggi posti in quel seno di mare die corre d
Mesco al capo di Montenero), e dal di lei nome si dissero ri
naccie que' vini a' quali allude Dante Celesta, Petrarca in Ligin
p. 25. — V. Amari", La Guerra del Vespro Siciliano, C. xi,2(
XXIV. 30. — Che pasturò col rocco molte genti. —
Municipio di Ravenna mandò air Esposizione fiorentina
antico bastone pastorale degli Arcivescovi di questa Metro{-(
È in rame, smaltato con piccole croci, ed altri oniam«.'nri
istile bizantino; alle sommità, porta un prisma e«Lroi.
terminante da ambo le parti in piramide (su quella sup-ri
doveva esservi la croce), e che in complesso ha quasi la for
di una torre, di un piccolo fortilizio o rocca.
Vuoisi che siffatto bastone abbia appartenuto a
Bonifasio
Che pasturò col rocco molte genti.
Eugenio Camerini nel commentare quel passo del poeta,
ai esprime: < E usanza di quelli Arcivescovi (di Ravenna
non portare lo pastorale ritorto come fanno li altri, ma di
di sopra a modo di quello scacco che si chiama rocco. '
personaggio al quale accenna il Poeta sarebbe Bonifazio
Fieschi, Conti di Lavagna, dell' ordine dei Predicatori, Ai^
scovo di Ravenna dal 1274 al 1294 (l). « Non desujat, qui li
Bonifacii Archiepiscopi meminisse, cum de abdominis voia
tibus addictis, verba facit, in altera sui operis parte, DaL
putent. » Dal predetto istorico rileviamo aver quel potente prc
guerreggiato contro gli Estensi, ed essere stato da Papa Od:
mandato in Francia a trattar la pace fra Re Filippo ed
fonso di Aragona. Il Rossi loda Bonifacio per la sua gr^
liberalità vei-so i poveri, da lui ben provata distribuendo
le popolazioni tribolate dalla carestia il finimento dei suoi gra
Fu Bonifacio 1*88.** fra gli Arcivescovi di Ravenna, e ;
r87.^ successore di S. Apollinare, mandato da S. Pietro
r anno 44 dell* era volgare a fondare e reggere questa Ch
con potestà e dignità di Patriarca. — Ceramica antica e
(1) HieroDymi Ruher. Ilistorìarum Ravennoitum, lib. vi.
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OOMBNTI. 417
dema air Esposizione di Faenza del 1875. Ravenna, Tip. Nnz.
1875, p. 35.
XXJV. 37. — Ei mormorava; e non so che Gentucca.
Raffaelli Pietro, Dante e la Gentucca, Letture di Fa-
miglia di Trieste, 1858, p. 154. — Sulla Gentucca, v. Scara-
belli, il Lambertino, ii, xxii; Minutali Carlo, Gentucca e gli
altri Lucchesi nella Divina Commedia. Dante e il suo secolo,
p. 208.
XXrV. 82. — Quei che piii n* ha colpa Vegg* io a coda
tf una bestia tratto — — Corso Donati soprastava (nobiltà
nuova) per alto animo, per grandi fatti e grande seguito, più
ambizioso che partigiano, male soffriva consorteria, ed era egli
uno di quegli uomini che fanno il male tutt' ad un tratto, ma
poi sdegnano le basse ai*ti ed i raggii'i delle fazioni. La schiatta
e r indole e i costumi lo inclinavano verso i grandi; « pratico
e domestico di nobili uomini e famoso per tutta Italia ; » amato
era anche dall' infima plebe, usata vivere nella dipendenza dei
grandi signori, e che più ha in odio la mezzanità. V. Capponi,
Storia della Rep. di Fir. L. ii, e. Ó, p. 134-142.
XXV. 7. — Cosi entrammo noi per la callaia. — Callaia
significa passo stretto , dico passo o valico e non via , donde
si paissa da un luogo a un altro, come sarebbe da una via in
un campo. Borghini.
XXV. 77. — Guarda il calor del Sol che si fa vino, Giunto
air umor che dulia vite cola, — Tiniriazefi" leggendo un Sunto
degli studii da lui fatti sullMnfiuenza della luce sulla vegeta-
zione, spiega i metodi da lui impiegati collo spettroscopio,
quali raggi di luce sieno assorbiti dalla Clarofilla, e qual rela-
zione passi fra questo assorbimento e lo svilippo dell'acido
carbonico. Deduce dalle sue osservazioni che i raggi maggior-
mente assorbiti dalla Clarofilla sono quelli che hanno maggior
intensità calorifica, e che dove avvien maggior assorbimento
di luce avvi anche più lavoro chimico e cioè più decompo-
sizione di acido carbonico, più esalazione di ossigeno, più for-
mazione d' umido. La formazione dei tessuti e le manifestazioni
tutte della vita vegetale sono T effetto della forza calorifica
. trasformata in lavoro meccanico, e la scienza serve cosi di
comento alla bella imagine del poeta italiano. — Seduta del
P Maggio del Congresso botanico di Firenze.
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418 GOMENTI.
XXV. 91. — E come Caere, quandi è benpiomo. Per
trui raggio che in sé si riflette, Di diversi color si nn
adomo, — Recati dal Caverni tutti i passi dove Dante acc
alla riflessione della luce, e quelli segnatamente, ne" qual
condo i commentatori usa a indicare la riflessione, la p^
rifrazione, mostra come Dante scambiasse Tuna con Va
perchè a suoi tempi fi*a la diottrica e la catottrica non i
noscevano le differenze, sicché le due parole riflessione e :
zione per lui erano sinonimi (Purg. xv, 22; Par. ii, 91 ; xi
Ma chiede il Caverni: si trova egli mai nella Commedi
verso nel quale egli accenni alla luce che si rifrange, o
dice il Varchi, che si perfrange? — E come l'aere. Qui i
mentatori, non so con quanta buona grammatica, riferLs
il pronome se air aria; io credo si debba riferire al ragg
il raggio che in sé si riflette è il raggio, secondo il Va
perfratto. 11 raggio riflesso o rifratto è quello che da
riflette: ma quello che in sé si riflette dee essere il n
perfratto. Nella riflessione Dante considera i due raggi,
dente e riflesso, come distinti Tuno dair altro, e infatt
canto I del Par. chiama Tuno raggio primo, T altro n
secondo; ma nella perfrazione il raggio rimane lo stesso
con altra differenza che della flessione. — Caiferni, L^At
II, 375-384; 404-420.
XXV. 91. — E come Vaere quand' è ben piorno. — Pi
carico, disposto alla pioggia, è tuttavia vivo in Val di Nie
Ma il tempo ò piovorno .... già cominciano certi lagrii
Giuliani, Lett. xl, Sul vivente linguaggio toscano.
XXVI. 7. — Ed io facea, con V ombra, più rovente F
la fiamma, e pur a tanto indisio Vidi moW ombre, cutda
poner mente. — I chiosatori antichi non dicono cosa che gi
noccia alla mia ricerca. De' moderni poi, nessuno colse nel seg
L' esimio Tommaseo interpretò sanamente il pure per solo
tacque dell' arduo a tanto. Il Laudoni interpreta : solo a q^
indisio. Dante si trova fra la maggior luce del sole e la
minore della fiamma. Per la opacità del suo corpo, che t
ombra, appare in quella una lista più rosseggiante che
resto. Tanto basta, perchè quegli spiriti si accorgano che
passa di là un'anima, ma sì un corpo che impedisce i r
solari. È un effetto che muove da cagione semplicissima.
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COlfENTt. 419
turalissìma, e che già nel Pargatorio medesimo finse il Poeta
altre volte accaduto. Cosi là ove si legge : Quando s*accorser
cK io non dava loco, Per lo mio corpo, al trapassar de' raggi,
Mutar lor canto in un oh! lungo e roco; quelle anime pren-
dono giusta meraviglia non già del fatto naturale dell'ombra
che veggono in terra, ma ben del soprannaturale, che ad un
\ivo sia dato passeggiare nel regno della gente morta. Adun-
que, il fisico indizio non può essere mai per sé stesso avuto
in conto di cosa che feccia grandemente stupire altrui; ed il
Poeta, avrebbe fatto mal ragionevoli quelle anime che più si
meravigliassero di quanto si pertiene air indole naturale, che
al soprannaturale. — Ed io facea V ombra più rovente. Bel-
lissima è r osservazione fotometrica.
XXVI. 8. — E pure a tanto indisio. — Lombardi prende
quel pure per ancora, altresì; Torelli pel quidem dei Latini.
A me sembra che pure valga qui solamente ; imperocché quando
i tre poeti salirono sull'ultimo girone e cominciarono ad av-
viarsi per lo stremo di esso, ritrovarono le anime che canta-
vano nell'ardore, le quali seguitarono a cantare senza por
mente ad essi (canto preced. 121 e seg.). Ora Dante vuol dire
qui che le anime solamente all'indizio dell'ombra che egli
gettava, posero mente ed interruppero il canto per dire : colui
non par corpo fittizio. M. Renieri, L'Apatista, 1824, n. 39.
XXVI. 67-72. — ì^on altrimenti stupido si turba. — Con
molta esattezza Dante attribuisce il semplice stupore a quelle
anime del settimo centro , che s' accorgono che il corpo di
Dante gettava l'ombra; nò lascia di notare che tale stupore
dura breve tempo (non ò cosi della vera ammirazione che ri-
mane sempre) in alti spiriti, che pi*esto rinvengono la ragione
della novità che li faceva stupire : poichò dice che quelle anime,
udito che il corpo di Dante era ancor vivo, furon di stupore
scarche, lo qual negli alti cor tosto s'attuta; dove la parola
scarche ben indica il peso onde l'anima vien sopraffatta dallo
rtupore, di che nasce il turbamento più sopra accennato : e la
voce attuta ben esprìme la punta onde ci stimola il desiderio
di veder la causa ignorata. Perez, 304.
XXVI. 70. — E come al lume acuto si dissonna. — Non
mi dissonnate cotesto bambino ! . . . Valdinievole. — Quando mi
si dissonna (o si scionna), questo male, non son più vivo io.
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420 COMENTI.
Moni, Pistoiese. Giuliani, Saggio di un Diz. del Volgare To-
scano, 163.
XX VI. 92. — Son Guido Quinicelii, — Mazzoni Toselli sul-
l'appoggio d'incontestati documenti prova che Guido Guinì-
celli non fa de' Principi ma dei Magnani. — Guinizelli Mag^nani
de Cappella Sancti Marini de Porta nova qui est de nobilibns
et potentibus (forse ove ò ora il palazzo Beccadelli). Avevano
possessioni in Casalecchio di Reno ed in Galenica.
XXVI. 121. — A voce ptu eh' al ver drizzati U volti. —
Dante qui distingue in modo degno di lui il senso comune da
errori popolari che non hanno mai universalità per modo as-
soluto, né cadono su verità prime od evidenti, ma sopr* oggetti
particolari. Nel Convito chiama il grido popolare senza discre-
zione. (Tr. I, eli). A. Conti.
XXVI. 140-147. — Tan m'abeUis....
ScARTAzziNi Giov. A. , Ycrsi di Arnaldo Daniello secondo
alle diverse lezioni.
Ci dà prima i versi secondo la lezione della Crusca del
1595, alla quale è conforme quella della Cominiana del 1726.
Questa lezione rappresenta la volgata antica, é fu accettata con
poche variazioni di nessun rilievo da tutti gli editori sino al
principio del nostro secolo. Segue quindi la lezione dei quattro
Fiorentini del 1837, che rappresenta in certo modo la volgata
moderna. La lezione del WiUe mostra il miglior testo fondato
esclusivamente suU' autorità di ottimi codici. £d aggiunge pur
quella dell' Ozanam^ che gli sembra pur degno da essere udito.
Da ultimo reca i versi medesimi, quali li corressero quatti^o
profondi conoscitori della lingua provenzale. Il prof. Scartazzini
si attiene fedelmente alla rifazione di Federico Diéz, autore-
volissimo, di gran lunga sopra tutti, in tal argomento. Com.
del Purgatorio, p. 545.
XXVII. 49. — Come fui dentro, in un dogliente vetro Git-
tato mi sarei per rinfrescarmi. ... — Dai versi provenzali che
r Alighieri mette in bocca ad Arnaldo Daniello ne viene che
al poeta avrebbe toccato il sommo della montagna senza pro-
vare tormento di caldo. Quivi invece ò costretto passare per
entro ad un grosso muro di fiamme, e vi prova tale tormento
di caldo, ch'ali ne scrive: < In un bogUente vetro Gittato mi
sarei ecc. Convien dire, dice il Todeschini, che T Alighieri
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COBOSNTI. 421
mentre scrìveva il zxvi divisasse di pervenire al sommo del
monte del Purgatorio senza soffrir dolore; e che nelPinter-
Tallo posto fra il compiere quel canto e 1* accignerai al seguente,
egli deliberasse d'assoggettarsi alla pena del passaggio di un
muro di fiamme, a fine, per quello che si può credere, di pu-
rificarsi alquanto col fuoco dalle colpe d* infedeltà da lui com-
messe contro Beatrice, dinanzi alla quale egli stava per com-
parire, e dalla quale egli dovea udire le agre riprensioni di
quelle colpe. E la nuova idea del poeta mi sembra cho non
fosse se non lodevole; ma essa rendeva necessario un mu-
tamento nelle parole di Arnaldo Daniello. Dante non voleva
scemare la foga del suo cammino per guardarsi addietro ; egli
sarebbe tornato sulle sue pedate, quando avesse una volta
compiuta la strada ; ma compiuta la strada, gli fu tronca la
vita.
XX Vn. 88. — Poco potea parer li del di fUori; Ma pei^
quel poco, vedev* io le stelle Li lor solere e più chiare e maff-
giori. — All'Ottica appartiene il renderci ragione perchè le
stelle vedute attraverso alla fessura del monte paressero a
Dante del lor solere e più chiare e maggiori. Alcuni hanno
trovato quella ragione nella maggiore purezza dell* aria. Ma
r esperienza poteva, come a Saussure, avere mostrato a Dante
che nelle regioni molto elevate avviene bene spesso il con-
trario. ... La ragione di quel fenomeno vedeva , secondo me,
in quel principio di ottica a lui e a tutti noto che un corpo
Imuinoso tanto appare piti vivo e più grande quanto più fosco
è il campo che lo riceve e il mezzo attraverso al quale ri-
splende. E r applicazione di quel principio a' fenomeni celesti
poteva aver letta in Galeno, il quale insegnava il modo di
vedere le stelle di giorno risguardandole da un pozzo profondo.
Guardando Dante le stelle attraverso a quella profonda fessura
doveva dunque vederle più lucenti e maggiori, perchè attraverso
a un mezzo e in un campo più fosco che non all' aperto illumi-
nato da riflessi circostanti. Cavemi^ La Scuola, i, 226.
XXVII. 115. — Quel dolce pome, che per tanti rami Cer-
cando ta la cura de* mortali. — Pome, in senso traslato, nel
significato di sommo bene, felicità, beatitudine, cosa bramata,
cosa tfinta combattendo, e simili concetti. Pome si può usare
del pari in verso che in prosa, ma in questa fonie meglio pomo
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422 OOMBNTI.
SI frutto pi*opriament6, e, quando parlasi metaforicamente, 1
drebbe preferito pome. Torri.
XXVIII. 7-9. — Un aura dolce, senza mutamento, — La
imaginazione di Dante, conforme a quella de' primi pittori delle
memorie antiche, V avrà pure portato a combinarsi con Esiodo,
nel dettar eh' et fece questi soavissimi versi, verameate cosa
di Paradiso, i qnali direbbonsi fìitti ad imita7Ìone di quelli di
Esiodo. Op, et Dies V. 294-95. — Il dotto Lanzi nelle annou-
zioni alla sua versione d' Esiodo, avverte più volte come alcuni
concetti di Dante, confrontano con quelli dell' antico poeta greco
(V. annot. ai v. 27, 107, 142, 323, 345, 382, 548). C. Cavedani.
XXVIII. 27. — L* erba che in sua ripa usdo. — < I fa-
giuoli non e' era verso che volessero mettere il capo fuori ;
manco è uscita l'erba; i prati sou puliti. Mugello. Giuliani^
Saggio di un Dizion. del Volgare Toscano, 427.
XXVIII. 1 12. — £ C altra terra, secondo cK è degna, — Non
lo gittare questo seme, credi a me, non ò terra degna^ non lo
merita. Versilia. — Non posso se non compiacermi che il lin-
guaggio di Dante e del Boccaccio ricorra si frequente sulle
labbra di questo popolo. Ed ò ben da attendere, che terra
degna, proprio giusta la significazione che riceve nelle parole
sopraccitate, s'incontra per ben due volte nella Divina Com-
media. Purg. xxvui, 112; Par. xiii, 82. GiuUani^ Saggio di un
Dizionario del Volgare Toscano, 151.
XXIX. 26. -* Femmina sola, . . . Non sofferse di star solio
alcun velo, — Con questo verso, più ancora che al sacrificio
dell' appetito sensuale, allude al sacrifìcio dell' appetito intellet-
tuale, onde Iddio chiedeva alla sua creatura, non gittasse da sé
il benefico velo che le ascondeva la sperimentata notizia del
bene e del male, mortificasse il seducente stimolo della curiosità,
privandosi d'un frutto amabile, senza vedere di ciò altra ra-
gione che il divino volere. Il velo accennato dal poeta fa potente
contrasto con ciò che avvenne allorché, secondo il divino libro,
gli occhi di ambedue si furono aperti y e pur si sentirono
gravati di un velo tanto più fitto e più molesto del primo.
Perez, 405.
XXIX. 49. —La t7tWù, eh* a ragion discorso amnamna.
— L' apprensiva de' sensi, ossia proprio la materia su cui oixLiie
la tela dell' intelletto. A. Conti.
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OOMBNTI. 423
XXIX. 75. — E di tratti pennelli atean sembiante. — Il
sig. Del Furia, nel 1826, di questo verso fece soggetto d' una
sua lezione air Accadenùa della Crusca. Confutata Y interpre-
tazione, non nuova, dataci dal Monti e del Biondi (bandiere,
stendardi), la cui priorità si dovrebbe al Daniello (1568), ei con-
ferma la definizione dei Vocabolaristi. Le sette fiammelle dei
sette candelabri si muovono seguendo lor via, e precedendo,
come duci, i ventiquattro seniori incoronati, di che innanzi si
parla. Andando poi esse, lasciano dopo so tinto V aere di lumi-
nose Uste, e si rassomigliano a tratti pennelli. Ora, in un di-
scorso, nel quale si succedon per ordine le idee di pittura, di
colori, di pennelli, di liste, di luce ; idee che tutte aver debbono
relazione tra loro, come potrà dirsi, che i tratti pennelli altra
cosa siano che i pennelli de' pittori, condotti da loro in tavole,
in tele, ed in pareti, che lascian su queste il colore, come le
fiammelle lasciavano dietro a so luminose strisele nell'aria? E
pennelli tratti è modo che questo senso conferma. Un tratto
di pennello^ il tratteggiare, e simiglianti, sono voci e maniere
proprie della pittura, alle quali dà origine il verbo trarre, —
Giamb. Zannoni, Storia dell' Accademia della Crusca, 296. —
L'Arcangeli ne fece tema d'una nuova lezione all'Accademia
della Crusca, propugnando con calzanti argomenti l' interpre-
tazione del Dal Furia. V. Scarabelli, Lambertino, ii, xxv; Man.
Dani. II, 567.
XXX. 15. — La rivestita carne alleviando. — S. Tommaso
anch'esso afferma questa tendenza, e accenna a un sublime
ideale onde potrebbe giovarsi l'artista, là dove dice, che il
nostro corpo ha la disposizione ad essere spirituale, e che corpo
spirituale vuol dh^e corpo venuto in perfetta signoria e age-
volezza dello spirito (Sum. iii, q. 54, a. 1). E quando l'Alighieri,
per dire che Beatrice era oramai beata , usa ' della potente
espressione di carne a spirto era salita (Purg. xxx. 127) , egli
indica ottimamente il trasmutarsi in tal condizione, che lo spi-
rito, divenuto ormai perfetto «goore, possa a sua posta volgere
e trattar la soggetta materia che gU ò o sarà istrumento e
compagna. Perez, 38.
XXX. 42. — L* alta virtit, che già m* avea trafitto Prima
ch'io fuor di puerizia fosse. •— E nella Vita Nuova, § 12:
Come tu fosti suo tostamente dalla sua puerizia.
y Google
424 OOMBNTI.
XXX. 88. — Poi liquefatta in sé stessa trapela. — Questo
verso contiene un'osservazione delicatissima e degna di Galileo,
che cioè r acqua, trasformandosi in neve o in ghiaccio, ricresce
di volume. Cavemi, da lettera. — - Peli si chiamano, a simili-
tudine de' peli o degli uomini o delle bestie, alcune sottilissime
fessure de' muri , onde si dice un muro aver fatto un pelo .
donde l'acqua per simil fessure e spiragli si dice trapeiare,
cioò passare e penetrare per questi tra* peli, Borghini.
XXX. 134. — Ss . . . tal vivanda Fosse gtistaia senz*aicuno
scotto. — Scotto, nota la Crusca, il desinare e la cena che si
mangia per lo piii nelle taverne, e per lo pagamento che si
fa della cena, o altro mangiamento. — Mons. della Casa diede
carico a Dante per aver usato il basso vocabolo della tavensa.
XXXI. 64. — Quale i fanciulli vergognando muti. Con gli
occhi a terra, stannosi ascoltando, E sé riconoscendo ... — La
voce riconoscere si prende più volte, quasi con senso istintivo
nella nostra lingua per atto dì completa giustizia, specialmente
se trattisi di penitenza ossia di ritorno dall* ingiustizia. Quindi
r Alighieri, dopo i rimproveri delie sue colpe uditi da Beatrice,
dipinge sé stesso. Quale i fanciuUi vergognando muti. Con
gli occhi a terra, stannosi ascoltando, E sé riconoscendo e ri-
pentuti, e dipoi soggiunge : Tanta riconoscenza il cuor mi motose
CK io caddi vinto . . . (Id. v. 88). L' atto poi di perfetta giustizia
con cui gli Angeli buoni aderirono a Dio, atto di riconoscimento di
tutti i pregi di natura e grazia ch'ebbero da Lui, è significato
del teologo Poeta con questa frase elegantemente esatta: QuelU.
che vedi qui, furon modesti A riconoscer sé della hontate. Che
gli avea fatti a tanto intender presti. Par. xxix, 58. Perez, 364.
XXXIL 109. — Non scese mai con sì veloce moto Fuoco
di spessa nube, quando piove Da quel confine che piii è remoto.
— Non è bisogno qui ricorrere alla teoria di Anassagora^ che
insegnava il lampo esser preso dalla nube alla sfera del ftioco,
alla quale sfera parve ad alcuni che accenni questa terzina
nell'ultimo verso. Perchè se tu pensi che Dante tratta della
velocità del moto e che, secondo Aristotile, deve la folgore ve-
nire tanto più impetuosa quanto la nube è più fredda e che
la nube è tanto più spessa e più fredda quanto più sale in
alto, vedrai la ragione perchè Dante accenni al confine più
remoto. CammiUo {R. Cavemi), La Scuola, 1873, n, 160.
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COMENTI. 425
Paradiso I. 18. — ì£è uopo entrar neW aringo rimaso. —
Aringo^ risponde assai bene, cosi propriamente presa come
traslata, ai cursus ìatino. Borghini.
I. 37-42. — Sorge a' mortali per diverse foci. «^ La regione
celeste, cioè il ponto specialissimo, costituito in triplice nodo
per rintersezione dei quattro cerchi della sfera, Orizzonte, Equa-
tore, Eclittica e Coluro degli equinozi, e ne ricava inaudita
indicazione del punto cardinale di Levante. Berna,
I. 43. — Fatto avea di là mane e di qua sera Tal foce
quasi. — Emisperio, non intende il terrestre, ma quello appa-
rento del cielo. Dante suppone, poeticamente parlando, che TO-
rizzonte serbi in tutta la sua estensione la proprietà d' inter-
cettare i raggi solari, come V ha nel suo centro, cioè per quel
luogo della superficie terrestre da cui è determinato. Per questo
dà il nome di foce ai vari luoghi dell' orizzonte medesimo, per
i quali nel corso dell' anno fa tragitto il Sole , quasi fiume di
luce, da uno ad altro emisfero. In questa maniera s' intende,
com* essendo tutto bianco Temisperìo celeste del Purgatorio
(il terrestre non avrebbe potuto esserlo neppur a mezzogiorno),
r altra parte , cioè Y emisperio opposto , il cui colmo è sopra
Gerusalemme, fosse tutta nera, dovendosi riferire a tal foce
r avverbio quasi ^ come attesta il fatto che il Sole aveva già
una declinazione boreale di parecchi gradi, il perchè non sor-
geva in quel di per tal foce, che è il punto cardinale di levante.
Quanto al momento, in cui ha luogo il distacco dalla sommità
del sacro >f onte, è chiaro corrispondere alla mattina, sorto ivi
il sole appena. P. AntoneUi, Studi particolari sulla D. G. p. 21.
Esempio dell' esattezza mirabile del poeta astronomo è nel
primo del Paradiso, in cui descrive i punti dell'orizzonte di-
versi d'onde a noi sorge il sole nelle diverse stagioni, e fra
questi, quello particolarmente d'onde sorgeva quando Dante
dall'Eden prendeva il volo su al Paradiso. Ponendo, col P.
Anionelli, che il sole avesse a coteat' epoca una declinazione
boreale di undici gradi e il monte del Purgatorio una latitu-
dine australe di 31® 40' si trova che per quel giorno usciva
il sole al Purgatorio con un azimut di 77** 3', e perciò 12** 67',
distante dalla foce che quattro cerchi giunge con tre croci. È
per questo che Y esatto astronomo non dice che il sole usciva
precisamente da quella foce, ma da qiuxsi quella foce, essen-
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426 ooxKfn.
done distante per quasi 13 gradi. Caoemi^ La Scaola, 1873.
I, 178; li, 205 e 247.
I. 88-00. — Tu stesso ti fiù grosso Col fiUso imnuìginar,
si che non vedi Ciò che vedresti, se F avessi scosso — L* ima-
ginazione, scrive il Rosmini, è utile soltanto quand*è dooiinata
dalla forza del pensiero stesso; ella è la serva di questo, e
ogni qual volta ne scuote il giogo, nuoce gravemente alla
scienza, a cui sostituisce T illusione e Terrore. B il Perez sog-
giunge : Dante, che, poeta e insieme filosofo, voleva essere dalla
immaginazione aiutato e obbedito, non vinto e gabbato, tosto
che accorgevasi delle insidie di quella capricciosa, faoaasi dire
da Beatrice: Tu stesso ti fai grosso Col falso immaginar^ sì
che non vedi Ciò che vedresti^ se V avessi scosso, Perez, 568.
I. 113. — > Gran mare delt essere. ^—ÌAeàitfi bene il sublime
di questa espressione, e vedrai spettacolo meraviglioso: vedrai
tutte le esìs tenze, tutte le vite incessantemente partire da questo
gran mare, e incessantemente a lui rìtornarsi come rapidi fiumi
da tutte le parti della creazione, un mare di cui V occhio della
mente indamo cerca le rive, un mare di cui ninna forza d' im-
maginazione può abbracciare V immensità. — C. Pardi, Scritti
Vari, n, 190.
I. 125. — La virtù^ di quella corda. Che ciò che scoaxi
drizza in segno lieto. — «LÀ dove alcuna cosa non può per-
venire in virtù di sua natura conviene che sia da altri drizzata
nel segno dell' arciere. » S. Tommaso, Nella Somma Teologica,
I, par. ques. xxui, art. 1. — Ognun vede come qui Dante si sia
vabo con molto accorgimento dell' imagine dell' Aquinate. Fran-
ciosi, Studi danteschi, 137.
IL 20. — Del deiforme regno. — Con ogni proprietà chiama
deiforme regno il regno dei beati, poicbò in quel regno la forma
de' beati ò veramente Iddio. Il che apparirà tanto più coerente
alla tradizione cristiana, quando si noti che fu comune a molti
Padri antichi l' interpretare il Regno di Dio per lo stesso Spi-
rito Santo che regna colla grazia nelle anime , come si può
vedere in S. Cirillo, in S. Oragorio Nisseno, e altri ancora. A.
Rosmini, Antropologia Soprannaturale.
II. 78. — Cosi questo Nel suo volume cangerebbe earte. —
Nò ti debbono parer strane le carte del volume delia luna e
la compagine dell'aria (Par. xur, 6), perchè se la superficie
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GOMBNTI. 427
lunare piuttosto che T opera del fuoco, come pare, avesse
patita quella dell'acqua evi sì alternassero, \20111e nella terra,
sedimenti aUuviali, si concederebbe a' selenologi poter parlare
di strati e di stratificazioni, come gli strati, in che si comparte
r aria, son conceduti al linguaggio de' fisici moderni. Ma quello
oh' è strato nel volume de* corpi sulla bocca de' nostri scien-
ziati, è, seguitando V immagine tolta da' libri, una cai*ta o una
pagina nel linguaggio dell'Alighieri. Cammiilo (R. Cavemi),
La Scuola, 1873, u, 205.
111. 10. — Quali per vetri trasparenti e tersi, Ower per
acque nitide e tratt^uille. Non si profonde che i fondi sièn
persi. ... — Il Caverni prova che la voce persi si debba inten-
dere del color bruno del fondo. Mi pare, ei conchiude, che
intesa del colore quella voce, l' idea venga diretta e abbia per
ciò Doaggiore efficacia. La Scuola^ 1872, A. i,- Voi. 11, p. 169,
e 2^4-26.
III. 46, 56, 63. — Io fui nel mondo vergine sorella : E se
la mente tua ben mi riguarda, Non mi ti celerà V esser più,
bella, — - Nel Paradiso dantesco le sembianze umane, fatte ce-
lesti, son divenute così spirituali in loro purissimo splendore,
che in sul primo il poeta pena a raffigurar le persone; ma
tornando a loro lo sguardo, e aiutandosi dell' associazione delle
idee che si ridestano nel parlare con loro, viene poi a rico-
noscere anco di mezzo alla nova bellezza i tratti individui che
le distinguevano una volta. Era dottrina che il Poeta avea
attinta da S. Tommaso, il quale di Cristo risorto, al cui adempio
si conformano tutti i Santi, dice: Nemo putet Christum sua
resurreciione sui vultus effigiem commutasse . . . Sed mutatur
effigies, dum efftdtur ex mortali immortalis, ut hoc sit acqui--
sivisse vultus gloriam, non vuUus substantiam, (Sum. ni. P. Q.
54, a. l, ad 3, et ib., dove parla di tutti i risorgenti ad 2).
Perez, 39.
III. 49 e seg. — Ma riconoscerai eh* io son Piccarda, —
Chi legge attentamente il iii ed il iv canto del Paradiso scorge
zuaDÌfesto, essere stata ferma persuasione di Dante, che Pie»
carda non mai si acconciasse con animo volenteroso alla con»
dizione violentemente impostale dal fratto, ma pure non osasse
di sciogliersene per timore di nuovi danni ; eh' ella conservasse
l'amore della sua professione religiosa, ma pure non avesse-
y Google
428 COMBNTI.
il coraggio di rompere risolutamente gli ostacoli, che il mondo
aveva frapposti all' osservanza de' suoi voti. Le parole di Dante
ci lasciano credere che fosse abbreviata la vita di Piocarda
dal vivo contrasto sorto nell'animo di lei. Todeschini^ Scritti
su Dante, i, 337.
III. 63. — Si che il raffigurar nC è più, latino. — Latino,
ove tal voce si riferisca ad eloquio ed a cognizione in gene-
rale, equivale a cosa piana ed agevole: tanto n'era comune la
intelligenza e l' uso fra le persone di qualche levatura. — «E
perchò tutto ciò eh' è ornato e facile, e anzi è la &cilità una
condizione essenziale alla grazia, latino venne a Bignificare
anche facile, agevole. » Caverni.
IV. 6. — Intra duo cibi distantì e moventi, — Il Bianchi
commenta : « Proposizione verissima, che la nostra volontà per
risolversi tra più cose alla scelta di una, ha bisogno di un
motivo preponderante qual che siasi: diversamente ella ai ri-
mane inerte. Ognuno può aver ciò provato nelle piii comuni
cose della vita. » Io tengo, scrive il prof. Zanchi, tutto l' opposto ;
e credo che per quel modo si venga a distruggere il libero
arbitrio del merito e del demerito. — Or come, aggiugn^ egli.
sono usciti que' versi dalla penna dell'Alighieri? A fine dì non
commettere ingiustizia verso il più grande poeta, e per non
offendere d'altronde la verità, credo che si convenga: I.® Esporre
esattamente la dottrina di Dante sul Ubero arbitrio, e vedere
quanto è profonda ; II.° Ragguagliando con quella i pochi versi
sumentovati e tenendo conto di tutti gli accessorii, notare Y ab-
baglio del Poeta, senza studio dì scemarne o crescerne la mi-
sura, assegnandone in pari tempo la causa prossima e acci-
dentale ; III.^ Cercar di rilevarne la ragione rimota e ultima,
mettendo in luce quella difficoltà, somma che si presenta din-
nanzi a chi vuole contemplai*e l'essenza dell'umana Hbertà. —
Lo che egli fa con logica stringente e molta dottrina. Il prof.
Zanchi ricerca pur l' origine della similitudine dantesca, e crede
forse gli sovvenisse in proposito il sofisma delT asino del Bu-
ridan, rettore dell'università di Parigi, famoso dialettico, sofi-
sma che avea fatto grande rumore nel mondo filosofico del suo
tempo. Anche S. Tommaso avea accennato alla medesima cosa,
— si habet dbum aequaliter appetihilem in ditersis partibus
et secundum aequalem distantiam, . . . Somma, i, II*®, xm, vi.
y Google
COMENTI. 429
Alcune Armonie nelF ordine naturale coir ordine sopranna-
florale. Verona, Zanchi, 1863, 154-181.
IV. 40. — Cosi parlar conviensi al tostro ingegno. Pe-
rocché solo da sensato apprende Ciò che fa poscia d! intelletto
degno. — Il senso ritrae i sensibili particolari, ma l' intelletto
ri scopre la natura, come il significato in una scrittura, o come
nel marmo informe vedeva Michelangelo la figura d* intorno a
cui levare il soverchio. L'Alighieri qui distingue benissimo
l'uno e l'altro ufficio. A. Conti.
IV. 125. — Se il Yer non r illustra. — Il vero, di cui qui
favella il poeta, è il conoscimento del Primo Vero, cioè Dio,
senza cui l'anima è sempre irrequieta. Ciò si fe apertissimo
anche da un frammento del Convito ben a proposito allegato
dal Tommaseo, ove Dante pone Dio come base e fastigio della
piramide scientifica. A tal fastigio non si ascende, che di grado
in grado, cioè di collo in collo, cominciandosi dal dubbio, che
è rampollo , cioè seme e germe del Vero ( per valermi delle
parole Ciceroniane). Ma la conoscenza di Dio però non importa,
che Tuomo possa ingolfarsi nelle investigazioni superiori alla
sua ragione finita. Scrutator majestatis opprimetur a gloria,
giusta le sacre pagine. V. Lomonaco, Dante Giureconsulto, 33.
IV. 127-132. — Io veggo ben che giammai non si sazia. . . .
— Qui dice r Alighieri, che la prima verità solamente può sa-
ziare r uomo, perchè ogni altra verità dipende da essa ; e che
l'uomo può giungere alla cognizione di tal verità prima, so
no nessuna verità s' intenderebbe nella ragione somma che sola
può quietar l'intelletto; e allora tutt'i nostri desideri, che
tendono al vero sarebbero vani. Però la tendenza nostra verso
la ragione di tutte le ragioni, fa sì che, conosciuta una verità,
nasice un dubbio, cioè nuovo quesito, cosi per togliere appa-
renti contrarietà come per trovare nel noto V ignoto, finché di
quesito in quesito, e di scoperta in iscoperta non siam giunti,
come da ramo a ramo su cima d'albero, alla sommità del
primo principio che risolve ogni dubbiezza. A. Conti, Del dub-
bio considerato come rampollo del vero. — V. Franciosi, Studi
Danteschi, 101.
V. 98. — Io che pur di mia natura Trasmutabile son per
tutte guise. — Chi pur mira nel concetto dantesco, il quale è
visibile in tutta la sua nuda ed inesorabile austerità nel libro
y Google
430 OOMEMll.
<ti Monarchia, facilmente si persuade in che modo si debba
intendere che Dante trasmutabile fosse per tutte guise. Con-
cetto è il suo che nulla ha della generalità astratta, che tanto
piace a taluni moderni; ma ò un universale, e tenendo della
natura degli uomini, fecondo. Egli ora pare accostarsi ad una
parte ora air altra. Il suo Veltro ora può avere un nome per
eeso, ora un altro. Ma il suo sistema ideale non ò un compro-
messo mai tra le diverse fazioni, una transazione fra opposte
dottrine. Egli a quella parte e a quegli uomini costantemente?
inclina che mostrano voler essere strumento della sua idea. I
Ouelfi erano senza un dubbio delle due parti quella che più
nazionale poteva dirsi. Seguitavano il gran moto di Legnano,
preparavano l' età meravigliosa dell' arti nostre. Ma Dante, leg-
gendo col senno piii oltre, e per dirla a suo modo, infuturan-
dosi, bene si accorse che una grande debolezza era negli ordini
di quella parte, e che solo una forte monarchia ci poteva sal-
vare. Nato guelfo, o in un modo o in un altro da quella &-
zione si dovea necessariamente distaccare. E, dopo aver scritto
il libro di Monarchia, più non si poteva con quella parte con-
ciliare, la quale tuttavia avealo educato a potere fondamental-
mente alterare Topinìone imperiale e ghibellina. G. Baldaccfunù
Prose II, 120 e seg.
VI. 10. ^ Cesare fui, e son Giustiniano, Che, per voler
del primo Amor eh* io senio, D* entro alle leggi trassi il troppo
e il vano. — Giustiniano enucleando il diritto, bene ossei'va il
Vico, trasse il nucleo, cioè il gius naturale dal malia, o sia
dalla buccia del gius civile, ei spogliandolo del municipalismo
romano, lo fece cosmopolita. È celebre abbastanza il titolo del
Codice (I, xvii). De veteri jure enucleando. Dante lo chiamò
ispirato da Dk) quando tolse dalle leggi gì* involucri ond'era
avvolto. Quindi a lui solo largì nel paradiso la gloria di cele-
brare i viaggi, i combattimenti e le vittorie deir aquila latina.
V. Lomonaco, Dante Giureconsulto, 23.
VI. 58. — E quel che fé da Varo — « Ti fu forza restare
a Nizza un mese intero, aspettando Vanivo di una nave che
ti portasse in Italia. Ma mentre di andare in Italia eri sma-
nioso, tu già stavi in Italia: che secondo i poeti ed i cosmo-
grafi confine ad essa è il Varo, oltre il quale sta Nizza sulla
terra d' Italia. » Petrarca , Lett. Fam. ir, 7. — € Nizza prima
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COMBNTI. 431
ita che 8*ÌDC0Dtri dell* Italia occidentale. > Id. V. 3. — A Italia
izza le man stende. Fazio degli liberti^ Dittamondo, in, 11.
VI. 118. — Nel commensurar de' nostri gaggi. — Sono ri-
asti al popolo i gaggi militari, d'onde 8*ò fatto il verbo ingag-
'arsi, che voleva dire, sotto T altro Governo, sottoscriversi
>loDtario alla milizia in luogo di im altro, prendendo per tal
irvigio i gaggi convenuti. Cavemi,
VI. 125. (PuRG.). — Un Marcel diventa Ogni villan che
arieggiando viene, — Gli nomini sono stati sempre gP istessi,
in tutti i tempi, nelle congiunture simili, sono occorse simili
»ntingenze. Noi abbiamo veduto co' propri occhi, e toccatolo con
ano, in questi ultimi tempi di commozioni civili come sieno
inuti a galla, e abbiano invaso i più alti seggi, e siensi cele-
sti per Catoni e per Achilli certi figuri che meglio sarebbero
ati 0 per le galere, o per i postriboli, o chi a vangare, o
li a tirar lo spago. Dante a' suoi tempi si lamentava del
edesimo, con gli sdegnosi versi recati qui sopra; i quali
ovano riscontro in un verso greco antichissimo che suona:
ìditione orta, dux est etiam AudrocUdes, come lo videro i
orentini del secolo XIV in Michele di Landò, e i Napoletani
\ XVII in Maso Anieilo e gU Italiani del XIX.... 11 qual
rso greco è illustrato eccellentemente dal Manuzio che reca
la sentenza, anche più calzante al proposito nostro la quale
nta: Rebus turbatis, vel pessimus est in honore. Chi poi
ol avere un ritratto vivo e parlante di alcuni cialtroni odierni
nuti in jEama di eroi, vegga la Commedia di Aristofane: I
ivaUeri, — P. Fanfani.
KuNHARDT P. F. I., DanHsche Reminiscenz an das biblische
leichniss vom ungerechten HaushaUer in der Div, Commedia
%r, vr, V. 127. Lubeck Grantoflf, 1870, p. 20. — Una remini-
enza alla parabola biblica nella Divina Commedia di Dante,
iol mostrare che Dante abbia imitato la parabola di S. Luca
•I, 1-8.
Nel VI del Paradiso, si alza il Poeta alla più alta filosofia
Ha storia che per lui non era un cieco succedersi di fatti
screpanti ed insieme lottanti.
VII. 83. — Ed in sua dignità mai non riviene y Se non
?mpie dove colpa vota, Conira mal dilettar con giuste pene,
' L^ sola pena può restaurare i rapporti di equilibrio tra
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432 ONfBsrn.
r ordine morale e Tuomo; e la pena esser deve propon
al mai diletto della colpa, frase felice tolta da Virg:tlio,
gaudia mentis. V. Lomonao), Dante, Giureconsolto. 27.
VII. 112. — Né tra CuUima noUe e il primo die ;
e si magnifico processo, O per Vuna o per teatro fue
— L' ultimo verso a molti può sembrare sulle prime
duro, e prosaico, ma recitato con la posa chiesta e dall' a
e dalla gravità del concetto, può ritrarre, a chi è cai
sentirla, T ammirazione meditativa del poeta assorto ne
mistero. Perez, 618.
Vili. 2. — Ciprigna . . . volta nel terzo epiciclo, — GÌ
preti intendono quella parola epiciclo in senso proprio tole
. e con ciò farebbero dire a Dante uno sproposito. T(
« in cambio di far girare il pianeta (parole del Cagno
Forbita sua circolare cui pose il nome di deferente,
andar per un altro cerchio appellato epiciclo che avea :
il centi'O nella circonferenza del primo , > e cosi architet
per ispiegare le stazioni de' pianeti e il variar che fa>
lor dove. Ma al sole e alla luna che non fanno stazic
retrogradazioni, bastava, senza epiciclo, il deferente. Se <
la luna non ha epiciclo, quel di Venere non è il terze
secondo. Debbesi adunque intendere questa parola non ne
ficato astronomico, ma nel senso di orbe o di giro. Ca
(Caverni), La Scuola, 1873, Voi. ii, 60.
Vili. 22. — Di fredda nube non disceser venti, O
o no , tanto festini. — Questi venti non sono altro che
tricità della nube, la quale è visibile nel lampo ma in
(juando , avventandosi a' corpi , si rovina attraverso j
fìiriosa per andare a disperdersi poi nel suolo, prodncen
gli effetti della folgore tremendi ; folgore che gli anticfa
mavano vento, come noi la chiamiamo ora aura elettrica.
millo (R. Cavemi). La Scuola, 1873, n, 160.
Vili. 49. — Il mondo m' ebbe Già poco tempo. —
tempo del Potestà e Capitano sopra detto (Miser Bemardc
da Como, 1294), venne el Re Carlo Martello, e'I suo
in Siena, el quale s* era botato d* andare a Roma lui elfi
per certa infermità che lui aveva, e andò a Roma e te
nell'andare e nel tornare a Siena gli fu fiitto grande
dal Comune, e anco da nobili di Siena, e nella sua partit
y Google
OOMBNTL 433
^li i*ingraziò de la benivoglìenza e del onore gli era stato fatto
la Mobili e dal Comuno e donò la sua arme, e fece di casa di
''randa X de' nobili di Siena, e fegli Cavalieri. Croniche Senesi,
kubb. da G. Maconi, e. 88, i, p. 2, 55.
Vili. 55. — Assai m'amasti, ed avesti. ben onde,
ToDBSCHiNi Giuseppe, Di Carlo Martello, re titolare cT Un-
jheriay e della corrispondenza fra questo principe e Dante
A,ltffhieri. Scritti su Dante, i, 171-211.
Si £eì a raccogliere alcune notizie intomo a Carlo Martello,
[)er emendare certe cose scrittene da Giov. Villani, i— Non nel
L289, come vorrebbe il Villani, ma il di 8 Settembre 1290,
ei fu coronato in Napoli , re d' Ungheria. Neil' anno appresso
coiiilusae a moglie Clemenza d'Absburgo, figliuola dell' impe-
radore Adolfo. E fu nei primi mesi del 1294 ch'ei venne a
Firenze, e vi stette, secondo un vecchio cronista, oltre 20 giorni,
attendendovi il re suo padre, che tornava di Francia, e dai
F^iorentini gli fu fatto grande onore, ed elli mostrò grande
amore a' Fiorentini , ond* elli ebbe molto la grazia di tutti.
Bellissima occasione fu questa, perchò un giovane fiorentino
riuomato fra' concittadini pei suoi sonetti e per le sue canzoni,
che oscuravano la fama dei rimatori fino allora più lodati, si
avvicinasse ad un giovane principe,. che quantunque circondato
da splendido militare corteggio, era tuttavia, come ricordano
le storie napoletane, d'indole mansueta, ed amico perciò più
dello arti della pace che di quelle della guerra. Oltre di che
il Todeschini vuole che nella seconda metà del 1294 Dante
dimorasse alcun tempo a Napoli, e ne reca le prove. Carlo
Martello sarebbe morto a trentacinque anni, nel 1295, come
ne fa fede la lettera diretta dal papa Bonifacio Vili alla moglie
del re. Maria d'Ungheria, e nel 1301 sarebbe pur morta Cle-
menza d'Absburgo.
Vili. 67. — E la bella Trinacì*ia, che caliga. . . . Non per
Tifeo, ma per nascente solfo. — Ossia per quello che chiamano,
nel linguaggio moderno, acido solforoso il quale eruttato insieme
a altre sostanze e decomposte, fa che poi nasca lo solfo. Cammillo
(R. Cavemi), La Scuola, 1873, n, 160.
Vili. 73. — Se mala signoria, che sempre accora. —
« A' lettori italiani, o nati in qualunque altra terra ove s'estenda
la presente civiltà europea, io non ricorderò la rigorosa esattezza
28
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434 OOMBNTI.
istorica della Divina Commedia intorno i fìitti d* Italia ; h
sanza dì quella mente a scrutar le cagioni delle cose e stam
ne* pochi tratti coi quali suol delineai'e un gran quadro, 8
nulla vi resti a desiderare, V autorità infine dell'Alighieri,
contemporaneo al Vespro. E chi noi sente con evidenza
dimostrerò io, che quelle parole, messe in bocca di Carlo
tello, tolgano affiitto il supposto di congiura baronale. N
bene che Dante qui non solo tratteggiò la causa, ma a
una delle circostanze piìi segnalate del tumulto, che fu i
petuo grido: < Muoiano i Francesi, muoiano i Francesi! >
que' tre versi resteranno per sempre come la più forte, pi
e fedele dipintura, che ingegno d' uomo ùlt potesse del V
Siciliano. » — M. Amari, La guerra del Vespro Sidliano
pendice, 538.
Vili. 112. — Vuo* tu che questo ver più ti s'imbianch
Ti divenga intelligibile , piìi visibile all'intelletto, pili evii
come corpo eh' è più visibile all' occhio quant' ha più in
candore o nitore di luce. E per opposto, l' errore, il dut
l'ignoranza son chiamati nebbia, quasi offuscamento d'evie
(Purg. xxvin v. 87, e v. 90). — A. Conti.
Vili. 147. — E fate re di tal cK è da sermone. —
gasi quanto diverso giudizio portasse il Petrarca di re Kc
nella sua lettera ni del libro iv delle Familiari ; e veggasi
la nota del Fracassetti.
IX. 1. — Da poi che Carlo tuo^ bella Clemenza. —
mensa, figlila di Rodolfo d'Absburgo, vedova di Carlo Marti
L'appellativo Carlo tuo, dimanda il prof. Todeschini, {
forse esser diretto alla figlia, anziché alla moglie di Car
Potea forse Dante rivolgersi con quel!' aposti'ofe ad una
ciulletta di pochi anni ? Dante che godette dell' affezione di
Martello, e che dovette conoscerne la moglie, fu tratto da
e da compassione a far menzione di essa in questo luog
Paradiso. — Eugenio Camerini ò dell' istesso avviso.
IX. 32. — Cunizsa fui chiamata. — V. p. 387 di e
volume.
IX. 37. — Di questa luculenta e cara gioia. — Il I
tonelli ti*ova la spiegazione comune contraria al conceti
Poeta che è visibilmente d'immortalare Folchetto; pei"
sebbene essa accordi alla fama di lui cinque o più sec
y Google
GOMBim. 435
vita., in questo modo di locuzione resta sempre Tidea fonda-
mentale, che tal fama, sia pur grande, debba venir meno, debba
morire e dentro assai ristretti confini di tempo. — Ei vuole si
legga: Di questa luculenta e cara gioia Del nostro cielo, che
piit rrC è propinqua. Grande fama rimase; e, pria che muoia
Questo centesim* anno , ancor s'incinqua: e verrebbe a dirsi,
che la fama di Folchetto, rimasta in terra, fu grande; ma si
sarebbe quintuplicata, prima che finisse V anno, che allora cor-
reva. — Dante riferisce la sua Visione al 1300, chiamando
centesimo Tanno in che suppone di trovarsi ad udire in cielo
parole di alto encomio ad un Poeta agli scritti del quale si
era forse inspirato. Il Caverni trova ingegnosa V interpretazione
dell' ÀntoBelli, essendo anch' egli dell'avviso che si debba inten*
dere piuttosto dell' Intensità che non della lunghezza della fama.
Ma egli lascierebbe il testo nella comune e vulgata sua puntatura,
intendendo per centesimo anno quel centesimo che allora cor-
reva, cioè il terzo, il quale incinquato, farebbe 1500, lunghezza
sufficiente, specialmente nelle idee che avevano allora della sol-
lecita fine del mondo, a significar duratura, quanto il mondo
medesimo, la fama di Folchetto.
Mercuri Filippo, Nuovissima spiegazione del Terzetto del
C. n del Paradiso: Ma tosto fia .che Padova al palude. Roma,
Tip. Belle Arti, 1853.
Padova cangerà al palude o in palude l'acqua che Vicenza
bagna, non significa, come spiegano i commentatori, cangerà
(intendi di colore, facendola col suo sangue rosseggiare) racqua
che Vicenza bagna (l'acqua del BacchigUone). Ma come il luogo,
in cui si veniva piii frequentemente a battaglia fì*a i padovani
e i vicentini, era quello in cui il Bacchiglione si divide in due
i*anii, l'uno bagnando le campagne di Este, l'altro quelle di
Padova; e il modo di combattersi a vicenda era quello di
attaccare, rovesciare e rialzare più volte le dighe, onde deviare
il corso del fiume e restringerlo in palude ; la spiegazione più
naturale, più vera del terzetto è questa: Padova volgerà al
palude V acqua che Vicenza bagna, rompendo le dighe e de-
viandone il corso del fiume Bacchiglione. E cosi sparirà la
quantità de' morti, che, secondo i comentatori, fece rosseggiare
quelle acque. Il che è contrarissimo alla verità della storia,
giacché una delle cose più straordinarie di tali guerre era quella
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436 OQMBNTK.
di eisere senza sangue, e il poco numero de* morti indica il
principio di quelle guerre incruente che avvilivano il coraggrio
delle truppe italiane (7). H Mercuri, premesso un sunto storico,
interpreta : i padovani devieranno V acque del fìacchiglione rom-
pendo le dighe, come fecero, per inondare Vicenza a motivo
che le genti, cioè i guelfi padovani, sono crudi e restii al dovere^
cioè alla soggezione di Arrigo VII e del suo vicario Cune
della Scala.
IX. 46. — Ma tosto fia che Padova al palude — — Anche
il Todeschini ritiene ohe il fatto d'arme segnalato in questa
terzina non possa essere che quello del 18 Settembre 1314.
Il Castellini (t. xi, p. 21) dopo aver narrato diffusamente la
battaglia del 17 Settembre 1314, soggiunge: Fu questa bat-
taglia cosi sanguinosa, che il Bacchiglione scorse a Padova tinto
di sangue ; onde diede occasione a Dante nel C. ix del Paradiso
di farne menzione in questi versi: Ma tosto fia che Padova al
palude ecc. In mezzo agli strafalcioni del Marzari, possiamo
cavar questo che la battaglia del 1314, ebbe il suo centro al
Ritolo {oggidì Riello mezzo miglio fuori di Vicenza) e che la
denominazione di Rivolo del Merdaruolo^ della quale si danno
altri indizi, ebbe la sua origine da quella battaglia. — Tode-
schÀni, I, 167.
IX. 46. — Ma tosto fia che Padova al palude
Tommaseo N., Sopra un passo della Divina Commedia,
Lettera al prof. Gloria, Rivista Filologica Letteraria di Verona
1871, Voi. I, fas. 2, p. 81. — V. Man, Dant. iv, 415.
IX. 49. — E dove Sile e Cagnan s' accompagna. — Barloìc
Henry Clarh, Crìtical, historical, and philosophical contiibu-
tions, p. 399. — € Il poeta nell' osservai'e la confluenza del
Cagnano, ora Botteniga, nel Sile, colpita la fantasia di lui da
quel tranquillo connubio ne segnò topograficamente il sito con
quel verso : dove Sile e Cagnan s' accompagna, ricordato op-
portunamente da Mons. Rambaldi de' conti Azzoni Avogaro.
(Considerazioni sulle prime Notizie di Treviso. Treviso, An-
dreola, 1840, p. 246). — U Burchelati nel suo Canalis regius
Tarvisinus vulgo dictus il Cagnan Grande. Tarvisii, Tip. Re-
gechini 1628, p. 29. — Pons igitur sequitur, qui dictus. Della
Dogana. — Est ibi Thelonium, exigitur vectigal, ibique De
rebus venetis, in eundo, sic redeundo : Atque ibi Cagnano, et
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GOBfBNTI. 437
Butinicae nomea adexnptnm: Àtque hic est proprie Dantìs
iocuB ìlle Celebris. Là dove Sile e Cannati s'accompagna,
Namque, Silis sequitur transversus, Flumen ameenum ecc. » —
Ed il Ferreto sin dal 1329 o poco dopo cantava: Flumina
magna duo decorant nitidissima limphis. Fontibns innumerìs
Cagnantis cresdt ab Arcto, Non procul a muris, qnos iubens
molliter intrat. Maxima pars flnvii multos suscepta per arcus
Scinditur in rivos, et cunctas urbis in oras, Unde molitorum
pota plnrìma volTitur amni: Pars tamen bino illinc fossas in-
terfluit urbis. Inferiora Silus, Casacorba missus, ab axe Occiduo
yeniens, urbis secat arane profondo; Et subito cursu flumen
se jongit utrumque, Adriacoque mari socio vehit arane carinas,
Fertque suum nomen Silus , faaud Cagnanus in aequor. — Il
SUxa, V Emiliani Giudici, il GregoretH, il Rambaldi leggono:
E dove Sile a Cagnan s' accompagna. — V. Apostolo Zeno,
Epist V, 143, 150, 162, 180.
IX. 52. — Piangerà Feltro ancora la diffaUa DelT empio
suo pastor
Bagatta 00. Francesco, Interpretazione di un documento
e di un passo di Dante, Venezia, Merlo, 1873.
Il Bagatta vuole scagionare Alessandro Novello, vescovo di
Feltre, della gran di falla, appostagli da Dante. Perchè, ei dice,
accusare il vescovo Alessandro, mentre se egli teneva la giu-
risdizione di Feltre, il Podestà ne amministrava la pubblica
cosa, e il documento dice che i ghibellini Ferraresi erano stati
arrestati e detenuti per ordine di questo e del Comune? Il po-
tere giurisdizionale si confondeva nell'alto potere sovrano che
serviva a convalidare gli Atti delle autorità autonome, quaU
erano il Comune e il Podestà, non ad occuparsi dei singoli
casi; al giusdicente era riservata al più T appellazione.
Ecco il documento, registrato dal Verci sotto il n. 681.
Die Lune, quindecimo JuHi.
Curiis Antionorum et Consubim in Palatio minori Comm.
Taro, coram nobili viro dom. Albertino de Canoxa Potestate
Taro, ad sonum campane more solito congregalis, proposuit,
idem dom, Potestas et petiit sibi Consilium exhiberi, quid
fadendum sit super litteris et ambaxata exposita per dom,
Pignatonum de Pignatonibus prò se et sociis suis ambcuca-'
toribus dom. Pini de la Tosa Yicarii in dvitate Ferrarle et
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438 OOMENTI.
districtus ex parte dcm. Pini predieH, Cansiiii^ comunis et
hominum Ferraris dicto dom, Potestati et comuni Tarv,
Fu rimessa a* Consigli de' 40 e de' 300 colle solite formalità.
Die Lunsy XV Julii, Consilium ece, — Asevolus de Aide-
mario notaritis antianus com. Taro, prò se et sociis suis con-
suluit super dieta proposta^ quod ad insianiiam et peHtionent
ambaxatorum dicH dom. Pini in cimiate Ferrarie^ et comunis et
hominum Ferrarie^etipsi domini Pini, et comunis et hominum
Ferrarie ipsis ambaooatoribus dentur per comune Tarv, amàor
asatores solemnes, qui vadant Feltrum ad dom, Episcopum^ Po-
testatemi et comune Feltri in ea quantitate, secundum quod dom.
Potestati Tarv., et ejus curie videbitur convenire, qui dicant et
exponant dicto dom. Episcopo et Potestati et comuni Feltri
illa verba pulchra et decentia de habendo quosdam honUnes
Civitatis Ferrarie, qui capti et detempti sunt in Feltre per
dom. Potestatem et comune Feltri, qui asseruntur voltasse
perdere Civitatem Ferrarie su^pradictam in damnum non
modicum et gravamen Civitatis Ferrarie supradicte.
Fu presa, e furono eletti Gualperto Calza, Guglielmo Rava-
gnini, Francesco da Pranza, ed un altro eh' ò lasciato in bianco.
Yerci, Storia della Marca Trevigiana, Venezia, Curti, 1787,
voi. VII, Documenti, pag. 32, 33. — Vedi Man. Dant, voi. iv,
p. 419.
IX. 52. — La diffaUa Delt empio suo pastor, che sarà
sconcia Si, che per simil non sventrò in Malta. — ci Vi-
terbesi fecero una prigione oscurissima in un fondo di torre,
allato alla porta di ponte Tremoli, la quale era chiamata la
Malta, ove il papa metteva i suoi prigioni. » — Nicolò della
Tuccia, Cronaca inedita di Viterbo, all'anno 1255. — Spero
che i commentatori, dopo letto questo passo, muteranno parere,
e non diranno più che Dante col nome di Malta volesse desi-
gnare un ergastolo, in riva al lago di Bolsena, ove si rinser-
ravano i cherici rei di capitali delitti.. . . Sulle rive dell'ameno
lago di Bolsena non è traccia di questo ergastolo. Solamente
v'ha il fiume Marta, il paesello Marta, e in mezzo all'acqua
r isola Mariana, la quale con la sua forma scogliosa e con le
bieche memorie della vergine Cristina, ivi rilegata dal padre
e dalla regina Amalassunta, &tta strozzare dal suo figlio Teodato
nel bagno, secondo che suona la fama. . . . Ben a ragione l* ut-
y Google
COIfBNTI. 439
S^me scoglio a eò trasse la mente di coloro, che-TÌdero nel-
r Alighieri segnata col nome di Malta una triste prigione. Ma
forse non pensarono che storpiando la voce di Malta e mutan-
dola in Marta per ìsforzarla alla vera denominazione di quel
luogo faoeano ingiuria a Dante, il quale (e oramai è cosa voi-
g-are) non si fece mai signoreggiare dalla prepotenza della
rima. Con questa nuova interpretazione fondata sul passo della
citata cronaca, vengono rifiutate tutte le altre, cioè della Malta
sul lago di Bolsena, come voleano il Vellutello e il Landino e
gli altri che li seguirono; della Malta sul lago di santa Cristina,
sfondo Benvenuto da Imola; e della Malta di Padova, et tunc
fixctus futi mortalis career in Cittadella, nominatus la Malta
fChronic, patav. apud Muratori, An, ItaL iv, p. 1139, Ad ann.
1251). Alla più comune chiesa si oppone il nome di Marta
anziché di Malta: a quella della torre di Padova il tempo in
che vìveva Dante, perchè la repubblica di Padova, sterminati
gii Ezzellini, avea &tto per certo dimenticare air Italia la crudel
prigione del tiranno. Eppure chi pensi che in que' versi parla
Cunizza sorella di Ezzellino, quasi quasi inclinerebbe a sospettare
di quella torre di Padova, se Nicolò della Tuccia non recidesse
ogni questione. •— Ciampi Ignazio, Un Municipio nell*età di
Dante Alighieri (Strenna del Giornale < Arti e Lettere » p. 52).
— Il Ciampi cade poi nell*en*ore che il V?ocovo di Feltre
fosse Gorza di Lussia, anzicchè Alessandro Novello. Alessandro
successe nel 1299 al vescovo Aldagerio, e nel 1314 vi era tut-
tavia ; da Ceneda vi fu poscia tramutato Manfredi di Collalto,
che ne prese possesso il 5 Feb. 1321 ; ma aspramente combattuto
dalla parte che studiava p^r Gorza di Lussia, Canonico ed
Arcidiacono di Feltre, gli fu forza lasciare il posto. Quantunque
da prima si opponesse il Pontefice alla nonùna del Lussia, più
tardi ottenne il suo intento, e da incontestati documenti m'ò
noto eh* era vivo nel 1347.
IX 70. — Per letiziar fulgor s* acquista Si come riso qui,
ma giti s* abbuia. — Giù in questa terra, e non come vorreb-
besi da molti cementatori all'inferno. Todeschini.
IX. 73. — jDio vede tutto, e tuo veder s^ inluia, -« In cielo,
là dove è la massima comunione delle intelligenze che tutte si
vedono, s* intendono, sdamano nella intelligenza suprema da
loro contemplata e goduta, è chiaro come 1* inoggettivazione
y Google
440 OOMBNTI.
tanto dell' uno neir altro beato, quanto di tutti i beati in Cri
e in Dio, dee toccare un grado che eccede ogni immaginazi<
terrena. Non isfuggl si intima e alta partecipanza di pensi
e affetti gaudiosi al teologo poeta, che ad esprimere il trasp
tarsi d*un Io nel te, nel me, nel sé degli altri, creò nu
parole, i verbi intuarsi, immiarsi, inluiarsi, inleìarsi, itu
larsiy imparadisarsi, indiarsi, inverarsi, riflettere i pens
in altrui, panderli, rifonderli come raggio, ecc.; verbi
signifìcano altrettanti atti speciali dell* inoggettivazione, e j.
babilmente al Rosmini furon richiamo a creare il verbo gè
rale inoggettivarsi, inalirarsi, che significa tutta intera qa<
fecoltà. Par. ix, 73 e 81 ; ecc. Perez, 507.
IX. 82. — La maggior valle, ecc. — Il poeta, immaginai
come di vedere formarsi la più grande fessura della snperf
terrestre, in cui spandasi T acqua fuori dell* Oceano, ch%
mare da cui è circondata la terra; dice che quella vallea
discordanti Uti, fra lidi affatto diversi, quali sono, per m
riguardi, le coste di Europa, di Africa e d* Asia, bagnate dj
detta acqua, centra 7 sole tanto sen va, tanto s* inoltra da
nente a levante, in opposizione al moto apparente diurno
sole, procedente da orto ad occaso, che fa meridiano che
la sua estremità orientale determina un meridiano, perchè
ogni luogo della superfìcie teirestre corrisponde un meridia
là dùce V orizzonte pria far suole là ad oriente, dove prii
o in principio, o rispetto all'origine della gran valle nell'
ceano, suol fare l'orizzonte. — Premessa questa traduzi<
letterale della splendida pittura del mediten*aneo, il P. Ad
nelli vuole che Dante intendesse di prolungare la distesa
nostro Mediterraneo in fino al mare di Arai, perchè si aggii
il computo de' novanta gradi di latitudine assegnati dal Po
fra' due lidi opposti di quella valle. Due sono gli argomei
delle prove di lui : uno fermato suH' opinione di alcuni anti
geografi , fra' quali Arriano , e l' altro sopra alcune modei
osservazioni geognostiche. Ma il chiar. sig. Caverni, con ape
ragioni , combatte le dimostrazioni del P. Antonelli , e riti<
che il poeta graficamente cadesse in errore, da compatire,
si pensi quanto fosse arduo problema agli antichi queUo di
longitudini. Ma l'errore di Dante e la differenza deU'opini(
sua con quella di Tolomeo venne forse dall' ammettere ch<
y Google
COMENTI. 441
meridiano centrale passasse per Gerusalemme e non per mezzo
il JPersicus sintis, come Tolomeo credeva. Cosi facendo Geru-
salemme centro della terra abitabile e ammettendo co* geografi
de* suoi tempi che la si stendesse da una parte e dall'altra
del meridiano principale per novanta gradi e che avesse ì ter-
mini suoi nello stretto di Cadice e nei lidi della Spagna, veniva
necessariamente ad assegnare novanta gradi di differenza fra
i due lidi opposti della valle nostra mediterranea. P. Antonelli,
p. 29; Cavemi, La Scuola, Voi. i, p. 176.
IX. 94. — Folco mi disse quella gente. — Folco, o FolchettOy
della nobile schiatta dei Cappello, fu figliuolo di un Alfonso che
avea stanza in Marsiglia. Si piati lungamente intorno al luogo
del nascimento del padre della gaia scienza, il nome e le ser-
ventesi del quale correan di quei di sulle bocche di ognuno.
Come qui Dante anche il Petrarca scioglie ogni dubbiezza:
Folehetto che a Marsiglia il nome ha dato Ed a Genova tolto.
Di Folehetto, v. Celesta^ Petrarca in Liguria, p. 57.
X. 4. — Quanto per mente o per occhio si gira. — Delle
cose tutte sia ch'esse cadano o non cadano sotto i sensi; T oc-
chio, come il più vivo dei sensi, abbraccia pur nella sua signi-
ficazione tutti gli altri. Perez ^ 183.
X. 19. — E se dal dritto piit o men lontano Fosse il
partire^ assai sarebbe manco E giù e su dell'ordine mondano.
— Per ordine mondano è inteso Y ordine di sola la terra e
non di tutto l'universo; e ohe il senso della parola mondo sia
ristretto alla terra appar dal contesto. Negli avverbi su e gii^
intendonsi accennati i due emisferi terrestri, tra i quali il sole
continuamente sale e discende. Camillo, (Caverai), La Scuola,
1873, n, 61.
X. 98. — Ed esso Alberto È di Cologna.... -— Alberto
Magno di Svevia, nato il 1193, morto il 1280 a Colonia. Fu
a studio in Pavia. Egli ebbe, per que' t^mpi, scienza prodigiosa,
e intravide molte verità superióri a' tempi , neir osservazione
della natura, benché mescolate a ipotesi vane. L' Haureau mo-
stra che già in Alberto v'ò la sostanza di tutto ciò eh' è in
S. Tommaso. ... V. A. Conti, Storia della Filosofia, ii, Lez. vi,
p. 117 e seg.
X. 106. — V altro eh* appresso adoma il nostro coro^ Quel
Pietro fu,... — Nacque a Lumellogno, sul Novarese. A' tempi del
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442 COMENTI.
Cotta, ancora ivi mostravasi con venerazione a' forestieri un'm
cameretta a pian di terra, situata nel maschio del castello
avea servito di abitazione ai poveri genitori di Pier Lomba
Jacopo da Acqui ci fa sapere nella sua cronica, che qii€
fiiit filitis pauperrimi viri et mulieris, et vadens ad sch
serviebat schoUxribus, et mater ejus tarxibat schoìaribus
misias , et ipsi pascebant et docebant fiUum suum. — 1
Lombardo nella sua prima giovinezza fu di cosi tardo e r
ingegno, che non poche volte ebbe ad essere il tema «
mordaci burle de' suoi condiscepoli. Già grandicello si recò
studio di Novara, poi a Bologna; di là a Parigi, ove v
festevolmente accolto da Gilduino, abate di S. Vittore, al <]
era stato raccomandato da S. Bernardo. Datosi a frequei
le scuole di quella metropoli, tutti gli altri sorpassò col
ingegno; ed una tesi pubblicamente sostenuta, intorno
virginità di Nostra Donna, gli procurò il titolo di Lettoi
Teologia, indi di Presidente della Sorbona. Mentre di gi
esercitava in mezzo alla universale ammirazione un cosi
vole incarico, nel silenzio delle tenebre commentava i Sa
di Davide, le Epistole di S. Paolo e dava mano al fEunoso
delle Sentenze, a trattati di fisica, di metafisica e di medi
gettando cosi lampi di vivissima luce nella notte profond
Medio Evo. Notevoli sono nel proemio le modeste parole,
quali il nostro Pietro ofire alla Chiesa il suo libro delle Sente
cupienies aliquid de tenuitate nostra cum paupercula in
zophilacium domini mittere, eie. Alle quali parole allu
verso: Offerse a Santa Chiesa il suo tesoro, — Nel Ile
promosso al vescovato di Parigi; vi mori nel 1161. — V
sepolto, siccome aveva desiderato nel coro della chiesa e<
murana di S. Marcello, e sul suo tumulo leggesi : Hicjacet Pt
Lombardus Parisiensis Episcopus qui composuit librum
tentiarum, Glossai psalmorum et Epistolarum, cujus o
dies est XIII Kal. Augusti^ nel qual giorno, al dire del '
boschi, tuttora se ne celebra T anniversario, a cui degg
intervenire i Baccellieri dell' Università. — C. Morbio.
L'opportunità del libro di Pietro Lombardo, il Maestro
Sentenze, scrive A. Conti, spiega la celebrità si generale
durevole: tanto durevole, che i soldati francesi del 1793 s
dendo in Italia, con tanta nausea di cose passate, con t
y Google
COMBNTI. 443
Qsofiferenza di religione e di preti, voller visitare la casa del-
' antico lor vescovo.... Pier Lombardo diede l'opera sua in
[uattro libri; e parla nel primo di Dio uno e trino; della crea-
ione nel secondo; nel terzo della redenzione; del regolato
'ivere o della Chiesa neir ultimo. . . . Abbiamo perciò la teologia,
* antropologia e la morale, distinte nella parte^filosofica e nella
*ivelata, ma unite in un sistema, perchè unico è l'autore della
'ede e della ragione. Ecco T opera di Pier Lombardo ; ecco
altresì la Sonmia di Alessandro d' Hales, d' Alberto Magno, di
)an Tommaso ; ecco pure la Divina Commedia di Dante. A .
Contty Storia della Filosofìa, P. ii, Lez. vi.
X. 99. — Ed io Tomas d'Aquino. — Di S. Tommaso. V.
Conti, Storia della Filosofia, ii, Lez. vii, Srui, ix, x, xi; e il Cente-
aario di S. Tommaso d'Aquino; Cose di storia ed arte, 409;
Bautnann /. /. prof. nelF Univ. di Gottinga, La dottrina politica
[li S. Tommaso d'Aquino il Magno teologo e filosofo della Chiesa
Cattolica tratta dalle di lui opere, ecc. Lipsia, 1870; Id. Divi
Thomae aquinatis opera et praecepta quid valeant ad res ec~
clesiasticas politicas, Commentatio literaria et critica, Berlino,
1875, ecc.
X. 120. — Del cui latino Agosiin si provide. — Dante cercò
(d'Agostino, aquila dei teologi), il suo maggior volume con
grande studio, e ne trasse, non ch'altro, il principio sommo
della sua Commedia, la partizione delle due città terrestre e
divina , secondo che l' amore s' appunti neir uomo o in Dio.
Franciosi, Gregorio, vii, giudicato da Danie^ Scritti Dante-
schi, 14.; Y. Id., Le ragioni supreme delV Istoria, secondo la
mente di Dante Alighieri, Scritti Danteschi, 54 e seg.
X. 127. — Lo corpo ond* ella fu cacciata giace Giuso in
Cieldauro. ... — Severino Boezio ( Anicio Manlio Torquato ) ,
scrive A. Conti, congiunse la tradizione dei filosofi antichi a
quella de* Padri, divenne l'esemplare de' Dottori, che trovarono
in luì e le forme sillogistiche sev^e e V andamento platonico ,
e la sentenza delle dottrine greche e latine, purificata da San-
t* Agostino, e il* procedere per molte distinzioni, e il magistero
continuo dell'autorità, caratteri della scolastica. ... (1). Però
(1] < Per te, acrìvea a Boezio Gassiodoro, si leggono dai Romani nella
natia loro lingua la musica di Pitagora, l'astronomìa di Tolomeo, l'aritme-
tica di Nioomaco, la geometria di Euclide, la logica di Aristotile, la meo-
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444 OOMENTl.
Dante fra' Dottori che gli sono mostrati nel cielo da S.
maao e poi da San Bonaventura, si ferma con più am<
Boezio. ... II nome di Boezio fu tale per sé da prooa<
grande autorità. Teodorico, re ostrogoto, per barbaro a,v
civile assai; e, la romana civiltà emulando, temevane ic
la memoria ed il nome ; tanto più che, Ariano, col der
s'affiatava. Boezio, de* primi di Roma, tenne le sonune d
di Console e di Prefetto; ma caduto in disgrazia, perchè
salo di rivolere l'antica libertÀ, andò in esilio, poscia
nella ton^e che di lui ebbe nome (1), strozzato (525) nel
Calvenzano di Pavia, ossia in quello spazio di terreno s
bano ov*era l'acquedotto di Calvenza. Sepolto nella B
di S. Pietro, in Cieldauro, si tenne celato il sito per ten
fossero sottratte le spoglie riverite. Ne scopri il deposi!
722, il re Luitprando, che gli eresse un modesto monui
Quivi pure lo stesso re, nell* anno successivo, trasportò il
del grande dottore S. Agostino, riscattato a prezzo d'ore
mani dei Saraceni in Sardegna (2). Profanata nel 1799
silica di S. Pietro, i preziosi avanzi dell' eminente filoso^
stiano vennero trasmutati nella cattedrale, e nel 1844
in un elegante urna, munita di cristalli, sotta la mens
l'altare mrggiore. — L'egregio Prevosto cav. Giov. 1
pubblicò lodatissime memorie intorno a Boezio, tra le
mi piace ricordare quella sul Cattolicismo dì Boezio (
Fusi, 1867); e T altra sult autenticità delle sue opere ti
canica di Archimedei e tutto ciò che intorno alle scienae ed alle a
scritto da molti Greci, tu solo hai donato a Roma, recato in lingula
e con tal eleganza, e con tal proprietà di parole hai tradotti ' tai lili
i loro stessi autori, se Tuna e 1 altra lingua avessero saputo, avi
avuto in pregio il tuo lavoro. »
(1) Sorgeva essa nel largo della breve contrada di Porta Palaci
dalla Piazza del Castello metteva alla Basilica, ora soppressa, di S,
in del d*oro. Rovinò il 18 Maggio 15Si.
(2) Avresti veduto^ « scrive il Petrarca a G. Boccaccio, dolendo
raboia visitato a Pavia,» dove sortisse Agostino la tomba, e fi-
prima r esilio indi la morte : i quali ora in due urne sotto uno stes:
riposano con re Luitprando, che il corpo di Agostino dalla Sardeg
oui trasportare. Pietoso e devoto consorzio d* uomini grandi, per 1
airesti aver voluto Severino farsi ad Agostino seguace, e compagi
membra dopo la morte, come in vita seguirlo si piacque collo ing
colle opere, e con quella spezialmente che dopo lui scrisse intorno la '
E chi non bramerebbe accanto a que* santi e dottissimi uomini
r ultimo suo riposo? Sen, v, 1. — Anche il corpo] di S. Agostine
dalla Basilica di S. Pietro trasportato alla cattedrale di Pavia, sicch<
oggidì le ceneri di Agostino e di Boezio riposano sotto uno stesso
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CX)BIBNTI. 445
? (Pavia, Fusi, 1869). Ed è notevole, come celebrandosi a
ivenna, il 24 Giugno 1865, V incoronazione delle reliquie di
inte Alighieri, il clero di Pavia, rappresentato dal degnissimo
3 Vicario capitolare, mons. Vincenzo Gandini , memore del*
»nore reso da Dante al grande filosofo Boezio , fece tenere
Sindaco di Ravenna il seguente telegramma: // Clero di
wia dalVuma di S, Severino Boezio filosofo^ Senatore ro-
zno e martire del dogma cattolico ^ manda alla tomba del
lui encomiasta Dante Alighieri^ sublime assertore della
Uolica verità^ un riverente affettuoso saluto, — La Basilica
S. Pietro in Ciel d'oro venne pure ricordata dal Boccaccio
He sue Novelle (Gior. x, n. 9). — Barberini^ Crìtico-storica
posizione della vita di Severino Boezio, Pavia, 1782. — Comi
ro^ Memoria storica sopra Severino Boezio, Venezia, 1812.
• Reale Agostino, Ricordanze della vita e delle opere del pro-
adif^simo in dottrina, patrizio e consolo romano, onorato col
olo di Santo, Pavia, 1841. — PuccinotH prof. Francesco, il
>ezio ed altri scritti storici e filosofici, Firenze, 1864. —
Hlanesi Carlo, il Boezio e TArrighetto da esso pubblicati,
reiize. Barbèra, 1864. — Conti Augusto, Severino Boezio, Storia
(Ha Filosofia, Voi. ii, Lez. v. — Biragki, Boezio, filosofo, teo-
g^ e martire. Milano, 1865. —Dell'Acqua Carlo, Severino
>ezio. Profilo storico-biografico. Pavia, Fujii, 1873. — Baur
ustat) Adolf Ludwig, Boetius ifhd Dante, Leipzig, Edelmann,
n3.
X. 131 . — D* Isidoro, di Seda. — Il venerabile Beda, edu-
ito ne' chiostri de' missionari di Gregorio, potè comprendere
i' suoi libri e grammatica e fìsica e astronomia e filosofia e
ografia e lettere e commentarii e omelie. A. Conti, Storia della
ilosofìa n, Lez. ii, p. 31.
X. 136-8. — Essa è la luce eterna di Sigieri, Che leggendo
jl Vico degli Strami, Sillogizzò invidiosi veri. — Siger de
Durtray, che fu uno dei primi discepoli di Roberto Sorbon,
di cui rimanevano parecchi trattati filosofici manoscritti nel-
antica biblioteca della Sorbona. Egli fu decano delia chiesa
)llegiata di Notre-Dame. Questo Sigieri del Brabante è nomi-
ito dallo storico dell' Università di Parigi, Egasse de BouUay
fli anni 1271-75. Testimonianze assai vantaggiose alla ripu-
alone di lui rinvenne il Le Clero in uno scritto anonimo,
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446 COMBNTI.
compreso nella raccolta degli storici latini delle crociate , ^
blicata dal Bongars col titolo: Gesta Dei per Franeos. L^anton
che sembra aver scritto intorno al 1306, nomina Sigeri a caos
a S. Tommaso ; « item ezpediret, quod quaestione
baberent estractas ex libris tam fratria Thomae, qoam
et aliorum doctonim. » E qui nota lo stesso Le Clerc, che ne'
noscritti della Sorbona si legge precisamente il titolo di Qua
sHones Naturales, a capo di una delle opere di Sigieri. In
altro luogo il suddetto anonimo cita il nostro professore
queste parole : € praecellentissimus doctor philosophiae, cuj
eram tum discipulus, magister Sigerus de fìrabanbia. > V
circostanza notabilissima, che il Le Clerc ha tratto dagli stonici
domenicani Quétif ed Echard è, che Sigerò di Brabante fa
accusato di eresia nel 1278 dinanzi al tribunale del domenicana
Simone du Val, inquisitore nel regno di Francia, reaidecti
allora a S. Quintino, e eh* egli fu assolto. ... Le parole siilo^hsò
invidiosi veri, ci additano abbastanza, che Sigieri era beo^
cattolico sincero, ma di franche e ardite sentenze contro ^lì
errori e gli abusi: ragione questa, s*io non isbaglio, della lode
particolare tributatagli dell' Alighieri. — Todeschini.
X. 137. — Vtco degli strami. — Fr. Petrarca nella lettert
prima del libro ix delle Senili lo chiama: Fragosus straminup*
vicus. — 11 postillatore cassinense nota: locus Parisiis ubi suni
scholae philosophantium. Glfiamavasi quella strada n€e de
Fouarrcy vicino alla piazza Maubert, e corrispondeva a età rf<rfe
Paglia^ « denominazione presa dalla consumazione che ne faceana
i discepoli della Università, posta una volta in quella contrada,
i quali vi sedevan sopra nelle loro scuole, non usandosi in
quei tempi sedie o banchi nemmen nelle chiese, che s' ingiun-
cavano air uopo di paglia e di erbe odorose. » Saint-Fois.
Essais historisques sur Paris. — Il Signor Amedeo Berger
(Journal des Dóbat, 25 Maggio 1858), vuole che in quella strada
appunto abitasse Dante Alighieri, quando nel 1308 dimorò io
Parigi.
X. 139-44. — Indi, còme orologio, che ne chiami NelTora
che la sposa di Dio surge, ecc. — XIV. 13. — E come cerchi iti
tempra d* orinoli,. . — € Dante, entrato nel Sole, è tolto in mezzo
da una corona di beati, che dopo tre giri con canto d'ineffabile
dolcezza si arrestano per intrattenersi con lui : indi fatto pausa al
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COMENTI. 447
*£Lgìoiìare, e come richiamati Ha segreto invito a quel lor rito di
it.ernal tripudio, a quel carolar osamiando, muovon di nuovo
il quanti armoniosi g^ri per tosto fermarsi a riprendere il ragio-
1 Amento al luogo che ciascuno primamente occupava. Ed è questo
Lzistantaneo torneare del coro celestiale, e fermarsi sui compiuti
jiri, che suggerisce al poeta il giuoco del terrestre orologio;
d (lice che vide que' beati muoversi circolarmente accordando lor
^oci, come (si vede muoversi) orologio, che ne desti ed inviti al
Mattutino, Tuna parte del quale tira e spinge T altra producendo
tàntinno di soavissima nota : con che rischiara per immagine due
203e, Tatto e la circolar figura delle beate danze, e l'armo.-
qìoso ritmo del canto onde quelle avean tenore e misura; la
prima colia sola menzione dell' orologio , la seconda con tutto
quel che segue. Ma è del nostro, o di siffiitto orologio, che
Dante avrebbe affermato quel muoversi visibilmente in giro ?
è ne* suoi complicati e perpetui circoli che avrebbe riscontrato
i pochi e risoluti della celeste carola? e come poi troverebbe
pareggio o riscontro nel nostro quell' armonia inseparabile dal
moto, la quale unione fece Dante sentir nel suo? No, Toro-
Loglio nella comune accettazione qui punto non quadra ; e benché
non sia da noi determinar la struttura e la forma delT orologio
di Dante, siam costretti a vedervi, almen per la parte ch'era
scoperto ed a vista, un composto di alquanti cerchi, tra quali
uno principalissimo che rotean«io a tempo dato produceva ar-
monioso tintinno, e che era precipuamente chiamato orologio,
perchè con quel suono segnava un' ora della giornata, e perchè
il dare alla parte principale e visibile il nome del tutto è
sineddoche popolare. Quest'idea è suggerita da quella ^/on'o^a
ruota, che cosi chiama Dante il circolo de' beati con metafora
tratta dalle viscere della similitudine, posta di contro all'oro-
logio, il quale però, a dover stare il paralello, non può qui
essere quel collettivo farraginoso di ruote, d' ingegni e di leve
che noi sappiamo; quel coro, che era uno, non poteva essere
agguagliato che a cosa semplice. ... I suoni di (jUelT orologio
erano musicali : perocché né Dante, né altri sul grave, avrebbe
tratto esempio di dilettosa armonia dai monotoni tocchi del
mai^tello cronometrico sul bronzo sonoro , nò de' medesimi
asserite quella tanta efficacia Il perché dobbiamo riconoscere
nell'orologio di Dante un carigUone, adii* con termine usato,
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448
un oonoerto musicale loniiato A rampaiwlle temprata ao di^
rene note, che scosse per gioooo di quelle mote rendevaik
armonioso ritmo. Anzi immagìniamori mia rwita temala ài
circoli concentrici, cogli archetti del circolo eaiemo rag^giat^
a stella: e circoli, e raggi che nel girare mostrano cacciarsi
e inseguirsi Vun T altro, gnemiti di campanelli ne, ed avremq
il senso e la lettera de* citati passi di Dante. . . . Dovendo po|
la similitudine serrire alia dignità del soggetto, e somma esn
sendo la difficoltà di rinvenire in terra con che dar riaaltd
alle merat'igiie del cielo, il poeta si consigUa colla Religione^
musa che non fece mai difetto a chi le fu come Dante devoto :
appresenta al lettore que* cerchi sonori, che movendosi a dato
tempo da sé pareano aver senso e vita: gli adduce aU'oreccliìoi
un eco di quel mattutinal concento a cui si accordava T inneggiai!
della mistica sposa ; e colla rimembranza e quasi col senso dì
quel sacro tripudio di suoni e di canti raccosta sì, che più
Wcino non si potrebbe, agli inefiabili osannari delle celestiali
carole. E però di quel che abbiam detto su cotesto orologio
si accetti pur soltanto quello che par più vero, che necessa-
riamente si deduce dai suoi dichiarati effetti, sempre aarà an-
che di soverchio per finalmente conchiudere che es60 altro non
era che una Sveglia con cariglione^ la quale rimontata a tempo
faceva udire ad ora previamente determinata un dilettevole
concerto di campanelle: tornava acconcio a segnar con essa
r ora della mattu tinaie salmodia, di più non era capace. — G.
Affuilhon, Delle ore innanzi Torologio, p. 52-59.
XII. 10-15. — Come si volgon per tenera nube..,.
Della Vali^ Gio., Memorie sopra due luoghi della Divina
Commedia spiegati colla fisica moderna. Faenza, Novelli, 1874.
Rispetto all*arco baleno interno ed esterno, Dante si espresse
come al suo tempo s* insegnava nella fisica. Non ò vero per-
tanto che da quel d* entro nasca quel di fuori, comd dal suono
diretto nasce il riflesso, come V eco. Ma il poeta parla al senso,
ed è bellissimo il paragone, che egli fa tra i due archi baleni,
e i due suoni diretto e riflesso, perchè al senso nostro pare
proprio cosi com'egli dice.
XII. 49. — Non molto lungi al percuoter delC onde Dietro
alle quali, per la lunga foga. Lo Sol tal volta ad ogni uom
s* asconde, — Il Caverni combatte le interpretazioni dateci dal
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OOBOSNTI. 449
P. Ponte e dal P. Antonelli. Il primo tiene che per la lunga
fiìffa s* abbia a intendere V arco di parallelo descritto dal Sole
sul nostro emisfero nel solstizio d'estate, e lo chiama lungo
rispetto agli altri due paralleli più brevi descritti neirequinozio
e nel solstizio invernale. L* avverbio talvolta lo riferisce all' oc-
cultarsi che fa il Sole ad ogni uomo quando tramonti a' lidi di
Spagna, ciò ch'avviene, die' egli, nel solstizio di estate. — H
P. Anton^li tiene, che per la lunga foga debba intenderai la
superficie dell'Oceano e Taw. to/t70^ riferisce all' occultarsi il
Sole sotto alcuni punti di un particolare orizzonte , come sa-
rebbe giusto, il golfo di Guascogna, ciò che avviene, die' egli,
in tempo del solstizio estivo. Il Gaveml invece interpreta: Non
molto lungi al percuoter dell'onde, dietro alle quaU, per la
lunga foga, ossia a cagione della loro ampia distesa, incur-
vandosi il Sole si nasconde. Talvolta si debbe riferìre a una
particolare circostanza del nascere di lui là nell' estate, quando
suole talvolta sorgere piii limpido e folgor&nte, ciò eh' è poten-
temente dichiarato dal Tommaseo in queste brevi parole : Raro
è che sia tutto puro, in cielo puro, alle quali il Cavemi vor-
rebbe si aggiungesse: di estate quando talvolta è tutto puro
iti alcuna delle piii serene mattine,
Xfl. 99. — Qtiasi torrente ch'alta vena preme. — In questo
verso intendono alcuni delle pressioni idrauliche. La rivelazione
non sarebbe avvenuta se avesse detto spreme. Ma è una com-
passione a pensare che la forma di un verbo possa inchiudere
una notizia, cbe non si rìvelò chiara al Galileo^ né al discepolo
di lui, r idraulico Mìchelini, a cui l'ignorare quel principio
delie pressioni idrauhche viziò il trattato celebre della Dire-
zione de fiumi, Caverni.
XII. 99-101. — Torrente,,, pei^osse V impeto suo, più
vivamente quiviy Dove le resistenze eran più, grosse. — Nota-
bile, dice il Caverni, è questo luogo^ nel quale accennasi a una
legge idraulica, che trova il commento suo nel libro celebre
del Guglielmini (Della natura dei fiumi, C. iv).
XII. 127. — Io son la vita di Bonaventura. — Può con-
siderarsi come il Platone degli 'scolastici. Nacque da Giovanni
Fidanza e da Ritella il 1221 in Bagnarea, cittaduzza toscana
tra Viterbo a occidente, e Civitavecchia a levante. A 21 anno
si rese Francescano; fu generale dell'Ordine suo; non volle
29
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450 OOMBNTt.
r Arciv68cov»to dilork; acoettò il cardinalato per obbedì
Moli nell'anno del Concilio di Lione, quando moii San
maso, più giovine di lai tre anni. Non intende a piano i
di Bonaventura , chi non ù £a T idea d* un animo tatto
rezza e purità ; per tale V ebbero a* suoi tempi. San Tomma»
r amò, entrava un giorno nella cella di lui che dettava h
di Francesco poverello ; Bonaventura non udì, e Tommaso
rente si ritrasse , dicendo a' compagni : lasciate che un
scriva d' un altro s auto. E queste amicizie di cuore, di sa
di dottrine, d* istituti, rappresentava Dante in Paradiso,
che Tommaso canta di Francesco, e Bonaventura can
Domenico: i due Patriarchi che Tarte italiana effigiò si s
abbracciati. In queste memorie de' tempi è il comento pit
de* libri d'allora; più vero quanto più poetico; più p
quanto più amoroso. A. Conti, Storia della Filosofia, n,
127 ; Id. // Centenario di San BonaventurOj Cose di Stc
d'arte 415. — 11 Prof. A. Rossi ci diede tradotto Vltim
della mente di Dio, che il Gerson diceva non un opuscoli
un* opera immensa, superiore ad ogni umana lode.
XII. 133. — Ugo da S. Vittore è qui, — Lubin A., Aa
che corrono tra il Sermone 28 de Babylone fUffiendOj il \
Civitate Sancta EierueaUm, ed altri opuscoli di Ugo da S. V
e le due Prime Cantiche. -* Allegoria Morale EcdeMas.
tica nelle due prime Cantiche, ecc. Gratz, Kienreich, ISò'
XII. 137. — Anselmo. ->- Di Sanf Anselmo e della sui
trina, veggasi Augusto Conti, Storia della Filosofia, u, L
quinta, p. 102-107. Il prof. A. Rossi ci diede tradotti il J
logio, il Proslogio con la sua Apologia, preceduta dal
di Gaunilone monaco, suo rispettoso oppositore, e il JD
intomo alla Verità, Firenze, Le Mounier, 1864.
XIII. 1 . — Immagini chi bene intender cupe — Le
disegnanti il Carro, guida a' naviganti, sovvengono a Da
nobilissimo uso. Volendo egli comporre una corona a
una immagine benché languida de' vivi splendori de' ventiqi
spiriti beati, che gli menavano una danza di luce all' in
a quindici le più belle stelle che si potessero raccogli
tutto il cielo vorrebbe si aggiungessero tutte quelle del C
alcune delle più lucenti dell'Orsa minore. Il P. Antonelli voi
che delle nove, che mancano alle quindici per fornire il ni
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COBABNTI. 451
delle yentiqnattro, a^te si prendessero dal Carro e T altre due
dalle due più brillanti dell'Orsa Minore, le quali restano alla
bocca del corno effigiato da questa costellazione. Al Caverni
sembra nulladimeno che non si facesse buona scelta a .quel
modo, né secondo V intenzione di Dante. Osserva, in primo luogo,
come non sia vero che le due più brillanti dell* Orsa Minore
sieno alla bocca del corno; perchè la seconda ò segnata d nel
sistema di Bayer, e la ò non è già alla bocca del corno, ma
al padiglione. Osserva inoltre come quella scelta consigliata
dall' Antonelli sia contro V intenzione di J)ante, il quale del
Como non vuole se non la bocca, che è una stella sola, la polare.
E con ragione, gli sembra, essendo Va della costellazione. Ai
sette Trioni, poi, se aggiungasi Arturo, la lucidissima di Boote,
che pure poteva essere da Dante compresa nel Carro trovan-
dosi giusto air estremità del timone, avremo otto stelle, alle
quali aggiunta la bocca del Corno faranno nove e colle altre
quindici ventiquattro, quanti erano i Beati nel Sole coronanti
Beatrice e Dante. — • Caverni, La Scuola, 1872, i, 180.
Vni. 1. — Immagini chi bene — Il parlare figurato,
quando si usi opportunamente, non inganna o sturba colle
inoagini- eh' esso offi^, V intelligenza, ma air intelligenza stessa
fa servire le immagini, incatenandola, dirò così, ad esse, come
a riparo saldissimo, perch'ella non trascorra e si smarrisca.
Dante significa questo uffizio del parlare traslato o imaginativo
ne* succitati versi che valgono un trattato dell' uso dell' ima-
ginazione. Perez, 156.
Xni. 6. — C?ie soverchia deW aere ogni compage. — V. la
nota. Par. n, 78.
XIV. 1 12. — Cosi si veggion qui diritte e torte. Veloci e
iarde, rinnovando vista, Le minuzie de* corpi, lunghe e corte, . . .
— Osservando il raggio onde si lista l' ombra &tta da una
finestra o da una stoia o da una persiana o da altro che, per
difesa, l'arte e l'ingegno opponga al Sole, dentro alla camera
divenuta oscura, ai presentano allo spettatore molti fenomeni;
e di tutti questi rende scientificamente ragione il Caverni. La
Scuola, 1873, V. i, p. 29 e 63.
XV. 74. — Dante disse Dio prima EguaUlà a somiglianza
di Platone che lo chiama nel Fedone avtò to isu. — Ciò che i
Greci e segnatamente Omero dicea uguaglianza (ise, isotes).
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452 coMsm.
cioò sufficienza delle cose, frase che Dante mutuò chiamando
Dio prima egualità ^ doò perfettissimo e sufficientisaizno a sé
medesimo secondo V infinita sua natura. V. Lcmonaco, Dante
Giureconsulto, p. 12 e 73.
XV. 14. — Discorre ad ora ad or subito flMCo — E pare
stella che tramuti loco. — Que' fuochi accesi nell' aria ( fatui )
noi diciamo stelle che si tramutano. Mont. di Siena. — Oiuìiant\
Saggio di un Diz. di Volgare Toscano, 412.
XV. 97. — Fiorenza^ dentro dalla cerchia antica, Ond'e/kt
toglie ancora e terza e nona. — In interiori circalo est ab-
batia monacorum S. Benedicti, cuius ecclesia didtur S. Stepha-
nus, ubi certius et ordinatius pulsabantur horae quam in aliqua
alia ecclesia civitatis. Bent>enuto da Imola. — Ab Eccles?ia
Sanctae Mariae Ughi, cujus campanae sono aliae ecdeaìae
Florentinae pulsantur ad horas. — Annotatore Anonimo ad
antico e sincrono codice della Divina Commedia conservato
neW Ambrosiana (C. 198). — 'L'onde non si deve rappiccare
ali* an&'ca cerchia, ma al d.ntro, od all'abitato che la cerchia
abbracciava. L'Aguilhon non ritiene il poeta voglia alludere alla
chiesa de' Benedettini chiamata Badia di que* tempi € piccola e
disorrevole, > che trova vasi dentro e rasente T antico ridnto di
Firenze. Se si può aggiustar fede a G. Villani essa non ebbi*
campanile prima del 1330, nel qual anno s*alsò e compiè a
spese del comune. — La pretesa esattezza dell' ore inchiude la
regolarità esemplare negli ecclesiastici uffici, e che a Badia non
ci fosse, avvi l'autorità di Matteo Villani (1. 8. e. 6) e di Ben-
venuto da Imola. Egl' inclina a ritenere che il poeta qui accen-
nasse alla chiesa metropolitana che di certo suonava le ore,
aloLzi dovea essere indice e norma dell' altre, e perchè decorata
ab antico di un insigne collegio di canonici, e perchè provve-
duta di un antico gnomone. A me, dice l' Aguilhon, par certo,
che Dante non avrebbe mai tolto altronde un'indicazione che
gli potesse esser fornita dal suo caro S. Giovanni. Dimostra
anzi egli stesso intendere individuato il Duomo nella perifrasi.
€ Ond' ella toglie ancora e teraa e nona ; » poiché prendendo
la parola e riferendosi all' onde, rattacca « ditemi dell' Ovil di
S. Giovanni, » frase tradizionale e solenne adoperata anche da
G. Villani (1. 4, e. 10).
XV. 101. — Non donne conUgiate. — Le donne conti^
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COMBNTI. 453
gicUe sono donne addobbate di seta con eleganza e colori varìi ;
e il vocabolo venuto colla moda sontuosa da Francia che lo com-
pose da comptus participio del vecchio còmerey pingere, colo-
rire, ornare. Matteo Paris, autore che vai per cento, nella vita
di Enrico HI, scrive; vestes festivas quas vulgus conUses vocat;
e ivi stesso poi : mille milites et amplius vestiti serico ut vul-
garìter loquamur conUse in nuptiis ex parte regis Anglorum
apparuere. ScarabelU, Prefazione al Voi. nr, del Lambertini,
XXXII.-
XVl. 64. — Sariensi i Cerchi, — Sui Cerchi veggasi il To-
descfaini, Scritti su Dante, i, 338-44.
XVL 72. — Più e meglio una che le cinque spade, —
Volendo fare V elogio dell' antica popolazione di Firenze, e dire,
che il quinto di allora valeva più e meglio dello intero di poi,
sorgevagli ovvia la ragione di paragonare Tuna spada alle
cinque. Todeschini.
XVl. 73. -^ Se tu riguardi Luni. — * Dalla figura appunto
di falcata luna, ebbesi in antico il nome di porto lunese e da
esso il nome di Luna o Luni la città etnisca presso la Magna.
XVI. 94. — Sovra la porta eh* al presente è carca, — Sovra
la porta di S. Pietro, nella quale di presente (anno 1300) abita.
la &miglia de' Cerchi , gente selvaggia, e cqsì facile a mutar
&zione (fellone), che presto con l'assecondare il partito dei
bianchi Pistoiesi sarà cagione, che la repubblica Fiorentina
(barca) si abbia a patire gravissima iattura, abitavano i Rave-
gnani, ecc. Todeschini,
XVI. 96. — / Eavegnani, ond' è disceso II conte Guido, e
qualunque del nome. ... — I co. Guidi non presero il nome di
Berti, 0 di Guidi Berti. . . . Dante altro non disse, se non che
de' Ravegnani scesero (per donne, s' intende), i Conti Guidi, e
i Belliadoni de' Donati, e i Bellincioni degli Adimarì. — To-
deschini,
XVI. 109. — O quaU vidi quei che son disfatti. — V. quanto
scrive il Todeschini degli liberti, ti, 421-27.
XV. 109. — Non era vinto ancora Montemalo, ... — Chi
partendosi di Firenze, e passando per Viterbo, giugneva di
que' tempi a Roma, saliva per lo più sul monte Mario, allora
diiamato Montemalo, o per corruzione dell* antico vocabolo, o
forse per qualche rotta toccata in que' luoghi nell' età di mezzo
y Google
454 coMBKn.
ai romani nelle loro dttadineBche iSuuonì. Che se ci piaccia
aggioatar fede a un moderno romanzatore (Bolgarìnì, La doooa
del medio evo, p. 306), il detto colle tolse dai romani il nome
di mons Mahus da* tedeschi di Ottone III, quello di mons Gat€dit\
allorché costoro Tanno 998 di Cristo, preso nella mole Adriana
il famoso console e governator di Roma Crescemdo, rapper
la data fede, e lo uccisero ignominiosamento sa questa coUiiia.
il Moroni, ali* articolo Monti dt Roma, vorrebbe che il nome di
Mario venisse al colle per esservisi egli accampato sopra nelle
guerre civili, e che i nomi di Gaudiì e di Màltis da eei*te
feste e baccanali che colassù si fàceano , e eh* eran fonti di
allegrezza e insieme di peccato. — Gianto il viandante sulla
vetta di quel monto, tutto al guardo gli si spiegava la maestà
dei romani edificii, e di tanti mirabili monumenti fra i quali
torreggiavano maestosamente le Basiliche, il Colosseo, il Pan-
theon, il Campidoglio, il Mausoleo d'Adriano, il palagio d*0-
norio IV a Santa Sabina, il settizonio di Severo, la torre delle
Milizie e quelle delle mura della città, e le altre molto inalzate
ne* tempi bassi da* romani baroni, le quali cose certo dovetter
colpire di maraviglia 1* occhio di Dante. — Ach. Monti osserra
che lo stesso Monte Mario fa un tempo adomo di splendide
ville, di mura, di torri e di sontuosi edifici, tanto che vi potò al»
bergare Timperator Arrigo V, allorché Tanno 1111 v^me a Roma
ad incoronarsi, sedente Pasquale II. — Monti Achille^ Dante e
Roma (Strenna del Oiomale « Arti e Lettere > p. 4 e seg.).
XXI. 121. — InqueliocofUUo Pier Damiano. — V. Fiun-
GIOSI, Gregorio VII giudicato da Dante, Scritti Danteschi, p. 12.
— Nbdkirich F., Dos Leben dee Petrus Damiani, Gottinga ^
1875.
XVI. 127. — Ciascun che della bella insegna porta. — Olti^
i Pulci, i Nerli, i Gangalandi, i Giandonati, i Della Bella, il
Todeschini vuole che pure i Ciuffiigni fossero stati onorati della
cavalleria del gran barone Ugo, e prendessero Tarme di lui.
V. Todeschini, Scritti su Dante i, 361.
XVI. 131. — Col popol si rauni Oggi colui che la fascia
col fregio, — Giano Della Bella, antico e nobile cittadino, ricco
e possente, di grande autorità presso i Guelfi. Si trovò egli
dei Signori, i quali entrarono in ufficio ai 15 di Febbraio
1293, e cogliendo T opportunità dell* arbitrato càmera consueto
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ooMBNn. 455
fare per la correzione delle leggi , formarono quelli statuti
contro a* nobili che furono chiamati Ordinamenti della giustizia
Per questi erano decretati gastìghi ai grandi che oltraggias-
sero i popolani, raddoppiando contro loro le pene comuni;
prescrivendo che Tun congiunto fosse tenuto per T altro; che
i malefidi si potessero provare per due testimoni di pubblica
fauaoa; pena barbara e dettata da feroci odii cittadineschi era
il diflfiEure le case. Il prof. Bonaini pubblicava gli Ordinamenti
di Giustina del 1293 (Nuova Serie dell*Arch. Stor. Ital. Vol.I,
1855), con le successive provisioni per cui vennero afforzati.
Giano, perseguitato da' grandi, si partì esule volontario il 3
Marzo 1295: subito fu sbandito, e condannato negli averi e
nella persona, e la sua casa rubata e mezzo disotta.. Si ag-
giunse ai suoi danni anche il papa Bonifazio Vili, come si
rileva da un breve assai violento contro a Giano, fino a ban-
dire la scomunica contro a chiunque lo favorisse; in essa,
involvendo tutta la città, nel caso che Giano vi fosse tornato,
e ordinando sotto le censure stesse il bando anche di un suo
nepote. V. Ck. Capponi^ Storia deUa Rep. di Firenze, i, 89-102.
Giano moriva esule in Francia. G. Villani lo dice « il piii leale
e diritto popolano, e amatore del bene comune, che uomo di
Firenze, e quegli che mettea del suo in comune e non ne
traeva. >
XVn. 43. — Avwgna che io mi senta Ben tetragono ai
colpi di ventura, — I Greci denominarono tetragono il cubo, '
ed un solido di tal figura ebbero pel piti formo e stabile. —
Dante derivò questo parlare da Aristotile (Rett. lu, 2), questi
lo prese da un poeta, e ciò mostra V accorgimento grande e
l'ingegno di Dante medesimo, che riconobbe per adatta aUa
poesia codesta maniera di dir figurata ; e probabilmente non
seppe che fosse da prima stata usata da un poeta greco, cioè
da Simmiide. V. Calcedoni, Postille di G. Galvani, 81-90.
XVII. 37-42, — La contingenta che fuor del quaderno. —
Sporrò la sentenza di Dante con parole mie: « La serie degli
avvenimenti contingenti, che accadono nel vostro mondo mate-
^riale, tutta è manifesta a Dio : nò però da questa scienza divina
piglia carattere di necessità, come non lo piglia il moto di
una nave, che discende pel fiume, dall' occhio di chi sta osser-
vandola. Todeschini.
y Google
45d OOMBNTI.
XML 46*142. — Qual si parH Ippolito.,.. — Si nel x del-
l'Inferno V. 130, che nel xv, v. 88 Dante ci fa sapere che i
casi futuri della sua vita gli sarebbero nella cantica del Para-
diso dichiarati da Beatrice. Ma Toscaro testo di Farinata e di
Brunetto gli è invece chiosato dall'arcavolo suo Cacciagnida.
E del mutato divisamento mentre il Tode schini ne dà la ra-
gioni, ne deduce pure che se al poeta fosse bastata la vita
gli era mestieri di cangiar parecchi versi de' canti suocttati.
XVII. 61. — J? quel che più H graverà le spaile Sarà la
compagnia, ... — Egli è indubitabile che n' erano capi i Cerchi
di Porta S. Piero ; ondechò le ingiorie di Dante cadono prin-
cipalmente sopra questi Cerchi. — Todeschmi,
XVII. 70. — Lo primo tuo rifUgio. — Il primo ospite di
Dante neìV esilio fu Guido d^ Roberti da Castello ; il Inogt) dove
fu ricevuto, Reggio in Lombardia; Y insegna di Guido, taquilaj
comune anche agli Estensi, de' quali era parente ; T epoca del
pnmo ricevimento, il 1302. Nelle parole di Gacciaguida vi è
ancora implicitamente la predizione dell' esigilo di Onido, e la
futura sua compagnia nell' ospiÉio secondo, che avrà Dante con
esso presso Cane delia Scala, e 1' epoca di questo secondo ri-
fugio che fu comune ai due poeti nell'anno 1308. — Mercuri
Filippo, Quale sia stato il primo rifugio e il primo ostello dì
Dante, Lez. x sulla Divina Commedia. Roma, Pucdnelli, 1854.
XVII. 80. — Che pur now anni Son queste ruote intomo
di lui torte, — Oli è sull'orme dello Btori<)0 poeta Vicentino,
Ferreto, che il Grion ci ricompone cronologicamente le gesta
di Can Grande. Questi, castaido dei notai di Vicenza, fino dal-
l'anno 1320, e che testò il 4 Aprile 1337, nella prima metà
del 1329 intitolò a Can Grande, vivente, il suo poemetto: De
origine gentis Scaligerae, Fu pubblicato là prima volta dal
Muratori, e poi dall'Orti Manara: conta 1534 versi, ed è diviso
in quattro libri. Un contemporaneo che tratteggi la vita di un
eroe per dedicarla all'eroe stesso, suo sovrano, dice il Grion,
merita nelle determinazioni cronologiche, la massima fede. —
Il sole avea fuggito Cancro ed era entrato in Leone, quando
Cangrande fu concetto (in principio d'Agosto). La madre Verde,
marchesa di Saluzzo, lo partorì dopo note lune, in principio
del mese di Dione (Diana o Maja), doò di Maggio (8^ Maggio).
Cangrande vagiva tuttavia nella culla, quando fu conchiosa la
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OOMBNTI. 457
pace di Villanova: Tanno delia Bua nascita è accertatamente
il 1280. — Ma 86 Gangrande nacque il 8-9 Maggio 1280, come
potò Dante asserire dàe il 30 Marzo 1301 per uov'anni fossero
le ruote celesti in cui si trovava Cacci aguida intorno di lui
(di Cane), torte f Egli ò indubitato che qui non si può pensare
a. 9 anni solari, ma che si tratta di rivoluzioni martino. Marte
compie la sua rivduzione siderale in giorni 686^ 979 6186 se-
condo Keplero , secondo Vitruvio ( ix, 4 ) àrciter 683° die. Ma
Dante non conosceva nò T esattezza nostra, nò probabilissima-
mente il dato di Vitruvio ; conosceva V autore de^ mundo (e. 2),
e TAhnagesto di Tolomeo (9, 1), e gli astronomi ai^abi, FAI-
fergano p. e., e dietro ad essi scrisse nel Convìvio (ii, 15), che
Marte passa pel Zodiaco in due anni qttasi Ora intomo a
Cangrande, nato a di 9 Maggio 1280, il cielo di Marte girò
fino al 30 Marzo 1301, in cui Caociaguida parla a Dante, non
nove, ma dieci buone volte, se le rotazioni si prendono all' in-
digrosso di due anni; e se si prendono col dato presunto del
Latini (di 2 anni, 1 mese, 2 giorni), altresì dieci volte intere
che si compiono il 29 Marzo 1301. Onde il passo Dantesco:
che pur mov anni vuoisi correggere in c?ie pur dieci anni^
imaginando che, il primo copista, Jacopo di Dante, abbia preso
per r unità T iniziale filetto della of corsiva del padre. — Grion
Giusto y Cangrande amico di Dante. Il Propugnatore di Bo-
logna, a. IV, Diap. 4, 1871, p. 395.
Greon Giusto, Cangrande amico di Dante. — Il Propugna-
tore di Bologna, a. iv, Disp. 4, 1871, p. 395-427.
« Dante alla fine del Settembre 1302 si avvia per Verona
a cercarvi e trovarvi lo primo st$o rifugio e 7 primo ostello;
gìacchò nulla egli avea chiesto nò ottenuto sin qui nò da Ugo
ad Arezzo, né da Scarpetta a Forlì; e a Verona egli é ospitato
per tre mesi in casa, come dice il Della Corte, di Cangrande,
per avventura in quella stessa casa che vediamo più tardi de-
stinata ad albergare gli ambasciatori a spese pubbliche, oggi,
divenuta albergo privato « aUe due torri » — Non ò piccolo
merito di Cane, allora di 22 anni, s'egli fece ospitare T am-
basciatore Dante a spese pubbliche , cioè riconoscere gli emi-
grati fiorentini come parte belligerante , e s' egli persuase il
fratello tutore di affidargli una mano di fanti e di cavalli,
coi quali, per Faenza e la valle del Lamone, come portato da
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458 GcyMEmrk
Euro, (Ferreto) sali e scendette le falde d' Apeonino, per pren-
dere parte il 12 Marzo 1303 alla zuffa di Falciano, e consi-
gliare la ritirata qìiando temette d^essere investito. Ciò risponde
allieta sua, a quanto sappiamo della som indole, al passo di
Dante, alla testimonianza del Biondo. » — Il Corte scrive cbe
Dante siasi trovato a Verona anche nel 1310, ma siccome egli
confonde tempi e cose, cosi dice il Grìon, non do troppo peso
a questa osservazione, sebbene esser possa vera, se si rif^^isoe
ali* autunno 1310. Di beila importanza g^ sembra invece il passo
del Biondo che assicura esser stato Dante nel 1311 in corri-
spondenza politica con Cangrande, quando i fiorentini conge-
darono bruscamente, con risposta del 10 Luglio, gli ambasciar
tori dell'imperatore. E per via d'induzioni argomenta che
Cangrande abbia regalato al divino amico una tenuta a Gai^ga-
gnago in Valpulicella, ricordata la più antica tra le tenute degli
Aligeri, e tuttora posseduta dai Serego, suoi discendenti in
linea femminina.
XIX. 40. -— Colui che volse il sesto Allo stremo del mondo.
— Dura ancora oggi la nostra ammirazione, dice il Monti,
sopra V etemo Geometra di Platone, il filosofo di tutta T anti-
chità, e anche Dante mirò a questo grande conoetto, rappre-
sentandoci Dio che gira il compasso, e circoscrìve il creato.
XIX. 52-66. — Dunque nostra veduta.,.. — È noto che
Alfieri aveva cominciato ad estrarre dalla Divina Commedia
tutti i versi notabili per T armonia, per espressione, o pel
concetto ; che un tale estratto, tutto di sua mano, ha 200 pa-
gine in 4^ di piccolo carattere, senza che sia ancor tenninato;
che rimase al canto tox del Paradiso, e che notò alla prima
pagina queste memorabili parole: Se avessi il coraggio di rifare
questa fatica^ tutto ricopierei senza lasdame un jota, convinto
per esperienza che piU s'impara negU errori di costui che
nelle beUezse degli altri. Ma non è noto quali fo69ero gli ultimi
versi che trascrìvesse, e gli facesser quasi cadere la penna di
mano. Eccoli questi versi, come mi viene assicurato da un amico
che ne vide il manoscritto a Firenze. É il buon Caociagnida
che parla al suo pronipote.
Dunque nostra veduta, che conviene
Essere alcun de* raggri della mente
Di che tutte lo cose son ripiene.
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OOMBNTI. 459
Non può di sua natorm esser possente
Tanto, che suo principio non discerna
Molto di l&j da quel eh* egli è, parvente.
Però nella giustìzia sempiterna
La vista che riceve il vostro mondo,
Gom* occhio per lo mare, entro s'interna;
Che, benché dalla proda veggia il fondo,
In pelago noi vede ; e nondimeno
Egli è ; ma cela lui 1* esser profondo.
Lume non è, se non vien dal sereno
Che non si turba mai, ansi è tenebra,
Od ombra della carne, o suo veneno.
E qui indubitatamente nascerà desiderio di sapere perchè
mai TAstigiano si fermasse a qaesti versi. È agevole il pre-
vedere che io non mancai di fame ricerca a quel mio amico.
La risposta die ne ottenni fa a un dipresso in questi termini.
— Tu sai che Vittorio Alfieri negli ultimi anni di sua vita,
ne^li anni del disinganno, voile scrivere egli stesso le vicende
delle sue azioni e de' suoi pensieri. Or non trovi in quella sua
Yita scritta da esso la soluzione d*ogni dubbio? Ne' primi anni
di sua gioventù egli era impaziente di correre qua e là per
tutta quanta 1* Europa: in età matura non si dipartiva quasi
dal suo rimoto albergo di Firenze, e divenne solitario. In gio-
ventù non parlava, non iscriveva se non in francese e alla fran-
cese: in vecchiezza divenne MisogaUo. Nell'età del bollore
delle passioni e della intemperanza delle famtasie, quantunque
d' illustre fiuniglia, e per talenti e per buon cuore destinato a
soprastare fra gli ottimi, pur volle in£uigarsi nel lezzo dema-
gogico: nella età della prudenza e della ragione distenebrata
dall'ombra della carne e dal suo veleno pose in derisione
i Gracchi e tradusse la Catilinaria. Non ti sembra or chia-
rito il perehò si arrestasse l' Alfieri a que' versi sopra re*
citati?... Gazzetta di Venezia, 3 Settembre 1823, n. 199.
XIX. 134. — La sua scrittura fien lettere mozze, Che no-
teranno molto in parvo loco, — Feroce biasimo, quasi Federico
fosse tanto -dispregevole da essere notati i suoi fatti in scrit-
tura abbreviata, si perehò molto desse a notare, si perehò cose
di poco conto ; ovvero dispettoso ricordo , come meglio credo,
del patto di Caltabellotta, pel quale restava a Federico il solo
tìtolo Fridericus Terttus Lei gratta Rex, senza più raggiunta
di re di Sicilia , Duca di Puglia , e Principe di Capua. — Dì
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460 OOMBNTI.
GiotHinni. V. Amaria La Guerra del Vespro Siciliano , C. xx,
p. 505 e seg.
XIX. 138. — Due corone han fatto bozze. — Il popolo to-
scano usa bozza per cosa vieta e vana ; e anche trattandosi dì
discorso, per fandonia o bugìa, e io credo che sia un adiettivi^
sostantivato , e eh' e* ci si sottintenda , al solito , cosa , come
in nuova per cosa nuova o novità, e altre simili. Sicdiè Te-
mistichio e due corone han fatte bozze si dovrebbe intender»
secondo quest'uso, che quelle due corone, per le sozze opere
di que' due principi , non vennero a perfezione di frutto ma-
turo, ma imbozacchirono e rimasero vane, come pomo intristito
neir allegare. Cavemù
XX. 62. -— Cui quella terra plora Che piange Carlo e
Federico vivo. -— Accenna, a quanto pare, alle due battaglie
della Falconaria e di Ponza (12dd-1300), nelle quali cadde li
fiore della nobiltà napolitana e siciliana, sia da parte di Cario II.
sia da parte del nostro Federico. Di CHovanni.
XIX. 140. — Quel di Rascia, Che mal aggiustò il conio di
Yinegia, — Mazzoni Toselli ricorda il processo che nel 1305
si fece contro i Cambiatori, prestatori ed altri che introdussero
la moneta di Rascia in Bologna. I grossi di Rascia scapitavano
due o tre danari da quelli della zecea di Venezia, ma essendo
banditi quasi per tutta Italia, i banchieri bolognesi, li compra-
vano per vilissimo prezzo, cioè per sessanta lire di grossi bo-
lognesi, ottenevano lire cento di grossi veneti rasdensi Fot-
chinus testis dixit quod pubHca vox, et fama est quod supra-
dicti campsores et mercatores portaverunt et portare ficerunt
extra Bononiam duas boUesellas plenas de bononinis grossis
dicendo quod erat blaca, et de ipsis habuerunt de secoaginta
librarum, centum Ubrarum rasciensium, expendendo dietos
rascienses prò bonis venetis per dvita. Bonon, Onde in somen-
zaverunt praedidam dvitatem^ quod fUit magnum peccaium,
Fbbrari Cdpilli, Lettera al Sig, Angelo Aant, Sul regno
di Rascia, e sui grossi o matapani d^ argento alterati. Nani,
Saggi di crìtica storica e letteraria, Zara, Artale, 1875, p. 96.
— V. DioNiBi, Aoed. viit. — C. xvi. Che siasi o che vogUa dire
Matapane. — C. xvii. Spiegazione o intelligenza della detta
moneta, perché siasi detta Matapane, e come adottata dai re
ài Rascia. ~ V. Man. Dant. iv, 424.
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OOMBNTI. 461
XX. 27. — Su per lo collo, come fòsse bugio, — Biagio, per
Moto, detto di cosa in forma cilindrica usata fino da Dante,
{ data dalla Crusca per voce antiquata, è vìva vivissima in
^astiglioD fiorentino. — € Da giovinotto m' avea pigliato V estro
li -voler suonare il violino: ma vattelo pesca dove trovarlo!
mi son messo a farne uno di canna: incollai tre cannoni
grosse canne), due più corti che facesser il bugio (la parte
fuota) e uno piii avanzato da reggerlo colla mano. > Giuliani^
•^ul vivente linguaggio di Toscana, Lettera lxxxix, 440.
XXIII. 11. — Inver la plaga Sotto la quale il Sol mostra
nen fretta, — 11 Caverai chiama inconsiderati quei commen-
jitori i quali per la plaga sotto la quale il Sol mostra men
^etla, e alla quale era Beatrice rivolta, intendono il meridiano
0 per quella parte ove il mondo è piic vivo (Par. v, 87), piut-
tosto che il Zodiaco, intendono il cerchio dell* equinozio ; non
ripensando punto che meridiano e equinozio sono relativi solo
a' riguardanti dalla terra e non dal cielo. Cammillo , La Scuola,
I, 127.
XXIII. 19-21. — Ecco le schiere Bel trionfo di Cristo^ e
lutto il frutto. — « Ecco la moltitudine de' salvati pel trionfo
della morte riportato da Gesù Cristo ; ed ecco raccolti insieme
tutti que* frutti (quegli spiriti beati), di cui vedemmo feconde
le giranti sfere che abbiamo oltrepassate. » Che il frutto ri-
colto si riferisca a Dante, come vorrebbero il Venturi e il Tom-
maseo, è idea £silsi9sima. Se Dante a questo punto avesse ri-
colto tutto il frutto del suo viaggio, la cantica del Paradiso
sarebbe finita qui. Ma il sommo frutto del suo viaggio celeste
il poeta lo raccoglie nell'empireo colla Visione di Dio, di cui
al canto xxxiii. — Todeschini^ Scritti su Dante, ii, 432.
XXIV. 16. — Cosi quelle carole differente-mente danzando y
della sua ricchezza, — Cosi que' danzanti circoli, aggirandosi
fon diversità di moto, mi facevano giudicare della loro mag-
giore o minore beatitudine (ossia della ricchezza della lor gloria)
secondo ch'erano veloci o lenti. — Carole, \ festosi circoli for-
mati dall'unione di parecchie anime beate. Par. xxv, 99. —
Della sua ricchezza, modo elittico, e vale in ragione della
«tea ricchezza. Todeschini, Scrìtti su Dante, ii, 433.
XXIV. 89-114. — Questa cara gioia, Sovra la quale ogni
ditit si fonda, Onde ti venne. . . .
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402 ooBfBNn.
Paganini P., Sopra un luogo del C. XXIV del Paradm,
Lucca, Landi, 1862.
Il Paganini ritiene che Dante Alighieri si dehba annoverare
fra quei pochi, certo da onorarsi assai, come precoraori delio
immortale autore del Discot'so sulla storia universale ^ ei
mettere in chiaro questo diritto, ei prova come nel passo sle-
gato si trovi sottintesa una dottrina storica, secondo la qaù
la gran tela degli umani avvenimenti dividesi in tre para
Nella prima di esse, all' umana feuniglia, scaduta della primidn
sua nobiltà e grandezza, ò pronunziato un divino Riparatoiv
nella seconda questo ccMnparisce sulla terra e compie in sc
tutte le cose predette da* profeti : nella terza V umanità cai&>
minando nella fede di lui si santifica e raggiunge il suo ali
destino.
XXIV. 101. -- A c?ie natura Non scaldò ferro mai^ né òa«!
ancude^ — Verso aspro al suono, ma che par voglia esprìma^
quasi lo sforzo di queUa infaticabile e sublime figlia di Dio
imitarlo, rimanendo pur sempre un intervallo infinito tra ^
opere naturali e le soprannaturali. Peres^ 623.
XXIV. 138.— Voi che scriveste, Poiché Cardenie spirto ^
fece almi, — e Almus ab alendo dicitur et accomodatur c3
et rebus quee vel ad generationem. Sii ad procreationem ^
minis pertinent Sic alma Venus et alma Ceree dictur, ikc
Clima Pallas atque Bellona. » Cosi ò scritto a face. 365 ùl
1.^ voi. del Marziale di Lemaire. P^ciò qui ha bene m^
Dante la voce almi, volendo dire: e voi che scriveste perche k
Spirito Santo vi fece capaci di generare la fede coi vo^;::
scritti. » Marco Renieri, L'Apatista, 1834, n. 30.
XXV. 6. — Nimico a* lupi,, . ^— V. Donato Gianotti, Delli
Repubblica Fiorentina, L. ii, e. xi. — Che i dtiadini grand
della duà di Firenze sono lupi.
XXV. 7-12. — Con altra voce ornai, con altro teUo,...
ToDESCHiNi Giuseppe , SuUa retta inteUigensa del terso <
quarto ternario del e, XXV del Paradiso, Scrìtti su Dan*..
II, 313-25. I
Si potrebbe dare un concetto piii miserabile di questo: k
prenderò la corona poetica sul fonte del mio battesimo, pert^j
quivi io entrai nella fede cristiana, e perchè S. Pietro in cUl
approvò la mia fede! Si debbe ammettere senza dubbio, die ^s
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463
> Toce cappello significhi la ioBegna del dottorato, giaochò si
i bene, che ne* tempi del poeta impcmevasi un cappello o una
3rretta a coloro, eh* erano consentati in qualche scienza ; ma
ante non poteva intendere qui d* esser conventato o creato
ottore se non in quella dottrina, di cui ricorda la professione
nticamente fiitta, e 1* approvazione recentemente ottenutane,
^oi non si tratta che di fede e di scienza teologica; dunque
1 laurea, di cui qui si parla, essere non può che la laurea in
ivinità o vogliam dire in teologia. Né il fonte battesimale era
ià luogo opportuno a conseguim una laurea d* ijidole diversa.
- Con altra voce, si riferisce al mutato suona dei carnii ; con
Uro vello, ali* invecchiato aspetto della persona.
XXV. 8. — In sul fimte Del mio baUesmo prenderà il
appello. — < E il verso di Dante ritorna frequente al fonte
attesimale dov*egli era rinato al delo; con che s* intende,
armi, come nell* esigilo la più cara della sue imaginazioni
speranze fosse quella di poter vincere colla gloria del sacro
oema la crudezza de* suoi nemici, e tornare un giorno a Fi-
3nze ed esservi incoronato poeta presso al battistero del suo
el S. Giovanni, in sul fonte, com* egli dice, del mio baUesmo :
3n la parola fimte, nome così umile insieme e cosi alto, desir
Dando il principio d*una nuova vena d* ispirazione, una sor-
ente ben altra dall* Ippocrene : fonte di veri e di bellezze
ertinenti a regni soprannaturali : fonte, che lui rigenerando dal
occhio Adamo, 1* avea ispirato a rigenerar la poesia del vecchio
•aganesimo, Perez, 624.
Cappello, franoescamente , per ghirlanda , come dichiarò il
toccacelo: credendo che cappello, cioè ghirlanda, secondo il
>r volgare a dir venisse. Oior. vu'i, n. 1. — D^namente convien
he s* incappelli. Par. xxu, 72. — Q uesta (la rosa) convien che
' incappelli, Poliziano, Stanze i, 78. E il Caro, parlando d* un
lente, disse: Di neve alteramente s'incappella (En. xii). — E
. Botta deUo Spinga: Monte eternamente incappellato di neve.
iannucd,
XXVI. 70. — E come al lume acuto^ si disonna Per lo
pirto visivo che ricorre Allo splendor, che va di gonna in
lonna, ^~ Spirto visivo, Quegli spiriti rispondono per 1* ap-
punto a queUo eh* è detto fluido da* moderni, ossia a quell* aura
tlettrica o altro che scorre su e giù per i nervi sensori! dal-
y Google
464 CC»fENTI.
r Oliano al cervello, e che Alberto Magno dioeya essere p
nerato dalla parte vaporosa più sottile del nutriznento. -
Va di gonna in gonna, Platone diceva die il vedere n
col mandar fuori dagli occhi ; Aristotile col ricevere dea;
agli, occhi; Dante teneva in ciò con Platone. -^ La h>.
non ò veramente in so, ma nell* occhio, e dal di fuori ccc
viene altro che l'eccitamento e la condizione, ma il modo
deir occhio; ond'è che il Pomari, in quei suoi dialoghi mers:
vigliosi deir Armonia, vuole che il calore e la luce non sìeL
dette proprietà dei corpi ma nostre, e propone che si chiì-
mino proprietà fisiologiche. Veggasi dunque con quanta veni.
sia detto che il raggio va e non viene. Anche Galileo x^
simile frase, dicendo che i raggi visuali escono^ come si le^zt
nelle Lettere sul Candore lunare, e ne' Massimi sistemi, l
dialogo terzo. Caverni, V Ateneo, 1874, ii, 288.
XXVI. 78. — . Piii di mille milia. — Un milione. Così
Fanfani, seguito poi dal Tiraboschi e da E. Camerini.
XXVI. 130. — Opera naturale è cKuom fiiwlla. — Qurs
versi, che debbonsi riferira all'uomo lasciato alle sue for:
naturali, furono tolti da Max Mulier ad epigrafe delle sue ti
ture Sulla Scienza del linguaggio, ove afferma frutto di mec-.
istinto ciò che nella lingua è materiak, di libero ragìonames
ogni formale varietà. Franciosi, Scritti Danteschi, 82.
XXVI. 133. — Pria eh' io scendessi aW infernale ambasr'
I scappellava in terra il sommo Bene,
Garofalo Pasquale Duca di Bonito , Spiegazione di
luogo oscuro del Paradiso di Dante, Letteratura e Filesofi
Opuscoli. Napoli, Ferrante, 1872, 127-138.
Opinò il De Cesare che V Un leggersi dovesse per i'^
perchè questo, secondo che stima Court de Geblin, signi^
Elevatezza, sublimità, ecc. — L' ab. Lampredi, appoggiatosi-
autorità di un ms. esistente nella Biblioteca Nazionale Ji N -
poli , il quale ha la I tra due punti. .J., e su di altri ii «
asseriti , sostiene doversi la j stimarsi una iniziale del uoc
Jehoav, conchiudendo : « E quale altra antichissima voce vi :-
per invocare ed appellare Dio? » Il Garofalo, dimostrate inamm'^
sibili le opinioni del De Cesare e del Lampredi, modestaice-'
si fa ad esporre la sua. Niuuo, ei dice, vorrà disconvenine i
la lezione Un sia da rigettarsi; si perclie non indica il dcb.-
y Google
COMENTL 465
iell* Altissimo in alcuna lingua; si perchè ove si pretendesse
esprima un attributo della Divinità, non sarebbe certamente il
proprio per indicarlo esclusivamente ai Cristiani ; e poi, facendo
Dante parlare Adamo , anco che ciò avesse voluto dire , V a-
k-rebbe detto col proprio ebraico nome. Per qual ragione V a-
vrebbe detto in estranea lingua? Ed altra lingua, oltre Tebraica,
esisteva al tempo di Adamo? Perlocchè, resta ferma T altra
maniera di leggere cioè . J . come la vera ; ed a ben riflettere,
sì riconosce subito aver dato a ciò .causa uno sbaglio, nel quale
facilmente incorsero i copisti, i quali trovando la . J. cosi scritta
e non intendendone il significato, crederono indicasse f unità,
e correggendo .al loro solito questo lu<^o, per renderlo più
chiaro lo guastarono, trascrìvendo Un in cambio della . J. Que-
sta lettura fu poscia seguita in molte edizioni, e quindi resa
comune. — Ciò posto, la lezione del Codice Napolitano è pre-
feribile , il quale ha cosi : Pria eh* io scendessi air infernale
ambascia, .J, s* appellava in terra il sommo Bene, e che legger
si deve: Pria ch'io scendessi, air infernale ambascia, Jod si
appellava ifi terra il sommo Bene. » Invano si tenterebbe spie-
gare questo luogo senza il soccorso della Cabalistica. In questa
scienza occulta l'Altissimo avea settantadue nomi digerenti,
uuo di questi era Jod che i Cabalisti estimavano il primitivo,
poiché il più semplice, ed esprimente le sue principali essenze. . . .
Misteriosi ancora sono i due punti posti d* ambo i lati àeìYJod, •
Questi dinotano l'immensità ed eternità di Dio presso i Caba-
listi, siccome presso gli antichi Cristiani si usava nelle iscri-
zioni per ciò esprimere V Alfa ed Omega, perchè come Iddio è
il principio ed il fine di tutte le cose , cosi queste due lettere
sono il principio ed il fine del greco alfabeto. Infatti, i Caba-
listi esprimevano questo nome dell'Altissimo e coUVoc2 tra due
punti, 0 con tre Jod in triangolo. — Cose tutte che perfetta-
mente si accordano con la definizione che dell Voc2 ci dà Agrìppa;
cosicché completa par che riesca la spiegazione di questo oscuro
luogo di Dante, tanto guasto da' copisti, che quasi impossibile
sai*ebbe riuscito il rintraccìamento senza l' aiuto del Codice
Napolitano. /
XXVII. 115. — Non è suo moto per altro distinto; Magli
altri son misurati da ques0, Sì come diece da mezzo e da
quinto.
30
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466 COMBNTI.
Galanti can. Carmine, Brevi osservanoni su i deli rh'
girano intomo alia terra e su i cerchi che girano intorno rJ
punto luminoso. Leti, i su Dante Alighieri, al chiarie. D. Lui^
Benassuti. Ripatransone, Jaffei, 1S73.
Il Galanti vuol farci conoscere i rapporti che passano in
la velocità del primo e quella degli altri cieli.
XXVII. 136-38. — Così si fa la peUe bianca nera. — Rifiu-
tata recisamente V interpretazione di B. Bianchi, perchè pecc^
contro la Grammatica, contro la Storia Naturale, e contro U
Filosofìa e la Teologia insieme, il P. Antonelli cosi coroentj :
€ La superfice (pelle) della Luna, che ci si mostra bianca geiie-
ralmente, e in particolar modo allorché nel suo perìodico gire
è più remota dal sole per la opposizione con esso, si fa nt^rà
nel primo aspetto, doò nel Novilunio o nella sua CongionzioDc.
quando appunto per la sua maggiore vicinanza alla sorgeste
della luce, ne attinge in maggior copia, e quindi più largamenit"
sarebbe in grado di farne dispensa. » P. Antonelli, p. 35.
XX VII. 142. ^~ Ma prima che gennaio tutto sverni^ Per Iz
centesma eh* è iaggiii negletta, ^ Se si fosse seguitato a ne^b-
gere la centesima, sulV andare della riforma giuliana, chiede.
Caverni , dopo quanti anni , incominciando a contar dall* anrà
della visione dantesca (1300) gennaio si sarebbe tutto svernalo!
Dal dì 13 Marzo, equinozio del 1300, (risulta dalla soIuzìol'
del problema) all'ultimo di Dicembre, computando Gennaio L
31 e Febbraio di 29, sono giorni 73 ossia minuti 105120. ;
quali divisi per 14 (la centesima negletta), daranno in quoK
il numero degli anni, che negletta la centesima, sarebbero ò^-
vuti scorrere perchè Gennaio tutto si' sverni. Fatto il conto. >:
troverà essere oltre a 7500 anni. Parla qui Dante per modo ùi
dire, come noi a fare intendere che una cosa non tarderà moUo
a venire, diciamo : la non vorrà stare mica cento anni. Si con-
frontino, conchiude il Caverni, questi modi popolari co' rigori
scientifici di Dante, e vedasi dove la scienza sia alla poe>ii
scatto, dove peso. — L'Ateneo, 1874, i, 110 e 118.
XX Vili. 81. — Borea da quella guancia, oncTè più, kno^
— ^Pare al Pelli che invece di più leno avesse dovuto dire;>ii
fòrte, e tira quella voce dallo spagnuolo, e il Bianchi gli ù ì
ragione. Vuole il Biagioli che sia detto tale il vento ibd
effetti, n Caverni illustra questa terzina dalla metereologi.i (^ 1
y Google
OOMENTI. 467
qaei tempi, intendendo la voce letto in senso di temperato o
men freddo, e I principali venti boreali, dice Aristotile (Meter.
lib. II.), sono Aparetia (N) e Trascia (N.N.O.), e Mese (N.N.E.).
Fanno impeto questi su tutti gli altri e perchè, spirandoci più
dappresso, sono e piii spessi e più gagliardi, fanno tacere gli
filtri. Per questo sono i più sereni di tutti i venti, purché però
non sieno soverchio freddi: allora più presto che dissipare,
oongrelano le nubi. » Fanno sereno adunque i venti boreali più
l«ni, ossia meno freddi. Ora, seguita Aristotile, più freddi sono
i venti boreali Aparetia e Mese, ossia quelli che mette Borea
dalla guancia sinistra ; dunque quei della destra o di ponente
saranno più leni. E perchè ad essi dà Aristotile la proprietà
di cacciare le nubi, resta che per il vento, che sofSa Borea
dalla guancia più lene, si debba intendere il Tramontana-
Maestro, nel verso di Dante. Cavemi, La Scuola, i, 227.
' XXVIII. 93. — Piii che il doppiar degli scacchi s* immilla,
— Quanto s'immilla il doppiar degli scacchi, chiede il Cavemi?
A risolvere questo problema, dovete rammentarvi che un indiano
(raccontano) inventore degli scacchi, presentato ch'ebbe il nuovo
giuoco al re di Persia, e offertogli chiedesse a talento, e
avrebbe; chiese im chicco di grano duplicato, e sempre mol-
tiplicato per tante volte quanti erano gli scacchi nella scac-
chiera (Tommaseo, Commento). Altri dicono che non un chicco
solo chiedesse duplicato, ma 64 (V. il bel Trattatello sul giuoco
degli Scacchi tradotto dall'inglese dall' ab. Michele Colombo,
Milano, Sanvito, 1857, pag. 11-14). —E &tto il conto dell' im-
millarsi di quel numero, tanto nel caso che si dovesse doppiare
un chicco solo, quanto nell' altro che se ne dovessero doppiare
64, ottiene — 18446744073709551615 — Diminuite questo nu-
mero di un' unità, e saprete quanto s' immilla il doppiar degli
scacchi nel primo caso. Moltiplicate quel numero cosi dimi-
nuito per 64, e il prodotto suo sarà
1, 180, 591, 620, 717, 411, 303, 360
MsL più erano le scintille angeliche del Paradiso! La Scuola ^
1872, a. I, Voi. ir, p. 113 e 167.
XXVIIL 105. — Perché il primo tsrnaro terminonno, —
Pisanismo : Dante lo ebbe ad adoperare nella Commedia, però
ove era più andante, e per bisogno della rima. D' Ovidio^ Arch.
Glot. ir, 101.
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468 OOBfBNTi;
XXIX. 49-51. — Non giungeriesi^ numerando^ ai trenti $1
tosto, come degli Angeli parte Turbò il soggetto de* vostri
elementi. ^~ Altro non s' intende aver voluto Dante esprimere,
se non che alcuni degli angeli, partitisi dal divino volere, colla
naturale loro potenza indussero disordine neUa materia degli
elementi, de* (|uali è composta questa parte a^ noi destinata
deir Univei-so. E il poeta parla qui da teologo , e da filosofo,
secondo le dottrine cosmologiche degli scolastici. Ciò che qui
Dante chiama il subietto de* vostri elementi corrisponde a ca-
pello a ciò che Aristotile nel lib. it, cap. 1 della generazione e
della condizione con pai*ole affatto equivalenti ipocimenen
ilin. — Coir assegnare per termine air azione degli spiriti an-
gelici ciò che di primo si concepisce ne' corpi come corpi, non
si attribuisce ali* Alighieri un pensiero frivolo e da sbertarsi.
ma degno delle più serie considerazioni del filosofo. II dominio
degli spiriti puri sulle cose materiali, e T origine di certe forze
che su esse si manifestano sono due grandi misteri; i quali
forse si compenetrano in uno, e quesfuno è rLserbato di ve-
dere svelato, quanto ali* intelligenza nostra è possibile, aUorchc
i metafìsici s* intenderanno un pò* più di fisica , e i fisici ài
metafìsica, e tutt*e due di teologia. P. Paganini , Sopra un
luogo della cantica del Paradiso. L* Istitutore , 1861, n. 32,
pag. 497.
XXIX. 115. — Or si va con motti e con iscede.'^Iscetìc.
cose scipite, e che direip noi oggi lezii e svenevolezze: e certe
piacevolezze fredde e fastidiose, se piacevolezze si posson chia-
mare queste tali, ma come si credon coloro eh* elle sieno. t'
que* che i Latini direbbono freddo. Borghini.
XXX. 88. — E si come di lei bevve la gronda Delle pal-
pebre mie, — Per gronda delle palpebre dee qui intendersi la
gronda degli occhi, e la gronda degli occhi sono le ciglia, Je
quali, al sudore calante giù dalla fronte, fanno ufficio di gronda.
Gronda poi in questo significato è vivo nell* Aretino con la
frase : Fare la gronda, che vale, fare il broncio, fare il cipiglio.
Notisi qui la proprietà di quel bere che i fisici moderai direb-
bero più volentieri assorbire. E i cigli propriamente assorbi-
scono la luce, e ne limano il soverchio visibile. Sorte che questa
osservazione è sfuggita a* fimatici ammiratori, perchè altrimenti
non avrebbero lasciato di dire fra le altre, che 1' Alighieri
y Google
GOMBNTI. 469
prevenne il Newton e il Melloni nelle dottrine de* colori e del
calorico raggiante. Cavemi.
XXXI. 7. — Si come schiera éC api che s'infiora — S'ini-
fìora, cioè entra nei calici dei fiori, intendo io, e non, come
Lombardi, si carica del pulviscolo dei fiori. M, Renieriy L'A-
patista, 1835, n. 89.
XXXI. 34. — Yeggendo Roma e V ardua sua opra Stu^
pefacensi, quando Laterano Alle cose mortali andò di sopra.
— L' ardua opra di Roma^ le meravigliose sue febbriche , e
il Laterano che wi di sopra, ossia vince le cose mortali, vuol
si^ificare che Roma, designata pel Laterano, famosa parte di
lei e adoma d' infinite ricchezze, vinse sempre in magnificenza
tutti gli edifizi che gli uomini fecero altrove, o piuttosto (e
questo ci pare più sottile e più nobil pensiero) che Roma da
signora del mondo nel tempo, era fatta capo di lui nell' eterno,
quando Laterano da palagio imperiale divenne abitazione del
pontefice. — Ac. Monti. Dante e Roma, ( Strenna del Giornale
« Arti e Lettere, > p. 7).
XXXI. 102. — Io sono il suo fedel Bernardo. ^~ San Ber-
nardo una delle migliori glorie di Francia, anzi di tutta Cri-
stianità.,, eloquenza potente, armonia di contemplazioni e di
affetto, colui che pacificò la Cristianità, facendo riconoscere,
in virtù d'epistole o di vive parole, Innocenzo II; che mise
concordia ne' Comuni d' Italia, da lui amati molto ; che scrisse
amorose verità liberissime a papa Eugenio III ; che propagò i
chiostri de' Benedettini, focolari di scienza e d' arti belle ; uomo
di cella e uomo di conciono, uomo di scienza e uomo d'operfi^
eremita, missionario, parola eccitatrice de' popoli ; il Santo che
ne' fulgori dell* Empireo succede a Beatrice per guida di Dante
e intercede a lui da Maria che gì' interceda la visione di Dio.
A. Conti, Storia della Filosofia ii, Lez. v, p. 107,
XXXn. 85-87. — Riguarda ornai nella faccia che a Cristo.
Più s* assomiglia. ., . — Concetto di perfetta bellezza e verità,
che più d' una volta fa desiderar di vedere in tele ed in marmi
qualche maggior rispondenza tra le umane sembianze del divin
Redentore e quella della Vergine Maria. Perez, 42.
XXXIII. 22. — Or questi che dalT infima lacuna. — Il
Monti Prop. voi. 3, p. 1, fase. 9 garrisce alla Crusca, perchè per
lacuna abbia inteso concavità, e vuole per lacuna che s^ntenda
y Google
470 COMENT!.
la gran lacuna di ghiaccio ove sta immerso Lucifero. A me
però sembra che la Crusca interpreti qui bene hcuna per Tuoto,
concavità e che per lacuna qui si debba intendere il gran Tuoto
dell' Inferno. Giacchò a intenderla come vuole il Monti, S. Ber
nardo verrebbe a dire che Dante vide le vite spiritali oomin-
ciando dall'ultimo girone dell'Inferno, e quindi esduderebbe
tutti gli altri gironi posti fra la porta dell^ Inferno e quello.
M. Reniéri, L'A^Mtista, 1824, n. 39.
XXXIII. 48. — Uardor del desiderio in me finii. — Finii
sta qui per compiei, e vale: portai all' ultimo compimeDto,*allV
stremo suo termine; cioò: l'ardore del desiderio giunse in mt
al massimo grado, a cui potesse arrivare. Ed ò ciò secondo
natura; perciocché l'avvicinarsi di un oggetto desiderato non
acqueta o consuma la brama, sì la rende più viva ed ardente.
I terzetti, che seguono, lo dimostrano chiaramente. TodeschinL
XXXIII. 54. — L* alta lucey che da sé è vera, — Cioè che
non è vera a quel modo che son vere le altre cose, dette cer-
perchè partecipano della verità; ma vera per essenza, ami
verità assoluta e sussistente, esemplare supremo e unico, cbs
di sé & partecipi tutte le cose vere. E questo concetto steesv
facea creare all' Alighieri il verbo inverarsiy doò farsi partecipe
del vero, accostarsi alla prima Verità coli' intelletto e con tu:t.
sé stesso, e quindi prender dell' Essere quanto ò più possìbD..
toccar la pecfezione possibile alla creatura. Quindi de'sc<^.
cerchi lucenti, simbolo delle nove gerarchie angeliche, volgo-
tisi intorno al punto di luce ineffabile che simboleggia Di-
stesso, il Poeta segna il più rapido, il più vicino e perfetta,
quello de' Serafini, con questi versi:
E quello avea la fiamma più sincera,
Cui men distava la favilla pura;
Credo, però che più di lei s'invera.
Par. xxviii, 37-39. — Peres, 272.
XXXIII. 64. — Cosi la neve al sol si dissigilla. — Noe
strano, come parve a qualcuno, il dissigillarsi della neve i
sole, se tu pensi che le forme cristalline di lei sembrano (x'd
da sigillo esservi impresse. Camillo (R. Caverai) , La Scuoì^
1873, n, 205.
y Google
I
471
TRADUTTORI.
I. — TRADUZIONI IN DIALETTO
(V. Muli. Dani. 11, «8: IV. 428).
»
Calabrese. — Gallo Vincenzo, di Rogliano, calabrese, Il
e. m deit Inferno. Nel Pitagora, 1846. — Neil' Unità della Lin-
gua, Firenze 15 Luglio, 1873, n. 14.
Vicenzo Gallo, nato di bassa condizione, fu prima artigiano,
poi custode di carcere, infine maestro elementare nella sua
patria. Benché di pochissime lettere, e il suo ikigegno fosse
incolto, nondimeno il suo animo fu veramente dotato dell'estro
poetico, e però a forza di perseveranti letture giunse a tanto
di gustare le b^lezze de' nostri più grandi scrittori e scrivere
graziose e facili composizioni poetiche. Si provò a voltare in
calabrese il ni canto dell' Inferao : il saggio piacque, e n' ebbe
incoraggiamenti. Ma se egli continuasse la versione, o a che
punto la lasciasse, (quando morì, ignorasi. Si ha però la notizia *
di un altro canto tradotto. Fanfani.
Gallucci Luigi, da Cosenza, Calabria Citeriore, // e. xxxni
delt Inferno.
Il Gallucci fu medico, poeta nel dialetto natio, ma non di
rado i suoi versi eran bersi, come diceva il Baretti. Volle
tradurre il e. xxxin della Commedia, guardate a che bega volle
mettersi, ma quando lo pose al palio, dice che gl'intendenti
sentenziassero se Dante avrebbe potuto dirgli : perché cosi mi
scerpi? Fanfani, L' Unità della Lingua, 1873, p. 219.
LiMARZi Francozsoo, Il Paradiso di Dante Alighieri, Ver-
sione in dialetto calabrese e cemento. Castellamare, Tip. Sta-
biana, 1874.
Fatica lodevole, in quanto possa recare al popolo calabrese
una notizia generale e quasi ^migliare del massimo de' nostri
poemi, opera considerevole per la ricchezza di vivaci vocaboli
calabresi che ci mette sotto occhio l' egregio traduttore , pa-
recchi de' quali meriteranno di passar nella lingua nazionale.
y Google
472 TRADUZIONI IN DIALETTO.
S* aggiunga che in alcuni casi , la buona traduzione diviene
commento quasi domestico ; ma diciamo soltanto in alcuni .
perchè in parecchi altri, il signor Limarzi, per rendere Dante
popolare, ha sciupato interamente il carattere del divino poema.
V. Rivista Europea, Maggio 1875, p. 670.
Mapolltano. — Jaccarino Domenico, Il Dante popolare e la
Divina Commedia in Dialetto Napolitano ('Nfi^mo), li* Ediz.
Napoli, 1872, cui vanno uniti — Giudizii, esami crìtici, pole-
miche, ecc.
// Dante popolare o la Divina Commedia in DicUetfo
Napolitano col testo italiano a fronte e con note, allegorie e
dichiarazioni scritte dallo stesso traduttore in italiano e napo-
litanoy III edizione illustrata da fotografie, tratte da incisioni
del XV secolo. Napoli, De Angelis, 1876.
Di questa versione ò già in corso di stampa la terza edi-
zione, prova della bontà del lavoro. Diffatti per essa TAutore
ebbe onorificenze ed articoli laudativi a iosa, che, riprodotti,
tapezzano le coperte dei fascicoli. La nuova edizione si avvan-
taggia suir altre e per bellezza de* tipi, e per le note illustrative
si in italiano che in dialetto, e per le fotografìe tratte da
incisioni del secolo XV. — Il comend. prof. Jaccarino fondò pm*
una Scuola Dantesca, nell' intento di propagarne il culto e di
raccogliere in un sodalizio quanti più può ammiratori del Poeta
della nazione.
Siciliano. — Salomone Marino Salvatore, Saggio di una
versione della Divina Commedia nelC idioma Siciliano. Preghiera
di S. Bernardo, Par. xxxm. Di alcuni luoghi difficili e contro-
versi, Palermo, Tip. del Gior. di Sicilia, 1873, p. 43.
Veneslano. — Cappelli G. di Padova, Saggio di tradu^
zione della Divina Commedia in dialetto Veneziano. Venezia,
Merlo, 1873.
( L* Episodio di Francesca di Rimini ; L' ingresso del poeta
nel Paradiso terrestre; il suo incontro con Matelda; e un brano
della Cantica del Paradiso , e precisamente del e. v, là dove
Beatrice scioglie la questione del voto).
La Divina Commedia di Dante Alighieri, tradotta in
versi veneziani e annotata. Padova, Tip. del Seminario, 1875.
La traduzione della Divina Commedia in dialetto veoeziano.
fatta dal signor Cappelli, scrìve il Fanfani, pare anche a me
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TRADUZIONI IN DIALETTO. 473
xnolto bella, abbenchò a me non paia che il sacro poema sia
troppo agconcio a ridursi in dialetto. Come noi riputiamo tutti
i dialetti, tanti vernacoli adatti solo a trattare argomenti fami-
liari, e non mai materie gravi e solenni, così non saremo di-
sposti a credere che si possa acconciamente, o senza derogare
alla solennità e gravità, tradurre in dialetto né orazioni civili
né scritture nobilissime, nò poemi eroici, e molto meno la Di-
vina Commedia. Riputiamo per altro cosa utile anche le tra-
duzioni in dialetto di poemi siffatti , ed anche della Divina
Commedia, quando il fine di essa sia quello solamente col quale
lia condotto la sua traduzione il Cappelli. Fanfani, L'Unità
della Lingua, 1873. — E il 15 Febbraio 1875: « Ora che
questo ponderoso lavoro è condotto a fine e stampato, non
posso fare che non lo annunzii ai lettori del Borghini, e lo
raccomandi efiBicacemente. È opera degna d'ogni encomio, nò
ci può essere studioso che non pregi l'ingegno e il lavoro
del bravo Cappelli. » — < Il verso del Sig. Cappelli ha molta
spontaneità ed è spesso pieno di grazia, ma non sempre tra-
duce fedelmente il verso dantesco. Certe difficoltà, per quanto
sia forte il traduttore, sono invincibili. ... Ed egli con molta
disinvoltura le salta di piò pari, dandoci in cambio un suo
pensiero, un tratto di penna che s' avvicina beasi a quello del-
r originale, ma non ò più quello.... Le annotazioni poi onde
r autore voUe fregiare la sua traduzione, quantunque brevi, sono
molto adatte. » — B. Ferro, Giom. della Prov. di Vicenza, 22
Aprile, 1876, n. 49.
¥«roBes«. — A. G. P. (Gaspari Antonio), Il Canto xxxiii,
delC Inferno tradotto in dialetto veronese^ col testo a fronte.
Verona, 1873.
II. — TRADUZIONI LATINE
(V. Man. Dani. 77, 498; IV, 4M),
M. A. C. (ìiaXté J. B, ArcMp, CastrimonUs) , Dantis Ali"
ghiera Cantica de Inferis, laUnis versibus. Eporediae, ex tvp.
Seminarii, 1873. — In occasione del Giubileo sacerdotale di
M.*" Luigi Moreno, Vescovo d* Ivrea, celebrato il dì 8 Giugno
1873.
y Google
474 TRADUZIONI LATINE.
Matte J. B., Dantis AUghierii Cantica de Inferis, lathm
versibus, Edilio attera castigatior, Eporediae, 1874.
Purgaiorium, Bporediae, 1874.
// e. I delC Inferno messo a riscontro con queìio tra-
dotto dal doU, Miglio. Il Baretti, 1873, n. 38, p. 2d8.
NU praestare magOi in Utiam qium rertera caram
Ipse reor; duplex bine veait atilitas;
Sic studiuin excitur serroonis namque latini,
Et simul Hetruscus discitur intimias.
Non polis eat Dantia latte tradncere verba
Ante horum aenaum quam bene percipiaa.
Inauper externia aie notum reddimua illum,
Quo8 penea ooUtur lingua latina magia.
Hoc tentabo: mela quamvia ait viribus impar,
Attainen in caaaum non erit late labor
La Tersìone dell*arcip. cav. Matte, a mio arnao, non è
punto inferiore a yerun* altra delle latine, vuoi per fedeltà,
vuoi per eleganza, e più die altro per lo spirito serbato del-
r originale. Ben fece il prof. Peroaino noiettere a rincontro il
1 canto della versione del Mattò a quella del doti. MigfUo, affin-
chè del merito rispettivo fossero giudici i lettori. Ed io pure
volli fame il raffronto con parecchie altre latine, e con molto
piacere, perchè mi raffermai ancor più nel mio primiero gia-
dizio. ^ Della spontaneità, direi prodigiosa del Matte, abbiamo
luminose prove ne' tanti sperimenti di versione che tutto di ci
vien donando, nel Baretti segnatamente. Egli ha pur voltato
in carmi elegiaci l'Iliade ed il Canzoniere di Fr. Petrarca,
inediti tuttavia. — La stampa della versione del Paradiso è già
compiuta, e quanto prima verrà pubblicata.
Martinelli Jos. Pascalis, Dantis AUgherU Divina Coni-
moedia laUnis versibus reddita. Anconae, Balnffi, 1874. — N.
a Camerano d'Ancona il 20 Aprile 1793, vi mori il 9 Luglio
1875.
€ Io ho letto, così il valentiss. traduttore di Dante, Are. Matte,
tutte le opere già stampate, (del Martinelli) in cui spicca tutta
la bellezza, l'eleganza e la naturalezza dei classici latini, e mas-
simamente di Virgilio, le cui frasi occorrono quasi per ogni verso.
Egli prese in gran parte a rifare le traduzioni di altri, e li
ha superati di gran lunga nell* esattezza, nella precisione e nella
y Google
TRADUZIONI LATINE. 475
forbitezza dello stile classici). Per esempio, nella traduzione
dell'Iliade e dell* Odissea ha rifatto e superato di gran lunga
il Cunicchio ed il Zamagna (1). Nella Messiade, ha imitato ed
emulato la Cristiade del Vida; nei Salmi e negli altri libri
scritturali, il Lirano ed altri, aggiungendovi nuove bellezze.
U InsHlutiones Juris civiUs ò fatta ad imitazione di Lucrezio,
e ne ha lo stile. Il De Sacrameniis ò opera affatto originale,
tutto spira grazia e semplicità che rapisce, ed io la chiamerei
la Georgica Cristiana, » — Ad ottanta anni, ei mise mano alla
versione della Divina Commedia, e, in men d*un anno, cosa
pressoochè incredibile, la condusse a compimento, e felicemente.
In nameros Dantis Comoedia versa lat'mos!
Oh lepidam, dices, lector, amice, caput !
Tune id vis faoere, a quo Dantes ipse recessit,
Qui prìus est latiis versibus orsus opus ? . . .
Italico acrìpsit Dantes, ut tempore iniquo
FlagiUa ac mores carperet Italiae ;
Non tantum Italiae, toti nos scribimus orbi,
Ut Vatis tanti tot decora alta sciat;
Et, quod lingua nequit gentilis tradere, tradat
Doctorum sermo quae sibi nomen habet. . . .
Sacchi Giusbppe, di Guastalla, Versione del e. v, v. 70-142.
— Par, XVI, 85-123. — Purg. viir, 1-6; Purg. xxvii, 1-80. —
Scarabelli, Il Codice Lambertino, Voi. m, Bologna, Tip. R.
1873, p. xn-xxvii.
I Signori professori napolitani Antonio Mirabelli e Giulio
Minervini, latinisti valentissimi, a' quali fu sottoposto il giudizio
di questa versione, ebbero a notarvi una grande cognizione
dei due idiomi, notabile bravura ed eleganza nel verseggiare
latino, un'attenta cura di colpire i concetti del grande italiano
e di esprimerli colia maggior chiarezza. Il Sacchi ha dottrina,
perizia del metro, assidua e diligente pazienza. Certo qualche
luogo vi ha meritevole di lima, e che lo scrittore avrebbe cer^
tamente emendato se non fosse stato prevenuto dalla morte,
ma anche nel modo con cui si trova il ms. è degnissimo di
(i) Al Montanari era d'avviso dì leggere nella versione del Martinelli,
Omero in Omero. — Traalató parimenti m esametri latini i Profeti, 1 Salmi,
1 Cantici, il libro di Giobbe, r Apocalisse, lasciando inedite la Sapienza, i
libri di Ruth, di Ester, di Tobia e più altri.
y Google
476 TRADUZIONI LATINE.
considerazione. Ed ove si consideri che una nuova versione.
aegnatamente in latino, del gran poema, equivale ad un per-
petuo co mento, ei non v*à dubbio che la pubblicazione torne-
rebbe di grande utilità agli studiosi deir Alighieri , di gloria
air autore, e di novello decoro di Italia. — Ed il prof. Luciano
Scarabelli, che pur Tebbe tra le mani non si peritò di sen-
tenziare , < che questa Versione , oltre V eleganza , porta seco
anche una certa maestà continua di dire che non s' incontra
neir altre, di cui abbiamo saggi dal Tommaseo e dal Witte, o
intero il lavoro, sia pure il Piazza o T Aquino. Ha poi nel
Purgatorio e nell' Inferno una singolare, e sto per dire, prodi-
giosa economia di parole tanto da guadagnare 1365 versi sui
« trentaquattro Canti di questo, e 296 sui primi dieci di quello,
senza che il pensiero dell' Autore sia monco o tradito. Ciò ri-
vela una felice baldanza di esibitore maestro di due metodi
diversi; de' quali Tuno è il comune, pedissequo alle orme del
poeta; T altro di darci i pensieri di quello, e lasciar credere
allo studioso di leggere Dante quale avrebbe scritto latino, se
Dante il bel latino del Sacchi avesse avuto. »
I primi Canti del Purgatorio di Dante recati in esametri
latini. Estratti dai Tomi xi e xii della Serie IIP degli Opuscoli
Religiosi Letterari e Morali di Modena. Società Tipografica,
1875.
I, II, m, VI, VII, vili, Dantis AUgherii Carm, De Igne Pia-
culari, Versio Eugenii Bononcini, Mutinensis adolescentis an-
nos nati XJV,^' Qtiai*ti et Quinti Carminis Versio pRANCisa
Ghibellini, Mutinensis (Panilo), Adolescentis annos nati XV.
Della versione del Bononcini scriveva Marcant. Parenti al
Gesuita F. M. che gli fu maestro: « Per quanto mi abbiate
assicurato che in questo lavoro non vi è stata per nulla la
vostra mano, io non mi sono potuto persuadere, che fosse opera
tutta di Bononcini. Perciò, vi confesso, ho cercato nella librerìa
estense quanti mai sapea, che o in tutto, o in parte avesser
tradotto Dante, e nulla ho veduto, che potesse stare a fronte
di questo ragazzo. Egli non isfugge le difficoltà colla circolo-
cuzione, come fanno gli altri ; ma la investe, e la supera cosi
bene, che talora in un solo esametro comprende un terzetto
deir autore, senza che ne scemi punto di forza e di chiarezza.
A me questo lavoro sa di prodigioso. > Anche il Veratti, che
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TRADUZIONI LATINE. 477
si trovò presente alla lettura che ne fecero i due giovani autori^
scrive di averne conservato sempre grata e viva memoria. —
11 Bononcini, nel 1844, vesti a Roma T abito della Compagnia
dì Gesù : nel noviziato apparve affetto di tisi ; rimandato all'aria
nativa, giunto a Forlì, non potè proseguire il viaggio ; vi mori
a soli 18 anni. Anche il Ghibellini mod giovanissimo, ne* suoi
17 anni.
Dolci Francesco, prof, del gin. di Bergamo, Saggio di tra-
duzioni poetiche latine di alcuni tratti della Divina Commedia^
pubblicato in occasione della festa centenaria di Dante. Ber-
gamo, Cresci ni, 1865.
1 brani tradotti sono i seguenti: C. i dell' Inferno. — Fran-
cesca da Rimini , dal v. 70 del e. v al fine. — Il co. Ugolino ,
dal principio del e. xxxiii al v. 71. — Bordello, dal v. 25 del
e. VI del Purgatorio al fine.
Miglio Giovanni, di Pizzighettone, già medico-condotto in
Covo, La Divina Commedia interpretata e tradotta in versi
esametri latini. Il i Canto deW Inferno, Saggio. Crema, Cam-
panini, 1867.
// canto i deW Inferno messo a confronto con quello
tradotto dalV Arcip. Matte. Il Baretti, 1873, n. 78, p. 298.
Simone Francesco, prof emerito nel vescovile Seminario di
Albenga, DelC Inferno e. ii (in carme elegiaco). Albenga, Cra-
viotto, 1872. — Deir Inferno e. xxxiii. — Albenga, Craviotto,
1872.
Galanti Carmelus, Inf xxvi, 118-121 ; Purg. xi, 100-103;
Par. i. 39; Par. xxxiii, 115-120; Ripatransonis, Jaffei, 1874.
— Purg. iir, 34-39; Par. v, 73-78; Par. xix, 106-38. Ripa-
transonis, Jaflei, 1875.
Perosino Gian Severino, Traduzione latina dei trecento
Temi Italiani. — Dantis Purgatorii, L, v ; (jusdem, L. vi ; Co*
mes Ugolinus. Torino, Tarizzo, 1873, p. 144-152.
Petricctoli Giuseppe, di Spezia, Capitano dei Bersaglieri,
Episodio di Ugolino, traduzione verso per verso in esametri
latini. Nel Miglioramento di Eboli, 10 Die. 1872; nel Baretti,
1875, p. 395; e ne* suoi Carmi latini. Parma, Adomi, 1875.
Mazzoleni Severo, Saggio di traduzioni poetiche latine
di alcuni tratti della Divina Commedia, Camerino, Savini,
1876.
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478
III. — TRADUZIONI FRANCESI
CV' M9m. Aurf. n, 90è; tV, tf»>
Fiorentino Pier Angelo, La Divine Comédie de Ikinie AU-
ghieri, m edit. Paris, Hachette, 1872, 18.** cvii, 478.
U Enfer de Dante Alighieri^ atee le dessins de Gu-
stave Dorè, ecc. 5 Tirage, Paris, Hachette, 1872.
La Divine Comédie, accompagnée de notes, 10* edit pag.
cviii, 478, Paris, Lahure, 1874.
Pier Angelo Fiorentino, scrittore vivace e brioso, critico
sapiente, incisivo fra quanti mai ve ne furono. Nacque in Na-
poli nel 1809. Fu giornalista da prima in patria, poi a Torìuo.
Nel 1835 recatosi a Parigi, vi campò dando lezioni di lingua
italiana. Chiamato nel 1846 a far parte del CorscUre, si fectì
distinguere per il suo spirito mordace e la sua critica piccante.
Tre anni dopo divenne scrittore politico, entrò al Costituitone^,
e vi sali in gran grido. Quantunque italiano, era de* pili eleganti
scrittori francesi : il suo stile leggero e fascinante avea tutta la
grazia de* migliori prosatori di quel paese : al loro attico ag-
giungeva la forza, T energia e la chiarezza che teneva dalla
patria italiana. Lasciò un capitale di 800 mila h're a' figli che
avea avuto da un* attrice del teatro della Porta S.Martin, la
Signora Nely. — La sua versione della Divina Comedia viene
tenuta la prima tra le francesi. Onde avvenne che le magni-
fiche illustrazioni del Dorò non si credessero meglio accompa-
gnate che alla versione del nostro italiano. (V. Man. Dani, n,
513).
Ratisbonne Louis, La Divine Comédie di Dante^ traduite
en vers, tercet par tercet, avec le texte en regard, IV Bdition.
revue et ameliorée. Paris, Lévy frères, 1870 (Bibliothèqne Con-
temporaine). V. Man. Dani, ii, 520.
OzANAM A. F., Le Ptirgaioire de Dante, TraducHon M
Commentaire avec texte en regard, Paris, Lecoffire, 1874 (Oeu-
vres complètes, T." ix).
Della Versione deli' Ozanam, vedi il bellissimo aiiicolo del
prof. Mussafia inserito nella Gazzetta Uffic. di Vienna del 2
Agosto 1862 (V. Man, Dgnt, ii, 523).
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TRADUZIONI FRANOBST. 479
Db Monois J. A., La Divine Comédie de Dante Alighieri,
^nfer, Purgatoire^ Paradis, III Édition, irèssoigneusement
-evue eicorrigée. Paris, Delagrave, 1875. (V. Man. Dant. ii, 512).
JuBBBT Amédée, L' Enfer de Dante Iraduit en vers frangais.
i*ari3, Berger-Levrault, 1874.
Casati Charles , Fragments d* une ancienne traductìon
'rangaise de Dante. Bibliothèque de V Ecole dea Chartes : Re-
me d'Erudit. Serie VI (Marzo ed Aprile), Paris, Frank, 1865,
Traductìon en vers^ inèdite, de la Divine Comédie de Dante,
Taprès un manuscrit du XY^ siécle, de la BibUothèque de
" Unioersité de Turin par M. Charles Casati, Juge au Tri^
bunal civil de Lille, et Memore Utulaire de la Società des
ìciences de Lille (Extrait des Mémoires de la Société des Scien-
ces, de r Agriculture et des Arts, de Lille, année 1872, 3® Sèrie,
K Tolume). Lille, Danel, 1873.
La traduction de la Dirine Comédie, cosi il Casati,* dont je
rais donner des extraits, est inèdite, et e* est la plus ancienne
ies ti'aductions frangaises de Dante. — Diffórents indices pour-
raient faire attribuer ce travail à Christine de Pisan ; mais pour
§mettre cette opinion d*une manière positive, il faudrait des
preuves que je n' ai pas et que j' aurai, je crois, de la peine à
noe procurer. Cette traduction a le rare mérite de reproduire
le texte de Dante avec plus de fidólité qu'aucune autre; elle
suit r originai mot à mot, et reproduit méme Ies paroles ita-
liennes avec le facilité que lui donne la langue du temps. Ce
langage, persque contemporain de Toriginal, en rend bien mieux
que la langue moderne la forme et la couleur. — Pour bien
apprécier cette traduction, il faut la suivre vers par vei*s sur
le texte de Dante et piacer Ies vers italiens en regard des vers
frangais. — La plus ancienne traduction de Dante, jusqu' ici con-
bue, est celle de Grangier ; elle remonte aux dernières années
du XVI siècle (1597), et, à mon avis, elle est inférieure à celle
dont je publie des fragments. Le fran^is de cetts epoque n* a
déjà plus còtte tournure ferme, concise, un peu latine du vieux
fpanyais, qui s'adapte très-bien à Titalien archaique de Dante.
— J' ai déjà fait connaitre cette ancienne traduction par de
courts fragments insérés dans la Bibliothèque de TÉcole des
Chartes (V. EncicL iv, p. 434); je publie aujourd*hui le deuxiòme
et le quatrième chant de T Enfer.
y Google
480 TiUDUZio?n francesi.
TopiN HiPPOLYTE, Fables de dìvers Auteurs Espa^nols d
liaUens traduites pour la prètniere fbis en vers franfois, sui-
vies d*un choix de fables en prose, et du 4.*, 6.* ?.• 31.' 32."
33.* 34.* chants de f Enfer de Dante el du 6.® du Purgaioirt.
Livorno, Vigo, 1872.
Alby René, / primi cinque canti delC Infeì-no con intrt>
dusione e note, Neil' appendice del Giornale di Nizza La terrti
promessa j 1858.
L'Enfer, Poéme de Dante Alighieri, TraducUon en
vers frangais, avec une introduciion et des notes à c?ìaqvx
chant, Chant v. Turin, impr. de T Union typographique — editr.
1873 (Ne se vend pas).
Chant IV. Turin, id. 1874.
Chants i, ii, et ni. Id. 1874.
Chant VI. Milan, Guigoni, 1874.
< Parrai les nombreux défauts de notre version, un di-s
plus saillants est de n* avoir pas respecté 1* admirable uuitè d^
forme du texte. Placés dans l'alternative de violer la symétn^
du rythme ou le mouvement de la phraae dantesque, nous avons
opté pour le premier des ces inconvénients, qui nous sembJt'
le moiudre. Voilà pourquoi nous nous sommea servis tanu'»t
des rimes platea, tantòt du tercet, ou plutòt du sixaiu. Parfoi'
nous nous sommea mème permis de croiser in'égulièremeD:
les rimes , mais e' est seulement pour un assez petit nombre
de passages. — A chaque chant nous avons joint les éclair-
cissements les plus indispensables , afin d'épargner au leotur
la peine de les chereber aìUeurs. Il ne pouvait nous veuir i
r esprit de donner un commentaire compiei. Ce travail aurait
trop dopasse nos forces. Parmi les annotations, les unes ré-
sument celles qui se trouvent dais les éditions les plus estimée?,
les autres nous appartiennent , eu tout ou en partie. Nous
avons essayó d'expliquer, dans ces dernières, des toots, dt?s
phrases, des sttuations, qui n'avaient encore soulevé aucuiie
discussion, ou dont le véritable sena a, selon nous, échappé à
tous nos devanciers. — Les personnes qui veulent faire uae
étude approfondie des oeuvres de Dante, doivient consultar
r excellent Manuale Dantesco que le savant professeur de lit*
tórature, M. le chevalier abbé Jacopo Ferrazzi a publié, de 1S65|
à 1871, à Bassano, et où, en passant en revue la plupart des
y Google
TRADUZIONI PRANCSESr. 481
innombrables travaux doni le grand poète toscan a été V objet,
il analyde aassi judicìeusetnent que succinctetnent tous les com-
mentaires de quelque importance. >
Mblzi B., U Enfer de Dante. Chant i. Nouvelle éditìon^
puhliée avec une notice, un argument de tout le poéme et des
notes en frangais. Premiere chant de V Enfer de Dante, Paris,
Hachette, 1875. — Nouvelle edition de Classiques.
n Sig. Melzi tiene da più anni in onore la letteratura ita-
liana a Parigi, non solamente con V insegnarla, ma professan-
dola valorosamente. Altri lavori egli ha fatto per render fami-
liare a' Francesi la Divina Commedia ; e questo è ordinato a
farla bene intendere a* giovani scolari, al qual fine egli usa nuovo
modo. DaD' una pagina pone il testo, diligentemente curato, con
la parafrasi a^ piedi , in buona prosa francese : e questo è il
più adattato conmiento: dall'altra pagina ci sono le frasi ita-
liane di Dante, colle frasi corrispondenti francesi; e ciò serve
mirabilmente a far comprendere ai giovani la ragione della
frase italiana. In fine ci sono delle note o storiche o filologi-
che; ed al Canto va innanzi un limpido argomento analitico.
Fanfani, Il Borghini, 15 Gen. 1876, p. 235.
Il eh. dantista can. Carmine Galanti mi dà la notizia di una
nuova versione letteraria dell* Inferno del S**. Langlais e del non
meno valente Travalloni di Fermo, assai lodata dal celebre
Littrè, che forse presto verrà in luce. Intanto i traduttori dan
opera a quella deir altre due cantiche. ^~ La Rivista Italiana
di Palermo (30 Dee. 1876), annunzia una nuova traduzione del-
l' Inferno di Dante, in versi francesi, del prof. Eugenio Mars,
che fra breve sarà pur pubblicata.
IV. — TRADUZIONI CASTIGLIANE E CATALANE
(V. Man. Dant. II, MT; IV. i94).
Aranda y Sanjuan, La Divina Comedia de Dante Alighieri^
con Notas de Paolo Costa adicionadas, iradùcida al castel-
lano. Fa paiate della Collezione : Los grandes poemas, Joyas
de la literatura universal que bajo la direccion de D. Fran-
cisco José Orellana publica la sociedad editorial « La Ilustra-
^ 31
v Google
482 TRADUZIONI CASTIGUANB E CATALANE.
cion, » Calle de Mendijabal n. 4, Impronta de Jùme Jepk.
1873 (V. Man, Dani, iv, 438).
De la Pbzl'ela D. Juan, Canto xxv de el Infiemo de Dante
traduddo en verso Castellano. Madrid» Tmpr. de Manuel Tdla
1868 (V. Man. Dant. iv, 437).
V. — TRADUZIONI PORTOGHESI
(V, Man. 2>ant. IV. 4M).
•
Viale Antonio José, prof, di letter. greca e latina nel corso
super, di Lett. a Lisbona, Os dous primeiros cantos. ... Li-
sboa, Tjpogr. da Academia Real daa Sciencias, 1854.
C. V. — En los Annaes das Sciencias e Lettras, Li-
sboa, Typographia da Acad. 1857, p. 185.
C. ni. — En la Revista € 0 Instituto > de Coimbra T.
vili, p. 297; riprod. a p. 367.
Los V primeiros cantos y el xxxin. En un Ubro
titulado Miscellanea ffelenico^Litteraria, Lisboa, 1867.
De Deus Juan, El Episodio de Francesca^ in terze lime.
En la Revista € 0 Instituto » de Coimbra, T. viii.
De Simoni dott. Luis, Vigente medico italiano in Rio Ja-
neiro, El Episodio de Francesca, ed altri brani tolti dall' lo-
femo. Nella sua opera intitolata: Ramalkete poetico do Par-
naso italiano offreddo d S. S. M. M. o senhor D, Fedro 11
imperador do Brasil, e a senhora D. Theresa Christina Maria
imperatriz sua augusta esposa na occasiao do sen faustis-
simo connubio. Rio Janeiro, Typ. Imp. e Constitutional de J.
Villeneuve et C.*, 1843.
È notevole che la Divina Comedia non abbia iin qui tro-
vato interpreti nella patria di Camoens. Meno i pochi saggi
surriferiti, nessuno vi si è cimentato. Però ci è noto che ii
prof. Viale ha già condotto a termine la versione dell' Inferno.
VL — TRADUZIONI INGLESI
\(V. Man. Dani. ZI, Bt€; IV, 440J
Caby Henry, Danie*s Vision of Purgatori/ and Paradise,
and iUustrated unth the Designs of Cruslave Dorè, with criticai
and eocplanatory Notes. London, Cassel, 1868.
y Google
TRADUZIONI LNGLESI. 483
Dante* s Vision; or Hell, Purgatory, and Paradise,
New Edition]; London, Crocker, 1869.
The Vision: or Edi, Purgatori/, and Paradise of
Dante Alighieri, London, Warne, 1871.
Delle traduzioni inglesi della Divina Commedia il Ma-
culay porta il seguente giudizio: — La traduzione di Boyd
è tanto noiosa e* languida come V originale è incalzante e
TÌgoroso. Lo strano metro ch'egli ha scelto, e secondo me
inventato, è as^ disadatto a tale opera. Le traduzioni non
debbono essere scritte in un verso che richieda molto incep-
pamento di rima. La stanza diviene un letto di Procusta; ed
i pensieri deirinfelice autore sono alternativamente storpiati
e mutilati per adattarli al nuovo ricettacolo. Lo stile di Dante,
secco, e tuttavia conseguente, soffre più di quello di qualsiasi
altro poeta in una versione fatta in istile diffuso, e diviso
in paragrafi (perchè assi non meritano altro nome) di uguale
lunghezza. — Nulla può dirsi in favore del tentativo di Hayley,
ma è migliore di quello di Boyd. La sua mente era un mo-
dello mediocre d' un lavoro in filigrana , piuttosto elegante ed
assai debole. Tutto quanto può dirsi di meglio delle sue opere,
si è che sono forbite; tutto quanto può dirsi di peggio si è
che sono stupide. Poteva tradurre passabilmente Metastasio ;
ma era assolutamente inetto a rendere giustizia alle rime aspre
e chioccie Come si converrebbe al tristo buco. — Passo con
piacere da queste opere meschine alla traduzione di Gary. Essa
è un lavoro che merita un esame separato, e su cui mi sarei
di buon grado fermato se questo articolo non fosse già troppo
lungo. Per ora dirò soltanto che non àwi al mondo, per quanto
io sappia, una versione tanto fedele, come anco che non àvvene
altra la quale provi più pienamente che il traduttore è egli
pure un uomo di genio poetico. Coloro che non conoscono la
lingua italiana debbono leggerla per conoscere la Divina Com-
media ; quelli che hanno pratica delV' italiana letteratura debbono
leggerla pe' suoi meriti originali ; e credo che troveranno diffì-
cile il determinare se V autore meriti maggior lode per la sua
profonda conoscenza della lingua di Dante, o per la padronanza
straordinaria della sua. Saggi Biografici, Dante.
LoNGFELLOw Wadsworth Henry, The Divine Comedy of
Dante Alighièri, Voi. i-iii. Boston, 1870.
y Google
484 TRADUZIONI INGLESI.
T?ie Divine Commedy of Dante Alighieri, Comprising
the Inferno^ the Purgatorio, and the Paradiso, With ali the
Originai Notes and lUustrations^ New stereotipe Edition. Bo
ston, Osgood, 1871 (V. Man. Dant. iv, 144).
RiDSDALB Ellaby Ernest, The Inferno ofDante^ Transla-
ted into Engìish Verse ^ xoith notes, Cantos i-x. London, Bì-
ckers, 1871.
CoTTBRiLL H. B., Selections front the Inferno of Dante, With
IntroducUon and Notes. New York, Macmillan, (Clarendon
Press Series), 1874.
Nel fase, del 1.° Aprile 1874, p. 400 della Rivista Europea
trovo questo annunzio : « I giornali americani lodano molto
una nuova traduzione in versi delia Divina Commedia condotta
dal dott. Parsons ; > ma non mi venne fatto di trovarne il
titolo.
VHI. — TRADUZIONI OLANDESI
(V. Man. Dmt. FF. 4i8),
Hacke van Mijndsn D.'' J. C, De Komedie van Dante Ali-
ghieri. — In dichtmaat overgebracth, Het Paradifs. — Haarlem^
A. C. Kruseman, 1873. — (Niet in den Kandel). Porta in fronte
la dedica : Al Dottore *- /. 7. Kreenen — Questo ultimo vo-
lume — È — Dedicato — Con stima , affetto e gratitudine —
Dal suo fedele — Hacke van Mijnden (1).
11 dott. G. Corrado Hacke van Mijnden nacque il di 11 No-
(1) Mia benevoglienxa inf>er80 lui fti quale più strìnse mai di tion
vi9ta persona. E così com' io amai in vita oueU' anima schietta ed altamente
virtaosa, cosi V amerò sciolta, finché mi sia dato di oongiangermele, e per
sempre, in quel mirabile tempio che solo luce e amore ha per confini. ~ E
ch'egli pure mi tenesse rìncniuso nel suo cuore, lo provano, tra i molti
che potrei riferire, i seguenti brani di lettere. — « Dès votre première lettre
il y avait dans mon coeur, je ne saie quelle sympathie qui m* entrainait vers
vous: je sentais en vous un ami, un fìròre: je sentala que mes sentiments
et mes pensèes trouveraient un ócho dans votre coeur. J'ai tant besoin
d'aimer et d*6tre aimé, et vous me montriez tant de bontè^ tant de com-
nassion que je vous aimais et que j'étais sur de votre amitié pour moi.
Je me sentais le besoin de vous dire ce que j* avais sur le coeur, de voas
faire ma confession. Je Tal fait, j' ai obéi à une voix intérieure et à pré-
sent ie suis fier et heureux de vous nommer mon ami , mon bien cher
ami. Le temps vìendra, je le sens, que ma bouche vous exprimera et vous
expUquera ce sentiment, et qtie je presserai votre benne et loyale main.
Que Dieu me fasse celte jqje ! . . . Je vous dìsais qu' un de mes voeux les
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TRADUZIONI OLANDESI. 485
vembre 1814 ad Harlem: suo padre vi era pastore evangelico.
Invaghitosi del ministero paterno, nel 1832 si recò ad Utrecht
a studiarvi in divinità, ma ben presto lasciò da canto le teo-
logiche discipline, e si pose di grande amore alle lettere belle.
Fu tntto in Platone. Si provò in poesia , e n' ebbe lode di va-
lente; imparò di canto e di suono; nelle lingue straniere
divenne pentissimo. Nel 1835, col suo amico De Bois, visitò la
Germania, la Svizzera e V Italia Settentrionale, che vinse ogni
suo più ardito immaginare. Al suo ritorno, colto da lunga e
dolorosa malattia , gli fu forza di dare un addio a' prediletti
suoi studi, onde solo nel 1845 potè conseguire 1* ambita laurea
dottorale. La sua prolusione sul card. Bessarione rivelò ad un
punto e la potenza del suo ingegno e il suo amore per T Italia.
Sdegnoso degli ozii, con animo fervente e determinato, si
mise di gran lena nelle letterature straniere, e specialmente in
quelle del medio evo, fece assaggiare a' suoi connazionali quanto
di meglio usciva in altri paesi ; tenne pubbliche letture, ne f^-
precipuo snbbietto Dante e il saci'ato poema. — Nel 1845 die
fede e mano di sposo alla gentile Signorina J. C. S. Elias, e si
ridusse con la donna del suo cuore a Loosdrecht, nella sua
villa Ekenrode. Rivide nel 1860 T Italia, e passò T inverno, con
la sua famiglia, nella villa Spinola, presso Sestri di Ponente.
Qiuvi si legò in istretta amicizia col generale Candido Augusto
De Vecchi. Reduce in Olanda, la versione della Divina Com-
media 86 lo ebbe tutto. Nel 1867 potò dar alla luce Tlnferno,
e con fraterno amore lo volle intitolato al suo De Vecchi, sol-
datOj poeta, istorico; nel 1870 il Purgatorio, e il pio marito
plus chers est celui de vous voir, de vous parler, de vous ontendre. J' é-
spère, si Dieu ino prète vie, que ce sera pour 1' année prochaine ; j' aurais
achevé alors le Paradis et après cepéuibfe travail je veux aller me reposer
en Italie, alors je passerai quelque temps aupròs de vous; le coeur m'y
appelle!... Que ce peu sufBse pour le moment; je serais encore tenté, de
déchirer cette lettre , mais il iaut q»ie quelques lignea vous prouvent la
profonde admiratton que j' ai pour vos études , et votre érudition , et la
reconaissance que je ressens pour votre affection pur moi. > (11 Dee. 1871).
— « J*ai l>eaucoup pensé à vous et aux douces et affectueuses paroles que
vous m' avez écrites au jour de V an ; il y a une douceur dans le sentiment
que je vous porte quo je ne sais expnmer par paroles. D' où me vient
cette syropatiel je 1 ignorel mais souvent mes pensòes me portent vers
toi, je te serre le main, je voudrais te confessor tout ce que Vai dans le
coeur et dans le tòte -je vous aiipe comme une des mes plus chères affec-
fions. Comment et pourquoi je ne le sais , mais cela est. Que Dieu me
fasse la joje de te rencontrer un jour; nous nous embrasserons comme
deux fréres (1 Feb. 1872).
y Google
480 TRADIZIONI OLANDESI.
offri vaio alla memoria della beatissima e santissima Sìia Sposa
Quanti dolci pensieri, quanto desio in queste due dediche!
Neiristesso anno entrò con ardore febbrile neir aringo rima-
sogli, quasi presago che poco di vita ancora gii rimaneva. Ed
ei pure sbigottiva al pensiero di cadere in via con la tersa
soma! Ma nel Giugno del 1872 fu heto di poter segnare sotto
r ultima pagina della sua versione il motto: eoopUdt fsUdter;
cominciò le note marginali della terza cantica che non potè
condurre oltre il canto vigesimo terzo. Una fiera carcinoma
alla gola, ribelle a tutti i tentativi dell* arte, lo condusse negli
estremi. Con l'anelito e il pallor della morte, parlava tuttavia
con entusiasmo del Cantore dei tre regni, volea caramente rao
comandata al dott. Kreenen, ed al suo genero, il dott. O. vas
Tienhoven, T edizione del Paradiso. Religioso com'era, fece
sacrificio del suo volere al voler divino, e il mattino del dì
8 Gennaio 1873, a Loosdrecht, puro e disposto mutawi mondo
•a miglior vita.
Della versione delle prime due cantiche abbiam già parlato
a pag. 450 del iv volume. Essa fu tenuta in grandissimo pregio
da quanti sono profondi conoscitori delle due lingue e del di-
vino poema; essa non resta impari, secondo lo Scarabelli, a
nessun pa^so gentile della Commedia (il LamberHno in, xxiv. —
A. Reumont, nell' elogio di Filalete, (il Re Giovanni, di Sassonia)
ci narra che nella malattia che lo condusse al sepolcro, alter-
nava la lettura dei canti xtii e xix dell' Odissea, con la versione
del dott. Hacke che si piaceva di rafirontare coir originale.
Ma come a fidanza del suo Poeta entrò nel regno santo,
tutto luce, amore ed armonia, che meglio consuonava con la
sua anima bella, (1) ei si senti ricrescere le ali al piti arduo
volo; ei potò ben dire al suo maestro e suo autore^ voi mi
levate si cKo son piii ch'io — Gl'intoppi e gli attraversati
(1) Anche Filalete amava, e più intensamente studiava il Paradiso. Egli
soleva dire: « toccare ad esso la sorte della parte seconda del Fausto Mi
Goethe; i più non essere capaci di apprezzarlo, e voler piuttosto starsene
in terra. > — Lo Schlosser esalta il Paradiso come il santissimo dell'eccelso
tempio poetico eretto da Dante. « Qui, die' egli, troviamo tutta quanta la (nrza
degli ottimi mistici insieme con tutte le veritA ; qui il succo gustoso dalia
filosofia scolastica ed aristotelica * qui la pompa e lo splendore del culto nella
sua floridezza; qui la teoria degli angioU e delle loro gerarchie dell'Àrco-
pagita ; qui la eminente descriaone della visione di Dio, qui V essere in Dio
ed il vivere in Dio, scevra da falso entusiasmo, fanatismo o quietismo. >
v Google
TRADUZIONI OLANDESI. 487
sbarri, anzicchò sconfortarlo, parea gì* infondessero baldezza e
nuova vigorìa. Ed egli stesso è lieto di confessarne V impetrata
spiratone. — € J' ai quitte la ville, cosi scrìvevami egli il 25
Giugno 1870, et pendant deus semaines je suis à la campagne. . . .
Je lis et je medito le Paradis. Mais quelle difSculté! quelle peine
à traduire ces vers divins dans un idiome si différent de V orìgi-
nal ! Mais en méme temps quelle joie, quel bonheur de vaincre
dans cette lutto ! Quelle *profondeur ! Que de beautés qu* on ne
peut jamais goùter que quand on doit analyser et méditer mot
par mot cette apocalypse pleìne des plus sublimes mystéres.
Travaillons! Le travait est le pain de V àme. > — E il 21 Febr.
1872. — cJ'en suia au vingt-troisième chant du Paradis, mais
quelles difficultés à vaincx'e pour rendre dans ma lingue, si
differente de votre douce langue italienne, lee nobles et belles
pensées du poéte! Quelle torture bien souvent! Mais j' avance,
et j* ai la convinction que cette partie de ma version laisse
bien derrière elle les deux premières parties tant pourTaccu-
ratesse que pour la beauté de mes vers. Jusqu*ici j*étais tou-
jours un peu bontetix des éloges qu* on me donnait - à présent
j'ai la convinction d' en devenir digne. Mais aussi que de jours,
que de nuits passóes dans la méditation et dans les étuàes! ». . .—
Nò senza un sentimento di profonda commozione e d' ineffabile
mestizia, mi è dato rileggere le dubitose espressioni della sua
del 23 Ottobre 1872, T ultima pur troppo che mi scrisse. Ed io
non posso non riprodurle, ben certo, che troveranno un eco dolo-
roso in ogni anima gentile. — « J' ai, cosi egli, voulu vous écrire
moi inéme ces deux mots-je vois Tinterét que vous me por-
tez - je sens que vos priòres se sont jointes à celles de beau-
coup de nobles coeurs qui m'aiment. Merci! Peut-étre le bon
Dieu aiva-t-ll pitie de moi; j^ai encore tant de devoirs à rem-
plir sur terre -j' ai tant à aimer ! Oh! que je vive, que je vive!
Mais .si Dieu en avait résolu autrement... que sa volontò se
&Bse-je m'abbandonne à lui... L^impression de mon Paradiso
avance toujours nous sommes presque à moitié. Quel bonheur
pour moi de corriger ces épreuves, de relire mes poesies où
j' ai mis tout mon àme ; que je serai heureux - que Dieu me
laisse au moins jusque là la vie - quand je verrai là avant moi
le volume entier. 11 est vrai que ce travail, ce travail incessant
et pénible, qui ne me laissant plus dormir, m'a prìt ma
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488 TRADUZIONI OLANDESI.
sante... mais je ne m*en plains pas. J'ai donne ainsi (eL
doublé sens ), ma vie au Dante ! - Embrasae moi et aìme-moi
comme Je t' aime. Piiez pour-moi, conmie je le prie pour Tom
et croyez moi toujours tout à voua. >
Povero amico mio! Non ti consentiva il cielo il tanto de-
siderato conforto di rimettere a' tuoi piti cari V ultimo lavoro:
non di riceverne le congratulazioni della patria e degli amidi
Non appena deducesti Vardua materia terminando^ e ti fu pre-
ciso il cammino della vita : la tua anima sen volò a vedere la
gloria del pii^ che padre tuo^ ed ora fiammeggiandovi luce
con luce vi godete in Dio vita intera di amore e di pace, tra
quelle molte gioie care e belle che anche da* supremi intelletti
non si possono trarre dal deiforme regno.
Lie de Levenschets van dott, J. C Hache ìxat Jéifnden
opgenomen in de « Levensberichten van de Matschappij der
Nederlandsche Letterkunde 1873: » — Kok A. G., Ben toUooid,
Dant-Monument. Nel Kunt Kronick, 1874, p. 34. — Woltbbs
M. W., Naar aanleìding van Potgieter-Florencie, — Nel Va-
derlandsche Litter., Mai 1874, n. 5. — G. van Thibnovsn, Un
Dantista Olendese, Cenni biografici, Firenze, Tip. editr. del-
IMssoda^i^, 1873. Estratto della Rivista Europea. — Wjrns
Karl, Bott. Hache van Mijnden. Illustr. Zeitang, 28 Juni 1872,
n. 1565. — Alcune lettere del doU. Giov. Corrado Hackb van
MiJNDEN, insigne traduttore Olandese della Divina Commedia
al prof. cav. Giuseppe Jacopo Ferragli. Bassano, Pezzato,
1874. — V. Archivio stor, di Firenze, 1873, voi. xxnr. — Man.
Dant IV. 488.
KoK A. S., De Hell'De Louteringsberg^Set Parados van
Dante Alighie^H. Metrische vertaling mei ophelderende aante-
keningen en eene studie over Dante, zijn tijt en zijne toerken.
Amsterdam, Funke, 1870. » Con ritratto di Dante e tavole
litografiche.
' Thoden V. Velzen U. W., Dante' s Beli, met schets van
den inhoud, verhlaring en aantekeningen^ naar het originel
bewerht, Leeuwarden, Akkeringa, 1870.
De Goddelijke Comedie van Dante Alighieri. De HclL
hei Vagevuur, het Paradijs. Met schets van den inhoud, ver-
hlaring en aanteekeningen, Naar het origineel Imoerht. Leeu-
warden, Jongbloed, 1874-75.
y Google
TRADUZIONI OLANDESI. 489
BoBL JoAN, advocat te Amsterdam, Dante Alighieri: De
goddelifke Komedie in nederlandsche terzinen tertaald mei
verklaringen en gesckiedkundige aanteekeningen nopens den
dichter; eerste Lied: De HelL Haarlem Graaf, 1876.
Il dott. Bohl conserva nella sua versione lo stesso metro
lo stesso numero di terzine delF originale. Il De Gubernatis la
dice fedelissima, ed ei vi trova de* versi che anche ad orecchio
straniero, ad orecchio italiano suonano felici e potenti. Nei
commenti che accompagnano la versione, F egregio traduttore
segue un pò* troppo la critica congetturale di buon numero
de' suoi predecessori ; non di rado, con miglior consiglio, egli
ricorre ali* autorità delle autorità; a Dante stesso, che il più
sicuro dei nostri comentatori, il Giuliani, ha ben dimostrato
sempre essere il modo ottimo di commentare la Divina Com-
media e r altre opere dell* Alighieri.
BiLDERDYK WiLLEM, Versione olandese, in versi alessandrini,
dell* Ugolino. Nel voi. xiv delle sue opere. Leiden , by Her-
ding, 1824.
GouvERNEiTR, Lo stesso episodio. Nelle sue Yerstrooide Ry-
men (Rime disperse), p. 1 14 (In terzine, rime croisée), Wolters
ne loda molto e il metro e la versione. Vanderlaritkche Lei-
teroefeningen^ Mei, 1874, n. 5.
PoTGiETBR E. J. , Francesca di Rimini , in terzine , con la
rima femminina. Nel De Gids (La Guida), 1837, ii, p. 123.
Vili. -- TRADUZIONI TEDESCHE (1).
CV. Man. Dmnt. li. «80 ;JV, éOJ
Philalbtes, Dante AUghierCs OóttUche ComÓdie metf'isch
ùbertragen und mit kritischen und Mstorischen erlàuterun-
gen wrschen. Leipzig, Teubner, 1871. — ■ Erster Theil. Die
Halle. — Zweiter Theil, Das Fegfeuer. — Dritter Theil, Das
Paradies.
(1) < La lingua tedesca è U Bola fra le lingue viventi che abbia U
capacità di roncare la poesia dei diversi 'popoli antichi a moderni secondo
il loro tipo originale Nei tedeschi, aopo eh' ebbero aperto la strada
Woss per Omero e Schlegel per Shakspeare e Calderon , possiam leggere
quanlA dal Gange al Tago si è da tre mila anni in poesia prodotto me-
diante tradunoni che rendono sensibile, oltre lo spirito, le forme della
y Google
490 TRADUZIONI TBDBSCHE.
Il Re Giovanni di Sassonia, figlio del principe Ma^imi-
liano e della principessa Carolina di Parma, n. il 12 Die 180!,
m. il 20 Ottobre 1872.
€ Per lo spazio di cinquant' anni lo stadio della Divitui
Commedia, e di tutto ciò che nelle lettere e neUe sdenze vi si
rannoda, può dirsi essere stato in cima dei pensieri del Prin-
cipe tedesco nelle ore di libertà; prova anche questa della
quasi magica forza d* azione del sublime Poeta toscano eser-
citata su i secoli tardi e sulle straniere nazioni. . . . Non prima
del 1767 la Divina Commedia venne voltata in prosa tedesca,
e passarono otto lustri prima che Carlo Lodovico Kanneg^esser
si accingesse alla versione in terza rima. Non erano comparsi
in quel lungo tratto di tempo, se non i saggi dello Schi^el
6 dell*Jagemann, Tuno in terzine incomplete, T altro in versi
giambici sciolti. Allorquando il principe Giovanni si mise a
studiare il grande Poema, scarsi erano in Germania i lavori,
poi quasi a dismisura cresciuti, ad illustrazione del medesimo,
e ci vollero coraggio e costanza a ideare e principiare le inda-
gini produttrici di così ricca messe. Tra coloro i cui consigb'
gìovarongli, si nominano il Carus, medico^filosofo , il quale
liberamedié , e con occhio sempre acutissimo , spaziava per i
vasti campi delle scienze e delle lettere; e Carlo Forster, nel-
r italiana letteratura versatissimo, a cui dobbiamo belle tradu-
zioni della Vita Nuova, e delle Rime del Petrarca e del Tasso.
Maggiormente però 1* illustre studioso trovò nella propria in-
dole la guida al vero e al buono. Rimasto convinto, che, a co-
noscere appieno V Italia, più di qualsiasi cosa ci voleva pratica
quanto più si potesse intima dello scrittore da cui in certo
modo prende le mosse l'italiana letteratura; egli subito rico-
nobbe il bisogno di studii preparatorii affine di vincere le
difficoltà di vario genere che gli si affacciavano. Non ò a dire
con quanto amore, pari air ardore, egli intraprese tali lavori ,
sì molto prima di aver concepita Tidea di farsi agli altri in-
lingua e del metro nelle loro pieghe più delicate. Questa qualità delle no
atra lingua, ed i servigi resi dall'arte tedesca del tradurre, han (atto ai
vogliosi d'apprendere, possibile l'allargare la sfera delie proprie idee e
de^proprii sentimenti al di là dei nazionali confini : vantaggio cne non può
calcolarsi abbastanza, e che è tornato pure a bene de* nostri grandi poeti
e delle loro produzioni. » Strauss Feder. Fede Vecchia e Fede I^ova,
traduz. dal tedesco dell' aw. Saiv. Piszi. Napoli, De Angelis, p. 19Ì;
v Google
TRADUZIONI TEDESCHB. 491
tei^ireti del Poeta, si dopo di essersi confermato in siffatto
proposito ; persuaso che le traduzioni in terza rima (quella di
Carlo Streckfuss, più libera delle precedenti, era cominciata a
pubblicarsi nel 1824), inceppate dalle tremende difficoltà della
forma, male prestavansi a rendere compiutamente il pensiero
dell' originale. — Non gli si affacciò alla mente se non a poco a
poco r idea del Commento, al cui fondamento servii'ono le in-
dagini dapprima servite ai propri stndii. Si sa quanto allora
rimaneva da farsi e per V illustrazione storica e per la filoso-
fica. . . . EgH riconobbe che, per addentrarsi nel senso del poema,
in certo modo rappresentante la sapienza del medio evo, ci
voleva lo studio delle fonti del medesimo. Con quanto sapere
ed acume, con quanta diligenza ed assiduità egli ottenesse
r intento, lo dimostra il commento aggiunto alla sua versione.
Nella prima stampa deir opera compiuta disse^ essersi limitato
alle note necessarie per l'intelligenza del testo. Pure queste
note ci porgono T illustrazione più ampia e più sicura che ci
sia. Mentre in quelle alla prima Cantica prevale la materia
storica locale, nelle altre il commento cresce d'ampiezza, ab-
bracciando in qualche modo non solo la storia mondiale, ma le
credenze e la scienza al secolo dello scrittore tramtfidate dal
passato. Nel preambolo al PurgatoriOy il traduttore dice espres-
samente, la vera ed accurata interpretazione tanto morale
quanto storico-filosofica del poema non essere possibile, se non
mercè il confi*onto di esso colla filosofìa del secolo, e massime
coirAquinate, dal quale egli crede aver avuta risposta soddisfa-
cente ad ogni sua domanda. Con questo commento alla mano,
il lettore cammina sicnro, si per le vie spesso intricate dei
fatti storici, si per i campi quasi interminati delle dottrine
fìlosofìche e teologiche. Non meno del profondo quanto esteso
sapere del traduttore, ne colpisce la giusta e savia misura da
lui serbata, e nella spiegazione deir allegoria (per taluni labe-
rinto inestricabile), e nello svolgere le questioni ecclesiastico-
polìtiche; spiegazione e svolgimento tendenti a dimostrare in
Dante l'essenza cattolica e l'idea imperiale, senza confondersi
coi fantasmi dei Rossetti e Rossi dei nostri giorni. ... — La
versione risente anzi che no della troppa fedeltà, e difetta un
po' di quella spontaneità e grazia di forma che si desidererebbe
in latoro di tal genere. Il Re era poeta nell'animo. Non solo
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492 TRADUZIONI TBDBSCUB.
sentiva profondamente la poetica bellezza, ma fiicilmente e ù^-
oemente esprimeva i propri sentimenti in bei versi. Pure lacda
a faccia con quell* ingegno tanto affettuoso qnanto potente asm
tremendo, spesso ne pare soggiogato. La versione sua rende
perfettamente il pensiero dell'archetipo; sicché, se maio del
Kannegiesser e dello Streckfuss ne riproduce Y effetto poetico,
molto più d'ambidue, e specialmente del secondo, ci capacita
ad intendere il senso Egli si era tanto immedesimato col-
r autor suo,, a lui talmente noto che, essendogli un gìcniìo
andato smarrito il manoscritto di parecchi canti della versione,
egli, con r originale in mano, li dettò senza quasi fermarsi,
aggiungendo di memoria vari passi della Summa Theloffìae
di San Tomaso mancanti alle note. EgU aveva un vero culto per
Dante. Nel secondo viaggio in Italia, oltre a varie parti della
Toscana nominate e descritte nella Divina Commedia, visitò la
Romagna. » A Ravenna , cosi scrisse , mi fermai davanti alla
tomba del mio amico Dante, posso dire con animo commossa).
Il sepolcro rimane solitario presso una cantonata, in quella
città solitaria anch* essa, in cui esule mori. . . . Visitai la mae-
stosa pineta della marina dal Poeta rammentata; poi tornato
al'sepolcw) di lui, scrissi sul muro col mio nOme le seguenti
righe: Pace alle tue ceneri I Ora tu sei cittadino della vera
città, dell'esilio dimenticato il crudo dolore nello splendore
della luce che non conosce ombra....
Ne\l' esemplare della sua traduzione del re Giovanni data
al figlio Alberto, suo degno successore, egli scrisse dei versi,
dei quali le seguenti righe non possono dare se non un debole
concetto. < Quando suonata sarà r ultima ora mùty e lo
sguardo tuo un giorno si fermerà sopra queste carte, deh
peftsa che il contenuto di esse ha servito a rischiarare molte
ore della mia vita! Tu diverrai uomo e principe, intento a
raggiungere la meta che ti prefisse Iddio: ah possa allora^
fra tentazioni e pene ; T animo tuo fortificarsi nelt animo di
Dante, Allora avvamperà in te ira santa al cospetto del nude :
allora chiederai la mercede dovuta pel buono daW invidia
calpestato ; allora non li falliranno volontà e forza , qtiando
avrai conosciuto il vero e il giusto; allora la mente tua, per
quanto alta , s* abbasserà davanti alla possanza Divina , e ti
solleverà al cielo un pietoso desio, anelante alla luce in messo
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TRADUZIONI TEDESCHE. 493
alla notte della terra. Allora nel sacro tempio della Chiesa
€ illuminerà la luce della rivelazione, e nella grande fiumana
della storia del mondo ravviserai il divino giudizio. Giacché
dalle zone del Paradiso la schiera degli eletti spiriti ci porge
la mano, mostrando le corone ai pellegrini della terra, e al-
zandoli vittoriosi alla patria celeste. — (Rkumont Alfredo,
Elogio di Giovanni Re di Sassonia, Atti della R. Accademia
della Crusca, Adunanza pubblica del di 6 Sett 1874, Firenze,
Cellini).
Ed il prof. Scartazzini: La traduzione, in versi giambici
sciolti, si distingue da tutte le altre per due pregi speciali:
fedeltà scrupolosissima nel riprodurre con la massima esattezza
i concetti del poeta, e maestria insuperabile nel maneggiare la
lingua tedesca. Il commento, breve, sulle prime, va man mano
allargandosi e diventa vastissimo nell* ultima cantica. Non è un
commento filologico, ma storico^ filosofico e teologico, frutto
di studi non meno profondi che vasti sulle opere degli scolastici
e dei cronisti del medio evo. Vi si rinvengono molte e molte
notizie che si cercherebbero invano altrove. Insomma questo
del re di Sassonia è anche oggigiorno uno dei migliori lavori
su Dante fatti in Germania.
Di questa edizione, come prezioso gioiello, tengo un esem-
plare, che lo stesso Filalete, con suprema degnazione compia-
cevasi rimettermi in dono, con la dedica di sua propria mano.
M. Tabarrini, Giovanni Re di Sassonia, Commemora-
ne. Archivio Storico, 1874, Disp. i, p. 205. — Sforza Giovanni,
Ricordi del re Giovanni di Sassonia nel primo anniversario
della sua morte, Lucca, Cheli, 1874. — Miagostovioh, prof, di
Lingua e lett. ital. Filalete , Commemoraz, letta il giorno 4
Nov. agli studenti deW ottavo corso. Progi*. di Trieste 8 e^
Nov. 1873, n. 281 e 282. — V. Man. Dant. n, 536; iv, 452. —
Dante*s Geist an Philaletes, von Julius Schanz. Ein Gedenk-
hlaU zum IO Nov. 1872, Dresden, am Ende, 1872; in Das
Neue Blatt. Ein illustrirtes Familien-Journal, 1873, n. 8. pag.
113. — Strauss Victor, Ein Nachgesang Dante* s zur góUlichen
KomÓdie. Dem hohen Uebersetzer derselben, 1851. In Fùrs's
deutsche Reich. I. Jahrb. 1873, Berlin, Heinersdorfl". — J^ur
Charakteristìk Kdnig Johannes von Sachsen in seinem Ver-
ìiàUniss zu Wissenschaft und Kunst. Gedàchtnissrede auf
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494 TRADUZIONI TEDESCHE.
\eranlassung der Kònìgl. Sachs. Geselbchaftder Wtssenschaf-
ten gehalten voti Johann Paul voti Falkenstein. Leipzig', HineL
1874; Dresden, Zahn, 1874. — Dolunger J., Gedàchtatias-IUdi
auf Kónig Johann ton Sachsen in der ÓffentUchen SiUung
der k. Akademie der Wissenschaflen am 28 Màrz 1874. Mùiì-
chen K. K. Akademie, 1874.
KiuoAR Wilhelm, DarUe*s GóUiiche Komòdie Uebersetsl
JUustrirt von Gustav Dorè, Mit einem Vorwort von Karl VTiik
(44 Lieferungen). Berlin, Moeser, 1870-71. P. I, Ini xvi, 168:
P. II, Purg. vili, 176; P. IH, Par. 4 ff. 171.
NoTTBB Friedrich, Dante AUghierfs GòtUiche Komódii
ùberseU und erlàutert, — Die Bólle, Stuttgart, Neff; 1S71
(Druch von Emil. Mailer). — Stoeiter Band: Dos Fegefeuer.
— Dos Paradies, Stuttgart, Neff, 1873.
Kànnegiesser Karl Ludwig, Die GóttUche Komadie des
Dante Alighieri, Aus dem Italienischen ùberseUt T. umge-
arbeitete Auflage^ herausgegehen von Karl Witie. Th. un.
Mit Dante* s Bildniss^ den Plànen der HóUey des Fegefeuers.
des Paradieses und einer Karte von Ober-und Unter^ItaUen.
Leipzig, Brockhaus, 1873.
Carlo Lod. Kànnegiesser nacque a Wendemark , presso
Werben nel 1781, mori a Berlino nel 1861.
Il primo volume contenente V Inferno si stampò ad Àmster*
dam nel 1809; nel 1814 se ne fece a Lipsia una seconda edi-
zione, si pubblicò pure il Purgatorio; il Paradiso nel 1821. La
traduzione è fedelissima tanto a riguardo al concetto quanto
in merito alla forma. Circa alla forma si direbbe difessa è
troppo fedele, almen quella dell* Inferno.... La sua traduzione
fu accolta con applauso universale, ed è sino al giorno d' oggi
d«Ue più diffuse in Germania. Scartazzini. Y. Man. Dant ii, 535.
Questa nuova edizione venne curata dal Witte sull* esem-
plare legato dall'autore al dilettissimo amico.
Witte Karl, Dante AlighierCs GóttUche Komódie^ Berlin.
Decker, 1876.
Carlo Witte nacque a Lochau presso Halle sulla Sala il 1
Luglio 1800.
< È questa la terza edizione della fedelissima e bella tra-
duzione in versi del capolavoro della nostra letteratura che
merita il seggio d' onore fra tutte le versioni tedesche che son
y Google
TRADUZIONI TEDESCHE. 405
state ùkiie fin qui. L'Autore, in una critica che fece nel 1821
lopra due lavori di questo genere (sulla versione dello Streck-
luss e del Kaonegiesser), quando non pensava ancora a sotto-
porsì anch' egli alla crìtica disse, che quattro erano le qualità
aecessarie ad una buona versione. La prima, l'esattezza della
traduzione, la seconda, la chiarezza del concetto, la terza un
Linguaggio dignitoso ed elevato, la quarta serbare la forma
artistica delle terzine. D Witte, dopo circa cinquanta anni di
pazienti ed accurati studi su Dante, fedele alle sue idee gio-
vanili, ha adempito quanto richiedeva da altri, ed -ha volto in
terzine tedesche il grandioso poema del Divin Fiorentino con
una fedeltà e chiarezza di concetto unica, servendosi di una
lingua pura, ricca ed elegante, ed è riuscito a rendere nella
sua favella, se non tutte, almeno molte delle bellezze che l'a-
dornano nell' idioma originale.' Questa versione tedesca ò corra»
data di un volume di note compilate con una cura veramente
degna di chi, animato dal desiderio di render chiaro il senso
dell' immortale poema cerca di spianare a' suoi connazionali ,
la via per giungere a gustare tutte le sublimi bellezze che
contiene.» Rivista Internai, Britan, Germ, Slava, 1876, i,
671. — Ali. Zeitung, 1876, n. 255. — Scartazzini Q, A., Studi
Danteschi in Germania, e la traduzione di Carlo Witte. Nella
Rivista Berlinese, Deutsche Rundschau, 1876.
Strbckfuss Karl, Dante AUghierCs Góttliche Komódie
Uebersetzt und erlàutert, Braunschwerg, Schwetscke a Sohn,
1871.
Dante AlighierCs GottUche Komódie, Uebersetzt und
erìàutert, Mit herichtigler Uebertragung und vòllig umgear^
heiteter Erklàrung neu herausgegeben von Dott, Rudolf Pflei-
derer, Leipzig, Phil. Reclam, 1876, in \2f^, di p. 622. Ecjjz.
economica.
Alfonso Federico Carlo Streckfuss nacque a Gera il 20 Set-
tembre 1779; morì a Berlino il 26 Luglio 1844.
Della sua traduzione della Divina Conunedìa ne furono fatte
non meno che undici edizioni. Tal successo non è dovuto alla
fedeltà della sua traduzione, che invece prende sovente il carat-
tere di pallida imitazione o di parafrasi; nemmeno al valore
scientifico del commento e dell'introduzione, che non contiene
H6 non le cose più ovvie e più superficiali, né può vantare grande
y Google
496 TRADUZIONI TBIS8CHB.
esattezza: ma ò piuttosto doyuto alla &cilità e direi quasi snxper-
fidalità della traduzione. Lo Streckfuss tradusse tutto il poema
in terza rima, alternando* la rima mascJiile con la fèmmimU.
Ma ei tradusse da poeta, curandosi cioè più dell*eleganza poetica
della sua traduzione che non di riprodurre rigorosamente i con-
cetti deir originale. Il poema dantesco, neir originale oscuro e
difficilissimo, si ò trasformato in questa traduzione in un poema
pei SalonSj che anche il mondo elegante può leggere senza
incontrarvi grandi difficoltà. ScariaziinL
Babtsch Karl, Dante AUgherCs GóUUche Komddie, Veber-
setzt und erlàutert, Leipzig, Verlag von F. C. W. Vogel, ISTI.
In 3 voi. in S"" di xxxiv, 207; xii, 212; x, 215 pag. Elegante
edizione. La traduzione è in terze rime.
y Google
497
PROSPETTO
delle ▼ersioni tedesche della Divina Commedia.
Anno
1
in che
TRADUTTORE
Parte tradotte
Metro
apparve
o
I7e7-e9
BACHBNBCH\rANZ L. .
La Divina Commedia
Prosa
1
1780-82
Jagrmans Cr. L. . .
L' Inferno
Giambi sciolti
1
1795
Schlegel Oust. Auo.
L' Inferno e brani del-
l'altre Cantiche
Terze rime e prosa
2
1807-16
FóBSTER Carlo Aug.
L'Inferno
Rime femin.
1
1809-21
Kannbgibbser G. L.
La Divina Commedia
Terzine
5
1824
Strbckpuss Alfon-
Rime roasch. e
so Federico Carlo
Id.
fem. alternate
11
1828
PiLALBTB Giov., re di
Sassonia
Id.
Giambi sciolti
5
1830-32
IIor'WARTer F. B. e
K. V. EUK
Inferno e Purgatorio
Prosa
2
1S3(V.37
HsiOBLiN Giov. Pbd.
La Divina Commedia
Giambi sciolti
1
isti
Di Bemeck Carlo G.
(pseud. Bernardo
von Guseck). . . .
Id.
Terze rime
2
18 12
KopiscH Aug
Id.
Sciolti
1812-13
Graul Carlo ....
L* Inferno
Terze rime
1861
WiTTB Carlo ....
La Divina Commedia
Giambi sciolti
1863
Braun Giulio ....
L' Inferno
Sciolti
1867
BiiANC LoD. Goffredo
La Divina Commedia
Sciolti
1R65
IIopfinoer Giusepp.*
Id.
Terzine rimate
1S63
Eitner Carlo ....
Id.
Terzine sciolte
1S^Ì5
TAN'NER Ales
Id.
Giambi sciolti
1868-71
Krigar Gugliel. . .
Id.
Terze rime
1S70
Baron R
L' Inferno
Esametri tedesche
1871
NoTTER Federico . .
La Divina Commedia
Terzine rimate
IsTT
BARTscn Carlo . . .
Id.
Terzine rimate
46
31
y Google
498 TRADUZIONI TBDB8CHB.
Oltre i succennati traduttori, se ne contano oltre a res'
che voltarono in tedesco ano o più Canti della Divina Gom^Hi
Noi li abbiamo già mano mano ricordati.
Tolgo dall' accuratissimo lavoro < Dante in Germania > d-.
prof. Scartazzini le s^^enti notizie sui traduttori della Di^ii-.
Commedia. — Il Bachbnschvanz, n. a Zerbst il 16 Luglio 17^^
m. a Dresda nel Maggio del 1812. Nel 1767 pubblicò a Lipr.
la traduzione deirinferno; nel 1768 quella del Purgatorio, n--
1769 quella del Paradiso. Ebbe tal successo che fu oecessar^
fare una ristampa del primo volume. Il prof. Sartazzini la pu-
dica nò fedele nò elegante. — Cbistiano Giuseppe Jagexav?
n. nel 1735, m. a Weimar nel 1804. Pubblicò la verdone à^
r Inferno dal 1780 al 1782 nel Magazzino della UUeratura'
delle arti italiane. È di poco pregio. — Augusto Guguel»:
Schlegel, n. nel 1767 ad Annover, m. a Bonna nel 1845. Iom*
i primi saggi della sua versione nel i. voi. dell* Accademia d^S
arti oratorie del Burger (1791, p. 239-292 e seg. voi). Nel 17^
pubblicò nel TaschenhucJi zum geselligen Vergnùgen di y
G. Becker la traduzione deir episodio di Ugolino; nel 17''
nelle Horen dello Schiller T intiero InfemOy parte tradotto ::
terza rima, parte epilogato in prosa; nel 1796 nelle Ricr'i'
zioni (i, 177-93) de' frammenti del Paradiso. La traduzione del^
Schelling secondo il Witte ò tuttavia inarrivabile. E veramcs»
essa non teme il paragone con le più famose che la Germaca
vanti sino al giorno d*oggi. Tutti questi lavori danteschi dù
Schlegel furono ristampati nella collezione delle sue oper •
curata da Odorico Boerking, voi. m, pag. 199-381. — Mesc^
nissima è la traduzione in prosa dell' Horwabtbr. — Gio. Fed.
Heigelin, n. a Stoccarda il 16 Novembre 1764, m. parroci
protestante nel regno di Virtemberg il 9 Novembre 1845. I*,
Scartazzini la dice una mal riuscita parafrasi anzi cheocj
traduzione. — Nò miglior viso ei fa a queUa dello Stbbckfts.^ I
La prima dispensa della sua versione usciva in luce neIlS3^
presso il Mueller di Berlino. Nelle dissertazioni in fise ^1
volimie , ci parla a lungo della storia del secolo e della ^'^
di Dante, del concetto fondamentale e della prima e prìacif^
allegoria della Divina Commedia. Ad ogni canto è preme*
un lungo sommario , che non di rado diventa un ampio ^'^
mento. Le annotazioni sotto al testo sono invece bx*evi, e poni»
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TRADUZIONI TEDESCHE. 499
a pena dirsi un commento; ... Il lavoro del Kopisch è per ogni
verso meschinissimo. Nella sua traduzione sono incorsi strafal-
cioni che sembrano incredibili in un uomo vissuto lungo tempo
ìa Italia.... Inoltre egli maltratta e la grammatica, e la sin-
tassi e il genio della lingua nella quale ebbe la temerità di tra-
durre il Poema sacro. Le sue dissertazioni sono scritte senza
critica e senza esattezza, il suo concetto non è che un giuoco
di fantasia. Egli trova ovunque allegorie, secondi sensi, misteri,
enigmi e cose simili, eppure questo tristo lavoro, che Giulio
Braun chiamava a ragione un attentato contro Dante, ebbe
una seconda edizione! — Carlo Graul, n. a Woerlitz il 6 Feb-
braio 1814, m. a Erlanga nel 1864. La versione del Graul ò
molto coscienziosa e va annoverata fra le buone. — Carlo
Gustavo di Bbmbck nacque a Kìrchkain nella Lusazia il 28
Ottobre 1808, m. a Berlino Totto Luglio 1S71. La sua versione
non è fedele, nò chiara, nò elegante, ma un lavoro dozzinale, e
/nulla piii. — Il prof. Scartazzini ritoma con affetto riverente
alla versione di Filalete, ed io non posso non riportare per intero
le sue parole. « Essa ò una delle migliori, delle più fedeli ed
eleganti traduzioni della Divina Commedia che sino al di
d'oggi vanti la letteratura dantesca alemanna. Se ne eccettui
la rima, tu hai qui una fotografia dell'originale. E la facilità,
la purezza ed eleganza della lingua ti fanno quasi credere che
non una traduzione, ma sì un lavoro originale tedesco sia
quello che tu leggi. Ma forse e senza forse più importante che
non la traduzione ò il commento che occupa in questa terza
Cantica la maggior parte del volume. Non ridonda certo a glo-
ria delle lettere italiane che di questo eruditissimo commento
nessun italiano illustratore di Dante sapesse sin ad ora farne
tesoro, ^n vi si parla delle bellezze del poema come nel po-
vero comiento del Biagioli, non vi si ripete semplicemente
quanto si legge nei commenti più ovvii, come fecero e fanno
certi cotali che non vo' nominare. Anche le difficoltà gramma-
ticali e le questioni relative alle varianti della Divina Com-
media non hanno naturalmente luogo in un commento che
accompagna una traduzione del Poema sacro. Ciò che distingue
il commento del Filalete da tutti i lavori di tal genere scritti
in qualsiasi lingua, ò la sua vasta e profonda cognizione della
storia, della teologia, della filosofia o in generale di tutte le
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500 TRADUZIONI TEDESCHE.
scienze ai tempi di Dante. Tutti i volumi pubblicati dal Ma-
ratori , tutti 1 cronisti antichi , tutti gli storici piti recenti d
qualche importanza, la Bibbia, i Padri della chiesa, gli Scol>
stici — quanto insomma può servire alia intelligenza di Dante,
del suo sistema, delle sue dottriue, venne studiato confer^c^
ed assiduità singolare, ed i frutti di tali studi non meno vasti
che profondi sono deposti in questo commento. Io non codosu:u
in tutta quanta la letteratura dantesca — e questa letteratura
credo di conoscerla un poco — un unico lavoro che, in ciò cht?
concerne la erudizione storica, teologica e filosofica, possa met-
tersi a canto al commento del Filalete al Paradiso, Era ben
naturale che un lavoro tale, e per la sua bontà intrinseca, e
per la qualità dell'autore venisse accolto dal pubblico col
grande applauso. Infatti vedremo che essa ebbe quattro edi-
zioni. — Fatevi dire che Dante non è divenuto popolare in Ger-
mania? Della traduzione dello Streckfuss se ne fecero undici ^
dodici edizioni, cinque di quella del Kannegiesser , quattro d.
quella del Filalete, tre di quella del Witte, due di quelle d&
Kopisch e del Guseok, e cosi via; — e Dante non è popolai:
la Germania? Oltre cinquantamila esemplari della Divini
Commedia tradotta in lingua tedesca sono diffusi in Germaoia
e vanno per le mani del popolo tedesco; e Dante non è po}>-
lare in Germania? In ogni storia universale, ecclesia.stif».
della filosofia, della letteratura, della civilizzazione, ecc., si r>
giona pili 0 meno a lungo di Dante; e Dante non è popolar.
in Germania? Ogni anno si stampano libri, opuscoli, disseru-
zioni, articoli di periodici, il cui soggètto è Dante ;' e Dante doo
è popolare in Germania? Ma dunque; cosa ci vuole per rama-
dei cielo per ottenere il vanto di popolarità?
Delle altre versioni non posso riportare i giudizi* percfe
r egregio lavoro del prof. Scatazzini è in corso di staiup>-
IX. — TRADUZIONI IN BOEMO
Kvélny vybor z Bozské Komédie, Sdeluje Frantiscr Docckì
V. Praze, 1854.
Brani scelti dalla Divina Gomedia per cura di Frances-.
Doucha. — Anthologiam hanc, scrivevami il dotto e cortesi-
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TRADUZIONI IN BOEMO. 501
simo Bibliotecario di Praga D/Zeiler, interpres in Ephemeri-
dibns Casopis ceskéko Museum lectoribus obtulit, metro utens
auctoris; ut vero lectores integrum Carmen Danteannm quasi
uno in conspecta cernerent, addidìt prosaìcam enarrationem
omnium quae Dipina Comoedta continet. Franciscus Doucha,
clericiis Archidioceseos Pragenae, magnam sibi laudem com-
paravit versionibus bohemicis Thomsonii^ Shakespearei, Yictoris
Hugo^ ecc. Natus 1810 Pragae, indefesso fervore ad curandam
l'ani Bohemorum literariam incumbit.
X. — TRADUZIONI SLAVE
(V. Man. Dani. IV, 4M)
Zakrajaski Fr., Odlomek ù 3. sperma Dante-ovega « Pekla »
Gorici, 1867. — Frammento del 3 Canto deir Inferno. Il Zakra-
jaski diede questo saggio di versione, in Slavo-Illirico nel Pe-
riodico Domovina,
Molti sono quelli che tentarono di tradurre la Divina Com-
media in Sloveno. Gli episòdi di Francesca di Rimini e di Ugo-
lino furono dati ripetute volte, come saggio, ne* diversi giornali
letterari della Croazia e della Serbia. Condussero a termine la
versione dell'Inferno Stefano Makaranin, (Svicevic?) di Makar-
ska, ed il P. Carlo Pareic, del terz' ordine de' Francescani;
vivente, e runa e T altra rimangono tuttavia inedite.
Nel periodico sloveno Soca, 1874, si leggono alcuni brani
della Divina Commedia voltati in sloveno da Francesco Za-
RRAJSCRi; nello stesso periodico è annunziato che Kosesri la
tradusse g^r intero e che verrà pubblicata nel 1876.
XI. — TRADUZIONI UNGHERESI
CV. 3Ìan. Dant, IV, 486)
SzÀsz Carlo, (Transilvano, già prete protestante, attual-
mente Consigliere al Ministero della pubblica istruzione).
Traduzione del i canto deir Inferno. Nel Giornale Reform,
1873.
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502 TIUDUZIONI UNOHERESr.
Traduzione del iii canto. Nella Rivista ebdoisadarj
Athenaeum, Pest, 1872.
Il Szàsz è uno de' migliori poeti ungheresi. Nessuno, {r.
di lui, ha aiTÌcchìto la patria letteratura di tante lodatissÌTì:-
versioni.
XII. — TRADUZIONI RUSSE.
Petrow, Vei'sione della prima Cantica. Pietroburgo, 1871.
MiNAiBW, Versione della Divina Comedia, con illnstrazioc:
del Dorè. Lipsia, 1873.
Belchtkowski Adamo, L' Episodio di Francesca da Rimki
Nella BibUoteka Warsaioska,
XIII. — TRADUZIONI IN GRECO MODERNO.
Vkrgotin P., Cefaleno, Versione dei primi cinque esnrì
delC Inferno, Cefalonia, 1865. — In versi alessandrini scici:
ed in lingua popolare.
Ignoro chi abbia vinto la prova nel concorso 0ecoD0ffi>-
che assegnava mille dramme al miglior traduttore della DÌTÌa
Commedia. Il dott. Giulio Tipaldo, nella patina letteratura Tr^
satissimo, scrive di averne letto alcuni Saggi ne*giornali elknr-
e non ricordame egli pure il nome. Però la versione gli pani
men comendevole, e giudica esser superiore quella del Vergoc.:
che, nel concorso, non potè esser presa ad esame, perdiè pr^
sentata oltre il termine segnato.
XIV. — TRADUZIONI IN ARMENO. (IJ^
Nell'isola di S. Lazaro, a poche remate da Venezia, vigr-
reggia una Congregazione di Cenobiti, trapiantatasi dairOriect--
che in sé raccoglie tutto il pensiero e gli affetti della patrii
Armena. Que' buoni e valenti Padri, che da tanti anni appres
a riverire ed insieme ad amare, cresciuti nelle dure prove del-
(1) Ristampo questo accenno sulle Traduzioni in Armeno, anche ?t
retliftca di alcuni errori corsi alla p. 483 del voi. IV.
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TRADUZIONI IN ARMENO. • 503
* abnegazione, non perdonano a fatiche pel bene e la prosperità
Iella loro bene amata nazione. Essi ne vengono educando nobil-
xiente e sapientemente i figli ; hanno in casa una tipografìa, vi
pubblicano un lodato giornale e de* buoni libri, che spacciano
in Oriente a diffondervi la luce della civiltà ; nulla vogliono per
3 è, tutti lieti come sappiano d'aver giovato alla patria loro. —
All'Italia, che ospitale li accoglie, sono strettamente legati e
per grato animo e per affetto. — E la Divina Commedia trovò
pure tra essi de' cultori intelligenti , ed io mi compiaccio di
registrare alcuni saggi di versione della Divina Commedia che
da giudici competenti vennero lodati per fedeltà ed accuratezza.
Hbkin Serapionk, L'Episodio di Ugolino. — Polistore, (Ri-
vista Armena), Venezia, 1866, p. 330-335.
HuRMUZ MoNS. Edoardo, Arcivescovo di Sirace, L'Episodio
di Ugolino. — Polistore, Novembre, 1866, p. 330-335.
JsAiAN P.Barnaba, L'Episodio di Ugolino. Polistore, Marzo,
1869.
Bagratuni P. Arsenio, di Costantinopoli, Le tre prime tei^
zine del Canto iii dell' Inferno. — Polistore, Giugno, 1868 p. 190.
— È ben a dolersi che il P. Bagratuni , il classico traduttore
di Omero, di Milton, della Georgica di Virgilio, non abbia
potuto offrire alla sua nazione che questo piccolissimo saggio.
Egli aveva in animo di consacrarsi tutto al nostro Poeta e di
spingere avanti la versione, per quanto le forze e la grande
età glielo consentissero. Ma la morte che lo colse ottantenne,
il 24 Dicembre 1866, venne a turbarne la tela ordita.
Kantarian P. Samuele, 11 Canto iii dell'Inferno. Nel Poli-
store, Febbraio, 1871, p. 43-45.
Eremiaiy P. Athanaoine, di Trebisonda, ex-direttore della
stamperia armena di S. Lazaro. — Sappiamo che condusse an-
ch'egli in armeno parecchi Canti dell'Inferno, inediti tuttavia.
Nazareth P. dott. Davide, de' P. P. Mechitaristi in S. La-
zaro di Venezia, Terzine scelte della Divina Commedia di Dante
Alighieri, traduzione Armena, col testo a fronte, Venezia, tip.
Arra, di S. Lazaro, 1875, in 16^ di p. 198.
Fu dapprima pubblicata nel Polistore ( 1875, p. 149-60 ).
Il P. Nazareth ha pur voltato e felicemente, nella materna sua
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504 • TRADUZIONI IN ARMBNO.
lingua le Stagioni del mio concittadino G. Barbieri. — Da' gs-
noscitori esperti delle due lingue il Saggio che annundam?
venne tenuto in conto di fedele ed elegante. Egli prosegne infa-
ticato neir opera cominciata, desideroso che la sublime TrìlogL:
non sia più straniera alla sua nazione. La prima Cantica dtr
r Inferno uscirà nel 18T7.
Zabpanalian P. Karkino. — Nella sua Storia della lettera-
tura europea del Medio evo, e dei tempi moderni. (1874), cb
venne poi recata in francese dal sig. Mennechet^ oltre la tìc.
del sommo poeta, ci diede pure tradotti molti brani ddla Di-
vina Commedia.
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505
OPERE MINORI
PoLETTO AB. GIACOMO, Le Opere Minori di Dante Alighieri^
rispetto aita Divina Commedia, Ricerche (Memoria letta alla
R. Accademia di Padova, il di 20 Febbraro 1876), Trento,
Seiser, 1876. Estratto della Voce Cattolica di Trento.
Ei ci fisi daopo accostarci all' altissimo Poeta, scevri di pre-
venzioni, percli*egli ci si abbia a rivelare nelle sue veraci e
schiette sembianze. UnMdoleggiato sistema falsa nel parere
anche le cose più evidenti. Se non che è vezzo di molti Co-
mentatorì, a sostegno e difesa delle scaltre insinuazioni dell'a-
mor proprio e dei facili sofismi dell'affetto, di coartarne il
testo ^ perchè abbia loro a rispondere d'altra guisa che non
suona. Di qui le dispute irose e i troppi frequenti deliramenti.
— E tutto questo perchè si discostano i più da quel principio
elementare di ermeneutica che stabilisce il miglior interprete
di un* opera essere l'autore istesso; perchè le Opere Minori
nou vengono chiamate in sussidio e a schiarimento del Poema.
E che ne sieno esse il germe, T apparecchio ed il commento,
ei ce lo vien mostrando e con la Vita Nuova, col Canzoniere,
e più largamente con l'Epistole latine e con la Monarchia.
Siccome son moltissimi i luoghi, dice il Poletto, ne' quali l'Au-
tore anziché esporre il suo dottrinale, a questo tacitamente si
appella come a cosa nota e dimostrata, ognun vede di per sé
stesso come sia mestieri di mettere in chiaro la nascosta sen-
tenza, d'illuminare il concetto, di svolgere in forma di dimo-
strazione, dò che il Poeta annuncia come l'ultimo risultato:
e se l'Alighieri nelle varie sue opere ci somministra larga-
mente i mezzi a poterlo fare comodamente, non sarebb'egli un
improvvido consiglio trascurare cotal guida o cercare ad altra
32
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506 OPSU MINORI
fonte r indùpenBabile dottrina? Chi meglio di Ini interpreta s*
stesso ? E senza questi soccorsi potrassi ben giungere alli
buccia, ma al midollo non mai; si avrà bagliore, die ferendc
abbarbaglia, non luce serena che illuminando fisconda.
Fanfani P., Cento e più correzioni al testo deile opere à
Dante Alighieri proposte da Carlo WiUe. Halle, 1854. Stiu£
ed Osservazioni, ecc. p. 315-339.
LE RIME DI DANTE
(V. Mam. Damt. tV, é»).
CARDUca Giosuè, LeUe Bime di Dante Alighieri. Studi Let-
terari, Livorno, Vigo, 1874, p. 139-237.
A questo discorso, che fu pubblicato per la prima voi:;
del 1865 in un volume di varii scritti raccolti da O. Ghivizzaci
e edito da M. Gellini di Firenze con Y intitolazione Dante e >'
ma secolo (p. 715-60), ha il Carducci nella presente rista2i]|.i
fatte moltissime giunte, sicché Tha accresciuto d'oltre an terr.
ma più, com* ei dice, di svolgimento e dichiarazione, di (dtazioL
e di esempi che d* altro. Del resto non ebbe a mutare o c>
dificare nulla delle sue idee circa la lirica di Dante. — Ridt:'
autentici i tre sonetti: Bicci, noi>el figliuol'^ Chi udisse tos--
— Perché tjitando; nò gli pare di ricacciar fira gli apc^-r-i
l'apologo della cornacchia: Qìiando il consiglio degU augei: \
tiene; non è lungi dall* accettare il sonetto recato dal Vt'm
Deh piangi meco <w, dogliosa pietra; nò vorrebbe pur sii-
bitasse suir autenticità della Canzone: Tre donne benedetti
ed ha invece qualche dubbio, non senza appoggi ai oodid, 5> 1
quella che comincia: Morte poi eh* io non truova, Avrtb^j
invece desiderato che il Giuliani fosse più franco ne' suoi dui :
intomo l'altra: 0 patria degna di trionfai fama ; la quale,
per lo stile soverchiamente retorico e dissoluto, e per oen
nomi simbolici desunti dalla stessa Commedia, che Dante d'i
avrebbe fatto, egli inclina a creder fattura d'un rimatore (k!j
seconda metà del trecento. — E poichò Carlo Witte, dimaoii
egli , ha intralasciato il pensiero di ripubblicare le Rime i
Dante, quando la faremo noi in Italia questa edizione enti.'.
y Google
UB&DIB. 507
crìtica meramente ed in tutto, nel tetto, nella elezione, nella
distrìbozione, nelle dichiaraziom e od confronti? E sarebbe
par necessaria, certo più che nna ristampa della Divina Con^
inedia, a intendere adeguatamente lo svolgimento e le fasi
dell'ingegno e della poesia di Dante. — Al che io rispondo:
Nessuno m^lio del Carducci siq;>rebbe cimentarsi a quest'ardua
prova, e desideratissima da quanti amano Tenore del gran
Padre della nostra letteratura. E eh' egli sia uomo da dò, ben
ce lo fece luminosamente vedere nel suo nobilissimo Saggio
di un testo e Commento nuovo alle Rime di Fr, Petrarca
sopra argomenti storici morali e diversi. ^ Y. Man, Dant.
IV, 470.
NUOVE EDIZIONI
RIME INEDITE E RIME ATTRIBUITE A. DANTE.
Cr. Man. Dani. JV, 475).
Le Poesie liriche illustrate da Giovanni Fornari. Roma,
Menicantì, 1843.
"^ De Léonard» G., Saggio di studi critici su Dante, Cans,
XIX. Palestra, 1868, Fase. 4, 6, 8.
BiNDi Enrioo, Sonetto di Dante a Mess. Cino : Io mi credea
del tutto esser partito, e fUsposta di Cino a Dante^ ridotti a
buona lezione ed annotati. Letture di Famiglia, 1876, p. 443.
SoRio P. Bartolomeo, Lettera al sig. P. Fanfani sopra al-
cune rime di Dante, Fanfani, Studi ed Osservazioni, p. 345.
— De Batines Colomba Sul Saggio di rime levato da un codice
delsec. XIV custodito nella Capitolare di Verona. Jd.p. 351.
Il P, Sorio pubblica alcune rime inedite, levate da un co-
dice del sec. XIY custodito nella Capitolare di Verona. Ei le
dice bazzecole a petto del troppo più e meglio di sonetti, di
canzoni, di madrigali non più stampati, che vi si trova, ma
che non gli venne consentito di trarne copia.
Manzoni L., Il Canzoniere Vaticano^ 3214. Rivista di Fi-
lologia Romanza, Imola, Galeati, i, 71-82.
Il Canzoniere Vaticano contiene le seguenti Rime di Dante,
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508 OPRRB BflNORI
o attribuite a Dante. Fresca rosa novella — Per una ghirlan-
deUa k' io vidi — Io nU son pargolecta bella e nova. -^ Qaesto
mandò Dante a Guido GaTalcanti di Firenze: Guido t Tomi
ke tu Lapo ed io: Questa è la risposta ke mandò Gtiìdo a
Dante : 5' io fòsse quelli che cT amor fu degno. — Volgete gli
occhi a veder hi nù tira — Né le man vostre gentil dona
mia, — Chi guarderà giamai senza paura, — DaU oehi de la
mia dona si move, — Questo mandò Dante a Lippo in questo
modo: 5^ Lippo amico mio, se tu che mi legga. — Guido
Cavalchanti e Guido Orlandi dice V axempro, ma chi lo fece fìi
Dante Alighieri : Vòt he per H occhi mi passaste il core (Guido
Cavalcanti). — Come Guido Orlandi rispose a uno sonetto ke
li mandò Dante Alighieri : Poiché traeste m sino al ferro C ar-
che. — Questo sonetto mandò Dante Alighieri a mess. Cino da
Pistoia: Perch'io non trovo chi meco ragioni. Questa è la
risposta ke fece messer Cino da Pistoia a Dante Alighieri:
Dante, io non so di qual allegro suono — Sonar brachetti e
chi cacciator aissare. ^ De ragioniam un poco insieme amore
— Madonna quel signor che voi portate. — Questo mandò
Dante a messer betto Bruneleschi di Firenze: Messer Bru»
necto questa pulzelecta. — Il Manzoni ci prometteva la pubbli-
cazione di questo Codice importante.
D'Ancona. Alessandro. Su alcuni Sonetti di Cecco Angio-
lieri a Dante. Nuova Antologia, a. ix, 1874.
Rime inedite di quattro poeti italiani. Roma, Barbera, 1872.
Furono pubblicate da Dobienico Carbone per le nozze Gameri-
Bertoldi (Nov. 1872). Tra le altre vi ò un sonetto che sotto
il nome di Dante, leggesi in un codice della Casanatense, e
comincia : Era ne V ora che la dolce stella. È profumatissimo,
ma che sia proprio del sommo poeta, neppur questo il Car-
bone garantisce. A Dante venne pure attribuito il sonetto:
Questa è una giovinetta — e la Ballata: Standomi in mezzo
d* un oscura vaUe. Vennero riprodotti neir Illustrazione popo^
lare, voi. viii, 1 1 Maggio 1873, n. 2. Se tutte sieno veramente
di quelli, e in parte d'altri, e non più stampate, conclude il
Carbone , mancandomi tempo a' riscontri e dottrina a' giudizi,
gli eruditi sentenzieranno.
Catechismo cattolico in terza rima per Dante Alighieri.
Roma, Tip. di Roma, in 16* di p. 22.
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hs Rinv. 509
n padre Comoldi^ della Compagnia di Gesti, dedica a Giu-
seppe Nicolò dei conti Bianchini, veneziano, questa corretta
edizione della breve cantica in cui Dante espoàe in 247 terzine
il Credo* i Sacramenti, i Comandamenti, i Vizi, e le Virtii, il
Pater e 1* Ave. Egli dice di aver trascritto dal Codice Vaticano
Urbinate 687, che trovasi nella Biblioteca Vaticana, questa
Cantica di Qante che intitola il suo Catechismo CcUtolicOf che
raramente si trova tra le opere sue stampate, nò può aversi
altrimenti che guasta. In quanto a noi, non esitiamo a rite-
nerla apocrifa.
Rime sacre cU Dante Alighieri. Palermo, 1832, in 24^ Edi-
zione procurata dal P. Albssio Narbonb della C. di G. conte-
nente il Credo e le altre parti del Catechismo e i .Salmi
penitenziali.
.— Con annotazioni del P. don Giovanni Cafici , cassi-
nese. Nella Tromba della Religione, Giornale sacro di Catania,
1844.
STUDI SUL TESTO DELLE RIME.
CV. Man. Data. IT, Mi;.
VrTALi Pietro, Lettera al sig. ab. Michele Colombo intomo
ad alcune emendazioni che sono da fare alle rime stampate
di Dante e del Petrarca, . . . Parma, Rossi-Ubaldi, 1820.
Mozzi Luigi, Sopra un passo di Dante nella stia Vita Nuova.
Tre Epistole, 76-83.
Il Muzzi, contro F autorità del Torri, dello Scolari, del Pa-
renti, del Fraticelli, del Giuliani, del Witte, e del D'Ancona
che nel secondo sonetto leggono, € Guastando ciò che al mondo
è da lodare In gentil donna, fuora dell' onore, vorrebbe si leg-
gesse col Biscioni sowa dell' onore. » Certo annota il Carducci,
V onore non sta; ma non trova pure opportuna queUa ecce-
sùone dell'onore.
PicnuLLO P. Carlo, Opere Minori di Dante Alighieri con
illustrazioni e note di Pietro Fraticelli. Firenze, 1857. Civ.
Cattol. Serie ui, voi. ix, 1858, p. 571.
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510 OPBBI MINOBI
n P. Picirìllo propone una differente lettura di otto Tersi,
0 come più conforme al sistema ortografico ammesso ed acceir
tato molto opportonamente dai Fraticelli, o più acconcia s
condo qualche variante, o la guida del buon senso {ly
Fanpani Pietro, Di un frammento antico contenente Rime
ài Dante, Lettera ad un amico. Studi ed Ossorazioiii , pag.
339-345.
Dà varie lezioni, tolte da certi straodafogU di pergamena,
posseduti dal cav. Scappucci di Pistoia, sembrandogli che pos-
sano riuscire di qualche profitto a chi dovesse &re una novèlla
edizione delle Rime di Dante.
ToDBacHiNi GrasEPPB, DeUa prima Canzone àeUa Vtftì
JVuoea. — Donne che avete intelletto d* amore — e dell epoca
che scrisse la seconda stanza. Scritti su Dante, i, 275-286.
(}ontro r opinione del Balbo, che non la vorrebbe posteriore
ali* anno 1289, il Todeschini pensa che la seconda stanza sia
stata composta solamente alquanto tempo dopo la morte di
Beatrice, e ne dà le -ragioni.
VERSIONI.
RossBTTi Dante Qabribl, Dante and his Circle; v>ith the
ItaUan Poets preceding Mm (1100, 1200, 1300): a CoUection
of Lyrics, Edited and translated, in ^ie originai metres (Il
edit.). London, Ellis, 1870. — III edit. Boston, Roberts bros,
1875.
ToBfLiNSON Charles, The Sonnet: its Origin, l^ructurey and
Piace in Poetry, With originai Translations fiwn the 5dn-
nets of Dante t Petrarch, etc,, and Remarks on the Art of
Translating. London, Murray, 1874.
(1) L* emendaxìone cadrebbe sa veni se^. : Ben eonote' foche va la
neve al sole ; ed il Picirìllo : Ben conotcA' io che va la neve al sole (Canx.
viii^ st. 3, V. 7). — > Rodermi cosi il core scorza a scorza, ed egli : Rodermi
cosi il core a 9cwsa a scorsa (Gans. ne, st 2). ^ La noviU che per tna
{'erma luce, da scriversi con miglior lettura : La novità che per tua forma
uce (Canz. x, st. pen.). — Noi sofferia^ perocch* ella 6 finita; e il Picirìllo
le«ge: Noi toffreria, perocch'eUa ò finita (Gans. xixi, st 1). — B priego
sol. eh* audir mi sofferiate, che cangia : E priego sol, eh' a udir mi sof-
feriate { BaL I ). — E al verso penultimo della Bai. tv. C^roAia U mente
mia> propone di leggere Cerchiò; ed all'ultimo del Son. vn: Oli guai dei
ditcaeciati tormentosi — OH gasi degìi scacciati tormentosi.
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511
RIME MUSICATE.
SiEBER Fbrd., Due Poesie Dantesche composte per la festa del
27 Maggio 1865 e dedicate agli onorati membri della Società
italiana a BeroUco (sic). — Zioei Dichiungen von Dante —- A.
Paierunser — B. Sonett fur cine Uefe SUmme mit Begleitung
des Pianoforte. Potsdam, Liebner.
— Oltre le terzine del Purg. xi, v. 1-25, 0 Padre nostro
che ne* deli stai, il Sieber ci diede intonato adoìmato di soave
melodia il Sonetto: Tanto gentile tanto onesta pare. — Il Padre
nostro venne pur intonato dal maestro Sinico di Trieste, e dal
prof. Alessandro Biagi di Firenze; ed il Sonetto Tanto gentile^
da Adimari Moretti di Treviso.
BiJLow H., Sonett von Dante, fur Stimme mit Pianoforte,
Berlin, Schlesinger, 1875. — - V. Man. Dant iv, 556.
. Dante^s Sonett von BiJLOW, fUr Pianoforte ùbertragen von
Fr. Liszt. Berlin, Schlesinger, 1875.
LE PROSE VOLGARI
Fbrrazzi Jacopo, La Prosa di Dante comparata a quella
degli altri Prosatori del suo tempo. Estratta dall* Opera Monu-
mentale Dante e il suo Secolo, per cura del prof. Gaet. Qhir
vUzani. Firenze, Cellini, 1866, p. 775-792. •
Siccome al subito apparire di nuova e mirabil cosa ci avviene
che, tolti ad ogni altro intento, tutto ristrìngiamo V animo e il
volto a più e più avvisarla; cosi ci accadde al primo apparire
della Divina Commedia, tenuta più presto prodigio che umana
creazione. E di fatti, il trovare in un volume legato con amore
e a fondo descritto tutto dò che per 1* universo si squaderna,
in un volume, cui cielo e terra ebber posto mano, ci era
impossibile non andarne altamente ammirati, non fermarvici
la mente, non fÌEime continuo subietto de* nostri studi e delle
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512 OPBBB M1N0BI
nostre investigazioni. Lo che se da una parte giovò mirabil-
mente a rendere universale F altissimo canto, non potò noo
nuocere alle Opere Minori dell* Alighieri, ma sovrattutto alk
sue prose italiane, che caddero ben presto neglette, e per poco
furono lasciate in oblio. Sicché un egregio scrittore (1), con
enfatica ma pur vera espressione, sentenziava: che Fuomo
disparve dinanzi al fUlgòre del poeta, il parlatore inspirato
lasciò nell'ombra il pensatore, la cupola distolse T attenzione
dal sottoposto edifizio. Di qui ne venne che pochi giungessa^
a noi i codici, e guasti i pivi, che per cons^uenza anc^e nelle
poche edizioni se ne facesse strazio disonesto; che i critici,
percossi allo splendore della sublime trilogia, non serbassero
al poeta un seggio onorato tra* prosatori del suo secolo ; e cba
solo da non molti anni, alcuni benemeriti, raccogliendo con
riverente religione le disgiunte frandi, ponessero tutti gF in-
gegni a darci quelle prose piìi corrette e più avvantaggiate. E
certamente non ci sarà chi non istimi, pur che vi ponga ben
mente, che T Alighieri non abbia un solenne diritto alla rico-
noscenza della nazione, non solo come la maggiore sua musa,
ma anche come il prìmo nobilissimo &bbro della prosa italiana.
Ma per maglio far conoscere e chiarire il merito dì lui, è
mestieri sulle stesse orme di Dante ricercarvi i principi! delia
nostra favella.
E, innanzi tratto, egli è certo che a* giorni suoi la lingos
volgare non era che da piccolo tempo usata: cose dette in
lingua del si avanti di lui, per cento cinquanta anni non si
trovavano (Vita Nuova ^ § 25). D volgare corruttibile e non
istabile dì leggieri tramutavasì a piacimento artificiato, poiché
il solo piacimento era ad esso norma e legge (Canv. i, 5).
Laonde se bene ci facciamo a guardare, nel torno di ònquan-
t* anni molti vocaboli erano spenti nati e variati : il bello vol-
gare seguitava Y uso e non l'arte (Conv, i, 5). Ed ò ben vero che
legando so con numero e con rima aveasi non solo acconciato a
più stabilità (Conv, i, 13), ma pur preso abito più gentile; nò
aveano plebeiamente cantato Guido delle Colonne, Guido Orlandi,
Lappo Gianni, Lappo degli liberti, Dino Frescobaldi, Onesto Bolo-
(1) G. Mazzini^ Scritti Minori di Dante. Scritti Letterari di un lU-
taliano vivente, Lugano, Tip. della Svinerà italiana, 1847, m, 381.
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LB PROSE VOLGARI. 513
^ese; ed il Guinioelli potea venire dallo stesso Dante salutato
maestro suo e di quanti migliori usarono dolci e leggiadre rime
d* amore (Purg, xxvi, 97). Né di ciò è meraviglia: che ognuno
sa come a' poeti non solo sia conceduta maggior licenza di
parlare che alU prosaici dettatori {YUa Nuova^ § 25 ), ma come
il loro linguaggio non sìa che una restrizione nella lingua, e più
segnatamente ne* poeti del primo secolo, non aggirandosi essi
che sopra argomenti d* amore. Il perchè fU notato come i poeti,
veri trovatori del dire illustre, in tutte le lingue precedessero
sempre i prosatori; e Dante medesimo attestava che questi
ultimi pigliarono da' poeti i sottili numeri della sciolta orazione
e le diritte leggi dell* arte grammaticale, onde venne che quello
cVè in versi rimanesse fermo esempio alla prosa (De Yulg ir,
2). Ma a' più era avviso che a lingua, e lingua veramente
volgare (Cono, iv, 4), che chiamava tuttavia mamma e hahbo
{Inf. XXXII, 9; De Yulg. EL n), e in che comunicavano le fem-
minelle {Ep, a Cangrande, § IO), non si potessero manifestare
molte cose concepite nella mente {Conv. i, 5), e davasene colpa
allo stromento e alla sorda materia (Conv, i, 11) meno riepon^
dente all'intenzione dell'arte. Così mentre dall'Alpi a Sicilia
echeggiava nella moderna &vella il canto
De* buon testor degli amorosi detti,
nessuno s'osava ancora ad iscrivere pensatamente in isciolta
parola. Che se pur alcuno nella dolce terra latina arrischi avasi
a qualche cosa di più, ciò solo accadeva per traslatarvi prose
di romanzi, o per rendere più comuni, a servigio del popolo,
quei precetti creduti più utili al ben vivere, come ne fan fede
i volgarizzamenti del Giudice Albertano, del libro di Cato e
quelli di Frate Guidotto di Bologna o di Bono Giamboni. Senza
che, raccesasi con l' instttuzione dei comuni la carità del loco
natio, ne venne il bisogno di registrare i costumi, i dolori, le
feste, le sconfitte, le vittorie, in breve tutti i patri avvenimenti,
ma per sola memoria, ad esempio degli avvenire, senza però
che vi si ponesse né ingegno nò arte. Matteo Spinello (1)
(4) n Bernhard ( Berlino , 1868 ) impugnò 1* autenticità della cronaca
dello Spinelli. < Dopo alle cose che ne scrìsse il Bernhard, scrive il Gai>*
poni, pare a me essere dimostrato che nella Cronaca del Pugliese, avesse
un uomo del 500 levigato V antico idioma, e forse in parte corretto lo stile,
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514 0P8U MINOBI
■crìtM i BUOI Dinniali a caso (De Vm^. EL ii), e come parìan,
e in quel dialetto pugliese che T Alighieri nel Volgare Eloquio
chiama laida fiivella. U primo a metter orme meo incerte nella
prosa si fu Ricordano Malaspini, che favoleggiò d$* Trqfame
di Fissole e di Roma, ma con rarissima diligenEa foce scrittura
e memoria de* fatti dell'età sua sino al 1282. Se bou che U
prisco aspetto de* vocaboli, il racconto dissanguato, senza ancora
uno stile, intralciato spesso e sgrammaticato, abbondante <ìi
ripetizioni frequenti e di costruzioni viziose ti appalesa ima
man che trema, senza avere ancora T abito dell^ai-te. Di Fra
Ouittone abbiamo alcune lettere aspre per duri modi, per rio-
forme stile e per Firte voci {De Vulg. El. n, 6), quantunque
vi lumeggi sotto povero cielo qualche raro solco di luce (1).
Onde per quanto ci facciamo a cercare i primi scrittori ci
avverrà solo di trovarvi alcuni deboli lineamenti d*una lingua
ancor fresca e recente, e per servirmi d*una frase del nostro
poeta, qtéosi entomata in difetto in ad fbrmasian fiUla,
Non si deve adunque in tutto appor colpa a Brunetto Latini,
se, egli italiano, toglieva a scrìvere in lingua francese la saa
più fiamosa opera, il Tesoro, nel quale inoe ancora^ enciclo-
pedia di quel secolo cominciatore di civiltà, e quasi amia di
mèle tratta da fiorì diversi, e come un composto delle piò
preziose gioie dell'antico senno {Tes, i). B allo stesso Latioi
parve bello il dislegarsene, apertamente confessando, come la
parlatura francese fosse di quel tempo la piii dilettevole e più
comune di tutti gli altri linguaggi Ciò non pertanto a Dante
sapeva reo e per poco impossibile che un cittadino del bel
paese ove il A suona spregiasse le ricchezze natie, e
perehò io non so bene indonni a credera che fono tntU fidaifleita, e che
r editore 1* avesse a disegno spruszata di antiche voci e desioense napo-
litano * {Qino Capponi t Storia della Rep. di Pir. Libro t, c. 8, p. 4^}-
— K il dotto alemanno Scheffer-Boichorst ritiene pare apocrife le storie
del Malespini non che la cronaca del Compagni (sul Màlespini, V. p-
116) Sa questa ultima si è dispatato gagliardamente e psaaioaataxnente :
armati d* ogni ragione, scesero in campo valenti battaglieri, italiani e stra-
nieri ; oppositore, tra tutti instancato e flerisstmo, il nnftni, che la grida
apocrifa. Veramente i ragionamenti da lai addotti mi son si certi, eprendos
Si mia fede, che inverso di elU gli altri mi paiono sillogismi difettivi. Pertanto
fo voti perchè esca presto la deslderatissima pobblicaaione della Cronaca a
cui da gran tempo attende 1' egregio mio amico prof. Del Lungo , anche
per valutare le prove eh* ei ci verrà recando della propugnata autenticità.
(1) « Non SI sa in che lingua siano scritte (le lettere dì Fra Qnittone}i
e sono chiaro esempio della più passa affettaxione e della più svenevole
smanceria. » Manfani, Letture di Famiglia, 1876, p. 40».
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LB PBOSB VOLGARI. 515 •
oraxnenta che a dispetto del proprio volgare, altri, diparten-
OBÌ dalla verità, commendasse le lingue strane come più belle
migliori (Conv, i, 10). Onde pieno di nobile disdegno scaglia-
asi contro gli abbominevoli cattivi d'Italia che tenevano a vile
[aesto prezioso volgare, il qnale, se pur era vile in alcuna
'Osa, non lo era se non in quanto suonava nella bocca meri-
rice di siffatti adulteri (Conv. i, 1). Nò poteva essere altrimenti,
;faò ben acceso amante non vede più in là della persona bene
imata, e n*è fieram^te geloso, presto a difenderne a viso
iperto r oltraggiato onore (Coni?, i, 10). Questa lingua, cosi
igli, usata fu dalle persone a noi più prossime; questa con*
punse i nostri genitori; questa per prima prese posto nella
loatra mente; questa ne introdusse nella vita della scienza,
:h* è r ultima perfezione; con questa dal principio della nostra
rita abbiamo usato deliberando, interpretando, questionando
Canv. I, 13). Il perchè a perpetuale infamia ed a depressione
li cotali malvagi uomini d'Italia ( Coni?, i, 11), non che pel
latnrale amore della propria loquela {Cono, i, 10), prendeva a
Iettare neUa grande bontà del suo volgare (td.) due prose, per
cnostrare quanto. esso potea, anche senza le accidentali ador-
nezze del ritmo e della rima, e come altissimi e novissimi
lìoncetti convenevolmente come per esso latino si potessero
esprimere, volendo specialmente che col suo commento si vo-
lesse r agevolezza delle sue sillabe, e la proprietà delle sue
condizioni, e le soavi orazioni che di lui si fanno, le quali chi
bene voglia agguardare, vedrà essere piene di dolcissima ed ama>
bilissima bellezza (Conv. i, 10).
E a tanta altezza d' intendimento bastavagli 1* animo e l'in-
gegno ! n grande italiano non ubbidiva che a quel sentimento
che gli ragionava potente nel cuore; ed egli solo sentiasi forte
di accreditare il pregio e T esempio della nuova lingua, egli di
inalzarla di magistero e di potenza, gìttando via dall'italica
selva gli arbori attraversati, e di tanti rozzi vocaboli, di tante
perplesse costruzioni, di tante difettive pronunzie, di tanti con-
tadineschi accenti cosi egregio riducendolo, cosi districato, cosi
perfetto e cosi civile, per esserne poi egU stesso alzato di onore
e di gloria {De Vulg, EL i, 17). In breve, ei sperava di poter
rendere la natia sua favella, quasi rinnoveUafa di noveiie pronai^
imperatrice di tutte le italiche &velle, e di poter pur dire con
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516 OPERB MINORI
orgoglio : r idioma eh* usai e eh* io fei. Sicché veo^dogli a
vista le splendide glorie di questo volgare che prendea ad edu-
care a più nobili fati, con occhio divino esdamava: « Qoesio
sarà quel Pane orzato, del quale si satolleranno migliaia, e
a me ne soverchieranno le sporte piene. Questo sarà Luce
nuova. Sole nuovo, il quale sorgerà ove V usato tramonterà, e
darà luce a coloro che sono in tenebre e in oscurità per lo
usato Sole che a loro non luce » {Conv. i, 13).
Per le quali considerazioni, non che per la testimonianza
deiris tesso Alighieri, è dunque chiaro come prima di lui spe-
rimenti di prosa più che vera prosa ci fosse, e ch^^li neon-
fortato dal più dolce de' suoi amici , Guido Calvalcanti ( Vt£s
Nuova y § 31), con ispeciale intendimento rivestisse il primo
in forme volgari, soggetti più alti e non più tentati.
Due prose ci lasciò Dante, la Vita Nuova e il Concito, di
indole diversa; fervida e appassionata Tuna, come gli piacque
intitolarla, virile e temperata l'altra (Conv, i, 1).
La Vita Nuova è il primo monumento di gloria che voile
innalzato a quel nuovo miracolo gentile della sua Beatrice,
che il Delècluze disse il primo e il più spirituale de' romano
intimi , il De Sigalas il più caro librìccino del cuore , il ver»
principio rigeneratore di tutto ciò che v' ha di bello e di huoao
nell'opere dell'arte moderna. E ben a dritto ebbe a cantare
il nostro poeta che Amor e cor gentil sono una cosa {Son. 10),
e che Amore è il fonte del gentil parlare {Son. 42), se di
tanta squisita armonia e inimitabile semplicità, di tanto pro-
fumo d' ineffabile mestizia gli seppe avvivare quelle brevi pagine
narratrici di tutto il suo stato ( Yita Nuova^ § 31), e gli valse
a colorire con la più soave favella il più paro, il più gentile
degli amori ! E che leggiadro candore, che delicata soavità nei
primo apparire di quell' angiola giovanissima (§ 2), nel prim^
dolcissimo salutare che gli &cea vedere ì termini della beati-
tudine e quasi inebbriato partire daUe genti (§3)! Quanta ve-
rità e quanta passione d'affetto in que' tremori improvvisi che
gli appariano negli occhi (§ 11), in tutte le parti del corpo
(§14), e fin ne' menomi polsi (§2); in quelle frequenti tras-
figurazioni che gli dipingeano sul volto il color del cuore; in
quel timido e vergine amore che pur non s'attenta di appa-
lesarsi e cerca di altre gentili che gli facdan velo del vero
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LE PROSE VOLGARI. 517
g 5) ! Con che semplicità quasi in&ntile non ci rivela V azione,
\ processo, l'analisi del suo amore, d'ogni più svariata sen-
sazione, d'ogni pena, d'ogni più picciola gioia, e come intanta
teniasi svolgendo il suo ingegno, quasi fiore al raggi d'un
candido e fervente affetto ! Ma là dove ci narra della sua donna
morta, e' mi pare meraviglioso ; tanta pietà ci è in essa rac-
colta, sì che ci pare di piangere e di sognare con lui (§ 23).
Sicché mi sembra non apporrai al vero, se dico che nella
rivelazione della storia intima del cuore, nella pittura di quanto
vi ha di più puro e di più delicato abbia egli raggiunto l' ul-
timo deir arte senza che mai l' arte si manifesti. Nò io mi dorrò
di alcuni mistici modi ed iperbolici, di alcune ardite figure^
di alcune forme scolastiche, se a mano a mano vi rilucono a
diletto le bellezze più ' schiette , se le parole son sempre gio-^
conde ed amorose ad udire , le frasi scolpite e di grande
affetto impresse, i costrutti leggiadri, l' andamento facile e gra-
zioso, come parlasse sempre la lingua, quasi per so stessa
mossa (Vita Nuova, § 19), o meglio ancora con la lingua del
cuore (§24). La Beatrice della Vita Nuova è una creazione
che tiene della terra e del cielo : vi ci trovi un non so che di
aereo e di sovrumano : a poco a poco la ti diviene T ideale
del vero, del bello e del bene ; egli, per cosi dire, te la trasfigura
in nn angelo puro e santificatore. E basta che ella passi per la
via, coronata e vestita d' umiltà, perchè incuori puri ed onesti
affetti in chi la vede, che quasi cosa di cielo in terra venuta
pur non la s' ardisce di guardare : e' basta eh' ella apparisca,
perchè all'anima del poeta giunga tosto una fiamma dì carità
che gU fa perdonar chiunque l' avesse offeso ( Vita Nuovay
§ 11). Io mi son fatto a rileggere più e più volte quel piccolo
graziosissimo dramma, e sempre mi è avvenuto di scorgervi per
entro di nuove ed ineffabili bellezze, e sempre me ne venne
una dolcezza onesta e soave tanto che ridire non lo saprei.
Eppiu*e a soli ventisei anni Dante traeva fuori la Vita
Nuova, quando non era ancora negli studi adulto, ed eragli
per infino duro entrare nella sentenza di Tullio e di Boezio
(Vite Nuova, § Il ; Conv, ii, 13), ed era si tenue e fuggevole
nella sua mente il lume delle gi'andi cognizioni, che l' ingegno
suo vedea di molte cose quasi sognando (Con. ii, 13). Ma egli
è da avvertire che Dante notò solo quando spiravagli amore ,
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518 OPXBB MOfORI
e che solo a quel modo che dettavagli entro lo Tenia signl
cando ; di qui il dolce suo stile nuooOy di qui tutto il segni
deirarte. Onde il Giordani non si peritava di chiamar peifd
la prosa della Vita Nuova , e il Foscolo lamentava cbe aùa
fosse ammirata quanto pur valea, nò attentamente stadiitel
avendo essa dato l'impulso e il progresso non solo alla poes^
ma, quel eh' è più difficile in ogni lingua, alla prosa iUliad
Il Convito poi, come suona il nome, ò un' imbandigiofle d
scienza, è la beata mensa a cui seggono pochi, ed ove si mmft
il pane degli angeli del quale mvesi quitti ma non sen ri^j
satollo j è il fonte vivo delle cui acque si refrigera )a naturai
sete che mai non sazia (Conv. i, 1). Che se egli, a avo rìmeM
avviso, non è avventurato di assidersi tra' pochi die ne soi
degni, si tiene per contento d' adagiarsi loro a' piedi, di racoa
glieme quello che cade, e della ricolta ricchezza chiamare i
parte li veri poveri, da ogni macola liberalmente mondarne J
pane, pria di ministrarlo, sicché ognuno solo che il voglia, ^^i
possa gustare e patire (Conv, i). E perchè la sua cena tì^
più splendida, e quale conviene alla sua guida, pone appuc:^
tutto r animo ad inalzare la materia, a rincalzarla con {a
arte e con più alto stile {Conv, i, 4), ed entra in pelago cj.
isperanza di dolce cammino e di salutevole porto {Conv. ii. 1.
È adunque aperto quanto alto fosse V intendimento suo »
dettare questo commento che mai non fu domandato da p<^
sona {Conv, i, 9); indurre cioò gli uomini a scienza e a t::c
{id.) ; gridare alle genti che per mal cammino andavano, accioe>
che per dritto calle si dirizzassero {Conv, iv, 1); allumare ik^
pure so , ma gli altri , aprendosi egli come una rosa che ^
chiusa stare non può, ma 1* odore ch'ò dentro generato reaìt
a qualunque appresso le va {Conv, iv, 27). Nel Convito ejli «
un nuovo poderoso pensiero che gli vince V anima tutta , cU
gli & mirare una nuova donna gentile, che gli dice parole «ii
lusinghe, gli ragiona dinanzi agii occhi del suo intelligi'*^
affetto, egli è un nuovo pensiero che, accompagnato da amor?.
il fa disposare ad esso lei piena di dolcezza, ornata d'oi^r-
stade, mirabile di savere, gloriosa di libertade (Conv, ih I'^
Esso è il libro , come osserva egregiamente il Centofanti. '^
nuovi amori, dei nuovi studi del poeta, quando la sua Beatiiee
è già morta, quando il fiore dell' età prinia è passato, quai-^o
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LB PROSE VOLOARI. 519
l frutto ddi^età Tirile debbe matararsi col senno; il libro che
ftppreBenta, anzi costitoisce quella filosofica disciplina dell*uo-
Qo, che illustra quella nuova poesia della vita, come la prosa
Leila Vita Nuova illustra quella della prima età.
E difatti il suo Convito ò 1* encìdopedia della scienza intera
lei suo secolo. Sotto colore di aprire la verità nascosa entro
le sne canzoni, coglie il destro di far conoscere la vastità della
iottrìna di che avea piena la mente, di sfoggiar le ricchezze
lei suo intelletto, eh* erano per quei giorni diverse, vastissime
3 meravigliose. Se non che il cimento non potea non esser
aspro e forte: nessuno si era mai ardito di vestire la scienza
delle forme volgari. Tutto quel poco di sapere eh* era campato
dal gran naufragio dell* umana civiltà non si dimostrava vera-
mente che nelle scuole dei religiosi e nelle disputazioni dei
filosofanti ( Conv, n, 13), alle quali egli pure per trenta mesi
con grande amore fu continuo. Ma quivi tenea campo il lin-
guaggio scolastico, un bai*baro latino, ma assai opportuno,
come osserva T Emiliani Giudici, a significare le astruserie più
ardue dell'intelletto. Oltre di che, la scienza, povera tuttavia,
dilettavasi a frondoso rigoglio di prolisse dissertazioni, di sottili
distinzioni, e di sillogismi difettivi che riducono a meccanismo
la ragione e il pensiero, e come da ogni lato la stringesse lo
stremo, fedele ormeggiava Aristotile, tenuto nelle scuole il mae-
stro dell'umana ragione, e degnissimo di tanta fede e di tanta
obbedienza, che ove la divina sentenza di lui aperto avesse la
bocca, doveasi senz'altro lasciar ogni sentenza (Ceno, iv, 13).
Mettendosi adunque per questo silvestre ed intentato cammino,
toglieva un' altra volta, e più efficacemente, a mostrare aleno
bel paese, quanto queir idioma che in ciascuna città appare e
che in ninna riposa, quello eh' ò di tutte le città italiane e non
pare sia di nessuna {De Yulg, EL i, 16), avesse di boutade in
podere ed in occulto ( Cont;. i, 10), e come potesse degnamente
trattare sopra altre materie che amorose (^ita Nuova, §, 25),
e, con mirabile ardimento, sforzavalo dirò cosi a sdonneare e
vestire il nobile saio della filosofia.
Ed è veramente sventura che il sommo ingegno dell'Ali-
ghieri fosse costretto ad avvolgersi tra le sottigliezze della
scuola, tra le scienze del trivio e del quadrivio, sicché T ordito
ti paia talora scompigliato e che la lingua non sia compiuta-
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520 OPBRE MINORI
mente segtiace di quel che vede V intelletto, e lo acrittore pr»*
ceda tremorosamente non aicuro, quasi irretito da un nodo
che inviluppi la sentenxa eh* è per esporre. Ma quando la paroU
obbedisce alP affetto e al sentimento che la governa, qnaoio
non è più impigliata dal peripatetico paludamento, e d àrrsi
la moralità e bellezza della filosofìa (Conr. m, 15), eh' è amo-
roso uso di sapienza, e la sovrana eccellenza dell* uomo, di questa
mirabile creatura , di cui non pur colie parole è da temer a
trattare, ma eziandio col pensiero (Cono, ni, 2); quando a
accende dell* amore della virtù, di quell* amore che ore sple&ìe
fa scuri e quasi spenti tutti gli altri, imperocchò il suo oggettt
etemo improporzionairaente gli altri oggetti vince e soperchii
{Cont>. Ili, 14); quando dal fango della nostra stoltezza d sfora
a levar gli occhi al cielo, perchò nulla fa tanto grande, quanta
la grandezza della propria bontà, la quale è conservatrice àét
altre grandezze {Conv. i, 10); o quando si scaglia adegua
contro r avaro maledetto , che non s* accorge che desidera ì^
sempre desiderare, andando dietro al numero impossibile!
giugnere (Cont>. ni, 15); nelle cui mani il tesoro è in più basss
luogo, che non è la terra ov*ò nascoso (Cono, i, 9); in breve.
quando, pieno di filosofia la lingua e il petto, e* insegna coo^
Tuomo si etemi, e perpetuale sia 1* anima nostra (Conv. ih9ii
allora anche nel Convito eì fa scoppiare infiniti e bellissimi l<ii<
del suo intelletto ; il suo stile si colora della gravità dei ss-
pienti, la sua parola e* inonda e scalda, diviene quasi hiCì
intellettuale piena d* amore. Nò più splendido esempio di m^
gniloquenza saprebbemi altri additare di quello in che il Nostro
esalta Roma e il gentil seme de* Romani, la sua Roma, di cui
egli è € certo di ferma opinione che le pietre che nelle mura
stanno sieno degne di riverenza ; e il suolo dov* ella siede sia
degno oltre a quello che per gli uomini è predicato e provato »
(Conr. IV, 5). Laonde il Salvini non si perita chiamare il Con-
vito la più antica e la principale di tutte le illustri prose ns-i
liane; il Monti altissima e sapientissima; e 1* Emiliani Giudicij
non che bella, meravigliosa.
Dair impulso pertanto e dall* esempio di Dante, dall* espe-
rienza , fonte costante ai rivi dell* ai'te, la prosa italiana uscìa
del tetro uso volgarer, e cresceva mano a mano in gentilezza
e in maestà. La forma e 1* idea dell* arte, se mal non m*avviso,
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I^ PROSE VOLGARI. 521
eco quasi T eccellenza ; si che tanto bella non sapemmo ri-
•earla di poi. Tutti gli scritti del beato trecento ti ai racco*
Aadano caldamente^ non tanto per la nativa purezza, la schietta
l invidiabile eleganza di una lingua ancor vergine, quanto
er la loro fisionomia tutta originale ed italiana. Ma perchè
i venga piii certo il merito grandissimo che si debbo a Dante,
[ccooie prosatore, mi giova toccare anche de* piii illustri della
ella scuola^ nella quale non v* ha dubbio tengono onoratissimo
^SS^o i <lue cronisti Giovanni Villani e Dino Compagni ; degli
scetici, U Passavanti ed il Cavalca ; e il più sommo de* novel-
ieri, Giovanni Boccaccio.
Il Villani, fra i ducentomila forestieri, condottisi in bene-
letto peregrinaggio. Tanno del giubbileo, nella santa città di
tloma, alla vista di que* grandi ed antichi monumenti, alla
n emoria delle gesta di quel popolo re, levato al cielo per
tanti nobili scrittori, si pose in animo di prendere da loro lo
stile e la forma, e narrare stesamente non solo le mutazioni
avvei^se e felici della sua Fiorenza, figliuola e fattura di Roma,
ma tutti i più notevoU fatti dell* universo che di quei giorni
accadessero. Ed ei volea dettata la sua Cronaca in piano voi*
gare, acciocché, secondo ei scrive, i laici siccome gì* iUetterati
ne potessero trar frutto e diletto. Ed è pur notevole che quei
generali perdoni banditi dalla Chiesa a tutta la cristianità,
come inspirarono al sovrano poeta la prima idea della sacra
epopeia, cosi originassero la Cronaca del Villani, ed i fatti
avvenuti più speciahnente nel tempo del giubbileo togliesse ad
iscrivere il Compagni. U Villani racconta candido ed ingenuo,
in guisa che non si può non leggerlo anche quando ci narra
cose incredibili. In quella bontà di racconto, chi osservi mten-
tivamente, ci trovi una eleganza, una ricchezza di lingua,
ignoti a* suoi contemporanei ; gì* idiotismi stessi sotto la sua
penna ingentiliscono. Ciò non ostante ei pecca non di rado
nella sintassi; ed, a giudizio del Perticari, studiò troppo nei
francesi, e troppe voci ne tolse, che suonarono cosi straniere
all' orecchio de* posteri che mai più non le vollero né adope-
rare né udire (1).
(1) Ed anobe U Fanfani di Giovanni VUlani: < O per yaffhesza o per
poco senno la sua scliietta fovella nativa egli inzaccherò di quel loto francese,
onde egU si era imhrattato in Francia. » Letture di Fàmlgha^ 1876, p. 403.
v Google
522 OPBRB MmoRi «
Dioo Compagni, anima alteramente sdegnosa, amò quanto
altri mai la patria sua di nobilissimo affetto. Flor^itizio, és
dentro nell'anima, non vedea più. in là della soa terra natak.
eh* era per lui la più nobile città del mondo. Giovine aaeorx
tenne i primi uffizi della repubblica, ma al tristo spettacolo j
degli odii intestini e del rio parteggiare gliene pianse il cuore
deplorò fieramente le fraterne pugne, della cui vittoria non ^i
coglie alti*o che pianto, e volea che sul sacrato fonte, in c^-
i suoi concittadini trassero il santo battesimo, giurassero baoaa
e perfetta pace e di amarsi come fratelli. E Dino, cosi interC'
al dire e sd fare, dopo di aver giovato alla patria col seiuao
e con la roano, volle pur iscrìverne i perìc<^osi awenìnaenti
non prosperevoli, e il vero delle cose certe eh* egli vide ed udì
Leggendo la sua storia, noi vi leggiamo specchiata raninu
sua: egli sempre generoso di lodi alla virtù, di conforti a.
valore, egli severo alle ingiustizie^ pietoso sempre alle a venture-
Ma come gli avviene di narrare le discordie cittadine, cixat
s' abbatte in quegli uomini rei, pieni di scandali, ricchi di proi-
biti guadagni, che per gara di uffizii hanno vituperate le leggi.
barattati gli onori, dis&tta la sua patria, allora Dino di viene
facondo, eloquente: con T impeto della sua parola, dove pin
grosse le resistenze, più vivamente percuote ; noi lo vegetarne
parlare e lagrìmare ittsietiAe. Dino è grandissimo eseoiplare ci
modi forti e rilevati, il suo stile, non solo è elegante ma Ò*A I
più caldi e più colorati che Italia s'abbia: nella prosa tiene
del &re dantesco. Ma non pertanto egli non iscrìsse più che
una cronaca: il Villani presenti meglio gli uffici della storia,
che nel narrare i fatti ne cercò spesso le raffioni e perchè.
Nel mercadante fiorentino ci trovi più presto il prìndpio di
quella scienza che si chiama statistica, e eh* è il fondamento
della pubblica economia, e, al dire di Viliemain, molto apparato
di sapienza civile e politica.
Iacopo Passavanti nel 1^55 scrisse il suo Specchio delia
vera penitenza alla quale conviene che accortamente si appigli
e pei'severantemente tenga qualunque vuole dopo la rotta inno
cenza scampare. Ed anch' egli ci fa fede, come a* di suoi la
materna favella, difettosa tuttavia de* propri vocaboli, insudi-
ciasse meglio ed imbrunisse gli alti subietti , sicché a bello
studio volle scrivere il suo Trattato della scienza in Ialino per
y Google
LE PROBB VOLGARI. 523
g^li uomini di lettere, e solamente, provocato dal priego affet-
tuoso di molte persone spirituali e divote, si pose in cuore di
ridurlo a certo ordine per iscrittura volgare. Ma il suo Specchio
ed ò di solenniasima prova del contrario; che il suo prezioso
▼ulg-are^fece dimenticare ben presto il suo povero latino. Nò
io tacerò come il Passavanti indulga alla forma ed alle scola-
stiche sottigliezze ; ne* passaggi e nelle distinzioni sia più spesso
uniforme; strano per avventura e soverchio negli esempi. Ma
con tutto questo la sua prosa corre limpida, evidente : ei pare
che in sulla dma del rigido pruno ti faccia spuntar la rosa;
un calore dolcemente fecondo ti riscalda V anima anche quando
ti ammaestra; semplice, copioso, leggiadro, efScacissimo sem-
pre, ma neUe narrazioni pittoresco, inarrivabile. La sua leg-
genda è la leggenda religiosa italiana, vale a dire la fede
vestita d* affetto, di superstizione, d' ignoranza. Ma egli, maestro
di stile, con un semplice tratto, con una tinta risentita ti pone
sott* occhio un demonio, una donna scarmigliata: le piii terri-
bili fantasie di Dante trovano un riscontro nella leggenda del
Passavanti.
Fra Domenico Cavalca prese ad iscrivere non sottile, né per
grammatica, ma volgare, e, com*egli dice, per gli uomini idioti,
ad induttivo di devozione, curandosi più di dire utile che dire
bello; gli basta che la midolla sia buona, la sentenza vera,
non si dà pensiero della scorza di fuori e del parlar dipinto.
Ma pochi, a mio avviso, vinsero il Cavalca nel vigore delle
frasi, nella grande efficacia e proprietà del dire. Il Giordani lo
tiene per primo, il migliore e l'ottimo prosatore della nostra
lingua. Ma il Cavalca, ne* volgarizzamenti più che nelle scritture
(li suo, è rarissimo, stupendo. Nelle Vite de' SS. Padri vi hanno
raccolti tutti i tesori della toscana favella, e ivi più scolpite
che narrate le cose. La confessione di S. Maria Egiziaca air ab.
Zosimo, il dialogo di S. Eufrosina con suo padre, i sospiri della
Maddalena a piò della croce, e, per tacermi dell' altro, il com-
pianto nella famiglia di S. Eugenia, sono gioielli de' più preziosi
che si abbia la nostra lingua nella loro affettuosa e sublimìs-
sima semplicità. Nò so vedere come il Perticari trovasse poco
sangue e niun calore nel Cavalca, se per lo contrario in lui
più che in altri, se male non discemo, mi par di trovarci per
entro una varietà, una rivezza di cose, di descrizioni, di parlate
yGoògle
524 OPBRB MINORI
elcxjuenti, di belle pitture , di luoghi , di uomini , di passion ,
una patetica e dolcissima unzione, un candidissimo affetto cb^
innamora. Ma né anche il Cavalca andò scevro di mende ; olio
vi desideri quel segreto sottilissimo filo che legar dovreblie i
diversi membri dell* orazione , e t' offendono spesso i vocaboli
vieti e storpiati in che t'incontri, e, eh' è più, la puerile cre-
dulità dello scrittore, che toglie fede e scema di pregio a' suoi
racconti.
Al nome del Boccaccio ognuno apre il ciglio a rivf»rir.-
questo splendidissimo lume dell'italica favella, questo padie
della nostra prosa. Il Boccaccio fu tenuto per tanti anni il ditta-
tore e r oracolo unico della lingua, il modello infallibile d' ogni
eleganza e d' ogni eloquenza. Di che ne venne che la favella si
stringesse nell'autorità di pressoché lui solo, e non d'altri
esempi si armassero i granamatici, per giustificare tutti i precetti,
che di quelU tolti al Decamerone. Ma il cinquecento segnata-
mente, con grave danno delle lettere nostre, senza mirare alla
convenienza dello stile, se ne fece una perpetua norma, e senza
esso non formò peso di dramma. E non si può negare ohe il
Boccaccio non abbia tentato nuove leggiadrie , dato pr^o a
moltissimi idiotismi, a più delicato e gentil modo e a più oerra
regola ridotta la Ungua nostra. Oltre a ciò, conoscitore pro-
fondo degU umani affetti, nel ritrarli, si rese inimitabile mae-
stro. Se non che il Boccaccio, per vaghezza di meglio inleg-
giadrire la locuzione, cadde nel soverchio, accumulò ioutili
aggiunti, trasmodò nelle particelle, inlascivl di vezzi, di periodi
troppo musicali si compiacque, e, eh' è peggio, non poneodo
ben mente all'indole diversa della lingua, ralla rgò il periodo
italiano fino all'ampiezza del latino, allontanandosi cosi dalla
primitiva ed aurea semplicità (1).
(1) Ecco il giudizio del Capponi sugli scrittori da me ricordati : — Gior.
Villani supera Dino neW universalità dell* argomento e nella sdenm dei
fatti. Quella cronaca o storia è la maggiore alla quale uomo avesse posto
mano da molti secoli. — Vino, che ha tanto viva ed efficace la parob, non
riesce però a nascondere un qualche sforzo nella composizione; sincera-
mente appassionato, ma pare ambinoso di dare al racconto la forma di
storia, secondo forse potè averne V esempio in Sallustio. . . . L* arguta spe-
ditezza dello stile. ... — Domenico Cavalcanti , maggiore fhrae d* ogni
altro che avesse mai V idioma nostro, quanto alla proprietà delle parole e
alla disinvoltura dell' andamento e alla naturalezza delP armonie : ascetico,
narratore impareggiabile in quelle vite o leggende dei Cenobiti che vanno
sotto il nome de' Ss. Padri. . . . Cavalca si appaga d' un andare piano senza
y Google
LE PROSE VOLGARI. 525
Dopo di che io non amsicherò di dire che la prosa di Dante
vada di sopra a tutte le altre del suo secolo. Ad ogni modo
mi sarà, sempre di grande peso l'autorità del Tommaseo, il
quale sentenziò, che a stimar Dante il primo prosatore del suo
tempo sarebbe titolo la Vita Nuova, e alcnni tratti del Convito,
se non fossero le storie di Dino Compagni e di Giovanni Vil-
lani. Certo, ei segue, se quelle storie non fossero, ben si po-
trebbe dire che insegnasse alla prosa e il numero e V evidenza
e la semplicità e la snellezza, e tanto dal Boccaccio a lui essere
la distanza, quanto dall'arte gentile la schietta natura.
Ma egli è ben anco da osservare che quegli scrittori non
ebbero mestieri che secondare la traccia già segnata. Ma chi
primo, per sua industria, cioè per accorgimento e per bontà
d'ingegno, s'apre il cammino per un campo trafoglioso, che
rende una figura in ogni parte, senza orma di sentiero alcuno,
e ciò nondimeno solo e da so guidato va diritto là dove in-
tende , lasciando' le vestigio de' suoi passi dietro a so , questi
nii sembra sovra gli altri valente, e degnissimo d' ogni onore
(Conv. IV, 7). E questa gloria si debbe intera a Dante. Con lui
cominciò l'arte della prosa, con lui non solo gli esempi, ma
anche le grandi ed efficaci teorie, i principii più luminosi e
sicuri sui quali si governa tuttavia l' italica lingua. Senza ciò,
egli non si può non disconoscere le difficoltà più ardue e forti
che dovette superare a rispetto degli altri prosa tori. Dino e il
Villani non avean ^he a far menzione degli avvenimenti di cui
ombra di ambizione. ... — Il Paasavanli non ha egli forse chi lo pareggi
quanto alla limpida semplicità del dettato, alla costante dolcezza de* suoni
ed alla facile egualità di uno stile da porre a modello senza che alcun vizio
vi sia da notare. ... Lo scrivere inappuntabile del Passavantl non è però
sempre del pari efficace; io direi auella sua tanta purezza un po' dilavata,
e in me nasce il dubbio che fosse a disegno. . . . •• G. Boccaccio non ha scrit-
tore che lo pareggi quanto alla ricchezza e alla proprietà costante delle
voci, all' aggiustatezza sempre evidente della frase, alla briosa vivacità del
dettato ed alla possente abbondanza d* una vena che in mille rivi sa divi-
dersi e pronta e facile appropriarsi a molti generi de* più svariati. Bene 1
vocabolaristi lui fecero il primo esemplare della lingua, quanto alle parole
e alla soavità, e quanto alla scienza dell' uso congiunta con un gusto squi-
sito. Narra e descrive mirabilmente più che non dipinga; sa esser parco
semplice e piano. . . . Potò il Boccaccio sciupare la lingua dei letterati e
degli Accademici col periodo latineggiante e con i suoni cantati e falsi e
ridondanti , come i suoni di chi parla o scrive fuori dell* affetto ; perchò
scoppiettanti, o un vuoto rimbombo in fine al periodo. Storta della Repub,
di Firenze^ L. n, 172, e seg. ; L. m, 362 e seg.
V affetto è sempre armonico nell' esprimersi ; ma l* armonia del Boccaccio
e dei Retori è tutt* altro ; non è un armonia, ma un saltellare di cadenze
" ■ ' ~ ' -eOaBepub.
y Google
526 OPERE MINORI
erano insieme parte e spettatori; la teologia soohtstica en h
fonte a cui attingeva il Passavanti, e nel suo Specchio di pe-
nitenza voleva raccolti quegli ammaestramenti che nella qni-
resiroa volgarmente avea predicati al popolo ; il Cavalca, come
vedemmo , piii bellamente scrisse quando vesti delle forme
volgari i concetti altrui; il Boccaccio, piacevoleggiando, ebbe
grido; onde la materia si porgea loro facile, non ritrosa la
parola a bene manifestare il concetto. Ma il nostro, non solo
colla Vita Nuova con intelletto d* amore davaci una prosa /?t-
vida e passionata ; ma col Convito, introducendoci nel aanluarìo
della dottrina, ci apprendeva altissimi veri, e mai più intesi
a suonare nella lingua del popolo, e traeala ad onorare ogni
scienza ed arte. Cosi i nostri maggiori, com' ebbero in grande
riverenza la Divina Commedia, avessero con più amoro cercato,
né troppo presto obliato Je prose di lui! Certo la lin^a ds
queir ampia giro che per lui ebbe fin da principio non sarebbesi
ridotta a minor spazio, né la letteratura divenuta si tosto di
donna, meretrice (Conv, m, 11). Che non basta a tenere in onore
gli studi della nazione il parlar bello e leggiadro, senza il
sodalizio delle scienze, che sono tutte membra di sapienza
(Coni). Ili, 11). Lo studio della favella è studio'^ di pensieri; che
pensieri e parole, a detta del Giasti, sono veri gemelli della
mente umana e si aiutano di luce scambievole. E da questo
intendimento non declinò mai Tuomo dimestico della filosofia
e che tutto seppe ; onde la sua scrittura è stella piena di luce
(Conv, II, 16)« non solamente per T ornamento delle parole, ma.
eh* é massimamente dilettoso , per la bontà della sentenza
(Conw. II, 12). >->
Dal fin qui detto ei mi sembra più che aperto quanto debba
r Italia a Dante anche come a prosatore. Che se noi ci faremo
a ricercare il candore della narrazione nel Villani, la nervosa
rapidità nel Compagni, 1* efficace evidenza nel Passavanti, la
armoniosa dolcezza nel Cavalca, una squisita e meravigliosa
ricchezza di lingua nel Boccaccio, la Vita Nuova ci sarà sempre
un inestimabile gioiello di grazia delicata ed affettuosa, come
il Convito r esempio di uno stile dignitoso e maschiamente
severo.
Sia gloria dunque a quel divino, il quale col suo genio
sterminato ed universale e si fece accrescitore e maestro delia
y Google
LE PROSE VOLGARI. 527
lellissima delle divelle, rannobilì nella sua prosa, la condusse
d sommo dell* eccellenza nel poema immortale. Spetta ora a
loi serbarla gelosamente intatta e pura. Ch' egli sarebbe gra-
dissimo disdoro che questo mirabile idioma, che gareggia colla
u-monia, con la luce, col sorrìso del nostro cielo; questo idioma
che suonò tanto bello sul labbro de' nostri padri, quando più
rei e fortunosi volgeano i tempi, avesse ad ismarrire le caste
e virili sembianze, ora che i cieli ne furono di tanto cortesi
di veder pieno il sublime pensiero che agitava quel sovrano
intelletto, ora, cioè, che risorti ad insperata grandezza, sediamo
anche noi al convito delle nazioni. Oh certo, il di della festa
cbe il disio di tutta Italia apparecchia al glorioso nome del
primo de* suoi benefattori , del gran padre d* ogni eloquenza ,
oh certo, non potrem depor noi più cara ghirlanda a piò del
suo simulacro che la solenne promessa di mantenere sempre
onorato quel linguaggio eh* egh uè tramandò si bello, e eh* è
il più splendido patrimonio della nazione.
LA VITA NUOVA (1).
(Y. Man. ÙaM. IV. Ì34J.
DioNisi Gian Iacopo, Deir utile che si tragge dalla Vita
Nuova. Aned. ii. Verona, Merlo, 1786, p. 54.
PuociANTi Giuseppe, La Donna della Vita Nuova di Dante
e nel Canzoniere del Petrarca, Lettura fatta al Circolo Filo-
logico di Pisa il di 15 Marzo 1875. Pisa, Nistri, 4875.
Dante e il Petrarca: ecco i due veri poeti d*amore, primi
cosi di tempo come di glorìa ; la Vita Nuova e il Canzoniere,
ecco i due più grandi e gentili nionumenti della musa erotica
cristiana; Beatrice e Laura, ecco due nomi, due ideali, che
V ombra dei secoli non potrà mai coprire , perchè essi vivono
dell* etema giovinezza dell* arte Chi nella Vita Nuova nega
la donna per non vedervi che il simbolo, non può in alcun
modo farsi capace dell* efficacia grande che la lettura di quel
libro fervido e passionato ha sulla &ntasia e sul cuore. Il
(1) y. a p«g. i6i qaanto scrive il Burckhardt «alla Vita Nuova.
Digitized by V^OOQlC
528 OPBRE MNORI
simbolo e' è ma vien poi : esso non è il fondamento ma la co-
rona (Icir edifìzio. . . . Beatrice e Laura, queste due creazioni
splendide e gentili , rappresentano appunto in sé stesse due
periodi dell' arte , il divino e V umano. La Beatrice , sebbene
sublimata dall' arte , è donna vera ; e la parte che può dirsi
fondamentale dal racconto dantesco, così nel verso come nella
prosa, è quindi una poesia di vari fatti e di veri sentimenti.
— L'imagine di Beatrice, per. quanto s'inalzi, non cessa di
es5iere quella di una donna amata spiritualmente. — N^la Vita
Nuova, però, dice il Puccianti, ci sono due parti, o meglio,
due azioni che procedono, come parallele, il testo e il cemento.
la storia e le considerazioni che ci fa sopra via via lo storico
medesimo, la poesia e la critica che l'analizza, la disfà, p.r
trovarci non quello che c'è veramente, ma quello che ci lio-
vrebb' essere secondo quel benedetto sistema (preconcetto):
infine la donna della vita, o certo, quella della poesia, e iì
freddo simbolo della Scuola. ... Si, 1* alito scolastico del me«iio
evo appanna a quando a quando questo cristallo tersissiii; •
della Vita Nuova. E allora la cara immagine di Beatrice co-
mincia a perdere la nettezza de' suoi contorni, finché si dilt^
guerà, doventando un vuoto nome nel Convito, e diverrà y i
un idolo raggiante di luce splendidissima ma fredda nella IH-
vina Commedia.
Mamiani Terenzio, Paragone che si può insUtuire del Liub.
del Cavalcanti con la Vita Nuova di Dante Alighieri. Pro*-
Letterarie, Firenze, Barbèra, 1867, p. 360. — V. Mamiani^ il
p.291.
ToDEScuiNi Giuseppe, Cronologia della Vita Atiova, Scritti
su Dante, i, 323-331.
Era intento del Todeschini di compiere e chiarire certi fatti
di questa aurea operetta che abbraccia la storia degli anni
primi dell'Alighieri, specialmento perciò che riguarda la ragione
de' tempi. La grande mutazione di pensieri e di sentimenti .
che recò questo amoi*6 sulla vita di Dante fu, secondo il To-
deschini, la ragione che lo mosse ad imporre a questo libro
il titolo di Vita Nuova, Forse nessun' altra donna al mondo, «i
dice, fu celebrata sì a lungo e si altamente daverun amantt».
come quella di cui giovinetto s'accese l'Alighieri: tattavoita
egli non ne manifesto mai se non che il proprio nome, ck
y Google
LA VITA NUOVA. 529
fu Beatrice. — Al primo di Maggio del 1274, doveva ella avere
di età la duodicesima parte di un secolo (quasi dal principiò
del suo nono anno)^ cioè anni otto e quattro mesi circa, onde
si può ritenere fosse nata nel Gennaio del 1266. Il Todeschini
sostiene che niuna corrispondenza, da indi in poi, vi ebbe tra i
due giovani, nemmeno di saluti-, benché vicine le loro abita-
zioni, e che nò anche si presentò a Dante veruna occasione
di udire la voce di Beatrice. Solo, il primo Maggio del 1273,
il giorno appiinto in cui erano compiuti li nove anni appresso
il primo apparimento, gli accadde di vederla per via, accom-
pagnata da due donne più attempate, e ricevette da lei un
cortesissimo salato che lo riempì di dolcezza, e quella fu la
prima volta che le parole della Beatrice si mossero per venire
agU orecchi di lui. Il Todeschini ritiene risolutamente che la
giovine donna, da cui Dante ricevette quel saluto, che fu si
potente sul cuore di lui, avesse già mutata la condizione di
zitella in quella di sposa.
Todeschini Giuseppe, Epoca deW innamoramento di Dante
con la gentildonna consolatrice. Vita Nuova, § xxxv e xxxvi;
Convito, Tratt. ii, e. 2. So-itti su Dante, i, 311-321; 332.
Vuole il Balbo che scorsi due anni e mezzo appresso lo
irapassamento di Beatrice rimanesse Dante invaghito della gen-
tHdonna, giovane e bella molto , la quale da una finestra lo
guardava si pietosamente, quanto alla vista, che tutta la pietà
pareva in lei raccolta. Ma il poeta ci fa sapere che la stella
di Venere due fiate era rivolta nei suo cerchio ( Conv. ii, 2),
donde avviene ch^ essendo Beatrice mancata a' vivi il 9 Giugno
1290, la nuova donna apparve primamente agli occhi di lui
a' primi giorni di Settembre del 1291. — Il Todeschini non è
poi d'avviso che la donna pietosa della Vita Nuova fosse la
Gemma che fu sposa di Dante.
NUOVE EDIZIONI
(V. Man. Dani. II, 7T7; IV. 488).
WiTTE Carlo, La Vita Nuova di Dante Alighieri, ricor-
retta coir aiuto di testi a penna ed illustrata. Leipzig, F. A.
Bi-ockhaus, 1876.
y Google
590 OPBRB fiANORt
Centoyenti pagine di nitidissima stampa oompreDdono k
Vita Nuova, perpetuamente annotata con doppio genere di
iSnstrazioni fra loro distinte: le une in servizio della crìtica
del testOf le altre interpretative dei passi dubbiosi. Quaranta-
sette pagine precedono il testo, e contengono una bdla Pre-
fazione, r indice dei manoscritti della Vita Nuova y adoperati
per varianti, quello delle edizioni, più una tavola della novella
divisione in Parti, Periodi, Sezioni e GapitoU, propoata dal
chiaro Professore di Halle all'operetta dantesca. Le annota-
zioni critiche racchiudono un corrèdo abbastanza rìoco di varia
lezioni, succosamente discusse quando ne sia il caso: le anno-
tazioni interpretative chiaramente determinano il pensiero Dan-
tesco e r uso di certe forme lontane dal significato comune, e
porgono utih raffronti con altri passi delle varie opere del-
l'Autore. Quel che più ammiriamo nell'uno e nell'altro ordine
d'illustrazione è la chiarezza e la parsimonia congiunta alla
maggior ricchezza di materiali e di dottrina, cosicché la nuova
edizione Wittiana sarà utilmente adoperata da chiunque si ponga
allo studio, e anche alla semplice lettura della Vita Nuova.
La stampa del testo della Vita Nuova di questa edizione,
benché porti la data del 1876, fu compiuta nell'Aprile del 1873.
Il Witte conta 30 edizioni della Vita Nuova. — Scartazsini,
Il Borgbini, 15 Maggio 1876, p. 363; Nuova Antologia, Maggio
1876, p. 198.
D' Ancona Alessandro, La Vita Nuova di Dante Alighieri
riscontrata su codici e stampe , preceduta da uno studio su
Beatrice e seguita da illustrazioni, Pisa, Nistrì, 1872. Edizione
di soli 211 esemplari.
A fermare il testo, gì' illustri. Editori han spogliato otto
delle più pregiate edizioni, e raffrontati inoltre sei codici, tra i
quali, per bontà di lezione primeggia il fiorentino Magtiabec-
chiano. Nò con tante cure amorose pretendono averci dato una
edizione crìtica; solo modestamente si confidano di fornire
qualche materiale non ìspregevole a chi vorrà raccogliere e
ragguagliare tutte le varie lezioni de' Codici delia Vita Nuova^
La fatica della recensione e della scelta fu tutta quanta soste-
nuta dal valentissimo prof. Pio Rigna. Quantunque ei si di-
chiarasse dipoi non sempre soddisfatto, e chiedesse gli fosse
consentito il diritto di qualche pentimento ; nondimeno il Witte
y Google
LA VITA NUOVA. 531
g^iudica r apparato crìtico che accompagna il testo, migliore di
gran lunga di quanto per V innanzi fu intrapreso dagli altri
Editori ; e il prof. Del Lungo lo dice cosa da potersi proporre
ad esempio. — Con ottimo avvedimento consigUavasi il D'An-
cona disporre i comenti o divisioni in margine, intomo alle
Rime, in modo di rubriche, e con caratteri impressi in rosso.
Ritenuta arbitraria la partizione in capi versi proposta dal Torri,
e seguita dal Fraticelli, dal Pizzo e dal Giuliani, ei divise la
Vita Nuova per materia, secondo che avvisarono il Witte e
r Orlandini. Ma le portatevi modificazioni ci parvero più ragio-
nevoli e più consentanee allo svolgimento e dell* ingegno, e in
parì tempo del dramma de* giovanili amori del Poeta. Però non
volle togliere interamente queir aiuto che Y uso ha ormai con-
sacrato ; e per &cilitare al lettore i riscontri dai libri al testo
e i ragguagli colle altre edizioni, pose in margine, fra paren-
tesi e in caratteri rossi, la numerazione per paragrafi. Precede
il testo la bellissima dissertazione sulhi Beatrice , già da lui
edita nel 1865, in che prende a dimostrare come una sola ò
la Beatrice a cui il poeta consacrò l'^afietto e il verso : e come
essa, nelle varie opere di lui, è donna, personificazione e sim-
bolo, per successivo innalzamento e progrediente purificazione
dell* amore.
n Prof. Witte ne' Prolegomeni alla sua edizione della Vita
Nuova si duole che 1* importantissimo lavoro del D'Ancona gli
sia solo pervenuto alle mani, quando il testo già era stampato.
Senza fallo, ei dice, qneste mie &tiche, quali che si siano, sar
rebbero riuscite meglio, se avessero potuto profittare del ricco
materiale della vasta erudizione e dei profondi accorgimenti
riuniti in quest'opera Le Annotazioni, (1) tanto quelle del
D'Ancona, che le altre contribuite dal Carducci,^&nno prova di
ben vasta e rara erudizione. Nelle note del primo si ammira
r intrinseca domestichezza coi relativi lavori non solamente ita-
liani, ma non meno di letterature estere, ed in particolar grado,
(1) Veggansi specialmente le Annotanoni sugli spiriti della vita;
sulla leggenda del cuore dato in pasto nell'età medievale; aalla forma
metrica, propria del aerventese; sul vario periodo di tempo a che spettano
le rime, ti sotto T aspetto dell' arte che della storia dell'amore, e fino al
punto che la Musa di Dante s'erge da sé a volo subirne a intentato,
sten z' altra guida che l'ardore del genio, e senz'altro impulso che la prò-
fonda intensità della passione amoirosa.
y Google
532 OPBBE IflNORI
dell'alemanna. Il Carducci, Tersatissimo nelle poesie dei Ter-
seggiatorì del duecento e del trecento, illustra gran numero dì
passi della Vita Nuova, mettendo a riguardo di essi iac^*
consimili, estratti dalle Rime antiche. E concfaiude: Podie
veramente saranno le opere degli autori classici, a cui toccò
la sorte di essere comentati in un modo così distinto.
L'edizione, veramente magnifica, e per la v^te elettìssiraa
onde piacque al tipografo adornarla, e segnatamente per la raris-
sima correzione, di gran lunga avanza tutte, anche la sfdendida
dell' Antonelli del 1865. Basti il dire che il testo deUa Vita
Nuova anche dopo una diligentisaima revisione è riuscito sena
altra menda che uno scrivere invece di scriverne, ohe d* altra
parte non altera punto il senso. E fu gentile pensiero del prof.
D' Ancona d' intitolare (]uesto soave e castissimo libretto, scritto
con la lingiuL d Amore alla dilettissima sua Donna, nell^azi-
novale di lei : — XII Decembre MDCC CLXXII — // nome —
Di -^ Adele — Compagna dolcissima della vita — in fronte
a questo libro éT Amore — Scriveva — Il dU Nataie di Lei —
Alessandro D* Ancona. — V. Isidoro Del Lungo , Arch. Stor^
1874, V. XX; Afussafia, Centralblat; Scartazzini^ Allgem., ecc.
PiccHiONi Luigi, La Vita Nuova e il Canzoniere di DanU
Alighieri, ridotti a miglior lezione e comentati da Giambat-
tista Giuliani. Il Propugn. di Bologna, a. vi, voi. vi, 1873,
p. 63-90.
11 Picchioni avea trasmesso questo suo lavoro ad un amico
veneto, perchè ne curasse la pubblicazione. Ma poco dopo 0
Picchioni mori (9 Feb. 1869), onde rimase lungo tempo inedito.
STUDI SUL TESTO.
CV. Man, Dant. tV, 486J
ToDESCHiNi GiusBPPB, Osservazioni critiche sul testo della
Vita Nuova pubblicato in Livorno nel 1843 da Alessandro
Torri. Scritti su Dante, ii, 1-101.
Lettera di G. Toisschini al prof. Carlo Witte, 18,
101-109. •
AUra lettera dello stesso al prof. C. Wàle, d., 103*105.
y Google
LA VITA Nl'OVA. 533
Breve Analisi delie Correzioni Wittiane alla Vita
Tuova di Dante, d., 105-108.
« Io compiei, così egli, la crìtica del testo livornese ; lavoro,
linuto, pesante, inameno, che domanderebbe forse il paziente
Baine di qualche sodo e purgato ingegno, ma che forse riuscir
otrebbe di qualche vantaggio a chi tentasse di ridurre fìnal-
aenie la Vita Nuova alla sua vera lezione. E poichò sarebbe
»oca cosa la retta lezione di un testo senza la retta intelli*
^nza di esso, non mi trattenni di passare alcune volte dalla
»ai*te filologica alla parte ermeneutica, nella quale il Torri di
ratto in tratto si dimostra vacillante, e se non interamente
(edotto dalle strane opinioni di certi spiriti intemperanti, poco
òaoluto almeno a resistere ai loro attacchi. Io credo, che qual-
che mia breve osservazione, volta a diradare certe nuvole ohe
adcuni si argomentano di render fosche e tempestose, potrebbe
riuscir grata a* partigiani del savio pensare ed agli amici della
iiritta fama di Dante, cui V età giovanile e la scarsissima col-
tura del secolo condussero talora a concetti ed a forme di dire,
de' quali e' è chi tenta valersi per dare forma e corpo a* suoi
ROgni « Trattando l'ombre come cosa salda. > — Il prof. Morsolin
lo dice lavora acuto giudizioso e di cui potranno valersi con
sommo profitto gli studiosi delle opere di Dante. Le osserva-
zioni non si circoscrìvono unnicamente nel campo della filologia,
ma entrano talvolta in quello dell'ermeneutica, ed agevolano
con la vera lezione anche la retta intelligenza del testo.
Dio:<isi Gian Iacopo, Delle voci di nuovo significato nella
Vita Nuova. — Altri vocaboli di nuovo significato nella prima
opericciuola di Dante. Aned. v, e, xxii e xxiii, p. 137-146.
Casello U. A., A proposito di un luogo deUa "Vita Nuova
(Molti non sapevano che si chiamare). Nota Filologica. Rivista
di Filologia Romanza. Imola, Galeati, 1872, Voi. i, p. 46-51.
Il Canello crede di vedere sotto la forma di chiamare non
già quella di un infinito, ma si una sporadica forma verbale,
derivata dal perfetto del soggiuntivo, e procedente quindi fone- .
Ucamenta da clamarint (clamaverint). In appoggio della qual
Opinione egli cita più luoghi della cronaca mantovana di Ali-
arando Bonamente, in cui veramente s'incontrano molte forme
rispondenti a quelle dell' infinito, ma che hanno manifestamente
valore ben altro che d' infinito. Queste forme pel Canello rappre-
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534 OPERE MINORI
sentano tante alterazioni del tipo del perf. del soggiiiDtìfo,
sicché, per esempio, dominare per dominava Terrebbe ài
dominarit, ecc. E perciò egli considera queir ultinsa parte àà
citato luogo della Vita Nuooa come rispondente letterafanecte
a qui nesdebant^ quid sic damarint, non sapeano che co»
cosi chiamavano, avessero chiamato, avessero significato.
Ma il prof. Flbchia crede che il chiamare sia ima rm
forma d'infinito, quale si usa con valore onnipersonale ih
soggiuntivo, come per esempio,* non so che man^ictre (nesd.
quid edam) ; e interpretando' perciò analogicamente il contro-
verso luogo , vede in quel chiamare un infinito con senso e-
soggiuntivo : i quali non sapeano che si chiaynare^ chiamane.
Beatrice, cioè con quale e con quanto nome chiàmasseroy doè
ignoravano quanto dirittamente appropriassero alla foncinlU
questo nome significativo, che le davano senza pesame il valore
Rivista di Filol. e d* Istruz, classica, Torino, Loescher, i, 401
V. Vita Nuova, edis. D'Ancona, p. 60 e 127.
Il Muzzi ritiene che Beatrice non fu il nome natalizio ddl-
sua donna, la quale adunque non fu né anche la figlia à^-
Portinarì , come venne scritto dal Boccaccio , e ne' tempi se-
guenti creduto. Beatrice è nome antonomastico, quale era daso
a lei da molti, che, non conoscendola nò meno di vista (perchè
Dante non lasciava conoscer chi fosse) non sapeano come chia-
marla: nome o meglio soprannome piaciutissimo a Dante «
con cui sempre la intitolò ne' suoi scritti , quando in eeoso
reale e quando ali^orico. — Muzzi Luigi, Nuova opinione
della Beatrice di Dtmie. Tre Epist. lat di Dante Alighieri.
Prato, Giacchetti, 1845, 5t5-66.
Fu chiamata da molti Beatrice, i quali non sapevano con |
tal nome che cosa da loro si chiamava. Cioè, costoro non sa-
pevano , chiamandola Beatrice , che con tal nome chiamavano I
quella eh' esser doveva più tardi, per arcana intenzione di Dante,
il significato della scienza beatificante. La riputazione che l'a-
more infiammato dell'Alighieri generò nella giovinetta Bice.
fece il nome di Beatrice, da lui preferito, che fosse ugualmente
dagli altri accolto. . . . Mich, Caetani.
Lo strettissimo valsente di questa parte di Dante gettalo
in moneta di piazza suona così: «la quale, come che fosi^
detta per proprio nome Beatrice, era tuttavia chiamata con
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LA VITA NUOVA. 535
[ixesto stesso nome da molti, i quali non sapevano com'ella
(i chiamasse. TodesMni, ii, 8.
Fanfani PiBTRo, Circa ad una nuòva interpretazione di
4,r% passo dubbio della Vita Nuota di Dante: Molti la cMa-
mcLVOino Beatrice^ ecc. Studj ed Osservazioni, eoe. 289-297.
Io, fin dalla prima volta che lessi la Vita Nuova senza co-
tnenti, intesi subito che Dante ci volesse, come doveva, dire
lì nome proprio della donna sua, che fii Beatrice, e che ci ag^
giungesse con nobilissimo pensiero ch^ molti « chiamandola per
QOEXke non sapessero qual gran cosa si oomprendea in tal
nome, non sapessero cioè che, credendo essi di chiamare un
semplice nome di donna, ondavano a quella donna l'attributo
che piti se le conveniva, essendo veramente Beatrice di nome
e di fatti;» e la cosa mi parve jiaturaUssima, e il pensiero
mi parve nobilissimo e d^no di Dante e della sua donna. Vidi
poscia quanto avessero tartassato questo luogo i commentatori:
stupii, ma non mutai pensiero. . . . Tale interpretazione mi sem-
bra Tunica accettabile, come quella eh' è chiaramente signifi-
cativa della riverenza che s'indonnava di tutto Dante pur per
B. e per Ice, e che ritrae il modo tenuto altrove da lui di
passare dal nome proprio air attributo conveniente alla pei*sona
che il porta, come quando disse della madre e del padre di
S. Domenico che Tuna Giovanna e l'altro Felice si nominarono:
O padre suo veramente Felice
O madre sua veramente Giovanna,
cioè Felice e Giovanna, proprio di nome -e di fatto.
IL CONVITO
Cr. Man. I>ami. II. 780; IV. 490)
Giuliani GiABiBATTiSTA, (1) // Convito di Dante Alighieri,
Discorso, Estratto dalla Nuova Antologia, a. ix, voi. xxv, Fase.
4 Aprile 1874.
(1) Pregato il Qiuliani da me, scrive il De Gubernatis, affinchè volesse
darmi di sé alcun cenno scritto, ecco le preziose note che ottenni dalla saa
gentilezza: ^ Ne* miei libri, come nelle mie lezioni, fti sempre uno l' inten-
dimento, di far cioè che la letteratura sia un ministerìo di civiltà, che le
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536 OPERE MINORI
// Conrnto di Dante Alighieri, rinteffrato nel <«t
con nuovo Commento. Firenze, Le Monnier, 1875, xl, 878.
Fra le Opere di Dante, il Convito è quella che ci vene-
piU malconcia e scompigliata di tutte. Sia che astretto dall-
angustie e dai dLsagi dell' esiirlio (1) ne smettesse il pensien'^:
sia che il Poema sacro lo facesse tutto a sé atteso; il litr
rì è che delle quattordici Canzoni, si d'amore come di xìrix
materiate, che avea divisato di ampiamente comentare a gene-
rale convito di scienza, sole tre ne condusse a cotnpiniem^
€ Ne è perciò sopraranzato V unico esemplare con le can«I-
lat re, giunte e correzioni d'ogni fatta, e con que' tanti se^mi
informi, accennati tra V impeto del sentimento e del diacorsv
non meno che in quella come febbre intellettuale, onde al pronrc .
e fervido pensiero mal si consente intera la parola. » Siccb-l |
questo libro scienziale, rimasto a discrezione d'improvidì ami*
nuensi, inetti a comprenderne T alta dottrina, e gli arcani giri
e rigiri dell' arte, dovea di necessità riuscire orribilmente gu^
sto e contraffatto. I primi che con forze unite ed instanc^te
arti del Bello servano al miglior bene della nostra Italia, ed a vantag^arb
sopra le altre naxioni per la nobile virtù del sentimeolo. >- Pra le motlr«
diverse contraddizioni degli uomini mi raccolsi in me stesso fìrancheggìandci.j
nella dignitA del silenzio e della vita. Sta come torre ferma, che nan rr^''
Giammai la cima per ioffiar de' venti , Che tempre l' uomo m c«w y-»-
sier rampolla Sovra pensier da àè dJUvnya in segno: Questi versi :i-:
Airono ognor presenti all' animo e guida sicura. Na^It studi «spimi pwrk;
sempre al meglio, e del resto fu contiìiua mia cura di poter rendermi degtu
sacerdote , cattolico e cittadino italiano. >- Dell* amicisìa feci sostegno ^^
consolazione alla mia vita : e dagli amici riconosco mn parte della felid*
condizione in che mi ritrovo. ^- Fui nemico ognora d' accattar brighe eti-
che letterarie con chichessia : e tenni ferma la mia dignità, edaiMlio aUor«
che mi si voleva imporre inaebitamonte V altrui volere. Imparai pidi a ta-
cere che a parlare: e con soavità di modi e con prontezza di prestanti
agli onesti aesideri degli altri, se non vissi sempre libero da gni-«t dispia-
ceri, non ho perduto mai la aolce serenità di mente. Quando mi si diceva
che io aveva dei nemici , noi credetti mai , perchè sapevo e sento di uno
aver mai offeso e invidiato alcuno, se non in ^anto aesideravo di pareg*
giarlo nel fare il bene e farlo il meglio possibile. >
Evidentemente, le virtù dello scrittore si conpenetrano qui talmente
con quelle deir uomo, che le une lasciano argomentar le altre ; V ingegno
dello scrittore pifflia lame dal carattere dell' nomo che è virilmente buono.
Neir interprete ai Dante si accolgono le opinioni nette, sicure, aggiustate;
dell' uomo, amante ed amabile compagno della vita , si pregia T amicizia
benefica. Hicordi Biografieiy 322.
(1) Il Giuliani, contro 1' autorità dello Scolari, del Fraticelli e del Solnù,
sostiene valorosamente , e nella Prefazione , e mano mano nel Comento ,
che Dante dovette avere composto il Convito , già trapassata la pienezza
della sua vita , vale a dire , ancor declinante la Gioventù stessa , se non
appena Unita , e perciò sempre durante V esilio, prima del 1310, o poco
appresso. £ questa materia ben definita dall'Autore st^so; e chi ragiona
in contrario non riuscirebbe ehe a ùr ambiziosa mostra di congetture.
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IL CONVITO. 537
. mettessero di proposito, e con intelletto d' amore, a disbri-
arne la selva di errori, di glossemi, di spostati incisi, di
ostrutti intralciati, a riempirne le grandi lacune, furono gli
ìditori Milanesi, i quali, come ben dice il Giuliani, si resero
benemeriti sostenitori dell'italico senno. Ne ritentò la prova
l Cavazzoni Pederzini, e n'acquistò lode non contrastabile e
ing-olarissima ; vi attese anche il Fraticelli, ma diede troppa
éde e privilegio di autorità al codice Riccardiano, e rimase ad-
lietro a coloro che lo precedettero. — Nò si potrebbe non
^aper grado airimaginoso arcipr. di Campegine, Matteo Ro-
3aani, il quale fra la meditazione e le faticose raffazzonature
ù è pur adoperato, con utile effetto, a riordinarne il testo, e a
racconciarne alcuna parte o sentenza.
Ma con tutto ciò il volume raccomandato pur tanto ci si
presentava inestricabile in moltissimi luoghi; tante erano le
difficoltà, 0, a meglio dire, i gruppi di difficoltà tuttavia per-
sistenti. Onde non potea non dolere al Giuliani che il Convito
del più che padre suo, in che traspare non fallibile l'impronta
del genio italiano, pregiabile anco nella luce del moderno sa-
pere, il Convito, detto dal Balbo il Manuale dei Comentatori
della Divina Commedia, corresse sì arruiiato, e per conseguenza
trovasse si pochi studiosi che togliessero a meditarlo. Ed egli
i^accolse tutto so stesso, e si accinse all'ardua e pericolosa
impresa. Certo nessuno meglio di lui, informato anzi trasfor-
mato com' è nello spirito di Dante, potea entrare nel girevole
labirinto, nessuno meglio di lui trovarne le fila, raggrupparne
strettamente i nodi, ed uscirne con onore. E a tal fine ei
chiama a rassegna i codici, i quali gli sembrano tento più
autorevoli, quanto più appariscono scorretti e malamente trap
scritti ; vaglia, con senno illuminato, le varianti ; cerne, tra la
impacciosa fìtrragine, le voci che gli paion legittime; e, perchè
il vero più gli s'imbianchi, ricerca tutto le opere di Dante,
egli che le sa tutte quante, le considera in sé, e le une ri-
spetto all'altre, fa ricorso in ogni uopo alle vive fonti cui
il suo Autore attinse la scienza; in breve, con la critica che
Dante stesso ne porge con rìgide norme e per moltiplicati
esempi, si aiute a raccoglierne ed accertarne la mente, dispic-
cando dalle tenebre vera luce. Che se a taluni potessero parer
soverchie le allegate correzioni, ei confessa che gli furono
34
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538 OPBRB MINORI
prescritte dal Maestro, alla cui guida si è abbandonato con
attenta e inviolabile fiducia; cbò sola sua cura fd dì rendert
a Dante ciò che gli appai'tiene per sicura e vendicata ragìcme.
— Ma sovra tutto il Comento a' passi fòrti a intendere, m
par meraviglioso. Nò facile compito era questo, ore ben i^
agguardi che l'Alighieri avea &tta sua tutta la scienza di
di quei tempi. Onde quanto corredo di tesoreggiata dottriiu
si richiegga in chi se ne vuol fare V interprete, non è chi noi
conosca. Ma egli, preparatovisi con istudi poderoei, non se n$
sgomenta, segue la stessa norma che nella reintegrazione de.
testo, e per usare una frase di Dante, suo veder s'inluia, -
cosi la sua sposizione diventa luce la quale ogni colore di sen-
tenza fa parvente. •
In questo lavoro il più arduo e pertinace che gli abbii
occupato Tanimo, esempio insigne di longanime pazienza, ^'li
toccò r ultimo suo. Ed io credo che la nostra letteratura, non
che le altre moderne, ci offrano maggior esempio di un libro
rinnovato e illustrato a questa maniera. Laonde non mi ia
meraviglia se il Witte, negli studi danteschi maestro di color
che sanno, appena vide e rilesse i primi fogli, scrìvesse al
Giuliani di non volere omai senz' essi fermare peso di dramma.
Il prof. Zambrini la disse pubblicazione superiore ad ogni lod^
che le si potesse profondere. — « Ella ha messo il colmo,
«crivevagli E. Camerini^ a' suoi menti verso Dante con la belb
edizione del Convito^ recato alla nativa purità e cementato con
un valore che non lascia luogo ad altri miglioramenti. A veder
tanto non surse il secondo. Il proemio è così sensato e quasi
direi affettuoso che fa amare lo scrittore, quanto il comento lo
fe stimare. Io mi ripropongo di rituffarmi in Dante twn si
fatta guida, e verrò confortando con la dottrina di lei i miei
ultimi giorni. Intanto la ringrazio dell* onore, e me leproflfero
e raccomando. > Povero Camerini ! Questa lèttera ei la dettava
il 28 Febbraio 1875, e il giorno dopo non era più!
Ma il compenso più invidiabile e più bello il Giuliani lo
ebbe nel giudizio portato dair Accademia della Cmsca, Nella
adunanza del 13 Giugno 1875 dehberò essa unanimem^i^
che nella Tavola dei Citati fosse registrato anche il Convito
pubbUcato dal Giuliani nel 1875, avvisando in ciò gli Acca-
demici di p7^owedere non solo atVuHUtà del Vocabolario, nia
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IL CONVITO. 539
^1 di rendere onore ctd un Collega tanto benemerito della
lingua e letteratura cT Italia. — V. Carlo Vessallo, il Convito di
Dante Alighieri, Discorso. jRir. Eur, a. vii, Gen. 1876, p. 328,
344. — Riv, Europea j 1 Marzo 1875. — Nuova Antologia^
MsLTZfì 1875. — Il Propugn., a. viii, 1875, p. 361 , Ctv. Catt,
1875, voi. VI, serie ix, p. 330.
ToDESCHiNi Giuseppe, PosUUe al Convito deir Alighieri pub-
hlicaio in Modena nel 1831 , con Note critiche e dichiarative
da Fortunato Cavazzoni Pedersini. Scritti su Dante, i, 108-87.
Appendice. Lettera di A. Torri al prof. G. Todeschini. Id.
p. 187. — Osservazioni di F. Cavazzoni Pedbrzini, sopra al-
cune Postille fatte dal Prof. Todeschini contro alcune Note
al Convito di Dante, stampato in Modena nel 1831, p. 188. —
Lettera di G. Todeschini al sig. A. Torri, p. 192. — Risposta
di G. Todeschini alle Osservazioni di F. Cavazzoni Peder-
sini, p. 194. — Lettera di G. Todeschini al sig. Cavazzoni Pe-
derzini, p. 196. — Lettera di F. Cavazzoni Pederzini al prof.
G. Todeschini, p. 204. — Lettera di G. Todeschini al prof. C
Witte, p. 205. — Lettera di C. Witte al prof G. Todeschini^
p. 207. — Osservazioni critiche del prof G. Todeschini sulla
nuova centuria di correzioni ai testo del Convito , stampate
in Lipsia nel 1854, p. 209. — Lettera di C. Witte al prof G.
Todeschini, p. 223.
Le scrisse nel 1833, e le rimise al Torri perchè se ne gio-
vasse nella stampa da lui promessa ed invano desiderata del
Convito. Il Pederzini ed il Witte ne fecero gran stima. € Sono
contentissimo, scrivevagli il Witte, di vedere che non poche
delle mie congetture concordano colle sue emendazioni, e credo
che non vi sia miglior pietra di paragone per farle riconoscere
giuste. Ho notato nel mio esemplare tutti i passi, dov'ElIa
crede ch'io abbia sbagliato, e non mancherò di pensarci e di
ripensarci senza parzialità. Confesso, che fin d' ora mi sembra
(li riconoscere più di un mio errore, da lei ottimamente rile-
vato.... » E il Pederzini: € Ho esaminato con tutta diligenza
le nuove di Lei correzioni al Convito, e per verità mi sono
parate assai buone e comendevoli. »
DiONisi Gian Jacopo, Deir utilità del Convito per la Com-
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540 OPERE MINORI
media, Ànned. n, 49-54. — Nuovi significati e vocaboii nella
opeì'a detta il Convito. — D' altri ntiovi significati e vocaboà
nel Convito, Aned. v, C. xxiv e xzv.
Semoli Farinello, fiorentino, Lettera nella quaie si esa-
mina il libretto del cav. Vincenzo Monti, intitolato: Saggio
dei molti e gravi errori trascorsi in tutte V edizioni del Con-
vito di Dante, Firenze, 1823.
N. N., Saggio critico intomo ad un oscuro passo di Dante,
concernente V immortalità deW anima (Tratt. ii, e 9). Giorc.
Eiig. Fase, xxiii, p. 920.
Vedovati Filippo , Intorno ad un passo del Convito di
Dante che vorrehbesi oscuro (Tratt. ii, e. 9). Gazz. di Venezia,
13 Agosto 1846, n. 182.
Fanfani Pietro, Emendazioni di alcuni luoghi dei Con-
vito. Studi ed Osservazioni, 303-313.
DE VULGARI ELOQUIO (1).
Cr, Man, Ikmt. IV. 4M),
D' Ovidio Francesco, Sul trattato de Vulgari doquentìa di
Dante, Studio. — Archivio Glottologico italiano, diretto da Giov.
D'Ascoli, Roma, Loescher, 1873, ii, 59-110.
L' intento mio, cosi il D' Ovidio, è di determinare U preciso
significato delle dottrine comprese nel Trattato di Dante, e dì
ricercare com' esse siensi generate nella sua mente, in ispec2€
quella sul Volgare illustre, divenuta davvero illustre. Procuro
di mostrare come Dante, pur intuendo assai felicemente quanto
di letterario vi dovesse essere nella lingua colta, non riuscisse
dall' altro lato a ben misurare quanto ella dovesse al dialetto,
in particolare toscano, ingannato com'era dalla falsa luce con
che gli si presentavano i fasti letterari del tempo suo, dai prc-
(1) Scrisse il libro De Vulgari Eloquio, non a vendetta contro a Fireny<^.
ma come colui che le incertezze o insufficienze quanto all' uso della Ungca
tentava risolvere, ad essa guardando come di fuori e per dottrina <» spe-
«Tulazione: vagante italiano, cercava un volgare che «in nessun Inopa
riposasse * tuttavia ritenendo nello scrivere quello medesimo eh' era stati
1 congiugnitore de' suoi parenti. * Gino Capponi , Storia della Repub. di
Fir. 1. n, e. 8, p. 168.
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DE VUL6ARI ELOQUIO. 541
giudìzi della sua mente, dalla preoccupazione del suo animo,
dar una catena d'illusioni, inevitabili certo a quei tempi, il
clie scusa Dante, ma sempre illusioni; e ciò giova a notare
per togliere ogni pericolosa autorità alla parte erronea della
sua dottrina. Il D* Ovidio divide il suo lavoro ne* capitoli
seguenti. — I. Autenticità del Trattato: II. Titolo di esso:
III. Età e luogo in che fu composto : IV. Numero de' libri dei
quali sarebbe dovuto constare se Dante lo avesse compiuto:
V. Se nel tentativo di comporre una Poetica del Volgare, Dante
avesse alcun precursore in Italia e fuori : VI. Quali fossero le
idee di Dante rispetto al valor relativo del volgare e del latino.
— Come le sue opinioni e dottrine letterarie si venissero for-
mando via via: VII. Quali fossero le idee di Dante circa il
merito relativo dell' italiano e degli altri idiomi romanzi : Vili.
Dottrina di Dante sull'origine, unità primitiva e posteriore
frazionamento dei linguaggi e sulla distribuzione àelle lingue
in Europa: IX. Dottrina di Dante del continuo e progressivo
dividersi e suddividersi dei linguaggi in Europa: X. Dottrina
di Dante sul volgare illustre. — Doppia specie di comuni pre-
g-iudizii circa i dialetti: XI. Che l'una e l'altra specie si do-
vessero trovare in Dante. Stato della lingua poetica italiana ai
tempi di Dante. — Metodo suo di valutare i dialetti e la lingua
colta: XII. Sulle minute applicazioni che Dante fa di un tal
metodo a tutti i dialetti d'Italia, compreso il fiorentino: XIII.
Qual è il volgare illustre: XIV. Il libro li.
Il D'Ovidio ritiene che Dante dettasse il primo libro, sul
declinare del 1304, a Bologna; e che nel Febbraio 1308 fosse
giunto al e. VI del secondo libro. Quattro dovevano essere i
libri. L'autenticità non può neppure esser posta in dubbio. Il
D'Ovidio nel De Yulgari Eloquio vi nota precocità ed originalità.
É questa la prima volta che ci vien data una critica schietta
e profonda, del libro di Dante de Yulgari eloquio^ un po' spie-
tata qua e là, nò troppo riguardosa del tempo in cui Dante
scriveva, ma per la bontà dell'osservazioni e pel garbo inge-
gnoso con cui queste ci son presentate degnissima di venire
considerata. V. U. A. Cartelli. Riv. di Filol., Rom., 1874, p.
275; Archivio Ven. vi, 146.
Capponi Gino, Sul libro De Yulgari eloquio. Storia della
Repubblica di Firenze, 1. ur, e. 9, p. 348 e seg.
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542
DE MONARCHIA (1)
(V. Man. Dani. IV, »«)
BoBHMER Eduard, Ueber Dante*s Monarchie, Halle, Teri^e
der Buchhandlung des Waisenhauses, 1866. (p. 24).
Derichs^'eiler Herm. Coliegium in Gebweiler. lahres-Bericht
Nr. 2 mit welchem zu der Sffentlichen Prùfung und Schluss-
feìerlichkeit den 10 August geziemend eiiiladet Inhalf.
I. Dante Alighieri' s Monarchia Mùnch et Cie., Schabel's
Buchdruck, 1873, p. 46.
Berardinelli P. Francescjo , La Monarchia di Dante Ali-
ghieri e il dominio temporale dei Romani Pontefici. Civ. Catt.
Voi. II, Serie vi, 1975, p. 72^9; Voi. lu, 35-51; 274-93; iv,
405-23.
(1) Nel libro della Monat'chìa egli intende chiarire e svolgere quel
principio d* uniti imperiale che, uscita da Roma, aveva mille anni tenut"
miDlicato il mondo cristiano, come in un nodo che i due capi striDg«ss«ni
anelando per lo contrario verso. Qui Dante parrebbe fatto straniero «S^
citt;ì sua ; ma come alle ire che lui consumavano sta in fondo l' amon*.
cosi nel concetto ideale affatto di questo libro si accolgono dottrine ch^
non contrastavano né al sentire di uomo italiano né a quel diritto di citta-
dina indipendenza che Dante avrebbe in patria voluto a ogni costo mau-
tenere. — Nel libro pertanto della Monarchia abbiamo T esposizione del
sistema cui Dante^ è vero, s' ingegnava allora di dare coerenza per via di
sofistiche argomentazioni * ma noi crediamo da gran tempo tutto queir or-
dine di concetti, stesse nel fondo del suo pensiero. L'avere egli posto neli.i
nittà e nel popolo di Roma la fonte di quel diritto dal quale uscisse il
sommo impero e<l universale, non era dottrina che Dante si fabbrica;^
allora a comodo della sua tesi, ma era italiana, era cattolica, era ^nde:
era dottrina ^i|^nibiva con l'ordine assicurare la libertà. neU* unità am-
mettere e caiì|«M^dere la varietà ; farsi attuazione dei voleri di Dio sulla
terra, fondando tra gli uomini , col regno della virtù, perpetua pace uni-
versale: la Monarchia dell* Alighieri , T impero , il veltro, non potevano
pssere a questo modo altro che ideale cosa. Quindi a noi pare che roenli^
i libri del Convito e del Volgare Kloquio nuli' altro ci mostrano che studi
interrotti: la Vita Nuota e la Monarchia ne dìeno ragione, quello del-
l' anima del Poeta, questo del pensiero civile o politico quali si vennero a
trasfondere nella grande opera del poema. G. Cajppont^ Storia della Rep-
dì Firenze, 1. n, e. 8. p. 108.
Il Panciatichi nelle isue lettere (1676), fa le meraviglie che un ms. della
Monarchia di Dante in volgare siasi pagato sette lire, qtHindo si ha jVj*
poche crasie quella stampata in lingtta latina ^ come l'ha scritta jf'awlotv.
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543
NUOVE EDIZIONI
(V. Man. DatU, II, 78t; IV, 619J
Dantis AUgherii De Monarchia libri tres Codicum manu-
sciriptorum ope emendati per Carolum Witte , Editio altera.
Viadobonae BraumuUer, 1874 (Lipsiae, Typ. J. B. Hirschfeldi),
Lxxxiv, 144.
I copiosi Prolegomeni, preposti dal Witte, ci parlano degli
studi degli editori che lo precedettero, delle cure eh' ei vi pose ;
r occasione e lo scopo che indussero T Alighieri a dettare la
MonarcJiia, il tempo in che fu scritto (1296-1299), le vicende
subite, oltrecchè ci danno T elenco dei Codici delle stampe e
delie traduzioni. I codici enumerati sono T Ambrosiano del
sec. XV; quello dì Middlehill, ora Gheltenham (Phillips) del
sec. XIV; il Feliniano di Lucca del sec. XV; quello del Museo
Nazionale ungherese di Buda-Pest, del medesimo secolo; il
bellissimo Mediceo-Laurenziano deiristessa età; il Magliabec-
chiano del sec. XVI , il Palatino- Vaticano della fine del 300 ;
il Marciano del trecento. Un aggiunta desideratissima ai Pro-
legomeni si è la nota dei Loci auctorum in libris de Mo-
narchia citati. La Yarietas Leclionum trovasi sotto al testo.
Fanfani P., Emendazioni di alcuni luoghi de Monarchia.
Studi ed Osservazioni ecc. p. 323.
TRADUZIONI
Cr, Man. Dant. II. 794; IV. SM)
HuBATSCu D.*" Oskar , Dante Alighieri , Ueber die Monar-
chie. Uebersetzt und mit einer Einleitung versehen. Berlin,
Heimann, 1872 (Erich Koschny). xxx, 61. — Forma parte della
Biblioteca storica politica, o riunione di capolavori della storia
politica antica e moderna. — XIV, Dante Alighieri, Ueber die
Monarchie. — € In omnibus, in iis etiam quae modum loquendi
et doctrinam scholaaticorum respiciunt, consideratissimum, et
inter paucos peritum se exhibet. » Witte, De Mon. lxxiv.
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544
EPISTOLE
Cr. Man. Data. lY, MJ
È da cinquant' anni che il Witte si valorosamente, (xi
memorabile esempio, si travaglia sui volumi dell' Alighieri. X«
ci è opera del divin Poeta eh' egli non abbia cercata con lun^
studio e grande amore, ed a cui non abbia recato le sue fati
cose indagini e le sue pregiate illustrazioni. Fin dal 182
davaci egli il primo la stampa delle lettere Dantesche txk\
allora conosciute; né si rimase da ricerche per ci-eacerDe i
numero , ed interpretarle degnamente. Certo , quando nel ti
volume del mio Manuale (p. 522) riferivo dello scritto del Toh]
maseo Le leUere di Dante scoperte dal signor Bey se ^ era }^\
lungi dal credere che quel sunto potesse increscere al grand
uomo che io venero, e che si è reso altamente benemerito d
Dante e delFItaUa. Ecco quanto mi scrìveva il 1 Agosto ISTI
dai Bagni di Bormio.
« È una accusa contro a me assolutamente priva di fonJsi
mento. È una calunnia con cui il Palermo voUe vendicarsi
del non aver io voluto riconoscere quel suo Quinterno per au^
tografo del Petrarca. Il signor Heyse registrò e confrontò cooh
mio incaricato, ed a spese mie i codici Danteschi della Yati^
cana. V. S. desumerà dalla pagina pen. delle Forschunge^i^
come registrando fra le altre cose le intitolazioni delle lettere^
non sospettò nemmeno che vi possa esser dell' inedito. Nam^
ralmente me ne accorsi subito, e V incarìcai col prossimo cor^
riero di trascrivermi, sotto i patti fin allora tra noi osservati,
e con ogni accuratezza possibile, quelle preziosissime lettere^
Lo fece, e lo pagai, come per tutti gli altri lavori da lui peii
me fatti, a bei contanti. Non vi fu dunque mai questione n^
dì generosità né di dono. Se V. S. lo giudicasse opportuno non
mi opporrei di certo che queste mie asserzioni si pubblicassero,
e sono persuasissimo che il sig. Heyse non avrebbe la fronte
di contraddirvi. Ed io son lietissimo di farne pubblicamente'
ammenda. Che in me, non v' ha dubbio, fu colpa di non aver
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EPISTOLE. « 545
rettificato Terrore in che cadde il Tommaseo. E questo fia
ruggel eh* ogni uomo sganni, — V. Scartazsini, Dante in Ger-
nania. Riv. Internaz. i, 584.
Epistola I e II. — Il Todeschini sostiene con fermezza e con
aperte prove che la Epistola ai fratelli da Romena Oberto et
Guidoni comitibus de Romena, post mortem Alexandri patrui
eorumj ò un documento apocrifo, e perciò non si merita alcuna
fede, né per gli estrinseci caratteri co' quali ò comparsa nel
mondo, nò per V intrinseco suo contenuto, ed è solo uno scritto
tardamente in&ntato dalla frode o dal capriccio. Onde la con-
traddizione aperta fra le lodi tributate ad Alessandro da Ro-
mena nell'Epistola, ed il biasimo contenuto nella Commedia,
non dee porsi altrimenti a carico dell'Alighieri, ma dee con-
siderarsi piuttosto come un nuovo argomento della falsità di
quella ; imperciocché , s* egli era inevitabile di attribuire un
grave carico al poeta, finchò durava intera fede del supposto
documento, tostocchò questa fede è crollata, T animo aperto,
leale, generoso d| lui ci diviene una nuova guarentigia, che
non siamo illusi dalla menzogna di un falsatore. — Oltrecchè
il Todeschini combatte valorosamente le supposizioni che Dante,
allontanatosi già buon tratto di tempo innanzi da' suoi com-
pagni di esilio, sia stato lo scrittore della lettera al cardinale
Ostiense, supposizione non soltanto gratuita ed arbitraria, bensì
riprovata ed assolutamente &llace. — Todeschini G., Relazione
di Dante con Alessandro da Romena. Scritti su Dante, r,
222-50.
n voi. del Torri che racchiude Y Epistole di Dante Alighieri
edite ed inedite (Livorno, Vannini, 1842), abbraccia tutte le
prefazioni Wittiane , quelle del Fraticelli , ed un accurata Bi-
bliografia dell'Epistole. — Vi si legge pure il volgarizzamento
antico dell' Epistola ai Principi e Signori d' Italia dato in luce
la prima volta dal Lazzeri nel 1754; e quello dell' Epistola ad
Arrigo VII, edito dal Doni nelle Prose Antiche, Fh-enze, 1547,
p.9.
L'Epistola ai Card. Italiani, fu pur tradotta dal Muzzt e
dal Torri; e pur dal Torri quelle ai co. di Romena e ad Ar-
rigo VII: il Dionisi ( Aned. v, p. 177), il Balbo (Vite di Dante,
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546 OPBBS MINORI
c. xiv), ed il Muzzi voltarono quella ali* amico fiorentino. Ug\
Foscolo la avea già resa in inglese ne* suoi Saggi sopra i
Petrarca, dai quali la fece italiana Camillo Ugoni, Il Missiriid 1
volgarizzò quelle a Gino ed a Cane ; quest* ultima , con nn i
valentia, il Giuliani.
Kannbgibsser Karl Ludwig, ProsaiscJie Schriften ùbcr-
setu, Leipzig, Brockaus, 1845.
QU^STIO DE AQUA ET TERRA
(V. Man. Data. IV. US)
ScHMiDT Wilhelm, Ueber Dante* s Stellung in der Gescht-
chte der Kosmographie. Erster Theil: Die schrift De acqua
et Terra. (Sul posto di Dante nella storia della Cosmo^afia).
Nel Siebenter lahresbericht des K. K. zweiten Gymnaainm in
Gratz vom director Philipp Pauschitz (Programma del secondi*
i. r. Ginnasio in Gratz.
Dissertazione per ottenere la laurea in filosofia. — L* es^ame
dello scritto di Dante è fatto con molta accuratezza ed illu-
strato con molta erudizione. Ne attendiamo la fine.
Dante Alighieri e le dottrine cosmologiche del stto tempo.
AH. Zeitung, 1876, n. 163.
EGLOGHE
Cr. Man, DnHt. tV, Bt»)
Scolari Filippo, 1 versi latini di Giovanni del Virgilio e
di Dante Alighieri recati in versi italiani ed illustrati col testo
a fronte e con note. Venezia, per V Agenzia libraria di Firenze
(Tip. Cecchini), 1845, di p. 228.
Appendice alC edizione di Venezia dei versi latini di
Giovanni di Virgilio e Dante Alighieri, Venezia, Fracasso,
1847.
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547
BIBLIOGRAFIA
(V. Man. Dant. IV, 686)
Petzholdt Jul., Bibliographia Dantea ab anno MD CCCLX V
nchoata. Accedit Conspectus Tahuiarum Dtvinam Comoediam
?e/ stilo vel calamo vel peniciUo adhibiHs illusirantium. Dre-
sdae, sumtibua G. Schoenfeld (C. A. Werner), 1872.
Supplemenlum Bibliographiae Banteae ab anno
MDCCCLXY inchoatae. Dresdae, Shoenfeld (Typ. Poessleri),
1876.
Lang W., Banteliteratur in Deuischland, In: Im neuen
Reich.... Leipzig, Hirzel, 1872, 321-332.
ScARTAZziNi O. A., Umschau im Gebiele der gesammten
netiesten Banteliteratur. In: Ma^azìn fur die Literatur des
Auslandes begr. von J. Lehmann, brsg. von Lehfeldt xliii.
Jahrg. 1874, Berlin, n. 1,2 e 3.
La Letteratura Italiana in Germania nel 1869. Riv.
Europea, voi. n, 1870, p. 114-21.
/ recenti 'studi Banteschi in Germania. Nuova An-
tologia, a. VI, voi. XVI, fase. 7, 1871, 511-35.
Supplemento alla Bibliografia Bantesca del Pet-
gholdl. Nella Neuer Anseiger fur Bibliographie und Biblio-
thekwissenschafì hrsg. von J. Petzholdt, Nov. 1876.
Bante in Germania. — Di questo importantissimo
lavoro, eh' è tuttavia in corso di stampa, parleremo nel Sup-
plemento.
LE FESTE DI DANTE.
(V. Man. Dani» IV, S40J
N. N. (Palermo Francesco), Le feste del Centenario di
Bante. Firenze, Tip. Fiorent. diretta da G. Natali.
Catalogo delle Bandiere e Stendardi, depositati nel Reg,
Museo di S. Marco dal Municipio di Firenze, e donati dalle
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548 LE FESTE DI DANTE.
Rappresentanze delle Provincie italiane y Accademie,
sitày Institutij Società operaie, ecc., che intervennero ai
tenne festa del Centenario della nascita del Divino
Dante Alighieri celebrate in Firenze nel 7 Maggio 1887
Firenze, Chiari, 1869, p. 16, 24.
Secondo V Opinione , le feste del Centenario costarono i
Comune di Firenze lire 352,000.
ONORANZE A DANTE ALIGHIERI
CV. Man. Dmt. IV, 544)
Napoli. — Piazza Dante (già Largo Mercatello). V. p. &4,
Ravenna. — Piazza e Teatro Dante.
€ Mons. Stefano Rossi, Delegato Apostolico, il di 15 Mag.
1852, facea alla Magistratura di Ravenna la seguente proposta.
« Quel Teatro che fìa in questa sera la vosti*a gloria noveU^
divenga mercè vostra altro monumento più preclaro dì pub-
blica e perpetua onoranza che Ravenna tributi alla grandma-
nima dell' Alig;hiero. Onoranza che tutta rivolgerassi a vostri>
vantaggio : imperocché non Dante, ma voi avrete perciò da tutti
incremento di gloria immortale. Decretate adunque che la le-
tizia di questa sera incominci dalla intitolazione solenne del
Vostro Teatro in Teatro Alighiero, e tutti i popoli colti faran
plauso alla vostra squisita e generosa sapienza, »
E la Magistratura convenendo in tanta onorifica proposta
ad unanime acclamazione determinava:
« D' intitolare, siccome nonùna il nuovo Teatro Comunale,
Teatro Alighiero, ed ordina^ che tale denominazione sia ecritta
a grandi caratteri d'oro sulla fronte del detto Teatro, e die
la presente deliberazione, insieme alla mozione, sia pul4>licata
colla stampa per rendere una tale inaugurazione di pubblica
ragione, porgendo sempre alla lodata Sua Eccellenza Reve-
rendissima ogni azione di grazia pel suddetto pensiero chi«
onora questa città ^ e rammenta Tospitalità resa air Altissimo
Vate da nostri Padri. — E per secondai con islando mag-
giore l'onoranza al sullodato Poeta, la Magistratura decreta
ugualmente ' che la Piazza posta fra il palazzo Apoatotico e
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ONORANZE A DANTE ALIGHIFRI. 549
Teatrale sìa ancVessa fregiata del nome dì quel-
|LE, e s'appelli Piazza Alighieri. — Atto fatto» letto,
Residenza di Sua Eccellenza Reverendissima Mon-
fregato Apostolico nel suddetto giorno, mese ed anno,
f'iti. Il Gonfaloniere Bonifacio Spreti, — Francesco Do-
ledetto BaroniOy Bonaventura Rasponi, Pietro Grossi,
^rchiari, Giovanni Morigi, Giacomo Modi. — Pel Segre-
■'- Municipale, T, Venturi,
Roma. — Piazza Dante, 1873. — Sala Dante.
Anche Campi Bisenzio , nominò Dante il suo Teatro ;
Statuto della Società Accad. per il Teatro Dante, Firenze,
Vlarìani, 1873); da Dante Messina, e S, Martino d'Albaro i loro
!!^ollegi Convitti (Regolamento del Collegio Convitto Dante,
in S. Martino d'Albaro, Genova, Tip. Sordi-Muti, 1869; Pro-
^amma, id. 1872).
Nel Fabrianese vi ha la Valle di Dante.
COLLEZIONI
(Y. Man. Dtmt. TV, Sà7).
Collesione roponni, — Pur troppo i miei timori si
Bono avverati. La Collezione Fapanni, amica aiutatrice de* miei
studii, che contava 230 edizioni della Divina Commedia, cioè
7 del secolo XV, con la rarissima del Vindelin Da Spira del
1477; 27 del XVI; 3 del XVII; 24 del XVIII; 169 del XIX;
che pur contava pressocchò tutte V edizioni delle Opere Minori,
compresavi la principe del Convivio, 1490; ricchissima di opere
illustrative la Divina Commedia, di Versioni ecc., fu acquistata
fin dal Decembre 1871 da un libraio fiorentino. Qual fine abbia
avuto, ignoro; ma temo abbia esulato fuori d'Italia. — V. Man,
Dant, IV, 547.
Collesione Poiesot ora nel Civico Museo di Padova,
Col testamento 6 Settembre 1871, il dott. Agostino Palesa
legava al comune di Padova, la sua Raccolta Dantesca imita-
mente alla Cominiana e Petrarchesca, a tutta la sua libreria,
non che ad una magnifica collezione di stampe, imponendo al
legatario V onere di 5 vitalizii, pel complessivo importo di an-
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550 COLLEZIONI
nue L. 3000. Col codicillo poi del 28 Agosto 1872, soatitii
il comune di Venezia, con pari obbligo, ove quello di Padi
non accettasse il legato. — II Sindaco annunciala il dcoii
Consiglio Comunale con queste parole : Il compUnUo Apasé
doti. Palesa dopo avere offerto colla sua vita nobiU esempi
virtù civili^ lasciò y morendo, ai suoi conciUadim (ale mot
mento di generosità, di patriotismo^ di coltura, che gU
la gratitudine ossequente di quanti amano il loro
professano il culto dovuto alle scienze, alle lettere ed alle
— Riguardo al valore, ecco quanto ne scrisse la Comi
scelta dal Municipio, composta del prof, oav,- Pietro Cana\
cav. prof. Andrea Gloria, del sig. Marco Girardi Vice-Bi1
della R. Università. ... « I libri ammontano a 100,000 cÌFca»|
tra essi si notano principalmente: 1. La collezione harUcsÀ
ricca non solo delle edizioni della Divina Commedia, comprtJ
parecchie delle più*rare e talune di queste anche in più ese^
plari diversi tra loro, ma ricca delle opere illustranti ^{i
sacro Poenoa e il suo Autore: 2, La collezione Petrarchct^
anch' essa unita con pari intendimento dal dott. Palesa, sia ^
le edizioni varie delle opere del Petrarca, sia per gli seni
che le risguardano: 3. La collezione Cominiana, Taltra £.1
viriana e quella Aldina, molto stimabili anche queste per
quantità delle opere che le compongono. Codeste raccolte fiuvj
tenute dall' egregio loro collettore e stanno ancora in appi^ii
stanze ed appositi scaffali. Il grande emporio degU altri ìi^f
che rimangono, non è circoscritto né a qualità di edizioai. s
a qualità di argomenti, ma spazia sopra le lettere, le arci. \
scienze in generale. In esso, e sovra tutto in quella parte, ca
sta nella casa già abitata dal defunto, si- noverano non poc!
volumi di grande rarità e d' alto prezzo ed anche parecchi -
dici manoscritti, taluno di qualche rilevanza. — Le inctsin
sono parimenti in numero assai considerevole , racchiuse :
cartelle e queste spartite secondo i nomi degli autori, nostn
e forestieri. » — Il valore venale del legato fu ritenuto n^
minore di 300,000 lire.
Il Consiglio Comunale di Padova nella sua tornata del 3
Dee. 1873, con voto unanime, ne accettava riconoscente il to
e a perennarne la memoria decretava, che nel civico Mus-^^
venisse posto un busto in marmo che rappresenti ìeffij^
y Google
COLLEZIONI. 551
?/ donatore^ argomento di sprone pei cittadini a raccogliere
loro simpatie sopra un Instiiuto, che Padova apprezzò
xìTtpre e coltiva con vero amore. Il busto ò lavoro egregio dello
rultore Sanavio. — V. Man, Dant iv, 549.
Collexloae an. Alberto Piftelll. •» Ne fece acquisto
comune di Forlì (1875). Conta 216 edizioni; due sole del
uattrocento (1491, Venezia, Bernardino Benato et Matthio da
^arma; 1497, Venetia per Piero de Zuanne di Quarengii da
^alazago bergamasco); 23 del cinquecento (l'Aldina del 1502,
on due contraffazioni , una delle quali non ricordata da* Bi-
Aìografì); una del seicento (1609, Venezia Misserini); 16 del
rOO, e 125 di questo secolo. Possedè inoltre 48 edizioni delle
Opere Minori, ed una buona suppellettile di libri illustrativi
a Divina Commedia.
Colleaione Barlow. -<«- Il dott. Bario w, che a buon di-
letto tiene il campo tra' Dantisti inglesi, donava testé (1876),
a preziosa sua Collezione Dantesca, unitamente a tutti gli altri
libri che riguardano la storia e la letteratura d'Italia al Col^
ìegio delV Università di Londra. A si cospicuo dono aggiun-
geva la somma di lire mille sterline y in consolidato, affinchè
in perpetuo vi fosse tenuto un Corso annuale di Conferenze
sulla Divina Commedia.
Collexiooe Carlo Witte. — Il prof. Scartazzini le dà il
primo posto fra le germaniche. Il Witte la ha già venduta
alla Biblioteca universitaria e territoriale di Strasburgo in
Alsazia. Rimarrà presso il Witte fino alla sua morte.
Collexlooe della Biblioteca Reale di Dresda. —
Il dott. Giulio Petzholdt, regio Bibliotecario di Dresda sino dal
1844 pubblicava il Catalogus BibUothecae Danteae^ nel quale, e
nei successivi, si trovano accuratissimamente registrate tutte
le opere dantesche che fan parte della Biblioteca del re di
Sassonia.
Colleaione della Società Dantesca Alemanna a
Dresda. — È ancora ne' suoi primordi. Il benemerito Petz-
holdt, che n' è il custode, si adopera alacremente pel suo mag-
giore incremento. Nel Jahrbuch der Deutschen Dante-Gesel^
hchafì, prosegue a darci il Catalogo.
Collesione Sear tassi ni. — Pregevolissima per magni-
fìcenza degli esemplari , e lusso delle legature. La raccolta
Digitized by V^OOQlC
552 ooLLBaoNi.
comprende 120 diverse edìzìom della Divina Oomineda; ] ^
•dizioni delle Opere Minori, ed una notevole quantità di smr^ 1
d'opuscoli illustrativi antichi e moderni. Di quanto ai Bcrise
su Dante, dal Boccaccio in qua , in iingui^ italiana , fraii»^.
tedesca, inglese, ecc., gli manca ben poca cosa, di qnakbì
rilievo. La letteratura dantesca degli ultimi 25 anni ei TU
* raccolta quasi completamente. La bella collezione del compiasi*
mio amico prof. Vogel de' Vogelstein , di Monaco , di coi :^
libraio C. H. fìeck a Noerdlingen diede il catalogo (1869) £
grandissima parte passò nelle sue mani. Il prol Scartasiiù.
con infaticato amore e con grave dispendio, s* adopera di ren-
derla completa ogni giorno piii, ed a tal uopo è in istrerj
relazione coi principali librai-antiquari! di Europa.
La bella Collezione dantesca del chiarìs. Blanc ad Halk.
di cui il libraio Haupt (Druck d. Waisenhaus-Buchdrack, Ha&
1869) ci diede il catalogo, coUa sua morte, andò dispersa.
y Google
BIBLIOGRAFIA •
PETRARCHESCA
35
,y Google
y Google
BIOGRAFI
De vita et moribtts domini Frandsd Petrarchae secun^
dum IOANNBM BOCHAGI DB CSRTALDO.
Fu scritta tra Tanno 1342 ed il 1345. Vide la luce prima-
mente nel 1828, per cura dell' avv. Domenico Rossetti, che la
inserì nell'opera Petrarca^ Giulio Celso e Boccaccio (Trieste,
Marenigh, p. 280-337), e la recò in volgare, e T illustrò di
note. Ei la tolse da un codice che fìi dell' ab. Morelli, e da lui
legato alla Biblioteca di S. Marco di Venezia. Riguardo a questo
codice, veggasi quanto ne scrisse il Valentinelli (Petrarca e
Venezia, p. 130). Successivamente il marchese di Valory, d'A-
vignone, ne diede un' edizione a parte , mettendo a fronte del
testo il volgarizzamento francese e corredandola di copiose an-
notazioni (Docum^nt \istorique de Boccace sur Petrarque,
Avignon, 1851).
Frandsd Petrarcae de Florentia incipit vita ab excellente
cjus disdpulo Johanne Boccado de Certaldo inchoata ac post
ejus obitum perfecta et correda a magisiro Pbtro de Castel-
letto ordinis Jieremitarum S. Augustini qui dicti oratoris
atque poetae mores atque gesta ex longa ejus familiaritate
cognovit.
La pubblicò la prima volta il Rossetti (op. cit. pag. 337-350),
trattala dal cod. M. iv, F. 61 in fogl, dalla Biblioteca di Bre-
slavia. Ma egli ben osserva che la parte maggiore non è che
una copia fedele del testo del Boccaccio; e che il Castelletto
y Google
556 BIOGRAFI.
tolse il resto dalla funebre orazione del P. BonaTentura <k
Peraga. ,
Maestro Domenico fiouo di Bandino, d' Arezzo, contempo-
raneo e conoscente del Poeta (n. 1340).
La vita, eh* egli ne dettò, trovasi inserita nel suo libro De
viris claris virtute aut vitto . La pubblicò primamente il Mehfis
nella sua vita di Ambrogio Traversar) (a p. 98), e non abbraccia
che sole 69 linee. Di Domenico d'Arezzo, scrisse il Targioni
Tozzetti nelle sue postume Notizie delle scienze fisiche in Tcr
scana^ Firenze, 1852, p. 183 (1).
Vttae Dantis, Petrarchae et Boccaccii a Philippo Villamo
(n. 1325, m. nel 1405) scriptae^ ex codice inedito Barbenniano,
Florentiae, typis Magherianis, 1826.
La vita del Petrarca fu pubblicata la prima volta dal Mehtis
in quella del Traversai'i, p. 195, e dall' ab. De Sade, Pièces
Just. II, 9.
Vita divini ingenti Francisci Petrarcae per Pbtrim Paulim
Vergbrium de JustinopoU incipit (N. in Capo d'Istria a' 23
Luglio 1370, mori a Buda nel 1444).
Il Tommasini la inserì nel suo Petrarca redivivus^ traeu-
dola da un codice della Marciana (ex Biblioth. S. Joannis de
Yiridario, Patavii). In viiarum numero, cosi il Tommasini.
latina dictione primam laudem meretur Petrus Paulus Xer-
gerius a poetae obitu non adeo remotus, quin pluritna de
ipso ex fide consignare potuerit. La tolse il De Sade dal Tom-
masini, Pièces justif. II, 13-19. Di Pietro Paolo Vergerlo, il
Vecchio, V. la bella memoria che ne scrisse Mons. Jacopo Ber-
nardi, inserita nel fase. 156 della Rivisfa Universale, 1874.
Leonardo d'Arezzo (Leonardo Bruni, n. in Arezzo il 1370,
mori a Firenze il 1444).
La vita del Bruni apparve dapprima nell' edizione del Can-
zoniere di Martino De septem arboribus, Padova, 1472; in
Venezia, Filippo Veneto, 1482, e nell'ediz. dei soli Trionfi pel
(1) CoLUcio Salutati , da Stignano , famoso segretario florenlino ,
forando istorico, politico ed Anche poeta, scrisse pure la vita dell'amico
(Ep. Sen. lib. xi, lei. 4; Fracassetti, ivi); ma fatalmente andò smarrita. Hunc
autctn ColHccii libeìlum, cosi il Mehns, nondnm editum., atiatsqHe in oras
cìnif/rantem, septem ab hin^ annU versavi, deploravique. Il Rossetti ri-
corda un'altra vita di Rodolfo Anricola. che morì professore a Heidelberg',
nel 1485. I J ^ f
y Google
BIOGRAFI. 557
Zoppino, 1524; T inserì dapoi il Tomasini nel suo Petrarca
vedivimis (pag. 207-212). — Nel 1621 ne fece una ristampa il
Cinelli da un suo mss. antico, Perugia, Zecchini; enei 1672 il
Redi, togliendola da un codice della sua libreria, e confron-
tandola con altri testi a penna (Firenze, air insegna della Stella).
In essa si legge: Finita la vita di Dante e di messer Frane.
Petrarca per messer Leonardo Aretino Tanno MCCCCXXVI
nella città di Firenze del mese di Maggio. — Venezia, Pasquali,
1739 e 1754, Napoli, Ricciardo, 1722; Padova, Cornino, 1727,
ecc. ecc.
Ricordi sulla vita di messer Francesco Petrarca e di ma-
donna Laura scritta da Luigi Pbruzzi loro contemporaneo,
Bologna, Romagnoli, 1866 (Scelta di Curiosità Letter. ined. o
rare, Disp. 69).
Il dotto inglese, signor Bruce-Whyte, die fuori per la prima
volta questo prezioso documento, nel voi. ni, p. 372 e seg. del-
l' Histoire des langues romaines et de leur Htterature, Paris,
Treuttel et Wurtz, 1841, conforme alla lezione di un cod. mss.
che sta negli Archivi della nob. famiglia Peruzzi di Firenze.
Il celebre Gio. Gherardini lo ristampò nel t. xii, p. 207 e seg.
del Giornale delC I, R, Instituto Lombardo di scienze lettale
ed arti, Milano, 1845, aggiungendovi del suo molte erudite
Osservazioni, Sopra questa ultima stampa ha esemplato la sua
il Romagnoli, nuli* altro modificando che lievemente la disusata
grafia e T interpunzione.
Mannetti Giannozzo (n. 5 Giugno 1396, m. 26 Ott 1459),
Clarissimi poetae atque laureati Frandsci Petrarcae, Vita fé-
liciter incipit.
Fu pubblicata dal Tomasini nel suo Petrarcha redivivus
(p. 197), e dal Mebus tanto neir edizione del 1747 (Firenze,
Giovanelli), coir altre deli* Alighieri e del Certaldese, quanto nel
libro intorno il camaldolese Ambrogio, servendosi di un mss.
della Laurenzìana.
Sicoo Polentone, padovano (fu notaio e cancelliere di quel
Senato; m. nel 1463). — Vita clarissimi poetae Fr, Petrarcae
de FlorenUa. '
Fu scritta verso il 1433, stampata scorrettamente, a ca-
ratteri rotondi, senza nome d* autore, e senza alcuna data nel
sec. XV. Dal mss. di Jac. Ga&relli pubblicolla autore incerto
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558 BIOGRAFI.
Jac. Filippo Tomaaini {Petr. Red. p. 184-194), e dopo htì Lo-
renzo Mehus, che, ricopiatala da uà codice della Riocardian:)
di Firenze, la impresse sotto nome del suo autore (Atnbr, Tra-
versaria ecc. 1759, II, p. cxcviii-oc).
Da Tempo Antonio, Vita di Fr. Petrarca. Roaia, IO Lu-
glio 1471, Giorgio Laver, in fogl.; Venezia, Jenson, 1473; Ve-
nezia, Saliprando, 1477; id.. De Zanni da Porteae, 1501, *-
in 7 altre ediz. yen. del Canz., e nella milanese Sdnzenzeler.
1507. — Il Marsand, che certo non fece i raffronti con h
stampe anteriori, ce la dà per inedita, d^anUco autore (BiW.
Petr. 1819-20). La ripubblicarono ultimamente il RomaffnoU,
quale lavoro d'incerto trecentista. Scelta di curiosila Letter.
ecc. Dispensa v.. Romagnoli, 1865; il RanxoUni^ Le Vite degli
Uomini iUustri di Fr. Petrarca, Bologna, Romagnoli, 1874, 1. 1,
p. XXVII.
Di questa Vita discorre acutamente il chiar. prof. Grion, e
dimostra con buone ragioni e soda critica che si il cemento
al Canzoniere che la vita di Fr. Petraix», che corre sotto il
nome di A. Da Tempo, non è, né potrebbe essere di lai, nato
verso il 1275, e morto nel principio del 1336, ma bensì di
Domenico Saliprandi, mantovano, sicché if supposto Ant Da
Tempo, iuniore, nipote dell'altro Antonio, autore del trattato
delle Rime Volgari, non è che un pseudonimo. — (Jeronimo
Squarciafìco, Alessandrino, Anagramma di Domenico Sali-
prandi fiolo Gasparis, 11 Saliprandi prendea nome ora di A.
Da Tempo, ed ora di Jer. Squarciafico). V. Grion, DeUe Rime
Volgari, Trattato di Antonio Da Tempo, Bologna, 1869, pag.
XXXIV-LVII.
Vita del Petrarca (d* ignoto autore).
Fu inserita la prima volta, nel 1865, negli Opusc. Rei.
Letter. e Mor. che si stampano a Modena. -» Se ne debbe la
pubblicazione all'egregio dott. Veratti. Pai'e si possa conget-
turare, dallo stile e dalla lingua, ch'essa sia stata scrìtta dopo
il principio del sec. XV. La tolse da un cod. estense , segnato
GCLXxxviii, scritto di mano di Francesco di Qoro Massaioi di
Siena, cominciato a di 11 di Febraio 1452, et finito a di 6 di
Marzo anno detto nel Cassaro di Lucignano di Val di Chiana
di sopra. Fu trovata identica a quella di altro codice posseduto
dal prof. Betti, trascritto da Nicolò di Volterra, nella ciptà
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BIOGRAFI. 559
di Siena nel MCCCCLXVII, nel mese di Maggio, Secondo
l"" Horiis, sarebbe la stessa, però con molte varianti, che viene
attribuita ad A. Da Tempo.
Vita di Fr, Petrarca pubblicata per la prima volta , per
cura di Domenico Carbone. Torino, Beuf, 1871.
È la stessa vita, con piccole varianti, cavata da un testo
a, penna della R. Bibl. di Torino , membranaceo del 1466, e
segnato iv, iv, 52. — 11 Carbone la reputa scritta da autore non
toscano, sulla fine del sec. XIV, o sul principio del XV. Erro-
neamente il catalogo torinese Tattribuisce a Nicolò da Volterra,
che fu soltanto lo scrittore del Canzoniere: la vita che sotto
il nome di Ant. Da Tempo fu stampata la prima volta a Roma,
nel 1471, e più volte ristampata nelle seguenti edizioni non è
che un compendio di questa, la quale è assai più intera e
compita, e in massima parte volgarizza la lettera ai Posteri
ed altri luoghi dell'Epistolario Petrarchesco.
Lapini Bbrnardo. — Fu stampata col comento la prima
volta in Bologna nel 1475, senza nome di stampatore. Dal
1475 al 1497 il Rossetti novera li edizioni. Anziché im ente
allegorico, come vollero tutti gli antichi biografi, il Lapini ri-
tiene mad. Laura una femmina in carne ed ossa, senza però
indicare chi veramente fosse.
Vbllutbllo 'Alessandro, Vita e costumi del Petrarca.
La vita ch*ei scrisse, fu pubblicata la prima volta in Ve-
nezia nel 1525 dai Fratelli da Sabbio, unitamente al suo ce-
mento al Canzoniere. 11 Vellutello non risparmiò &tiche, viaggi
e spese per aver notizie segnatamente sulla persona di Laura,
recandosi a tal fine per due volte in Avignone. Ebbe altre 1 1
ristampe. Con poche mutazioni al principio, e senza che ne
fosse indicato T Autore, fu ripubblicata in Lione, dal Rovilio
nel 1551, e poi seguèntemente altre 18 volte.
È veramente cosa affatto meschina la vita lasciataci da
Fausto Lonqiano e ch^ei prepose al Canzoniere da lui ce-
mentato, Venezia, Bindoni, 1532.
Gesualdo Giov. Andrea, nacque a Trajetto, in su quel di
Napoli.
Tra' biografi antichi tiene il campo. La vita, eh' ei scrisse,
usci la prima volta a Venezia nel 1533 dalla tip. Da Sabbio,
e conta altre 5 ristampe.
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560 BIOGRAFI.
Daniello Bernardino, lucchese, dettò pure una breve bit»-
grafia che sta in iì*onte al suo Gomento, Venezia, Da Sabino.
1549.
Begcadelli Luigi (n. in Bologna nel 1502), Preposto di
Prato, poi arcivescoYO di Ragusa. Vite del Petrarca al sig.
Antonio Gigante da Fossombrone, — • Fu pubblicata dal To-
masini nel suo Petrarca redivivus, p. 213-32, Padova, Cominci.
1732; Venezia, Zatta, 1756; Dresda, Walther, 1774; Parma.
Bodoni, 1799; Verona, Giuliari, 1799, e più compiutami t«^.
con la giunta di un capitolo ined. sulle fortune e qttalUà e
diversi accidenti che in lui concorsero^ dal Morelli, neU'ediz.
del 1789, p. 1-99.
< Più d*ogni altra di quel secolo vien pregiata la vita scrìtt*»
dal Beccadelli, e mercè de* suoi viaggi nel contado Venosìno,
mercè le diligenze usate, le notizie raccolte, un perfetto studio
delle opere latine del poeta, ed una sagace critica combatta
non pochi errori degli antecedenti scrittori, e meglio di loro,
benché rapidamente, tutte del Petrarca annoverò le doti. Pu''>
a ragione chiamarsi il BeocadeUi il piii vero, il piti candido
dipintore dell' animo, de' costumi del Poeta, e con tanto amore.
con tanta ammirazione dei suoi straordinari pregi favella, eh'*
nel lodatore del lodato le morali virtù si ravvisano. » Baidelli.
ToMASiNi Jac. Philippi, Episcopi Aemoniensìs, (n. in Padovii,
1597, m. 1654). Petrarca redivivus, inUgram poetae celeber-
rimi tniam iconibus aere celaiis exhibens^ accessit Laurac
brems historia^ addita poetae vita, Paolo Vergerio (pag. 175).
Anonymo (185), Janozzo Manetto (197), Leonardo Aretino
(207), et Ludovico Beccadello, auctoribus (213), item V. C
Fortumi Liceti ad Episc, Tomasini^ de Petrarchae cognomin.
ortographia, responsum. Patavii, Frambotti, 1650, 1651 ; Pa-
tavii, Pasquati-Bortoli, 1635.
Non trascurò il Tommasini né ricerche, né fatiche, nò cure per
pubblicarne una vita esatta e compiuta, ma poco sagace crìtico,
anzi credulo di soverchio, diffuso in cose lievi, trascurato nelle
importanti, cadde in frequenti abbagli, talché non è oomenda-
bile il suo Petrarca Redivivo^ che per una ricca messe di sco-
nosciute notizie. BaldelU.
Ferrari Ottavio, di Milano, professore fin dal 1634 di elo-
quenza e di lingua greca nell' Unirersità di Padova, Elogia
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BIOGRAFI. 561
loclorum virorum, — Il Valentinelli diede la prima volta alla
uce quello del Petrarca. Petrarca e Venezia^ p. 141.
ZiLiOLO Alessandro, Veneziano. Francesco Petrarca. Nei
-odici Marcianì i. x, 118, e. 33-35; i, 59-61.
n benemerito ab Valantìnelli la pubblicò il primo nel Pe-
trarca e y^neziay pag. 143. — Lo stile grave e maturo, dice il
Valentinelli, il criterio usato nel giudicare de* soggetti poetici, la
varietà e piacevolezza della narrazione accattarono all'Autore
la stima dei migliori , benché non sempre mantenga ne' fatti
la verità. Quantunque alcune poche di queste vite siensi pub-
blicate in alcune occasioni, ò inedita la più parte. Fra queste
è quella di Fr. Petrarca che stimo perciò opportuno di fer co-
noscere nella sua interezza.
MURATORI Lodovico Antonio. — Vita di Francesco Pe-
trarca, Premessa alle Rime nell'edizione del Canzoniere, Mo-
dena, Soliani, 1711. Ebbe 5 ristampe. L'estratto che ne fecero
i Giornalisti italiani (il Boschini), conta da 11 edizioni.
La vita del Muratori, lungi dall'essere scevra di errori,
breve, confusa, piena d' anacronismi, vien con ragione reputata
la sua opera piii infelice. BaldelU.
Serassi Pier Antonio (n. in Bergamo nel 1721, m. in Roma
nel 1791). — Nell'edizione delle rime del Petrarca fatta dal
Lancellotti, Bergamo, 1746, e 1752, colla data di Parigi.
Bandini Luigi, fiorentino. — Fu premessa all' edizione fior,
del Canzoniere, all' insegna dell'Apollo, 1748, ed ebbe pur sette
ristampe.'
Diligentissimo ricercatore degli antenati del Petrarca, L.
Bandini, ce ne diede molte ignorate notizie tratte da originali
fonti, per lo che la sua vita può essere dai dotti reputata un
acquisto; ma quasi lo abbandonasse poscia quell'amore di ri-
cerca , apparisce nelle gesta e nei pregi del lodato , magro ,
trascurato e confuso scrittore. BaldelU,
Fabroni a., Fr, Petrarcae^ Vita, Parmae, Aed. Palat., 1790.
Baldblu Boni Giambattista, (n. in Cortona nel 1766, m.
in Siena nel 1831), Del Petrarca e delle sue opere, libri quattro.
— Firenze, Cambiagi, 1797; Id. tip. Fiesolana, 1837.
Non abbiamo niente di più classico intorno alle notisie bi-
bliografiche del nostro Poeta. Marsand, — Il Mezières lo chiama
uno de* migliori biografi del Petrarca ; il miglior biografo it»-
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562 BtOORAPI.
liano il Carducci (p. 43); però chiama la yita assai lonUss
dair essere un bel libro (xli).
Neumayr, Illustrazione del Prato della Valle ovvero deUe
piazza delle Statue di Padova, Semin. 1808. — Dovendo par-
lar della statua del Petrarca vi prepone la vita.
RosiNi Giovanni. Nella splendida edizione di Pisa del 1810.
e nelle venete del ViUrelli, 1811; del Molinari, 1820.
Cavriani 00. Fbdbrigo (n. in Mantova nel 1762, vi mon
nel 1833). Mantova, Pazzoni, 1816; Milano, Bettoni, 1820.
Marsand a., Memorie della vita di Francesco Petrarca.
raccolte dalle opere latine del Poeta. Padova, Sem., 1819. —
Se ne contano 17 ristampe.
Levati Ambrogio, Viaggi di Fr. Petrarca in Francia ir,
Germania, in Italia descritti, Milano, Tip. Classici, 1820, in
5 volumi. — Lettera di A. M. (Gavazzeni), al suo amico F. S.
con cui si fanno alcune osservazioni sul primo Tomo de* Viaggi
del Petrarca del prof. Levati. Bergamo, Mazzoleni, 1820. — Il
Levati si può chiamare il riduttore del De Sade.
Gironi Robustiano, Vtto del Petrarca (Raccolta de' Lirifi
italiani). Milano, Classici, 1808.
LoMONAOO Francesco, Vita di Fr. Petrarca, Lugano, Rujr-
gia, 1836 (Lomonaco, Opere, voi. vii, 38-95).
Barozzi Benedetto Francbsoo, Petrarca. Gesmorama Pit-
torico, a. V, 1839, p. 234-39.
Reina Gorini Petronilla, Ricordo dì trenta illustri Italiani.
Brescia, Minerva, 1839. U secondo dei Ricordi è del Petrarca.
Leoni Carlo, Vita del Petrarca, Padova, Crescini, 1843;
Opere Storiche, Padova, Minerva, 1844, t. ii, 175-249.
BozoLi Giuseppe Maria, Petrarca, dall'inglese (die. 13 in
inchiostro bleu). Per Nozze Perdisa-Scutellari , la primavera
1845, FeiTara, Taddei, — None Giulio (Cittadella Luigi Na-
poleone), Lettera, 15 Maggio 1845, intorno ad una Biografìa
di Fr. Petrarca. Padova, Sicca, 1845.
N. N., Petrarca. Nuova Enciclopedia popolare, Torino^ Pomba,
1848, voi. X, 698-703.
Ugolini Filippo , Brevi cenni sulla vita di Fr. Pstrarca,
Firenze, Barbèra-Bianchi, 1857, ediz. diam.
Gazzino Giuseppe, Biografia di Fr. Petrarca. La Scuola e
la Famiglia di Genova, 1865, n. 8-11.
y Google
BIOGRAFI. 563
Muzn L., ViUz dì Fr. Petrarca. Vita d* Italiani illustri in
[>gni ramo dello scibile da Pitagora al Rossini. Bologna. Za-
Qichelli, 1870.
Db Nardi Pio, Petrarca e Laura, Storia della loro vita e
dei loro amori. Milano, Barbini, 1873.
RizziNi GiusEPPB, In occasione del V Centen, del Petrarca,
Suoi onori e trionfi, suo amore per Laura, suo soggiorno a
ITalchiusa ed Arquà, sue opere latine e italiane, colVaggiunta
del suo ritratto fisico e morale. Milano, Treves, 1874.
Giannini Crbscbntino. — Preposta alla sua ediz. dei Trionfi,
Fanfara, Bresciani. 1874.
N. N., Brem ricordi sopra Fr. Petrarca. Padova, Crescini,
1874.
Da Ponte Claudio, Vita di Fr. Petrarca. Padova, Tipog.
Seminario, 1874.
McGNA Pietro, Ricordo del V Centenario dalla morte del
Petrarca. Padova, Prosperini, 1874.
Costerò Francesco. Nella Prefazione alle Rime del Pe«
trarca. Milano, Sonzogno, 1875.
Massonii Papirii, Vfto^ triump. Hetruriae procerum, Dantis,
Peti*arcae et Bocoaccii. Parisiis, A. Prato, 1587.
Db Maldeohen PmL. Bruxelles, Veipius, 1600; Douai, Fa-
bris, 1608. La prepose alla sua versione del Canzoniere: la
tolse al Vellutello.
Catandsi Placide, Les ceutres amour euses de Pètrarque
traduites. Paris, Loyson, 1669; id. Charpentier, 1709.
Di Bimard Ios. Bar. de la Bastie, di Carpentrasso (m. il
6 Agosto 1742). — Nel Luglio del 1740 lesse nell* Accademia
delle Iscrizioni e di Belle Lettere in Parigi una sua prima me>
moria che comprende la vita del Petrarca dalla nascita fino
air incoronazione in Campidoglio, poscia offri allo stesso Insti-
tuto altre tre memorie, le quali contengono il seguito della
vita, dall* incoronazione fino alla morte, e furono stampate negli
Atti di queir Accademia, voi. xviii, p. 590. — Il la Sade vor-
rebbe che il bar. de la Bastie siasi ingannato in quasi tutti gli
avvenimenti della vita del Poeta. — Fra gli scritti affidati al-
Famico Falconet, eravi una quarta memoria col titolo, BibliO'
teca Petrarchesca, che non vide mai la luce.
y Google
564 BIOGRAFI.
Dk Sade, abbé, Mémoires pour la vie de Frtnwsoit Pt^
trarque, iirés de ses ceuvres et des auteurs contemporains.
Amsterdam, Arskee et Marcus, 1764. — Nachrichten tu def^
Leben Fr, Petrarca*s aus seinen Werken und gleichseUig€n
SchriftsteUern, Lemgo, 1774-79.
Importantissima per ì preziosi documenti di che va cmre-
data. Il Tiraboschi ne parla ampiamente, e con molta lode neìb
Prefazione al voi. v della sua Storia della Letteratura ItaKam
vii-xLV. — Zefìrino Re lo dice il corifeo della petrarchesca bk>-
grafia. — / Mémoires pour la vie de F. P. deir ab. De Sade sodo
pieni di un erudizione cosi fondamentale intorno alla vita e agH
scritti del P., che da essi veramente move e s' instaura la cri-
tica petrarchesca. Senza il De Sade , non avrebbe il Baldelii
scritta la vita del P., che è poi lontana dall'essere un bei libro:
senza la guida del De Sade, non avrebbe Tavv. Giuseppe Fra-
cassetti compiuti i suoi lavori utilissimi intorno alle lettere
familiari e senili del poeta. Se i comentatori poi del nostro
secolo fossero ricorsi al De Sade, avrebbero evitato la incurio^
e indolente fatica di coltivare tutti gli errori dei comentatorì
antichi con molti annesti di nuovi e propri. L* opera del De
Sade è un commento perpetuo e sagace anche del Canzonierp,
per la parte storica in specie. Peccato che Tab. provenzale si
lasciasse di quando in quando vincere alla tentazione di tra-
durre in versi, e scrivesse, come non sogliono i Francesi, male,
e, come sogliono parecchi dei Francesi, con quelle gvtasconate
che non dispongono a bene i lettori stranieri. Carducà^^^S.
Baldelii, Pre£Eiz. xiii-xv.
Arnaud, Tabbé (n. a Garpentras, 1721, m. a Parigi nel
1784). Le Genie de Pétrarque eoe, précedee de la Vie de cet
homme célèbre, Paris, Bastien, 1778. Non è che V abbreviatore
del De Sade, che anche negli errori ricopiò fedelmente.
Delon^ Les vies de Pétrarque et de Laure, et description
de la Pontaine de Vaucluse. A Nismes, chez Bouchet» 1787.
GiNauBNÉ, Notice sur sa vie Paris, Michaud, 1811.
' RoMAiN, abbé. La vie de Pétrarque, Avignon, Seguin, 1804.
CouRTBT Victor, NoUce sur Pétrarque avec une pièce ine-
dite de Mirabeau sur la Fontaine de Vaucluse. Paris, Oos-
selin, 1835.
Fbllbr Xav., Pétrarque, Diction. hist Paris, 1839,' t iv.
y Google
BIOGRAFI. 565
Db Laurbi^s, Essai sur la vie de Pélrarque. Avignon, 1859.
Vie de Pétrarque, traduite de V Jtalien, par Ernest Gbr-
TENS. Aix, veuve Remondet-Aubin, 1874.
FiCHARD JoH., Vitae virorum erudii, et doctrina illustrium.
Prancfort, 1536. — Dalla pag. 1 alla 59 vi ha una biografia
lei Petrarca.
ScBROBDERN A,, giureconsulto alemanno, Vita Fr. Petrar- .
zhae, liUerarum phoenicis ac ParentiSy 1622, sine loco. . . . Segui
lo Squarciafico, ed aggiunse pòco del suo.
AcKERii J, H., Vita ac Teslamenium Fr» Petrarchae illa ab
ipso poeta et Hier. Squarza Ficho (Squarciafico) profecta , hoc
vero a Paulo Manutio et J, Graevio conservatum, Emend.
notisqite auxit /. E. Acker, Rudolstadii, Gollneri, 1711, 8.
Meutschen, I. J., Vitae erudit, virorum, Coburg. 1741, t. iv.
MfiRiAN JoH. Bbrn. (Parroco protes. pres. del Concistoro a
Berlino, n. a Basilea, 1720, m. 1807). Origine de la poesie
italienne. Poesie italienne du qiuitorziéme siècle — Disserta-
zione che forma parte di una serie di Memorie accademiche
aventi per titolo: Comment les sciences infiuent dans le poesie.
Inserita nei Nouveaux Mémoires de V Académie de Berlin,
1784, p. 479-448; 1786, p. 312-76. — L'Artaud nella sua ^ ita
di Dante cita spesso questo lavoro del Merian, il quale, con le
memorie deli' ab. De Sade e di A. Frazer Tytler (lord Woold-
houselee) sul Petrarca, conta tra le migliori illustrazioni della
storia letteraria italiana, dovute a scrittori stranieri dello scorso
secolo.
Meinert J. G., Franz Petrarka*s Biografie. Prag, und Lei-
pzig, Abrecht und Comp. 1794.
BuHLB, Geschichte d. neu. Phil. Bd, II, p. 35-69. Fr. Peir.
Biog. Leipsig, 1794. Storia della nuova Filosofia: al voi. u
dalla pag. 35 a 59 vi ha una Biografia del Petrarca.
BuTENSCHON Fried. , Petrarca. Lipsia, 1796. (Storia degli
amori e degli studi di Fr. Petrarca). — Per l'eleganza dello
stile, per le grazie dell' imaginazione e per la robustezza de' ra-
gionamenti ben merita un applauso generale. Marsand,
BouTBRWECK Fr. (n. 1705, m. 1828), Geschichte der Poesie
und Beredsamkeit seit dem Ende des XIII Jahrhunderts, Got-
tingen, 1800. 11 voi. i e ii di quest'opera contengono la storia
y Google
566 BIOGRAFI.
Clelia letteratura italiana fino al secolo XVIII. Vi si pazU i
lungo del Petrarca.
Ideler Cris. Lod. (n. 1766, prof, a Berlino, m. 20 Agteto
1846) , Handbuch der italieniscken Sprache und LUeraùtr.
Berlino, 1800-1802; 2* ediz. 1820-22. Nel primo Volnine vi
hanno notizie biografico-critiche sul Petrarca; e peszi scdti
delle sue opere.
Schlegel Fbd. (n. ad Annover 19 Marzo 1772^ m. a Dresda
r 1 1 Genn. 1829), GesMchte der alien und neuen Liieratar,
Vienna 1815. Nel voi. n, a pag. 17 e seg. si leggono alcune
superficiali osservazioni sul Petrarca.
WisMAYR Joseph, Pantheon ItaUens. Salzburg, 1815-18.
Fernow C. L. (n. 19 Nov. 1763, m. a Weimar, 4 Decemfc
1868), Fr, Petrarca, nehst dem Lehen des Dichlers, herausgi-
geben von L, Hain. Altenburg und Leipzig Brockhaus, 1818. ,
lavoro postumo, pubblicato da L. Haln: non è che una Ter- 1
sìone della Memoria del Merian sul Petrarca.
Wagner Amadeo Enrico Adolfo (n. a Lipsia nel 1774, m.
nella villa del co. Altavalle presso Lipsia, 1 Agosto 1833}
Saggio sopra il Petrarca, Nel suo Parnaso italiano, voL i.
Lipsia, 1826.
Rosenkranz Karl, Handbuch eines allg'emeinen GesckicAk
der Poesie. Halle, 1832. Si legge un breve Saggio sul Petrarca,
a pag. 230 e seg. del ii volume.
Genthe Fed. W. (n, a Magdeburgo nel 1805), Sàndbuck
der Oeschichte der italienischen Literaiur, Magdeburgo, 1832,
1834. Nel voi. ii a pag. 134-35 vi ha una lunga e buona bio-
grafia del Petrarca; e a pag. 136-46 alcuni pezzi scelti dalle
sue opere voltati in tedesco.
Blanc Lod. G. (n. il 19 Sett. 1871, m. Parroco della Cat-
tedrale di Halle il 18 Aprile 1866), Petrarca, Articolo inserii*
nell'Enciclopedia univeraale di Ersch e Gruber, Sez. iii, voi. xix,
pag. 204-54. Lipsia, 1844. — È il miglior lavoro che siasi mai
stampato in Germania sul Petrarca.
Ruth E. (n. il 14 Febb. 1809 a Hannavia), Geschichte d^r
italienischen Poesie, Lipsia, 1844. — Sul Petrarca; Biografia,
voLi, p. 528-71.
Henschbl, Francesco Petrarca, Articolo inserito nell'Allge-
meineMonatschriftfùr WissenschaftundLiteratur, 1853, fcsoTi.
y Google
BiooRAPi. 567
Ebbrt a., Handbuch der itaUenischen National Literatur,
rancf. s. M. 1854. A pag. 14-19 vi ha una Biografia del Pe-
rarca , ed a pag. 68-82 alcuni pezzi scelti delle sue Poesie ,
oliati in tedesco.
DiESTEL G., Fr. Petrarca. Ein Lebensbild. Articolo biogra-
ico sul Petrarca. Nel giornale: Teutsches Museum, 1858, n.
n e 32.
WoLFP Ad., Die itaUeniscfie National dreizehnten Literatur
n ihrer geschichtlichen Eniwicklung vom ìns zum 19 Jahrhun»
ie7% nebst den Lebens — und Karakterbildem ihrer hlas-
nschen SchrifìsteUer undausgetoàhlten Proben aus den Werken
derselben in teutschen Uebersetzungen. Berlino, .1860. ^ Vita
del Petrarca, 69-87.
ORRUJac lujA, Slavlje pestoljetnice Pfitrarkovoe. — Nel pe-
riodico croato di Agram Yienae^ a. vi, n. 36-45. Contiene una
biografia del Petrarca, ed una critica succinta delle sue opere.
DoBSON Sds., The Life ofPetrarch. CoUected front Mémoires
pour le vie de Petrarch. London, Dosdiey, 1776, voi. 2.
PetrarcKs of human Life, London Associated Bock-
seller, 1797; London, Maiden, 1805j(The sixt edition), London,
WUson, 1807.
WooDHOusBLES, lord (A, Frazer Tyller), An Historical, and
criticai essay on the life and character of Petrarch. Edin-
burgh, James Bellanthyne and C. 1810 e 1812. — Fu tradotta
in italiano, London, Bulmer, 1811, nell'ediz. del Canzoniere
curato dal Zotti.
Campbbll Th., The Life and times Petrarch. London, 1822.
The Life of Petrarch vnt notices of Boccaccio. Lond.
1841, 1843; H. Bohn, 1859.
Il Petrarca in molte sue lettere, e sovrattutto in quella ai
Posteri, e nella Ep. II del libro X delle Senili a Guido Secten
ci diede la sua Autobiografia. Leggete le lettere Senili, scrive
r Aleardi: ivi egli fu il più accurato Plutarco di so stesso;
giacché quando offeso alla vista delle umane tristizie si ripa-
rava nella solitudine, là soletto in faccia alla propria anima
imprendeva a raccontare sinceramente ogni fallo suo, sino ai
più fugaci pensieri, sino ai più lievi sospiri, volgendosi ora alla
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568 noGRAn.
sua generazione che amava e sprezzava ad un tempo; ora si
grandi dell* antichità , ora ai santi del cielo, ora agli amici.
ora alla posterità che accarezzava. — Il Comiani, il Salfì^ :
Ma/fety il Cereseto, la Ferrucci^ VEmiiiant Giudici^ il Cattfv \
il De Sanctts, il Settembrini nelle loro Storie della LetteratorA
italiana ne scrissero pure le Vite. — Quantunque il JFVooai-
setti non ci abbia dato una vera vita del Petrarca, pure mi
si può non annoverarlo tra i più benemeriti biografi. Baste-
rebbe il sommario cronologico, .veramente ammirabilo, e oh
può proporsi per modello a chi voglia fare di simiglìanti la-
vori, per dai'gli un primissimo seggio tra* quanti scrissero és.
qui del Petrarca. — Però non posso dissimulare, che, in numerc
sì stragrande di biografi, una Vita, pienamente compiala, ad
principe de* nostri lirici, è tuttavia un desiderio. € Oltreccb-j.
.scrive il Celesia, manca una storia de* suoi amori con la beli- ,
Avignonese, storia com'ebbe pure ad osservare il Leopardi, nar-
rata bensì dal poeta nelle sue rime, ma fin qui non intesa, e-
conosciuta da alcuno, come ella si può intendere e conoscer-,
adoperando a questo «fietto non altra scienza che quella delle
passioni e dei costumi degli uomini. Senonchè questa istoria,
la materia della quale e* avea da più anni in serbo, e che sti>
mava sarebbe non manco piacevole a leggere e più utile assai ohe
un romanzo, si mori sventuratamente con lui. — Quanto alla
narrazione della vita, egli è mestieri, a intesserla intera, tener
dietro al Petrarca ne' divem luoghi per esso percorsi, studiare
la ragione de* tempi suoi, e i diversi personaggi che gli furono
di speciale amicizia legati, porre in sodo il potentissimo impulso
ch'ei diede alle lettere, salutare l'azione ch'esercitò sul suo
secolo, mostrare infine 1* amore vivissimo che professò alle belle
contrade, »
SOMMARI CRONOLOGICI.
Baldeu.i Boni Giamb., Sommario cronologico della Vita del
Petrarca 299-319. — Ediz. Canz. Remondini, 1798-1814; Roma,
de Romanis, 1813, Swickau, Schumann, 1818; Prato, Vannini,
1821 ; Firenze, Ciardetti, 1832.
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SOMMARI CRONOLOGICI. 569
Boni Mauro, Epoche degli studi del Petrarca epilogati. Ediz.
Ven. Picotti, voi, i, vii-xvi.
Fracassetti Giuseppe, Cronologia comparata sulla Vita di
Francesco Petrarca^ Epist. i, 163-200.
FsRRAZZi Jacopo, Specchio cronologico della Vita di Frane,
Petrarca, Man. Dant. iii, 191-204.
BIBLIOGRAFIA BIOGRAFICA.
Baldelli Boni Giamb., Brem notizie intomo agli Scrittori
ed alle edizioni delle Vite del Petrarca. Del Petrarca, 1837,
XXI-XXIV.
Marsand a., Scrittoio intorno alle Vite ed al Canzonicele
del Petrarca, Biblioteca Petraschesca, Milano, Giusti, 1826, p.
147-166.
Rossetti Domenico, Serie cronologica delle Vite già note
del Petrarca. Petrarca, Giulio Celso e Boccaccio, 1820, pag.
285-312.
Re Zefirino, I Biografi del Petrarca^ Ragionamento, Fermo,
Ciferri, 1859.
MONOGRAFIE BIOGRAFICHE.
Battaini Pietro, La giovinezza di Fr, Petrarca. Buon capo
(V anno, Strenna pei ^ciulli , compilata da L. Saìler , Milano,
Treves, 1874, p. 127-40.
D'Ancona Alessandro, Convenevole da Prato, maestro del
Petrarca. Rivista ital. Milano, 1874, fase. 2, p. 145-77. — Sul
Convenevole V. Tiraboschi, voi. v, 1. 3, ix. — FracasseUi, Epist.
T. 223; 11,370.
(Documento) Bolla di Benedetto XII del 25 Genn. 1331, —
Literae Canonie. Lomboriensis prò Francisco Petrarca — che
( onferisce a Fr. Petrarca un canonicato nella Chiesa di Lom-
Ix'z. Reg. Ben, XII. T. i, p. 274; De Sade, i, i, 47; ii, 39.
Petrarque au Vaiicluse et hisloire de cette Fontaine par
un ancien habitant de Vaucluse (Guerin). Paris, Le Normant,
a. xiii, 1804.
36
y Google
570 MONOGRAFXB BIOGRAFICHE.
OuBBiN J., Description de la FovUaine de VoMicitue. Avi-
gnon, Seguili, 1813.
M. B. (T. T. F. Brachet), Mon demier vcyage a Tiw
eluse. Avignon, Seguin, 1823.
FuzET, cure à Fouzilhac, Petrarque au Vauduse. Reme tie
Marseille, Laforet, 1874.
Bianchetti Giuseppe, Una visita a Valchiusa, Dei Lettori
e Parlatori (Ed. Le Monnier), 291-99.
Descrizione di Valchiusa, V. Fascoloj Saggi sopra Tamone
del Petrarca (z, 19 e seg., Ediz. Le Mounier). — E. CeUsia,
Petrarca in Liguria, p. 11. — Aleardi Aleardo, Discorso sa
Fr. Petrarca, p. 26. — Pindemonti IppoL, A Valchiusa, Canne.
~- Due donne francesi la Verdier e la DeshouUers (Epitre sur
Yancluse) ; due poeti De Lille e Roucher descrissero pure Val-
chiusa. Voltaire le consacrò alcuni versi nel libro ix della
Eniichiade.
Anche il prof. Al. Paravia ci lasciò la descrizione del viag-
gio che imprese a Valchiusa, a solo fine di visitare i luoghi
fatti celebri dagli amori e dai canti del sommo lirico nostro.
È tuttavia inedita, presso il commend. Jacopo Bernardi.
Carta topografica d Avignone, di Valchiusa e delle lerrt
circostanti. Venezia, Da Sabbio, 1525.
Di Valchiusa, V. Epist Fam. L, viii, lett. 3 e 8; xn, 8:
xm, 8; XVII, 5; Var. xlii; Ep, Sen, x, 2. — Ep. Mar. n, 190:
III, 190, 223. — Difese eseguite alle sponde del Sorga. Ep.
Metr. ni, 47. — A Valchiusa compose la maggior parte delle
sue opere. Epist. Fam. viii, 3.
(1337) Monti Achille, H Petrarca visita Roma. Estratto
dal Periodico il Propugnatore di Bologna, voi. iv, 1876, pag.
128-64.
Tre possenti affetti, .scrive il Monti, facevano da gran tempo
caldo invito al Petraix» di visitare la regina delle città. Vene-
razione profonda del nome e della gloria romana ; desiderio di
riabbracciare Giacomo Colonna, vescovo di Lombez, coi il poeta
portava «more dolcissimo; brama infine di allontanarsi da quella
bellissima Laura che lo avea preso agli amorosi suoi lacci, e
che non potendo esser sua, mai non gli venne fatto di porre
in dimenticanza. E da prima, con vivi colori e con puresza di
y Google
MONOGRAPOB BIOGRAFICHE. 571
ettato, ci dipinge il miserevole stato delle campagne circo-
tanti la città eterna, tutte piene di armati audacissimi, sgherri
ei Colonna e degli Orsini, per i lunghi odii civili , meglio rese
)eluuche di ladroni, onde serrato il camino ai luoghi santi.
lè ben si assicura il Petrarca, chò si trattiene a Capranica,
ncbò Jacopo e Stefano Colonna non gli muovano incontro
3 Genn. 1337), e lo accompagnino a Roma. Il Monti ci de-
;rive inoltre le accoglienze oneste e liete ch'ebbe da tutti i
olonneei; come al Poeta piagnesse il cuore nel visitare con
tefiMio e Giovanni Colonna, e con Paolo Annibaldi le mine e
diserto della città venerata, i lor dotti ed amichevoli colloqui
i cose antiche d* arti o di filosofia, sulle condiziom*, e sui co-
umi di quel popolo che disceso da padri si illustri, era pur
oppo allora tralignato e scaduto miseramente dalla prisca
rtù. In tale congiuntura volle farsi pacificatore fra il gran
Dlonnese e i suoi figliuoli, e prima eh' ei si pai*tisse da Roma,
>tè veder coronati i pietosi suoi sforzi di buon.efietto.
(1341) Epistola di Sennucio Del Bene, suW incoronazione
l Petrarca, ridotta a miglior lezione. A Francesco Petrarca —
'/ VI Centenario — DeUa sua Coronazione — Roma — Ro-
», Salvinoci, 1874, Edizione di soli 54 esempi, numerati. —
Ldova, Fabriano, 1549; Firenze, Torriani, 20 Febb. 1553. —
coronnement de mess, Frangoys Petrarque, Paris, Buon,
65, edizione dedicata a Francesco Del Bene. — La corona-
ne, ecc., Firenze, Marescotti, 1577; Perugia, Bresciano, 1579;
nezia, Griffio, 1588; Barezzi, 1592; Angelieri, 1595; Farri,
37; Londra, Polidori, 1796, ecc. Nel 1623 trovò il suo luogo
quella bizzarra accozzaglia dei due Petrarchisti di Nicolò
unco e di Ercole Giovannini.
4L L' imaginazione poetica del seicento, scrìve V Hortis, volle
Kzarrirsi sopra la laurea del Petrarca, e un canonico pado-
IO (Girolamo Marcatelli) , si concedette il capriccio d'ima-
are il trionfo del Petrarca a suo modo, spacciandolo per
jTo d' un Trecentista, e precisamente di Sennucio Del Bene,
[fidente ed intimo del Petrarca. Scritti inedili, 37. $
He Zbfibino, L' incoroncuione del Petrarca, Racconto sto-
>. Letture di Famiglia, Trieste, voi. v, 141.
Assegna il giorno di Pasqua, e ne reca le ragioni. Ultima
y Google
572 UONOGBAFtB KOORAFICHB.
dies aderat nec posterà temptts Lux dabat, urgehat consum^^
termintis anni.
Labrczzi di Nbximx Francesco, // Petrarca in Campìdty
gìio. Estratto dal giornale il Buonarroti, Serie it, voi. x. StftT
1875.
È una bella elegante ed accurata monografia, in cbe \^
tratteggiò vivamente il secolo, la società e gli uomini c>
furono i primi giudici di Dante e di Petrarca. Dello e giust
insieme ci parve il parallelo tra que*due Poeti. Il Labruzzi-
Nexima ritiene che la coronazione accadesse air aperto, ^^
Campidoglio, presente il popolo, e non in un'aula, come alrri
vorrebbero; e vuole che Stefano il vecchio fosse qu^U ci*
celebrasse in Campidoglio le lodi del poeta.
HoRTis Attilio, La laurea del Petrarca. Scritti inediti à<
Petrarca, 43.
Collatio edita per clarissimum poetam Franccsccm Pbtr.4Bh
CAM Florentinum rome in capitolio tempore laureationis sui
(Dal codice Magliabecchiano , a. re, n. 133). Hortis, Scrir.
ined. p. 311-328.
(Prìvilegium) Exemplum PriviUgii Laureae ÀppoUnar.
Fr. Petrarcae , qua insignis Poeta Romae in Capitolio , fl>=
MCCCXLl V id. Apì\ honorifice donatus est legisse jttvak
Veneiiis, X Cai, Sept. 1531 (V. alcune emendazioni per cir*
del prof. Corradini, Africa, 469-470).
Documento notevolissimo da' più tenuto autentico , da po-
chissimi apocrifo, ma senza ragione, poiché oltre alia vero-
simiglianza della forma, delle frasi e de* concetti , abbiamo ^
testimonio del Boccaccio ed un altro di Zanobi da Strada, che
parlano del Privilegio comò di cosa veduta, e que* pensiVri
furono poscia tante volte ripetuti in occasione di privilegi i»j
laurea, da non lasciar dubbio che su queirantico si modellarono
Prezioso monumento dell* epoca, come lo chiama il Gr»^goro-
vius, compilato nel linguaggio officiale della romana repubblica,
con retorica magnjloquenza, ripieno dell* antico spirito romano
e notevole pur anco, per alcune giustissime definizioni della
indole (Jplla poesia (Hortis, Scritti ined. p. 8). Il Privilegio óAìcl
Laurea si legge nell' ediz. Ven. dell' opere latine del Petrarca,
del Bevilacqua, nella Basileese del 1554, nel Peirarcha redi-
vivus del Tomasini, e nel De Sade. Si trova puro neireiiiz.
y Google
MONOGRAFIB BIOORAPICHB. 573
net a del Canzoniere di Giolito de Ferrari del 1550, 1559,
^60; del Bevilacqua, 1568; del Bertano, 1573; dell' Angelieri,
•85; del Griffio, 1588; del Barezzi, 1592; dell' Imberti, 1612 e
i27; del Milocco, ì%\6. — 11 Franco, il Giovanninì, ed il Doni
" suoi Marmi (I, 318, ediz. Barbèra), ce lo diedero tradotto.
Faufani accuratissimo editore deWIarrai del Doni annota:
Questo Privilegio ho in mente di averlo veduto stampato do-
Kichessia, oltre che qui; ma ò apocrifo. »
V, Petrarca, Ep. Fam. Libro iv, lett. 4, 5, 6, 7, 8. Ep.
^in, del Petr, i, 55; ii, 96; FracasseUi EpisU i, 519.
MoNALDESCHi BuoNCONTE, Muratori, Rerum ital. Script, xw,
IO. — De Sade, Sur le couronnement de Petrarque, t ii,
ote XIV, p. 1 ; t. Ili, Note xx, 53. — Couronnement du Pe-
arque au Capitole, Relation, id. p. 5. — Gregorovius, Ge-
jhichte der Stadt Rom im, Mittelalter, i, 21 1 e seg. — A. Reu-
^onL neUa sua Storia di Roma, ii, 828. — LancetH, De* Poeti
aureati, p. 101.
(1341) Affò P. Ireneo, Su la dimora del Petrarca in Par-
va. Discorso premesso al t. ii delle Memorie degli Scrittori e
etterati Parmigiani.
RoNCHiNi PROF. A., La dimora del Petrarca in Parma.
[emoria recitata alla R. Deputazione Parmense sopra gli studii
i Storia patria in occasione del V. Centen. dalla morte del
oeta. Modena, Vincenzi, 1874 (di p. 52).
Le notizie sono raccolte con amorosa diligenza, forma
emplice ed elegante. Il prof. Ronchini ci parla dell' acco-
lienze amiche che v*ebbe da* Corregeschi, degli onorevoli inca-
ichi sostenuti, del vecchio cieco di Perugia, insegnante di
rammatica in Pontremoli, che imprese lunghi e disagevoli
iaggi, sol per vedere il Petrarca, che finalmente potè abbrac-
Lare a Parma, dell' ardore intenso con che si diede nella sua
ifrica. Ei non ritiene che il Poeta avesse casa a Selvapiana
i Ciano. Passando TEnza, e portandosi ai confini reggiani,
lon potò che far capo a Rossena, castello de' Correggeschi, il
[Uale ofirivagli tutti gli agi di una signorile dimora* E mal
'appose il Marsand che ne accreditò la tradizióne, ed il Mi-
trali che v' inalzò un nobile monumento , a memore ricordo
lei preteso soggiorno. Oltrecchò il Ronchini troverebbe che il
y Google
574 MONOGRAFIB BIOGIUnCHB.
luogo ov'esso fa posto, aUe Pendici^ mal risponde alla descri-
zione che ne fa il Poeta nell'Epistola a Mai*co Barbato (Ep.
Met. Il, 18). Nella seconda parte espone le minute ricerche
insti tuìte per accertare quale veramente «fosse la casa arddla-
conale, e le varie vicende cui soggiacque. Della casa piccola.
tranquilla, salubre, rimota dal centro, con aderente un giar-
dino, comprata dal poeta, se ne ignora la posizione, ma egli
inclina a credere che giacesse air estrema linea meridionale di
Parma, alla destra del torrente, la qual parte è tuttora la più
sana della città. (V. Ep. Guillelmo Pastrengo , Poem. Min. ii.
184; FracassetH, Ep. i, 525-33; ii, 317; m, 333).
RoxNDANi A., Selvapiana, Milano, Ricordi, 1874 ; Dalla Ri-
vista Minima, n. 14, 19 Luglio 1874. — E nelle Serate italiane,
n. 88, 5 Sett. 1875, Torino, Tip. C. Favale.
— Francesco Petrarca, sua casa in Selvapiana ed a'<
cusa fattagli di magia. Nuova Antol., a. ix, voi. 27, Dee. 1874.
p. 854-77.
Il Róndani è del contrario avviso del prof. Ronchini, e n-^
adduce le ragioni. Il prof. Ferrari, a 'proposito del primo opu-
scolo del Róndani, scriveva (Corriere di Reggio cT Emilia):
Ho da bonissima fonte che, fino a trenta e quarantanni fa.
quella casa era chiamata dai piti la cà del sterion (la casa ò'.
mago, dello stregone). Proprio il sacra nome del vate si en>
mutato pei rozzi montanini in quello d*uno che avea cois-
mercio col diavolo. Questa nota di mago apposta al Peti^arca-
fu la vera causa per cui egli non rito masse a quei colli, pnr
sempre memorati e sospirati, cotanto propizi a* suoi gentili e
possenti estri, alla città di Parma, ov*ebbe case, ove tonto
amò e da tanti fu amato, ove scrisse la Canzone per la via-
toria de' suoi Corregeschi, da dove lanciò, come fiero rimpro-
vero ai Signori d'Italia, la più sublime sua Canzone, dove
copriva alte dignità ecclesiastiche, ove s'augnava di produrr*^
gli operosi suoi ozii senili e di chiudere placidamente la glo^
riosa sua vita. Contrariamente al Fracassetti, opina coli' ab. Df
Sade, che il card. Bertrando dal Poggetto fosse il dissemina-
tore dell'accusa di negromanzia che si voleva professata dai
Poeta. V. Fracass, Ep. n, 396. — Di Selvapiana, V. EpisL ad
Posteros; Frac. Epist. i, 232; Poem. Min, ii, p. 18.
Proposta di un edifizio da costruirsi alla memoria di F.
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MONOGRAFIE BIOGRAPICHB. 575
F^etrarca in Selvapiana di Ciano. Senz'accenno di data» di
luogo, di tipografia.
Pbzz&na. Angelo, Prospetto di un edifizio a Selvapiana,
l'arma, 1838, in 4^, con 4 incisioni.
Bellini Filippo, Di un nuovo monumento che si inalza
nel Parmigiano al Petrarca. Strenua Parmense, 1843; Tea-
tro UniY. 1843, p. 135.
{Docum.) Bolla del 29 Ottobre 1346, con cui Clemente M
nomina il Petrarca a Canonico di Parma. — A/75, Scrittori
Parmensi, t. ii, Pref. ^ Allodi, Serie cronoi. dei Vescovi di
Parma, i, 638, 654.
(1342) Bernardi mons. Jacopo, La Certosa di Monlerivo
(Montrieux), e Gerardo Petrarca. Rivista Univ. Nuova Serie,
a. vni, 1874, Nov. p. 478496.
Mons. Bernardi con pienezza di cuore e con elegante det-
tato ci parla di Gerardo, del suo Cenobio, dell'intima e cor-
diale e commoventissima espressione di libero affetto che passò
di continuo tra' due fratelli. Dalla scuola di Bologna, ei con-
chiude, alla vetta di Monteventoso, da questa- alla grotta della-
Maddalena e alla Certosa di Monterivo, da quest'anno 1342
al 1374, che serie di fatti non si raccoglie intorno alle vite di
questi due allora teneri fanciulli che pigliavano con Petrarca
il camino dell' esigilo (1)1 Di Gerardo e della Certosa. V. Ep.
(1) La brochure que voua avez puhliée en Janvier 1874, scrivevagli
L. de Berluc-Peracis , a, pour ainsi dire, ouvert la vie aux monographies
écloses à Padoue, Milan, Génes, Veniae, etc., à roccasion du Gentenaire
petrarqaesque. Votre étude sur Montrieux est d' un haut intérét par nous,
provengaux, et iustifie notre prétentìon de regarder comme nous apparte-
nant, autant qu à V Italie , le grand poète dont le nom est Uè non seule-
inent à Vaucluse, où il cbanta, mais encore à Montrieux, où il voulut de
perpétaeller prières pour son ame. C est avec bonheur que j' ai lu cetto
brochure plAine de cfétail peu connus et dignes d*Atre sauvès de Toubli.
Je regrette seulement que vous ayez demandò . à un écrivain de Paris de
vous renseigner sur T nistoire de cette Chartreuse; les parisicns ne se
doutent pas qu* il existe autre chose ({ue leur capitale. Ce n* est pas & la
reur, archiviste dòpartement^J. Get honorable écrivain se serait fait un
plaisir de répondre è vos questiona , et je crois que , si voua publiez un
jour une nouvelle ódition de votre travail , vous ne sauriex mieux faire
que de vous adresser à lui. le me permets, en attendant, de vous signaler
une erreur des auteurs que vous aves consultés. Montrieux qui était situé
dans le diocèse de Marseille n' était pas dans le comtat-VenaLssin mais
dans la Provence proprement dite.
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576 MONOORAFIB BIOGRilFICBE.
ad Post, nota, i, p. 226; Fana. Ep. x, 3; x, 5, e nota; iti, 2,
8 e 9.
(Doc., 6 Ottobre 1341). Bolla di Clemente VI, Literae prò
Prioratu S. Nicolai de Miliarino , con cui viene conferito al
Petrarca il Priorato di S. Nicola di Miliarino, nella Diocesi di
Pisa. Reg, Clem. V/. 1. 1, f. 285. — De Sade, iv, 54, ap.
Il Priorato di S. Nicolò di Migliarino è forse V unico frutto
che ottenne allorquando fu spedito ambasciatore del popolo
Romano a Clemente VI. V. Epist, ad Clementem YI, Op. Min. ni, 4.
{Boc, 1348). Breve con cui Clemente VI in data dei 9 Sett.
1348 legittimò Giovanni Petrarca, scolaro fiorentino, d« «o/wfó
genitum et soluta, -— Literae legiUtnationis Johannis Petrarcae,
De Sade iii. Note xvm, 49. — Regest. Clementis VI, voi. xuv,
p. 200. — Di Giovanni, V. Fracas. ii, 286; Epist. Fam. xvil
7, 9, 12. Var. 235.
(1349). Malmignati A., Petrarca a Padova a Venezia e ad
Arquàj con documento inedito. Padova, Sacchetto, 1874.
Espone il quando e il perchè Fr. Petrarca venisse a Padova,
come Giacomo II di Carrara, per legarlo più strettamente non
tanto a sé, quanto alla città di Padova, gli conferisse una
prebenda canonicale, di cui prese possesso il sabato dopo Pa-
squa, presiedendo alla solenne ceremonia il vescovo Ildebran-
dino Conti, e il legato pontifìcio Guido cardinale di Boulogne.
Per via di probabili induzioni, ci addita la sna abitazione nella
via dietro duomo, e precisamente dove ora soi^e la cappella
laterale del Sacramento. — Narrataci la fine funestissima di
Jacopo II, vivamente lagrimata dal Poeta (Peir, Ep, Pam. xi.
2 e nota del Frac.), ci dice di Francesco da Carrara , princif)^
splendidissimo e ne tesse le Iodi, discorre delle^condùdoni di
Padova, come ci venne anche tratteggiata dal Poeta (Sen. xiv, 1),
e dell'intima amicizia che avvinse il Signore di Padova al
solitario di Arquà. Parlando poi del suo soggiorno in Venezia,
ricorda le amicizie, le onoranze e i fastidii che vi ebbe , e da
ultimo ci conduce ad Arquà dove il Petrarca chiuse improvviso
i suoi giorni.
CrrTÀDBLLA Giovanni, Petrarca a Padova e ad Arquà,
Studio. Padova, a Fr. Petrarca, 15-76.
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MONOGRAFIB BIOGRAFTCHB. 577
Con sodezza di erudizione ed eleganza di dettato, ci espone
'affetto, la stima, la gratitudine, le benemerenze del Poeta
rerso Padova e i da Carrara, non meno che l'avutone con-
raccambio. Da ultimo d dice deUa stanza che pose nel 1370
a Arquà, della sua morte, delle sontuose esequie celebrategli,
ì delle vicende della tomba. Questa bella Monografia va pur
orredata d' interessantissimi documenti. — V. Dondi Orologio,
)ue Lettere sopra la fabbrica della Cattedrale. Padova , Pe-
ada, 1794.
Dondi Orologio Franc, Can. Vie. Cap. Serie cronologica
dorica dei Canonici di Padova. Padova, Tip. Sem., 1805. —
V. Petrarca, p. 148-155.
Menbghelli a., Bel Canonicato di mess. Fr. Petrarca,
'adova, Tip. Sem., 1818; Meneghelli, Opere, voi. vi, p. 135-51.
ScARABELLi MONS. DOTT. NicoLÒ, Bella Biblioteca del Rev.
'apitolo di Padova. Padova, Sem., 1839.
Dalla pag. 9 alla 13 ci parla' del Breviarium magnum del
etrarca, comperato a Venezia per lire cento, e da lui legato
D. Giov. Bocchetta, custode ed amministratore della sua pre-
inda, coir obbligo che dopo la sua morte restar dovesse ad
10 della Sagristia di Padova. Di questo prezioso cimelio non
né avea più notizia. Ma da una lettera di mons. Bernardi,
diretta nel 1874 al Senat. co. Giov. Cittadella, veniamo accer-
ti che di presenta si trova presso la famiglia Borghese. Fu
indato da Padova a Paolo III per desiderio che n' ebbe. —
Cittadella, 67 ; FraccassetH, nota alla let. XI delle Varie.
Nel decretato ampliamento della Cattedrale non si poiea non atterrare
case, antiche residenze de* Canonici. Quantunque una tale demcdizione
se ritenuta necessaria, pure doleva duramente ai Padovani veder cadere
to il martello demolitore quella casa che ricordava loro una gloria pa-
1 , venerata sempre con tanto culto ed affetto. — Aomolo Ruzzaktb
talco, bifolco, vicentino m. a Padova a 40 anni il 17 Marzo 1542), sotto
ig^ura di un vecchio contadino di Arquà, e pronipote di quei eh* esano
arvigio del poeta in quella solitudine, indirizzava al vescovo Pisani un
rione , scritta in lingua rustica padovana , nella quale animosamente
ade le difese del soo antico padrone, rimprovera ai Cardinale, come ille-
, il suo divisamente di abbattere quella casa, lo minaccia a nome stesso
suo padrone, che finge essergli comparso a tal fine , e adopera ogni
liera di argomenti per distoglierlo da quella malugurata impresa {Ruz-
tej, Opere y Vicenza, 1581 ). — Anche U dottissimo Sperone Speroni
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578 MONOGRAFIE BI0GRAF1CHB.
dettò nn oranone in difesa della caga del Petrarca affine d' imfeiirt
fosse demolita. — Speroni, Opere, Venezia, Occhi, 17-10, Voi. ▼, p.*
SuU' abitazione canonicale del Petrarca mi piace di riportare il «ga^
documento :
< Anno domini milleaimo tercenteaimo nonagesimo quarto , ^ ani
nica, quarta mensia octobrìa. Paduae in Sacrìstia Ecdedae Padoaaae. *c
— Convocato et more solito congregato Capitulo Dominorum caaooicet^^
Ecdeaiae Majoris Paduanae. — Omissis. — Tractatu hablto inter se s^^
venditione faciunda unì ex Canonicis, de domo vacante per roortesa is
Francisci Petrarchae , oUm canonici Paduani , in qua nunc habitat dL
Henricus Galettus, etc., unanimi ter aaaignarunt ipsam domum tìtolo r.^^
ditionis juxta modum et consuetudinem dictae Ecdesiae Paduanae Jk^
lohanni de Henzegneratis Canonico Paduano. — Ex qìu>dam eoi. Ch^'
Episcop. Patavinae cui liti^lus Dìf>ersorum, a. 159 1^ fot. 9 et ii-i''-
Al Canonicato del Petrarca appartiene pure il seg. docamento:
In Christi nomine amen. Anno ejaadem NatÌTitatis miUesùno trec^'
tesimo quinquagesimo octavo, Indictione undecima, die rigesimo quarto l"
cerabris , Paduae in Contrada Sancii Nicolai , in Curia Magnifici Doi.!
Francisci de Carraria Paduae ec. Praesentibus domino Presbytero Jchv^
a Bocetta Custode Ecdesiae Maioris Paduanae, ecc. Venerabilis et sapi'
Tir Dominus Franciscus Petrarchcf Poeta et OanonicHs SeeìeHae Mai*
Paduanae sponte libera et exdamavit sibi solutionem in se habere ^:
a Jacobo qm. Aldrigeti de Villararo foris, nunc habitante Paduae in en-
trata Domi suo nomine et nomine et vice haeredum presbjtert Aliirif'«
olim custodia dictae Ecdesiae Maioris Paduanae de omni et toto eo q*:--
ipso Jacobus et dicti bnredes eiden^ dom. Prandaco Petrarchae deb«t<^'
occaxione administrationis per ipsos Jacobum et dictum presbjteraui -^' '
drigetum factae de frugibus reditibus et proventibus cuiuscumque co^i
tionis per utrumque ipsorum perceptis de Canonica et praebenda canoLi"^
ipsius Dom. Francisci et fecit eidem Jacobo suo nomine , etc. Ex i*^-
primo instrumentorum Peiri Saraceni, notarti patavini^ foì. 138 te^-
Da un altro documento dd 4 Marzo 1372, rogato in Pernumia, r'ììf"
che al canonicato del Petrarca apparteneva pure un appezzamento di t^
reno , di mezzo campo circa , situato in Campanea ville Pemumìiif *
contrata S. Friderici , che egli dà a fitto per cinque anni, a un o^f"**
Bartolomeo dicto Borgogno q.m SimeoniSj pd quale il flttaiudo obbligava^
di corrispondergli starla dt*o doni frumenti et dictum affìctum pori'"'*
omnibus suis expensis.
(Doc. 1351). Lettera del Priore d^Ue arti e del Gonfalonieri
della Giustizia del popolo e del comune di Firenze consegna-
tagli dal Boccaccio^ come^ oratore di Firenze, con che viene
richiamato dalt esigUo, e gli si restituiscono i beni confiscati (^
danno di Petrucco suo padre. — De Sade ii, Pièc, Just xxi:?.
Frac. Epist. ni, 40-43. — V, Epist. Metr. in, 82.
Meneghelli a., Osserì>azioni sopra una lettera dei Fioren-
tini'al Petrarca. Opere, voi. iv. 129^153.
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H0N06RAFIB BIOGRAFICHE. 579
(1353). HoRTis Attilio, Petrarca alla corte di Francia.
Scritti ined. 187-221.
(1351-54). Gelbsia Emanuele, Petrarca in Liguria, Ge-
nova, Tip. dei Sordi Muti, 1874.
Qual senso di meraviglia ingenerasse nell' animo del Poeta
la vista di Genova, della sua riviera orientale, ci è fatto aperto
dallo stesso color delle imagini con cui la dipinge e nelle let-
tere ad Olimpio (Parma, 19 Maggio 1349), ed a Filippo di
Vitry (Padova, 15 Febr. 1350), neW Itinerario Siriaco, e nel
VI libro deir Africa, calore d* imagini eh* egli non adopera mai
per vemna altra città. Ma le fiere battaglie combattutesi fra
le rivali repubbliche di Venezia e di Genova non poteano non
amareggiare grandemente V animo del gentile Poeta. Con tutte
le sue forze, e T autorità del suo nome, ei si adoperò ad attu-
tirne gli odi ardenti; ne scrisse al Doge Dandolo, al Valente
e al Consiglio di Genova, si recò delegato del Visconti a Ve-
nezia, gridò pace, pace; tardandogli che que* due popoli, che
si disputavano V impero de' mari , si stringessero in nodo di
amistà, non d'altro più gareggiando che di quel primato di
potenza e di gloria a cui aspirano tutti i valorosi. Ma la voce
del Petrarca suonò nel deserto ; né potò impedire le tremende
rotte di Alghero e di Modone. — Il Celesia, man mano ci
viene a parlare, con istile spigliato e vivace, di Franceschino
degli Albizzi, morto a Savona, di Guido Scetten, di Sarzana,
poi vescovo di Genova, che alcuno malamente volgarizza Set-
timo, amicissimi del Petrarca, di Folchetto, e degli scrittori
genovesi che ne mantennero viva Timitazione e Tamore.
HoRTis Attilio, Petrarca e le guerre tra Genova e Ve-
nezia. Scritti ined., 85-155.
L'Hortis, dice la lettera indirizzata dal Petrarca al Doge
e al Consiglio di Genova, « tra le più belle che scrivesse mai, »
e quella a Guido Scetten in che descrive T ultima radunata
degli ambasciatori presso il Visconti « un vero documento
istorìco per i particolari che nessun altro cronista racconta
cosi minutamente, e dimostra una volta di più, che ebbe torto
chi disse le lettere del Petrarca non racchiudere per la storia
de' suoi tempi nessuna notizia che non si sapesse già senza lui. »
(Doc,) Arengua facta Veneciis 1353, octaco die Novembris^
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580 MONOGRAFIE BIOGRAFICHE.
super pace tracianda Inter' commune Janue et dominum Arckie-
piscopum Mediolanensem ex una parte, et commune venedarum
ex altera parte per dominum Franciscum Pbtrarcham poetam
et ambasìatorem supradictum, (Dal cod. 4498 della Palatina dì
Vienna). HorUs, Scr. ined. di Fr. Petrarca, 329. — Peb^arcae
Venezia, 306.
(Delle guerre combattute fra le due potenti rivali Repub-
bliche y V. Ep. Fam, 1. xi, 8 e nota alla stessa ; 1. xin, 4, e
nota; xiv, 5; xvii, 3 e 4; xvni, 16 e nota).
(1353-68). RoMussi Carlo, Petrarca a Milano, Studi sUh
vici. Milano, Pio Insti tuto Tipog. 1675.
É una diligente narrazione della dimora fatta dal Petrarca
a Milano e ne' suoi dintorni. Vi sono descritti minutamente i
luoghi che abitò, la vita che vi condusse, la parte che prese
nei negozii politici de' Visconti, gli scritti che compose, i di-
spiaceri che vi soffrì. Il Romussi scrive con el^anza e narra
con brio, e quindi leggesi questo tratto della vita del Petrarca
con molto gusto. V. Frac, iv, 226; v, 394.
Belani can. Angelo, Del vero sito della villa del Petrarca
presso Milano. Rivista Europea, Nov. e Dee 1845.
Argoménto assennatamente pur svolto dal Romussi (62-72l.
— Non è a Linterno, a quattro miglia fuori di porta Magenti.
e posta sulla riva destra del fiumicello Olona, detto da^ coit-
tadini Cascina interna, Jnfema, corruzione di Linterno, come
vorrebbero il De Sade e Tab. Marsand, che il Petrarca ave^
la sua villa. Il vero sito non può essere che, dove sorge h
Certosa , nella villa di Oargnano , come ne chiarisce lo stes«?
poeta.
Per quali ragioni si credesse obbligato a por stanza d
Milano. Fam. xvi, 11 e 12; vii, 10. — Gasa del Petrarca ^|
S. Ambrogio, Petr. Fam. 1. xvi, lett. 11; Romussi ^ 22. -h
S. Colombano, Frac, iv, 43. — S. Simpliciano, Fam. xxi, Lett. I-i
e 14 ; Romussi, 79. — Gargnano, Fam. I. xix, 1. 16; Varie xlti;
C. Cantii, Illustrazione del Lomb. Ven. i, 462.
HoRTis Attilio, Petrarca e i Visconti. — Petrarca aS:s
corte di Galeazzo Visconti. Scritti ined. di Fr. Pet, 43-85. —
V. Mézières, Pétrarque, 387-95.
(Doc.) Arringa facta Mediolani in Millesimo, 1354 dfetri
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MONOGRAFIE BIOGRAFICHE. 581
Octobris de morte Domini Archiepiscopi Mediolanensis : qui
fuit Dominus quasi totìtis Lombardiae, qui obijt die quinta
dicti mensis. Per Dominum Franciscum Peirarcam Poetam
Laureatum. Hortìs, Scr. ined. di Fr. Petrarca, 335-358.
(1362). Barozzi Nicolò, Petrarca a Venezia . — Dono dei
Codici del Petrarca a Venezia e concessione attagli dalla Re-
pubblica di una casa per sua abitazione. Petrarca e Venezia,
281-293.
LMdea che da gran tempo nudriva di lasciare a Venezia
la preziosa suppellettile de' suoi libri , nella speranza che ne
fosse seguito T esempio, più che altro lo indusse a porre sua
dimora a Venezia. E a tal uopo gli venne assegnata, non do-
nata, la casa di Arrigo Molin, posta sulla riva degli Schiavoni,
dove fu poi il monastero, ora Caserma del Sepolcro, fornita
di due torri agli angoli, e dalla quale gli si offriva occasione
fli ammu*are le navi che svernavano, e quelle che venivano di
partire o di arrivare. V. Frac, nota alla let. xuu della Varie,
Ep. V, 375-83, e Prefaz. alla versione del Trattato della prò-
2yria e deW altrui ignoranza,
(Doc). Offerta che fa il Petrarca de' suoi libri al Senato
Veneto, (1362) perchè fosse insinuila una pubblica Biblioteca,
e decreto adesivo. Petrarca e Venezia, 285-6.
(1353 e 1373). Fulin Rinaldo, // Petrarca dinanzi alla
Signoria di Venezia, Dubbìi e Ricerche, Petrarca e Venezia,
295-327.
Il Fulin dubita, forte dell' autenticità dell* Arringa, detta in
Senato, allorché venne ambasciatore dell' arcivescovo Visconti
a Venezia, e sospetta che Y Arengua sia meglio un'esercita-
zione rettorica, nella quale, pighando le mosse dalla lettera del
I>andolo, e inserendovi il passo di Cicerone, a cui allude essa
lettera, e qualche altra citazione a cui poteva bastare un'eru-
dizione molto minore di quella che distingueva il Petrarca, si
fosse cercato di ricostruire il discorso che il famoso italiano
avrebbe recitato a Venezia. — E al Fulin risorso pure un altro
<1 ubbie: È vero che il Petrarca, venuto col Carrarese a Venezia
(27 Sett. 1373), si smarrisse innanzi al Senato (2 Ottobre), e
dovesse rimandare il discorso al giorno seguente? Dopo aver
citato e vagliato quanto riferiscono gli antichi cronisti, termina
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582 MONOQRAFIB BIOQRAPICilB.
esponendo una sua congettura, e Abbiamo veduto che il Cit-
tadella (Storia della dominazione Carrarese i, 337) appoggia
la sua narrazione air autorità della cronaca anonima del fra-
telli Papa&va, del Darù, dei Gatari, del Muratori e del Yerci.
Ora nò il Darù, nò i Catari ricordano lo smarrimento del
Poeta; e lo ricordano il Muratori ed il Vercì sulla fede del
Redusio. Rimane la sola cronaca anonima, che non ho potuto
vedere. 0 questa cronaca tace, e allora abbiamo unica fonte
il Redusio; o la cronaca anonima incorda la circostanza, e
questa potrebb' essere un'altra penna che la cornacchia dovrebbe
restituire al padrone legittimo. » — V. Fracass. Epist. in, 27.
(1365, Doc.). Istruzione de* Fiorentini a Maestro Rinaido
da Romena, prof, in sacra teologia, perchè in corte del papa
vedesse modo di sciogliere gli sponsali d' un principe éT Au-
stria , e s' adoperasse presso al Pontefice che a mess. Fran-
cesco Petrarca fòsse conferito il primo canonicato vacante in
Firenze — die penultimo Martii, III india. 1365. — JJbrCiff,
Scritti ined. di Fr. Petr. 305.
Da LL^ Acqua dott. Carlo, Il palazzo ducale Visconti in
Pavia e Fr. Petrarca, coir aggiunta di una lettera del mede-
simo in lode del soggiorno di Pavia, Cenni storici, Pavia,
.success. Bizzoni, 1874.
Questa pregiata monografia porta in fronte V epigrafe: A
Francesco Petrarca — Che abitò questo palazzo — Splendida
e temuta residenza dei Visconti — Le notizie che ne ricordano
r antico fasto — Dedico riverente — Nell'anno MDCCCLXXIV
— V Centenario della sua morte. — Sembra che il Petrarca
vi tenesse ufficio di Bibliotecario presso Galeazzo li. Nel 13§8
mori a Pavia V unico nepotino, conforto della sua vita, che fu
sepolto nella piccola chiesa parrocchiale di S. Zeno. LMscri-
zione, posta sul tumulo, dettata dal Petrarca, si legge tuttavia
nel vestibolo del palazzo Malaspina di Sannazai*o.
(1370). CriTADELLA LuiGi NAPOLEONE, // Petrarca in Fer-
rara (MCCCXLVIII'MCCCLyiX), Studio. Estratto dall'Ar-
chivio Veneto, t. x, p. Il, 1875.
Non solo ci parla della gravissima malattia che incoke il
Petrarca a Ferrara , mentre , dietro invito di Urbano V, con-
ducevasi a Roma ; della generosa ospitalità che v^ebbe da quei
Signori; dell* assidua e cordiale assistenza, prodigatagli dal
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MONOGRAFIB BtOGRAFICHB. 583
iOTane Ugo, fratello del marchese Nicolò, ma pur de* suoi
mici ferraresi, Tommaso Bambasi, il Rosdo di que* tempi,
ui il Petrarca legò il suo liuto, Tiberio Brandolìni^ ed il poeta
intonio Beccavi , detto anche del Beccajo, Neil* Appendice ei
Dcca de* codici e delle migliori edizioni Petrarchesche di che
a ricca la Ferrarese, non che de* suoi concittadini e eh* ebbero
d imitare nella lirica il grande poeta, che scrissero qualche
osa intorno ai di lui lavori, o di qualsiasi altro che al me-
esimo autore si rapporti. »
Z ABORRA Giambattista, Petrarca in Arquà, (1) Dissertazione
torico-scientifica, opera postuma. Padova, Bettinelli, 1791. —
^anno unite le seguenti tavole : Lago^ -^ Veduta d'Arquà, —
^onumeniumy Fons^ ^- Nobile domicilium — RusUcum^ —
Irmarium^ Sella.
Foscolo Ugo, Visita al sepolcro di Arquà, Jacopo Ortis,
'oscolo. Opere, i, 16.
Barbieri Gius., Invito ad Arquà , Epistola, Padova, Mi-
erva, 1824.
Bocchi Arrigo, Alcuni giorni nei colli Euganei, Venezia,
.IvisopoH, 1831. Vi hanno i seguenti capitoli riguardanti il
etrarca: Storia di Arquà, — Fonte del Petrarca ^'^ Somma-
lo della vita, — •Madonna Laura, — La casa di Frane, Pe-
'arca, — // Sepolcro, — La Gatta, p. 58-61.
Chbvalibr, Una visita ad Arquà, Padova, Gamba, 1831,
jn vignette. — Il paese, — Il Lago, — La casa, — La tomba,
- // Pretorio,
CiTTADSLLA VxGODARZERB Anorea, Arquà, Guida di Padova,
i ). 'Sem. 1842.
(1) Un solitario ed ameno recesso fra i colli Euganei in deliziosa e
ilubre postura , ove aasai di frequente , tratto dalla bellezza del luopo e
lU' amor che mi porta, viene e con tutta dimestichezza trattenersi alcun
K» sì piace il magnifico Signor di Padova. Var. xxxi e Sen. xiii, 9.
. Mi sono fabbricato una casa modesta e insieme decente fra i colli Eu-
inoi, ove vado passando in pace questo poco che mi resta di vita; e qui
fida memoria mi fa presenti i dolci amici cui morte m' ebbe rapito, o da
e divide la lontananza. Sen. xiii, 7. — Per non dilungarmi di troppo dalla
ia chiesa, <mi fra i colli Euganei, non più lontano che 10 migha da Pa-
»va, mi fabbricai una piccola ma graziosa casina, cinta da un olivato e
I una vigna che dan quanto basta ad una non numerosa e modesta fa-
iglia. Sen. xv, 5. —Oh s' io potessi farti vedere V altro Elicona che per
e per le Muse tra i coUi Euganei io bellamente mi sono procacciato,
Iti certo che tu non te ne vorresti più dipartire I Var. xlvi.
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584 MONOQRAPIB BIOOIUFI(»B.
Tommaseo Nicolò, Arqttà. Ricordo dei colli Euganei, Strs^
del giornale di Padova. Padova, Cresclni, 1846, p. 11-19.
Malmignati a., Petrarca a Padova, a Venezia e ad A-
qua, Padova, Sacchetto, 1874. V. pag. 82.
Cittadella Giovanni, Petrarca a Padova e ad Arjf .
Padova, Tip. Sem. 1874, V. p. 53.
// Codice d' Arquà, Padova, Bettoni, 1810, di p. 13.
Riferisce le memorie di prose e poesie che italiani e fì::^
nieri scrissero visitando la casa del Poeta dal 1787 al 181
Un codice piìi antico andò perduto.
/ Codici di Xrquà dal 1788 alV Ottobre 1873, Raccoìta .^.
Poesie y Pensieri y Memorie, Sottoscrizioni, Amenità y Manif"
stazioni del sentimento nazionale. Componimenti e Ricordi ''
Donne italiane e straniere , per cura di Ettore Ck). Macol*.
Padova, Prosperini, 1874.
È tutto un periodo storico che vi passa davanti agli occl
dal soldato francese della Repubblica al soldato italiano, ar-
cadi e frementi, gaudenti e sentimentali, oppressi e oppressmn.
neoghibellini e neoguelfì. Anche lo strazio che troppo spe^s*^
vi si fa della grammatica e dell'ortografia e del buon sec<
e il contrasto del grave e del comico giova all'evidenza.
Manzini Giov., della Motta, Lettera in data 1 Luglio 13?^'.
diretta Andriolo De Ochis Brixiensi, che comincia: Emine*-
tium verborum , e termina deinceps ut filio me polire. NeL.i
opera Miscellaneorum ex Mss, libris BibUoih. Col. rotn. ^-
Jesu (Romae, 1754), pubblicata dal P. Lazzeri, t. i, p. 189-9V'.
A pag. 119 dello stesso volume scrive di questa lettera: S^
praecipuus fruclus hujus epistolae Jiabetur in tMirrofto».
mortis Fr. Petrarchae. V. pure sul Manzini, Fracassetti, Eh.
Il, 348.
Lo splendido codice cartaceo (L. xiv, 223) della Marciam.
contiene a pag. 223 una lettera di Giovanni Dondi Dell'Or^*-
LOGio, medico Joanni ab Aquila, Patavii, 19 Julii 1374, con
che gli partecipa la morte di Fr. Petrarca, avvenuta la notte
precedente, e gliela annunzia con queste parole : obiti vir prò-
fecto omni aetate unus e paucis atque spectabiUs, at nost)\:,
me iudice, unus toto quaerendus nune orbe, nec uno repc-ì
ricndus anguloy cunctis memorandus saeculis atque colendus.
y Google
HONOORAPIB BIOGRAFICHE. 585
Lombardo dalla Seta, Annotasione intomo alla morte di
Francesco Petrarca. Nell'ediz. veron. del Canzoniere, 1799,
pag. 100.
Sberti ab. Anton. Bonaventura, Degli spettacoli e delle
£efite che si Scavano in Padova. Padova, Cesare, 1818. — A
pag. 72, 73 riporta ciò che Andrea Oataro racconta intorno
<illa morte ed a' funerali di Fr. Petrarca.
Ala STEFANUca Ales., La morie di Fr. Petrarca, Cenni
Koma. 1839.
Non ap][)ena si diffuse la notizia della morte di Fr. Petrarca il Sommo
roiàtefice Gregorio XI, non solo ne provo dispiacere vivissimo, ma scrisse
al card. Nuvolelti, perchè si adoperasse a tutto potere a raccogliere quante
più opere poteva del venerato uomo , e le facesse esemplare da persone
intelligenti, e per messi fidati gliele spedisse. — Il documento che pubbli-
chiamo venne comunicato dal card. Borgia al Baldelli fV. del Petrarca,
p. 105); edito dal dottis. Mons. Marini (At'ch. Pont, n, 4); e pur dal Me-
iiejrhelli {Opere^ vr, 195). — Del Ponloflce Gregorio XI. V. Frac, v, 115.
OregoriM P. P. XI dilccto /Ilio Quillelmo (Sìivoìettl) s. Angeli Dine,
rard. innonnullis terris ItaUae^ nostro et Rom. eccl. in temporalibus ri-
cario generali salutem, ecc.
Satis displicenter acccpimus dilectum fillura Franciscum Petrarcham,
faia praeclarum moralis scientiae lumen noviter ab hac luce subtractum.
Verum quia hoc est omnibus naturale, postquam ilio caromus, libros ejus
hahere nimium affectamus. Circumspectioncm itaque tuam hortamur attente,
quatenus de librìs ejus per fidelem investigatorem inquiri facias diligenter,
IKjtissime de Africa , Eglogis , Epistolis , Invectivis , libris de Vita Soli-
taria et aliis, quae ipsum ex praecipuo Dei dono, miro lepore audivimus
t »xuisse, illosque prò nobis per scriptores intelligentes facias exemplari, et
cxeinplatos cures ad nos per fidos delatores ilUoD destinar!. Datum Novis
Avenionensis Dioec. 3, Id. Aug. Pontiàcatus nostri anno quarto (11 Agosto
1371). (Ex Registro litcr. Apost. Secr. A. iv, Febr.).
Un Documbnt I.NèoiT sur Pétrarqcb. — Fu pubblicato da M.*" 3//-
renr Archivista del Varo (Aix, Remondet-Aubin, 1S74).
« Le 31 Dócembre 1377 (?) Jacques Lombard, avocat d'Hyères, agis-
ca ni au nom de la Chartreuse de Montrieux, achète de Jacques Veran un
rena annuel de 20 sous aisigné sur une terre sise au Pian de Notre-Dame
à 1 ly ères , ainsi que la directe de cette terre , moyennant le prix de 20
flortns d* or payés comptant » de peamia legata oblata et transmissa dicto
uvonasterio prò anima venerabili^ domini Francisci Petroquoli , poete
facundissimi condam, in loto loco convertendo prò anniversariis et sub-
n'HtionibiM conventi4s dicti monasterii statuendis. — On Ut sur la cote:
C'trta viginti soUdortim solvendos (sic) in festo sancti Michaelis prò an-
niversario domini Francisci Petracchi (ècriture de la mème epoque) è
Fouds de la Chartr. de Montrieux. — Archives du département du Var. —
37
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586 MONOGRAFIE BIOGaAFICHB. ]
Une note , sana signature ni date, qui parali ètre du sieda demier , io^*
tulèe : < Remarques sur Gerard Pètrarque , religieux de la Chartreuse i
Montrieu » et appartenant au mème fonds, mentionne divers « eodnht? -
d* un livre inanuscrit dont la coaverture est de parchemin .... où il r>'
question, soit de Gerard Petrarque, moine de Monterieux, soit de < 2^-
FrancUcus Petrarcha de Arcis qui legua 550 sols en 1370. »
Canestrini Giuseppe (prof, nella Reg. Univ. di Padova), L
. Ossa di Francesco Petrarca, Studio antropologico, Padova.
Prosperini, 1874; Atti della Soc. Ven. Trentina di Scienze Na-|
turali, 1874, p. 05-142. '
Premessa la storia delle vicende del sepolcro, e corredatab
di preziosi documenti inediti che riguardano segnatamente h
violazione del medesimo, offerteci le misure prese stili* ossa ci
ripresenta, direi, vivo il ritratto fisico del Petrarca. Ei creiel
di non andar errato dal vero, asserendo che la statura fc^>«
di metri 1,83 a m. 1,84. Ebbe la fronte non molto alta e legl
germente fu^^gente, le dimensioni del frontale indubbiametit.^
grandi ; la faccia corta e larga, d' un bel colore tra il biacco
e il bruno, il naso ben prominente e largo alla base. La testa
suol dipingersi con espressione volgente allo stampo femmiiiH;'.
Io che proverebbe, come ritiene, che il teschio appartenesse al
tipo etrusco antico, quantunque le arcate sopracciglia ben rii-
zate e gli zigomi notevolmente sporgenti gli dessero usììb-
pronta virile, che contrastava colla generale delicat^za *ì^^
lineamenti. Maggior sviluppo si ebbero gli arti posteriori Li
confronto degli anterìori ; fu fortemente muscoloso. Nò a questo
si tiene contento il prof. Canestrini , ma instituisce confrocQ
tra le dimensioni che si riferiscono a quattro teschi di uomini
celebri, Peti'arca, Dante, U. Foscolo, S. Ambrogio. — La lar-
ghezza del cranio del Petrarca (mil. 140; considerevolissima la
lunghezza, cioè di 187 mil.), accenna ad un cerebro voluminoso
(1666 grammi), ed in tutte lo sue parti sviluppato, e quindi
a facoltà psicologiche di potenza superiore. Se non che, quan-
tunque di poco, predominando le parti posteriori del cerebi-o
sulle anteriori, fatto riflesso alle estensioni della regione pa-
rietale, egli ammette che neh Petrarca i sentimenti e gì* in-
stinti prevalessero suir intelligenza che pure era elevatissima.
Lo studio del valentissimo professore va corredato de* relativi
disegni silogi^aiici condotti con rara precisione.
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HONOORAPIB mOGRAFICBE. 587
Diomsi Gian Jacopo, Del focale usato dal Petrarca, dal
Boccaccio e da Dante, quando da loro usato, e come fosse
fatto. Aned. viu, p. 11.
Parolari Giulio Cbsarb, Bella reUgiosiià di Fr, Petraìxa.
Bassano, Baseggio, 1847; Milano, Pirotta, 1857.
HoRTis Attilio, Della Vita religiosa di Fr, Petrarca. Scritti
inediti di Fr. Petrarca, Trieste, Lloyd, 1874, p. 277-305.
V. Mézières, Pétrarque, p. 410. — FracassetU, Epist. Fam.
L. V, lett. 13; xiv, 4.
TI soaTÌssimo poeta dell* amore Ai quanto mai devoto della gran Ver-
frìne: Amor lo spinte a dir di lei parola^ e gli spirò qaell^inno elio il
Maculaj disse il più bello del mondo. E sempre con sé, ne* suoi peregri-
na(^gi; come cosa cara e santissima , teneasi V ima^ne venerata, egregio
dipinto di Giotto, che poi morendo legava al Signor di Carrara con queste
memorabili p«role: — < Magnifico domino meo Paduano, quia ipse per Dei
graliam non eget, et ego nihil haboo dignura se, dimitto tabulam meam
sive iconam Beatae Virginia Mariae opus lotti pictoris egregii, quae mihi '
ah amico meo Michaele Vannis de Florentia missa est, cuius pulchritudi-
nem ignorantes non intelligunt, magistri autem artis stupent. Hanc iconam
ipsi magnifico domino lego, ut ipsa Virgo Benedicta sit sibi propitia ad fliium
suum Jesum Christum. » — Dono , dice il Tommaseo, da poeta e più che
da re. — E sin da quando vivea in Valchiusa, scriveva: < Ubi, oro, di-
frnius arae Aieri nt ? Quas ego jam pridem Christum tester , si qua voto
facultate affulserit, illic in hortulo meo, qui fontibus imminet, ac rupibua
subiacet erigere meditor, non Nymphis, ut Seneca sentiebat, neque ullis
fonlium fluminumque numinibus , sed Mariae, cuius partus ineffabilis et
foecunda virginilas , omnesque Deonim aras ac tempia subvertìt; aderit
ipsa fortassis ut quod diu iam, et nisi fallor pie cupie, aliquando perflciam.
«e De Vita solitaria , L, n. Ed. Bas. 15&4. p. 325. — E nell' Epist. xv
(Ielle Varie, da Arqui, 1372, a Francesco Bruni : « Cupio praeterea et di-
spono, Deo dante ^ non templum Marti quantum nusquam esset ut Julius
Caesar, sed unum hic parvum oratorium Beatae Virgiui extruere; iamque
opus aggredior : etsi deberem libellos meos pignorare vel vendere. » — E
il supremo suo voto era di esser sepolto in quella chiesina, sotto la fidata
tutela del bel /lore, che, come il fiero ghibellino, invocava sempre e mane
sera. < Si autem Arquadae, ubi ruralis habitatio mea est diem clausero, et
Deus tantum mihi concesserit, quod valde cupio, cappellam ibi exiguam
ad honorem Beatissimae Mariae Virginis extruere, illic sepeliri rogo. *
Rossetti Gabriele , Dello spirito antipapale die produsse
la Riforma^ sulla segreta influenza^ cK esercitò sulla lettera-
tura di Europa^ e specialmente d' Italia^ come risulta da molti
suoi classici^ massime da Dante, Petrarca e Boccaccio, Lon-
dra, Rolandi, 1832.
y Google
588 MONOGIUFIE BIOGRAPICBS.
De Lk Tour M. A., Laure BeabHx et Piaìnmeita Rcvl
(le Paris, Maggio, 1834.
// mistero delC amoì' platonico del Medio Eco dz\ •
vato dai misteri antichi, Londra, 1842. — L^ entusiastico ao: .
di Dante e del Petrarca non è pei Rossetti che un simboU>::.
d* innovazioni pericolose.
Schlegel \Vilhe>i, Dante, Pélrarque et Boccace^ d p\-
pos de r ouvrage de M. Rossetti. Revue des deux Mondes, 18^)'
VII, 400-18. — Ristampata negli Essais histonques et h'eu.
dello Schlegel, Bonn, Weber, 1842, p. 407-437.
Le Dante, Pétrarque et Boccace jttstifiés de t impr-
ia iion de riurrésie. Leipzig, Weidmann, 1846.
Mendelssohn J., Bericht ùber Rossetti s Ideen su einer erhi-
ierungen des Dante und der dichter seiner zeit: in sìcei r. -
stelungen. Berlino, 1844. -«- Idee del Rossetti sopra una Due\
intei^retazione di Dante e de' poeti del suo secolo.
De Sade, Sur lejugemens opposes que quelques auteurs gi*av. -
ont porte sur la vie et les moeursde Pétrarque. Note premiere, i.'J
Mézières a.. Le caractère de Pétrarque, Chap. vui. 376-431
Leroux Pierre, Rapport entre le caractère de Pétran^ti.
et do Rousseau. Revue Independant, iv, 1842.
Foscolo Ugo, Saggio, sopra il cai*attere del Petrarca. Fo-
scolo, Opere, Ed. Le Monnier, x, 74-104.
Aleardi AleardOy Discorso su F. Petrarca, 9-16. — Cair-
poni Gino, Storia della Rep. Fr., T. ni, 1. ni, e. 9, p. 359. —
Rieppi Ant., Discorso, p. 64.
Fuzet J. . Pétrarque ses voyages, ses amis, son repenti^
Ile Saint Honorate, Impr. des Moines des Lerins, près CaIlu^ '^
(Var.), 1874, di p. 326.
Mézières A., La famille et Ics amis de Pétrarque, Pétrar-
que, Chap. IV, 147-220.
Fracassetti Gils. , Trattato suW amicizia del Petrarca co^
Boccaccio, Epist. voi. in, 5-21. — Métières A. Pétrarque et
Boccace. Pétì-arque, 199-220. — Bozzo Gius. Il Peti-arca e i!
Decamerone. Estratto dal Propugn. a. viii, 1875.
Lizio Bruno h., Il Petrarca e Tomtnaso da Messina. Estr. I
del Propugnatore, a. ix, 1876.
y Google
MONOGRAFIE BIOORAFICBB. 589
Celbsia Em.. Il Petrarca e Guido Scetten, Il Petrarca in
T^iguria, p. 7 e 60.
Il Baldelli consacra un articolo per darci le notizie degli
uomini illustri, più caramente diletti dal Petrarca (241-299).
Aiiohe il Tiraboschi ce ne parla alquanto stesamente. Ma nes-
suno meglio del Fracassetti. Non v'ha persona con la quale
il Petrarca tenesse corrispondenza che non ce ne dia esatto
ragguaglio, che non ne esamini le corse relazioni, e le illustri
(^on critico senno, sicché a mano che tu leggi le Lettere, nelle
note che seguono, ei ti presenta Tuno dopo T altro e cono-
.^ccnti e amici del Poeta, e, direi, ce li fa redivivi.
CASA DEL PETRARCA.
La più antica memoria che ne abbiamo è del 1552, anno
in cui Paolo Yaldezoco dichiarò di possederla per acquisto
dio ne fece dai Frati di S. Giorgio Maggiore di Venezia. Nel
1 556 n* era 'al possesso Andrea Barbarigo che ne cesse la pro-
prietà a Francesco Zen. Questi nel 1603 ha venduto la rasa
ed il podere a Girolamo Gabrielli, ed i nipoti di esso nel 1677
ne passarono il dominio a Gio. Antonio ed. Angelo Cassici. La
famiglia Gabrielli acquistò nuovamente lo stabile nel 1695, ed
avendo Fiordispina Gabrielli (figlia ed erede di Pietro), con-
tratto matrimonio con Alessandro Dottori, pose il marito ed i
figli al possedimento di quel podere. Pietro Dottori, discen-
dente di Alessandro, ebbe due figlie, V una delle quali divenne
moglie di Cai*lo dei co. Silvestri, padre del Cardinale.
Dair Istrumento conservato nella Raccolta del dott. A. Piazza
(proprietà ades.^0 del comune di Padova), stipulato addi 22
Giugno 1370, si raccoglie che il Petrarca, col mezzo del suo
procuratore e rappresentante Lombardo Asserico, venisse a
possésso di altro terreno, attiguo all'acquistato vigneto: —
« Predo librarum trecentarum denariorum parvorum bone
et usualis monete paduane quos omnes denarios et precium
integrum Magister Lingua solator (Calzolaio), quondam ser hen-
y Google
590 CASA DEL PETRARCA.
nei de placiola.... confessus fuit recepisse ac re vera haboìt
et recepii a Lombardo a serico filio quondun sor Jaoobi de
contracta straziarìarum de padua ibidem presente ac empite
solvente et numerante de proprìis denariis et pecunia Venera-
bilis et sapienUs viri domini Franciad petrarce Canone' pa-
duani et fili quondam domini petri de Lanchisa àffocesìs
fiorentine ad presens padue haìntaniis in contrata 2>omi
dedit, vendidit, cessit, tradidit et mandavit.... imam paciaci
terre vineate da vineis garganicis (uva garganega), piantate
arbonbus fructiferis unius campi cum dimidio vel circa ìacentis
in Villa et pertinenciis Arquade paduani districtus in contracta
Yentoloni, cui coherent ab una parte dictus dominus Frandscxis
Petrarca, ab alia Albertus bonus de ovetario de cittadella, ab
alia dominus padue, et ab alia quedam via consortiva et forte
alie sunt coherenciae. » Ne fu notaio: ego Nicolaus fiUits
quondam Ser Banholomei Dominici civis paduanus qui haàii^j
padue in centenario sancti ihomaxii quartierio et contrata
Domi — n documento è per intero riportato da A. Mal-
mignati nel suo Petrarca a Padova^ a Venezia e ad Arquà,
p. 91-96. Esso ricorda pure il decreto del principe da Carrara,
in data 14 Aprile 1370, che accordava a Fran. Petrarca facoltà
di comperare beni immobili, facoltà, come osserva il pro£ Giona,
non concessa ordinariamente ai forestieri.
DOCUMENTI.
I.
Atto di donazione da parte di S, Em. il Cardinal Sihestri
della casa del Petrarca in Arqità al Comune di Padova (1).
Nel nome di Dio, Possiede il sottoscritto Cardinale la casa
già di proprietà ed ove rese T anima al Creatore il sommo
Poeta e Pensatore messer Francesco Petrarca con annesso tei^
reno, il tutto situato in Arquà padovana con il seg^olone e
la credenza, oggetti già d'uso del pre&to Cantor di Laura,
(1) Donazione sancita dal R. Decreto 28 Nov.. 1875.
y Google
CASA DEL PETHARCA. 591
oonservati sotto apposita custodia con cristallo, la gatta, (1) i
erodici così detti Petrai'cheschi, alcune mobilie ed una copia di
tutte le opere del Petrarca pubblicate per cura del prof. Mar-
s^nd, lascito fatto dal medesimo alla Casa del grande Poeta
elle si custodisce dal rev. Arciprete prò tempore di Arquà.
Nel desiderio di perpetuarne la conservazione, il sottoscritto
proprietario Cardinale, ò venuto nella determinazione di donare
il tutto al Municipio .di Padova, riservandosene per altro l'u-
sufrutto e possesso vita naturale durante. E volendo che il
tutto risulti da pubblico istrumento, perciò col presente chiro-
g'rafo mandato di procura da valere, ecc. ecc., lo scrivente,
cieputato in suo speciale Procuratore il sig. can. D. Pietro
Failetti, suo segretario, figlio del fu Antonio, romano, domi-
ciliato in Roma, via Luchesi, Palazzo Potenziani, n. 31, a poter
a nome e vece di esso Mandante, donare al Municipio di Pa-
dova tanto la casa ove rese a Dio la sua grande anima il
sommo poeta e filosofo, posta in Arquà padovana, con le
reliquie delle modeste mobilie, tra le quali il Petrarca pensò
le sue sublimi ed ultime sue meditazioni, quanto il terreno
annesso e la copia di tutte le sue opere, ecc. ecc., come si
disse di sopra, coir obbligo al Donatario di non permettere
a chicbessia per rispetto e venerazione al Sommo che Tabitò
di prendere stanza ne* due piani che costituiscono la casa di
Petrarca, e di continuare a tenere una persona civile, che non
sia analfabeta col titolo di Custode della casa, il quale dovrà
abitare nel paese di Arquà, per potersi prestare a tutte le ri-
(1) < stetti tre giorni sono a Padova* e di là mi portai a visitare le
ossa onorate del nostro divino Petrarca, cne si conservano ad Arquà, dove
ancera si vede la sua casa, la sua sedia , e la sua gatta famosa. » — ZrO'
renso Pandatìchi, ad Antonio Magliabecchi, 21 Luglio 1663. — Il Pan-
ciatichi avrà in quell'occasione ricordati que* versi del Tassoni:
E*l bel colle d' Arquà poco in disparte,
Che quini il monte e quindi il pian vagheg^a;
Dove giace colui, nelle cui carte
L' alma fronda del sol lieta verdeggia ;
E dove la sua gatta in secca spoglia
Guarda dai topi ancor la dotta soglia.
A questa Apollo già fé' privilegi,
Che rimanesse incontro al tempo intatta,
E che la fama sua con vari fregi
Eterna fosse in mille carmi fatta :
Onde i sepolcri de' superbi regi
Vince di gloria un' insepolta gatta. . . .
y Google
592 CASA DEL PETRARCA. '
cerche dei nostrani ed esteri che si recano da tutte le pani
del mondo a visitare si cara memoria.
Qualora poi in progresso di tempo il donatario mettesse? in
non cale o lasciasse andare in fatiscenza la Casa di messer
Francesco Petrarca con disdoro nazionale, in questo caso lo
scrivente intende e vuole che al Municipio di PadovA si sosti-
tuisca la Regia Università Patavina (1), intendendo e volendo
adesso per allora come non avvenuta la preiata donazione.
perchè, cosi ecc., non altrimenti ecc.
II sottoscrìtto conferìsce le più ampie facoltà al sig'. Pro-
curatore costituito di meglio precisare tanto gK immobili con
i numeri di Mappa e confini, quanto gli effetti mobili, perchè
possa in ogni futuro tempo essere constatata V identità. E
questa donazione fare ed eseguire per il principale scopo di
provedere alia conservazione relativa per la memoria dell* in-
signe Poeta , riservando per altro al donatore Y usufrutto •/
possesso vita sua naturale durante, stipulare in oggetto pub-
blico istrumento con le relative clausole, dando perciò al sì ir.
Procuratore come sopra costituito tutte le più ampie facolti-.
e poteri quantunque meritevoli di speciale menzione, dovendo
per r oggetto essere considerato come la Persona stessa de!
Mandante, che promette fin da ora di avere il suo operato
sempre valido e fermo, rilevandolo non solo in questo ina in
ogni altro modo migliore.
Roma, venti Giugno mille ottocento settantacinque.
Firm. Pietro card. Silvestri^ deputa come sopra.
Firra. Antonio can. Quadrini^ testimonio.
Firm. Cesare Diaciainti, testimonio.
NEL NOME DI DIO.
Regnando Sua Maestà Vittorio Emanuele, per grazia di Dio
e per volontà della Nazione Re d'Italia.
Il giorno 20 del mese di Giugno deir anno mille ottocento
settantacinque, 1875. Indizione romana terza.
(1) Co\ R. Decreto 2 Aprile 1876 la R. Università di Padova, < a fomu
deir atto di donazione venne a sottentrare opiale dcmataria sostituita al co-
mune di Padova qualora esso Comune venisse a decadere dal diritti eh**
gli risultano dalla presenta donazione. >
y Google
CASA DEL PETRARCA. 593
Certifico io dottor Erasmo Cicco] in*, Notare pubblico di Roma,
i studio in via degli ufficii dell' Eminentissimo Vicario, nu-
lero quarantaquattro, qualmente sua Eminenza Reverendi»-
ma il signor Cardinale Pietro de' Conti de Silvestri, nato in
,ovigo, figlio del fu co. Carlo, che io Notare ho Tenore di
:>n conoscef e, di sua spontanea volontà, neir attuale residenza
l palazzo già Stampa, ora Pedicini, ha firmato alla mia pre-
3nza il retroscritto Mandato di Procura unitamente al Revc-
»ndo Signor Canonico Don Antonio del Signor Pietro Qua-
rini. Romano, domiciliato in piazza dell* Oratorio di San Mar-
silo n. 74 ed al Signor Cesare del fu Marco Diaciainti da
esterla, Provincia di Massa e Carrara, impiegato, domiciliato
) Roma, via del Monte Giordano, n. 34, come testimoni a me
iotaro egualmente noti. In fede.
Fìrra. Erasmo CiccoUni^ Notaio pubblico a Roma.
L. S.
Visto per la leggilizzazione della firma del Notare Ciccolini.
Il Presidente del Trib. Civ. e Correzionale
Firm. R. Cozzi
Roma, 20 Giugno 1875.
Accettazione del Legato,
Consiglio Comunale di Padova
essione straordinaria. — Seduta pubblica del 14 Luglio 1874,
presenti Consiglieri 33.
Ommissis
Lieti di questo avvenimento e superbi, che la Città nostra
a stata scelta a custode della Casa in cui rese a Dio la
rande anima il sommo poeta e filosofo e delle modeste me-
]ìe, fra le quali esso pensò le sublimi ed ultime meditazioni,
^ possiamo, ricordando il passato, non esprimere vivi sensi
i riconoscenza a Colui che ci conservò le preziose reliquie
y Google
594 CASA DEL PBTRARCA.
con affetto di cittadino — noQ possiamo oggi non ringraziarla
per r alto onore impartito a Padova, ov' è una religione il cnlt.
delle gloriose memorie.
Vi proponiamo adunque:
1.^ Di accettare il dono della casa in Àrquà, ore mori M-^-
ser Francesco Petrarca, della mobilia e terreno annesso, fatt>
da S. Em. il Card. Pietro dei Co. De Silvestin :
2.° di autorizzare il Sindaco a stipulare, salve le approTa-
zioni di legge, il contratto relativo, accettando gli oneri e 1-
condizioni poste dal donatore, e ritenendo a carico del Comua-
le spese inerenti al contratto medesimo che saranno paga>
sul fondo di riserva:
3.** di esprimere a Sua Eminenza il Cardinale Pietro «ir;
Conti De Silvestri i sentimenti di riconoscenza del Consiglk
per Tatto generoso.
Dopo alcuni schiarimenti offerti dal Preside all'onoreva-
Pertile relativi alla donazione, il prof. Callegari palesa lapn:-
pria soddis&zione per tale avvenimento, e soggiimge, e intere^s
vivamente la Giunta, che nello esprimere la riconoscenza à-.
Consiglio all' illustre donatore rilevi sopra tutto la nostra gicè
per vedere compiuto un atto tanto generoso per parte di '-
Principe della Chiesa. — In questi tempi è consolante il reà^
il Cardinale Silvestri tenere in cosi alta considerazione la àr
mora in cui visse e mori il poeta, il filosofo del sec. XH:
pensare a confidarne la custodia al comune di Padova ; a nd
che nel culto delle patrie memorie, e nell* onore a quel Gnis:-
riconosciamo accresciuto quel patrimonio di glorìa, eh* è pr^
cipuo impulso alla felicità ed al progresso di questa cara ItaLi
che benedici amo redenta. »
Nessun altro chiese la parola, e le tre proposte della Giuiiti
vengono successivamente approvate per alzata e seduta ce.
voti favorevoli 33, contrario nessuno.
Il Preside proclama il risultato delle votazioni.
IL PRESIDE
Firm. PICCOLI
// Cons. Anziano II Segretario
Firm. Maluta G. B. Firm. P. Bassi
y Google
ÌCASA DEL PETRARCA. 595
III.
Indirizzo del Sindaco di Padova Com, Piccoli
a S, Em, il Card. Silvestri.
Eminenza!
Stipulato ristrumento, mediante il quale, per la splendida
liberalità deirEm. V. passa in proprietà del Comune la casa
ili Arquà, ove mori messer Fr. Petrarca, e la mobiglia e il
terreno annesso, non posso non farmi interprete dei sentimenti
di riconoscenza espressi dai cittadini a mezzo del Consiglio
Comunale verso Colui che conservò le preziose reliquie con
riverente affetto, ed impartì l'onore di custodirle a Padova,
ov* è una religione il culto delle grandi memorie.
Nel compiere questo atto doveroso, aggiungo essere in noi
tutti viva la compiacenza pensando che TEm. V. abbia concepito
ed attuato la patriotica, generosa e gentile idea di tramandare
intatte alla posterità quelle sante memorie, affidandole a questo
Comune. Quanti poi sono i cultori degli studi! ricorderanno
sempre con grato animo il nome di V. Em. nei loro tradizio-
nali pellegrinaggi alla venerata memoria del Poeta, del Filo-
sofo, del Cittadino.
Aggradisca TEm. V. in pari tempo l'attestato della mia
distinta considerazione e del mio profondo ossequio.
Padova, H 31 Luglio 1875.
Il Sindaco
Piccoli
y Google
590 CASA DEL PETRARCA.
IV.
Posi sione di una lapide nel cortile pensile del Palar xo Mu-
nicipale per ricordare il dono della casa di Petmrva in
Arqità fatto da S. Em. il Card, Pietro dei Conti De Sil-
vestri al Comune di Padova.
Consiglio Comunale di Padova
Sessione sti'aordinaria. — Seduta pubblica del 4 Agosto 1875,
presenti Consiglieri 26.
Il Sindaco annuncia che la Giunta comunicò a] Cardinale
Pietro dei Conti De Silvestri le dichiarazioni di riconoecoosi
del Consiglio pel dono della Casa in Arquà ore mori Messaer
Francesco Petrarca, e che il Cardinale rispose subito espri-
mendo sentimenti di viva soddisfazione. — Avverte quindi, che
nel 31 Luglio venne stipulato nelle forme solenni il regolare
istrumento, e dice, che la Giunta per non mancare alla «w>-
suetudine di rendere perenne il ricordo di coloro che donaoo
al Comune preziose raccolto d'arte o di storia, propone ch«
una lapide sia posta nel cortile pensile del Palazzo Municipale
a memoria dell'atto libéralissimo compiuto dal Cardinale Sil-
vestri. Di tal modo, egli conchiude, addimostreremo di ricono-
scere il valore morale, ohe viene da noi attribuito a queir atto
tanto gradito a Padova non solo ma a tutta Italia.
La spesa della lapide sarà sostenuta con le spese assegnata
al fondo di riserva.
Marcon è d'avAÌso che la lapide sia meglio collocata nella
Casa in Arquà, poiché, in guisa diversa, si stabilirebbe un pre-
cedente, che altri forse invocherebbero.
Il Preside osserva, che per ora quella lapide non sì può
porre nella casa in Arquà, la quale rimane in usufrutto al
Cardinale, che d' altrond e per modestia non ne permetterebbe
la collocazione. Riconosce che si tratta di una deliberazione
straordinaria, ma rìleva che pure straordinario è il dono, e
prega l'onorevole Marcon a desistere dalia sua proposta.
Marcon non insiste.
y Google
CASA. DSL PETRARCA. 597
Pertile desidera che il Consìglio stabilisca fin d'ora la col-
locazione di una lapide nella Casa d' Arquà dopo la morte del
Card. Silvestri.
II Preside ritiene che basti una raccomandazione nel senso
espresso dair onorevole Pertile, — raccomandazione, che regi-
strata nel verbale, sarebbe come un legato ai nostri successori.
Pertile si associa alle idee del Preside.
Callegari raccomanda che la iscrizione sia fatta in italiano,
e chiede per quale motivo non sia unita colla proposta della
Giunta.
Il Preside risponde che non furono mai votate dal Consiglio
le iscrizioni, ed assicura che quella di cui trattasi sarà scritta
in italiano.
Callegari accorda volentieri la sua fiducia alla Giunta per
la redazione della iscrizione, raccomanda solo si rimarchino in
essa l'importanza del dono, e T epoca in cui fu fatto.
Nessun altro ciiiede la parola e la proposta della Giunta
con la raccomandazione Pertile viene approvata da voti favo-
revoli 26, contrain nessuno.
Il Preside proclama il risultato della votazione.
IL PRESIDE
Firra. PICCOLI
// Cons, Anziano II Segretario
Finn. Maluta G. B. Firn. P. Bassi
Onorevole Signor Sindaco
Albano Laziale^ 5 Ag. 1875.
Il dispaccio della S. V. datato 5 Agosto mi ha recato la
gradita notizia che codesto Consiglio Comunale ad unanimità
ha decretato di collocare in luogo cospicuo di codesto palazzo
Municipale una lapide a perenne ricordo del dono da me fatto
alla nobilissima città di Padova.
Digitized by V^OOQlC
508 CASA DEL FBTRABCA.
Ritengo \ìeTÒ che la decretata la^de, più che a tntnua-
dare ai po&teri la donazione della Casa, ove rese l'ultiino k-
spiro il sommo Poeta, Filosofo e Cittadino, Mesaer Franoeseo
Petrarca, servirà, come spero, di sprone agli altri a ben me- ^
ritare della patria.
Ed in questa persuasione, prego Lei, onorevole Signor Sin-
daco, a farsi interprete presso l'intero Consiglio dei sensi à
gratitudine, dai quali è intimamente compreso T animo mio.
mentre con distinta stima e profondo ossequio mi dichiaro
Di Vostra Signoria
Obbligatissimo
PiBTRo Cahd. Db SiLVRsnti
Sua Eminenza il Cardinale Pietro Silvestin mori il 19 No-
vembre 1875. — Ma le lapidi commemorative, decretate dal
Consiglio Comunale, non furono ancor collocate, né nel cortile
pensile del palazzo civico, né in Àrquà ; e per quanto mi consta,
non fu dettata tuttavia veruna iscrizione su tale argomentol''
(19 Febbraio 1877).
VICENDE DELLA TOMBA DI FR. PETRARCA.
DOCUMENTI RELATIVI AL FURTO DEL 1630.
I.
Brano di documento tolto dalC Archivio comunale in Arywd
che narra i particolari del caso, pubblicato la prima volta
dair illustre Carlo Leoni,
4L Da parte da drio de la tomba che guarda mezzodì e po-
nente, dove è ora un pezo de marmo de Verona in profilo
messo con arte che sera la dita tomba con arpioni fermai de
piombo, Tarpion più grande al tramontar del sole ga nel piombo
el segilo de S. Marco, stema de la rep. veneta, nell' altro alla
senistra el segilo de la cita de Padoa che in grande è pur
r inziso sul dito arpion * e si vedono indicai T anno con V ini-
ziali de la cita come segue C. 1630. P. che voi dir Civitas
y Google
VICENDE DELLA. TOMBA DI FR. PETRARCA. 599
E^atavina. De sto sacrilego rubamento fìiit causa un certo ira-
tazio regulare de nome Tomaso Martinelli de Portogruaro qua
spedito aposito da* Fiorenzini con ordene d* esportar qualche
particola de quel corpo benedeto; e questo per invidia che i
inostri padovani i gavesse quel caro corpo; a seconda de sti
ordeni el deto frate el tentò de aver qualche cosa de uso de
c^uel gran poeta ma in vano; el pensò con dinari de guada-
g^nar el degano del paese batista polito, un Stefano fabro, un
zulìo gaio, zaneto bono e un fioleto de dodese anni fiolo de dito
zulio e insieme con questi dopo la mezanote del 27 magio 1630,
siccome era note oscura e forte burasca con gran majo a roto
r angolo de ponente, poi le casse in cui era sera quel corpo (1)
e fato pasar el brazio del puto cavò non senza gran resistenzia
el brazio destro e questo fato quel ladro frate scapò co' tutti
i so complici ; alla matina visto el caso T atual degnissimo Vi-
cario diede segno al comun facendo sonare campane a martello,
e poi informò el rap. de Padoa e con ducale 1 1 setembre sotto
el gran dose Nicola Contarin ordina che sia chiusa V urna pre-
ciosa fazendose severa inquisizion su i rei e se non invenudi
isso fato i gabìa bando. » — Leoni, Opere Storiche, ii, 41;
Padova a Francesco Petrarca, 70; Canestrini, L'ossa di Fr.
Petrarca, 85, ed Atti della Soc, Yen, Trentina di Scienze Na-
turali, voi. Ili, 1874, p. 133.
II. (2)
1630 a 11 di Settembre — in Pregadi.
Ai Rettori di Padova.
Per una stampa di costi restiamo con grande ammirazione,
e con egual displicenza avvisati déiresacrabile arditezza di chi
sia andato ad aprir l'arca del famoso Petrarca, et con lo
(1) Annota giustamente il Leoni : < È inesplicabile come questo scritto,
coevo air epoca della rottura della tomba , ripeta V errore essere stato il
poeta sepolto in due casse, » anziché sopra una nuda tavola di larice, come
si ebbe a rilevare in occasione del restauro. Il Leoni trascrisse verbo a
verbo questo documento dall'Archivio di Arquà, che sebbene, ei dice, in
barbara dicitura, è a tutti intelligibile, e spifa una fidente ingenuità.
(2) I Documenti dal ii all' vni vennero tratti dair Archivio Generalo di
Venezia, e pubblicati la prima volta dal prof. Canestrini.
y Google
600 VICENDE DELLA TOMBA DI FR. PETRARCA.
smembrare il suo corpo q' habbia tratta alcuna parte, cootv
venendo empiamente alle leggi delia pietà , e dell* humaiiit^
stessa, e per prezzo di denaro, come può supporsi, veoden' .
quello, cbe non poteva haver prezzo e dispensando con baldaiiij
inescusabile ciò che senza licenza del Principe, che a ragio:i-
gode, che siano nello stato suo, e vi riposino V ossa di buon.-
cosi insigne, non poteva toccarsi né ardirsi di separare ^r.
modo alcuno. Volemo però col Senato che dobbiate formar c-
lìgentissimo processo sopra il caso di questa temerità, e ter-
minato che sia mandarci il contenuto d' esso sotto vostro giu-
ramento per quelle risolutioni che stimeremo bene di &re L
occasione, reputata da noi di grande momento per tutti li rispetti
Lecta Serenissima Si^oria
Aff ostino ViannoloSegreUxi .
(Senato Delìb. Terra 1630 Sett.' f.* N. 317).
IH.
Seraiìssimo Principe,
Ricevemo questa mattina le lettere di V. Serenità di XI dei-
r instante con l'ordine di formare diligentissimo processo sopn*
il caso della gravissima temerità commessa da quelli , che li
mesi passati ardirono empiamente di aprire con violenza c<^'
luoco di Arquà l'Arca del famoso Petrarca, et di asportarti^
gli ossi di un braccio, con sprezzo d'ogni legge, et contxj
rhumanità stessa, aggiongendoci di dorernele dare con giu-
l'amento il dovuto conto : 11 che ci vien fatto di potere esequire
anco immediate, perchè habbiamo ritrovato che Tlllus-** Sig'
Podestà precessore fece formare con diligenza questo processe,
et farne anco la visione da uno de' suoi giudici ; Dal qual
processo appare, che sin la notte delli 27 maggio pass.® fu
commesso il detto essecrabile eccesso, et 11 rei furono un frat^
Domenicano nominato Fra Tomaso Martinelli, che predicò U
quaresima passata nella chiesa di Arquà, et che per la morte
dell'Arciprete di detta chiesa,- haveva all' bora anco la cura
in luoco di esso Arciprete, et fu accompagnato da un Bastiaii
y Google
VICENDE DELLA TOBCBA DI FR. PETRARCA. 601
Politi Degan del luoco, da un Steffano favro, et da altri cin-
que che quella sera andati tutti a cena con detto predicatore,
commisero unitamente il &tto, levando a viva forza un tassello
di pietra da detta Arca, con scalpelli, et seghette, et da quel
foro il frate con un Ronchetto tirò fuori due ossi di un braccio
di quel huomo venerando, et li portò via. Fu da questa Mag.^
Città &tta accomodare et assicurare quell*Arca; con tutto ciò
alli 19 di agosto pass.^ da genti incognite fu di nuovo tentato
di romperla pur di notte, ma in vano, et ò stata con nuova
diligenza dall' istessa città maggiormente assicurata; Del qual
secondo tentativo ne fece parimente formar processo esso ill.'^
Sig/ Podestà precessore con reiterata missione di un Nodaro sul '
luoco ; Et essendosi maggionnente detta Mag.'^ Città risentita
di questo replicato eccesso, comparvero li Signori Deputati,
davanti esso 111.^ Podestà precessore , et fecero instanza che
tutto il presente negotio fosse rappresentato alla Serenità Vo-
stra per ottenere accrescimento di autorità a dovuto castigo
dei Rei, che non essendo seguito, hanno pur essi Sig.'^ De-
putati ultimamente presentata una scrittura, perchè fosse man-
ciata alla Serenità Vostra, la qual dopo ricevuta, mentre pen-
savimo d' inviarla con T informatione suddetta al Eccelso Cons.®
de X.«* ci sono sopragionte le sopradette lettere, in obbedienza
de quali portiamo a V. Serenità la serie intiera di questo fatto
per sua compita informatione del seguito con la scrittura me-
desima. Gratie.
Di Padova li xv di Sett. 1630.
Vincenzo Capello Podestà di man propria con giuramento.
Pietro Sagredo Capitano con giuramento di man propria.
IV.
lU. et Ecc. Signori Rettori,
Non vi è delitto che maggiormente detesti la lego, et abo-
risdbó la natura, quanto il violar i sepolchri, et mquietar le
ceneri de morti, che perciò nominando gli antichi legislatori
oon titolo dì sacril^io volsero che fosse punito con severis-
sime pene di morte, et anco di confiscatione dei beni.
v Google
602 VICBHDB DELLA TQBCBil DI FR. KCHUBCA.
Questo delitto m ò grande nei casi ordioar^, et di prirsu '
persone, ti fa molto più grave, quando n ^edoDo TÌoUle l-
ceneri d* hìiomìni grandi con detrimento et ingìnnA del pob- i
blico, come i^nto è avenuto li mesi passati aeli*Aita r. \
sepolcro del Dottssimo non mai a bastanza lodato Francesce .
Petrarca Canonico della Cathedral di Padova netti anni à \
Nostro Sig.'* 1364. Qual ritroyandosi nel loco d' Ài^uà spet^^ 1
colo celebratiasimo visitato continiiamente, et eoo molta cario- J
sita da tatte le nacioni, si sono trovate persone cosi aoeleratc I
che hanno ardito li mesi passati salendo con scale rompe:
quell'Arca belissima et di grosissimo marmo, rubando sacri- I
legamento parte de un Inraccio di quell*huomo venerabile. |
Fu formato a giusta indoghenza nella moderna Città dili-
gente processo, et mentre si erodeva doppo ben serato et f&rm<
con qualche spesa il sepolcro, dovessero quelle ceneri, et €g«s
riposare in pace, si è trovato da novo con temeraria et arditi
prosontione che ò stato rotto il sepolcro medemo levandoar
ferri grociisimi tutto che strettamente et con diligenza gran-
dissima incastrati da novo con manifesto vilipendio deOa me-
desma città.
Et perchè non ò conveniente che delitto sì grave resti senu
esempio di grave et condegna poniUone, Ricoriamo perciò sa
Deputati attuaU alle SS. VV. 111.® et Ecc.® aodò si degnmo
datta parte al Serenissimo Prìncipe nostro fsra dar qneil^ au-
torità che ai ricerca per castigare come si deve quelli óèù
sarano trovati colpevoli.
(Lettere Rettori. Padova e Padovano 1630).
V.
1630 12 Ottobre.
AUi Rettori di Padova,
Dalle vostre lettere intendessimo li eccessi della grande ar-
ditezza di chi furono a romper il sepolcro del Petrarca, et a
cavarne dell'ossa sue con empia e scelerata temerità. Y||iemo
però col Senato, che usando 1* autorità d'esso passiate subito
a ritentione o proclama dei rei, et alla espeditione loro per
modo che corrisponda al delitto, dimostri a cotesta dttà il
y Google
TICBNDB DELLA TOMBA DI FR. PBTRARCA. 603
desiderìo, che havemo delle sue giuste so&fattioni, e testi-
fichi la stima, che ben a ragione facemo àeììe giuste instanze
sue, et della memoria et delle ceneri di huomo cosi celebre
e d^^o.
L. S. S.
Viannolo Seg.**
(Da e. 350 del Reg."" JSenato Terra N.'' 104 an. 1630).
VI.
1630, 2 gennaro
AIU Rettori di Padova.
Non credemo che siate divenuti ancora alla speditioné del
processo commessovi contro quelli che ardirono di violare il
sepolcro del Petrarca con empia scelleratezza, mentre non ne
havemo da voi notizia alcuna; e perchò nel castigo de colpe*
voli di eccesso si bruto si contiene la nostra et la sodis&ttione
di cotesti fidelissimi, a ragione discontenti della rottura di
queir arca, e della diminutione di cosa sì pregiata e degna
oltre al debito verso la giustitia per la sicurezza in tutti i
tempi da tutti procarata, et religiosamente volutassi de se-
polcri, vi rinoviamo col Senato le commissioni di venir quanto
prima air espeditione del medesimo processo per tanti rispetti
desiderata et della risolutione ci darete avviso.
L. S. S.
Zon Segretario
(Da e. 514 del Reg.« N.« 104 5en.« Terra 1630).
VII.
Serenissimo Principe,
Saressimo fin bora venuti alF espeditione del processo da
noi foimato contro quelli che ardirono di violar il sepolcro
del Petrarca quando non vi fosse stato T impedimento de let-
tere dell'Ili.^ Magbtrato dell* Avogaria presentate sotto li 9
y Google
604 VICENDB DELLA TOMBA DI FR. PBTIURCA.
decembre p. p. con termine de mese uno alli proclamati, 2I
quale Tiene a finire a 9 del corrente et subito spii*ato de^eoi-
remo air espeditione , quando altro impedimento dal saddetto
Magistrato deirAvogaria non ci venga interposto, quando da
rei proclamati non venisse a sostituirsi nelle forze per escol-
parsi dalla imputatione, essendo stato sempre a cuore questo
negotio per gli ordini già ricevuti dalla Serenità Vostra, et
per il debito che tenemo di ben essequirli. Gratie, etc.
Di Padova li 4 gennaro 1631.
(Codici mss. olim Brera N.*» 166).
Vili.
Sentenza contro 1 violatori del sepolcro del Petrarca
in Arquà.
La Republica fece tosto riattare V urna, suggellarne con ai'-
pioni le fenditure, porvi lo stemma di Padova e T epoca del
mis&tto, bandire il reo monaco ch'era fuggito, e punire di
galera i complici di esso. La sentenza relativa, che si con-
serva nel Museo di Padova, è la seguente:
Noi Rettori sopradetti (Vincenzo Cappello Podestà, Aldse
Valaresso Capitano) giudici dellegatti dell'Eco.^ Senato, Ser-
vatis servandis in Ducali di XII Novembre 1630 venendo alla
cspeditione delli infrascritti, cosi dioemo
Fra Tomaso Martinelli da Porto Gruaro Frate dell^oi*dine
di S. Dominico — Battista Politto, Dogan de Arquà — Stefano
Favero — Zanetto Dal Bon — Francesco Dal Gallo — Pcrin
Bianco — Francesco Leziero detto Pollitto — Gierolamo LovOy
Tutti della villa d' Arquà.
Processati per l'officio della Cancelleria Pretoria con TAu-
tonta sudetta per quello che tutti unitamente a persuasione
del sud. Fra Tomaso si siano condotti la notte di 27 Maggio
1630 sopra il sagrato di detto loco di Arquà ove è riposta la
sepoltura nella quale riposano le ossa del celebre et iisui|Oso
poeta Francesco Petrai»ca, Canonico in questa Cattedrale Fanno
1364, essendo stati cosi arditi et temerarii che havendo rotta
la predetta sepoltura di grossissimo marmo costrutta habbi
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VICENDE DELLA TOMBA DI PR. PETRARCA. 605
esso Fra Tomaso da quel Venerabii Corpo rubbatto parte del
braccio destro et quello asportato per trarne forsi inlecita
utilità, dispensando con baldanza innescusabile ciò che senza
licenza del Prencipe, che con raggione gode che siano nello
Stato suo, et ivi riposino Fossa d'huomo cosi insigne, non
poteva toccarsi né ardirsi di separare per modo alcuno. Ciò
commettendo respetivamente scientemente dolosamente con ese-
crabile arditezza contra&cendo empiamente alle leggi, et con
tutti quelli mali modi et pessime qualità de' quali in processo.
— Ploclamati però alle pregioni tutti li sudetti Fra Tomaso,
Batista Degan et Stefano Favero conscii del gravissimo delitto
da essi commesso, non hanno ardito presentarsi, benché habbino
ottenuti diversi termini dopo il Ploclama. Zanetto, Francesco
dal Gallo, Perin, Francesco Leziero et Gierolamo presentatisi
et costituiti, hanno introdotto le loro difese, le quali vedute et
considerate assai di loro escolpacione , dicemo che
Fra Tomaso, Battista, Stefano
siano perpetuamente banditi di Padoa et di tutte le altre Città
Terre e luoghi del Serenissimo Dominio, Terrestri e Maritimi
Navilii armati e disarmati et delF Inclita Città di Venetia e
Dogado. Et se alcun di loro rotti li confini veniran nelle forze,
Fra Tomaso star debba in una pregion serrata per anni dieci
continui, dalla qual fuggendo, sia et s'intenda bandito come
di sopra con taglia de lire mille delli suoi beni se ne saranno,
se non delli denarì deputati alle taglie.
Batista, — Stefano
siano mandati a servir sopra le galere de' condannati per huo-
meni dà Remo con ferri ai piedi per anni dieci per cadauno,
et in caso d' inabilità star debbano in pregion serrata per anni
doi et poi tornino al Bando che air bora debba principiare. Con
taglia de lire mille come di sopra per cadauno, et questo quante
volte contrafstrano. Per violatione di sepolcro insigne ed ogni
altro eccesso, come in pi'ocesso, ecc., arbitrio et nelle spese.
Zanetto, — Francesco Dal Gallo, -ì— Perin Bianco, — Fran-
cesco Leziero et Gierolamo stante le loro difese siano rilasciati
di prigione.
Nota, 1643. Addi 5 Novembre fu per me Francesco Pa-
glietta V. Coadjutor a d.° Pretorio abolito et cancellato il nome
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606 VICENDE DELIA TOUBk DI FR. PEnUBCA.
et cognome del detto Stefimo Favero in esseeatìon de DocsL
Patenti de di 4 Novembre instante degli lU. et Ecc. Signori
sopra la liberation de banditi, et pubblicato in forma.
(Cittadetla co. Oicvanni, Padova a Fr. Petrarca, p. 71. —
Da Ponte Claudio, Vita di Fr. Petrarca, 187-90.
Non vi fu cuore gentile in Italia, anzi in tutta Europa, dfe
non sentisse un generoso fremito d* indignazione dia Tcoe del
sacrìlego misfatto. Costantino Huygens^ valentissimo uomo di
Stato, che fu segretario deir ambasciatore Aerseens in Vene-
zia, poeta de* più illustri cbe vanti V Olanda, rìvolgeasi non solo
agli amici, ma a quanti letterati noverava la sua patria, perchè
si unissero a lui a suggellar di perpetuo anatema il frate Marti-
nelli. L' Elegia che scrìsse in un latino, forte a intendere, rì?eU
il gran dispetto che rìbolli vagli nell'anima (1). Il suo amico
Pieter Comeliszoon Hoofì più volte nelle sue lettere (2), park
con lode di questo componimento; né contento di averlo reso
nella materna lingua (3) dettò, sullo stesso subietto, un poema
originale. Siccome V Elegia deir Huygens non è guarì in ItaUa
conosciuta, cosi son lieto di ripubblicarla, professandomi rìccw
noscente del bel dono all'egregio amico mio 6. van Tienhoven.
LAURA LATRONI
Thomae MartinelUo Monaco Domimcano, qui effosso Pc
trarchae cadaveri ferebaiur bracTiium dexterum abripuisse.
Seu furor invidile est, seu spes insana nooendi.
Qua sacra Petrarchae diripis ossa mei ;
Scilicet ut sparsi nusquam vestigia, nuaquam
Reliqua discerpU perstet imago viri ;
(1) HuTOBifs, Momenta desultoria, editio altera multo nriore aurtior,
procurante Ludovico Uu^enio, cum praefalione Cwtparis Burlaci, 1655^
S. 181-99 — Costantino Huygens n. ali* Aja il 4 Sett. 1596; m. nella viUv
i Hofwyck, asilo delia corte, nel 1697 — Pietro Cornelisxoon Hooft n. in
Amstertlam il 13 Mano 1531 ; m. nella medesima villa il 25 Maggio 15 f?.
La versione, che ne fece T Hooft, è ritenuta elegante, e vien preferita
dagli stessi olandesi all'originale, i quali, mentre ne ammirano il Bobile
entusiasmo e le parole generose, non possono pur non dire; Maestro, il
senso lor m'é duro.
(2) P. C. HooPT' s Brìeven por van Vloten. Levden, by E. J. BriD, 1856.
•(3J 7. Loot van den Diamant des Heeren Uujfgens genaami Laurn
Latrami.
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VICSNDB DELLA TOMBA DI FR. PETRARCA. 607
Impie quam nihili es ! quam quo contendis, aberras
Galle, miser, quam se destrait iste labor!
Illatam decuit memorea tot crimen in annos,
Et praedatrices in tria saecla manus;
Ereptam terris aetarni vatis amorem,
Ereptum Laurae nomen utriqae Polo;
Te tibi; quem par est memorem venerabilis umbrae
Credere ad infandum diriguisse nefas;
Utque animae ìngentis sceleri occuraayit imago,
%c aliqaa doro displicuisse scelus ;
Eradenda fuit, quam nec Jovis ira, nec ulli
Eradent ulla posteritate dies,
Gloria, qua stellas, jam noa novus incoia coeli,
Attigit aetema fronde decorus apex,
Tarn quoque cum fragili nondum resolutus amictu
Sospes et hac terris parte superatea erat,
Et poterai Petrarcha mori. Quo mortua demeus
Exanimi longùm corpore membra rapis?
Te ne immortali, qiioties tria verba locuto,
Tantilla speres dade nocere viro I
Ten* coelos turbare gravem terrestribus urobris,
Ut superum jubeas ora quod ossa pati ?
Tota Cani fuerit facilis jactura sepulcri ;
Diogenem laedat parva rapina meum?
Impie, jam nihili es : sedes terrena beatas
Non tangit minimo coelite cura minor.
Quod magia invideas, minor est jam coelite Laura,
Nec patimur damni quod peperisse velis.
Illa meis olim, fateor, confusa lacertis
Bracchia in amplexus incaluere pares.
Illa meas ardens bederas, mea vincula dixi,
Nec semel erratum est utrius utra forent;
Illa meae fateor, coltura in foedera dextrae,
Dextera, ni fato displicuisset, erat;
Dextera non fleti toties non parca furoris.
Incensi toties prodiga testis beri :
Sed brevis baec secum discussit inania vitae.
Fabula ; par fumo, qualis amabar, eram,
Qualis amor, flammae ; quam non delebilis arder
Educat, aeterni sanctus amoris amor.
Hic ego nec proprii temeratu lege sepulcri,
Nec moyeor vatis quo ruat urna mei.
Putrea reliquiae, seu jam cinis estis, amantum
Non moror effosae qua pereatia humo.
Ossa toris quondam, quorum non degener usus,
Brachia turgidulia saepe revincta meis,
Non egeo vostri, melioribus ambior ulnis ;
Ambior assidui luce beata viri •
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608 yiCENDB DELLA TOMBA. DI FR. PETRARCA.
Petrarcha potiore fruor, mortalis utrique
Sarcina, si redeat, sit reditura gravis.
Divulsura duos Cloto socia vlt amantes;
Vi denata pari vita renata fide est.
I nunc, et, modicae spatio bellator arenae
Nobilis, egregiae praeroia caedis habe.
Quos rapis, in cinerea ibunt aetate lacerti,
Decipietque manus arida praeda toas;
Decipiet. Sparsaeque vago per inane rotatu
Omnes reliquias ora vel aura feret.
Haec Keph3rri mites, haec te clementior Auster,
Pulveri honorato solvere justa parant.
Quem voluit livor non esse, fnturus ubique est;
Participes populos jam facit urna sui,
Una capax Ovidii tellus fUit, una Maronis,
Petrarcham toto condier orbe decet.
Aggiungo, come curìosità letteraria, i seguenti Sonetti «L
si leggono neir ultima edizione dell'opere dell* olandese Eo>:
(Supplement des Leth^es XII). € Essi mi vennero spediti
scriveva Huygens al suo amico Hooft, dalla Frisia, e merìtaL!
d'esser letti (!!!), perchè io non mi riprometteva tanto 'i
aere crasso.
Dunque trovi piacer, insano frate
A far dell' aride ossa mie scaccio,
Ossa che giA per tanto e tanto spaccio
Poco men che reliquie sono state!
Ossa già dalla beltà stessa amate,
Ch'or, a tua crudeltà, diventa ghiaccio,
Barbaro petto, tronchi tu m'un braccio,
O cuor crudele I o voglie spietate !
Un braccio che suona tal hor la lira
D'Apollo, braccio che si spesso cinse
La beltà che tutta in fiamma hor ti mira.
Misero, non sai, che chi ì^ nome spinse
Oltre le nubi, mette in non cai V ira
Vii, come quel che tutto, tutto vinse.
Leowardiaej, ii VlJIbris
W. S (NABBLirs»
A MoNS.' Le Chi/ HUYGENS.
Esprit vamqueur de tant d' annèes
Qui s' opposent à vos travaux
Là où vous dressex vos trophées
Par dessus les Dieux infernaux;
y Google
VICBNDB DELLA TOMBA DI FR. PETRARCA. 609
Voyant celle nouvelle vìe
El une poudre, doni les venia,
Après r efTort d' une furie
Onl desja prìs leur passe- tomps.
Je le trouve très vérilable,
Qu* en despil mesme de la mort,
Bien qu'on le lient lousjours pour fable.
Le Phoenix de sa cendre sort.
P. Rntpp
iloeteur en drolt et Avocai de le Cour de U Frise.
LAURA LATRONI
Ladro cortese chi rubando l'ossa
Del mio amante fedel doni la vita
A chi senza tua non fosse uscita
Di questa scura e taciturna fossa:
Ladro Hon sei, perchè il mio ben s'ingrossa
Di quel che mi togliesti, e la perdita
Della destra mi giova, eh' impedita
Era per m' abbracciar, innanzi mossa
Che de te fosse la corporea salma
Di quel Torco immortai, a chi V era 1* alma
Ilor che la feda man mi sveglia e tocca
Lascio la tomba a non lasciar più morte
Quelle membra gentil, che T atra sorte
Perde 1 suoi stami al dolce di mia bocca.
J. V. (an der) B (tirgb)
Dove 8Ì trovi il braccio destro rapito, ignorasi affatto. Il
Leoni nelle sue Memorie Petrarchesche, riteneva fosse gelo-
samente custodito in un' urna marmorea, nel R. Museo di Ma-
drid. Ma con una saa lettera, indirizzata il 26 Febb. 1873 al
Bacchigìione, disdiceva la data notizia. Proseguia con amore
operoso le rìcercbe l'egregio prof. Canestrini, ma da quanto
n'ebbe da Madrid dall'illustre Artista padovano A. Selva (12
Febb. 1874), e dal Direttore del Museo nazionale di pittura e
di scoltura sig. Fr. Sanz (7 Febb. 1874), non solo non esiste
la preziosa reliquia, ma non v' ha notizia che abbiavi mai
esistito.
Reumont Alfred (n. ad Aquisgrana, 15 Agosto 1808),
Dichtergràber, Ravenna, Arquày Certaldo. I sepolcri dei poeti.
Berlino, 1846.
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610 VICENDE DELLA TOMBA DI FR. PETRARCA.
Mbneghelli Antonio, Brevi Cenni intomo alla restaura-
zione della tomba di Fr, Petra7''ca, Opere scelte , voi. n, Pa-
dova, Sicca, 1843, p. 260-65.
Leoni C, Ménorie Petrarchesche, con Appendice. Padova,
1843.
Canestrini Giovanni, Prima, seconda e terza apertura
della tomba, Cenni storici.
Fu aperta U prìma volta il 21 Maggio 1843 in occasione del reatauro,
per cara ed a spese dell* illustre patrìsio Carlo Leoni. Ei ne levò noa costa
la quale nel 1844 dal Consiglio di Àrquà Ai donata al comune di PadoTa.
Nel 1856, il Governo Austriaco volle fosse rimessa nella tomba, il che fu
eseguito il 10 Luglio. Il Canestrini pubblica una lettera del dottor Ferdi-
nando Moroni , medico-chirurgo di Monselice , in che dà raggaagfio di
questa seconda apertura, e ci dà pure il verbale, a prova dei ripostivi pre-
ziosi avanzi. Ebbe luogo la terza il 6 Dee. 1S73, a merito dell' Accademia
dei Concordi di Bovolenta. Fu in tale occasione che il valentissimo Cane^
strini ebbe l' incarico di farvi uno stadio antropologico, già più sopra ricor-
dato (pag. 585).
Io non posso tenermi dal non riferire le parole dello stesso Canestrini
con che egli ce ne dà conto. — Sapendo come nel 1813 e nel 1855 il cranio
fosse stato trovato non solo intero, ma anche benissimo conservato, mi era
assicurata 1* opera di parecchi artisti, e mi era recato in Arquà con tutti
quegli strumenti che stimai necessari od utili in uno studio profondo di
questo genere. Nel suddetto giorno vennero con me in .Arquà il mio assi-
stente dott. Filippo Fanzago, il disegnatore ing. Bolzoni dott. Bartolomeo,
il modellatore signor Luigi Sanavio, e vi si trovò il fotografo signor Breda
venuto da Este. Era mio progetto prendere sul cranio tutta quelle misure
che oggi r antropologia considera come interessanti, illustrare il cranio con
figure fotografiche e con disegni, e farne eseguire il modello in gesso. Aveva
portato meco dell'acqua distillata e del miglio, per determinare, secondo
le circostanze con quella o con questo, U capacità del cranio; del mercurio
per rilevare la capacità dell'orbita; dell'argilla e del gesso per calcolare
r area del grande foro occipitale ; e tutti gli strumenti neoeaaarl per mi-
surare esattamente gli angoli facciali e craniali più iiajportanti. Ma le mie
speranze furono deluse. Il cranio, che per cinque secoli avea resistito al-
l' azione demolitrice del tempo, fra il 1^5 ed il 1873, si era reso talmente
debole, che il 6 Dicembre 1873, esposto all' aria, spontaneamente si disagi
gregava. Quel cranio, che all'aprirsi della tomba io vidi intagro, dopo
pochi minuti era ridotto in una moltitudine di frammenti maggiori e minori
che offrivano ben poca messe all' esame antropologico. In tali condizioiii
fui costretto di abbandonare l' idea di far eseguire la fotografia ed il 'mo-
dello in gesso del cranio, e mi limitai a prendere su di esso qu^e misure
che si potevano. Dapprima si ruppe 1* osso occipitale in direzione trasver-
sale al disotto del tubercolo occipitale estemo e dietro i condili; poi si stac-
carono dal cranio il temporale sinistro , il parietale sinistro ed U frontale,
scomponendosi essi pure in più pezzi. Anche le ossa della fiiccia si disag-
y Google
VICBNDE DBLLA TOMBA. DI PR. PBTRA.RCA. 611
gregarono in parte, e la mandibola si divise in due metà in corrispondenza
della saa sinfisi. L* impressione che gli astanti riportarono di questa dis-
aggregazione può essere espressa colle parole che da alcuni udii : Sembrava
che il cranio fosse composto di calce viva, e gli venisse gettata sopra
deir acqua. Le parti del cranio, che rimasero illese, furono le interne ; pro-
habilmente perchè protette contro gli agenti atmosferici dalle ossa che
formano la volta. Può farsi la domanda, come mai il cranio che nel 1855
era ancora bene conservato, in soli diciotto anni sia stato ridotto allo stato
suddescritto? Innanzi tutto devo constatare che noi trovammo il cranio,
entro quella vasta tomba, collocato sopra una semplice tavola di larice, su
cui era staio osservato anche nel 1843 e nel 1855. Devo poi soggiungere
che il cranio medesimo e tutte le altre ossa si rinvennero inquinate di
nroiditA, da che si vede che 1* aria vi aveva largo accesso. In fine dobbiamo
ricordarci, ciò che più volte venne osservato, che cioè un organismo in
via di decomposizione riceve da ogni libera esposizione all' aria un potente
impulso a precipitare verso lo sfacelo. Non si può, io credo, negare che
r apertura della tomba fattasi nel 1843, e V altra seguita nel 1855, abbiano
molto contribuito a questo esito Anale. Non ostante la decomposizione del
cranio, che rapidamente si compiva, potei prendere le misure che darò in
appresso, validamente aiutato dal dott. Filippo Fanzago e dal dott. Ferdi-
nando Moroni. In pari tempo V ingegnere dott. B. Belzoni eseguiva alcuni
disegni, che mi furono poi utilissimi nei tentativi di ricostruzione scien-
tìfica del teschio.
Datoci Telenco delle ossa che il 6 Dicembre 1873 si trovarono nella tomba
del Petrarca, il Canestrini conchiude: A torto le cronache asseriscono,
essere stata asportata la scapola destra, giacché il 6 Dicembre 1873 essa
fu trovata nella tomba. A torto ancora sostennero il Meneghelli ed il Leoni,
essere stato rubato tutto il braccio destro, giacché il radio destro Ai rinvenuto
entro il sarcofago. Il furto si è dunque esteso indubbiamente all'omero
deatro ed al cubito destro, e forse, ma non probabilmente, anche alle ofl»a
della mano destra. Dico non probabilmente^ perchè queste ossa nel 1630,
ossia quasi trecento anni dopo la morte del poeta, erano al certo isolate,
non tenute al loro posto dai ligamenti, e non è supponibile che un ladro,
il quale commetta il fVirto di notte, in fretta, e senza il sussidio della vista,
perda il tempo raccogliendo delle ossa minute, dove facilmente può impa-
dronirsi di ossa più voluminose. È vero che mancano molte ossa tra quelle
delle mani e dei piedi , ma è possibile eh' esse sieno state consumate dal
tempo.
lo non cesso di esj^imere un voto, cosi T ottimo mio amico Gommend.
prof. Bernardi , ed è che una edicola sorga protettrice sovra il tumulo del
gran Cantore e Filosofo e Cittadino, perchè i resti mortali, quasi distrutti
affatto dagli anni , dalle intemperie cui furono abbandonati , poscia dalle
improvide cure, non patiscano davvantaggio; e il riverente visitatore abbia
la coscienza che se io spirito immortale vive con Dio e si bea nella fonte
d* ogni bellezza e verità, qualche cosa rimane a noi del congiunto a quel-
r anima grande, cioè delle membra che per settant* anni di terrestre
operoaisuma vita lo vestirono. — Il Bernardi ci offre il disegno di un gentile
tempietto in istUe bizantino , fatto dall' insigne architetto Giuseppe Segu-
y Google
612 VICBNDB DELIA TOMBA. DI FR. PETRARCA.
sìni di Belluno, altamente plaudito, e eh* ei sarebbe lieto di veder e
(La Scena di Venezia, 20 Aprile 1883).
E a questo proposito scriveva al Bernardi il de Berlac-Pemssls, Aix
12 Juillet 1874 : < Je regrette que le remarquable pian de Soguàni n' ait
pas ótè fxécutó à Arquà. C eùt 6tè un excellent mojen du oonaerver
l*088uaire de Pétrarque, et son oeuvre est en parfaite haraumie avec 1^
monumens déja existant qite Ton aveait òté tentè de rattriba«r au méme
architccte. Kspérons qu' en 1904 on sera mieux avisè, et V on rèparer»
rinjustice de 1874. »
Né questo pensiero è nuovo. ^ Antonfrancesco Doni» a nona della
Accademia Pellegrina, si diede attorno per innalaare un monumento, quasi
a foggia di tempio e di teatro, per ooUocarvi Tarca sepolcrale del Petrarca,
attorniata dalle statue dei più illustri letterati antichi e moderai. Il pro-
gramma di tale impresa può leggersi stampato nel CaneeUiere detèt Me-
twyrie^ col titolo La fama al mondo (p. 17). S* invitarono diversi princìpi
e signori a concorrere alla spesa della fabbrica , che dovea nascile una
cosa mirabile e splendidissima ; e si hanno tuttora in propoaito dae lettere
del 27 e 28 Aprile 1563, dirette ai duchi di Ferrara e di Firenze. A questa
impresa deve aver relazione anche un rarissimo libriccino coi ritratti e le
vite di Dante, Petrarca e Boccaccio, pubblicato a nome degli Accademie^
Pellegrini, colle seguenti parole sul frontispizio : «e Dato in Arquà per me-
moria di M. F. P. 1563. * Ma quale ne fosse la ragione, il disegno , benché
annunziato con tanta pompa, non ebbe effetto nisauno. 5. Bongi, I Marmi,
Ed. Barbèra, 1863, i, xl.
•
ELOGI.
Sermo habitus in exequiis D, Francisci Petratxhae, Poetae
laureati a Rev. Magistro Bonaventura de Padua, Ordinis
Fralrum Eremttarum S. Augustini, qui postea ex Generaìi
Ordinis S, Augustini factus est Patriarca AquilefensiSy A. 2).
1374. Mai'sand, Bibl. Petr. xxxi-xxxvin. - "
Di questo P. Bonaventura da Peraga veggasi quanto ne scrive
il Torelli ne' suoi Secoli Agostiniani, Bologim^ 1680, a. 1386;
il Rossetti, Petrarca, Giulio Cesare e Boccaccio, p. 375; il Ti-
raboschi, Storia della Letter. Ital. t v, p. i, 1. ii ; ed il Fracassettì,
Senili n, 184.
lovii P., Elogia virorum literis ìllustrium. Yenetiis, 1756.
EL XXXIV. Petrarca,
Bettinelli Saverio, Delle lodi del Petrarca. Bassano, Re-
mondini, 1 786. — Id. con lettera al co. Marcantonio Trìssino,
Principe dell' Accademia Olimpica di Vicenza, Bettinelli, Opei^e,
Venezia, Cesare, 1799, voi. vi, p. 183-327.
y Google
ELOOI. 613
Pelu G., Elogio di Fr, Petrarca, Elogi degl' illustri Scrit-
tori Toscani, Lucca, 1771. Voi. i, p. 142.
RuBBi Andrea, Elogio di Fr. Petrarca. Alla nob. Signora
Elena Albani, principessa di Teano. Rubbi Opere, Venezia,
Marcuzzi, 1782, nel voi. xi.
PEftou Luigi, (n. 19 Dee. 1772, m. a Venezia il 18 Marzo
1834). Elogio del Petrarca, s. 1. e. a.
4C Se le osservazioni non giungono a quell'ampiezza e pro-
fondità che non possa esser conseguita salvo da diligenti ri-
cerche e da lunghe meditazioni, bastante indizio si trova di
un ingegno che presentiva più ancora di quello che gli era
dato conoscere distintamente. » Carrer, Elogio del Pezzoli.
Martini Francesco, Orazione d* inaugurazione dei busti
del Petrarca e del Poggio detta nelV Accademia Valdamese di
Montevarchi il 7 Seti. 1829. Firenze, Pezzati, 1829.
Rezza Eugenio Federico, Nella commemorazione di Fr.
Petrarca, Discorso. Genova, Tip. de' Sordo-Muti, 1869.
Malmignati a., Parole sulla tomba di Fr, Petrarca. Pa-
dova, Sacchetto, 1870.
RiEPPi Antonio , Discorso sopra Fr. Petrarca , letto nella
Festa letteraria del liceo Gargallo il 14 Marzo 1874. Siracusa,
Norcia, un op. in 8^ gr. di pag. 96. — V. Riv. Eur. Agosto
1874; il Baretti, 1874, p. 243.
Lombardi dott. Eliodoro, Francesco Petrarca, Orazione
letta nell'aula del R. Liceo Paolo Sarpi per la festa letteraria
del 17 Marzo 1874. Bergamo, Gaffuri e Gatti, 1874.
Studia il Petrarca come uomo, come artista e come cit-
tadino.
De Campello Paolo, Pel V Centenario di Francesco Pe-
trarca, Discorso letto il 17 Decembre 1874 in Roma nella
solenne tornata degli Arcadi per celebrarne il Centenario,
Napoli, Tip. degli Accattoncelli, 1875.
« A me spetta il compito di narrare per quali miracoli
dell' ingegno e' giungesse in vita ad essere l' uomo piìi cele-
brato non pur d'Italia ma di tutto il mondo civile; per quali
cagioni quindi sopravvivesse sua gloria al sepolcro; si accre-
scesse anzi col volger de' secoli , e riuscisse in questo quinto
anniversario di sua morte, a commovere ogni anima colta e
gentile. »
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614 BLOOI.
CARDuoa Giostà, Presso la tomba di Fr, Petrarca in Arptà.
Livorno, Vigo, 1874.
Albabdi Aleardo, Discorso su Fr. Petrarca^ UUo a Badate
il 19 Luglio 1874. Padova, Sacchetto, 1874.
Discorei tutti e due stupendi, tutti e due accompagnati da
frenetici applausi. — Con rapide pennellate il Carducci <^ ritrae
il poeta e insieme il padre del rinascimento. Poeta» da nes-
suno ne tolse F esempio; egli il primo a denudare eatetica-
camente la sua coscienza, a interrogarla ad analizzarla; egli
idealizza il sensibile, rìbenedice la natura, accosta a noi il di-
vino e lo mette a parte de' nostri sentimenti. Come scrittore
latino, egli, padre del Rinascimento, guerreggia apertamene
il Medio Evo, e reso laico il latino, di sacerdotale ch*era, fondò
tra le nazioni occidentali la repubblica delle lettere. Ammira-
tore del passato classicismo, non vi si adagia, ma riguarda
airavvenii^e. Tra tutti i suoi concetti ed affetti spicca quello
dell' Italia, della nazione latina che ha per capo Roma, e per fine
la cacciata dello straniero. Neil' oratore, il crìtico ed il poeta si
mescono; la sua parola eloquente, piena di foco, t'inonda, ti
scalda, e via ti tt*aacina. — Più sereno è il discorso d^*A-
leardi: l'anima del cantor di Maria ci parve piii all^ unìsono
con quella del cantor di Laura. Come in un'acqua limpidis-
sima, e direi splendente, che nulla nasconde, vi leggiamo spec-
chiata la vita del Petrarca, il suo carattere, che non sapremmo
si potesse coglier meglio, i conflitti appassionati di quel caow
amante e mal corrisposto. Bellissima la parte che tratta del
Canzoniere: la ti par scritta con la lingua d'amore. Ima^i,
concetti, colori d' un fare BelUniano. Ma quando parla del Pe-
trarca politico, che parve sognatore e fu profeta, rAfeardi,
che col canto inspirato, coi dolori del cartere e delPesiglio,
mostrò di essere patriotta daddovero, rincalza con più arte il
suo dire, ti diviene per infino incisivo sarcastico, e par ti di-
stenda innanzi il lenzuolo funerario, entro a cui avvolge, e per
sempre, tutti, quanti furono, i secolari nemici del bel paese.
Massonii Papirii, Elogia Varia, Eloffium Fr, Petrarcae. Pa-
risiis, Huré, 1638.
BuLLART, Eloges hist. des hommes illustres. Paris, Bilaine,
1862. — Petrarca, n, 311-318.
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BLOOI. 615
LiOTABD L. J., président du Tribunal d' Aix (n. a lale, 1772;
m. in Aix, 1836). — L'Accademia di Valchiusa, fin dal 1815,
decretava un premio air Autore del miglior elogio del Petrarca.
Solamente nella seduta dd 30 Nov. 1820 venne esso aggiudi-
cato al sig, Liotard. Però l'elogio non vide mai la luce. L' Ac-
cademia oe ne ha dato un sunto, non senza citarne qualche
brano interessante nel libro divenuto assai raro: < Seance
publique de l'Acadómie de Vaucluse, tenue le 30 Novembre
1820 à l'occasion du prìx d'éloquence décernée a Af. Liotard,
auteur du miileur Ehge de Pétrarque au jugemen de cotte
Société. » Avignon, Seguin, 1821.
« Quando ebbe comindamento l'Accademia di Padova (1781)
il primo programma che si diede a trattai*e fu l'elogio del
Petrarca con l'assegno di un generoso premio a chi meglio
riuscisse in si laborioso e nobile lavoro » (MenegheUi, Della
stima ecc. p. 18). € Doveva egli esser considerato sotto triplice
aspetto: I. Di ristora tor principale della latinità e della lette-
ratura: II. Di poeta originale e di sentimento: III. Di amatore
entusiastico del Bello Morale, e promotore zelante del bene
universale, e dell' onore d' Italia. » Esigevasi un componimento
oratorio di prima sfera (!). Se non che improvisamente, nel
17S3, il più nobile argomento che dar si possa, scrive il Bet-
tinelli (Delle lodi di F, Petrarca), fu cambiato in altro, e mori
la seconda volta colà il Petrah;a.
ICONOGRAFIA.
Marsand ab, Antonio, Dichiarazioni ed illustrazioni sto-
rico-critiche del ritratto di Fr. Petrarca , tratte dalla edizione
delle rime fatta per cura dello stesso. Padova, Tipog. Semin.
1819. — E nell'opera: Padova a Fr. Petrarca. Tip. Semin.
1874, 1-14.
Peruzzi V., Notizie sopra due piccoK ritratti in bassori-
lievo rappresentanti il Petrarca e Madonna Laura che esistono
in casa Peruzzi di Firenze, con delle iscrizioni del XIV secolo.
Parigi, Dondey-Dupró, 1821. — V. De Sade, i, note xii; An-
tologia di Firenze, Agosto, 1822.
y Google
616 ICONOGRAFIA.
Cicognara Leopoldo^ Lettera al cav. GiOTanni Lazan s-l
vero ritratto di Madonna Laura. Roma, Salviucd, 1821,-
Estratto dal Giom, Arcad. XII Novembre. ^
Lettera al suo amico il marchese Gino Capponi si: \
ritratto di Laura. j
Sui ritratti di M. Laura. Storia della Scuitura^ Prato. 1
1823, voi. 111,321.
Meneghelli Antonio, Lettera al cav. Piccolomini BéUaiiti di
Siena, sul presunto ritratto di M. Laura. Padova, Minerva, 1821
— Meneghelli, Opere, Padova, 1831, voi. vi, p. 151-169.
Barbieri Giuseppe, Intorno a' varii ritratti che o scolpi:;
o intagliati o dipinti vedonsi del Petrarca. A FioriUa. Barbieri
Opere, Padova, Crescini, 1824, voi. rv, 197-207.
Re Zefirino, I ritratti di Madonna Laura. Fermo, Giferri,
1857; e nelV Album di Roma.
Urbani Domenico, Opere d*arte relative a Fr, Petrarca di-
si oonservano a Venezia. Petrard e Venezia, 253. — Dipinti.
261. — Miniature, 264-72.
Horiis doti. Attilio, Iconografia della Petrarchesca Ross^t>
tiana. Ritratti del Petrarca e di M. Laura, Catohgo deW Opere
di Fr. Petrarca, ecc., p. 199. — Vedute dei luoghi abitati Jj
Petrarca, 209. — Rappresentazioni dei Trionfi, 211. — Acqih-
relli relativi al Canzoniere e ai Trionfi, 217.
Del ritratto del Petrarca, V. Fracassetii, Epist Faxn. v, 4 IT.
Méziéres , Pétrarque, 52; e di 'quello di Mad. Laura, vegg-
io stesso FracassetU, Ep. Fam. i, 383.
RITRATTI, STATUE, DIPINTI.
Giotto Stefano, — < In S. Pietro di Roma, -rovinandosi U
mure vecchie di quella Chiesa per rifar le nuove della fìtbbrica.
pervennero i muratori a una parìete dove era una nostra Donni
ed altre pitture di man di Giotto, il che veduto Perino (Del
Vaga), ch'era in compagnia di messer Niccolò Acciainoli, doti,
fiorentino e suo amicissimo, mosso V uno e T altro a pietà di
quella pittura, non la lasciarono rovinare , anzi fiitto ti^Haiv
attorno il muro, la fecero allacciare con ferri e travi, e collo-
carla sotto Porgano di San Pietro, in un luogo dove non era
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RITRATTT, 8TATUE, DIPINTT. 617
né altare nò cosa ordinata; ed innanzi che fiisse rovinato il
muro, eh* era intomo alla Madonna, Ferino ritrasse Orso del-
l' Angnillara senator romano , il qnale coronò in Campidoglio
mcsser Francesco Petrarca, che era a* piedi della Madonna . . .
Vasari, Vita di Ferino del Yaga, x, 168. » — Queste pitture
di Giotto sappiamo che furono salvate dall' Acciaioli nel 1543,
quando fu buttata a terra la vecchia Basilica Vaticana. Nel
rifare l'andito di S. Andrea nel 1628, queste pitture si scolle-
garono di maniera, che non fu possibile di rimetterle insieme,
e DOn rimase in piedi altro che la iscrizione dell'Acciainoli.
Ma finalmente, nel 1728, quest'opera fu interamente restau-
rata per ordine di papa Benedetto XIII. Oggi tanto il lavoro
di Giotto quanto quello di Ferino non sono più in essere. —
Annotatori del Vasari. Id.
Memmi Simeone^ di Martino. Nella parete meridionale del
Capitolo dei R. R. F. F. Domenicani in S. Maria Novella. —
Accanto a un cavalier di Rodi, messer Francesco Fetra^ca,
ritratto pur (Ji naturale, il che fece Simone per rinfrescar nelle
opere sue la fama di colui che l'avea fatto immortale. Va-
sari, II, 90. — € Quella iaccia di Satiro, dice il Cicognara, non
è certamente il ritratto del Fetrarca. » — Il Vasari vuole che
Pandolfo Malatesta mandasse Simon Menuni insino ad Avi-
gnone per ritrarvi il Fetrarca (n, 98). Ma gli Annotatori del
Vasari sono di contrario avviso, mentre il Memmi, come si ha
da un documento contemporaneo, non vi fu che nel Febbraio
del 1339, chiamato alla corte del papa con grandissima in-
stanza. Vasari^ ii, 88; Mecatti Gius, ilf, Notizie isteriche ri-
guardanti il Capitolo ecc. Firenze, Faperino, 1737; Cicognara ^
Storia della Scoltura (Ediz. di Frato, 1833) m, 322; Storia
della Fittura italiana di Crowe e Cavalcasene, ii, e. xn, nota 86.
N. N. (creduto del Guariento, o della sua scuola). Ritratto?
tolto a lui vivo, e il piii antico di tutti, che già esisteva nella
casa canonicale del Fetrarca in Fadova, e l'anno 1816 donato
da' marchesi Selvatico alla casa vescovile, dove tuttora si con-
serva. Gandolfi ine.
Aldigieri o Altichieri da Zevio, e Ottaviano Prandina bre-
sciano (dipingevano in Fadova nel 1376). Il ritratto del Fetrarca,
insieme con quello di Lombardo dalla Seta, dipinto nella Sala
dei Giganti (ora Biblioteca). Nel palazzo del Capitano in Fadova.
30
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618 MT&ÀTTI, STÀTUE, DIPB4TL
Non ne ree^ che un miaero avanzo, ma afigurato dal ntoooo.
— Anonimo MoreUiano, — V. Vcisari, vi, 90, nota 2.
Aldigieri o AÙichieri da Zeoio^ veronese. Nella guerra d.
Gerusalemme, dipinta nella gran sala degli Scaligeri in Verona.
« Nell*omamento che la ricigne a tomo a torno pose dalla
parte di aopra quasi per fine un paramento di medaglie io
che ritrasse di naturale molti uomini segnalati di que^ tempL
Fra molti ritraiti di grandi uomini e litterati vi à conosce
quello di mesaer Francesco Petrarca. » — Vasari^ Yiia di Yitton
Scarpacda, vi, 90.
Giusto di Giovanni Menabuoi di Firenze. (Del popolo San
Simone, registrato Tanno 1387 nd vecchio libro deUa compa-
gnia dei pittori di Firenze, detto anche Giusto padovano). Nel
Battisterio del Duomo di Padova.
La Tempo Antonio, Nel 1397, nella Chiesetta di S. Michele
di Padova.
D, Lorenzo , pittore , monaco camaìdoiese degli Angeii dt
Firenze» — In S. Trinità di Fii^nze dipinse a ireaco la Gap-
pella e la tavola degli Àrdinghelli, che in quel tendpo ùi molto
lodata, dove fece di naturale il ritratta di Dante e del Petrarca
(opera che più non ai vede). — • Vasari ii, 211.
Dal Castagno Andrea di Mugello, -« Dipinse a Liognaia s
Pandolfo Pandolfini in una sala molti uomini illustri (ogr.
ridotta a casa colonica, di proprietà del Marchese Rinuccini)
Di costa a Dante ò effigiato il Petrarca, col motto: Dominui
Franciscus Petrarcha,
Benozso Gozzoli^ in una Cappella laterale della GhieBa di
S. Francesco, nella piccola città di Montèfìdco, non lungi da
Fuligno nell* Umbria. — V. Vasari^ Commentario alla vita dì
Benozzo GozzoU^ iv, 194.
Bellini Gentile, Ritratto del Petrarca con cappa. Netta Gal-
leria Manlrin di Venezia. — Rosadìs.; CrineUari ine.
Leonardo dayinci, o sua Scuola^ Ritratto del Petrarca,
con laurea.
Raffaello Sanzio, — Nel monte Parnaso. — « Ewi la dotta
Saffo et il divinissimo Dante, il leggiadro Petrarca e lo amo-
roso Boccaccio, che vivi vivi sono. Vasari, vm, 18. — Qoivi
Diogene è dipinto tutto solo e sdraiato per li gradini del portico,
proprio come lo descrive il Petrarca nel RI della Fama: Assai
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RITRATTI, STATUE, DIPINTI. 619
pii4. che non %mol nergogna^ aperto. Id, 366. — Agricola ine*
— - < Noi pensiamo che le rime del Petrarca, come quello che
più al suo animo gentile si confaceva, anct»* più del poema
sacro, dovettero esser cercate e studiate dal Sanzio, e dal
Trionlb della Fama ricevette la principale inspirazione ed al-
tresì la principale erudizione per questa seconda storia di filo-
sofia. » JRanaUi, Storia delle belle arti in ItaUa^ i, 363. — E il
CrotHf parlando di Raffaello: si può credere che il Petrarca gli
g'uidasse il pennello, col suo Trionfo della Fama, nella Scuola
dì Atene, e con quello d* Amore, nel Parnaso. Vita di Michel.
Bucnarotti, ì, 118. — Neir affresco della Poesia.... tre poeti
tengono il più alto luogo fra gli altri. Omero, poeta sovrano,
e pi*esso a lui- è Virgilio che, tutto dolcezza si volge a Dante,
con gli sguardi fissi nel suo Duca e in atto di seguirlo, men-
trechè il Petrarca, che molti allora e poi preferivano al Canto^e
della Divina Commedia è più sotto, e, appoggiato ad un alloro,
mostra solamente la faccia, ascoltando immobile dò che antidii
l)Oeti parlano intomo lui; nò meglio si poteva significare il
cantore di Laura, leggiadro, dottissimo per quell'età, e con-
templatore sereno. Conti , Dell'arte sapiente di Raffaello.
Bel Vaga Pierino, Orso dell' Anguillara, Senator Romano
incorona in Campidoglio mes. Fr. Petrarca, ch'era a piò della
Madonna. V. Valori, Vite dei Pittori, voi. x, pag. 169, Ediz.
I^e Mounier.
Angiolo di Cosimo, detto il Bronzino, — A Bartolommeo .
Bellini, per riempiere alcune lunette di una sua camera, fece
il ritratto di Dante, Petrarca.... figure dal mezzo in su bel-
lissime. Vasari, vm, 161. — BenagUa, ine.
N. N. Petrarca, dipinto del XIV secolo. Nel Museo d'Avi-
i^none. — Mayen, fot. — Souvenir du dnquìéme Centenaire
«le Pétrarque.
Vasari Giorgio, — « Fra gli altri feci un. quadro in cui era
Dante, Petrarca, Guido Cavalcanti, il Boccaccio, Cino da Pi-
stoia e Guittone d'Arezzo, il quale fu poi di Luca Martini,
cavato dalle teste antiche loro accuratamente, del quale ne sono
state fatte molte copie. Vasari, Le Vite, i, 23. — Una di queste
resiste nella Galleria del Duca d' Orleans.
Alti-a tavola rappresentante Zanobi, Guido d'Arezzo,
il Petrarca, Cino da Pistoia, Dante e il Boccacdo. Esisteva
y Google
620 RinUTTI, STATUS, DIPINTI.
nella GaUeria Giovio. — • Dì questo dipinto la Roesettìana à
Trieste possiede una copia (Disegno a contorno).
N. N. Nella Biblioteca Marciana. Apparteneva a Tomaso
Farsetti. V. Petrarca e Venezia, 261.
N. N. I Ritratti del Petrarca e di M. Laura, di manien
Tizianesca. Presso la nob. famiglia Porto di Vicenaa.
N, N. Scuola Toscana. Nelle Gallerie degli Uffizi di Firenze^
nella prima sala della Scuola Toscana. ( Corridore a ponente,
e Sez. XI, primo spazio).
iV. N. In casa Baldovinetti di Firenze.
Refini Francesco, da Spoleto, Fr. Petrarca. Per la Biblio-
teca Ra&elli.
Naldini,., Palazzo Corsini, prima camera.
Bergerety Petrarca. Inc. Noél e Massaie , sotto la dìrez. di
AugìASto Desnoyers (1).
Memmi Simeone, Bassirilievi in marmo del Petrarca e di
Laura, scolpiti nel 1344. — In casa Peruzzi, Firenze. — « Non
mette ben parlare qui di quei due ritratti del Petrarca e (li
Laura in un marmo di casa Peruzzi , perchè chi ha qualche
giudizio non può averli che per una goffa impostura. » Anno-
tatori del Vasari, », 99.
N. N. Statua nel palazzo degli Aitovi ti, borgo degli Albìzzi
, in Firenze. Filippo di Baccio Valori che illustrò que* simulacri,
non indica chi ne sia l'autore.
N, N. Statua, presso la porta di S. Nicolò di Firenze. V.
Osservazioni sugU edifizi di Firenze, ii, 185. Questa -atatua
fu tolta dall' incompiuta facciata del Duomo , allorché per h
nozze del gran principe di Baviera fu demolita, per dar luogo
ad altra che non ebbe poi effetto.
Danieletti Pietro, Statua, nel Prato della 'Valle in Padova.
V. Neumayer, Illustrazione del Prato della Valle , oesia della
Piazza delle Statue, Padova, Seminario, 1806.
(1) Sappiamo che nel Palazzo ducale Visconti in Pavia, fa ritratta al
vero in inttura a (Vosco , V elRgie di Fr. Petrarca. In un convocato del
Consiglio generale di Pavia, In data 5 Gennaio loS3, trovasi deliberato che
ad istanza delP istoriografo Aldo Manuzio, si dovesse mandargli a spese
della città il disegno a penna di Messer Francesco Petrarca, con i colorì,
secondo Timagine sua eh' è nel castello. Dell'Acqua, Ti Palazzo Ducale in
Pavia e Fr. P^arca, p. 15.
y Google
BITRATTI, STATUE, DIPINTI. 621
Leoni Andrea, Statua nella Galleria degli Uffizi in Firenze.
V. Inaugurazione delle XXVIII Statue d'Illustri Italiani nel
Portico degli Uffizi. Firenze, Tip. Calasanziana, 1856.
Ceccon Luigi, Statua. Sul rotolo mezzo svolto che tiene
in mano, appariscono scolpiti i Tersi: Vitalico valore Negtitalici
cor non è ancor morto. A Padova, in piazza dei Carmini, ora
piazza Petrarca. —V. Nuova Illustraz, Universale, 1874, ii, p. 72.
Bastanti, Busto. Casa Batelli, via S. Egidio, Firenze.
N, N, Busto, nel Boschetto Strozzi, sul colle di Monte Oli-
veto, a cavaliere di Firenze.
N, iV. Busto, nell'Accademia Yaldamese in Montevarchi. Fu
inaugurato il 7 Sett. 1829.
Dupré Gius., Busto. È uno de' suoi primi lavori.
MoìH Benedetto, di Arezzo, Busto, nel vestibolo del teatro
di Arezzo.
Monti Gaetano, di Ravenna, Busto air ingresso del palazzo
Malasptna in Pavia.
Bandini, Busto, nel tempietto di Selvapiana.
FinelU Carlo, Busto, nella Protomoteca Capitolina.
Sanavio Natale, Francesco Petrarca nell'atto di recitare il
sonetto Levommi il mio pensier 1874.
Chardigny, Busto del Petrarca. Riprodotto nel 1874 in
Fotografia dalla Casa Delafosse di Parigi.
Consonove , d' Alx , Busto. < Le bronzo de Pétrarque que
nous devons au Gouvemement, sera inauguré à Vaucluse après
soD couronnement officiel à Avignon. — Il Comitato é^Aias alla
Accademia della Crusca. » Il busto venne collocato sopra una
colonna di Yalchiusa. Monti,
Monsonove, Petrarca e Laura, bassorilievo. Nel Museo di
Avignone.
Giuliano e Francesco di Giovanni, detto il Francione,
Petrarca, in tarsia. Nel battente della porta della sala dell'O-
i*ologio, Palazzo della Signoria.
Gerbi, Elegante cuscino in che, tra ujia ghirlanda di fiori,
(3 rappresentato il soavissimo Poeta d'amore (1874). •
MichieU, Fonderia. — Riproduzione in bronzo del Calamaio
del Petrarca, 1874.
y Google
622 RITRATTI, STATUS, DiPCm.
Agricola FiUppOy Petrarca e Laura.
Yibert GiuHOy Petrarca e Laura, nella Biblioteca del CasteSi
di Nozet Esposìz. Univ. di Parigi.
Mongeri Oiuf,, Petrarca e Laura. Espoe. mil. 1845.
GhMna G., di Ampezzo, Petrarca e Laura.
Ghedina G., Petrarca che vede la prima volta Laura. E5f>.
mil. 1845.
Gamba Enrico , di Casalmonferrato , Incontro di Fr. Pe-
trarca con mad. Laura. Espoeiz. tor.
Pagliano Eleulerio, Lo stesso soggetto. Esposix. mO. 1818.
Gandini ine.
Conti Cosimo^ Lo stesso soggetto. Espos. fior. 1855.
Induno Domenico^ Petrarca in Avignone, dove scoi^ge MaJ
Laura che sta conversando con una contadina. Eeposiz. mil..
1844. Di proprietà del co. Domenico Greppi.
Beniamino Fr,, napolitano, Petrarca alla fonte del Sorga
Espos. mil. 1839.
Paoletti Pietro, Laura ch'esce dalla fonte dove solea ba-
gnarsi. — V. Meneghellì A., Sopra un dipinto, ecc. Pado^x
Crescini, 1829.
Appiani Andrea, Petrarca mostra al pittor Simeone Memmì
Laura di Sade eh* esce dalla chiesa, e gli chiede il suo ritratto.
Espos. mil. 1854; univ. di Parigi, 1855. Di proprietà del or
Litta.
Ruhio cav. Luigi, Petrarca che fa ritrarre Madonna Laun.
Gatteri Gius., Il corteo trionfale del Petrarca ohe aale la
Campidoglio. Acquerello.
Pierini Andrea, 11 Petrarca coronato di alloro in Campi-
doglio. Dipinto illustrato dal prof. A. Zoncada. Gemme d'Arti
ital. 1846.
Masini Cesare, Il Petrarca nella Certosa di Monterivo.
Proprietà dell' architetto Morandi di Odessa.
Podesti Francesco, Corte papale di Avignone, presente il
Petrarca, e S. Caterina di Siena, venuta innanzi a Gregorio XI
per indurlo a riportare la S. Sede in Roma.
Brini prof. Carlo, di Poggibonsì, Francesco Petrarca a
Bologna. Prima espos. ital. 1861.
Melehe Luigi, Petrarca che legge le sue opere al Doge
Loi*enzo Celai. Esposiz. ven. 1850.
y Google
RITRATTI, STATUE, DIPINTI. 623
Voltati Gitiseppe, Presentazione del Petrarca nella Sala del
Collegio, nel palazzo ducale di Venezia. Espos. ven. 1861.
Mantefffta Andrea, Miniature del Canzoniere.
N, N, Forse Paolo Uccello o Matteo Pasti, Veronese. I
Trionfi d* Amore, della Morte, della Fama e della Divinità.
Nella Galleria degli Uffizi di Firenze. — Peraccini Fr, disegnò.
Nella Rossettiana.
Yanni Francesco, I Trionfi della Castità, della Morte e della
Fama. Neil* Accademia di Belle Arti in Siena. € Son molto no-
tevoli per i costami dell^ epoca, e se ne valsero il Bonnard e
il Fen'ari. » Hortis.
IHziano YecelUo (?), Il Trionfo della Morte, della Fama,
del Tempo, della Divinità. — Si diceano conservati presso il
Big'. Giov. Michilli di Roma. Furono disegnati da Gtov. Ant,
Buti, incisi da Silt>, Pomarede.
Due Tavole, dipinte a tempera, già pareti di cassapanche,
ognuna di esse divisa in tre parti, di scuola fiorentina, della
prima metà del mille quattrocento. — Altre due tavole, d^ignoto
autore, con la data del 1468, e pur di scuola fiorentina. Ap-
partengono alla Rossettiana di Trieste. — Vi si veggono isto-
riati i Trionfi del Petrarca. — Il pittore delle tavole più antico
non fece prova di rioca immaginativa, ma, nell' indovinare
queir insuperata gentilezza del Petrarca, riuscì a meraviglia,
laddove goffo e volgare ò quello delle tavole del 1468. Se non
che, non potendo essere convenientemente ritratte dall'arte fo-
tografica, perchè guaste assai, se ne fece un lucido accurato
dal bravo ed intelligente sig. Gatterì, poscia riprodotte in
Albertina dal premiato stabilimento Sebastianutti di Trieste.
Dalle più antiche di tempo si scelse il Trionfo d' Amore e della
Castità,* dair altre quello della Fama, e furono poste a beir or-
namento delia magnifica illustrazione dataci dall* Hortis dell' o-
pere del Petrarca della Rossettiana. V. Hortis, Elenco, «ce., p. 214.
I sei Trionfi del Petrarca, incisi da Giorgio Pena di No-
rimberga.
Paoietti P. Il Trionfo deUa Castità. V. MeneghelH, Opere
scelte, Padova, Sicca, 236-43.
Podesti Andrea, anconitano. Condusse in disegno tutti i
Trionfi.
y Google
624 RITRATTI, STiLTUE, DIPI!«TI.
Barbieri^ Il Trionfo d'Amore, in Mosaico. V. Morontj Dii
di erudizione, voi XLVii, 79.
' Ruo Gennaro y Fiera tempesta che distrusse il porto di
Napoli/ descritta dal Petrarca che vi si trovò presente.
Martini Simeone, detto Memmo^ Memmi di Stena^ Laura,
nella Cappella degli Spagnuoli in S. Maria Novella dì Firenze.
— A dinotare i piaceri , scrive il P. Marchese , e le voluttà
onde sono adescati e sedotti i mortali^ ritrasse pure una schiera
di giovani danzatrici , e fra esse al<iuni credettero vedere la
bella Laura per la quale tanto vaneggiò Francesco Petrarca:
Memorie dei piii insigni Pittori, i, 126. — Nella facciata dd
Capitolo di S. Maria Novella furono pure ritratti di mano di
Simone il Petrarca e Madonna Laura ( Vasari, n, 98 ). — Ma-
donna Laura del Petrarca, ritratta di naturale, vestita di verde,
con una piccola fiammetta di fuoco tra il petto e la gola.
{Vasari, u, 90). — Conte dis. ed incise. — Rispetto al ritratte
di Laura, è stato un gran dire ai giorni nostrL Volevano al-
cuni che nella casa dei Bollanti di Siena se ne trovasse une
di mano di Simone, dipinto in grossa tavola di legno (ora d
proprietà della nobile Donna Isabella Bellanti in Firenze), du
agr intendenti non pareva, perchè in esso trovavano le foggia
del vestire, T acconciamento del capo, e (quello che è piii) h
maniera del ^ipiogere propria del secolo XV. Il Cicoffnara.
attenendosi a quel verso del poeta, it» la ioide e la ritrasse »
carte, propende a credere .che il ritratto di Madonna Laurj
fosse in miniatura sopra pergamena: e noi siamo della sui
opinione. — Annotatori del Vasari, n, 98.-11 Frocassdt
dalle parole stesse del Petrarca: aJiam fictam iUustris arti fidi
ingenio quaesimsse quam tecum uìrique drcumferens habem
è indotto a credere che fosse di piccolissima dimeoaione.
N. N, Laura, basso rilievo della £unìg]ia Peruzzi. — - Esìm:
è scolpito sopra due pezzi di marmo, larghi ciascuno 4 pollki
e mezzo, alti un mezzo piede e profondi otto linee.
N. N, Miniatura esistente in un codice del Canzoniere ddU
Biblioteca Laurenziana di Firenze, ove dipinti si veggono i dur
amanti uno accanto T altro.
N. N,. Ritratto di Laura, di Scuola Belliniana. Appartieor
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RITRATTI, STATUE, DIPINTI. 625
alla raccolta del cav. Michele Wicovich Lazari Comneno di Ve-
nezia, che a lui pervenne dalla famiglia Kosta, nella quale si
hanno memorie che fosse conservato da oltre due secoli. — Fu
messo in fronte al voi. Petrarca e Venezia, stampato dal legno,
cgregìRmenìe intagliato da Giov. Lavezzari, sul disegno di An-
gelo Alessandri,
Bellini GenHley Ritratto di Laura. Nella Gallerìa Manfrin.
Nella Pinacoteca Brera a Milano. Fa parte della Rac-
colta Oggiono.
Palma Jacopo (?), Laura.
Raffaelle Sanzio, Laura. Gop. da Agrìcola, ine. da A. Regona.
Bronzino Angelo, Laura, Nella Galleria Arese Lucini, Be-
nagUa, ine.
N. N. Laura. Nel Museo d'Avignone, Tavola del XIV secolo.
Gayen, fot. — Souvenir du cinquiéme Centenaire de Pétrarque.
Bergeret, Laura. Mossole ine. sotto la direzione di Augusto
Vesnoyers,
N. N. Ritratto antico posseduto da Sir Alessandro Muir
Mackenzie di Delvin.
SciaUero, Laura. Espos. Gen. 1858.
Agricola Filippo, Laura. Nella villa Sommarivft.
Canowi A., Laura. Busto per il Duca di Devonshire, 1819.
Papi prof . Clemente, di Firenze, Laura, Busto in bronzo,
prima espos. ìtal.
Scaramuzza prof. Francesco, Il ritratto di Laura, inondata
di putti od angioletti che ne rappresentano le virtìi. Nella Cap-
l)ell6tta di Selvapiana.
I marchesi Malaspina di Pavia possedevano un bellissimo
niello con i ritratti del Petrarca e di Laura. Venne anche in-
ciso in bulino. — V. Tavola xuii della storia della Scoltura
del Cicognara.
INCISIONI
PidniJac, incise. Ediz. Ven. GuerigU, 1631. — Beylbrouck
ine. ex eleganti tabula apud Vulpioa. Padova. Gomino, 1732.
— N. N. € Da quello che tuttora insieme con T effigie di M.
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626 INCISIONI.
Laura dipinto si vede nella cappella della nazione spagnnoL
situata nel chiostro di S. Maria Novella, per mano di Simot
Memmi. Firenze, air insegna di Apollo, 1748. —^ Magnimi
inv., Fonlebasso ine. dai marmi pertizztani. Ndredùione M
Zatta, 1756. — LiOret ìncy Parigi, Pranlt, 1768: Parigi, De-
lalain, 1789. — Tofanelli Suf. del., Morghen ine. Pavia, Tip-
Soc. Lett., 1805. — BenagUa ine. Milano, Classici itaL 1805.—
ZuUani ine. Venezia, Vitarelli, 1811. — Schiavonetii ine sopra
quello di R. Morghen^ delineato da 5. Tofanelli. — Ritratto dì
Laura, Minasi A. S. ine. sopra un antico ritratto posseduta
da Sir Alessandro Muir Mackenzie, di Delvin. Londra, £di£. di
Romualdo Zotti, 1811. — Pompeo Lapi, scoi. Libar.: Laun
dello stesso Lapi. Livorno, Masi, 1815. — Petrarca e Laura:
Uguccioni dis. Verico ine. Pisa, Nistri, 1817. Petrarca: Ros-
màsler ine; Laura: Zschoch ine. Zwickau, Schumaon, 1818.
Scodo ine. sotto la direzione di R. Morghen. Firenze, Libr. di
Pallade, 1818. — Laura, Simon Memmi pinxit, Raphael Morgkth
sculpsit, e sottovi : Beatigli occhi che la mder viva. — ArchetT-
pum est Senis penes eq. Antonium Piccolomini Belanti.- ^0«u:-
nento dip. Qaet. Bozza dis., Mauro (xandolfi ine. EdizioD<
Marsand, Padova, Sem., 19-20. — Wagner L. ine. Livomc
Masi, 1820. — Peti*arca e Laura, secondo T archetipo Laur^
ziano> Zuliani ine. Venezia, Orlandelli, 1820. — Petrarca:
Morghen ine.: Laura: Conte dis. ed ine. Brescia, Bettooi, 1821
— Petrarca e Laura : Agricola dip., Mainardi die. , Chigi ine.
Roma, Romani», 1821. — Petrarca e Laura: GoztiniàìB., TrV
vico inc^ Firenze, Ciardetti-, 1821, 1824 e 1832. — SeoUo dis.
ed ine. sotto la direzione del Morghen, Firenze, air insegna di
Pallade, 1821. — Petrarca e Laura: Agricola dip., dis. àSnardi.
ine. Chigi. Roma, De Romanis, 1822. — Petrarca dormente e
Laura che gli apparisce porgendogli due fronde. — Il carro
d* amore tirato da quattro bianchi destiùeri, Nenci ideò, Le-
sinio incise. Firenze, Molini, 1822. — Petrarca e Laura:
Nasi ine. Firenze, Ciardetti, 1822. — R. Grave ine. secondo
r intaglio di Morghen. Londra, Pickering, 1822, — Boggi ine.
Milano, Silvestri, 1823. — Pezzoli dis., MelUni ine. 1823. —
O. Bossi dis. , P, Bettoni'Beceni ine., G. Longhi dir. Milano ,
Bettoni, 1824. — Petrarca eLaura dairediz. Marsandese, Fi-
renze, Pagni, 1826. — I quattro poeti, secondo R. Morghen
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INCISIONI 627
<7. A. ; Schtoerdgeburth ine. Lipsia, Fleischer, 1826. — Palagi
ideò. Bramati àis., Cattaneo ine. Milano, Bettoni, 1828. —
Inaura a pie d* un albero seduta sull' erba che bagna i piedi in
un ruscelletto. Stanno tra i rami dell* albero amorini che su
Laura versano una pioggia di fiori, e più in là, nel fondo, il
Petrarca e Amore, questi in atto di additar Laura al Poeta.
Sotto r incisione i versi : Da* bei rami scendea Una pioggia di
-fior sopra 'l suo grembo. Firenze, Passigli, Borghi, 1830. —
Gaiti dis., Hoptoood ine. Parigi, Baudry, 1830; Parigi, But-
tura, 1832. — Cateni dis., Lasinio figlio ine. Firenze, Borghi,
1832. ^^ Lauro ine. dalla litografia del celebre Oravedon. Fi-
renze, Passigli, 1841. — Migliavacca 0. incise dall* acciaio dal
celebre codice Laurenziano, per opera dell* egregio pittore Raf-
faele Bonaiuti, Firenze, Barbèra-Bianchi, 1857.
Petrarca, Mellini ine. Bologna, 1827. — Laura, secondo
r archetipo di casa Piccolomini-Bellanti , Memmi dip., Conte
ine; Formichi Giov. dis. a matita, 1816. — Petrarca e Laura,
in casa Nanni di Venezia, Bosa dis., Crivellari ine. — Pe-
trarca e Laura di casa Poi*to, Busaio dis. — Petrarca, PiV-
zolo dis., Mellini ine. da Af. Beylbrouck. — Petrarca e Laura»
Raffaello dip., L. Agricola del., A. Regona ine. — Allori dip.
Bernardi ine. — Bemardoni ine.
Veduta di Valchiusa. Epinate di Ljone dis. ; Fed. Lose ine.
— Selwtpiana. — Liuzzì dis.; Lose Fed. ine. — Lintemo, —
Migliara dis. ; Bigatti ine. — Arquà, — Zabeo^dis. ; Lose ine. —
Monumento in Arquà, Zabeo dis:; Lose ine. — Monumento
in Padova. Zabeo dis.; Castellini ine. Nell*ediz. del Marssmd
e del Ciardetti.
MEDAGLIE IN ONORE DI FR. PETRARCA.
L Medaglia del diametro di pollici 2, l/ji ^^*^^ ^^ tempo
coperta di rofiia: nel diritto, busto di Madonna Laura, cor.,
e in giro: Amata et cotonata fUil Laura Noves. Al rovescio:
— AUorus a Francisco Petrarca prò sua tfirtute.
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628 BIBDiLOLIB IN OnOBE DI FR. PBTRABCA.
n. Altra •consimile: nel diritto, busto del Petrarca cor. colli
inscrizione: Frandsc. Petrarca Poeta caronand. Al rovescio; Pro
sua eximia virtute : intorno: Deàit oc amatam suam JLaurem,
III. Altra consimile : nel diritto, busto a des. del Petrarca:
in giro: Franàscus Petrarca: — Al rovescio: In. Arquat.
Eugan. mont. solitariam vilam elexit. Anno MCCCLXX.
IV. Altra consimile: nel diritto, busto di Mad. Laura: in
giro: Laura Noves^ al rovescio: Cum Ugo de Sade connu-
bium contraxit.
y. Altra medaglia piccola: nel diritto, busto del Petrarca:
intomo: Franciscus Petrarca: al rovescio: Anno MCCCXL VII
Patavii arvo suam vìctoram feàt,
VI. Altra piccola: Busto del Petrarca ; intomo: Francucus
Petrarca: al rovescio: Poeta declaratus,
VII. Altra medaglia grande: Busto dì Laura; intorno: Fran-
ciscus Petrarca: al rovescio: Expeditus Venetiis a Francisco
de Carrara anno MCCCLXXIIL
VIII. Altra piccola unilat.; Busto di Laura; intorno: Laura
Noves nubilis, — (Il Rossetti ritiene queste 6 ultime medag^tie
false ed una solenne impostura).
IX. (Av.) Franciscus Petrarca Florentinus, Busto a des.
(Rov.) Vi ha un allegoria ohe ad istento si può rile-
vare : Pare vi sia una selva di lauri, ed una donna in atto di
spiccamo un ramoscello. Nel Museo di Vienna.
• X. (Unilat.) in metallo, fusa, di piccolo diametro — jP«fr->
arca — Busto cor. — Nel Museo di Vienna.
XI. (Unilat.) Frane, Petrar, Busto cor. a des. — Nel Museo
della Marciana.
XII. (Av.) Franciscus Petrarca, Busto ine. a d. — > Es.
Jeuffroy f.
(Rov.) Natus — Aretii — in ItaUa — an. m. oco. iv. —
obiit — an. m. ecc. lxxiv — Series numismcUica universaUs vi-
rorum iUustrium — h. dooc. xix. Inc. Jeuffroy^ Durand edùht,
— Serie di Monaco.
Xin. (Av.) Franciscus Petrarca. Busto ine. a sin.^E6er.
d. CHrometU f,
(Rov.) Mentihus — eruditione excukis — ludorum ani-
tnis -^ Carmine suavissimo — deUnitis — (entro ghirianda) Se-
rie di Roma. Incisa sotto il Pontificato di Gregorio XVI.
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MEDAGLIE IN ONORE DI FR. PETRARCA. 629
XIV. (Av.) Mtisis, artibus, arvis 1811 — La fontana di
Valchiusa — Es. Andrien f.
(Rov.) G. de Stassart President de VAihenee de Val-
eluse à Petrarque — Una corona d'alloro.
XV. (Av.) Ritratto del Poeta. Eser. A. Putinati F. Firenze.
(Rov.) A — Francesco Petrarca — Nel V suo Gente-
nario. — Venne commessa T incisione dal Ministero della pub-
blica Istruzione.
ISCRIZIONI MONUMENTALI ONORARIE.
I. In Aresso nella casa ox>* ei nacque.
L' Accademia Aretina murava una lapide accanto alla porta,
in cui si legge scolpito:
FRANaSCUS PETRARCA PETRACCHI ET ELECTAE CANIOIANI F.
A questo nome seguono tre testimonianze di lui medesimo
intomo alla sua nascita ; e sono : quella della lettera ai posteri,
quella deir epistola a Giovanni Aretino {Sen. xiii, 3), e la se-
guente tratta dalla lettera 1 del lib. viii delle Senili al Boc-
caccio: Scito me anno millesimo trecentesimo quarto, die lunae
vigesima lulii, illucescente nondum aw'vra, in Aretina urbe^
in vico qui didtur hortus, natum esse. E dopo questi tre
passi tolti dalle sue lettere continua Y iscrizione per tal modo :
Veritati monumentum Accademia Aretina xin kal. aug. mdcccx.
rurantibus Julio Anastasio Angelucci Alberto de Lippi et Petro
Guadagnoli hortante publica potestate sponsore prò titulo sarto
tectoque servando Nicolao GamuiTini qui locum dedit testibus
Angelo Guillichini Praef. Mil. et Filippo Nerio Tortelli ' archi-
presbytero Franciscus Fabronus not. imp. rog.
II. In Incisa, nella Chiesa mairice di S. Alessandro.
M. C. F. — FRANCISCO PBTRARCHAE — Ob pareutes Florentia
pulsos Aretii orto — Patris vero proavorumque omnium ori-
gine Ancisano — Et Ancis^e ad vi anos per infantiam commo-
rato— Viro aetatis suae longe doctissimo — Philosopho historico
oratori poetae maximo — Quod saeculi barbarie devicta — Afri-
y Google
630 ISCRIZIONI MONVMBNTALI ONORàBIB.
caxn suam procerum reg^umque deliciaa — Egregiis at ea tes
pestate versibus exegìsset — S. P. Q. R, plaudentibns — \i
Capitolio delpbica lauro donato — Discipliaaruin fere omoiun
instauratori — Etruecae linguae patri — Romaaae sedia de&o
Bori acerrimo — Pontificum Caeaarum iotiaaqtte Italiae Prìs-
cipum — Rebus in dubìis consiliario et amico — Camìlloi
Claramellus Ancisanus — Ne in patria tanti nominis — Publki
memoria abeaset — M. P. C.
III. In Incisa^ neiia cctsa per lui abitata^
Perchè della casa patema — Di Francesco Petrarca — Colpa
de secoli ingrati — Meglio che dalle cure degli uomini —
Rispettata dal tempo — Una memoria restasse — axfq^oo
brucàlassi incisano — Correndo il giorno vi di aprile — MDomui
— Fra le antiche ruine — Consacrò questa memoria.
* Queste venerande pareti segno a nobile invidia aocoberc
prime i prìmi accenti del parlare materno in che il labbro si
sciolse del cantore divino dacché pargoletto di vii mesi lo a\ai
la madre dalla terra di proscrizione ov*ei nacque trasfenu>
seco all'Incisa de' maggiori di lui antichissima sede e madr
affettuosa qui lo educò fino al vii anno calcando il genitor;
le amare vie dell' esilio e qui pure di Gherardo e d'altro figii)
la donna egregia l'esule illustre fea lieto il quale mosso d>'
tenerezza di marito e di padre potò talora ritornare furtivo |
nella terra degli avi a dolci amplessi della cara famiglia. i
IV. In Parma, presso la Chiesa di S. Stefano ì
nel borgo S, Giovanni, al n. 6.
Francesco Petrarca — Possedette ed abitò questa casa «^
Che Pepino Casteliinard di Nizza ^ Ha ristaurato MDOOcnTm
(Del Giordani).
V. In Sehapiana, sui colli Parmigiani,
Per visibil segno dell' onore dato a questo luogo — Dal Pi
trarca — mdcccxxxvhi.
(Del Giordani).
y Google
ISCRIZIONI MONUIIENTAU ONOBA&IB. 631
VI. In Milano^ sulla casa di fianco alla piccola Chiesa
dedicata a S, Michele sul dosso.
Qui era la casa— abitata da Francesco Petrarca — Dal-
l' anno MOOCLin al mooclv.
VÌI. A lÀnUmOf fuori di Milano, Ira porta Magenta e quella
del Sempionet Iscriz, votcUa daUa Società ital, di Archeo-
logia e di belle arti dietro proposta del sig. Matteo Ben^
ventUi,
A ricordanza di mess. Frane. Petrarca — Che dal 1355 per
due lustri — In questo albergo campestre — Fra mesti pensieri
e profondi studi — Da cure gravissime riposavasi — La Società
Italiana d'archeologia e belle arti — Pose Tanno 1864.
Vili. In Venezia, alla Riva degli Scfiiavoni, sulla casa vicina
al ponte del Sepolcro , posta per cura privata del Reve>\
Magnano^ Pievano di S. Maria Zobenigo.
Quiete . H . Fruens . honesta . Y . CI. Fr. Petrarcha . Otii .
IMu . Gom . Par . Job . Boccaccio . E . Domo .S.C. Adepta —
Aequor . Adr . 01 . Dom . Divitias . Invalescentes — Merce qua-
lib . Ext . Appellente Aspectabat(l).
IX. A Paviay nella decorazione architettonica, che fiancheggia
il palazzo Malaspina sotto il busto del Poeta.
Boni doctique — Succedite hospites — Domus fui Francisci
Petrarchae — Poetae magni — Cui latinae italaeq. litterae —
Plurimum debent — Heic ille cum Brossano genero — Et filia
autumnum agitabat — Hinc anno mccclxviii nepotem — Cogno-
minem Bimulum extulit — Et proxime — In aede Zenoniana
rondi iussit.
(Del MorceUi),
(1) Chiesta ad un eradito veneziano la spiegazione di questa semibar-
bara iscrizione , n' ebbi la seguente : Quiete hac fruens honesta vir da-
ì'issimus Prancitcut Petrarcfta otii diu eomite pariter Jokanne Boccacio
e doìno senatus consulto adepta aeqttcris Adriaci olim dominae divitias
invalescentes merce qtialibet extern appellente aspectabat. Fracassetti ,
Kp. V. 381.
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632 ISGIUZIONI MOmnOENTALI onoràrib.
X. In Padova, Sotto il ritratto^ dipinto a fresco, ch'era neìk
demolita casa del Petrarca, ed ora nel muro della grandi:
sala del Vescovado, detta la sala dei Vescovi, sopra k
porta eh* è a dritta deW ingresso maggiore,
Hanc — Francisd Petrarchae — Imaginem — Quae ex ejus
domus ruinis — In aedes SiWaticae gentis olim translata —
Nunc Petri March, de Silvaticis liberalità^ — Anno mdcccxti
— Pontifex Patavinus — H. P. C.
XI. Nel Prato della Valle di Padova, a pie della statua
scolpita dal Danieletti,
Francisco Petrarcae — Fiorentino — Ut cujus domicilio
nrbs claruit ^ Circus imagine honestaretur — Leopoldus An-
Btriacua — Magnus Hetniriae Dux — Genio loci indnlgens —
P. C. — Anno mdoclxxx.
XII. Sotto il cenotafio erettogli nella Cattedrale di PcuUwa,
Francisco Petrarchae — Antonius Barbò de Soncino — Ca-
nonicus Canonico — Ann. BfDcccxvin — P — L. M. D. C. D.
XIII. Alla ba^e del Monumento erettogli in Padova
nella piazza Petrarca in occasione della festa secolare
del MDCCCLXXIV
A — Petrarca — Cinque secoli dopo la sna morte — Padova
— P. XVIII Luglio.
XrV. Nella cella dove morì,
Francesco Petrarca — Nacque in Arezzo il xx Luglio
Mocciv — Spirò in questa cella il xviii Luglio — mccclxxiv —
Anno e giorno per tutte età — Memorabili — Qius^pe Mo-
cellini — Questa memoria — Pose,
(Di Carlo Leoni).
XV. Inscrizioni scolpite in Arquà, nel sarcofago di marmo
in che furono deposte le ceneri del Petrarca,
Frigida Franciéci lapis hic tegit ossa Petrarcae:
Suscipe, Virgo Parens, animam ; Sate Virgine, parco,
Fessaque iam terris caeli requiescat in arce.
y Google
ISCRIZIONI MONUMENTALI ONORARIE. 633
Versi composti dal Petrarca stesso a proprio epitafio.
E più sotto:
Viro insigni Francisco Petrarchae Laureato Franciscolus de
Brossano Mediolanensis Gener individua conversatione amore
propìnqui tate et successione memor.
Sul gradino della base leggevasi:
Jo. Bapta Rota Patavinus amore benevolentia observantia-
qtie devinctus, ac tanti celeber. Vatis yirtutum admirator ad
Posteros H. M. B. M. P. C.
Sopra una delle quattro colonne predette ^ aggiunge il
Gloria, ch£ sostengono queir arca, fu inciso il seguente distico
cOtribuito al Petrarca stesso,
Inveni requiem; spes et fortuna, valete:
Nil mihi vobiscum est; Indite nunc alios.
Vanno 1547 Pietro Paolo Valdezoco, padovano, infisse
su qtiella tomba la testa in bronzo del Petrarca. Sotto la
.stessa si ha:
Fr. Petrar. Paulus Valdezocus Pat. poematum ejus admirator,
aedium agrorumque possessor, hanc efSgiem pos. an. mdxlvii
Idib. Sept. Manfredino Comite Vicario (1).
Iscrizione murata dal comune di Arquà in onore del co,
Carlo Leoni di Padova, che, con munificenza rara in privato
cittadino, a tutte sue spese ne restaurò il monumento.
Poiché — Cinque secoli atterravano — la tomba del grande
— A cui deve tanto la umana civiltà — E la italica gloria —
Conte Carlo Leoni di Padova — Perchè non patisse — La sua
restaurazione più lungo ritardo — Né Italia paresse irriverente
— Verso tal padre — L'eseguì di tutto suo censo — Nel
MDCCCXLm. — In memoria del generoso — Così adoperante la
nobiltà dei natali — E l'istinto dell'amor patrio — Il comune
Arquatense — Questa memoria pose.
(Di Luigi Muzzi).
E P. Giordani avea dettato la seguente:
Il Comune — Ai viventi e ai futuri — Pone conoscente me-
luorìa — Della liberalità del conte Carlo Leoni — Patrizio
padovano — Che a sue spese non piccole — Salvò da ruina
(1) neggonte amministrativo e politico di Arqaà.
40
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634 ISCRIZIONI M0NUKBNT4U ONOBABIB.
yergognosa questo sepolcro — Per ooocLxa anni venerato dal
mondo — • mdcocxliii.
O. Boccaccio, nel nov. del 1374, scrìveva a Francesco di Broasano,
genero ed erede dì Pr. Petrarca : — Porto invidia ad Arqoi , prÌTÌlegiato
della spoglia di nn uomo, il cui petto era V oat^o dello Muse, il ynitnario
delia filosofia, dell* eloquenza e di ogni arte buona. Cotesto villaggio, a pena
noto in Padova, sorgerà famoso nel mondo tutto. Lo riveriranno i futuri
come noi il monte Posilipo, che accoglie le ceneri di Marone : Tomi e le
rive dell' Bussino, dov* è il sepolcro d* Ovidio : Smime, perchè li ti crede
esser morto e tumulato Omero. Il navigante, che, ricco di merci, rèduce
da mari lontani, solcherà l' Adriatico, al primo apparire de* Colli Euganei,
piegherà il capo davanti a loro. Quo* poggi (così dirà egli) rinserranno in
grembo il magnanimo vate che il Mondo tiensi ad onore. Ahi, patria sver-
gognata ! Tu non pigliasti a cuore di richiamare nel tuo seno quel de* taci
figli che più ti fé* chiara. Però non meritavi la gloria di possederne il
corpo. Ma ben lo avresti richiamato a te se queli* animo fosse stato infetto
di tradigione, di avarixia, d'invidia, d'ingratitudine e d'ogni misfatto
più laido. Cosi fu vero il proverbio : — Nemo propheta in patria.
Tu mi scrivi di voler innalzare un monumento alla sua memoria : e
sta bene. Ma non ti cada nell* animo, dover la tomba de' grandi o riaAnero
oscura, o con la sua magnificenza rispondere al grido che levaron di sé.
— Qualora egli avesse lasciato la vita in Roma gloriosissimo , non saprei
bene se il Mausoleo di Artemisia fosse alla sua fama stato splendido a
bastanza.
C, Leonia valentissimo epigrafista, dettò di molte belle iscrizioni
in onore del suo Poeta; ne dettò pure il Contnuxi^ ed il Pepati,
L'Accademia Valdarnese del Poggio in Montevarchi volle
fregiare il suo Diploma dei ritratti del Poggio e del Petrarca:
e quella di Arezzo insigniva il suo del busto dell'immortale
cantore di Laura, che spirava le prime aure di vita nel suo
seno, con la legenda: — Aretii — in easilio noUus satusque-^
Frandscus Petrarcha — Die lunae ad auroram — xiu hai,
Aug, oiooociv.
I
COMPONIMENTI POETICI
IN ONORE DEL PETRARCA.
La Pietosa fonte ^ Poema di Zbnonb da Pistoia in morte
di messer Francesco Petrarca, Testo di tingua, messo novel-
lamente in luce con giunte e correzioni da Francesco Zam- j
y Google
OOMPONIMBNTl POETICI IN ONOBB DSL PBTRARCA. 635
brini. Bologna, Romagnoli , 1874, Dispensa czzxvii della Scelta
di Curiosità letterarie inedite o rare, dal secolo XIII al XVII.
Il Zaxnbrini segtd V anica edizione, già rarissima divenuta,
del celebre erudito Gio. Lami, ch^ lo inserì nel voi. xiv Deli^
ciae Eruditorum (Firenze, Stamp. della SS. Nunziata, 1743,
in 8^). Ed ei vi aggiunse le Varianti di un buon codice che
conservasi nella Nazionale di Firenze, ignoto al Lami, le quali
aumentano di molto il pregio al testo, racconciandovi parecchi
luoghi guasti, e riempiendovi qualche lacuna. Oltreché, per
avvantaggiare vie più la sua ristampa, ai quattro Sonetti indi-
ritti' al Petrarca da alcuni suoi contemporanei, prodotti dal
Lami dopo la Pietosa Fónte, altri ne aggiunse, a queUi e a
questi ponendo opportune noterelle del suo: e alla Cannone di
Frane, Sacchetti, in morte del Petrarca, gremita di spropositi
e mutila di quasi due strofe, ma rettificata sul cod. Palat. di
Firenze, voUe che andasse innanzi un Sonetto, sullo stesso argo-
mento, di Giovanni Boccaccio (Manni, Istoria del Decamerone,
Firenze, 1742, p. 66; Sonetti scelti di poeti italiani, Parigi,
Didot, 1822), ed altresì fosse seguitata da un'altra di Maestro
Antonio db* Bbocari da Ferrara, composta quando erasi sparsa
la £alsa novella della morte sua. (Saggio di rime di diversi
autori che fiorirono dal XIV al XVIII secolo, Firenze, Ronchi,
1825). E finalmente dette termine con un bel Sonetto di Gio-
vanni db' Dondi, Padovano, inspiratogli dalla visita ch'ei fece
alla tomba di lui in Arquà.
Gli altri sonetti riportati sono i seguenti:
Sonetto di Maestro Antonio da Ferrara mandato a Messer
Francesco Petrarca — Comes Ricciardi a Domino Francisco
Petrarca P. — Risposta di Ser Minghino Mezani, di Ravenna,
a messer Francesco Petrarca — di Matteo di Landozzo degli
Albizzi a Messer Francesco Petrarca — Di Stramazzo da Pe-
rugia a Francesco Petrarca — Di Giovanni de* Dondi a Fran-
cesco Petrarca — Di Jacopo Colonna a Francesco Petrarca —
Di Sennttccio del Bene a Messer Francesco Petrarca — Di
Geri Gianfigliazzi a Messer Francesco Petrarca — Di Ser
Diolisalm Petri di Siena a Messer Francesco Petrarca.
Alfieri Vittofio, Sonetto, scritto nella casa del Petrarca in
Arquà.
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036 oQMPOifiiiBMTi posnoi
. Antonelli Curzio, Canzone.
BandetUni Landucci Teresa (AmarilU Etnuca), L' inoontro
del Petrarca e di Madonna Laura agli ElisL
Barbieri Giuseppe^ Invito ad Arquà, Epistola. Padova, Mi-
nerva, 1824. — La solitudine, a Francesco Petrarca. Sermoni^
Epistole, Milano, SUvestrì, 1827. p. 158.
Benassuti Montanari, Versi scrìtti daìl* Aut<»^ saHe mura
della casa del Petrarca. Strenna Triestina, Marenigh, 1B46.
Bertela de Giorgi Aurelio, Sonetti in lode di Fr. Petrarca.
Bertola, Sonetti, Ancona, Sartori, 1815.
B. L. (Borghi Luigi), Versi sciolti al sepoloro di Pr. Pe-
trarca. Padova, Sem. 1822.
Biagi Zaccaria, Intorno al monumento di Frane. Petrarca
eretto in Selvapiana, SonettL Nella Strenna TutH FV'utti. Mi-
lano e Venezia, 1846.
Gagnoli Agostino, Selvapiana nell' antico contado di Raggio
dove dimorò e scrìsse Fr. Petrarca, Canzone.
Carcano Giulio, Roma, Valchiusa, Arquà,tre Canz(Hii(1837),
Milano, Guglielmini-Redaelli, 1841, 17d-20l. — Firenze, Le
Mounier, 1861.
Carminati ab, Giambattista, Sonetto al sepolcro del Pe-
trarca. Neil* ediz. bergamasca del Lancellotti, 1746.
Celesta Emanuele, Petrarca, Canzone. Ricordi sui colli
Euganei. Padova, Crescini, 1846.
Chiarii Achille, Al Petrarca, Stanze. Beliamo, Mazzoleni,
1847.
BaW Ongaro Francesco, La tomba d* Arqoà, Sonetto. Ri-
cordi dei colli Euganei, Padova, Crescini, 1846.
Dalmazsone, Petrarca in Milano. Cuneo, Galimberti, 1840.
Di Carlo Nicolò, Il Petrarca fra le rovine del Campidoglio,
o la rigenerazione di Roma e la moderna civiltà. Palermo,
Oretea, 1840.
Di Guglielmi Ortensia, Sonetto. Scelta di poesie italiane,
Parigi, Didot, 1822.
D* Omerville Carlo, Arquà, Versi ad Aleardo Aleai^di.
Strenna Veneta, a* xiii, Venezia, Tip. Commercio.
Doni Francesco, Capitolo in lode del Petrarca. Nel ni voL
delle Rime piacevoli di diversi autori. Venezia, 1609 e 1615.
— Si tiene apocrifo e dell* Anguillara.
y Google
IN ONORB DEL PSTRARCA. 637
Gisiaco Crenippo, La patria gratitudine, ad Euganea. Pa-
dova, Crescini, 1818.
Lamberti Luigi, Sonetto. Poligrafo, a. in, n. 33.
Lantana Giamo,, Peate pel ricupero di Gandia ed onori
al Petcarca; Petrarca al cospetto del Senato; Sonetti. Lantana
Poesie, Venezia, tip. Emiliana, 21 e 22.
Lazarìni ab, Domenico, Sonetto al sepolcro del Petrarca.
In parecchie ediz. del Canzoniere.
Lem PerotH GittsHna, Sonetto al Petrarca. Storia del So-
netto italiano, Prato, Guasti, 1839.
Ir. A., Comparazione fra Dante e Petrarca, Ode. Album
della giovinezza, Venezia, Merlo, 1844.
Maffei Andrea, A Fr. Petrarca, Sonetto. Poesie scelte, Fi-
renze, Le Mounier, 1869, p. 57. — Versi editi ed ined. i, 54.
— Arte, affetti e fiantasie, p. 75.
Maraghini Francesco, Canzone. Arezzo, Cagliani, 1865.
MilU Giannina, Petrarca che vede per la prima volta Laura,
Ode improvvisata a Foggia il 7 Marzo 1854 (i, 228). — Fr.
Petrarca reduce dal suo ultimo viaggio si ferma sull'Alpi (ir,
188). — Ultime ore del Petrarca e suo incontro con Laura in
cielo (li, 294, E<Mz. Le Mounier).
Momco Jacopo, Petrarca, Canzone. Venezia, Cecchini, 1856.
Mwfzone, Fr. Petrarca, Sonetto. L'Istit. di Torino, 1868, n. 7.
ParoUni Gaetano, V incontro di Petrarca e Laura in Pa-
radiso, Canti sei. Piacenza, Del Majno, 1816.
PiccoUmini AL, Alla tomba del Petrarca, Sonetto. In molte
ediz. del Canzoniere.
Pieri Mario, corcireee, Canzone indiritta al Petrarca per
le imprese di Napoleone. Padova, Penada, 1806.
Pindemonte IppoUto, Sul sepolcro di Laura in Avignone,
Sonetto. — Valchiusa, mdcoxc. Terze Rime. — Sul sepolcro del
Petrarca in Arqnà, Sonetto. Pindemonte Poesie, Milano, Fon-
tana, 1833, p. 250 e seg.
Raffaela Pietro, Canzone. Festa letter. del Liceo d* Arezzo,
p. 8. Arezzo, Cagliani, 1865.
Rainieri Antonio Fr,, Alla casa del Petrarca, Sonetto. In
molte ediz. del Canzoniere,
J?. M., D Petrarca^ Ottave dedicate a' suoi oondiscepoli dal
giovine autore. Verona, Bisesti, 1839.
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638 COMPONIBCEHTI POBTia
Rosini Giov.j Canto al Petrarca. Rosioì Opere, Pisa, Ca>
purro, 1842, voi. viit, 29-41.
TognetH Fr., Il nascimento del Petrarca, Canzone. Bolo-
gna, Della Volpe, 1840, e Nobili, 1857.
Varchi Benedetto^ Sonetto al sepolcro di Arqnà. In parec-
chie ediz. del Canzoniere.
Yeùchi Oiovanniy Canzone al Petrarca. Modena, Cappelli,
1864.
Van'i — V. Ediz.. del Canzoniere di Cornino, Padova, 1732,
Lxxiv-Lxxvii — V. Toma<9Ìni, Petrarca Reditntus, 80-102.
Varii — La casa ed il Sepolcro di Arquà. Venezia, 1827.
Vi si notano i nomi: AlbarM^Ycrdoni Teresa; Alfieri
Vittorio; Barbieri Giuseppe; Bertela Aurelio; Cesarotti Mei-
chiore; Costa Paolo; Paravia Pier- Alessandro ; Pindemonte
Ippolito; SalvioU Lodovico,
Poesie per t inatigurasione del busto in marmo delT im-
mortale Fr. Petrarca, eretto nel Duomo di Padova, Padova,
Tip. della Minerva, 1818. — Fiori Poetici al Petrarca. Padova,
Crescini, 1819. >
Contiene poesie di A. Paravia , di Lor. Dudan, di Aglaia
Anassalide, di L. Pezzoli, di G. Bombardini, di A. Barbaro,
deirab. Gias. Lazzeri, dell* ab. Pier Luigi de Pavero, di A. de
Rosmini, di Ste&no Cavalli, di L. Corniani d*Algarotti, de1I*ab.
Carlo Adoli, di Fr. Marzari, di Lor. Crieo, di Gisiaco Crenippo.
Sonetti per Fediz, delle rime del Petrarca, pubbliaxte nel
di 6 Aprile 1820. Padova, Tip. Sem. 1820.
Omaggio poetico al chiaris, prof, ab. Marsand ddle Rime
del Petrarca uscite per opera e studio di lui nel giamo 6
Aprile 1820. Padova, Tip. Sem. 1820.
BocchacU JoK de Certaldoj Versns prò AMca c^ebris Po-
trarcae poetarum eximii (219 esam.). Rossetti, Poem. Min. m,
47-77. — Pingaud, Fr. Petrarcae, Africa 363-70. — N* è assai
dubbia T autenticità.
Francisco Petrarche poete unico aique illusiri. Sono i
versi con che il Boccaccio accompagna al Petrarca un esemplare
della Divina Commedia da lui trascritto. Neil* ediz. della D. C.
Rovetta, 1820; V. Carducci, Stadi Letterari, 363.
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IN ONORE DSL PBTIURCA. 639
Ferrucci Aloys, Chrisos,, Laura Fr. Petrarcae, Carmen.
Pimbiolo de Egenfeldis com, Francisci, Imagini Fr. Pe-
trarcae ab eximio Renaldo Rinaldi, patavino, afiabre exculptae,
Elegia. Patavii, Grescini, 1819.
Apotheosia divini Fr. Petrarcae in colle Arquati ab
egregio et erudito viro de Miollis, gallicorum armorum duce
designato et ob repentinum ejus disceesum interrupta, Elegia.
Patavii, Typ. Sem. 1823.
SavioU Joh., Imagini Fr. Petrarcae ab eximio Renaldo Ri-
naldi, patavino, afiabre exculptae, et in tempio maximo collo-
catae, Ode alcaica. Patavii, Grescini, 1858.
Trivellato Jos. , Fr. Petrarca in Gapìtolio laurea donatus ,
Ode ale, Trivellati Garmina, Patavii, Typ. Sem., 1856, p. 1-5.
Zabeo Joh, Prosd,, De Laudibus Fr. Petrarcae, Carmen.
Venetiis, Ferletti, 1808.
Pìn Fortunatus , Vallis clausae fons. Vertebat de Dellile.
Aix, Remondet-Aubin, 1874.
Chas Pierre^ Pétrarque, Poeme suivi des poesies diverses.
Montpellier, Tournel, 1819.
Sassemo M A, S., Petrarca, Ode. Paris, Charpentier, 1859.
Anche Vondel, il più grande poeta d* Olanda (n. nel 1583),
e tenuto come la più eminente personificazione del genio na-
zionale, volle visitare Arquà , ed inspiratosi ai ritratti de* due
amanti, parla della grande influenza che, per la sua Laura,
ebbe il Petrarca su tutti i poeti del mondo. — I versi ch'ei
dettò in italiano, pare siano andati smarriti: quelli che noi
rechiamo fm*ono tradotti dal sig. Laten (1).
Of (f afbeelding van Petrarcha , staande by Laura, te
Arquada te tien,
0 Hemelscbe Petrarch, door uw gezang in *tendt,
Wert Laura Oost en West al *t aardtryck door bekent,
(1) Al de Dichtwerken van Joost van Vondel met inleidinff en aante-
keoin^ van DoU, J. von Vloten, Schiedam , H. A. M. RoeUnts , 1806
(Tatti 1 poemi del Vondel, con prefazione ed annotazioni del Doti. Yloten, u»
p.d96).
y Google
640 OOMPONIMBNXl PQSTia
Zj broght te weege door haar schoonheit dai uw dièhten.
Den Heiligen tot lof gezongen, yedei* s'tichten,
Yolhai^dt ìd liefde tot de dichters groot van naem,
Hanthavers van de lang gesleten helden&em.
COMPONIMENTI POETICI
PUBBLICATI IN OCCASIONE DEL CENTENARIO.
Bassi C.y Un Sonetto; Sonetto acrostico ed una Canzone,
Milano, Tip. del Commercio. — Biondi prof. Marco ^ Sonetto,
Arezzo, Cagliani: Item latine redditum, dal prepos. di Laterina,
Luigi Goracci, Il Baretti, p. 264. — BrunelU Geremìa , Pe-
trarca e Laura, Versi. Altro Sonetto, 10 Sett. 1874, Perugia,
Santucci. — BuH Adele, Carme, Venezia, Visentini. — CastelU
Tommaso, Sonetto, Padova, Prosperini. ^ Calura Cesare^
Son. I, Valchiusa; ii, Ad alcune Viole spargendone il Canzo-
niere; III, Arquà; iv. Apoteosi amorosa, Vicenza, Longo. —
Celesia Emanuele , Sonetto, Rivista Europea, p. 174. — Cor-
radi ah, BartoL, Versi, Padova, Semin. — Dalla Vecchia mons.
Luigiy Sonetto, Vicenza, Staider; Op. Rei. Letter. e Mor. di
Modena, voi. x, ser. m, p. 272. — De Beaumont Fran,<, Ode,
Precursore di Salerno, 8 Ag., n, 217. — Ducei dotL Pietro,
Sonetto, Arezzo. — Falcone Gius,, Canto, Senese, Basilicata,
Santanello. — FaccioU Dario Napoleone, Sonetto, Brescia, Co-
dignola. — Fantoni dott. Gabriele, Sonetto, Venezia, GrimiHl,
^Fara Music Giovanni, Carme, Cagliari.— JFVnc^A'o Odoar-
do. Canzone, Studio imitativo, Padova, Sacchetto. — Florindo
G. B., Sonetto, Benevento, De Martini. — Fontebasso G., So-
netto, Giom. di Padova, 21 Luglio. — Franceschini Licurgo,
Sonetto. — Fusinato Fuà Erminia, Sonetti, Riv. Europea,
Ag., p. 588; Vei'sione del sonetto: Forse qui farridea, il
Baretti, n. 33, p. 264. — Gaddi Dario^ Sermone, Imola, Ga-
leati. — Galeano Martino, Carme, S. Pier d'Arena, Vemeogo.
^ Ghivizzani Gaetano, Canzone, Padova, Sacchetto. — Gru
Betti ing. Antonio, Sonetto e Carme, Arezzo, Sgricd. — Gui-
dantoni Rosa, Sonetto, Riv. Eur., Ag. p« 477. — L. 4.^ So-
netto, Padova, Minerva. -« Lonza Marco, Versi, Venezia, Ton-
y Google
PUBBLICA.TI IN OOCÀSiONS DSL GBNTENARIO. 641
delli. — GaierotU Giovanni j Sonetto, Treviso. <— liainardi.
Sonetti e Versione» Venezia, Grimaldi. -« Malmignati Anf.,
Sonetti, Padova, Sacchetto ; sei Sonetti, Monselice, — Mzndni
Abele y Ode, Venezia, Oriouddo. -^ Maraghini Fr„ Canzone,
Arezzo, Cagliani. — Miglia Gioo,, Sonetto, Cuneo, Riba. —
Minto A., Versi, Padova, Randi- — Miotti Alfonso, Sonetto,
Modena, Moneti. — MonU Achille , Alla ccMa natale del Pe-
trarca, Arezzo, 19 Lug., Giorn. di Padova, 21 Lug.; Féte Séc.
p. ni. — Morra Gius,, Canzone e Sonetto, Genova, Schenone;
Sonetto, Fété Séc. p. 172. — Nerini Giancarlo^ Son. id. p. 172.
— Novelli Ettore j Versi, Roma, Barbèra. — JPardi Carmelo,
Petrarca e il genio latino , carme. Nel Giorn. dell' instituto
Randazzo, a. n, 16. Ag. a. 15. — Panelli Fr., Ode, Corr.
Ven. 19 Luglio. — ' Pastorello Domenico, Canto popol. Padova,
Longo. — Pierini Carlotta, Ode, Gior. di Padova, 17 Lug.—
Pizzo Gius», Versi, Padova, Prosperini. — Pizzomo Frane,,
Canto, Genova, Tip. Sordo^nuti. V. Riv. Eur. Sett. 1874, pag.
171. -^ Ponziani Gius,, Un mirto sulla tomba di Fr. Petrarca,
Ode, Corriere Ven. 19 Lug. — Regaldi Gius,, Ode recitata in
Arquà il 18 Luglio. Il Baretti, n. 33, p. 263. — Rezzentì dott.
Gio>, Versi, Adria, Guamieri. — Rossi av, Giov., Armonie, di
p. 36, Padova, Minerva. — Ròndani A., da Selvapiana, Canzone,
dalla Rivista Minima (Milano, Ricordi). — Salomoni Filippo,
Sonetti, Padova, Prosperini. — - Simonetti.AnL, Anagrammi, Ve-
nezia, Nacatovich, — Svidercoski-Gru Gius, di Verona, Epi*
granoni, Està, Longo. — Tecce Salvatore Benigno, Canzone,
Napc^, Pascala. — Tiberto Fausto, Cantica, Padova, Giammar-
tini. — Urbani Domenicbr Ode, Venezia, Cecchini. -« .^am-
bì4si Dal féogo F,, Sonetto, Verona. — Zincon Reffaelle, So-
netto, Santa Maria, Capua Vetere. <— Zerbino av. Luigi, So-
netto, Genova, Schenone. ^^ Zucchetti Licurgo, Canzone, Pei*ugia,
SantuccL
Ricordi del V. Centenario di Fr. Petrarca. Monselice, Za^
nibon, 1874. -«*• Racchiude componimenti di G. A. de' Concini
di A. Malmignati, di A. AC, C. M., dell' ab. Sartori, di Salda,
e di G. dott. V.
L' ab. Geremia BrunelU, valentissimo profess. di Rettorica
nel scftttiaario di Perugia, nel 1865, VI Centen. delia nascita
del divino Alighieri, con un'accademia poetica, ne voUe ono^
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642 oonpoNOiBNTi posna
rata la memoria. Nel 1874 rendeTa lo stesso tributo a Fran-
cesco Petrarca. Eccone il programma (Perugia, Santucci,
1874):
L' incoronazione di Fr. Petrarca al Campidoglio, Coro con
accompagnamento di Piano-forte, posto in musica dal maestro
F. Frengnelli. — Prolusione. — Petrarca e Laura, Quartine. —
Petrarca e Virgilio, Elegia. — Petrarca e Dante, SocmUo. —
La Madonna di Giotto del Petrarca, Settennarì. — L^inooro-
nazione del Petrarca al Campidoglio, SaflSca latina. — n Giu-
bileo del 1350 a Roma, Terzine. ~ 1118 Lug^o 1374, OtUTe.
— Ringraziamento, Dialogo, Polimetro.
Il Governo Francese decretava medaglie d* onore alle mi-
gliori poesie italiane, nell* occasione déQe feste secolari Avi-
gnonesi. Cento settantatre componimenti, da una settantina di
autori, furono presentati a concorso. Dal Gomitato d'Aiz tra-
scelta giudice la Crusca. — Eccone il giudizio, e Per adempire \
all'onorevole commissione gli Accademici della Cmaca si sono I
adunati più volto, e fiitto da prima un grande scarto (grande !
pur troppo!) ne han preso in esame alcuni pochi, i quali o per
la forma o per il pensiero uscivano dalla adderà volgare; ma
anche in questi il merito non era assoluto : erano buone eser
citazioni di verseggiatori, piuttosto che vere creazioni di poeta.
E il poeta solamente doveva esser premiato in un conocNriso sul
quale due nazioni tengon gli ocdù, in una festa lettsruria con
che vuoisi onorare il Poeta che cantò nobilmente la Donn^, la
Patria, la Religione. Onde T Accademia credette: che 4lnn
dei concorrenti meritasse il premio; 'severità di giudizio neces*
saria per mantenere Y onore d' Italia, che altrimenti avrebbero
creduto là b^o e onorabile a noi dò eh* è mediocre e cattivo.
In molto poesie mancava V ardore del sentimento vivo, e cAi non
arde non risplende; mancava in altre Tidea chiara e conve-
niente; mancava in parecchie ogni cosa; in tutte, più o meno, la
condotta e lo stile. Ma gli uomini di nome più femoeo non ave-
vano concorso ; e ciò, in parte, scusava e consolava l'austerità
del giudizio; approvata poi da ragguardevoli penonaggi che
avevano letto gran parte de' componimenti, e che verrebbe
confermata da tutta Italia, quando i maloonteoti pubblièaaaaro
i loro versi. »
y Google
PUBBLICATI IN OCCASIONE DEL CENTENARIO. C^3
Le Accademie di Gard, di Apt, T Associazione Normana,
quelle di Provenza ad Arles, a Marsiglia, il Maire d' Avignone,
ecc., la Società de' Giochi FhreaU^ decretarono premi (Médaill.
d' or, de vermeil, d'argent, de bronze, violette d'argent, Couronne
d*olivier in argent, vase de Sèvres. Statue de la Vénus d* Arie,
Statue enbronze, ecc.), a chi meglio cantasse in versi di Fr.
Petrarca e della bella Avignonese. A tutto il 22 Giugno 1874
niente meno che 608 componimenti, tra francesi e provenzali,
furono presentati a concorso. Io rimando il lettore a* due volu-
metti coltitelo: Féte séculaire et intemationale de Pétrarque, ecc,
Aix, Yeuve Remondet-Aubin ; Fétes Httératres et intemationales^
ecc. Avignon, Gres, che ve ne troverà accolta una buona parte.
Giron A., Poésies couronnés au V.® centenaire. Puy Mar-
chessou.
DesHébrides P., Pétrarque (odecouronnée).Carpentras,Prière.
Hipp G., Vaucluse, Sonnets inédits, recueillis. Aix, Re-
mondet-Aubin. ^
Yidal F,y Lou nvie-milenàri de mes. Francés Petrarco (pièce
couronnée). Aix, Remondet-Aubin.
GautJ. B.^ Sounet, Souneto e Sounaio, em*uno soun^disso
de jP. MistrcU (nombreux Sonnets sur Pétraxque). Aix, Remondet-
Aubin.
Ach. A. (d^ E,), Les amours de Pétrarque (en vers Fran^ais,
et proven^aux). Avignon, Roux.
A Pétrarque^ poésies inédites de cent auteurs contempo^
raxns, franpais, itaiiens, procengaua. Estratta dal libro: Féte
sécuL et intemat,, Aix, Remondei-AuMn.
Chabert Theoph.^ Les CanUddes, — La Bienvenue des
Poétes a la Féte de Pétrarque^ Musique, Chambéry, Foudraz.
— Je dédie ceci : aux ChevalÌM*s de Pétrarque et de Laure :
titre académique d* un ordre littéraire que je propose de créer
entre la France et V Italie en V honnenr de la poesie et en
mémoire de Pétrarque. Avignon, le 18 Juillet de Tannée mil
huit cent soixante quatòrze.
Aubanel Theod., Caniadisso à Petrarco. Avignon, Aubap*
nel Fròres, avec musique d' Imbert. Paris, G. Avocat (Medaglia
d* argento).
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644 coMPON. PosTia pubbl. im oocas. dbl cent.
Borei j prof. d'Aix, Apothéose de Pétrarque, — Ltntre
et Pétrarque, Rétraite militaire (Medaglia d* argento )l Atk
musique à'Imberi, auteur -de la musique de la rimtata e&
r honneur de Pétrarque exécutóe à T Hotel de Ville, le 18 JooL
Z. von Claudio, (Ida von Cuioz, de Gratz), Zur Pigtrarea
Jubelfeier. Veaedig, Viaentini, 1874.
COMPONIMENTI DRAMMATICI.
BaveUi Giacinto ^ Il Petrarca, dramma. Lugano, Veladini,
1815.
G, R, U» P., Petrarca, commedia di 5 atti, in TersL Torìao^
Favale, 1817. Nella Galleria teatrale ined., con appendìee, n. 4.
Nota Alberto, Petrarca e Laura, commedia. Nel suo Tea-
tro, 1832.
Corday Charlotte^ Petrarca. Ein drammatiadies Oedidlit in
5 Akten. Hamburg, Hoffmann, 1806.
Eckschlager Attgust, Petrarca. Eine drammatiache Diktong.
Baden, UUrich, 1814.
HaUrsch Ludwig, -Petrarcha, drammatisches Gedicht in 3
Akten. Leipzig, Windrack, X^S^,-
Baie Ongaro Francesco, Petrarca alla corte d* amore. Me-
lodramaia^ Musica del maestro Giulio Roberti, 1859.
Duprat, de Toulon, poeta e maeetro dell* opera nmaiflle.
Fu rappresentata ad Avignone nell* occasione del Centenario,
1874 ; poi a Tolosa, a Tolone, al grande teatro di Marsiglia,
ed a Milano, al Del Verme. I oritici vi trovano pagine caMe e
colorite. — Deir opera del Duprat il Ricordi di Milano pubblicava
i seg. pezzi : Romanza : Amor amor guidommi a te, per tenore,
con accompagnamento di pianoforte. — - Redtalivo ed aria:
Deliziosa valle, Incanto di natura, per soprano, oon aooom^
pagnamento di pianoforte. — Strofa: La colomba vezzosa, per
tenore, con accompagnamento di pianoforte. — Scena ed aria:
La calma alfin succede, per mezzo soprano, con accompagna-
mtòto di pianoforte.
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645
IL CANZONIEI^^E
MADONNA LAURA (1).
PsROzzi Luigi, contemporaneo del Petrarca, Ricordi sulla
vita di mesa. Fr, Petrarca e di Madonna Laura. Bologna ,
Romagnoli, 1866.
Vellutello Alessandro, Origine di Madonna Laura con
la descrizione di Valchiusa e del luogo ove il Poeta da prin-
cipio di lei s* innamorò. Nel Comento al Canzoniere.
Mbnabd, Mémoire sur F origine de Laure, célébrée par
Pétrargue, Nel t. xxx, Mémoires de Littérature de F Aca-
démie Royal. Paris, 1764.
Db Sade, Mémoires pour la vie de P, P. Amsterdam, Arske
e Marcus, 1764-67.
L^ab. De Sade ebbe posto Usuo beli* ingegno e molta dot-
trims ® lunghe e diligenti ricerche a procurare ad una prò*
pria arcavola 1* onore d'aver inspirato e coltivato 1* amore di
Fr. Petrarca. Egli illustra le proprie deduzioni coi seguenti
documenti : — - Sur Tétat de Laure. — Si elle etoit fille ou femme.
— Sur le nom de famille de Laure. — Sur la maison de Noves
et la famille de Laure. — Sur le lieu de la naissance de Laure. -—
Sur Hugues De Sade, mari de Laure et sa famille. — Sur la
note qu' on trottve à la téte de Virgile de Pótrarque. — Con-
(i) Alla Laura del Petrarca , copia ingegnosa , benché pallida della
donna di Dante, ma j^iù popolare, perché più acceaaibile aUa comune ian-
tasia degli uomini , si possono in porte attribuire e il concetto dell' amor
platonico introdotto neir arte , e quelle celesti e grasieae arie di fanciulle
e di donne che respirano dai dipinti fiorentini fino al sec. XIV e noi marmi
del Donatello. Gioberti, Del Bello, 570.
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646 IL CANZONIBBB
tractom matrimonii inter Hugonem de Sade et Lauram è*
•Novea. — Teatamentum Pauli de Sade. — Testameatam Be-
gonia de Sade. — Teatameat de Laure de Noves, femme d'tla-
guea de Sade. — Sur le dòcouverte du tombeau de Laure. —
Examen dea doutes de 'hU de la Baatie. — A non men tìt^
tuoao ecc. — Soret trouve dans le Tombeau de Laure daiis
une boète de plomb.
Lea yiea dea hommea et dea femmea illuatrea d'Italie par
une Societó dea gena dea Lettrea. La Vie de Laure^ Paris.
Vicent, 1767.
WooDBOusELEB lord, Afi historicakhypoihesis of the àbb^
de Sade, Nel voi. iv delle tranaazioni della R. aocietà di Edim-
burgo, 1874. Nella vita del Petrarca, Edimburgo, 1812; Londra.
Bulmer, 1811. Nell'edizione del Canzoniere, per cura di Carlo
Albertini, Firenze, Ciardettì, 1832, col titolo: Riflessioni in-
torno a Madonna Laura ossia Dissertazione sopra un^ ipot£s
storica delTab, De Sade,
Baldblu Giamb., Notizie di Laura, Del Petrarca, p. 17 1-1 SS
Levati Abibbooio, Biografìa delle donne illuatrì. — Laur: i
Milano, Bottoni, 1822.
Marsand a. , Bret!>e ragionamento intorno il ceUbalo l
Laura. Biblioteca Petrarcheaca, 191-195.
CosTAiNO DB PusiGNAN, La Muse de Pétrargue dans ì
coUines de Vaucluse, ou Laure des Beaux (Adhemar)^ sa se-
litude et son tombe dans le valions de Galas. Paria chez, R^
pet, 1819.
De Genlis M."* la Conteaae, Pétrarque et Laure. Paris.
Smith, 1819. — Recata in italiano da Carlo Gherai*dini, Milaco
Batelli e Fanfani, 1820.
D' Olivibr-Vitalis Hyac, Bibl. di Carpentraa, U Uhistr
Chaielaine des environs de Vaucluse, la Laure de Péùrarqw.
Dissertation et examen criUque des diverses opinion ecc. Paris.
Teachner, 1842.
Abbraccia i aeguenti capitoli: — I. Avant-propoe. — II. 0]*
nion de Vellutello. — III. Laure d'Avignon d'aprea Vasqm:
Phileul. — IV. Extrait de cea conaiderationa de Taaaoni. — V
Dea Memoirea de M. Tabbé De Sade. — VI. Deductions d^
Ègloguea. — VII. Extrait dea Triomphea. — Vili. Opinion '
ayateme de M. Tabbó Costaing. — IX. Du pretendu autogn-
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MADONNiL LAURA. 647
[>he de Pétrarque sur son Virgile. — X. De la dissemblance
des portraita de Laure et de la conclusion qui en resuite. —
XJ. Du cólibat de Laure, cólebrée par Pétrarque. — XII. Du
tombeau de la Laure de Sade. -« XIII. Du domìcile de la Cha-
telaiue des environs de Vaucluse. — XIV, De habitations de
Pétrarque.
Blaze de Burruy Henri, Laure de Noves, à V occasion
du dnquieme centenaire de Pétrarque, — Appropinquante die-
ruzn festorum solemnitate , haec divae in memoriam Laurae
scripsit, Àvenioni^ patriae suae, dicavit Auctor. Revue des deux
Mondes xuv, 15 Juillet 1874, p. 241-83.
N. N,, Cure actuel de Vaucluse y Vaucluse ^ Pétrarque et
Laure, 1864. V. Mézières, 42.
Mézières a., Pétrarque et Laure, p. 40-147.
Fracassbtti Gius., Della Laura del Petrarca, Epist. Pam.
I, 379-491.
Beiti Salvatore, La Laura del Petrarca, Giom. Are. T. viii,
267. E nel voi. xxxvi della Nuova Serie, con molte aggiunte.
— Dial. Il, Terza ediz, corretta ed accresciuta dall'Autore,
Modena, Soliani, 1866.
Re Zefquno, Risposta ai Dialoghi del Betti. I Biografi del
Petrarca, p. 60-76. — V. Letture di Famiglia di Trieste, 1859,
pag. 125.
Veratti Bartolomeo, Della Laura del Petrarca, Op. Rei.
Letter. e Morali di Modena, 1865, voi. vi, p. 399.
Grion Giusto, Madonna Laura chi fosse. Atti del R. Inst.
Vtìn. Disp. V, t. Ili, ser. iv, p. 999.
Gobtero Francesco, Prefaz. alle Rime del Petrarca. Milano,
Sonzogno, 1875.
DucLAUx F., Pétrarque et Laure, Avignon, Roumanille,
1874, in 16« di p. 77.
Pbrrin , Humour à Vaucluse , précède et suivi c2* un mot
sur la Laure de Pétrarque, Avignon, Seguin, 1874.
Il Yellutello tenne cbe la donna amata dal Petrarca fosse
Laura figlia di Enrico di Chiabeaud , signore di Cabriórea ; il
De Sade la volle figUa di Audeberto e di Ermessenda di Noves,
e si maritasse nel 1325 ad Ugo De Sade; Tab. Costaing de
Pusignan, attenendosi al Bimard, fosse invece la nobilissima
Laura des Beaux Adhemar di Cavaillon, figliuola per padre
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648 It. CAN20NIBRB
del Signor di Valchiusa, e per madro di una dama della c^
di Grange, e che dimorasse continuamente colla sordla e «sa
altri parenti nelle sue terre di Oalas, nel castello di Somara
sni colli che signoreggiano la valle, e vi morisse, non di m-
tagio, ma di lenta consunzione. Ne propugnano gagtìardamentf;
le ragioni lord Woodhouselee, il Betti, 51 Veratti, il Perra
e L. Berluc de Perussis (1); le combatte con molto valore Zefi-
1^0 Re. Il prof. Grion conchiude che madonna Laura nacqcf
De Sade nella terra di Toro, a due leghe da Avignone, dt
ivi si accasò impalmando il barone di Toro , e dopo una Tia
umile e queta mori nel suo luogo natale e vi fu sepolta. -
Il Costerò ritiene che la donna cantata dal Petrarca nel Can-
zoniere sia un essere affittto immaginario (!!) (2).
Zendrini Bernardino, Petrarca e Laura, Studio. — Rìrót
Ital. di MiUno, 1874, voi. i, 574-594; 61946; voi. n, 113^
— Estr. dalla Riv. Ital. Milano, Lombardi, 1875.
(1) M. Perrin, in»tituteur dana le dèparteiaent do Vaacliue, dans sa
opuscule humouristique ou fantasUque sur Vaucluao a' «st o«»pe ài «
legende de Pèlrarque; et cornine moi , il repousse (avec Witt©-Bra«
r idée, caressée par V abbé De Sade, que Laure était mariéo. J' ai soutec-
pour r honneur de la vérité et de Pótrarque, la méme thèae, dans a:-
tocture falte , en 1875, à la Sorbonne , et doni la Hetme dèi Soeietèf S-
vantes a donno un résumé. JU Berluc-Peruuii , da una aoa lettera a*-
87 Dee. 1876. , „ . . ^
(2) Chi ha negato l'esistenza dì Beatrice, scrivo il PuccianU, ba p-
tuto trarre qualche ai-gomento dalle parole atesse dell' Alighieri : da i;
negato quella di Laura ha dovuto chiudere ^li occhi all' evideoaa de' &*:
per fabbricare un sistema allegorico e settario che si ricorda soltanto «a*
una delle tante forme di traTÌamento dell' ingegno umano. Afa a pnn--
luminosamente la incontrastabile realtà dell' ente idoleggiato, credo più rh'
sufficienti i passi seguenti:
^ Quid ergo ais, finxisse me mihi speciosum Laureae nomeUt ut ^s*-
et de qua ego loquerer, et propter quain de me multi loquerentur; rea.*
tem vera in animo meo Lauream nihil esse, nìsi illam poetìcam, ad qina
aspirare me, longum et indefessum studium testa tur; de hac autem^f"
rante Laurea , cuius forma captus videor , manu facta esse omnia , cci
carmina, simulata suspiria? In hoc uno vere utinam iocara4s! simo]^'
esset utinam et non furor ! sed, crede mihi, nemo sine magno labore éJ
simulai : laborare autem gratis , ut insanus videaris , insania sumiua '^•
A.dde, quod aegritudinem gestibus imitarì benevaleates possomos, r^nt
pallorem simulare non possumus. Tibi pallor, tibi labor meus notus est . •
Fam. II, 1. 9. — E nella lettera al P. Francesco Dionisi dal Borgo » •
Sepolcro (iv, 1). « Quod amare solebam, iam non amo: meatior: amo: y
verecundius, sed tristius. Jam tandem verum disi. Sic est enim : amo. »
quod non amare ameni, quod odisse cupiam. A.mo tamen, sed invitu«, *'•
coactus , sed moestus et lugens . . . Nondum mihi tertìua annus efliGC
ex quo voluntas illa pervM'sa et nequam , quae me totam habebat . ei
aula cordis mei sola sino contradictore regnabat, coepit aliaro habere ^*
bellem, et reluctantem sibi : inter quas ianodudum in campis oogitatioci-
mearum de utriusque hominis imperio laboriosissima et aaceps etiam s^^*-
pugna conseritur. > — E nella lettera a Luca Cristiano , iVeposito L ^
Antonio di Piacenza (Fracassettij Append. Ep. vi, p. 583). — « Juvetil?
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BCADONNA LADRA. 649
Nel Petrarca bisogna distinguere dne Laure, la vera e la
poetioa, che non sono una stessa cosa, né van punto confuse.
E cbe c'entra Laura l)e Sade nella stona della poesia, accanto
alla sua bella omonima che sola ha diritto di campeggiarvi?
Nò marito, ei dice, nò figliuoli, nò tenerezza di madre, nò ri-
serbo di sposa; e di Laura di Nores, baronessa de Sade, non
rimane che il nome. Laura, cioò Taria. Ma dal non esser
Laura quella donna che han, voluto farla, non ne segue che
ella sia un ente imaginario, un mito, un* ombra. In questa
ombra, a quando a quando si concreta la donna. Laura, se
non ò un personaggio storico ò personaggio reale; sebbene
aestum qui me maltos annos torrnit, ut nosti, sperane illis ambraculis (di
Vaichiusa) laoire. ao iam inde ab adoleaoentia aaepe confùgere, velut in arcem
inunitissimam solebam. Sed heu ! mihi incauto : ipsa nempc reniedia in
cxitiom Tertebantur. Nam et bis quas mecum adduxeram curia inceuden-
tibus, et in tanta solitudine , nullo prorsus ad incendium occurrente , do-
pperà tius urebar* itaque per os meum flarama cordi» erumpens, miserabili,
sed, ut quidam dixerunt, dolci murmure valles coelumque complebat. Uinc
illa vulvaria invenilium laborum meorum cantica, quorum hoaie pudet ac
poenitet, sed eodem morbo affectis, ut videmus, aoceptissima Est iffitur
eritque dum vixero, aedes illa mihi gratissima, commemoratione iuvenilium
curarum, quarum usque ad hanc aetatem in reliquiis elaboro. Veruntamen
nisi nosmetipsos fallimus, alia quaedam sunt viro tractanda quam puero:
et ego aliud illa aetate non videram. Obstabat enim recto iodicio ccecua
amor ; obstabat aetatia imbecìllitas paupertasqae consilii : obstabat reve-
rentia ducis nostri, sub quo esse pluris erat qaam libertas : imo sine quo
nec libertas, nec vitae jucunditas piena erat. Nunc et illum et quidquid
dulce su{)ererat uno pene naufragio amisimus ; quodque sine suspirio dici
nequit, yirentissima olim laurus mea, vi repentinae pestis exaruit (V. la
famosa nota in margine al ano Virgilio^; quae una mihi non Sorgiara
modo, sed Druentiam Ticino fecerat cariorem : velumque, quo oculi mei
tegebantur , ablatum est , ut videam quid inter Vallemclausam Venusini,
et apertas Italiae vallea ooUesque nulcherriraos et urbe» amoenissimas ao
florentissimas intersit. * ^ m. Est mihi . . . molier clarissima. . . et virtute. . . .
et sanguine nota*vetusto, Carminibusque ornata meis, audìtaque longe. »
V. Poem. Min. , Epiatola Jacobo de Columna^ in, 202. ■— Epistola ad Ami'
cum Transalpinum, ii, 138. — Ecloga iii, Stupeua-Daphne. — Ecl. x,
Laurea Oceidene. — Ecl. xi, Oalatea-De Contem. Mundio Dial. ni, passim.
Il Comitato di Provenza, nel suo Rendiconto ufficialo, scriveva su Laura:
— < Tous les historiens de Provence, tous les biographes de Pòtrarque,
totts les g^néalogistes de la maison de Sade sont unanimes à nous dire que
Pétrarqoe fut amoureux non de la forame , mais- de la jeune fiUe. Cette
constante tradition a étè contestée jponr la première fois, au dernier siede
par r abbó do Sade, à qui il ne sufnsait point d* étre 1* arrière-neveu de la
belle Laure et qui voulait descendre d* elle. Ce nouveau système n' a pu
a' étayer sur aucune preuve convaincante. La seule prèsomption sórieuse
à aon appui résulterait de ce que Laure de Noves parait étre morte de la
peate en IdIS, année de le mort de la Laure chentée par Pètrarque. Or,
tottt permet de supposer que ce fléau qui détruisit des familles entières à
Avtgnon, emporta en méme tempa les deux belles-sceurs. Aioutons encore,
avec la legende, que Laure était la nièce de Phanette de Gantelmi, l' une
des dames de la cour d* amour de Romanil, et qu* a cette poétique ècde
elle apprit A aimer les vera et à a' appliquer rile-méme aux nobles exercices
du gai aavoir. C ótait bien la femme qui convenait au naissant genie du
jeune Toscan. » Pe^. en Provence,
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050 IL CANZO!«IBiUI
comiMwta (li sostanza cosi tenue che ukolti hanno daìàtato e
dubitano, ch'ella non abbia mai eaiatito fìiorchò neU^'acc^i
fantasia del poeta. Chi sia poi questa doftia egli non ha voloto
dircelo, e rinijuieta curiosità di tutti gli ei*uditi non veni
mai a capo di accertarlo.
Secondo il prof. Zendi*ini , Laura- fu una donna ambizi£»a,
non d'altro curante che della propria lode, e del resto dora
verso il Petrarca, non per onestà, ma per insensibilità, luu
specie di nobil civetta, piuttosto nociva che utile all'ingegno
e all' animo del Poeta, il quale, se, ciò non ostante seppe eoo-
servarsi operoso e non cadere nell'avvilimento, lo dovette alla
grandezza dell'animo suo, non a Laura. Certo se fosse stato
riamato, avrebbe dato all' Italia un vero e compiuto Canzonieiv
d'amore, mentre cosi non diede altro che il Canzoniere dell'a-
mor platonico, o meglio dell'amor non soddis&dto. — Andie
il Macauiay chiama Laura civetta e senza cuore (1).
A non men virtuoso che dotto M, Maurizio Scaeva, Giouax
DI TouRNES suo afpBzionatissimo,
È questa la ben nota lettera sulla pretesa scoperta delia tomba |
(1) La dissertazione del orof. Zendrìni è ricca di fine ed acute ossa^
vazioni * ed io la lesai d' un flato con moltìBSimo piacere. Però mi par poc«
verosimile che Laura fosse t4itt*al più un appiglio, un prestanome; cy
ben allrimenti si chiamasse qitella eh' ei più amawi ; che a bello stud.8
mutato ne avesse U nome, in modo che al mondo non ne giungesse» cL?
il dolce profumo ; che Amore nel tenesse anni venntno ardendo sena ci"*
altri potesse mai avvedersi qual fosse la gloriosa Donna della sua menie-
Nò men in verisimile mi pare che la gente perseverasse ad anpioppanriì
un' amante mai amata ; che la vera Laura , moglie ad Ugo de Sade , non
respingesse sdegnosa quo' simulati amori , che le avreMbioa data voce di
men che onesta. — Oltrecchò mi ripugna imaginar Laura donna eit^Pt
e senza cuore» anzi di marmorea durezza e rigidità , quantunque volt^ |
mi viene di leggere ciò che ne scriveva il Petrarca nà suo Dialogo tu de
Contemntu Mufhdi. — < Quid enim aliud egit, cum nuUis mota precibns,
nullis vieta blanditiis muliebrmn tenuit decorem et adversua saam aimul
et meam aetatem, adversus multa et varia quae llectere adamantinom lìcet
spiritum debuissent, inexpuffnabilis et Arma permansit. Profectò animus
iste, foemininus quod virum decuit admonebat, praestabatque ne ittsectando
pudlcitiae studio (ut verbis utar Senecae) vai ezemplam deesaet vri con-
vìtium, postremo cum lorifiraf^m ac praecìpitem videret, deaererà maluit
quam sequi. » — > E più avanti : < Illa iuveniiem animum ab omni torpitu-
uine revocavit, uncoque, ut aiunt^ retrazit, atque alta oompulit spoetare —
Nemo unquam tam mordax convitiator inventus est, qui huiua famam canino
dente contingeret, qui dicere auderet (ne dicam in ambua eiua, sed in ^tu
verborum) reprebensibile aliquid se vidìsse; ita qui nihil intactum lique-
rant, hanc mirantes veneranteaque reliquerunt. » — < Neque enim mortali
rei animum addixi , nec me tam corpus novena amasse , quam animam
morìbus humana trascendentibus delectatum, quorum esemplo, qualiter
Inter coelicolas vivatur admoneo. » -~ Artibus haec nullis, sed aimptìcitate
placendi Goeperat olim animum, et rarae dulcedine formae. Poem. Min.
II, 807.
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BUDONNA LAURA. 651
di M. Laura. È datata da Lione il 25 Agosto 1545, e leggesi
per la prima volta impressa nel Canzoniere , ivi edito dal Tour-
nes. Alla fine della lettera si reca il sonetto che vuoisi tro-
vato neir avello, e vedesi T effigie di un albero diviso a metÀ
da una linea simile ad un S. — Alla pag. 8 si trovano effi-
giate le arme con gran cura cavate dalla pietrài e sono una
rosa araldica a quattro foglie, e di sotto uno scudo che porta
una croce nel cuore, e due. rami in croce di S. Andrea che
partono dagli angoli della croce suddetta. Y. Horiis, Catal. p. 46;
Scritti inediti, 268. ^ Rastoul, Tombeau de Laure ii, 203-19.
MÀLviOA Ferdinand, Lettre sur Avignon, le Tombeau de
Laure, et lafontaine de Vattc/M^«— A l'illustre dame Constance
Monti veuve comtesse Perticari. — A Bologne chez Turchi-
Veroli et comp. , 1824. — Volgarizzata dal Francese per Gio-
vanni Monti, con note del traduttore, e pubblicata nel V Cente-
nario del Petrarca. Roma, Tip. deUe scienze Matem. e Fisiche,
1874. -^ Estratto dal Buonarroti, serie ir, voi. ix, Agosto e Set-
tembre 1874.
< Francois I. voolut qu* an roonament digne de Laura rempla^Atcette
modeste tombe ; il ordonna de compier à cei effet une somme de mille
écas aux Fréres-mineurs, gardiens de ce dépdt. Ce tombeau devait porter
pour épitapbe : Vietrix easta fides. Mais ce projet ne foX jnmais réalizè. . . .
Une loi révolutionnaire ajant ordonnó le transfert dans les dmetièrea de
tona les oasementa qui se trouvaient dana les caveaux des ógUaea, lea de-
bris exhumés devant Francois I le ftirent de nouveau (1790). Agricol
Moureau , procureur de la commune les recueillit pour en faire don à la
Bibliothèque nationale Féte sècuì. et intermU., Le eulte de Pétr. en
Proveneej 49. — L' inglese Kelsall perchò rimanesse memoria del sito ove
sorgeva l' avello di Laura, fece scolpire la seguente iscrisione : — Ut me'
UìM noteaeat locus — Tarn indigenis qiMm peregrìnis — Ubi requiescit
— Laura illa Petrarchae amor — Hunc cippum posuit CaroliM Kelsall^
knglicua — Per Avenionem iter faeiens — Anno Sai. MDCCCXXIIL —
Nil amplius adaere opUme monent — Nota haee regii poetae carmina.
Ed è pur notevole quanto ci lasdó scritto M. Corsini, contemporaneo del
Petrarca, nel Rosaio della Vita :
«( Mescer Fr. Petrarca, cb* è oggi vivo, ebbe una manza spirituale, la
cpiole ebbe nome Laura, la quale sempre nomina nei suoi sonetti e can-
zoni che egli Sk ; et ha avuto a dire egli, che ella è stata cagione di tutto
l'onore che egli ha ricevuto nel mondo. Ora, non sarei io troppo ingrato,
dico egli, se io non magniflcassi lei, come ella me ? Cosi ha fatto non so-
lamente nella vita, ma dopo la morte : però che , poi eh' ella mori, gli fti
più fedele che mai ; et bagli data tanta fama, che ella sarà sempre nomi-
nata, e non morrà mai. E questo è quanto al corpo. Poi, gli ha fatto tante
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652 IL CANZONIBBB
limonne, e fatto dira tento mesM, e detto • fatto dire tonto omioBi, m
si fatto divozione, che s' ella Ause stoto la più cattiva fenuniaa del iBacdd.
r avrebbe tratta dalle mani del diavolo : bene che si rag^iona eh* elU d r- 1
pur santa. > Matteo dei Corsini (piovano di Pog^gibonsì, quivi morto i: ;
Dicembre del 1394) Rosaio della Vito; Firenze, Soc. Poligr. ItaL ISG, p.*.
Il Comitato d'Avignone (Concorso Storico) neli^occasiorti:
delle feste Àvignonesi, decretava premi alia miglior disaerUzk»h?
inedita, che venisse presentata a concorso; su Madonna Linu
La medaglia d' argento tx vinta da Giudo Getiiiard, qtella lii
bronzo da Carlo SoulUer d'Avignone. Sono inedite tuttam. ^
da quanto mi si scrive, non recano nulla di nuovo.
DELL'AMORE DI FR. PETRARCA.
Capriano Giov. Pibtro, bresciano, Della vera poesia. .\1
fine del volume vi ha un discorso sopra /* amore et sopra 1
comparaiioni poetiche òì Fr. Petrarca^ Vineffia, ZaUieri, IjX
Lettere di Alfonso Cambi Importuni, di Luigi Antonio R>
DOLFi e di Francesco Giuntini, Sul vero giorno e fora dò-
r innamoramento di Fr. Petrarca , Edizione del CanzoDinr-
Lyone, Rovilio, 1574.
RiDOLPi Lue' Antonio, Arte fila, Dialogo. OH amori del Pe-
trarca e di Laura ne formano il principale subietto. Lìoih.
Rovilio, 1560.
Gandino Lodovico, Lesione sopra un dubbio come il Pe-
trarca non lodasse Laura espressamente dal naso. Venezij.
Dussinellì, 1581.
Vieri Francesco, detto il Verino secondo, Discorso drJ
grandezza et felice fortuna d* una gentilissima e graziosi^
sima dama qual fu M. Laura. Fiorenze, Marescotti, 1581.
Cresci Pietro, Sopra la qualità delf amoj;e del Pctrtxni
Nel Canzoniere del Petrarca, Venezia, Angelieri, 1585 e li^-:
id. Griffio, 1586; Barezzi, 1592; Zanetti et Cornino, 1505; Hìr
succio, 1606; Farri, 1607; Imberti, i612 e 1627; Miloc-x\
1616. — 11 Cresci inclina a credere che V amoro del reL-^rxi
fosse tutto altro che platonico.
Tre discorsi volgari, Y uno di quel eh* è col mezzo di An^^rc
y Google
DBLL* ABfORB DI FR. PETRARCA. 653
r altro deir amore del Petrarca y eh* è F amore propriamente
detto, il terzo della compassione, tenuti nel!' Accademia Ferra-
rese. Ferrara, Baldini, 1585 (1). — Il secondo discorso della na-
tura e degU effetti delT amore del Petrarca , abbraccia dalla
pag. 39 alla 73. Non se ne conosce Fautore. II Marsand li at-
tribuisce al Baldini che non ne fa che lo stampatore.
ToBCMASi Anton Francesoo, GH affetti ed effetti di amore.
Virtuosi discorsi d* amore sopra il Petrarca. Milano , Stamp.
Archiepiscop., 1622.
G06T0 Tommaso, cittadino napolitano^ Discorso per lo quale
st mostra a che fine il Petrarca indirizzasse le ette rime^ e
che i suoi trionfi sieno poèma eroico. Venezia, Barezzi, 1592.
ZuoooLO Antonio, il Carrara, Dialogo delT amor Platonico
r del Petrarca. Nei Dialoghi dello Zuccolo, pag. 83, Perugia,
1615; Venezia, Ginammi, 1625.
Schiavo Biagio, n. ii> Este V 11 Gennaio 1675, m. in Ve-
nezia nel 1750, Pietra del paragone amoroso, owe9*o delta^
more platonico del poeta Fr, Petrarca , Dissertazione critica
deir autore del noto Dialogo stampato in Venezia, presso Au-
g-elo Geremia, 1737, colla risposta della novella letteraria che
inferisce T estratto del detto dialogo nel nuovo giornale veneto
sotto la direzione di M. R. A. Este, Orlandi, stampat. della
magnifica Comunità, 1740.
Gaglurdi can. Paolo, n. a Brescia il 15 Agosto 1675, vi
m. il 15 Agosto 1742, Lettera postuma al can. Pietro Silio,
1719. — Neir ediz. del Canzoniere del Zatta, Venezia, 1756,
voi. Il, p. 6; Brescia, nizzardi, 1757.
Il fino giudizio con cui si svolgono, e si appianano le diffi-
c*oltà che oscurano una si fatta questione» e la purezza ed
eleganza dello stile fanno di questa lettera un opuscolo molto
(gradevole, tigoni.
Gravina Vicenzo, Della lirica del Petrarca — DelT amore
razionale ovvero platonico. Della Ragion poetica, 1. 1, e. xxvr,
XXVII. — Neir ediz. del Canz. del Zatta, i, 39.
(1) Annibale Romei j ferrarese, nel sacondo de* suoi ditewrti, che tratta
«Ielle (Realità del cuore umano (Pavia, Vioni, 1501; Veneàa, MaMora,
1604), foD<U 1 suoi ragionamenti sul Canxoaiere del Petrarca. — Girolamo
SorboH , di Bagnacavallo , teologo e medico-flmco in Breacello , riportaai
pure alle autoritA del Petrarca nelle sue Lettioni aofra ia dafinitiomv di
amore, stampate in Modena dal Gadaldino, 1590.
y Google
654 IL OàMZONBBB
Db Sadb, Sur kt nature de C amour de iVcrar^ue, Noce
XXI, V. II, p. 76.
Bettinelli Saverio, Amore e Petrarca, Dialoghi vhl Ro-
vereto. Marchesani, 1796 (1). Nei voi. vi delle sue Opere, p.
40-183, Venezia, Cesare, 1709. -- Esame deU amar del Pe-
trarca, voi. XIII, p. 57.
DiONisi GiANGlAOOMO, Dei tncendevoH amori di tnets. Ft\
Petrarca e della celebratissima Donna Laura» Verona, Merla
1802, 1804, 1812 (V. Meneghetìi, Esame critioo dei vioende-
voli amori di mesa. Fr. Petrarca. Estratto dal Giom. di Letter.
del prof. Da Rio. Padova, Minerva, 1822).
Foscolo Ugo, Saggio sopra r amere del Petrarca, Foscolo
Opere, Ediz. Le Mounier, x, 5-35.
Sacchi Dbfbkdb!«tb, Petrarca, Novelle e Racconti. Milano,
Maninì, 1838, p. 203-17.
Saint-Marc Oourdin, Sur la nature particuUère dessen-
Uments de Pétrarque et sur F amour pkOonique en generai
Le^n. Coars de Litter. dramatique, it, xxxvi.
Ronzi A., Comparazione delV amore di Fr, Petrarca e ài
(?. Leopardi. Belluno, Guarnii, 1874.
PiTcciANTi G., La Donna nella Vita Nuova di Dante e nd
Canzoniere del Petrarca, Lettura fìttta al Circolo filologico ài
Pisa, il di 15 Marzo 1874. Pisa, Nistri, 1874.
DELLA LIRICA DEL PETRARCA.
Valionani CiPAGATTt MARCH. FEDERIGO, DMogo Sopra lo
etile del Petrarca e del Marino. Chieti, Terzane, 1720.
Bettinelli Saverio, Petrarca. Il Risorgimento d'Italia,
(Opere, voi. ix). p. 127-134.
Foscolo Ugo, Essags on Petrarch, London, Afarav, 1823.
— Dedicati alla molto onoranda Barbarina Lady Dacre. — Saggi
(1) DoTeasi piantare solenneineiite un alloro in ÀrquA nell'occasios^
che il cav. Zuliani prese a rl&torare la casa del Poeta, con intervento di
molti letterati, tra' quali Tab. StbiliAto. Per questa feeta, che pare aoo
abbia avuto luogo, il Bettinelli, com* egli stesso ne assicura, scrisse i soci
Dialoghi Petrarca e Amoife.
y Google
DELLA %jaaCk DBL PBTRARCA. 655
sopra il Petrarca tradotti in italiano da Camillo Ugoni, Lu-
gano, Vanelli, 1824; Firenze, Gaietti, 1825; Lugano, Ruggia,
1833; Napoli, Rossi, 1854; Firenze, Le Mounier, 1859 (vol.x
delle Opere). Sagg^ L Sopra T amore del Petrarca ; IL Sopra
ia poesia del Petrarca; III. Sopra il carattere del Petrarca;
IV. Parallelo fra Dante e Petrarca,
Il Foscolo avea pubblicato un articolo sul Petrarca, che
comparve in inglese nella Rivista Quadrimestrale, 1821, e che
fu volto in italiano nell'Antologìa italiana, 1823. Venne esso poi
ampliato ed abbellito nei quattro Saggi enunciati. Il Pecchie,
non senza ragione, lo chiama il più bel libro scritto dal Fo-
scolo durante il suo soggiorno in Inghilterra. Esso può aversi,
soggiunge L. Garrer, a modeUo di critica letteraiìa , condotta
sino a queir ultimo punto in cui è possibile parlare alla fan-
tasia ed al cuore de* lettori non meno che al loro intelletto, e
oltre il quale non puossi a meno di trascorrere nelle pitture
romanzesche e nelle declamazioni rettoriche.
GiBRARio Luigi, DelV ingegno e del cuore di Fr. Petrarca,
Neirediz. Torinese del Canz. Alliana e Paravia, 1825.
Bozzi Ferdinando, Della poesia lirica e di Petrarca. Nella
ediz. del Canzon. Vienna, Schrftmbl, 182&.
BoRGMO 6. F., Intorno aUa diversità tra la lirica del Pe-
trarca e la lirica greca e latina (1). Dissertazione premessa alla
sua traduzione in esametri latini dei Sepolcri di Ugo Foscolo.
Agrati Giovanni, Petrarca, Milano e Lodi, Wilmant, 1854.
B., Petrarca, Rivista Gontemporanea di Torino, Marzo,
1866.
Pantano Edoardo*, Sulla lirica di Dante e di Petrarca,
Palermo, Polizzì, 1865.
(1) < Rimane tra lirici di tutti i tempi e di totti i paesi primo e sommo
il poèta della gloria Pindaro : e dopo lui viene il poeta delr amore, Fran"
Cesco Petrarca : e dopo lui il poeta del dolore : o di un certo dolore tenero
e particolare e più estemo allo spirito, come lo cantò Tibullo: o di un
dolore più intimo, universale, disperato, come lo cantò Giacomo Leopardi :
e finalmente il poeta de* piaceri (Anacreonte) Laonde se Pindaro è
unico, ed unico u Petrarca , e quasi unico il Leopardi , non è parò unico
Anacreonte ; imperciocché, senza contare q[uelli tra gli antichi, ai cui sap-
Siamo poco più che il nome, e senza contare tra più moderni coloro, che
i poco stanno indietro da' sommi ; Catullo ed Orazio sono tali, che possono
ben contendere al greco la palma della poesia vezzosa ed amena. Pindaro
dunque, il Petrarca, il Leopardi, Tibullo, Anacreonte, Catullo, Orazio sono
i più gran lirici del mondo. Vito Fomari, Del Bello e della Poesia, I^e-
fioni, Napoli, Tip. dell'Industria, 1M8, p. 366-377; Napoli, Marghieri, 1872.
v Google
656 IL cAMCONun^
Fbrbazzi Jacopo, Del Petrarca e del suo Canutmiere. ila.
Dant. Ili, 204-227.
Bozn) GrosBpPB, Del Cantoniere. Petrarca, Rine» L il
XXXIV. — Petrarca con carattere originale potè mostrarti caro
poeta delV amore, i, 359-83. — E in pari tempo il earitùmo
poeta del dolore, w, 171-80.
Fantoni Oabsielb» Sulla originalità delU rime jPgtrar(Ae'
eehe, Venezia, Qrimaldo, 1874.
Nani Anoblo, Petrarca e il Cantoniere, Saggi di critici
storica e letter. Zara, Àrtale, 1875.
Mamiani Tbiu:nzio, Del Petrarca e de ff arte moderna.
Nuova Antologia, a. ix, voi. 26, Agosto 1874, p. 833-68.
Date le condizioni singolari de' tempi , maggior Poota del
Petrarca non vi potò comparire, e, dopo scorsi cinque secoli,
nessun ancora gli contende il primato della nosttra lirica. Né la
nuova ragion poetica addestrava alcuno fra noi a toocar quella
cima, sebbene lo abbia scaduto di audacia e posto m aontim
troppo diversi dagli antichi. Ohe se T armonia, T eleganza eia
squisitezza dello stile non sono sufSicienti per se medesimi a
creare una gran poesia^ tuttavia, laddove mandù, è troppo
difficile che si rinvenga ogni rimanente, o per lo meno t^e gli
uomini se ne soddisfkociano. Tornì dunque Tarte moderna &
studiar nel Petrarca lungamente ed incessantemente se vuole
altresì tornar maestra di locuzione e di stilè. Nò dobìti per
questo di tarpar le ali alla propria originalità, dove la posseda
ed abbia forza da dò.
Db Sanctis Francesco, Saggio critico sul Petrarca, NapdL
Morano, 1869.
Ci ò ancora un monumento durevole da innalzare a Fr.
Petrarca, scrive il De, Sanctis, c*ò ancora dopo- tanti altri la-
vori un altro lavoro a &re. Ed ò la crìtica del Canzoniere ; è
determinare ciò che in esso ò vivo e dò ch^ ò morto. Nel Pe-
trarca ò morto tutto ciò ch*ò imitato ed imitabile, il doppio
petrarchismo, il rettorico ed il platonico. Ed egli ai accinse a
darci il Petrarca vero, come lo desiderava Méziòres, e senza
guardare se la sua immagine ne esca ingrandita o impiodolita.
Così com*ò,la ò grande abbastanza, perchè rimanga ne* secoli.
— Ei vuol mostrarci « che là dove il Petrarca d appare ne-
gletto e rozzo, vi sono tesori di poesia più schietti di tutte le
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DELLA LQUOA DBL PBTRÀRCA. 657
sue registrate eleganze; e là dove gitta a mare il suo platonismo,
e dà libero volo alla sua immaginazione e alle sue impressioni,
raggiunge il più alto segno dell* arte. Piii nella sua forma ci
è di spirito e di pensiero e di concetto, e piti ci discostiamo
dalla poesia; più ci è là dentro passione, calore d'immagina-
zione, impressione, voluttà, malinconia, e più ci sentiamo nel
vero cunpo dell'arte.
Carducci Giosuè, Petrarca. Dello svolgimento della Lette-
ratura italiana, Studi Letterari, p. 66-69. — Danie, Petrarca,
Boccaccio, 71-75. — Il Petrarca, come poeta italiano. Presso
la tomba di Fr. Petrarca in Arquà, p. 5.
Albabdi Albardo, Il Canzoniere. Discorso sul Petrarca,
46 e seg., 57 e seg.
Capponi Qino, Petrarca. Storia della Repubblica di Firenze,
L IH, e. 9, p. 367-361.
Fr. Petrai*oa alla forma diede ultima e non mai superabile
squisitezza. Quanto alla parlata espressione della poesia, egli
dice, esser nel nostro idioma scrittore perfetto; in lui non
appare mai V eccessivo assottigliarsi per esser arguto, né studio
faticoso di pienezza nò di brevità; ma neanche tu scorgi nei
suoi migliori componimenti, che sono in gran numero, mai
nulla di- troppo: una mirabile temperanza a lui era maestra di
non alzarsi verso dove non potesse la dolce sua tempra, senza
però abbassarsi mai da quella serena elevatezza che a lui man-
tennero l'amore e. gli affètti virtuosi dell* animo ed una vita
nutrita sempre di nobili studi e naturalmente dignitosa.
Dbtti Fftop. Francbsoo, Petrarca e il suo Canzoniere. Ra-
gionamento recitato in occasione della festa letteraria del R.
Liceo Andrea Doria, Novi Ligure, Tip. Raimondi, 1874.
FoRNARi Vito, DelC essenza della poesia Urica — DeUa pro-
prietà lirica. — Ne' cap. xxvii e xxviii della segnalata sua opera
Del Belio e della Poesia, Napoli, Tip. dell'Industria, 1868, p.
358-378. — V. Lombardi Eliodoro, Coazione su F. Petrarca,
p. 22 e seg. — Rieppi Ani., Discorso su Fr. Petrarca, p. 12 e
seg. — Zendrini Bernardino, Petrarca e L aura, ecc. ecc.
Fiorentino Francesco, DeW amore covrC è concepito dal
Petrarca ^— Perfezionamento delC amore ideale — Della Urica
provenzale, e perché non allignasse in Italia. — U allarga-
mento delV ideale lirico nel Petrarca fu effètto delle proprie
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658 HL GàraONOBB
riflestioni fiiosofiehe. — Del concetto poUUeo nel Petrarca, fa
eonereio in hit che non fòsse nello stesso Dante AUgierù — U
Filosofia di Fr. Petrarca, Napoli, PeroUi, 1875, p. 25 e ae^. (1).
La Vista Luigi , Petrarca, Memorie e scritti , Fireame, U
MoDDÌer, 1863, p. 322-324. — Id. I Petrarchisti. Id. 359-363.
Garrbr Luigi, / Peùrarchisti. Prose, voL ii, ed. La Mounier,
p. 500-505.
Grbspan Giovanni, Del Petrarchismo e de^prineipaU Pe-
trarchisti Veneti, Petrarca e Venezia, p. 187-262.
Il Crespan non trova affatto giusto T ostracismo die &
vorrebbe bandito contro il Petrarchismo. — Sul GaBSoniere,
poema del cuore umano, detta pagine veramente belle; ci parU
di quell^aura di vereconda malinconia che lo governa, ddh
squisitissima perfezione del lavoro, della lingua, dopo dnqoe
secoli, ù^eacA e viva sk che par nata ieri, e dello atìle ch'à
dice per eccellenza venusto. Dal che ne venne che il Patrsita
divenisse T autore prediletto, il Canzoniere il libro di moda. E
la tradizione rimasta a Venezia del Petrarca non poteva ir.
non influire sul Petrarchismo. Con critico senno discorre deir
Rime del Bembo, del Navagero, di Alvise Priuli, di Viacenze
Quirìai, di Trifone Gabriello, di Giacomo Zane, di Bernardo
Cappello, di Gaspara Stampa, di Celio Magno, di Orsatto Giu-
stiniano, di Domenico, Lorenzo e Marco Venier, di Pietro Grt-
denigo, di Jacopo Tiepolo, del Fiamma, di Alvise Pasqoaligo.
di Girolamo da Molino, patrizii tutti, che dsl gran lirico tol-
sero il beUo stile che lor ha &tto onore. B a prova del leg-
giadro poetare, perchò ognuno da so possa portarae gindizio^
ci reca alcuni brani trascelti, senz* idea preconcetta, dalle Rime
di P. Bembo, di Bernardo Cappello, di P. Qradenigo, di Giro-
(1) La Marciana possiede un Discorso inedito intomo alla Roeaia Li-
rica di messer Fr. Petrarca , detto il di 12 Mano i735 nell* Kccmàeam
(Hrivata de' Ricoverati in Padova dal sifir. OìHteppe Aìaleoni, prof, di Giu-
risprudenza in quella Università. L* Alaìeoni, n. in Macerata nd 1689. e
a Padova nel 1749. V. Petrarca e Venezia , p. 72. — < Il ParaTM aiUe
sette Lezioni, che recitò sulla Lirica nella Università di Torino con facto
Dte d«l
sette Lezioni, che recitò sulla Lirica nella Università di Tonno con ts
flauso e profitto, discorre , da quel maestro eh* egli o-a , langamente
Petrarca, massime nella seconda, tersa e sesta. Queste sette LecioBi .^
mano direi cosi corpo con le altre ch'eì lesse intorno a*diver» generi
di Poesia : suU' Epica, Satirica, Romantica, Drammatica, fi tm lavoro sta-
*itore. » Da 1«
7 feb. 18T7.
y Google
pendo, ordinato, cui non mancherebbe che un editore. > Da lettera diret-
iami dall'amicissimo mio M.' Ja<^opo Bernardi, 27 feb. 1877.
DELLA LIBICA DBL PBTRARCA. 650
lamo Molino, dalle stanze di M. N. Qmrìnì. — L'ab. Rabbi nd
suo Parnaso scriveTa che si potrebbe fare una scelta e racco-
^Kere da ben dodici Canzonieri di veneziani poeti nel sec. XVL
Il Crespan si duole che non sia bastata la vita a Marco Fo^
scarini, uomo di quel gusto che tutti sanno, che, ci avrebbe
dato la Raccolta adunata da lui di oltre sessanta poeti vene-
ziani. ^- (Del Petrarchismo, V. Aleardi Aleardo, su Francesco
Petrarca. Discorso, pag. 63; De ScmcHSy Saggi, 14-37; Canlù,
Storia Letteraria, e. viii, p. 205; Mamiani, Prose Letterarie,
p. 39).
E ne parlarono: Crescimbeni Mario, Fr. Petrarca. L* Istoria
e i Gomentari della volgar poesia, Venezia, Baseggio, 1730, ii,
290-315. — Quadrio Francesco Saverio, Della storia e della
ragione d* ogni poesia. Milano, Agnelli, 1741, voi. u, 1&2-87. —
Fontanini Giusto, Biblioteca dell* eloquenza italiana, Venezia,
Pasquali, 1753, p. 5^. — Con note di Apostolo Zeno. — » TtVo-
boschip, QiroUmo, Storia della Letter. ital. t. v, 1. 3 — Andres
Giov., Dell'origine progresso e stato attuale d* ogni lettera-
tura. Venezia, Antonelli, pag. 457-64; 478-486. — Comiani
Francesco, I Secoli della Letteratura Italiana, Torino, Pomba,
1854, voi. I, 194-247. — Solfi Fr. Stona della Letterat. Ital.
Milano, Silvestri, 1834, i, 55-75. ~ Maffei Gius. Id., Milano,
Classici ital. 1834, i, 94-157. — EmiUani'-Giudici Paolo, Id.,
Firenze, Le Mondier, 1855, i, 250-93. — Franceschi Ferrucci
Caterina, l primi quattro secoli della Letter. Ital., Firenze,
BarbèrarBianehi, 1856, i, 31^^. — Cereseto Giamb. Storia
della Poesia in Italia, Milano, Silvestri, 1857, i, 131-92. —
CantU Cesare, Storia della Letter. Ital. Firenze, Le-Monnier,
1865, 59-73. -^ Settembrini L., Lezioi^i di Lett. Ital. Napoli,
Ghio, 1869, I, 191-218. — De Sanctis Fr., Storia della Letter.
Ital. Napoli, Morano, 1870, i, 255-280. — Fomacciari Raffaello,
Petrarca, Disegno storico della Letteratura Italiana Firenze, San-
soni, 1875, p. 37; Id. Dichiarazioni ed Esempi in appendice al
Disegno, 69.
MeinhardJ., N. Versuche ùber den Karaktér und die Werke
der besten italienischen Dicter. Brunsv., 1774. — Boutencech
Fr., Geschichte der Poesie und Beredsamkeit seit dem Ende des
y Google
d60 IL CAMZONlBaB
XIII JahrhQDderU. Gottingen, 1800. — Schlegel Fed^ Geodiichte
der alien und neuen literatur. Vieniui, 1815, voi. ii, p. 17. —
Wagner Adolfo, Saggio sopra il Petrarca. Nel voi i, dal Parnaso
Ital., Lipsia, 1826. — Rosenkrans Kotrl, Handbuch eioer ali-
gemeineo Gescbicbte der Poesie, Halle, 1832. Nei toI. ii, pag.
230. — Genthe F, W., Handbuch der Geschichte der italieiù-
achen Literatur. Magdeburgo, 1832-34, v. ii, 114-46. — Ruth
E., Geschicbte der italieoiscben Poesie, Leipzig, 1844. Nel voi. i,
528-71. — Henschel^ Francesco Petraixsa. Nell'AUgeaetne Mo-
natscbrift f iir Wissenscbaft uod Literatur, 1 853, fase vai — Eben
A., Handbuch der italienischen literatur, Francforte, s. M., 1854,
p. 14-19; 68-82. — Carrière Moris, Die Kunst in Zusaoioien-
bang der Culturentwickelung, Leipzig, 1868. Petrarea^ voi. lu,
493, 508. IL Carriere riguarda segnatamente il Petrarca dal lato
estetico. Vi si leggono di molte belle e finissime oaserTazioni
— Wo^ Adolf, Die italienische National-Literatur in ihrer gè»-
chichtlichen Entwicklung vom dreizebnten bis zum neunzehnten
Jahrhundert, nebst dea Lebens-und Kariakierbildarn ihrer klas-
sischen Schriftsteller und ausgewahUen Proben aus den Werkea
derselben in teutschen Uebersetzungen. Berlino, 1860, pa^« 69,
101. — Weber G., Allgemeine Weltgeachichte, voL vn, 871 e
seg. Leipzig, 1868. — Schlosser C. F, Weltgeschicbte, u, id.,
Leipzig, 1872, voi. vm, 46 e seg.
II Burckhardt, nel suo Saggio sulla Civiltà del Seo(4a di
Rinascimento in Italia, scrìve del Petrarca: « Noi amnùriaffio
nel Petrarca una copia straordinaria di concetti e d* imagini,
che s'aggirano tutte nel campo della ^[ùritualità, descnzìom
di momenti di ebbrezza- o di abbandono, che debbono rìgaar>
darsi come al tutto proprio di lui solo, perchè in nessuno prima
di lui ci accadde d'incontrarli, e che costituiscono appunto il suo
merito principale dinanzi alla sua nazione e al mondo intero. >
(Ediz. Fir. Sansoni, 1876, con la versione del Valbusa, a, 53).
Sismondi S,, De la Littérature du Midi de 1* Europe, Paris.
Treuttel, Wurtz, 1813. — Ginguenè, Hist Littérat d' Italie,
Paris, Michaud, 1811. — Villemain, Tableau de la Litter. au
Moyen age. Paris, 1846, Lù^on miu "^ Perrens, Hiatoira de la
Littér. Ital. Paris, Delagrave, 1867. -^Etienne, Hìatoire de la
LiUér. Ital. Paris, Hacheite, 1875., ecc.
y Google
DELLA LIRICA DBL PETRARCA. 661
Babhtffton ÌSacaulay Tomaso^ Saggi Biografici e Critici
(Versione di C. Rovìghi, Torino, Unione Tip. Editr., 1863), Pe-
trarca, voi. IH, 97-115.
Meseghelli a., Saggio sopra il Canzoniere del Petrarca,
Memorie lette alia Ven. Accad. di Belle lettere nel 1809. Ve-
nezia, VitarelH, 1812; Opere, Padova, 1831.
n Canzoniere potrebbe dirsi il diario ove il poeta registra
i movimenti più fuggevoli delF animo suo, mo$?trando8Ì cronista
esatto del suo amore, rappresentato ne* suoi momenti più me-
morabili, con indicazione dell'anno e, qua e là, fin del mese,
del giorno e dell' ora. E il Meneghelli si accinse a ricostruirne
la storia, aggiungendovi in fine il prospetto del Canzoniere,
secondo l'ordine da lui tenuto ne' suoi discorai (p. 81-104).
MiNiCH A., Sur les amour s de Pétrarque eospliques par
rapprochement de sa vie avec ses écrits^ Féte Séc. p. 238-245.
Annunzio di nuovi studi intorno al Canzoniere ed
alla vita della celebre Laura. Venezia, Grimaldo, 1875.
Il Minich cosi conclude: L'induzione di quanto si può co-
noscere intorno la vita, di Laura e la sua corrispondenza colle
rime del Canzoniere, «verrà da me esposta in due successive
memorie. Ma invece di seguire T ordine stesso delle mie inda-
gini, che da una nuova, e se non erro, più esatta spiegazione
di alcune rime del Petrarca, mi condussero alla ricerca della
persona di Laura , terrò la via diretta , seguendo il metodo
storico, e comincerò in una prima Memoria dallo stabilire la
identità di Laura, e le circostanze principali della sua vita.
Poscia in altra memoria, mostrerò come le notizie di quei
fatti si attemperino ad una piena interpretazione de' compo-
nimenti predetti e dell'altre rime del Canzoniere che si riferi-
scono alla celebre donna. Chiariti i soggetti delle due Memorie,
se ne può dedurre agevolmente l'ordinamento progressivo, e
quasi cronologico della prima parte del Canzoniere, ed anche
di alcune rime della parte seconda. Tutto ciò potrà dare argo-
mento ad una terza memoria, e servire di guida ad uno studio
più completo ed esatto della vita, e delle opere del grande
scrittore. — Frattanto colla guida delle avvertenze da me espo-
ste intorno i diversi periodi dell'amore del Poeta per Laura,
ho potuto distribuire tutte le rime del Canzoniere spettanti alla
vita di Laura: 1.*" dal 6 aprile 1327 all'epoca del suo primo
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662 IL càmofwsm
viaggio a Roma nel 1335; 2."" dal questa epoca fino a qBeb
del suo ritiro inValchiosa nel 1337; 3.^ pel quadriennio de&i
sua vita solitaria di Valchiusa fino air Aprile 13^1, ooè óa
alla sua coronazione io Campidoglio; 4.° da questo stw-
mento sino al suo ritorno in Avignone nel 1342 ; 5.® dai 1;^
fino alla morte di Laura. A queste cinque divisioni conneK
aggiungerne una sesta, che contiene i quattro sonetti seriìti
evidentemente dopo la morte di Laura, ma che si rifariacono
alla sua vita, e fiirono sempre compresi nella prima parta dei
Canzoniere, giacchò esprìmono il presentimento e il presa&id
della sua morte. Cosi tutta la parte del Canzoniere in viudi
Laura, venne da me divisa in sei manipoli o sezioni, lasdan-
dovi per ora i componimenti compresi in ciascano di ^ìi ma-
nipoli, nell'ordine in cui si trovano, rupettivamente dbposd
secondo le consuete edizioni. Solo il primo Sonetto non teoiu
da me inserito in veruna delle sezioni della prima parte, g^
chò sebbene serva di prefezione al Canzoniere mostra evides-
temente di essere stato scrìtto dopo gli altri, aUorehò VmUs^
raccoglieva e riduceva alla maggior perfezione i suoi compo*
nimenti in vita e in morte di Laura, e le altre rime del Ci>
zoniere. Mi sembra conveniente di collocarlo alla fine di quelle
rime, non solo per ordine di tempo, ma perchò esprime i s»
timenti del poeta allorché rivedeva le sparse sue rime, e ikot^
dava le sventure del suo amore, e perchè collocato al prìvàpi
del Canzoniere esso intiepidisce T animo del suo lettore, e se
scema le vive impressioni che dee ricevere da si soavi e t(K>
canti componimenti. Posto invece alla fine, sparg» un lenitiTo
sugli sconforti del cuore umano, ne calma e scusa le passioDl
e chiude la storia di si lunghe vicende colla grave sentoia:
Che quanto piace al mondo è breve sogno.
Questi esempi, ed altri molti, che sono nel suo Canzoniere,
sono una prova di quel sentimento profondo, del quale era il
Poeta compreso, e che rispondeva a una donna reale, cfa*eglì
vedea spesso, e colla quale s'intratteneva a parlare.
Come il Petrarca dicesse di sentire delle sue Poesie volgari,
lo provano i seguenti brani che ci piace di rifeinre. — €?er
le mani di questo messo riceverai i meschini miei scritti vol-
y Google
DELLA LIBICA DSL PETRARCA. 663
^ai-i : e cosi potess' io stimarli degni de* tuoi sguardi e del
^udizio tuo, come son certo che lieto ed avidamente li acco-
glierai, e collocarli vorrai in un cantuccio, fosse anche il piii
>scuro, della tua biblioteca. Molte sono in essi le cose che ab-
log^oan di scusa; ma non disperano ottenerla da un censore
benigno quale tu sei. Alla diversità degli affetti serva di scusa
a volubilità di un cuore infiammato d' amore, siccome ò scritto
iul bel principio. Se rozzo è lo etile , e tu accagionane T età
mia: perocchò la più parte di quelli io dettai negli anni miei
2^ovanili.. . . A malincuore, te lo confesso, or che fatto son vec-
chio, io v^go divulgarsi queste inezie composte nella mia giovi-
aezza, le quali, non che agli altri, vorrei che fossero ignote an-
cora a me: perchè sebbene lo stile non disdica all'ingegno di
quella ét&, troppo per lo subbietto si disconvengono alla gravità
senile. Ma come impedirlo ? Girano già da gran tempo per le mani
di tutti, e sono lette assai più volentieri delle cose che scrissi
più tardi, maturo degli anni e del senno. > LeU, sen. Lib, xiii,
iet, 10 a Pàndolfo Malatesta. V. LeU. ix del libro unico delle
Yarief allo stesso Pàndolfo; nel poscritto della quale pur ag-
giungeva: € Restanmi ancora molte altre di queste cose vol-
gari in schede lacere e consunte per modo che non si ieggon
che a stento, e se di quando in quando ho qualche giorno di
ozio, mi vado divertendo a raccozzarle. Ma ben di rado è che
io il possa. Per questo ordinai che alla fine di ambedue i
volumi si lasciasse delia carta in bianco: e se m'averrà di
mettere insieme qualche altra cosa, la manderò chiusa in fogli
separati al mio dolcissimo e magnifico Signore Pàndolfo di
Kfalatesta. » — Ed ei dice le sue poesie vulgari nulla più che
« un passatempo e un solano e quasi un dirossamenio del-
l' ingegno > Ep. Fam, xxi, 15. — (V. Epìst, Barbato Sulmo-
nensi. Poeta, Min. u, 6. — V. Carducci, Studi letterari, 341).
Ma pur ricorda, con soddisfazione manifesta, quanto esse pia-
cessero a Re Roberto, e se le £& lodare perfino da quel severo
riprenditore, eh* ò sani* Agostino^ che non può a meno di chia-
marle dulcisonum Carmen^
€ I posteri, scrive T Aleardi, lo coronan re dei lirici per le
sue rime; delle quali ei sente rossore, e pensa gittar sul foco,
e molte, dicono distruggesse ; e poscia in vecchiezza lima, cor-
regge, ritocca con amore d* artista, che vede là entro luccicare
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664 IL CANZONIB&B
il SUO nome immortale. ». — Le date a* buoi yersi, registrate à
Bua mano ne' suoi autografi, ci sono una riprova del InaghisisHi
tempo, delle cure infinite, della pazienza incredibile n^^ emeub-
zione, e direi, perfezionamento della lingua delle aoe {Moaie amo-
rose. Ogni stanza, ogni verso ed ogni parola furono rìcorreci
piii volte in diversi intervalli di tempo. < Ciò che seguìu «
traduzione letterale di una sequela di memorie in latioo, po»tr
in principio di uno de' suoi sonetti. » ^- Cominciai questo pe:
impulso del Signore (Domino iubenie), il 10 Sett. airalba dà
giorno, dopo le mie preci mattutine, — Converrà eh' io rì£iccb
da capo questi due versi, cantandoli (cantando) , e èbMo &
in verta V ordine : 3 ore a, m. 19 Ottobre. » ^- € Questo mi piace
(hoc placet): 30 Ottobre, 10 ore del mattino. » — « No; questo
non mi piace : 20 Dicembre a sera. » — E di mezzo aiUe corr&
zioni scrive, deponendo la penna: € tornerò sopra questo; soik<
chiamato a cena. » — 18 Febbraio, verso nona: ora questori
bene ; nondimeno tornavi su un' altra volta (vide tamen ad"
huc). » — Talvolta nota la città dove sMmbatte. — 1364, T^-
neris mane, 19 Jan, dum invitus Pataeii ferior, > Potrebbe
sembrare osservazione più curiosa che rilevante. Tessere sUic
generalmente in venerdì ch'ei davasi alla tediosa briga deki
correzione, se non sapessimo ancora eh* era per lui giorno ài
digiuno e di penitenza. — Quando alcun pensiero gli occorrevi
alla mente, ei lo notava in mezzo a' suoi vaiasi cosi : « Bada .
ciò. — Io aveva qualche intenzione dì trasporre qu^^ti ver?.,
e di fare che il primo divenisse V ultimo ; ma noi feci in grjxi
deir armonia: — il primo allora sarebbe stato più sonoro, «
r ultimo meno , che ò contro regola ; perchè la fine dovre!>b«
essere più armoniosa che il principio. > Talora ei dice : « Il co-
minciamento è buono, ma non è patetico abbastanza. » In alcsii
luoghi ci suggerisce di ripetere le stesse parole, piuttosto riy
gli stessi concetti. In altri giudica meglio di non moltiplicarT>
i concetti, ma di amplificarli con altre parole. CiasciiQ vere-:'
è rivoltato in più modi; sopra ogni fi*ase e ogni parola cu-
loca spesso modi equivalenti, per poi esaminarli di duovo; ;f
vuoisi conoscenza profonda dell'italiano, per accorg«rsi che.
dopo tale perplessità scrupolosa, elegge sempre quelle pareli
che hanoo insieme più armonia, eleganza e forza.
Non son al sommo ancor giunte le rime: In me '/ cono^^^
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DBLLA URICH DBL PETRARCA. 6d5
Son. 41, p. 2. — S'io avessi pensato che si care Fossin le voci
de'sospir miei in rima, Fatte P aerei dal sospirar mio prima
In, numero più spesse, in stil piti rare. So*. 25, p. 2. — Ipse
per urbes Jam, populo plaudente, legor,,,. Nugae placuere
tneae. Poem. Min. ii, 12. — Pieriarcomites, etplectra sonantia
Phaebi, Haemoniamque cUio laurum procul ore reisctam No»
veris; antiqui preOum praeduJce laboris, Poem. Min. Ep. ad
Brunum Florentinum, ii, 338.
Il Petrarca ricorda non senza dolore di essersi dato in sua
prima età alCarte Di vender parolette anzi menzogne, e si
compiace che la sua Laura alzasse il suo intelletto Ov^ alzato
per se non fora mai. Eppure è curioso il vedere con quanta
forza r amoroso Cino, il cantore di Selvaggia, cercasse disto-
gliere il Nostro dal culto della poesia, volendone fare un sa-
cerdote di Temi. Se vi ci avesse dato retta, Fiorenza, e meglio
r Italia, non avria oggi il suo poeta, che rime éTamor usò dolci
e leggiadre.
Ecco la lettera di Gino da Pistoia a Fr. Petrarca (Di Bo-
lo^a a* di 20 di Febbraio deM328).
Poi che nel mìo frequentissimo aaditorio io vi cominciai a conoscere,
et ebbi notitla nelle concorrenze pubbliche e nelle dispaio private, del vo-
stro bello ingegno, io fUi sforzato a porvi quello amore che meritava il
valor vostro e che richiedeva V ufScio mio. Et è passata tanto innanzi questa
paterna benivolenza insieme con gli studi vostri, che io, non più come uno
degr infiniti discepoli miei, ma a guisa di proprio et amato figliuolo vi ho
poi sempre tenuto caro, aspettando di voi que* frutti piaturi che mi have-
vano promesso i fiori acerbi dell* intelletto vostro. Nò mi posso dolere di
non essere stato da voi continuamente osservato come padre e riverito come
precettore : che V uno e V altro ufficio e di disoepolo e di figliuolo havete
voi ognora copiosamente adempiuto. Onde, non pure appresso di me, che
teneramente vi amava, ma con tutto lo studio che virtuosamente vi co-
nosceva, vi havete acquistato fama di valoroso e prudente sopra tutti gli
altri. Perchè non voglio ragionare del fhitto che in quattro anni faceste;
chò U dotta Bologna, madre degli studi, bavere sempre da ricordare la
vostra profondissima memoria: poi che in manco di quattro anni tutto il
corpo delle scabrosissime leggi civili apparaste a mente come alcuno altro
havrebbe fatto i piacevoli romanzi di Lancilotto e di Ginevra. Ma voi non-
dim'sno, tratto piixttosto da giovenil leggerezza che guidato da maturo con-
siglio, tosto che oonùnoiastea.pratlcare le splendidezze delle corti, alienan-
dovi dal vostro borioso institnto, havete tronche le ali al più spedito volo
che facesse già mai professore di ragione. Tal che sperandosi di vedere
un giorno e sulle cattedre e pei tribunali un nuovo Ulpiano instruire la
gioventù desiderosa d' imparare le leggi, e giustamente ministrare giustizia
42
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666 IL CANZ0N1BBB
dando il sao a dascnno, aspettiamo ora Toderri, ann fin bora vi ▼ffggiaffx^
fatto un solenne e ridicolo giuocolare in capo della tarola del Vesom}
Colonna , con la lira in braccio , movere a riso la turba degli adulatori e
dei parasiti che vi si riparano. B lasciandovi ingannare dalla vanagUma
che a' suoi seguaci promette la misera e mendica Poesia , haTCte abbaa-
donato quei veri e perpetui honosi che vi poteva dare la rìochisaàiBa sòeatù
jegale. E T ho chiamata ricchissima, perchè ella dona agli maùà sud £à-
cultA, magistrati e grandezze : e li fa non meno temere che riverire. B cb*
non avviene della professione di far versi, che piti oltra non vi potreb^
dare che *1 superbo triompho di una frasca d' alloro.
M. Francesco, io ho più volte pianta la misera conditictt vostra: e he
più volte pregato Iddio o che vi ritomi a più lodata vita , o, a' esser 2ms
può, mi levi almeno dell' animo la memoria di voi : perchè quante volte £
voi mi sovviene (che fra la notte e *1 di sono più di mille), tante mi pento u.
essere proceduto si oltra con 1* amore che io vi porto. B finalmente cmr
verrà che voi ritorniate in voi stesso, consolando i parenti a gii amici; e
che io mai più non vorrò sentire ragionare di voi, huomo indegno di essere
stato sotto la disciplina mia. Io haveva apparecchiato per la promotkc
vostra al grado del dottorato una solenissima oratione; e m* era apparec-
chiato a farvi quell* honore che forse ad alcuno altro non feci già mai. Ma.
oh vostri e miei infelici studi I Oh in vano tolte fatiche, e — J^uUi erv-^
dita Deorum vota preceaque meael — Non meritavano andar perdati tani
vostri e sì bene impiegati sudori : e non dovevate voi sì miseramente b-
sciarvi abbagliare da i falsi e torbidi splendori gli occhi dell* intelletìo
Che vi potrà mai dare quella famiglia, ancora che nobilissima e faxnoia
che di ^ù non habbiate perduto voi ? E forse che con la dignità del giano»:'-
sulto non potevate anco honoratissimamente frequentare le corti dei Papi
e visitare Avignone? Ma io ho forse detto troppo: e dubito, che, trasportate
dal bene che io vi voglio, io non abbia trascorso a dir cosa che vi pan».
Ma io vi prego bene, se punto dell' osservanza antica è rimasa in voi, ek
quel loco doniate nel petto a miei consigli, che ha meritato V aJTesiooe ce»
io vi porto. E senza- altro dire suppUoo Iddio che consoli voi e me col ri-
ritornarvi a gli abbandonati s^udi. Versione di Michele Leoni.
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6«7
VERSIONI.
.... Qaod si non enmdom sai^orem In latino sermone
«utodit, qnom in tohmcuIo ■«rrat; selto dlfBcUlimnm
«•«e alienai linea* inseqaentem non alicabi exbidere.
Qnemadmodum anim aemlna In allenam terram tran-
alata, natnra se Ysrtente, degenerant, ita quae in eoa
linsua bene dieta sant, patisslmnm nltorem In transla*
tione deperdont. Tamen prò mea mediocrltate connixns
•um ab intcìprstls ofBdo non raoedera, et aensnm ex-
pUoari de aensv. Ham ad yarbam intarpretari, et syl-
labatim, singula explicare, absurdnm est.
Pha. Béroéddu», In Epistola snae interpretationi praeposita.
IN LATINO.
Beboaldi Filippo, il Seniore, bolognese (n. 1440, m. 1505).
Versione della Canzone: Vergine bella (viti, p. 2) in esametri.
Nella Raccolta de' suoi opuscoli latini, Brìxiae, 1498; Bologna,
1502. Posta a lato di quella di M.' Dalla Vecchia, Vicenza,
Paroni, 1866, — //-Barrt&', giorn. scoi, letter., 1873, p. 175 e 186.
Cantilena ad Yirginem ex ital. latine fisicta a Marco Marulo
(In Maruli, Evangelistar,), Ven. 1516.
Barozzi Pietro, nob. Veneto, fu Vescovo di Belluno nel 1470
e nel 1488 di Padova, m. settantenne nel 1507. Traduzione in
faleucci della Canzone Vergine bella. Fu la prima volta im-
pressa in una collezione di poesie e prose, col titolo : Anedocta
Veneta nunc primum coUecta ac noiis illustrata studio Fr,
Joan, Bapt, Mariae Contareni Ordinis Praed, Venetiis, 1757.
— E sotto alla versione che ne fece M.' Piegadi, Venezia,
Gajsparì, 1861.
Amato Pietro, spagnuoIo> — Versio cantici ad Virginem,
Pelro Amato interprete^ In ode Saffica. Voltò pure in versi
latini la Canzone ItaUa mia (iv, p. 4) ed il Sonetto : Quandi io
veggio dal del scender V aurora (xxiii, p. 2). Nelle Annotazioni
sovra le rime di Fr . Petrarca di Maria Mantova Be^avides, Padova.
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608 IL
Poema Laura eoo Hai. Graece factum a Mabuho Ciedsio,
et fatino Carmine redditum ab Erhardo Gellio (in OrusH,
Poematum graecor, Basileae s. a.).
BoRBONU NiooiAi, Vandoperani, Nugae, Baaileae^ apnd Cr»-
tandrum, 1533. — Verso la fine del voi. si legge tradotto in
versi latini il sonetto: Pace non trofoo (xc).
CiCALAB Hi£RONTMi, Carmina. — La versione dei sonetti:
Pace non trovo (xo); Se il dolce sguardo (cxxi).
Flaminio Marcantonio, Versione delia Cansone: Chiare
fresche e dolci acque (O fons MeUoli sacer). Flaminìi Carmina,
L. I, Carmen vi, Patavii, Comini, 1727, p. 12. — Ediz. del Can-
zoniere procarato dal Volpi, Padova, Cornino, 1732, p. 386 —
dal Zotti, Londra, Bnlmer, 1811, dal Carrer, Padova, Minerva,
1837, p. 723, e in molte altre edizioni.
VuLPn M. A., Versione del Madrigale lv : Or vedi Amor
che giannetta donna, Vulpii Carmina, p. 308.
QuiNOJORUM Jaoobi, Joannis, Andreas bt Hdoonis fbatruv.
Opera Varia, Divione, Chavance, 1658. — A pag. 395 vi à la
versione in versi elegiaci latini del sonetto : Passa la nave mia
(czxxvii).
MiNiscALCHi,. DE, Alotsii, ComiOs, Mororum libri tres. Ve-
ronae, Cavattoni, 1768. — A pag. 158 leggesi tradotto il so-
netto: Voi cK ascoltate in rime sparse; ed a pag. 35: Era il
giorno ch'ai sol si seohraro,
Jassbo Nicandro (Emanuele Azzeredo), Raccolta di sonetti
tradotti in versi esametri, Venezia, Zatta, 1780. — A pag. 14
e 15 vi à la versione in versi esametri dei sonetti : LeDommi
il mio pensier (xxxiv, p. 2) — F vo* piangendo (lxxzv, p« 2).
Trento Gii^lio, Versione della Canzone: Poiché la vita è
breve (Canz. vi, p. 1), Trevigi, Trento, 1784 e 1797.
Fanti Domenico Eugenio , Scelti sonetti e due cannoni di
Francesco Petrarca, Versione in due metri latini col testo
originale di fronte, Bologna, Sassi, 1853. — Fra nàsci Pètrarcae
selectiora carmina fere omnia de sua quam deperiit ptdcher-
rima Laura. — Voi eh* ascoltate (i), in esametri — Era il giorno
che al sol si scoloraro { in), in versi elegìaci — Solo e pensoso
(xxii), in esametri — Padre del Ciel (xl), id. — In quai parte
del del (cvm), id. — Chi vuol veder (cxv), id. — Levommi il
mio pensier (xxxiv, p. 2), in versi elegiaci — // Trionfi) della
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TRADOTTORI. 660
3£orte, Gap. i, in versi elegiaci — Italia mia (Ganz. iv, p. 4), in
esametri.
PiBGADi Alessandro, A Maria Vergine e Madrey Canzone
di messer Francesco Petrarca^ tradotta latinamente (in esa-
metri), si aggitmge tin' antica interpretatione fatta in faleitcci
da Pietro Barozsi^ Venezia, Oasparì, 1861.
Dalla. Vboohta can. Luigi, A Maria Vergine, Canzone di
messer Francesco Petrarca tradotta in esametri latini^ con
saggio di cinque altre traduzioni latine della medesima, Vi-
cenza, Paroni, 1866. — I saggi delle traduzioni riportate sono
del Barozzij dell'Amato, del PiegOdi, dell* ab. Pietro Zero, fu
parroco di S. Paolo in Monselice, in giambi dimetri, tuttora
inedita, e per intero quella del Beroaldi, — Riprodotta dal
BaretU, 1873, 175 e 186.
Traduz. del Sonetto: Sento V aura mia antica, e i dolci
colU (Lii, p. 2). Il Baretti, 30 Ottobre 1873, n. 49.
Pbrosino pbof. G. S., Traduzione dello stesso sonetto. Il
Faretti, 1873, n. 41.
Matte Giamb., arciprete di Castellamonte : Versione dei
sonetti: Cesare, poi eh 7 iraditor d^ Egitto (lxx, p. 1), Il BaretH,
1873, p. 111. — Se lamentar augelH o verdi fronde (xi, p. 2),
id. p. 301. — Gnocchi di eh* io parlai si caldamente (xxiv, p. 2),
id. p. 347. — Né per sereno del ir vagite stelle (xliv, p. 2), id.
p. 347. — Sento Paura mia antica (ui, p. 2), id. 320. — È questo
il nido in che la mia fenice (vm, p. 2), id. p. 328. — Or hai
fatto t estremo di tua possa (nv, p. 2), Baretti, 1874, p. 8. —
Ite rime dolenti al duro sasso (ux), id. 1874, p. 64. — Gli
Angeli eletti (lxxiv, p. 2), id. p. 134. — Dolci durezze e piar
cide repulse (lxxxvi, p. 2), id. p. 87. — Spirto felice^ che si dolce-
mente (lxxxvii, p. 2), id. — E la Canzone xi, p. i ; Chiare, fresche
e dold acque. Id. p. 276.
II valoroso Mattò ha compiuto per intero la Tersione del
Canzoniere. I bellissimi Saggi pubblicati ci fanno ben deside-
rare il resto. Sarebbe questa la prima versione latina che
avrebbe F Italia.
ZoLESB Gabtano, VcTsions in esametri delia Cctnzone: Ver-
gine bella. Il Baretti^ 1873, p. 271. ^- Versione in versi ele-
gìaci della Canzone: 0 aspettata in del beata e beila^ (i, p. 4),
id. p. 314.
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670 IL càmomauE
Marunni G. B., lomeUino, Veraioiie, in carme elegiaco del
sonetto: Io vo* piangendo i miei passati tempi (lxxx, p. 4). Il
BaretH, 1876, 350.
Il Greacinibeiii fa mensioiie d* anft variione del C«iisoiiiere di Carta
Sinibaldi» da S. Elpidio (Marca d* Ancooa), in versi elegiaoi, e Tuole che
pur voltasse molti sonetti in grasiosi epigrammi latini. Sventuratameat*',
ei dice, dopo la morte del Sinibaldi, che accadde nel Marso del 1099, non
se ne riseppe più. — Il sonetto Rapido fiume, fti tradotto in ▼eni latini
da M/ Fenolliét, vescovo di MompeUieri, come ci fk frda il Henagio iieUe
sue Mesoolanxe, p. 88. ~ Lo stesso Mensgio in una soa lettera a Cario
Sigonio ricorda un' altra versione in versi eleganti latini di mescer Albe-
rigo Longo, Salentino, ed aggiunge che fìi inviata al Caro, perchè la mo-
strasse al Casa, e ne avesse il ano parere. — Nella Marciana si conserva
nn volgarinamento inedito de* quattro capitoli del TrUmfé drAmorm e del
Trionfo delia Castità^ in quattro elegìe latine d' autore anonimo (V. /V-
trarca e Venezia, p. 72). — Il codice Vaticano 174, Reg. 29, da car. 259-64,
contiene la traduzione della canzone Vergine bella, col titolo : Peanes bea-
tiàfimae M. Virginia ex Franeitci Petrarchae poomaie, e comincia:
Virgo deeem, quam sol vesHt iUllaoque coronane ... — Questa canzone
fti pur voltata in versi latini dal card. Egidio da Viterbo con tanta fedelti
ed eleganza, scrive Lucilio Filalteo in una delle sue lettere al med. card.
(Ep. Fam., Papiae 1564, p. 38), ut non potuerit ad verbum eadevn rrs
traduci nielius. Quotiea confero cecinisti tu melius «e/ oéquasti. ! 1 1 —
U mio ottimo e valentissimo '«■dco, prof. Giuseppe Oazs&no ni oonnnicava
la seguente notizia : « Vi trascrivo un brsno di lettera scrittami il 3 gena.
1871 dal mio amicissimo Galli (morto a 82 anni il 16 maggio 1872), il quale
dice cosi: Giovanni da Salvo mi ha mostrato tradotte in elegantisàmi versi
latini tutte le Rime del Petrarca, come pure molte canzonette del Meli e
alcuni miei componimenti italiani. Io li ammirai anche per ragione del flaoolo
nostro, in cui pochi masticano il latino. Presentai TAutore» ool suo Petrarca ,
ed alcuni altri componimenti, al dotto principe di Oalati, insigne ellenista,
poeta originale e traduttore celebratissimo. Questi non lasciò di ammirare
il valoroso de Salvo. » — E lo stesso Barone De Spaches, principe di Oa-
lati, scriveva al BeUuci: Rispetto alla tradudone del Salvo aoa conosco che
siasi mai stampata, ma è completa, a l«tta scritta di mano dell' autore. Io
ne ho letto gran parte, e mi par cosa degna di molta lode. Il Baretii, 1S73,
p. 316. — Pier Angelo Spera, nel libro iv De nobilitate prof, gram., ci dà
pur notizia di un* altra tradazione latina dd Canzoniere del Petrarca, la-
vogo del meaaiiieae Mario Bonafedt.
IN DIALETTO.
Calmo Andrba, Le bizzarre fiioonde et ingegnose . . . et «/
comenio di due sonetti del Petrarca in antiqua materna Ungtta,
Vinegia, Bertacagni, 1553.
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TBADUTTORI. 671
Il Gommato non ò che una versione in dialetto veneziano
de* due sonetti Benedetto sia 'l giorno (xxzix). — Giunto
Alessandro (cxxxv). Nello stesso volume si leggono molte poesie
nel medesimo dialetto, imitate dal Petrarca.
FiGABO Ttoqno, da Grespaoro, e no sa que altri Buoni
Zugolari dei Pavan e VisenUnj Smissiagia de Sonagitti Gan-
zon e Smaregiale in lingua pavana. Padova, Gantoni, 1586.
Yi si legge la versione del sonetto: Amor m" Imposto come
segno a strcUe (Lxxza).
FiSTULARio Paolo, Sonetti di Fr. Petrarca, tradotti in friu^
lano nel seicento, Udine, Seitz, 1874.
Alcozèr Giovanni, Poesie Siciliane, Palermo, 1816. — A
pag. 82, 84 vi ò bellamente parafrasato, in un* ode siciliana, il
sonetto: Solo e pensoso; ed apag. 85«87, pur in un* ode sici-
liana, il sonetto : Levommi il 'mio pensier.
Nel ms. della comunale di Palermo, segnato 2 Qq., G. 18,
a pag. 154, si legge un sonetto di Argistq Oiuffré o Giuffredi
(m. 1593), palermitano, eh* è traduzione libera siciliana del so-
netto: Yoi cK ascoltate in rime aspre il suono, cortesemente
comuvicatami dal valente mio amico dott. S. Salomone Marino,
che mi piace riportare:
Yui» che cu «ttentioiii e cu 0tapuri
Lijti quanta nn tempu sbariai
Mentri la mia Signura celebrai
Serva di chiddu Din, chiamatu Àraari:
Pregavi si mai fli vostra Signari,
Campaaaioni hùjaii à li miei guai,
K bench'in tarda vija quanta errai,
Scusati in parti un giuvinili erruri.
Non sarrà forsi vana dal' intuttu
Leijri quanti sorti di martiri
Si pati mentri nn nenti si diaija;
Sta mia vergogna servavi di frutta,
Fati a la mancu chi puzzati diri,
Beata cui per autru si castija.
IN PRANCESB.
Les triumphes messire Francoys Pelracque (sic) traduyctz
de langaige tuscan en Francoyse NowoeUement imprimez a
Paris Lan mil cinq cene et quatorze le ximf tour de maif
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672 IL Ó^20HIBilB
— Amor vincU mundum: Le triumphe damour — PHàkiìiA
vindt amorem: Le triumphe de Casteh^ — Mors oincit |mdì*
diiam: Le triumpJie de la Mori — Fa¥na vineU vnortem: Le
triumphe de Renommée — Tempus vinai fàmam: Le triutnpkt
du Temps — .^^emitas, seu divinitas omnia wncUz Triumphn
de Divinité. Imprime a Paris pour berthelemy yerard mar-
chant libraire demurant a lenseigne sainct Jahan levazig^liats
deuant la rue ueufe nostre dame. 9 Juin, 1519.
Les six triumphes excellenU et magnifique» du trè^-éUgwtX
poéte Fr, Petrarcque trad, du langaige UaUen en kinfftte franr
foyse. Lyon, Denis de Harsy, pour Romain Morìn» 1531.
Les triumphes Petracque (sic). — Cj finissent les Triunir
phes de messire Fraocoys Petracque nonTellement redigex de
son langaige vnlgaire tuscan en nostre diserte langne fraacojse
et imprìmez nouvellement a Paris, Denis Johannot, 1538.
Les triumphes de Petrarque transL de langue tusoane en
rhime francoyse par le baron d Oppéde (Jban Matmoeb). Paris,
es boutiques des Angelìer, 1538; Paris, Lenormant^ 1804.
Les triumphes Petracqtie (sic). Amor wùnq le mende. Pa*
ris, leanne de Mamef, 1545.
Le triumphe d Amour; le triumphe de Chasteté^ le trium-
phe de la Mort; le triumphe de Renommée; le triuntphe du
Tems; le triumphe de JDininitè — Amor Doinq le mende,
Paris, GrouUean, 1554.
Toutes les oeuores tmlgaires de Franooys Petrarque^ con-
tenants quatre livì^es de Mad, Laure d>AvÌ£fnon^ sa maitresse,
jadis par lui composez en langaige thuscan^ et miees en franr
Cois par Vasquin Philisul db Gàiipbntiìa.s, dodeur es droids,
avec brieft sommaires. Avignon, Barthelemy BonhonuiM, 1555
(En vers). — Ne avea pubblicato £|trte nel 1548, Paris, Qaaeau.
La versione è dedicata alla regina Caterina de Medici,
Les oeuvres vulgaires, trcui, en firangoie par Jban Char*
TiBB. (s. L et a.).
Essais de Hibbosme d'Avost dr Laval sur les Sonets du
divin Petrarque, avec quelques poésies de son inveniion. Pa-
ris, Abel TAngelier, 1584.
Septante sonnets trad. en frangoie par E. du TBONOffiT.
Paris, Breyer, 1584, in 32.
Les triomphes de Petrarque, mis en vers frangois^ par
y Google
TRàmmoRi. 673
t^rme de diaiogue» avec autres melanges de diverses inven-
t€>n par J. Rutb. Troyes, Garaier, 1588.
Le PéirarqiM en rime frca^ì^oise^ avec ses comentaireSy par
=^HiL. DB MàLDBOBBM, 8digD6ttr dd Leyschot. Bruxelles, Rutger
/'elpius, 1600; Dooay, 1606. — Por tradurre Petrarca, scrive
* ab. De Sade, non gli mancava se non di saper T italiano, il
r^noeae, e di esser poeta.
Les Oeuvres amoureuses de Pétrarque, traduites en Fran-
TC^iSy aiòec CiiaHen à coté par le sieur Plagidb Gatanusi
Paria, Eetienne Loyaon, 1669 e 1672; Paris, Charpentier, 1709.
Db Monsau) Pibrrb Obntilhombos Vandosmois, Le oeuvres
''&t4euss et augmentées et iUustrées de Commentaires et re-
T^arques. Paris, BnoD, 1623. — Vi hanno vari sonetti ad imi-
tazione del Petrarca.
Le Géme de Petrarque, ou imitation en vers frangois de
fes phts beiles poésies, préc. de ia vie de cet Somme célèbre
'ycLT Vahbe Roman Arnaud. Parme et Paris, Bastien, 1778. —
E<.i prodotto sotto un nuovo titolo: Yie de Fr» Petrarque sui-
^e cTune tmtftieion, ecc. Vaudnse et Paris, Oussac, 1781. —
AA^gmentée cT une lettre adressée à la Postéritè par ce poète
'Célèbre par Fr. Tissot. Avignon, V. Seguin, a. xrii, 1804.
Lbvbbqitb M. P. C, Chùix dee poésies de Petrarque, tra-
dtcttes de titaUen. A Venise, et se troave a Paris chez Har-
douin et Gattey, 1774, 1787. — In prosa.
De Saint-Gbniés LAoncb, Poésies de Petrarque, traduites
ett vers franfois.- Paris, chez Delaunnay, 1816.
É una anUrfogia petrarchesca, col testo italiano di fronte alla
tradazione franeese. Sono in tutto lxxvi sonetti e xxvi canzoni.
Petrarque, traduetion complete en prose par le comte F. L. db
GRAiofONT, Sonnets, Canzons, THumphes. Paris, Mosgana, 1842.
Poésies de Petrarque, traduites en vers par Caballb EbuÉt
NARD DU Mazbt. Ck>mon, 1840, 1848.
SonnetSy Canzones, BaUades, SextineSy Epitres, Eglogues
et Triumphes de Petrarque traduits en vers par le comte
Anatolb db Montesquiou (1), Paris, Leroy, 1843.
Cent Cinquante Sonnets et ?u*it morceaux complemen-
(1) Oénénl oomto Anatoto de lionteaoaioa, doyen toajoura Jeane dM
pétrarqwisanU , cpì malgrA le poids des mvers a ètd un dee prémidn à
•acoarager de son adhèsion V oeuvre da Gentanaire. Fits Sée.
y Google
674 IL
taires iraduUs des Sonnets de Péùrarqttet teoCff <n regerd,
par Madame E. D. M. (Emma Majbui. dbs oomtss Dbjb&s).-*
Paris, Didot, 1847. — Chow de Sonnets du Pétrarque^ tn-
duite par mad. Esaù Mìlbul dbs omctbs Dbjb^n (l), Seca^
óditìon revuò oorrigée et angmentée de la traduction de differefr
tea poesie» du Pétrarqne. Firense, Eredi Botta, 1867. — Noa
è in commercio. •— Troisiòme édit. Noutfeau SécHteU re»
corrige et augmeniéy eoe. Paris, Didot, 1869.
Rimee de Pétrarque traduites en vers^ tesate en regarà,
par JosBPH PouLBNO, Paris, Lilnrairìe iotemationale , Boole-
yard Montmartre, 1865. — A questa versiotìe, dal Gomitato di
Provenza, venne aggiudicata una Menzione Onorevole.
Lb Duo Phiubbrt, Insp. des F<»^ à liOns-le-Sonlnier. Les
Sonnets de Pétrarque ^ iraducUon complète en sonnets régu-
Uers, Paris, Willem, 1875. — Alla versione del Le I>ttc venne '
aggiudicata la MédaiUe Sor de rAcadémie de Bordeaux.
OiNGUBNÒ , Nella sua Hisioire Uter. d Italie , t. n, p. 509,
tradusse in vend francesi il sonetto Solo e pensoso (X3ai), eia
Canzone xni Di pensier in pensier. — Molti sonetti tradusse
pure in prosa il Méziàres nel suo Pétrarque,
Obbabd, Madame la Baronne, Parte del Trionfo della MorUv
come Saggio di una traduzione, che promise di tutto il Cao-
zoniere. Nel Journal des Debats, \
Frank, Versione della Canzone: Chiare^ fresche e dola
acque, Ferrara, Taddei, 1843. !
ViENNBT , (La Cane, iv) tout entiére a été imitée en vers.
Pétrarque et son Siede, Revue Contemp. 1852.
MiSTRAL Frbd., Tradttction provencale de la Caaz. xi Chiare,
fresche e dolci acque, Fétea lìtéll^jit intemation. e 246; Armana
Provencau^ 78; e del son. Mai non fu m parte (n, 2), Fòie aéc
(1) La oont«i8a Emma Mahdl Dsjsan profeaui vn ealto, e ^lasi dirà
un* adorazione pel Petrarca. Noi la udimmo, nelle feste secolari di Àr<iai,
fotta commossa, con versi inspirati, cantar 1' apoteod del suo Poèta, e h
vedem dipoi deporre, sulla tomoa, come un amante, un raisoaeeUo di Uaro,
eh* ella medesima, a bello studio, avea colto in Valchiusa. In tale occasioDe
miMilioava «a opuscolo col titola: YoMeluee et Arqud, PoéHee^ Rome,
Botta, 1874, che abbraccia i aeg. componimenti : Sonet rieilé à Arqud it-
vant la tombe de Pétrarque — Sounet^ présente au Concor^ «l*A{±^efi'
Provenne, Nioe, Jìmm»« i«74 ~ A M viUe d'Avign<m, Nice — Off^vnif
d'un rameau du Laurier de Pétrarque, cueiUi à Va\tclU9e et dènoaè *i*r
ìa tombe à Arqud,
y Google
ntADOTTOBI. 675
RouBC^NiLLs M.% Uaura gentil (6on. OfZLU), Traduciiùn
rovengale de Pétrarquej couronnée. Avignon, Segnin, 1874,
'éte See. ecc. p. 276; Arnuma P^uvencau, p. 36. — Lo stesso
onetto vemie pur tradotto dal PoÉ^ Id. Id.
D* ANiMvnxB, 80US Préfet de Villafranca, Trad. dei Sonetti:
Keìt etóL ^a (x, p. 2), Quanta inìndia (xxxii), Zefiro toma
xL.li), lie rime dolenti (ux). Médoille de Vermeil — Féte sé-
lulaire. — Tavan Anfo3, Trad. del Son. La vita fugge (iv, 2),
d. p. 178. — Marc A., Trad. dd Son. Ite rime dolenti (ux,
>), Id. p. 183. — LisuTAND V., Trad. del Son. Or che il del
cxiit), Id. p. 177. — BoDRBLLY Marius, Trad. del Son. Rapido
^zùtne (cuv), Id., p. 180. — Mm db Garcassoun, Trad. del Son.
Levommi il mio pensier (xxxiv, p. 2), ecc.
SouLART JofiBPHiNB, ImitatiQn de deux Sonnets qae Fé-
trarqne dot composer a Lyon a son retour d*une excursions
[lana lea Ardennes — Mille piagge (Son. cxxv); Rapido fiume
[cLiv), Fétes séc. ecc. p. 191.
Dft UB brano di lettera di Nicolò Binato (Nioolaos Heinains), inéirisaata
air inaigne uomo di lettere e mecenate de' più dotti oontemporanei, Gas-
siano Dal Pozzo, il iuniore, acritta da Padova il 14 Novembre del 1&17,
raccoglierebbesi che il Mervede voltasse in lingua belga qualche compo-
nimento del Petrarca : Beco le ane parole : « Gognatum meam Mathiam
Clotriciam de Mervede officio ano meoque gr«viter apud te fUnotam vehe-
menter gaudeo. Nepoa est primarii in Repubblica nostra viri et imprimia
litteratl, cui sua de mutuo dissertationem sororius meus inscripsit. Poeai
Belgica multum delectatur, quod ex versibus venustis sane elegantihnsque,
qnibua hkterdam me oompeUat , aatis deprehMido. Petraroham tamen , et
Vtrgilii Uhvnm qoartam ab eo tranalatum , oiiaa ignjkviaaìBBlt hactenus
ignoravi. > — Notìzia comunicatami da Mons. Bernardi.
IN GASTWLIANO.
Da Obrbgon Antonio, capellan del Rey (Carlos V), Fran--
cieco Petrarca con los seye tnumfòe de toscano eacados en
castellano con el cometUo que aobreUos se hito, — Fue ym-
pressa la psente ot^ra delos seys triumphos del petrarca enla
muy noble y lea>.cibdad d* logrono per Arnao guillen de bro-
car acabose Innes a veynte dias del mes de deziembre anno del
nascimento de nuestro Salvador Jesu cristo de mil y qainyentoa
y doce annos (1512), di pag. clxii^.
y Google
676 IL CkHOBOmSBBR
Tinuladon cT los seys friumfòs de Francisco Petrvrs
de toscano en castellano: fecha por AmoNio db Obbboon cs-
pelkm d i rey, Dirigida ai lUustrissimo senor Abniranls éi
CasUlla (D. Fadriqne finriquea de Cabrerà). A^ora de Ihut^
emendada, — Fue impressa exia excelente y artificiosa olnt
delos seys trìamphos de raicer Francisco petnurca en casteilaoo
enla . . . dbdad de SeuìUa e» casa de Juan Tarella de Sab-
manca corregida y emendada de algunos deflectoe quo ante tenii
Acabose a. xzz dias del mea de Agosto d* l'anno de nn^tn
reparaoion de mill y quìnientos y veyute y seys annos (1526).
Fne impressa està ezoelleate y aitifidoaa obra..
enla . . . dbdad de SeniUa en casa del jnrado Juan varela . .
Acabo se a cinco dias dei mes de settembre: del anno ... de
mili y qainìentos y treynta y dos annos (1582).
Translacion de los seys triumphos de Frandseo Pe-
trarca: de toscano en castellano: fecha por Antonio db Qbse-
OON, dirigida . . . Agora de nueuo emendada. mdztxxj. — Fee
impressa està . . . obra . . . en la villa de Valladolid en casa dr
Jnan de vilaquiran, a costa de Cosme Damian, mercader d;
libros, corregida . . . Acabose el postrero de Mayo anno d-
nuestra reparacion de mil e qninientoa e quaranta e un anaoL
(1541).
Db Hózas Hbbnando (crtado del Dnqne de Medina Gdi),
Los Triumphos de Sancisco Petrarcha, ahora nueuamemk
traduridos en lengua Castellana^ en la medida y numero de
versos, qt*e Uenen en el Toscano^ y con nueua glosa. En Me-
dina del Campo en casa de GuiUermo de MiUis, ItfDLV (.\1
fin: M. D. Lini, di pag. 189). — Salamanca, en caaa de Juan
Perier, 158L, e con 16 pagine preliminari, nelle quali si trort
la vita del Petrarca. — Nella medesima misura, cosi il De H>
xes nella Prefazione, e numero dei versi die ha rorìgìnaie.
Triumpho de Amor de petrarcha saeado y tr6b€sào en
romanse castellano por Castillo^ mdxxx.
De los sonetos candones mandriales y sextinas del gre»
poeta y orador Fr, Petrarca traduzidos de toscano por Si-
LU9QUB Lusitano (Salomon ttsque Hebreo f), con breves sumara
ò argumentos en todos con dos tablas una rasteììkma y L*
otra Toscana y Castellana con PrivUegios. Bn VeDedLaeo casi
de Nicola Bevilacqua, 1567; Id. 1568.
y Google
TUàjmrra&u 677
Los Soneloe y candones dei poeta Fr, Petrarca que tra^
\€Z%a Hembiqub Qarcbs de lingua thoscana en casteilana, Di^
'gido a PhiUppo segundo desto nomhre monarcha primero
s las Espanas è Indùts Orientai y OcddentaL En Madrid ,
Qpresso en casa de GuiUermo Droy, 1591.
Las ritnas (Sonetos y canciones) traduàdas por FRANCiaoo
[brnando Ayllon. Nicolas Antonio.
Il Cardoso nella sua Biblioteca Lusitana ricorda una ver»
ione dei Trionfi di Juan Pinto Delg€tdo portoghese, che tra-
lusse pure le Lamentazioni di Geremia, ed autore di un poe-
aetto Ruth e la r^;ina Esther. Ma nò egli, né il Nicolas videro
a versione, anzi tutti e due sono in forse ^ se sia scritta in
asitano o castellano. Ritiensi che rabbia pubblicata in Francia
>v*egli risiedeva. U De Nicolas fa pur cenno d*un altra tra-
luzione de' Trionfi, di Alvar Crómes de CiudareaL
IN PORTOGHESE.
Il Gommend. Antonio Giuseppe Viale, prof, di Letteratura
greca e latina nell* Instituto Sup. di Lettere in Lisbona , ed
uno de* Conservatori di quella Biblioteca nazionale, valentissimo
cultore della ital. letteratura, tra dotto e cortese non so qual
più, mi dà la seguente notizia: < I Trionfi, fino a quello
della Fama, mancante però degli ultimi versi del iii Capitolo,
tradotti in egual metro si trovano nell' ultima grande edizione
delle Opere del Camoens, &tta a spese del Governo. Il valente
6 benemerito editore sig. Visconte di Jeromenha attribuisce la
versione al principe degli epici portoghesi, ma io non posso
in verun conto sottoscrivere ad un simile giudizio. La trovo
non solo imperfettissima, ma indegna di essere letta da chiun-
que abbia fiore di senno non che di buon gusto. »
IN INGLESE.
The triumphes of Fr. Petrarche^ translated into engìish
by Hbnricb Parokkr Kntoht lord Morlby. London, Cawod.
The Triumphs of Loì?e ChasHtie, Death translated oni of
Petrarch by M. Anne Hubìb, Edimburgo, 1644.
y Google
678 IL CAMBONinB
Sonneti amd Ode» translaud firom the iiaìian afPMram
with the originai TeoBt and some acoomnl ofhis lÀfe. Lo-
4oD, 1777.
TrantlaUm ckiefy front ihs iiaìian of I^rtrareh and JC^
tasiasio by, .. . London, 1796.
Peirarchal Sonnsts. fìath, R. Grattw«U, 1800.
Petrarcay Sonnats and Odes, London, 1801.
Petrarca» A Seiection of Sonnets from variane auAor:
London, C. and. R. Baldwin, 1803.
The Triumphe of Petrarch: traneiated inlo engUsh vera
by the Reo. Hbnrt Boto, Chaplain to hie Royal Hàghmt.
thè duhe of SusseXy ^mih an introductiùn and notes. LondcE.
Longman, Horst, Rees, and Horme, 1807.
Sonnets and Odes translatéd front the iialitm ofFetrarcK
With the originai text and some account of his L4fè» Londoc
T. Miller, 1808.
Petrarch translated^ in a seiection ofhis Sonnets^ and Odi^
accompanied loiih notes, and the originai italian bg the trart.*-
lator of CatuOus (Qbo. Fr. Nott.). London, MiU«r, 1808.
Laura: or an Anthalogy of Sonnets (on the Petrarca'
model) by Capbl LoFrr. London, A. Taylor, 1814.
A feuv Sonnets attempted^ from Petrarch by F. WRà>
GHAM. Kent, Lee Priory, 1817.
Select Sonnets of Petrarch translated by James ijobd Ciàz-
uofONT. Dublino, 1822.
TuH) Cantone of Petrarch translated by Babbabina Wii-
MOT LADY Daghe Prìnted by J. Mathias. Quart. Rot. xltq
^ Bulmer and G. — Nella stagion che il del rapido ùuhine
(Canz. ir). Di pensier in pensier (Canz. xiii).
Translation from the italian ( Petrarch' s Sonnets icuà
the italian on the opposite page) by Babbarin^ Lady Dacbe.
London, Whittìngham, 1836.
Lady Dacre tradusse molti componimenti del Petrarca:
€ Ho letto la Chiare^ fresche e dolci acg[ue^ e la trovai di U
della mia speranza — La lettura che il signor Young mi fec;
della Canzone — ItaUa mia •— mi rapi T anima in un entnsur
amo che da gran tempo non avea più provato : Vissi in udirk
ne' miei fervidi anni. — Poi l'ho letta e riletta da me: e
senza adulazione di autore, ed anche senza cortigianerìa ver^)
y Google
TRADOTTOBI. 679
xna Dama, vi dico con verità pura e schietta, che son rimasto
□aeravigliato delle di£9coltà che avete superate, ed anzitutto
dell'anima che avete inspirata alla vostra traduzione. K la
i^ostra è un* anima piena di fuoco che illumina i luoghi stessi
lasciati oscuri dall'autore, talvolta a disegno, e talvolta per
aver voluto dir troppe cose in poche parole: eppure non avete
avuto bisogno di stemperare le idee in lunghe frasi e colla
stessa brevità vi siete espressa con maggior chiarezza.... Voi
avete raggiunta la melodia e la musica delle stanze del Pe-
trarca. — Foscolo, LetL 586. — L' liaìia mia riletta ed esami-
nata, direi quasi sillaba per sillaba, sempre piti mi persuade
non esservi nulla da cambiare. Non ardirei dire lo stesso delle
Chiare y fresche e dola acque; ma neppure saprei indicarvi
correzione alcuna. Quattro versioni me ne furono inviate, e la
vostra è infinitamente superiore alle altre. . . . iFoscolo, Lett. 587.
— Voi avete ne* vostri versi trasfuso intero lo s^rito del Pe-
trarca e con una fedeltà di espressione sperabile appena, e
certo non mai raggiunta da quanti prima di voi trattaron la
prova. — Foscolo, Lett, 596. — A una voce, e animata da nar
zioDale orgoglio, tutti proclamano , che i vostri versi serbano
^li spiriti medesimi del Petrarca con tal fedeltà, da sperarsi
appena, e certo non conseguita da verun* altra versione. — Fo-
scolOy Lettera di Dedica dei Saggi sopra il Petrarca.
One hundred Sonnets ttanslated hy Susana Wollastqn, %oi1h
Ole originai teast notes and life of Petrarca, London, Ball, 1845.
Odes of Petrarch translated into english by Capi. R. G.
Macorbqor. London, Smith et Elder 1851-58. Edizione non
posta in commercio.
The Sonneis Triumps and other Poems of Petrarch now
first compieteli/, translated into english verse, by varions
hand-^ioit a life of the Poet by Th. Campbell, illustre uni 16
eu gravings on steel, London, 1859.
ToMLiNSON Charles, The Sonnet:its Origin, Structure, and
Place in Poetry. With originai TranslaUons from the Son--
nets of Dante, Petrarch, ecc,, and Remarhs on the Art of
TranslaHng. London, Murray, 1874.
Wyat Tommaso, I Sonetti 12, 16,20,21,40, 46 tradotti
in antico inglese. — Nugae anOqne, Harrington.
y Google
660 IL CAMaONIBSB
Drufntnond of Bàìothùrndeh, I Sonetti: Sol primevo (ui
La bella donna (xc, p. 2).
Woodhouselee , lord. Nella sua vita del Petrarca An ^-
stancai and criticai essay, ecc., tì ha la tradunoBe di sem
Sonetti.
N. N., Due canzoni tradotte in verao inglese. Napofi, 1819
Pincherle JameSy I sonetti : Io vidi in terra — Amor fiìrtwui
Trieste, Uoyd, 1865. (Dante* s Memoria^,
IN TEDESCO.
Sechs Triumphe Fr, Petrarche eie, sanpt einer nottoend^
Auslegung, . . . vormais in Teutsch nie aìAsgangen durch D&-
NiBL Fbdbbmìuin von MBMMiNasN (nella Sverà). Baael, Pena,
1578, 8^
Sechs Triumphe oder Siegesprachten^ ùbersetst tnii Bebé-
bung der frucìubringenden Gesellschaft Kdthen, 1643, 4^
Sei trionfi tradotti con gradimento dalla Società ùuttì§&n^
Siegesprànge du Zeit, Htbersetst tnit von H. MdBUvoBT.
Leipzig, 1659, 4"^. — Trionfo del Tempo.
Petrarcà's Qedichte Uòersetst von Carl Fridbicb Hbsmaig;.
Leipzig, Schwickert, 1796. — Poesie volgari del Petrarca tra-
dotte.
Petrarchische Chrestomathie, oder Ai4S%oahl der vorsAgHeh-
sten Sonette und Canzonen, aus Ft^awcesco Petrarea^s HaUe-
nischen Qedichten, mit deutscher treuen Ueòersetsung und
sowo?U erìUàrenden, ale grammaHschen Anmerhungen^ unier
Himoeisung aufC, I. JàGBaiANNS itaUànische Sjpraehlehrey stoeOe
Auflage. Von DJ Fribdrich Eocard. Durchgesehen und mie An-
merkungen vermehrt von C. 1. Jagemann. Hamburg, Vollmer,
1805.
Ausvoahl von Petrarcà's Gesàngen von F. Laubb. Ale Probe
einer vollstànd Uber des Dichtet^s, Glogàu, Qunther, 1808. —
(Scelta delle poesie del Petrarca, quale saggio di una tradu-
zione completa).
Petrarcà's itaUenische Gedichie, itberselst und mit erlàu-
temden Anmerkungen begleiiet pon Karl Fòrsteb. Leipzig,
Brockhaus, 1818. — (Poesìe italiane di Fr. Petrarca tradotte
e riccamente annotate col testo italiano). Neue durchans um
y Google
. TRàDUTTOBI. 681
gearbeìtete Ansgabe (nuova edizione corretta). Leipzig, Brock-
haus, 1833; Leipzig, 1851.
i<V. Petrarca's sàmmiUche GedichU ùberseUi non Fried.
WiLH. Bbockbbau. Monchen, Lindauer, 1827. In prosa (Rac-
colta completa delle poesie, ecc.).
Petrarca* s F.y Dm Reime uberseUt und erlSutert yon K.
Kbrulb und L. von Bisgblbbbn. Stultg., Gotta, 1844. — Con
iatroduzione storica.
Rbinbold WiLHEUf, Bichterìscher nacklass. (Ricordi poetici).
Enthait Petrarcha^s f^ecUehte VeberseUU Leipzig, 1853.
Petrarca's QecUehte, ubersetgt von Wilhblm Krigab. Berlin^
Ambw BAmpbr, 1865.
ffundert ausgmoàhUe JSoHette Francesco Pstrarka's ubér--
setzt V09 ivL, HfìBNBR. Berlin, Nicolaisclie Verlagsbaclihand-
lung (A. Effert und L. Lindtner), 1868.
BuTERSciiON Frhìdrio, Eìd Deokmal edler Liebe und Hu-
mani^ 1796. — Vi si trovano tradotti i seguenti componi-
menti: Chiare y fresche e dolci acque (Canz. xi); Se AfAornon
è (Son. LzxxvHi); La gola (Son. i, pag. 4).
Mbd«bard J. N., La traduzione della Canzone : Chiare, fre-
sche e dolci acqtie (Canz. xi). Nel Versuche iiber den Karakter
und die Werke der besten italienischen Dichter (Saggi sul ca-
rattere e sulle opere dei migliori poeti italiani). Brunsv., 1774.
Molti componimenti poetici si trovano pure voltati in tedesco
dairiratiBR, voi. I, Berlino, 180-4)2; dal Gbnthb, Magdeburgo,
1832-34) II, p. 136-46; daU'BsBRT, Fraacolòrte, 1854, p. 6&82;
dal WoLFP) Berlino, 1860, p. 89-101 ; e dal Cabribrb, Leipzig^
1868, li, 493.
IN BOEMO.
Z, Petrarkovych znelek vybor, Prelorìl P. P. Vagek. V
Praze, 1838. — Scelta di sonetti di Pr. Petrarca. Questi sonetti
vennero alla luce nel CasopU ceského Museum di Praga.
Z. Petrarkovych Sonettu , Prelozil Pr. Lad. Cblakovskt,
V Praze, 1^7. Sonetti del Petrarca vdtati in boemo dal ce-
lebre poeta Celakovsky. — Morì a Praga nel 1852.
43
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688
IN POLACCO.
Tryumf umlotci. Poema FranoMìka PetnaM Przez Jakì
GROCKOwsEiBao. Il Trionfo d' Amora. — Il Grotkowaki fiort
circa il 1465. Questa bella ed aocmata vecuone ixadi par la
prima volta alla lace arila BMicMa OuaUnskkh^ t. Tm,
p. 131-155, 1866. Gbotkonwbki, cosi aerivanmi il ilotto e
oorteae bibliotecario della R. Univerntà di Praga , eUam ama-
toria Petrarchoé poemala Sonetti €q>petìtua poiotUee raddiià,
quaé tamen versio, quamquam degans^ nondum juris pubUà
/oda esty excepto iUo pareo specimine quod anno 1864 Bt-
bUoteka OssoUnskieh in t. tv, p. 66*58 dedit
I poeti Adamo Micriiwicz, Giovanni NiBnwKBm Jasbo-
W8KI, BoLDANo Zalbski e loNAZio FLOTo^nNSKi nel 1840 e
1842, tradussero ciascuno alcuni sonetti del Petrarca; ne
tradusse pure 3 un Anonimo nel Giornale delle mode di Leopoli
(1841). T. DoBKiBwuz nel 1838 pubblicò in Vilna il IVianfb
dP Amore. Fkuciano Falinski, poeta lirico di Vaiìsavia, e il
WiLCZBWSKi, archeologo, bibliografo, da quanto mi yien scritto,
voltarono pura il Cansmnere in rime polaeche*
IN OLANDESE.
HooFT Pbtir Cobnelibson, OédftcAl^, ecc., edit P. Leendertv.
«- La traduzione de^ sonetti: Se la mia fyita dalC aspro tormento
(xi, p. 1). — Quel rosignuol che sì soave piagne, (xlh, p. 2).
Belderoto Willbm (m. 18 Dec« 1831), Batsgaimen, Leiden
by Herdingh in Zoon, 1824. — La traduzione dei svaetti: Le-
vommi ilmiopensier (xxxiv, p. 2) — •Ttw piangendo {fjjoiy^
pag. 2). voi. I, p. 114.
Hackb van Mijndbn J. C, La versione dei sonetti: Erano t
capei cP oro (lxi). Levommi il mio pensier (xxxiv, p. 2).
IN RaMENO.
BftASOviN (Kronstadt, nella Siiva&ia), nel Giomak Romeno
Orientalui latmu (1874), ci diede un bell'artìcolo criticò sul
Petrarca, eoi fece seguire una stupenda traduzione, imitandone
il ritmo, della Canzone: Itaiia mia.
y Google
TIUDOTTOBI. 683
IN GRECO MODERNO.
Il poeta Mataranoas, a quanto mi vìen détto, avrebbe vol-
tato in greco moderno, alcnni sonetti e canzoni che sarebbero
stati pubblicati ne* Periodici BUenid. Però il doti Giulio Ti-
paldo, conoscentissimo della letteratura d^ suo paese, mi facea
scrìvere: € La sola traduzione in greco ch'io conosca di questo
poeta, poco traducibile, è queUa beUissima del Solovos della
Canzone: Chiart^ fresche e doloi aeque, >
IN ^RAICO. ^
ÀLAMAim GtusBPK, Ahufie rime di Fr. Petrarca voUate
in ebraico. Vienna, Edlen, 1839.
COMENTATORI.
1474. Lapino M.' Bbrnardo, medieo, filosofo, lettor pub-
blico neiruniv. di Siena (1407). — GUcino Bernardo^ da monte
Alano, da Siena — da monte UHeinio da Siena, — (messer
Bernardo da Sena , eruditissimo lunnico et ezcellentissimo
interprete). Li Triwmphi e suo eomento. Bologna, Azsoguidi^
1470. Philblpbo Franobboo <n. in Tolentino nel 1398; m.
a* 24 Luglio 1476). Bologna, de Liteìs
1478. PoiLBLPflo Francesco, Antonio da Tbmpo, Isbonimo
ÀUBBSAMinto Squabciafkx), De P interpretatone sopra U Sonetti
et cannone di mese, Franeeseo Petrarca — li quali sonetti inco-
. mindando dal principio insino al sonetto FÙJunma del del su
le tue tresze piota (Son. 106), sono exposti per el degno poeta
misser Francesco Phelelpho et dal indrio infino qui sono ex-
posti per lo spetabile homo misser Hieronymo Squarciafico
Alexandrìno. Venexia, Theod. Rejnsburch.
1 Gementi apparvero riuniti, Venexia, Wild de Ratisbona,
1481; Venexia, Veronese (Triumphi, a di ultimo de marzo,
Canzoniere, 18 augusto 1484); Venisia, de Pasquali e Bertocho
(Li Triumphi 8 aprile 1488, Sonetti e Canzoni 7 zugno 1486);
y Google
684 IL
Venezia, Bernardino de Novara (Triumphi 18 apr., gii sonetti
12 zngno 1484); Venetia, Zani de Portese, 15 Febr. 1508; 20
marzo 1515; Milano, Scinzenzeler , 8 marzo 1512; Venem,
Stanino, zugno 1519. — L*edi»Qni Venezia, Zanni, 6 mazo
1500; Alberto da Lissona, 26septembre; Milano, Scìosenzekr,
28 ag. 1607; Venezia, DdX}reg:orio, 1508; Stagnino, 8 marzo
1522, in luogo dei conienti ai Trionfi del Lapino portano queUi
di Nicolò Peranzone altramente Riceio Marchésiano del wiumU
de aaneta Maria in Castano,
< Chi latinamente si ehtama iUeifme si volgarùoa per Mon-
talcinese. Cosi Bernardo Ilicino, uno degli antichi comeatatorì
del Petrarca, vivente dopo la metà del secolo XV, era cittadino
di Siena, ma oriundo da Montalcino. La sua casata era dei
Lagrini, e suo padre diiam«vi»i Pietro. Intorno a questo Ber-
nardo micino, comentatore del Petrarca, tengo Catte alcune os-
servazioni da pochi avvertite. » Ap. Zeno^ Lett. 953, voi. v, p. 238.
— Il Filelfo, secondo il Orion, dettò il suo comento a Afilano
dopo la morte di Nicolò Picinino (15 Ottobre 1444), ramtfieih
tata nella Canzone Italia mia, e dopo la moKe di Lionardo
Aretino (9 Marzo 1445), pur ricordata all'ottavo sonetto A pie
de' colli, ma prima della morte di Filippo BAarìa, duca di do-
lano (13 Agosto 1475), cui lo dedicò. •— Nel Filelfo non si
deve rìcercara nò il gusto deMo scrivere, nò Tarte di rilevare
i pregi ed i difetti del grande lirico che avea preso ad ìHo-
strare. Egli vi aduna delle tenebre, anziechò spargervi ddU
luoe. Ha ritrovato il secreto di -far diventare osceno il PétraKs
che fu castigatissimo. Comianù •— Il Filelfo faceva a braccia,
inventando lepidamente e motteggiando. Carducci. — All'in-
compiuto comento del Filelfo si aggiunse certa conti«Bairionc
assai magra e men lepidamente spropositata di un Girolamo
Squarciafico alessandrino.
« Il prof. Orion nella pre&zione al Trattato deUe Mime Vef-
ffari di A. da Tempo (Bologna, Romagnoli, 1869), sostiene
che TA. da Tempo, cementatore del Canzoniere non ò mai
esistito, che il comento sotto il nome di lai ò una cosa* sol»
con qu^o dello Squaroiafico, ma che anche Girolamo Squar-
dafico alessandrino, poi non ò mai esistito^ né meno egli, e
cotesto nome altro non rappresentava che ranagranuna di
2>omenico Siliprandi fyUitolo di (raspare^ deU* editore doè
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ooBORrrAioRi. t^5
del Canzoniere neir anno 1477 (Orion, Trattato delle Rkne
Volgari, xxxiv-LVn), e seguita provando e riprovando altre cose.
11 Grion, erudito e ingegnoso com'è, ha il torto di voler pro-
var troppo-, e di scoprire nn pò* troppo facilmente ad ogni
passo anagranuni. Secondo me, gli anacronismi e le confusioni
tn*onologicbe che s' incontrano nel cemento del Da Tempo, siasi
un po' chi si vuole, ma antico, si possono spiegare con le al-
cune addiswni «T uno ahro, che il SìHprandi confessa avervi
interpolato. » Carducci.
1585. VfiLLnTBLLO ÀLBSBANimo, Le voì^ri opere del Pe-
trarcha, con F e»positione, Venezia, Da Sabbio. — Per lo stesso
Da Sabbio 1541 ; Id. Vidali 1528, 1532; Id. Zanetti Gastersagénse
1538; Id. Comin da Trino de Monferrato, 1541, 1547; Id.
Gabriel Giolito de' Ferrari, 1544, 1545, 1547 IPediz., 1550, 1552,
1558, 1560; Id. Al segno della Speranza, 1550; Id. Giglio,
1552; Id. Grifio, 1564, 1568; Id. Valgrisi, 1560; Id. Nic. Be-
vilacqua, 1563, 1568; Id. Bertano Giov. Ant. 1573, 1579, 1584.
I^ Vellutollo divise per primo il Canzoniere in tre parti,
ponendo nella terza quelle rime che in diversi tempi e sopra
vani argomenti ftnrono scritte. M/ Beccadelli gli dà nota di
temerario, per aver messo tutto sossopra il Canzoniere, onde
parere più- savio degU aUri, forse intendendolo meno. Il Mar-
sand, invece, a proposito di questa edizione, dice: É ionio
ragionevole quesf ordine che mi meravigUo non sia stato adot-
tato moka prima* Al Pasqualigo par meglio ragionevole il
biasimo del BeooadeHi. Anche il Settembrini nelle sue Letiom
di leti. ital. voi. i, p. 194, si duole che sia statp alterato l'or-
dine in che il Petrarca avea disposto il «no Canaoniere, ma è
strano ch'egli ne dia colpa ai Leopardi, che fece la sua inter-
pretazione sul testo disordinato del Marsand, del 1819. il Vel-
iutelk) però ebbe miglior senno ponendo la terza parte delle
Rime prima dei Trionfi, mentre il Marsand la pose dopo, in
fine del Volume (PasquaUgo^ I Trionfi, 4). ^ Il Rucellai dice
che il Vellutello fu il primo che così in quanto all'istoria, che
alla dic^ùarazione cavasse il poeta dalle tenebre, aprisse la via
a tutti gli altri che dappoi haa seguitato. AUa quale sentenza
fa eco Apostolo Zeno.
1532. li Petrarcha col contento di M. SssBAsnkHo FàUSTO
Dk LoNOUNO (castello tra Cesena e. Rimiiii), con rimario et
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eee il
4p«Mt in ordme à^aipk/àhetù. VmesiA, BiiidiMii e PmìbL Aib
fllnatr. et Eoeel. Signor il S. Conte Guido Raagona, ecc.
È la prima e rnnioa edizione, die ai conosca col oomiwtp *
dei Panato, così poco conoadato, scrive THortis, e a torto
Titaperato. Ei tenne nn ordine diveiso degli a^ neUa diapo-
aizione del Gansoniera, separandovi i Sonetti dalle Ogimwì.
L*ab. MarBond vi trova molte sauBsime lesioni di nkoni
passi, i quali sono corrotti o guasti nella maggior paria dette
edizioni del secolo stesso; e il CardMoei n^B&tmti ood toI-
gali fra alcuni passi del Canz<»iere e altri degli aoritti la-
tini del poeta. Aveva in animo di acrìvere V Anatomia del
Petrarca^ ma non ne fu nulla. € Neil* Aprile del 1533, cobA egli
ad un suo amico, giunto che fui a Ferrara, da parte di quei
giovani signori sono stato invitato s'io voglio guidare rAcca-
demia che voglion drizzare adesso de la lii^fua volgaro, et ogni
gfiomo leggere una lezione del Petrarca et una de le regole
volgari. Adesso sono in hioco solitario, lontano da Ferrara 35
miglia, et attendo la risoluzione di questi Accademici noonrL»
n Fausto professò belle lettere ad Udine; volto in italiaiio Dio-
aoorìde (1542), e il trattatello de* pesi e deUe nùsura di Paolo
Egtneta^ le' Tusculane (1544), rBpistde (1555), e tutte le
Orazioni di Cicerone (1666); detto un dialogo del modo di tra-
durre in altra lingua secondo le regole di Cicerone (1656), e
ristitozione del figlhudo di un prindpe dai dieci fino ag^ anni
della discrezione (1543). — Fu combattuto aspramente dal Ida-
zio che scrisse contro lui la Faustina^ a cui rispose. U Fansto
non è tale, dice Ap. Zeno, che mandii di mento, e akune
delle tanto sue opere si sostengono ancora in riputaBone, nò
giacdono come tanto altre nelle botteghe corrose da* vermini
e dalle polvere.
1533. SvLVANO DA VcNàrRo, // Petrarca dooe son da
quaUroeenio luoghi dichiarati dif^ersamenie da§U akti sposi'
tori, nel hèro col vero eenso notati, Napoli, Jovino e Matthio
Canzer.
Non se ne conosce che questa sola edizione. U Greadmbeni
Io dice quanto barbaro nella locuzione, altrattaato. curiooo per
le strane intorpretazioni che vi si leggono. Il prof. Paaqualigo
vi trova invece migUor giudicio che in tetnti altri edUori e
comeniatori, e il Garducd disquisizioni su U tempo in die al-
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ofmnrskTOKL 687
caùB poesie iuron oomposte e quaidie saggio d* interpretaàona
acato e nuovo fra molti Btraiiissimi. Silvano parlando dol Co»
monto del Vellntello, ooel ai esprimo: « E per dire il vero io
ho gran paura die il VellnteUo un di non venga a trovarmi
per carminarmi^ a guisa di Martinello: perchè ho trovato in
molti di quei nodi faticosi del Poeta, quali ha persuaso altrui
di aver discì<dti che g^ ha raddoppiati ed inviìuppati si eh' io
sono costretto a dirlo.» L*edÌ2Ìone, riguardo aJla correzione
del testo, riuscì pregevolissima.
1533. QiaiJAUìo M. Qiov. Andkba, Il Petrarcha colla Espo^
s^oncj eoe. Venezia, 4 Lflglio, per Giovanni di Nicolini e fratèlli
da Sabbio. Fu riprodotto dallo stesso nel 1541 ; s. 1. e st. 1540;
dal Gkdito 1553; dal Giglio 1553 e 1557; dal VidaU nel 1574;
Venezia, s. st, 1574; dal Grìffio nel 1581.
Il Tmnaami nel suo Petrarca redmtms assegnavagli ,
tra gli antichi il primo posto; il Muratori lo dice uno dei
migliorì espositori che s'abbia avuto il Petrarca; ottimo il
BaldeUi. — « Ampio espositore discuto e confuta o infirma gli
interpreti anteriori, e reca in mezzo le questioni che intomo
a certi passi si agitarono nell* Accademia del Minturno « il ve»
scovo autore dell'Arto poetica: chi vinca la noia di tanta pro-
lissità, che pur in quel secolo non impedì a ootesta esposizione
la popolarità di- nove edizioni dal 1533 al 1682, dovrà pur
confessare che il Gesualdo è de' migliori e più utili fra i co-
montatori petrarcfaiani. Cardiueci,
1539. Aldnno (Dbl Bailo) M. Prancbsco (1), Ferrarese (m.
a Venezia nella contrada di S. Severo li 10 nov. 1556). Osser-
vazioniy ecc. — Id. Le ùssenMnoni sopra il Petrarca nucwjb^
mente rietampa^ et con dUigetua ricorrette et maUo €nnplia4é
con tutte le sue autorità ei dichiarationi delle vod e de* luoghi
diffidU^ con le regole et osserwmoni delle particelle et delle
aure voci ai luoghi loro per ordine di aìphabeto collocate. —
L'arbor, eh' a maggior frutti ha gran radice. Venezia, Maiv
colini da Forli; Id., Gherardo, 1550. -— Le Osservazioni del-^
(1) L* Almmo si penonifloa aerittort unico, e tibachista rariuimo, DI
latti ei 8i rese celebre segnatamente per la sua eleffansa nel formar caraW
ieri di ebe fti maestro, onde venne provisionato dalla Signoria di Venezia.
S.Oiovaniii.
Ei jgiunse a scrivere si minatamente ohe nello spaido di un denaio potè
scrivere senza abbreviature il Credo ed il primo capo dell'Evangelio di
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688 IL OANXOHnUB
r Allumo noa sono cbe un poro lessico deUa liogfua dei F^trarea^
del resto utilissimo. Carducci,
1541. Sonetti^ Canzoni e Triumphi di messer Francesco
Petrarcha con la sposiUone di Bernardino Daniello, da Lucea^
In Vinezia, Da Sabbio, 1541, e 1549. ,
n Daniello confessa lealmente che qussts sue fatiche sono
in gran parte di Trifon Gabriello, uomo non meno di somma
bontà che di profonda dottrina, e di ottimo e raro giudisii)
dotato. Trifon Oabrìello, nella sua lunga vita di ottant» anni,
così il prof. Crespan , io non so a qual maniera di studi non
siasi applicato, con tanta lode che gli valse il soprannome di
Socrate del suo tempo. Avea nella vicina Murano una villa,
quanto splendida, lUtrettanto ospitale, e qua attirava i migliori
ingegni della città — pieno di filosofia la mente e il petto,
spandeva la sua facile e giudiziosa parc^ or temperando la
soverchia vivacità delle giovani menti, or entrando sicuro nelle
più difficili ed astruse questioni della scolastica: dalle quali
cercava un riposo, quasi a respirare aura più confiaoente, nei
misteri del bello, e ne ragionava così da eccitare T ammira-
zione di tutti. Ornavano più T ingegno vario e fecondo F inte-
grità della vita e la soavità del costume, le quali riverheravano
a così dire nelle sue rime volgari. E dal conversare con lui
Bernardino Daniello attinse il buono e il meglio di ciò che
pubblicò nel commento del Petrarca, e le annotaeioni apposte
al Canzoniere da Antonio Brocardo si riconoscono come inse-
gnate dal meraviglioso Trifone (Zilioli). Petrarca e Venezia.
203. — Il Marsand trova ottimo i) testo. — € Non di rado e
non disutilmente raffrontò Bernardino Daniello il poeta nostro
coi latini e con Dante. » Carducci,
1548. Sonetti, Canzoni e Triumphi di M, Francesco Pe-
trarca con breve dichiaratione et annotatione di Ant. Bru-
aoLi. Venezia, Aless. Bruddi. ^- Alla Illustrissima et excel-
lentissima Signora, La Signora Lucretia da Este. — Lyone,
Guglielmo Rovilio, 1550; id. 1551.
Il Brucioli scrisse alcuni Dialoghi della morale filoeofia (Ve-
nezia, Zanetti, 1537), voltò in italiane la Retorica di Aristotile,
il Vecchio ed il Nuovo Testamento» che venne posto air indice
tra' libri dannati di prima classe. € È da notare, dice il Qu^rio,
che nell'edizione del Rovilio, 1550, le Annotazioni del BmcioU
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OOMSNTATOBI. 689
Turono aceordate) forse da Luca Antonio Rldolfi, che in. quel
jevaipo dimorava a Lione, e vi furono in iscambio aggiunte
quelle poche che andavano disperse per le prose e per le let-
tere del BembOy nominandone poi esso Bembo autore, e tacendo
il Brucioli, perchè l'edizione fosse più riputata. > Ma il Ro-
viliOf dedicandole al Ridolfi, dice che le Dichiarazioni dal dòtto
Af. Anàmio BrudoH furono cominciate, e poi (non sa per
quale giusto impedimento) non finite. Nell'edizione del 1551
ne venne a£B!ktto soppresso il nome, perchè V autore ritenuto
pestifero eretico, — • « 11 Bruciolit come fiorentino, ha il pregio
di rilevare e dichiarare con acconcie eleganze certe proprietà
dalla lingua. > Carducci,
1566. AmMlazioni breeissime eopra le rime di M, F. P.
le quaU contengono moke cose a proposito di ragion civile,
sendo stata la di lui prima professione a beneficio de li stu*
dioei^ eco. Padova, Lorenzo Pasquale, 1566, di p. 276, in 4^.
N' ò autore Marco Mantova Bbnavidbs, detto al suo tempo
jurisperiterum princeps, prof, di diritto neir Univ. di Padova,
e che mori a 93 anni nel 1582. Ei ne dichiarò la parte che
ora.direbbesi filologica, raccolse quantità di luoghi paralleli
tolti da scrittori sacri e profani antichi e del suo tempo ; greci,
latini, italiani; non colorò che in parte, e solo al principio, il
concetto di trattare il soggetto nei ra{^rti della ragion civile,
allegando i luoghi paralleli dei piii celebri giureconsulti. Si
conserva T autografo nella Marciana.
1582. Muzio Jbbonimo Giustinopolitano, (Oriondo di Capo-
distrìa; (n. a Padova il 12 Marzo 1496, m. nel 1576 alla Fa-
naretta, in Valdelsa, tra Firenze e Siena, nella villa deiramico
suo Lodovico Capponi. — - Egli era de' Nuzii, ma lo cangiò in
Muzio, all'usanza deMetterati d'allora, air oggetto di roma-
nizzare il suo nome). — Le Battaglie con le Note sopra il Pe-
trarca, Venezia, Duainelli. — Le annotazioni ristrette, Modena,
Casaiani, 1609; Venezia, Colleti, 1727; Modena, Soliani, 1762;
Roma, De Romania, 1822.
Le annotazioni del Muzio, cosi Apostolo Zeno, che sono in
fondo alle Considerazioni del Tassoni, non sono che un estratto
delle note eh' egli ha fatto sopra quel poeta, e che si leggono
impresse nelle sue Battaglie. Sopra di che noto di passaggio
che Giakinantonio Gallarati, milanese, e parroco di S. Vito, m.
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e90 IL
nel 1GQ3, fece un apologia del Petraroa ocnlro la oppoabiofii
del Muzio, che però mai non si videro alle stampe» confonne
ricavo dal Morìgia neir Istoria dsUe Antichità <M IÌìIbbo, L i,
e. 59, p. 285, e dal PicciDeUi neir Ateneo de* Letterati, Afitano,
p. 166 (Leu, 178). — Apostolo Zeno avea in animo di scrìverne
distesamente la vita, con die pur proponenisi d'iUosferare in
molte cose la storia letteraria del secolo in cui il Mvzio visse.
A tal uopo'ei si era procurato di avere quante opers ha potato
sapere, uscite del suo felicissimo ingegno. BpisL 810, 811, 814.
1582. Castblvbtro Lodovico (n. a Castel Modenese \50^
m. a Chiavenna, il 21 Feb. 1571), Le Rune del Petrarca bre-
vemente sposte, Basilea, DeSedabonis; Venesia, Zatta, 1756.
Degli antichi il più applaudito, -quantunque non potesse dar
al suo comento V ultima mano» Il Menagio lo chiama aoeoratis*
Simo ed acutissimo, ma la mole di citanoni d^ogni specie di
soverchio V ingombra. Il Carrer confiossa d* averne spigolato il
meglio, con che arricchì la sua edizione. Fu posto ali* indice
da Sisto V e da Clemente VUI. € Il Caatdvetro avanza U Ge-
sualdo tanto forse di concisione quanto di acutesza e di in-
dizione classica e filosofica: ma avea da &r meno. » Cardueà^
1609. Tassoni Albssandbo, Coneideraeiom sepra le rime
del Petrarca, col confronto da' luoghi^ dei Poeti anUcKi di
varie lingue (1), Modena, CassianL
(1) Da un Codice Cartaceo della VallioeUiana a«g««teM. 0, «d ha p»
titolo : Carteggio del Sig. Giuseppe Malatesta concernente per la maggie?
parte affari pubblici e materie ai Stato. T. i, p. ir, pag. wl, ewi la se-
guente lettera, tuttavia inedita.
Signor mio oBorandlaa.
Sonovi atami^ate (^i in Modena le mie OonHéberazioni aopra il Pe-
trarca, e ne ho inviati alcuni libri costi in mano del Sig. Franoeeoo Foi^
ciruoli, che abita nella piazzetta de* Cappellarì nd Pellegrino. Uno ne t-
per' y. S. Però ae il Sig. Franoesoo non glieie inandaaae omI tosto, forsp
per non saper la sua casa, V. S. ai compiaccia di mandarla a pigliar una
a casa di lui. B di grazia me ne avvisi il suo parere, e di qwUehe aftn
amico ancora, con quella sincerità eh' io spero da Xé».
Qui non abbiamo cosa nuova, se non che domani o V altro aspettiarjo
rei Duca di Ni vera, che in Roma dicono «bbU fatte ootante afrondatnreL
Si^. Ettore Loria della Si>ec)e , che V. S. conosce , ha vestiti quAttr^i'
paggi a livrea 'per andargli incontro sino alla porta in maschera. Lalivri»
è di carta Unisaima aaaurra ricamata di conforme ricamo^ JSd m V. 8. oos
tal fine bacìo le mani.
Di Modena U 4 P«i>bralo 1609.
Di V. S. molto Illus.
Servo A/f.
ALBSSAKlmO '^4SSO!a
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691
« n TaMoait ÌDgegao fino e BV^liato, nente capace, e arrio»
chita di eogiuzKmi di ogni ordine in nomerò prodigioso, eoi che
si leggano i and Peiuimi^ atìle agerola e pieno di brio, giudizio
gitiatOtgiuto proMOCobA aempre corretto, neeenna preoccupazione
di animo: eooo i pregi che assai di rado a*incontrano in chi
comenta. Poeta anch'agli di prima riga. . . nessuno ha maggior
diritto a teattre T abito di giudice in questa materia. Quelle
frasi bislaoche, quelle maniere o insipide o strane, que* versi
cascanti, a cui la re?erenda coorte dei pedanti avrebbe fatto di
cappello, egli te le battetza per quelle pazze cose che sono. E
se il Poeta eh* egli comenta si perde ne' labirinti delle dottrine
platoniche, dà 1* animo a costui di ac^guitarlo; e voglia o non
voglia^ tirarlo a casa, perdìo si v^ga quel che è oro, e quello
che non ò. In somma se il Tassoni ha menato la sferza con
un pooo di severità, direm anoO) e ci sappiano grado i pedanti,
con un poco di petulanza, non ci voleva di meno sul conto di
un poeta che ha fatto impazzire due eeooli, qnal per un verso,
qual per un altro. Le citazioni de* poeti provenzali , dai quali
prese il Petrarca buona parte, lasdam stare se il meglio o il
peggio del suo Canzoniere, dove le hai si copiose ed esatte
come nel oomento del Tassoni? > -^ Correr, — € Le Conside-
rasioni sopra le rime del Petrarca furono giudicate un sacrì-
lego scandalo in quel secolo storto e pettegolo, onde egli fu
assalito di fronte e da tergo, con nome e senza nome: ma a
tutti intrepidamente rispoae A che rende imagine di un atleta
il quale, menando a dritta e sinistra la poderosa mano, schiaf-
feggi un* oste di £uiciulli, e gli rimandi a casa mettendo dolo-
rose grida. Senza timore di dire troppo, oaiamo afiermare che
36 egli in cotesto osservazioni dettate con gran, senno e molto
brio e non poca eleganza di stile avesse tenuto un contegno più
serio, se avesse meditato con iscopo di meditare davvero sulla
letteratura, se avesse saputo afirenare quel bisbetico umore
:;he di leggieri gli infiammava il cervello e lo conduceva ad
ingiuste esagerazioni, la critica italiana avrebbe fino d'allora
ivuto il suo più grande pensatore. I suoi giudizii, nondimeno,
formolati in quel modo bizzarro, sono superiori alle idee del-
* epoca sua; il Tassoni grandeggia sopra i suoi contemporanei
la rendersi visibile e farsi venerare anche nella nostra. » —
Emiliani QiucUci, — Q, Carducci lo dice € sottilissimo, e anche
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692 IL CAnaoNiBBB
troppo sottile, e non sempre del miglior ipiaio. — Le sue eoe-
siderazioni ci rappreseutano la reazione contro il petrarefaisafj
assomnoata nelF opera di un finissimo e dotto scrittore. . . . Per
anzi che un lavoro filologico, un comento propriameiite detL.
è un' opera lettei*aria troppo informata di bizzarra indÌTÌd&jr
lità. » — Queste considerazioni stuzzicarono malanieoie il ve-
spaio, eccitando varie contese tra eeso e Giusé!/^ d^UArc-
maiari (Venezia, Jadra, 1610). In questa congiuntura nsciroL-^
pure alla luce : GU awertìmenU di Crescenzio Pepe al Siytw
Aromatari^ Modena, Qasaiani, 1611. — / dialoghi di Falcia
Mclampodio in risposta^ agli awertìmetUi ridetti^ Yea&u,
Deur^hino, 1612. —- La tenda rossa di Girolamo NatmsenHi^
risposta ai dialoghi di Falcidio MeUanpodio^ Franco&wta.
1613, ecc.
1711. Muratori Lodovico, Le rime del Petrarca^ rùcon-
trate coi testi a penna^ aggiuntevi le considerazioni del TeLS-
-soni^ e del Muzio ^ Modena, Soliani; riprodotte dallo stesao
nel 1762; in Venezia dal Coletti, 1727; dal Viezzarì» 1741;
1759.
Se il Tassoni, dice il Correr^ vide talvolta bieco, a questo
difetto sopperì il Muratori, che con T animo riposato riveda
le buccie al lavoro del suo concittadino. Se togli lo stile dinaesso.
«enteazia Emiliani Giudici^ è nel Muratori tale tesoro di buona
dottrina da sbaldanzire qualunque degli odierni scrittori tli
estetica. — Ben altrimenti ne giudicò il Carducci: « Io per me
ammiro e rispetto, come niuno più, il gran padre della storia
italiana ; amo queir ingegno alto, vario, sereno, poderoso, eguale
a molte cose, quel!* indole onesta, libera, buona; ma ciò non
m^ impedisce di dire che il Muratori nelle Osservazioni al P.
e nella Perfetta Poesia è il rappresentante dell' Àix^ia, e non
di* queir Arcadia che conservò certe buone tradizioni di stile,
ma di quella vera degli abbati pastori. »
1753. N, N, (PageuìO Sebastiano), Le Rùne^ con note
date la prima volta in luce^ ad utiliià dei giovani die amano la
poesia, Feltre, Foglietta — .; Id. ^ ediz. 1753; Id, Id^ 1754;
Venezia, Orlandelli, 1820; Firenze, Molini, 1822; Torino, Alliana
e Paravia, 1825; Palermo, Anello, 1840.
N. a Bassano nel 1717; vi mori, can. della Ck)ll^ata bas*
nese nel 1795.
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OOUSNTATORI. 693
B. Gamba chiama V edizioDe del Pagello, pregevole per ao-
cnrateoa di testo, buon gusto e sobrietà dì note. Quantunque
volte abbattasi in alcune frasi e sentenze usate anteriormente
(la poeti e scrittori latini, ei senz* altro cita i passi onde si
giovò il Petrarca, senza fard più sopra inutili conienti. 11
prof. Renzi consigliavalo al dillgentissimo tipografo Molini per
la sua edizione del Petrarca. Non saprei, scrive il Marsand,
in verità come facilmente Io si possa imitare nel dir tanto
(•on tante poche parole com*ei fece. E il Carducci: « più ori»
ginale degli annotatori del sec. XVIII offre il Pagello qualche
rosa di nuovo e di meditato. » L. Carrer si valse talora delle
illustrazioni del Pagello nell* accurata edizione ch'ei fece coi
tipi della Minerva a. 1826.
1776. Studi cU VrrTORio Alfieri sul testo, ~ V. Alfieri nei
8Uoi studi di lingua e di poesia italiana, andava trascrivendo in
certi quaderni quel che gli piaceva del J^etrarca con molto
gusto e con qualche annotazione acuta. Ei ne fé' dono al sig.
Thiébaut de Berneaud, gi& uno de' Bibliotecari della Mazzarì*
niana, e questi al sig. Biagioli, che le inserì a' lor luoghi nel
suo comento. Non vanno oltre il sonetto : Pien cT un vago
pensier che mi desvia (cxvii. Ediz. Le Mounier).
BaocADBLLi Lodovico, lUustranoni inedite. Verona, Oiuliari.
1805. Soave Francesco, Le Rime illustrate con noie. Min-
iano, SoG. Tip. di Classici italiani.
Ho preso il partito, cosi il Soave, di stendere io medesimo
M)pra ogni componimento delle brevi annotazioni, valendomi
delie considerazioni del Tassoni e del Muratori, e quelle ag-
giungendo che la riflessione a me stesso ha suggerito. — « Ma
si raccolse, compilando e compendiando, dice il Carducci, con
critica gretta e con presunzione estetica. »
1811. Zom RoBfUALDO, Le rime del Petrarca con note,
Londra, Bhimer.
1819. Mbneghblu Antonio, Le Rime di Francesco Pe~
traroa^ Padova, Crescili. (La prima edizione del Meneghelli
uscì alla luce nel 1814).
« Il Meneghelli, che molti studi fece intorno al Petrarca,
ritentò primo la prova del Veilutello con molto maggior co-
noscenza della vita e dei tempi del Poeta, ma con effetti non
dissimili, ritessendo anche quasi una storia dell' amore di lui, »
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694 n. càfaowttBi
ed assegnando a tutte le rime del Petrarca il loro poeto, pr
guisa che eeria ne fòsse tepooa^ e per lo metw non ef&taen.
Tutte e due le parti del Ganzonìere nm precedute da im dh
soorso critico e da un prospetto cronologìoo delle rimeL Ndk
note si giovò soprattutto delle osservaaoni del Tinsoiit, àà
Muratori e dri Soave, e in esse s* argomenta di porre ù rìUeve
le bellezze ed i difetti del Ganzoniere.
1821. Buoiou OiosAFATTi, U ConunJtoj Parigi, Donde^
Duprò.
Di questo cemento scriveva 27. Fotcoio aUo steaso Bis»
gioii: < Nelle rime del Petrarca non era da lei, né da uomo
veruno di latrare contro il Tassoni, scrittore che, par qnaiiso
talvolta andasse in bizzarrie, era gigante verso di noi, uè co»
tro al Muratori, forse un po' parolaio e di stile taato quanto
acorretto, ma di tante si^re, di tanta mente e di tanta lon-
ganimità e generosità nel lavoro, die a petto a Ini andie i
giganti son pigmei. Non sentiva naolto addentro nella poesia;
tuttavia, la mi creda, v* ha taluno che sentiva molto nseno di
hii e che affetta più di lui. Il critico che manda giacmlatone
ad ogni verso e sillaba dei suo testo, non à né poeta nò crì-
tico, ed ha sbagliato vocazione e mestiere (16 Mario, 1827,
FoscUo^ EfisL lu, 257). — • Con tutte le armi del suo ingegno.
scrive X. Correr^ il signor Biagioli, si scaglia contro il Tas-
soni, e mena tanti calci e cefikte all'ombra del buon crìtico
modenese, che sarebbe una compassione se all'ombre potessero
punto far male i calci e le ceffate de* vivi. . . . Pure talvolta e
r ingegno che ha, e lo studio da esso fatto sui nostri eletti
Bcrìttorì, gli furono scorta a proferire delle interpretazioni
qualche volta nuove, e le molte volte giuste. — D Biagioli,
che pure portò primo maggior luce in certe interpretazioni ed
è ricco di raffh)nti utili del P. a Dante, fh biasimato oltre il
giusto e ora ò obliato. Carduod, — - V. Parenti^ Annotazioni
al Dizionario della Lingua italiana, stampato a Bologna.
1826. Lbopardi Giacomo, Interpretazione, Milano, Stella; Id.
1836; Firenze, Passigli, 1839; Le Monnier, 1845; 1847; 1851;
1854; 1864; Firenze, Fraticelli, 1846; Firenze, Bottini, 1858;
Napoli, Rondinella, 1851 ; 1855.
« Io la chiamo interpretazione, cosi il Lw^pardi nella prefa-
zione premessa alla stampa del 1826, perchò ella non ò un
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006
(Omento come gM altari » ma qmtt ni» tradazioiie dai Ttni e
Ielle pttrole del poeta in «na proea aemi^oe e chiara^ quanto
IO sapato fiurla.... Non entro mai a dispatare: ma dove i
!k>ment8torì aon discordi, reco solamente queir interpretazione
ha mi par Tera; o che io la tolga da qoalchedono di loro, o
he io la imagtni da me. Quando due o più interpretaxionì 6
r altri 0 mie proprie, o pur Tuna mia, Fnna altrui, mi pa-
ono esser parimenti verìeimili in un medesimo luogo, le reco
trevemente totte. Talvolta seguo un comentatore, talvolta un
litro, spesso nessuno, sempre T opinione mia. Non salto a piò
»ari nessuna dìflleoHà, quando aadie tutti i oomentatori la
aitino. Pongo in ristretto ma chiaramente, tutte le notizie
Btoricfae necessarie a intender bene il testo. » — € Più ristampe,
igginnge egli nella prefazione all'edizione del 1896, ne sono
tate fttte in questi dìed anni: nessuna con saputa mia. . . .
}nesto Comento, che io chiamo più volentierì Interpretazione^
i diversifica tanto dagli altri conienti che ablnamo sopra il
Petrarca, quanto si assomiglia a quelli che gli antichi Ored
I Latini fecero sopra gli autori loro Quanto al testo, ho
egnitato alia deca quello del profiMSore Marsand, oggi usato
miversalmente . . . , ma io me ne diseostai nella punteggiatura,
a quale io medesimo, colla maggiore diligenza che mi fu pos-
ibile^ ToDi fiur del tutto nuova. Opera assai tediosa a fare,
aa che può essere quasi un altro comento : perchè infiniti sono
luoghi del Petrarca e degli altri antichi, che punteggiati
oarsamente o soverchiamente o male, appena si possono in*-
endere, e punteggiati avvedutamente e con misura, diventano
hiarissimi. » Le noterelle cosi succinte del Leopardi, sentenzia
j. CarreTy ci hanno spesse volte fatte sembrar noiose le em-
lite prolissità di molti altri. ^ Il Oamka le chiama brevi, suc-
ose ed utilissime: la punteggiatura n*è tutta nuova, perchè
osi rinnovata può dirsi parte dell'interpretazione medesima,
lè si saprebbe di certo imaginare la più breve e la più as-
ennata. — Il Leopardi perchè ti aiuta a sentire, e non discute
lè dottoreggia, ha fatto il comento migliore, come che paia
l più semplice e il più modesto. Settembrini, i, 200. — Il
leopardi fa lodato sopra il merito, e si ristampa tuttavia. E
mre il concetto del comento leopardiano è sbagliato — È uno
coliaste, secco e inutile in più d*un luogo. . . . Egli spiega quel
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696 IL ckfWxnnM
eh» tatti hanno spiegata», se bene molto m«gfio degli aitii e:
ne* luoghi oseurì e dubbi, tituba e fneespiea, e cade anebs n
certe interpretaiiooi che non paion da lai. Carducci.
1827. Carrbr Luigi, Le rime di /«V. P^irarca cott ie n^
UtteraU e critiche del Casteivetro, Tassoni, Armatori, Aifitr.
ViagioHy Leopardi ed aitri per iui raccolte ^ ordinate ed »'-
cresciute^ Padova, Tip. della Afinenra.
« Ogni qual volta, dice il Carrer, ci ò sembrato di apporre
alcuna nostra noterella, o dichiarando qualche luQjgo o^tcìr
del Canzoniere dimenticato dai comentatori, o confàtando oi.
nioni che ci parvero cozzare colla ragione, abbiamo fatto ii«c
della seg. indicazione, Edit; non tanto perchè Cacciamo grfts
caso di queste nostre postille, quanto per non versare in cape
agli altri le nostre ignoranze. Quanto alla lezione noa abbiamt
saputo scostarci da quella del eh. profess. Marsand, omai avus
per canonica da tutta T Italia. Essendone sembrato in due
tre luoghi d* alterare la punteggiatura, ne abbiamo fatto ac^
corto il lettore per via di nota. Queste poche e temiteae»
mutazioni faranno certo il chiaris. professore che noa et sias?
contentati di copiare la sua edizione, ma eh* essa ne parre o^a
degna di essere diligentemente studiata. >
Non acerbo come il Tassoni, né leggero come il fagioli,
nò semplice grammatico, come secondo il suo scopo fo xl Leo-
leardi, infuse nel suo cemento tale squisitezza di gusto e finezza
di sentimento, che, quanto è possibile, introduce quasi p^r
mano a gustare il gentile poeta, entrando nell* animo del Pe-
trarca, studiandone le condizioni e mostrando come no acaturìscs
naturale e spontanea la divina poesia. 6r. Crespane Petrarca a
Venezia, p. 214.
1829. Rime di Mescer Ff*ancesco Petrarca con breoissimé
illustrazioni di G. B. (Qiusbppb Bombi). Nel i toI. delU
Biblioteca popolare del Viaggiatore, Firenze, Paasigii^Borghì.
Le illustrazioni stanno in fine delle Rime (347"378). !d. Id.
1832.
1832. Le Rime del Petrarca con note letteraH e criHché
del Castelvetro, Tassoni^ Muratori, , . scelte coTnpUeUe ed aecre^
sdute da Cablo Albbrtini da Verona, Firenze, CiaMettì» 1832,
2 voi. in 8''. Ediz. cominciata il 1 Feb. 1832 e terminata il 15
dicembre delio stesso anno.
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COMBNTATORI. 697
Nel compilare questo nuovo comento, cosi rAlberiini, non
ho mancato di venir consultando tutti i più rinomati inter-
preti del poeta, cominciando dal Daniello, dal Vellutello, dal
Gesualdo : e da essi discendendo al Gastelvetro, al Tassoni, al
Muratori, fino ai più recenti, il Pagello, il Soave, il Femow,
lo Zotti, il Ginguenò, T Alfieri, il Biagioli e il Leopardi; non
tralasciati quelli ancora che ban ragionato sopra d' alcune sue
poesie solamente, come il Buonarroti, il Varchi, il Bembo, il
Salvini ed altri. Quanto al testo mi sono prevalso deir applau-
ditissima edizione Marsand, a cui mi sono religiosamente at-
tenuto. Però in ciascuno dei volumi si leggono molte delle
Lezioni Marsand rifiutate dall' Albertini. — « Nò senza qualche
novità fece V Albertini questa nuova spigolatura. > Carducci,
1846. Le Rime di Frane, Petrarca cogli argomenti di A.
Marsand^ col comento di G. Leopardi e ntume note di P. Fra-
ticelli. Firenze, Fraticelli.
1858. Il Canzoniere di Fr» Petrarca riordinato da Luigi
DoMBNico Spadi, con le interpretazioni di Giacomo Leopardi.
Firenze, Bellini.
Luigi Domenico Spadi prese a colorare, non senza ingegno,
ma con troppo arbitrio, un disegno e pena accennato da
Giacomo Leopai*di, la storia cioè dell* amore del Petrarca, nar-
rata dal Poeta nelle sue rime, e eh* egli riteneva sarebbe non
meno piacevole a leggere e più utile che un romanzo.
1870. Rime scelte ed annotate dal doti, Giov. Fbancbsia.
Torino, Tip. dell' Orat. di S. Francesco di Salee.
Spero, cosi il buon Francesia, che questa scelta verrà ben
accolta anche da quelli, che finora si tennero lontani dal Pe-
trarca, temendone giustamente la funesta impressione. Che la
materia è scabrosa assai e tanto più pericolosa, quanto meglio
fu trattata. Troppo però ci rincresceva lasciar la nostra Bi"
bUoteca priva affatto del gran poeta; molto meglio pensando
come fosse difficile cosa ritogliere il volume fatale dalle mani
della gioventù; e come questa avidamente T avrebbe letto, e
gustato, si sarebbe imbevuta di quelle idee tutte sensibili.
1870. Le Rime di Francesco Petrarca, col comento di
Gius. Bozzo. Palermo, Amenta, 1870, voi. 2.
Ecco il giudizio che ne diede il Propugnatore: € Le chiose
sono molteplici, ma con brevità e chiarezza. La sobrietà ò una
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696 ih oKViasasBs
delle migliori doti di un comentatore, da che la prolissità sac'^
ingenerare noia, e non di rado confusione. Gli studi(»i dd
Petrarca qui troveranno raccolte le osservazioni più conses-
tanee alla intelligenza vera delle rime. Le più recondite beUeue
vi si mostrano, e si feuino gustare con precise minate e £i<£
note; sicchò il comentatore entrato, quasi diremmo, nella mesue
del Poeta, di lui t'informa per guisa che poco lascia a desi-
derare. Dotte ed opportune digressioni conseguitano, comje uà
appendice, a ciascuna parte, dove il Comentatore va spazian-
dosi e mostrando con molta dottrina ciò ch'egli pensa suIU
materia trattata, singolarmente laddove ragiona di qualche
luogo oscuro, dubbio e contrastato. » L'illustre Accademia
Palermitana di Scienze, Lettere ed Arti, per gli egregi suoi soci
PtHncipe di GcdaU^ Ab. D, B. Gravina, Prof M. Viilareaie,
Prof. V. cU Giowinni, e prof U. A. Amico V ha letto e giudi-
cato utile e comendevole. (Seduta di Marzo, 1870, Sezioc^
terza).
1870. Rime di Fr. Petrarca con V interpretazione di Gia-
como Leopardi, e con note inedite di Frangbsco Ahbrosoli,
per cura di D. Carbone. Ediz. Stereotipa, Firenze, Barbèra.
II» ediz. Id. 1872.
Le note che V Ambrosoli lasciò inedite e scritte di sua mano
in un esemplare della prima stampa (Stella, 1826), sono di ti*e
maniere: letterali, grammaticali ed estetiche. Le prìme che, o
spiegano qualche passo sfuggito alla dUigenza del Recanatese,
0 rispettosamente dissentono da lui, cosi il Carbone, accolsi
tutte o pressocchò tutte; delle grammaticali assai poche; po-
chissime, e le più notevoli solo, delle estetiche. È troppo chiaro
che, introducendo a più larga mano le seconde o le terze, avrei
guastato l'armonia e l'indole del comento Leopardiano. Dal
quale per contrario mi fii avviso di non allontanarmi punto,
citando passi di autori, e versi di poeti manifestamente e con
arte somma dal Petrarca imitati. A parecchie lezioni del testo,
eh' è quello del Marsand, confortato da stampe e da codici
autorevolissimi, io non mi peiitai di dare il bando e d* intro-
durre la miglior lezione o nel testo, quando la lezione mi parve
certa, o nelle annotazioni, se disputabile. Oltrecchò il Carbone
si è animosamente accinto ad un'altra riforma, di rendere cioò
tutte quante le rime all'ortografia petrarchesca.
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OOUBNTATOBI, 699
1876. Rime di Fr. Petrarca con V interpretazione di Gia-
como Leopardi e con note inedite di Eugenio Camerini. Milano,
Sonzogno.
Il povero Cameriai non ebbe spazio di por fine al suo lar
voro. Le sue note brevi, snccoee, e da lui, giungono fino ai
Trionfi.
1876. CARDuca Giosuè, Rime di Fr, Petrarca sopra argo-
menti morali e diversi. Saggio di un testo e commento nuovo
col raffronto dei migliori testi e di tutti i Commenti. Livorno,
Vigo.
Nel comento si è lasciato guidare dai seguenti intendimenti,
o meglio, com*ei lì dice, doveri: I.®, Ricei'care e determinare
il tempo, l'occasione, l'argomento di ciascuna poesia: 11.^, chiar
rìre più specialmente gli accenni e le allusioni che il poeta
abbia fatto qua e là ad avvenimenti della sua vita o del secolo,
ai costumi, alle credenze, alla scienza dell' età sua: III.*^, inter-
pretare il senso : IV.^, illustrare brevemente le erudizioni clas-
siche: V.^, ricercare^ i molti pensieri e locuzioni e colori e
passi intieri che il Petrarca, padre del rinascimento, derivò non
pur da' poeti ma da' prosatori latini e dagli scrittori ecclesia-
stici, appropriandoseli e assimilandoli alla sua opera originale
con arte ammirabile (pochissime prese dai trovatori, cose insi-
gnificanti e formole) : Vi.®, raffrontare in certe proprietà e usi
la lingua del lirico del trecento a quella massimamente di Dante
e del Boccaccio e poi anche degli altri di quel secolo. ,-— Le
numerose varianti, i diligenti sommari preposti alle poesie piii
lunghe, l'abbondanza dei rafironti di passi del Petrarca cogli
scrittori antichi, la sapiente scelta dall'enorme farragine dei
Cementi anteriori, e le acute profonde disquisizioni sui punti
pili controversi ; in breve, tutto questo lavoro è tale una mera-
viglia da farlo proclamare a ragione colossale, e come un mo-
dello di erudizione, di critica ed anche di gusto squisito. V.
Felice Tribolati, Gazz. d' Italia 7 Aprile 1876, n. 98 ; Archivio
Stor. lial, 1876, t. xxiii, p. 192; // Propugnatore, a. ix, 1876,
p. 277 ; Nuova Antologia, ecc. ecc.
Castiglione Gio, Battista, I luoghi difficili del Petrarcha
nuovamente dichiarati. Venezia, Nicolini e fratelli Da Sabbio,
1832.
l
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I
I
700 IL CANZONIBBB
n Da Castigliooe, come fiorentino, ha il pregio di rile?ar^
e dichiarare con acconcia el^anza certe proprietà di lingua.
Carducci.
Sansatino Fr. (n. a Roma nel 1521 , m. a Venezia nei
1586), Dichiarazioni de* luoghi difficili accomodati allo stik ed
alla lingua. Venezia, Ravano, 1546.
Del Minio Camillo Giulio. — Originario da Dehninìo, b
Dalmazia, onde gli venne il cognome ; n. a Portogruaro nel 148(1 ^
m. improvviso a 65 anni, a Milano, in casa del Signor Domeoiec
Ouali nel 1544; fu sepolto nella chiesa delle Grazie, luogo dri
Frati di S. Domenico, con sopnm scolpito il titolo. — (xhthc
Camillo Delminio. V. Apostolo Zeno. Leti 828, 902, 9^. -
Avvertimenti dottissimi.... Non vanno oltre la Canzone: Ta-
cer non posso. Venezia, Giolito, 1554, 1557, 1560, 1562; Farri,
1579; Zoppino, 1584.
Lettera ove interpreta e cementa vari passi del Petrarca.
S. L. ed A.
Ruscelli Girolamo, Il Petrarca nuovamente corretto, eoa
alcune annotazioni e un pienissimo vocabolario del znedesimo
sopra tutte le voci che nel libro si contengono bisognose di
dichiarazioni d* awertiroenti e di regola. Venezia, Pietrasanta,
1554.
Bembo Pietro, Alcune belle annotazioni tratte dalle dottis-
sime sue prose, cose sommamente utili a chi di rìmare leg-
giadramente et volere i segni del Petrarca si prende cara.
Lyone, RoviUio, 1558, 1564, 1566. Venezia, Bevilacqua, 1550,
1562, 1564, 1568; Id. NicoUni da Sabbio, 1573.
Ragionamento havuto in Lione da Claudio de Herherd (Lue*
Antonio Ridolfi), gentil' huomo lionese e da Alessandro de Gli
liberti, gentil* huomo fiorentino, sopra la dichiaratione d' alcuni
luoghi di Dante, del Petrarca, del Boccaccio , non stati infino
a qui dagli spositori bene intesi. Lione, Rovillio, 1560.
Bartoli Cosimo, gentiluomo et accademico Fiorentino, sopra
alcuni luoghi difficili di Dante e Petrarca. Venezia, France-
schi, 1567.
y Google'
701
COMENTI PARZIALI.
> . . . VasBa queir Inllaits copi* di Ie«ioiii, di splcg*»
■iool, di di«B«rtftBlonl su qualche trattatu del PetrarcSf
opnaeoll pieni per lo piò d'Inutili apeoalaaloml a ab*
baadonati alta polvere a alla tlgnaola. Thrabotehi.
Talentoni Giovanni, da Fivizzano, Lettor di Medicina or-
ili n. nello studio di Pisa, Letione fiitta oeir Accademia fioren-
tina il di 13 di Settembre 1587, nel Consolato di Baccio Valori,
sopra il principio , la narrazione e V epilogo del Canzoniere
del Petrarca. Fiorenza, Giunti, 1587.
Corso Rinaldo^ Espositione del Sonetto : Voi eh* ascoltate. . . .
Fondamento del parlar toscano, Venezia, 1550. — DalT Arme
M, Tommaso, Riflessioni sopra il primo Sonetto, lette all'Ac-
cad. dei Filorgiti. Forlì, 1699.
Esposizione di M. Giulio Camillo Delminio «opra il prìmo
et secondo sonetto del Petrarca. Nelle sue Opere, Venezia, Gio-
lito, II, 145 e 169; Farri, 1579, 1584, 1589. — Sui terzetti
del II Sonetto, V. Rosmini, Pensieri e dottrine trascelti, Intra,
Bertolotti, 1875, «, 590.
Lezione di Regnier Desmarais, (1) Aocad. della Crusca sul
nonetto: Era il giorno che al sol si scolorar o (Son. ni). Nelle
sue Poesie toscane. Parigi, Cellier, 1708.
Molti si sono affaticati intorno a quei veni del Petrarca: — Era il
giorno j ch'ai Sol èi teolorttro Per la pietà deleuo Fattore i rai, dov'è
ricordata l'origine del suo innamoramento (6 Aprile 13S7), confermata al-
trove, cantando : L'ora prim' era e il di sesto d'aprile Che già mi strinee.
— Milletrecento ventisette appunto Sull'ora prima il di sesto d'aprile
Nel labirinto entrai Nel Sonetto Palinodico : Padre del' cielj dopo i
(1) «n si^^nor abate R(*^nier Desmarais, gran letterato del nostro se-
colo, segretario della nobilissima accademia francese, e accademico della
Crusca, scrive prose e versi toscani con tanta proprietà, purità e flnesza,
che qualsiasi più oculatissimo critico non potrà credere eh' egli sia nato
e nutrito nel cuore della Toscana. Con la stessa felicità scrive ancora nella
materna sua lingua e nella spagnuola e nella latina e nella greca, e dalla
f^reca ha trasportato mirabilmente nella toscana tatto le poeaie d' Ana-
oreonte, senza scostarsi punto dal testo. » HetU , nelle Annotazioni al Di-
tirambo.
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702 IL CANZONIERE
perduti giorni , ci fa sapore che correTa V anno 1338 quando lo «crìss^ :
Or volge^ Signor mio, l' undecim' anno Che fui aommesao al tiispieta^
giogo ... e il giorno medesimo : Rammenta (o Signore) lor (a* miei pen-
sieri vaghi), com' oggi fosti in croce. — Tutti ì Comentatori almanacca-
rono per vedere d* accordare insieme queste date, e non vi riuscirono : la
mi confido di essere più fortunato di loro. Francesco Oiuntiiio , celebre
astronomo , che viveva ai tempi del Tassoni , avea già mostrato che U ò
d'Aprile citato dal Poeta non potè essere il venerdì Santo ricorrente nel
13?7, il quale in queir anno venne al 10, essendo slata la Pasqua al 12.
S* ingannarono il Maczoni e il Tassoni , nello spiegare que* due sonetti .
che sono il ii e il XLvn , interpretando i7 giorno che al eoi» n aeolora-
rono i rai , di quello , e V oggi fosti in eroee, di questo, pel xv giorno
mobile della Luna di Marxo. Errò lo stesso Muratori sentenziando chr il
Petrarca non ai regolasse con altro , né ad altro avesse riguardo eh^
alia quintadecima luna (intende xv giorno della Luna), del mese éti mnrzo
e reputando certissimo che sia stato quello, nel quale Cristo Salrator
nostro fu crocifisso; e che il quindicesimo giorno nel 1327 sia tenuto a
cadere nel 6 Aprile. — Tanto V uno quanto 1' altro dei due sonetti ram-
mentano la medesima epoca invariabile , il 6 d' Aprile , in cui il Petrarca
fissava la mprte di Cristo secondo un' antica opinione riferita dal Maratad.
Di fatti Tanno 1327 porta la Lettera Dominieale D; dunqae comincio in
Qiovedi : V Epatta è XX VI : il numero d'oro 17 : il novilunio di Marzo 6i
il 27 : il termine Pascale il 9. Dunque il venerdì Santo fu il 10, la Pasqua
il 12, il 6 d'Aprile 1327, come non fu il venerdì Santo, non fu neppun?
il XV giorno della Luna Pascale ; e lo stesso dicasi del 1338. — Nel 133^
la lettera Domenicale è ancora p : 1* Epatta XXYIII, il numero d* oro 19:
il termine Pascale il 7 d'Aprile (in martedì), perchè il novilunio di Mar»
fu al 25, e quindi la Pasqua fU il 12, e il venerdì Santo il 10. Il 6 d'Aprile
tanto nel 1327, quanto nel 1338 cadde in un lunedì. Dunqpie il Petrarca
adottò un anniversario immobile. — Forse egli segui una tradisiooe che
attribuiva al Salvatore 33 anni, 3 mesi e 7 giorni di vita dalla natività.
Siccome poi la Pasqua veniva ordinariamente nel xv giorno ddUa Luna
di Nisan , e ammesso anche che il Petrarca la stimasse queir anno pro-
tratta al XVI, avendo assegnata la morte di Cristo al 6 d' Aprile , jare
che non abbia tenuto conto della oircoatansa , che fosse seguita net T.f
giorno della detta Luna. Perchè si possa affermare che il Petrarca la po-
nesse come avvenuta al xv giorno, era necessario , che o la facesse suc-
cessa il giorno vero della Pasqua Ebraica (Venerdì, xv), o che credesse la
Pasqua Ebraica protratta al x vi e Cristo crocifisso il dì prima : o se cdbi
morte del Redentore al 6, suppose la Pasqua degli El>rei all' 8, allora ne^
ipotesi che sapesse che questa doveva ricorrere al xv giorno della Luna,
non reputò nello stesso giorno xv avvenuta la morte : oppure tenne la
morte avvenuta nel xv giorno , ma non fé' caso di questo che la Pasqiui
Ebraica veniva così ad essere stata nel xvii. Ma chi ne assicura, che
avendo egli ammessa la morte al 6, abbia anche ammessa la Pasqoa
Ebraica all' 8 1 È probabile ; ma può darsi anche il contrario ; laonde ri-
mane in dubbio, se facesse coincidere V anniversario storico e stabile della
morte di Cristo col giorno xv della Luna Pascale. Pasquini^ La Principale
Allegoria della Div. Com. Milano, Batteziati, 1875, p. 265 e seg.
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COBfXNTI PARZIALI. 703
Giacomini ^Tebalducci Lorenzo, Lezione sopra il sonetto
del Petrarca che comincia : QuancT io son tutto voUo (Son. xiv).
Lezioni degli Accad. della Crusca, ii, 113-130.
Ragionamento di M. Anton Maria Amadi intorno a quel
sonetto del Petrarca che inoomincia: Quel eh* infinita provi"
denza ed arie (Son. rv). Padova, Percacdno, 1563. — Il discorso
è tutto teologico. -— Dieci Lezioni sullo stesso sonetto di Be^
nedetto Averani (n. a Firenze il 19 Luglio 1645 m. a Pisa ai
28 Decembre del 1707), prof, di Letteratura nello studio di
Pisa, recitate air Accademia della Crusca, ed intitolate al sig.
Enrico Newton^ inviato di S. M. della Gran Brettagna al Gran-
duca. Ravenna, Laudi, 1707. — Sorio p. Bartolommeo, Sopra
il Son. iv, Lezione Accademica. Rivista Ginnasiale, Aprile 1855.
Dolce Lodovico (n. in Venezia 1508, m. 1568). Esposizione
del Sonetto : A pie de* colli ove la bella vesta (vii). Nel Dia-
logo sui Colori (1), p. 46» Venezia, Giolito, 1557; Sessa, 1563;
Firenze, Nestenuse e Moucke, 1735; Milano, Daelli, voi. x della
Biblioteca rara. — ^orto p. Bartolommeo , Lezione Accadem.
sopra lo stesso Sonetto, recitata in Firenze alla Società Co-
lombaria. Rivista Ginnasiale, a. ii, p. 475-85.
Cervoni Giovanni, da Colle, Esposiz. del Sonetto : Quando
il pianeta che distingue fore (vm). Accad. Colle Bellunese,
Venezia, Deuchino, 1621.
Camerini S., Esposizione delle due prime Ballate: Lassare
il velo — Perché quel che mi trasse — e del Son. xii : Quando
fra r altre donne (x ediz. Le Mounier). Pisa, Prosperi, 1837.
Ponta P. Marco, Interpretazione di alcune parole del Petrarca
e di Dante. Roma, Tip. Belle Arti, 1845. ~ roctto vo; che le
parole morte (xiv). — Parole morte debbesi intendere per pa-
(1) « Lodovico Dolce, dice il Tiraboschi, Ai storico, oratore, gramma-
tico, retore, filosofo, fisico ed etico, poeta tragico, comico, epico, lirico,
e<litore, traduttore, raccoglitore, cementatore* scrisse insomma d'ogni
cosa, ma di ninna scrisse con eccellenza. — L* Haym contava settantatrè
opere del Dolce , e tuttavia Girolamo Huscelli lo spacciò per ignorante, e
quanto a lingua italiana ne diede buone prove ; e il Dolce la pretendeva
a grammatico I . . . Fu un abboracciatore; un uomo che non ebbe il pudoro
del vero scienziato* e mise le mani violente ed impure su tutto. . . Vera-
mente è intollerabile la sua prosa , e degni di miten i suoi versi ; né
sappiamo come aia riuscito a questo dialogo, che sebbene spiaccia al Mon-
geri, piacoue a giudici valenti , e Leasing lo cita e ne tien conto — né 6
scrìtto male : forse traeva dalla conversazione degli artisti qualche spirito^
che i libri, che metteva a sacco, non potevano dargli. — Camerini j Muovi
Profili Letterari, iv, 08.
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704 IL GANSONIBBB
role che suonano nel mezzo del mio core, ma non le esprimo
col suono della voce per sentimenti dell* anima mia, non ester*
nati colle parole sonore. Quasi dicesse il poeta: Ve tacendo,
perchò se parlassi , farei piangere la gente. Io vo' senza par-
lare, perchò se dicessi le parole del mìo cuore, ùirei piangere.
— Parole vive — vive voci (Canz. i, 5), pensieri parlati, parole
manifestate col suono della voce: parole morte, parole non
esternate e non parlate col suono della voce.
Crùicomini Tebalduoci Malespini Lorenzo (m. 14 Ottobre
1598), Esposizione del Sonetto: QuancCio son tuUo voùo (xvi).
Prose Fiorentine, t. ii, Firenze, Tartini, 1691. — Del Giacomini
Tebalducci, Y. Sahini, Fasti Consolari, 289-74. — Alla Lezione
del Giacomini il Fiacchi uni una storia concisa degU AMeraH,
cui il Giacomini appartenne, compilata sul Diario di eesa, che
manoscritto serbavasi nella Pucciana. Zannoni, Storia della
Crusca, 1827. -^ Recuperati Pietro, Lezione sopra lo stesso
sonetto. Prose fiorentine, t. 2.
Sorio p. Bartolommeo , Vero amore degli sposi , Lezione
Accademica sopra la Canzone : Yerdi panni, sanguigni, oscuri
persi (Canz. n).
Casteloetro Lodov,, Esposizione, ovvero sulla prima canzone
del Petrarca la quale comincia: Nel doke tempo della prima
etade. Venezia, Zatta, 1756.
Mancini Poliziano Jacopo, Accad. Svegliato (Montepul-
ciano), nell'Accademia degli Aerati (Lendinara) il Coofoso,
Tre Lezioni sopra il Sonetto : Quesi* anima gentil (xvm), Ge-
nova., 1591. Senza nome di stampatore, ma dallo stemma dei
frontespizio ne fu tipografo il Bartoli. — Passi Giuseppe,
l'Ardito, Discorso sopra i primi versi dello stesso sonetto. Ve-
nezia, Somasco, 1616. — Merlini co. Giovanni, Censura sopra
lo stesso sonetto. Forlì, 1699.
Giuntini Francesco, di Firenze, astronomo. Discorso sopra
il tempo deir innamoramento del Petrarca, con la sposizione
del Sonetto : Già fiammeggiava V amorosa stella (xx) , Lione,
Rovilio, 1567. — Lettera del Dubbioso Accademico a Frane.
Giuntini con la risposta del medesimo. Senz'anno, nò luogo.
Cebà Alessandro, Genovese, (n. nel 1565, m. 1623), Lezione sul
Sonetto Solo e pensoso (xxii). Esercizi! Accademici, Genova, Pa-
voni, 1621. — V. De SancHs^ Saggio critico sul Petrarca, p. 36.
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GOBONTI PARZIAU. 705
Jdamgnoniy Crìtica del prìncipio della Canzone: Si debole è
l filo (hi). Del gusto in ogni maniera di amene lettere, Como,
>s tinelli, 1790, p. 165.
Yarchi BenedeUo, (n. 19 Marzo 1503, m. il 18 Decembré
566), Frammento di una lezione: Orso, e' non furon
xxiv), Prose varie, Firenze, Pezzati, 1841, p. 3. — Id. Lezione
opra i Son. 33, 34, 35 (zxvi, xxvii, xxvm). Ietta all'Accad.
i*lorent3na il 20 Aprile 1543. — V. Opnsc. ined. e rari, Fi-
enze, Società poligraf. ital. 1845, p. 261-81.
OrcuUni Lttcio, Perugino, Due lezioni lette pubblicamente
iéìT Accademia Fiorentina (1550), sopra i Sonetti : Se mai foco
ìer foco — PercK io f abbia guardato di menzogna ( xxxiii,
:xxiv). Nel consolato di Lorenzo Malegonnelle. Firenze, Tor-
•entino, 1550.
Pensieroso Accademico Inquieto ^ Esposizione sopra il So-
tetto: Padre del Ciel (xl), Milano, Pozzo, 1566. — Cervoni
xiov,^ da Colle, Id. Nella sua Accademia, Venezia, Deuchino,
621. — Porri Alessio, Lezione spirituale sopra lo stesso
nonetto. Parma, Viotti, 1594. •— SaMni Salvino, Lezione re*
dtata nella Settimana di Passione dell'anno 1703, a* 20 Marzo,
^rose e Rime ined. Firenze, Margheri, 1821.— V. De Sanctis,
>a^gio, ecc., p. 61.
LocatelU Agostino, di Sacile, Libro contro gli oratori ita-
iani, Venezia, Bettinelli, 1749. — A pag. 253 fa una severis-
;iroa analisi 'della Canzone: Poiché la vita è breve (Canz. vi).
Esposizione di M. Sebastiano Erizzo delle tre Canzoni di
ness. Francesco Petrarca, chiamato le tre sorelle (vi, vii, viii),
Venezia, Arrìvabene, 1561 e 1562. — Varchi Benedetto, Otto
liezioni (dalla xvi alla xxiv) sulle Canzoni degli Occhi, letto
lello studio Fiorentino nel 1565, Consolo Bastiano Antinori.
fi*ìrenze, 1590. — Difesa delle tre Canzoni degli Occhi, e dì
Ucuni sonetti e vari passi delle Rime di Fr. Petrarca dalle
>ppoaizioni di Lodovico Ant. Muratori, composto da Giovanni
Tomaso Canevari, e A. Tommasi. Lucca, Frediani, 1709. —
V. De Sanctis, Saggio, 143-165.
Muzzi Luigia Epistola contenento la nuova esposizione di
un luogo del Petrarca: Quando agli ardenti rai neve divegno
Canz. vi, st. 2, v. 9). Bologna, Nobili, 1823.
Oelli Giovan Balista (n. 1498, m. 1563), Sopra quei due
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706 IL CANZONIERB
sonetti del Petrarca che lodano il ritratto della sua Lsca
(l, li), Firenze, Torrentino, 1549, e nella parte ii, voi. m d«Be
Prose Fiorentine. Firenze, 1728. — Nel Consolato di Giovam
6' Ambra, 1549. — De Sade, Sur Simon de Sienne et les òaa
sonncts qui lui sont adressès. Note, zìi, voi. i, p. 71.
GelH Qiovan Batista , Lezione sopra il Sonetto: Io fcn
deir aspettar ornai sì vinto (lxv) , detta n^ Consolato di Gio?.
Strozzi. Firenze, 1551.
Salviati Leonardo (n. in Firenze nel 1540, m. nel 1589).
Cinque Lezioni, cioò due della Speranza, una della PeKcità. <"
le altre due sopra varie materie, e tutte lette nell^ Accademis
fiorentina, con T occasione del sonetto: Poi che voi ed io ab-
biam provato (i.xvii). Firenze, Giunti, 1575. — Orsi CHooanni.
Censura al med. Sonetto, letta all'Àccad. dei Filoi^ti, Forlì
1699.
Cemento utilissimo di Stefano Moresino sopra la CsLoffxtt
dei Petrarca: Mai non vo* cantar eom* C soleva (Canz. oc), Mi-
lano, Da Borgo, 1559. — De Domo Ubaldo^ Discorso nel quale
si espone la xxn Canzone del Petrarca (fx). Perugia, Coloni-
bara, 1604.
Mussi Luigi, Espos. del Sonetto: La donna che 7 snio cor
nel viso porta (lxxv). Bologna, Nobili, 1823.
Bembo Pietro, Sul verso: Ch^ altro non vedo, e dò che
non è lei (lxxx). Prose, Napoli, Railard, voi. n, 1M4. — Ga-
gUardi can. Paolo, sullo stesso verso. Cento ossérvasHNii di
lingua, Bologna, Volpe, 1770, p. 23. — Bottari Giov, Lettere
di Fra Guittone d* Arezzo, con note, Roma, De Rossi, 1746,
p. 97. — Manni Domenico Maria , Lezioni di lingua toscana,
Firenze, Vivìani; 1737, p. 115; Yenesia, Pietro Vahrasense,
1758, p. 84. — Furia Francesco, Sulla necessità di confrontare
i testi a penna. Atti deirimp. e R. Accademia della Crusca,
Firenze, Piatti, 1819, voi. i, p. 24. — Fiacchi Luigi, LeeioDe
sullo stesso verso. Atti della Crusca, f, 69. — Monti Vineenso,
Lettera al sig. marcii. Gian Giacomo Trivulzto. Nella sua Pro-
posta, e nel Comento del Biagioli. Milano, Silvestri, 1803, t. n,
170-183. — Rosini Giov,, Risposta ad una lettera del cav. Monti,
Pisa. Dopo esempi si splendidi, conchiude il Monti, dopo il già-
dicato di uomini cosi consumati nella cognizione e nell*arte della
fiivella, non è più lecito, non è più da uomo di sano intel-
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COMBNTI PARZIALI. 707
.etto il negare che in virtù della regola stabilita sul verbo
E!ssere, situato fra due sostantivi, quel Lei del Petrarca sia
an rnanifestissimo accusativo.
De Sanciis Frane., Sulla Canzone: Chiare, fresche e dolci
^cque (xi),' Saggio, 207-220; Stor. deUa Lett. ital. i, 269.
Frangipane Com., Spiegazione della Canzone: Dtpensier in
pensier (xiii). Nell'operetta, Il Parlar Senatorio, Venezia,
Ciotti, 1619. — V. De Sanctis, Saggio, p. 194-207; Id. Storia
della Lett. i, 268.
Cervoni Qiov., Lezione sopra il sonetto: Amor, fortuna e
la, mia mente schiva (lxxxt), detta airAccad. Fiorentina nel
Consolato di Bernardo Segni, 1542. Firenze, Torrentino, 1550.
Segni Agnolo, Ragionamento sopra le cose pertinenti alla
poetica, dove in quattro lezioni, lette da lui all'Àccad. Fio-
rentina, si tratta dell* imitazione poetica — Firenze, Marescotti,
1581. — Sopra la Canzone: In quella parte (xii).
Andreini Anton Francesco, Lezione sopra il sonetto: Se
amor non è (lxxxvih), letta ali* Accademia Fiorentina Tanno
1617. Prose Fiorentine, Firenze, Tartini Franchi, voi. iv. —
Varchi Benedetto , Lez. Accad. sullo stesso sonetto , detta nel
1533. — V. De Sanctis, Saggio, p. 137.
DaW Armi Tomaso, Riflessioni sopra il Sonetto: Poiché
il camin m'é chniso (lxxxvi), dette ali* Accad. dei Filorgiti.
Forlì, 1699.
Belli Luca, Argentese, Sopra il Sonetto: Pace non trovo,
e non ho da fiir guerra (xc). Nel suo comento al Convito di
Platone. Macerata, Carboni, 1614.
Buonarroti Michelangelo, il giovane, detto l'Impastato (n.
nel 1568, m. il di 11 Gen. 1646), Lezione sopra il sonetto che
comincia: Amor che nel pensier mio vive e regna (xci). Prose
Fiorentine, ed Opere varie in verso e in prosa, Firenze, Le
Monnier, 1867, p. 497-518.
Bonsi Lelio, Lezione I^ sopra quel Sonetto del Petrarca
che comincia: Pommi ove il sol (xcv), detta ali* Accad. Fio-
rentina il 5 Nov. 1550; Consolo Aless. Malegonnelle. Prose
Fiorent., t. ii, p. 1, Firenze, Tartini Franchi, p. 32-47. — Le-
none II", detta il di 13 Nov. 1550, id. p. 47-60. -~ Lezione IIP,
detU il di 20 Nov. 1550, id., p. 60-90.
Magnanini Ottavio, Lezioni otto sugli occhi della donna,
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708 IL CANZOIflBRB
in cui dice di prendere a scorta il cento venianeaimo soaà»
della prima pai*te del graziosiseimo Canzoniere del Petrarca,
intraprendendolo a dichiarare: Le sMe il cielo e gii eiement
a prova (cni). — Dovea esser recitata nel 1580 nel Coobo^
di M. Federigo Strozzi. Ferrara, Suzzi, 1639. — V. // Conecio,
ovvero il Gttalengo, nel quale al capitolo xxnr viene a spie-
gare che cosa intenda il Petrarca per gemino valore (Son. a).
Ferrara, Suzzi, 1641. — Lezioni Accademiche, Ferrara, Sum
1631.
Vieri Francesco, detto il Vierino secondo. Lesione sopra il
Sonetto: In guai parte del del in quale idea (cviii), dove «
ragiona delle idee e delle bellezze. Firenze, Marescotti, 1581;
Prose Fior., 1. 1, par. 2, p. 84-103. -r- Cresdmbeni Gio, Marie,
Sullo stesso Sonetto. Le bellezze della volgar poesia spiegata
in dialoghi. Roma, Buagni, 1700.
AmbrosoU Francesco, Di un^ dottrina circa T ideale del
Bello già esposte da Dante e dal Petrarca, Lezione. Scrìtti
lett. ed. ed inediti, Firenze, Civelli, 1871, p. 377-388. V. Ifaic
Dani. V, p. 129.
Quattromani Sertorio, Esposizione del Sonetto: Come ('
candido pie (cxiv). Lettere a Fabrizio Marotta, Ni^li, Soorìg-
gio, 1624; id. Mosca, 1714.
La settima Lezione di M. Pietro Orsilago, da Pisa» (eccel-
lente medico e buon poeta), letta all'Accademia Piorentìoa
sopra il Sonetto: Passa la nave mia colma d'oblio (cxxxvii).
Firenze, 1549. — Dell* Orsilago, V. Salvini, Fasti Consolari,
86-92. — Bonifacio Giovanni, Sullo stesso sonetto. Rovigo,
Bissuccio, 1625.
Bianchini Oitiseppe , Lezione sopra il sonetto : Sioooime
etema vita (cxxxix). Firenze, Manni, 1710.
Franceschi Lorenzo, l'Infocato, Lezione detta all'Accade-
mia della Crusca sopra il sonetto: Lasso ch'io ardo [cu),
Prose Fior., t. n.
Menagio Egidio (n. in Angers, 1613, m. 1692), Sposìsione
del verso del Petrarca: Forse (o che spero) il mio tardar le
dole (cLiv), Nelle Mescolanze del Menagio Rotterdamo^ Leers,
1692; Venezia, Pasquali, 1736, dalla pag. 3 alla 48. — Due
letterati Francesi venuti a contesa suir interpretazione di questo
verso, ne rimettevano alla Crusca il giudizio. Egidio Menagio
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COBfBNTI PARZIALI. 709
(Menade) affermava esseme il senso : Forse ( o che gran cosa
spero) il mio tardar le dole. Ma Giovanni Cappellano (Cha-
pelairiy francescamente, n. nel 1595 m. nel 1674), eh' era l'altro
contendente, voleva che le parole o che spero y equivalessero
a — ovvero cosi almeno lo voglio sperare. — L' Arciconsolo,
a' 3 Agosto del 1654 fece leggere dal Segretario degli Acca-
demici, lo Smunto (Simone Berti), quelle scritture: fu nomi-
nata una deputazione di sei accademici il 12, ma la risposta
non fu fatta prima del dì 8 Ottobre, nella quale tennero per
Menagio (1).
Nuova sposizione del sonetto che comincia : Jn nobtl sangue
vita umile e queta (clx) sopra la vera nobiltà di M. Laura per
M, Simone De la Barba, da Pisa, medico illustre. Nel Conso-
lato di Girol. Baccelli, 1552. — Firenze, Torrentino, 1554. —
Cervoni Giov. Sullo stesso sonetto. Nella sua Accademia, Ve-
nezia, 1621. — V. De Sanctis Fr. Saggio, ecc. 201.
Lettura di Bartolommeo A^migio^ il Solingo, Accad. In-
sensato 3i Perugia, sopra il sonetto: Liete e pensose (clxviii),
intitolata alla nobil Donna Claudia Martinengo. Brescia, Mar-
chetti, 1565.
Le Sade, Le sonnet: Dodici donne (cLXx), et les Cours
d* amour, Note xts, p. 44.
Le Sade, sur le sonnet: Real natura (clxxxi). Note xviii,
voL n, p. 37.
Bonifacio Giovanni^ Lezione sopra i^ sonetto: Cercato ho
sempre solitaria vita (coi). Rovigo, Bissuccio, 1624.
Bosso Giuseppe, Sulle Rime in morte di Madonna Laurar
Digressione sopra la 11*^ parte. Nel suo Cemento, it, 171-189.
Salvini Anton Maria (n. in Firenze, 1667, m. 1751), Le-
(1) n Bianchetti chiama il Menagio autor grifagno, vivente di rapina,
solennisaimo compilatore , e per consegaenza pedante. (Dei Lettori e dei
Parlatori , con alcune Lettere , Ediz. Le Mounier , 1858, p. 332 ). Ma ben
altrimenti ne sentiva il Camerini: «Quanto al Menagio, esso non è da
spregiare. Egidio Menagio^ V autore delle Amenità del diritto civile, an-
cora pregiate , delle origini della lingua italiana , e di ({uelle della lìngua
francese, aia stato cure un pedante, sia stato pure il Vadius di Molière, era
pero un pedante culto e gentile; uno scita, se si vuole, ma come Ànacarsi,
a cui la bella Gleobulina, secondo la tradizione di Plutarco, faceva vezzi e
.spartiva i cappelli. U Ghapelain avrà fatto un cattivo poema , ed oggi vi
trovan, del buono, ma era un valente erudito. » yiwvi Profili, Milano»
BattozzaU 1875, l, 310.
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710 IL CANZONIBBB
zione sul sonetto: La tita fugge^e non s'arresta un* ora p,
p. 2). Lezioni Accademiche, Venezia, Pasinelli, 1734, p. 276^1.
Salvini Anton Maria, Sopra la Canzone del Petrarca c^
comincia : Amor se vuoi eh* io tomi (n, p. 2), Otto lezioni A>
cademiche, dalla xni alla xx. Venezia, Pasinelli, 1734.
Bonsi Lelio, Lezione sul Sonetto: Che fin, che pensi (t,
p. 2). — Prose Fiorentine, Firenze, Giunti, 1560.
Chiabrera Gabriele (n. in Savona, 1552, m. 1637). Lezioiié
sopra il sonetto: Se lamentar augelli (xu. p. 2). Alessaadiù.
Soto, 1626. — V. De Sanctis, Saggio, 257.
Gradini Ludo, Lezione sopra il sonetto: Quanta mnià
ti porto (xxxii, p. 2), detta all^Accad. Fior, nel 1550, aedeadt
Consolo Fabio Segni. Fiorenza, Torrentino, 1550.
Cervoni Giov., Sposizione del sonetto: Levommi il mi6
pensier (xxxiv, p. 2), Accademia Colle Bellunese. Venezia, Dev-
chino, 1621.
Salvini Anton Maria, Lezione xxiu e xxi? sopra il aoaetto :
Mentre che 7 cor dagli amorosi vermi (xxxvi, p. 2). Veoezist
Pasinelli, 1734, p. 245-55.
«Sono Bartolommeo , Lezione critica sopra due passi ddla
Canzone: Standomi un giorno solo aUa finestra (m, p. 2).
Rivista Ginnas., p. 37-43.
Cehà Alessandro , Esercitazione accademica sul sonetto:
Vidi fra mille donne (lxi, p. 2). Esercizi Accadem., Genova,
Pavoni, 1621, p. 67.
GelU GiaMbatista (n. 12 Agosto 1498, m. 14 Lug. 1563),
Sopra un sonetto di M. Francesco Petrarca che comincia : 0
tempo, o del volubil che fuggendo (lxiv, p. 2) , Lezione detta
air Accademia Fiorent. nel 1547, divisa in tre parti. Firenze,
Torrentino, 1549.
Lezione di M, Prosino Lapini nella quale si ragiona in uni-
versale del fine della Poesia, sopra il sonetto: Lasciato hai
Morte, senza sole il mondo (lxvi, p. 2), letta privatamente
all' Accad. Fior, nel Consolato del Magnifico M. Jacopo Pitti.
Fiorenza, Panizzi, 1567.
Livini Gregorio, Lezione sopra il sonetto: Conobbi quanto
il del gli occhi aperse (lxvii, p. 2), per la prìma volta pub-
blicata da un autografo della Mamana. Venezia, AntoneUi,
1830.
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OOMBNTI PARZUU. 711
Cresdmbeni Giov. Maria (a. a Macerata, 1663 ; morto nel
23), Esposizione del sonetto : Fu forse un tempo (lxxii, p. 2).
ì Bellezze della Volgare Poesia, Roma, Buagni, 1700.
£>olce Lodovico j Esposizione del sonetto: Dicemi spesso il
io /idaio speglio (lxxxi, p. 2). Dialogo sui colorì, p. 77, Ve-
^'zia. Sessa, 1565.
GelU GtambaUstay Lezione letta all'Aocad. di Firenze il
> Dee. 1547 sopra la Canzone: Vergine beila (tui, p. 2). È
nona delle sue Lezioni. Firenze, Torrentino, 1549. ^ Tarsia^
*ete fiorentino, Discorsi sulla Canzone Tergine bella. Nell'opera
titolata Corona delie dodici stelle^ ristampata nella Monar-
ua della Vergine^ e della sua corona di dodici stelle. Venezia,
iolito de' Ferrarì, 1582. È dedicata a Bianca Capello. Non son
nasi credibili le stranezze de' concetti, e le bizzarre interpre-
izioni che vi s'incontrano. — Discorso intorno alla Canzone
^ergine bella di M. Pietro Caponsacchi Pantaneti, aretino,
ioi^nza, Marescotti, 1567 e 1589. -^ Esposizione del R, P. T.
rio. Agnolo LotJUni^ fiorentino. Servita, intomo alla Canzone
/ergine bella. È divisa in xxxvui discorsi, e dedicata al suo
tener ale P. Agnolo Baglioni. Venezia, Franceschi^ 1595. —
^artenodoxa^ ovvero esposizione della Canzone del Petrarca
Ila Vergin Madre di Dio per Celso Cittadini (n. in Siena, 1553,
n. 1627), Siena, Marchetti, 1604 e 1607. — Ap. Zeno la dice
ti a, non meno che dotta. — Ceva P. Teobaldo, Osservazioni
uUa Canzone Vergine bella. Scelta di Canzoni, Venezia, 1756,
presso il Bassanese. — Sopra un luogo del Petrarca nella Can-
one a Nostra Donna (CoUe ginocchia della mente inchine),
ietterà di L. Mussi. Bologna, Nobili, 1823. — Marsand A.
[panzone di Fr. Petrarca a laude di Nostra Signora, con alcune
(posizioni e considerazioni. Milano, Ronchetti, 1841; Parìgi,
[841. Splendida edizione. -^ Cavedoni Celestino, La Canzone
li Fr. Petrarca alla Beatissima Vergine, illustrata co' riscontri
ielle Ss. Scritture, de' Ss. Padri e della Liturgìa della Chiesa.
Dpus. Rei. Letter. Mor. di Modena, x, 3-20; Modena, Tipog.
ieii' immacohita, 1864, di p. 62.
Anchd VAttendoh avea dettato dodici lezioni su questa
Doirabile Canzone, ma non se ne trova impressa che una bozza.
J^apoli, 1604.
Ad ogni stanza dì questa Canzone, scrìve il Tommaseo^ è
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712 I
ripetuto con instrate fervore e eoo eoATÌtà peoeU— te fi àz-
nome di Vergine. H Marsand Im dice U pia beiU di tmil
andie il Foecolo «na deUe (Ma belle: tì ci trova sabbiu 4
tale un alletto die nemui poeta mai superò; 0 Puedtuul^ ib?^
colo dì Canzone; il Mnraulatf, il più beli* inno del moado; i
ed elegia, il Cardued, E nell* inno, proaegue, tutto che U
logia disputò sa la Vergine, tatto che i padri da A^tiEtiBc
Bernardo imaginarono a gloria di lei, tatti i titoli oode
chiesa dei fedeli la invoca, sono resi in versi alti, aol^
gentili, classicamente perfetti: nell'elegia on'onda di pìsr
trascorre davanti a quel tempio cosi elegantaaiente insilsatr. t
travolge a pie della Vergine tatto ciò <^e Tartefioe ha amfi:
e desiderato e patito, tatto dò cfa*^li ricorda e teme. '
< Ce in qaesta stupenda canione, por fira i oonfiorti deL
fede, nna sconsolata mestizia, che richiama al penaisro qoan:
ha di più amaro e di più desolato la lirica moderna : nna neri
flebile s* ìnsinna fra il timido sommesso concerto degli angio^
lontani, e lo vince; ci si sente, ancor più che la speranza
etema beatitudine, uno stanco desiderio d* etemo riposo, qafl
desiderio che Bjron ammirò espresso in breve iscrizione se^
Certosa di Bologna e condensò in quelle sue ultime profo^-
parole: Ora devo dormire. È la voce dell'anima umana à»,
anche variando i tempi e i simboli, non cangia suono. E ^
sogni di beatitudine celeste si mesce furtivo andie un 'so^
di felicità terrena, un inconscio accenno a dome8ti<die gùss
sperate e, ahimè, non trovate: ire dolci e cari nomi ha in
te raccolti: liadre, figliuola e sposa. — ZendrinL — Solo il
De Sanctis si argomenta attenuarne le bellezze : « Invano é
ci mette la Vergine ; invano la gratifica de' più gentili e csri
epiteti che la pietà de' devoti abbia saputo inventare. Qu^
sua litania, che ha nome di canzone, abbondante di contrap-
posti e di pensieri ingegnosi, ma povera di immagini e d*a^
fetto, voiTebbe essere un inno e casca nella elegia; vorrebbe
spaziare ne' cieli, e rimane fitta nella terra. ... In quéU' ultiina
parte dell'età il poeta non ha le ale, e quantunque sei creda,
non ha le ale per levarsi al cielo, e dopo vana ostentaziODe
di forze cede al feto, voglio dire alla sua natura, e s'inte-
nerisce, e solo nel suo intenerirsi racqubta un pò* l'antica
vena. »
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OQBfBNTl PARZIAU. 713
O. Vasari^ nel dipìngere la VergÌDe, tolse il concetto da
lesta famosa Canzone: Feci,., la gloriosa Vergine.,, vestita
r soie e coronata di dodici stelle; la qual Vergine... è so^
ertuta in aria dentro uno splendore di molti angeletH nudi,
Ittminati dai raggi che vengono da lei. Vasari, sua vita.
Corso Tomaso t Disoorso intomo ai Trionfi. Venezia» Ba-
Bzzi, 1592.
De Sanctis Francesco, Sui Trionfi di Francesco Petrarca,
«iggio, 2BU
De Steinbuchel A., Die Reliquienschreine der Kathedrale zu
^ratz Arbeiten von Niccola nnd Oiovanni Pisano die merkwiir-
lig^en Vorbilder zu Petrarca^s Trionfi. Wien aus de kaiserl.
^onigl. Hof und Staatsdruckerei MDCCCLVIII. — Due arche
.'he si conservano nella Cattedrale di Gratz, con intagli di
Nicola e Giovanni Pisano, dai quali il Petrarca tolse Y idea dei
moi Trionfi. Vienna, dair Imp. R. Stamp. di Corte e Stato. —
3p6ra splendidamente impressa, ed adoma di 11 tavole, rap-
presentanti in fotografia le Arche di Gratz. — Giamo. Bolsa,
che voltò in italiano il lavoro del sig. de Steinbiichel, in una
Bua lettera al cons. de Auer, combatte la congettura che il
Petrarca avesse tolto dai succennati lavori V idea de' suoi '
Trionfi.
Varchi Benedetto, Lezione sopra quei versi del Trionfo
(V Amore del Petrarca: Quattro destrier (i, v. 22). Prose varie,
Firenze, Pezzati, 1841, u, 17-39.
Jacopo di messer Poggio, a Lorenzo di Piero di Cosimo
de' Medici, Sopra al triompho della Fama di messer Francesco
Petrarca. Firenze, Bonaa»«i, 1485. L'Autografo si conserva
nella Vaticana.
Patrizio Francesco, da Chers (n. 1529, m. nel Feb. 1597),
Lettura sopra il Sonetto del Petrarca: La gola e il sonno e
rosiose piume (son. i, p. 4). Nella Città Felice, Venezia, Grìffio,
1553. » Rinuccini Annibale, Lezione sopra il medesimo sonetto
detta air Accad. Fior. U 5 Aprile 1543, Consolo Piero Covoni,
Firenze, Torrentino, 1561. — VarcW Benedetto, Lezione detto
all' Accad. Fior, il 15 Aprile 1543. NeUe Prose Fior, u, p. 2,
e negli Opuscoli ined. o rari, Firenze, Poligrafia ital. 184^
45
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714 IL CANZONIERE *
I, 203-25. — Giacomini Tebalduccì McUespini Lorenzo, Sp-
aizione del Sonetto : La gola, . . . Tratta da un mas. del a>
avv. Luigi Bollini, Vice-segr. dell' Archivio Generale di FlreEJi
Firenze, Stamp. Borgo Ognissanti, 1808; Opere ined. dì cekir
autori Toscani, Firenze, 1837, i, 145. — Discorso sof»^ .
settimo Sonetto del Petrarca: La gola,., di Alessio Porri. ^c\
nezia, Nicolini Da Sabbio, 1596. — Menagii Mgìdiì historìa m
lierum philosopharum, accedit ejusdem commentarius itali .
in VII Son. Fr. Petrarcae. Lugduni, apud Ànissonios, 1(^>-
nelle sue Mescolanze^ Rotterdam, Leers, 1690; Ven^ia, P^^
squali, 1730. — Sorio Bartolommeo, Lezione Accademica. Ri
vista Ginnasiale, Maggio-Giugno, 1853, p. 313-23. — V Alfit-r^
lo nota tutto.
Rinuccini Annibale, Lezione sopra il sonetto: Gloriiys\
Colonna (ii), detta all' Accad. Fiorentina, Consolo Piero Covorij
1559. Firenze, Torrentino, 1561.
De Sade, sur la Ghanson: O aspettata in del (i), et /i
sonet : Il successor di Carlo (vi). Note ix, v. i, p. 58. — Il Ma^
ratori dice che in questa Canzone, gravissima e insieme rjn
ghissima, ci è dentro il poeta: ci è leggiadria, estro e un certd
finito da per tutto. Per il Sismondi è la più splendida e k p-'i^
entusiastica ; ed è pur quella che più si avvicina all' ode antica-j
Anche il Macaulay la ripone tra le più belle. Fu imitata, o pìn
tosto copiata, dal Transillo in quella sua che comincia AU--
reale e di maggiore impero, indirizzata a Carlo V per la gueiri
del 1557 contro Solimano. 11 Carducci la vuole diretta a Gia-
como Colonna, vescovo di Lombès.
Canz. li. Spirto gentil che quelle membra reggi. Sull' ini^--
rizzo di questa Canzone si è disputato assai. Il Yellutello n
il primo che la tenesse intitolata a Cola di Rienzo, seguito p>
scia dal Gesualdo e dal Minturno. Il tribuno conservò ÌQ<^'
sputato il possesso della canzone fino al 1764 ; nel qual an-'*?
il De Sade fece prova di ritorglielo e di assegnarlo in vece ^
Stefano Colonna.
Tennero pel Cola: Gabrini p. Tommaso, Commento sopra
il poemetto Spirto gentil che il P. indirizzò a Niccola di Lo-
renzo, tribuno, Roma, Fulgoni, 1808. — Zefirino Re, ConiiB-
sulla Canzone del P. Spirto gentil, in appendice alla vita di Coh
di Rienzo scritta da incerto autore del sec. XIV, Forlì, Bordali-
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COMENTI PARZIALI. 715
dini, 1828, e Firenze, Le Monnier, 1854, p. 303; F, Papen-
cordty Cola di Rienzo e il suo tempo, traduz. di Gar, Torino.
Pomba, 1844, p. 329. Ad essi fecero eco il Bulioer, Rienzo e
r ultimo dei Tribuni ; il Reumonty Romische Brìefe von einem
Florentiner ; il Gregorovius, Gesch. d. Stadt Rom im. m. a vi,
— Solo fra i moderni a rimettere in campo 1' opinione del De
Sade, contro tanti favoreggiatori del tribuno, fu il prof. S. Betti
(Lettera a Fer. Ranalli, Giom. Arcad. voi. cxxxv, 1854; ripro-
dotta con emendamenti ne' suoi Scritti vari , p. 67, Firenze ,
Torelli, 1856). Gli risposero, contraddicendo, il Re (Sulla can-
zone del P. che incomincia : Spirto gentil. Nuove osservazioni,
Fermo, Ciferri, 1855, e I Biografi del P. RagionamentOy Fer-
mo, Ciferri 1859), e Gius. Fracassetti (Sulla canzone del P.
che incomincia Spirto gentil, nello Spettatore di Firenze, a. i,
n, 16 e 17, Maggio 1855, e Lett. Fam, di Fr. Petrarca voi-
garizz. vii, 7, in nota ; ii, 197, e anche nella nota alla xlviii,
Yarie, v, 413). — Non si perse d' animo il Betti, e Topinion sua
e del De Sade confortò d'altre prove in un Dialogo pubbl. nel
1859 {Criom. Arcad. t. xxxvi della nuova serie), e ristampato
(Roma, Tip. delle Belle Arti) nel 1864, con molte aggiunte.
Anche C. Gantù crede che cosi facilmente non si possano met-
tere da banda le ragioni del Betti (Archiv. Stor, Lomb., 1874,
fase. ih). — Il Carducci, da ultimo, se ne fece validissimo pro-
pugnatore, assegnando questa canzone air a. 1335, e dandola,
anch' egli, indirizzata a Stefano Colonna il giovine (Rime del Petr.
34-61). — Quelle venti pagine in cui il Carducci dimostra che
questa Canzone è diretta a Stefano Colonna, il giovine, sono un
modello di erudizione, di critica e anche di gusto. — Io ne ho
animirato, scrive al Fracassetti T egregio prof. D' Ancona, V in-
gegno sottile e la molta facondia nel sostenere la causa del
suo Stefon uccio Colonna : tale invero, che la maggior parte dei
lettori avrà certamente concluso, dopo si eloquente difesa, che
non ad altri è diretta la Canzone Petrai'chesca. Se non che al
D' Ancona cotesti ragionamenti non hanno scossa una fede,
raccomandata a troppi e troppo validi argomenti, e si mantien
sempre fermo nell' opinione che il Petrarca parlasse in questa
Canzone a Cola, non ad un Colonna. E Cola, conchiud' egli ,
effettivamente sali il monte Tarpeo, effettivamente prese in
mano r onorata verga, effettivamente esercitò F alto ufficio nel
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716 IL cArfzoNnRB
47; da lai veramente si poteva sperare quella restaurazioB*
della romana fortuna e sin dell'universale dominio, che fos^-
descritte nella canzone; laddove Stefanuccio, se fu Senatore :vw
35, fu tale soltanto In mente pontificis; e di questa bob ^
resta niun autorevole interprete. Resta da sapere se ai fìtmc?-.
di Stefanuccio accomoderebbe di porre la Canzone aJ 1342 as-
zichè al 35; ma in tal caso perdono di valore la maggior psrt-
delle loro argomentazioni, nelle quali strettamente si coUegas;
il personaggio e Tanno: come rimarrebbe sempre la sconr?-
nienza di volgersi ad uno dei rettori di Roma, mentre due er^z**
essi, e Tuno spingere contro T altro. Aless, D^ Ancona^ I>r.
personaggio al quale ò diretta la Canzone del Petrarca : Spir^-
gentil^ Ste&nuccio Colonna o Cola di Rienzo? al chiarìss. c:.t.
Giuseppe Fracassetti a Fermo, Pisa, 12 Maggio 1876 (1). 1
Sperò nel Colonna, sperò nel Rìenzi, e quella sua Canzoc-
ch'è tra le sue più belle a quale dei due fosse indiretta dol
è ben chiaro , tanto son validi gli argomenti da entrambe k
parti, quasi da credere che V avesse prima ideata per anìmart
a prò d* Italia il Colonna, e poi finita quando il Tribuno tes-
tava un impi*esa troppo rispondente ai voti ed ai sogni cari
deir anima del Petrarca (G. Capponi, Storia della Rep. di Fir.
ni, 9, 359).
La canzone ha tutta Farla dMndirìzzarsi ali* esecutore àA
suo ideale, al futuro ristoratore della grandezza di Roma. Casi
questa Canzone, che, a giudizio del Voltaire (Essaìs sur les
moeurs, Chap. lxviii), è la più bella poesia del Petrarca, avrebbe
cantato un pei*sonaggio ideale, più che storico; o se un per-
sonaggio vero e reale, tanto controverso, come il famoso veltro
dell* Alighieri. E per vaticinio fu interpretata, se vogliamo ci*e-
dere al Macchiavelli, da quello Stefano Porcari, il quale. appli-
cando a sé la profezia del poeta, ritentò, un secolo dopo, con
(1) Francesco Baron celli, ambasciatore del popolo e del tribuno romano
alla repubblica di Firenxo , recitava nel Consiglio di quel comune una
orazione tutta infiorata di concetti e di parole tolte in prestito a <{U(ìsta
Canzone. Al Fracassetti questa orasione offre ar^niento a favore £ Cola,
e al Carducci contr' esso. Il prof. D* Ancona la ritiene un documento apo-
crifo, da non doversi perciò citare né prò né contro. Esso mi ha, egli dio?,
tutta r aria di uqa esercitazione retorica di età posteriore , come ve n* ha
tante altre tratte da avvenimenti storici, nel roraio evo e nei primi tempi
del rinascimento. Non T inventò certo quell'impostore del Doni, che primo
la pubblicò; ma opinerei ohe fosse opera di un conoscitore deUe rime del
Petrarca e dei fatti di Rienzi, vissuto forse alquanto più tardi.
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COMBNTI PARZIALI. 717
a.rd infortunio, T impresa fallita di Cola di Rienzi. — Prof.
^zorentino. La Filosofìa di Fr. Petrarca, p. 47.
AvcUle C, Comento alla Canzone .Spirto gentil. V Insti tu-
or-e di Torino, 1873. — V. De SanctiSy Saggio critico, 167
t 172; Fomacdari L., Esempi di bello scrivere in poesia, ecc.
Borisi Lelio, Sposizione sopra il Sonetto: L* aspettata virtù
xTi), letta da lui pubblicamente neir Accad. Fior, il di 6 Luglio
o49, Consolo Frane. D'Ambra, Firenze, Giunti, 1560. — Ge//i
Criambatista, Sposizione dello stesso Sonetto, Consolo M. Bar-
:oli, 1548. Fra le lezioni del Qelli.
Be Marsili Luigi, Comento a una Canzone di Frane. Pe-
tx-arca (Italia mia, iv), Bologna, Romagnoli, 1863. Scelta di
curiosità lettor, o rare, Disp. 36; Ediz. di soli 200 esempi. —
La Gioventù, 1864, p. 179.
Luigi de Marsili di Firenze, fu frate conventuale dell* or-
dine di S. Agostino , dottissimo nella filosofia e nelle buone
lettere, maestro celebrato di scienze sacre, amico a quanti sa-
pienti aveva V Italia, amicissimo al Petrarca. A lui morto, nel
1 394, furono fisitti solenni funerali per deliberazione de' consoli
deir arte della lana, e sepoltura onorevole in S. Maria del Fiore,
dove lo dipinse giacente sulla tomba Neri di Bicci. € Questo
commento noi togliemmo, scrive il benemerito edit. prof. Carlo
GargioUi, da un codice Strozziano della Magliabechiana , che
^ il n. 40 del Palch. ii. E siamo certi che quanti amano la
letteratura del sec. XIV, e ne studiano con accurata critica la
storia ed i monumenti, faranno buon viso a questa nuova scrit-
tura, eh* è loro offerta; perchè in essa troveranno, oltre ai
pregi soliti della lingua, un documento curioso, spiegata cioè
nel concetto cirile e comentata storicamente questa celebre
canzone del Petrarca, da uomo autorevole come il Marsili; il
quale dopo di aver nelle Lettere, alzato una voce contro la
corruzione della Corte romana, raccomanda in questo breve
lavoro a tutti gì' Italiani la concordia affine di essere indipen-t
denti, e grida loro col Petrarca ciò ohe noi dopo quasi cinque
secoli vorremmo gridar^ ai figli deir Italia nuova : Pace, pace,
pace. > — Di Lud. Marsili V. Petrarca, Sen. L. xv, lett. 6 e 7 ;
FracassetU, Sen. n, p. 427. — Tosini ab., bolognese. La libertà
d'Italia dimostrata a' suoi Principi e Popoli. Amsterdam, Josuè
Steenhouwer e Germano Uytwarf, 1720. — Nel a voi. a p. 439,
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718 IL GAMZONIBBB
Ti ha la canzone Italia mia, preceduta da un proemio, e se-
guita da alcune brevi note. •— Salvini Anton Maria^ Espa»
zione, ecc., nelle Prose Fiorentine, Firenze, Mannì, 1735.*
De Sade, eur la Chanson Italia mia, Note xi, volume i, p. Oà
— Bustelli Giuseppe, Su la Canzone del Petrarca allMulU.
Considerazioni lette nel R. Liceo Spedalieri di Catania per la
conferenza del giovedì 1.° d* Aprile 1869. Catania, Caronda,
1869 (1). — Fazio GiroUmo, forìere dei Bersaglieri, Le due
piti famose Canzoni air Italia di Fr. Petrarca e di G. Leopardi,
confrontate ed illustrate, Esercitazione letteraria. Modena, M-
cenzi, 1873.
. « Tutti i comentatori sono d' accordo nell' esaltare questi
canzone, da cui versi pieni dei gemiti, e dei fremiti di ta&n
secoli cosi acceso prorompe T amore alla patria e Todio agii
oppressori stranieri, che ebbe virtù di scuotere sin le fibre
coriacee de* vecchi interpreti : qualche cosa che somiglia un
brivido guizza per quella lenta lor prosa: ognuno ha il suo
accento di sdegno contro i tedeschi, contro i barbari, e il
Filelfo grida: Se gì' Italiani vogliono essere insieme, tutto ì
mondo non gli potrebbe nuocere. > — Carducci. — « Da
questo canto cominciano le imprecazioni degl'italiani contro
gli stranieri^ contro i tedeschi specialmente, dai quali natura
providamente ci avea diviso con lo schermo delle Alpi; e
mentre Dante impreca contro Albeilo tedesco perchè ha la-
sciato deserto il giardin dell'impero, il Petrarca, dopo aver
invocato Carlo IV, in quanto gli pareva più romano che boemo,
ora vuole ad ogni patto sequestrare il popolo italiano dalla
tedesca rabbia. Questo canto visse nella coscienza del nostro
popolo durante i lunghi secoli di schiavitù, e i nostri giovani
impararono a detestare lo straniero con la più dolce delle can-
(1) Non vuole imitare la bravura di certi suoi oonosoenii , abilissimi ,
cicalo^giando e sottili ssando , a oscurar le cose chiare. In iscambio , ei
dice, 10 verrò scegliendo alcuni luoghi notabili dal lato filologico e a (mesti
apporrò qualche noterella : alcuni altri che , i>er essere meno agevodi del
mmanente, domandano chiosa letteraria o istorica . chioserò : e fiaalmenie
noterò alcune tra le più osservabili finesse e bellezze di senUmeoU e di
elocuzione : e perchò venero 1 Santi, ma non mi curvo a neuun idolo, se
in qualche luogo io non sia contento del poeta, riverentemente lo confes-
serò. — Le son Cofuiderajtioni dettate con molto brio e moàto acume di
critica: i sali samosatensi, onde son condite, non poterono non renderle
gradite a* suoi discepoli ; di tal guisa Non lor /te gtrtw , ma fta ìor di-
letto, Qttanto natura a sentir li dispone.
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COMENTI PARZIALI. * 719
zoni. TvitV i canti del Petrarca non valgono questo solo, se si
g'uarda air utilità politica che se n'è cavata; e fu il più mo-
derno, che avesse scritto il poeta, e quello, pur troppo, che
per le non mutate nostre condizioni pa rve sempre più a pro-
posito. Quale lezione non era a noi la rimembranza di Mario,
quando i tedeschi si accampavano ancora fra il Mincio eTA-
dige? » F. Fiorentino. — Nella Canzone air Italia, fresca, ani-
mosa, alata, dove il cuore palpita, le idee splendono, T entusiasmo
manda scintille, egli sorge, e s* inalza interprete di un popolo
intero, pon la mano nei capelli della patria, la scuote, ne desta
le fibre più dolorose e vitali, e sente anche lui V aria che spira
dalle ragioni dell'avvenire. Aleardi. — Cette cannone est une
des plus belles productions de la Ijre italienne. La gravitò du
stjle y répond à celle de la matière. Tout y est noble et revétu
d' une sorte de majesté. Àu lieu de figures vives et brillantes ,
ce soni des images et des pensées pleines de magnificence et
de dignitó. . . . Voilà de ces traits natignaux que tout un peuple
répète avec orgueil, et qui V attachent au nom d* un poete par
d' autres sentiments que ceux qu' on a pour de beaux vers. —
Ginguené, Hist. litt. d' Ital. i, p. eh. xiv. — Il Méziòres la chiama
le véritable chant national, la Marseillaise de l'Italie. — Ce poèta
de la tendresse a été , en méme temps , le primier lyrique de
1* Europe moderne; le primier, il a trouvé des sons qui, pour
les contemporains, avaient tonte la force du plus généreux pa-
triotisme; et, je le répète, lorsque tant de sièdes ont passò, cette
poesie est tellement naturelle aux Italiens, a gardé tant de sym-
pathie avec leurs àmes, que la conquéte et le pouvoir craignent
encore de Tentendre, et ne la.laissent pas réciter impunément.
C*est une réponse au reproche vulgaire de fEuleur et de moU
lesse. Villemain, Tabi. d. la litter. au moyen àge, ii lec. 13.
E ben sei sapeano i reggitori austriaci che per tanti anni
ci stettero sopra capo. S. E. il Ministro del culto e della pub.
Istruzione co. di Thun, con sua nota dell' undici Lugl. 1853,
n. '^ partecipava al prof. Carrara, che dal ms. del 1® volume
della sua Antologia italiana, proposta alle classi de' Ginnasi Li-
ceali (Vienna, Ueberreuter, 1853), erano state tolte le Canzoni
politiche del Petrarca, e segnatamente quella all' Italia, nò per
quanto vi si adoperasse, non fu verso che venissero accolte!!
Io tengo copia del Dispaccio Ministeriale austriaco.
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720 IL OANZONIBRB
n Carducci con ricchezza di prove storiche rafforza e recm
alla suprema evidenza V opinione del De Sade che la Canzoi»:
fosse composta dal Poeta nel tempo della sua seconda dim<»«
in Parma, neU* inverno dei 1344-45. ,
V. De Sanctis, Saggio Critico, 172-181. !
Viani Prospero, sul verso: Alzando il dito con la moff^\
scherza, Dizion. dei pretesi Francesismi, voi. P, Firenze, .Le Mou-
nier, 1858, p. 464-467. I
€ Gli antichi espositori del Petrarca notano concordeaiest€
che alzare il dito significa prometter la fede, però V esposizioii^
de* più moderni circa questa forma di dire ò discorde, confuss,
coihe di chi va tentone, stiracchiata. Ei prova con molti esempi
che alzare il dito significhi giurare. — Alzando la manOy qual-
mente quest'atto fosse forma di giuramento tutta propria dei
Ghibellini. > Panni molto più che probabile ch'arancio ildifo
non significhi provocar la morte come si usa con certe bestiolinp.
0 far come i ragazzi che accostano il dito al fuoco e poi Io
ritraggono, ma sia il (oliere digitum che i latini dicevano per
confessarsi vinto, per rendersi; tratto dai gladiatori, i quali
vinti, con T alzare del dito, domandavano grazia al popol>x
Carducci, — E air interpretazione del Carducci consuona qoelis
del Bustelli.
Sonetti sulla Babilonia papale. — Ferrucci L. Qrisostomo.
La Babilonia del Petrarca, Opusc. Relig. Lettor. Mor. ùì
Modena, IP Serie, x, 264. — La dissertazione del Ferrucci è
ìntessuta di tratti delle Epistole del Petrarca, da* quali risulta
ch'egli applicava ad Avignone la denominazione di Babilonia.
ed era pieno di riverenza ed amore per Roma. — Montanini
Giusto, Dell'Eloquenza libri tre, con note di Apostolo Zeno.
Ne parla a lungo. -— Carducci Giosuè, Saggio, p. 138-159.
— Frate Paolo Angeli, nel suo libro sulla riforma della Chiesa
(s. 1. ed a.), a Papa Clemente, vi inseriva i quattro sonetti
contro la corte di Roma.
Quatiromani Sertorio, Lettere a Fabritio Marotta, Napoli.
Scoriggio, 1624. — < Intorno alla contenenza che V. S. desidera
di sapere del sonetto del Petrarca die incomincia : Ahi che fu
quel eh* io vidi entro un bel viso, è questa. Essendo Laura in
campagna in compagnia di altre Donne, si pose a passare uo
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COMKNTI PARZIALI. ' 721
lumicello 8tt le pietre, e cavandosi i pianelli, mostrò le scar-
lette, che erano di color bianco, e le calzette che erano ver-
oi^lìe, e il Petrarca, che era nascoso in una fratta vide da-
»resso o^i cosa. Trasse poi questo sonetto dal suo canzoniero,
t perchè non gli paresse simile a gli altri suoi, o perchè il
c^^etto non fosse molto lodevole e degno di esser posto in
crittura. » M. p. 7. — La lettera porta la data di Cosenza a
tS di Agosto 1599.
Gelli Giambatista y Lezione sopra il sonetto: Donne mi
\tene spesso alla mente, È V undecima delle Lezioni dette al-
• Accad. Fior, sopra vari laoghi di Dante e del Petrarca. Fi-
•enze, Torrentino, 1549.
Carrari Vicenso, di Ravenna, Accademico Animoso di Pa-
lova, Esposizione della Canzone del Petrarca: Quel e' ha
lastra natura in sé più, degno, Macerata, Martellini, 1577.
>er Azzo da Coreggio e pe* suoi fratelli Guido, Simone e Gio-
vanni, quando, cacciate da Parma le milizie di Mastino della
;cala, furono gridati dal popolo signori della patria. — Il dott.
jortia chiama questa espositione notevole per molti coment!
torici dichiarativi di una Canzone che allude cosi spesso alla
itoria del tempo. > — Parma liberata dal giogo di Mastino
Iella Scala, addì 21 Maggio 1341, Canzone politica di Frane.
Petrarca nuovamente esposta e ridotta a miglior lezione dal
>rof. Francesco Berlan, Bologna, Romagnoli, 1870 (Disp. av.
Iella Scelta di Curios. Lettor, ined. o rare). Lavoro notevole,
> pei cenni storico-critici, e per la ricca esposizione, e pei raf-
fronti con altre rime del Petrarca, e di Dante.
La cementò pure nel sec. XVI, Francesco Vedova , pado-
vano, (n. 1563, m. 1608). — Il mss. conservasi in aulographo
TieditaUùnum etrtuscarum aticloris. — Questa canzone non è
"ra le altre rime che il P. approvò, corresse e raccolse e che
>utte insieme, quali egli le lasciò, sono quel che oggi dicesi il
Canzoniere. . . . Potrebbesi credere ch*ei la lasciasse in disparte,
perchè Y impresa dei Correggi si chiarì pur troppo diversa da
[quella eh* egli 1* avea predicata, perchè il lor principio cascò a
:roppo vii fine — Forse è da credere che il P. non rifiutasse,
xia obliasse, questa canzone: forse non la giudicò degna di so
in ogni parte. ... La quale io non oserei riporre nel canzo-
niere; ma dììedo perdono alia memoria di Fr. Petrarca dd
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722 IL CANZOmBRB
renderle qui , in un edizione a parte , un pò* del suo Itu^ :
un po' d' aria e di luce fra le altre rime dì vtzrio argomat
Ella è certo creatura del P, meno fortunata di altre 80t^
sue, ma non di tutte men degna e m en bella. Bla non ebbe.
la povera obliata natagli nel tumulto, ella non ebbe le cans'
delle altre; e a punto per questo può riuscire a qualcuno d«£
incuriosa. A ogni modo non mi è dato T animo di lasciar?
nella oscurità una canzone che di libertà tratta cosi altamede
simili accenti, e così di cuore, non abbandonano di troppo u^U
lirica italiana. » Carducci, V. id., Rime di Fr. Petrarca,79-^
VeraiH Bartolommeo^ Di due neglette poesie del Petrara.
Opusc. Rei. Letter. e Mor. di Modena, Serie II*, t. vii, S^t e-
Ottobre 1868, p. 286-295.
È runa la ballata che comincia Donney mi viene spes^
alla mente, di genere allegorico, che trovasi In codici otṭ-
e stimatissimi del Canzoniere , c?ie non dee punto fior parti
delle Rime rifiutate , a torto negletta dal Marsand e da^ sud
copiatori e seguaci, quasi lavoro rifiutato e rifiutabile dal P<^
trarca. L' altro componimento, di che discorre il chiar. Veraià
è la Canzone Quel (fha nostra natura in se più d^no, in
lode di Azzo da Correggio: € se non perfetta da principio,
piena per altro di fulgentissime bellezze ; e solo non assc^gel-
tata alla paziente lima del poeta, e però rimasta quale di primo
getto gli era venuta fatta. Azzo non rispose alle belle speranze
di lui concepitesi, onde il Poeta avvedutosi che le lodi poste
nella sua Canzone divenivan si opposte a fatti pubblici e no-
torii, da dover apparire un' adulazione vilissima, non si curò
più di pulirla, anzi, per quanto era da lui, la volle nell* obli-
vione, non come lavoro immeritevole e non suscettivo di lima,
ma per riguardo air amico le cui lodi, per colpa di lui mede-
simo, si erano tramutati in biasimi. »
Gualtieri Pietro Paolo, La corona di gramigne, e una tej>
Zina del Petrarca. Venezia, Alvisopoli, 1821.
Martirani Corioìano, Amore fa gli uomini balordi, Co-
mento a una terzina del Petrarca. Venezia, Alvisopoli, 1821.
Esercizio bellissimo sai*ebbe quello, non v* à dubbio, di met-
tere a un sincero e diligente paragone quei luoghi die nel
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OOMBNTI PARZIALI. 723
Canzoniere sMlIustrano, e sono Tuno all'altro compimento di
verità e di bellezza. Ma non solo nel Canzoniere ci è dato di
trovare il Petrarca il migliore interprete di sé medesimo : con-
cetti e imagini delle rime, osserva bene il Carducci, si ritro-
vano nelle Famigliari, nel Secreto, nelle Bcloghe e nelle Senili.
Certi tratti dell'epistola metrica ad Enea senese, scritta nel 1330
durante V impresa di Giovanni di Boemia, son ripresi della Canz.
Italia mia scritta nel 1345: neir /iortotoria stessa v'ò un pen-
siero della canz. per la liberazione di Parma (Carducci, Saggio,
35 e 128). — Anche il prof. Fiorentino dice le opere latine il più
fedele commento del Canzoniere. — Come il Petrarca illustrasse
sé medesimo nelle Rime è agevole il vederlo nella mia Fra-
seologia (Manuale Dant voi. i). — Potrei citare moltissimi raf-
[i'onti, che ne ho raccolto una buona messe, tra le Rime e le
Dpere latine; ma ne darò solo un -piccolo saggio.
Ma ben veggi* or ai come al popol tutto Favola fui gran tempo: onde
sovente Di me medesmo meco mi vergogno. Son, i. — Un tempo fli . . . .
Volgare esempio air amoroso coro. Sem. lxit. — Suntqne Illa pudori Fa-
bula quod populo fìierim, digitoque notatua, Poem. Min.y n, 138. Jamqae
irsisse pudet. Id. id., 10. •— Hìnc Illa vulgaria iuvenilium laborum meo-
•um cantica, quorum hodie pudet ac poenitet. Ep. Fam.» ni, 5S3.
Gli amorosi rai, che di e notte nella mente stanno, Risplendon si, eh' al
[uintodecim* anno M* abbaglian più che il primo giorno assai. Son. lxxi.
— Ah demens, ita ne flammas animi in aextum decimum annum aluisti. . . .
lìe Cont. M., Dial. m.
Dall' un si scioglie e lega all' altro nodo : Cotale ha questa malattia
•imedio, Come d' asse si trac chiodo con chiodo. Trionfo d'Amore^ ni, 64.
— Victus amore amor. A/V., vi, 202. — Primum igitur, quod ait Cicero,
lonuulli veterem amorem, novo amore, tamquam clavum davo excutiendum
putant. De Cont. M., Dial. ni.
Non ho midolla in osso, o sangue in fibra. Ch'io non senta tremar.
STon. cxLvi. — Jam fomite molli Ignis ad extremaa penetraverat usque me-
lullas. Poem. Min., Ep. Jacobo de Golumna, in, 200.
Una donna assai più bella che'l sole. Canx., ni, pag. 4, st. 2. —
»iec Phoebea foret veritus certaminii vultus Judioe aab justo. Aff'* ▼>
il. — O delle donne altero mostro Son. lxxv, p. 2. — Quae tibi «ww-
r/ra videre Contigit. A/V., v, 655 — Forma par non fu mai . . . Son, Lxxxvin,
). 2. — Formam . . . parem non ulla vid6bunt Saecula. Afr., v, 666. — Che
ioìa a me par donna. Canz., xi, 1. — Hoc igitur unum scito, me aliud
imare non posse, assuevit animus illam adamare, assueveruni oculi illam
ntueri, et quidquid non illa est inamoenom et tenebrosum (Ucant. ...De
'Jontemptu Mundio Dial. in.
Onde i messi d*Amor armati uscirò Di saette e di foco. Canz. iv, 2.
^ L'arme tue furon gli occhi onde l'accese, Saette oscivan d'invisibijL
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724 IL CANZONfflRB
foco. Caiix. n, p. 2, st 6. ~ Oculis Unde jacit flamxnas et tiad» W
aagittas lUe puer. Poem. Min.^ in, S28. — E i sooi begli oocbi ond*«caBé
£kvUle. Canz. ix, 6. ^ Dulcia sydereas jactabant Ofra faviOas. Potm.
Min,, I, 38. Dulcibus undantes oculos arsisse faviliis. Afr. v, 188.
Erano i capei d' oro a l' aura sparsi , Che* n miUe dolci nodi g£ sr-
volgea. Son. lxl — Le chiome ... Le quali ella spargea a doioeDies^
E raccogliea con si leggiadri nodi. Son. cxtxv. — Ardentesque osa»
bumeris disperserat aura. Poem. Min., i, 38. Coma densa per armos Pto>
tinus ad solem ventìs ferientibus auram Explicat impexum. Afr., ir, 3»
e ▼, «5.
Quella e* ha neve il yolto, oro i capelli. Son. clxit. — Candore nìnL
frons. . . . Fulgentior auro Gaesarìes. Afr., v, 32. — Le bionde trecce sopa'
collo sciolte, Ov' ogni latte perderia sua prova. Cans.,7iu,t, — GaesarìesL.
Colla super lactea. Afr.. v, Tt.
Purpurea vesta, d* un ceruleo lembo Sparso di rose i belli omeri Tck
&>n. c^xxni. — Vedi quant'arte dora e*mperla, e'nnostra L.* abito c^^stiOL
Son. CXL. — Aurea sic rutilo fulgebat murice palla. Poem, Min., i, ^
In qual parte del Ciel, in quale idea Era V esempio onde Natora tols^...
Son. cvm. — Fa de' celesti spirti fede. Son. clxxv. — n suo bel ns«k
Che solea far del cielo, E dal ben di lassA fede fra noi. Canx, i, p. 1
st. 4. *- Syderei exemplum specimenque decoris, Quae fmcet^a ooosporta
fldem, super astra quìs ipsis Splendor inest superis, qualts quamque alma
venustat Forma deas. Afr., v, G31. — Con quel celeste portamento in U*m.
Canx., I, 6, p. 2. — Noveris amasse animam, rooribus humana trascsH
dentibus delectatum quorum exemplo qualiter inter coelìcolas vìvator ad-
moneo. De Coni, jlf., Dial. m. In cuius adspectu, si quid usquam veri e5^
divini specimen decoris effulget, cujus mores consumatae bonesatìs exem-
plar sunt. Id.
Non era l'andar suo cosa mortale. Ma d'angelica forma; e le parole
Sonavan altro che pur voce umana. Son. Lxi. — L* andar celeste. Son. cux.
— Cujus nec vox, nec oculorum rigor, nec incessus hominem repra^eatat.
De Coni. M., Dial. m. — Pedes . . . moveri Mortali de more neges. Afr., v, 50-
A cui del ciel, non d' altro, calse. Son. xLi, p. 2. — Cujus mens, terre-
narum nescia curarum, coelestibus desideriis ardet. De Coni. M., Dial. m.
— Fior di virtù ... eh* ogni basso penaier dal cor m* avulse. Son. lxxxti.
— Illa juvenilem animum ab omni turpitudine revocavit, uncoque, ut aiunt,
retraxlt. atque alta oompulit spoetare. De Coni. M., Dial. in.
Questa sola dal- volgo m' allontana. Canz., vii, 1. ^ Me a vulgi con-
sortio segrega vit. De Coni. M., Dial. ni. — Acerbo ancor, mi trasse alla
sua schiera. Canz., in, p. 4, 1. — Iroplomem tepido ... me gloria nido Expolit.
Poem. Min., ii, 8. —> S' alcun buon fhitto Nasce di me, da voi vien prima
il seme. Canz., vi, 7. -^ Salito in qualche fama Solo per me, che il suo in-
telletto alzai Ov' alzato per sé non 'fora mai. Canz., vn, p. 2, 6. — Noo
sileo me, quantulumcumque conspicis, per Ulam esse, nec unquam ad hoc,
si quid nominis ant gloriae, fìiisse venturum nisi virtutum tenaisaimam
sementem, quam pectore in hoc natura collocaverat nobilissimis bis affec-
tibus coluisset. De Cont. M., Dial. m.
Giunto Alessandro alla famosa tomba Del fero Achille, sospirando
disse : O fortunato, che si chiara tromba Trovasti e chi di te «I alto scrisse!
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COMBNTI PARZIALI. 725
Son. cxxxv. — Macetam rex magnus aviti Forte videns saxum ifiacidae
titulosqae sepulcrì: Fortanate, inquit, juvenis, cui nominis illum Prae-
^onem reperire fuitl Afr.^ L. ix, 51. Quiqne quod de Achille dixisse fertur
AJe^cander Macedo, suspirantesdicant: O fortunata, quae talora praeconem
tuae TÌrtutis invanisti! Ep. Fam.y iv, 3. — Ti scopre le sue piaghe a
millo a mille, Gh' Annibale, non eh* altri, farian pio. Canz., ii, p. 4, st. 5.
— Potentem Àusoniam ducibus poenis, flendaroque severo Hannibali. Poetn.
JUtt^.j n, 38. — E Dante neU* epistola ai Cardinali italiani. Romam . . . nunc
I^Iannibali ne dum aliis miserandam.
Yinae Annibal, e non seppe usar poi Ben la vittoriosa sua ventura.
San. XI, p. 4. — Potuisti vir fortissime vincere: scito, sapientissime vir,
uti Victoria. Bp. Fam., ni, 3.
Ben provide Natura al nostro stato Quando deU*Alpi schermo Pose
fira noi e la tedesca rabbia. . . . Canz.^ iv, p. 4, st. 3. — A quibus nos bene,
quod semper in ore habeo, ipsarum jugis Alpium solerà natura secreverat.
Ep. al Doge Daridolo. — Àlpes aérias barbarico oppositas furori. Sen.^
VII, lett. un.
Arbor vittoriosa trionfkle, Onor d'imperatori e di poeti. Son. ccv. ~
O fronde onor delle famose fironti, O sola insegna al gemino valore. Son.
ex. — Sont laurea serta poetis, Gaesaribusque simul, paArque est ea gloria
Qtrìsque. Poem. Min., n, 216. — Virenti Fronde duces vatesque simul sacra
tempora dngunt. Africa, ix, 110.
E se, nascendo, a Roma non fé' grazia, A Giudea si.... jSSon. iv. —
Poterai non in Bethleem vico exiguo, sed Romae, cui Judaea Inter ceteras
serviebat, et in thalamo aureo nasci, non in stabulo. . . . Ep. Fam.y in, 2.
Frutto senile in sul giovenil fiore. Tr. Castità^ v. 8S. ~ Sotto biondi
capei canuta mente. Son. clix. — Spoetate senem juvenilibus annis.
Africa, IV, 386.
Onde meglio è tacer che dicer poco. Canz. Quel e* ha nostra natura,
st. 5. — Melius tacere quam dicere parum. Epiat. de Reb. Fam., m ;
Appen., Bp., vi.
Ben vedi ornai siccome a morte corre Ogni cosa creata. Son. xc, p. 2.
— Veramente slam noi polvere ed ombra. Son. xxvi, p. 2. — Ad mortem
curritis, umbra Ipàì estis, pulvisque levis. Afr., n, 348. — Nihil est aliud
tcmpua intae hujus quam cursus ad mortem. Ep. Fam. — O ciechi, il
tanto affaticar che giovai Tutti tornate Tr. Mor., i, v. 8S. — Quo
sanguine parta Gloria? quo tanti, mundo fùgiente, labores? Afr., n, 860.
Tanto vince e ritoglie il Tempo avaro; Chiamasi Fama, ed 6 morir
secondo. Tr. Tempo, 142. — Tilulusque in marmore sectus Occidet: hinc
mortem patieris, nate, secundam. A/r., ii, 431. — Stamane era un fan-
dullo ed or son vecchio. Trionfo Tempo, 60. — Hic puer, hic juvenis,
noe longo tempora tracta Albus. Afr., in, 157.
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726 IL CANZONIBRB
COMENTI INEDITI.
Nella Biblioteca dell* Università di Bologna, Tenuto da qneLI
dei Canonici Regolari di S. Salvatore, è un mas. di carte 1
di coment! di un Gregorio Anastagi, perugino, intomo a S^
passi delle poesie del Petrarca. Il volume è segnato Aula llfl
mss. 1108, e num. n. 2451. — A capo di esso leggasi: < MuU:
consiglio per nuova occasione dicesi esser ufficio di prudente
però havendo à gli anni passati fatto pensiero scrivere sopr.
il Petrarca in maniera di Qellio et di Macrobio, introducenia
terze persone a parlare, e trovandomi oggi per mala sorti
abbandonato dalla luce degli occhi, cosa carissima ali* huoiDo.
mi credo esser bene per minor fatica di procedere scrivenii
in maniera di Servio et di Tiberio Donato , ponendo sotto il
testo la sua annotatione da principio a fine semplicemente. E:
perchè diamo cominciamento al nostro lavoro del mese dì Luglio.
per questo rispetto daremo per titolo ai presenti commenii
/ Giorni estivd, dal contrario delle Note Attiche di Gellio, et
per non diffondermi in molte paix>le vengo di fatto al cafo
dell' opera così dicendo. ...* — « Le prime carte del codice Bo-
lognese, scrivevami il prof, commend. Luciano Scarabelli, sono
macchiate da umidità, e un po' consunte, ma ancor si leggono.
A passi del Petrarca TAnastagi oppone spesso passi di autori
greci, latini e italiani (Dante compreso) cui il Petrarca imitò.
— Per es. al — Povera e nuda vai filosofia — pone i detti di
Cicerone,* 3 TuscuL, e un passo di Xenofonte in nome di An-
tifo Sofista (De fact. et dict. Socratis). — E a — gli occhi in
terra vergognando abbasso — jjone tutti i significati di qXiesio
abbassar gli occhi, recando a ciascuno i passi degli autori. Cosi
dei significati mestizia — timore — onestà — adorazione — ver-
gogna — modestia — stupore, — E cita Judit — l'Eneide; Dantts
Purg. ; III dei Re ; T evangelio di S. Luca ; Terenzio Eun. e Cice-
rone. — Al — Sopra* l monte tarpeo Canzon vedrai nella Canzone
Spirto ^en/iV contrappone dell'Eneide di Virgilio i passi: Bine
ad tarpeiam sedem, e l' in summo custos ecc. È un libro per
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GOMBNn INBDITI. 727
n professore di belle lettere. Peccato che sìa inedito, e nessuno
ensi stamparlo. » — Il Narducci lo dice notevole per i raffronti
-a i diversi luoghi del Petrarca con passi classici greci, ita-
ani e latini. — Anche la civica di Perugia, tra' suoi codici, ha
mss. dello stesso Comento.
La Marciana di Venezia possiede un comento inedito del
anzoniere di Antonio da Canal (1. ix, n. 285-286). Scopo
el comentatore è di sostenere la purità dell'amore del Pe*
*arca per Laura contro il Filelfo e lo Squarciafico che Tac-
usarono di corrupia concupiscentia. La trattazione porta piut-
>sto r impronta dell' uomo religioso ed interprete della filosofia
el suo tempo, che quella di scrittore ingegnoso e forbito.
lene è in lui singolare lo spirito di avversione allo straniero,
infocolato dai Mti incessanti di guerra che desolavano a' suoi
3nipi r Italia. Così nel commento alla Canzone Italia mia, una
mga mano da lui disegnata accenna a versi : Ben provvide na-
tra ecc. ed espone : € Veramente pare a noi che questa stancia
on ha bisogno di commento : et maxime a questi presenti tempi :
erohè i todeschì fanno el suo usato et naturai malefìcio ga-
irdamente assa più chel solito suo (vostra mercè, signori de
:alia). Questa canaglia son chiamati da voi. . . . 0 poveri signori
^liani (piuttosto che podete) fsite fare sopra le vostre piace,
ci più bel loco che sia, appresso la vostra insegna, uno mag-
iore epitafio et più eminente : sopra el quale di lettere d' oro
en legìbile et grande sia scolpiti i primi tre versi de questa
3rtia stantia, ove è quella man depenta. » 11 comentq fu com-
iuto nel 1516, die prima iulii, Venetiis,
La Barberina (HHH. V, 8 e Credenz. n. 14) possiede un
somplare dell' ediz. di Pietro de Sedabonis, Basilea, 1582,
3)1 postille mss. di Torquato Tasso che t ebbe dal suo amico
^iero de Nores, e poi fu di Orazio Falconieri. — Il codice
00, Col. 44, G. 7 della Corainiana contiene: Rime del Petrarca,
olle Postille marginali mss. di Girolamo Amelonghi cavate
alle Annotazioni di Giulio Camillo, — Il Ruscelli (ediz. ven.
i Pietrasanta, 1554) ricorda le compendiose ed utilissime
sposizioni di Rinaldo Corso, che non apparvero mai alla luce.
- SuW Attendolo riporta il Crescimbeni i versi seguenti: Le
ime espone del soprano Orfeo, In modo che di lui dire po^
-assi: L* Attendolo che il gran comento feo. Ma par sia andato
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728 IL CANZONIERB
perduto. — La Rìccardiana di Firenze conserva un eeempUre
del Canzoniere di antica edizione Veneziana, 1473, senza nome i
d" impressore, ne* coi margini si leggono molte chiose inedite
di mano di Anton Maria Salvini, ma non di molto valore. I
— VAUavantiy che chiosò la Divina Comedia, chiosò pure
il Petrarca, come ce ne assicura egli stesso : Abbiamo oomefi-
tato, cosi egli nel suo Quaresimale, tutte queste cose breve-
mente, chiaramente, sentenziosamente assieme con le opere òsi
Petrarca.
« Fra le stranezze di Urbano Vili (Barberini), racconta l
Botta, si osseiTava anche questa, che si credeva poeta, ed amava
che altri credesse eh' era buon poeta. Veramente, come si fa.
molti glielo dicevano. . . . Immersi tutto il giorno a leggere»
leggevano spesso insieme il Petrarca; e quanto il Papa diceva.
sempre il Farnese il trovava ben detto. Tanto si strmae la
cosa, che vennero sul tema di correggere ed interpretare 11
Petrarca. Certo ei sarebbe stato un bel lavoro tra Urbano ed
Odoardo! (Farnese). » — BoUa^ Storia d'Italia in continuazione
del Guicciardini, 1. xxni, a. 1642, ediz. Capolago, vi, 271.
Mona. Bernardi possedè alcuni fascicoli mss. de' coment! al
Canzoniere del prof. Paravia, € Più che alla parte eretico-filo-
sofica, o storico-politica, secondo la diversa natura de' componi-
menti, le chiose riguardano le condizioni filologiche delle parole
usate, sia rispetto al senso intimo, sia alle relazioni in coi si '
trovano con le altre, per ciò segnatamente che tocca alle re-
gole della grammatica, e della estetica letteraria : ò lavoro dotto, |
paziente, utile. Non ò di quelli che brillano; è di quelli che
giovano. Quando ne' mss. che restano vediamo tanta diligenza
studiosissima e tanto amorevole interessamento per educare la
gioventù al bello, al vero, al buono, allora non ci £a meravi*
viglia come il Paravia riesdsse a lasciare di so monoria ^
cara e venerata, tranne pochissime e riprovate eccezioni, ne' suoi
discepoli, e come si vada ripetendo: Che non si è potato sup-
plirlo ancora. »
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729
LEZIONI INEDITE
DETTE ALL' ACCADEMIA FIORENTINA (1).
Lezione di Aless. di Lorenzo Palmieri sopra il sonetto:
I^er far una leggiadra sua vendetta (ii). Consolo Manfredi
Madgni, 1609. — Lezione di Fr, Buonamici, lettore dì filosofia
all*univ. di Pisa, detta il 30 Ottobre 1569, sopra il sonetto:
Cuando 7 Pianeta che distingue f ore (vni). Consolo Tommaso
Del Nero (Cod. 59 de* mss. Strozziani). — Lezione di Lapidio
Serrettari, di Pescia, med. e filos. celebratissimo, sopra il so-
netto: Piowmmi amare lagrime dal viso (xiii). U Salvini la
disse piena di nobilissimi sentimenti. Consolo G. B. Strozzi,
1582. (Fra' mss. Strozz. Cod. 465). -* Lezione di Carlo d^ An-
tonio Macigni, sulla miseria umana, sponendo il sonetto : Quanto
più m' avvicino al giorno esiremo (xix), Consolo Manfredi Ma-
cigni, 1607. — Lezioni due di Pietro Accolti d* Arezzo, sopra
il sonetto : Quando dal proprio sito si rimove (xxvi), Consolo
Pietro Venturi, 1603. — Lezioni due di Jacopo Meletto sopra
il sonetto: Lasso, che mal accorto fui da prima (xliii), Consolo
Lorenzo Arrighettì, 1704. Altre due Lezioni sullo stesso. Con-
solo Giambattista Fantoni, 1708. — Lezione di Francesco For-
(1) Nei primi anni del prindpftto di Cosimo, Giovanni Manmoli detto
lo Stradino, che per le qualità dell' animo e della mente era tenuto in molta
reputazione, quando fUrono quietati tutti 1 rumori e avanl ogni speranza
di ricuperare la liberti, cominciò a riunire in casa sna alcuni letterati, i
quali con piacevoli conversazioni e con dotti ragionamenti cercavano di
consolarsi della miseria dei tempi. Piacque allo Stradino ed agli altri di
dare a queste loro raunanze forma d' accademia, e ne furono fatti gli statuti.
Ogni Accademico dovea di quando in quando disputare intorno qualche
passo di Dante e del Petrarca* e scopo fireoipuo loro esser dovea 1 incre-
mento della lingua materna. Cosimo ne incoraggiò l fondatori dell' Acca-
demia : questa volle grandemente onorata, e decorata* del nome di Saera :
dispose che le sue raunanze si facessero in Palazzo Vecchio nel salone detto
dei Dugento; dove innanzi per ben più gravi e più importanti faccende
avevano echeggiato le libere voci, dei cittadini : il consolo di essa volle
innalzato a dignità dello Stato; e di pubblico stipendio volle che godessero
due destinati a dichiarare pubblicamente la Divina Commedia e il Canzo-
niere del Petrarca. Da una lettera di Baccio Valori al Granduca di Toscana
trovo che il salario di un anno stanziato a due lettori sopra Dante e Pe-
trarca era di 48 ducati (V. Man. Dant. n, 422). — Nel 1556 per delibera-
zione del supremo Magistrato e per espresso volere del duca, fu chiamato
il Varchi a cementare il Petrarca.
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730 IL CANZONIBBB
goni Accolti sopra il sonetto: Quando venne a Simon raka
concedo (l), Consolo Orazio Mazzei, 1701. — Lenone dell* ab.
Giuseppe Maria Qherardini sopra il sonetto : Cesare poi che V
traditor d^ Egitto {uà), Consolo Salvino Salvini, 1710. — Le-
zione di Paolo Antonio de Frescobaldi sopra il sonetto : Pace
non trovo y e non ho da far guerra (xc), Consolo FVaDoesco
Frescobaldi, 1702. — Lezione di Alessandro Sbrozit^ già, vesc.
di S. Miniato, sopra il sonetto: Amor, che nelpensisr mio vive
e regna (xa). Consolo Guido Ricci, 1604. — Lezione di Michei-
angelo Buonarroti sopra lo stesso. Consolo MicfaaL Baonairoti,
1591. V. Salvini, Fasti Consol. 345. — Lezione di Vioenso Vet-
tori sul sonetto: Le stelle e'I delo (cin). Consolo Alessandro
Vettori, 1615. — Lezione di Fr. Rovai sopra il sonetto: Fera
stella (cxxn), Lorenzo Franceschi, Consolo, 1626. — Lesione
dell* ab. Giambattisia Casotti sopra il sonetto: Passa ia nave
mia (cxxxvii), Consolo Salvino Salvini, 1710. — LeadODe di
Michele Grifoni sopra il sonetto: Giunto Alessandro (oxxxv).
Consolo Aless. Sertini, 1602. — Lezione di Lorenzo Franceschi
sopra il sonetto: Lasso cK € ardo (cu), in che doUanìente e
leggiadramente tratta dei segni di amore. Consolo G. B. Strozzi;
Abs. Strozzi, Cod. 1152. — Lezione di Giov, Massei^ Consolo,
1589, sopra il sonetto: Onde tolse Amor (clxv). V. Salvini,
Fasti Cons. 317. — Lezione di Antonmaria Pitti sopra il so-
netto: Liete e pensose (clxyii). Consolo Francesco Frescobaldi,
1702. — Lezione di Filippo d^ Antonio Salviati sopra il so-
netto: Cara la vita (ociv), Consolo Piero Yentorì, 1608. —
Lezione del capitano Neri Dragomanni sopra il sonetto: La
vita fugge (iv, p. 2), Consolo Lorenzo Arrìghetti, 1704. —
Due lezioni di Lorenzo Criacomini sul sonetto: Come va U
mondo (xxu, p. 2) , detta neU' Accademia de* Lucidi sopra la
gloria che dalla virtù risulta. — MinerhetH Alessandro y Le-
zione sul sonetto : Levommi il mio pensier (xxxnr, p. 2), Con-
solo Camillo Rinuccini, 1614. — Lezione di Francesco de' Fre-
scobaldi sopra il sonetto: Anima bella (xxxvii, p. 2), Consolo
Orazio Mazzei, 1702. — Lezione di Pietro Velluti sopra il
sonetto: Donna^ che lieta (lxxv, p. 2), Consolo Alessandro
Vettori, 1615. Il Salvini la dice dotta e sublime. — Lezione
di Giov, Ciampoli sopra il sonetto: Conobbi qiumto il del
(lxvii, p. 2), Consolo Pietro Dini, 1607. — Lezione di Verini
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LBZIONI INBDnB. 731
F'rancesco sopra il sonetto: La gola, il sonno (i, p. 4), Con-
solo Selvaggio Ohettini. — Iiezione di Pietro Orsilago sopra
il sonetto: S'io fossi stato fermo alla spelunca (xvni, p. 4),
Consolo Nicolò Martelli, 1543. Su questa lettura veggasi la
lettera del Martelli ali* Orsilago , riferita dal Salvini ne' suoi
Fasti Consolari, p. 89.
S^ni Bernardo^ Fine deUa sposizione della Canzone: Si è
debile Ufih (Cans. ni), che altri Accademici avevano incomin-
ciato a spiegare. Nel suo Consolato, 1542. — Segni Angelo^
Sei lezioni sopra la Canzone: In quella parte dove Amor mi
sprona (xn), lette all*Accad. Fior, nel 1573. — Nella stampa
vennero ridotte a quattro. — Verini Frane. Lezione sopra la
Canzone: Vergine Mia (vin, p. 2), Consolo Selvaggio Ohettini,
1547. — Davansati Bernardo ^ Lezione sopra la Canzone:
ItaUa mia (iv, p. 4), Consolo Antonio Alberti, 1553.
Secondo il Salvini, il Consolo Nicolò Maì^telHy 1540, lesse
sei volte sopra tre sonetti ed una canzone del Petrarca. Ed
ei ci ricorda una lezione di Francesco Bondani (1581), ed
un* altra del Sanese LeUo Benucci (1593), sopra due sonetti
del Petrarca. A quanto ne assicura il Crescimbeni, anche Fr.
Guidetti avrebbe dettato di molte e belle lezioni sul Can-
zoniere.
Dalla Biografia che di Ottaviano Aureli, lo Svogliato, fece
il prof. Vermiglioli, rilevo che ei pure nell' Accademia di Pe-
rugia, sponesse alcuni sonetti, e tra gli altri: Benedetto sia *l
giorno (xxxEc); Padre del del (xl); Io non fU' et amar voi
(un); Fuggendo la prigione (lx); Dodici donne (clxx); Qual
ventura mi fU (clxxvii); Laura, che 'l verde lauro (clxxxviii);
L'alma mia fiamma (xxi, p. 2). — E lo stesso Vermiglioli,
nella vita di Oregorio Anastagi, cita un suo Discorso sopra la
canzone Nella stagione che il del rapido inchina (Canz. iv);
e due altre sopra i sonetti: 5!^ Virgilio ed Omero (cxxiv). —
Passa la nave mia color d* oblio (cxxxvii), — ed un Dialogo sul
primo sonetto : Voi eh* ascoltate. Si delle lezioni dell'Aureli, che
di quelle dell' Anastagi, il Vermiglioli ne avrebbe fatto dono al
dott. Rossetti di Trieste, in£aticatis8Ìmo raccoglitore di cose
Petrarchesche.
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732 IL CA24ZON1EBB
PETRARCA E LA MUSICA.
L* inglese dott. Burney, nel voi. I.° della saa Storia deGs
Musica, adduce il sonetto: Quando amor i begli occhi a terre
inchina^ con altri passi del Canzoniere, a prora die Madonna
Laura aveva già studiato e conosceva a fondo la musica.
Il Carducci, nel suo Discorso, Musica e Poesia del sec. XM
(p. 390), ci dice che Ser Jacopo Bolognese ha intonato 3 Ma-
«Irigale del Petrarca: Non al suo amante piti Diana piacque.
— Lo stesso fu pur posto in musica da (Giovanni Fiorentini.
'-^ Ser Lorenzo (Masini), intonò quello: Come in sul fimie
fU preso Narciso. — R. Boucheron , vestiva di musiche note
(per voce di basso e contralto in chiave di sol) il sonetto:
Cfie fai? che pensi? che pur dietro guardi. (Milano, Ricordi).
GiambaUsta Doni (n. in Firenze nel 1594), imaginò uno
stromento, con cui gli venne fatto di moltiplicare le armonie.
Lo nominò anfieordo, perchò d*ambo le parti armato di corde,
le une di metallo, le altre di nervo. Divisò con esso di porre
sotto le note il sonetto Passa la nave mia cohna d'ohUo.
Il Petrarca era af^assionatissimo della musica: ei componea
i suoi versi al suono del liuto, che legò nel testamento a mae>
stro Tommaso Bambasi da Ferrara (riguardato come un
tempo Roscio fU m Roma, ed è a me caro ed amico. Sen. iv, 31),
e li rifaceva cantandoli (cantando), come abbiamo da lui stesso.
POESIE INEDITE DEL PETRARCA
OD ATTRIBUITEGLI.
Sonetto inedito di mes. Fr. Petrarca ad Antonio Beccaria
Ferrarese, ora per la prima volta pubblicato dal marchese
Gius. MEixmoRi, presidente del Museo Capitolino. Roma, Puc-
cinelii, 1841. — n sonetto era già stato pubblicato dal Carrer
fin dal 1827 nelle Giunte al Canzoniere del Petrarca, Padova^
Minerva, ii, 709 (V. Ferrato, 54).
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POESIE INEDITE OD ATTRIBUITEGLI. 733
Per le nobilissime nozze Mocenigo Soranzo — De Soresina
Yidoni, SonetU inediti tratti da due antichi Codici del Petrarca^
esistenti nel Civico Museo Correr di Venezia per cura di àgo-
st:p<o Sagredo. Venezia, Gasparì, 1852.
Di questi Sonetti ne ripubblicò quattro il prol Pasqualigo
che più meritavano d'essere conosciuti. / Trionfi^ p. 27.
Nelle fauste nozze del co. Fr. Zauli Naidi di Faenza colla
marchesa Maria Cattaui di Brisighella, seguite nel Gennaio
del 1856 la famiglia Gessi volle £u* segno di sua viva esul-
tanza coir offerta della presente Frottola inedita di mes. Fri
Petrarca. Firenze, Logge del Grano, 1856.
Ne fu editore il prof. Giovanni Chinassi. V. Ferrato, 62.
Frandsd Petrarcae Aretini carmina incognita. Ex codi-
cibus italicis Bibliothecae monacensis in lucem protraxit, ipso-
rumque ad instar manu scriptorum edidit Gboroius Martinus
Thomas. Aus den Monumenta saecularia der k. k. Akademie
der Wissenschaften. I Classe. '— Monachi!, M. D. CCC. LIX. in
commissis habet G. Franz. (Ueber neuau fgefnndene Dichtun-
gen Francesco Petrarca' s Vortrag in der offentlichen Sitzung-
der k. Akademie der Wissenschaften . . . gehalten von prof, d.'
Georg Martin Thomas, 1858. — Beytràge zum Verstandniss
neu aufgefundener Sonette Petrarca' s von Karl MachL Hof.
Druck* der Mintzel'schen Buchdruckerei, 1859.
L'annunzio di questa pubblicazione fu dato solennemente
al mondo letterato dalla R. Accademia delle Scienze di Monaco,
la quale anzi lo elesse a festeggiare il nonantesimo nono anni-
versario di sua fondazione, nel 27 Marzo 1858, e poi nell' anno
successivo, e nella medesima ricorrenza, fiirono pubblicate
quelle poesie, e dottamente illustrate dall' egregio d."" Thomas.
L' edizione, com' è magnifica nelle forme sue tipografiche, così
è condotta con una esattezza ed un giudizio squisito, sicché
quei Codici italiani antichi, onde son tratte quelle poesie, non
potevano di certo venire in mani migliori e più amorevoli.
Le Rime di Francesco Petrarca^ con V aggiunta di cento
quattordici sonetti e una Canzone inedita* Torino, Unione,
Tipog. edit- 1859.
Lo StraforeUo^ nella pre&zione, li dice incontrastabilmente
lavoro del Petrarca. Sono i primi getti, cosi egli, della sua
penna, nel boiler giovanile della sua passione per Laura, de-
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734 IL CAMSONIBBB
bmacati, limati ed ìnneBUti dipoi nel Ganiooiere, secODdo il
costume deU* incontentabile poeta.
Vbratti Bartoloìoibo, Di alcune Rime aUrilntiie ai iV-
Irarca. Opusc. Rei. Lett e Morali di Modena, serie n, t. x.
Luglio e Agosto 1867, p. 71-M (Memoria letta all*Accad. di
Scienze Lettere ed Arti di Modena nell*adunan2a d^ 19 Maggio
1864, Mem. della R. Aocad. t. iv, p. xm).
Instituito un accurato esame dei sonetti pubblicati dal Tho-
mas, e riguardo la lingua e lo stile, ei n^a recisamente cfae
sieno del Petrarca, ma 1* opera d*un imitatore. Ed invero. Tao-
tore de' sonetti, come ha preso al Petrarca il nome stesso delU
sua donna, ha tolto da ini non solo parole, frasi e pensieri,
ma talora pressocchè interi versi. E perchè è ben più facilr
imitare i difetti de* grandi scrittori, che emularne le b^lezzé,
soprabbondano in questo imitatore del Petrarca i giuochi L
parole sopra Vaura e Lauray e le antitesi, e perfino i bisticci.
Ma a combatterne la genuità, ei prova che molti di essi sono
stati composti dopo la morte del Petrarca, specialmente quali
che hanno per ai^gomento lo scisma d* occidente, venuto afe-
nestare la Chiesa poco dopo reiezione del Papa Urbano M
che avvenne il 20 Settembre 1378. Il Veratti inclina a credere
che r autore de* sonetti sia stato contemporaneo del Petrairi
e di patria romano, e ritiene, col eh. Zambrini, che la Cauzoc?
tenebrosa^ crudeley avara^ lorda debba ascriversi a Francesco
Accolti d* Arezzo. Siano o non siano, in tutto o in parte, dirC'
io pur col Veratti, di Fr. Petrarca que* versi, sono certo àit-
tichi, e come tali la loro scoperta è importante, e la loro
pubblicazione è un vero beneficio recato all'italiana lettenh
tura. -^ V. Méziéres, Pétrarque, vi»; Eartis, Catalogo dé^^
Rossettiana, 185. 1
Sonetti di Fr. Petrarca, T. Tasso ed Angelo di Costani»!
mancanti nelle stampe dei loro Canzonieri, pubblicati da Gioàj
VANNI Chinassi. Firenze, Conti, 1863.
Wbssblofscki Alessandro, Il Paradiso degli Alberti, Rai
manzo di Ser Giovanni da Prato. Bologna, Romagnoli, 1861
Ci dà per inedito il sonetto: O monti alpestri, V. FerratOj 5i
Sonetti di Fr. Petrarca, ora scoperti e pubblicati. Vene22|
Tip. S. Giorgio, 1870.
Sono 6 sonetti, scoperti dal pro£ VfiLUDO, Prefetto deSi
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POESIE INEDITE OD ATTRIBUITEGLI. 735
Marciana, che li pubblicò in occasione deUe nozze Grassini*
Levi. Ei li trasse da un mss. della Marciana, intitolato: Rao-
colta S antichi poeti Toscani di Antonio Isidoro Mezzabarha
veneziano. — V. Hortis, Catal. 135.
Carbone Domenico, Bime inedite dei quattro poeti. — Per
nozze Rizzi-Gella, Milano, 1872.
Rime inedite ^ ogni secolo, Milano, 1870.
Una corona sulla tomba d Arquà. Rime di Fr. Pe-
trarca^ pubblicate per la pròna volta. Torino, Beuf, 1874.
La raiccoltina del Carbone è composta di una Canzone e di
29 sonetti, che reputa non per anco pubblicati, toltine cinque,
che ei stampò primo per nozze in piccolissimo numero di esem*
pian non venali. I più dei sonetti fiirono tratti da un mss. della
Biblioteca di Bologna, tutto scritto di mano di Antonio Gi-
gante da Fossombrone, che fa segretario ed amico di Mons.
Lodovico BeccadeUi, Arcivescovo di Ragusa, e delle cose del
Petrarca studiosissimo. Però ei si guarda bene dell'affermare
che tutti siano del nostro maggior Lirico, onde gli piacque
compartirli in quattro classi : negli autentici , e sai^ebbero 4 ;
in quelli, tuttoché sfuggiti alla lima ricreatrice dell'autore, o
guasti nella lezione, pur spirano un' aura petrarchesca, che li
fa tosto ravvisare dagl'intendenti, e sarebbero 14; in quelli
che lascian dubbio della paternità, e sarebbero 4, con la Can-
zone intitolata la Casa del Sonno; e da ultimo in quelli che
sentono il far del Boccaccio (due), o che arieggiano la maniera
e rammentano gli spiritelli di Guido Cavalcanti (tre).
Ferrato Pietro, Raccolta di Rime attribuite a Francesco
Petrarca che non si leggono nel suo Canzoniere^ colla giunta
di alcune sin qui inedite. Padova, Prosperini, 1874.
Eìu gentil pensiero del Ferrato di raccogb'ere tutte quelle
poesie che sotto il nome del Petrarca furono alla spicciolata,
ed in varie occasioni speciali date fuori alla luce, e che assai
diffìcilmente si potrebbero trovare in commercio, perchè dal
più al meno irreperibili. Nò contento a ciò, volle aggiunger-
cene un nuovo manipolo d'inedite afiatto, ch'ei tolse da vari
codici, e segnatamente da due preziosi, che si conservano nel
Museo Correr. — Quarantuno sono i sonetti, oltre a .6 che si
trovano nelle note, un salmo, un madrigale, il principio di
una Canzone, e due Frottole. Certo, non poche furono le cure
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73e IL
e le fiattche che dovette spendere neUa ricerca di libri antìcki
e moderni t dlarii, raccolte ed opuscoli onde la aua coUezÌ4»e
rìesdeae il più possibile completa. E a buon diritto eà porta
fidanza che'i cultori degli stodii gliene doTranno saper grado
di aver loro procacciato come una specie di sn^emanto al
Canzoniere Petrarchesco, trovando raccolte in un Tolumetto
tutte quelle poesie, che da uomini ornati di fino criterio <, di
gusto squisito, di perfetta conoscenza dei padri del dolcissime
idioma nostro, furono giudicate di Francesco Petrarca. Nò senza
molto interesse si leggeranno alla fine le notizie bibliogrsfidie
che riguardano, direi, la storia delle rime da lui pubblicate,
non che le note filologiche, dalle quali ò chiaro il buon, gveta
filologico del chiosatore.
D*Anoona Albssìlndso, Un sonetto inedito di Francesco Pe-
trarca ed una Canzone a kti tUtriàuitay premesso un soneOo
di Tommaso da Messina al Petrarca indiretto. BoiognjL, Fava
Gara^ni, 1874, Estrat dal voi. in del Propugnatore.
Al D'Ancona il sonetto II mio desire ha si firma rmdìce
sembra indubitabilmente del Petrarca, ritenendo esso tutti i
segni maggiormente desiderabiH dell' autenticità Non però
crede uscita dalla penna del Petrarca la Canzone. La forma
delle rime sdrucciole^ i crudi latinismi e T architettura gene-
rale del componimento gliela & ritenere opera di qualche ri-
matore dei tempi successivi, e più presso al quattrocento che
al trecento.
BiL^NaoNi ÀW. Pietro, Dieci sonetti inediti attribuiti a
Fr, Petrarca da piii testi a penna. Ravenna, Calderini, 1876.
Per nozze Rasponi delle Teste-Pasdini.
Cappabozzo AndrKa, Rime del Petrarca, Codice Cartaceo
della Biblioteca BertoUana di Vicenza (a. o, 287 Lo, 184
di cart. 156, segn. 0. 2, 9, 8 ). Per le nobilissime nozze Man-
gilli-Lampertico, Vicenza, 24 Aprile 1876, Tip. Paroni. — Tre
sonetti inediti del codice BertoHano attribuiti al Petrarca^ p.
20-22.
Altri sonetti inediti ci diede Douamco Tuluo Fausto ndU ma /»-
irodiUHone alla lingua volgare (senza note tipognflche) ; il Cornino n«Ua
Giunta di alcune eompceixioni del Betrarca che ai dicono da lui H/SU"
tate (PadoTs, 17SS) ; U Tauocm neU* opera Poetie itaUané ii^edite di du-
genio autori^ cavate dai codice Vaticano, n. SSM3; il Gumpi, ael Giornale
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POESIE INEDITE OD ATTRIBUITEGLI. 737
t ciclopeàico, (Firenze» Molini e Landi , 1809) ; il Fiacchi nella sua Scelta
' J^inte antiche , e nella Collezione d' Opuscoli sdebiti fici e letterari
♦"'irenzc, 1812) ; il Zambrini, nelle Prose e Rime edite ed inedite d' autori
fxotesi del see. XFV (Imola, Galeati, 1846); il Carducci nelle Cantilene,
filiate. Strambotti * Madrigali dei SecXIIIe XIY (Pisa, Nistri, 1871).
STUDI SUL TESTO (1).
Sonetd, Canzoni e Triomphi di mess. Francesco Peirar-
zhxJL con la spositione di Bernardino Daniello, da Lucca. Ve-
nezia, Da Sabio, 1541.
In questa stampa si trovano raccolte le varie lezioni che
Bernardino Daniello trasse dagli Autografi, e sparse per entro
la. sposizione. In quella poi del 1549, sono tutte riunite in
principio del volume, e sono le varie lezioni di quattro Canzoni,
sedici sonetti e sette capitoli dei Trionfi. Pasqualino,
Varie lezioni piti degne di osservazione estraite da Giamb.
Parisotti, da Castelfranco, da un codice del Canzoniere del
principio delsecXV, Edizione di Cornino del 1732, p. 441-45.
Bbocabelu Lodovico, bolognese, Notìzie sugli Autografi
del Petrarca.
Videro per la prima volta la luce nell' edizione, curata dal
Morelli, (Verona, GiuUari, 1799), ed ultimamente le inserì il
Pasqualigo neUa prefazione de' suoi Trionfi (Venezia, Grimaldo,
1874). I Frammenti del Vaticano, sull'originale del Petrarca,^
raccolti dair Ubaldini , apparvero primieramente nell'edizione
romana del Grignani, 1642. — A nessuno può sfuggire, scrive
il Pasqualigo, la somma importanza delle preziose Notizie del
Beccadelli, in tutto quanto concerne una si grande e straor-
dinaria diversità di lezioni. Si rimarrebbe, senz'esse, quasi
a£&tto al buio.
Morelli Jacopo, Prefazione alla stampa del Canzoniere,
(Verona, GiuUari, 1799).
Si discorre dell'edizioni dello stesso ritratte dall'autografo
del Petrarca, che sarebbero quella di Valdizocco, quella di
(1) < Tutta la state del 1607 fii dagli Accademici della Crusca im-
piegata in vari studi che la ristampa dei Petrarca riguardavano. > Zannoni^
Storia dall' Accademia della Crusca, p. 77.
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738 'il OàNSOHIBIUI
Aldo, e i frammenti dell* Ubaldini, non die de* codici
e di altri fogli autografi del Poeta che il Beccadelfi
presso Baldassare Turinì di Poscia.
Appo P. Irbnbo. — Nel suo Saggio di Memorie sulla Sta»
pena Reale, Parma, 1741, institaisce im lungo esame etiti»
delle varie lezioni che s* incontrano nei Trionfi del Petoffo.
col comento di Fr. Filelfo, e vi si fiume pur utili e dotti o»
fi*onti tra le dette lezioni, e le lezioni comuni.
ViTiiLi Pietro, Lettera intomo ad alcune emendcuiom is
fare nelle Rime stampate di Dante, del Petrarca e dei Boc-
caccio. Parma, Rossi-Uhaldi, 1820.
FsDERia Fortunato, Varianti dei Trionfi del PeùroxaH
confronto al testo Cominiano del 1732. Milano, Molina, 1836=
Son tratte dal Quaresimale del P. Paolo (Atavanti), fiono-
tino. Servita. Milano, Scinzenceller-Pachel, 1479.
Le Rime del Petrarca , Edizione pubblicata per opera e
studio deWab, Antonio Marsand... Padova, Tip. Seminario,
1819. (A. Marsand n. a Venezia nel 1765, m. a Milano il 3
Agosto 1842).
11 Marsand condusse la sua edizione sul raffinonto ddla
Padovana del 1472, deir.aldina del 1501, della stagoSniana del
1513, che hanno il pregio sommo di essera tratte dagli auto-
grafi del poeta o dagli scrìtti dal poeta medesimo riveduti.
< Ed io, scrive il Carducci, dopo esaminati parecchi manoscritti
e molte o tutte forse le stampe del Petrarca più in £Buna, finii
con persuadermi che mi hisoguava ritornare al Marsand, che il
Marsand, cosi dotto conoscitore e ndnuto espositore della biblio-
grafia petrarchesca, aveva posto bene la base del testo, e ohe
una nuova edizione crìtica del Canzoniere altro non poteva essere
che una recensione accm*ata della edizione marsandiana sq 1
rafironto delle tre antiche e dei frammenti originali del poeta,
al quale raffronto potevasi aggiungere, come instrumento cri-
tico e comprova alla legittimità del testo in generale e alla
ragione delle correzioni in particolare, come apparato di eru-
dizione filologica, la collazione di qualche manoscritto e delie
stampe più nominate. » Cardttcci.
Non è senza importanza la seguente lettera del Marsand a
Canova, e perchè ci dà ragguagli della sua vita, e perchò ci
parla dell'edizione del Canzoniere a cui era tutto atteso, eh* io
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8Tin>l SUL TBSTO. 739
:*as8i dalla Ck>rrì8pond6nza epistolare dell' insigne Scultore, che
L xi^ volumi ai conserva nella nostra Biblioteca.
Padova^ 6 Marzo Ì8I8,
Non perch* io possa lusingarmene in forza dei miei meriti , che sono
t riconoaoo nulli, ma la bontà somma del di Lei cuore verso tutti, e spe>
;ialmei][te verso di me , anckte all' occasione eh* io sostenni lo mie fatiche
[uaresinaali in codesta chiesa del Gesù nell* anno 1804, mi fa sperare che
i questo primo annunzio Ella forse si rlsowerrà subito di chi scrive.
Secomi dunque a confermarle in iscritto quei vivi sentimenti di stima,
;h6 ho già sempre nodrìti nel mio animo , a gloria di Dio , <d in unione
con tutto il mondo , verso la di Lei persona. Io da una parte non vorrei
mnoiarla, ma dall' altra ho bisogno eh' Ella senta tutta la storia della mia
irlta da queir epoca. Lo farò dunque in poche parole.
Nel 1806, a cagione d'infermità di petto, che cominciava molto ad
ndebolirsi, ho dovuto lasciare Tesercino del ministero apostolico, e la ul-
tima Chiesa fti per me Sant' Ambrogio in Milano. Non volendo poi , né
potendo, né dovendo rimanermi in ozio, domandai la Cattedra di Economia
Politica e di Statistica nella Università di Padova, cattedra che in allora
erasi resa vacante. Per la benignità di quel Governo la ottenni, e per sola
clemenza dell' attuale vi fui confermato definitivamente. Sono già presso
a dieci anni che mi trovo in Padova, ma non ho, nò cerco altro diverti-
mento, dopo di aver supplito ai miei doveri, che il trattenermi con qualche
studio di mio genio particolare.
Cinque o sei anni sono, ideai di voler dare al pubblico una nuova
Edizione del Canzoniere di Francesco Petrarca, rivedu^ e colazionato tutto
da capo a fondo sopra codici ed edizibni preziose, onde una volte preseO"
tarlo nella sua originale integrità, e specialmente in quo' passi che mosser
di quando in quando varie questioni tra 1 critici e gli spositori del nostro
Poeta. À fronte , che a tale impresa io non potei dedicare che circa un'
ora e mezzo al giorno , pur non avendovi mai mancato , 1* ho condotta al
suo termine, e spero sarà per riesdre di comune soddis&zione.
Altri lavori ho fatti, e sto facendo nel proposito onde, per ciò che
concerne la parte letteraria , illustrare possibilmente la mia edizione che
vorrei offerire alla Repubblica delle lettere come superiore a tutte 1' edi-
zioni che sin adesso furono pubblicate , le quali certo non sono meno di
trecento.
Quanto alla parte dell' ornamento \ oltrecchè gli esemplari (al numero
di soU quattrocento, in due volumi, in forma di bel quarto reale) saranno
tutu in carta velina, fina, cilindrata, vi si aggiungeranno alcuni che cer-
tamente dovranno interessare il pubblico , e per ciò che rappresentano, e
per la bellezza dell' incisione. Oltre le quattro vedute delle solitudini del
Poeta, cioè Valchiusa, Arquà, Linterno e Selvapiana , le due ultime dello
quali non ftuono mai incise ; oltre al fae simile di quelle famose otto righe
da esso scritte sul suo innamoramento nel Virgilio dell' Ambrosiana ; oltre
ai due più (kmosi monumenti che gli furono inalzati, il primo doò in Arquà
e r ultimo che si sta erigendo nolla nostra Cattedrale con grande spesa
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740 IL CiLNZONIBEB
del Sig. Canoaico Soocin , aopr' a tutto vi sarà il ritratto del P«lnBa i
quello di Laura, tutti due uon più incisi, ed amendue i piA gìu^ftnU a
tutti gli altri quanto alla raasomiglianaa , come gii farò vedere aeBa ■■
prefasìone. Quello del Poeta lo incide attualmente a Sig. Oandolfi £ Bf
logna, e quello di Laura Rafaele Morghen. Lascio di anaorerare altri frer
che per la parte tipografica avrà questa edisione , onde non faila perir
troppo tempo nel leggere tante chiacchere.
Ma uno ancor di questi fregi mi manca che certamente
massimo. Vorrei che sul prìncipto d«U' opera, cioè di cootro •!
vi fosse un rame allusivo al Poeta , o alla sua Laura , o al
ma che il pensiero ossia il disegno fosse del cav. Canova, reateado pà <
me la cura di farlo incidere da bulino valente. Allora si eh* io noa sapee
desiderar di piA alla mia edizione, la quale certo anderebbe aaperÌMt a&ehs
eon questo solo omamonto. Beco, Signor Cavaliere, l'onesto nie ili nidi iiw
e quindi la devotàssima mia preghiera.
L' immensità delle di lei occupanoni , ed il nessun mio merito ver»
di Lei sono i due soli nemici che possono render vana la mia pre^'faien
e senza effetto il mio desiderio. Ma quando penso alla dolcezza del di LÀ
animo inchinato sempre a far bene, non ho più paura di niente. Kob haé
dunque a chi scrive, né ali* arditezza di chi scrìve, ma rifletta a ^«1 pia-
cere infinito ch'Ella inspirerà a tutti gli amatori del ^vino Petrarca, «
niente meno alla solenne conferma , che in tale occasione darà delle aJjte
virtù della sua Inaura , giacché so , che di recente Ella si occopò a accì-
pirne il ritratto. Ieri appunto il suo buon amico , SIg. Cav. CScognara, ei
diede tal grata notizia; anzi mi aggiunse che presto ne avrebbe da Ls
avuto un bel gesso, e che mi terrà avvisato dell'arrivo, oade poter &r
subito la mia scappata in Venezia. In somma , signor Cavaliere , |nenAi
la cosa da quel lata eh' Ella vuole , ma si arrenda pietoso alle mie pr^
ghiere. Io sarò contento di tatto, purché aia vero, che il Gaaova prese in
mano la matita per la mia edizione del Canzoniere. Sia poi il diaegoo i3-
luaivo al Poeta, o alla Laura, o al Canzoniere, o al Canova steaao (qood
erat in votis) comunque sia , io sono beato da questo punto d^a so^ta
che Ella avrà fatta. E questo pensiero sia poi espresso con pochi segisi,
o con molti , ciò non deve far nascere difficoltà. Nel primo caso , so ben
io a qual artista rivolgermi , che fino oonoadtore del di Lei genio e ap-
passionato conoscitore de' suoi andamenti , saprà spiarli tatti, e ridurre il
disegno a quel punto eh' é necessario per 1* incisore, ma in questa suppo-
sizione Ella lo vedrà per averne la di Lei approvazione , prima che sia
consegnato all' intagliatore. Se poi quella supposizione dovesse aver luogo,
tanto meglio per me e per tutti.
Le occludo la forma e la grandezza precisa di tutti gii altri rami a di
Lei norma ; e siooome alle grandi vacanze me ne passerò a Milaoo (il che
earà aUa fine di agosto) cosi bramerei a quell' epoca aver ricevuta la grazia,
onde affidare personalmente il disegno a chi dovrà inciderlo, la quale ul-
tima operazione esige anche molto tempo. Non ag^ungo di più.
La prego soltanto a perdonarmi 1* ardire e a comandarmi con tutta
libertà in tutto quello che posso, ed a credermi costantomente con vera
pienezza di ossequio, di stima, di amicizia, e di^ gratitudine.
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8T0OI SUL TESTO. 741
SoRio P. Bartolommbo, Corresioni da farsi al testo del Can-
oliere di mess, Fr. Petrarca pubblicato dal prof. A. Marsand,
'erona. Libanti, 1844-45.
// Canzoniere del Petrarca nelC edizione del prof. A.
f€irsandy Lezione Accademica, Rivista GinDasiale, Milano»
lentenarì, a. n, 1855, p. 32.
« U Serio, che fu certo a* nostri giorni de* migliori editori
rìtici di scritture antiche italiane, vide acutamente perchè
potesse ancora essere emendato il testo del Marsand;*ma al-
a.rgò troppo i casi delle emendazioni, e della bontà o sincerità
le^li aaiogi*afi o degli esemplari onde furono tratte le tre
xlizioni tipiche giudicò dai Trionfi; i quali il poeta non lasciò
[corretti e ordinati come le altre rime, e per ciò abbondano
lei manoscritti le varie lezioni, e alcune si vantaggiano di
bontà su quelle del testo Marsand. Dove il Sono volle emen>
dare certe cose dei sonetti e delle canzoni, non fu egualmente
felice. Carducci.
Galvani Giovanni, Poche parole su la lezione della Can^
zone Italia mia, secondo spogli eh* ei fece di codici datigli
a vedere da Carlo Ludovico di Borbone, quandi era duca di
Lucca. Strenna Filolog. modenese, 1863, Modena, Tip. della
Immac. Concezione.
Bozzo Giuseppe, Tavola delle Varianti che si sono adoi^
tate (Le lezioni rifiutate sono quelle del Marsand), Petrarca,
Rime, Palermo, Amenta, 1870. — Voi. r, pag. 355-59; voi. ir,
p. 389-91. — V. pure voi. ii, 341.
Pasqualiqo Cristoforo, Saggio di alcune Varianti tratte
dai migliori Codici a penna delle Rime di Fr. Petrarca esi-^
stenti nelle Biblioteche Mediceo-Laurenziana e Riccardiana
di Firenze. Savona, Miralla, 1862.
Varianti e correzioni ai Trionfi di Frane. Petrarca
tratte dai migliori codici a penna e dalle più, antiche stampe.
Venezia, Grimaldo, 1867.
I Trionfi di Francesco Petrarca, corretti nel Testo
e riordinati con le Varie Lezioni degli Autografi e di XXX
manose, con appendice di Varie Lezioni al Canzoniere. Ve-
nezia, Grimaldo, 1874 (3 Giugno), Edizione di soli trecento
esemplari.
€ Nelli Trionfi autogr., scrive il Beccadelli, sono un mondo
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742 IL CANZONllRB
dì mutazioni, » e poi < la scrìttnra era tanto confusa d» zsi.
si può giudicare qual più gli piacesse. » E ci aggiunge, ebe :
Trionfi non erano ordinati in libro, ma involti in jpSk roto£
e i fogli in gran confusione. Di qui Y impresa malagevole ed
aspra de* primi copisti a dichiararne una cosi arrafiàta nur
teria, di qui la diversità e poca correzione d^e stampe. Qoaadr
il Pasqualigo si pose a questo lavoro, ebbe unicamente in pea-
siero (Ù correggere il testo dei Trionfi, ma poi man xnano k
incuorò a ricostruire, per quanto era possibile, TAutognC
perduto, e studiare con che sapienza e finezza di gusto il P^
trarca lavorava i suoi versi e con che dolce Urna egli sapere
fitr soavi e chiare le sue rime. Con iscrupolosa e mirabile ps-
2ienza, e con rara accuratezza, consultò 30 codici, ed alcoe
per infino a tre vo^te, ne raccolse tutte la Varianti, trasce^
quelle che gli parvero più importanti a fermare la vera leziosa
e ricostruirne l'autografo. Nella correzione del testo andò a<
piò di piombo, preferì di esser tacciato di soverchia modera-
zione che di audacia. Quanto air ordine de' Trionfi non fece
che due sole mutazioni. Il cap. II del Trionfo d* Amore di-l
venne IV, e il capitolo che comincia nel cor pien éPamarissvm
dolcezza^ che manca nella Volgata, ei lo ripose al suo posto,
dopo il II della Morte, e ne dà le ragioni. — È questa, scrìved
a ragione Att. Hortis, la più diligente tra tutte V edizioni àà
Trionfi, r unica che riposi aopra 1 riscontri di autorevoli mss.,
ed il lavoro vi ò condotto con tal diligenza da poterlo y&c%^
mente proporre come modello. — Dalla pag. 116 alla 127 vi
ha un Appendice di Varie Leziofii al Canzoniere traUe dogi
Autografi, — Il Pasqualigo dùude la sua Prefazione augurando
a Fr. Petrarca un editore riverente ed onesto, che ridia il sud
Canzoniere nell'ordine in che egli lo avea disposto si^ente^
mente, perchè fosse imagìne vera del grande animo suo, ardente
di un amore universale per Laura, per Y Italia, per gU amicLj
per la gloria, per l'arte, per la religione e la scienza, per
ogni cosa bella e santa: Che non pur sotto bende Alberga
Amor, per cui si ride e piagne. E fa voti che, o si toIgano|
dai Sonetti e dalle Canzoni quegl' inutili argomenti, die vi fu-
rono posti dal 1819 in poi, o se pur vi si vogliono, sien rifiuti
da chi sappia capire e sentire il Cantore di Laura. |
/ Trionfi di mess. Francesco Petrarca riscontrati con al-
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STUDI SUL TB8T0. 743
cuni codici e stampe del secolo ZV, pubblicati per cura di
Crescsntino Giannini. Ferrara, Bresciani, 1874. — Alla Città
di Padova, T Accademia Aretina nella ricorrenza del quinto
centenario dalla morte del Petrarca.
Ck)ndu88e la stampa su un codicetto del sec. XV, di buona
lezione, da lui accuratamente collazionato col codice Redi, e
iallo stesso Redi tenuto in gran conto; giovandosi inoltre di
Eiltro manoscritto in pergamena , esistente nella pubblica Bi-
blioteca di Ferrara e d'un frammento faTOritogli da Mon^ig.
Antonelli, non che delle stampe del quattrocento. Avrò io,
chiede, il Giannini, somministrato un testo scevro in tutto da
mende? Non presumo io già; ma intanto ne ò cacciati alcuni
scerpelloni, tra' quali il buon Sire; Sanson guasto y vittor di
ogni cerebrOy sostituendovi Siro, perchò riferisce i^^r^^ (1),
Sanson vasto, e vittor d* ogni celebro.
Illustrazione di un Codice dei Trionfi di Fr, Petrarca ,
esistente nella Comunale Biblioteca di Fermo e Saggio di
Varianti per il Bibliotecario Marchese Filippo Raffaelli — A
Fermo — nella Tipografia — degli eredi Paccasassi — diretta —
da Gaetano Properzi — terminata la stampa — oggi XVIII
Luglio CICICCGCLXXIV — in che Italia e Francia celebrano
<— il V Centenario •— dall a morte — di — messer Francesco
Petrarca.
L'erudito bibliografo incomincia con una dissertazione di-
lìgentissima sulle 36 edizioni del Canzoniere che possedè la
Civica di Fermo alle sue cure affidata; descrive quindi il Co-
dice de' Trionfi, che fu già degli Spinelli di Firenze, e poi di
Romolo Spezioli di Fermo, ci offre quindi le principali Va-
rianti che office il Codice, con l'edizioni a stampa, completan-
dosi cosi il ricchissimo lavoro compiuto sopra il testo dei
(1) La lezione Siro era gii stata propugnata dal Qesualdo , dal Tas-
soni e dal Muratori. ^ L' illustre co. Giov. Galvani, fece una nota, pubbli-
cate nella III Esercitazione filologica del Parenti sotto la voce Sire, dove
Erova coir autorità dei Codici ( a^ quali sen debbo aggiungere uno assai
uono della Biblioteca della Missione Urbana di Genova), e con un passo
di Cicerone nel libro primo delle Tusculane, che irrepugnabilmente la vera
lezione è Contra il buon Siro, Il luogo di Cicerone è questo: < Credo
equidem etìam alios tot seculis disputasse de aninùs, sed, quod literis ex.tet,
Pnerecides Syrus primum dixit animos hominura esse sempiternos. > Sono
dieci anni che la nota del Galvani À divulgata, e contuttociò si stampano
in Firense Petrarchi e Petrarchini coli' antica lezione falsa, falsissima. —
p. Victni, Dizionario de* protei firancesismi , Firenze, Le Mounier, 1858,
1,466.
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744 IL GANZOiriBSE
Trionfi dal professor Pasqualigo. All'iUnstrazione ddRa&i:
venne decretata una Medaglia di bronso, a titolo di ja^'
nelle feste secolari celebratesi in Provenza.
Valentinelli Oicseppb, Saggi delle più noteoaH differii:
che corrono tra alcuni codici da lui descritti e le lettoni à'i
stampe, Petrarca e Venezia, 50, 52, 68 e 69.
SoARABBLLi LucuNO, Trionfi del Petrarca secondo il C^i"^^
del Redi coUasionato con due altri senza nome (Estratto à
Propugnatore^ voi. viir, Disp. !.■). Bologna, Fava e Garagiiii-
1875.
Trionfi e Sonetti del Petrarca secondo il Cod''
Landiano di Piacenza collazionato con f Aretino dal 1^'
(Estratto dal Propugnatore^ anno vm, Disp. 4* e 5*). B>
logna, Fava e Garagnani, 1875.
Il prof Carducci , nella Prefa2Ìone del suo Saggio di i^
Testo e Comento nuovo, sulle Rime del Petrarca, ci ha dfi'
una breve ma interessantissima storia del testo del Caziziy
niere, e dove pur ci parla degli autografi, deiredizioni orkr-
nali e fondamentali, dei codici, e delle quattro età in coi egli
divide gli stampati.
IL CANZONIERE SPIRITUALIZZATO.
1536. Malipikro Frate Hieronimo, Il Petrareka Spiri-
tualcy e più precisamente intitolato (e. 9) : Sonetti et CanzoH
di messer Francesco Petrarc?ui divenuto Tkeologo et ^ri-
tuale per grcOia di Dio et studio di Frate HiBROPraio Maki
PIETRO Minoritano. In fine: stampato in Venetia appresso li
. chiesa de la Trinità. Ne gli anni del Signore MDXXXVI, d^
mese di Novembre in 4. Vi precede un dialogo introduttivo
11 Canzoniere ha questa intitolazione < — À sacri piedi di Jesi
Christo Redentore del mondo dedica, et consacra U suo Theo
logo et Spirituale Petrarca Fra Hieronimo Maripietro, Mino^
ritano. — I Sonetti son parodiati e seguono T ordine del Canza
niere. Dopo questi vengono (a e. 98) le canzoni, pur preceduti
(e. 89) da una Ammonitione di Frate Hieronimo JUaripictn
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SPIBITUALIZZ4T0. 745
in^odnCtìTa alle canzoni del suo iheologo et spirituale Pe-
trarca. Chiude il libro un Repertorio dei Sonetti e delle Canzoni.
Nel solo cinquecento ebbe dieci ristampe.
1547. Salvatorino Gioan Giacomo, Thesoro di sacra Scrit-
tura sopra le Rime del Petrarcha. Stampato in Vinegia per
Gomin de Trino di Monferrato. Con gratie et privileggi de
molti Prencipi, et specialmente della Illustrissima Signoria di
Vinegia et con Brevfe Apostolico, in 8°.
I Sonetti non contengono già una pcuHxlia di quelli del
Petrarca, ma sono meglio un centone di passi biblici, colle
rispettive citazioni in margine. I Sonetti sono 430. Di Canzoni,
non ve n' ha che una Invocation a Dio et tutti i Santi, se-
condo la Canzone: g^ueW antico mio dolce empio Signore.
1576. CoLuoci Avv. Ippolito, da Jesi, Rime spirituali. Pe-
rugia, Salviani, 1576. La più parte contiene de' Centoni del
Petrarca, in lode della Vergine.
1590. Sagliano M. Pietro Vincenzo, d'Anversa, Esposizione
spirituale sopra il Petrarca. Napoli, Caccly, 1590.
1699. Petrignani Ottaviano, accad. Filergito di Forlì, So-
netti del Petrarca, ridotti al morale. Forlì, Selva. Nel Saggio
de" Letterari esercizi di quell'Accademia, p. 109. — Forlì, Selva,
1716. Sono 107 i Sonetti: non vi fece alcun motto di prefa-
zione : solo stampò da una faccia quelli del Petrarca, dall'altra
i propri, abborracciati sempre con l'aiuto delle Rime e di qualche
verso del Petrarca. Eccone un saggio:
Voi, ch'ascoltate in rime sparse il suono
Di quei sospir, che va esalando il cote.
Per detestar quel giovenile errore,
Che mi fé in parteyaltr* uom da quel ch'or sono;
* Del vario stile, in eh' io piango, e ragiono
Fra le vere speranse e il pio dolore;
Date, eh' è giusto, al gran Poeta onore;
E de la folle audacia a me perdono.
Ben conosco 1' ardire : onde sovente
Di me medesmo meco mi vergogno,
E del vana pensier agrido la mente.
Ma sol fhitto a noi sia di ciò che agogno,
E il mostrarvi, e il conoscer chiaramente.
Che quanto piace al mondo è breve sogno.
n mio carissimo Mons. Bernardi mi dà notizia di un
mss. da lui posseduto, col titolo: Raccolta di varie Poesie
47
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746 IL CANZONIBBB 8PIBITUàUZZATO.
di sei Rimatori da Oderzo che fiorirono nel secolo JTI
tratte da manoscritti originali. Ne sono autori : Frane Mekki&\. *
IppoL Melchiori^ Gir. Casoni^ Gioo. Criunio Parisio, Ottsrv' é
Mekhiori^ Lucia Colao. E della Colao vi hanno ae9santc>r.« i
sonetti con la indicazione: Sonetti di messer Francesco Ft- ^
trarca trasportati in sacro. Ciascuno ha per epigrafe il pri^ '
verso d' uno dei sonetti del Petrarca, giusta il quale infermai ;
quello della illustre scrittrice. Non alti*imenti delle dodici Cai- '
zoni della stessa, che vi si aggiungono, e che non mancM:-
di vigore e di afetto. E perchè si conosca come T egregia C^ '
tergina sapesse volgere in onore di Dio e della Vei^gioe i
metro onde si cantarono e furono noti al mondo gli amoiidi
Laura, addurrò a saggio il primo sonetto:
Voi che in queste mie rime udite il suono
Del sublime Toscano in altro amore,
Fuggir v'esorto il giovanile errore
Mentre sperar si può dal ciel perdono.
In debil voce e stil piango e ragiono,
E profonda ragione ha il mio dolore,
Che in vana speme ho già nudrìto il core
E fatto abuso del celeste dono.
E ben si vede come al popol tatto
Favola sìa col tempo (onde sovoite
Meco sola pensando mi vergogno)
Chi dal suo vaneggiar spera buon flutto :
Però ù de' conoscer chiaramente
Che quanto {àace al mondo è breve sogno.
1544. Umbruno FfiLiaANO (frate da Givitella), Dialogo d^l
dolce morire di Giesii Christo sopra le sei visioni di Mess.
Francesco Petrarca. Venezia, Nicolini Da Sabbio. Opera j^sta
dal Concilio di Trento nel numero dei libri proibiti di prima
classe.
1765. RiGAMONTi Giuseppe, Rime di pentimento spirituale,
tratta dal Petratta, Bergamo, Locatelli. Il Marsand la dice
collezione preziosa.
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747
IMITATORI E CENTONISTI (1)
Sannazaro Jacopo, Roma, 1530. È il più antico centone,
tutto tessuto dì versi del Petrarca, e comincia: V alma mia
fiamma oltre le belle bella.
Capitolo della Madonna di Loreto^ tutto di eersi del Pe^
trarca, raccoUi per Bbusario da Cingoli, Alla Vergine delle
Vergini. Nell'edizione del Canzoniere, Venezia, Zoppino, 1536.
Accolti Fabrizio, Sonetto composto di 14 versi del Petrarca,
Poesie Toscane e Latine di diversi eccellenti ingegni. Firenze,
Torrentino, 1563.
Centoni di versi del Petrarca di M. Giulio Bidelli, sanese.
Venezia, 1544. — Ad istantia di Alberto Grazia, 1551.
Dugento stanze^ con dcfi capitoli ^ tutte di versi del Pe-
trarxa^ raccolti da Giulio Bidelli. Venezia, al segno della
Salapaandra, 1563; Verona, Discepolo, 1588; Ceneda, De Ca-
gnani, 1736.
Ridolpi Lue' Antonio^ Centone tessuto di versi del Petrarca
in lode di Artefila. Preposto al Canzoniere nelFediz. di Lione.
ToMiTANo Bernardino, Sonetto fatto tutto di versi del Pe-
trarca, Nel Fiore delle Rime raccolte dal Ruscelli, 1558, p. 105.
— Il Cresci mbeni ne riporta uno nel VP libro del 1° voi. dei
suoi Comentari intomo aW istoria della Volgar Poesia.
Paoluoci M.*" Sigismondo, soprannominato Filogenio y da
Spello. Dettò parecchi Centoni in lode di Carlo V.
Andrbini Isabella, Due Centoni. Rime, Milano, .1601.
Massini Filippo, perugino. Canzone. È V ultima che si legge
nell'ediz. delle sue Rime. Pavia, Viani, 1609.
E. A. C. , Centone Petrarchesco. Per le Nozze Masiero-
Frolli. Venezia, Merlo, 1857.
(1) Anche il Petrarca si compiacque dei Centoni : — «e Eidem Ubi Car-
men ex meo alienoque contexui , ea lege , ut primus meus , secundus ali-
cuius probati poetae versus esset : atque ita ut legentem non sententiarum
modo artificiosa oonnexio, sed verborum quoque consonantia delectaret. Qua
in re , ceu novi poematis , tenui licet, inventione gloriabar ; donec, roisso
jam carmina, deprehcndi, alios ante me hoc genus attigisse. > Ep. Fam.
ni, 4. — V. FrcicasseUi, Epist. i, 415 ; Carditcciy Saggio, p. i7.
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748 IL CANZONIERB 1
Cavofigti Fabio, di Bttonto (m. 1570). — Ogni sUnta del sao Popitì
r Espjlio, in sei canti (Ven. 1M2) , termina con un verso del Petrarca -
Della Valle Camillo, Fillide, Egloga pastorale in tersa rima. — Ogni irr-
letto termina con un verso del Petrarca, nel che Ai pure segruito óa h^
bella AMdreini, nel capitolo che incomincia:* Invidioio Amor (MUaDf>.
1007). — Ne avea prima tentata la prova Pietro Aretino in un sao Ca^.-
tolo piacevole. — Primo Donato Porfido, da Venezia, id. nella sua Eglip
intitolata U Gittdizio di Parie, Napoli, 1602. Il Quadrio ne ricorda di Lr.' '
Capilupi, di Ercole Cavalletti, di Oiatnb. Vitali, di Panfilio Gimfme-ir
il Crescimbenif di Angelo di Coetanza Pichini,
Thomàsio Zacharu, Le lagrime nella immatura morie di
M. Bartolomeo Thomctsio, suo unico fratello^ sopra le rime
del Petrarca in morte di M, Laura, Vineggia, 1552.
Paterno Lodovico, napolitano, Il Nuovo Petrarca^ Vwiezia.
Valvasori-Guadagnino, 1560. -^ Nuove Fiamme, Venezia, 1561;
Lione, Rovilìo, 1568. — La Mirzia, Parte L* e II.*; Napob,
Scotto, 1564; Parte III*, Palermo, Maida, 1568, — Volle imi-
tare, dice il Quadrio» od emulare il Petrarca ; e e come quesd
un volume di Rime composto aveva sopra Laura, cosi egli
un volume anche maggiore far ne volle sopra Mirzia. »
Lalli Giamb. (n. in Norcia il P Luglio 1572), Rime del
Petrarca mutate in stile e concetti burleschi e Centone. RomÀ,
Cavalli, 1638.
Giustiniani Pier Giuseppe, (m. a Genova nel 1651), Poesie
alla maniera del Petrarca, Genova, 1639. — Venezia, 1620.
Colonna Stefano, I Sonetti, Le Canzoni, e i Trionfi di
M. Laura in risposta di M. Francesco Petrarca per le sue
Rime in vita e in morte di Lei pervenuti alle mani del fna^
gnifico M, Stefano Colonna, Gentiluomo romano, non p^r
r addietro dati alla luce. Vinezia, Comin da Trino di Mon-
ferrato, 1552; Venezia, Bassaglia, 1740.
BoNOiovANNi Pellegrina (Ei*BÌlia Oortinia Arcade), JRispo^
sta a nome di M, Laura alle rime di M, Francesco Peirarra.
Roma, Franzesi e P^)erì, 1762; Milano, Galeazzi, 1763.
Trionfi di Amore di M. Francesco Petrarca trasportaci di
terza in ottava rime. Senza nota di luogo o di stampatore o
d* autore.
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749
GRAMMATICI, RETORI, RACCOGLITORI,
Libumio mess, Nicolò^ Pievano di S. Fosca in Venezia, can.
della ducale basii, di S. Marco (n. a Venezia 1474, yì mori il
22 Sett. 1567), Le tre Fontane, in tre libri divise, sopra la
Grammatica et Eloquenza di Dante Petrarcha et Boccaccio.
Venezia, De Gregoriis, 1516; Marchio Sessa, 1531 ; De Sabbio,
1534; Sessa, 1554.
Luna Fabrizio, Vocabolario di cinque mila vocaboli toschi
non men oscuri, che utili e necessari del Furioso, Boccaccio,
Petrarcha e Dante , novamente dichiarati, e raccolti per alfa-
beto. Napoh, Sultzbach, 27 Ottobre 1536.
È pieno di voci cotanto strane che ci vorrebbe un altro
vocabolario per intendere il suo. Apostolo Zeno.
Ateneo Nicolò, La Grammatica Volgare trovata ne le opere
di Dante, di Fr. Petrarca, di Giovan Boccaccio. Napoli, Sultz-
bach, 1538.
L* Ateneo conferma i suoi precetti cogli esempi tolti segna-
tamente dal Canzoniere del Petrarca.
Alunno M. F,y da Ferrara (Del Bailo). — Le Ricchezze della
lingua volgare sopra il Boccaccio con le dichiarazioni regole
osservazioni cadenze e desinenze di tutte le voci del Boccaccio
e del Petrarca per ordine d'alfabeto. Venezia, Aldo, 1543 e
1551; id. Gherardo, 1557; id. Bonelli, 1555.
La Fabbrica del Mondo nella quale si contengono le voci
di Dante, Petrarcha — Venezia, De Bassarini, bresciano, 1546;
id. Sansovino, 1558, 1560, 1562, 1568, 1570, 1575; Id. Comm
da Trino, 1555; Id. Rampazzetto, 1562; Id. Giamb. Porta,
1584; id. Uscio, 1588; id. Ugolino, 1593, 1600.
n Tassoni, forse troppo severamente, la chiama fabbrica
di mattoni mal cotti.
Acharisio Alberto, da Cento, Vocabolario, grammatica et
ortografia de la lingua volgare, con esposizione di molti luoghi
di Dante, del Petrarca, ecc. Cento, in casa dell' autore, Zugno,
1543; Venezia, Valgrìsio, 1550.
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750 IL CANZONIBRB
Scrive di avei'la compilata per sé, per i suoi figli e a be-
neficio del prossimo.
Dolce L.y II Petrarca corretto. Venezia, Giolito, 1557. —
Ha non solo gli Avvertimenti del Camillo, ma di più gV ladks
dei concetti^ delle parole, degli epiteti, fisitiche tutte del Dok«,
col raccoglimento infine delle desinenze e delle rime,
Modi affigurati e voci scelte ed eleganti àéUsk, Tolgar
lingua. Venezia, Marchiò Sessa, 1564.
Dal principio alla pag. 263 si trovano le cose degne da
esser notate nel Canzoniere.
De la Barba Simone, da Pescia, La Topica di Cicerone
col comento di Pompeo De la Barba, nel quale si moslrand
gli esempi di tutti i luogiii cavati da Dante, da Petrarca e
dal Boccaccio. Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari, 1566. Mi-
lano, Silvestri, 1847.
Sossi Gir., Ragioni che la volgar lingua abbia avuto dal Pe-
trarca e dal Boccaccio il compimento suo. Padova, Pasquali, 1570.
Buonamici Francesco, Discorsi poetici. Firenze, Marescotti.
1597. — Nel discorso secondo, si parla della veste del Pe-
trarca, su cui egli soleva scrivere le cosi dette chiavi de* suoi
Sonetti e delle sue Canzoni.
The principal Rules of the italian Grammar and Dictio-
nary, for the better understanding of Boccace, Petrarch, and
Dante. London, 1550, 1561, 1567.
L*Arte Poetica del signor Antonio JUBntumo da Truetto
(Sebastiani da Minturno, Vescovo di Ugento e poi di Gotrone),
nella quale con la dottrina dei Sonetti, Canzoni ed ogm sorta
di rime toscane s* insegna il modo che tenne il Petrarca ndie
sue opere. Venezia, Valvasori, 1564; Napoli, Muzio, 1725. H
Carducci dice il Minturno critico, secondo i tempi, dottissimo.
Atiendolo G., (m. nel 1584, fiaccato dalle ruote di ira carro),
L* unità della materia poetica sotto dieci predicamene esami-
nata nei due principi della toscana e latina poesia Petrarca e
Vigilio. Napoli, 1724.
Bisso Giambatista, (della e. di G.), Voci e locuzioni poe-
tiche di Dante, Petrarca. — Palermo, Ferrer, 1756. — Intro-
duzione della volgar Poesia. Venezia, 1778. Leggoasi degli
Avvertimenti sul modo di ben comporrre il Sonetto, allegando
e spiegando i più bei passi del Petrarca. Marsand»
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GRABfMATICl, RSTOBI, RACOOOLITORI. 751
Raccolta di tutte le voa scoperte sul Vocabolario ultimo
della Crusca, e aggiunta di altre che ci mancano di Dante,
Petrarca, Boccaccio, compilata da Domenico Bergamini. Ve-
nezia, stamp. Radiciana, 1760.
Due opuscoli del sig. Gtoo. Agostino Zeviani, il primo inti-
tolato Metastasdo maestro, T altro del Canto ed ornamento
poetico lirico italiano con T indicazione delle piti eccellenti bel-
lezze del Petrarca. Verona, Moroni, 1787.
Francheggiarono , più che altro, ie lor regole ed i lor awertimentt
coli' autorità e cogli esempi del Petrarca i seguenti autori : Pranceaeo
Fortunio^ Regole grammaticali della Volgar lingua, Venezia, Aldo,
1515; Venesia, 1558. — Gir. Ruscelli, Tre discorsi a Lodovico Dolce,
Venezia, Pietrasanta, 1563; Le Regole OrammaticaU, Venezia, Griffio,
1558. — > Dolce Lodovico, Quattro libri delle osservazioni sulla lingua vol-
gare , Venezia , Giolito , 1551. — Matteo co. di S. Martino , Osservazioni
grammaticali e poetiche della lingua Italiana, Roma, Dorico, 1555. — San-
sorino Francesco. Le osservazioni della lingua volgare. Venezia, 1502. Jd.,
L' arte oratoria, 1516. — Cittadini Ceìto^ Le orìgini della volgar toscana
favella. Siena, 1604, e nelle Rime Platoniche. Cittadini, Opere. Roma, Roffi,
1731. — > Osano Giovanni, Tesoro di concetti poetici scelti da più illustri
poeti toscani, Venezia, Deuchino, 1610. — Menagio Egidio, nelle sue Mesco-
lanze, Parigi, Bilaine, 1678; Venezia, Pasquali, 1736; Origine della lingua
italiana con la giunta di modi di dire italiani , Ginevra , Chouet , 1665. -*^
Creècivnbeni Mario, Bellesze della volgar Poesia, Roma, De Rossi, 1708.
Rimario di tutte le cadente di Dante e Petrarca retecohe
da PiELLEGRiNO MoRBTTO, mantovano, (Fulmo Pellegrino Mo-
rati^ padre della celebre Olimpia). Venezia, Zoppino, 1508;
Ugnarne, 1532; Bindoni et Mapheo Pasini, 1533, 1541, 1546,
1544; FrataUi da Sabbio 1550; Rampazzetto, 1558 e 1565.
Rimario nuotDO di tutte le concordanze del Petrarcha per
Giovanni Maria Lanfranoo, parmesano. Brescia, Jac. Philippo
da Cigoli, 1531. <-— Neil* edizione del Canzoniere, Venezia, Pie-
trasanta, 1556.
Rimario di Benbdbtto Del Falco, contenente oltre le voci
usate da Dante e dal Petrarca.... Napoli, Mathio Canze,
1535.
RiDOLFi Lue' Antonio, Tavola di tutte le rime de i sonetti
e canzoni del Petrarca, ridotti coi versi interi sotto le cinque
lettere vocali, Venetàa, Bevilacqua, 1563 ; Nicolinì, 1573 ; Lione,
Rovilk), 1574
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752 IL CANZOMBRB
Rimario lirico o sia tavola di tutte le rime de" cm^ve
prinàpali poeti Urici ^ Petrarca ^ eoe. Bei^g^amo, Lanoeloto),
1746, 1760; Venezia, NoveUi, 1764.
« Nella biblioteca Ferrarese vi è un cod. mss. del sec, XVI, di e tifi
namerate , ed S aeasa numeri , contenente un Rimario deUe cadenHe di
Fr. Petrarca delle quali non si conoBce V autore, che ali' olttaio ÓA fibra
annoto conlenervisi in numero di 10,141, i rersi da lui riportati per in-
tero. » Cittadella N.^ Il Petrarca in Ferrara , p. 90. — La Moreìaiia pos-
«iede pure un Rimario inedito del Canzoniere (Cod. cart. L. ix, S14, e. 9'
del sec. XVI, già appartenente ad Apostolo Zeno), di mano dd Bi«^i£«e
signor Paolo Alvarotlo. Il Rimario è intitolato : ChmrvatiotU di rime trass I
dal micantiésimo lume dei poeti moderni messer Fr. Pisirttrea,
Versi morali et senientiosi di Dante j del Petrwrca^ ecc^
per utilità comune insieme raccolti, la Venetia ne la oonirads
di S. Marìa Formosa, 1553, di pag. 204.
Sentenze e Praterbi del Petraca^ ridotti per ordine di
alfabeto. Nell*Ediz. del Canzoniere, Venetia, Barezzi, 1592.
Miniati Giovanni, da Prato, Comparaziom sentenze e dati
piii notabili del Petrarca, Firenze, Volemar Timan, 1607.
Sentenze tratte dalle principali opere dei quattro po^
italiani, cioè dalla Divina Commedia, dal Canzoniere di Fr.
Petrarca, eoe. Milano, Schiepatti, 1831.
FsHRAEn Jacopo, Sentenze del Canzoniere. <— Proverbi. —
Altri detti memorabili e sentenziosi, — SimiUiudini tolte da^
umani costumi e dal cuore umano. Man. Dant m , 22d-260.
Raccolta di sentenze, mttssùne, concetti suhUmi, sùmUtu^
dmi e comparazioni dei quattro classici italiani Dante Ali-
ghieri, Fr. Petreu^ca, Lodovico Ariosto, T. Tasso, eseguita ed
ordinata dal dott. Anacleto Bizzarri e da Ippouto Booa. Fi-
renze, Tofani, 1872.
Indice di tutti i nomi propri della Storia e della Geo^
grafia che s* incontrano nelle Rime del Petrarca. N^*edìz.
del Canzoniere' della Minerva, Padova, 1827.
APOLOGIE E CENSURE.
Il Petrarchista, Dialogo di Nicolò Franco da Benevento,
(m. nel 1570, sedendo Pontefice Pio V, impeeo Mila forca),
nel quale si scuoprono nuovi segreti aopra il Rrtrarca • ai
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APOLOGIE E. CENSURE. 753
taxino e si leggono molte lettere che il medemo Petrarca in'
Lngiia toscana scrisse a diverse persone. Cose rare nò mai
>iii vedute poste in luce. Venezia, Gabriel Giolito deTerrari, 1539,
Lo41, 1543. — V. Fracassetti, Epist. del Petrarca, toI. i, p. 382.
Li due Petrarchisti, Dialoghi di Nicolò Franco e di Ercole
Giowinmniy e si danno a leggere molte lettere missive e re-
sponsive che lo stesso Petrarca in lingua toscana scrisse. Ve-
[lesda, Barezzi, 1633.
doppio Eteronimo, Ragionamento in difesa di Dante et del
Petrarca. Bologna, Rossi, 1585.
Massini Filippo^ Estatico, Insensato, Lezioni recitate da lui
pubblicamente nell'Accademia degl'Insensati di Perugia. Pe-
rugia, Petrucci, 1588.
La prima lezione è in difesa del Petrarca contro le oppo-
sizioni del Castelvetro, recitata dall'Autore nel reggimento di
Pietro Antonio Gliiberti, detto lo Spensierato. Questa difesa si
trova pur inserita neir edizione delio Zatta, voi. ii, p. 594.
Risposta di Gioseffe degU Aromatari, d* Assisi, alle Consi-
derazioni di Alessandro Tassoni sopra le Rime del Petrarca.
Padova, ladra, 1611.
Le scrisse ne' suoi venti anni, studiando in Padova filosofia
sotto il Cremonioi. Dell' Aromatari scrisse la vita Giamb. Fabri,
Venezia, Milocco, 1661.
Avvertimenti di Crescenzio Pepe (Al. Tassoni), da Susa> al
sig. Gioseffo d^li Aromatari. Modena, Cassiani, 161 L
Dialoghi di Falcidio Melampodio (losef Aromatari), in ri-
sposta agli Avvertimenti dati sotto il nome di Crescenzio Pepe. . . .
Venezia, Deuchino, 1613; id. 1623.
La Tenda Rossa, risposta di Gir, NomisenU (Al. Tassoni),
ai Dialoghi di Falcidio Melampodio. Ignem gladio ne fodias.
Franfort (Modena), 1613 e 1702.
Diede il Tassoni il titolo di Tenda Rossa a quest* opera,
mosso dall'esempio di Tamerlano, che nelle sue guerre ed
assedj esponeva prima una Tenda Bianca, in segno di gen^
rale perdono ; nel giorno vegnente una Tenda RossOy per in-
dizio di morte, a chi avesse prese le armi ; e nel terzo giorno
una Tenda Nera per segno di totale esterminio d'ogni sesso
ed età. L* Assisate avrebbe di certo repUcato, se non si fossero
frammewi gli amici di entrambi.
y Google
754 IL CANZONIBRB
Aristotile, Rettorìea fiitta in lingua toscana dal com. A.
Caro, accresciuta di ima Pre&zione del dott. Biagio Sdiiopo.
Venezia, Bassaglia, 1732. La Pre&zione ò quasi tutta contro
il Muratori in difesa del Petrarca.
Lettera di M. Fa. Pstrarga., all'Autore della Pre£uìO£€
premessa alla Rettorìea di Aristotile, ecc. Venezia, G«nDÙa.
1733.
« È la difesa di un Petrar^ista, intrapresa col nome stesse
del Petrarca, contro le Osservazioni crìtiche del Muratori, cbe
nell* opera della perfetta Poesia non rìsparmiò gran fatto qu4
principe de* lirìd italiani. Il nome di questo contro crìtico mi
è ftiggito. » — Lancetd^ Pseudomini, 318. — Il Marsand ritieiH
pur questo lavoro del dott. Biagio Schiavi à* Este.
Quirini, intomo a varì passi del Petrarca criticati dal Mc-
ratorì, Lettera ali* ab; Giovanni QuirìnL Venezia, Ocdd, 1751.
Risposta di Jacopo MarUnenghi al libretto intitolato. Lettere
di M. Francesco Petrarca alF Autore della Prefazione, ecc. Ve>
nezia, Baseggio, 1733.
Rispoeta di V. Cavallucci (perugino, n. 1700, m. 1784), alle
Lettere scrìtte a nome del Petrarca ali* Autore della Preù-
zione Perugia, Costantini e Maurìzi, 1761.
Il Filalete^ Dialogo in difesa del Petrarca, considerato come
poeta e contro le accuse date sullo stile de^ sum compooimenti
e sulla qualità del suo amore. Venezia, Tabacco, 1738.
Belli Anima TranquiUino, Lettera sopra una nota del Ti-
boschi intorno Fr. Petrarca. Arezzo, 1786.
Prende la difesa del Poeta contro un Frate Maestro dei
sacro Palazzo. La data di questo spiritoso opuscf^^ come lo
chiama il Comianì ne* suoi Secoli della Letteratura italiana, è
falsa, essendo 'stato stampato a Milano.
Pietropoli dott, Giampietro, Il Petrarca impugnato dal Pe-
trarca, ecc. Venezia, Alrìsopoli, 1818.
I. Saggio sui pensierì del Gantor di Laura. — II. Buon g}ss,to
del Petrarca. — III. Sulla buona memoria del Poeta. — IV. Lin-
gua e r elezione di Messere. — V. Sul crìterìo delF incoronato
prìncipe dei Vati. — VI. Moralità dell* Arcidiacono di Parma.
— VII. Carattere, e sulla sorte poHtìca dei eanon^d*An}uà. —
Vili. Riepilogo per dare V ultimo saggio sulla stabilità degli
argomenti del nostro Lirico. — V. FracasseUi, Epist ii, Wò,
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755
ILLUSTRAZIONI DI CODICI.
Absighi Ltnoi, Illustrazione cU codice autografi) di mess,
'V. Petrarca occulto alla repubblica letteraria fin dall'anno
501. PMtrobmrgo, Stamp. del Dipartimento deiristruzione pub-
dica, 1825.
lilustraHoni e dichiarazioni intorno ad un codice auto^
frafb delle poesie volgari di Fr, Petrarca scoperto e posseduto
lai sig. Luigi Arrighi in Pietroburgo. Milano, Silvestri, 1826.
Valentinelli Oii/SBPPB, / codici mss. di Opere di Fran^
•ieseo Petrarca ed a lui riferentesi posseduti dalla Biblioteca
Marciana di Venezia. Petrarca e Venezia, p. 41-147.
Lavoro mirabile di erudizione e dì diligenza. I codici illu-
strati B<HìO 101 ch*ei divise: 1. Opere italiane, 1-36 dalla pag.
47 alla 74. — IL Opere latine, A. Prose, Lettere, 37-58, p. 75,
96. b. Prose Varie, 59^0, p. 97-1 18. — B. Poesie, 81-90, p.
119-130. — III. Opere su Prancesco Petrarca, 91-101. p. 131-
147. — n Valentinelli ne indica i caratteri, ch'ei dice estemi
del libro, occupandosi i»ù specialmente del contenuto, della
correzione o meno del testo, dell' importanza delle varie lezioni,
delle note, delle giunte, delle collazioni tra 'loro o di questi
colle stampe, delle parti inedite, del nome de' possessori, del-
l' uso fattone , del vantaggio che se ne può ritrarre. Come il
destro gli si pronenta, non trascura di darci dei saggi delle
differenxe che con'ono tra i codici descrìtti e le lezioni delle
stampe. — Q Nardueci, giudice competentissimo, chiama vera-
mente magistrale 1* illustrazione del Valentinelli. Non solo vi è
illustrata la bibliografia del sonrnio filosofo e poeta, ma eziandio
la storia delle varie sue opere. Cod. Gov. p. 174.
Ubbani Dombncoo, Due Codici delle cose volgari di Fr.
Petrarca conservati nella Biblioteca del Museo civico di Ve^
nezia. Petrarca e Venezia, 149-175.
Tutti e due abbracciano il Canzoniere ed i Trionfi; tutti
e due appartennero alla raccolta di Teodoro Correr, derivanti
dalla librerìa del Senatore Giacomo Soranzo. Nò solo ce no
offi« un'accurata descrizione, ma pure un saggio di Varianti >
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756 IL CANZOmBRE
e del Cod. membr. Libr. B S e: 5 N. 7 ci dà TcMnlme eoB cai
80Q posti ì componimanti.
Malvezzi 0. M. , Codice Petrarchesco posseduto dai noè,
com. Emilio de Tipaldo. Petrarca e Venezia, 177-186.
Questo Codice, tuttavia inesplorato, appartenne -a Bernard
dino Barbo. Il Malvezzi riporta la nota che vi si leggi»: P<^
trarcei Carminis dukedine captus Bemardinus Baràus Frm¥
asci Petti fiUus miisarum emulcOor YoUtmen hoc Déoaru^li
auribus non indignum. Siìn posterisque et optitnitrutn tantum
amicorum gratuito usui. Peculiari sumpiu studitit campa"
randum: ne computetur in Assem. — Il mas. forse oootoD-
poraneo, o quasi, al Petrarca. Bello sarebbe, dice fl Malvezzi,
ma di lunga lena uno studio sulle varianti. £i non potè re-
sistere al desiderio di dame un Saggio, riportando il Sonetto
Spinse Amor (lxxhi, p. 2), e concbiude «eh* è Heto di avéa-
additato, od almeno ricordato, agli eruditi un* altra fonte, die.
studiata a dovere, specialmente riguardo alle varianti, potrebbe.
per avventura, giovare, non che altro, agi* interessi della lingua
nostra nei rapporti filologici. »
Naadloci Enrico, / Codici Petrarcheschi delle BibSotechc
Governative del Regno indicati per cura del Ministero della
pubblica Istruzione. Roma, Tip. Romana, 1874.
Catalogo dei Codici Petrarcheschi delie biblioteche
Barberina^ Chigiana, Corsiniana^ Vallicelliana e VaOcana^ e
delle edizioni Petrarchesche esistenti nelle Biblioteche pubbU-
che di Roma, Roma, Tip. Romana, 1874.
Fu lodevoUssimo intendimento del Ministero della pubblica
Istruzione di volere cbe per le solenni secolari onoranze a Fr.
Petrarca^ venisse in luce una descrizione di tutti i codici Pe-
trarcbesdii conservati nelle Biblioteche governative d^ regno.
Sono 419 mss. che pongon in chiaro quanta ricchezza lette-
raria posseggano in proposito le librerie italiane. Il non facile
compito di ordinara le notizie alPuopo fomite dai rispettivi'
Bibliotecari, venne affidato al valoroso preside dell* Alessan-
drina, il quale se ne sdebitò da par suo. « La distribuzione
dei lavori petrarcheschi ò stata fatta per dascuna Biblioteca
in ordine al&betico delle singole città, ponendo innanzi gVi-
taliani, fra i quali in primo luogo le Rime, gloria immortale
e popolarissima del cantore di Laura e di Gola di Bàsazo;
y Google
ILLUSTRAZIONI DI CODICI. 757
uindi i latim, con quell'approssimativo ordine cronologico di
om posizione seguito anche dal eh. Fraticelli ; da ultimo le
ersioni, le opere suppositizie ed apocrife, le biografìe ed altri
critti riguardanti il Petrarca. > Né a tanto si tenne contento
L Narducd. Ei ci fò dono di un altro catalogo dei codici Pe-
rarcfaescfai conservati nelle Biblioteche pubbliche di Roma,
he non sono in potestà del Governo, cioè la Barberina, la
3hi^iana, la Gorsiniana, la Valh'celliana e kr Vaticana, e ne
ibbe il bel rìsult amento di altri 184 codici. A rendere più in-
ereasante e insieme più proficuo il suo lavoro volealo corre-
lato di tre indici; delle Biblioteche cioè, delle opere illustrate,
t dei nomi ricordati. Degnissimo poi d'ogni lode, e per la
QOTÌtà, e come esercizio del modo semplicissimo col quale si
può dare in un solo corpo il catalogo di quante biblioteche si
rog-liano, in modo che non ne scapiti l'ordinata serie di ciascuna,
mi parve il catalogo di tutti gli esemplari esistenti nelle Bi-
blioteche pubbliche romane di edizioni di opere del Petrarca.
In breve, il lavoro dell' egregio sig. Narducci e per la postavi
diligenza, e per l' ordine con che venne distribuita la materia,
non può non tornare di grande soccorso agii studi Petrarcheschi.
Capparozzo Andrea , Rime del Petrarca , Codice cartaceo
della Biblioteca BertoUana di Vicenza. Paroni, 1876.
Ci descrive accuratamente il Codice vicentino, e ci dà conto
delle rime in esso interpolate, edite ed inedite, aggiungendovi
un buon corredo di notizie bibliografiche.
Nella Libreria di Santa Maria Nuova di Monreale (Sicilia) si conserva
un codice memljranaceo dei Trionfi del Petrarca. Consta di e. 46 non nume-
rate, è in 16°: la scrittura tennina a pag. 91, dopo l'ultimo verso dei
Trionfi, con queste parole : Francisci Petrarcae poetae clarissimi ethernitatis
triumphus sestus et ultimus feliciter explicitur, Laus Deo. A. D. O MCDXXXII
Die XV Aprilis. — Ogni pagina contiene otto tersine : la iniziale del primo
verso d*ogni capitolo è ad oro e miniata : nella prima pagina la miniatura
è più bella e più grande , ed una cornice , più miniata , chiude i versi di
tutta la pagina : in basso lo stemma , in miniatura , della nobile famiglia
siciliana de' Termini , cioè : scudo di azzurro , con una fascia d' oro , ac-
compagnata da tre stdle, poste due al capo e una in punta. Nel principio
della pag. 1 ai legge : ClarisHmi poetae FrancUci Petrarce triphunpho*
rum (sic) VI liber unicua incipit feliciter imprimis ut amor umett (sic)
M. V. N. D. V. M. — Il Codice è probabilmente scritto in Sicilia e da Si-
ciliano, e sarebbe importante uno studio su esso. — Di questa illustrazione
mi professo debitore ali* egregio mio amico Salvatore Salomone Marino.
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758 IL CàNIONISRB
EDIZIONI — BIBUOORAFIA.
PnzàNà Angilo, Notizie bibUcffrafiche inionu> a éme n-
rissime edizioni del secolo XIV, Parma, Bodoni, 1806.
MsNifiiiELU A. (n. a Parma il 6 Agosto 1785. — V. La sJ
vita. Memoria postuma, Padova, Sioca, 1845), DeiTedis, ddk
Rime del Petrarca per opera e studio del prof, àùareamd.
Padova, Minerva, 1820.
Edizione singolarissima del Canzoniere del Peùnaroa 6t^
scritta dalTavv, Domjsnioo RoaBvrn, Tnaate, Maraiùgh, 18^^
— Di una antica ediòone ssoia data, ritenuta la pi« ìàzzMm
di quante esistono. Ei conclude ch'era stata impressa da ose
stampatore alemanno tra il 1473 ed il 1475, con oaratten
mobili, ovvero su piastre intere di legno o di metallo dietro
una maniera stereotipa. Il testo^ a quanto ne pensa, è il aa-
desimo dell'edizione di Jenson.
ScoLABi Filippo, Lettera sulle edizioni del Petrurea, IS2Ù
e 1829. Treviso, AndreoU, 1830.
Volpi 0., Catalogo di molte delle principali edizioni che so9c
state fatte del Canzoniere di messer Francesco Petrarca di-
sposto per ordine di cronologia e arricchito di qualche ossa--
vazione, — Neil* edizione del Canzoniere, Padova, Cornino, 1722,
LXiv-civ. — Ora in vari luoghi corretto e accresciuto, Padova.
Cornino, 1732, p. 391-440. — Venezia, Zatta, 1756, p. 540^74.
Parigi, Prault, 1768. —Milano, Classici, 1805, p. 272-337.-
Londra, Bnlwer, 1811, Ediz. del Zotti. — Lipsia, Altenbnrgo,
Brochkaus, 1818, ed. Fernow.
Gamba Bantolombo, Serie dei Testi di lingua. Venezia,
Alvisopoli, 1820. — Petrarca, 150-161.
Zambrini F., Le opere volgari a stampa del secolo XIJI e
XIV indicate e descritte, Bologna, Romagnoli, 1866. — Pe-
trarca, 340-356.
Raffaelli fifARCHBSE Fiuppo , Edizioni esistenti nella Co-
munale Biblioteca di Fermo^ descritte. Illustrazione di un co-
dice de' Trionfi, Fermo, Paccasassi, 1874, p. xiv-xxvm.
y Google
BDizima — BiBLioeRAFu. 759
Nmiduoci Enrico , Catalogo delie Edizioni Petrarchesche
esistenti nelle Biblioteche pubbliche di Roma. Catalogo dei
Z^odiei Petrarcheschi della Bapberìna^ ecc., p. 71-96.
Le pubbliche Biblioteche di Rime contano 102 edizioni del
Canzoniere, 19 del quattrocento; 59 del seicento; 4 del 600; 12
del settecento, ed 8 deir ottocento: gli esemplari sommano a 168.
Biblioteca Petrarchesca fbrmaia, posseduta y descritta ed
iUustraia dal prof . A. Massand. Milano, Giusti, 1826. — Ediz.
di soli 150 Esemplari.
P. I.*^ Edizioni del Canzoniere e dei Trionfi di Francesco
Petrarca, Sez. unica, p. 3-147. — P. IL* Scrittori intorno alla
vita ed al Canzoniere del Petrarca, 147-149. — Scrittori della
TÌta di Fr. Petì*arca e di ciò die alla vita di lui appartiene,
149. Spositorì ed illustratori in tutto o in parte del Canzo-
niere e dei Trionfi del Petrarca , p. 166. — Traduttori, imita-
tori e scrittori per qualsivoglia maniera di cose o che lo ri-
guardano, 191. — Breve ragionamento intorno il Celibato di
Laura, 231. — P. III.* Codici mss. del Canzonieri e de' Tionfi,
237. — Codici mss. del Canzoniere e de* Trionfi del Petrarca,
senza nota d'anno, 239. — Con nota d'anno, 249. — Codici
mas. che alla detta poesia volgare o alla vita di lui appar-
tengono, 255. — Tavola I.* nella quale si contengono disposti
per ordine alfabetico i principii di alcuni Sonetti o di alcune
Canzoni di Francesco Petrarca . . . intomo a' quali son stati fatti
dei speciali commenti^ 261. — Tav. IL* nella quale si notano
i libri a stampa più preziosi che sono in questa Biblioteca o
per la loro rarità, o per la loro forma o per la qualità della
carta o d'altra materia, 263. Id. Le Rime del Petrarca, Pa-
dova, Sem. 1820, p. 293-427; Id. Ediz. Ciardetti, 1821, p. 293-
427; Fir. Ediz. Pagni, 1826.
Rossetti Domenico, Raccolta di edizioni di tutte le opere
del Petrarca.,., Venezia, Picotti, 1822.
Catalogo della Raccolta che per la Bibliografia del
Petrarca e di Pio II è già posseduta e si va continuando.
Trieste, Marenigh, 1834.
Continuazione del Catalogo di pag. 8.
HoBTis Attilio, Catalogo delle Opere di Francesco Pe-
trarca esistenti nella Petrarchesca RosetHana di Trieste, ag-
y Google
760 IL Q^MZONIBBB
giuntavi V iconografia della medesima, Trieste , Af^Mlonis $
Capria, 1874.
Dopo gli accuratissimi cataloghi del Marsand e dell' Hortiss
qualunque altro lavoro illustrativo delle edizioni del Canin-
niere, tornerebbe affiitto inutile, ed io pur dubiterà si pote^^
far meglio. — Percorrendo qu^o dell' Hortis , in cai hai sc>
t' occhio non solo i titoli precisi d'ogni edizione, ma diliga:-
temente notata ogni più minuta partìcolaiità bibliografica, dc^
solo ti par quasi d'aver tra le mani 1* edizione che desiden.
ma ci trovi ammanite tante interessanti notizie che ti agevo-
lano la via alle ricerche. -*> Nò T Hortis si ristrinse al sc4;
Canzoniere, ma ci aggiunse T illustrazione dell'Opere lati^
Petrarchesche che possedè la Rossettiana; illustrazione a&nc
nuova, trattandosi di opere da pochissimi e talora da nessuno
rammentate, o accennate troppo brevemente. A dir corco, L
lavoro dell' Hortis non è di giovine, ma di bibliografo conss-
matissimo.
SPECCHIO CRONOLOGICO COMPARATIVO
delle edlalonl del quattro grandi Poeti Itftltaal.
DA.NTB
PETRAHCA
ARIOSTO
1
T- TASSO
SECOLO
La
Div. Comm.
u
Canzoniere
Orlando
Furioso
Gertisalocami .
Ubera ia
XV
15
34
— .
_ 1
XVI
30
167
176
33 1
XVII
3
17
38
101 1
XVIII
. 31
46
64
115
XIX
216
128
151
«55 !
295
392
429
504 i
II
L^ edizione principe della Divina Comedia è quella di Fo-
ligno per Giov. Numeister ed Evang. Mei del 1472; del Can-
zoniere quella di Vindelin da Spira del 1470: del Furioso h
Ferrarese di Giov. Mazzocco del 1516, 22 Àpr. elegantemente
y Google
EDIZIONI — BIBLIOGRAFIA. 761
riprodotta, per cura del prof. GiauDini, dal Taddei a di XXIV
Maggio MDCCCLXXV ; della Gerusalemme Liberata la veneta
del Cayalcalupo, 1580.
Lo stadio del Fapanni sulle edizioni della Divina Comedia
non va oltre il 1864. Ne' 13 anni seguenti se ne contano di
presso a 30 : il Sonzogno, dal 1873, fece cinque tirature della
sua ediz. stereotipa col cemento del Camerini. Il Catalogo del-
l' Hortis giunge sino al principio del 1874. Di edizioni poste-
riori non conosco che la minutissima edizione del Cavegnari
di Este, 1874, e quella economica del Sonzogno, con T inter-
pretazione del Leopardi e con note ined. di B. Camerini, 1875.
L'ultima ediz. del Furioso citata dal Guidi è del 1858; della
Gerusalemme è del 1864.
Secondo le indicazioni dello stesso Guidi, si conterebbero
altre 50 edizioni del Furioso e della Gerusalemme, nelle varie
stampe che si fecero del Parnaso classico italiano.
n Dante, nel 600, ebbe sole 3 edizioni; nessuna dal 1665
al 1700: il Canzoniere n'ebbe invece 17; nessuna dal 1670 al
1710. Il Furioso dell'Ariosto non fu ristampato dal 1668 al
1713; per lo contrario continuaronsi l'edizioni della Gerusa-
lenune di T. Tasso : il maggiore intervallo c^^e corse da una
stampa all'altra fu di 5 anni.
La città che dal 1477 al 1859, secondo il diligentissimo
Fapanni, ha pubblicato più edizioni della Divina Commedia è
' Venezia che ne fece 57; Firenze ha seconda il vanto di 48
edizioni ; Milano di 31 ; Parigi di 28 ; Napoli di 27 ; Londra
di 8; Roma di 7, ecc.
Oltre 200 edizioni avrebbe avuto il Canzoniere nella sola
Venezia: ne novera 38 Firenze; 18 Milano e Parigi; 12 Lione;
11 Napoli; 10 Padova; 6 Londra; 5 Roma; 4 Torino. La
prima edizione di Torino non ò che del 1825, uscita da' tipi
di Alliana e Paravia.
11 Furioso, secondo il Guidi, avrebbe avuto da 220 ediz.
nella sola Venezia; 40 a Firenze; 27 a Milano; 25 a Parigi,
10 a Prato; 8 a Londra ed 8 a Bassano, ecc. — È notevole
che la prima edizione di Milano non dati che dal 1806.
Della Gerusalemme, Venezia conta oltre a 120 ediz.; 47
Firenze; 41 Parigi; 32 Napoli; 31 Milano; 21 Torino; Bas-
sano 9; Como e Prato 8, ecc.
48
Digitized by V^OOQlC
762 IL CANZONISBB
Più traduttori, e in più lin^e, ebbe la Divina Commedia :
r Ariosto nella sola Francia ne conta 20, come vuole il GmùL
e con 90 edizioni; 26 la Gerusalemme, con 136 edizioni. Ma
il Guidi non mi è di grande autorità, giacché troppo spesso
non si appoggia che ai cataloghi, spesso d dà ì tit(^ monda
affittto; nella citazione delle versioni non di rado ci tace il
nome del traduttore: oltreochò le lacune da me notate soc
molte, segnatamente riguardo le nazioni la cui letteratura noD
è guari in Italia conosciuta.
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763
OPEI^E LATINE
AFRICA (1).
O mea , non parrò wllil eonsnmmaU labore,
AMca, dam creacis, dnmte relegenaqne, comenaqnOy
Mnlceo... Àfrica, tx, 4tl.
Fr, Petrarchae Africa quam recensutt, praefatione, noiis
et appendicibus illustrami L. Pinoaud, Scholae Normalis olim
alumnus. Parisiis, apud Ernest. T-horin, editorem, via dieta
de Medicis, 1872 (Typ. Jacquin, Beaan^on). Dopo la dedica a
C. Benoit facuUatis Litterarum in Accademia Nanciensi De-
cano^ leggesi una pre&zione col titolo: De Poemate Petrar^
chae cui Htulus est Africa. Segue la dedica ad A. Mézieres
egregio Petrarchae interpreti. — Alla pag. seg. Index codicum
(1) Pétrarqne n* est pas tont entier dans le Canzoniere. Ceux qui ne
le jueenl que par ses poéaLes amoareuaes connatsaent ses plus beaux vera
SADS le oonnaitre luiomèine. On ne le connait qu'après avoir sui vi sa pensée,
noo-seulexnent dans le premier feu de la jeunesse, mais dans la maturité
de Tàge, à traverà un grand ponine, dea églogues, des épitres en vers
latins, des traités philosophiques et sourtout cette vaste corrispondance
?[u' il entretenait avec les principaax personnages de aon temps. Méziéres,
ntr., ni.
Déìl* Opera Omnia del Petrarca al citano le seguenti edizioni. — Da-
ventier , 1494. — M. F. A. G. Campbeìl , Bibliotecario della Reale del-
l' Aja , ne' suoi Annales de la Typographie Neerlandaiae au XV Siede
(La Haye, Martinus Nyhoff, 1874), cita gli scrittori che ricordano questa
edizione : — Maittaire V. 544 ; Panzer, I, 362, 83; Jansen, 319 ; Hain, Ì2747,
ma ei confessa di non averla mai veduta , ed ignora dove se ne trovi un
esemplare. — Baaileae, de Amerbach, 1490: Venetiis, Sim. De Luere, impr.
per Henr. Petri , Mense Martio , 1553 ; Basileae , per Sebastianum Ilenr.
Petrì, 1581.
Secondo il Rossetti il poema dell'Afìrìca non ebbe che sei edizioni; le
venete del Luere, 1501, e del Bevilacqua, 1503; le Basileesi del Petri, 1553
fi 1581, che abbracciano pure le opere tutte del Petrarca, e le Basileesi
fieli' Opporino, 1541 e 1558.
y Google
764 OPERI LATINB
in quibus extat Africa, Dalla pag. 61 alla 962 leggosi il Poemi;
quindi cinque Appendici. La prima contiene : Versus Johannis
Boccata de Cerialdo prò Africa Petrarehae in vuigus edenda;
la seconda: Metra CoUutii Pyerii ad Petrarcham tndiatoTÌa
ad Africae editionem; la terza: Ad Coliuttum Pterium d
Stiffnano, CanceUarium florentinorum^ quod Africa titm. era
edenda vivente Fr, Petrarcha, Laureato Poeia, efusdem Afri-
cae auctore, Refragatoria, , . , Epistola; la quarta: C. StUutaxi
ad Franciscolum (de Brossano) Epistola; la quinta: N<ytitìa
variorum Codicum et editionum quibtts inscrilritur Africa. —
Il testo venne collazionato sui codici della Biblioteca Lauren-
ziana di Firenze e della Nazionale di Parigi. » Di questo
lavoro il^ dottissimo prof. Goiradini ha portato il seguente giudìzio:
— « Hanc sibi provinciam nuperrime depoposcit L. Pingaudos
ac sponte suscepit: quid autem illa sua Pariaiensi recensioot
administranda praestiterìt^ equidem neado. Ut enim maiora
illa mittam, in ea ne vestigium quidem crìticae artis apparerà
nullamque habitam esse rationem geographiae et historiae,
nullam rei metricae, ipsiu^ grainmaticae nuUam: qood satis
mirati non queo, tanta Gallicus homo vel iuscitia Tel temen-
tate opus interpunxit; ita incisa, membra, periodos, omnia de-
nique miscuit ao perturbavit; et iis etiam, quae meridiana Iuc«
ciarlerà sunt, tantas offudit tenebras, ut Poeta ingenio, pm-
dentia, eruditione praestantissimus, nonnisi absona, monstruosa
et a Sybillinis poene dixerìm oraculis parum discrepantìa, per
maximum dedecus, effutire cogatur. » Corradini, Africa, 4>. 70.
— V. ValentineUi, Peti'arca e Venezia, p. 121 ; Nuova Anto^
logia, 1873, voi. xxin; p. 984.
Padova a Francesco Petrarca il xviii Luglio mdccclxxiv.
— Africa Frandsci Petrarcae nunc pnmum emendata, cu-
rante Francisco Corradini, p. 77-474. Padova, Tip. deA S^ni-
nario, 1874.
« Ut recens haec turpissimae inertiae nota, — dell* edizione
del Pingaud — summo inusta Viro , cuius gloria nobis et di-
guitas carissima est, deleretur, simulque Africae poema tandem
aliqua excuteretur diligentia, et in Italia, quod sane decebat,
ante quam alibi emendaretur. Patavini xxx viri, saecularibns
Francisco Petrarehae parentalibns honoribusque constituendìs
habendis, editionem hanc £aciendam censuerunt. > Così il Gon*a-
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AFRICA. 765
dini. -^ Quanta diligenza, quanta crìtica, quanto amore si può
oggi desiderare per rifare un testo antico, non sulle congetture
della propria mente, ma sul fatto della verità storica, tanta ne
fu dal chiaris. professore posta in questa edizione. L'esame
delle stampe precedute. Tesarne dei codici esistenti, la loro
storia particolare o figliazione che dicasi, la loro classificazione,
r autorità che meritano, le mende che son dovute ai copisti,
tutto ha ^lì indagato, esaminato, discusso. Egh ofiì'e cosi al
pubblico la prima volta un testo fedele di questo poema del
Petrarca: ce ne dà a piò di pagina le varianti per dir così
storiche e quelle congetturali: ogni canto chiarìsce con note
storiche e filologiche assai opportune. La Comissione padovana
per le feste del Centenarìo gliene dio T incarico, egli Teseguì
con cura somma e con esito felice. Il prof. Corradini si pro-
fessa assai obbligato al Canal : « Meam hanc emendationum et
notarum congeriem darissimo Archigrmnasii nostri Professori
Petro Canali diiudicandam permisi et credidi. Qui quoniam,
ea qua praestat sapientia et humanitate, omnes viri boni et
prudentis ab Horatio laudati partes egit atque implevit; et
arctius tanta meritorura accessione me sibi devioxit, et in
causa fuit, cnr haec audentius publicam in lucem prodirent. >
Sull'atto -di deporre la penna che aveva compiuto quel
poema, il grande nomo scriveva: < 0 mia Africa^ ricordati di
rinnovare il mio nome in tempi migliori : ora stattene al volgo
sconosciuta; ma quando questo diventerà un popolo, quando
esso rìnascerà, allora rinasci anche tu. > E T Aleardi avea
ben d' onde di poter apostrofare il suo lodato nel giorno delle
solenni onoranze patavine: 0 divino Cantore, vedi. Interra che
ti ospitò negli estremi anni della vita, oggi memore e cortese
ri presenta alle genti il tuo poema con sapiente e divota cura
rimondo. Vedi, quel volgo senza nome, al quale volevi ignoto
il tuo carme, ora è diventato il concorde, il generoso, il ri-
spettato popolo italiano.... Ora è degno di te. I tuoi voti, o
Poeta, sono adempiti.
Marbtti Fabio, gentiluomo sanese, V AftHca del Petrarca
in oUava rima assieme col testo latino fedelissimamente tra^
dotto. Alla molto illustre e valorosa Signora Aloisa Ridolfi Dal
Nero, Venezia, Domenico FaiTÌ, 1570.
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766 OPBBB L4TINB
« Questi nella prima stanza & dire al Petrarca rolgaiù-
zato un grosso sproposito, appUcando raggiunta di «soai»
al fonte di Elicona, in luogo di applicarlo a sé stesso die u
queir acque poetiche era digiuno e assetato. » Aposioio Zeno.
Disertaz. Voasiane, i, p. 5. — Italica haec versio parvi sane 1.-
cienda, annota il Corradini: sed in eo loco, de quo agitnr.
bona ci. Zeni venia, recte se habet; Petrardia eoìai ait, ani-
lam, nisi hanc, heroici carminìs materiam sikn praesto ess^-
(▼. 50-52), in quibus epicos Latinorum poetas, praeter anum
Silium Italicum, omnes reoenset.
Eglb EuoAifBJL (Francesca Roberti Franco, bassanese), Ikt-
V Africa di Francesco Petrarca^ libro primo voìff€uvwuto* AIU
co. Camilla Martinelli Giovanelli. Padova, Gonzatti» 1T76. —
Riprodotto dal Levati ne* suoi Viaggi del JPetrarca, voL lu
pag.66.
Ignorava il Petrarca, cosi la Franco, quando attese atta sua
Africa che un tale soggette fosse pur stato cantato da Silio
Italico. Il poema di Silio fu scoperto da Poggio 'Bracciolini sul
principio del secolo XV, come si raccoglie da una lettera ns.^.
di Francesco Barbaro de* 6 Luglio 1417 allo stesso Braccio-
lini : il Petrarca non conoscea per cantor di Scipione che Ennio,
come si ha dai Son. 136: Ennio di quel eanlò ruvido car»u\
e dair epistole fsuniliari: M%nium de Scipione mnUa scr^psiss':
non estdubium rudi et impoUio, ut ait Valerius^ stylo, — Elia
ricorda un inedita dissertazione col titolo »- Senno de puÒli-
catione Africae, compositus per venerabUem doctorem D. Pe-
irum Paulum de Yergeriis in civili jure peritum cutn efusdeni
in Africahi argumentis exametro cannine eomprehensiSf ve-
duta dal Bettinelli , ed a lei promessa. Anche il P. Zaccaria
ne fa menzione nella sua Descrizione di alcuni Codici àeàLi
Biblioteca de* Gesuiti di Mantova.
CoNTOBNO GiuNio, V Africa ridotta a miglior lesione e tra-
dotta, Saggi (in versi sciolti).
Ultima Petrarcae verba ad Africam suam. Ex libro a. —
P, Cornelio Scipioni, cui postea Africano cognomen additum
apparet in swnniis pater ~ Ex libro t. Il Baretti , a. ui, 24
Agosto 1871, n. 36. — L, .MmiUi PauU caedes ad Cannas —
Ex Ubro I. — Il Baretti, a. ili, 19 Ottobre .1871, n. 43. —
Monita Scipionis patris ad filium et somnU finis, «•> Ex
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AFRICA. 767
libro n. — 11 Baretti , a. iv, 4 Aprile 1872^ n. 15 e 16. — « In
versìozie multa sont quae laudes. > Corradmù
V Africa, Poema epico in esametri latini disiribuito in IX
libri di Pr, Petrarca^ Versione con note di Gio. Batta Qaudo
dair edizione Parigina in ottavo deW anno 1872 illustrata con
Prefazione^ Note critiche ed appendici in idioma latino. One-
gtia, Ghìlitu, 1874.
G. B. Gaudo, il benemerito traduttore di Glaudiano, mode-
stamente si tien pago di porgere nella centenaria solennità un
tributo rispettoso di alta venerazione alla ricordanza gloriosa
dello intemerato cantore della grande epopeia Latino-Punica,
desideroso che sorgano ingegni, ben altramenti vaienti, i quali
interpretando a capello la lettera, e, eh* è più, lo spirito del
poema, sappiano dar vesta più decorosa ad un ornamento co-
tanto insigne deir ingegno portentoso di Fr. Petrarca. V. Nuova
AntoL, 1874, voi. xxvii, p. 234.
Francesco Petrarca , L'Africa recata in versi italiani del
dott. Agostino Palbsa. Padova, Sacchetto, 1874.
Questa traduzione dell'Africa di Petrarca, fatta dal dottor
Agostino Palesa, scrìve il prof. Zardo, credo sarà Y unica com-
pleta che r Italia possegga. L'erudito traduttore V ha non solo
condotta a termine, ma vi ha aggiunto qualche cosa del suo,
e fa meraviglia come gli sia bastato il tempo, quando si pensa
che rha incominciata a' 19 Aprile dell'anno scorso, e che ai
25 Ottobre ei non viveva più,
Pbrticari Giulio, Frammento dal poema delF Africa^ 1. 1,
v. 179-185. — Parlata di Scipione a' soldati, i, 285-31 1. — Al
figlio Sezione il morto padre da lui richiesto se Roma ca-
drebbe spenta, risponde, ii, 282-326. Fine del poema, ix, 449.
In prosa. Parigi (Bologna), 1857.
Montanari Gius. Ignazio, Saggio di traduzione della Sci-
piade di Fr. Petrarca, offèrto agU amatori delle lettere, Pesaro,
Nobili, 1835, di p. 17.
È il volgarizzamento di un brano del Y libro, e fu ripro-
dotto in Bologna nella Raccolta di Prose, Poesie inedite e rare
d'italiani viventi, &8C xviii.
Nuovo saggio di traduzione della Scipiade di Fr.
Petrarca^ ecc. Pesaro, NobiU, 1840, di p. 15.
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768 OPERE LATINE
Reca un secondo brano del V libro dell^Afi-ica.
Volgarizgamento del V libro ddf Afi'ioa di Hotct
Francesco Petrarca, Roma, Tipog. delle Belle Arti, 1845, ia
8.^ di pag. 39 (Estratto dal t cin del Giom. Araadioo; Uac^
Maggio 1815). -
Lord Bjfron, pregato dal Foscolo, tradusse in ingleae Fepi-
pisodio di Magone (1. vi, 899). In esso ei trovava tre nobilisBÌmi
versi, e furono i primi eh* ei traducesse. Il Foscolo ne pose due
in testa a* suoi Saggi,
Jrrequieiv» homOs p^rque ùtnnes tmxim annot
Ad mortem featinat iter: mort optima rertun.
Petrarca, Foscolo e Byron tutti e tre sono rappresentati in
questi versi, chi voglia guardare alla travagliosa e ranùnga
lor vita, e al mesto desiderio con cai mirarono continuameiite
al proprio fine.
Rossetti Domenico, Dell'Africa (Discorso Prelimiiiare alle
Poesie Minori di Fr. Petrarca, 1. xni-xxvi). — « Le travail le
plus complet et le meilleur qui ait óté' &it sur le poème de
1* Afrique est le discours préliminaire que D. Rossetti a mìs
en téte de son édttion des épltres et des ógiogues de Pétrar-
que. > Mézières^ Pétrarque, p. 350. — Settembrini Luigi, Ana-
lisi dell'Africa, Suoi pregi. Lez. di Letteratura, i, 208*218. —
Rieppi A., Esame dell'Africa. Discorso su Fr. Petrarca, 3&63.
— Lombardi Eliodoro, Id. Fr. Petrarca, 38-40. — Aleardo
Aleardi, Id. Discorso su Fr. Petrarca, 28-33. — Occioni Ono^
rato, L'accusa del LeiEébvre de Villebrune. — L'Africa; orìgine
del poema, suo disegno; invenzione, ai*te, verità stoiica. —
— Analisi del Poema. — Raffironto generale coUe Puniche di
Silio Italico; riscontri particolari; opintone che ne deriva. .. .
Gajo Silio Italico e il suo Poema, Studi. Firenze, Svccea. Le
Mounier, 1871, p. 91-109. — Pingaud £,., De Po«nate Pe-
trarchae cui titulus Africa est: Abbraccia i seguenti capitoli:
I. Quomodo Africam Petrarcha composuerìt: IL Qnae sit in
Africa rerum distributio: III. Quibus ex fontibus materìam
Africae hauserit Petrarcha: lY. Conferuntur Africa et Silii Ita-
lici Punica: V. Quae sint in Africa reprhendenda , quae lau-
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APRICA. 769
anda: VI. Quid nos Africa de ingenio et natura Petrarchae
oceat: VII. Quomodo cum posteria Petrarcha ipse in unum
e Africa judiciuni convenerit: Vili. Quae fuerit, Petrard^a
iiortuo, Africae fortuna. Parìsiis, Tborìn, 1872. — Patin^ Sul
og^no di Ennio nell* Africa del Peti'arca. Journal des Savants,
uÌD, 1856, p. 185. ^ Burckhardt, La Civiltà del secolo del
linaacimento, i, 344; Geiger (Trad. Gosailla), 119.
Rivendicarono il Petrarca dalla nota di plagio appostagli
lai Lefebvre Villebrune (1), La Bastie: Mémoires de T Accademie
les iscriptions, t. xv. 788. Yossius, De hist latinis, (1. i, e. 29),
A.txnal. Liner. y Ooetting, 1782, Additam. p. 261. — CHnguené,
^ist. Lit. voi. ir. — Lemaire N. E., Paris, 1813, voi. ii, 458. —
BaldeìU Giamo., Calunnia apposta al Petrarca e confutazione
Iella medesima. Del Petrarca, 209-19. — i^o^co/o, Saggi (Ediz.
Ìjq Monnier), x, 64. — FracasseUiy Annotazione alla lett. xxii,
delle Varie. — Corradini, Adnot ad 1. vi, p. 454, e piii diate-
Bamente V Occioni.
Deir Africa, V. Petrarca, Epistoia alia Posterità; Ep. Fam.
VII, 18 a Lancilotto di Anguissola; xii, 7 a Barbato di Sul-
mona; xni, 11 tàVab. di Corvara; Sen. ii, a Giov, Boccaccio;
Poem, Min. i, 14, 56; ii, 102, 184, 222, 240, 338; De Con--
tempta Mundi, Dial. in ; Africa, 1. ix, 216 e aeg.
POEMATA MINORA.
Francisci PitTRABGHAB, Poentota minora quae exiant omnia
nunc primo ad truUnam revocata ac recensita. Voi. i, Mediolani
excudebat Societas typograpbica Classicorum Italiae Scriptorum,
1824. — Voi. II, 1831. — Voi. iii, 1834. — Poesie Minori del
Petrarca sul testo latino ora corretto, volgarizzate da poeti
viventi 0 da poco defunti. — Napoli, Tip. della Sibilla, 1835.
(1) < Habe itfitur Siliam caltiorem, et lib. xvi, v. 2S, egregio auctam
fragmento, qaod sibì roinos verecund«, nonnuUis mutatis , vindicaverat ,
suoque poemati AfHcae VI adsuefe non est verUus Fr. Petrarca. Tantum
autem ae se eueruat inter ejus voraos hi SUiani,
Quaniuiii lenta aolent' inter viburna oopreasL »
Digitized by V^OOQlC
770 OPISB LATINE
Il Roeaetti che < lo Tolea onorare a modo divervo da^.
altri e fiu* risorgere qnello che altri aflàtlcavaDsi a seppellire. »
coi tipi milanesi dei Classici Ita!, li diede in luce. Vi aniepo«
UB discorso preliminare ore ragiona del poema deirAfrica gin-
stifleandoDe Y assenza ndla raccolta ; delle Egloghe <^ si ox}-
tengono nel primo, e dell' Epistole comprese ne* due segnect.
volnmi. Gli argomenti che precedono e le moltnaìme note eh
accompagnano i singoli settantanove poemi son presso che tur
del Rossetti. Questa è V unica traduzione italiana in verso cb~
si possegga delle poesìe minori del Petrarca. A dime del pregi
basti, fra i trenta traduttori, rammentare i nomi di Tomma-:
Gargallo , Cesare Arici , Gius. Barbieri, L. Cannar, Oìot. Mar-
chetti, A. Mezzanotte, Benassù Montanari, Pier Alessandr:'
Paravia, Giulio Perticari, Angelo Maria Ricci, Francese.'
OairOogaro, Teresa Albarelli- Vordoni e Caterina Franceschi
Ferrucci. — L* Epistole vennero diatriboite in altrettante seziois.
a norma dei personaggi cui furono dirette, modo pia logico t
più agevole per il traduttore e per il lettore. » Miagosìotkk.
prof, Ytc, Domenico Rossetti, p. 9.
Epyihomata domini Franoisci Petrarcb super suis buù>
h'cis. Hortis, Scritti inediti di Fr. Petrarca, 359^.
HoRTis Attiuo, Delie Egloghe del Petrarca. Id. p. 221-277
Che gli argomenti dell* Egloghe siano del Petrarca, lo provi
indubbiamente la lettera di Giovanni « Raynirolo de Pensanro. >
tolta dal cod. Estense (V. D. 4. Mss. lat, n. 232), e pubblicata
dair Hortis. E lo stesso Hortis, col confronto delle ù^rpreta-
zioni, spesso erratissime, che furono fatte dagli altri, ne di-
mostra pur luminosamente V importanza, per V int^ligeoza dt4
testo. Nò certo sarebbe stato agevole il dinudare i fi^ico&i
costrutti, chò r€ulo sotto benda parola oscura giunge alt in-
telletto, E ben se lo sapeva il Petrarca, che qualunque voha
mandava una delle Egloghe a qualche persona di riguardo, u
a qualche amico intimo, aggiungea anche T int^pretazioise.
affinchè ne potessero cogliere sicuramente il vero senso. —
Onde scriveva a Cola di Rienzo: « Sed quia natura bitjns ce-
neris scriptorum haec est ut, nisi ab ilio ipso qui edidit t^i-
ponente, divinarì possit sensus eorum fbrsitan, sed omnìno mi
possit intelligi, ne te summis ReilMiblicae &cti8 intentunu ci>
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POBBUTA MINORA. 771
^am uoius pastoris scilioet verbis intendere, ac ne nugia meìs
vel momento temporia divinum illud occnpetur ìngenium, pancia
libi pate£eiciam propoaiti mei aummam. > Var, xlii. — ' Il primo
ad avere V intera Bucolica ai fu Giovamii, veaoovo di Olmùtz :
« Accedi t et Bucolicum Carmen quodMntegram ante nulli per-
roiaeram habere, videro autem mnltia, cujus expositionem, vel
potiua expoaitorem ut aimul habeas velìm . . . > Ep. Fam. xxni,
6 (Milano, 21 Marzo 1361). — E che il aenso foase a quel Pre-
lato aasai duro, ci è manifesto dalla lettera pubblicata dal-
V Hortis, con che prega caldamente il Petrarca, andìe a nome
dell* imperatore Carlo IV, a volergli dichiarare, e sollecitamente^
la dottrina entro nascosta: « Rogo vos instantia majore, quanta
possum, ut mihi exposìtionem Edogarum, quam poteritis, ve-
lociter dirigatis. Nam vehementi melancholia et dolore cordis
coatringor legende tantae sonoritatis dictamina, et rerum sub-
tilium metaphoras, dum non intelligo, in quos fines sermo
oultus sua venuatate peroret. > (SorHs, 228). — Il Petrarca,
nella lettera al fratello Gerardo (E^, Fam.,^^ 4), disasconde
ampiamente il senso della prima Bcloga Parihenias a lui di-
retta, e nella xlix della Var, a Barbato, deW Argus.
Il Petrarca compose la sua Bucolica nella state del 1346,
presso il fonte Sorga, nel solitario riUro della sìm Valchiusa
(Var. Tdjx). Ed egli, con grande amore, più e più spesso vi
tornava sopra con la lima. 11 cod. cart. Mediceo Laurenziano,
n. 128, in fine dell* ecloghe, ha questa annotazione: Bucolicum
Carmen meum eoopHdi, quod ipse, qui ante annos dictave^
ratn^ scripsi manu propria apud Mediolanum anno hujus
aelatìs uìtimae MCCCL VII. — E da Linterno, presso TAdda,
ueir Ottobre del 1359, scriveva a G. Boccaccio (Fam, xxn, 2):
in Bucolico cannine animadverti aliquot verbula crebrius
repeUia quam nellem , et nesdo quid praeterea nunc eOarn
iimae indigum..,. hic ad revidendum Carmen illud recol-
legi animum, E da altra sua lettera (ad Ignotum, lxv Var.)
del 1363, datata da Pavia, nel rimettergli un verso da aggiun-
gersi dopo il 267 dell*Ecloga x, scrive, che avea già dettato
anno altero additationes in bucolico Carmine super litus sinus
Eadnad,
Bucolicum Carmen in duodedm eglogas disHnct^m cum
comento BBNVBNirri Iuolbnsis otn clatissimi, — Negl'Opera
y Google
772 OPSBB LÀIINB
Omnia del Petrarca, edite in Venezia dal Be?ìl«cqpin, 1505.
e Venezia, typis Horìgoni, 1516 (1).
Nell'edizione del Cemento del Fausto (Venezia, Bindani-
Pasini, 1532), abbiamo una lettera latina di Benvenato ai
Petrarca, nella quale scrìve di aver compiuto il comeoio ddk
Divina Comedia e delle eclogbe del Petrarca, indotto a dò dal
Boccaccio, la cui Bucolica avea pur preso a comentaiv « ut
nostri tempori» tres poetarum principes^ tria clariss^tia et
latinae et grecae, pariter et vulgaris Unguae lumina^ DaniemL
te ipsum et J. Booccudum^ clainora^ (abeit jaeiantia) reddidiss^
posteris videary si ei quae scripsi, scribamque viva (véetura
(amen spero) ad posteros pervenerinL > — V. Fr. Petrarca La
lettera diretta a Benvenuto , di Padova, dal letto de* suoi do-
loriy a* 9 di Febbraio 1373. — < 0 che il Benvenuto non fosse
abbastanza intimo del Petrarca per conoscere esattameate o^i
più riposta idea di quei carmi, o non giungesse in tempo dì
rivolgersi al poeta stesso ne* dubbi, il suo comento si scosta
più d' una volta dal vero significato delle Egloghe. » ffortis.
— « Benvenuto ò irriconoscibile nel testo scorrettissinao che
abbiamo e stampa. » Id.
Anche Donato degli Albanzani, di Pratovecchio nel Gasea-
tino, cementò la Bucolica, (Cod. della Laurenziana 33 del pi.
55). — Quantunque ei non possa gareggiare per dottrina eoa
Benvenuto, tuttavia le sue chiose meritano più fede di quelle
dell* Imolese , per le speciali sue attinenze col Petrarca. — A
Donato vuoisi aggiungere anche Fautore anonimo di altro co-
mento che conservasi nella Laurenziana, più completo, ma che
riporta le postille di alcune egloghe soltanto. Però il codice
dell'Anonimo è più corretto del codice corrottissimo di Do-
nato , e poi^ta qualche rara volta un' opinione diversa dal co-
mento deir Albanzani. Di solito T Anonimo è più esatto e più
(1) La Bucolica, oUrecchè noli' Opera omnia, ebbe le seguenti edi-
sioni : Petrarcha (Franciscus) Bueolfea, Daventriae, senza nome di tAnm-
Datore, (Riccardo Paffroet) 1499, die iv lan. — In BueoUcorum Auctores,
Florentiac, impensa Phil. De Giunta, 1501, p. 43-75; Basìleae, 1526; Ba-
sileae (Oporinua, 1541), pag. 11-01; Basileae, 1558 con commento B9nvf^
nuti Imoiensis , Ven. per M. Horigooo , 1516. — Il Panzer ci rì^sxisco
(voi. VII, p. 502), un altro comento ed edizione dell* Egloghe, cioè: Ffrm-
cisci Petrarchae DtMdecim eglogae cum Buddi cjcplanatione. Jehan Pedi.
Impresa. Parrhisii» opera Andrene Boccardi ad vi J. J. Aprii, MDU, i.
Maia. p. 15S. mu9d. Jnd. ii^ p. 135.
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POEMATA MINORA. 773
copioso di Donato. V^Hortìs, 230 e seg. — Dell* Albanzani ,
V. FracasseiH Ep. Fam. V. 238; *S^. i, 305; Tirabosehi, voi. v,
Ub. II.
Biondi L., Volgarizzamento delie Egloghe di Fr, Petrarca,
Roma, tip. Delle Belle Arti, 1841.
Terzo Benedetto Saverio, Egloghe di Frane. Petrarca
tradoUe, Nei t. lui del Giornale di Scienze e Lettere di Pa-
lermo.
li Levati ci diede tradotte il Divortium e la Pietas Pa^
storalis, e molte dell* epistole poetiche latine.
Snir Egloghe e T Epistole veggansi: Rossetti Domenico,
Preliminare alle Poesie Minori; Tiraboschi, St. della Letter.
Ital. lì; Settembrini, Lez. di Lett. i, 206. — Ginguené, Hist.
Lett. d'Italia lì; Mésières, Pétrarque, chap. vi; Geiger, 115,
e seg.
L'epistole metriche latine furotio dal Petrarca intitolate al
Barbato ut prosa tibi (Socrate) carmen Barbato nostro cederei
(Prefazione), e gliele rimette diffatti nel 1363 (Fam. xxii, 3) —
juvenile opus, epistolaris liber, lege carminis adsirtctus sibi
(a Barbato), iotus adscribitur (Sen. ni, 4). Con la lvii delle Varie
mandava al Barili l'Epistola: Quid mea fata mihi (Lib. ii, l).
DE CONTEMPTU MUNDI
SIVE DE SECRETO CURARUM GONFLIGTU (1).
El secreto di messer Francesco Petrarca in prosa volgare.
— La versione ò di Francbsoo Orlanoini, di Siena, e da lui
dedicata al cav. Francesco Passerini di Cortona. Impresso in
Siena, per Simone di Nicolò, stampatore, addi 17 di Sep. 1517.
— Secreto de Francisco Petrarcha che in dialoghi di latino
(1} S. 1. n. d. 1472; Liber de secreto conflicta cnramm suanim; J«-
«)bi Ganter Epistola. la mercuriali oppido aatverpieosi , Gerardus Leeu ,
1189, XIV, Mar; fol. 42, carati, got. , di due grandezze; Impr. in mercu-
riali oppido Daventrìensi , lac. De Breda , 14tf8 12 lan. , 42, f. car. got. ;
Rcgii lapidi, Pr. Mazalis, 1501 ; Bernae, Le Preux, 1000 e 1601 : Genevae,
Stoer, 1019 ; Roterd. Arn. Leers, 1649 ; Viennae, Austriae, Voigt, 1689.
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774 OPBRB LATINB
in fMÌgar et in hngtta 0tosca tradodo , nuovamenàe carm
exatìUssima diUgenHa stampato et corredo, Venetia, Zoppino,
1520, 9 Mano, in 8.* — Il Secreto e le Rime él Framcexo
Pdrarca, con Prefànone di Paolo Emiliani-Giudiei, Kreme,
Società editrice fiorentina, 1847.
Lbvati Ambrogio, // segreto del Petrarca, ocvero U sue
confessioni. Nei suoi Viaggi del Petrarca^ voi. n, p. 185-314.
Milano, Classici, 1820.
L* opera che qui imprendo ora a tradurre, ora a com-
pendiare ò divisa in tre dialoghi: gV interlocutori sono il Pe-
trarca e S. Agostino; il metodo con cui fu scritta è quello
stesso che da Cicerone è seguito e lodato; d* introdurre cioè
i personaggi stessi a favellare per non ripetere ad ogni linea
quel noioso disse e T altro rispose: Il dialogo primo è men
c\^rì080 ed importante del secondo; il secondo del terso che
contiene la vera istoria amorosa del Petrarca narrata da lui
con quél candore eh* è proprio soltanto delle anime grancfi. —
La stessa , nell* Opere filosofiche di Fr, Petrarca , pubblicata
dal Silvestri, 1824, daUa pag. 167 alla 317.
Bel dispresso del mondo^ Dialoghi ire, recati in Oaìianó
dal prof, Giulio Cbsaiib Parolari. Venezia, Andreola, 1839.
— È il voL XI della Collesione di opere di religione^ diretta
dal prof. Zinelli. — Del dispresso del mondo. Dialoghi tre di
Francesco Petrarca, prima versione iUMUana (?) del Reo. prof
Giulio Cesarb Parolari. Milano, Battezzati (tip: Pirola), 1857.
Forma parte della Serie ii. Anno vi, n. 8 della Poltantea Cat-
tolica. Neir Avvertenza preposta scrive il Parolari: Ricompa-
mcono ora alla luce in miglior vesta ed emendati dal traduttore,
il quale stimò non disdicevole cosa il premettere un suo di-
scorso che tratta della religiosità del Petrarca.
La versione del compianto mio amico Giulio Ces. Parolari
è fedele, accurata ed elegante.
MuLLER I. G., nelle Bekenntnisse BerUhmter Mànner Winte
thur. i, 25 e 59.
Clarus Lud. Franc. Petrarchs Bekenntnisse — Le Confes-
sioni di Francesco Petrarca. Magonza, 1846.
La Biblioteca Estense, possedè un codice cartaceo, in 4^
piccolo, di cai-te 96, del secolo XV, in cui vi ha una versioni»
italiana dei dialoghi del Petrarca de Contemptu mundi. Avanti
y Google
DE OONTBIIPTU MUNDI. 775
il proemio trovasi il titolo scritto con inchiostro rosso: Dia^
logo de messer Francesco Petrcarca poeta laureato dove di^
9puta con Sancto AugusUno de la condicUon e miseria s%ui.
E chiama questo libro el Secreto suo, e dialogo non è a dir
altro che parlar de due. Questa versione italiana è diversa
da quella di Francesco Orlandini, ed inedita tuttavia. — V. /
Codici Petrarcheschi delle Biblioteche govemaUvej n. 244.
Maggiolo, Essai sur la philosophie morale de Pétrarque,
et particuliérement sur son fy-aité intituìé de Contemptu Mundi,
Nancy, Raybors, 1863.
11 libro delle Confessioni^ che va inteso ora col titolo Del
Disprezzo del Mondo, ora Del suo Secreto, •— « Secretum enim
meus es et dicerìa, » Praef., — ò una lontana imitazione nella
forma della Consolazione della Filosofia di Boezio, come ò vi-
cina nella materia al libro delle Cofessioni di S. Agostino , e
ricorda nel titolo quasi alla lettera l'opuscolo di S. Bonaven-»
tur% De Contemptu saeculi, — Di questo libro ne parlarono :
Comianij I Secoli della Letter. ital. (Tonno, Pomba, 1854), i,
439; Majfei G., St. della Lett. ital. (Milano, Classici, 1834),
p. 131; Emiliani Giudici, St. della Lett. ital. i, 265; Parolari
G. Cesare, Pref. premessa al suo volgarizzamento ; Fiorentino
Fr,, La Filosofia del Petrarca, 15-19; Di Giovanni V., Le
prose morali e filosofiche di Fr. Petrarca, Scuola, Scienza e
Critica, p. 283. — Ginguené, EìbL Litter. d'Ital. ii, 411-420;
Mésières A., Pétrarque, 67, 101, 139 e 412; Geiger Lud., Pe-
trarca (Trad. Cossilla), p. 50 e 219. — Il Biihle, nella sua Stona
della moderna filosofia (voi. iv, e. 3), afferma che questo trattato
sostiene il paragone colle migliori opere ascetiche moderne.
DE VITA SOLITARIA (1).
Tratado del clarissimo Orador y Poeta Francisco Pb-
TiUBCHA q trota de la eoscelencia de la Yida Solitaria. Donde
se tratan muy akas y excelentes doctrinas y vidas de muc?u>s
(1) S. 1. 1472 ; Mediolani, Ulder. ScÌMenzelor, 4498 in fol. : Regii L»-
pidi Fr. Mazalis, 1501; Lugdiini , 1517; Id. Grisplnus , 1601; Bernae, Le
Preux, 1600 e 1605; Qeoevao, Stoer, 1619.
y Google
776 OPBRB LATINE
sanctus q amaron ìa soMad, En Medina del campo por 6il -
lermo de Millia anno 1^3, 8, p. cxvij. Lo yoltò in castigìiazio e.
certo Pbnna, licenziato, ad istanza di nn suo amico Anonim:,
a cui essa versione è intitolata. Alla fine vi è un canne in merr.
reale in lode del traduttore.
Nell'Ambrosiana di Milano si conserva un volgarisEames-
inedito , di Tito Strozzi € ad instanciam et a nome del si--
gnifico conte Lorenzo suo firatelo. Li tuoi continui ricordi is.
anno inducto o Lorenzo conte Magnifico et honorevole fratél
che fuori della mia consuetudine io abbia presa nuova fatica • .
tradurre in stilo volgare el libro intitolato della Vita solitan
composto in parlare latino dal nobile Poeta et grave PbD^:-
sopho Frane. Petrarca. » — La Marucelliana di Firenze pc^
siede un codice cartaceo in 2 voi. in fog. del sec. XVn C
carte 219 e 260 col titolo : Delia Vita solitaria , libri quattri*
€ de' quali i primi due sono di Fr. Petrarca , volgarizzati dJ
compilatore degli altri due Fb&ncssco Marccellt. » — Di man
dello stesso Maruoelii con molte postille e correzioni.
Il Petrarca tenne fi*a gli altri carissimo questo ano libro,
ne parla con affetto, spesso vi ritoma sopra con la lima, ■'
come Protoffene che non sa staccare il pennello daUa tele
ei lo chiama libei" maximus rertun mearum. Ne ieoe la de-
dica a Filippo di Cabassoles, figlio d'Isnardo milite, nativo di
Cavaillon, card, vescovo di Sabina, tiomo eccellente, ed a hù
ospite e padre amorosissimo, £i già lo avea letto quando lo
stava dettando presso il fonte di Sorga , e fin d* allora vi
avea posto grandissimo amore. Quantunque cominciato nel
1346, e compiuto nel 1356, non Tebbe che a 6 Giugno 136C.
Fin dal 1362 il Petrarca avea pr^:ato Medio di Parma a fai-
glielo copiare^ raccomandandogli che maestro Benedetto lo al-
luminasse e riccamente lo rilegasse. A' 14 del 1365 scriveva al
Boccaccio da Pavia : Pare incredibile a dirlo : un' opera in pochi
mesi composta, non potè in tanti anni aversi copiata. Fatti
ragione delle pene, della disperazione che si prova per opere
più grandi. Or finalmente, dopo tante premure riuscite a vuoto,
nel partirmi di casa mia lo lasciai, perchè fosse trascritto, fni
le mani di un prete, le quali non so se mi si porgeranno saae
come quelle di un sacerdote, o ingannatrici come quelle di un
y Google
DB VITA SOLITABIA. 777
copista (1). Scrivonmi gli amici esser già compiuto il voler
mio: ma del modo non so sinché noi vegga: e il conosciuto
costume di coloro mi tiene in gran dubbio. Perocché (mira-
bile a dirsi) soglion costoro non copiare, ma scrivere tutt*altro
da quel che loro si mette innanzi : tanta è in loro vuoi Y i-
g^noranza, vuoi la trascuraggine, o la inerzia. — Senili, v. 1 .
— • L' ottimo Prelato fece si lieta e si onorevole accoglienza
air offerta che, messo da parte ogni altro libro, quello ebbe
sempre sott' occhio e fuor del comune costume volle che gli
si leggesse durante il pranzo. (SeniU, xui, 11). — E a Fran-
cesco Casini da Siena, medico, scriveva il Petrarca il 1 Maggio
1 373 da Arquà : tu dici d* esserti sentito commuovere fino
alle lagrime leggendo le mie coserelle e specialmente quel
luogo della vita solitarìa. . . . Vero è che quel libro della Yita
Solitaria tanta lode riscosse da quel sapientissimo a cui lo de-
dicai... che volle quel libro gli si leggesse quando con altri
pei-sonaggi sedevasi a mensa, mentre in quel tempo usata let-
tura è solo quella de* libri santi. E gliene dolea che lo avesse
trascritto, perchè meditava di farvi alcune aggiunte. Sen, xvi, 3.
— In che tempo lo componesse, trattò ampiamente il Fra-
cassetti (Epist. V, 244).
Presso i devoti Olandesi del secolo XV questo trattato fu te-
nuto in tanto pregio che divenne nell'universale fiamigUarissimo.
Natura mi fece non pel foro, ma per la solitudine (Ep,
Fam. IV, 9, 16). Ed ei cantava: Cercato ho sempre solitaria vita.
Le rive il sanno le campagne ed i boschi. . . . Son, cci. — Chiesto
da Carlo IV qual fosse la vita che più gii piacerebbe seguire
al mondo, pronto e intrepidamente rispose: La vita solitaria,
più d*ogni altra tranquilla, più di tutte felice, e tale ch'io per
(1) Ut ad plenum auctorum constet inlegritas, quis scriptorum inscìtìae
inertiaeque medebìtur corrumpenti omnia miscentique ? Quisquis Pungere
aliquid in membranis manuque calamum versare didicent scnptor haDe-
hitur, doctrinae omnia ignarus, expers ìngenii , artis egens. Non quaero
iara. nec queror ortographiam quae pridem periit. Qualitercumque utinam
scriberent, quod iubentur, apparerei scriptoris infantia ; rerum substaniia
non lateret. Nunc, confusis exemplaribus et exempUs, unum scnbere poi-
liciti , sic aliud scribunt, ut quod ipse dictaveris, non agnoacas. An si
redeat Cicero , aut Liviua multìque alii veterum illustnum , ante oranes
Pliniua secundus, sua scripta relegontes. intelligent, et non, passim hae-
silantes, nunc aliena credent esse, nunc barbara I De Jiemedtts utrtusqt^e
fortimae, 1. 1, dial. xiAii,
49
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778 OPBBB LàTlNS
me tie disgrado la gloria ancora e la maestà del tuo troaft
(Fam. xn, 3). Nella prima Ecloga ei prende il nome di Siim.
nella decima di Silvano. Molte delle sue lettere sognano il luogo
colla sola parola: In solitudine, E riandando» con memore e
devoto affetto, i giorni passati nella solitudine d^ Gertosiai.
scrìveva: Yeni ego in Paradisum, vidi Angehs Dei in terra,
et in terrenis corporibus habitantes, E nelle Fam. ni, 5; ix, 11
ce ne tesse le lodi. Ma la Solitudine non è per tutti, percb^
ci sia feconda di bene e insieme di diletto, ci vuole un'' aniica
di virtù vestita. Fam, xvi, 14.
Yeggasi quanto ne scrissero G. Maffei^ Storia ddla Leti
ital. 1, 128; Di Giovanni nel suo Discorso, Le prose morali t
filosofiche di Fr. Petrarca, Scuola, Scienza e Critica ^ p. 249:
Ginguenè, Hist Litter. d'Ital. ii, 409; Méziéres^ Pétrarqne;
425 e seg.
Dante fu saiutato, e a diritto, cornee poeta della natura, la
lui difatti squisitissimo il gusto della natura, primo sentimaito
dell'arte, squisitissimo pure lo spirito di osservazione e di ana-
lisi che gli fa, dirò cosi, notomizzare i fenomeni fisici, cercare
le ragioni donde ha vita la poesia della scienza. — Ed il Pe-
trarca, in questo, non gli fu punto inferiore. Nel leggere le
stupende descrizioni di Valchiusa, di Selvapiana, della sua salita
al Ventoso , del maestoso spettacolo dell' Alpi , de' paesaggi .
quando delicati, quando grandiosi, in cui son riti^atte le piii
minute graduazioni, nel vederne rilevate, con occhio d^arUsta,
le bellezze estetiche, io non posso tante volte non tornare a
capo, di non prender nuovo diletto da quella varietà di colorì,
da quella musica di suoni. La solitudine, a' suoi pensieri amica,
gli è una sorgente continua di poesia e d' ispirazioni. Nel libro
in che prende a tesserne le lodi, non è la placidezza del chio-
stro eh' ei presenta a' suoi lettori come il suo ideale, ma sono
le gioie dell' uomo di studio che vive co' suoi libri di faccia
alla natura. — < Leve, cosi- il Mézières , an point du jour , il
se promenait dans la montagne aride, sur les bords aimables
de la Sorgue ; il jouissait de la beauté des lieux qui V entou-
raient, de la pureté de l' air, des frais ombrages, du calme des
grottes siiencieuses ; mais partout, hors de la maison comme
à la maison, qu' il marchàt à travers les rochers, qu** il e'' asÀÌt
y Google
DE VITA SOLITARIA. T79
à l'ombre dea saules sur T herbe humìde, cu qu'il rentràt
dans sa bìbliotbèque , son ardent esprit persuivait sana re-
l&cbe les travaux commencés; il pensait, il lisait, il écrìvait.
Penserl lire! ócrire! » (p. 425). — Il Mézières, p. 406; il Burck-
ardt, II, 28 ; il Geiger, 47-49, e 73, hanno "messo bellamente in
rilievo quanto fosse yivo nel Petrarca il sentimento della natura.
Liber Domini Fr. Petrarchae, panormitani, oratoris cele-
herrimi De Vita solitaria. S. 1. et a. — V. Gasserà Costanzo,
Osservazioni letterarie intorno ad un operetta falsamente ascritta
al Petrarca. Memorie della R. Accademia di Torino, 1824,
( Scienze Morali ), t. 28^ p. 331 . Rip. Bregbot du Lut. Lettres
Ivonnaises, Lyon, Barret, 1826.
De bono Soiitudinis, Dialogus auctore Lombardo Sbrigo,
patavino, Fr, Petrarchae, Poetae Laureati, morum et studio-
rum collega; ejusdemque vatis sententia de ipso Dialogo. Pa-
tavii, apud Paulum Mejellum. Ne fu editore Livio Ferri.
ZuocALA Giovanni, Della Solitudine secondo iprincipii del
Petrarca e del Zimermann, Lettere. Milano, Giusti, 1818;
Pavia, Bizzoni, 1822.
PSALMI POENITENTIALES (1).
/ ScUmi di Penitenza volgarizzati da un Canonico Rego-
lare di S, Pietro in Vincoli (Anselmo Puccinelli). Roma, De
Romani, 1814.
/ sette Salmi Penitenziali di Dante Alighieri e di Frane.
Petrarca. Bergamo, Mazzoleni, 1821.
€ Noi presentiamo, cosi V editore, il testo latino, ridotto a
miglior lezione dal prof. Ambrogio Levati, col volgarizzamento
del quale ci fu cortese Tistesso Professore.
Id. Id. Firenze, Società tipografica, 1827.
(1) Psalmos septem misi, quos in miseriis dudam meis ipso mihi com-
posui , tam efflcaciter utìuam quam ìnculte , utrumque enira praestare
stadui : leges eos qualescuinque sunt, idque patientius facies, si hos quì-
dem ipsius et te petiisse et me multos ante annos, luce una nec integra,
dictasse meminerfs. — Lettera i del libro x delle Senili, a Sacramaro de
Pommiers. ,. , v j- x.
Conosco le seguenti edizioni: Senza indicazione di luogo, ne ai ti-
pografo, né di anno (Bruges, Colard Maming) • Venetiis, Alb. Stendal de
sSonia, 1473; Reissinger, 1176; Scoti, 1521; Bcrnae Le Preux, 100*. --
Vennero pare inseriti in Exposit. Psalterii Lvdolphi Chartusiensis, 1191.
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780 OPERB LATINB
/ sette Salmi Penitenziali di Fr, Petrarca tradotti in Hn-
ffua italiana dal prof. D. Oiovanni Antonio Scazzola, eUess^Tn-
drino, Alessandrìa, Capriolo, 1825. In terza rìma.
DàUiiSTRO AB. Angelo^ / sette Salmi Penitenziali di mt^.
Petrarca, recati in versi italiani, Trevigi, Andreola, 1S26.—
La versione ò intitolata a mona. Sebastiano SoidatL
Parolari Giulio Cesare, La versione del Salmo t. — iVrlLi
religiosità di Fr. Petrarca, Bassano, Baseggio, 1847, p. 20. —
/ sette Salmi Penitenziali di Fr. Petrarca , Del Disprezzo <kl
mondo, Milano, Tip. Pirola, 1857, p. 245-58.
Racheu Antonio, di Casalmaggiore, / Salmi di FranctstL
Petrarca, Raccolta di prose e poesie in morte di Marìanniiu
Rabò, Guastalla, Lucchini, 1852, p. 67-128.
Son tradotti in altrettante Canzoni. Il testo latino, così il
Racheli, corressi sulle antiche edizioni di Basilea, di Venezia,
e su quella fatta di recente dal prof. Ambrogio Levati a Pavia,
tutte e tre erratissime.
A Boohe called Petrarkes seauen penitentiall Psalmes in
Verse paraphrasticaUy translated toith other poems philaso-
phicall and a Rymne to Christ upon the Crasse òy Gb. Chap-
MAN. London, 1612.
Furono pure voltati in tedesco : Dtispsalmen mei ùbersctzt,
Augs. 1839.
DE REBUS MEMORANDIS (U.
SI Tlta manebit
Lo&fior et Bullo praerertet tnrblnc coeptan
Iaa}>ettt« alter Iter, tnse «apie rolamlna c«rat«
Bb^nanim rerum rario dietlnet» calore
la tcmpiu perdocta aattm. Africa, IX, IM.
Le paragon de Nouvelles honestcs et delectables a tous
ceulx qui dcsideret veoir et ouyr chescs nouvelles et Recrea-
tives. Les paroles joyeuses et diete memora bles des nobU's et
(1) A esopus Graeous. — F.aceliae moralea, Laureo tii Vaìlcnsìs, alias
Aesopus Graecus per dictum Laurentiura trauslatus. — Franciscus Petrarca
de aalibus virorum illustriuin ac facetiis tractatus. — Seuza ÌDdìcazioa»? nò
Stoer, 1619, e chtìz L. O. Mailer, Bekeoutnisse merfcv. Manner, i, p. 1-21 ;
In Vltae vir. Illua. llerin. NVitekiodo coUectoro, Basii, lleur. Tetri, 1003.
di luogo, né di tipografo, né dì anno. (Fol. «1, con 25 Uno© per pag.). —
Louvain, A. Loetfs de Dri«l, 1185; Boruao, Lo Preux, iflOl; Geuevae,
Tkvr, Manner
Basii, llenr. 1
y Google
DE REBUS MSMORANDIS. 781
saiges homes anciens redigez par le gracieux et honeste Poete
messire Francoys Petrarque (feuil, lxv, lxxx). Imprimez a
Lyon par Denis de harsy, pour Romain Moiin libraire demou-
rent en la rue Mercierre, 1532; 1551.
Gedenkbuch alter der Handlungen, die sich von Anbei-
ginn der Welt zugetragen haben, verdeutscht durch SL Vir~
gilium, Aug, H. Stayner, 1541, con fig. del Burgknaair, 1610.
Senza ind. di 1. n, d. stamp.
De Rebus Memorandis. Franciscus Pe&archa der hoch"
gelehrte und loeiiherumpt orator und Poet. Frankfurt, Chrìst.
Egenolffs, 1550; Erben, 1566.
È tradazione di Stefano Virgilio Pactmontano.
Il Fracassetti chiama questo libro ammirabile per la gran-
dissima erudizione, li, 40. — Veggasi il Geiger, 80.
DE VERA SAPIENTIA (1)
Bella t>era sapienza, Dialogo. D' ignoto autore. Fu pubbli-
cato per la prima volta dal Silvestri nel voi. 33 delia sua Bi-
blioteca greco-latina, col titolo, Opere filosofiche di Francesco
Petrarca, Milano, 1824, p. 139i-161.
Frantiska Petrarchy rozmlùvani mezi mudrcem a nedou-
kém 0 prave mudì'osti. V. Prostiejove, 1551. — Francisci Pe-
trarchae dialogi inter philosopbum et indoctum de vera sa-
pientia. Prostana, bohem. Prostiejov, germ. Prosznitz, in Mora-
via, presso Olmiitz. Ne fu traduttore Gregorio cav. Hrubt di
Gelenio. 11 Gelenio morì nel 1514.
€ Il Buhle ha notato V imitazione che fece Nicolò di Cusa
de* dialoghi della vera Sapienza del Petrarca , sino a' nomi
degr interlocutori, V Oratore e il Poeta, e alia scena in Roma,
e alla divisione dell'opera in tre dialoghi. Solamente, segue
ad avvertire il dotto storico, la parte dell'Idiota del Petrarca
(1) Senxa indicazione né di luogo, né di tipografo, né di anno ( Zwollae,
Pietro De Os, verso il 1485), in 14 fogli; Beroae, Le Preux, 1604, e ri-
prodotta con ìe PlutarchtM, Dicteriae. Ultraj. N. Ketalaer et G. de Leempt,
fi73.
y Google
782 OPEBB LATINB
ò sostenuta in Nicolò di Cusa daU* Oratore, e uà terzo ìntei-
locutore nota le circostanze del dialogo, e un quarto pecsv
naggio incontrato per caso comparisce nel terzo dialog^ou L.
attrative intanto del dialogo petrarchesco mancano io qurìio
deir illustre Cusano, di difficile intendimento, perchò tì si espoik:
il sistema metafisico de* numeri, applicato a Dio» al mondo,
all'anima. E manca eziandio ne* cinque libri de Sapientia ù
Girolamo Cardano quell* alito divino che penetra e spira il
cuore e il pensiero del Nostro in questo mirabile libro, sena:
nell* ultimo tempo della vita del Peti*arca, quando non di altn
sapienza si pasceva che della divina, somministrata dalla fede, t
raccolta nella serena pace della vite solitaria. » Di Gwoanni, 2^4
Veggasi quanto ne scrive lo stessoDi órtbwcnmnel suoLK-
scorso, Le prose morali e filosofiche di Fr. Petrarca — ScucL\
Scienza e Critica, p. 261-267.
DE REMEDIIS UTRIUSQUE FORTUNAE (D
Tm^naloBl iiallaii«. — Fioretti de' Bimedii contro For-
tuna di messer Fr, Petrarca voìgariezati per D. Giovanni Das-
SAMMiNUTo, ed un' Epistola di Coiucdo Salutati al medcsùn^
D. Gioìxinni tradotta dal latino da Nicolò CastMxni, (Per cura
di D. Casimiro Stolfi, de* Monaci Camaldolesi). Bologna» Roma-
gnoli, 1867, tip. Fava e Garagnani, di pag. 278: È la dispensa
80 della Scelta di Curiosità Letterarie inedite o rare dal se-
colo XIII al XVII.
Erano in moda nel secolo XI Y le Fiorite^ ì Notabili, h
Somme, estratte dalle più interessanti ed utili scritture gu
volgarizzate, ma non per anco bastevolmente divulgate, e peri'
Upn leggibili da tutti, veglisi per la rarità e vastità, ed anche
(1) Oltre la stampa del trattato De Remediis, che si trova nell* edizìr^i.
dell' opere tutte, si contano le seguenti: una di Colonia, 1471; una di Ri-
poli, 1474; una di Cremona, De Mìsintis, 1492; una di Praga, Hruj, ir<H:
le venete dal Paganini, 1515, dello Stagnino, 1536; le parigine àé. L^r.-
bert. 1506, del Boucher, 1546 e 1517, di Martino il giovane, 1557. d^.
Niueilio, 1557 (che ai ritengono una sola, cambiatovi solo il prin&o ibgiìoì :
le lionesi del Baudin 1577, del Pesnot 1581 e 1585 (queste pure ai ritenffocc
una sola, mutatavi la data); le bernesi del Le Preux. 1595, 1000, iÙCO,
1610, 1616; due di Ginevra dello Stoer 1628, 1645; una di Rotterdam. l<eer«.
16-49, e r oltiroa di Buda del Landerer, 1756. La Cremonese del 1492 ^n-iU
in fronte il titolo: Opu9 ditinwaa de Remediis itlriusqi*e foriunae.
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DB RBUDEDOS DTREUSQGE FORTUNAE. 783
per il prezzo dell* opera stessa. G. Dassamminiàto, dalla sua veiv
sìone de'Remediy come avea fatto da quella de* Morali di S.
Oregorio, colse i fioretti per ispargerli tra il popolo, e famelo
bello, nutrendolo del meglio che contenesse quella ben estesa
opera che non era alle mani di tutti. È ben a dolersi che il
<*orrettore della stampa, o poco pratico o poco diligente, vi
abbia lasciato per entro mende assai, singolarmente nella terza
parte > che offendono la nitidezza del testo, e ne guastano la
beltà.
De Remedii deWuna e deiT altra fortuna^ di messer Fran-
cesco Petrarca volgarizzati nel buon secolo della lingua per
D. GiovANNT Dassabdìiniato, monaco degli Angeli, pubblicati da
don Casimiro Stol/i, voi. i, Bologna, Romagnoli, 1867. — Voi. ii,
1868. — Fa parte della Collezione di Opere inedite e rare dei
primi tre secoli della lingua.
Giovanni Dassamminlato n. nel 1363; fu monaco benedettino
camaldolense , e sotto Priore nel monastero degli Angeli, ce-
lebre per r amicizia e carteggio con Coluccio Salutati, di cui
era stato pur discepolo, e per altre morali e religione versioni,
sebbene rimaste fin qui inedite, tranne la continuazione della
versione àe* Morali, Questa edizione venne dallo stesso Stolfi
esemplata su un codice deirAmbrosiana , autografo forse, se-
condo il Mehus, ma per lo meno originale di pregio, scritto
nel 1427, ed appunto nell'anno in che D. Giovanni fece la ver-
sione, n P. Casimiro Stolfi mori a' 5 Agosto 1868 ; sicché non
potè rivedere che una parte del primo volume; il secondo fu
riveduto per intero dal S"^. Giansante Varrini. — > V. nella Rivista
Bolognese, Luglio 1868, p. 634, V articolo che ne scrisse Sai-
rotore Mussi.
Remigio Fiorentino, De' Remedi de r una e deW altra for^
tuna, ad Aszone, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari, 1543 e
1549; Venezia, Farri, 1584, con dedica di Polidoro Rali a mons.
Cesare De Norie, vescovo di Parenzo; Venezia^ Cornetti, 1584,
1589 e 1595; Venezia, Spineda, 1607.
€ Non è che la versione di D. Giovanni Dassamminiato.
Remigio Fiorentino ne deturpò solo il lavoro, rafiazzonando al
gusto del suo secolo. » Stolfi.
Perticari Qwuo, Versione del Dialogo lxxxix del libro i.
— Frammenti di Fr. Petrarca volgarizzati. Parigi, 1836.
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784 OPERE LATDIB
Parolari ab. Giulio, Versione del Dialogo xiu, p. i. — Defii
Religiosità di Francesco Petrarca, Bassano, Baaegg^o, 1847, p. ^.
TraduBlonl ffraMcc«l« — Des JUmèdes de rune ei di
tautre fortune prospere et adverse^ trad, de Fr, JPetrarqite
par Nic. Orbsmb, revu par Galliol Dupré, Paris, Dupirè, 1523 :
Paris, Janot, 1534.
Nicola Orosme, nativo di Gaen, dottore in teok)g:ia, gran
maestro del collegio di Navarra, precettore 4^ re (Carlo V)
quando era Delfino, e piii tardi aixùvescovo di Bayeux, deca&c
del capitolo di Hohan, e tesoriere della Sacra Cappella di Pa-
rigi. — E fu questo stesso Oresme che venne mandato oratore
da Carlo il Saggio al Pontefice Urbano V per dÈssuad^o s
ritornare la Santa Sede a Roma. L'arringa ch*« fcmine. is
pieno concistoro, il 24 Decembre 1863, dice il Méziòree, ai eoo-
serva tuttavia. Se ne commose altamente il Petrarca, ed a con-
futarne le calunnie e gli errori dettava la famosa lettera ad
Urbano V. — (Sen. L. ix, lett. i,) V. Mézières, Péti^rqua, p, 301
e 313; Fracassetiì, Senili, ii, 36.
Crenaile (db) M/ Escuter (le sieur de Chàteaunliw ), L*
Sage resolu cortire le bonne et mauwiise fortune, ou le Pe-
trarque mise en frangois. Paris, 1644; Bruxelles, Frappeos.
1601, 1668; Rouan, Cardin Besoigne, 1662; Paris, Besoigne.
1607; Ljon, De VUle, 1673.
Entretiens de Pet)*arque sur la bonne et maìweùse fijrtune.
Paris, Le Graa, 1673.
Entretiens du sage sur les plus beaux sujets de la morale.
ou il est enseigné rari de viwe heurewp. Pam, Bwoigne,
1678; Paris, Le Gras, 1673, 1678.
È ristessa traduzione del de Grenaille, solamente yi è^ can-
giato il tìtolo. — L'Hortis ricorda un'altra versione di 6rio-
vanni Doudin, canonico e baccelliere in teologia, ch'ei &ce
d' ordine di Carlo V. Il mss. trovasi nella Nazionale di Parigi.
Il De Sade vuole che anche Giacomo Baìichant^ che tradusse
il libro De' Remedii di Seneca, voltasse pur quello del Petrarca.
— Il codice membranaceo n. 41 de' Mediceo-Palatini di Firenze,
del secolo XV, di carte numerate da ambo i lati 324, contiene
una traduzione francese d' ignoto autore col titolo : Le septante
sept Dyalogues ... de la fortune adt)erse.
Tradnsione apai;naola* — Francisco Petrarchoj Dehs
y Google
DB REBfBDIIS DTRIUSQUB PORTUNAE. 785
remedioslpontra prospera y adversa fortuna. Con previlegio.
Es iaiprimido... en la muy noble villa d' Valladolid por Diego
da Oumiel... xvió dias del lues de mar^o del anno MDX. —
Es imprimido ... en la muj noble y muy leal cibdad de Seuilla
per Jacobo cromberger — Acabose à tres dias del rnes de Fé-
brero anno de mill y quinientps y treze (1513), in fol. — Es im-
primido ... en la mny noble y muy leal cibdad de Seuilla por
Joan varela de Salamanca. Acabose a. xx dias del mes de
Setienbre. Anno de mill y qninientosT xvj (1516) annos, in fol.
— Fue imprimido ... en la muy noble y muy leal ciudad de
Zaragoza, por^George Coci aleman. Acabose a. xxiìj dias del mes
de octubre. Anno de mil y quinientos y deziocho annos (1518).
— (Magnìfica edizione); Zaragoza, Coci, 1523; Seuilla, en casa
de Joan varela de Salamanca (26 Aprile) 1524.
Da quanto ai rileva nell'avvertenza preliminare ne fu tra-
duttore Fbàncbsoo di MADRm, Arcidiacono di Alcor, e canonico
della cattedrale di Valenza che volle intitolata la sua versione
a Gonzalo Femandez de Cordoba, il gran Capitano. Anteriore
alle accennate, dev'esserci un'altra edizione di Barcellona fra
1502 ed il 1509 dello stesso Gunniel, quando ivi teneva tipo-
grafìa. Il traduttore si lamenta assai del testo guasto da non
uscirne, sicché tante volte gli fu forza porre e levare. Voltando
questo libro lettera per lettera, com' è nel latino, ne verrebbe,
ei dice, una cosa tanto strana ed oscura da non potersi leggere,
e letta la non «i potrebbe cogliere. Lo Stolfi mal s'appone
facendone autore l'Obregon.
Tradasionl tedesche. — Franciscus Pbtrarca. Voti der
Arzeney bayder Gluch des guten und toiderwertigen, Aug.
Steyner, 1532. Della medicina — de remediis — nella fortuna
lieta ed avversa.
B la più bella e grandiosa stampa che sia mai stata &tta
de' Eirnediiy tanto per i caratteri ed il sesto quanto per le
incisioni in legno che ad ogni capitolo sono apposte. Le quali
incisioni (come si legge nella Prefazione dello stampatore)
furono comprate a caro prezzo : i soggetti poi dei disegni fu-
rono studiati su r opera , e suggeriti all' incisore dal famoso
Sebastiano Brandi, poeta, storico e giureconsulto, morto nel
1520, e che a quest'opera premesse pure una prefazione in
versi tedeschi che si leggono in principio. L' opera Ò intitolata
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786 OPBU LkrnfE
a Sigismondo Orymmen e Massimiliano Vìrsiog, dottori in ib<^
dici n a, che aveano consigliato questa versione. Il primo fibro
fu tradotto da Pietro Stohel, di Norìnaberga; il seeoado ha in
fine il nome di Giorgio Spalatinus, celebre teologo, caaceJliere
aulico ed amicissimo di Lutero. — L'edizione del \S3St pan^
una contraffazione della precedente: in questa la veiwme é
attribuita esclusivamente allo Spalatinus. — Id. Id. 1539, de-
dicata a Martino Weisg, cittadino di Augusta, e parrebbe
tradotta da Stefano yirgiHo che sottoscrive la vita del Pe-
trarca, premessa alla stampa.
Httlffy Trosi und Rath in allem anUegen der Mgns^^ien.
Frano. Petra rchab, ecc. Francfort, Engelnoffs Erben, 1^0. —
Aiuto, consolazione e consiglio in ogni occorrenza deH** uomo
di Francesco Petrarca.
Trosi spiegel in Glùck und Ungl&ek des toeitberùmàiem,
ecc. Fr. Petrarchab. Pranckfùrt am Mayn, EgenoM^; Erben.
1584, id. 1596; ed Johann Saum, 1604. -^ Specchio di consola-
zione delia buona e mala ventura del celeberrimo Frane. Petraiva.
Trosi spiegel FRANCisa Petrarche des kochberumòten Poe-
ten und Oratom, Von Arzeney und Rath in gutem und
underwertigen Qlùck. Franchfurt am Mayn, Johann Sprì^er,
1620. — Specchio di consolazione di Fr. Petrarca, poeta, ora-
tore celeberrimo : della medicina e consiglio nella buona e ndla
contraria fortuna.
In ogni capitolo o dialogo vi ha un dislieo latino e due
tedeschi che illustrano i versi latini, e servono di argomenta
n distico latino è poi quello stesso che si trova nelle e^àoni
posteriori a questa, poiché da essa T hanno presa.
Tradnsloiie boema. — Frantìsha Petrarchy kniehy dooìe
0 lekarstvi proti sHestl a nestiesU, Kteréz Jesi pan Rbbqr Hrih^*
z Geleni preioziL V. Praze, 1501. — Libri due di Francesco
Petrarca de Remediis uttHusque fortune che voltò in boemo
Gregorio cav. Hruby de Jelioge.
Traduslone ang^herese. — Nagy emìékezetù \ Petrar
\ cha I Ferenczneh \ ajó.ésgonosz \ szerencséneh orvosldsdrol
iroU két I Konyryeeshéje \ Jó és Bai Szerencsék kózSU fbr \ gók
nak vigaszialdsdra \ Dedkbol Magyarrd \ fbrdUtatott | LàszlÓ-
Pal I RtmiENio praepostj és vdradi | canók élnU \ Kaas^ Az
Akademiai, Bet&kkel 1720. I due libri de Remediis nù^iusgue
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DE REMBDII8 UTRIUSQLB FORTUNAE. 787
furtunae, del celebre Francesco Petrarca tradotti da Paolo
Làszló canonico di Nagy Yàrad (Grosa-Wardein) per consolare
c|ueili che si trovano nella fortuna o nella sventura. Kaschau,
nella tipografia accademica, 1720.
Edizione divenuta rarissima; il dotto Toldy nonne fa pur
menzione; l'erudito Hardtiyi nella sua Memoria Hungarorum
et protincìcUiUfn scriptis editù notorum la ricorda con tali
parole: Làszló Paulus, canonicus vai*adiensis, eleganter in pa-
triam transtulit linguam Francisci Petrarcae De Remediis
utriusque fortunae Ubros duos qui in liicem prodìverunt Cas-
soviae MDOCXX, (pars, u, pag. 471, Viennae, 1776). — È in
duodicesimo, ed ha 244 pagine. Paolo Làszló di Ris Kàszon
ha intitolato la sua versione al co. Michele Mikes di Zabola,
consigliere del Governo di Transilvania. 11 Museo nazionale di
Pesi ne possiede un esemplare.
TradnsioMe InKleae. — PMsicke, against Fortune as
u?eU prosperous as adoerse, coniegned in tico Bookes noiM first
englished by Th. Twtnb. London, Richard^ Wathyns, 1579.
L* Olandese Hadrianus de Karthduses, olandese, (nel 1460,
frate in un chiostro presso Geertruidenberg), scrisse sull'orme del
Petrarca: Liber de Remediis utriusque fortunae^ Colonia, 1470;
Louvain, 1485. — Andrea Vaierius gli dà colpa di manifestis-
simo plagio verso il Petrarca.
In uno scritto, tuttavia inedito di Arnoldo Geiihoven, di
Rotterdam, morto (1442), nel chiostro di Groenendaal, presso
BruxeUes, e che avea studiato diritto e teologia a Padova ed
a Bologna, si trova spesso ricordato Franciscus Petrarca poeta
laureatus dignissimus. I passi ^tati son presi dal Trattato
/>e Yiia solitaria, e segnatamente da quello De Remediis. Ne
possiede T autografo V illustre prof. G. Moli di Amsterdam, co-
nosciutissimo pe' dotti ed accurati suoi lavori sulla Chiesa,
soprattutto del Medio Evo.
Sul libro De Remediis veggansi : Comiani, Il Secolo della
Letter. I, 239; G.Maffei, Storia lett. d'Italia, f, 127; Stolfi,
Pre&z. alla Versione del Dassamminiato ; Di Criovanni, Scuola^
Scienza e Critica, 234-242; Fr. Fiorentino, La Filosofia di
Fr. Petrarca, 11; Ginguenè, Hist Liter. Ital. ii, 405-12.
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788 OPBRB LATINE.
DE SUI IPSIUS ET ALIORUM IGNORANTIA {»).
Della propria ed altrui igtioremzaj Trattato di Francssco
Petrarca, con tre lettere dello stesso a Giovanni Boccaccia,
traduzione di Giuseppe Fracassbtti. Venezia, Orimaldo, Ì85S.
Intorno a questo trattato, ed a* quattro giovani che sì fe-
cero giudici del Petrarca in Venezia, veggansi: Maffei, Stor.
Letter. d'Italia, i, 136; Fracassettì, Lett. di Fr. Petrarca, ii,
56, 60-67; Di Giovanni V. Scuola, Scienza e Critica, 242;
Valentinelli 6r., Petrarca e Venezia, 107. — Dal Codice delia
Marciana, n. lxxxvi, ci. vi dei Latini si rileva che: Hii erant
dominus leonardus Dandulo (ita tamen ut prìmus literaa nullas
sciat), thomas talentus (paucas) ; dominus zacharìaa contarenns
(non luultas) ; omnes de venedis ; quartua magister guido de ba-
gnolo de regio (vero non paucas); prìmus miles, secundua simplex
roercator, tertius simplex nobilis, quartus medicus phisicus.
DE VIRIS ILLUSTRIBUS (2).
// Libro degli huomini famosi compillato per lo inefyto
poeta Mser Francesco Petrarca,
Kepertorio : del presente libro ove serano signati i capitoli
di: XXXVI : capitani li facti de' quah sono diflhisamente daserìpti
I
(1) < Hanc Ubellum ante bieantum dictatum (1387), et alibi acriptom. |
perduxi ad exitam Arquadae intai^ coUaa Eaganeoe (1370), ian. 19, ver-
gente ad occasum die. >
(2) Hic quM^e magnoram laudes atudioaua avoram Digarai, extrena
relcgens ab origine Sortes BomuUdas, vestruinqne genua, aermone soluto
Hisloricus, titulosque viris et nomina reddet. Africa ^ ix, 267. — Go^ta-
tionca tuas in longinquum transmitiens , &roain inter poatoroa oonoepistì,
ìdeoque roanaro ad maiora jam porrigens, librum historìarum a Rege Ro-
mulo ad Tituin Caeaarem , opus immenaum , teroporiaque et laboria csapt»
cissimum agresaus ea. De Contemptu Mundi, Dia), in. — Scribo de Viri*
Illustribus, quale non auaìm dicere; iadicent qui legant, de quaotiute
J^rouuntio, haud dubio maffnum opua, multanunque vigiUanUD. Mftectifw
n Medicum. (Edi e. Bas. 1581, p. 1095). — Ilio (Ubro) valdfl-egeo, in viro-
rum illuatrium congerie, cui hoa humeroa qualèacumoue anbeo. Bp. Fam.
IX, 15. ^ Ed il Mézièrea : < Peraonne n' a piua travatllè que lui au moyen
Age à retrouver lea principeaux traila de 1* hiatoire rimiaine à aourent
altèrée par dea légendea rouianeaquea. Il a oompulaó les annalea de Rome
avec la doublé passion d* un savant ed d' un patriote , avec le dòsir g^
néral da a' inatruire aiguillonnè par le déair partico^ier de rètablir dana leur
y Google
DE VIRIS ILLUSTRIBUS. 789
per lo inclito poeta miser Francisco Petrarca et primo co-
micziando come qua di sotto appare.
Splendida edizione di p. 243, con &ccie bianche intorniate
di un fregio che dovea accogliere 1* effigie incisa o miniata di
ciascuno uomo illustre, de' quali seguitava la vita. Fu procu-
rata ad istancia di miser Ftxincisco da Carrara , signore di
Padua. Ne vegliò la stampa il veronese Felice Feliciano, uomo
assai perito in fatto d' antichità, secondo le pàtrie memorie, e
come lo dimostra quella preziosa sua Raccolta di Romane
Iscrizioni, dedicata ad Andrea Mantegna, che in bel codice
autografo si conserva nella Biblioteca Capitolare veronese. Asso-
riavasi airimpresa Innocente Zileto da Creinovi, come ci avvisano
i seguenti versi. lUustres opere hoc viros perire — Francisci
ingenium t>ctat Petrarchae — Aon scripio calamo anserisve
penna — Antiquarius istud aere Felix — Impressile fuit Inno^
rens Ziletus — Adjuior sociusque ìntre Polliano — Verona
ad lapidem tacente quartum: M.C.C.C.C.LXXVI.KL. Octobris.
V. Fossi, Catalogo dei libri a stampa del sec. XV, t. ii, p. 318.
Le Vite degli uomini illustri di Messer Franc. Petrarca.
MDXXVII. Stampate in Vineggia per Gregorio de Gregorii,
TAnno del Signore. MDXXVII del mese de Genaio.
FRANCisa Petrarchae, Historia Julii Caesaris (1). Auctori
m
intégrìtò les titres do i^loire de su patrie. Ce fut un des d)us grands aoucia
do aa vie. ... Là (nell opera de Viris) , 1* enaembie de V histoire romaine
reparalt ^ur la première fola, non pas dans une oeuvre méthodique, corn-
ine r avait d' abord voulu lo poéte, mais en dètail , & propos de la vie de
chaque grand citoyen de Rome, et avec une merveilleuse abondance d*ia-
formationa et de citatious précises. G^ est corame la quintessence de tout
ce que Pótrarque avait appris sur Rome en lisa ut les écrivains latina, et
comme le première révélation de 1* histoire romaine qu' ait regue le mondo
moderne Mèzières, Pétrarque, 351. — Il Petrarca potea ben dire di so
medesimo: Tu, e' bai, per arricchir d'un bel tesauro, Volte l'antiche e lo
moderne carte, Volando al ciel con la terrena soma -^ Sai, dair imperio del
flgliuol di Marte Al grande Augusto. . . . Neil* altrui ingiurie del suo san-
gue Roma Spesse fiate quanto fu cortese. . . .
(1) De Vita et rebus geatis G. Julii Gesaris (s d. nò di 1. né di st. ),
Argentorati, amid Eggestein? 1473. — Julii Gesans quae extant omnia cum
notis et animadversionibus Dionysii Vossii, ut et qui vocatur Julius Celsus
de vita, ecc. Amsteldami, ex Tvp. Blaer, 1607. — Julius Celsus. de vita et
rebus gestis G. Julii Caesaris. Londini, Smith et Beni, 1097; C. Julii Cae-
saris quae extant omnia, ecc. — Lugduni Batavoriim, Boutensteyn et Lucht-
mans, 1713 ; Londini , curante J. J. Valpy, 1819-20 '^ Gajus Julius Caesar
ad codices parisinos reccnsitus., cum notis N. L. Achainlre et N. E. Lcmaire,
l. ni, Parisiia, 1820, p. 7-201.
Nella Biblioteca Riccardiana di Firenze (Cod. R. ii, N. xxix, e col
N. 1601 della nuova numeraz. ) , trovasi un volgarizzamento inedito della
vita di O. Cesare del Petrarca di Bitonaccorso di Filippo Adimari di
Firenze, 1452.
y Google
790 aPERB LATIN*
tnncUeavit secundutn codicem hamhurffensem correaoU am
intet-pretatione Italica contuiit G. E. Ghr. Schnbdkbb, Liner.
Ani. Prof, VratisL Upsiae apud Gherardum-Fleiacbaram, 18^.
Rossetti Domsnioo, di Scandsr, Petrarca, GiuUo Celso t
Boccaccio Illustrazione bibUologica delle Vite degli uomini
illustri del primo, di Caio OtuUo Cesare CLtJtrihmia ai secando,
e del Petrarca scritta dal terzo. Tiieeta, Marenigh, 1828.
Diem Natalem regia potenUasimi et dementiaBimi FHderici
Guilelmi III die ni Aug. Hora xit Med. Oratione et renuntia-
tione victorum in certaminibua litterariis aolemni oeslebranduBi
mandato UniverBÌtatig litterarum Vratialavìenaia indìcit C. E.
Ce. ScHNEiDBR, Phil. D. et P. P. 0. — Praemissa est Franósa
Petrarchae de viris illustribus libri nondum editi pars. —
P. I. Vratislaviae, MDCCCXXVIII. — P. II. MDCCCXXXI. —
P. III. MDCCCXXXIII. — P. IV. MDCCCXXXIIII.
La Vita di Romolo composta in lesino da Fr, Petrarca,
col volgarizzamento citato dagli Accademici della Crusca di
. Maestro Donato da Pratovbgchio , edizione procurata da L.
Barbieri, Scelta di Curiosità letter. ined. o rare dal sec XIII
al XIV, n. 18. Bologna, Romagnoli, 1862, di pag. 54.
La -Vita di Numa e T. Ostilio , testo latino dì FRk3Ksaco
Petrarca, e toscano di M, Donato da Pratoyecchio, per cura
e studio di L. Barbieri. Dispensa II." Bologna, 1862, di p. 38.
— Scelta di curiosità, ecc. n. 29.
Le Vite di F. C, Dentato e di Fabricio Ludnio composte
in latino da Fr. Petrarca col volgarizzamento citato dagli
Accademici della Crusca di M. Donato da Pratovbochio. Pa-
dova, Tip. del Seminario, 1870. — Ne fu editore il benemerito
prof. Pietro Ferrato, che le volle corredate ddle ' Varianti del
Codice Dona dalle Rose. '
Sol RosHltif V. >riagostoyic Vincenzo, Di Domenico Rossetti, p. 5-8.
— Sul prof. Schneider t V. Rossetti, Petrarca, Giulio Celso e Boccaccio,
passim, e segnatamente 104>08. — Su Lomhardo Serico^ V. Rossetti. Op.
cit. passim, Fracassetti, Ep. Pam. n, 350. — Su DovMtodegl'Atbansanh
Appennigena, V. Rossetti, Op. cit. «7; Fracassetti, Ep. Pam. v, 838.
FRANasci Petrarchae, De Viris Illustribus Vitae nunc |
primo ex Codd, Vra^laviensi, Vaticano ac Patavino in iucctn
editae cura Aloysii Razzolini. — Le Vite degli uomini illustri
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DB VIBI8 ILLUST8IBUS. 791
ii Francesco Petrarca, volgarizzate da Donato degli Albanzaoi
àsL Pratovecchio, ora per la prima volta messe ia luce secondo
un codice Laui^enzìano citato dagli Accademici della Crusca
per cara dì L. Razzolini. Bologna, Romagnoli, 1874. — Disp.
I* e li».
Collezione di Opere inedite e rare dei prinù tre se-
coli della Lingua.
« Un'opera tanto dall'autore prediletta non solo fu lasciata
da parte con inesplicabile non curanza, ma fu anche dimenti -
rata dai posteri. I piii accurati bibliografi o non ne parlarono,
o ne trattarono confusamente scambiandola coir^itom^ di
queste Vite, che dettata negli ultimi anni del Petrarca, e la-
sciata da lui incompiuta per morte, fu proseguita e condotta
a termine da Lombardo dalla Seta suo amico e discepolo, lì
primo a diradarne le tenebre fu il benemerito dott. Domenico
Rossetti di Scander, che coi lumi della più sana critica mise
in voce quest'opera affatto dimenticata, ne discopri i Codici,
e provò con invincibili argomenti che tutte le Vite degli Uomini
niustri, in numero di trentuna, da Romolo a Cesare inclusive
per la imiformità dello stile appartengono indubbiamente al
Petrarca ; assicurò che nello scriverle si attenne all' ordine cro-
nologico, e fece toccar con mano che mal s'appongono coloro
che la dicono opera lasciata incompiuta, e condotta a termine
da altra penna. Dopo i più accurati e laboriosi studi egli avea
divisato di metterla per la prima volta alla luce ; ma la morte
gr impedi d'incarnarne il concepito disegno, e lasciò ad altri
l'eredità de' suoi affetti in onoranza del suo Autore. Ed 11 primo
a profittarne fu C. E. Cristiano Schneider prof, di filologia e di
letteratura antica nella Università di Breslavia, che rivendicò
al Petrarca e rimise in luce la Vita di Cesare, sino allora at-
tribuita a G. Celso (1) e già impressa nel secolo XV, col corredo
(1) n prof. Schneider, suir edizione di Basilea del 1D81, confrontò con
tutte le opere latine del Petrarca que' pensieri , quelle sentenze , que* vo-
caboli, quelle frasi, quegl* idiotismi e c[uelIo singolarità tutte, che potevano
0 ripetersi od avere qualche conformità od analogia con altrettali che tro-
vava nella vita di Cesare, attribuita a Gelso. Compilò un lessico alfabetico
che abbraccia 366 articoli, ciascuno dei quali presenta il vocabolo il quale,
tratto dalla vita di Cesare , trova il suo confronto in altre opere del Pe-
trarca. Ripassa poi i xxvi capitoli del suo testo latino di quella vita , e
porgendone 546 esempi ^ vi contrappone il loro volgarizzamento tratto dal
testo Rhedingeriano (esistente nella Biblioteca di Breslavìa) nel quale tro-
y Google
792 OPBBB LATINA
di molte varianti desuate da un preasioso codice di Ambargo.
Vedute le buone accoglienze fatte dai dotti al suo aocoratb-
Simo lavoro, ai decise di dare per la prima volta, a più riprese-
le altre Vite originali, da Romolo a Porcio Catone incla;?ÌTe
che tante si contengono in un prezioso Codice di quella Uci-
Torsità, nella occasione in cui festeggia vasi il giorno itataliàH<
del suo re Federigo Guglielmo III: ma in questa pabblicaziocr
si attenne scrupolosamente alla grafia dei Codice, conservdn-
done i nessi e le abbreviature; cosiccbò può dirsi aoa^ prepa-
razione per chi poi 8*accingnesse a mettere in pubblico tutu
le vite. »
Ed era ben diritto che qualche italiano si desse tutto aà
onorata impresa. Nò certo avrebbesi potuto più degnamentt
onorare la memoria del Petrarca, neir occasione delle sue feste
secolari, che donando alla nazione quelle Vite di ch^^U si
compiaceva pur tanto; quelle Vite che avea promesso d^no-
tolare air imperatore, ma solo ove se ne fosse reso degno, non
pel vano splendore del nome e del diadema, .ma per le gloriose
sue gesta se potranno essere agguagliate a quelle degli antichi. ( 1)
e che poi dedicava al Carrarese non tanto a gratificarsi Ta-
nimo di un principe giovine e bellicoso, ma più a mettergli
inanzi splendidi modeHi di virtù politiche e di valentia batta-
vansi pure le altre vite degli uomiai illustri, tutte attrìboitevi al r<>-
trarca. In questo secondo confronto dà e^lì un sags:fo eziandio delle md-
tissinie ommissiooi e storpiature del volgamcatore ; cosi che qa^to «ic
lavoro diventa utile anche per la correzione del testo italiano. Con questi
scarsi mezzi estrinseci giunse egli pertanto a ristabilire assai bene la gua-
sta lezione del suo testo ed a convincersi ad un tero{K> che 1' opera nou
possa essere di altri che del nostro Petrarca. — Dicamisi adesso, ooQchiad<
il Rossetti , chi di noi italiani ha fatto un' illustrazione de' nostri priiui
classici, uno studio si grande, si faticoso e si felice , quale lo fece questo
egregio oltremontano?... Petrarca^ Giulio Celso e Boccaccio, p. 197.
(1) « Dum enim ad id forte meum sermo caesareus desceudìsset , ut
aliqua sibi de opusculis roeis exposceret , atque in primis librum cui /v
Viris iUmtribU9 nomen dedi, illum inexpletum esse respondi, et temporìs
atque otii ergentero : duraque ille pacisci vellet in postenira, occurri liber-
iate illa mea , qua cum majoribus ma^is uti propoaitum est^ ^am miti
quidam contulit natura , auxit vero vicina jam senectus , m iimnensura
auctura cum venerit ; et ita , in<juam , id tiDÌ promissum credito, si tibi
virlus adfuerit, vita inihi. Mirantiquc et dicti causam requirenti : quod a<{
me, incpam, attinet tanto operi justum jure spatìum debetur ; aegre enin
magna in augustiis explicantur : quod autem ad te, Caesar, ita demum hoc
te rounere et ejus libri titulo dignuin scito, si non flilgore nominis tantum,
aut inani diademate, sed rebus gestis et virtute animi illustribas te te vìri^
adscripseris . et sic vixeris ut cum veteres legeris , ut legerìs a posleris.
Quod dictum serenis oculorum radiis et augustae frontis laeto proravit
asseusu. > Ep. Pam. xix, 3.
y Google
DE VmiS ILLUSTRIBUS. 793
oliera. ^- Aggiungasi che il testo del volgarizzamento nelle
<3ne succitate edizioni ci pervenne oltremodo scorretto. A lavoro
di tanta lena si diede il Priore Razzolini, nello studio dei
olassid antichi consumatissimo. Ei fece diligentissime indagini
dei Codici contenenti sì il testo latino, che quello della ver-
sione , e dopo mature considerazioni , pel latino prescelse il
Breslaviense, il Vaticano e il Padovano; per l'italiano il Lau-
renziano di n. 9, Plut. 61. Oltrécchò si giovò assai di un codice
veneto di appartenenza dei co. Dona Delle Rose, di ottima e
sicura lezione: per la vita di Giulio Cesare dell' accuratissima
edizione del prof. Schneider. Con queste norme condusse la sua
il prof. Razzolini , tenendo sempre a confronto il volgarizza-
mento coli' originale latino. Cosi ha potuto discoprire ed emen-
dare moltissimi Mi in cui caddero, nelle citazioni^ i passati
Accademici della Crusoa, come agevolmente può riscontrarsi
dalla Tavola degli Esempi che trovasi a piò dei volumi, alla
quale va dietro un' altra delle Voci e Maniere di dire non re-
gistrate finora nel Vocabolario o mancanti di dovuti esempi. —
L'opera, cosi il benemerito prof. Zambrini preside della R.
Commissione deputata alla pubblicazione dei testi di lingua,
fu allestita con si fatta perizia, con tanta diligenza e con si
grande assennatezza, che molto guadagno tornar ne debbe alle
nostre lettere ed assai onoranza al valentissimo illustratore —
Quante cure usasse, quanto zelo e quante sollecitudini noi non
imprendiamo ora a descrivere stante che parrebbeci intem-
pestivo : chi voglia, potrà agevolmente convincersene di per so
stesso.
« L'opera De Viris illustribuSy venne tenuta dal Carra-
rese in tal pregio, da pregarne l'autore di farne anche un
compendio perchè servisse quasi di guida, di riscontro e d' il-
lustrazione alle imagini degli antichi eroi già commemorati
dalla penna del Petrarca, e fatti dipingere dal signore di Pa-
dova in una sala della sua reggia, in quella stessa che ora
appartiene alla R. Biblioteca. » G. Cittadella. — Ma il Petrarca,
impedito da morte, non ne potò comporre che soli 13 capitoli.
Il Supplementum EpitomaUs illusirium mrorum posi celeber-
rimi viri Fr, Petrarchae mortem è di Lombardo Serico, ami-
cissimo del Petrarca, che ne fu il continuatore, per comando
di Francesco di Carrara.
50
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794 OPBRB LATINB
EPISTOLAE (1).
Mbnbohblu Ant., Indeoe F. Petrarchae epistoiarum qua^
edUae mnt et quae adhuc ineditae. PaUYÌif Tjp. Seminarn, 1818
Francisci Pbtrabohab, Epistola quae inter editai est prime
XII Libri SeniUum ea> atUographo, annoiatianibus et varian-
tibu9 Uctionibus locupletata, Patavii, .Typ* Sem. 1808, xii, 56
Illustrissimo atque Reverendissimo Francisco Scipioni De Dondii
ab Horologio Episcopo Patavino Praeoeptoree Seminarìi Patavìai.
(1) Dell' Epistole del Petrarca abbiamo le sesuenti edizioai : — Frsa-
ciac! Petrarchae Epistolae Familiares Libri viii. venetiis per Joh. et Gr^^r
De Oregoriia, Fratres, Idibua Sepl. 1498 — Nelle Opera omnia, Ras.-
ìeae jper Joh. de AinerbaCi 1495 ; Venetiis , per Siroonem de Luere, 1 jl'I
Per Simonein Papiensem , dictum Bevilacqua , 1503 * Basileae, aihe nosi
typ. 1541' Basileae, per Henr. Petri, 1544. — Praa. Peto^arcbae, Bacoiìca
Africa et Epistolae, Basileae, sìne nom. typ. 1558. — Fr. Petrarchae, Opiiri
Omnia, Basileae per Seb. Henr. Petri, IdSi. — Frane. Petrarchae, Epàsfcai
1. XVII, ex Cod. J. Chalasii, per Petrum Roverianum, S. 1. IdiH. — Il Bj»-
setti a ragione ritiene che V edisioni, Lugdani per Samuelem Criapinu:».
1601 ; Coloniae Allobrogum , apud Crispinum , 1001 ; Lagduni , apud S^
muelem Crispinum, 1601, sieno una sola edizione con la Roveriaoa.
Poaiariormente, secondo il Fracasaetti, ne uscirono altra 10 lettere i&^
dite : 5 ne pubblico il De Sade; 3 il Bandinieìi Pepencordi; 2 il Mrh^^y
ed una il Posaevinio, il Lazzari ed il MeneghelH. — Ignoro se tra quelle^ sj
compresa Francia, Petrarchae Epistola ad Fratrem e vetusto codice aiut*
nrimum edita. Bononiae, Lei. a vulpe, 1772. — « Trovansi inserite an-rà*^
in Raccolte : Epistolae duo de praelatione Hteronlmi an Augrustini. i la
Philologicarum Epistoiarum Centuria, Francfort, 1610). — Epistola de junÌ4ì5
Imperli Rom. et Papae Roro. ejusque assedarum ( in Monarchia GoUast.
voi. 2, Francff., 1614). —Epistola Carolo IV Imperatori (in Comm^nt 4«
Aug. Bibl. Caes. Vindob. ; Vindobouae, 1666). — Epistolae varìae ad Carvi
Phiì. Gabassolam (in Hìat. dea Cardinaux de Fr. Du Chesne, Par. n, ParX
1680). — Epistolae duo < Urget bine animum » e < Reverendiss. Pater ( bi
Lazzari, Misceli. Bibl. GoUegii Romani, t. i, Romae, 1754). » En, Caràtteri
II catal. de' Codici, p. 85.
Franeisci Petrarchae Fiorentini Canonici Patavini^ et Archidktc »•:'
Parmensia, viri omnium eui tempori* doctieeimi, Epistotae xvi« quièta
piane testatum reliquit quid de Pontificatu et de Romana curia sertserù.
Excerptum ex ejus libris, qui in manibus hominum versantur, Argfa-
torati, apud Ghristianum Mylium, Anno MDLV. (E in GiUcciardini Frxi- 1
mentis t s. 1. 1602|. Ne fu eaitore l'Apostata Pietro Paolo Vergerio. L" «di-
zione fìi messa all^ indice dal S. Ufficio, d'ordine di Paolo IV. — Alenili ìA"
§ orlanti luoghi tradotti ftior dell' Epistole latine di Fr. Petrarca, ecc. (s. ì:ìÌ
i 1. né di stamp.). Ronigsberg, baubmann, 1557? — V. Ediz. Comics:!
432 ; e M.*^ Fontanini, con note di Ap. Zeno. — Ben fece il Fracassetti e !
non occuparsi delle Lettere sine Titufo. Il Petrarca era si indignato de'sjsr
costumi della Babilonia Avignonese che con troppo vivi colori , e tr^pa
particolarmente, ne ritrasse quelle laide tresche , e ciò che in camer^I H i
potesse. Egli, piissimo come era, le dettò meglio a sfogo dell' anima alta-
mente rattristata, né permise mai che altri ne prendesse copia. Ci è troffo
putridume per entro, si che anche oggidì infin lassìl fa spiacer tuo ft- .'*
(V. Epist. Sen. L. ix, lett. 2).
y Google
EPI9T0LAB. 705
Fb. Pbtrarchak nondum edita Epistola , ad Philipum de
Yitriaco factum Episc. Meldensem; Praeclaro Antistiti Jos. Joh.
Cappellari Ecclesiam Vicentinam adeuuti hanc Fr. Petrarchae
Epistolam pubblici juris Antonius MeneghelU faciebat. Patavii,
Typ. Minervae, 1832.
FiL P8TBAB€HAE Epìstola nunc primum in lucem edita
(L. XIV, ep. 1 ). Per laurea in Medicina di Annibale Biancfaesi.
Padova, Bianchi, 1858.
Franeisci Petrarcae Epistolae de Rebus Familiaribus et
Variae tum quae adhuc tum qnae nondum editae, Familia-
rium sctUcet libri xziv, Yariarum liber unicus^ nunc primum
integri et ad fidem Codicum opUmorum vulgati studio et cura
JosEPHi FiucASSRTTi. Floreutiae, Typis Felicis Le Mounier,
voi. I, 1859; TOl. ii, 1862; voi. ni, 1863.
1547. Prose Antiche. Alcune Lettere di Dante, Boccaccio e
di molti altri virtuosi ingegni nuovamente raccolte da A. F.
Doni, Firenze.
1548. — Epistole di Plinio del Petrarca e del signor Pico
della Mirandola ed altri eccellentissimi uomini ti^adotte per
Lodovico Dolcb, Venezia, Gabriel Giolito de' Ferrari.
Sono 48 l'Epistole del Petrarca tradotte, ed abbracciano
dalla p. 31 alla 111. Quindici dirette a M. Tommaso da Mes-
sina; 12 a Giovanniy 3 a Stefano juiàore^ 1 a. Jacopo eduna
ad Agapito Colonna; una ad Annibaldi^ vescovo Tusculano,
a Barbato, a Giov, Boccaccio, a Clemente VI, a Dionigi Ro^
berto da Borgo S. Sepolcro, a Giac. da Messina, a Giovanni
Aretino, al suo Lelio, al suo Marco, a Roberto, re di Sicilia,
a Raimondo Soranzo, a Tomaso da Messina, e a Marco,
Mantovano e due a Socrate.
Erizzo Sebastiano. — Nel 11 Avvenimento della prima delle
Sei sue Giornate traduce per intera, dalla terza lettera del
Libro I. delle Fam., l' avventura di Carlo Magno, che ei dice
non ingioconda istoria»
Di Costanzo Angelo, Versione della lettera V del libro V
in che il Petrarca descrìve una grai^dissima tempesta avve-
nuta in Napoli. Nel libro VI della sua Storia di Napoli. Gamba
Lettere descrìttive, p. 6-13; Foscolo, Opere (Ediz. Le Mounier,
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796 OPERB LATINB.
X, 68. — Versione della ìeU, III del Ubro V al card, Giom. Co-
lonna, in che descrìve il sno yiagg:io per infino a Napcdi. e
fa brutto ritratto di quella corte. Storia dì Napoli , Libro vi ;
Levati, II, 148.
Volffarizzamenio deit Epistola di Francesco Petrarca a
Giovanni di Certaldo (Pam. xxi, 15, e nell'edtz. di Crepino
del 1601, la sola, tra quelle degli Scrìtti latini di Fr. Petrarca,
che rabbia, la xii del libro xii); DioNisi, Preparatone istorìca
e critica a una nuova edizione di Dante, n, 33, riprodotta da
Ambrogio Lev.iti, Viaggi di Francesco Petrarca, v. 86; Pa-
ixsA Agostino, Dante, Trieste, Lloyd aust. 1865, p. 81 ; Car-
Duoa Giosuè, Versione e Comento, Studj letterari, p. 3^. V.
Pracassetti, Ep, rv, 171-192.
Lettre de Pétrarqne à Boccace traduite par ie deci.
P. Mabille (8® di p. 26), Angers, imp. Lai né frères.
Perticari Giulio, Frammenti di lettere di Fr. Petrarca,
r>olgarizzati. Parigi, Bologna, 1837.
Il , Perticari , con quella purezza di dettato che gli è prò*
pria, ci diede tradotti 8 frammenti dalFEp. Familiari, 1 dal}«*
Varie; 4 dalle Senili; 3 dalle Epistole Sìne titulo.
1820.— Levati Ambrogio, Viaggi di Fr. Petrarca. Milano,
Classici.
In questa sua opera il Levati ci diede tradotte oltre 70
lettere del Petrarca.
1823. — Epistola di Francesco Petrarca a PuUce. poeta
Vicentino, Vicenza, Parise.
Ha il testo latino di fronte alla versione. Ne fu traduttore
Giacomo Massari, che la intitolava all*aw. Gaetano Stardelà,
nel giorno delle sue nozze.
1827. — CoRNiANi Malvezzi Teresa, AUa Maestà di Carlo
IV imperatore, Esortazione di Frane. Petrarca, volgarizzata.
Firenze, Magheri.
1829. — Tre lettere di Fr. Petrarca tradotte in italiano.
Parma, Stamperia Ducale. — A Tommaso Messanese, Non do-
versi appetir fama innanzi morte; a Tavalardo, vescovo di
Albano e Cardinale, Ricusa i proferti onori. Al suo LeUo^ Del
silenzio utile e dannoso. — Il ti-aduttore, che fu Michele LeOfu\
non vi prepose il suo nome.
1829-36. — Leoni Michele, Versione della lettera di Fr.
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BPISTOLAB. 797
Petrarcft ad Andrea Dandolo, 18 Marzo 1352. L^Ecclettieo di
Parma, Tip. GarmìgDani, 29 Novembre 1829. — Fr. Petrarca,
a Nicolò di Rienzo, V Ecclettico, 27 Apr. 1830. — A Luchino
VisconH di Milano, di Parma, 13 Marzo 1348, T Ecclettico, 18
Maggio 1830. — A Oiotxinni Colonna, in che detesta i giochi
dei gladiatori, di Napoli, 1 Dee. 1343; Epistola alla Posterità^
V EcdetUco, 15 Sett. 1830.
1846. Saggio di Epistole di Fr, Petrarca, volgariz-
zate. Guastalla, Fortunati. — I. AUa Posterità, ^ li. Sine Utulo, ^
Uh a Giov, Colonna, 1 Dee. 1643. — IV. A Barbato di Sulmona,
1 Log. 1346. — V.' A Luchino Viscontiy 13 Marzo 1348. —VI.
Ai Priori delle arti, al Gonfhhniere della Giustizia e al po-
polo di Firenze, 11 Giugno 1349. — VII. Ad Andrea Dandolo,
doge di Venezia, 18 Marzo 1351. — Vili. Risposta di Andrea
Dandolo. — IX. Al Senato di Genova, 13 Marzo 1353. — A
Cola di Rienzo, — XI. Al Card. Giovanni Colonna, 20 Apr.
1355, — XII. Gino da Pistoia a Fr. Petrarca, 20 Feb. 1328.—
XIII. Giovanni Boccaccio a Frane. Petrarca, 1 Luglio 1368. —
XIV. Giovanni Boccaccio a Francesco di Brossano, nel Novem*
bre 1874.
1834. — Epistola di messer Francesco Petrarca a messer
Nicola Acciainoli (Fam. xxii, 2), volgarizzata. Verona, Raman-
zina — Ripetuta in parecchi codici antichi ed in libri a stampa,
fu pubblicata* come inedita da un codice della Gapitolare per
cura di Giovanni Girolamo Orti. Riprodotta con molte corre-
zioni per G. Montanari. Giornale Arcadico > Marzo 1835. —
Fu pubblicata anche dal Doni, Prose antiche, ecc. ; Levati, iv,
105; Roma, Boulzaler, 1835. V. Zamhrini, Gatal., p. 268.
1836. — Ranalli Ferdina^ndo, Epistole di Frane, Petrarca
recate in italiano, Milano, Silvestri.
Prose, con f Epistole di Fr. Petrarca da lui recate
in italiano. Firenze, Pagni, 1838 (Tip. Daddi). — (Gori Gre-
gorio. Del Petrarca e delle sue Epistole, e di un Saggio di
traduzione , datone dal Signor Ferdinando Ranalli. (Montal-
boli, a. a.).
1845, — Sassoli Enbioo, Tre lettere di Fr. Petrarca recate
in italiano. Al nob. giovine co. Angelo Tattini. Bol(^na, SassL
*- (Lett. IV, del 1. ii a Giovanni Colonna; lett. x del 1. ii,
ad Agapito Colonna; lett xiv del 1. n, a Giov, Colonna).
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798 OPERE LATINB
1846. Lettere di Fr. Petrarca voUcOb in itaHano, ed
offerte al nobil giovane marchese Annibale GuidoOi. Bologna,
Sassi, 1846. (Leti, xv, xvr, xvii del 1. in a Tommaso di Mes-
sina ; Lett. n del 1. iv al suo Dionigi).
1847. — Paroiari Giulio Gasare, Versione della leti, n
del libro nr Fam. al re Roberto di Napoli , e ddla lett. vi del
1. viti, Sen. a Donato Albanzani Appennigena, grammatico^
e di parte della lett. vn del libro v, Sen. a Qiot). Boccaccio.
Nel suo Discorso : Della Religiosità di Fr. Petrarca, Bassano,
Baseggio; Milano, Pirola, 1857.
1856. — Negri Francesco, Lettera di Fr. Petrarca a M€u^
quarol, vescovo di Augusta , volgarizzata. Con Prefiuiane di
Emanuele Cicogna. Venezia, Antonelli, 1856. Per Nozze Roc-
chi-De Leiss.
1857. — Palesa Agostino, Lettera inedita di Fr. Petrarca
a Marquarol, vescovo di Augusta e Vicario imper̀Ue in Lom-
bardia, tradotta dal Negri, e dal Palesa comentata e difèscL
Padova, Tip. Sem., 1857 ( V. Palesa, Lettera al prof. Andrea
Gloria, nell'opusc. suoeennato; Fracassetti, Enciclopedia Con-
temporanea di Fano, voi. V, 1857, p. 340; Id. Epist. Fam. v,
464-469; Hortis, Scritti inediti, 163).
1869. — Paganini Pagano, Due Lettere di Fr. Petrarca a
Niccolosio Bartolomei da Lucca, Lucca, Canovetti. Per Nozze
Sforza-Pierantoni .
Per ciò che riguarda T amico di cui si & parola nella
prima lettera, come di conciliatore deir amicizia fra il Petrarca
e Niccolosio Bartolomei, e così pure per dò che rigxwrda
il Bartolomei, confessa il sig. Fracassetti che, ad onta delle
ricerche fatte, non ha nulla di dire. Le memorie e congettare
del Paganini non hanno altro scopo che di riempire questa
lamentata lacuna, e ben vi riesce con copia di erudizione, e
critica sapiente. La versione delle due lettere è del FracassettL
1874. — Ferrai Alberto, studente del n corso liceale,
Versione in prosa deir Epistola a Omero, Fam. xxiv, 12. Pel
V Centen. di Fr. Petrarca. — Polacco VrrròRio, studente del
II corso liceale, Versione in sciolti dell* Epist. ad Orazio, Fam.
XXIV, 10. Pel V Centenario di Fr. Petrarca, Padova, Seminario.
1876. — Tre lettere recate in italiano dal marchese Lo-
dovico Pallaviono Rossi. Torino, Speirani, 1870.
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BPISTOLAB. ^ 799
1874. — RoNCHiNi A., Versione della let. xvii del Hbro vii,
Fam. a QUberto Baiardi Crrammattco di Parma, La dimora
del Petrarca in Parma, Modena, Vincenzi 1874, p. 21.
1874. — Gelesia Emanublb, Versione della lettera del 1
noY. 1352 al Doge Giovanni di Valente e al Consiglio di Qe-
nova, Petrarca in Liguria, Genova, Tip. Sordo-Mnti 1874, p. 35.
Lettere di Fr. Petrarca, Delle Cose Familiari libri venti-
quattro. Lettere Yarie libro unico, ora per la prima volta
raccolte, volgarisizate e dichiarate con Note da Giuseppe Fra.-
CASSBTTi. Voi. I, Firenze, Le Mounier, 1863; voi. ii, 1864; voi.
UT, 1865; voi. iv, 1866; voi. v, 1867.
Lettere Senili di Francesco Petrarca, volgarizzate e dichia-
rate con Note da Giuseppe FltACASSETn. Firenze, Successori
Le Mounier, voi. t, 1869; voi. n, 1870.
L' edizione principe dell' Epistole Famigliari di Fr. Petrarca
è la veneta del 1492, procurataci da Sebastiano Manili sul co-
dice Belano. Non abbraccia che soli 8 libri. Ma lo stesso Ma-
nili confessa nella PrefEusione che una gran parte delle lettere,
nel suo codice, mancava d'indirizzo, che ne fu ammanuense
un francese* di poca levatura, che il testo era scorrettissimo,
da disperarne le molte volte, e che quantunque vi avesse atteso
quanta fieri potuit diligentia, ei temea da questa sua fatica,
anziché lode^ gliene venisse biasimo. Ed è ben notevole che gli
editori successivi, dopo sì aperta dichiarazione^ non si dessero
alcun pensiero di sanarne le pieghe, col confronto di altri co-
dici, nò cercassero di arricchirne la suppellettile, tanto più che
non poteva essere ignoto che ventiquattro doveano essere i libri.
Ma gli otto libri continuarono ad essere pubblicati, come ce lì
diede il Manili, fino al 1601. In quest'anno appunto il tipografo
Samuele Crispino, da un codice di G. Chalas, giureconsulto di
Nimes, ce ne diede altre 72. Se non che tutte queste stampe
« tanto ingrate agli occhi per i caratteri e per le abbreviature,
tanto alla mente fìistidiose per i miUe e mille errori, e per lo
difetto di ortografia e d' interpunzione che tutto ne deturpano
e spesso rendono non intelligibile il testo, » distoglieano anche
i più volonterosi dal cercarne con amore i preziosi volumi.
La necessità di una quova e più completa edizione era da
tutti altamente sentita. li P. Monfau^n fu il primo che si pro-
v Google
800 OPBSX LATINE
poneste colorirne il disegno. L* ab. De Sade facea 1» meiaTiglie
perchò nessun italiano si fosse ancor posto a si onorata im-
presa. Fra noi la meditò primo il P. Ansimo Bandure» poseit il
Bandini ed il Mehas, più tardi, con energia di volere, il Bal-
delli, il quale non perdonando nò a cure né a spesa, rwccohe
da Parigi, da Firenze, da Roma, da Venezia, da Padova, du
Torino quante più potè lettere inedite, e formò tal raccolta
da menar vanto « di possedere il più abbondante e più com-
pleto Epistolario del Petrarca che si conosoesse in Europa. >
Se non che, per le molte e gravi occttpazioni de* pubblici uffid,
e sovrattutto per la morte del celebre Angelo Fabronio che
8*avea preso a compagno, gli fu forza smetterne il pensiero;
fé' generoso dono di tutto il materiale ammannito all' ab. prof
Meneghelli, ammiratore grandissimo del Petrarca. Questi ben-
ché in assai grave età, vi si aodnae con ardor giovauiie, «*
nel proposito di accertarsi che altre lettere del Petrarca non
esistessero, oltre quelle che possedeva, nel 1818 pubblicò il
suo Indice, lo diresse ai custodi delle pi4>hiiche biblioteelie.
ed ai più famosi letterati italiani e stranieri, pregandoli del
loro amorevole concorso onde T opera sua riuscisse il più pos-
sibile completa. Ma il Meneghelli mori prima che potesse porri
mano, e mori pure Gius. Vedova di Padova, che con suo ma-
nifesto del 1853 ne annunziava la stampa per associazione (1).
Il monumento pia splendido alla memoria del Petrarca do-
veva essere inalzato dal valoi*080 ed in&ticabile avvocato Fra-
cassetti di Fermo. — e Difatti intorno ali* Epistolario, a questo
tesoro Petrarchesco (2), ha posto egli tutte le sue cure con tanto
amore, che più o meglio ci sembra non potarsi desiderare.. ..
(1) In questo Indice d«l Meneghelli mano&no oltre le 4 dell' Appendice
\ uUiroamente ficoperte ne' codici di Roma ) , ventitré lettere del Petrarca
che noi abbiamo date nella nostra edizione , e debbono togliersene venti-
quattro che non sono lettere del Petrarca. J^'rocoweMi. — La Raccolta Bai-
dellì consta di cinque volumi : I voi. pog. 802; II, pag. 191 -in, paff. 5T3:
IV, pag. 702 ; V pag. «38. — Ne fece acquisto dagli eredi Vedova V Uni-
versitaria di Paaova (segn. al n. 1907), pei presso di Aust. L. 1000. Anche
dopo la pubblicazione de! Praeassetti questa importante Raccolta conserra
un pregio, segnatamente i»el ratfh>nto della lesione dei diversi Codici.
(8) Tutti sono unanimi nel proclamare 1* importanza dell' B{Àstobrìo
Petrarchesco, tesoro di vera sapienza cristiana, civile e letteraria. Notabili,
scrive il De Saoctis, soprattutto sono V Epistole Famigliari che si possono
considerare come le sue Memorie. Sono uno specchio fedele del suo carat-
tere e delia sua vita ne* tratti più cx>nfidenziah, e dove non di rade trovi
un accento che gli viene dair anima. Talvolta vi esprime con effbaione del
sentimenti che hai letti oondeosati in qualcuno de* raoi veni ìtailaBi. —
y Google
BPISTOIAE. 801
S^Dza perdonare nò a fatica nò a spase nò a molestie <ii ninna
sorte, con aocuratissìme rìcercbe fstte nei codici delle piii co-
piose biblioteche d'Italia e in quella di Parigi, ha potuto ag-
fungere ben cento e ventotio lettere del tutto inedite a quelle
tra le famigliari che prima erano divulgate ; e alle varie, tren-
tadoque, anzi trentanove, avendone, dopo pubblicato il testo
latino, scoperte altre quattro. Per tal modo T edizione del
Fracassetti comprende 347 lettere umiliar i e 69 varie; e può
risguardarsi come edizione compiuta. Alla diligenza nel racco*-
gliere ò succeduta T altra nel distribuire, secondo T ordine del
tempo in cui furono scritte , le familiari u il che non potendo
fai-e nelle varie ha nel disporle seguito T ordine alfabetico,
secondo la parola iniziale di ciascuna lettera; nella quale opera
ha il Fracassetti con sollecito studio data ragione dell* avere
i*ecato ad altro anno alcune lettere, che nelle edizioni anteriori
erano poste sotto un anno determinato ; e mostrato a chi ve-
ramente sieno scritte, rettificando le intitolazioni malamente
apposte ad alcune. ^ in ciò egli ha dato prova di così accurata
e severa critica, ed ha confortata la sua sentenza con argo-
menti cosi sodi presi dalla storia, dalla cronologia, dalla con-
fi mi daole che il Settembrini ne porti ben differente giudizio. < Dicono,
così egli , che le molte sue Lettere possano giovare alia storia del suo
tempo : io per contrario intendo, che bisogna J}en conoscere la storia del
BQO tempo per iatendere <peUe lettere, e appena si può iatenderle;
perchè il Poeta trasfigura i tatti, gli uomini, le cose per vestirli alla latina,
lascia 1 particolari che sarebbero importanti e sta sempre sa i generali
che si possono esprimere in una lingua morta. . ■ . Egli le scrisse per imitar
Cicerone , e vi messe molta declamazione e chiacchere e vanità erudite :
le faceva leggere e pubbUcare pnma che giun gesserò al loro indiriuo^
Sono dissertazioni più che lettere, sermoni da canonico che ha poche fac-
cende, molti libri, e moltissima vanità : sono consigli di pace e di amcordia
che i contemporanei pregiavano perchò scritti in latino e in nuovo stile,
ina che in fatto non eseguivano, e talvolta anche se ne ridevano. > Lesioni
di LetUr, Uai. i, 805. — Checché ne dica il Settembrini io confesso che
quante volte mi vien dato di aprire V Epistolario del Petrarca, e mi accade
spessissimo , nel vedervi la rettitudine di queir anima sinoeramente reli-
fiosa, queir ideale ddla vita a cui di continuo aspira, ouella tanta energia
i volere sovra sé stesso, la sua fede provatissima nelr amicizie, l' acce-
sissimo suo amore per i' Italia, la parte pift bella del mondo, nel trovarvi
ivi entro raccolti , quando precetti e indirizzi per gli studi delle lettere ,
quando ammaestramenti sapientissimi intorno agli umci della vita civile e
domestica, in breve il tiore della sapienza antica , della Bibbia, de* Padri
della Chiesa, del suo Agostino segnatamente, e eh* ò più tanta franchezza
di linguaggio cogl' Imperatori e co* Papi , in quella tanta varietà d* argo-
menti, ci provo diletto ed indicibile conforto ; io mi sento , direi , dopo la
lettura, entro me stesso fatto migliore. Ci sarà del prolisso , del retorico ,
non niego ; ma ò pur necessario risalire al tempo ìa che scrisse il Petrarca,
e contrapporre alle poche mende del secolo , il moltissimo di bene che
1' Epiatokrio racchiude. — V. Mésiàrea, Pótrarque, 350.
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802 QPSRB LàTINB
dizione e dall* indole di quelli a cui Bono dirette le varie epiatofe,
che il lavoro del Fracafisetti può per ciò solo considerarsi
come nn ottimo esemplare dd retto oso della crìtica. — A
questa lode del Fracassetti si vuole aggiungere 1* altra die si
merita amplissima per le note storìche di svariatÌBaìiiia ma-
niera, onde ha congedato e nobilitato il suo lavoro. Viene prima
la prefazione ; nella quale da principio con brevi ma savie pa-
role discorre delle lettere petrarchesche: della stima in che
erano tenute, pure vivente il Petrarca, co^ che i pia <diiarì
uomini dell' etÀ sua avidamente ne facevano raccolta; e d^
differenti classi in che le distribuì lo stesso Petrarca. . . . Alia
Prefiuione fa seguito T Indice delle lettere ^migliali e delie
varie secondo T ordine dell' edizione, cogli argomenti delle let-
tere e i sommari! delle note; e l'indice dei nomi di tutti co-
loro cui' il Petrarca scrisse delle lettere in prosa ed in versi:
e questo secondo indice si stende a tutte le lettere petrarche-
sche: Familiari^ SeniUy Sine Titulo, PoeUchs e Vtnrie. Quindi
viene la Cronologìa comparata sulla vita di Francesco Petrarcs
accompagnata dal suo indice... cronologia veramente ammi-
rabile, e degna di esser proposta p«r modello a dù voglia £ue
di somiglianti lavori.... E simile a so medesimo si mostra il
valoroso Fracassetti nelle note che appose copiosissime alia
lettera ai Posteri, premessa a tutte le familiari, coUe qnali
dichiarò i punti prindpali della vita del suo Autore, inseren-
dovi per ciò un albero genealogico compitissimo della Simiglia
del Petrarca: e in quelle altre dettate con più sobrietà, ma
non minore dottrina e critica, colie quali ha accompagnato
pressochò ogni lettera del lungo Epistolario. . . . Nelle sue note
sempre lo vedi accurato e severo nella storia, forte e strìn-
gente nella critica, ricco e vario nell'erudizione, urbano e gen-
tile nei modi che adopera, eziandio nel dipartirsi dalle sentenze
altrui e nel confutarle dove &ccia d'uopo. Chi consideri, tutte
le lettere essere ben 416, e sappia come pressochò a tutte
abbia il Fracassetti unito qualche nota, intenderà lungo e ùl-
ticoso lavoro ch'egli ha dovuto per dò imprendtt*e (Cmkà
CaUoUca, Serie v, voi. 9, p. 335343).
Pel volgarizzamento intero dell'Epistolario, credo, scri-
veva il Rossetti, non potersi venire a capo per opera di un
solo volgarizzatore, perciocché questi dovrebbe dedicarsi poco
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BPISTOLAB. 803
meno che tutta la vita. — E più avanti: Non credo pertanto
trovarsi si di leggieri nn prode e perfetto traduttore che sólo
assumasi T erculea fatica di volgarizzare tutto intero il corpo
dell'Epistole in prosa del Petrarca compresovi il grosso nu-
mero dell' inedite. *• Eppure a tanta mole di lavoro è bastato
r animo e Y ingegno aJr insigne Fracassetti. Nella traduzione
8Ì studiò, come dice ei medesimo, di serbare alle lettere il loro
carattere e di presentarci un ritratto dello stile del Petrarca,
e fedelmente, e con lode, attenne la sua promessa, in modo
che leggendolo tu lo giudichi scrittore originale, non volga-
rizzatore.
E può ben compiacersi che T opera sua non sia rimasta
infeconda, che il suo nome non possa più andar scompagnato
da quello del Petrarca, che agli studiosi del suo Autore abbia
dischiuso mezzi più utili e più sicuri d'investigazioni, e più
ch'altro di aver egli inspirato il bellissimo lavoro del Me-
zières e quello del Geiger. Onde il Mézières non si peritava di
scrivere: < La pubblication de M. Fracassetti justifie Topportu-
nité d' une nouvelle étude sur Pétrarque, qui rectifierait en plus
d'un point le conscìencieux travail de l'abbé de Sade, déjà
revu par Baldelli ; où se dessinerait, sous tous ses aspects, une
des fìgures les plus attachantes du mojen àge, où reparaltrait
sui*tout , d' après les confessions mémes du poete, ce qui con-
stitue l'individualité et l' originalité de son caractère. »... « M.
Fracassetti a bien mérité du mond, lettre. ...» E l' Accademia
della Crusca scriveva ali' illustre Comitato letterario per le
feste del quinto Centenario di Francesco Petrarca (Aix-en-
Provence) : Voi avete destinato un premio a queU' italiano che
in questi ultimi quindici anni ha dato alle stampe un' opera
sul Petrarca. E poiché di questo v'ò piaciuto far giudice la
Crusca, gli Accademici con voto unanime e con animo lieto
designano al premio (la grande Medaglia d'oro offerta dalla
città d* Avignone), le Lettere di Francesco Petrarca^ volgariz-
zate e illustrate dall' avv. Gius. Fracassetti di Fermo: fatica
grande condotta con grande amore, e che mentre serve a in-
tendere la mente e a conoscere la vita del Petrarca, apre a tutti
un tesoro di cognizioni intorno al secolo XIV. » — Se fossi an-
ch'io chiamato ad assegnare un titolo d'onore a chi si fosse
reso più benemerito del Petrarca , dalla sua morte a' nostri
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804 OPKBB LATINB
giorni, io non esiterei a proclamarne degnissimo, sovra tati
GiusBPPB FiucAsarm.
Il De Sade recò injrancese molte lettere del Petrara-
altre versioni straniere non conosco. — L* 1. R. Università e
Pi*aga possedè un codice con questo titolo : Franiisha Petrar-
chy psan( rosUcnyck sesinaciero. — PsatU na Eanibaley òìskup-
Tushulanského, o lahomstoi. Psan( o bidè a zdvisti\ Prelaz
Rehor Hruby z G eleni, — Francisci Petrarchae Epistolae \k
riae sexdecìm. Epistola ad Uannibalem Episcopum tnacul. ^
avaritia. — Epistola de miaeria et invidia. Le voltò in boenaq
qutìir istesso Hruby che arricchì la sua nazione della versioo^
De Remediis uvrìusque fortunae.
Il Pelzel^ (Kaiser Karl dar vierte, 1780), pubblicava pa-
recchie lettere dell' Imperatore Carlo V, e del vescovo Cancel-
liere dell* Impero al Petrarca, tratte da una Sumnui costodiu
dal Capitolo del Duomo di Praga.
La lettera ix del 1. viu era conosciuta in Olanda quando f.
colta, come T Europa tutta, dalla peste nera. Essa ò citata ia
gran parte in uno studio istorico e patologico de* giorni nostri
— Ttoee Epidemién in Nederlandy — del dott. A. H. Israrf*.
prof, nell'università di Amsterdam, inserito nel Nederiandsck
Wekblad voor Geneezckundigen , 1854, p; 474. — Anche H
pi*of. Moli la cita nella sua interessante opera. — Kerkgesdi»
denis van Nederland raoor de HejnDomdng. — Storia deìu
Chiesa ne' Paesi Bassi avanti k Riforma, 1869, t. iv, 75.
DE OFFICIO ET VIRTUTE IMPERATORIS.
IN ITALIANO.
Libro degli uffici e delle virtù di un Capitano y indirìm
a LuccMno del Verme j veronese, personaggio magnanimo,
peritissimo delle cose militari e capitano del veneto esera^
D' ignoto autore. Questo volgarizzamento venne per la priau
volta pubblicato dal Silvestri, tra le Opere Filosofiche di Fran-
cesco Petrarca, Milano, 1824, p. 93*137 (voi. xxxiu deJla &
blioteca greco-latina). — Non ò che la lettera I^ del libro ir
delle Senili.
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805
DE REPUBLICA OPTIME
Jministranda ad imaginibus virtutibusque ornatìssimum virum
FR. GARRA.RIENSBM PRING. PATAVINin^f.
Del modo di governare ottimamente uno stato , a Fran^
esco di Carrara^ Principe di Padova^ omatissimo d* imagini
di mrtit. Volgarizzamento à!* ignoto autore: il mss., onde fu
»resa la stampa, porta la data del 1740, e sembra dettato a
[uell' età in cui s' incominciava a tenere il mezzo tra lo stil dei
nodemi e il sermon prisco. (Ne fu traduttore il Levati. V.
Viaggi del Petrarca, p. 352). Fu pubblicato la prima volta
lai Silvestri di Milano, 1824, nel voi. 33 della sua Biblioteca
jreco-latina, a p. 1-92. — Questo trattatello non è che la let-
era I* del Libro xiv delle Senili. Vedi quanto ne scrive il co.
Giovanni Cittadella neir accurato suo studio Petrarca a Pa-
lova e ad Arqud, p. 47.
EPISTOLA III DEL LIBRO XIV DELLE SENILI
VERSIONE DELLA GRISELDA (1).
PsTRARCA F., La Giselda volgarizzata, Novella inedita
tratta da un codice Riccardiano del sec. XI V con note e Ta-
vola di alcune voci mancanti nel Vocabolario. Firenze, Nicola
(1) Francesco Petrarca Cicea precedere la sua versione della Griselda
(Vi G. Boccaccio da queste parole : « Historiain ultimam et niultis praece-
dentium longe dissiniilem posuisti. Quae ita mihi placuit me^ue detinuit ,
ut inter curas quae paene mei ipsius immemorem mefecere; illam memo-
riae mandare voluerim , ut et ipse eam animo quoties vellem non sino
voliiptate repeterem , et amicis , ut flt , coufabulanlibus renarrarem , si
quando aliquid tale incidisset; quod cum brevi postmodum fecis^em, gra-
Inmque audientibus cognovissem , subito talis inter loquendum co^itatio
^upervenit, fieri posse ut nostri etiam sermoois ignaros tam dulcis historla
delectaret . . . Uistoriam ipsara tuara scribere sum agressus, te haud dubie
gavlsurum sperans , ultro rerum interprotem me tuarum foro: quod non
facile alteri ctiiciumquo praestiterim . . . Historiam tuam meis verbìs ex-
plìcui; imo alicubi autpaucis in ipsa^arralione mutatis verbis aut additis,
quod te non ferente modo sed favente fieri credidi, quae licet a multia et
laudata et expetita fuerit, ego rem tuam tibi non altx^ri dedicandam oensui.
Quam quidem an mutata veste deforraaverim au furtassis ornaverim , tu
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806 OPERS LATINI
Fabbrìoi, 1851» in ^p di pag. 32. La pubblicazìoiie di questi
Tenione, d'Anonimo trecentista, è dovuta a L. BendnL
Intorno ait obbedienza ed aUa fedeltà della mogUe* Ko-
velia tratta dalia x delia Giornata x del Decamerome di G.
BoccaociOj dalla latina nella italiana fitoella, tradotta da G»-
TANNI PAOLEm. Veneùa, Tip. del Commercio, 1860. — Per k
Nozze Giuriati-Bigaglia.
STBiNBdTXL H., Bise ist atn qnstel Frandsd petrarehej t<m
grosser st&tihayt ainer firowen Griael gehaissen. Augabni^gi
Zainer, 1471, in fol.; Augaburg, B&mler, 1472 e 1482, come
appendice alla versione dell* opera de praeelaris muUeribus dfl
Boocaccio fatta dallo Steinh&wel, Ulm, Zainer, 1473; Strasburg,
1478; Angsburg, Sorg, 1480; Strasburg, Knoblochzer, 1482;
Strasborg, 1520; Strasburgo FrSlìch, 1538, 1540, 1544; Niirnberg,
Wachter, s. a.; Magdeburg, Francke, s. a.; Erffi>rd, Singe, 1670.
Marggraf Walther diss ist: Bine tounderUche und histige
Historia Vom Weiblichem (sic) Gehorsam und Treue^ Yar drey
hundert Jahren von dem (sic) damale noeyen furnehtnsten
und gelehriesten Jdànnem Johan Boocatio Welsch und ^m
Francisco Pstrabcha Lateinisch beschneben, Anietzo aber ins
Deutsche versetzt von Johann Fisdlbbn von Rsigbbnbach, P.
Laur, Caes. Dresden, 1653.
Von der wunderUchen Gedult der Gràfin Griseldìs. Della
mirabile pazienza della contessa Griselda. Venne inserita nelU
judica : illinc enim orU illuc redit : notus iadex : nota doiniu : notum itor, ut
unum et tu noria et quisquis haec leget Ubi, non mihi, tuarum raliaiieiu
rerum esse reddendam. Quis ouis ex me quaeret : an haec vera sint : hoc
est an historiam scripserim, an fabulam, respondebo Ulud Crìspì : Fides penes
auctorem meum, scilicet Joannem, sit > Petrarca, Epist. m del L. xvn
delle Senili. ^ < Lorsque je vois Pétrarque, à la fin de sa carrière, apprendre
par coeur le dernier conte da Decameron , T histoire do Orisélidis , le ré-
citer toat ému à ses amis et se donner la peine de la traduire en latin ,
Soar le faire connaitre davantage et le faire godter par les beaax esprìts
u teraps, je ne pais m* erapftcher de penser à la sollicitude avec laquelle
Goethe suivait les pro^rès de la trilogie de Walletut^in, en prèparaìt li
représentation et travaiUait à Ist couleur locale de OuUlaume Teli, en met-
,!
&c^Lc<s<ruMAuuu ck ktavcuiiuik a <u v;vLuouf A\/v.a4D u^ vri»*««(4<*'no ^ cm> cu Ilici*
tant soua les yeux de Schiller, par ses notes de vovage, la grande poesie
"i paysages alpestres. » Méziàrei, Pétrarque, p. 216.
Epistola domini Francisci Petrarche De nistorìa Griseldis mulicrì^
maxime constantie et patientie . . . sino anno (Colonia, Zdl, 1470?). — De
insigni obedientia et Ade uxoria . . . Ulmae, Zeiner do Reotlingen, 1473. ~
Epistola de Historia Griseldis, s. a. I. (Deventer Rich. Paffhiet. 1498), io
6 fogl. ; col titolo olandese. Deventer, lacob Breda, verso il 1500» in 10 io^.
caratt. gotico. — Historia Joh. Boccatii de Valterio et Griselide in Germa-
norum gratiam ab eodem Petrarcha exactissime ornata et descrìpta (Loai«
bardi Serici, De Bono Solitudinis). Patavìi , Meielli , 1581. — Beraae, Le
Preux, 1601; Genevae, Stoer, 1619.
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EPISTOLA, in DBL LIBBO IV DELLE S&NILI. 807
3pera: Libro eccellente di storia, ovvero: Esatta dilettevole
aarrazione di storielle spirituali, dalla pag. 297 alla 945. Dil-
Lingen, 1687. — Il P. Martino Cochbn, cappuccino, che ne fu
il traduttore, nota alla fine della sua versione : Hànc historiam
ex Pbtrarchb desumptam fìise inscribit Engelgrave in suo
coelo Empyreo (Coloniae Agripp., 1618)^ in festo Conversùmis
S. Paulif § 8, ex quo ego eamdem desumpsi. — La Griselda
di Fr. Martin Ck)cbeD venne riprodotta con titoli diversi e lievi
modificazioni nel 1680; Koln a Rb., bei Cristian Everaerts,
senza data; Stutt., 4836, Reutlingen, 1847.
Chaugeb, The clerke of Oxenfordes Tale. — Nel Prologo io
the Clerke* s Tale^ cb'ò la novella della Griselda, egli canta cosi:
I yr<À yoa teli a talle, yrìàch that I.
Lerned at Padove a of worthy clerk . . .
Fraunceis Petrark, the laareat poete.
È ne* versi 7933-9052 de' Canterbury Tales nelF edizione del
Tyrowitt, London, 1832. È meglio un* imitazione cbe una ver-
sione: ebbe molte edizioni, Londra, 1545, 1568, 1611, 1682, 1703.
Sarebbe troppo lungo, nò forse troppo utile, se volessi qui,
per intero, riferire la Bibliografia della Griselda, come ne avevo
il pensiero. La fece in piccolissima parte, il Manni nella sua
Istoria del Decamerone (Firenze, 1742, p. 603-627) ; con raris-
sima accuratezza il KóUer^ col titolo Griseldis, nell* Enciclo-
pedia dell' Ersch e Gruber. — La novella della Griselda, venne
riprodotta in pressoché tutte le lingue ; in francese, in tedesco,
in boemmo, in ungherese (1), in svedese, in irlandese ed in
(1) Istvanfi fu il traduttore, padre dello storico Nicolò. Attese allo studio
del greco e del latino, non che a quello del diritto e dell* astronomia nel-
TAteneo patavino, come è chiaro dal seguente epicedio di Gabriele Zeni-
gewrgio (in morlem Pauli Istvanfi singulari pietate et doctrina viri).
Quo sol bis senos orhìs convertere cursus
Assolet, et captum carperò rursus iter,
Hoc gpacìo IstvaniìJ Patavina dici tur urbe
Ingenium studijs excoluisse bonis,
Ao didicisse prius famulas industri us artes,
Fervidus, et linguas consociasse duas ecc.
E fu nel 1539 che voltò in versi nella materna lingua la novella della
Qriselide, come ce ne fa fede egli stesso:
Ezer òtsz&z harmiuc kilenc esztendóben
£z kisded kronikat szerze egy énekben
Istvànfl Pai ... — (Nell'anno 1539 Paolo Istwanfl scrisse
questa novella in un canto, ecc. —Mori nel 1557). Mi professo debitore di
questa notizia al co. Oéza Kuuny di Pesth.
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808 OPBRB LATtNB
spagnuoìo (!). Oltreechè porse snbietCo a ballate, a romanze. ^
coxnedie, tragìoomedie, drammi, melodrammi, e perfino a rap*
presentazioni con le ntarionetie. Ho solo ricordato te tradi-
zioni o imitazioni tedesche dello Sieinhoven e del eapncdoo
Cocken, e 1* inglese del Chaticer perchè è chiaro che foroeo
prese dal Petrarca. Nò accenno i moHi oomponimenti italiaui
d'ogni sorte, avendone gli autori tolto f argomento dal Boc>
caccio. — Carh Sehróder ritiene questo racconto volgarìssimo
ai giorni del Certaldese, e ch*ei T avesse appreso dal popolo,
giacché si trova n^ racconti dei popoti antichi del nord, b«ichè
con altri nomi.
EPISTOLA AD POSTEROS.
Stlvano db Venafro. La prepose al suo Comento del Cai»-
zoniera, (Napoli, Ganzar, 1533); ma vi aggiunse molto del suo.
La si trova pur tradotta neirediz. del Canzoniere (Londra,
Bulmer, 1811), curata dal Zotti.
Leoni Michele, Francesco Petrarca ai Posteri y Saggio di
Epistole volgarizzate. Guastalla, Fortunati, 1846, p, 13-27.
Parolari Giulio Cesare, Francesco Petrarca ai PosteH,
salute. Nel suo volgarizzamento Del dispresso del mondo. Mi-
lano, Battezzati, 1857, p. 67-79.
Fracassbtti Gidseppb, Francesco Petrarca ai Posteri, con
note copiose ed interessanti. Lettere di Fr. Petrarca volgariz-
zate I, 201-235. Versione pur inserita dal Carbone nella sua
ediz. del Canzoniere, Firenze, Barbèra, 1872, p. vii-xvi.
Zambrini Francesco, Francesco Petrarca ai Posteri Salute.
La Pietosa Fonte, poema di Zenone da Pistoia. Bologna, Ro-
magnoli, 1874, xxxv-Lix.
TissoT DE MoRNAS, Trad. in frane Mémoires de T Athénée
de Vaucluse, Avignon, Offray, 1806.
(1) La tradusse in spaguolo Love de Vega (Fior de las Comedias de
Espana de differents aatores, Barcelona, 1636), ma ne mutò i nomi : Lau-
reutia, figlia del contadino Lauro, ne* monU ai Miraflor, prende in marito
don Enrico de Moncada, conte di Ruysellon e Gerdanna. Però, ne* parti-
colari , va a paro a paro col Boccaccio. Anche Giovanni De I^-imondJ
Patranuelo , che ha tolto la più parte delle sue aoTeUe da* nostri poeti
(Golecionada de 22 Novelas, Nov. n) , ha recato la Griselda del Boccaccio
in CastigUano (Alcali, de Ueuarea, 1576).
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EPISTOLA AD P08TER0S. 809
Clarus Lud. , Fr, Petrarchs Bekenntnisse, Le Confeesioni
li Fr. Peti-arca, Magonza, 1846. Alla versione alemanna del
ibro De Coniemptu Mundi, premise quella dell'Epistola alla
Posterità.
Geiger Ludwig, Petrarca, Leipzig, Duncker, Humblot.
Nella prima parte del suo lavoro sul Petrarca il Geiger
diede voltata in tedesco la lettera autobiografica alla Poste-
rità. E il CossUla nella versione del Geiger, la rifece italiana,
p. 9-20.
La versione di questa lettera fu pur inserita nel volumetto
di Autobiografie (ediz. diam.), pubblicato dal Barbèra, ma non
potendolo avere sott' occhio, non posso ricordarne il traduttore.
LETTERE APOCRIFE.
Foscolo Ugo, due lettere volgari di Frane. Petrarca tratte
dagli autografi posseduti da lord Holland. Essays on Pe-
trarch, London, 1823; Foscolo, Opere (Edizione Le Mounier),
X, p. 75.
Il Fracassetti, ed a ragione, le ritiene apocrife. Ep, Fam.,
1,9.
Lettera volgare di messer Francesco Petrarca a Leonardo
Beccamugi (4 Genn. 1362), tratta da un cod, della Mar^
ciana (già Zeniano), col raffronto della Lezione nel Petrar-
chista di Nicolo Franco ( Venezia, <3iolito, 1539, 41-47). Ve-
nezia, Merlo, 1858. — Pubblicata dal sig. Tessibr per le Nozze
Marcello-Zon. (Trovasi nel Petrarchista del Franco, Giolito,
1539, 1541, 1543. Gli Aldi la ristamparono quattordici volte
dal 1542 al 1567. Indi si ha presso il Doni (1547); nella edi-
zione del Giglio del 1558, in quella di Basilea del 1554 e del
1581 ; nelle Lett. volg, di diversi, libro i ; ed in Nuova Scelta di
lettere, ecc. La riprodusse finalmente in Udine il Turchetto nel
1851). Fracassetti, Prefazione, 7. — V. Hortis, Catalogo della
Rossettiana, 185.
Meneghelu a., Lettera al sig. ab. Criov. TaUa^ sopra due
lettere italiane attribuite al Petrarca. Padova, 1824; Mene--
ghelli, Opere, voi. vi, 179-201.
51
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810 onaE lATtm
Lettere di FYanceKo Petreuva a Madonna Laura e di in-
donna Laura a Francesco Petrarca. Imola Galeati, 1876. Ediz 1
di soli 60 Esempi. — Porta in fronte la dedica: Per -le iUnstii
Nozze — Della nobile donzella — Sig. Elena Mazsarìnì — Col-
r onorevole signore — Conunend. Nicola Mirag^ — Avrenutó
nel Gennaio — Del M.D.CCG.LXXVI — La lamìglia Zambrici
— Congratttlando offriva.
Son otto lettere in volgare: 4 del Petrarca, e 4 di Ma*i
Laura. Queste ultime hanno per argomento : L Lettera di Laura
ove parla del suo maritarsi: li. Lettera di Laura, et scrìre
che fuggi, vedendola nella Fiera: HI. Dimanda Laura un suo
fazzoletto al Petrarca: IV. Laura parìa del caso avvenuto al
Petrarca tra Scandiano et Reggio.
TESTAMENTUM (1).
Testamento del Pbtrabca , tradotto per quelli che non
sanno di lettere. D' ignoto tradmtore. Neil* ediz. del Canzoniere,
curata da Lod. Dolce, Venezia, Giolito-Ferrarì , 1559 e 1560.
pag. 36-52; Venezia, Bevilacqua, 1568; Bertano, 1573; Zatta.
1756 e 1785.
Testamento di Fb. Petrarca, poeta coronato, D. O. 3/.
Versione di Cablo Lboni. Opere Storidie, ii, 223-234.
Testamento di Fr. Petrarca, Versione di G. Fracassetti.
È in appendice alla nota della lettera ottava del libro vni.
Lettere di Fr. Petrarca, ii, 353^.
Da Pontb Claudio, Il Testamento. Vita di Fr. Petrarca,
p. 177-186.
Nel Codice L. x, 263 della Marciana si conserva una ver-
sione italiana di Bernardino Gatto, di Ravenna, giureconsulto
e verseggiatore al principio del secolo XVI, col titolo: Tras-
(1) Testamentum iUastris Poctae Francisci Petrardiae, ab eo iusu
inulto ante, quam e vita decederet, conscriptum . . . Men. Àug. An. M.D.XXX1.
8. 1. né nome di 8t. — Ed in Fui. Ferretti, Consiliia, 1538. ~ Ackerii J..
}I. Vita ac Testamébtum Fr. Petrarchae ... a Paulo Manutto et J. G rav-
vio conservatum. Emend. noUamie auxit J. H. Acker. Rudolstadii , Geli-
nerii^ 1711. — Nei Goinentan a' Aldo il Giovane sopra il zìi libro de^li
OiBci di Cicerone, ex. — Nel Canzoniere ed. dal Cornino, Padova, 17:^
e 1732. Nel voi. m delle Lettere latine ed. dal Fracasaetti, 587-&15.
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TBBTAfifBNTUM. 811
(caio Testamenti Laureati poeiae domini Francisci Patrarcae,
per Lydium Cattum raoennatem, — L'autore rivelò il con-
cetto ordinativo seguito dal poeta nella redazione del suo testa-
niento, dividendo quest' atto in quattro parti, e volgarizzandolo
in quattro capitoli: a. De modo et loco sepelliendi ^us cor-»
poris — b. De legatis ad pias causas — > e. De legaUs ad
privatas persona^ — d. De haeredis institutione.
Comincia :
Spesse volte pensando tra me stesso
Di quel che niun o pochi assai men cura
Mentre ch'in ciò dovrebbe esser defesso.
Dico dil fin di vita. . . .
e finisce:
Io Framcbsgo Pbtkarca scrissi: el quale
Haveria fatto altro testamento
Se fosse richo come el stulto e frale
Vulgo ben pensa di maggior talento.
Valentinelli, Petrarca e Venezia, p. 114.
Sulle altre opere del Petrarca non conosco né studii nò
versioni. In un codice de* Mediceo-Laurenziani (Qaddiani Primi,
Plut. LxxxEx, segn. n. 63), si trovano volgarizzate le Invectivae
in Medicum. Il Macaulay, benché non troppo tenero del Pe-
trarca, vi trova molto spirito. « li Petrarca , ei dice , parlava
da senno su questo argomento , e T amarezza de' suoi senti-
menti crea di quando in quando, in mezzo alla sua pedanteria
classica e scolastica, periodi degni della seconda Filippica (1).
Swift stesso avrebbe potuto invidiare il capitolo sulle cause
del pallore dei medici. » — Del resto , il Petrarca avea una
grande disistima dei medici, e più volte ne' suoi scritti la fece
manifesta, nò si rimase dal combatterli fieramente, a visiera
alzata, quante volte gli si presentava il destro (Fam, v, 19;
XV, 5, 6; XII, 12; Sen. iii, 5, 7; v, 1, 3, 4; xiii, 8; xv, 8, 14;
XVI, 3). Del che ebbe a sofinrne molti e gravissimi fastidi.
Non è però volesse condannarli tutti alla rinfusa in fascio.
(1) Anche il Salutati, contemporaneo del Petrarca, ne avea portato lo
stesso ^udizio : quas qui diligenter inspexerit, pace Àrpinatia nostri dictnm
velila, illius Vcrrinas Philippicasque accedere, ac ipsas etiam Gatilinarias
facile conaenserit.
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812 OPBBB LATINB
— Àvvene pure de* buoni > ei scrive , e molti ne conobbi , ed
ebbi amideaimi (Albertino da Canobbio, Marco da Hànioca^
Francesco da Siena, Giovanni Dondi), eloquenti, lettogli, in
molte scienze dotUssimif ma solo nella medicina dappoco. Cosa
veramente mirabile: saper di tutto, da quello in fuori che si
Tuole e che si deve (Sen, y, 4). — Ma indignavalo soprattutto
il fax pretenzioso*, ed il portamento cerretanesco oon che si
presentavano al letto degli ammalati per abbagliare i creden-
zoni : « Sfoggio indegno di usurpate vestimenta, porpora scre-
ziata a diversi colori, fulgor di anella, sproni dorati. > — Né
si tratta, scrive un distinto storico delle scienze mediche, di
un giudizio leggiero, e quasi ab irato del Petrarca, intomo ai
medici ed alla medicina del sec. XIV, ma ben^ dell'espressione
di un convincimento profondo, frutto di riflessione, non che
delle osservazioni fìitte sopra sé stesso, e sul suo tenoi-e di
vita. Imperocché, pervenuto appena nelF età matura, non cessò
il Petrarca di volgere la sua attenzione alla medicina, e di
£sirne oggetto de' suoi studii. Osservò attentamente ed in silenzio
il contegno dei medici suoi contemporanei , ne sottopose a di-
samina i vantaggi ed i difetti, e per mezzo dell* analisi, per-
venne lentamente, a grado a grado, a formarsi idea sfavorevole
della medicina de* suoi tempi e di quelli che la professavano.
— Intorno al Petrarca e ai medici, vedi lo scritto di Henscbbl,
Janus Zeitschrift fur Geschichte und Liter. Medie. Breslavia,
1846, I, 183. — In maggior conto teneva i cerusici, de* quali,
benché trattati dai medici con disprezzo, ai dee preg^iare la
sperimentata efficacia della loro destrezza di mano e la loro
abilità nella cura specialmente delle ferite.
SCRITTI INEDITI DI FR. PETRARCA.
Aringa del Petrarca a Giovanni il Buono a nome di
Galeazzo Visconti , signore di Milano, dopo la durata cai--
Uvità.
Questa orazione fu pubblicata la prima volta nel 1854, nel
voi. in, p. 214-225 della seconda Serie delle Mémoires presentés
par divers Savants à l'Accadèmie des Iscriptions et Belles
Lettres de Vlnstitut de France dal sig. Bariieu du Rocheb;
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SCRITTI INBDITI DI FR. PETRARCA. 813
che la ridusse all' ortografìa moderna, correggendo i molti er-
rori che si trovano nel codice, e premettendovi un dotto discorso
corredato di documenti inediti, ffortìs^ Scritti ined. di Frane.
Petrarca, 208.
HoRTis Attilio, i&ri«i inediti di Fr, Petrarca , pubblicati
^d illustrati, Trieste, Lloyd, 1874.
Gli scritti inediti pubblicati sono i seguenti:
' I. Collatio edita per clarissimum poetam francìscum pe*
trarcum floreniinum rome in capitolio tempore laureationis sue
(Dal.'cod. magliabechiano, CI. ix, n. 133).
n. Arengna fecta venecijs 1353, octavo die Novembris super
pace tractanda inter commune Janue et dominum Archiepi*
ecopnm Mediolanensem ex una parte, et commune veneciarum
ex altera per dominum franciscum petrarcham poetam et am-
basiatorem supradictum. (Dal cod. 4498 della Palatina di Vienna).
— Il Romussi , che cita V Arringa del Petrarca , detta nella
morte dell'Arcivescovo Visconti (Petrarca a Milano, 41), .la dà
per inedita, ed aggiunge: perché nessuno si curò di pubbli-
caria. {p. 36). — Eppure davala in luce prima Yffortis, e poco
tempo appresso il prof. Fulin, Petrarca e Venezia^ 306^9.
III. Arringa facta Mediolani in Millesimo 1354, Die vii octo-
bris de morte Domini Archiepiscopi Mediolanensis : qui fuit
Dominus quasi totius Lombardiae, qui obijt die quinta dicti
mensis. Per Dominum Franciscum Petrarcam Poetam Laurea-
tum (in italiano). Dal Codice Magliabec. n. 123, xxiv. — Il
Romussi la riterrebbe, anzicchè originale, una versione fatta
nel cinquecento (p. 42).
IV. Arengna facta per dominum franciscum petrarcham
poetam laureatum in Civitate Novarie coram populo ejusdem
civitatis et presente Magnifico domino galeaz de vicecomitibus
de mediolano dum dieta civitas fuisset rebellis ipsi domino re-
ducta ad obedienciam dicti domini Qaleaz mccclvi, xvnii Junii
(Dal Codice 4498 della Palatina di Vienna).
V. In Kristi nomine amen Incipiunt Epjtomata domini fran-
cisci petrarce super suis bucolicis. (Dal cod. ccxxxn de' latini
della Biblioteca Estense di Modena).
VI. Orationes contra tempestates aereas. — Oratio ad bea-
tam Agatbam. — Oratio quotidiana. — Oratio contra tempestates.
(Dal cod. Laui'enziano n. 17 del Pluteo 90 inf.).
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814 SCRITTI INEDITI DI FR. PBTRARCA.
Lo lessi, cosi il Fanfani, con avidità e con diletto ; uè poUi
non sentirmene confortato... Lasciamo andare la dottrina che
campeggia per tutto il libro, ma il sig. Hortis, dando fiacri
alcune cose inedite del Petrarca, ha usato una temperanza ed
una riserva cosi prudente, benché ogni suo ragionamento si
fondi sopra la più savia critica, che vorrei potesse servir di
esempio a tutti coloro che si pongono a simili imprese. Né le
cose che dà fuori le dà fuori crude crude o per voglia di far?
un pò* di chiasso, ma si piglia argomento a trattare e a chia-
rire molti punti dubbi e controversi , illustrando cosi il nobil
soggetto ch*ei tratta con vera utilità degli amanti de* buoià
studi. // Borghini. — Nò dico solamente che V Hortis pubblicò
quegli scritti, dico che T illustrò, e T illustrò veramente con
molto amore e con eguale dottrina. R. Fu(in. — L* erudizione*
storica e T erudizione petrarchesca in particolare, vi sono ver-
sate a piene mani; e ciò che più importa, sono adoperate con
giusto criterio. C, Negroni. — V. Ritnsla Europea, Agosto
1874, p. 380; Nuotxt Antologia, Agosto 1874, 1049. — I più
riputati periodici alemanni ne scrissero, come ben era giusto,
parole di larghissimo encomio.
Nboroni Carlo, Ftxtncesco Petrarca a Novara, e ìa sua
Aringa ai Novaresi fatla in italiano, Novara, fratelli Miglio,
1876.
Versione fedele ed elegante. Nella prefazione discorre con
molto garbo di dicitura e giustezza d'idee de' fatti che diedero
occasione al Petrarca di «recarsi a Novara. Parlando di Alber-
tino (o Albino) da Ganobbio, medico insigne e poeta, contro
r opinione del Fracassetti, sostiene che il luogo della sua na-
scita è Ganobbio Novarese, sul lago Maggiore^ e non Ganobbio
Svizzero,* snl lago di Lugano. Le note filologiche a pie di pa-
gina, allo scopo di migliorarne il testo, ci fan conoscere, oltre
che la perizia in latinità, il critico senno del dott. Negroni.
Fr, Peirarchae, Gratto in b, Hieronymun, Son 24 esa-
metri. Vennero stampati a Fermo (24 Luglio 1504) dal Soncino.
Li ripubblicò il Valenti nelli, perchè sconosciuti alla più parte
dei bibliografi. Petrarca e Venezia, 127.
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815
SCRITTI ATTRIBUITI AL PETRARCA.
Pbtrarca. Francesco, Chiose^ Correzioni e Osservazioni a
JDante. Manoscritti Palatini di Firenze, ordinati da Francesco
JPalermOy voi. n. Firenze, Cellini, 1861.
Son tratte dal Codice Palatino clxxx, che il Palermo dal
carattere eguale, rotondo, minutissimo ed esilissimo, non solo
ritiene autografo del Peti*arca, ma per di più scritto da lui
neiretà matura, cioè nel torno del 1360. Ma la scoperta del
Palermo fu fieramente contraddetta e negata da due de' più
riputati dantisti, il Fraticelli e il Witte, e iriÉimamente dal sig.
Fracassetti (1), che oggigiorno ha pochi pari nella conoscenza di
ogni cosa che spetti al Petrarca. Il Palermo non se ne sgo-
menta, e forte dell'autorità dei più riputati paleografi d' Italia,
armato di nuovi argomenti, toma in campo, ed a fronte aperta
sostiene T autenticità del suo Codice. < E .tanto è saldò il con-
vincimento del bibliotecario discopritore, che gli fa tenere per
i^uisitissima e di gran lunga preferibile alla vulgata la le-
zione che dà quel codice di certi versi di esso Petrarca : nella
qual opinione non andrà certo con lui chi abbia assuefatto
r orecchio e T animo alla melodia del gran poeta d'amore.»
Ma, a mio avviso, le ragioni degU avversari sono si aperte e
ai gravi, che ne rimane distrutta T autenticità del codice Pa-
latino, che si voleva del Petrarca. %
Gasi d^ Amore, prosa volgare attribuita a Francesco Pe-
trarca. Firenze, Tip. Nazionale, 1865.
Il prof. Bazzi la tolse da un codicetto magliabechiano, già
strozziano, a. iv, n. 169, cartac. in fol. dei sec. XV e XVII, sotto
il titolo Itefrigerio dei miseri. Il terzo di questi racconti, cosi
egli, spedii in luce per le illustri nozze Clelia Zambrini col
(1) Fraticelli, Passatempo, 1858, n. 41-43; Witte, Prolegomeni alla
«disione berlinese della Divina Commedia; Fracassetti ^ Nota alla lettera
XV del libro xxi, Epist. iv, 399 ; Cardttcciy Studi Letterari, 319 ; Palermo^
Discorso premesso alla stampa delle Liriche e parte del Paradiso; Id.
Delle Varianti della Divina Commedia , Discorso , Dante e il suo secolo ;
Id. Appendice al voi. ii, al Codice clxxx riconfermato autografo del Pe-
trarca.
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816 SCRITTI ATTRIBUITI AL PETRARCA.
8ig. CO. dottor Carlo della Volpe, ed ora pubblico il pnino.
come poi pubblicherò gli altri due, peosaudo che una pfrosa
attribuita, fosse pur fÌEdsamente ad un tanto autore, la non sia
da lasciarsi sconosciuta in un fondo di Biblioteca, perchè in
ogni modo dovrà restar sempre come una curiosità letteraiia.
Aggiungasi poi la circostanza di trovarsi scritto da Bernardo
micino nel prologo ai suo cemento ai Trionfi che tra i libri
volgari del Petrarca ce n*era uno in prosa chiamato ^ Refri-
gerio dei miseri el quale. recita quattro casi amorosi di degna
commiserazione. Y. Il Propt^natore di Bologna, toL i, 1868,
p. 465-89.
Tra le Opere ascritte al Petrarca non accenno né il Dya-
logus Piladis; né la Cronaca degC Imperatori e Pontefici^
peix:bò universalmente ritenute apocrife.
STUDI SUL PETRARCA.
ViLLEMAiN, Sur Pétrarque, Tableau de la Literatnre au
moyen àge. Le^n xiii, t. ii, 1, Paris, Didier, 1846.
Rastoul de Mongest, Pétrarque et son HèUe, 2 voi. Bru-
xelles, Meline, 1846.
ViENNBT Fr., Pétrarque et son siede, Revue Coni. Avril et
Mai, T. II, 1852.
PiNGAUD L., Pétrarque et les Professeurs aUemands. Revue
Gontemporaine, Nov. 187%
GiDBL A., Pétrarque et les Troubadours, These presentée
à la FacuUè des LeUres de Paris. Angers, Ck)8nier et Lachese.
1857, di p. 178,
Barbt Euoènb, Les Troubadours, et leur influente sur la
LiUérature du Midi de r Europe. Paris, Didier, 1867.
MéziBBBS A., Pétrarque, Ètude d^aprèsde nouneaux do-
cuments^ Ouvrage couronné par V Académie Franose. Paris,
Didier, 1868, deuxióme ódit.
È un libro, cosi il De Sanctis, scritto senza enfasi, con
semplicità e vivacità, e che tu leggi intero d' un tratto come un
romanzo. E lo diresti quasi un romanzo psicologico, dove sono
indovinati e presentiti molti misteri dell' animo, che danno la
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STUDI SUL PETRARCA. 817
Spiegazione di parecchi fatti — Non ò quasi sorta di studii
che il Méziòres non abbia creduto suo debito di fare per sor-
prendere i secreti di quella nobile vita. ... La sua speranza
era di potere con questo recente studio, offrire ai mondo il
vero Petrarca. Il vero Petrarca, dice il Mézières, non è solo
scrittore di sonetti e canzoni; ma ò la piti grande figura del
quattordicesimo secolo, il rappresentante delle idee più ardite
che vi si sieno discusse, il ristoratore delle lettere, e il capo am-
mirato di una generazione di poeti , di latinisti , di dotti. Nel
vero Petrarca egli scopre cinque passioni, la religione, l'amore,
r amicizia, il culto delle lettere e il patriotismo, le quali se
disputent sa vie, et échanffent son style de feu qu* eUes allu-
meni au fond de son dme. Il Petrarca del volgo è T autore
del Canzoniere; ma il Petrarca, osserva il Mézières non è
tutto nel Canzoniere. Quelli che lo giudicano solo dalle sue
poesie amorose, conoscono i suoi piii bei versi, senza conoscere
lui. E non lo si conosce che dopo di aver seguito il suo pen-
siero non solo nel primo caldo di gioventii, ma nell'età ma-
tura, a traverso di un gran poema, dell'egloghe, dell'epistole
in versi latini, de' trattati filosofici, e specialmente della vasta
corrispondenza eh' egli teneva co' prìncipali personaggi del suo
tempo. E questo ha voluto egli fare per l'appunto — Con
tale intendimento ha fatto un magnifico libro, dove ha con
molta diligenza e con grand' arte raccolto e riassunto tutto
ciò che di più interessante è stato scritto sulla vita del Pe-
trarca, rettificando o chiarendo alcuni particolari o alcuni punti
di vista, libro che si legg^e con piacer» e può essere consultato
con frutto. ... È una elegante biografia dove non mancano fine
osservazioni e fatti interessanti che valgono a illustrare il Can-
zoniere. Notabili son soprattutto le belle pagine ch'egli con-
sacra all'esame di questo capolavoro, con giudizii e criterìi
sani e con giusto concetto dell'arte. Ma il De Sanctis non se ne
contenta: il Mézières è il lodatore non il critico del Petrarca.
(Petrarca e la Critica francese j N. Ant. Sett. 1868, e Saggio
critico y Napoli, Morano, 1869). — Il Fracassetti chiama stu-
pendo il lavoro del Méziòres. Chiunque ne legga il libro pare
di aver conosciuto di persona il Petrarca, di aver conversato
con luì , e di essere entrato a parte de' suoi più riposti pen-
sieri (Prefaz. alle Senili), — V. Amedeo de Margeries, Contem-
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818 STtDI SUL PETRARCA.
porain» Livr. 29, Février, 1860; Ai. D'Ancona, Nuova Antol
Marzo 1868, v, 584.
Babington Macaulat Tommaso, Petrarca, Saggi Biogr. e
CriUci, ToriDO, 1862, in, 97-114.
SiMPSON A. F., Petrarch. Contemporany Revie'w, LugHo.
1874.
Qhivizzani Gaetano, Francesco Petrarca e il suo Secoic.
0\ìera, Monumentale da pubblicarsi pel V secolare Aonìversah?
della sua morte. Il manifesto venne stampato a Napoli dalb
Tip. De Angelis, e porta la data del 5 Sett. 1873.
A celebrare il quinto Centenario dalla morte di Frane. Pe-
trarca, il eh. slg. prof. Ghivizzani, come aveva egregiamente
fatto per la festa secolare di Dante, si era proposto di mettere
insieme e pubblicare un volume dove si avesse a trattar?
compiutamente e sotto ogni rispetto, la grande figura del no-
stro maggior lirico. Che dovesse riuscire un* opera iaiportai;-
tissima, e di grande onore alla nazione ed a chi la divisò, ne
dan certezza e gli argomenti che vi doveano essere svolti, ed
i nomi illustii che n'avean tenuto T invito. Sventuratamente,
o che gli fallissero gli associati, o che la mole dell* opera gli
fosse cresciuta di troppo, e perciò troppo ingente lo spendio,
la stampa non ebbe luogo. Ma perchè resti memoria del no-
bile intendimento, ne pubblico il Manifesto, segnando con aste-
risco le Memorie che poscia videro la luce ne* Periodici nostri.
I. Della stirpe di Francesco Petrarca, co. Luigi Passerini.
— II. La giovinezza di Francesco Petrarca, prof. Uffa Antonio
Amico. — * III. Convenevole da Prato, maestro del Petrarca,
prof. Ales, d^ Ancona. — IV. Laura , Erminia Fnà Fusinaio.
— V. Condizioni politiche e commerciali nel secolo del Petrarca,
e dei suoi viaggi , Michele Giuseppe Canale. — * VI. Il Pe-
trarca visita Roma nel 1337, Achille Monti. — VII. Il Petrarca
e il Re Roberto di Napoli, Bruto Fabbricatore. — * VIII. Il
Petrarca in Campidoglio, Francesco Labruszi di Neasima.
— IX. La famiglia Colonna protettrice del Petrarca, e spe-
cialmente di Stefano e di Giovanni, Oreste Raggi. — X. Il
Petrarca in Parma e in Selvapiana, Amadio Ronchini. —
XI. Il Petrarca in Verona, Michelangelo Smania. — XII. Il
Petrarca in Carpi, Achille Caprari, — XIII. Il Petrarca in
Mantova, Cesare Loria. — * XI V. Il Petrarca in Ferrara, Luigi
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STUDI SUL PETRARCA. 819
Napoleone Cittadella. — XV. Il Petrarca in Vicenza, Jacopo
Cabianca. — * XVI. La Certosa di Montrieu e Gerardo Petrarca,
Jacopo Bernardi, — XVII. Il Petrarca in Milano, Cesare Do-
-nati. — XVIII. II Petrarca in Bologna all'esequie di Papa
"Urbano V, Francesco Bertolini. — * XIX. Il Petrarca a Padova
e a Venezia, non che di Jacopo e Francesco da Carrara, An-
tonio MalmignaU. — XX. La vita e le memorie del Petrarca in
^rquà, Carlo Leoni, XXI. Le memorie del Petrarca in Arezzo,
Corrado GargioUi. — XXII. Onori al Petrarca in vita e in
xnorte, F. Ramognini, — XXIII. Il Petrarca nelle sue epistole,
« degli amici suoi principali, (Jius. Fracassetti, — XXIV. Il Pe-
trarca e il Boccaccio, Isidoro del Lungo, — * XXV. Il Petrarca
e Tommaso Caloria di Messina, Litterio Lizio Bruno. —
XXVI. Le ambascierle dì Fr. Petrarca, Carlo BehigUeri. —
XXVII. Il Petrarca e Cola di Rienzi, Marco Taharrini. —
XXVni. Il Petrarca e la Indipendenza italiana. Cesare Cantù.
XXIX. Il Petrarca, gli astrologi e i medici del suo tempo,
Giovanni Prati. — XXX. La mente di Fr. Petrarca e compa-
razione di lui con Dante, Vito Fomari, — XXXI. La Religio-
sità del Petrarca, Terenzio Mamiani della Rot>ere, — * XXXII.
La Filosofia del Petrarca, Francesco Fiorentino. -^XXWU. Pa-
rallelo tra le dottrine platoniche e petrarchesche sull'amore,
Carlo Passaglia. — * XXXIV. La Donna nel Canzoniere del
Petrarca, O. Puccianli. — XXXV. Il Petrarca poeta lirico,
P, E. Castagnola. — * XXXVI. Saggio critico sulle canzoni sto-
riche e politiche del Petrarca, Giosuè Carducci. — XXXVII. I
Trionfi del Petrarca, Raffaele Fomacciari. — XXXVIII. Il
Petrarca e i suoi predecessori nella lirica amorosa, Fabio
NànnarelU. — XXXIX. Dov'è più originale il Petrarca, N,
Tommaseo. — XL. Come il Petrarca operasse sulla lingua
italiana, Pietro Lazzi, — XLI. La lìngua italiana secondo la
mente del Petrarca, Bom, GnoU. — * XLII. 11 Petrarca e il De-
camerone, G, Bozzo, — XLIII. I Commentatori di Fr. Petrarca,
C Correnti. — XLIV. I Petrarchisti, Gius. Aurelio di Co-
stanzo. — XLV. Il Petrarca e lo studio dell'Antichità, Eugenio
Ferrai. — XLVI. La Prosodia del Petrarca, Y. Imbriani. ^
XLVII. La latinità di Frane. Petrarca, Michele Ferrucci. —
XLVni. De Africa, L. Settembrini. — XLVIX. V Afj-ica del
Petrarca, e le Puniche di Silio Italico, Onorato Occioni, —
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820 STUDI SUL PBTIUBCA.
L. Le prose latine [Mitiche del Petrarca, Ignazio Ciampi.—
* LI. Le prose morali e filosofiche del Petrarca, Vincenzo Di
GioìMnni. — LII. Iconografia del Petrarca, Francesco CerrotL
— LUI. Del ritratto di Mad. Laura asserito ia santa Maria
Novella di Firenze, Luciano Scarabelli. — LIV. Dello stadio
del Petrarca in Germania e nelle altre parti d* Europa, Jaeopù
Ferrazsi, — LV. Bibliografia della vita e degli scrittori ohe
parlarono del Petrarca, Gaetano Ghieizzani,
PARALLELI. — llattte e Petrarea. — Parole di M. Leo-
nardo d'Arezzo nel far comparazione fì*a Dante e il P^ran^
Lavoro inedito secondo il Lami.
Dante, Petrarca e il Boccaccio tre principali scrittori pa-
reggiati. Manetti Giovanozzo^ Vita di Dante, 9; Jeronitno
Muzio, Battaglie, 4>. 80-71.
Dante scrisse piii fiorentinamente del Petrarca, ma non
ebbe come lui elocuzione codl poetica e pellegrina. T. Tetsso,
Apol. della Gerusalemme Liberata. — ScUoini Anton Maì-ia,
Se la lingua toscana sia piii obbligata a Dante o al Petrarca,
Lezione detta all*Accad. della Crusca il 3 Marzo 1707. Disc.
Accad. Firenze, Manììi, 1716, 27-33. -— Petrarca e Dante bi-
lanciati nella purità elocutoria. Proginasmi poetici di Udeno
Nisielli (Benedetto Fioretti), Firenze, Martini, 1691, iv, 264.
Crespan G., Lingua di Dante. V. Petrarca e Venezia, p. 196.
^ Dante e Petrarca paragonati. L, Saldati, Risposta dello
Infarinato. — Comparazione di Dante, Petrarca ed Ariosto. L,
Salviatif Risposta al libro intitolato Replica di Camillo Pelle-
gnni, Firenze, Padovani, 1588, p. 30-32. Varchi, Brcolano, 392.
— Dante, Petrarca paragonati. ^ Dante preposto al Cosmico.
Bembo, Prose, Ediz. di Napoli, i, 182-84.
Comparazione fra Petrarca lirico, e Dante epico divino.
Dialogo di don Nicolò degli Oddi, padovano, in difesa di Ca-
millo Pellegrini. Venezia, Guerra, 1587, p. 15-16.
Dante e Petrarca paragonati da Paolo Beni. Il Cavalcanti,
ovvero la Difesa dell* Anticrusca. Padova, Bolzetta, 1614.
Borghini Vincenzo, Comparazione fì'a Dante e Petrarca.
Studi sulla Div. Commedia, 306-13.
Bettinelli Saverio, Dante e il Petrarca. Nel suo elogio del
Petrarca.
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8TDDI SUL PETRARCA. 821
Botia Carlo, Dell'indole del Petrarca paragonata a quella
dell'Alighieri) Lettera al sig. G. Gresne, 20 Marzo 1835. Àr-
ddv. Stor. di Firenze, Serie ii, 1. 1, p. 76. V. Fracassetti, Pre-
&z. 68, Ep. Ili, 482; Dante e il suo Secolo, 623-39.
Paravia Pier Aless.y Diversità d'indole tra lo scrittore
della Div. Com. e il cantore di Laura. Il Baretti, 1874, p. 96
e 102.
Leoni Carlo , Paragone di Dante col Petrarca. Vita del
Petrarca, Padova, Crescini, 1843, e. ix.
Cereseto Giamb., Dante e Petrarca. Storia della Poesia
itol. Milano, Silvestri, 1857, voi. i, 168.
Agrati Giovanni, Parallelo fra Dante e il Petrarca. P In
quanto al concetto; U9 In quanto allo stile. Manuale di Lett.
Petrarca, p. 78-91.
Tommaseo Nicolò, Dante e il Petrarca. ]grolegomeni al suo
Comento, p. 40.
Cantit, Cesare, Parallelo fra Dante e Petrarca. Storia della
Letter. ital. p. 69-76.
Ferrucci Franceschi Caterina, Comparazione tra le poesie
di Dante e di Petrarca. I primi quattro secoli della Lett. ital.
I, 325.
FracassetH Gii^eppe, Dante e il Petrarca. Dante e il suo
Secolo, p. 625-639.
Carducci Giosuè, Dante e Petrarca. Studi Letter. 332. —
Dante, Petrarca e Boccaccio. Id. 71-75. — De Sanctis Fran^
Cesco, Dante e Petrarca. Saggio critico sul Petr. p. 5-78 e seg,
— Bozzo G., Proemio al suo Comento del Canzoniere I, xxiv
e seg. — Lombardi Eliodoro, Discorso, p. 8. -^ Aleardi A.,
Discorso, p. 39 e 60-62. — Crespan G,, V. Petrarca e Venezia,
p. 166. — Nani Ang., Saggi di critica storica e letter. 78. —
Mézières A.; Pétrarque, xvii e 274.
OtonelU Giulio, Dante lodato altamente dal Petrarca. Fer-
rara, Vassalini, 1586, a p. 40, 70, 104.
Carducci Giosuè, Se il Petrarca fosse invidioso di Dante.
Studi Better. 322-62.
Quando la parola d'invidia è stata pronunziata, il lavare
dalla memoria del Petrarca questa macchia, il ridurre al giusto
valore certe prove e certi argomenti, è un debito di qualunque
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822 STUDI SOL PSTRABCA.
ami la crìtica e la verità. — Tradotto e comentato il carme
laudatorio con che piacque al Boccaccio accompagnare al Pe-
trarca un esemplare della Divina Commedia, recata pore i&
volgare ed interpretata la risposta del Petrarca, che ad una
crìtica imilaterale potè apparire ambigua e bassa a on tempo
e superba, al Carducci chiara, nobile e dignitosa, ne deduce:
Il Petrarca, tacitamente, è vero, ma in guisa che ognun se oe
accorge, asserìsce a so il primato nelle lettere latine, e di (ib
ha ragione: il primato della poesia volgare lo assegna fran-
camente airAlighierì, proseguendone con lodi tutt' altro clie
mezzane V ingegno, se non che si riserva V originalità del suo
Canzoniere.
Dianisi Giangiacomo, Petrarca e Lamra, Preparazione sto-
rica. Esame della Lettera di Fr. Petrarca su Dante (Leit. 15
del libro xxi). — gu questa stessa lettera, V. Tiraboschi, Si.
Lett. v, 661. — Fracfisseiii^ Epist. voi. i. Prefazione, 171 ; nr,
399-411 ; Lett. Sen. i, 283. — Ugo Foscolo, Discorso sul Testo,
Lxxi-Lxxiii. — Camillo Ugoni^ Nota al Foscolo, voi. x, 91. Il
De Sade la tradusse nelle sue Mémoires pour la vie de Pé-
trarque, ii, 507-16.
Ponta P. Marco, Qual sia il giudizio di m^ss. Fr. Petrarca
intorno alla Divina Commedia di Dante, Pensierì. Giornale
Arcadico, 1848, voi. cxvi, 166.
Cipolla doU, Carlo, Quale opinione Petrarca avesse sul va«
lore letterario di Dante. Padova, 17 Giugno 1874, Àrch. Ve-
neto, 1874, VII, p. 2.
Petrarca concesse sempre a Dante il primo posto tra i poeti
volgari, ma lo reputò, specialmente dal Iato dello stile, di gran
lunga inferiore ai latini, e fece si alta stima di sé da credere
di poter superarli. Il Cipolla ritiene il Petrarca non netto di
invidia.
Hortis AUiUOf Dante e il Petrarca, Nuovi studii. Estratto
dalla Biv. Europea. Firenze, Tip. editr. dell' Assoc 1875.
Nel libro Delie Cose Memorabili (1. ii, e. 4), il Petrarra
riferisce due aneddoti che riguardano T Alighieri (Papanti,
Dante secondo la tradizione, 31). — Dal primo di essi ei non
apparirebbe troppo parziale a Dante. Ma V Hortis, francheggiato
dall'autorità di nuovi codici, e segnatamente del Laureuziauo,
9 del Pluteo xxvi sinistro, scritto interamente di mano di
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STUDI SUL PBTRABGA. 823
Tedaldo della Gasa, frate minore, poi ministro provinciale del-
' ordine, ne accerta la corrotta lezione vulgata, per cui vengono
t cadere tutti i giudizi^ che da essa traevasi argomento da ac-
cusare il Petrarca. (V. Foscolo, Discorso sai Testo, lxxiv).
Il Yalentinelli pubblicava, come lavoro del Petrarca: Epi--
aphium Daniis Aligherii composiium per quondam recolendae
rncmoriae D. Franciscum Petrarcha, qui dixiU Omnia fere
lemptavi requies nusquam est, eh* ei trovò inserito a e. 63 del
2od. cart. (l. xiv, 245 del sec. XV dal fondo di Girolamo Con-
tar ini della Bibl. Marciana. Petrarca e Venezia, p. 12). — E
THortis; Dominus Fr. Petrarca in laudem Daniis.
Laura b Beatricb. Baldacchini Sav., Prose, i, 186 e seg.
— De Sanctis Frane, , flaggio critico sul Petrarca , 66-79. —
Crespan G., Petrarca e Venezia, 193. -^ JJeardi A leardo.
Discorso, p. 42 e seg. — Capponi (?., Storia della Rep. di Fr.
L. ni, e. 9, p. 360. — Mézières^ 142. — Amori di Dante e di
Petrarca giudicati da Gius. Barbieri, Leoni, Dante, Storia e
Poesia.
Petrarca e G. della Casa. — Marta Orazio, Parallelo
fra xness. Fr. Petrarca, e mons. G. Della Gasa. Opere, Venezia,
PasineUo, 1728, i, 393.
POLITICA DEL PETRARCA. :- Hante e Petrarca,
vomlBl politici. — Matscheg A., Petrarca come uomo po-
litico. Petrarca e Venezia, 69. — Diverse condizioni in cui
vissero i due poeti, 19-20. — Differenza tra Tuno e l'altro si
riguardo al concetto che al fine politico, 38. — Aleardi A.,
Politica de' due poeti. Discorso, 69 e seg. — Fiorentino Fr,,
Id. La Filosofia di Frane. Petrarca, 54. — Labruzzi di Neosima,
Id., 11 Petrarca in Campidoglio, 10-19. — Mézières A., Concetto
politico dei due poeti, Pétrarque, 274. — Come Dante sentisse
della Francia, 306-12. — Come ne sentisse il Petrarca, 312-27.
Fbrràeu Giuseppe, Corso sugli studi politici, Milano, Ma-
nini, 1862.
Le lezioni V e VI hanno per titolo il Petrarca (pag. 103,
148), ed ecco le materie che vi si trattano. — Lezione V. —
y Google
824 STUDI SUL FSTRARCA.
Dottrina episodica di Egidio Colonna — per la prima ToHa
occupato della persona del prìncipe — prelude air imparzialità
dei Signori — Petrarca scrittore politico — rappresentante d^Ua
politica signorile — > Maestro delle forme classiche — nemico
del medio Evo, delle sette e dei tiranni — Loda sempre la Si-
gnoria — celebra gli Angioini di Napoli — i Visconti di Milano
— Cola di Rienzi, Signore di Roma — ed avversa le repub-
bliche diventate centri di anarchia — sua meraviglicBa inno-
c«nza. Lesione VI. — Il Petrarca sottoposto alla tortura di cn
interrogatorio scolastico — risponde che il Papa e 1* Impera-
tore sono capi italiani — che convien rif<H*marli italianameme
— che urge di reintegrarli a Roma e di rendere cosi Ronu
air Italia — Inspirazione dell'Amore nel Canzoniere — Nel
trattato de RepubUca optime adminish'anda — nelle diverse
Lettere del Poeta* «— La Frauda del sec. XIV giudicata dagli
Italiani — e T Italia dai Francesi. — L* ultimo sguardo di Laura
al poeta involatole dal destino.
Rendu Eugènb, Pétrarque homme poUtìque. L* Italie et
l'Empire d'Alemagne. Paris, Dentìi, 1859, p. 31-32; 51^60;
73-84. Note A. B. 12338. — Pétrarque, scr*Ve il Rendù, pose
hardiment la doctrine d* une politique nationcUe, cotte doctriae
que les publicistes de V Italie appelleraient le doctrine de Y tn-
dépendance; et e' est ùnsi que V ami de Charles IV et de Rienzi
mèrito d'étre appeló dans le sens moderne et tout à ^t exact
de cet mot, le premier patriote italien, p. 73-74.
MÉziàRES A., La Politique de Pétrarque. Pétrarque^ xvn-
xxxix, e Chap. v, 220-284.
Rapports de Pétrarque avec les souverains PonUfes.
Chap. VI, 285-328. — « Le premier pix>fesseur de V unite ita-
henne s' appelait Dante, le second Pétrarque, le troisiòme Ma-
ehiavel, » p. 268.
Contini Etisio, Pétrarqt4e homme poUtique. L* Italie, 20,
81 JuiUet, 1874.
Non ò che un sunto di un lungo e ragionato lavoro che
il l>ravo Contini ci promette, e che noi attendiamo impazienti.
Eccone le conclusioni: «Pétrarque n'eut doue qu^une préo-
cupation en politique, celle du bonheur et de la grandeur de
r Italie^ soit en chercant à rótablir la paix entre les prìnees
et les rópubliques, soit en appelant le pape à Rome, soit adhè-
y Google
8TDD1 SUL PETRARCA. 825
rant à la revolution de Cola di Rienzo, soit enfin en appelant
Tempereur. Toutes chosÀ, cependant, qui si eurent qu' une
issue défeivorable, hormis le retour d' Urbain V à Rome, qu' il
eut presque aussitòt la douleur de Toir reprendre le cbemin
d'Avignon. Quant à Grégoire XI, la mort ne lui permit pas
de la voir et lui épargne cette autre doleur d* ètre témoìn du
schisma. Mais, une fois dans la tombe, tous ses désirs furent
accompiis par une famille dont le nom ne saurait étre séparé
de celui de V Italie. Amedeo VI parvint à conclure cette paix
tant désiderée entro Gènes et Venise; Amedeo YIII, par sa
prudence et sa générosité fise de nouveaa le pape à Rome,
et Yictor>EmmanueI a ftàt pour V Italie ce que Pétrarque avait
en vaia domande à Gole et à Tòmpereur.
CARDCca Giosrà, Studi Lettor, p. 66 ; Presso la tomba di
Fr. Petrarca, 14-20. — Aleardi A., Discorso su Fr. Petrarca,
69. — Capponi G., Storia della Rep. di Fr. 1. ui, e. 9, p. 398. —
Fiorentino, La Filosofia del Petrarca, 38 e seg. — D'Ancona, Il
concetto dell' unità politica nei poeti italiani, pag. 18 e seg. —
Geiger, 123-201.
Fr. Berlan nelF Avvertenza preposta air esposizione della
Canzone : Quel e* ha nostra natura in sé più degno, scriveva :
« Questo volumetto è parte di un' opera comprendente le poesie
politiche volgari e latine del Petrarca. — A far conoscere il
quale come uomo pratico delie cose di Stato ed eminentemente
italiano, si raccoglieranno in un discorso preliminare i passi
molteplici di lui che alla politica s* attengono. »
Cardona Luigi, Il Petrarca e la corte Pontificia in tre
lettere rarissime. Gazzetta di Padova, Luglio 1874.
Fr. Petrarea Filosofo (1). — Cornuni Giamb., Pensieri
filosofici estratti dalle sue opere latine. I Secoli della Lettor.
Ital. i, 243-47.
Fracassetti Giuseppe, Delle dottrine filosofiche di Fr. Pe-
trarca. Ep. Fam. i, lett. 6, p. 295.
Conti Augusto, Petrarca filosofo schernì la falsa dottrina
degli Averroisti. Cose di Storia e d'Arte, 473-78.
(1) Ingenio ftii aequo potins quam acato, ad omno bonum et salubre
studium apto , 8©d ad moralem praedpue pMl08Ophiam et ad poelicam
prono. Eptst. ad Posteros.
52
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826 STUDI SUL PJBTRARCA.
Di Giovanni Vincenzo, Le prose morali e filosofiche di Fr.
Petrarca, Scuola, Scienza e Critica, Palermo, Lauriel, 1^4
p. 225-269.
« Poeta e Filosofo , il Petrarca annoda nell* assoluto Bello
e neir assoluto Vero la scienza e Tarte appuntandole entrambe
nell'assoluto Bene (1). La bellezza reale fu a Ini simulacro
della bellezza ideale, e nel bello per so stesso^ altro non vide
che lo splendore del vero. > ^ Il Di Giovanni, filosofo pur egU
insigne, ci addita come le opere Filosofiche del Petrarca sien
di natura diversa: le une rappresentano il contrasto e ì!
dramma che hau fine nell'accordo e nella risoluzione finale
dialettica; le altre suppongono la risoluzione, mancano del
dramma, e respirano tranquillità di anima e serenità di ragio-
namenti, queir inveni requiem eh' ò inciso sopra una delk
quattro colonne che sostengono in Arquà il mausoleo del Poeta.
^ Deir Opere morali e filosofiche ce ne dà come il midolk),
e da par suo. Chiunque poi voglia conoscere daddovero il Pe-
trarca, anche in questa parte del sapere, in che riluce pur tanto,
debbe leggere attentamente questo studio importantissimo, e
son certo che ne rimarrà innamorato.
Fiorentino Francesco, La filosofia di Fr. Petrarca, stu^o
(Estratto dal Giornale Napolitano di Filosofia e Lettere, opus,
di p. 56). Napoli, Perrotti, 1875.
«Mente speculativa, come oggidì sogliamo dai filosofi ri-
cliiederla, il Petrai^ca non ebbe, o forse non volle avere; ma
sottile indagatrice dei contrasti della vita più potente però a
svelarli che a comporli in armonia.... In Petrarca non c'è
(1) Il Petrarca era filosofo, ma soprattutto cristiano^ ed ei molte vQ!t»
sì compiace di farne dichiarazione solenne. — Si mirari Ciceronem hoc e>:
ciceronianum esse, ciceronianus sum. Àt ubi de religione, de samma vt^
ritate , de vera felicitate deque aeterna salate agitur , non ciceroniana^
certe aut plotonicus, sed chrtstianus sum (De sui ipsitts et multortàm 17*40-
rantiaj. — Vis esse sapiens, esto pius: amator scìentiae, sed virtutis màffi*:
ainicus Aristotelis. sed amicitior Christi , sine mio fìindamento quìdifa^
aediflcas procul dunio ruiturum est fSen. xin, 5). Vera Dei sapientia Christ.:>
est ; ut vere philosophemur ^ ille imprimis amandus nobis atque eden J3s
est. Ante omnia chnstiani simus ; ad Evan^eiium velut ad summam ver.
arcem referenda sunt omnia Verus phUosophus verse sapientiac fsi
amator, vera autem Dei sapientia Christas est fòe f^era sapieneiaj. — Oc:
glura contra Christi fidem dicere audio, eo Christum magis amem *'t i
Ihristi fide sim firmior. Ita mihi nerope aocidit ut ai quia in patria amer?
tepentior de ilio audiat obloquentes , amorque qui aopitus videbatar iko:
mardescit, ita enim eveniat necesse est si verus est filius fDe sui /»«• '^
et multorum ignorantia).
y Google
STUDI SUL PETRARCA. 827
una filosofia, ma c'ò, se mi si permette la frase, un contenuto
filosofico. E c'è anche dippiù; c'è il contrasto, c'è il dubbio,
e* è la nessuna fiducia nell'autorità; e quindi tutte le condi-
zioni del fi[lo80iare. — Nel Petrarca c'era quella disposizione
di animo ad accogliere il vero, senza guardare ad autorità di
uomo^ né piegatasi ad accettare un' opinione , anche general-
mente invalsa, senza discuterla. — Il Prof. Fiorentino, ragio-
nando^ va al fondo, e ci diede un lavoro veramente bellissimo,
ch'io lessi e rilessi, e sempre con nuovo piacere.
Maggiolo, Essai sur la philosophie morale de Pétrarque^
et parHculérement sur son Tratte intitulé de Contemptu Mundi.
Mémoìres de l'Accad. de Stanlas, Nancy, Raybors, 1863.
BoNiFAS Fr, , De Petrarca Philosopho , Thése présentée d
la Faculté des Lettres de Paris. Paris, Durand, 1863.
Burle, Geschichte d. neu Phil. 1794, Bd. n, 35-59. —
Hist. Philosoph. moderne, Paris, 1816.
4L n Buhle consacra un bel capitolo alla Filosofia del Pe-
trarca, e nota come mentre le scuole tuttavia romoreggiavano
d' inutili questioni, « Pétrarque introduisait sa philosophie mo-
deste, qui enseignait des vérités utiles, en méme temps que la
vérìtable vertu. Nul écrivain, pendant tout le mojen àge et
jusqu'à lui, n'eut égard^ d'une maniere aussi immediate aux
vrais besoins théorétiques et pratiques de genre humain, ne
porta une attention aussi sevère sur soi-méme et sur les autres,
ne porta autant d'esprit et de connaissances de la philosophie
des anciens, enfìen, ne s' exprima avec autant d' art et dans un
style aussi ólégant (I®"" Par. eh. in, p. 98). — Il Brucherò giu-
dicò delle opere morali del Petrarca che non sono: aridi de-
serti di controversie inutili per la emendazione deli' animo, ma
orti fiorenti di eleganti ed utili osservazioni prese da ogni
letteratura ; e i medesimi suoi libri poetici ed istorici, e quelli
singolarmente delle Cose Memorande^ palesano il suo ingegno
sempre pieno di vera filosofia. » (De primo Conatu restii. Phi^
losophiae, e. i, § viii). Di Giovanni.
Frane. I^etrarca, Precursore della RlnaMcensa.
— Pa^li Alessandro, Il Petrarca precursore della Rinascenza.
(Nuova AntoL, voi. xix, Mai-zo 1873, p. 510-53).
Giani Giulio Francesco, Petrarca precursore e iniziatore
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828 8TDDI SUL PBHUBCA.
del rinascimento^ Discoreo. Perugia, Boncompagni , 1874, <ii
pag. 62.
Si propone di moetrare nel Petrarca « il re del rinasci-
mento, le lotte che per queato dovè aostenere, le ùÀicbe a che
dovè andare incontro, i risultati cbe contribuì a dare «1 genera
umano. ».
Conti Augusto, Prove storiche del Discorso del Ceniena-
ìHo. Cose di Storia e d'Arte, 470-482.
Frane. Petrarca fu scrìttore di latinità elegante: FìIoso^k
schernì la falsa Scolastica degli Averroistì; conobbe ehe biso-
gna interrogare la natura, e raccomandò sempre, per la scienza
de' fatti sensibili e delle cause loro, l'osservazione di quella e
i metodi speri^^entali ; quanto alla scienza dell'animo racco-
mandò la meditazione dell'uomo e della storia: in secolo di
sanguinose discordie che preparavano più secoli di servitù,
egli, buon cittadino, gridò pac^, pace^ pace, e ricordò V antica
disciplina dell'armi nostrali. Fu cattolico sincero, favorito da
Papi, volle il ritomo della Santa Sede a Roma. Scrìttore in
lingua volgare, pressoché tutte le parole di lui pressoché tutti
i modi son vivi ancora; Poeta, cantò un amore che da vecchio
potò chiamare verecondo. — E di questo il Conti ci parla con
grazia e purezza di lingua, come sempre, e con soda dottrina.
Mézières a., Pétrarque restaurateur des Letires. Pétrarque
Chap. VI, 328-76.
ZiNOSBi^ A., Kleine philologische Abhandlungel, Insbruck,
1871. Piccole dissertazioni filologiche, l Helf. — Dalla pag. I
alla 24 parla della relazione che corre fra il Petrarca ed i poeti
romani.
Gbiobr Ludwig, Petrarka. Leipzig, Ducker-Humblot, 1874.
Traduzione dal tedesco di Angusto di Cossilla^ Milano, Ma-
nini, 1877.
Nella prima parte, V umanismo^ è ben istudiato 1* interno
dell' animo del Petrarca, eh' è considerato non solo come poeta
ed umanista, ma anche ne' suoi sforzi pel rinnovamento della
scienza. Nel Petrarca e ritalia, egli vede in lui il primo che
estraneo alle passioni ed alle lotte inteme , si levasse al in-
cetto della nazione, e nelle sue relazioni coi principi dln^ostra
come a 'lui mancasse il senso pratico delle cose pubblidie, ma
ch'ebbe animo ben altro che servile. Nell'ultima parte Pe-
%
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STUDI SUL PETRARCA. 829
irarca e Laura, egli crede che Laura non fosse la De Sade,
né che fosse maritata. La traduzione dei brani a prova recati,
è sempre fedele. Il Geiger cercò con lungo studio e grande
amore -«tutte le opere del Petrarca, e perciò ci ha dato un
lavoro assai interessante, specialmente la parte che riguarda
r Umanismo, È pur \* autore del Petrarca in Germania, V.
Nuowi Antologia, xxvii, 230; HiUebrand Karl, Wàlsches und
Deutsches, Berlino.
Oeiobr Ludwig, Neue Schriften zur Gesckichte des Hu-
tnanismits. Nel Historische Zeitschrift, xxxiii;
Hettner, Del Petrarca e del Boccaccio, considerati come
fondatori della coltura del Rinascimento in Italia, Rivista
Intemaz. Britt. Germ. Slava, 1876, 44-52.
L' Hettner considera questi due sovrani ingegni, che con
Dante formarono l'immortale triade dei pensiero italiano, non
come scrittori, ma come eruditi, e come gli arditi pionieri del
risorgimento italiano. Ma ei vuol pur provare, e lo prova in
fatti, come sìa erroneo scindere in essi l'erudito e il poeta;
come r anima di questi grandi mentre estrinsecava sé stessa
nelle diverse creaùoni , nutrisse la mente nel bello classico,
polenddo dalla polvere ehe la caligine medioevale aveavi am-
montata. E rapidamente ci fa assistere T Hettner a questo
grande trapasso di un secolo, che vale per dieci, e ci mostra
la lotta delle tenebra, colla luce, e V arte sorella alla poesia, e
ad entrambe madre la scienza, la quale allora non era, no, la
fredda scolastica , ma voce solenne di redenzione e d' affetto ;
cosi come la poesia si elevava alle supreme regioni, e T arte
insegnava dipingendo.
Capelu àloizbgo, prof. nell'Università di Vilna, Petrarck
ntuazany jaho Poeta, Filolog,, Moralista, Wilnie, Josef Zawa-*
dazky, 1817. — Petrarca considerato come poeta, filologo e
moralista.
P. VAN Walrjbe, Oì>er den inoloed txin Petrarca op de
Klassiehe Letterkunde, Dell' influenza del Petrarca sulla lette-
ratura classica. Nel periodico il Magazzino per le scienze, arti
e lettere, 1826, p. 34.
Van Gk)iiD0BVER, Oratio de Francisco Petrarca, Hterarum
humaniorum saeculo XI VinstauratQrepraedpuo, Annal. Accad.
Rheno-Traiectanae, 1827-28.
y Google
830 snmi slx PETSABCà.
Làbiebs C. H. W., Dispuiatio hittorica UUrcuria de Fr. Pc-
trarcae vita, moribtiSy ei in bonas literas mentis. Nel Periodico
De Gids (U Guida), 1842.
È divisa la quattro parti: L De UDiveraa literamm jnedio
aevo cooditiooe: II. Francisci Petrarcae vita: III. Peirarcae
characterbmus: IV. De Petrarcae in bonas literas merìtis. —
Su questa dissertazione il valente prof. /. C. G. Bloot, allora
giovanissimo, dettò un articolo assai interessante.
De Profifei van het Humanisme cene voorleùng doar dJ
W. DooRBNBOs, 1860, bj £. Verwer te Winschoten. Petrarca
vaticinatore e precursore dell'Umanismo.
GiAMPifiTRi M. J., Péirarque écricain saiirique. Constanti-
nople, Impr. du ^Courier d* Orient, 1874.
Giuliani ca.n. Giamb. Carlo, Fr, Petrarca e la sita sco-
perla deW Epistole, Ai*chivio storico italiano, voL xxui, 187(),
p. 348-63.
Nessuno cU me , fln dai primi anni deDji mia vita ta amato tanto «d
ammirato, quanto è Cicerone (Ep» Fcsm, xxj, 10). — Io lo venero ed ammiro
come mente per divino ingegno preclara (Ep. Pam. xvin, i4). — Di qoegB
nomini , di quegl' ingegni , di quelle voci non se ne trova che una (Ep.
Fam. XVIII, 12). — O della romana eloquenza padre e signore, a te non io
solo, ma tutti immortali grasie rendiamo, noi che ad irrigare i nostri prati
della fonte toa deriviamo le acque, a te seguendo dnoa e maastro, ae ci
vien fatto in qualche modo di acrivaro , sol tua mercè d'avario ottemto
facciam solenne professione (Ep. Fam, xxiv, 4)1 — Né gli avviene mai dì
ricordarlo che non ne parli con entusiasmo. Né mai più lieti e sereni gli
parvero i giorni, né più rallegrata la solitudine del suo Elicona transalpino,
che quando potè bearsi a tutto suo ball' agio della léllnra del suo Gicaroae.
Bd egU ne disaeppelli molte opere; trascrisse di sua mano molle orajnonì,
r Epistole, quelle ad Attico (l'autografo è nella Laur. Cod. vit, pi. 49; God.
XXXV, plut. 53), e fu coDtinuo in quel supremo luminare delle lettere latine.
01 trecche pregato da Giovanni , vescovo Trìcastrino (Colo) , bibliotecario
di Clemente VI, a nome anche del ponisAoe , aveasi tolto 1* incarico non
pur dispome in ordine l' opere, ma di oomentarie. — De ip»tu Cietvonis
Hbris in ordinem digerendù, et quaruméann veliUi eeintUiarum lumine
declarandis (Ep. Fam. vii, 4). — Petrarca e Cicerone, Geiger^ 9fi; Afe-
zUre% xxni e 238 ; Cicerone, maestro di Filosofia al Petrarca. Mèxièrea^ 414.
Della latinità di Fr. Petrarca, FracassetU^ Ep. Fam. lu, 381.
— Rossetti, Poem. Min. i, xxvi. — Mézières, Pétrarque, 343.
Schneider, Fr. Petrarchaa Hietoria Jul. Caesaris, Bi'eelaviae»
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STUDI SUL PETRARCA. 831
1827, xxxvii-Lzxx. — Petrarca, autore di latinità elegante,
Comi, CJoee di storia e d*arte, 479. — V. Lo Schoppenhaurer,
Parerga e Parolipomena, ii, 550. •— E il YaUauri: « doctis*
simì literamm elegantiaruni arbitri juxta meum opinaatur,
Petrarcam in epistolis infra multorum laudes substitisse, qui
saecnlo sexto decimo apud italos floruerunt. » Opus. Yaria,
Aug. Taur. Fodratti, 1876, p. 546.
Gradenioo Giangirolimo , Lettera aW Em, Siff. Card. An-
gelo M. Querini intorno agli italiani che alia fine del sec, XIV
seppero. di greco. Venezia, Bettinelli, 1743. — Petrarca, pag.
116-123. — Ephbm. Florbnt. t. iii, art. v. — Baldelli, Vita
(li G. Boccaccio, Illustr. i, 252. — Fracassetti G. Epist. iv, 92.
— Giani Giulio, Pel V Cent. 38-46. — Geiger, Petrarca^ 102,
104. — Pellegrino D. Arsenio, monaco basiliano a Grottafer-
rata, Frane. Petrarca e O. Boccaccio e lo studio del greco in
Italia. Roma, Ghìapperino, 1875.
Foscolo Ugo, Petrarca ristoratore delle Classiche lettere.
Opere, Ediz. Le Monnier x, 62. — Capponi Gino, Storia della
Rep. di Firenze, 1. iv, e. 9, p. 228.
Yoigt Georg., prof, nel!' Univ. di Rostock, Die Wiederbe-
lebung des klassischen Alterthums oder das erste Jahrhundert
des Humanismus. — La restaurazione dell' anticbitÀ classica,
ossia il primo secolo dell* umanismo. Berlino, 1859. I meriti
del Petrarca a vantaggio dell' umanismo , secondo il Mézières
ed il Geiger, vi sono apprezzati maestrevolmente, e da un
punto di vista affatto nuovo. ^ Raumer Cari, Geschichte der
E^agogik von Wiederaufbliihn klassiscfaer Studìen bis auf
unsere Zeit Storia della Pedagogia al rinascimento degli studi
classici sino dal tempo nostro. Stuttgar, 1843. -— SchùckJul.
Zur Karakteiistik der italieniscben Humanisten des vierzehnten
und fun&ehnten Jahrhunderts : Saggio sugli umanisti italiani
dei secoli XIV e XV. Eresia via, 1857. — Burckhardt Jac.
Die Cultur der Renaissance in Italien. Le civiltà del secolo del
rinascimento in Italia. Breslavia, 1860.
Per noi e per T Europa, il Petrarca è anzi tutto il ristaura-
tore della gloriosa antichità, e il duce che pel deserto del medio
Digitized by V^OOQlC
832 STum SUL Petrarca.
evo incominciò il nostro esodo dalla servitù dei popoli barbari
Carducci^ Studi Lett. 342. — Egli merita il primo poeto fra gli
uomini grandi a cui dobbiamo il risorgimento della scienza;
e il suo amore entusiastico a questa nobile causa costituisce
il suo titolo più giusto e più splendido alla gratitudine della
posterità. Egli fu l'adoratore della letteratura, Famò d* amore
perfetto; T adorò con culto quasi ematico; fu il miasionario
che proclamò le rivelazioni di essa in remote contrade ; il pel-
legrino ohe viaggiò da ogni banda per raccoglierne le reliquie;
r eremita che si ritirò in solitudine per meditare sulle sue
bellezze; il campione che combattè le sue battaglie; il TÌnci-
tore che in senso più che metaforico condusse in trionfo dietro
a so la barbarla e T ignoranza, e ricevè in Campidoglio 1* al-
loro che la sua magnifica vittoria aveagli preparato Vìsse
apostolo della letteratura, mori suo martire: ^li fu trovato
estinto col capo appoggiato sopra un libro. Motcauìay, Petrarca.
— Ma io non posso tenermi dal riferire per intero lo splendido
brano con che il prof. Domenico Berti, ornamento insigne dello
Studio di Roma, e della cui benevoglienza grandemente mi
onoro, preludendo al suo corso della Storia della Filosofia, ci
presentava eloquentemente condensati i meriti del Petrarca nella
restaurazione delle lettere. ^ « Ne* primordi di questo risor-
gimento 8* estolle gigante sui coetanei un uomo di* ò ad un
tempo poeta, storico, filosofo, erudito e cultore delle belle artL
Esso è latino per sangue e per sentire, latino per V amore cha
porta alla classica antichità e per avversione a quanto è
grossolano ed impuro negli scritti del tempo. Ogni cosa bella
e grande si conviene al suo ingegno fino, squisito, ampio ga-
gliardo, ed al suo animo nobilissimo. Comprende ne* suoi affetti
e ne* suoi studii Platone e S. Agostino, Cicerone e S. Gerolamo,
Seneca e Boezio, Davide e Virgilio. Ha gusto, e tempo per
tutto. Corre per tutta 1* Europa visitando scuole, templi, mo-
numenti, studiando uomini e cose. È in commercio di lettere
con Cardinali con Principi con Re con Imperatori con quanti sono
i dotti che primeggiano in Italia e fuori. Sostiene ambasciate
e legazioni, dà opera a raccogliere parte ddle opere di Cicerone,
talune di Quintiliano e di Varrone e parte di quelle di Platone.
Instaura lo studio del greco^ e vi attende egli stesso sotto il
Barlaamo al quale paga del suo la versione dell* Diade* Pieno di
y Google
STUDI SUL PBTItARCA. 833
lobile ira e di nobili concetti si leva contra i grossolani dia-
ettid del suo tempo, che viziando i* educazione della gioventù^
mantenevano la barbarie nella scuola e nei libri col loro modo
strano di argomentare e di scrivere. Rivendica contro i medici,
L quali non ammettevano che V utile e le cose palpabili, i pia-
ceri spirituali ed i sentimenti umani che procedono dalle lettere,
3 ne tratteggia con rara chiarezza e pellegrini tà di concetti
^11 uffici civih e cristiani. E reputando e non a torto Taver*
roiamo come un nemico principale dei buoni studi, delle dot-
trine tnorali platoniche e cristiane e del bello nella poesia nelle
arti e nelle lettere, lo combatte con lena istancabile con grande
coraggio valendosi ora del ragionamento filosofico ora del sar-
casmo ora degU altri argomenti che le condizioni delle scienze
d* allora gli consentivano. — Nella sua autobiografia descrive e
g^iudica con tanta imparzialità le sue passioni, le sue inclinazioni,
le sue colpo, il suo soverchio desiderio di gloria che ben si può
dire, per usare di sua espressione, eh' egli è pittore sincero di
sé atesso. I suoi scritti rifulgono di sentenze, di considerazioni
pellegrine e sono oltre modo ricchi di fatti e di osservazioni
psicologiche. Anticipa sugli scrittori del suo tempo in molti
de* suoi giudici e sentimenti, ed è affatto moderno nella fede
che ha vivissima negli avanzamenti di ogni sorta ed in quel
suo affermare che gli uomini sono piuttosto pei* venir meno
alle indagini di nuove cose che non le nuove cose agli uomini."
Ma è moderno ed antico ; uomo dell* oggi e dei migliori tempi
nel suo amore per T Italia e per Roma. Egli riunisce in im
solo e medesimo affetto e V una e V altra e come non sa che
altri lo avanzi nell* amor della patria e del sentimento italiano,
cosi non vuole che ninno gli stia a pari in quello di Roma.
E tanto gli ò cara la Roma antica di cui a suo giudizio non
vi fu e non vi sarà mai la eguale, la Roma che fu detta dagli
stessi nemici la città dei Re, quanto la Roma cristiana semi-
nata delle ossa dei martiri. ÀÙ* Italia, ed ali* una ed ali* altra
di queste due Rome, sempre anela co' suoi desiderii e volendosi
rendere meritevole della corona poetica credette solo degno di
canto un italiano, le cui gesta tornano a tanta lode della patria
e massime di Roma. — L* opera del Petrarca per rispetto al
grande rivolgimento intellettuale italiano che porta il nome di
Rinasdmento fu adunque di tanto valore che questo solo ba-
i
I ' DigitizedbyV^OOQlC
834 8T0DI SOL PKTRARCA.
sterebbe ad acquistargli il titolo di grande promotore della ^À
tura 86 già con quello grandiasimo non lo avesse &tto degno .
Canzoniere. — E per fermo nella storia del Risorgimento il nona:
del Petrarca andrà avanti a qu^o stesso di Cosimo dei Mediri, ii
Nicolò IV, di Lorenzo il Magnifico e degli altri non meno inskn
ed efficaci instauratori delle lettere, delle arti, della filosofia J
delle scienze. Prolunane al Corso della storia della JFUosofia,
Ben potsitm noi salutar» il Petrarca il Savio gentii che tutto srff^
e che ha onorato veramente ofjni scienza ed arte.
Benché ei confessi più volte che, seguendo il fondamento che na^rs.
pone, anzicchò il foro, presce^rlieme la solitudine (Pam. iv, 9 e 10), per»
negli anni che stadio diritto, wverchlò tatti. Io, scriveTagIt CSbo da P:-
stoia, non più come uno degl* infiniti discepoli miei, ma a guisa dì pr^rir::
ed amato figliuolo vi ho sempre poi tenuto caro. . . . Non pare appr^^»
di me che teneramente vi amava, ma cou tutto Io Studio che virtaosame:.'-
vi conosceva, acquistato avete &ma di valoroso e prudente sopra tutti pi
altri. Perchè non voglio ragionare del fVatto che in quattro anni &ceM^
che la dotta Bologna, madre degli stodii, avrà sempre a ricordare la v^tri
profondissima memoria: poi che in meno di quattro anni tutto il 00*7- =
delle scabrosissime leg^ civili apparaste a mente, come alcuno avreb^i''
fatto i piacevdi romanzi di Lancilotto er Ginevra. ->- Ma della pre» éd'-'l
beraxione non gliene increbbe mai ; se non la più saggia, la aolea ^irt h
più felice (Ep. Fam, iv, 6). Non ch'ei diffidasse delle proprie forze « d:^
anzi ben sapea quanto nella professione di le^sta avrebbe potato e vojaic.
ma ripugnavaglì V animo darsi all' arte di vender pardette anzi menrosTì*
e far mercato del proprio ingegno (Ep. Fam. xxiv, 1). E com'egli, aciir:
mite e rettissima , egli che gridava paee, pace, pace; egli che rictiriaTi
con piacere anche ne' tardi anni, di esser campato da quel to» i »»te «'£>
Fam. XVIII, 11) ; e cui il tempestar delle liti bastava a rendergli abborrit»
non che la curia, il mondo intero (Ep. Fam. x, 3), come, iodico, avp!*kS-
potuto indrappellarsi tra una mandra di curiali che in piati e cavilli .ìLs-
lettid tutta consomano la vita , e per Aitili questioni tutto di s* arrabhav
tano? (Ep. Fam. i, 1). Oltrecchè gli dolca, e grandemente, che i più. Ije*
di sapere, pigliassero a gabbo questa disciplina, ad apprender bene la qua<-:
appena era bastante una vita intera consumata nello studio dell' inestricahil'*
viluppo delle leggi {Ep. Fam. xiv, 2). — Solo ei pregiava quelli che alla dct-
trlna del giure l'amore congiungono e Tosservanza della giustizia... che pin-
reconsulto è soltanto chi alla scienza accompagna la rettitudine. (Sen.. xiv, 1 1
La lettera iv del libro xx, dice il Pracassetti, è degna di ammirazioe?
per la dottrina che mostra il Petrarca, fatta ragione de' tempi, intorno b
storia dell'antica Giurisprudenza.
Negli ultimi anni della sua vita si consacrò tutto agli studi sacri. Ora-
tori a me prediletti, scriveva egli, sono al presente Ambrogio, Agostjs?.
Girolamo, Gregorio: poeta mio Davidde . . . tanto più bello quanto pi)
sapiente e discreto quanto più paro : il cui salterio sempre TogUo arere
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STUDI SUL PBTRABGA. 835
otto gli occhi e per le mani, seveglio, e quando donno, e quando aarò
icino a morire, bramo che posto mi sia a capezzale sotto la testa (Ep.
^am. xxii, 10). — E nel trattato de Ocio Religiosoì-umy ii : La grazia di-
ina in prima mi trasse della mia via. E allora mi si accostò Ambrogio,
enerando nomel e mi foron presso Geronimo e Gregorio, e quel CKovannl
he ha bocca d* <nk>, e Lattanzio. In siiTaita bellissima compagnia , entrai
evotamente i confini della Scrittura, la quale innanzi avea trascurato ; e
gni cosa trovai secondo che mi attendeva. — Fra tutti però aveva carissimi
agostino {Ep. Fara, n, 0), ed Ambrogio, anime elette ed api operosissime,
ubbricatrìci di favi immortali e di mele celeste ; ma più caramente diletto
agostino , fra tutti i dotti dottissimo, eh* ei chiamava suo. Del Libro poi
elle Confessioni n' era grandemente innamorato. L' ebbe in dono dal P.
>ionigio di Borgo di S. Sepolcro , egregio modello d' ogni virtù , lettore
nLsigne di sacre lettere, splendore dell' ordine suo {Ep. Fam. xv, 4), pic-
elo e manesco volume ma di valore e di soavità infinita {Ep. Pam. iv, 1),
\ eh' ei recava sempre seco in giro per tutta Italia e Lamagna , talché
tareva inseparabile da lui e come attaccato alle sue mani. Il Petrarca
onfessa di aver fatto per esso il primo passo nello studio della sacra lette-
atura. E però non si rista dal consigliarne a* suoi amici la lettura attenta e
ivota, che non verranno lor meno pie lagrime e salutari {Sen. viti, 6), e la
accomanda a Donato Appennigena (id!.), e ne manda un esemplare al fratello
ìerardo {Fam. xviii, 5), e cede il suo al P. Marsili. E tanto era preso del
uo Agostino da reputar false le opinioni discordi a* dettati di questo Santo
De Coni. Mundi, dial. i). Cosi che sempre, e parlando e scrivendo, solea
ipeierne 1 detti : e queste cose , diceva , ho preso qua e li di Agostino ,
! ne lascio molte altre, acciocché non sia tutta l'opera sua {De Ocio Eelig.
ib. I ). £ poi com' è noto , i dialoghi sul disprezzo del mondo, sono fra
" autore e lo stesso Santo. Onde l* amicissimo suo Giov. Boccaccio credeva
lon potergli far dono più caro del trattato sui Salmi, che il Petrarca poi
lisse magnifico, insigne dono (Fam» xvui). — >I1 Foscolo trovava le più
>eUe imitazioni del Canzoniere tolte dalla Scrittura, ed 1 pensieri tutti pro-
òndamente ispirati dalla religione {Saggi, ii). Gli scrittori più antichi della
uà vita, concordemente, fanno le meraviglie del suo sapere in divinità.
Dalla lettera iii del libro xix apprendiamo eh' ei avesse ragunato e
aesse in serbo < molte monete d' oro e d' argento coli' effigie di antichi
mperatori , e la leggenda loro a minutissime lettere scritta , tra le quali
ira pure viva e spirante l' imagine di Cesare Augusto > eh' egli .offri in
lono a Carlo IV. Dal che Petrarca venne riguardato, come uno de' primi
•estauratori della scienza numismatica. V. / Fiedlander , nelle Memorie
leir .Accad. di Berlino, 1S73, p. 25 e seg.
Il Petrarca scrisse pure una Commedia che intitolò Filologia, dedicata
d suo mecenate Giovanni Colonna, ut curas Ubi iocis excuterem (Fam. ii, 7).
— Comcediam qUampeiis, me admodum tenera celate dictasse non infieior
ìub Philologiae nomine. Illa quidem procul abest, et si adesset, qiutnti
fam modo faciam, quamve tuis oc doctorum hominum auribus dignam
•ear, ex comuni hoc intelliges amico, Ep. Fam. vii, 16, Jacobo Fiorentino.
— V. Klein J. L. Geschichte der italianischen Drama's, Leipzig, 1866-09.
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836
LE CITTÀ ITALIANE E L'ITALIA.
AresBo. — Non solum ego Aretii sed in vico intìmae civi-
tatis illius, qui Hortus vulgo dicitur, heu flos arìdus et frncta^
insipidus, naius aatuaque etiam fui. Sen. xni, 3. — Honestì?
parentibuB, Florenttnis orìgine, fortuna mediocri et (ut vemm
fatear) ad inopiam vergente, sed patria pulais, Àretìi in esilio
natus 8um, anno huius aetatis ultimae, quae a Christo incipit.
M.CCC.IIII. die Lunae, ad auroram xiii ,Ga]. AugostL Ep. ad
PosteriUUem. -— Omnes comuniter cives urbis iUìua, Talde d9ìgo,
meorum civium graUa, qui me antequam nascerer exceperum.
Vat\ XLI. — Dilectum mihi primi exilii atque originis meae k>-
cum Aretium. Sen» 2.
Festosissime accoglianze che Vebbe. Sen., xni, 3.
Bolofiaa. — Studiosa Bononia, Ep. Fam.^ ix, 13; Poem.
Min, II, 274. — Studiorum nuti'ix. Ep, Fam, vui, 3 ; Appendix
LiUerarum^ vi. — Studiorum hospes amplissima. Ep, Fanu, rxiv
12. — Docta fìononia legum. Poem, Min, ni, 84. — Stadionuu
omnium sed praesertim juris roater ac nutrìx. Sen,, vn. Leti.
un. — Omnibus fere studiis par est. Fam. vui. 11. — Nostra
saecula Parisios (l) aut Bononiam petunt. Ep. Fam. xn, 1. —
Bonis redimita Bononia tantis. Poem, Min., m, 132. — Booo>
nia, qua nil puto jucundius, nilque liberins toto esset orbe ier-
rarum. Meministi piane, qui studiosorum conventus, quia ordof
quae vigilantia? quae praeceptorum? Jurisoonsultos veteres re
divinos crederes... quae ubertas rerum omnium, quseve forti-
litas, ut jam praescripto cognomino, per omnes terras pingui»
Bononia diceretur — Sen,, x, 2.
Civltaveeckla. — Urbem vet«rem praerupti «axi in ver-
tice sedentem. Ep. Fam. ix, 13.
Pirenstt. — Genetrix mea cara. . . . Florentìa, Poem^ Min.
Il, 274. — Mea pulchrior illia (urbibus), Florìbos et vario reniteos
Florentìa cultu. Id. in, 132. — Ubi nobiiea ingeoioram scato-
(1) Parisius nutrìx nostri temporìs «tudionun. Ep, Fam, tv, 6. •— Ed
altrove denomina Parigi: ruralis calathus, quo poma nndique nobilia et
peregrina deferuntor.
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US OTTI. ITAUAZn B l' ITALIA. 837
rigines erumpunt Ep, Fam,, xxiv, 12. — Urbs quod verbum
Ronut florentissìma. Sen,, ix, 1. — Quid quod nec aperta volenti
Janua ? in exilium cives egere superbi. Claudit iniquam urbem,
qui jus sibi supprimit aequum Quid loquar hesperias urbes
atque oppida nostrum Inter honoratos numerantia nomen alu-
mnos, Vostra quod una suis abolet Florentia fastis. Poem. Min.,
ni, 82. — Plusque advenae praestat Aretlum quam Florentia
eivi suo. Sen,^ vìi, 3. — Mercatrix, et lanìiìca nostra. Ep.
Fum., XIII, 9. — Patria lucro dedita, /i., xxiv, 12.
CScaova. — Marìtimarum decus urbium ... hic aequor un-
disonuiD, tumidum, velivolum. Ep, Fam., viri, 5; Appendix
Liter,, VI. — Nulla enim animosior, nulla hodie verius regum
civitafl dici potest, si civilia cmicordia non abesset. Ita per li-
gusticum sinuxn, quo nullus amoenior, per cedrino» ac palmi-
feros saltus, per odoriferum atque undisonum litus Id., ix,
13. — Videbis imperiosam urbem, lapidosi Collis in latere, vi-
risque et moenibus superbam, quam dominam maria aspectus
ipso pronunciat. lUn. Syriacum. — Tu nunc et populi habitum
et locorum situm et aedificiomm decus, atque in primis clas-
sem... cunctis terrìbilem tremendamque litorìbus, tu molem
pelago objectam, portumque mirabere manufactum, inextima-
bilis sumptua infinitae operse, quem quotitiane ne quicquam
ferìunt procellae. . . . Multa enim occurrunt quod multo facilins
libi sit mirari quam cuiquam hominum stilo complecti, valles
amenissimas, interlabentes rìvnlos, colles asperitate gratissima
et mira fértilitate conspicuos, atque auratas domos, quocumque
te verteris videbis sparsas in litore, et stupebis urbem talem
decori suorum mrium. . . . Hoc quidam litus omne palmiferum
et cedriferum, ut adversum Cereri, sic Bachi gratissimum ac
Minervae, nulli usquam terrarum cedere certum est. Itinerar,
Syriacum. — V. Africa, vi, 839 e seg.
Mantova. — Mantua sider» ac nutrìx longeva poesis.
Poem. Min., ni, 82. — Qua clara Maronis origo Mantua, Pie-
rìdum quondam domus alma sacrarum, Nunc sedes invicta
ducum, quae classica plectris Miscuit, et vincto veneratur Apol-
lino Martem. Poem. Min., ii, 126.
Hilano. — Mediolanum . . . terrestrium decus urbium. Ep.
yam., vni, 5; Appmdix LiUer., vi. — Mediolanum, quam ante
mille quingentos annos florentissimam lego, et quae, ut puto,
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838 LE arrÀ italiànc b l*itaua.
, Dunquam magìs, quam nostra florait aetate, none non lloret
ut solita est, quamTÌs adfauc magnitudine et poteotia, atq«{
ut dicitur, pondero suo stet . . . Sen.^ x, 2. — Roa inihi tnn-
quillum media contingit in urbe. Rare Tel urbs medie; à**!
prompta frequentia soli, Promptns et in latebras redftns, doa /
taedia turbae Offendunt: bos altemos urbs una regre^scs. |
Hos dedit una domus Pom, 3fin., ii , 24. — Mediolanaa \
urbem, Ligurum caput ac Metropolim . . . coeli salubritate ac ck-
mentia et populi frequentia glorìantem. Sen., in, 1. \
Napoli. (1) — Parthenopea mihi quondam dulcissìnsa 8ed«.
Poem. Min,, il, 280. —Regina urbinm Parthenope, JFam, rii, 1.
— Dintorni di Napoli, Ep, Fam. v, 4; Poem. Min, n, 16.
Padova. — Urbs Antenoridum quantos celebraTÌt alum* ,
nos — Poem. Min., n, 220. — Patavium trofei opus Ante- 1
noris. Ep. Fam., ix, 13. — Historìaeque parena Patapum.
Poem. Min., ili, 84. — Patavum . . . potens. /rf., n, 274. — Alia
uobis Patavii, nec minns tranquilla, nee minus idonea sede^
est (2). Ep. Fam., vin, 5. — Nobìlis Padoa, felix terrae sitn '
coelique dementia, proxima pelago, fluminìbqsqne cìrcimiflua, |
dives agro ubere, accolarum ingenio insignis, et vetusti nomina
clan tate peroelebrìs. Ep. Fam., xt, 14. — V. Sen. xnr, 1.
Parala. — Parma vel imperii dypeus (scudo delimitale i
contrade). Poem. Min., in, 84. —• Parma dulds. Id., n, 72. — !
Parma aevo coUapsa sui monumenta Macrobi Ostentai. Id. ii.
220. — Nunc ubi sim? Parmae. Quae sit mea tota diaeta f
Hortulus, aut templum, nisi me nemus extrahat urbe. Id. n, 184. I
— Est mihi . . . domus parva quidem, sed dnobns unum animnm
habentibus nulla domus angusta est. . . . Quid tibi praeter hanc
offeram, non habeo. Ep. Fam., vii, 1. I
Pavia. — Vidissos urbem saluberrimi aeris, ecce jam tr^ i
hic aestates egi, ita nu.<iquam quod meminerìm, tam crebris et 1
tam largis imbribus, tam parvis rarisque tonitruis, tam nullis
pene aestibus , taraque perpetuis tamque suavibus auris |
Veggasi tutta là bella descrizione che ne fii. <Sm., ▼, 1. |
Peroirla. — Perusiam praevalidam urbem. Ep. Fam, tx, 13. '
(1) Il Petrarca abitava nel Convento di S. Lorenzo, ov* erano ì Frali
Minori. V. Fraeasaetti, Nota alla leltera 5 del libro v.
^ (2) Oltreché nella sua casa canonicale, abitava nel Cenobio di S. Giu-
aUna, di faccia alla Chiosa. V. Fracaisetti, v, 1(5.
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LB CITTÀ ITALIANI E l'iTALU. 839
— Civitatem pervetustam, «od decenti et decora spe-
ie, et licet inter plana sitam, non tamen, ut magna pars ur^
ium paucis turrìbua, sed totam scilicet emenentissimis appa-
3Dtem. Itinerarium Syriacum,
Roma* — Urbs . . . regina. Ep, Fam.^ ii, 9. — Mundi caput
b urbium regina. Id., iv, 6. — Rerum caput et domina. Id.y
iy 13. — Gomunis patria materque nostra. Id., xv, 2. — Re»
am ci^nt, orbis atque urbium regina. Id. xxiu, 2. — Italiae
aput, nec Italiae tantum sed totius orbis.... Infinita res est
sicra miracula almae urbis amplecti. . . ^ Roma , puicherrima
3rum, ut Virgilius ait, qua nihil majus sol vidìt . . . ista urbs
e et amids semper et hostibo» venerata, atque ante omnes
Liaa in honore habita. Sen. , ix, 1. — Validoque ingens stat
oplite Roma Cuncta movens, rerumque caput, domus alma
maiitis Ac sedes terrena Dei, terrorque subacti Orbis, et
mumeris coelo exequata triumphis. Poem, Min., ii, 274. —
.orna, regina urbium, de qua si tam parvo spatio loqui velim
Ltollerandae nimis audaciae sim, cuius gestis atque gloriae
>tus orbis angustus est, cuius nomini libri linguaeque omnes
on sUffidunt. lUner. Syriacum. — Cui nulla similia fuit, nulla
itura est; quae dvitas regum etiam ab hoste dieta est; de
ai US populo scriptum legimus : magna est fortuna popuU ro-
lani, magnum et terribile nomen; cuius sine exemplo magnitu-
inem, atque incomparabilem monarchiam futui*am praesentem
uè divini ceduerunt vates. Neque ego nunc romanas prosequar
ludes: major res est, quam ut possit a transcurrente tractarì.
Ip. Fam. II, 9. — Miraculo rerum tantarum ac stuporis mole
brutus... Illa vero (mirum dictu!) nihil imminuit, sed auxit
mnia. Vere major fuit Roma, majoresque sunt reliquiae quam
3bar. Jam non orbem ab hac urbe domitum, sed tam sero
oraitum miror. Id.^ ii, 14. — Qui enim bodie magis ignari
3rum Romanarum sunt, quam Romani cives? Invitus dico,
lusquam minus Roma cognosdtur, quam Romae. Id.<f vi, 2. —
.mplexa et gremio nos aurea Roma, Et civem dignata suum.
^oem.Min. iii, 82. — Romam, tuam propriam et comuuem
mnium, mihi vero anta omnes semper, tnnc autem et propter se
3aani, et propter te gemino desiderio exoptatam. Ep. Fam.^vf, 6.
Roma Cristiana, Ep. Fam., ii, 9; vi, 2; ix, 13. — Roma
ntica, Id., vi, 2; ix, 13.
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840 LB cirrÀ muAini e l'itaua..
BeS0i« M CalafcrlA. — Rhegìum Calabriae metrofMÌi.
Ilin. Syriacuin,
Sorrcai». — Sorrentum, et ipsum meDiflao palmite e^
nerosum, Itin, Syriacum.
Treata. — Alpinum Tridentuin. Poem, Mtn^ ìl, 3w
Hrcvlaa. — Tarvìsium, fontibus flominibuaque circninfiiiaiL
domila emporiamque laetitiae. Ep, Fam., thi, 5. — (XnctGc
fiuminibus et aestivis deliciia amoenum, parviunqne TarrisiaiL
Id,y IX, 13. — Tarvisium aestivis deliciia et fiamìxiibaa ctfitii
insignis et fontibus unde omnis tristi tia quam longisaÌEiie iv-
legata est. Appendix LUter. n, p. 529.
Trieste. — Tergestum, onde mibi fideUbua litena Totin
temperìes nunciator. Sen,., iii, 1.
¥eaesla* — Adrìae imperitans, alterqne Venetia mniidis-
Poem, Min. in, 84. — Venetonim urbem maximam, imo ri-
gnum ingens, cui magna oUm regna subiecta sont, nrbeiu
longe dissimilem caeteris, utque ego dicere soleo, orbem ake
rum. Sen.^ ix, 1. — Miraculosisaima Venetiarum urbs. Appenài^-^
LiteTy 111, 529. *— Nobilissima illa Yenetorum urbe.», nnktin
libertatis ac juatitiae templum. Ep, Fam. xv, 7. — VeDetianii£
Inter cunctas litoreas mirahilem atque permaximam orbe». Ep.
Fam.y IX, 13. — Augustissima Yenetorum urbs, qoae una bodie
libertatis ac pacis, et juatitiae domus est, unum bonorum re-
fìigium, unus portus, quem bene vivere cupientes t^rannids
undique, ac beilicia tempestatibua quassae ratea petant, u^b^
auri dives, sed ditior famae, potens opibus, sed virtute poten^
tior, solidis fundata maimotibus, sed solidiore etiam fiuidamento
civilis concordiae stabilita, salsis cincta fluctibus aed aalsioribus
tuta consiliis. . . . Sen.^ iv, 3. — Basilica sancti Marci Evange-
listae, qua nulla, ut reor, usquam pulcbrior factum est. Id. ^
Domus saluberrima . . . , adest optìma et neacio an melior op-
tanda societas, nomen ab effectu nactua, Beneintendiua prae^
ciarissimae urbis Cancellarius , et atatui publico, et privatici
amicitiis et bonestis studiis bene intendens, cq>ua yespertioi
congressus, dum diurnis relaxatus curis, laeta fronte, pio animOv
instructo navigio ad nos venit, et navigationes conlabulatio-
nesque sub noctem quam suaves sunt. Sen. in, 1. — - Yenetorum
urbs et Consilio civium, et locorum situ, inter omnes aliaci
nostri orbis prospero ac tranquillo ... in statu. Sen. , x. 2. —
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LB cittì ttèuanb E l'xtalu. 841
Aliqnot nayes . . . Domiuxi . . . quam meis nsibus dedìcaWt libera,.
et liberalis haec ciTÌtas, ingentem domimi, mole aequantes ac
^emìnas angulares tuires, nimis insigmter velifari mali yertice
supergressae. Sen,, n, 3.
Weroaa. — Fortemque Veronam. Poem. Min,, n, 274. —
Vidi . . . Caeraleumque Àthesìm subeuntem gnrgite blando. Fle-
ctìtur ille volens alpini conscius ortus, Et aupplex meliorìs adit
confinia mundi; Naturaeqne humiles grates agii; alta Vero-
nae moenia, frondoaos colles, pulcberrima Martis Pascua
roem. Min. ii, 202.
¥iceasa. — Magnorum aliquot virorum, quoa abimde parrà
illa dvitas tnlit Ep. Fam., xxiv, 2.
¥ltcrho« — Gelidis ac tepentibns circumflaum fontibus
Viterbum. £^. Fam. a, 13.
Itttlfai* — Dirigo dehinc oculomm radios ad partea Italiae
quo magis inclinai animna . . . snspiravi, &teor, ad ìtalicum aerem
animo potiiu quam ocolis apparentem, atqne inextimabilis me
ardor invasit et amicwn et patriam revidendi (Dal Ventoso).
Ep. Fam, iv, 1. — Potui interdiim, sed jam fateor, non poasum
aequanimiter esse din procul ab. Italia, sive ea natalis óoli
sola dolcedo est, sive rerum aestimatìo, nesdo quam vera, sed
constans et immobilis et a prima setate pectori meo insita, nihil
omnino terramm sub ooelo esse quod Italiae comparar! queat,
sen natarae sen hominum consideres ornamenta. Fam. xxm, 2.
Nil omnino sub astris Italiae comparandum, pace omnium
gentium dixerim a&terrarum. Sen. vn, leti un.
Esse hic lacus piscosissimos , qnot qualesque nulla regio,
tam parvo habet spatio, esse et flumina, et opportunissimis
flexibus, naturae oonsilio, sic diversis lods errantia, ut Italiae
magna pars, Liguria et Venetia et ^Emilia, atque Flaminia
vix insignem locum habeant, qui non a quiescente aquis obse-
qnentibus adeatur ; esse in circuitu geminum mare, crebris por-
tubos et nobilium urbium corona, et in utrumque decurrentium
flttviorum faudbus insigne (1), ita ut undis bine salsis, bine
(1) L'Adda. — Lateque secana palcherrima rura Abdua caeraleus.
Poem. Min. ii, 157. — WAdige^ V. Verona. — Il Latnbro. — Ourgite
I..a]nber Innocuo. Poem. Min. ii, 156. — Il Mincio. — Pulcher Minciua
Formoso do palre oriens. Ecl. x. — W Oglio. — Volucerque sonantibus
iindia OUius. — 11 Psirma. — Id. — Parma pontifhigas n, 90. Eziguis'*
Parma vadis, n, 158. — Il Po. — Padaa qoem flumina regem Nostra vo-
cant. Id. — Pluviorum regem Erìdanum. Pam. ix, 13. — Regia ripa Padi
53
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842 ' ut CITTÀ ITALUNB K L*ITALUL
dulcibut Italia ferme omiiis, sine labore permealMlja atq«e |
amoena sit; esse, ubi decunt maria, alpes aerias (1), barbarie» |
oppositas furori ; esse per medium colles virentìssimos et apricas '
valles et campos uberrimos . . . Italiam^ ante omnes, rerum bo- I
narum abundantissimam affirmabo.... Sen, vii, lett. un,
Licet multa utrobique magnifica Tiderim, me tam^i italica^ |
originis non poenitet; imo, ut verum fatear, quo lathis pere-
grinor, eo maior Itali soli subit admiratio. Ep. Ecan. i, 3u
Si quid amabile est, nisi amor fiiUit, in Italia est, coi nitro,
si loqui possint, omnia cUmata cesserint — De hxQua landibos
multa aaepe diximus, et si vita manserìt, dicemus. Font, xix, 14.
Italiam igitur suadeo, quod moribus iacolamm, ooeloqne.
et circumfusi maris ambitu et intersecantis oraa Appentai
collibus, et omnium locorum sita nulla usquam statio csrb
tuis opportunior futura sit De Contemptu JlhMdi, Disi, ul
Felidus omni Es Latium tellure, quidem praefertìfis ora
Italiae, quam fulva Geres, viridisque Minerva, Purpurena quara
Baccbus alit Poem, Min. ii, 270. ** Contra autam bona
vera animi, imperiumque supremom, Aoniamque Ijram, quam
Gfaeda vieta Latinis Tradidit, innumerasque libens praeter^
vehor artes. Italiae quid'obest, nisi Mara violentus obesset?
Quidve deest Italiae, nisi pax non deferet una. Pùein. Min, n, 74.
— Ab! pudeat mundi domlnam, Fortuna, maligni Servitii dam-
nare jugo, manibusque, revinctas Quas toties-post taiga dedit;
tentare potentem Ausoniam ducìbus poenis, flendamque severo
Hannibali Poem. Min. n, 38. — Discordia nostra Hostibos
boc animi trìbuit... Sublimis ab Alpe file minax animo iam
praemetitur avaro Ditia rura procul, qua se pulcherrima rerum
Porrigit Hesperia armipotens; circumspicit urbas Instar re-
gnorum, quarum vìx nomina quisquam Sdre queat, castella
manu tot structa magistra... ecc. ecc. Epistola ad jEneam
senensem. Poem. Min. ii.
Il, 80 — II Taro. — Duras rapido torrens de vortice Taron. — n Benaeo
(Garda). — Ubi Benacus vitreo palcherrìmus alvo Persimilem natam funcÙt
8ibi. Poem. Min. i, 4. — Benacus Venetiae lacus nobilìssiintis. Sen. vn, i.
— II Lario. -^ Larium uberem lacuna, cui Comum adiacet, uiido Abdiu
amnls egredilur. Ep. Fam. vin, 5.
(1) Alpi. — Videbimufi impendentes lacubus Alpw aarìas ac nivosas.
aestate gratissimum spectaculum , et silvaa astra tangentes, atque ibter
concava ruplum queruloa rivos, summisque de montibua magno ciub sonito
cadentia flumina ; et quocumque te verteris, avium murmur ac fonUum. . . .
Ep. Fam. viii, 5.
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LB aTTA. ITALIANB B L*ITALU... 843
Versi ch'ebbe oerto in mente il Manzoni quando scrìsse il
i^no celebratissimo coro del Carmagnola:
Giù dal cerchio dell' Alpi frattanto
Lo straniero gli sgaardi rìTolve;
Vede i forti che mordon la polve,
E li conta con gioia crudel.
Affrettatevi, empite le schiere,
Sospendete i trionfi ed i giuochi,
Ritornate alle vostre bandiere;
Lo straniero discende, egli è qui.
Vincitori siete deboli e pochi?
Ma per questo a sfidarci ei discende. . . .
Veggasi il saluto che manda all'Italia, quando dall' alto del
Adonginevra (Poem. Min. ir, 266) € rivide tutta verdeggiante nel
lusso della primavera, rigata da' suoi fiumi superbi, gremita di
oittà e di ville, la gran distesa del piano lombardo, rivide su
le città romane, su le medievali castella, su le campagne
sorridere carrezzevole il sole di maggio. » Quel saluto, o meglio
quell'inno inspirato, serviva di magnifico esordio al Carducci
al suo discorso presso la tomba di Francesco Petrarca.
Bellezze d' Italia e delle sue città. Poem, Min, n, 270 e seg.
Italiani e Tedeschi, Parallelo. Sen, ii, 1.
Italia e Francia. Sen. ix, 1.
Italiani imitatori degli stranieri. Sen, xvii, 2.
ONORANZE AL PETRARCA.
La Commissione instituita all' uopo di preparare pel giorno
18 Luglio la commemorazione del V centenario della morte
di Francesco Petrarca sollecitava il concorso e del Comune e
del Consiglio Provinciale di Padova onde la commemorazione
venisse celebrata in modo degno e della fama del Grande Uomo
e della tradizionale benemerenza di Padova verso ogni maniera
di buoni studL A triplice intento mirammo, cosi l' egregio suo
Preside Senat. Com. Giov. Cittadella, cioè alla degna onoranza
verso il Petrarca, al giusto decoro del paese, anche rimpetto
gr illustri nazionali e stranieri, che qui allora concorreranno,
ed infine alla durata di questa ossequiosa memoria nella tras-
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844 • OffORANKK AL PBTBABCA.
missione degli anni. Toma inutile, aggiunge egìi^ fìirri pre- ]
sente, o Signori, come altre Città ed altre Ptx>vxncte t^yt^ì
mostrate sollecite nella commemorazione di uomini certamente
rinomati, ma da non potersi di fermo porre a paréggio di Ini, la ^
cui ceneri, custodite in Arquà, sono un deposito verameat^ |
prezioso per la Città nostra e per la nostra PrOTÌncia. Ooc> l
rande il Petrarca, che volle finire fra noi, non solo onoriaiDO
un grande della grande triade italiana, non solo il poeta, nu ;
il filosofo, il politico, il patriota. Il presente nostro trìbnio f |
tributo di civiltà, di queUa civiltà, che il nostro paese dco
mancò mai di sentire. E il Comune di Padova (1) votava la
conspicua somma di L. 20 mila, e 25 mila ne consentiva il
Consiglio Provinciale. |
Le feste di Arquà, dirette dair instancabile prof. Lefffuusì.
non che quelle di Padova riuscirono veramente splendide. La
Commissione non potea sdebitarsene con più onore. E Padoviì,
in tale occasione, si mostrò signorilmente ospitale. Dei diacorai
del Carducci e dell' Aleainli tenemmo parola. Bella ed ìmpor*
tante V EsposbJone delP opere petrarchesche, e degli scrìtti che \
le illustrano. Da essa venne prima il seme di questo qualsiasi
mio lavoro.
Gorizia ne onorò la memoria il 18 Luglio; T onorò pure
r Accademia di Palermo; il 9 Agosto T Aretina. Il benemerito
preside cav. àvv. Marco Biondi vi dio conto delle feste di Pa^
dova e di Arquà, e deUe accoglienze oneste e liete ricoTuteri, I
e proclamava solennemente che nel 1904 il Municipio, auspice
r Accademia, ripromettevasi di festeggiare degnamente il VI
Centenario della nascita del più grande de* suoi figli.
Il 6 Agosto il compianto mio amico prof. A. Alessandri,
prefetto della civica di Bergamo, intratteneva il patrio Ateneo
(1) Il prof. Senat. Otusto Bella vitis nella seduta del 96 ÀprUe 1873 fa
oppositore ferissimo. Teme in tanto lusso di feste commemorative e di mo-
numenti non si dica : quanto meglio sarebbe che avessimo un minor numero
d* uomini ^andi morti, ed un maggior numero di viventi. . . . Perchè mai
non venne in mente di solenniszare V anniversario della morte del Petrarca
con un' opera di beneficenza anziché con una apesa di lusso? Egli ò sicuro
che tutti applaudirebbero se si portasse in quel giorno sulla tomba dì Pe-
trarca una carUcella che dicesse: « il Comune di Padova solennizza (I
Centenario del Cantore di Laura mandando L. SO mila agi' incmàatt, »
Combattè valorosamente gli argomenti del Bellavitis il prof. Goletti : la
parte Ai vinta con un solo voto di maggioranza.
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ONORANZE AL PETRARCA. • 845
; xii codici petrarcheschi possedtiti da quella biblioteca, non che
3 vii culto tradizionale che professò sempre Bergamo alla me-
rv^oria del lirico sovrano. — Ed un bell'elogio, sul Petrarca,
il 17 Marzo nell'aula del R. Liceo Sarpi, avea pur letto il
irniente prof. Eliodoro Lombardi.
Anche T Arcadia a' 17 Decembre 1874 raccoglieasi nel pa-
lazzo Altemps a celebrarne il centenario. Ne disse le lodi il
:^o. Pompeo di Gampello della Spina. Vi tenner dietro compo-
rkimenti poetici, cantate, musiche. E il di sesto cP Aprile univasi
eli nuovo a commemorare T anniversario dell'innamoramento
riel Poeta, innamoramento che diede all' Italia i versi piii dolci
& leggiadri che suonassero mai su labbro umano.
La Città di Trieste che nell' onoranza de' nostri più sommi
non volle mai esser seconda ad alcuna, decretava la pubblica-
zione della Petrarchesca Rossettiana, egregio lavoro del-
l' Jfforiis: il Veneto Ateneo metteva in luce l'importantissima
opera Petrarca e Venezia : Y Accademia Aretina ofiriva a Pa-
fk>va 1 Trionfi del Petrarca riscontrati con alcuni codici del
sec- XVI per cura del prof. Giannini, ed al Municipio di ArqUà
una bella Canzone del prof. Marenghi, Padova ci dava mae-
strevolmente riprodotto, a merito del Corradini^ il Poema
dell' Africa.
Forse, non a torto, doleasi il Petrarca che le città straniere
fossero più generose verso lui che la sua terra. Invano io cerco
in S. Croce una pietra che ne segni il nome : invano un ricordo
che mi additi le case abitate da Petracco, prima dell' esiglio;
invano una dimostrazione di affetto riverente nell'occasione
del Centenario. I Priori della Repubblica fiorentina, il 22 Dee.
1396, presero bensì la parte d'innalzare alla memoi^ia di Dante
e del Petrarca in S. Maria del Fiore un condegno monumento,
ma essa non sorti effetto. — La sua Statua sorge, è vero, nel
Portico degli Uffici > ma delle 28 nicchie era impossibile non
assegnarne una a Francesco Petrarca. Aggiungasi che le statue
\ì furono erette per soscrizione volontaria, promossa nel 1835
dal tipografo BatelU. .
La Provenza, anzi dirò meglio la Francia, si mostrò sempre
tenera della memoria del Petrarca. A Valchiusa, come ad Arquà,
trassero in divoto pellegrinaggio tutte V anime bennate e gentili :
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846 * ONORàmsB al pstrasca.
ed i poeti tì cercarono T ispirazione. — Pélot de la Laseps.
nel 1801, insti tuiva a Valchinsa un Ateneo: nel sigillo aveaii
inciso ad emblema le rocker de Vattcluse tfomissant un iorrefU
éTeau. — - Nella tornata del 22 Ottobre 1803, a proposta d^
Sig. Plot d* Avignone, decretavaai al Petrarca un monumento
che doveva esser solennemente inaugnrato il 20 Luglio 180i
V cent, della sua nascita. — La fDi*me adoptée fnt oeUe d*ime
colonne grandiose, il est vrai, puisqa'^e étalt dans lea pr»-
portions de celle de Trajan, mais écrasée naturdlemeot par
les rochers élevés qui dooìinent la vallèe. Ce dèfaut fut rendo
plus saillant encore par 1* emplaoement choisi, aa bori métae
de la source. Aussi foUaut-il plus tard (1826) la déplaoer et
la transporter sur la place pubblique où on la voit aujourd^fauL
Né la Provenza volle essere inferiore ali* Italia nelle onoranse
secolari del 1874. E ben a ragione: anch'essa ritiene Fr. Pe-
trarca per suo, che a lui vennero le più graziose ispìrasiooi dal
gentilissimo luogo di Valchiusa, e dall'oneste bellezze d'una
gentildonna provenzale. Ne fu promotore il sig. de fìerluc-
Perussis, amante d'Italia e delle nostre lettere, perehò d* origine
italiana, e se ne rese benemerito in modo particolare. -» Dal bel-
lissimo ed elegante rapporto dell' Àrciconsolo della Crusca tolgo
i cenni seguenti: — « A Valchiusa il Nigra fece quel discorso
eh' è si giustamente celebrato da tutti, e die lo manifesta poi
uomo di lettere; il prof. Minich ragionò sugli amori del Pe-
trarca^ spiegati con dotto raffronto della vita e degli scrìtti
Ad Avignone, il 20, il bravo e buono professore Bonafous
lesse un saluto che mandava il Comitato italiano, come di na-
zione amica ad altra nazione amica, e gli applausi lunghi e
fragorosi scoppiarono sotto quel cielo scintillante di Provaiza,
somigliante al cielo d'Italia, da quel popolo che nelL parlare,
nel sentire, ne' moti della persona e nel v<4to, somiglia tutto
al popolo d'Italia. Il Nigra, elegantissimo scrittore, tradnceva
e leggeva ciò che il Petrarca scrisse de' suoi amori neU' opere
latine; parlarono il Wallon e il Mézières, applauditi, sopra i
meriti del Petrarca; Teodoro Aubanel e Felice Gra8« discorsero
sulle memorie del poeta e riferirono il giudizio sopra i laureati
con la lingua melodiosa de' Trovatori, con l'abbondanza mae-
stosa del Rodano, con la luce di quel sole; parto il vostro
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OMORANflB AL PBTRABOA. * 847
Arciconsolo e godo per toì e per la patria sua vedendoBÌ bene
accetto ; terminò in lingua spagnaola don Alberto de Quintana,
presidente de Giuochi floreali di Barcellona, e raccomandò
l** amicizia delle tre schiatte latine con tal fuoco di parola e di
sentimento, che si levò un grido come una voce sola da tutte
le parti. Si udirono là quattro lingue, la francese, la provenzale,
r italiana e la spagnuola. . . . Il Nigra, ministro dMtalia in
Francia^ e che venne a stringermi la mano, e un francese che
mi disse continuate ad amare la Francia, mi resteranno più
eh* altro impressi neUa memoria ; e ho voluto dirvelo con forse
non biasimevole compiacenza, pari al non dicibile battimento
di cuore avanti di parlare. » — Chi fosse desideroso di co-
uosoere gli spettacoli che vi ebber luogo, tra' quali la Cavalcata
storica (1), cioè il Trionfò dei Petrarca, non ha che prendere
in mano una delle molte Relazioni di quelle Feste.
HenegheUi A., Della stiioa dei Padovani verso 11 Petrarca e sopra il
monumento a lai nuovamente eretto nella Cattedrale di Padova. Padova,
Minerva, 1818. — Leoni Carlo , Stima de' Padovani in ogni tempo a Pe-
trarca. Opere Storiche, n, 208. — Gloria prof. Andrea^ Id. Padova a Fr.
Petrarca, p. 73.
Pétrarque en Provence — Le eulte de Pétrarque en Provence. — La
Féte séculaire de 1804 a Yaucluse. Pète sec. et inter. p. 15 e seg.
Q^nW Centenario diFr. Petrarca celebrato in Provenza. Memorie .
della R. Acead. della Crusca. Pirense , Tip. della Gazz. d' Italia , 1874.
Conti Auffusto, Cose di Storia e d' Arte , Firenze, Sansoni, 1874, 457-482.
Fétes littérairea et internationaleSj Cinquiéme Centenaire de la mort
de Pétrarque cèlébrée à Vaucluse et à Avignon le 18^ 19 et SO Juil.
1874, Discours et toast prononeéa. Avignon, Gres, di p. 294.
Féie séculaire et intemationale de Pétrarque célèbre en Provence,
1874. Procés^oerbaua et vers inédits. Aix-en-Provence, Veuve Remondet-
Aubin, 1875, di p. 2^4.
Sicard Adrien, Ètude sur le cinquiéme centenaire de la mort de Pé-
trarque. Marseille, Gamoins, p. 39.
Boy Charles , Note sur le cinquiéme cent, de Pétranpie , Rapport 4
la Sodété littér de Lyon. Lyon. Yingtriniér (Revue du Lyonnais, n. 105,
Livr. Sept. 242-46).
(i) In Torino a* 2 Marzo del 1862 aveva pur luogo una grandiosa ma-
scherata: L' Incoronazione del Petrarca. I carri per 1* incoronazione, e
i costami furono giudicati esatti a bella lode del cav. Genin, eh* ebbe dalla
Commissione delle feste V inearico dei disegni. Il corso, frequentato da stra-
ordinario numero di carrozze d' ogni sorte, era avvivato da varii carri pieni
di graziosissime maschere.
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848 ONORANZE AL PVntAACA.
Oiaize Paul > Le Genteaaire de Pèirarqoe. Hevue des liangnm n- >
raanea de Montpellier, t. vi, 278. i
Trrrh Paul, Roulleaux E., Ferrei Xr.. Rapporta. Dans les Mèmórfe '
de la Societé littér. d' Apt, de la Societé archeol. de Aix, et dans V Aue^* \
aire de 1' Auoeiation norrnande.
V. Reeue hortieole, Aoat, 1874, MaraeUle, Gayer, p. i50-i6i. — U i
petit Journal, n. 4228, 4227, 4228; Le Mèmoriai d' Aix , n. 30-»; Lt 1
Voleur de Paria, 21 Juil. n. 891, ecc. eec.
AresBo. — L* AocADBatiA il R. Liceo, il Tbatro, la nuora
Via che mette nella Piazza Quido Monaco^ portano il non»
Petrarca.
Avlfpnoiie. — € Petrarca dopo cinquecento - anni rìaoii^
fra noi, attrayereo ì secoli, e perchè la memoria di un tal
ritorno resti inestinguibile nelle nostre mura, sarà battezzata
col nome del grande uomo la strada trionfale che fìi seguita
dal corteggio e dal busto del Petrarca. > Co, Demaine^ Maire
d' Avignone.
Flrense. — De* nuovi viali che cingono la città ebbe il
nome Viale Petrarca quello che da Porta Romana mette a
Porta S. Frediano.
Padova. — La piazza dei Carmini, in che surge il mo-
numento del Petrarca, venne intitolata: Piazza Petrarca.
TIenna. — Il Consiglio civico di Vienna, il di 10 Luglio
1874, con voto unanime, denominava una delle nuove vie di
quella capitale Petrarcagasse.
COLLEZIONI.
Collezione MarsIlnd. — Il prof. Marsand, con perseveranza
quasi piii che umana, si diede a tutto raccogliere ciò che di
manoscritto o di edito gli avveniva di scoprire intomo alle
poesie volgari del suo prediletto Poeta, alle illustrazioni che
in ogni tempo se ne fecero, ed alle memorie letterarie, che,
com' egli stesso esprimesi, la beata copia degli amanti rìsguar-
davano. Con tali sue indagini, continuate per ben 35 anni,
potè unii*e una raccolta pressocchò completa delle edizioni delle
Rime del Petrarca, e d' altre opere ad esse relative delle quali
ci diede un' accurata descrizione con la sua Biblioteca Petrar-
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coLumoNi. 849
zhesca (Milano, QìQsti, 1826). — La Raccolta del Marsand, unica
al mondo, come la chiama il Mózières, di&tiuguevasi per copia
di esemplari sceltissimi , tra* quali parecchi in pergamena ,
esemplari di dedica appartenuti a pontefici, a principi, a car-
dinali. Se non che avvisavasi egli che la sua Collezione, come
che preziosa e rara, sfuggito non avrebbe la sorte delle private
suppellettili, e collo scorrere del tempo sarebbe andata sgra-
ziatamente perduta. Bramoso perciò di procurarle possibilmente
la perpetuità, Hvolse i suoi pensieri alla Francia, a quella
Francia, cosi egli scrive, ove nacque colei che colle sue virtù
e le sue grazie inspirò nella mente e nel cuore di Francesco
Petrarca i versi più soavi e leggiadri che abbia X italiano Par-
naso. E Carlo X nel 1821 ne fece acquisto, mediante un*annua
pensione di L. 1200. La Marsandiana , conservata nel Louvre,
comprendeva 862 voi. e 736 opere, e si era quindi notevolmente
accresciuta di giunte importanti. Sventura voUe che nelF in-
cendio di quel sontuoso edificio, andasse pur essa miseramente
distrutta (1).
Collezione Rossetti. Nella Biblioteca civica di Trieste. —
Senza dubbio la Petrarchesca Rossettiana può dirsi oggi la
più completa Raccolta che si conosca delle Opere del gran'
poeta. Se non potea venir a «confronto colla Marsandiana per
bellezza degli esemplari avanzavala però e per numero, e
per alcuni esemplari o unici, o divenuti rarissimi afiatto. Il
Marsand avea per unico intento di radunare quante più poteva
edizioni del Canzoniere, ed opere che prendevano, comechessia,
ad illustrarlo; mentre il Rossetti estese le pazienti sue inda-
gini alle opere tutte del Poeta, versioni, memorie, elogi, bio-
grafie, illustrazioni, censure, medaglie, ritratti, ecc. Cosi la sua
Raccolta più riccamente rappresenta la bibliografia del poeta,
e la storia, per cosi dire, del pensiero petrarchesco. — Dall' ac-
curatissimo c&talogo dell' Hortis apprendiamo, che la Rosset-
tiana possedè 5 delle 6 edizioni che si fecero dell'Opera Omnia;
330 ediz. del Canzoniere, 63 di opere latine. L' Hortis ci diede
(1) Perteè éprouvéea par les Bibliothèqueé de Paris pendant le 8i6ge
par lèi PriMsiens en 1870« et pendant la domìnation de la Commune
révolutionnaire en 1871. Rapport à M. le MhiUtre de V Instruction pu-
bliqtte par M. Baitdrillart , membre de V InstUut , In^^teur general
des Bibliothéquea. Deux. idit revue et corrigie. Paris, Techener, 1872,
in 8vo, p. 85^.
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850
pure il catalogo à<àl^ lamografia, la più copiosa, ami V\
eh* esista.
CoLLBZioNB Palbsa. Nel Museo di Padova. — H dottor
A ff astino Palesa ^ con suo testamento 6 Ottobre 1871, legan
al comune di Padova, oltre la sua riochisaima CoUezione Dan-
tesca, anche la Petrarchesca^ pregevole assai e per le mdte
edizioni del Gan»Hiiere, alcune 'delle quali rarissime, e per una
buona suppellettile dell'opere latine, e di scritti illustrativi. D
cospicuo legato venne accettato dal Consiglio Gom. di PiadoTB
il 30 Dicembi^e 1873.
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851
SUPPLEMENTO
Amici del Fetrairefli (p. 588). — Riocabdo db Bubt,
Fam., 1. lu, 1. Vedi ff, Cocheris PhUohiUion eoxellent tratte
sur r amour des Uvres par Richard de Bury, Paris, 1856.
Trattato, traduzione, edizione eccellenti. — Socrate. Y. Geiger^
nel Zeitochr. fur deutache Colturgesch, 1874, p. 220.
Vicende dellai tomlia di Fr. retrnrefli (p. 606). —
Il Codice Ottobon. 2418 (della Vaticana), ritei^uto del aec. XVI.
ha per titolo: In effroctorem et vioiatorem eepukhri Francisci
I^etrarche,
Llrlen del Petrnreai (p. 654). — Gnoli Dobibnioo, La
Rima e ]a Poesia italiana. Petrarca riguardo alia Rima, Nuova
Antologia, Decembre 1876, 711-726.
Vereioal. t- Vereloal port oiplieel. — A pagina 676
abbiamo ricordato tra le versioni spagnuole quella di Saìusque
6 Seleuco Lusitano (Veneza por Nicolau Bevilacque). Sì egli
che il Oarcós erano portoghesi. Neil' edizione dell* opere di Ca-
moens, che nel 1860 pubblicò il visconte di Joromenha (en el
Tomo Y de las Obras de Louis Camoens), si trova l'appostagli
versione, in terze rime, dei Trionfi. È certo però che il Camoens
tradusse alcuni sonetti del Petrarca, e tra gli altri il primo,
che è il 101 de suoi, Vos que escutaes em rimas derramados, —
Anche il D/ Vincenzo db Simo ni, medico italiano in Rio Janeiro»
nella sua opera Mamaihete poetico do Parnaso itaiiano ci
diede parecchi sonetti e canzoni voltati in portoghese.
Comenti pAralall (p. 714). -— Marsili P. Luigi, Comenia
della Cantone: O aspettata in del beata e bella» Lucca, Leo-
nardi, 1868.
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852 SUPPLBMENTa
«•■lenti paralaai (p. 762). ~ Dslul Valle Giovanni.
Del giorno in cui il Petrarca mette il plenilunio Pasquale
del 1327; e di quelh, in cui fissa il principio del suo inna-
moramento. -* Di un luogo del Petrarca sul principio dd
Cap. II del Trionfo delia Morte relativa alt Aurora del Sole
o air amica di Titone ; e prima di una delle ragioni dei difensori
deit Aurora lunare del e. ix del Purgatorio. — Del giamo,
in cui il Petrarca pone r Equinozio di Primaf>era (Trìonfo
d'Amore i, 1). Nuoto iUustrazioni sulla Divina Gommedùu
€ Dante col mettere nel di 8 Aprile del 1300 V anniversario
luni-80lare della morte di G. C. ne fissava il giorno dietro la
regola del cido lunare; per contrario il Peti^arca nel 1327,
col metterlo nel di 6 Aprile si allontanava 4 giorni da quello
che ne porgeva lo stesso ciclo, li primo stava colla regola di
questo ciclo, e di più ebbe il vantaggio di convenire colla
Chiesa nel dì, ch'essa fece solenne memoria d^la morte del
Salvatore, essendo il venerdì santo caduto nel dì 8 Aprile:
il secondo si governò colla legge astronomica. Ma 11 anni
dopo, cioè nel 1338 ci sembra, che il Petrarca seguisse il
metodo del ciclo Metonico. Onde in quest' anno nel fissare il
di del plenilunio si troverebbe ne' suoi computi d'accordo con
Dante, che fece lo stesso. Vi ha anche di più, perchè sarebbe
vero, che nel 1338 il di 6 Aprile fa il giorno che il Petrarca
scrìsse il sonetto Padre del del, come lo era stato nel 1327.
quando compose l'altro sonetto Era U giorno, che al sol si
scolorare , colla diflèrenza soltanto die nel 1327 la quintade-
cima di Marzo cadde nel di 6 Aprile, e nel 1338 cadeva nel
di 8. Ma il giorno che scrisse que' due sonetti fu sempre
il di 6, cioè il lunedi santo. Bella corrispondenza! Per la quale
però bisogna che il poeta nel 1338 facesse uso del ciclo lu-
nare. » — li Petrarca nel passo dtato del Trionfo della Morte
parla chiaramente anch' egli deUa vera aurora o della aurora
del sole. *r- Dante , mette la sede deli' Equinozio a' 21 Marzo,
il Petrarca lo mette invece drca 8 giorni prima, conforme al
fatto astronomico. Dante segui la regola dell'anno Giuliano;
e il Petrarca stette coli' osservazione del fenomeno. Per recare
stabilmente, almeno per lunghissimo tempo, dal dì 13 al 21 di
Marzo l'Equinozio di primavera si dovette aspettare la corre-
zione Gregoriana dd 1582.
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SUPPLBBfBNTO. 853
M. F. A. G. Cabipbbll, prefetto della Biblioteca reale del-
l'Aja, ne' suoi Annales de la Typographie Neerlandatse au
XV Siede (Haye, Nihoff, 1874), al n.*» 1393, cita la presente
opera: Petrarcha, Teghen diestrael der minnen (Contro gli
strali d* amore), senza indicazione nò di luogo, nò di tipografo,
uè d'anno (Gouda, verso il 1484^ in 20 foglietti, e in grosso
carattere gotico). Dal titolo riferito ben non rilevo quale sia
r opera citata.
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854
SUPPLEMENTO
ALLA BIBLIOGRAFIA DANTESCA.
Paralleli (p. 30). » FRANaoBi Giovanni, Quanto v'itbbia
di vero neiT antico paragone fra Jltìchelangeio e Dante, Con-
siderationi. Genova, 1876.
In questo breve, ma bea pensato ed elegantisaimo ragio-
namento, piglia ad esame T antica sentenza che fa, aomìgìianti
il Buonarroti e T Alighieri, e dimostra con nuovo arguto ed
ingegnoso paragone fra quei due Grandissimi che le simiglianze
vi sono e non poche , nò lievi , come universalità d* ingiegno ,
evidenza mirabile di stile e ardimentosa fantasia, par nondi-
meno le differenze sono gravi e notevoli. £ la prima e più
sostanziale ò questa che Michelangelo tra le forme supreme
deli' Essere, V onnipotenza la sapienza e T amore, predilesse la
prima in quanto si rivela nella fona delt uomo, mentre Dante
seppe accoglierle e specchiarle, neU* opera fra tutte e tre. Da
questa si deriva una seconda diffnrenza ed ò che MichelBiig«Jo
et 7'itrae Vuomo disgiunto dal mondo esteriore^ solitario e
come raccolto in sé stesso, Dante, ce ne porge, vivamente rap-
presentate, le religioni con V universo e con Dio, Anche una
terza differenza avvisa il Franciosi ed ò nello stile, che Miche-
langelo, dipingendo, scolpendo, architettando, non muta stile
mai 0 quasi mai; Dante invece neW opera delTarte fu davvero
trctsmutabile in tutte guise, e seppe secondare la generazione
infinitamente varia del suo secando concetto. Per le quali
considerazioni, il prof. Franciosi conchiude con questa che a
noi pare giustissima sentenza: il sovrano Poeta, per univer-
salità di sintesi, e per sapiente varietà d^ arte vince FeurUsta
sovrano, G. R, Rivista Univ. voi. xxv, p. 22A, Nuova Antol.
Agosto 1866, V. Il, 890.
Paur Trbooor, Dante, Milton e Klopstoch, Nella Zur Lit-
teratur und Kulturgeschichte, Lip. 1876, 403-479.
y Google
SUPPLBBiBNTO ALLil BIBUOGRAFIA DANTESCA. 855
ScHLBGBL W., Dante, Shakespeare e Goethe, (Nell'Athe-
aàum, 1798-1800)) che lo Schlegel chiama il gran trifoglio
diella poesia moderna, e Dante il gran profeta del cattoUcismo.
Raur Gustavo Adolfo Lod. (n. 14 Giugno 1816, conaigl.
Concistoriale e prof, di Teologia a Lipsia), Il libro di Criobbe
e la Divina Comedia, Parallelo, 1856.
OoBBCBEL, Daniele e Dante, ovvero V aquila e T allodola ed
il riposo finale, Lezione tenuta a Berlino nel 1859.
Daniele Stern-Mabia d' Aooult Flavignt (di madre ted. e
di padre francese, n. a Francofort 1 Gen. 1816) Dante et Goethe,
Daniele Stem elesse la compagnia di Dante per gtuKrdare in
alto e rimagine di Dante le suscitò ndla mente quello dì un
altro grande colosso, T autore del Fausto. Contemplando queste
due figure immense, Daniele Stem compose il più bello de' suoi
lavori che apparve prima nella Re&ue Germanique e nella Eetme
Moderne, e quindi in un elegante voL separato del Didier (1866)
sotto il titolo Dame et Goethe, Dialoguee, — La cont Maria
avea visto una volta Groethe a Francoforte, e ci racconta essa
stessa il suo ritrovo col Giove della poesia tedesca. Quanto a
Dante, Damele Stem ce lo risuscita nel pensiero come se ella
lo avesse conosciuto ed amato, e non solo ce lo fa ammirare,
ma, quello eh* ò più difficile, ce ne innamora. Daniele Stem è
nata per le regioni elevate, in quelle essa procede con quel-
la incesso che sente e fa sentire 1* alito divino; in questa opera
per lo meno su Dante e Goethe F anima del lettore si riposa
ed il suo pensiero si innalza. Ed ò in queste pagine piene
d' alta e vera poesia che un grande italiano G. Mazzini fu preso
d'entusiasmo per D. Stem. La prima lettera del grande pro-
scrìtto del 13 Feb. 1864 da Londra diceva così: « Madame,
je viens de lire votre beau travail sur Dante et Goethe. Et
veuillez le croire, ce n'est que mon admiration pour les bonnes
et noUes choses que tous y dites qui me donne le courage de
vous adresser un court ecrìt que j' ai publió il y a quelques
années et qui résumé le peu que je sais sur lui. Yotre travail
est trop serieux, trop cosciencieux, pour que tous n* accordiez
pas une demì-heure aux vues d* un italien qui a étudié Dante avec
amsur et vénération, et qui a vouó sa vie à une nationalitè
qu'il révait, il y a cinq siòcles, lui le premier. » — Mazzini
la chiamava sua sorella in Dante. Riv. Eur, Marzo 1873.
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85«
GonponliBeatI poetici (p. 33). — Dandolo A., DaxÈi\
Aligbieri, Versi. Padova, Seminàrio, 1874. — Gaussinei Juh^A
Une Vision du Dante. Montpellier, OroUier» 1871. — VoUoB^Ì
nedetto, Sul Monumento di Dante; L*e8)glio, Sonetti. Lettore
di Famiglia, Firenze, Oeliini, Marzo-Aprile 1875, n. 9-10. Gvcr.
Giovanni, Dante rìfùgiatOfii presso Bosone Rafiàelli da Oubbid.
Sonetto, Lago, Meandri, 1847. — Per Nozze Raffaellì — Gessa
Hans Sachs, Historia Dantes der Poet Ton Florentz. Ne&
II* parte del v ed ottimo libro delle sue Poesie, Norì]irt>em.
Heussler-Lochner, 1579, pag. ooLXxzvni.
« Questi ò il celebre Hans Sadis (nato a Norimberga il 3
Novembre 1494, morto ivi il 19 Gen. 1576), il calzolaio-poeta,
il quale racconta in un poemetto come Dante fo accasato izh i
giustamente « bandito, com'egli ricoverò a Parigi, e poscb ^
presso Gan Grande a Verona, e com' egli scrisse un poema ia
cui discorre delle cose celesti infernali e terrestri, e ch'ò sti- ^
mato moltissimo dai dotti. > Prof, Soartatgim, i
€3oasponlas«ntl draaiasatiel (p. 42). — Ma]I1k»u Tftd, i
Dante AiUghieri aW ultimo asilOj Tragicomedia in 5 atti. Ca-
stellamare, Tip. Di Martino, 1876. I
Luigi Tieck, n. a Berlino il 31 Maggio 1773, m.^ 28 |
Aprile 1853, nella sua comedia Prìnz Zerbino oder die Reise |
nach dem guten Geschmaek, Iena, 17^, & eBtrftre in isceBA <
le ombre di Dante, Gerrantee e Shakespeare ditegli diiama '
i tre santi maestri dell' arte moderna, ai quali il solo Goethe tra |
i viventi merita d' essere paragonato. Scartarzini , Dante in
Germania, 391. i
Teologia e Cattollelamo 41 Sante (pag. 42-47). — I
Baumgarten-Grusius Luigi Fedbbico Otto, celebre teologo prò- 1
testante (n. a Merseburgo 31 Luglio 1788, prof, di teolog» a i
Jena, ove mori il 31 Maggio 1843). — De doctrina Dantis Ali- !
gerii Thelogica, 1836. i
FisoBBR Antonio, prof, al R. Ginnasio di Monaco in Ba- |
viera, Die Theiogie der Divina Comedia, ài&ncheny 1857. -—
L'autore è cattolico, ma scevro da qualunque passione o spirito
di parte. Egli esamina pacatamente quali sieno le dottrine I
dell'Alighieri, esponendole coi propri suoi versL La materia è I
y Google
ALLA BIBUOOEAFfA DANTESCA. 857
livisa in nove paragrafi che trattano, della fode, di Dio, della
'reazione e della providensa, della creazione e caduta degli
lYtffioU, della creazione e caduta dell' uomo, del Redentore e
ieita Redenzione, della grazia e giustificazione, della vita
ryentura, e finalmente della risurrezione e del giudizio. Le
note iilnstrativd in fondo al voi. ( p. 143-177), provano che
f autore ha fatto stndi vasti e profondi^ tanto sugli autori sco-
lastici, quanto sulla letteratura italiana, tedesca e francese.
Questo libro ò un ottimo compendio della teologia dantesca,
scritto imparzialmente, e nell'unico scopo d'investigare ed
esporre la verità obiettiva del sistema di Dante. Peccato che
r esagerata sua modestia non abbia concesso all'autore di dare
maggfiore pubblicità al suo lavoro l Essendo esso stato pubbli-
cato nella forma di programma scolastico non potò diffondersi
molto. Scartazzini,
A pag. 93 del volume iv, ed a pag. 43 di questo, feci
cenno degli autori che, torcendo e coartando le parole del cat-
tolicissimo de' poeti, sciaguratamente, ne vollero fare un pre-
corsore della Bifornuu A maggior compimento di quanto riferii
tolgo dallo studio accurato del prof. Scartazzini i seguenti
particolari.
La prima volta ohe e' imbattiamo nel nome di Dante nella letteratura
germanica ai è in on libro pubblicato neU* anno 156G. Un terribile fanatico
luterano fu il primo a nominarlo. Giova apendere due parole suir uomo
che primo parlò di Dante Alighieri al popolo tedesco. — Mattia Flacius
nacque V anno 1520 a Albona nell' Illiria , e si chiamava perciò lUyrictis.
Nella sua gioventù voleva farai monaco ; ma il provinciale Lupetino , il
quale aderiva segretamente alle dottrine luterane, lo indusse nel 1530 a
r€>car8i a Vittemberga per udirvi il famoso riformatore. Nel 1545 vi fu
eletto professore di lingue semitiche ; ma abdicò già nel 1510 a motivo del
coai detto Interim, e si ritirò a Magdeburgo ove incominciò la pubblica-
sione dette famose Cèt^ttsrie Magieburghesl. Nel 1557 fu nominato prof e8>
sore a Jena ; ma, a motivo dall' ostinato suo &natismo, depoato nel 1561,
andò errando per diverse città e mori poverissimo V anno 1575 nell'ospe-
dale di Francoforte sul Meno. Essendo a Magdeburgo , Flacius pubblicò
uu' opera che egli intitolava Catalogua testium veritatis ( Basilea 1556 ) ,
nella quale egli registra tutti coloro ohe combatterono contro la chiesa di
Roma. Anche Danto eocapa un posto onorevole in queato catalogo. Né vi
si legge il solo nome. Tutti i passi della Divina Commedia e della Monar-
chia, che sono o sembrano diretti contro la corto di Roma, vi si riproducono
fedelmente nell* originale. Cosa singolare ! la prima volta che udiamo parlare
di Dante in Oermania, lo troviamo annoverato tra i precursori di Lutero.
54
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858
N«Ua Btena cttU in cui Ai sUmpato il libro dd Flftcias, si pobfafinTi
tre anni dopo (1559) neU' officina di Giovanni Oporino, per cura di Awlr^-
Alciati, la prima edizione del libro De Monarchia, come pare nna tr^'
none dello atesso in Ungila tedesca per cura di Basilio Qiovannì Uerdr:
(Monareheyy ecc. Basilea, 1560). Non e* è dubbio che lo spìrito di Flaciti
diade V impulso anche a qiMSts due pubMicaiioni. In esse pure, Gome c>
CatalOffUi tetUufn veritatU, V Alighieri è invocato a testiinonio contro -i
corte Romana. Notevole ci sembra la circostanza , che la prima edizk^i
del De Monarchia non si fece in Italia ma in Germania. — > Dal punto -^1
vista del luteranismo i) piò rigido ed esclusivo si ragionò pure £ Daiti< |
delle opere sue in alcuni artiooU stampati nella Gauelta Evangelica EcdM
siastica (1811, n. 40-51, 57-00, 68-70), diretU del troppo famoso professori
Hengstenberg a Berlino. Lo stesso giornale tornava a vendicare a Ds^-i
l'onore di essere precursore del Luteranismo (1842, n. 11 e IS).
n GoBSCBBL , (n. a Langelsalia il 6 Ottobre 1784, m. a Nnumborp I
SS Settembre 180S), innamoratissimo di Dante, come bella fiuiciiilla del <«|
vago, ne scriveva la vita neiriSHctWopMba dei Protestanti (voi. m, 2S&^j
e il 23 Agosto 1853 faceva le sue Comunicazioni sulla Divina Commeé
ai devoti della Società Evangelica ad edificazione e salute ddle lor anim» -)
Il prof. Pbrd. Pipbb, berlinese, nell'A/munoMO EvangeUeo (18116) puiaTi
di Dante e della sua teologia {Man. DanL iv, M). — H Oraoi., quantusq^l
nel Veltro vi trovi V anagramma dà Lutero, però riconosce che Dante fu na
solo esternamente ma anche per convinzione membro fedele della chiesa r:'
tolica. < Dante, die' egli, vuole una riforma del Capo e delle membra del!
chiesa, el la spera tra breve con fiducia veramente profislica. Il papa, rùsa
Bendo il supremo pastore, tornerebbe alla povertà dei pnmi vescovi, xìbik
ciando al potere temporale. Dante non ieprezza dunque T istituto del paja.:
ma deplora soltanto eh' esso sia divenuto tutto mondano. Ei riconosce ra">
rità del sommo pontefice, ed in ciò è direttamente in opposizione ool protesta
tismo che non ammette altra autorità in cose di fede, fìiorcbè la Scritturi
sacra. Dante va -bensì gravido di idee riformatrìoi, ma egli è tattaTi^
molto lontano dai riformatori; se s'inganna chi lo vuole ottimo catk^<v
s'ingannano molto più quei protestanti che pretendono che egli sia ^
loro. >
Carlo Habr, teologo celeberrimo (n. 25 Agosto IdOO, dal 1829 sa? i
questo giorno professore a Jena), uno dei più forbiti scrittori tedeadù, sersi
nella sua Storia della Chiesa : « Daute Alighieri dipinse nella sua Di^.U
Commedia con colori allegorici, come in un giudizio universale dcHa pcs^^i
sacra, il suo secolo, la storia universale e lo stato morale ddlo s^.'l
umano, conciliando l'amore con la Religione; con 1* ardire di an ghibd.^
lino che scorge la salute del mondo nella signoria universale dell' impen^ri
la cui origine come quella del papato è divina , egli inveisce cootru ri
abusi della gerarchia, canonizzando e dannando di propria mano; an-^^^J
di Virgilio e nello stesso tempo pieno di reverenza per San Toounaso f •!
entusiasmo per la fede della Chiesa, è egli il primogenito figlio della Cl\^ì
tra i poeti. » Alcuni scrittori posteriori avrebbero fatto bene a poodtTkrl
seriamente queste parole del gran teologo. Più in là 1' Hase chidir^ .1
Divina Commedia « 1' orgoglio e la speranza di Italia, » uu* opera da r-= j
tersi a lato alle migliori dell' antichità.
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ALLA BIBLIOGRAFU DANTESCA. 859
LstL è una grande sventura, scrive sapientemente il prof. Scartazzini,
quando gente che di Dante non conosce che le cose più ovvie, s'ingerisce
a discorrerne dinanzi al gran foro del pubblico ; la è una sventura ancora
ma^^ore, quando dotti, del reato benemeriti, si affaticano di appropriare
a Dante le fantasie, le opinioni e credenze de* secoli posteriori. L' ho detto
e lo ripeto : la questione se Dante si avvicini più al Protestantismo che al
Cattolicismo è tanto inutile quanto è oziosa. Dante visse nel secolo deci-
moterxo, non già nel decimosesto. 11 suo sistema è eminentemente gerai>
chioo, sta in opposizione diretta col sistema del Protestantismo, nonostante
lo zelo oon coi biasima gli abusi de* suoi tempi , massimamente gli abusi
della Corte di Roma. ,
MiCBBLAMQBLo DI VoLTBHRA, trombetta del comune dì Pisa nel 1488,
in quel curiooo catalogo dei libri da lui letti , che il Bandini ha stampato
nel Catal. LaurenM. f Suppl. m, 238, pone Dante AldigfUeri fra i libri
dall' anima da leggere di quaresima. E nelle costituzioni deirAccademia
senese dei Rozzi era stabilito che in quaresima si avesse a legger Dante :
vedi Fabiani, Mem. sull'Accad. di Siena nella Nttova Raccolta del Callo-
gerà^ ni, 89. — D'Akcona, / Precursori di Dante, 112.
rolKlea di Dante (p. 47). — D' Ancona prof. Alessan-
dro, Il concetto della unità politica nei poeti italiani^ Discorso.
Pisa, Nistrì, 1876. — Il vecchio concetto medioevale del Papa
e dell'Imperatore ò dall' Alighieri professato non solo, ma per-
fezionato e compiuto colla pratica applicazione .ai casi della
penisola. Dante eguaglia le due prime autorità del mondo, e
le paragona a due soli, autorità eh' ei volea assolutamente se-
parate, indipendenti e concordi. Ed ei vinceva i suoi avversari
nella bontà del metodo almeno, ad una mistica argomentazione
sostituendo una prova di natura storica. Tutto ciò, dice il
D' Ancona, se si mutino i termini e in luogo di Cesare e Pietro
dicasi autorità laica e sacerdotale, Stato e Chiesa, sembrerebbe
pensato e scritto pui* oggi, dappoiché Dante professa quella
medesima dottrina della distinzione fra i due poteri, che anche
gli statisti moderni van propugnando, ma eh' è più facile ad
esprimere, che a definirne i precisi confini. Do v' egli ritorna
uomo dei suoi tempi, è quando «immedesima quasi fra loro i
concetti di Roma,. d'Italia e d'Impero — — L'unità d'Italia
era per Dante nell' unità dell' Impero restaurato : unità di giu-
risdizione suprema, più che materiale e di unico Stato. Se tal
concetto poteva mai avverarsi, e avvallandosi giovare all' Italia,
segue egh, non cercheremo; ben diremo come Dante ebbe a
credere un momento che dall'altezza della filosofica dispuCa-
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860 SCJPPUEMBNTO
zione potesse esser recato in atto, quando Anigo di Lussera-
burgo scese giù dalle Alpi ... Se fiXTvì mai Cesare germanico
che avesse alto e generoso concetto dell'autorità impmaie,
certo ei fu Arrigo ; e se F Italia poteva sperar salate da uco
straniero, certo non da altri poterà attenderla che dal monarca
idoleggiato.
Flloaofla (p. 48). — Zancbi Qiubrppb, Doitrifte di Dante
Alighieri sul libero arbitrio delfuomo e kt predestinazione
divina (segnatamente sulla dottrina e sul vero senso delle prime
terzine del e. iv del Paradiso: Intra duo cibi). Alcune Armonie
deir ordine naturale coli* ordine sovrannaturale. Verona, Zanchi,
1863, p. 182-192.
Sciense flalelie e matematielie ( p. 59 ). — DfXJ^
Valle Giovanni, Nuove Ilhistraziom sulla Divina Commedia
divise in ire parti, ad uso delle scuole. Faenza, Novelli, 1877.
Era già consegnato al tipografo V ultimo foglio di stampa,
quando mi giunse il desideratissimo volumetto dell'egregio e
dotto mio amico, prof. Della Valle. Ei soprattutto prende ad
osarne que* pass! del poema , i quali hanno o possono avere
stretta relazione colle scienze esatte di cui appunto sì giova
per illustrarli. E non solo tratta di quelli, dove può stabilire
con certezza le sue note, ma anche di qu^li altri, dove se
non può con certezza, spera di stabiKrle con grande probabi-
lità. Del rimanente, ei divide queste sue Nuove Itiusiranoni In
tre parti. Nella prima ragiona di tre Riscontri che trova fra
Dante e il Petrarca relativamente a certi punti della Divina
Commedia e del Canzoniere, dove gli pare che i due poeti sono
concordi e dove noi sono. Perchè, ei dice, dove son concordi,
ciò aggiunge lume e foi*za a quello chMo dico: dove poi non
sono concordi, convien vedere, da quale principio essi mossero,
per venire a quanto essi affermano, e in cui differiscono Tuno
dair altro. — Nella seconda parte esamina e confuta varie
nuove interpretazioni di varii Comentatorì moderni, di cui taluni
ancora vivono. — Racchiude la terza la Hsolunone di alquanti
problemi importanti, che il poeta propone da risolvere a* suoi
lettori, ai quali nessun intei^prete non pensò mai, o di cui non
fece né andie una parola, ma che dagF interpreti merìta^'ano
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ALLA BIBUOORAFIA DANTESCA. 861
<U venire proposti e risoluti. — Nelle varie appexulici illustra
varii altri passi del Poema, i quali o non furono dichiarati, o
a parer suo noi furono abbastanza, onde formarsene un'idea
chiara. — Quantunque io non abbia percorso che di volo le
Illustrazioni del Della Valle, esse mi parvero si concludenti, e
presero si mia fede, che certo,- Maestro mio, dissUo, unquanco
j^on vicP io chiaro si, com* io cUscemo, Là dove mio ingegno
parea manco.
Riprendo la penna grandemente addolorato. Il povero amico
xdìo si pose giù il 12 Aprile: le affettuose parole d'indicizzo,
vergate dal letto con mal ferma mano portano la data del 14:
alle 5 ore del mattino del 16 egli non era più. — - Fra pochi
veri Dantisti (non parlo de* numerosi scribaccfaiatori su Dante)
terrà sempre un posto conspicuo. Se non altro mi conforta
alquanto il pensiero ohe potò veder compiuta la stampa del-
r ultimo suo lavoro, ohe forse affrettò pei ripetuti ed amorosi
miei incitamenti.
Frobleail Importaatl ehe Daate propose al eao
l.ettore e riaolaalone deupli etcMl. — I. In qual modo il
poeta potea dalla sfera stellata vedere i sette pianeti e la Terra.
— II. In qual modo potea giudicare deUa loro gi*andezza. —
Osservazione sopra una parte di questo Problema. — III. Se
un emisfero d^la Terra, dove il Sole è nato da un' ora o an-
che da un*ora e mezzo possa apparire tutto bianco o illumi-
nato, o sok) una parte (Par. i, 44-45). — IV. Perchè Dante
nella sua salita al Cielo finge di passare da una sfera alFaltra
in un istante indivisibile di tempo? — Perchè nelle sue salite
volle moversi col moto delle sfere celesti? — Nuote Illustra"
zioni, p. 86-101.
Dblla Yallb Giovanni, Illustrazione dei versi 97-105 del
o. II del Paradiso ; Tre specchi prenderai, — Questi versi fu-
rono interpretati fin dal 1865 dal chiar. profl Mosso tti {Man,
Dani, w, 136), ma secondo il Della Valle non con bastante
chiarezza pei lettori. Ond*egli ne parla in una nota a p. 120,
che divide in due teoremi, uno di Ottica propriamente detta, e
r altro di Fisica, nella notizia dei quali consiste la più ordi-
nata intelUgeiiza di questi versi. — Teorema I. Le superficie
dei corpi appaiono alT occhio di iaU grandezze, che sono nella
ragione inversa del quadrato delle distanze. — Teorema II.
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862 StTPPLRMBNTO
— Le superficie piane egualmente himinose o iUuminate, te-
dute da qualsxì)ogUa distansa, che sia fuori dette ordùutrie^
appariscono egualmente chiare o splendenti.
Sall*C|ioca della Tlalone • Itinerario della Btviaa
Commedia (p. 66). — Della. Valli Giotìlnni, Dei giamo in
cui Dante mette il plenilunio pasqwUe del 1300; e di queUo,
nel quale pone il principio del suo viaggio, — Premesse al-
cune parole snl modo col quale al tempo di Dante si stabilÌTa
il giorno di Pasqua, il plenilunio, attesa la r^^ d^ ctdo
Metonico seguita dalla Chiesa e da Dante, cadde nel di 7 (se-
condo la legge astronomica, avvenne il 4 Aprile), e per conse-
g^ente al principio della notte del di 6 intraprese il suo Tiaggio
per lo regno de* morti.
Se Dante ablria messo la sua Visione nei Maggio
1300. — Se Dante abbia posto la sua Visione o il suo Viaggio
neWanno 1300 o nel 1301. — Nuove Illustrazioni, p. 41-57.
— Combatte gli argomenti del Lebmzzi che vorrebbe a-venuta
la Visione ai primi di Maggio del 1301; e ritiene inoppBgna-
bili quelli che la fissano nel 1300, anziché nel 1301. — Rigfoardo
poi, al vero tempo dal poeta impiegato nel viaggio dei tre re-
gni^ ci mostra che in quello dell' Inferno vi consumò un giorno
intero; 3 giorni e nove ore in quello del Purgatorio; 92 ore
e mezzo nel Paradiso fino al primo mobile, in tatto 5 giorni
7 ore e mezzo. — Nel passaggio dair Inferno al Pui^torìo vi
spese 21 ore e 10; dal Purgatorio al Paradiso 19 <m« in drca;
in tutto 40 ore, talchò aggiunto questo tempo ai 5 giorni, 7
ore Y2 sì ^A 1^ somma di 6 giorni 23 i/g ore (p. 146).
CosbIsIobI Polliplotte (p. 72). — Se Dante sapesse di
greco, V. Comparbttc Dombnico , Il Virgilio nel Medio Evo, l
260; Giuliani Giamb., Il Convito, 223; Sckuck, Dante *s ìAm^
sicher Studien, Lipsia, 1865, p. 2724ÌS\,
llaate e le Belle Arti (p.78). — > Da alcuni documenti pub-
blicati da A. Bertoiotti nel suo scritto su Geandomknìoo Anoblim,
pittore perugino, e suoi scolari (Perugia, BaoBoempsgiiI e C.
1876), rilevo che F Angelini avea fìitto un ritratto di Dani» (1591)
e che gli fu rubato da un Orlando Landi suo procttratore.
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ALLA. BIBU0GB4FJA DANTESCA. 863
Boba Fbancbsgo, Dante Alighieri^ Medaglione in marmo,
con r effigie in rilievo. Oli fan corteo Tiziano, Palladio, Canova,
Rossini, scolpiti aopra altrettanti medaglioni, e rappresentano
il c<mvegno delibarti soi*elle. /
Troubbtti Ottone, Beatrice^ buato. — Pazzi E., La Ra-
chele che soavemente medita il pensiero dantesco. — Pazzi
Knr., La Lia che canta e raccoglie fiori.
Santarelli, Dante inciso in gemma, — Neir ultime volontà
di VtUorio Alfieri esposte e raccomandate alla contessa di Al-
bany, si legge: Air ab. Tommaso Calttso il mio anello del
JDantCy in mio nome, e per mia memoria, — Ci spiace dover
fare una congettura, scrìve il prof. Teza, ed è che la volontà
deir Alfieri che lasciava questo prezioso ricordo al diletto suo
amico Abate di Caluso, non sia stato adempiuto, poiché questo
si trova nel Museo Fabre in Monpellieri. Vita, Giornali e Let-
tere di Vittorio Alfieri, Firenze, Le Mounier, 1861, p. 474.
$t«dl storici sai tempi di Dante (p. 111). — Fumi
L., Trattato fra il comune jii Firenze e il co, Aldobrandini
per il porto di Talamone. Archivio Stor. ital. 1876, v. xxiii.
Labruzzi di Nexima Francesco, Di una falsa opinione di
Carlo Troya, Estratto dal Oiomale il Buonarroti, Serie ii, v. xi,
Febbraro 1876.
Il Troya, avversissimo ai popoli germanici stabilitisi in terra
latina, sentenzia assoluto che la voce latino presso V Alighieri
« significa gli uomini della penìsola non usciti dal sangue lon-
gobardo ma si dal romano, e terra latina vuol dire una terra
suddita dell'impero romano che non fu mai conquistata dai
longobardi. E il sig. Labruzzi di Nexima gli si oppone vaio*
resamente, e prova ad evidenza che per Dante latino non suona
altro che italico, e che nel giudizio del Poeta V elemento latino
e quello barbarico s'erano già afiratellati, già confusi, già
scambievolmente fecondati, e già n*era uscita bella di promet-
tente giovinezza e già capace di splendide prove la novella
gente italiana.
Stadi svilii IM%lBMi OoiBHiedla (p. 117). ^ Obntile
L., Il realismo delta Divina Commedia, I nuovi Gagliardi,
a. I, Febbraro, Marzo, Fase. U2, 1877. — GnoU Domenico,
y Google
864 8UPPLBIIBMT0
La Rima e la poesia italiana. -^ Demi» e Petrarca, — F^tvro i
latine usate da Dante nella Rima, Nuova Aotdogìa, Decem-
bre 1876, p. 711-726. — Gravisi Fcdbbioo, Dei Cerchi infer-
nali di Dante, Studio filolofico e critico sulla graduazione òe,
peccali e delle peoe, cioè nella corrispondenxa di queste a quelli
neir Inferno Dantesco. Napob*, Fibreno, 1876, di pag. 142. V
Nuova Antologia^ Marzo 1877, voi. iv, p. 695. — Teipbpi AIons.
Luigi, Direttore del Papato, Dante. Nel voi. de* suoi acrìtt:
Roma, 1876. — Poaocoo Uoo Gksaks, Lezione su Dante^ dett:
nel R. Liceo Annibal Caro di Fermo il di 8 Dee. 1876. — k-
troduzione — Condizioni dell* epoca dantesca ^ Daate poeu
lirico religioso e civile — La Commedia ò un monumento sto^
rico, dottrinale artistico <— Bisogna studiarla in so e in reU-
zione ali* epoca (dantesca) — Un desiderio.
Ferrerò Pio e Giovaochino Db Agostini, Sulle nuornssirn-
interpretasioni e iUustrazioni del P. Giowinni Pomta tntontc
alla Divina Commedia di Dante Alighieri (Articoli inseriti iin
Messaggiero, n. 44). Torino, Fontana, 1844, op. di p. 18.
Ricordo questo librìccino solo per una nota del P. Gìov. òri
Agostini che vi trovai a pag. 16, che riguarda un nostro emi-
nente ed integerrimo uomo di stato, cui tanto debbe ritalii.
ed insieme letterato, matematico, naturalista insigne, il cornei.
Quintino Sella, attuale Preside dei Lincei. — e Io rìcorden>
sempre con piacere, così il De Agostini, che nel 1840, troTan-
domi allora maestro di rettorica in Biella, un giovinetto a 14
anni (Quintino Sella) mi recitava in iscuola a memoria eoa
indicibile precisione da 40 e più canti della Divina Commedia,
e li interpretava in modo che era una meravi^ia a udirlo. —
Questo giovane studia <Mra in Torino le matematiche con molto
successo, ed io ne fo questa menzione perch*egli vegga quaotr.
memona ed affetto gli consacri tuttora il suo maestro di qq
giorno. »
PiPEB Carix) Qugliblmo Ferdinando (n. n Stralsunda, 1811)
— Nel I voi. della sua Mitologia deWarte cristiana (p. 244 e
seg. ) , parla dell* uso della rappresentazione mii(dogksa nella
Divina Commedia (v.^p. 141).
Ottingen Co. M., Dante Alighieri poèt itaUen du premier
ordre. Nella sua BibUographie biographique stampata dal-
TEngelmann a Lipsia. Lavoruzzo di poca importanza.
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ALLA BraLlOCOUVlA DANTESCA. 865
Frenzbl Carlo Guglielmo Teodoro, Dante Alighieri, —
'^elle Unterhaltungen am haeuslichen Herd (Ricreazioni dome-
stiche) dirette dal Gutzkow, 1865, n. 51-52.
Tolgo dal pr9f. Scartasadm i seguenti giudizi che su la Divina Goni-
nedia portarono tre illustri alemanni, il Goethe, lo Schlegel e Io Schlosser.
— In una lettera del Maggio del 1787, scriveva il Goethe: A me V Inferno
ni sembra orribilissimo, il Purgatorio ambiguo ed il Paradiso noioso. Ma
lel 1801 rettificava cosi il suo giudiào. Egli è un genio straordinario; la
Divina Commedia degna dell* ammirazione universale. E parlando partico-
larmente deir episodio di Ugolino cosi si esprìme : Quelle poche tersine
vanno annoverate fra le cose più sublimi che l'arte poetica abbia mai
prodotto. In un' altra occasione ei chiama Dante « uno spirito sublime, un
genio eminente, un degno cittadino. » — Lo Schlegel nella Storia della
letteratura antica e moderna, chiama Dante < il santo fondatore e padre
della poesia moderna » che congiunse la poesia alla religione ed < abbracciò
con mano forte in un immenso poema la sua nazione ed il suo secolo, la
Chiesa e l'Impero, la Scienza e la Rivelazione, la Natura ed il regno di
Dio. » — E nei suoi JDiaìoghi sulla poesia lo Schlegel celebra Dante come
r unico poeta cristiano che « in circostanze, poche dallo quali erano favore*
voli, moltissime all'incontro indicibilmente difficoltose, tutto solo con la gi-
gantesca sua forza inventò e diede forma ad una specie di mitologia quale
era possibile nel secol suo. > Altrove egli dice che < il poema profetico di
Dante è 1* unico sistema di poesia trascendentale. > — E lo Schlosser: < Chi,
come Dante, accanto a cui T autore osa appena nominarsi, sopportò il peso
e r arsura del giorno né potè saziare la sete sua interna negli studi eruditi
della filosofia, sia nella teologia, né dall'altro canto si sente disposto a
prendere sopra di sé il giogo della cieca credenza che si vorrebbe di nuovo
imporre per forza alla umanità — un tale uomo cercherà conforto nello opere
di Dante. . . . L' autore continuò a credere in un duplice mondo, un mondo
esterno ed un mondo interno. Dante gli sembrò ognora grande appunto in
ciò ch'egli mira alle due vite interna ed esterna. Egli è dall'un canto pratico,
storico e crìtico; dall'altro canto tutto assorto in un ideale di sapienza,
amore, grazia e verità divina ed umana. Ciò rende possibile le diverse
interpretazioni del suo poenui, avendo egli trattato delle scienze le più «va-
riate^ della storia dei suoi tempi e della sua propria. Ogni sistematico può
conseguentemente adattare Dante con facilità al suo sistema, come Sha-
kespeare e la Bibbia. E veramente noi troviamo che già i suoi contempo-
ranei incominciarono a interpretarlo ognuno a loro modo. » Sono queste,
per quanto io mi sappia , le ultime parole che lo Schlosser lasciò scritte
sul suo poeta prediletto.
Imitatori del IMviiio Poema (p. 181). — À pag. 176
abbiamo ricordato la leggenda le Beoot Pelegri, popolarissima
nei monti della Catalogna, e in una nota a p. 182, abbiamo
fatto cenno d' un* operetta venuta alle mani dell' egregio nostro
amico dott. Gaetano Vidal, prof. delF Università di Barcellona,
yGoogìe
866 SUFPUDIBNTO
col titolo Via^e al Infem por Pere Porter^ die crede iiiedì&
tuttavia. Ei vi trova specchiate molte imitazioiii della Dhizs:
Commedia , si riguardo alla forma che al concetto , e mo^ |
ingegno neir autore. E siccome ei si mostrò sempre meco d" nm '
bontà unica più che rara, fece i prieghi miei esser conienti^ ed
io son lieto di pubblicarne il primo un largo accenno, pro^
sandomi pur riconoscente per la versione air antico mìo collega
e buon amico, l'ab. prof. Trivellini, Prefetto della nostra )ii-
blioteca, già conosciuto per molti eleganti saggi di verdose
che ci diede dell* insigne poeta spagnuolo Ant. Tmebla.
LIBRE DKL ROHIATOB DEL VKNTURÒ3 PBLEGRÌ.
' ARGOMENTO,
Fermato di raggiungere la gloria del paradiso, imprende il Pdlegni»
an viaggio per a Roma a gnadagnare U Giubileo e a ciò solo infanto ia-
piega camminando i giorni aeuza riposare |hù clie le notti ne^lì alhergLì.
che incontra per via, giangendo all' estremo di smenticarn di porgere l.
corpo r indispensabile sostentamento. In tale stato viene assalito nei pévB:
di Pavia da violenta e sformata procella , e temendo di non restersi vii-
lima, e scorgendo la sua cosdenta carica del paso di tanti e tanto enonc'
peccati, fuorviato e veggendosi addentrato in un folto pineto
«E Tant* alto e fosco che del mirare
Restò sbigottito. >
diresse una fervld a invocazione ali* Avvocata sfia la SS. Vergine, affinchè
non Io abbandonasse in emergenza tanto terribile.
Calmato alquanto V animo suo giunge a conciliare il sonno ; tranquil>
lasi la bufera e cominciava già a rinascergli in cuore la fiducia, quando ia
sulla mesKanotte ode da un lato i prolungati abbaiamenti di un cane, ai
quali succedono ivi a poco tristissimi, e laceranti gemiti. Raccomandasi di
bel nuovo a tutti i Santi, e alla Madre de' peccatori, a che non lo al^n-
donino neli' angustiosa sua situazione , e , sentendosi nuove forze, rìscdve
d* avviarsi verso il sito, donde s' udiano i lamenti ognora più intensi.
Scongiura la voce a manifestargli chi sia, e che cosa si voglia , — e
la voce lo assicura, manifestandogli di non temere, esser dessa on* anims
in pena, che soffire nel Purgatorio l'orribile. tormento di vedersi legata a
un tornio , al rotar del quale ora tra fiamme , ora tra cumuli di gelata
grandine, qui ne sbranan le carni ritorti chiodi nascosi in un mare di pece,
là ne la martirizzano fiamme di puzzolente liquefatto lolfo , e da attimo
passa per luoghi pieni di succidame e d* immondeiae : di ciò tutto ne la
consola la speranza di conseguire un di la gloria celeste. La colpa » se-
condo egli stesso palesa , è d' essere erede di chi si fece poderoso per la
usura, e d* esser morto senza restituire i beni ereditati, giusta le prescri-
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ALLA BTBU06RAFIA DANTESCA. 867
ioni del confessore. Aggiunge, troyarsi suo padre ali* inferno, dove sarebbe
!g-U stosso senta il soccorso della Vergine , e supplica il pellegrino ad
pplicargli i perdoni, eh' ei guadagni nel Giubileo, e al trovarsi in paradiso
pregherà incessantemente per lui. Ciò gli concede il pellegrino, a cui mo-
;trnsi profondamente grato colui, che patisce nei Purgatorio, e alla domanda
'«lati va a* latrati del cane , che durante la conversazione non erano mai
:essati , manifestagli , essere lanciati dal padre suo , che patisce nel-
' Inferno.
Appiccasi poscia tra il Pellegrino e l'anima in pena un dialogo vera-
cemente teologi co-catechetico, in cui si chiarisce, quali peccati sono i più
arrendi , che V nomo possa cfMtnmettere ; quali le azioni più accettevoli a
Dio ; come si separi V anima dal corpo nell' alto di morire ; e per soddi-
sfare a quest'ultima domanda gli narra gli orribili dolori morali e fisici
i?he patì in quegl' istanti supremi, in cui tutto lasciava, gli agi della vita,
un'amata sposa, cominciando la narrazione con questo verso
«E Non v' ha nel mondo pena maggiore >
che riduce alla memoria il Nesstm maggior dolore , ecc. . . . Continuando
il suo racconto , riferisce , che d' improvviso ferinne gli occhi un' abba-
gliante luce , in mezzo alla quale distinse V Etemo attorniato da risplen-
dente corteggio. Dinanzi al solenne di Lui tribunale si vedo il processo
delle sue colpe, avendo per accusatore il demonio, e per difensore l'Angelo
Custode. Quegli in un allegato , che riunisce tutte le formolo giuridiche
dell* epoca, espone il capitolo di colpe, che per identico procedimento stu-
diasi r Angelo di distruggere , adducendo ragioni morali e teologiche di
gran momento, che danno luogo a una calda discussione tra 1* uno e Tal-
tre relativamente alle condizioni, che accompagnar debbono la confessione
ad ottenere i suoi effetti. Udite le ragioni d' ambe le parti esposte, e quando
il Giudice Supremo si dispone a proferire la sentenza, comparisce
« Quella eh* ò la fulgida stella
Senza peccato >
la quale intercede in fìivore del peccatore , che di Lei era gran divoto ;
aderisce alla supplica della Vergine, ne lo invia al Purgatorio, dond'esce;
in quanto il Pellegrino, compiuto il suo viaggio, gli applica le Indulgenze
del Giubileo , e termina 1* opera col pregare Iddio e la Vergine a conce-
derci la pratica delle cristiano virtù in questa vita , e la gloria eterna
neU* altra.
GIUDIZIO CRITICO.
È una dell' opere più compiute nel suo genere : la lingua elegante
quanto semplice , la fluida sua versificazione , il brio del dialogo , la pro-
prietà nelle descrizioni, 1* argomento svolto maestrevolmente, tutta infiuisce
neir animo del lettore a che , dato di piglio al libro , non lo lasci sAiggir
della mano. A dò probabilmente si doro , che di quante opere esistono
nella poesia popolare Catalana, sia questa la più conosciuta , e che siasi
stampata più volte. Fuvvi tempo in che la si leggeva nelle scuole come
testo per la classe più avanzata e di qui la flrase proverbiale, che ancora
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868
■QHitte In Catelogaa, ad Mprimer», ok» una penona ha Mutarti gxaail
trav««li, m'ha fai pamd 'l Peiegri {m" Im latto paaaare U PellegriM^
Ultimamente lo ha dato in luce il diligente bildiofilo D. Marinno Jk^m^
nel ano canaoniere, col titolo oeguente: « Libre del romiatye dei Venntm |
Petegri, ables CobUt ób ia morty eoe.
Relació y memoria y espantós viatge que feu Pere Porltr
pajés, naturai de la Vtia de la Tarderà, t?escomptat df
Bas y Bisbat de Girotta als 23 d'Affasi de i608.
ARQOMBirro.
Un povero contadino di Tordera vede ataggiti gindióalmentB i boi
suoi, che dati aTova a ipoteca in forca di certo debito ^ canoeQato. Pi«>
testa dell* atto , manifestando di aTere redenta V obbligasiane ; ma acfis
impossibilità di produrre l'autentica ricevuta (1* scrittura di rice^nta), à
conferma V esecasione , sospendendone nullameno gli effetti in grana £
sicura malleveria, P mediante giuramento, eoi quale si obbliga di aod£*
sfSuns il debito , cbf ingiustamente da lui ai reclama , a patto , die gK si
oonceda il tempo indispensabile p«r andarsene a Maasanet, dorè potr* lì-
scuotere alcuni crediti. Concessagli la licenza dal Tribunale , ai pone ia
cammino, e in esso si aooompsgna con un aitante giovane, che, iafonuala
da Porter della diresione (del suo viaggio), 'gii offre una delle cnvn&catare,
onde dispone, e che il contadino ricusa con beUe maniere. Vinto contai dai
prieghi del cavaliere, gli rende conto de' motivi, che V hanno costretta a
imprendere il viaggio, il perchè , sentendo alquanto sollevato il cuore dal
peso che V opprimeva , e accettando finalmente le di lai offerte , riaolvesa
di montar la giovane cavalcatura , che il donzello per ripetute fiate , gti
aveva esibito. D* improvviao vedesi rapito a veloce carriera, e traversando
valli e monti, laghi e mari penetra in fine in una profonda mvema, aDa
estremità della quaìe ferisce V occhio suo un* estesa pianura di fuoco, dov<»
patiscono terribili tormenti i peccatori e i delinquenti. Ivi scorge il gastipo
inflitto a varie persone, che conobbe in vita, ed ivi si abbatte finalmente
nel Notaio, nella cui autorità erasi rogata la teriUura di jMjai#»lo, eoa
ohe estinguevasi il delnto, cagione delle sue angustio e de* suoi trmvagri,
e di bocca dello stesso acquista le notizie relative al sito , dov* esista il
protocollo , in cui qnell* atto ai trova disteso. -> Continua a percomxe i
luoghi deir inferno, che non ha visitati ancora, e finalmente acoc^rrai li-
bero dagli orrori di easo^ mercè l' intervensione di un gentil giovane,
vestito da pellegrino , il quale oflregli il bordone , perchè ad esso appog-
giandosi possa più agevolmente tenergli dietro. Dopo brevi istanti sparisce
la sua guida, vede a aè dinanzi un paese, che immagina esser diverso da
quelli della sua provincia ; con grande sorpresa e dispiacere viene a chia-
rirsi essere Murviedro : quivi lo assale una tarribiln malattia, che lo pro-
stra per moUl giorni nel letto del dolore, finché riavutosi da essa imprende il
ritorno al suo paese, giungendovi il di 1 del Novembre. Nel seguente, in coi
celebra la Chiesa la Conunétnorasion* de* Defunti si trasferiaeea Boatalricb,
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ALLA BIBUOQSAFIA DANTESCA. 869
iove stato ani Notaio 1* aatoro del tao danno, a presenlandom nella cava*,
eh* eaao aiutava vivendo, nella q[uale dimoravano ancora la di lui mogUe,
ì i fiorii) pone in pratica le istruzioni da esso avute, non curando le beffe,
:;he di lui facevansi quelli, che veggendolo in tale stato , pigliavanlo per
pazzo , — ritrova il documento con grande sorpresa e meravigfìa degli
istanti ; chiede testimonianza formale per neutralizzare gli effetti della
esecuzione, e porgendo grane al Signore pe' benefizi , che gì' impartiva ,
termina raccomandando a' presenti la rettitudine, ed il buon procedere in
tutte le azioni della vita.
GIUDIZIO CRITICO.
L41 detta opericciuola dovuta alla penna di persona non affatto indotta,
rivela da un canto un certo istinto poetico, e racchiude alcune remini-
i^cenze, che non vacillo in chiamarle dantesche. Colui che in vita prevaricò,
presentasi all' inferno col processo che gli cuoce eternamente la mano : il
dedito a* piaceri sensuali giace fra due donne in un Ietto di fuoco : un
Rvvocato azzeccagarbugli sta seduto sur un seggiolone d' acute spine e
infocate, e soffrir deve gli scherni de' demoni, che de' suoi clienti pigliava :
-^ un padre e un figlio posti in un tormento, come i tubi (o vaselli) in
una noria (atromento a ruota per attinger acqua , che attorno attorno ha
le* boccaletti a quest' uso ) , si vituperano terribilmente ogni volta che si
veggono V uno dinanzi all' altro , come accade a' prodighi , e agli avari
aeil* inferno di Dante, ecc. ecc. Il linguaggio, senza mancare di sublimità,
b semplice, quale si avviene a tal classe di laggends, destinata special-
inenta al popolo. Non sappiamo dire per altro se 1* autore siasi proposto
i* indirizzare un' omelia a* suoi simili, atfinchè si dilunghino dalla via dal
male , o se con tal mezzo abbia mirato di pigliarsi vendetta di qualche
torto, collo scrivere una specie d* infamante libello contro determinate per-
sone, che di a conoscere 00* loro nomi e cognomi. Costituisce un tratto
poetico di grand* effetto il collocare lo sdoglimento nel giorno 2 di No>
rembre^ in cui la Chiesa celebra la ComtnemoraxioiM de' Defunti.
NOTIZIA BIBLIOGRAFICA.
Ignoro sa siasi mai impressa detta scnttnra ; ma puc^ affermare, che
ottenne grandissima popolaritA , perché in capo di oltre a due secoli e
inexzOf senz' alcuno sforzo sono giunte a mio mani tre copie della stessa ,
provenienti tutte da differenti paesi e provincie, — e alcuna trovata in
case feudali, 0 borgate di certissimo circondario. V* ha di più ancora : nel
volgare linguoggio dicesi in Catalogna Las caideras de Pera Boterò —
riferendosi ali* inferno. — Cotesto Pera Boterò sarebbe forse corruzione dei
fere Porter ì Fra poco penso di darlo in luce nella Revista Catalana
« L.a Renaiscenza. >
no%^ettl Inspirati dalla Hitriiia Commedia (p. 182).
— Bartoli Filelleno (prof. Bartolommbo Ferreri, doti, in
Belle Lettere), La Commedia umana, poema Dantesco. E in
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870 SUPPLBMBNTO
corso di stampa, Oenora, tip. degli ArtìgiaiiaUL II prot Ferrari
ha cominciato a leggere questo suo poema, con plauso, all'U»-
Tersità di Torino. È diyiso in tre Cantiche, nelle quali prende
a svolgere.
Cantica I. Cantica II. Cantica HL
L'Olimpo moderno II naovo Mondo La città d^ aeUe collL
Lo scopo
n vero colle arti beQe
Il mezzo
La storta col racconto verìdico
n fine
n bene col dUetto lecito e onesta
Sita estensione
Suo intendimento
L'evo moderno
L'evo medio
Coir istruzione della menta
L'evo antico
e coli' educazione del cuore.
Senso religioso
Senso morale Senso polìtico
La Sinagoga
La scienza La nazionalità
La Chiesa cristiana
La coscienza La fraternità
La Chiesa cattolica
La moda L' nguagiianxs.
Allegoria e fUmbeli della Divisa Caimedlm (p.
185 e 529). — Ronzi prop. Akoklo, ìhuma espasùùme deiU
Divina Commedia, Saggi. — Teoria psicologica. — Dante e ìa
Selva. — Virgilio. — Beatrice. — . H Veltro. — La Città ddenie
e Caronte. Venezia, Tip. della Soc. di M. S. fra Comp. Tip.,
1877.
Il Big. Ronzi ci dice, che le sue opinioni o ipotesi son
fratto di Innghi studi e meditazioni, opinioni che per avrentura
potran parer ardite o retrograde ali* ignoranza o ali* oi^poglio.
Ma pur troppo, son io pure della schiera deUe crealore scioc-
che cui molta ignorafìza offende. E si lessi e rilessi i soioì
Saggi nella speranza che il suo parlar discendesse in ver lo
segno del mio intelletto. Ma T ingegno dorme: e la sua parola
tanto sovra mìa veduta vola, che più la perdo, quanto più
m* aiuto.
Beatrice (p. 206). — Ds Guidobaldi D(»ìemco, La Bea-
trice di Dante è la Rivelazione ovvero la Teoìogiaì £stcatto
dalla Rivista religiosa la Scienza e la Fede, a. xxxvi, serie iv,
voi. IV, 1876, Napoli, Tip. Manfredi.
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ALLk BIBLIOQRAFU. DANTESCA. 871
« B«atrìoe ha fìitto penetrar Dante per via delle teologiche
ottrìne neir Inferno, ove soffri Beatrice laedar le sue vesUge,
Illa oondosselo nel Purgatorio, per vedere quanta purezza
.eceasaria sia ad entrare nel celeste regno. Solo la sua guida
u capace di fargli penetrare gli arcani della piii alta sapienza
eologica, insegnandogli i dommi più ardui di Dio, del mondo
dell^uomo in rapporto alla natura del sommo Vero, alla
reasùone e alla redenzione pel Verbo. Il quale, ab etemo
Lmando le creature tutte con amore immenso, e tale che noi
romprenderlo non possiamo ; e che per riabilitar V uomo e per
adiarlo, abbassandosi senza nulla perdere dell* essere di Dio,
iberamente assunse V anima e il corpo umano con che venne
kd elevare tre nature, T angelica, Fumana, e la materiale, far
pendole partecipi della verità e della bontà infinita con dono
lingolarissimo di grazia sovrannaturale. Or, Dante che vedea
1 disviamento umano e T affogamento nella falsa filosofìa, im-
prende il suo divino Poema ordinato a collocare l'umanità e
r Italia massimamente entro que* veri dettati da sana ed assen-
aata filosofia armonicamente avvinta ad una teologia nudrita
dd alimentata dalla Fede, e dalla Rivelazione, sostenuta e depo-
sitata nel Magistero divino della Chiesa. Egli, il sommo Poeta
B gran Teologo del secol suo, facevasene espositore e difensore,
servendosi della simbolica figura di Beatrice. > V. Galanti^ La
Beatrice ò simbolo della Rivelazione, p. 206. — Il Galanti si
propone nella prossima sua lettera IX di rispondere al Guido»
baldi. Delle lettere del Galanti parlai*ono con molta lode il Pa-
pato di Roma, V Araldico di Pisa, e la Scienza e la Fede di Napoli.
I^ettorl dell» IHviaa Commedia (p. 247). — Il prof
Mario Bapisardi tenne parecchie conferenze air Ateneo Veneto.
Nelle due prime (26 e 31 Dee. 1876), disertò su Dante Giure-
consulto e C Italia de' suoi tempi. — 11 prof. Alberto Agresti
ne tenne pure all'Università di Napoli. Trattò deipn'mt anni
delT esilio di Dante, soggetto che svolse, secondo ne scrissero i
giornali, con originalità di concetto e con perizia non comune.
Cementi (p. 272). — La Divina Commedia di Dante Ali-
ghieri con note tratte dai migliori Commenti per cura di
Eugenio Camerini. Edizione stereotipa, quinta tiratura. Milano,
y Google
I
872
SoDZOgno» 1876. ^ Il Danto (edìs. ctel Sonzogno), ò tra tatti a
prodigio vero di rìodiezzft interiore, neil* esteriore povertà. Ma/- 4
tarani, -^ (V. Man, Dani, v, 272). Salomone (Rogenio) Bacq« |
in Ancona d' Isacco Camerini e di Fortunata Levi a* 13 Lngfr (
1811. Tullio Massaraoi dettò uno studio ìiteFes8aiitÌ8nmo e .
ricco d* affetto. •— Sul monolito, posto in sua memoria od
Campo santo di Milano, si legge la seg. iscriàoDe: Buf^k <
Catnerini — Segretario deit Accademia MUanese — 2X Saen::
e Lettere — Per varia erudizione -*• E efitigorio di ttUe ->
Critico in Italia non superato -~^ Da ia felice giovinezza — A '
la sconsolala canizie — Onestuomo '— Durò stcscamemie enkù
povertà ingratitudine — Mori a LXIII anni — R IdiMarr^
del 1875 — NepcH amici oonditadini — Auspice liaHa P. —
Michele Boninsegna ne &oe il ritratto: Tidea e il mod^
accuratissimo di tutto lo stele sono dell' archi totto Anguto
Colle, un'artista secondo il nostro cuore, dice il Maasarasi,
che pensa e senta ogni linea che segna.
Comeatl (p. 281 ). — Galanti can. Cabicnb, Altre Osstr-
vasùmi sul I Canto delP Inferno, Lettora vm. Ripatranaone .
laffei, 1876. — Da molti passi, segnatamento del Purgatorìo,
ci prova che il Sole, che mena dritto altrui per ogni calle è
simbolo della Grazia, e le addotte ragioni mi parviero strin-
genti. — Riguardo al passo ohe Danto si volse indietro a ri-
mirare e che non lasciò giammai persona riva ei ritiene che
sia il passo delC ingresso della selva, che reputa il medesimo
che il passo dell'uscita. Considerando qnéL passo, come pasvo
d'ingresso e non d'uscita, l'Alighieri lo dice: che non lasciò
giammai persona mea, perchò chi s' involge nelle vinose abi-
tudini, rappresentate dalla selva, ò morto alla grazia. — Ore
si consideri Virgilio come simbolo della ragione, egli era fioco
per lungo silenzio, percbò nei tempi barbari non si coltivarono
che da pochi le scienze, e la ragione si tacque e fa come
spenta. — Il Galanti ritiene la porta di S. Pietro per la porta
del Paradiso, e non come vorrebbono molti interpreti, e tra gli
altri il Bonassuti, per la porta del Purgatorio.
€3oaieBtl j^ivlall. (295) — iRFBaNO XI. 7. — Vidi una
scritta Che diceva: Anastasio papa guardo (p. 319). Vujri P.
y Google
ALLà BIBLIOGRAINa DANTESCA. 873
BoNAvfiMTimA, AgOBtltikDO scaIzo dì Mootalto ligure, Sopra papa
Atiastasio, Memoria letta in Roma air Accademia dei Quiriti,
il 20 Aprile 1859. Sopra il Rendiconto pubblicato dal P. Gio-
ì>antu Giordano { Oiorn. Are. , 1860 , Evin ) abbiam dato un
sunto a ^stg. 378 del ^. iv. Ora la Memoria venne pubblicata
in OnegUa, daUa Tipogr. Ghilim, 1875.
Xn. 4(M4 (p. 322). — Da tutte parti ratta valle feda, —
V. Della Valle G. Nuove Illustrazioni, 101-104. — Ho volato
dilungarmi alquanto, ei dice, ndla presente nota, non solo per
dichiarare un pò* meglio che non fanno i Comentatori questo
passo di Daikte^ ma anche per mostrare quanto addentro egli
vedesse ki questa materia, e in un certo modo precorresse
alle dottrine e acoperte de* moderni Geologi.
XVIII. 66. -— Sul significato della voce Conio (p. 336-340).
Gittdiiio delV Accademia della Crusca. — Nello stesso nostro
collegio vi fu chi prese a sostenei^e con opposti argomenti la
volgare interpretazione, mentre un altro Accademico ne coglieva
il destro per ricercare il piii probabile significato delle voci
Conio, Coniare e Coniatore presso gli antichi: e ambedue
stamparono i loro scritti eruditi. L'Accademia, sentite le parti,
deliberò, e la spiegasione data già dall' antica Crusca a Conio
in quel luogo della Divina Commedia confermò per la quinta
edizione del Vocabolario. Atti della Regia Accademia d^lla
Crusca, 1875-76, Firenze, Gellini, 1876, Rapporto dell'anno
a^ocad., 1875-76 del Segretario Cesare Guasti, p. 53-55.
XXVI. 124-134. — E, volta nostra pqppa nel mattino. . . .
Il Della Valle ci vuol provare come dalle parole di Ulisse non
s»ia chiaro abbastanza, nò si possa dedurre senza un qualche
esame che giunto all' Equatore terminasse ivi il suo viaggio ,
e facesse naufragio, come chiosò nelle sue note Geografiche
astronomiche. Ed ei non solo s' argomenta di confermare la
sua chiosa, ma assieme di ribattere V opinione dello Scartazzini
che vorrebbe. Ulisse si fosse avvicinato alia montagna del Pur-
gatorio, e per conseguenza naufragasse molto di là dall' Equa-
tore, da dove gli apparve quella montagna. Nuove Illustrai,
72-78.
Purgatorio II. 6. — Che le caggion di man quando so-
verchia, Parmi il senso sia molto piano e chiaro in sé stesso.
Il poeta dice, che le bilance cadono di mano alla Notte quando
55
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874 SUPPUMBdO
soverdiia; il che significa, ch'esaa lascia il aegao deUm LRira.
allorché si fa più lunga del giorno. Delia Valle,
IX. 1-9 (p. 389391). — Drua Valle GiorANin, DeU* Au-
rora Solare del a ix del Purgatorio , ossia la concubina di
Titone non ò V aurora della Luna ma del Sole. — Di un luogo
del Petrarca sul principio del cap. n del Trionfi) della Morte
relativo ali* Aurora del Sole o alTcunica di TiUme, e prima
di una delle ragioni dei difensori dell'Aurora Lunare dA e. a
del Purgatorio. Nuove lUuHrawmi, 20-28. — Nuovo argODEienta
col quale ai dichiara in un modo irrepugnabile, che 1* Aurora
descritta sul principio del e. ix del Purgatorio imuT è Y Aurora
della Luna. Id, 62-71. >— Nuovo argomento contro F Aurora
della Luna. Id,^ 111. — Sopra una nuora interpretaàoiie dà
primi versi del e. a del Purgatorio (del P. Antonellì, p. 390).
Id., p. 78.
XI. 108. — Al cerchio che pii( tardi in odo è torlo, — Il
poeta con questo verso vuole alludere alla processione dell'e-
quinozio, la quale scoperta già da Ipparoo fu da Tolomeo
computata im grado ogni 100 anni; A che il cielo stellato
compirebbe la sua rivoluzione da occidente in oriente in 36,000
anni. Questo moto però non è un moto reale, come lo sup-
ponea Tolomeo e Dante, ma apparente, e dipende dal moto dd
punto d'intersezione dell' eclittica e dell'equatore p^ verso
contrario. Questo punto ò quello , dove quando arriva il sole
col suo moto apparente, produce T eguaglianza del giorno alla
notte. Un tal moto però non è tanto, quanto lo fece Tolomeo,
ma secondo i moderni astronomi ò di un grado s(dtanto ogni
72 anni, si che le stelle del Zodiaco e tutte le altre stelle com-
pirebbero la loro rivoluzione nello spazio di 25,920 anni. Il
prof. Della Valle vi aggiunge a maggior dichiarazione, la vera
causa fisica di un tal fenomeno, che chiamasi prooessi(Mìe del-
l'equinozio, che non potea conoscersi prima che fosse scoperta
l'attrazione universale o la gravitazione, e la figura sferoidale
della Terra, le quali due cose abbisognavano, lanche potesse
aver luogo la suddetta processione. Della Valle, Nuove lUu^
strazioniy p. 1 12.
XVIII. 79^1. — E correa (la Luna) contra 7 del per quelle
strade.,, Y. Della Valle, Nuove JUustrationi, p. 110.
XVIII. 76. — La luna, quasi a messa notte tarda (p. 408).
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ALLA BIBLIOGRAFIA DANTESCA. 875
— Dico non essere probabile che mancasse più di mezz* ora ;
r avverbio quasi ha qui nna certa latitudine di tempo, ma
non credo che potesse oltrepassare una mezz' ora« Se la Luna
tardava piti di una mezz* ora a nascere avanti la mezza notte,
non parmi espressione esatta il dire, ch'era qtutsi la mezza
notte quando ifiisceva. Stabiliamo adunque che i due limiti, fra
i quali è ristretta T estensione del tempo di questo avverbio
sono le 11 1/2 e la mezza notte. Il Della Valle ci determina
appresso il tempo che trascorse dal principio del pleniluno sino
air ora accennata in questo luogo. Nuove Illustrazioni, 114.
XXV. f-3. — Ora era che 7 saUr non f>olea storpio. . . .
Quantunque da' versi del Poeta rimanga alquanto incerta la
ora precisa dopo il mezzodì che Dante vuole denotare, al prof.
Della Valle par molto probabile, che partendosi il Sole dal
meridiano, e lasciandolo al Toro, voglia significare lo spazio
di 7 o 8 gradi, di cui il Sole era allora lontano dal I grado
del Toro; con che si farebbe la mezza pomeridiana. Nuove
Illustrazioni^ 116.
XXV. 77-78. — Guarda il calor del Sol che si fa vino.
V. Della Vane, 118.
Paradiso X. 136-38. — Essa è la luce etema di Sigieri
(p. 445). — Un corrispondente dell' Accademia reale di Brusselle,
il sig. Kervyn de Lettenhow, ha indirizzato a quella classe di
letteratura (classe des Lettres — tornata del 7 febb. 1853),
alcune notìzie che compiono quelle date del Le Clero sopra
Sigieri. Il suo vero nome, egli dioe, era Siger de Galleghen, e
senza dubbio egli dev'esser nato nel villaggio di Galleghen,
posto ad una lega da Gourtray. Egli fu il nono decano del
capitolo di N. D. de Gourtray, fondato nel 1 199 da Balduino di
Costantinopoli e Maria di Champagne. Non si sa in qual anno
ottenesse tal dignità; ma ò certo che nel 1^8 aveva a suc-
cessore Gilles de Gand. Il sig. Kervyn de Lettnehow crede che
doveva essersi condotto a Parigi dopo il 1255. Anch' egli pensa
che gV invidiosi veri si riferissero alle sue lezioni sopra la
Politica d' Aristotele ed al suo principio del doversi preferir le
leggi alla incerta e corruttibile volontà dei rettori, tanto più,
egli dice, se si nota che il prìncipe allora regnante era Filippo
il Bello, che il primo usò negli atti la formula: par la pièni-
tiide de notre puissance rogale, formula svolta da suoi legisti
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876 SUPPLCBfBNTO
coti contro Bonifkcio Vm coma contro i csralierì àe\ Tempia . . .
Siger de Oalleghen, conchivde il citato erudito, associé à h
protestation de 1292, 8*ét«it de jèsans doute illustrò par ime
résistanoe ansBi eloquente qae cooragenee dans cea ooiirs de la
me de Fouarre, où plus d*un bonrgeoìs de la Cité pnt se
znéler à la fbnle dee étadiants poHr Y entendre. ^oai expliqne
les impressione que regni Y imagination ardente et forte da
poéte, et Ton comprend alséroent qne Dante ait entouré de
quelqnee rayona d*mie himière immortetle (luce etema) les
graves pensées (pensieri gravi) et lee vérìtéa hardies fmvidiosì
r>eri) de ce vieillard qui, en présence de Philppe-fe-Bel , des
Plassian et dea Nagaret, s'ottrìstait de snrrivre au siede de
Saint Louis et de Saint Thomas d* Aquin , a morire H parte
esser tardo. — Il vico degli Strami, o la rue de Feurre o du
Fouarre, raccoglieva le diverse scuole di filosofia aperte dalle
quattro nazioni delia Facoltà delle arti, e che si tenevano U
soltanto. . . . Quando i candidati alla licenza prestavano giura-
mento prima dell'esame, giuravano di non aver dato nulla al
cancelliere di Santa Genoveffa, nò al vice-cancelliere, né a
nessuno dei loro addetti, se non due soldi, una vòlta sola, per
Torba e la paglia. Eugenio Camerini^ Nuovi Profili letterari,
voi. IV, i Poligrafi, p. 222-229.
XI e XII. — Dbixa. Vallb Giovanni, Riscontri di due luo-
ghi ai Canti xi e xii, dove il Poeta introduce a parlare San
Tommaso e S, Bonaventura. V. Nuove Illustrazioni, p. 32.
Di altri due luoghi del Paradiso. C. xm, 127-128;
XXXII, 139-140; Id. p. 38.
XVI. 82-83. ~ E come il volger del del della Luna Copre
ed iscuopre i UH senza posa. — Sebbene il Poeta non abbia
detto se non quello cfae si legge ne* due- versi citati , tuttavia
disse abbastanza per conoscere, quanto il suo intelletto fosse
penetrante, e vedesse molto lontano nei &tti della natura. V.
Bella Valle, 125-127.
XXVI. 85-87. — Come la fronda che flette la dma. — II
Della Vaile da questi versi ci prova come Dante conosceva
Y elaterio dei corpi, o ciò, ch'ora generalmente dai fisici sì
chiama elasticità. V. p. 128.
XX VI. 115^117. — Non é suo molo per altro distinto, —
V. DeUa Valle, p. 130.
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ALLA BIBLIOORàFIA DANTESCA. 877
Venturini Dombnic». — li Venturini ci avea annunziato di
inaminente pubblicazione: Farinaia degli liberti e Sordello
Mantovano (Inf. x, Purg. vi). « Ragionamento, in cui si prova
quale atto deUa vita di Farinata e Sordello avesse Dant^ in
vista nel fare la prosopografia de* medesimi. — Quegli che
usurpa in terra il loco mio (Par. xxvn, 22), Ragionamenti due,
nel primo de' quali si dimostra essere erronea la comune in-
terpretaaione, data a questo verso, relativamente alla persona,
cui a* allude; e nel secondo si prova, a chi nel medesimo fac-
ciasi allusione. E si nell' uno, come nell* altro ogni affermazione
è sostenuta dall'istoria e dalle più esplicate dichiarazioni di
Dante. — Le Allegorie fondamentali della Divina Commedia, »
So che aveva pur pronto per le stampe un Catechismo Catto-
lico di Dante. Ignoro se nessuno dei detti Ragionamenti sia
stato pubblicato. — • Domenico Venturini nacque in Morlupo
(Diocesi di Nepi e Sutri) , il 15 Marzo 1808, mori a Roma il
28 Ottobre 1876. ^ V. Man, Dani, iv, 357; voi. v, 204, 270,
295, 300^ 306.
Tradat«orl« — Tradnzloal latiae (p. 473). — Dantis
Aligherii per J. Baptistam Matte Archipr. Castrimontis. Epo-
redise, ex Typographia Seminarii 1876. (V. p. 473).
Mi ò noto che il sig. Emilio Albani, prof, di Letter. greca
e latina nel R. Liceo Perticari di Sinigaglia, tradusse in esa-
metri latini r Inferno, e che prosegue alacremente la versione
dell'altre due cantiche.
Tradottorl portoghesi (p. 482). E mi è pur noto che
Francisco Ferreira Serra voltò in portoghese i primi sei canti
deir Inferno, che sono inediti tuttavia.
Traduttori polacehi. — À pag. 464 del voi. iv abbiamo
accennato che il poeta Adamo ìdichiewicz voltò nella lingua
della sua nazione l'episodio di Ugolino, ed a pag. 682 che
ti*adusBe pure alcuni sonetti del Petrarca. A perennare la me-
moria di questo insigne patriota, e benemerito tanto dell' Italia,
il Municipio di Roma, il 29 Marzo 1877 con grande solennità
scopriva nella casa da lui abitata, in via del Pozzetto, la lapide
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878
aeguente: Adamo Mickibwicz — Poeta di altissima fiuna —
In questa casa ordinava — Per le guerre dM indipendeniit
— Un drappello di prodi Polacchi — Nel M.B.CCC.XL TIIL
-^ S. P, Q. R. — XXIX Morso M.D.CCCXXXYIL
Tradlvitorl tedeschi. — Ba^rtsch Kahl (p. 496). — lì
Bartsch è profess. neli* Università di Heidelberg, e direttore
della Rivista scientifica la Germania, Egli è noto non meno
per varii pregevoli lavori acientifici originali, che per aknne
ottime traduzioni, fra le quaU per precisione, fedeltà, natura-
lezza e felicità di espressione ò singolarmente comendata la
versione in tedesco moderno del poema di NibelungliL H Hartadi
nella prefazione di un suo libro di poesie, pubblicato, or £umo
due anni, col titolo di Viaggio e ritomo (Wendemng und
Heinkehr), parlava delle grandi difficoltà di ben tradurre Dante
in tedesco, che secondo lui , non potevano esser vinte che con
numerosi e successivi tentativi e saggi. — Il Bartsch, oome k>
Streckfuss, volle riprodurre la terza rima dell' originale, cosa
non certamente facile nella lingua tiedesca.
A pag. 401 abbiamo recato il coscienzioso giudiaio critico del profeto.
Scartazaini sulle versioni alemanne della Divina Commedia , eh* eacirono
alla lace fino al 1842. Coi fksciooli della RiTista, pubblicati dipoi, lo stadio
dell* egregio mio amioo giunge al Centenario dell* altissimo Poeta. E perciò
son lieto di riferire anche sugli altri traduttori il suo parere che riteniamo
autorevole, perito com* è nelle due lingue.
Il Braun volle tenere un' altra via. Persuaso che Dante non fosse per
anco popolare in Germania , e che una buona parte della colpa fosse da
ascriversi al traduttm e Dantofili che lo precedettero , il Brsun volle far
egli il Dante veramente nazionale e popolare della Germania. Pertaato già
il titolo del suo libro è : La Divina Commedia di Dante Alighieri elabo-
rata per il popolo tedesco. Onde conseguire il suo intento egli mantenne
nella sua versione la rima , abbandonando però la forma della terzina.
Inoltre egli traduce in una lingua tutta moderna, evitando e tfsnnini e
modi di parlare più o meno fuor d* uso. La sua traduzione riuscì non s(^
metrica ma veramente poetica, e molti brani sono di bellezza proprio impa-
reggiabile. In generale la traduzione può anche dirsi fedele ; leggendola,
ognuno si accorge che il traduttore si aflaticò assai per riprodurre ! propri
concetti del poeta. Insomma si può dire che al Braun è riuscito ciò che
egli volle. Se non che il suo sistema di traduzione sembra a me, e sembrò
universalmente, falso Eppure il suo lavoro ha grandissimi pregi. La prima
parto di esso che serve d' introduzione all' opera, dove si ragiona de* tempi
e della vita di Dante e si dà una caratteristica della Divina Commedia, è un
lavoro elegante e magistrale, quantunque, a dire il vero, non contenga cose
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ALLA KBL10ORAFTA DANTESCA. 879
nuove. I lunghi sommari che precedono ogni canto sono un eccellente com-
mento estetico popolare, che agevola molto V intelligenza del poema. L* edi-
fizio è elegante e buono, ma le sue fondamenta sono false ; con altri termini,
il Braun ha fatto nn gran bel lavoro, seguendo però un cattivo sistema di
traduzione. Sarebbe ciò non ostante da desiderare che il Braun avesse com-
piuta r opera sua, e che essa fosse stata accolta con maggior favore che non
ebbe. — Carlo Eitrier Iradusse tutta la Commedia in versi giambid sciolti,
aggiungendovi una lunga introduzione sulla vita e sulle opere di Dante e
corredando la sua traduzione di brevi note. È questa una delle più mediocri
traduzioni moderne del poema sacro ; un lavoro ordinario e dozzinale, fatto
più per speculazione libraria che per servire alla scienza o per promuovere
i buoni studi. Il lavoro si pubblicò nell' Istituto Bibliografico del Meyer, a
Hildburgausen, in tre volumetti che formano i volumi ottavo, nono e decimo
della Biblioteca dei classici stranieri in traduzioni tedesche pubblicata
dall* editore Meyer. — <• Non molto migliore è il libro di Alessandro Tanner
intitolato : La Commedia di Dante Alighieri tradotta ed accompagnata
da un commento. Cantica prima : V Inferno. Anche questa traduzione,
la quale non abbraccia che il solo Inferno, è in giambi sciolti. Pochi passi
vi si vedono tradotti con un pò* di eleganza e dì fedeltà ; 1 più sono tra-
dotti alla leggiera, senza badare troppo al senso dell'originale, ed in un
linguaggio, che non ò nò poetico, né elegante, né corretto, né intelligibile.
Il breve commento in fondo al volume non contiene che le cose pi^ ovvie,
e merita appena il nome a lui «dato dall' autore. Il tutto ò un lavoro assai
mediocre che sarebbe stato meglio di non dare alle stampe. ... — La versione
della HofUnger (Man. Dant. iv, 454) , è un lavoro donnesco, e ne ha tutti
i pregi ed i difètti ; è un lavoro fatto in furia, non un lavoro lungamente
pensato e profondamente meditato ; è una traduzione passabile , ma non da
annoverarsi tra le migliori né per fedeltà , né per eleganza ; é un com-
mento sterile e superficiale. Conviene pur far le meraviglie che una donna
abbia osato imprendere un lavoro di tal natura; conviene ammirare e le
conoscenze e la costanza della traduttrice ; ma le lodi che ella ottenne
fUrono in gran parte non meritate; furono un fboco di paglia, che presto
si spense. Oggigiorno vi sarà forse in tutta la Germania appena chi parli
ancora di questa traduzione. — Il lavoro del Witte é molto superiore alle
mie lodi. Il solo nome dell* illustre traduttore basta a raccomandarlo ed é
argomento solido della sua eccellenza. . . . Nella Introduzione V illustre autore
parla con profondità di dottrina e con quel senno critico che lo eleva si
alto al dissopra degli altri collaboratori su questo campo, della condizione
dei tempi in cui visse il poeta, della sua vita, della sua idea fondamentale
della Commedia e della sua relazione colle altre opere dell' Alighieri. Questa
introduzione é la migliore di quante introdunoni allo studio della Divina
Commedia io mi conosca. Il darne un sunto é cosa pressoché impossibile.
Bisognerebbe tradurla tutta. 11 Witte scrive con uno stile si conciso, che
ogni periodo contiene un nuovo concetto. Non riproduce né ripete le cose
già dette da altri , non racconta a lungo la storia della vita di Dante né
quelle tante cose divenute ormai triviali che &iamo usi a trovare in tutte
quasi le introduzioni al poema dantesco. Naturalmente egli vi ripete per
cosi dire quanto aveva scritto sino dal 1831 nel suo opuscolo sopra Dante,
in quanto cioè è ancor sempre l' antico suo sistema che ei svolge e difende.
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880 supMiBfftfre
Ma egli noa copia sé «tano. È V ebììob nateina si ; n
nuova forma e con argomenti naovì. Quando il Witte non avesse scritto chr
quelle quaranta pagine, esse basterebbero ad aasicurargli un posto onore
Tolissimo tra i principali iUustratorì della recondita dottrina di Dante.
Veniamo alla traduaiona. Ho detto, e lo ripeto: questa non è «oos^
cernente una, ma si la traduidone tedesca della Divina GommodU. Vogii»
dire con ciò che essa è per tutti i versi, e sotto ogni aspetto nna fedeli^
sima, coscienziosa, esatta ed elegante riproduzione del testo originale. Unj
sola delle tante che abbiamo pu^ contrastarle il primato: quelia cioè dÀ
Filalete. È difficile dire quale delle dae meriti la pre&reiu» ssfihita Ot-
time, fedeli ed eleganti ambedue, ha però ognuna i suoi pregi partìooiari.
Il giudizio avrà qui sempre un po' del subiettivo. Si tratta esseaztaìmenti'
d* una questione di gusto. Io , V ho già detto che è un pezzo , noa rturré.
fare a meno né dell' una né dell* altra, ma se dovessi proprio oonteatanL
di una sola , darei la prefereosa a quella del Witie. Che mm ci pcesaati
non solo una imitazione ^ ma il vero Dante adorno di veste germanica. £
fedele : ma la fedeltà non é qui schiavitù , non é fedeltà della lettera ma
del senso. 11 traduttore riproduce perfettamente ogni concetto dd tes^
originale, e non soltanto in parte ma nel suo tutto. 1^ non maltntia per5
la lingua nella quale traduce, ma si oon£irma al gemo di essa, Mpsimmi'
dosi in quel modo che un lungo studio e matura riflessione lo peraoasece
fosse stato usato da Dante medesimo qnando questo avesse dettato il si^
poema in lingua germanica. La traduzione del Witte ha inoltre il van-
taggio di grande chiarezza ed intelligibilità. Il tradattore é nello stesse
tempo interprete dei versi non di rado oscuri dell* originalie. So obe noe
dico troppo se affermo che per il principiante la traduzione del Witte rìeser
ben sovente asaai più chiara ed intelligibile che non V originale , quando
anche e' conosca ottimamente la lingua del trecento. Ma questa chìnrezza
il Witte non la introduce che dove il senso non pnò in veran modo essere
disputabile. In tutti quei luoghi ove esso é ambiguo il traduttars ò bea
lungi dal voler far valere le sue opinioni personali. Con una maestria ve-
ramente stupenda egli imita in tali casi nella traduzione T ambiguità
dell* originale in modo che dalla prima si possono ricavare quei medesimi
diversi sensi che dsl secondo. Per questo verso il lavoro del Witle bob
ha pari ed é un vero capo d* opera dell' arte. Altro pregio non comune ^
esso consiste nella dignitosità, bellezza e correttezza deJla Ungna deUa
quale il traduttore si serve. Non iscorgiamo mai in questa tradazione la
menoma ineleganza o trivialità, ma ovunque un linguaggio propondonato
e adeguato, ora maestoso , forte e robusto quale il mare che mngge per
tempesta , ora placido e sereno quale il seffiro che in su Is sera soave e
dolce spira. Soltanto da una qualità dell' originale credette il Witto di dover
prescindere. La sua traduzione é in giambi sciolti.
Opere latlae. — Il mio amicissimo prof. Giuliani ò tutto
atteso alla pubblicazione dell' Opere latine reintegrate nei
testo con nuovo Cemento, Spero che la stampa del v(d. poesa
essere compiuta entro Y anno. Cosi per la dotta ed autorevole
opera sua avremmo magistralmente emendate nel testo ed in-
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ALLA BIBUOmUVU DANTESCA. 881
terpretale tette le ùj^e àSnori. Chi conosce quanto sieno
importanti per mettersi dentro alla mente di Dante e per la
retta intelligenza di tanti passi della Divina Commedia non
potrà non esserf li vivamente rìconoseente.
Ssl«f|lie (p. 540). — Giovanni di Viroiuo. Nella Biblio-
teca dei Girolamini di Napoli, vi ha un codice segnato Pilone X,
n. XYI, ohe oltre molte opere latine del Petrarca accoglie due
egloghe latine di Giovanni Virgiliano a Dante, ed altre due di
Dante al Virgifiano. Una nota scrìtta immediatamente dopo il
testo dice: est Egloga Joannis Virgiliani ad Dantem repre-
henóLentiB j<iftcm €t vulgarem sermonem eomediae ipsitis quae
scribitur metro fterdioo (sic) exegetico^ etc. e finisce con queste
parole: Fuit namque hic Joannes yirgilianus natione bono-
nienais, habitans in porta nova ante ecclesiam sa noti salvatoris :
quQoi ut ipse in alia Eglega testatur maiores sui fuerint pa-/
duani; legit qaippe bonooiae padue et fsientiae tempore quo de
bononia exulavit pars gSdbelHna; fuit namque perfectus ghibel-
linus et Dantis ipse. -«• / Codici Petrarcheschi delle BibUo-
teche gonematì^e del Regno, p. 149.
BiMl4»ifr«fl* (p. 547). — Sgartazzini Giov. Andrea, Dante
in Germania» Il prof. Scartazzini ci ha dato progrio un bel-
lissimo lavoro e da pari suo ; un ragguaglio^ cioè, il più esteso,
il più esatto, il più completo, di quanti n* abbiamo, degli studi
tedeschi su Dante. E in questo suo lavoro s'attenne stretta-
mente all'ordine cronologico o annalistice, affinchè si vegga
come andasse mano mano svolgendosi la letteratura Dantesca
in Germania, e con quanta operositÀ e grande amore vi si
venissero cercando ed illustrando le opere dell' altissimo Poeta.
In quattro età divide il suo studio: la prima corre dal se-
colo XIV al 1824, che denomina dell'infanzia, < poiché il
lavorìo dei Dantisti alemanni consiste essenzialmente Dell'in-
trodurre in Germania la cognizione superficiale della persona
e deUe opere del padre della poesia italiana, neU' adunare, per
oorà dire, i materìali rozzi, per costruire più tardi un edifìcio
di scienza dantesca. . *^. A tutto che concerne il massimo poeta,
manca il fondamento solido di studi vasti e profondi sulle sue
opere, sulle loro fonti, sulla sua vita e sulla stona del secol
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882 SUPPLBMBNTO
SUO. n secondo ò il periodo estetico ed ormeiiftiitioo (1824-
1849). I tedeschi non si contentan più di giungere al possess
della cruda materia, ma vogliono ormai traduzioni fedeli dall' m.
canto, e dall* altro adomate di vaga veste poetica. Essi doq
vogliono più leggere semplioemente il Poeta, ma coaipre]ider&€
le bellezze, i concetti, le idee, tutto il sistema, e, rapitamii
dal Wittej dal Biaus^ dallo Schlosser, dal Filalete, ai quali s!
aggiunge una bella schiera di cooperatori studiosi ed assidai,
essi penetrano ben addentro nella intelligenza deUe recon-
dite dottrine di Dante.... Il terzo periodo (1849-1865) si poò
chiamare storico-critico, perchè sovratutto siffiitti studi tì
tengono il campo. Negli storici occupa il primo posto il Wt-
gele^ la cui opera importantissima ò, durante tutto il periodo,
fondamento e non di rado sorgente unica dalla quale derivai»)
molti altri lavori biografici e storici. — Negli stndu /Uoiogki
ottiene la signorìa il Blaus, le cui opere formano una base so-
lida per la interpretazione letterale della Divina Commedia. La
critica dantesca poi è capitanata dal WiUe la cui non mai baste-
volmente lodata edizione crìtica della Divina Commedia segna il
principio di una nuova èra per la crìtica del testo delle opere di
Dante. Il 1865 segna un nuovo periodo per gli studii Danteschi
Ognuno potrà di leggerì convincersi a quanta mole di eti-
che siasi sobbarcato il prof. Scartazzini sol che pensi che iji
questo suo studio niente meno che 350 lavori furono chiamati
a rassegna; nò solo opere già conosciute, ma per infino arti-
coli inserìti ne' periodici, alcuni de* quali divenuti ignoti pres-
socchò a tutti, tentativi di versioni, memorie, dissertazioni, ecc.
Ed egli discorre di tutti assennatamente, e con crìtiGa stria-
gente ne rileva l'importanza, cerne Toro dall'orpello, degli
autori più rinomati ci dà le notizie biografiche; quantunque,
pel suo ufficio di cronista, sia astretto a tornare sur uno stesso
lavoro più volte, secondo T edizioni che ne venner &tte, lo &
con tal maestria e garbo che non istanca maL In somma è
un viaggio dilettevole ed instruttivo insieme, in cui se talora
t' abbatti in male piante che fiorir non sanno, più spesso ti al-
lieta l'occhio e t'allarga il cuore la vista di tante bellissime
produzioni che onorano ad un tempo la Germania e V Italia,
che vede fatto segno di tanti nobili studi il più sommo dei suoi
figli.
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ALLA BIBLIOGRAFIA DANTESCA. 883
Coarto, e la modestia dell* amico consenta che il dica firan-
lamenta , certo tra' più beneme^ti della letteratura dantesca
n Oermania, se pur non subito dopo il Witto, va amioverato
1 profL Scartazzini^ benché giovane d'anni; che la sua Vita di
3aQte» il suo Contento della Divina €k>mmedia, i molti suol
avori criptici e bibUograficiy gli hanno assicurato un seggio emi-
lente tra' Dantisti, quantunque, e per più ragioni, l'Italia vor-
rebbe ccmtrastargtielo alla Germania.
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885
DICHIARAZIONE,
Io m' era proposto di aggiungere una Biblio-
grafia suir Ariosto ed una sul Tasso, tanto più
he quelle dateci dal Guidi mi parvero manchevoli
.ssai^ segnatamente in ciò che riguarda gli studi
! le versioni straniere. E a tal uopo io avevo riunito
Qolte notizie dalla Spagna, dal Portogallo, dal-
* Olanda, dalla Boemia, dalla Polonia, dall' ITw-
heria, dalla Grecia, ecc., fino a' nostri giorni,
ifBnchè il lavoro riescisse più completo che fosse
lossibile. Ma il volume crebbe oltre l'avviso, e il
ipografo m' avverte che piene son tutte le carte ;
nde mi veggo astretto por fine, che non mi lascia
nù ir lo fren della.... borsa. — Se mi vedrò in-
oraggito, si che, oltre le ingenti fatiche, non ci
inietta del mio, darò forse alla luce un supplemento,
1 che gli studiosi e trovino agevolate le lor ricer-
he, ed insieme raccolto quanto si scrisse in Italia
fuori anche dei due maggiori Epici della nazione.
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887
INDICE
DELLE PERSONE RICORDATE
NELLA BIBUOGRAPIA DANTESCA.
Ademollo Agostino 5 - Addington Giov. 165 - Agrati Giov.
n - Agresti Alberto 881 - Agricola Fil. 93 - Aguilhon Cesare
L^7, 296, 373, 377, 448, 452 - Aicard J. 9 - Aleardi Aleardo
il - Albani Emilio 877 - Alfieri Vittorio 863 - Algarotti
Fr. 33, 128 - Alighieri Jacopo 288 - Alizeri Fed. 128 - Allori
Mess. 82 - Altamura Sav. 87 - Amalteo Fr. 128 - Amati
ornato 123, 125 - Amari M. 300, 342, 343, 356, 381, 382,
383, 389, 410, 434 - Ambrogio, il Monaco 81 - Ambrosi Fr.
57, 129, 278 - AmbrosoU Fr. 5, 102, 129, 289 - Amico Ugo
A. 33 - Andres P. Giov. 147 - Angelini scult. 94 - Angelini
Giandomenico 262 - Anonimo fior. 273 - Antonelli P. Giov.
60, 236, 375, 378, 425, 434, 441, 466 - Anzeìmi Dora. 278 -
Aranda y Saz\)aan 481 - Ardizzone G. 413 - Arici Cesare 5 -
Arienti Carlo 82, 85 - Amaboldi Aless. 34 - Arrìvabene Ferd.
12, 72, 347 - Artale Basilio 37 - Asquini Gir. 347 - Atkinson
172 - Attavanti P. Paolo 44, 222, 280, 305, 307, 308, 314,
392, 395.
Bachenschwanz 498 - Baffi Vinc. 34 - Bagatta Fr. 42 -
Bagatta co. Fr. 437 - BagnoU P. 30 - Bagratuni P. Arsenio 503
- Balbo Cesare 5 - Baldachini Sav. 9, 50, 108, 111, 131, 208,
213, 222, 306, 430 - Baldini Baccio 256 - Ballarini Emesto
82 - Baratta E. 96 - Barbieri ine. 97 - Barbieri Carlo 88 -
Barlow En. 32, 165, 223 - BartoU Daniele 146 - Battoli Co-
y Google
888 CONGK.
Simo 258 - Bartolini A. 114 - Bartodi Carlo 496, 878 - Banìk
0. 76 - Bastianì Sante 218, 219 - Baumgarten-CnBÙB L
Fed. 856 - Saar 0. A. L. 30 - Beccaria Geaare 316, m
373 - Bechi Fort. 225 -^ BeUachi L. 183 - Bekfaikowskì Ad. 50:
- Bellannino Rob. 145 - Bellotno BonaY. 20 - Beitraiiie Fr.
20 - Bonamie L. 87 • Beaci veni Ildebr. 182 - Beniirìeai Jeroc
252 - Benvenuti Matteo 183 - Benvenuti Pietro 83, 86 - Bce-
zoni G. M. 96 - Berardinelli p. Fr. 149, 150, 542 - Beraani
Jacopo 223 - Bertini G. 94 - Betti Salvatore 30, 236, 2^
315, 333, 410 - Bianchi Brnnone 7 - Bianchi Giuseppe ^.
389 - Bianchini Gius. 45, 252, 257, 259 - BigioU FUippo Si. ^
84, 86, 87, 93 - Bilderdyk Gugl. 489 - Bindi Enr. 507 - Bisse i
P. Giam. 147 - Bizzarì Anacleto 119 - Boccaccio Gior. 1,3^.
288 - Bocci Donato 1 14, 385 - Boheme Jac. 181 - Bohemer
Ed. 542 - Bohl Giovanni 489 - Bolhendorf 184 - Bompiaa |
Rob. 84, 98 - Bonaventura fra da Sorrento 132, 282 - Bo-
noncini Eugenio 476 - Bonsi LeUo 255 - Borghi Gius. 289 -
Borghini Vie. 225, 283, 307, 312, 325, 334, 341, 348, 357. '
361, 379, 383, 387, 392, 408, 425 - Borgognoni Adolfo 125
- Bosa Francesco 863 - Boschi Giovanni 1 14 - Bosdb^ti Am-
brogio 281 - Bosone da Gubbio 34, 288, 417, 468 - Bosetti
Giovanni 34 - Botta Carlo 31 - Bottagisio G. 59 - Botticefii
Sandro 88 - Bozzo G. 31, 226, 282, 343 - Sozzano, maitre
di mus. 109 - Brann 878 - Bresciani P. Ant. 148, 385 - Brigida
Ad. 398 - Brot Alf. 16 - Brughel Pietro 84 - Brani Leon. 3 -
Bruno Condò 290 - Bùlow 51 1 -- Buonmattei Benedetto 254 -
Buonromei Ben. 255 - Burchelati 436 - Buslajew 172 - Bus-
son Arn. 1 16 - Buzzi Giov. L. 96 - Buzzio Pacifico 93.
Cabanet Fr. 83 - Cades Aless. 97 - Caffici Gio. 220, 509
- Calvart Dion. 81 - Calvori J. 86 - Cammarda Nic. 37 -
Camerini Eug. 272, 871, 876 - Canale Mich. Gius. 183 - Cana-
vesio Seb. 188 - CanceUieri Fr. 45 - Canelli U. A. 533, 541 -
Canini Fabio 31 - Canova Giovanni 7 - Canta Cesare il, 31
- Cantù Ignazio 57 - Capelli Ant. 34 - Capelli G. 472 - Ca-
pissani Pietro 83 - Cappi Aless. 221 - Capponi Gino 29) 133,
298, 308, 341, 417, 541, 542 - Caprari AchiUe 267 - Ca-
racci Annibale 83 - Caraccio Ani. 184 - Cardella P. Valeriana
150 - Carducci Giosuè 31, 32, 34, 135, 221, 506, 531 - Cary
y Google
INDICB. 889
Enr. 482 - Carrara Fr. 11 - Gartalario A. 11 - Carutti Dom.
184 - Casanova Alfonso 195, 262 - Casati C. 479 - Casoretti
Gir. 183 - CassioU Amos 86 - Castiglla Benedetto 136, 316 -
Castravilla Ridolfo 251 - Castrogiovanni G. 279 - Cavara Ces.
17 - Cavedoni Celest. 72, 401, 402, 414, 422, 455 - Cavami
Raf. 60, 61, 71, 242, 280, 296, 298, 306, 308, 315, 333, 334,
340, 349, 350, 351, 352, 356, 359, 362, 374, 375, 378, 379,
384, 387, 389, 396, 400, 402, 408, 414, 418, 424, 426, 427,
428, 431, 432, 433, 441, 448, 451, 461, 464, 466, 467, 470 -
Cacchi Xieop. 136 - Celentano Lnigi 261 - Celesia Em. 416,
441 - Centofenti Silv. 287 - Cereseto G. B. 11, 31 - Cerritelli
P. 31, 136 - Cesati Vino. 343 - Ceva P. Tomaso 39, 147 -
Checucci P. Aless. 151 - Cherici Alf. 82 - Chialli Vie. 98 -
Chìleni Neoftama 34 - Ciampi Sebastiano 350, 409 - Ciampi
Igrnazio 323, 326, 347, 409, 436 - Ciardi L. 261, 269 - Ciasca
P. Agostino 75 - Cicconi P. Tito 149 - Cìviletti Andrea 96 -
Ck)cchiara Salv. 37 - Coghetti Fr. 94 - CoUini Ang. 184 - Co-
merio Agos. 84 - Comparetti Dom. 212, 862 - Conti Aug.
30, 51, 96, 299, 303, 403, 422, 429, 434, 441, 442, 443, 445,
446, 450, 469 - Corazzini Fr. 175 - Corlari Andrea 20 - Cor-
nìani G. B. 11, 57 - Cornoldi P. 509 - Corot 94 - Correnti
Cesare 7 - Corte Costantino 84 - Cosenza Giov. Carlo 42 -
Cossa Pietro 184 - Costa Paolo 8, 34 - Costantini Giov. 194,
300 - Costoli 96 - Cotteril H. B. 484 - Cresdmanno Andrea
37 - Crespan G. 31 - Cristoforo Altissimo 93 - Croce Enrico
16 - Crusca Accademia 873 - Cunich Raimondo 39 - Curci
Carlo 43, 149.
Da Corretto Giamb. 255 - Daita Gaet 265 - D'Aquino
Carlo 129, 146 - DaU' Acqua Giusti A. 367 - DaU' Acqua Carlo
445 - Dal Bosco Edoardo 85 - Dalmistro Angelo 289 - Dal-
rOngaro Fr. 34, 111, 259 - D'Ancona Aless. 172, 358, 508,
539, 859 - D'Ancona Vito 87, 98 - Daniel Ed. 164 - Dandolo
A. 856 - Da Prato Ces. 182 - Dal Rosso Gius. 70 - De Ago-
stini Giovanni 864 - De Antoni Andr. 82, 85, 87 - De Be-
nedetti Salv. 177 - De Biase L. 277 - De Cosmi Gio. Agost.
138 - De Crollis Domen. 282 - De Deus Giov. 482 - De Gardins
Martino 82 - De Guidobaldi march. Domenico 870 - De Leo-
nardis G. 507 - De Marzo Gualberto 35, 202, 261, 274 336,
66
y Google
890 INDICB.
• De MoDgis J. A. 479 - Dembsher 330 - De Matteis Lise
34 - De Nin Ant 31 - Denza P. Fr. 54, 375, 376, 377, ^
392, 425 - De Paris Carlo 98 - De Pnppi Raimondo 226 -
Dericfasweiier Enn. 48, 542 - De Simoni L. 482 - De M^r
Fr. 255 • De Vix^ilio Giov. 39 - Del Castagno Andrea 97 •
DeUa Rena Cosimo 258 - Della Valle Qiov. 374, 407, 448, 86^
861, 862, 873, 874, 875, 876 - Dellf H. K. 52, 163 - Dt
Furia Fr. 423 - Del Lungo Isidoro 261, 274, 301, 310, 3U
316, 336 - De la Pezuela D. Juan 482 - Delaroche Cario ^
- De Pasquali Gaetano 84 - Di Cesare Gius. 8, 73, 213 >
Di Chierico 84 - Di Giovanni Vicenzo 139, 303, 363, 3^
460 - Dini Emesto 96 «- Dionisì Gian Jac 12, 18, 72, 341.
527, 533, 539 - Di Ovidio Fr. 318, 336, 467, 540 - Di Feràco
Fed. 263 - Di Siena Gregorio 296 - Di Virgilio Giov. 879 -
Dolce Lod. 8 - Dolci Fr. 477 - Domeaioo di maestro BandinQ5
- Dorò Gustavo 105 * Doucha Fr. 500 - Duprò G. 96.
Eitner Carlo 879 - Emanuele di Salomone 182 - Emilisd
Giudici Paolo 71 - Eremian P. Atanagine 503 - Etienne L. 16a
Fabri Edoardo 183 - Fabroni A. 30 - Faccìoli Dario Ns-
poleone 35 - Falamonica Bart Gentile 182 - Fanelli G. B. 4d.
139 • Fanfimi Pietro 226, 231, 232, 273, 299, 301, 338, 387.
431, 510, 585, 540, 543 - Fantuzzi Lor. 41 - Fardella Gius
284 - Faraffini Fed. 88 - Fattori Ettore 31 - Fauerìein E. 44 -
Fauriel A. 165 - Federici Fort 227 - Ferrari Gupilli 460 -
Ferrari Jac. Paolo 42 - Ferrari Luigi 96 - Ferreri Bartolomt>o
869 - Ferrerò Pio 864 - Ferrazzi Jacopo 20, 509 - Ferreira
Serra Fr. 877 - Ferretti Giov. Pietro 5 - Ferroni Pienro 59 -
Ferrucci Rosa 139 - Ferrucci Caterina 11, 50 - Ferrucci L.
Grìsos. 283 - Feuerbach Anselmo 99 - Fiacchi L. 283, 348,
392 - Fiani Bart 353 - Filalete (Giovanni re di Sassonia) 489.
499 - Fiorentino Frane 478 - Fiori can Geremia 35 - Fischer
Ant. 856 - Flacius Matteo 857' - Flaxman Giov. 102 - Eie-
chia 534 - Flotto Hartwig 9, 172 - Fontana Gian Ciac 33 -
Fontanini Giusto 139 - Fomacciari Ra£ 139, 200, 211, 216,
304, 322 - Pomari Vito 418 - Foraari Giov. 507 - Forti Luigi
35 - Foscolo Ugo 20, 353 - Fossati Luigi 30 - Frandoai Gio-
vanni 30, 31, 32, 33, 119, 139,210, 217,302, 310,426, 429,
y Google
INDICE. 891
t43, 464, 854 - Franchini F. 35 - Franco Ant. 185 - Fraticelli
*ietro 8 - Frenzel Carlo 865 - Fumi L. 863.
Gaddi Hercolani Ercolauo 287 - Gaiassi Vinc. 99 - Gaiter
a. 141 - Galanti can. Carmine 206, 281, 466, 477, 871 - Ga-
eani Napione Fr. 46 - Gallo Ag. 221 - Galli Pietro 83, 85,
)6 - Qallucci L. 471 - Gakerari Giov. 184 - Gamba Bartol.
>84 - Gambara Fr. 347 - GargioUi Corado 32 - Garibbo
Liuig^ 88 - Garofolo Pasquale duca di Bonito 464 - Gaspari
K. 473 - GaUinelli.42 - Gausednel Giulio 856 - Gavardini
Carlo 85 - Gebhart Emilio 32 - Gelli Giamb. 253, 256, 258
- Gemelli Luigi 82 - Gennari G. 264, 381 - Genovesi A. 51
- Gentile L. 863 - Gerstemberg Arrigo Gius. 183 - Gherardi
Crist. 83 - Ghibellini Fr. 476 - Ghislanzoni A. 183 - Giam-
bellini 93 - GiambuUari Pier Fr. 252, 255, 258 - Giannini
Crescentino 238 - Giannoti Donato 388, 462 - Ginguenò 9 -
Gioberti Vie. 31, 46, 109, 141 - Giotto 100 - Giotti Napoleone
184 - Girgenti Gaetanina 142 - Giuliani Giamb. 32, 142, 248,
262, 282, 298, 326, 344, 348, 351, 363, 381, 385, 402, 414,
419, 420, 422, 452, 461, 535, 862, 880 - Giullari Carlo 174 -
Giusti G. 35 - Gnoli Dom. 863 - Goeschel K. F. 858 - Goethe
865 - Gouverneur 484 - Gozzi Gaspare 289, 381 - Gradenigo
Giangìr. 72 - Graul Carlo 499, 852 - Gravisi Federico 864
- Oraziani Giov. 189 - Gregoretti Fr. 8 - Grimaldi Odoardo
282 - Grìon Giusto 16, 19, 210, 244, 457 - Grosso Stefano
144, 231, 232, 242, 373 - Guadagnini A. 87 - Guod G. 856.
Isola Giuseppe 84 -laccarino Dom. 172 - lacob Giov. 212
- lageman Crist Gius. 498 - Isaian P. Barnaba 502 - lubert
Amedeo 479.
Hacke van Mijnden 484 - Hans Sachs 856 - Hardouìn P.
Giov. 41 - Hase Carlo 858 - Hekin Serapione 503 - Heigehn
G. Fed. 498^- Hettinger Fr. 163 - Hoffinger G. 879 - Horwarter
498 - Hubatsch Oscare 543 - Hurmuz mons. Edoardo 503.
Kannegiesser Carlo 494, 546 - Kantarian P. Sam. 503 -•
Kakrajscki Fr. 10 - Keyser 97 - Kervyn de Lettehnow 875
- Koenig Gugl. 33 - Koke A. S. 488 - Kospich Augusto 499
y Google
892 INDICE.
- KoBsedci 501 • ^Krigar Guglielmo 494 - KudriaTzew IT
. Kunhardt P. F. J. 163, 481.
Labruzà di Nexima Fr. 67, 187, 863 - Labus 347 - L*
Farina 282 - Lafenestre 172 - Laharpe J. F. 165 - La Lnm:-'
Isidoro 30 - Lamennais F. 48, 52, 57 - Lanci F. 236, &
326, 328, 129 - Landino Cristotbro 5 - Landoni Teod. 22?
233, 234, 235, 239, 301, 315 - Lang Gngl. 163 - Lanzi P
Luigi 35, 147 - Lanzoni Fil. 145 - Lastri Marco 30 - Leii
Gius. 83, 84 - Le Moli G. 35 - Lemoyne Paolo 20 - Lenr<^
Carlo 250 - Leoni Carlo 33, 40, 110, 111, 145 - Libri Gud
57 - Liburnio Nic. 44 - Limarzi Fr. 471 - Ljubic* Simone 24^
- Livizzani Ercole 99 - Lyell Carlo 44 - Locock Pr. 165 -
Lo lacomo Fr. 83, 85 - Lombardi Eliodoro 32, 35 - Lorna
naco Vicenzo 36, 52, 396, 401, 403, 429, 430, 432, 454 - Lo-
monaco Giov. 43 - Lorenzi Gir. 142 - Loria Ces. 284 - Lubis
A. 31, 450 - Lucchini L. 37 - Lumini Apollo 300 - Lunafi
Fr. 331.
Maccari Giamb. 36 - Macaulay 33 - Maconi Giuseppe 325
- Maffei G. 11 - Magni Pietro 96 - Mahn K. A. F. 163 -
Makaranin Stefano 501 - Malatesta Adeodato 86 - MamìazJ
Terenzio 32, 50, 528 - Mammoli Tito 856 - Mancini L. 36
- Mancini Poliziano Jacopo 257 - Manera P. Francesco 147 -
Manetti Giannozzo 4 - Manetti Ant| 23 - Manoello Romano
181 - Manucci V. 36 - Manzoni L. 507 - Marchand Natale
98 - Marchetti Nicolò 97 - Marchione di Coppo Stefano 19 -
Margarucci 98 - Marenghi Carlo 151, 265, 289 - Mani P. L.
150 - Mario Alberto 145 - Mariani L. 65, 279 - Marìannini
Annib. 100 - Marocchesi A. 42 - Maraigli 85 - Martinelli G.
Pasq. 474 - Martinetti Cardoni Gasp. 20 - Maschio A. 260 -
Massaccesi Aug. 145 - Masini Cesare 182 - Massonii Papirii 9
- Matscheg A. 31 - Matte Giamb. 36, 417, 877 - Maver Zaoc.
371 - Mazzia Angelo Maria 100 - Mazzoleni Severo 477 -
Mazzoni Jacopo 56, 250 - Mazzoni ToseUi 239, 285, 308, 319.
336, 349, 353, 366, 396 - Melandri P. G. 145, 151 - Meli
Giosuè 97 - Melzi B. 481 - Mercuri Fil. 290, 433, 456 - Me-
rìan 57 - Metti Raim. 98 - Mezzanotte A. 284 - Mézières A.
31, 48, 116 - Michelangelo di Volterra 859 - Mickiewios
y Google
INDICE. 893
.damo 877 - Miglio Giovanni 477 - Minajew 502 - Minardi
'omaso 82, 84, 85, 98, 99 - Minich Raf. 13, 15 - Miniscalchi
.uig-i 346 - Mino Vanni d'Arezzo 288 - Minzloff R. 165 -
fissìrini Melch. 8, 13, 60 - Mittchel Riccardo 36 - Modena
ìustavo HO - Mòndini Giac. 86 - Montanari Ignazio 284 -
rlonti Vicenzo 36, 182, 368 - Monti Achille 115, 336, 354,
J63, 379, 454, 469 - Montrueil Sara 347 - Morani Vinc. 83,
», 95 - Morbio Carlo 17, 115, 151, 356, 357, 381, 442 -
tfordani Filippo 41 - Morelli Paolo 152 - Morigi Giulio 36 -
ilorpurgo Carlo A. 36 - Moschini Lorenzo 347 - Mossotti
[Ottaviano 390 - Mnzzarelli Em. 36 - Mozzi L. 238, 239, 262,
i06, 509, 534.
Nanarelli Fabio 152 - Nannucci Vinc. 298, 306, 308, 324,
i47, 362, 363, 463 - Narbone P. Alessio 509 - Nardi Pietro
15 - Nardi Luigi 151 - Navarro Vie. 36 - Nazareth P. David
503 - Nesti G. E. 152 - Neukirich F. 454 - Nocito Pieiro 36
- Notter F. 218, 494.
Obici Gius. 86 - Occioni Gnor. 278 - Odorici Fed. 16, 347
- Oliviero Augusto 97 - Orcagna 86 - Ortolan J. 54, 177 -
Orti Giovanni Girolamo 290 -'Ottingen Od. 864 - Ozanam
A. F. 478.
Pachini Serafino 290 - Pagani Vie. 81 - Paganini P. 303,
309, 405, 462, 468 - Pagano Vinc. 752 - Pagliano Eleuterio
87 - Palazzi Giov. 289 - Palermo Fr. 30, 220, 548 - Pandini
Fr. 37 - Pappalardo Vito 37 - Paravia Pier Aless. 31, 141 -
Pardi Carmelo 37, 47, 51, 59, 78, 153, 290, 394, 426 - Pareic
Carlo 501 - Parenti Marcantonio 236, 298, 300, 301, 309, 321,
334 - Paria P. Gius. 148 - Parsons F. 39 - Pasinati Stanislao
154 - Pasqualigo Fr. 205, 372 - Pasquini Pier Vincenzo 42,
06, 195, 232, 281 - Paur Teod. 164, 854 • Pazzi Enrico 863 -
Pellegrini Giov. 154 - Pelli Gius. 8 - Peretti Ant. 37 - Perez
Fr. 193 - Perez Paolo 352, 358, 360, 367, 393, 394, 414, 415,
419, 422, 423, 424, 426, 427, 432, 440, 441, 451, 452, 463,
469 - Perosino Gian Severino 477 - Perticari Monti Co-
stanza 284 - Pescatore Costantino 64 - Pesaina Carlo 83 -
Pessina Enrico 213 - Petrarca Francesco 38, 302, 303, 320,
y Google
804 INDIGB.
364, 355, 388, 402, 409, 430 - Petricckrii Oius. 477 - P^zw
502 - Petzholdt 547 - Petruccì G. 295 - Pfleiderer Rod. 164 -
Pianciani P. Giamb. 50, 147, 148 - Picirilio P. Carlo 148, 159
- Picei Gius. 347 - Picchionì L. 216, 632 - Pierìni And, 831
87, 89 - Piermartini L. 154 - Pieromaldi Atenaide Zaira 154
- Pietrasanta Ang. 94 - Pioto M. 172 - Piper Carlo 858, 854
- Pippi GiroL 81 - Pisani 94 - Pizzi Italo 154 - PoccEantì M-
ohele 8 - Podesti Fr. 82, 84, 85, 86, 95, 98, 99 - Poerìo Akss.
47 - PoU Fr. 183 - Poletto Jacopo 154, 155, 316, 505 - Pe^
litti Lancilotto 114 - Polizzi Giam. 37 - Ponsalene 99 - Ponti
M. 314, 356, 375 - Ptìsocco Ugo Ces. 183, 306. 864 - Potgiete-
E. J. 39, 489 - Pregel Gugl. 217 - Prezzolini Pietro 156 -
Prunai Gaetano 37 - Puccianti Gina. 119, 527 - Puccini Toffi-
niaso 156.
Quadrio P. Sav. 147, 156 -» Quarenghi Luigi 85 - Quercì
Dario ^7 - Quinto Gherardo 37.
Raffaelli march. Filippo 80 - Raffaelli Pietro 417 - RafTaelio
d'Urbino 86, 93 - Rajna Pio 530 - Rambeili Gianfr. 57 - Ra-
tisbonne L. 478 - Rapisardi Mario 871 - Raur Gust. Adolib
856 - Ravina J. A. 402 - Razzolini L. 280, 340 - Recke
E. 184 - Redi Fr. 255 - Refini Fr. 93 - Rendu Eb^. 48 -
Renieri Marco 324, 358, 389, 394, 401, 403, 419, 462, 469,
470 - Renzi 240 - Reumont Alfredo 13; 412 - Ricd Paolo 97
- Ricci Teodorico 156, 193 - Richard Alb. 42 - Richter D. 164
. Ridolfi 83, 87 - Ridsdale Ellaby Ernesto 484 - Rieger M. 164
" Rigutini G. 338 - Rinoldi Tomaso 37 - Rinuccini Annibale
254 - Rocchi Gino 283 - Roffia Donato 250 - Romani Felice
183 - Romani Matteo 228 - Romano fìaldaasare 265 - Ron-
dani A. 89, 106, 269, 386 - Ronzani Dom. 183 - Ronzi Angelo
870 - Roeciate da Alber. 19 - Roseburghe Lothian 14 - Rosei
Fortun. 94 - Rosmini A. 46, 47, 48, 405, 426 - Rossetti Gabr.
8 - Rossetti Dante Gabriele 510 - Rossi Raff. 156 - Rosa
Scotti Giamb. 37 - Rossi Gius. M. 332 - Rossi mons. Ste&no
548 - Rttbbl A. 8, 31 - Ruberti Luigi 342.
Sabbatelli L. 85 - Sacchi Defend. 8, 13 - Sacchi Gius. 475
- Salomone Marino Salv. 36, 38, 76, 220, 231, 285, 305, 306,
y Google
WDIC8. 895
«4, 350, 372 - Salvi Lod. 289 - Salvini Antoninaria 252, 255
Sander 11, 204 - SantareUi 863 - Sapio Paolo 36 - Sarti P.
leu. M. 149 - SassetU Filippo 257, 313, 351 - ScarabelU Lu-
ciano 12, 18, 102, 221, 222, 231, 240, 241, 243, 245, 307,
i^e, 329, 396, 453 • Scarampi Gius. 43 - Scaramuzza Fr. 86«
lOO • Scartazàni Giov. Andrea 15, 107, 164, 215, 218, 276,
501 , 420, 547, 551, 857, 881 - Scherer Edm. 33 - Schlegel Aug.
3^11^1. 498, 865 - Schlosser 865 - Schmidt Gius. 546 - Schiick
ie4, 862 -Scriffignini F. 184 - Segardi Lod. 39 - Segusi Ang.
D7 - Sella Quintino 864 - Semoli Farinello 540 - Serassi Pier
A.- 9 - Sercambi Giovanni 290 - Sennini Gentile 18 - Ser-
ra,valle di Giov. 292 - Servazere 84 - Sforza Giovanni 115 -
Sliewyrew 171 - Sicca Angelo 242 - Siccone Polentano 12 -
Sieber Ferd. 509 - SUvestri Gius. 38, 46, 299 - Silvestri can.
156 - Simone Fr. 477 - Simone de Magistris 81- - Siragusa
O. B. 37 - Sissa Luciano 141 - Smania Michel. 271 - Sogliano
86 - Solari scult. 94 - Sorbi Raf. 87 - Sorio Bart. 233, 255,
242, 257 - Spera Gius. 33, 156 - Stefeld G. F.'215 - Streckfuss
Carlo 495, 498 - Strocchì Dionigi 283 -^ Strocchi Loreta Gi-
nevra 38 - Strozzi Aless. 254 - Strozzi Giov. 258 - Svegliato
Giamb. 39.
Taddei Rosa 38, 184 - Tadolini Adamo 97, 100 - Talen-
toni Giov. 255 - Talia P. Giamb. 156 - Tanci Mario 255 -
Tancredi G. 74, 78, 209, 360, 384 - Targioni Tozzetti Ottaviano
59 - Thodea v. Velzen U. W. 488 - Thorwaldsen 83, 85, 86
- Tiboni can. Pietro 344 - Tieck Luigi 856 - Tiraboschi Gir.
9, 147 - Tishbein Enr. 86 - Todeschini Gius. 5, 67, 72, 156,
157, 159, 160, 214, 230, 244, 284, 299, 300, 310, 313, 314,
319, 320, 330, 331, 344, 360, 364, 371, 375, 376, 377, 382,
394, 399, 403, 413, 415, 421, 433, 436, 446, 453, 461, 462,
470, 510, 528, 532, 539, 545 - Tommaseo Nicolò 9, 13, 54,
115, 142, 160, 233, 296, 318, 401, 436 - TomJinson Carlo 510
- Tondi prof. 32 - Topin Ippol. 33, 480 - Torelli Gius. 59,
161, 400 - Torri Aless. 422, 545 - Tortoli Giov. 339 - Trezza
G. 58 - Treverret 48 - Trevisani Gaetano 217 - Tripepi mons.
Luigi 864 - Trissino Fr. 289 - Trivellato Gius. 38 - Trivellini
Fr. 866 - Trivulzio Giangiac. 221 - Trombetti Ottone 863 -
Tunisi Colonna Gius. 38.
y Google
896 IMDICB.
Ugolini Fil. 9 - Uhland Lud. 39.
Vaocaro Eman. 185, 289 - Yacolini Domenico 59 - Val-
^migU G. M. 364, 368, 396, 399 - Vallati Pietro 85 - VjUletu
Ignazio 184 - Valnssi Pacifico 316 - Varchi Benedetto 25".
258 - Vassallo Carlo 51 - Vedovati Fil. 540 - Vdutello Al».
5 - Venturi Luigi 32, 118, 121, 284 - Venturi Pompeo 146
- Venturi Pietro 284 - Venturini Domen. 204, 270, 295, 300,
306, 877 - Veratti Bar. 324, 326, 337 • Vergotin P. 502 -
Verini Fr. 257 - Vernon Lord. 20 - Vettori P. 373, 415 -
Viale A. José 482 - Viani Prospero 228, 351 - Viani P. Bo^
naventura 300, 871 - Vichi 151 - Vidal GaeUno 865 - Vi-
gano Saly. 184 - Villani Giovanni 1 - Villani Filippo 3 -
Villani Nicola 351 - Villareale Mario 36. 37, 38, 183, 184 -
Villari FiUppo 269 - Villémain 165 - Vitali Pietro 509 - VolL>
Benedetto 856 - Volpi Giov. Ant. 323 - Voltaire Fr. M. 9.
Wesselovsky A. 171 - Witte Carlo 15, 494, 529, 531. 539,
543, 544, 551, 879 - Wolters W. C. 14.
Zaccaria Fr. Ant. 9 - Zacheroni G. 281 - Zanchi Gius. 270.
428, 879 - Zaknjaski Fr. 50 * Zani de Ferranti A. 222, 230,
232 - Zannoni 332, 348, 392 - Zappi Giamb. 38 - Zarpanalian
p. Karkino 504 - Zeiler 501 - Zinelli Fed. 9, 46 - Zobi A.
368 - Zolese Gaet. 145, 231, 232.
y Google
S97
INDICE GENERALE
BIBLIOGRAFIA DANTESCA.
Studi biografici pag. 1
Monografie biografiche 12
Accenni cronologici 20
Documenti - Riguardanti la vita, 21. - Le
ceneri, 22. - La casa di Dante, 25.
Elogi 30
Paralleli 30, 854
Componimenti poetici in onore di Dante 33, 856
Epigrafi 40
Componimenti drammatici. ... 42, 856
Religione e Cattolicismo di Dante ... 42
Intento cattolico della Divina Commedia 44
Teologia di Dante 46, 856
Politica di Dante 47, 859
Filosofia 48, 860
Scienza del diritto e giurisprudenza penale 52
Cognizioni scientifiche in generale ... 56
Scienze Naturali 57
Scienze fisiche e matematiche . . 59, 860
SuU* epoca della Visione. - Itinerario della
Divina Commedia 66, 862
y Google
ì INDICE OBNBRALB
Del sito e della figura dei tre regni pag. 70
Cognizioni poliglotte 72, 862
Dante e le Arti Belle 78, 862
Influenza di Dante sulla poesia dell'arto
della sua nazione 81
Tele, afireschi, sculture il cui soggetto è
preso dalla Divina Commedia ... 82
Disegni, illustrazioni del Divino Poema . 88
Ritratti, statue ed altri dipinti riguardanti
Dante Alighieri 93, 862
Dipinti e disegni riguardanti la vita di Dante
Alighieri 98
Articoli critici su alcuni soggetti artìstici
danteschi 100
Dante e la Musica 108
Artisti declamatori della Divina Commedia 109
Studi storici sui tempi di Dante . Ili, 863
Studi sulla Divina Commedia . . 117, 863
Originalità del Poema di Dante. - Leg-
gende e Visioni 172
Imitatori del divino Poema . . . 181, 865
Soggetti inspirati dalla Div. Commedia 182, 869
Allegoria della Divina Commedia . 185, 870
Le tre Donne Benedette .... 206, 870
Virgilio secondo le credenze del Medio Evo 212.
Il Veltro 213
La Matelda 216
Altri simboli della Divina Commedia . . 218
Illustrazioni di Codici 220
Studi sul Testo 222
y Google
INDICE QENBRALB 999
Osservazioni su alcune Varianti contro-
verse pag. 231
Riproduzione di Codici 245
Lettori della Divina Commedia . . 247, 871
Comenti 272
!NuoYe edizioni di Comenti. 272, 871. - Comeoti inediti an-
tichi per la prima volta pubblicati. 273. - Nuovi Comenti.
2T4. - Comenti nuovi parziali. 279, 871. - Rubriche, esposi-
zioni analitiche, compendi, argomenti. 288. - Articoli critici
su comenti. 289. - Comenti inediti. 290. •
Illustrazioni filologiche e storiche di pa-
recchi passi della Divina Commedia 295, 872
Traduttori 471
I. Traduzioni in dialetto. 471. - II. Latine. 473, 877. -
III. Francesi. 478. - IV. Castigliane e Catalane. 481. -
V. Portoghesi. 482, 877. - VI. Inglesi. 482. - VII. Olan-
desi. 484. - Vili, "tedesche. 489, 878. - Prospetto delle
versioni tedesche della Divina Commedia. 497. - IX. In
Boemo. 500. - X. In Polacco. 877. - XI. Trad. Slave. 501,
- XII. Ungheresi. 501. - XHI. Russe. 502. - XIV. In Greco
moderno. 502. - XV. Armene. 502.
Opere Minori . . . . 505
Le Rime di Dante
Le Rime di Dante. 506. - Nuove edizioni. - Rime inedite
e Rime attribuite a Dante. 507. - Studi sul testo delle
Rime. 509. - Versioni. 510. - Rime Musicate. 511.
Le Prose Volgari 511
La Vita Nuova
La Vita Nuova. 527. - Nuove edizioni. 529. - Studi sul
Testo. 532.
Il Convito 535
De Vulgari Eloquio 540
y Google
900 INDICB GBNBRAUB
De Monarchia
De Monarchia. 542. - Nuove edizioni. 543. - Trada-
zioni. 543.
Epistole pag. 544
Quaestio de Aqua et Terra 546
Egloghe 546, 881
Bibliografia 547, 881
Le feste di Dante 547
Onoranze a Dante Alighieri 548
Collezioni 549
BIBLIOGRAFIA PETRARCHESCA.
Parte Biografica.
Biografi pag. 555
Sommari cronologici 568
Bibliografia biografica 569
•Monografie biografiche 569
La Casa del Petrarca, e relativi Documenti 589
Vicende della tomba di Fr. Petrarca. Do-
^ cumenti relativi al furto del 1630 . . 598
Elogi ' 612
Iconografia 615
Ritratti, Statue, Dipinti 616
Incisioni 625
Medaglie 627
Iscrizioni monumentali onorarie. . . . 629
Componimenti poetici in onore del Petrarca 634
Componimenti poetici pubblicati in occasione
del Centenario 640
Componimenti drammatici 644
y Google
moIOB OBNBBALB 901
Il Canzoniere.
Madonna Laura pag. 645
Dell'amore di Fr. Petrarca 652
Della lirica di Fr. Petrarca 654
Versioni 667
I. Latine. 667. - II. In dialetto. 670. - III. Francesi. 671.
- IV. In CastigUano. 675. - V. Portoghesi. 677. - VI. In-
glesi. 677. - VII. Tedesche. 680. - Vllf. In Boemo. 681.
- IX. In Polacco. 682. - X. In Olandese. 682. - XI. In
Rumeno. 682. - XII. In Greco moderno. 683. - XIII. In
Ebraico. 683.
Comentatori 683
-Conienti parziali 701
Comenti inediti 726
Lezioni inedite dette all'Accademia fio-
rentina 729
Petrarca e la Musica 732
Poesie inedite del Petrarca od attribuitegli 732
Studi sul Testo 737
Il Canzoniere spiritualizzato 744
Imitatori e Centonisti . 747
Grammatici, Retori, Raccoglitori . . . 749
Apologie e Censure. . . . ^. . . . 752
Illustrazioni di Codici - 755
Edizioni - Bibliografia 758
Opere Latine.
Africa 763
Poemata Minora 769
De Contemptu Mundi ....... 773
De Vita solitaria 775
Psalmi Pcenitentiales 779
De Rebus Memorandis 780
y Google
902 IMDICB GBNSSàLB
De vera Sapientia pag. 781
De Remediis utriusque Fortunae ... 782
De sui ìpsius et aliorum ignorantia . .788
De Viris iliustribus 788
Epistolae . . . • 794
De OflBcio et virtute Imperatoris ... 804
De Republica optime administranda . . 805
Epistola III del libro XVII delle Senili
(Versione della Griselda) 803
Epistola ad Posteros 808
Lettere apocrife 809
Testameutum 810
Scritti inediti di Fr. Petrarca .... 812
Scritti attribuiti al Petrarca .... 815
Studi sul Petrarca 816
Paralleli. 820. - La Politica del Petrarca. 823. - Fr. Pe-
ti^arca filosofo. 825. - Fr. Petrarca precursore della Ri-
nascenza. 827.
Le Città italiane e l'Italia nel Petrarca 83C
Onoranze al Petrarca 843
Collezioni Petrarchesche 848
Supplemento 851
Supplemento alla Bibliografia dantesca . 854
Dichiarazione 884
Indice delle persone ricordate .... 887
Indice generale 897
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