Full text of "Memorie"
ATTI
DELLA
ACCADEMIA DEI LUCEI
ANNO GGXGI.
1894
SETRIE Q,TJI3ÌTT^
CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
VOLUME n.
Parte 1* — Memorie
Parte 2" — Notizie degli Scavi.
V.
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
ntrsinX biu. oat. t. uititcoi
1896
ATTI
DELLA
E. ACCADEMIA DEI LINCEI
ANNO GGXGI.
1894:
SEI5.IE] Q^TIIITT^
GLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE
VOLUME IL
Parte V — Memorie
Partk 2^ — Notizie degli Scavi.
ROMA
TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI
rnorBtRTX drl cat. t. aALvrocoi
1896
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PARTE PRIMA
MEMORIE
Classe di scienze morali ecc. — Mkmorib — Voi. Il, Serie 5", p&rt* 1* l
RELAZIONE
letta dal Socio Ignazio Guidi a iiouie anche del Socio Teza uella seduta
del 15 aprile 1894 sulla Memoria del dr. C. A. Nallino intitolata:
Al-Huioàrìzml e il suo rifacimento della Geografia di Tolomeo.
« Nella memoria che il di-. Nallino presenta all'Accademia, l'A. prende in esame
il libro del Huwàrizmì sulla « figura della terra » J>;V\ ìs^^-o, del qual libro, noto
fino a poco tempo solo da citazioni di altri geografi, è stato recentemente ritrovato
un ms. che si conserva nella biblioteca di Strassburgo. Il Nallino tocca brevemente
degli studii geografici presso gli Arabi, specialmente sotto Mamùn, e quindi ragiona
della vita e degli scritti del Huwàrizmì. Egli mostra che non ostante il divario che
COITO fra la J»;Vi i^y^ e la yswYQMpixi) vcpì'ji^aig di Tolomeo, quest'ultima, e non
altra opera greca, è la prima fonte del libro dell'Huwàrizmì, sebbene non diretta ed
immediata. Imperocché la J>j^ ij^-o è, innanzi tutto, l'illustrazione di una carta, e
precisamente di quella specie di atlante (celeste e) terrestre che aveva fatto fare Ma-
mùn ; atlante per la cui composizione era stata messa grandemente a profitto la geogi'afia
di Tolomeo. L'opera di Huwàrizmì, nella quale sono copiose notizie e determinazioni
nuove, può avere il vanto di lavoro, in buona parte, originale, siccome certo ha quello
di essere assai rilevante e per sé stessa e per l'infiuenza avuta sulle posteriori opere
geografiche degli Arabi. Il Nallino ragiona in seguito sulla critica del testo dell'unico
ms. della J>;V; »)^-^, ed esamina e dichiara ad una ad una le grandi divisioni del-
l'opera: l'Africa, l'Asia occidentale e centrale, l'Asia orientale e l'Europa.
« La Commissione che loda la vasta e peregrina erudizione del di'. Nallino, il
suo ottimo metodo critico, e l'importanza che i risultamenti da lui ottenuti hanno
per la storia della geografia, non può non proporro all'Accademia che la memoria
sia integralmente inserita nei suoi Atti i .
Al-Huwririzmì e il suo rifacimento della Geografia di Tolomeo.
Memoria di C. A. NALLINO.
AVVERTENZA.
I f^co^afi arabi il cui nome ricorre più di frequente sono citati in qaesto modo:
al-l?tal»rl. Viae regnorum. Descriptio ditionis moilemicae auctore Abu Ishdk al-Fdrist
al- /stnkhrì. Edidit M. J. de tìocje. Lugduui Batavorum 1870.
Ibn Hawqal. Via et regna. Descriptio ditionis moslemicae auctore Abu 'l-Kdsim ibn Ilau-
ical, Edidit M. J. de Goeje. Lugd. Batav. 1873.
a1-Muqaddas!. Descriptio imperii moslemici auctore al- 3/okaddas i. Edidit M. .T. de tiocje.
Lugd. Batav. 1876-77.
Ibn al-Faqih. Compendium libri Kitnb al-Bolddn auctore Ibn al-Faklh al-IIamadhdni.
Edidit M. J. de Goeje. Lugd. Batav. 1885.
Ibn Hurdiidboh, Qodàmah. Kitàb al-Masdlik tra'l-mamdlik auctore Ibn Khordddhbeh
Accedunt excerpta e Kitdb al-Kìiarddj auctore Koddmah ibn Dja'far. Una cum versione
gallica edidit M. J. de Goeje. Lugd. Batav. 1889.
Ibn Rosteh, al-Ya'qùbi. Kitdb al-A'ldk an-NafUa VII auctore Ibn Rosteh et Kitdb <tl-
Bolddn auctore al-Jakùbl. Edidit M. J. de Goeje. Lugd. Bat. 1892.
al-Edrìsi. Géographie d'Edrt'si traduite de l'arabe en franfais par P. Amédt'e Jaubert.
Paris 1836-40, 2 voli.
Abfi "I-fidà' (Aboulf.). Géographie d'Aboulféda. Textc arabo publie par M. ReinauJ et M.
le Baron Mac Gnckin de Slane. Paris 1840.
ai-Mas' udì. Mafoudi. Les prairies d'or. Teite et traduction par C. Barbier de Meynard.
Paris 18G1-77, 9 voli.
Yàqùt Jacut's Geograpkisches ÌVórterbuch herausgegeben von F. WQstenfeld. Leipzig 1866-
1873, 6 voli, in 10 tomi.
ad-Dimasq5. Manuel de la cosmographie du moyen dge traduit de l'arabe de Shems ed din
Abou 'Abdallah Mohammed de Damas, par A. F. Mcliren. Copcnague 1874.
Ibn YCinns (J. Y.). Ibn Yùnus, Kitdb az-zlg al-kabir al-hnkimi. Ms. della Bibl. di Leida. Ms.
Or. 143 (Catal. DI, p. 88, n. 1057).
Per T 0 1 <i m e 0 mi servo dell'edizione curata da C. F. A. Nobbe, 2* ristampa. Lipsiae 1881-88, 3 voli.
Sento qui il dovere di render vivissime grazie al prof. Th. Noldeke ed al Sig. Bibliotecario
Dr. Harack di Strasburgo, por mezzo dei quali ebbi gentilmente a prestito il ms. unico d"al-Hu-
wàrizmi ; al Prof. M. ,T. de Goeje di Leida, che nella sua qualità d'Intcrpres legati Warneriani
m'inviò, appena lo rìcliiesi, il codice loidcnsc d'Ibn Yùnus; infine al mio Maestro Prof. G. Cora,
il quale, ponendo generosamente a mia disposizione la sua riccliissima biblioteca, mi diede mezzo
di compiere questo lavoro.
I.
Prime versioni arabe d'opere di Tolomeo.
Mentre a Damasco regnava ancora la dinastia ommiade, che sotto certi aspetti
sembrava far rivivere le idee della ffilhiliyyah o t barbarie " (come Maometto aveva
qualiticato la vita dell'Arabia antoislàmica), già nel primo secolo dell'egira abbiamo
tracce di commercio intellettuale fra gli arabi conquistatori ed i vinti Bizantini e
Persiani. Hàlid ben Yazìd, lo sfortunato principe di stirpe ommiade che mori in an-
cor giovane età neir82 dell'Egira (15 Febbraio 701 — 3 Febbr. 702), si era dato con
passione sovra tutto allo studio dell'Alchimia, e Stefano l'antico (Istifan al-qadim)
era stato da lui incaricato appunto di tradurre opere greche o siriache relative a
questa e ad altre scienze (')•
E gì' impulsi a tradurre in arabo i libri più notevoli greci, pehlevici, siriaci e
persino indiani, crebbero quando, trasportata dagli 'Abbàsidi la sede del calitfato a
Bagdad u la posta da Dio » (come significa il suo nome d'origine iranica), i dotti
musulmani furono attratti in quelle regioni medesime ove era fiorita rigogliosa la ci-
viltà sàsànidica. Ed i primi califfi 'abbàsidi, coadiuvati dai loro ministri della casa
di Barmek, favorirono con tutte le loro forze questo febbrile rivolgersi dei dotti alla
scienza degli antichi, e stipendiarono apposite persone le quali doveano colle loro tra-
duzioni render accessibili a tutti i tesori dell'antichità.
Ma ben presto parvero insufficienti le opere conservate nelle biblioteche di Siria
0 di Mesopotamia ; ed al-Ma'mùn (-) senfi il bisogno di rivolgersi direttamente al-
l'imperatore bizantino, e di inviare nelle terre di lui uomini dotti per ottenere « quanto
v'era di scelto fra le opere scientifiche antiche conservate e tenute in gran pregio
nel paese di Riìm » (^). Né sembra che al-Ma'mun si limitasse a chieder libri, poi-
ché sappiamo che nell'anno 251 dell'era di Yezde^ird III (=883 d. Cr.) parecchi
astronomi osservarono a Damasco l'obliquità dell' eclittica con uno strumento appo-
sito che al-Ma'mun medesimo avea fatto venire dal paese dei Rum (*•). Anche i pri-
vati cercarono d'imitare l'esempio del califfo; quindi leggiamo che i tre famosi fratelli
figli di Miìsà ben Sàkir, datisi con ardore allo studio della scienza antica, inviarono
gente nell'impero bizantino per scoprire ed acquistare opere dell' antichità ellenica (^).
(') Kitàb al-Fihrist, herausgegeben von G. Fliigel, J. Rodiger und A. Miiller. Leipzig
1872, p. 244, 1. 2 e anche p. 242, 1. 8 segg.
(«) Regnò dal 2G niuliarram 198 al 18 ragab 218 (26 sett. 813—9 ag. 833).
(5) Kitiib al-Fihrist, p. 243; vedi anche flaji K hai fa e Lexicon l/ibliogr. et encydopae-
dicum, arabice et latine edidit G. Fliigel. Lipsiae 1835-58, voi. I, p. 81.
(*) Ibn Yùnus, cap. XI, p. 222 del ins. di Leida: c^r''"»^' Uiliub y,\ ^\S ^\ iJ'ilb
>y^>j^ roi i-l*o ,3 iJV^ sj^^ ^^«^1 O^i f»^* -^^ -il <*^y cx^- — H risultato
fu 23° 33' 52" (nel ms. '-^ ^ ^).
(5) Kitdb al-Fihrist, p. 243, 1. 15, e p. 271; Ibn Hallikàn, Dizionario biografico s. v. Banù
Musa ben Sàkir (ed. Cairo 1299/1882, voi. U, p. 505). Da un altro passo di Ibn Hallikàn (I, 178, s.
V. Tàbit b. Qorrah) sembra che lo stesso Abù 'Abd Allah Muhaniinad, uno dei tre fratelli, si fosse
recato nell'impero bizantino.
— 6 —
ii naturale che non venissero frattanto dimenticate le opere del famoso astronomo
alessandrino, Claudio Tolomeo: ed infatti sappiamo con certezza che lo seguenti furono
tradotte prima della morte di al-Ma'mùn:
1°. La ci'viithi xìfi lìarQuiouiui, in arabo al-Ma^is(l, tradotta e commentata
per la prima volta da Yaliyà ben Hàlid ben Barmak, che mori nel 191 eg. (17 Nov.
806—5 Nov. 807) ('). Sotto al-Ma'mùn l'opera incontrò molto favore e diede luogo
a studi speciali: Abù Hayyàn (o Abiì Hassan) e Salma la commentarono di nuovo (-);
al-Haggàji; ben Matar insieme con Sergùn ben Hiliyyà ar-Kùmì nel 214 (11 Marzo
829 — 27 Febbr. 830) ne diede ima seconda e miglior traduzione {^) ; e da ultimo
Mul.iammad ben Katìr al-Fariànì ne pubblicava un succoso compendio (^).
2". Il trattato astrologico Tfrnù;ii;i).oc ai viarie ^Kt^ijiutixi], in arabo Kitàb
al-arba'ah tradotto sotto al-Man>ur (9 Giugno 754—7 Ott. 775) da al-Batriq, e tosto
commentato sopra questa traduzione da 'Omar ben al-Farrubàn (^). Kegnando al-Ma'-
mùn, Ibràhìm ben as-Salt lo tradusse e commentò di nuovo ('').
3°. La « Tavola [astronomica] di Tolomeo " [yid BaUamyàs) fu commentata,
probabilmente sotto Hàriìn ar-Rasìd, da Ayyiìb e Sim'ùn per conto di Mubammad ben
Hàlid ben Yahyà ben Barmak ("). La medesima opera è citata in al-Fargànì (*) ;
ed il Golio, annotando questo passo, la crede eguale al xavùv nQÓxfiQog, che Snida
annovera fra le opere di Tolomeo ('')•
Quanto alla ytmyQictfixi] v(fijì,nic » Introduzione alla cartografia " non abbiamo
notizie sicure; ci è noto che essa fu tradotta per al-Kindi ('"), ma poiché questi morì
intorno al 260 eg. (874 d. Cr.), riesce impossibile stabilire se questa versione sia
(>) KUdb al-Fihrist, p. 2G7, 1. ult.; Casi ri, Bibliotheca arabo-hispann escurialensis. Matriti
1700-70, voi. I, p. 349-350 (estratti da al-Qift1). Cf. pure al-Mas'ùdi, VUI, 291; H. H. V, 38C,
nr. 11J13.
(«) Kitdb al-Fihrist, p. 268, 1. 1 ; Casiri, 1. c; H. H. 1. e.
P) Kitdb al-Fihrist, p. 244, 1. 4 e 208, 1.2; Casiri, 1. e; Catal. coda, orient. Bibl. Acad.
Lugduno-Batavae. L"gd. 15at. 1851-77, t. IH, p. 80. n. 1044.
(*) Kitdb al-Fihrist, p. 379. Numerose altre versioni e commenti posteriori sono indicati nel
Kitdb al-Fihrist p. 268, e nella prefazione al Kitdb el-Ubd'fi sarh as-sakl al-qa{(d' di 'Ali ben
.^hmad an Nasawi (IV o V sec. cg.) riportata nel Catal. codd. orient. Lugd. Batav. t. ITI,
p. 90. IV-i rifacimenti si pu''i consultare M. Steinsehncider, Die arabischcn Bearbeiter des Al-
maijest {Bibliotheca mathematica lirsg. von G. EnestrOni, Neue Folge, VI. Bd. 1892, p. 52-62).
(*) Kitdb al-Fihrist, p. 268, 1. 5 e 273, 1. 15.
(6) Kitdb al-Fihrist, p. 208, 1. 5 e 7.
C) Kitdb al-Fihrist, p. 244.
(*) Muliammadis filli Ketiri Fergancnsis qui vulgo Al fraganus dicitur, Elementa
astronomica, arabicu et latine cum notis, opera J. Golii. Amstelodami 1069, p. 6, 1. 13.
(») Suìdae Lexicon recensuit Bernhardy. Halis 1834-53, t. II, pars II, p. 526.
(>") Nel Kitdb al-Fihrist, p. 268 è detto che il Kildh l'/ijirdfiyd Hi To\omeo fu u tradotto per
al kindi n (nuqila li-'l-kindi). Invece al-QiftS (in Casiri, Bibl. arab. hisp. I, 349) scrive: "Al-
l' Kindì tradusse in arabo questo libro ». — Siccome nel Inngo catalogo delle opere di al-Kindt che
trovasi nel Fihnst (ji. 255-201) ed in un altro luogo d'al-Qifti, non è ricurdata questa traduzione
e «iccomc sappiamo che al-Kindi si fece tradurre ])er suo uso altro opere greche, cosi la notizia
del Fihrist è forso più esatta dell'altra. Ad ogni modo, secondo il Kitdb al-Fihrist. questa tradu-
zione era cattiva; una buona fu eseguita da labit ben Qorrah, morto nel 288 (26 Die. 900—
15 Die. 901).
— 7 —
contemporanea ovvero postorioro ad al-Ma'mim ('). Ibn Hunlàilbeh, al principio della
sua opera geografica (p. 3), dice: " Ho trovato che Tolomeo in una lingua straniera
« determinò i confini e rese evidenti le argomentazioni nel descrivere la terra; io
« tradussi questa descrizione dalla sua lingua in lingua chiara (cioè araba), affinchè
« tu possa prenderne conoscenza; e poi ho compilato quel che spero abbraccerà
«[ogni] tua richiesta e soddisferà il tuo desiderio, essendo come testimonianza di
B ciò che è lontano, come notizia di ciò che è vicino. Ne ho fatto così un libro ecc. " .
Da questo passo risulta che Ibn Hurdadbeh, prima di redigere la sua opera, aveva
voluto ti'adurre o farsi tradurre la geografia di Tolomeo. Il de Goeje ha dimostrato
che Ibn Hurdàdbeh fece due edizioni del suo libro, una verso il 232 (846/847), l'al-
tra verso il 272 (885/886); se dunque il passo da me citato si trovava già nella
prima, dovremmo couchiudere che questa traduzione della geografia di Tolomeo per
opera di Ibn Hurdàdbeh fu di assai poco posteriore alla morte di ai-Ma' mùn. Ma era
una versione per uso privato ; della quale forse il pubblico non potè mai approfittare.
Tuttavia, se mancano indizi sicuri d'una versione del geografo greco durante il
regno di al-Ma'mùn, nel Kitdb mrat al-ard o « Libro della figura della terra " di
Muhammad ben Musa al-Huwàrizmì troviamo in compenso un ardito tentativo di
rifare l'opera classica di Tolomeo.
II.
Vita ed opere d' al-Huvv^àrizmì.
Le notizie a noi giunte intorno alla vita di Abù Ga'far Muhammad ben Miìsà
al-Huwàrizmì sono scarsissime. L'autore del Kltàb ai-Flhrisl (-) ed al-Qiftì (■*) atte-
stano ch'egli era oriundo del Huwàrizm, il Hwàirizem dell' Avestà, l'Uwàrazmi delle
iscrizioni cuneiformi persiane, vale a dire di quel territorio che più tai'di costituì il.
hàuato di Hìwah; ma forse, quand'egli nacque, la sua famiglia s'era già stabilita nella
Mesopotamia. Il soprannome d'al-Qotrobbolì, datogli da at-Tabarì in un passo che
riporterò più sotto, potrebbe anzi indicare che egli nacque a Qotrobbol, borgata posta
sull'Eufrate non lungi da al-Anbàr e famosa pel suo vino. L'altro titolo d'al-Ma.^ùsi,
datogli pm-e da at-Tabari, indica verosimilmente che la sua famiglia in antico, e forse
egli stesso nella sua giovinezza, era di religione zoroastriana.
Ad ogni modo in ancor giovane età lo vediamo onorato da al-Ma'mùn, e addetto
alla famosa Dar al-hikmah ('') o Casa della sapienza, a Bagdad. Era questa un'acca-
(') Hàggi Haltfali 11,003, nr. 4130 dice della Geografìa di Tolomeo: « fu tradotta in arabo
« al tempo di al-Ma'mùn, ma ora è irreperibile ». La notizia è un po' troppo vaga perchò si possa
trarne una conclusione sicura. — Una versione araba della Geografia di Tolomeo, sfuggita a tutti
i bibliografi, è quella fatta eseguire da Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli. Ne esiste
un manoscritto nella biblioteca di S. Sofia, del quale potei avere alcuni estratti grazie alla cortesia
del prof. Bonelli.
(2) Kitdb al-Fihrist, p. 274.
(') Al-C^iftt, Tarih al-ìiukamd', Bibl. di Monaco, cod. arab. 4-10, f. 108,v.
(■•) Detta anche « Bcyt al-hikmah, Hizànat al-l.iiknuili ", e persino u Hizànah kutub .al-l.iikmah •'
(p. OS. al-Qiftì, cod. eit. f. 108,v.).
— 8 —
demia di dotti, istituita a quanto pare da Hàri'in ar-liasid ('), ma ampliata e resa
celebre da ai-Ma luiiii; lo ora annessa una ricca biblioteca, ove speciali ed intelligenti
copisti orano destinati ad aumentare continuamente la suppellettile dei libri (-). Dotti
di gran lama, come Salma ('), Abu Hayyfin ('), Salii ben Hàrùn (■), avevano la di-
rezione di quel vasto stabilimento sciontitico, il quale fu della massima importanza
per lo svolgimento della coltura.
In quell'ambiente favorevole al-Huwàrizmì, cbe si era dato in modo speciale
agli studi matematici ed a.stronomici, compose per ordine dal-Ma'mun un compendio
delle tavole astronomiche dette Sindhind, ed un breve trattato d'algebra elementare,
che contribuì alla diffusione di questa scienza fra le persone colte dell' oriento mu-
sulmano. Immerso negli .^tiidi, pare che abl)ia passato tian(iuillamente la vita durante
i califfati d'al-Ma'miin e d'al-Mutasim ('•) ; invoco nel primo anno di regno d'al-Wà-
tiq bi-'llah (") fu da questi mandato, probabibnonte a scopo di studio, al tarhàn o
re dei Hazar (nella Russia meridionale tino al versante Nord del Caucaso) (^). Ma
non sappiamo se il nostro al-Huw;irizmì, o piuttosto il suo noto con'^emporaneo Mu-
i.iamniad ben Miì-sil ben »ùkir, sia il viaggiatore mandato dallo stesso al-Wàtiq reU'im-
pero bizantino, coli' incarico di visitare le tombe dei Sette Dormenti d'Efe^J,^», come
li chiama il Corano, della Ahi al-kahf « Gente della caverna ». Nella relazione di questo
viaggio conservataci da Ibn Hurdàdbeh (p. 10(3-107), e da Yàqùt (■') si legge che Mu-
hammad ben Musa l'astronomo, partito da SmTa-maii-ra'ìl sul Tigri, a monte di Ba-
gdad, con lettere di raccomandazione pel re dei Bizantini, passò a Qorrah nell'antica
Cappadocia, e di 1;\ in 4 giornate di viaggio (marlialah) arrivò ad una collina dove
appunto stava la caverna che si diceva contener i corpi ben conservati dei Sette Dor-
menti. Il guardiano del luogo cercò in ogni modo di dissuaderlo dall'entrare, desiderando
che non venisse scemata la credulità dei visitatori; ma il nostro viaggiatore non si
lasciò intimidire, od accompagnato da un servo munito di una torcia, entrò nel se-
polcro. » I cadaveri erano avvolti in coperte grossolane che, prese in mano, si stilac-
» ciavano; i corpi erano unti di aloe, mirra e canfora porche si conservassero; la pelle
(') Cosi sembrerebbe almeno da un passo del Kildb al-Fihrist, p. 105, 1. 4.
(*) Fra questi copisti il fihrist, p. 10.5, ricorda 'AUaii a'i-Su'ùbi, autore di varie opere impor-
tanti. — Un .Vbiì 'l-liaris è ricordato {Fihrist, p. 10, 1. 2) come un fanii-so legatore di libri per conto
della Dar al-hikmah ; e nel Fihrist medesimo (p. 19, 1. 15 e p. 21, 1. 26-27) si accenna a libri appar-
tenenti un tempo alla biblioteca d'al-Ma'mfìn.
(5) Fihrist, p.268, 1.1, e 305, 1. 19; al-Qifti in Casiri I, 349-350; Haji Khalfac, Le-
xicon, m, 95.
{*) Al-Qifti in Casiri, 1. e.
(5) Fihrist, p. 10, 1. 13.
{•') ricini.', dal 18 ragab 218 al 18 rabS' 1° 227 (9 ag. 833— 5 gonn. 842).
C) Kcga!, dal 18 rabi' I» 227 al 23 dfl 'l-bilJfiab 232 (5 penn. 842—10 ag. 847).
(') Al-Muqaddasi, p. 362. La data si liwcia determinare con esattezza percbò al-Muqaddasi
fa questo Tiajrpio anteriore all'altro famoso di Sallnm at-tur)iuman cbe cominciò nel 228 cg.
(») Yiiqùt II, p. 805-806. Un cenno se ne trova in al-HSrùnS {Albt'rùni's Chronoloijie
orientalitcher Vùlker, bmp. von K. Sachau, Leipzijr 1878, p. 290), che però sostituisce qui, come
altrove, al-Mu'tafira ad al-VVfitiq. — Un'altra relazione del viaggio fu narrata da al-Huwàrizmi ad
Alimad b.'n. at-Tayyib as-Sarahsi (m. 280 = 17 genn. 899-6 genn 900); al-Mas'iidS li, 307-308,
dioc di averla riprodotta nel suo al-Kitàb al-ausa(.
— 9 —
• era attaccata alle ossa; e passando la mano sul petto d'uno di loro sentii la du-
» rezza dei peli e la forza con cui erano piantati. 11 custode avoa preparato intanto
« il cibo e ci invitiN a mangiarne; ma appena lo assaggiammo, provammo un senso
« tale di disgusto da farci vomitare. Infatti il custode voleva ucciderci aftinché non
1 venisse smentito ciò che avrebbe narrato poi al re dei Rum, ossia che quelli erano
« i Sette Dormenti. Noi gli dicemmo: Avevamo creduto che tu ci mostreresti dei
« morti simili ai vivi; ma costoro non sono cosi » (')■ Solo in un cenno fugace conte-
nuto nel Kitàb at-tanbih {-) , il nome del viaggiatore è Muhammad ben Musa ben
Sàkii- l'astronomo ; e benché questo passo non sia forse decisivo, pure le probabilità
maggiori non sono per al-Huwàrizmì, tanto piìi se si considera quanto dissi a p. 5, nota ó.
Al nostro al-Huw;irizmì si riferisce una scena narrata non senza una punta di
ii-onia da at-Tabarì (=*) : « Quando il califfo al-Watii s'ammalò della malattia che lo
» condusse a morte, comandò di condurgli innanzi gli astronomi ; e gli furon condotti.
« Tra essi v'era al-Hasan ben Sahl (fratello d'al-Fadl ben Sahl), al-Padl ben Isl.iàq
« al-Hàsimi , Ismà'il ben Nawbalit , Muhammad ben Musa al-Huwàrizmì al-Magiisi
« al-Qotrobboli, Send (compagno di Muhammad ben al-Haytam) e tutti quelli insomma
» che guardavano le stelle. Essi osservarono e la stella di lui e l'oroscopo della sua
« nascita, poi dissero: Vivrà lungo tempo; anzi gli assegnarono 50 anni per l'avvenire.
« Invece non durò che 10 giorni, dopo i quali morì ».
Questa é l'ultima notizia che io conosca intorno ad al-Huwàrizmì, di cui per-
tanto rimangono ignoti gli anni della nascita e della morte; destino comune a tutti
gli antichi geografi ed a molti astronomi e matematici musulmani. Mi rimane solo
di citare in modo sommario gli scritti di al-Huwàrizmì di cui ci hanno lasciato ri-
cordo i biografi e bibliografi orientali.
1°. Kitdò al-gebr iva 'l-miiqdbalah (^), il famoso trattato d'algebra elementare
giungente sino alle equazioni di 2°. grado, composto per ordine del califfo al-Ma'mùn,
e che servì per due o tre secoli come manuale preparatorio a coloro che intendevano
darsi a questi studi (^). Anzi nel medio evo se ne fecero varie traduzioni latine ; una
(') Yàqùt invece scrive: " Il malvagio voleva uccider noi o qualcuno di noi, affinchè gli riu-
u scisse di dar ad intendere al re che gli stessi Sette Dormienti ci avevano fatto perire. Noi gli
u dicemmo : Avevamo creduto che essi fossero vivi simili ai morti. Poi lo lasciammo e ce ne andammo >i .
(2) A'itdb at-tanbih iva H-ischrdf mctoie al-Mas'ùdì, ed. M. J. de Goeje. Lugd. Batav. 1894,
p. 134. Ivi l'autore dice d'aver già riferito i particolari della spedizione nel suo libro A'itdb al-islid-
/ta>. _ Cfr. anche i detti intorno ad alcune chiese bizantine raccolti da un Muhammad ben Musa,
in Ibn Rosteh, p. 8.3, e nel passo parallelo di Ibn Hurdàdbeh 1C1-G2.
(3) Annales quos scripsit Ahu Djafar Mohammed ibn Djarir at-Tabari, cum aliis edidit
M. J. de Goeje. Lugduni Batavorum 1879-90, ser. Ili, t. E, p. 1363. Ibn al-.\tir riferisce la stessa
scena, citando solo il nome di al-Hasan ben Sahl (Ibn el-Athiri, Chronicon quod perfertissimum
inscribitur, edidit C. J. Tornberg, Upsaliae et Lugd. Batav. 1851-76, t. VII, p. 21, all'anno 232).
(<) Haji Khalfae Lexicon, t. V, d. 67, nr. 10012 e II, 585, nr. 3996; al-Qiftì, Bibl. di
Monaco, cod. arab. 440, f. 108,v. Il A'itdb al-Fihrist non cita quest'opera nel suo articolo su al-Hu-
■wàrizml; ricorda perù i commonti su quest'algebra composti da as-Saydanàni (p. 280), da Sinàn ben
al-Fath (p. 281) e da Abù 'l-Weffi' (p. 283). Inoltre nel Fihrist 275, si fa menzione d'un A'itdb al-gebr
wa 'l-murjdbalah composto da Send ben 'Alt, illustre astronomo contemporaneo d'al-Huwàrizmi.
(5) Il libro, conservatosi in un codice della biblioteca di Oxford, fu pubblicato jier intero dal
Rosen: The Algebra of Mohammed ben Musa, edited and translated by Fred, liosen, Lon-
Classe di sciBNZK MORALI ecc. — Mbmobie — Vol. II, Serie 5», parte 1» 2
— 10 —
dello quali, intitolata Liber alchoarismi de iebra et almucabala, ò dovuta al famoso
Gherardo di Cremona (1114-1187) (')• Secondo Hìì,;'lì Halìfali fu questo il primo libro
d'al{,'el)ra composto in arabo (-); e comunemente si crude che sia stato tratto, nelle
suo parti foudameutali, da libri indiani. 11 Kodet invece corcò di diuiostraro che esso
ha per base i lavori di matematici greci, sopra tutto di Diofanto; e che quindi al-
Huwàrizmì « non ha punto conservato nel suo trattato d'alf^ebra il principio della
» .-ioienza matematica tinaie la possedevano i suoi contemporanei dell'India i, ma che
• e^'li è puramente e seinplicemouto discepolo della scuola greca •• {^). Io lascio vo-
leutiori risolverò la questiono agli storici della matematica.
2°. Kitàb hisàb al-'adad ai-hindi m Trattato di calcolo numerico indiano » li-
bro che non è giunto sino a noi, e di cui ci è conservata qualche notizia solo in un
passo del Ta'rìl.i al-l.uikamà' d'al-Qifti {*). L'opera era un rifacimento, con molte ag-
giunte, d'un analogo trattato indiano, e servì a diifondore tra i musulmani la cono-
scenza dell'aritmetica come si ora sviluppata nell'india grazie al sistema decimale.
Kra posteriore al trattato d'Algebra, giacciiè questo vi si trova citato. L'opera fu
conosciuta anche in occidente; od infatti il principe Honcompagni ebbe la fortuna di
scoprire un frammento considerevole d'una versione latina medievale del libro (■'').
•i". Kitiìh as-SiiidIu'/id (''•), redatto per desiderio d'al-Ma'mùn, e consistente in un
compendio dell'opera che Jluhammad ben Ibràhim al-Fazàri avea composto nel l.Mj
0 157 (773 0 774 d. Cr.) per il califfo al-Mansùr. col titolo di « Grande Sindhind »
(Kitàb OS- Sindhind al-kabir). Com'è noto, quest'opera era un rifacimento del trattato
astronomico indiano Brahmasiddhùnta, scritto nel (528 d. Cr. da Brahmagupta; vi si
davano regole intorno al modo di calcolar il movimento degli astri, e vari processi
don 1831. Una piccola parte di esso tratta delle arce e dei volumi d'alcune figure geometriche; di
questa parte diede una versione francese con note .\. Marre {La parlic i/i.'ometri(]ue de Valgi Ire
de Abou Abdallah Mohammed ben Mouisa, nei Nonvelles an lales de .ìfathématiques, t. V, Paris 18-16,
p. 5.57-581), ed una rist.inipa del testo ar.ibo (r= p. 50-64 dell'ediz. Rosen) H. Sclia))ira a p. 36-
42 della sua memoria: rUTon mU^O Hàchnat /fn-.ì/idoth (Lchre ro» (/t-n .lA/sscn) als crste gco-
metrische Schrift in hebriiischer Sprache lirsg. ecc. (nelle Abbondi, zur Gesch. der .ì/alhem., Sujv
plcmcnt zur hist.-liter. Abtheil. der Zeitschr. f. Mathera. u. Physik, 3 Heft, Leipzig 1880).
(') Vedi F. Wu.st enfold, Die Uebersctsungi'tt arabisch. U'erke in das Latein. seit dem XI.
Jahrh., p. 61 (nelle Abhandl. d. k. Geselhrh. d. Wissensch. su Gòttingen, 22 Bd., 1877).
(«) Haji Khalfae Lexicon, t. V, nr. 10012.
(') L. Rodet, L'Algfire d'al-Khùrizml et les nu'thodes indienne et grecque (nel Journal Asia-
tique, sex. VII, t. XI, 1878, p. 5-98).
(♦) Riportato in Casiri I, p. 427, eil in Woepcke, .ìf^moire sur la propagation des chiff'res
indient (Journ. Asial., sdr. VI, t. I, 1863, p. 479). Il Kitdb aUFihriU 275, cita solo un trattato ana-
logo (Kitàb al-hisnb al-hindl) di Sciid ben '.Vii, il noto astronomo di .Ma'miìn.
(*) Trattati rf'aritOTcd'ca pubblicati da Haldassarre Buoncompagn i. Fasci: Algoritmi
de numero indorum. Roma 1857. 11 Liber Algorismi de practira arismetricae ài Johannes Hi-
spalensis (sec. XII), pubblicato pure dal Buoncompagni (Trattali ecc., fase. II. Roma 18."i7), sottj
molti riguardi non è che una parafrasi di questo scritto d'al-Huwiirizmì sul calcolo indiiino.
(") Il Kitàb al-Fihri.%t 274, conio pure al-Qifti (nis. di Monaco, f. 108,v.) ed Abù "1-Farag
(l/istoria compendiosa dynastiarum authure Abul-Pharaj io, ed. et verlit Ed. l'ocockio. Oxo-
niac 1763, p. 248 del testo, 161 della vers.) che lo copiano, confondono questo libro con l'opera se-
guente nr. 4. Cfr. invece un altro pa-sso d'al-Qifti in W.iepcke, Propagalion, pag. 473 = Ca-
9iri, L 429.
— 11 —
per detorminare gli ecclissi di sole e di luna, i coascendenti dei segni doli' eclit-
tica ecc. (').
4°. KUàh a>zitj * Tavole astronomiche « in due redazioni, una anteriore, l'altra
pojiteriore (-). Queste tavole ottennero per lungo tempo grande rinomanza in oriente,
sovra tutto presso quegli astronomi che seguivano il metodo indiano del Sindhind;
in esse, secondo vien riferito nel Ta'ri'i al-'.iukamà (^), l'autore «s'era fondato sui
« movimenti medii (al-awsàt) del Sindhind, ma se ne allontanò per quanto riguarda
« le equazioni (at-ta'àdìl) e la declinazione del sole ; accettando per le prime i me-
« todi persiani, per la seconda il metodo di Tolomeo. Inoltre propose in questo libro
« varie regole eleganti inventate da lui per le diverse specie d'approssimazione, ma
» tuttavia insufficienti " . — Nel suo libro sull'India, al-Bìi-iinì cita le tavole di al-
Iluwàrizmì a proposito del computo dei diametri solare e lunare risolto appunto se-
condo i metodi indiani ('); ed un'altra volta a proposito d'osservazioni fatte da al-
Huwàrizmi sui diversi colori degli ecclissi ('')• L'astronomo egiziano Ibn Yùnus, morto
nel 399 eg. (5 Sett. 1008—24 Ag. 1009), riferisce secondo il Kitab az-zìg del nostro
autore il risultato delle osservazioni eseguite durante il calitì'ato d'al-Ma'mùn nella
specola d'as-Sammàsiyyah in Bagdad per determinare l'obliquità dell'eclittica CO- Que-
ste tavole erano calcolate secondo gli anni dell'era persiana di Yezdegird III ('), che
comincia il martedì 16 Giugno 632; Maslamah al-Magrìtì di Madrid, morto a Cor-
dova nel 398 eg. (17 Sett. 1007—4 Sett. 1008), curò una nuova edizione dell'opera,
mutando però l'era di Yezde'ird in quella dell'egira C^), e questa nuova redazione
d'ai Magrìtì venne tradotta in latino da Rodolfo di Bruges, che vivea a Tolosa nel
1144(9). Del resto le tavole d'al-Huvràrizmì od un loro rifacimento vennero tradotte
pure in latino da Adelardo di Bath (circa 1130).
(') Che vi fossero differenze notevoli, almeno in certe parti, fra il Grande Sindhind di al-Fa-
zarì ed il compendio d'al-Hinvarizmì, sembra risultare dall'articolo di al-Qiftì sull" astronomo
Habas stampato dal Flligel nel Fthrist {Anmerkunffen, voi. II, p. 130).
(2) Fihrist 274; al-Qifti, ms. di Monaco f. 108,v.; Abù '1-Faraé (nist. camp, dinast.,
p. 248 del testo, 161 della vers.)
P) Stampato in Casiri, I, 429, e Woopcke, Propagation, 473-474.
(*) Albèrùnl's India edited by Ed. Sachau. London 1887, p. 241 (=t. II, p. 70 della vcrs.
inglese pubbl. nel 1888).
(5) Albérùnì's India, 257 (vers. Il, 114). Sembra pure tolta dal Kitdb az-sig la citazione
intorno alle dimensioni della terra, che si trova in Ibn al-Faqih 4, e Yàqùt I, IG (cf. anche
ad-Dimasqi p. 7 e 8). Infine altre citaz. in al-Mas'ùdjì, Kitàb at-tanbth, p. 4-5, 186, 222.
(") Ibn Yùuus, ms. di Leida, cap. XI, p. 222. Questa prima osservazione avea dato per risul-
tato 23° 33'; per la seconda v. nota 4, pag. .5.
P) Infatti in un pa.sso dello Speculum astroncmicim d'Alberto Magno (1193-1280), ripor-
tato casualmente dal Reinaud (La Géogr. d'Aboulfcda Iraduite etc, t. I, Introduction generale.
Paris 1848, p. CCXLII), si legge : « Postquara coniposuit canones Mahometus .\lchocharithmi super
u annos Persarum qui dicuntur Gerdagred (= Yezdegird) " ecc.
(8) Ciri attesta Ibn Ahi Usaybi'ah, 'Oijùn el-anbu' ed. A. MuUer. Cairo 1884, voi. II, p. 39:
«Egli [al-Magritì] si occupò pure del zig di Muh. b. Musa al-Huwàrizmì; ne mutò la cronologia
« persiana in cronologia araba, ponendo i movimenti medii delle stelle secondo il principio dell'Ora
" islàmica e vi aggiunse belle tavole. Però mantenne gli sbagli [dell'originale] senza additare i luoghi
0 errati; cosa che invece già aveva fatto nei suoi due altri libri Corresione dei movimenti delle stelle
" ed Esposizione degli sbagli commessi dagli osservatori «.
P) Vedi in proposito Wiistcnfeld, Uebersetzungen, p. 53.
5". Kitàb ar-roì}àmah • Trattato doUorologio solare »,
6°. Kilàb al-' amai hi 'l-astarlàb . Sul modo di operare mediante l'astrolabio » .
7". Kitùb 'amai al-astarlùb • Sul modo di costruire l'astrohibio •.
8». Kitàb al-ta'rif} (')• Il titolo ambiguo potrebbe lasciar supporrò che il lil)ro
trattasse dei vari sistemi cronologici in uso presso i diversi popoli ; e ciò tanto più
in quanto die l'autore era matematico ed astronomo. 11 Wiisteiifeld sembra esser
stato di questa opinione, giacché non ricorda all'atto al-Huw;iri/.mi nella sua diligen-
tissima rassegna degli storici arabi (-). Ma che si tratti di un libro di storia appare
dal fatto che al-Mas'ùdì cita Mul.iammad ben llùsà al-Huwàrizmi fra gli storici da
lui consultati jier le sue • Praterie d'oro • (^). Si può anche notare che at-Tabarì (*),
parlando d'un avvenimento relativo ad al-Mamim nel 2lo og. (24 Apr. S2^> — 12 Apr.
826), dice di narrarlo secondo quel che riferisce Muljammad ben Musa al-Huwarizmì.
Qui finisce la serie delle opere di cui i bibliografi arabi hanno lasciato notizia.
Tuttavia dopo una felice congettura del Friihn. i dotti europei sono d'accordo nell'attri-
buire ad al-Huwdrizmi una traduzione od un rifacimento della geografia di Tolomeo
rimontante al tempo del califfo al-Ma'mùn.
Nella Geografia d'Abù '1-fidà' è citata spesso un'opera col titolo di liasm ar-
rob' al-ma'mur >■ Descrizione del quarto abitato [della terra] » (•>), Rasm al-ma'miir
• Descrizione della [terra] abitata « ("), rasm al-ard « Descrizione della terra • ("),
ed anche semplicemente ar-rasm {-). Il nome dell'autore non viene riferito; solo a
pag. 22 si legge: « Ciò è ricordato nel Kitàb rasm ar-rob' ai-ma' mitr, libro attri-
> buito a Tolomeo (mansiìb ila Hatlamyus) e tradotto in arabo per al-ira'mun i. Piìi
sotto (pag. 74) scrive d'aver tratto le indicazioni delle latitudini e longitudini da pa-
recchie opere, tra lo quali - il Kitàb rasm ar-rob' ai-ma' mar, libro che fu tradotto
dal greco in arabo per uso di al-Ma'mùn ».
Questi due passi d'Abù l-fidà' dovettero esser già noti nel 1G97 al d'Herbolot,
perchè nella sua fìibliothique Orientale, sotto la voce resm, egli dice che il rasm
al-artl è una traduzione araba della geografia di Tolomeo, eseguita durante il calif-
fato d' al-Ma'mùn. E ciò viene ammesso dai dotti posteriori, compresi il Reiske e il
de Sacy (■').
Tuttavia il Michaelis aveva osservato che le cifre riportate da Abù 'l-fid;V se-
condo il rasm, non s'accordavano con quello di Tolomeo, concludendo così che si
(') I nr. 5, G, 8 sono menzionati nel Kitdb al-Fihrist, 274, ed in al-Qift! ms. di Monaco
f. 108,v.; il nr. 7 6 ricordato solo nel Fihrist.
(•) F. WOstcnfcld, Die Geschichtsschreiber der Araber und ihre H'crkt (.\bhan(l. d. k.
Gcscllnch. d. Wiss. EU Gnttint'en, 1882, XXVIII e XXIX Bd.).
(») Al-Mas'ùdì I, 11.
(«) Annoles quos scripsit at-T abari, cum aliis edidit M. .1. de (.ioeje, Lugd. Bat. 1879-90,
Bcr. ni. t. II. p. 108.5.
(i) P. 22 e 74.
(•) P. 38, 43. 44, 50 (tre volte), 53, 62 (due Tolte), 215.
n P. 44, 59, 68, 71.
(•) P. 69, 72 e cosi sempre nelle tavole di lonj^tndini e latitudini.
(•) V. la sua nota a p, 3.13 della Relation de VÈgypte par Abdallatif ecc. Paris 1810, nella
quale sono citati gli scritti anteriori.
— 13 —
trattava di due opere ben distinte ('); e quest'asserzione ottenne il suffragio, prima
di H. A. Schultcns, poi del Frillin, il quale richiamò l'attenzione dei dotti sopra un al-
tro passo della Geografia d'Abù '1-fìdà': » In oceano septentrionali est insula Tuli, in
« ultimo qui habitabilis est orbe septentrionali ad longitudinem 10 graduum et 5
« minutorum, et latitudinem 58, seeuiidum al chawarezniiciim, auctorem libri rasin
« el ardili » (-). Facendo ancora un passo innanzi, il Friihn suppose che questo huwà-
rizmiano fosse appunto il i'amoso matematico ed astronomo Mul.iammcd ben Musa
al-Huwàrizmì {^) ; e questa congettura fortunata, accolta senza discussione dal Kei-
naud e dal Lelewel, rimase definitivamente acquisita alla scienza, trovando piena
conferma nella scoperta che lo Spitta fece piti tardi d'un manoscritto dell'opera.
Anche altri autori arabi parlano d'una geografìa composta per il califtb al-Ma'-
mùu; notevole specialmente è un passo del Kilàb at-tanbih wa 'l-iéràf d'al-Mas'ùdì,
ove questi dice d'aver veduto parecchie carte geografiche, e che le migliori sono quelle
contenute nel trattato di Geografia di Marino, » e nella figura al-ma'mùniana eseguita
« per al-Ma'mùn, intorno alla quale avean lavorato insieme molti dotti del tempo. Ivi
» era stato rappresentato il mondo colle sue sfere celesti, i suoi astri, il continente,
» il mare, le terre abitate, le terre deserte, le regioni occupate da ciascun popolo, le
« grandi città ecc. Questa figura è migliore delle precedenti che si trovano nella Geo-
« grafia di Tolomeo, in quella di Marino ed altre " (^).
Ibn 'Abd Allah Muliammad ben Abì Bekr az-Zohrì(5), dopo la solita invoca-
zione a Dio ed a Maometto, comincia il suo Kitàb al-ijujrufnjah con queste parole :
» Ho tratto questa Geografia da un esemplare della Geografia d'al-Qomàrì ('■), che
« a sua volta la copiò dalla Geografìa del Signor dei credenti, 'Abd Allah al-Ma'-
« mùn figlio di Hàrùn ar-Rasid. Per comporre quest'ultima s'eran radunati 70 per-
« sonaggi tra i filosofi del 'Iraq, i quali scrissero intorno alla descrizione della terra " ('').
(') Abulfedae Descriptio Aegypti, arabico et latine edidit Job. D. Micbaelis. Goet-
tinjae 1776, nota 122.
(2) Abilfedae Opus geographicum, latine vertit J. J. Reiske.Uamhnrg mo (nel Busching^s
Magazin fùr neue ffistorie und Geographie, parti IV e V), p. 232. Questo passo, essendo stato sop-
presso da Abù'1-fidà' nella terza e deiìnitiva redazione del suo libro, manca nel testo arabo pub-
blicato dal Reinaud col de Siano.
(5) Ibn Foszlan's und anderer Araber Berichte ùber die Russen àlterer Zeit. Test u.
Uebers. von C. Fraehn. St. Petersburg 1823, p. XVI-XVm.
(■•) Questo passo è riportato in francese dal de Sacy a p. 147 della sua memoria sul Kittib
at-tanbih [Notices et extraits des mss. de la Bibl. Impér. t. Vili. Paris 1810; ristampato in appen-
dice ad al-Mas'ùdì IX, 314). Il testo è a p. 33 della recentis. ediz. del Tanbih fatta dal De Goeje.
(5) Viveva a Granata nel 532 (19 sett. 1137 -7 seti 1138). Su lui e sulla sua opera vedi Amari,
Biblioteca arabo-sicula trad. ital. (Torino 1880-81), voi. I, p. XXXVI-XXXVII; e più ancora 0. Hou-
das e K. Basset a pa<^. 192-198 della loro Afission scientifique en Tunisie (nel Bulletin de cor-
respondance africaine, t. II, Alger 1884). L'opera esiste ms. a Parigi (Ancien fonds arabe, nr. 596^
Catal. des mss. arabes nr. 2220), alla Bibl. Universitaria d'Algeri (nr. 401 e 2016) e in al-Qayrwàn.
Io mi servo d'un codice della Bibl. di Monaco (cod. arab. 456", nr. 1016 del Supjil. al Catal. dell'Au-
mcr), il quale contiene lunghi estratti d'az-Zohrì copiati da M. J. Jfiiller sul codice jiarigino.
(") Da quanto scrivono l'IIoudas e il Basset si ricava che dei 3 mss. algerini e tunisini, due
leggono i^jIjiJl e l'altro o'*;-ftJI.
C) Bibl. di Monaco, cod. ar. 456", p. 4 (= f. l,v. del ms. parigino): iS — a CJ:^.^ i_j— ''^
(sic) À^\ycs^ ^^ (1. l4jii_i*J) àJs^^ ^JJl j_5_^U-iiJI (sic) rf-^l_jj>^ ^^ iàx.*J j-^ (sic) <k>w»\-«iì.l
— 14 —
lufiuo dove riferirsi all'opera tl'al-Huwàrizml quel che al-Battàni scrive verso la
tine ilei sesto capitolo delle sue * Tavole astronomiche» (Kitàb assi;}) {*): «La
- loii'/itndine delle città e la loro latitudine sono secondo quel che fu indicato nel
. Libro della fijjura della terra (Kidib xnrat al-anl) Noi al)biamo sta-
. bilito ciò secondo liudicazione {ar-rasm) che trovammo nel libro della tigura della
. terra, noto col nome di (/iyfdfii/d: ed abbiamo indicato separatamente i punti di
. mezzo delle regioni e delle province, in numero di '.M, come avea fatto Tolomeo (-).
. In questo libro (cioò nel Libro della figura della Terra) si trovano errori nelle
■ lon<:itudiui e nelle latitudini -.
111.
Il uìs. di Strasburgo del Kiliìb sùral al-ard.
Ciò premesso, possiamo senz'altro esaminare il testo d'al-Huwàrizmì quale ci ò
pervenuto nel manoscritto della K. Uuiversitats- uud Landesbibliothek di Strasburgo,
segnato • L. arab. Cod. Spitta 18 ".
Acquistato al Cairo neirOttol)re 1878 dallo Spitta (■•). ed alla morto di questi
venuto alla biblioteca di Strasburgo ('), il codice comprende 45 fogli, alti 32, ó era.,
larghi 20,5 cm., su carta bombicina di colore tendente al bruno; ogni pagina cousta
in generale di 23 linee, talvolta anche d'un numero maggiore. Come ri.sulta da una
nota finale (f. 45 v.), fu scritto nel ramailàn 428 eg. (18 Giugno— 17 Luglio 1(J37),
non si sa da chi; il carattere è quel grosso nasi.ii comune noi manoscritti così an-
tichi. Le vocali mancano interamente, e v'è grande scarsità anche di punti diacritici.
In non pochi luoghi il tempo e le tignuole hanno guastato i fogli, sovra tutto in prin-
cipio ed in fino; tuttavia il contesto permette in molti casi di ricostituire lo lacune,
e si può dire anzi che il danno è irreparabile solo quando si tratta di cifre. Lo scrit-
tore del codice dovette avere innanzi a sé un esemplare di lettura incerta, giacché
non è raro il caso che sopra una cifra o sopra un nome proprio se ne veda scritto
dalla stessa mano un altro poco diverso, lasciando così al lettore di scegliere fra le
due varianti. Una mano posteriore, ma tuttavia assai antica a giudicai-ne dalla scrit-
U,^ii jtj \4^ ^:^\ (1. ^\) ^iJi ■^/ o;^^ cj". or°^' '^'^ -^ o-^r^' ^
(') ^a Géoqraphie d'Aboulféda Iraduite par Reinaud. Puris 1848-83, t. I: Introduetion
qfn^raU, paj;. CDI-XIV. Il Roinaud dii il testo arabo di circa metà del M capitolo secondo il ins.
dell' Escuriale.
(') Si alludo alla 'IxHfatt: /uiquiv tiji oixoi'fi{vi;i o tavola delle 94 cparchie (regioni) in cui è
divina la terra, .-lic si tn.va in Tolonie') Vili, 29. Al-Batt;'iii5 riprodusse tutta questa tavola con leg-
gerissime modificazioni ed a),'giungendo la latitudine e la lon^'ìtudine del centro di ciascuna regione;
essa si può vedere stampaU in Lelewel, Oéographie du moyen àge. Bruxelles 1852, t. IV, Épi-
loguc, p. 64 sgg.
(') Il quale ne dii'de una descrizione sommaria prima nella Zeitsrhr. d. deutich. morgenl. Gè-
telUrh. XXX. 1870, |). 21^>4-2;t7; poi nelle Verhand. dcs ,>"* internai. Orienlal.-Congr. Semit. Soction.
Berlin 1882, p. 19-28 (col titolo Die Geogr. dcs Ptolomaeus bei den Araber), ma cn alcuni errori.
(♦) Vedi Zeitichr. d. deutsch. morgenl. OetelUch. XL, 1886, p. 306.
— 15 —
tura 0 dal coloro sbiadito dell'inchiostro, ha fatto qua e là eccellenti correzioni, e
riparata qiialclie dimenticanza del primo copista. Evidentemente per ciò ebbe innanzi
a sé un altro buon esemplare dell'opera (')• — Come sempre avviene nelle tavole
astronomiche, le cifre sono espresse mediante le lettere dell'alfabeto e non secondo
il sistema decimale; lo zero è rappresentato da un cerchio sormontato da una lineetta
tangente (o), onde somiglia molto alla s dell'alfabeto arabo ('^).
Quattro carte miniate trovansi nel codice; una, al f. 10, v., rappresenta «l'isola
delle pietre preziose » gazìrat al-gawahir ; la seconda, su un pezzo di carta inserito
tra i f. 10 e 20, rappresenta le varie configurazioni delle coste marine, coi relativi
termini tecnici ; la terza, occupante parte dei f. 24,v. e 25,r., ci dà l'immagine del
Nilo dallo sorgenti alla foce; l'ultima è al f. 45,r. e raffigura la palude Meotide
(al-batìl.iah) coi fiumi che vi si scaricano.
Il titolo, per metà coperto dai pezzetti di carta incollati onde impedire la ro-
vina totale del foglio, è (f. l,r.): ^J/i-'^i j^'^} J'-^4-'5 o->-»-'' cj^ Jp^^ '^)y° (_>U^
^iyjUl ^^>-JJ^ » Libro della figura della terra riguardo alle città, ai monti, ai
^ mari, alle isole ed ai fiumi. Lo trasse Abù Gafar Mul.iammad ben Musa al-Hu-
« wàrizmì dal Trattato di Geografia composto da Tolomeo al-Qalawdì » (■*).
Il libro non ha introduzione : dopo la solita formola " In nome di Dio clemente
« e misericordioso » cominciano le tabelle scritte su due colonne per pagina ed in-
dicanti la posizione geografica delle località principali (f. l,v.-9,v.) (^). Queste sono
disposte clima per clima ; inoltre in ciascun clima esse vengon enumerate secondo la
loro progressiva longitudine dal meridiano iniziale (-''), la quale disposizione permette
di stabilire spesso la lettiu-a esatta delle cifre di longitudine, in molti luoghi ove
la mancanza dei punti diacritici lascierebbe campo a varie interpretazioni. Sono 537 (^)
località così distribuite:
8 a sud dell'equatore 54 nel II» clima (16<'27'-24» N.)
64 nel I» clima (0"-16''27' N.) 59 nel IIP clima (24''-30°22' N.)
(1) Dalla scrittura sembra che questo correttore sia il medesimo 'Ali ben Alimad ben Ibràhìm
^J\ at-Taràbulusì al-As'ari a'^-Siifi'i, che notò al f. 45,v. la data (nel codice abrasa) dell' acquisto
fatto del libro.
e) Lo Spitta infatti confuse i due segni tra loro e lesse 5 invece di 0. Nel nostro ms., come
in venerale nelle tavole matematiche ed astronomiche, il 5 è rappresentato dalla lettera ha' scritta
in forma di piccolo cerchio o. Molto probabilmente il segno S per indicare lo zero, viene da «, la
nota sigla greca per ov, che è abbreviazione di oDVfV (=• nulla); v. Woepcke, Essai sur la prò-
pagation des chi/fres indiens (Journ. Asiatique, S(?v. VI, t. I, 1863, p. 46C e 468-69).
(3) Cioè discendente di Claudio imperatore. Vedi in proposito quanto scrive il de Sacy nelle
Notices et Extraits des mss., t. Vili, 1810, p. 169 sg. = al-Jras'ùdi I.\, 33.>o36. Cf. pure Yà-
qùt, IV, 167 e Catal. codd. orient. Bibl. Acad. Lugduno-Batavae. Lugdun. Batav. 1851-77, t. Ili,
p. 80 al nr. 1045.
(*) Per inavvertenza del copista, i f. 8,v. e !),r. son rimasti in bianco, benché non vi sia nes-
suna lacuna nel testo.
(S) Le eccezioni a questa regola sono rarissime e subito riconoscibili.
(«) Per 9 località il copista non ha segnato le cifre relative. Inoltre si hanno 5 o 6 posizioni
ripetute.
— It) —
14G nel IV clima (30"22'-3G" N.) 03 noi VI" clima (41°-45<' N.)
78 nel V» clima (3(5"-41<' N.) 25 nel VII" clima (45M8» N.)
40 oltre il VII" clima tino a 63" N. » limito estremo della terra abitata «.
Alle tabelle delle città segue (f. 9,v.-15,v.) quella dei monti, dei quali è indi-
cato il nome, la longitudine e la latitudine di ciascuno dei punti estremi, il colore
e la direziono. Sono distribuiti per climi, ed in ciascun clima secondo la longitudine
progressiva dal meridiano iniziale; cosi abbiamo 209 monti (') nel modo seguente:
10 a sud dell'equatore 23 nel IV" (SO^-SG»)
10 nel r clima ((("-IG") 28 nel V (SGMP)
27 nel IP clima (lG°-24») 24 nel VP (4P-45<')
33 nel IIP clima (24»-30°) 7 nel VIP (45»-48»)
38 al di là del VIP, tino a 63°.
Dopo i monti viene la descrizione dei mari (f. 15,v.-20r.) cioè: al-ba'ir al-ma-
•iTibì al-! arig wa's-samàlì al-l.iàriC' " il mare esterno di N. 0. - (cioè l'Atlantico), il
Mediterraneo (•-'), l'Oceano Indiano {^), il Caspio, ed infine al-bahr al-rau/,lim «il
Mar Tenebroso - (cioè il Grande Oceano). L'autore riferisce le coordinate geoi^ratìcbe
dei punti principali della costa, e per indicare le forme più salienti di quest'ultima
adopera la seguente nomenclatura:
taylasàn (velo inamidato, di mussolina, cbe i professori di teologia e di
giurisprudenza ponevano sul turbante e sulle spalle, lasciandolo ricadere sul dorso (*) )
per indicare una insenatura lunga e regolare, ma non molto profonda;
qowàrah, per una sporgenza considerevole della costa nel mare, cosi da for-
mare spesso una penisola semicircolare;
sàbùrah, per una profonda insenatura in forma di triangolo (•'').
La descrizione del Caspio (f. 19,v.) mostrerà meglio il metodo dell'autore: " Esso
.comincia, toccando il monte oy. C^)- a 74<'40' long, e 43»5' lat. ("): — si volge
(') Parecchi sono senza nome, leggendosi solo gebel « monte »; qualche altro anonimo è deter-
minato secondo il territorio in cui si trova, p. es. « Monte che s'estende fra Istahr e Gùr •..
(«) Non ha un nome collettivo, quindi il ins. dice: " Mare di Tan);ah (Tangeri), di Maritàniyah,
u di Ifriqiyah, di lìarqah, d'Egitto, di Siria, tutti contigui gli uni agli altri ".
(') Al-bahr al-kabir u il mar grande n ; secondo le sue varie sezioni è detto Ba\ir al-Qolzuin
(Mar RoBso). al-bal.ir al-ahdar «Mar Verde » CF.QveQil eàXaaait degli antichi), balir as-Sind, balir
al-Hind, bal.ir tL-fi^in, e bahr al-Ba^rah (il T.olfo Persico lU^atxòs xo'inof). — Il Mar Caspio è detto
mare del Huwiirizm, di Gor^'àn, del Tabarisfàn, del Daylom.
(«) Dozy, Dirtionnaire détaillé des noms des vétcmcnts cha lex arahes. Amsterdam 1845.
p. 278-280. Circa il significato geografico del vocabolo cfr. anche de Goeje, Glossarium m geo-
graphoi (voi. IV della liibl. Gcogr. Arab.) p. 201.
(S) La cartina inserita tra i f. 19 e 20 dii anche la forma del tasnim, del quale per.', non si
fa cenno nel corso dell'opera. Per queste varie denominazioni si confronti Abii 'l-fidfi 10 e al-
Has'fidi I, 18.5.
(•) Alla fine della descrizione del Caspio ò scritto oy ; il nome manca nella lista dei monti.
C) Invece di o ^ il iii.s. jiorta o -- (•18°5'). La mia lettura e evidente quando si consideri
l'ultima parte della descrizione del Caspio.
— 17 —
« a Te'O' long. ST-bO' lat: — continua a 77030', SS^O' (var. 5'); — poi a 78°40',
« 38040' (var. 0'); — quindi a 79''0', 39^30'; — si dirige verso SPO', 39045'; poi a
» 87<'0', 42»30' ; — (julndi a 87°40' (var. 86040'), 48°20'; — in seguito a 90o0', 42o20';
, _ a 90"40' ('), 44"U'; — 90°20', 45°0' (var. 5'). — 90o30', 46°5' (var. 47o5'). — In
u forma di taylasàn prosegue tino ad SO^O' (ms. ki 109") (-), 48o30'; —prende l'aspetto
« di qowàrah toccando 88''20' (ms. ^ ^) long., ed arriva a 89o20' (ms. er ki), 5U°0'
» (var. 5'). — Poi continua in forma di (aylasàn per la long. 89o30' (ms. J ks), e
« giunge- alla long. 88030' (ms. senza punti) ; — tocca 87°0' (ms. senza punti) long.,
. 50020' lat.; — poi 86o30' (ms. J y), SOMO' ; — in forma di qowàrah passa per
«la lat. 50"20'; arriva ad Só^òO' long. (ms. senza punti), 51°30' lat. (ms. sonza
« punti); — continua a guisa di taylasàn fino a 84o30' (ms. senza punti), 50o20'; —
u poi ad 83"0' (ms. senza punti), SPIO'; — in forma di taylasàn va ad 82o0' (var. 5'),
« 49020'; — passa per 8I0O', 49o20' ; — 78o0', 48oi0'. — Incontrata l'imboccatura di
« due fiumi, prosegue per 77o4o', 4tì"0' (var. 47o0') ; — 7GnO', 45"20'; in forma di qo-
« wàrah tocca la lat. di 4403O' ( J j^, colla variante erronea J ^ 47"30'), e giunge
« a 7600', 4400' : poi tocca il monte presso il quale abbiamo cominciato, ossia il
" monte oy. presso 74o40', 43o50' » .
Terminati i mari, viene la descrizione delle isole (f. 20,r.-2G,r.). I nomi man-
cano in grandissima parte ; delle minori è indicata la posizione del centro , la lun-
ghezza e la larghezza (■^); delle maggiori viene seguito minutamente il contorno
della costa.
Ai f. 26,r.-27,v. una tabella espone le coordinate geografiche del punto centrale
delle vario regioni ; subito dopo (f. 28,r.-45,v.) viene la parte più lunga ed ultima
del libro, che descrive i fiumi contenuti nei singoli climi. Di ciascun fiume sono fis-
sate matematicamente le curve principali e le città più importanti toccate; però, come
pei monti e per le isole, molti fiumi sono anonimi.
Questi pochi cenni mostrano a suÉBcieuza che la disposizione materiale dell'opera
araba non ha più nulla di comune colla ytitìyQaqixì) vcfrj'yrjaK. 11 primo libro di To-
lomeo, che espone i principii fondamentali della cartografia e che contiene una cri-
tica minuta dell'opera composta da Marino di Tiro, è scomparso del tutto nel rifa-
cimento arabo; così pure è scomparso l'ottavo libro, il quale indica la durata del
giorno più lungo nelle località più ragguardevoli, e dà una tavola delle 94 province
{ìnaQyua) in cui si divide la terra abitata. Il materiale contenuto nei libri Il-VII
fu dall'arabo ordinato in modo affatto diverso; Tolomeo esamina in ciascuna regione
(') Il ms. per errore di scrittura lui ^ r^ (,97"40') invece che ^ ^j>-
(*) Il semplice esame delle cifre che seguoiio mostra chiiiramente la necessità di sostituire qui
e più sotto la ^ (80) alla Jl (100). Si può inoltre considerare che al f. 7,v. la città di Huwàrizm
è posta a Dl^SO', 42oi0', e la città dei Hazar a 93°0', 450O'; cosi al f. •(2,v. è detto che un lungo
fiume (il nostro Slr daryà) terminante nel la^o ora detto Arai passa per 107°r>', 5O03O', poi per
lOCSO', 51°n', traversa la città dei Hazar, riceve affluenti a 107"-20', 51"20', a IO403O' long., a lOOoSO',
5105', a94»5', 46°5' ed a 92''5', 45°5'. Se non si ammettesse la correzione ch'io propongo, tutte queste
posizioni rimarrebbero dentro il Mar Caspio.
(3) Queste due dimensioni sono espresse sempre in gradi (nel testo (^«i'); p. es. " isola estesa
l»i per 1»; centro a .^'O' long., gSMO' lat.».
Classk di scienze morali ecc. — Memorik V(j1. II. Serie T)", parte 1» 3
I. clima,
, tino a 1(3°
{l{i°27'
) e)
climi
I-IV
II. -
" « 24°
n
V-VI
III. -
- - 30°
(30"22
')
m
VII-VIII
IV. -
' - 3G°
n
IX-X
V.
.. » 41°
n
XI-XII
VI. '
» » 45°
^
XIU-XIV
VII. »
» " 48°
n
XV
Ài di là
del VII. clima fino
a 63°.
n
XVI-XXI
— 18 —
i monti, i fiumi, le città più importanti; al-Huwàri/,mi separa queste accidentalità
geograficlie in tre categorie distinte, e studia ogni categoria zona (iqlìm, clima) per
zona invece che provincia per provincia ('). Anzi, mentre lo zone di Tolomeo, fondate
sulla lunghezza rispettiva del giorno e della notte, sono 21 (Ptol. I, 23), le zone
dello scrittore arabo sono 7, come presso alcuni autori più antichi di Tolomeo (-).
Volendo quindi stabilire un accordo fra le due divisioni greca ed araba, si avrebbe:
Al-^uwàrizmi Tolomeo
Regione a sud dell'equatore Regione a sud dell'equat. fino a &°25' S.
fino a 16°2ó'
" . 23°ó0'
» . 30-20'
n » yo'o'
" « 40"55'
- » 45°U'
- - 48°30'
" w G3°0'
Esaminando più innanzi il contenuto del libro, vedremo che alla discordanza com-
pleta nella disposizione della materia corrisponde una discordanza pure completa fra
i dati del Kildb xiiral al-ard e quelli di Tolomeo ; tanto che non v'è quasi nessuna
cifra identica in ambedue. Come si spiega un mutamento così radicale per parte del
geografo arabo?
IV.
Origine del Kitàb sùrat al-ard.
Il Lelewel, che pel primo rivolse la dovuta attenzione al rasm, quale appariva
dalle citazioni di Abù 'l-tìdà', fu anche il primo ed il solo studioso che cercasse di
spiegarne l'origine. Considerando che nessuna delle 92 posizioni di città riferite da
Abù '1-fidà' secondo il rasm, lascia scorgere una vera parentela con Tolomeo o con
(').La preferenza data alla divisione dei hinphi secondo le zone o climi (iqltm, xXi'/in) ha un
motivo d'ordine pratico. Siccome le 5 prepliiere musulmane devono farsi in certe ore stabilite secondo
la lunghezza massima del siorno, cosi la distribuzione dei paesi per climi che si fondano appunto
sulla durata del giorno più lungo, permette di determinar facilmente le ore canoniche della preghiera
in qualsia-^! località.
(•) I'. es. Plinio, Hist. Noi. VI, 39. La divisione in 7 climi non fu scelta dagli Arabi solo
per uno scopo pratico; essa ricorda troppo bene i 7 karsvari dell'A vesta (kéivar del jielilyS, kisirar
del persiano moderno) e i 7 drtpa indiani, nonché i 7 cieli, le 7 terre, i 7 mari del Corano. Del
resto sul numero 7 presso i Semiti, vedi I. (i nidi, Della sede primitiva dei popoli semitici (Me-
morie della K. Accad. dei Lincei, CI. Scienze Morali, ser. Ili", voi. 3", 1879) pag. Gli, ed anche
de Sacy, Chrestom. arabe, l'ari» 1806, t. II, p. 382 sgg.
O Le cifre tra parentesi sono quelle diverse indicate nella tavola delle città; v. sopra.
— 10 —
alcuno dei suoi antecessori; considerando d'altra parte che Abù l-fidà' sembra rite-
nere il rasm come una versione dui i;reoo, egli concluse che al-Huwàrizniì aveva tra-
dotto per al-Ma'niiin un'opera greca intitolata òoiai.iòg xtiqàòoc i l'g DÌxoi'utrr^g t De-
finizione del quarto terrestre abitato ". Ma quest'opera, continua il Lelewel, non è
ricordata dagli scrittori bizantini e non lascia alcuna traccia di so nei libri del me-
dio evo occidentale; dunque essa fu composta nelle provincic asiatiche dell' impuro
bizantino che la conquista araba avea staccate dalla signoria di Costantinopoli. In-
fatti nel ?-asm venne rifusa appunto quella parte della geografia di Tolomeo che
abbracciava i territori corrispondenti all'impero dei primi califfi. Rispetto al bacino
dell'Indo, la carta del rasm mostra di non avere alcuna informazione precisa; ciò
significa ch'essa è anteriore allo stabilimento definitivo degli Aralii nell'India. Da tutte
queste considerazioni risulta che un ÒQiai,iòg TSTQcióog Trjg olxovixs'vrjg fu composto
verso il 750 da un greco che abitava nell'impero dei califfi e che potè servirsi anche
di materiali musulmani. Al-Huwàrizmì tradusse più tardi per al-Ma'mùn il libro greco,
conservando il titolo dell'originale: Easm ar-roh' ai-ma' mùr {}).
Non è difficile accorgersi che il Lelewel si lasciò trascinare un po'troppo dalla
fantasia ; tanto più che era molto pericoloso voler trarre tante deduzioni sull'origine
del libro da una lista d'un centinaio di posizioni, che non sappiamo neppure perchè
siano state scelte da Abù 'l-fidà' a preferenza di tante altre. L'analisi del testo com-
pleto d'al-Huwàrizmì ci mosti'erà che la geografia di Tolomeo vi è modificata anche
p.T quelle regioni che non entrano nel dominio dei califfi ; inoltre ci fornirà notizie
su paesi che non potevano esser noti ad un suddito arabo o bizantino del 750 d. C.
Invece le regioni che non erano entrate in rapporti diretti cogli Arabi portano nel-
l'opera d'al-Huwàrizmì una nomenclatura ed una posizione spiegabili solo col testo
di Tolomeo. Come mai uno scrittore bizantino avrebbe dato notizie cosi scarse in-
torno alla penisola balcanica'? Il Kitàb mrat al-ard, dopo l'analisi che ne faremo,
apparirà come una rifusione della y£U)yqa(pixri vtprjyiqttig e non d'altri libri, così da
giustificare benissimo l'ultima parte del suo titolo: " libro che al-Huwàrizmì
" trasse dalla geografia di Tolomeo ' . Le modificazioni numerose mostrano tutte di
provenire da fonte araba; e nulla, in tutto il libro, lascia supporre ch'esso sia la tra-
duzione d'un rifacimento greco dell'opera tolemaica. Perchè dunque inventare un òqi-
afiòg TtTQcéàog Trjg oìxoi'ua'vi^g {-), di cui nessuno conosce l'esistenza, e che avrebbe
dovuto poi esser rimaneggiato una seconda volta per dar origine al libro arabo?
Ma escludendo questo ògiof^tóg, non mi sembra tuttavia che la rifusione arabica
provenga direttamente dal testo scritto di Tolomeo.
Già dissi che nelle tabelle dei monti è precisato anche il colore d'ognuno di
essi, onde si ha una lista di ben 33 colori diversi. È possibile che al-Huwfuizmì
sostenesse esser il Liì)ano color oliva, l'Antilibano (gebel a(-lalg) bruno (adkan), il
Senir (in Siria) rosso, il monte al-Lokàm (pure in Siria) rosa, e così immaginasse
(') Lelewel, Géographie du moyen ago. Bruxelles 1852, t. I, Cartes de géograplies ecc.
p. 23-24, 28-29.
(*) Si osservi che il tifilo rasm al-ard o rasm ar-rob' al-ma'mvr si trova solo in .\bù '1-fidiV,
di 5 secoli posteriore ad al-Huwarizmi. Nel X sec. d. Cr. al-Mas'ùdi ed al-Battàiii lo chiamano A'i-
tdb ^ùrat al-ard «Libro della fìi;nra della terra", come il nis. di Strasburgo.
— 2(t —
resistenza di montagne color di lapislazzuli (làzuwerdì), azzurre (azraq), giallo, nere,
biancastre, giallo d'oro, monti a vari colori (mulawwan) ecc.? E si noti che in gene-
rale i monti vicini hanno colori diversi. Cosi al f. 30,r. un tiuine africano attraversa
un monle (jiallo alla long, di al"»)'; altrove (f. 37.r.) si dice che l'Indo (Mihràu) ad
un certo punto del suo corso superiore passa fra >. un monte giallo ed una città » .
Io non 80 spiegarmi im tal fatto se non ammettendo che al-Huwarizmì abbia
composto il suo libro per illustrare una serie di carte geografiche, anzi traendo da
queste ultime tutto il materiale dell'opera sua, appunto come Tolomeo avea ricavato
la sua geografia da carte che si era prima costruito in base ad itinerari. Se tale è
la genesi del libro arabo si capisce il motivo dell'indicazione dei colori dei monti;
questi, per maggiore chiarezza, erano variamente dipinti sulla carta, ed il testo indica
il loro colore per facilitare il confronto colla carta stessa. Torna qui in acconcio rife-
rire un passo di al-Mas'ùdi ('), ove si parla della geografia di Tolomeo: " In questo
. libro sono indicati i colori dei monti della terra: rosso, giallo, verde eca E
i. tutti questi mari .sono dipinti (mu<a\vwarah) nel libro della giimlfiyri con varie
" sorta di colori, e sono ditfereuti per grandezza e per forma ^ . Si vede dunque che
anche questa versione di Tolomeo {-) era accompagnata dalle carte relative, e che il tra-
duttore avea indicato nel testo il colore che ciascun monte portava sulla carta.
Altri fatti si possono recare a sostegno della mia ipotesi. Al)biamo già veduto
che moltissimi monti e fiumi, e quasi tutte le isole (eccettuate le maggiori) riman-
gono senza nome; ora se al-Huwàrizmì rimaneggiava il testo di Tolomeo, perchè mai
avrebbe accolto molti nomi aftatto greci che più tardi scompaiono nella geografia
araba (per es. nell" India i monti Sardon3TC, Bettigo, Adeisathrum, Uxentum ecc.) ed
altri invece ne avrebbe taciuti in quello stesse regioni, contentandosi di dire - monte,
isola, fiume », benché vi unisse tutte le cifre relative? La cosa si spiega benissimo
quando si ammetta che le carte geografiche su cui lavorava al-Huwàrizmi indicavano
in certi luoghi l'esistenza d'una cittìi, d'un fiume, d'un monte, di un'isola, ma sunza
dar loro alcuna denominazione, appunto comò avviene in ogni carta geografica. — E
se ancora vi fosse bisogno duna prova decisiva, basterebbe citare i passi seguenti
del libro: Al f. 18,v. si legge che la costa dell'Oceano Indiano incontra le foci di
dieci fiumi; l'autore ne nomina quattro aggiungendo: " ed altri il cui nouio non si
trova sulla figura (wa gayru ùàlika mimmà là asmà'ahu fi '^-sùrah) ». Al f. 40,r.
è scritto : - fiume che scorre fra due città anonime (là asma lahumiì), e si getta
- in mare fra una cittA sulla quale non v'è nome nella figura (là isma 'alayhà fi "s-.u-
» rah) e la città di y^A »; e poco dopo si parla ancora d'una città senza nomo sulla
figura (là isma lahà fi 's-surah). E la stessa frase - città senza nome nella carta
(^lìrah) » ricorre anche al f. 41, r.
ila quali carte avrà adoperato al-Huwàrizmi? Non certamente quelle di Tolo-
meo, perclié allora non si capirebbero tante modificazioni e tante aggiunte. La solu-
zione del problema è data dal passo già riferito del Kitùh al-Taiibih d' al-Mas'ùdi
(vedi nota 4, pag. 13). Ivi si legge che al-Ma'mùn avea fatto lavorare molti dotti
(>) Al-Mas'fidl I, 184 e 185.
(«) l'robabilmcnfc scendo la traduzione araba di Tiil)it ben Q^rrab. I particolari riferiti da
al-Mas'tidi non lanciano dubbio che si tratti veramente d'una traduzione della yiutyQuifixt] i(ftj)",at(.
— 21 —
del suo tempo (') intorno ad una serie di carte rappresentanti » il mondo colle sue
li sfere celesti, i suoi astri, il continente, il mare, le terre abitate, le terre deserte,
li le regioni occupate da ciascun popolo, le grandi città ecc. " ; in altre parole era
un atlante celeste e terrestre. Al-Huwàrizmì, che probabilmente era uno di quei dotti,
dovette esser incaricato di riprodurre in forma di libro, mediante tabelle di latitudini
e longitudini, le carte riguardanti la terra; e poiché queste carte erano Itasate su
quello che accompagnavano la geografia di Tolomeo, si comprende che il libro arabo
venisse considerato come un rifacimento della y^wyQuifixr] vqi'yr^oig.
Si potrebbe discutere se, per redigere le carte alma'mùniane, quest'ultima sia
stata adoperata nell'originale greco o in qualche versione siriaca, la cui esistenza è
messa fuori dubbio dal Kitàb al-Fihrist ('').
Abù '1-tidà' la considera come tradotta dal greco; ma il modo vago con cui si
esprime non esclude clie vi sia stato un intermediario siriaco. Unica guida per deci-
dere la questione potrebbe esser l'esame della forma che i nomi greci hanno pre^o
nel testo arabo; ma disgraziatamente molti errori facili nella scrittiu-a siriaca (p. es.
scambio di d con /', di ii con y) sono altrettanto facili nella scrittura arabica ; di piii
è impossibile stabilire quali errori del ms. di Strasburgo rimontino proprio ad al-Hu-
warizmì e quali sien dovuti ai successivi copisti (^). Talvolta la o greca è rappresen-
tata da una « araba (p. es. Ottoràqàrà per 'OrroQoxÓQQa, Mìlibàqon per Mi^XC/ìokuv),
il che potrebbe forse indicare rm'influenza siriaca; ma altre volte la o è rimasta an-
che nell'arabo (od almeno non è segnata con «, poiché il ms. non scrive le vocali
brevi; p. es. Qa,\.ova.(\ionyim = EurorQaxzóriov, Eboraqùn = '£/:?o(»«xoi), oppure si è
mutata in u (p. es. Fìlùmiliyon = 3>iAo^t/;'A/or, Masùi-iyà = M«ff«>«) ; quimli non si
può trarne alcuna conclusione. — La x è sempre resa da un q. — La t9- ed il x sono
resi rispettivamente da / e da h (^), due lettere che l'alfabeto siriaco non possiede;
ma anche ciò non prova nulla, giacché gli scrittori siri, per una tacita convenzione,
rappresentano sempre le aspirate ■& e x (^on t e k, laddove per le tenui t e x si ser-
vono delle enfatiche t e q. Il t è reso in generale con /, come ha luogo in sii-iaco,
e come accade anche nei vocaboli che l'arabo ha tolto direttamente dalle lingue no-
stre ; però il fatto che qualche volta al t corrisponde pure la semplice i (^), sembra
(!) Abbiamo già veduto che az-Zohrì parla di 70 dotti riuniti per questo lavoro. Il numero di
70 non è a prendersi alla lettera, poiché esso ha acquistato ti-a i musulmani un significato quasi
simbolico, su cui si può veder lo scritto dello Stein s eh neider nella Zcilschr. d. deutsch. mor-
genl. Gesellsch. IV, 1850, p. 145 sgg.
(2) Kitàb al-Fihrist p. 268.
(3) Di più noi non conosciamo la lezione precisa del testo tolemaico, che serv'i di base o al
supposto traduttore siro o ai dotti d' al-Ma"mùn ; certi errori potrebbero rimontare al manoscritto
greco adoperato.
[*) P. es. Ot/«ecr>;f = Yùhardìs (f. 4.3,v.; ms. ,j^>yL^y, — X«/?);pof = Hàbìros (f. 32,r.: nel
ms. senza punti); — Xr;.»;,u«.» = Hilimàt (f. 32,r.; nel ras. JjU_«J.a.) ; — //nv^ts" = Dawhis (f. 9,v.;
nel ms. ^_,.v»-^a.^^). — Vi sono tre sole eccezioni : \h? = Kiyus, JQ(aanx>) = Dorosàqt, ' Iriax' =
fnisqi (ms. (jJ->.*t^ol) ; le quali si spiegano facilmente mediante lo scambio di X con K che spesso
ha luogo nei mss. greci.
(•'•) P. es. TotiVcffo? = Tundiyùs (f. 32,r.; nel ms. senza punti); TouVk? = Tùnas (f. 32, r.; nel ms.
senza punti) ; Oìl^eviov =■ Uksinton (ms. senza punti).
— 22 —
far prevalore l'ipotesi d'iiua (itrivazione diretta dal greco. Molto maggior peso ha il
fatto che por esprimere la y greca, al lluwàrizmi adopera sempre la «; (-jayn) {'),
suomi che manca al siriaco. I siri trascrivono sempre la y greca col loro g (pronun-
ziato duro, non palatalo); ma la ij .siriaca, tanto delle parole indigene, quanto delle
forestiere, è sempre rappresentata dagli Arabi colla palatale ij\ quindi un testo siriaco
nel nostro caso sembra da escludersi. Inoltro il ms. non ci dà alcun esempio di h
sostituita da /*, o viceversa ; laddove il siriaco potrebbe facilmente dar luogo a con-
fusione fra k (=^ A, x) « ''■ E poiché già molto prima d'al-Mamiin gli Arabi sape-
van leggere testi greci, e poiché d'altra parte la geogratia o le carte di Tolomeo non
richiedono che cognizioni linguistiche elementarissime, cos'i l'ipotesi dell'uso diretto
del testo colle carte greche mi sembra preferibile a quella d'un tramite siriaco.
Stabilire l'anno preciso in cui il libro fu redatto è impossibile ; e forse una sola
limitazione certa si può fare ai 20 anni di regno d'al-Ma'mùn. Fra le località del-
l'Egitto, al f. 3,v. è segnata Qiraan (nel ms. ^^\ villaggio di nessun conto del Sa'ìd,
che i geograti arabi, eccetto Yàqiit (IV, 177), non ricordano neppure. L'unico titolo
per cui al-Huwàrizmi, oppure l'autore della carta al-ma'mùniana, lo accolse fra tante
città molto più importanti, mi sembra essere lo scontro avvenuto presso quella loca-
lità fra as-Sari ben al-Hakam o Suleymàn ben Ùàlib nel 201 eg. (30 luglio 816—
l;t luglio 817); se la mia ipotesi è giusta, la composizione del K'dùb furai al-ard
non può essere anteriore a questo anno, e neppure di molto posteriore, perchè altri-
menti il ricordo della scaramuccia di Qiman avrebbe perduto ogni importanza. Si può
dunque ritenere che la carta al-ma'mùniana e l'opera tosto ricavatane da al-Huwà-
rizmì siano state redatte fra il 20l e il 210 dell'egira (817-826 d. Cr.).
Sussidi per la critica (1<>1 lesto.
Ed ora possiamo esaminare il contenuto geogratìoo del libro. 11 bene però avver-
tire ancora una volta che l'indole della scrittura araba e la mancanza molto frequente
dei punti diacritici nel ms., rendono incerta la lettura non solo dei nomi propri, ma
anche delle cifre. Gli scambi più frequenti sono fra 3 ^ ed 8 ^ ; fra 4 >, 6 5, 7 j
(nel ms. sempre ^ che sarebbe 200) e .'> 0, (quand' è unito ad altra cifra): fra 10 i
(-.) e óo i (-L), quando siano uniti ad altra cifra; fra 80 » e 100 ». Per ristabilire
il testo dei numeri, oltre al confronto tra i vari luoghi del libro ove lo stesso nome
ricorre, ed oltre al confronto colle località vicine, stanno a mia disposizione i mezzi
seguenti :
1. Siccome al-Huwàrizmi enumera le città, i monti ecc. di ciascun clima 0
zona secondo la loro progressiva distanza dal meridiano iniziale, cos'i ci fornisce in
molti casi un elemento sicuro per determinare le longitudini.
{') .Si fa eccezione per '.laxijiovQyioy -^ .Vsriibiìrqiyùn (ms. Oy^)y'~^^) < "vo prubaliilmcute
si Bvovu un errore ncll'uriginaic greco; e per /np/i.f = Ganéis, che era una forni;i entrata già da
lungo tempo nell'arabo (il Fùy} >;ì di Taprobano = Uan^Ss).
— 23 —
2. Una lista di 291 posizioni che l'astronomo Ibn Tùnus, morto nel 309 eg.
(f) sett. 1008 — 24 ag. 1009) inserì nel suo celebre ^ Libro della Gran Tavola Hà-
kimita « {Kitàb a:-siij al-kabìr al-hnkim}), a pag. 133-1:^G del manoscritto della Bi-
blioteca di Leida (ms. or. 143; Catal. Ili, 88, nr. 1057) ('). Ibn Tunus non indica
da che libro abbia tolto i suoi dati; ma un semplice confronto mostra che la sua
fonte è il .Kitàb suraf al-ard, o un derivato di questo, fatta eccezione per 10 paesi
dell'Egitto e per 41 villaggi sulla via da Ba'idàd ad el-Medìnah ed alla Mecca (-),
i quali non sono menzionati in al-Huwàrizmì, od inoltre per 20 altre località prove-
nienti da altre tavole. Rimangono 220 indicazioni comuni alle due opere; però 11 sono
ripetute.
3. Una lista di 92 città che Abù '1-fidà' estrasse dal rasm al-ma'mur; alle
quali vanno aggiunte 23 altre posizioni di monti, fiumi e laghi (^).
4. Il testo di Tolomeo, che può dar qualche aiuto nelle cifre sovra tutto col
fornire indicazioni sulla posizione relativa di località vicine.
5. Yàqùt nel suo gran dizionario geografico cita 30 posizioni secondo la ^ Ta-
vola Astronomica " {az-zUj) di Abù 'Awn Ishàq ben 'Ali {% delle quali 27 sembrano
derivare da al-Huwàrizmì; le altre tre (Sin'àr, Qinnasrìn, Ral.ibah Màlik) non sono
menzionate nel Kilàb silrat al-ard. Tuttavia nelle cifre che Yàqùt riporta v'è talora
qualche errore grossolano che è impossibile attribuire ad Abù 'Awn; p. es. quando a
Nasìbìn è assegnata la long, di 27°30', ed a Singàr quella di 30°0'. L'utilità che si
ricava da questi frammenti d'Abù 'Awn è dunque minima.
Ho già dovuto citare (v. nota 1, pag. 14) un luogo d'al-Battànì ove questi dice
(1) E Lelewel, Geogr. t. I, Cartes de géographes, p. 165-177, iiubblicò queste tavole secondo
una copia inesatta del ms. di Leida, ed a p. 43-62 tentò di ricostruire la carta di Ibn Yùnus. Ma
gli errori della copia a sua disposizione, la mancanza di molti geografi orientali che attualmente
si posseggono, infine la sua ignoranza della lingua araba bau fatto si che il tentativo del Lelewel,
per quanto ingegnoso, in molti punti fallisse del tutto.
(2) Delle località costituenti questo itinerario non è indicata la longitudine; invece si hanno
due colonne parallele di latitudini, come avverte una nota marginale (p. 135): uy ^ Jp}j — *
(1. ^^j^yii) ^^y^y^jì Mj^ ^-^ dS^ (sic) ^y^ " latitudini delle stazioni [sulla via] della Jlekkah
[a partire] da Bagdad, in due modi ». Il medesimo itinerario, espresso in latitudini ed anche in
miglia, si trova in al-Hamdàni, Geographie der arabischen Halbinsel, herausg. von D. H. Miil-
ler. Leiden 1884-91, p. 183-185); le cifre di quest'ultimo, meno alcune lievissime differenze, con-
cordano con quelle della seconda colonna (a sinistra) d'ibn Yùnus.
(3) Dì pili vi sarebbe quel passo relativo all' isola di Thule che fu soppresso nel testo arjbo
del lioinaud, e che sopra ho riferito secondo la traduzione latina del Reislie. Ma le cifre non corri-
spondono aifatto con quelle (certo esatte) del ms. d' al-Huwàrizmi. Tre posizioni citate da Abù '1-fidiV
come tolte dal rasm (Fayd, ar-RohhaL', .\mid) mancano nel ms. di Strasburgo. Bisogna poi ricor-
dare che nel testo d'Abù '1-fidà' non si fa mai distinzione fra j- 8 e ^ 3, e neppure fra *^. 15 e
* — > 55.
(•<) Non sono in grado di fornire alcuna notizia precisa su questo autore il cui nome non trovo
in altro opere. — Al-Fargànì, contemporaneo d'al-Huwàrizmi, nel suo breve compendio d'astrimomia
(Alfragani, Elementa astronomica arabico et latine, cura J. Golii. Amstelodami 1669) enumera
le città principali d! ciascuno dei 7 climi (senza coordinate geografiche) citando quasi soltanto nomi
che ricorrono in al-Huwàrizmì. Avremo occasione di trarre da questo fatto alcuna utilità ]ier assi-
curare talvolta la lettura del nostro ni'i.
— 24 —
d'aver segnato le latitudini e le longitudini delle varie città, basandosi sulle indica-
zioni del Kitdb fiìral al-ard ; egli però avverte che in questo libro si trovano errori
di latitudini 0 longitudini, lasciando così capirt? d'aver corretto molte delle indicazioni
trovate. Basta infatti considerare le tavolo d'al-Battrmi (') per convincersi che egli
si sforzò di metter d'accordo il Kìlàh xùrat al-anl coH'opera di Tolomeo, dando spesso
decisamente la preferenza a quest'ultimo, e conservando talora nomi greci per località
che più non esistevano o che avean preso da lungo tempo una nuova denominazione
aralia. La tavola poi delle !>4 provincio od epareiiie è tolta, come dice lo stesso al-
Battànt, dalla Yf<^Y9"V'>" «V'/T'/'^'si g non ha nulla a che fare coU'opera dal-Huwà-
rizmì. Sembrerà strana questa preferenza accordata a Tolomeo e costituente un vero
regresso; e la spiegazione ne va cercata, se non m'inganno, nelle condizioni in cui
si trovò al-Battàui (morto nel 317 eg. — 14 febbr. 'J2y— 2 febbr. OiJU). La città di
Harràn, dalla quale usciva la sua famiglia, non solo avea lottato vittoriosamente contro
il cristianesimo s"i da meritare il titolo di 'E?.lrywr nóhc, o, presso i Siri, di Jldì[^n]-
thiì dh-l.ianpà\é - La città dei pagani ' ; ma ancora nei primi secoli dell'egira man-
tenne viva la tradizione del paganesimo e della cultura ellenica, dando cosi origine
ad una potente scuola scientifica mista d'elementi greci ed aramaici, la quale visse
per un certo tempo quasi appartata ed esercitò da ultimo una forte azione sulla cul-
tura musulmana. A questa scuola apparteneva per lunghe tradizioni di famiglia lo
stesso al-Battani, che anzi ricevette l'epiteto di sàbi', col quale i musulmani desi-
gnavano gli ultimi seguaci del paganesimo confinati ormai nel territorio di Harràn.
Una traduzione della geografia di Tolomeo, migliore che quella eseguita o fatta ese-
guire da al-Kindì, fu compiuta da Tàbit ben Qorrah (m. 288 = 26 dee. 900 — lo de-
cemb. 901), non solo quasi coetaneo d'al-Battàni , ma come questi appartenente per
origine e per tradizione scientifica alla scuola di Harràn. L' influenza di Tàbit ben
Qorrah potè quindi spingere più del giusto il nostro astronomo verso Tolomeo, e far
sì che le tavole albateniane, troppo fedeli all'opera greca, ci dessero scarsi aiuti per
ristabilire il prospetto delle città d'al-Huwàrizmi.
VI.
Esame del testo: IVAfricu.
, Prima d'esaminare più da vicino l'opera d'al-Huwàrizmì, è necessario stabilire
quale sia il meridiano iniziale adoperato. L'autore non dice nulla in proposito ; mail
confronto tra le longitudini tolemaiche e quelle del Kiiàb Ritrai al-ard per i paesi
situati vicino alle rive dell'Atlantico, non lascia dubbio che al-Huwàrizmì si serva
del meridiano tolemaico delle Isole Fortunate. Kra necessario osservar questo, perchè
Abù '1-fidà', mentre dichiara (pag. 73) che tutte le longitudini ricordate nei suo libro
parlano • min .^aiiil al-bal.ir ai-garbi », dal meridiano delle rive dell'Atlantico, « il
(') l'ublilicate in arabe f francese, sccoikIm il ms. ik-H'Escurialo, dalLclewel, t. IV, fipilo-
gue, pag. 64-93.
— 25 —
t quale differisce di 10 gradi (ad E.) da quello delle Isole Eterne », puro dà le cifre
longitudinali d'al-ljinvàrizmì senza ridurle di 10 gradi. E spesso le cifro del Kitàb
mrat ai-ani coincidono con quello di geografi ed astronomi posteriori, che dicono di
contare le longitudini dalle spiaggie dall'Atlantico. Questo fatto ha importanza per
la storia della geografia araba, dimostrando, al contrario di quanto si credette sin
qui ('), che il successore diretto del primo meridiano tolemaico delle Beatorum in-
sulae {MaxcéQior vìaui) è il meridiano delle rive dell'Atlantico, diverso dal primo
solo per.il nome; e che invece il meridiano delle fsole A7er«e al-^azà'ir al-l.'àlidàt,
a 10 gradi Ovest delle sponde occidentali dell'Africa, è un'invenzione di geografi arabi
posteriori i quali non avevano più coscienza dell' identità del primo meridiano occi-
dentale col primo meridiano tolemaico. Ma questa invenzione rimase sempre teorica,
senza conseguenze nel campo pratico.
L'Africa occidentale è una delle parti ove più si sente l'imitazione di Tolomeo.
Nelle coste dell'Atlantico, che sono descritte (f. 15,v.) a cominciar dall'equatore, è
accennata meglio che nel libro greco la curvatura africana, avendosi la serie seguente
di coordinate (-) :
long. 20"0' lat. ono' long. 7°0' lat. 12<'30'
17"0' (var. 5') 3°0' (ms. j.) OHS' 12°20' (sic)
9°0' 8030' a cui se- 9045' \Q''0'
gue una grande sporgenza (qowàrah) 10"0' 17''0'
dopo di che ha luogo una insenatura triangolare (sàbùrah). A partire da questo punto
il divario da Tolomeo è piccolissimo e senza importanza, come appare anche dal con-
fronto delle foci dei fiumi (f. 31,r. e 31, v.; Ptol. IV, 6, 5-G):
Darados(3) 9020' 13°20' Jàqaòo^ ICO' IS'O'
Fiyàdis, cioè Nahr al-hayyàt
(fiume dei serpenti) (^) 20''25' 'Ocpioóórjg 10"0' 20''0'
Hùsayros (5) 9°45' 21045' XovadQiog 10"0' 2l"40'
Sàbos ('') QoQ' 25040' 2o€^og d^O' ^ò^O'
L'Africa settentrionale ha una miscela curiosa d'elementi tolemaici con elementi nuovi
musulmani; i geografi d'al-Ma'món pare non abbiano tentato, od almeno non siano
riusciti a coordinare la loro situazione di Tangeri CTangah) , Tunisi, al-Qayrawàn e
(') Vedi p. es. Rcinaud, Introd. generale, p. CCXXXIV; Lelewcl, t. I, CarWs de Géogr.
pag. 27.
(2) In Tolomeo i imiiti iiiìi orientali della eosta sono Y v-nóigo^oq At^ionlag (IV, G, 7) a ll"ii'
long., .5°]. 5' lat., 0 la foco del fiume MuaaUtoXK (iljid.) a U°0', 6°10'.
(3) Ms. ^y>}); f. 15,v. ^'>i). Nella Uititiuline il ms. ha ^ ^.
(') Rottura nel ms. Il nome Fiyàdis nel codice fc ^^\z; u fiume dei serpenti » è traduzione
del nome greco.
('•) Ms. ^^^->^yt.; f. 15,v. ^y^.^^.
(") Ms. senza punti.
Classe di scienze mor.m.i ecc. — Memorik — Voi. II Serie .'>*, parte 1* 4
— 20 —
Barqah, colle numerose altre dovute a Tolomeo. Un confronto tra il greco e l'arabo
mostrerà le conseguenze strane di un tal fatto (').
Tan>ah (-)
8-0'
35030'
Tiryi?
6»30'
35<'55'
Uwaia
lU-'O'
20»40'
OtaXce
8"30'
28"15'
Sìqa
31 "40'
30°20'
i'/xxft
30"30'
30°50
Maksùlù
35''45'
32"0'
Metalli ).a
3ii°0'
32»40'
Tiinis (3)
32<'0'
33°0'
Cfr. KaQx^iSuiv
34":)U'
32"40'
al-C^ayrawàn {^)
31»0'
SIMO'
Tarabulus (^)
40°40'
32»0'
'Eo)n
41 "30'
31<>40'
Barqah C^)
43''0'
33»45'
BctQXTj
49" lo
30''45'
La sconcordanza fra le longitudini tolemaiche di Sìqà e Maksùlà, e le longitudini
nuove di Tunisi e d' al-Qayrawfin, è manifesta; cosi sombra strana la situazione quasi
greca di Tripoli in mezzo a Tunisi uJ a Barqah.
Invece è notevole il miglioramento nella posizione delle foci dei fiumi Hilimàt
(ora àellif) e Serbis (ora al-Hamm:ìm) rispetto a Tunisi (f. 32,v.; Ptol. IV, 2, 3 e 7) :
Hilimàt (") 17''45' 3200' X,'h;nd^ IS^O' 34"0'
Serbia (S) 24040' 32'>0' 2V(./?rys ig-^SO' 32"50'
L' importante riforma cominciata con Tunisi 0 Barqah. prosegue nelle località
ad E. di qnost' ultima, onde l'esagerata lunghezza tolemaica del Mediturraueo viene
diminuita di l» gradi, come nelle carte moderne:
Qadabatmùs ('•*) 46''0' 31";:!(y iffar«,'?«^iUoc ,«*>as r)4":30' 31'M5'
Baretoniyyà 48"4()' 31"0' nagauóiiov 57"0' 31"10'
Al-l8kanderi\7ah 51020' SPO' 'Ah^cirÓQtta 60°30' 3lo0'
Vedremo che questa riforma fondamentale si collega con una rifusione completa
della carta greca in Egitto, Siria, Mesopotamia, Persia ecc.
Nell'interno dell'Africa (attualo Sudan e Nubia) due sole città sembrano d'ori-
gine tolemaica (f. 2,v.; Ptol. IV, 6, 28 e 27):
(') Lascio in di.spartc molte località tolemaiche il cui nome è irriconoscibile nel ms.
(•) Le stesse cifre li.i il rasm in Aboiilf. 132.
(3) Così anche il rasm in Aboulf. 142; la latitudine nel ms. e nel ra*"* J. - L Y. 2900',
3300' (ms. ^).
(*) L y. egualmente.
(5) Ratm in Aboulf. 146 egualmente. L Y. 40"10', 33°0' (ms. ^).
(«) Ms. e rasm in Aboulf. MS nella bms;. liannn sen/.a punti ^. La lettura Ut" è confer-
mata dalla serie progressiva delle longitudini nella tavola d'al-Huwarizini 0 dalla descrizione delle coste.
P) Ms. CiU-l^; f. I5,v. >.
(•) Ms. ^j^^y^-
(») Ms. ^>r^/-
— 27 —
Taraondòqanì (I) 23°30' 18°0' 0«/ioi()ox«)« 23»0' 17°0'
Nigìrà (-) 25''30' 18"20' NiyHQu 25»40' 17°40'
Le altre località provengono da altre fonti: Mura 10°30', 15V (■'), Kos interna
« al-wàjfilah ^ 50"0', 12"30' C), 'Alwah (•'*), Pazzàn (?), Zajj;àwah, Gànah, yLLS" (forse
la Kiikii degli altri geogratì) , Garmi la grande 34°0', 19°30', Garmì d' al-Habas
41"4o', 19°40', Donqolah (53"0' long.; una rottura del ms. impedisce di leggere la
latitudine), Bilàq 55"25', 2P40' C'), ^_^^ ('), e la famosa Siiiilmàsah 31"0', 21 "0' {^).
Al f. 4,r. sono menzionate ancora Tfihart, v_j^b (1. cu^^à'J Tàqdemt?), Targali (■'),
e Katàmah, tutte località del Salirà' marocchino ; ma pm-troppo il ms. ha lasciato in
bianco le cifre relative. Il paese dei Boi;ah (f 2,v.) fra il Nilo ed il Mar Rosso ò
•
(') L^3-?^""' '^ *"■ '^^-<'^- (_5-*-'j>^' ^'^ '""a- n<^l "is. è fi (28°) 30'; la mia correzione ^ i confer-
mata dall'ordine longitudinale progressivo delle località, da un passo del f. 29,v., ed infine da Tolomeo.
(2) \j^; f. 30,r. ^j^. — Al-Edrìsl I, 107 I^jo" (Jaubert : Taghiza); però la carta itineraria
nel ms. Asselin ha 'j-:^ iXigini. È notevole il fatto, sin qui non osservato, che la carta itineraria
del 1° e 2° clima, contiene in Africa certi nomi non ricordati nel testo i quali derivano da Tolomeo.
Eccone alcuni esempi sicuri che tolgo dalle riproduzioni della carta poste alla fine del 1* volume
d'al-Kdrìsì e nel 1° volume del Lelewel; i nomi fra parentesi sono la trascrizione del Lelewel:
monte ^■:~^)^ (Lurtis), 1. ^j,'.'~^^^\ ='AQovc<Xxt]g; monte ^^^ (Kakus), 1. ^j^ — n^^Kdifttg;
monte ^ (Tsela) = e>ià.ci; monte cjWj^ (Garitan), 1. ^;jiojU= r«p^«roj'; monte ..j^'-:^* (Kaìs),
1. ^j^-JJ\="F.'kecfa.;; monte ^JjJ (Lunia, ^^^ d"al-Huwàr., '^^ in Ibn lyàs, Badd'i' az-zoMr,
Cairo 1310, p. 29j, 1. ^^^ = Ai^vxà o Ai^vtjs igt;. Tutti questi nomi si trovano in al-Huwàrizmì (vedi
pili innanzi!. Troviamo pure il monte ^_j-»..~-«.^ (Dzerdzis), e la città di |;^ (J/wra), che non hanno
forse corrispondente in Tulomeo, ma che figurano nel Kitdb RÙrat al-ard colle forme ^jf o^^jJ».
(f. ll,r.; al f. 31, v. ^^y'.y^y^. e ^-^--^^r^). e U^ (f. l,v.). — Sulle deduzioni possibili da questo
fatto e da altri consimili, si veda la mia Conclusione e i richiami indicati nella nota 1, pag. .52.
(3) Mura, come dissi nella nota precedente, ha riscontro solo nella carta itineraria di al-Edrìsl,
ove è posta non lungi dalle rive dell'Atlantico.
(') Probabilmente la Kùsah o Kùsà d'al-Edrisì, I, 27; Kùsah d'Abù'lfidà" (151 e 1.59)
e di ad-Dimasqì (389). Nelle tavole di al-Battàni (presso Lelewel, t. IV, Épiloyue, p. 69)
s'incontra AXs^ljJl o^3^' «he va letta iJ^WI J^^ a Eùs l'interna " 50"0', 12''0'. Il Lelewel
credeva a torto di dover leggere ^_j.^^ Kùsin, per scoprirvi un supposto ebraismo (kù-siyyim =
Etiopi, da kùs che nella Bibbia indica forse l'Etiopia).
(^) Su 'Alwah vedi al-Ya'qùbl 335-33(1, Ibn al-Faqih 78 (che scrive 'Aiwa), al-Edrìsì
I, 33 (ove per errore Galwah).
(6) Sopra un'isola del Nilo a S. di Aswàn; vedi al-Ya'qùbì 334; al-Edrìsì I, 27,33,34,
36, 37; Yàqùt I, 710. — I. Y. ha Bùlàq (sic) colle stesse cifre d'al-Huwàrizmì.
C) FoL 2,v. colle cifre 61°0', 21°45'. Ibu Y'ùnus ha ^y^ colle stesse cifre. Il Lelewel
(t. I, Cartes, p. 59, nota 147) crede, e mi sembra con ragione, che si tratti di lUargii (Ptol. IV, 7,
15: 61°0', 20°40'), per la quale si mantenne la posizione tolemaica invece di metterla in armonia
colle località vicine. In tal caso il nome si leggerebbe v_5;-«a» Fisrì. — Sembrano far parte del de-
serto libico c^}}^ {f. 3,r.: 5000', 28''0'; f. 32,v. ^35^=; I. Y. ^y.^U» eolle stesse cifre), e U=J.;lj
(f. 3,r.: 52»0', 27"'30'; I. Y. Uu^L» colle stesse cifre).
(8) Città fondata nel 140 eg. (25 Maggio 757—13 Maggio 758) e corrispondente all'odierna
oasi di Tàfilàlt. Su di essa vedi specialmente al-Bekrl (Description de VAfrique scptentrionale par
Ahou Obeid el-Bekri, texte arabe publié par le Baron De Slane. Alger 1857, p. 148-152),
e G. Kohlfs, Sifiihndsa iind T<l/ìlcU (Zcitschr. d. (ics. f. Erdk. zu Berlin, voi. XII, 1877. p. 335-346).
{^) Nel ms. <>*^. Era a due giornate da Sigilmàsah, e col crescere di quest'ultima fu abban-
donata (al-BekrJ, op. cit. p. 148).
— 28 —
rapprosoiitato da Madia az-zuinuinid - la miniera di smeraldo ^ iù°o', 21"5."»', e
Ma'din ad-ilahab «.la miniera d'oro» .")7"5ó'. 21"4r)', dne luo<,'hi che gli scrittori
arabi ricordano spesso (').
Le sponde africane dcìV Oceano Indiano (al-l)ahr al-alidar - il Mar Verde «)
ebbero pure diminuita di circa lo «radi la loro lon<?itu(line. Secondo i f. 17,v. e lH,r.
il Mar Verde si stacca dal Mare d'al-Qol/.um (Mar Rosso) a 64"4u', 10"20', si dirige
a G^^SO', h°bb' (sic), poi tocca una città anonima la cui posizione al f. l,v. è fissata
a ()1)"30', tì"0'. e, girata una qowàrah o grossa sporgenza rotonda, bagna Medinat at-
Tib e Fanànà giungendo a 72"3o', 4"2u'.
Seguono le seguenti posizioni a Sud dell'equatore:
66°20' 0''20' S.
esoQ
7"30' S.
68»40' 3»30' S.
esoQ'
IS-O' S. (ms. ^)
Cittil di Rafàtfi
72<'0'
14»0' S. (var. ló<>0')
dopo di che corre bruscamente sino a 112"0', 14"0' S. — Le città lungo questo tratto
di costa sono tutte tolemaiche, salvo la correzione longitudinale (f. l,v, ; Ptol. IV,
7, 10-12):
Rafàtà (2) 65"0' 7''0' S. 'Parità 71"0' l^Q' S.
Fanànà (^^ 72"30' 4"45' N. Tlinmv x(ó{ii] 82"0' ó^O' N.
Medinat at-Tib {*) 72"0' 5»30' N. 'Aqu^iatu èintóq. 83"0' «"O' N.
I punti estremi N. e S. del bal.ir al-Qolzum {Mar Rosso) conservano la diffe-
renza latitudinale di circa 18" che ù data da Tolomeo; invece la ditlerenza fra le
longitudini relative subì a torto una diminuzione di 3 gradi:
al-Qolzum (•■) 56''30' 28<'20' K/.va,ua 63"20' 28"50'
termine del mare di al-Qolzum G4"40' 10<'2U' Jéi^i^, limite del golfo arabo 74"30' 1 1"0'
In compenso fu corretta la profonda insenatura tolemaica, ad angolo quasi retto,
del golfo arabico meridionale, diminuendola di circa 2 gradi in long, e facendo così
procedere più regolarmente la costa africana dall' attuale stretto di Bàb al-mandeb
(') Ibii Vilnus dù per ambedue le stesse cifre.
(«) Ms. Itljl; f. 18,r. UjIsI^. Nella lat. il ms. ha ^ 8"; la correzione, che concorda colle cifre
di Tolomeo, è richiesta dalla descrizione dello costo (f. 18,r. ) citata sopra.
(^) Ms. IjUji ripetuta poco dopo colla forma ULi»; f. 18,r. L>lXi.
(*) Il nomr arabo, chi' significa « città degli aromi n è la traduzione del greco. Nel ms. una
rottura lascia vedere nella lat. solo i minuti :iO'; la mia restituzione si basa sul seguito delle coste
citato sopra, per cui la « città degli aromi » Tiene a trovarsi fra 6''0' lat. e Fanana {4°4.5' lat.). ^^ssa
è confermala dalla latitudine tolemaica. — I. Y. 72''0', 1.5":J0' (sic!); al-Battani, che per le lon-
gitudini segue Tolomeo, 82"0', :W"30' (sic!), onde il Lelewel (t. IV, Kpiloguc, p. 87) credette d'aver
a fare con una città dell'Arabia, e la confrontò a torto con H«r;i« (Ptol. V, 19, 6: 72»45', 30°30').
('; ^'ol. 3,v. — Le stesse cifre in I. Y. e nel rasm (Aboulf. 116).
— 29 —
tino alla nostra Sués. Anche la posizione di Adulis o Adiile (f. l,v.; Ptol. IV, 7, 8)
fu molto migliorata:
Aduli (I) 58"30' Vào-ÒO' 'ASovh^ GT^O' IIHO'
Il sistema oro-fd/'ogra/ìco africano è in massima parte tolemaico. Certi nomi
del ms. non hanno riscontro sicuro nel testo greco (-'); ma la maggior parte corrispon-
dono nel nome e nelle cifre ai dati di Tolomeo. A Sud dell'equatore (f. 9,v.) sono i
monti seguenti (Ptol. IV, 0, 6) :
„,..„, i 8°30' 0''50' S. ^ . - ,.„.,, „„„., Q
Dawhis (3) I jg„g^, ^„_, g j Javxn 15"0 8"2o S.
Inesqi (^) j 3^^^, ^^^^^, g_ j Ivea^c 25o0 13"0 S.
( Q70A' (iof)' Q \
Bàrdìlùn I ^^„^, y^, l j 5«^J,rov 45''0' CO' S.
- , , , ( 46''30' 11°30' S. ) ^ , , „ ( 47°0' 12<'3(j' S. )
Gehel al-qamar J ^^„.^, ^^^3^, g ^ le^vr,, ago, ^ g^„^, ^^030' S. )
L'identitìcazione dei monti ^yxìb, ^jU_<*o.., ^M=r" ed I — :^J-:^«-JU i quali sono
nell'Africa a S. dell' equatore, mi riesce impossibile.
A N. dell'equatore è facile riconoscere i monti Kdqag Qàfas (ms. ^-^li), il Oulcc
Talà, V'AQovcéXTrjc Arwaltìs (ms. ^,x^l^y), il rap/SaTor Gàrbaton, Y " Eltq ug Eidas
(ms. senza punti), i At^vxà oqì, Liìbiyà (ms. US' J) ; e nel IH" clima V'Arkag itieiCov
Atlas al-kabir, il Jovqòov Durdùn, il Muóf^ov^akov (ms. ^J,^ — - — ^:s-o, che leggo
^yJòj^), il Kiva^u Qìnabà (ms. Lu-o), il (pqovQuiaov Fm-ùraTgùn (ms. ^^.^),
il BiQiv Birìn (ms. ^,jA, '\\ raqnQ Garas (ms. ^f\) ecc.
L' idrografia mostra maggiore indipendenza da Tolomeo. Il fiume Jd^nóog (Da-
rados, Daratùs) {^) cresce d'importanza ricevendo un numero notevole d'attiueuti; tra
questi ultimi è un fiume anonimo (corrispondente senza dubbio al NCyeig, IV, 6, 14),
il quale nasce a 24°0', 20"30', bagna la città di Nigìrà (vedi nota 2, pag. 27) e rag-
giunge il Darados a 26020' long., 18^20' lat. — È notevole l'esistenza d'un lungo
fiume anonimo, così descritto al f. 30.r.; « Nasce a 42'^30' (var. 44"30'), 1P40', si
1. dirige a 39°30', 16"40', tocca la città di Garraì la grande (vedi sopra) taglia il
« monte ^^[s.^^ (") alla long, di 31"0' , ed alla medesima long, traversa pure uu
(') Nel ms. la lat. è, por i gradi, ^.. La lettura -s» è autorizzata anche dal fatto che Adiìlì
6 compresa nel 1° clima, il quale giunge solo fino a 16''27' N.
(^) Per alcuni esempi che ricorrono anche in al-Edrìsi vedi pag. 27, nota 2.
(3) Leggo ^j^-..^^>; il ms. ha c^'-^^'^)^- '^''-'' "'onti al-Huwàrizmì indica le coordinate di cia-
scuna estremità; Tolomeo indica per lo ])iii solo il centro.
(■•) Leggo ,_yiòi«-ò\; il ms. (,y>-«-'«^'-
(5) Al f. 31 ,r. ^>}); f- ir),v, ^^5;; f 29,v. tre volte ^^)>. Cf. sopra.
(0) Lo stesso si legge al f. ll,r. nel catalogo dei monti; sembra identico -M' OvaÙQyaXd di
Tolomeo IV, 6, 10.
— 30 —
- iiu monto giallo; poi tocca al-Qayrawrin alla long, di 31 °0' e sbocca in mare a SPSO'
. long. 32"40' lai. — A 39"40', 16°40' riceve un altluente che si forma a 45''30',
• 21°0' per l'unione di due fiumi provenienti ciascuno da una delle due bol.iayràt
^ as-salàl.iir (cioè lagune delle testuggini) ('). Di queste la prima trovasi a 4r)"0', 22"20',
» la seconda a 4(>"2o' (var. 3u'), 22"U' -. Se non m'inganno, si avrebbe qui la più
antica rappresentazione di quell'intricato sistema di wàdì del SahiS', che si forma
negli altopiani di À'.iaqqar (o Hoqqfir) e di Tassili, e che scorre a N. col nome di
wàdì Yùarù'ar sino a raggiunger quasi lo sott liei '.ir. La complicata idrografia del
bacino degli sott algerini e tunisini può spiegare l'orrore degli Arabi antichi di far
giunger quel lungo letto d'acqua sino ad al-Qayrawàn.
Il corso superiore del Nilo corrisponde nei suoi tratti essenziali all'idea tole-
maica ; però ha già ricevuto quei maggiori particolari che sono rimasti in tutti i geo-
grafi arabi posteriori. Dal gebel al-qamar ^ monte della Luna " , alle rispettive lon-
gitudini di 48°, 49°, 50°, 51°, 52°, nascono 5 fiumi, i quali terminano in un solo
lago (balil.iah) circolare, del diametro di 5 gradi, avente il centro a 50°0', 7°0' Sud;
dagli stessi monti della Luna, alle longitudini 55°20', 56"2o', 57^30', 58°20', 59"20',
nascono altri 5 fiumi che terminano tutti in un secondo lago circolare, del diametro
di 5 gradi, col centro a 57°0', 7"0' Sud. Da ciascuno dei due laghi escono 4 fiumi,
e tutti otto sboccano in un terzo lago (il Kùrà dei geografi posteriori) situato a 2"0'
N., dal quale esce un solo fiume: il Nilo. Esso prosegue oltre Donqolah con vario
curvatm-e oscillanti fra 50°0' e 59''20' e che troppo lungo sarebbe il riferire qui;
raggiunge Aswàn (-). percorre l'Egitto, e poco dopo Misr (il Cairo) si divide in 7 halìé
0 canali, che raggiungono il mare fra 51°30' long, (ramo d'Alessandria) e 54°30' (ramo
di Damietta). 11 ramo di Alessandria dà origine ad altri rami secondari.
Degli altluenti del Nilo è ricordato uno solo, che corrisponde all' 'Aatarrorc di
Tolomeo ed al Balir al-azraq od Abài dei moderni; esso è così descritto (f. 29,v.):
i. Lago rotondo, situato sull'equatore, che si scarica nel Nilo presso la città della
» Nubia. Questo lago (^) ha il diametro di 3 gradi; il suo centro è posto a 62''U' long.
« Alla long, di 61°30' ne esce un fiume che si getta nel Nilo a 53°0', 16"20' (Ptol.
■i IV, 7, 22; 01"0', 12''0'), toccando il limite del 1° clima. La confluenza dei due
>■ fiumi ha luogo sopra la città della Nubia (madìnat an-Nùbah, cioè Donqolah) '.
\1 Eijillo è la parte dell'Africa meglio conosciuta da al-Huwàrizmì, clie ne enu-
mera 4(J località (49 colle ripetizioni di Esnà, Erment ed Etfù) coi loro nomi arabi
e con moltissima indipendenza dal geografo greco. E notevole che per qualche città
abbiamo due serie parallele di longitudini, p. es.:
Dalàs (^) j f;J°^?' j 27°55' (ms. ^)
(') Traduzione del crecd .VtAuWdff A(>»«i (IV, C, 13: •J9«0', 20"0').
(«) A .5r>"0', 2j°:J0'; cos\ pure I. Y. e rasm in Aboulf. 112. — Cfr. it.»/Vij 63<>0', 23''50'.
(>) Evidentemente il nostro lago .Sana; in Tolomeo (IV, 7, 2») K'oidi; ii^i-ij 69°0', 0»0'.
M) T. Y. r,l»20', 27"55' (o 15').
— 81 —
al-Fayyum (') j ^|[j^' | 2800' KQoxoóeawv Ttóhg 61''20' 27''20'
ManfO I 54040' i ^^°^^' ^^'"f'^ ^^°^'^' ^^°'^^'
'Ayu Sams(-') ., ,., b0"4' 'HXlov rtóXig Cì2'>30' 30n0'
( o4"4o )
Si v.ede subito che le prime cifre longitudinali sono tolemaiche, e le seconde do-
vute ad al-Huwàrizmì e da accettarsi. Ecco infatti alcune città marittime scelte da
me a caso:
al-Iskanderiyyah (^) 51''20' 31°ò' Tinnìs (^) 54°0' 31°40'
Rasìd («) 52"40' 33°40' al-Faramà (•) 54"40' 31''30'
Dimyàt C*) 58n5' 31°25' al-Qolzum ('') 56O30' 28"2(y
Prima di lasciare l' Egitto credo bene di indicar alcuni luoghi sconosciuti od
assai poco noti ai geografi posteriori :
f. 2,v. oL <-"ò 54''50', 23''0' (ms. J, la correzione / è confermata dal fatto
che la città è nel II" cUma). Al-Ya'qùbì p. 334, 1. 4 nomina appunto una o' — -— >
sulla rifa occidentale del Nilo, poco a Nord di Aswan (v. pag. 30, nota 2).
f. 3,v. Uyi 55M0', 27°0'.
f. 3,r. l^^..vwJ^I 54°0', 27''40'. — I. Y. l^^-^^l colle stesse cifre.
f. 4,v. UiU^ì sul mare, o2°20', 35°40'. — I. Y. UoU^ colle stesse cifre.
f. 4,v. l^J^Ls sul mare, b3°òó' (0 15'; ms. ^) 35°4(y. — I. Y. y.li 53° (ms.
*j J) 55', 35°40'.
f. 4,v. U^> sul mare, 53°50', dlHO'. — I. Y. U«> 53" (ms. ^) 50', 32040' (sic).
— Yàqut, II, 711, ed al-Maqrizì (Kiiàb al-mawà'i? wa 'I-i' libar. Bùlàq 1270/1854,
voi. I, p. 73, 1. 31) nominano Uoj> come un'antica località del Basso Egitto. Seguendo
questi due autori il De Goeje mutò in i^} (Dìsà) la I — <»-o^ del ms. di Qodàmah
(p. 247, 1. 13).
(1) Rasm in Aboulf. 114: .S^"!.?', 28''0'; I. Y. ePSS' (o 15'), 28''0'.
(2) Rasm in Aboulf. IIG, ed Abù 'A wn (s. v. Mi?r) 54°40', 29>>15'; I. T. 61''4.5', 29015' (o .VV).
(3) Rasm in Aboulf. 118: 61°50' (colla var. 54°4ò'), 30°!'; I. Y. Bl-SO', 30''4'.
(■•) Rasm in Aboulf. 112 ha le stesse cifre; I. Y. nella lat. lejrge 31°0'.
(5) Ms., rasm in Aboulf. 116, I. Y. hanno le stesse cifre; la latitudine è in tutti tre ? ^
88''40'. La correzione è evidente per se stessa, ed anche perchè la città è posta nel IV clima.
(«) Ms., rasm in Aboulf. 116, ed I. Y. hanno le stesse cifre (long. <*J J).
P) Medesime cifre nel rasm in Aboulf. 118, ed in I. Y.
(') I. Y. stesse cifre.
(') Clysma degli antichi, sul Mar Kosso. Rasm in Aboulf. 116, e I. Y. stesse cifre.
— 32 —
VII.
Asia occidentale e centrale.
Le lotte continue fra Hùrùn ar-llasìd e l' imporo bizantino avevano otì'erto più
volte occasione agli Arabi d'invader l'Asia minore, e cosi acquistare mia ma{,'jrior co-
noscenza dei luoghi; sappiamo infatti che nel 181 (5 Marzo 7'J7 — 21 Febbr. 798)
'Abd al-Malik ben ^àlil.i avea condotto le sue truppe sino ad Anqirah (') ed all'El-
lesponto, e che nell'anno seguente 'Abd ar-llahman ben 'Abd al-Malik s'era spinto
combattendo sino ad Efeso (-). Gli stessi prigionieri di guerra contribuivano ad au-
mentare le conoscenze arabe suir.4s/a Minore benché in modo certo non scientifico.
Al-Huwàri/.mi operò anche per questa regione la riforma delle longitudini com-
piuta sulle rive africane del Mediterraneo orientale ; alcuni esempi tolti dal f. 6,r. e
7,r. del ms. lo provano a sufficienza:
Iliyùn
50<'45'
42»20'
"iXiov
56«50'
4 PO'
AfUsos
51°15'
37''25'
'EipiCOQ
57''40'
37»40'
Fergfimos
51 "35'
40»15'
IléQyHi^iog
57''25'
39»45'
'Ammùriyah (^)
53O0'
38»0'
' AflÓQlOV
60030'
4P15'
Anqirah
58°0'
43"0' (ms. ^) "AyxvQu
62''0'
42''0'
Malatiyyali (')
ti PO'
39"0'
MehtTjv^
7 PO'
39°30'
Hanzìt
6P40'
39''45'
' Av^ma
7200'
39''20'
È strana invece la posizione allungata verao il Nord che prende 1' attuale mar
di Marraara (cfr. Iliyiin):
Niqmm'idiyà 5P0' 44°55' (o 15') Nixoiuófta 57''30' 4P0'
Halqiaim 50°30' 46''0' XuUr^òon' 57°5' 4305'
Hiraqlah 58025' 46»35' 'UqàxkHu nóvTov 59''0' 43<'20'
Quindi la costa del mar Nero viene portata a Nord di circa 3 gradi più che
in Tolomeo, avendosi (f. 16, v.) a 6P30' long, una latitudine di él'O' {•''). Questo er-
rore trova un compenso nell' aumento in lunghezza del medesimo mare, che il geo-
grafo greco avea tenuto troppo corto:
Halqìdun 50''30' long. XaXxi^ówv òT'ò' long.
Estremità orientale 7P30' foce del <I>àaie 72O30'
(') Annales quo» scripsit . . . at-Tabari, cum aliis edidit M. J. do Goojc. Lugduni 15a-
tavomin 1878-90, ser. UI, voi. Il, p. G4(i.
(«) At-Tabari, ser. HI, t. II, p. 647.
(') La lai. presenta un errore rispetto a l'crgaino. Ab fi 'Awn .53°0', 37°0'.
(*) Rasm in Aboulf. :}8I le stesse cifre.
(^) Cfr. rtol. V, 6, 7: f.,c<. ,lrl fmiiif \4,poQQO( 72"20', 44015'.
— 33 —
Siccome poi la costa meridionale dell'Asia minore, sul Mediterraneo, non diffe-
risce molto in latitudine dalle cifre tolemaiche, mantenendosi sempre a circa 35''40'
e Stì'^'O' lat., ne segue una eccessiva grandezza latitudinale della penisola.
Tra i monti (f. 14,r.) è facile riconoscere l'ìdis (ms. senza punti; "/J»;), il Si-
fùlos (ms. s. p.; ^Ltvhig), il Dìdùmos {ms.^^^^>; ./ùh'itoi); invece rimangono oscuri
i seguenti :
c>r^ SS'-SO' 42°40' 55050' 41''0'
l,-..o_^ {') tìO''20' 42"20' 62''50' 44''40'
^jr^>.^\ (-) 60020' 43020' 69040' 41030'
meli' Armenia una serie di località estranee a Tolomeo rivela i nuovi studi arabi:
Qàliqalà, Hilàt, Arzan, Arsìs (= Argìs), Bagunays, Gorzàn, Nasawà, Berda'ah, Bàb
al-Abwàb (== Derbend).
Una rifusione completa della geografia greca ebbe luogo nella Siria, nella Me-
sojiotamia e nella Persia, tanto che è difBcile scorgervi a prima vista tracce di To-
lomeo. Il materiale è copioso; poiché la Siria ci offre 36 località, la Mesopotamia
(al-Gazirah ed al-'Iràq) 23 (■'), la Persia (intesa nei suoi limiti politici attuali) 48,
non contando lo molte cifre relative alle coste, ai monti (') ed ai mari. Siccome Abù
'1-fidà' ha conservato parecchie indicazioni del rasm su questi paesi, delle quali già
il Lelewel potè trar profitto, così non occorre che mi fermi a lungo sull'argomento;
tanto più che dovrei entrare in lunghe discussioni sulle latitudini di parecchie città
della Sìria fra 34o e 37o lat., per le quali il ms. di Strasburgo contiene alcuni errori
dovuti allo scambio facilissimo nella scrittura araba del > (4) col ^ (5) e col ^ (6).
È difficile comprendere il motivo dell' esagerata inclinazione della costa della
Siria, ancor maggiore di quella stabilita da Tolomeo; si vedano, p. es., le longitu-
dini di alcune città marittime:
'Asqalàn
5502O'
Yàfà
56O0'
Saydà'
59020'
Atràbulus
6O035'
al-Làdiqiyyah
6 PO'
^AaxaXióv
65010'
'lónnìj
65040'
2ió(òv
67O10'
TqinoXiq
67030'
AuoSlxeia
6803O'
(') Al f. 40, V. L-.;Ji-w. La scrittura ^^^-^-ju.^-^ ò data anche dal endice di Qodamah; il du
Goeje nella sua edizione (p. 233, 1. 9) legge LUì-l*^ Masfina, seguendo il ms. londinese di Ibn Se-
ràfiyùn. Qodàniali pone questo monte vicino al luogo dove l'Eufrate superiore si volge bruscamente,
e per sempre, a Sud ; ciò Concorda con al-Huwarizmì f. 40,v.
(2) Fol. 39,v. j*^V^ donde nasce l'Eufrate. Il medesimo monte è chiamato ^j^s>.^^ da Qo-
damah, p. 233, 1. 8, ove il de Goeje annota: " Sic. Ibn Serapion ^^y-^>f\, Mas'iidi I, 211 ^jf-^^f'^
■< (cum var. 1. ^y^'^>y>\ Sprenger p. 245 et ^_,i-»^>^l St. Martin, Mém. I, 46). E.x antiquo Cara-
ti nitis vix corruptum esse potest. Prior pars est forte >f^ .\rmeniaca forma nominis Ol^".
P) Pili la città di Amid (ora Diyfirbekr) che manca nel ms. di Strasburgo, ma è conserv.ata
in Aboulf. 286.
(«) Nella Siria son già nominati il Luhnàn (Libano), il Uebel at-talii (Antilibano), il Sanir,
al-Lokam; nell'alta Mesopotamia i monti Hàrit wa Huwayrit. Le catene della Persia non hanno nome
speciale, ma lo prendon(j dalla regione attraversata.
Classe di scibnzb .morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie .5', parte 1» 5
— 34 —
E questa longitudine di 61''0' si mantiene sino alla latitudine di 35''20' (f. 16,r.);
poi si ritorna ad una posiziono normale, come è quella di Tarso:
Tarasùs ó8"0' ;{6"ó5' (ms. do) Tagaóc i;7"40' SG^SO'
In Persia, per influenza di Tolomeo, la costa meridionale è portata circa 2 gradi
troppo a Nord, benché verso le foci dell'Eufrate si ristabiliscano le giuste proporzioni;
abbiamo infatti le seguenti cittù marittimo da 0. ad E. ('):
•al-Hasrah
74"0'
ai-o'
•Gannàbà
77"20'
30''0'
"AblmJùn
75" 15'
3 PO'
•Sirùf
79''30'
29'"30'
•Muhnibùu
7()"20'
30»U'
Na in
SOMS'
2t)°20'
•Siniz
7G»45'
ao^o'
Tiz
82O40'
29''0'
A Nord lo spostamento è di circa un grado {-) :
•Sàriyah presso il Caspio 77''50' 38»U' •Astàràbàd sul Caspio 7i)"50' 38"45'
•Tamìs - - - 78"4U' 38°40' 'Gorgàn presso il Caspio 80"45' 38"50'
quindi l'errdre nelle diiuunsioui latituJiuali dell' Irùii viene ad essere in parte com-
pensato. Dove più si riconosce la cartografìa greca è nella Persia meridionale ad E.
del golfo Persico, cioè nell'antica Kag/icevia (Kirmàu). L'arabo non è riuscito a coor-
dinar bene questo territorio col resto dell'Iran; e mentre Tùs figura ad 82°50' long.,
rimangono, veri naufraghi di Tolomeo,
Armuzah 90»30' 22''0' "ÀQfiov^a 94''30' 22»0'
Kirmàn 90"0' :W"0' Kdquava lOO^O' 29"0'
L'unica buona correzione è quella della long, di Kirmàn rispetto ad Armuzah.
Nella costa arabica dell'Oceano Indiano sono diminuite di molto le mostruosità
tolemaiche. Al-Bahreyn (f, 3,v.) è fissata a 74''2u', 25"45' (■'); di qui la costa (f. 19,r.)
procedo a 75"0', 24"(j', poi ad 85°20', 22"2o', forma una qowàrah, passa per 85"0',
21"0', e tocca 'Oman {% Dopo 'Oman la costa si spinge alla lat. 19"0' senza muta-
menti in longitudine, e si dirige regolarmente verso 79"0', 16''30', per toccare dopo
varie insenature 77"30' (var. 7()"30'), 13''40'. Zafàr (•■) del Mahrah trovasi a 78"0'.
(') Lo città segnate con * si trovano anche in I. ^'. l'in' ila le stesse cifre (perù la lonp. di
Slràf in I. Y. è 79»O0.
(•) Cfr. pure la descrizione del Caspio che ho rijiortata sopra per intero.
(') Le stesse cifre hanno .\biì '.\wn ed al-Bat t ani. I. Y. nella lonj;. 75"20' (probabilmente
qaest.j <>* J; nn errore di scrittura per J* 74"). In Tolomeo VI. 7, 17, isola TrAos- 90"0', 2 ("40'; iii-
Tcce riga" (VI, 7, IC) 80»0', 23°20'.
(«) Ms. (f. 3,r.), ra$m in Abonlf. 98 (s. v. Sohar) ed I. Y. SrSO', 10"15'. - l'tol. VI, 7. 36,
'OfiKioy tfomiQiof. 87°20', 19''1.5'.
{'■•) Kra sitaata sulla costa, |)rcsB'i t'ii attuali villat'i'i di IN ysùt e Hòr el-Belid. nnn lunt'i da
— òò —
IS'O'C); la capitale dello Hadraraawt (Sibùm) a 71"0', 12<>30' (-), 'Aden a Gó-'O',
13"0' (■'). È tolta COSI la sporgenza anormale del promontorio Syagros {2iaYQog céxgee,
ora Ka's al-Fartak) che in Tolomeo VI, 7, lU si avanzava tino a 9(ru', 14"0'. —
Invece una rientranza regolare, ma eccessiva, che raggiunge il suo massimo presso
Goddah o Giddah, rende deforme la costa arabica del mar Rosso (si confronti la de-
scrizione già data della costa africana):
^^1 (') sul mare S'ò^O' (ms. ^) 12''15'
Mara del Yemen {^) sul mare 63'>0' (ms. ^) 15°15'
punto della costa (f. 19,r.) GS-O' (ms. ^) 18°0'
Goddah (•■) sul mare eS^SO' 2P45'
al-Gàr sul mare 64''20' 24''0'
punto della costa (f. 19,v.) 63°0' 26°0'
Madyan (") s. m. 61°20' 2800'
al-Qolzum (Egitto) 56<>30' 28''20'
Ben coordinate con Goddah, al-Gàr e Madyan sono le 2 città sante
Mekkah GToQ' 21°0' al-Medìnah G.5''20' 25"0'
'Bell'Asia Centrale le regioni corrispondenti al Turkestan russo mostrano una
nuova elaborazione, benché le località ad E. di Merw siano portate troppo a S. La
posizione di Ballj a N. di Samarcanda ripete lo strano errore commesso da Tolomeo {^).
Mirbàt; vedi Glaser, Skizze der Geschichte und Geographie Arabiens bis zum Prophelen Muham-
mad. Berlin 1890, voi. II, p. 181.
(') Le stesse cifre nel rasm in Aboulf. 96, ed in I. Y.
(*) Rasm in Aboulf. 96, ed I. Y. hanno le stesse cifre.
(3) Rasm in Aboulf. 92, stesse cifre; I. Y. nella long. GS^SO'.
(■*) Ignoro che cosa sia. I. Y. colle stesse cifre (long, senza punti) ha ^j^^^: al-Battànì
« città di ,_y^\ nel Yemen, TS'O', 12''55' >i. Al-Fargàuì (cfr. p. 23, nota 4), pai;. 36, nomina nel
I" clima in Arabia una città di cr^*^'! che evidentemente sta per la nostra ^^J>-J1, o non ha nulla
a che fare, come vorrebbe il Golio, colla al-Qayn che trovasi presso 'Aitar, cioè ai confini tra el-
Yemen ed al-Higàz. Johannes Hispalensis, che nel XII sec. tradusse in latino al-Fargànì, deve aver
letto ^:,r:^^ perchè al posto corrispondente della sua versione (Norimbergae 1537, fol. 9,r.) si legge
« Fons n.
(5) È la McÌqic fxrjTQÓno'Ms, che però in Tolomeo (VI, 7, 37: 76"0', 18°20') è una città di terra,
così che viene identificata dallo Sprenger (Alte Geographie Arabiens. Bern 1875, p. 1571 con
Sa'dah a N. di San'à'. I. Y. ha Mara colle stesse cifre d' al-Huwàrizmi (senza punti) : al-BattànJ
la ricorda colla forma erronea, non compresa dal Lelewel (t. IV, Épilogue, p. 87), di " ^f — «o
«del Yemen, 73°0', 15''15' » —Anche al-Fargànì, p. 36, pone Mara fra le città arabe del 1° clima.
('') Rasm in Aboulf. 92 ha le stesso cifre.
C) Il ms., rasm in Aboulf. 86, e I. Y. leggono nella lat. 29°0'. Ma la descrizione del Mar
Eosso (f. 19,v.), nessun punto del quale supera 28"20' lat., sembra render necessaria la mia corre-
zione. Cfr. Ptol. VI, 7, 27. MaJulfxa 68°0', 28n5'.
(8) Bttxtqa ^aaOieiov (VI, 11, 9) 116''0'. H°0'; — MuQaxdvóa (VI, 11, 9) 112''0', SS^IS'.
— 30 —
Saralis 83''20' 38°0' Hojrendah 92''30' 37<>10'
llerw 84O20' 38»35' Città dei Hazar t)3"0' 45<'0'
Mt'rwaiTiVl S.^'u' 38"50' IJaiiùkit (') 94"3u' 38"3U'
Aininùvah 85»4ò' 37"40' Hasilkat (-') 96"30' 37"40'
Ihihùiù 87°2U' 37"50' Turùiabend (^) 9G"30' 39"35'
Balli 88°35' 38''40' Isbi-iùb 98°10' 39»5U'
Saiuarqand 89»30' 37''30' at-Taràz 100"3u' 40°24'
Osriisanah gplO' 3(5"40' Nawfikat (<) 10400' 44''0'
Huwàrizm 91"50' 42''10'
Molto importauto è il fatto che al-Huwàrizmì conosce il lago d'Arai, nel quale
(e non nel mar Caspio) si versano gli anticiii Oxus e Jaxartes (■). Al fol. 42,r. leg-
giamo che il Nahr IJalh 0 fiume di Balh {'i^i^oc dei Greci, Amù daryà dei moderni)
si getta a 88"0', 39020' (var. 30') in un lago (batil.iah) che si estende da 86030' a
90"0' long. Al f. 42,v. è detto che.un gran fiume, la cui descrizione lo mostra iden-
tico col la^c'tQii^c dei Greci e col Sir daryà dei moderni, a 90"5', 41030' termina
>i nel lago del fiume IJallj ".
L'idrografia complicata, ed ancor oggi poco nota, della Persia orientale pare abbia
fatto nascerò un curioso equivoco. Al f. 42, r. si parla d'un fiume il quale a 9r'30',
3y"4o' esce dal fiume di Balh (Ami'i darvà), si dirige tagliando un lungo monte a
92'>30', 37"40', passa fra Osrùsanah e Hoi:endah, scorre non lungi da al-Mul.iamma-
diyyah (f. 5,v.: OCO', 31''45') e da Kirmàn (f. 3,v.: gOoC, 30''0') e sbocca in mare
a 87''30' (ms. J ^), 27"0', ossia presso il golfo Persico. Tale stranezza mi fa sup-
(') Seguo l'ortografia prescritta da Yaqùt (il ms. ^■^:^^; I. Y. vJ^Lo p.l»35', 38'>30'); però
.sarebbe metrlio leggere tutte queste desinenze kat (neir.\vestà Aató = casa, ncupcrs. »J^ e Jsi'; cfr.
/(eit. d. (ìeutsch. morgenl. Geselhch. XXXIII, 1879, 154). — Banakit è molto probabilmente forma
secondaria di Binkat, la capitale del territorio as-Sàs, corrispondente alla moderna Tà.«kend (.ii9iiog
nilQyoi di Tolomeo VI, 13, 2: ISSoQ', 43">0').
(') Cosi anche I. Y. (vlUS'U-^ colle cifre 98''34', 3703O'); gli altri geografi hanno Ahsikat
(nella prov. di Fergànah). Lo scambio di a con l si verifica in parecchi luoghi del Horàsàn e del
Turkestan; p. es. Hasasak (Ibn Hurda.lbch 173) ed Ahslsak (al-Ist.ahri 298), Bàwcrd ed Abl-
werd, ^Và<gird e AVi^gird, Nawakat e NawSkat. — La lat. nel ms. è .36''40', per errore del copista
che scrisse ^ invece di J (jJ) : cfr. I. Y.
(') In causa d'una rottura del foglio, nel ins. si legge solo la >>• finale. Il nome di Turarabend
(con e senza articolo), è noto ad al-Huwàrizmt (f. 27,r., ove il ms. ha J-onU>); al-Faréàni (cfr.
pag. 23, nota 4), p. 38 lo conosce pure (nell'ediz. Joyiy.); ed I. Y. ha »Jojj\^\ 98»10', 39-35'
(per la long. cfr. le cifre di Hasàsak). Credo dunque giu.stifieato abbastanza il nome che supplisco.
— La località ricorre poi in Ibn-al-Faqìh 322. nl-Muqaddasi GÌ, Ibn Rosteh 98; Yaqùt
(I, 34, 1. 4 e 23) la corrompe come I. Y. in ''ijoj^\jL.
(*) 1. Y. CUSy 104''0', 4200'. - Al-Farg&nl 38 ed al-EdrisS II, 218 scrivono JUJ-ly;
Ibn Hurdadbeh 29, Qodàmah20r., Ibn Rosteh98, at- Tabari (zinna/, ser. II. t. III. p. 1593)
hanno «.^^Iv»; al-Muqaddas1 204 \l^-^.yi (cfr. pag. 30, nota 2). Invece al-Muqaddasi 49 e
265, al-I?tahrl 331, 333, 344, .^IS, Ibn Hawqal 386 e 404, Ibn al-Faqih 327 ed al-Edrìsi
II, 207-8, leggono J^^ (o CUSyi) come I. Y.; cfr. le due forme parallele Binkat e Banakit.
(') È una conferma di più, benché non ve ne fosse bisogno, delle conclusioni a cui era giunto
il de Goejc, Pas alte lieti des O.rus, Amù-Darja. Leiden 1875. — Anche la nuova edizione di
Ibn Hurdadbeh 173 fa sboccare l'Oxus nel lago d'Arai (cfr. Da$ alle lieti, p. 8).
— 37 —
porre che la carta dei geografi d'al-Ma'mùn avesse riunito le sorgenti d'uno fra i tri-
butarli meridionali di'll'Amii daryfi (probabilmente il (iume di Qiinduz) con quelle
vicine dell' Hindmcnd o Hilmeud alHiiento della palude Hàmiui, e che da quest" ul-
tima avesse fatto uscire il fiume che passa per Bampùi- e si getta in mare allo stretto
di Hormùz ad 10. di Render 'Abbàs. 11 - monte lungo » attraversato, corrisponde dun-
que alle catene del Kùh-i-bàbà e del HiuJiikus.
Vili.
Asia orientale.
È noto che Tolomeo allunga le coste della Gedrosia 10 gradi più del vero. 11
medesimo errore, diminuito di 2 gradi, appare anche in al-Huwùrizmì :
Armùzah 90''B0' 22°0' "AQi.iovCa 94''30' 22''0'
foce 0. deirindo 104015' 2000' foce 0. dell'Indo 110°20' 19<>50'
- /\r
Lungo questa costa, che per gli Arabi fa già parte del Sind, incontransi ad-
Daybol 92''0, 24''20', an-Niiùn (') 92''20', 23"30', Armàbìl (^) 92''15' (o 55'), 22''45',
ed infine ^rr^l (') a lOo^SO', 20°0' presso la foce del ramo più occidentale dell'Indo.
Neil' interno possiamo notare :
Kabul (^) lOOoO' 33°0' 'Ogróunava IIS^O' 3b''0'
Farsis (^) 103<'0' 2500' nagaC? 106°80' 23''30'
QimiPC') 104n0' 24°45' Kovvi 110°0' 27'>0'
al-Qandahàr 11U"0' SCO' 'Akf^dvÓQsia'AQaxtùaiag IWÙ' 31''20'
Si vede subito che Kabul ha una posizione conforme alle nuove cognizioni arabe
e coordinata colle località della Persia e del Turkestan ; invece Farsis, Qùnì ed al-
Qaudahàr sono rampolli diretti di Tolomeo.
Il corso dell' /«rfo (0 conserva le linee generali che aveva nella carta greca. I
fol. 37,r.-38,r. ci danno su ciò molte indicazioni, di cui lo principali sono: L'Indo
(') Il ms. qui (f. 3,r.) ed ai ff. 19,r. e 31,v., non lia punti diacritici, (ili autori arabi sono in-
certi tra la forma an-Nirùii (Yaqùt IV, S5(> j^y^) ed alBiriin; la prima però sembra la miiiliiire.
Vedi H. M. E Ilio t, The history of India as told by its own historians. London 18G7-77, voi. I,
pag. 396 seg.
(2) Il ms. senza punti. Anche qui v'è incertezza tra le forme Armàbil ed Armà'ìl; la prima
sembra da preferirsi (Elliot, I, 394 sgg.).
(^) Così si legge il nome ai f. 19,r. e 37,v.; qui (f. 3,r.) il ms. non ha punti.
(*) La lettura della lat. è incerta in causa d'una rottura del foglio.
{^) Il ms. senza punti.
C) Il ms. \S^- Se la mia ipotesi fc giusta, si dovrà porre nella lat. e long, un ^ (j) 7 in
luogo del > 4, e leggere 107''10', 27"-15'.
(") In arabo Mihràn, che mi sembra tulto dal persiano (mih-rau = gran corrente).
— 38 —
nasce a 126''30'. 36"10', si abbassa rapidamente verso il Sud toccando 125''30', 32°20',
scorre verso Ovest tino a 119-0', 31"3o'. donde passa a lll'ló', 26»0'; a 107-0',
23-30' comincia a suddividersi in parec(;lii rami, e sbocca in mare per 0 foci prin-
cipali, poste tutte alla latitudine di -Jicu', e comprese fra li>-l°15' e luO'iO' long.
Secondo Tolomeo, le sorgenti dell'Indo sono a 125-0', 37'0' (VII, 1, 20), o lo foci
8i schierano fra 110-20' e 113-30' long.; e 19-50' e 20-15' lat.
Più sensibili sono lo moditicazioni nel corso del Gange (Gangis, f. 38,r. e 38,v.)
che prende una direzione troppo longitudinale:
Sorgente: 135-0' 39-0' (Ptol. VII, 1, 29) 136-0' 37-0'
135-30' 31-0' ( 136-10' 31-30'
140-10' 27-30' (Ptol. VII, 1, 30) ' 142-0' 28-0'
139-0' 22-0' ( 146°U' 22-0'
foce 0.: 135-20' 17-45' , j 144-30' 18-15'
foce E.: 139-0' 18-40' ^ ' ' '' \ 148-30' 18-15'
Per gli altri fiumi dell' India non si ha differenza notevole dalle cifre di Tolo-
meo, fatta eccezione della diminuzione costante di 6-8 gradi nella longitudine ; quindi
i fiumi costieri, come il Sàlìn (ms. s. p. ; 2wXì[ì\ ora Vaipàiu), il Hàbìros (ms. s. p.;
Xu^ì^Qoc, ora Kàvori), il Tiinas (ms. s. p.; Ttnac), il Tuiidiyiis (ms. s. p.; Tovvàioc,
ora Krisija), il Dosarùn (ms. ^-^ ; JwaÙQwr . ora Mahànada) , il Dumas (ms.
^_^b ; "Aòu/iag, ora Brahmani), hanno tutti quella direzione da N. a S. cosi carat-
teristica della carta tolemaica.
Una lista d'alcune città, scelte fra quelle la cui corrispondenza coi nomi greci
è sicura, completerà questi cenni sull'India:
Fatala (') presso il mare 107-20' 16-30' ndttda 112-50' 21-0'
Miiziris sul mare 112-15' 14-30' Mov^iQi'g 117-0' 14-0'
Ozinì (2) 112-20' 20-40' 'O^^r»; 117-0' 20-0'
Qottiyarà sul mare 115-55' 14-0' KoTTiaga 121-0' 14-0'
Fàqiirà(3) 116-0' 19-10' 'I.77tÒxovqu 119-45' 19"l0'
Fimalà (') 116-30' 17°0' IJoviidru 121-20' 17'0'
Hàbiri8(^) 125-0' 16-15' Xa^r^gig 128°30' 15-40'
Sàgida («) 130-0' 23-30' layiióu 133-0' 23°30'
Il punto più meridionale della costa indiana è a 12"3o' lat. (f. 18,v.); ond' è
evidente la completa derivazione da Tolomeo ('). Anche l' India transgangetica non
(') F. 3,r., senza punti; f. 19,r. "^Ujlii.
(') Ms. senza punti.
(') M«. '^yjjl*: f. 34,r. Ij^'*. Nella longitudine forse bisogna legger» A» 115-0'.
(<) M.S. U»»«4.
(') M». ^P>l^; f. .S2,r. O^'^-
(«) Ms. \^l^-
C) I nomi dei monti sono tutti tolemaici: "Aq^iik (nella Uedrnsia, VI, 21, ;ij, i'opdlu'yi'f, /)iji-
— 39 —
mostra cognizioni speciali, benché fra le città si lascino nel ms. identificar con cer-
tezza solo (cfr. Ptol. VII, 2, 23-24):
Tii'ma (')
142''40'
20''45'
Tovyi-ia
152''30'
22n5'
Tarì^liìfon (-)
144''15'
16Hb'
T(jiyhinTov
154''0'
18"0'
Barewàtrà (-^ sul mare
152H0'
12''40'
Baqivà-ihqa
1G4''3U'
12°Ó0'
Noto' in al-Huwàrizmi l'esistenza di una vasta isola detta al-Mayd od al-Kùl ('),
avente il centro a lOT^O', 12°0' (f. 24,r.), percorsa da un fiume (f. 30,v.) e popolata
da 3 città anonime (f. 2,r.), una delle quali a 107°U' (ms. senza punti), !)°(y (-). Pro-
babilmente rappresenta lo prime notizie arabe iutorno al Gui>aràt, e corrisponde al-
l'isola che al-Edrìsì (1°, 160, 170, 171), sotto il nome di ,a^I Mend, dice posta a
6 miglia da Kanbàyah e da Kùlì.
Elementi estranei a Tolomeo sono penetrati nell'isola di Taprobano (Ceylon), da
al-Huwàrizmì chiamata sempre Serendib per corruzione dell' indiano Siiihala-dvìpa
{lulidi^a nel Periplo del Mar Eritreo, Serendiva in Ammiano Marcellino). L' isola
è aumentata in larghezza nel senso dei paralleli, e diminuita in lunghezza da N. a S.;
infatti i termini estremi (f. 25,r.) sono :
al-Huwàrizmì Tolomeo
long. 116°20' — 125"10' (diifer. 8°50') 120»30' — 132°30' (ditter. 12")
lat. 12030' N. — 4-Ó0' S. (differ. 17°20') 12"30' N. — 2»30' S. (ditfur. l.j°)
La tavola dei monti (f. I0,r.) cita in Serendib solo un gebel ahrad « monte rossa-
stro " (") ; dal f. 30.V. si ricava che il suo nome è Mala (= MaXaiu). Allo stesso
fol. 30,v. è citato un monte I >l od y dal quale nascono i fiumi rdyyrji e (Pciatc;;
questa indicazione ci costringe a identificarlo col rùh^a (VII, 4, 8), benché il nome
arabo non mostri alcuna affinità col greco. I fiumi sono tutti tolemaici: l'Azanùs
"A^uvog (f. 25,r. ^y^l, f. 30,v. ,_j^i)\), il Baraqos Bàgaxog (f. 25,r. e 30,v. senza
punti), il Gan.'ìs rdyyrjg (f. 25,r. e 30, v. senza punti) ed il Fàsìs (f. 25.r. j— -LÌ',
Tiyui, 'Adfiaadgoy, Ov^Bvrov, Ovlviiov, [lìJTivQQOf, Jdftaaaa. Le trascrizioni del ms., per quanto difet-
tose, mi permettono di rettitìcare qualche nome irriconoscibile nel testo d'al-Edrisi: Edr. I, 176
^^vjvi^l (Jaubert: Oundaran), 1. C)^."^}^ Uwindiyùn, Ovi'dtov (in al-Huwàrizmì sempre senza
punti); — Edr. I, 188 ;y»-:^ (Jaubert: C'nttisbor), 1. v»-;^!:^ BiUAù, lì?]rTtyoì (al-Huw. f. ]l,v.
,__ya-Jx^; f. 31,v. tre volte |_y->-l:'-^) ; — E dr. carta itineraria O^j-'^^^ (Lelcwel: Ahenfibrnn),
1. ^^JLobl Adàsatrùn, ' 4Seia(ihQoi' (al-Huw. 1'. ll,v. v^^^^-UJbl; f, 32,r. senza punti). - Cfr. i ri-
chiami alla pag. 52, nota 4.
(1) Forse la l*^ (Jaubert: Taouf,'ha) d'al-Edrisi I, 193, 194.
(2) Ms. ejày-«^y>.
(3) Ms. qui (f. 2.r.) e f. 3l,r. '/!>/; f. 18,r. ^f'^^f-
{*) Il ms. (f. 24,r.) ha J^^, e la stessa lezione è in al-Fargàni (cfr. p. 23, nota 4) p. 35.
Ibn Uosteh 96 le^ge J^J' al-Kul, che sembra da preferirsi (cfr. la nota del de Goeje).
(^) I. Y.: a città di vX^I » colle stesse cifro (nella long, il codice lia^); al-Battàni (in
Lelewel, t. IV, Épiloque, p. 87) «città di .>j-Jl " colle stesse cifre (nel cod. senza punti).
('•) Una mano posteriore aggiunse: oyy^ tJ-H?" *^ J'-^.^- Infatti il nome ar-Kalum è co-
mune nei geografi arabi posteriori.
— 40 —
f. 80,T. ^j-.-.— jl»). — Invece nello città si osserva una nomenclatura che ha stretti
rapporti con quella di al-Edrìsi, ina ajisai poco conforme al modello tolemaico:
f. l,v. A'jna sul mare, 122"0', 3''U' S. — Il ms. qui e f. 2."),r. U6\. — To-
lomeo non ha nulla di simile; invece è ricordata da parecchi altri geograti arabi,
p. OS. da al-Ediisi I, 72, Abù '1-tidà' ;{7ó, ad-Dimasqi 11, 199. 2o4.
f. l,v. Ij.U^ sul mare, 12ó'0', 3°0' Sud. — f. 25,r. UU^. — al-Edrisi I, 72
bU^ (altro ms. bl-y*).
f. l,v. ^l3.^ 124°(i', S''0' Nord. — Sconosciuta agli altri scrittori arabi (').
f. 2,r. L;^>>-U; sul mare, 117015' (o 55') 4<'0' N. — al-Edrisi I. 72 Lc.^-Lw
(altro ms. U^j^^-l.^).
f. 2,r. ^>yl sul mare, 118"15' (o 55'), 4"30' N. — al-Edrìsi I, 72 ^jo.\. —
Al f. 30,v. v3>yl, colla variante ^jyl-
f. 2,r. ^il....X» 12O''40', 11°45' N. — f. 25.r. ^>\—^ colla var. ^>\ oU;
f. 30,T. ^>Ujj; colla var. ^3>UJj'. — al-Edrisi 1, 72 ^V-AJ' (altro ms. ^3'^»!»). —
Forse si devo leggere (^jUJj' Talaqàrì ed identilicare con TaXdxagv (126''2o', ll'iO' ;
supponendo una scrittura ©«/«xwpr), poiché ambedue queste città sono rappresentate
presso la foce del Pliasis.
f. 2,r. oyy^^ 121°55, 7»0' N. — f. 30.v. ^J.^^U; al-Edr. 1, 72 ^^y>~U
Dal f. 30,v. si ricava che la città non era lontana dalla foce del Ganges; ciò mi fa
supporre che debbasi leggere ^^ ^y i' « Mà^Tamùn = MaayQa^ifiov lirjQÓnohc
(127-U', 7°10').
f. 2,r. ^^yyx^j» sul mare, 125°1.V (o 55'), 5''15' N. — f. 25, r. senza punti;
al-Edrìsì I, 72 j_$^yL^^ (altro nis. ^,yi— .^). — Probabilmente ^^^'i^^ Forosqùrì
= nqóxiWQi (131°, 5''40').
f. 2,r. yu 121°15', 17''45' N. — La latitudine è certo erronea, giacché la
città trovasi nel I' clima che arriva solo a 16"27' N.; anche la correzione a « jo
14°45' sarebbe insufficiente, poiché nessun punto di Serendìb oltrepassa 12''30' lat. N.,
e la città verrebbe a trovarsi nell' India.
Nel mare a Sud ed a S-E. di Serendib compaiono certe isole senza riscontro in
Tolomeo, le quali sembrano dovute alle informazioni per metà favolose dei marinai
del golfo Persico (-), che si spingevano sino alla Cina già prima del 750 d. Cr. Con
(') Forse bisogna leggere ^b^j-J> Tabriibini= TanQo^ùvtj. Questa medesima scrittura jicr
rajiprcscntare il nome greco «lell'isola è adoperata in Ibn Rosteb HI, 1. l.S, ed in al-Hamdàni,
Gcof/raphie (At ara/j. HaUiinsel lierausg. voii D. H. Mflller. Leiden 1881-"Jl,i>. 12, 1. 11. Al-Bal-
tanS (Rcinaud, /ntroduction generale d la Géogr. d'Aboulféda, pag. C'1>LXII) ha Tabrubani. —
Credo che al-Huwàrizmi, come accade altre volte, indichi col nome dell'intera regione la capitale
del paese; infatti I. Y. ha Serendib colle stesse cifre (nella long per errore A^ invece che •>^^,
e Tolomeo 'ArovQÓyQituuov ^itatXeiot' 124°10', 8"1'>'.
{*) Un bell'esempio di questi racconti, ove fatti veri sono mescolati a narrazioni fantastiche,
è il Libro delle meravù/lie dell'India, composto fra il ftOO ed il 953 d. Cr. dal capitano Bozorg
ben Sahriy&r di Riinihormoz, e pubblicato con versione francese da V. A. van der Lith e
L. M. Po vie fLeide 1883-86K — Le avventure di Sindibiid il mnrinnio nelle .ìfilìc e una notte,
sembrano pure nna eco di simili racconti, e dovettero formarsi in al-Hasrah non più tardi del 000
o 9.50 d. Ct. (efr. Nòldeke, /fu den agyplinehen .Vàrehen, Zeitschr. d. dentsch. morgenl. Ge.sell.
XI-II. 18S8, p. 6n. nota 2).
— 41 —
molti particolari sono descritti (f. 24,t.) i contorni della tjaslrat al-'aqàrib « isola degli
Scorpioni ', i cui limiti estremi sono in long. 112''50' e 121°20', in latitudine a S.
dell'equatore TTiD e 11"0'; vien fatta menzione della ^asirat al-'orùh » i^ola degli
uomini nudi », di forma quadrangolare, col centro a IST^SO', ISoQ', lunga 4 gradi
per 3 di larghezza e percorsa (f. 30,v.) da un fiume; ed è ricordata (f. 25, v.), l'isola
degli Zani] antropofaghi, larga e lunga 4 gradi col centro a ISS^O', S^O', e percorsa
(f. 30,v.) da un fiume ('). — Proseguendo ancora verso Est s'incontra la ^asirat al-fìd-
dah « isola dell' argento » a' Sud dell' equatore; i suoi limiti estremi (f. 25,v.) sono in
long. 154°0' e 159"30', in lat. 4020' S. e O^O' S. Un fiume (f. 29,v.) che sbocca
in mare per tre foci l'attraversa in buona parte (-'). — Altre isole favolose sono la
gazlrat al-qal'nh al-mwll'ah « isola del Castello lucente " {^) nel mar Tenebroso (il
Pacifico) a circa 176° long., 22° lai; e la (jaslral al-gawàhir « isola delle Pietre
Preziose » , detta anche gadrat al-yàqid " isola dei Giacinti » a circa 173° long.,
2" lat. N. nel mar Tenebroso {*).
Nell'anno 95 eg. (2(3 Sett. 713—15 Sett. 714), regnando l'ommiade al-Walid I,
il generale arabo Qutaybah ben Muslim soggiogava il territoiio di Kàsgar nell'alta
valle del Tarim {■') ; sconfiggendo un corpo di 200.000 Turchi comandati dal figlio
d'una sorella dell'imperatore cinese C'), cosicché quest'ultimo venne a trattative col
generale musulmano. Dopo d'allora le relazioni a scopo commerciale colla Cina non
furono più inteiTotte; ed ambascerie arabe giunsero alla corte cinese nel 726, nel
756, nel 798 d. Cr., quest'ultima per opera di Hàrùn ar-Rasid ("). Né le relazioni
si limitarono alla via di terra attraverso l'Asia centrale, poiché già nell' Vili sec.
d. C. i marinai delle coste arabe e persiane spingevano le loro navi sino ai porti del
Celeste impero; anzi gli annali cinesi raccontano che nel 758 gli Arabi e Persiani
erano tanto numerosi e potenti a Canton, da approfittare d'un momento di agitazioni
(') Sngli Zang della geografia araba posteriore, vedi L. M. De vie, Le pays des Zendja, ou
la còte orientale d'Afriqii.e au moyen dge d'après les écrivains arabes. Paris 1883.
(2) Un'altra Isola dell'Argento è nel Mar Tenebroso (il Pacifico) a circa 168°-172'' long., 7° hit.
S. (f. 20,r. e 29,v.).
(3) Il ms. al f. 20,r. scrive i~-~'a^\ .^JiiJCJI ; al f. 32,r. <*--;-£mJ1 <*^j<Ì-ììJ1. I geografi arabi della
decadenza, che vanno in cerca di tutte le cose meravigliose, ricordano quest'isola: v. ad-Dimasqi
171, Ibn al-Wardì (Fragmentum libri Margaritae mirabilium, edidit et latine vertit C. J. Torn-
berg, Upsaliae 1835-30, p. 49 del testo) ed al-Qaz winì (t-Z- C« jm'Ì» i'.s Kosmographie,)i&rAnsg.
von F. Wiistenfeld. Gottingen 1847-49, voi. II, p. 55).
(*) V. 20,r., 31,r. e 10, v.; in quest'ultimo v' è la figura dell'isola, col monte die la circonda. Al-
Huwfirizmi vi conosce (f. 2,r.) le città (^•'^, i_j — «-^-^ (anche f. 31, r.), ^^ — «= (anche f. 31,r.) e
,^!iUs:* (f. 31,r. ^'^^)) e ricorda (f. 31,r.) anche un fiume ,_y~jU>y (var. ,_5^Li.jl). — Al-Edrìsi
I, 300-301, conosce pure un'isola dei Giacinti, ma la pone nel IH clima.
(^) Ann.ales quos scripsil at-Tabari, cum aliis edidit M. J. de Gocjo. Lugduni
Batavorum 1879-90, ser. II, t. Il, p. 1275 e segg.
(«) At-Tabarì, ser. II, t. II, p. 1195.
C) Vedi Kremer, CuUurgcschicìUe des Oriimts unter don Chalifen. Wien 1875-77, voi. II,
p. 279-280, ove son riassunti in breve gli studi del Itrct sch nei der {On the knowledge possesscd
by the anr.ient Chinese of the Arabs and Arahian colonies. London 1871J. .\ltro interessanti cita-
zioni si trovano in de Goejc, De Muur van Gog cn Magog (Verslagen en Mededeelingen der k.
Ak. von Wetensch., Afdool. I-ctterk., 3" reek.s, deel V. Amsterdam 1888, p. 102).
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Tol. II. Serie 5*, parte 1* 6
politiche per sollevare un tumulto, in cui sacchoggiarono le botteghe od abbruciarono
le case dei mercanti, allontanandosi poi per mare col lauto bottino (').
Tali rapporti coli' estremo oriente lasciarono tracce nel Kitnh ^ùrat al-anl. Il
sistema oro-idrografico ha sempre i caratteri generali di Tolomeo; ma su questo fondo
greco si innestano le città di cui mercanti e marinai portavano notizia. Nel centro
dell'Asia, a 130"0', 33''0' (-) compare at-Tubbat (•'). il Tibet, col quale gli Arabi erano
entrati in rapporto, tanto che, .«econdo lo storico Ibn al-Alir, nel 194 (15 Ott. So'.i —
3 Ott. 810) al-Ma'miin, essendo ancora semplice governatore del Horàsàn e della
Transoxiana. avea concluso un trattato col monarca tibetano. — Procedendo ad Est.
nella Serica degli antichi, gli elomenti greci si avvicendano con qualche dato nuovo;
a 148"1U', 46°44' è indicata (f. 8.r.) la città di cj^. — y^. ^^^^ P^^''^ identica colla
regione di ^-U....^^ che al-Edrisi II, 410 seg. pone nel VI clima; poi abbiamo:
Ottoràqàrà (*) 140no' 37"50' 'Ouoqoxóqqu I66°0' 37»15'
Dorosàqi 151 "30' 42"0' jQcoaaxì'^ 1(j7°40' 42"30'
Siri cioè Sisiyàu (•') 15S''30' 40"'20' 2i]Qa ^ir^TQÓnokic ITT^O' 38"35'
Sempre nel territorio dell'antica Serica, al-Huwàrizmi cita ancora (f. 0,v.) :
■ àJ^j^ lb0''3ì' 40''37'
yj> à^p.^ 1G0°0' 40°55'
Ignoro cosa sia il secondo nome, al quale non trovo corrispondenti né in Tolomeo né
presso gli altri geografi arabi; quanto al primo mi sembra quasi certa la correzione
in sy^ Bajibùr. Gli Arabi chiamavano l'imperatore della Cina col nome di Hajibiir
0 Fagfur(''); è quindi verosimile che la >. città di Bagbiìr ■- indichi una dello capi-
(>) Uichthofcii, China, Ergebn'me cigencr Reisen und darauf gegrùndeter Studien. Ber-
lin 18:7-83, voi. I, p. 569.
(«) Ms. (f. r,,v.) J. I. Y. ha ISO-IS' (o 55'), 33"0' (^).
(3) Nejjli annali cinesi del V scc. d. Cr. il nome è T'u-bat; esso è corruzione del tibetano
Slod-liod « Bod superiore» (sul significato di Bod = Ti\>oì, vedi L. Fcer nel Journ. Asiatiquc
séT. IX, t. I, 1893, p. 161-C2).
(«) In al-Edrisi U, 214 e 21.5 erroneamente LiUiy»! (Jaiibert: Atracana).
(5) ,\1 f. 28,r. si lepfre ^;;l>.»^«.4.i J>^\ ,_yb^ ^yò^.^ >)h u Territorio Siriqi (i>;e'X';) ossia
terra di Sisiyàn » (cfr. al-Edrisi II, 222, 22:?. - :^'ÌQ" (Sin'i) crrisimude a Canp-npm, l'attuale
Hsi-npan-fu, nella provincia di Sen-si (Richthofen, China, 1, 489). Teofilatto (Hfoyiinxrov) Si-
iii./catta neir828 la chiama Sovjìói;v (IMchthofcn, I, 551-52); e già nella parte siriaca della fa-
mosa iscrizione bilingue di Hsi-n(?an-fu, dell'anno 781 , la città appare col nome di Kumdan. Ibn
Waiib, che il saccheggio d'al-Ba.:;rah per opera degli Zanii nel 25T eg. (29 Xov. 870—17 Nov. 781)
avca spinto a viaggiar nell'India e nella Cina, visitò anche Cang-ngan, alb.ra capitale del regno, e
nella sua relazione la chiamò Homdan. D'allora in poi questo nome rimase nella geografia araba
(solo il h'itiib al-Fihrist, p. 3-50, 1. 15 ed ai-Mas' lìdi I, 313, 321 hanno Hamdàn).
(<'•) l'er le varie forme del nomf vedi il Kitiib al-Fihrist, Aninirkungen, voi. II, pag. 185. —
A I-M a»' lìdi I, 306, e l'autore del Fihrist (tosto, p. 350, 1.2-3) dicono che Uagbiìr in cinese si-
gnifici u figli., del cielo». È evidente che gli Arabi ebbero questo nome per tramito iranico; in
persiano ba^-pùr significa « figlio di Dio », ed ò la traduzione del titolo imperiale cinese tiCn-tszc
— 43 -
tali cinesi; ed allora la sua posizione rispetto a Sìrà (Cang-ngan, ora Hsi-ngan-fu)
ci autorizza a identificarla con Lo-yang (ora Ho-nan-fu presso lo Hwang-ho), che in
quell'epoca era una dulie residenze iuiperiali.
Nella Cina (as-Sin) proi)riamente detta, 2ivoh' xw(>«, oltre a 5 città anonime,
abbiamo sulle rivo del mare due avanzi di Tolomeo:
Qattìy:òrà (')
lePSO'
6°0' Sud
Kax%iyaqu
17700'
803O' s,
Asfìtrà (^)
164015'
18°0' Nord
'Aani&qtt
17500'
16"0' N.
Al f. 2,r. incontriamo Sùsah I68040', 4°4o' città descritta come molto impor-
tante da al-Edrisì I, 193. e menzionata anche da I. Y. » Sùsah dell'occidente -^ (al-
garb; sic!) 168°35', 4°4ò'; poi al f. l,v. compaiono per la prima volta nella geo-
grafia l^i^.U-, lyLJb 0 I3 — «uls. Disgraziatamente il copista non ha indicato le cifre
relative. Il primo nome va letto \^ tLii.^ Hànqù, città che corrisponde a Canton (0
Hongkong) e di cui parlano spesso gli scrittori arabi (■'); l'ultimo è senza dubbio
Qànsù, cioè il porto di Kiau-cóu nella provincia di San-tung ('). Ignoro come bisogni
leggere ed interpretare il secondo nome Ij sob, tanto più che il ms. non indica le
posizioni rispettive delle tre città.
A N.-E. del Tibet (at-Tubbat), col centro a 14300', 59°30' (var. 14'), è il paese
^figlio del cielo. Questa spiegazione fu già del resto intravveduta dal Neumann, Asiatische Stu-
dien. Leipzig 1837.
(1) In causa d'un guasto nel ms. la lettura della long, è un po' incerta. Cattigara pare fosse
posta sul golfo del Tong-king sul luogo circa di Kiau-ci (ora Han-noi); v. Eichtliofen, China,
I, 508-510. Il nome di Qattigòrà è conservato anche in al-Edrisi.
(2) È ricordata an. he in al-Fargànì colla forma U-J^i-^l. — II ms. nella long, dà y-^ ( '-^
167") invece di ^x.»^ 164°; la mia correzione è richiesta dalla serio progressiva delle longitudini,
e da quanto si legge intorno alle coste al f. 18,r. (ove il nome è scritto -.^XiLwl).
P) Alcuni scrivono anche Ij — iJla^ Hànfù. Al-Edrìsi I, 84, 85, 90, 99, i mss. d'Ibn al
Faqih (ediz. de Goeje, p. 13), al-Ta'qùbl .365, ed Abù '1-fidà' 364 hanno Hànqù; il Kitnb
al-Fihrist Hànqùn (p. 350, 1. 3) e Hànqù (p. .350, 1. 16). Invece Ibn Hurdàdbeh ha Hànfù (p. 69,
1. 3 e 5), e così pure il Livre des merveilles de l'Inde citato sopra a p. 40) p. 92, 133, 144. Altri
scrittori sono incerti tra le due forme; al -Mas 'udì scrive Hànqù (I, 303 ter, 304) e Hànfù (I,
308, 309, 311, 312, 313 ter, 321); ad-Dimasqi Hànqù (203 e 229) e Hànfù (15 e 127). ifRenau-
dot nel 1718, il de Guignes ed il Neumann aveano identificato questa città con l'attuale Can-
ton; ma il Klaproth (Mémoires relatiff à l'Asie. Paris 1824, voi. n, p. 200 sg.) credette di dover
cercare Hànfù a Hang-cóu-fu nella provincia di Ce-kiang. Questa ipotesi fu tosto accettata dai più,
ed in conseguenza preferita l'ortografia Hànfù. Però lo Sprenger (Die Post- und ReiserouWn des
Orients. Leipzig 1864, p. 91. Abhandl. f. die Kunde des Morgenlandes, III Bd., 3. Heft) .studiando
bene gli itinerari concluse che « nella Hànfù d'al-Blrùni si deve riconoscere senza dubbio Canton n.
Il Richthofen (China I, 574-576), persuaso degli argomenti dello Sprenger, ammise l'identità di
Hànqù con Canton, ma nel tempo stesso suppose a torto l'esistenza d'un' altra città delta Hànfù e
corrisiiondonte a Hang-cóu-fu. Lo studio dei testi arabi mostra che Hànfù e Hànqù sono una stessa
città uguale alla nostra Canton (Hongkong); ed a questa conclusione sembra giunto anche il de
Goeje, a giudicarne da una sua brevissima nota ad Ibn Hurdàdbeh 66. — Hang-cóu-fu va cer-
cata nella Hàngù d'Ibn Hurdàdbeh 06, d'al-Bìrùnt e d'Abù '1-fidà' 864 (al-Edrisi I, 85
e 100 yoli-),
(■') Kichthofon I, 57.5-570. — Ibn IJurdàiJbeh ha Qànsù (pag. 701 ed anche per errore
(p. 69, 1. G e 9) ^Is; al-Edrlst l, 193 jmre erroneamente l^.l» (Jaubcrt: Caitova).
— 44 —
abitato dalla popolazione turca at-Tiujusyus (^); ed ancor più verso oriente, nell'e-
stremo angolo N.-K. dell'Asia, son relegati i mitici paesi di Gog e di Mugog (Yà-
éi'ig 0 Màjì^l), che la leggenda coranica aveva reso famosi anche tra i musulmani.
La muraglia gigantesca (as-sadd) posta fra i due monti YàC'Uii: e MAj^i'i^ (-) è ricor-
data al f. 14,r.; al f. 14,v. si parla della montiigna circondante il paese di Yàgù^,
quella stessa che al-Kdrìsì li, 347 nomina Qùqùyà; ed ancora nel paese di Yà^ù^
si citano i monti Sàmùlil (f. 14,v.), ^_;,».-.-..i>. (f. l.".,v.) e ^^^^ (f- l'),v.). Le città sono:
Città di Yaé'ft^(3) 170''25' 43»35' (I. Y. 170''25', 42''35')
Cittù di Wà^i 171«0' 45°0' (manca in L Y.)
Città di Màgùg interna (<) 172''30' 63»0' (I. Y. 172''30', 63''0')
Secondo il f. 38,v., il tìurae Bàtis {BavTtaog o Bavu^i, Ptol. VI, Ili, 3), che
nasce a He^O', SO-'O', dopo esser passato per HO^O', 41O30' e per 158''0', 40''10',
entra fra il monte ^_ywXw^ e la gran muraglia (as-sadd), tocca le città di Yà;ùg
e di Màgiìg, terminando a 180°0', 47''30'. — Un altro fiume, il Yùhardìs (f. 43,v.
^_y-o>y^y; 01xci()ài^g YI, la, 2 e 16, 3), nascente a 14ó"3u', 47''0', percorre le me-
desime regioni, passa per la città di Maglie interna, e finisce a IBCO', 49''30'. —
Si vede dunque che al-Huwàrizmì, avendo diminuito di alcuni gradi le longitudini dei
paesi orientali, approfittò dello spazio rimasto libero ad E. per collocarvi i popoli
leggendari di Yàgùg e Màgiìg.
Le altre regioni asiatiche corrispondenti alla Scythia intra Imaum ed alla Scy-
Ihia extra Imaum degli antichi non offrono innovazioni molto importanti (•'').
(') F. 27.V. jij«-^l. Il nome è scritto e letto in vario modo: at-Taéazgaz, at-Tagaiyar (al-
Edris! a torto sempre al-Bagargar). Il Reinaud (La f/i'ographie d' Aboul fèda traduile ctc,
1. 1; Introduclion qi'iUrale. Paris 1848, p. CCCLXIII) fu il primo ad identificare questo popolo cogli
Cygfir; e più tardi il Grigoricff, notando che gli Ùygùr si dividevano in Toqùz-ùygùr a i 9 uy-
gùr n ed On-ùyijùr u \ 10 ùygùr » j spiegò la forma araba come derivata dal primo nome. Questa
ipotesi, generalmente ammessa, fece dar la preferenza ad at-Tuguzgur. Per", come osserva il N fi 1-
deke (nella prefazione del de Goeje ad Ibn Rosteh), il nome Tughzghuz s'incontra con caratteri
]i!tzend in uno scritto pehlerico del gran sacerdote MànNscihr, il quale nel IX sec. d. Cr. pare abbia
avuto rapporti personali con quel popolo ; ciì> rende dubbia assai l'etimologia del tìrigorieff, e ci fa
Iirefcriro la forma at-Tuguzjuz. — Questi al tempo d' al-Huwàrizml abitavano a Nord dell' Altln-tàg
e del Kùkù-nòr.
(•). Le notizie vaghe intorno alla grande muraglia cinese, la cui costruzione rimonta al 220-
212 av. Cr., hanno dato origine a questa leggenda d'una grande muraglia edificata da Alessandro
Magno, leggenda che appare già nel II. sec. d. Cr. nel Pscudo-Callistene. Si veda de Goeje, De
muur van Gog en Magog (Versi, on Medcdeel. dcr k. Ak. van Wetensch., Afdeel. Lctterk., 3" recks,
V deci. Amsterdam 1888, p. 87-124).
(') Xel ms. la lat. è ^ 48° invece che ^. Siccome la città 6 posta nel VI clima (fino a 45°0'),
la mia correzione è necessaria; inoltre è confermata da altri passi del ms.
(*) Nella lat il ms. ^ — >«> 68". Ma al-Huwàrizmi pone la città nella zona fra il VII clima e
63°0' lat. (più a Nord non esistono terre abitate); quindi la correzione è evidente. Essa è pure con-
fermata da quanto si legge al f. 43,v.
(') Anche qui il testo d' al-HuwàrizmI pennetto di riconoscer con certezza l'origine tolemaica
di alcuni nomi edrùsiani. Al-Edr5sl II, 412, monti lJL-Ji-j\ (.laubertr Oscasca); la carta iti-
neraria mostra la loro identità cogli Lw»jLi.»ol d' al-ljuwiirizmi (f. 15,r. U-aiU-wI; f. 42,v. senza punti)
— 45 —
IX.
L' Eu ropa.
Nell'Europa, più che nelle altre parti del mondo, è naturale che appaia la guida
di Tolomeo, benché anche qui il geografo arabo mostri alcune buone rettificazioni al
suo predecessore; solo è a dolersi che i nomi europei siano tanto alterati nel mano-
scritto di Strasburgo da diventare in buona parte irriconoscibili.
L'Irlanda, ricordata col nome di Yilbàrniyà (f. 20,v. L_-J,by, f. 43,r. Lo.^b^),
per la configurazione delle coste e pel suo sistema idrografico è calcata interamente
sul modello greco; le longitudini e lo latitudini estreme sono:
long.
7''30'
16°30'
Tolomeo:
TMO'
16°20'
lat.
57''30'
6 IMO'
fl
hl°0'
61 "30'
Eiferisco i nomi delle 5 città irlandesi (f. 8,r.), perchè serviranno a dare un'idea
della scorrettezza del ms. nei nomi propri:
Jb lO^O' 58»10' Cfr. 'lovfQvig IPO' 58»10'
lj-b 11»0' SBoóO' Cfr. Jovvov 12°30' 58°45'
^j^^y\ 12"20' 59n0' Cfr. Aà^i^Qoi; WO' oQ^lS'
^> ^jJlì sul m. 12"50' 57°45' Al f. 20,v. ^^^ (var. ^.^-^-u^)
^y sul m. IS^SO' 60°30' Al f. 20,v. senza puuti.
Invece la Gran Bretagna od Alàyà (f. 21, r. U^l; f. 43,r. b_jJ\ colla var. Lo^l)
contiene una riforma notevole. Ognuno ricorda la forma allungata dell'isola d'Albione
{'Aluvidìì) in Tolomeo, così che la ditt'erenza tra le longitudini estreme è di 20"20',
e quella fra le latitudini estreme solo di 10"10'. In al-Huwàrizmì la prima è di 14",
la seconda di 10" come risulta dal prospetto seguente:
long. 17"10' 31°10' Tolomeo: 11"0' 3P20'
lat. 51"30' 61"30' » 51"30' 6P40'
= 'Àaniata di Tolomeo VI, 14, 6 (quindi in al-EdrJsi 1. b;.^---.^! Asfìsiyà). — Al-Edrisi II, ll;ì.
monti U^Àt (Jaubert: Taghora); 1. ^^y^ Tallirà come in al-limvfirizmi f. 15,r. = IV(;ioie« di
Tolomeo VI, 14, 7. — Al-Edr. II, 415, monti bJ^*»" (Jaubert: Chounia), fra i paesi di Simriqi
fprobabilmetito errore di scrittura per il Siriqì d'al-Huwàrizuiì = -vc^f';. Storica) ediSisiyàn; le<r!,n
Lo_j^ Suwibà (al-Huwàr. f. 15, r. ^y^) ^ it'r»,,J« (VI, 14, 8). — Al-Edr. II, 400 ricorda la re-
gione di <*-<Jyù*jl (Jaubert: Asconia), e 11,408 quella di ^J^\ {^yL^\ (Jaubert: .\sconia des
Turcs); in ambedue i casi bisofjna leggere ' ó^JÙ-col Isqùtiyà, od à^yLui\ Isqùtiyali ; infatti al-
Huwarizmi nella tavola dei punti cenlrali delle re^;ioni, conosce la Isqiìtiyà dei Tu.iuziiuz (= 2'xi'Wirt
jj éxTÒs 'l^dov òpoiif) e la Isqùtiyà (ms. Lo^ìl»»jI) dei Turk (= -xvOiu >'/ éviùi 'IfÀclov oqovì).
— 46 —
Fra le città si possono riconoscere:
Om5<ros (')
20»40'
Ó3*-15'
Noioiiayo;
19M5'
53''25'
Loudinùn ('-)
21''0'
54''25'
-/orJnvoi'
20''0'
54°0'
Eboraqiin (^)
21030'
58»40'
'Efi6(}ieì(oy
20"0'
57020'
QaturaqtoDTÙn {*)
21O40'
5..°30'
KatovQuxtéì
tiov
20^'0'
ss-o'
Uwantà (^)
22''0'
57«10'
Ovt'vra TWJ'
2(;U«rwt'
20''30'
55''25'
Delle città che non riesco ad identificare noto soltanto ^yi\ la grande, a 19"40',
59''45' (f. 8,r. ; il nome ricorre anche al f. 21,r.), la quale si trova pure in Ibn Yùnus
sotto la forma ^^1 e colle cifre iy»4u', 59»37'.
Le isole vicine alla Gran Bretagna ed all'Irlanda rimasero anonime; però dalle
indicazioni date è facile riconoscere le isole Ovi]XTt'c, Toltdmc, Kwowvog, Mòia,
Moviiotód, le Efiofdtd ecc.
Di fronte all'ingresso del Mediterraneo, scrive al-Huwàrizmì (f. l.',v.), alla lat.
di 3fì°0' trovansi "^ due idoli (sanam) di rame, i quali portano, tenendolo per i piedi,
k un altro idolo; e si dice che questi siano i limiti estremi di Ercole (nel ms.
« JijA f^\) al di là dei quali nessuno può passare " (")•
La costa europea MVAIlaiitico non offre diversità notevoli dalla carta di To-
lomeo; invece bisogna notare che nell'arabo (f. 16,r.) la costa si prolunga molto più
a N. di 63° lat, estremo limito delle terre abitate, toccando alla long, di 60°0' la
lat. di 72°0', e giungendo finalmente a 58°0' long. 78°0' lat. A questo punto la
costa si dirige verso Ovest fino a toccare 1°0' long.; segue questo meridiano sino
a 0°10' lat. N., od allora piega verso Hst, cos'i da incontrare a 20°0' long.; 0"10'
lat. N. le spiagge africane. In tal modo l'Atlantico diventa un vasto mare interno,
e ciò spiega la longitudine delle isole Canarie {Maxdgwv rijaoi, 1"V, 6, 34) nel
geografo arabo (f. 2u.r. e 20. v.). Siccome a PO' long, si trova la spiaggia occiden-
tale dell'Atlantico, cos'i le Canarie dovettero esser portate più ad E. che in Tolomeo:
Fintuwàrà {")
3°(.)0'
7°30'
ITifiovaQin
0°0'
10»30'
Qàuàriyà C)
4°40'
11»0'
Kcetcegia
PO'
11»0'
Hàrà
a'O'
13° (^) 5'
"llqac l'f^ffoc
1°0'
15»15'
(') La lat. (f. 8 r.) Ì! *-• ^ ; le notizie dat* al f. 21, r. permettono di leggere con sicurezza <*-^ ^•
(}) F. 8,r. c->/->^> ; f- 33,r. ^y>^\-
(») Ms. (f. 8,r.) ^j^f\-
{*) F.8,r. si'nza punti; f. :?3,r. ^y^^ ^^■. al-HamdànS, Gcocjr. Arahixch. Ilalbinselhts^.
von D. H. Moller. Liidcn 1881-91. p. 21 ,j~^y^ ;*^^ (cfr. la nota relativa nel voi. II, p. 9). —
fn jruasto nel ms. impedisce di legger la seconda cifra della lat.; però dal confronto con Tolomeo
e colle notizie al f. 33.r. si può ristabilire con certezza 59":30'.
(5) Forse nei gradi della latitudine bisogna leggere y 56° invece di jj.
(«) Cfr. al-Mas'iìdi I, 2.57: Kltiib at-lanb/h 60; el-Cazwini's A'osmoyrn/i/.iV, lierausg. von
F. Wùstcnfeld, II, 300-370; ad-l)inia<qi 173 e 348; Dozy, lìecherches sur l'kistoire politi-
que et liUéraire de VEspagne pendant le moyen dge. Leyde 1860, voi. II, pag. 329.
P) M«. \)\^a^ colla variante l^U-^.
(») Ms. bj\pU.
— 47 —
Kasàfàriyà (') G'O' (var. 5') 12°30' Kagaugiu 0»0' 12<'30'
^LL^ib 3"(^)]()' 13°(^)40' W.ovnùXu CO' W\h'
Isola 3''2U' 15"U'"(var. 5') 'AnQÙanoi 0°U' 16°0'
L'idea di un continente così interposto fra la Spagna e la Cina non è tolemaica,
e neppure mi sembra indicare vacrlie notizie intorno all'America. Nella Torrayijtafi'a
Xtnaiiccvixi] composta fra il 535 e il 547 da Cosma Indopleuste, la terra abitata ha
la forma di un grande rettangolo circondato interamente dall'Oceano, e questo a sua
volta è tutto cinto da una terra inaccessibile all'uomo, o, come dice la figura del
mappamondo di Cosma, yij ttìqkv tuv uixKcrov i'iO^a ttqò zov xarctxXvcyiioi' xanó-
xovv ol cii^(iù).-Toi « terra al di là dell'Oceano, ove prima del diluvio abitavano gli
uomini » (-). Questa concezione di Cosma (•') esiste anche presso altri scrittori cristiani,
come quella che bene rispondeva a certe loro idee cosmologiche. Ora, se si vuol
mettere d'accordo questo concetto coU'altro della sfericità della terra, si è costretti
a far passare tra la Spagna e la Cina il continente che circonda l'Oceano. Il famoso
Giacomo d'Edessa (Ya'qiìbh d-Urhày, morto nel 708) sostenitore della sfericità della
terra, in una sua grande opera siriaca intitolata Mimrà dha-stà yawmé « Trat-
tato sui sette giorni [della creazione] » , parla infatti di continenti inaccessibili posti
al di là del mare a N. dell'Europa o dell'Asia, ed a Sud dell'Oceano Indiano (yamà
siìmàqà « mar rosso » = '£Qv&Qà ^àXaaau) ; e nel tempo stesso scrive : " Anche ad
« Est di tutta l'Asia narrano che parimenti vi sia una terra sconosciuta, con abissi,
« voragini e baratri profondi, opera di Dio, la quale non viene percorsa [da alcuno]
« e neppure è abitata » (^). Più innanzi Giacomo d'Edessa continua : » Sta scritto
» che vi è una terra dirimpetto alla Spagna ed alle Colonne d'Ercole (qàyemté dh-
« Heraqlìs), [la quale si estende] fino al paese dei Cinesi (athrà dh-Sìnàyè) che è
" ad est dell'India; e questa terra è sconosciuta e disabitata » (^). — Così la teoria
della sfericità terrestre, combinandosi con una vecchia e fantastica concezione cosmo-
logica, faceva intravvedere alla fine del VII sec. l'esistenza del continente americano.
(') Ms. Uo.^UU^.
(2) Si veda la buona ri])rocliizione dui mapiiainondo di Cosma nel Marinelli, La Geografia
ed i Padri della Chiesa. K..ma 1882, \<. 37 (Estr. dal Bollet. della Soc. Geogr. Rai, Mafrijio-Lu-
fflio 1882).
( ') L'origino di quest' idea d' una terra inaecessibile circondante l'Oceano, mi sembra vada cor-
cata nella cosmografia iranica. Secondo VAvestn, nel primo giorno di pioggia la terra fn dalle acque
divisa in 7 parti (karsvare); gli uomini ]inssono abitare sido il knrxrarc detto hiranirntha, intorno
al quale, separati da abissi insormontabili e dalle aeque, sono disposti in giro gli altri ti. Insomma
ò un concetto analogo a quello dei 7 dv/pa indiani. Ritengo probabile che questa idea iranica sia
passata, come tante altre di carattere religioso, nel cristianesimo, avendo anche trovato il terreno
un po' preparato dalle antiche concezioni elleniche. Al di là dell' oceano, creduto una vasta corrente,
Omero collocava non solo l'Ade, ma anche la terra dei Cimmerii; <• tradizioni consimili vengono
citate ili altri scrittori greci. Gli stessi racconti di continenti sommersi potevano favorire il ditl'on-
dersi del concetto orientale.
(') Si veda il testo in Martin, L' E.vnmrron de Jacques d' Edcssc [Journ. Asiat. st'r. Vili,
t. XI, 1888, p. -1.3.5).
('■) Il)ideiii, p. \'u unta.
— 48 —
Lo ideo di Giacomo d'Edessa erano senza dubbio ditTuso nello scuoio siriache tioren-
tissinie di Nisibi e di Edessa; in tal modo {giunsero agli Arabi, e, un po' modificato,
riapparvero nell'opera dei geografi dal-Ma'miìn.
Parlando dell'Africa abbiamo veduto che fra Tunisi ed Alessandria era stata
operata una riduzione della troppo grande distanza tolemaica; una riforma consimile,
benché men buona, ebbe luogo anche nelle coste settentrionali del Mediterraneo orien-
tale. In Ispagna il geografo arabo non si scosta dal greco, come bastano a provarlo
alcune posizioni di città :
(j adirà (')
b'IO'
3Ó"Ó0'
rdànQic
5»4U'
36>'30'
ìtaliqa UlU^\
7"30'
39"4(y
'IzCtXlXK
7»0'
38»0'
Isbàlìs (-')
7"'20'
37"20'
"lanieXii
7°15'
37OÓ0'
Qorlobah (•'')
9"2<»'
38''2"/
KiifiSiiiì^
9''20'
38»50'
Astùriqi
O-IO'
43"30'
'AaioÌQixa
9»3U'
4400'
Haykal az-zuharah
V)
19"3U'
42" 10'
'IfQÒv 'Atfqoditifi
20"20'
42''20'
Procedendo nella Gallia abbiamo p. es.
Noinawsos
Luiduiiùn (■')
Nìqiyà (")
22°5ó'(.*o) 44''15'
23'*(^)45' 45''0'
23°{^)45' 44»3U'
280 lo'
42''G'
yiovyàovvov
Ovuvva
Nix((i((
21 "SO' 43"0'
23n5' 45''50'
23O0' 45»0'
28»0' 42"35'
ove nulla mostra una vera rirorinu di Toloiiiuo. Ijivece in llulia la longitudine è
già spostata verso occidente di 1 i o 2 gradi:
Kùmiyah (^)
Qùmà (■')
35°25' 41050'
37010' 42O0'
Kovixai
36''40' 41" 10'
39020' 41 "lo'
(1) \yjU. Qodiimali 231, Ibn Rosteh 85, ed al -lì.ittàn i (in IJeininul, Introduction,
p. CDLXII) scrivono i>j?.->^ Gadirali.
. (*) Ms. senza punti.
(') Qort.nlìati, fd 111 f. l.r. (^nr^à^inah (KttQxijduly via), sono i soli nomi di forma araba citati
in I»pa);na da al-Huwarizmì.
{*} n nome arabo è la esatta traduzione del greco (« Tempio di Venere "). e rimase anche nei
geografi arabi posteriori.
('') Ms. qui (f. 6,v.) e f. 39.r. Ciy^fy^-
C) Al f. ;i!),v. LJyLj ; le indicazioni che ivi si leppono non lasciano dubbi" che si tr.itti pro-
prio di (h'ttyt'u (Vienna di Francia).
C) Ms. senza punti.
(«) Abù M-fidiV 210, cita per Roma le cifre .30030', 13" (^) 50', come date da u un buwà-
rizmiano n {i,j^j)^y^ senz'articolo).
(*) Non so come correggere la latitudine, mancando in quest" casu ogni materiale sicuro di
confronto.
— 40 —
Di qui la correzione aumenta rapidamente :
Yàder(') BS^ÒO' 44<'30' 'Idóega 4200' 43<'45'
al-Qostantiniyjah 49''50' 45''0' Bv^dvxiov -SG^O' 4305'
Così la lunghezza totale del Mediterraneo è più conforme al vero che in Tolomeo;
però, la riforma essendosi operata per le coste settentrionali solo a partir dall'Italia,
la differenza fra Koma e Costantinopoli , in Tolomeo 2" i maggiore del vero, in
al-Huwàrizmì rimase di 2° \ troppo piccola.
Trattando dell'Asia Minore, notammo che le sue coste settentrionali erano state
portate troppo a Nord; conseguenza di questo fatto è la troppo elevata latitudine di
Costantinopoli e delle rive settentrionali del Mar Nero; p. es.:
Ewfatoriyyà (^) 55''20' 52n0' EvnutoQla 60"45' 47»40'
Delle isole italiane sono ricordate per nome solo la Corsica (Qumos f. 22,r.,
35,v. e 36,r.; Kvqvoo) e la Sardegna (■'); in quest'ultima noto (f. 5,v.), perchè si
trova anche nel rasm in Abù '1-fidà' (p. 190),
Sardàniyah, in un'isola 32''8' 3600' KaqaXXn; 32°30' 36°0'
Nella longitudine si legge veramente 42°8'; ma il confronto colla descrizione del-
l'isola e con altre indicazioni sparse qua e là, non lascia dubbio che si tratti d'un
errore di copia e che al-Huwàrizmì aveva scritto 32''8'.
Del resto l'orografìa e l'idrografìa europea non presentano novità importanti; i
nomi stessi si lasciano per lo più riconoscere bene. — Merita di esser notata l'ap-
parizione della città di Boruàn (in altri geografi anche Borsan) a 40°0', 45°0' (■*),
che è forse il più antico accenno orientale alla capitale dei Bulgari occupanti allora
il sud dell'Ungheria e la parte N. della penisola balcanica.
Rimangono a vedere le regioni nordiche d'Europa. Al f. 22,r. si legge: « Isola
« di Sqandiyà (ms. bj^.;j^) con una città. Comincia a 42''30', 59''40' ; in forma di
« qowàrah giunge alla lat. di 59°0', incontra la foce d'un fiume presso 46''0', 59''45' ;
« in forma di qowàrah passa per 60°30' lat., e torna al luogo d'onde cominciammo,
« ossia a 42°30', 59°40' ". Si confronti la descrizione dell'isola di ^xarduc in To-
lomeo II, 11, 34: «Estremità 0. 43<'0', 58»0'; — estremità E. 4600'. 5800'; —
« estremità N. 44030', 58''30' ; — estremità S. 45''0', 57°40' " . — In alcune isole
(1) Cioò Zara. Ms. (f. 7,r.) ^'jL> ; f. 17,r. j>l> colla var. yLo. Si noti la posizione longitudinale
rispetto a Roma, assai migliore che in Tolomeo.
(«) Ms. (f 8,v.) senza punti; f. 16,v. ^J^/»'-
(5) Nel ms. f. 22,v., 36,r. sempre ,_y**-=-r^, ila legc^ersi probabilmente ^^j-^ SarJus. Il nome
greco è ialini, al genitivo XttQiìuvf, l'arabo ò forse derivato da quest'ultimo? (ili altri scrittori
arabi per indicare la Sardegna usano il nome Sardùiiivali , che in al-Huwàrizmì iiulica la capitale
(Cagliari).
C) Rasm in Aboulf. 210, ed I. V. hanno lo stesse cifre.
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. Il Serie .')*, parte I» 7
— 50 —
anonimo ricordate allo stesso f. 22,r., è facile riconoscere le 'Ai.ox{at e le Ixavólai
iHxQcti del geografo alessandrino (II, 11, 32 e 33). — La Danimarca (Chersonesus
Cirabrica) è ricordata al f. 2G,v., nella tavola doi punti di mezzo delle varie regioni:
. Territorio di Qimriqi (ms. ^y,j-^ ; hiftSgix,] Xt^aun^aog). isola unita alla terra
. ferma, 4 IMO', ()0°0' ».
L'isola di Tiìlì (ms. senza punti; 0o«7»;) ha una descrizione minuziosa nel
Kilàb xùrat ai-ani (f. 21,v.), ove le sono attribuite dimensioni assai maggiori che
in Tolomeo. Infatti i limiti estremi sono:
long. 2(i°20' — 32^20' Tolomeo 2900' — SIMO'
lat. (J2"0' — 64''40' - 62»40' — 63»40'
Inoltre al-Huwàrizmi dà particolari affatto nuovi; conosce una città chiamata ^
a SO'O', 62045' (f. 8,r. ; al f. 33,r. J^J>\), e descrive il corso d'un fiume percorrente
l'isola. La fonte di queste notizie mi rimane ignota.
I lettori d'al-Edrìsi (li. 433) ricordano che nel Mar Tenebroso, a N. della
Russia, son posto duo isole chiamate Amràynes ('), una aliitata da uomini, l'altra da
donne; ogni anno gli uomini vanno a passare un mese coU'altro sesso. La favola è
ripetuta volentieri da autori orientali; essa ricorre in al-Qazwinì (-), ad-l)ima^qì
(p. 17ij, ove il nome è Irmiyànus), al Hàkuwi {^) ed al-Bekri ('), il quale cita anzi
a questo proposito la testimonianza d'iliràhim ben Ya'qub, che avrebbe appreso
queste notizie da Ottone (Hótoh) il Grande, presso cui sera recato in ambasceria
forse nel 973 (^). Anche Adamo da Brema, nel sec. XI», parla della terra feminarum
lungo le rive del Baltico.
Ma è notevole che la leggenda si trova già in al-Huwàrizmì f. 22,r.: " Isola di
« Amrànùs (ms. qui Amràtiìs) appartenente agli uomini. Comincia a 49''4o' (var. 0'),
. 64°45' (var. 40'), va a 50°20', 62020', continua a 56"50', 65°20', passa per 54''20',
i. etJMO', e ritoi-na al luogo donde abbiamo cominciato. — Isola di Ami-àniis abitata
. dalle donne. Comincia a 50°30', tiPlO', continua a 52°30', Sg'SO', poi a 56"0',
. 61°20'; in forma di taylasàn giunge a 57°25', 64''40' e ritorna al luogo donde
.. abbiamo cominciato «. — Ed al f. 44,r. è descritto un fiume dell'isola Amrànus
(ms. j^ym) delle donne, ed un altro fiume scorrente nell'isola Amninùs (ms. senza
punti) degli uomini. — Si deve forse leggere ^yl/<' Amazanùs e vedervi una tarda
rimembranza dello Amazzoni antiche sovrapposta alla leggenda germanica? (")•
(«) La carta itineraria, riprodotta noW Atlante del Lclewol, purta ^y^j*\ (Ainranyùs ?)
(») El-Cazwini's Kosmoyraphie hcrausg. von F. Wflstcnfe Id. GOttiiigcn 1847-49, voi. II,
pag. 408.
(') Nelle Notice» et Extraits dei mss. de la Bibl. du Roi, t. H. Paris 1789, p. 539, ove ricorda
la u Città delle donne » inadìnat an-nisa'.
(*) Bekr!, Notisie mi Russi e sugli Slavi pubblicate in arabo e russo da Kunik e Roscn.
St. l'etersburp, 1878, p. 37.
(») Su Ibnililm ben Ya'qùb vedi Jacob, Sludien in arabischen Oeographen. Berlin 1891-92,
fase. I, p. 10; fase. U, p. 37-42.
(•) Sull'origine di quest'ultima, per una confusione tra il nome dei Filini Ku'cncn (a N. del
golfo di Bothnia) e il vocabolo gennanico kiren (=donna), vedi Peschel - Rugo , Gesch. dir
Erdkunde, 2. Ausg., MUnchen 1878, p. 90.
— 51 —
X.
Conclusione.
Da quest'analisi non è difficile formarsi un giudizio sull'opera d'al-Huwùrizmì.
Essa non' è un'imitazione servile del modello greco, ma un'elaborazione dei materiali
tolemaici fatta con molta indipendenza, anzi con una indipendenza che non avremmo
forse sospettato a quei tempi in cui gli Arabi moveauo il loro primo passo nelle
scienze geografiche, od in cui il nome di Tolomeo appariva cinto da un'aureola quasi
miracolosa. In Em-opa, fin che si trattò di rappresentazioni generali della terra,
l'emancipazione dal geografo greco fu assai lunga e laboriosa; onde si ebbe il curioso
spettacolo di carte nautiche eccellenti accanto a mappamondi di forme mostruoso.
Naturalmente nell'opera araba le incertezze non mancano; la fusione armonica
tra gli elementi antichi e le informazioni nuove non si verifica sempre, e cosi nascono
le sconcordanze notate nell' Africa del Nord presso Tunisi, e nelF altopiano iranico
orientale. Talora anzi dobbiamo meravigliarci che Tolomeo abbia avuto tanta forza
da far mantenere p. es. anche nel libro arabo la strana posizione di Balh (Bactra)
rispetto alle altre località della Transoxiana. Le correzioni stesse non sempre furono
felici, come nelle coste troppo inclinate della Siria, e in quelle del Mar Nero spinto
tanto a Nord.
Ma d'altro canto non bisogna tacere che miglioramenti ci furono, e di notevole
importanza. Non li enumererò qui avendo già avuto occasione di ricordarli man mano
che si presentavano; noterò solo come l'ardita ed eccellente riduzione di 9 gradi nella
lunghezza tolemaica del Mediterraneo abbia prodotto benefici effetti su tutte le regioni
poste ad oriente di esso, effetti che sarebbero stati ancora migliori se si avesse osato
ridurre anche la esagerata lunghezza della Gedi-osia nella yfOìYQaqtxrj vtprjyrjaig.
L'Egitto, la Siria, la Mesopotamia, la Persia, la Transoxiana rivelano un lavoro quasi
del tutto indipendente dalla cartografia greca; e tra le novità più importanti pos-
siamo ricordare la prima comparsa del lago Arai, coi suoi due affluenti, nei trattati
di geografia generale. Nella Cina, nelle isole dell'Arcipelago malese, nella stessa Se-
rendìb (Ceylon) è facile riconoscere le notizie portate dai marinai del golfo Persico;
a quella guisa che le carovane traversanti l'Asia centrale hanno lasciato traccio nel
lavoro di al-Huwàrizmì. L'interno dell'Africa segna pure un progresso; e se la rap-
presentazione del Nilo superiore non è forse che un ampliamento fittizio dell' idea
tolemaica, ispirato al desiderio di simmetria perfetta, non bisogna dimenticare i nuovi
nomi che compaiono ad attestare relazioni dirette coli' interno, ed il tentativo di ripro-
durre l'idrografia del Sal.irà' a S. dell'Algeria meglio di quanto avesse potuto fare
Tolomeo.
Un concetto cristiano, d'origine forse iranica, combinato colla teoria della sferi-
cità terrestre ha fatto sorgere un continente tra l'Europa occidentale e l'Asia orien-
tale (cfr. pagina 47) ; come un altro continente unito all'estremo nord coli' Europa
viene a rappresentare per un caso fortunato l' esistenza delle terre polari artiche.
— 52 —
11 grande spostamento avvenuto nelle longitudini dell'Asia centrale (si cfr. per es.
Hauàkit, capoluogo del territorio di as-éàs, col suo corrispondente tolemaico A(-
Oirog Tii^yuc), e per conseguenza anche nella Serica degli anticlii, ha riparato con
buon esito all'errore dei Greci, ed ha permesso di relegar, senza danno per gli altri,
nell'estremo N.-E. dell'Asia, il leggendario paese di Gog e Magog, che già nel
IP sec. d. Cr. dal Pseudo-Callistene è posto iu relazione colla gran muraglia cinese e
colle imprese d'Alessandro. — Le ampliate cognizioni intorno alla misteriosa Tuie,
e la leggenda appena abbozzata delle due isole Amrànùs a N. dell' Europa, abitate
una da donne, l'altra da uomiui, sono forse i primi frutti delle relazioni commerciali
iniziatesi fra gli Arabi e le coste del Baltico, relazioni che raggiungeranno il loro
massimo sviluppo nel secolo seguente.
L'opera geogratìca fatta compiere da al-Ma'mim, ebbe senza dubbio molta impor-
tanza per i lavori posteriori. Certe posizioni fissate nel Kildb xiirat al-anl non ebbero
più rimaneggiamenti sensibili; nel X sec. al-Mas'ùdì vanta l'eccellenza di quelle
carte, e pochi anni dopo l'astronomo Ibn Yimus (o direttamente o per mezzo d'altri
scritti) vi attinge buona parte delle sue tavole geografiche; verso il llóu lo spa-
gnuolo az-Zohrì basa la sua geografia su quella d'un al-Qomàrì (cfr. pag. 13, nota 5)
che a sua volta era fondata sull'opera al-ma'mùniana; ed ancora nella prima metà
del sec. XIV, Abiì 'l-fidà', accanto alle cifre d'un al-Birùni o del Ki/dò al-ativàl
crede bene di citare molte posizioni determinate dal vecchio rasm.
Ed anche in altro modo si manifesta l'azione d'al-Huwàrizmì. Quegli Pseudo-
Tolomei arabi, che da vari indizi possiamo arguire esistessero in tempi non molto po-
steriori ad al-Ma'mùn. sembrano essere un nuovo tentativo di fusione tra il Kitùb xurat
(il-(ird e la ytoy/gacfixi] {'(fiji^atc, simile a quello tentato da al-Battiinì. Le cifre di
latitudini e longitudini conservate qua e là da Yàqùt come tolte da Tolomeo, sono
la prova sicura di quanto diciamo; ed altra prova non meno importante ci è offerta
da al-Edrisì. Nella sua prefazione (') il geografo di re Ruggero cita tra le proprie
fonti anche Tolomeo al-Aqlii'li; ma è un Tolomeo speciale, che nel mar Tenebroso
conosce 27000 isole abitate e deserte (-), e che fissa la latitudine e la longitudine
di Gog e di Magog (^). Se si considerano ora le osservazioni che ho dovuto fare più
volte intorno a certi rapporti fra al-Huwarizmì ed al-Edrisì, per cui il testo di que-
st'ultimo veniva chiarito e corretto ('), non può rimaner dubbio che il Tolomeo edrì-
siano fosse un Tolomeo rifatto con l'aiuto dell'opera al-ma'mùniana.
Un'ultima conseguenza importante si può trarre dal libro sin qui esaminato.
Alcuni storici della Geografia hanno espresso intorno alle carte arabe giudizi molto
severi, tanto che il Kichthofen (^) le accusa a dirittura di non conoscere nemmeno
(') n testo arabo si pu{> vedere ia Amari, Biblioteca arabo-sicula. Lipsia 1855-57, p. 14 sgg.
e nell'opera L'Italia descritta nel libro di re Ruggero compilata da Ed risi, testo arabo con ver-
sione e noto di M. Amari e C. Schiaparelli. Roma 1883.
(«) Al-Edrisì, I, 202.
O Al-EdrJsi, n, 421.
(♦) Si vedano specialmente la descrizione di ScrendSb e le pagg. 27, nota 2; 38, nota 7; 44,
nota 5; inoltre lo papi;. 30, nota 1; 42, nota 4 o 5; 43, nota 1, ecc.
(5) Kichthofen, China. Berlin 1877-83, voi. I, p. 629.
— 53 —
meridiani e paralleli, e di costituire un regresso molto notevole rispetto agli antichi.
Ma i critici hanno preso qui un grosso abbaglio, considerando come modelli della
cartografia araba le figure miniate che esistono p. es. in alcuni manoscritti d'al-Istahri
e d'al-Muqaddasì. In quelle rappresentazioni multicolori abbiamo l'opera di tardi
copisti, i quali, non curanti delia parte geografica, peusavan solo a render più ele-
gante il manoscritto con pagine dipinte a vari colori; appunto come certi codici del-
l'opera d'al-Qazwìni, conservati a Berlino ed a Monaco, raffigurano in modo del tutto
fantastico gli animali che il testo descrive con cura. Del resto uno sguardo aUe tre
carte miniate accompagnanti il ms. d'al-Huwàrizmi basta per convincere che in esse
abbiamo il lavoro individuale d'un pittore, il quale non si preoccupa neppure del
testo che deve illustrare. Ed a tutti è noto che le carte itinerarie accompagnanti i
codici bodleiani e parigini (ms. Asselin) dell'opera edrìsiana, non solo differiscono
molto fra loro, ma hanno ben poca relazione col planisfero costrutto pel re siciliano.
Ora io domando come mai al-Huwàrizmì avrebbe potuto con tanta cura indicare se-
condo la carta eseguita per al-Ma'mùn le coordinate geografiche della città, dei punti
estremi dei monti, di tutti i luoghi importanti nel corso dei fiumi e delle coste
marine, se quella carta medesima non fosse stata costruita con ogni cura, segnando
tanto i meridiani che i paralleli. Cosa sarebbe mai riuscita l'opera di Tolomeo s'egli
avesse avuto dinanzi a sé la famosa carta peutingeriana? Solo una costruzione ba-
sata su principii matematici poteva dar origine ad un libro come quello d'al-Huwà-
rizmì; e solo carte eseguite con regole scientifiche possono spiegare la lunga serie di
cifre ben coordinate fra loro che molto piìi tardi ci danno al-Bìrùnì e l'anonimo
autore del Kiiàb al-atwàl. In altre parole non bisogna confondere le rozze figm-e aventi
uno scopo puramente pratico od estetico (e per ciò appunto giunte sino a noi), colle
rappresentazioni accurate ad uso esclusivo dei dotti; allo stesso modo che sarebbe
puerile giudicar le carte di Tolomeo dalle labalae pictae che servivano ad uso degli
impiegati dello Stato romano.
Nel porre termine all'esame sommario del più antico monumento geografico degli
Arabi, di questo monumento del quale nessuna nazione europea potrebbe vantare
l'eguale nel periodo dei primi suoi passi nella scienza, io m'auguro che una lieta
fortuna faccia presto rinvenire un altro buon manoscritto del Libro della figura della
Terra, onde si possa pensare a farne un'edizione completa, la quale ci soddisfi in
ogni punto.
— R4
Il « Gadla 'Aragàwì >.
Memoria del Socio IGNAZIO GUIDI
letta ìiella seduta del 21 giugno 1891.
Della vita di Za-Mìkù'él Aragàwì, uuo dui celebri • nove Santi » di Abissinia,
anzi il primo fra essi, sono assai rari i manoscritti nelle biblioteche pubbliche di
Europa. Secondo i cataloghi che si hanno a stampa, se ne conoscono due mss., e
questi nella più ricca collezione, cioè nel British Museum ('). Per un caso strano, in
Roma, dove così scarsi sono i codici etiopici, si conservano, nel Museo Borgiano, altri
duo mss. di quella vita, buoni ambedue e generalmente corretti.
Chi abbia scritto questa vita e in qual tempo s'ignora; I" autore* sembra dire
che il fondo almeno della narrazione risale agli stessi discepoli immediati di Ara-
gàwì, come si danno analoghe origini ad altre vite (-). Senonchè fin dal principio si
narra che a Za-Mikùél fu posto nome ^'flAA » "^t\.ì[\ vale a dire l'arabo j. ^
g--.^l; altrove occorrono nomi in forma araba, come 'J'rtT'JT'JJP. C7*S- '• del niese
di Teqemt è data la corrispondenza con « Tasrin » ^„^-^. Anobe la l'orma hCftft')?'
con «, del nome Horsisius (gtop-C6-HC6 * Oro tìglio di Iside «) potrebbe nascere
da scambi facili nella scrittura araba. L' introduzione poi è in una specie di prosa
rimata o vb^ che difficilmente è antica, sebbene questa introduzione potrebbe credersi
aggiunta posteriormente (-^ì. Quanto al breve accenno che occorre di chiliasmo, esso
sembra derivare direttamente dal noto passo dell'Apocalisse.
(') Il XLVI e il CCI.XXXV; cfr. i Catalophi del Dillmann pap. 50 e del Wripht p. 188.
(•) Cf. Pereira, Vida do Alba Samuel, 83. Secondo i codici di Roma (v. appresso pag. 57,
col. I, lin. 8-9), l'aatore sarebbe nientemeno che Y&rèd, il famoso inventore del canto, ma son per-
suaso che debba Iffirersi IIW.IÌ : nX^•l,•5^ll• " qualcosa di simili', .illudendosi alle strofe del Deggud
(14 di Teqemt): V;'U. : HflD- : A<'.:)'1.' : /«Il ilin> : XK* = (D'IC : Il"l->M;or ecc. Il Deggud passa per es-
ser tutto opera di Yàréd.
(') Nell'introduzione trovasi anche la parola •^AO^^J4•: orbene •t'A«nj_.^ e pi. •t-Aim.'^ è, se non
•..
erro, parola non antica, e deriva direttamente dall'arabo >« »b fpr. talmld) pi. > — y*^ ("o" li*
j(T^'7,-l. I ; .v^S l) ; un'altra voce certo non antica ò il ^a : \^^ (j'Afn.) che occorre verso latine
del tosto. Nelle rime di codesto introduzioni fcho lepponsi, p. es., nelle croniche pubblicate dal l'e-
reira, dal Perruclion, nelle vite di Taklu ilayni:in<*it ecc.) si ripnarda solo all'ultima consonante,
qualunque sia la vocile precedente. Come la rima della poesia araba sulla poesia siriaca, così il 5f^
delle prefazioni arabe sembra aver influito su queste introduzioni abissine. Non tacerò poi che il
nostro Gadla 'Arag., nel norerare ì successori di Za-MikiVd, si arresta a Za-Iyasus successore di Abbù
Yfihanl ; qaeiti i! il Vn" abbate dì Dabra Dùmmo dopo Za-Mik&'/!>1, e quindi la sua età può assegnarsi
— 55 —
Può quindi credersi che il Gadla 'Aragàwi sia del secondo periodo della lette-
ratura etiopica, ma per quanto conosco, non si può addurre alcuna prova che esso sia
una semplice traduzione o parafrasi di alcun testo ai'abo. Anzi nella prolissa vita di
s. Pacomio pubblicata dall'Amélineau (') non si fa cenno di Za-Mìkà'él e de' com-
pagni, quantunque discepoli di s. Pacomio. Ed invero nulla fa sospettare l' origine
straniera di questa vita di Za-Mikà'él, la quale in moltissima parte si riferisce a
luoghi e cose puramente abissine, e (come suole essere di simili leggende) è desti-
nata a magnificare il convento di Dabra Dàmmo, non meno dello stesso Za-Mikà'él;
non voglio però dire con questo che molti brani e leggende di mii-acoli ecc. non siano
imitati (forse mediatamente) da libri stranieri. Dallo stile in generale e da alcuni
luoghi in particolare scorgesi che questa vita è un' omelia, come tante altre consimili
della letteratura orientale cristiana e dell'etiopica in ispecie, per la commemorazione
solenne nella festa del santo, e tahmi periodi sono affatto omiletici, se pure non ri-
tengasi esser ciò semplicemente una forma retorica della narrazione.
Del Gadla 'Aragàwi ha detto il compianto Dillmann (-), che " praeter fabu-
las manifestas multas quoque traditiones ex Aethiopum historia non contemnendas con-
tinet » . Certo non pochi tratti che sono, come spesso avviene in queste leggende,
imitazioni della s. Scrittura, di apocrifi e di leggende agiografiche, non hanno alcun
valore storico, ma io confido che per gli studiosi delle cose abissine, la pubblicazione
del Gadla 'Aragàwi non mancherà d'importanza e per il contenuto e per la lingua.
Per condurre la mia edizione mi sono servito dei quattro codici che ho menzio-
nato in principio (^). Essi stanno fra loro in relazione diversa, poiché i due codici di
Londra e il cod. del Museo Borgiano segnato L, V, 12 appartengono ad una famiglia, e
l'altro del detto Museo, segnato L. V, 13 ad altra famiglia distinta e spesso molto diversa :
ma talvolta i codici romani hanno lezioni comuni un poco ditt'erenti da quelle dei codici
di Londra. In tal condizione di cose non sarebbe possibile costituire un unico testo :
io ho seguito la lezione del primo gruppo del quale avea tre codici, ed ho segnato
in nota le varianti, talvolta migliori, di L, V, 13 che sembra essere del XVI sec, e
la cui lezione avrei messo a fondamento dell' edizione, se avessi avuto almeno un altro
codice di quella famiglia. In tal guisa lo studioso potrà avere sotto gli occhi le due
forme principali nelle quali ci è pervenuto questo testo. Ho segnato anche talune
varianti speciali dei codici di Londra, che mi parevano aver qualche importanza; del
air Vili sec. incirca. Ma Abbà Yòhanl è contemporaneo di Takla HàymànSt, cioè del famoso monaco,
della cui vita hannosi più esemplari, e che sarebbe stata scritta nel 1042 (cf. Dillmann, Cat. Br.
Mus. 49-50, ove dìod+ : "rMl è l'èra della Creazione, detta « èra della condanna n, perchè per il pec-
cato di Adamo , V umanità fu tosto condannata, ed è l'opposto di tftoo-f : qo^hi,^ cioè 1' èra della
Redenzione). Senonchè le croniche abissine fanno Takla Hàym. (che si ritiene essere una stessa persona
con quella di cui parliamo) contemporaneo di Yekunò Amlàk, quantunriue e il Senkessàr e le dette
vite nulla dicano delle sue relazioni con questo re. Finché tutto ciò non sia ben chiarito, non sembra
potersi trovare indizio sicuro sull'età del Gadla'' Arag., nell' arrestarsi che esso fa alla menzione di
Za-Iyasus.
(') Monuments pour servir à Vhistoire de VÉgypte Chrét. ecc. (Ann. du Mus. Guimet, XVU).
(»} Catal. Br. AIus. pag. 50.
(3) I due codici di Londra sono stati diligentissimamente collazionati i)ur me dal prof. C. Be-
zold al quale rendo qui vivo grazie por il prezioso aiuto prestatomi.
— sa-
reste l'uno di questi, il CCLXXXV, oltre all'essere in disordine, ha talvolta strane
lezioni erronee. Avverto poi che tutte le varianti di ciascun codice non menzionate
nulle note critiche a piò di pagina, saranno da me trascritte sopra un esemplare di
quest'edizione, che depositerò nella Biblioteca della nostra Accademia.
Quanto all' ortografia, dirò che, in alcune parole, ho conservato la scrittura dei
mss. quando corrispondo all'uso costante dei buoni codici, e non deriva da negligenza
0 ignoranza dell'amanuense, come sarebbe Vh9°C per ^Ì\9"C (sapere): flOÌ*
eaoerna (per distinguerlo da fl/i'ì' ingresso) ecc., quantunque teoricamente e sotto
il riguardo dulia filologia comparata, l'altra scrittura sarebbe preferibile.
In fine ho aggiunto un esteso sommario analitico; in esso ho tradotto letteral-
mente e per intiero tutti quei luoghi del Gadla 'Aragàwi che si riferiscono diretta-
mente alla storia di Abissinia.
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ììh.y-'ìnuy: •••■ rt<-f » '/^'>^/»••l■ •• Ai.
M- ■■ Vrfì ■■ f\òt\ •■ f^.fì/. •■ XY'J ' OR
A'7..P.- :•• ftl; : VnAnA •• H/t,A''7.P.- «
1,1 =I!r Mu«. XLVI. - L2 = Iir. Miis. CCCXXXV. - R 1 = Mus. Horn. L. V, 12.
R2 = Mtis. Horg. L. V. 13.
«) R2 e 1. 1 V-A'>A'h : (DUUù — '') I! 1 vutì^ìi. — ') Tutta queit'invoCMionc al Figlio (col.
I, 1.') II, 10) manca in 1(2. — -«j 1! 1 e 2 oiii.
— 57 —
P ■ A-nod : flJA^sft : -nrifi. • ìxi\\.h ne ■■ hot-no : "hiìo^ ■■ ^^l»"'^^^rt- : ,mx- •
A^.'lp-A"^ = n<""PdA •• oD-ì-q^-p-. Al
UÀ- • 9"rirt.V = A'JAO»- •■ 'JA'r : K'^'J ::
-fl : 5in-c •• An-v = H'TL>i>i.A • hri??"
fl»-?iM : ^fl>-Tft ' ■• -Ttn : UA° • AH • ^
Aft-|: : h'^'ìi/^'ì' ■■ cr " tìt^ : ha- 'XP •■ hnh ■ x^'T.'»' ' -in ' Kn ■• A
nìUh-nth.C • flJfflA^. : efl>-A-ft : A 6 : ft I^C = AdA.ih •• flJ^.n.A- ■• nh'J'l- ! 9°
'H^I<- • hn-> : fflffDìT'UO ' ••• (OÌiOO-ii : rt
n-fl • ai{\é.6o • ^«711 h-n^h-c ' tD-ji^u «»^^/»'.irt : Hnì'".^'C •• -Tia^ ■ «D-h* «
") R 2 i%" : HO)-" : Htm". — '')h\ HR-flC. Tj 2 om. (v. pag. 54, nota 2). — ") In R 1 gofiA :
(DAR,: Hoqr.ygn, ma il nomo ì; sostituito ad altro cancellato; in R 2 il nome è cancelhito. 1, 1 ha:
n^l^ : aD|ì4»A, L2 (DA.V. : n-finA-A. Ho sostituito qui e in seguito groiìA.l " ll^A ■• Vlt:i1l:V» inni,-
suole scriversi dafjli amanuensi, quando il libro non è destinato per alcun pcissessore in ]iarticoIare.
— "*) K 2 afiff. 1IIÌ"".V.(J) : 'A-ll.VX.ll- : '/\^.•^'«. — ') Così i 1 mss. (forse PCD-Vfl | i'corfsl ?) ; notisi anche
il f'l.yVi per •V•^y.(\. — 0 1^2 X/'.,ÌM''n. — ») R2 'f/Sgo-r. — '') R2 ao(^.>.v^ : >,l|l : .V.llA : X
<«.*«• — ') R 2 nXK'eln : ^Jtiì'ì-.
Cl.ASSK ui SCIENZE MORALI ecc. — Memohie — Voi. II Serie .j*, parte 1* 8
— 58 —
fi-ì/*'ì' :: n)t'.(l,A" : MI"'/ •• ll"7.»i;..A :
MI : unlh. ■■ '/'"/«KM' : iny.l\,f\" •■ hi
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— 59 —
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— 60 —
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aìhuy-v ■ aì^yiv ■ H?i'>nA : ui-n ^/">»i0^..eì- - mA^-Jh = h/.P'P. ■ d./.-
/. : d.^F- • AMi-e ! ìifìòiy-l- ■■ f»n */. ^ >»"?ii.Miwh.(: ^ i/rt»»- : ^Tr;ft •■ -t
>i'>/1l : ^,^.yiA : ,h'iy. •■■■ fliAMlì" ■ '/" • h'/» •• f WllD-Jt") : /{hl'-l' •■ ìytì*"' ■ (W
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haì'/.-'i : fl>Ji(nn-h : nhTnlv ■■ a*- -■ ^-Vl.- •■ hay- •■ M"h-ìi"l'iAr'^- •• y-
Aj?.f ! }x'r\iiMì-h •■ tt)x''ìu,h-tt,h.i: •• 'P. •••• aih''ìu- ■■ y-ìxtii. ■ ìx^:': > >»'^ = /i
") L 1 e 2 —e, In R 1 postcriorm. è stato agfriunto — (p. — ') R 2 rtoq.<%. — ') R 3 Xqo":
K : ^^" : »Uk - '') R 2 om. - •) R 2 Aq.*^. : Af". - '■) L 1 e 2 ncm" (Mt. 12, 47, Mr. 3, si. —
») R 1 apk,'. (DrtùA-l-. — ») R 1 e L2 h". - *) R 2 AKji- — *) R 1 AQ.- — ') K 2 Xo"Ct>l-l-.
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— 62 —
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Òl].'/ ■■ nA.A.-ì- ■■ >i'/'.f, "ì/. : V7I*' = % 'i òo •• ^a>-AA : 117.11. •• VIU ' flMlt.A •
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'fl}\ M' : i;?/. = Mìfi-r •• rnv'/ : -vn •• o nxj. •■ ak'>'«u1i •• 'Ui. •■ rtch = ««n •
Atn. : 'Ì'SA'} : ì'PlU^ao. : (17.11. : jìA ?iA : lì'l:.<' •• '^f • (1'"»'^^ = O'^.'/'ll
•Jì- : H''"'JAÌ- •: <»<^n •• Oi**.}" : l'd. Ò(0 ■ "IV- : WO : }xfì : iTiìì' ■■ h^
/»'H». '■ luìfìoo»- •• IIIU'-V'/:»'""' = O) %i)'a»- •■ n>iy. : t^f\}\Yì1' ! fflO : >lA
•) 1, 1 (e 2) <l»^ri*". — ') L 2 — K. — •) L 1 —^\\^,. 1. 2 M'Ali : ^^(l/> — '') K 2 (D-Xl" : A
f>» : HUH" : A(D-Xli : A" : >i", H 1 An-T (prima scr. AiSfl») : a>-" : IIur" : Ali)-" : A" : V. '• ' ' <I>- = ^>
Af>» r»ic) : Hon" : HU)Xt' : V.fl". I- 2 AAfV» : A01.'H(U->.-|i : y.f\ ■ - '^ 1! -' (I)I7>V"»- = HA<>".1 : "">
K.IÌ : ^Ain - 0 J{ 2 airif. IKiyVtH""»- — «) R 2 AK". - *) K 2 (dXiH,X»>I. : .\i-1V.APUU- : wy.\.
a>^uim- : AAX-'Ifh-. - ') •! 2 A*V.rn : P- •
— 63 —
(D't\h?.ù ■■ hji^^-J;'/ •• tìh'ìfì{ì9'-^o^ ■ T/ • hA •■ m{ih •■ l'^ftA.'/ - a)Afl»-?i'|.-
RA"-?*"" • (Dm:M'af>' : fl)8<^ ■■ 'Ji^'f- jp ! ft-p ! ^/.,'»'B ' mn.-n ■ (oihrc ■
ao., port- : 9°tlM •■ A'JA»» = 'JAl'*' •■ h -flY.A ■ nh'>'|- : HhT<n>- : ««Crh = (l
«^•} :: flihr Ti ■ T-l- : h A"/"?.^ ' "»/*' ' TS"'!' = h*"» : A-TCft • «"«Crh : rh*PC
XA- ■• * s.^*} ' flJWA- : riiTi-n : flj+nc ;^H.'.' ■■ -Wf- ! fl»j2.n.A- •• "yo- ■ yi/iA
<. ■ at-M' •■ (t-f" •■ 'Pm.'ì •• hl'hO.C Uia ■ òa • Vl'dhf' ■ AAòò :•• ainh
•/•} ' ì^^ •■ jP'jnA'nA- = mx •• rt'^j& •• fl> tx-a • ©^n ■ ^'jmA.F'j : hif,^. ■ ii.
U- ' I -nfr-ì ■• 1"^'/"/. ■• aian']|ìì^. •• ?.i n •■ hl^^, ■■ oo^ù- • «»mV • r l'"(i/.V :
tDWim • ^Ì-T14- = flJ}^"fl«'-'T} : ^. ;!• ! IC'JA;!- : 0)^,0 : hA.V : ì\l\\h°l ■
ìxP'aO' : Hf.nCU ' ?i9"V : O'h?. • (Dh, ^'> : -Wl'ìiiX : htt'i ■■ h/.PV. ■ (Dtlh • A
») K 1 e L 1 OTTI. — *) Cf. sopra, p. 57, nota e; RI ha sostituito qui O^H.A• = RTIA. — ') R 2
HMII.AH'OD- : Ci.^„ : goTICtro- : (DV.Y^(1>^, I- 2 nillUiMI- = Alì^lA : (JVolh- — '') R 2 om., L 1 e 2 y/V
^^^. — ") L 1 e 2 sempre un solo ri. — ^ 1' ' '< «' «■ — "^ R 1 e I- 1 oDir"1-t-. — '') R 2 liuij.-'l
JS.A. — <) R2 ^Vn-U-OD- : (DA". — *) RI e I. 1 0 2 a^'jr. ^f>». ') L 1 e 2 A A od Vi vinifero-. -
"*) L 2 «..tlV. — ") L 2 Jsq.X.S'M. — 0) L 2 Xn.A.
64 —
•ì- •■ nxMi. ! -in : ""in •■ hit- ■■ i-rt'/»
fti' •• -iwh-c •• fl'vn/. •• -ìli.'/ : '«'niv : y; 0
Ai- « tì»rtnA •• ¥hi:- mi: •■ o'p.yi ■■ >»
oìiD-M:'/, ■■ /.rpo^' •' h)ìì •■ y-nfi\. ■■ ì-
/.ff: ■' MI- ■■ hrfì"'ìi?. •• nA.A.l- •■ in
òfiV ■•■■ fih.uìifi • me- rxii- •• 4'<n ■■
r/nn+A • hiìì •• ^.(lA : h.y-'ì-'itn>\ ••
A •• fVi'.<- •• fl>-AI.-l'll. : inyAVi' •• n
0-A> ■• at}^^■■Pav• : «/>'7ft ■ rii.f.ìV.hV. •
^Ai»r'l:ir<n'- : ?i1'"(:ji.4' •• «Jhn"/'^.
l/'ii»-: ^.ì'I'A^i •• nil-V : tta^'iM"} ■•
OI^,^.-1V.»lfl : rlAl^A-h. •• 0(\/. •■ hììfiK :
«»^.,ì>}^'" = "7.1'. : iit'iòi: ■■ hhiM ■■•■
'ìnì)U. : ACAI-- : M"'Vy:ff" ■■ S'W-'Ì •• A
y.:''/. : '/n'I'j^A : aXìh'ìllì ■ IW.i) : AÌ"
tì»-Ay. ■• ì(i»-A.e.- : htììì ■■ A"/A'r :•• fli
*1.'l' : -^AJ." : /Aiti •■ A 'fl?lrt. •■ l/n : .'^Jv
-} : oH'oo}'?: ' n.p.'fl» : fl»hA,ii > nuli.
A-lh • «»uin •• nih'P'C'ì' • ""M'ì\ '
«"l'.ii.A" ! hcy"'/' ■• (iiAio/n^/D : Aii.y >
<»;».vnn •• ini-d.of" •• onnòh •■ ;'i'> >
«) : Ali.'/ : tnt'.ll.A" : Wi-C : fl>-A'l' : li
'Hill : (nhhU'f- ■■ f^hnìì.h'thhAl ■• nhi
h/.:Hi ■■ «'.e.n.A" = A..,t'.ì<<.AT = ?i'/"
ih • A'JAr : ^irt*/» • A.intìh>. • ?iyT.
'Bf •• WittlAì' ■ hlìl • ?»"/+Ji'. : «nmV •
•À '}//"-!• :: tn^i-nO •• «••/■A?' : fl»»l> :
/..f-'A. :•• mòn ■■ i:M' •■ ùnh ■ un: •• *h
lìi •■ yim: •• J^i'/v. ■• in(f"'ì)n/. •• •/•
>nh- •• -"iiut-: oa.y. ■■ anh-tì •■ htiìì'
hjnto^.ix?* •■ y.,h.(: •• *!".'."•/• ■• ìxrtò
«!• : rtn?» :• aì''|^.u: •■ Uòn ■■ hTuv •■
hfi/.é. • ;M.'/' •• XAA : /"/" •• h-ì'ì' •
A"? •• ^o^Ao : '"/inr: • ««y.^'i: •• tò
ò'i. ■■ 4"JA'> : >xtììì •■ vr ■■•■ (lìùiy. •■ r
Al*' •■ Ari •• Oi.e • A'J'XAì- •• '"•>!> ! 'i
") L 1 iri.!!- : (DHA>>(J). 1. 2 AÙA.II'i"H : 111/. : X.T : (DXAOIJÌ. — ') K 2 apR. AOA : qnjtr.Vlou-.
- ") I! 2 Q.«».»iuo-. — <<) K 2 KV" — ') i; - rt>>>A : ravv^-;. : lìHiX : na)iìi."ì "n, : V.Tiv. (1. 1 (Drin
X : Xa : P»h(I><.). — '■) M e 2 {DVIÌM-CX.. I^ 2 CDV/l-lll;». - «J H 2 (Dtl^A- : X-jn-ìlfou- (I. ] i 2
|KT V/Vt" : Hi" hanno .V/V'IM'»). — *•) H 2 om. — ') '^ 1 "m., K2 (D/i/hl'ip e uin. I^IIM ; L2 oin.
ila (Dff. ' .1 a).\'.n.A- — *) l: 2 A-I1WI«M.' : Ad» : Miig.'r/..A. — ') K 2 llA,^l'U)tlV, : X^OV'IM' : X»H :
Xu^r. : rtiivA-i- : ui'io'f. — "') i: -' mii/., 1. 1 iiv.ii»;. - ") l- 1 p 2 ìikc- iìiTa :iiii;»» —
') l: 2 VIìXt : .ht/. : (i.r-1- : X<;tiVÙ-ì- : (l)""! : :l' . - ') L 1 e 2 -A-'r. - «J I! 2 •Vrìuo.Vi. ■■) i; 2
00*11. — 'J K2 •JiVl.-f
— 65 —
9"(i/i-7 • (D-tì-ì::t' '•■ ann-i' •• -n'/.A- = t^
/. •• "iti • hAh • '/'.eTr?"} : ìiTay-^ • R
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*a)'}iì±'l' ■ 'ÌA.C: ^ ' nXrh : 'W •■ h"W- X^{+ : -^iìtì^ ■ flUl^lh ■ rOflAO : (Oh,
A •• ?l•>•^ ' ^-tìaoj!. : {T'^i-i?^ : (DtìV? ■■ JP-lvi^ •■ lOhh'm^. : h'm : A. Mi* = *ìì
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A. — ') R 2 Tu. - '") R 2 '|.4,'iiu : niro : V,iJD.\.^ : •M>A. — "j R 2 R-nC : ID-Xl'l"! : nW. — ") R 2
(DCDllIKp. — P; T; 2 >/»-|,XU- : V.>.-I:t. :: <D;l.VV. : in.W : a)/\roD. — i) R 1 X>J<I>X- : 'Irli-t!. R 2 Pts :
ATt'K, L 1 (D>S*X-ri : CI:: I. 2 (DAi-^ùl"! : l'|:
Classe DI SCIENZE MORALI ecc. — Memorie — \'ol. II. Serio .^'. parti' P fi
)i ■■ irh •■ vnn/- = n/.h = «mia» = «> r^n •■ i'Wh •■ hr).v ■■ hi/'h-n-u ■•
^.yìv.w. • </'M« = >»jn>'.'/ • riì'is' ""'>}^<<. = '"ìlwfì ■■ iohf\ ■■ rfì(\^th •■ m
■I- : "^tìfiiò •■ ìiìiu ■■ ìììi- ■■ }i{ì"" ■■ ;i. »«vV •• y-M: ■■ >^"i^,l. : (iAr«ìA : >•:■• =
y.i\ì\ò ■• iihìttt\ ■■ tvìti" lì ■■ òfi'ì- ■■ y, iifiy.""! • ami: = ''»'jxv :• atTiiti ••
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/.h-> : "MiDf : h"» •• y./.rt, •• "'ì"iy. r"'iA ■ {\hrfìi\ ■■ whnv,- ■■ fióM ■
IV "• ?."/ii,hiiji.(;rt : K'hri: ■■ ii^.j-n wiv; 'l'VJi • n-X-j-, = -in •• ^-jn
e : Ìi-A- : «MINIMI.- h"» ! ìh-'i" •• '/* <• : hftlC.^S' • (>""•}! • whtìh ■■ yhìu •■
ò/.-^. ■■ ACrtl- =:»i'l: : .«*•>»'': = ^.n/. = fi »A<»ì- = Al-^'/'c-l- : anf- a- = ufìì^-.h ••
/.hi- • ""iù •• >'i'r •• «»"»/.M : h'n."/ ■■ -ì(i.'/ : yrìh'r:'> ■■ hn" •■ ìxiv ■■ -wm: -
(11^.11. : >lì-'«'f T ■• y-hWM = •> Il : H'I'-'J. Il>»'}'|- = ftiW- ■■ fVllK- : A+^ft » A»
m» : }^t\tn> : hf.'f^X ■■ ■'liU •■ AWl.C = MìOÒ ■■ n^lrt. : h''ì\\.ì\f\,\\.i: • Ml'J ■
>,^ll.^•^,h.(:>. = ^'rAll.f •• y-i.'i- ■■ a. ^/.;''/,' = xa-i-- •• r"n/.h'|: •• wì-j^iav
'!• : /..e.-/».'!' •• i\\ìhQC"ì ■■ iV\: ■■ iiiìf' "• = VOf\- ■■ riìM ■■ A'JA'"' : "if^r •■
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'/" : Whlìì ■■ VtUtO'i: • /.hn •• hrlrl- = 'n>n/. •• ;J-r1«l:'/ = "hlM = y.'1v/"J,AA:
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^•jn/- : ne •• A'J'.p./ìì- : A.f.'i" :>»«"• = ""K?i = ^'"Ahh •• ?.'Vif.^n,h.c •• ^-s-
h^/D : -lYh-J • Atfn : An!|-:''ì- • '/»»' ^ •• ""/.Jlh.A : «)^.ll.A- = '/">•»- •• ^K
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-) li 2 •!• : XlllAtUKC. - ") il 2 om. - ') i: 2 ii^r^.'. AA.U- - ") I! •-' V' : M ■. L 2 V." : U
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— ") R 2 a)\m, : y,ti.«) : Xni : y'fOhii" : ijom-H : op>,nA. - "1^2 ajc ^cyA"- J^) K 2 A
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Aìr>ti'/h : riAgo.iA.ii- : t-:r».». : r«t : Yiovih - 'I R 2 t7,i/Dt-i.. - "> n 2 (Dun-f : ^yy^-f - ' ) CTr
«opra patt. 57 nota ' — «) R 2 Mi. — >! 1! 2 wi'i =' K 24noii : >. : aoa "'i >,-V:ivv.
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CI' : 1.11. •• j: rt'iì- •• «i^lLA- : "7.J|^.A •■
^»/H : h<W : ^tiCI : afhU ■ ÌX^tì. " tO
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") R 2 >>^H : .E-l-nr.. - •') R -' i"n";ùa : iiXn<!,'n : Yi"u. — ") R J Aùti;. — =) R 2 e L 2 as?.
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— 68 —
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(L 1 \'/\f]Oi. : (D aXa'C : /><;">. : X>X-tV4 : Mvovfyoo. : ncìù V : W^OVJ ì" : (DaXaH : /v.Am'1. : iiiif"no-
ecc. L 2 AX-1/S : M^Soprtiro- : nmCcV : WyugrV : (DaXaH : 'fy,ì\qoi, : a)/>>flA : M.Vlom-t-uu. : n
fl-^X'ì- : M.eoprV : a>A>,A : 'A;/^f^ui. : uqfnijo. oCC. sic \K — ") I.' 2 (D/MUJ.V.'t : AilillgiiV : IIKA-Vri-
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"ì/yì : ini- h/."'!'!'. •■ ìttìo^- ' A.'iih
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A.'l' • ^^rt-ì- •• ^-Jll : t'.IIA : /n'J'A : ti
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"]/.'} : wyVi, • A.MI-P : "Hii: •• j^A-i- ••
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"Mi.hnji.t: • at'M- •■ hy.'P.ìì •■ <DAh
*/, : fiMih •■ 'r?rt : linci • (oyi-nh
li •• iWi"!',' •■ «»nrtA'/' :: «»>)A.'llrt : «.P/
>«9">')/»';i"ì- : m'.i-nr: ■• ■i-hT'/. • «no»
•|: :: fllAll • lìMlì. ■ fl-tth ■ ll-C : ^C '^
I l; _' X'"' : (HXA l- : •l.'hl'.gnl- : (l)l'il>U-|- : (DAIirìi.- — ") '« '-' MlIV.dl : rllA. : IIJII/. : X-
•1. : '^^y.l^^ ■■ (DAA'I'V. : •IV.'»! : Ajuu;|il- : llXuiA : Ml\.f\- — <■) H 2 •|-|1(D/. : XguUJI' : »*Ai;o
•*) K 2 X09" — ') H 2 niH.— l'i U 2 om. — "ti. \ 0 2 |ircm. (D — '•) In II -' avanti a .Virfh" X '
•1-". - • ) K 2 \' (D" M I; 2 <on. - ') in, L 1 «■ 2 <DA:r. - "•> l! 2 iiooR-X : (Diil-M^K- = -t*-*
f : turo: .Uinf. : XA-'I- : A<DA|i ) L 1 e 2 AftAiP. — ") H 2 M(ì :-n>»lX- — ») R 2 om (D - «) R 2
AimAY' : ih-C : y.fl-m : tllfinn : l-Aux'lìl :: <DHT1' : iV'iJ.iW : <•«'. : HI : (DAH : Xtll : lIAd)^ : Il
Xl<!. : V.-Jll". : «l'/.ll'l : I1M(I.V.(1)-Ì- : <|)rt»K:i = 3V» = (DtMJA : (DAT : Wi*y/, ■ Xtll : y.(\.-i\i*y : aX*III.
X-nfh.i; : ffl'IOKt. : Oli-;» : Hi". — "■) 1! 2 afre. a)OD^Tl^. - ') K 1 p 2 a.rM(ì (appresso anche Al") —
■t K 2 Art-nX. — •*» l{ 2 om /. — 1 In l{ 2 dipo ©JPICC — ') R 2 ©oo-^A Popò or l'una e i>r l'altra
parola di qnesifo e del preri-ilontc nii'siagjri". i rudici atririnniron". nr l'uno e or l'altro e senia regola,
il —X — •) R '^ mTiovi)-. — 'il, 2 u-C
'1
fljf WriA ■• wm'i : '/Mi'P/. ! 1: •• oh
;i"l' : A'ì.eA ■■ ^,*p?.. :•■ imh •■ hìi- ■■
•in •■ hCim : A-l-- : hlU.h-ttih.i: ■• ut
«<. • 6 hrjuftf" • athnn^t : Mii: ■■
Oftì-t •■ h^'^O' ■• mìxiììì : p-ir : MAO» =
S!.!\(ììi ■ fflnx-rh •• un/. • f\i\' • ffli-^-n
+'>A • n-ìitiro»' •• n-ìf.A = }\a-|: : a
'> ' ?iA •■ '^^o»^ : nxA-'f'*"'- : (oTh ■■
cfì-f'tì •• (D-i'd.r'th ■■ hA-n : OJ^hh-f- :
A?i''?ii>nfh.c ■■ fflrhjx •■ n.1- •• Yìctì-ì:
n •• noi/. •■ ^'i/.'ì •■ *hiv ■■ htn^im
i' ■ of\'S ■■ tìctì^iì ■• mtonfì : t-hv/ ■■
W'W/.ìì •■ W-A-': }\9"'nAì./. • fìiìi- ID
i-fìh • n^'P/'^/hl- = mnwi't-T- ! A^hrt-
* s hA •■ rh/. : Xr"7/|- •• •^•^.'> : fo'ì
i/^'-f- : fflh-nf? ■■ oin/i : 'in • ^a •• A
•}mA.JP'> •• fl»/?.n,A" •• >,A-nrt>. ■ hAO
A •• ^Ah."? " fl»^AnA •• Ad.'/ : '/n^T
/"-f-^. • ri»j;n • Aiti/. ■■ '/"A'I'A • fliAS- s
o'AKh : ■> Il ! MM : h/./J'f; i h'JH ••
^■•nA : ^^•'/^|.^'nr/1.c •■ nj^A-'l-h • h
"ìiih'i. ■ fliAHAYl- : hAVb"? : \\\ìi:ì\^
A : XA. : n?.'>'/:hp : h'"» ■• ^hiiA}-. •• é.
K'I" :•• ro ^/:./»vh : M'"! • h/.PV, •■ m
t'.n.A" : AAhh : rx-ìì' ■ ■l"'bj!sìì : ittC
h : Jxiìì.h-ttihA: ■• ^é.?ir : Ah • w-
A- : ^^..'l'fth : flirn-j' ■• t\'n.P •■ ^ù ■
ir'-U • AOII.'} ■• l'flJAR : hCA-f-A ' flJ
?ii»"nH.'> •• ?iAh : ^-ncy = athK-nih • A
o»h9">,.nf:*/ ! fl»hx-nrh : ìitìh •• 7-0
/. : tfoA+A •• B : (Dffo'póti • i'h^-(D-f-
A+A •• llJ'.".e.'«> : miì-ò •• rD'l'Aro :
^n»'?"//'"!-- : fll-AI- : ^^A- : 9",^V. : ^
ft-n •• flJ^i AH ■■ H'/'.'''ffl"7 : Aff"'>'?/»''|: ••
mhAP •• i;vn : y.aìòìi ■ Axn?i ■• »K
jnA ■ i\,M.9. •■ ^'n.e•^ ■• hcAJ:jPv1- ••
?»A'«» : i^l*' •• ni/'/nJ : AAI»" - ffl^'S-A
"j R 2 om. — ") 1; 2 (Dfl'^A. — ') R 2 lu/.cpoo'. — -*) R 2 .\iXm.' 1. 2 om.). — ') li 2 •1"V^ : 1-
>viJtir/>-. — '") i; 2 ilfh,^. : -l'I : 'non : V-X-nX. - ?) R 2 (DXA-t-OD- : A*.V„'ÌJ : XtIv - '') \t 2 X^H:
X.yt-t;^. — ■) K 2 — MJ : i^ASJ. — *) R 2 IlAuoUfl,^ : ^f\fi - ') i; 2 In*" : liuq" — "•) R 2 nt^/LUrh-
— ") l; 2 (tìà^/,. — ») R 2 AAM : Vin-C : AinXt, : XlH" (tX" — '1 i; - — ti : -JTMJ - 1) R 2
iM/i>y.'n ') I, 1 •i-tn-y - <» i; 2 lu; ' innx- ". — ') R 2 ii.
— 72 —
fi ' /i(l> = h/.:>'ii ■■ òl\ ! i:M •■ nil- aìf.éi„ahfttm- . a^aV. •• .e.'m.ev : jy.
:^> ■ AA : l'.'/"X7l. : •'ili.»»- : <»eXl»«)' /l • >iA ' WK- = (l'^^rt/. : I^rtl.hl' ••
AXA-Ì-- roAXo»"," whjtt.i^- y.ih- '^n ! Jft'ii •• 'rt»^.ìn<- •• x-.p.* = mf
ìì,h'lhh,i:ò ■h.fChJf'- ((.'l'.F'-ìì'"'- ainV^I' : V?!*' •• 1-fì/. : /n.ft+A :
l^.^^■> • A,7.'>x •• ii.AiV = <»A,i.'>x •• Oj»; "»xà ■■ •>n.i»- •• AMl-V : h/.PT. •■ h
•nii"ì •• 't'à. ■■ ^'/iy. •■ nat-tìi:;!- •■ -nH- Ji ■ (fn'ì'']/^-^. : rt)hf/n : j?./tx*y" ^x
r^"} : >lA : XVIi.4 '} •• n'/nj"//"/- = rt-^ H* •• n?i'>'/' : ,>,'}X : ao^y,tì "• (Dfìì^
y1' •• h*"» •• ìì'Pìì'tìI' • fi'^iy- ■■ aì\\"" ■■ r/i • Vn» • f,-m, • }\T •• m-Sf^i : iP<{.
•^9 : n.iii: : Vf'^') • rtn>» = ?iA : y. 'R-f- • ;^Ai- = ^.-nr: : moci ■ nrirt-f- ••
<Cfli-rt- = .f.o).y/ : r"yv/"?v : tf»;i-> • i'-ftA : *7lA.^ll^ •• '^n •• 4'.«}.ft •• ^n-> •
nh'/" : IMI. • niimfi\ ■■ /,.ìhA ■ /h-n ^^.^'/i •• (ofiiy. ■ a-i-- : ;^A'^ : hió
-f- •• un: : hì'i' ■■ 'm/\{,/\i' (p.-nc : "■ •• mìhT'V •■ i\h'r"> •■ tm-^^Av.^- ■•
•ì-J-flC : loK^'i'Vin. ■• 'T^-f-l- • h<^ ■• athM'-n'ìr-}* • m^,ii,A- : f\i:hX ■ Sh
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Ih •• tn^tin •■ AO : Oftìì- ■• '/'il: •• (nh"! *» = m^ll'Al ■ O/.h •• rn}^A>»lh : ;^;h^' =
ti •• y.XA, fili''" : eA'/'f.- : mh.ì'V >i?<ih •• roTTh-} .- H-1-V.A. •• A^-fle-^ •
fl»-h : li^'■^'"?^ì^' ■ ■l\\\->'i • f^'Ohjf'i ■ YìCtìl'J'i'l' ■■ ArXl.C • WàMA ■■ '^Oh
"l l: 2 'jiii. — '■) l; 1 1- l i; •-' 'fioo iflu Isoo -I. • 1 l; J a^.'^.'. IÌ-(1A. — ■') l; •_> om. e iigp.
•t-rfìfl.)^ li lezione è R-iiasia in tutti i cmlici: potrebbe, per conpctturii. corrcgfrcr.-i . . (MAX-oo-r : d.
.^V, : •non : y.-ì"5n>> : A'III.A IMi.C.IÌ : WT.iU'P : (DA.VH.t» : Vfl>r. : ^'tV. ■ <■<" — 'l I' 1 '' '-' IPX'HH.
Aflih-r. - I I' -' >.';"lì llX : /.y.iiH.I': : tlOD : y.tì-J : "ni;, li : ATf/V : a)Arh^V : omdrt : ^'.V.lì : A
tV>A- : MVAa ■• :«ll.n- : (DlliiDH : y.(}.^.V. : nil-.l : Cf./, ■ flOVIÌI"!- ») K 2 H)V.V."f:lA<t^ : ^.VAT —
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Classe DI SCIENZE MonAi.1 ecc. — Memorik — Vcl. II, Serie D", parte 1" 10
— 71 —
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") R 2 Hi : (Dà\'. — I') le 2 (l»Alìl<;t)tli»>. iL 1 e 2 V.-M- : IMI, : .1. : Ain/. : All.ll ; >f I >illm:inil,
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rt • ^mc-ì- • H.e.tLArii •• n.-J-A = (">
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n^/n : h'r l'ivi- •• vh'/'tr = r»nxvh ■•
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mhA,h : n *A ■• ^w-Htfo-c • m^.n. • j?.
rh.fl»-j\'P •• «"Ahifj-ì- : ?iA • nrt'^.ei"
n-> : h^.P'Q •• (Dììfn» •• f-chi^' -• n.1' : /. •■ ""Mì-l- •• j^.h'i: ■■ py-ììV ■■ f?:)nV:
ììctìì'.n •• ìi'M^ •• in/- ' «oft+A : m /'.e.h'P : mih.ìì' • /"> ■■ ^Tì-jx.-/ • A4'
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m'ì'é.r'tU ■■ PI- •■ ha-'i • hàp'P. ■
") R 2 Ifltoo (? l.'MOou :)aomi- : .V.-ì-ouU)'V. — '') L 1 e 2 >\A'in, H 1 ili;?. AÙA (R 2 ulii.
questa e la preccd. parola (D.V'.")- — ") R 2 voyih. — '') R 2 y.nfi. : -Min-. — ') R 2 •ì'" rh". —
0 R 2 noonioD-c. - 9) U 2 mi'.Vl". ^ 'J R 2 cm - ') R 2 e L 2 ~ lìi,. — ») R 2 a)n(D-X
•|: : OOTÙA . - 'l R 1 y.TVAiìi. I. I (DyTkAVJ, — '") R 2 -MX)! . - "V R 2 (DUTI" : y.fì, : IHn>»
A.(\ ■■ A>.';"r: : XlìOD : vXiijTjf^. — ') R 2 mj" : (Df" : yM>" : ««"<. — ') R 2 (D-fAgu-ruu-, — i) I! 2
■■lùll :y.'ftl. (1> 1 "la. (I)y.ri." : V,"!"" e L 2 uni. qucstii e le duo [iricid. ii:ii<'lc; cf. i-upra jia^. .M
nula 2. — "■) R 2 aRs ®PTVJ. — ') R 2 AÙA .— ') R 2 sen/.a il <D. ") R 2 airsr. \)'"nD-y^ir
OD-. - '•) i; 2 y":X". - ■') If 2 Anjrt (L l e 2 <D'V).
— 78 —
II.: >i'7ll.>»'/ = lUmifis. ■■ hAn : ll.t'.ilA:
un : A-|: = /.y-ìll •• ?^'7ll.^-(l,ll.(: = -Il
Vi»»-*!» > '/"V- •• II""/. ^ : >i'm •• A''A/li. •• illiA: II//-- -jp/A •• <"T'r it/'^^.X-'r*:!
«Mi;.».'/ : Kyi"ì'i- ■■ A.l. : '/••'/• : h"} S'UH. - ■l-"'li'ìxO'l • flXA " |: = y.f.'V» »
aì-fìì- •■ i'i'Vc: : ""'i- ■■ <"<:.'i : anh' "*' •■ v.r:: tav.» : A'^ji'^.i-- • m-ìv. «
A = UOC-J : fl>A I' : t'.-n<- <iMU:A.t'- >«All = A'JA'/" : "JAr : h"?.-» " K
-|: : m\{\'%iì ■■ .''A- A^nv •• h/.;»'/.' = fl>^n •• t:>i\' = Miv : h/./»'/.» = h'/» :
riAi..f-"V'.'>'> = V-V'ii-I- : in'l- : "/A'/': H'I/V : y.*/."!: •• fl»V>V •• •>'-A4''<»"- K»?f»
(l'/i.iv.'ì't: : 'J^i'/J» • «'J'.'TK : '^v- : "/•"" = A""»' = '/"/'(!. •• 'nn"7'^n<- •• a
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A-1'h : -1fn.e ■• mao9,-ìxì\- •■ -VILh : h/"»!
■1'V'/*'.i\1' ■ {07x9" i fii: ■■ (D-ììt ■■ Tn-tti: ■•
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^/D'>-^/-.|. : -ifid.!' •■ M •• ?»linh • tra
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Anrt • iffflc* ' ■■ M •• ^Anrth • ho^.'J ••
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■I' ■■ Hf-ìAT. •• hi ■ bufili : hn.e-/' =
-Mvn • \\hs\i\f\-y mui-m.i. •■ i-
'iui/.h •• iuìh""y •■ n^ti-lìì'h-i-hih
0 ■• '/"Jrt : lì'Vy.'t/n : «"A?ihìf ■• «»A
MXrh<<. : «"J\//i/<. ■ lJ?.Ah ■• tìiA»^/.-
«hfc-yy ! n^"?/»^ : aìU'ltl'h'T • M' :
?iXMiV-fir ■ aì'iìì' : tm^'AxA. : M'-m
ì- •■ (oAuhi^'in •■ C'if-n • (Dtihtìiv '■
K^ao-h : h^ : T^nA/» : 'itìtìl' - ilxf^.lV
•1- •■ flJ^rt-1-p- : X"*PO : »»JP."W.-1" •• ■ fl»H
^^"ft/h : C'V-n : l\Ó/\l- • iìiiìCÌÌ ■ h
•i : hfn>ì\,u • n+^"7.ì- • '/"A.li •• H Ti
«iim^- s ffllfi^A? ! XA-'J" : nfl»-ft'|- !
^/"Cm-Ah •• ndAJ- : l-Hhch : hM"
P ■ }4A"'f- : (DtihM- •• Tn» •• iDAHrh
J5^ = n,'i- ■ hcft'/:.e'>h •• hv : * hwo =
Ai'n^-i- ! ac/'ì '■ ime' :: AH'/. ■• h'ìn
e • fl»-rt'l- •• n.'!-- •• *A'H'>'|.- : «"XWk^. !
1^-Ah •■ ni-M'"'," •• A.l'.nh : fl»-ft|- :
n,i: : •n.p.-n.f.- •• /i.r/" : ù-tOx - mh-i
M • a)h,'?Thl' ■ MnA :•• *fliHh?nn-
Aini-.- «nx-,fi/<. : 7.<iAh ■■ tìTa-ó ■'
A-n • * (DttCirPt. ■ i[h"V\ •■ nhiix
«) R 2 -^^Cgo-f. — *■) R 2 om — "J H 2 lllnoti. — «') In questi, hmjjo (ratto (liu. 9-20)
la lezione di R 2, alquanto diversa, è così: Aln*A- :: 0)11 B OA-V : 'a'JII : HA" : <p'¥.f\o : (D-lì-l- : XuyX
■t< : TU. : omn.* : A.A.^ : Y\t\fV.f^\'- : )S"llOAt : ?».l'rtiì : tlClìflì : (DV.rtA" : nDxXt> : Ifltl : 'f-t\.
■ftr.l' : Xiloo : nX-rh : IftP : mH4l| : ìXlMJVri : (DXA.^-tl : XgDV.Xll.ri : m : JILf : tlim : X(ì-f
fi.MJrì>ll : W'Vt- •■ Vuijll : Mllijn.V^f. : ouvXl)- : tluo : Afì.Aritl : (DIÌ'I' : Ù/.li.ì- : 4IAV«Agn : a)A<^
(l)<;n : ATl : WX"» ■ fl"Vy. = (Dyi'Vf. : (Ulnao : -ì-WK; : «"lÌA.I' : (l)lì'P : •1-(i.lì<1,ì- : X<;u;J"JC : U)rìr
t\m\ •■ Xgoyor. : a)-lìf : 0/.(\.^ ■■ UPTI- : lluonTn (sic) v,/\ao : ■Ji^iA.t- : XJ : Xunln : HX.I';1A
fj. : iionAJJt- :: (Dijt's-f : llllo^^^ln (sic) /SA'irt : «pm'i-fv '■)R2 iiviìiM,AJ"fli ; inii/. : •r-ii''i
/.'M : (I)IIX(I)-") : lìiiiilfl : M'I-X". - '') R 2 - ,1.H . - ") R 2 -l-Xo^r : II/"."»»!'. — '') U 2 ni;;,'. X
or' : mnil : fl*y.oo : oiiaX^iVI' : (DXx- . ') " 2 <1)IIIÌ-Vl'. — '') R 2 fign>1,h : V.^V, : X-C-T —
') R 2 niM. - "') R 2 uu-H'-lìll : (DlinnATri . - ") R 2 om. L 1 e 2 dopo ({.m-J . - ") R 2 tir,
IÌI.V> : niìgotl. - f) ì: 2 Xn(l).X : O-rt-t-: rW-O)-^. — ") R 2 A1V.A : lUXIl ') R 2 AlhA- :
iilìAAt. : iirmoln.
— 80 —
*T"iy,iUt- ■■ (»ìis't]af}i • (''>nh •■ hai' : y.w, -. tni- ■■ v/a- ■ wom-nW/, ■ yAh
{t"\'i ■■ hai- : ''i'wh ■■ hah ■• H.f./- : h^ ■ }|. ì- : rnt'rt.ri.i, • t\rh ■■ i/7-il/. • /'H
>\\\at-h •■ at-fìl- ■■ f/'''}";/'"ìi' : ani- JiCV •• «>}^i/i«<. •• '"'/.-.hx. : 7.f.-Af » at
/•"/. •• ìty-ii-n •• 'jwn'M- •• hAUrt •• <» i/X(»-() •• M"y ■■ ouHh""i ■■ nxrt-
yiiiic ■■ ""Ji>Ji = ^v = ^iii(HV> fi"" ìt' • h{\\\ ■■ hix'ìW- ■■ -l<i>-A.»'.- •• ir
'>-?/"-ì-f ' <»>»}^.'V}'* : "i/.-i' ■■ oi: ■■ ai ,hc: •■ «»^.ii.A- : 'f^y.-Yo • hfih •• vu»
y.-y; ■■ atfifi/f ■• Tfìfi ■■ '/">.«.'>'}•/:(>• : /• lui-A.f.- .• hTtiA" ■■ Ali :• o)y.n.A"«
ath^of) ■■ "i'V{t^^ì^ : ri'J.ii = ry: Mi'/ : h^:/*'/.' •• htn*{\ » j-j/'-ì •• <»
e 5 ^'rwA-rt : i/t'oii. •• KyA'CM\ •■ ^M'v •■ >jnv'> • y-^-ì'iv,- ■■ (\M:i-
XAA-i- : T'ì- •■ aìh,yy^"ìo\\ ■■ ii"i\ rt".- : h.i.y.ò ■■ h^ •■ /.ti. ■■ y.'ì-i'iu: • n
hìì ■■ Ti' ■■ <»ì ìiid > : \\"" > vih ■■ ì- ■■ if-A- •• ìiVi-iì •■ aìy.\\') : riìUv •■
oth.fi^ytì ■■ vii.yi-4' " ^h'n\ ■■ hy-; ■■ AV'.yj = aìM"t\\\*n •■ <»a?i:ìa > "v
hii- 'MIC»! • nhyiih ■■ y.ihnv ■■ (i)-;i- • Mmu.-) •■ <»Ajr»i«ì'> = ht\
"".'f-n/.V ■■ a>hj'.-ì/.hy. .- A'/"'/-Y. •■ li '/•• •• h^ ■■ v-y.f.- : aì^Afì. ■■ at-M- ■ ni:-
im : A.i'-ì'i'ni: : {\{\h •• nAi>A.y = h im: ■••■ aìy.iin- ■■ ^-/u.^v •• y-'n-'ì •• iiii
tìh'h"" h't/"h ■■ nì'>"/;i. : ,'ì^y.aì "" ■■ ìn. •• «»hu»v"h •■ Mi-v •• h^:*
■ì- ■■•■ Mi:i. ••"'")• y.nii = h/..tiy ■■ )ìtu: 'lì ■ <» t'iì.A • : /["-y-YO ■ wi. ■ l'+n
•I- » <»ììl-'} : ''"/''fi/. : A*/;/"-ì- •• «»A /. : aì-txV ■ ""'Vy-M ■■ h'n'i. • ìl'l'^-tt •
'>Af\'V •■■■ aìftl\ ■■ \n\- ■■ /'."HV : hmi '»>l''">. •• HL'/ll'ì' : <»'/"-|- ! Il^rt'li : 'l
h't •■ f\hl\'i •• h/.:f'lì •• an'-tt.(\" •■ hn ■■ y:"ì •■ A-I.- = h"lì\,>, •■ .'•nOx-f- •■ '"
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(i.A ■ : h'iììh", ■■ riA • ìiìiì ■■ atfih n.J/ir/- = y-m: ■ u'/. = •/•+'1ì/. •• nfl>-
A : h'n.v • H'f.'i'.f.h : >.'i"'i:(:t' " ai •'Idi. •■ ""'Vy.Mì ■ yfi/.y. ■■ a- -i: = hi\
") r; J yulV.II. : (DIlAllX. : i;"X-ri- : M|-Ay"l VÌI : IKKlVf : '>IM;(hA'(l : A» : V.ltl' : yn^lù
(I.I- : IIV./t.V.(i.V. :: 1>MJJ.. - '') 1." -' AA-lTl : Ad.Vìl : (DM.Vll "• " ') •! 2 olii. - '') I; _' i/lMlA.
il : ||im-nM<-|- : ri'M^vV : (DAlf.r. : A-l> : Ul". : «IIK-NX-t- : (DV.I) f : quirì . - •) I! J WVV : IbA- :
• 1.11 (111 |.-i.\) Ali.'l!f.l' : <l)>.";ii1hAri : Ill'U^U: A.V.r.AV.Il : "iV.» 0 '•' -' 'l-Ml/.V. ") U -' «"
IIA.M *) It J Mìllir: : IiXjI- : IKHHVÌ- : <Ji'IÌA,1l. ' ) I! 2 ai,T. «D'i- V. Ili' *) It 2 .«ri, : M
■»i- : >.1ll.>,» : A<I>MJA : AlH : A/.:i'».* : «DV.II.A : aAiìuaÌI-: AXiII./!' : (IlA';i>All.r. ' ) U 2 oni. -
-) H ■-' l|-1vfì-V, : /.g<'>.i"'»l'. - "t I! 2 lìiiiifl ") I! 2 «)I1X : l'H;"l': a)X<li/l : uu : 1 ".
y) K 2 .l.rì : A.I- : V.TII.A : Hill. 'i '' - IDIÌI".!' = A.l.liù : AA : ,^M^/..^^'i\. ■ A.V'.I: : IM.U).;. : ^.
A. : tVA-: AiTa : llimXA : JII.M : V.V'JMIi: : (1HVI.;|- : (l)VfK» (Ile 2 .ni f<|i ). ■) \i 2 A>.
-lUA- : >.""'l : ll-l-'IMl^. : lluo^'V.ril' : 144» ' : (1)IIC. : «Uil"!- MI» : <I>V. T il 1 V.-Ì^jy,*! ) —
') l; 2, I, 1 e 2 om. - ') 1! 2 lll"l : -l-".
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^fi'ì •■ (D'i'in-'ì * : tt'Cììi' ' H-fc ■ <Tin
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'^ : ^rVh : 9"AA.h •• mv/KVh : h.^
> : nflI-A'fc,-*- • tOj!.a. " : ì-th-J : tt'C
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81 —
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CI : OH Al- : ft'^y. : ml'é.f*',h ' * ^H-
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fli<h<: •■ aiì\tì-l\'i-iiho^ ■• *''lrn •■ IL'h!
hcA'i:^'» ■ flj-f'flJiifl- • AAfl» = nnjK-s'
'i:if tf»- : M'ii. • hn-c » ©é^ = ^rn
") R 2 Wiy. ■■ /VOI»- : X-IILA : An-llf oo. : AtV'AoaD- : flTlOD : gn,^<i;,^Yì : (D^aA" : X^^^.Xt : E
n-T : nlnao : -Vtl. : (D.fflV.ÌI : 7^UJ/..-f : Xa- : fV/v.on.. — i- ) K 2 om. — ■=) K 2 tiu^KlÌp. '') 1! 2 0)*}^
(Ì'I- : M't : (sic) - "■) K2 uo.h-t"!;'! : quindi, in luogodi tutto quuUo che safjue tino a A/S<\r<. : AX" 1. 1 K
R 2 ha solo, (Oy.tlT : 'V/VA : M^PP : (D^qop : na).fl't:l- : fl^V^ou : Ari-I' : limìoyyV : (D.VitlV. : y.'t*
n. — f) h ì (DACDM'A : A^n.K : (D^fl. . — ») L 1 e 2 HTI'i, . — ') R 1 a).\iaA« : ^". — ') '^ 2
tlTYl-n-ì-. — "J li 2 a)A.y.'lX. — ') R 2 om. — •") R 2 agg. ncV) : X°1H.A. — ") R XgniTl.—
"; l{ 2 agg. X"1ll,Xt. — ') l>a qui fino ad u^AQH : Aiiq-J : (col. II, 1. 5) \\ 2 dico cos'i: Xa : 'Paq : •»(!.>( :
AX:1/.T1 : ^H•rt.•ì' : (DiifVT : oo^„.r : a.(D-fì : AMOiyJ : Hyiì-TCX. = I-A9DÌ : nAÙA.1)- : AV«A<iu : HA
go : A"ii'» . — ■!) L 1 e 2 om. — ') L 1 e 2 prem. (D. — ») L 1 e 2 nAOA,ll-. — ') R 2 •inm'? : aq
Q : IUiH''lA.A . — ") R 2 ìl.y.t : ìl^A. : llrfJ'.V'. : (DXa<^ — ') R 1 e li 1 y<l.*C • — ") '■ 2 Alb"n. : AO)
AVI' : uy-Vyiì : hXìI/.H : il/. : Xlìuu : Al"ll|-.Al'J, : X"1|0a» : nH-t : A,A.-^. — ") R 2 H-Miu : A.-f.—
') K 2 om. — "") R 2 (D^tMJfh : l^')o•^d.(ì■. — ''") R 2 xcD(V<id-: AA;tseri. — ") R 2 niiiiwKii':
OD- : OXDX-A : Af>V : Xgofm-fi : HI : (VP : VlCtì'tyT = ©(DUPorn- : lÌAOo . — '•') K 2 agg. VlA.U'uu-.
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5", parto 1" 1 1
— 82 —
ìxry.hìi.fì ^i.-lv-hv'i, ■■ n/".' (i»r^ ì- : «MiX/h : •'HI • noi: = ««/.y.hn • >,
Il i rt'/'«- : h'ìio- ■■ fiJn' ! 'iiJn' •• '">/. f\"*' ■■ i-rt"»/. •■ <i»^y.Jiii •• nX'wiA '
">/»■»/">.""• = an'.{\,t["cn>- ■■ A.-Ivc (■.■«»•: A^'V/.'i»- ■• «»(ni»-V'<'i. :<»nJìVs
lì- ■■ rnAi.ì-y. >"/()• •• /l'Jrt ! h-'ItUnl)-)! tìhV •• "^/./. •• inh'iW- ■ ""M't\ ■■ ot'/"
o"»- : -wi : )ìi:M-h ■■ h'P'^^^^' ■■■ «".l'-n. i:hì ■■ flirto*^»- •■ wfn'òn-f"- ■ »i/.iin- '
A?' : A'^'V- = I-ÌMIV : h'«' : "i\Y') ■ lUPr»- ••: lUjiV : l-rtlU-tVI-- = À'/" = .1
K^^ ; "vm-,»- • «•i'.ii.a-'"»- : -wi = Yìv. «»" = awii-^ : 'r'>i'"ì- = n^-C'i' •• (>n<c-
Mt\ ■■ rt"vy«/.' : ^v>. : hii\a*-i: ■■ -wi •• oi-y'if» '• ^'"' = X *" <? •■ au'c-v •• :i't\A
>i"/ii.hiiw».c: •• A'/'AiLi' : «».i'.ri-'}h "> : n'/'"P(^A.i>- = a-jh/. = ""n+A = ha
<n»- : "Y-ì-yrt : TAi; • m'i\:K' •■•■ (nf> A'/» : >»^ll.^•n,/l.^: : j^a-I: = om/.h
n » rtV"i) •• "Vìyn : W.P.-+ ■• ;iv1«'l' ' -l-" : aw-tt'ì' •• /S:>u-ì' • t»«'^ •• '>"/^.'|: ••
hlM' ■■ woa^-K'w ■ "»yn. : h'){\ ■■ A, i'.ò'ì'tì^ •■ rni'.-1-"7nwiV> = «»y.>'rAfl»> •
y.)ìfi\. > tt'lìh •■ tO'tì'ì' •■ ini' ■■ ""fi^Tiìì A'JA'/» •• 'iAT ■■■■ mhr'y:"i/. ' <{.X«^- :
'ì- •• lìtt.y- ■■ ' ann'fi. : Ml-> : fl»,l'.n.A"- f[,har>- : >7(V<n»- : ''7'TeA ! t^A•■ : I/-I-
hiiv^T •■ imnì' •■ ivi.t\" ■ ^^ •■ (n-h m-un ■• a-i-- •• tì.fii •■ ?i'r-wi = h^ììi.h
'!• : noi: •■•• ^»^^•^ = h/,:'!: ■■ in/ n./i-f: - wòn ■■ fìTo- ■ uìì- •■ iv./"
'ì » H'^^V- •• mnXrh : AC/'Ti V : «'Jl'i" : /«>• ■ (lIl.P ■• V/»''h s «nh^Vl" >?' : A?.T
•i"/."r ■ >i'}ii : .l'-inr: = j^a-i- = >»^h : fti- = iv/'Mrl- = atònv •• h'/'xh. =
y.-ì,hìl(ì : AH- : A"7-1" eri : ?if. : '/.II. : ììi::l'Ù = rtl'I'A'"' •• ("J^./l^- = 'n'i^tU/i. •
y.fiafi: ' hTìAi'o^' '• fD-ì'ony.fn •. an i.e.A- •• aììì.y,'i- ■■ ìV/ny^f^- ■• '^■1-jffì-
-fìh •■ '^n '■ vn/. '■ +^.<^- = h»» • ynn mpA/r. : h^ •• y.'n'i •■ /.oj. • a?iA ••
•) 1! 2 Nin. <; au'ir. (Itimi : sn/. : >.nil.>>> : in;X"nA : rhTr.vV :: (OV.Il.A <">• : V'HII- : (DXAi: : T)
on : A.V'lA- : IMli' : noJIÌ -l- : Wl*;. : nMJ(;n-1r : (mil/J. : /l'.l'.V. : AA^iiA^IJ : ')1<SV : (I>>.|! : ^'.l'V. :
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— 83 —
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Xa : 't-ll'rAV : Anfl./'. : -m'I^. : aXa'/. : AÙA : .V.fW. : (DaViAH : Jv'h-f : y.-flf. : UkfV.1' : (B'I/SIÌ : l'I
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— 84 —
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iiimH- : ii.j I) : >,iii>-i|ii|. : iigwi/..t.(i- : .V.V/».lllh : IsicjA-J'A : H.Alh : CMII.;. : KAf : (l)tlA : Mh/.
(I, 1 V 2 <D(i>>>i> «■ idXiiw>-m.). — '"1 R 2 /iKiyciJ-uo- ") R 2 airr v.avKD. = ii»i<'. = Xnii.An.M: :
(l(DUf'in>- : i'A'».' : W. i iii.i om. tutto quellu clic si'gac- fino a XllLA-llilbi; (paj,'. sog. Un SJ.
— 85 —
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f.^^lC ■■ *A « ò<'0 ' *flJ>7<: ■ HC* * > >- : A^iO ' Pvh>. > fi-nò' twpiìc : fl>-
A'JAy" : h^ •■ ttì-riX' > ^v-nn- « aip -ì >»■[: : ^hvx. ■ a-i: : ^.** = n.»- • hcA
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^A/.<<. : K<w ! g ! A;^'^•^/*' > nAA*"» « ^^ ' *>> ' ^fl ' 'tììl".'''ì" ' «njiii^-lj- . ai
hiìLh-n.i^c « *fl»?i9"jp.'i^ih . >»+ ni^T = ^/«"PdA : ^/«xji : >»nv • +yì
OD- : xn-> * ! P-A.T. « ai?i9»jti<tu- « h A ■ y^'Trì- ■■ aha • A-nA « *h/- » h
n • UP*)-!;»- : XA"1- ■ (OdéM'ìi > ATIT «» ■ J^^/lt-C ■• A.P^AA.i'" •■ flJJlX-fh =
«) cf. DiUinann, Chrest. Aeth. GÌ, 4 (?) - i-) L 1 om. ( L 2 \.Vi^in<^.). — ') R 2 jujr.n-t-iro-rì :
ncnni : Av.H(DX : 6h- — '') I.' 2 l'H^n : A.«t» : uq-lflf. : fi S a-^ : XCltl : .^Al: : (D>\y.ì-nUA : ll,A(' :
•JT.V.I' : (D.VJMJ/'v : Hìiao : ^.Infl- : -fTlCiro-i, — 'J R 2 /S.vm[:H = «X'.'l' = iDi\/,./, : a)/»,''lAÌSfV, : T
TI' : 'irt'l" : UkAgn : AM/h-t-V-""-. — 0^2 agg. niltluoTI : "1-nr. : ma um. tutld cuiello che segue fino
a Ai">:iH : liii. 20. — ") H,2 (DV(<«'UD : Xqojf" : JS'l. — '') R 2 .«0>»>l' : (D.V.VuojJUr : Af^*.;. : Viq,
A : •l.l'-C.'l.lì : (il nome in litur.) cf soijra p. 57, not. e— ') R 2 flHooruu- : aA'1 : l*-.!»!. : IIU)-X-f>. *) H 2
om. — ' ) R 2 Hl-Jf'h-y. : .Vi-Y-<'.:l(J) : (DHIÌAA : y.f\iìOtt . — "') R 2 U)'I'IÌ<JUI' : uutJ.T/„ : A;ia)- : <Dt" :
n<\H\\ — ") V! 2 (DY^i : An : A-ri".
86 —
A" •■ ti"ìO\\V •■ li"" = ;''Anrt>. : ht\\\,
"7 : W'I-wo •■ mli/^A'y: ■ li«" = >»/ii.i: =
n : ?',hi. ' .h'iy.fì h.y.ff^tìM. ■■ ^A :
n-/. : K^M •■ y-o""*i- •• }^A-i" ••: M'^fi •■
M •■ ihA : '/^.'^Tl- = ^inc •• 'ì'>x
ir/, : tno»"»!!/. • mvn/. : 'mA.ii- •• A^
^n ! -f-hA ! •/.4'.''7'ri- •• fi^'iiv = hAo-
n-:SV : \\iiv : -l'I ! HrliC '- aìfml\h'P ■
Airjp.v. : Mi,-n •■•• oìhrff.^/. ■■ «hj*.*» :
ATJn-ì- ! m^'l'"" : in''M;i»- = ^'l = *h
//n : |',Vv'> : «,"A'K •• HA*^- = II^.VA-rt «
■\-A.'A'"> • ì.f.-A- : ay\->x'PV.ii' •■ A-n?»
A. : >.'';ii7»n,h.(: • -ì'S-ft ' mnoiV-Ml-
V •• h /.;"/.' •• MI •• •nii:^'> • y.^'ì* = »k«"
yA-ir-n = a^«j» = hào-^ •■ ii""A>i • >»'ii(:>i
■ì:ih : iUl-Iv^-^ ■• hrò^-n •■ htìU-v
/'•/.-•)• •• iiA'-ìviin : hf^ •■ i fl» i\ ■■ AT*
'/•ì- : iirtA"": >i"iii7»'ri,i..(: •• >i"7.'> « X
A- -l- : </»n/.lil- ■• anhiìì' •■ /.!f:h.'U •• aì3\
"7 •■ 'ì-'ìy.-ì- ■■ r»-ì-A"//"'l-" : A'n)»rt. : >i
"/u.^n.i!.!: : Anv > >x('.:t'n- flui/.h-i- ••
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•|: : Airi/. : ììllMtì : ll'Vfl/. : JI'JA ' 9"A
A.I)- : mn/.h;)- : A^TUMV = '^c:.ei'"=
fnA'J.I- : ^'^AVl •• rnn/.hl- ' >^A"<"»- ••
Xì.yl' : «M.'PCJPl- ' ì\ff:*'i ■ (nft"l
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> : >lA = •/•.'»0?i> : AHI./. = 'I1»I<- =
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AVlff-»- • >iA •• Ili' •• i;Afl»-*lf^ •• t'V"fl
•1/: : AAl- •• 'T-.f.-rt-l- • l>A'/- : 1 1»K- :A
Miv : (V"7'/.» : ?iA ' .'l'V-nn- : flj-l-rt'/'
<■) i: 2 0),ivi "T- : nX-vi- : «"X7,|. - ») R 2 ntrg. inoo. - -) R 2 A-il". - ") R 2 lA^ti :l" :
A>,^ :»ll.-'.». - ') R 2 n.rf. - 0 K 2oin. - ») R 1, L I .• 2 (I>X-|. ~ '•i i: 1,1. \ - 2 fi:
(ìiifh. ' ) R 1. I. I 0 2 — y.. — *l R" 2 irA.I'riri : <1A.>I. : Xlll.All.h.C 'j R 2 rniJÌi-ì-ì- —
•"I l; 2 '■/^t|ll^JH/,.'t^ : >,ritl : gtiO/,.!!. ' ) lO'IMJIi : AllUO : fi". - ") R 2 a^'p. (D-VùlM'-l- — >') ajrP-
>.A : »urJ : (I,I.A.I1 : 'h'M.IÌ : •ì-.\:.lì : <I)";"IÌA : AX.I.^.II- : lH^A : >l'r.aiìlin IH.) : M-I'/vHO» : n:iu|.
M* : (Ixr'lÌA : K.h/l.U- : lì^A : nillìTi'l : ■;«•*.» : (DV.I^f : C.Xlì. ( lihIi. 1, 1 r 2 .■ 1." 1 an;:iiini,'.nM «ini
i golUi nomi. cf. p..'i7,n.<-. - ') R -' n«*A : .IvV.lì = nrtAM- : l-Ifl^. : AllUÙ :(IIA-ì-.V.IÌ:11"":»l"'"''i =
IVA" : lt)l"A"/l)/.ll- : >.A : miwXj : >.<;"-ì -^.11 : (!)>.<;"(•. t.'ì- :>.JII : \M^>^ ■ "»y..»J.I- : ^"^^ = <l'»li.lì
— 87 —
Olit> ■ tì^ti-t' ■■ loT-l •• (\Kì-ì:M ■• (D <"'ìì/.- •• aìim'^i\"'\- : fl»,1,'^''7-|" : OljPT
f.t-lDW. : XA-;i"l:h<"'- ' aì9T
UH. •• n^HVÌ- : h'J-I- : ìv/nX?l •• A(i
") R 2 (DÌSA : -^lìgnu- — ') R 2 fnCyn-V : ÙA-Ì". — ') Fv 2 e L 1 e 2 CDJi" (uvvero è da corregg.
nSPU- ?) — '') E 2 (DyTAA : «P^qnitiao- : gnx-T-l-VnnJ- : <D^lìfhVlUD■ : (DyùC"! : X-" . — ') R 2 nfn
K/V'ftlo»- (sic) : «D.KIÌmjOVlaD- : IìXaTÌIuu-. — '^I I.' 2 ohi. - 'J) K 2 iD.V.ùutYlao.. — '') U 2 (DJi'i
RC- — ') R 2 agg. (DU^115. — *) R 2 ^iro : gm5i^H,nou- : >^-l■^ : JEoox-AVliiu-. — ') R 2"1UA- : (B
9d". Segue qui la sottoscrizione, secondo la quale il codice fu scritto l'anno di grazia 251, sotto il
re Ya'qòb (Malak Sagad II, 1597-1603; 1604-1C07), e il papas Aba Petrus ; il nome di chi ha fatto
scrivere il codice ò cancellato.
— 88 —
SOMMARIO ANALITICO
ns.
Invocazioni alla Trinità (')• Origine regale di'Abd al-Masth o AragSwt (-), il padre P- 56.
ha nome Isacco, la madre Ednà e il fratello Teodoro; sua educazione; è istruito nei
Libri Santi, e frequenta continuamente la chiesa; non vuole prender moglie ('). Venendo
in Tebaide presso S. Pacomio, s'incontra con un monaco che l'introduce presso S. Pa-
comio ; colloquio con quest'ultimo che gli dice quanto sia ardua la vita monastica,
e gli consiglia di sperimentar bene la sua vocazione. Riconosciutolo degno, S. Pacomio
lo veste dell'abito monacale, e gli pone nome Za-Mikàél; aveva allora 14 anni. La
fama della sua santità si sparge in Ròm, e vengono a lui Abb;l Liqànos di Questentenyà
(Costantinopoli), Abbà Yem'àtà di QosySt, Abbù ijehmà di .\nsokiyà (Antiochia), Abbà
Gubù di Qilqeyà (Cilicia), Abbà Afsè di 'Esyà (Asia), Abbà Pantaléwou di Romyà
(Roma) e Abbà 'Aléf di Qésàryà (Cesarea). Fraternamente accolti da Za-Mikàél, chie-
dono a S. Pacomio l'abito monacale, mostrandosi fermi nel proposito di darsi alla vita
monastica. S. Pacomio li riveste del sacro abito, e restano ferventi monaci con lui
per molti anni. S. Pacomio, morendo, dà al suo discepolo Teodoro un ordine in riguardo
delle proprie ossa, e Teodoro l'interpreta quasi il Santo volesse che le proprie ossa
fossero secretamente tolte da dove erano sepolte (0- Sue raccomandazioni a Teodoro che
(') Nella prima invocazione {cttp. 104, Lib. Ilenoch p. 18 ecc.) il .va)rii"h (H 1, ycYl^) sembrerebbe
essere il causai, di (DVlfh. ma non saprei aJdurne alcun altro esempin. (DVlrh ^ i>ropriamente il van-
tarsi ad alta voce dei soldati, il che quadra bene nel passo citato in D i 1 1 m a n n s. v. Infatti il Sawd-
aew pubblicato a Moncullo lo spiega con KH- mentre il Voc. acth. (Dillmann, 1. e. ) non è esatto,
raccogliendo, sotto inTi, dei verbi affatto distinti fra loro, come sarebbero »«t>a). KO «*«. Potrebbe
adunque intendersi: Dio che porta l'acqua del mare nella nuvola, e fa salire velocemente questa
nuvola per mano dc^'li angeli e la rende forte, terribile, coi fulmini e i tuoni, facendo sì che la
commozione del tuono e il bagliore del fulmine vantino, per così dire, la terribile forza, tanto che
è intesa nei quattro anfji.li della terra. Il RA*A* corto si riferisce al ciclo e alle nuvole ( cf Hen.
% 60). Di questa radice (DX\,h il l'iatt ha, Tit. III. 0, ©"n/h jier (DVlrìi, ma dubito sia errore di stampa
o di manoscritto. Nella terza invocazione è notevole il (DUI/.nip (lin. 28); gli Apostoli che con
ansioso fervore ricevono il Paracleto, per correr poi tutta la terra, sono paragonati a eavalli che
guardano ansiosi al sorgere del giorno. Notisi anche come vi occorre la figura rcttorica (Igor : (DC^
sulla quale v. i mici Proverbi, strofe e rarconli abissini. Roma 1801, pag. 61.
(') Nello stosso giorno nel quale si fa la commemorazione di Za-Mikiifd (14 di Teqemt) cade
anche la commemorazione di un . „,U J.-^ o '"■abra Krestos, affatto distinto; cf Zotonbcrg,
«atal. pag. 6.5 e 158.
(') ^V.» (p. 57, II, 6) è tanto (ohniofifm in senso ccclcs.)
(♦> Per evitare che si sovrapponessero altri cadaveri, ovvero perchè non divenissero oggetto di
colto; forse questo tratto ha origine da ciiN che narra S. Atanasio di S. Antonio (ed. Migne X,
2, p. 967, e. 90) e si collega coU'ueo dei cristiani di Egitto relativo ai cadaveri de' martiri ecc., sul
<iaale uso cf. C. .Schmidt, Ein altchriiUichts .Vumienetikett, 8 {Z. f. aeg. Sprache, XXXII).
— 89 —
insieme con Orsisio, ò eletto al posto di S. Pacomio. Teodoro ama Za-Mikàél e i suoi
compagni, ma specialmente Za-Mikàél. Ednit, la madre di questo, viene presso lui per p. «o.
vederlo: sulle prime Za-Mikàél nou vuole incontrare la madre; poi persuaso dagli
altri monaci, va a vederla, e intende che essa è venuta per vestir l'abito monacale :
egli la veste monaca, e la fa dimorare insieme colla madre di Teodoro e la sorella
di S. Pacomio, che era la badessa del monastero ; questo era prossimo al convento degli
uomini, e ne era sorvegliante Pietro (').
Za-Mikàél cogli altri Santi (Abbà Garimà non era ancora con loro) prendono
congedo, dopo 7 anni che eran vissuti insieme, da Teodoro e Orsisio, e tornano al proprio
paese di Ròm, ove operano miracoli, e convertono il paese alla tede. Divozione di
Za-Mikàél verso la Vergine, e grande fervore del popolo ove egli era. Uscito dalla
città con due compagni, vengono, guidati dall'Arcangelo S. Michele, in Aksum. Za-
Mikàél vede questa città già convertita alla fede, e tornato in Ròm, ne informa i fra-
telli i quali vengono lieti, colle loro suppellettili e i Libri Santi, guidati da Za-Mikàél p. 02.
in Aksum, ove il Re e il Metropolita li accolgono festosamente, l'anno V° del regno
di Al'àmìdà figlio di Sal'àdobà. Mandano ad Ishàq, parente di Za-Mikàél, che era
in Ròm, il quale abbandonato il regno, viene anche egli in Aksum, guidato dal-
l'Arcangelo S. Michele. Gioia dei nove Santi nel ritrovarsi insieme ; vivono a corte (^)
ammirati dal Re e dal Metropolita, e operano assai miracoli di diversissime
specie, onde rafforzano la fede in Etiopia. ^ Quindi morì il Re Al'àmìdà, tre anni
» dopo la venuta di quei Santi, pianto da essi e dal popolo, e onoratamente lo sep-
» pellirono nel sepolcro dei Re, e regnò Tàzénà padre di Kàléb». I Santi rimasero
a corte (fl,'^ : i'm.'ì) tutti insieme, digiunando e operando moltissimi miracoli, e cos'i
stettero per 12 anni (■*) ; la madre di Za-Mikàél, Ednà, colle altre raoniche, era ivi
presso. Za-Mikàél, amato e riverito come padre e signore, è soprannominato « 'Aragàwì »
cioè il savio. « Nel 6" anno del regno di Tàzénà, i nove Santi si separano per andare
s in varii luoghi : Abbà Liqànos va a Dabra Quanàsel, Abbà Pantaléwon va di contro,
• alla distanza di due miglia; Abuna Isl.iàq o Garimà in Madarà, e Abbà Gubà i\a
" incontro, alla distanza di un » me'ràf " Abbà Sehmà a Sedyà, Abbà Yem'àtà in Gar'altà,
« Abbà Aléf in Ahse'a detto Rehzà e Abbà Afsé in Yàhà ; e abuna Aragàwì iisc'i al paese
« di Oriente, chiamato Egalà, paese che un forte corridore può percorrere in due giorni » .
Con Za-Mikàél era la madre Ednà, insieme col discepolo Màtyàs. Giungono ad un p. m,
luogo chiamato Madhanit ove pernottano; i malvagi abitanti scagliano improperii
contro Aragàwì, il quale maledice quel luogo e benedice invece una città vicina.
Passato oltre, risana un indemoniato: la folla lo circonda al vedere i suoi miracoli.
Proceduto oltre, siede sotto " l'ulivo del convento " (''); giunge in vista di Damme. Un
(') cf. AmiJliiioau, //^.s■^ de S. Pnkhrìme de. {Ann. M. Guimcl, W II) "•!.
(*) (ft-T) : «l»fl\T che Di 11 maini, nv\ lessico della crestomazia, fa = cr^
(3) Secondo il God. L. 1 per 22 anni. Fra i miracoli che qui si raccontano, ([uell" del ijrano piantato,
cresciuto e mietuto in un giorno .sembra derivare daj;li Atti apocrifi di S. Oiuda (cf M a 1 a ii, The confticts
oflhe H. Apostles 222 e i miei Atti apocrifi degli Apostoli 22, p. 1) quantunque leggende .simili s'incon-
Irino non di rado; cf. A m é 1 i ii e a u, Moimmnnls pour servir 0 V rtude di' l'/ù/ypte cìirrl. {Miss, archéol.
fr. au Caire, IV) IG. Il verbo ATflAllA (03, 1, 19) che manca in I> i 1 1 in a n n, è spiegato rettamente nel
.Sair/tseir di lloneullo con -l-'ll'lfl hrillarr. Vi corrisponde 1' amiirico A^nMAriA e 'l-guilAllA .
(■*) !S(D-Aù ulivo selvatico. I,a l'urnui X'AA, a me ignota, è dei due codd. romani : C'irse per X-AA. V
Classe ni SCIENZE MORAM ecc. — Memorie - Voi. II, Serie 5", parte I" 12
— !>i» —
(forine udendo della sua santità e dei miracoli che operava, gli reca iiu suo figliuolo
malato, cui Za-Mikàèl guarisco con istupore di tutti. Viene poi ad una rupe chiamata
Mesguilgue, donde vedo la cima di Dammo; assai piaceglì. e gira tutto intorno al
piede della montagna, por trovare una via da salire su quella cima, ma inutilmente.
Va ad un monto (') con alto precipizio, detto -Sequorù' ove trova una via per salire,
ma sente che non era il beneplacito di Dio, che egli ivi restasse; e così gli accade
!'• ''C al monto Mongergàr e al monto Jlnhàz. Hitorna quindi a Dammo e vede una fon-
ditura nella rupe, ov'eni acqua; ivi fa restare la sua madre Ediià, o questo luogo
fu chiamato >. baat elem • (fY\). Procede oltre, e gli distendono sulla roccia un tappeto
sul quale riposa, posandovi sopra il bastone (•) ; al togliere del tappeto, quella roccia
diviene della stessa larghezza e lunghezza di esso, e di bianca che era, si tingo in
rosso, restandovi l'impronta del bastono: questo vestige restano ancora venerate. Giunge
Za-Mikàól -al piede della corda' (cioè dove ora è la corda per salire) e prega: gli
appare S. Michele Arcangelo che lo conforta, e mentre Za-Mikàél stava aspettando e
non sapendo come salire. S. Michele gli appare di nuovo, e gli dice siccome verrà un
serpente alto 00 cubiti, che lo porterà sulla cima del monte. Viene infatti questo
serpente il quale dall'erta dice a Za-Mikàól, che quel monte era deserto e inospitalo;
ma Za-Mikàél gli comanda di abbassare la coda, al piò del monte ova egli era. Za-
Mikàol monta sulla coda del serpe, protetto dall'Arcangelo S. Michele che gli è allato,
stupoiidoue Mattia e gli altri discepoli che erano al piò del monte, come Eliseo al
p. GS. veder rapito Elia. Za-Mikàól è portato sul monto Dammo. ove giunto dice: Alleluia
al Padre, Alleluia al Figlio, Alleluia allo Spirito Santo, onde il monte ebbe il nome
di ' Dabra Hallóluv'à. " La montagna s'illumina, e Za-Mikàél, avuta prova del bene-
placito di Dio (^), è lieto di quella dimora.
• Dopo pochi giorni morì il Re Tàzénà e regnò il Re Kàléb in sua vece » . Za-
Mikàél fa una capanna per il tabernacolo, e gli Angeli gli portano dal cielo tutto
ciò che serve per celebrare l'oucaristia, tinche poi edifica un santuario, e por propria
abitazione si sceglie una caverna, ove vive in preghiere e mortificazioni. Uomini o
donne vengono a lui per essere risanati; anche coloro che abitavano ad oriente, gente
che viveva solo di pastorizia e di ladroneggi (^), vengono a Za-Mikàél che li converte,
e lasciano le rapino. Za-Mikàól converte gli infedeli, e conforma quelli che, già con-
].. 70 vertiti da Abbà Salàmà. orano nella fedo ortodossa; sua vita santa (•'); risana la figlia
di un capo di milizia, che era indemoniata, e fa altri miracoli. « Allora mandò a lui
• Kàléb dicendo : io mi sono apparecchiato ad andare a far guerra ai nemici di Dio,
■> che distrussero la chiesa, e versarono il sangue dogli abitanti di Nagràn — codesto
' infedele per nome Finliàs — ; poichó ha mandato a me il patriarca Timoteo, dicen-
(') Il testi' Ila 'pyTO che ò cvidcntcmontc da ©«'«rpor. niu sembra signiflcar un monte alto
ed isolato donde .si veda tutta la regione circostante.
(•) Tutti i codici li.-uino qui n^<^J,.
(') A pag. f>8. II, '. '■• la lozione ò scorretta; forse è da emendare •Ki.U'ini. . "it-yv.
(') .SeinbraTTo essere pli aliitanli del pae.«e ora occnpiito dai TeUàl ecc. e che prili ihihiiriMr erano,
come gli attuali, di stirile .\far (Cf. l'raet orin s, f'rìier ilii: hamitisrhcn Spnirlian Oshifrihi's
{Iteilr. 2. Atsyriol. ecc. II, :ìlHl.
f) l'a^r. 70, II, 27 .i.irehbc Jiiù ruirett.. «)V^.y.(i.V-.
— 91 —
« domi- di vendicare il sangue dogli abitanti di Nagràn. Tu, o mio padre, fa preghiera,
« poiché la preghiera del giusto ha potere e dominio ('). Kisposegli il nostro padre
li Aragàwì e disse al messo del Re: va in paco, e che Iddio sottometta i tuoi nomici,
« e li riduca ad ubbidienza nello tue mani, e a te dia grazia e ti renda terribile ai
« nemici, e ti riconduca sauo e salvo. E Kaléb era re giusto, e niun re fuvvi, che
" operasse, più di lui, miracoli e prodigii, mentre era nello splendore del suo regno.
« E quando si ribellarono gli abitanti di Bur, Iddio gli aprì le viscere della terra,
" perchè non lo vedessero gl'insorti, allorché faceva incursione contro di loro, e non
" fuggissero da lui e si salvassero: — il percorso per giungere a Bùr è di un tre
• giorni per un robusto corridore. E Kàléb, entrato por l'apertura dove Iddio aveva
« aperto il terreno, giungendo all'improvviso, gli sterminò, e non ne lasciò un solo, e
« sottomise la città nelle sue mani, e fino al giorno di oggi esiste e si vede il luogo,
" dove entrò Kàléb nell'apertura e dove uscì da essa, essendo il detto luogo divenuto
" un pavimento di pietra. E andò per far guerra, e giunto al paese dei Sabei, guerreggiò
1 con quell'infedele ; e grande fu la strage presso di essi, per la forza delle preghiere
« del giusto re e dei Santi, nelle cui preghiere era fidato, e vinse ed uccise tutti i nemici,
« non lasciando vivi né grandi né piccoli, nel paese dei Sabei, ed uccise Fin'.iàs, re di
« Saba, nemico di Cristo. E Kàléb fu lieto, e ringraziò Iddio, e costruì nella città di
u Nagràn la chiesa che quell'infedele avea distrutto, e diede ad essa in dote tutta
» la preda fatta nel paese di Saba. E lieto e giulivo tornò in Aksum, né tornò alla
« reggia, ma andò secretamente, abbandonando il suo regno e la sua gloria ; e andato
«presso Abbà Pantalèwon, gli disse: rivestimi dell'abito monastico, e incontanente
« no lo rivestì ; diede il regno al figliuolo Gabra Masqal, e mandò ad Abuna Aragàwì
« dicendo : Iddio, per le tue preghiere, mi ha felicemente ricondotto, ed ho preso il
« monacale abito di Cristo : prega per me affinchè possa compiere la vocazione. E il
« nostro padi-e Ai-agàvvi si allietò, e disse al messo del re dì dirgli: hai fatto la cosa mi-
« gliore, e che Iddio ti compia ogni tuo volere ! E ciò udito andò via da lui. E regnò Ga-
« bra Masqal, e selette sul suo regno. Nell'S" anno del regno di Bàzén nacque Cristo,
« e da Bàzén fino ad Abrchà ed Asbel.ià cristiani, regnarono 19 re, e gli anni della
«loro vita {del loro regno) furono 244; da Abrehà ed Asbehà fino a Gabra Masqal
«regnarono 9 re, e la loro durata fu di 124 anni: e tutti insieme sommano a 368
« anni (-). E Gabra Masqal regnò con rettitudine e giustizia, eia fama del suo regno
« fu udita in tutta l'Abissinia ; ninno si oppose al suo regno, né egli usciva a spe-
« dizioni militari, ma solo a costruir chiese, poiché regnò iu tempo di pace. " Za-
Mikàél voleva vivere celato, ma tutti andavano da lui per essere risanati.
« E l'anno che regnò, Gabra Masqal venne presso Abùna Aragàwì, mentre stava
« nella sua caverna, affinché benedicesse il suo regno, e desse compimento alle sue cure
«per costruire il santuario; venne prestamente a Debra Dammo, lasciando l'esercito
« ai piedi della montagna, egli solo salì co' suoi, presso il santo padre Aragàwì ; si prostrò
« ai suoi piedi e l'abbracciò dell'abbraccio dello Spirito Sauto, e lo supplicò e gli disse:
« bonedicimi, o padre venerato, e benedici il mio regno e tutto il mio esercito ! E il
(>) Jac. V, 16.
(^) Queste cifre sono quasi tutte diverse da quello dello note liste.
p. -'•.
— 02 —
. Santo rispose : cho Iddio benedica il tuo regno, come benedisse il regno di David
» e Salomone, e corno benedisse il regno di K;iléb tuo padre; prolunghi i tuoi giorni, e
• conservi il tuo esercito, e sottometta l'avversario e il nemico sotto i tuoi piedi ; pensa
. alle chiese, alle vedove od ai pupilli! E Gabra Masqal piegò la testa e disse: Amen.
. così sia. E stettero insieme, ammonendolo il Santo come rafforzare il suo regno. E
- (Jabra Masqal gli disse: mostrami, ten prego, in qual luogo costruire la chiesa, e
• Za-Mikàt'l sorse immantinente, e gli mostrò dove edificarla. E subito comandò il re
« ad operai robusti i quali tagliassero legni e raccogliessero pietre, e cercò uomini sapienti
• che conoscessero l'arte di edificare. Fece andare attorno un araldo per tutta la terra
• di Oriente, ingiungendo che portassero legni e pietre e terra da lontano e da vicino.
• Ordinò quindi che facessero ruote di carri (?) a guisa di gradini di stanze, di pietre
• e legni, della larghezza di 3 eubiti, perchè potessero salire in esso, uomini ed animali,
. portando legni e pietre, acqua e terra; e costruirono con magnificenza, con molta cura,
» un edificio mirabile a vedere, che allietava l'animo e rapiva i cuori. E l'edificio fu
« compito nel II" anno del suo regno ; ed egli lo dotò di vesti preziose, di patene
« di oro ed argento, e calici di oro ed argento; e diede 12 croci di oro e di argento
« e vangeli legati in oro e argento, le lettere di S. Paolo e le lettere degli Apostoli,
» di oro e argento, e veli; ogni cosa in dovuto ordine. La onorò e magnificò, perchè essa
• è la prima chiesa, e ninna chiesa era stata edificata prima di essa, ad eccezione di
M Aksum. madre delle città {nr-TQÓrìoXtc). e diede ad esso quanto la corte reale possedeva.
>■ Fece venire il metropolita che la consacrò e la segnò coli' unzione del Sacro Crisma
• (olio) e vi pose entro il « tàbòt " che Za-Mikàél con sé avea recato, sacro al ceto del
fc Primogenito (') e il « tàbòt « che avea dato il re e quel « tàbòt - sacro al Ceto del Pri-
• mogenito ricoperto di oro e di argento, e il tabernacolo di N. S. Maria, adornatolo
• insieme con esso. 11 re e il metropolita pregarono il nostro S. Padre cho celebrasse
• l'eucarestia ».
Za-Mikàél celebra il Sacrificio, scendendo dal cielo gli arredi necessari, e comunica
tutti. Il re Gabra Masqal fa una grande festa per la consecrazioue della chiesa, dando
cibo agli all'amati e vesti agli ignudi, e si fa promettere da Aragàwì che in vita e in
morte non lo dimenticherà nelle sue preghiere ; quindi Aragàwì lo benedice, e benedice
tutto il popolo (-). Il re, per desiderio di Za-Mikàél, toglie la scala fatta quando
costruiva il tempio (•') e mette in suo luogo una corda per salire, in memoria del
serpe (cf. p. li!)- Il re se ne torna via. Molti vanno a farsi monaci, presso Za-Mikàél e
sono battezzati in un fiume a pie del monte, chiamato m à y a m e r q à y : i monaci si
accrescono sempre e si danno a varii lavori. Vengono anche molte monaclie, delle
quali Za-Mikàél dà la cura al discepolo Pietro, e consegna a sua madre Kdnà. Muore
questa il 4 di Ter, ed è portata colà dove era Aragàwì che la piange ; vien sepolta
(') nTl»r; ì; qui il Primogenitus omnit creaturae, 0. Cristo; o il cnj'^n/. : ntV>C sono tutti i
•Santi dell' .\. e N. Te.stainento, rOjrnissanti, sotto la cui invocazione era stato consacrato il u tibnt n.
(•) JSIRiJ, non ò qui tursum suspicere, m.. s\ il dare la benedizione al popolo, come fanno i
liffti, alzando la mano e t-cnendola, nel benedire, a quel modo che usano i Greci, cioè coll'anulare
unito al jioUicc.
(') Kj^oooo, che m.anca in Dillmann, significa u demolire " e nc\ Siwiisew di Moncullo
è gpicf^ato con J'JJ. Da dàlim'mo « demoliscilo n sarebbe derivato il wnnf di Debra Dammo.
— m —
in un sepolcro nuovo, preparato da Za-lMikàél per lei. In quel tempo vivea Yiìréd;
notizie di lui, che è ammaestrato dagli Angeli nel canto ; egli viene per visitare Za-
Mikàél e vedere la chiesa fondata da Gabra Masqal. Za-Mikàél predice ai discepoli
la venuta di lui; giunto Yàréd, si abbracciano e vanno alhi chiesa, cui Yàréd celebra
col suo canto.
Grandi conversioni operate da Za-Mikàèl; cresciuti i monaci a GOOO, egli assegna p. 78.
varii ufficii. Gli appare N. S. ; colloquio di Za-Mikàél con G. Cristo che lo chiama
al cielo, e promette ogni benedizione a chi l'invocherà, a chi scriverà la sua vita p. so.
ecc., ecc. Za-Mikàél narra la visione al suo discepolo Mattia; fa radunare i monaci e
li informa della vicina sua morte : fa Mattia suo .successore, e scompare, a 99 anni,
il 14 di Teqemt o 11 di Tasrìu, regnando Gabra Masqal. I monaci apprendono il ,,. 82.
« kidàn » concesso da G. Or. a Za-Mikàél, e lieti ne scrivono la vita, e ne celebrano
la commemorazione. Miracoli e apparizioni di Za-Mikàél ('), visione di Abbà Benvàmì.
Gabra Masqal avea udito che Za-Mikàél era scomparso dalla terra; viene al monte
e fa donazione alla chiesa di molte terre, cioè: tutta la terra di E gal à(hà) dal Mar eb p g-t
fino a G u e r g u e r, in G e 1 0 M a k a d à sei città, e in B e 1 é n tre città, M a t a r à, R à r a k a
eSeyot (e Makadà di Gelo). Barali to, (In Ràl.ito?) Bèta nobayt, (?) Baqlo.
'E(ja, ('Ed) Mare, Galabà, Ham (Aham, Ehem) B adà. Erakà (in Barak à)
Ganàdef, Megaryà (Mag. oMug.) Damr, Yàl.i à(Yel.ià): privilegi che il re ac-
corda. Vita esemplare dei monaci sotto la direzione di Mattia ; muore questi l'S di Tàhsàs.
Suoi successori Yoséf e Mad^aina Egzi'. Sotto il settimo superiore, dopo Za-Mikàél, che
avea nome Abbà Yol.ianì, i discepoli editicano ima chiesa all'entrata della caverna
abitata da Za-Mikàèl, perchè serva di sepoltura. Abbà Yo' ani riveste dell'abito mo-
nacale Abbà lyasus Mo'a che tornato in Haiq, vi propaga il monachismo. Takla
Hàymànot (cf. p. .3, nota 3) dal luogo di lyasus Mo'a viene presso Abbà Yohani a Debra
Dammo, dove riceve l'abito monacale, e restatovi 12 anni, torna presso lyasus Mo'a e prò- p. gè
paga il monachismo. Abbà Yohani muore il 9 di Genbot, e gli succede Za-Ivasus.
Il cod. R 2 è preceduto dal novero degli scritti in esso contenuti e da una
descrizione della Chiesa di S. Aragàwì, che credo opportuno qui pubblicare. La scrit-
tura sembra essere della fine del secolo passato, incirca (-).
" Descrizione della Chiesa di S. Aragavi, fabbricata dall'Imperadore, Gebera Mascall,
figlio del santo Imp." Caleb, o sia Elesbaan nell' anno del Signore 600. Questa Chiesa,
che è di fabbrica rotonda (come sono anche al dì d'oggi le Chiese di Etiopia) si
divide in tre parti. La prima di queste si appella in etiopico C/mee Afaali (•'), cioè
Coro, ed è un giro rotondo di archi aperti : La seconda dicesi Cchedest (■•), cioè santa,
ed è un giro rotondo chiuso, ma con dodici porte per l'ingresso, ed otto fenestre:
La terza Macchedas (^) cioè Santa dei Santi, ed è una fabbrica di muro di forma
(') A pag. 83, I, 12 il tVA" sta, come vodesi ilalla nota, nei (re codici.
('J IjO parole stampate in corsivo sono sottolineate nel manoscritto.
(3) ^i : OD^A'V
(4) ^v:.f,.V:
— «Il —
quadra, in mezzo di cui vi è un meniter (^) o sia trono, o vogliamo dire altare pari-
niento quadrato di legno, con pitture di Angeli, della Madonua, di .S. Giorgio. Kesur-
reiione. Ascensione ecc. Per intelligenza di questa descrizione si pone nella pagina
seguente la pianta di detta Chiesa, come la formò Mo^sig^ Tobia Etiope traduttore
della suddetta descrizione:
Chnce maalt
Notisi che le chiese in Etiopia non sono né a volto nò a soflitto, ma a tetto,
come se ne conserva 1' uso nella basilica di S. Paolo di Roma.
Adunque nella Prima parte, o sia primo giro della Chiesa di S. Aragavi, detto
Cliiiee Manli vi sono 98 chinib (-) cioè certi legni quadrati per sostegno della fab-
brica, nei quali al di dentro vi sono scolpite tìgure di Angeli, uccelli ecc. per vaghezza.
Vi sono parimente cinque colonne di marmo.
1735 naia (^), cioè palle di legno sulla paiete d'intorno per tutto il giro al
di fuori.
295 Cchnat {*) cioè cinture di legno per tutto il giro, e in guisa collocato, che
alternansi un ordine di cintura di legno, e un ordine di pietre, come nella figura
seguente, formata a dichiarazione migliore della cosa dallo stesso Monsig^ Tobia.
Ic^o
pietre
legno
pietre
le^o
(Il mnnq
0») S-A (?)
— 05 —
202 maucaf (') o siano sostegni di legno noi giro snperiore di tutta la chiesa.
397 viaian, madrcc'i, e guen ('-) cioè pilastri laterali, pilastri inferiori, e supe-
riori legno.
7 porte.
124 fenustre.
Nella seconda parte o sia nel Cchedest sonovi 72 chirub.
148 mae:o (■') cioè porte di cedro.
l.")2 :;cdchlì'a ('). Notisi che questo vocabolo scdeblra in lingua Arnahharn signi-
fica canonici e nella lingua poi di Gltee:^ significa tabernacolo, e che rimane però
incerto il vero suo significato.
193 Cchnat legno.
40 fluì (^) cioè certi travi fatti a guisa di colonne intortigliate come le corde.
222 maucaf legno.
12 porte.
22 colonne di stucco.
7 colonne.
18 manca, cioè legni a foggia di chiavi per sostegno della fabbrica nella parte
esteriore.
4 Chenfaasa (") voce di oscuro significato per renderla in italiano.
Nella terza parte, o sia fabbrica quadrata detta Macchedas sono:
15 fluì.
11 travi.
28 Saragallà (") cioè appoggi di legno per sostenere i travi.
3 porte grandi rivolte alle parti del mondo fuorché dalla parte Orientale, dove
vi è una grande fenestra poco elevata dalla terra.
3 colonne di marmo.
37 naia legno.
102 madrech, macan e guen . . . legno.
13 manca legno.
4 travi a guisa di colonne intortigliate.
177 Zerghcf (^) di legno o di cemento.
50 Cchnal legno.
Descrizione di Betgul (■') o sia Belìdehem, cioè di quel luogo, dove si lavora
il pane di proposizione, o sia del sacrifizio ed è una fabbrica separata dalla Chiesa.
In questa vi sono 14 fluì.
(') (oov-njj.) nv^q. (?)
(-) oD^>'i, tm\^l^y\, •wy\ (V) iiropriam. sù(/lin, stìpite, architrave.
(') iiv.n-i-A.
(>>) Vl-t»<. : M,^ (V)
(^1 l"l/.T>
C) ■llf.'Ki. (V)
(') rLM- : ■ini: {i"niic : rL-l") (V)
— !)(ì —
óO Cchnat.
14 muucuf legno.
ir>U pozzi scavati in sasso vivo.
72 sepolcri scavati parimente in sassj vivo, e questi ]'oì:i e sepolcri fin ora
esistono e si vedono, giacché questo celebre e grande Tempio di S. Aragaoi fu
distrutto dai Turchi del regno di Adel.
KiTula-Corriije : 65, 20 (sembra essere) 1.: che è della fine ; 67, I, 1 ì a»«aou ; 68,
II, -l^-'H V.go'i;"; "lO. II, -21 Agnj.;i"V . 6», II, ir, Aaiiì. '^ì >>'nii./,(irii.c.; (il. 1, 17
ArAiVJi'- li, 15-10 yXyoc; (Vi, 1, •."•2 nni>>>iO twV»" ^ ''-J' '• ■' ffliriiV.'ì n/.n^rt";
70, 1, IH tofrli i Jue imnti in fin di rìgra; 75, I, ó 1. ntnM%i- ; 76, I, 10 metti i
duo punti d..].' llll-l o3 n. l. ajri,'. It 2 ny,ù<'."'l : l"
— 07 —
RELAZIONE
dei Soci Guidi, relatore, e Teza, presentata al Presideute durante le ferie
accademiche del 1895, sulla Memoria del dott. U. Conti Rossini intito-
lata: Il «Gadla Talda Haijmanol^ secondo la redazione loaldebbana.
« Una classe di fonti molto importanti per la storia dell' Abissinia sono le vite
di quei santi che esercitarono qualche azione sugli avvenimenti e il progresso di quel
paese : né ciò deve recar meraviglia, se si considera l'indole più o men teocratica del
governo e la potenza del clero. Fra questi santi il più famoso forse è Takla Haymanot,
sulla storia del quale restano ancora molti punti oscuri ed incerti. La sua vita ci è
pervenuta in due forme o redazioni affatto distinte: l'una di Dabra Libanos, l'altra
di Waldebba. La prima è la più nota: di essa si conservano parecchi mss. special-
mente a Londra ; fu anche conosciuta dal P. d'Almeida, che se ne valse nella sua storia,
ed ha servito di fonte, per la parte maggiore, alla breve narrazione del S e n k e s s a r.
La redazione di Waldel)ba invece, più antica ed importante, non ci è conservata che
in un unico ms. della Bibliothèque Nationale di Parigi. Il Conti Rossini ha prepa-
rato l'edizione di questo testo, per intero, e lo ha tradotto quasi tutto, omettendo cioè
solo quei passi che poca importanza hanno per chi non intenda il testo ge'ez, come
sarebbero i racconti de' miracoli senza speciale importanza, ecc.
« La preparazione critica di questo testo, che è in lingua assai pura, è molto buona,
come fedele ed esatta ne è la traduzione. Nelle note il Conti Rossini rende anco conto
di quei luoghi nei quali la redazione di Dabra Libànos più si discosta da quella di
Waldebba; in queste note e nell'introduzione egli dimostra di ben conoscere quanto
si può riferire al soggetto che tratta.
» La pubblicazione del lavoro del Conti Rossini è desiderabile per il progresso
deo-li studi sulla storia e la letteratura di Abissinia, ai quali studi è ben giusto che
sia portato un contributo specialmente dagl'Italiani.
« La Commissione è perciò di parere che la Vita di Takla Haymanot mdla re-
censione di Waldebba, e per la sua intrinseca importanza o per iì modo onde ò stata
preparata, possa pubblicarsi negli Atti Accademici ».
Classb di scienze morali ecc. — Mkmorik - Voi. II, Scr. 5', parte 1*.
IS
— 98 —
Il-Gadla TaklaHaymanot" secondo la redazione waldebbana.
Memoria del dott. CONTI ROSSINI CARLO.
Fra i santi che sortirono i natali in Etiopia indubbiamente Takla Haymanot è
il più celebre, sia per quanto da alcuni vuoisi facesse a prò della dinastia salomonide,
già scacciata, narrasi, dagli aviti domini (su di che, peraltro, non posso che rinviare
a quanto scrissi altrove), sia, e con nia<,';j;ior fondamento, per l'opera sua in favore
del cristianesimo, opera che gli valse il nome di • apostolo novello » .
Numerosi manoscritti ne contengono la vita:
Bibl. Nat. Parigi: ms. et. 13C. Del secolo XV i primi f. 90. 1\ rt. T. II. comprende i f. 1-44 r. {')
n » » ms. ar. 284. Datato, dell'anno 1307 dei martiri = 1590 d. C. F. 148. Secondo
il titolo, questa vita araba fu mandata da re GalSwdcwos (1.540-1559)
a Gabriele, 95°. patriarca d'Alessandria. La redazione diiferisce da
quella del ms. precedente e dogli altri etiopici susseguenti. Trattasi
però d'opera composta o tradotta dal gtl3, e i nomi propri vi hanno
subite le più btranc modificazinni (').
Bibl. Bodl. d'Oxford : ms. ar. crist. CV. Datato, del 1.310 dei martiri = 1593 d. C. F. 75 (').
Bibl. Nat. l'arigi : ms. et. 137. Secolo XVIII. F. 153, di cui il G. T. H. occupa i f. 1-111. Kedazione
in 115 capitoli, seguiti dalla enumerazione dei miracoli. I primi ca-
pitoli contengono la genealogia d'I santo da .Adamo a Zadoc, e da
Zadoc a Takla HiSymànot, e quella dei re d'Etiopia; alla tìnc, l'elenco
degli abati e degli amministratori di Dabra Libnnos. Questa redazione
sembra essere una perifrasi della araba, con numerose aggiunte (genea-
logie, liste reali, miracoli, ecc.), e par clie non semi)re il testo arabo
sia stato ben inteso (*).
.1 1 138. Secolo XIX. F. 150. Come il ms. 137. Mancano la genealogia d'.Xzaria,
le liste reali e la divisione in capitoli. La vita propriamente detta
è jircceduta da una oniilia e da un'inlroduzione: altra omilia, da leg-
gersi il 12 di genbot (festa della traslazione delle ossa del santo),
e un'altra sulla sua nascita, sono inserite fra la vita e i miracoli (^).
(') Zotenberg, Cataìoijue da m»s. éthiopiena de la Bibl. Nat., p. 205.
(») Zotenborg, op. cit., , p. 200 ; Slane, Cataloi/ue des mss. araba de la Ili/il. Xat-, n. 284.
(') Uri, Bibliothccac Bodleianae codicum manuscriptorum oricntalium catalogus, pars I, p. 46;
codd. ar. crist., n. CV.
{*) Zotcnberg, op. cit., p. 204.
(') Zotcnberg, op. cit., p. 206.
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British Muscum: ms. adii. 16. 2.')7. Secolo XIX. F. 1-118, vita di T. H. ; 118-119, sua gcncalngia;
11!)-I27, (rasluziune del corpo; 127-101, miracoli (').
" ms. orìeiit. G9G. Del tempo di re Takla Hliymanot (1769-1777). F. 42/i, vifa di
T. II. ; f. i;!2rt!, discorso sulla traslazione; M2a- M9, miracoli («j.
" " " " 721. rriiiii parte del secolo XVIII. F. 0«, vita di T. H. ; f. 184a,
discorso sulla traslazione; 203a, miracoli in numero di 16;209a-212,
invocazione ed inno (').
" " n „ 722. Secolo XVIII. F. 4a, vita di T. H. ; 108A, discorso sulla tras-
lazione; 117/y-127(2, miracoli in numero di 16 (^).
n » » n 723. Sec"loX\III. F. 9«, vita di T. H.; 167a, discorso sulla traslazione;
179fl, miracoli in numero di 44, con discorso introduttivo; 227i-279i,
altri due miracoli scritti da differenti mani (^).
" •> " " 724. Secolo XVIII. F. 5a, vita di T. H. ; f. 174Ì-190, miracoli in nu-
mero di 16, con discorso introduttivo {').
» n » » 725. Secolo XVIII. Di varie mani. F. 3a, vita di T. H.; 155Ì-157,
genealogia da Adamo (').
» " » it 726. Secolo XVIII. F. 5a, vita di T. H. ; 102a, discorso sulla tras-
lazione; 109i, miracoli con introduzione; 133Ì-135, invocazione, come
nel ms. orient. 721, f. 209a (•*).
n n » » 727. Secolo XVIII. F. 2a, vita di T. H.; 155 3, discorso sulla tras-
lazione; IdSb, miracoli in numero di 18; 1845, invocazione (^).
" n >, n 728. Del tempo di lyasu II (1730-1755). F. 3a, vita di T. H.;
f. 134a-149A, miracoli in numero di 20 (>").
Coli. d'Abbadie, » 40. Vita di T. H., pagine 12; miracoli in numero di 17, pagine 14 (").
Vanno altresì rammentati:
British Museum, ms. 9801. /littoria da Ethiopia, ecc. del padre Manoel d'Almeida, comprendente
un largo riassunto del G. T. H.
e infine l'articolo, che al santo dedica il sinassario ('-).
È facile vedere come questi manoscritti possano raggrupparsi in poche cate-
gorie. Identico dev'essere il contenuto dei ms. arabi. Così pure due di quelli
etiopici di Parigi e quelli di Londra sembrano appartenere alla stessa redazione, che
(') Dillmann, Catalogus codd. mss. orientalium, qui in Museo Britannico asservantur : -p^xs III,
codd. aethinp., p. 49.
(^) Wright, Cataloijue of the ethiopic mss. in the British Museum, p. 182.
(3) VS'right, op. cit, p. 194.
(■») Wright, op. cit., p. 194-195.
(5) Wright, op. cit., p. 195.
(«) Wright, op. cit, p. 195.
C) Wright, op. cit., p. 195.
(8) Wright, op. cit., p. 196.
(») Wright, op. cit., p. 196.
(Il) Wright, op. cit., p. 196.
(") Cat. rais, de mss. élh. di A. d'Abbadie, p. 48.
(") Dillmann, Chr. aeth., p. 36; Sapeto, Viaggio e missione cattolica fra i Mensa, i Bogos e
gli Uabab, p. 429. Degni altresì di menziono sono i numerosi inni a Takla HitymSnot dedicati : il più
difFu.so fra di essi è quello elio incomincia lÌAgn : AO'tIÌ-l-'n : (DAA.V.'Vtl : XvnYlf.JLu : probaliil-
mente composto da Yohannes, supcriore di Dahra Lihanos, morto cnii re (ìalàwdéwos mila batta-
glia vinta da Nur, re d'Adal, il 23 marzo 1559 (Basset Études, p. 21-22; W. E. Conzelman, Chro-
nique de Galdwdéwos, p. 54 e 105).
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ritengo identica, o molto simile a quella del ms. tradotto e compendiato dal P. d'Almeida,
e che accenni a Dabra Libanos fanno erodere scritta in quel convento. Il ms. 130
Bibl. Nat. Parigi prosenta invece una redazione sua propria.
Appunto questo ms., che, come vedemmo, è il più antico di tutti, e che assai
facilmente presenta la redazione primitiva, mi ha fornito il testo che poco oltre imbltlico.
La data di questa vita non può essere anteriore al regno di Yesl.iaq (11 1-1- 1429),
parlando essa di questo sovrano, né posteriore ai primi tempi dol sec. XVI, essendo
stato distrutto, con spaventevoli eccidi, da Alimad ben Ibrahim nel giorno 18 gen-
naio 1530 il convento ov'essa assai probabilmente fu scritta ('). Inoltre non è
senza importanza osservare come, mentre in tale vita si parla della traslazione
delle ossa di Takla Haymanot avvenuta a' tempi di Sayfa Arad, e degli onori
resi al santo da re Yesliaq, non vi si faccia invece alcun accenno dell'altra
traslazione che dal ms. add. 10. 257 Hritish Mus. sappiamo fatta ai tempi di re
Nfi'od (lt!t4-31 luglio 1508). Certo, quando conosceremo con maggior esattezza il
tempo in cui visse la b ii n a Takla lyasus, per cui volere fu scritto il codice di cui
disponiamo, potremo meglio precisarne l'epoca della composiziono. Ma sin d'ora pos-
siamo con ogni verisimiglianza ritenere che il ms. 130, se pur non è autografo, non debba
essere di molto posteriore alla composizione del g a d 1. Esso è sicuramente del sec. XV,
anzi, per quanto, trattandosi di caratteri onciali, avanzare ipotesi troppo partico-
lareggiate non sia prudente, direi non dogli ultimi tempi di quel secolo. Questo di-
mostrano le forme delle parti rotonde nel tn>, nel d, nel R, nel ^, nel f , nel ip;
il modo d'unirsi dell'asta indicante l'assenza di vocale nel jp* e nel f>>^ e
dell'asta denotante la vocale o nel JP; la curva dell'asta sinistra noi |/; la forma
quasi rettangolare del fl; quella pressoché triangolare del cerchietto indicante la vocale
in -f^ e ^; l'assenza costante d'un tratto d'unione fra la vocale e la consonante in A",
assenza che il Wright (-') all'erma non aver mai notato in manoscritti posteriori al secolo
XV; e, in6ne, la presenza di frequenti fregi marginali, presi, come è noto, dal copto (^).
Non è, secondo me, improbabile che la composizione di questa vita debba ascri-
versi a quel periodo di rapido sviluppo e di floridezza che la letteratura etiopica ebbe
ai tempi di Zar'a Yà'qob.
Dello scrittore di questa vita nulla possiam dire. La forma d'alcuni vocaboli,
quali -["^à-f. :, fì'-)f. s, ecc., lo dimostra nativo del Tigre: assai verisimilmente egli
fu un monaco dell'ordine di Samu'èl di Gadama AValdcbbri, al pari di Takla Syon,
cui devesi il ms. 130, e dell'ai) una Takla lyasus. A questa origine waldebbana sembra
accennare anche un passo (f. 11 v.). ove si parla dei conventi, che, fondati da
Takla Hfiymanot nel Tigray, innalzano sacrificio razionabile all'Agnello del Si-
gnore, passo cui è da contrapporsi il silenzio costantemente serbato intorno a Dabra
Libfinos. Lo stile è semplice, bello; la lingua è pura o scevra di dialettismi. Anche
la grafia è abbastanza corretta : di raro soltanto avvengono scambi fra le aspirate, più
(') Bassct, Études, p. 14; Ncrazzini, La conquista musfulmana dell'Etiopia, Roma, 1891, p. 156.
(•) Wright, op cit., p. X.
(') V. Krics, ll'eilddsé Mdryiiin, Leipzig, 1892, p. 20 e nota; V. JL Estcves Pereira, Vida do
Abba Samuel, Lisboa, 1804, p. 76 nota.
— lui —
raramente fra le gutturali : pochissime volte in luogo di o trovasi •> , il che invece
cosLantemente avviene noi manoscritti moderni. Tutto ciò meglio si vedrà in seguito,
poiché all'ortografìa del codice io mi sono sempre attenuto nella stampa, correggendo
soltanto quelle lezioni che manifestamente apparivano erronee.
Il g a d 1 può dividersi in due parti: la prima, in cui campeggiano le figure
di Motalame, di lyasus Mo'a e di Zamika'él, si estende tino alla andata dell'abuna
in Gerarya ; la seconda, assai povera d'interesse, tratta della vita di lui nel deserto.
Segue, infine, un'appendice, non senza importanza, relativa ai primi successori del
santo ed alla traslazione delle sue ossa.
Nel comporre questa vita, l'autore, oltre a servirsi di varie narrazioni del
N. T. e di altre leggende agiogi'afìche, raccolse le tradizioni allora correnti intorno a
Takla Haymanot, tradizioni che, ove le mie ipotesi intorno al tempo in cui visse quel
santo e alla data della composizione delgadlsieno conformi alla realtà, dovrebbero
avere un gran fondo di vero. Da essa rilevasi che, se già assai dilfuso era allora il
cristianesimo, perdurava ancor fortissima l'idolatria, specialmente nel Katata, nel Damot,
e, in genere, nelle regioni più lontane, ove l'elemento semitico o mancava affatto
0 era in fortissima minoranza. Ma anche nel resto d'Etiopia, quando se ne eccettui la
parte nord-est, ove sorgono Aksum e 'Adwa, e dove ancora in que' tempi era il focolare
della civiltà abissina, il cristianesimo e gli istituti della chiesa erano mal conosciuti ;
il che risulta evidente dall'episodio di lyasus Mo'a. L'averli divulgati, l'averli fatti
meglio conoscere è gloria di Takla Haymanot, e ciò appunto deve averne reso sì caro
il ricordo agli Etiopi. — Per la storia politica, abbiamo l'episodio di Motalame, il più
importante di tutto il ga d 1, dal quale si rilevano l'esistenza e, in certo modo, l'estensione
dello stato zaguè, l'indipendenza dello Scioa, ecc.
Questa la redazione waldebbana. Quella di Dabra Libanos è forse più singolare,
benché con ogni fondamento si possa ritenerla meno antica: nuovi e numerosi personaggi,
quali l'ab'un a Beniamino, l'abuna Toh anni, abba Basalota Mika'él, ecc., vi appaiono.
Non direi tuttavia che sia più importante per veridicità del racconto : troppo spesso l'au-
tore sembra aver lasciato soverchiamente libero il corso alla fantasia, il che lo fa cadere
in contradizioni e in anacronismi. Uno studio comparativo fra le varie redazioni per
rilevarne i reciproci rapporti sarebbe interessantissimo : ma, per farlo, mi mancano gli
elementi necessari. Del resto, in nota alla mia traduzione ho riportato in sunto il racconto
del P. d'Almeida (') e l'articolo del sinassario : ciò basterà a dare un concetto dei punti di
contatto e di quelli di divergenza. In fondo, moltissimi episodi dell'uno trovansi nell'al-
tro, benché, talvolta, non poco alterati (-): il che denota come all'autore di una reda-
zione non era ignota l'altra redazione. Il sinassario, poi, segue di preferenza la redazione
di Dabra Libanos, ma talvolta se ne stacca per accostarsi alla waldebbana : in alcuni
punti trovasi altresì qualche piccola cosa di nuovo. Trattasi d'invenzioni del compi-
latore'? oppure di cose che il d'Almeida trascurò e che trovansi nel testo etiopico?
(') Sarebbe, per^, vivamente desiderabile che questo compendio venisse tosto pubblicato inte-
gralmente.
(») P. e., Motalame diventa, nella redazione di Dabra Libànos e nel sinassario, un tiranno sorto nel
Damot: trasformazioni' dovuta, credo, al non essere jiarso possibile afrli autori di quesili scritti
che un governatore idolatra e sì fiero nemico dei cristiani esistesse nel regno dei piissimi ZìSgnè.
— 1(12 —
oppure altrimenti, per esempio nella esistenza d'una terza redazione, se ne dove
cercar la sjiio^aziono ? K quanto i futuri studi non mancheranno di dirci.
Se ho potuto intraprendere que>to lavoro, lo debbo in particolar modo al sig.
dott.J. B. Chabot, il quale mi fornì una eccellente copia del Gadla Takla Hiiv-
manot contenuto nel ms. et. 13tì della Hibliotèque Nationale di Parigi. Nel con-
durlo a compimento, ho, come sempre, trovato nel prof. I. Guidi il più benevolo ed
ampio aiuto. Il sig. F. M. Esteves Pereira mi ha comunicata una sua copia dell' in-
teressantissimo compendio, fatto nel principio del secolo XVII dal padre M. d'Almeida,
della redazione di Dabra Libanos del Gadl del nostio santo. Li prego di voler
nuovamente aggradire i miei maggiori ringraziamenti.
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— 105 —
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Classe di scienze morali ecc. — Mbmorik — Vul. II, Sor. 5", parte 1". Il
— lofi —
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— 107 —
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Ar/Dp. : A«ro : niJ^'A^ : AAi/lf-^A' " n
— 108 —
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T ' it>i:o' ■■■ w^o- « rtV/h = Miv ! M • ir. •■ aVja •- M > fl»-v.n/ii = hiìi •• Mi-
•1>|A •• yA'.''V',"ì- •• ^^^^)•'l.'l^ • ^l'/'O/hC •• V • h'ìì' ■■ >^M ■•• «»MLA • ■ M ■ K.
'/•>jA •• y^'.'^'rì- ! -i-flJAM •■ ?ira.-i' : n > ho ' /ìia •• y^."?'."!- • ami»»- -• h
h-llC : cnmAy. : ^.•fc* • h(l-/:V ' ?iA • H •• ^.Pfrrt = '/"^ = -f-no : mariti. "7 » m
lTi : rtiiv^. « »/fl»-?ii-- •■ -irinM' : i\x A- : nì/i.ì V " fl'.iv. •• mnxMi s ^.e.-
"ijtx ■• fli-nA-.e. :•• KA •l- • aìf]}\f\U •■ y?: /. •• aty.f^.'i' « t/jj.'/'uf : oy.aì -. fl»i
"l'i :: ;t"}> :: flJJM" : IH' •• '/'/»"Pl> : UhP'ì'ì
/n •• i'".f.v. : rt.*P « fli?,'}!/ : \',/i<w(: : i; a>-9" : fli^'.x.A. : flirt^.rt]')^ •• r^n •• eh
K' •• (\?xi\\ •• rhy.* • '^n •• ""'riH' • hn- V- ho •• XA •i- : fìinu •• 4* ^7i •• Hh«»" »
A,frt-ft ! 'PVì : atòn ■■ 'IV.M- • y.n.A" •• 1 ,P.Afl»ì- •• A>^/.(."|- :: aìhV •■ ru-l-.e.-j;
MIV ! Ai.f (Vrt •• Th •• ^.fliA.P.f ■ '/"} A •• X*»» • ^.-nA : flie. • A.I- •• >iA.A.|- '
ÌV 11 •• ìiat-tìl' ■ i:hh\\ : tf'H-^i.n •■ \ìfì hy-ì:'i- '■ hihat-i: : hni ■■ -n^rt. :•• a*ft
y-ìì : ntxy.ì: • /.hnh • o'Viir •• h»"' n- ùrp ■■ /.ir • hn-v • h»" • Kyi^
Il r. VXi: « Jk/" ! ^'/T.n/. •• f,T ■ V/"h « m/'}'7.>. : >in'> ! -J-hA ■ vy.1T
iiiiìòn •■ 'ne: ■■ hJi"» ■ a)t\y •. //"Viioi- ■• "i- > /i«/. = i;"*/ : «xìro : nhvì- •■ /i -n
ny'T.V. ' ■l'I/.y. •••■ iDy.l\.f[" > M = /., ?irt. •• h'w> : i; a- • ""n'Cy. •■ ri)-J/j>,A- ■• id. f.
vù-tì > Th > liti'/, •■ A//>. ■■ M»"«ìA : Il ii?i'>'i- ' i-fK- "• fl'Vìc; ' n?i'>'i' ! ^n
(*) Co«ì corretto : prima tra scritto qunt; .
— 109 —
hn,h.C •■ (DhVtm^ •• MD-h-P •■ (DooU 9"ll • (otìF- ■■ o^ìì"')! ' A^ifl'V : 'ì'ìì^ '
(? : AT K'ill» •• A,efrA = ììCM'tì • y^'^TÌ" ■• (D-tìl- • >iAd • Olì.^. '■ at^tt
xA-i: •■ fuA- = ruM ■■ hn-ì •• d ■■ (o-ìì-i' • ^hi: •■ ?Aò ■■ fì^-r •■ ©nx
rh • 1 n : i-n^: » /^'t^J»" = mi^p •• ai hh^ • iwa ^ = hno- ■ nv^Tr-i- '
h'i • j?.'nA- : hAn ■■ (DO : ?iA ' ^.nA- ' A^n-v • h'w •■ uà» •- aoo,cf, ■■ *niìi ■• f is,»-
mao^ic •■■ fflAn."/ ■• n<<.^ft = Kin.^-n ?»* = tm^c?' ■ -nx-rh-f- = A+Sft = «d-y
rh.c i i-'ì/^'h ■• r^-T • cM^'-^ -hìx ^"ì- 'flhA.-f- ■ T"? " fl>MH : ^n•v ' fl»
flJrt^A- ' ■■ /*'^9° • ììO« : J&nJi : M-V ! Oìììòn ■• (D{\P^ : Z»"?.?" : fl>-ft+ >
(D-ft'l- • n.* s fflO.'!- ' if'M' ■ A-A.-!- = ftnC : HliA" : Hin : H^A '^C^. : ?i9"C «e.
hllJ ■ f-'i'^C •• X\P.+ " fl)/»'f-9"J'. • ^X A-* •" fflJ^.rtlS. • ?iA •• Ue : UAffl. • ©n
i»"?i : >icr -• JIT-/*''»» •" oirthA- ! h*"» s X.fh •■ t^h^ll •• ^.1119"*? • oahmo»' •' «ic.
X-tf» ! nV^.'^S"'!' : hCA-f-A •••• <^- = fflóh- •• ^h^'.A'l- •• H^mi'V •• Jil»"
tDhihi' •■ ÓM' •• ^nc?* • tiha-'i • vi •• ai'V\'^9*f^' •■ Mt^^ •■ Uàm. : Uf ••'
h<w ' «A- : tf^fìlA ■• l/.eA'lv''A9" ■• (D tt)JP.'V<{.iro»" = (DùÌ\ •■ '\'""li • O^S- ' H
C) Ms. (Da)lì>SA« . — C") Ms. (DooThlJIÌ.
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T-l- > ^AHI: • ì'iìaì'h •••• y.hao- ' iOll
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f •• flJVrt/- : 5'V"'P/'[<n>-] : mtroiìCao- 1
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fl'A'm ' f .hAV. ' V'i-l' ' fì9"0 »
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Ao •• Hrt •• <<./..y. : >.-/ii.^'nw..r: ; at-Tx
■u •• oj^-jH : y.iicf* •■ nxwi : Mi-v ' i-
Via ■• y^'-Trì- •• wòiv/ •■ ftiy. ■■ at-M-. »
(•) Ma -i-wr.i. - (') M«. -i-i/iHjr.h
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òm.r. •• A^n-V " fli/?.n.A- • htl^^mi^ •
nj^A-ì-h " flirt"?./': 4"J.ft •■ JV-vllfTrh :
Id. V. A-I-- ■• IO*y.a.iì" ■• h'HhU. • 'W'PdA : M
KCKìì ••• fl>?'n.A- • K: fl» i^ 'Jtf»'ì- •• ?l
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at-h'U • ÓIO.C ' h(D : ^^9"! •■■• flj^-n.
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fl>f.n. • àms. ■ ^^9"-^ : n 6 h'r^tì
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f'hì- ■ ^H. • xAe • hn> • -itn •• a^^a
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C) Ms. IJÌ.IÌ — ("") Ms. lV>uu. .
Classb di sciente morali ecc. — Memorik — Voi. n, Ser. 5^ parte 1*.
15
— 114 —
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«/«''»C?V. : htì0« ■■ {l'invi • ha^'ì
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>i.P.>. : hì\P ■■ -lV.Arn : -F"n<Vì- •• (Ohi
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e: :•• «jJidn •• Ha'}/. -> : .p.rtyiii- • h^/» '
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/,n.h.(: : "ili : Miv = •t^ifì •■ h/.:*'i: ■• M •■ oh'.iìa •■ m-M- ■■ h-i- '/"M- : »•->
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y>.'/"'/- : flA'/" : /"Art. : ^fl''" = WW".'' ,VÌ'l ■■ ìlOÌ-tìl- = ilxÒ'ÌV ■ Vi»' = K 'J''"/* '
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nf-n " rii^'>-ì<To.> : nx..ii>i'"' = 'in •• '/'«ìa.»»- : oìòn •■ n/. mi. : -wi s rxì- :
^U/C : ?iA : fl)-AI.-J'-ff"- • /i.'iOthl" •• jy./' : ^'l'?» = At'.?r/: •• -n^A.Ì- -• OìOh
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oì-iìì- •■ n/h/. 'ìA'^" = rii""(n;;''«" •• ;^'/.' •• atfny. ■. a)}^9"■1 ■■ hy.'i'jh •■ <»?.•;
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— 117 —
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121 —
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Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. U, Serie 5", parte 1» 10
— 122
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— 123 —
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h-^ii- ' Ji'JiK- ••• fliwun'P : ìxT%\h ••■
(Dòfì ' Ah/J.-f- : Ar:><: •• «w-;vii •• l'd.
(ofii- ■òa.'/ ■• nì-7n' Avu- : àìityiay • w- 1'
Anrt, : 'jj'wV; : ««^.e/riv = ^n-> : ^n =
'i-hA • y^.Tri- ' ii'^ii- = i?<iij''fl»v •■ A
vfAv ! fl>-A-A : q^jr+i- ! rhh •■ X''i<f.
'/,ih : A"/A«" ■• 'JA'/' = h"rì •■ ioh"l
J :: aiAMlV • l'hA ! hSfì-fì •- ìlhK-ih
— 124 —
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— 125
TRADUZIONE
Al 24 di nabasè (•) lettura.
In nome della Santa Trinità, che è un sol Dio, che ha sospeso il cielo come f. l r.
una volta e stabilita la terra sul dorso del mare. A Lui gloria per bocca di ogni
creato, in sempiterno. Amen.
Ecco la storia della vita dell' abuna Takla Haymanot. Il suo luogo d' origine,
invero, fu la terra di Amhara, che si chiama Bahr Qaga (^), e la sua stirpe fu Harb
Gasè. Di là migrò un uomo, il cui nome era Ydla, per la regione di Sèwa (^), per-
venne in Selales {*), e si stabilì nella terra diZararè {^). Egli generò Heywatna Basyon;
Heywatna Basyon generò Bakuera Syon ; Bakuera Syon generò Hezb Qadasa ; Hezb
Qadasa generò Berhana Masqal ; questi, poi, generò Masqal Bena ; questi, poi, generò id. v.
Heywat Bena ; e Heywat Bena generò Saga Za-'ab, padre di Takla Haymanot ("). Fu
(') 17 agosto, giorno in cui il sinassario dico avvenuta la morte di Takla Haymanot. Questo
principio prova trattarsi d' nn' omilia da leggersi nel giorno della solenne commemorazione del santo.
Sulle tre feste in onore di T. H., v. Ferrei et Galinier, Voyage, II, y. 36.3. Queste feste commemo-
rano la nascita del santo, al '24 di tahsas (17 luglio) la sua morte, al 24 di nahase (17 agosto),
e la traslazione del suo Corpo, al 12 di genbut (7 aprile).
^2) Nel Dàwent, la cui capitale omouima trovasi a 26°35' long. — 11"26' lat.
(') Sawa, secondo il Ludolf, Hisl. aeth., 1. I, e. 3, § 24, è parola amhariiia.
(■•) Antica provincia dello Scioa, verso l'Abay, ancora importante ai tempi di 'Amda Syon I:
T. Perruchon, Histoire des guerres d''Amda Syón, p.. 10 e 118; e Dillmann, Die Kriegsthaten
des Kónigs 'Amda Syon, p. G.
(5) Zoraré in Dillmann, Chrest., p. 37.
(') Ben più diffusa, e non poco differente è la parte corrispondente della redazione di Dabra Libanos,
tradotta dal d'Almeida*. Da Abeitar ("in''5^ 1 Sam., XXII, 20, A-fiyj-q :) nasce Sadoc (p1"72f, "IX* 0=
da Sadoc nasce Azarias (•|n''"nj?, 1 Re, IV, 2; AHC.VIÌ:), che da Salomone viene mand.ato da Gerusa-
lemme in Etiopia, ov'egli porta l'arca di Syam (= Sion, et. X-P-T :), insieme col figlio di quel sovrano,
che tornava in patria per esserne re. — Su questa parte della favola, veggansi i capitoli 40, 51, 52, 56,
57 ecc. del Kebra Nagast, concernenti Sadok, e i capitoli 47, 48, 90 dell' opera stessa, concernenti Aza-
ryas : Dillmann, Cat. codd. mss. bibl. Bodleianae Oxoniensis, pars VII, Codd. Aeth., p. 70 e 71. — Giunto
nel Tigre, Azarias da Decamadabay, donna nobilissima, ha il figlio Leni (a.t; :), padre di Ilizbizaay
(fhlin: 0>hK:? cfr.il nome a)«?.K. = ««tiSi = portato da un re del primo periodo), padre di Hezbeoay
(rhfin : fhiiO)^ : ?). Questi sacerdoti insegnarono la legge agli Etiopi, sino ai tempi di Tiberio, impe-
ratore di Roma, Erode, re di Galilea, Bacen ('lin :), re d'Etiopia, e Aqnim (fh"n.gD:?) sacerdote,
durante la vita dei quali nacque G. C. in Betlemme. Aquim generò Simaò (iXquT :), questi Embarim.
Baecento cinquanta sei anni dopo l'ascensione di G. C, venne da Gerusalemme un mercante co' suoi
' NoUrò Qna Tolt.i por iempro cho nel componiliu dull'upera del d'Àlttulda conservo costauttìmento per i nomi propri U
furina duU loro da quello scrittoru.
— 126 —
questi uomo timorato di Dio, e sposA una donna, il cui nome era Egzi' HarayS: erano
entrambi giusti, non avevano tìgli e se no stavano dolenti, dando elemosine ai poveri
e facendo la commemorazione di Michele (')• Stettero cosi molti anni, e pregavano il
Signore che desse loro figli.
Mentre essi così stavano, sorse un uomo dal regno degli Zaguay ('-). che chiama-
figliuoletti Fremcnatos e Sydracos (Q./'.ijorCMÌ : • iX.VA.t'ft 0, e pfeso alloggio presso Embarim,
nella cui casa, morto il genit'ire, crebbero i due fanciulli. <ili antichi padri avevano pnilato la oircon-
cisioiie, la regina Endakc {\J^Xt^. :) insegnò il cristianesimo. Frcmenatos, andato a Gerusalemme,
ha dal patriarca Alhanasio il grado di vescovo d'Etiopia e il nome d'Abba Salama: tornato nella
terra d'Agazy (•n«h.<l : Aioni. 0, vi trova, nel 315 dopo la nascita di ("i, C, Embarim, lo battezza,
lo nomina diacono e poi s,icerdote, gli pone in nome Hczbókadez (^T|.{1 : M>y.fì :?), e, con poteri di
vescovo, lo manda a convertire il popolo : così furono b.ittezzati quei del Tigre, dell'Amalu^ru (f^qoihf^ ■•)
e dell'Angot. Hezbibarie (,>,Tin : ir,U : ? Aillfl : HAiCt : ?). figlio di Hezbekadez, migra mi Daont
(J^a>•^^' :), in Baharaquedà ('ììh/. ■ 'P'^ ■ ; esiste peraltro anche 4>K : : v. Eiiteves Pereira. //istoria
de ifinds, Lisboa, 1888, p. 18 e 19, e le altre tre fonti citate nel mio Cutaloi/o ecc.): ove spo.«a-
tosi, ha per figlio Tecla Rade (-tVìA : *.V^h : ?). il quale, da una donna anihara, Magnedela (ooika :),
ha sette figli; ed ancor oggi nellWmharà trovanti i suoi discendenti. Uno dei sette, Azqucleui (?),
battezzata la gente di Olecù ((DA^ 0, Amahara. Marrabete fonA.n.-|.- : , oDA.r>in.-|: : . uor.di : fVIr :)
e Manz (t^>^^( : , OD'nirh :)■ s'accasò in Harbeguixi- (fliC-tl : Hrt. :), e vi generò Abaila (A-ll : -tV-A- :).
Come Abaila fu cresciuto, dal re Dignacio iy,-nr : ''n : lista B, per. 2°, nome 28°?) fu mandato con
cencinqnanta sacerdoti nella terra di Cuna (>$■): ove in un solo giorno battezzò ventimila persone.
Stabilitosi quindi in Zorare, vi generò Harbeguiié (nome già visto tanto in questa nota, quanto nella
redazione waldebbana, n^n però riferito a persona): questi generò Racr.rasinn 'ntlV. : X'I'-T :),
questi generò Hezbekadez (/hll-n : 't'S.fì :). questi Brahanamascal (4icm : croft'f'A :t. al cui tempo
passò il regno d'Israele agli Zagoe (H3> :) Brahanamascal generò Hcotbena (/fiV.CD-ì- : -dV :). questi
Zarajoannes (Hf.A : P-rf»Trt :\ questi .Sagaza Ab, padre di T. H. ; Sagaza Ab sjm.sò Sara, donna pir
bellezza e virili oliianiata Eg-/.yerea (X"1II.X : li.V :), ma sterile, il che molto affliggeva i due Coniugi,
i quali, per ottener figli, presero per loro avvocato S.an Michole, festeggiandolo, ecc.
Nel ms. or. 696 (Wright, Cat.. p. 182) del British .Museum la gene.ilogia del santo, che occupa
parecchie pagine, comincia da Ad.imo, e quella dei re da 'Ebna Hakim va sino a Delna'ad. F. 454.:
u BerhiSna Masqal (detto altrimenti 'AqtSbina Egzi", era contein])oraneo di Deln.i'Sd, con cui la lin.-a
d'Israele cessò e succedette quella degli Zaguè) generò Heywat Bena, detto anche Nolawina Egzi':
Heywat Bena generò S5t: Set generò Warada Mehrjit: Warada Mehrat generò ZakarjrSs: ZakBryas
generò Zar'a Yohannes, che fu il sauto Sag3 Z.i-'ab. Quegli, poi, generò l'abuna T. H. Generazioni 61
da Adamo, e da AzìlrySs 27 n. — La madre di T. H. è chi.amata Egzi" HarayS.
Il sinassario, che concorda con gli altri testi nei nomi dei genitori di T. H., si limita a dire
che egli discendeva da quella stirpe di sacerdoti che avevano illuminato l'Etiopia con la loro fede.
Ricorda parimenti la sterilità di Egzi" HarayS ecc.
(') Michele, come è noto, è fra i santi più venerati in Abissinia: influenza, crederci, della chiesa
egiziana. Cfr. E. Amòlineau, Le chri.it i ani sme chci Irs anriens Coptes, p. 38-43.
(') ZSguSy è forma tigray, come •VT/.-y. : in luogo di -ì^d. ■ ecc. — L'episodio di Motalamè,
come già dissi, i il più importante di tutta la vita di T. H.
A proposito dei leggendari rapporti fra gli Ziigné e T. il., cfr. la mia memoria Appunti e
ottervazioni xugìi Zàgul e Tnkla llàymanot. lioma, 1695.
Il significato del nome MotalSmc è ignoto: Dillmann lo suppone derivato dall'arabo gt,
(Chr. p. 177), il Basset lo accosta a À.,A— ~«; ma forse trattasi di vocabolo cuscitico. Nell'inno a
re 'Amda Syon, edito dal Guidi, un nemico di quel re porta il nome di qo'V : Anq, :.
Cosi rjicconta il sinassario questo episodio: » Sayt.àn eccitò M"talrinii", prefetto del Dilmot, e
questi dominò tutte le terre dello Séw5, sino al fiume di GTmniS. Tutti i governatori del paese gli
davano a vicenda le loro mogli ; e, come aveva fatto prede, egli, quando trovava belle donne, le faceva
— 127 —
vasi Motalamè. Costui venne in Selales, uccise cristiani e fece prigionieri. E IJaga
Za-'ab, un cavaliere volle ucciderlo ; e subito egli fuggi, entrò in un' acqua, e vi stette F. 2, r.
tre giorni. Portarono via prigioniera sua moglie : e Saga Za-'ab, Iddio lo trasse dal-
l' acqua, e gli parlò del tiglio, che sarebbe nato da lui, e siccome sua moglie sarebbe
tornata dalla schiavitù. Quelli, che la avevano fatta prigioniera, quando la videro,
ne ammirarono la venustà delle forme, e parlarono al loro signore, dicendo: «Avvi
una donna fra i prigionieri, bella d'aspetto: ella ti sarà moglie ». Egli disse loro:
» Fatela venire » . E fecero subito come aveva loro comandato. Quando ebbe rimirata
la venustà dell' aspetto di lei, egli ordinò di custodirla e di darle quanto ella volesse.
Ma quella santa non mangiava né beveva, pregando il Signore e San Michele che
la salvasse dalla unione dell' infedele. Questi, quando fu giunto al suo paese, voUe IJ. v.
sposarla. Ma, allorché egli ordinò di arrecargliela, mandò il Signore il suo angelo
al tempo delle tre ore; ed esso la rapì di mezzo a coloro che la conducevano, per
le nove ore la portò al suo paese, e la fece entrare nella sua casa: il percorso del
suo cammino è di circa dodici giorni. Disse quell' angelo alla santa e beata Egzi'
Harayà: « Partorirai un figlio, benedetto come Giovanni battezzatore della divinità,
predicatore di penitenza, e che con la sua dottrina redimerà 1' anima di molti » . Ciò
detto, r angelo subito scomparve.
E in quel giorno, mentre egli stava in chiesa incensando, raccontarono al marito
come era tornata sua moglie. Poscia, avendo finito, egli ritornò alla sua casa, e, F. 3, r.
quando ebbe vista lei, si rallegrò, lodò il suo Dio, e le domandò tutto; ed ella gli
sue concubine. In que' giorni egli venne nel paese di Selales ed uccise tutti i cristiani : Saga Za-'ab
fuggì per paura dell'uccisione, ma sna moglie Egzi' Haraya, la fecero prigioniera i soldati di Mota-
lamé, e la condussero presso di lui. Come egli la vide, ne ammirò la bellezza, si rallegrò seco stesso,
le die' molti ornamenti, preparò l'ordinamento delle nozze, e mandò messi ai suoi governatori ed
a' suoi prefetti, affinchè questi si raunassero per le nozze. Come udì ciò, Egzi' Harayà pregò Dio di
salvarla dall'unione dell'infedele. E subito venne Michele arcangelo, e la portò via con la sna ala
luminosa dalla terra di Daraot al tempo delle tre ore, e la fece giungere nella terra di Zoraré al
temjio delle nove ore n. Egzi' Haraya vi ritrova il marito (l'incontro però è raccontato un po' diver-
samente da quello della redazione waldebbana), e si riunisce con lui. Una notte, un angelo annuncia
loro un figlio, che diverrebbe illustre per la sua santità. Nato questo figlio, a ricordo della gioia
provatane, gli pongono nome Fesha Syon.
Il racconto del sinassario ha con quello del d'Almeida assai più strette relazioni che non con
quello della redazione waldebbana. Ecco la narrazione del d'Almeida. Sorse in que' tempi un tiranno
chiamato Mutalamè, che ebbe per madre Asoldane, e che regnò nel Damot, Xava (flT 0, Amaharà
sino al fiume Gema (3Toq :), idolatra e distruttore delle chiese. Avendo una volta egli attaccato Salalgi,
venne a Zorarè. Sagaza Ab fugge : inseguito da un cavaliere, scampa rifugiandosi in un lag", ove
resta, custodito da San Michele, tre giorni. Egzyerea è consegnata al re, che, desiderandola per
moglie, fa preparar grandi feste per sposarla e incoronarla regina dinanzi a un idolo chiamato
Malberedfi. La donna però, triste e dolente, pregava Dio di salvarla. Giunto il dì prefisso, che era
il 22 agosto, mentre conducevano Egzyerea nel tempio ove la corto reale l'attendeva, fattosi all'im-
provviso fosco il cielo, scoppia un terribile uragano, che uccide molti sacerdoti idolatri e rende
demente Mutolamè; intanto, Michele toglie di là la donna e la riporta in Zorarè, ov'ella si riunisce
Con Sagaza Ab. Generato in quella notte (22 agosto) un figlio, misteriosi sogni la avvertono della
futura grandezza di lui. Il bimbo, nato il 30 dicembre, dopo tre giorni, parla di Dio. Decorso il
tempo della purificazione, battezzano il fanciullo ponendogli in nome Fe9a Sion (éì.MJ'I» : X-i'-T 0-
— 128 —
raccontò come 1" aveva rapita un angelo e come questo le aveva detto riguardo al figlio.
Si rallegrarono e glorificarono il Signore, ohe li aveva riuniti.
Dopo pochi giorni, concepì sua moglie, e partorì questo abuua santo: si ralle-
grarono i suoi parenti nel dì della sua nasi-ita, che fu al 24 del mese di tahsas,
fecero elemosine ai poveri, e chiamarono il bambino Feshana Syon, perchè li aveva
rallegrati il Signore con la sua nascita. Il suo nome di battesimo, poi, fu Zar'a
Yot.iannes.
Tre giorni dopo la sua nascita, egli benedisse il Signore, e disse : « Santo, santo,
Id. r, santo è il Signore vivente, immortale! - ('). Nel quarto anno da che era nato, soprav-
venne una carestia nel lor paese (-); ed erano tristi suo padre e sua madre, perchè
non avevano nulla da elargire nel giorno della festa di Michele. Disse la madre al
fanciullo: * 0 luco de' miei occhi, che mi diede il Signore per la preghiera di Mi-
chele, ecco! non ho che fare per celebrare alla sua festa la sua commemorazione ».
Mentre diceva ciò, piangeva la madre sua; ma il fanciullo indicava con la sua mano
un orciuolo, in cui era poca farina. La sua madre, invero, si sdegnò contro di lui, e,
quando egli la ebbe infastidita, prese quel!' orciuolo : come egli l' ebbe toccato, si
empì di farina e incominciò a traboccare; e, allorché la distribuirono, essa riempì
dodici sporte. Inoltre, quando egli toccò il recipiente del burro, questo fu tanto che
F. 4, r. riempì, in verità, tutti i vasi della casa. Si allietarono e si stupirono quanti videro
ciò ('). 0 fanciullo, giocondo come il vino, e i cui miracoli sono soavi come 1" incenso (^)!
il far miracoli, invero, dopo molta lotta spirituale e dopo grande ascesi viene con-
cesso ai santi: ma tu, mentre eri fanciullo di quattro anni, fosti degno di far pro-
digi! La tua preghiera e la potenza del tuo ausilio sieno con noi. Amen.
Dopo che egli fu alquanto cresciuto (■'•), lo educarono nella dottrina, compì la
{') È la nota formula etiopica del trisatrio.
(*) Con leggere varianti, anche nel dWlmcida.
(') Probabilmente derivazione da I Ile, XVII, 10-16.
(*) l'rosa rimata.
(') Il racconto del d'Almeida si va qui notevolmente allontanando dal racconto waldcbbano.
T. H. cresce, molto imparando, e con digiuni e preghiere fortificandosi contro le tentazioni. (ìiunto
che egli ò ai diciotto anni, suo padre lo invia, per avere gli ordini di diacono, presso l'abuna
Kcrilos ("tq/V-n :), essendo patriarca d'Aless.indria Abba Benjamin. Ottenuto l'intento, il santo torna
a casa; o durante il viaggio è oggetto di vari miracoli da jiarte di san Michele. l'oco di poi, suo
padre cerca di dargli moglie per forza; ma (circostanza comunissinia in queste vite di santi, cfr., p. e.,
la vita di Macario in Dillmann, Chreil. Aeth., p. 24) la sposa, por voler di Dio, muore di U a
poco. Fc^a Sion di poi va presso Kerilos, svelandogli gli abusi che erano in quella terra, ove face-
vano altra fede e nuove consuetudini, battezzando i fanciulli prima di circonciderli: Kerilos lo fa
prete e lo nomina suo vicario generale in tutto lo Xaoa. Tornato egli in patria, ai 12 agosto muore
Egiyerca, ed ai 10 dolio stesso mese Sagaza Ab. Fe^a Sion se ne sta sette anni godendo le eredi-
tate ricchezze, ed anche accadendo ai propri doveri religiosi. Ma, dorante una caccia, apparsigli,
san Michele e Cristo l'avvertono dell'alta missione che egli è chiamato a compiere, e nel tempo
stesso gii mutano il nome in quello di Takia llàymànot; ond'egli, torn.ito a casa, distribuisce ai
poveri i suoi averi, incomincia una vita nuova, e compie grandi miracoli seguiti da infinite con-
versioni.
In Catita (TlrT:!' :), ove T. H., in seguito a notizie avuto nel Tigrò, crasi recato, por le sue
preghiere l'albero adorato si sradica da si, Satana fugge svelando i suoi ingannì, risuscitando i
— 129 —
lefjge della chiesa e fu nominato diacono. Quando giunse verso l' adolescenza, fu eletto
prete; ed era potente per la sua voce e per il suo operare, assiduo nel servizio eccle-
siastico di giorno e di notte, e compiva il suo ministero santamente; né su di lui
era il pensiero di questo mondo. Id. v.
Mentre egli stava così, sentirono la sua fama gli abitanti dei paesi lontani, e
venivano per essere da lui benedetti, portavano i loro ammalati, e questi guarivano
in nome del nostro Signore Gesù Cristo. E, vedendo i suoi miracoli, molti abbando-
navano il culto degl'idoli.
Raccontarongli inoltre come vi fossero idoli nella terra di Katàta('). Quali vene-
ravano un albero, quali il sole, e quali un fiume (-) : fra loro eranvi indovini. Ciò
sentendo, il santo abuna andò nella terra di Katata, per istruirne gli abitanti e per
far loro abbandonare il culto idolatra. Quando fu giunto là, prese a insegnar loro il
culto del Signore: e, allorché sentirono quel nuovo parlare, s'irritarono contro lui e
vollero ucciderlo Ma quel!' abuna rimase fermo per ricondurli alla fede della Trinità, F. 5, r.
veiitiqiiattro uomini, uccisi (iall'albcro nel cadere, e altri quindici conterranei, vissuti a' tempi d'Abra
e Azba (Xa : X-flCM = CDAX"-nfh :), e, dopo morti, giacenti in luogo di grandi pene: episodio assai
comune in queste leggende agiografiche, cfr., p. e., Guidi, Bemerkungen zum ersten Bande der
syrischen Ada Martyrum et Sanctorum, ZDMG, v. XLVI, p. 747. In quel d'i T. H. battezza mol-
tissimi, compresi anche i quindici ultimi risorti, che però, non appena avuto il sacro lavacro, nuo-
vamente muoiono. Nel dì seguente egli battezza anche il principe di quella terra Darasgued (j^C :
AlìlR :), cui pone nome Baraina Christos (nAoni : Yl^lì+lì 0, e la moglie di lui Acrocia (?) : del-
l'albero, fa una chiosa in Enquedem, nel luogo di Jatuiber. In Catata T. H. sta tre anni. Nel deserto,
ov'egli passa le quaresime digiunando, gli appare Dio, che, mentre gli annuncia dover un giorno
colà sorgere una chiesa per opera di Tadeos {■if-^^fì :), suo figlio spirituale, gli impone di andar
nello Xaoa. T. H , predicando e convertendo, va nello Xaoa, nell'Oifat (TJ^-^ :)> d'onde scaccia un
demone tirannico e crudele, nell'Ermaret {? XrcX'ì" : , terra dello Sawà?), ove distrugge molti idoli,
neir Oiraguà (? (D^/\^ : ?), in Catal, nella terra di Bilat. Quaranta giorni egli lotta invano per
convertirne gli abitanti : alla fine, una voce celeste gli annuncia che la conversione di quella terra
sarebbe avvenuta per opera del suo figlio spirituale Anoreos (probabilmente rAr<i,(pfl : , comme-
morato al 18 di maskarram dal sinassario, celebre per la sua lotta contro il re 'Amda Syon, e la
vita del quale trovasi esposta nel ms. 43 d'Abbadie. Per Tadèwos v. Basset, Ftucìes, p. 10, e Esteves
Pereira, Chr. de Susenyos, p. 38: la sua vita è contenuta nel ms. 177 d'Abbadie, e un inno in suo
onore nel ms. orient. 573, f. 1884, British Museum).
Il sinassario anche qui si accosta più alla redazione di Dabra Libanos che non a quella dì
VVald'-bba T. H. cresce nello Spirito Santo e fa innumerevoli prodigi e miracoli. Quindi lo inviano,
perchè riceva il grado di diacono, presso il vescovo abbà Gérlos, ai giorni di abba BenySmi, patriarca
d'.Alessandria, al tempo del regno degli Zague convertiti alla fede. Abba (iérlos preconizza la gran-
dezza di T. H., che, fatto diacono, torna in patria. Divenuto un giovine, ed essendo egli andato nel
deferto a caccia, gli compare Iddio sull'ala di San Michele, che l'avverte dell'alta missione che gli
è riserbata e gli pone in nome Takla Haymanot. Il santo allora distribuisce ai poveri i suoi averi,
abbandona la sua casa; e poscia, nominato prete, predica il vangelo in tutto lo Sèwa, battezza in
un sol giorno 10000 anime, abbattendo il cnlto degli idoli, ecc.
(') Antica provincia dello Scioa, limitrofa, sembra, a Selales : v. Perrnchon, 1. e. Dillmanu, 1. e.
(2) Su questi culti pagani in Etiopia, e nelle terre vicine veggansi, fra gli altri, Basset, Et.,
p. 271; Soleillet, Une exploration commerciale en Éthìopie, Paris, 1886, p. 211; Quatremèrc, J/e-
moires, pag. 1.52-153, 155; Paulitschke, Ethnographie Nordest Afrikas: die geisliye Cultur ecc.,
Berlino, 1896, cap. 2; ecc
Classb di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5*, parte 1* 17
— 130 —
e disse loro: • Che cosa adorate? ». Essi gli dissero: • Noi adoriamo un grande albero ».
Ed egli: • Di grazia inastratenielo «. E, quando giunse il santo, urlc> Satana, che
stava in mezzo all'albero, e disse agli uomini: • Perchè avete condotto un uomo che
è straniero alla mia legge? ». Quelli, sentendolo, tornarono indietro per lapidare il
beato e santo Takla Haymanot, e lo scacciarono via da loro: egli si scostò, pregò il
Signore, e. compiuta la sua preghiera, disse: >i Io ti ordino, o albero, di svellerti dalle
Id I'. tue radici in nome di Uesìi Cristo ■> (')• Sentendo il nome di Gesù Cristo, esso sra-
dicatosi andò al luogo ov" era il Santo di Dio, questo fattor di miracoli al pari degli
Apostoli: e subito videro gli uomini camminar l'albero e scagliar pietre con le sue
radici, e Satana urlare al di sopra di esso fuggendo dal cospetto di quell'uomo. Inoltre,
il santo Takla Haymanot precedeva 1' albero, e questo lo seguiva, sinché ebbe uccise
trenta persone. L'abuna tormentò Satana, e questi fuggi : e quanti avevano ciò veduto
credettero e furono battezzati nel nomo del nostro Signore Gesù Cristo. Egli ordinò
loro di recidere quell'albero: e, mentre lo tagliavano, giunse il governatore di Katatà,
V- 6, r. il quale, a tal vista, si sdegnò contro il santo. E, mentre l'albero veniva percosso, ne
saltò via la corteccia, ed acciecò gli occhi del governatore. Questi gridò verso l'abuna,
e lo pregò di sanarlo. Egli fu clemente verso di lui, e lo toccò dicendo : « Cristo ti
sani ! " e subito e.sso fu sanato. Quelli, poi, che erano morti per getto di pietra, li
fece risuscitare in nome del Signor nostro Gesù Cristo (ed il loro numero era di
trecento), e li battezzò tutti dicendo : « In nome del Padre, del Figlio e dello Spi-
rito Santo-. Con quel legno costruì loro una chiesa: rimase con loro molto tempo
fortificandoli nella dottrina della religions vivificatrice, nella fede della Trinità, e vi
stette facendo molti miracoli.
Id. V. Un' altra volta venne Motalamè {-) in quel paese, uccise molti a fil di spada,
e fece ancora prigionieri. Il santo, invero, andò con essi, e li incoraggiava a soppor-
tare il maitirio.
Giunto nella terra di Damot, l'abuna Takla Haymanot trovò un capo del paese,
il cui nome era Qarara Wedem (■'), e tenne proposito con lui intorno alla religione. Entrò
la soavità del suo parlare nel cuor di lui; ed egli lo ammaestrò nella religione della
Trinità, lo distolse dal culto idolatra, lo battezzò in nome di Cristo e lo chiamò
Cabra Wàljd. Inoltre, istruì molti e converti i loro cuori alla fede del nostro Signore
Gesù Cristo. La sua preghiera, la sua benedizione, e la soave forza della sua predi-
F. 7, r. cazione sieno con noi. Amen.
Dopo ciò, lo vide una donna mentre egli, tenendo in mano un libro, leggeva,
0) Un miracolo non molto aiffcrentc narrasi di abbtt GarimS; v. Sapete, Viaggio e missione
fra i Boijos ecc., Roma, 1857, p. 408.
C) Ecco il racconto del d'Alnicida. T. H., friunto nel Daraot facendovi prandi miracoli, recasi
presso .Mutolami*, ^à da venticinque anni stolido: svela a lui il suo essere, e il nome della madre,
lo sana, fa risuscitare quanti .rano rima.sli uccisi nel dì dell' urapano, e b.ittezza con il re Mutolamé,
cui pone nome Kcva Sion, altre 1029!' p.Tsono. Hesta poi du.iici anni nel Pamot. Il sinassario, accen-
nato alle conversioni di indovini e di incantatori operate nel Damot. dice che T. H. per mnlti iriorni
resistette a Mnt.ilSm?, perverso, sino a che converti lui e quelli che con lui stavano. In questo tratto
il lenkcuSr si scosta dalla redazione di Dabra LibUnos, e accostasi invece alla waldebbana.
(») Poco appresso è chirtmato Qafaia Wedem.
— 131 —
e gli disse: » Che è ciò che è nella tua mano? ». Le disse l'abuna: « Questo è il
libro della legge del mio Dio ". Ed ella: ^ Più graude forse è il tuo Dio del mio
Dio? ». Subito arse il cuore di lui della Hamma della fede, ed egli le disse: » Si!
è maggiore il mio Dio, perchè Egli ha creato tutto il mondo: Egli uccide e vivifica,
impoverisce ed arrichisce; la sua esistenza non ha principio ». Subito ella, andata,
espose a Motalame tutto quello che le aveva detto 1' abuna. Motalame ordinò tosto
di farlo venire, e lo fecero stare al suo cospetto: egli lo interrogò sulla sua venuta
e su quelli che con lui erano stati condotti schiavi, e gli chiese inoltre perchè vili- Id. v.
pendesse gl'Iddii. Gli disse l'abuna: « Perchè immondi sono i tuoi Dei». Sentendo
Motalame come egli oltraggiava i suoi Dei, ordinò con ira che lo legassero. Gli dis-
sero inoltre come egli avesse distolto Qafara "VVedem dall' adorare gl'Iddìi; ed egli
invero ordinò di far venire costui, e, quando esso fu giunto presso di lui, s' irritò contro
di lui moltissimo. E comandò Motalame che li mettessero entrambi in una corba, e
li gettassero in un grande baratro, che chiamano Tama Gerar. Sei soldati li porta-
rono via, e li precipitarono giù: ma, prima che essi arrivassero a terra, li sostenne
r angelo del Signore, e li condusse presso Motalame, innanzi che tornassero i sol-
dati. Vedendoli, quegli si rattristò, disse: " Avendo accettato regali di corruzione, li
hanno rilasciati sani e salvi». E nuovamente comandò a dodici uomini di gettarli F. 8, r.
come aveva detto prima, ed insieme con loro di gettare i sei soldati. Posero tutti in
una corba, li sigillarono con pelle bovina umida, e li scagliarono nel baratro. Ma li
rapi r angelo del Signore, come prima, e li pose dinanzi a Motalame. Questi, a tal
vista, s' irritò contro l' abuna Takla Haymanot, e ordinò di porgli una corda al collo,
e d'appiccarlo a un albero. Mentre l'appiccavano, piegossi il legno e depose l'abuna:
ma l'uomo che tirava la corda fu sbattuto al suolo e morì. E comandò Motalame
che legassero l'abuna Takla Haymanot: ma i soldati commilitoni di quel ch'era morto
pregarono l'abuna di risuscitarlo. Ed egli disse loro: " Credete nel mio Dio? ». Ed h v.
essi dissero : « Sì, crediamo » . Ed egli disse loro : » Portate subito il morto » . E pregò
l'abuna: terminata la sua preghiera, lo prese per mano, e dissegli : « In nome del
Signor nostro Gesù Cristo, sorgi! ». E, sorto, quel morto si prostrò all' abuna; e quelli
che erano là gridarono, e dissero : " Non v' è Dio fuor che il Dio di questo santo, e
noi invero crediamo in Lui ». Motalame ordinò che uccidessero quanti avevano cre-
duto, e li uccisero: quanto all' abuna Takla Haymanot, poi, comandò che lo legassero.
E riunì Motalame gì' indovini, e li consultò sul come ei dovesse fare. Dissero a lui
gl'indovini: "^ Comanda che radunino legna e accendano il fuoco: noi entreremo f. 9, r.
nel fuoco prima, e costui, poi, v'entrerà dopo di noi. Se egli vince, segui lui: se lo
vinciamo noi, lo uccideremo » . Così fecero. Entrati, gì' indovini scherzavano in mezzo
al fuoco: ma l'abuna pregò insieme co' suoi, onde mostrasse il Signore i suoi prodigi,
e tosto, facendo il segno della croce con l'acqua in nome della santa Trinità, fece
aspersioni dicendo: " Sorga il Signore, e saranno dispersi i suoi nemici » ('). Prima che
dalla sua bocca fosse compiuto il dire, gì" indovini arsero, bruciarono e divennero
polvere. Ma quel beato e santo taumaturgo, predicatore come gli antichi apostoli, sop-
portatore di martirio, compagno dei martiri, abuna Takla Haymanot salmeggiava in
(1) Siilmi, LXVIII, 1. Cfr. Numeri X, 3.5.
— 132 —
1(1. V. meizo al fuoco fiammeggiante, e cantò dodici salmi di Davide, o usci senza che vi
fosse iu lui odor di fuoco. A tal vista Motalàme credette co' suoi soldati e comandò
di far festa, dicendo: . Vinsero gli attizzatori del fuoco ('). « furono vinti gl'indo-
vini '. Disse Motalamé allabuna: . Battezzami nel nome del tuo Dio «. Ed egli lo
battezzò nel nomo del Signor nostro Gesù Cristo, costruì molte cinese, e convertì tutti
gli abitanti del Dimot con l'aroma della sua dottrina. La sua preghiera e la sua
benedizione siano con noi. Amen.
Mentre era questo abuna nei giorni di digiuno nel deserto che chiamano Zeba
Fatan (-). venne a lui il Signoro nostro (ìesù Cristo (conviensi venerare la gloria
Kio.r. del suo regno), e gli disse: ^ Salute a te. mio diletto! D'or innanzi, invero, sia il
tuo nome Takla Haymanot (•') : ecco, io t lio chiamato con un nomo nuovo, come ho
chiamato Abramo mio amico (*). Ti costituirò padre di molti (•'); e, siccome per cagion
del mio nome hai sotlerto. ti retribuirò, in grazia del mio nome, grandemente nel mio
regno. Ivi ora, invero, recati iu alt/e terre e prodicavi nel mio nome : io sarò sempre
teco '. E gli di.-ise il sauto: « 0 mio Signore, sii con me ovunque andrò! ». Gli
rispose il nostro Signore, e disse: « La mia pace sia teco! -. R, ciò detto, s'innalzò
il Signore con magnificenza.
Andò questo santo nella terra di Sèwa C'). e fortificò con la sua dottrina gli
M. r. abitanti di Katata. Dopo alquanti giorni, tornò di nuovo nella terra di Damot. Mentre
vi andava, salì sul monte che si chiama \Vif5t, e vi trovò un altare degli Iddii:
demoli l'altare, uccise un dragone, e convertì gli abitanti del paese in nome del
Signor nostro. Partì di là, giunse nella terra di Segagà, e vi estirpò i sortilegi. Partì
di la. giunse nuovamente nella terra di Damot, e ne trovò gli abitanti fermi siccome
(') Il senso della jiaroLi •♦«^rtst'l''*' = m'è incerto, e solo a titolo provvisorio ne dfi questa tra-
dazione: «t»*UI«t»*M' : «|»-M"I»^JLU : ecc. in gYls sìgniRca « varius, variigatus, vcrsicolor. pnnctis vel
inaciilis inlerstinctus n, il che. nel nostro passo, non darebbe senso soddisfacente. •I»^rt«l>^fl :,<t^rt
«••^fl'V : «P^'ì'l^'ì'ì' : "• " iirccus, ^'uttus aquariiis »: pensando all'aralm J^'-^J. ''lie, oltre a « supel-
lettile " pn<i sif;nificare " lii>mines viliorcs n, avevo daiiprima trfidi.tto «»>--ri;l,>'1-V : " iinmini d.i nulla ",
senso che mi pareva quadrar bene col contesto. In seguito, però, nel far lo spoglio del lessico titrray
del compianto L. De Vito, trovai il verbo tipray «t>.n<l>.n : « 1) attizzii il fuoco; 2) <ri..fhprell>'> con
q. e. stand» S(i|)ra pensiero ■>. Pensando a una frase precedente del gndl (llX'inA : .Vl/lX-ilo : nc, :
y,^n''/^4.y>• ■ (l>-dl! : <DV.V'„ : «Din». : tiìOoy, :). mi è p.irso preferibile ad 'ttaro il primo senso eli questo
verbo, tanto ]>iu che l'aatorc del gadl era un tigray e che qui probabilnunte si ha da fare con un
detto o con an canto popolare.
(«j Da cfr. col liamir sil/à « terra, località"? Come s'è visto, il mutamonlo di nome nella
redazione di Dabra LibSnos è riferito assai prima. A questo punto, essa parla di una grande visione
avuta da T. H. alla mezzinottc del sabbato santo, dopo il digiuno quaresimale. Egli riceve un cibo
soprannaturale che gli ridìi le forze, affievolite durante i quaranta giorni di completa astinenza da
ogni vivanda, e l'ordine di recarsi neU'.Vmahara e di restar colà sino a nuovo comando.
(') Cfr. Cencsi, XVII, .5.
(») Genesi, XVn, .ve.
(«) Di qu.sta andata dal Daniot nello 8è»ìi dopo la conversione di M"talàmè e prima del
viaggio ncH'Anibarii tace il d'Almeida, mentre vi accenna il senkessàr: u Allora prop.agi'i l'abito del
monacismo nella terra ili .Séwa, e vi stette servendo Iddio con digiuni e preghiere senza numero,
vinche eccitò all'emulazione gli altri monaci n.
— 133 —
aveva loro insegnato. Stette colà alcuni giorni insegnando loro, mentre faceva molti
miracoli: quindi tornò nella terra di Séwa, e vi stette insegnando a' suoi abitanti.
La sua preghiera e l'acuta forza della sua predicazione sieno con noi. Amen.
Pensò inoltre di prendere il giogo del monachismo ('). Andò nella terra di Angot, F.ll.r.
giunse al lago di Hayq (-), presso il convento di Santo Stefano {^), capo dei diaconi,
protomartire, vi trovò il santo abuna lyasns Mo'a, e discorse con lui intorno al mo-
nachismo, lyasus Mo'a gli disse: «Fermati qui, o lìgliuol mio, alquanto»; e lo
rivestì l'abuna lyasus Mo'a dell'abito monacale. Takla Haymanot stette con lui, ser-
vendolo, uovo anni. Essendo quindi stato benedetto dal suo maestro, abuna abba
lyasus Mo'a, egli passò nella terra di Tlgray, giunse inoltre a Dabra Dammo,
convento di abba Aragawi, ed ivi prese il cuculio e l'abito monacale da Dabra
Dammo. Nella terra di Tigray egli fece molti monaci e fondò i conventi, che innal- Id.
zane sacrificio razionabile all'Agnello del Signore, e che sino ad ora chiamansi col
suo nome ; poiché egli fu il padi-e di tutti quei vittoriosi monaci, che illustrarono
il lor nome in tutta l'Etiopia. Come è detto nel salmo: «sparse i suoi rami fin
nel mare, e sino nei fiumi il suo seme(*) ", così sparse l'abuna Takla Haymanot
i suoi frutti come cedro del Libano (^); poiché questo abuna Takla Haymanot fu gene-
(') Altro episodio di grandissima importanza. Così narra il d'Almeida. Lasciato Feija Sion e
il Damot, T. H. va nell'Amaharà, nel convento di Abba Michael, ove sfa dieci anni servendo umi-
lissimamente i frati e facendo grandi esercizi di pietà. Ma, in segaito ad alcuni miracoli venendo
venerato più di quanto la sua umiltà comportasse, ottiene che il Signore lo mandi in un altro con-
vento, posto in un'isola del lago di Dambeà chiamata Haic (!). Quivi è accolto dal capo del con-
vento, Abba Jesus, cui Michele aveva già svelata la volontà di Dio, che egli desse a T. H. l'abito
monacale. Mentre dimora con grande divozione nell'isola, T. H. da una straordinaria visione apprende
la futura grandezza sua e dell'ordine che avrebbe fondato. Dopo dicci anni egli passa nel convento
di Damo, ove abba Joanni gli dà il cappello («f>'nù :) e l'abito monacale. Dodici anni sta colà
T. H. facendo miracoli come i nove santi: quindi, per volere di san Michele, T. H. va nel
deserto di Oallis (?), ove sta in digiuno 48 giorni con molti santi, poi al monastero di Hainzan
(cattiva scrittura europea per Bizan ?), e, giunto in riva al Mar Rosso, è da san Michele portato
sull'altra costa, d'onde, risuscitato un pellegrino morto di sete, si reca a Gerusalemme, quindi
presso Abba Micael, patriarca d'Alessandria, e poi nel deserto di Sihot e Asquetes, d'onde torna
in Etiopia. Pervenutovi, fonda conventi nel Tigre e fa molti monaci, primo de' quali il pellegrino
da lui risuscitato, cui pone nome Brahaya Caguhu(?): torna altre due volte a Gerusalemme, poi,
essendogli dal patriarca ordinato di non andarvi più, e, ricevuta al monte Daniù la benedizione di
Abba Ioanni, si ritira sul monte Cantorar (?) ; ma, per volere di Dio, parte di là e giungo ancora
al lago di Haic. Quivi dà schema e cappello ad Abba Jesus.
Nel sinassario l'episodio di Abbà lyasus Mo'a manca affalto. Esso dice soltanto che T. II.
sul carro di Elia va nell'Amliara, ove per molto tempo dimora presso abba Basalota Mikà'el.
L'agiografia di Basalota Mika'èl, il quale, come si rileva dal Gadla Aron, ras. orient. 093, f. Mn,
Br. Mus., viveva in Dabra Guai, è contenuta nel ms. 129 della collezione d'Abbadie. Quella di
Yohanni fu già pubblicata dal Basset, Vie d'Abba ì'ohanni, Algeri, 1885.
(2) Noto lago a E. di Maqdalà.
(•*) Intorno a questo convento, già ricchissiino, v., per il periodo anteriore ad Alimail ben
Ibrahim, Alvarez, Verdadeira informacùo ecc.. p. 71, e, più ancora, Nerazzini, La conquista ecc.,
p. 102-108.
(■") Salmi, LXXX, 11.
(5) Salmi, XCU, 12.
— 134 —
rato di stirpo gloriosa e generò figli illustri, numerosi come le stelle del cielo ('),
K.l'J.r la cui luce è come il sole, e la cui purità è come una margherita. Dai contini della
terra di Uamot e di Sèwa »iuo alla terra di Tìgray si molliplicarono i suoi lìgli, e
vennero nutriti dalla mensa del lor padre Takla Haymanot, che seminava il grano,
che è la dottrina del vecchio e del nuovo testamento (-). La sua preghiera e la sua
orazione ci salvino dalla morte dui peccato e dell'errore. Amen.
Stette egli poi nella terra di Tigray ; e per voler del Signore tornò nella
terra di Sèwa. Mentre vi andava, pervenne in Hayq, presso il suo maestro abbi
Ivasus Mo'a. Quando si trovarono insieme, dissegli l'abuna lyasus Mo'a: «0
figliuol mio, che è questo che ti sta sulla testa e sul collo? dove l'hai trovato? ".
(ìli espose Takla Haymanot come ciò rendesse perfetto l' ordinamento monastico,
Ili 0. e come l'avesse preso dal convento di Dammo; e gli raccontò inoltre come avesse
procreato monaci nella terra di Tigray. E gli disse abba lyasus Mo'a: • Dà a
me pure come quello ch'io veggo, perocché ciò è buono ». Disse a lui l'abuna Takla
Haymanot: - Come posso io dartelo, essendo tu mio padre, o abba? ». Gli disse
lyasus Mo'a: . Perchè tu sei mio figlio, per questo siimi padre ". E. come egli ve
lo ebbe costretto, diede abba Takla Haymanot a suo padre abba lyasus Mo'a il
cuculio e r abito monacale ('), e fm'ouo concordi fra di loro. La loro preghiera sia
con noi. Amen.
Dopo alquanti giorni dissegli l'abuna lyasus Mo'a: • Va nella terra di Sèna,
F.13,r. poiché è nel volere di Dio che tu vada colà». Sentitolo, lo salutò l'abuna Takla
Haymanot umilmente, part'i e pervenne nella terra di AVaylaqa ('); di là passò per
Mugar (^) e sal'i su di un gran monte, chiamato Quà'at ("). Bravi là un'ara per i
demoni, e Satana vi appariva. L'abuna vi si fermò alcuni giorni digiunando e pre-
gando; e Satana invero, vedendo il dardo della preghiera di quel santo come era
pronto a saettarlo, fuggi e andò via dicendo: ► Ahimé! guai a me! dove andrò lungi
da questo uomo? ». Quando l'ebbe udito, lo maled'i l'abuna, perchè non tornasse più
colà in sempiterno.
Id. p. Partito, l'abuna Takla Haymanot andò in Zem.i ("), vi udì di un incantatore,
e lo interrogò intorno al suo modo d'operare. L'incantatore gli disse come esso era.
Ascoltatolo, comandò l'abuna di dare a lui un cibo proibito : l'incantatore lo mangiò
subito, e l'abuna invero si stupì. E disse quegli allabuna: ". Senti quel che ti rac-
(1) Genesi, XXVI. ».
(•) Il testo corrisponilentc g'fti •■ in iirosa riin.-ita.
(') L'a.skòni,ì e " liiia tra.sinlia Je <ros tiriis ile couro ordinario e vcmiellio; as quays lan^ados
A o pescovo se rcniatam cm Ima argolinha de ferro, on cobre, quc trazò em liù.i correva, coni iiue
se cinfrem ". Tcilcz, Ifistoria da Klhiopin ecc., p. 8.5.
(*) l'ili coninnt'inente Walaqil, fra l'Amliara e lo Sawil, verso T'Abiiv.
(^) Antica provincia dello Scioa (l'crrnclion, op cif., e Dillmann, op. cit). a nord di <<iimiiri
(EstcTcs Pereira, Chr. dr Suienyox, I, p. 17 e 159), attigua all''Abny. Ancor <i<,'kì un adlucnto di
sinistra di questo fiume è chiamato Mu^'ar.
(«) Cfr. EstcTcs l'ereira, Chr. de Susenyos, I, p. 12.
f ) Probabilmente il distr. ogpi detto di Zuma (forse anticamente provincia), nel Mcrah Bète,
non molto lontano dalla sponda destra del fiome ZcmmS (jroi) 0, a E.SE di Darn.
— 135 —
conto. Un dì, quegli che io adoro disse: " io ve nel Guazam ('), perchè giungerà un
uomo, la cui tiirura sarà tale, e tali saranno le sue vesti: egli mi ti torrà ». Ciò
udendo, l'abiina Takla Haymanot lodò il Signoro, battezzò quell'indovino e io istruì
nella fede del nostro Signore Gesù Cristo. La sua preghiera sia con noi. Amen.
Di là passò in Gerarya (-) e giunse dove il governatore teneva l'assemblea. Quando
lo videro, disse/o: «Che è ciò?». Alcuni dicevano esser un uomo, altri negavano, F.i4,r.
ed altri dissero : « Questi invero è colui del quale udimmo la fama in Zema e in
Mugar». E subito, per volere di Dio, sorse il governatore e salutò l'abuna: questi,
poi, lo benedisse e cognobbe nel suo spirito come egli sarebbe suo discepolo. Il gover-
natore lo pregò d'entrare nella sua casa: l'abuna vi pernottò quella notte parlandogli
del giusto. Il governatore invero lo ascoltò con allegrezza, gli chiese di restar presso
di lui e divenne perfetto nella fede di Cristo.
Un giorno raccontarono all'abuna come vi fosse un mago che indovinava, e come
egli stesse sotto un albero e sotto una grande rupe. Sorse l'abuna, e, quando giunse IJ. r.
colà, gridò dicendo : « In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che sono
un sol Dio ! « . Quando l'ebbe udito, il seduttore, abbandonata la sua dimora, fuggì.
Noi vedemmo la sua dimora, che era stata spogliata degli oggetti di ferro e di
bronzo con cui egli mangiava e beveva. Con gli utensili di ferro invero avevano fatto
gli uncini per appendervi la tenda allochè venne costruita la chiesa. Poscia il gover-
natore condusse l'abuna Takla Haymanot in un gran dirupo e questi stette solo colà
in digiuno e in preghiere. Ma il governatore lo visitava, perchè da lui era stato
generato nella fede; e l'abuna chiamò il suo^nome Zamika'èl.
Altri miracoli durante il soggiorno in Gerarya. Saputo dell'arrivo dell'abuna, un incantatore
fugge, abbandonando la moglie, che si converte al cristianesimo. - - Mentre si sta, per ordine del
governatore, tagliando un gran cedro, adorato dagli abitanti del luogo, erompono piii di trecento
serpenti uccidendo i soldati di lui. Appare quindi un mostruoso dragone: ma, non appena l'abuna
fa il segno della croce, esso perde le forze, e una donna lo uccide. Ne segue una conversione gene-
rale ; e l'abuna col legno del cedro costruisce una chiesa, dedicandola a s. Michele {^). — Un'altra
volta. Satana compare in chiesa durante l'ufficio divino, sotto forma di fuoco in modo spaventevole :
la tranquillità e la preghiera del santo lo fanno dissipare come fumo. — Essendo stato detto all'abuna
come in un luogo si adorassero i demoni, egli, insieme col governatore di Geràryà, vi si reca, di-
strugge l'ara ad essi destinata e converte i pagani che colà dimoravano : al ritorno da questa spedi-
zione, ridona la vista a un uomo, cieco da venticinque anni.
(1) i-HOD :, forse per l^'i-r^o :, il che mostrerebbe ancora non diffuso, quando questo testo fu
scritto, nel Tigre l'uso delle lettere amharìnà. Come è noto, il Guazàm è celebre per i suoi stregoni
((VX :), indubbiamente avanzi dell'antica idolatria.
(2) Antica provincia dello Scioa (Pcrruclion, op. cit., e Dillniann, op. cit.), probabilmente ove
oggi sorge (ien'ar, a SO di Dabra Libànos.
(3) Secondo il racconto del d'AImeida, T. H. da Haic va nell'Amaharà; giunto in Arabéa
(««^ft..'? :), e, col suo discepolo Azaya Sagahu (XtII.X : XPU-:), salito .<<ul monto Oadà (V..V, :) , vi
uccide, in circostanze analoghe a quelle raccontate dalla rad. wald. pel dragone, un gran serpente,
e, quindi, con l'acqua del vicino fiume Soà, battezza il re del luogo con altre 10000 persone, e fa
su quel monte costruire una chiesa dedicata ai quattro evangelisti. — Questo episodio ha probabil-
mente relazione con quanto dice il Ludolf su 'I'. H.
— i^r, —
F.18,r. Inoltre, mentre partiva questo santo ahuna, lo seguirono molti nomini, ed anco
il governatore lo seguì con essi. Dissegli l'abunu: <• Torna al tuo domicilio -. Ma
il govoruatoro vi si ritinto, e dissegli: .Non ti lascerò solo». Gli disse l'abuna:
- 0 ligliuol mio, non è bene ciie tu stia con me: ritorna a casa tua, come ti ho
detto». Dissegli il governatore: -Sia la tua volontà, o padre mio! benedicimi «.
1,1. ,,. K l'abuna, invero, benedisse lui od i suoi tigli, e gli disse: . Colui nel quale hai
creduto ti renda vaso di elezione (') ». Quel governatore, poi, se ne andò come gli
aveva detto l'abuna.
Questo abuna Takla Hilymànut domandò agli abitanti del paese se vi fosso un
deserto, ove non abitasser uomini (-). (ili dissero: -Avvi un desorto che non ha
uguale». Disse loro il beato: • Di grazia, mostratemelo». Andarono con lui: quan-
d'egli vide quell'eremo, lo ebbe caro, e vi trovò vicino grotto e caverne belle, ma
1 acqua era lontana. Dissero a lui i suoi discepoli: - Il luogo in verità è bello, ma
V.io.r l'acqua è lontana ». Disse l'abuna a' suoi tigli: « Non attristatevi invero per cagion
dell'acqua, che il nostro Dio potente, che serviamo, ce la darà ». Quindi pregò l'abuna
Takla HaymSnot dicendo: « 0 mio signore. Dio degli Iddii, e re dei re, che ascol-
tasti la preghiera di Sansone, quand'egli ebbe sete e gli desti da bere in una mascella
d'asino (•'), e quella del popolo d' Israele, cui desti da bere facendo scaturire dodici
sorgenti per i dodici accampamenti di Giacobbe, tuo santo! {*) dacci ora da bere, a imi
tuoi servi che ti ministriamo, poiché tu sei l'Iddio nostro ». Mentre cos'i diceva,
senfi al di sopra della sua testa una voce che diceva: - Fu ascoltata la tua preghiera.
0 servo di Dio ! benedici verso la rupe che ti sta dinanzi, e sgorgherà l'acqua » (•').
Ij r. Tosto egli fece il segno della santa croce invocando il nome di Cristo, e allora si
screpolò la rupe, e ne scorse acqua limpida e molto buona di gusto ("). E benedisse
Lidio questo abuna Takla Haymanot. dal nome soave; e i suoi discepoli, invero, si
rallegrarono con lui. Egli stette colà, mentre per cinque giorni digiunava, ma al
sabbato ed alla domenica gustava dei frutti degli alberi o dell'erba della campagna.
Saf.-ina minaccia di far rotolaru macigi'i liall'allo del colle sulla dimora del santo: i suoi
discepoli, atterrili, propnnttoiio dì fug!;ire, mi l'abuna li incorassjia con citazioni bibliche. Mentre
poi con digiuni e dn pre<rbiere egli prega Iddio di svergognar l'inimico, è avvertito che presto
(I) Atti, K, 1.5.
(«) Lasciato .\zaya Sagahn con quei di Zema, T. H., andato, per ordine di Hiu, nello Xaoa,
vi dà l'abito monacale a ib (= Vi) persone, fra cui un suo cugino. Cos'i il d'Almeida. Il sinassario
racconta che, lasciato Ba?alota Mika'él, T. H. va nello SéwS: trovatovi Msrqos, suo cugino, con Ini
si ritira nel deserto di Wagada, ove dà l'abito monacale a sedici suoi discepoli.
(') Giudici, XV, 1519.
(*) Ksodo, XV, 27.
(»J Esodo, XVII, 0.
(•) Trattasi d'una sorgente che zampilla ancor oggi a Dabra LibiSnos presso la tomba di T. II.,
e che, v.'n«rati8sima dagli Abissini, vuoisi per vie mi.steriose congiunta al Giordano. Le si attribui-
scono virtù f<-rapeuticlie sopranaturali: la sua acqua e la terra medesima da cui essa sgorga ven-
gono usate come medicine nelle malattie iiiii gravi — Nel Vi"!l!/io e minionr cattolica ecc., p. 470.
del Sapet>, parlasi del soggiorno e della morte di T. H sul monte Zecinala, alla cui cima v'é un piccol"
e delizioso laghetto, cinto da foltissimi e grossi alberi, in mezzo ai quali si trovano rovine d'antiche
chiese ; ma temo siavi confusione con Oabra Manfas Qedus o. come volgarmente {■ chiamato, Abbo.
— 137 —
questi lo tenterà sotto le spoglie di giovinetto. Satana infatti così gli appare, lo saluta a rao' dei
monaci, si dice signore del paese e costretto a cercare scampo nel deserto per isfuggire a" suoi sud-
diti che l'hanno abbandonato, lo invita a seguirlo in un amenissimo luogo, ove gli promette di
fargli da servo; ma la proghiera del santo lo pone in fuga. L'abuna quindi lo sente lamentarsi
delle ripetute sconfìtte sofferte ('), convoca i suoi discepoli, loro racconta l'avvenuto, ed uniti ren-
dono lode a Dio.
Mentre l'abuna dimora nel deserto, tre leopardi sogliono venir ad accovacciarsi presso di lui,
e mangiar la loro caccia a' suoi piedi. Avendo due di essi rapito il cibo all'altro, l'abuna toglie
loro la preda di bocca e la dà al terzo leopardo. Rassicura quindi i suoi paurosi discepoli, dicendo
che nulla hanno da temere da quelle fiere i servi di Dio.
Inoltre, un dì fra gli altri, raccontarono all'abuna i suoi discepoli come si fosse F.24,r.
ammalata una monaca (-): egli chiese loro la causa della malattia di lei, ed essi ij. v.
gli dissero: i^ Quando ella andò per attinger acqua, allora tornò ammalata, nò sap-
piamo che cosa le avvenne ». Disse l'abuna beato, taumatm-go: •^ Fatela venir qui
presso di me ». La portarono a lui, e, allorquando la vide il santo di Dio, e vide
come ella era venuta meno, comandò a quei che l'avevano portata di lasciarla presso
lui. Tosto egli prese a leggere i salmi di Davide, e poi il vangelo, asperse acqua
col segno della santa croce dicendo : « In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
Santo! ", e ordinò che la aspergessero. Come le ebbero fatte delle aspersioni, apparve F.25,r.
tremando colui che l'aveva fatta ammalare sotto l'aspetto d'un giovinetto. Dissegli
l'abuna: « D'onde vieni, e che hai fatto, che hai fatto ammalare l'ancella di Cristo? ».
Disse all'abuna quegli che l'aveva fatta ammalare : « 0 signor mio, non posso par-
lare, perchè m'abbandonò la mia forza: ma la tua santità mi costringe a parlare.
Ascolta, signor mio, me infelice ! stavo in verità presso l'acqua, e dov'erano gli uomini ;
quando vidi la tua figlia mentre attingeva acqua, subito l'afferrai, sembrandomi che
avrei avuto potere su di lei. Quando tu facesti il segno della croce su di essa invo-
cando il nome di Cristo, m'oppresse la forza del Suo nome, mi separò da lei, mi dis-
solse come cera, e m'avvilii e divenni tremante come tu mi vedi star dinanzi a te,
legato con le catene della tua preghiera ». Gli disse l'abuna: « Torna alla tua dimora, id. v.
e non trasgredir piìi contro i servi di Cristo ». E disse ancora l'altro: » 0 mio signore,
ove poss'io andare lasciando te, fiaccatore della forza dei prepotenti? Ma io in verità
mi rifugio nella tua santità, per esserti ministro e servo ». Sentito il suo parlare,
l'abuna conobbe come egli favellava secondo lo Spirito Santo, lo segnò tre volte col
segno della santa croce; e uscì lo sgomento di lui, e l'abbandonò il suo tremito.
Allora r abuna lo battezzò nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo,
e tosto ne splendette e ne divenne bella la faccia: lo sigillò l'abuna con l'unguento
della fede, e gli pose nome Be.su e Zaharayo Kerstos. Dopo alquanti giorni lo fé'
monaco; e Besu'e Zaharayo Kerstos piacque al Signore, e stette servendo i fratelli F.26,r.
monaci per ordine del suo maestro, finché morì ed entrò nella vita eterna per forza
(') Cfr., fra i tanti esempi analoghi, Malan, The conflicts of the Apostles, p. 168-169.
(2) L'episodio ne! racconto d'.41meida ha subito profonde alterazioni. Trattasi infatti in esso
d'uno spirito maligno, chiamato bahara Alcao, clic, entrato nel corpo d'un discepolo di T. H.,
mentre questi col maestro passeggiava presso un lago, vien convertito, battezzato col nome di
Christos harayo, e, fattosi frate, alla sua morto sale in cielo.
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. Il, Serio 5", parte 1' 18
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del beato e diletto abuna Takla Haymanot. La benedizione della sua preghiera sia
con noi. Amen.
Quando ebbero sentita la sua fama, gli uomini elio abitavano lontane regioni
venivano presso l'abuna Takla Hàyraanot, dalle sue mani prendevauo il giogo del mona-
cismo, e stavano col santo abuna. servendo il lor Dio di buon animo con digiuni e
con preghiere molto diligentemente ('). Allorché vide l'abuna Takla Haymanot come
U. V. eransi radunati presso lui molti che servivano il Signore, fece loro un cenobio nel
deserto ov' erano, e costruì una chiesa nel nome della nostra Signora Maria. Di poi,
disaero i fratelli al padre loro : » 0 padre, ecco ! vedi come si sono moltiplicati i
discepoli per la tua santa preghiera ; i frutti, invero, degli alberi, che sono nel deserto,
vengono meno, nò bastano al sostentamento dei fratelli. Noi desideriamo coltivar la
terra -. Disse loro il lor venerabile padre: >■ Sta bene, o tìgli miei: ma che ciò sia
con timor di Dio -. Avendone ottenuto licenza dal sauto padre loro, essi incomincia-
rono a seminare; nò ciò avveniva con l'aiuto di buoi o di altri animali, ma essi
stessi coltivavano la terra con le loro mani, e non aravi alcuno che mormorasse,
poiché tutti erano consenzienti nella concordia dello Spirito Santo, scelsero un di loro,
F.27,r. e lo preposero all'amministrazione degli all'ari del loro cenobio. La loro preghiera sia
con noi. Amen.
Sentite inoltre, o miei padri, e miei fratelli, e monaci! congiuntamente eranvi
delle donne, le quali stavano coi monaci: i maschi uscivano nei campi e tornavano
in casa promiscuamente con esse. Alla mensa non eravi divisione: maschi e femmine
insieme mangiavano in comunità ; ed anco nel medesimo letto dormivano, come il fan-
ciullo con la sua madre : quando s' alzavano per la preghiera, se il maschio s'alzava
prima, chiamava la donna alla preghiera, ed ella in pari modo chiamava lui alla ora-
zione, poiché non avevano pensieri terreni, ma sibbeue pen.><ieri celestiali, essendo itato
legato Satana dalla forza della preghiera di questo abuna beato, di bella ricordanza,
Id. V. mara (-) Takla Haymanot; e li proteggeva nella purità il braccio del lor padre esimio
nell'operare, taumaturgo. La sua preghiera e la sua benedizione siano con noi. Amen.
Mentre erano nello stato degli angoli, venne l'angelo del Signore presso l'abuna
santo e venerabile, e dissegli : « Scegli fra i tuoi discepoli dodici, i quali ammaestre-
ranno le anime, e mandali, divisamente, in dodici grandi provincie, affinchè predichino
ad esso e le convertano nel nome della Trinità; poiché molti son coloro che non co-
noscono il nome di Dio ->. Sentendo il venerabile il pariar dell'angelo, disse: « Sia fatta
F.28,r. la volontà del Signore! « Poscia, l'abuna scelse dodici uomini saggi e prudenti, li
inviò in dodici provincie, e disse loro: « 0 tìgli miei, perchè Dio v'ha prescelti affinchè
insegniate il Suo nome a quo' popoli che non lo conoscono, voi in verità, pervenuti
in quelle provincie ove vi avrà mandati lo Spirito Santo, stendete la rete del Van-
(') n ginassario racconta che T. H. da WagadJS si ritira in GeraryS, ove fa grandi penitenze.
Presso lui si radunano molti uomini e donne, che divengono suoi discepoli e monaci: essi abitano
in una sola casa, ma maschio e femmina non contraggono familiarità fra loro, e uniti stanno alla
preghiera ed alla comunione, poiché .Satana tra legato a* tempi di quel santo.
{•) Questa parola è bene il siriaco -JJO, )»oo ; ma gli Etiopi debbono averla ricevuta non già
direttamente, ne' tempi più antichi, bensì più tardi per mezzo de' cristiani d'Egitto, i quali, come
è noto, spessissimo scrvivansi di quel vocabolo {^j^. ;M premettendolo a' nomi dei santi.
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gelo nel mare del mondo, insegnate agli uomini la legge della fede, e guidateli nel
porto delia reden/.ioao. Ed ora, andate, o tigli miei, e il Dio della pace sia con voi.
Amen. ». Essi invero, ricevuta la benedizione del giusto e beato abuua abba Takla
Haymanot, andarono ciascuno per la sua via ('). La benedizione della loro preghiera
pervenga a noi. Amen.
Un frate ('), mandato fuori dall'amministratore del convengo, trova una donna con un suo
figlio dell'età di due anni, avuto da U-i dopo lunga sterilità e che Satana aveva reso sordo-muto.
Avendoli egli condotti da Takla Haymanot, questi guarisce il bambino.
Mentre stava l'abuna Takla Haymanot nella sua cella, in quel di venne a lui F.30,».
una voce dal cielo la quale diceva: « Salute a te, o uomo di Dio! verrà a te un
uomo di stirpe di nobili, il cui nome è Abèl, figlio di Zèb Daliar (^): egli è di grande
lignaggio. Tu, invero, lo accoglierai nella giustizia, perchè egli è caro a Dio». Dopo
alquanti giorni, venne Abél presso l'abuna, abba Takla Haymanot. I monaci lo tro-
varono mentre egli stava sulla porta dal convento, lo salutarono, e lo interrogarono
circa la sua venuta; ed egli disse loro: « Voi, invero, parlate di me all'abuna ".
Andati, i fratelli no parlarono all'abuna, abba Takla Haymanot, e questi disse loro: F.31,r.
" fatelo venire qui, presso di me » , poiché aveva conosciuto per lo Spirito Santo essere
quegli pel quale lo Spirito Santo gli era apparso. Giunse Abél dov'era l'abuna, si
prostrò e ne baciò le mani e i piedi. L'abuna, abba Takla Haymanot, interrogò Abél
intorno alla sua venuta; e gli espose Abèl tutto il suo animo, siccome era venuto
per il monacismo. Gli rispose l'abuna: » Come potrai sopportare il giogo del mona-
cismo? perocché tu sei persona di nobile stato. Potrai ripudiare il mondo e i fregi
d'oro, che stanno sul tuo collo? lascerai forse le vesti onorate per coprirti di cenci o
altrimenti di pelle bovina? » Disse a lui Abél: « A compiere tutto ciò m'aiuterà la u. y.
tua preghiera » . Sentendo come il parlare di lui era buono, l' abuna lo fece stare
insieme co' fratelli ; e dopo alquanti giorni lo nominò monaco. Nel giorno in cui Abèl
prese il santo abito monacale, egli, entrato nella sua cella, disse al compagno: " Fammi
il piacere, o fratello, di non costringermi a mangiare per questa notte » . L'altro gli
disse : " Fa quello che vuoi » . L' indomani, poi, fece ugualmente ; e per la terza volta
ancora non volle mangiare. Andati, lo raccontarono all'abuna abba Takla Haymanot;
e questi chiamò Abél suo tìglio, e dissegli: » 0 figliuol mio, renditi simile a" tuoi
fratelli in tutto, desisti dalla tua astinenza, e mangia al crepuscolo co' tuoi fratelli » .
Gli disse Abél: « Sta bene, o padre; ma d'or innanzi il mio cibo sarà l'erba del F.32,r.
deserto, e giuro che non gusterò più vivande ». Conoscendo l'abuna com'egli era inspi-
rato dallo Spirito Santo, lasciò di consigliarlo. E stette Abél a' piedi del suo maestro
combattendo un esimio combattimento spirituale. Poscia disse Abél al suo maestro:
«Io voglio migrare nel deserto». Gli disse il suo maestro: «Va, o figliuol mio,
dunque ». E lo benedisse, e lo mandò dove egli volle. Andato, Abél combattè con
(') L'origine di questo episodio ò evidente.
(2) La lettera t, lia, in questo codice, una forma abbastanza singolare, come di un y alla
cui sinistra ftjsse aggiunto il tratto indicante la mancanza di vocale in -l.
(3) Non conosco il significato di questo nome, che nel noto inno a re 'Anula Syon ha assunto
la forma di H-(1.V.C = •
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digiuni 0 con preghiere vagando per i deserti, sino a che gli fu dato d'ascoltare il
suono degli angeli del cielo, e -sino a che fece scaturire l'acqua con la sua preghiera.
Ed il suo cibo non fu più sapido, da che egli ebbe preso l'angelico schema. Poscia
Id. V. che ebbe combattuta una grande lotta spirituale, questo beato Abèl emigrò da questo
mondo, od entrò nel regno de' cieli. La sua preghiera venga a noi. Amen.
In seguito, radunò l'abuna Takla Ilayuianot tutti i suoi discepoli, prese a dettar
loro regole e disse loro: >^ 0 miei discepoli, non è con l'essere chiamati monaci che
si entrerà nel regno dei cieli ; ma sibbene ciò soltanto avverrà col ripudiare il mondo.
0 tìgli miei, non siate cupidi di cibo o di vestimenta: cercate in prima la giustizia
e il regno di Cristo, e tutto vi sarà aggiunto ('). 0 figli miei, osservate il digiuno
e la pregliiera ; non mangiate cosa da cui esca sangue. Specialmente, poi, amatevi fra
F.33,r. di voi. Queste cose osservate: è il vostro deposito » (-). In quel giorno li esortò molto,
citando tratti dei libri santi, onde guardassero le loro anime dalla cupidigia del
mondo; e gli dissero i discepoli suoi: * Ci aiuti la tua preghiera, o padre nostro,
affinchè noi si sia vigilanti a fare il bene ». Dopo ciò, li benedisse e diede loro la
pace. La sua preghiera, e la sua benedizione sieno con noi. Amen.
Dopo che l'abuna ebbe predicato e convertito, molte città d'anime umane
redense mentre lo tormentavano come un martire, poiché egli somigliava agli
Apostoli nella predicazione. Dopo ciò, quando fu fiaccata la sua forza pel molto pre-
dicare, intraprese una grande lotta spirituale, entrò nella sua cella, ostruì la bocca
Id. V. della caverna con pietre, e stette colà sette anni, insino a che si gonfiarono i suoi
piedi per il molto dolore dello stare in piedi, gli si secò una pianta, e gli si separò
dal corpo {^).
Cristo visita Takla Haymànot, e promette a lui le infinite gioie del Paradiso, come pur anco
promette il ciclo a quanti lo venereranno. Diccsi qui fra l'iiltro che quel santo por quattro anni non
gustasse acqua.
F.3-l,r. Quindi, per cagion del dolore, non potè piìi emettere alcim suono, perchè erasi
inaridita la sua carne come l'erba d'estate. I suoi discepoli, quando non sentirono
(>) Matteo, VI, 33.
(«) Cfr. 1 Timoteo, VI, 20; 2 Timoteo, I, 12, 14.
P) Secondi» il racconto del d'.Mmeida. poco dopo la conversione di Christos harayo, essendo
venuto in Etiopia l'abuna loilo, questi offerì a T. H. il grado di vescovo e metà dell'Etiopia:
offerta rifiutiita dal santo, il quale, scampato poi miracolosamente dalle armi di un fattucchiero, bat-
tezza molti dello Xaoa sino alla terra di Gueraria (lA.C.V '■)■ Narratisi quindi alcuni suoi miracoli.
Divenuto vecchio, T. H. ritirasi in una casuccia, ove sta sempre in piedi, senza mangiare né bere
altro che on po' d'erbe e d'acqua alla domenici, finché gli s'imputridisce e cado un piede, che dai suoi
discepoli è sepolto nella chiesa. Altri sette anni T. H. dura in tale iienitenza, dopo di che gli
appare Cristo con grande gloria, il quale gli .innuncin prossima la fine delle sue pene, e che il
sno corpo, dopo essere rimasto sepolto |.er cinquanfasette anni colà, e franando quella casa, sarebbe
tra>portato in un grande convento, che nel luogo stesso i suoi discepoli avribbero eretto. T. H.,
raunati allora i discepoli, annuncia la sua prossima fine, raccomanda loro il disprezzo del mondo
e il reciproco amore, e indica come suo successore Elsaà. Quindi, nella notte del 27 agosto, egli
muore in età di 103 anni e 4.5 giorni.
Poco differisce dalla redazione waldcbbana il sinassario, ove però manca ogni cenno ad Elss',
e dove l'età di T. H. è di 99 anni, 10 mesi e IO giorni.
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più alcuna voce da parte del loro padre venerabile, gli parlarono per la finestra pian-
gendo, e l'abima, sentita la voce de' suoi discepoli, rispose loro con tìuvole voce. Allorché IJ. v.
udirono la sua voce, gli dissero: " 0 padre, quando più non abbiam potuto sentire,
come dianzi, suono da presso te, noi siamo venuti ». Chiamò il venerabile uno di
loro, e gli comandò d' entrare. Avendo aperto, entrò, e vedendo quel fratello come egli
non avesse più un piede, pianse d'un pianto amaro. Il venerabile invero erasi seccato
e coamentato col luogo in cui egli era; né su di lui eravi traccia di carne, né si
distingueva ove erano le sue membra, poiché la pelle erasi attaccata alle ossa. Allora
l'abuna gli ordinò di prendere quel piede che erasi staccato, e d'andare verso i fra-
telli. 11 nome di quel frate era Elsa'e ('), cui spettò di doventar erede della sede di F.i5,r.
questo abuna, dopo di lui. E avendo preso il piede del suo padre, che erasi staccato,
egli andò verso i fratelli e lo die loro. Ciò vedendo i fratelli monaci, il lor cuore
fu conturbato; ed essi piansero, lo riverirono tutti, portarono una veste e ve lo invol-
sero, lo misero in un marmo, e lo posero in un bel luogo. La preghiera e la bene-
dizione di Takla Haymanot sieno con suo tìglio, abuna Takla lyasus, e con tutti i
suoi seguaci. Amen.
Giunta presso il suo compimento la vita dell'abuna, torna ad apparirgli Gesìi Cristo, il quale,
annunciatagli prossima la morte, e datagli licenza di domandargli qualsiasi grazia, benedice i disce-
poli di lui e ne promette la grandezza: quindi concede il kidaii all'abulia. E, poiché questi ha paura
della suprema dipartita, il Signore gli assicura che a riceverlo verranno tutti gli angeli, i profeti,
gli apostoli e tutti i santi ecc. Vicino a morire, Tabuna esorta i frati a salvar la loro anima, e ad
amarsi vicendevolmente. Avendogli essi chiesto di sciogliere quanto era stato legato dalla voce di
lui, ed avendo egli annuito, tosto le fiere del deserto invadono le piantagioni e i campi dei frati,
e li devastano ; essendo essi allora ricorsi al santo, questi raduna presso di sé quelle fiere ed ordina
loro di non uscir più per l'avvenire dai luoghi per esse definiti. Le fiere obbediscono, e l'abuna
comanda a' suoi discepoli di non molestarle, avendoli esse preceduti nell' .bitare que' deserti. L'autore
quindi si diffonde in lodi per Takla Haymanot, paragonandolo ai profeti, agli apostoli, ai martiri,
ad Antonio, a Macario e ad Abramo.
Torniamo al racconto di prima. Quando divenne debole per la molta pena del f.SS.w.
lottare, l'abuna raunò i fratelli, e die loro Elsa'e, affinchè fosse loro padre in sua
vece; e tutti confermarono il dire del padre loro.
Quindi, allorché perdette le forze e tacque, l'abuna odorò di un buon profumo.
Mentre i fratelli lo circondavano, egli stese il suo corpo e rese la sua anima in mano
del suo Creatore, in pace. E subito salì la sua anima in cielo con grande gloria e F.39,r.
magnificenza, la ricevettero i profeti, gli apostoli e tutti gli angeli, e la introdussero
nella Gerusalemme celeste con grande letizia della città del Gran Ke. Mentre innal-
zavano l'anima di lui, sentirono molti fra i suoi discepoli il canto degli angeli.
II suo corpo, poi, lo involsero in un bel sudario. Io posero in un feretro nuovo,
e lo seppellirono in chiesa in grande onore con inni e con cantici. Allora vi furono
molte grida, pianti, lamenti e lagrime. Fu sentita la fama della sua morte in ogni
terra dell' Etiopia, e fuvvi gran pianto e dolore, perchè era caduta la colonna preziosa, id. v.
che era stata piantata in mezzo all' Etiopia, ed era spai'ita nel cuor della terra, come
(1) Eliseo.
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i suoi padri. Né solo i monaci piansero; ma anche i magistrati e i principi, tutti i
piccoli e i grandi, gli uomini e le donne, tulli invero piansero. Quelli che egli aveva
convertito con la sua predicazione, dapprima lo andavano percuotendo durante la sua
vita, mentre egli li ammaestrava, ma, dopo che ebbero creduto, lo ebbero in conto
al pari del lor padre e della loro madre, pc-ichò somigliava la sua predica/ione a
quella dei nostri padri Apostoli. Piii che durante la vita della sua carne, dopo la sua
K.40,r. morte specialmente si locupletò la sua grazia; da mare a mare si moltiplicarono i
suoi frutti, ogni mattino aumentavano e s'accrescevano quelli che erano generati per
opera di lui. e per opera de' suoi discepoli e dei discepoli de' suoi di.scepoli, dopo
di lui. Non ci separi egli da se nella sua preghiera ('). o faccia della sua felicità par-
tecipi noi. lo scrittore della sua storia e chi la fa scrivere, chi la leggerà, chi la
tradurrà, e quei che la ascolteranno, in sempiterno. Amen, amen.
Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo, che sono un sol Dio. Prodigi
e miracoli che fece il Signore per la preghiera del beato abuna Takla Havmanot,
Id. V. stella prodigiosa che sorse dal nostro paese per seguire il Sole di giustizia, nostra
guida, che è Gesù Cristo, nostro Signore, a Lui gloria, a Lui che dilesse quest'uomo,
in sempiterno. Amen.
Miracolo primo (-). Tre giorni innanzi la morte del beato abuna Elsa'e, morì un
figlio d'una sorella di questo santo, chiamato Gabra Masqal, monaco e diacono, di
prestante virtù. Lo involsero nel lenzuolo funebre per seppellirlo; ma, come fu ter-
minata la preghiera dei defunti, egli si mosse : ne aprirono il lenzuolo, e lo interro-
garono su quanto gli era avvenuto. Ei disse loro: '• Morii, come mi vedete, e mi po-
F.n.r. sero presso il Signore; e di là mi condussero nella parte assegnata all'abuna Takla
Haymanot. Lo vidi co' miei occhi in una grande gloria inenarrabile: nulla v'ha che
somigli al suo luogo, non il sole, non la folgore. Egli con me discorse, dicendo : ' va,
di ai miei discepoli : venga Elsa'e, che fu costituito in mio luogo, e Filpos (>) stia
al posto di lui '. E, fra i monaci, disse il nome di ciascuno di quelli, che migreranno
all'altra vita, e ne indicò, in ordine, il giorno. Cos'i disse il Signore della giustizia,
ed io risuscitai per raccontarvelo » . Avendo compiuto il suo messaggio, Gabra Masqal
mori. Dopo tre mesi si comp'i quello che egli aveva detto. I discepoli di Takla
U. V. Haymanot fecero invero come l'abuna aveva loro comandato, e costituirono Filpos
padre al posto di Elsa'e: perfetto quegli era nella virtù al pari de' suoi padri che
lo avevano preceduto. A' suoi tempi venne alHizione e persecuzione, fino a tanto che
egli mori {^). La sua benedizione pervenga a noi. Amen.
(') Prosa rimata.
(«) L'episodio è npuale audio nel racconto del d'Almeida, ove però il copino di T. H. è cliia-
mato Anida Mascal (Vtqay, : oon<t>A :), clic muore tre giorni dopo T. H. e tre mesi prima di Elsaa.
p) Il iiis. ..rieiit. 728, f. 1.50a-109, contiene pli atti di questo santo, opq : a.<t^ri :, niil^ in
U1<J,:ni"V:ll-Vlìuoy. : A-V: dì parenti cristiani, e vissuto nuiiilXT : sotto il ret;no di 'Anidri S^un.
Vcggansi su di lui le importanti notizie contenute nella cronica abbreviala, lìtisset, Jìludes, p. 10.
La pubblicazione del Gadla Filpos e del Gndla Anoréiros, vivamente desiderabile, non nianclierà
d'apportar notizie preziose alla storia d' Etiopia nel secolo XIV.
(') liuesto accenno alle persecuzioni del re 'Amda Syon manca nel d'.Mincida, ove invece si
parla dell' incremento avuto dalla fede per opera di Filpos.
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Dopo lui, fu nominato abuna Hezqeyas, uomo ascetico. Gli apparve in visione,
di notte, l'abuna Takla Haymanot: » Giunse il tempo della traslazione delle mie ossa,
giusta la volontà del mio Signore ; e, per cagione di ciò, compi il suo volere, e tra-
sporta le mio ossa, onde tu consegua la mia benedizione » . Dopo ciò, gli scomparve.
L'abuna Hezqeyas radunò molta gente ; e presero a trasportare le ossa del giusto
e fecero festa in quel giorno ('). Mentre portavano il corpo dell'abuna Takla Haymanot F.)2,r
con laudi e cantici, per la molta angu.~;tia, schiacciarono un uomo, e gli si ruppe un
piede ; ma, quando gli fecero toccare le ossa dell'abuna Takla Haymanot, subito egli
guarì, e quanti ciò videro resero lode al Signore. Quando ebbero introdotto la salma
dell'abuna Takla Haymanot nella santa chiesa, rovinò quella cella.
Molti anni dopo, regnando il diletto a Dio Yeshaq, re, gli piacque ascoltar la
storia del beato Takla Haymanot. Comandò egli che gli erigessero una chiesa molto
onorevolmente (') ; e, dopoché ebbero terminato di costruirla, mentre trasportavano
il corpo dell'abuna, si radunarono molti infermi. In quel giorno apparvero grandi prò- U- v.
digi al toccare della tomba del santo.
Narransi le miracolose guarigioni, avvenute in quel tempo per grazia di Takla Haymanot,
d'un paralitico, divenuto si curvo da non poter piii né veder il cielo né bere in un bicchiere, e
d'una vedova piena di mali.
Così salvi l'abuna Takla Haymanot noi tutti, figli del battesimo, con lo scrittore F.43,w.
della sua storia, con chi la fece scrivere, coi lettori, con gli ascoltatori, in sempiterno.
Amen, amen. Divida il suo serto con l'abuna Takla lyasus, che fece scrivere questo
gadl benedetto e la storia del suo padre, con tutti i suoi discepoli, che furono gene-
rati per mano di lui e per la voce della sua bocca, con tutti i pellegrini che redense
Cristo col sangue del suo costato, in sempiterno. Amen. E, per me che scrissi questa
storia, Takla S3'on, povero discepolo di Abba Sjmu'èl di Gadama Waldebba, ricor-
datemi, e non dimenticatemi, insieme col mio padre Takla lyasus, e con i miei fra- VA\,r.
telli Pètros, Takla Selus, Pavvlos, e Sarsa Maryam. 0 pellegrini, padri miei, non
dimenticatemi, in sempiterno. Amen, amen. Per il corpo ed il sangue di Cristo, per
Maria nostra Signora, per il Calvario e il Golgota affidiamoci al nostro Dio, perchè
Egli abbia di noi misericordia, in sempiterno. Amen.
(') Ciò è commemorato dal sinassario ai 12 del mese di genbot = 7 aprile. V. altresì Basset,
Éludes, p. 10.
(2) Cfr. Gataìo(]ue de mss. Hh. de M. A. d'Abbadie, p. 122, ms. 108, n. 1.
PARTE SECONDA
NOTIZIE DEGLI SCAVI
C'i.ASSK DI SCIENZE MOKALI fCC. — MkMOUII-: — \ .il. Jl. Siri.' "i', liiUto'J" 1
NOTIZIE DEGLI HCAVI
GENNAIO 1894.
Regione XI (TRANSPADANA).
I. MASERÀ — Tombe di età romana scoperte nel territorio del
comune.
Da una relazione del maggiore Giulio Bazetta, inviata per mezzo della R. Pre-
lettura di Novara al Ministero, rilevasi che nel luglio scorso, eseguendosi alcuni sterri
in un fondo di proprietà del cay. Mellerio, si rinvenne una tomba con alcuni vasi,
sparsi qua e là. Presso la tomba si raccolsero nn bastoncino di vetro colorato a
strie, un pugnale di ferro ed alcune monete.
Nel luogo stesso, a m. 4 di profondità, il giorno 15 del passato novembre tornò
in luce un'altra tomba, formata da sei lastre di pietra, lunga m. 1,05, larga m. 0,42,
alta m. 0,55. Vi si rinvennero cinque patere aretine, due delle quali con ornati
a rilievo nel labbro, e tutte poi con marca di fabbrica nell'intorno; due ampolle di vetro
azzurro; due piccole scuri di bronzo; una bella lucerna pure di bronzo, intarsiata
di oro presso il becco, e con manico formato da un pipistrello, squisitamente model-
lato e lavorato. In un vaso di pietra oliare, pur contenuto nella tomba, si [trovarono
ossa cremate, in mezzo alle' quali erano : una casseruola di argento con manico piatto
recante il bollo: EPAPHRODI; un braccialetto di argento, della forma così detta
a vitigno; un anello di argento, a spirale di quattro giri; altro anello, pure di ar-
gento, con cerchio d'oro che tratteneva una pietra calcedonia, finamente incisa; una
fibula di argento, ed infine tre monete di bronzo, una di Druso Giuniore, e due di
Nerone. Si raccolse pure un vittoriato di argento.
Questi notevoli oggetti saranno donati dal proprietario al Civico Museo di Do-
modossola.
Regione Vili (CISPADANA).
II. CAORSO — Scavi nella Terramara Rovere.
La terramara della quale parlo è situata nella bassa pianiira piacentina, fra la
via Emilia e il Po, 14 chilom. circa ad est di Piacenza, nel comune di Caorso,
un chilometro e mezzo dal capoluogo. È attraversata dalla via dotta della >■ Rovere "
CAORSO — I — REOIONK Vili.
la quale corro lungo la destra della Chiureuna, e per la sua postura è tino a qui
Tultiiiia delle terremare dell' Kinilia dalla parte di occidente. Il nome che le con-
viene è quello di lloverc di Cuoi'su.
Da esatto informazioni avute risulta che fu scoperta nel 1865 costruendosi ap-
punto l'attuale strada ^ della Uovere » ; uia gli studiosi ne ebbero soltanto notizia
nel 1877 (') grazie al dotto piacentino conte Bernardo PallastroUi, alle cure del
quale siamo debitori se si couservaruno gli oggetti allora rinvenuti in quell'antica
staziono e che, insieme col copioso materiale arclitologico da lui legato alla propria
città, passarono al Museo Civico di Piacenza, (.ili oggetti stessi sono : — Fittili. Tre
piccoli vasi e un tubo che era forse applicato a guisa di beccuccio a un grande reci-
piente. — ISroiiii. Uno spillone, quattro lame di coltelli o pugualetti a foglia di sa-
lice, una punta di lancia a cannone ed un'ascia ad alette.
Conosciuta la potenza fertilizzante del terreno artificiale esistente nel luogo in-
dicato (e noto di passaggio che è perfettamente identico a quello che compone ogni
altra terramara) , chi lo possedeva nei giorni in cui fu scoperto vi fece estesi scavi
nell'interesse agricolo, sconvolgendo o distruggendo il tratto compreso fra le lettere
X X'X"X"', della tìg. 8, tuttavia ne rimase ancora intatta tanta parte da potervi ese-
guire sistematiche esplorazioni con profitto degli studi palelnologici. E la fortuna di
intraprenderle toccò a me, pei mezzi accordatimi nel lir>y2 e nello scorso anno dal
Ministero della Pubblica Istruzione. dall'Amministrazione della Cassa di Risparmio
di Piacenza, e dalla Commissione della Biblioteca e Museo Civico della stessa città,
per cui mi professo a tutti oltremodo grato.
Le mie primo indagini risalgono al 1891, ma furono allora semplici assaggi
(tìg. y. num. 4, .T, 7, 8, 18) fatti, più che per altro, per assicurarmi della esistenza
della stazione. Il luogo, a motivo dei lavori agricoli in passato ivi compiuti, mi si
presentò poco meno che uniformemente spianato: ad ogni modo le ricerche di detto anno,
come altre eseguitovi nell'aprile del 1802 (tìg. ò, num. 3, (i, 9), bastarono a pro-
vare che pur tale terramara, al pari delle altre, aveva in origine la forma di mon-
ticello, di cui rimaneva ancora intatta la base.
Assicurato della esistenza di una vera e propria terramara, allorché nell'estate
del 1892 intrapresi gli scavi coi mezzi dei quali ho fatto cenno, fu mia cura di cer-
carne i limiti, seguendo il metodo appreso dal prof. Pigorini assistendo ogni anno
agli studi da lui compiuti sulla terramara Castellazzo di Fontanellato nel Parmense.
Con tale intendimento eseguii una trivellazione (tìg. i}, num. 'òu), 200 metri circa
a sud della strada, nel podere della signora Frodesvinda Carrara ved. Boriani. Con
siffatta trivellazione, come con altre due più a nord (28, 29), non cstrassi che ter-
reno naturale, segno certo che la stazione non giungeva fino ai punti indicati. Per con-
(') Bull, di pnltln., IH, )).iK. -11. — Qui peri );iov« lU'tiirc elio il l'all.iiitrclli la cliianiò ttT-
ratnara di rnli);n&n<> ilal fatto clic j;li optietti in essa raccolti gli furono ilun.iti «lai rev. ilon Gae-
tano Morandi parroco allora n l'olipnano, al quale poi, come in jiarticolar incido «gli epregi sigg,
dott. Francesco Ferrari di Polignano e dott. Riccardo Pedrini di Cortcmaggiore. mi compiaccio addi-
nioKtrare la mia vira riconoscenta per tutte quelle notizie che gentilmente mi vollero favorire.
REOIONE Vili. — i) — CAORSO
trarlo colla trivellazione 26 incontrai un terreno che accennava al riempimento di
una fossa ('). FoDdamloiiii sopra silfatti indizi intrapresi uno scavo di m. 10X4
(fìg. 3, num. 27) onde mettere iu chiaro se ivi, come io mi attendeva, si trovasse il
limite meridionale della stazione.
Levato il terreno coltivahile, un altro ben distinto se ne presentò alla profon-
dità di un metro circa, di tinte diverse e senza dubbio di trasporto. Esso per altro
non formava il piano inferiore della trincea per tutta la sua lungliezza, ma di mano
iu mano che lo scavo discendeva andava gradatamente restringendosi a sud, ove ap-
pariva invece un' argilla sabbiosa giallognola pura ed in posto. Arrivato alla prof, di
m. 2.80 mi arrestai, e ripulito colla maggior cura il lato occidentale dello scavo,
vidi che io aveva toccato il margine esterno della fossa la quale lambiva la stazione
a sud, come dimostra l'esatta sezione che ne presento (tig. 1) eseguita sulla lincia 0. P.
li'll aiiiiimiBiii :k .■iiiiiii]ì,:!,iiiMun.;,.r:,i| :i.:!...<ia',.. ,.;iI',.;i,Him, ii. iif.ji.ji.
Fir;. 1.
della fig. 3 (-). Restava però di determinare anche il margine interno dello stesso lato
della fossa, e ciò ottenni ben presto colle trivellazioni 25 e 26.
Posto in chiaro il fatto cui ho accennato, rivolsi le mie indagini a cercare il
lato orientale. Già per le trivellazioni 22 e 23 e per alcuni assaggi (num. 15 e 16)
eseguiti presso la strada aveva notato gl'indizi della fossa che ivi continuava, e a
provarlo apersi lo scavo 12 e 12' di m. 18X5, tracciato in modo che non solo met-
tesse allo scoperto la fossa ad est, ma altres'i a nord, se pure da quella parte fosse
esistita, com'era da credere. Inoltre nel punto in cui i due tratti dello scavo formano
un angolo retto, se le mie previsioni erano fondato, avrei dovuto tagliare la stazione
nell'interno, o in altri termini incontrare il terreno artificiale, composto dei rifiuti
delle abitazioni e al quale si dà in proprio il nome di terramara.
Il risultato che ne ebbi non poteva riuscire più soddisfacente. Ai due capi, cioè
ad est a nord, apparvero ben distinti il margine interno della fossa, l'argine che
(') A questi primi assaggi e a parecchi altri presiedette il .sig. in?. Francesco Tìapuzzi. erede
ed ainniinistrafore delle proprietà Boriani. .Mrugregio ingegnere, all'esimia signora rredesvitida Car-
rara ved. Boriani, agli Ospizi Civili di Piacenza e al sig. Giuseppe Bassini, i nuali permisero di
intraprendere scavi nelle loro proprietà, i miei sinceri ringraziamenti..
(■) Questa prima sezione e la seconda che segue sono sulla scala di 1 cent, por metro.
CAORSO — <) — REOIONE Vili.
luugo il lato della fossa scendeva con dolco declive, mentre aveva quello interno
verticale, ap]ii);,'triandobi al contiatrorte di cui pure a Rovere di Caorso riuiangono i
segni non dubbi : esso fa riscontro alla costruzione simile osservata già dal prof Pi-
gorini nelle due terreniare parmensi Castione dei Marchesi e Castellazzo di Fontanel-
lato ('). Laddove poi nell'interno i due tratti dello scavo si congiungono ad angolo retto
trovai l'ammasso di rifiuti che si adagiava sul suolo vergine, nel quale restavano i
testimoni sicuri della jialatitta che reggeva le abitazioni (-). Col lavoro eseguito per
altro non era giunto a scoprire così a nord, come ad est, il limite esterno della fossa,
e a completare l'opera, che riuscì felicemente, servirono le due trincee 13 e 14 (*).
Terminata questa parte del lavoro, posi ogni cura nel rilevare, sulla linea Q R,
la sezione di quanto si notava sul lato occideutale dello scavo ; e nel presentarla
(fig. 2) ho fede di far cosa gradita al lettore e provargli all'evidenza l'esattezza dei
fatti ossenrati.
KiG. 2.
In tale sezione abbiamo pertanto i seguenti terreni:
a-f) terreno arabile dello spessore di cm. 20;
c-d) strato archeologico o terramara delio spessore di m. 1,50: interno della
stazione ;
d-e) terriccio scuro per una larghezza di m. 1,50: tracce del contrafforte:
e-f-rj) argilla giallognola scura dell'argine;
f-g) terreno di riempimento della fossa;
I-m) suolo vergine colle punte delia palafitta.
(') Terramara in Caslione dei .ì/arcìiesi, istr. dagli Atti d. Acc. dei Lincei 1883, pag. 25;
Terramara Cartellano di Fontanrlloto, cstr. dalle Notizie degli Scavi 1892, pag. 5.
(•) Ijuanto fu osservato nel punto ove si congiunpono ad angolo retto i due tratti dello scavo
corrisponde esattamente a ciò clic si rinvenne cogli scavi 7-8-10-1 1-1 8-10.2«'>-21 e 21 della fig. 3.
Ad alcuni di questi scavi assistette il chiarissimo conte cav. Lodovico Marazzani benemerito riordi-
natore del Musco Civico piacentino.
(1) Pei fatti esposti rimasero pienamente convinte le cg^regie persone le quali visitarono il luogo
durante le mie ricerche, cioè i sigg. prof, coinm. Luigi l'ig'irini direttore del Museo Prci.'stnrico
di Roma, rag. Lagorio sindaco di Caorso, prof. cav. bonora K. ispettore degli scavi, prof cav. Hri-
gtdini preside del R. Istituto Tecnico piacentino, professori Alfredo Ferrari e Ascr Poli dello stesso
Istituto, cunte avv. Alessandro Morandi ispclture della Hiblinteca e Museo Civico, conte (ìiuscppc
Nosalli Rocca e arciprete Gaetano Tononi della I!. deputazione di .Storia Patria.
REGIONE Vili. — 7 — CAORSO
Gli scavi dei quali ho parlato sin qui condussero, come ognun vede, a detormi-
nare tre soli lati della stazione, cioè ronent.ale, il settentrionale e il meridionale.
Kestava aucoia da trovare quello di oriente, e a corcarlo rivolsi le esplorazioni pra-
ticate nello scorso luglio.
Partendo dai dati raccolti, e assicuratomi colle trivellazioni aob (fig. 3) che in a
si aveva il terreno naturale come nei casi precedenti, e in h per contrario quello di
trasporto da cui è riempita la fossa, tracciai lo scavo 1 di m. l.^)X4. Il risultato avu-
tone fu questo, che in a misi allo scoperto la sponda esterna occidentale della fossa,
mentre dalla parto opposta {h) rinvenni non solo il margine interno, ma altresì l'an-
golo che ivi il lato occidentale forma con quello di nord. E nei due lati maggiori
dello scavo si notò con ogni chiarezza l'inclinazione della fossa che anche ad ovest
manteneva la larghezza e la profondità osservate negli altri punti ('). A provare poi
sempre meglio che il lato della fossa rinvenuto collo scavo 1 si congiungeva con
quello di settentrione, giovò mirabilmente l'altro, aperto a breve distanza e segnato
col num. 2, del quale tralascio di discorrere partitamente per non cadere in troppo
frequenti ripetizioni.
Dopo quanto sono venuto esponendo gli è chiaro che anche senza ulteriori in-
dagini si poteva rilevare intera la figura che in pianta disegna la terramara Rovere
di Caorso, e determinare esattamente le dimensioni tanto dell'area interna occupata
dalle abitazioni, quanto della fossa e dell'argine col rispettivo contrafforte che la
la circondano. Volli per altro continuare nelle ricerche fino a che lo permisero i
mezzi concedutimi, e proseguii nello studio del limite occidentale collo scavo 17 e
con una numerosa serie di trivellazioni sulle linee d-e-f,(j-h,i-l,m-n. Il risultato fu
di stabilire esattamente la lunghezza del limite stesso, di provare che in ogni suo
punto, scendendo da nord a sud, aveva le stesse particolarità osservate collo scavo 1
e che al termine formava un angolo acuto col lato meridionale. Né sono questi sol-
tanto i frutti degli ultimi lavori. Vidi inoltre che sul punto indicato si congiungevano
esattamente l'argine e il contrafforte dei lati occidentale e meridionale, e che sul
margine esterno della fossa, al vertice dell'angolo e nella direzione di sud-ovest, si
si apre un canale della stessa larghezza della fossa. Evidentemente si ha ivi, come
già fu notato dal prof. Pigorini nella terramara Castellazzo di Fontanellato {-) , il
canale d'immissione o incile per cui traevasi l'acqua che allagava la fossa. E il fatto
è tanto più certo in quanto il detto canale si dirige a monte del torrentello Chia-
venna, unico corso d'acqua naturale e perenne del luogo (•'). La presenza del canale
di iminissione induce a erodere che in qualche altro dei punti della fossa vi fosse
anche il canale di scarico delle acque, ma per indagarlo occorrono speciali ricerche
che io non ho avuto ancora modo di eseguire.
(') Testimoni del fallo fiir'oi" il compianto prof. cav. Aiil'Hiio lioiii.ra K". ispettore degli
Scavi, e il prof. Alfredo Ferrari del lì. Istituto Tocnico ili Piaicnza.
(2) Terram. Castellazzo cit. pag. 5.
(') La Chiavenna oggi si trova alla distanza di m. 400 circa a sud-ovest della stazione, ma
è probabile che in antico vi si acc"stasse maggiormente
CA0K80
— 8 —
KKDIONB Vili.
In base ai fatti positivi osservati collo mie esplorazioni, che oso dire accuratis-
sime, ho disegnato la pianta che prosento ai lettori (lig. 3). Essa ci mostra una stazione
estesa complessivamente por raq. 20<M0. della quale per^ l'area dei-tinata alle abi-
tazioni misura soltanto mq. 12870: la fossa, come Tarf^ine e il contratTorte. manten-
gono ciascuno in ogni punto uguali dimensioni, cioè la fossa, al pari del canale d'im-
missione, è profonda m. l.M» dall'antico piano di campatrna con ima larghezza di
m. lo, l'aririno ha una base di m. ^, e il contrafforte è largo m. l..'>ii. Per chi amasse
poi di conoscere la lunghezza dei singoli lati della stazione, dirò che l'orientale è di
m. 1.50, l'occidentale è di m. 170, il meridionale di m. 135 ed il settentrionale di
m. 130 ("). Ma ci<S che più importa di notare si òche pure la terramara Royere di
(') T,e vario misuro ritatc. fia il-lla liindiozza di opii «iiiijolo lato, sia «lolla larL'hozza «Iella
foMa e «iella baso delParirinc, nono <lìvÌMbili por .'■. Ciò si aroonla mlle osservazioni fatto pia dal
prof. rie«.rini al Tastcllazzo di Fontanellato, e avvalora la opinione da lui manifestata (Ttfrram.
Canlellazso nX. paR. (' k\v cioó i tirr.imnriooli avpssoro nn.i unità di misuri.
REGIONE VII. — 9 — MASSA E COZZILE
Caoiso ha forma di trapezio, e che i suoi Iati di oriente e di occidente sono paral-
leli. Abbiamo in ciò una nuova conferma del fatto, dimostrato anche recentemente
dal prof. Pigorini ('), che le terremare presentano i caratteri essenziali delle città
degl'Italici, quelli cioè della quadratura e della orientazione.
Cogli scavi praticati nell'interno rinvenni avanzi organici ed altri industriali, i
quali tutti trovano riscontro in cil^ che ordinariamente esce dallo terremare. Negli
avanzi organici, che furono ossa di animali, il prof. Strobel, il quale ebbe la cortesia
di esaminarli, vi riconobbe il cavallo, il porco {sus palusiris), la capra e il bue
(hos brachìjceros). Gli oggetti lavorati dall'uomo sono di terra, di corno cervino, di
bronzo e di pietra, cioè: — FiltiU. Sette fusaiuole, quattro dui creduti pesi da telaio,
tre piccoli vasi e moltissimi frammenti di stoviglie fra cui le caratteristiche anse
cornute. — Corno di cervo. Alcuni punteruoli. — Broazo. Due spilloni, di cui
uno frammentato, tre lame di coltello a foglia di salice. — Pietra. Una cote.
Ed ora, nel chiudere la mia relazione, mi anima la fiducia che pure in avvenire
i miei concittadini vorranno mantenermi il loro aiuto, onde io possa proseguire le
iniziate esplorazioni paletnologiche della provincia piacentina, dalle quali, oltre al
vantaggio che può averne la scienza, riceve notevole incremento il Civico Museo.
L. Scotti.
Regione VII (ETRURLì).
III. MASSA E COZZILE — Tombe antiche scoperte a Monte a Colle.
A oriente del poggio, sulle cui pendici sorgono gli ameni paeselli di Massa e
Cozzile, si eleva, a 4.57 metri sul livello del mare, un altro monte, conosciuto e
segnato nella carta dello Stato Maggiore col nome di Monte a Colle. Giovanni Mucci,
proprietario di un piccolo podere situato presso alla cima di esso, stava nel maggio 189U
scassando il terreno, che scende con pendio ripido verso occidente, per ridurlo a col-
tivazione, in un punto discosto dalla casetta circa un centinaio di metri, allorquando
s'abbattè in una pietra arenaria (serena) piantata ritta, in terra, a guisa di pilastro
assai iiTcgolare e scabro, alto circa un metro e mezzo e dello spessore medio di
4U centimetri. Rimossa la pietra, a circa 3 metri di profondità, riconobbe un denso
strato di carboni, in cui eran mischiati frammenti di vasi, e da un canto un vaset-
settino di terra rossa intero, che il Mucci raccolse, ma che poi andò perduto.
Seguitando in quell'anno e nel successivo a scassare il terreno, gli avvenne spes-
sissimo d'incontrare cumuli di sassi irregolari, che sovrastavano a fosse di forma ret-
tangolare, della larghezza media di m. 1,.50 e della lunghezza di m. 3,50. Pare che
complessivamente il numero di cotesto fosse sia stato di sedici. E tutte contenevano
carboni più o meno decomposti, qualche volta misti a frantumi di stoviglie.
Ma la scoperta piìi notevole occorse nel maggio 1891. Tn una di quelle tali
fosse giaceva una specie di vaso a foggia di campana capovolto, contenente un altro
(') Terram. Castellazzo cit. imtr, 1.
Classe di scienze morm.i ecc. — Memorie — Voi. II, Serie T)", parie 2' 2
MASSA E COZZILE — ".0 — REGIONE VII.
vaso coperto da una ciotola, nel quale orano ossa combuste. Disi^raziatamente il vaso
a campana fu distrutto, e non potei vederne che un piccolo frammento, d'argilla rossa,
abbastanza depurata, appartenente alla estremità del vaso che veniva a trovarsi in
cima, vale a dire al pieile rovesciato. Dalla struttura di questo frammento risulta
evidente che il vaso tiniva a punta, come le anfore romane. Io credo pertanto che
esso vaso fosse una i^rande anfora, la quale, sejjata in mezzo al ventre, sarebbe stata
usata con l'apertura volta in giù, secondo una consuetudine frequentissima ne' tempi
romani. Ma non escludo che si tratti d'un vaso fatto apposta cos'i per l'uso sepolcrale:
perchè, secondo il Mucci. esso era munito di due anse o manubri laterali, che
non combinerebbero propriamente con l'ipotesi d'un'anfora segata; essendoché la por-
zione segata avrebbe dovuto restare sprovvista di manichi. Checché sia di ciò, anche
il frammento di un'ansa, che lui fu fatto vedere, cosi por la qualit.'i dell'argilla come
per la forma scanalata, corrisponde iu ogni caso a quello proprie delle liguline di età
romana.
Sotto di quella specie di campana si rinvenne un ossuario col ventre quasi sfe-
rico e la bocca rientrante, fornito di un grosso labbro, ora rotto iu cinque pezzi, ma
che si può ricomporre quasi interamente (alto m. 0,21 ; maggior diametro 0,23) (').
Considerato diligentemente il vaso, misurato esattamente l'orificio, constatata la per-
fetta regolarità di esso e del ventre, notate certe strisele circolari che girano intorno
a questo, ho dedotto che l'ossuario sia stato fatto al tornio. Esso è di terra rossastra
simile a quella del vaso a campana su ricordato.
D'argilla di color cupo o di rozzissimo impasto, fatta a mano e malamente
cotta è invece una ciotola (alta m. 0,09, diametro 0,17) sbocconcellata da un canto,
la quale serviva da coperchio all'ossuario, e vi era posta, secondo cui rifeii il Mucci,
diritta, non rovesciata. Accanto ad essa si rinvenne un bicchiere di forma quasi
cilindrica della stessa terra brunastra (alto m. 0,10) e di grossolana fattura.
Kntro all'ossuario finalmente insieme con lo ossa combuste si trovò un pezzo
di moneta di bronzo tagliata in antico, in cui tipo e leggenda sono atfatto irrico-
noscibili.
Un secondo bicchiere di terra roizissima, un po' panciuto e scheggiato nell'orlo
(alto m. 0,08) fu trovato in un' altra di quelle fosse. In una terza s'ebbe un vasetto,
di cui restano due insigniticanti frammenti e due pezzetti di ansa scanalata. Ksso
era di line argilla rossastra, ricoperta di uno strato di vernice nera. 11 Mucci mi
accennò per ultimo ad un vasellino elegantissimo di argilla, oltremodo leggero e di
color rosso vivacissimo, disgraziatamente andato perduto, e che avrà molto probabil-
mente appartenuto al genere aretino.
Visitato il podere del Mucci e giunto al lato meridionale, dove esso confina con
la proprietà Puccini, si vide una delle pietre del genere di quelle che si sogliono
rinvenire sopra le fosse. Il Mucci si prolTerse di fare un piccolissimo .saggio di scavo;
e, rimossa la pietra e scavato il terreno sottoposto, altre jiietre un po' meno grandi
(') Cfr. por la forma Fabrctti, Scavi di Carrù nepli Atti della Società d'Archeologia e Belle
arti per U provincia di Torino, li (1879), tav. U, fig. 10-12; tav. Ili, lìg. 4.
REGIONE VII. — 11 — MASSA E COZZILE
comparvero sotto e d'intorno. Tolte anche queste, si vide chiaramente uno strato dello
spessore di circa 20 centimetri formato da una terra nericcia, grassa ed untuosa al
tatto, residuo evidente di carboni decomposti e polverizzati. Soltanto qualche pezzetto
di carbone era ancora intero, e mescolati con la terra si ravvisarono certi esigui
fraiiimentini di stoviglie di argilla rossastra e d'impasto piuttosto rozzo. Sgombrata
la l'ossa, in modo che sotto e intorno apparisse il terreno naturale senza tracce di
combustione, non si rinvenne malauguratamente alcun oggetto, e neppure alcun ve-
stigio d'ossa bruciate. La cosa parve a me alquanto singolare e mi fece nascere il
sospetto che, sebbene, come dissi, il terreno sembrasse sotto ed intorno intatto, con-
venisse tuttavia allargare e approfondire le indagini : il che l'i per lì non si po-
teva naturalmente fare.
Intanto, raccogliendo i dati, che l'analisi dei pochi oggetti serbati dal Mucci e
le informazioni assunte sopra luogo potevano fornirmi, credo di poterne trarre le
seguenti conclusioni.
1° Il sepolcreto appartenne ad un vico, che doveva sorgere sul Monte a Colle; e,
per quanto si può arguire dal pochissimo che si è scoperto, serv'i alla deposizione
di gente di povera condizione.
2° Il sepolcreto, se non tutto, almeno parzialmente è de' tempi romani, secondo
si deduce dall'indole della tomba meglio conservata o meglio esplorata. Il vaso a
campana che serviva a proteggere l'ossuario, l'ossuario stesso fatto al tornio, quel
vasello rosso non veduto da me, ma giudicato, giusta le indicazioni de' contadini, di
fabbrica aretina, finalmente la mezza moneta, la quale, sebbene corrosa, pare tuttavia
essere stata un medio bronzo romano : tutto cotesto accenna, a parer mio, indubbia-
mente all'epoca, in cui anche nella Val di Nievole era oggimai estesa la romana
dominazione.
'6° Sebbene spettante a' tempi romani, il sepolcreto serba una peculiare impronta
primitiva e paesana: di che non è da far meraviglia, essendo risaputo che, dirimpetto
all'assorbente e unificatrice cultura classica diffusa ed imposta dai dominatori del
mondo, ogni singola regione mantenne in parte, massime ne' primordi della sua sog-
gezione a' Romani, il patrimonio della civiltà che le era proprio per T innanzi, e,
ricevendo i benefici della nuova coltura, li adattò alle particolari condizioni etniche
e locali, in cui si trovava.
Ora, appunto per la consistenza d'una civiltà arcaica, rude e disforme dalla
romana classica, il vico di Monte a Colle pare a me degno di nota. A una tal civiltà
accennano la ciotola sovrimposta come coperchio all'ossuario, i vaselli di grossolana
fattura scoperti in talune delle tombe, e specialmente il rito e il modo di costruzione
delle tombe stesse. I sassi che in grandissimo numero si rinvennero accumulati sui
sepolcri e sopratutto il grande ed erto pilastro rozzamente scarpellato che serviva da
cippo a una delle sepolture, ci fanno pensare a consuetudini riscontrate in antichis-
simi sepolcreti italici, e in particolar modo in sepolcreti ligud. Mi basterà ricordare
quelli di Velleia (') e di Cenisola (-), dove le tombe erano o costrutte o protette
(») Cfr. Marietti, Aotisic 1877, sor. 3*, voi. I, p. 524 e sgpr.; tiiv. V-IX.
r«) Cfr. Todcstìi, Notizie 187!), scr. 3^ voi. V, p, S(i o s<r?r.; tav. Vili. 1\
Masetto
12 — REGIONE VI.
da sassi. Nt-l sepolcreto di Cenisela poi uscirono in luce quei roizi cippi, uno de' quali,
edito nelle .Voline 1879 ('), p»«'> esser messo a diretto coufrouto con quello scoperto
dal Mucci.
G. (illlUAKUlN'l.
Ueoiunk vi (ILUBIIIA).
W . riANKTTo {Irazione dol comuue di GaieaU) — Tomba preromana
scoperta nel terrilorio del Comune.
Fra Gaieata e Santa Sotia, al contine della provincia di Forlì con quella di Fi-
renze, in un fondo del sig. Qiiercioli, pesto a Pianutto, in occasione di piantanicnto
di viti è stata trovata una tomba composta di grossi ciottoli. Dalle notizie avute era
di combusto ; ma non ne ho potuto determinare la forma. Essa conteneva i seguenti
bronzi :[ — Due armille di verga ettagona, massiccia, a un giro e mezzo circa, assot-
tigliantesi lievemente verso le estremità e del diametro interno di mm. 42. Per forma
richiamano altre trovate qui, e specialmente quelle del ripostiglio scoperto presso
Forlì (cfr. Bull, di l'alelu. Hai. anno IX, tav. VII, mi. 9, lU). Quattro fibule
a navicella piena, fornite di tre globetti sullarco e di bottone un po' rialzato alla
punta del breve astuccio; riproducono gli esemplari che erano nel ricordato ripostiglio
(cf. lìuU. cit., tav. VII, n. (3). Altre due a navicella vuota, con soli due globetti
laterali; ma privo di cartoccio e di spillo (op. cit. d. 2). Due più piccole con sei
bottoncini distribuiti tre per parte, nelle coste del sottile arco e somigliante a quella
riportata dal Gozzadini negli Scavi .Irnoaldi- Veli, presso Bologna, tav. X, n. 10.
Cinque spilli con resti di ripiegatura e due cartocci con bottone tinaie, spettanti ad
altre fibule. Tutti i pezzi sono coperti da patina bruna con chiazze verdastre e sono
privi di qualunque ornato gratlito.
Nulla mi fu dato di raccogliere di fittili che mi si assicurò non esser stati trovati.
Come è noto, fibule a quattro globetti, con qualche dilVerenza nella distribuzione,
si incontrano nelle necropoli della prima età del ferro e scompaiono, o quasi, nel periodo
successivo.
In altra occasiono trattai di questa foggia di fibule e provai che le medesime,
quasi sempre associate alle armille semplici suddescritte, sono molto diiTuse e anzi
in assoluta prevalenza nella nostra regione, specialmente sulle pendici appenniniche
a sud-est e sud-ovest di Forlì (cf. Bull. cit. anno IX, p. 180 sgg.). Ritengo perciò
che la tomba in discorso, sia di deciso tipo italico.
Ho potuto fai e acquisto dei ricordati avanzi pel Museo forlivese, già ricco di
esemplari consimili, usciti tutti dal nostro territorio, o da lunghi contermini.
A. S.VNT.\REI,M.
(') Tav. vili. fiff. 10. Il sepolcro II. 2 (ibid. fipll. 12. cfr. p. 299-300) conlcncva un ossuario
coporto di una ciotola diritta, come pare fosse quella sovrimposta all'ossuario della nostra tomba.
IIOMA — 13 — ROMA
V. ROMA.
Nuove scoperte nella cllth e nel suburbio.
Regione III. Disfacendosi il muro di cinta di mi cito per sistemare l'ultiino
tratto della via della Polveriera, alla profondità di ni. U,80 sotto il piano stradale,
si è riconosciuto un avanzo di antico muro a cortina, per la lunghezza di circa m. 20.
Fra i materiali adoperati nella costruzione si rinvenne : un frammento di grande
coperchio di sarcofago marmoreo, con maschera scenica scolpita sull'angolo ; un pezzo
di capitello ov' è rilevata una pantera, di cui manca la testa ; un piede di candelabro
marmoreo, alto m. 0,70, sopra un lato del quale è conservata una figurina muliebre
in rilievo, con breve tunica succinta, che nella mano destra abbassata tiene una pelle
leonina e con la sinistra sorregge una lunga asta ; un frammento di lapide sepolcrale,
ove rimane soltanto:
M
NV
F
Entro il medesimo muro si trovò una colonna di granitello, del diametro di
m. 0,45, collocata verticalmente, e sporgente appena m. 0,35 dal suolo: il resto è
rimasto interrato.
Regione IV. Presso l'angolo tra la via Cavour e la via de' Serpenti, a circa
m. 4 sotto il piano stradale, è stato scoperto im rocchio di colonna di marmo bianco,
del diametro di m. 0,50.
Regione V. Intrapreso nel grande terrapieno rimasto sulla piazza Dante,
un piccolo sterro per ricavarvi una cantina, sono stati raccolti parecchi frammenti
di marmo, cioè : testa virile alta m. 0,40, con la faccia del tutto consunta ; pezzo di
gamba appartenuta a statua più grande del vero; plinto di statua, sul quale resta
un avanzo di pelle leonina; rocchio di colonna di bigio, lungo m. 0,78, diam. m. 0,30;
altro rocchio di colonna, in marmo bianco, baccellata, lungo m. 0,82, diam. m. 0, 22.
Regione VI. Negli sterri per la nuova chiesa americana sull'angolo di via Venti
Settembre e via Firenze, sono stati ritrovati: un pezzo di panneggio di statua, in
marmo bianco; un frammento di cornice, ingiallo antico, e varie lastrine squadrate
di marmo bianco, che dovettero appartenere ad un pavimento; un frammento di co-
lonna scanalata in tufo, lungo m. 0,37 ; ed un piccolo frammento di capitello dorico,
in travertino. Nel sito medesimo è stato compiuto lo sterro di una colonna, fornuita
di vari rocchi trovata al suo posto. Al primo rocchio di tufo, alto m. 1,1."), era sot-
toposto un altro rocchio di pietra sperone, anch'esso scanalato ed alto m. l,lU. Il
POMl'Kl — 11 — REOIONR I.
diametro della colonna è di m. O.OO. E-isa poiif^ia sulla propria base di travertino,
alta in. O.HO, del diametro di m. 0.7o; e questa è piantata sopra un fondamento a
massi squadrati di tufo, il quale è congiunto pon>endicolanuente con un altro tratto
di simile costruzione. Il piano di posa della base è a m. ;"> sotto il livello stradale
della via Venti Settembre.
Uegiono IX. In via Capodiferro. avanti la casa segnata col n. T), facendosi
un cavo per imbocco di fogna, alla profondità di metri 1,20 si è trovato un torso
di statua virile, in marmo, granile più del naturalo, di buona fattura. Dal collo all'at-
taccatura della coscia misura m. 1. La li^'ura è tutta ignuda; sulla spalla sinistra
rimangono le tracce di una clamide, che fu totalmente scarpellata.
Via Noraentana. Nella escavazione per fondare un nuovo fabbricato del Po-
liclinico, sono stati raccolti fra lo terre di scarico vari oggetti, cioè: un'asta di bi-
lancia, in bronzo, con appiccagnolo; un pezzo di cerniera, in osso; un cucchiaio ed
una borchia, parimente in osso; un frammento di ornato, in bronzo.
Via Salaria. Altri avanzi di muri reticolati, in tufo, sono apparsi nello sterro,
di cui altre volte si è riferito, sul piazzale esterno di porta Salaria. Si rinvennero
poi parecchi frammenti d'intonaco dipinto; un'anfora fittile intiera, alta m. 0,80. e
sette lucerne comuni. Due di queste hanno impresso il bollo FORTIS, un'altra il
bollo GABINIA, le rimanenti sono anepigrafi. In un pezzo di mattone leggesi parte
di un bollo circolare, che sembra finora sconosciuto:
I
LESAGOR —
Facendosi un cavo dinanzi al casamento n. 45 in via di porta Salaria, a circa
m. 0,50 sotto il piano stradale, si è rinvenuta una base di colonna ed un capitello
di marmo, assai guasto.
G. Gatti.
Regione I (LATIUM ET CAMPANIA).
VI. POMPEI — 1. Giornale lìeijli scaci rcdallo dai soprastaìdi.
1 dicembre. Si è ripreso il lavoro di sterro nella regione V, isola 2" ad est
della casa detta delle .\oì:e di Argento; ma non avvennero trovamenti.
2-15 detto. Non avvennero scoperte.
Il) detto. Facendosi alcuni restauri si rivenne: — Avorio. Una tessera tea-
trale col bassorilievo di una testa muliebre, a sin.; diametro mm. 31. Fu trovata
nella prima stanza della casa detta di P. Emilio Celere, regione IX, isola 7".
17-18 detto. Non si ebbero rinvenimenti.
REGIONE I. — 15 — POMPEI
19 detto. Fu causalmente trovato nei lavori per la nettezza, un medio bronzo,
imperiale, guasto per l'ossidazione.
20-31 detto. Non avvennero scoperte.
2. Nuove epigrafi rinvenute nel fondo del signor Eduardo SantiUi.
Nel fondo Santilli (cfr. Notkie a. 1893 p. 333 sgg.), continuandosi a cavare
il lapillo, son tornati recentemente a luce altri sette cippi marmorei ad erma con
le seguenti iscrizioni:
1. Alto m. 0,95, largo m. 0,24:
DELLIAEQiL
CHI AE
2. Alto m. 0,54, largo m. 0,26 :
FORTVNATAtóVe'ANc^L-
3. Alto m. 0,45, largo m. 0,20. Lettere quasi corsive:
lANVARIVS
VIX-ANN
XXV
4. Alto m. 0,97. largo m. 0,32. Lettere alhmgate :
L'LATVRNIOGRATO
PAGANO
Et MI N ISTRO
Innanzi a questo cippo era sepolta un' urna di vetro ben conservata, col coperchio,
il cui alto manubrio vuoto era messo in comunicazione con un tubo di piombo (cfr. So-
gliano in Notizie 1892, p. 252, 1 e p. 25;j, 3).
5. Alto m. 0,88, largo m. 0,31. Lettere rubricate:
L A T V R N i A
lANVARIA'CALCARlA
VIX • ANN • XXXXV
6. Grosso cippo marmoreo ad erma, alto m. 1,10, largo m. 0,50: nella metà
inferiore è grezzo, è lavorato cioè sin 1;\ dove appare l'epigrafe (cfr. Notizie 1893,
p. 333-34) :
M • PETACIO • M • F
MEN
FORCHIA — Iti — KF.OIONE II.
7. Alto m. 0.60, largo m. 0.21 :
P R V N I
CF VIXIT-
AN XVI
Le lapilli 1, li, A. ."> o 7 prescntauo verso il basso il .«olito foro circolare.
Si raccolsero inoltre poche monete di bronzo, fra cui un asse repul)blicano.
un dupondio di Claudio e monetine del basso impero, parecchi tubi di ternicotta e
qualcimo in piuuilio. messi già in comunicazione colle olio cinerarie di terracotta,
in una delle quali si rinvenne unanfoietta di alabastro.
A. SOGLIANO.
Ekoioxk II (APULI.V.
VII. l'CiKCinA. — Antichità varie riconosciute nel territorio del
comune.
Nel fondo denominato Tascaricllo, situato nella contrada di s. Alfonso, o del
Crocefisso, di proprietà dei sigg. Falco, lavorandosi la terra, presso il ciglio di una
così detta muracchia. si riconobbero alcune antiche tomlie, quasi accoppiato, rivolte
ad oriente, costruite con tegoli, ed embrici. I tegoli erano privi di bolli ed in nu-
mero di quattro pei lati lunghi della tomba. Non vi si riconobbe alcun oggetto della
suppellettile funebre e le ossa furon trovate scomposte.
Poco lungi dalle dette tombe si rinvennero due grossi blocchi di pietra lo-
cale, in forma di parallelepipedi. Nella faccia di uno vodesi praticata una specie di
nicchia di m. 0,25 X o.;{7 X 0,65. Entrambi i blocchi presentano le due facce con
prima lavoratura a scalpello. Tra la terra mossa si rinvennero alcuni rottami di
vasi neri, di impasto rozzo: un chiodo di ferro, ossidato; due monete di bronzo,
irriconoscibili per l'ossido.
Nei pressi di un'antica fabbrica, detta - la peschiera », esaminai aliuni fnmimenti
di tegole mamraate.
Nel recinto del caseggiato riconobbi un tratto di acquedotto e qualche avanzo
di opera reticolata. Osservai inoltre due tratti di grande muratura a getto, in uno dei
quali veggonsi i fori pei quali passavano tubi tìttili o plumbei.
Presso l'aia si osservano le fondazioni di muri di antiche camere, e nel ter-
reno rinvengonsi di frequente cubetti di pietra bigia ed altri di pietra bianca, ap-
partenuti a pavimenti in mosaico.
F. Colonna.
''^<*'°^^"- -17- BRINDISI
Vili. BRINDISI — Xuom titoli sepolcrali della necropoli brindisimi.
Nel fondo De Marzo Monaco, si rinvennero i seguenti titoli sepolcrali, incisi su
pietra calcare bianca:
1. Cubo, alto m. 0,92, largo m. 0,30, dello spessore di m. 0,26. Nella parte sini-
stra è scolpita una mano aperta, e nella fronte leggesi :
D M
I V L I O • HE
LIO MATE
R PIO FILI
Va A XX ■
CAMPA TIA • SE
VERA- V-A-XXI
H-S-E-NICOPOLIS F B M
POS
2. Lastra di ui. U,5(J X 0,27 X 0,07: Reca inciso:
/OCTAVlVS-
eJELTICVS ■ SACERD
V A- XXX • H • S
3. Lastra di m. 0,48 di altezza, m. 0,86 di larghezza, ni. 0,12 di spessore:
d / M
yv N I A E/
^HEOGNjT^-
4. Id. di 111. 0,40 di altezza e m. 0,.54 di larghezza:
V ■ A • XXIII
M • A E F I C I V S
HERMES
SORORI • PIENISSIME
5. Id. di ui. 0,15 X 0,27 X 0,06:
?^io-diane'n|
QV • AV ■ ATQ^
_ Nel medesimo sito si rinvenne un medio bronzo di Antonino Pio. uguale a quello
riprodotto del Cohen n. 588. '
G. Nervegn.ì.
Ci.AS.sK DI scIE^v.E MOK.vLi ccc. - Mk.moru.: - \\,l. ji, Seri,. .V, parie 2
.„„, , 18 — REGIONE 111.
8TR0N00LI '"
RKiiinNK III (UIC AMA ET BRUTTIÌ).
IX. STRoN'eitilil — 1)1 un piedislallo di slatiai onoraria posta a
Manio Megonio Lame nel Foro di Petclia, con iscrisione dedicatoria e
con un nuovo capitolo del testamento di quel personaggio.
Il IC ottobre del 18t>2 l'ispettore dott. Cesare Trombetta annunziò che, ricomin-
ciati gli scavi di antichità nel comnne di Stiongoli, iu contrada Pianette, che è ter-
reno di proprietà municipale, si scoprì il piedistallo di una statua, formalo in un solo
blocco di marmo, alto m, 1.25 largo m. 0,00, senza la cornice. Si trovò rovesciato
vicino alla sua baso, la quale rimane ancora al proprio posto. Nel prospetto reca
un'iscrizione onoraria a Manio Megonio Leone; nel lato sinistro è inciso un capitolo
del testamento di questo personaggio.
Insieme a questo piedistallo si rinvenne la mano sinistra di una statua di bronzo,
maggiore del vero, il cui indice è lungo m. 0,11, e l'anulare porta l'anello sul cui
castone è un oi-nameiito a meandro, della forma di un s. volto a sinistra.
Si scoprì pure il frammento di un grande vaso di pietra bianca o di calcare
del luogo, sul cui labbro, largo m. 0,03, doveva in origine correre una leggenda, della
quale rimane soltanto la parola:
SACRVM
Si scopri inoltre una moneta di bronzo ossidata, attribuita a Faustina Giuniore,
e molti pezzi di bronzo appartenenti ad una statua.
Nel luogo ove queste scoperto avvennero, si rimise pure iu luce un tratto di muro
a grandi massi, alcuni dei quali, formanti angolo, misurano m. 1,70 di lunghezza e
m. 0,40 di altezza ; e questi muri sono in rapporto con altre costruzioni più lontane,
che accennano a rovine di grandiosi edilìzi.
Non fu questa la prima volta che si rinvennero antichilii in quel luogo. La con-
trada Piauette, ad est di Strongoli, sorge a all'altezza di 2.")7 metri, e consiste.
come dice il nome stesso, in un piccolo ripiano sopra una delle tante colline che si
affacciano lungo la spiaggia ionica, alla distanza di circa cinque chilometri dal mare.
È distante poco più di un chilometro da Strongoli che sovrasta, sorgendo a mag-
giore altezza cento metri circa.
Quivi le scoperte di antichità furono quasi continuo, per quanto è a conoscenza
nostra, non essendovisi fatto scavo alcuno che non avesse prodotto il rinvenimento di
cose antii'he; e già fino dal 1S(Ì7 il compianto cav. Domenico Marincnla Pistoia aveva
pubblicato una memoria sopra queste antichità quivi dissepolte. Sapevasi che nel 1842
presso il diruto convento dei Domenicani erano stati rimessi a luce i ruderi di un
edificio termale, i resti di acquedotti, od i frammenti di varie lapidi iscritte: e poi
si erano scoperto altre costruzioni; e da ogni parte si avevano argomenti per provare
che in quel ripiano ebbe sede l'antica città di Petelia. La quale tesi topografica riceve
la massima conferma mediante il piedistallo marmoreo iscritto, ora rinvenuto presso
REGIONE III. • — ly — STRONGOLI
la propria base, vale a dire nel luogo che doveva conispoudero alla parte superiore
del Foro di Petelia. ove appunto avrebbe dovuto essere collocata la statua a cui appar-
teneva quel piedistallo, come sappiamo dalla iscrizione clic vi si legye.
Scavi sistematici fattivi intraprendere dall'amministrazione provinciala sui primi
del 1880 sotto la direzione dell'ispettore sac. Nicola Volante, e continuati in tutto
l'anno stesso, fecero riconoscere nuove costruzioni e diedero copiosi oggetti di suppel-
lettile domestica di età romana {Noi. 1880 ser. 3% voi. V, p. 317, 411 e voi. VI, p. 502).
Nuovi scavi fattivi nel 188G, oltre la solita messe di oggetti comuni, diedero
alcuni frammenti di una statua muliebre in bronzo, altri pezzi di bronzo di una statua
virile, e poi due piedistalli di marmo l'uno con iscrizione iu memoria di Lucilla Isau-
rica, l'altro con epigrafe in onore di Cedicia Iride. Servirono ambedue come basi di
statue che i Petelini con denaro proprio posero a quelle donne ; e per tali onoranze,
come si legge nelle epigrafi, lo stesso Manio Megonio Leone, di cui parla la lapide
ultimamente trovata, fece al municipio di Petelia cospicui doni. Anche questi piedistalli
furono trovati rovesciati presso le proprie basi che rimangono tuttora al loro posto.
Io non so se con queste scoperte si abbia la guida sicura per risolvere tutto
il problema della topografia, cioè se le antichità dissepolte in contrada Pianette ba-
stino a provare che la città di Petelia ebbe sempre quivi la sua sede. Perocché se
si considera che il luogo non sarebbesi prestato per resistere a quel lungo assedio
con cui i Cartaginesi nelle guerre annibaliche oppressero la città da loro finalmente
conquistata per mezzo della fame (Polib. 7, 1, 3; Liv. 22, 10, 30); se si considera
d'altra parte che all'età romana appartengono tutte le costruzioni e gli oggetti che
si rinvennero in contrada Pianette, apparisce sommamente probabile che la città nel
tempo che precedette il dominio di Roma avesse avuto sede sull'altura in cui sorge
la moderna Strongoli, ove tornarono a chiudersi le famiglie per difendersi dalle pira-
terie e da pericoli nell'età di mezzo.
Ma lasciando ciò da parte, certo è che Petelia nell'età della dominazione romana
ebbe sede in questa collina sosttostante al paese moderno, e se non fu città di quella
importanza che potrebbe credersi pigliando alla lettera le parole di Strabone, che la
chiamò (ir^icórrD/.ig lo'v .itvxcamv ((3,3), intorno a che è bene avere innanzi ciò che
del prof. Mommsen fu osservato (C. /. Z. X p. 15), godè indubitamente di una certa
floridezza, della quale ci fanno fede i ruderi che accennano ad edifici pubblici gran-
diosi, e le lapidi le quali sono testimoni dei monumenti che abbellivano la città.
Vero è che, argomentando da queste lapidi, la floridezza di Petelia non avrebbe
avuto lunga durata. Esse si riferiscono tutte ad un periodo ben circoscritto, il quale
comincia con Traiano e non supera l'età di Antonino Pio, ossia diu-a pochi decenni,
dalla fine del primo alla metà del secondo secolo dell'era nuova. E forse non ap-
parirà ardito il supporre che questa prosperità avesse pigliato principalmente origine
della munificenza di un personaggio, e di quel personaggio appunto di cui ci parla
la nuova base marmorea recentemente scoperta.
E poiché lo studio di essa ci offro motivo a considerazioni utili sopra la storia
dei municipi nel periodo imperiale, ne dirò brevemente, cominciando dal presentarne
il fac-simile, per cui siamo debitori al solerte dott. Solone Ambrosolj, conservatore
8TR0N00LI — 20 — • REGIONE III.
del Cìanibtìtto nuinisinatico di Milano. Questi trovandosi iu Catanzaro a riordinare il
medagliere civico per incarico del Ministero, fu prejijato di recarsi in Strou>,'oli. ove
assistito dall'ispettore locale dottoro Trombetta potè fare i calchi delle due nuove
epigrafi ; e poiché l'iscrizione in ca:atteri più piccoli presentava alcuni passi nei quali
le lettere sono appena superficialmente incise, curò che un esatto fac-siiuile riparasse
allinsuflìcieu/a dal calco.
Abbiamo adunque dal prospetto della nuova base:
/WMEGOMIOj:AA/-F^
M/* M'AA/' P R O ' W ' co R-
LiONl
AJD^IJIPVIRLEG'COR
Q_'PP'PATR_PNO^MV
MlClPlMlll^VlR'd'Q.
DECVI^I0NE5 AVGV5
TALCS P0PVLV5Q.VE
EXAERECOMLAT
0BAAERITAEIV5
cioè :
Mfanio) Megonio M(anii) f(ilio) M(anii) n(ejioti) M(anii) pronfepoti) Cor(nelia)
Leoni, aed(ilt), UH virfo) legfe), cor(nelia) i/ufaestori) ]>(cmnian) pfublicae), pa-
trono mmicipii, iiii virfo) q(uin)q(uennaU). ilornrìnim. Aufiilìiirilrx j,o/iuliisi^ue
fx aere conlal(o), ob merita eius.
REGIONE III. — L'I — STRONGOLI
dal lato sinistro:
KAPV>[XTfSTMV\lNIO
RFIP•AXVNKIPV^/v\[oRVM51M(HlS^X^VA PiDlSIRlS
INfOROSvPtRloRLSOLiAL^PlDtKBMi x\àRUORUAD|XIx\PLVMBàJ 15
QVAWvMI H I WGVrTÀl F S P05yi.I^yNT PI?0P| ( AXXQVAMXXi hi MMN I CI PFi
POSVfRVA;TF0SITAFV[Rn_14^CMN OVAf H5 Mf VlVOPOU IflTV? SVMDaRIVOiO
FXKMTtAA(OMDI(ION[ hHC MNQSSS D^f^l VO(OV7f K ViV/Rl $ 5[MI<;S I BVS
ElV^PfCUNlWOWKiiBVSANMii DH MM K 1 15 AM IQVl HT X K Al APRII
DlSTRIBVTlOriATDICvniOMlBV$ FPVIANTIBV^ XCfC OlDvCrOFXHi;
3\/K\n-VSTRATiONlSUliOviif\iTI R| O^QV/lPRM 51 NlTF SF AHOR/ì f RVNT
DIVIDANTVR It|MKVG.vSTAIIBV5 (ADIAXCOMDK I0N[ X( L DM51 VOI O
ITMVNlClPlBvSRTfllMlWTRlVSQVf 51 VVS F^A^OR[ FOCI ^ I OXA
NIBvSAnNJiSDXRivolOItiXA INCìMàPaR[ntàLI( IA X[ Il hoc
XMPFIVSSVMPIVMHOSTIAF PROVTl OCATIoPVBl I CAlMf RiTDARiVOfO
AvoBiSOFTi\AlAXVMiClPfSPfTOiTCo&oPfR'iAIVTF\ASACI?ATlSSlAAlPRlNCIPIS
«HToMiMiAN/GYSTIPil |II?fPoRV\A9Vf FIVSHANCVOlVNTAT(XX\X(AM(rD(S
Tùullm i?,'lY.''^-''''^'^l^VAM9V) HABfAT/(ToT\/AAOV[ HOCCAPVT rf5
ccL c-c,Tw, ,,^^^'^<^^'^f^'^Q^ON0^l^5PoSTf(?lSQV0QvFN0STf?IS
^^ff^P°5^'T^flMSQvO0VFQ\)IAAVNI H( I FRaAPATRIAMSVAMERJNTAD
Cloe:
KapiU ex Icslaineulo
Reij)(ublicae) inumcipum meorum, si mihi statua pedeslris
in foro superiore, solea lapidea, basi marmorea, ad exemjdum basis
quam mihi auguslales posueruiU, prope eam quam mihi municipes
5. posueruHi, posila fueril (seslerlium) c(entum) m(ilia) n(mnmum), quae eis me
\_vivo pollicilus sum, dari volo.
Ea aulem condicione (seslerlium) c(entum) in(ilia) n(ummmn) q(uae) s(upra)
[s(cripla) s(unt) dari volo, ut ex usuris semissibus
eius pecuniae omnibus annis, die nalalis mei, qui est x ìcal(endus) April(es),
distribulio fial decurionibus epulantibus (denariorum) ccc, deducto ex his
sumjHu strationis ; reliqui inler eos qui praesenles ea hora erunt
10. dividanlur. Ilem augustalibiis cadevi condicione (denarios) e l dari volo
et municìj)ibus Peleliais ulriusque sexus ex more loci (denarios singulos) om-
nibus annis dari volo, ilem in cena parentalicia (denarios) l et hoc
amjdius sumptum hosliae, prout localio publica fuirit, dari volo.
A vobis, optimi tm/nicipes, peto et rogo per salutem sacratissimi principis
15. Antonini Augusti Pii liberorumque eius, hanc voluntatem meam et dis-
posilionem ratam perpetuamque habeatis, totumquc hoc caput tes-
tamenti mei basi statuae pedeslris, quam saprà a vos (sic) pelivi (sic) mihi po-
natis, inscribendum curetis, quo notius posteris quoque nostris
esse possit vel eis quoque qui munifici ergo piatriani suam erint ad-
20. moiiianl.
STRONUOLI — 22 — RBOIONE HI.
Quattro volte ricorre il nomo di Mcgonio tra lo epigrafi latine dell'antica Petelia.
La prima è nel piudistallo di una ^jtatua che a lui posero gli augnatali, e chu
contiene oltre la epigrafe dedicatoria anche un capitolo del tet-tamento di lui, ove
si parla di lasciti che aveva fatti e pei quali potò poi meritare quella ouoranza. E in
un solo blocco di marmo, simile a quello ora rinvenuto, e conservagli ora nella chiesa
madre di Strongoli. Non si sa quando fu scoperto, nò dove; ma era conosciuto nel
secolo XVI, e probaliilmeiite fu rinvenuto anch'esso nella medesima contrada Pianette
(C.I.L.X, HI).
La seconda volta ricorre il nome di Jlegonio in un' altra iscrizione marmorea
pure rinvenuta in antico e murata attualmente nell'editicio del Monte dei Pegni in
Strongoli (('././.. X, 113). È in una semplice lastra marmorea che doveva servire
di rivestimento al piedistallo di una statua, essa pure di Megonio, con la dilTorenza
che questa nuova statua non dagli augustali soltanto, ma anche degli altri ordini
dei cittadini fu posta, ed allorquando Megonio era giunto al più alto onore della
sua carriera municipale, onore che nella lapide precedente non è citato.
La terza volta è ricordato nella base della statua di Cedicia Iride madre di lui
{Notizie ISSI), p. 172, Kjihem. Epigr. Vili 2t3U); la quarta nella iscrizione della
statua innalzata a Lucilla Isaurica {No/isic 188(3, p. 172; Ephem. Ejiigr. Vili. 201);
la quinta volta torna ora nel nuovo piedistallo, ed in tutto queste lapidi il nome
del nostro personaggio leggesi costantemente Megonio e non Meconio , come per orrore
di tra.scrizione fu ri]iri,idotto nella pubblicazione dei primi due titoli.
Per quanto concerne l'età in cui egli visse, abbiamo la notizia precisa dal capi-
tolo del testamento inciso nel nuovo piedistallo, ove Manio Megonio chiede ai suoi
concittadini che questa sua volontà testamentaria sia adempiuta jier salutem sacra-
tissiìiii jtrincipis Aiitoinni Augusti Pii liberoruvique eius, il che ci riporta agli
anni tra il 13S ed il 161 dell'era volgare.
Dunque la statua a cui appartenne il nostro piedistallo, non fu la sola che in onore
di Manio Megonio fosse stata innalzata in Petelia. Una statua gli era stata già eretta
dagli augustali; e dal capitolo del testamento inciso nella base di essa (C. /. />. X,
114) sappiamo ciie tale onoranza ebbe Megonio perchè aveva lasciato al municipio
di Petelia diecimila sesten-ì, e la vigna cediciana, che indubbiamente aveva avuta
per eredità dalla madre Cedicia Iride, come osservò il eh. (). Hirschfeld {Ephem.
Epigr., Vili, p. 74) ; inoltre perchè aveva legata per testamento una parte del fondo pom-
peiano ed aveva fatti in favore del municipio altre disposizioni. E se la statua per
questi lasciti non dai cittadini dei vari ordini, ma dagli augustali fu posta a lui,
la ragione sta in ciò che quasi a protitto esclusivo degli augustali riusciva quel
legato testamentario, per quanto ciò finisse poi a risolversi in decoro pubblico e
quindi riuscisse a vantaggio del municipio. Imperocché i diecimila sesterzi che do-
vevano essere mossi al frutto del sei per cento, e la vigna cediciana ed il fondo
pompeiano ed i pali per il sostegno dello viti, i quali gli eredi di Megonio avrebbero
dovuto fornire da altri fondi, tutto ciò insomma che era considerato in questo capitolo
del testamento, doveva servire per gli augustali a migliore comodo dei duo tricliuii
che Mcgooio aveva loro donati pei banchetti pubblici, o doveva servire pel vino che
gli augustali avrebbero bevuto in tali l)anchetti.
REGIONE III. — 23 — STRONGOLI
Una seconda statua gli era stata innalzata dai vari ordini dei cittadini, cioè dai
decurioni, dagli augustali e dal popolo, e con denaro raccolto tra i cittadini stessi;
e lo sappiamo dall'altra lapide onoraria suporiorniente citata (C. /. L. X, 113).
Ma nulla conosciamo di preciso sopra 1 motivi che diedero origine a questa seconda
onoranza, essendoci noto solamente il titolo che fu posto sulla fronte del monumento,
ed essendosi perdute le altre lastre marmoree che rivestivano gli altri lati del piedistallo.
Dove però è da considerare che la base di questa statua non fu formata tutta di un
blocco di marmo, come la base della statua innalzata dagli augustali; ma fu fatta
di fabbrica con rivestimento in lastre di marmo ; e di tali lastre è pervenuta a noi
soltanto quella del prospetto. E non è improbabile che in una delle lastre laterali
fosse stato incìso anche il ricordo della munificenza per cui Megonio aveva ottenuta
questa seconda statua, innalzata a lui dai vari ordini dei suoi concittadini, come si
è accennato. Anzi, se ben si riflette, non solo è probabile ma è quasi certo che tale
ricordo vi fosse stato. In fatti il capitolo inciso nella base della statua innalzata a
Megonio dagli augustali comincia con le parole: hoc amplius rei p(ublicae) Peieli-
nonim duri volo sestertium decem milia nummum item vineam caediciaaam, parole
che accennano nel modo più manifesto ad altri lasciti che il nostro personaggio
aveva fatti al suo municipio ; e deve essere stato appunto per uno di questi lasciti
che questa seconda statua gli fosse stata posta. Certamente sarebbe assai utile sapere
in che cosa consistessero questi lasciti ; ma intorno a ciò nulla si può argomentare
con sicurezza. Io avevo pensato che ciò potesse essere in rapporto con due munifi-
cenze di Megonio, delle quali altre lapidi petoline ci conservarono la notizia.
Un piedistallo marmoreo, rinvenuto pochi anni fa, accanto alla propria base, e
poco distante dal sito ove il nuovo piedistallo si è scoperto, reca una iscrizione
onoraria a Lucilla Isaurica figliuola di Caio, alla quale i cittadini di Petelia, con
denaro raccolto tra essi, avevano innalzato una statua. Dice l'iscrizione che in me-
moria di quella donna Manio Megonio Leone aveva donato al municipio centomila
sesterzi. Non ci dice quali fossero stati i rapporti fra Lucilla e Megonio : ma non
andremo errati supponendo che costei fosse stata sua moglie. Abbiamo innanzi
tutto una donna ingenua, e poi una somma considerevole lasciata per testamento ad
onorare la memoria di lei; il che significa che quella somma avrebbe dovuto essere messa
a frutto, e colle rendite annue di essa avrebbe dovuto farsi un banchetto, e farsi la distri-
buzione di denaro ai vari ordini dei cittadini, o nel giorno natalizio, o negli altri nei
quali era costume di onorare la memoria del defunto. Doveva trattarsi di persona
tanto nota, che bastava citarne il nome accanto a quello di Megonio per ricordare
essere essa la moglie di lui.
Un altro piedistallo marmoreo, pure con iscrizione onoraria, rinvenuto vicino a
quello ora citato, e non lungi dalla nuova ba.so recentemente dissepolta, ci fa sapere
che 1 Petelini posero una statua a Cedicia Iride, come attestato di riconoscenza a
Megonio figlio di lei; il quale per la memoria di Cedicia lasciò al municipio altri
centomila sesterzi. Ed è qui da ripetere ciò che è stato notato per la statua di Lu-
cilla, vale a dire che questi centomila sesterzi dovevano essere mossi a frutto, e dalla
somma degli interessi annui doveva ricavarsi quanto occorreva pel banchetto pubblico
STRONOOLl -1 — ItKGIONE III.
e per la distribuzione di denaro nella ricorrenza del natalizio o nell'anniversario
della morte di lei.
Ora io pen.savo che questi due lasciti, di ccntuiiiila sesterzi l'uno, ricordati nelle basi
delle statue poste alle due donne, avrebbero potuto costituire un titolo sufficiente per
far ineritare a Meirunio una :>tatua innalzataceli dai cittadini, e che la lastra marmorea
con l'iscrizione onoraria a Megonio, avesse appartenuto alla base di tale i>tatua. Ma
ho dovuto abbandonare questa ipotesi, rìllettendu che la riconoscenza dei cittadini per
la elargizione dei duecento mila sesterzi era stata sufficientemente addimostrata con
l'erezione delle due statuo alle due donne, la cui memoria Megonio desiderava ve-
dere onorata.
Deve trattarsi adunque di un altro lascito, ben distinto da quello per cui gli
angustili posero la statua, e dagli altri che per ì quali i Petelini posero le statue
alle due donno, alla moglie cioè ed alla madre di Megonio: ma in che cosa consistesse
questo lascilo che fece ottenere a Megonio una seconda statua posta a lui dai vari
ordini dei suoi concittadini, è ancora ignoto por noi.
Ikl resto, stando a ciò che sappiamo del nuovo monumento ora dissepolto, come
se tutte queste munificenze non bastassero, Megonio fece un quinto lascito, affinchè gli
fosse eretta una terza st;vtua. Ne fece egli la richiesta in modo propriamente solenne
nel capitolo del testamento inciso nella base di questa terza statua, ossia nella
base ora scoperta. Comincia infatti questo capitolo col dire che se i cittadini tutti
gli avessero posta una statua nella parte superiore del Foro, accanto alla statua
che già i cittadini stessi gli avevano quivi innalzata, e con una base di marmo tutta
di \ìù pezzo, come quella della statua posta a lui dagli augustali, avrebbero do-
vuto pagarsi ai medesimi cittadini i centomila sesterzi che Megonio aveva loro
promessi, salvo le condizioni che nel res^to del capitolo sono indicate.
Anche in mezzo agli esempi dell'ambizione piii miseranda che immaginare si
possa, anche in mezzo alle memorie che ci provano non essere stati infrequenti nei
municipi i Nasidieni Ilufi ed i Trimalcioni, sorprende che la vanità umana avesse
osato tin quello che molto ingenuamente osò il nostro Megonio, al quale non bastarono
due statue innalzategli nella stessa città, e ne volle una terza ; e non si peritò di do-
mandarla con atto pubblico.
Non già che in un numero così grande di persone onorate mancasse qualunque
documento di onoranza conceduta spontaneamente; anzi abbiamo qualche esempio di
velata modestia, come fu quella di L'aio Medio Varo, patrono del municipio di Foro
Sempronio , al quale i/itod citm anlea statua ei nomine puhlico ob merita eiiis de-
creta esset. et is honore coalentus sumjilibus publicis pepercissel, decuriones de suo
poKuennìt (Wilmanns, fi9-l). Ma .sono esempi rari, come rari nel senso opposto sono
gli esempi di coloro che a somiglianza del nostro Megonio chiesero essi medesimi che
8i ponesse loro la statua. Possiamo ricordare Postumio Giuliano di Frenaste, che fece
un lascito ai suoi cittadini a condiziono che gli collocassero una statua nel Foro, e
vi incide.-<serc) il suo testanunto (C. I. A. XIV. 2tt;i|). Ma Postumio visse quasi due
gecoli e mezzo dopo Megonio. essondo morto nell anno :{8.5 dell èra volgare, cioè
in un perìodo di estrema decadenza.
REGIONE III. — 25 — STRONGOLI
lù poiché il caso di Mt'?onio più che raro è forse unico, essendo aisai dilficile che
si trovi doeuineato di tanto sfrenata ambizione come quella di lui, che domandò ai suoi
concittadini gli innalzassero una statua, quando due altre statue gli erano state in-
nalzate nella città medesima; sembra conveniente di indagare se possa esservi stato
qualche motivo, per cui la domanda di Megonio diventi in qualche modo spiegabile.
La, statua ultima non può collegarsi ad un fatto che avesse potuto SL-gnare nella car-
riera pubblica di Megonio un grado superiore a quello che Megonio aveva raggiunto
quando gli fu innalzata l'altra statua dai suoi concittadini. Già questa carriera pub-
blica di Megonio non è tale da eccitare ammirazione. Trattasi di cariche ottenute da
lui semplicemente nel municipio di Petelia, dove giunse al più alto onore quando
diventò quattuorviro quinquennale ; e questa dignità, che era la maggiore a cui nella
sua carriera potesse aspirare, l'aveva già ottenuta allorcliò l'altra statua dai suoi con-
cittadini gli fu eretta. Dunque non era il caso di chiedere una nuova statua sola-
mente acciò nella lapide dedicatoria le dignità della persona onorata fossero più nu-
merose di quelle segnate nella statua precedente ; imperocché l'iscrizione sarebbe stata
la stessa, cioè avrebbe ripetuto, come in fatto ripete, precisamente quello che nel
piedistallo dell'altra statua fu scritto.
Ed allora se il titolo dedicatorie doveva essere lo stesso, come lo fu di fatto, e
sarebbe stato assolutamente ridicolo che la nuova statua che Megonio chiedeva fosse
stata una ripetizione pura e semplice della statua che gli era stata già innalzata, si
può indagare in che cosa la nuova statua avrebbe potuto variare, sicché si mostri
almeno un motivo possibile nella domanda che Megonio rivolgeva ai suoi concittadini.
Ricordo bene che parecchi sono gli esempi di due statue innalzate al perso-
naggio medesimo in un municipio; sappiamo pure che più di una statua fu posta
alla stessa persona nel luogo istesso, come avvenne per L. Arrunzio Rufo che nel
Foro sorrentino ebbe due statue decretate a lui dai decurioni, l'uaa fatta a spese
del municipio, l'altra per denaro raccolto fra i concittadini ( C. f. L. X, n. 689).
Ma dobbiamo supporre che L. Arrunzio Rufo non avesse rivolto lui la domanda per
queste due statue, e che in ogni caso queste non fossero state simili in tutto l'una
all'altra. Infatti, parecchie statue alla stessa persona e nel medesimo municipio non
sono concepibili se non supponendo che fossero state erette in diversi luoghi; e, se
erette nel luogo medesimo, avessero rappresentato il personaggio stesso o in abito
civile e militare, ovvero a piedi ed a cavallo.
Come fosse stata la statua che gli augustali innaharono a Megonio ci è dimo-
strato dal piedistallo che ne fu scoperto e che si conserva ora nella chiesa madre
di Strongoli {C. I. L. IX, n. 114). È di un solo blocco marmoreo; e non poteva
servire che ad una statua in cui il personaggio fosse rappresentato a piedi. E poiché
domandava Megonio che la nuova statua gli fosse eretta dai suoi concittadini con
piedestallo di un solo blocco marmoreo {solea lapidea, basi marmorea), precisamente
come quello della statua che dagli augustali gli fu posta {ad exempUm basis quam
Aiujustales posicci-unl), ne nasce di conseguenza che tale base avrebbe dovuto essere
adatta per una statua pedestre, appunto come quella che gli augustali avevano erotta.
Ma già queste deduzioni sono più clie superflue, se si ripiglia a leggero il capitolo
Classe di scienze mokm.i ecc. — .AIe.morik — Voi. II. Serie ò", ji.irte 2° 1
STR0S00I.1
— 2^j — RKOIOSE 111.
del ttìSiauiento, ove appunto una statua poilestre cliiode Megonio ai suoi conoittadini.
Ed è anche manifesto che la base della statua, che i suoi concittaìini gli avevano
già innalzata nella parte superiore del Foro, ove desiderava che la nuova statua
dovesse sorgere, non fosso simile a quella della statua posta dagli augustali ; giac-
che in questo caso Megonio avrebbe trovato più conveniente il dire che la base
della statua che chiedeva ai municipali nel Foro fosse come la base della statua
che i municipali nel Foro stesso gli avevano già innalzata; e la cosa sarebbe stata
indicata con tanta chiarezza da non aver bisogno di ulteriori dilucidazioni.
Né vi sarà chi possa supporre che la dill'erenza tra la base della vecchia e quella
della nuova statua dovesse unicamente consistere nella materia con cui le due basi
fossero fatte, riposando sopra un piedistallo di fabbrica rivestito di lastre marmoree
la statua già erettagli nel Foro, mentre la statua nuova avrebbe dovuto posare sopra
un piedistallo marmoreo di un solo pezzo. Perocché pur volendo misurare l'ambi-
zione di Megouio al livello più basso die immaginare sia possibile, non è lecito di
supporre che egli chiedesse ai suoi cittadini una nuova statua, solo per la voluttà
di sapere che la base di questa non fosse di fabbrica rivestita di marmo, come la base
della precedente, ma fosse di un blocco solo, e per tutto il resto il nuovo monumento
fosse perfettamente somigliante al primo. Ci deve essere stata una dilTerenza più so-
stanziale che avesse potuto incoraggiare il nostro personaggio ad esprimere il suo
morboso desiderio; e cosi siamo condotti ad ammettere che la statua già innalzatagli
nel Foro dai suoi cittadini non fosse stata pedestre come quella che ora Megonio chie-
deva, ma fosso stata equestre.
Ed allora si può comprendere come quest'uomo reputasse appagata la sua va-
nità se nel luogo più f.equcntato della città, ove egli era stato già rappresentato
a cavallo, fosse rappresentato anche a piedi, accanto alla statua della sua donna, ed
accanto a quella di sua madre.
E vale in conferma della cosa il considerare che non sarebbe stato facile in
quella parto remota della moderna Calabria trasportare un blocco marmoreo così grande,
come quello che sarebbe stato necessario per sostenere la statua equestre; mentre
potovasi benissimo ad una statua simile fare la base di fabbrica, rivestendola di
lastre marmoree, come in fatto si fece. E lo dimostra la lastra col titolo dedicatorie,
che indubitatamente fu applicato alla base di detta statua equestre, e che rivesti la
fronte del piedistallo, come si deduce dall'epigrafe che vi fu incisa.
Nasce da ciò la conseguenza che la statua posta a Megouio dagli augustali non
fosse stata innalzata nel Foro, ma nella sede del collegio.
Intorno alle condizioni alle quali fu fatto qU'■^t'ultimo lascito di Megonio ed
intorno ad altre questioni epigrafiche il dott. D. Vaglieri, addotto al Museo Nazio-
nale Ilomano, scrisse la nota che qui si aggiunge.
F. ISVRNABKI.
Il nuovo capitolo del testamento di Maniu Megonio, mo.>tra con rara evidenza
uno dei tratti caratteristici del mondo antico, il desiderio cioè tanto diffuso, di perdu-
rare dopo la morte nella memoria dei posteri. Insidit, dice Cicerone, quaedam in
REGIONE IH.
— 27 — STRONGOLI
optimo quoque virtus, quae noctes ac dies animum glorine stimulis coiicilat alque
admoiiet, non cum, vilae tempore esse eommetieadam camme morationem nominis
nostri sed cum omni posteritate adaequandam {prò Arch. 29). Le statue innalzate
sulle piazze e nelle case, le immagini degli antenati, le marmoreae moles dell'Appia,
che pure concutiet stenielque dies (Seneca in Poet. mia. ed. Baehrens p. 68), lo iscri-
zioni sepolcrali (') sono tutte manifestazioni di quel desiderio, al quale noi dobbiamo
tanta conoscenza dell'antichità. E come gli antichi desideravano che rimanesse il ri-
cordo della loro gloria, grande o piccola che fosse, così credevano indecoroso, che i vi-
venti non dimostrassero di frequente ai morti la loro ricordanza con sacrifizi e con
banchetti. Da qui il fiorire del culto dei Mani e le grandi solennità funebri, tanto
pubbliche, quanto specialmente private, nell'occasione dei parentalia, dei rosalia, del
dies violae, del giorno natalizio del defunto ed anche di altri giorni, oltre questi ri-
tuali (Marquardt, Staci tsv. 'ò- p. 311 segg.) (2). Da qui quella grande cura di assi-
curarsi atti di pietà da parte dei posteri, o per lo meno il semplice voto del vian-
dante, che la terra al morto fosse leggiera. Ed è perciò che tanto spesso abbiamo le
raccomandazioni agli eredi, o a comunità, o collegi, fatte anche e principalmente nel
loro interesse per mezzo di legati, e non rivolte puramente e semplicemente alla loro
pietà. Che il morto si dovesse rallegrare di quegli atti e mercè di essi rivivere coi posteri,
era opinione tanto diffusa, che vi badava anche chi non credeva ad una vita futura.
Così fa il nostro Megonio Leone, ricco cittadino di Petelia, dove egli occupò
tutte le cariche municipali : vi fu infatti aedilis, II II vir lege Cornelia {^) , quaestor
pecuniae publicae (■') , patronus municipii ed infine //// vir quinquennalis. Delle
sue prestazioni a favore della città egli fu ricompensato con onori e con statue, omaggio
reso ai suoi meriti non meno che alle sue ricchezze, che egli usò nobilmente a giu-
dicare da' suoi legati e da quello specialmente a favore degli augustali {C. I. L.
X, 114).
Nel capitolo del suo testamento testé scoperto, egli lega alla sua città, secondo
una promessa fatta in vita, centomila sesterzi alla condizione che gli fosse posta una
statua. A questa condizione, necessaria per poter adire il legato, soddisfecero subito
i tre ordini di cittadini, i decuriones, gli augustales ed il populus, che gli innal-
zarono la statua aere conlato, non ex pecunia piiblica.
Col frutto del legato al sei per cento si dovevano però pubblicamente venerare
i Mani del defunto nel suo giorno natalizio e in quello parentalis, probabilmente
nel giorno anniversario della sua morte o del suo funerale.
(1) Cf. C. I. L. Vili 2756: . . . Qme fuerunt praetoritae vitae testimonia nunc declarantur hac
scriptura postrema: haec sunt cnim mortis solacia ubi continelur nominis vel generis aeterna me-
moria etc.
(*) Cf. C.I.L. VI 10239: ... ut die parentali [meo, Item XI k. Apr. die viola]tionls, item
Xll k. lunias die rosationis, item UH k. lanuar. die natali meo, cu[m mortuus ero] etc.
(3) Cioè praefectus prò duoviro, cf. Mdumisoii C. I. L. I r- 125 e Stadtrechte von Saipensa etc.
p. 447.
(*) A Petelia la questura dovè essere un munus, non un honor, dal posto che essa occupa nel
cursus honorum di Megonio.
STRONOOLI
28 — REGIONE III.
11 SUO piorno natalizio, il 2:^" luarno, doveva ossero solennizzato con una cena
por i decurioni e j,'li augnatali ('), e con una distribuzione di trecento denari a quelli
e di centocinquanta a questi, dotraendone però la spesa dell'apparecchio (-). Kssi do-
vevano trovarsi presenti al banchetto all'ora fissata; e se qualcuno tardava, valeva
por lui lanmiouimeuto della lapido di Ferentino {C. I. L. X, '>Hi4\: [(/f] le lar-
dior a«[/] piger qucren\_s] (^). Un' altra distribuzione poi, in ragione di un denaro
a testa, si doveva faro a tutti i Petelini secondo l'uso locale. a maschi o femmine.
Quest'aiTgiunta ej: move loci, che credo nuova, è tanto più curiosa, in quanto secondo
unaltra'lscrizione Petelina {C.f.L.'K, llii), la sola che oltre alla nostia accenni
ad una distribuzione di donaio, un augustale distribuì un sesterzio a testa virilim, cioè
evidentemente soltanto agli uomini. La ditlerenza si potià foi-se spiegare conside-
rando, che quest'ultima è fatta ob honorem augustalilatis (<).
In diverso modo quel fondo doveva servire a ricordare il dies parenlalis di Me-
gonio Leone. Con cinquanta denari cioè si doveva contribuire alla spesa per la cena (^)
e inoltro si doveva pagare la vittima pel sacrifizio da farsi allora sulla sua tomba.
Ricorre spessissimo il ricordo di un sacrifizio simile {"•); ma qui abitiamo la parti-
colarità che la vittima si deve pagare al prezzo fissato nel pubblico appalto delle
cose necessarie al culto, illustrato specialmente da un passo della lex coloaiae luliae
Genclirae (')•
(') Tali biincliitli pubblici tiiin'. ...iiiuiiissinii, bcnchò senza dubbio nelle iscrizioni <ulvolla
sotto epulum si liebba intenJirc sportula. E qua.si sempre sono i decurioni e gli augustali, che
banchettano; cf. C. I. L. XIV 2793 : die natali Platine Verae filiae suae decur. et VI vir.
Aug. publice in triclinis suis cpulcnlur.
(«) Almeno questo sumbra debba essere il significato della parola strallo, che ricorre, per quanto
ricordo, scio in due altre iscrizioni. Nei banchetti del collegio dei cultori di Piana ed .\ntinoo a
Lanuvio si deve dare vini boni amphoras sinnulas et pane» a(s.uum duoru7n). qui numcrus roìiegi
fuerit, et sardas n\uìmero qualluor, strationem caldani cum ministerio {C. I. L. XIV, 2112). Inoltre
nell'altro noto capitolo del suo testamento (C. /. /-.X, 1 11) scrive Megonio Leone: Volo aulem ex
uiuti* ncmiuiUs (icsterlium) X (milium) n(ummum) comparar i {in usum) aunuslalium loci n,o-
ttri) ad instrumentum tricliniorum duum, quod eiì me vibo tradidi, candclahra et lucerna[s\
bilichnen arbitrio auguslnlium. quo facilius slrati\o\nd>us publicis obire passini. Secondo il For-
cellini, che cita Viiruvio G, 10, la parola stratio indica il luogo dove si prepara il banchetto;
secondo il Friedlaonder (Sitteng. I« p. 308) indica la coperta o i cuscini per i divani, forse ricor-
dando gli strato cauponarum di Plinio (.V. /. 16, 36, (;4) e lo slralm del testamento del Callo
(Bmns, if'on/ej iunV p. 297): stratas ibi sit, quod sternatur per eos dies, quibus cella memoriae
aperietur: ma né l'una né l'altra di queste spiegazioni panni potersi accettare. Forse é da ricordare
la fra.se tecnica: sterncre triclini um.
(») Cf. C.I.L. 11,1511: ... si quo pauciores coH[vener]int, amplius inter praestntes prò rata
divildatur} etc.
(<) Cf. del ratto Tolkr. De spec.laculis etc. p. 73 seg.
(») Questa cena è mcniion.ita in parecchie iscrizioni; cf. p. es. Orelli 3999: ... ex cuius re-
dilu qiiodonnis die pnrentalwrum ne minus homincs .MI ad rogum meum vescerentur.
(•) Cf. specialmente il ccnotafio pisano, C /■ L. XI, 1120 lin. 18 segg.
Pi Cf. C. I. A. n Suppl. 54.39 cap. I.XIX : ... Il viri qui post colon{iam) dedwit]fim primi erunt,
a in tuo mafi(istratu) et quicumque II vir(i) in colon(ia) luì(ia) erunt, ii in diebus L.\ proxumis,
quibus eum maij(islralum) gerer-: coeperint, ad decuriones referunto, cum non minus -VA' aderunt,
SAIIDINIA — 2!) — TERRANOVA FAUSANIA
L'ultima parto del documento corrisponde in genere all'altro capitolo del testamento
di Megonio, inciso nella base della statua a lui eretta dagli augustali. Egli desidera
che si approvi e duri eterna la sua volontà e la sua disposizione ('), e che il capitolo
del suo testamento sia iscritto sulla base della statua perchè la cosa si ricordi (-),
e i posteri imparino ad essere munifici verso la patria {^). Peraltro qui è aggiunta
una foripula assolutamente nuova, perocché egli invita i suoi concittadini ad approvare
il suo testamento per salutem sacralissiml prlacipis AalotUni Augusti Pii libero-
ramque eius. Egli non minaccia la multa che spesso è intimata nelle lapidi, per
coloro che avessero mancato ai doveri imposti nel testamento, né si affida soltanto
all'obbligo che i suoi concittadini s'assumevano, accettando il legato; egli mette
invece in seconda linea la memoria della propria persona e dei proprii meriti verso
Patella, ponendo innanzi la devozione al sacratissimo imperatore. E questa gli
dava sicurezza, che gli oneri imposti nel suo testamento si sarebbero adempiuti, che
i suoi ilani sarebbero stati venerati e che la sua memoria sarebbe durata.
D. Vaglieui.
SARDINIA
X. TERRANOVA FAU8ANIA — Oggetti di età romana e costru-
sioni varie riconosciute nel territorio comunale.
1. Nel luogo vocabolo la conca di la padda, situato nella regione loiri mannu,
a circa sei chilometri da Terranova, furono scoperte da certo Salvatore Fogu, il quale
vi faceva uno sterro per impiantare le fondazioni d'una casupola, cinque tombe in-
terrate a m. 0,40 di profondità, e vicinissime fra loro, senza ordine di regolare alli-
neamento. Esse sono degne d'interesse per la loro struttura la quale, per quanto
é a mia cognizione, apparisce ora la prima volta nelle tombe di Sardegna.
L'interno presentasi in forma quadrilatera, variando la lunghezza da m. 1,80
a 2 metri, e la larghezza massima in m. 1,10. Nell'alveo è disteso un selciato di
pietre alquanto grosse, non lavorate, negli interstizi delle quali sono state conficcate
altre pietre minori. 1 muri di cinta sono formati da eguali pietre, del pari rozze,
senza rivestimento di calce o cemento, ed hanno l'altezza di m. 0,(35, e lo spessore
di m. 0,30. La copertura d'ogni tomba consiste in un lastrone granitico, che posa
mi redemptori redemptorihusque, qui ea redrmpla habchunt qme ad sacra resq{ue) divinas opus
erunt, pecunia ex lege locationis adtrihuatur solmturq{ue). Cf. TertuU. de idoìol. 17: /wn liostias
locet (V. Mommsen, Eph. Epir/r. 3 p. 104; Staatsr. 2' p. 428j.
(') Cf. C.I.L. X, 114 lin. 41 sugg. : hatic voluntatem meam ratam et ut perpetua forma
observetis.
{•) Cf. 1. e, lin. 4:! segg. : quo facilius autem nota sit corpori veslro haec erga vos volun-
tatem (sic), totum loco /caput quod ad vcstrum honorem pertinet cfc.
(') Cf. a I. L. XIV 3679. •
TBRRANOVA FAirSANlA — 30 — SAlìDI.SIA
sui mentovati muri laterali, od eccedo di molto lo dimensioni della tomba, giacché
esso raj^'i^uiigo in media in. ;i,()0 in lunghezza, ni. 2,(K) in larghezza, con lo spes-
sore di cent. 20; solo in una lastra lo spessore fu riscontrato in in. U,;12. In ogni
tomi)» stava uno scheletro quasi disfatto dall'umidità, senza indizio di suppellettile
funebre. A pociii pas.si dalla tomba s'incontrò l'avanzo di una muraglia costrutta con
rottami di mattoni, e ai piedi di essa due lunghe pietre scalpellate, unitamente a
frantumi di embrici o di vasi littili. Vi furono anche raccolte alcune monete guasto
dall'ossidazione. Poco distante da quell'area, nell'interno d'una costruzione ciclopica
caduta in rovina, raccolsi io stesso alcuni pezzetti di ossidiana, e la parete d'un vaso
nerastro, fatto a mano, e d'impasto ordinario, il quale sonza dubbio appartiene al-
l'epoca preistorica.
2. Cinque chilometri da Terranova, nella regione Moronsit, ove spesso si rinven-
gono monete antiche, fu trovato in una piccola scavazione apertasi da un certo Sal-
vatore Serra, il residuo d'una conduttura per acqua, consistente in un canaletto ri(jiiadro
con pareti di pietra, intonacate, e ricoperto da embrici. Slargato lo scavo s'incontrò
un gruppo d'informi avanzi di fabbriche costruite a mattoni, e si raccolse un piccolo
tubo di piombo, lungo in. 0,7.'>, e poche monete ossidate, delle quali una sembra ap-
partenere a Claudio li.
3. Nella regione Frali Ziania, aprendosi una larga scassatura per fare un de-
posito d'acqua pel bestiame, furon messe all'aperto le fondamenta d'una casa in la-
terizi; essa è a pianta quadrata, coi lati di m. 9.50 e conserva da un lato cinque
gradini di granito, i quali trovansi anconi a posto, e corrispondono ad un vano esi-
stente nel muro del manufatto. La detta località dista circa sei chilometri da
Terranova, e vi si trovano con frequenza monete romane. Due anni or sono vi si rac-
colse un pane di piombo in forma ovale, attraversato nel mezzo da due fori circolari.
4. Nel predio vocabolo Sticcatu, posto sulla stessa linea della regione anzidetta,
e distante quasi quattro chilometri da questo paese, si rinvenne seppellito a circa
ra. 0.20, un recipiente quadrato di granito. E lungo m. 0,30, largo m. 0,18, con
pareti alte m. 0.12. Nello stesso predio, in un fosso aperto lungo la sponda d'un
fiumicello, si misero alla luce gli avanzi d'un pavimento in calcestruzzo, sul quale
stavano rovesciate due colonnine granitiche.
5. Essendosi ultimamente riattivata una cava di prestito sul versante della col-
lina, dietro la basilica di s. Semplirio. vennero .scoperte due tombe antiche costrutte
con pietre e cemento. Sottostavano al piano della campagna m. 0,(Ì0; i muri ave-
vano l'altezza di m. 0,50, e lo spessore di m. 0,25; il piano lungo m. 1,80, largo
m. 0,70, consistc^va in un battuto di calcestruzzo. La vòlta era formata da lastre gra-
nitiche, rivestite all'esterno da uno strato cementizio. In una di queste tombe fu rin-
venuto lo scheletro in buona conservazione, raccogliendosi in mezzo alla tona pochi
frantumi di fìttili, e due ampolline di retro azzurrognolo; nell'altra si trovarono in
prossimità ai piedi del cadavere, un'anforetta priva di anse, col collo stretto, e mancante
del fondo, e un piattello leggermente concavo, alquanto scheggiato negli orli: am-
bedue questi fittili .sono d'argilla fini.ssima, e lavorali al tornio.
G. Cavandosi nell'interno del paese il terreno per impiantare la conduttura del-
•fn/i/.v; 1
— :U —
TERRANOVA FAUSANIA
l'acqua potabile, si linveiiiiuio a più riprese molti avanzi di antiche costruzioni, di
cui qualcuna con blocchi enormi, scalpellinati. Numerosissime le monete. Di esse,
stando alle narrazioni fattemi, ne vennero raccolte non meno di tremila, ma andarono
disperse fra gli operai, e poi vendute ; ed io non ho potuto esaminarne che una pic-
cola parte che ho diligentemente studiata e confrontata. Appartengono a Treboniano
Gallo, Valeriano, Gallieno, Cornelia Salonina, Aureliano, Severino, Tetrico, Floriano,
Probo, Caro, Numeriano, Diocleziano, Massimiano Erculeo, Costanzo Cloro e Galerio
Massimiano. Le dette scavazioni hanno inoltre restituito alla luce una straordinaria
quantità di embrici e mattoni frammentati, con avanzi di antiche stoviglie e di ve-
trerie, chiodi, e altri piccoli oggetti di ferro ; couie pure un residuo di mattonella
fittile, su cui sono impressi ornati in rilievo a meandri, e fogliami elegantissimi,
un anellino di bronzo per dito, ricoperto di bella patina verdastra, e due frammenti
marmorei con le lettere :
7. Nel gettare le fondazioni d'una nuova ala di fabbrica, presso la casa di certo
Salvatore Fedele, entro l'abitato di Terranova, si posero al nudo le vestigia di an-
tiche costruzioni in quadratura, con traccie di fabbricati accessori sporgenti sugli
angoli; là presso si scoprì una vaschetta rovinata, in forma ovale, con impiantito so-
lidissimo tirato a perfetto pulimento, raccogliendovisi alcune monete di piccolo mo-
dulo in cattivissimo stato, due oggetti di ferro contorti e acuminati, di uso incerto,
una lama di coltello affatto corrosa, e parte inferiore di una lucernina fittile con
bollo ben conservato.
8. Nel giardino Tamponi,, vicino al porto, furono scoperti casualmente due pez-
zettini di cristallo lavorati in forma concava, e un frammento di lamina di bronzo
opistografa che appartiene ad un diploma militare. Vi si legge
9. In un cavo apertosi nel cortile del nominato Luigi Negri, all' entrata del
paese, si ebbe a trovare un tubo di terracotta lungo m. 1,20, molte monete sformate
dall'ossido, e alcuni piccoli arnesi di ferro di uso ignoto.
r. Tampo.ni.
Roma, 18 febbraio 18ti4.
REGIONE XI.
— U:j — GRAN SAX BERNARDO
FKI3BH AIO
Regione XI (IRAN SPADANA).
I. GRAN SAN BERNARDO — Quarta relazione degli scavi al ^ Pian
de Jiipiter " .
Con gli scavi, cominciati nel pomeriggio del 22 di agosto dello scorso anno (1893),
proseguiti nel restante del mese, senza interruzione, salvo la domenica 27, e terminati
il primo giorno di settembre, si è condotta a fine la esplorazione del Pian de Jii-
piler, ch'ebbe principio nel 1890 e continuazione nel 1891 e 1892 (').
Rimaneva da scavare il mezzo e la parte sud-ovest del piano : frutto di questi
lavori fu la scoperta di resti di muri del medesimo genere di costruzione ed in ge-
nerale del medesimo spessore (m. 0,90) di quelli dell'edifizio sterrato nell'anno scorso.
Questi avanzi molto guasti, di altezza variante da m. 0,90 a 0,50, sono troppo pochi
per potere ricavare l'intera pianta dell'edifizio, il cui asse devia alquanto dalla dire-
zione di quelli del tempio e dell'altro edifizio, col quale ha comune la disposizione
generale dei muri, sicché può tenersi come un' altra casa della mansione del monte
Penino.
11 viandante adunque, che aveva salito il versante italiano, uscendo dalla strada ('-)
e giungendo sul piano, trovavasi a destra ed a sinistra due edifizt fra loro separati
da uno spazio assai più largo della strada percorsa. L'edifizio di sinistra, come ab-
biamo dedotto dalla grande quantità di tegoli e di carboni raccolti all'esterno del
suo muro occidentale, doveva essere coperto da un tetto a due pendenze assai spor-
genti (3). Non si è potuto fare uguale ossen-azione per l'edifizio di destra, i cui pochi
(') Notizie 1890, p. 294-305; 1892, p. 63-77, p. 440-450. Era nostro desiderio lasciare .^fl•atto
libera l'area scavata; ma lo stato di rovina, in cui si trovano i ruderi disscpolti, ci consigliò di
provvedere alla loro conservazione ricoiirendoli con terra. Questn lavoro di ricoprimento non si è po-
tuto ancora ultimare : nel finirlo pros.simamente è probabile clie dalla terra, anche già ripetuta-
mente rovistata, venga fuori ([ualche altro piccolo oggetto, qualche moneta.
(2) Nei piani, che accompagnano le mie relazioni degli scavi degli anni procedenti, è segnata
sol.imfiite una parti- della strada romana; in quello ora dato (p. 3-1) ho creduto non inutile di tracciare
quanto rimane di questa strada. Ter la descrizione dei duo ultimi tratti vedi Notizie 1800, p. 2!>4.
(') Notizie 1802. p. ti:;.
Classe di scikn/k mokam eco. IIf.mokik — V<d. II, Serie .'i", parte 2" 5
GRAN SAN BBKNAKlai
— ;i4
REUIONK XI.
niiloii furono ticoperti in un luogo rovistato dagli scavatori antecedenti più ancora
dell'area doU'altra casa. Può darsi che la loruia del tetto non ditl'erisse dall'altro, e
si può crederò che l'ingresso si trovasse sul lato rivolto a tramontana, nou in quello
ad oriente, in faccia al muro occidentale del tempio, dal quale lo si può supporre
separato da una certa dibtanza, forse la stessa (metri 7) ciie intercede fra il piccolo
avanzo di muro più ad oriente e gì' incastri occidentali del santuario. Infatti sul
suolo roccioso, contiguo a questi, non si veggono tracce di altri incastri. Il tempio
aveva un edilizio in faccia ? Un leggero intaglio in un tratto di rupe sul prolunga-
mento del muro meridionale della casa dissopolta l'anno passato farebbe supporre
l'esistenza di qualche altra costruzione, che però non doveva giungere sino al san-
• 'A
.'\ strada rnmaiin ìi Piati de Jupiler
tuario, e rimpetto ad esso, non discernendosi niun indizio di spianamento e d'intagli
sulla roccia che lo fronteggia, e la quale ci parve abbia potuto essere l'altare pre-
REGIONE XI. — ."jò — GRAK SAN BERNARDO
romano di Penino ('). Libera adunque doveva essere la vista dinanzi al tempio, di
fronte a cui si presenta la CheaaleUan con l'alta sua punta e ai piedi del monte lo
stagno, da cui si estrassero pregevoli oggetti votivi.
Nelle costruzioni della mansione dovevansi trovare scuderie non solo per le bestie
da soma, ma anche per quelle da tiro; poiché non parmi vi sia ragione por negare
noU'aiitichitìi il paesaggio di veicoli per questo colle, che era valicato da soldatesche,
talvolta in grosso numero e necessariamente con cavalleria e con carri (-).
Fra gli oggetti raccolti nelle ultime escavazioni primi per importanza sono tre
tabelle votive di bronzo, una delle quali dorata. Questa ultima (alta m. 0,055, larga
m. 0,112), fu estratta dalle macerie all'esterno dell'edifizio scoperto l'anno scorso.
Con lettere di nini. 9 nella prima riga e di mm. II nelle due altre vi è incisa
l'iscrizione:
C- VETTIVS'SALl
P'P- LEG' XV
V ' S ■ L -M-
C. Veltlus Sai... p(rmi)p{ilus) leg{ionis) XV v{o(um) s(olvU) l{ibens) m{erito).
Per la legione, in cui servì questo ufficiale, fu essa la XV Apollinare, che da Augusto
(') Notizie 1892, p. 65.
(-) Per esempio il passag^'io dei soldati di Vitellio guidati da Cecina nel 69 hibernis adhuc
Alpilm (Tacito, Iliit., I, 70). — Il De Saulcy (Rev. arcL, nouv. sèrie, t. Ili, 186, p. 454 e seg.),
la cui ipotesi è stata fatta sua daU'Hirschfeld (C. /. L., XII, n. 5519), suppone che le venticinque
miglia segnate nell'itinerario antoniniano e nella tavola peutingeriana per la distanza da Octodurus
(Martigny) al summm Poeninus non si riferiscano che al tratto carrozzabile, che doveva terminare
verso Bourg-Saint-Pierre, ove esiste un milliario col numero XXIIII: la strada rimanente sarebbe
stata soltanto mulattiera e quindi trascurata dagl'itinerari. Ma, anche ammesso, come pare ]irobabile,
che il milliario non sia mai stato mosso da quel luogo (non so dove il Durandi, Alpi Graie e
Pennine, Torino, 1804, p. 50, abbia tratto la notizia che il milliario si trovasse un tempo al ponte
di Nudry sulla Dranse, due chilometri prima di giungere alla sommità del colle), non si può esser
sicuri che non esista un errore nelle cifre degli itinerari, come vi è per la distanza fra Aosta e il
Penino. L'antoniniano dà venticinque miglia, numero da ridursi; la carta peutingeriana aumenta an-
cora la distanza, e reca venticinque miglia fra Aosta ed Eiuìracinum e tredici fra questa stazione
e quella della sommità del valico. Sia Eudracimum l'attuale Saint-Kómy, sia da collocarsi più in
basso (Ktroubles ?), la cifra è pur sempre esagerata. Dunque sulle distanze degl'itinerari non vi è
qui da Contare: piuttosto è da notare la stazione fra Aosta e il Penino con una distanza segnata
(sia pur essa erronea); argomento per credere la strada sul versante italiano aperta ai veicoli, e
quindi tale pure sull'elvetico.
Certamente il passaggio non ha dovuto essere molto frequente: le offerte votive a Giove Pe-
nino rivelano la poca tranquillità d'animo di coloro, che dovevano traversar il monte temuto ; ma
le condizioni di viabilità erano certamente migliori all'età romana, di quanto furono in appresso
e sino a ieri. Qualche giorno dopo la fine degli scavi di quest'anno fu aperta la strada carrozzabile
sul versante svizzero, costrutta a spese del cantone Vallese col concorso dell'Ospizio. Per quanto so,
non si fecero trovamenti antiquari, salvo un certo iiiimero di monete di argento, inglesi dei seculi
XI e XII, probabilmente peculio di un viandante perito por istrada. Se, come è da sperare, si )ir(i-
lungherà questa strada sul nostro territorio sino a Saint-Uemy, si avrà cura di vigilare sulle pos-
sibili scoperte archcologiclie.
GRAN SAN HERNARDO — '■>''> — REGIONE XI.
a Nerone ebbe >t;in/.a in Pannonia. dove tornò al principio del regno di Vespasiano e
rimaso siuo ai tempi di Traiano, ovvero la XV Primigenia, di' ebbe breve vita, «la Claudio
sino a Vespasiano come pare ('). e .sedo nella Germania inferiore? La forma dei caratteri
accenna al primo secolo; la mancanza di titolo alla legione non è sufficiente a far
supporre che il dedicante abbia collocato questa taltella quando non esisteva che una
sola legione XV. Agli esempi di omissione del nomo della legione, anche quando
questo seno a distinguerò legioni col medesimo numero, un altro da aggiungere ci è
somministrato da una lastra da noi scoperta in suolo ancora vergine nella parte meri-
dionale del piano, non lungi dal tempio, ft alta m, 0,05'); con l'aletta di destra,
che le rimane, misura m. U,ll;^ di larghe/za; l'iscrizione, dentro una riquadratura
formata da semplici linee, ha lettere di min. 8 nella prima riga, di nini. 7 nella se-
conda, () nella terza, .'» nelle due ultime:
M • C A S S I V S
FESTVS
MILES LEG XOIV^-I
RVFI
V S L M
if. Cassius Fesfus miles leg(ionis) X {cenluriae) Iu[iy{i) liu/ì v{otHm) s(plcìl) l{i-
l^ens) m{erilo).
Due legioni X esistettero sin dal tempo di Augusto, la Pretense, ch'ebbe i suoi
quartieri in Oriente, e la Gemina dapprima in Ispagna, poi nella Germania inferiore
fra i tempi ili Vespasiano e quelli di Traiano, nei quali passò nella Pannonia supe-
riore. K ben probabile che il nostro milite fosse ascritto a quest'ultima. Questa tavo-
letta, fissata da principio con due piccoli chiodetti nelle ali, fu iermata di nuovo
più tardi malamente, forandosi il gentilizio del centurione, su cui però non rimane
alcun dubbio.
La terza tabella di voto fu rinvenuta in terra già da altri rovistata e parimente
nella zona meridionale. È alta m. 0,U72. larga m. 0,08;:<, con lettere alte mm. !•:
sic I PEONINcf
IVLc-FORTV
NATVS B F «3
COS
V«S'L«)M
/(oy/) I\oc)nino lul(ius) Fortunaius b(ene)f{iciarius) co(n)s{ulam) viotum) s(olvil)
l{i/j€/is) inferito).
Oltre a queste trovammo un piccolo franiiiieuto di sottile lamina di bronv;o
(a. m. 0,01, 1. m. 0,035) con la sola lette.a a sbalzo, alta mm. 15:
(') Cf. Ritterlinj;, It- i-gione Romana .V gemini. Lipsino, 1885, i<. 81 e icgg.
REGIONE XI. — y? — GRAN SAN BERNARDO
e due alette di altre tabelle (a. m. 0,084 e 0,095); nel foro di una di esse era
piantato un grosso cliiodo di ferro. Questi frammenti non appartengono a nessuna delle
tavolette esistenti nella collezione dell'O.spizji.
Il numero delle tabelle votive del Gran San Hernanlo è ora di cinquanta; una
decina ò dì frammenti insignilìcanti. Quarantima di esse sono possedute dall'Ospizio;
una dal ;iiuseo Britannico ('), una dal museo di Berna (-), una da quello di Brunswick (■') ;
le altre sei sono perdute o celate (■*).
Una piccola statuetta di divinità venne ad aumentare il numero di quelle sco-
perte precedentemente al pian de Japiler (^). È questa una graziosa Pallade di
bronzo (a. m. 0,055) con alta e lunga cresta sull'elmo e col petto coperto dal manto.
La dea ha il braccio destro alzato per tenere l'asta, di cui si trovò una parte del fusto,
ed ha il braccio sinistro pendente. Posa sul piede destro con la gamba sinistra
alquanto ripiegata in dentro. Ad una statuetta più grande di squisitissima fattura
doveva appartenere un piede destro ignudo di bronzo bianchiccio con bellissima pa-
tina, nel quale sono ottimamente indicate le muscolature. Il calcagno è rotto, nello
stato attuale misura m. 0,039 di lunghezza. La gamba era vuota: la pianta mostra
di aver posato sopra un piedistallo. Ad una mano di maggior grossezza apparte-
neva un dito mignolo di bronzo mancante della parte inferiore e lungo m. 0,028,
trovato negli ultimi scavi, che ci diedero pure una bella mascherina di bronzo,
1. m. 0,045 ed a. m. 0,045, con la bocca aperta e traforata destinata ad essere infissa.
Alla raccolta degli ornamenti personali devono aggiungersi i seguenti: Fibula
di oro (a. m. 0,035, 1. m. 0,03; peso gr. 3,12), formata di un sottile nastro, la
cui massima larghezza è di mm. 4, con due fori alle estremità, in cui passava una
spilla di ferro, della quale rimane una parte ossidata ; fìbula di bronzo, l. m. 0,065, con
arco depresso, mancante dell'ardiglione e con la molla interamente coperta dall'os-
sido; altra simile pure a molla, 1. 0,040, con grossa staffa e senza ardiglione; altra
fìbula ad arco, a. m. 0,025, 1. m. 0,045, con una capocchia sulla coda e due ai fianchi
della cerniera ora priva dell'ardiglione; altra della medesima forma, ma più grossa,
a. m. 0,029, 1. m. 0,05, e senza ornamenti sulla cerniera; fibula di ferro, a.
m. 0,037, 1. m. 0,068, con arco a nastro, che va restringendosi verso la statìa,
rotta come la punta dell'ardiglione, il quale parte da una molla di quattro
giri; frammenti di altre fibule; due fermagli di bronzo con un dischetto con-
(1) C.I.L., V. n. 6866.
(2j Ibid., n. 6883.
(3) Ibid., n. 6872.
{-') Ibid., n. 6878, 6886, 6888, 6889, 6890, 6891. Quelle indicate coi numeri 6886 e 6890 fu-
rono trovate nel 1837 dalla contessa Calieri di Sala: ignorasi dove tinirono; non pass-^rono all'erede,
presso cui ne ho fatto ricorca.
Trentadue tabelle sono riprodotte nel C. I. L. V, n. 6863-6891. Cinque delle altre furono per la
lirinia volta pubblicate dal prof. Barnabei nei Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, se. nior.,
T. IH, 1887, p. 36I-.367, e nove da me ìieglì Atti dell' Acc. delle se. di Torino, T. XXIV, 1888-80,
p. 291, p. 838 e seg., e nelle Notiiie 1890, p. 296, nota 2 e p. 303; 1892, p. 06, 68, 445.
('') Vedi Notizie 18!)2, p. 71, •118.
OH\S SAN BERNARDO — 38 — REGIONE XI.
tornato da globetti, l'uno intero e l'altro rotto; un pezzetto di lastrina di argento
con due borchiette, elio forse fece parte di un" estremità di cintura; un'armilla fatta
di un nastro sottile di bronzo a. m. 0,01 , diani. in. 0,05.'). con una riga incavata
longitudinalmente; sette anelli di bronzo, di cui due con qualche ornamento; tre
gemme inciso, cioè una specie di topazio (m. 0,013X0,014) con un calice fra due
deltiui, una corniola (m. 0,007 XO.Olò) con uu leone a sinistra, ed in atto di slan-
ciarsi, ed un onice (m. 0,011X0,009) con una figura giovanile a sinistra incisa
nello strato inferiore nero e spiccante sul fondo bianco delio strato superiore; uno
spillone di bronzo rotto con capocchia ovoidale; un battone di osso; cinque di pasta e
di pietra di vario colore; giani di collana, di pasta vitrea.
Le armi scoperte (') furono: un ferro di lancia 1. m. 0,12, di forma piramidale
con base triangolare di m. 0,03 di lato e con gorbia esteriormente corta (m. 0,017),
di millim. 2 di spessore, l'asta entrava nella parto piramidale; una cuspide pirami-
dale piena 1. in. 0,15 con sezione triangolare di m. 0.03 di lato, mancante della
gorbia ; un ferro di giavellotto 1. m. 0,108, di cui m. 0,088 per la punta a seziono
quadrata di m. 0,015 di lato con gorbia a cono vuoto; un altro 1. m. 0,145. con
la punta 1. m. 0,066 alquanto smussata, parimente a sezione quadrata di m. 0,016
di lato e con gorbia a cono vuoto, per la cui rottura si vede che l'asta vi penetrava
per almeno 35 millimetri; quattro punte di freccie, di cui una a foglia di lauro
(lungh. totale m. 0,08, della gorbia m. 0,035, largh. della punta m. 0,02), un'altra
a rombo smussata 1. 0,035 con traccia del legno entro la gorbia, una terza I. 0,06
della forma di piramide quadrilatera di m. 0,009 di lato e con punta in basso, che
s'infiggeva nell'asticella, come la quarta 1. in. U.055 a sezione di triangolo con lati
convessi; la lama di un pugnale con la punta .smussata, lunga m. 0,28, di cui m. 0,065
per il codolo piatto, e larga presso il codolo m. 0,037 ; un' alt.-a col coJolo e con
la parte inferiore rotti, 1. m. 0,25; un pezzo di un'altra; un calzuolo di asta conico
I. m. 0,12 e con diametro alla baso di m. 0.025.
Gli altri oggetti fo.niti dagli ultimi scavi fmono: la parte superiore di un can-
deliere di ferro, a. m. 0,25, quasi uguale a quella rinvenuta l'anno passato (-'). con
punta piramidale di base quadrata, e mancante di uno degli uncini laterali; un'altra
simile, ma molto rovinata; due sbarro di ferro di sezione quadrangolare di min. 8
di lato, l'una lunga m. n,24, l'altra più corta per rottura, entrambe ripiegate in cima
e terminanti in una punta piramidale (credo servissero per infiggervi piccole candele,
e fossero o piantate nel muro od attaccate ad un fusto); un gancio di ferro, che pare
(') Nel dci-crivi'rt; il fcrr" di jnluin cMmi.it" iluc anni ur Simo {SolUie, 1892, j). 4 Ifi) mi sfujr»:^
di dire quadrata la seziunc della )>unta, laddnvc ( ssa è trian^rularc. Imdtre ho dellu che il peso ori-
orinario doveva essere di iiocc superiore all'atlnale (pr. 1305). Al contrario il peso antico era quasi
il doppio; come ho potuto verificare facendo fare un ferro simile. Esso pesa pr. 2370; una jierfofla
identità fra l'antico e il nuovo nell'interno è impossibile, essendovi in lineilo avanzi dell'asta, che
impediscono di scorgere sino a che punto la gorbia er.i vuota, ^■|■di Atti dell'Acc. delle se. di Torino,
t. X.XI.X, p. 150 e sepg.
(«) Xotiii* 1892, p 1 1.'..
REGIONE \I. — 3;i — GRAN SAN HERNARDO
abbia servito per tener appesa uua lucuriui; due lame di coltello a foglia di salice
e doppio taglio prolnugantisi in un manico quasi cilindrico (1. m. 0,2;3); duo altre
lame di coltello ad un taglio solo col eodolo sul prolungamento del lato minore non
tagliente, 1. m. 0,15 e 0,12; altre lame della stessa forma rotto; un ferro di falcetto
a. m. 0,125; la parte superiore di un altro più grosso; l'impugnatura di osso di un
pugnale o coltello, 1. m. 0,075 della figura di quattro piani esagonali sovrapposti e
diminuenti di grandezza; un piccolo manico di osso con dentro un pezzo di ferro;
un pezzo di osso lavorato, che può aver fatto parte dell'impugnatura di una lama;
uno stilo di ferro ; mollette di bronzo, probabilmente per la depilazione, 1. m. 0,052 ;
una spatola di bronzo per l'unguento od il belletto, 1. m. 0,076, che mostra aver avuto
un manico di altra materia; im oggetto pure di bronzo, che può essere stato destinato
al medesimo uso ; un coperchietto di bronzo od ornamento a forma di rosone, del
diametro di m. 0,035; un grosso manico rotto di ferro rivestito di bronzo; il manico
di una casseruola di bronzo ; quello di un vaso con testa di ariete, 1. m. 0,045 ; ima
maniglia di bronzo con righe longitudinali rilevate, a. m. 0,027, 1. m. 0,045; una
grossa maniglia di ferro a. m. 0,15, 1. m. 0,37; parecchi frammenti di ima sottile e
lunga lamina di bronzo (a. m. 0,08) ripiegata e contenente tilauienti di legno; altri
pezzi di lamine di bronzo, che hanno servito per rivestimenti ; una piastra rettangolare
di bronzo con trafori, a. m. 0,041, 1. m. 0,085; chiodetti di bronzo; altri pezzi dello
stesso metallo ; parecchi pezzi di catene di ferro con anelli a forma di 8, più o meno
lunghi e più o meno aperti sul mezzo ; sette chiavi di ferro di varia forma e gros-
sezza; alcuni arnesi di ferro guasti o di uso ignoto; ganci, grossi anelli, pezzi di
lastre, chiodi pure di ferro ; frammenti di anfore, di vasi di forma e grandezza dif-
ferenti di terra cotta grossolana e fina, tra questi ultimi qualche pezzo con bella
vernice nera di riflessi argentini ed altri con vernice corallina, talvolta con lavori in
rilievo, il fondo di un vasettino pure a vernice corallina e col l>ollo :
ARRI
di cui altro esempio si ha nella Narbonese ('); un altro col bollo in impronta
di piede:
OF • MERC
esso pure noto nella Narbonese, nella Spagna, nel Piemonte (-) ; un terzo con le lettere :
2AM
(') C. I. L. XII, II. 568G, 7G.
(«) Op. cit., II, 11. C257, 110; XII, 11. 5G8G, 582; Atti della Soc. di nrrheolotjia e belle arti
per la prov. di Torino, T. V, p. 11 il. n. .1.
GRAN SAN BERNARDO — 40 — REGIONE XI.
una lainpaiia tìttik' rotta col uoiue :
POTIDES
frammenti di bottifflie, coppe od altri vasi di vetro, fra cui di un vaso di vetro j,'iallo
con ornamenti bianchi e di un vaso turchino parimente con ornamenti bianchi, un pezzo
di vaso di vetro bianco, su cui è inciso un pesce a sinistra u sotto:
le lettere minori sono alte min. 4 le maggiori mm. L'i.
Nei frammenti raccolti di tegoli con bolli, oltre a quelli già noti, trovossi in due :
l> C- CASSI <l
intiero nell'uno, rotto null'altro. Il sigillo è nuovo per il pian dv Jupiter ; però
nell'Ospizio gi;\ si conservava un pezzo di tegola con questo nome, scoperto anni sono
sul versante elvetico, nel luogo detto le fond de la Combe. Nuovi sono pure i se-
guenti, che ci pervennero rotti:
con lettere alte 34 millimetri :
dove l'ultima lettera e bene distinta e la forma di essa e delle altre non permette
di crederlo parto del sigillo;
l>
PVBL'C
ovvio sui tegoli del Gran San Bernardo. Un pezzo di tegolo reca il bollo:
fìl-P-N"!
un altra l'avanzo:
REGIONE XI. — 41 — GRAN SAN BERNARDO
che ci fanno rettificare quello scoperto precedentemente, per meno buona conserva-
zione letto ('):
I>|l-p-nivp[<
Vi è dunque uu cognome principiante per Nijmp.
Notiamo ancora fra il materiale laterizio dissepolto tre frammenti di antefisse.
Non poche furono le monete, rinvenute quasi tutte in terra già smossa. Eccone
l'elenco :
Galliche.
1 (pot. gr. 1,97). Tipo come in Von Duhn e Ferrerò, Le monete galliche del
medagliere dell'Ospizio del Gran San Bernardo, nelle Mera, della R. Acc delle
scienze di Torino, serie 2^, t. XLI, tav. I, n. 2. ^. Cervo a sin. con la testa ri-
volta a d. (Von Duhn e Ferrerò, p. 342, n. 21).
2 (pot. gr. 4,35). Testa barbara a s. con diadema di due fascie molto oblique.
I?l. Cavallo geometrico a s. con le gambe ripiegate e la coda a forma di S (Von Duhn
e Ferrerò, n. 36).
3 (pot. gr. 2,8.5). Altra simile.
4 (br. gr. 2,92). REMO. Tre busti accollati a s. lì!. [RE]MO. Vittoria in una
biga in corsa a s. (Von Duhn e Ferrerò, n. 59).
5 (br. gr. 2,86). Altra simile, nel diritto e nel rovescio [RE]MO.
6 (br. gr. 1,98). Altra simile, nel diritto [REMO] e nel rovescio REMO.
7 (pot. gr 2,12). Due teste imberbi addossate come le teste di Giano, con la
dirterenza che una è in senso diritto e l'altra è capovolta 1{). [AIAoYIN]. Cinghiale
a s. (Von Duhn e Ferrerò, n. 63).
Romane.
8 (br. gr. 42,20). Asse (con un buco nel mezzo).
9 (br. gr. 16,70). Asse.
10-12 (br.). Tre assi tagliati per metà.
13 (arg.). Vittoriato.
14 (id.). Denario di Lucio Valerio Aciscolo (Babelon, Descr. des monn. de la
rép. rom., t. II, p. 519, n. 18).
15 (br. med.). Ottaviano ed Agrippa, coniata a Nemaimis (Cohen, Descr. des
monn. de l'Emp. rom., 2^ ed. t. I, p. 179, n. 10).
16-17 (id.). Altre due tagliate per metà.
18-20 (arg.). Augusto (Cohen, t. I, p. 69, n. 43).
21-34 (br. med.). Td. (Cohen, t. I. p. 94, n. 228).
35-37 (id.). Altre tre tagliate per metà.
(') Notizie 1SP2, p. 11:5.
Cl.ASSB DI sciKNZi'. MORALI ucc. — Memorik — Voi. II, Sode 5', parte 2*. fi
GRAN SAN BERNARDO — 12 — REGIONE XI.
38-41 (id.). Augusto (Cohen, t. I, p. 05, n. 237).
42 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 9t). n. 244).
43 (br. picc). Id. (Cohen, t. I. p. 111. u. 352).
U (br. <rr.). Id. (Cobon. t. I. p. ll'.i, n, 407).
45-47 (br. picc). Id. (Cohen, t. I, 122, n. 42.")).
48 (br. med.). Id. (Cohen, t. I, p. 124, n. 437).
49 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 125, n. 440).
5U-.M (id.). Id. Due moneto, entrambe di fabbrica barbara, ma diversa (imit;v-
zione del n. .")04 Cohen, t. I, p. 137).
52 (id.). Augusto (Cohen, t. I. p. 1 :'.'.». n. .Jl')).
53-55 (id.). Monetarii di Augu.sto irriconoscibili.
5fi-57 (id.). Altre due tajjliate por met;\.
58-59 (br. picc). Monetarii di Augusto irriconoscibili.
60-61 (br. med.). Marco Agrippa (Cohen, t. I. p. 17.'). n. 3).
62 (id.). Id. — [M- AGRIPPjA LFCOSIII. Testa di Agrippa con la corona
rostrata a s. l(. ROM ET AVG. Altare di Lione (')•
63 (id.). Tiberio (Cohen, t. I, p. 191, n. 14).
64 (ib.). Id. (Cohen, t. I. p. 191, n. 18).
65 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 192, n. 24-26).
66-69 (id.). Id. (Cohen, t. I. p. 193, n. 37).
70-71 (id.). Due monete logore di Tiberio.
72 (id.). Augusto 0 Tiberio (Cohen, t. I, p. 95, n. 240, oppure p. 193, n. 31
0 34 0 37).
73 (id.). Druse giuniore (Cohen, t. I, p. 217. n. 2).
74 (id.). Antonia (Cohen, t. I, p. 223, n. 6).
75-76 (id.). Germanico (Cohen, t. I, p. 224, n. 1).
77 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 226, n. 8).
78 (id.). Moneta logora di Germanico.
79-80 (id.). Caligola (Cohen, t. I, p. 240, n. 27-29).
81 (id.). Id. (Cohen, t. I. p. 240, n. 28-29).
82-83 (id.). Claudio (Cohen, t. I, p. 250, n. 1).
84 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 254, n. 47).
85-87 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 257, n. 84).
88 (br. picc). Nerone (Cohen, t. I. p. J'.'l. n. ]>.\).
89 (br. med). Id. (Cohen, t. I. p. 298 e seg., u. 2iiii-ò\):>),
90 (id.). Vespasiano (Cohen, t. I, p- 369, n. 13).
91 (arg.). Id. (Cohen, t. I, p. 376, n. 102 o p. 377 n. 125).
92 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 377, n. 125).
93 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 384, n. 222).
<J4 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 395, n. 364 o 365).
95 (id.). Id. (Cohen, t. I, p. 401, n. 432).
(') Credo 8cono8cin1a questa moneta Ji Agrijiiia ibrida, al i«ari dei n. 1 e 2 C.dun, t. I. \k 17.5.
REGIONE XI. — 43 — GRAN SAN BERNARDO
96 (br. med.). Tito (Cohen, t. I, p. 420, n. 4).
97 (arg.). Id. (Cohen, t. I, p. 452, n. 272).
98 (br. gr.) Domiziano (Cohen, t. 1, p. 498, n. 314-316).
99 (arg). Id. (Cohen, t. I, p. 505, n. 412).
100-101 (br. med.) Due monete logore di Domiziano.
102 (br. gr.) Adriano (?).
103 (br. med.). Moneta logora di Antonino Pio.
104 (id.). Marco Aurelio (Cohen, t. Ili, p. lo. n. 109).
105 (id.). Id. (Cohen, t. Ili, p. 39, n. 78).
106 (br. gr.). Id. (Cohen, t. Ili, p. 57, n. 564).
107 (arg.). Moneta logora di Marco Aurelio.
108 (br. gr.). Faustina giuniore (Cohen, t. Ili, p. 143, n. 96).
109 (br. med.). Id. (Cohen, t. Ili, p. 146, n. 123, o p. 147, n. 130).
110 (br. gr.). Moneta logora del secolo I o del II.
111-144 (br. med.). Trentaquattro monete logore del secolo I o del II.
145 (br. gr.). Moneta logora del secolo II o del III.
146 (br. gr.). Severo Alessandro (Cohen, t. IV, p. 432, n. 305).
147 (arg.). Id. (Cohen, t. IV, p. 444, n. 429).
148 (id.). Id. (Cohen, t. IV, p. 459, n. 563).
149 (id.). Filippo seniore (Cohen, t. V, p. 98, n. 33).
150 (id.). Valeriane seniore (Cohen, t. V, p. 303, n. 57).
151 (id.). Gallieno (Cohen, t. V, p. 363, n. 173).
152 (br. picc). Id. (Cohen, t. V, p. 400, n. 617).
153 (id.). Moneta logora di Gallieno.
154 (id.). Claudio Gotico (Cohen, t. VI, p. 135, n. 50).
155-162 (id.). Otto monete logore del tempo di Gallieno e di Claudio Gotico.
163 (br. picc). Moneta logora di Crispo.
164-167 (id.). Quattro monete logore del tempo di Costantino e dei figli.
168 (id.). Moneta logora di Magnenzio.
169 (br. med.). Valentiniano I o Valente (Cohen, t. VIII, p. 88, n. 12 o
p. 103, n. 11).
170 (id.). Graziano (Cohen, t. VIII, p. 130, n. 30).
171-174 (br. picc). Quattro monete logore del secolo IV.
Negli scavi precedenti ed in que.sti si rinvennero non pochi ossi di animali bo-
vini, ovini, suini; due grosse e lunghe corna appartengono ad un bovino di una razza,
elle tuttora esiste, ma non più in quei monti, dai quali disparvero pure, ma non da
tempo remotissimo, l'orso ed il cinghiale : trovaronsi molti denti di questa fiera ed
una mandibola di quella. Di ossa umane si riconobbero due mandibole, due parietali
ed un pezzo di occipite. A qual tempo rimontano ?
Fra le cose scoperte da noi e dai nostri piedecessori sul pian de Jupiter
ninna vi ha, salvo Io moneto galliclie, la quale si possa assegnare con certezza ad
età preromana. I fittili rozzamente lavorati possono benissimo essere prodotti di gros-
solana industria locale, contemporanea alle perfezionate officine, donde uscirono quegli
GRAN SAN BERNARDO
— 14 —
REGIONE XI.
altri, di cui trovainiiio copiosi avanzi. Negli strumenti, nello armi, negli ornamenti
della persona, in una paiola in t\ilto il resto, nulla si prosenta con impronta di un'in-
dustria anteriore ai tempi imperiali, ai cui ini/i rimontano il santuario e hi man-
sione, comò i lavori stradali del monte Penino ('). Per esso, non ostante l'aspro cam-
mino {-), un po' più frequente era divenuto il passaggio nel primo secolo avanti
l'èra volgare, come attestano lo di.>iposi/ioiii dato da Cesare nel -u por la sicuro/./a
di esso (') e le moneto galliche colassi! dissepolte ('). E assai probabile che prima
delle romane non esiste.ssero costruzioni sul colle: per il culto di Penino {•') doveva
bastare la rupe, intorno a cui si scoprirono in copia monete galliche con nummi della
repubblica romana ("). Fra le cose votivo, anche fra le tabelle, più abbondanti sono
quelle di bel lavoro, conio in maggior numero sono lo monete del primo secolo, spe-
cialmente dei Giulii e dei Claudii, ultime delle romane quelle di Teodosio e dei
tìgli c).
Il tempio ha sofferto una profanazione attestata dagli oggetti votivi spesso vio-
(I) Probabilmente cuiiiiiiciatì subìtu di>|iii la coiiijuista del paese dei Salassi e la fondazione
di Augusta Practoria (2.') av. C). Anche ammettendoli fatti d(.])o la conquista della Kczia (15 av. C.)
ed il principio delle guerre gerraauichc (Mommsen, Róm. Geschichte, t. V, p. 18), il ritardo è di
poco tempo.
(») Cf. Strabonc, IV, 0, 7, p. 205.
(3) Rell. Gali, HI, 1.
(*) Le monete galliche del Gran San Bernardo descritte nel catalogo fatto insieme col eh.
Von Dahn (Mcm. della R. Acc. delle sciense di 'forino, serie 2* t. XLI, p. 331 e segg.), nel quale
sono comprese anche le poche trovate nel 1890, ammontano a 418. Negli scavi dogli anni seguenti
se ne rinvennero 74, e vi è da aggiungere un piccolo numero di altre, che ci erano rimaste ignote,
quando compiemmn il nostro lavoro.
(5) Cf Livio, X.VXI, 28.
1°) Notizie, 1802, pag. 64 e sgg.
P) E peccato che non tutte le moneto romane scoperto al pian de Jupiter si trovino nel-
l'Ospizio e che quelle, che vi esistono, non siano state distinte dai nummi di straniera provenienza.
Mi 6 sembrato non inutile riunire: in uno specchietto i gruppi delle monete romane esistenti nel
medagliuro dell'Ospizio prima dei nostri scavi, per la maggior parte delle quali si può presumere
il rinvonimento al pian de Jupiter (ho escluso quelle, della cui origine diversa ho avuto sicura
informazione e separato i gruppi delle monete fornito dai nostri scavi):
scoperte prima
degli ultimi scavi
Repubblica romana. 130
Imperatori (iiulii e Claudii .... 305
Da Galba a Domiziano Gii
Da Nerva a Commodo 134
Irricunoscibili dei sec. I-II ....
Da l'ertinace a Valeriano 137
Da Gallieno a Carino 141
Da Diocleziano a Gioviano .... 252
Da Valenliniano I ai figli di Teodosio 67
Totale 1322 303 1625
scoperte negli
Total.
scavi 1890-93
27
157
152
547
19
85
18
152
37
37
10
147
19
160
13
265
8
75
REGIONE XI. — 4ò — GRAN SAN BERNARDO
lenteraente infranti, spesso scagliati lontano, come le belle statuette e le altre cose
ricavate dallo stagno: gli editìzì della mansione furono consumati da un incendio.
La devastazione del santuario e la rovina della mansione avvennero nel medesimo
tempo ? Ovvero quello fu violato prima, quando trionfò la religione di Cristo, e la
mansione si conservò sotto i Burgundii e poi sotto i Franchi padroni dei due ver-
santi del, monte ? A queste domande non possiamo rispondere : solo a cagione delle
monete caroliugiche (') ci è dato supporre colà un ricovero, almeno nel secolo IX (-).
Siasi conservata la mansione, sia caduta e poi risorta più tardi, certo è che (vero-
similmente per le devastazioni, di cui quei monti furono teatro nel secolo X per opera
dei Saraceni annidati nel Vallese) il luogo ora deserto quando San Bernardo di Menlhon
nel secolo XI (^) venne a fondarvi la sua casa ospitale ad un mezzo chilometro
dall'antica stazione e dall'altra parte del lago, che occupa la sommità del colle, ado-
perando per tale costruzione le pietre della mansione e del tempio (^). A questo poi
ci sembra accenni il cronista della Novalesa (secolo XI) , allorché, a proposito della
discesa di Carlomaguo nel 773 parla di un tempio sul Monginevro costrutto con
pietre riquadrate congiimte con ferro e piombo (■''). Carlomagno non valicò il Mon-
ginevro, ma il Cenisio; per l'Alpe Penina passò con parte dell'esercito lo zio Ber-
ci) I^oHzie 1889, p. 393; 1890, p. 805; 1892, p. 77.
Fra gli altri og<;etti qualcuno può essere dei primi secoli del medio evo : non ve n'ha però
di quelli, in cui indubbiamente si palesi l'industria delle genti barbariche.
(-) Non parliamo di un monastero, parendoci infondate le notizie, che vuoisi lo concernano.
Esse si riducono a quella di un « Vultgarius abbas ex monasterio quod est situm in monte lovis u
circa l'anno 820 [Formuìae Merovingici et KaroUni aeoi, ed. Zeumer, Hannoverae, 188G, p. .321);
a quella di nn " clericus nomine Benedictus, ipsius loci (cioè del monte Giove) aedituus n neir826
{Ada Sanctorum, ian. t. U, p. 284) ed all' « hospitale quod est in monte lovis » escluso dalla ces-
sione dei contadi di Ginevra, Losanna e Sion fatta da Lotario II al fratello Ludovico II nell'SSD
(Ann. Berlin., a. 859). Ma d'altra parte si ricorda neir842 o 849 il " monasterium S. Petri quod
ad radicera mentis situm est" Ada Sandorum, aug. t. III.p. 613), un » Hartmannus elemosinarius
s. P(etri) montis lovis n verso r851 (Cartulaire du chapicre de Notre Dame de Lausanne, Lau-
sanne, 1846, p. 8 in Mcm. et doc. piilliés par la Soc. d'hist. de la Suisse romanie. t. VI); 1' « ab-
batiara montis lovensis Sancti Petri » in una carta del 1011 (Grémaud, Doc. rei. à Vhist. du Vallais,
t. I (XXIX dei ]\Iém. de la Soc. de la Suisse rom.), p. 54). Questi testi spettano ad un monastero
a Bourg-Saint-Pierrc, al quale pure sono da riferire i primi sopra citati. Notisi la esclusione dcl-
Vhospitale . . in monte lovis dalla cessione del contado di Sion. In questo trovavasi Bourg-Sainl-Pierre,
ma non il pian de Jupiler, che ha dovuto sempre appartenere al territorio di Aosta.
(') Non nel precedente, come comunemente si è creduto. Vedasi il recente studio di monsignor
J. A. Due, vescovo di Aosta, A quelle date est mort Saint-Bernard de Menthon ? (voL XXXI della
Miscellanea di storia italiana).
(■*) Il racconto del culto idolatrico rinato in quei luoghi e della statua di Giove distrutta dal
santo non appartiene che alla leggenda. La vita di San Bernardo, piena di favole, che contiene sì
fatte narrazioni e va sotto il nome di Riccardo di Val d'Iscra, successore a lui nell'arcidiaconato
di Aosta (Ada Sanctorum, iunii t. II, p. 1077) è compilazione tarda e senza valore.
{^) li In niontem (ieminum ... in quo olim templum ad honorem cuiusdam Caco doo, scilicet
" lovis, e.x quadris lapidibus plumbo et ferro valde conncxis, niirae pulchritudinis quondam con-
" structum fucrat ». Chron. Novuliciense, III, 7.
GRAN SAX BERSARDO — 4(1 — REGIONE XI.
nardo ('). Non può darsi una confusione fra i due personaggi, un errore nel nomo
del monte, ma in pari tempo un ricordo del santuario di Penino (-) ?
A circa due chilometri prima di giungere al pian de Jupitcr, sopra un altopiano
della superficie di un l.')00 metri quadrati, sorge una casa, chiamata la Cantina di
Fontiales, la quale serve come luogo di riposo ed all'uopo di rifugio per coloro, che
salgono il versante italiano del monte. La casa odierna fu costrutta uel I8:i5; ma
quivi fin dalla metà del secolo XIII esisteva un piccolo ospizio (^). Trovansi sparsi
sul suolo rottami di tegoli romani: il canonico Lugon vi raccolse una moneta im-
periale.
Queste traccio di una casa antica destinata al medesimo scopo dell'attuale in' in-
dussero a farvi saggi di scavo, nei quali si scoprirono molti pezzi di tegoli, di cui
imo col bollo:
RP- A
un altro con:
resto del sigillo Ilijlae, uno col nonio:
l> P V B L' C <
un altro con avanzo del medesimo bollo: questi due sono di terra gialla; mentre
quelli con uguale impronta scoperti al pian de Jtipiter sono di terra rossa. Rinvenimmo
poi una certa quantità di framiiieuti di vasi fittili grossi e piccoli, qualcuno di terra
fina con vernice corallina, e di vasi di vetro, chiodi e carbone, che mostra la distru-
zione di quesf appendice della mansione romana essere avvenuta come quella dogli
editìzi principali. I saggi di scavo non mi condussero allo scoprimento di muri : forse
la casa romana era nella medesima area della moderna.
(') Einardo, Ann., a. 77:5
(*) Nel 1881 si scoprironci iivanzi antichi sul Monu'inevro, ove si sa esisteva una stazione ro-
mana. Si suppose appartenessero al tempio menzionato dalla cronaca novaliciensc (Bull t'pi(/r., 1882,
p. 47) , ed io stesso ricordai si fatta identificazione, descrivendo la strada di questo monte (Mem.
della R. Are. delle sciente di Torino, serie 2* t. XXXVIII, ]>. 441). Ma la notizia del ritrovamento,
che fu pubblicata e molto scarsa; nò si fece un'estesa esplorazione, la quiile sarebbe impresa utile
per la scienza e lodevole per la Francia, sul cui territorio avvenne la scoperta.
Non sappiamo poi in quale misura materiali degli editìzi del pian de Jupiter abbiano servito
alla primitiva costruzione dell'Ospizio, né so di là se ne trassero ancora per le ricostruzioni e le
ampliazioni successive. Ho trovato i conti delle spese per la rifabbric.izione di una parte di esso
nil l'j.'iS, dopo un incendio: non vi è però cenno alcuno su trasporti di materiali dal pian de
Jupiter.
(') Martfuerett.iz, /l«''ie/n hòpilaux du vai d'Aoste, Aoste, l^'O, p, 1 | .• s^ri,'- "'"'r. dal 7°
Bullettin della .Socict'i Accademica di .SantWnselmo di .\osta).
REGIONE VI. — 47 — FOSSOMBRONE, ASSISI
Né risnltamento più soddisfacente ebbero gli scavi, che per cura dell'Ospizio si
sono latti ad un chilometro e mozzo da esso sul versante elvetico, in un luogo detto
le forni de la Combe. ove i pezzi di pietre e di tegoli sul terreno attestano l'antica
esistenza di un edificio, anche esso dipendenza della mansione in summo Poeniao.
In questo luogo si osservano avanzi della strada scavata nella roccia, e a destra di
chi scende dalla sommità del colle si vede intagliato nella rupe un piccolo condotto
per avere l'acqua da uu ruscello a circa dugento metri di distanza: se ne possono
seguire le traccie per tratti assai lunghi.
Nell'escavazione quivi fatta dal canonico Lugon, come monsignor prevosto e gli
altri superiori dell'Ospizio, sempre disposto a favorire le nostre esplorazioni ed i
nostri lavori, si trovarono frammenti di tegoli, di cui due di terra rossa con resti
del sigillo:
I>|PVBL'C <l
una fibula di bronzo ad arco ed a cerniera mancante dell'ardiglione, alta m. 0,025,
larga m. 0,035; un peso (?) di pietra nera circolare (gr. 146); una moneta di Augusto
(Cohen, 2* ed., t. I, p. 95, n. 237); una di Agrippa (ibid., p. 175, n. 3); una irrico-
noscibile dei tempi di Tiberio con la contromarca impressa due volte:
IMP///////
frammenti di vasellame cretaceo e vitreo, chiodi ed altri pezzi di ferro.
E. Ferrerò.
Regione VI (UMBRIA).
II. FOSSOMBRONE — Di una statuetta di bronco scoperta fuori
la citta.
Nella località detta Culla, non lungi dal mulino dello stesso nome, apparte-
nente alla signora Teresa Cesarini di Fossombrone, posto sul monte Cesana, a nord
della città, un contadino, atterrando un albero, rinvenne una statuetta di bronzo vo-
tiva rappresentante una divinità muliebre. È alta m. 0,07, e raffigura una donna
avvolta in lungo manto con una patera nella mano destra. Colla sinistra molto con-
tratta stringe qualche cosa di indistinto.
A. Vernarecci.
III. ASSISI — Rilievo sepolcrale scoperto nel territorio del comune.
Il sig. Francesco del Bianco, facendo eseguire lavori agricoli nel suo fondo
presso s. Potente, scopri un cippo di travertino, largo inferiormente m. 0,61, supe-
riormente m. 0,5!» ; alto m. 0,GO, e dello spessore di metri 0,39. Nel piano superiore
CAPOLONA — 48 — REGIONE VII.
sono due incavi a base qnailrata, di ni. 0.20 di lato, profondi m. (Kì't, che dovevano
essere destinati per le ceneri di due defunti; erano chiusi da coperchio ornato con
rilievi di due pelte. Nel prospetto, entro campo rettangolare, largo m. 0,45, alto in. 0,35,
è rappresentato in bassorilievo un uomo adagiato su di un letto, poggiando il gomito
sinistro sul guaciale, nell'attiUidiui' con cui sono raftigurati quasi sempre i defunti
sui coperdii delle urne etrusche nel territorio volterrano, nel perugino e nel chiusino.
Regge con la destra un oggetto rotondo, ed Iia la sinistra sopra una patera (?).
Presso di lui, nello stesso letto siede una donna coperta di velo, reggendo con la
destra un bambino ignudo che lo sta ritto innanzi. La donna ed il bambino posano
i piedi sopra uno sgabello, che alla sua volta è posato sopra il suppedaneo.
Nel campo tra lo ligure pendono due festoni.
A. Brizi.
RAGIONE VII {BTRURIA).
IV. CAl'OLONA — .\ra»:ì di. un'antica via a poca disianza da
Are:::o.
Nel parlare dell'antica figulina di Publio Telilo, stabilita al ponte a Buriano
sull'Arno Notiiie 1803, p. 138), accennava che di quivi si dipartivano o diramavano
due vie, sulla destra dell'Arno, seguendone l'una il corso verso Firenze, e l'altra ri-
salendolo verso il Casentino. Ora è venuta nuova occasione di parlare specialmente di
questa, e ne profitto volentieri, perchè non ne riinane ricordo o traccia alcuna: se non
che vi sono elementi invero scarsi per segnarla e seguirla con qualche sicurezza.
La strada antichissima da Arezzo giungeva al ponte a Buriano passando da Ga-
lognono, che poi fu costituita Pieve ora distrutta. Alla riva opposta presso il ponte.
Publio Telilo stabilì la fabbrica dei vasi rossi a rilievo incirca ai tempi di Siila: ne venne
Publio Cornelio e se ne impossessava, seguitando a lavorarci con gli stessi operai.
Ma cessò presto, che la fabbrica fu trasferita con loro a Cincelli a meno di un chi-
lometro di distanza sopra la via, che risaliva il corso dell'Arno. La quale via aveva
suo principio proprio dal ponte, e sul bivio era un' edicola edificata probabilmente
con due sole colonne dinanzi, a ordino corinzio, come si vede da un capitello rimasto.
Per la sua posizione noi possiamo credere che fosse dedicata ai Lari compitali,
com' era di costume.
Di l'i costeggiava la collina di Cincelli, chiamata allora Centum-Cellae, come
si trae da carte dell'età di mezzo. Nelle sue falde, e sopra la via, e rimpotto all'Arno
lavorava Publio Cornelio, certo un liberto di Siila, e venuto colla colonia corneliana
in Arezzo. Ma si riscontra che prima di lui, o insieme a lui era ivi un' altra figu-
lina tenuta da Caio Cispio. lo propendo a credere elio per alcun tempo fossero soci
di quell'industria almeno in quel luogo, perchè tranne che a Cincelli non s'incontra
nei vasi il nome di Cispio, commisto a quello di Publio Cornelio. Ora che vi sia
stata stretta relazione o comune interesso fra questo due famiglio si rileva dalla let-
tera di Cicerone al proconsole Quinto Valerio nel raccomandargli un Publio Cornelio,
REGIONE VII. — 1'* — CAPOLONA
dicouilo<,di : P. ConK'liu.s, qui tibi lia^ litterai> dedit, est mihi a P. Caspio com-
iiientatiis (Famil. XIII, G). Dal quale passo si potrebbe anche rilevare il tempo,
in cui Moriva la loro tigulina.
Ma dopo avere addotti tanti argomenti, che i vasi aretini si fecero, e si spar-
sero in Roma e nel mondo romano dai tempi di Siila a quelli di Augusto, noi ne
al)biamo oggi un'altra prova manifesta. Il sig. ing. Vincenzo Funghini nell'csplorare
nuovamente la figulina di Cincelli ha trovato molti avanzi di quella di P. Cornelio,
e tra questi una piccola coppa ornata, e segnata RODO , che apparisce essere degli
ultimi lavoranti di Publio Cornelio. Vi si vede in giro ripetuta per quattro orli l'im-
pronta di una medaglia colla testa giovanile di Augusto, col nome AVGVSTVS, la
quale medaglia è collocata in mezzo a due delfini guizzanti. Tutto questo è relativo
all'assunzione del nome di Augusto due anni dopo la vittoria navale di Azio, avve-
nuta nel l'anno 723 di Roma, vittoria simboleggiata dai due delfini. Questa data è
importantissima per la storia dei vasi aretini, segnando la loro decadenza, per essere già
scomparse prima della figulina corneliana, quelle della Rasinia, Memmia, Perennia,
e Tellia, che produssero le opere più fine e leggiadre a bassorilievo nei loro vasi
destinati ad onorare le mense.
Poco sopra a Cincelli l'antica via, della quale ha il Funghini verificato sicure
traccie, si biforcava; l'una seguiva l'Arno, e andava verso la Badia di Capolona, ora
distrutta, e ridotta, nome che proviene da Cap/U leonis, se possiamo prestar fede alle
carte del mille. L'altra si dirigeva alla Pieve s. Giovanni. Fra Cincelli e questa
Pieve si transita per Casa rossa, dove pare che fosse un'altra fabbrica di vasi co-
rallini, che non si è ricercata. Alla Pieve, che ha l'aggiunto di s. Giovanni in Sul-
piciano, onde il fondo fu della famiglia Sulpicia, fanno capo, come era ancora da
supporsi, più vie, delle quali non terremo conto. Quindi la principale scende a un vil-
laggio chiamato Apia, nome che conserva dall'antico, e che è di provenienza italica,
se non vogliam dire pelasgica, essendo Apia in Arcadia la sede di Pelasgi. Sotto
Apia si scorge qualche traccia, e lì presso sono stati trovati dei sepolcri, di cui per
non aver veduto gli oggetti non ho potuto certificare il tempo: solo mi è capitato
un asse onciale di Roma del secolo secondo avanti Cristo.
Da Apia la strada volgeva alquanto a destra per Busseto. Quivi nel 1654 fu-
rono discoperte due urne cinerarie di marmo assai eleganti, lo quali erano iscritte:
l'una del nome di Lucio Valerio Pesto, l'altra di sua moglie Crispinia, le quali ora
sono nel museo di Firenze (C. /. Z. XI, 1863, 1864). Sia per la paleografia, sia per
l'arte appartengono al secolo primo dell'impero, e Busseto (Buxetum) era adunque
un fondo della Valeria. E qui non voglio tralasciare come pochi anni fa nella china
del poggio verso Carbonaia si rinvenne un grande orcio, che i villani infransero, addetto
forse alla villa romana, o per l'uso dell'orto.
Proseguendo la strada incontrasi Casa vecchia, e poi Palazzo (il nome Palatìum
come fermata od osteria, o taverna, è frequente nelle auticho vie); e poi si viene sotto
Serboli. In quel tratto, lavorando la terra or fa un mese, si trovò un manico di col-
tello in osso degno di essere descritto, e che ha pòrto occasione al presente ragio-
namento.
Ci.ASSK DI sciENZic MOiiALi ecc. — IIkmouie — Voi. II, Serie S', parte 2*. 7
CAPOI.ONA — .Mt — REGIONE VII.
11 manico è di tre pezzi, ma ricon?n"nti ed ha la intera lano^hezza di centi-
metri otto. In sommo è stato intagliato un busto muliebre panneggiato ; nel quale
la testa tiene l'acconciatura alta di molti capelli intrecciati sopra la fronte, simile
a quella che si vede nell'imperatrice Sabina: foggia che allora le patrizie e le liberte
di lei avranno sicuramente usato. Anzi è più probabile che nel manico sia effigiata
Sabina stessa, uou discostandosene il profilo : poiché non solo nelle monete ,ma negli
oggetti di uso ripetevansi sovente i ritratti dei sovrani d'allora.
Tale ritrovamento ha pure la sua importanza topografica, indicandoci, che siamo
lungo 0 presso la via romana: la quale avanzandosi lasciava a sinistra in alto il
villaggio di Ves:a, nome anch'esso italico, e luogo ricco di fontane, onde certo non
tralasciato dalla primitiva gente, l'iìi oltre a circa un chilometro dominava la via
vecchia (di cui non rimane adesso segno alcuno) il castello di Bibbiano, che potrebbe
derivare dalla Dnchin, come dalla Vibia, anzi più probabilmente da questo: poiclié
si cangil^ bene spes.so e in tempi tardi il v in /;. e si chiama ora Bibbiena, quella
che fu un tempo Vibiena. o in etruso Vi pena. Inoltre abbiamo un riscontro di /?/-
hianum per Vibianum per ascrivere Bibbiau" alla Vibia. che aveva molti possessi
in Ktruria.
.V poca distanza da Bilii)iano il sig. Farsetti trovò e donò al Museo pubblico
un' umetta colla iscrizione TILI.^E ■ L F • TERTVLLAE. Per essere le due prime let-
tere corrose ed incerte si potrebbe ]>ensare a Tnliac o TcHac scritte al modo arcaico:
ma non convenendoci la paleografia lascio Tiliae. Il luogo chiamasi Miglinriiio. forse
da una colonna miliaria, come abbiamo Migliari in una diramazione della via Cassia
fra Civitella e Montevarchi.
Di l'i si andava verso Ponina, luogo etrusco, e poi sotto il prossimo castello di
Belfiori, dove in basso lungo la via si sono trovati sepolcri del secondo secolo dell'im-
pero. Però si frequentava molto prima, essendomi di là pervenuto un asse onciale
di Roma. Ponina e Belfiore fanno parte del piviere di Vogognano, vale a dire pi-ae-
dinm Vocoiiianum. Al di sopra di questo punto, circa un chilometro sopra Subbiano
si designa sull'Arno un pont^ antico distrutto, che viene chiamato il ponte della regina.
La via poi lasciato a destra il ponte proseguiva tra il fiume e le colline della Zenna,
di Lorenzano, e di Talliano. e avanti di giungervi si scopriva nella fine del se-
colo scorso la lapide di Testimo Vittorino (/^. /. /.. XI, 1893). Il tratto che abbiamo
percorso dal ponte a Buriane, ove era situata la figulina Tellia fino a Talliano ò a
circa dieci chilometri, e vi abbiamo sempre riconosciuti fondi posseduti da famiglie
romane. Prima l'Abiuia, quindi la ('omelia, la Sulpicia. la Valeria, la Bcbia. hi
Tilia, la Voconia, la Laurentia. e la Tallia Questi fondi quasi tutti fertili ed ameni
saranno loro pervenuti per effetto della colonia sillana, ovvero della triumvirale':' Dif-
ficile per ora il risolverlo ; iu ogni modo apparisce chiaro, che si proclamò nell'aretine
campagne l'editto: « veteres migrati coloni >•; e per dirla più chiara, l'Italia dopo
le funestissime guerre civili non fu degli italiani ma de' romani.
G. F. Gamurrini.
REGIONE VII. — ■">' — CORTONA, MONTERIGGIONI
V. CORTONA — Di un'urna con iscrizione etrusca, scoperta fuori
r abitalo.
A tre miglia dalla città di Cortona è stata rinvenuta, lavorando il terreno del
sic. Petti un' umetta cineraria di travertino, nella cui fronte è malamente incisa la
seguente iscrizione:
Mentre il primo verso è chiaro, Vol.karse, l'altro è incertissimo per i buchi
0 la qualità della pietra e la pessima scrittura. Importante però mi sembra il nome
di karse Cursus, sicuramente italico: dal quale derivarono i nomi tipici di Carseoii
0 Carsoli latino, e di Carsalae umbro.aggiungendovi 11 suffisso // in latino lum,
significante luogo o dimora. Or questo nome italico si vede qui divenuto un perso-
nale etrusco, indizio non lieve, essere la lingua italica il fondo e il sustrato dell'etrusca,
come per la nostra la latina. Nulla diremo sul nome materno, probabilmente vele hai,
l'eicia naitts, essendo comune, italico anch'esso, e pronunciato dagli Etruschi voi e hai.
Già abbiamo da Dionigi d'Alicarnasso ('), che In Cortona a suo tempo ancor ser-
bavasi la primitiva lingua pelasga. cioè italica, vale a dire che quel dialetto con-
servava maggiori voci e modi arcaici: la qual cosa viene ancora notata da Plinio
il giovine, quando descrive la sua villa nel territorio di Città di Castello ( Tifer-
num Tlberlaum) situato dietro i monti di Cortona (-).
La paleografia pure conserva l'arcaismo, e specialmente la lettera k, col di-
stacco inoltre della curva dalla linea retta: la quale forma si riscontra in uno specchio
Cortonese, che rappresenta un uomo che a cavallo passa il mare, e reca i nomi
dichiarativi Erkle Pakste, forse Hercules Pacifer, che va agli Elisi. Pare
dunque che fosse una regione piuttosto tarda nello svolgimento dell'etrusca civiltà.
G. F. Gamurkini.
VI. MONTERIGGIONI — Di una grande tomba a camera con sar-
cofagi, scoperta nella tenuta del Casone.
In un altipiano detto Malacena facente parte della tenuta del Casone di pro-
prietà del sig. Giulio Terrosi, non lungi dalla stazione ferroviaria della Castellina in
Chianti, eseguendosi i soliti fossati per una piantagione di viti, si rinvenne casual-
mente una tomba famigliare a camera, scavata nel tufo, con un pilastro centrale e
banchine in giro, dalla quale si estrasse una assai copiosa ed importante suppellettile
riferibile al sec. ITI a. C. Vi sono :
Trentacinque urne cinerarie delle quali quattro di alabastro e le altre di travertino.
(') I, 20.
(-) Ep. IV, I.
CORSETO-TARQCISIA — ">2 — REGIONE VII.
Liirna principale, alti col coperchio ni. 1,07 e larga 0,84, è di alabastro lu-
im-gi^iato ìq oro. il bisoma, cioè fatto per le ceneri di due coniugi. Essi sono aggniit-
pati sul copeidiio dell'urna come recunibenti nel proprio lotto. Sono i capi fanii^'lia
della tomba; ed i loro nomi sono scritti in bei caratteri nel fronte dell'urna fog-
giata a letto funebre:
mi : capra : calis'nas' : lar!}al
s'epus : arnSalisla : cursniflx
(Quattordici specchi di bronzo figurati.
Trentaquattro pezzi di oriticeria.
Treutasette monete, fra le quali due dupondi di Volterra (— Garrucci, Mon.
Hai., tav. 48. 1).
Quattordici vasi di bronzo di varie forme.
Trenta e più vasi verniciati, detti etrusco-campani, co.stitucnti di per sé una
stupenda collezione, con pezzi unici.
Ventotto vasi dipinti della Campania, per lo più krateri a campana.
Vi sono inoltre vari candolabri, armi e molti altri oggetti in ferro ; molti vasi
locali di terra gialla di varia forma; stoviglie che io giudico, imitazioni etrusche del
genere campano ecc.
La suppellettile raccolta è tale e cosilTatta da potersi costituire con essa un
Museo particolare.
Il sig. Terrosi la fece trasportare di questi di appunto iu Firenze nella sua abi-
tazione per costituiiTi un Museo privato. Egli promise di dare al nostro Museo Etrusco
Centrale una rappresentanza di essa. Dal mio canto promisi di illustrare la impor-
tante scoperta con una memoria a parte. Frattanto si sta ripulendo e ristaurando gli
oggetti principali per poterli studiare e descivcre esattamente.
L. A. Milani.
VII. CORNETO-TARQUINIA — Nuove scoperte dì antichità nella ne-
cropoli tarquiniese.
Gli scavi in questo anno furono incominciati il 20 gennaio ai Monterozzi vicino
alle Arcatelle ed alla tomba del citaredo ('). Visitandoli il 10 el'll fulibraio, trovai
scoperte soltanto due tombe, il cui contenuto era interessante per diversi rapporti. La
prima di esse è una tomba a camera situata vicino al sepolcro dipinto del fondo Quer-
ciola (-), sepolcro oggi indicato col num. 4. Il tetto no era franato. Oltre a ciò risul-
tava da certi indizi che la camera gih anticamente era stata visitata. Ma quella visita
deve essere stata molto superticiale, giacciiè sotto i rottami furono trovali jiarccciii og-
getti di materia preziosa. Tra tali oggetti primeggia uno scarabeo intagliato in onice
(') .I/o», dell' fmt. VI. VII 79, Ann. 1863 (uv. d'apg. M p. :W6-360.
(«) Mon. deU'Insl. I 33. I/altrn letteratura relativa ne);li Ann. ddVInst. 1803 ).. 317 iiot. 2
nani. 3.
REGIONE VII. — aò — CORNETO-TARgOlNIA
orientale, il cui diametro lungo è di ni. 0,019. L'incisione eseguita con grande finezza
manifesta uno stile arcaico avanzato. Vediamo sull'impronta Peleo nell'atto di versare
dell'olio da una lekjithos nella mano s. ed ai suoi piedi seduto per terra un giovinetto
ignudo, il quale non so se abbia da interpretarsi per il piccolo Acliille o per uno schiavo
di Peleo. Quest'ultimo — determinato per l'iscrizione 3 vi 31 incisa dietro le gambe —
sta in piedi verso s. inchinando alquanto la parte superiore del corpo. L'eroe è rap-
presentato ignudo ed imberbe. Egli tiene colla destra una lekylhos a base piana col-
l'orifizio diretto ingiù verso la mano s. protesa. L'olio che ne stilla è indicato mediante
due puntini incisi sopra la palma della medesima mano. Attorno il collo della Ickijllio»
è avvolta la correggia che serviva a .sospenderla. Il giovinetto seduto per terra davanti
a Peleo, guarda insù verso quest'ultimo e nell'atto di discorrere protende la sinistra,
dalla cui palma pendono, sospesivi con una correggia, un anjballos ed una striglie.
Oltre a ciò furono trovati sotto i rottami otto oggetti di oro, i quali sono: un
anello liscio (diametro di luce 0,02; peso 14 grammi); un orecchino, il quale con-
sisto d'un anello aperto (diam. di luce 0,015; peso 4^ grammi) e decorato presso
le estremità con strisce parallele in rilievo; due bottoncini (diam. 0,015) che mo-
strano nel mezzo una rosetta vuota, la quale anticamente fuori di dubbio era empita
con smalto; due altri bottoncini rigonfi (diam. 0,012), l'uno dei quali ha una deco-
razione eseguita a puntini d'oro (lavoro a granaglia), mentre l'altro è ornato con mo-
tivi simili a foglie di vite, staccantisi da un fondo coperto con puntini di oro; final-
mente un attaccaglio in forma di conchiglia {jiecteii) munito di due anellini per so-
spenderlo (diam. 0,015).
Di oggetti di bronzo furono trovati soltanto un piede scannellato di vaso ed un
manico (alto 0,13), che finisce al di sotto in una maschera di Sileno, fornita d'una
barba cuneiforme, la quale maschera palesa uno stile arcaico abbastanza avanzato.
Notai inoltre due lekythoi d'alabastro (alte 0,15) ed uno strano oggetto di osso,
il quale a quanto pare faceva parte d'un ombrello, cioè vi serviva per inserire le
costerelle. Esso ha la forma d'un grosso disco (alto 0,03; diam. 0,045), perii quale
passa verticalmente un buco tondo (diam. 0,025). Il cerchio che circonda la parte
superiore di questo buco è munito di dieci intacchi che sembrano adattatissimi per
fissarvi le costerelle.
Mi resta di descrivere i vasi fittili scoperti nella medesima camera, cinque dei
quali sono attici, uno di fabbricazione locale.
Tra i vasi attici merita speciale attenzione un' olla munita di due manici obbliqui
(alta 0,18; diam. dell'orifizio 0,225; forma: Furtwaengler 7?e/"//yier Vasensammlaag
tav. VI n. 214), la quale in ogni lato mostra la medesima rappresentanza a figure
nere, eseguita con grande trascuratezza. Non mi sembra impossibile che vi si tratti
di un fatto simile a quelli ultimamente accennati dal Klein ('), che cioè il pittore
vascolare, avendo già incominciato ad eseguire la scena da raffigurarsi, repentinamente
la cambiò in una rappresentanza di significato diverso. La pittura ripetuta in ogni
lato dell'olla, tale quale si presenta attualmente, è composta dai motivi seguenti :
(') Jahrhurli d.-s arrh. histituts VII (1802) ji. 1 12-14 1.
COnXETO-TARyUlNIA — .")1 — REGIONE VII.
Nel centro sono rappr->i'iit;iii iiuaitio cavalli galoppanti verso destra. Dietro all'ul-
timo cavallo a sinistra si \ede un peisouajrgio (verso d.), la cui maggiore parte — com-
presa la testa — è coperta dai quadrupedi. Non se ne travede altro che il torace co-
perto da una veste e sul dorso lo scudo (dipinto con colore bianco) quadrangolare e
rigonfio, caratteristico per gli aurighi. Nel campo dietro a questo personaggio è dipinto
con colore rosso un oggetto simile ad una spada, il quale non sta in alcuna rela-
zione col resto della rappresentanza. Davanti ai cavalli procede velocemente verso d.,
ma rivolgendo la testa indietro, una donna — riconoscibile come tale per la carna-
gione bianca — , vestita con alto berretto aguzzo e con un corto e stretto chitone.
Essa è priva di qualunque arma, le braccia sono incurvate e le mani congiunte all'al-
tezza della vita. Una simile figura procede dietro ai cavalli (vereo d.). Tale scena
è rinchiusa da due Sfingi sedute, ognuna delle quali guarda verso il vicino manico.
11 pittore, rappresentando donne vestite col costume scitico, certamente ha voluto
ralliguraro Amazzoni. Ma accettata questa interpretazione, fa specie che le vergini
guerriere sono prive di armi e che anche l'insieme della scena non trova riscontro
nei monumenti i quali si riferiscono ai miti delle Amazzoni. In tali condizioni
spontaneamente sorge il pensiero che il pittore originariamente avesse voluto espri-
mere un altro soggetto. La quale supposizione trova conferma in due fatti. In primo
luogo dall'anca di una delle Amazzoni sporge un oggetto dipinto di rosso-brunastro
che rassomiglia ad una coda da cavallo. In secondo luogo un'altra Amazzone ha il
volto sproporzionatamente lungo, ciò che suscita l'inpressione aver il pittore coperfo
un volto barbuto col colore bianco tipico per la carnagione femminile. Per essere breve,
sembra possibile che il pittore in principio abbia avuto l'intenzione di rappresentare
un soggetto molto comime nella pittura vascolare, cioè Bacco montato sul cocchio,
preceduto e seguito da un Sileno, e che poi abbia trasformato cos'i fatto soggetto in
una scena riferibile alle Amazzoni.
(ili altri vasi attici trovati nella medesima tomba sono i seguenti: Un or-
cietto linamente lavorato (alto 0.045), decorato sul recipiente piatto colla figura rossa
d'un delfino (verso s.). Un vaso (alto 0.1 la) informa di IcpitUtams (non eguale ma
simile a Furtwaengler tav. VII n. 338) con un ornato rosso a schacchi che gira attorno
la parte superiore del recipiente. Una tazza (alta 0,07; diam. O.l.'ió). il cui reci-
piente è circondato da una zona di palmette nere sopra fondo giallo. Un'anforetta
(altau.lT) decorata sotto il collo ed attorno la parte più gonfia del recipiente con
palmette impresse e coperta di tìni.ssima vernice nera.
Il vaso di fabbricazione locale, trovato nella medesima tomba, è lavorato in buc-
chero grigio scuro. Esso consiste in un cerchio (diam. di luco 0,07). sul quale in distanze
simmetriche sono imposte tre ollette (alte 0,M8.')). Sembra aver servito a tavola per
contenere il sale e due altre spezie.
Il 29 febbraio a nord degli stradali che trovansi fra il Tiro a segno e le Arca-
telle fu scoperta una tomba a pozzo, nella quale il corredo funebre era rinchiuso in
un grande ziro d'argilla (dolium). Siccome la lastra di pieti-a che copriva lo ziro non
chiudeva esattamente, così della terra si era infiltrata entro il recipiente e colla sua
pressione aveva sconvolto in gran parte il contenuto del dolinm e danneggiato il piede
REGIONE VII. — ,").) — COKNKTO-TARQUINIA
dfl vaso cenerario in lamina di colore aureo (') postovi nel centro. Tale vaso (alto — in
quanto è conservato — 0,2ó), nella fonna e nella decorazione a sbalzo corrisponde general-
mente ad un esemplare trovato in un'altra tomba tarquiniese a pozzo, anche essa provvista
d'un dolium. Quest'ultimo esemplare però, il quale è riprodotto nei Mon. dell' Inst. voi. XI
tav. LX n. .5 (-), non serviva da urna ceneraria, ma apparteneva al corredo funebre accom-
pagnante, l'urna. Esso è munito di due manichi gii-evoli entro due fermagli, ognuno
dei quali resta fissato con due chiodi sulla striscia di metallo formante l'orifizio. Sic-
come sul vaso recentemente trovato in ogni lato della medesima striscia si osservano
due buchi, così risulta che anche questo vaso originariamente era fornito di due simili
numichi e fermagli, i quali sono stati levati per poter imporre al recipiente un coper-
chio. Questo coperchio e decorato nel centro con una specie d'ombelico, dal quale strisce
rette come raggi si dirigono verso una zona di piccoli tondi che gira attorno la peri-
feria, tutti questi ornati lavorati a sbalzo. Siccome il coperchio è fissato molto soli-
damente sul recipiente, così non si è ancora rischiato di toglierlo per paura di rom-
pere il vaso. Può essere dunque che entro questo vaso si trovi ancora qualche piccolo
manufatto frammisto alle ceneri.
Ora passo alla descrizione degli oggetti aggruppati attorno all'urna ceneraria. Vi
erano due vasi in lamina di colore aureo, cioè una tazza munita d'un manico verticale e
baccellata attorno al recipiente (alta — compreso il manico — 0,19 ; diam. 0,19) (^) ed un
piatto semplice (alto 0,085; diam. di luce 0,23). Tra le stoviglie notai due esemplari di
fabbricazione locale, lavorati a mano nel così detto bucchero italico, cioè una tazzetta (^)
ed im'oUetta, ambedue con manico verticale (la prima alta — compreso il manico — U,U6,
diuui. U,()9; l'olletta alta 0,09, diam. dell'orifizio 0,08). Ma vi era anche un vaso (alto
0,23), il quale è lavorato al tornio e perciò sembra importato. Esso ha il recipiente sferico
ed è decorato con ornati — zone orizzontali, strisce verticali, triangoli — rossi sopra fondo
giallastro. Per ciò che riguarda la forma e la tecnica, questo vaso corrisponde con
quello riprodotto nei Man. dell' List. XI tav. LIX n. 18 (■'), ma ne diversifica alquanto
nella disposizione degli ornati.
Sul fondo poi del doUmn si trovarono sparsi molti oggetti di piccole dimensioni. Vi
notai una fusarola d'argilla giallo-rossastra a sette faccette, due grani cilindrici d'ar-
(') Per quanto concerne questi vasi di lamina metallica del colore medesimo del nostro ottone
(Ir. il voi. IV dei Monumenti antichi editi dalla R. Accademia dei Lincei, testé pubblicato (]>. 208-22(i).
calivi il iirof. Barnabei, illustrando i vasi scoperti nelle più antiche tombe delle necropoli di Narce
e (li Falerii, ha inserito una Memoria che produce una vera rivoluzione noi nostri apprezzamenti
sulla tecnica antica. E per amore di brevità dichiaro che d'ora in poi nelle mie relazioni mi servirò
sempre delle determinazioni esposte nella Memoria suddetta.
(«) Cf. BM. deWInst. 1883 p. 119 n. 1 ; A>in. 1S83 p. 289 n. 5.
(3) Essa rassomiglia all'esemplare riprodotto nei Mon. delVInst. W fav. LX n. 2.
(') Simile all'esemplare riprodotto nei Mon. deU'Inst XI tav. LX 21-21'.
('') Il Gsell Fouillc.i dans la nécropole de Vulci p. .390 not. I attribuisce questo vaso alla
categoria degli u exemplaires d'imitation », suppone dunque a quel che paro che essa sia un'imita-
zione locale d'un vaso importato. Sopra la quisfione, se questi due vasi fossero lavorati al tornio.
ho domandato un parere al sig. Scapjiini, proprietario e direttore della nota fablirica cornetana di
vasi ili]iinti. Egli )ier ambedue esemplari mi ri,>;po.'io in maniera affermativa.
CUKSKTO-TAHylM.NMA — .'ili — KEOIONE: VII.
geiito ed i fraiiiincnti Hi pareoolii altri, quattro perle di vetro azzurro decorato con cerclii
j,'ialli, una stretta spirale di Itronzo (alta 0,U2; diaiii. U.Ol). IJi libulo furono trovati dieci
esemplari del tipo detto a sani;juisuga, nove dei quali di bronzo, uno d'argento, cinque
esemplari di tipo simile ma muniti in ogni lato dell'ureo d'una sporgenza puntuta,
tre coll'arco semplice scannellato, uno a<l arco semplice liscio. In due grandi fibule
a sanguisuga (lunghe U,U7) è inserita una catenella di anelli di bronzo in modo cbo
una parte di essa (questa parte lunga 0,25) riunisce le due fibule, mentre l'altra pende
ingiù. Se tliinque queste fibule erano adoperate per fissare una veste sopra le due spalle,
allora la parte della catenella stesa tra esse adornava l'orlo superiore della veste,
l'altra pendente ingiù il busto in modo simile all'ó'w/ioc omerico ('). Sopra parecchio
fibule sono infilati anelli. Quella d'argento è munita d'un anello del medesimo me-
tallo. Negli altri esemplari notai soltanto anelli di bronzo. Speciale attenzione merita
ima fibula di bronzo a sanguisuga, sopra la quale sono infilati tre anelli. L'uno n'è molto
piccolo e senz'aggiunta. Il secondo più grande (diani. U,U35) ha infilate due perle di
vetro, l'una celeste, l'altra bianca (non tralucida). Al terzo (diam. 0,02) è fissato un
filo di bronzo che avvolge una freccia di pietra focaja. Ne risulta il fatto interessante che
le armi di pietra </ih al tempo, a cui appartengono le tombe a pozzo, si usavano come
amuleti, e che la superstizione, la quale durante l'epoca classica ed ancora ai giorni
nostri si attacca a quegli oggetti, risalisce fino a tempi tanto antichi (-). Alla fino
furono trovati anche diversi frammenti di bronzo, in parte muniti di buchi, i quali
frammenti seml)rano provenire da due morsi di cavallo, spezzati a bella posta. Vi ap-
jiartengono due rozze teste di cavallo simili a quelle che servono come ornato ai morsi
lavorati nella prima epoca di ferro (').
Siccome nel (IoIìid/ì non vi era né un rasojo semilunare, il quale s'incontra rego-
larmente nelle tombe a pozzo contenenti le ceneri di uomini, né alcun'arma. ma invece
vi si trovarono una fusarola e grani di una o di più collane, cosi sembra che la tomba
fosse stata di una donna.
Gli scavi continuarono sui Monterozzi dal 12 febbraio al 12 marzo, nel qual
giorno mi vi recai nuovamente. Ed ecco i fatti principali che meritano di essere
notati per quest'ultimo periodo dei lavori.
(') f'f. lli'Ibi); Dos homerisfhe Epos 2' ed. p. 268. Un vezzo siinilnieiite atti-ptfiato si osserva
in un iiloM di terracotta (.\iihroditc ?) trovato in una tomba micenea: '/■(/■i;i(fp(c (ÌQ/itin).oyixi] 1888
tar. 9 n. 1.5.
(*) Cf. C'artailhac Z. '«'</« de pii^rre dans Irs souvenirs et superslilions populaircs, l'aris 187S.
Bellucci Catalor/ue d'une coUection d'amulHtes i'alicnnex cnroi/t'e a ì'e.rposition de Paris, l'érouso
1889. Heinach dans la Rerue archfologique Z* sino XI (1888) p. 71 net. 2. Verhandluni/en der Ber-
liner GeseUschaft fùr Anlhropoloffie 1803 p. .5.58 s^'. Nell'Italia il più antico esem|>io di t.ilo su-
|>eri<tizionc fino ad ora era fcmiito da un sepolrro ad inumazione scoperto nella necropoli .\rnoaliIi-
Veli presBo Uoliii^ia : Xotixie deijli scavi ISS-I p. "0, XV. A tale esempio fanno sepuìto altri os-
servati in necropoli cbu coiiten);ono già vasi dipinti attici : nella necropoli della Certosa di ]!o1of;nn
(Zannoni Oli scavi della Certosa tav. XV n. 1 C-IO p. GG), in quella di Marzabotto (liozzadini l'Ite-
riori scoperte nella necropoli a Marialiotto p. •12). in «nirlla di Tolentino piceno {lìM. di paletno-
loifia italiana VI 1880 p. 1.50), in quella d't.Inieto (Ann. dell'Insl. IH?? y. 169).
(') Goziadini Pe quelijues mors de cheval italiques (Bologna 1875) pi. 1.
REGIONE VII. — tìl — CORNETO-TARQDINIA
Il 13 febbraio a circa 40 metri dal Tiro a segno ed a settentrione di quest'iil-
tinio fa scoperta una tomba a camera (limerà in. 2, larga m. l,i*0), con ingresso
rivolto a ponente e con tetto franato. Era stata spogliata in antico, giacché sotto i
rottami non si raccolse altro che parecclii frammenti di vasi campani o etrusco-cam-
pani, due olle decorate con zone nere - senza dubbio prodotti d'una figulina italica -
e tre lebiithoì d'argilla grezza.
Più interessante era il contenuto di una toinba a fossa, coperta con lastre, la
quale fu messa alla luce 50 metri a settentrione dal suddetto sepolcro a camera.
Attorno allo scheletro (incombusto) si trovarono i seguenti oggetti:
1) Un disco (diam. m. 0,041) lavorato in lastra d'oro clie sembra aver servito
da pendaglio ad una collana. La decorazione a sbalzo - un ombelico ed attorno cerchi -
rassomiglia a quella dell'esemplare riprodotto nelle Notizie 1882 tav. XIII 1 p. 14(3,
il quale esemplare proviene da una tomba tarquiniese a pozzo (').
2, 3) Due fibule di bronzo, il ctii tipo si ravvicina a quello detto a sanguisuga.
Ma ambedue hanno in ogni lato dell'arco una sporgenza leggermente puntuta ed
attaccato al canale un disco che serve d'appoggio alla spilla.
4) Una figura di Bes (alta m. 0,03) lavorata in pastiglia verdastra. Un foro pra-
ticato nell'estremità superiore del pilastrino, al quale questa figura è appoggiata,
prova che essa era sospesa. Non arrischio a decidere, se abbiamo da fare con un
prodotto egizio o con un' imitazione fenicia.
5) Uno strano guttus (alto m. 0,1.5) lavorato in argilla rosso-brunastra. Consiste
in un cerchio vuoto, alla cui parte anteriore è attaccata una protome di toro, mentre
dall'orlo inferiore si distaccano le quattro zampe. Sulla parte posteriore del cerchio è im-
posto il tubo, mediante il quale il liquido s'invasava nel recipiente circolare. Per ver-
sarlo serviva un buco praticato nel muso del toro. Le orecchia del toro sono ornate
con orecchini composti di gruppi di anellini di bronzo.
6) Una specie di fiaschetta (alta m. 0.155), lavorata a mano in argilla brunastra.
Il recipiente ha una forma sferica, il collo una direzione alquanto obliqua. Il primo
è riunito a! secondo mediante un manico verticale.
7) Una tazzetta lavorata a mano nella medesima argilla (alta m. 0,085; diam.
m. 0,09), simile all'esemplare riprodotto nei Moii. dell'Inst. X tav. X" n. 15 [Anii.
dell' Inst. 1874 p. 262 n. 15). 11 tipo appartiene a quelli comuni alle tombe a pozzo
ed a fossa (-).
8) Un' oUetta (alta m. 0,086) della medesima tecnica colla tazzetta n. 7. Ha duo
manici verticali ed in ogni lato del recipiente una sporgenza.
11 23 febbraio fu fatto un saggio a settentrione ed alla distanza di circa 100 metri
dal secondo miglio della strada provinciale. Vi fu scoperta una tomba a camera col
tetto a schiena, lunga m. 1,05, larga m. 2,20, alta (cioè massima altezza) m. 1,80.
L'ingresso è rivolto a ponente. Sopra ognuna delle due banchine si trovarono due
scheletri e sopra 1' una come 1' altra banchina si osservò il medesimo fatto, che
(i) Cf. Ami. dell'Inst. 1884 p. 122 note 4 e r-,.
(») Cf. .inn. deWInst. 1881 p. 118-119 iiot. 4 n, 1.
(j.ASSK. IM Siir.N^K Mon.M.i ecc. - Mem'MUK. — Voi. II, Si-rio 5'. l'irte 2". 8
ROMA
— 58 — ROMA
cioè le ossa del corpo, ileposto prima, erano state rimosse verso la parete, per far
posto alla salma indottavi postiriormente. La tomba <,Mà anticamente era stata visitata
e spogliata degli oggetti preziosi. Perciò essa conteneva niente altro che una punta
di lancia in ferro, lunga m. 0,42, otto stoviglie greche e sei vasi di bucchero nero.
Le stoviglie greche sono un orcio (alto m. 0,275) coll'oritizio tondo e con due di-
schetti attorno airestrernitii superiore del manico (forma: Furtwaengler tav. IV n. li»),
la cui decorazione dipinta non si riconosce, essendo l'intero recipiente coperto dun
grosso strato di sedimento calcareo; due tazze (alte m. 0,1<J(>; diam. m. (i,12; forma:
Furtwaenu'ler tav. V n. 117), i cui piedi sono dipinti con vernice brunastra, mentre
Zone del medesimo colore adornano tanto l'esterno quanto l'interno del recipiente;
tre lekythoi decorate anche esse con zone bruuastre ; due piattini con zone rossastre,
ognuno presso la periferia munito con due buchi per sospenderli. 1 vasi di bucchero
sono tre calici bassi con zone gratlite attorno la parte esterna del recipiente e tre
tazze semplici, ognuna munita con due manici orizzontali.
Nel proseguire lo scavo verso il secondo miglio della strada provinciale il 26 feb-
braio circa 200 metri dal sepolcro dipinto detto delle duo bighe ovvero di Fran-
cesca Giustiniani (oggi insignito col num. 22) fu scoperta una tomba franata ed anti-
camente spogliata, r ingresso della quale guardava a ponente. Sotto i ruderi non
si trovò altro che parecchio stoviglie, le quali tutte quante sembrano di fabbricazione
locale, cioè cinque orci (forma simile a quella riprodotta dal Furtwaengler Bcrliner
Vasenmmmluiifj tav. IV n. 63) coperti di cattiva vernice nera ed alcuni piatti e
lekythoi d'argilla grezza.
Dal 26 febbraio al 12 marzo non avvennero scoperte di sorta.
W. Hklbig.
Vili. ROMA.
Nuove scoperte nella citlà e nel suburbio.
Regione IV. Nella parte occidentale del tempio di Venere e Roma, il Mini-
stero della Pubblica Istruzione ha fatto rimuovere le terre, che formavano il giardino
annesso alle moderne fabbriche dell'ex-convento di s. Francesca Romana. Alla pro-
fondità di m. 2,80 si è trovato il pavimento dell'antica cella, una parte del quale
è ancora lastricata di porfido e ili pavonazzetto.
Nello sterro si sono trovati molti frammenti di bellissime colonne di porfido,
di diverso diametro. Alcuni di questi rocchi appartengono all'ordine inferiore della
decorazione intorna del tempio; ed uno di essi misura m. 2,40 di lunghezza e m. 0,86
di diametro. Altri spettano all'ordine superiore, ed hanno il diametro di ra. 0,36.
I rocchi maggiori sono similissimi a quelli che furono posti, alcuni anni or sono,
lungo il lato esterno della basilica di Costantino, ed evidentemente provengono dal
dmao adrianeo dedicato a Venere e Roma.
ROMA — -ìO — ROMA
Sono btati puro rocupeiati fiainincnti di capitelli marmorei, d'ordine corinzio;
pezzi di cornici intagliate, e mattoni con bollo di Cablirica.Uno di questi è dell'anno 123
e delle figuline di Claudio Liviano {C. I. L. XV, 932); due portano il bollo, del se-
colo quarto (ib. 1620); ed altri tre sono improntati col noto sigillo delle officine
Domi/.iane (ib. 1569 «), anch'esse del quarto secolo. Ciò indica che la prima
costruzione di Adriano nei primordii del quarto secolo fu in gran parte risarcita e
rinnovata.
Kegione V. Demolendosi una piccola casa rustica nell'area della villa già
Giustiniani, poi Lancellotti, fra la via Ariosto e il viale Manzoni, è stato ricono-
sciuto ch'essa era stata costruita sopra un avanzo di antica fabbrica, le cui mura
erano di opera reticolata. Il rudero messo allo scoperto, presenta una stanza di circa
metri 5X4, coperta a volta con intonaco, e con un'apertura in un lato per darvi luce.
Sopra di essa fu in antico elevata un' altra costruzione in mattoni, dei quali restano
appena due o tre filari.
Tra i materiali di fabbrica fu raccolta una lastra di marmo, di m. 0,64 X 0,27,
con l'avanzo di iscrizione sepolcrale cristiana:
DEPOSITA mi NOIIAS • D sic
FL VALENTINI4NO AVO I
OVIESCET IN PACE sic
Spetta agli ultimi decenni del secolo quarto, nei quali i Flavii Valentiniani
Augusti più volte ottennero il consolato.
Via Tiburtina. Per i consueti lavori al pubblico cimitero nel Campo Verano
è stato trovato un frammento di lapide sepolcrale cristiana, che certamente proviene
dal sottoposto cimitero di Ciriaca. Vi si legge:
E • BENEMERENTI • QVAE • VIXIT
NSENSV- DEPOSITA • III -IDVS-SEPTEMBRES •
ÀCE FECIT CLARISSIM,v\ SORORI
aiiìios . ... me
iti 2)
Si è pure rinvenuto un frammento di tavola lusoria , che conserva le parole :
maCnvs
VINC AS
Evidentemente nei primi due versi si contenevano le formole, già note per pa-
recchi altri consimili monumenti: Circus -plcnus, clamor magnux. Per l'ultimo verso
POMPEI, rARANTO — <J0 — REGIONE I, li.
SÌ ha un confrouto ìd uua eguale tavola lusoria, pariuieule trovata al Campo Verauo,
nella quale si legge: Circiis ple/ius, clamor tnanniis, Eugeni vincas {Dull. comun. 1877
p. 88).
Per i medesimi lavori si 0 licupcrato : mia piccola testa di Genietto, in terracotta;
un frammento di vaso vitreo, baceullato; un peso rotondo, di basalte; una lucerna
in terra rossa, intiera, senza ornati o col bollo di fabbrica FORTVNATI.
REtìONK I (LATIUM ET CAMPANIA).
IX. i't'.Ml'iìl — (liornalc del lavori rcilaUu daijU assniteuli.
1-2 gennaio. Continuano i lavori di restauro nella regione IX, isola (!, e nella
regione I, isola 5 casa n. .">. Si assicurano anche le pareti nelle caso 1 e 5 della
regione VI, isola 8. Proseguono pure i lavori di pulizia delle case, strade e dei
monumenti.
3-4 detto. Non avvennero scoperte.
l.") detto. Proseguono i re.stauri nella regione IX, isolai!, nella regione I, isola 4,
nella casa n. 5 detta del Citarista e nella casa detta del Pozzo, regione VII, isola 2.
Non avvennero scoperte.
16-31 detto. Non avvennero rinvenimenti.
Regione II (APULIA).
X. TARANTO — Nuove seoperte epiurafìcJic.
1 lavori di Taranto in questi ultimi anni hanno Iruttato molto materiale scien-
tifico, che resta ancora inedito nel Jluseo Nazionale di quella città. Fra Taltro son
venute fuori molte iscrizioni; le quali benché non siano di grande importanza, non
sono tali tuttavia da restare ancora ignote ai cultori dcH'archeologia.
Non si cessa per^ dal deplorare la scarsezza di iscrizioni greche in uua cittii,
in cui le diverse manifestazioni della vita ellenica ebbero il più ampio svolgimento,
e nella quale il grecismo continuò anche dopo la conquista romana. Le iscrizioni
latine, tranne pochi frammenti, sono tutto di ordine sepolcrale e furono tutte rac-
colte nei lavori eseguili dal Genio Militare fuori e dentro l'arsenale marittimo.
1. Lastra di marmo; m. 0,24X0,18.
/ Ao AN A I ]
JAEnNE n I KOPni
KAIArYNATAAYKA
REGIONE li.
(il —
TARANTO
2. Frammento su lastra di marmo bianco; m. 0,32X0,17.
ÓYPriM/XIOS
A T I r O N O Y
'P Y TANEYZ ANTA0EOIS 1
3. Frammento d'iscrizione su piccolo blocco di pietra viva; le lettere sono esili
ed alcune quasi corrose, poiché pare che la pietra sia stata per molto tempo esposta
all'azione dell'aria e dell'acqua; ni. 0,37X0,18X0,22.
PA AINOS
!--^_X ! A A
4. Piccola lastra di marmo; m.
0,13X0,09.
5. Altra piccola lastra di marmo
bianco; m. 0,12X0,08.
-'-STTi
TPIHPEAI/'i
AYToSoEW
6. Lastra di marmo con lettere
molto incavate; m. 0,16X0,14.
7. Lastra di càrparo con rozza cor-
nice; m. 0,21X0,12.
TAKANTO
— C2 — REGIONE II.
8. Su piccola lastra di marmo rosso 9. Sopra il lato lun<jo di uu blocco
e con lettere quasi f,'rallite; m. 0,11 di carparo e con lettere mal eseguite;
X0,0G7. ui. 1,25X0,70X37 (').
OPAIKICAC
Venendo alle iscrizioni lutine, prima di ogni altro bisogna correggere la iscrizione
pubblicata nel n. 10. della mia relazione intorno alle scoperte di Taranto; Notule
1891 p. 42:j: dove per errore fu edito pineses invece di PINNESES.
10. Sopra lastra di marmo grigio frammentata e ridotta in 4 pezzi : m. 0,38 X 0.39.
V A R G^V>
I —Q-^f ATA\
L-HELVIVSDIC
\ V X. O R I
\ \-
11. Sopra lastra di marmo biancastro frammentata e ridotta in 5 pezzi; m. 0,30 X 0,27.
7~r\
L- TAMP/AIvfVS'
ys-\;i
oPTvrysyixiT
A N • V ì -i^i-Elg-I-LL
HS-
(') Questo blocco trovavasi in una costruzione di forma semicircolare, rinvenuta nello sterro
dell'angolo sud-ovest dell arsenale marittimo. Tale avanzo di monumento deve rimandarsi ad epoca
molto antica, non solo percliè era formato da p.irallclcripedi tutti delle proporzioni di quello clic
contiene la parola prcca sopra riferita, p mossi insieme senza malta; ma anche perclù' stava a circa
8 metri «otto il piano di campagna ; mentre clic la iscrizione p.irc tracciata in tempo posteriore e
da mano inesi.eria. Intr.rnn alla destinazione del monumento nulla fu possibile ronjictturarc. poiché
nel resto si addcnlr.iva nel terreno che non venne taglialo.
REGIONE II.
G:5 —
TARANTO
12. Sopra lastra di marmo grigio frammentata e rotta in tre pezzi. Al disopra
della iscrizione è inciso un cerchio con rottone, formato da segmenti di circolo; nei
lati due delfini; m. 0,37X0,26.
/D ■ M •
JoyiUA ■ IVLIAc^
HICESTSITA QVEVI
XSITANNIS-LXXV-ME
SIBVSIII DIESVFILIE
MATRI-BENE-MERE
NTI'FECERVNT-ET-NE
\ICIE ■ AVIE ■ BENE
-<ri-posvERVKr
13. Sopra frammento di lastra in marmo bianco, rotto in due pezzi e con cor-
nice nella parte superiore; m. 0,39 X u,39.
14. Lastra di marmo bianco in
tre pezzi; m. 0,25X0,16.
16. Id. frammentata in un angolo ;
m. 0,22X0,16.
C R A P T E
VANNVH-S-E
GRAECINIA
a SEVIA O
YIXITANIIII
H -S-E-
16. Lastra in marmo biancastro;
m. 0,23X0,16.
17. Id. di marmo bianco; m. 0,24
X0,24.
VENN C
PROSDI
VAIIII-D
H-S-E-
GRATV^J
^^<^I A N Vv
-ARIA • VI • AN I
XXXX ■ H ■ S • E
A;UN ATI VS _
y) s ijyi-^'-
^
^ MATERE
TAHAXTO
— (U —
HEOIONE II.
18. Piccolo frammento di grande iscrizione su lastra di marmo bianco: lo let-
tere sono lunghe ra. 0,24 e molto bene scolpite; m. 0,36X0,S1.
i
jES 1 amento
19. Lastra di marmo baidiglio;
m. 0,24X0,20.
2n. hi. (li marmo grigio; iii. U,15
X0,14.
^TINA
{X-HSE
_CARIS^
M • A N II
I AN V|
21. IJ. di marmo bianco: lettere
grandi e ben incise; m. 0,21X018.
22. Id. in marmo bianco; m. 0,12
X0,13.
Xtds
u
26. Id. id.; m. 0,15X0,15.
24. Id. in lettere alte m. U,21 e
ben scolpite; m. 0,26X0,24.
1 V l;
[li
25. Lastra in marmo grigio;
m. 0,13X0,12.
2t>. Id. id. con cornice laterale e
lettere piuttosto grandi ;.m. 0,23 X 0,13.
REGIONK li.
— (55 -
T Ai; ANTO
27. Lastra in marmo bianco;
m. 0,14X0,22.
28. Id. con cornice nella parte
superiore; m. 0,22X0,22.
I
RCHIV
ARIVS^
2y. Lritraa in marmo grigio;
m. 0,23X0,29.
yo. IJ. iJ. ; m. 0,1(JX0,1.J.
(^
ETINCOL
ICE
L
\
\
frTANN
XXII
^•S-E
31. Lastra di marmo bianco;
m. 0.16X0,11.
32. Id. id.; m. 0,15X0,09.
33. Stela in marmo bianco mancante nella parte superiore: ornata con rilievi
di foglie nei quattro lati; m. O.oO X 0,18 X 0,04.
VS FIRMVS
MAIRI- ET
SIBIQVI
V-ALVH-SS
34. Su grande lastra di carparo e con listello sporgente nella parte superiore e
nella inferiore. F'iVidentemento fu adoperato nel fregio di qualche cdifizio, anche
perchè fu trovata in.^iunie a molti blocchi della stessa pietra, alcuni sparsi al .suolo,
altri ancora in costrii/ioni' nel sito dove ora sorge la casa Fanigliulo nella via d'Aquino.
Ivi furono pure Inivati riiHjnc i_n'andi pc/./.i di cornice in marmo, due dei quali
(j.ASSK DI Srir.NZK MOUAM rCC. — Mli.MnUlK - Vul. II, ^l'vio ò ', jiaite 2'. 9
TAKASTO — fio — REGIONE IL
appartenenti a frontone e molti framnu'nti di una ptatua di epoca romana ; m 1.20
X().-17 X (t.;i(t.
f-.EPlDIO- P F Nk
o"). lu altro pezzo della stessa pietra, in lettere dello stesse autore e probabil-
mente della stessa iscrizione; m. 0,50 X (j,47 X 0,30.
CAPI"
Mi. Su lastra di carparo con cornice nella parte inferiore; le lettere sono alte
m. 0,29; m. 0,77X0,64.
|MIG
37. Stela di càrparo lavorata nella parte superiore con due angoli sporgenti nei
lati ed un arco nel mezzo; m. 0,5.') X 0.32.
A ■ HORDIONN
ESSPER VIX s<>
AN ■ L X V ■
H ■ SE
38. Stela di carparo lavorata a tre angoli sporgenti nella piutc sui)«io». <iiie
uei Iati ed uno nel mezzo; m. 0,88X0,2(3.
Q_ PLOTIV
SIANVARI
VS- VIX
ANNIS
XXV
HS E-
39. Stela di cai-paro lavorata nella parti- superiore come la precedente.
PATHRIA
AMPLIATA
V • A XI
HSIIST
CONTVBIIR
NALIIS ■ Mll
RIINTI
REGIONE II. — ùi — TARANTO
40. Stela di càrparo lavorata come le precedenti: alcune delle lettere sono al-
quanto incerte per la corrosione della superticie; m. 0,78X0,52.
D • M ■ S •
LAQVIVSSATER sic
VIXANLX
H ■ S • E
ItZIAFOTVNATA aie
COIVCB-ME-
ET-SIBIVIXAL-
H • S • E •
ET-FILIPARENTI
BVSBM'FECERVNT
41. Stela sepolcrale in càrparo lavorata nell'alto alla solita maniera; ra. 0,83
X 0,39.
D • M ■
C • IVLIVS
ABASCANTv
S • V A XXXX
H-S-EST
SEXTIA-SAT^
RNINAC- B
M • F •
42. Stela sepolcrale di carparo con lettere molto guaste, alcune delle quali se-
gnate in rosso; m. 0,74X0,44.
POP H INI
SERCLYPO
VIXANNL
ARTEMIO
ORVSET-
FEROXA
MICAE-BM
43. Stela di cài-i)aro lavorata allo stesso modo nella parte superiore ; m. 0,70 X 0,34.
C • SCEVI
VSHILAR
VS-H-I-S sic
CLAVDIA
PRIMA
HIS- sic
TARANTO — '>*^ — UEOIONK II.
•11. Altra stela simile; in. 0.72X0,39.
C-MEMInJ
vsaSì'hv
VA XXX
HSE
•lo. Stela sepolcrale di càrparo, lavorata a froiitoue nella parte superiore con
lettere rozzo ed in parte corrose; ni. 0,70X0,36.
ARTIMIA
APRHODITIA
H-S-E
40. Stela sepolcrale in carparo lavorata al solito modo nella parte superiore;
m. (1.78X0.36.
PHALERES
A- XVI
H • ES-
47. Stela sepolcrale in càrparo lavorata nella jiarte superiore a tre angoli, dei
quali manca uno; m. 0,72X0,38.
ACERRONIA
ELEVTHERIV
VA LXXV
USE'
48. Stela di carparo frammentata nella parte supcriore; ni. 0,75X0.34.
M • A7777777Trr
NIVS ■ M ■ F
M A L L V S
V- A IX
REGIONE II. - ((0 — TARANTO
49. Stela sepolcrale di càrparo, rotta in due pezzi e lavorata al solito modo
nella parte superiore; ni. U,80XO,4(t.
PAEZVSA
VA-VII
50. Stela sepolcrale di càrparo terminata ad arco nella parte superiore ;
m. 11.73X0,46.
L XALIDIVS sic
VENERIVS
VAXXXV
HSE
51. Stela di càrparo finita ad angolo nella parte superiore; m. 0,60X0,43.
C • VETIVS
ECVNDVS
VIXALXHI
52. Stela in càrparo con lettere incavate e tinte in rosso: la parte superiore è
a tre punte ; m. 0,59 X 0,42.
M ■ PVBLILIVS
LVCRIOVIX
ANCVCA
RVS ■ SVIS
HES-
53. Stela sepolcrale in càrparo frammentata allo stesso modo nella parte supe-
riore.
MCLODIVS
PRIMOGENE
V. A- X /
A N ^- C ,-
TAKANTO — «U — REGIONE II.
"»4. Sopra framiuonto di stela sepolcrale con lettere molto corrose; ni. 0,34 X 0,48.
)'«777777///iA
ILYDEVIX 1
."SS. Frammento di stela sepolcrale in càrparo con epigrafe incompleta e con let-
tere molto corrose; m. 0,47X0,36.
56. Frammento superiore di stela in càrparo con iscrizione incompleta; m.
0.22 X 0.34.
D • M-
MALLEGINIVS
57. Stela sepolcrale in càrparo frammentata nella parte inferiore, e con lettere
molto guaste nelle ultime due ri{,'be ; m. 0,30 X 0,28.
D » M
SABINIANVS
VIXANXIII
H- S- E-
////ILIS VIR
/////E-B.M-F
58. Frammento di stela in càrparo; m. 0.28X0,20.
jELVIA
.'S- E-
I
51*. Frammento di stela in càrparo con testa virilo di liassa arte romana, alt.
m. i>,3!».
MIS
/lXHSE
REGIONE II. — 71 — TARANTO
60. Nella parte anteriore di un basso pilastrino in càrparo con testa virile di
bassa arte romana; alt. m. 0,39.
C-MVTIFAVSTE
SALVE
61. Riproduco completandola l'epigrafe tarantina, pubblicata dal prof. Sogliano;
Notisie 1893, p. 255, n. 6.
QVE«eRIVS
MASCHIO
VA ex
L. Viola.
Roma 18 marzo 1894
REGIONE XI. là liOKGO.M ASINO, PAVIA
AI A R Z O
Regione XI (TRANSPADANA).
I. BORGOMASINO — Moneta barbarica di oro.
Nelle No ti:/' e del 1893, pag. 259, parlando della scoperta di sepolture barba-
riche fatta in questo comune, accennai ad una moneta di oro, imitazione dei
nummi imperiali del V o del VI secolo, rinvenuta in tale sepolcreto. Di questa
moneta io non aveva potuto vedere allora che un'impronta imperfettissima; ma, avendo
avuto ora occasione di esaminarla, vi ho riconosciuto una delle note imitazioni dei
tremissi di Maurizio Tiberio (582-602), sottile, leggermente solfata e circondata da
un cerchietto, particolarità osservate nelle monete longobarde dell'Italia superiore e
della Toscana:
DN tDAVRCTbPPVI. Busto diademato a destra.
R}. VICTORIAAVIVITORVN. Victoria di fronte con la corona ed il globo
crucigero; nell'esergo CONOB; nel campo a destra + (mm. 18; gr. 1,496). Una
simile è riprodotta dall'Engel e dal Serrure a pag. 31 del loro Trai/.é de numis-
matique dii moyen dge (Parigi, 1891).
E. Ferrerò.
II. PAVIA — Avanci di un antico ponte romano presso la città,
e Note di topoi/rafia nella regione dell'antica licinum.
Nel breve periodo che passai nelle scorse vacanze a Pavia ho eseguito alcune
ricerche nel territorio che circonda immediatamente l'antica Ticiaum, e che dal lato
archeologico, e specialmente preistorico, può dirsi ancora inesplorato. Perciò poteva
offrire campo a studi interessanti, principalmente perchè, data la frequenza di stazioni
dell'utà del ferro lungo tutta la vallata ed il bacino del fmme Ticino sino a Castel-
lotto-Ticino ed al famoso territorio di Golasecca, potevasi sperare che nella regione
comprosa tra i due rami del delta del Ticino ed il corso del Po, regione forte e si-
cura, si dovessero avere i resti d'un centro notevole di quelle genti. Ma la scarsezza
del tempo ed anche dei mezzi scientifici e materiali, e più di tutto le esigenze dei
Classi-: di scIE^zE morali ecc. — Mf.mokie — N'ol. II, Serie S", parte 2" 10
PAVIA
74 — REGIONE XI.
miei studi, mi costrinsero a limitare per ora il campo delle mie ricerche e dirigerle
ad un più modesto ambito, cioè allo studio di alcuni manufatti, esistenti nel letto
del fiume stesso, a poca distanza dalla cittA di Pavia, e che già avevano vagamente
attratto l'attenzione di alcuni dei più insigni scrittori di storia locale (')•
La città di Pavia, come è noto, ha conservata la sua posiziono nell'ambito dell'an-
tica Ticinum, e siede sulla sponda sinistra del fiume, che diede nome alla città romana,
elevandosi a poco a poco sino a raggiungere l'estremità superiore del terrazzo quater-
nario, entro al quale è racchiusa l'attuale corrente del fiume stesso. Ancora attual-
mente recinta da una poderosa cerchia di fortificazioni, è congiunta al suo più grande
sobborgo sulla riva destra del fiume, da un ponte coperto, che per la sua forma, per
la sua pittoresca irregolarità, è una delle caratteristiche della città moderna.
K appunto sotto all'arco centrale di questo ponte che si notava nelle grandi magre
la traccia d'una costruzione molto poderosa, la quale aveva dato luogo, credo, alla
leggenda popolare dell'intervento del demonio nella costruzione del ponte sul Ticino,
opera veramente colossale dei tempi di mezzo. Ma per quanto io abbia cercato negli
archivi del municipio, e più ancora nelle opere degli scrittori di storia cittadina,
nessuna notizia era cosi chiara da rispondere alle domande che si potevano fare in-
torno a quell'avanzo subacqueo.
Nello scorso anno la magra del Ticino, iu seguito ai fortissimi calori, fu delle
più grandi; e così, essendosi ridotto a poco più di un metro e cinquanta cent, il velo
d'acqua purissima, che copriva l'avanzo in questione, mi parve di potere asserire che
si trattava di un basamento d'una pila di un ponte, il quale si trovava in questa
stessa località, in momento precedente alla costruzione del ponte attuale. Decisi al-
lora di approfittare dell'occasione favorevole e di fare il rilievo topografico, prima che
qualche pioggia improvvisa facesse crescere il livello, o alterasse il colore delle acque.
1 resultati delle mie ricerche non furono dei più copiosi, ma però non credo inop-
portuno di presentarli nella speranza che possano incoraggiare a qualche altra ricerca
sulla topografia dell'antica Ticinum (-').
Qui aggiungo uno sciiizzo topografico, eseguito dall'egregio mio amico Emilio Tac-
coni, perchè possa la mia esposizione essere più chiara (fig. 1, 2, 3, 4).
L'avanzo in questione dista m. 8.40 dal pilone centrale del ponte moderno, sul
quale sorge una piccola cappelletta, e m. V.\'m dal primo pilone di destra. La sua
forma (fig. 3, 4) è rettangolare, di poco rastremata verso monte, ove termina con uno
sperone triangolare a larga base ed alquanto smussato. Invece a valle termina iu una
testata a semicerchio, di cui si scorge nettamente il profilo. La pila ha la faccia supe-
riore a m. 1,50 sotto il pelo della massima magra, e sorge per un altezza di m. 1,35
dal letto sabbioso del fiume, che s'abbassa a destra fino a m. t,.".!) (fig. 1 e), a sinistra
(>) Mi limito a citare Capsoni, Storia della citili di Pavia voi. I, cnj-. Ili e scjruenti.
(•) Non voglio ililiinp.irnii n descrivere come iiroccdetti alla ricrea, n-ii del tutto a(.'ovole;
arcndo dovuto condurla sott'acqua, con una corrente f-rte : devo j.cW. rendere sentite prazie al
siirnor Emilio Tacconi, allievo della Kacoltà scientifica di queiriniversitil ed ai miei amici Ncpri,
Caldino, Sanporpi. Sacelli ed altri, che mi prestarono pcntilmente l'opera loro di topografi, di ca-
nottieri e di palombari, per il rilievo o per le misuraiioui subacquee.
REGIONE XI.
— 75 —
PAVIA
a m. 3,25 (fig. 1 (/), calcolanJo però semine uu minimum di livello, quale appunto
era nello scorso anno.
Sorgendo dal fondo, questa pila presenta due larghe riseghe, che le fanno quasi
da basamento, e corrono lateralmente ai due fianchi ed alla testata posteriore, ter-
minando dolcemente a smusso, a destra, dove comincia lo sperone, a sinistra invece
alquanto più indietro (m. 1,00).
La lunghezza totale della pila è di m. 12,20, computando naturalmente le due
riseghe, che hanno ciascuna una larghezza di circa ni. 0,40.
Fig. 1.
La larghezza a monte, alla base dello sperone, è di m. 2,05 ; a valle, alla base
del semicerchio, e tralasciando le due riseghe, è di m. 2,35, ed alla base inferiore
m. 3,15.
Come risulta da queste cifre e dalle figure qui aggiunte, questa pila è assai più che
quella del ponte medioevale, svelta ed elegante, e si accosta, per la forma, alle chiatte
di legno, con cui si fanno i ponti natanti. D'altra parte l'eleganza di questo pilone
^.
li
Fig. 2.
non urta allatto contro le esigenze tecniche a cui deve rispondere, giacche la forma
stretta ed allungata, offre poco ostacolo alla corrente, mentre la leggera rastrema-
zione e la duplice risega danno solidità e robustezza ai suoi fianchi.
Già anticamente era noto ciò che la scienza idraulica moderna ha consacrato
colle esperienze e coi calcoli, cioè che la resistenza statica d'una pila è tanto mag-
giore, quanto meglio essa, pur essendo normale alla corrente, ne riceve l'impeto sopra
piani obliqui, atti a rompere la corrente stessa ed a deviarla lungo i due lati. Nel
nostro caso la costruzione risponde a tale esigenza: infatti la forma tozza, ma ro-
busta del triangolo mouolatico a larga base costituente lo sperone, servo a tagliare
PiVIA
— Tfi —
RBOIONB XI.
la correute, costretta dopo a sfu^r<,'irc secondo i i>iaiii inclinati, dotormiDati dallo
riseghe.
D'altra parte poi la testata eurvilinea a valle, aualofja a quella conservata nei
grandi ponti moderni in muratura, è atta ad impedire la formazione di gorghi peri-
colosi alla navigazione ed alla soliditù stessa della pila, determinando il subito avvi-
cinarsi delle acque, divise dalla punta dello sperone. L'eccellenza della tecnica si
rivela altres'i dal modo magistrale ed eminentemente pratico col quale furono disposte
le varie pietre che costituiscono l'edificio, come anche dalla scelt^i del uiateiiale.
Esso è il bellissimo granito delle celebri cave del lago Maggiore, d'una com-
pattezza tale che riuscirono vani tutti gli sforzi por staccarne anche un piccolo fram-
l"lG. 3.
mento che doveva servire a risolvere una questione storica e litologica insieme, sull'uso
delle cave di IJaveno nell'antichità. Quanto alla disposizione delle pietre essa è chiara-
mente dimostrata dalla tig. -1 ; solo deblio aggiungere che lo sperone e la testata superiore
constano di due enormi blocchi, lavorati a perfezione; gli altri conci sono tagliati a
squadra viva, disposti secondo le migliori regole d'arte e siffattamente aderenti l'uno
all'altro, che solo dopo ripetute immei-sioni ho potuto esattamente notare le commes-
sure. L'unione d'un concio coU'altro era ottenuto mediante grappe a doppio t, forse
di bronzo, le cui impronte si notano ancora, come si notano quelle di altre grappe che
congiungevano questi conci con quelli del corso soprastante. Si vede adunque che quando
l'io. \.
si costruì il ponte medioevale e si distrusse ci(^ che restava del ixinte più antico, si
levarono anche da que.'^ta pila gli strati più alti, sino a togliere ogni pericolo per la
navigazione; ma per quanto l'opera di distruzione fosse violenta e tale da non rispettare
questo vetusto avanzo, essa non potè alterare la distribuzione della robusta compagine.
Un esame per quanto mi fu possibile minuzioso ed accurato, che eseguii in tutto
il letto del fiume nelle adiacenze del ponte coperto, e lo studio diligente della strut-
REGIONE XI.
— 77 —
PAVIA
tura e della composizione del ponte stesso, mi indussero nel più assoluto convinci-
mento che la costruzione del ponte medioevale, come dirò più oltre, fu compiuta a
spese del ponte precedente, o per lo mt-no di quanto di esso restava.
Le altre pile di pietra, che, data la larghezza di m. 200 circa della corrente
ed una luce degli archi di m. 12 o 14 ('), possibile colla struttura della pila stessa,
dovevano essere certo più di 10, sono completamente scomparse, o comprese dal largo
impostamento delle pile moderne, o forse anche sistematicamente distrutte. Come giova
credere, al monieuto della costruzione del ponte medioevale, essendo stata deviata la"
corrente per la maggior parte, apparvero allo scoperto almeno le parti più alte delle
pile antiche, che furono adoperate nell'edificio nuovo, o direttamente, o anche estraen-
done le belle piastre di granito, le quali si vedono ancora, quìi e là murate nei pen-
nelli, negli speroni del ponte moderno, in mezzo al rosso vivo cupo degli eccellenti
mattoni medioevali.
Dalla pianta da me presentata (tìg. 5), più ancora che delle mie parole, apparirà
chiaramente che la pila da me rilevata, appartenga all'antico ponte romano che univa
PAVIA
FiG. 5.
la fiorente città di Ticinum col suo territorio finitimo, e che sosteneva sulle sue so-
lide pile la grande strada, importante strategicamente e commercialmente, la quale,
staccatasi dalla via Aemilia a Placentia, raggiungeva Ticinum ; e poi varcato il fiume,
si dirigeva per Cuttiae e Laumelliim a Mutatio Diiriae, dove poi si divideva in
(') La luce di 12 o 11 m. ò moltu considerevole per i ponti rom.ani, ed in generale veniva
adottata solo nel caso che si volesse con un solo arco saltare danna sponda all'altra. Cosi, per esempio,
nel ponte presso Kiakhta, nella Coinmagene, visitato dal prof. Moltke e dal Sester ed ora rilevato
recentemente dall'architetto 0. Puchstein (V. Karl Humann, Otto l'uclistein, Reiscn in Kìein-
asicn und Nordsyrien. liorlin 1800 p. 393 e seg. : Atlas, Taf. XLI, 1) abbiamo una luce di m, 14, 10,
con una lunghezza delle due spalle di m. 8,20, inferiore, come si vede, a quella della pila ticinensc
(m. 12,20).
PAVIA
— 78 — REGIONE XI.
duo grandi rami, l'uno, che per Kporedia metteva ad Augusta Praeloria ed alVAlpes
Poeninac, l'altra che per liigomagum ed Augusta Taurinorum, rajrfjiunjjeva la regione
dei Cottii e di là la (ìallia (M. Non ritengo ardita la mia supposizione, in quanto
che un ponte che faceva parte integrale di una delle più importanti arterie delllUilia
e del mondo romano, e che oongiuugeva fra di loro città e territ<>ri liorenti per com-
merci e per industrie, doveva essere certamente in pietra, perchè potesuo essere più
sicuro e mantenere non interrotte le comunicazioni d'ogni sorta che avvenivano du-
rante i lunghi secoli di tranquillo e forte dominio romano.
Ed appunto di pietra, e solidamente ed elegantemente costrutta, è la pila che
ancora rimane nel fondo del tìame ; e la sua forma e le sue dimensioni sono tali da
reggere al confronto coi migliori editici congeneri che i Romani costrussero in tutti
i paesi del loro vasto dominio (-). Kssa ricorda assai da vicino la forma delle pile
del ponte detto dei Quattro capi sul Tevere a Roma, e quella del ponte Fabricio o
dello splendido ponte Elio, nella medesima città. Questi ultimi ponti però, oltre ad
essere nella capitale dell'impero, fanno anche parte di un complesso architettonico
ed artistico, come il ponte Elio, clie completava la mole Adriana, o il ponte Fa-
bricio, che continuava lo belle opere repubblicane ed imperiali del Palatino e dell'Aven-
tino (^). Quindi tornano più utili i confronti colle costruzioni di ponti nelle provincia
e sui contini dell'iiiipero, che furono recentemente rilevati e studiati, specialmente
in Francia ed in Germania, quali ad esempio i ponti sul Rodano e suoi atlluenti ('),
e i ponti sul Reno presso Magontiacura, Colonia, Augst-Wylen (•'), e sul Meno a
Seligenstadt ed altrove, ricercati con zelo indefesso dalla benemerita società degli
Altertuiiinfreunden in Ilheinlaiidc, la quale ha tanto contribuito alla conoscenza
dell'antica civiltà romana su quei lontani contini.
Un'altra questione che ora si presenta riguarda la forma di questo ponte. Dall'unico
frammento sarebbe ardito desumerla; però non credo d'essere lontano dal vero, sup-
ponendo che non solo questa pila, ma le altre che rimanevano dovessero essere co-
strutte completamente in pietra. I Romani costrussero ponti in legno sui grandi fiumi,
come il Danubio, il Reno, il Meno ("); ma preferirono sempre, nei luoghi dove le
(') V. C. /• L. V, pap. 715 e r.iiiiicssa carta (IcU'aiitica Italia supcriore di U. Kirpcrt.
(«) Per i confronti colle altre pile e coi ponti romani cf. l'opera un po' antiquata, ina sempre
utilissima, di Guhl e Kohner, Dai Lehen der Griechen uni Ròmer p. 419 e seg.
(») R. Lanciani, The Anricnt Rom. Roma 1800. p. 'JOO.
(<) C. Lcntlicric, /fUtoirc d'un fìeuve. Lyon 1802, voi. 1, II. L'illustre ingegnere in capo di
ponti e strade di Lione, ha in questo lavoro riassunto splendidamente tutte le notizie arclieolociche
del bacino del Rodano, e l'opera sua merita d'essere segnalata a tutti quanti amano una ricerca
coscienziosa e completa.
(^) Wolff. Berlin. Philol. Iforlienschrift, VI, 18S6 p. 1381. Vili, 1888 p. 314; per i ponti
kul Meno cf. K. K..fler, Alte Meinbrùcke bei Scli</enslad in llonner Studien a. 1885 p. 169; sui
ponti del Reno a Colonia cf. il lavoro del generale Von Vcitli, Dos Rómi^rht h'Sln ( Vinchelmanns
lùntproijrnmm 188.">);ed in generale per tutto le opere romane sui confini del Reno vedi E. HQbner,
,V<rM''i/« Studien ùber den rùmischen Grcnzìrall in fleutschland in lìonner Studien a. 1888 p. 30, 48
e fcg., 58 e ig. ecc.
(") V. Koflcr. Alle MeinbrAcke ecc. in lìonner Studien a. 1885, p. 100.
REGIONE XI. — 79 —
PAVIA
condizioni lo permisero, attenersi alia solida costruzione in muratura, lasciando la
costruzione in legno ai luoghi paludosi, dove le pesanti pile in muro non avrebbero
fatto buona riuscita ('). Potrebbe anche darsi che questo nostro ponte sul Ticino, pur
avendo le pile di pietra, avesse la costruzione superiore, cioè i correnti, i supporti,
le capriate e la balaustrata in legno, come per esempio il ponte di Magontiacum
sul Keno, studiato dal eh. prof. E. Hubner (-). Osservo però un fatto che mi venne
dato di notare durante i miei studi nel letto del tiuiue. Sotto il secondo arco, a
partire dalla sponda sinistra, a m. 2,50 sotto il pelo dell' acqua, rilevai un grosso
frammento di muratura, costituito da grossi quadrelloni rosso-cupi, d'eccellente cot-
tura, fortemente cementati in modo da presentare quasi un solo masso, leggermente
concavo su una delle sue superficie. Non vorrei ora andare errato, attribuendo quel
frammento ad un arco crollato precedentemente alla costruzione di questo ponte me-
dioevale, e di ritenere quindi che il ponte romano fosse costrutto nelle condizioni mi-
gliori e completamente in muratura, come i ponti di Verona, di Roma ed altri.
Più difficile è conoscere l'età a cui può risalire questo ponte, come anche il
modo con cui gli architetti romani procedettero nella costruzione. Non conoscendosi
allora l'arte delle fondazioni a pressione atmosferica, possiamo ritenere che il corso
del fiume, la cui strada è chiaramente designata dai terrazzi quaternari, fosse stata
deviata durante la costruzione delle pile e poi ricondotta nel suo letto a lavoro finito.
Mi pare di ravvisare nella cosidetta Morta a monte del ponte, e nella linea di
massima depressione lungo tutto il borgo Ticino, la quale è la prima ad essere inon-
data nelle piene del fiume, la traccia di questo canale artificiale (tìg. 5, lett. a),
utilizzato forse anche nella costruzione del ponte medioevale. Quanto all'età della costru-
zione non credo possibile un giudizio; credo solo che essa possa risalire all'età augustea,
quando, ampliato l'impero, assicurata la pace, si procedette alla costruzione od alla
restaurazione di tutte le grandi arterie stradali che percorsero l'Italia e la allaccia-
rono colle altre provincie transalpine. Se questa supposizione non è ardita, però non
vi sono, per quanto io mi sappia, notizie letterarie od epigrafiche d'età classica, le quali
accennino direttamente al nostro ponte. Solo abbiamo un ricordo assai breve, ma di
grande valore, in Procopio {De Bello Gotico 2,25) che dice : uhi ( Ticino) Romani
veteres ponte /lumen (Ticinum) iunxerunt.
La costruzione del ponte che tuttora vediamo, dovuta a due architetti di Verona,
risale agli anni 1351-1354, al momento cioè in cui la città di Pavia, sotto il dominio
dei Vi-:Conti prima, e poi degli Sforza, aveva preso un grande sviluppo ed una grande
importanza (•') ; ma nell'intervallo tra questa costruzione medioevale, e quella notizia
(■) Sui ponti (li legno nelle paludi, rimando il left.iro ad una mia Nota sui ponies lomji della
Germania. V. A. Taramelli, Le Campagne di Germanico nella Germania pag. 83 e se.?.
(2) E. Hubner, Neiieste Studien ecc. p. 48 e sg.
(') Torello Sairano {[Ustoria e fatti dei Veronesi, Verona 16-111 p. 52) parla di due arcliitotti
insigni di Verona, Giovanni Ferrarese, Jacopo Go/.io, i quali « havevano fatto il ponte di Pavia
sopra il Tesino, il quale gli era riuscito bene ». Questo avvenimento è posto nel 1351, o 1354
(cf. Magenta, i Visconti e gli Sforza nel Castello di Pavia, pag. 30).
PAVIA
— 80 — REGIONE XI.
di Pixwopio sul ponte Uoinano noi troviamo molti ricordi chu sembrano mostrare che
quest'ultimo siasi conservato sino ad epoca assai vicina a noi. Così per esempio è noto
che nell'anno lU'l l'impcriitore Unrico V con un suo decreto confermava alla ghibellina
l'avia il privilejfio d'avere essa nila il ponte sul Ticino ('). favorendo in tal modo
gli interessi di questa città a danno di Milano e degli altri borghi vicini. Tale pri-
vilegio pere» durò solo sino al 1203, perchè in seguito ad una guerra accanita contro
i Milanesi, i cittadini di Tavia. sconfitti, dovettero concedere ai loro vincitori la costru-
zione d'un ponte presso Vigevano.
Nell'aureo libretto De Laudil/iis civitatis Papiae (2) del cosidetto Anonimo
Ticinese, così ricco di notizie riguardanti Pavia medioevale, noi abbiamo anche a
e. XII un importantissimo cenno sul ponte. 11 passo, che cito por intoro, è il seguente:
« ««///•« queììì ( Tìci/i'im) e$l poiis jicr dimidium sladium longiis. ipiasi dimidius
copertila, habens hiac inde muros ac fenestras et a parte suburbii portam ciim
valvis, sttpra quam est ecclesia S.' Saturniai. llabet etiam hic pons pilas ex saxis
et lapidibiis factas et in aliqua parte lapideos arcus ftindatos saxis et ille
Vetus pons dicitur.
Ora questa insistenza sulle pile in pietra, che dovevano costituire una meraviglia
nell'età medioevale, sugli archi di muratura, e più di tutto su questo nomo di pons
l'eliis, che l'autore indica così chiaramente, per distinguerlo da un altro ponte di
barche, inferii>re al primo (habet ipsa cioilas aliqttando pontem alium ligneiim toliim
a parte inferiore ftuminis) , mi induce a ritenere che questo pons Vetus fosse ancora
il ponte romano, con molte aggiunte posteriori e con molti ampliamenti di carattere
militare.
Tutte queste aggiunte e sovraccarichi, fatti forse senza alcun criterio tecnico, e
forse anche qualche forte alluvione fecero crollare questo antico avanzo, certamente
nell'intervallo dal l:«0 al 1:351, e tornati vani gli sforzi di riattarlo (^). si cominciò
la costruzione, non del tutto spregevole del ponte coperto, che forma una delle carat-
teristiche di Pavia. Durante questa costruzione, che assai probabilmente fu fatta
colla deviazione della corrente, si fece, come dissi, tavola rasa di tutti gli avanzi
ingombranti; solo venne lasciata, forse per la sua profonditi!, forse anche por un ri-
spetto alla veneranda antichità, la pila che mi dette occasione a questo studio (^).
(') .\zuvio, Cronico» e. IX, pag. 92. — Del Carretto, Cronaca di Monferrato voi. III. —
< 111111111. Memorie spellanti alla cilUÌ e campagna di Milano IV, 77.
(•) Ter giudiiio concorde dei piii distinti annalisti e storiufrr.'ifì di Pavia roper.i di questo
anonimo, forse un esule, forse frate Onesto da Pavia, dev'essere riferita all'anno 1329, 1330. V. Mu-
r.»triri. Rer. Italie, tcriptor. v. XI. — Bosisio, Gaietta provinciale di Pavia 27 pinpno 1857. —
Terenzio, Comment. drll'nnnnimo ]ia(r, 91. — Maeenta, oj>. oìt.. i>. 2.
(') Ho saiiuto troppo tardi che esistono in .ilcune ])arti dell'archivio di Stato di Pavia, alcuni
documenti riguardanti le opere fatte dal Comune intorno al ponte. Li consultcrf» al mio ritorno in
patria.
(<) Non dobbiamo dimenticare che nel 1.3.5 1-1. '154, epoca di questo colossale lavoro, Pavia era
sede llorente di Mudi e ili civiltà o piena di cortesia, come la dipinge Kranccsco Petrarca nelle sue
epistole latine.
REGIONE XI. — 81 — l'AVIA
Un'altra osservazione che debbo aggiungere si è clie la pila romana da me rile-
vata è sul medesimo asse delle pile del moderno ponte ; dal che si deve arguire che
il ponte romano, non solo fosse stato nel medesimo sito nel quale sta il presente ma
avesse avuto anche il medesimo asse, la medesima direzione.
Sino a questo punto arrivano i fatti die io potei osservare colla massima diligenza;
mi si permetta ora di desumerne alcune conclusioni non senza interesse per la topo-
grafia dell'antica Ticiiium.
Come è noto, il ponte medioevale sul Ticino si trova allo sbocco del Corso Vit-
torio Emanuele ; ed io credo probabile ciie, come l'attuale ponte si trova sulla conti-
nuazione della via più importante dell'attuale Pavia, così l'antico ponte, che come di-
cemmo, ò posto sul luogo e sull'asse medesimo dell'attuale, dovesse trovarsi all'estre-
mità meridionale d'una delle grandi arterie della città romana, e probabilmente della
maggiore delle strade che la percorrevano dal nord al sud, cioè sulla linea del
cardo maxiiìim {^). Non è facile trovare la prova diretta di questa ipotesi, giacché
per Pavia lo strato di macerie che copre l'antico suolo è alto almeno tre metri.
Però non credo che ci manchino affatto gli indizi.
Se si osserva l'attuale pianta di Pavia, si nota al primo sguardo una regolarità
non molto solita nelle città che si dicono medioevali (-). Il corso V. Emanuele, l'antica
strada grande, e che come dicemmo va presso a poco dal nord a sud (tig. 6 A B)
è intersecato normalmente dalle linee delle strade ora chiamate Corso Garibaldi,
Via Cardano, Via Cavour, Via Mazzini e parallele (ib. C, D, E, F), le quali, insieme
colle linee parallele del Corso principale, dividono la città in tante isole quadrate o di
forma quadrilatera. Tale regolare distribuzione non è d'ora; anzi esistono prove certe
che, almeno le grandi linee, risalgono molto addietro nella storia della città. Così
nella pittura murale esistente nella chiesa di s. Teodoro {^), ed in quella inedita
della chiesa di s. Salvatore fuori mura è facile ravvisare questa linea principale della
strada (jraade, che dal ponte attraversa tutta la massa dell'abitato.
Non senza valore è anche l'attestazione dell'anonimo Ticinese ( '). Questi, nella
sua accurata descrizione della città (anteriore al 1330) ricorda che la parte interna
(') Non posso qui entrare nella di.scussione intorno al valore dei due termini cardo e decu-
manm, determinata dall'interpretazione diversa data dai filologi ai passi di Servius Verq. Georg.
I, 12(): Festus, pag. 71 (v. Nissen, Das Templum, p. 13 e seg.; Curtius, Gr. Ft>/m. p. 1-12; Legnazzi,
Del cataro romano, Padova, 1887; Pigorini, Nuove scoperte nella torramara Castella;so, Koma,
Kcndiconti Acc. Lincei, 1803 p. 832) ; e mi attengo all'opinione del Marquardt, Rómische Staatver-
waltunff 11^, p. 406.
(*) Le città d'origine medioevale o feudataria, si svilupparono successivamente intorno ad un
centro, il castello del dominatore, e sono quindi formate di zone concentriche. Così alcune delle
città lombarde, p. es. Milano, che si sviluppò su un piano completamente medioevale, dopo l'incendio
di Federico Barbarossa nel 1162.
(') V. Magenta, op. cit. I, pag. .586, n. 1, Il rev. prof. P. iloiraghi, ha pubblicato una buona
eliotipia di questa jiianta, corredandola con una illustrazione del massimo interesse per la storia di
Pavia medioevale; rimaiidn ]ierciù il lettore alla monnfri-iilìa )iuhblieata nel Hullettino storico Pavese
1803, Anno I, p. 41 e sg.
(■•) De Laudibus etc. e. XL
Classe di scienze mokai.i ecc. — Memorie — Voi. II, Serio 5', parte 2* U
1-vvu - 82 — RBOIONB XI.
crii la iiiìi antica, o che essa era difesa ancora al suo tempo da una cinta antichis-
sima di mura, la prima di tre cerchie concentriche e successivamente più esteso, la
quale era quadrata, e che era stata rinforsata e ristorata dai Longobardi dopo la
cimquista della città. (Questa parie interiore, prose^'ue, pur essendo vetusta, aveva an-
cora vie larghe e spaziose e ben selciato, e tali erano anche le piazze, cinte di ampi
porticati. Quasi come illustrazione del passo citato dell'anonimo, abbiamo la famosa
pianta di Pavia, dise^'nata verso il l.M'i) dal grande arcliitetto (ì. Hattista Ciancio,
pianta che è proprietà del conte Sola di Jlilano e che veime pubblicata dal prof. Magenta
nella sua opera sul Castello di Pavia ('). Questa carta, che è disegnata a volo d'uc-
cello con veduta dal mezzodì, presenta le tre cerchie di mura. La parte centrale, limi-
tata dalla cinta quadrilatera delle mura più vetuste, contiene gli edilìzi più anticiii.
la duplice cattedrale del XI secolo (-), la torre di Severino Boezio, il palazzo dei
consoli romani {sic) ed altri edifici dell'alto medioevo. È notevole che, mentre non
sono segnate le vie, periN si osserva come le porte si aprono con grande simmetria
nel circuito delle mura; cosi si fanno riscontro la porta Palacense ad est colla porta
Maricia o Marenga all'ovest (^). Sull'altra linea nord-sud troviamo la porta del ponte,
mentre al nord si devia verso sinistra a Porta Palazzo, o a destra verso Porta s. Pietro;
ma devo notare che diritto alla linea del ponte, nel lato settentrionale delle mura,
si presenta un tonione con un segno di pustierla, accanto al palazzo dei coiuoli ro-
mani. A questa apertura corrisponde in linea retta una porta nel muro meridionale
della s Cittadella - in cui stanno racchiuse la chiesa di s. Pietro il Ciel d'auro » (^),
e la chie.-ia ora scomparsa di s. Agostino.
Al nord questa linea si continua colla porta .settentrionale della cittadella e colla
strada suburbana, detta nelle carte del XII secolo e seguenti strafa, sive citrsum. la
quale attraversa in linea retta tutta la regione che fu il parco Visconteo, e poi pro-
seguiva più al nord, in linea rotta, e che se non altro era un ricordo dell'antica via
che univa Pavia a Milano ('■)• Ora noi non possiamo sapere esattamente donde il C/a-
riciiis desunse le notizie con cui poi compilò la sua bella carta ; è certo però che
le sue indicazioni sono molte esatte per quanto riguarda i monumenti medioevali e
cos'i anche, per quanto riguarda gli editici più antichi, si accordano colle notizie
dell'anonimo Ticinese, il cui libro rimase forse ignoto all'ingegnere Claricio.
l'j II Clariciu fu uno dei più fjrandi inpcftiicri idraiilii-i iloi sudi toiiipi, v. rniinis. Iiio<)rafic
iti ingctjneri militari Jlnliani dal secolo XIV al XVIll, t. XIV, paf,'. 731 e se>r.
(') Brambilla. La chiena di ,t. Maria del popolo.
Ci Sarcbbi; imprudente il collci^arc questo nome di purta Marioia, che .'-i trova del restu ;-ino
nel XII 8CC., colla popolazione antica dei Marici, abitanti insieme eoi Lacvi in que.sto territorio
Ticinensc.
(*) Vedi Dante, Parodilo, canto \l\. v. lli'i
) LanfTo qucDta linea troviamo i villa););! che portano il nome di arrus .ìfarianuf. ad .'>epti-
miim. ad fìerimum e che non sono che ricordi delle antiche tahcrnaf. lun);o la strada romana di-
sposte presso i miliari. Un documento scoperto recentemente nell'Archivio di Stato di Milano (\\of.
Missine, n. 12, pais'. 2t'8) contiene una lettera di ti. (Jaleazzo Visconti, che impone di tener libera
].ir !•• ••i.r^' la v,-. r)ii > %trniii
REGIONE XI. — 83 —
PAVIA
Ora non ciedo che sia una supposizione troppo ardita riferire questa regolarità
nelle linee generali della Topografia moderna e medioovale di Pavia ad una remini-
scenza 0 ad una continuità dell'antica disposizione della città di Ticinum. Richiamo
un momento il confronto con Roma. Se v'è una città che più sofferse nella succes-
sione del tempo per le guerre e per gli spostamenti edilizi è appunto la città tibe-
rina. E malgrado queste molteplici vicende è notissimo che molte delle linee antiche
si conservano anche nella topografìa attuale. Non ho bisogno di accennare il Corso, che è
l'antica Via Lata; la Via Venti Settembre, che è l'ff/te Semita del monte Quirinale; la
piazza Agonale, l'antico Stadium Domitiani. E tale conservazione è un fatto molto chiaro
e spiegabile. Se una città subisce una grande distruzione ed i suoi abitanti sono im-
pediti di farvi ritorno, in modo che la località resti abbandonata, allora, dopo appena
mezzo secolo, le rovine si frantumano, si forma un terriccio vegetale, e l'humus colla
sua verde coltre di vegetazione cancella ed altera tanto potentemente l'antica forma
della città, che solo con istudì e con scavi si può seguirne la traccia. Se invece, ap-
pena cessato il disastro e scomparso ogni pericolo, la popolazione può rientrare nella
città e riaprirsi una via fra le rovine, allora avviene che si sgomberino e si livellino
le macerie, e ci) e si utilizzino le parti inferiori degli edilìzi per le nuove costruzioni. In
tal caso una distrazione, anche completa, ha per conseguenza immediata l'elevazione
di qualche metro del livello delle nuove strade, che però più o meno si conservano
nell'andamento primitivo. Così molto probabilmente avvenne di Pavia. La città che
i Romani costrussero. fortificarono ed abbellii-ono, non fu coinvolta nella grande rovina
dell'Italia.
Appena tocca da un parziale incendio dei Goti ('), essa venne « per divina virtù
preservata dai Longobardi, che la elessero a stanza e capitale del proprio regno » (-)
e quindi per tutto il lungo periodo longobardo fu non solo conservata, ma anzi ampliata
ed abbellita. Poco diversa fu la sorte sotto il regno dei Carolingi, durante il quale
probabilmente avvenne l'ampliamento della seconda cerchia, che rese la città formidabile.
Il più famoso negli annali Ticinesi è l' incendio del 1004 sotto Enrico II il Zoppo:
ma il fatto, che venne troppe volte esagerato, va ridotto nella sua vera misura: poiché
r imperatore, entrato senza contrasti nella fedele Pavia, ricevette, in San Michele (?) la
corona ferrea; ma in seguito ad una zuffa tra i cittadini e le soldatesche imperiali,
queste vennero espulse dalla città, e l' imperatore stesso, precipitato da cavallo, si
fratturò la gamba destra. L' incendio che si sviluppò in questa occasione deve avere
danneggiato qualche edilìzio della città, ma non la distrusse completamente, perchè
poro tempo dopo troviamo diplomi ed atti pubblici, ciie attestano come la vita civile
non rimase sospesa. Più tardi, le lotte interne tra i Beccaria ed i Langosco ed altre
grandi famiglie feudatarie, e la lunga accanita contesa con Milano fecero erio-ere in
città dei palazzi fortificati e le famose torri del secolo XI, le quali, importa notare,
sono tutte allineate lungo i due assi principali e le vie parallele della città. La
(') .luniiiiiJes, De bello 'jotico, e. 3 e sg. ; cf. F. Hodglviu. Italy and her hivaders, vof. IH,
j). 220 e SL-g.
^') Anonimo Ticinese, De land. civ. efc. ci, § 1.
PAVIA — fii — REGIONB XI.
dominazione viscontea poi ebbe per oflfetto di dare uno splendore ed uu ordine alla
città che si manifesta nelle pitturi- murali citate e che trasparo altresì dalle lettere
uu jtoco onfaticho. ma non del tutto false, del grande Petrarca.
Da quanto ho sino a qui esposto appare verosimile che le linee dell'attuale Pavia
ricordino in generale quelle dell'antica Ticinuui. Però, ad onore del vero, debbo ri-
conoscere che noi siamo assai poco informati sulla disposizione della città all'epoca
romana. Noi sappiamo solo che il luogo era occupato da Laevi e da Marici. popola-
zioni Liguri, secondo Livio e Plinio, Galliche invece, secondo Polibio e Tolomeo (')•
Visitato dai Romani al tempo delle guerre coi Galli e della seconda guerra punica,
è probabile che questo luogo ricevesse uno stabilimento, forse una colonia militare
quando nel 567 d. R. fu costrutto quel prolungamento della via Emilia che moveva
da Placeutia e Crenxona e veniva a Ticinum, per dividersi poi nei due grandi rami,
uno per Mediolanum e le regioni alpine della Retia, l'altro verso ovest per la Gallia (-).
È probabile allora che questo stanziamento, che divenne più tardi municipio {C. I. L. \.
6419) avesse la forma regolare, quadrata che fu propria della colonia, come del
campo militare, e come della città italica in generale, colle sue grandi vie. orientate
secondo i punti cardinali, e tagliate ad angolo retto {^). Ora questa forma tipica del
castro romano, salta subito agli occhi a chi osserva la pianta di Pavia, come vedesi nella
tig. 0 qni aggiunta, ove suno indicate lo parti corrispondenti alla più interna cerchia.
Ci presentano esse perfettamente la forma dell'accampaniento romano, come ognuno può
riconoscere confrontando la nostra pianta con quella del castro romano secondo gli studi
diligenti del Domazeswski, del Marquardt, del Nissen {*). Al punto A corrisponde la
]or/a praelon'a: al punto B la por/a decumana \ la linea E F corrisponde alla via
quintana; la linea CD alla via princijialis coWe relative porte. Noto anche come la
parte più regolare e più interna di Pavia ha le misure di circa 1100 m. periato,
(jual'era appunto il castro romano d'una sola legione, colle sue aggiunte e col suo
bagaglio (•').
Debbo inoltre ricordare che nelle vie principali della città moderna, nel punto in
cui intersecavano la cinta detta dall'anonimo vetustissima interior, disegnata nella
carta del Claricius come quadrata e regolare, esistettero sino al principio di questo
secolo alcune porte antichissime, dagli archi di pietra profondamente interrati, e che
gli scrittori pavesi, di comune accordo, chiamano archi Romani. Così sulla linea di
via Mazzini trovavasi la porta Palaconse, con alcuni resti d'un edificio grandioso, incor-
(') Plinio, h. H. Ili, 17, 12 J: Ticinum... conditum a Laevis et Mariciis, Li<iurum populis" ;
coni pure Livio, V, %'ì, 2. u Antiquam gcntem Lacvox Ligure*, incolentes circa Ticinum amnrm n.
cfr. Tolomeo, .3. 1. 33. Polibio, 2. 17. 4. eh. Moininscn, C. I. L. V, pa?. 015.
(•) Livio. 3!>. 2. Strabo, V. 11, ].»?. 217.
(») Polyb., VL :J1. 10. ro uiy avftnaf ax>'if" ;i>'f'«i "ìv aiQiituiidSiiti reiQiiytavot' iaÓTiXef
poK. Cfr. Joseph. Judaic. 3. 51 : dtitf/fiQtìtm ài nnpf,u,WfJ ittQnyiavoi, cfc.
(«) Cf. -Xlfr. Domaszewski, llygini gromatici de munitionibui ra.ttrorum. Li-ipzip 1887; Mar-
qaarilt, Rrimi»rhe ."^Inatsverunllung V", 101 ; Nissen. f)as Tempìum. llerlin, IHC!», p. 23 e seg.
cf. C. Kocnen, /um Ventandniss det Banner lìfmcrt lager in Banner Jahrbuch. 1887. paff. 189.
(') Marnn.ir(lf. op. e l»r. cif.
REGIONE XI.
85 —
PAVIA
porato nella attuale casa Fiorar; più a sud, sulla linea di via Garibaldi, parallela
a quella prima, esisteva la porta s. Giovanni, atterrata nel 1818, alla quale si col-
lega la tradizione dell' ingresso di re Alboino, condottiere dei Longobardi. Xell'estre-
mità opposta della cittil, ad ovest, via Cavour era intersecata da porta Jlaricia, o
Marenga, conservata sino al 182.') ('), poco lontano dalla quale v'era la nota statua
del Muto dell'Accia al collo, rappresentante un magistrato romano, avvolto nella toga.
F:g. 6.
E anche interessante notare che al di fuori della cinta delle mura, in cui queste
porte romane erano poste, si estendevano i cimiteri, sacri in tutto il medioevo per
le reliquie dei martiri e di tutti i vescovi pavesi; e non voglio scordare una notizia
dell'Anonimo del più alto valore, che cioè fuori dtdla prima cerchia di mura, accanto
al monastero di s. Maria in Pertica, dalla parte orientale della città si erano trovate
insieme a tombe ad inumazione della età cristiana, i vasi di terra dove gli antichis-
{') Tcunzio, La statua del muto dell'Accia al collo. Pavia 1S5.5. Questa famosa statua è
ancora al suo posto, o poco lontano, ed !• importante ricnnlari' cnine ad essa si Cidlei;a tii(ta una
letteratura di pallidore.
PAVIA
— 8(.i — REGIONE XI.
simi riponevano le ceneri dei loro morti. Non vogliamo noi vedere in queste parole
mi ricordo di qualche antico sepolcreto romano, allineato lungo le vie che furono già
estraurbane e poi incorporate nell'aliitato d'etii più recente?
Se queste mie osservazioni rL-uJoiio in qualche modo evidente che in parte almeno
le linee generali dell'attuale cittìi ripetono quelle della città romana, mi si conceda
di aggiungere una considerazione che non mi sembm trascurabile. Se si esamina la
pianta di Pavia, si trova ohe l'asse did ponte, non è in perfetta coineidenza con quello
del Corso Vittorio Emanuele, ma che questo è alquanto piii inclinato verso nord nord-est,
e come le altre linee, normali alla principale, della via Garibaldi, Mazzini, Cavour
e parallele non corrispodono esattamente alla linea astronomica est-ovest, ma hanno
un'inclinazione verso sud di 13°, liO', 15".
Questo fatto sulle primo sorprende, perchè è naturale domandarsi il perchè di
questa curva della strada prima di giungere sul ponte, il perchè di questa inclina-
zione sulla linea astronomica. Credo che la mia risposta non sia del tutto errata.
Sappiamo che tutti gli impianti di cas/ra, e le fondazioni di colonie, tanto ita-
liche die latine (forse anche elleuiclie o indogermaniche) erano precedute dalla ceri-
monia ieW augurano, colla quale si stabilivano le prime mensurae del futuro abitato,
prendendo per punto di base quello dell'apparente spuntare dal sole sull'orizzonte;
con questo punto si tracciava la linea da oriente a ponente, poi la normale da nord
a sud, valendosi delle leggi augurali e dei calcoli dei gromalici profcssores ('). Ora dal
precedente discorso, credo di avere dimostrato come la città di Ticinum, ebbe per
sua prima origino un castro romano, che successivamente si venne ampliando, che ebbe
molte vicende, vide le case ed i palazzi succedere alle umili tende o baracche mili-
tari, ma che conservò sempre la sua forma tipica: e quindi è molto probabile, anzi
vorrei dire certo che avvenne anche per Ticinum la cerimonia religioso-agronoma della
augurano preliminare.
Ora è noto che il punto dall'apparente levata del sole si sposta durante l'anno
a nord etl a sud dell'est astronomico, equinoziale: ed è così che, applicando un sem-
plicissimo calcolo, saremmo condotti a stabilire che il momento in cui venne fatta
l'osservazione cardinale per il tracciamento topografico del cas/rum o dello stabili-
mento romano, doveva trovarsi tra il 21 settembre ed il 21 dicembre, o tra il 21 di-
(') C'Ir. Hytfiuus (iJoiniiszcwskiJ e. 1:5. .J. hi profuisons eius arlts. . . . ijromatici sunt cogno-
minati. Nei lavori clic ho citato piii innanzi del Legnazzi, dui Marquardt, e specialmente nel lavoro
cai>ilalc del NÌ88en: Das Tftnplum pag. 13 e seg.; 2.3, e scg. pag. 53 e scg., sono esposte con grande
larghezza di critica le fonti classiche sul rito augurale, che appare fondamentale nell'edilizia e nel-
l'oconomia iiolitica della Koina e dell'Italia antica, e che è coordinato sulle più inveterate credenze
religiose della schiatta italica, l^ui mi basti ricordare il passo di Hyginus. « De limitili, conslt-
luendis pog. 16H: postea placuit omncm relujionfm eo convertere et qua parte coeli terra inlumi-
natur, sic et limites in oriente constituunlur «; cosi anche l'altro dello stesso autore pag. 181
{aromatici vet. ree. Laclimann): « itaque ti loci natura permittit, rationem servare debemus, sin
autem proximam rationi; cfr. Servius. Vcrg. Georg. I, 120, cum agri colonia dwidcrentur, fossa
ducebatur ab oriente in occidentem, quae cardo nuncupabatur. et alia de seplcntrionc ad me
ridiemqui decimonus limet vorabatur - Cfr. Veget. t. 23; F.stus. png. 2'2X Tacif. I/nt. IV. 30, ecc.
REGIONE XI. 87 PAVIA
cembre ed il lil marzo, e più precisamente si doveva essere o al 12 novembre o
air 11 febbraio (').
Se noi pensiamo al lungo lavoro che doveva richiedere la costruzione d'una città,
che era ad un tempo stazione militare importante e destinata a proteggere la duplice
linea del Po e del Ticino, parrebbe logico ammettere che l'osservazione « inaugurale ■<
della futura Pavia, venne fatta nella prima metà del febbraio. Allora era prossima
a spirare, la stagione delle nevi, e s'aveva dinnanzi tutta la buona stagione per co-
minciare a condurre a buon termine il lavoro.
Questo fatto di eseguire il tracciamento della città in principio di primavera, il
quale nei tempi primitivi trova la sua spiegazione nella necessità sopra accennata,
ebbe più tardi, come fatto antico, tradizionale la sanzione religiosa; è a questa che
si collega il rito, essenzialmente italico, della primavera sacra {ver sacrum). E cosi
io spiego l'obliquità dell'antico cardo dell'attuale corso Vittorio Emanuele, sulla linea
del ponte: la prima linea è collegata coU'orientazione della città, e da questa dipende
organicamente ; la seconda invece è determinata dalla direzione della corrente del fiume,
alla quale il ponte stesso, alla sua volta, dev'essere normale. E per questo che anche
oggi vediamo questa deviazione conservata attraverso i secoli, perchè la costruzione
primitiva della città e del ponte dovette obbedire a due esigenze affatto diverse.
Questi pochi appunti, nella grande mancanza di notizie letterarie ed epigrafiche,
possono servire come incentivo ad altre ricerche, le quali a me non sono ora possibili
in causa dei viaggi impostimi dalla mia qualità di alunno della Scuola di Archeologia.
E anche per la stessa ragione della mia assenza da Pavia che non ho potuto seguire
attentamente i lavori che avvennero nel duomo della città, in occasione della costru-
zione della facciata. Essi sono stati diligentemente sorvegliati dalla Commissione Con-
servatrice; ed il rev. P. Moiraghi ha dato alcuni cenni su quei pochi frammenti romani
che furono scoperti nell'atterrare alcune delle antiche colonne della basilica di s. Maria
del popolo, e nello sgombero del terreno. Ma come il signor prof. Moiraghi è incorso
in qualche inesattezza, così credo dovere di dare qualche cenno. Anzitutto debbo la-
mentare la distruzione senza un piano ben delimitato d'una delle prime e più antiche
basiliche dell'Italia settentrionale. Debbo anche aggiungere che non credo che il
rev. Moiraghi debba insistere più a lungo sulla antica idea espressa già dal Terenzio
e dal Capsoni, che cioè il duomo di Pavia sia sorto sul posto di un tempio antico
e precisamente di Cybele. Per lo meno la prova su cui tutti questi scrittori si basano
sono insufficienti. È noto che nell'interno dei piloni compositi della chiesa romana si
(') Questo calcolo astronomico cht; troviamo cliiaramentc esposto dal dott. B. Tiele, Astrano-
mische hùlfxtafdn aggiunte all'opera già citata più volte dal Nisscii, condusse a risultati sorpren-
denti come a risolvere alcuni punti controversi nella topografìa dell'antica Atene, sulla fond.izionc
di alcuni templi (v. p. es. Penrose An investigation of the pnnciples of Athenian Arckitecturo. p.
2. Ediz. pag. 8; cfr. Koehler Der S&dabhang der Akropolis su Athen in Ath. Mittheil. II, 171-186;
229-260). E cos'i pure giovò al eh. prof. Tacchini per determinare la data di impi.anto di alcune
delle stazioni dette le terramare e specialmente di quella grandiosa e recentemente esplorata di
Oastellazzo (v. l'igurini Monumenti antichi pubblicati per cura dell' Accademia dei /,m«», Roma 1889,
I. )iag. 1.34; cfr. Nuove Scoperte ecc., Roma .\ccad. Lincei 189'1. n. 3 e seg.).
l'AViA — 88 — REGIONE XI.
trovarono dei fusti di colonna, decisamente romani, che furono posti dagli architetti
por formare una specie di nucleo al pilone stesso. Queste colonne sono state ritenuto
l'avanzo d'un tempio pagano, cupeito e coinvolto dal tempio cristiano. Debbo anzi-
tutto mostrare che tutte le colonne non solo sono di marmi diversi, ma sono di mo-
duli 0 di stili all'atto diversi, in modo che si dovrebbe pensare a un edifìcio di tanti
stili di cui non abbiamo esempio abun.i. Rivedendo i miei appunti trovo per esempio
queste indicazioni:
rt) fusto di colonna spezzato, di marmo di Verona (breccia) senza scanalature,
lungo m. 4.47: dm. della base cm. 65, del fusto cm. 55;
b) troncone di colonna di marmo, probabilmente apuano, lungo m. 2,34.
diam. 0,85. La colonna è di stile composito, cioè le scanalature corinzie sono ricolme,
in luogo di essere concave: larghezza delle scanalature m. 0,08;
e) altro troncone di colonna, pure di marmo apuano, lungo m. 1,70, dm. 57 cm.
Le scanalature che sono pure ricolme, come nel frammento precedente, sono ampie cm. 6.
Disfirraziatamento non trovo altra misura delie varie colonne rinvenute nello scavo,
come pure ho smarrita una piccola pianta da me fatta per indicare il posto delle vario
colonne e dei vari tronconi nell'interno dei massicci pilastri della antica basilica. Ma
mi conforta l'idea che non siamo autorizzati a ritenere che si possa da questi vari
avanzi farsi un concetto dell'edificio romano che avrebl)e preceduto la iirimitiva chiesa
lombarda. Clie anzi io insisto nell'opinione che l'architetto o i mastri fabbricatori
abbiano raccolto il materiale da edifìci più o meno vicini nella città, e che nella
grande scarsezza di pietre nella pianura alluvionale di Pavia, e colla difìicoltil estrema
di procurarle da lontano, data la infelice condizione della viabilità dell'alto medioevo.
siano anche andati a cercarli lungo le vie che uscivano dalla città, la maggior parte
dello quali erano di origine romana. Io ne vedo una prova in questo fatto che uno dei
tronchi di colonna, e forse non è il solo, che facevano da nocciolo ai pilastri, non ò
che un milliario romano. Quando io lo ho veduto, esso giaceva nelle macerie, capovolto
e quasi coperto dai rottami, ma col [lermesso doU'iug. direttore dei lavori, ho potuto
vedere le traccie dell'iscrizione. Il milliario è una colonna di granito, alta m. 0,()5 che
sorge su basamento di cm. 64 X 64 di base, e di 87 di altezza; nel punto dove il fusto
si innesta sulla base, si trovano quattro rotondi ovoli, che o;a sono smussati. Quello
che si può scorgere dell'iscrizione ò assai poco; dall'esame ripetuto della pietra e dei
calchi che ne ho tratti, ho potuto avere solamente questo lettere, che trascrivo nella
loro posizione:
IMPgg
ildllil
ESÌiS
leiiiEi
iP • VI
cioè : imp{erator Antó)nin{us '«)/'• ^
REGIONE XI.
— 89 —
FORNOVO S. GIOVANNI
Questa iscrizione aviubbe poco valore per la topografia della antica regione tici-
nese, se non ne esistesse un'altra consimile, trovata a Cuttiae nel territorio ticinese,
in cui si legge : impei: \ Antodi iias \ pius Au[/ \ poai \ curavil \ Iviii.
Col confronto di questo niilliario che conta le miglia della via, che conduceva
ad Angusta Taiiriaorum, cominciando probabilmente da Placeniia, io credo di dire
che il niilliario da me esaminato, appartenesse alla medesima via da Ticinum a Lau-
mellum -gìh sopra citata. Quanto alla cifra {m).p. VI, che è sicura, mi pare di poter
ritenere che almeno i milliarì più vicini a Pavia portassero le indicazioni della di-
stanza a partire da questa città, e poi si riprendesse la numerazione da Placentia^
che è necessaria ammettere per comprendere la cifra di L V/ff, del resto non sicura,
sul miniarlo di Cottiae (Cozzo). Si vedo adunque che i muratori ed i mastri anda-
rono a cercare le pietre da lungi, e trovarono atta allo scopo la colonna milliaria.
Un'altra prova di questo fatto è dato anche dal piccolo cippo funerario, rinvenuto
nelle macerie, intitolato a Caelia Materna {Notule 1893, p. 348).
Questa iscrizione che rammenta la famiglia Caelia assai diffusa sotto l'impero
nell'Italia superiore (cf. C. I. L. V, 6827 Aug. Praetoria; 6680 Vercellae etc),
doveva senza dubbio trovarsi nelle necropoli, che massime nell'età imperiale erano
fuori della città ; e dalla necropoli dovè essere tolta per formarne materiale di costru-
zione. Sino a nuova prova perciò credo infondata l'ipotesi che nel posto dell'attuate
duomo di Pavia sorgesse il tempio di Cybele ('). A. Taramelli.
Nuove scoperte di antichità nella provincia di Bergamo.
III. FORNOVO SAN GIOVANNI — Scoperte di non comune importanza
avvennero nel territorio continuamente esplorato e non mai esausto del nostro Fornovo
s. Giovanni.
Nella primavera del 1892, in occasione di lavori agri-
coli del podere Brolo, di proprietà Gallavresi, a m. 0,50
del soprassuolo si incontrò una specie di pilastro in mura-
tura, largo m. 1,50; il quale alla profondità di m. 1,00
posava sopra un pavimento di ciottoli. Lì presso, ed alquanto
al di sopra del piano dell'acciottolato, si trovò una testa
marmorea, virile, di grandezza naturale, alta m. 0,3;i.
della quale offriamo qui una riproduzione tolta da ima fo-
tot'rafia. È sufficientemente conservata, se si eccettua un'otfesa
non grave al naso, ed altra meno grave ncU' occhio sinistro,
e per amichevole deferenza dei signori Achille e dott. Emilio
Gallavresi, fu da me acquistata per la mia raccolta di anti-
chità fornovesi.
(') Vedi Tercntio, D'un monumento scoperto nell'anno 18.Ì9 nella cattedrale di Pavia, cf.
Cixpsoni, Memorie Isteriche della R. Città di Pavia, 1782, I, p.. 2.">0.
Ci-ASSK DI SCIENZE MORALI cc<5. — Memorib — Vol. II, Serio 5", parte 2» 12
FORNOVO S. GIOVANNI — 90 — REGIONE XI.
Pare assai probabile die nou ad un busto, ma abbia appartenuto ad una statua,
non formata da un pezzo solo, ma con la testa riportata, come si deduco dal tajjlio
del marmo nell'attaccatura del collo. Ma uuU'altro può dirsi con certezza intorno al
porsonag«jio di cui il marmo ora dissepolto dovè rappresentare le sembianze in ma-
niera assai perfetta. K probabile che sia stato qualche cittadino insigne od altra
persona benemerita dell'antico Forum noviim ; ma se trattisi di una statua onoraria
posta nel Foro od in qualche edificio pubblico, ovvero se trattisi di semplice ritratto
posto sul sepolcro di qualche ricco od insigne cittadino, nulla si può conoscere.
Nel campo attiguo all'aia del Hrolo, fu trovata molti anni or sono, e conservata
in posto una specie di base marmorea, ma senza epigrafe.
Essendomi recato sul luogo ove avvenne la scoperta, ebbi la fortuna non solo di
assistere agli scavi che vi si fecero presso il cos'i detto pilastro ; ma ancora di acqui-
stare i seguenti oggetti, tutti spettanti a due separati trovameuti.
Provengono dai «^ Casaretti ' proprietà Carminati, quelli che qui si notano e ciie
formavano il corredo di una tomba a cremazione.
1. Vaso ossuario in terra rossastra, frammentato, con residui di ossa bruciate.
2. Metà inferiore di vasetto bruno rossastro, in forma di calice a base piatta,
ornato da doppi cerchietti, stampati a creta molle; diam. del fondo m. 0.04: alt. 0,U8.
3. KotcUa di bronzo di grosso cordone fuso, a sezione elittica. adorno nella peri-
feria da 14 bottoni equidistanti; diam. 0,045.
4. Rotella simile, ma di cordone un poco meno grosso, e mutila por antica frattura.
5. Frammenti di due rotelle simili.
G. Rotella di grosso cordone cilindrico, ornato nella periferia da sei anitrelle;
diam. m. 0,04.5.
7. Pezzo di lamina pure di bronzo appartenente ad un vaso.
Questi oggetti trovano riscontro in quelli delle tombe di Brambate-Sotto (cfr.
Mantovani, Not/sie archeologiche bergomeiìsi, 1884-181*0 p. ò2, 72).
Provengono dal - Castelletto » , proprietà Santoni i seguenti :
8. Lama bitagliente di pugnale in bronzo, a foglia di ulivo, con due fori nel
codolo, ed i relativi chiodetti ])er riiiiinanieatura; lunga ni. o.ir. : larghezza mas-
sima m. 0,017.
9. Grosso anello del diam. interno ili m. 0.032 con castone a targhetta.
10. Da questo predio pervenne alla mia raccolta un'urna cineraria fittile, che pre-
senta tutti i caratteri delle terrocotte preistoriche; con la quale urna, circa l'età, sono
in rapporto i bronzi qui accennati.
In questa stessa mia visita sul luogo ove si rinvenne la testa mannorsa, sempre
coU'assistenza dei signori fratelli Gallavresi, potei tentare un altro scavo nell'area
del virino podere Cosala Grande. K quivi, alla profondità di in. 0,.")0. trovai una va-
sca, proliabiiincnte per bagno, alta m. 1.00, chiusa da pareti in laterizi.
REGIONE XI. — 91 — BARIANO, BRIGNANO
IV. BARIANO — Presso un campo del convento di Banano, scavandosi una
fossa per gelsi, si scoprì una tomba formata di tegole romane anepigrafi, poste a
tetto. Vi era dentro uno scheletro; nò si seppe di oggetti di corredo funebre che vi
si fossero rinvenuti.
V. BRIGNANO — A poca distanza dal paese di Hrignano {Dregnaiium :
anno 847), in una cava di ghiaia recentemente aperta nel predio Broda, proprietà
del sig. Francesco Carminati, a circa m. 0,80 dal piano attuale di campagna, si scopri
una sepoltura romana. Lo scheletro, ben conservato, stava in direzione sud-est nord-
ovest, ed aveva ancora coperta la sola parte superiore da tre tegoloni anepigrafi e rotti.
A lati del cranio si raccolsero gli oggetti che seguono:
1) Anforetta fittile giallastra alta m. 0,21. Non deve essere comune nella sup-
pellettile delle nostro tombe, perchè è ora la prima volta che mi accade d'incontrarne.
Un vaso simile, ma con una sola ansa, fu esumato a Ticengo (Soncino) da una tomba
romana dell'epoca degli Antonini.
2) Ai-milla in bronzo coll'asticciuola finiente a testa di seqje; diam. m. 0,042.
Una simile ne fu scoperta nel predio Guadali a Zanica.
Un'altra sepoltura, costruita come la precedente, conservava dello scheletro sol-
tanto il cranio, ed è molto probabile che fosse stata già esplorata in antico ; il che,
del resto, era anche desumibile dalla condizione smossa in cui fu trovato in quel punto
il terreno. Sotto i laterizi che coprivano il cranio si raccolsero:
3) Scodella fittile rossastra, a labbro espanso orizzontalmente all'orlo, e con
beccuccio per mescere il liquido, particolarità che pure per la prima volta riscontro
nella numerosa serie di tali terrecotte; alta m. 0,06; diam. m. 0,18. '
4) Aryballos ventricoso ansato e di corto collo, di pasta ordinaria rossastra ;
alto m. 0,14. Simili si scoprirono nel Campo s. Giuseppe a Zanica.
5) Fibbia in bronzo da cintura, con gancetto mobile, di forma comune, lunga
m. 0,04.
6) Anelletto di bronzo ; diam. di m. 0,02.
7) Altro anelletto simile, risultante da un'asticciuola cilindrica ripiegata alle
estremità ; diam. 0,02.
8) Laminetta pure di bronzo usata per rivestimento di cintura, ed ornata da
puntini traforati agli orli; larga m. 0,02.
9) Pezzetto di lamina in ferro, irriconoscibile per corrosione.
Non avrei raccolto queste notizie senza 1' avviso e l'assistenza dell' egregio si-
gnor Francesco Carminati di Brignano, amante delle memorie patrie, al quale sono
lieto di esprimere la mia gratitudine.
CULOQNO AL SERIO, MOZZANICA, OSIO — 92 — REGIONE XI
VI. COIjOGNo al serio — l'iesso la cascina Caiitaiaiia, nel comuiie
(li Cologno al Serio, da un campo gliiaioso, posseduto da Caniiiuuti Giuseppe. In
estratto, a u». 0,75 di profoiiditù, un coltello di ferro, a grossa costola, lungo nella
lama iii. 0,20, nel codolo ui. 0,08.
Stava di fianco ad uno scheletro di uomo, sepolto in piena terra. Cotali armi si
giudicano, corno è noto, più specialmente usato nel basso impero e nell'epoca barbarica.
VII. .MO//.VNICA — Nel predio del sig. Gustavo Camozzi. situato assai
prossimo al comune di Mozzanica. tra le radici di un albero divelto da un turbine,
fu trovato un bollissimo cimelio dell' epoca litica primitiva. K un pugnale di selce
nera trascheggiata, perfettamente conservato; lungo m. 0,11, largo a metà della lama
m. 0.n4. Sebbene iiell'insienie alibia figura quasi romboidale od a foglia di lauro, pure
mostrasi alquanto ristrutto nel codolo e ciò per opiiortunità dell'immanicatiua.
Di tali armi parlai nella mie Notizie archeologiche bergomensi, 1882-83, p. 134
e sgg. Debbo solo aggiungere, che questa scoperta accresce l'importanza paletnologica
della stazione di Mozzanica, mai esplorata a scopo scientitico.
Certo, che senza l'intelligente premura del sig. Camozzi, nemmeno quanto vi
fu trovato siuora, in occasione di lavori agricoli, noi conserveremmo ed avremmo
potuto salvare dalle dispersioni.
Vili. OSIO SOPllA — Sulla line del febbraio 1891. nello scavar forse per
piantagioni di gelsi in podere Casello di proprietà Mongili, alla profondità di m. 0,(50
e distante m. 20O tanto dall'ospitale che dal cimitero, si scopersero in piena terra
tre urne titUli os^uarie, come quelle di Brenibato Sotto, posto in linea retta ed a circa
m. (J,50 l'ima dall'altra. Secondo il referto dello scavatore Moretti Angelo, le due
più piccole non contenevano che i residui della cremazione; nella maggiore, invece,
frammisti sul fondo colle ceneri, si raccolsero i seguenti bronzi, i soli salvati dalla
distruzione.
1) Quattro anelli; due del diam. di in. 0,03; e duo del diam. ili m. 0,02.
2) Anello di lega biancastra; diam. 0,03.
3) AnoUetto; diam. m. 0,012.
4) Stalla scanalata di grossa fibula, lìniente a globetto.
5) Fibula serpeggiante od a drago, col dischetto fisso nell'arco, mutila nelle
estremità.
6) Socchietto per pendaglio, col foro poco sotto le estremità del manico.
7) Lamina di metallo bianco, che secondo l'analisi fattane dal chimico dott.
Pietro Giacomelli, risultò essere una lega di rame, manganese, antimonio ed arsenico,
analoga certamente a quella dell'anello sopra citato.
E poiché oggetti simili a questi, eccettuato l'ultimo, si rinvennero noi sepol-
creto di Hrembate Sotto, spettante al terzo periodo della prima età del ferro
REGIONE VII. — 93 —
AREZZO
(cfr. Mantovani, Notisie archeol. herfj., 1 884-1890), crediamo con tutta ragione do-
versi attribuire al periodo uiede.siino anclie le urue del Casello.
¥j così ci viene indicata nel nostro territorio una nuova stazione preromana, me-
ritevole di sistematiche indagini.
G. M.\NTOVANI.
Rkgione Vir (KTRURIA).
IX. AREZZO — Nuove indagini nell'orlo di Santa Maria in Gradi,
nel luogo ove avvennero le scoperte delle figuline di Marco Perennio.
La direzione del Museo civico di Arezzo fece intraprendere nuove indagini nell'orto
di santa Maria in Gradi, entro la città, nel luogo ove si scoprirono le figuline bel-
lissime di Marco Perennio {Notizie 1884, ser. 4^^, voi. I, p. 83, tav. I, II, III).
Si recuperarono esemplari delle splendide forme di Niceforo, di Cordone, di Pi-
lade e di Tigrane, e frammenti che rappresentano il prodotto dell'ultimo periodo della
fabbrica perenniana, quando vi lavorarono Bargate e Crescente.
Affatto singolari e nuove le formo decorate con figurine in caricatura, riprodu-
centi scene comiche. Di tali forme non comparse finora tra i fittili aretini, abbiamo
una intiera e vari frammenti di altre.
Si comunica per ora questo annunzio sommario in attesa delle ampie notizie
che si aspettano intorno a questi trovamenti.
X. ROMA.
Nuove scoperte nella città e nel suburbio.
Regione TV. — Sono state continuate le escavazioni nella cella del tempio di
Venere e Roma, delle quali fu data notizia nello scorso mese di febbraio (p. .58). Fra le
terre si sono trovati altri frammenti delle colonne di porfido che ornavano quel san-
tuario ; una base, parimente di porfido, del diametro di m. 1,03; e vari frammenti di
fregi e di capitelli marmorei.
Regione VI. — Nel cavo per costruire una piccola fogna entro l'area, ove si sta
edificando la nuova cliiesa americana, presso l'angolo di via Firenze e via "Venti Set-
tembre, è stato recuperato un braccio di statua marmorea lungo m. 0,48, di buona
fattm-a e bene modellato, mancante delle estremità della mano.
Sottofondandosi un casamento in via Cadorna, di fronte al Ninfeo degli Orti
Sallustiani, si sono rinvenuti, alla profondità di ni. 13, due pezzi di cornicio^ inta-
gliato in marmo, con ovoli e dentelli, di buon lavoro e benissimo conservati. Uno
dei frammenti misura m. 0,55 X 0,15, l'altro m. 0,35 X lo.
UOMA — 'J4 — UOMA
lìegioiie IX. — Nel restaurare una fogna, sulla piazza di s. Stefano del Cacce, si ò
trovata una lastra niaruiorea, scorniciata, alta in. U,47, larga ni. 0,58, che ora stata
adoperata per coprire la fogna medesima. Vi si legge l' isc-ri/iono:
TTILLIVSTFPA/
SAB1NVS7C0H • XTT VRB li
POSTVMIA
PHYLLIS
FRATRIS • VXOR
CANINIA • MVSA
CONCVBINA SABINI
Regione X. — Restaurata l'antica scala, che dal portico orientale dello Stadio
Palatino ascende al piano superiore ed a livello della grande loggia semicircolare
severiana. si è trovata una grande condottura di piombo, grossa m. 0,03, che corre
per tutta la lunghezza della scala ed è posta immodiatamente sotto il ciglio dei gra-
dini. Ne sono stati scoperti per intiero quattro pezzi, della lunghezza di m. 1.70 cia-
scuno, cioè di sei piedi romani, saldati fortemente l'uno coU'altro, ed aventi il dia-
metro maggiore esterno di m. 0,17, l' interno di m. 0,14. In uno ò impresso a rilievo
un grande ramo di palma e il segno numerale V; un altro porta due volte il sigillo :
IMP-DOMITIANIAVGGERSVBCVRAEPACATHIAVG-L
PROCFEC- MARTI ALIS- ET ALEX ANDERSER
Sul terzo e sul quarto tubo ò ripetuta la medesima leggenda; ed inoltre in uno
è aggiunto il numero V, nell'altro il numero ...III.
Questa condottura discendeva fino all'antico piano della scala e dello Stadio, che
è stato riconosciuto essere circa mezzo metro sotto il jiiano attuale. K quindi mani-
festo che nelle grandi rinnovazioni fatte da Adriano e da Settimio Severo nello Stadio
di Domiziano, no fu nutabihnento rialzato il livello.
Altre fìstule acquario col nome di Domiziano, il quale distribuì in questa parte
del palazzo l'acqua Claudia derivante dall'acquedotto Celiinontano. sono state quivi
trovate in altri tempi. Portano però i nomi dei procuratori M. Arricinio Clemente u
di Euticho ; mentre quello di Epagato si legge soltanto sopra un tubo trovato presso
piazza di Spagna ('). Una sola iscrizione simile a quelle testé rinvenute, e portante gli
ste.-<si nomi del procurature Epagato e dei plumbarii Jfarziale ed Alessandro, trovasi
registrata nellf mOh'iIc di'H'Aiiiati. si-nza veruna indicazione del luogo unde il tubo
proveniva (-).
(•) Lanciani, Silloge epvfrafica aquarin. \\ 211-213, 2.T1. n. 1:?".
(»J 0. e. p. 277. n. 172.
ROMA — 95 — KOMA
Spianandosi poi il teiieno in prossimità dei ruderi del palazzo Severiano. sul
lato volto ad oriente e dietro la grande essedra dello Stadio, sono stati scoperti
avanzi di una casa privata del primo secolo, la quale sorgeva su quell'ultimo lembo
del Palatino. No rimangono soltanto alcune parti delle mura laterizie, ed un fram-
mento di pavimento a musaico finissimo, tutto bianco, con larga fascia nera. Il piano
di queste stanze trovasi circa va. 12 sotto il piano del palazzo di Severo.
Fra .le terre si sono raccdti alcuni frammenti d'intonaco finissimo, di vivace
colore rosso, ed altri piccoli pezzi di colore giallo con liste rosse.
Area del Policlinico. — Sistemandosi la strada d'accesso al Policlinico, si è
ritrovata, fra la terra, a poca distanza dalle mina della cittìi, una piccola base mar-
morea, alta m. 0,34 X 0,18 X 0,22, mancante della parte superiore. Sulla fronte vi
sono scolpite in altorilievo due figure, in mezzo alle quali è un tripode. Esse sono
assai danneggiate. Nei due lati sono egualmente scolpite due Vittorie alate che recano
un grande ramo di palma.
Fu pure recuperato nello stesso luogo un rocchio di colonnina tortile, di marmo
bigio, alto m. 0,60 e del diametro di m. 0,10.
Alveo del Tevere. — Per gli sterri che si eseguiscono sulla riva destra del
Tevere, nel sito appellato ilontesecco, e sulla riva sinistra in prossimità del ponte
Milvio, .sono stati recuperati questi oggetti: Marmo. Piede sinistro di statua, appena
abbozzato, lungo m. 0,22, rotto in due pezzi. — i?/'0/i40. Uncino, lungo m. 0,15. Tre
piccoli frammenti, forse di vaso, assai consunti. Una fibula, mancante dell'ardiglione.
Quattordici monete diverse. — Vetro. Due piccoli balsamarì, iutieri e" ben conser-
vati. — Terracotta. Grande lucerna rotonda, mancante del becco, con un tridente
rilevato nel fondo. Altra rotonda, col bollo a lettere incavate e rozze: FORTIS. Altra
più piccola, di terra gialla, col bollo a lettere rilevate : FORTIS. Due lucerne grezze,
di forma ellittica, e con largo becco. Altra piccola bilione, con cerchietti impressi sul
piatto. Manico d'anfora col sigillo 'c • AlSTOlf ■ Qvjìt |. Frammento di ciotola are-
tina, con testine e meandri nell'orlo superiore. Vasetto grezzo, alto m. 0,05, diam. m. 0,035.
Osso. Spillo, in due pezzi, rotto alla punta, lungo m. 0,18.
G. Gatti.
Via Ostiense. — Ad occidente del nuovo quadriportico della basilica di s. Paolo,
eseguendosi uno sterro per una fogna, si rinvenne, a m. 1,70 di profondità, una
cassa fittile, lunga m. 1,95, larga m. 0,4tì, s^'uza ornati di sorta, e rozzamente lavo-
rata. Era chiusa da due tegoloni bipedali e da due tegole battentate, spezzate per la
pressione delle terra sovrapposta, e non recavano bolli figuli. Neil' interno della cassa
fu trovato il solo scheletro, che riconobbesi di adulto. La cassa era posta obliqua-
mente tra due muri fatti con scaglie di tufo e calce, spettanti ad uua camera che
probabilmente doveva contenere altre sepolture.
Il seppellimento è di età tarda, e precisamente del tempo in cui si usò seppel-
lire intorno o nelle vicinanze delle basiliche. L. Borsari.
l'ALKSTRIXA, TKUU\C1NA — 0(j — REGIONE 1.
Rkoionk I (LATIUM ET CAMPANIA).
XI. l'AliESTRINA. — Dì una iscrÌ2Ìoìic onoraria a Traiano.
Nel terreno Galeazzi suUentrata della città, in contrada s. Hocco, nell'area ove
si estendeva la parte superiore deUaiitico Foro di Prenesto, il ^'ioriio 15 dello scorso feb-
braio fu dissotterrata una baso di statua inannorea di forma cilindrica. Ha nel vivo
del plinto il diaui. di m. U,t)!i. ed ò alta in tutto ni. 1,20. Vi è incisa l'iscrizione
seguente, che ho trascritta dal calco cartaceo mandato al Ministero dall'ispettore sig.
V. Cicerchia:
IMP CAESARI DIVI NERVAEF
NERVAE TRAIANO AVGVST
GERMANICOPONTIFMAX
TRIBPOTESTATCOS IIIIPP
DECVRIONESPOPVLVSQVE
Le lettere del primo verso sono alte mm. 50; quelle dell'ultimo mm. 32; a si-
nistra, in lettere alte mm. 22, si legge :
DEDICATA xml K • OCT •
TI • CLAVDIO ATTALO MAMILIANO^
T- SA3IDIO • SABINO- II. VIR-
Di questa iscrizione mandarono apografi larcliitetto sig. D. Marchetti e l'ispet-
tore sopra ricordato sig. Cicerchia. Ambedue notarono che il titolo onorario ci riporta
all'anno lOl dell'era nuova, e che il giorno 18 di settembre, in cui la statua a Tra-
iano fu inaugurata, era il giorno natalizio di quell'imperatore.
L'ispettore aggiunse che vicino alla base .si rinvenne un rocchio di colonna sca-
nalata di marmo bigio, dell'altezza di poco più di un metro.
F. Bar.vabei.
XII. TERRACINA. — Del tempio di Giove Anxure, scoperto sulla vetta
di Monte s. Anfjelo, presso la città.
Poche e scarse notizie ci tramandarono gli antichi intorno al celebre santuario
di Giove Anxure. Livio (XXVIII. 11), enumerando i prodigi avvenuti nell'anno 548
della città al tempo della seconda guerra punica, ricorda un fulmine caduto sul tempio
di Giove a Terracina ('); e poco dopo (XL, 45) mura di altri fulmini che nell'anno
575 caddero in vari luoghi del Lazio, recando danno ai templi, tra i quali ò ricordato
pure il nostro di Giove Terracinese (-).
(') In rivitaU tanto discrimine bolli toUicita... multa prodigio nunliabanlur: Tarracinac
lovis aedem... de cacio tartam.
(«) cadem tempestai et in Capitolio aliquot tigna prostrava fulmxnibusquc compiuta loca
deformavit, aedem lovix Tarracinae...
REGIONE I. — 07 — TERKACINA
Virgilio {Aen. VII, 799) enumerando i popoli che preparavansi a combattere con
Turno, ricorda quelli che
sacrum . . . Namici
litm arant Rululosque exercent vomere collcs
Circaeumque iugum, quis Jujiiritcr Anxurus arvis
praesidet. . . .
Tale menzione ha maggioro importanza per l'antica topografia, poiciiò dalle pa-
role di Virgilio ben intendasi che il culto di Giove Anxure non era ristretto alla sola
città di Terracina, ma estendevasi anche alle terre circostanti; la qual cosa è con-
fermata anche da Servio. Sappiamo inoltre da questo passo che il santuario doveva
sorgere sulla cima di un monte, essendo visibile da tutto il territorio circostante, da
Ardea cioè, presso cui scorreva il Numicio, sino alle terre situate alle falde del Circeo.
Che sotto il titolo di Aiixxr od Anxunis fosse adorato Giove bambino, sappiamo per
mezzo dello stesso Servio, il quale nel passo ora citato, commentando i versi di Vir-
gilio, scrive: circa lume Iraetum Campaniae colebatur piier Jnp2nter, qui Anxurus
dicebatur, quasi ava ^v^ov.
Ma, per quanto preziosi, nulla ci dicono questi ricordi classici intorno al luogo
preciso in cui presso Terracina il tempio fosse stato edificato. Né giova ricorrere alle
fonti archeologiche. È stato più volte citato il denaro della gente Vibia, in cui vedesi
rappresentata una divinità giovane, assisa, con testa coronata, recante in una mano
lo scettro, nell'altra la patera, e con la leggenda lOVI AXVR ('), il quale documento
che pure ha per noi grande valore, perchè ci conferma la notizia dataci da Servio,
cioè che sotto il titolo di Aiixur fosse adorato Giove fanciullo, nulla aggiunge per
la questione di architettura e di topografia.
Poco 0 nulla si occuparono del tema gli scrittori moderni, i quali ricordando questo
tempio si limitarono per lo più a riportare i passi di Livio e di Virgilio, senza dir
nulla intorno alla sua ubicazione.
Soltanto il Contatore, meglio di ogni altro avendo interpretato le scarse notizie
dei classici, sciisse che questo celebre sacrario dovè sorgere saprà opiceni montis
Terracinensi urbi imminentis, vulgo « il Monte s. Angelo « , sulla cui sommità pose
anche l'arce della città volsco-romana (-). E dell'arce, secondo il Contatore, facevano
anche parte quelle arenazioni che tuttodì veggonsi sul detto monte, quasi avessero
servito da specola per osservare da lungi lo mosse dei nemici {^).
Del medesimo avviso fu lo Smith, il quale parlando di questo tempio di Giove
presso Terracina non esitò a dire clic molto probabilmente esso sorgesse nell'acropoli
dove erano ancora visibili gli avanzi delle sue mura e lo sostruzioni (').
(') Cf. Eckhel I, |i. lOH; Oula^ii .Ued. Conx. ji. .^JW, n. 10; F;iliretti Oloas. Ital. col. 123.
(') De hist. Terracin. p. 307, sejr.
(■■') Op. cit. p. 310.
(■*) Dkt. of Greck and l'oman ijcoyra/ilu/, II, />. llo|.
(Jl.vsse di scienze mouam ecc. — Memoiuk ■ Voi. II, .Soli ' .j\ parte 2» 13
TKKKACINA
— 98 — REGIONE I.
Cosi la ponsò auclie il sig. Salvatore Viuditti, zelante ricercatore delle memorie
patrie (').
Ma in <;eiierale. per qiiaiit*) ciuictriie questi antichi avanzi esistenti sul Monte
s. Angelo, gli altri si tennero alla tradizione locale ; e cosi fece lo stesso eh. De La
Blanchère, a cui dobbiamo i migliori studi, fatti in questi ultimi tempi, sopra le au-
tichitri terracinesi.
Secondo il eh. autore (-') anche le grandi arcuazioni sono le rovine di una caserma,
o di un prae/oriiim Theodorici, e coeve, giudicando dallo particolarità tecniche della
struttura, alla cinta fortificata che dal vertice del colle discende sin presso la città,
cinta clic l'autore denomina mocnia nevi barbarici, pur riconoscendo una costruzione
più diligente e perfetta nelle arcuazioni i^).
Escluso pertanto l' intero monte s. Angelo dal perimetro dell'antica Anxur. il
eh. De La Hlanchère pone l'arce in quella piccola elevazione, a nord di Terracina, sulla
quale sorge ora il castello medioevale, ed ivi stabilisce pure la sede del tempio di
Giove (').
E veramente, se non può farglisi colpa di avere prescelta questa località per la
sede dell'acropoli e del tempio, resta inesplicabile come mai riferisse a cosi tarda
età le costruzioni di monte s. Angelo, le quali presentano subito il carattere di co-
struzione romana, di oi)era incerta, dei tempi migliori. E tale infatti fu il giudizio
che me ne formai, pur non sapendo quale attribuzione dare a questi avanzi, allorché
visitai la località per la prima volta, nel giugno del 1891, unitamente al eh. archi-
tetto sig. Giacomo Boni.
Le recenti ed importanti scoperte che mi accingo a descrivere ebbero origine \\\
opere che se non possono diisi fortuite, certo non erano dirette alla indagine archeo-
logica. Perocché, nel passato marzo, un tal Luigi Antonio Capponi, ritenendo che sulla
sommità del colle dovesse colarsi una somma di denaro d'oro, clandestinamente re-
catovisi, cominciò a scavare una buca, lunga o larga '1 metri circa (■"■) ; e giunto alla
profondità di m. 2,50, incontrò una muratiu^ in calcare del luogo, con soprappo'^ta
cornice di ottimo stile.
Avendo di là a breve tempo avuta occasione il sig. Pio Capponi di recarsi sul
Monte s. Angelo, esaminato lo scavo, e colpito dalla presenza di quella base scorni-
ciata, riconobbe che essa apparteneva al basamento di un tempio, anzi al tempio di
Giovo Anxure, che secondo l'opinione da lui varie volte manifestata, sorgeva su quel-
(») Cfr. Monografia della basilica cattedrale, già antichissimo tempio di Apollo in Terracina,
Foligno, 188.5, p. 5.
(') Terracinc. Essai d'histoire locale. Fa-^cic. 31, della Bihliothì^uc dcs Ecohs Franfaises
d'Athhiei et de Rome.
(') Op. cit e. IX, pat,');. 102-171 pi. II. .\nclu' il Wuslplial (Guida per la campai/na di Roma,
p. 22) designa le costnizidiii <li Monte s. Angelo " un cimipo fortificato del re Tcodorico ».
{<) Op. cit. pi. Il, 11. 7.
(') Tolpo questi particolari da una corrispondenza del sig. ispettore degli scavi, iiig. Filippo
Libeniti, edita nel periodico Arte e Storia, 1891, n. 8. Debbo inoltre rammentare che di <|ucsli
scavi diede contezza il oh. prof, conim Francesco .Vzzurri. in un iirtirolo inserito nel giorn.ile
l'Italie.
REGIONE 1.
— oy —
TERRACIXA
l'altura. Ed in conferma di'lla dotta tesi topografica potè egli additare anche alcuni
avanzi di pavimento a musaico, rimessi a luce lì vicino.
Pigliando molto interesse a questa importante scoperta, e secondando le premure
di vari egregi cittadini, ed in particolar modo del predetto sig. Pio C'apponi, il Mu-
nicipio di Terracina, proprietario dell'area, con nobile atto mise a disposizione del
FlG. 1.
Capponi una somma per cominciare l'esplorazione di quel luogo. In breve gli scavi
fecero riconoscere, a non grande profondità, l'intera pianta di un tempio di forma
rettangolare, orientato da nord a sud, della lunghezza complessivii di m. 3;ì,50 X 10,70.
A maggiore intelligenza qui se ne aggiunge la pianta (fig. 1) con le relative sezioni
(lìg. 2. 3) secondo i rilievi trasmessi al Ministero dal sig. ispettore ing. P. Liberati.
TEKKACINA
— lUO —
REGIONE I.
La colla, luiij,'a in. ll.lM: lari^a ni. 13,00. con ingresso largo in. 4,98, costruita
ad opera incerta, come tutto il resto del tempio, era esternamente decorata con mezze
colonne aderenti allo pareti, e costruite pure ad opera incerta, salvo la parte inferiore
formata con un mezzo tiimburo di travertino. Si scoprirono alcuni di questi semicilindri
I t • I I I « * m m
Fio. 2.
^(Sezione trasversale P Q lì)
di travertino, e parecchi blocchi della fabbrica sui quali risalta la parte superiore di
tali semicolonne. Rimangono al loro posto lungo le pareti della cella i blocchi
squadrati di travertino sui quali le mezze colonne venivano a posare. Dal loro numero
sappiamo che le mezze colonne erano sei su ciascuno dei lati lunghi, e quattro sul
lato di fondo.
Fio. i.
(Sezione lonfritndinalc N 0)
Noi centro di questo lato, nel punto segnato in pianta con la lettera' E (fig. 1),'
rimano un basamento in lat^jrizi, con zoccolo cornice o gola rovescia, come vodesi
nella figura che qui appresso si aggiungo (fig. 4). Kia destinato a .sostenere la statua
della divinità.
REGIONE I.
— 101
TERRACINA
Il pavimento è di musaico bianco a tasselli di calcare, contoniato da una fascia
scura a tesselli di ardesia.
Il pronao lungo m. 12,80 mostra sul prospetto i resti della gradinata. Era de-
corato con grandi colonne scanalate e con capitelli di stile corinzio, il tutto formato
col così detto alabastro delle cave del Circeo. Dello colonne si scoprì un tamburo,
che ha il diametro di m. 0,92 e si raccolsero molti frammenti dei fogliami dei capi-
telli, eseguiti con magistero che ci riporta ai primi tempi dell'impero.
Lo stilobate, assai bene conservato lungo il lato orientale, è fatto con grossi
blocchi di calcare con cornice, listello, guscio e gola rovescia, secondo il motivo che
qui è rappresentato (fìg. 5).
Kin, 4.
FiG. 5.
Ed anche questa parte, per la eleganza con cui iu condotta, va attribuita all'età
tra la fine della repubblica ed il principio dell'impero. All'età medesima ci riportano
i bolli impressi su tegoli e sugli embrici che si raccolsero nello scavo.
Alcuni, con lievi differenze nella disposizione delle parole, offrono bolli già
noti, e del tempo sopra citato.
Il primo, impresso in un pezzo di embrice reca:
I EVPQll|
L • DOMITI
L VP I "«^
Ripete con diversa distribuzione la leggenda del bollo di una tegola scoperta
nell'agro di Velletri (C. /. L. X 8043, 55).
Il secondo, pure impresso in im embrice, presenta:
I PATROSy US
L ■ DOMITI
L VPI
Ripete, puiC con distribuzione diversa, il bollo di una tegola scoperta presso
TEURACINA — 102 — REOIONE I.
Sermonota (ib. 8043, 56). Il nome solo di questo servo tìffulo apparisce in una te-
gola rinvenuta a Fondi (ib. 8048, 72).
Il terzo, pure su embrice porta il nome dello stesso padrone L. Domizio Lupo ed
il nome di un servo Felix, di cui nessun altro bollo finora si conosceva.
L DO (Ai ti
L V P I —
III un frammento di tegole leggasi il bollo inedito:
IZL
che va attribuito alla fine della repubblica.
Ad et;ì più antica, probabilmente si devono attribuire alcune teste di leone,
pure di alabastro del Circeo, adoperate per la grondaia.
11 tempio fu devastato da un incendio che lo distrusse completamente, calci-
nando perfino alcuni dei grossi blocchi del basamento, della parte orient;ile. Dovunque
è manifesta la violenta azione del fuoco, ed un potente strato di ceneri e carboni
ricopre le rovine. A questo aggiungasi l'opera dirutta dell'uomo, che infranse in mi-
nuti pezzi le statue che adornavano il santuario, di guisa che non sono stati recupe-
rati che frammenti di piedi e di mani, ed informi avanzi di testi-, suflìcienti però
a far riconoscere il corretto disegno ed il gusto con cui le statue erano state condotte.
E la mancanza delle colonne, delie quali un solo tamburo fu rinvenuto, e
di tanti altri frammenti architettonici, induce a credere, che distrutto l'edifizio, se
ne dispersero gli avanzi precipitandoli pei borri e pei rocciosi greppi del monte.
Alla reazione cristiana devesi certamente qucst' ultima rovina dell'insigne tempio, avve-
nuta, secondo ogni probabilità, dopo il 12(3 di Cristo, dopo cioè che fu promulgata da
Teodosio la costituzione per la distruzione dei templi pagani {Cod. Tlieod. X'VI, 10, 25).
Lungo il fianco orientale del monumento, tra gli strati di cenere, si recuperò,
una notevole quantità di oggetti votivi, di piombo, risparmiati dal fuoco per esser
forse stati protetti dai materiali caduti dall'edifizio, mentre altri oggetti simili esposti
alle fiamme si erano fusi. Vi si trovarono inoltre due piccole colombe di pasta vitrea;
globetti vitrei per collana; un amo da pesca di rame ed alcune cerniere per mobili.
■Vi si raccolsero pure due piccole basi marmoree di donarli di forma quadrata,
destinate a reggere una statuetta che vi era infissa, come dimostrano i fori praticati
nella faccia superiore.
La prima di metri n,o4 x (),(>.">, reca inciso in piccole lettere:
DEXTER
VENERI
opseqveSìi
U M DON
KEUIONK I. lUa TEKKACI.NA
L'appellativo di obsequeas dato a Venere ricorre soltanto in un titolo votivo
rinvenuto presso s. Polo dei Cavalieri, edito sull'apografo del Viola (f. /. Z., XIV,
;i5(i9) quantunque il compilatore lo abbia creduto sospetto.
Parimenti credo che dopo il rinvenimento della nostra base, debba accogliersi
tra le vere, sebbene di scorretta scrittura, l'epigrafe terracinese reputata falsa
(6'. /. Z., 855*).
ad venere opsequente
La seconda di m. (),(J7 X 0,05, reca a piccole lettere, imitanti quasi la scrittura
a pennello :
CARPINATIA
FORTVNATA-
VENERIVS-LM
Queste iscrizioni provano come anche Venere avesse un sacello nel maggior
tempio terracinese.
In un frammento di lastrone marmoreo, calcinato restano, soltanto le lettere :
AF,
Lungo lo stesso lato del tempio, al di là del muro di opera incerta che lo re-
cingeva, fu trovata una buca di forma quadrata, segnata in pianta colla lettera D.
Fu probabilmente una delle favisse, in cui, oltre agli ex voto in piombo superior-
mente accennati, si rinvennero gli avanzi di una cassettina di piombo, listata di
rame e tutta deformata dal fuoco.
Poche moneto vi si recuperarono. Una di esse spetta ad Augusto, ed ha il nome
del triumviro monetale C. Plozio Kufo (Cohen I. p. 95 n. 452) ; una è di Faustina
minore, ed una di Marco Aurelio. Si trovarono pure due altre monete di bronzo
irriconoscibili per l'ossido.
Una singolare e curiosa costruzione apparve, col procedere dello scavo, a levante
del tempio, ed a breve distanza, nel punto segnato in pianta colla lettera C.
Consiste in quattro muri, dell'altezza di ra. 0,75 circa, di opera incerta, formanti
un rettangolo di m. 6,9U x 6,00, coi lati non paralleli all'asse del tempio. In tale
costruzione è incluso uno scoglio natuialc, superiormente forato nel punto corrispon-
dente al centro del rettangolo. Da scandagli fatti si è riconosciuto, che sotto lo scoglio
apresi una piccola caverna, ora profonda poco più di m. 7, comunicante per mezzo
di cunicolo 0 di altra apertura, coU'esterno, come è provato dalla corrente d'aria
che esce dal foro, sufficiente a far sollevare le paglie e lo fronde che si volessero
introdurre nella cavità.
Certamente è questo un antro per le sorti, o il luogo pei responsi dell'oracolo (').
(') Iiiti'ressaiite jicr l'antica tnpotcrafìa di 'l'crracina ò una iiianta della città e dei suoi din-
torni, rilevata nel 1781 dall'in^', (iaotano AstnKì, nella quali' vedesi disegnato umi solo il tempio
TBRRAOINA
— 104 —
KEOIONE I.
Né crediamo di orraro attrilmendo l'ori^iuo di questa siugolaro costruzioue ad un
fiilmiiio caduto in questa parte del monte per cui il saaso, su cui Giove aveva mo-
strato la sua potenza, divenne un sacro hidentnl, e quindi fu coperto e chiuso ai profani.
Infatti quella sacra roccia non solo rimase nascosta entro la procinzione tuttora
esistente, ma ancora fu ricoperta da piccola tettoia sorretta da colonnine laterizie, di
ordine ionico, delle quali, come pure dei capitelli di travertino, vari frammenti furono
dissepolti.
Trovato il tempio, fu facil cosa il riconoscere nelle sottostanti arenazioni, attri-
buite, come dicemmo al jtraetorium Theodon'ci, la grande sostruzione che per una
lunghezza di m. 02 e per m. 24 nel lato occidentale, sorregge la platea al cui centro
fu eretto il santuario, come vedesi nella figura che qui si aggiunge (tig. 6).
Fio. «5.
Trattasi di lavoro colossale ed imponente, se si considera che la platea fu otte-
nuta con lo scalpellare molta parte delle roccie del monte, le quali ergonsi quasi
a picco dietro il tempio e quasi lo recingono e difendono. Kd aftinché nò dal tempio
nò dall'area sacra si vedesse l'asprezza del luogo, fu innalzato dietro la cella un jior-
tico, nel punto segnato in pianta con la lettera I (tig. 1).
Era anch'esso costruito con opera incerta, rivestito d'intonaco dipinto a colori
giallo e rosso, con colonne di stile corinzio, come rilevasi da pochi frammenti raccolti;
e vi si ascendeva per quattro gradini.
Tutta la platea, come bene può osservarsi dalla jiianta di insieme, è di forma
irregolare, secondo che le difficili condizioni del sito ricliiedevano. L'acqua piovana
veniva raccolta in due grandi cisterne (tig. 1 G, II) di forma rettangolare, pel cui
lato meridionale, a risparmio di costruzione, si seppe trarre partito dal grande muro
interno della sostruzionc.
L'asse del tempio non è normale con la fronte della sostruzione, e ciò è natu-
rale, ove si consideri che il tempio è orientato, mentre la sostruzione segue la forma
del monte.
ma anche la cnstriizinnc ora descritta. Questa pianta cnnscrrasi presso rufiìciu tecnico della bonifica
puntina, e fn indicata al Ministero dal t\^. xn^. Filippn Liberati, il quale inviò anche il Incido delle
antiche cortruzioni di Monto 8. Anjrelo.
REGIONE I. — hi.") — TERRACINA
La comunicazione tra la platt-a del tempio od il ripiano sottostante, formato in
gran parte mediante le sostruzioni, avveniva pm- mozzn di una .sciala (lig. 1 //), scoperta
presso l'ultima arcata del fianco occidentale della sostruzione predetta.
Da queste sostruzioni, nel punto segnato in pianta con la lettera F, si penetra
in un'altra grotta usata anch'essa per le sorti.
Potrebbesi forse domandare por quale ragiono gli antichi non eressero il tempio
pili verso la sommità del monte, risparmiando cos'i l'enorme lavoro e della platea e
delle sostruzioni. La risposta è facile, se si osservi che nel punto prescelto dagli
antichi, a circa 200 metri sul livello del mare, il tempio era visibile da lungi, a
partire da Fondi e da Gaeta verso oriente, e da Anzio e da Ardea verso occidente:
inoltre dominava la città, alla quale sarebbe rimasto invisibile se fosse stato edifi-
cato sul culmine dell'altura. In qualunque altro punto fosse stato eretto, la veduta
non sarebbe stata così estesa, ed il santuario sarebbe stato occultato dalle scogliere
e dalle rupi. Ed è questa ampia veduta che ci dà l'argomento principale per riconoscere
nel tempio ora scoperto quello di Giove Anxuro, poiché solo da questo punto poteva il
nume dominare, come ci è attestato dai versi di Virgilio, il territorio bagnato dal
Numicio, i colli dei Rutuli, ed 1 giuochi del Circeo.
Il tempio era difeso dall'arce, cui si accedeva per una rampa tagliata nel vivo
sasso, che gli ultimi scavi ci hanno fatto riconoscere nella parte nord-ovest della
platea (fig. 1, L). Delle fortificazioni dell'arce rimangono non pochi avanzi, dei quali
sarebbe fuori luogo ora discorrere, collegati alla grande cinta turrita che protegge il
monte lungo il versante nord nord-ovest. La struttura ad o-p'is incertum, identica a
quella dei muri del tempio e delle sostruzioni, identica anche a quella delle tombe che
fiancheggiano l'Appia primitiva, alle falde di Monte s. Angelo, esclude assolutamente
che la cinta fortificata sia opera dei tempi barbari ; e l'appellazione di moenia aeri
barbarici, come l'altra di palaiium Tiieodorici, dovrà ora bandirsi per sempre.
Non è improbabile che il nome Aaxur ci rappresenti la divinità originaria
adorata dai Volsci, ed immedesimata poi nel concetto di Giove, come avvenne di
altre divinità locali. Vuol dire che questa divinità primitiva aveva carattere somma-
mente giovanile, donde il culto di Giove fanciullo, o Anxur come sappiamo da Servio.
Ciò è confermato dalla base con iscrizione : lovi puero, che lo Schotto attesta di aver
veduto a Terracina {Ilin. ital., Antuerpiae MDCXXV, p. 577), la quale iscrizione
fu annoverata tra le false o sospette {C. I. L. X, 918*, I).
Ciò è maggiormente confermato dagli oggetti votivi, che sopra abbiamo ricordati,
e che sono veri giocattoli [crepundia). Questi oggetti rarissimi, dei quali sono qui
raffigurati i tipi principali, sono tutti di piombo, ed ottenuti mediante la fusione del
piombo in stampiglie come si usa fare anche adesso per molfi balocchi.
Rappresentano mobili per l'arredo di una camera, piatti ed utensili da tavola e
da cucina; il tutto nello stile che fu in voga tra il finire della repubblica ed il
principio dell'impero, che è appunto l'età a cui la costruzione ora scoperta o le ul-
time rifazioni del tempio si devono riferire.
Abbiamo una menm tripes (fìg. 7) alt. mm. 38 coi trapezofori a testa e zampe
leonine, come negli originali di marmo e di bronzo.
Classk di scik^ze mokali ecc. — Mkmouie — Vul. II, Serie 5", parte 2^^ 1 I
TERRACINA
— 1()(» —
REGIONE I.
Viene poi una cathedra supina alt. rara. 34 che ha la forma delle nostre pol-
trone (ib.); nella quale sul prospetto del sedile è rilevato un fe^tonciuo, iu raezxo a
cui è una patera ; e nella spalliera la testa di un fanoiullo. Un'altra testa giovanile
ò rilevata nella parte opposta della spalliera medesima.
Fi(i. 7.
Segue una specie di seamnum, se pure non deb1)asi delinirlo un piccolo {lìiacus.
ossia una tavola rettan^'olare a quattro piedi, con sbarre (ili.), alt. nim. H», destinata
a simulare la credenza, od il rr/iositon'um per lo vivande che a mano a mano do-
vevano essere apposte. Quindi una base cilindrica con scanalature, chiusa superior-
mente con un disco di maggiore diametro, ornato nella superficie con un rosone (ih.),
alt. mm. 18. Probabilmente era destinata essa pure a seivire da
reposilorium, od a fare l'uflìcio della tavola conosciuta col nome
di delphica. su cui. come ncWahacus, o nel reposilorium ordi-
nario, si disponeva il va.sellame pei cibi e per le bevande.
Ne manca un altro arnese, che pure fa parte integrale
degli accessorii per la tavola, cioè il candelabro. Se non che
iKMi ;iMii;iiiii> 111) candelabro nel più stretto senso della parola,
ossia un ccrioUtrc o ccrioiarium (cfr. la nota iscrizione: /te-
cimia C. f. Candid. saccr{dos) M{alris) I)(r,nn) ddfìcam cim
laribm et ceriolariis n{timero) XXXVI: («rolli n. 250')), ma un
canddabrum nel significato ordinario di lychauchnm, cioè un
lucernario della forma più semplice consistente in unasta che
sostiene un lai-go piatto, sopra il quale poteva essere posata una lucerna, probabil-
mente di quelle grandi a più becchi (noXv'jiìoc).
Fio. 8. i : i
REGIONE 1.
— 107 —
TERRACINA
Finalmente a compimento ilrl servizio di tavola abbiamo il ptier dapifer, che
si avanza con un ferculum (ib.).
È noto che secondo il costume antico non si siedeva a tavola con le vestimenta
e la calzatura ordinaria, ma si indossava la vestis cenaloria^ e vi erano anche san-
FlG. 9. 1:1
FiG. 11. l:l
FiG. 10. i:i
dali speciali (soleae). Così vediamo dipinte le pianelle accanto ad un servo, forse il
servus a pedibus, in una pittura mm-ale rappresentante scene di triclinio, scoperta in
una casa presso il Palatino {Notizie 1802, p. 47). Quindi, acciò nulla mancasse al
nostro corredo, furono aggiunte anche le pianelle convivali (fig. 8).
Non saprei se al vestito per la cena si riferiscano anche gli oggetti rappresen-
'%^^-
■W ':
FiG. 12. 1:1
Fi.:. 13. 1:1
tati nella tig. 9, lu, 11. Certo è che i due primi debbono considerarsi come fibule,
essendovi rappresentato l'ardiglione ; e non è improbabile che per fermaglio di cin-
tura avesse servito il terzo, che non ci è pervenuto nella sua integrità.
Seguono i piatti pel servizio della tavola ed alcuni rappresentati con le vivande.
Abbiamo anzi tutto una pisciiim jmtiaa (fig. 12), ove si veggono rilevati due pesci,
probabilmente due triglie {mullas barbalus).
TEKRACINA
— lOS —
REGIONE I.
Segue uuaitni patina ove ò un pesce solo (tig. 13); è poi un'altra senza alcuna
rappresentanza ili cibo (Iì.t. 14), ornata in <,'iro da una lascia a piccole baccellature o
nel nieizo da una stella. L'u'altra scodella è ornata con un solo giro di baccellature,
.<?:
V
Fic. It. 1:1
ed anch'essa è vuota (fig. 15). Un'altra, assai elegante, è in forma di conchiglia, forse
per simulare la conca salis puri (tig. l(j). Un'altra scodella con l'orlo ottagonale, po-
trebbe meglio detìnirsi un catino (fìg. 17). Tutti questi piatti hanno due anse, se si
eccettua quello in foruia di conchìglia che ha un'aniia soltanto.
Fili. ].'). 1:1
l'io. ll'i.
.\1 medesimo servizio della mensa appartengono tre altri piatti, che por la loro
forma .somigliano perfettamente ai nostri vassoi. Uno è ovale (tìg. IS), due altri ret-
tangidari; e di (|ue8ti, uno è con anse traforate (fig. 10), e un altro senza manici, e con
bordo, nella furina dello schifo usato ancora in molti paesi i>er fare il pane, ed ado-
yterat'j dai mannvali jirr |iurtare la calce (lig. "JiJ).
REGIONE I.
lU'J —
TERRACINA
Credo potersi ascrivere questi utensili a quelli che gli antichi designavano col
nome di lances, usati talvolta anche per fruttiere. Le due ultime (tìg. 19, 20) possono
ben corrispondere alle lances i/iuidralae (Ulp. Dig. 34, 2, 19).
Parimenti alla mensa appartengono due pale rae (tig. 21, 22) ciascuna col proprio
manico, e dirterenti tra loro solo nell'ornato, l'una avendo nel fondo solo cerchi con-
centrici, l'altra un rosone.
FiG. 17. i;i
FiG. 18. 1:1
Pei vasi da bere possiamo citare solo iin'oinochoe. di forma certo non elegante,
e che se fosse stata fratturata nell'estremità avremmo creduto che rappresentasse un
elmo (tìg. 23).
Degli utensili di cucina abbiamo una graticola (cralicula) lunga mm. 125
compreso il manico, formata con laminetta di rame una delle quali è mancante
(fig. 24). Essendo molto adoperato per arrostire il pesce, quest'utensile doveva essere
uno dei più comuni nella cucina di un paese marittimo, quale è Terracina.
Fu;, m. 1:1
Fig. 20 l:l
Ho detto che questi oggettini sono rarissimi, uè vi ha bisogno di aggiungere argo-
menti per confermare ciò, bastando ripensare al culto di Giove a cui si riferiscono ed
alla tesi topografica e storica che per mezzo di essi è pienamente risoluta.
Ma quantunque rarissimi non potrebbero dirsi unici, come mi ha fatto osservare
il eh. prof Pigorini, a cui devo la notizia di oggetti simili che si conservano nel
Museo di Re22Ìo Emilia, e che furono rinvenuti nella tomba di una fanciulla. Con
la notizia avuta dal prof. Pigorini, e con alcune dilucidazioni datemi dal r. ispet-
tore degli scavi prof. Naborre Campanini, ho potuto leggere quanto riguarda tale
TERKACINA
111» —
RBOIONB I.
scopurta, cioè la Nota del compianto Chierici, intitolata Ragguagli di uno scavo
a liresedh, scritta il 19 settembre del 1863, ed inserita negli Alti e Memorie delle
lì li. J)ejiufaiioiii ili Storia j>ulria per le Provincie modenesi e parmeim \oì. I, 1864,
p. 381 8g. . La tomba, cos» scrisse il Chierici, era intatta. Il fondo e il coperchio qua-
Fio. 21. 1:1
FiG. 22. 1:1
(^'
drati si formavano di un mattone e mezzo, ed intorno girava l'altezza di uu mezzo
mattone. Dentro, fra la terra, eh' eravi penetrata, si trovò un macchietto di ceneri
e di ossa bruciate, una Incernetta pendiila di terra nera e una serie di piccoli og-
getti di .«stagno che rappresentano niellili ie e arnesi domestici spettanti particolarmente
alla mensa ed alla ciieina.
>. Una mensa rotonda a tre piedi. Una sedia die ha tutta la forma delle mo-
derne cattedre episcopali ; nello schienale dinanzi è disegnata una tosta giovanile di
femmina, e un' altra dietro. Due piatti ovali : sul fondo di
uno t' ligiuato un pe.^ce. Altri due escari (/(niccf) nitondi,
cavi, a due manichi. Un quinto piatto a foggia di conchi-
glia, se pure non ò una coppa per libazioni. Due urne di
forme diverse. Una lucerna a mano. Una cesta col coper-
chio. Una calderuola (ìchcs) ed un secchietto col manico
arcuato mobile (sitala). Un frammento di baso rotonda. Un
largo cerchio radiato come nimbo ed alcuni minori pezzi
lavorati sono avanzi di altri oggetti che erano consunti o
non si poterono salvare ".
Sopra questa tomba era stata trovata l'iscrizione {C. f. A.
XI, 1020): (l. m, luliae Graphidis vixit ami. xv, tn. ii, d. jci. Q. Julius Ale.raader
vi vir 'mg. mng. aiig. bis et ì'uccia Justina alnmnae Icnrissimae. Il che conferma che
1 resti del rogo appartenevano ad una fanciulla, a cui per conseguenza bene conro-
1:1
REGIONE I.
— Ili
POMPEI
nivaao quei giuocattoli simili a quelli posti per voto a Giove fanciullo, od Anxure,
adorato sull'alto del colle di Terracina.
Fui. 24. 2:5
Dobbiamo esser grati dell' importante rinvenimento al locale Municipio che pro-
mosse le indagini; e singolare elogio merita il sig. Pio Capponi, studioso e indefesso
ricercatore delle antichità della sua patria, il quale diresse gli scavi che a stagione
propizia saranno continuati.
L. BORS.VRI.
XIII. POMPEI — Giornale degli scavi redatto dal soprastanti.
1. febbraio. Sono cominciati gli scavi ad est della casa detta delle no^se d'ar-
gento. Si sistemarono anche le terre nella regione IX, isola 6^ e propriamente nel-
l'ultima casa, lato ovest.
Si eseguirono restauri nella regione I, isola 5^ e nella casa n. 16, regione VII,
isola 2^
Nell'anzidetta ultima casa, lato ovest, della regione IX, isola G'', si rinvenne:
Bronzo. Un candelabro terminante a piedi leonini e foglie di edera, alto m. 1,317.
2-5. detto. Continuano i lavori, come sopra.
<K detto. Si è eseguito uno scavo straordinario nella regione 'V, isola 2'*, casa
n. 1 .">; e presso il triclinio si è trovato : Ferro. Un braciere ossidato ed in frammenti.
7. detto. Sistemandosi lo stesso scavo, lasciato incompleto nei tempi passati, della
casa indicata coi numeri lo, 11, sulla via Nolana, regione V, isola 2°, si rinvenne:
Ferro e avorio. Un piede appartenente ad un Ietto, alto m. O.iiori. — Ferro. Un
gladio ossidato e corroso, mancante della punta, lungo m. U,39U. — Osso. Un
cucchiaio circolare, lungo ni. 0,112.
Nello sgomberare un vano di fronte all'ingresso segnato n. l;ì, regione 'V, isola 2*,
nella via Nolana, si rinveiiiio: Terracotta. Lucerna ad un lume, verniciata di
rosso, con la rappresentanza di Giove, sedente, innanzi a cui è l'aquila ad ali spie-
gate, lungh. m. 0,142. Altra lucerna bilicne, con la stessa rappresentanza, rotta
TERRANOVA KAISANIA
— llli —
SAHDISIÀ
nella parte posteriore, lungli. m. 0,140. Altra a due becchi, uno dei quali rotto, e
con rappresi-ntanzu di armi gladiatorie, nel centro, lunga m. 0,141.
Lucerna bilicne a vernice nera, semicircolare, diam. m.o.lod. Altra a vernice nera,
luonolicne. con manico ad anello. Il bordo è decorato con ovoli ed altre decorazioni.
lìroìuo. Una piccola conca, lesionata e mancante nel fondo, diam. ni. n,27o. Un anello,
diam. m. O.o-Jt». Altro .simile, diam. m. (»,o24. Una moneta di j.iccolo modulo irri-
conoscibile.
8-12. detto. Continuano i lavori nelle mentovate località ; ma non si ebbero rin-
venimenti. Fu casualmente raccolta: Bron:o. Una testina ornamentale, mal con-
servata, alta m. 0.022.
1:1-14. Si sgombera il materiale esistente nell'atrio della casa sognata coi numeri
IS. r.i nella regione V, isola 2», e si trovò un'anfora con epigrafe.
15-27 detto. Continuano i lavori di restauro, e di scavo, nelle accennate località.
28. Si rinvenne un frammento di lastra marmorea, in quattro pezzi, alto m. 0,18,
largo m. 0,:j'>, in cui rimangono le lettere:
b D ■ AB • SV
SARDLVIA
XIV. TERRANOVA FAUSANIA — Di un frammento di diploma
militare.
Nelle Notisie dello scorso gennaio (p. 31) per en-ore tipografico sono state in-
vertite due linee nella pubblicazione del frammento di diploma militare, trovato a
Terranova Fausauia. Hii>roduciaiiio ([uel frammento epigratico, aggiungendovi i facili
supplementi, che determinano spettare il monumento all'età di Adriano.
Da un lato:
imp. caes.lDWl llraiaai parthici f. divi
nervae «IePOS Th-aianus hadrianus aug.
poni if. ?« U X lK\jb. poi. ... cos ...p. p.
ìis qui mili^^^^avcruiU etc.
Dall'altro:
dimiss is honesta
-....^..--r^/w quorum nomina subscripla
SVNT \?\sis liheris poster isquc eorum
CI V ITATJo» dedil el conuhium cum tucorib^
QWAS- 7 lune habuissent cum est civilas
iis data, aul si qui caelibes essent, etc.
Cfr. specialmente il diploma militare di Adriano, dell'anno 120. edito nel C. I. L- 111,
„ a-- n '^9 fi- •'«ATTI,
p. »/;), n. .ii.
lloma 15 aprile 1894.
REGIONE XI, Vili. — 113 — LENTA, EIORENZUOLA i/aRDA
APRILE
Regione XI {TRANSPADANA).
I. LENTA. — Tomba dieta romana scoperta nel territorio del comune.
Ad un chilometro circa, a sud di Lenta, a m. 10 dalla strada Vercelll-Gattinara,
a m. 1,80 di profondità, in uno scavo di ghiaia, fu scoperta un'anfora, mancante del
collo. Conteneva ossa combuste, due bottiglie quadrangolari dì vetro, ed una grande
lucerna di terra cotta, ornata di due mascherine, e col bollo figulo ATIMETI, già noto
in lucerne di Vercelli (cfr. Bruzza Iscris. ani. vercell. p. 227, n. 5 ; Leone in Atti
della Soc. di Arch. e belle arti di Torino t. V, p. 317), e del Vercellese (Ferrerò,
in Mcìn. dell' Acc. delle Scienie di Torino s. II, t. XLI. p. 176, n. 42). L'anfora
ed una bottiglia furono infrante; la lucerna e l'altra bottiglia, alta m. 0,18, con orlo
e manico larghi e piatti e circoli concentrici sul fondo esterno, furono acquistate dal
diligente raccoglitore di antichità vercellesi, cav. Camillo Leone, alla 'cui cortesia
debbo la notizia del rinvenimento.
Soppesi poi che alla suppellettile funebre delle medesime tombe apparteneva un
poculo di terra rossa, alto m. 0,085, diam. della bocca m. 0,08, con le lettere:
M S C
graffite nel fondo all'esterno: ed anche questo poculo passò nella raccolta del cav. Leone.
E. Ferrerò.
Regione Vili (CISPADANA).
IT. FIORENZUOLA D'ARDA. — Fondi di capanne dell'età neolitica
scoperti alla Pala^^ina d'Olza nel territorio di Fiorenniola d'Arda.
In Olza, villa distesa lungo la sinistra dell'Arda, comune e parecchia di Fiorcn-
zuola, 3 chilometri e mezzo inferiormente alla via Emilia, a nord dello stesso capo-
luogo e nella media pianura del Piacentino, vi ha un podere denominato - Palazzina •>,
di proprietà dell'Istituto Gazzola.
Il iìttabile signor Virginio Gallini, distinto agricoltore, visto che un campo detto
Giarrone, posto a ovest della casa colonica e a 200 metri circa dalla sponda del tor-
Classb di scienze mor\li ecc. — Memokik — Voi. H, Serie 5°, parte 2* 15
FIORENZUOLA D ARDA
— Ili — REGIONE Vili.
rento, era molto fertile e un pò" elevato sul livello della proprietà, pensò di fare una
grande spianata e adoperare il terreno por concimare altre terre. In questo lavoro rin-
venne molti avanzi di laterizi, del che fui tosto avvertito per mezzo dell'egregio conte
Giuseppe Nasalli Uocca, presidente del Consiglio d'Amministrazione dell'Istituto Gaz-
zola, ed il 25 marzo u. a. feci una prima visita sul luogo. Vidi che si trattava degli
avanzi di un'antica abitazione romana. Questi consistevano in grandi quadroni romani,
embrici, resti di pavimento a impasto, anse di grosse anfore e frammenti di vasi terra
finissima ; avendo però notato sotto a questi ruderi qualche indizio di età piii antica,
credetti opportuno di intraprendervi alcune esplorazioni coi mezzi in parte accorda-
timi dalla benemerita Amministrazione dell' Istituto Gazzola. di cui mi professo oltre-
modo grato.
Le mie ricerche, durate per tutto l'aprile, accertarono l'esistenza di alcune buche
circolari del diametro da m. 2,50 a m. 3,00 e della profondità media di m. 1,30,
col fondo concavo, che, per la loro forma e i)el materiale contenuto in osse, trovano
riscontro coi /'ondi di capanne dell'età dulia pietra già rinvenuti dal Uosa nella Valle
della Vibrata nell'Abruzzo di Teramo; dal Chierici ad Albinea, a Ilivaltella, a Cam-
peggine, ecc. nel Reggiano; dall'Orefici nel Cremonese, ecc.
Intrapresi i lavori di esplorazione, fu mia precipua cura di levare innanzi tutto
lo strato romano dello spessore di 50 cm. circa, e di portarmi sul terreno vergine
sottostante. Noto qui che i laterizi romani affioravano sulla superficie del campo per
un'estensione di 30 are. Per tal modo ho potuto osservare due macchie circolari di
terreno scm-o, disegnate con regolari contorni del diam. di m. 2 e mezzo, alla di-
stanza l'una dall'altra da nord a sud di m. 10.
Con una lunga trincea tagliai traversalmento una di queste macchie, e di mano
in mano che si discendeva si vedevano nel terreno giallo i margini di una buca colle
pareti quasi verticali e col fondo leggermente concavo.
Arrivato alla profondità di un metro e mezzo, osservai che il margine d'ovest
discendeva quasi verticale, mentre quello d'est scendeva con dolce declive in modo da
unirsi colla curva del fondo.
Lisciati poi per bene i lati dello scavo, si vide che il terriccio di cui ora riempita
la buca, composto di ceneri e carboni, di avanzi animali e vegetali, era disposto a
strati orizzontali, e sul fondo, dalla parte d'oriente, si scorgeva uno straterollo in po-
sizione orizzontale dello spessore dai 5 ai 10 cent, e per la lunghezza di 35, di un
terreno cotto o bruciato dall'azione del fuoco, resto forse di un focolare. Discesi un
mezzo metro oltre il fondo della buca, gli operai avvertirono l'orlo di un vaso di
terra. Si tentò di estrado, ma per la grande quantità d'acqua che ivi sorgeva, essendo
il piano di questo campo un metro più lìasso del letto dell'Arda, come pure è notato
anche nella carta topografica militare che dà una quota sul livello del mare di GO
pel campo e di fJl pei ietto dell'Arda sulla stes.sa località, non se ne poterono avere
che alcuni frammenti.
Meno chiari risultati diede la seconda buca. Riprese però le ricerche alla di-
stanza di m. 10 a nord-ovest della prima buca, ne rinvenni una terza.
Feci levare lo strato coltivabile per uno spazio di mq. 10, e lisciato per bene
REGIONE VIU. — 115 — FUKLI
il piano sottostante, si vide pure in questo disegnato un circolo del diametro di m. 3,
u tutf intorno al circolo delle piccole macchie circolari del diametro dai 4 ai 7 cent,
di terreno nero, impronte dei pali che dovevano sostenere il tetto della capanna. Ri-
levata la sezione orizzontale, feci aprire uno scavo da est a ovest proprio al centro
della buca, e vidi che essa era stata colmata in parte da laterizi romani ; ma subito
sotto ad essi notai una striscia o straterello di terreno scuro che sembrava comple-
tamente formato da rami o da piccoli pali carbonizzati. Questi rami carbonizzati,
forse avanzo del tetto caduto in seguito ad incendio, giacevano orizzontalmente sopra
un terreno pure scm'o e formato di carboni, ceneri, ossa in parte bniciate, cocci di
stoviglie e piccoli sassolini di selce.
Collo scavo non potei discendere oltre il fondo della buca per la grande quan-
tità d'acqua che anche qui sorgeva ; ma ho potuto però rilevarne un'accurata sezione
verticale completa.
Era cosi ben marcata l'orma di questa grande buca scavata nel terreno giallo
argilloso, che ne fm-ono meravigliati gli stessi egregi signori ing. Lorenzo Concari,
R. Ispettore degli scavi e monumenti, e mons. dott. Pietro Piacenza, arciprete di Fio-
renzuola e membro della R. Deputazione di Storia Patria, che visitarono gli scavi.
Insieme ai cocci raccolti di pasta impura, mista a granollini di selce, assai ben
cotti all'esterno, meno nell'interno, rinvenni due madre-selci o nuclei, uno di selce
verde e l'altro di diaspro rosso. Dal nucleo di selce verde si vede con chiarezza che
furono staccate schegge ad arte; non così dal nucleo di diaspro, quasi levigato dal-
l'uso. Pm-e in questo furono staccate alcune scheggie, ma per la sua forma lascie-
rebbe credere che fosse, invece di un nucleo, im vero percussore o martello. Ha la
forma di parallelepipedo ovoidale della lunghezza di cent. 0, della larghezza di 3
e dello spessore di 2. Rinvenni pure una conchiglietta fossile, pliocenica, tagliata arti-
ficialmente a punta, smussata dall'uso al margine e levigata all'apice.
La messe degli oggetti non è stata ricca, ma quei pochi trovano riscontro in quelli
che per solito si rinvengono nei fondi di capanne.
Presenterò più estesa relazione corredata da pianta e sezioni, allorquando avrò
eseguite più estese esplorazioni: per ora mi sono limitato ad accennare i soli fatti
che provano l'esistenza all'Olza di fondi di capanne. E a conferma di ciò mi piace
notare che ne andò pur convinto il prof. Pigorini, al quale spedii saggio del mate-
riale uscito dai fondi stessi insieme a minuto ragguaglio di tutti i fatti che di mano
in mano si notavano durante le indagini.
L. Scotti.
III. FORLÌ — Tombe romane scoperte entro In città.
Nello scavo por una fossa da grano nel palazzo dei marchesi Albicini sito in
Borgo Garibaldi già Schiavonia, alla profondità di m. 4,50 furono incontrate due tombe
romane d' inumati. Erano composto di mattoni manubriati, coperte da rozze lastre di
tufo ed orientate da est ad ovest. Gli scheletri si trovarono guasti dall'umido e privi
di corredo.
FIESOLE, AKE/.ZO — liti — REGIONE VII.
L' importanza quindi della scoperta sta tutta nei dati che ci fornisce di topografìa
locale, per essorsi ivi riscontrato clic il terreno di trasporto, intramezzato da strisele
di arena, giungo tino alla profondità di m. 5; il che prova che iu quel punto il
piano di Forlì era molto basso e venne mano a mano colmato, parte artificialmente,
parto per le inondazioni del ramo del fiume Montone sottopassante all'antico ponto
romano detto dei Morattiiii, distrutto nel 184U. Altre testimonianze del primitivo
livello della cittìi in questa zona si ebbero nel fondare un pozzo nella vicina Caserma
Chellini per l' incontro di terriccio di rifiuto con istoviglie romano a m. 7 dal piano
attuale, comò presso a poco si verificò, non è guari, nella costruzione di una buca
da grano in casa Petrucci-Rosetti nelle vicinanze del ponte surricordato.
Una seconda fossa aporta nel palazzo Albicini, accosto a quella indicata più sopra,
non diede altre tombe comò speravo, ma solo due grossi muri che corrono paralleli
all'asse del Borgo Garibaldi, formati superiormente con mattoni messi alla rinfusa, e
nella parte inferiore, di ciottoli fluviatili fortemente ceuiontati con calce, tecnica che
può convenire a sostruzioni romane.
A. Santarelli.
Kkgione vii [ETRURIA).
IV. FIESOLE — Nuova stele funebre con rilievo di stile arcaico ag-
giunta alle raccolte del Museo Etrusco di Firenze.
Ho potuto assicurare pel Museo Etrusco centrale di Firenze un importante mo-
numento trovato vari anni or sono, vicino a s. Ansano, nel comune di Fiesole.
Trattasi di una stele funeraria, di macigno, alta m. 0,42, larga 0,32 o 0,29,
spessa m. 0,10, sulla quale sono scolpite in bassorilievo due figuro di stile arcaico,
assai bene conservate. Un uomo barbato (forse ritratto del defunto) con mustacchi,
manto, a metà corpo, e stivali curvi (superiormente assumono la forma di due schi-
nieri), tiene la mano sinistra aperta o con l'altra stringe un Icanlharos. Gli sta in-
nanzi un giovino con simile manto, con piedi nudi, il (jiiale tiene nella sin. una
oinochoc, e fa come da coppiere alla figura principale.
L'arte e lo stile di questo monumento me lo farebbero ascrivere al VI secolo
av. Cr.
La punta a cuneo, con cui la stele conficcavasi in terra, manca; ma notasi la
rottura della medesima. Vedausi lo altre stele dell'agro fiesolano, da me descritte nelle
Notizie 1889, p. 152, 183.
L. A. M11..VNI.
V. AREZZO — Nuovi ritrovamenti di vasi fittili nella città enei
contado.
Nel corso del 1893 e nei primi di quest'anno si sono discoperti entro 0 fuori
la città moltissimi frammenti di vasi a vernice rossa, privi della decorazione a ri-
lievo, rappresentanti il prodotto di modeste oflicine. Questo vasellame liscio porta
REGIONE VII. — I ! ( — AREZZO
sempre nel fondo interno impresso il sigillo del tornitore o del possessore della for-
nace, 0 il nomo di ambedue, essendo riserbato ai flguli veri e propri l'onore di col-
locarlo all'esterno tra le figure e tra gli ornati.
Via Guido Monaco. — Dei fondi di vasi lisci si raccolsero negli scarichi
antichi giacenti nel terreno interposto tra il Teatro Petrarca e la chiesa di s. Fran-
cesco, e. diviso dalla Via Guido Monaco. Alcuni di essi recano i sigilli di lavoranti
finora sconosciuti delle fornaci di Rasinio, di Annio, di Avilio, di Sura, di Telilo,
il quale sappiamo che ebbe una fabbrica di vasi figurati a Ponte a Buriano ('), lungo
la via Cassia, non lungi da quella cospicua di P. Cornelio In Cincelll, l cui prodotti
fanno parte della raccolta esposta nel civico Museo. La promiscuità di detti scarlclil
prova che anche su quello spazio lo spurgo di più fornaci era portato ora in un punto
ora in un altro, ove occorreva riempir le fosse scavate per l'estrazione dell'argilla e
livellare il terreno.
Enumero i bolli delle piccole tazze e dei piattelli di forme semplici, dei quali
mi fu possibile prender nota mano a mano che venivano scoperti, specialmente nelle
fondazioni di nuove case o nelle fogne della via Guido Monaco o li vicino.
1. In fondo di tazza liscia
2. In piccolo piatto AFRI
3. In fondo di vasello ESCNy///
4. Su fondo di jxUella C ■ NON
5. Vasetto semplice C-VOLV?
{/RIVS
6. In frammentino di fondo di una riatella ' ,,^^,,; forse 11 primo nome è
\lHh;//
Fiiriiis; il secondo non si spiega per altri raffronti.
,. , , CERDO
7. Su pezzetto di londo --- .^,J^[
Hi L 1
8. Su fondo di vasello _ -^^,
C-NN
Philemo C. Anni.
9. Su di ugual fondo -w««.v.i.v,u-
C • ANNI
10. Su piattello '^j^^j^ Onvirus (?) C. Anni.
11. In fondi di diversi fasattii , ,,
\ I N ;
(') Notis. 1893, p. 138 scgg.
ARKZZO
— 118 —
REGIONE VII.
12. Xel fondo di jiatellae
13. Su fondo di piatto
14. Entro piccolo raso
EROS:
LA>NI
L•A^NI
CLEM
CN AEI
EROS
C C I SPI
15. Su fondo di itiatltìUo , ^^_,,, (')
L CA-SIVs
16. Su di ugual fondo A/IL
17. Su fondo di vasetto e di piattelli
a LA'ILLI b LAVILt e
SVRA- SVR/e
e LA/LSAI^ l. Avilli Surae.
18. In fondo di piatto e vasello SV?
19. In fondo di piatti SJ?/% . Il nome di Siira o Si/ra si ha ancora in grande
monogramma cosi graffito S/l nel fondo di una forma fi;,'urata. proveniente dalla mede-
sima località.
LAVILLI
(/
LAAirn
CA VR/c.
2 VR A
20. Su diversi fondi di piattelli e piccoli vasi
a RVFRE // TR/''RE e TRlH
R/FIO Ry''I©J R/''IoV
d TR/'RE
R/'IO:-:
2]. In fondo di due grandi vassoi
PlElSG
Pl£.I£I
22. Su fondo di vasetti decorati ^^q
23. In fondo di vasello ^^f^
24. In diversi piattelli frammentati
VMBRIC // VMBRICI e CVMBRIC
P}(L0L"G pfIlolog PHILOL
(/ C ■ WB R I
OlOlIHd
P H ì\^
L VV\BRI
25. Su fondo di piccolo vaso fuso in fornace e attaccato ad altri tre ^^,9,
SVRA ET
0 su altro piattello ^^jloLOG
2(3. Su fondo di piatto e di vasetto I-ERT HERO Ilerlori
27. Su piattello gERMN
(') Cfr. Gamurrini, fscris. dei vosi aret. \k I!», n. 221.
REGIONE \M1.
— 119 — AREZZO
28. In piccoli vasetti lisci RASN RASk RASN; e in un frammentino di fondo
di piattello
CELER CERTV"*
20. Su fondo di tazza (') e ^^^^j^ , il qual Certus qui apparisce come
semplice tornitore, ma fu anche figulo come si rileva da un frammento di forma
elegantemente ornata, oggi posseduto dal sig. dott. A. Guidacci.
30. In frammentino ^^^^^ Raaitn Auteros (-)
tiUM'/r-j'.i
PRIJW
81. Su piattello ^^^^^
,^ r, • ., ,1 LYSIM
32. Su piattello ^^^^^
RVFIO
33. In fondo di vaso piccolo „ .^,,.,
34. In frammento in fondo WEMI ^'E^V1I
35. S;i fondi di vasetti CT-E CTEU
ALBA/V
3(3. Su fondo di altro piccolo vaso _ __, ^ ,
CTELLl
A/TER
37. Su fondo di due piccoli piatti -~.jci i
38. Vaso liscio L-VM L. Umbria.
^^ AVETTI
39. In fondo di altro vasetto ^_,_._,,
OPTATI
40. Sotto l'orlo d'un frammentino di vaso figurato, a lettere ben rilevate LTETTEI
41. Su fondo di piattello LTIC /.. Tili Copo (^).
(') (iamurrini, oi). cit. \\. :5I, ii. 180.
(2) ib. p. .31, n. 1,31.
P) ib. p. 23, n. 69-73.
AREZZO
— 12U — REGIONE VII.
Fonte Pozzo lo. — Nei campi di Fonte Pozzolo ('), contigui alle mura at-
tuali, dalla parto di tramontana, e precisamente nulla proprietà del sig. L. llossi. gli
avanzi di vasi sono quasi a supertìcio, e vengono continuamente in luce ogni volta
che si lavora la terra. Siccome tutto il terreno nò cosparso, ritengo che vi si siano
stati rovesciati allorché verso il 1325 il Comune edificò quel tratto di mura, e scavò
il fossato, dimezzando cosi l'area occupata da diverse officino di fittili.
È stiito detto che in detta località si sono trovati gli scarichi della fornace Je-
cidia, Murria, Saufeia, Vibia ed Krtoria (-), o che perciò vi esistesse una fabbrica
passata in breve tempo a diversi proprietari. Ma poiché vi si rinvengono ancora i
fittili della Gelila, della Tizia, della Perennia, della Rasinia, della Cavia. dell'An-
nia ecc.. credo che moltissimi di questi avanzi siano venuti in quel luogo cogli sterri
della città, siccome più volte ho osservato in vari punti limitrofi all'antica cinta di
Arretium. Gli scarichi adunque di vasellame semplice che trovansi in un dato sito
non vi stabiliscono la ubicazione o la vicinanza di una fornace: questa peraltro non
è mai lontana dal luogo in cui sono abbondanti i frantumi di forme e di vasi
figurati.
I bolli segnati tanto nei piattelli quanto in vasetti a tronco di cono, che appa-
rirono a Fonte Pozzolo, sono i seguenti :
1. In grande vassoio e ripetuto quattro volte SE
2. In piccolo pezzo di fondo LS-G. L'ultima lettera non è ben visibile; potrebbe
leggersi anche per una C.
A. Su frammento C V C. Voluscni, vedasi sopra al n. ò.
•J. Su fondo di piattelli ETC e LTC- cioè A. Tili C'OjW, vedasi sopra al n. 11.
b. Su dae patellac DAlI QALTì
li. Piattello e piccolo vasetto C ARVI C-.1!VI
t .
Si. fondo di patella )[^^^'ll\
-. In un ugual fondo CCL-SiB {^).
(I. In fondo di piccolo piatto cioè Gavi Se.vtus.
in. Sul fondo di piattelli IO-I LCIIS' rCHa lcris
(') Si (lice talvolta anclie fonie Poz:oli (Foni pulcoìi), ed eravi iraiiticliissiino tempo una
ptibldica fonte: otrui resta .solo il nome ni luopo clic doveva essere anche .il tempo romano di pro-
prietà pubblica. Nel 21 agosto 1412 il comune d'.Vrczzo iirovvide " super reaotatinncm .>;eM relie-
dificationem fontis del pozzolo site proprc civitatem Aretii " spendendo centotrenta lire (.\rcli.
Coni. Iiclil». n, e. 72').
(») (iamurrini. np. rit. p. 2."..
(') ib. p. :J5, n. ICO.
REGIONE VII. — 121 — ARI-ZZO
11. Ili tondo di piattelli L GELIi
LGEL
12. Ili fondo di piccolo vaso
lo. Su fondo di vasello
QVAD
HERT
14. Su di un iigu.il fondo C-WiR.
15. In fondo di grande vassoio PftA
16. In fondo frammentato PECR Pereiuii Crescens.
17. In fondo di piccolo piatto /o^NOv.S'C 2M. Pereaai Crescens in nesso
alfatto insolito.
18. Su fondo di piattello ■««^wfH:'.^»l■
M PER
19. In fondo di ciotola SA/?'iE e |L-SA/''iE| nelle quali impressioni, ottenute con
due diversi sigilli, abbiamo insolitamente un piccolo segno tra la F e la E, che sem-
brerebbe una I.
DAMA
20. Suir interno di piccolo vasetto frammentato
SAi^EI-
21. In fondo di piatto -1^}^ {R)asml Saufei. Avanti di avere una fornace
AFEi
in proprio, L. Saufeio era lavorante 0 socio di L. Rasinio ; quegli non ebbe che una
modesta officina di semplici stoviglie; questi invece produsse tazze decorate con uno
stile secco, più arcaico, però elegante quanto quello che riscontrasi nelle liguline di
M. Perennio.
22. Entro il fondo di piccolo vaso jL-TiTl|
23. Su fondo di vasetti A ■ SES
Sii
24. Su pezzetto di fondo \ Sexlm L. Tilii.
2.5. In fondo di vasetti LTì'RSI L- TYR.S'I |T^1 L. Tilii Ti/rsis C).
MPHIo , , . „ ^.., . -
25. In fondo di tazza .,,,„. Ampli/o 0. imeni.
V I B
Care i arci le. La fabbrica di L. Calidio, della quale si fa ricordo da antichi
scrittori di cose aretine {-\ è stata ultimamente rintracciata per alcuni saggi fatti
dal sig. dott. A. Guiducci nell'aia del podere detto • delle Carciarollo - di proprietil
(') Gamurriiii, op. cit. p. '2.5, n. fi7.
(») Notizie 1800, jiaf?. iJfi.
Classe di sciknzk morali ecc. — Memorie — ^'yl H.- i^^-'i"'*-' j"- 1'*''*^ -" "'
AUEZ'.O — 122 — REGIONE VII.
«lolla nobile sig. Auua Saiacini, che gentilmente diede il permesso. Rimaneva pre-
cisamente in vicinanza e siiUa destra del torrente Castro, lungo la via che in quel
sito lo passava discostandosi dall'attuale un centinaio di metri, (ili avanzi dello ar-
ginature di questa via, costruite a grosse pietre squadrate, vedonsi tuttora sotto gli
annessi della casa colonica, la quale dev'essere fondata sopra la fornace antica. Gli
scarichi trovausi ammassati a poca profonditi^, per modo che è bastato un colpo di
zappa per ben conoscere il luogo ove fabbricavano i vasi L. Calidio e i suoi servi.
Pel consueto non si produssero che semplici tazze dalla forma più comune, a tronco
di cono, e piattelli ad orlo sagomato e lisci, simili a quelli della fornace dell' Orc;o-
laia (') che sta di contro a poca distanza.
Le marche venute fuori sono queste :
1. Su piattelli CA-, su vasetti CAL
1. Su fondo di vasetti e piattelli CA-D
3. Su vas3tti C.^LDI CAUP
■1. Su fondo di piattelli CA-ID CALDI |CAL1D1
. C -V
n. Entro vasetti i d i
ti. Su piattelli (Q^^S^ kal:di
7. Su fondo di patulla A'^ILIìif Acmili:
-»>?>^* —
IVCVN CA!.DI
8. Entro eleganti vasetti a tronco di cono (-^^idI JVCV
^ CRIS
0. Fondo di piccolo vasetto
K». Entro parecchi vasi e piattelli -^'r--
FELlXg.
CAiDl* CALDO
CALDI
11. Su fondo di molti piattelli ^tth^^ 7^
1-ERM
12. Entro vasello
CALO
. , „. ^wvlA (')
1.;. Su piattelli -^^^
\^ SAO
14. Entro vaselli o piccoli piatti cAlDI
NENtDyOSl
1.'). Su vassoio
JCADH^
(«) Sotizie 1890 pap. 63-72.
(*) tìaiii'irri»"- "p cit" I'. ■", n. 237.
REGIONE VII.
123 —
CAI'ODIMONTE
IG. Sul foudo di parecchi piattulli f-., j)[| Nicephor Calidi
17. In piattelli e vasi <- . li D l" ^"^'^"^ Odvirus piuttosto che Odiriis
PELEV3
18. In fondo di moltissimi piattelli
19. Su di un piatto frammentato
SIASA-CA
PROT
CA'/
Proli Calidi (')
SASACA
20. Su grande piatto e in altri grandi vassoi
LIDI ****"
LIDI
21. In frammento di fondo rsTNlM (-)
S TABI II
22. In fondo di piattello q^q<^ O
, . ,. . TELA TELMO
23. In piattelli diversi _ ^ ^ , e _^, ■^-
C Al- D I CALIDI
U. Pasqui.
VI. CAPODIMONTE — iVuodì scavi nella necropoli Visentinn nel co-
mune di Capodimonle sul lago di Bolsena.
Le nuove esplorazioni della necropoli Visentina, cui si riferisce il cenno nelle
Notizie del 1892 p. 404, si devono principalmente alla lodevole iniziativa dell'egregio
proprietario cav. Napoleone Brenciaglia, deputato provinciale, e furono condotte, parte
alla Palazzetta, dove si praticarono i primi scavi dell'antica Viseiilium o Viseatia
(v..Vo//j^e 1886, p. 143-1.51 ; Bull. hi. 1886 p. 18-36 ; Bormann, C. I.L. XI, p.444 e sg.),
e parte in contrada Polledrara, poco discosto dal luogo dove si era rinvenuto il terzo
sepolcreto primitivo di quella importante necropoli (v. Notizie 1886, pag. 290-314).
Il primo sepolcreto, con ossuari di tipo primitivo e con urne a capanna, si scopri,
come è noto, dal sig. Paolozzi di Chiusi presso la Palazzetta nella primavera del 1885,
approfondendo lo scavo sotto le deposizioni in casse tufacee (v. Notisie 1886, pag. 144
e Bull. hi. 1886, p. 19). Il secondo sepolcreto di carattere pure primitivo, ma con
casse tufacee a umazione, alternate al medesimo piano con i pozzetti italici, ap-
parve nella parte più bassa della necropoli Visentina, quasi a riva del lago, sulla
e) Gamurrini, op. cit., p. li!, ii
(«) ih., p. 45, n. 2M8-251.
P) ib., p. 11, n. 2%.
CAI'OUIMOXTE — 1-1 — REGIONE VII.
piaua di s. Bernardino. Questo sepolcreto, indipendente dal primo e limitato intomo
intorno da un cerchio di pietre, fu potuto esplorare accuratamente e completamente
dal Pasqui nel novembre 1886 (v. Notizie 1880, p. 177-2U5. tav. 11-111): per cui
le ricerche del dicembre dello stesso anno si portarono più a mezzogiorno di s. Bernar-
dino, nel terreno denominato la PoUedrara. Quivi si rinvenne un terzo sepolcreto, con
tombe a fossa ed a pozzetto alternato, simile a quello di s. Bernardino, pure ac-
curatamente descritto dal Pasqui nelle Notizie 1880, p. 290-314.
L'esplorazione di questo terzo sepolcreto essendo stata pressoché esaurita in
quella campagna di scavo, per consiglio dello scavatore Filippo Manetti, bracciante
del sig. Brenciaglia, le ricerche ulteriori furono portate a circa metri 400 dal se-
polcreto di s. Bernardino, sempre in contrada PoUedrara, ma più in prossimità della
strada provinciale e propriamente in una piana detta Porto Madonna. Fu qui che il
8ig. Napoleone Brenciaglia rinvenne il quarto sepolcreto primitivo, di cui diede egli
stesso un cenno nelle sopracitate Notizie del 1892, p. 404 e sg. Io mi recai
a visitare le nuove scoperte nell'aprile decorso e potei constatare, con alcuni saggi
di scavo praticati alla mia presenza, che il carattere del nuovo sepolcreto di Porto
iladonna corrisponde a quello dei sepolcreti precedenti, con la sola differenza che i
pozzetti non apparvero mai alternati da deposizioni a umazione, e tutti si trovarono
sul medesimo piano vicinissimi l'uno all'altro, a un metro circa di profondità dal
suolo. Le suppellettili dello tombe si rinvennero costantemente collocate dentro cu-
stodie di tufo col recipiente ora emisferico ed ora quasi cilindrico, e col coperchio
tondeggiante foggiato un po' sul tipo della ciotola che suol ricoprire i rituali ossuari
a doppio tronco di cono, a quando quasi sul tipo di un elmo pileato, a quando quasi
sul tipo dei tetti delle urne a capanna. "Vedasi il disegno di una di queste custodie e
relativo pozzetto nelle Notizie 1886, tav. II, fig. 4. Le stele della necropoli falisca pri-
mitiva foggiate più determinatamente a tetto di capanna, ed una simile stele rin-
venuta anche nella necropoli di Bisenzio (v. Notizie 1886, tav. III. fig. 12, p. 188) met-
tono fuori di dubbio l'intenzione degli antichi italici di dare alla loro necropoli la fisio-
nomia di una città dei morti, imitando le capanne, ossia le loro proprie abitazioni
normali, non solo nei recipienti destinati a conservare direttamente i resti mortali ;
ma altrcs'i, in qualche caso, perfino nella custodia destinata a conservare le rituali
suppellettili funebri, ovvero nelle stele che sopra suolo, richiamavano il sepolcro e la
memoria del defunto.
Esibisco il disegno di una di tali tombe {\\g. 1) ottenuta in dono per il nostro Museo
Etrusco Centrale dalla ben nota liberalità del sig. cav. Brenciaglia, e faccio seguire
la descrizione di altre dodici tombe a pozzo da me acquistate per il Museo stesso,
e scelte fra quello che mi parvero adatte a dare un' idea del nuovo sepolcreto visen-
tino di Porto Madonna.
Tomba 1, inlatta, donata al Museo dal cav. Brenciaglia. La custodia tufacea di
questa tomba alta m. 0,87 con un diam. di circa m. 0,65, ha la parte inferiore emi-
sferica e la parte superiore in forma di ciotola rovescia col fondo piano, il ventre
rigonfio ed il labbro ripreso. Quella specie di strozzatura o gola presso il labl)ro iul'e-
KEtìlON'K va.
— 1-25 —
CAPODIMONTIC
riore s'incontra anche nelle custodie, che, come accennai, mi sembrano imitare o l'elmo
pileato degli italici, o il tetto di ima capanna (cfr. jYoli:le. 188'i, tav. II, fig. 4).
La rottura naturale del coperchio della nostra custodia lascia scorgere interior-
mente l'urna a capanna, ancora in posto, e intatta col coperchio a testuggine formato
con due caprcoU e due caalherii appoggiati al relativo colameli. I capreoLi, i cantherii
Fio 1.
il eolumen ed anche la gronda del tetto sono scannellati peculiarmente, così da
dare un' idea del materiale (legno) di cui erano latti.
I canlherii terminavano superiormente in cornetti ricordanti le note corna pro-
filattiche di altre urne a capanna. Il tetto e le pareti cilindriche dell'urna sono rive-
stite di ocra bianca.
CAI'UUIMONTK
12(5 —
REGIONE VII.
Addossate all'urua a capanna si vedono un calicetto ed un poculo molto rozzi;
qiiest' ultimo vasetto nasconde anzi la porta rettanirolaro dell'urna ed il relativo spor-
tello. Accanto all'urna, all'ondati nel terriccio d'infiltrazione, ifiacciono un piccolo in-
censiere a barchetta con maniglia centrale e tre altri vasetti della suppellettile
funebre molto ordinari.
Altre tombe a po:30 di Porto }fadonna {Polledrara).
Tomba 1. — Fittili: a) Umetta a capanna a pareti quasi cilindriche con fi-
nestra tonda sul davanti (tìg. 2). La copertura è composta di due cupreoli e due
Vw
cantherii desinenti in cornetti. Alt. totale 0,26; dm. della copertura 0,21. — b) Vasetto
decorato di graffiti, alt. 0,10, con tre borchie mammellate come negli ossu,irii orvietani
C
FiG. 3
tipo Villanova. — e) Tre bicchieri (peculi) O.US. — d) Due coppe alt. 0,05. — e) Incen-
.siorc a saliera con piccola ansa nel mezzo. — /") Ruote e piano d'un piccolo carro.
REGIOXIÌ VII.
— 127 —
CAPODIMONTE
giuocattolo da fanciullo. 11 disegno ohe ne diamo (tìg 3) è un terzo del vero. I relativi
cavallucci non si rinvennero allatto ; saranno stati di legno come il timone e l'asse delle
ruote. Ofr. la biga di Orvieto nel Museo di Firenze.
Tomba 3. — Filiili: a) Ossuario alt. 0,23, bocca 0,65, liscio senza manici,
di terra brunastra. — b) Vaso a un manico decorato con ocre bianche simile a quello
della tomba n. 3 a, alt. 0,21. — e) Tre vasetti senza manici fatti a olla alt. 0,12, 0,11,
0,U'J. — . d) Due poeuli con ansa anulare alt. 0,06. — e) Kyathos leggermente scan-
nellato nel ventre e con manico a due prese scannellato orizzontalmente a stecco. Di
questo kj'athos tipico diamo il disegno un terzo del vero (fig. 4). — /) Cinque tazzine a
calice con largo labbro piatto e piede ripreso, tipo poco più elegante di quello iVo//j/e 1886,
tav. Ili, 7, diam. 0,17, 0,14, 0,12, 0,12, 0,11. La più grande ha il labbro striato
Fig. 4.
FiG. 5.
a stecco a circoli concentiici, ed ha due fori per l'attacco di una cordicella. — (j) In-
censiere con maniglie nel centro lungo 0,19, largo 0,11 con quattro pieducci (tig. 5) —
li) Ciotolina diam. 0,06.
Bronsi: i) Due fibule a disco con arco ornato di ambre. I dischi ornati d'in-
cisioni finissime simili a quelli di Vetulonia esibiscono croci gammate e quadrati
iscritti lung. 0,10, piattello larg. 0,06 (cfr. fig. 8). — j) Due armille spirali a un
giro di fettuccia con striatura mediana; probabilmente erano infilzate nelle fibule
come nella tomba 4 a (v. fig. 8). — k) Bulla di bronzo placcata di foglia d'oro;
e decorata a sbalzo di circoli concentrici lineari e punteggiati (diam. 0.03) ; una
delle foglie d'oro manca. Una simile bulla o flialcra faceva parte di una collana
trovata in una tomba del sepolcreto di s. Bernardino ora nel Museo di Firenze (v. No-
tizie 1886 p. 187 rrì). — /) Fibula a sanguisuga con grattiti. — vi) Due palline di
ambra e cinque di vetro filogranato, pertinenti a collana.
Tomba 4. — Fittili: a) Ossuario con ansa verticale a nastro attaccata al-
l'omero ed alla bocca (alt. 0,22, bocca 0,15). lìl decorato, come vedesi nel disegno
fig. 6, di graffiti geometrici riempiti di ocre bianche. Ben conservato. — b) Due
kyathoi con alta ansa a doppia presa di tipo corrispondente a quello della tomba 3 e
(tìg. 4). Sono decorati con ocra bianca a dentiera di lupo intorno al ventre
CAI'OUIMONTE
— 126 —
R KG IONE VII
diam. O.oO. alt. (I.IO. — r) Askos a testa di bue, lun;^. O.Kì. alt. 0,08, decorato di
Erraftiti ffcometriri (lig. 7).— d). Tazzina a un manico con doppia fila di graffiti a dente
di lupo. diam. il.l 1. — e) Coppa ansata con piede conico, decorata di tre cornetti sulla
linea dell'ansa alt. 0.09'.. diam. (»,l(i. — f) Ciotola ansata, tipo Villanova. diam. 0,11,
decorata di tre nervature verticali sul labbro, bucchero piuttosto fine. — /"") Ciotola
Via
Fio.
di simile tipo, ma ordinaria, diam. 0,15. — </) Pignatto rotto, simile a quello dato nello
Nulitie 188<> tav. Ili fig. 5, molto ordinario. — ìì] Due calici molto ordinari tipo
Notisie 1886 tav. II, fig. 7, mancanti del piede. — /) Due fuseruole, una a tronco di
cono e l'altra a lenticchia.
Dro>t:i: j) Due fil>ulp a disco con finissimi graffiti geometrici e con l'arco rive-
stito d'ambre. Reca infilata neil'ardigliono un'armilla a due giri spirali fatta di doppio
filo di bronzo di coloro aureo (') con le estremitìi ritorte a fune. Vedasi il disegno fig. 8.
un quarto minore del vero — /•) Fibula a sanguisuga, lunga 0,05 con graffiti molto pro-
fondamente incisi. — /) Spirale a tre giri di fettuccia di bronzo, per capelli, diam. 0.05. —
m) Altra sjiirale a im giro di fettuccia pure per capelli, diam. 0,03. — n) Capocchia
conica probabilmente bottone di colore aureo avendo nella parto interna una piccola
sbarra per l'attacco. — o) Campanella piccola massiccia, dm. 0,03. — p) Due ambre
oblunghe e tre o quattro chicchi tondi pure d'ambra per collana.
Tomba 5. — Fili ili: a) Urna a capanna di tipo simile a quella della tnmba 1*.
solo il tetto più schiacciato e le pareti leggermente oblique; alt. 0,18, diam. circa
0,19, sportello con tre fori. La part« superiore mal conservata. — b) Fuseruola lenti-
■') V. r.;irn;.l.ei, .\fijn. Ant. IV p. 208 •2-.'t'..
REGIONE VII.
— rj!i —
CAPOOIMONTE
colat-e decorata di punti incisi. — e) Tazzina molto rozza con ansa cornuta. E con-
servato un solo cornetto sovrapposto all'ansa. — (/) Tre tazzine a calicò con pie-
duccio, diam. 0,12, 0,08. — e) Tazza a pignatta del solito bucchero ordinario col
FiG. 8.
ventre leggermente scannellato, decorata di palline di bronzo simili a capocchie di
spillo. L'ansa anulare a nastro è decorata nel medesimo modo (tìg. 9). — f) Due peculi
Fui, !).
■"ir.. 111.
rozzi alt. 0,08, 0,07. — o) Due incensieri a forma di barchetta 0,10; 0,11, il se-
condo con ansa nel centro ed estremità piatte (tìg. K)).
JJroiui: (j) Fibula con ornati a dente di lupo nell'arco di nastro rientrante
lungh. 0,04 — h) Campauelliiie ili lilo Ji bronzo.
Ci.ASSK DI soiEN/.E MOUAi.i ccc. — Memouik — Vol. II, Scri-^ .'j", parte 2« 17
CAPODIMONTE
— 130 —
REOIONE VII.
Tomba (i. — Fittili : a) Ossuario grande tipo Villauova (v. Notiiie, 1886, ter. Ili,
fig. \ò), di cui ò conservata la sola parte superiore. Loinero è decorato dei soliti
graditi a greca, e la greca stessa è limitata da un giro di astri impressi. — b) Vaso
affatto simile per forma e decorazione a quello nelle Notizie 1886, tev. Ili, fig. 9;
ma con una sola ansa a nastro liscio. Alt. 0,20, bocca 0,19. — e) Pignatte rozzo,
simile Xotisie 1886. tev. Ili, tig. .5, bocca 0,09. — d) Vaso tipo Villanova alt. 0,20, ma
con ansa anulare. È decorato di graditi a greca sul collo conico; a denti di lupo e
zig-zag sulla linea dell'ansa (fig. 11). — e) Poculo alt. m. 0,09. — f) Paio di ciotole
emisferiche con ansa orizzontale diam. 0,12 — g) Tre kyathoi del solito tipo fig. 4.
con ansa a doppia presa; tutti e tre con ventre decorato di striature oblunghe fatte
Fir,. 11.
con lo stecco. Huccliero piuttosto fino e ben cotto. — lì) Due tazze a calice, una
con doppio foro i>er l'attacco (diam. 0,10); l'altra (0,l0) di rozzissimo impasto pri-
mitivo. — i) Anforetta di bucchero fine, simile a quella nelle Notisic 1886, tev. Ili,
fig. 3, decorata nel ventre di semicerchi scalfiti, ma senza bugna centrale.
lìroiiii: j) Grande fibula a disco e giogo sovrapposto, lung. 0,10. L'arco fatto di
filo di bronzo massiccio è ornato di grattiti, cos'i pure il piattello (0,06) è tutto fina-
mente inciso di graniti geometrici. Mantiene infilati fra l'arco e l'ardiglione tre anelli
(diam. 0,02) a fettuccia leggermente convessa e nervata. — le) Simile fibula a disco,
ma senza quella specie di giogo che serra ranli<,'lione sopra il piattello. Ha infilati
nell'ardiglione due coppie di campauelline (tre dentro una quarta). — /) Fibula a drago
m. 0,05 con arco rientrante tondo, decorato di graffiti. — m) Itesoio simbolico di
REGIONE VII.
— 131 —
CAPODIMONTE
ferro, seraiiunato, privo dal manico rotto (lungh. 0,04). — n) Cuspide simbolica di ferro
graudezza e forma del di-segno fig. 12. — o) Bottone un po' convesso, con due fori
laterali decorato di punti a sbalzo. — p) Due campanelle di esilissimo filo di bronzo
coloro aureo, diam. m. 0,35, forse orecchini ? — q) Varie perline di osso per collana.
Fio. 12.
Tomba 7. — a) Olla cineraria liscia senza manici a ventre ovoide e labbro
obliquo, alt. 0,11. — b) Vaso a due anse, tipo Notizie 1886, tav. Ili, 9, ma con piede
più a tronco di cono, anse a nastro liscie, e ventre ornato da una parte e dall'altra
di due semplici cornetti (un'ansa manca). — e) Anfora 0,20 con anse peculiari
scannellate (v. fig. 13). Omero decorato di piramidette incavate a punta di stecco, de-
FlG. 18.
sinenti in circoli concentrici impressi ; ventre a rettangoli di doppie linee impresse a fune.
Anche nel punto d'attacco delle anse sono aggiunti dei circoli concentrici impressi. Buc-
chero grigio-nero piuttosto line. — d) Piguatto grande con la solita ausa anulare di
nastro, alt. 0,14, bocca 0,14, col ventre decorato di graffiti, divisi da zone a tratteggi. —
CAPODIMOSTK
— 132 —
REGIONE VII.
e) Pignatte di similo forma liscio. Terra ed impasto molto rozzi. alt.U,lO bocca 0,1 (J. —
/■) Ciotoletta quasi emisferica, diam. 0,07. — g) Poculo a tronco di cono molto ordi-
nario alt. 0,08. — h) Due tazzine a calice circa m. 0,12X0,10. — /) Due tazzine
(kviithoi) ad alto manico tipo della tomba 2 e. In questa tomba mancavano atlatt*)
i bronzi.
Tomba 8. — Fittili: o) Olla analoga a quello della necropoli laziale, Jilt. 0,18,
bocca <i,17. È decorata di nervature le quali si legano a riquadri, incrociandosi ncl-
FiG. 1 !.
Tir.. 1.-..
l'omero e nel basso ventre del vaso ; impasto nero rozzissimo (tìg. 1.')). — li) Vaso tipo
Noliiic 18S(J, tav. Ili, tig. 15, ma con anse anulari e senza piede ripreso. Sul ventre
larghi graniti a dente ; l'ansa è rotta. — e) Tre pignatti con ansa a nastro, anulare,
quello più grande alt. 0,10, decorato di graffiti; quello mezzauo alt. 0,09 bocca 0,11,
Fio.' 16.
liscio, quello più piccolo 0,08, d impa.vto rozzissimo, decorato di graflìti e punti —
d) Tazzina a tronco di cono con ansa triangolare sormontata da testa animalesca orec-
chiuta; di.ini. alla bocca 0.12 (tìg. 10). — e) Cinque tazze a calice, diam. da 0,14 a 0,09,
REGIONE VII.
— 133 —
CAPODIMONTE
liscie. — /■) Ciotola a sezione di cono, diain. 0,15 molto ordiiiaria. — g) Kyathos,
del solito tipo tìg. 4, con ausa a doppia presa. — h) Poculo o pignatto senza ansa,
alt. 0,08. — /) Vasetto a zuppiera alt. 0,09 bocca 0,10 con ansa rotta e tre cornetti
sull'orlo (fig. 14).
Bromi: j) Spirale da capelli e due giri di fettuccia, diam. 0,14. — k) Fibula
ad arco semplice graffito, lung. 0.04. — /) Due gruppi di campanelle da credersi
originariamente infilate nella fibula. — m) Culter simbolico di bronzo, con largo
manico (lungh. 0,04).
Tomba 9. — Fittili, a) Ossuario tipo Notizie 1886, tav. Ili, fig. 13, con due
anse orizzontali, ventre decorato di graffiti a greca, alt. 0,31, bocca 0,22, impasto
Fio. i;
rossiccio. La superficie nera è tanto consunta da lasciare appena scorgere la decorazione
a riquadri graffita sul ventre (fig. 17). — li) Olla ovoide piena di ceneri, con
ansa anulare a nastro, rotta, e col ventre decorato di graffiti, alt. 0,23, diam. 0,19. —
e) Piatto discoide con labbro obliquo e foro nel eentro (simile ad un sottovasi
da fiori); rozzissimo impasto, diam. 0,18 (fig. 18). — d) Poculo a pignatta
CAPODIMOXTE
— 134 —
REGIONE VII.
alt. 0,11 rozzo. — e) Duo tazzine a calice rozzissime. — /") Tre pignatti ansati
alt. da 0.1 "J a O.lU lisci.
Fio. 18.
Tomba 10. — a) Olla seuza maiiii-i li.scia, molto rozza, alt. 0.33, bocca (i,17. —
Ij) Vaso a barchetta, lung. 0,20, largii. 0,11: da un capo termina in testa animalesca
e dall'altro in un calicetto per gli incensi (tìg. 19). — e) Altro vaso a barchetta
KiG. 1'.'.
lung. 0,25, larg. 0,13, sostenuto da 4 zampine. Da un lato termina superiormente in
un piattello quasi esagonale, dall'altro in calicetto tondo (tìg. 20). — (/) Piatto
Fio. 20.
vassoio per incensi, tipo oblungo, lung. n. 1 7, laig. u,12. — e) Vasetto ansato, alt. 0,17.
/■) Undici piatti, e tazze a calice con peducci più o meno alti, diam. 0,31-0,12.
REGIONE VII.
135 —
CAPODIMONTE
(j) Due kyathoi del solito tipo fig. 1, diaiii. 0,10, decorati di gralliti. — h) Pignatto,
alt. 0,15 franimeatario.
Tomba 11. — «) Urna a capanna frammentaria, tipo simile allo precedenti. —
l>} Pignatto con alta ansa a doppia presa simile a quella propria dei kyathoi. —
e) Tre pignatti decorati di graffiti (fig. 21). — (/) Due calicetti. — e) Specie di
FiG. 21.
Fig. 22.
ciotola con ansa peculiare e orlo rientrato, decorata con linee impresse e con circoli
concentrici (fig. 22). — /) Due fibule ad arco semplice graffite 0,075, con due cam-
panelle attaccate all'ardiglione.
Tomba 12. — Fittili: a) Urna a capanna, alt. 0,26, lung. 0,26, porta 0,10X0,10
circonferenza 0,84, originariamente incrostata di ocra bianca. Conserva ancora molti
avanzi della colorazione ; è rotta nella parte posteriore. Tre cavalietti {capreoli e caa-
therii) costituiscono l'ossatura del tetto, poggiando sul colmareccio {columeii), il quale
termina in testa d'animale (aries). Le travi sul culmine del tetto sembrano termi-
nare in teste di serpi (cornetti ?). Sul davanti quattro correnti {Iraiistra e iiilci'pensiva)
formano il frontoncino; nessuna finestra. Lo sportello termina in una punta che fa
da cardine a s. ed ha un foro per legarlo all'altra estremità. Si apriva da d. a s.,
com'è indicato dal foro corrispondente praticato nell'urna. — b) Pignatto della solita
forma liscio, alt. 0,13, bocca 0,13. — e) Pignatto, alt. 0,07 decorato di graffiti tratteg-
giati a raggi. — d) Due poculi 0,09-0,10, rozzi. — e) Quattro calici, uno grande andato
in frantumi e tre piccolissimi, diam. 0,06 — /) Incensiere a saliera, lung. 0,15, larg. 0,07
con una specie di spina graffita nel mezzo. — rj) Saliera rozza.
Bromi: lì) Fibula ad arco semplice, lungh. 0,037. — i) Cuspide di lancia sim-
bolica, lungh. 0,07.
Tomba 18. — Fittili: a) Pentola liscia, alt. 0,22, larg. 0,19, piena di ceneri. —
//) Ciotola di bucchero nero fine con "due cornetti sul labbro, decorata di graffiti a
linee oblique tratteggiato diam. 0,16. — e) Incensiere, lung. 0,16, larg. 0,05 —
e) Kyathos della solita forma fig. 4, dentro il quale stavano collocate la punta
CAI'OOIMONTE
— \:W —
REGIONE VII.
di lancia e il rasoio descritti più oltre. — /") Duo poetili e quattro tazze a calicò
rozze, di varie grandezze.
lìroHii : g) Cuspide di lancia simbolica, con residui dell'asticella di legno
(tìg. 23 al vero). — A) Rasoio simbolico (fig. 25 al vero). — i) Fibula a drago
(fig. 21 al vero).
*(£ Vtmm
Fio. 23.
Kio 21.
Fi<
Aggiungo qui il disegno, mota del vero, di un .singolare e interessante vasetto
di bucchero grigio rossastro, rinvenuto dal >ig. «iiovanni Paolozzi di Chiusi in una
delle prime tombe risentine (v. Notim 18st;, p. 147 sg. h). Questo vasetto (fig. 26, 26a),
stato separato dalla ricca suppellettile di detta tomba, quando se ne faceva l'acquisto
per il Museo di Firenze (a. 1887), non fu potuto ricuperare prima del luglio 1893. Nelle
NoIìtìc p. 148 veniva così descritto dal Pasqui :
« Vasetto rotondo posato su tre bastoncelli di terracotta. Il corpo è striato
verticalmente ed il manico decorato di due cavalli che posano sulle zampe anteriori
sopra l'orlo. Dietro ai medesimi aderisce la figura rozzissima di un uomo nudo che
sostiene con ambedue le mani le redini espresso con due bastoncelli accoppiati e
congiunti ai lati e dinanzi alle teste '.
Lo cosiddette redini, sembrano piuttosto lacci per la presa dei cavalli, perchè
fatte evidentemente con forcelle tlossibili (ferro 0 legno) che abbrancano lo teste dei
cavalli oscurandone gli occhi (fig. 2<>a).
Vasetti di bucchero ornati similmente coft figurino generiche s'incontrano anche
nelle tombe a ziro di Chiu.si. Uno di questi, proveniente dalla collezione Servadio,
donato teste al Musco di Firenze dal sig. S. T. Uaxter, è una piccola olla cineraria
REGIONE VII.
— 137 —
CAPODIMOXTE
di bucchero cinereo, sul cui ventre, peculiarmente baccellato e graffito è espressa in alto
rilievo la rozza figura di unajiraefica nuda (fig. 27). Le anse poi di quest'olla son formate
FiG. 20.
Fio. 2(1 a.
con duo ligure di ginnasti o saltimbanchi, i quali tenendo le faccio e lo inaui a terra
stanno per rizzare il corpo sopra le braccia. È questa per certo la più antica rappre-
sentazione che abbiamo del xv^iatrjTi](j o cernuus. Tali vasi io associo e faccio di-
pendere dai più antichi prodotti plastici della tecnica maremmana in bucchero nero
finissimo (cf. Mas. (Jreguf. II, tav. 98). Il coperchio con la maniglia in forma di
cavalluccio non appartiene a quest'olla, ma è del tempo, e le si adatta.
*
Le suppellettili proprie delle tombe a cassa tufacea della necropoli Visentina
della Palazzetta sono in parte note por le descrizioni od illustrazioni fattene dal
Pasqui nelle Notizie, 1880, p. 177 sgg., e dallo Helbig nel lìull dell' h(. 1886,
p. 19 sgg.
Le tombe di questa specie, esplorato dal sig. cav. Brenciaglia nel novembre 1892
Classe di scieuzk morali ecc. — Memorie — Voi II,. Serie 5', parte 2» 18
CAPODIMONTE
— 138 —
REGIONE VII.
hanno dato suppelUttili dui niedesiuio carattoro dello preocdcuti e circa del mede-
simo tempo con vasi dipinti greci a figure nere, ascrivibili piuttosto al secolo VI
che al secolo V a Cr.
Due di queste tombe diedero una suppellettile specialmente ricca di bronzi ; e sono
appunto quelle che io scelsi por il Museo Etrusco centrale, reputandole opportune
per riempire talune lacune delle nostre raccolte.
•Ì7 rK'^\ '.V,'
^KI^.J^Ì-,
Ki.i. 27.
Faccio seguire la descrizione di queste suppellettili, richiamando partieolarmonto
l'attenzione sopra l'insigne kyathos di liron/o sì);il/;ito desprilto per il primo ed accom-
pagnato dal relativo disegno.
REGIONE VII.
— 130 —
CAPODIUONTE
Tomba a cassa tufacea della Palasse Ita N. 1 .
Bronzi: a) Kyathos, alt. U,28, diani. U,24, con ansa a nastro, larga 0,06, alta sopra
il labbro del recipiente 0,19 e piede massiccio. Il labbro ed il piede sono finamente
cesellati con la decorazione a rocchetti e baccelli. L'ansa, desinente in una larga
ed elegante palmetta, è peculiarimente decorata a sbalzo con due figure di tipo e
stile ieratico esprimenti, a mio avviso, due sacerdotesse addette al culto della divinità
che sormonta l'ansa stessa. Tali figure, con testa e corpo di faccia e gambe e piedi
di profilo, sono vestite di una tunica manicata raccolta in pieghe sul davanti e alzata
dalla mano s., corno nelle note immagini ieratiche della Spes. Hanno capigliatura fluente
disposta a frangia intorno alla fronte calceoli ricurvi {calceus repandus). La figura
Fio. 28.
FiG. 28 a.
che sormonta l'ansa è massiccia: rappresenta certamente una divinità etrusca, nomi-
natamente, secondo opino, Thufllìia-Tiiraa- È assisa, fornita di tutulo diademato,
vestita di tunica ionica, con calceoli ricurvi, tiene la mano s. abbassata e prona
e stringe fra l'indice e il pollice dell'altra mano un frutto più simile all'ananasso che
al melagrano.
Per la forma e per la peculiare ornamentazione dell'ansa ritengo che questo
vaso interessantissimo, abbia potuto servire allo rituali lilia/.ioni di qualche sacerdo-
tessa etrusca.
CAPOOIMO.NTE
— l-lu
KEOIONE VII.
ò) Sitala alt. 0,12 con l'omero e il ventre decorato di baccellature, tipo ovoide
con pieduccio ripreso (manico rotto).
e) Ptxis ossia acena frammentaria a tronco di cuuo liscio con coperchio concavo
atto a ricevere gli incensi (alt. u.14). Per il tipo ricorda quelle cosi caratteristiche
della necropoli di Vetulonia (cfr. Falchi, Veltilonia, tav. XV, 24).
(/) Kvathos liscio frammentario con un manico massiccio, alt. 0,08, diaiii. 0,09.
<•) Bacile liscio, diam. 0,22.
/') Patera mesomphala frammentaria, diam. 0,12, con piccola maniglia a cerniera.
fj) Borchia liscia convessa, diam. 0,08.
h) Duo manici cilindrici frammentari, manubri l'ortu del cataletto mortuario (alt.
0.1(M»,08).
/) Kyathos, diam. 0,20 con ansa a nastro sormontata da fiorame massiccio (fig. 28).
Questo fiorame ha riscontro e sembra aver relazione col frutto che tiene in mano la
divinità che sormonta l'ausa del kyathos, u. 1 (cfr. anche i fiorami che sormontano i
coperchi dei cinerari Vetiilonicsi).
Fio. 20.
j) Oinochoc, alt. 0,12 con ansa desinente in mascheroncino silenico.
A) Lebete grande liscio, diam. 0i57.
Fittili: l) Catino liscio di terra ordinaria giallastra.
hi) Paio di pignatti. alt. 0,07, di bucchero cinereo assai fine.
a) Tazzina rozza di terra bruuastra, diam. 0,08.
Tomba a ca-^tsa N. "J.
llfon:i: a) Secchia ovoide, alt. 0,2G, con doppia maniglia di bastone tondo,
bocca <»,17. — //) Oinochoe con bocca a foglia di ellera, alt. 0,28 con l'ansa desi-
ni ni.' in fiiirliame. — r) Due siinpoli di cui uno con manico desinente in dnpiiio becco
UUMA — 141 — KOMA
d'oca, lungo 0,32. — (/) Due patere mesomphale U,13 e 0,15. — e) Roiiiaiolo da
manicarsi in legno, luug. 0,15. — /) Trua con manico di doppio filo di bronzo
ondulato. — g) Due bacili lisci, diam. 0,21. — h) Pignatte con alto manico,
diani. U,lU. — i) Altro pignatto ossia situla manicata, alt. 0,12. — k) Guttus
elegante, alt. 0,15. — l) Oinochoe a pancia larghissima e bocca distrutta, alt. 0,20. —
m) Anello a fettuccia convessa, diarn. 0,02. — n) Due campanelline di oro (orec-
chini). -7- o) Due perle di vetro tilogranate per collana. — ;/) Due frammenti di
fibule ad arco schiacciato.
Ferro: q) Candelabro di ferro in frammenti.
Fittili: r) Kanlharos di bucchero nero fine. — s) Olla di bucchero cinereo
fine, alt. 16. — t) Olla di terra rossa italo-pelasgica dipinta a zone geometriche
alt. 0,22. — li) Grande lebete (diam. 0,57) liscio, simile a quello della tomba prece-
dente, ma in peggiori condizioni.
Luigi A. Mil.ìni.
YII. ROMA.
Nuove scoperte nella cillà e nel suburbio.
Regione III. — Abbassandosi il livello del pianterreno nel casamento Bel-
lucci, in via Giovanni Lanza, per ridurlo a cantina, è comparso un tratto di mura-
glione composto di grandi massi squadrati di tufo. È desso la continuazione dell'altro
tratto quivi stesso scoperto parecchi anni or sono, che taglia obliquamente il muro di
prospetto della fabbrica, e continuava fino al lato opposto della strada, ove ne restano
ancora visibili alcuni massi.
Sull'angolo orientale della scuola comunale femminile in via della Polveriera,
facendosi un piccolo cavo, si è incontrato il selciato di un'antica strada romana, a
m. 0,90 sotto l'odierno livello stradale.
Regione IV. — Nel cortile annesso alla casa, già destinata alla Direzione
delle carceri, in via Viminale, è stato scoperto, alla profondità di m. 1,10, un tratto
di antica strada a poligoni di selce, per la lunghezza di circa m. 7. Nel mede.simo
cavo si sono incontrati avanzi di mura laterizie, che distano m. 6,50 dalla strada
predetta.
Un altro pezzo di antico muro a cortina, con arco a tutto sesto del diametro
di m. 2, è stato scoperto nel palazzo Medici, in via di s. Maria Maggiore n. 151,
per i lavori quivi intrapresi ad ett'etto di rinforzare le fondazioni del lato opposto
alla facciata.
Regione XIII. — In via di s. Sabina, costruendosi una nuova fogna, è stato
scoperto, alla distanza di circa m. 10 dal cancello d'ingresso all'ofirtcina Conscience,
ed alla profondità di m. 1,20, un tratto di antico pavimento stradale, lungo circa
m. 5,00, formato dei consueti poligoni di lava basaltina.
ROMA
11:2 —
ROMA
Via Flaminia. — A destra della testata del ponte Milvio, facendosi lo sterro
per l'ariijinatura della sponda sinistra del Tevere e per la livellazione del piano del
ponte inedosimo, è stato trovato nn fraintneiito d'angolo di grande cornicione in marmo,
ornato con men-'ole intagliate a foglia d'acanto e rosoni fra una mensola e 1 altra.
Misura in lunghezza in. 2,20X1,90X0,76. Sulla parte piana superiore sono inciso
rozzamente le lettere seguenti:
)
)\yji
e a poca distanza è pure incisa una mazzuola da scalpellino con le lettere S C in
questa forma :
Altri massi marmorei, ma senza verun intaglio architettonico, si trovarono presso
il medesimo luogo fra le sabbie fluviali; e sembrano spettare all'ingresso di nn
antico ponte, delle cui testate restano ancora in piedi i solidissimi fondamenti sulle
due ripe del tiume, alla distanza di m. 24,50 a monte del ponte odierno.
Sulla predetta sponda sinistra, e precisamente a m. :U di distanza dal ponte,
è stato scoperto, al suo posto primitivo, un altro cippo terminale delle ripe del Te-
vere, colla nota iscrizione dell'anno 700 di Roma:
P-SERVEILIVS-CF
ISAVRICVS
M- VALERIVS M-F
AV • N ■ MESSALL
GENS
EX-SCTERMIN
Il cippo è in travertino, ed ha l'alte/.za di m. 2,40 X 0,00 X 0,40.
Si .sono pure recuperati nello sterro: un copsrchio d'urna cineraria, quadrata, con
fastigio e pulvini; un frammento di lastrone marmoreo, su cui si legge:
AIAIOC
M O C AC/
K A A HI,'
CYN B/
ROMA — 143 — ROMA
ed un altro fiamniento di lastrina da eolombaro, che conserva:
gemina!
B V S SVI
Via Nomentana. — Per i lavori di foudazione di una scuderia nel villino
Doria, posto lungo la nuova strada del Policlinico, si è trovato un antico sepolcro
formato con tegoloni e coperto alla cappuccina. Era a m. 2 sotto il piano stradale; e
conteneva pochi avanzi dello scheletro scomposti e frammisti alla terra, eil un piccolo
balsamario di terra cotta alto m. 0,12, di forma comune.
Via Salaria Ve t ere. Nel sotterraneo cimitero di s. Ermete, posto sotto la
vigna del Collegio Germanico, alla sinistra della Salaria vetere. la Commissione di
archeologia sacra ha compiuto in questi mesi alcune escavazioni. È stata ritrovata
la cripta dei martiri Proto e Giacinto, che fu scoperta nel 1845 e restò poi nuova-
mente sepolta sotto le rovine ; ed è stata sterrata l'antica scala che scendeva a quel
santuario. Uno dei muri di questa scala si trovò restaurato in antico, e copriva un
loculo chiuso con la seguente lapide inscritta, dell'anno 4(l0 :
FELIX DICNA IVLIT PARVM MVNER.a. CRISTI ''^
ET SVO CONTVS HABVIT PER SAECVLA NOM E N
LAETIFICVM RENOVANS PRIGINE TEAfTPVS
INFANDAQVCIENS ISTIVS I VRGI.rSAECLI
CERTVM EST INREGNIERQVEAMOEjjjA VIRECTA
ISTVMCVM ELECTIS ERIT HABIl VM FRAEMIA DIGNA
SEMPERETADSIDVAE BENEDICI PRO MVNERE TALI
QVIVIXITAgNoLXIIIIc^MoVIlhD.XXIIl/DEPtVIf IDVS t lAN»
ELi-STILICGNEtCON^
Le iniziali dei versi metrici ripetono il nome del defunto FELICIS : l'epitatio
è inciso con incredibile numero di errori (').
Un altro loculo a pie' della scala medesima si trovò chiuso con una pietra in
forma di stela, col seguente titolo più antico, volto verso l'interno del sepolcro :
l'astur buono
fra due pecore
TOAAI A
ACKAHniAKH
(') \'. de Rossi, Bull, d'archeol. crist. 180-1 p. 24 e 64, cliu ne lia correità ed intejrrata la
lettura.
ROMA — 1*^ — ROMA
Si rinvennero pure sedici frammenti dell'epigrafe posta dal prete Teodoro per
ricordare la costruzione da lui fatta della scala predetta: la quale epi'jjrafe era ^ih
nota per la copia conservata nel celebre codice Vat. Palat. 833. Il marmo originale
è scritto in carattere tìlocaliano. ma con lievi ditferenze dal tipo delle isc.izioni del
papa Damaso. Il testo ne è il seguente:
aspice descensinn cerNES MIRAé/LE FACT«m V
sdìiclorum monumenta r\DE'ì> palEY kQlfi ,<?//" LCi.HIS
marlijris hic Proli lumulVS lACET ADQVE YACINTHI
qiiem cum iamdudim legEKEl MONS TERRA CALIGo
hoc Theodonis opus cons/ RWC\ÌT PRESBYER INSTANS
;// domini plebcm opera MAIORA TENERENT cs y
Negli sterri dello gallerie cimiteriali fu trovato un grande capitello corinzio, di
giallo antico; un frammento di vetro con ligure graffite in oro e col nome /"LORVS,
e lo seguenti lapidi inscritte:
a) grande lastra di marmo, servita per mensa di arcosolio, e probabilmente
proveniente da un sepolcro pagano della via Salaria:
hie >'i'tA • SVNT • PI A • NATORVM • DVA • COR
^3>^1VIATRIS ■ MYSERAE ■ SEMPER ■ DILECTAE ■ MA
Romina svB • titvlo ■ qvorvm ■ perscripta!
QVOS • PATER • INFELIX • CO NI VX • MYSER • IPs'
TE • QVICVMQVE • LEGIS • PIETATIS • NOMINE -A
CVM • SIS • MORTALIS • QVaE • SINT • MORTAL
ET • PATRIAS • AD.VIITTE ■ PRECES ■ ET • PARCE • S
li) lastra di loculo sepolcrale cristiano:
VICTOR IN FA
CE QVI VIXIT
ANNOS XXX
e) simile :
1 E N V A R I A
TE CVM PACE
ROMA 14ó ROMA
il) lastra in cui manca la parte, ove era scritto il nome del defunto fanciullo :
IN -PACE-
QyiVIXIT-ANNIIIMIIIID-
Vini- BONE • MEMORIE • FILIO •
DVLCISSIMO•PATER•BEN•FEC•
e) titoletto di loculo cimiteriale:
PARENTEs fJllJO
BONOSO • FeV/eRVNT
bene-mere,nti-in
Pa\ce-et in! re fri
gerivm\\^
(/VI-VIXIT-AUre?\X
/■) frammento di titolo simile:
JeweweR-ENTI IN F ace
lecl 'ori TITV^.2
deposill VI ID •;
In prossimità poi della basilica sotterranea è stato scoperto un cubicolo con
arcosolio, decorato di pitture. Nel centro della volta vi si ravvisa il Buon Pastore,
in gran parte perito; e ai quattro lati della volta medesima, la donna orante, il sacri-
ficio d'Isacco, Daniele fra i leoni, i tre fanciulli in mezzo alle fiamme. Nella lunetta
dell'arcosolio è rappresentata la moltiplicazione dei pani, con una colomba posata
sopra un pilastrino. Il resto della decorazione è a riquadri architettonici con gruppi
di pesci e colombe.
Via Tiburtina. — Nel cavo per la costruzione di una fogna sul piazzale
della basilica di s. Lorenzo fuori le mura, si sono raccolti fra terre di scarico quat-
tro piccoli frammenti d'iscrizioni in marmo, che conservano:
fl) /R O b HIM■^l
jroR I
IXlN
ClvVsse di scienze morali ecc. — Memorie — \'ol. II Serie .")', parto 2* 19
TIVOM, MARCKLLINA — 146 — REGIONE 1.
Si ebbe inoltre: una lucerna rotonda di terra gialla, con fogliami a rilievo sul
j>iatto, e col bnllo di fabbrica L Q_ P con duo cerchietti ; un fondo di vaso aretino
col bollo ^ I ^ I ; di un frammento di fregio in terracotta, con ornati di foglie e viticci.
G. ({atti.
Rkoione I (LATIUM ET CA}f PANIA).
Vili. TIVOLI — Tomba romana scoperta nel territorio del comune.
In contrada Favate, eseguendosi alcuni lavori campestri, tornò in luce un'antica
tomba formata da lastre di travertino, dello quali quella di fronte era lunga m. 1,20
alta m. 0,76 e dello spessore di m. 0,20. Racchiusa da una fascia rilevata vi è incisa
la seguente epigrafe:
H Y G I .\
MVRDIAEPHIALE
NVTRICI SVAE
A base della tomba erano due gradini di travertino, dei quali uno lungo m. 1,38,
alto m. 0,19; l'altro di m. 1,48, alto 0,23.
Nel sepolcro, la cui copertura era di calce e sassi, non si rinvennero che le ossa,
a quanto mi affermò il colono inventore.
A sud della tomba, osservai resti di muri antichi, ed all'intorno pezzi di pavi-
mento a mosaico a tasselli bianchi e neri e frammenti di intonaco a colore rosso
e giallo.
L. COCCANARI.
IX. MAllCELLIN.V (frazioue del coimme di s. Polo de'Cavaliori) — Sar-
cofago marmoreo rinoemito in contrada Colonnelle.
Nel territorio di Marcellina e precisamente nel fondo denominato Colonnette,
eseguendosi uno scassato per vigna, si rinvenne un sarcofago di marmo lunense, tutto
di un pezzo, lungo m. 2,00 alto m. 0,64 con proprio coperchio marmoreo pure di
un pezzo solo e dello spessore di m. 0,13. Nella fronte il sarcofago è ornato di sca-
nalature ondulate, e nel centro, sotto un arco poggiante su due colonnine, è scolpita
una figura virile, ignuda, con clamide che dalla spalla destra scende sotto l'ascella
sinistra, in atto di guardare un cane poggiato sulle zampo posteriori. Alla sinistra
di questa figura è altra minore di Satiro. Alle due estremità della fronte del sarco-
fago, sono scolpite, in bassorilievo, altre due figure, rivolte al centro, in atto di
camminare. Quella a dritta è di un pastore nudo, che stringe un vincastro nella
destra e con la sinistra tiene un'otre, poggiato sulla spalla da cui pende una polle.
L'altra figura, apparentemente di donna, ha una vustc. a pieghe spesse, che dal collo
REGIONE I. — 147 — SAN PRISCO, POMPEI
sconde ai piedi, aperta verso la metà della coscia sinistra. Con le mani regge due
tibie divergenti, fisse alla bocca. Il coperchio lia la sola fronte ornata di scanala-
ture ondulate.
Entro il sarcofago si rinvenne uno scheletro di donna, come lo provano alcuni
aghi crinali di osso, che giacevano presso il teschio, e globetti vitrei per collana di
vario colore.
Mi fu detto che vi si rinvenne anche una moneta od un anello con pietra limpida
e rilucente.
Il sarcofago era murato tutto all'intorno con forte calcestruzzo del quale riman-
gono tracce sulle sculture.
L. C0CC.\NARI.
X. SAN PRISCO (presso s. Maria di Capua Vetere).
Nel tenimonto di s. Prisco, a poca distanza dal noto fondo Patturolli e a circa
un metro di profondità venne fuori, non ha guari, un cippo di tufo con iscrizione
osca, che di recente è stata aggiunto alla raccolta delle iscrizioni italiche del Museo
Nazionale di Napoli.
Il cippo ha l'altezza di m. 0,50, la larghezza di m. 0,28 e una grossezza mas-
sima di m. 0,17. Come in altre epigrafi della medesima provenienza e del medesimo
materiale, le lettere vi sono profondamente incise, e la prima riga è sventuratamente
in gran parte danneggiata. Il mio apografo, collazionato anche col calco cartaceo, è
il seguente :
kMvm
anmvn
/VT/
Sono a notare le lineole oblique messo in luogo dei punti diacritici e la strana
scrittura delle parola ' pumperi ', che nella forma ' pumperias ' ricorre due altre volte
in una iscrizione opistografa rinvenuta nel 1873 nel fondo Patturelli (cfr. Zvetaieff,
Sylloge n. 32). A. Sogliano.
XI. POMPEI — Giornale degli scavi redatto dal soprastanti.
1-13 marzo. Proseguirono i lavori di scavo nella regione Vili, isola 2", via quinta,
casa n. 14, della quale si sgombra il viridario, dal lato sud. Si eseguiscono intanto
vari restauri nella casa 13, della regione Vili, isola 2-\ e nella casa 18 della re-
gione IX, isola 5". Non avvennero rinvenimenti.
14 dotto. Nel ricordato viridario si rinvenne: — Terracotta. Lucerna circolare,
verniciata di rosso, monolicne e con manico ad anello, lungh. m. 0,120. Altra mono-
CITTADUCALE, RUVO DI PUGLIA — 148 — REGIONE IV, II.
licDe 0 con manico ad anello, luiig. ni. U,124. Vaso ordinario con ventre rigoutio,
piccolo collo, ad un'ansa, corroso nel ventre, alt. in. 0,145. Altro simile, alt. m. 0,140.
Altro più piccolo, alt. m. 0,124. Altro alto m. 0,o85 : — ì\'lro. Tazza con labhro
sporgente, del diametro di m. 0,112. Piccola bottiglia, a collo lungo, alt. m. 0,150: —
Piombo. Un peso: — Marmo. Piccolo peso circolare, nero, con due lati piani.
15-31 detto. Continuarono i lavori di restauro nella casa n. 3, regione IX, isola 1*
e nella regione V isola 2". Non avvennero scoperte.
Reuioxk IV (SAMMUM ET SABINA).
SABINI
XII. CITTADUCALE — Iscrizione funebre lalim scoperta dentro
l'abitato.
Quando fu demolita la fontana pubblica nella piazzetta del Popolo in Citta-
ducale, si scoprì una lapide di travertino di m. 1,50 X 0,50 X 0,40. Il lato destro
è sagomato, con diverse scanalature (gola, ovolo, guscio e listello): la imitf sinistra
fu distrutt^i in iintico. Vi è incisa l'iscrizione seguente:
CALLISTE ■ ATI
PIAE VILICA
DAPHINVSCO
FECIT »
Di sotto, in bassorilievo, è .scolpita una pianella.
A. De Nino.
Regione li (APIJLIAJ.
XIII. RUVO DI PUGLIA — Vasi dipinti che diconsi scoperti iii una
tomba greca di L'uro.
Presso il can. d. Francesco Fatelli di questo comune ultimamente ho potuto ve-
dere la suppellettile funebre d'una antica tomba greca, che egli dice di aver com-
perata da un contadino sul finire dell'anno 1893, ma non sa indicarmi il nome del
luogo del rinvenimento. Ora di alcuni di questi vasi mi pregio trasmettere la seguente
breve descrizione, non senza aver prima notat') che i rimanenti non hanno importanza,
né meritano che se no faccia menzione.
1. Vasca con larga base circolare che quasi eguaglia in diametro la larghezza
della stessa vasca, la quale è sostenuta da lungo piedistallo cilindrico in forma di
bassa colonna. Intorno al piedistallo, sul colore natmale della creta cotta, veggonsi
REGIONE IV. — 149 — KUVO DI PUGLIA
delle- zone circolari nere, e intorno al labbro della vasca tre dischetti e tre sporti
mammellati, quelli e questi disposti triangolarmente e a rilievo. Alt. ni. 0,1(3;
dìam. m. 0,13.
2. Vasellino di forma elegante con alto coperchio. Alt. del vaso m. 0,18; del
coperchio solo m. 0,095. La sottocoppa è dipinta di nero con linee circolari di color
rosso vivo. Ha il piede piuttosto alto, il labbro molto piegato in dentro e quattro
sporti mammellati in corrispondenza fra loro al cominciare del ventre. Il coperchio
è senza colore, ma cinto in più luoghi da linee circolari di nero e di rosso, e dove
comincia il suo finimento cilindrico, somigliante in diminuite proporzioni al piedi-
stallo della vasca innanzi descritta, veggonsi disposti in cerchio quattro animali a
tutto rilievo plasmati grossolanamente, dei quali uno è anche incompleto per recente
fruttura, e due sembrano quadrupedi del genere canis, mentre il quarto potrebbe
credersi un grosso uccello. Degno finalmente di nota è il fatto che il coperchio non è,
come ordinariamente, chiuso in cima, ma lascia invece aperta la comunicazione del-
l'aria con la coppa sottostante, il cui contenuto cosi non era coperto né protetto in-
teramente. Ciò potrebbe forse dar luogo a pensare che l'elegante vasellino fosse stato
destinato ad esalare odori o profumi, i quali per la lunga canna del coperchio tro-
vavano l'uscita e si diffondevano intorno; ma sul momento non sono in grado di
addm-re alcun confronto per avvalorare questa congettura.
3. Olla sferica con pévera alla bocca e manichi orizzontali nel ventre, del colore
della creta cotta con ornati di nero, consistenti in zone circolari alla parte inferiore
e alla metà del ventre, in corrispondenza dei manichi, sotto la pévera formante il
collo e nell'interno di questa. Tra le due zone del ventre, su ciascun lato dell'olla
è dipinto un lungo e nero serpente ondulato che va da d. a s. ed imo ha la bocca
aperta poco discosta dalla coda dell'altro. Alt. m. 0,27 ; circonferenza alla linea dei
manichi m. 1,03.
4. Kelebe di disegno trascurato, dipinta di nero matto-rossigno con ornati e figure
dello stesso colore su fondo rosso-giallastro. Alt. m. 0,25 ; diam. m. 0,26. Il ventre
dell'anfora, interamente nero, dal piede in su va sempre slargandosi fino ai manichi,
prendendo la forma d'un cono tronco riverso. Ove poi cominciano i manichi è cinto
da larga zona rosso-giallastra su cui sono dipinte di nero due rappresentazioni quasi
simili da un lato e dell'altro.
A) Sfinge a d. di chi guarda, dritta sulle quattro gambe e Tolta a s. Le ali sono
foggiate alla maniera arcaica; la punta della coda è simile alla testa d'un serpente
e sulla fronte ha una prominenza che deve credersi un radio o altro muliebre orna-
mento. Segue una specie di stele fantastica, composta di due palmette che, congiuu-
gendosi le rispettive basi, sono attraversate orizzontalmente da fiori di loto e contor-
nate da cerchietti concentrici, motivo che ricorda i vasi di Melo e di Kotli (cfr. Jahrb.
d. List. 1887, p. 57 e s.). Di fronte alla descritta e a lei simile in tutto è un'altra
sfinge, a cui tien dietro un grifo (?) del quale è andata perduta la pai-te posteriore
del corpo, poi un'altra sfinge anch'essa molto sciupata e finalmente un grosso uccello
a collo lungo, tutti volti a d.
B) Due sfingi, come le precedenti, l'una di rimpetto all'altra con la stele vege-
CANOSA
— 150 — RBOIONE IV.
tale in mezzo a loro, so non che la seconda sembra star seduta sulle gambe poste-
riori. Seguo un grande fioro di loto con steli tonninanti in voluto concentriche alla
sua base e tìiialiiionte un'altra slìngo volta a d. Kssendo questa faccia del vaso assai
meglio conservata doU'altra, permette notare che le gambo anteriori delle sfingi dalla
metà in giù della loro lunghezza si vanno assottigliando in guisa, da prendere a
dirittura la forma di gambe di uccello; lo che poi non so dire se debba credersi
fatto pensatamente, o per frettolosa sl)adataggine ; tanto più che una delle sfingi mostra
le sue gambe posteriori arbitrariamente torte e che nel vaso mancano del tutto lo
linee graffite che solitamente determinano i contorni delle figure.
Il collo e il labbro dell'anfora recano ornati di stile geometrico, consistenti su
quello in lineo oblique e verticali che s'intersecano fra loro lasciando dei vuoti trian-
golari, e su questo in lineette in forma di aiijma coricato. I manichi cominciano bi-
partiti e sottilmente tondi, ma poi i due bastoni congiungonsi, in cima all'arco da
essi formato, ad una larga striscia che tennina nell'orlo del vaso ; e su questa larga
striscia veggonsi delle linee orizzontali e un fiore di loto, mentre sull'orlo ripetesi
lo stesso ornato del collo. Quanto allo sfingi, parrai che ad osse debba darsi un fu-
nebre significato e che forse sia da pensare lo stesso della fantastica stele. Lo stile
poi non meno che lo forme dei quattro vasi descritti pongono fra le greche più an-
tiche di Ruvo la tomba che li conteneva, quand'anche piacesse meglio attnl)nirli ad
alquanto più tarda imitazione dell'arte locale, che ad importazione per via del commercio.
6. Jatta.
XIV. CANOSA — Due ter recotte ed un'urna di arte canosina.
Lo stesso rev. Fatelli mi ha mostrato una bella urna e due figuline da lui
comperate a Canosa, ed ivi rinvenuto sul cominciare del corrente anno, delle quali
ecco la descrizione.
5. Una dello terrecotte, non raffinata nò ritoccata a mano ne' particolari dopo
l'estrazione dalla forma, ma nell'insieme pregevole e abbastanza curiosa, rappresenta
un uomo nudo, seduto sopra un pogginolo di forma rotonda, con le gambe incrocic-
chiate e le braccia piegate sul grosso ventre in guisa da far congiungere le mani
sulle pudende, dello quali per altro non appare indizio veruno. 11 suo volto è coperto
da una maschera comica di tipo presso a poco simile a quella del Museo di Napoli
riprodotta dal Wieseler {Theatcnjeb. "V, 38 e 40) e da lui creduta di schiavi. L'atto
di star seduto su tonda base e di tener le gambo incrociate notasi spesso nello figu-
lino rappresentanti attori comici in costume da jihbjakcs (v. K<")rt« in Jahrh. d. fiuti.
1893, p. 82 e s.). Ma se nella nostra statuetta si possono chiaramente vedere avanzi
di bianco e di colore roseo ai piedi, alle gambe, alla maschera e in altre parti del
corpo, non sono poi visibili in nessun luogo tracce di mantello, tunica, lirache, cal-
zari, né pare che il restauro, a cui la statuetta fu parzialmente sottoposta, le avesse
potuto far sparire del tutto. Alt. m. 0,13.
G. L'altra terracotta rappresenta >m gruppo di due amanti che si abbracciano e
baciano. La donna ha la testa coronata di larghe foglio tondeggianti, lungo chitone
REGIONE IV. 151 — CANOSA
e hmation avvolto di traverso alla parte media del corpo; l'uomo corta tunica che
tocca quasi i ginocchi e clamide avvolta anche di traverso alla parte superiore del
coi^po. Qua e là si veggono avanzi di color roseo e generalmente un rivestimento di
bianco. La donna pone la mano d. sotto il mento dell'uomo e la mano s. intorno al
collo dello stesso; l'uomo ha la mano d. intorno al collo della donna e stende il
braccio e la mano s. lungo il coi-po e fino all'anca d. di lei. Le bocche poi di en-
trambi, ravvicinate dal reciproco stringersi delle braccia intorno al collo, si mostrano
congiunte in erotico bacio. Anche questo gruppo, come del resto quasi tutte le figu-
line di Canosa, non fu ritoccato dopo averlo tratto dalla forma, di guisa che i par-
ticolari sono molto trascurati e talora, come p. e. nella testa dell'uomo, non si giunge
neppure a distinguere le parti e i tratti del viso. Alt. m. 0,16.
7. Urna (slamuos) a tìg. rosse su fondo nero, di vernice lucida e di colorito finis-
simo, di disegno alquanto leggiero, ma molto espressivo, e certamente importata,
perchè la creta non è quella dei vasi canosini. Il coperchio, ornato con un'ellera gi-
rante intorno, evidentemente non appartiene a quest'urna che doveva averlo di men
largo diametro, corrispondente a quello della sua bocca, e ben più alto relativamente
all'altezza dei manichi del vaso, nella cui forma per ciò notasi im non so che di tozzo che
la detm-pa. Sulle spalle dell'urna è una scannellatura di rosso e di nero, sotto i ma-
nichi le solile palmette con rabeschi e volute, e finalmente sotto le figure il meandi'O
chiamato greca. Due sole sono le figure, una sopra ciascima faccia del vaso, ma la
scena è completa e rappresenta il lavacro e la conseguente toeletta di una giovine
donna. Vedesi infatti da un lato una donzella interamente nuda, senza alcun orna-
mento, tranne le armille ad ambe le braccia, e coi capelli poco abbondanti sciolti e
cadenti sul collo; la quale, reggendosi sulla gamba d. e piegando mollemente la s.,
è presso una vasca sostenuta da piedistallo scannellato con larga base e capitello do-
rico ornato di ovoletti. Sull'orlo della vasca sta un uccello (forse colomba) che apre
le ali, come per rispondere alle carezze della sua padrona, la quale stende sull'uc-
cello la mano d. mentre tiene la s. immersa nell'acqua della vasca. Nel campo una
palla da giuoco e una lunga zona fimbriata che fa panneggio. Dall'altro lato la
stessa donzella, già lavata ornata e vestita, si contempla compiacentemente neUo
specchio che ella si tien ritto d'innanzi con la s., mentre lascia pendere inerte la d'
Ella siede, malgrado che non sia espresso il sedile ; ha i calzari, lungo chitone senza
maniche affibbiato sugli omeri, che lascia nude le braccia ornate di armille ; Y hmation
è avvolto strettamente alla parte inferiore del corpo, né mancano la collana, gli orec-
chini e la mitella, disposta elegantemente intorno ai capelli che neppur qui si mo-
strano abbondanti. Gli ornamenti metallici sono dipinti di nero e in tutto il vaso
non è traccia alcuna di bianco, il che ne rialza la data. Nel campo, innanzi alla gio-
vinetta vedesi infine quel paniere in forma di cono tronco riverso (calathì/s), che
tante volte sui vasi dipinti apparisce presso le donne riunite nei ginecèi.
Senza dubbio la bella urna del can. Patelli deve assegnarsi al miglior tempo
dell'arte pugliese, e fa dispiacere che, mentr'essa non lui frattura alcuna (cosa ben
(lifticile nei rinvenimenti canosini), manchi poi del coperchio, come innanzi ho no-
tato, ed anche d'uno dei manichi. Alt. m. 0,22.
SIRACUSA, NOTO — 152 — XiriLIA
8. Terracotta di Canosa raitprosentante una donna seduta con lun^o chitone
0 himation ravvolto alle anche o allo t^ambe, in atto di allattare nn bambino fasciato
che ella sostiene col braccio s., mentre, con f,'e.sto tanto naturale nello madri, porta
la d. alla propria mammella. Esecuzione, al solito, trascurata nei particolari; alt. 0,1<!5.
(J. .Tatta.
Sin LIA.
XV. SIRACUSA — Xiiove scoperte nella necropoli del Fusco.
Nei mesi di noveinl)re e dicembro 1893 si continuarono le indagini nella ne-
cropoli ijreca del Fusco. Fu esplorato un tratto di terreno contenente circa 38U toml)e,
per la mag^or parte arcaicissime, cioè della lino del secolo Vili, e del principio
del VII; pochissimo sono di età posteriore; una sessantina poi spettano a barbari
che nel V-VII (?) sec. di Cr. deposero i loro morti nel campo funebre greco. La
suppellettile vascolare greca è rappresentata in gran maggioranza da vasi dello stile
protocorinzio geometrico e protocorinzio: si ebbero anche scarabei in pastiglia, argen-
terie, fibule in bronzo (a navicella) ed in ferro, avorio ed ambre di un tipo fin qui
sconosciuto.
Questa campagna estonde notevolmente la nostra conoscenza sulla civiltà dorica
di Siracusa ed allarga gli orizzonti cronologici degli strati greci. Oltremodo interes-
santi sono poi le osservazioni fatte sulle deposizioni dei barbari nelle tombe greche,
come a suo tempo sarà detto in queste Notizie.
Nuove imlagini nelle catacombe cristiane di Siracusa.
In quella di s. Giovanni la revisione accurata della regione meridionale e di
alcune parti, prima meno attentamente esplorate nella settentrionale, fruttl^ una .'•et-
tantina di nuovi titoli; si esplorò anche qualche sepolcro intatto.
Sulle pendici meridionali dell' Acradina vennero sgombrati due piccoli ipogei con
sarcofagi, che dalle numerose lucerne che contenevano, risultarono cristiani. Molti
altri analoghi esistono nella stessa località ed io penso che rappresentino il tipo di
collegamento tra gli ipogei pagani dell'impero e le ampie catacombe del tipo s. (iio-
vanni. Cassia, etc.
P. Orsi.
XVI. NoTit — Sepolcreti siculi ricotwscinti presso Noto Vecchio.
In una ricognizione archeologica a Noto Vecchio, l'antica Neetum, vennero rico-
nosciute alcuno piccolo necropoli siculo, nei burroni che conterminano la città: ed una
vasta, di tipo greco, nelle colline a nord di ossa. Fu poi da me riveduta la grande
iscrizione (Kaibcl n. 240) e studiata la possibilità di portaria in salvo a Siracusa.
Ho poi scoperto due cameroni scavati nei fianchi del monte, con numerose nicchictto
(|Hadre. adorne di avanzi di scultura: le quali stanze, come si deduce dai residui
.9I/Ì.0/.Y/I l-,;-j
CUOLIERl
epitfi-alìci altro non erano se non degli ;^'po«. Xell'iuteruo della motagna verso Palazzolo
(.txoni) constatai poi l'esistenza di un piccolo borgo di età bizantina, con ca-;e costruite
di gran massi non cementati e colla sua piccola necropoli.
P. Orsi.
SANDLYLi
XVII. CUdLIKUl — JJi una nuova pietra terminale eoi ricordo di
antichi popoli della Sardegna.
Nello scorcio del settembre dello scorso anno l'agricoltore Francesco Obino, nella
località detta Sesia \\i\ territorio di Cuglieri verso i punti chiamati Baragiones e
Busridde, dissottcì-rò una importante pietra terminale. Era seppellita, per quanto affer-
masi, poco lungi dalla sponda sinistra di un torrente che ora chiamasi Rio Mauiiu
(Rio grande).
E alta m. 1, larga m. 0,(>0; ha lo spessore di m. 0,20, ed ha forma parallele-
pipeda, quantunque non esatta. La parte meno regolare è la inferiore che doveva intro-
dursi, come base, nel terreno. Nella parte superiore si osserva una solcatura quasi a
forma di mezzaluna.
Nella fronte leggesi in bei caratteri ('):
TERMINVS
OyiNTVS
VDDADHADDAR
NVA1ISIARVM
E dalla parte opposta, è inciso:
EVTYCHIÀNI
Per quauto fu possibile sapere, la pietra era ritta alla sinistra del torrente ed
a poca distanza di esso, guardando con l'ultima indicazione la regione Scssa, cioè
il territorio dell'attuale Cuglieri, mentre l'epigrafe più lunga era rivolta verso il tor-
rente ed il territorio della così dotta Plaaarcjia.
Abbiamo dunque un nuovo titolo terminale tra gli Eulhiciani od p] ut n chiarii,
ed altri popoli che con essi continavano. Di questi conoscevamo soltanto i Giddi-
litani (cfr. C. I. L. X, 7930); ora ci vengono additati anche gli Uddadhad-
darri. Lasciando ad altri lo studio sopra questo nome, possiamo osservare che la
nuova lapide rende oltremodo probabile die ai contini coi popoli medesimi apparton-
('} Di fiuosta impurtiintc lapido il eh. prof. Vivanet trasmise al Ministero oltre >rli iipoirrafi
alleile il calco cartaceo.
CUGMBItl
l.-)4 SAHPISIA
gano anche «li altri due titoli frammentati, scoperti nello stesso territorio di Cuglieri
(C. /. /.. X, 7i»;n, 7ita2).
!•: chiaro che questi titoli costituiscono una serie, della quale quello ora sco-
perto è il tenninus (juinliis. Inoltre è chiaro che in tutti ricorre nell'ultimo verso
il nome Niimisiariim, e che rultiina parte del nome Uddadhaddarri rimane in
uno di questi titoli.
In consej,'iienza di ciò sembra più che probabile che il titolo frammentato 7932,
debba leggersi :
/f/-M I N VS
.tffCVNDVS
iiddadhadVARKl . . .
nu!MSÌAK\'ìn
E se ciò è vero, anche l'altro titolo frammentato, il quale come il nuovo mostra
intiera la parola Kutychiaui. può leggersi:
termin\S
pr/.M VS
«H?«1SIARVM
Kesta solo incerto il verso terzo, il quale secondo l'apografo edito non ci da-
rebbe gli elementi del nome che ricorre nel verso medesimo degli altri titoli.
L'insigne monumento acquistato dall'egregio cittadino di Cuglieri comm. Giu-
seppe Sanna Najtanu. fa da lui generosamente donato al patrio museo, ove ora si
trova esposto.
V. VlVANET.
Roma 2<t maggio 1894.
REGIONE IX. — 155 RONCAGLIA
MAGGIO
KiouioNE IX ( LIGURIA)
I. RONCAGLIA (frazione del cinnuiie di Beiie Vagicuna). Dell'antico
teatro di Augusta Bagiennorum.
Dopo alcuni tentativi fatti iu diverse epoche alla Koncaglia, frazione del comune
di Bene Vagienna, ove eia l'antica Augusta Bagiennorum, i sottoscritti intrapresero
ivi su più vasta scala, nello scorso autunno, alcuni scavi che condussero avarie scoperte
tra cui la principale si è quella del teatro.
I ruderi dell'antica città distano di circa tre chilometri dal capoluogo, giacciono
in perfetta pianura, sulle sponde del torrente Mondalavia, dalla cui direzione est-
nord-est pare abbiano presa l'orientazione i singoli edifizi.
L'area del teatro non venne completamente scavata: e si fecero soltanto dei nu-
merosi saggi per riconoscerne la planimetria, come è indicato nella figura che qui
appresso si aggiunge. Rimangono perciò alcuni punti indeterminati, che sarà facile di
poter ulteriormente stabilire, essendo che ovunque si assaggiò il terreno, vennero sempre
trovate tracco continuate e simmetriche dello diverse parti; il che induce a credere ne
esistano per intero le vestigia.
La cavea è rivolta ad ovest-sud-ovest e, come risulta dal disegno, cousta di tre
muri semicircolari, legato il minore al mediano con muri trasversali posti a modo di
raggiera, fra i quali sono gettate delle volte coniche di cui si hanno sicure tracce
nel punto A; il muro mediano era probabilmente unito con una vòlta anulare al
muro esterno ; sopra tali volte erano posti i sedili in marmo, di cui si rinvenne un
frammento che misura m. 0,48 di altezza e 0,33 di larghezza, metà forse di quella
totale.
(Guardando la pianta vena osservato il notevole spostamento dei centri dei tre
muri semicircolari, singolai-ità che si può spiegare supponendo che due sole scale,
all'estremità della càvea, dessero accesso alle gradinate, e queste mettessero ad una
precinzione corrispondente al muro semicircolare mediano, che larga da principio
metri o,.')0, andasse restri ngendoisi verso il mezzo sino ad essere della sola larghezza
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Vul II,. Serie ò", parte 2" 20
RONCAGLIA
— 15G —
REGIONE IX.
di un ^'radino, o poco più. Que»ta dispobizionc divenuta plausibile ore si rifletta che so
tale precinzione si restringeva coll'avvicinarsi al mezzo della cavea, diminuiva pure
in essa proporzionalmente il numero degli spettatori, che .scendevano e salivano ai
rispettivi posti per le numerose scalette, tagliate a mezzo gradino, che vi davano
adito.
Il diametro dell'orchestra era di m. 22,20; quello del muro periferico me-
tri .j7,50; la lunghezza della scena ni. 40,50; il proscenio era largo nella parte di
mezzo m. 7,20; e nelle parti laterali meno avanzate m. 5,25.
La decorazione della scena risulta abbastaaza palese dalla disposizione dei muri
che ne formano la base. Quattro massicci in muratura, larghi m. 2.20, sporgenti
111. (i.n:^ sul grosso muro che costit'iisce il fendo di essa, dovevano formare il piedistallo,
ciascuno a due colonne, su cui correva corto una trabeazione. Negli intervalli fra detti
pila.'itri, nella parte anteriore a detta scena, si rinvennero alla rinfusa i grossi stilliti
0 gli architravi in marmo delle tre porto, eguali nelle modanature quelli delle duo
laterali, alquanto diversi quelli della mediana, da cui si potè determinare la loro di-
mensione. In corrispiindenza dei jiilastri e degli spazi comprosi fra ossi e le porte
si rinvenne un gran nuiuero di cornici in marmo bianco con varie sagomature, e fram-
miste ad esse una quantità di sottili lastre segato di marmi colorati, alcune assai
grandi, altre tagliate secondo forme geometriche, tre finalmente contornate con formo
ornamentali che dovettero comporro una grnziosa decorazione di opera alessandrina
alla parto bassa della scena. \'i Mblioml.i un ln'l (■ipoUino a von;ituro vordngnole e
REGIONE IX. — 157 — RONCAGLIA
bianche, vari iininiii ili un gialli di divuisa intensità, un rosso unito, varie Itreccie
simili ad alcune belle varietà di marmi africani ed orientali, che però secondo il pa-
rere di persone competenti deriverebbero tutti da cave dell'alta valle del Tanaro,
ricca di svariatissime qualità di calcari colorati. Si rinvennero inoltre frammenti di
stucco, come foglie di acanto, cornici e cordoni intagliati, intonachi dipinti ad imi-
tazione di marmi, ed altri portanti traccio di pitture, un dito ed alcune pieghe del-
l'abito di una statua ed un frammento di una lettera che doveva far parte di una
iscrizione.
Ad una estremità della sporgenza del proscenio, nel punto B, si trovò un foro
quadrato assai profondo di cm. 28 di lato, che si può supporre abbia servito col suo
simmetrico a tener dritta un'antenna od altro congegno destinato a sostenere il sipario.
Dietro la scena esiste un sottile muro che forma con questa uno stretto corri-
doio praticabile agli attori per le loro entrate ; tale muro ha ancora delle tracce di
intonaco colorato in rosso nella parte esterna ove era probabilmente un portico che
non si è potuto scavare per essere il campo coltivato ; quivi si trovarono vari cocci
di vasi conteuenti colori diversi.
Alle due estremità del corridoio si aprivano due ambienti simmetrici, destinati
agli attori, in quello a sinistra si trovarono rasente ai muri degli stucchi finamente
dipinti ; in quello a destra una grossa nicchia semicircolare, il cui pavimento era
formato da piccoli pezzi irregolari di marmo bianco. Nella parte posteriore di detta
nicchia, nel punto C, si trovò un capitello d'ordine corinzio, di forma quadrangolare,
di lavoro mediocre in marmo bianco, facilmente sfaldabile, ornato nelle sue quattro
faccie.
Fra il muro semicircolare esterno ed il mediano, si trovarono in quantità fram-
menti di belle tegole di un'argilla compatta, di color rosso intenso, fra le quali
molte col bollo :
MATERNVS
È questo il terzo sigillo che si trova impresso su laterizi da costruzione nei
dintorni di Augusta Bagiennorum ; essendone noti altri due, cioè quello che reca
semplicemente :
COCCEl
pubblicato nel C. I. L. V. 8110, 424, e l'altro che reca:
LCOCCEI
finora inedito, e trovato dal prof. G. B. Adriani a s. Nazario, frazione del comune di
Narzole, finitima alla Koncaglia.
Una sola moneta venne trovata fra i ruderi del teatro, ed è un piccolo bronzo di
Claudio Gotico coU'ara della consacrazione (Cohen, n. 51).
Fuori dell'area occupata dal teatro si raccolsero altre monete, fra lo quali basti
citare per i limiti del tempo una dell'età di Augusto (Cohen n. Il;>): un'altni di
Valentiiiiano I (Cohen n. 52).
MILANO — 158 — KEOIOSE XI.
Dopo il supplemento al voi. V del f. /. /.. venueio fuoii sul territorio di
Aii<,'usta Uagieuuorum varie iscrizioni e fraiuraenti di esse; lucerne con o senza bollo; e
fiamuienti di marino con ti<,Mire. Si scalzarono le fondamenta di alcuni edilizi nei
quali si rinvennero avanzi di bellissimi intonachi dipinti; aghi crinali e da lavoro
iu osso; pezzi di argento fuso e di bronzo lavorato, fra cui uno che pare abbia ser-
vito di contorno ad una iM-rizione; vasetti unguentari, vasi di bucchero, cocci di anfore,
di vasi dipinti, vasi sigillati del tipo Aretino o PoUentino, fra cui notevoli due
frammenti verdi invetriati all'interno ed argentati al di fuori. Si ritrovarono pure
vari frammenti di vetro, tra i ((uali di un vaso azzurro con ornamenti bianchi spi-
raliformi, altro con incisioni alla ruota, altro di pasta vitrea aranciata e molti pic-
coli oggetti; il che mentre conferma limpoi-tanza della distrutta città, fa deside-
rare che scavi condotti su più vasta scala vengano praticati, sia per scoprire il resto
ilei teatro come per mettere alla luce le altre parti della cittji medesima, che tuttora
rimangono sepolte.
G. ASSANURIA.
G. Vacchetta.
Regionk XI fT/L'l\SI'AJJAXAJ.
II, MILANO. — Lapidi sepolcrali con iscrizioni Ialine scoperte presso
il l'onte di Porla Magenta.
Nei lavori di sterro eseguiti durante lo scorso febbraio per collocare alcuni tubi
della conduttura di acqua potabile lungo il corso Magenta in Milano, nel tratto tra lo
sbocco della via Terraggio ed il Ponte sul Navilio interno, detto di s. Girolamo, essendo
stato necessario demolire una parte del ponto, vi si riconobbero adoperate come ma-
teriali di fabbrica due lapidi con iscrizioni latino funebri; delle quali l'uHìcio regio-
nale per la conservazione dei monumenti in Lombardia mandò i calchi cartacei.
La prima è incisa in un parallelepipedo di granito, come quello che viene dalla
cava del Monte Orfano vicino al Lago Maggiore, alto m. L42, largo 0.()2. munito di
cornice e cimasa, lavorato in tre lati a punta gros.sa e nel prospetto a punta lina.
È di importanza non comune, perchè ci fa conoscere un altro dei scxviri
iuniores dell'antica Mediolanum (C. /. /.. V, p. (>;3ó).
V F
PI ON T 1 V S
CRESCENS VRSINVS
VI • VIR • IVN
SIBI- ETSVIS
INFR- I • X
IN AG- P ■ >
Abbiamo diiiique : l'yiveus) f{ccil) I'(ul>lìi(s) Ponlius \ Crescens Umiinis \
s,:rrir iiiinior) | stibi el suis \ in fr(oiile) ]i(,c(lcs) X | in ag{ro) p{etlcx) \ X.
REGIONE X. — 159 —
BASSANO
Si vede che il lapicida, procedendo con lavoro rapido, non badò ad incidere com-
piiitameute le lettere seguendo tutte le linee che erano state segnate col carbone;
quindi di alcune lettere incavò soltanto una parte. Coii della prima lettera del. nome
nel secondo verso incise soltanto la linea perpendicolare, la quale tra le due lettere
in cui cade non può prestarsi che per un P.
Ne è possibile ammettere la opinione del eh. sig. F. Ponti ispettore degli scavi
in Varese, il quale pubblicò questa lapide leggendo /'. Conlius. riconoscendosi da
altri esempì nella lapide medesima che il C vi fu inciso regolarmente.
L'altra è un parallelepipedo di sarizzo ghiandone, a base rettangolare con cor-
nice e cimasa, alto complessivamente ni. 1,25, largo m. 0,75, senza gli sporti. Fu
lavorato nei due fianchi e nella faccia posteriore a punta grossa, e nel prospetto a
punta fina. Quivi è inciso il titolo:
C VALERIVS
FABRICIVS • SIBI ■ eT
C • VALERIO ■ MASCLO • F
ET ■ VALERIAE • PRImIGENIAE
ET • VALERIAE • PRIMVLAEF
ET • KANINIAE • THYmELE
ET • P • FVLVIO • MACRINO
ET • P- FVLVIO- FESTO
ET • ACILIAE ■ MANSVETAE • F
Ambedue queste lapidi furono depositate nel castello, futura sede del Museo
Archeologico di Milano.
F. B.4RNABEI.
Regione X (VENETI A).
III. BASSANO VENETO — Di una antichissima necropoli e di altri
avanzi romani riconosciuti presso la città.
Nel settembre 1892 a breve distanza da Angarano, grosso sobborgo di Bassano
sulla destra del Brenta, i contadini che lavoravano in un fondo del sig. Brocchi,
lungo la via Bassano — s. Giorgio — Val Rovina, si imbatterono in un campo funebre
antichissimo, che venne in gran parte manomesso. Portatomi a Bassano a studiare i
pochi avanzi scami)ati dalla rovina, mercè le cure del conte Tiberio Roberti, ispettore
onorario degli scavi, e del suo egregio tiglio, ho saputo che non meno di 150 urne
funebri, deposte nella nuda terra, a piccola profondità (cm. 50). e distanti l'una
dall'altra m. 1.00 ad 1,50 erano state distrutte dai contadini, i quali miravano solo
a raccogliere i pochi bronzi, venduti poi e dispersi.
Il conte Roberti tiglio si recò sul luogo; ricuperò qualche bronzo, e scavando
un paio di giorni mise a nudo altre quattro urne ad incinerazione, portate in casa
HASSA.NH
— 16(J — REGIONE X.
Koberti. dove io le studiai assieme a tutto il resto, mercè l'amabilità del proprìetario.
O^Duna giaceva, ini fu assicurato, in un fosso terragno (due sole erano protette da
scaglie), e derivavano da punti opposti della necropoli: tanto il l^>ber^i nel no-
vembre 92 come il Brocchi nell'ottobre i)^ tentaiMiio nitri punti del suolo, ma con
rit^ultato negativo.
Fittili. — fl) Olla alta cm. 15 larg. mass. cm. 2) , qui riprodotta (fig. 1).
Ha forma emisferica con spalle larghe, orizzontali, al centro delle quali si imposta
il breve collarini". Xi-llo spitriiln vivo delle spalle spuntano quattro ansi- uilimclie.
Kici. 1.
con lineette verticali a stecca, tracciate fra l'una e l'altra di esse. L'impasto è di
creta nerastra, sparsa di renella quarzitica, tirata a lucido alla superficie. 11 vaso
ricorda, ma non riproduce esattamente, alcune forme proprie ai piii antichi strati della
necropoli di Kste ('). Vuotato alla mia presenza esso diede terra nerastra e buona
quantitii di ossa combuste.
h) Ossuario simile al precedente, alto cm. 17, larg. mass. cm. 22. Le spalle bre-
vissime si risolvono in un collo a cono tronco, sul quale girano delle impressioni a punta
di dito; aggiungansi quattro ansette un po' adunche e fra l'una e l'altra fregi ver-
ticali a stecco. La creta è rossastra, epurata, con chiazze alla superficie. Ksso era
per metà pieno di ossa umane combuste, coperte da terra di rogo : vuotato diede,
assieme alle ossa, rottami di armillette filiformi, ed un paio delle fibule che sotto
descrivo, e che il conte Roberti non seppe più identificare, avendole confuse col re^to.
La forma del vaso si riattacca alla precedente, ma è più rudimentale (-).
f) Si raflrDiili iol'Iì ossuari editi dal S^ranzo Srai-i e tcoperte nei poderi Smart di Kste
tav. V, 8 e dal Prosdocimi \ot. 1 882. ser. 3*. voi. X, t.iv. III. 1 3, IV. 2, .3. Si distinpuc por altro da codesti
e pT la mancanza del piede conico, e percliè lo sviluppo della metà soperiore, conico ad Estc,
qoi i Bunplificato, e resta quasi sprofondato in quella inferiure; anche il collo »! dritto, mentre ad Estc
è sempre ad agf;ctto obliquo. Non manca ad Este l'ansa adunca in qualche ossaario del primo pc-
r : (.Votitie 18S2. «er. 3*, voi. X, tav. ITI. -1) e qualche salcio trovo anche nella XerropoU di s. Lucia
.') Tolmino (tav. IV. .5) recentemente illustrata con copiosa dottrina dal Marchcsctti.
(*) E perei'"! bì accosta ai tipi arcaicùssìmi di Buvolone (BuUetlino Palei». Italiano 1879,
tav. XIl) e Bismantova (Ihid. 1871'., tav. Vili)
REGIONE X.
l(il
rUSSANO
e) Ossuario simile, alt. cm. 22, larg. mass. cm. 34, di creta e fattura come i
precedeuti: per la forma si avvicina a b, ma le spalle più sviluppate ed inclinate
si risolvono in uu collarino divergente, ben pronunciato, e sono adorne di cerchioni
tracciati colle dita nella creta fresca. Questa forma, eccezionale ad Hste ('), la si
trova più facilmente altrove, come a V'aduna e nello necropoli comasche (-); remi-
niscenze di essa si hanno pure nelle necropoli istriane e dello Alpi Giulie (^).
L'u,na era piena di terra, e vuotata alla mia presenza diede molte ossa com-
buste, terra di rogo, ma nessun oggetto.
(/) Cista fittile a cordoni alta cm. 18, diam. cm. 20, munita in giro di cinque
cordoni o costolature di forte rilievo con intaccature a stecco distribuite in due colonne
verticali, e con quattro bitorzoli o capezzoli equidistanti, al labbro (tìg. 2). La creta
FiG. 2.
è rossastra con qualche sassolino. 11 vaso, aperto davanti a me, ha dato abbondanti
ossa combuste con terra di rogo ed un sottile anello in frammenti. Questa cista,
non vi ha dubbio, è imitazione di un esemplare in bronzo (^) ; lasciando la questione
sull'origine delle ciste metalliche a cordoni {^) , osservo che riproduzioni fittili liscie
sono numerose a Bologna, più rare le cordonate, delle quali si ha qualche saggio
(') Unico, credo, un vaso iJeiitico nella necropoli Benvenuti : Oliirurdini, La silula italica pri-
mitiva, nei Monumenti antichi, voi. II, p. 238, fìg. 20.
(21 Orsi, La necropoli italica di Vadena tav. I, 4. Rivista archeol. di Como 1874, I, 2.
(■■') Dall'Istria Bull. l'aletnol. Italiana a. XI, tav. I, 15. Volendo, si juiò considerare questo
vaso come una situla fìttile rudimentale, rattrappita ; cfr. Marchesetti, Necropoli di s. Lucia tav. V, 5-7.
Non affatto dissimili sono gli ossuari, però più anticlii, della necropoli di Monza {Bull. Pai. /tal.
a. XVII, tav. III, .\, B), i quali, come ben osserva il Castelfranco (ibid., ]). 43 e scg.) rammentano
nella sagoma il primo periodo di Golasecca, sebbene so ne distaocliino per la decorazione.
(*) Per l'imitazione in terra cotta dei vasi laminati veggansi gli eccellenti studi del Pigorini
Sull'origine del tipo di alcune stoviglie fabbricate dagli Italici nella 1" età del ferro, nel Bull.
Paletn. hai. XIII, p. 73 e segg.; e del Gbirardini, La situla italica primitiva, op. cit. p. 230.
(^) Per le ciste cfr. i recentissimi studi del Marchesetti, Necropoli di s. Lucia, p. 185.
NASSA NO
— ll)2 —
REtilONB X.
anche neHlstiia (')■ La prosenza di codesto vaso, che cronologicamente è più lenente
degli altri, dimostra che lo antiche tribù, le quali seppellivano i loro morti sulla
destra del Brenta, conoscevano la cista in bronzo e la imitavano.
Pjf quanto scarsi di numero, i tittili esaminati ci permettono di orientarci in
qualche modo sul posto da assegnare alla necropoli di Angarano, accanto alle altre
dell'alta Italia. Ad onta della vicinanza col grande centro veneto illirico di Este, i
contatti con e.-^so sono scarsi, ed in ogni modo si atFermano cullo strato più antico
di esso, l'italico (-'). Gli ossuari /*, e ed in parte anche quello a si accostano in-
vece più sentitamente a quelle forme che risconti-ansi nello necropoli di popolazioni
uscite dalle torreinaro, palafitte, e stazioni affini, quali Bovolone, Crespellano, Monte Lo-
nato, Bismantova tra le più antiche, Vadena tra le recenti del gruppo orientale,
Monza e Golasecca dell'occideulale; per quanto poco conosciute le palafitte orientali,
cioè le venete, non pertanto anche l'esame dei bronzi conferma questa assegnazione.
Con ciò non intendo affermare che la necropoli aia sincrona alle palafitte, ma essa
appartiene per altro, con tutta probabilità, ad un popolo da esse uscito, il quale abitò
poi a lungo sulla destra del Medoaco. Solo la cista fittile si stacca dagli altri vasi
e por forma e per età.
/Iroiisi. — I pnclii pezzi conservati dal conte Roberti furono tolti ai contadini.
chi trafugarono il m.';.;Uo; pochi vennero estratti dall'urna ò.
Fio. 'ò.
(ìli aghi crinali, nove in tutto, sono parte rotti, parte interi, lunglii ila cni. In
a 21 : tre sono lisci, sei coll'estremità superiore decorata. Basta un'occhiata ai quattro
saggi, che qui riproduco (tìg. 3) per riconoscere come poco o nulla vi abbia di comune
cogli strati veneti di Este. e manchino per lo meno le forme specifiche ad essi. Di deri-
vazione prettamente palafittico-terraniaricola sono gli esemplari 1, '2. '.\ con pomello
(') liozzadini, Di un nrpalm-ln fh-ntia ICC , (:iv I\'. ."). — (Irsi, Ilull. l'iilrtniél. lini \I,
tav. II, 3, p. 75-76.
(*) Accelto pipnniiioiite \:\ tri|iartizii>iic ])r(i]io.st;i li.il (jliirarilini (.\où:ie ItìSBp. 3o7; La col-
lesioni- llaratela p. •iOT-'iOOj.
REGIONE X. — Ilio — HASSANO
a doppio cono, e rigonfiamento dell'asta superiore, ornata di tortiglione, o di fasci
di linee, e di spinapesce; essi continuano anche nei più antichi orizzonti della prima
età del ferro, alla quale è tutto proprio il u. 4 a larga capocchia (').
Di armille si ebbero due eleganti esemplari; uno con bellissima patina è for-
mato da doppio filo di bronzo avvolto per tre giri, finiento ad una estremità ad occhio,
nell'altra a coda di serpe, mediante saldatura a martello del capo
dei due fili (fig. 4). Siccome il diametro im])orta soli cm. .'5 ' ''., codeste
spirali piuttosto che ad ornare i polsi di una bambinetta avranno
servito a raccorne la chioma sull'occipite e sono perciò delle
vere (Ji'oiyyfc. Non mi diffondo in riscontri, trovandosene esem-
plari in tutti gli sti'ati protostorici dell' Italia e della Grecia.
Come armille interpreto una massa aggrovigliata di sottili fili
i la. 4. '■ °° °
in bronzo, ad uno o più giri, con diametri vari fra gli estremi
di cm. 4 e 6^; di più un esemplare a nastro (con sezione a calotta), ad estremità
appuntate e sovrapposte, del diametro di cm. 5 .V ; aggiungansi parecchi rottami di
altre, ed un anello digitale.
Le fibule sono poche di numero, ma di forme caratteristiche per la cronologia.
Una bellissima ed intatta serpeggiante, il cui ardiglione consta di uno spillo inne-
stato ad occhio nel bastoncino contorto e costolato, viene qui riprodotta, attesa la sua
importanza(tig. 5). Misura in lung. cm. lo ed è uno dei saggi più eloquenti, a dimo-
strare la genesi della fibula dallo spillo ritorto (-). Il tipo, dopo quello ad arco sem-
plice, è tra i più antichi che si conoscono, proprio specialmente agli strati umbro
italici dell'Italia Centrale, da Bologna ai colli Albani (^).
Tre esemplari ad arco semplice, tutti rotti, sono formati da una verghetta cilin-
drica coir arco a solcature oblique; una quarta è a piccolissime costolature; lung.
era. 4-5. Anche codeste fibule sono annoverate fra le più antiche degli strati italici
della prima età del ferro. Un quinto esemplare della stessa categoria, più grande dei
precedenti, ma guasto, ha l'arco leggermente rigonfio con cordoni o costole ben mar-
cate e spaziate.
(') Mi manca il modo di dare ampie statistiche, ma basteranno pochi riscontri salienti. Un esem-
plare della necropoli di Monza {Bui!. Palelnol. Ital. X^'II, tav. Ili, 8) è identico ad uno bassanese.
Il n. I si ha così nella palafitta di Peschiera come a Vadena (Orsi, Vadena p. 34) e dalla torbiera
di Fiavò (Orsi, Nuove note di palotnoì. trentina tav. II, 11); pure da un bacino lacustre deviva un
esemplare come il nostro n. 2 (Orsi, ibid., II, 9). Piti recente è il tipo n. 6, ombrelliforine, e proprio
alle necropoli norditaliche della prima età del ferro (Orsi, Vadena, tav. V, .5. — Marchesctti, A'tf-
cropoli di s. Lucia, tav. XXII, 21).
(*) Tale teoria fu 'emessa dal Chierici {/luì!. Palelnol. Rai. 1876, ji. 219; 1878 p. 50) assai
tempo prima che si conoscessero i risultati dell'esplorazione delle tombe greche arcaiche della Si-
cilia, nelle quali io ho constat.ato frequenti volte due spilloni in bronzo od in arf;ento posti all'eslre-
mità delle spalle, per fissare il chitone od il peplo, fungendo cosi csattumente da tibule. Cfr. le mie
rettifiche (Orsi, Megara Hyblaea p. 12-5 nota 2) allo Studnicka che nelle Moirai del vaso Prani,-ois
credette riconoscere sulle spalle delle fibule, mentre in realtà non sono che spilloni a disco e nodi.
(■') Me rassegnai una statistica in Vadena p. 19 e segg., ed in Hull. Palcln. /tal. XIll.
li. II. "> e 122.
Ci.AS.SK DI SCIENZE MOUAi.i ccc. — Memokik — Vol. Il Soric ")" , parte 2» 21
HASSANO
— 104 —
REGIONE X.
Spettano a cultn lunati o rasoi due frammonti; l'uno, qui disegnato (tig. li), non è
altro che il manichetto a tortiglione, finientc in un occhio con due cornetti, e con porzion-
cina della lama (lung. tot. em. 7 5): l'altro simile conserva una por/iono maggiore
della schiena della lama con andamento ad angolo ottuso (lung. cm. llj). Ormai è
provato che codesti rasoi si hanno nella lor forma più antica nelle terreniare e pa-
Fk;. .-..
Fio. (i.
lafitte. e che prendono il massimo sviluppo di forma e diffusione nei più antichi
strati della prima età del ferro; non mancano ad Kste, nel Trentino, nella Svizze:a
meridionale e nella Francia ('), fanno invece difetto nelle necropoli illiriche delle
Giulie e doU'Istria (-').
Di osso era un disco rotto (diam. cm. óf) con circoli concentrici ed occhi di
dado alla superficie; se ne trovarono di simili a Vadena e nelle terremare (^).
Ove si ponga mente che delle cento e più tombe antichissime di Angarano ma-
nomesse dai contadini, appena quattro sono pervenute a nostra conoscenza, con qualche
altro bronzo isolato, ognuno comprenderà come non si possa per ora esprimere un esatto
giudizio sull'indole etnica e cronologica della necropoli. Per altro gli oggetti studiati
presentano note cos'i spiccate, che si prestano ad un giudizio di massima, il quale
sarà definitivo .solo in seguito ad ulteriori scavi sistematici.
Intanto risulta certo cosi dall'esame dei fittili come dei bronzi, che la necropoli
.spetta agli strati più arcaici della prima età del ferro; è. in qualche modo, sincrona
al periodo Menacci di IJologna, all'italico di Ks(c ecc.; dei tittili la sola cista sembra
{') Orni, Vndcna p. 81 e setjft. — Pi^'orini, Nolixie 1888, p. 242.
(•) Mnrchcsctti, j\ecropoli di ». Lwin y. 207.
RliGlONt; X. — ](J5 — BASSANO
accennare ad un momento piìi recente. Col gruppo veneto-illirico abbiamo solo con-
tatti generali, come d'indole generale sono quelli col villanovano; mancando, almeno
per ora, i fittili specifici all'uno ed all'altro nulla ci autorizza a chiamar umbra o ve-
neta la necropoli; e nemmeno vedo rapporti col gruppo bellunese-cadorino ('). Invece
ci accostiamo a quelle arcaiche necropoli del Veneto occidentale e della Lombardia,
spettanti ad una popolazione uscita dalle palafitte e dalle stazioni analoghe alle ter-
remare. Più in là di questo giudizio, che, come vedesi, è ancor lato, non possiamo
andare, sino a che la necropoli di Angarano non sia meglio conosciuta.
Jieliquie di età romana presso Angarano.
Angarano è oggidì sobborgo di Bassano, anzi continuazione della città, dalla
quale è soltanto diviso pel maestoso letto del Brenta; ma in addietro non deve esser
stato così, e furon due abitati vicini ma distinti, dei quali più antico quello sulla
dostia del fiume. Di Bassano infatto, ad onta del nome che suona tutto romano {vicus
Bassiaaus) non il più piccolo documento archeologico di tali tempi (2); il titolo
C. I. L. V, 2101, già nel monastero di s. Fortunato, è di origine incerta. Invece tutti
i luoghi contermini alla città tradiscono nel nome, e colle scoperte, la loro origine ;
quindi Cartiliano, Crespano, Rossano {Carlilianus , Crispianus, Roscianus), Mar-
gnano {Marinianus ?) , Marsano (Marcianm?) derivano da gentilizi certi od ipotetici.
Ad Angarano stanziavano genti italiote antichissime, prima ancora che i Romani vi
avessero imposto un nome {Anclurrlanus , Aiicjarianus) ; di lì deriva il titoletto
C. I. L. V, 2107, ed il vico apparteneva alla pertica della vicina Asolo {Acelum,
Acilium) . L'esistenza di un vico romano è ora affermata da alcune fortuite scoperte
avvenute in un podere dello stesso sig. conte Roberti, a pochi passi dall'abitato, e
meno di mezzo chilometro discosto dalla necropoli primitiva.
Quivi a breve profondità i contadini scoprirono due lunghe braccia di muro,
d'opera incerta, spesse circa m. 0,50 , una normale all'altra ; nel punto d'incontro for-
mavano un vano quadrato di circa m. 2,00X2,00. Tutto il terreno circostante si
trovò pieno di tegoloni e mattonacci (ne misurai alcuni di em. 30X 22 X 8), dei quali
se ne raccolsero quanti bastarono per fare l'impiantito di una cucina. Presso il conte Ro-
berti vidi pure una mezza dozzina di pesi a piramide tronca, un tambellone circo-
lare (diam. cm. 17, spessore cm. 8), una antefissa con testa di Medusa fasciata in
giro di meandro ed in basso di fogliette; di più un frammento di fregio fittile, rotto
in tre (cm. 27 X 24) ; in basso è conterminato da un astragalo e nel campo avvi il
residuo di un rilievo a disegno forte e corretto, rappresentante una donna seduta
(') (iliirardini, Notizie, 1883, ser. 3', voi. XI, p. 106 e 162.
(^) Il Brentari nella sua Storia di Bassano cercò dimostrare, che la città non esisteva affatto
all'epoca romana. Però cffli mi scrive, che in epoca recentissima tracce di abitati romani, consistenti
in monete, tombe, pavimenti a mosaico, teijole di varia specie si rinvennero nei contorni immediati,
cioè- a Mussolente, Fellette, C'assola. Ciò pui'i sisrnificare, che la città attnale jirese il n.ime da nn
vico, che esisteva nelle sue vicinanze.
Kll MA.NA — 10(5 — KEOIONE Vili.
pannej^giata, dietro la q alo soor^jonsi le estremità iuferiori di due altre ; davanti ad
esaa avanzi di pauneg^o, da cui sporge una mano che sembra presentare un' oll'erta.
Delle tegolo molte erano segnate, ed in casa Koberti ho copiato i seguenti bolli:
») ;aìM/"p[ cioè [3/.] Val{erius) Mii. /•'. /'[«s/o;]
//) m. ■ PASTOR
Bolli o«juali a A) si conoscevano giii ila Venezia e dai contorni di Padova (f. /. /-.
V, Silo. 277).
e) A-NV ■ FU
d) j FATA I parecchi
.■) PATA
L'officina di Avillia Paeta era già conosciuta per alcuni bolli padovani 6". /. L. V, bl li>,
267; uno di Villadose nel Kovigoto ne porta anche il patronimico: « Avilia Mn.
F. Paeta ' (Pais, Addi lamenta ad C I. L. V. 1075).
11 conte Roberti ha in animo di amiiliare le cscavazioni nei ruderi romani del
suo podere; e farà cosa buona, perchè essi accennano ad un cditizio <li qualche im-
portanza, forse una villa, la cui ostensione non si può ancora precisare.
P. Orsi.
Regione Vili (l'ISlWbAXA).
IV. FIUMANA — Arma litica rincenuta nel territorio del comune.
Da un colono che lavora a Fiumana, paese distante chilom. 11 da Forlì, acqui-
stai, in questi giorni, pel Museo civico, un'ascia di pietra levigata, uscita sporadica-
mente in opere campestri.
K di roccia serpentinosa verde-cupa, tra-^lucida e durissima, di tipo cuneiforme a
fianchi tondeggianti, a taglio arcuato. Considerata la tecnica si direbbe ricavata da
un ciottolo, perocché sono rimaste attorno alla punta delle piccole zone depresse,
serbanti la corteccia antica.
Tranne alcune intaccature nel tagliente, prodotte dall'uso, essa può dirsi perfet-
tamente conservata.
Per il volume, è la maggiore fin qui raccolsi da noi. misurando in lunghezza
inni. 140 e nella più lata espansione min. 22. 11 suo peso specifico è di gr. 2G5.
Per la forma riproduce l'ascia trovata nel seiiolcro eneo-litico di Ciimarola (cfr. Unii.
di l'aleln. il. a. X. tav. VII. n. 4) ed altre tornate in luce a Mozzanica. nel Ber-
REGIONE VI. l(i7
PIANETTO
gamasco (cfr. op. cit. a. XI tav. Ili n. 1); uoii che quella nnveiiuta noi Friuli e
ripoi-tata dal Molon, l'reisl. e coat. tav. II ii. 14.
A. San'tarem.i.
Regione VI (UMBRIA).
\. PIANETTO (frazioue del coimme di Galeata) — A m. 4 di distanza
dalla tomba arcaica trovata a Pianetto, tra s. Sofia e Galeata (cf. Notizie 1894 p. 12)
venne scoperta una seconda tomba e questa di inumato.
Da quanto apprendo, in detto luogo doveva esisteie una necropoli, essendo in
passato tornato in luce un elmo di bronzo, con altre anticaglie dello stesso metallo.
Ciò che mi è riuscito di fare, ò di aver salvato ed acquistato pel Civico Museo
forlivese quella parte di suppellettile funebre che vi fu raccolta e che si collega con
la nostra, nell'intento che non andasse dispersa.
Stando alle notizie di chi vide la tomba, essa si trovava presso un corso di acqua,
detto Riosecco; era sotterra appena m. 0,30, di forma ovale, molto ampia, formata
da grossi ciottoli spianati, che sormontandosi e crescendo mano mano in lunc^hezza,
venivano a coprirla a vòlta.
Con poche ossa dello scheletro di adulto (che data la piccolezza del sepolcro,
doveva giacere seduto o rattrappito) erano un vaso che fu ridotto in pezzi, per la
solita avidità ed ignoranza, ed i seguenti bronzi.
Ventuno fibule, tutte, meno una, senza ornamenti e così distinte:
a) Undici a navicella, con pometti laterali nell'arco e pometto in fondo al
cartoccio, lunghe mm. 60. Mancano dello spillo.
b) Sette della stessa foggia, ma più grandi e con cartoccio più lungo, meno
una, anche' esse mancanti di spillo. Misurano mill. 83. Il tipo dei due gruppi ri-
risponde a quello dato dal Montelius Spannan fràn Bromàldern p. 142, n. 145 ed
alle moltissime trovate nel forlivese e luoghi contermini (cf. Santarelli Seconda me-
moria sugli avanzi di abil. irrim. a Villanova, p. 24 e Bull, di Paletti, it. a. XII,
tav. VII).
e) Due piccole a sanguisuga, senza spillo, identiche, meno pel pendaglio, a
quelle rinvenute a Bologna e riportate dal Gozzadini {hitorno agli scavi Arnoaldi- Veli,
tav. XII, n. 8-12).
d) Una a navicella, con cordone tagliuzzato sull'arco e cartoccio tìniente in
isporgenze a triangolo, volte in su: lunghezza mm. 47. Riproduce il tipo trovato in
Orvieto e riportato dal Montelius (op. cit. p. 154, n. 154), nonché di altra da lue
rinvenuta nel ripo,stiglio forlivese (cf. Bull. Puletn. il. a. XII. tav. VII).
e) Cinque spilli isolati ed un cartoccio con pometto finale.
/■) Due armille : una formata di grosso filo sormontantesi per due terzi, a se-
zione esagona, del diametro di mm. 64; l'altra di filo più sottile, a sezione cilin-
drica, del diaraotrn di mm. 60.
A. Santauei.li.
ClVllKLI.A, SE.NriNo, CuUroNA — ItìS — HEOIONE VI, VII.
VI. ClVlTKLliA HI liOMAtiNA — Ha uu colono abitaut* nei pressi di
Oivit«lla di Romagna potei acquistare pel Museo civico di Forlì una lucerna mono-
licno ivi trovata, di terra cenerognola, verniciata in nero, con rilievo rappresentante
due tigure cioè un uomo e donna in atto erotico, sopra letto ad una sola spalliera
e fornito di suppedaneo isolato (scammim).
Nel disco di fondo reca il noto bollo FACCI.
A. S.\NTAREhI.I.
VII. SENTINt» — Monete romane scoperte nei laoori per In fer-
rovia da s. Arcan//e/o a Fahriano.
Facendosi una cava di prestito pei lavori della nuova ferrovia s. Arcangelo-Fa-
briano, si rinvenne un recipiente di bronzo, contenente varie monete consolari, di
argento, molte delle quali furono asportate dagli operai addetti ai lavori. Se ne re-
cuperarono soltanto quindici, che mi furono consegnate, per le raccolte del Civico Museo
di Ancona, dal sig. ing. Gamberale direttore tecnico dei lavori ferroviari. Spettano
alle famiglie Aemilia. Caecilia, Considia, Cornelia, Julia. LoUia, Plancia, Poblicia,
Valeria. Due sono irriconoscibili per l'ossidazione. Si raccolsero pure cinque assi di
bronzo, con Giano bifronte da una parte, e dall'altra la prora di nave, ed un medio
bronzo di Faustina Seniore.
Gli scavi restituirono anche alla luce un gancio di bronzo, a tre punte a becco
di oca, un ago crinale di bronzo, con tracce di doratura, lungo m. 0,20.
C. ClAVARrNM.
llRKKiNE VII (ETiniRIA).
Vili. CORT<»NA — Tomba antichissima con armi di pietra e di
hronso scoperta nel territorio del comune.
Nella valle di Cortona, in luogo chiamato Hattifolle presso Farneta, si trovò
una tomba a fossa, scavata nel declivo di una collina. Conteneva lo scheletro intero,
ma in massima parte disfatto e consunto. Presso il capo un vasetto, con una freccia
dentro, ben fatta di piromache color cenere (limgh. cent. 8): presso le spalle due
asce di bronzo ad alette lievenaente rilevate; la maggiore lunga cent. 30, e la mi-
noro cent. 9. Al sinistro fianco posava un pugnaletto di bronzo assai consumato, e
lungo cent. 14; aveva un foro nel rotondo manico, certo per tenere fìssa con un
chiodo la rivestitura di legno.
Questo è UDO dei più antichi sepolcri trovati nella Val di Chiana, e segna
l'epoca di passaggio dalle armi di pieira a quelle di bronzo, poiché non si pu<^ sti-
mare la freccia di silice come amuleto, che non sarebbe stata entro il vasetto, ma
.sospesa al collo o deposta nelle mani o nel petto del morto. Tutti gli oggetti sono
stati da me acquistati e deposti nel Museo di Arezzo.
G. F. Gamlrrini.
ROMA
169 — ROMA
IX. ROMA.
Nuove scoperte nella città e nel suburbio.
Regione IV. Negli sterri clie'si eseguiscono in via Genova, sotto il giardino
di Panisperna, per collocarvi la fontana detta det Prigione, già esistente nella
villa Massimo, è stato recuperato un frammento di pilastrino triangolare, in marmo,
che appartenne al fusto di un candelabro. È lungo m. 0,45, coi lati larghi m. 0,14.
Vi sono intagliati leggiadramente un serto d'edera e fogliami di vario disegno : i tre
spigoli sono ornati con una serie di globetti.
Nello stesso luogo si rinvenne un' anfora fittile, alta m. 0,50, con collo stretto,
a due anse, una delle quali è mancante ; un pezzo di piede di statua marmorea con
parte del plinto su cui poggiava; ed un frammento di bronzo, di forma ovoidale.
Per i lavori di risarcimento nel grande fabbricato, che serviva per carceri sulla
piazza di Termini, è tornata in luce una base marmorea di colonna, del diametro
di m. 1,10.
Regione V. Sul viale Principessa Margherita, costruendosi un muro di recinto
alla proprietà Ghezzi, distante m. 1G5 dalla porta Maggiore, sono apparsi tre ordini
di massi rettangolari di tufo sovrapposti l'uno all'altro. Questi avanzi spettano alle
arenazioni dell'antico acquedotto della Claudia e dell' Aniene nuovo; corrispondendo
al sito dell'antica vigna Belardi, ove nel secolo passato furono riconosciuti e distrutti
sei piloni delle arenazioni medesime.
Regione VI. In via Cadorna, a m. 5,50 sotto il piano stradale, è stato sco-
perto per m. 2,75 X 2,00 il pavimento di un' antica stanza, formato di mattoni ad
opera spicata; ed alla profondità di m. 21 si è trovata un'antica fogna scavata nel
tufo ed intonacata, alta m. 0,80 e larga m. 0,45.
Via Salaria. Facendosi un piccolo cavo per condottura d'acqua fuori di porta Sa-
laria, a sinistra di chi esce dalla città e alla distanza di oltre m. 200 dalla porta,
ò stato scoperto un tratto dell'antico selciato, por la lunghezza di m. 45. Esso segue
l'andamento della via moderna, e trovasi in media a m. 0.45 sotto il piano attuale.
Via Tiburtina. Proseguendo i lavori della fogna sulla via Tiburtina. presso
il piil)blico cimitero del Campo Verauo, sono stati raccolti i seguenti frammenti di
antiche iscrizioni :
AEUAECRSC ^Hah7,
XrQR bene) (N3m*^
ANZIO — 17U — KEOIONB
Nello stesso luogo pure ho trovato: im frammento di fregio in terracotta; una lu-
cerna fittile, grezza; due laiitrine di smalto; due paste vitree lenticolari; quattro anelli
ed altri piccoli frammenti di bronzo.
G. Gatti.
Nella ricca collezione dei cippi terminali del Tevere, esposta nel Museo Na-
zionale Romano, esisto uno, la cui epigrafe è ridotta in pessimo stato, appart4?nente
alla terminazione fatta sotto Tiberio dai cuni/ores Tilteris, C. Vibitis Rufus, Sex.
Sotidius Strado, C. f'alpefanus Slatius Rufus, L. Viselliits Varrò, M. Claudim
Marcellus (cfr. Cantarelli, Bull. d. comm. Ai'ch. com. di Roma 1889 p. 192 seg.). Mi-
sura in altezza m. l,;{tì. in larghezza m. 0,8;^, in spessore m. 0.^(5. Confrontato
coll'altro edito nel C. /. L. VI n. 1237 .si supplisce facilmente:
C V 1 B I « S e. /'. rufus
sex SOMDIVS sex. f. s/;-ABO
LIBW se id
e cAljietefius. e. f. statius
rufus
LWlSElli US. e. f. u a r r O
MCl\udius. m. f. marcellus
curatores Kiparum et alvei Tiberis
e.i\ t.r. /rrnìin.
Quesf è il solo cippo appartenente a questa terminazione, che sia tornato in luce
negli ultimi lavori del Tevere. Un'altro, siccome m'avverte il eh. prof. Hùlsen, è
pubblicato dal Gudio tra le epigrafi sepolcrali (pag. 338 n. 16) e sarà edito negli
addenda al volume VI del C. I. L. Questo mostra i nomi dei curatores disposti
in altro ordine, come d'altra parte il nostro stesso ha un'altra disposizione di quello
superiormente citato.
D. Vaoi.ieui.
Reoionk I (I,.\TlUyf ET fAM l'ASI. \).
X. ANZIO — Kseguendosi alcuni lavori per sistemare lo scolo delle acque
dinanzi al cancello d'ingresso alla villa già Albani, ora sede dell'Opera pia degli
O.^pizi marini, è tornato in luce un frammento di cornicione marmoreo, con semplici
linee architettoniche, lungo poco più di un metro ed in cattivo stato di conservazione.
Si sono pure trovati due pezzi scheggiati di una colonna di cipollino, di niun valore.
G. Gatti.
REGIONE I. — 171 — TERRACINA, NAPOLI
XI. TERllAGINA — In occasione di lavori di rostaiiro, esplorandosi l'area
circostante al sepolcro detto di Valmarina, posto sulla sinistra dell' Appia, a circa 8 chi-
lometri da Terracina, si ò rinvenuto un frammento dell'epigrafe di detta tomba.
È scolpito su di uno scaglione di calcare del luogo, di^ui. 0,47 X 0,35. Vi restano
solo le lettere :
•T-F/
Di questo frammento mandò anche il calco cartaceo il cav. iug. F. Liberati.
XII. NAPOLI. — Nuove scoperte di antichilà entro Vahltato.
In questi ultimi tempi i lavori di risanamento nella vecchia Napoli sono stati
quasi sospesi, per le questioni della Società col Municipio, per la crisi edilizia e ban-
caria. Di nuove costruzioni non s' è iniziata alcuna, contentandosi gli appaltatori
di poter mandare stentatamente a termine le già incominciate. Lavori nuovi quindi
nel sottosuolo non ce ne sono stati, e però la speranza di nuovi rinvenimenti è
rimasta delusa.
Pur tuttavia dai pochi cantieri aperti e dai lavori di fognatm-a qualche cosa è
venuta fuori ; e di ciò tratta la presente relazione.
Sezione Porto. Continuando i lavori di fondazione per la Nuova Borsa dalla
parte di mezzogiorno e di occidente, tornarono in luce altri avanzi di costruzioni di
età varia. Sotto i ruderi di alcune abitazioni private di età recente dal lato di sud-ovest
si scoprirono molti blocchi di marmo bianco comune, che con ogni certezza si riferivano
al rivestimento esterno di un edifizio di età romana. Avevano tutti le stesse dimensioni,
cioè alt. m. 0,87 X 0,95 X 0,34 di spessore, ed erano rovesciati con la faccia migliore
sul terreno, in modo da lasciar supporre che la facciata dell'edifizio fosse caduta in una
sola volta col ripiegarsi a settentrione; giacché il sito, dove l'edifìzio sorgeva, pre-
sentemente è occupato dalla grande strada del rettifilo, che mena direttamente dalla
stazione ferroviaria a s. Giuseppe. Difatti nell'area edificatoria si trovarono non più
che venti dei sopradett blocchi, ma altri si vedevano nel terrapieno dell'area stra-
dale ed erano posti in modo da non potersi estrarre senza andare incontro ad una
spesa piuttosto rilevante. Giacevano essi su le arene del mare, ed erano stati adope-
rati come substratum di tutte le fabbriche posteriori: stavano a circa m. 1,50 sotto
il presente livello del mare.
Uno di questi blocchi lavorato con cornice in incavo presenta sul piano rilevato
la seguente parola, scolpita con lettere molto regolari:
TESTAMENTO
la quale doveva far parte di una iscrizione. E della stessa iscrizione doveva far
parte, a mio modo di credere, l'altro frammento pubblicato dall'egregio prof. Spi-
Classe di scienze morm,i eco. — Mkmoiue — Voi II,. Serie 5', parte 2* 21
NAPOLI — 172 — REOIONB I.
nazzola nelle Notiiie del 1893 p. 522; difatti il blocco di marmo sul quale e scol-
pito il detto frammento, se non è dello identiche proporzioni, perchè è frammentato,
fu nondimeno trovato nello stesso sito e per due lati vi ricorre la stessa cornice che
si vede nel nostro. Sicché di tutta la iscrizione noi conserviamo l'angolo superiore a
destra e l'angolo inferiore a sinistra di chi guarda. Eccone la disposizione:
LIO
VI
TAE
TESTAiMENTO
Non giunge poi meno degna di esser conosciuta la notizia che sotto la cripta
di s. Aspreno esisteva, come esiste tuttora, un' altra costruzione pure di epoca
romana, consistente in un fofjnone o condotto lurido, La luce di tale condotto
era di ni. :{,00 in larghezza per m. 2.10 in altezza a contare dal punto supe-
riore dell'arco, mentre che la freccia dello stesso era di m. 0,8U. Nella parte interna
era rivestito d'intonaco dello spessore di mm. 2; era costruito poi di fabbrica
a masso, la quale nei lati raggiungeva lo spessore di m. l,8if; nella parte superiore
e propriamente nel centro dell'arco misurava m. 0,70 e nel fondo m. 1,30. In rap-
porto col presente livello del mare sottostava di m. 2,60, restandovi al di sopra di
m. 1,50; vuol dire adunque che, supponendo identiche in quei tempi le presenti con-
dizioni altimetriche, per dentro al canale l'acqua del maro penetrava e molto oppor-
tunamente serviva a lavare e disinfettare.
L'esistenza intanto di queste costruzioni iu uu livello inferiore a quello del mare,
ci fa ritenere che un certo riparo contro l'azione delle acque già esisteva, altrimenti
non sarebbero avvenute né la costruzione ne la conservazione dei fabbricati. Non vo-
lendo supporre, come non saremmo autorizzati a farlo, alcun cambiamento di livello
in seguito a commozioni telluriche, dobbiamo ritenere che quello spazio fosse stato
occupato in epoca romana dopo la costruzione del grande muro di cinta, quale ce lo
presenta la pianta di Napoli del 1100 pubblicata dal eh. V>. Capasso TiaW Archivio
storico per le prov. nap. (anno 1892, p. 832-8'J2 sg.). E siccome alcune di queste
costruzioni non possono discendere di qua dai primi secoli dell'impero romano, cos'i a
quel tempo per lo meno dobbiamo rimandare la costruzione o ricostruzione del
grande muro di cinta, attribuendolo o all'età di Adriano o a quella di Augusto.
Va notato inoltre come in questo sito nessuna traccia di antichità di epoca greca
sia apparsa, per quanta cura abbia posto nel ricercarne ogni menomo indizio, mentre
che nel terreno rosta sempre l'orma del popolo che l'ha calpestato, ed a chi accura-
tamente osserva ed esplora non è facile che sfuggano le diverso stratificazioni, rap-
presentanti epoche e civiltà diverse. Questo fatto mena alla conclusione che quel ter-
reno restava ancora spiaggia nel tempo della greca Neapolis; e però se una porzione
della cinta, quella delle alture dove si spiegava la città greca, fu semplicemente rie-
dificazione, la parte del mare fu ex novo costruita, perchè da questo lato avvenne
l'ampliamento della città.
REGIONE I.
— I7;j —
NAPOLI
Parecchi pezzi architettonici di marmo bianco, assai guasti, furono trovati nella
continuazione dello sterro di quel cantiere ; cioè due tronchi di colonna, due capitelli
ed uu pezzo di cornice di epoca bassa i quali considerato il loro stato, ed il poco o
uiun valore della loro materia, non si trovò conveniente di estrarre. Si rinvenne pure
una testa marmorea di uomo barbato (alt. m. 0,26) corrosa e guasta e senza alcuna
importanza. Fra le terre di scarico si raccolsero poi i seguenti frammenti di marmi
con iscrizioni:
1. Lapide in marmo bianco mancante di un pezzo e rotta in due parti, con iscri-
zione latina dei bassi tempi ; m. U,27 X 0,26 :
ERIVS PE
ÌS5UNVS-SEN
TIAEHÌ^ERIDI
CONIVGI
LIMERENTIFECE
RVNTI I
2. Piccolo frammento di lastra in marmo grigio con lettere mal eseguite, alt.
m. 0,13X0,12:
PHOEBVS
\ XVIII
3. Lapide in marmo bianco, frammentata nella parto superiore e rotta in due
pezzi, che si ricongiungono; m. 0,43X0,22:
OnPCtY^Xi-W
KeAeycANTOYeeoY
Richiamo particolare attenzione su l'ultima iscrizione, la quale, secondo a me
pare, lui im' importanza speciale. Già, la scoperta di un alfabeto, greco o latino che
sia, non è mai un fatto trascurabile. Più interessante riesce la scoperta se l'alfabeto
è scritto sopra lapide, invece di essere graffito o dipinto sopra vasi o mura antiche.
Cresce anche più l'interesse se si tratta di un alfabeto di epoca cristiana, scar-
sissimi essendone gli esempì.
Il nostro alfabeto sventuratamente non è uscito completo : esso era scritto in
due righe, di cui la seconda è comi leta " comprende le lettere dall' o all'w, mentre
che della precedente non resta che la prima lettera a, e la parte inferiore della ,i'.
NAPOLI — 174 — REGIONE I.
Ciò non pertanto non può cadere alcun dubbio intonio al suo completamento ; poiché
si riferisco ad un'epoca, in cui da parecchi secoli l'alfabeto greco avea preso stabilità
nel numero dello lettere, cioè di 24. La rottura della lapide però ci lia tolto il mezzo
di sapere se, oltre l'alfabeto, nella parto superiore fosse stata altra iscrizione, come
si osserva nella inferiore. Ad ogni modo, l'età cui si dove rimandare non oltre-
passa la prima metà del 3° secolo dell'impero; la regolarità e l'uguaglianza delle
lettere, la forma lunata della a e dell' <^, il prolungamento superiore della sbarretta
media nella y, «^ od w, nonché una discreta esecuzione sono proprio i caratteri paleo-
gratìci di quel tempo, quando molte delle istituzioni greche e la lingua istessa erano
in vigore in Napoli, come in Taranto e Reggio, le sole città d'Italia che continua-
rono ad esser greche durante la conquista romana (')• La interpretazione dell'ultima
riga, che da principio mi restava oscura, venne chiarita dal dotto mio amico mons. A. Ga-
lante, il quale ritiene che in tutto quelle lettere non sia scritto che un solo nome
proprio al genitivo, corrispondente al genitivo latino QuodvuUdei, KtltvaavtofOtoì ,
nome dol tutto cristiano, per cui cristiana anche la nostra epigrafe.
ila a quale scopo fu essa origiuariamente destinata":' Escludendo l'idea che fosse
scolpita per esercizio grafico, essa non poteva essere che o una tabella abecedaria
ovvero una iscrizione funebre. Trova riscontro la nostra lapide col titolo sepolcrale
pubblicato dal eh. De Rossi (-) , nel quale oltre all'alfabeto greco posto nella prima
riga, e' è il nome proprio al genitivo nella seconda ; ma il De Rossi, osservando
che questo nome è di epoca posteriore, giustamente ritiene essere stata quella una
tabella alfabetica, adoperata poi come lapide sepolcrale. Tale ipotesi non essendo del
caso nostro, perchè alfabeto e nome proprio sono della stessa epoca e della stessa
mano, noi incliniamo a ritenerla una tabella abecedaria ad esclusivo scopo scolastico.
Nel cantiere Martinelli, posto alle spalle della grande piazza De Pretis, ese-
guendosi pochi lavori di fondazione, furono scoperti alcuni avanzi di mura romano in
reticolato; ma sì ben misera cosa da non poterci tirar su un qualsiasi costrutto.
Le case modenie in questo sito avevano il pianterreno a circa un metro sul livello del
mare, mentre che le fondazioni giungevano sino a m. 4 sotto il detto livello. Alla pro-
fondità di circa m. 3 si è rinvenuto un altro fognono della largh. di m. 2 X 1,50 di al-
tezza, probabilmente anche questo di epoca romana. Quivi si rinvenne piu-e una bellissima
antefissa fittile seniiellittica. frammentata nella parte superiore (alt. m. 0,18X0,26),
rappresentante una faccia muliebre di fronte con folti capelli che scendono a trecce
e con monile al collo. Una zona ad orli rilevati, che nei lati finiscono a disco la
circonda, e tutto l'insieme posa sopra altra zona lavorata a modo di ventaglio. E della
bell'arto romana, colorata in gialletto, tendente al bianco nella faccia e nella prima
zona, e nel resto in rossastro.
Sezione s. Lorenzo. Non mono privo d'interesse è il rinvenimento avvenuto
nei lavori di fognatura in via del Duomo. Nella sopracitita pianta del secolo XI
è con esattezza notato il percorso del muro di cinta lungo l'asse stradale di via Set-
(') Slriib. V, 7;- VI, 2.
(•) fiull. di arch. critl. 1n><1 y. i:il.
REGIONE I. — 175 — POMPEI
tembrini, tagliando poco men che perpendicolarmente la via del Duomo. E proprio
in quel sito nello scavo dui canale collettore fu trovato una muraglia che senza alcun
dubbio apparteneva alla cinta della città. Kra a m. 15 circa di profondità, composita
da lìlocclii ben levigati in tutte le faccio, disposti senza malta ed a strati orizzontali
iu modo da formare regolare costruzione isodoma: le proporzioni dei massi erano di
m. 1 ,20 X 0,85 X 0,45. Per costruire il condotto convenne sfondare la muraglia, per
in. 2,50 di altezza, ciò che vuol dire che essa conserva ancora non poca altezza.
Si osservò lungo lo scavo che un altro muro delle identiche proporzioni si cougiuu-
geva al primo ad angolo retto e che per breve spazio soltanto si potette seguire.
Anche il Tutini citato dal Capasse {Archivio storico per le prov. nap. a. 1891,
p. 486) parla di questa mm-aglia, la quale discendeva fino alla profondità di pai. 55
napoletani, cioè poco più di 15 metri.
Nella parte estramurale, cioè nel tratto verso la strada di Foria, si trovava terra
alluvionale trasportata dalle correnti che si formavano nelle colline di nord e di ovest
ed iu questa terra parecchie tombe di epoca romana furono rinvenute, mentre che
entro il recinto urbano s'incominciò a trovare la roccia tufacea, per cui il lavoro non
ha presentato d'allora in poi alcuna novità.
Le tombe, a quanto mi assicura l'egregio ing. Raffaele Galante, direttore dei lavori
di quella fognatura, alla cortesia del quale devo molte notizie ed i mezzi di visitare
quell'importante lavoro, erano di due diverse costruzioni : alcune erano formate da
grandi tegoloni (m. 0,65 X 0,42) , disposti a schiena por proteggere lo scheletro, le altre
erano sarcofagi di tufo di varie dimensioni. Di queste tombe potei vedere una soltanto,
l'ultima; era di un bambino e misurava ra. 0,82X0,30X0,25; di oggetti nulla.
Probabilmente furono dispersi, o furono sottratti da' muratori ; i quali di notte ed
in numero di tre soltanto fanno quel tanto di scavo, quanto basta per costruire il
giorno dopo. Si procede così lentamente e per la ristrettezza dello spazio e per tema
di crollameuti.
Il muro di cinta adunque era fondato nel declivio della collina, avendo nella
pai'te esterna ima naturai difesa nel burrone, che ora non più si vede, ma che an-
ticamente dovette esser grandissimo, nello spazio presentemente occupato da lungo
tratto della strada Foria.
L. Viola.
XIII. POMPEI — Giornale degli scavi redatto dai soprastanti.
1-8 aprile. Sono stati ripresi i lavori di restauro nella Kegiono IX, isola 2^^ e
nella casa n. 3, nell' isola 6*'' della regione stessa.
9 detto. È stato eseguito uno scavo staordinario nella regione V, isola 2'' via No-
lana, casa nn. 18-19 e nel vano di fronte all'ingresso si rinvenne: — Bronco. Una
piccola casseruola con manico finiente ad anello fisso, tutta frammentata nel fondo
e restaurata dagli antichi: diam. mm. 125. Una lagena a due manichi, dissaldati,
finienti a testa di baccante, ossidata in un lato della faccia, o restaurata, alt.
mm. 179, Altra lagena a duo manichi dissaldati, e con incrostazioni nei duo lati
IMMl'Kl 17f'> — KEtilONG I.
della pancia, alt. iiim. 203. Uua l'orma per pasticcerìa a foggia di couchiglia con
anello mobile, mancante nell'orlo, diam. mm. Ilio. Altra simile pure mancante uel-
lorlo. diam. min. 1(30. Un tripode circolare ben conservato, con piedi (ìuieiiti a
zampe leonine, i quali sono intermezzati da fregi, diam. mm. 112, alt. mm. Ii2;ì.
Una forma ovale per pasticceria, lung. mm. 200. Una patera con tracce di incrostazioni
nei due lati dell'orlo e nel manico, diam. mm. 142. Un vasetto conservatissimo di
fonila circolare restaurato, diam. mm. (38, col corrispondente coperchio, il quale nella
parte superiore e posteriore è lavorato con incavi e rilievi; Umto il vasetto che il
coperchio erano muniti di catenelle per sospendersi, delle quali restano solo due.
Piccola forma ovale per pasticceria, corrosa e frammentata nel fondo, lung. mm. 113.
Vaso a base circolare e pancia rigonfia, ansato e restaurato, alt. mm. 153; l'ansa
finisce nella parte inferiore con testina di .satiro fiancheggiata da due foglie, noUa
parte superiore si dilunga ne' due lati del labbro con teste di volatili, e nel centro
di esso vi è pure altra testina di satiro con ornati nei lati : è leggermente frammen-
tato nell'orlo anteriore della base con incrostazioni verso la parte bassa della pancia,
Uua pinzetta, lung. mm. 57. Uno scudo di serratura con i corrispondenti chiodetti e
relativa mappa, frammentata nel giro. Due cerniere, la prima di mm. 71, l'altra di mm. 62.
Un piccolo manico semicircolare con i corrispondenti ritieni, appartenente a qualche
cassettiuo. larg. mm. 65. — Argento. Asticciuola cilindrica, frammentata in un esti'emo,
lung. mm. C»ó. — Veti'O. Un piccolo vaso turchino, con manico scanalato e pancia decre-
scente verso il basso, con collo lungo e labbro finiente a nasitenio. È rotto nella parte supe-
riore dell'ansa, alt. mm. 138. Altro quasi simile, con ammaccature nella pancia, alt.
mm 127. Vasetto cilindrico a collo breve e labbro sporgente e piccola ansa, contenente
della materia grassa, alt. mm. 151. Altro di forma cubica ad un'ansa, pure contenente
della materia grassa, alt. mm. 130. Altro più piccolo, alt. mm. 82. Altro depresso
nelle quattro facce della pancia a largo collo che fa le veci anche del labbro, alt.
mm. 142, diam. mm. 96. Altro a forma di oca con ansa scanalata soprapposta,
lung. mm. 138. Vasetto con pancia circolare a larga bocca e labbro sporgente, alt.
mm. 59. Altro a pancia rigonfia, mancante di porzione del collo e del labbro, alt.
mm. 58. Altro cilindrico finiente con la base a dentelli, e mancante di buona por-
zione, alt. mm. 35, restaurato. Hottiglia a pancia rigonfia e collo lungo, alt. mm. 176.
Altra quasi simile, alt. mm. 168. Bottiglia simile alla precedente, alt. mm. 152.
Hottiglia a pancia rigonfia e collo lungo, contenente materia grassa, alt. mm. 148.
Altra, alt. mm 155. Altra, alt. mm. 135. Altra, alt. mm. 121. Altra più piccola, alt.
mm. l02. Altra simile, alt. mm. 101. Due piccoli unguentari. Tazza a labbro spor-
gente e pancia decrescente finiente con bordino per base, diam. min. 115. Hicchìere
a forma di cono tronco, lesionato e mancante di alcuni pezzi, alt. mm. 100. restau-
rato. Tazzolina circolare con labbro sporgente e rivolto in su, contenente della pol-
vere di vetro, diam. mm. 70. Altra con piccolo labbro sporgente, diam. min. 83.
Piattello, diam. min. 172. Altro con piccolo bordino circolare che fa le veci di base,
diam. mm. 148. Altro più piccolo, diam. mm. lo4. Altro di color verde, diam. mm. 107.
Altro di color turchino, rotto e restaurato, mancante di diversi pezzi nell'orlo, diam.
mm. 160. — Terracotta. Vaso con piccolo piede a larga pancia e due piccole anse ade-
REGIONE I. — 177 — l'OMl'KI
renti in prossimità del labbro, striato in senso verticale, diam. nini. 135. Una piccola
coppa verniciata rossa e con marca a forma di piede nel fondo, diam. mm. 140. Altra pure
verniciata rossa e con marca, diam. mm. 124. Altra mancante nell'orlo, diam. mm. 1.33.
Pit^nattino a due anse ordinario, diam. mm. iH). Altro lesionato e mancante nell'orlo,
diam. 88, restaurato. Altro lesionato e mancante nella pancia e nel fondo, diam.
mm. 86, restaurato. Vasettino ordinario ad un' ansa, mancante nel fondo e nel labbro,
alt. mm. 6.5. Pignattino a forma di cono tronco a due anse, diam. mm. 70. Altro
simile mancante di un' ansa e nell'orlo, diam. mm. 68. Altro piìi piccolo ad un'ansa,
diam. mm. 46. Vaso ordinario a pancia rigonfia, collo breve e labbro sporgente
e ad un' ansa, alt. mm. 148. Lucerna ad un luminello e con manico ad anello con deco-
razioni in giro ed ovoli, lung. mm. 118. Altra ordinaria ad un luminello lung.
mm. 110. Altra lung. mm. 100. Altra lung. mm. 85. Piccola lucerna a due luminelli
con manico in senso verticale, lavorata con piccoli circoli concentrici, lung. mm. 57.
Altra simile, lung. mm. 57. Piccola lucerna ad un luminello, mancante di porzione
del manico, lung. mm. 60. Altra ordinaria ad un luminello con manico ad anello,
lung. mm. 58.
10 detto. Non avvennero scoperte.
11 detto. Si eseguì uno scavo straordinario nella Keg. 'V, isola 2* nella casa
con entrata dal secondo vano nel vicolo ad oriente di detta isola, a partire dall'an-
golo sud-est. Nell'ambiente ad est dell'atrio si rinvenne: — Bronco. Un candelabro
con fregi sulla base, rotto e restaurato, alto m. 0,121.
12-15 detto. Non si ebbero scoperte.
16 detto. D'ordine del sig. Direttore si praticò un scavo straordinario, alla
presenza dei chiarissimi membri della K. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle
Arti, nella Reg. V, isola 2^ casa nn. 18, 19, e nel vano a sinistra del giardino si rin-
venne: — D ronzo. Vaso a pancia rigonfia e labbro sporgente, mancante di porzione del
labbro, alt. m. 0,123, diam. 0,117. Altro, ))ure non ben conservato, alt. m. 0,182.
17 aprile. Eseguitosi uno scavo straordinario nella località indicata il giorno 11,
nell'ambiente ad ovest dell'atrio, si rinvenne: — Terracotta. Pignattino, sul cui ventre
è rilevata una maschera rotta nell'orlo, alt. m. 0,105, diam. m. 0,135. Pignatta ordi-
naria, senza manichi, alta m. 0,180, diam. 0.130. Cola-pasta con due sporgenze che
fanno lo veci di anse, diam. della bocca iii. 0,135. Vaso ordinario a due manichi,
alt. m. 0,240, diam. m. 0,100. Una scodella ordinaria, diam. 0,232. Vaso ordinario,
alt. m. 0,238, diam. 0,118. — O&io. Corno di cervo, frammentato in una punta,
lungo m. 0,425.
18 detto. Proseguendosi lo scavo straordinario di cui è stato detto il giorno 0,
si rinvenne: — Bronzo. Candelabro con fusto scanalato e con piedi leonini, cesellato
alt. m. 1,028. Altro con piedi leonini frammezzati da una foglia di edera, alt. m. 1,20,
restaurato. Padella ovale, lunga, senza il manico, m. 0;350. Una forma per pasticceria,
ovale, lung. m. 0,175. Tre delfìni, il primo lungo ni. 0,72, il secondo 0,69, il terzo 0,61.
Una conca con baso circolaro per piede e a due manichi un poco lesionata nel ventre,
diam. m. 0,325. Pozzo cilindrico decrescente, forse una forma, rivestita nell'interno
di vimini di cui ne esiste una parte, è molto sconservata e misura in lunghezza
PETTORANO SIL 017,10 — 17S — REGIONE IV.
ni. 0,100. Un ago saccaie, lungo m. 0,149. Una borchia di m. 0,046 di diametro.
Altra più piccola cui è attaccato un anello; diara. m. 0,032. Un dupondio sconservato,
di Tiberio. Un luminello di lampada. Un corrente di serratura. Un manico apparte-
nente ad un v;iso. .Vitro semicircolare. Una fibula. La^fena a due manichi restaurata,
alta m. 0,378. Duo forme per pasticceria, rettangolari, aderenti per l'ossido, rotte
nell'orlo. — Conchiglia. Una tuba marina. — Velro. Vaso cilindrico a collo breve
e labbro sporgente, con manico formato a listelli, alt. m. 0,310. Piccola bottiglia a
vuntro rigonfio, collo lungo e labbro sporgente, alta m. 0,r2iì. Altra a ventre molto
rigonfio, collo breve e labbro sporgente, alta m. 0,U95. Un balsamarin alto m. «,073.
Piccola tazza, mancante dell'orlo, del diametro di m. 0,073.
19 aprile. Per ordine del sig. Direttore si è praticato uno scavo straordinario,
il quale ha avuto luogo nella Regione V, isola 2" nella casa suddetta, e nell'am-
biente ad est dell'atrio si rinvenne: — Ferro. Una zappa molto ossidata, lunga
m. 0,35. Un ronciglio puro ossidato.
20-30 detto. Non avvennero rinvenimenti.
lliioioNK IV (S.i.UNIUM et S AD IX A).
r.ìElJGNI
XIV. rETTORANO SUL GIZIO — Di una nuooa lapide dialettale
peligiui, scoperta nel territorio del comune.
In una contrada, al di là delle Prete Regie, sopra al Tratturo. alla destra del
fiume Gizio, il colono Giuseppe di Censo rinvenne una lapide rettangolare di calcare
paesano, alta m. 0,70, larga m. 0,48. dello spessore di m. 0,1 1, lavorata grezzamente
e solo nella parte superiore levigata. Vi si legge:
SALVIA + MVSESA + PA
ANACETA + CERIA
ET + AISIS + SATO /
L'i troviamo dunque iuuauzi ad un altro monumento epigrafico peligno. Noto è
già por altre iscrizioni, il Saluta. Nuovo poi nella collezione peligna il Mnacsa. 11
secondo verso si confronta col corfiniese Alicela Cerri. Invece di aiso^, abbiamo
qui \'iiiMs e salo , anche nuovo per noi.
La lapide fa ora parte delle raccolte epigrafiche del Civico Musco di Sulmona (').
A. De Nino.
(') Ini •ni' .1 ■[tf.-Ma l'iii^Tafc srrisac il niii>k'8Ìino iirof. l)c Nino nella Jiivista Abru2:ese (aiinn I.V,
fMcicolo II, fibbrai.j IfOl, j). 90 nf:.), c<l il prof. Curio l'ascal (Rendiconti della R. Accad di
arch, leti, e belle arti di Napoli a. 189)).
REGIONE IV. — 179 — l'ENTIMA, MUSSI
XV. PENTI.AIA — Xel territorio di Pentima, liiugo la via di Kaiano, già
Claudia-Valeria, por iscavo fortuito, in un terreno del sig. Domenico Marrama, l'aflit-
tiiario Pelino Nuvaroli scoprì una tomba fon una lapide di calcare paesano, di ni. 0,.57 X
U,2(jXU,18, terminante a timpano, e recauto nella fronte l'epigrafe:
C ■ L ve I L I O • C
APOLLONIO
P A E D A G O
APOLLONIA
FILIA- PATRI POSIT
A. De Nino.
VESTI. XI
XA'I. BUSSI — Antichità varie riconosciute nel territorio del comune.
Incontro al paese di Bussi, tra oriente e sud, trovasi la contrada Piano di s. Hocco,
che è appunto uno spianato sopra una roccia assai scoscesa verso nord, alla destra
del Tirino. Per la sua topogra6a e pei frammenti laterizi arcaici può ritenersi coni e
sede di primitivi popoli.
Nel medio evo, in detta contrada fu eretto un fortilizio, di cui oggi rimane
un'alta torre triangolare di m. 9 di lato. Dava accesso al Piano di s. Rocco, una
via di età romana, ancor oggi riconoscibile alle falde dell'attiguo colle, nella direziono
di Piano le Case, altra contrada dorè in vari tempi si scoprirono tombe e si rin-
vennero parecchie anticaglie. La traccia di questa via non ammette più alcun dubbio
verso la metà della sua lunghezza riconoscibile e proprio in un punto nel quale ri-
mane ancora l'antico taglio della roccia, per circa m. 7. La detta via può ritenersi
come un diverticolo della Claudia Nuova che attraversava quindi la montagna di
Somma per ricongiungersi alla Claudia Valeria, presso Popoli.
Presso al Piano le Case sorgeva la chiesa della Madonna di ponte Marmore.
Ora, in un altare quasi cadente ho rinvenuto un pezzo di lapide di calcare locale,
di m. U,70 X 0,35 X U,2U, in cui leggesi •
RE- VXORVIVISIBIET
I PETRONIAE- V-L
iNIGELLAE • FECERVNT
Subito dopo Bussi, distcndesi la contrada s. Paolo, tutta seminata di rottami
laterizi, cioè tegoloni, dolii, anfore ed altre specie di vasi.
Al di là del Tratture, a nord-ovest, vi si annetto la contrada detta i Fossi.
dove gioini dietro, in uu ti'neno del sig. Antonino De Stephanis, si rinvenne ini.i
liimba a inumazione, senza lastre, o tegole. Lo scheletro aveva a dr. una spada di
ferro, lunga m. U,(j;J, a sin. una cuspide di lancia, lunga m. 0,43, anche di ferro, con
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5", parte 2* 22
RBNBVKNTO — 180 — REOIONB II
costola ben rilevata; da capo, una coppa di bronzo, alta ni. 0,06, col diametro di
ni. 0,19. Dentro questa coppa era caduto il cranio, sicché fu presa per una specie
di elmo.
I detti oggetti couservaiuM dal proprietario del fondo.
A Uè Nino.
Kkoionk II (AP/'LI.l).
IIIIII'ISI
XVII. HEXEVEXTO — Nuove epigrafi latine.
rotei in questi ultimi tempi riconoscere le seguenti iscrizioni entro la cittù (').
1. Pietra calcare grezza, trovata nella demolizione della casa del sig. Giuseppe Zop-
poli Cusano nel Corso Garibaldi, presso il teatro Vittorio Emanuele, nel settembre
dello scorso anno. Misura m. 0,75 in altezza e m. 0,67 di larghezza e m. 0,30 di
spessore. Il campo è m. 0,48X0,39. Vi si legge:
S A C R V M
SILVA NO CO
RNELIANO
PERMISSV C L- RET ■
RVFI M-PAMPINEIVS
RVFINVS- AL- V- S
Nel lato sinistro della stessa pietra sono incise le lettere:
SMPR.DBBM.ALVS.
È manifesto che sieno compendio della iscrizione votiva medesima, e che deb-
bano leggersi: S{Uoano) M{arciis) P{ampineius) Ii{ufiiitis) d{eo) Ji(pnó) b(ciie) ?«(e-
rciUi) a{n/ìno) Inibenti) v(olum) s{olvil).
2. Sull'alto della spalla destra del Castello, entrando, presso Tarco antico, ho
riconosciuto la seguente epigrafe, di calcare, alta m. 0,58, larga m. 0,30:
I 1
\ V E S O N I O
SAC I
VESONIAE • /'
PONTIAE- QjL-
STATIAE 0 L- j
Z O S I M A eI
;5. Due frammenti ili una iscrizione in pietra calcare, il primo di in. ii,75X0.30;
ialini di III. tiJJX (i,2t>.
(') Il s..|<r1i' ÌKpi|t"P' .Mi'iiin.irtiiii n.- in.ind" -li .ipH'.'riili ■■ 'li iiliiiin- m\<\\<- i '-slclii r.-irlarci
reoio.niì: II.
— 181 —
BENEVENTO
Si scoprirono restaurandosi il castello por adattarlo a Museo Provinciale. Erano
nel v;iiio <ii lìnostra a mezzodì del gran salone al primo piano. Dopo le lettere del
tVauiniéiito miniirt' notasi un po' di rilievo che accenna ad un ornato, forse una corona.
Intorno come una cornice.
\CCVR
SEX-VETTIO-CF
4. Sulla facciata orientale della casa del sig. Gabriele Palmieri in via s. Diodato
su calcare del luogo lungo m. 1,5.5, alto m. 0,83 si legge:
VIA • D • L • MNEMOSINE
1 • SALVIO • M • F ■ VIRO ■ SVO • FECIT
.5. Sulla fronte meridionale della cantonata della casa ora Bozza nel cortile alle
spalle della suddetta casa Palmieri, pure in calcare, alto m. 0,-55, largo m. 0,70,
si legge:
IRYPHO
IIO-PINDA
Stando alla qualità della pietra, alla forma ed alla misura delle lettere, pare
che questo frammento appartenga all'iscrizione precedente.
6. Sulla facciata occidentale della casa dei signori Principe e Mutarelli, presso
il cantone sud-est resta il frammento assai deperito, che conserva:
D M
V///ORI
VIX • ANN
7. Negli scavi per la nuova fognatura in via Pontalo, che va all'arco Traiano, si è
scoperto un frammento di lapide cemeteriale in marmo bianco, alta ni. 0,245, larga
m. (i,;{4, che dice:
KALENDAS / DEG
ET/MENSIS / xy
'^CCON>^
8. Quivi pure si è recuperato un altro frammento marmoreo C(^nieteri;iU' di
m. 0,395 ">< 0,1:55, ove rimano:
^OS- QJ/INQyACN s
RUVO I>1 l'IUl.IA — 182 — RElilONE 11.
11. Anche quivi fu sroneit^) un altro frammento marnioroo cemeU'iiale Ji m. 0,2rìr) X
0,210, ove si lejB^e:
(eanastasi
Ho puro riconosciuto che nella spalla sinistra della orrande porta settentrionale
del Castello in un blocco di pietra calcare di in. ì.tióX 0,">7XO,42 si legge : + intro-
euiUili I sii pax \ ex euntib \ letilia.
A. Meomautini.
XVIII. lU'VO DI PUGLIA — .Vhoìh sepolcreti della necropoli ru-
vcstina.
Nei mesi di novembre e decenibre del passato anno liS^ci il dott. Rinaldo Balducci
nel fare eseguire alcuni lavori campestri in un suo fondo in contrada Arena, poco
distante dall'abitato, ebbe il piacere d'imbattersi in due piccole necropoli di et;"l ditle-
renti, che prese insieme possono attribuirsi dui VI al III secolo a. Cr. La più an-
tica occupava uno strato più profondo del terreno, a circa 2 metri dalla superficie
presente, la più recente era sovrapposta a quella, a circa 1 metro dal suolo. A quanto
dice il dott. Balducci, in tutte ha trovato cù'ca 60 tombe di povera costruzione e
di più povero contenuto. Erano infatti scavate nella terra qui chiamata carpino (sabbia
calcare più o meno compatta mista ad argilla) e non avevano muri di cinta né casse
di tufo da riporvi i cadaveri, ma solamente dello lastre di pietra locale che ne for-
mavano la copertura. La suppellettile funebre poi consisteva in vasi per la maggior
parte senza vernice e senza ornati e figiu-e. È deplorevole intanto che le cose trovate
non siano state da principio segregate e distinte fra loro, separando accuratamente
i rinvenimenti della necropoli antica da quelli della posteriore, afliuchè si fosse potuto
almeno limitare con qualche precisione il tempo che divide l'una dall'altra, cioè il
principio e la fine di ciascuna. Non mi è stato neppure possibile esaminare tutti e
bene i vasi fino a quando i medesimi sono rimasti ammucchiati insieme confu.samente
in luogo troppo angusto presso l'inventore, e solo ora che sono passali al rev. can. Klicio,
che ne ha fatto l'acquisto, m' è consentito prcndorno qualche appunto. Mi limito per
altro a dar notizia delle cose soltanto a cui può darsi una qualsiasi importanza e
tralascio i vasi senza colore e senza ornati, o con semplici zone circolari, i quali for-
mano, come ho già detto, il numero maggiore.
1. Lekythos a figure nere su fondo rosso; linee graffite e carni di bianco, di-
segno frettoloso o trascurato, alt. m. o,18. Nel pro.spetto vedesi Dioniso (?) in atto
di cammiuare a d. volgendo la testa a s. con barba, pallio e lungo chitone orlati
di bianco ; il quale reca nelle mani due oggetti di forma allungata con in cima del
bianco. Ha un lato e dall'altro del supposto Dioniso seggono sopra muletti itifallici
a lunghissimi orecchi due figure simili affrontate, con faccia, collo, braccia e gambe
di bianco e mantello nero avvolto al corpo, le quali sono da credere muliebri.
REGIONE II. — 183 — RUVO DI PUGLIA
2. Lekythos che, come la precedente, aveva nel prospetto le figure nere su fondo
rosso, che per altro sono andato quasi interamente perdute. Dai pochi avanzi si può
forse credere che vi fosse rappresentato Dioniso (di cui distinguesi la faccia barbuta)
sdraiato con a fianco una figura di donna (?) in jiiodi. Al vasollino manca inoltre
la bo(^ca e senza di questa ù alto m. 0,14.
'ò. Lekythos come al n. 1, ma fini e conservatissimi ornati di linee curvo e sot-
tili con fogliette lunghe e acute sono disposti in cercliio sulla spalla del vasellino,
il cui disegno inoltre ò meno trascurato; alt. m. 0,14.
Nel prospetto veggonsi quattro figure a linee graffite, disgraziatamente molto
sciupate per esser caduto lo smalto in parecchi punti, ma che tuttavia lasciano bene
intendere e ricostituire la scena. La prima a d. di chi guarda è quella di un Satiro
iti fallico a coda lunghissima e sottile in atto di camminare a d. volgendo a. s. la testa.
Segue Dioniso barbato e avvolto in lungo pallio, il quale si volge a s. e tiene
nella d. un grande corno potorio. Di rimpetto a lui siede sopra un muletto itifallico
ilfesto, e chiude finalmente la scena un altro Satiro simile al primo, ma che cam-
mina a s. volgendo la testa a d. La barba di Dioniso e dei due Satiri mostra avanzi
del colore purpureo col quale originariamente fu espressa. Sotto il piede poi della
lekythos notansi due lineette verticali e parallele, impresse come segno sulla creta
ancor tenera, se pure tal cosa non sia del tutto accidentale.
4. Lekythos come al n. 3 e sciupata, come quest' ultima, per la caduta dello
smalto; alt. m. 0,195.
La scena per altro composta di cinque figure si lascia facilmente intendere.
La prima a d. di chi guarda è una donna con carni bianche, in lunga tunica e pallio,
la quale in piedi e volta a s. eleva il braccio d., e pare che in mano abbia un og-
getto ovoide anche bianco. Segue il gruppo non nuovo dei due guerrieri seduti o
inginocchiati, non ben si distingue, con il tavoliere da scacchi in mezzo a loro, sul
quale essi con il braccio disteso sono in atto di muovere le pedine, mentre Atena
sta ritta in piedi dietro il tavoliere e presiede al giuoco. Ciascuno dei due giuocatori
imbraccia uno scudo tondo con episema bianco irriconoscibile, della qual cosa non
ricordo altro esempio, perchè gli scudi ordinariamente stanno dietro ai guerrieri e
come addossati al muro ; tiene inoltre la lancia, di cui appena rimane qualche traccia,
e mostra il capo coperto da elmo ad alto cimiero di foggia arcaica, che in uno dei
due è anche crinito, circostanza questa che trova il suo riscontro nell'Ajace della nota
anfora di Exekias, che ha il cimiero crinito, mentre l'Achille n' è privo. La dea, con
la testa coperta anch'essa da elmo ad alto cimiero e in lunga tunica e pallio avvolto
alla persona, stende il braccio s. volgendo a d. la faccia. Chiude finalmente la scena
lui' altra donna in piedi, volta a d. e atteggiata come la prima descritta.
Le donne, come raccogliesi da Omero, sono da credere le amiche e compagne
degli eroi nella vita del campo, le quali naturalmente assistono anche ai loro giuochi.
Per queste donne, per la presenza di Atena e per la scena in generale cfr. Owerbeck
Bildwerke sum Theb. und Troiseh. Heldenkreis taf. XIV, 4 p. 311 e3l:{n. li!
e 17; Bull, dell' Is/. 1857 p. 1(33 e 1885 p. 220; Ann. delilst. 1844 p. 123 e sg.,
e 1877 p. 123 e sg.
RUVO DI PUOLIA — 184 — KEOIO.NE 11.
fi. Kylii inancaiiU' di un pezzo al labbro in curri»°]>ondun7.a dì uno dei iiiaDiclii,
tutta nera i> a piede alto. Nel tondino della parte interna, eli' è di color rosso e con-
tornato da cerchietti neri cflncentrici, vedesi un «(rosso uccello nero a gambe e collo
lunfjhi (1,'ruV che cammina a d. ; alt. ni. 0,08.">, diani. m. 0,185.
ti. Kvlix a piede ba.-isissimo e tutta nera come la precedente. Nel tondino rosso
dell'interno è dipinto di nero un cavaliere con pctaso in testa, che galoppa verso s., e
mentre stende la d. sul collo del cavallo agita con la s. alzata una lunga frusta in
atto di volerlo sferzare; alt. m. O.O.'ì. diam. m. 0,19.").
7. Coppa profonda in forma di skvplios. a duo manichi e tìgure nere su fondo
rosso con linee e contomi graffiti. Lo interno è tutto nero, l'esterno è cinto da larga
fascia rossa con due palmette nere ai lati di ciascuno dei manichi, mentre nel pro-
spetto si ripete la stessa rappres^'utazione, completa da una parte, incompleta dall'altra
jier la mancanza di qualche pezzo del vaso. Vedesi un auriga in lungo chitone, che
sostiene con la d. la sferza e con la s. le briglie, conducendo una biga da s. a d.
Un uomo intanto è a fianco del cocchio e, correndo nella stessa direziono a gambo
smisuratamente distese, sembra che voglia stidare e pareggiare nel corso i cavalli.
K notevole che questa coppa fu nei tempi antichi ricucita in più luoghi, come dimo-
strano i forellini che servirono a dar passaggio ai tìli di piombo. Sotto il piede è
graffito un AA ; alt. m. 0,07.i, diam. m. 0,1.").
8. Kylii a piede alto, a tiguro rosse e tutta nera all'esterno. Nell'interno in
un tondino circondato dal meandro detto greca vedesi un giovane avvolto nel pallio,
con calzari e tenia intorno alla testa, in atto di camminare a d. allontanandosi da
una vasca, che egli si lascia dietro le spalle, e recando nella d. un lungo bastone.
La vasca è sostenuta da un pilastrino rettangolare a larga base e non apparisce in-
tera; alt. m. 0,09, diam. m. 0.195.
9. Skyphos a figure rosse, mancante di uno dei manichi, sotto i quali veggonsi
le solite palmette affiancate da lunglii steli a volute. Sopra l'una e l'altra faccia
del bicchiere ripetesi la stessa figura d'un giovane palliato clie, tenendo il solo braccio d.
fuori del mantello, impugna una striglie; e da una parte gli sta d'innanzi, dall'altra
dietro le spalle un pilastrino quadrilatero con larga base; alt. m. 0,115. diam. m. 0.155.
10. Olpe panciuta con bocca trilobata, a figure rosse: alt. ni. 0.21. Nel prospetto
vedesi la seguente !>cena lateralmente chiusa da due striscette, superiormente da ovo-
Ictti e inferiormente dal meandro chiamato greca; il resto dell'urceo ò tutto nero.
\ d. di chi guarda è una donna in lungo chitone senza maniche, con calzari, milella e
i .soliti ornamenti muliebri di color bianco, la quale, stando ritta in piedi e abbas-
.sando la mano s., eleva con la d. uno specchio fra il proprio volto e quello d'un
giovane nudo con bastone e clamide pendente dalla mano d. e dal braccio s. K dubbio
se la donna nello specchio contempli la sua bellezza stessa, ovvero inviti ad ammi-
rarsi il giovane che le .sta d'innanzi, benchò la prima cosa sia da credere molto piii
probabile. Tra le due figure vedesi un'ara in forma di pilastrino quadrilatero con
larga base, sulla faccia del quale sono apparenti i segni d'una libazione. Disegno leg-
giero, ma non cattivo, e fino colorito.
11. Arjballos rotto, a figuro ros.<e. Nel prospetto tra due rami a volute è una
REGIONE II. — 185 — KUVO DI PUGLIA
donzella in lungo chitone e stante in piedi d'innanzi a un quadrilatero e basso pila,
strino su cui. piegando indietro una gamba, ella si appoggia con la mano s. mentre
sostiene con la d. una cassuttina chiusa, alla quale volge lo sguardo; alt. m. 0.145.
12. Piccolo unguentario della medo.'^iina forma, coi soliti ornati di palmette e
volute sotto il manico e scannellatura dipinta nel collo. Nel prospetto testa muliebre
coperta dalla cuffia e dietro palla da giuoco; alt. m. 0,105.
13.' Altro simile più piccolo. Nel prospetto uccello (quaglia?) volto a s.; alt. m.0,09.
14. Altro simile ancora più piccolo. Nel prospetto un'oca volta a d. ; alt. m. 0,08.
l'i-W. Due unguentari perfettamente simili, la cui forma può vedersi in Heydemann
(Vasenscmml. zu Neapel taf. IH, n. 172). Sul dorso hanno entrambi la figura ri-
petuta d'un animalo (probabilmente cane o lupo) accovacciato, con orecchi tesi, bocca
aperta, coda lunga e pelle maculata; alt. m. 0,06; diam. m. 0,09.
17. Altro unguentario per grandezza e forma simile ai precedenti, sul cui dorso
però vedesi due volte la stessa figura di Eros accoccolato, in atto di prendere un uc-
cello che gli sta innanzi sul suolo. Questo concetto grazioso non è infrequente sui
vasellini di Ruvo del secolo III a. Or. i quali spesso rappresentano Eros intento ora
a prendere un insetto o una farfalla, ora a cogliere un fiore, ora con qualche uccello
nelle mani (Cfr. Arch. Zeitcj, 1867 pag. 126; Heydemann Vasenb. taf. X, 3, 4, 5 e
Hilftaf. 9, 10; Jatta Catal. 752, 772, 902, 1312 agg. e corr., 1393 e Vasi Caputi 380).
18. Piccolo skyphos con due civettoni tra rami di ulivo, uno sopra ciascun lato;
alt. m. 0,07.
19. Umetta (stamnos) tutta nera, tranne una zona giallo-rossigna sulla spalla
con rosette di nero, e a coperchio basso senza finimento, ornato di cerchietti con-
centrici; alt. m. 0,13.
20. Anforetta di graziosa forma, presso a poco come in De Witte {Calai. Durand
pi. II, n. 32), ma con due manichi invece di uno e a piede più alto; tutta nera,
di creta leggiera, di buona vernice e con ornati di bianco (greca e triangoli senza
base) ben conservati sulla metà superiore del corpo; alt. m. 0,11, diam. m. 0,10.
21. Vasellino in forma di piccola campana senza manichi e tutto nero (vedi Heyde-
mann Vasensamml. ^u Neapel taf. Ili, n. 154). Poco al di sotto del labbro veg-
gonsi da un sol lato due forellini che servirono a dar passaggio alla cordicella per
tenerlo sospeso; alt. m. 0,09, diam. m. 0,15.
22. Vaschetta tutta nera a piede alto con quattro sporti intorno al labbro in
forma di cappietti; alt. m. 0,09, diam. m. 0,10.
23. Grazioso unguentario col corpo in forma di pomo solcato da larghissima bac-
cellatura a rilievo del colore della creta, mentre il vasellino è nero. Da un lato
sporge il lungo becco cilindrico, da un altro il manico anulare e nel centro è un ton-
dino con orlo rilevato e fornito di sei fori, destinati certamente a colare il li(|uido
uelliutrodurlo nel vasellino; alt. m. 0,06.
24. Unguentario in forma di ciambella bucata, del colore dell'argilla, ma col
ventre cinto da tre cerchietti neri e con strisele anche di nero sul numico e intonio
alla bocca; alt. m. 0,05.
25. Aryballos tutto nero con cerchietti rossi intorno al ventre; alt. m. 0,085.
26. Piccolo askos tutto nero; alt. m. 0,085.
KUVO DI l'UOLlA — 180 — REOIONE II
27. Candelabro di coloro rossijjno in forma di colonna dorica profondamente scan-
nellata, con toro, base e plinto quadrilateri, ornato quest'ultimo intorno intorno di
uua riiijjhiera di pilastrini rettanj^'olari ricacciati da piccole lacime che li separano
ad eguale distanza. La colonna, ruvidamente lavorata a mano, è sormontata da una
scodelletta che le tien luogo di capitello e che serviva a contenere la lampada ; altezza
m. 0,27, diam. della scodelletta m. u,12.
2S. Anfora rozzissima dai manichi a colonnette, senza figure, ma con ornati neri
su fondo rosso, mentre tutta l'anfora è nera, e con un tralcio di edera bianca che
ne circonda il ventre; alt. m. 0.26.
20. Vaso in forma di calatbus con il corpo interamente coperto da zone oriz-
zontali di colere rossigno sul fondo giallo-scuro della creta. Le zone sono sei, e, co-
minciando dal piede, si succedono in quest'ordine, cioè: meandro detto greca; linee
obblique che s'intersecano lasciando tra loro dei piccoli vuoti in fonna di trapezi;
bastoncelli coricati; foglie di edera appaiate con stelo dritto e orizzontale in mezzo
a loro; fogliette probabilmente di mirto similmente disposte; infine triplice fila di
dadi rossi e neri formanti scacchiera; sotto il piede cerchietti concentrici; alt. m. 0,20,
diam. m. 0,28.
30. Cratere, comunemente detto vaso a campana, tutto nero tranne nella parte
superiore, ove a livello dei manichi è cinto da larga fascia rosso-giallognola su cui
è un ornato nero conservatissimo, che rappresenta un grosso tralcio sei-peggiante di
edera con foglie non bene imitate, le quali per ciò prendono un aspetto a bastanza
strano; alt. m. 0.29.
31. Piccola collana composta da 19 pezzi in forma di cubetti, irregolannente
tagliati e muniti del foro per farvi passare il filo che dovea tenerli uniti, e inoltre
da un più grande pendente di ambra. I cubetti in discorso, sottoposti dall'inventore
al giudizio di persone competenti, da queste sono stati creduti, non di pasta vitrea,
ma di vero corallo, del quale hanno il colore, lo non oso decidere su ciò. ma se la
cosa fosse vera, sarebbe un fatto, per quanto io sappia, non ovvio, anzi a bastanza
raro. La collana poi, giudicandone dalla grandezza, non potè servire che all'ornamento
del collo d'una fanciulla.
32. Armilla di bronzo a spirale, certamente apjiartenuta alla stessa fanciulla
di cui fu la collana innanzi descritta. Nelle spire deiranuilla si è conservato un
buon pezzo dell'osso radiale del braccio della piccola morta.
33. Notevole finalmente sopra tutte le cose fin qui descritte è una piccola fonila
in creta, fatta per cavarne la .sola tosta di una stiituetta muliebre. 11 dott. Italducoi
mi assicurò che la medesima fu trovata in una delle tumbe dello strato inferiore
appartenente alla necropoli più antica, la qual cosa invero è confermata dai tratti
stes.si della testina di stile a bastanza severo. Il trovamento poi di questa forma può
provare due cose; primieramente che tra il secolo VI e V qui gi;ì si fabbricavano
dello terrecotte e in secondo luogo che si adopravano a tal uopo, almeno per le testo,
delle forme ricavate senza dubbio da terrecotte di arto più provetta importate dalla
llrecia por via del commercio, la i(ual cosa non è itiiut<i senza importanza por la
storia dell'arto ceramica localo. fi. .Iatta.
l{"ma 17 giugno ìs'.)\
REGIONE XI, IX. — 187 — SAN GIUSTO, BENE VAGIENNA
GIUGNO
Regione XI (TRANSPADANA).
I. SAN GIUSTO CANAVESE E FOGLIZZO. — Sepolture di età ro-
maìta rinvenute sul confine dei comuni.
Nei lavori eseguiti per livellare un prato, nella regione Meletto, a nord-ovest
dell' abitato di Foglizzo e traversato dal confine tra questo comune e quello di s. Giusto
Canavese, nella parte spettante all'ultimo comune, si è scoperto un gruppo di fittili,
di cui rimangono un' umetta di terra grossolana, coperta da una coppa di terra rossa
più fina, capovolta, e tre vasi con largo ventre, manico e collo stretto. Costituivano
la suppellettile di una tomba ad incinerazione, alla quale appartengono pure un pic-
colo balsamario di vetro bianco ed un medio bronzo di Tiberio. Ho visitato il luogo
della scoperta, di proprietà del sindaco di Foglizzo, il quale mi informò che a poca
distanza, nella parte del l'ondo compresa nel territorio del suo comune, nello scorso
autunno eransi rinvenuti altri fittili, distrutti dagli scavatori, ed undici monete di
mezzano bronzo, da me vedute. Sei di esse vanno dai tempi di Tiberio a quelli di Tito,
e cinque sono affatto logore, ma pare spettino al primo secolo dell'impero. A qualche
decina di metri si trovò pure nel 1893, e nel territorio di Foglizzo, una tomba for-
mata di grossi tegoli a risvolti, con entro un'urna; pure questa tomba fu distrutta.
È probabile che altre sepolture si celino nei punti dove non si è latto lo sterro,
ovvero che questo non sia giunto alla profondità di m. 0,Go, che è quella in cui si
cominciarono a scoprire le dette tombe.
E. Ferrerò.
Regione IX (LIGURIA).
II. BENE VAGIENNA — Nuoi^e iscrisioni romane.
Nel palazzo civico di Bene Vagienna, per cura dellex-sindaco cav. Giuseppe As-
sandria, furono raccolte alcune iscrizioni romano del luogo, edite {C.I.T.. V, 7680,
7692, 7693, 8110, 424), insieme con riproduzioni di gesso di altre, pure benesi,
che si trovano nel K. Museo di antichità di Torino (ib. 7151, 7685, 7()'J0: cfr.
Aia della Società di arch. per la prov. di Torino, IV, p. 279). Si aggiunsero
Classe'di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5', parte 2* 2!?
PIEVE DI CADORE — 188 — REGIONE li.
alcune epijjiafi vouute alla luce dopo la pubblicazione di quel volume e del suo sup-
plemento, le quali furono inserite già dallo stesso Assandria a pag. 13 e 104 delle
note del suo libro: Capi/ulti et Stnliita Comunitatis liaeiinarum ab amio 1293
Koma, 1892. Gli apografi di esso da me ultimamente fatti sono i seguenti:
1) Lastra di marmo bigio rotta, a. m. 0,47, 1. m. 0,10; a. delle lettere
lin. !• m. 0,055, 2" e 3» m. 0,04. Già lulla cantina della casa Ansaldi, donde fu
levata nel 1801: i
1 M
(a G R 1' P A
F
\
2) Sasso, a. m. 1,20, 1. m. 0,40, scoperto nel 1883 nella regione Pra. L'iscri-
zione, con lettere rozze a. ni. 0,05."), è dentro un quadrilatero con timpano, tracciato
con un solco nella pietra:
D Q M IT 1 A I
pftertiaT
3) Sasso, a. m. 0,00, 1. m. 0,30 con lettere rozze deUallczza media di m. 0,oO
scoperto nel 1892 nella ùazione San Bernardo.
M 1 1 T T
IA • SEX
F-SECVND
A
4) Altro esemplare di mattone C. I. L. V, n. 8110, 424.
LAssandria è di avviso che Tiscrizione n. 7151, dal Momnisen postii fra le pie-
montesi di origine incerta, appartenga a Bene, e che il n. 7(594 non sia un titoli) an-
tico (op. cit. p. 12).
Vj. Ferrerò.
Regioni-: II rV/'JX /■:'/' fAj.
III. PIKVI'] DI CADORE — Bi um slatuetUi di hroiuo e di un piai-
tinello di rame con iscrisione Ialina roliva.
Nei lavori che per ordine del Genio Militare si eseguirono alle falde setten-
trionali dt'l Monte Ricco a sud-est di Pieve, e precisamente ciuque o sei metri a
destra dalla via che mette al Roccolo di s. Alipio, ed a sinistra della vecchia strada
che conduceva allantico castello, si rimisero a luce ruderi di antiche fabbriche,
presso i quali si raccolsero varie monete romane.
REGIONE V. — ISn
PAOSULA
Vi si trovò pure una bella statuetta di bronzo, alta m. 0,10, conservatissima, rap-
presentante Diana cacciatrice, nell'atto di tirare l'arco. Nella mano sinistra è il buco
per cui passava l'arco, e nella destra, a cui mancano le dita, rimane parte della corda.
Vi si raccolse inoltre un piattinetto di rame, del diam. di in. 0,1.'), tirato a mar-
tello, sul cui orlo è inchiodata una laminetta di rame, forse residuo di un'ansa.
Sotto l'orlo, con lettere formate a linee di punti, ottenute con punzone ed a colpi
di martello, corre la leggenda:
MARTI .-. CORNELIA .-. L .-. F .-. OSSA .-. V .-. S .-.
La prima parola, quella cioè della divinità a cui ora fatto il dono votivo, è
formata con due linee di puntini, mentre le lettere delle altre parole sono ad una
semplice linea.
Questi due oggetti sono ora esposti nel Museo comunale di Pieve di Cadore, al
quale furono destinati, mercè le cure del sig. ispettore don Luigi Bernardi, che mandò
le notizie sopra il rinvenimento e l'apografo dell'iscrizione sopra riferita.
Questo apografo fu da me confrontato sull'originale, che unitamente alla sta-
tuetta fu trasmesso per studio al Ministero.
F. Harnabei.
Regione V (PWENUM).
lY. PAUSULA — Avanzi di edifici della picena Pausulae scoperti
nella località denominata Antico.
A sud-ovest di Pausula, che non prima del 18.52 riacquistò questo suo antico
nome, cambiatole nel medio evo in quello di Montolmo, a circa due chilometri e
mezzo da essa, evvi una contrada denominata Antico. Ivi, in un latifondo apparte-
nente alla sig. marcliesa Teresa Montani Leoni Ugolini, ogniqualvolta si è dovuto ese-
guire uno scavo, sia per piantagione d'alberi, sia per altro lavoro campestre, a qualche
metro appena di profondità dalla superficie del suolo, si sono rinvenuti rottami late-
rizi, presentanti alle volte tracce di incendio, qualche tomba coperta con tegoloni alla
cappuccina, ed una volta anche un'olla contenente ossa calcinate, che al contatto
dell'aria si disfece, come mi narrò il colono Benedetto Ke.
Anni sono, quasi nel centro del terreno medesimo, si rinvennero i ruderi di una
camera le cui pareti presentavano tracce dell'antico dipinto. Il pavimento era a mo-
saico bianco cou ornati in nero, che tuttora conservasi. A poca distanza da detta
camera, nello scorso inverno si è fatto un vivaio di oppi, che ha dato occasione al
ritrovamento di altro gran numero di mattoni rotti, anepigrafi; e di notevole si sono
rinvenuti soltanto piccoli avanzi del fregio della trabeazione di qualche importante
edificio, tutti in terracotta locale, di color giallastro e di rozzo stile. Essi sono due
antefisse con dilferento rappresentanza, avendo una nel mezzo una testina muliebre, od
un altra maschile; testa di bue frammentata, alta m. 0,20, avanzo forse di una me-
tope; bassorilievo di cui resta una sola figurina rappresentante Cupido, alto ni. (i.lii.
in atto di inseguire altra persona contro cui tira rniro.
CAMPI. 1 — It'O — REGIONE V.
Presso la casa colonica poi conservasi un grosso rocchio in puddinga, di m. 0,70
XO,r>0 di diametro. Ha un foro quadrato nel mezzo, largo m. U,20, che lo buca da
un capo air altro, e che si rinvenne puro iu quel terreno.
È da aui,'urar!ii che nuove o più fruttuose scoperti) diauo maggiore luce sullan-
tica destìiia/ioMi- ili quella località.
N. Per.'^iciìetti.
V. ('A.Ml'IJ — Di un ripostujlio di telradrammi di argento, scoperto
preuo il villayyiu di Battaijlia nel comune di Campii.
Il 1 1 ina!x;4i" scorso l'ispettore degli .scavi e dei monumenti in Teramo, cav. F. Sa-
\ ini, riferì che poco prima, in un terreno vicino al villaggio di Battaglia, noi comune
di Campii, si trovi'» un ripostiglio formato da una quarantina di monete d'argento.
L'ispettore trasmise i disegui dei principali tipi di queste monete avuti per cortesia
dell'egregio cav. Norberto Rozzi, colto gentiluomo di Campii stesso. A questi disegni
l'ispettore cav. Saviui fece seguire gli originali dei cinque totradrammi che qui si
descrivono.
Il primo è di Lisimaco re di Tracia (32:3-281 av. Cr.). A dr. testa di Alessandro
col corno di Ammone ; nel rov. nel mezzo Pallade nicefora, e la leggenda BAIIAEns
AYIIMAXOY ; innanzi A ; nell'esergo tridente tra due delliui. Nel trono BY (cfr. Head,
llisl. Nim. p. 242).
11 secondo è di Eucratide, re della Battriana e dell'India (200-1. 'iU av. Cr.).
A. dr. busto del re volto a destra coperto di elmo, ornato con un corno di Ime: rov.
i dioscuri a cavallo e la leggenda BASIAEHI MEFAAoY; nell'esergo EYKPATlAoY;
innanzi ai cavalli R (Head o. e. p. 704).
Il terzo è di Demetrio 1° Sotere, re della Siria (162-150 av. Or.). A dr. busto dia-
demato del re volto a destra; rov. la Fortuna nel trono con scettro e cornucupia. e
la leggenda BAIIAEnz AH.MHTPIoY IflTHPoI; a sin. ,^ (Head o. e. p. tì42).
Il quarto è della città di Tiro nella Fenicia, riferibile agli anni tra il 12() av. Cr.
od il 'u dell'era nostra. A dr. tosta di Krcole laureato, volta a dr. : rov. aquila e la
leggenda TYPOY lEFAI KAI AIYAOY. Nel campo a sin. LN e clava; a dr. A e
ramuscello di palma (Head o. e. p. tìT.S).
Il quinto è un cistoforo della città di Apamea di Frigia. A dr. cista mistica
col coperchio mezzo aperto, da cui esce il serpente, il tutto chiuso da corona di edera;
rov. serpenti intrecciati, con le teste erette, e la leggenda ATTAAOY TIMoY: a dr.
AflA (Head, o. e. p. ^^hl).
Le monete di quest ultimo tipo, cominciate a coniare nel II secolo av. Cristo,
durarono tino alla dominazione romana.
Il maggior numero delle monete del ripostiglio era formato appunto da questi
cistofori.
Essendo la moneta piii recente riferibile al periodo tra il 126 av. Cristo ed il
ROMA
— 191 — ROMA
57 deil'èra volgare, e uou contrastando a questa data il cistoforo, il tesoretto deve
essere stato do;)ositato non [iriiiia JeHultimo secolo avanti Cristo.
P. Barnabei.
VI. ROMA.
Nuove scoperte nella città e nel suburbio.
Regione ITI. Intrapresi gli sterri pel prolungamento della via dei Serpenti,
incontro il lato settentrionale del Colosseo, sono incominciati ad apparire ruderi di
antiche fabbriche, e sovrapposti nuclei di fondazione, appartenenti ad epoche diverse.
Alcuni muri sono in laterizio, altri in opera reticolata di tufo. Uno di questi ultimi
conserva gran parte dell'intonaco dipinto, che sarà intieramente messo allo scoperto
approfondendo l'escavazione.
Presso Tabside della chiesa di s. Martino ai Monti, costruendosi la nuova scala
d'accesso dalla via Giovanni Lanza alla porta minore della chiesa medesima, è stato
recuperato un frammento di antico bassorilievo in marmo, alto m. 0,40 X 0,35. Vi ri-
mane la parte inferiore di una figura virile, vestita di toga e lungo pallio, che poggia
la mano destra sopra un oggetto quasi sferico posto su di un pilastrino. La scultm'a
è di arte assai scadente e mal conservata.
Costruendosi una fogna in via dell Olmata, alla profondità di m. 3 sotto il piano
stradale, sono stati scoperti tre massi squadrati di tufo, sovrapposti l'uno all'altro,
0 spettanti ad un muragliene diretto da nord a sud. Ciascuno dei massi è lungo m. 0,05,
profondo m. 0,50, alto m. 0,25. Si sono pure rinvenuti due pezzi di capitelli ionici,
in marmo; un'anfora fittile alta m. 1,10; ed un tegolone col bollo del figulo Mirtilo,
servo di Domizia Lucilla (C. /. L. XV, 1037).
Regione IV. In fondo alla via Genova, sotto l'orto di Panisperna, sono stati
scoperti altri avanzi di mura laterizie; sotto i quali si è trovato un cunicolo sca-
vato nel tufo, alto m. 1,30 e largo m. 1,10.
In un cavo per rinforzare la fondazione del casamento Sereni, in via Cavour
n. 348, alla profondità di m. 7,00 si è incontrato un avanzo di rauraglioue in paral-
lelepipedi di tufo. Ne restano due ordini, alti insieme m. 0,95, della Imighezza totale
di m. 1,20.
Regione XIII. Scavandosi per una piccola fogna lungo la via che fiancheggia
il lato occidentale del monte Testacelo, fra un grande cumulo di rottami d'anfore,
furono raccolte venticinque delle consuete anse, che portano impressi questi bolli
di fabbrica:
1. L F GRES CVF P 2. L F C CVF P
3. L F C CVF C . 4. F C CVF PAC
ROMA — 192 — ROMA
P M O C V (i. A e I H e I
FI GÈ DO ''" •^""'"l'I"''
7. .^Y.bA^E 8. OF GRAR LVC
9. POR ODV ](). LIVNJM
E L 1 SS"Ì
11. L * I ♦ ME 1 ■_>. C * I * S
LlSSItCI
].\. Q.IAS 14. P N N liv .-s.-mi.ljrì
1.".. INI Ili. M P V
17. CRA 18. IEMIH/1>
10, RICAMO 20. C^C-D
•21. rfeCILA
Alveo del Tevere. Fra le tei io provcuienti dallalveo del Tevere, trasportate
allo scarico delle barche presso il ponte di s. Paolo, sono sUiti raccolti i .seguenti
oggetti: — Moì'mo. Una testa femminili', assai consunta; cinque piccole testine,
egualmente corrose e danneggiate dall acqua; due frammenti di titoletti sepolcrali:
A
</ ■ K\\\-U
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un frammento di bassorilievo, con parte di figura virile ignuda; due pesi in traver-
tino di forma ellittica, uno di libbre cinque, l'altro di libbre tre. — ìironzo. Metii
anteriore del braccio di statuetta, lunga m. ii,iil': cinque spilli; un ago da rete;
varie monete ossidate. — Piombo. Un anforetta. a dm' inanichi, alta m. O.OO'i. —
Terracotta. Due testine muliebri; uu piede votivo; due lucerne conniui: un bui-
samario. — Osso. Tre .stili.
Via Portuense. Negli sterri per il collettore dello acque urbane fuori di
porta Portese sono state trovate due anfore in terracotta, una delle quali mancante
delle anse : alcuni balsamarì e vasetti fittili comuni ; una lucerna rotonda senza or-
REGIONE I. — 193 — POMPEI
nati; un manico di lucerna, formato dal busto di Diana sopra nna mezzaluna; due
piccoli balsamarì di vetro ; uno spillo in osso ; tre frammenti di capitelli in peperino.
Via Tiburtina. Per la costruzione di nuovo celle sepolcrali sul Pincetlo al
Campo Verano, sono stati ritrovati i seguenti oggetti : — Bronzo. Piccolo anello con
castone rilevato nello stesso metallo; ago da rete, lungo m. 0,07, con doppia cruna e
terminato superiormente a cerchietto ; frammento del fusto cilindrico di un candetabro,
lungo m. 0,20, diam. 0,012. — O&&0. Cucchiaio, mancante quasi intieramente del
manico. — Marmo. Lapide cimiteriale cristiana, che conserva parte dell'epitaffio:
ì
TASELVS IN PACE
mi tó q-/ /
~A~
Terracotta. — Arca sepolcrale, lunga m. 2,25 X 0,56 ; lucerna rotonda con ghirlanda
a rilievo, e col bollo PALLAD; altra simile di terra rossa, senza ornati; altra oblunga
con largo becco e col bollo: L FABRIC MAS.
6. Gatti.
Regione I (LAÌIUM ET CAMPANIA).
VII. POMPEI — Giornale degli scavi redatto dagli assistenti.
1-3 maggio. Fiu:ono ripresi i lavori nelle medesime località indicate il 30 aprile :
e non avvennero scoperte.
4-6 detto. Sono stati cominciati alcuni lavori di restauro a Porta Stabiana.
7 detto. Gli operai della nettezza rinvennero : — Bronzo. Un sesterzio di Nerone
col tipo del tempio di Giano, nel rovescio. — Terracotta. Una testina muliebre,
alta m. 0,058.
8-9 detto. Nou avvennero rinvenimenti.
10 detto. Da uu operaio della nettezza fu rinvenuto: — Bronzo. Un asse di
Augusto, coniato dal triumviro monetale Sex. Nonius Quinctilian{us).
11-14 detto. Non avvennero scoperte.
15 detto. Dagli operai della nettezza si rinvenne una moneta di bronzo irrico-
noscibile.
16 detto. Non si ebbero rinvenimenti.
17 detto. Da un operaio addetto alla nettezza fu rinvenuto: — Bronzo. Una
pinzetta, lunga m. 0,101.
18-21 detto. Non avvennero scoperte.
22 detto. Nello scavo al lato sud della Regione VIII, si trovò: — Bronzo. Un
gancio della lunghezza di m. 0,09.
2:^-24 Non avvennero scoperte.
25 dotto. Proseguirono gli scavi nel lato sud della Eegione Vili. Si fecero ri-
parazioni dello pareti nella casa n. 1, Reg. V, isola 2" e nella casa n. 10 delia
TORNIMI'ARTE — 1JI4 — REGIONE IV.
Reg. IX, isola 2*. Si rinvenne: — lìronio. Una coppa ili bilancia, con relativi anelli,
in numero di quattro; diametro ni. 0,099.
26-31 detto. Non avvennero scoperte.
Regidnk IV (SAMXin.M KT SABINA).
SABINI
Vili. TORXniPARTE — Frammenti di epigrafi latine, riconosciuti
nel territorio del comune.
Avendo avuto notizia, die nel territorio di Torninipaite trovavansi sparsi qua
e colà parecchi frammenti epigrafici latini, mi credei in dovere di rintracciarli, ed
ho finora trovato i seguenti, non editi nel IX volume del C. I. L.
1. Nel villaggio Casa Mascetti, murato in una parete della cantina di Tom-
maso Legini. esiste un frammento di calcare, di m. 0.20X0.21. in cui. a bei carat-
teri, leggesi:
;'/S- L- F^
2. Sulla facciata occidentale della chiesuola consacrata a s. Pietro, presso 1 an-
golo a sinistra, nel villaggio Piedi la Villa, è un frammento in calcare, di in. 0.22 X
0,31, ore rimane:
;<. Nella contrada Cnpelli, del villaggio !<. Nicola, sulla facciata meridionale del
casale del sig. (ìiovanni Cipolloni, presso l'angolo a .sin. ed ali altezza di ni. I «lai
suolo, è il frammento:
I. Allo spigolo del cantone a .sin. della facciata della chiesuola di s. Tommaso,
fuori Villa Piedi la Costa, è infisso un cippo frammentato, di m. 0,60X0,44, i
quale offre:
P M I C C I O N
P L ERONI
stveTivs
ST H E P A N
I
REOIONK IV. — 195 — PIZZOLI, RAUNO
Ho trovato inoltre, che l'iscrizione edita al n. 4.":ì.")0 del voi. IX, ('. I. L. non
esiste più. Quella del n. 4351 è oggi posseduta da Paolo Micarelli; e di quella
del n. 4857 avanza la metà soltanto, essendo stata la lapide adoperata per soglia
di porta, nella frazione Colle s. Vito.
N. Persicuetti.
IX. PIZZOLI — .{Uri frammenti lapidari rinvenuti nelle frazioni
comunali di Vallicella e s. Lorenzo.
Nella facciata meridionale della casa di Serafino del /io, in Villa Vallicelhi, e
precisamente circa m. 0,30 al disopra delia porta di ingresso, ho riconosciuto il se-
guente resto di epigrafe sepolcrale, scolpito in calcare e di bei caratteri:
C- APP
C ■ L • ERCi
N ■ F
i'iico tempo la certo Domenico di Luca, scomponendu ulcnue macerie in un suo
terreno, in contrada (Jona di Candelette, nel villaggio di s. Lorenzo, rinvenne il se-
guente resto di epigrafe, in calcare :
lA O • F E CÌÌ
Nel pavimento, presso il focolare della casa di Maria di Cola, ho riconosciuto
questo altro frammento di iscrizione, a grandi lettere, incise su lastra marmorea, e
che mi si disse esser stato trovato, circa dieci anni sono, presso l'antiteatro dell'an-
tica Amiterno:
f0"»
PAELIGNI
X. RAIANo — Di una lapide iscritta scoperta nel territorio del
comune.
Nel territorio di Baiano, nella contrada s. Petronilla, verso la metà del monte
e presso la fontana, nei poderi dei sigg. Lepore, si è rinvenuto un plinto di calcare,
di m. 0,.">7 X 0,49 X 0,23. Sulla fronte è incisa l'epigrafe:
L • TATIVS • L • F
Dietro mio consiglio, la pietra è stata portata a Kaiano, ove conservasi presso
i proprietari del fondo.
A. De Nino.
Classb'di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5', parte 2* 24
BRINDISI
— l'JtJ —
KEUIUNK 11.
REOIONK II Ll/'f^LlAJ.
XI. i; lì! N DISI — Xuove epi</ra/i latine della necropoli roimna (ti
Brindisi.
Nel fondo De Marco-Monaco, di contro la località denoniinata Osanna (cf. No-
tiiie lf'92 p. 2ó2, M\) sono tornati in luce parecchi altri frammenti di iscrizioni
per lo più ì^epolcrali, incisi nella solita pietra del luo-^o. i quali verranno depositati
nel Jliiseo municipale di s. Giovanni al Sepolcro.
Di esse il solerte ispettore Nervegna mandò i calchi cartacei, dai quali si de-
sumono le lezioni selcienti, confrontate pure con gli apografi die lo stesso ispettore
trasse direttamente dagli originali.
1 (33 X 25 X 24). Sia per lo spessore della lapide, sia per la grandezza delle
lettere, l'iscrizione esce dall'ordine comune di questi titoli sepolcrali.
^/ì. R W A
^^V B I A R 1
2 (:;;J X 22 A 14).
jCOSVL^,
kx ■ H -J
:; (2Ó X 2ó X lo).
PREP
tenesti due frammenti potrebbero appartenere all' istessa iscrizione.
I 11 1 - 12 X -1).
vii
SLIf
.-, (Il X lil X 4 1).
ys-c-L\^
\ M A ,G Vslvr ?
fi (2') X 30 X 11).
aCVT VS
wa CISTER
7 (47 X ];i X 7).
L ARRVNi IVS
llii due pe/.zi).
«/•'rvn/
//VS
9 (25 X 20 X G).
REGIONE II.
10 (0,30X0,25X0,06).
fi) C L O D-
ARFc
/
7^
— 107 —
BRINDISI
IO''"* (0,48 X 0,26 X (J,0(J).
b) ISALV
W- VI-
LLA
li (11 X 21 X 7).
LCO
L-LQ
12 (lil X2U X 11).
'/. m. ,S
.^r-CTHES
VlII-M-IIIli
'-^Vl•VLC'
l:{ (19 X 32 X 9).
C • FA/
APR
ri
14 lu due pezzi:
LL-i-UKTVTsx-
VAL-HS
15 In due pezzi:
IVLIAPLVÌBNA
LYSy~ ~"
Questo u. 15 è stato corretto: si riconosce
chiaramente che prima era stato scritto:
IVLIAORBNA.
Ili (UX 9X 4).
: v-ii A • c:
17 (11 X20X9).
18 (18 X 25 X 5).
In
BIENVS
EROS
H-S
19 (31 X 19 X 7).
V-A-X>l
20 (ir, X 16 x;,).
.'•L- N]|
21 (25,X 21 X 8).
C • O C T A V iV
IVSTVS-V-A-Ih'
-i^^svr///////-
BRINDISI
22 (36 X25 X 11).
•-"ivSOPTATvS
24 (10 X20X 7).
oc r AVI >.,
— 1118
REGIONE U.
23 (23 X 30 X 1(1).
/ V\'^A-
PRIMVS
mh
MATR
Vili •
2r> In tre pezzi:
VALXXXX*
SEXTILIA-
- VITALIA •
2ti (18X21 X2 0-
A • TERTIA
\ S
27 (27 X 22 X 12).
//MIL///)
28 (1.") X l;i X 4).
VE^ER
29 (28 X 27 X 12).
/ c ■ vTtVl'
(v • AL- VEt!
N34-M <^ ■ P
.ÌO (1.-. X 14 X 4 ••).
^?QRIA
31 (18 X 20 X 8).
ZOS)
e Y_RJ
32 (Ifi X 0 X 6).
33 (12 X 21 X n^).
34 (12 X 25 X 7).
•A EC
c- va!
S//
^ra|
|COC|
!T?
REGIONE II.
lOfì
BRINDISI
35 (9 X 12 X 5 i).
ly
36 (15 X 20 X 9).
^TiAy
37 (10 X 12 X 6).
fCEIlii
38 (15 X 8 X6i).
39 (27 X 30 X 7).
iOA . V • A LX ■ 1
Kl (!t X 17 X 2).
!l AN/
k • M j
41 (19X18X 7).
DVLH//
12 (11 X 21 X5 1)-
EIV
ÌND
43 (19 X 27 X 6).
ieyr)
MP|
44 (10 X 10X9).
45 (15 X 15 X 6 i).
-Id (12 X 13 X 9).
wIAO?
(^A.L3^
47 (14X21 X3.V).
Ia"^
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[•M-X1|
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48 (7 X Si X 4i).
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BRINDISI
49 (10X8ÌX4;)-
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— 20(1 —
RBGIONB 11.
SO (12 X 18 X 9).
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,1 (Il X21 X6).
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.■>t5 (11 X20X6).
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57 (12X11 X9).
Ó9 (20X 12X 10).
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t.o (11 X22X8).
58 (25X37X 11).
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SETRI^\
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;i (14 X20 X5i).
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SI^l-
(i2 (10 X 21 X ()).
VS
XI P
e,:', (1.-. X 20X7).
THAPSOS — 201 — •w;/.M
(34 (9x71 X4). (35 (12 X 15 X 7).
(30 (8 X 15 X 5 .\). (37 (14 X 9 X 7).
KIT!
68
(12X74 X(3).
A^^5'o\
70
(18 X 12 X 8 4),
w/N'BVS-
72
(28 X ti X (3).
rXXÀVK.
(39 (yj X 11 X 6).
71 (15 X 11 X ()).
73 (7 i X (3 X 2).
TPlI
D. Vaulieki.
Sì CU A A.
XII. THAPSOS (penisola di Maijuisi presso Siracusa). — Dalla tìnc di
aprile ai primi di giugno venne esplorata la grande necropoli sicula di Thapsos, esplo-
razione già debolmente tentata dal eh. prof. Cavallari. Risultò essere del 2" periodo
siculo, con grandi sepolcri a iìóloc od a forno, in alcuni dei quali, per la prima volta
si riconobbero ingressi con tentativi di decorazione architettonica, ed in altri, nell'in-
terno, sostruzioni murarie che ci danno una genuina idea della tectonica sicula, sin
(|ui sconosciuta.
La suppellettile risponde esattamente a quella della necropoli di Cozzo Pantano
(cf. Monumenti voi. II puntata 1='), ed è ricca sopratutto di vasi fittili. Si constatò
anche la presenza di piccoli vasi micenei in parecchi sepolcri.
I bronzi erano scarsissimi, perchè quasi tutte le tombe erano state depreihite
nell'antichità. Qualche piccola perla di pastiglia sembra aricelo fenicio, importato.
Di tutta vorrà pubblicata a suo tempo un'ampia relazione illustrata.
P. Orsi.
SBLINUNTE — 202 — SICILIA
XIII. SKLINUNTK — Uelazione sommaria intorno agli scavi ese-
guiti dal 1S87 al I89'J.
L'ultima relazione defjli scavi fatti a Seliuuute è quella che compilata dal mio
collega prof. Patricolo e da me {Notiiie 1888 p. 593) dà cooto dei lavori eseguiti
sino alla primavera del 1887; a quel rapporto fa seguito una mia Relaiione sugli
oggelii rinvenuti nei lavori esegniti u Selinuiile nell'inverno 1884-85, che è con-
tinuazione di una precedente, relativa al 1883, inserita nelle Notiiie del 1884
(ser. 4», Tol. I, pag. 39-50).
Da quel tempo non è venuto più fuori alcuna pubblicazione ufficiale degli
ulteriori scavi fatti a Selinunte, sebbene lavori di molta importanza vi si compissero,
stante la giusta predilezione che il Ministero e il li. Commissario per le anti-
chità di Sicilia, Principe di Scalea, hanno avuta per un posto di una importanza ecce-
zionale, tanto riguardo allo studio dell'architettura greca, che a quello generale del-
l'arte e della storia antica. Sarebbe qui fuor di proposito l'esporre le molteplici ca-
gioni per le quali non si son potute compilare le relazioni generali, vivamente de-
siderate dal Ministero: dirò soltanto che pel lato topografico ed architettonico si
aveva il giusto desiderio di attendere il completamento dei lavori, sicché venisse
fuori più chiaro lo studio di alcuni quesiti topografici e, spesso, l'ufficio non ben de-
finito di alcime fabbriche; e pel lato poi dello studio degli oggetti rinvenuti, pareva
e pare, a chi scrive miglior consiglio il disporre tutti gli oggetti secondo la forma
loro, anziché dividerli secondo l'anno del rinvenimento, nel qual caso s'incorre in
ripetizioni o in descrizioni monche o inesatte per necessità, dovendosi spesso atten-
dere che esemplari più completi o più conservati facciano capire esattamente le forme
di una terracotta o le lettere di un bollo figulino. Si aggiunga che lo studio di tante
luigliaia di pezzi non era possibile senza che tutta la suppellettile fosse prima ordi-
nata in locale adatto: il quale, pur troppo, non possedevasi nel Museo palermitano;
sicché i miei sforzi si diressero anzitutto a procurare un'ampia sala coi mobili necessari;
dei quali potendo oramai disporre, sono in grado, con la presente relazione, di dare
un succinto ragguaglio complessivo del risultato degli scavi selinuntini dal 1885 in
qua, notando solo i pezzi più notevoli, poiché in altro luogo spero di poter esporre,
completamente e per categorie, tutta la suppellettile rinvenuta.
A ben comprendere l'origine dei trovamenti, premetterò un breve cenno di tutti
i lavori di scavo dal 188tì al presente giorno, estendendomi, per la parte topografica,
alla campagna 1891-02, la cui direzione fu a me affidata. In quanto agli anni 1885-87
sarà bene ripetere che i lavori, nel loro complesso, non ebbero per iscopo scavi de-
terminati, perché dopo che fu conferita al prof. Patricolo la direzione tecnica e a
me quella archeologica dei monumenti siciliani, credemmo di dover proporre al
K. Commissario che. anzitutto, si sgombrassero le boscaglie che nascondevano e
danneggiavano i monumenti, si verificasse lo stato di tutte quelle antichità e si di-
sponesse un sistema di lavori, pel quale si rendesse possibile una larga e metodica
esplorazione di tutta l'acropoli selinuntina e dei Propilei ad occidente del fiume,
nella contrada Gaggera.
SICILIA — 20y — SELINU.NTE
188(i. Mar/", aprile e maggio.
Scavi: — (i) iJancli-iiia dt^l porto (iVo//:/i\ 1886, p. lU4). //) Fortitica/ioni a nord
dell'Acropoli : esterno della torre H e da questa al muro che unisce la torre M
all'Acropoli, e) Sgombro di macerie e pulizia ai Propilei (Q) e in altri monumenti e
nelle strade.
Non tengo conto di ripuliinenti di poca importanza. Le fabbriche sono indicate
con la nomenclatura stabilita nelle No//j/e del 1888, quando con nuove lettere fu
proseguito il sistema del Serradifalco, ad evitare equivoci non infrequenti.
Questi scavi non diedero origine a rinvenimenti di importanza; furono trovati i
soliti frammenti di chiodi e di altri oggetti di bronzo, |)uiite di freccio e pezzi di
vasi e di terrecotte con ornati a rilievo.
1887. Maggio e giugno (XII) (')•
a) Scavo della necropoli di Galera Bagliazzo (proprietà Castelli). //) liipulimento
ai Propilei alla Gaggera (Q), e) Scavo della strada principale dell'Acropoli, da nord
a sud. d) Sgombro del peribolo e del peristilio del tempio A.
Della suppellettile rinvenuta nella necropoli Galera Bagliazzo in questo anno
e nel seguente si è fatto un notamento a parte; gli oggetti pertanto si sono collo-,
cati in vetrine separate, distinti tomba per tomba.
Nel ripulimento b non si rinvennero che piccole terrecotte insignificanti. Nello
scavo e, oltre le solite monete bizantine ed i frammenti di bronzo e di terracotta,
venne fuori un grosso pezzo di grondaia con testa di leone.
1888. Gennaio ed aprile (IX e XIII).
a) Bipulimento della strada da E. ad 0.
Scavi : — b) Muraglia e porta settentrionale, a destra e a sinistra ; strada da nord a
sud. e) Lato occidentale e angolo sud-ovest del Tempio 0, d) Fortificazioni orien-
tali fuori dell'Acropoli (ad oriente della porta originaria della muraglia settentrionale)
e fortificazioni presso il così detto teatro. Corridoio da nord a sud. Rinvenimento di
due porte, e) Suolo della gradinata e lati esterni della camera attigua ai Propilei.
/). Saggi lungo la muraglia orientale dell' xVcropoli, pel rilevamento della pianta.
g) Scavo della necropoli Galera-Bagliazzo, dal 20 marzo al 21 aprile.
Sebbene i rinvenimenti piìi notevoli di quésto anno fossero fatti ai Propilei della
necropoli, tuttavia noterò alcuni pezzi venuti fuori dai molteplici scavi di altri posti.
Presso la torre M, in una porta rivolta alla parte di mezzogiorno, si trovarono gli
avanzi del legno bruciato e della ferratura dell'imposta (IX, 420, 421). Abbiamo un
certo numero di piastre di ferro con chiodi, larghe circa cent. 8 (ne ignoriamo la
(') (J(iii questi iiuiiicri r.iiiiaiii Mum ilistiiid' ik/I Musco di l'iliriiiii le varii' |i;irtito ili n;,'i.'ctti
1 l'iveiiii'iiti (la SelinnnU'.
Ci.AssK DI SCIENZE MORALI ccc. — JIkmokik — Voi. II, Scrii' •ì", parte 2* 25
SKiaNCNTH
— 2U4
SICILIA
lunghezza ; ma uu frainineuto misura cent. óU). I chiodi più grandi, i quali sebbene
uun compioti misurano tino a Itj cent., hanno una borchia circolare di un diametro
dai C agli 8 cent. ; uno ha hi tostai in forma di losanga, come quelli che si rinven-
gono talvolta nelle tombe.
Un bel frammento di terracotta (IX. 40-J) credo che meriti una speciale consi-
derazione per la singolaritìi della sua fattura, simile, per alcuni rispetti, a quella degli
orli dei va.si con ornati a rilievo. Kra forse una base, lunga 42 cent., ma mentre
nelle basi più piccole, altra volta tenute in conto di iurco/'ayi, le figure sono uiodel-
late, qui invece il rilievo è tenuto tanto piatto da parere un disegno a contorno. La
rappresentazione, ripetuta due volte, si compone di un gruppo di un guerriero, cui
fanno seguito due cavalieri, aventi ognuno una coppia di cavalli ; sotto è una fascia
con ornato a meandro, e tanto questa, quanto la fascia figurata, si ripeteva nei lati
minori, senza, tuttavia, una esatta ricorrenza di linee. La fattura è arcaica molto
accurata, e l'ondeggiamento delle linee, che dovrebbero essere orizzontali e la ripe-
tizione dell'incisione mi pare che sieno la prova più evidente di quanto ebbi altra
volta ad asserire, che cioè questi stampi fossero fatti facendo rotolare sulla creta
una matrice a forma di cilindro (Vedi Nolisie 18B4, ser. 4", voi. 1, p. 41).
Fio. 1.
Sul suolo antico della via da nord a sud, il 24 marzo, si rinvenne una testa di
iiiarnid (IX. 411) qui rappresuntata nella lig. 1. K grande al vem (dal vertice alla cstre-
mitii del colio misura 2i) cent.), gravemente danneggiala nella parte anteriore, e ci fa rim-
piangere la perdita di una importante scultura del V secolo, eseguita in marmo greco
bianchissimo a gro.ssi cristalli, lo stesso adoperato nelle altre sculture selinuntine. Pare
che i>er lungo tempo rimanesse esposta alle ingiurie degli uomini. 11 nas" è •li.'-trutlip.
rotti 1 orecchio, la jiartc sinistra della barba e i capelli sulla fronte, e sciupati! la
sirii.iA
205 —
SKLINUNTE
superficie, in generale. Il lato destro, invece, conserva perfettamente il lavorio dei capelli,
che, annodati in due lunghe trecce, cingono due volte la nuca con una disposizione fre-
quente nell'arte arcaica, secondo può vedersi negli esempì citati dal Benndorf (Die
Melopeu von Seliaunl, pag. 55, n. 2). Il tipo della testa e la disposizione generale dei
capelli richiamano, a prima vista, la testa di Giove nella nota melopa selinuntina
(Benndorf, o. cit. tav. Vili, Serriidifalco Aatichilà di Sicilia, voi. II. tav. XXXIII).
La bocca qui è chiusa, mentre nella metopa, ad esprimere il senso di meraviglia,
lascia vedere i denti; ma anche qui i baffi scendono ripiegati ad angolo. Le forme
sono più larghe e tondeggianti di quel che non sieno nella metopa, dove scolpendosi
nel tufo, si dava alla fattura una certa angolosità.
Non tengo conto di altri piccoli oggetti rinvenuti; ma parrai meritevole di spe-
ciale ricordo un frammento di ambra siciliana (IX, ;^24). trovato nello ncavo della
strada da nord a sud.
FiG. 2.
Lo scavo ai Propilei della Gaggera, o Propilei Q (tig. 2), dimostra ancor più
come in quel posto per ragione di culto si accumulasse una quantità di statuette votive
e di lucerne, e come uno strato ricchissimo di avanzi provenisse da un trasporto allu-
vionale derivante dalla necropoli sovrastante. Un pezzo di marmo (IX, 186) ha le lettere
di stile più antico fin qui rinvenute a Selinunte (fig. 3). Questo frammento di base
circolare 0 ellittica col povero avanzo della parola («rA')®EKE, prova come nel pro-
sieguo degli scavi sia da sperare il rinvenimento di amthemata arcaici ed impor-
tanti per dimensioni e per materia.
Singolare è stato il numero delle lucerne e delle figurine, per la più parte rotte,
rinvenute nel suolo antico tanto della gradinata che dell'interno e dell'esterno della
camera attigua all' ingresso. Le lucerne sono grossolane, senza vernice, e di dimen-
sioni piccole, variando nella lunghezza da 5 a 11 centimetri. Di queste lucerne solo
alcune si sono trasportate a Palermo, tutto il grosso della partita restò a Selinunte.
Nel giornale degli scavi trovo partito di più centinaia rinvenute nello stesso giorno
e un totale di più di mille e duecento. Più curiose son quelle a più becchi, delle
SKI.1.NDNTK
— JUIi
.v/(7/.M
([iiali si afri^iuiigi' i|iii un disegno (lell'eseniplaru st'fjnato IX, :!27 (liff. 4). l'ino u
ci-utinaia ascende il mimerò delle terrecotte tij^iinite. delle (|iiali indico soltanto
nlcnni tipi |iiii notevoli.
Fio.
Ki... 1.
Diii' iiuisclieie arcaiche col lineo in testa ]>rr aiipendorsi (IX, 278 o 27!0- La
prima con una specie di cuffia in capo, è specialmente notevole per le dimensioni
(altezza 1!' cm.), per l'accurata fattura e pel tipo che non ha riscontro nella serie nu-
merosa delle maschere selinnntiue. H singolare è pure una piccola placca (IX, 3G8)
con una figura arcaica di Medusa, ritagliata per essere applicata ad uso di decora-
zione, come si vede ancora da un buco presso il braccio sinistro. Nel fondo e nell'ala
restano vestigia di uu colore rosso vivo. La statuetta muliebre con la colomba in
mano forma una transizione fra il tipo orientale delle statuette di Afrodite e quello
greco sviluppato, di cui quest'anno si è qui trovata una bella statuetta sedente (IX, 291)
alta 37 cm., che è la più completa di quante se ne posseggano dal Museo palermi-
tano, dove pure ne abbondano i frammenti e massime le teste. Pregevoli per tinezza
di modellatura sono il grosso franmiento di figura muliebre con un bocciuolo nella destra
(IX, 293) già dipinta, almeno nel panneggio, con una tinta rosso cupo e i frammenti
di lastre con bassorilievi (IX, 396Ì di squisita esecuzione (fìg. '), fi). Da applicare, ma
l'io. fi.
non in superficie interamente piana, era la elegante vittoria a bassorilievo (IX, 120)
che è ritagliata e con un buco nell'ala. La testa col saccos, al quale è aggiunta una
larga fascia (IX. 'l'AW. '<• Moti'vnlr p^l nuiin'ni «b'il.' repliche (se ne hanno circa ses-
SICILIA — L;U7 — SEUNUNTE
santa). Importante è il l'atto clie il culto di questo santuario funebre sia continuato
in tempi cristiani antichi, alla (juale epoca ò da attribuirsi la costruzione rinvenuta
più in alto. Qui, dentro la caiuora attillila all' ingresso o nell'angolo esterno nord-ove.'^t,
sul suolo arclieologico, si rinvennero alquante lucerne di una fattura diversa dalla
classica, con ornati a cerchi e puntini rilevati (IX, 141) o con palmette (IX, 104) e
alcune, a dirittura, con segni cristiani, cioè col monogramma costantiniano (fig. 7) e col
pesce (IX, 84, 142). E allo stesso periodo è da riportare un capitello forinzio di marmo
(IX, 144) alto 10 cent., rinvenuto nell' interno della detta stanza;
trovamenti tutti che corrispondono con la presenza di monete di bronzo
del basso impero. Strano impasto di avanzi, dove non mancano i fram-
menti di vasi arcaici a figuro nere, i vetri fenici a colore e una bella,
ma piccola punta di lancia in bronzo (IX, ;i50) di 2U cent, di lunghezza.
Una scure di bronzo (IX, 322) molto ben fatta, è a dirittura un gio-
cattolo (misura 00 mm. di lunghezza). Anche pregevole per fattura e
per completezza è un campanellino emisferico di bronzo (IX, 47), or-
nato di cerchi incisi e fornito del battaglio in ferro ; ha un diametro di mm. 30. Fra
le monete di bronzo, elio sono sempre ossidate in modo orribile, è, per rara ecce-
zione, ben conservato un esemplare della moneta siracusana di re Gerone II, con la
testa di Nettuno nel dritto e il tridente nel rovescio, sulla quale moneta i Romani
stamparono il sestante con la testa di Mercurio e la prua di nave ; riconio non infre-
quente, ma di ricordo storico importante a dimostrare come i conquistatori accettas-
sero la monetazione esistente al momento della conquista, pur distruggendone il tipo.
1880. Marzo, aprile, maggio (XIV. XV. XVI).
a) Fortificazioni settentrionali dell'Acropoli, presso la porta centrale e presso
la porta occidentale dal lato del Selinus. f>) Necropoli di Galera Bagliazzo. e) Propilei
alla Gaggera dalla parte occidentale e meridionale e nell'editìzio scoperto ad occidente
dei Propilei stessi.
Dei trovamenti fatti nell'Acropoli merita speciale ricordo la ferratura di una
porta, che insieme ad avanzi di legno bruciato si trovò nella porta a mezzogiorno
della torre H in direzione da est ad ovest. Sono frammenti di piastre, simili a quelle
rinvenute l'anno precedente nella porta vicina e chiodi ancor più grossi con una
borchia ciie ha da 8 a 9 cent, di diametro. Un pezzo di piastra ricurvata e traver-
sata da un chiodo ci mostra che lo spessore della imposta doveva essere di un 7 cen-
timetri, sebbene la ripiegatura di un grosso chiodo ci dà un maggior spessore (14 cent,
circa), forse perchè lì coirispondeva l'intelaiatura della porta. Si rinvennero parimenti
due grossi anelli dei cardini. •
Ai Propilei continuarono le numeroso scoperte di terrecotte.
Per avere un'idea del numero rilevante di quegli avanzi, tolgo questa semplice
enumerazione di cifre dal giornale degli scavi.
Delle solite lucerne: — 304 al 21 marzo; 180 al 27 marzo; 378 al 28 marzo;
su al ].') aprile; 1U8 al 18 aprile.
SBLIKUNTE
— 208 — S;t7J!./;4
E sotto la data del 13 maggio si registrano: — 148 statuette sedenti; 77 sta-
tuette in piedi; 924 testine e busti muliebri.
Delle tisurine di carattere orientale (latte di ereta per lo più rossa con pagliuzze
piccolissime luccicanti a color di oro) troviamo una bella tìi,'urii muliebre in piedi a
forma di vaso (XV, 172) tenente una colomba, con tracce di colore rosso vivo: un'altra
ligura muliebre sedente con la colomba e tracce di pittura: una figura ermafrodita
accoccolata (XV, 280): un'estremit;"! di vaso a forma di figura (XV, 78), come quella
riportata più sopra, ma con questa peculiarità di una testa bifronte; altro vaso a
forma di uccello con testa di donna. Delle figure muliebri arcaiche ima rappresenta
il tipo rudimentale delle figure sedenti; un'altra più grande ha i buchi per riportarvi
le braccia, e dietro, un grande N bone inciso; ed un'ultima ha una collana con Aulle
e mezze lune. La figura appartiene ad un tipo più frequente a Sclinunte nelle figure
sedenti. Uara è pure la figura che tiene sulle ginocchia un bambino (XV, 157).
Nello stile più progredito è singolai-e la figura muliebre vestita di doppio chi-
tone e le mani avvicmate al petto con la punta delle dita in su. figurina che si ripete
in diverso grandezze. Di arte ancor più sviluppata ò il grande frammento della parte
superiore di una figura muliebre (XV, 48), che aveva sulla mano sinistra, alzata, mi
disco con oggetti (frutta e piccole torte) ; il braccio destro era conficcato in un buco.
Di lastre con bassirilievi si hanno due piccoli frammenti, ma non dispregevoli;
una testa di Medusa e vm avanzo di braccio che afferra il braccio • destro di una
fio-ura coperta di un chitone a corta manica. Como prodotto di un' industria diversa
merita ricordo la figmùna con testa di animale (XV, 240), e avanzi di genitali presso
la base. La figurimi è fatta interamente a mano senza l'aiuto di forme.
Parimenti a mano libera è eseguita la grande maschera al vero (XV, 205) rin-
venuta chiusa fra quattro tegole, a due metri a nord dell'ara, diversa, per dimensioni
e per fattura, dall'altre terrecotte di Selinunte. Rappresenta una faccia imberbe, coi
capelli a forma di scanalatura (forma propria delle figuline arcaiche). In giro al collo è
una serie di buchi ; nelle pupille è un vuoto, certamente per incastrarvi un corpo estraneo.
Piccoli frammenti di marmo, come un piede (XV, 182) ci danno sempre da
sperare che più in su abbia a trovarsi qualche scultura di dimensioni importanti.
Fra le piccole mi paiono degne di considerazione due statuette rinvenute nel pozzo
avanti al monumento, perchè la prima, che rappresenta una figurina muliebre sedente,
alta cent. 21, mancante della parte inferiore, e tenente nella destra un frutto (XV, 237)
riproduce in marmo i tipi delle statuette di terracotta ; mentre la seconda (XV, 238)
fuori dei tipi soliti, rappresenta una donna recumbcnte col corpo piegato in atto di
appoggiarsi sulle braccia (fig, 8). Pare come se fosse una figura collocata in un
frontone triangolare; e malgrado la scorrezione dell'insieme, richiama alla mente le
figure giacenti del frontone occidentale di Olimpia, di «jueU'Olinii.ia cos'i strettamente
legata, per arte, a Selinunte.
Ma il trovamento più importante, fatto in questo posto, fu quello di una iscrizione
greca in quattro righe (fig. 9), rinvenuta add'i 13 aprile (') E scolpita in una base di
(1} V. rutriclo iiillr Aolitie 1880, j.. 251.
SICILIA
209
SELINUNTE
tufo, decorata pou una cornicetta, mancante della parte inferiore e rotta in varie
scheggi e, che si sono diligentemente messo iusieme. La base misura m. 50 X 4o.
riscrizioue scolpita a lettere di 2 cent, di altezza, molto accuratamente, si conserva
nitida, meno in qualche posto in cui il terriccio si è attaccato al tufo, o si trovi qualche
frego per urto accidentale. Tuttavia è da notare che di proposito, e molto irregolar-
Fkì. s.
mente, vi fu aggiunto un P capovolto, che dal secondo A del primo rigo va ad incon-
trare il secondo E del secondo rigo.
Lo stile delle lettere, ad eccezione della llwla e del ])lu, richiama quello della
grande iscrizione selinuntina rinvenuta nel più grande dei templi, pubblicata le tante
volte e recentemente nella raccolta del Bechtel {Sammlung d. grieck. Dialekl-Iu-
schrifteii. III, p. 26, n. 3046). Solo è da notare che qui la theta ha un semplice
punto nel centro, come un punto hanno pure tutti gli O, non che il /j/ì/ del terzo
% % V'AMBI t "f tJlLè
FiG. 9.
rigo. E con la massima delle iscrizioni selinuntiue si accorda puro la presento per
l'epiteto di Mu/ocfógoc dato a Demeter, epiteto noto soltanto per un' indicazione di
Pausania (I, 44, 3). Non è chiaro qual fosse l'oggetto dedicato a Maloforo da T/u'ul/oa
figliuolo di Pifrrhlas (nomi ambidue noti, sebbene il primo non, come (jui. nella
forma dorica, ma nella forma comune (•it'aXko.: (cfr. Pape, Worlcrh. dcr grìcch. Eigca-
namen), perchè la parola C \' (* A N dà luogo a qualche ambiguità a cagione della
SKUNUNTB — 210 — ynll.lA
prima lettera, che ha la forma di un E. Ma il tratto medio orizzontale pare ohe non
sia oriffinario. e por questo e perchè la parola EVRAN non avrebbe senso plausii-
hile, credo che debba piuttosto riconoscersi in principio nn diiiamina e però mia
parola VRAN.
Che questa voce possa mettersi in rapporto con vqov registrato da Ksichio come
equivalente di ain'ioi, alveare? L'ultima parola va letta senza dubbio ENPEA A(AEN|
restando qualche traccia dell'ultime tre lettere.
La forma dell'incavo, scolpito nel piano superiore della base cin ima profondità
di 4 cent., accenna alla collocazione di un oggetto specialissimo (e non certo di una
statua), massime se si tien conto dell.i direzione dell'incavo rispetto alla fronte,
iscritta, che è la meno larga.
1890. Marzo, aprile e maggio (XVII).
a) Scavo del corridoio coperto a nord-ovest, della muraglia e del corridoio a
nord dell'Acropoli. //) Sterro della muraglia occidentale e sgombro delle due torri di
quel lato e della parte nord della torre circolare H.
Come in tutti gli sgombri di muraglie, anche in questo non si sarebbero tro-
vati che frammenti di poca importanza, se per sorte non si fosse rinvenuta al 25
marzo, fra i materiali da costruzione, avanti il vano settentrionale del lato occiden-
tale della muraglia, la piccola metopa (XVII, 1) di tinissima esecuzione, la quale
fu pubblicata dal prof. Patricolo (Di una nuova metopa selinundna nei Monumeali
antichi voi. I. 1800), nonché due pezzi di tufo, con avanzi di iscrizione, riferiti
pure nella detta Memoria.
1891. Febbraio, marzo, aprile e maggio (XVIII),.
n) Scavo nel tempio D. b) Saggi nel tempio di Apollo ((?). e) Scavo nella strada
da nord a sud, ad ovest del tempio D. d) Scavo nel lato nord delle fortificazioni e
nel corridoio.
Fio. 10.
Un pezzo solo merita di essere notato fra i soliti piccoli fiammenti rinvenuti
negli scavi di quest'anno. K un grosso ciottolo del peso di gr. l,8r>(). che porta scol-
pite le lettere DEKA (lig. IO) di bella forma arcaica, e trovossi nel collocare la ferrovia
lungo la strada antica da nord a sud. Kvidentemente avremmo avuto in questo pezzo
un peso greco del quinto secolo ; ma nel suo stato presente è inutile far congetture,
essendo che la rottura non lascia neanche sospettare quanta parte possa mancare.
sirii.lA
— Jll
SELINDNTE
Perduto rosi il valore metrologico, qunsti) pozzo non lascia di ossero molto pregevole
come dnciiiiiento paloogratico e come piova dell'uso fatto anche a Seliuimto di pesi di
pietra.
Nello scavo delia graudc via da nord a sud è veiiutu fuori un piccolo ripostiglio
di 25 monete d'argento campane, di buona conservazione, ma fortemente ossidate, col
noto tipo della testa imberbe bifronte nel dritto e la quadriga e l'iscrizione ROMANO,
incusa, nel rovescio. Venti sono del maggior modulo e sei del minore, oltre ad alcuni
frammenti. Il fatto di questo rinvenimento non è senza importanza, ove si consideri
che altra volta si era già assicurato che a Selinunte non si fossero mai trovate mo-
nete romane, e ove si pensi al ricordo dei numerosi mercenari campani che guerreg-
giarono in Sicilia.
1892. Febbraio, marzo, aprile e maggio (XIX).
Col grandioso lavoro compiuto in questa primavera io mi proposi di sgombrare
tutta la parte nord-est fuori della muraglia settentrionale dell'Acropoli, per mettere a
giorno il sistema delle opere avanzate e l'accesso all'Acropoli da questa parte, dove
■SCA\T DEL 1332
I^uri su roccia^
Muri su ierra.
Scavi precedcnli.
3uni*''ji
FlG. 11.
doveva essere il maggiore traffico, essendoché quivi si trovi la sola comunicazione
col porto e con la città. La vigilanza degli scavi fu afìidata airassi,«tente sig. Mi-
chele (iioiré; l'ingegnere sig. Francesco Valenti rilevò negli ultimi giorni la pianta,
Classk di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5", parte 2' 20
SELINDNTE
— 212 —
SICILIA
che e qui rìprudotta (tig. Il), la quale mostra come ìu seguito ad un ingente sgombro di
materiali si riuscisse a mettere allo scoperto il muro settentrionale dell Acropoli e girando
esteriorinentt' il cosi dotto teatro (torre J/). si scoprisse una serie di muri, che com-
pletavano il singolare sisteuia di fortilicazioiiu poste all'ingresso dell'Acropoli seli-
nuntina, o si aggiunsero, in età più tarda, a protezione delle antiche opere di difesa.
Ulteriori scavi mostreranno il vero ufficio di alcune delle scoperto, diverse per
epttca e per sistema costruttivo. Por questo ed anche per la mancanza di una pianta
Fi.;. 12.
degli scavi precedenti, devo di necessità limitarmi a considerare isolatamente i risul-
tati dello acavo di quest'anno. In (luelli precedenti non posi mano, .salvo che a
rinettare esternamente la torre M, della quale venne fuori la risega di base.
Il primo e importante risultato e stato lo scorrimento del muro originario del-
SICILIA — 213 — SELINUVTE
l'Acropoli, degno, per la bellezza della sua fattura, di stare a paro con le migliori
fabbriche selinuntine e superiore per conservazione e per qualità di pietra, agli altri
tratti scoverti all'estremità occidentale della fronte nord e nella fronte occidentale
prossima a questa (fig. 17).
Il tratto ora scavato va per una lunghezza di più di cinquanta metri, da ovest
ad est, cioè dalla torre aggiunta alla muraglia di faccia al corridoio che va alla
torre .V, sino all'angolo nord-est dell'Acropoli. In questo angolo dovetti arrestare il
lavoro, essendo che in quel posto la muraglia, squarciatasi, si precipita in fuori, di
modo che prima di togliere esternamente la terra, bisognerà smontare e rimettere a
piombo un tratto di muro. La fig. 12 qui annessa mostra la struttura tanto dei
filari superiori, già visibili, quanto della parte inferiore intatta, scoverta soltanto adesso ;
la quale è tanto più importante, in quanto che gli studiosi delle antichità selinuntine
sono caduti spesso in inesattezze intorno alla struttura di questo muro e alla sua pianta,
poiché limitarono le loro indagini ai soli filari superiori rimaneggiati e spostati. Per-
tanto si vede ora che questa muraglia aveva principio con una risega, la quale se-
guiva, con una serie di spezzature a scalini, l'inclinazione notevole del terreno e spor-
geva irregolarmente, ma, per lo più, di 1(3 centimetri. A quella risega ne seguiva
un'altra di una sporgenza variabile da 8 a 3 centimerri. I filari poi sovrastanti
sono di pezzi di una altezza da m. 0,3G a m. 0,37 '/ji e di una lunghezza che varia
da m. 1,47 a m. 0,80, posti per lo più per lungo; nei filari superiori, invece, sono
più frequenti i pezzi messi per punta. All'estremità presso la torre, sui filari antichi
della parte inferiore, sono sovrapposti restauri con blocchi alti 53 centimetri e lunghi
irregolarmente, come quelli della torre adiacente.
I pezzi della costruzione primitiva, squadrati con ogni cura, liauno una smussa-
tura nello spigolo superiore per far sì che la pressione del filare sovrastante non
avesse a danneggiarlo : tanta gelosa attenzione si usava dai Selinuntini anche in grandi
muraglie di cinta.
Le altre fabbriche sono ben lungi dall'avere lo stesso merito di struttura, ma
sono importanti per altre ragioni storiche e tecniche. Come è noto, questa parte del-
l'acropoli di Selinunte rivolta a settentrione e però allo stesso livello dell'altipiano
dove si crede che sorgesse la città, fu afforzata con rilevanti opere di fortificazione
tosto dopo la distruzione della città (409 a. (J.).
È indubitato che queste opere, le quali hanno tanti luiuti di analogia con quelle
del forte siracusano dell'Eurialo, fossero fatte dal siracusano Ermocrate; altre di fatttura
grossolana senza fondazioni e con massi malamente accatastati, sono da attribuire ad
età più tarda.
Nella pianta annessa si son segnate con semplici linee le mura scavate precedente-
mente, con un tratteggio più scuro quelle che fondano sulla roccia, e con un trat-
teggio più chiaro quelle piantate sulla terra.
Delle prime, che comprendono princi]ialmente la torre ,1/, io non ilevo oc-
cuparmi; delle seconde dirò che si scavò un tratto (ria) il (|ua!e passando sotto
alla torre è, di certo, avanzo delle primitive opere di rortilicazionc e però di una
grande importanza si(!Come uu'opei'a che accenn;i ad un Ii'ommic tra l'.Vcropoli e l'ai-
SKLINUNTE
— 214 —
SCILI A
tipiauo detto della cittì», o almoiio a diiosf anteriori a quelle di Krinocratu: è ro-
stniito con due fila di conci esternaiiieute, e nell'interno con pezzi messi per lungo
(incatenati i|u:iltiu' vidtii) e con un rieinpinit-ntu di pietn- e terra. Ma sventuratamente
i|Uet;to munì, passala la trinrca //. cuntinua con io .■spessore di ui. l.M, ma di una
co.stnizione di pezzi messi pi-r punta e per lun^o. cmi Irammeuti di terre colt* an-
tiche, po^'jjiata sul banco di sabbia, sicché la sua ulteriore esplorazione potrà imiHU-
tan- per lo studio delle tiusCormazioni di questo sistema di difese.
Fi.:, m.
Sinffolare scoperta è stata quella della trincea li in curva coi suoi passjuj<ji for-
tificati /l'.V. La trincea, lar^'a da m. 2..')(l a m. ;>,.")(» nella parte inferiore, è tagliata
nella roccia, con pareti a scarpa, ed ( ni forse chiusa al suo sbocco, per quanto se m-
può dedurre, da un cumulo di pietre trovate li juesso. Il pa.ssaggio /i è rappresen-
tato chiaramente dalle q\ii unite ligure (lig. l;<, l:{«), ed è notevole che queste forti-
ficazioni si'liniiiitine, dopo di averci mostrato un lungo uso dell'arco semicircolare in
fabbriche greche ('). ora ci danno vani chiusi a filari rientranti come nelle antichissime
eustruzioui di Tirinto.
(■) Hai iiciii •'■ iftìtn iitililù il rii-iifditre c)i<> iknrlie all'Kiiriulu sir.icUKano. in una visita fattavi
iiikieiue al pruf. l'utricyl". trovaimii» pezzi coii simili .-inlii Hcrnicirculari (jS'oluif l.'sbl», pag. ìli)).
SICILIA
215 —
SEMNONTE
Questo passaggio (al quale furono più tardi aggiunte, e di fabbrica molto pre-
caria, un iiiiiiii di eliiusura e toinpagnature) era, naturalmente, chiuso con lastroni al
livello della campagna e difeso aucora da una sopraediticazione, cui appartenevano di
certo i massi caduti. Seguendo la curva della trincea, s'incontra un altro passaggio
simile a questo (S), che non si è potuto scavare e che, di certo, immetteva nella
galleria sottostante al munì settentrionale dell'Acropoli.
Postoriori, e di struttura più che negletta, sono tutti gli altri muri scavati in
questo anno; i quali, nel complesso, pare che sorgessero per maggiormente difendere
le fabbriche antiche, massime quando la terra accumulatasi con l'andare dei secoli
aveva mutato le condizioni del livello.
5 melri
Vu. i:'. «.
Più notevole è il muro quasi parallelo alla fronte del muro di cinta dell'Acropoli,
costruito sulla sabbia con massi situati per lungo e per punta, e dal quale si partono
alcuni muri traversi clic suddividono quel recinto in dieci vani, limitati a mezzogiorno
(la un muretto che serve di canale alle acque. Nell'ultimo ripiano si riuveune un
jiozzo con acqua, rivestito di anelli di terra cotta; se ne contano otto i'uori dcll'aciiua.
del diaiiKd.ro di cm. (j;-!, od hanno i soliti Imclii per mettervi i piedi.
Nel posto segnato 4 si rinvciincro statuette; di terra cotta. Il muro nella sua
parte bassa accenna a curvarsi, seguendo l'angolo nord-estdell'Acropoli, ma che questo
recinto non fosse un corridoio di accesso è provato dalla forma sua stessa e dal dis-
livello rispetto alla piccola porticina presso l'angolo della torre, la cui fronte orientale,
scavatasi ora, ,sorg(i su ili una triplice risega. Continuandosi lo scavo dalla parte
orientale potrà aversi un criterio più jireinso sul modo col quale entravasi irniuesti
ambienti, il cui ullicio doveva pur aver raiijiorto con la ciistoilia di'llc mura.
sei.im:nte
— 21(; —
siriijA
Tutte K- muraglia in giro e in prossìiuitìi della torre M sono fatte di piccole
pietre e terra, ad eccezione del tratto e e, messo insieme con grossi pezzi aiiticlii.
Dentro di questo reeinto. al posto segnato 5, furono rinvenute le tre metope.
Il- quali erano adoperai*- per pavimento, colla farcia scolpita all'ingiii. I due muri
// t^ l/y '^'^■' piantati sulla terra a più dì due metri di alte/za dal piano della risega
iul'erioit' della torre. A nord di questa restano gli avanzi di alquante povere casette
labliricate con frammenti antichi di ogni genere. Ancora piìr a nord, al di là della
triui'ea, si sono rinvenuti due pozzi: quello inferiore (2) senza rivestimento, l'altro (;{)
con sei anelli di terra cotta fuori dell'acqua, che è profonda m. 1,20.
K (|ni dovrei intrattenermi dei pezzi architettonici di ogni genere rinvenuti o spar>i
nel suolo o adoperati nelle falibriche. Sono colonne spaccate, capitelli, spesso segati a
metà, di tipi e di dimensioni diverse, pezzi di trabeazione e altri frammenti diversi di
di l'ditìzi antichi, manomessi nella furia dell'improvvisare nuove fortificazioni. Pur-
IlG. Il
troppo qut'gli avanzi non appartengcmo ad un solo edificio, e per(^ in tanta farragine
con\ieni' attendere, che ultimato lo sgombro delle fortilicazioni, possano farsi tentativi
più fondati di ric.o.^tituire (juelle inembra >parse. Degno di nota è un pezzo di tra-
beazione dorica (lungo m. l.lii). nd (jinile lu incavato poi uno di (| negli archi carat-
teristici a tutto sesto; un grande frammento di capitello ionico con .stucco bianco e
un |)ilasfro molto rastremato, decorato da tre facce (wn ima trabeazione dorica, ri-
co|iertn dì stucco, della larghezza nuis>ìma dì cui. ìt.ì.
mriUA
— 1217
SELINUNTE
La campagrna di quest'anno fu favorita dalla sorte con iscoperte di oggetti di
prima importanza, come le tre metope arcaiche, dello quali ho fatto speciale pubbli-
cazione nei Monumenli Amichi (voi. 1. p. ITi? segg.).
Il posto preciso del rinvtniiuiento è sognato col nuiiiero '> nella pianta .superior-
mente data (tig. 11), alla quale .serve di completamento la vcdutina (tig. 11), che
mostra il recinto in cui fu fatta la scoperta. Aggiungerò (jui un cenno degli splen-
didi pezzi di decorazioni architettoniche di terra cotta dipinta, i più grandi che si
siano trovati da noi, e chu furono rinvenuti presso un muretto segnato in pianta col
n. 6, al di là della trincea a nord della torre M. Due pezzi sono rivestimenti di ijeiso,
diversi nella decorazione della treccia (fig. 15, 15a, 16, I6a); il più conservato (tig. Ki)
è lungo 93 cm. e largo 69 ; nel centro e verso le estremità mostra due buchi di
mm. 17 di diametro, per fissare il pezzo con Taiuto dei chiodi. Il pezzo di sima,
rotto alquanto nell'estremità superiore (tig. 17, 17«), è completo nella sua lunghezza
di cm. 95, compreso il dente che s'incavalcava dall'uno e dall'altro lato coi pezzi
seguenti.
KlG. Itju.
Fio. 17.
l'iG. ila.
(Ini abbiamo vere e prop.ie grondaie a l'orma di un grosso imbuto, del diametro
di 11 cm. circa, mentre tìn qui non avevamo trovato a Selinuute che un solo fram-
mento, ed isolato, di grondaia di terracotta di un piccolissimo diametro (cfr, Notizie
1882, ser. 3% voi. X, p. 467; ib. 1884, ser. 4", voi. I, p. 48 tav. III).
Il processo della pittura di ipiesti pezzi è, al solito, con rosso e nero soprapposti
ad un fondo giallastro; ma questi esemplari hanno il pregio di completare, in modo
indubl)io, tanto la decorazione che la l'orma di (|uesti rivestimenti, ricostruiti fin qui
SEI.lNl'NTK
— -Jis —
Siriu A
ila semplici fraiumanti nelle pubblicazioni anteriori dei signori Doipleld, (Jiiibor.
Horrmann e .Siebold (l/eher die Vcrwetiduiig i>oa TerrakoUen um Geisoti und Uacke
ijrierkischer lìauwerke. Berlin, 1881).
Scarsi, come sempre, sono stati i piccoli ofrgetti rinvoiiuli nello s^'onibio delle
fortificazioni, ma luirc non privi di pre},'io. V. singolare un disco di bronzo (XIX, I)
del diametro di Vó cm., al quale è soprappesi i un'altra lamina di bronzo, ritagliata
con una figura di ippogrifo, dal cui dorso esco una testa e un collo di animale,
come nella dhimera (tig. IS).
Fk;. 18.
Di hninzo si i' rinvenuta un jiìcckId falln (XIX. i'><>l.
Un piccolo frammento in marmo di pollice di piede (XIX, BH) ci fa rimpian-
gere la perdita di una bella statua. In terracotta abbiamo avuto : una statuetta se-
dente (XIX, 46) di buono stile, sebbene con lo braccia aderenti ancora al coi-po. di
Kir.. I!'.
un tipo molto rrt'<|uent* a Selinunte (fig. HO. Ma questo esemplare ha una particolarità
curio.sa. in questo genere di terrecotte: tracce di colore azzurro e rossso in vari punti del
chitone, nel petto, nelle ginocchia e nell'orlo inferiore. Sono piccole tracce, ma sicu-
SICILIA
— 210
SKI.INUNTE
rissime, quantunque il colore disgregato vada cadendo senza che possa mettervis'
riparo.
Si rinvenne pure : — Parte inferiore di una statuetta di Afrodite sedente con
la colomba in seno (XIX 152), siiiiile a quella ricordata più sopra. Una testina di
donna di bello stile, con colore rosso nei capelli e il resto preparato in bianco (XIX, 75).
Un frammento di figura muliebre sedente, con una striscia di color rosso vivo
(XIX lti2).
FiG. 20.
Ben fortunata è da stimarsi la scoperta fatta al lato settentrionale della torre M,
di alquanti pezzi di terracotta (XIX, 82) i quali, messi insieme, ci hanno data qu;isi
completa una singolare vasca con piede, e con bassorilievi intorno all'orlo (fig. 20), e cosi
la soluzione di un enigma riguardo alla destinazione di certi orli di vaso propri
della Sicilia, dei quali ragionò a lungo il Kekulé (Die TermcoNeu uo,/ Siciliea,
pag. 50 segg.) pubblicando molti disegni di quei bassorilievi, rinvenuti in pezzi molto
frammentati.
Nella mia relazione del 1883, [Nat. 1884, ser. A^, voi. I, p. 32), con l'aiuto di grandi
frammenti, rinvenuti allora, potei accertare che quei bassorilievi non fossero appartenuti
ad orli di vasi, ma bensì a grandi dischi, leggermente concavi e del diametro di m. 0,08.
Dagli scavi del 1882 viene ora intera la forma di un rrtQiQÒuvxi^Qiov, alto 47 cm.,
formato da una base circolare con una colonna vuota (è fornita anche di un buco
per agevolare la cottura della creta), sulla quale è fissato il disco, che ha appunto
il diametro di m. 0,68 da me provisto. La rappresentazione stampata in giro è la
solita dello Nereidi con le armi di Achille, ma ditferisce da quelle già pubblicato
dal Bonndorf, dal Kekulé e da me, in quanto che le figure, invece di essere rivolte
a destra, vanno tutto verso sinistra. Riguardo, poi, alla destinazione di questo uten-
sile, mi riservo di ragionarne di proposito col sussidio di altri monumenti ; e però
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — WA. II, Serie 5°, parte 2" 27
SOROOSO 22U — SAHDISIA
le espressioni qui adoperate di vasca e di TtQi^^ctiiì'Qior valgano solo in modo ge-
nerico ad indicarne la forma dell'oggetto.
1894
Furono concentrati i lavori in un sol pimto e dove, senza rimuovere grandi massi
si poteva esser certi di una larga copia di trovamenti. Pertanto feci scavare al di là del
Selinos, a Monte dei Propilei Q, liberando per intero, internamente ed e:<ternaniente,
una fabbrica singolare di cui non isi-orgevan.si in pianta, che le sole mura perimetrali.
A que?to edilizio, che pur essendo privo di peristilio ha tutti i caratteri di un tempio, ho
attribuito la lettera distintiva T. Dalle piante ora rilevate si vedranno i particolari di
questa costnizione e gli avanzi di un'altra fabbrica preesistente; per ora accennerò
soltanto ai felici trovamenti ottenuti di vat^i, lucerne, ligurine di terra cotta, pezzi di
bronzo e di vetro sparsi con una ricchezza fenomenale tanto dentro che fuori dell'edi-
lizio. Basterà dire che le sole lucerne rifiutate e però lasciate a Selinunte in magaz-
zino, ascendono a undici mila e ottantanove.
Per la prima volta mi è occorso di avere tanti avanzi di colore nelle figurine di
terra cotta e massime, in quelle arcaiche. Si è pur trovata una grande vasca di marmo.
Dalla muraglia occidentale dell'Acropoli ho fatto togliere tutte le boscaglie che
la nascondevano, sicché ora è agevole il rendersi conto della sua struttura.
Altro lavoro importantissimo .-ii è compiuto in tempo molto breve, il rilievo
dflla pianta dell'Acropoli eseguito dall'ingegnere sig. Rao, rilievo che comprende pure
il risultato degli scavi da me diretti nello scoi-so anno.
A. Salin.\s.
SARDINIA,
XIV. SC)R(Ì0N() — Di una gemma itieisa scoperta nel territorio del
comune.
Nel territorio del comune di Sorgono, nella località detta >■ Bingia de santu Sar-
badore ■ . fu raccolta una corniola adoperata come amuleto. Ha da una parte un' iscri-
zione greca, formata di quattro righe, ridotta ora, per effetto di scheggiatura, a sole tre,
restando in fine della prima riga solo qualche traccia di lettera. In seguito, per dare
forma più n-golare alla pietra ed incastonarla come gemma, in qualche anello, venne
ritagliata nel margine, facendo scomparire anche l'ultima lettera del secondo verso,
vi si legge:
-•'^ SORGONO
La corniola nello slato attuale è larga nim. 15, e le lettere misurano in altezza
mm. 2. Nell'altra faccia, stante l'anzidetta frattura, vedesi solo la parte inferioro di pro-
tome barbata, che ritengo di Giove Serapide. il cui nome si legge nell'epigrafe sopra
riferita.
Il descritto cimelio è stato da me acquistato per le raccolte antiquarie del
R. Museo di Cagliari.
F. VlVANET.
Koina ITi luglio 1894.
REGIONE X.
— 223 — VERONA
L TT G L I O
Regione X (VENETI A).
I. VERONA. — 1. Scavi e scoperte mWarea del Teatro romano.
Già tìu dagli anni 1758-1760 il sig. Gian Maria Fontana, scavando l'area del-
l'odierna casa Monga, affittata al sig. Merzario, fra la piazzetta di s. Libera e quella
del Redentore, aveva scoperto frammenti figurati e architettonici e un piede colossale
di bronzo, riconosciuti come pertinenti all'antico Teatro, clie sorgeva ai piedi del colle
di s. Pietro e sporgeva sino alla riva dell'Adige ('). Che vi fosse stato un Teatro
importante a Verona ancóra in tempi romani, oltre l'Anfiteatro, lo attestavano gli
storici più antichi veronesi ; ma quale forma avesse, quale estensione nessuno l'aveva
potuto rintracciare con esattezza e il Maftei stesso, delle glorie veronesi amantissimo,
aveva sostenuto essere follia, in mezzo e dopo tanta ruina, di volerne ricostruire la
pianta (-).
Se non che, il fu cav. Andrea Monga, negli anni 1834-1840 e con speciale at-
tività dal 1834 al 1838, con abnegazione di scienziato e con munificenza di sovrano, mise
allo scoperto alcune parti principali del Teatro romano e tentò di ricostruirlo in pianta
e in disegni che, se non sono esatti in tutti i particolari, sono approssimativamente veri;
ma non poterono essere mai pubblicati. Scoperse inoltre statuo, fregi, epigrafi, fram-
menti di marmo finamente lavorato, monete importanti per la storia del Teatro;
ma, morto lui nel 30 aprile 1861, nessuno più se ne occupò, e gli oggetti scoperti,
accumulati in un sotterraneo, non potendo più essere studiati, rimasero dimenticati.
(') Gli ofrgetti ili cui sopra, in numero Ji centoventi, furono nel 1818 dal figlio dott. Silvio
Fedele Fontana donati alla Confrregazione municipale di Verona, che nel 1821 li depositò presso
la biblioteca municipale, che fungeva allora da museo. Da quella passarono poi nel 18(vt al musco
civico (vedi Biadego G. Storia della BMioteca Comunale di Verona 1802, p. 123-128).
(') Vedi Maffei, Verona illustrata IV pag. 63-70. Non credo opportuno di ricordare in questa
breve nota i disegni o le piante del Caroto, del Palladio, del Cristofali, per la maggior parte im-
maginarie e di cui si parlerà in un lavoro speciale.
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. Il, Sirie 5", parte 2". 28
VERONA
— 224 — REGIONE X.
Da tutto ciò ne venne che ben pochi sanno e degli italiani e degli stranieri
che a Verona siono i resti di un Teatro, anteriore di tempo all'Anfiteatro e sotto
molti rispetti storici e archeologici importantissimo ; nò possediamo alcmi lavoro com-
l>leto che ne dia concetto scioutitìco agli studiosi (').
Recatomi con incarico ministeriale a studiare i monumenti di Verona e ricono-
sciuta la necessità di assaggi opportuni d' escavo sull'area del Teatro per confermare
ed ampliare le scoperte del Monga, ottenni dall'onor. Sindaco di Verona, comm.
avv. Augusto Caperle, e dalla onor. Giunta, con deliberazione del 25 novembre 1893,
lo stanziamento di circa lire cinquecento per compiere gli assaggi e per eseguire le
fotogralìe delle vedute e degli oggetti antichi piìi importanti, che fiu-ono scoperti
sull'area del Teatro dal 1757 ai nostri giorni.
Gli assaggi condotti su luogo con sei operai, sotto la mia direzione e col solerte
e intelligente aiuto dell'ing. capo cav. Tullio Donatelli, dell'ing. Peretti e dell'asses-
sore cav. prof. Spazzi dal 29 novembre a tutto il 15 decembre 1893, diedero risultati
splendidi, in proporzione alla breve durata od all'esigua somma stanziata per essi,
e confermarono la necessità, anzi l'urgenza di scavi sistematici e completi per denu-
dare tutta l'area del Teatro e le grandiose sue sostruzioni.
I. Sul lato destro di chi sale alla piazzetta di s. Libera, fra questa e la piaz-
zetta del Redentore, in continuazione del piano della scena e del lato estremo orientale
dell'orchestra, si operò un escavo della profondità di m. 3,00 circa, della superficie
di m. 2,90 X 4,80, e, tolto uno dei membri architettonici dei soliti palchetti della loggia
superiore del Teatro, si rintracciò sùbito il seguito dei lastroni verticali dal lato
della chiesetta di s. Libera, lastroni di varia lunghezza ed altezza in séguito a poste-
riori alterazioni del luogo. Dietro i lastroni sorge il muro originariamente rivestito
di blocchi di tufo e più tardi dai lastroni sopradetti, il quale, a un dato punto, di-
verge seguendo la curva della cavea e dista dal termine opposto dello scavo m. 4.20.
IL Nel riparto scavi della Cavea del Teatro, verso l'Adige, al vertice dell'angolo
opposto all'entrata, formato dai due muri di sostegno dell'orbo Monga affittato al
sig. Tosi, si lavorò per un paio di giorni, affondandosi m. 1,70 Xm. 2 sotto un
voltino moderno seminten-ato, che sostiene il muricciolo di parapetto dell'orto.
(') Intorno al Teatro non abbiamo che duo brevi.ssimi resoconti deiristituto .Xrcbeoìogico {;cr-
ni.inico (Bull. 1837, p. 173-175; Ann. 1830, !>. 181-185), alcuni cenni storici del Benassuti {Dell'antico
Teatro della città di Verona, 1827) e un' insuflìciunto rcl.izionc del l'inali {liclnz'onc degli scavi
dell'antico romano Teatro ecc., Milano 18I.")). Solo il Falkencr ne imbblio'p discfrni fatti dal l'al-
ladio, elle crcdevansi perduti e furono da lui ritrovati fra le carte di lord liurlington a Lontlra
(v. The Afuseum of class, antiq. II, p. 174 e segg.), ma siccome anche il Falkener, come il Finali e
gli altri dotti contemporanei aspettavano la pubblioa/.i'me dello scopritore, il lavoro rimase interrotto
allo stito preliminare. Avendo io ottenuto dai fr.itelli Mon^'a, sipp. cav. l'ictro e Bartolomeo, il
permesso di studiare e di ]inbblicare i disegni e gli appunti inediti deirìllustre loro padre Andrea
MonuM, ò mia intenzione di riassumere i risultati delle sue e mie ricerche e, premettendo un'intro-
duzione storica, illustrare convenientemente il Teatro di Verona in un lavoro speciale che è già
preparato, e che sarà fra mesi pubblicato jpcr cura della \i. Deputazione veneta di Storia l'alri.i
e Cui Concorso drl ^lunicipio di V.toii.i,
REGIONE X. — 225 —
VERONA
Si scopersero intatti tre gradi in posto e sei gradini di uno degli scalarla che
davano accesso ai cunei ed alle praecinctiones del teatro, inoltre intatto il primo mezzo
grado della cavea. Allora si mise a nudo lo scalarium nella sua larghezza di m. 0,89
e si proseguì finché, il terriccio a strampiombo impedendo di continuare senza pun-
telli, si interruppero per il momento i lavori.
III. Una splendida conferma che il primo mezzo grado e i tre ordini
inferiori per i subsellia continuino, come nel luogo descritto, per tutto il semi-
cerchio, si ottenne dall'assaggio importantissimo compiuto nel contro della piazzetta
di s. Libera.
Si .squarciò il suolo a m. 9,30 circa dall'angolo sinistro della casa Monga, per
una superficie di m. 5,20 X 3,20 e alla profondità di m. 3,80 circa, tastando il ter-
reno sottostante per circa m. 1,20. Seguendo i dati della planimetria dell'Ufficio
Tecnico e i rilievi su luogo presi per cura dell'ing. Peretti, non fu posto in fallo colpo di
zappa, e a m. 3,06 si scoperse il primo mezzo gi-ado all'estremità opposta a quella
del riparto scavi della Cavea, verso l'Adige. Degno di nota è un muro laterizio moderno,
perpendicolare all'asse della piazzetta e costruito a volta, che non si è potuto accer-
tare quale avanzo di edifici anteriori, oppure quale indizio dell'esistenza del primo
mezzo grado, del limite delle costruzioni antiche e dell'imboccatm-a o meglio sbocco
di un euripo romano. È questo una galleria di stupenda conservazione e di forma-
zione identica a quella della parte opposta occidentale, già scoperta nel riparto Cavea
all'Adige e non segnata nella pianta Monga. È un canale alt. 1,5.5, larg. 1,03, con
lastroni di pietra sopra e lastroni sotto e con una tapezzatura di cemento romano
dmissimo ai lati; è alla profondità di m. 1,70 dal pavimento del condotto al
sommo del vòlto sopra indicato e segue perfettamente la cm-va semicircolare
della cavea.
Scoperta questa parte orientale dell'euripo. si rivolse ogni attività ad espurgaria
per quanto fosse possibile. A metri 5,15 dallo sbocco dell'euripo sulla piazza, lungo
l'arco descritto dalla cavea si ritrovò un muro a secco, rifatto con materiale antico
forse in epoca posteriore, e sotto il muro il primo mezzo grado e tre pei subsellia in
posto, corrispondenti per la loro misura e posizione a quelli scoperti nel riparto Cavea
in riva all'Adige: inoltre si mise allo scoperto un pozzo circolare che scende m. 3
dal piano stradale e comunica coll'esterno.
Espurgato l'euripo per m. 16, si mise allo scoperto altro piccolo pozzo circolare,
e, levato da questo il materiale che lo otturava, altra parte dell'euripo fu visibile e
altra porzione del primo gi-ado; ma, fattosi l'espurgo pai difficile e costoso, si do-
vette interrompere il lavoro e ricoprii-e, ponendovi i segui d'uso.
Potei pertanto rilevare che il condotto sotterraneo si prolunga per m. 21,15 nel
modo sopradescritto, seguendo la curva della cavea; s'incontra poi a m. 37,50 con
la parte già scoperta dal Monga nel riparto Cavea verso l'Adige. Il punto di par-
tenza scoperto ora sulla piazzetta di s. Libera non è lo sbocco antico dell'euripo,
che si prolungava in linea retta alcun poco ancóra verso l'Adige e poi continuava
ad angolo retto in direzione della piazzetta del Redentore, conginngendosi con la
partu dello stesso euripo già scoperta iiul riparto scavi al Redentore.
VEKONA — 22G — REGIONE X.
Scavando più addentro, al disopra delleuripo e verso la chiesa, s'incontrò il primo
mezzo grado sotto il vólto laterizio già descritto a m. 2,80 dal piano stradale : quivi,
oltre il mezzo grado, si scoprì il muro romano a calcestruzzo, scaglionato, per ri-
cevere i lastroni di pietra dei subsellia, che di là furono asportati.
IV. Si potè studiare inoltro il modo di costruzione della sostruzione della cavea,
cioè lo strato inferiore a quello a calcestruzzo dei subscllia. A metà dell'odierno
vicolo di s. Libera, alquanto più in h'i dell'asso del Teatro, si scavò una superficie di
m. 2,40 X 3,40. Alla profondità di circa m. 2,40 si trovò un lastrone squadrato romano
che può essere stato uno dei subsellia, usato poi a sostegno della strada, come un altro
scoperto più in giù. A m. 3,70 di profondità apparvero blocchi squadrati di tufo,
da niq. 1 a niq.l,.'>0, che continuavano d'ogni lato della strada, uniti fra loro senza
cemento con due piccole incanalature per l'acqua scavate nd tufo stesso. Ora, sopra
codesto strato di blocchi tufacei veniva costruito il muro a calcestruzzo che doveva
sostenere i subsellia.
V. Lo scavo che diede nel minor tempo i mi'.^liori risult^iti fu l'ultimo, condotto
sul rettifilo della facciata occidentale del Teatro dalla parte del Ponte Pietra, la quale
doveva essere perfettamente simmetrica a quella orientale del riparto al Redentore
e trovarsi quindi sul prolungamento della perpendicolare all'asse, passante per que-
st'ultima facciata.
Secondo gli accordi presi in comune con l'ing. Peretti in base ai dati della pla-
nimetria, che si riconobbe anche questa volta esatta, feci cominciare l'assaggio
sul dinanzi d'una finestra, che dà luce al riparto scavi già esistente al Ponte Pietra
e che è aperta sul piano stradalo del vicolo Botte, che poi, volgendo a sinistra con-
duce al Castel di s. Pietro. A poca profondità si scoperse, come si sperava, una delle
pareti laterali della scala e precisamente il cornicione all'esterno, il piano scaglionato
dei gradini all'interno.
Si delinearono in breve all'esterno i massi di tufo e una delle colonne colossali
che ornavano la facciata, por la lunghezza di m. 3 circa e l'altezza di m. 4,30 circa. Il
cornicione che corre sopra la colonna e la parete attigua stanno profondi m. 1,70 dal
piano della strada, ra. 2,20 dal piano dello scavo interno più basso; le sostruzioni dei
gradini dello scalone sono m. 3,7r> sotto il piano della finestra sul riparto interno
sopradetto.
I risultati ottenuti da codesti assaggi, oltre la conoscenza più esatta delle varie
parti del Teatro, dei vari condotti sotterranei e delle sezioni architettoniche di tutto
l'edificio, offrirono specialmente la conferma della sussistenza delle sostruzioni dei cunei
e di parte dei relativi subscllia nella cavea, inoltre condussero alla scoperta di membri
architettonici importantissimi, che completano la conoscenza del Teatro e sono di tale
importanza da raccomandare un provvedimento pronto e conveniente anche da parte
del Ministero della Pubblica Istruzione.
Frattanto di tutti codesti assaggi ottenni dall'Ufficio Tecnico che rimanga traccia
visibile al visitatore ed allo studioso per agevolare all'uno la ricostruzione mentale
del Teatro, all'altro l'opera susseguente d'escavo. Furono inoltre fatti i rilievi oppor-
tuni dall'ing. Peretti, che, riportati poi nella planimetria del Teatro e adiacenze, sa-
REGIONE X. — 227 — VERONA
ranno resi di pubblica ragione, ridotti in scala minore, nelle tavole e piante annesse
alla prima parte dell'illustrazione del Teatro (').
Quanto agli oggetti scoperti o ritrovati diu-ante il periodo de" miei studi intorno
al Teatro, poco venne alla luce dagli assaggi suesposti, perchè non fatti su larga scala,
né molto profondi. Furono raccolti due frammenti d'epigrafi, l'uno m. 0,11X0,08,
dello spess. di m. 0,07 in pietra locale grezza con le lettere E C, l'altro 0,095 X 0,105,
dello spess. di m. 0,06, di biancone veronese con le lettere colorate in nero P F. Si ca-
varono inoltre due monete medioevali e una moderna, alcune lastrine di porfido di
rivestimento e qualche frammento d'ornato dello stesso carattere di quelli riconosciuti
come pertinenti al Teatro. Quello che più importa pei nostri studi e che non posso
passare sotto silenzio è il ritrovamento sopraccennato degli oggetti già scoperti dal
Monga, ancora ignoti al mondo scientifico e che illustrerò particolarmente a suo luogo
con le fotografie relative. (-)
Per intromissione del eh. sig. Prefetto, conte Sorniani Moretti e del eh. sig. Sindaco,
ottenuto il permesso dai proprietari sigg. Monga, feci trasportare in una sala superiore
dell'antico convento di s. Gerolamo quattro busti laureati e vittati, che dovevano ap-
appertenere a quattro erme di carattere decorativo, verosimilmente di marmo greco e
di fine lavoro. Ispirate tutte dall'ambiente teatrale, due di queste erme rappresen-
tano i tipi giovani e due i tipi adulti di Dionysos e di un suo satiro, con evi-
dente contrasto fra loro. L'Ercole giovane, in marmo italico, che potè vedere il Dutschke
quando fu a Verona e che cita come appartenente al Teatro {^), non lo ritrovo
fra le statue del Teatro, né lo potrei identificare con certezza con alcuna delle
sopracitate.
Nella stessa sala sopracitata ebbi cura che fossero trasportati tutti gli altri og-
getti artistici. Ammirasi ima sfìnge che può essere stata spalliera del trono imperiale,
e frammenti di altra si sono trovati sparsi fra il materiale ; ammirasi una parte della
spalliera e di un bracciale del trono, con rilievi greci finissimi rappresentanti la testa
di un ariete e quella di un gallo che sono davvero una creazione; termina la spal-
liera con un bel satiretto frammentoso, di marmo greco e di egregio scalpello. Parte
dell'altro lato simmetrico della spalliera e dell'altro bracciale sta ancóra immurato
in una delle pareti del Museo Filarmonico al u. 417(')- L'altro putto alquanto con-
{') Questa prima parte, che è gii in corso di stampa, contiene la storia degli avvenimenti
relativi al Teatro, degli studi e degli scavi Monga e la descrizione dello stato attuale delle rovine;
la seconda parte sarà composta a scavi compiuti e completi.
(') Le fotografie del Teatro romano, eseguite dallo Stabilimento fotografico Kaiser, in numero
di cinquantaquattro sono già state raccolte e depositate in busta speciale presso l'Uflicio Tecnico muni-
cipale, come proprietà del Comune, e saranno cedute alla Biblioteca come album completo di ve-
dute e di fotografie di oggetti antichi pertinenti al Teatro romano, a complemento di questa nota
e del lavoro maggiore.
(3) Ant. Bildw. ini Oberitaì. IV, p. 277, n. 26S. - Il n. G30 che cita eine schlecht erhaltene
Ilerme.istatuc non appartiene al Teatro e fu comperata dal Munga a Mantova.
{') Maire!, Mui. ocroii., \\ 101, n. 117.
VERONA — 228 — REGIONE X.
sunto dal tempo e dall'acqua fu ritrovato nei recenti scavi dell'Adige certamente ro-
tolato insieme con le macerie nel fiume (').
Fu ridata alla luco anche una graziosa cariatide di marmo, o per meglio diro
un torso antico acefalo, di proporzioni e di fattura squisita, di marmo greco anch'esso,
supplito come cariatide con testa, braccia e piedi moderni. Lo scopritore, che aveva
l'ottima intenzione di formare un museo teatrale, aveva di suo provveduto al restauro
di questa come della sfinge, che è in molti punti ritoccata, e di altri oggetti d'arte ;
ma il restauro non è riuscito perfettamente, anclie per la diversa qualità del marmo.
Deffni di nota sono i frammenti di una statua colossale di marmo, di cui altri
frammenti e molto interessanti furono trovati appartenenti ad essa fra quelli scoperti
nel 17(30 e dal dott. Silvio Fedele Fontana donati al Museo; un'altra statua mono
colossale, di tipo satiresco, doveva ornare il Teatro, appoggiata sul ginocchio destro,
e di questa molti frammenti sparsi vedonsi fra il materiale del Teatro.
Il tipo di gorcjoneion su un circolo a raggi e ornati, accennato di sfuggita dal
Dutschko (-) non ò che uno dei tanti ornamenti circolari, di cui frammenti innu-
merevoli furono da me ritrovati recentemente. E cos'i dicasi di altri frammenti di bas-
sirilievi finissimi lavorati e di una lastra di marmo dello spessore da 0,04™ a 0,05™
da ambi i lati, e di argomento fra loro diverso. Non sono ancora conosciuti, fanno
parte della categoria dogli oscilla, di cui si vedono scelti esemplari al Museo
di Napoli. Fu tale la distmzione antica e moderna di codesti cimeli di arte finis-
sima, che ben poco si può ricostruire delle scene scolpite, quantunque ogni frammento
di scena sia per sé istruttivo e degno di illustrazione; però una di codeste doppie
rappresentanze figurate si è por ventura conservata intera e l'altra per buona parte
si potò ricongiungere. Quella intera è, per così dire, una pseudopelta, le cui estremità
lunate rappresentano il motivo delle teste dei grifi affacciautisi, che incontrasi anche
negli oscilla di Napoli. Nel campo vedesi d'un lato la pugna fiera tra un gladiatore
ed una tigre, dall'altro la sfinge che tiene con la zampa destra il braccio d'un cadavere,
di cui appare il teschio più innanzi con altri resti umani. L'altra rappresentanza
frammentosa rappresenta scene di satiri allusive al Teatro.
Troppo lungo e inopportuno riescirebbe il parlare in questo momento dei singoli
frammenti, oltre quelli architettonici; cornicioni, capitelli, colonne, plinti, sime, ecc.,
alcuni di squisito stile ionico e corintio, di finissimo marmo, greco e italico. No-
tisi inoltre una numerosa e varia serio di marmi orientali e africani, che dovevano
rivestire le varie parti visibili e più decorate del Teatro.
Ciò che è maggiormente degno di nota e su cui desidero di richiamare l'attenzione
è il fatto che altra serio numerosa e varia degli stessi frammenti architettonici fu
scoperta sull'area del Teatro, ma in altra località, dal sig. Gian Maria Fontana,
che già nominai, ed è identica nello misure e nei particolari motivi artistici alla
serie che il Monga scoperse nei suoi scavi dal ÌH'.ii al 1831». Cos'i alcuni oggetti di
(') V. Catal. ma. (IcH'Uff. TeCn. n. 3.53: Frammento di putto di marmo greco trovato presso
i ruderi del Ponte Postumio (30 gingno 1891).
(«) Dutichkc, Ani. lìildir. im Oberital. IV. y. Ili, n. G2it.
REGIONE X. — 229 — VERONA
bronzo, raccolti in due vetrine nella recente raccolta del Teatro, ritrovano la cou-
ferma della loro pertinenza al Teatro stesso in uno stupendo colossale piede romano
di bronzo, già scoperto dal Fontana e donato al museo Civico di Verona.
Occorrono inoltre frammenti di mosaico, di cotto, di muri parietali dipinti, an-
fore balnearie, acroteri ed autetìsse in terracotta, epigrafi frammentose di varie epoche
e su vario materiale, che pubblicherò insieme con gli altri oggetti a suo luogo.
Per ora mi basta di aver mostrato che dinanzi a un monumento fra i ben con-
servati e i meno conosciuti d'Italia come è il Teatro di Verona, è veramente il
caso che Governo, Provincia, Municipio concorrano con nobile gara per la riuscita di
un'opera importante per la scienza, per il decoro e per l'utile stesso della città.
Si tratta di un teatro che si può scoprire interamente, che è posto sul pendio del
colle più storico di Verona romana, che i vari sistemi di costruzione, gli stili. le
epigrafi, le monete confermano una delle opere più antiche di Verona romana ed
usata come teatro pubblico fino agli ultimi tempi dell'Impero.
Va data pertanto lode sincera al sig. Prefetto, sen. Sorniani Moretti, che tentò
già anni fa un accordo per gli scavi, e voto favorevole ed unanime al grandioso
progetto che presto farà approvare il sig. Sindaco comm. Caperle, quello della cassa dei
monumenti e musei, nella quale riversando tutto quello che dai monumenti e musei
ricava il Comune, a vantaggio di questi, per gli scavi e i restami opportuni, saranno
devoluti gl'introiti ed i fondi. E quest'opera intelligente e patriottica dev'essere in
ogni modo aiutata.
"o
2. Epigrafi etnische e varie di Verona.
Pubblico altre tre iscrizioni appartenenti alla collezione dei conti Gazzola, che
già si è provata sospetta per molte epigrafi latine e greche che pubblicai nelle Notizie
del gennaio 1893 (pag. 17-19). Questa volta sono epigrafi etrusche, che vidi nel cortile
del palazzo dei conti Gazzola (piazza S. Maria in Chiavica) nei giorni 13-15 set-
tembre del 1892. Ora sono state trasportate al museo Civico insieme con le epigrafi
greche e latine già da me illustrate e con tutto il materiale archeologico e zoo-
logico del museo Gazzola, acquistato dal Municipio di Verona. Le lastre inscritte pro-
vengono dai poderi Gazzola, o da Quaderno, sulla linea di Mantova, o dalla Palazzina,
nel comune di s. Giovanni Lupatoto, o da Koverchiaretta, circondario di Legnago.
Non si sa a quando rimonti la scoperta; da cinque o sei mesi giacevano neglette nel
cortile e mi furono mostrate insieme con tegoloni antichi di m. 1 circa di altezza
e 0,50'" di larghezza, formanti sarcofago e scoperti a Koverchiaretta, secondo le indi-
cazioni degli scopritori, nella campagna Crosara, unitamente a monete e a piccolo
recipiente di terra cotta ora perduto.
In apparenza codeste tre iscrizioni paiono ottime epigrafi etrusche, ma invece
sono tutte e tre falsificazioni. La trasposiziono di alcune lettere, il ducU's della le-
zione, specialmente in riguardo del principio e della fine dei tratti rettilinei e curvi,
alcune forme peculiari al falsario che si ripetono e si allontanano dal buon uso, infine
il materiale su cui sono scolpite, eh' è verosimilmente pietra di Saltrio, giustificano
VBRONA
— 23U —
REOIONE X.
i dubbi eh' io mi ero formato e cho contoraporaneamente a me esponeva par suo conto
anche il sig. Cordenons, direttore del Museo di Padova, in una sua lettera al sig. Sgul-
mero, vice bibliotecario della Comunale di Verona.
Ora il eh. prof, coniin. Lattes. professore emerito della li. Accademia Scientifica
Letteraria di Milano, gentilmente mi comunica il suo giudizio circa le epigrafi in
questione, che io riporterò insieme con la pubblicazione dei facsiniili delle epigrafi
e con alcuno mio note, innanzitutto per porre in guardia gli studiosi e poi perché
come falsificazioni sono importanti :
Ecco le osservazioni del prof. Lattes: • Le tre iscrizioni etrusche di Verona
sono tutte e tre copie inesatte, ma molto interessanti d'epigrafi già note:
1» - V. Fabr. 1382: [fhtavc . Vdxeim | LarOiia. Vipis Gasp \ res{^)\ lamina
plumbea, oggi, come pare, a Béziers, essa medesima forse una falsificazione di Fabr,
Primo sappi. 340, oggi a Napoli (cfr. Deecke Elr. Farseli. HI, p. 195-tì, n. 31) ".
2» . V. Fabr. 935 tav. XXXIII e Gloss. col. 811 = C /. /.. !.. p. 255: L(arO).
Cae. CaiUias' (in lettere etrusche); L(arO) — Cae — CauUas (in lettore latine con II
juT A' e col nesso THC finora inavvertiti l'uno v l'altro), tegolo di Montepul :iano,
oggi a Firenze •.
i?» ^ Fabr. 901 e Gloss 1529; ÌMrH. Numsi \ liau/ias , tegolo sepolcrale id. ib. «.
Cj II faliiarii) Irnaportù Casip — nella prima liiira o irnlascib res. Si notino le forme dell a
.liTcmc 'Uiroriftinnlo coi tratti cgagerati (fi fi fl) v io h di Uhlave, che pare mi H di J'iifra del
periodo arctirisriiiio.
REGIONE X.
— 2ai —
VERONA
« Fra lo particolairità del falsario ù la sua personale simpatia per quella forma
di S, che pare 5 arabico capovolto e che egli pose nello strano Nuais, da lui sur-
rogato per falsa lezione al genuino Numsi , forse perchè avea sottocchi Fabr. 871,
(love quel S occorre due volte, di cui una precisamente in Nuasiae » (').
ob.oSr/ì'd-boiòhCQhu-jó
Devo la conoscenza di codesta epigrafe alla gentilezza del prelodato sig. Pietro Scrul-
mero. L'epigrafe è di sua proprietà e gli fu consegnata nel maggio del 1887 da^li
eredi del fu Simone Meneghelli, antiquario in Verona, morto nel 1887. Io la vidi
il settembre 1893 e ne ritardai la pubblicazione, tentandone invano l'interpretazione
anche dietro le indicazioni di persone competenti.
Il p. Placido Bresciani, in una raccolta, in fogli sparsi e in minute copie, di
iscrizioni greche, latino e medioevali, cho ora trovasi con altri suoi mss. nella bi-
blioteca Capitolare di Verona (sala Maffeiana) , unisce un facsimile abbastanza fedele
di codesta iscrizione e ci dà la seguente notizia preziosa : trovata a La::ise (la»o di
Garda) in occasione di fare un fabbricato nel 1785, presso il nob. sig. Paulino Gian-
filippi.
Ora il eh. sig. Sgulmero, che trovò presso gli eredi Meueghelli libri provenienti
dalla libreria Gianfilippi, crede molto verosimilmente che l'antiquario Menec^helli
abbia acquistato lapide e libri nel 1848, quando la sostanza Gianfilippi andò divisa
e venduta. Lo Sgulmero raffronta codesta epigrafe, quanto al carattere, con l'iscrizione
di Gaudenzia, che era nel Cimitero di Ciriaca e che fu donata dal Boldetti al mons. Bian-
chini (M. A. Boldetti: Cimitero di Ss. .Martiri ed antichi Cristiani di Roma I, 84-85).
Infatti nell'ultima linea di quell'epigrafe: Anime (sic) Innocenti Gaudeniiae que (sic)
vixit * an. V. m. VII d. XXI in pace, si legge in caratteri di un unciale goffo e
barocco, tutto a curve, apici e nessi; Mercarim pater filiae ('J) V idus nocemb. Urso
et Polemio coss. Il dicctus assomiglia molto a quello della nostra epigrafe, come a
quello di altre due epigrafi della raccolta Bresciani sopracitata, che non è qui il
luogo di esaminare. Tentai di decifrare con l'aiuto di queste la nostra epigrafe, ma
(') Io lof,'f,'o Numsi (fai iiii(j cafcu, qicinluiniui! at(iii:iiito confuso Vm e quasi abrasu l'i lìnaK';
il falsario avrebbe (lun(|ue copiato senza alcuna alterazione il Numsi genuino. Oltre l'uso del sejriio 2
per il S , si Udii la i)rcdilezione del falsario per l'V a calice ed obliquo.
Classk di scienze morali ecc. — Mkmorik — Voi. II, Serie 5°, parte 2"
20
VERONA. VENEZIA — 232 — REGIONE X.
le lettere formano un accozzo di parole senza 8Ìj,'niticato. Daltra parto la nota mss.
del Bresciani circa la provenienza della lapide allonUinerebbe la supposizione di
Talsitil della medesima.
Kpi.Urafo greca falsa, copiata presso il fu cav. Alessandri, <,'ià conservatore del
museo Civico. È immurata nel cortile del suo palazzo ed è di pietra bruna lucente,
molto simile a quella di Saltrio, alt. m. 0,385, larg. m. 0,17, dello spess. di m. 0,03,
lettere 0,02. Leggesi :
MENANAPOC I lEPAnOAETHC | nPOC | MENANAPON | nOTAMON
MèinV(S(ioc ifQarTolèti^i ttqÒc Mnatógoy rTOiccuiii.
Cfr. Kaibel, /. G. S. ci It. n. 1848 (Roma) : MìvhvSqoì: Uqa7ToXtti]c ttqòì
MfcivÓQor TTotKUÓr.
S. Ricci.
II. VKNKZIA — Di un'importante epigrafe cretese rinvenuta nella
Basilica di s. Marco.
Durante il mio soggiorno a Venezia por la revisione delle iscrizioni cretesi che
si trovano sparse nei musei pubblici e privati e nei codici «li quella città, dovetti,
per studiare il marmo del lato opposto allo scritto, die è la nota epigrafe cretese
della Basilica di s. ilarco ('), rimuovere la lastra dall'incassatura di legno e stac-
carne lo strato di gesso che la ricopriva da tutti gli altri lati. Fui sorpreso nel ri-
conoscere all'intorno della lastra rettangolare, nel senso dello spessore, lungo uno
dei lati maggiori e lungo i due minori, un fregio ottimamente conservato e tìnora non
rilevato da alcuno. Sìibito lo identificai con quello ricorrente per tutta la facciata della
Basilica nella costura dei piloni, fra il primo e il secondo ordine di colonne ed anche
altrove. Consiste il fregio in due fascio a scacchetti altornautisi. in mezzo ai quali
corre una lista sporgente d'ornato a foglia di edera; esso è indubbiamente del sec. XIll.
Nella zona mediana della lastra, dalla parto non scritta, si vedono ancora le im-
pronte a stella del cemento che teneva fissi i capitelli delle due colonne sottostanti,
alle quali la lastra serviva di abaco. Accertatomi da questi indizi che quella lastra
fortunata doveva avere un posto speciale nella storia della Basilica, e che questa storia
a sua volta doveva dilucidare quella della lastra, mi rivolsi al eh. ing. comm. Sac-
cardo, direttore dei lavori di restauro di S. Marco e dello Studio di mosaico.
Risult«S dalle sue gentili informazioni che la lastra ora stata da lui scoperta
nell'agosto del 1882, nel secondo intercolunnio della facciata, venendo dalla piazzetta
0 precisamente al posto del pilone delle arcate nell'ordine superiore. La lastra di
marmo fu sostituita da altra identica e ceduta al Museo dalla Fabbriceria della Ba-
silica; essa faceva parte di tutto il restauro ed ornato della l?asilica anteriore al 13U(>.
ed il fregio architettonico doveva perciò essere di (piel periodo di tempo, come del
resto risulta evidente dallo stile stesso del fregio e dalle colonne in posto sottostanti,
(') Comp»retti II. .I/mi. ilnl. tii antich. rlnst. I, |i. lll-l"i'i.
REGIONE X. — 238 — VENEZIA
che hcanno la fop^lia piotezionale, o poi anche dal fatto che nel 1385 incominciarono
ujI sommo della tacciata le decorazioni dello stile gotico successivo al nostro in
questione.
Ora, siccome la cronaca Da Canale, che accenna agli ornati artistici della fac-
ciata, s'arresta al 1275 e parla di un mosaico di quel tempo, che ancfira si vede
in posto nell'ultima arcata a sinistra, per chi guarda la facciata, rappresentante ap-
punto la facciata della Basilica col nostro ornato, risulta evidente che questo appar-
tiene al periodo 1204-1275 e che molto prima del 1275 l'epigrafe cretese doveva
essere stata trasportata a Venezia da Creta direttamente o forse da Costantinopoli, in
occasione del ritorno trionfale a Venezia dui doge Enrico Dandolo (12U4) (').
È dunque impossibile che la nostra epigrafe, già prima del 1275 membro ar-
chitettonico delia facciata, sia la stessa che servì al testo del foglio Molin, di cui
parla il eh. Comparetti nella sua pubblicazione, foglio ora perduto, stampato in sè-
guito al trasporto nel decimo sejìtimo saeculo (-) ed erano quindi giustificati i dubbi
dello stesso prof. Comparetti, che rilevava già fin dal 1884 che l'epigrafe della Basilica
mancava dell'aggiunta fatta di comune accordo fra le due città (che leggesi invece
nel foglio veneto), e che questo, d'altra parte, si mostrava mancante di brani che
la nostra epigrafe porta scolpiti tuttora leggibili.
In attesa di maggiori dilucidazioni, il marmo, dietro mia proposta e per gentile
concessione del eh. comm. Barozzi, direttore dei RR. Musei e Gallerie di Venezia,
non si vede più come prima ingessato nell'incassatura di legno, ma è stato posto su
sostegni a rotelle, ad un' altezza che renda agevole il vederlo e studiai'lo da ogni lato,
e gli sarà apposta una targhetta, che ne ricordi la pertinenza alla Basilica, come
membro architettonico, e la sua storia come epigrafe, storia che merita d'esser nota
anche ai non specialisti della materia, perchè interessa Creta, ma più ancóra Venezia.
S. Ricci.
(') Un'altra importante epigrafe cretese rimane tuttora a Costantinopoli ed ò il giuramento
di quei di Dreros (v. Cauer, Delectus" , n. 121: Ì7i museo Turcico ecclesiae s. /renne).
(2) Gli studi del Torres y Eibera {Antiqui t. crei., cap. I. jiag. 28 e segg., cfr. Periphs Cretae,
p. 13-14) avevano posto in luce che il testo di codesto foglio prezioso era stato tratto da un'epi-
grafe che Francesco Molin vide in quel di Kydonia in Creta, saeculo elaòente decimo septimo non
procul a Salinis, quam (tabulam) ruslicus quidam prò mensa adhibere sueverat, e che spedì su-
bito al fratello Domenico, senatore veneto e raccoglitore di antichi monumenti, non quidem, ut
Chishullus prodidit, anno 16 J.'), cum Dominicus Molinus diem suum obierit 17 die nov. a. 1033
decem nimiruìn tot annos ante detecti ac transmissi lapidis epochnm a Chishullo e.rpressam
Ora riidiiiità (lell'argoinento tra il testo del fofjlin, che ci ò i)crvenuto per mezzo ihd CliisliuU, e
quello dcH'cpigrafe della Basilica aveva indotta ad idontificaro l'uno coiraltro.
NONTEUARCIANO, AN'CONA — 2.i\ — RKOIONE VI, V.
Regione VI (UMBRIA).
111. Mi.LNTKMAKClAiNt.) — l)i un ripoatiijlio di nionclc coììnohiri di
argento.
In ui) predio di proprietà del sig. Enrico Àndroanelli, situato in contrada (ia^'-
giola, fu casualmente rinvenuto un ripostiglio di 208 monete familiari, di argento,
contenuto entro una rozza olla di terracotta, a ni. 0.(5U di profondità.
Le monete spettano allo famiglie ^^eguenti : Aburia 1. Aelia 1. Antestia 1. An-
tonia 4. Atilia 1. Caocilia 4. Calpurnia 12. Cipia 2. Claudia 7. Coelia 1. Cornelia 2.
Crepusia 2. Curtia 1. Egnatia 3. Fabia 2. Flaminia;?. Fonteia 8. Furia 4. Julia 11.
.Tunia 4. Licinia 7. Lucilia 3. Lucretia 4. Lutatia 1. Manlia 4. Marcia 8. Maria 3.
Memmia 2. Miuucia 4. Naevia 5. Papia 2. Papiria 2. Plautia 1 Poblicia 2. Pom-
peia 2. Porcia 2. Postumia 7. Procilia 8. Ilubria 3. Rutilia 7. Satriena 3. Scribonia 1.
Sempronia 1. Sorgia 2. Sernlia 1. Thoria 1. Titia 7. Tituria 9. Trebania 1. Tullia 1.
Vibia 2U. Volteia (J. Incerte 4.
C. ClAVARINI.
Regione V (PICENUMJ.
IV. ANCONA — Tombe ed avaìid di coslrtaioni di eia varia sco-
perti in piazza Cavour.
Sulla fine del passato marzo, cominciarono i lavori di sterro per le fondamenta
del nuovo palazzo delle Ferrovie, nella piazza Cavour.
La valle in cui si sta costruendo il detto palazzo, chiusa tra il colle dei Cap-
puccini e quello del Cardeto a nord, ed il colle di 8. Stefano a sud e che si allarga
dalle vecchie mura e dalla porta Calamo, trent'anni fa demolite, fino alla nuova cinta
ed a porta Cavour, si chiamò, modernamente la piana degli orli, e nel medio evo
t>alle (li Penocchiara (nelle carte del sec. XI è detta Peneclaria).
Prometto pure che la tradizione e le memorie dei cronisti riferiscono che nel
prossimo colle di s. Stefano si edificò nel primo secolo una memoria a quel santo;
e nel V secolo una chiesa allo stosso vi fece innalzare Galla Placidia, chiosa che
fu la cattedrale anconitana fino ai secoli X o XI circa. Inoltre sappiamo che in
Penocchiara fu anche una chiesa dedicata a s. Silvestro, la quale nell'anno 510 già
demolita dai barbari, era ridotta un mucchio di rovine. Nel VI secolo, in seguito
al terremoto del 5.")S, gli abitanti del colle di s. Stefano scesero a fabbricare caso nel
piano sottostante; e nel secolo XI i monaci Benedettini • nelle vicinanze di b. Stefano,
nella piana degli orti • murarono il monastero di s. Gio. Battista {Ecclesia Pene-
REGIONE V. — 235 — ANCONA
claria, in fundo Peiieclaria, fonte Alcìiara: da carte del 1051) con ospedale per i
poveri malati e con cura di anime. Questo monastero, accresciuto nel 1168 con la
parrocchia di s. Giacomo, si mantenne fino al secolo XIV, come si ha dalle carte
del 1191, 1205, 1296, 1300; ed era quasi demolito quando fu abbandonato dai
monaci nel 14G4 (Ann. Camaldolesi); e forse il suo materiale venne adoperato nel 1532
per la costruzione della cittadella, ordinata dal papa Clemente VII.
Vi fu inoltre una fontana di s. Giovanni, e, più tardi, la Madonna degli orti.
Rammento da ultimo che in cotesta valle, dai Goti in poi, si attendarono sempre
i nemici i quali assediarono per terra Ancona.
Premesse tali notizie riferisco le scoperte.
Nella linea dei pozzi, a tramontana, nei giorni 2, IZ, 20, 23. 25 e 27 aprile
si sono trovate sette tombe di tegole a tettoia, con coppi sul culmine e sulle con-
giunture laterali delle tegole, variamente orientate, le più da est ad ovest, ed alla
profondità dal livello attuale di campagna da m. 5,12 a m. 6,08, che, compresa
l'altezza delle tombe, scende da m. 5,58, a m. 6,51, meno la sesta tomba, scoperta
il 25 aprile a soli m. 4. Tutte erano piene di terra filtratavi dalle commessure,
con scheletri conservati bene fra il terriccio : e due crani ho portati al Museo per
essere studiati.
Soltanto nella prima tomba si rinvennero tre unguentari di vetro in pezzi, a
sinistra dei piedi dello scheletro. Nella terza osservai che la tegola di mezzo, sot-
tostante al cadavere, era forata nel centro. Nella sesta, apparsa il 25 aprile, come
si è detto di sopra, lo scheletro posava, invece che su tegole, su quadroni di laterizi
con incavo a presa; e nell'ultima scoperta il giorno 27, lo scheletro posava sulla
nuda terra. Singolaro la quinta, che conteneva ossa umane combuste entro un fossetto
aperto nel piano della tomba. Vi erano misti carboni, ceneri, rottami di una lucerna
fittile col noto bollo Foriis, frammenti di due o tre vasi ansati di terracotta, e chiodi
di bronzo e di ferro.
Il 20 aprile fu rimessa in luce a m. 5,44 anche una tomba a cassa, alta m. 1,03
orientata da est ad ovest.
Era formata di gi-andi lastre di tufo del montagnolo, come quelle tombe che ho
trovato sempre ricche, specialmente se nell'interno dipinte e intonacate. Ma a questa
mancava la lastra superiore della testata ad ovest e mancavano due dei pioventi del
lato sud, evidentemente tolte da chi in altro tempo la scopri e spogliò degli oggetti
preziosi. Infatti la trovai piena di terra penetratavi dalle lastre mancanti, con lo sche-
letro femminile intero e a posto, col capo a levante. Degli oggetti della suppellet-
tile funebre vi rimanevano : un' anfora fittile, ai piedi dello scheletro ; una coppa di
vetro; un disco di rame, frammentato probabilmente fondo di un vaso, anche questo
presso i piedi ; un ago crinale ed un bastoncino di osso lavorato, presso la gamba
sinistra, ed a destra un asse unciale con Giano bifronte, e prova di nave; im' oncia;
tre vasi fittili fusiformi, ed un vasetto con un' ansa a vernice nera.
Tali tombe scoperte alle indicate profonditii, confermano che la necropoli di
Ancona continuò in quel sito anche nell'età romana, appartenendo all'età suddetta le
prime tombe, superiormente citate, mentre la tomba sesta è del secolo 111 av. Cristo,
ANCONA — 236 — REGIONE V.
come molto altre precedentemontti scoperte nella zona medesima (cfr. Notizie 1892
p. 80, lOìS).
]SIolto importanto per la topografìa della città è la scoperta dei ruderi di vari
muri e di sculture.
Noto tre muri nella linea di tramontana: uno diretto da est ad ovest; un altro
da nord a sud; un altro da nord-ovest a sud-est; quattro altri muri apparvero nella
linea di levante; e di essi uno da nord a sud, e tre da est ad ovest. Tre muri appar-
vero nella linea meridionale tutti diretti da nord-ovest a sud-est.
Il primo muro del lato di tramontana, della larghezza varia da m. 0,r).') a
m. 0,8.") apparso alla medesima profondità di m. 4.80, scende lino al piano di fon-
dazione da m. .'),:{() a m. 5,70; e solamente in un punto, nell'angolo nord-est scendo
a m. fi.S."). Da esso si distaccano lungo la linea, a varia distanza, altri due muri
da m. 4,75 a m. 5,46 di profondità. Cotesti muri, per conseguenza, raggiungono
quasi tutti il piano delle tombe più antiche, e forse sono contemporanei ad esse, o
fossero muri di recinto del sepolcreto, o di altro edificio.
All'opposto dei muri apparsi nei pozzi e nella trincea del lato di levante, quello
diretto da nord a sud è a m. 2, 88 dal livello attuale, e gli altri che si spiccano da
quello nella direzione da est ad ovest, sono alla profondità varia da m. 1,60 a
m. 3,20.
Cos'i i muri scoperti finora nei pozzi del lato meridionale, orientati da nord-ovest
a sud-est, sono alla profondità di m. 2,14 a m. 3,52. Laonde questi che rimangono
tanto al disopra del livello delle tombe e dei ruderi del lato nord crederei appar-
tenessero a costnizioni di età posteriore.
Presso il muro di levante diretto da nord a sud, verso il mezzo della linea, si
raccolse sotto calcinacci e macerie, una colonna di granito bianco macchiato di nero,
alta m. 3,30 e del diam. superiore di m. 0,37, e inferiore di m. 0,44. Accanto giaceva
un grosso cilindro in travertino, alto m. 0,78 del diametro esterno di m. 0,60 e dia-
metro intemo di m. 0,31 e questa parte interna era tutta ripiena di calcestruzzo.
Si trovi"! in piedi, su propria base, la quale posava sopra due parallelepipedi di tufo
del montagnolo, e sopra un dado a fondazione formato di calcestruzzo.
Dove è da notare che il vano circolare di questo cilindro superionnente si al-
larga per l'innesto di un cilindro simile, il che dimostra che il ciliudio appartenne
in origine ad una conduttura di acqua, e poi, riempitone il vuoto, fu adoperato come
un semplice roccliio di colonna.
Poco discosto furono trovati tre altri cilindri simili. Allargato poi lo scavo per
estrarli, si rinvenne un altro cilindro simile ai precedenti, pure ripieno di calcestruzzo
ed in piedi sulla base, uguale a quella del primo, e distante da questo circa m. 3,.")0
ed in linea da est ad ovest. Vicino giacevano due capitelli di travertino, dei quali
uno ornato a fogliami, ed uno quasi intero, con quattro aquile agli angoli.
Infine a pochi metri dalla ]irima colonna di granito si è rinvenuto un tronco
di altra colonna simile, lunga m. 1,60 del diametro superiore di m. 0,44.
Nollo estrarre le prodette sculture si sono rinvenuti alcuni massi rettangolari
di travertino con le facce leggermente intonacate a colori rosso e giallo.
REGIONE VII. — 237 — FIRENZE, MONTEPULCIANO
Non debbo omettere la scoperta di una tomba formata parte di lastre di tufo
e parte di tegole tolte da antichi sepolcri, e coperta di due lastre di tufo.
A ridosso poi del muro dei lati est e sud, ed alla profondità varia da m. 2,24
a m. 3,52 : si scoprirono quattro grandi sepolture, piene di ossa raccolte da altre tomba.
Senza dubbio tali muri, e le basi trovate al loro posto, e, poco lungi, le colonne
intere ed i rocchi di colonne, ed i capitelli, ed i massi rettangolari di travertino
intonacati e colorati sono le tracce sicuro di uno degli edilìzi dei primi tempi cristiani,
dei quali si è detto in principio e che vennero formati con materiali di vario stile
e di varia provenienza.
È a sperare che col progresso dei lavori sia dato raccogliere tutti gli elementi
per delinearne la pianta.
C. ClAVARINI.
Regione VII (ET RUBI A).
V. FIRENZE — Proseguirono lo scoperte nei lavori pel Centro di Firenze,
e si rimisero in luce pezzi architettonici, per lo più riferibili ad editici pubblici di
età romana, intorno ai quali sarà presto edito un rapporto del direttore degli scavi.
VI. MONTEPULCIANO — Arredi di una tomba chiusina a camera.
Non lungi da Montepulciano in una tomba franata a camera, scoperta casual-
monte, si raccolsero i seguenti oggetti d'arredo funebre.
Bronzi
1. Giuoco del Kottabos in bronzo, alt. m. 1,30, con base di ferro frammentaria
(v. tig. 1, 2, 2^^). Ha la gà^óog xairufitm] di bastone liscio affusato, la vnoxnittvi] Itxdn^
di lamiera tonda, come nell'esemplare di Perugia (Helbig, Hóm. Mitth. 1886 tav. XII;
cfr. IJaruabei, Nolizlc 1886 p. 314 sg.); ed è sormontato da una mostruosa figura alata
e seminginocchiata, alt. cent. 17, nella quale è da riconoscersi il Cliarim etrusco
0 Tachulcha, il più abietto servo dell'Averno. Corrisponde per tipo alla figura di
Caronte i)si/choimmpos dell'urna etrusca in Micali, TtaL av. Rom., tav. XXIV
(= Martha, L'Ari (Urasqtic p. 178). Nelle mani protese teneva probabilmente due serpi,
come Tuchulcha nella pittura cornetana della tomba dell'Orco [Moa. Isl. Vili,
tav. 15; Martha op. cit. p. 394, fig. 268). La testa barbata col caratteristico naso
a becco d'aquila, con occhi disformi, uno più grande dell'altro, è coperta da una
specie di berretto ('Aidoc xrvi-i^), sul i|uali' sporgono due orecchie ferine, due corni
MONTKPCLCIANO
— 2.18
REGIONE VII.
caprini ed un punzone ottuso, destinato a sostenere in bilico la Tthiany^ del Kot-
tabo». È vestito di breve tunica manicata stretta in cintura od ha i piedi nudi (').
2-3. Duo candelabri coniiiaj,'ni. alt. m. 1 ,54. simili por tipo
per arte e grandezza a quelli del Museo tìrc^oriano I tav. LUI. 4.
I piedi d'aquila sono franiezzati da elcf^'anti palmetto. 11 fusto,
cesellato alla baso con tre ordini di palmette e scannellato tino
in cima, presenta la solita padellina convessa, sulla quale riposa
il (iiiadruplice uncino dove si conficcavano lo candele. In mezzo
agli uncini per le candele è posto il symplegma di un cavaliere
nudo in atto d'infrenare il proprio cavallo (Dioscuro).
Uno di questi simplegina alt. 0,11 è intatto (v. tìg. 3, 3a);
dell'altro si cont^orva solamente il cavallo in galoppo privo di
una gamba e della coda.
4-5. Due stamnoi compagni, alt. 0,38, bocca 0,23, corrispon-
denti al tipo del Musco Gregoriano I tav. IV, 5 (fig. 4). Hanno
però il labbro con l'ornato a lingue finamente cesellato e le
anse orizzontali con l'attacco in forma di foglia piena lanceolata
(cfr. Mus. Gregor. I tav. 60 il). Mancano vari pezzi del ventre.
(). Altro siamnos simile, alt. 0,28, bocca 0,21 (fig. 5). Le anse
orizzontali banno l'attacco in forma di foglia di palma frasta-
•^
^
Fio. 2 a.
Ki.i. 1.
Fio.
(') l^ucntu nnovo jfinKCii del Kutlnlws e i citiulelabri i-oi Diusciiri, ilcscriUi qui np)ireiiiiii for-
inanu sotrk'cttu di una mia trallaiioiio i*c|tiiriita noi Rendiconti dei Lincei vu). IH fase. 5 p. 268-282.
REGIONE VII.
— 239 —
MONTKI'l'I.riANO
gliata (cfr. Mi/s. Grcf/or. I tav. 60 e). Il labbro al di fiinri e similmente decorato
a linguette e sn[ierioniiente con ima treccia continua bulinata.
7. Patera uiiibellicata (diam. U.2o) decorata esternamente a bulino con finis-
Fio. Sa.
FiG. 4.
Fifi. X
Fio. 5.
simi tralci di toglie d'ellera e con un doppio ordine di foglie palmate, le quali contor-
nano l'umbellico concavo convesso corrispondente a quello d'una Irua (fig. fi). Esterna-
mente è decorata sempre a bulino con un corridietro a onde e sovrapposti delfini
Cl.ASSK DI Si IF.N7K MdHM.I ecr. -- AIk.MOHIK — Vlil. II, Serie ■>', l'Alte 2" 30
MONTEPULCIANO
J40 —
REGIONE VII.
natanti (fig. 6a). L'ansa, di forma ovale, ha un nodo supcriore con triplice periato
elio la contorna, e l'attacco decorato in rilievo con uu leone gradiente.
Fi.:. C.
FiG. <!a.
8. Altra patera a fondo piano, dm. 0,29. Ha il bordo cesellato con l'orruato
a lingua e la maniglia ovale, con nodo superiore e l'attacco cesellato a rilievo con
un pegaso volante.
9. Manico di oinoclioe a canna (alt. 0,19), identico a quello del Mux. Gregor.
I tav. hde. Superiormente termina in testa di ariete, ed inferiormente in una placchetta
rettangolare, sulla quale è rajipresentato un eroe in panoplia caduto con testa rove-
sciata tutta all'indiutro. Per il tipo della oinochoe cui appartenne, cfr. Mus. Grcyor. I
tav. VI. 1 infra. 5. 1 supra.
10. Manico a nastro (alt. 0,20) di oinochoe con bocca a foglia d'oliera (cfr. Mus.
Gregor. 1 tav. VI. 1 supra). È decorato longitudinalmente a tre tili di periato, ed ha
l'attacco tondo ornato al rilievo di un grifo che assale un puledro.
11. Due maniglie orizzontali (larg. 0,11) di un bacile, con gli attacchi tondi,
nei quali sono scolpiti due mascheroni silenici.
12. Due maniglie e relative orecchie cesellate, in parte frammen-
tarie, di una situla, la quale doveva esser identica a quella del Mus.
Oregor I tav. IV n. 4.
13-15. Tre kijalhdì (alt. 0,08) ossia poculi con alti manici corri-
spondenti con quelli del Mus. Gregor. I tav. VI. 1. Uno ben conser-
vato (tig. 7); gli altri due mancanti della parte inferiore.
16-17. Due vasetti (alt. 0,12; 0,10) col ventre in forma di situla a labbro espanso,
simili a quelli del .Mus. Gregor. I tav. III. 2.
Fio.
REGIONE Vlt. — 241 — MONTEPULCIANO
18. Altro vasetto iu foruia di situla privo di labbro, alt. 0,09.
19. Ohieni (diain. 0,27) uervata e base tonda sagomata e cesellata riferibili, ad
un kratere ossia ad un oxijhapkon col ventre ovoide (cfr. per es. il tipo del Mas.
Gregor. I tav. IX. 4).
20. Borchia tonda in forma di coppella (diam. 0,08) e frammento di due altro
simili.
21. Borchietta simile più piccola, diam. 0,025.
Ferro.
22. Foculo ossia braciere in frammenti di forma quadrangolare, fatto di lamina
di bronzo con rinforzi di ferro e sostenuto da quattro rotelle di brony-o (presunta
lungh. 0,68, largh. 0,42). Corrisponde esattamente coi tipi di braciere rinvenuti negli
scavi di Visenlium.
23. Frammenti di una spada di ferro (larga m. 0,05.5).
Terrecotle.
24. Fondo di una kylix in frammenti di fabbrica orvietana a vernice rossa, nel
cui interno è rappresentata una figura virile in atto di correre.
•Questo fondo di tazza, per quanto male ridotto e con la vernice quasi intera-
mente distrutta, è interessante per la tecnica, e perchè serve a fissare la data della
suppellettile suddescritta verso la fine del sec. IV a. Cr. , epoca con cui ben corri-
spondono lo stile e l'arte di tutti gli altri oggetti.
La tomba a camera, dentro cui si rinvenne, era di forma quadra (m. 3 X 3) ; e
priva di banchine. Nel bel mezzo, in posizione traversa rispettivamente al dromos,
si trovò la cassa di legno con lo scheletro del defunto.
Il kottabos n. 1 e i candelabri n. 2-3 si trovarono piazzati a sin. dell'ingresso
della tomba ai piedi della cassa.
Alla cassa di legno del defunto appartengono le borchie n. 20-21.
Tutto il vasellame (n. 3-19) si trovò ammassato accanto alla cassa vicino
all'ingresso.
Questa tomba sta strettamente connessa con un'altra scoperta nel 1868 dal
Mazzetti, parimente nei pressi di Montepulciano, della quale faceva parte la impor-
tante kylix del kottabos edita negli Ann. dell'/si. 1868, tav. d'agg. i?, p. 226.
Questa tazza fu acquistata nel 1892 per il Museo di Firenze insieme con al-
cuni altri oggetti provenienti dalla stessa tomba, degni di esser qui almeno ricordati
e brevemente descritti :
Bromi.
a) Stamnos (alt. m. 0,39, diam. della bocca m. 0,22), con maiiii^lio lìnamcnto
cesellate desinenti in mascheroni silenici, e bocca ornata di ovuli. Conservazione por-
fetta ; splendida patina verde azzurrognola.
ROMA
— 242 -
ItOMA
b) Altro stamnos similo al ii. G siiddescritto (v. fip. 5). Conservazione perfetta
patina coniu sopra.
e) Oinochoe con bocca a foglia d'ellera e con alto manico a nastro (alt. m. 0,23).
Con-serva/ione e iiatina come sopra.
</) Oinochoe con manico ornato di gor-
(joneion o bocca tonda (alt. m. (».'22). Conser-
vazione e patina come sopra.
e) Trua di bella conservazione e patina
come sopra.
/■) Paio di poetili cilindrici manicati
(cfr. ti.,'. 7).
<jr) Poculo a tronco di cono ansato.
?■) Candelabro, alt. m. 1, con tripiede a
zampe d'aquila, fusto scannellato decorato infe-
riormente a squame, e sormontato da un gruppo
di squisito lavoro, il quale esiliisce un dio
clamidato ed imberbe (credo Apollo) in atto
di colpire col pugno un Gigante (credo Enri-
medonte) (fig. 8). Il Gigante, allerrato per la
barba e ^'i;\ atterrato, tenta di difendersi lan-
P,p j, ciando un sasso contro il suo assalitore.
Ori.
a) Paio di orecchini {imurcx), limg. 0,0.">, ad anello vuoto, decorato a stampa
di rabeschi e palmizi e con campanella pendente fìlogranata. Per un tipo analogo
cfr. Martha, f/art Klrunfjue pag. 565, fig. 381.
//) Grosso anello da dito di oro vuoto, con grosso castone convesso ornato a
stampo di rabeschi e dm gemma vitrea nel centro.
L. A. Milani.
VII. RO.MA.
Nuove scoperte nella città e nel suburbio.
Regione li. Negli sferri por le fondazioni di un villino, di proprietìi della
signora Claudia Palassi in via Capo d'Africa, alla profondità di m. tì dal piano stradale.
sono slitti scoperti due tratti di antico muro laterizio, largo m. 1,20. Essi sono pa-
ralleli fra loro; traversano tutta la larghezza del cavo, che è di m. 1,40, e distano
l'uno dall'altro m. 7. In qualche parte conservano ancora l'intonaco tutto bianco.
Regione 111. I lavori per il prolungamento della via de' Serpenti hanno fatto
tornare all'aperto altri avanzi di antiche costnizioni. Alcune di queste, in opera re-
i
ROMA
— 240 —
ROMA
ticolata e dei primi secoli dell'impero, trovansi a maj^^ore profondith; altre di età
posteriore sono in gran parte ad esse sovrapposte.
È stata totalmente sgombrata dalle terrò l'antica stanza, il cui rinvenimento fu
ricordato nelle Noli^ie del corrente anno (p. 191). Misura m. ri,80 X 4,r)0. Solo tre
pareti sono conservate, ed hanno l'altezza di m. 5,50 ; la quarta fu distrutta in antico
per le fabbriche posteriori. La loro costruzione è d'opera reticolata nella parte supe-
riore, è di parallelepipedi di tufo nella parte piti bassa. Il pavimento è formato a
piccoli cubetti di marmo bianco, con una semplice fascia nera che gira tutt' attorno
alla stanza. La parete di fondo, che ha una porta verso l'angolo orientale, è decorata
di mediocri pitture su fondo bianco : lo zoccolo è di color nero. Circa la metà dell'al-
tezza v' è una fascia rossa, sulla quale sono dipinti genietti ed animali. Sopra e sotto
di questa fascia, con linee di vario colore sono diseguati scompartimenti architettonici
assai semplici ; e fra questi sono dipinti due piccoli quadretti rappresentanti scene
di campagna, in cattivo stato di conservazione.
A m. 13 dalla stanza ora descritta, verso nord, ne è stata scoperta un'altra
(larga m. 3,75X4,00), similmente costruita in reticolato. Una parete conserva un
frammento d'intonaco, sul quale è dipinto un festone con foglie e frutti di pino.
Nello sterro è stato trovato un frammento di tavola marmorea, alto m. 0,20 X 0,21,
che 'conserva questa parte di antico calendario romano:
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XlIX Jr EQVOR VM • PROB ATIO
INFERIAE-DRVSl-CAESARIS
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LVDl-IN CIRCO
XV
LVDl-IN CIRCO
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yMOjD-EO-DIE-HONORES-CAELESTES-D IvO- AVCVSTO
a ««ìj'JATV- DECRETI -SVNT- POMPEIO • ET-APPVLEIO • CCS
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Nella parte sinistra si contengono le indicazioni dei giorni 11-22 di settembre;
nella parte destra quelle dei giorni 12-20 di ottobre. Le lettere maggiori, che ri-
ROMA — 211 — ROMA
producono le antichissimo tabulae fastorum, cioè le lettere iiuDdiuali e le note o i
nomi proprii di ciascun giorno, sono alto un centimetro: le minori hanno l'altezza da
tre a quattro millimetri. L'incisione è nitida e regolare; parecchio lettere, specialmente
nelle not*j del settembre, conservano tuttora li' tracce della primitiva rubricazione.
Fra le due serie di lettere incise a caratteri magjfiori sono inseriti i numeri
calendarii, quali trovansi pure in altri omerologii dello stesso tempo, per es. nei Val-
lensas, nei Vaticani, negli Amiternini, i quali ultimi per il tipo generale sono par-
ticolannente da mettere a riscontro col framineutu novellamente scoperto. In questo
le HOtae dei singoli giorni corrispondono quasi tutte con quelle degli altri emerologii,
e ne divereilìcano (soltanto ai giorni 12, 15, 17 settembre. Il 12 e il 15 sono in-
dicati nefasti, concordemente ai calendari! Mall'eiano, Sabino e di Amiterno la cui
età ò di poco posteriore all'anno 7(JU di H., mentre gli Anziati, che sono dell'anno 804,
segnano quei giorni cumitiales. Per contrario il 17 settembre, che dagli emerologii
di età più antica è notato comitialis, qui è segnato nefastus hilaris, come nei
calendarii di Amiterno e di Anzio. Ciò dimostra che il monumento ora scoperto è
in circa contemporaneo o di poco posteriore ai fasti d'Amiterno, mentre è anti'riore a
quelli di Anzio.
Delle ferie che si osservavano lìn dall'età remotissima, e derivavano dai fasti
attribuiti a Numa, rimane soltanto l'indicazione delle fOKTinalia al giorno 1;{ ii ot-
tobre; e senza dubbio era notato VAKMiliiatrium a! giorno 19 dello stesso mese.
Delle altre ferie aggiunte nei primi tempi dell'impero abbiamo nel nostro frammento,
al 1 7 di settembre, il ricordo di quelle decretate dal senato nell'anno 7G7 di Roma
(14 d. Cr.) per la divinizzazione di Augusto. Tale nota corrisponde esattamente a
quella scritta nel calendario d'Amiterno: Fer{iae) ex s{enalus) c(oiimlto), tj(md) e(o)
(l(ie) diro Augusto hoaores cadesles a senalu decreti. Sex. Apjiul(eio) Sex. Pom-
peio COS. ('). Al 12 di ottobre poi dovevano essere ricordate le A.VGustalia, ferie
istituito nell'anno 735, quando ritornato a Roma Augusto dopo avere ordinato la Si-
cilia, la Grecia, l'Asia e la Siria, il sonato volle che fosse dedicata un" ara alla Fortuna
reduce. Nel citato emerologio d'Amiterno l'annotazione relativa dice cos'i; Fer(iae)
ex s{enalus) c{onsulto), q{uod) e{o) d{ie) imp. Caes{ar) Aug{astus) ex lraHgniarin(is)
provinc(is) urbem iutravit, aratj{uc) Forl(unae) reduci constil{ula) ('-'). Nel fram-
mento testé rinvenuto l'indicazione è mutila, ma doveva essere espressa con formola
assai più breve e contenuta in una sola linea. Ne rimane solamente il principio:
FERIAE EX • S C -, cui fanno seguito alcuni avanzi di lettere, delle quali è diflficile
precisare il suiiplemento.
I LVDI menzionati nel settembre erano i celeborriiui e vetustissimi giuochi,
appellati propriamente ludi Romani e ludi Romani magni. Nell'ultimo tempo repub-
blicano celobravansi per quindici giorni consecutivi, dal 5 al 1!) settembre: dopo
la morte di Cesare ne fu aggiunto un altro in onore di lui, e così avevano luogo
{') C. l.L. 1 p. .121 =1X n. 1192. NiUVrat'roloj.'io di Anzio la not.n ò abbrcvi.itn lullo parole
[4u7 wto) Aon(orM)l cafl(ett»») \decreti] C. l.L. I \>. .128 =X n. iiC38.
(') C. l.L. I p ^14 =IX I). 1192.
Rt>.MA — 245 — ROMA
dal giorno 4 a tutto il 19. Parte di tali ludi erano scenici; parte si celebravano con
le corse IN CIRCO.
Al giorno 13 di detto mese gli emerologii fino ad ora conosciuti notano sem-
plicemente: lovi epulìitn — lavi indictum epuliim — Epuli iadictio ('); siccome
pure alle idi di novembre, durante i ludi plebeii, un simile banchetto era offerto a
Giove, il quale » cenai magnisque implendtts esl dapibus, iamdudum inedia gestiens
et anniversaria ialerieclione ieiuaus » (Arnob. VII, 32). Quantunque fosse lecito argo-
mentare che al banchetto offerto a Giove fossero pure invitate le altre due divinità
tutelari di Roma, Giunone e Minerva, che con lui erano venerate in Capilolio e do-
vevano trovarsi anch'esse anniversaria interieclione ieiunae ; pure non se ne aveva
finora espressa menzione. Il nostro calendario registra pienamente, che in occasione
dei solenni ludi Romani : EPVLVM INDICITVR lOVI IVNONI mHi^ervae) IN
CAPITOL(/o).
Nel giorno 14, oltre V equorum 'probalio, che ripetevasi pure nel giorno susse-
guente zXYepulum del novembre durante i ludi plebei, troviamo indicato : INFERIAE
DRVSI CAESARIS. Tale nota si ha parimente nell'emerologio Anziate; ma per la frat-
tura del marmo non rimanendo quivi che le sole parole INFER • Bk\usì , ha avuto origine
un equivoco storico, che il nuovo monumento corregge con sicurezza. In fatti hanno
fino ad ora tutti i dotti concordemente creduto, che al 14 settembre sieno ricordate
nel calendario di Anziate la inferiae di Druse seniore, cioè del fratello dell'imp. Ti-
berio e padre dell'imp. Claudio, morto nell'anno 745 di Roma (9 av. Cr.). Ma poiché
nel frammento d'emerologio testé scoperto è aggiunto al nome di Druso il cognome
Caesar, e questo cognome non fu giammai portato da Druso seniore, non essendo
stato egli adottato, come il suo fratello Tiberio, nella gente Giulia; é manifesto che
il Drusus Caesar, di cui al giorno 14 di settembre gli emerologii segnano le inferiae,
deve invece intendersi Claudio Druso giuniore, cioè il figlio dell'imp. Tiberio, il quale
con l'adozione del padre passò nella gente Giulia ed ebbe il cognome di Cesare. Egli
moli nell'anno 776 di Roma (23 d. Cr.), avvelenato per opera di Seiano. Tiberio
nel senato ne pianse la perdita immatura ; furono decretati alla memoria di lui onori
anche maggiori di quelli decretati a Germanico (~) ; ed il » funiis imaginum pompa
maxime inluslre fidi, citm origo Jiiliae gentis Aeneas omncsque Albaaorum reges
el conditor urbis Romuliis, posi Sabina nobilitas, Allus Clausus celeraeque Clau-
diorum efflgies longo ordine spectarenlur » (Tacit. IV, 9). Druso Cesare nacque
nell'anno 739 di Roma, e ne è segnato il giorno nel feriale Cumano, ove è scritto
al 7 ottobre: DRVSI CAESARIS NATALIS, SVPPLICATIO VESTAE (»). Conoscendo
ora dal frammento, di cui ci occupiamo, anche il giorno della morte, che fu il 14 set-
tembre dell'anno 776, risulta con precisione da questi monumenti epigrafici, che
Druso giuniore visse 37 anni, meno 23 giorni. Questa indicazione della morte di Druso
(') Cfr. e. I. L. I 1). ini.
i?) Esistono tutt'ira due frainmcnti, incisi in bronzo, ilol scniitus cousiilto col ijuale fu oiioriita
la niuMioria di Druso Cesare (cfr. C- 1. L. VI, 912).
P) C.I.L. I p. :ì10 =X, 3082 e 8:^5.
ROMA l'Ili — ROMA
è un altro argomento cronolof^co, che conferma i fasti testé scoperti OBsere stati scritti
dopo l'anno 77(j, cioè noi primi anni dell'iinpero di Tiberio.
Un'altra novità esibisce il nuovo emerologio al p^iorno l:t di ottobre, noi <|ualu
cadono lo ?OÌ<T ina/ia. 11 solo calendario di Aniitorno, al nome prnj>rio dol friorno,
ri-'jistrato in tutti pli altri fa>ti. agfjiunge la semplice annotazione Fvriac t'orni (').
Ora sul nostro marmo era indicato anche il luogo, ove colebravasi la festa principale
e solenne; e tale luogo è additato fuori di una porta della città: [feriac] FONTI
EXTRA Vortam Disgraziatamente il nome della porta è perito; ma si potrebbe
supporre che fosse la Fontinale. così nominata appunto dalla celebrità dei fontcx,
che nelle vicinanze sgoi^avano ed erano certamente venerati. Anzi da Pesto si ricava
che appunto dalle feste in onore delle Fonti aveva origine il nome della porta me-
desima: Fon/inulta, fo/itii/m sacra: nude et Romae Fnnfi/ial/s porta (p. 85 Miiller).
Se non che a me sembrerebbe anche probabile il supplemento : e,vtra ]){^ortam Capenam'];
riconoscendo che il sito indicato dai fasti era il celeberrimo fonte sacro, che scorreva nel
luco delle Camene. In fatti tutte le iscrizioni sacre alle Fonti, di cui è nota la provenienza,
sono state trovate nella regione I e nelle vicinanze dell'antica porta Oapena. Un notabile
gruppo d'iscrizioni de<li<'ate da ni/ujistri e ministri Fontis, dall'anno ti'.* dell'era nostra
tino ad oltre la metà del secondo secolo, furono dissepolte in una vigna • in Piscina pu-
hlica, ad Caelii montis radices, ac secus Ardentinam viavi » (-). Altre simili dedica-
zioni furono trovate nell'ultimo lembo della vallata fra il Celio e l'Aventino {•'); una
base sacra Fonti Aug. era nell'orto Mattei irsuti Coelio colle prope velcris Capenae
porlae sittim » {*); il celebre bassorilievo, ora Capitolino, dedicato Fontibm et Nijìnphis
sanctissimis fu parimente scavato « ante veteris portae Capenae sittim siih hortis
Malthacis » (■"). Ora è noto che nella valle della porta Capena, la quale anche nel
medio evo era appellata arcns stillans, l'abbondanza delle acque ed il culto di esse
era antichissimo e tradizionale. K ricordato da Cicerone: « Appia ad Martis, mira
pro/luvies .... magna vis aquac usqiie ad Piseinam ptthlicam " (''). — • Ad velerem
arcum mad/ilaiin/nc Capenam » erano il ' sacri fontis nemus et delubra » men-
zionati da Giovenale ("); dal fons, che perenni rigahat aqua il sacro bosco delle
(Jamene attingevasi l'acqua pel servizio del tempio di Vesta, riputata migliore delle
fontinali e della Marcia ("*); in line « extra portoni Capenam, iuxta acdem Martis ».
custodivasi religiosamente il celebre lapis manalis, che di là era portato processio-
nalmente in città per invocare ed otleneri; la pioggia ('').
(') CI.!.. I p. .•^2.^ =ix n. ii:i-.'.
(«) C.l.L. VI. l.S5-ir>2.
(») Ib. 153. 163-1 e.").
(«) ib. 150.
(») ib. 106.
{•) Ad Oiiint. fr. Ili, 7. 1.
P) Sat. VA. 12. Cfr. I.ìv. I. L'I: riul.ircli. Xum. I:'.; .'^.vninricli. /:)iisl 1. 'Jl.
(•) Viiruv. VIII, ;l.
(♦) rniil Kinc. p. 12*- Mnll.
ROMA. — 247 — ROMA
Pare dunque assai verosimile, che mentre la Fontium memoria nel giorno 14
di settembre era festeggiata in tutta la città coll'ornare di fiori le sorgenti d'acqua
e gittar corone nelle fonti ('), il centro principale di questo culto fosse nella valle
esterna della porta Capena, e precisamente nel sito dov' era il foas sacer, che irrigava
il bosco delle Camene, e ricordava i leggendarii colloquii di Numa (-). Per tali con-
siderazioni nel frammento di calendario parmi poter supplire con molta probabilità,
che extra p{ortam Capenam) si celebrassero principalmente le Fontinalia, essendo
quivi il fom vetustissimo, che più di ogni altro aveva celebrità e rinomanza.
Oltre al ricordato frammento di calendario, sono stati ricuperati i seguenti og-
getti: — Marmo. Statuetta virile, mancante delle braccia e della testa, alta
m. 0,16. Rappresenta una figura nuda nella metà superiore del corpo, e coperta
col solo pallio che dalla spalla sinistra scende dietro l'omero destro ed avvolge la
metà inferiore della persona. Può riconoscervisi l'imagine di Esculapio. Rocchio di
colonna di portasanta con baccellature, lungo m. 0,93, diam. m. 0,18. Simile di
breccia, lungo m. O,.^?, diam. m. 0,19. Simile di cipollino, lungo m. 0,44, diam.
m. 0,30. Piccolo frammento di colonna scanalata, e pezzo di base, di marmo bianco. —
Vetro. Tre piccoli balsamarii interi, e due mancanti del collo. — Osso. Tre spilli
ed un cucchiaio — Bromo. Parecchi frammenti informi. — Terracotta. Lucerna
monolicne rotonda, con due grappoli d'uva in rilievo e col bollo L CAE SAR. Simile,
di grossolana fattura, che nel fondo ha il bollo K__ frammezzato da otto piccoli cer-
chietti. Simile, di terra rossa, senza manico, che porta in rilievo una figura muliebre
nuda accovacciata. Simile di terra gialla, con ornato di foglie intorno al piatto e con
manico ad anello. Simile, di terra grezza, con giro di globetti. Grande manico di
lucerna, in forma di mezzaluna, con protome di Giove che stringe il fulmine nella
destra, ed aquila. Ciotola di terra rossa, senza verun ornato, del diam. di m. 0,15.
Manico di anfora, col bollo P N N. Tegolone col bollo di Primigenio, figulo dei Domizii
Lucano e Tulio (6". /. L. XV, 1000 «). Frammento di fregio, lungo m. 0,.58, mancante
della metà inferiore, e decorato in alto con una serie di ovoli sotto la cornice. Vi è
rappresentata una figura muliebre seduta sopra un cigno, il quale cammina ad ali
spiegate verso destra. La donna è volta a sinistra, ed ha una veste che lascia sco-
perto il seno e tutta la spalla sinistra. Con la mano destra regge il manto, che a
modo di vela svolazza dietro le spalle. Vi restano tracce di policromia: il fondo è
colorato in turchino, la veste ed il velo in rosso, le ali del cigno in giallo. Tre altri
piccoli frammenti di simile fregio : in uno dei quali resta la parte superiore di una
donna seminuda; nel secondo una mezza figura, pure muliebre, col braccio destro
sollevato ; nel terzo, im avanzo di architettura con due arcate, in ognuna dello quali
si vede la testa di una figura virile.
Regione VL Nella via di s. Martino, presso il Castro Pretorio, costruendosi
un nuovo casamento, sono stati trovati duo grandi massi marmorei, che certamente
provengono dallo prossime Termo di Diocleziano. Uno di essi è largo m. 1,15 ed
(i) Cfr. Varr. de !.. L. VI, 22; Frontin. de aquis 4.
(') Camenarum reliejio sacro fonti advertUur (Sj-mmacli. cp. I, 01).
Classe di scienze woiiai.i ecc.— Memorie — Voi. II. Soric' .V, ]iaHc T. 21
ROMA — 248 — ROMA
alto ni. 0,90; e conserva sopra un lato l'iotaglìo di un grande capitello di pilastro,
d'ordine corinzio; del quale però tino da antico fu segata quasi una terza parte nei
due lati e nel piano inferiore. Dal lato grezzo, opposto all'int^iglio del capitello, ò
rozzamente incisa una nota numerale di cava.
L'altro masso, scorniciato in tre lati, è largo m. 1,35 X 1,18, con spessore di
ui. U,73. È la base di un pilastro, corrispondente nelle proporzioni al capitello sopra
ricordato. La sua pertinenza alle Tenue è esplicitamente dichiarata dalla parola:
< T H R M A R V M >ic
incisa sopra il lato grezzo dallo scarpelliuo, al quale ne era stata commessa l'esocu-
ziono. La parola Thye)rmarum è preceduta da una grande V, segno numerale del
pilastro ove tale marmorea decorazione dovevasi collocare.
Uegione VII. Per i lavori della nuova fogna, che da via Capo le case dove
scendere alla via delle Convertite, sono avvenute le seguenti scoperte.
Sulla piazza di s. Silvestro, di fronte alla chiesa, è stata rimessa in luce, alla
profondili di m. 2,40, una parto di quell'aDtica platea, formata di lastroui di tra-
vertino, che già fu veduta dal Fea nell'anno 1778 ('). II tratto scoperto nel cavo
è di m. 3,35X1,00. Fra le torre si è trovato un rocchio di colonna di grunitello,
alto m. 0,80 col diametro di m. 1.10; ed una lucerna fittile monolicne, di forma ovale,
senza verun bollo od ornato.
Incontro all'ingresso principale delle R. Poste, a m. 3 sotto il piano stradale,
è stata recuperata un' erma doppia, di marmo, alta m. 0,80, larga m. 0,30. Rap-
presenta in ambedue i lati una figura giovanile di donna con capelli arricciati sulla
fronte e cadenti in larghe ciocche sulle spalle. 'Veste un peplo assai scollato, ed aflib-
biato sulla spalla dritta.
Sul principio della via della Mercede, a m. 2,25 di profondità e stato scoperto,
per un tratto di m. 2, un muro a cortina largo m. 0,75; e sono stati raccolti due
frammenti marmorei con strie ondulate, spettanti probabilmente al lato anteriore di
un sarcofago.
Regione IX. Rinforzando le fondazioni della facciata del casamento posto in
via Montoroni n. 78, si è trovato un rocchio di colonna scanalata in marmo giallo,
lungo m. 0,75. Il marmo è scheggiato quasi per un terzo: la parte superstite ha la
larghezza di m. 0,08, e il diametro intiero della colonna doveva essere di circa
m. 0,'JO.
In piazza di s. Pantaleo scavandosi per gittare le fondamenta del monumento
a Marco Minghetti, fra i muri moderni delle cantine spettanti a fabbriche demolite,
si ù rinvenuto un pezzo di antico .sarcofago marmoreo. (Jcmsi.ste nel solo lato sinistro
con piccola parto dei due lati principali. La fronte era adorna di baccellature ondulate ;
il tianco porta leggermente inciso due peltc e fra esse una bipenne.
(') Ottfrv. Mull'anfil. Flavio j>. ■41.
ROMA — 249 — ROMA
Regione X. Nello spurgare una stanza terrena delle fabbriche di Caligola, a
livello del clivo della Vittoria sul Palatino, sono state raccolte fra la terra cinque
piccole lucerne fittili, di rozzo lavoro e di bassa età, ornate all'ingiro dei consueti
globetti. Fu pure recuperato un frammento di mano, spettante a statua marmorea ;
due pezzi di mattoni improntati coi noti sigilli delle figline Cepioniane di Curiatio Co-
sano {CI. L. XV, 97 e) e di quelle di Oppio Prisco (ib. 1347); e due manichi di
anfore coi bolli :
/;) E X P R o V
(ì) (—AC MAVRETAN
CAES-TVB
Di questo secondo sigillo, spettante ad una fabbrica che era nella colonia di Tu-
busuctu nell'Africa, si trovò un altro esemplai-e al Monte della Giustizia (cfr. Aan.
d. Istit. 1878 p. 134).
Prati di Castello. Presso il mausoleo di Adriano, demolendosi im muro del
bastione moderno a valle del ponto s. Angelo, è stata recuperata una testa di statua
virile marmorea, quasi colossale, con parte del collo. È scheggiata sulla guancia destra,
e manca tutta la parte inferiore, dal naso al mento. Nello stato presente è alta m. 0,39.
Su di essa è poggiata la mano destra della medesima tìgm-a, o più probabilmente
di un'altra, il cui braccio scendeva dietro la nuca. La mano, alta m. 0.31, impugna
un oggetto, che non può riconoscersi per la rottura del marmo.
Nello stesso luogo si è rinvenuta una piccola erma bicipite, alta m. 0,14, di fattura
assai mediocre. Da una parte presenta una figura virile barbata; dall'altra, una figura
di giovane donna con capelli inanellati sulla fronte.
Via Tiburtina. Al Campo Verano, facendosi nuovi sterri per la costruzione
di edicole sepolcrali sul così detto Pincetto, sono stati raccolti i seguenti oggetti : —
Lucerna di terra gialla, rotonda, con manico ad anello, che porta nel fondo il bollo
P IVL PHIL. Altra grezza, di forma ellittica, con ramoscello di palma e globetti in
rilievo: nel fondo è incisa una croce. Altra piccola, rotonda, a due becchi, con ma-
nico in forma di mezzaluna. Frammento di vaso aretino, di rozza fattura, con ornati
di foglie ed uccelli nell'orlo. Due frammenti di lapidi cimiteriali cristiane, che
conservano :
a) V E R ì\ lettere alte m. 0,12
barchetta
b) MATH' lettere alte m. 0,05
/
Balsamario di vetro, intiero, alto m. 0,04. Ago di bronzo, lungo m. 0.12. Piccolo
campanello di bronzo. Varie monete consunte dall'ossido ed irriconoscibili.
G. Gatti.
TERRACISA — 250 — REGIONE
Ri-.ìioNE I (LATIUM ET CA.UPAXIA).
\ 111. TKlvUAGlNA — J)i rar/'e ficoperie di (niticliità avvcmile in oc-
casione degli scori per hi nuova conduttura.
Nei cari per rimpianto delia nuova conduttura d'acqua in Terracina, dalla lo-
calità detta Mola della Torre, a cinque chilometri dall'abitato, fino al serbatoio, od
antica piscina, detta le ijrolte di s. Francesco sulla pendice occidentale di Monte s. An-
gelo, avvennero le scoperte se<,'uenti.
1. Dinanzi la Mola della Torre apparvero i resti di un antico edificio, con
muri di opera reticolata ed in parto anche di laterizio, un intonaco dipinto e fram-
menti di incrostazioni di marmi nobili. Si scoprirono pure avanzi di una piscina into-
nacata di opus signinum.
2. Abiuanto inferiormente a questo edificio, il taglio delle terre pose allo sco-
perto un nucleo di muratura rivestito di blocchi marmorei con una tomba nel centro,
a forma di cassa, allettata su di un piano di sottile lastra di marmo, tianchcu'u'iafa
da sponde costruite con conci di macigno locale, e coperta da altra lastra di marmo
più grossa.
3. Seguendo il tracciato della condottura, a 200 metri circa dall'altra mola, dotta
Mola di mc::o, si rinvenne il lastricato dell'antica via .\ppia, a m. 0,40 sotto il
jiiano di campagna. La strada in quel punto misurava m. 0,.'i7 di larglie/.za. Correva
dal lato sinistro di essa un muro grosso m. 1,50, con paramento di opera reticolata,
sul quale probabilmente era stabilito l'antico acquedotto della cittù ; sulla destra
vedevasi, tuttora al posto, un ordino di pietre costituenti il margine stradale.
4. Segue dopo questo punto, rincontro, nel cavo, di un deposito di parecchi massi
lavorati, di pietra locale. Appartengono al rivestimento di un sepolcro che fiancheg-
giava l'Appia. Sono stati rilevati tra i detti massi:
ft) Hlocco di m. 1.24X0,61X0,51, sul quale rimane il seguente resto di
epigrafe :
LO
Liei
LOT
M
\
L ■ OTAC^
OTA /
//) Pulvino decorato d'intagli, che faceva parte del fastigio del sepolcro; mi-
sura m. 1,02X0,57X0,30.
e) Frammento di cornice di coronamento del sepolcro medesimo; misura
ra. 1,30X0,50X0,21».
5. Nel tratto di cavo, che procede la Mola di messo, la quale ò stata ridotta
ad edifìcio pel macchinario del sollevamento dell'acqua potabile, si rinvennero due
REGIONE I. — 251 — POMPEI
cippi anepigrafi di calcare locale, alti m. 1,06. Trovavansi al loro antico posto, cioè
collocati a contine del margine destro dell'antica Appia e dei campi. Erano distanti
tra loro m. 6i) circa, pari a duecento piedi romani.
(3. Dopo la mola predetta, il tracciato della condottura incontra l'Appia al
ponticello della linea ferroviaria, detto di s. Benedetto dal titolo della prossima chiesa
medioevale, oggi diroccata, posta a monte della linea medesima e la attraversa a
m. 0,50 di profondità sotto il lastricato di poligoni.
7. Da questo punto sino alla città, la condottura segue il fianco destro della
via antica, passando col cavo accanto all'acquedotto moderno.
In prossimità della Stazione Ferroviaria, per m. 300 circa, la condottura è stata
posata entro la fonna di un' antica fogna sottostante alla crepidine del lato destro
dell'Appia. Ha i fianchi costruiti di muretti di opera reticolata e la copertura a
Volta a sesto ribassato, di muro in pietrame, essendo tutta intonacata di coceiopesto.
8. Internamente alla città, il cavo, dalla Porta Komana risalendo per il Borgo,
sino alla porta Maia, prosegue sulla destra, ed ha messo allo scoperto un tratto lungo
m. 25 circa, lastricato con lastroni di calcare locale, dello spessore di m. 0,22; quindi
segue la pavimentazione della via consolare, che trovasi costantemente a m. 0,45 circa,
sotto il ciottolato moderno.
9. Così proseguendo a salire per la moderna via mattonata, praticandosi il cavo,
si è sempre ritrovato il pavimento della stessa via consolare, ad una profondità che
varia da m. 0,40 a 0,60. Questa passa a tergo del tempio di Apollo, sul quale fu
innalzata la moderna chiesa cattedrale, sino all'antico foro Emilio.
Nel fare l'ultimo cavo descritto, si è rinvenuto un frammento di statua muliebre,
seduta, mancante dalla vita in su.
Giunto il tracciato della condottura all'antico Foro, devia dal lato destro della
cattedrale, salendo per la via del Palma; prosegue dietro il palazzo municipale; ri-
discende per la strada della Salita del Castello, e toccando l'angolo orientale del Foro
segue la discesa della strada della Annunziata, ove a m. 1,50 dall'angolo in-
contra l'antico margine della via consolare, che trovasi a m. 0,30 sotto il selciato
moderno.
Alla distanza di m. 0,40 circa dall'angolo citato s'incontra il piedritto di un
antico arco che probabilmente formava l'ingresso nel Foro, la cui soglia trovasi a
m. 1,25, in media, sopra il suolo della moderna via predetta.
Da questa dirigendosi verso la via di s. Francesco il cavo per la condottura,
s'incontrò costantemente, fino al serbatoio, l'antica via consolare, lastricata di poligoni
di calcare locale, alcuni dei quali di grandi dimensioni.
D. Marchetti.
IX. POMPEI — Criornnle dei lavori redatto dagli assistenti.
1-20 giugno. Proseguirono gli scavi nel lato sud della regione Vili. I lavori
di restauro continuarono nella regione IX, isola 2" e isola 3*; e nella regione V,
isola 1'''. Si eseguirono anche riparazioni alle pareti della casa n. 5, della regioiK' VI,
isola !•'. Non avvennero rinvenimenti.
S. VITTORINO — l'.»2 — REOIONB IV.
21-27 detto. Si eseguirono rcstanri alle pareti della casa n. 8, regione VII.
isola y, 0 della casa n. 19 regione VI isola 13*. Non avvennero scoperte.
28-30 detto. I lavori di scavo e di restauro seguitarono nelle indicate località,
ed inoltre nelle case n. .">, regione IX, isola 3° e n. 38, regione VI, isola 14*.
Regione IV (SAMNIUM ET SABINA).
SABINI.
X. S. VlTTuUIXO (frazione del comuue di Pizzoli).
1. Certo Andrea Cialone, volendo fare uno stipo nella cucina della sua casa, lia
rimosso la lapide con epigrafe sepolcrale che vi era incastrata e della quale diedi
gi;\ conto nelle Nf>li:ic 18!il p. 97.
Per elìetto di tale rimozione e della caduta d'intonaco che nascondeva la lapide,
è questa tornata interamente in luce.
V. lunga ra. njit, larga 0,33 e l'epigrafe è integrata noi modo seguente:
D M S
RESTVS- LV
SLVS- AVFIDIO
TROFLMOCOGN
ATOBENEMERE
NTI • POSVIT
EGOTIBI- MI
Q_VI
S • T • T • L
2. Domenico Frataccliione, in un suo terreno, sito nella parte più elevata del
paese, e precisamente nella località denominata Castello ili Chicrcone, ha rinvenuto
il seguente frammento epigrafico, inciso su calcare del luogo:
'VMETDION
■Jl^ERTA^
N. Persiohetti.
Nel fascicolo dello scorso mese (p. lOii) fu omesso il nome del eh. i.^pettoro
N. Persichetti alla fine della nota intorno ad altri frammenti lapidari iscrìtti rinve-
nuti nei villaggi tli Vallicella e s. Lorenzo nel comune stesso di Pizzoli.
REGIONE IV. — 253 — PAGANICA
VESTI XI.
XI. PAGANICA — Tombe di dà romana, con oiji/ct.ti della sup-
pellettile funebre, rinvenute ?iella contrada Colle del tallone.
A levante del grosso villaggio di Paganica, che dai dotti vuoisi fosse stato il
Par/US Fi/ìgulanus (cfr. C. /. L. IX, p. 338) , ed alla distanza di un centinaio di metri
appena dall'attuale abitato, elevasi un colle detto Colle del Vallone. Con bella espo-
sizione a mezzogiorno, è desso da una banda circoscritto da un fosso che raccoglie
acque torrenziali, e dall'altra da scabrosa strada chfe mena a Filetto (frazione del co-
mune di Camarda).
Il colle medesimo appartiene in gran parte ad un tal Eduardo De Paolis che
l'ha impiantato a vigna. La più bassa pendice però, prossima alla via pubblica, es-
sendo duramente brecciosa, non ha messa a coltivazione ed invece ne usufruisce per
cava di arena e breccia. Con questo lavoro, saltuariamente ed irregolarmente eseguito,
si sono colà rinvenuti degli scheletri, aventi presso di loro oggetti in terracotta, rotti
in più pezzi e ferri corrosi. Avvertito di ciò mi feci sollecito di raccomandare al
De Paolis la maggioro possibile delicatezza nelle futuro scoperte nonché la conser-
vazione di qualunque oggetto che vi avesse rinvenuto. E cos'i si è potuto riconoscere
che ivi era l'antica necropoli del sopra accennato pago, di cui dirò quel poco che
ho potuto sapere e vedere.
Il terreno ove il De Paolis cava l'arena è un conglomerato alluvionale assai
compatto, di formazione postpliocenica. In esso, ad una profondità varia dai 2 ai .")
metri dal piano di campagna, si sono rinvenute parecchie tombe ad imiazione, meno
una a cremazione rappresentata da un olla cineraria fittile.
Lo tombe non erano regolarmente allineate, ma erano scavate or qua or là, ove
il terreno presentavasi più duro e resistente, poiché le tombe medesime non erano
costituite da altro che da una semplice fossa rettangolare intagliata nella con-
crezione brecciosa, cosicché gli scheletri si sono trovati giacenti in diversa direziono,
talora opposta, e non tutti nella medesima posizione.
Il cadavere poi vi era per lo piìi deposto sulla nuda terra, ovven^ in una cassa
di legno, come induce a credere l'esistenza di numerosi chiodi metallici e di spran-
ghette di ferro rettangolari, certamente servito per stringere le commessure degli an-
goli della cassa istessa.
La tomba era riempita col medesimo materiale sassoso ricavato dallo scavo, onde
gli oggetti costituenti la funebre suppellettile non sempre si sono rinvenuti a posto,
ma si sono trovati spostati e frammentati sia per effetto della sovrapposizione di quel
materiale che col tempo ha riacquistata la stessa durezza e tinta della massa circo-
stante, sia pel più grave peso che ha acquistato con la maggior quantità di terra
che vi é scesa dall'alto del colle in sì lungo elasso di tempo.
Notevole pure in tante tombe è l'assoluta mani'anza di stole, cippi e di altro
qualsiasi titolo o distintivo funebre, il clie fa supporre che posteriormonte altro do-
BUGNARA — 2ó4 — REGIONE IV.
vette essere il sepolcreto del pago, nel quale forse si rinvennero le iscrizioni che
leggonsi nel C. /. L. IX, n. 3574, 357ò, 3572 , 3577, 3581 ed altre.
K anche da notarsi la completa assenza di monete e di oggetti in bronzo, mentre
che vi abbonda la suppellettile tittile ed in ferro. Infatti ecco gli oggetti che ne ho
potuto osservare, e che non erano stati trascurati e dispersi come quelli precedente-
mente rinvenutivi.
Dir^ p.ire che tale suppellettile in genere è scarsa e di ordinaria fattura, e nella
massima parte è quella Httile di creta gialla pallidissima, meno qualche esemplare
che di creta e di stile diverso e più tino. — Filtili. Olla, alta cm. 32, mancante di
un breve tratto dell'orlo. Lucerna monolicne, con rappresentanza di nn ludo gladia-
torio. Altra lucerna, ma di rozzb stile. Patera a vernice rossa, ben conservata. Sco-
della di forma elegante, in argilla nericcia ma lina, verniciata in nero, con orna-
nementazione geometrica graffila nel mezzo. Scodelletta di simile argilla e lavoro,
ma rotta e mancante di varii pezzi. Quattro ciotolettc di grossolana argilla, tinta
in nero. Tre scatole circolari, contenenti altre scatolette quasi simili, ma più piccole,
tinte anche in nero. Tre vasetti della medesima argilla e colore. Quattro skyphoi,
rotti 0 mancanti di pezzi, tutti a vernice nera ; uno solo di essi ha le due anse in-
tere. Un arvballos in argilla giallastra, con ansa intrecciata. Vasetto ventricoso, bian-
sato. Tre lekythoi frammentate, di forma snella ed elegante, ma di diversa altezza.
Una oinochoe in argilla gialla pallida. — Ferro. Due coltelli, rotti e corrosi, lungo
il primo cm. -10, ed il secondo cm. .")2. Manichi di padellette o colatoi, corrosi o
frammentati. Tre piedi di lucerne. Spranghctte e chiodi di casse mortuarie. — Avorio.
Uno stilo, lungo cm. 12, ben conservato.
N. I'kksichetti.
l'AKfJO.V/.
XII. IJUGNAUA — Nella contrada Difesa, di proprieU'i comunale, cseguen-
iIdsì una variante al canale di Cortinio, alla profondità di circa m. 8, si scoprì
0 fu subito demolito, un angolo di grandioso edificio, con zoccolo di pietre calcaree
fine e scorniciate. Alcune di queste pietre furono adoperato per la costmzione di un
ponte, nello stesso canale. Mi fu detto che eransi trovate anche delle iscrizioni ; ma
io non vidi che qualche traccia di lettere. Forse furono aluase.
Gli appaltatori dei lavori mi informarono che tra i rottami si rinvennero pozzi
di vasi di creta finissima e d i vetri, e mi fu mostrato un ex-coto muliebre, raccolto
in quella stes.^a località.
A poca distanza, verso levante, sempre in occasione di detti lavori, tornò a luce
un pavimento di pietre poligone, come di strada.
Nella contrada s. Giovanni o Caja non fu mai preso in considerazione un avanzo
di mura poligoniche, senza cemento, con rozza sfaccettatura da una parte, il quale fu
manomesso durante i lavori della linea ferroviaria Sulmona-llugnara-Anversa.
REGIONE IV, SARDIMA — 2.55 — RAIANO, SANt'aXTIOCO
Ma ne rimane ancora visibile un tratto di circa metri 3 di lunghezza. La parte
non demolita, verso mezzodì, si nasconde nel terreno alla profondità di circa metri 2.
Alla superficie non sono rari i frammenti laterizi antichi; e poco distante, a valle,
si rinvennero già parecchie statuette di Ercole, in bronzo, vindute poi al barone Corvi
di Sulmona.
A. De Nino
XIII. RAIANO — Dentro Kaiano, quasi in u nangolo della piazza comunale, in
un sito del sig. Nunzio Tiberii, facendosi uno scavo pei fondamenti di una cantina,
si è rimesso in luce un mozzicone solidissimo di mausoleo quadrangolare, di circa
quattro metri di lato, simile a quelli che ancora si vedono presso la la cattedrale
di Pentima.
A tre metri di profondità, verso la base del monumento, si sono poi scoperti due
tronchi di colonne: uno lungo m. 0,9.5 e uno m. 0,70, del diametro di m. 0,35. En-
trambi sono scannellati a tortiglione e lisci nella superficie, anche dalla parte delle
scannellature.
Con le colonne si sono raccolti molti frammenti, tra cui notevoli due pezzi ben
conservati di antifisse, alte m. 0,38, scolpite con disegni a palme, intramezzate di
gigli a tre petali : palme e gigli che si elevano sopra un semplice e pur grazioso ara-
besco. Dall'arabesco in su, il disegno è traforato parte a parte. Un altro pezzo di
antefissa doveva formare angolo. Vi è scolpito una specie di genio alato.
Tutto il descritto materiale è di pietra calcarea paesana finissima, lavorata
da un perfetto artista.
Ora, questi avanzi inducono a credere, e con molta probabilità, che di là doveva
passare la Via Amiternina che, dalla destra dell' Aterno, fuori della Valle di San Ve-
nanzio, si andava a ricongiungere con la Claudia- Valeria, la quale scendeva da Sla-
tule (Goriano Sicoli), dirigendosi a Corfinium.
A. De Nino.
SARDINIA.
XIV. SANT' ANTIOCO — Nuove epigrafi latine dell'antica Salci, ag-
giunte alla raccolta epigrafica del Museo di Cagliari.
Nell'area dell'antica Silici, nelle fondamenta di un antico fabbricato che risultò
lastricato con pietre di forma parallelepipeda rettangolare, grossolanamente lavorate,
si recuperarono due frammenti di epigrafi, incise su lastra marmorea (').
(') Di tutte queste epi^afì il direttore del Museo prof. F. Vivanet iiiandù al Ministero i calchi
cartaeei.
C'LASSh DI sciKNZK MoKM.i ucc. — .\h MouiK — Voi II, Serie h^, parte 2" 32
SANT ANTIOCO — 2.'>() — SAttniSIA
Uno di essi, alto m. 0,30. largo m. 0.19, presenta in belle lettere:
i' DERÌ\
> M E D I *
.-\ SOL
L'altro, alto m. 0.12. largo in. o.ll conserva soltanto tre lettere incomplete, cioè:
Si rinvenne pure parte di una bandella di bronzo ed un chiodo dello stesso
metallo.
Tali oggetti furono donati al li. Museo di Antichità in Cagliari dal sindaco
di Sant'Antioco sig. Luigi Bigio-Cao.
In 8. Antioco stesso il dott. Alberto Schifi", ebbe opportunità di acquistare le
seguenti epigrafi, una delle quali intiera, le altre mutile; e di esse fece dono al
Museo sopra citato.
1. Lastra di m. 0,24x0,21:
D M
L • POMPEIVS MARCIANks
VIXIT ANNIS XXIII • .MENSES
SEX AVIONIA RESTITVTA
FlLIO BENEMERENTI
Fecit
2. Lastra di ra. 0,23X0.11:
etgArgiliAe LF gemellAe
CONIVGI DOMINAE SVAEPOMPI
felixsenecio docimvsclvNta
mXtri kArissimAe fecer-
SAlìniXIA
— 2.ì7 —
SA NT ANTIOCO
3. Frammento di m. 0,12X0,12:
R
FECiT Aliai
e O I V G I B E r'i
Fec:
VIX-
4. Altro frammento di m. 0,10, in cui dmane soltanto, ed in brutte lettere:
EVH
[mai];
ó. Altro frammento di m. 0,12. X 0,12:
'G-R.NELI
F. VlVANET.
Roma 15 agosto 1894.
REGIONE X.
— 259 — CALTUANO VICENTINO
AGOSTO
Regione X (VENETI A).
I. CALTRANO VICENTINO — Ripostiglio di vittoriati.
Proprio dove la pianura vicentina muore al pie' delle Alpi, e l'antico ghiacciaio
dell'Astice sbocca per l'ampia valica, formando uno sbarramento frontale, oggi pro-
fondamente inciso per oltre un chilometro dal tiunie, in ridente posizione a solatio
ed adagiato sulle pendici inferiori del monte Costo si stonde il borgo di Caltrano,
in sito un dì molto forte, a guardia d'un valico Huviale, altra volta importante; che
oggi la cupa ed angusta gola, in fondo alla quale romoreggia l'antico Astagus è sog-
giogata da ardito ponte in ferro, mentre nei secoli addietro il varco del fiume si ef-
fettuava scendendo in fondo all'erta ripa destra, guadando l'acqua e risalendo l'opposta
pendice per il valloncello detto del Crearo. Per questo transito durante tutto il me-
dioevo si effettuarono le comunicazioni fra la pianura vicentina e l'altopiano di Asiago,
ricco di prodotti alpini; e certo ancora nell'epoca romana, e, penso, anche prima. Che
Caltrano sia stato luogo di qualche importanza lo dicono, oltre della sua ubicazione,
i ricordi storici ; già nel secolo decimo la sua chiesa figura come chiesa madre di nu-
merosi borghi e villaggi del piano, della valle dell' Astico sino all'attuale confine
austriaco, e dei monti di Asiago ('); era dunque un ragguardevole centro cristiano,
sovrapostosi ad uno romano. E la sua romanità risuona ancora nel nome odierno [vicus
Caltrianus) {-), ed in quello di circostanti villaggi (Zugliano = vicus fulianus, Chiup-
pano = vicus Clup ..., Calvene dalla gens Calvenia o Calvena) ; Piovene, non guari
discosto, ha dato il titolo C. I. L. V, n. 3187, e Chiuppano il C, V, n. 3137, im-
portante pel ricordo di un magistrato vicentino.
Fu appunto sulla collinetta detta « Castellare » , a due passi dal paese verso po-
nente, imminente all'antico passo del fiume, che nella scorsa estate del 93 avvenne la
(') Brcntari, Guida di Bussano e dei Sette Comuni, p. 130.
Cj Una gens Caltria o Calteria, comecché sconosciuta fin qui per le fonti cpigralìchc o let-
tirariu (manca in De Vit, Onotnasticon tot. latinitatis), ò tutt'altro clie inverosimile, avendovi più
di un nome gentilizio, il cui ricordo ci è soltanto pervenuto attraverso le forme toponomastiche.
Ci.ASSK DI siiKN/ic MouAi.i ecc. — Mkmorif. — Vol. II, Serie 5', parte 2*. "3
rAI.TRANO VICENTINO — 2<Ì0 — REGIONE X.
Bcoperta di cui riferisco. Per costruire il campanile della nuova chiesa gli operai, levando
la terra superlìciale in cerca della roccia sottostante, avvertirono ad un tratto in mezzo
a due pietre un vaso di rame, che dai fianchi laceri lasciò scappare una quantità di
monete. Tra gli operai fu tosto una ressa a chi più poteva rubarne, e solo con grande
stento don Giov. Batt. Stjevauo, parroco di Caltrauo, al quale apparteneva il fondo,
potè dopo qualche tempo ricuperare un 3G5 vittoriati, dei quali circa 15 esemplari
dopo la mia prima visita fatta al luogo nell'agosto andarono dispersi fra amici e
visitatori : poclii altri esemplari ho visto nello mani di varie persone di Thiene, e
quattro vennero ancora nell'agosto offerti al Museo Etrusco Centrale di Firenze. Dalle
concordi deposizioni di parecchie persone che assistettero al rinvenimento devo arguire,
che l'intero tesoretto consistesse di poco oltre un migliaio di pezzi.
Prima di passare allo studio di esso osservo ancora, che sul colmo del Castellare,
dove esisto oggi il campanile provvisorio, di sotto la zolla erbosa si disegna un qua-
drato di robusto muro antico, che se non è medioevale (nò ebbi modo di accertarmene)
nulla toglie che s'abbia a considerare come il nucleo di antico fortilizio, forse avanzo
di una torre di guardia. Attorno ad esso verso il 1SS4 si trovarono fondamenta di
casette con muri spessi meno di un metro, suddivise internamente in piccoli ambienti
pavimentati a battuto; dalla fattami descrizione parmi desumere, che tali casette fossero
simili a quelle segnalate al Bostel di Kozzo, sul soprastante altipiano di Asiago, e sui
Lessini del veronese ('), dentro le quali si rinvennero pure vittoriati romani. Nel ri-
muovere poi la terra per denudare la roccia si misero allo scoperto assieme a carboni,
cocci in quantità, i quali non presentano però spiccate caratteristiche per assegnarli
ad un determinato periodo; quasi completo è soltanto un fondo di vaso, simile a kan-
tharos, di bucchero bigio, nò va dimenticato un macinatojo di pietra trachitica, a forma
clittica (cm. 30 X 23), piano inferiormente; il quale nella faccia superiore convessa
porta profondamente scolpito il segno V, cioè una lettera dell'alfabeto veneto-illirico (-);
qua e là s'imbatterono i lavoratori anche in qualche scheletro isolato, deposto super-
ficialmente nella nuda terra, sulla cui età manca ogni sicuro indizio ; invece è molto
antica la tomba che ha dato le monete massaliote, e che ricorderò più avanti.
Le monete che io ho esaminate nell'ottobre u. s. presso il rev. don Stjevano,
parroco del sito erano tutte ricoperte di una forte ossidazione, verdastra in taluna per
il lungo contatto colle pareti del vaso metallico; anzi parecchie di esse erano ancora
qua.si incollate l'una all'altra. Sottoposte con tutte lo <lebite cautele, ed a piccoli
gruppi, ad un bagno di acido muriatico ne risultò una pulitura completa senza
(') Poi Poizo. .ìfemorie dei Sette Comuni p. .1 ; Orsi, Noti:ie 1890, p. 204 ; De Stefani, Sopra gli
scavi fatti nelle antichissime capanne di pietra del Monte Loffa a s. Anna del Fondo (Verona 188.')).
(') Probabilmento nna x «cnia la ^'amba lunga che occorre di consueto (Oliirarilini, Notitie
degli scavi 188«, p. 12).
REGIONE X. — 261 — CALTRANO VICENTINO
compromettere il loro stato di conservazione, il quale io ho segnato nella gradua-
toria seguente.
1. quasi fior di conio esemplari 2
2. freschissimi n 7
3. freschi „ 20
■ 4. poco usati n 56
5. usati „ 118
G. molto usati n HO
7. logori e consumati . . » 37
Totale .. 350
È una delle cose più delicate, ed al tempo stesso più importanti, nello studio
dei ripostigli monetali, quella del fissare equamente il grado proporzionale di con-
servazione dei singoli pezzi ; nel quale giudizio, a scanso di conclusioni errate, vuoisi
aver di mira anche Io stato del punzone, se cioè nuovo 0 stanco; e delle differenze
derivanti da conio stanco 0 da prolungata circolazione dei pezzi é solo in grado di
giudicare, chi abbia avuto in mano ed a lungo esaminate e comparate tutte le mo-
nete; nella quale fortunata condizione, per parecchi giorni di seguito venni io stesso
a trovarmi. Aggiungo, che per maggior sicurezza di giudizio io non ho voluto com-
misurare la graduatoria di conservazione sopra una scala troppo frazionata, ma ho
preferito stabilire una scala progressiva di soli sette punti, dal fior di conio al logoro.
Lo specchietto che propongo, dimostra che la condizione media dei pezzi si aggira sui
pimti 5 e 6, ciò che dimostra come la grande maggioranza dei pezzi sia stata a lungo
in circolazione.
Il ripostiglio, come dissi, consta esclusivamente di vittoriati ; sebbene il tipo fon-
damentale sia unico, grandissime sono le varianti di conio, consistenti non solo in sigle
e simboli, ma nella varia grandezza e forma (profilo, chioma) della testa di Giove,
nella varia composizione del rovescio, nella diversità delle lettere dell'esergo ecc. Se
talune di codeste varianti, sopratutto le sigle ed i simboli, sono contrassegni evidenti
di emissioni diverse, altre invece solo questo provano, che in una stessa emissione si
adibivano, per sollecitare l'operazione, parecchi punzoni con tenuissime varietà. Mag-
giori particolari espongo nel catalogo che segue.
Villoriati con simboli dei monetieri. N. 1-11. Adu. Piccola testa di Giove a
d. (alt. mm. 11-12) con folta chioma, barbuta, coronata di lauro, con tre riccioli mar-
cati, che scendono alla base posteriore del collo; il tutto in cerchio di perline.
F^ Vittoria alata incedente a d., sollevando colla d. una corona, e sorreggendo colla
sin. il lembo della ricca e lunga tunica. Di fronte ad essa trofeo formato da un palo,
che sostiene uno scudo circolare (panna) sormontato da galea cristata ; lo completano
una lunga lancia ed un parasonium appesi obliquamente. Dal margine inferiore dello
scudo si staccano lo striscio in cuoio della lorica. Tra la vittoria od il trofeo luna
crescente. Esergo RoMA.
CALTRANO VICENTINO — 262 — REOIONE X.
Sopra nndici pezzi sono rappresentate almeno sette tenni varianti (varia {rrandciza
nella tosta di Giovo, lettere ad estreinitù luintiggiate o meno; parazonio indicato da
uno 0 da due tratti paralleli ecc.).
Conservazione: 3 freschi Peso: gr. 2,45 — 2,r>5 — 3,15
• 4 poco usati •- - 2,G0 — 2,75 — 2,95 — 3,25
• 4 usati . - 2,45 — 3,25 — 3,30 — 3,50
Il simbolo della luna crescente fu già riscontrato nei vittoriati del primo pe-
riodo (268-217 a. C.) che hanno un peso medio fra i gr. 2,37 e 3,47 ('). Uno dei
nostri eseiuplari freschi supera di poco il peso massimo fin qui segnato.
N. 12-18. Adr. Idem con testa alta mm. 12-12 ì. ^ Tra Vittoria e trofeo doppio
fulmino verticale. £s. RoMA. Su sette pezzi almeno cinque tenui varietà (tre con
Roma).
Conservazione: 3 freschissimi Peso: gr. 2,50 — 2,75 — 3,60 (sic)
» 1 fresco • » 2.95
» 3 poco usati " " 2,35 (due) — 2.95
li simbolo monetale del doppio fulmine é conosciuto.
N. 19-20. Adv. Idem. Ij Troia a d. fra Vittoria e trofeo. Es. RoMA. Esemplare
largo poco usato peso gr. 2,95. Altro spesso poco usato, peso gr. 3,20. Simbolo mo-
notale conosciuto.
N. 21-22. Adv. Idem. I) Cagnolino a d. con orecchie irte e coda a cirro (lupetto),
fra Vittoria e trofeo. Due varietà (strisele della lorica).
Conservazione: 2 poco usati Peso: gr. 2.50 — 2,85
Il simbolo è conosciuto od occorre anche nelle monete della Antestia (Cohen Medailles
consiilaires, tav. II, Ant. 1-3).
N. 23-25. Adv. Idem. 9 ^^ Vittoria ha la palma nella sin. Es. RoMA. Simbolo
conosciuto: mosca in prospetto. Varietà nessuna. Conio grosso e difettoso, con crini-
ture in tutti tre gli esemplari. La testa di Giove è bnitta, quasi barbarica; pimzone
cattivo e stanco, e tuttavia peso alquanto elevato.
Conservazione: 2 poco usati Peso: gr. 3,20 — 3,30
• 1 usato » » 2.90
N. 26. Adv. Idem. ì^ Es. R»AA A (sic). Simbolo: scorpione, nuovo nei vittoriati.
Incisione scorretta, conio cattivo. Conser^'azione fresca, peso gr. 2,75.
N. 27-28. Adv. Idem. 1) Il trofeo è coperto da un cimo a cappellaccio, con bot-
tone all'apice. Es. RoMA. Emblema noto: ferro di lancia, che a tutta prima sembra
nn cipresso. Due lievi varianti usate del peso di gr. 2,90-3,30
N. 29-30. Adv. Idem. 9 Idem. Es. RoMA. Simbolo noto : spiga. Due tenui va-
rietà. Esemplari molto usati, peso gr. 3,0.5-3,15.
N. 31. Adv. Idem. 1) Idem. Es. R»MA. Simbolo noto: cornucopia. Esemplare
usato, poso gr. 2,75.
(■) Babelon, Detcription hUtorique et rhronol. dei monnaiet de la rtp. romaine, p, 49.
REGIONE X. — 263 — CALTRANO VICENTINO
N. 32-35. Adv. Idem. ^ Idem. Es. RoMA. Simbolo noto : mota. Conio alquanto
stracco. Due lievi varianti.
Conservazione: 3 freschi Peso: gr. 2,60 — 3,10 3,20
» 1 freschissimo » >. 2,60 (sic)
N. 36-42. Adv. Idm. ^ Idem. Es. R«MA. Simbolo noto: clava. Incisione gros-
solana, conio spesso in cinque esemplari, largo in due, lettere con punti agli angoli.
Due varietà.
Conio grosso: 3 poco usati Peso: gr. 2,90 — 3,10 — 3,15
» 2 usati 1, , 2,95 (due)
Conio largo: 2 usati » » 2,95 — 3,00
N. 43-46. Adv. Idem. 9 Emblema : elmo a larga tesa, con paragnatidi e cimiero
lunato. Es. RoMA ed in uno R«MA (sic). Tre deboli varianti.
Conservazione: 1 fresco Peso: gr. 2,90
3 poco usati » , 2,65 (sic) — 2,85
N. 47-48. Adv. Idem. 9 Conio curato. Es. RoMA. Simbolo noto ; spada gallica
con manico. Due piccole varianti. Conservazione freschissima, ambedue di gr. 3,00.
N. 49-50. Adv. Idem. 9 Idem. Es. RoMA. Emblema nuovo: falcetto. Due va-
rianti nella testa di Giove.
Conservazione: 1 fresco Peso: gr. 3,30
» 1 molto usato n » 2,70
N. 51. Adv. Idem. ^ Idem. Al trofeo sono aggiunte le ocreae. Es. RoMA. Sim-
bolo : mazzuolo,
Conio largo, molto usato, peso gr. 3,10.
Vittoriati con sigle dei monetieri. N. 52. Adv. Idem. ^ Idem. Es. RoMA;
sigla SI, Molto usato, peso gr. 3,00
Il senso della sigla è oscuro; che essa indichi l'officina di Atria non è verosi-
mile, essendo quella di consueto espressa con H. È del paro incerto, se vada riferito
al monetiere Tampilus, che di solito marca con altro monogramma (cf. n. 59) (').
N. 53-56. Adv. Idem. 9 Idem. Tre esemplari hanno la sigla U, a cui corri-
sponde nellVs. RoMA; essi costituiscono tutti tipi diversi. (Bella e curata esecuzione
della testa di Giove pettinata, in uno con fiocchi di capelli cadenti dritti sotto la
corona, sul collo; in due altri con fiocchi arricciati. Le varianti sono a tutta prima
meno avvertibili, perchè sottilissime, nel rovescio).
Conservazione: 3 usati Peso: gr. 2,80 — 3,10 — 3,20
Un esemplare porta la sigla t. La U semplice indica la zecco di Luceria, dove
i pezzi vennero coniati, dubbia è l'altro monogramma (2).
(') Il Mommsen (Geschichf.e des roemischeti Mùmvezem, p. 501) non sa dare spiegazione dello
stesso monogramma, occorrente sujili assi.
(*) Il Cohen Med. cons. tav. XLIII, 15 p. 341 ed il Babelon Description I p. 56 nota 3
non esitano ad attribuirlo alla stessa zecca, mentre, con più ragione Mommsen-Blacas f/ìstoirc II,
p. 227 restano dubbiosi sulla sua interpretazione. Il De Petra {Museo Italiano 1885 p. 1) pensa a
Luceria-Teate.
CALTRANO VICENTINO — 264 — REGIONE X.
N. 57. Adv. Idem; dietro la testa C. ì^ Idem; es. RoMA; sigla M.
Cons. : molto usato. Peso: gr. 3,05.
Incerto è il senso della lettera del dritto (iloinmsen-niacas II, 248), ricono-
sciuti fin qui sopra denari (Capua?). Puro quella del rovescio è oscura, forse di egual
sijjuitìcato del monogramma seguente.
N. 58. Adv. Idem con la C. 1> Idem; fis. R«M. Sigla /\A.
Cons.: molto usato. Peso: gr. 3,10
Non è provato che codesto monogramma si riconduca al monetiere Matieniis.
N. 5t)-G0. Adv. Idem, l) Idem. £s. RoMA. Sigla /NT^ .
Cons. : poco usati Peso : 2,75 — 2,90.
Il monetiere Matienus, indicato nel monogramma, si riporta circa all'anno 234 (Ba-
belon 0. e. 11 208).
N. GÌ -02. Ado. Idem. 1> Idem. Es. RoMA. Sigla N£.
Cons.: poco usati Peso: gr. 2,90 — 3,10.
Il monetiere Caecilius Metellus batte intorno al 217 (Babelon o. e. I, 258) ma
non tutti i numismatici sono di accordo nello attribuire il vittoriato a costui
(Mommsuu-Blacas. II, 240).
N. 63. Adv. Idem. I> Idem. Ks. RoMA. Sigla J^.
Cons.: usato Poso: gr. 2,80.
La sigla, a rigore epigrafico, non denota nò Matienus, nò Metellus; resta perciò
oscura.
N. 64-65. Adv. Idem. 9 Idem. Es. RoMA. Sigla M" (col P aporto).
Cons.: usati Peso: gr. 2,90 — 3,15. Due varianti.
Sigla nota (Mommsen-Blacas. II, p. 24G) ma incerta di senso (')•
N. 66-73. Adv. Idem. Es. RoMA. Sigla A?.
Tre tenuissime varietà. Cons.: 2 poco usati: Peso gr. 3,00
2 usati » gr. 2,90—3,00
4 molto usati » gr. 2,80 — 2,85 (due)— 3,05.
Il Babelon (I, 249) attribuisce il vittoriato a Cn. Baebius Tampilus, conduttore
di un'armata contro Insubri e Liguri della Cisalpina nel 199, e console nel 182;
egli avrebbe battuto fra 217-214; il Mommseu {Geschichle p. 405) propende ad
assegnare la moneta al padre di costui, Q. lìaebius, legato ad Annibale nel 218.
N. 74. Adv. Idem. Es. RoMA. Sigla AV.
Cons: usato Peso: gr. 3,25 Età e monetario come nella precedente.
N. 75. Adv. Idem. Es. cancellato. Sigla T.
Cons. : molto usato Peso : gr. 3,00
N. 76-78. Adv. Idem. 1^ Idem. La galea del trofeo è a campana, con bottone
all'apice e guanciali. Es. RoMA. Sigla \S e punto in alto. Due varietà.
Cons.: usati. Peso: gr. 2,85 — 3,00 — 3,05.
(') II l'cso di codesti due peni conferma le osservazioni del De l'etra (Gli ultimi ripostigli
di denari in Muteo Italiano 1885 p. 1) facendo riselire il vittoriato con tali sigle al periodo del
denaro di 4 Hcrupolì; nella -MP il De Petra vedrebbe indicato Malica e Paeitum, città privilegiate,
che battevano coi tipi ed il nomo Roma.
REGIONE X. — 265 — CALTRANO VICENTINO
Qualcuno ha attribuiti alla Tibia questi vittoriati. Ora però si è d'accordo
(Mommsen-Blacas II, p. 231. Babelon I, p 57, II, p. 537) nel ritenerli usciti dalla
zecca di Vibo, che nel 189 cambia il suo nome in quello di Valentia ; essi sono
quindi anteriori a quest'epoca e si possono collocare fra 228-189.
N. 79. Adv. Idem. Ij Idem. Sigla Nf. Trattandosi di un esemplare alquanto usato
(peso gì: 3,10), può darsi che la sigla logora, non sia che un residuo della prece-
dente.
Viltoìiati senza simboli o sigle. È operazione penosa e delicata l'ordinamento
di quasi tre centinaia di pezzi, di tipo eguale, in gruppi determinati. Ma se i tipi
sono eguali non sono in tutto identici. L'occhio sottile del numismatico, schierando
i dritti ed i rovesci, avvertirà numerose sfumature, le quali non rispondono sempre
ad altrettante emissioni, ma a diversi punzoni, che in una stessa emissione venivano
messi in opera per sollecitare il lavoro; così si hanno delle gradazioni dal tipo base,
difficili ad esprimere in disegno, impossibili a rendere colla parola.
Prendendo per punto di osservazione fondamentale la testa di Giove, e poi con-
siderando in rapporto ad essa nel rovescio il trofeo (sua composizione, forma dell'elmo
e delle altre armi) e la leggenda (forma e grandezza delle lettere), abbiamo almeno
una dozzina di varietà di teste, con cii-ca altrettante varietà di rovesci per ogni testa,
quanto dire un centinaio circa di delicatissime varianti. Data questa abbondanza, ho
rinunziato ad una descrizione dei pezzi singoli, limitandomi ad insistere sui caratteri
salienti della testa, del trofeo, della leggenda, ed aggruppandoli poi attorno a nuclei,
che presentino le maggiori affinità di caratteri.
N. 80-87. Adv. Testa di Giove e davanti ad essa uno scettro. Ij Idem. Es. RoMA.
Cinque varianti appena percettibili.
Cons. : 2 freschissimi Peso: gr. 2,95 — 8,00
2 freschi gr. 2,90 — 8,00
2 poco usati gr. 2,85 — 3,30 (sic)
2 usati gr. 2,90 (due)
N. 88. Esemplare con testa in rilievo da una parte in cavo dall'altra.
Usato. Peso gr. 3,00.
N. 89-98. Adv. Testa di Giove, grande (a. mm. 15), di forte rilievo plastico
con vibrato disegno delle carni. Chioma ben pettinata sulla nuca, finiente sulla fronte
in ciocche lanose; barba idem; la corona è a doppio ordine di foglie aperte e ben
chiare. 1) Grande la figura e le lettere RoMA (').
Cinque varietà. Cons.: 8 usati Peso:gr.2,90— 2,95— 3,05(due)—3,lU(due)— 3,15 (due).
2 molto usati : gr. 3,00 — 3,05.
N. 99-15r). Adv. Testa media, rilievo tenue; caratteristico il modo di scrimi-
nare la chioma dal vertice craniale in masso ondulate. Chioma frontale e barba
(') Il D'Ailly (Recherches sur la mannaie de Rome jusq'à la mort d'Awjustr classe IV,
tav. 53, 16, 17) iliseu'na esattaiiicnle alr'iini i>czzi di ruiostn !jrru]>i)o.
CALTRANO VICKNTI.no — 26(3 — UEUIONE X.
lanoso. Corona con foglie aperte e semiaperte. Numerosissime tenui varianti cosi nel
diritto come nel rovescio. Pochi oonii larghi, prevalenti quelli stretti e grossi.
Cons. : 4 poco usati Poso: 3.15 — 3,20 (due).
• 24 usati • gr. 2,35 (tic) — 2,7(t (tre) — 2,8() (due) — 2,05 (due)
— 3,00 — 3,05 (quattro) — 3,10 (quattro) — 3,20
(quattro) — 3,25 — 3,35 (due).
. 30 usati. Peso: gr. 2,70 — 2,75 — 2,8o — 2,85 — 2,90 —
2,95 — 3,00 (due) — 3,05 (due) — 3,10 (due) —
3,12 — 3.15 (due) — 3,20 (sei) — 3,25 (cinque) —
3,30 (due) — 3,35.
N. 157-351. Adv. La testa è piccala, e la discriminatura della chioma è trat-
tata come nel gruppo precedente, ma i capelli più che lanosi sono setolosi e lìliformi.
Anche i fiocchi sulla fronte e la barba sono filiformi ed acuti. Fattezze secche, quasi
arcigne. Foglio della corona socchiuso ed aghiformi. Numerose varianti tanto nella
testa come nel \i e precisamente nell'orlo della lorica, nel modo di indicare il pa-
razonio. nella foggia dell'elmo, nelle ocreae, talora mancanti, nel gambo del trofeo
sottile 0 grosso, nel diametro dello scudo (mm. 2 '/a — 5), nella leggenda dell'esergo
a lettera or crasse, or sottili, ora punteggiato alle estremità (saggi più salienti RoMA,
RoMA, RoMA. RoMA, RoMA, RoMA, RuMA), e quando spaziate, quando serrate,
quando addossate.
Freschissimi e quasi fior di conio 2 ; peso gr. 2,80.
Freschi S, peso gr. 2,30 — 2,60 — 2,80 (due) — 2.90 (due) — 2,95 — 3,15.
Poco usati: 23, peso gr. 2,45 — 2,50 — 2,70 — 2,75 — 2,80 (due) —
2,85 — 2,90 (tre) — 2,95 — 3,00 (tre) — 3,15 (tre) — 3,25 (tre).
Usati 50; peso gr. 2,20 — 2,30 (due) — 2,40 — 2,45 (due) — 2,50 —
2,00 (tre) — 2,70 — 2,75 — 2,80 (cinque) — 2,00 (tre) — 2,95 — 3,00 (cinque)
— 3,05 (sette) — 3,10 (undici) — 3,15 (quattro) — 3,20 (tre) — 3,25 (due) —
3,30 — 3,35 (due) — 3,40 (due) — 3,75 (sic).
Molto usati 66; peso gr. 2,20 — 2,25 — 2,40 — 2,45 (tre) — 2,60 —
2,70 (tre) — 2,75 (due) — 2,80 (quattro) — 2,85 — 2,90 (sei) — 3,00 (tre) —
3,05 (cinque) — 3,10 (undici) — 3,15 (sette) — 3,20 (sette) — 3,25 (quattro) —
3,30 (due) — 3,35 (due) — 3,40.
Consumati 37; peso gr. 2,10 (esemplare logoro assai e di conio difettoso) —
2,25 — 2,80 (due) — 2,90 (cinque) — 2,05 — 3,00 (quattro) — 3,05 (tre) —
3,10 (sette) — 3,15 — 3,20 (quattro) — 3,25 (due) — 3,30 (due) — 3,35 (due).
Uno sguardo ai pesi di questo gruppo dimostra come il peso stesso non sia sempre
in rapporto collo sUito apparente di conservazione della moneta. ]K)ichò noi vediamo
(jui gli esemplari usati, e molto usati .superare col loro peso medio i freschissimi ed
i freschi ; ciò conferma l'osservazione già fatta di sopra, che cioè spesse volte lo stato
apparente di non buona conservazione si spiega per difetto di conio più che per ec-
cesso di circolazione; dovesi, non di meno, aver sempre davanti il numero grande di
REGIONE X. — 267 — CALTRANO VICENTINO
emissioni di vittoriati, fatte su piedi notevolmente diversi, e con largo margine di
tolleranza.
*
A circa sei metri dal punto del ripostiglio, accanto ad uno scheletro disteso,
dentro un circolo di pietre si raccolse una dozzina di monete di Massalia, delle quali
solo cinque rimasero in possesso del parroco. Sono emidramme d'argento, di falsifica-
zione antica, leggermente scodellate e di uno stile eccessivamente rozzo.
N. 352-356. Ado. Testa muliebre colla chioma corta, irta, fermata da un dia-
dema; profilo barbarico; al collo doppio giro di perle e giro di perline attorno la
testa. ^. Mostruosa corruzione di una figura di leone a d. colla testa formata da un
arco con due raggi, la giubba a scacchetti, le coscio arcuate e sollevate, le gambo
stecchite con punti ; il tutto indicato a tratti lineari. Di lettere non avverto traccia
che in un solo esemplare, nel quale sopra il leone vadosi „ . Conio pessimo, esem-
plari molto usati, anzi in parte consunti, pesi gr. 1,65-1,75-1,85-1,95-2,05.
11 tipo eminentemente barbarico designa tosto questi pezzi come contraffazioni;
essi appartengono al sistema massalioto, ridotto sotto l'influenza del vittoriato romano,
posteriori cioè al 217 a. C, che si può tenere come « terminus a quo » per le imi-
tazioni fatte a Massalia, nella Gallia e nell'Italia Superiore. I nostri esemplari per
il loro carattere generale appartengono ad un gruppo, che il Von Duhn molto giusta-
mente crede derivato da una fabbrica norditalica della fine del terzo secolo, i cui
prodotti sono appunto diffusi nell'alta Italia (') , associati talvolta ai vittoriati {-).
In vicinanza alla tomba che conteneva le monete massaliote venne ricuperato :
N. 357. Un denaro della famiglia Pompeia Adv. T. galeata di Eoma a d. pre-
ceduta da X. ]^. A pie d'un albero lupa che allatta Komolo e Remo ; dietro ad essa
tracce di figura poggiata ad un bastone (Faustolo ?). Avanzi della leggenda: SEX. Po.
Foslulus £s.RoM.\; peso gr. 3,7. Il Cohen {3fed. Coas. tav. XXXIII. Pompeia 1,
p. 264), seguendo il Cavedoni, assegna la moneta al 184 circa a. C, mentre il Ba-
belon (o. e, II. p. 336) la abbassa sino al 129.
('} Von Dulin, Die Benutzwuj Jer Alpenpàsse im AUerthum (nei Neue Heidclh. Jahrbucher
1892. p. 6G-67 e nota 30). — Von Duhn & Ferrerò, Le monete galliche del medaf/liere dell'ox]n:io
del Gran s. Bernardo p. 10. Le imitazioni nurditaliclio si trovarono nel Piemonte, Lombardia, (ìri-
gioni, Veneto e Trentino. Alle rassegno statistiche del Ghirardini (La collesione Barattela in Este
p. 127-128) e del von Dnhn (o. e. II, p. 55-5(5) aj^giungansi altri pezzi provenienti da località tren-
tine. — Orgler, Vericichniss der Ftindorte ron antikcn Mìinzen in Tirol p. 30. — Noriler, / la-
vini di Marco p. 160, tav. I. 7. — Orsi, Le monete romane di provenienza trentina del Museo
di Rovereto p. G. Anche a Eotzo presso Asiago, dove esisteva un piccolo villaggio si niccolsc
qualche massaliota con qualche vittoriato. — Molon. / popoli antichi e moderni dei sette comuni
del Vicentino p. 4.
(*) Cos'i nel ripostiglio di Modena (fine del 3° o principio del 2° sec.) e ad Este ((ìhirardini,
Notizie degli Scavi 1888, p. 20G); noi tesoretto di Legnago sono associate ai denari di C. Allius
e Paetus (von Duhn o. e. p. 56).
Classe ni sriF.NZK moiiau ecc. — Memorie — Voi. IT, Serie 5", parte 2'. 31
CAI.TRANO VICENTINO — 268 — REGIONE X.
Il vittoriato fu introdotto per la prima volta poco dopo la conquista dell'Illirico
(228 a. C.) in proporzioni comodo di conto e di cambio colle tridracme, che cir-
colavano in quella regione, poiché esso corrispondeva a '/s del denaro romano, e
ad Vj dei pezzi illirici; osso rappresentava cosi una specie di dramma romano-illirica.
Il suo peso originario fu di gr. 3,41, ma la prima emissione deve esser stata molto
ristretta e di breve durata, perchè vittoriati di tal peso sono rarissuni. Colla ridu-
zione del denaro, avvenuta nel 217, anche il vittoriato fu ridotto a gr. 2,92, ed egua-
gliato alla dramma corinzio-attica; con tal piede fu tirato su larghissima scala e
servì come moneta provinciale o come prototipo ad essa. Sui vittoriati vedonsi non
di rado monogrammi di monetieri, mai però nomi interi di magistrati ; verso la fine
del 6» sec. u. e. tutta la coniazione delle monete viene accentrata in Roma e da
allora scompariscono tutti i nomi delle officine provinciali sui vittoriati ; nomi di mo-
netari non si hanno prima del 217 e son dati con monogrammi o con iniziali, ma
col finire del sec. VI u. e. essi si danno in disteso, ed il vittoriato va a scomparire (')•
Ho premesso questi cenni generali sul vittoriato, per arrivare a risultati crono-
logici, i quali emergono anche dall'esame dettagliato delle nostre monete e dallo
studio dei loro pesi.
Siccome abbiamo: esemplari superiori a gr. 3,30 n. 14
fra i gr. 3,30 e 2,95 n. 210
» inferiori a gr. 2,95 n. 126
tradotti in cifre cronologiche, questi dati si esprimono cosi :
esemplari dell'emissione 228 e poco anteriori n. 14
217 n. 126
• di emissioni intermedie fra 228-217 n.210
Maggiori lumi cronologici si desumono dalle poche moneto con sigle della zecca
0 del monetiere :
n. 3 esemplari (58-60) sono coniati da Matienus circa 234 (?)
n. 2 - (61-62) da Metello circa il 217
n. 8 • (66-74) da Cn. Rebio Tampilo fra 217-214
n. 3 • (76-78) escono dalla zecca di Vibo e stanno fra 218-189.
Aggiungo ancora che al periodo 228-226 sembrano appartenere i vittoriati senza
lettere od emblemi rispondenti ad un denaro di quattro scrupoli, di più quelli con
W , CM e la clava. Al periodo 226-217 quelli con U, T, \B la mezzaluna, l'elmo
gallico, la spada gallica, la spiga, il cane, la meta, la mosca (De Petra, ^'otùic
Scavi 1883, ser. 3», voi. XI, p. 392).
Ma la presenza di circa 134 pezzi battuti intomo al 217 o poco dopo bastano a
collocare il nascondimento negli ultimi anni del 3° sec. o noi primissimi del 2" a. C.
K poiché d'ordinario orano causo determinanti di tali sott<.'rramenti avvenimenti mi-
litari, cerchiamo di stabilire, almeno in via di approssimazione, quale sia la fazione
(') Snl vittoriato in Rcncre Mommsen Oeschichte p. 389-99. Mommeen-niacas Uisloire II,
p. 85-101. — Dftbelon, Description p. 11 & sogg.
REGIONE Vili. — 269 —
BOLOGNA
di guerra svoltasi al pie delle Alpi vicentine, che può coincidere col nascondimento
del tesoretto.
Nel 191 la Gallia Cisalpina è tutta occupata dai Keniani e la fondazione di
Aquileia 183/82 segua l'installazione dotìnitiva dei Romani anche nella regime dei
Veneti, che però anche prima erano stati in ottimi rapporti con Roma; la debella-
zione poi degli Histri e dei Liguri avvenuta pochi anni appresso, nel 178, compie
la conquista di tutta l'Italia superiore (').
Ma se i Veneti del piano si diedero, come pare, a Roma, senza guerra e per
trattati amichevoli, siamo allo scuro circa le popolazioni della zona alpina che cinge
la pianura veneta. La definitiva soggiogazione di esse avvenne più tardo e per guerra.
Dai monti scendevano frequenti e pericolose le razzie delle tribù alpine, alle quali
rispondevano le punte offensive dei Romani ; è un periodo sul quale parecchio ancora
resta oscuro; sappiamo però che in ima di codeste campagne nel 118 Q. Marcio de-
bellò gli Stoni che abitavano sopra Verona (T. Liv. Epit. lib. LXII).
Tutto ciò mi induce a pensare che alla fine del sec. terzo, o più facilmente nei
primi decennii del secondo una pimta offensiva dei Romani nelle montagne di Asiago
abbia distrutto il villaggio di indigeni, esistente allora al passo dell'Astagus, incen-
diandolo ; la sua posizione militare richiedeva che quella chiave fosse in possesso di
chi teneva il piano. Il tesoretto sarà stato nascosto al primo rumore di guerra, ed
il fatto che non venne più rintracciato prova che i suoi antichi possessori eran tutti
periti. Che il vittoriato fosse moneta circolante anche presso le tribù delle prealpi
venete lo dice la presenza di esemplari dentro casette di villaggi preromani, ricono-
sciute sugli altipiani dei Sette Comuni Vicentini, al Bostel di Rotzo (-) e dei Tre-
dici Comuni Veronesi a s. Anna del Faedo (3). Cronologicamente il nostro ripostiglio
sembra avvicinarsi a quello di Modena, e la tomba colle mezze dramme massaliote
dovrebbe di poco precedere la distruzione del piccolo villaggio, e quindi anche il sot-
teramento del tesoretto.
P. Orsi.
Regione Vili {CISPADANA).
IL BOLOGNA — Antichità scoperte nella città.
1. In via Ripa di Reno, parte nord di Bologna, scavandosi nella cantina della casa
n. 41-43 per costruirvi un pilone a sostegno degli ambienti superiori, s'incontrò ad
un metro di profondità una base circolare in macigno del diam. di m. 0,80 alta
m. 0,25 fra toro e zoccolo; il primo della grossezza di m. 0,1.5 sporge due centim.
tutto attorno sul secondo, lasciato grezzo, perchè non dovea appaiii-o visibile.
(>) A proposito di tale guerra (cfr. frammento dei fasti in Notizie Scavi 1892 p. 411) torna
al caso nostro ricordare che il vincitore di essa C. Claudio ne riportò in trionfo 307.000 denari
u et victoriatum octoginta quinque niilia .scptingcntos duds » (Livio XLI, 13), il che conforma la grande
diffusione del vittoriato presso tutte le popolazioni dell'Italia superiore, anche non soggiogate da Roma.
(«) Orsi, Notizie degli Scavi 1890 p. 294.
(') De Stefani, Antichissime capanne di pietra del monte Lo/fa a s. Anna del Faedo.
BOLOGNA — 270 — REGIONE Vili.
Stava ad un metro dal piano di cautina ed a quattro metri da quello della strada.
Avvertito della scoperta dal proprietario della casa sig. Angelo Brunetti, ordinai
cbo quantunque aflìorasso l'acqua si approfondisse lo scavo tanto da puter riconoscere
se la baso fosse al posto originario od ivi trasportata. E si potè constatare eh' essa
era al .suo antico posto e posava sopra un grosso pilastro quadro di ra. U,70 per lato,
costruito a mattoni, con molta regolarità, del quale si scoprirono circa 40 centim.
ma che senza dubbio dovea approfondirsi assai di più. Ma l'atHuire abbondante dell'acqua
e l'impossibilità di allargare lo scavo senza danneggiare la solidità dei muri della
cantina, hanno impedito di penetrare fino al punto dove il pilastro terminava.
Al contrario si è potuto verificare che al piano stesso in cui posava la base sten-
devasi un pavimento costruito con grandi laterizi quadri di m. 0,43 X 0,30. quattro dei
quali ancora aderivano fra loro, mentre altri s'internavano sotto lo strato delle terre su
cui, or sono trentanni, si adagiò il piano della cantina, quando venne restaurata la casa.
Anche in quell'occasione, mi riferisce il proprietario, s'incontrarono resti di pavi-
mento ma fatto a mattonelle esagonali e lucerne e vasetti in terracotta a lungo collo di
quelli soliti a deporsi nei sepolcri. Una delle lucerne che ho ancora veduto è di forma
comune con il manico ad anello e con due lettere P M segnato con la stecca sulla base.
Dal complesso delle scoperte e degli oggetti trovati non può essere dubbio che
all'epoca romana in quel sito sorgevano uno o più edilìzi, forse di carattere sepolcrale,
tenuto conto specialmente del fatto che la località era situata fuori del recinto urbano.
2. .\1 eh. prof, don Luigi Breventani debbo la conoscenza della seguente iscrizione
incisa sul rovescio di una lapide di marmo greco, collocata sopra un loculo di reliquie
riposto nel secolo XV nella chiesa di s. Giovanni in Monte qui in Bologna.
La lapide è alta m. 0,20 larga m. 0,25.
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AVREL •
GLORIOS
VIX • AN
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DXXIII
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PHILETE MATE)
3. Per far posto alla suppellettile proveniente dagli scavi recentemente eseguiti
nell'Arsenale Militare di Bologna, ho dai magazzini superiori del Museo fatto traspor-
tare nelle cantine i mucchi di frantumi di vasi inservibili estratti l'anno 1874 dai
sepolcri tipo Villanova del predio Do-Lucca fuori porta s. Isaia.
Nel compiere tale lavoro occorse fra i rottami di vasi un pezzo di macigno alto
m. 0,23, largo m. 0,17 e dello spessore di m. (>,10, sopra una farcia del quale ri-
mangono avanzi di una figura umana e di ornati geometrici incisi. Questi ultimi con-
sistono di una fascia alta m. 0,07 di doppio meandro eseguito a mano libera od un
po' irregolarmente. Un rosone occupa il vuoto che rimane a sinistra ed in testa di
REGIONE Vili.
— 271 —
BOLOGNA
tale meandro. Al di sopra del quale era un grande spazio libero, forse occupato da
più figure, ma di esse una soltanto sopravanza e neppure intera.
Kappresenta un uomo del tutto nudo con il braccio d. alzato ed il s. forse
abbassato.
Quanto rimane su questo frammento di macigno è suiliciente per far riconoscere
in esso l'avanzo di una stele sepolcrale del periodo detto di Villanova, attesa l'ana-
logia che tanto la figura virile, quanto gli ornati presentano con altro stele consimili
rinvenuto specialmente in questi ultimi anni.
'■^■"'^'--^yj/jiiìp.-.
■' àmmimsimsfm
Ad es. il meandro trova riscontro nella bellissima stele di s. Giovanni in Per-
siceto edita in queste Noiùie 1893, p. 179; ed il rosone o ruota fu gi;\ notato nelle
stele Grabinski {Notisie 1. e. p. 178, fig. 1), Arnoaldi (ibid. p. 180, 4), e Caprara
(ibid. p. 181, fig. 5). In questa ultima poi ricorre altres'i una figura virile, la quale,
specialmente per il disegno delle gambe divergenti, presenta grandissima somiglianzà
con la figura virile sul nuovo frammento di stole De-Lucca.
E. Brizio.
IMOLA — 272 — REGIONE Vili.
IH. IMt'LA — AnlichiU'i scoperte nella ciUà e nel suo lerritorio.
In uaa recente visita fatta al l^hisco d'Imola, ho notato sei pezzi di bronzo fa-
cienti parte di un ripostiijlio riuveuuttì parecchi anni addietro a Uivera, nel podere
Guado, otto miglia da Imola presso il borgo di Tossignano.
I sei pezzi sono;
1. Frammento di cuspide di lancia, alto m. 0,11 a tubo cilindrico con l'orlo
ingrossato ed ornato di un cordone fra due solchi. L'altezza del tubo, dall'orlo fino
alla base delle due alette è di in. 0.08: i due fori per cui passava il chiodo che
formava l'asta innestata nella cuspide sono a m. 0,025 sopra l'orlo. Nella Fonderia
di s. Francesco, conservata in questo Museo, non avvi alcun pozzo di cuspide di lancia
del medesimo tipo.
2. Parte inferiore, alta m. 0,08.t, di un ascia a manico tubulare con sezione qua-
drangolare dai Iati un po' ricurvi, simile ad altri esemplari della Fonderia di s. Fran-
cesco e precisamente al n. 7 della tav. XX della pubblicazione dello Zannoni : La Fon-
deria (Il Bologna. Anche nel frammento imolese il taglio della lama è ricurvo.
3. Parte superiore di un ascia ad alette, anch'essa di un tipo assai comune nella
detta Fonoeria, cfr. Zannoni op. cit. tav. "VII.
4. Parte superiore di ascia ad alette del medesimo tipo alta m. 0,10.
5. Frammentino alto m. 0,05.5 di ascia ad aletta di tipo analogo al precedente
ma con la particolarità che il manico non è nettamente separato dalla lama mediante
cordone: al contrario sulle coste assai larghe di questa, discendono le aletto for-
mandovi un triangolo. Presenta adunque il frammentino qualche somiglianza con le
ascio della Fonderia di s. Francesco pubblicate dallo Zannoni sotto i n. 59 e (30
della tav. XI.
6. Frammento di piastra di bronzo alta m. 0,09 larga nella parto più svilup-
pata m. 0,10, con due grossi cordoni a rilievo presso l'orlo che affetta la forma cir-
colare. Lo ritengo un frammento di falce, per la grande somiglianza che pre.^^enta con
pezzi analoghi inediti della fonderia di Casalecchio, conservata nel museo di Rimini.
Argomentando dal complesso degli oggetti che lo componevano, il piccolo ripo-
stiglio di Rivera, sembra spettare ai primordi del periodo detto di 'V^illanova cioè al
tempo a cui rimontano altresì in massima parte gli oggetti della Fonderia di s. Francesco.
In un'altra località dell'Imolesc, cioè a Monterone (comune d'Imola) nel podere
detto la Chiesuola, si rinvenne lo scorso anno un bellissimo coltello-ascia intero, alto
m. 0.21 a taglio lungo e curvo, come l'esemplare della terramaia di Castellazzo par-
mense, pubblicato dallo Strobel nel Bull, di paletn. Hai. toni. I, tav. I, n. 6 pag. 9.
Il senatore Scarabelli potè eziandio acquistarlo per il Museo di Imola.
Lo scorso anno, circa due kilom. a ponente della città, sulla sinistra dell'antica
Via Emilia, nel podere del sig. Roncagli, in occasione di lavori agricoli si trovarono
due iscrizioni dell'epoca romana, che insieme con il senatore Scarabelli r. Ispettore
degli scavi, ho potuto poscia esaminare presso il proprietario.
REGIONE Vili.
— 273 —
IMOLA
La prima è incisa in belle lettere su lastra di marmo alta ra. 0,90, larga
m. 0,35.
D ^^^/ \/^M
mezzo busto
di'l bambino in rilievo
CTITIO • GENIAIL
NATO • DVLCI • QV'
EREPTA • LVCE • V •
ANN • VNO-M-Il -D-XX
C ■ TITIVS • GENIAL
ET
ANNEIA ■ MAR
CELLA • CONTR'^
VOTVM-PAREN
TES
La seconda su lastra pure di marmo è in lettere brutte ed assai logore che ne
rendono difficile la lettura specialmente nella prima riga, ove deve leggersi o T. Que-
tio oppure T. Quello. L'ultimo gentilizio è già occorso in altra lapide pubblicata
nelle Notisie 1882, ser. 3^ voi. XIII, p. 8.
/ D M \
I Q_V Erio
AVGVSTI'
VE TE RAN
SOSIA
S I N T 1 C E
M E R E N T I
POS
("■'•)
Nella medesima località donde si ebbero le due lapidi, si rinvenne puro una
bellissima mensola di arenaria compatta, stupendamente lavorata, che è indizio di un
cospicuo monumento sepolcrale che dovea sorgere lì presso.
IMOLA
— 274 —
REGIONE Vili.
Ho fatto coDoscore al proprietario del fondo la conveaienza di eseguirò appositi
scavi per rintracciare gli altri avanzi, che non potranno mancare, del monuinonto.
Hntro Imola nella piazza Maggiore u projirio di fronte al palazzo comunale ese-
guendosi scavi per lavori edilizi, si scoprirono alcune sepolture medioevali nelle
quali però erano stati adoperati come materiale di fabbrica, dei tegoli e marmi del-
l'epoca romana.
Uno dei pezzi di marmo lungo m. 0,38 alto m. 0,22 e grosso m. 0,07, contiene
gli avanzi di un iscrizione sepolcrale incisa in belle lettere:
'IVS THESEN
ERENTI FIL
Sopra un grande tegolo rettangolare, lungo m. 0,60 alto ra. 0,52 e grosso m. 0,08,
è impresso il bollo seguente (cfr. Marini-Dressel n. 695, 773.
cartoriaN
Un kilom. a sud-ovest da Imola, in luogo detto Villa Clelia, proprietà del
sig. conte Antonio Zaiiipieri, si sono scoperte, or fanno pochi mesi, in occasione di
lavori agricoli, quattro tombe con scheletri, tre dello quali prive di oggetti. Nella
quarta però con lo scheletro erano parecchi grani di pasta vitrea variegata, simili a
•luelli in 1,'raude numero rinvenuti nella necropoli longobarda di Castel Trosino.
A fior di terra poi si erano raccolte, volta a volta, tre fibbie di bronzo di tipo
comune, cioè a grosso anello elittico con gancio mobile e ricurvo, ed una fibula di
argento dorato in forma di .S' con incastonatura di vetri rossi; anche questo ornamento
caratteristico dei tempi barbarici.
Dalle indicate scoperte sporadiche argomento che in vicinanza di Villa Clelia
dovea esistere un sepolcreto del periodo barbarico, tanto più che in seguito ad una
visita fatta sul luogo, ho potuto accertariui che le ([uattro tombe casualmente scoperto
giacevano poco lungi dall'antichissima chiosa di s. Cassiano che ivi sorgeva nel
medioevo, com'è indicato nella pianta di Imola del Ferri pubblicata nel 17U5.
E. Brizio.
RBOIONE Vili. — 275 — FORLÌ, FIUMANA, CASTROCARO
IV. FORLÌ — Tombe di età romana riconosciute fuori la barriera
Ravaldino.
Nella cava della fornace Hoffmann, fuori della Barriera Ravaldino, proseguendosi
lo sterro, verso sud, a m. 3 di profondità furono trovare due tombe di età romana,
contigue fra loro, orientate da est ad ovest. Erano di inumati e composte di embrici,
messi a doppio piovente, fornite solo di qualche impressione digitale, fatta sulla
creta molle.
Una tomba mancava di ogni corredo fimebre ; l'altra aveva presso il cranio, una
semplice oinochoe di terra giallognola, striata all'esterno da spessi solchi orizzontali.
I crani e le altre ossa erano frantumate ; e accanto ai due depositi stava piu-e un
grande abbeveratoio di calcare, mancante di parte di uno dei lati lunghi. Lo credei, sulle
prime, un terzo sepolcro ; ma fattolo vuotare dalla terra, nulla rinvenni che testimo-
niasse l'esistenza di cadaveri.
Ho acquistato il vaso per aggiungerlo agli altri oggetti, in più volte tornati in
luce in quella località, e custoditi nel Civico Museo.
A. Santarelli.
V. FIUMANA — Altra arma litica trovata nel territorio del comune.
Da quel colono che raccolse sporadicamente la bella ascia di pietra levigata, de-
scritta nelle Notizie del corrente anno p. 166, mi è stata portata un'altra ascia trovata
poco lungi dal luogo della prima, ed anch'essa tornata in luce in occasione di lavori
campestri.
È meno elegante e piti piccola della ricordata, misurando solo m. 0,66 in altezza
e m. 0,45 nella maggiore espansione; il suo peso specifico è di grammi 132.
È di roccia verde-cupo, coi fianchi tondeggianti; ma il taglio invece di essere
arcuato, è quasi diritto. Anche questa pare ricavata da un ciottolo, e tranne una scheg-
giatura nel mezzo del tagliente, può dirsi conservatissima. Per la forma si confronti
una rinvenuta a Remedello {Bull, di Paletti, it., anno X, tav. VI, n. 5).
A. Santarelli.
VI. CASTROCARO (frazione del comune di Terra del Sole) — Di un
sigillo romano scoperto nei pressi dall'abitato.
Un sigillo romano di bronzo, probabilmente usato nelle figuline Cesoniane, fu rin-
venuto, non ha guari, nei pressi di Castrocaro. È rettangolare, con presa quadrilunga,
di m. 0,45 X 0,15, e reca, a belle lettere rilevate:
MO230
Di questo cimelio ho fatto acquisto per le raccolte antiquarie del Civico Musco
di Forl'i.
A. Santarelli.
Classe di .scien/k morali ( ce. — Memorie — Vd. II, S< rie :>", parte 2". 3.5
FIRENZE, AREZZO — 27(5 — REOIONE VII.
Regionk vii {ET lì uri A).
VII. FIRENZE — Continuando i lavori per il Centro di Firenze, e scavan-
dosi i nuovi fogrnoni in piazza dogli Strozzi, si sono scoperti avanzi di muri di era ro-
mana 0 alcuni tratti di una strada puro romana, lastricata a grandi poligoni di selce.
VIII. AREZZO — Frammenti fìtlili relativi al coronamento di un
tempio scoperti presso l'abitato.
Devo ritornare ancora dove sorge la nuova fronte del teatro Petrarca situata sulla
via Guido Monaco, a cagione di altre antichità rinvenutevi nello scafare le fonda-
menta. Già ho riferito, che in quello spazio si esercitavano le figuline Annia, Menimia
0 llasinia, che cessarono al cadere della repubblica: che vi passava una via fiancheg-
giata da sepolcri a fossa e coperti da tegole. Lì presso apparvero alcuni frantumi fittili
da supporvi l'esistenza di qualche tempietto.
Ora questa ultima ricerca può ricevere una luce maggiore, dacché il sig. dott. An-
tonio Guiducci ha donato al museo aretino diverse terrecotte ornate a rilievi, e che
si sono tratte dall'indicato luogo. Ben si comprende che uno scavo sistematico avrebbe
a noi offerto elementi non dubbi e forse fruttuosi, ma le solite condizioni del lavoro
non lo permisero (e quando mai lo permettono?); onde mi valgo della conoscenza
locale, e di alcuni miei ricordi per trattare tale argomento.
Peiianto quando nel 1872 fu tracciata in quel punto la nuova strada e allar-
gata la piazza di s. Francesco, si trovò alla profondità di due metri un acroterio fittile
colla faccia rilevata di un uomo, dipinto di color rosso. In quel tempo da li attorno
si trasse un piccolo cornicione di marmo, e un capitello corinzio a foglie di palma
acute. Or sono due anni venne fuori una sommità di pilastro, pure in marmo, di or-
dine corinzio, che doveva essere posta innanzi ad una delle anlae dell'edicola.
I fittili poi, che a tale tempietto sembra che appartengano, sono di stile così
diverso, che converrebbe o stimarli di due differenti edifici, o pensare ad una rico-
struzione 0 almeno restaurazione.
Frammento di bassorilievo in terracotta con tracce di colorito bianco, rosso, e
turchino, della larghezza di cent. 34 per 20. Si figura una Noreide, che seduta sul
dosso di un mostro marino, viene da questo via trasportata verso destra. Klla colla
sinistra abbraccia per reggerei il collo dell'animale, mente coll'altra mano sostiene
una cnemide o gambale di guerriero. È ricoperta di tunica sottile interiore, e sopra
la cinge la sopravvesta a modo di mantello o clamide, che dietro le svolazza a signi-
ficare la grande velocità del i^uo corso. Nella tunira appariscono le tracce del colore
bianco; nel mantello quelle del rosso, e il nudo ginocchio è dipinto di turchino, per
essere quella ninfa marina. Mancano alla figura la testa e la parte inferiore dal gi-
nocchio in giù. Dell'animale altro non resta che il collo con l'ispida criniera; da che
si argomenta essere un cavallo marino od ippocampo. L'arto si mostra rude e deca-
ROMA — 277 — KOMA
dente piuttosto che arcaica; e le figure sono gettate colla forma e non lavorate a
stecco. Il gi'uppo era levato dalla forma e fissato sopra la raetopa o spazio apposito
del fregio, sia con chiodi, sia mm-ata : il che molto differisco dallq altre metope fittili
dell'arte campana o latina.
Si deduce finalmente, che questa Nereide faceva parte d'un fregio, nel quale
erano figurate e disposte le altre Nereidi portanti le armi di Achille. Tale rappresen-
tanza è ripetuta nei vasi e nei sarcofagi, e quivi stava a decorazione di un tempio.
Da che si potrebbe supporre che questo fosse consecrato a Nettuno, o a Vulcano : ma
più probabilmente al dio del fuoco per avere egli fabbricato le armi di Achille, e
perchè all'intorno erano le fornaci delle celebri figuline, e infine perchè il suo tempio
era situato fuori della cinta della città, come infatti è questo circa 250 metri più in
basso dalla mm-a dell'antica Arezzo.
Si raccolsero insieme al bassorilievo della Nereide un acroterio di coppo colla
testa di vma ninfa a chioma bipartita e fl,uente (cent. 13). Un fi-ammento di ornato
elegantissimo, in cui da uno stelo si dipartono da una parte e dall'altra un giglio, e
al disopra un boccio di rosa, e così alternamente. Sopra questo ornato stava un ba-
stoncello, sul quale seguiva uno strigliato, che era coronato da palmette isolate.
Di queste palmette restano due esemplari, e poi un'altra più piccola forse di
altro edifizio.
Frammenti di embrici ornati a velucchi, e a spirali. Frammento di ornato a boc-
ciuolo entro una gran foglia.
Non saprei poi se i fittili seguenti siano prodotto di quello scavo, ovvero apparten-
gano ad altro fabbricato antico.
Base, 0 grossa punta di acroterio, in cui è impressa a stampa una piccola pal-
metta. Dna tavoletta in cui è impressa una colonnetta scannellata. La parte superiore
di una figura di mimo colla maschera scenica (cent. 17).
Fuori della città di Arezzo alla distanza di tre chilometri sulla via che si dirige
alla Pieve al Bagnerò, e anticamente ad Babieum aiiremn^ è stato scoperto un altro
sepolcro coperto a tegole, nel quale si sono raccolte due boccette di vetro {ampuUae)
una turchina, l'altra biancastra, e insieme una grossa corniola, nella quale è inciso
Achille armato dello scudo e dell'asta che riguarda, innanzi di porlo in capo, il bel-
l'elmo cristato: buona incisione greca anteriore sicuramente ad Augusto.
G. F. Gamuurini.
IX. ROMA.
Nuove scoperte di antieh'Uà nella eittà e nel suburbio.
Kegione III. Continuandosi gli sterri pel prolungamento della via de' Serpenti,
sono stati scoperti gli avanzi di un antico ninfeo. Era costruito in opera reticolata
di tufo, con le pareti incrostate di pomici ed ornato di conchiglie, di smalti, di pic-
coli pozzi di marmo; la volta era coperta di sole pomici.
ROMA
278 — ROMA
Poco più innanzi, cioè noi punto ove dotta via traversa quella della Polveriera,
è riapparsa una stanza, costruita in laterizio, con pavimento a lastrine romboidali di
marmi diversi. Ni-l sito medesimo, ad un metro sotto il livello stradale, si sono in-
contrati altri avanzi di costruzioni di varia età, ed un tratto di antica strada sel-
ciata; ed a poca distanza, alla profondità di m. 2, è riapparso per la lunghezza di
circa 5 metri un pezzo di muragliono, costruito in massi rettangolari di tufo (di
m. U,(50 X 0,40 X 0,40) , in direzione da nord a sud.
Fra le terre si è raccolto : un grande bacino di basalto, del diam. di in. 0,75,
alto m. 0,45, grosso in. 0,06; un frammento di fregio fittile con piccola parte di
figura femminile ignuda; uno stilo d"osso; e due bolli figuli che sembrano inediti:
M • T ITI N' I
D PR D P F LVCILLAE
HELENVS SER.
Regione IV. Sull'angolo della via Cavour e via del Lauro, presso la piazza
delle Carrette, costniendosi un fognolo sotto il marciapiede, si sono trovati due rocchi
di colonne di granito orientale, a m. 3,50 sotto il piano stradalo. Hanno il diametro
di m. 0,70; la lunghezza dell'uno ò di m. 1,50, dell'altro m. 2,20 .
Regione V. Nel fondare una nuova parte del monastero delle Suore dotto
del Sangue sparso, in via di s. Giovanni, a m. G,50 di profondità, si è incontrato
un tratto di antico pavimento stradale, a poligoni di selce, lungo m. 4. K puro ap-
parso alla stessa profondità un avanzo di costruzione reticolata; ed a m. 9,50 sotto
il piano moderno un grosso muro di fondazione, largo m. 1 e lungo circa m. 10, in
direzione da nord a snd.
Intrapresi gli sterri per la fondazione di un muro di recinto alla proprietà Go-
linelli, nella via che suole appellarsi Curva, in prossimità della via Buonarroti, ò
stato trovato un grande ammasso di frammenti fittili, quivi accumulati quasi in luogo
di scarico. La maggior parte degli oggetti proviene dalle favisse del tempio di Mi-
nerva [Medica, che sorgeva in quella parte doll'Esquilino; ove pochi anni or sono si
rinvennero simili depositi di oggetti votivi (cfr. Notizie 1887 p. 179, 446; 1888
p. CO, 133, G99). I principali fittili recuperati sono: 8 statuette intiere, 43 sta-
tuette mancanti della testa. 42 frammenti di statuette simili, 90 testine diverse.
4 mani, 3 piedi, 2 braccia, 1 gamba, 1 addome, 2 maschere, 11 gruppi delle
tre figure eleusinie sedenti.
A questo deposito di oggetti votivi erano frammisti molti vasetti, tazze, ciotole
e simili oggetti di suppellettile funebre, di rozza fattura e di grossolano impasto di
terra nerastra, che certamente provengono da tombe disfatte dell'arcaico sepolcreto
esquilino.
ROMA
279 — ROMA
Regione VII. Per i lavori della nuova fogna in via Capo le Case, è stata
recuperata, in prossimità della porticella di s. Andrea delle Fratte ed a metri 2,50
sotto il piano della strada, una bella statua virile in marmo, tutta ignuda, mancante
della testa, delle braccia e dulie estremità inferiori. È di grandezza poco maggiore
del naturale: nello stato presente misura m, 1,25 di altezza.
Sono stati pure raccolti nello stesso luogo : un frammento di avambraccio in
marmo; una testa di putto in altorilievo; un piattello fittile, del diam. di m. 1,15
X 0,57X0,30 con cornice intagliata e con l'iscrizione:
LAPPVLEI VS-HERACLIDA- ET
L • APPVLEIVS • CERDO • APPVLEIAE • SATVRNINAE • Li 1
LOCVMMONVNENTMN FRONT- P- XX IN AGR-P-XX/X
ET-VSTRINVM-POST-MONVMENTVM-IN FRONTP-XII
IN AGRPXII- CONLIbERTIS ■ ET • CONLIBERTABVS • QVI
infrascrIpti-svntdesvapecvniadedervnt
APPVLEIA • L • LRHODINELAPPVLEIVSL-LET • DL- SVAVIS
ed un frammento pure di lastra marmorea, che conserva:
Regione IX. In piazza di s. Pantaleo, nell'escavazione per il monumento a
Minghetti, si è rinvenuto, alla profondità di m. 4, un lastrone di breccia africana,
con belle macchio, lungo m. 1,85, largo m. 1,18, grosso m, 0,50.
Regione XIV. Nell'orto annesso all'ospizio di s. Cosimato in Trastevere, alla
profondità di m. 1,60, sono stati rimessi all'aperto gli avanzi di due camere d'età
romana, costraite in laterizio. Una di queste misura m. 6.40 X 4,25, ed ha il pavi-
mento di musaico grossolano, a semplice chiaroscuro, con fascia verso l'estremità,
larga m. 0,15. Nel mezzo v'è una grande testa muliebre, con capelli sciolti, alta
m. 1,05, larga alla fronte m. 0,85: attorno alla quale sono rappresentati delfini.
L'altra stanza, distante dalla prima circa m. 10, misura m 3,50X3,10, od anch'essa
ha il pavimento a musaico, formato di soli tesselli di marmo bianco e nero. Sul lato
nord di questa seconda camera si apre un corridoio, tutttora interrato, lungo m. 1,50.
Dinanzi all'ultima casa, che forma angolo sulla via dei Tre Pupazzi, verso l'an-
tico recinto della porta Castello, a ciixa mezzo metro sotto il suolo attuale si è sco-
ROMA — 280 — ROMA
perto, per la lunghezza di m. 33 un tratto di antica strada lastricata coi consueti
poli<,'oni baiialtini.
Via Tiburtina. Nel pubblico cimitero del Campo Verano, in occasione di
sterri per nuovi sepolcri, sono stati raccolti i seguenti oggetti: — Marmo. Fram-
mento di lapide cimiteriale cristiana, su cui si legge :
D MI
;trssANVsvix(
S • I • ME • Vini • d\
\
La lettera V nella sillaba finale del nome si yede corretta da O. Frammento di
sottile lastra di cipollino, parimente cimiteriale, che conserva le poche lettere ru-
bricate :
v~m r
Dromo. Un pendaglio; un ago crinale; una teca; un ganghero; un anello con chiave;
due anellini semplici. — Terracotta. Una piccola lucerna rotonda di terra gialla,
iutiera. — Vetro. Un piccolo balsamario. — Osso. Una colonnina, lunga m. 0,08.
G. Gatti.
Iscrisioni latine aggiunte alla raccolta epigrafica del Museo nasionale romano.
Tra i monumenti iscritti aggiunti alla raccolta epigrafica del Miiseo nazionale
romano, due meritano speciale studio.
Il primo, acquistato sul mercato antiquario di Roma dal eh. sig. conte M. Tvszkie-
wicz, e da lui donato al Museo, è una piccola lastra marmorea da colombario, larga
m. 0,355, alta m. 0,185. Vi si legge:
K/ >
fi,',?
Wv5JI\i
35 e. V.
cioè: Fusats, citrsor prasini, vix{it) ann{is) XXI V: vicit Iiom(ae) LUI, ad deam
Diatn II, Bovillis I, una palma rev{ocatus) bis eandem vicit. Ilic omnium
curso/\um) primus qua die missiis est vicit stai . . . C(aio) Cestio, M{arco) Ser-
vino co{n)s{ulibus). Machao conser{vus) memoriae causa.
ROMA _ 281 — ROMA
Fu edita in lettere minuscole dal Friedlaender nella sesta edizione della sua Sitlen-
gesehichte (voi. II, pag. 325, nota 7), e brevemente illustrata nel testo, secondo una
comunicazione a lui fatta dal prof. 0. Hirschfeld.
Stando a ciò che quivi fu esposto, la lapide sarebbe stata rinvenuta nel dicem-
bre 1887 sulla via Campana a tre miglia da Porta Portese. Ma secondo altre notizie,
che sembrano più verosimili, sarebbe stata rinvenuta nel sepolcreto di Porta Salara,
che appunto in quel tempo si andava discoprendo {Notizie 1887 p. 21, 74, 118, 147,
191, 237, 283, 328, 375, 401, 449, 554). Nella linea 6, egli legge sta[dio), non
tenendo conto dell'ultima lettera : come se il lapicida avesse scritto I per D ; ma ad
ogni modo conviene badare che non mancava lo spazio se avesse voluto incidere com-
pleta questa lettera.
Nelle iscrizioni latine sono ricordati parecchi cursorcs e di vario ufficio. Rara-
mente si ha la menzione di cursores imblici-, pubblici corrieri (cfr. Cod. Theod. 1,
27, 1; 16, 61, 10; Not. dgn. 4, 12). Abbiamo in una iscrizione di Salona(C. /. L.
Ili, 2007) . . .ex cursore pravato {sic = prolmto), qui confecit sub die milia XCIV;
ed in una urbana {C. I. L. VI, 9317): Zonisus, cursor, qui cucurrit opere maxime,
qui cucurrit annis V et mesis IIII ecc., e nelle anse della targa che limita il campo
epigrafico : de ti^es fratris cursoris unus separatus est.
Più. frequenti sono i cursores dell'imperatore o dei privati, quei lacchè, i quali
a piedi precedevano i cocchi dei padroni, spesso insieme ai Numidae (Sen. ep. 123, 7, 87;
Suet. Nero 30); e questi cursores servivano per lettere e commissioni. Cursores e
Numidae riuniti in collegio si hanno in un'iscrizione del sepolcreto di Cartagine
(C 1. L. Vili, 12905) : D. m. s. Saturu[s} Aug{ustorum) ser{vus) et Tit[f\cus Augg.
ser., cursores, hic s{iti) s{unt). Collegium cursorum et Numidaru{m) fecit.
Un collegius (sic) cursorum ricorre nella lapide urbana C. I. L. VI, 9316. A
questi cursores imperiali vanno attribuiti il praepositus cursorum, liberto imperiale
(C. 7. L. VI, 8800), il doctor e Vexercitalor cursorum, servi imperiali {C. I. L. VII],
12904; Eph. Epigr. 5,366) ed il cursore liberto di Acte(a /. L. VI, 8801). Qui è
probabilmente da citarsi la iscrizione C. I. L. VI. 241 : Genio soda\J,ict] lovis con-
scrva[toris~\ cursorum Caesa[ris n{ostri)'], quod Allectum \_profec{tum)'] Laudicia
Syriac[oele'] Aug{usti) lib{ertum) cur\_sorem servavif]. Un ciu'sore di un privato
si ha nel testamento di Dasumio (C. /. L. VI, 10229 lin. 85).
I corridori nel circo (Plin. Nat. hist. 7, 84.; Cic. de dioin. 2, 144; Tusc. 2, 23)
sono menzionati, a quanto sembra, tre volte soltanto; il che è poco per la quantità
che abbiamo di iscrizioni relative a ludi ; probabilmente tal genere di corse non era
molto in voga. Tutte e tre queste menzioni poi ci riportano ad epoca relativamente
antica: abbiamo in primo luogo i fasti prenestini {C. I. L. P p. 236 cf. p. 317) i quali
segnano al 25 aprile : ludi cursoribus maioribus minor ibusque fiunt ; segue la lapide
del sepolcreto di Porta Salaria {Notiùe 1886 p. 70): Q. Antonius Albaaus, cursor et
supra cursores factionis prasinac ; finalmente la nostra lapide che ha il pregio di
indicarci dove si fecero quelle corse.
La prima indicazione Romae è vaga: la seconda invece ad deam Diam si ri-
ferisce certamente alle foste Arvaliche e completa gli atti del collegio, che parlano
ROMA — 282 — ROMA
di quadrigae o desuUores dalla. 88 in poi o di bigae dal 155 (cf. Henzen, Ada
fratrum Arvalium p. 3(i sg.). La terza ci riporta ai ludi circensi di Bovillae in
onore della gente Giulia, poi quali abbiamo una testimonianza in Tacito {Ann. 15, 23).
Non ofl"rono alcuna dillicoltà le parole con cui termina il titolo, per le quali tro-
viamo parecchie analogie. Fusco dovette correre due volte per una palma sola e la
vinse; ma oscura è invece la lode che gli si fa, di essere stato il primo cursore
che nel primo giorno in cui prese parto alle corse {missus est) vinse stai o sta /;
forse vinse in una corsa semplice, ia quella cioè di un giro solo di stadio.
La fazione jirasina, cui il nostro Fusco appartenne, era la preferita nei primi
tempi dell'impero, e la nostra iscrizione, che ricorda il consolato del 35 d. €., ne è
la più antica menzione.
L'altra iscrizione proviene, per quanto affermasi, dalle raccolte del defunto barone
r. K. Visconti, e fu ora acquistata sul mercato di Koma. È in una piccola targhetta
ili bronzo ansata, alta cent. 4, larga 7, e dice:
|. DNCALLA yi
o EPLACIDI
/ AENP
\
L'ansa a sin. è forata, il che dimostra che la targhetta doveva appendersi ; ma
a quale scopo essa realmente servisse, non appare chiaro.
Di tali targhette di bronzo o rotonde {C. I. L. VI. 8G90, 8691, 8692; XIV 163,
2769) 0 quadrate si conoscono parecchie, ma nessuna contiene uu' indicazione sul suo
scopo: talune, come quelle esistenti nel museo Kircheriano (C. /. Z. VI, 2148;Orelli
2867) hanno un foro in un'ansa, simile a quello della nostra; altre invece che in
un'ansa hanno un foro in alto ; altre mostrano nella parte opposta allo scritto una
punta, per la quale avrebbero potuto essere infisse. Talune sono votive: altre hanno
evidentemente carattere di dedicazioni e si distinguono per le lettere inargentate
(C. l. L. IX, 6u<»U, 8; X, 802, 4. 5. 7; XIV 412U, 4) e per alcune formule (cfr. p. e.
C. I. L. XIV, 412U, 4): Salvo d{oviino) n{ostro) ì'alentiniano p{ìo) f{clìce) Aug{u-
sto) Il Pauliniis v{ir) c{larissimus) praef{ectus) urb{i) fecit. Le altre possono aver
servito ad usi svariatissimi, come ad esempio per accompagnare doni, per collari di
schiavi, per bardature di cavalli, per luoghi di uflici pubblici e via dicendo. Per
la nostra targhetta la soluzione forse si avrebbe, se si potessero spiegare le lettere
N- P- della terza linea.
Galla PlaciJia, nominata nella piastrina, è la figlia di Teodosio 1. che, morto
il marito Flavio L'ostanzio, fu nel 424 mandata da Teodosio II in Italia insieme al
figlio Valentiniano per ricuperare il trono. Se ne ha ricordo in Ravenna, dove esiste
la sua tomba e la chiosa di s. Giovanni da lei innnalzata.
D. Vagi.ieui.
ROMA — 283 — noMA
Di una lapide dedicata ad Ercole vincitore,
forse 'proveniente dal famoso santuario libiirtino.
Fu aggiunta al Museo nazionale romano per acquisto che se ne fece sul mercato
antiquario di Roma un cippo marmoreo alto m. 0,255, largo m, 0.19 e dello spessore
di m. 0,08. Vi si leggo:
PFVLCINIVS
vergili v s • marcellvs
praéf- fa br vm-t ri B
millegvTTgem-felicis
prae'f- eq_vit vmXlAé
PARTHÓR ■ SVB cvrator
aedivm-sacrarvm-et
opervm • locórvmqve
PVBLICOR- SVBPRAEFCLÀ'sS
praét-misene'nsis ■ CVRIO'
PR- SACRiS • FACIVNDIS
HÉRC VLl ■ VICTÓRI
P{ublius) Fulcinius Vergilius Marcellus, praef{ectiis) fabrim, trib{umis) mi-
l(ilum) leg{ionis septimae) Crem{ÌHae) Felicis, p'raef(ecli's) eqmtxm alae Parthor{um),
siibcurator aedimn sacrariim et operimi locoì'umqiie piibticor{um), subpraef{ectus)
class{is) praet{oriae) Misenensis, curio p{opuU) R{omani) saeris faciundis, Ilerculi
Victori.
Due fori che si scorgono superiormente mostrano che il cippo sosteneva la sta-
tuetta di Ercole Vincitore, il dio protettore dell'antica Tibur, donde forse proviene
anche questo monumento (Dessaii, C. l. L. XIV p. 367, 495).
P. Fulcinio Vergilio Marcello, uomo dell'ordine equestre, sino all'epoca di questa
sua dedicazione non aveva percorso veramente una splendida carriera. Prescindendo
dalla praefectura faìiriim, titolo più che vera milizia (Mommsen, Staalsrcciit 2^
p. 98), lo vediamo anzitutto tribuno legionario e prefetto di un'ala. La legione VII
Gemina Felice, istituita da Galba, apparteneva dall'anno 78 in poi all'esercito ispa-
nico (cf. Boissevain, De re militari prov. Ilisp. p. 32 segg.) ; non si conosce invoco
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. Il, Serie 6", parte 2". ;!(>
S. ANGELO IN F0RM18 — 284 — REGIONE I.
la residenza dell' n/a Parlhorum, che non si dorrà confondere coWala F Angusta
Parthorum di residenza nella Mauretania Cesariense, almeno dal 1U7 d. C. (Cichorius,
in Paiily. Realencycl. 2* ed. 8. v. ala).
Occupò poscia un utlicio civile, quello di subcurator aediutn sacrarum et operum
locorumque publicorum. che spettava ai cavalieri, come quello di curator ai senatori,
ma che non era ufRcio molto alto, come si vedo dalla nostra lapide e da un' altra
liritannica frammentata (C. /. /-. VII, 1054). Xè più alto era l'uflìcio del subpraefcctiis
classis, nel primo secolo coperto da liberti imperiali {^Eph. Kpigr. 4, 92(i): dal se-
condo secolo invece da cavalieri, ma subito io'^oXdLjìraefectura a/ae, al principio cioè
della carriera; da essa si passava alle procuratie imperiali (T. /. L. IX, 5387, 5439).
Il nostro Jlarcello è il terzo sottoprefetto della flotta Misenate. che si conosca; gli
altri due sono Alfenio Senecione {C. I. L. X, 3334) e C. Annio Flaviano {Eph.
Epigr. 5, 699).
Il curio minor o atrio sacris faciundis o, come qui si dice con formula so-
lita nei titoli sacri, curio populi Romani sacris faciundis, poteva essere tanto un
senatore (C. I. L. X, 3701 ; cf. 6439; Eph. Epigr. 4, 831), quanto un cavaliere. Per
quest' ultimi anzi era il più alto ufficio sacro, che potessero occupare, onde a prefe-
renza si dava a cavalieri d'ordine senatorio. A questi si trova conferito dopo il se-
virato cquitum Romanorum [C. I. L. IX. 2213; XII, 4354), o in genere prima del
tribunato laticlavio {C.I. L. II, 1262). Al vero ordo equester appartengono, oltre a
Fulcinio Marcello, altri tre {C. I. L. Vili, 1174; XI, 1331; VI, 2169), di cui il primo
occupò quell'ufficio tra la praefectura fabrum e ì'advocatio fisci, e il secondo dopo
il sevirato equitum Romanorum : quest' ultimo è insieme il solo di tali seviri che
abbia seguito la carriera equestre (cf. Mommsen, Slaatsr. 3 p. 157).
1). Vagì. IERI.
RiioioNE I (LATIUM ET CAMPANIA).
X. S. ANGKLo IN FORMIS — Di una rara tegola con iscrisionc
fjraffìta.
Sui primi del lHi»0 nelle vicinanze di s. .\ngelo in Formis da un tal Micheli' Scial-
done fu rimessa in luce una grande tegola, sulla quale, essendo ancora l'argilla cruda
e non completamente disseccata, fu tracciato un graflìto. Mostrata al solerte ispettore
cav. (Jabriele .lannelli, parve degna «li cssore aggiunta alle raccolte del Museo Cam-
l>auo, ove da vario tempo trova.si esposta.
Avendone esaminato un buon calco, pel (|uale esprimo la mia gratitudine al
REGIONE I.
— 285 —
S. ANGELO IN KORMIS
Ministero della Pubblica Istrazione in Roma, mi riuscì di eseguirne un disegno a
l'.ic-simile, che qui viene riprodotto.
V
^
s/
ro>>r7 u^y(fi ^^^ /^ /^
V
\/- O L-^7~'
La tegola è larga m. 0,571; alta m. 0.58.
La scrittura corsiva, coi suoi tratti connessi ed intrecciati, è di forma piuttosto
insolita, e perciò di lettura difficile. La mia lezione è la seguente :
N • D ■ E ■ C
Idibìts lulis Celer jìnget
bipedas VXXXI
Aetum CasiUno
Modesto II ci Probo cos
(a. 228 d. Cr.)
Nella prima riga il secondo punto è un po' meno chiaro; il penultimo segno
pare debba leggersi ET ; perchè prendendolo per E , l'orizzontale superiore sarebbe
prolungato troppo a sinistra. L'ultima lettera è certamente C e non G. — V. 3 l'A
S. ANGELO IN FORMIS — 286 — REOIONK I.
in BIPEDAS stava in nesso, ma rultiina linea è adesso poco sicura. — V. 5 la prima O
è meno chiara. Dopo questa lettera lo scrittore ha lasciato arbitrariamente qualche
spazio. — Del v. 6 è conservato tanto poco, che non sembra po.-;sibile una lezione
sicura degli avanzi e molto meno un supplemento. 11 dottoro Hiilsen {'), che ha visto
l'originale, ha creduto di leggervi le lettere MBRES...
Il consolato è dell'anno 228. — La prima riga è scritta in caratteri lapidari
probabilmente per farla comparire come soprascritta; giacché, che esse si connetta
con ciìi segue, non si può mettere in dubbio. Le interpunzioni non escludono asso-
lutamente che si legga «. dee, stante che per es. in una iscrizione di Heidelberg
{Hrambach Corp. I. Rhen. n. 1710) si legge con perfetta chiarezza D I S- M cioè
dis vi{anìbuf). Ma una tale scrittura è insolita, ed inoltre ad una tale su]iposizione
si oppone, che. come dissi, si legge non E ma (in nesso) ET. È dunque più probabile,
che in questo verso si abbiano a riconoscere le iniziali di quattro parole, diflicili
però ad indovinarsi. Con tutta riserva proporrei per es.: n{omine) d(ecurionum) et
c{olonorum).
La parola bipeda per una specie di tegolo s'incontra ancora nel bollo Marini
n. 772 e presso Palladio G, 2; ed ambedue le volte come qui senza l'aggiunta di
tcgula. Vitruvio usa la forma hipedalis, e così i bolli Marini n. 258 e 944. La nostra
tegola è essa stessa una bipeda quadrata. Se le sue dimensioni sono un poco inferiori
di due piedi romani (0,59 m.), ciò si spiega con la diminuzione subita nella cottura.
Il graffito dice dunque, che Celer nel 15 luglio formerà, cioè dovrà formare te-
gole bipedali in numero di 5031. Dalle iscrizioni di tegole riunite da me nei Jahr-
bficher des Vereins von Altertlnmxfrcuadcn ini Rheinlandc 67 (1879) p. 7.'» noi
sappiamo, che un operaio poteva formare in un giorno fra 137 e 2(30 tegole. Il nu-
mero 5031 è dunque troppo alto, e si spiega forse come uno scherzo o come una
derisione delle esagerate pretese del padrone.
Il prof. Barnabei sarebbe di avviso che si tratti di un incarico per la fabbri-
cazione di .5031 tegole di quella misura, fissato n{Oìiis) dec(embribtis), il quale decor-
rerebbe idibus Juliis.
La formola Aclum Casilino è analoga alla sottoscritta di documenti, per es.
Aclum Pompeis; e così lo scrittore ha voluto dare a questo graffito quasi la forma
di un documento. Casilino invece di Casilini appartiene all'uso volgare. L'unica
iscrizione nella quale questo nome sia stato trovato finora {C. I. L. X, 3792, del-
l'anno 387) offre la medesima forma del locativo. — La nostra tegola dunque pro-
viene da una figulina casilinense, ma fu adoperata per una costnizione in s. Angelo
in Formis.
L'iscrizione è contornata con ornamenti a fogliame disegnati ai quattro angoli.
Per la storia della scrittura corsiva questo graffito è di un interesse speciale,
mancando finora un esempio datato per quest'epoca. Nessi simili si conoscevano di già
dalle tavole cerate della Dacia, senile ai tempi di Marco Aurelio; ma qui si trovano
(i) V. gli Atti della Commissiono di Caserta 1892 p. 48, ove la sua lezione delle .ighe 4-C
fa edita.
REaiONE I.
— 287 —
BAIA, POMPEI
delle legature differenti in vari riguardi; anche l'intero carattere della scrittura corsiva
ò essenzialmente diverso e lascia vederne lo sviluppo nel secolo intermedio.
Karl Zangemeister.
XI. BAIA (comune di Pozzuoli). Il cav. Cesare Pascarella copiò nel Castello
di Baia,' ove è tuttora murata, la iscrizione latina (C. I. L. X, 1750) edita sulla fede
di antichi apografi. Ne fece anzi un fac-simile di cui si deduce la lezione esatta di
quel titolo, che merita di essere ripubblicato. Esso dice:
IVLIAE ■ EroTiNI
mYsTis-caesaris-vIlic
familia (jvaesvbeo est
OB
MERITIS
ElVS
Secondo afferma il cav. Pascarella, non apparisce nel principio del vs. 3 nessuna
traccia dell' ET segnato nell'apografo del Maffei, la quale congiunzione modificava
grandemente il senso del titolo. F. B.
XII. POMPEI — Giornale dei lavori redatto dagli assistenti.
1-2 luglio. Si eseguono restauri nell'isola i'^ Regione Vili e nella casa n. f)
dell'isola 3* Regione IX e n. 38, isola 14^ Regione VI. Gli scavi hanno avuto luogo
nel lato sud della regione VIII.
3 detto. Non avvennero scoperte.
4 detto. Da un operaio della nettezza furono trovate dieci monete di bronzo,
nella bottega n. 6 dell'isola P, Regione XI. Sono: un dupondio di M. Agrippa; un
asse di Tiberio Claudio; un asse di Germanico; due dupondii di Galba; cinque se-
sterzi di Vespasiano.
5-10 detto. Non avvennero scoperte.
11 detto. Da un operaio furono casualmente rinvenuti presso la Regione VIII
e propriamente fuori le mura, a sud del tempio detto di Ercole, i seguenti oggetti : —
Terracotta. Statuetta di figura muliebre, panneggiata, con avanzi di colori ; mancante
della testa e della parto inferiore, alta m. 0,670. Bustino muliebre, rotto nella
parte inferiore; alto m. 0,105. Figurina alata, mancante della parte inferiore, alta
m. 0,120. Statuetta muliebre alta m. 0,107. Bustino muliebre, mancante della parte
inferiore, alto m. 0,092. Testina muliebre alta 0,058. Tredici tazzine ordinarie, con
duo manichi, e piede per base. La più grande è del diam. di m. 0,035, la più piccola
di m. 0,025.
12-31 detto. Proseguirono i lavori nelle indicate località; ma non avvennero
scoperte.
BARISCIANO — 288 — RBOIONB IV.
RK.HONK IV (SAMNIU.U ET SABINA).
Vi:STINl.
XIII. BAllISCIANi.» — Di un iscrizione Ialina di edificio pubblico,
scoperta in contrada s. Angelo nel territorio del comune.
Sulla collina a cui si addossa il pittoresco paese di Barisciano. emergono alcuni
avanzi di castello medioevale, famoso un tempo per essersi (come dice lo storico
Cirillo) virilmente difeso e per esser poi stato espugnato e messo a sacco da Braccio
di Montone, durante l'assedio di Aquila {Annali della città di Aquila libr. V).
Ora, quegli avanzi sono notevoli per una chiesuola dedicata a s. Rocco, ornata con
affreschi del secolo XVI. A sin. poi di chi guarda il paese dalla via nazionale sopra
un' alta cima di colle, in continuazione della stossa plaga, nella contrada Castelluccio,
vi sono ruderi di altro fortilizio medioevale; e più su ancora, alcuni pochi accenni
a cinta di mura poligonali.
Il territorio di Barisciano, da me esplorato al di là di questo colline, fornisce
non pochi materiali per la storia antica di Abruzzo. Noto la contrada più lontana,
detta di s. Lucia o Cortine della Villa, estesamente seminata di laterizi medioevali.
Dna improvvisa pioggia non mi permise di esaminare la parte più elevata, per vedere
se si presentasse anche qualche elemento storico più antico.
Tornando però indietro, il tempo meno cattivo mi permise di ascendere un colle
detto Fortini di s. Basilio. La denominazione accennava a qualche foiiilizio ; e difatti
potei raccogliervi prove indubbie di una stazione primitiva. Vi notai una traccia di
strada con avvallamento, la quale comincia da mezzogiorno, continua verso nord per
terminare poi a levante, dove il colle scende qnasi a picco. Il colle medesimo aveva
una cinta ciclopica della primitiva epoca, riconoscibile ora soltanto a nord e a nord-est.
In quest'ultima direzione le mura rimangono a discreta altezza, in un tratto di
circa m. 6.
Ad occidente di questo colle, presso il laghetto di Valle, vedonsi parecchi ru-
deri di un villaggio medioevale, che dovè sorgere dopo la distruzione di un vico
dell'età romana, so devesi giudicare dai frammenti laterizi e specialmente di matto-
nelle rettangolari per pavimenti ad opera spicata. E di questo vico fa menzione il
citato storico aquilano, dicendola Villa s. Basilio e asserendo che ai suoi tempi,
cioè verso la metà del secolo XVI, esisteva ancora.
Girando quindi la montagna, dietro a Barisciano, entrasi in una valle cosparsa
di laterizi dell'epoca romana e medioevale. La contrada si chiama Sant' Angelo. Vi-
cino alla Fontanella v' è un antico fabbricato col nome di casetta di Sant' Angelo :
ora ricovero di pastori e di gregge. Le collino essendo coltivate hanno perduta ogni
traccia di più remota antichità. Io vi raccolsi e feci serbare un frammento di dolio.
E seppi che appiè di im' altura, la quale chiude la valle verso greco, e proprio in
un terreno di Dionisio Marinelli, funmo non ha guari scoperte otto o nove tombe a
inumazione con suppellettile funebre, come di solito, manomessa. Il colono Domenicau-
tonio Jannarelli, nella stessa contrada rinvenne già una lapide, spezzata in due, e che
REGIONE IV. — 289 —
CASTELNDOVO
ora conserva nella sua abitazione, a Barisciano. È di pietra locale, lunga m. u,51,
alta 0,25, dello spessore di m. 0,08. Vi si legge ('):
T • TREBIVS • T • F • TVBER
CVRIETR /OVESTA
DS-PF-CI -Q^P-
Colgo quost' occasione per rettificare un frammento di iscrizione dell'area dell'an-
tica Furfo, riprodotto nel C. I. L. IX, n. 3554 con qualche inesattezza. È di calcare
locale, misura m. 0,78X0,22X0,17, e le lettere sono alte m. 0,10. Trovasi oggi a
Barisciano, come parapetto in un muro dell'orto dei signori Bernardi. Devesi retti-
ficare come segue :
VNIENA- V- F
A. De Nino.
XIV. CASTELNUOVO (frazione del comune di s. Pio deUe Camere) —
Oggetti raccolti nell'agro deW antica « Peltuino dei Vestini » .
Un tale Loreto Aloisi, alcuni mesi or sono, facendo uno scassato in contrada Col-
burelli, territorio dell'antica Peltuinum, rinvenne alcuni avanzi di un fabbricato, con
oggetti in ferro, molto corrosi, che non curò. Conservò solo un' antefissa fittile, di me-
diocre lavoro, avente nel mezzo una testina muliebre con ornati in giro.
Lo stesso, nella località Taverna Nuova, rinvenne una base di colonna, di stile
dorico, con parte del fusto, che pure conserva,
Nello stesso agro peltuinate, in contrada Follato, certo Liberatore Casciani, ese-
guendo uno scassato per piantagione di viti, trovò un sepolcro composto di grosse
lastre calcari, lavorate a scalpello, ma anepigrafi. Nell'interno rinvenne uno specchio
rotto in più pezzi ; due fibule di bronzo, pure rotte ; un' idria col collo frammentato ;
un piatto e due vasetti pure fittili.
Nel paese di Castelnuovo ho avuto occasione di riconoscere i seguenti resti epi-
grafici :
1) Avanti la casa di Domenico de Julio giace un cippo quadrangolare con
cornice e base sagomata ; alto m. 0,60, largo 0,45. La faccia scritta è in parte rotta,
e l'epigrafe rimanente è così evanida che se ne legge appena l'ultima parola:
POSVIT
2) Altro frustolo di iscrizione, in calcare; trovai infisso nella facciata meridio-
nale della casa di Luigi Capiani. Misura m. 0.20XU,18 e reca inciso:
L L
tei E%ì\0
LIBEI
^') La lezione è stata desunta ilal calco ciirtaceo, sul quale io, Gatti e ^'a,l:lieri abbiamo ten-
tato invano di trarre altri elementi per dirimere le oscurità del secondo verso. K. lì.
PRBZZA, CHEREMDLE — 290 — REGIONE IV, SARDINIA
8) Nel muro di facciata od in qui'llo a sinistra dell'arco della casa di Santo
Orioli, sono incastrati due frammenti di una stessa iscrizione, in bei caratteri. Il primo
misura m. 0,54 X 0,35 ; il secondo m. 050 X 016 : Recano :
FVLG.VR
CONdi/
cioè: Fulyur conditim. cfr. C. I. L. X. 1GU3, (3990 ecc.
N. Pkrsichetti.
PELIGNI.
XV. PREZZA — Tombe di età 'preromana e ronmia scoperte nel
territorio del comune.
Eseguendosi lavori agricoli nella contrada la Chiusa, in terreno di proprietà di
Panfilo Sandonato, si scoprirono parecchie tombe formate con lastroni calcarei lavorati
a scalpello, contenenti ossa e vasi rotti.
Una delie tombe, che non fu scomposta, era di m. 1,70X0,53X0,41. I fram-
menti di laterizi sparsi sul terreno, sono di età romana. Una mezza olla, da me os-
servata presso detta tomba appartiene a fabbriche locali. I tegoloni però sono di
due specie, 0 con dentatura ad angolo retto, o con dentatura ricurva in fuori. La con-
trada rientra nel territorio del Pago Lavenio, di cui si sa pochissimo.
Nella medesima contrada, a breve distanza dalla descritta tomba, sotto una
quercia, si rinvenne un altro sepolcro a umazione, con oinochoe rotta, fatta a mano
ed una collana di ventiquattro cilindretti, scanalati di traverso e tre anellini di filo
cilindrico, di bronzo.
Questi oggetti sono stati acquistati por le pubbliche raccolte del Museo peligno
di Sulmona. A. De Nino.
SA/iDLY/A.
XYI. CllEUEMUliE — Di una statuetta di hronso probabilmente
votiva, scoperta presso il Nuraghe Martirio.
Presso il Nuraghe Martirio, in territorio del comune di Cheromule, il colono
Bachisio Mannori, rinvenne casualmente una statuetta di bronzo, alta m. 0,096 con
testa nuda, viso ovale, e vestigia di l)reve tunica stretta al corpo, che termina alquanto
sopra il ginocchio, e con patera nella mano sinistra.
Sul petto, da sinistra a destra, scende una fascia o tracolla, e per mezzo di un
cordone, da destra a sinistra, è sostenuto un pugnaletto in posizione orizzontale,
ali'alte/.zii della vita.
La statuetta, rotta nelle gambe, doveva essere infissa in un piedistallo, essendo
rimasta parte della radice e della impiombatura.
Questo cimelio fu da me acquistato per le raccolte del Museo Nazionale di
Cagliari. I'- Vivankt.
Roma L'i settembre 1894.
REGIONE X. — 291 — QUATBELLE
SETTEMBRE
Regione X (VENETIA).
I. QUATRELLE (frazione del comune di Fellonica) — Di una tomba
romana nella quale fu trovato un peso di bronzo iscritto.
Nel gennaio del 1892 certo Frignani Francesco, trovandosi lungo il Po, col
fiume in massima magra, vide nella località Merlino, in fondo alla scarpata dell'ar-
gine, verso acqua, pochi centimetri sopra il livello della stessa, affiorare un grosso
laterizio. Spinto dalla curiosità a levarlo, ne trovò altri di varie dimensioni (m. U,00
X 0,45 e 0,40 per lato) connessi tra loro con calce.
Non tardò quindi ad accorgersi che era una tomba a cassettone (m. 1,60 X 0,60) ;
poiché ne trasse residui d'ossa cremate, ceneri e carboni, nonché i seguenti oggetti,
che, mercè l'intermezzo dell'ora defunto parroco don Giulio Ori, riuscii pm-e ad acqui-
stare per la mia collezione archeologica Sermidese. — Bronzo. Peso romano di
gr. 101,30 [triens), in forma di palla a due coni tronchi (alt. mm. 20), uniti per
la base; l'inferiore più basso e scodellato, il superiore recante incastrati a quadrato
tre rettangoletti in lamina di rame: del quarto segno ponderale è rimasto l'incavo
vuoto. In giro al cono superiore reca in argento le lettere :
EX CA
cioè: ex{actum ad) Ca{stons) (cfr. Wilraanns 2765a). Asticciuola cilindrica beu
modellata, e terminante a spatoletta in" forma di foglia d'ulivo (lung. mm. 97). Tre
anelli di cordone cilindrico (diam. mm. 18,20,25). Frammenti di sottile lamina e
d'altro anello. — Piombo. Peso romano di gr. 103 (friens), in forma discoide e con
impronte non bene discernibili (diam. mni. 40). — Monele. Medio bronzo dei primi
Cesari (obsoleto). Piccolo bronzo di Antonino Pio (obsoleto). Raro medio bronzo co-
loniale di Antonino Pio, coniato a Licopoli nella Tebaide egiziana, avente nel rovescio
un lupo volto a sinistra, e sormontante un delfino (?). — Vetro. Palla prismatica di
color verde, formata da 18 faccette quadrate e da 8 triangolari, misuranti ciascima
poco meno di 10 mm. periato; probabilmente giuocattolo da fimciuUi. Collo di vaso
a ventre quadrato in color bianco, e frammento di altro simile. — Terracolla. Singo-
lare oggetto, proljabilmonte una lucernctta priapilonue, di cui nessuu esempio simile
Classb di scibhzb morali ecc. — Memorie — Voi. U, Serie 5*, parto 2» 37
VEROCCHIO — 292 — REGIONE Vili.
finora si rinvenne. — Osso. Duo piastrelle lusorie tonde, di colore bianchiccio (diam.
mm. 20 e 25), una delle quali scodellata. — Pietra. Tre dischetti pure lusorl a
forma di bottoni lisci, e di coloro bianco-giallastro (diam. mm. 14. lo e IG). Guscio
di lumaca.
Da quanto è stato esposto apparisce verosimile che la tomba del Merlino fosso
stata di un fanciullo e probabilmente del tempo degli Antonini.
L'essere stata poi trovata in scarpa d'argino, e verso l'acqua, conferma ancora
una volta lo induzioni cho, cii'ca il corso antico del Po ebbi già ad enunciare nel
mio volume intitolato: // Territorio Sermidese (pag. Ili e seg).
G. Mantovani.
Regione Vili {CISPADANA).
II. VERUCCHIO, SPADAROLO, e RIMINI — I" Relazione sulle sco-
perte archeologiche nel Riminese.
Verucchio.
Nel giugno dell'anno 1893 eseguendosi alcuni lavori agricoli in un campo dotto
Lavatoio presso Verucchio, proprietà del dottor Nicola Kipa, si scopersero casual-
mente alcune tombe, da cui i contadini estrassero alla rinfusa oggetti fittili o di
bronzo.
Ne indico i principali.
Un piccolo ossuario biconico in terracotta, perfettamente conservato, alto m. 0,28,
ad un sol manico con meandri graffiti sotto il collo e sul ventre, e con ciotola che
ne formava il coperchio.
Un'armilla a grossa verga di bronzo, ripiegata due volte sopra sé stessa, ben
conservata; diam. 0,07.
Altra armilla, costituita per tutto il giro del cerchio, da filo gemino di bronzo,
il quale allo estremità convortesi in filo tremolante; diam. ni. 0,05.
Un'ornamento formato con lastrina trapezoidale sormontata da disco lavorato a
giorno con figura maschile nel centro e due volatili ai piedi, simile ad altro esemplare,
ma un pò guasto, esistente nella fonderia di s. Francesco (Zannoni, La fonderia di
Bologna tav. XLVI, n. 62). Si confronti il disco di Spadarolo descritto più avanti
pag. 308 e fig. 17.
Tre fusaiuole coniche lisce.
Due fibule a grosso arco ritorto di bronzo, alte m. 0,47, l'una perfettamente con-
servata, e l'altra priva dello spillo (tìg. 1).
Altra fibula con arco fatto a due robuste verghe ralTorzate ciascuna da .setto nodi
di cui quello centrale più grosso : manca dello spillo e della statfa(tìg. 2). Per la forma
od il numero dei nodi ricorda un poco la fibulina pubblicata dal Gozzadini, (Scavi
Arnnaldi Veli tav. XII, n. 14) e da Montelius {Spànncn fran bronsnldcra ecc. pag. 1 15,
D. 12S); se non elio, ripeto, l'arco è formato non da una ma da due aste. Altra fibula
REGIONK Vili.
— 293 —
VERUCCHIO
con più nodi simile a questa di Verucchio, ma ad un solo arco, venne pubblicata
daU'Undset, che la giudicò di origine greca {Zeitschrift filr Ethnolog. 1889, p. 218).
Due fibule a navicella vuota con staffa a luntro
canaletto finiente in bottone, del tipo di quella pubbli-
cata da Moutelius op. cit. pag. 178, n. 170.
Una fibulina a semplice filo di bronzo girato a
doppia spirale, come altre simili provenienti dalla tombe
arcaiche Benacci (fig. 3). Di un tipo simile, ma un
po' più semplice, cioè senza la spirale raddoppiata, è la
fibula edita dal Montelius op. cit. p. 78, n. 102.
Una grande fibula a navicella vuota con solchi
longitudinali fusi.
Una rotella di bronzo traforata a giorno col mozzo, simile ad altre uscite dalle
necropoli tipo Villanova di Bologna e di Chiusi e che, da rappresentazioni plastiche
è provato, servivano per annodare e rassicurare i capelli dietro la naca (tìg. 4) (').
Fig. 1.
Fig 2.
Fig. .3.
Fig 4.
Una cuspide di lancia in ferro, lunga m. 0,80.
Un orecchino formato con spillo piegato a cerchio ed ornato presso la testa di
tre occhielli disposti in fila.
Il complesso di questi oggetti, trovando esatti riscontri in altri dei sepolcri fel-
sinei Benacci. Caprara, ed Arnoaldi e della Fonderia di s. Francesco, non lasciava
dubbio che le tombe da cui erano stati estratti appartenessero al tipo di quelle dette
di Villanova.
Incoraggiato da questi casuali ritrovamenti il proprietario del fondo, dottor Kipa,
chiese ed ottenne dal Governo la licenza di proseguire le indagini con una esplora-
zione ampia e regolare.
Un suo parente il sig. Alessandro Tosi, dottore in medicina e scienze naturali,
ma che per qualche anno avea pure frequentate le mie lezioni di archeologia, gen-
tilmente si otferse di presenziare assiduamente quegli scavi, e notarne le particolaritil,
secondo le indicazioni da me suggeritegli. Al quale scopo gì' indicai anche i libri
(') Milani, Monumenti etruschi iconici d'uso cinerario tav. \III, n. 11 e 11""''; cfr. p. 311).
VERUCCHIO — 294 — RBOIONB Vili.
che dovea consultare alcuni dei quali, rari e difticili a trovarsi, gl'iuiprestai io stesso.
A lavoro linito mi trasmise una estesa ed accurata relazione acccompaijnata da taluni
disegni, ch'egli ronderà poi di pubblica ragione, dalla quale ho tolto le notizie di
lutto più interessanti relative allo scavo (').
La sua importanza consiste non tanto negli oggetti forniti, i quali in complesso
ripetono quelli caratteristici e noti delle altre necropoli, specialmente felsinee, del
tipo Villanova, ma nel fatto eh' esso è il primo scavo metodico eseguito a 'Verucchio.
dal (jualo si può ora con scientifica certezza stabilire l'esistenza presso quella città
di una estesissima necropoli tipo Villanova.
Finora la si poteva soltanto congetturare da<,'li oggetti che a datare dal prin-
cipio di questo e forse anche dal XVII secolo si erano o per caso rinvenuti od irre-
golarmente scavati, e che andarono qua e colà dispersi e solo accidentalmente ven-
nero 0 ricordati o pubblicati ora in questa ed ora in quella Memoria (-).
Al contrario tutta la suppellettile raccolta dallo scavo Ripa venne acquistata
in seguito dal Governo e depositata, tomba per tomba, secondo le odierne esigenze
scientifiche, nel Museo Civico di Rimini, in apposita vetrina costruita a spese del
Municipio di quella città.
Questa suppellettile insieme agli oggetti della nota fonderia, di Casalecchio,
di Rimini (^) e ad altri rinvenuti in parecchie località del riinineso, starà ad atte-
stare al dotto visitatore l'estremo confine orientale, a cui sul versante adriatico arri-
vano le necropoli tipo Villanova.
Lo quali ad occidente sono limitate dal Panaro, corno ad oriente non oltre-
passano il territorio riminese, certo non il Foglia, al di là del quale appare subito
un altro tipo di necropoli preromana, quella cioè fin d'ora già ben nota col nome
di necropoli tipo Novilara (■•).
Il podere Lavatoio che racchiude il sepolcreto trovasi un kilom. a sud-sud-ovest
di Verucchio, in un campo detto del Tesoro, che prospetta il fiume Marecchia, al
quale sovrasta circa 20U metri ed alle radici di un colle detto Monte della Baldissera
fra queste e la via comunale che conduce al Montefeltro (Cfr. Tosi op. cit. tav. 27).
Questo monte s innalza a guisa di enorme mammellone fra la sponda destra del
Marecchia e la valle verucchiese. Sulla sua cima stendesi un grande pianoro detto
(>) Dopo la consc;?na di questo mio lavoro (20 lufrliu 1804) al Ministero, il dott. Tosi ha pub-
blicato la sua Memoria col titolo: Relazione dcijli scavi escyuili in un Sepolcreto del tipo Vil-
lanova a Verucchio con due tavole. Rimini 1894.
(«) A. Pccci, Cenni sui sepolcri della prima epoca del ferro scoperti a Verucchio 1893; cfr.
UuUettino di paletnol. ital. 1894, p. 34.
(') Lnijji Tonini negli Alti e Memorie della R. Deputatione di stona patria delle Ro-
magne 1867, p. 127.
{*) Notitie degli scavi 1892, ]>. 224 e 225. Negli Atti e Jf emorie della R. Deputaxione di
storia patria delie Romaijnc 1885, tav. V,4, pag. 181, n. 1, ho pubblicato un va-setto in terracotta
conservato nel Muieo di Bologna e ch'era stato rinvenuto nel traforo del tunnel fra Pesaro e Cat-
tolica. Quel vaiclto caratteristico delle tombe tipo Novilara, dimostra che queste cstendevansi an-
che sulla sinistra del Foglia.
REGIONE Vili. — 295 — VER0CCHIO
Piaii del Monte, di forma pressoché circolare, col diametro di oltre mezzo kilom.
Nella punta sud di esso sorgeva un antico convento dei Cappuccini, e ad ovest tro-
vasi la Bocca Capo di Monte con la quale il Baldissera è collegato e su cui è costruito
attualmente un monastero di monaclio. Un largo e profondo avvallamento che notasi
quasi nel mezzo del pianoro ia direzione da nord a sud, viene dalla tradizione locale
attribuito all'esistenza di un antico lago, che sarebbe stato in seguito prosciugato,
aprendo dal lato sud-ovest un varco alle acque.
In molti punti di quel pianoro appaiono a fior di terra, frammenti di vasi, spe-
cialmente di dogli, del periodo di Villanova, rimessi in luce, nel dissodare le terre,
insieme con zolle tinte di cenere e picchiettate di carboni. Parecchi di quei cocci ho
raccolto io stesso in poco tempo. Scavi appositi, a quanto mi fu riferito, non vi
vennero mai eseguiti. Ma noi può essere dubbio che ivi sorgessero le capanne di
quella gente che ha lasciato le tombe tipo Villanova, già molte volte scoperte in
passato, nei dintorni. La località era molto adatta per abitazione, non solo in grazia
dell'esteso pianoro e della elevata postura, la quale olFriva una difesa naturale contro
assalti nemici, ma specialmente per la ricchezza delle acque, manifestantesi in nu-
merose sorgenti ond' erano e sono tuttavia circondati i versanti del monte.
Una di queste esiste poco sotto il ricordato convento dei Cappuccini, e da un'altra,
detta con voce dialettale Brista, ad un quarto di kilom. da esso, sgorga un'acqua
così fresca che pare diacciata. Lungo il versante est del monte avvi una terza sor-
gente che chiamasi Doccia, copiosissima di fresca e saluberrima acqua, con gettito sempre
abbondante anche nei periodi più lunghi di siccità, durante i quali la gente, accorre
ad attingerla da otto e dieci kilom. di distanza.
Ai piedi e tutto intorno a questo monte di Baldissera dovea estendersi la necro-
poli, perchè già in parecchi punti di essa, in occasione di lavori agricoli e special-
mente nel piantar filari di viti, s'incontrarono sepolcri, da cui si ebbero oggetti di
ambra, di bronzo, fibule, ciste, morsi, paalstabs ecc. Il podere Lavatoio, situato
anch' esso, immediatamente alle radici del monte dal lato sud, dovea contenere, per
quanto si può dedurre dalle scoperte fatte finora, un gruppo di tombe molto arcaiche,
alle quali altre in seguito se ne sovrapposero di età più recente.
Gli ossuari delle tombe più antiche, tutti del tipo a doppio tronco di cono,
sormontati da ciotola e con una sola ansa ritorta, presentano un forma piuttosto al-
lungata, con fascie di meandri leggermente graffiti sotto il collo e talvolta sul ventre.
Di essi porge un' idea l'esemplare della tomba 38 che qui si pubblica (fig. 5). No-
tevole è il fatto che tutti gli ossuari, sono dal più al meno, irregolari, e, per dire
la vera parola, storti, il che attesta l'imperizia degli antichi vasai verucchiesi.
Con una serie di trincee di forma e lunghezza varia fu esplorata una superficie
di terreno di circa lUO m.q. nella quale si posero allo scoperto 52 tombe situate a
distanza irregolare fra loro, alcune ricche di oggetti, ed altre che n'erano quasi del
tutto prive. Anche la loro profondità era molto dilfereute, oscillando da m. 0,40 a
m. 1,00 e talvolta a m. 2,00, secondo l'inclinazione del terreno, e ciò in causa, come
bene avverte il dottor Tosi, dei processi di denudazione, a cui col tempo andò sog-
getta la superficie di quel colle.
VERUCCHIO
296 —
REGIONE Vili.
Delle ò2 tombe alcune erano scavate in semplice buca, altre con le pareti rive-
stite tutto attorno da grossi ciottoli a secco, corno nelle piìi ricche ed arcaiche tombe
Beuacci presso Bologna ed in quelle di Villanova edite dal Gozzadiui ('). L'ossuario
stesso, della nota forma di due coni riuniti alla base, quasi sempre ad un sol ma-
nico e coperto di ciotola, posava ordinariamente sopra un denso strato carbonioso e
conteneva nell'interno ossa combuste, accompagnate talvolta con qualche ornamento
di bronzo, per lo più tìbule.
.J
Fio. 5
Gli oggetti però in generale giacevano fuori dell'ossuario.
Ma assai degno di nota è il fatto che qualche volta gli ossuari erano così vi-
cini gli uni agli altri che quasi si toccavano.
.\d es. riferisce il dottor Tosi, che in un punto del sepolcreto entro uno spazio
largo appena m. 3 X 4.50 si trovarono circa 30 tombe ^ le piìi adossate l'una all'altra
in modo che un ossuario posava talora direttamente su quello sottoposto, altra volta
occupava il poco spazio che intercedeva fra i coni superiori di ossuari che aderenti
fra loro, formavano come un piano inferiore (-) ".
(•) Di un sepolcreto etriuco scoperto presso Bologna tnv. I, n. 2 e ■».
(«) Toii, op. cit pag. 11.
REGIONE Vili. — 297 — VERDCCHIO
È questa una particolarità non mai osservata finora nello necropoli tipo Villanova,
ma soltanto in quelle dei terramaricoli e sarà certo un valido argomento per quei
dotti, fra cui i professori Helbig e Pigorini, i quali propugnano l'affinità etnografica dei
terramaricoli e degli Italici del periodo detto di Villanova, anzi ritengono che la
civiltà di questi ultimi altro non sia fuorché un ulteriore sviluppo di quella delle
terramare.
D'altra parte non dev'essere ti-ascurato l'altro fatto, notato pure dal dottor Tosi,
che gli ossuari di Verucchio variavano bensì in grandezza, ma erano tutti del tipo
biconico, detto di Villanova, che nelle necropoli dei terramaricoli finora non è mai
apparso.
Gli ossuari di Verucchio estratti dal fondo Ripa sono quasi tutti ornati di disegni
geometrici gi-afBti, raramente impressi e gli ornati stessi consistono di meandri, croci,
triangoli, senza neppure un accenno a figure d'uomini, d'animali o di piante, come
per es. negli ossuari del sepolcreto Arnoaldi (')• Il che dà a questa parte della necropoli
verucchiese finora scavata un carattere piuttosto arcaico, confermato altresì dai bronzi
rinvenuti, specialmente dalle fibule, parecchie delle quali vanno annoverate fra le
più antiche che siano finora uscite dai sepolcri tipo Villanova.
Ad età relativamente più tarda spetta soltanto una tomba in cui l'ossuario non
era deposto nella solita buca, ma entro un gran dolio di terracotta, difeso da pareti
di ciottoli a secco, e circondato da numerosi vasetti accessori, notevoli per maggiore
eleganza di forma e per una perfetta cottura. Le stesse particolarità si sono più volte
notate alti-esì nelle tombe a dolio dei predi Benacci ed Arnoaldi in Bologna, spet-
tando anch' esse ad età più tarda che non le tombe a buca {^). Ma ciò che meglio
conferma il periodo più inoltrato della sepoltura a dolio di Verucchio è l'essersi rin-
venuta nel suo interno, sotto alcuni vasetti accessori, anche una lunga lancia di ferro
e frammenti di spada pure di ferro.
Una seconda tomba a dolio, ma anteriormente frugata, si era casualmente incon-
trata dapprima in occasione dei lavori agricoli, ma non si tenne conto degli oggetti
che essa conteneva.
Debbo infine notare che oltre le tombe di combusti si rinvennero pure delle ossa
incombuste di uno scheletro, che, a quanto riferisce il dottor Tosi, posava con la parte
superiore sopra lastre di sasso grezzo di varia forma e grandezza, ma non era cir-
condato da nessun oggetto.
Perciò non è possibile determinare il tempo cui spetta.
A queste indicazioni generali sul carattere e sull'età del sepolcreto faccio ora
seguire la descrizione delle tombe più notevoli per la singolarità o la copia degli
oggetti forniti.
(') (Jozzailini, Scavi Arnoaldi Veli fav. V e VI.
(') Anelli.' le tumbe a ziro di Chiusi e quelle ili Corncfo. a giudicare dagli oggetti che foii-
teiievano spettano ad età più tarda che non quelle in semplice buca, l'er le tombe a ziro di Chiusi
si confronti specialmente Milani, Monumenti etruschi i(;on^c^ ecc. pag. 300, e per quelle di Comete
Helbig, Notizie 1891, pag. .5.5.
VERUCCHIO
— 298 —
REGIONE Vili.
Tomba 1. — Apparsa a circa 40 centim. dal suolo con l'osiuario ridotto in
minuti frammenti conteneva, fra lu ossa cremate e la terra di rogo, tre fusaiole co-
niche lisce, quattro pendagli, otto fibule, una piastra quadrangolare di bronzo ed un
anellino di ambra.
I pendagli alti m. O.iX) massicci, hanno forma di battagli con appiccagnolo.
Delle otto fìbule: la prima a navicella piena alta m. 0,07, liscia manca dello spillo ;
la seconda, priva ancli'essa dello spillo, ò formata con sottile fettuccia liscia di rame
rivestita con fodera di bronzo imitante il tilo a spirale ; la terza alt. m. t>,Oó è a
gondola piatta con solchi obliqui; e tre altre sono ad arco semplice con solchi nell'una
obliqui, nell'altra orizzontali, nella terza piccoli e finamente incisi. La settima è una
piccola tìbulina ad arco semplice perfettamente conservata con solchi, fini orizzontali;
l'ottava un frammento di fibula a filo attraversato da sezioni discoidali di ambra.
La placca consiste di una sottil laminetta dì bronzo ripiegata sopra se stessa
in modo da formare un quadrato di m. 0,07 X 0,07, con una serie di fori pervii
lungo uno dei lati verticali, e uell'altro soltanto due a ciascuna testa. Delle due facce
una è liscia, l'altra ornata da puntini a sbalzo che formano un quadrato intersecato
da due lìnee diagonali con i quattro triangoli che ne risultano, riempiti da una bulla.
Nella tomba erano ancora pochi frammenti di piccole spirali detti saltaleoni.
Tomba 2. — L'ossuaiio biconico ad un sol manico ritorto, alto m. 0,30 e graffito
sotto il collo e sul ventre a semplice meandro si raccolse intero, e contiene tuttavia
le ossa cremate e frammenti di duo fibule ad arco semplice ritorto.
Tomba 3. — Anche in questa, il cui ossuario si estrasse però in frammenti,
erano cinque fibule di bronzo, una delle quali con l'arco formato da una lastrina sor-
montata per tutto il suo sviluppo da una serie di tubetti
conici a spirale distribuiti a gruppi di tre e tre, e dira-
mantesi ogni gruppo da propria linguetta l'una all'altra
sovrapposta. La stalVa consiste di un disco elittico ornato
presso all'orlo tutto attorno con fasci di lineette curvo al-
ternate con altre a spina di pesce, e nel mezzo con due
croci ausate ed un quadrato ripieno, il tutto finamente
inciso. Fra l'arco e la staffa interponevasi di traverso una
piastrina tubolare di bronzo, solo in parte conservata,
anch'essa con fini incisioni di fascia di linee e di qua-
dretti (fig. 6).
È un tipo di fibula molto arcaico, e solo rare volte
occorso nelle tombe tipo Villanova.
Due fibule con l'arco sormontato da tubetti conici a
spirale eransi pure trovate nella tomba Renacci n. 689.
Ma negli esemplari felsinei i tubetti conici sono distribuiti
ai quattro capi di tre piastrelle qiiadraiigulari allineate od iiidiiodate ^ulla lastrina
dell'arco. Oltre ciò lo spillo non appoggiasi piìi sul largo disco aperto, ma è rac-
chiuso entro breve stalTa piegata, indizio di fibula meno arcaica.
Questo tipo di fibula molto probabilmente (• derivato dalle iibulu ungheresi con
Fio. 6.
REGIONE Vili. — 299 — VERUCCHIO
l'arco ornato ora di quattro, ora di sei tubetti conici a spirali disposti lateralmente
e con la stafta similmente formata con disco a spirale (Hampel, AUerlhàmer der
Bromeseit in Ungarn taf. XL e XLl, n. 4).
Delle altre quattro fibule ch'erano nella tomba verucchiese, una dovea formar paio
con quella ora descritta, ma non ne rimane che il disco : due sono ad arco semplice
linamente ritorto, e la quinta consiste di un frammento di arco ad asta quadrangolare
avvolto in filo di bronzo girato a spira.
Tomba 1. — L'ossuario, ridotto in frammenti, era coperto da ciotola notevole per
il manico formato da rozza figura femminile con la mano sinistra distesa sul seno
e l'altra al basso ventre, e con due fori presso le orecchie, nei quali, all'atto della
scoperta era ancora infilato un cerchietto di bronzo (fig. 7). Questa rozza figurina
sembra imitazione e riproduzione plastica degli idoletti in bronzo che il commercio
importava sulle coste dell'Adriatico. Difatti nello stesso territorio riminese, cioè a
Spadarolo, distante circa 3 kilom. da Rimiui sulla strada di Verucchio, cinque anni
addietro scoprironsi alcune tombe tipo Villanova, dalle quali il dottor Tonini ebbe
parecchi bronzi conservati ora nel Museo di Rimini. Fra essi era la figurina sormon-
tata, a guisa dei ciondoli, da anello, la quale in grandezza naturale qui si riproduce
(fig. 8).
Fio. 7. Fig. 8.
Rappresenta una donna del tutto nuda, similmente con la mano sinistra distesa
sul petto e con la destra sul basso ventre. Il sesso non è indicato, ma soltanto il
seno e questo mediante due circoli concentrici impressi, con foro nel mezzo. Dalle
orecchie poi traforate doveano pendere, come nel rozzo idolo fittile di Verucchio, i
cerchi metallici.
Questa quarta tomba conteneva altresì due armille a spirali ed una catena, pre-
gevoli per la loro bellezza e conservazione. Le due armille costituite da robusto filo
di bronzo lavorato a spirale di 21 giri, misurami una lunghezza di m. 0,1.5 e con-
servano ancora tutta la loro elasticità. A ciascun capo terminano in un occhiello da
Cl.ASSK DI 80IB-NZK MORALI «cc. — Mkmohie — A'iil, II. .'^(.•ric .")°. pnite 2* 38
VBRUCCHIO
— 300 —
KEGIONE Vili.
cui dipendono tuttora due anelletti. Una delle armille poi area infilato fra le spire
una fibula ad arco semplice (fig. fl).
Per il tipo ed anche per la conservazione si possono confrontare con due armille a
spirali del Museo di Bolojrna provenienti dalle tombe Arnoaldi, ed ancora inedite, i
cui capi però terminano non in anelli, ma in tubetti conici lavorati similmente a
spirale, come quasi tutte le armille dello stesso tipo raccolte negli altri sepolcri fel-
sinei dei predii Benacci, De Lucca ecc.
Intorno alle armille, riferisce il dottor Tosi, si trovò una catena costituita di
anelletti gemini della stessa grandezza e forma di quelli uniti ai capi dell'armilla,
onde pare potersi dedurre che fosse ad essa appesa. Il ramo meglio conservato mi-
sura una lunghezza di m. 0,óO e da esso dipendono catenelle simili più brevi.
Altri anelli sciolti e raccolti in grande copia
sparsi per la tomba, doveano comporre una seconda
catena uguale alla precedente.
Nel piano della tomba erano altresì parecchi
grani sferoidali di ambra e di vetro scuro, già in-
filati in archi di fibule e vari bottoncini di rame con
breve appiccagnolo da cucirsi alle vesti. Bottoncini
simili uscii'ono in grande quantità anche da talune
tombe arcaiche del predio Benacci.
_ Tomba Ò. — È quella già indicata, a dolio,
f " ^~:r--^W> rivestita con pareti di ciottoli a secco, e che con-
"^ —:;:»— teneva molti vasetti accessori ben cotti e di forma
eleganti.
Alcuni di essi a doppio manico, con alette sul
vertice aflfettano la forma di cantaro, altri consi-
stono di semplici ciotole senza manico con orlo
rientrante, ed altri di alte coppe ad un manico
verticale e con base umbilicata. (ìiacevauo quali
(juali fuori del dolio, ma tutti nella parte opposta a quella dell'ossuario
che era a ponente (').
Questo conteneva nel suo intorno, oltre le ossa combuste, dei frammenti di anelli
a spirali, e dei ganci, maschio e femmina, di un cinturone. .VI di fuori dell'ossuario
erano due fibule di bronzo a doppio ventre, di tipo serpeggiante, ma di forma esile
e fina.
Entro il dolio poi, come ho già riferito, e sotto alcuni vasetti accessori si rin-
venne la cuspide di lancia in ferro molto ossidata e corrosa, lunga m. (i,yri. con avanzo
del suo puntale (sauroter) pure di ferro e di forma cilindrica e frammenti informi
di ferro appartenenti i»robabilmente a coltello.
Fio. 9.
dentro e
(I) Tre di quosU vaictii sono ura pubblicati dal dott. Tosi nella I tavola che accompapia la
una Memoria jrià citata.
REGIONE Vili.
— 301 —
VERDCCHIO
Tomba 6. — Intorno all'ossuario frammentato apparso a 40 centim. di profon-
dità posavano vari vasetti accessori essi pure in frammenti ad eccezione di im pic-
colo calicetto. Più notevoli erano gli ornamenti di bronzo, fra cui sette fibule ed un
ciondolo.
Delle Mmle tre sono a navicella vuota con lungo canaletto e solchi sul dorso;
due aveano dischi di ambra intilati nell'arco ora spezzato; e due sono ad arco
semplice.
Il ciondolo assai pregevole per la sua rarità e perfetta conservazione, consiste di
un gancio in forma di 1, alla cui asta orizzontale sono infilate numerose catenelle
che a metà o più giù si bipartiscono o tripartiscono in altre più brevi e ciascuna
di queste finisce in pendaglietti sferoidali con appicagnolo (').
Tomba 9. — Da essa oltre una fusaiuola e frammenti di vasetti accessori si
ebbero vari bronzi, fra cui un' armilla a grossa verga esagonale girata una volta su
sé stessa; una fibula a navicella vuota con lungo canaletto finiente in bottone, una
con solco trasversale sul dorso ed altre fibuline ad arco semplice con fascie di linee
orizzontali.
Tomba 10. — Oltre due fibuline a navicella con lunga staffa e residui di altre
a doppio ventre, si trovò una tazzina di terra nera a doppio manico, con pareti co-
niche, piede a semplice basetta ed orlo rastremato e dritto. Sopra i due manici ad
Fio. 10.
orecchietta verticale con alette sul vertice, notasi im ornamento speciale che consisto
di una fila di circoletti riempiti di pasta biancastra con puntino di terra sul centro.
Altri due di questi circoli sormontano due specie di tubercoletti sporgenti uno per
parte dalla costa della tazza (fig. 10).
Tali ornamenti si ottennero imprimendo nella terra, quando ancora ora fresca.
(') Pubblicata aiiclie i|uesta dal ilott. Tosi noUa Memoria succitata tav. I. fis;. •'>.
VBRUCCIIIO — 302 — REGIONE Vili.
tanti anellini di conchiglia oppure di osso, i quali, dopo la cottura, assunsero l'aspetto
come di una pasta liiaucastra, di uno smalto, il quale sul fondo nero delia tazza dovea
vivamente spiccare. È un genere di ornamentazione che ricorda quello delle cosidette
borohiette di bronzo con o senza spina, già incontrate nei vasi delle necropoli arcaiche.
Cfr. Harnabei, Anticliità del territorio Fulisco - Parte Prima p. 227 e seg.
Dopo questa tomba, altre nove ne vennero scavate le quali però non offrirono
alcun particolare notevole, né contenevano altii oggetti all'iufuori di poche fusaiuole,
di avanzi di armille a filo gemino e tremolante, e di qualche fibula in frammenti.
Di queste fibule due aveano la staffa a disco; ma di esse altro non sopravan-
zava che il disco stesso ed ancora assai guasto e sformato dal rogo.
Tomba 20. — K notevole perchè conteneva tre fibule e tutte a grosso arco ri-
torto, la prima perfettamente conservata, la seconda mancante dello spillo, e la terza
rotta nella staffa: la loro altezza media e di m. (),(J7. K il tipo di fibula apparso
con più frequenza in queste tombe, essendosene raccolte fra intere e frammentate circa
venti esemplari. Una delle meglio conservate è quella riprodotta in principio della re-
lazione (fig. 1). Come le fibule con staffa a disco e quelle a filo attraversato da
perline di vetro, giudico anche queste ad arco ritorto, proprie di un periodo arcaico,
perchè almeno qui in Bologna, esse occorrono nelle più antiche tombe tipo Villauova,
e cessano nelle posteriori. Ad es. appaiono nelle più arcaiche tombe Renacci, ma
mancano nella fonderia di s. Francesco, in cui le fibule di forma primitiva, ad es.
quelle con disco a staffa sono appena rappresentate. Fibule con grosso arco ritorto
occorsero al contrario nelle tombe scavate l'anno 1886 nel centro di Bologna al
Carrobio presso la Mercanzia {Notisie 1887, pag. tì in fine), le quali tombe già per
le circostanze topografiche, cioè per essere, fra tutte quelle fin qui note, le più pros-
sime all'abitato, debbono annoverarsi fra le più antiche.
Tomba 21. — Dovea essere simile alla 5", cioè a dolio; ma sfortunatamente
si rinvenne frugata. Degli oggetti estratti, oltre tre fibule ad arco semplice ritorto,
merita speciale menzione un pugnale di ferro, rotto iu due pozzi alto ni. 0,20 di una
forma non mai occorsa nelle necropoli tijio Villauova, ed identico per contrario a quelli
rinvenuti in grande numero nella necropoli di Novilara.
Consiste di una lama larga e dritta, che finisce bruscamente in una punta aguzza
e lunga simile ad uno spiedo.
Il fodero non si rinvenne, ma negli esemplari di Novilara esso è sempre di ferro,
con puntale rafforzato da grosso nodo e sotto l'imboccatura con uno e più anelli con
cui veniva sospeso ad una cintura.
Che anche il pugnale di Venicchio fosse portato nella stessa guisa è provato
dal fatto che alla sua punta aderisce, legato dall'ossido, un gancio femmina di bronzo,
che faceva parte della cintura.
La presenza di questo pugnale caratteristico delle tombe di Novilara a Verucchio
si comprende assai bene tenendo conto della vicinanza di que.><te due località e degli
scambi che potevano effettuarsi fra gli abitanti di esse. Anzi qui mi pare opportuno
ricordare come nella necropoli di Novilara fra 260 tombe ad umazione col cadavere
REGIONE Vili.
— 303 —
VBRUCCHIO
rannicchiato se ne trovarono quattro soltanto di combusti, ed in una di esse le ceneri
erano deposte dentro un ossuario tipo Villanova. Molto probabilmente era quella la
tomba di un Italico morto colà o sepolto sucoudo il rito della propria gente.
Dopo la tomba 21 si esplorarono altre sei tombe le quali però, ad eccezione di
qualche fibula di forma comune cioè ad arco semplice ed a navicella ed una fii-
saiuola, non diedero altri oggetti.
Per compenso le tombe 28 e 29 rivestite con pareti e con volta di ciotoli, a
secco, che ne coprivano e difendevano tutto attorno
l'ossuario, contenevano altresì taluni oggetti di forma
singolare.
Nella tomba 28 oltre un' armilla formata di filo
gemino di bronzo in parte tremolante, erano due fibule
dette a sanguisuga, cioè formate da tanfi dischetti di
bronzo aderenti fra loro e degradanti verso l'estremità
dell'arco.
La staffa era similmente a disco, il quale come
quello della fibula nella tomba 8 era inciso con ornati
geometrici, cioè con fascio di fine lineette assecondanti
la curva dell'orlo e con due croci ansate nel mezzo
(fig. 11).
Bastano queste fibule per determinare il periodo
arcaico a cui questa tomba 28 appartiene. Impercioc-
ché fibule sifatte sono di una rarità estrema anche a
Bologna.
La fonderia di s. Francesco ne contiene una sola
(Zannoni, La fonderia di Bologna tav. XLI, n. 31), e di tutte le tombe del
predio Beuacci, similmente una sola, la 412, spettante al periodo arcaico, ha offerto
due fibule simili, le quali sembrano al contrario più frequenti nell'Etruria mediter-
ranea specialmente a Tarquinia. Si confronti Montelius,
Spànnen fràn, Bronsàldern ecc. fig. 18, pag. 223,
nota 2; Ghirardini, Noii:ie 1881, ser. 3», voi. IX, tav. I,
n. 21 e 22 e Notisie 1882, voi. X, tav. Ili, n. 21 ';
Falchi, Vetulonia tav. VI, n. 20.
Toìuba 29. — Racchiudeva quattro valve di pec-
tunculi forate all'apice per formare collana; una fibula
ad arco semplice contorta dal rogo ed un'armilletta
a filo gemino, in parte tremolante, di bronzo (fig. 12).
Le armille e gli anelli di questo tipo sembrano
caratteristiche dello tombe più archaiche di Verucchio,
perchè quantunque il numero delle tombe esplorate sia piuttosto esiguo, pure vi si
trovarono già dieci di tali armille, senza contare i frammenti di parecchie altre.
Un' armilla del medesimo tipo, ma ridotta in più pezzi, si ebbe altresì dalle
Fig. 11.
Fig. 12.
VERUCCHIO
304 — REGIONE Vili.
tombe arcaiche della Mercanzia in Hologna, che sopra ho ricordate descrivendo la
tomba 2.
La frrande antichità delle arraille ed anelli a Hlo metallico tremolante sembi-a
inoltro confermata dal fatto che anelli simili, ma in oro, si trovarono nei sepolcri sca-
vati dallo Tsountas nella parte bassa di Micene. 'EijtjitQÌi ùaxitiuì.oytxi] 1«88, tav. 9,
n. 12 e 14, pag. 151.
Tomba 30. — Si ebbero da essa i seguenti oggetti:
Un bellissimo rasoio di bronzo, alto m. 0,12 perfettamente conservato, ornato
sopra ambo le facce di triangoli ripieni incisi.
Una fibula a fettuccina, rotta in due pezzi con punteggiature suUorlo, anch'essa
di tipo piuttosto arcaico, contorta dall'ossido.
Un anello di bronzo del diam. di m. 0,08.
Seguirono altre sei tombe dalla 31 alla 3(3 le quali non diedero oggetti all'in-
fuori di un frammento di fibula ad arco ritorto e di un ago crinale in forma di chiodo,
log"ermente curvato airestremità, ma assai ben conservato e con stupenda patina
tmchina.
Tomba 37. — Conteneva l'ossuario tipo Villanova intero; un frammento di fibula
ad arco ritorto; un dischetto a lamina di bronzo del diam. di m. 0,04 con foro cen-
trale, e cinque pezzi di tubetti spiralifonui detti saltaleoni.
Tomba 38. — Priva affatto di oggetti. Conteneva soltanto un ossuario con
graffiti a meandri sul collo e sul ventre e sormontato da ciotola capovolta (già pub-
blicato a pag. 296, ftg. 5).
Tomba 39. — Racchiudeva oltre l'ossuario in frammenti una fusaiuola sferoidale;
una fibula ad arco ritorto in due pezzi e frammenti di altra simile, più un gruppo
di anellettl del diam. di m. 0,015.
Tomba IO. — Oltre i frammenti dell'ossuario, due fusaiuole coniche, un avanzo
di fibula ad arco ritorto, conteneva due fibule dette a sanguisuga, cioè formate con
dischetti di bronzo aderenti fra loro e rastremautesi ai capi dell'arco con la stalla
a disco come gli esemplari della tomba 21 (fig. 11).
Eranvi per di più una diecina di grani di pasta vitrea già infilati in fibule, ed
una placca di sottil lamina di bronzo molto guasta e contorta dal fuoco, simile a quella
del 1" sepolcro.
Sorvolo sopra le cinque susseguenti tombe, dalle quali non si ebbero che scar-
Bissimi ed insignificanti oggetti.
Tomba 4(j. — Degni invece di particolare considerazione sono i seguenti avanzi
della suppellettile funebre, raccolti in questa tomba.
Un rasoio semilunato con ornamenti incisi presso la costa, rotto nella punta e
nel taglio, alto m. 0,12.
Due lastre parallelepipedi di osso con l'una faccia ornata di circoli concentrici
impressi e con 1 altra grezza, le quali combaciando dovevano formare il rivestimento
di un manico di pugnale o di spada, la cui lama però non si rinvenne.
Al contrario si trovò un pugnale a lama di ferro ricurva, lunga m. 0,37 compreso
REGIONE Vili.
— 305
VERDCCHIO
il manico ora staccato, il quale finiva in testa ad anello circolare. L'ossatura di questo
iDanico doveva essere di legno, ratlorzato alle coste da piccole laminette di bronzo e
tutto intorno da due fascio a filo di bronzo girato a spirale, luna sotto l'anello, l'altra
sopra la guardia. Anche il fodero della lama era di legno, del quale sono ancora
visibili le tibre, qua e colà rafforzato esso pure in due parti cioè a
metà ed alla punta, con fascie di filo di bronzo girato a spirale
(fig. 13).
Per questo pugnale debbo rinnovare l'osservazione fatta a
quello con lamina dritta e rastremantesi della tomba 21, cioè
che è di un tipo affatto nuovo nella suppellettile del gruppo
Villanova, ma per compenso, trova riscontro nei pugnali di No-
vilara, una classe dei quali sono appunto a lama ricurva di
ferro. In essi il fodero è sopra una faccia, quella meno nobile e
non visibile, di legno, su quella destinata a vedersi di lamina di
ferro, i cui orli ripiegandosi sulla faccia opposta stringevano e
|l-'»'/^| rassicuravano la lastra di legno. Un pugnale di questo tipo si era
lii'f^^l scoperto anche a Verucchio da molto tempo e venne acquistato
^*\^''-'* l'anno 1885 dal prof. Pigorini perii Museo preistorico di Roma,
dove ora si conserva.
Debbo alla gentilezza dell'amico il disegno che qui ne pub-
blico (fig. 14).
È alto m. 0,28 e quantunque rotto in tre pezzi, lascia scor-
gere assai bene, in quello superiore, i risvolti delle lastre in
ferro che ne costituiscono il fodero della parte nobile. Il manico
ora manca, ma esso pure avea la stessa forma dei manici
propri! ai pugnali ricurvi di Novilara, che pubblicherò quanto
Fig. 13. prima nella relazione generale che sto preparando sullo scavo di
quella necropoli.
Tomba 47. — Oltre i frammenti dell'ossuario e due fusaiuole coniche, conte-
neva un considerevole numero di oggetti in bronzo fra cui : una fibula a verga qua-
drangolare ; altra piccola, ma ben conservata, a semplice filo di bronzo ; una terza fibula
ad arco semplice attraversata da altra più piccola con solchi sul dorso, ed una quinta
fibulina ad arco quadrangolare con solchi longitudinali sul dorso ed attraversata da
anellini.
Argomentando dalla piccolezza di tutte queste fibule, parrebbe che la tomba avesse
appartenuto ad una giovinetta.
Confermerebbero tale supposizione anche due armille in ossa rinvenute che hanno
un diametro di soli cinque centimetri (tipo fig. 12).
Lavorate nel solito filo gemino in parte tremolante, queste armille erano attra-
versate ciascuna da una fibula e da un anello di ambra.
11 medesimo lavoro a filo gemino di bronzo in parte tremolante presentano al-
tresì due anelli del diametro di in. o.o:;.
VERDCCHIO
— 306 —
REGIONE Vili.
V,
<'
li
. 1
i*'.<
Lu rimanenti cinque tombe erano aflTatto prive di
oggetti.
Tomba 52. — Soltanto la 52 conteneva una fìbula
l'ho per la novitfi del suo tipo e per la sua rara conserva-
zione merita una specialo descrizione.
L'arco ò cositituito da uno spillo ricurvo, sormon-
'ni^ ^ tato da capocchia ottaedra di ambra; e la corda ha
!«/; , I lorma di telaio quadraufjolaro introdotto con la testa
nel foro dello spillo, fornito a metà di due cornetti e
tìniente a sua volta in una staffa che rinserra la punta
dello spillo (tig. 15).
Non conosco nesstm' altra fibula da confrontare con
questa. Per qualche lontana analogia possono soltanto
osservarsi le due hbule pubblicate dal Montelius, Spànnen
frali Hronsàldei'ii ecc., pag. ;iO n. 27 e pag. 27 n. 25,
la prima per lo spillo ricurvo e piegato ad arco, la
seconda per il telaio quadrangolare.
Fra i numerosi cocci raccolti in questo sepolcro,
alcuni si distinguevano per le pareti più spesse e per
un ornamento di circoli impressi, alternati con triangoli
e con linee graffite. Avendo fatto raccogliere ed acco-
stare fra loro i diversi pezzi, no risultò un oggetto in-
teressantissimo, vale a dire im elmo a doppia cresta,
alto m. 0,2G5 senza la punta che è rotta, del noto tipo
degli elmi di bronzo usciti dalla necropoli tarquiniese
{Notizie 1881, tav. V, n. 18, 23).
L'esemplare verucchiese è, per quanto io conosca,
il primo littile che riproduca in grandezza naturale
l'elmo a doppia cresta e con riproduzione non superficiale,
ma accurata ed esatta in tutti i particolari ('). Due linee
di circoli impressi, imitazione delle bulle a sbalzo sugli
esemplari di bronzo, ed alternate con altre due linee grafllte. ornano ambo le facce della
doppia cresta, al di sotto della quale sopravanzano gl'indizi dei tre perni
orizzontali, così caratteristici degli elmi metallici tarquiniesi. Intorno
all'orlo gira un fregio di due file sovrapposte di circoli ed una terza
di triangoli ripieni di linee, imitanti i cos"i detti denti di lupo, frequenti
pure nei lavori di bronzo, ila con tutta questa ricchezza di fregi o
di ornamenti forma contrasto la rozzezza dell'elmo per quanto riguarda
la fattura plastica, perchè la calotta ò anch'essa irregolare e storta,
).,,_ j-, c-i'Uie in massima parte, le pareti degli ossuari (fìg. Iti).
t
Fio. M.
(') Nel Mnico preistorico di Roma si conserva un elmo titf ile a doppia cresta, proveniente da
Tarquinia, ma di un lavoro .semplice e senza ornamentazione.
REGIONE Vili.
307 —
SPADAROLO
Questo elmo fittile che probabilmente serviva da coperchio all'ossuario, induco
a credere che abbia appartenuto ad un guerriero il sepolcro in cui lo si rinvenne,
dove in luogo dell'originale metallico, che dovea essere di troppo gran pregio, fu col-
!4lIiaE ^* t^ ti t* ■•© @ (^ 0 :c> ;TT . ^
«il^i ® @ @ @ @ '@ @ @ è
FiG. 16.
locata soltanto una copia in terracotta. Essa tuttavia è sempre di una grande im-
portanza, perchè dimostra che tale tipo di elmo era usato non soltanto dagli Italici
che lasciarono le tombe tipo Villanova sulle sponde del Tirreno, ma altresì dai
loro connazionali stanziati sul versante Adriatico.
Spadarolo.
Descrivendo la tomba 20 di Verucchio ho già, indicato alcuui bronzi elio si
erano scoperti a Spadarolo, altra località del riminese, in cui esisto un sepolcreto tipo
Villanova.
Qui trovo opportuno di menzionare anche i seguenti oggetti che il benemerito
dottor Tonini ebbe dalla medesima località e che ora sono conservati nel Museo di
Uimini.
Tre grosse fibule a navicella piena, con disegni geometrici e prive dello spillo.
Ci.ASSK DI 8CI&NZE MORALI ccc. — Memoiìir — Vol. II, StTÌe 5*, parte 2' 39
SPADAROLO
— 308 —
RBOIONE Vili.
1&^
Una fibula a nancella Ttiota frammentata con lungo canaletto.
Un ago crinale tiniento in capocchia sferica.
Un nocciolo grande di ambra appartenuto a fibula.
Un cilindro fittile a doppia capocchia, ornato allo testo di croci coi quadranti
riempiti di triangoli.
Ma special descrizione meritano gli oggetti che seguono.
Un disco lavorato a giorno, del diam. di 0,005, formato di due cerchi concentrici
legati fra loro da sei linee a zig-zag tre per parte. È un fermaglio di cinturone, proprio
della regione rimineso, perchè un secondo esemplare se ne rinvenne nel 1875 a s. Lo-
renzo in Monte presso Kimini e fu già pubblicato dal dottor Carlo Tonini (Storia di
Rimini voi. V in fine) e tre esemplari simili, ancora con il residuo della fascia me-
tallica appartoneute alla cintura, conservansi nel Museo
parrocchiale di s. Giovanni in Galilea {Noi. 1889 p. 216).
Altro disco lavorato a giorno è formato similmente
da due cerchi concentrici. Lo spazio di quello più pic-
colo è occupato da una figulina umana con le braccia
alzato e con due volatili ai piedi. Sulla periferia del
cerchio maggiore correva una fila di quadrupedi anch'essi
lavorati a fjiorno e distribuiti cinque per parte.
Sopravanzano ora soltanto quelli a destra.
Il disco termina nella parte inferiore in un sostegno a
forma triangolare con propria basetta rettangolare la quale
è sorretta da una tì<;rurina, a tutta scultura, di bronzo
con le braccia allargate le cui mani sono inchiodate alla
base del sostegno del cerchio come per sollevarlo e pre-
sentarlo (fig. 17).
Anche questo disco è proprio della suppellettile del
periodo detto di Villanova, perchè, come ho già accen-
nato in principio, un secondo esemplare se n'era trovato
nelle tombe del predio Ripa a Verucchio, prima che
s'iniziassero gli scavi regolari, ed un tono se ne conserva
nella fonderia di s. Francesco a Bologna.
Altri duo ne fornirono le necropoli di Tarquinia
(.Yolisie 1882, ser. 3», voi. X, tav. Ili, n. 19) e di Vetulonia (Falchi op. cit., tav. XVIII,
n. 10). Ma l'esemplare di Spadarolo è più completo più singolare e por l'aggiunta
della figura umana che lo sostiene si comprende l'uso a cui può aver servito.
Come mi ha suggerito l'amico Barnabei, la base rettangolare del sostegno essendo
curva, non vi ha dubbio ch'essa fosse applicata ad una coppa emisferica di bronzo
della quale il disco traforato formava il manico, e la figura maschile in piedi
l'appoggio.
Da Spadarolo provengono altresì due manici di cista semicircolari, mobili e lisci
con estremità ricurve, introdotte in doppi anelli cherani) infissi alla parte supcriore
della cista, il cui diametro era di m. 0,20 all'incirca. Della cista stessa si conserva
ri.-,. ì:
REGIONE VII.
— 309 —
RIMINI, LORO-CIDFFENNA
un pezzo alto m. 0,05, largo m. 0,04 che contiene cinque cordoni. Questa cista per
la sua piccolezza, per la foima dei manici e per la fittezza dei cordoni dovea essere
simile a quelle di Novilara.
Rimìni.
Demolendosi la casa colonica di un podere appartenente alla Congregazione di ca-
rità, situato oltre il Borgo s. Giovanni, a sin. del pubblico passegi^io, presso la chiesa
della Colonnella, lungo l'antica via Flaminia, fu rinvenuta una stele di calcare, alta
m. 2,23 larga m. 0,49 dello spessore di m. 0,27. Superiormente è arcuata, e quivi
presenta di rozzo rilievo una testa miiliebre di profilo col capo coperto di un manto.
Di sotto è incisa la seguente epigrafe che fu trascritta anche dal eh. prof. Bormann
per il voi. XI del C. I. L.
L-EGNAT IVSLF
a n i • s e x -1 v i r
vf-in-f-p-\kii
et egnat / a-l-l-
d i c a • v i //v i t
La lapide è ora conservata nella biblioteca Gambalunga, unitamente ad altre
lapidi latine del riminese.
E. Brizio.
Regione VII (ET R URIA).
III. LORO-CIUFFENNA — DI un tesoretto di monete lucchesi sco-
perto in una tomba della diruta chiesa di s. Miniato,
Mi riferisce il sig. avv. Cini di Montevarchi, che nel disfare il pavimento della
piccola chiesa di s. Miniato, situata fra Loro-Ciulfenna e Monte Marciano nel Val-
darno superiore, il proprietario don Antonio Farilli ha rinvenuto alla testa di un
morto un vasetto pieno di monetine di argento. Dicesi pure essere stata quella chiesa
antichissima, e il suo disfacimento aver data occasione alla scoperta dello monete.
Era situata lungo l'antica via romana, che da Arezzo passando per il ponte Aburiano
seguiva la destra dell'Arno per andare a Firenze (').
(1) La chiesetta di s. Miniato presso Loro, abbandonata da un ijran pezzo e ridotta alle solo
pareti perimetrali, mancante dell'abside fu trasformata in tienile. Ne rimane la parete a tramontana
costruita di pietre conce e dulia lunghezza di m. 12. Liti-rnamente erano traccie di affreschi; ma
LORO-CIDFFENNA — àìV — REOIONB VII.
Del t«soretto non mi sono capitate che centosette monete, che si afleriiia siano
circa il t«rzo di quelle recuperato. Sono tutte quante denari lucchesi di argento bat-
tuti col nome dell'imperatore Enrico, cioè: HENRICVS, nel centro LVCA; nel fot.
INPERATOR. nel centro il monotjraninia doUimporatore Ottone, cioè IH con due T.
11 nome dell'imperatore Ottone rimase per vari secoli come tipico nelle monete
lucchesi. Ora dopo avere esaminato il ragguardevole numero di cento sett« denari di
argento, tutti dell'imperatore Enrico con quelle piccole varietà di conio notate da
D. Massagli nella sua storia dello monete di Lucca, possiamo ben desumere, come
ancora mi è stato detto, che simigliauti fossero le altre monete. La mancanza assoluta
di quelle degli Ottoni, che precedettero Enrico secondo, il quale tenue il titolo impe-
riale dal 1014 al 1024. e di quello del suo successore Corrado, mi inducono a credere che
questd che monete spettino ai due Enrici successivi, che dominarono tutta la seconda
metà dell'undecimo secolo, e anche più oltre. Infatti nessun chiaro distintivo si ri-
vela in esse in quel tempo da poterle con certezza designare : in tutte lo stesso conio
0 stozzo a martello, le rozze lettere, la forma disuguale purché ne stozzassero fuora
da dugento ottantotto per libbra di argento con qualche mistura: e cos'i seguitò Lucca
a battere tino al tempo di Federigo il Barbarossa, tenendo lo sue monete il principale
mercato per tutta la regione della Tuscia ed ancoi-a nelle limitrofe.
Ma tralasciando questa parte numismatica, alla quale tanti dotti hanno atteso,
il pregio della scoperta precipuamente consiste nell'aver rinvenuto il gruzzolo di quei
denari di argento presso il capo del morto. Tale superstizione, sia pure in tempi an-
cora incolti e barbari ma cristiani, se da alcuno fu avvertita, da nessuno poi, eh' io
sappia, trattata. Eppure è bene di considerarla, giacche sembra che nel medio evo
fosse ditTusa, e più o mono per l'Italia tutta: né dubito che siano comparse le sue
tracce anche in oltremente e foree più che da noi, dove questo fatto fu sempre tra-
scurato. Valga dunque la mia breve nota a mettere sull'avviso, e cos'i raccogliendo
i diversi fatti si vengano a discoprire lo vere ragioni di quella pratica superstiziosa.
Dalla Grecia s'introdusse in Italia il rito di porre l'obolo o nella bocca o nella
mano del morto, in tempo però non molto antico, cioè verso il secolo quarto avanti
l'era volgare, e non in tutte le sue contrade; più frequente poi e più generale nel
primo secolo dell'impero. Soltanto la moneta di bronzo fu allora tenuta sacra e di rito ;
ma col diffondersi delle religioni orientali si andava perdendo la volgare credulità,
che l'obolo o il triente servissero a pagare il passaggio acherontico, credulità messa
in ridicolo da Luciano, e si ritenne piuttosto che servisse a fine di purificazione
dell'anima. Da che proviene, che oltre le monete di bronzo s'incontrano ne' sepolcri
quelle di argento e ancora di oro. Tale superstizione se fu dal cristianesimo condan-
anchc quostc vcnneio distratte. Di tale cliiesctta non si lianiio ricordi, o almeno non se ne co-
noscono. Trattali di un oratorio che forse non ebbe cura di anime, e piobabilmentc non dovJ; avere
importanza alcuna; altrìmenti questo assoluto silenzio delle antiche carte non sarebbe in alcun
modo ^astiflcabilc.
REGIONE VII. — 311 — LORO CIDFFENNA
nata ed affievolita, non del tutto fu dismessa come di altre pratiche e credenze, che
a traverso i secoli uulle nostre campagne vigono ancora.
Sono ormai trascorsi trenta e più anni {liull. List. 1863, p. 55) da che io
avvertiva, che in luogo detto la Quota in Casentino, lontano un miglio da Talk, e
altrettanto dall'Arno (diverso da altro luogo Quota sopra l'oppi) s'incontrarono molti
sepolcri lavorando un breve piano a pie' del colle. 1 morti erano interi, coperti da
tegole, e ciascuno di essi aveva presso il capo un mucchio più o meno numeroso
di piccolissime monete di rame segnate con i nomi di Teodosio, di Valentiniano, e
di Onorio. Siamo adunque nel secolo quinto, quando quella contrada non era, essendo
piuttosto lontana dal centro di Arezzo, forse divenuta cristiana.
E in quei dintorni si manifestò un fatto simile. Il parroco di s. Martino a Ga-
liano sopr'Arno, ancor vivente, nel guastare l'antico cimitero della chiesa, trovò alla
testa di un morto una trentina di denari di argento, che ebbi fra mano, lucchesi del
tempo degli Ottoni verso la tìne del mille.
È ancora più curioso di vedere ripetuta tale superstizione iu luogo sacro, proprio
nelle catacombe di Bolsena. L'ambulacro, che a sinistra si diparte dalla grotta di
s. Cristina, teneva nel suo primo arcosolio un cadavere, presso il capo del quale era
collocato un vasetto con circa trecento denari di argento, la maggior parte lucchesi,
ma ve ne erano pure delle zecche di Lombardia, e vi trovai il preziosissimo denai-o
di Arduino re d'Italia battuto a Milano, che fu dal medagliere di Brera acquistato.
Era ben manifesto il tempo dei primi del mille, quando il tesoretto insieme al ca-
davere fu deposto e nascoso.
Kilevo dalle filze manoscritte dell'archivio delle KR. Gallerie di Firenze (anno
1822, n. 49, e 1823, n. 20) che nel fare la strada presso ilignegno, suburbio di
Pontremoli fm-ono trovate da un ducente monete di bilione tutte di Londra dei primi
del duecento (la maggior parte con WALTER), delle quali una ventina giunsero al
medagliere delle Gallerie. Ed è qui da osservare che costui doveva essere un viandante
inglese, che avrà voluto che quel tesoretto si deponesse nel suo sepolcro, o ciò avrà
fatto alcuno dei compagni suoi.
E proseguendo ancora dal secolo decimoterzo noi incontreremo altre vestigia nei
due susseguenti. Tolgo dall'erudito Zanetti {Monete e Zecche d'Italia, t. II, p. 420
n. 0) che nel 1771 si trovarono nel comune di Panzane sotto l'ascella di un morto
molti zecchini veneziani, tra i quali uno del doge Marino Fallerò che fu decapitato
nel 1354. Che più? Racconta ancora che nel comune di s. Bartolomeo di Musiano,
nel territorio di Bologna, fu scoperto al tempo suo un cadavere, presso del quale si
trovarono varie monete di mistura, che stabilivano che quello era stato sepolto verso
il 1470. Dai quali fatti lo Zanetti deduce che quel costume fu appreso certamente
dai barbari, che usavano di seppellire i loro morti con grandi tesori.
Fu nei secoli posteriori stimata una siffatta pratica come sortilegio condannato
dalla chiesa; onde da qualcuno si continuò a fare di nascosto, non già credo nel-
l'opinione di giovare al defunto, ma perchè questo fosse propizio, o per trarre qualche
fortuna. Lo stesso Zanetti nel luogo citato riporta quanto ne scrive G. Catalani nei
KoMA — 312 — ROMA
suoi commentari al Pontificale Romanum (t. Ili, p. 268): Quidam sortilegi cantra
fidem agentes ponimi quinque solidos supra pectus mortai —
Il Catalani pubblicò il tono volumt' dei Commentari nel 174u, econ la parola
poiiìiiil ci 8i<;nitica come tuttora la superstizione fosse in vigore, la quale forse si
sarà protratta fin presso ai tempi nostri.
G. Gamurkini.
IV. ROMA.
Nuove scoperte mila città e nel suburbio.
Regione III. Nel cavo all'angolo sinistro dell'abside della nuova chiesa, che
costruiscono le Religiose dette del Sangue Sparso, in via di s. Giovanni al Lattrano,
si è scoperto, alla profondità di m. tì,óU dal suolo, un pozzo rettangolare costruito
in laterizio, profondo oltre 5 metri. È largo m. 0,85 X 0,70; e nei quattro lati di
esso sboccano piccoli fognoli, egualmente costruiti, che misurano m. 0,40 di larghezza
ed altrettanto di altezza.
In vicinanza dell'indicato pozzo ed alla medesima profondità sono apparsi avanzi
di mura a cortina.
Nella via detta Curva, fra le vie Buonarroti e Macchiavelli, furono raccolti fra
terre di scarico molti altri frammenti di figurine votive in terracotta (cfr. Notiiie 1894,
p. 278), parecchie tazze e vasetti fittili spettanti alla suppellettile funebre dell'ar-
caico sepolcreto esquilino, ed un blocco di amatista gausto dal fuoco, del peso di
circa 5 chilogrammi. Fu pure scoperto un avanzo di grosso pilastro in muratura, con
un blocco di tufo sovrapposto, alto m. 0,50 largo m. 0,55.
In via di s. Vito, cavandosi per una fogna, si è scoperto un tratto di pavimento
stradale a poligoni di selce, che è a m. 2,00 sotto il livello della na odierna. K ma-
nifestamente l'antica strada, che tendeva alla porta Esquilina. Fra le terre sono stati
recuperati duo grandi anelli di bronzo; due spilli pure di bronzo, e due di osso; e cin-
quanta monete imperiali di bronzo.
Per i lavori di fognatura in via di s. Antonio, alla profonditii di m. 3.10 dal
piano stradale, si è incontrata un' antica chiavica costruita in laterizio e coperta alla
cappuccina. È alta m. 1,30 e larga m. 0,58.
Regione IX. Nei lavori di fondazione al muro del palazzo Falconieri pro-
spiciente il fiume, si è recuperato un pezzo di lastrone di porfido, lungo m. 0,90,
largo m. 0,70, dello spessore di m. 0,40; ed un rocchio di colonna scanalata, di
portasanta, lungo m. 0,38, del diametro di m. 0,35.
In piazza di Montecitorio, rinforzandosi le fondamenta dell'albergo Milano, a
m. 2 sotto il livello stradale si è scoperto un avanzo di muro a cortina lungo m. 2,50,
grosso m. 0,50. Presso il medesimo è apparso nel cavo un piccolo pilastro laterizio.
REGIONE I. — 313 — OROTTAFERRATA
Regione XIII. Sull'angolo orientale del nuovo Collegio dei Benedettini all'Aven-
tino, scavandosi per la collocazione del tilo di un parafulmine, si è incontrato il pavi-
mento di un' antica stanza, a musaico tutto bianco. Questo pavimento trovasi a m. 4,35
sotto il livello del suolo attuale.
Costruendosi il nuovo muro di recinto a sud del cimitero acattolico presso il
Testacelo, si sono rinvenute quattro anfore intiere e tre frammentate. Misurano in
media l'altezza di un metro, ed hanno il maggior diametro di circa m. 0,80.
Via Portuense. Nella vigna Costa, situata fra il secondo ed il terzo chilo-
lometro fuori di porta Portese, a sinistra, eseguendosi i lavori del grande collettore delle
acque urbane, è stato scoperto a m. 5,50 sotto il piano di campagna, un piccolo cor-
ridoio in opera laterizia, largo m. 1,60. Ha il pavimento a musaico di tesselli bianchi,
con fascia nera all'intorno. Sui muri laterali, che spettano probabilmente a due stanze
di un privato edificio, fra le quali correva quell'ambulacro, resta qualche parte d'in-
tonaco abbastanza fino, senza traccia di pittura.
Via Tiburtina. Negli sterri per la costruzione di nuovi sepolcri al Campo Ve-
rano, sono state raccolte quattro lucerne comuni, in terracotta, una delle quali col
monogramma t in rilievo; una piccola tazza di terra nerastra; tre spilli di osso;
una lastrina di smalto; un balsamario ed un fondo di vasetto, di vetro.
G. G.1TTI.
Regione I (LATIUM ET CAMPANIA).
V. OROTTAFERRATA — In un quarto del territorio di Grottaferrata, de-
nominato La Cipriana, si è scoperto un cippo di marmo, alto m. 0,53, largo e spesso
m. 0,82, che dentro scorniciatura mostra l'iscrizione seguente, in lettere assai cor-
rose, della quale l'ispettore P. Rocchi mandò un calco cartaceo:
L ■ PVLLAIENVS
SABINVS
PVLLAIENAE
PRIVATAE
N VT R I CI •
FEC I T
Il cippo fu aggiunto alla raocoliii miliijiiariii dnllii inMimiiK'iitiile Abbazia.
F. Bak.nahki.
ANZIO, POZZUOLI, POMPEI — 814 — HBOIONB I.
VI. ANZIO — .ìfarmi orchitettonici scoperti presso un tratto di
via romana in Ansio.
Nello scorso giugno, furono eseguito opere di sterro sulla via romana di Anzio,
nel punto in cui sbocca nell'abitato, accanto al cancello esterno della villetta già pon-
titicia, ora Ospizio Marino. Si rinvennero numerosi poligoni di selce, dell'antica via,
la coincidenza della quale colla moderna, era del resto cosa nota. Anzi nel margine
sinistro di essa si scoprì e si lasci«N intatto un filo dei poligoni suddetti. Ma ciò
che rende importante lo scavo, è la scoperta di frammenti architettonici, marmorei,
di grandiose proporzioni. Si tratta di due parti di un immenso stilobate in marmo
bianco, sagomato egregiamente, con listelli, gole, abaco. Un frammento è lungo
m. 1,48, dello spessore di m. 0,(37; l'altro è di ra. l,20XO,7u. Altri frammenti
minori sono stati scoperti insieme, e fu trovato anche un tronco di colonna di marmo
caristio, lungo, m. 2,32, del diametro di m. 0,4(3. Questi avanzi sono custoditi nel
recinto contiguo suddetto Ospizio Marino.
G. Tom ASSETTI.
VII. POZZUOLI — in vicinanza della stazione di Torre Gaveta, nella via
campestre che mena a monto di Procida, il prof. Viola esaminò alcune tombe, di-
sposte sul fianco sinistro della strada, a m. 1,20 del piano di campagna. Erano di
costruzione semplicissima, incavate nello strato tufaceo, senza rivestimento interno o
coperte da grossi tegoli. Contenevano il solo scheletro.
Una di queste tombe, scavata alla presenza dello stesso prof. Viola, lunga
m. 1,'.»0X0,40 X 0,30, coperta come le altre da tegoloni, presentava in una estre-
mità della copertura un tubo fonnato da due embrici, accostati tra loro. La tomba
conteneva nn mucchio di ossa umane, combuste.
\ III. PO.MPEI — Giornale dei lavori compilalo dagli assistenti.
1-19 agosto. Si sono fatti lavori per restauri di vari edifizi e per assicurazione
di pareti dipinto; e non sono avvenuti rinvenimenti di oggetti.
20 detto. Sono incominciati i lavori di scavo nella Regione V, ad est della casa
detta del Laberinto.
24 detto. Nella sistemazione dello scavo nella Regione V, isola 2, nella casa
con l'entrata al secondo vano, nel vicolo ad oriente della dotta isola, a partire dall'an-
golo sud-est, noU'ambieiito posto ad est dell'atrio, si rinvenne: — Terracotta. Un'an-
fora lesionata e frammentata con iscrizione. — Bromo. Una cerniera lunga mm. 72.
Un anello avente in un punto del diametro un avanzo in ferro; diam. mm. 70. Una
borchia a cui è superinnnonto attaccato un anello scanalato; diam. della borchia
mm. 43. Altra quasi simile. — Ouxo. Cinquantuna cerniere circolari, delle quali
otto grandi e quarantatre piccole. — Vetro. Piccola carafinetta, alta mm. 65.
25-31 detto. Proseguirono i lavori senza rinvenimento di oggetti.
REGIONE I. — 315 — SORRENTO
IX. SORUENTo — Dì all' (lìUica colonna inilliaria.
Nel chiostro dell'ex-cdiivcntd di s. Fiancesco in Sorrento, e propriamente nell'area
del piccolo <TÌar(iiiio giace al suolo da alcuni anni (che prima trovavasi in opera nel
medesimo chiostro) un fusto di colonna di marmo cipollino, alto m. 1,83 e del diani.
di m. 0,27. Porta incisa la seguente epigrafe, molto danneggiata dalla grande cor-
rosione' della superficie del marmo :
XXV
IMP caes.
M ÀVR vai. m
ÀXEN Ilo
PIO . felici
my icto
Aìiijuslo
Avverto innanzi tutto di aver collazionato l'apografo con l'impronta cartacea.
11 nostro miniarlo dunque appartenne senza dubbio alla via, segnata dagl'itinerari
{CI. L. X, p. 58, n. I) che dal promontorio di Minerva perveniva a Pompei, dove
innestavasi all'altra che da Nuceria menava a Napoli ({7. /. L. X, p. 58, n. II). Il mil-
liario rinvenuto a Resina e recante il numero VI {C.I.L. X, n. 6937, 6938) è opi-
stografo; e l'epigrafe n. 6937 si riferisce appunto a Massenzio. Ora, poiché ad Rc-
sinam inveiilus cum sii aeUUis labcnlis, qua Neapolis priacipalum iiilcr oppida
Campana sibi vindicabat, in co milia ab ea urbe numerari probabile est ( C. I. L. X,
p. 704) , al medesimo computo bisogna riferire il railliario di Sorrento, che porta il
numero XXV. Ed infatti la distanza tra Neapolis e il promontorium Minervae era
di circa trentuno miglia romane. Ma l'imperatore Massenzio non dovette che restaurare
la strada, giacché altrimenti dal tempo della terribile conflagrazione vesuviana, che
mutò addirittura la faccia dei luoghi, si sarebbe, contrariamente al costume romano,
troppo aspettato per rifare una regolare via di comunicazione tra Napoli e tutta la
regione sepolta dal Vesuvio. La qual cosa, se è insostenibile alla luce del solo ra-
gionamento, vien del tutto eliminata da una prova di fatto, che scatm-isce dalla impor-
tante epigrafe, in grandi e belle lettere monumentali, di una colonna milliaria scoperta
nel 1879 presso la cattedrale di Castellammare di Stabia (cfr. Noi. 1879, ser. 3*, voi. Ili,
p. 418; C. I. L. X, n 0939). Spetta all'anno r21-122 d. 0., e fa memoria di una
via costruita dall'imperatore Adriano, della (piale (luel milliario era \undecimo. A buon
diritto credè il De Rossi {Bidl. d. ardi, crisi. 1879, p. 124) che, non potendo il
milliario scoperto presso Stabia convenire alla distanza da Napoli, la numerazione
progressiva delle miglia della via fatta da xVdriauo cominciasse da Nuceria Alfa-
terna, stazione principalissima della Cajnta Jihe</iuiii. dinimata dall'Appia. Ma esi-
steva già in Napoli una colonna milliaria priva di numero, la iiii epigrafe (('. I. !.. X,
Classe di scienze mokali ecc. — Memoiue — \'ul. 11, .Serie ò', l'iUtc"-" -10
NAVBI.L1
Jl(i _ REGIONE IV.
II. tiiUO) risulta perfi'ttaineiito identica a quella del milliario di Stabia. Dunque non
è infondata la ipotesi, che Adriano, oltre alla Nuceria Stabias. abbia rifatta anche
la via da Napoli a Nocera. passando per Pompei, donde si diramava il tronco l'ow}>eiis
Staliius l'romoiUoriiiiii Miumutc. cui appartenne la nostra colonna milliaria di
Sorrento.
Veramente non si può affermare con sicurezza che Adriano sia stato il primo
imperatore, dopo l'incendo Vesuviano, che abbia curata la rifaziono della nuova via
tra Napoli e le città sepolte. Ma se da un lato si tien conto della fortissima im-
pressione prodotta negli animi da quell'incendio, la quale dovè tener lontani da qi:ella
contrada per molto tempo gli abitanti, e dall'altro si pensa che l'impero di Traiano,
più elle alle arti della pace, fu in gran parte rivolto alle improse guerresche, i qua-
rantadue anni intercessi tra la catastrofe Vesuviana e la rifazione della nuova via
non parranno troppi, perchè quei luoghi desolati risorgessero alla vita.
Da ultimo non voglio omettere che Massenzio, seguendo la tradizione dei suoi
predecessori, non mancò di occuparsi delle viae puhlicac popuU lloniani; e, oltre
che alla via fra Napoli e il promontorio di Minerva, egli rivolse le sue cure alla
ria //erculea ab Aequo Tutico in Lucaniam {C. /. L. X, n. 6063, 6964, 6971, 69T2);
alla Labicana (n. 68S'2); alla Latina (n. 6881); air.l;»;)/« (n. 6S36, 6847. 6816,
6867, 6868, (!869); alla /Vacnestina (n. 6886) e tinaliiieiite alla Capila /iheyium
(n. 6'.i.j2, OUM).
A. SOGLUSO.
Ueiìionk IV ^V.I.I/.V//'.I/ h'T SABINA).
VEST/M
X. NAVKIilil — Tombe preroniaìw scoperte nella contrada Carnaio.
Di fronte al villaggio di Navelli, liavvi una contrada detta Camaia, che dista
dal paese circa un chilometro. Nello scorso inverno, 1 fratelli Gennaro ed Ambrogio
(fianiorio, eseguendovi in un loro terreno uno scissalo per piantare dello zafferano,
a m. 2 circa di profondità, rinvennero dei sepolcri appartenenti alla prima età del
ferro; lua di un periodo piuttosto avanzato.
I cadaveri incombusti giacevano sulla nuda terra, soltanto difesi lateralmente
e superionucnti' da rozze pietre. Io non fui presento al rinvenimento, ma api)ena ne
ebbi notizia ini recai sopra luogo, onde potei osservare la località ed i seguenti og-
getti della suppellettile funebre che ila! iletli Gianiorio si conservano. — /ironso.
Dieci placche da cinturone, più o meno corrose, e frammentate, di m. 0,116.') X 0,1)65
ognuna, con decorazioni geometriche a puntini, .sparse di bottoni a sbalzo, riuniti
«luattro a quattro. Cinque placchelte per rivestire strisce o cinture di cuoio, lunghe
m. 0,028 X(»,Oir>, contornate da ligure geometriche, anche a puntini, aventi nel mezzo
tre Imttoiii a sbalzo, in linea retUi. Un pettine di lamina di bronzo, con molte sfal-
dature, ornato in ambo le facce da ligure ir<Miiiictiiilie. alto m. 0,o.")XO.0l. Vi ri-
REGIONE IV. — :ìI7 — VITTOKITO, SALLE
mansjono otto denti, oj^utino liintjo 0,00."). Una pinzetta ben conservata, liiu-^a iii. (t.I;!.
Due aniiillc a spirali, grandi, ed una piccola. Catena ben conservata, rotta in due pezzi,
lunga m. l,2o. Un'armiila ed un pendaglio con pasta vitrea colorata in azzurro: —
Ferro. Metà, del fondo di un vasetto cilindrico. Un'armiila rotta in due pezzi, ed
altri oggetti irriconoscibili. — Fi Itili. Un'idria di argilla nera, frammentata, alta
m. 0,42 X 0,35 di diametro. Le anse, in numero di quattro, rappresentano dei cagno-
lini. All'intorno vi è graftito un bell'ornato. Una tazza; una fusaiuola.
N. Persichetti.
PAELIGNI
XI. VITTORITO — Nella chiesa dedicata a s. Michele Arcangelo e proprio
in un muro grezzo della seconda nave destra, stava murato un frammento di pietra
calcare locale, di m. 0,70X0,26. Vi si legge:
"ANN • XIIII ■ MENS • VII ■ DIES ■ VI
Al lato destro vi è scolpito uno specchio circolare.
In una lastra della stessa pietra, di m. 1,30X0,85X0,16, rimane il seguente
resto epigrafico, a grandi e belle lettere:
BENIGNV
Nei dintorni della chiesa si scoprirono in vari tempi molte tombe appartenenti
ad un pago cortìniese, ignoto.
Le antichità continuano a scoprirsi a breve distanza, verso nord-est, nei fabbri-
cati nuovi del paese. Tra gli oggetti rinvenuti noto due grandi doli, ben conservati,
imo de' quali, posseduto dal sig. Seratino Pietrantoni, alto m. 1,10, del diametro
alla bocca di m. 0,46. Nel luogo del rinvenimento detto Piano di Santa Maria,
si scopri pure una vaschetta di forma quadi-angolare, costruita a calcestruzzo. L'altro
dolio è alto m. 1 con diametro di ra. 1,12 nel corpo e m. 1,02 di bocca. Verso il
fondo, che è piatto, ha un foro circolare con labbri sporgenti. Questo secondo vaso si
conserva nel giardino del sig. Alfonso Pietrantoni.
A. De Nino.
XII. SALLE — Avanci di suppellettile funebre preromana prove-
nienti da tombe scoperte in contrada Pesehio della Valle.
La contrada di s. Nicola, distante circa 1 chilometro dal paese, è ferace di sco-
perte. Ma gli antichi oggetti che di quando in quando vi si rinvennero, andarono
sempre dispersi.
Non così quelli che si trovarono nella contrada Pesehio della Valle, a sinistra
del torrente Fossato Torbido. Ivi ultiniiinicnte il prnprii'fario del fondo. Luigi Sa-
TARANTO
— 318 — REGIONE 11.
liTuo, nell'abbattuie uu annosa queiriji. rinvenne una tomba, la cui suppellettile di
ro^zo impasto nera:<tro fu spezzata.
Dalla descrizione avuta dal colono, supponjjn vi fosse un'oinoclioe a bocca tonda
e una eotvia. Lo seoprit<ire conserva però j^Maiide jtarti' di una decorazione di bronzo,
con le .solite majjlieite a spiralo; e una •,'r:inde quantità di anellini di lilo cilindrico;
oltre a cinquanta.
Grazioso il ciondolo, puro di bronzo, somigliante ad anforetta con ba.<e conica.
La tomba aveva per piano un acciottolato concavo, quasi a navicella; terreno
vergine, ai lati, e un grosso lastrone per coperchio.
Altra tomba, nello stesso sito, fu scoperta dal contadino Antonio Paolo Sarra,
che conserva soltanto una cuspide di lancia, in ferro.
A. 1)k Nino.
IlEc.ION'K II (APULI A)).
XII 1. TAHANTo — l'ammenli a musaico scoperti in Taranto.
Nel passato mese di aprile, mentre si faceva lo sterro per la costruzione di una
nuova casa nel borgo di Taranto, furono scoperti alcuni pavimenti a musaico, che
richiamarono Tattcnziono del vice-segretario sig. Parrilli, colà residente per le cose
del Museo e degli scavi; il quale subito ne riferi alla Direzione dei Musei e degli
scavi in Napoli. Recatomi sul posto e tutto osservato, mi è sembrato opportuno di
riferire non solo dell'ultima scoperta, ma anche delle precedenti, per quel che ri-
guarda qnesto genere d'arte antica, e por quanto essa è rappresentata in Taranto nello
sue tre parti principali, cioè: naWnpus lesseltatiim, nel musivum sedile e nel li-
Ihostroton.
Il proprietario del terreno dove avvenne la scoperta è il sig. Carlo Cacace; ed
il mastro muratore che vi costruisce è un tal Quero; e questi lasciarono che il
• inverni», per mio mezzo, con ogni cura avesse pre.so nota del rinvenimento, e det-
tero il temp.i p.r faro csegnire il disegno di un pavimento, quello che più interessa
di render noto ai cultori delle scienze archeologiche. Ksso infatti ci presenta una
scena mitologica, ciò che vuol dire che, se pure non viene a mostrare un fatto
del tutto nuovo nella storia delle scoperte tarantine, non è tuttavia fra i rinveni-
menti più comuni, fra i tanti cioè, di cui quella terra è stata cos'i doviziosa.
Dal 1H80 a questa parto molti pavimenti e di vario genere si son trovati, ma i
figurati son tutti a disegni geometrici, e quindi di minore importanza relativamente
a quest'ultimo. Solo una volta, quando si faceva lo scavo delle terme romane nel sito
denominato / fortini presso la sponda di Mar Grande (') venne fuori una stanza con
pavimento a musaico, nel cui mezzo, disegnati a contorno di tenadlne nere, vede-
vansi la parte posteriore di un delfino e gli avanzi ili una figura umana ignuda, che
>i sedeva Hiii)ra. Ki-a la solita rapj)rescntjizione di Taras sul delfino, comunissima
(•) Notizie, 18P1. scr. r. v..l IX \< '.12
REGIONE li. _ 319 _ TARANTO
nella nuniiciiuiitica tarantina. Ma era pure ben mi.sera cosa quel pavimento, special-
mente per quel che vi restava, in modo da non meritare una spesa per conservarlo.
Da' miei appunti poi rilevo clic una volla iiel Inndo del sic(. La Tanza, ora del
sjcf. Cacacc, posto a dr. dell'antica strada di s. Lucia, presentemente strada secon-
daria dell'arsenale marittimo, fu scoperto un pavimento a musaico con disegni geo-
metrici di color nero su fondo bianco, molto bene eseguiti e discretamente conservati ;
e ricordo pure che, dopo di essere stato esposto per qualche tempo, fu ricoperto per
non esporlo ad ulteriori guasti. Un altro fu trovato nella casa del sig. Tommaso Cito
a dr. della strada Umberto I"; parecchi nel fondo del sig. Osimo presso s. Francesco
di Paola ; uno nel fondo del sig. Miraglia a sin. della strada delle Gasine, ed altri
in altri siti, ma tutti d'un importanza secondaria.
Però se essi non servono a far progredire le conoscenze in quanto a parte tecnica
0 per i soggetti di rappresentazione, mostrano nonpertanto quanto era dift'uso in Ta-
ranto a' tempi dei Romani questo ramo di costruzioni e la importanza ed estensione
della Taranto romana.
Soli tre musaici trovansi estratti e conservati nel museo di Taranto, dei quali
procurerò di fare esatta descrizione, quantunque nessuno ignori che in questi casi il
disegno sia più dichiarativo di tutte le parole.
1. Musaico di forma rettangolare (m. 2,12 X 1,78) a due colori bianco e nero
e di mediocre esecuzione. Corre intorno una fascia bianca larga m. 0,0.5; alla quale
succede un'altra di m. 0,19 col fondo bianco e con rivolgimenti a spirale a musaico
nero, fatti in modo da lasciar bianchi altrettanti disegni, simili per forma e delle
identiche dimensioni dei precedenti. Ricordano tali disegni il motivo generalmente
adoperat'^ dagli antichi per rappresentare le onde del mare nei vasi e nelle monete.
Dopo una terza fascia nera di m. 0,07, resta il rettangolo interno, sempre a fondo
bianco, variato da figure semiellittiche a semplice profilo nero, sovrapposte le une
alle altre in modo che la estremità di ciascuna vada a posare sul centro degli archi
sottoposti.
2. Il secondo musaico (m. 1,70X1,00), come il precedente è pure in due co-
lori bianco e nero; esso non fu trovato completo, uè è molto pregevole per fat-
tura. 11 fondo è al solito bianco, le variazioni in nero. Una fascia larga m. 0,2(J
correva intorno, formata da triangoli bianchi e neri, i quali tutti si toccano fra loro
negli angoli. Vi succede poi una zona bianca di m. 0,07 ed un' ultra nera della stessa
larghezza, che limita l'area interna die poteva essere di fprma quadrata o rettango-
lare. Questa è divisa in tanti spazi quadrangolari, le cui estremità sono fra loro con-
giunte da curve rientranti, in modo che si potrebbero chiamare, se fosse possibile,
quadrati curvilinei. Gli spazi contenuti fra le curve sono in musaico nero, mentre
il tondo dei quadrati è in bianco.
3. Fu tagliato alle dimensioni di m. 1,76X1,7(1 mentre era molto più grande.
Il fondo bianco è formato da tasselli piuttosto piccoli e ben commessi insieme. Nel
mezzo sta un quadrato con m. 0,84 di lato; il quale è definito da una fascetta larga
m. O.Oi di minutissimo musaico in porfido, cui succede un'altra di m. 0,08 di mu-
saico bianco con tasselli egualmente minuti; questa in iilcnni ]Minu fu daL^li antichi
TARANTO
320 — REGIONK II.
restAnrata. Viene quindi un nioaudro semplicissituo su fascia larga m. 0,18. il quale
ò distinto in quattro parti, rappresentate da quattro diven-ii colori : rosso antico, rosso
meno intenso, verdastro osiMiro e verde chiaro. Resta infine nella parto interna un
(luadrato del lato di ni, <i.">4; è sempre col fondo bianco o variato da rombi e
da trianjioli di pasta vitrea e di iiiarnii di diversi colori. 1 quattro angoli e la
parte media dei lati sono occupati da triangoli in marmo, mentre tre file di rombi,
di tre ciascuna, scendono perpendicolarmente nello stesso senso, toccandosi negli an-
goli acuti, ed altri duo rombi per parte sono messi in senso opposto al primo. Tutti
questi sono di pasta vitrea bleu con tilaaienti a voluta di color biancastro. Il campo
poi è sparso di pezzettini di marmo giallo senza alcun ordine e di varie forme e di-
mensioni.
È questo, secondo a me pare, uno degli esempi in cui vedesi Vopus lessellatum
mescolato al sedile ; e però questo musaico merita di essere in partieolar modo notato.
Auderebbe pure menzionato per la profusione di pasta vitrea, di cui non solo son for-
mate le lastre romboidali, ma anche buona parte del meandro.
T tre descritti musaici fmouo rinvenuti parecchi anni fa in un'area editìcatoria
di Montedoro, e propriamente nel sito, ove presentemente trovasi costruiti la casa del
sig. Massarotti. Si vedeva chiaro che trattavasi di una antica casa di epoca romana,
della quale però non si potè trovare la continuazione, perchè il giardino della sopra-
detta casa moderna non fu sterrato ed ancora resta nell'antico piano di campagna.
La casa però doveva essere grandiosa e ricca: lo si desumeva non tanto dai descritti
musaici, quanto da un piccolo frammento pure di musaico, che potetti salvare e che
pur esso esiste ancora in quel museo. La piccolezza dei pezzettini, il vario dei colori,
la esatta commessura dovevano far cosa di primissimo ordine ; esso però è così guasto
da non prestarsi a descrizione. Misura m, 0,:J5 X 0,28.
L'esempio più importante nel genere ieW'opus sedile o lavoro a commesso vien
dato da un pavimento trovato nello sterro per la costruzione delle scuderie della so-
cietà degli Omnibus nel fondo del sig. Carlo Cacace, posto in vicinanza del luogo,
ove furono trovati gli ultimi musaici. Il sig. Cacace ebbe la felice idea di estrarlo
e restaurarlo, sostenendo una non lieve spesa : presentemente lo si ammira nella torre
della sua deliziosa villa di Crispiano, borgata di Taranto. Non è il caso di farne
descrizione per le ditìicoltìi che incontrerei, posta la complicazione del disegno e dei
colori dei diversi marmi; solo dirò che nei dischi dei quattro angoli erano intarsiate
quattro figure, dello qua^i non si potè conservare neppure l'impronta pel pessimo stato
di conservazione in cui ci pervennero.
Né mi fu dato di vedere altri pavimenti di simil genere in tutti i lavori di
Taranto; e tale scarsezza si potrebbe spiegare con la povertà di marmi, che gli scavi
di Taranto ci mostrano. Invece moltissimi son venuti fuori del genere che gli an-
tichi chiamavano con la parola greca lithostraton. e che corrispondono a quelli, che
i moderni dicono ha/tuli alla vcnesiaiia. Si costruivano con pezzettini di marmo di
vari colori, di terracotta, di vetro, misti a malta, battuti, spianati ed in ultimo li-
sciati in modo da presentare un piano levigato e perfetto. Si consideravano di maggior
pregio qui'lii. Ufi quali maggiore era la quantità di pasta vitn-a; infatti la casa del
REGIONE !;. — 321 —
TARANTO
Fauno, die certamente è la più grandiosa di Pompei, ne conserva i migliori: i più
comuni poi orano quelli costruiti ì?enza pezzi di vetro. E di que.4a classe se ne trovano
molti in Taranto; qualcuno anche molto ben eseguito, come quello rinvenuto nello sterro
della casa Cito, dove c'era anche un certo ordine nella disposizione dei pezzettini
di marmo, mentre che sinora non mi è stato possibile di osservarne alcuno con me-
scolanza di pasta vitrea.
Ho' voluto trattare di queste precedenti scoperte, sia perchè esse restavano an-
cora ignorate, sia per mostrare quanto vi era in precedenza in monumenti ed ^n no-
tizie intorno a questo genere di antichità in Taranto. Passo ora a trattare degli ultimi
rinvenimenti.
I pavimenti a musaico erano in numero di tre, uno dei quali in cattivo stato di
conservazione e gli altri due piuttosto ben conservati: ap])artenevano tutti e tre ad
una casa di epoca romana dalle proporzioni vaste e grandiose. Essa però posava sopra
rovine di altra epoca, le bassissime muraglie che limitavpno i pavimenti erano fali-
bricate con pietre appartenute ad edifizi più antichi ed i pavimenti stessi erano di-
stesi sopra rottami di data più anteriore. Del resto quei muri erano pessimamente
costruiti e quasi senza fondazione in modo da far ritenere che la casa era formata
dal solo pianterreno.
II pavimento meno ampio e meno importante misurava m. 3,84 X 3,14. Un mar-
gine di musaico bianco largo m. 0,55 correva intorno alla parte figurata, la quale
formava un rettangolo di m. 2,74X2,04; ed era semplicissima, tutta di figure geo-
metriche con qualche accenno o motivo di fogliami. Due rettangoli (m. 2,04X0,00),
in ciascuno dei quali stanno iscritti due rombi orizzontali ed uno verticale, incassano
un quadrato ; il quale resta del tutto chiuso per mezzo di altri due rettangoli late-
rali (m. 1,54X025); in cui dal centro si svolgono due semplicissimi steli serpeg-
gianti formati da un filo di pezzettini neri. Il quadrato interno (m. 1,54 di lato) ha
iscritto un secondo quadrato, e nei triangoli risultanti è eseguita una foglia di edera
con steli; il secondo contiene con lo stesso sistema un terzo, e nei triangoli altre
figure geometriche; e finalmente il terzo con un insieme di quadrati, di triangoli e
di archi bellamente compie tutto il pavimento, che desta interesse e per la bontà
del disegno e per la buona esecuzione.
Maggiore considerazione devesi atribuire all'ultimo pavimento, il quale per essere
figurato è quasi unico nel suo genere in Taranto. La stanza, in cui trovavasi era
molto ampia, cioè di m. 9.25 X 5,95, forse la piii ampia della grande casa; la rappresen-
tazione che ne occupava il centro era di m. 5,40 x ;3,00, però nella fig. qui unita ne è rap-
presentato solo per m. 4,80 X 3,00, essendosi tralasciata la riproduzione di altre due zone
con rombi iscritti, simili a quelle che vedonsi nella parie superiore.
Intanto come prima impressione notiamo la differenza sensibilissima fra il corpo
del musaico e la zona inferiore. Come tecnica e come diseguo queste due parti sono
diverse ed a diverga epoca si riferiscono. Parierò ([uindi prima dell'una e poi
dell'altra.
Si notino in primo luogo la jioca esattezza e il nessun online fra le diverse
parti del musaico, (iià e noto che gii ;in(ielii arteliei davano spesso alle rappresen-
TARANTO
— 322 —
RBUIONE II.
taTioni una certa irregolarità che in vero se non peraiettova di ammirare la parU
meccanica del lavoro, lasciava nondimeno posare l'occhio in una tal quale varietà di
composizioni, che riusciva gradita allo sguardo. Di .juesto fatto infiniti esempi ci
mostra larte decorativa, e nel genere di musaici questo ne è uno. (ìiacdie la fa.-cia
a dr. della ligura. variaUi da rettangoli, in cui sono iscritti in senso orizzontale altiet-
REGIONE II. — 323 — TARANTO
tanti rombi contenenti piccoli cerchietti, ù piti larga (ni. 0,54) dell'altra dt-Uo .stesso
disegno che sta a sin. (ra. 0,42). Così nella doppia zona della parte superiore a dr.
e' è la variante dei due ultimi rettangoli, che divisi in quattro presentano disegni si-
mili ai precedenti, ma più piccoli. La fascia più interna poi (m. 0,17) costituita da
fondo bianco con un sistema di circonferenze che si tagliano a vicenda e da una linea
retta che tutte le taglia a metà, non è meno piena d'inesattezze, le quali non sono
che l'effetto di poca accuratezza. E dopo un'altra fascia di color nero (m. 0,07) viene
il quadro; tutto il resto non è che cornice.
Il fondo del quadro (m. 2,40X1,80) è di un musaico fitto e ben commesso;
ci sono parecchi vuoti, alcuni dei quali intaccano la figura, ma tutti facilmente re-
staurabili. Ne occupa il centro una figura giovanile rappresentante Bacco imberbe;
il quale si regge su la gamba dr., lasciando la sin. nella solita posa di abbandono;
e con la mano sin. sollevata si appoggia al tirso, mentre abbassa la destra per versare
da un vaso il liquore prediletto nelle fauci di una pantera. Questa belva che gli sta
accanto, dal coi-po screziato e dall'occhio verdastro, rivolge la testa verso il nume,
ed apre la bocca in direzione del vaso. Completano la rappresentazione i disegni di
due anforette, adattate nei due angoli superiori con la bocca rivolta al centro. La
forma di questi vasi dalla pancia piuttosto sferica e senza base, e dalle anse prolun-
gate trova più facile riscontro nell'anfora messapica, quantunque non vi siano i di-
schetti, che in foiine di vasi greci; mentre che il vaso della mano è proprio il
kantharos greco.
La figura è di prospetto ed è ti'attata a semplice contorno di disselli neri: la
stessa linea passa a distinguere varie parti del corpo, del petto, dell'addome, dell'in-
guine, del pube, dei piedi e della mano destra; mentre che una zona nera serve ad in-
dicare i capelli sormontati da foglie di edera o di vite, distinte con pezzettini di
vetro verde, ed altri avanzi di musaico in vetro dello stesso colore vedonsi nella gola,
indicanti forse una collana; come pure alcune linee che stanno sul petto presso gli
omeri potrebbero indicare una nebride. La pantera mostra i denti di vetro celeste e
porta la collana di foglie di edera di color verdino ; mentre che tutto il corpo è ma-
culato da piccoli cerchietti di color nero e qualcuno verde. L'apertura dei vasi è di
color bleu e nel corpo di essi e' è traccia di gialletto : il tirso poi che finisco a punta
è formato da due linee laterali di color nero e nel resto da musaico di vetro celeste.
L'insieme della figura non si presenta male, ad esempio la linea delimitante il lato
destro è piuttosto corretta; ma ce anche del brutto specialmente nella forma della
gamba sinistra, tutf altro che regolare. Gli occhi, il naso, la bocca, in generale la
faccia, lasciano molto a desiderare; vi si osserva una certa durezza ed uniformità,
inevitabili del resto in lavori di simil genero; nei quali la linea non si può inflet-
tere a ricercare tutte le movenze delle diverse parti del corpo. Questo però non in-
fluisce a che non si veda la preponderanza delle forme nmliebri, quali si convenivano
ad un dio membris ciim moUibus et langHoris feminei dissolutissimus laxitalc (').
Tuttavia se si va a notare che di musaici con figure oltre la grandezza natm-alo
(') Aniobio, Adv. (jentes, 0, 12.
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — \o\. II, Serie .ì", parte 2". II
TARANTO
— 824 — REOIONB II
(la figura è di m. 2,10) non esistono che pochissimi, e che in nessun altro trovasi
la rappresentazione di Bacco ('), così completa come in questo, non si deve durar
fatica nel dare alla nostra scoperta il giusto posto che le compete.
Né quel che abbiamo detto costituisce il pregio principale del nostro musaico.
Si ritiene da tutti gli archeologi, ed è vero nel fatto, che il musaico è il genere
di arte che più si accosta alla pittura; e però nei musaici si trovano riprodotti
ed imitati soggetti di arte pittorica con tutte quelle note che alla pittura si ad-
dicono. Nel nostro invece se ne togli i duo vasi degli angoli, tu non trovi che la
semplice riproduzione di una statua ; non vi sono movimenti, non e' è scena, nò figure
di paesaggio, nulla che possa riferirsi ad un originale di pittura.
Del resto in im soggetto così comune e popolare, in un ciclo di arte cosi ampio,
del quale infinite e svariatissimo rappresentazioni ci sono pervenute su qual^iasi ma-
teria e di qualsivoglia tempo, non dovrebbe esser difficile di trovar riscontri nelle
pitture parietarie o vascolari ed anche nei rilievi. Questo non m' è stato possibile ;
ed invece facilissimo m' è venuto il riscontro con parecchie statue e specialmente con
mia del Museo Nazionale di Napoli (-), nella quale il soggetto è identicamente ri-
petuto. La stessa posa del corpo, delle gambe, delle braccia, della testa: solo la
pantflra, a differenza di quella del musaico, sta seduta su le gambe posteriori ed è
molto più da presso al dio. Ma in questo chiaramente si vede che tale posizione non
sarebbe stata che un ripiego per necessità di collocamento o di dimensioni di blocco.
Né il ripiego fu felice, giacché nel mentie la belva del musaico con movimento natu-
ralissimo si dispone a ricevere il liquido che le va a cadere direttamente in gola,
quella della statua invece, stando troppo da vicino e non volgendo bene la testa,
riceve il liquido su la fronte, per cui viene a mancare l'effetto della rappresentazione.
Salvo questa differenza tutta a vantaggio del nostro monumento, il confronto non
potrebbe riuscire più convincente per la nostra tesi, cioè che la figura del musaico
è la riproduzione non di una pittura ma di una statua di Bacco che versa da bere
alla pantera. E questo è importante.
In quanto al tempo cui si possa rimandare il musaico, io lo credo fattura della
fine del 3» secolo d. Cr.
Venendo ora a dir poche parole intorno alla zona inferiore che si lega, come di-
cevo avanti, col resto del musaico, essa non si può confondere anche a solo guardare
la riproduzione. Nel pavimento poi, oltre alla diversità del disegno, notasi la diffe-
renza della esecuzione e sopra tutto la posteriore applicazione di essa, come restauro
al grande musaico.
Essa (m. 3,00 X 0.58) è divisa in tre partite, distinte fra loro da due fasce nere
perpendicolari, della larghezza di m. 0,05 : le due laterali sono di m. 0,82 X 0,85, e
quelle di mezzo di in. (1,82X1,20. Le prime sono variate da doppio rettangolo di
Cj l'otribbi'si a fiucst» proposito ricordare il musaico pnl)lilicato da E. Q. Visconti, Museo
P. CI; T. VII, tav. XLIX, nel <|na1c però non c'è che la maschera di Bacco con fW attribnti propri
di ijueita divinità.
(•) R. M. Dorb. V. XI, tav. 10; Mtlllcr-WicHclcr. v. II, p. :?54.
REGIONE II. — 325 — TARANTO
filetti neri con due semicerchi nella parte esterna e con molti altri più piccoli nella
interna, oltre \m disco nel centro, due perpendicolari ed una linea orizzontale, che
dividono il rettangolo interno in sei più pìccoli. Il rettangolo di mezzo presenta tre
figurine di una semplicità e rozzezza tutt' affatto primitive e paragonabili soltanto
ai più rudimentali graffiti di figura umana delle catacombe cristiane. Quella a sin.
è a semplice contorno, con la bocca figmata da breve linea circolare : quella di mezzo
ha come velata la testa da panno che gradatamente va a restringersi sotto il mento
e con segno quasi quadrato per bocca ; la terza con eguale copertura in testa però
a musaico pieno e con piccola figura ellittica schiacciata per bocca. Per braccia e
busti poi di segni curiosi, che a pena ne adombrano la forma nel modo il più goffb
e primitivo.
Ci troviamo dunque, secondo a me pare, dinanzi ad un lavoro dei tempi, quando
l'arte del musaico ripigliava, su le orme dell' arte antica romana, la via che poi lo
menava ad una si ampia e larga applicazione nell'arte cristiana. Da tal punto di vista
esso riesce interessantissimo.
Che in Taranto stesso poi il musaico ebbe applicazione nei monumenti di arte
cristiana, vien provato dalla scoperta del 1858, mentre si rifaceva il pavimento della
cattedrale di s. Cataldo, santo protettore della città. Ivi fu trovato un pavimento a
musaico di rozza fattura con rappresentazione di ima figura muliebre, che aveva din-
torno figiu-e di pesci ed uccelli. Questo pavimento fu salvato dal can. Ceci, amatore
di cose antiche e fondatore di un piccolo museo, che più non esiste, e dallo stesso
fu messo in opera come pavimento della stanza del Museo. Posteriormente la detta
stanza crollò ed il musaico fu ridotto in frantumi; anche ora lo si può vedere in
tale stato. Ma qualche anno prima era stato dal Lenormant visto e descritto e giudicato
opera del sec. XI (i).
E in tal modo resta completa la storia delle scoperte tarantine in questo genere
di monumenti, le quali scoperte, quantunque non siano di primaria importanza, non
cessano tuttavia di esser degne di menzione.
Con questo non intendo nò di accettare, né di respingere l'opinione del Lenormant
intorno alla provenienza dei due quadretti di musaico a rilievo della collezione Santan-
gelo del Museo Nazionale di Napoli, che il dotto francese crede scoperti in Taranto,
mentre da tutti sono ritenuti come provenienti dalle rovine dell'antica Metaponto.
L. Viola.
(1) Lenormant, Gaz. archéol, 1881-2, p. 125; 1883, p. 199-200.
TERRANOVA FAUSANIA — 326 — SARDISIA
SA RI)/. VIA.
XIV. TERRANOVA FAUSANIA. — .Vuove scoperte di antichilà mi
territorio oìbiense.
1. Essendosi praticato imo scavo nel predio denominato Iscta Mariana, per ricer-
care materiale da fabbricare, si scoprirono, a circa m. 0.80 di profondità ed in mezzo
a terreno carbonioso. otto antiche tombe, con ossa umane del tutto consunte. Non sì
tenne conto di prendere le misure delle tombe, ma secondo informazioni avute dal
mio nipote sig. Tommaso Tamponi, il quale assistè allo scavo, due di esse erano di
piccolissime dimensioni, con muri laterizi, e vòlte di embrici e pioventi, e lo altre
sei, di proporzioni maggiori, coi lati di pietre granitiche, legate a calcina e con vòlta
piana, formata da lastroni.
In una di queste si raccolsero due orecchini d'oro, in forma di cuore, in cattiva
conservazione, e un anello, pure d'oro, a fascia, avente un leggiero rialzo in quadra-
tura ; da un'altra tomba si estrasse un braccialetto di argento, formato di sottile la-
mina rotonda ma in parte consunto, tre bottigline di vetro celeste e due anforette di
argilla ordinaria.
In una terza tomba trovaronsi altre due anforette e tre lucernine fittili anepi-
grafi. Le rimanenti tombe non contenevano oggetti della suppellettile funebre; in
qualcuna notaronsi soltanto pochi avanzi di anfore e rimasugli di vetro.
2. In uno sterro praticato da certo Oio. Ilaria Panu. in vicinanza della collina
di s. Simplicio, rinvennesi un piccolo sepolcro spettante a bambina, costruito con pietre
e calce e rifiuti di mattoni. Chiudevano la volta due lastrine di granito, bene into-
nacate al di fuori; altra lastrina stava in una testata dell'interno, messavi per tener
sollevato il capo della defunta. Le ossa erano tutte sminuzzate. Vi fu trovata una
lucerna fittila, senza bollo, alcuni frammenti di vetro azzurro e un orecchino d'oro,
a forma di globetto, molto consunto.
Nel predio Abbefrilta, a circa G chilometri dal paese, in direzione della linea
ferroviaria di Figari, si rinvennero molte monete di bronzo, del basso impero, nonché
copiosi frammenti di embrici romani e di vetrerie. Nella stessa località vedonsi i
residui di un antico manufatto in laterizi e di poco emergenti dal piano di campagna,
e lo rovine di una vasca circolare, per acqua, con traccia di uno stretto cunicolo
di pietre.
3. Il mio amico sig. Torquato Tovani, comandante il bastimento italiano Assun-
tina, estraeva recentemente dalle acquo di questo golfo presso l'isola Bianca, alla
profondità di circa m. 3,00, due grandi anfore fittili, alquanto scheggiate alla bocca
e terminanti a punta. Una, munita di piccole anse semicircolari, è alta m. 1,10 con
la massima rigonfiezza nel ventre, di m. 0,02; l'altra, meno corporuta, misui-a in
altezza m. 0,90.
Mi manifestava il sig. Tovani, buon conoscitore di quelle località, esser nume-
rosissime le anfore che vedonsi sparse in tutti i bassifondi del mare di Terranova.
SARDINIA — 327 — TERRANOVA FADSANIA
La draga a vapore ne ripescò quattro, di dimensioni maggiori delle precedenti, le
quali riposavano al l'ondo di m. (),()0.
4. Un piccolo scavo, durato poche ore, fu fatto con esito felice, dal sig. Pietro
Puzzu, nel suo predio denominato Acciaradolsa, presso l'abitato. Alla profondità di
m. 0,55, si trovò una tomba in laterizi, con vòlta granitica, entro la quale, tra i
resti di ossa umane, avvolti di terra, si raccolse un pendaglio di oro ben conservato.
Certi Francesco Goleddu e Paolo Careddu, facendo uno scavo nel predetto predio
Acciaradolza. per conto di certo Giovanni Stefano Nurra, s'imbatterono in un gruppo
di quattordici tombe antiche. Erano costrutte con pietra e calcina, a vòlta piana e
stavano in un filare, alla regolare distanza di m. 1 l'uua dall'altra. Cinque risul-
tarono frugate anteriormente, a giudicare dalle vòlte aperte e dai molti frammenti
di ossami e di fittili fuori posto; e le altre conservavano il corredo funerario.
Toviba 1. — Misurava m. 2,10X0,85X0,60. Vi si trovarono le ossa ben con-
servate, riposanti su di un impiantito di pietre. Corrispondenti alla testa del cadavere
giacevano tre scodellette leggermente concave, di finissima argilla, una lucernetta ad
un solo buco, contornata da cordoncini a fiorami, una piccola coppa di terraglia gros-
solana e quattro chiodi di bronzo.
Tomba 2. — Misurava m. 2,00 X 0,80 X 0,60. Vicino al cranio si rinvennero due
scodelline intere e tre frammentate, due anforette senza manici, dal collo lungo e
stretto, cinque monete corrose, un ago crinale ed alcuni frammenti di vetro.
Tomba 3. — Misurava m. 2,08X0,75X0,62. Presso i piedi dello scheletro si
trovò una scodella rotta in due parti ; due anforette fittili ; tre chiodi lunghi, a ca-
pocchia concava, diversi frammenti di una catenina a maglia, quattro pezzi rotondi,
di bronzo; una piccola chiave; im pezzo di osso di forma circolare con buco nel
centro, solcato da scanalature; due ampolline di vetro; cinque cerchietti di bronzo
della circonferenza di m. 0,07; tre monete irriconoscibili.
Tomba 4. — Misurava m. 1,80 X 0,75 X 0,63. Deposta sopra le ossa e preci-
samente a contatto del petto si recuperò una catenina di bronzo, a maglia, attac-
cata ad un cerchiello dello stesso metallo, del diametro di m. 0,04. Da un altro cer-
chiello di pari grandezza pendeva un frammento di catenina. Accanto al teschio erano
due ampolline di vetro, sei monete irriconoscibili e due lunghi chiodi.
Tomba 5. — Misurava m. 1,82X0,70X0,65. Prima di scoprirsi le ossa si rac-
colsero nella nuda terra due scodelline frammentate; un piccolo calice di vetro e
tre bottigline; una lucerna fittile, senza bollo, ed alcune asticelle di bronzo.
Tomba 6. — Misurava m. 1,85X0,80X0,60. Al fianco destro del cadavere
stavano due bottigline di vetro, in frammenti ; un ago crinale di bronzo ; tre moneto
ossidate e un'anforetta di argilla finissima, senza manichi e con coperchio pirami-
dale, avente nel mezzo un rialzo in forma di pomo.
Tomba 7. — Mism'ava m. 2,10X0,87X0,70. Fra la terra, superiormente allo
strato in cui si rinvennero poi le ossa, giacevano due frammenti di vetro spettanti
a bottigline, ed alcuni residui di scodelle. Presso il teschio era una lucernina fittile,
guarnita di fiorami, sette globetti di vetro azzurro, forati nel mezzo, tre chiodi e due
cerchietti di bronzo, dai quali pende un pezzo di catenina a maglia.
TBMPIO — 328 — S ARDISI A
Tomba 8. — Misurava m. 2,00 X 0,82 X 0,60. In direzione del petto del morto
giaceva un medaglione di bronzo, in forma concava, forato nel centro; metà di un
as;o crinali- di osso, tre fraiiiiiii'uti di catenina a maglia, attaccati ad un cerchietto
di bronzo e diversi frammenti fittili e di vetrerie.
Tomba 9. — Misurava m. 1,95X0,75X0,63. Sul petto dell'estinto posavano
due cerchielli di bronzo e uno di osso, forati; un frammentino di catenella a maglia,
lungo m. 0,18; cinque monete corrose; tre grossi chiodi a capocchia concava; un'asti-
cella di bronzo e cinque globetti di pasta gialliccia, traforali.
Tutte le ossa trovavansi generalmente in buono stato di conservazione.
r. T.\Mi'oN'i.
XY. TE.MriO — Fitlili di arte rude scoperti nel Nunujlie del
< Muracciu > ìiella regione Padulu.
11 mio amico dott. Celestino Secchi, residente a Tempio, essendosi recato nella
decorsa primavera a visitalo un ammalato nella regione Padulu, proprio al nord di
Tempio, e che dista da quella città circa quindici chilometri, potè osservare nel fondo
di certo pastore Francesco Abeltiuo, un nuraghe posto a cavaliere d'un piccolo al-
tipiano.
Il predetto manufatto, mancante della vòlta, conserva solo i muri di cinta per
un'altezza media di 3 a 4 metri, e si presenta in tutta la magnitìcenza delle sue
rovine; da quei pastori viene comunemente denominato lu naracu di Ut muracciu,
e secondo la tradizione popolare vi si ebbero a trovare nel secolo scorso molti oggetti
di bronzo.
Il dott. Secchi costretto a rimanere in quella località un paio di giorni, intra-
prese uno scavo nella grande camera circolare che costituiva il solo ambiente del
nuraghe, dopo aver fatto rimuovere le pietre cadute dai muri e dalla vòlta, le quali
ingombravano il suolo. Lo scavo si cominciò a una profondità di 50 centimetri, e il
primo oggetto a comparire fu un vasetto dell'epoca preistorica, plasmato rozzamente
a mano con argilla nerastra, e munito di ruvida ausa ad anello, poco sporgente.
K alto m. 0,14, col massimo rigonfiamento di m. 0,21; alla bocca misura il diametro
di m. 0,10.
Vicino a questo recipiente fu notata una grande quantità di cenere vegetale con
carboni in decomposizione, e non poche pietre scapole annerite dal fuoco; anche nei
grossi cantoni che costituiscono le fondamenta dell'edificio, si notarono, qua e là, gli
stessi annerimenti causati dalle fiamme.
A questo punto il disterro, non rinvenendosi altro, fu portato a una profondità
maggiore. Comparvero allora vario ossa, specialmente costole spezzate, di varia gran-
dezza ; un dente, forse di cavallo ; una vertebra umana, avariata, e molti cocci nerastri
appartenenti a vasetti e grosse anfore primitive lavorate senza l'aiuto del tornio. Dei
suddetti frammenti sonvene alcuni che esibiscono disegni rozzi fatti a mano, come pic-
coli incavi circolari, ed altri sono solcati da righe disordinate e da rialzi piramidali.
1
SARDISIA — 329 —
TEMPIO
Il giorno dopo fu continuata e compiuta l'esplorazione della camera. Si rinvenne
il solito grande ammasso di cenere, con qualche frammento di ossa inclassitìcabile,
e fra mezzo a quella cenere un colpo di zappa mise fuori un oggetto di bronzo.
Esso consiste in una colonnina che misura m. 0,06 in altezza, per m. 0,03 di cir-
conferenza. È munita di zoccolo in quadratura, e termina superiormente con un anello
fisso, 0 specie di appiccagnolo sormontato da una colomba. Quest'oggetto era tutto
incrostato di cenere, levando la quale vedovasi annerito, e si scorgeva chiaramente
l'azione del fuoco sul metallo. A poca distanza fu trovata una giada, o pietra di
fulmine, come volgarmente vien detta, nonché altri cocci spettanti a recipienti pri-
mitivi e lavorati a mano.
L'anzidetta regione di Padulu, che costituisce im esteso e ferace altipiano fra i
più importanti di questo alpestre e selvaggio lembo della Gallura, fu abitata dai
popoli preistorici ; ed oltre al nuraghe su ricordato ve ne sono molti altri, o me<^lio
vi è un'agglomerazione di questi monumenti megalitici, che cuopre un' estensione di
circa sei o sette mila metri quadrati. Disgraziatamente il tempo e l'uomo non li hanno
conservati, e tutto si riduce a un ammasso di rovine imponenti.
P. Ta.mponi.
Roma lo ottobre 1894.
REGIONE IX. — '<i'à[ — CAIRO MONTKNOTTE
O T T O B li E
Regione IX (LIGURIA).
I. CAIRO MONTENOTTE — Iscruione latina ed oggetti vari di età
romana rinvenuti nel territorio del comune.
Alla cortesia del eh. prof. avv. Federico Patetta, della R. Università di Mace-
rata, debbo la trascrizione della seguente epigrafe, incisa sopra una lastra di forma
irregolare, di cattiva pietra arenaria locale, alta m. 0,87, larga m. 0,46, con lettere
di circa m. 0,08, scoperta nel 1892 nello scavo delle fondamenta di una casa, nel
recinto del comune di Cairo Montenotte:
]„ENNIV///
LL ,
F A/ S T I \
L. Etiiiiu{s) L{ucii) l{iberlu>i) Fausti . . .
La prima L è quasi affatto scomparsa; ne più discernesi il compimento del co-
gnome Faust io 0 Fausti nus.
Questa lapide è la prima rinvenuta nel detto comune, a nord del quale Spigno,
ed a sud-ovest Millesimo diedero già titoli romani (cf. C. I. Z., V, n. 7543-7546,
7553, 7554). Uno fra i primi offre il medesimo gentilizio Eiinius (n. 7543). Però
altri resti di romane antichità erano già venuti in luce nel territorio di Cairo, spe-
cialmente a poco più di un chilometro dall'abitato, nella strada da Aquae Statiellae a
Vada Sabatia. Ivi il Casalis {Diì. geogr. stor. degli Stati del Re di Sardegna,
t. Ili, 1836, p. 287) ricorda essersi trovati antichi oggetti e resti di costruzioni; e
verso il 1876, in un campo prossimo ad nna chiesa, ridotta a casa rustica, detta la
Madonna Vecchia, a m. 1,50 di profondità, in uno strato di carboni e di ceneri,
si rinvennero fìttili, vetri ed altri oggetti, in massima parte andati dispersi. Alinini
pochi soltanto ne furono salvati, e si conservano nella casa municipale, ove furono
esaminati dal predetto prof. Patetta, e sono : un frammento di specchio metallico,
circolare; una lucerna fittile, col nome SABINI; alcuni pezzi di vasi vitrei e di ba-
Ci.AssE DI SCIENZE MORALI ccc. — Memokik — Vdl. II, Soric .5", paftc 2". 42
S. QUIRICO IN VAI- 1)1 l'OLCEVEKA — 332 — RBGIONB IX.
stoDcini striati pure di vetro, uguali a quelli che si trovano spesso nella regione su-
balpina, nello tombe di donne de' primi secoli dell'impero.
Più volte nel territorio del comune avvennero scoperte di monete romane. 11
Casalis (op. cit.. p. 288) ricorda un ripostiglio di nummi consolari che andaiono
dispersi, salvo un centinaio di essi che passarono in mano del P. Spotorno, a Genova.
E. Fkkiiero.
II. SAN QUIRICO IN VAL DI POLCEVEIU — Di un lesonlto di
monete medievali di oro.
Nel greto di Polcevera. nella contrada Serro, si rinvennero casualmente molte
monete d'oro, medioevali. Alcune di esse sono zecchini francesi, detti scudi doro del
sole ed appartengono a Carlo "VI (1396-140(5) ed a Ludovico XII (1503-13). Merita
singolare ricordo uno zecchino di Giulio li, coniato in Avignone (1503-13). Vi sono
pure molte monete d'oro della repubblica di Genova, e per quanto può argomentarsi
dalle notizie giunte tinora al Ministero, trattasi di cospicuo tesoro nascosto verso la
metà del secolo XVI.
Regione X (VENETI A).
III. TììEGNAGO e BAKIA DI OALAVENA — Armi silicee e fitlili
di industria rude e primitiea.
La cortesia dell'egregio rev. don Giovanni Cieno mi pone in grado di comunicare
alcune scoperte di antichità preistoriche avvenute nei comuni di Tregnago e di Badia
Calavena. Queste località restituiscono assai di sovente oggetti d'antichità romana e
preromana. Di Tregnago (Terenciacum) ebbi occasione di far cenno più volte nello
Notiiie, riportando anche qualche iscrizione romana ivi scoperta. I due comuni an-
zidetti di Tregnago e di Badia Calavena trovansi nella vallata del • Pregno d'IUasi ",
così che Badia sta a settentrione di Tregnago, e ambedue i paesi rimangono alla si-
nistra del torrente " Progne ». Le contrade Guerre. Scorgnano. Marcemigo. giac-
ciono alla destra del torrente, e si seguono ordinatamente |da nord a >ud. Invece la
contrada Cogolo, spettante, come Scorgnano e Marcemigo al comune di Tregnago. sta
sulla sinistra e precisamente è collocata fra Radia e Tregnago. Tutte queste località
restituirono di tempo in tempo antichità di varie epoche, e vogliono esser tenute ora
in considerazione.
Nella primavera del 1893, sulla sinistra del Pregno, poco a sud della piazza
Mercato di Badia Calavena. in un fondo posseduto da Agostino Crisi, sullo spalto
ghiaioso quasi adiacente al Progne e precisamente ad undici metri circa sopra il li-
vello di questo (cioè a m. 470 sul livello del mare) il predetto don Cieno, appas-
sionato indagatore delle antiche memorie del suo paese, fece alcuni trovamenti, dei
quali vuoisi tener conto. Come egli mi riferiva, nello smussare lo spigolo di detto spallo.
REGIONE X. — 333 — CONCORDIA-SAGITTARIA
sotto uno strato di ghiaia fluviale spesso circa un metro, apparve un secondo strato,
e questo di terra nerastra, spesso da m. 0,30 a m. 0,50. Esso si allinea lungo quel
profilo per la lunghezza di almeno un centinaio di metri. In detto strato di terra
nerastra si rinvennero disseminati moltissimi fittili, certo composti di terra no-
strana, e di colore o grigio-neri, o rosso-neri: in alcuni la granulazione è fina, ma
quasi sempre apparisce invece assai grossolana; questi ultimi sembrano cotti all'aria
libera. Sopra qualcuno di quei cocci apparisce qualche semplicissima ornamentazione,
ottenuta forse coU'impressione del polpaccio delle dita, o piuttosto con una spatola.
Vario ne è lo spessore, che di solito è sottile ; talora yer altro raggiunge i 2 o 3 cen-
timetri. Insieme coi fittili, ritrovansi in quello strato anche qualche frammento di
ossa, scheggie silicee, pezzi di basalto ecc.
Sulla destra del Progne, a m. 442 sul livello del mare, nella descritta località
denominata Guerre (cui vaghe tradizioni circondano di memorie guerresche), il pre-
detto don Cieno nell'inverno del 1893 incontrò altre antichità. Scavando ivi all'unghia
di un agglomerato ghiaioso, a circa m. 0,90 dal suolo, e a m. 11 dal letto del Pregno
scoprì una straordinaria quantità di cocci, nella pasta, nella forma, nel colore so-
migliantissimi a quelli dell'altra stazione. C è però a notare che qui i vasi fittili
avevano presso all'orlo o verso il ventre alcuni semplici lavori a dentelli, ad incavo,
ad intacco, ecc. Qualche frammento era perforato da piccoli buchi. Si raccolsero pure
alcune anse ad anello. Si rinvennero ancora due piccoli globi fittili della grossezza di
un uovo incirca. Enorme fu la quantità di scheggie silicee ivi rinvenute; alcune di
esse hanno più o meno evidente la traccia del lavoro dell'uomo, e sono rozzamente
foggiate a coltello od accetta, della larghezza di cent. 5 a 7. Moltissimi pezzi cal-
carei sono formati a cuneo, angolosi o piatti, che al colore non sembrano di pro-
venienza locale. Qui si trovò anche un disco di ferro molto ossidato (diam. cm. 9)
ma forse la sua presenza in questo luogo è fortuita. Con abbondanza si raccolsero
anche ossa di bruti; ma sulla loro età non si potè avere un giudizio sicuro, quantunque
siansi date ad esaminare ad un zoologo. Della stazione delle Guerre esplorossi sol-
tanto imo spazio di 100 m.q.; ma senza dubbio, se la esplorazione si fosse allargata,
si avrebbero potuto ritrovare altre di tali anticaglie.
A cento metri di distanza, sull'ultimo strato delle ghiaie, nei piani Cieno-Gam-
beroni, si rinvennero le fondamenta di antico edificio, con numerosi pezzi di teo-ole di
forma romana.
Negli scorsi anni si esumarono cocci ed altri oggetti antichi a Cogolo, e nelle
vicine contrade Ronchi e Sorte, nonché a Scorgnano (campo Cazzola), e Marcemigo
(campo Battisti).
Gli oggetti trovati a Badia e alle Guerre si conservano presso il prelodato
don Cieno. C. Cipolla.
IV. CONCORDIA-SAGITTARIA — Tempo addietro lo scalpellino nob.
Pietro Sbroiavacca acquistava in Concordia un masso di pietra, apparentemente greggio
per metterlo in opera. Levatolo dal posto ove giaceva, vide che inferiormente era
ANCONA — 'i'ài — REGIONE V.
scolpito con motivi ornamentali a foglie di acanto, e faceva parte di un fregio e
e perciò sospese il lavoro progettato.
Il masso, conservato ora nel Museo concordiese, è in pietra calcare delle cave di
Nabresiua, solita ad usarsi nell'antica Concordia; è rotto irregolarmente, e misura
m. 0,97 X 0,73 in alto e m. 0,45 in basso, ed ha lo spessore di ra. 0,30. È di
buona fattura, e, per quanto il sig. Pietro Sbroiavacea asserisce, proviene dallo scavo
della Braida Bruni, miniera inesausta di materiali architettonici, come scrisse il com-
pianto mio padre nelle yutiiie del 1880, p. 413. Quivi doveva sorgere un grande
edificio, probabilmente teatro, come è indicato nella pianta di Concordia al n. 4,
edita nella tav. XII delle Notiiie superiormente citate.
G. C. Beutomn'i.
Reoionk Y (PICENUM).
V. ANCONA — Nuove scoperte di antichità entro l'abitato.
Demolendosi un muro nell'edificio dell'Istituto tecnico si riconobbe tra i ma-
teriali di fabbrica una lastra marmorea funebre. Vi è scolpita di rilievo la figura del-
l'estinto, in piedi, paludato, col braccio sinistro disteso lungo il fianco, e col destro
ripiegato sul petto. A destra è un giovinetto ignudo, appoggiato ad una colonnetta.
Inferiormente è inciso:
rAYAinNùionoMno"^
XAIPE
La lapide fu aggiunta alla raccolta epigrafica del Museo, dove se ne conservano
quattro dello stesso stile.
Fu riferito intorno alle scoperte avvenute negli scavi pel palazzo delle fer-
rovie in piazza Cavour, dalla fine di marzo al 27 di aprile scorso {Notisie 1894,
p. 234 sq.). Gli scavi continuarono fino al 22 del passato agosto, e fecero scoprile
altri avanzi di antiche costruzioni ed altri oggetti.
Delle costruzioni riconosciute in trentotto pozzi, non fu possibile ricavare la
pianta esatta, tanto più che i ruderi apparvero soprapposti gli uni agli altri a diversa
profondità e variamente orientati.
Si riconobbero altre quattro tombe formate da tegolo, e si raccolsero i seguenti
oggetti. Sei ossuari ed un coperchio di sarcofago di travertino. Due frammenti di
colonne pure di travertino delle quali una scanalata. Dn busto di statuetta muliebre
di marmo bianco. Due lucerne fittili anepigrafi. Tre coperchi di anfore. Un vasetto
fittile. Un asso unciale di bronzo e due monete imperiali dello stesso metallo. Un
frammento di marmo giallo, in cui si legge il residuo epigrafico :
•• IPPAE
REGIONE VII. — 335 — VETULONIA
Altro frammento di iscrizione in pietra calcare, in cui restano le lettere:
VIXIT ANN
DIES
B
Frammento di lastra marmorea alta m. 0,20, larga m. 0,22, e dello spessore di m. 0.03 :
1/ E Rj—
Altro frammento alto e largo m. 0,12, e dello spessore di m. 0.04:
Anche questi fiammenti furono aggiunti alla raccolta dulie lapidi iscritte con-
servate nel Museo pubblico.
C. ClAVARINI.
Eegione vii (ETRURIA).
VI, VETULONIA — Scaoi della necropoli vetuloìiiese durante rati-
no 1893.
Tumolo della Piclrcra (continuazione e fine).
Nel biennio 1891-92 rimase demolita una parte del tumolo della Pietrera per
ricercare i depositi funebri che io riteneva fermamente dovessero ivi ritrovarsi ric-
chissimi e inesplorati ('); e noi sappiamo già di qual felice resultato siano state quelle
esplorazioni {^). Ma nel decorso anno 1893, veduto che continuando la demolizione
del tumolo avrebbe corso pericolo il suo ipogeo, costruito per rimaner sepolto nelle
sue viscere, fu deciso di limitare gli scavi al livello cui arrivavano i ricchi depositi
funebri ritrovati precedentemente, sulla superficie del tumolo.
Questa operazione non è costata molto tempo, né ha offerto difficoltà alcuna, se
si toglie la durezza quasi lapidea del terreno in un punto a sud, ove, quando si co-
(') I. Falchi, Vetulonia e la sua necropoli antichissima pag. 28.
(■) Notizie 1893, p. 490 sq.
VKTUI.ONIA
— ;>.Só —
UEGlONE VII.
Fic. 1. 1:8
stniiva l'ipoofeo, o più probabilmente quando vi fu aporta una cava per asportarne
le pietre della sua copertura, doveva essere una strada pei lavoranti e pei veicoli
che si conducerano sulla cima del pog^etto.
Fu quindi iniziato uno scasso regolare del tuniolo, a metà della sua altezza,
incominciando da zero e procedendo orizzontalmente per guadagnate, presso il centro,
un' altezza di taglio di m. ."> in ij. Ma non fu interamente raggiunto lo scopo, perchè,
a poca profonditi! venne a scoprirsi lo strato delle pietre che costituiscono il nucleo
del tuinolo, di cui fu necessitù seguire l'andamento.
Neil' eseguire i suddetti lavori si fecero queste scoperte.
A sud del tumolo, a poca distanza dalla sua cima, sotto un metro dalla sua
superficie, comparve un piccolo deposito scomposto, senza difesa alcuna
né superiore né laterale. Conteneva due braccialetti di bronzo in pezzi;
qualche frammento d'avorio; due rozzi bottoni di bronzo; nove piccoli
chiodi, una fibula di bronzo a sanguisuga e pochi frammenti di fittili
di impasto rosso, fra i quali due balsamari, dello stosso colore, di forma
comunissima.
A sud-ovest, in vicinanza dei muri della corsia clie immette
nell'ipogeo superiore, vennero a scoprirsi le seguenti sculture in sassofetido, le quali
io qui mi limiterò a ricordare semplicemente, riportandone i disegni, e seguendo
l'ordine del ritrovamento.
1. l'na mano al naturale, distesa, con dita lunghe e intirizzite, assai mal con-
servata, che è forse la sfaldatura di un frammento
di statua sul mezzo rilievo (tìg. 1).
2. Un busto muliebre bellissimo, in buono stato
di conservazione, al naturale, acefalo, al quale io ri-
tengo debba avere appartenuto la testa ritrovata nel
decorso anno (')•
Dalla tosta in giù sembra fosse scolpita sul mezzo
rilievo sopra una gran tavola di pietrafetida, la quale
superiormente terminava con la rotondità delle spalle
e la testa in alto rilievo, da cui cadevano posterior-
mente larghe trecce di capelli che tuttora conservansi
.scolpite dietro le spalle (fig. 2).
La donna è perfettamente nuda con mammelle
assai sviluppate, con le braccia ripiegate sui gomiti
e portate sul petto, con lo mani distese e addossate
una sull'altra sul seno. Attorno al collo porta una
collana di ciondoli ovoidali accostati fra loro; e di fuori alla collana scendono dal-
l'alto quattro grandi trecce di capelli, duo delle quali, interno, terminano in più
voluto sopra alle mammelle medesime, le altre duo girano al di fuori per terminare e
nascondersi con le estremità al di sotto delle mani. .\i polsi appariscono gli avanzi
1 u.
(') Noliiie I8SI3, i>. .".10.
REGIONE VII.
— 337 —
VETCLONIA
di due braccialetti. Alla vita porta un'alta cintura, nella quale sono s-colpite in basso-
rilievo due sfingi alate l'una di fronte all'altra.
Questa cintura chiarisce la destinazione delle lamine d'argento dorate e sbal-
zate rinvenute nell'anno precedente in una tomba del tumolo, le quali io avevo sup-
posto che avessero appunto servito a quello scopo ('), e non escludo che anche i
due leoncini, trovati insieme a quelle lamine in quella tomba medesima e in altra (-),
abbiano' appartenuto a quella cintura.
3. Altro busto di donna, simile al precedente, ma in pessimo stato di conser-
vazione, come vedesi dal disegno che qui se ne offre (tìg. 8). È forse la sfaldatura
di una tavola di sassofetido, su cui la figura era tutta scolpita in bassorilievo.
1:12
Non sono rimasti che i segni del movimento delle braccia nella stessa attitudine
della scultura precedente, con le mani ugualmente distese e sovrammesse sul seno.
4. Altra mano di dimensioni naturali, pur essa assai mal ridotta, troncata alle
falangi medie, ma più grossa e meno intirizzita della precedente, sulla quale si ò
conservato il dito indice dell'altra mano, che le posava al di
sopra, ad angolo retto dei suoi metacarpi (fig. 4), precisamente come
nei due busti acefali (fig. 2 e 8).
b. Frammento di altra scultura che è il collo e parte del
seno di altra donna nuda e parimente al naturale, che conserva gli
avanzi di due fili di collana a globetti (tìg. 5). Questo frammento
appartiene probabilmente ad altra faccia ugualmente sfaldata che
qui riporto, nella quale apparisce un'acconciatura dei capelli che si rialza esaf^e-
ratamente sopra alla testa. Questa faccia è altresì più piccola delle altre, e sembra
essere di donna giovanissima.
Tutte queste sctilture sono state ritrovate in un medesimo punto, fuori della
costruzione centrale, insieme a grandi lastre in pietrafutida e di granito, addossate
]'1G. 4.
(') Xothie 1893, ].. 501.
|2) Ih e p. .W:3.
VKTUI.ONIA
— 838 — REGIONE VU.
fra loro e quasi verticali: onde t-rano state certamento asportate dalla camera supe-
riore e condotte all'esterno sul terreno inclinato del tuuiolo, per opera di ohi avea
preso a visitare ripojjeo mediante una buca al di sopra della corsia in vicinanza della
volta, quando la costruzione ora ripiena di torra. Ma esse erano state altra volta ma-
neggiate, perchè già mal ridotte e frantumate ; e ciò deve essere accaduto quando i tra-
fugatori penetrarono nell'interno dell'ipogeo, mettendo tutto a soqquadro, dopo averne
abbattuta la porta, la quale infatti fu ritrovata caduta nella corsia. Insieme alle
ricordate sculture si trovarono ancora pochi frammenti di fittili e pezzi di bronzo e
di ferro irriconoscibili.
A est del tumolo, a m. 1,40 dalla superficie, si rinvenne un piccolo cono di sas-
soforte nel punto in cui io. in presenza di tutti i lavoranti e della guardia degli
^^cavi Kboli Salvatore, avea presagito l'esistenza di altro deposito funebre,
a me annunziato da osservazioni che qui non è il luogo di esporre,
frutto di quella esperienza che ognuno avrebbe acquistato dopo 12 anni
daci-hò furono incominciati gli scavi nella necropoli di Vetulonia.
Il cono surricordato è simile a tutti gli altri usciti da questo me-
desimo tumolo, costantemente situati superiormente ai depositi funebri,
e a quelli grandissimi, in buon numero, ritrovati noi circoli di pietre (')
e nei tumoli di piccola mole. Esso misura m. 0,25 di altezza, su
m. 0,:U di diametro, ed era situato nella nuda terra, posato sui fianchi.
KiG. o. i;io ^ ijj ^^Q ^Y jj- yQj^j.^ ^j questo piccolo cono, giaceva uno sche-
letro schiacciato alla testa e ai piedi da piccole pietre, come gli altri precedentemente
ritrovati, e similmente collocato in una fossa scavata nella terra di trasporto del
tumolo senza difesa alcuna. Giaceva per traverso sul raggio corrispondente del tumolo,
voltando il lato sinistro al centro, scomposto dalle radiche delle piante, con ossa
macerate dall'umidità.
La sua suppellettile, anch'essa tutta frantumata dalle pietre sovrastanti, era col-
locata attorno al cadavere, ma più ammassata ai piedi ove specialmente posavano i
fittili. Soltanto un gancio da cinturone fu ritrovato al di sopra delle pietre. Gli og-
getti di questa suppellettile furono i seguenti:
Un coltello di ferro, frammentato, fissato con due chiodi ad un'impugnatura o
codolo. che forse era foderato d'avorio, di cui accanto al coltello si trovarono pure
alcuni frammenti, che sembrano ornati a graffito. Due piccolissime spirali d'oro liscie,
e due d'argento le une e lo altre trovate ai lati del cranio. Un va.so di bucchero a
grandi anse pesanti, levato in grossi frammenti, ma forse ricomponibile, simile ai tanti
ormai comparsi soltanto a Vetulonia nei circoli di pietre e nel tumolo stesso della
Pietrera. Grande quantità di altri buccheri, la maggior parte di forma comune a ca-
lice, come quelli delle tombe surricordate, non pochi dei quali ho tolti in blocco
insieme alla terra, e inviati al Museo Etrusco centrale.
A poca distanza dal deposito ora descritto fu rinvenuto un vaso fittile, tutto
frantumato, ma che forse assomiglia ai cinerari a doppio cono, con due anse sul
(!) Kttlclii. \clulonia ice, pa-. 'M, 15!', ITU 'I «v XIII lo.
REGIONE VII. — 339 — VETUI.ONIA
corpo, e quattro buchi nel fondo, ripieno di ossa combuste, senz'altro oggetto che uu
braccialetto liscio di bronzo, in pezzi, collocato fuori del cinerario.
Neil' inler Ilo del tumolo.
Venuto a Vetulonia il conini. prof. Del Moro, direttore dell'uffizio regionale per
la conservazione dei monumenti della Toscana, e riscontrata la grande importanza
della gigantesca e meravigliosa costruzione ritrovata nelle viscere del tumolo della
Pietrera, furono da esso ritenute necessarie e urgenti alcune opere di muratura per
proteggere e assicurare quella costruzione medesima. I lavori con tanta saviezza or-
dinati dall'esimio architetto, eseguiti dal bravo maestro muratore Gaetano Bardi di
Firenze, consistono in una volta di mattoni per tutta la lunghezza della corsia che im-
mette nell'intorno dell'ipogeo, che facesse da sbarra ai muri della corsia più bassa, e
di sostegno a quelli della corsia superiore, e in una copertura a calotta della camera
centrale posata sui muri e sui pennacchi delle sue pareti perpendicolari, ricoperta di
terra, che in pari tempo restituisse all'ipogeo la forma primitiva.
In eseguire i detti lavori rimase confermato ciò che io avevo già accennato nelle
precedenti mie relazioni (') e cioè che la corsia della camera bassa era stata ripiena
per metà della sua lunghezza da bozze rotte di sassoforte, quasi tutte a cuneo, ap-
partenute alla volta dell'antico ipogeo, certamente levate dall'interno per preparare
le opere alla riedificazione dell'ipogeo superiore; per l'altra metà da strati orizzon-
tali di pietre a lastra, tramezzati da terra inumidita e battuta. Su questa riempitura
in tal modo ottenuta furono posati i muri della corsia superiore, i quali, come già
sappiamo, si vollero paralleli (-), mentre quelli della corsia inferiore sono divergenti
dall'interno verso l'esterno.
Fra le bozze rotte dell'ipogeo franato, ammassate nella corsia, al medesimo li-
vello, e a m. 2 di distanza dal punto in cui fu ritrovato il busto acefalo già pub-
blicato (•') , sono comparsi i resti di due sculture in alto rilievo,
anch' esse di pietra fetida, delle quali riporto i disegni (fìg. G).
Sono le estremità inferiori di due statue in alto rilievo al
naturale, attaccate alla loro base, o plinto rozzissimo, consistente
in uno zoccolo grande pesante e informe leggermente piramidato,
destinato a rimaner sepolto nel suolo e a fissare in modo sicuro
le statue stesse nella loro naturale posizione sul pavimento ove
,, „ . vennero collocate, talché sembrassero riposare su quel pavimento
medesimo (fig. 7). In ambedue si conservano i piedi riuniti ed
accostati di due figure nella medesima posizione, ma nel più piccolo di essi i piedi
sono quasi verticali e per quanto assai corti lasciano vedere le impronta delle dita;
nell'altro più grande, espressi in modo veramente rude, si direbbero chiusi entro
calzari, se le gambe non fossero interamente nude.
(') Notizie 1893, p. I."i0.
(«) Ib. p. 1.51.
1,3) Ib. p. 511, lì;,'. 7.
Ci.ASSK DI sciBNZH MORALI ecc. — Mkmorif. — Vcil. II, Serie 5*, parte 2* -IH
VBTULONU — 34U — REOIONB VII.
Con questo rimane esaurita la descrizione dei resultati ottenuti con gli scavi
praticati noi gran tuinolo della PretitTA negli anni 1891-9:5.
Delle os.servazioni, cui han dato luogo mi |iio]ioiigo di tener
parola con uno scritto a parto, nel quale ini tratterrò sopratutto
sul fatto interessantissimo rimasto accertato, che tanto le sepol-
ture ricchissime ritrovate alla superficie del tumolo, quanto le
sculture levate dalla costruzione centrale, sono di donne : e frat-
tanto chiudo questo argomento col richiamare in modo partico-
lare l'attenzione del Ministero della Pubblica Istruzione e degli
scienziati sulla necropoli di Vetulonia, la quale offre allo studioso
un campo nuovo affatto di ricerche interessantissime, e un nuovo
orizzonte ove ognuno potrà spaziare per riempire non poche la-
Fio. 7. 1:10 cune della nostra storia.
Scavi alle Migliarine.
Esplorata che ebbi la cucumella della Pietrera, guidato dai resultati di questi
scavi e dai precedenti a congetture di eccezionale importanza per la storia e la crono-
logia ('), mi condussi a visitare alcuno dei tanti sepolcri esistenti ai piedi e a nord-est
del poggio di Vetulonia, a circa 'ò chilometri di distanza dalla Pietrera, lungo la
via provinciale Emilia, a forse 5 metri sul livello del padule di Castiglion della Pe-
scaia e del mare, nell'intendimento di completare, con saggi in varie localitii, lo studio
della necropoli di Vetulonia. E, fatte le necessarie indagini, sulla guida della mia
esperienza, mi fermai in un luogo detto le Migliarine, in un punto diboscato e in
parte già da molto tempo ridotto a cultura, a immediato contatto della surricordata
via Emilia. Quivi avevo scorto, a sinistra di detta strada, guardando a sud, un legge-
rissimo rigonfiamento di terreno che per certi segni particolari più di ogni altro
mi sembrò meritevole di studio, e a destra due tumoli di non gran mole, sollevati
e raccolti, tagliati sulla loro cima da due profondi solchi, o fosse, segno certo di ten-
tata esplorazione, uno dei quali, un poco attaccato dalla stessa via Emilia, ritenni
nonostante non del tutto rovistato.
Tomba I. Il 17 di aprile incominciai gli scavi sulla leggera sollevazione testò
descritta a sinistra della detta via, già da anni e anni traversata dall'aratro, senza
il più lieve segno esteriore di tomba, situata agli estremi di un campo spiovente sul
fiume Rigo. Posti i lavoranti nel punto più basso, assistiti dalla guardia degli scavi
Eboli Salvatore, venni dopo poco, con mia grande soddisfazione, a scoprire un giro
di pietre bianche a lastra, accoste fra loro, fitte per ritto nel terreno vergine, che mi
assicurò del ritrovamento di una tomba a circolo, come quelle ricchissimo in buon
numero .scoperte sul poggio vicino di Vetulonia. con leggero rigonfiamento di terra
al di sopra, come altri ritrovati sul dotto poggio.
(') I. Falcili, Sulla questione rtrutra - Lettera aperta al P. A. C. De Cara. Firciiic - Stn-
bilimcnto Tip. Fiurcntino 1893.
REGIONE VII. — 341 — VETULONIA
Nel giorno 18, appena superato il circolo di pietre, comparvero, ad est dal centro
due cerchioni di ruote di ferro, simili a quelli usciti da tutte le tombe surricordate
dui poggio, e frammenti di fittili sparsi, i quali non mi sgomentarono punto nella
continuazione delle indagini, quantunque segno di ricerche già da tempo antichissimo
ivi praticate.
Nel giorno 19, più innanzi ancora verso il centro del cìrcolo, comparvero altri
framménti di vasi di bucchero, tra i quali riconobbi le solite grandi coppe ad anse
pesanti e intagliate (') come in tutti i circoli e nelle tombe a umazione del tumolo
della Pietrera; e nel giorno 20, a poca distanza dal centro, ma più a nord, si pre-
sentò il ripostiglio funebre di cui vengo a riferire.
Il deposito giaceva a m. 1,80 di profondità, o il primo oggetto a comparire,
compresso e schiacciato da informe ma non grossa pietra, fu un va.so grande di bronzo
frammentato e ossidato, con due manichetti lisci sul corpo e una ornamentazione di
capocchie di chiodo sulla parte più rigonfia del corpo, circondato da forte strato di
legno. Presso al vaso raccolsi diverse ambre di varie forme, ninna a figura umana
come in altri circoli, fra le quali era un'armatura in bronzo di grossa fibula che
forse avea il corpo rivestito di ambra, e una gran quantità di nocciole, avellane (-),
doventate di color nero, alcune delle quali ben conservate furono inviate al Museo
Vetuloniese.
Da questo punto incominciava uno strato di pietre globulari bianche, in gran
parte ciottoli di fiume, lungo circa m. 2, e poco meno largo, sotto al quale compar-
vero fra terra nera, simile a quella di ustrino, ossa scomposte, di cui non riuscii a
distinguere alcun ordine anatomico, e nemmeno con sicurezza ad assicurarmi se di
cadavere incombusto o cremato (3), presso le quali ossa erano i seguenti oggetti, le-
vati alla presenza del prof. Milani.
1. Due braccialetti d' oro tuttora agganciati posti a qualche distanza uno dall'altro,
per forma tecnica e stile identici a quelli ormai in buon numero usciti dai circoli
del poggio e dalle tombe della Pietrera. Erano aggrinzati come un foglio di carta
stretto fra le mani, ma in buono stato di conservazione, robusti e pesanti, costituiti
al solito, come dal seguente disegno (fig. 8), da nastri sottili d'oro, riuniti insieme da
filo d'oro in vario modo attorto, tirati fra due lamine sovrapposte, oltre le quali si
continuano in minor numero quei medesimi nastri a formare un prolungamento più
stretto ad ambo gli estremi, anch'esso terminante in altre due lamine cui è attaccato
da un lato il gancio, dall'altro la maglietta del monile. Chi desiderasse avere più
esatto informazioni a riguardo di questo genere di oreficerie vetuloniesi, voglia leggere
CJ I. Falchi, Vetalonia e la sua necropoli antichissima, tav. IX, 19.
{=) Carilo comune, facile in Europa e nell'Asia settentrionale.
(') Il prof. Milani, che ha dato le informazioni di questi miei ritrovamenti, in suo opuscolo ;
Le ultime scoperte Vetuloniesi a Colonna, dice recisamente questa tomba di umazione; ma ci^ non
può affermarsi con sicurezza, e lo spazio ben limitato ove furono ritrovate le ossa, la loro scom-
posizione, non che la terra nera sulla quale riposavano, con tutte le apparenze della terra di rogo,
non escludono che potesse essere invece di cremazione.
VBTDLONIA
— 342 —
REGIONE VII.
la minuta descrizione da me Tatta di altre molte già ritrovate in altre tombe ('), alle
quali perfettamente si rassomigliano. Solamente è ad osservarsi che nelle lamino assi-
curate agli estremi dui prolungamenti più stretti si veggono nei nostri monili sbalzate
due palnicttc; ma sulle lamine in clic termina la fascia più larga sono sbalzate tre
testo umane con lunga capigliatuni spartita sulla fronte e ripiegata sulle spalle, le
quali si direbbero ottenute col medesimo stampo di altre
che figurano in due paia di braccialetti ritrovati nelle
tombe a umazione del tuniolo della Pietrera (-).
2. Diver.si globi'tti d'oro sbalzati anch'osai, identici
alle collane della Pietrera (^).
3. Quattro fibule d" oro in lamina robusta, il cui
corpo è costituito da un quadnipede alato che ha attac-
cato la stalla alle estremitii anteriori, l'ardiglione alle po-
steriori, le cui ali sono formato di due sottili nastri
d'oro stretti al collo senza alcuna fermatura (tìg. 9).
4. Due vasi di bronzo ossidati e ridotti in polvere,
di cui sono rimasti soltanto due manichetli orizzontali.
5. Diverse patere baccellate in pessimo stato, simili
alle tante venute in luce in tutti i sepolcri con circolo
di pietre (^).
6. Due candelabri affatto rovinati, anch'essi simili
ai tanti usciti dai sepolcri a circolo surricordati (^).
7. Molti fìttili in frantumi, buccheri quasi tutti
della stessa forma di quelli levati dalle tombe ora men-
zionate, ad eccezione di uno frammentato di colore ros-
siccio, con coperchio sferico e manico centrale a cilindro,
sormontato da un disco, simile forse ad alti'o comparso
nella tomba a circolo dogli Ulivastri ('•). Fra i buccheri,
uno a grandi anse intagliate aveva, al solito, la deco-
razione geometrica tintji di color porpora.
8. Quattro piccole fusaruole faccettate e bucate.
9. Divei-si ferri irriconoscibili.
10. Moltissime piccole ghiaie di fiume o più probabilmente di maro, levigate
dalle acque per il continuo e lungo loro rotolarsi, altro volte comparse nei sepolcri
a circolo di umazione e di cremazione, cho si direbbe quasi volere esprimerò la gran
Fio. 8, 1 : l
(') I. Falchi, Vetulonia e la tua necropoli aiitichissima. imp. 80, 105, tav. VII C, Vili 11
e le Noliiit 1893 p. hO:ì.
(<) Notitie 1893 p. 304, 6g. 4i, 4b.
{') Ib. p. .J05, tì^. 5.
(*) I. Fnlchì, i'etutonia e la tua necropoli ecc. tiiv. X. ". .
(JJ I. Falchi op. cit., Uv. .\IV. H.
(•) I. Falchi op. cit.. p. 98, far. XVIU 25.
REGIONE VII. — 343 — VETDLONIA
distanza o il lungo mare percorso dall'individuo ivi sepolto por arrivare all'ultima
sua dimora.
Allontanati tutti questi oggetti è venuto a resultare che essi, con un tappeto
di terra nera, posavano sopra una tavola di legno nerissimo e lucido, come era accaduto
di osservare nel circolo dei monili ('), ricoperta di una lamina di bronzo.
A m. 1,60 da questo deposito, apparve nel centro del tumolo una gran buca di
forma quadra, nella quale, insieme a qualche frammento fittile, vennero a scoprirsi
due grandi coni di sassofortino {-). Erano identici per la forma ai tanti ritrovati
nei circuii di pietre e in alcuni tumoli del poggio, sovrapposti uno sull'altro e posati
sui fianchi. Uno di essi, il più profondo, avea il diametro alla base di m. 1,40 e
l'altezza di cent. 74; l'altro, certamente non più al suo posto, aveva il diametro di
m. 1,20 e l'altezza di cent. 70.
Nemmeno dunque nella pianura, alla distanza di circa 3 chilometri dal centro della
necropoli di Vetulonia si trovano tombe che diano segno di appartenere ad un' età
Fio n. l:l
meno arcaica di tutte le altre esplorate sul poggio ; e quella di cui abbiamo più sopra
discorso, delle Migliarine, è similissima ad altri sepolcri a circolo fin ora di-
scoperti, con la medesima suppellettile, coi medesimi riti ed i medesimi costumi, non
escluso quello di seppellire il deposito funebre in una fossa scavata nella nuda terra
e di lapidarlo dopo deposto, per poi ricoprirlo della stessa terra scavata. La sola diffe-
renza consiste in ciò che nei circoli dei monili, di Bes, delle Pellicce, degli Acquastrini (')
non esistevano altre ossa che poche corone di denti, cioè il solo avorio, sempre di color
verde smeraldo, riposte tra le cose più preziose del ripostiglio, mentre nella tomba
delle Migliarine esistevano le ossa dell'estinto come nel sepolcro di cremazione.
Del Duce, di Val di Campo (0 con scheletro certamente combusto, e come in altri
ancora a umazione; e mentre nei circoli prima ricordati, l'area del terreno sovrastante
era spianata, nella tomba delle Migliarino era ricolma come altre del poggio. Del resto
s'i in questa come in quelle surricordate a circolo di pieti-e e del tumolo della Pie-
trera, sono venuti in luce i medesimi oggetti e la medesima suppellettile, senza alcun
(') I. Falchi, Vetulonia e la sua necropoli ecc., p. 07.
I«) r. Falchi op. cit, tav. Xirr, 10.
(^) I. Falchi op. cit., p.ig. 98, 167, 72 tav. VII. 12; XIV. 15; XV. 2.
(<) I. Falchi op. cit., paf,'. 119, tav. XII. 1 e pag. 2U0, tav. XVIU. 15.
VBTUt.ONIA — 344 — REGIONE VII.
raso decorato a figura umaDa a colore. Onde sembrami si possa senz'altro concludere
e porro come dimostrato, iu riguardo all'antichità di Velulouia, che quella celebre
e illustre cittù decadde e fu abbandonata almeno dalle illustri famiglie in un" età re-
motissima, la quale, in considerazione della quasi assoluta mancanza di vasi ellenici
nelle sue tombe, possiamo determinare essere stata anteriore al VI secolo av. G. G.
Tomba II. Tiimolo del /ìgulo.
Non erano interamente compiute le ricerche nella tomba a circolo di pietre a
sinistra della via Emilia, che posi mano ad uno dei tumoli al lato opposto di detta
strada, incominciando da quello propriamente situato sull'argine di essa e un poco
da questa manomesso. Su questo io riponeva lo maggiori speranze quantunque, come ho
già accennato, conservasse una fossa profonda alla sua cima, che indicava per lo meno
un tentativo fatto per violarlo.
Questo tumolo era alto m. 4,80 ed avea il diametro di m. 10. Diboscato da
poco tempo, conservava tuttora i ceppi e le radiche delle grosse piante che vi ave-
vano vegetato al di sopra, per le quali il lavoro riusci lungo e faticoso.
Ne fu incominciata la esplorazione il 21 aprile con un taglio, a poca distanza
dalla sua base, diretto orizzontalmente al centro: ma all'ondato che fu lo scavo per
circa due metri, e costatato che il nucleo del tumolo era costituito di schiette pietre,
fu necessità di seguirne l'andamento.
Nel giorno successivo, a in. l,ln dalla superficie, a nord del tumolo, comparve,
deposto nella nuda terra, un gruppo di rozzi balsamari di varie dimensioni, di tipo
comune, ma più arrotondati e ingrossati inferiormente, alcuni dei quali erano decorati
sul collo di linee a colore disposte a raggio. Questi balsamari erano in numero di sei
senza altro oggetto.
E nel giorno 'Ih, arrivati a m. 2.50 dal centro, venne a scoprirsi a sud-ovest del
tumolo, a soli cent. 1.5 dalla superficie, intricato fra le radiche delle piante, un de-
posito funebre singolarissimo e di eccezionale importanza.
Comparso questo deposito contemporaneamente su due punti con una distanza fra
loro di circa m. l,2u, credetti in principio che fossero due gruppi distinti, ma. ri-
mosso con molta circospezione lo strato della terra sovrastante, ritrovai che era un
solo ripostiglio, posato sopra un piano orizzontale, di circa m. 2, nella nuda terra del
tumolo, senza segno alcuno di difesa, né di muro, né di pietre per ritto. Noterò anzi
che a differenza delle altre tombe tinto di umazione che di cremazione visitate sul
poggio, ad eccezione della tomba del Duce e di Val di Campo, nemmeno si notarono
i soliti sassi di lapidazione, e come in queste la suppellettile sepolcrale era ricoperta
di schietta terra: onde quasi tutti gli oggetti eransi conservati in buono stato, e
quelli levati in pezzi non sono cos'i frantumati da non potere essere ricomposti.
È dunque certo che il materiale funebre di questa tomba si volle conservato come
nei due sepolcri surricordati, mentre che in tutte le altre si volle lapidato e distrutto.
Kifiettendo ora che le tombe fin ad oggi scoperte, con la suppellettile funebre lapidata,
erano tutte di donna, mentre quelle del Duce e di Val di Campo erano, come questa
REGIONE VH. — 345 — VETUI.ONIA
delle Migliarine certamente di maschi, mi nasce il dubbio che l'uso della lapidazione
fosse limitato alle tombe di donna ove erano ricchi monili, i quali non dovevano tor-
nare ad essere adoperati per l'uso dulia vita.
Dissi siìi del rito della lapidazione ('); ma non "avevo ancora notato che esso si
limitava alle tombe di donna. Né ciò deve sorprendere ove si pensi che certe osservazioni
quando sono conseguenza di fatti strani che compariscono per la prima volta (come ad
esempio' è accaduto dei ripostigli stranieri del poggio alla Guardia e della presenza della
sola corona dei denti in quegli e in altri depositi senza altre ossa né uniate né cremate,
non che dell'uso stesso della lapidazione) non danno subito luogo a particolare atten-
zione; ma, tornati quei fatti più volte a manifestarsi, doventano soggetto di studio.
E tale studio mi propongo di dedicare d'ora innanzi ai sepolcri di donna per appu-
rare il dubbio cui ho sopra accennato, come ho fatto dei ripostigli stranieri e degli
usi e costumi ivi riscontrati, i quali oggi sono doventati fatti evidentissimi e meri-
tevoli di tutta l'attenzione degli scienziati.
Scoperto il prezioso deposito del nostro tumolo, la prima idea che mi venne
alla mente fu di nettare e isolare dalla terra ogni singolo oggetto senza rimuoverlo
dalla sua giacitura, per farne la fotografìa e quindi tentarne la remozione e l'incas-
samento in blocco da inviarsi al Museo Vetuloniese; ma richiedendo tale operazione
un tempo lungo a causa specialmente delle radiche delle piante, e non convenendo
di lasciare in aperta campagna sopra una strada pubblica un sì prezioso ripostiglio,
mi decisi di asportarne tutti gli oggetti.
A. Fittili. — Essi consistevano in balsamarì in gran numero, che si distinguono
per la varietà e per la singolarità delle loro forme, principale caratteristica del nostro
sepolcro, aggiustati con molta cura attorno a due vasi di bronzo ripieni di ossa combuste,
con qualche altro oggetto di bronzo e di ferro. Non oro, né argento, né altri degli
oggetti preziosi levati dalla tomba precedente.
Non posso precisare il numero di questi fittili, perché non pochi, levati in pezzi
e riuniti in un medesimo involto, non sono stati per anco ricomposti ; e nel descri-
vere quelli levati interi mi atterrò ai tipi più importanti, e ne unirò il disegno
inviatomi dalla Direzione del Museo Ai-cheologico di Firenze, ove il bravo restauratore
sig. Pietro Zei attende ora a ricomporre il rimanente.
1. Balsamario in forma di lepre morta, sgozzata e gonfiata, con la testa cadente e
rovesciata sul dorso, e gli arti distesi nella posizione che ognuno può facilmente imma-
ginare pensando di vedere quell'animale attaccato a un chiodo di una parete, o so-
speso per le estremità anteriori. Nel punto jiiù alto, ove il collo sgozzato si rovescia
con la testa sulla schiena, è la bocca cilindrica e poco sporgente del vaso (tìg. 10).
In altri esemplari le estremità anteriori invece di essere intirizzite e distese,
sono leggermente ripiegate in alto, e vanno a terminare e quasi a sostenere gli orli
del beccuccio (fig. 11).
Sono in numero di 8 o 10 di questa specie e variano per le dimensioni da 17
a 21 cent, di lunghezza: onde non furono ottenuti con uno stampo sopra una medesima
(') Vetulonia e In sua necropoli antichissima ]k 68, 9.5.
VKTU1.0N1A
;i4(i —
REGIONE VII.
fomia, lua ognuno con la mano dullo scultore che a questo genero di tiguliue in modo
speciale si era dedicato. Mancano atVatto di vernice, e il loro impasto, come di quasi
tutti gli altri bal.-amari, è costituito di terra Éìnissima di color giallognolo con ten-
denza al rosso ; la quale, ridotta sul posto quasi allo stato di mota, è tornata a gua-
dagnare la durezza della terra cotta appena asciugatoi.
KlG. 10 2:7
r:G 11. 2:7
2. Altro balsamario a testa di cavallo, riprodotta alla perfezione, vestita dei suoi
finimenti tinti di color nero o almeno della sua cavezza di striscio di cuoio, con criniera
e parte del collo tagliato alla sua metà, la cui sezione di taglio costituisce la base
del balsamario. Fa da ciuffo, sulla parte più alta della testa, la bocca del vaso, co-
stituita da un collo ben corto cilindrico sormontato da uno scudetto sferico orizzon-
tale bucato (fìg. 12). Altra testa simile più grande, ma assai trascurata e mancante
di tinimenti.
à. Altro in forma forma di cervietta accueciata con le estremità ripiegate sotto il
corpo, sulle quali riposa in attenzione e quasi vicina a slanciarsi. Il collo perpendicolare.
l'iG 1.'. 1:4
Ilo. l:'.. 2:5
bucato, costituisce la bocca del balsamario, nel quale entra, mediante un pernio, la testa
mobile orecchiuta dell'animale, che serve di tappo all'unguentario medesimo (lig. l;i).
È di rozza fattura e non offre di particolare che la originalità del soggetto.
4. Altro in forma di lepre, pure accueciata come la cervietta, con le orecchie
ripiegate e strotto alla groppa. In corrispondenza della fronte è un buco che
costituisce la bocca del balsamario, e sotto le orecchie è altro buco passante.
REGIONE VII.
— 347 -
VETUI.ONIA
destinato forse a tenere una cordicella per appenderlo (fig. 14). Anche questo è di rozza
fattura e appena riconoscibile.
5. Altro in fnrai;i di un' oca o di un'anatra posata sui piedi, a collo alto e ricurvo,
la cui testa, non più ritrovata e forse smarrita nell'involto, terminava a bocca
aperta (fig. 15).
Via 1 t. 1:2
Fio. 15. 1:3
rio. iG.
Altro simile più rozzo ancora e parimente mancante della testa non otfre di
singolare che la sua posa assai bea rappresentata.
6. Altro in forma di organi genitali di fanciullo ; scroto attaccato al pube buc:(to
per appendersi, col pene eretto, il cui glande, tagliato orizzontalmente, è bucato fa
da bocca all'unguentario (tìg. 16).
Fig. 17 1:2
Fio. 18 1:2
7. In forma di sfìnge, di tipo egiziano a faccia umana imberbe che riposa
sulle estremità ripiegate sotto al corpo, con lunga coda ripiegata e avvolta sopra la
natica sinistra, coperta di vello, sulla cui testa è la bocca del vaso (fig. 17).
8. Altro in forma di stivale, che conserva fino a metà del gambale i graffi obliqui
e intrecciati di una affibbiatura (fig. 18).
Altro simile ma più rozzo non porta segno alcuno di graflitura, ed è di impasto
più scuro, imbevuto forse del succo di radiche marcite in sua vicinanza.
9. Altro in forma di elmo che riposa sul suo orlo inferiore. L'elmo è verniciato
di nero e ripete la forma del capo, con cresta sulla sommità che fa da bocca al
balsamario. La visiera alzata porta scolpita una palmetta, e lascia vedere una
faccia umana imberbe in esso racchiusa, nascosta fra i guanciali dell'elmo, con occhi
ciglia e bocca tinti di nero sul fondo rossastro naturalo del fìttile, di esecuzione
stupenda (tìg. 19).
Ci.AssH ur sciKNZH MORALI ccc. — Mkmohif, - - Voi. II, Serie ,^°, parte 2" 44
VETCLONIA
— 348 —
REGIONE VII.
10. Altro in forma di doana nuda inginocchiata, che posa sulla punta dei piedi o
sui ginocchi, con le braccia ripiegale sui gomiti e portate in alto in atto di preghiera,
con le mani riunite sul seno per il dorso dello dita forzatamente chiuso a pugno, meno
i diti pollici tesi in alto a guisa di corna. Dalla testa scendono i capelli sciolti,
so pure non è un velo che scendo dal capo, sul cui vertice è lapertura circolare del
vasetto formata da un semplice buco (fig. 20).
Questa figuni di ccoezinnale importanza era così ridotta allo stato molle al
momento in cui fu ritnivata. che a stento potei strigarla dalle barbe vegetali capil-
lari che la cingevano e levarla dal posto senza lasciarvi le impronta della dita. Asciu-
gata ha preso un colore tendente al mattono e una consistenza come di terra non cotta,
per cui ha perduto, nella faccia specialmente, la regolariti'i dei suoi lineamenti.
Nonostante non è chi non veda in questa figura una natu-
ralezza e un insieme di linee e di proporzioni da dover definire
per un genio il tìgulo che la modellò : genio strano e singolare, che
avea la passione di imitare alla perfezione tutto ciò che più
feriva la sua fantasia, e che forse è colui stesso sepolto nel tu-
molo delle Jligliarine. a cui omaggio vennero dai superstiti de-
positati attorno alle sue ossa combuste i migliori saggi dell'arte
sua, insieme forse allo strumento del suo mestiere, come fra
poco dirò.
Queste ceramiche, in gran parte nuove per TEtruria, ma non
nuove per lOriente, di un pregio inestimabile per la cronologia
e la storia dell'arte non meno che per l'etnologia, mi auguro
che saranno soggetto di studi accurati. In questa liducia ri-
chiamo l'attenzione degli scienziati sulla comparsa in una me-
desima tomba di queste figuline, di genere tanto diverso, che
sembrano uscite da una medesima mano, e in modo particolare
sull'atteggiamento che hanno le mani della figura di donna in ginocchio teste de-
scritta, con le dita chiuse a pugno meno i diti pollici stesi in alto, precisamente
come una delle sculture in sassofetido ritrovate nell'ipogeo della Pietrera {').
11. Balsamario in forma di bottiglia allungata senza piede (alabastron) alto più
che 30 cent., a pareti molto grosso, bucato e vuotato dopo modellato, di terra più
fino ancora e più giallastra di quella degli altri fittili, che all'atto del ritrovamento
avea l'apparenza dell'avorio infracidato per gli anni, tornata poi duri.'isima all'aria li-
bera (fig. -21). Era spalmato di unoere color ruggine, ora in gran parte mancante,
decorato di grafiiti di cui pochi avanzi sono rimasti sulla superficie del balsamario,
ma che nonostante fanno ritenere essere stati interessantissimi e forse a figura.
Altro esemplare ripeto la stessa forma senza graniture; e altri ancora in buon
numero, ugualmente a bottiglia, a base rotonda e rigonfia, sono lavorati a tortiglione
con solcature marcate spiraliformi, le quali hanno favorito la rottura di tutti, in modo
però, da lasciare speranze di poterli restaurare.
Fio 20. ]:■>
(') .Votine IS'Ja, i>. .MI.
REGIONE VII.
— 349 —
VKTULOXIA
s-^l
12. Balsamario in forma di una palla (aryballos), simile ad altri ritrovati nelle
tombe di Vetulonia, e segnatamente nel tumolo di cremazione di Val di Campo (')
ugualmente situato nel padule di Castiglion della Pescaia sotto al Poggio di "Vetu-
lonia, a forse m. 4 sul livello del mare (%. 22).
Sono in numero di 8 o lu, di varie dimen.sioui, alcuni dei quali con
qualche avanzo di graffitura e fors' anco di una decorazione a colore
sul corpo.
B. Bronci. — 1. Due ciotole liscie con due manichetti orizzon-
tali sugli orli.
2. Due oinoclioai, alte e di forma elegante, con bocca a foglia
d'ellera, e manico pesante che si solleva perpendicolarmente, per ri-
piegarsi poi ad ansa e attaccarsi sul corpo con una palraetta in bas-
sorilievo.
3. Una grattugia frammentata.
1 § 4. Grande bacinella liscia, piena colma di ossa combuste.
\^ 5. Cassa di bronzo anch'essa tutta piena di ossa bruciate di forma
quadra, liscia con coperchio a scatola lunga cent. 30, larga cent. 8,
FiG. 21. 1 :c alta cent. 12. È posata su quattro piedi, che sono il prolungamento della
stessa lamina di cui si compone tutta la cassa. Sulle ossa non esisteva
altro oggetto che quello di cui vengo a dire.
6. Piccolo arnese con manichetto rotondo ed allungato cui la seguito una piccola
lama lunga quanto il manico, che termina in un tagliente orizzontale a scalpello,
leggermente convesso da un lato, pianeggiante dall'altro e
graffito a raspa (fìg. 23).
7. Due piccole fibule a globetti, una delle quali ben con-
servata.
Tutti questi oggetti di bronzo erano situati al centro del
deposito funebre, posati uno presso l'altro, eccettuato il pic-
colo arnese ora ricordato di bronzo, situato sulle ossa del ci-
nerario a scatola, il quale era forse lo strumento di cui il
figulo stesso ivi sepolto si era servito per modellare sulla terra
allo stato di mota gli oggetti che più avea ritenuto lueritevoli
di essere riprodotti ; alcuni dei quali Jovea aver veduti in ben lontani paesi, e altri
imitati sull'originale dinanzi ai suoi occhi a Vetulonia.
In mezzo al deposito funebre erano pm-e degli oggetti di ferro, ma questi in
scarsissima quantità, e consistevano in una lancia, in una spada o in un'accetta, ri-
dotti in pessimo stato.
Rimossa tutta questa suppellettile sepolcrale, e continuato lo scavo verso il centro
del tmuolo, venne a scoprirsi, come nella tomba a circolo precedente, un cono di
sassoforte anche esso collocato sui fianchi, identico per la forma a tutti quelli com-
parsi nella tomba ora ricordata e nei circoli e nei tumoli del poggio, tanto in se-
Fio 22. 1 : 2
(') r. Falchi, Vetulonia ecc. pag. 108, tav. XVIII. 13.
VBTULONIA — 35U — REGIONE VII.
polcri di umazione che di cremazionf. Fu inviato a Firenze, ed og^ vedesi esposto
nel Museo Vetuloniese.
Terminata la esplorazione di questo tumolo fu, posto mano all'altro che gli stara
quasi accosto, conformato nello stesso modo o con le medesime dimensioni, e sola-
Fio 2.1. i : i
■nente un poco più spianato sulla sommità ; ma, nonostante molto lavoro e le più
.scrupolose ricerche, non ne risultarono che le prove certe di un'antica esplorazione,
praticata con una fossa profonda che per appunto deve esser caduta sul deposito
funebre.
Tombe di Franchclta.
Esplorati anche tre sepolcri alle Jligliarine a forte distanza dal centro della ne-
cropoli di Vetulouia, e riscontrato che anche in questi si mantiene quel carattere di
grande antichità che è proprio di tutte le sue tombe, mi venne vaghezza di vi-sitare
altri sepolcri vicinissimi al tumolo della Pietrera, sui quali già da molto tempo
avevo fissato la mia attenzione, quantunque convinto che anch' essi non potevano es-
sere sfuggiti ad un'antica esplorazione.
Il Poggio della Pietrera è limitato a sud da una valle stretta e profonda che
dicesi di Franchetta, sulla quale si rialza dal lato opposto una costola assai più bassa
della Pietrera, continuazione del Poggio alle Birbe ('), spiovente sugli Acquastrini (')
e sulla Sagrona, che è la parte più ricca di tombe a circolo.
Sul crinale di detta costola erano visibilissimi alcuni rigonfiamenti regolari del
terreno, uno accanto all'altro, disposti in linea retta, i quali andavano sempre più
ingrandendosi dal basso all'alto per terminare in un vero e proprio tumolo di non
piccola mole.
Primo sepolcro di Franchella. Tali scavi, affidati alla continua vigilanza delle
due guardie degli scavi Eboli Salvatore e Liberato Miele furono incominciati con la
esplorazione della più piccola e quasi insensibile sporgenza di terreno in basso; e
non erano passate che poche ore di lavoro che venne allo scoperto un circolo a muro,
formato di pietre sovrammesse senza cemento; entro il qual circolo erano diverse
tombe a umazione, giù da antico tempo rovistate, disposte ad alveare una accanto
all'altra, divise da grandi lastroni per ritto e ricoperte da altri lastroni simili ritrovati
in pezzi.
<■) I. Falchi, Vetuloma e la sua necropoli antichitiima, tav. I. L.
(«) Op. cit., Ut. I. 8.
REGIONE VII. — 3ól —
VETULONIA
Potei raccogliere diversi frammenti di vasi di bucchero lisci, anche qui col
piede a cono come ma circoli di piede; un alabastron intatto, di alabastro, che per
la grana non rassomiglia punto all'alabastro nostrale; tre bulsamari fittili a corpo tondo
di colore giallognulo, in tutto simili a quelli della tomba del figulo; una tazza ele-
gante a piede piatto della stessa terra dei balsamaii; rottami di altro vaso, forse di
forma singolai-e, che non riuscii a distinguere; diversi spilli di bronzo con capocchia;
frammenti di una fibula d'argento e di una di bronzo; un coltello in ferro e altro
arnese di egual metallo che è forse un puntale di lancia.
Secondo sepolcro di Franchetta. Anziché da pietre a muro era questo circondato
da grandi lastre bianche e accostate di sassovivo come in tutti i circoli, fitte a molta
profondità nel terreno vergine. Misurato a livello di queste lastre aveva un'altezza di
m. 4, ridotta poi a m. 1,80 sul piano del sepolcro, con in. 18 di diametro. Kra da
molto tempo ridotto a cultura e traversato dall'aratro, ma conservava sempre una
certa regolarità nella sua forma esteriore.
Penetrati gli scavi per circa m. 3 nell'interno del circolo senza mai abbando-
nare il terreno vergine, non incontrai che qualche frantume di ferro appartenuto a
un cerchione da ruote; ma continuati verso il centro, venne a scoprirsi una gran buca
ripiena in parte di sassi schietti, in parte da sassi e terra, nella quale si affondava
un cerchione di ferro addos;<ato al ciglio nord di quella medesima buca.
Noto in modo particolare che fra le pietre di riempitura si trovarono grossi pezzi
di bozze lavorate di sassoforte in forma di cuneo, leggermente scavate in tondo sul
lato largo, simili a quelle avanzate alla rovina della volta nell'ipogeo della Pic-
trera ('), perciò indubbiamente cadute da quel ripido poggio nella valle di Franchetta,
e poi raccolte e portate alla riempitura della buca in discorso ; onde il sepolcro, cui
appartenevano è posteriore alla costruzione del tumolo della Pietrera e alla riedifi-
cazione del suo ipogeo.
La buca, quadra in pianta, era lunga m. 4, larga m. 2, alta m. 2,30, e nel
suo fondo, sopra un piano durissimo, trovai con mia sorpresa, distesi sul dorso, ma
non interi, due scheletri quasi uno all'altro accosti col capo a est a valle, ambedue
di età molto avanzata, per quanto potessi desumerlo dallo stato di consumazione dei
denti e dallo spessore delle pareti del cranio. Di fuori e superiormente ad ambedue
le teste posava la meravigliosa accetta di bronzo in perfetto stato di conservazione
di cui qui riporto il disegno (tìg. 24).
Si compone di una lama forte e robusta da lavoro, lunga cent. 18, con ta-
gliente tuttora affilato, largo cent. 8, della stessa forma delle accette di ferro anch'oggi
in uso, meno l'occhietto. Le sue orecchiette sull'estremo opposto al taglio, si prolun-
gano per cent. 8 e vanno a aderirsi, mediante due prolungamenti per ciascun lato, ad
un manico rotondo e molto pesante di ferro. Questo è ricoperto da forte lamina di bronzo,
ed è posto ad angolo acuto con la lama ; la qual lamina, dopo una lunghezza di cent. 28,
termina in un cartoccio rafforzato, sull'orlo, dalla ripiegatura della stessa lamina. Nel
cartoccio entra un'asta rotonda di legno duro, in parte conservata, assicurata con chiodi
(') V. a pag. 339.
VETULONIA
3Ò2 —
RBOIONK VII.
^r'
jiassanti e ribaditi, lunga precisamente m. 1, munita di elegante ghiera all'estremità op-
posta. E uu oggetto di grandissimo pregio, tanto per la sua conservazione da permettere
ancheggi di servircene senza tema di romperlo, quanto per farci assiouniti dol modo
col quale le accette di bronzo o paalstab degli antichi, di questa forma senza occhio
0 fessura, erano assicurate al manico, e adoprate. Ma la nostra è forse un'accetta
sacerdotale che non doveva aver mai servito, né essere mai
rimasta senza il suo fodero di bronzo o di cuoio ; da cui la
sua perfetta integrità.
Presso la detta accetta e di fuori alla testa dello sche-
letro di sinistra era un incensiere di bronzo (tig. 25), simile in
tutto ad altii ritrovati nei circoli di pietre e segnatamente a
quello levalo dalla tomba dol Duce (') e da uno dei circoli
delle Pellicce (■'). La catena è formata come in quelli, di pid
ordini di colonnette di bronzo che si articolano coi loro oc-
chietti, e girano entro assi orizzontali, uno dei quali, al-
l'estremo superiore sostiene un manubrio grave ad anello. Ma
in questa catena l'asse inferiore è sostenuto dalle inani e
dalle braccia, portate in alto, di una figma umana nuda,
tagliata a metà del petto e fermata su quattro petali cadenti.
Questi petali escono da un boccio, da cui inferiormente parte
un pernio destinato a rimaner fissato al coperchio dell'incen-
siere a cono fenestrato; coperchio e incensiere, ritrovati in-
sieme, simili a quelli delle tombe surricordate.
Accanto all'incensiere posava un elmo conico liscio ri-
dotto in pessimo stato. Sul petto del medesimo scheletro di
sinistra stavano diverse fibule di bronzo, frantumate, coperte
di foglia d'oro, e altre a corpo di ambra, anche queste in
frammenti.
Lateralmente alla testa dello scheletro di destra erano
due piccole spirali d'oro liscie, un balsamario di forma comune
e due piccole fusaruole.
Tutto il restante della buca centrale era stato da tempo
remotissimo rovistato mediante una fossa a tutta profondità,
che avea tagliato gli scheletri a metà del petto, conservandoci
cos'i tutti gli oggetti che erano stati deposti presso la testa
dei defunti.
Fio. 21. l:7
Teno sepolcro di Franchetla.
Era i)oco più grande del precedente e come quello limitato da un circolo di pietre
per ritto accostate fra loro e un poco inclinate in fuori.
Conteneva ugualmente una buca centrale, già anch' essa anticamente esplorata.
(') I. Falchi, Veliilonia e la lua necropoli, V- ^^-- <»*'• ^'- ^-
(«} Op. cit. pax 171, tttv. XV. 21.
REGIONE VII.
— 353 —
VETOLONIA
nella quale erano avanzi di uno scheletro, senz' alti-i oggetti che quattro ciotole liscie
di robusta lamina di bronzo, ben conservate, un balsiuiiario fittile di forma comune,
qualche ambra frammentata e un morso ossidato, di ferro, da cavalli.
Sull'orlo di detta buca, a sud, era
stato deposto un gruppo di oggetti di
bronzo e di cocci, fra i quali potei
riconoscere soltanto una lamina bucata,
che era forse l'avanzo di una grattugia.
E dal lato opposto, a nord, presso l'orlo
della medesima buca, stava altro de-
posito, posato sulla nuda terra, costi-
tuito da diversi vasi di bucchero fram-
mentati col piede a cono, del solito
tipo di quelli comuni a tutti i circoli
di pietre ; da altra catena da incensiere
simile a quella precedentemente de-
scritta del secondo sepolcro, anch' essa
ben conservata, ma senza la figura
umana a sostegno dell'ultimo asse della
catena; e da una fermezza d'argento
frammentata ricoperta di lamina d'oro.
Quarto sepolcro di Fraiichetta.
Mentre gli altri tre sepolcri di
cui ho detto sopra erano soltanto un
poco rigonfi in modo da permettere
all'aratro di passarvi comodamente al
di sopra pei lavori campestri, il quarto
era un vero e proprio tumolo pronun-
ziato e raccolto come il tumolo àA
figulo alle Migliarino, alto m. 4,80 con
una circonferenza di circa m. 4u, limi-
tato da un muro di pietre per piano,
in qualclie punto conservato, che faceva
da terrazza al poggetto.
Img. 2C. 1:3 Per quanto sapessi che i tumoli
in generale hanno tutti provato l'azione
di un'antica esplorazione, non nego che la regolarità, che questo presentava nella sua
forma esteriore, mi aveva fatto sperare un qualche interessante ritrovamento; ma
all'infuori di un oggetto preziosissimo per caso gettato nella cucumella, di cui ora
dirò, non lui oll'ei'to lino ad oggi niente di interessante.
11 tumolo era foniiato all'esterno da schietta terra, e nel centro da sassi gettati
VBTDLONIA — 354 — KEOIONE VII.
a caso, i quali ricoprivano una <4ran fo.ssa in quadro scavata molto profondamento
alla basìu del tuuiolo. Questa volta la buca era stata ^à visitata mediante un pozzo
larjjo sulla cima della cucunu'Ua ; e può darsi clic quella soddisfacesse all'avidità dei
ricercatori. Solami-nte pre.-so l'orlo della gran buca centrale, a ovest di questa, compar-
vero, deposti sulla nuda terra, diversi vasi di bucchero col piede a cono, grandi o
piccoli, che ripetono esattamente la forma di tutti gli altri usciti dai circoli di pietre,
i quali erano forse abbelliti di sfoglia d'oro ritrovata in quantità tra i frantumi di
quei medesimi tittili, e 1.') pallottole fenestrate di bronzo che forse avevano servito ad
uso di bottoni; tinalmente 13 campanelle pure di bronzo e pezzi di cerchioni di ruote.
Il tumolo per altro non fu interamente esplorato in riguardo di una grossa piantii
d'ulivo che prometteva un abbondante raccolto; e se in seguito si veritìcheranno im-
portanti ritrovamenti, tornerò a parlarne nella futura mia relazione.
L'oggetto interessantissimo cui ho sopra accennato fu rinvenuto al quarto giorno
di lavoro fra la terra e i sassi del tumolo, sotto due metri dalla superficie, e con-
siste in un frammento di statua al naturalo, simile ad altro comparso lo scorso anno
nel gran tumolo della Pietrera, ma di un pregio grandemente maggiore.
È una testa al naturale, con parte del collo e del petto, in
sassofetido, che ha di veramente eccezionale la particolarità di
essere sbozzata e condotta a un buon punto, e poi dallo scultore
abbandonata e gettata via per motivi a noi ignoti, ma che ci da-
remo cura di investigare (tìg. 26). Qualunque la ragione per cui non
fu rifinita, il suo pregio straordinario consiste appunto nell'essere
essa incompleta, e nel presentarci una scultura aiTestata ad un
primo periodo del suo svolgimento, che ci rivela il processo, ossia
la maniera usata per potere scorgere fino dai primi tratti, come
Fio. 26 1:13 nella penombra, l'immagine da riprodursi, non meno che per as-
sicurarsi della sua buona riuscita al confronto di un soggetto già
modellato o di una maschera che stava forse dinanzi agli occhi dello scultore; il
quale la esamina, la confronta e finalmente si decide ad abbandonarla. È questa l'im-
pressione che si riceve a un primo colpo d'occhio sulla nostra scultura ; ma la ragione
per cui rimase incompleta non è forse che ossa non corrispondesse all'ideale di chi
la scolpiva, ma ben altra come ora vedremo, per cui fu di necessità abbandonarla.
Questo|_monumento preziosissimo è parte di una scultura di donna, indubbiamente
destinata al vicino tumolo della Pietrera, lavorata a poca distanza a sud di questo,
jwi raccolta come un sasso qualiinciue e adoprata con tanti altri sassi a formare la
cucuuiella ivi presso situata di Franchetta. ove la mancanza di ogni altro frammento
e di ogni costruzione, non che le circostanze del ritrovamento escludono in modo certo
che ad essa appartenes.xe. D'altra parte la distanza di questo tumolo da altri di gran
mole esistenti nella necropoli di Vetulonia tolgono di mezzo anche il dubbio di altra
provenienza.
Da questo primo fatto si può intanto trarre la deduzione che la piccola ciicu-
mella di Franchetta è presso che contemporanea al tumolo della Pietrera, senza poter
dire con precisione se essa rimonti all'età del i>rimo ipogeo o al tempo della riedi-
REGIONE VII. — 355 — VETULONIA
ficaziono del secondo in quel medesimo tumolo (') costruiti. Solamente è a osservarsi
che il secondo sepolcro di Franchetta, di cui si è detto jioco fa, in cui sono apparse
le bozze a cuneo di sassoforte, è sicuramente posteriore alla rovina del primo ipogeo
della Pietrera; e dovendo ritenere questo secondo sepolcro posteriore ancora alla cu-
cumella di Franchetta, per trovarsi esso in una posizione più infelice ed in mezzo
ad altri sepolcri, si sarebbe indotti a ritenere quella cucumella, e quindi anche la
scultura in essa ritrovata, appartenuti piuttosto al tempo della costruzione del primo
ipogeo che all'etìi del secondo della Pietrera.
Ma ciò sia o non sia, di che meno importa, l'osservazione di cui più preme tener
conto si è che la scultura in esame ci richiama ad altra uscita nello scorso anno dal
tumolo della Pietrera (-), alla quale tanto a me sembra si rassomigli da farmi nascere
il dubbio che ambedue si riferiscano ad un medesimo soggetto, l'una incompiuta e
rifiutata, l'altra rifinita e collocata al posto cui era destinata. E infatti chi prenda in
esame comparativo le due sculture, riscontrerà facilmente che esse, oltre ad avere le
medesime proporzioni, rivelano un medesimo pensiero, un medesimo concetto e direi
quasi la medesima espressione. La faccia è ugualmente lunga e magra, uguale è il
movimento delle ciglia e la forma del mento, uguale e molto allungato l'angolo
mascellare; e con una stessa maniera scendono dal capo i capelli riuniti in grosse
trecce che passano dietro le orecchie, allargandole, per condursi sul nudo seno. Sola-
mente la scultura di Franchetta è semplicemente sbozzata, per cui le ciglia sono
appena marcate dall'arco ciliare sull'affossamento dell'orbita, e le protuberanze mediane
della gobba frontale, del naso e del mento, sono costituite da un solo rilievo rettilineo
longitudinale che si direbbe ottenuto con un sol tratto di uno strumento tagliente, e le
trecce dei capelli si veggono rappresentate informemente da due grossi cordoni ango-
losi che, spostando e allargando il padiglione già tracciato dalle orecchie, scendono
anch'essi in basso e in avanti sul petto.
Al momento in cui la figura fu abbandonata sembra^ che lo scultore attendesse
a svilupparne il seno, di cui una parte in alto è già scoperta e quasi rifinita, mentre
in basso rimane tuttora un rilievo rude globoso da doversi remuovere. È questo forse
il punto ove l'artista dette scoraggilo l'ultimo suo colpo di scalpello; ma attenta-
mente osservata questa nostra scultura nel suo insieme e nei suoi contorni a me sembra
scorgere dal lato sinistro, di fuori all'orecchio, un incavo che esteticamente disarmo-
nizza con le linee rigonfie terminali del lato opposto, a causa del quale la treccia
corrispondente è più dell'altra abbassata e schiacciata per entrare ugualmente dietro
il padiglione dell'orecchio. Sembrerebbe insomma che lo scultore si fosse adoprato a
riparare o a un difetto della pietra o a una sfaldatura verificatasi nel lavorare attorno
all'orecchio sinistro della sua figura, e che in principio abbia creduto di esservi riu-
scito, per cui si dette a svilupparne il petto; ma che poi, riscontrata la persistenza
di im difetto troppo sensibile al lato sinistro della testa, finisse col decidersi ad ab-
bandonarla, facendola ruzzolare nella valle sottostante al poggio, ove ora la sua stanza
(1) Notizie, 1803, \k 50'?. 508-
(2) Ib. p. 510, fig •!.
Ci.ASsK 1)1 sciKNZK MORALI ccc. — Mkmoiuk - • \ul. II, teorie 5', parte 2" 4-5
VBTDLONIA
— 35(j — REOIONE VII.
di lavoro, da dove poi fu levata e condotta nella formazione del vicino tumolo di
Franchetta. Può darsi che io non abbia indovinato la causa che indus^ie lo scultore a
ri<»ettaa' quella sua opera; in ogni modo questa scultura solamente sbozzata è sempre
un monumento interessantissimo per la storia dell'arto da preferirsi ad altro ritinito
e completo.
Con questa mia relazione non rimane compiuto il resoconto degli scavi praticati
sul poggio di Vetulouia nella primavera dell'anno 189;i, imperocché agli splendidi
resultati ottenuti con le e^plorazioni in quella stemiinata necropoli, dovrei unire la
desci-izione di quelli più splendidi ancora conseguiti sull'area della città di 'Vetulonia,
entro il cerchio delle sue portentose mura di cinta, e dire del disseppellimento di
una parte di quella stessa città, dei suoi muri avanzati ad un antichissimo incendio,
delle sue strade, dei suoi pozzi, dei tanti oggetti levati dalle sue rovine, delle mol-
tissime monete, in gran parte di Vetulonia, tolte alle sue macerie. Ma avendone il
prof. cav. Milani anticipata la notizia in due suoi rapporti, uno dei quali : Una
seconda Vetulonia, stampato come manoscritto e comunicato ai Lincei nel giugno 189a,
l'altro: Le ultime scoperte Veluloniesi a Colonna, letto nell'adunanza dei Lincei sotto
di 26 novembre successivo, verrò a parlarne nella relazione dei futuri scavi, i quali
spero mi sani concesso di continuare oltre che nella necropoli, anche sull'area dell'an-
tichissima cittìi. Frattanto verrò a dire di altri importanti ritrovamenti verificatisi
fuori degli scavi governativi sul poggio di Vetulonia nell'anno 1893.
Di altri importanti ritrovamenti sul poggio di Vetulonia.
Tre grandi mole. Nell'anno 1892, dopo sospesi gli scavi governativi nel tumolo
della Pietrera, il sig. Angiolo Guidi di Vetulonia, cui piace di frugare per proprio
conto nelle sue possessioni, venne a scoprire, in luogo detto la Leccetina entro il
cerchio delle mura urbane, lungo il braccio che conduce a Colonna, a sinistra di
questo scendendo, a forse m. 300 dall'arce di Vetulonia, grandi avanzi di antichissimi
fal)bricati sepolti sotto m. 1,50 dalla superficie. Di questi fabbricati non posso dare
alcune informazioni perchè erano .stati di mano in mano ricoperti o scomposti nel
procedere degli scavi ; solamente al cessare di questi rimase scoperta una stanza grande,
la quale nell'occasione di una mia gita a Vetulonia potei osservare, insieme a pochi
oggetti avanzati alla spedizione già fatta al Museo di Grosseto dal sig. Angiolo Guidi
di tuttociò che di più importante avea ritrovato in quella località e altrove.
La stanza non interamente esplorata era situata forse a m. 3 di distanza dalla
via che conduce a Colonna, la quale in quel punto è alta, e passa metri due al di
sopra dell'antico piano stradale etrusco; onde è dato congetturare che il suo ingresso
corrispondesse alla strada surricordata. Questa stanza era costituita da un vuoto quadro
di circa m. 1,.'J0 por lato, ed era limitata da muri a secco, alti in qualche punto
m. 1,80. Sul Iato est si conservava la bocca di im forno costituita da due pilastri per-
perdicolari di sassomorto, sormontati da un'arcliitrave della stessa pietra tagliato infe-
riormente ad arco. Nel profondo si conservava una terra di color rosso con molti avanzi
di enil)rici e di tegoli, e al di fuori dello scavo da ogni parte erano rottami in gran
REGIONE VII.
— 357 —
VETULONIA
quantità di vasi fittili, per lo più anfore alcune «grandissime, ma tutto liscie, di
ferri informi e di bronzi irriconoscibili. Seppi dal proprietario clie entro questo vano
erauo state ritrovate due macine in pezzi, una statuetta di bronzo, una calotta
pure di bronzo, e diverse moneto. La statuetta, del peso di circa 10 chilog., avea
subito l'azione del fuoco, por cui la testa specialmente e altre parli del coi-po avevano
cominciato a colare, e pare rappresentasse una figura virile coperta di pallio. La ca-
lotta grande e forte, ottenuta con la fusione, liscia nel suo interno, fu in principio
da me creduta una ciotola; ma attentamente osservata all'esterno ho dovuto con-
vincermi che quella che io credevo una decorazione a tiammelle, riproduceva invece
i capelli corti, divisi in gruppi appuntati e ondulati, disposti a raggio dal centro
verso l'orlo esterno; onde è certamente una calotta craniense destinata a coprire il
capo di una statua virile al naturale. Fra le monete alcune erano sestanti di Vetu-
lonia con la solita iscrizione'; del tipo delle due macine verrò a dire fra poco.
-;»*.i
Fio. 27.
Non mi trattengo più oltre a dire di questi e di altri oggetti ritrovati dal sig.
Angiolo Guidi, perchè in gran parte nemmeno da me veduti, e per darne informazioni
più esatte mi occorrebbe di fare una visita al museo di Grosseto.
Nella scorsa primavera, tornato il sig. Angiolo Guidi a rovistare nella sua Leccetiua
e a frugare nella stanza surricordata, incontrò altra mola in grossi pezzi, la quale
io potei ricomporre alla meglio e fotografare (fig. 27). Non posso dai-e le misure
esatte, perchè appena fatta la fotografia, fu quella mola inviata a Grosseto senza che
io avessi tempo di misurarla: ne riporterò bensì il disegno, tolto dalla mia foto-
grafia, eseguito dal sig. Guido Gatti di Firenze, sufficiente perchè ognuno possa averne
una chiara idea.
E alta circa m. 1,40 ed è formata di una roccia simile al granito orientale, la
quale per aver subito leggermente l'azione del fuoco è diventata leggiera e friabilis-
sima. Si costituisce di un cono posato sopra una gran vasca o piatto di terra cotta,
sormontato da una mole internamente bucata, la quale termina, superiormente, a
VKTULONIA — 358 — REGIONE VII.
conca per servirò da traniog^'ia, o iiiferiomiento in una specie di campana, che riposa
e si muovo sul cono surricordato. Fi-a la tramoggia e la campana è un sodo in forma
di grosso troppolo, alle cui estremità sono le fessure destinate a ricevere le leve o
stan^'he di legno e di fono, con le quali si imprimeva a tutta la mole un movimento
orizzontale di andirivieni sul cono tisso interiore, con che si compiva la macinazione
di ciò cho dal buco interno della tramoggia cadeva fra la campana e il cono ora
detto, fregando sulla sua superticie (')•
Meravigliosa fibula d'oro. Sui primi di luglio, mentre si stava segando il grano
in luogo dotto le Costiacce Bambagini, che fan parte del poggio alle Birbe (-) sul
poggio di Vetulonia precisamente a pochi metri a destra scendendo dalla via dei
sepolcri 0 del piano, in vicinanza di un circolo di pietre già da antico tempo esplo-
rato, sulla cui superticie furono ritrovate le due strane e curiose statuette (^), una di
donna nuda che tiene tìssa sul capo una doppia catenella di bronzo, l'altra virilo
itlfallica che tiene in mano le estremiti della detta catenella per cui la donna con-
duce l'uomo e questi guida la donna, un certo Ferdinando Lippi, nel sollevare da
terra il grano segato per legarlo col balso, cosi almeno si racconta, si senti impigliate
le dita in un oggetto metallico, che pulito dalla terra, fu riconosciuto per una
fibula d'oro.
Avuto avviso di questo ritrovamento e condottomi subito a Vetulonia. potei acqui-
stare quel prezioso cimelio per il museo Vetuloniese, ed eccone il disei,'no (tìg. 28).
FiG. 28. 2:'?
È mancante della staffa, che doveva esser lunga circa cent. 12 e pesante forse
quanto tutta la fìbula, perchè generalmente d'oro sodo, contuttociò il peso di questo
meraviglioso cimelio monta a grammi 15: è in forma di mignatta come quasi tutte
le libule d'oro, d'argento e di bronzo cho si rinvengono a Vetulonia e termina agli
estremi con un rigonfiamento solido a rocchetto, da cui esce da un lato la staffa,
dall'altro un grosso filo d'oro che dopo due volute a molla costituisce l'ardiglione
che è lungo cent. 16. Il suo corpo, leggermente ammaccato da una parte, è formato
(■) Il movimento di andirivieni, anziché rotatorio, per compire la macinazione, è dimostrato
diil fatto che tutte e tre le macine erano situate accoste alle pareti della stania, per cni non poteva
cfTettuarsi un movimento attorno alla macina.
(«) I. Falchi, Vetulonia ecc. Tuv. I. L.
(») Op. cit. tav. Xni, 33.
REGIONE VII. — 359 — VBTULONIA
da una sola robusta lamina d'oro battuta, i cui bordi sì sovrammettono e riman-
gono fissi sulla concavità della fibula.
Il pregio suo eccezionale sta tutto nella sua decorazione a pulviscolo finissimo,
i cui granellini, grossi quanto un granello di sabbia, appena si scorgono ad occhio
nudo. La quale decorazione ricopre intunimeute tutta la superficie della fibula, divisa
in due parti distinto da un meandro, pur esso di granitura, che va da un estremo al-
l'altro dèi monile passando per la sua maggiore convessità. Da un lato si veggono due
grandi sfingi che occupano quasi tutto il campo, le quali si guardano di fronte e si toc-
cano per una delle loro estremità anteriori portata in alto. Sono ambedue nello stesso
atteggiamento e ambedue a coda ritta e ripiegata ; ma una è a testa di cavallo a lungo
collo, quasi di giraffa, ed ha sulla groppa un quadrupede che è forse un cervo; l'altro
quadrupede gli sta di dietro, e altro ancora è situato fra le sue gambe posteriori allar-
gate: sotto la pancia è collocata una figura umana nuda forse itifallica col braccio
destro alzato e l'altro presso il fianco corrispondente. L'altra sfinge è a testa umana
ed è alata, con un tralcio sopra alla groppa e un quadrupede a bocca aperta dietro
le natiche e sotto la pancia. Fra le due sfingi si alza, nel centro della fibula, sulle
gambe di dietro, altro animale, che sembra un rettile, col collo e la testa piegata
verso la figura virile. Dall'altro lato sono ugualmente due sfingi nella stessa attitu-
dine, ma una sembra a testa di leone a bocca aperta, l'altra a testa di cavallo, ambedue
parimente con un quadrupede sulla groppa e altro sotto la pancia. Questa decorazione
a pulviscolo si estende anche agli ingrossamenti delle estremità della mignatta, ove
sono pure rilevati dei quadnipedi i quali sembrano in movimento. Tutti questi animali
hanno i piedi posati sulla concavità della fibula, onde la posizione naturale del mo-
nile è col corpo in alto e l'ardiglione in basso puntato a sinistra.
Coi futuri scavi mi propongo di fare attive ricerche per tentare di recuperare
la staffa e completare un cimelio di tanto pregio; ma dubito assai di riuscirvi, per
varie ragioni, di cui qui non è luogo parlare.
Monete ritrovate fuori degli scavi sul poggio di Vetulonia nel eorso del-
l'anno 1893. Le monete venute in luce sul poggio di Vetulonia solamente nell'anno 1893
sono : N. 3 didi-ammi d'argento a rovescio liscio del peso di grammi 8, nei quali è
da un lato impresso il gorgonio come nelle monete di Populonia; ma due di essi
ritrovati in un pozzo etrusco, in luogo feracissimo di ritrovamenti arcaici detto le Ban-
ditene entro l'area della città, si distinguono in modo particolare su quelli comuni
di Populonia. Il gorgonio è impresso tanto più profondamente (fig. 29) con zigomi stac-
cati dalle gote ; i suoi capelli non sono raccolti e cadenti a pioggia come nei didrammi
di Populonia. ma arruffati e piegati in alto ; nemmeno è diademato come generalmente
quelli della città surricordata, e come quello qui riprodotto (fig. 30) parimente trovato
a Vetulonia, ma ha sulla testa un segno non mai comparso in altri esemplari, e per
di più è orecchiuto.
Un quinario col Mercurio a sinistra e dietro il segno A o cinque, rovesciato,
del peso di grammi 2.
Due sesterzi pure a rovescio liscio, ambedue con testa di moro a destra e dietro
< 1 1 0 due e mezzo.
VETULONU — 300 — KKtJlONK VII.
Duo ODCo (li Vetulonia impresse da ambo i lati cou faccia a doòtra da uua, e
sotto la iscrizione VATL, dall'altra tridente e delliui rovesciati.
Diiiassetto sestanti di Vetulonia, non compresi quelli usciti da^'li scavi gover-
nativi nella città in numero di 7, ne altri in numero di 5 o ti ritrovati dai signori
Fratelli Guidi, coi soliti emblemi e la solita iscrizione.
Un'oncia di Cosa con testa olmata da un lato, e dietro protome di cavallo e
l'iscrizione : cossano.
FiG. 29. 1:1 Fio. 30. l:l
Un denaro romano coi dioscuri a cavallo e dietro Roma.
Un quinario pure romano.
Due assi romani assai pesanti per quanto consunti.
Due monete della Campania.
Uua moneta d'oro piccola dell'età costantiniana.
Quattro mouetn di bronzo bizantine, una delle quali, ben conservata, di Licinio.
Sei monete di bronzo irriconoscibili, una sola delle quali, forse cartaginese, lascia
vedere due spighe sopra una delle sue faccie.
Fu pure raccolta una moneta d'oro di Emanuele Filiberto.
Tutte questo monete da me acquistate, sono state raccolte sul poggio di Colonna
ad eccezione della moneta d'oro di Emanuele Filiberto, ritrovata da certo Fioronzoni
a qualche distanza lungo la via Emilia.
Questa abbondanza di monete, venute a scoprirsi nellauno 1893, è dovuta alle
dirotte pioggie dell'estate che ne hanno favorito il ritrovamento, e non meno alle mie
incessanti premure, perchè ninna sfuggisse alla collezione Votuloniese. Tre o quattro
nonostante sono passate nelle mani del sig. Grembialini di Massa Miirìttiina, castrino
molto stimato che fa frequenti gite a Vetulonia, da cui il prof. Milani comprava
nel maggio decorso, nella città stessa di Massa, alcune monete, fra le quali due sestanti
di Vetulonia.
I. F.M.CUl.
ROMA _ 361 — ROMA
VII. ROMA.
Nuove scoperte nella eitlà e nel suburbio.
Regione III. Nella escavazione per fondare il muro di facciata della nuova
fabbrica delle Religiose dette del Sangue sparso, in via di s. Giovanni, a m. 4,70
sotto la strada odierna, si è incontrato un tratto dell'antica via lastricata coi soliti poli-
goni di selce; ed alla maggiore profondità di m. 1,20 è stata messa allo scoperto la
volta di un'antica fogna, costruita in muratura.
Per i lavori di sistemazione della via Labicana, alla distanza di circa m. 100
dall'ingresso delle terme di Tito, ed a m. 8,55 dall'asse della strada, si sono trovati
avanzi di antiche costruzioni in opera laterizia. In uno di questi muri si apre una
porta larga m. 1,25 con arco a sesto ribassato.
In via Carlo Alberto, a piccola distanza dall'angolo sinistro della via di s. An-
tonio, è apparso, alla profondità di m. 4,50, un pozzo circolare scavato nel terreno
vergine, il quale ha il diametro di m. 0,70 ed è profondo m. 14.
Regione IV. Facendosi la nettezza al Foro romano, è stato trovato, presso il
tempio di Romulo, un frammento di lastra marmorea, alto m. 0,24 X 0,14, che conserva:
È stato pure raccolto un pezzo di fregio in terracotta, nel quale rimano la parte
superiore di una Vittoria alata, volta a sin., che col braccio destro levato in alto te-
neva forse una corona od altro simile emblema.
Regione V. Nel fondare un muro di recinto, in via Macchiavelli, presso il vil-
lino Giampietri, si è incontrato un avanzo di antica costruzione a mattoncini di tufo,
regolarmente squadrati ed uniti con un sottile strato di calcina.
Regione VI. In via Quattro Fontane, rinforzandosi le fondazioni del casamento
posto al n. 143, a m. 4 sotto il piano stradale e alla distanza di m. 3,40 dal ciglio
del marciapiede, è stato riconosciuto un tratto di antica strada romana, a grossi po-
ligoni di lava basaltina.
Regione IX. Un altro pavimento stradale si è incontrato nel cavo per costruire
la nuova fogna in via dei Falegnami. Trovasi a m. 4,10 di profondità dal suolo at-
tuale; e per tutta la lunghezza del cavo, dalla metà incirca della predetta via sino
alla piazza delle Tartarughe, l'antica strada corre nella stessa direzione della via
ROMA
— 362 —
BUMA
odierna. A circa va. 6 sotto quell'antico selciato, è stata scoperta una fogna, larga
ni. 0,85, alta lu. 1,55, costruita in muratura. Fra le terre è stato raccolto un pezzo
diU'anfrolo sinistro di un piccolo sarcofago marmoreo, alto m. 0,30. Vi rimano una
ligura virile in piedi, molto consunta: e sul fianco, la parte anteriore del solito gri-
fone alato.
Regione XI. Ricostruendosi un casamento in via di s. Teodoro u. 41, si è
raccolto nello sterro del cortile un pi'zzo di colonna di bigio, lungo m. 0,!iO, col dia-
metro di m. 0,07, ed una piccola anfora fittile, mancante delle anse, alta m. 0,47.
Regione XIII. Nel lato volto ad oriente del nuovo monastero dei Benedettini
sull'Aventino, facendosi un cavo per la collocazione di un altro parafulmine, alla pro-
fondità di m. 2,00 si è incontrato uu tratto di muro reticolato, lungo m. 1,80, ed un
altro di buon laterizio largo m. 0,05, per la lunghezza di m. 1,70.
Prati di Castello. Nel disfare i muri di fondamento dei bastioni moderni
dinanzi Castel s. Angelo, sono state messe allo scoperto parecchie grandi travi di
quercia e di pino, che formavano la palizzata su cui era stata costruita la testata
transtiberina dell'antico ponte Elio. Queste grosse travi sono larghe in media m. 0,50
e grosse m. 0,40. Hanno sopra un lato l'incastro a maschio e femmina, per essere
fortemente unite fra loro; ed all'esterno erano rivestite da grosse lamine di piombo,
alte m. 0.20.
Fra i materiali di fabbrica, che costituivano le suddette fondazioni, si è rinvenuto
un frammento marmoreo di Atti Arvalici, largo m. 0,20, alto m. 0,15, grosso m. 0,048.
Vi si legge :
, AVT EOMELIORE-'
RISASTTVEAITA F/
TVA\TIBIPROCONL
FRATRVMARVALIVA\'
AVRATOVOVEO ESSE F
aLX£ROPTIA\EA\A>
Spetta questo frammento alla invocazione solenne, con la quale il collegio ar-
valico al principio di ciascun anno faceva voti per la salute dell' imperatore. Oltre i
caratteri paleografici e la fonnola stessa del voto, propria degli atti più antichi, si
hanno qui due dati caratteristici, per i quali possiamo stabilire con sicurezza, che
il frammento deve .as-segnarsi all'impero di Claudio, e precisamente ad uno degli anni
fra il óO e il •>{ dell'era nostra.
ROMA — 363 — ROMA
In fatti è da notare in primo luogo, che questa parte degli Atti fu scritta so-
pra una tavola marmorea, elio ha dimensioni cosi ristrette, da non superare in lar-
ghezza i ventisei centimetri; onde ogni linea di scrittura contiene in media soltanto
20 lettere. In secondo luogo è da osservare, che mentre tutti i consimili voti o sacrifìci
fatti dagli Arvali sono espressi dal capo del sacerdozio fratrum Arvalium nomine^
nel nostro marmo è adoperata invece la formola equivalente: prò conlegio fratrum
Arvalium.
Queste due particolarità, che non s'inconti'ano in alcim' altra delle molte tavole
arvaliche superstiti, appariscono unicamente in quella che si riferisce ad uno degli
anni probabilmente compresi fra il 50 e il 54, e trovasi edita nel C. I. L. VI, 2035
e noìY Ephem. epigr. Vili, p. 326, n. 8. Questa è la sola tavola, che ha in ogni
linea circa 20 lettere di scrittura; ed in essa soltanto trovasi la formola prò con-
legio. Farmi quindi evidente, che agli atti del medesimo anno ed al principio della
stessa tavola, in cui sono registrati 1 sacritìcii del 23 e 24 settembre, appartenga anche
il frammento testé rinvenuto, che fa menzione dei voti annui, emessi il 3 gennaio
per la salute di Claudio. E poiché in quell'anno, come risulta dai sacrifici anzidetti,
era magisler del collegio L. Vitellio, si può ragionevolmente congetturare, che la con-
sueta relazione premessa al carme/i votorum fosse redatta in questa guisa ('):
a. d. Ili non. lanuar.
L. Vitellius magister prò conlegio fratrum Arvalium vota nuncupavit prò
salute Ti. Claudii Caesaris Aug. Germanici: victimis immolatis in Capi-
tolio, quae siiperioris anni magister voverat, persolvit et inproximum annum
nuncupavit^ praeeunte ,in eadem verba quae infra scripta sunt.
Seguiva poscia la formola della votiva promessa, di cui è parte il frammento
testé ritrovato. Tenuto conto del numero delle lettere da assegnare a ciascuna riga,
il testo può essere reintegrato nel modo che segue :
■luppiter optine maxime,
si Ti. Claudius Caesar Aug.
Germanicus, qicem me sentio
dicere j vivet domusq. eius
incolumis erit a. d. ITI non.
Jan. quae prò ximae p. R. Q. reip.
p. R. Q. erunt f aerini, et eum
diem eumque salvum serva-
veris ex periculis si qua
(') Cfr. C.I.L. VI, 2028: Hcnzeii, Ad. Arv. p. 95.
Ci.AssK DI sciKN» MOKALi ccc. — ìIkmorik Vi'l. II, Scrii' .">', parte 2'
ROMA — 364 — aoMA
sunt eruttive ante eum diem,
eventumque bonum, ita uti
Vìe senlìo dicere, dedcris
eumijue in co statu quo nunc
est aut eo lueliore servave-
ris, ast tu oa ita f&xsis,
tiini tibi prò couìegìo
fra tr uni Arvalium bove
aurato tovuo esse fularum.
Juppitev optime mai me,
quae in verta tibi bove
aurato vovi esse fulurum,
qiiod hoc die vovi, ast tu ea
ita faxsis. tum tibi donum
quod conlegium fratrum
Arvalium volet, p. .. attri
voveo esse futurum.
La seconda parte del voto, con la quale ali" immolazione del bove si aggiunge
anche la promessa di un donarlo, trovasi pure in un altro frammento spettante ad
uno degli stessi anni 50-54 {C. I. L. VI, 2034), che è stato reintegrato dal Mommsen
u(t\\' Ephm. epigr. IV, p. 226, cf. Vili, p. 327.
Il carme continuava, secondo il solito, ripetendo la stessa promessa votiva a
Giunone regina, a Minerva, alla Salute pubblica, ed anche probabilmente alla dea Dia
ed al divo Augusto, siccome trovasi negli atti dell'anno 38; e conchiudevasi la re-
lazione coi nomi dei fratelli Avvali che in conlegio adfuenint.
Dallo stesso luogo proviene un frammento marmoreo scolpito, di m. 0,15X0,10.
spettante all'angolo sinistro superiore di un piccolo sarcofago pro1)abilmente cristiano.
Della scultura piuttosto rozza rimane soltanto la parte superiore di un uomo bar-
bato e coperto di pileo, volto a d., con clamide allibbiata sulla spalla dritta, che
potrebbe essere uno dei Magi alla presenza del bambino Gesù.
Fu puro recuperata nella demolizione dei muri sopra indicati una parte d'umetta
cineraria quadrata (m. 0,26 X 0,16), che porta l'epigrafe:
d ^M • S
.;^vreliovalV//
ANO • VIXIT • KVilnos
XV M- VII- D <. . .
Via Flaminia. In occasione dei lavori por l'arginatura della riva sinistra del
Tevere, a valle del ponte Milvio, a non molta distanza dal ponto medesimo e sulla
ROMA — 365 — ROMA
sponda del fiume, sono stati riti-ovati fra le sabbie i seguenti oggetti. — Capi-
tello ionico, in tufo, alto ni. 0,18, del diametro di m. 0,27 al collarino: l'abaco è
di forma quadrata e misura m. 0,37 per lato. Frammento di fregio fittile di forma
trapezoidale, spettante alla estremità sinistra di un frontone. È largo m. 0,62 alla
base; e i due lati sono alti m. 0,70 e m. 0,61. Vi è egregiamente scolpito a tutto
rilievo un Genio alato, cbe cammina verso sin., volgendo alquanto la testa con ele-
gante movimento delia persona. Sostiene con la mano dritta la pesante clava di
Ercole, sulla quale è gittata la pelle di leone; la cui testa cade dietro le gambe
del Genielto, le zampe e la coda sul davanti. Altro avanzo di fregio rettangolare,
alto m. 0,30, lungo m. 0,44. Superiormente è terminato a punte decorate con pal-
mette, ed in basso è ornato da una larga greca. Vi è figurato ad alto rilievo, un
animale fantastico, di forma leonina, volto a dr., con otto mammelle sotto il ventre ;
le zampe posteriori e la coda terminano in volute ornamentali. Manca la testa.
Vari frammenti di altro fregio fittile, di dimensioni minori. In alcuni restano gli avanzi
di due bighe, che corrono una dopo l'altra verso dritta. Nella prima è una figura di
auriga con corta tunica e schinieri; nella seconda sta una donna vestita di lungo
chitone e manto, col braccio sinistro proteso. Di altri pezzi rimane la parte supe-
riore, ornata con ovoli, palmette e mascheroncini. Quattro pezzi di canali con ante-
fissa, uno dei quali quasi intiero è lungo m. 0,58. L'antefissa ha in basso una serie
di baccelli, e nel mezzo di essi una colonnina; sopra vi è un mascherone con fogliami.
Tanto queste antefisse che i frammenti di fregio sopra descritti, portano tracce di
policromia.
Via Salaria. Alla distanza di m. 56 dalla porta Salaria, verso nord, scavan-
dosi per la condottura del gas, si è scoperto l'angolo di un'antica stanza sepolcrale,
costruita in reticolato, e con avanzi dei soliti colombaria Si rinvenne fra la terra una
stele di marmo, terminata superiormente ar semicerchio, e forata nella parte inferiore
per innestarvi un'asse di legno che ne proteggesse l'infissioue nel suolo. È alta m. 0,445
e larga m. 0,207. Vi si legge:
D-M
TRYPEA^A
FECI COIVO
IS'VO-B-M
APRIOA^l
V-AiVIS-XXXX
Fu pure raccolta un'anfora di terracotta, rotta nell'orlo superiore.
Via T i b u r t i n a . I soliti movimenti di terra per le nuove sepolture al Campo
Verano hanno fatto recuperare : un piccolo balsamario di vetro ; uno stilo ed una tes-
sera di osso; un pezzo di antico condotto di piombo, anepigrafo; tre frammenti di
lastrina di smalto; una lucerna fittile, uionolicue, con ornati nel giro del piatto.
G. Gatti.
l'OUPEl
— 36G — REGIONE 1.
Hkoione I (LATIUM ET CA.UI'AXIAJ.
Vlir. POMPEI — Giornale dei lavori redatto dai Soprastanti.
1-4 seltuinbii'. Prosefruono gli scavi ad est della casa detta dol Laberinto. e con-
tinuano i lavori di restauro nella Uegiono VII, is. 1» ed is. 2'. Non avvennero
scoperte.
5 detto. Nello sterro della detta casa si rinvenne: — Bromo. Una fibula, lunga
m. 0.045, mancante deirardiglione.
6-10 detto. Non avvennero rinvenimenti.
1 1 detto. Nello sterro fu recuperato : — Dromo. Un asse di Domiziano, col tipo
della Victoria Augusti, nel rovescio.
12 detto. Non si ebbero scoperte.
Vò dotto. Nello scavo della menzionata casa si recuperò: — Bromo. Un asse di
Tiberio, di conio mal riuscito.
14-21 detto. Non avvennero scoperte.
22 detto. Nello scavo si rinvenne : — Bromo. Frazione di uu asso di Claudio,
con le sigle S • C • nel rovescio.
23-25 detto. Non avvennero scoperte.
26 detto. Fu trovato nella medesima località : — Bromo. Un piccolo piede umano,
munito di coturno, lungo m. 0,68.
27-30 detto. Non avvennero scoperte.
Koma 25 novembre 1894.
REGIONE XI. — 367 — AOSTA
NOVEMBRE
Regione XI (TRANSPADANA).
I. AOSTA — Di un'antica porta scoperta nel recinto romano di
Aosta e di un'iscrizione onoraria ad Augusto quivi riìivenuta.
La somiglianza della pianta di Aosta con quella degli accampamenti militari
romani doveva naturalmente far pensare che oltre alla ben nota porta praetoria ed
alla decumana, di cui esistono tuttora alcuni avanzi, doveva la città romana avere
anche le due porte a capo della via pn'ncipalis. E ciò tanto più che non appariva
naturale, che i coloni di Augusto non avessero sentito il bisogno di riservarsi facili
uscite dalle mura verso le campagne a sud e similmente verso le pendici a nord
della città, dove si trovano le più soleggiato e ridenti posizioni dei dintorni, nonché
verso le profonde valli Pellina e di Si. Remij, ricche di minerali e di legname e
percorse da » quella via alle Alpi per la quale i mercadanti solevano passare con
grande pericolo e pagando gravosi pedaggi ". Di questa via, al tempo di Giulio Ce-
sare, fu affidata la difesa a quel Sergio Galba, che fu poi sconfitto a Ottoduro.
Infatti, gli autori che scrissero intorno alle antichità di Aosta e della sua valle,
pensarono tutti alla probabilità dell'esistenza di dette porte ; ma non avendole tro-
vate, nonostante gli scandagli che uno di essi disse di aver fatti all'uopo, si venne
nella conclusione, non solo che dette porte non erano mai esistite, ma che vi era
una ragione perchè così fosse, essendo la città stata fabbricata in un tempo in cui
la strada verso la valle superiore del Kodauo ed il lago Lemano non aveva ancora
l'importanza che ebbe più tardi, cioè quando la Kezia venne occupata e furono creati
gli accampamenti del Reno.
Malgrado l'opinione di tanti studiosi non potei mai, per più ragioni, convincermi
di queste asserzioni. Una di dette ragioni era l'esistenza presso la torre medioevale
di Ikamafam, che avevo motivo di credere fabbricata su di una torre romana, di un
rudere sporgente infuori della cinta della città, che altro non mi pareva poter essere
se non i resti dell'altra torre, che accoppiata con quella doveva costituire la difesa
di una porta. Un altro dei motivi por cui supponevo l'esistenza della porta in quel
luogo, era che nel tratto di muro, evidentemente romano, e rivestito di pietre da
Classe di scibnzk morali ecc. — Memorie - Voi. II, Serie 5', parte 2» 17
AOSTA
— 3(58 — REOIONB XI.
taglio, che si vedeva tra la torre di Braraafam ed il rudero anzidetto, si poteva notare
la testata di una piccola fogna, accanto ad uno stipite di altra apertura che qualcuno
diceva di una grande cloaca e che a me, osservandola dall'alto del muro, dal quale
io la poteva scorgere, pareva piuttosto lo stipite della porta stessa.
In questi dubbi, profittando della presenza in Aosta di un nostro assistente,
presi, col suo aiuto, alcune misure, e mi convinsi maggiormente della giustezza della
mia supposizione. Indi, osservato con cura il lato interno di quella parte del muro del
castello medioevale di Bramafam, sottostante alla torre, ed avendo constatato le tracce
di un risvolto nella costruzione dell'epoca romana, non mi restò più alcun dubbio
sulla esistenza, lì presso, della porta prineijjalix dextra.
Restava a sapere quale l'importanza dei resii di detta porta, che le vicende della
città avevano risparmiato.
Feci perciò scavare un pozzo nel suolo dell' interno del castello, là ove avevo
riconosciuto i resti del risvolto del muro romano; e trovato subito, a pochi centimetri
al di sotto del suolo attuale, la parete di levante di una delle torri, volli, senza fare
crosso spese, accertarmi dei punti essenziali per stabilire la pianta esatta di tutta
la fabbrica.
Ordinai perciò lo scavo di tanti pozzi quanti dovevano essere gli angoli delle
torri che supposi, e che ebbi la soddisfazione di trovare al posto indicato, in buono
stato di conservazione, per l'altezza varia da m. 5 a m. 2,50, misurata dal suolo del-
l'epoca romana.
Erano tali torri costruite, come lo mura della cittiV a corsi regolari di selci di
torrente, dalla faccia spaccata, cementati con abbondante malta di calce e sabbia e
rivestiti, all'esterno, di bei pezzi di travertino, murati a corsi regolari.
Volli pure riconoscere gli stipiti dell'unica fauce di questa porta; e li trovai
con le loro scanalature per la cateratta ; e dietro ad uno di detti stipiti, vidi la pietra
su cui poggiava e girava il cardine inferiore di una delle imposte. E prima di tra-
lasciare il lavoro, volli pure riconoscere in qual modo si accedesse alle torri ; e trovai
le apposite porte, rivolte verso la città, e constatai che questa porta minore, cioè la
prìncipalis dextra, a differenza della j>rnetoria. non aveva cortile chiuso.
Durante gli scavi, che portarono a queste scoperte, si rinvennero innumerevoli resti
dell'età romana, cioè frammenti di tegoli, embrici, anfore e stucco dipinto, tutti og-
getti di demolizione, provenienti, probabilmente, dalla città.
Tra questi avanzi mi parvero specialmente interessanti per le nostro ricerche i
molti pezzi di travertino aventi una delle faccio scalpellate a curva, simili a quelli
con cui sono costruite le mezze colonne che decorano le pareti superiori del cortile
della porta pretoria; poiché da essi si può dedurre che anche la jwrta principalis
dextra avesse al di sopra del basamento finestre fiancheggiate da mezze colonne.
Uinvonni infino, in questa occasione, tra i mateiiali murari romani, con cui nel
medio evo venne chiusa la parte ba.ssa della porta romana, un grosso lastrone di pietra
arenaria, grigiastra, con iscrizione latina dedicata ad Augusto.
Dalla scoperta della porta principalis dextra emergo la quasi cortezza della
esistenza della simmetrica porta principnlix sinistra. Accertato che sarà questo fatto.
REGIONE XI.
— 369
AOSTA
parrai che non debba più porsi in dubbio che la via al Sommo Pennino partisse da
Aosta, salendo per le pendici dominanti la riva destra del Buthier, come fa l'attuale
strada e non, come taluno vuole, voltasse verso la riva sinistra del torrente, prima
di giungere al ponte pel quale entravasi nella città romana, dal lato di Eporedia.
A. d'Andkade.
L'epigrafe latina superiormente citata, è incisa sopra un masso di arenaria, alto
m. 0,92, largo m. 0,68, spesso m. 0,28. Fu da me copiata sull'originale, e dice :
IMP • CAESAL^a
Divi • TT A VG v""^"!"
OOS XI IMP v.r
TRIBVNICPOT/f
SALASSI- INCOL
QVI- INITIQSE
incolon/izonl:;
P A T R O N •
I margini sono intatti, salvo quello a destra di chi guarda, dove si notano varie
corrosioni. Nella superficie posteriore sono i resti di tre impiombature ; nella superiore
si trova il buco per lo strumento destinato ad aggrappare la lapide ed a sollevarla.
In generale vi ha una disposizione simmetrica delle linee, salvo nella terza, nella
quinta e forse anche nella seconda.
Aggiungerò alcune osservazioni.
Nel verso 1°, sulla fine, la pietra è sgretolata nel luogo che avrebbe dovuto es-
sere occupata dalle due ultime lettere della parola Caenc^rf\.
Nel verso 2° è una rottura, per la quale è scomparsa parte di alcune lettere.
Dell' A di Augusto non rimane che leggerissima traccia; le due ultimo lettere poi
non sono totalmente visibili ; supponendole entrambe, non esisterebbe più la posizione
simmetrica della linea.
Nel verso 3° si ha la simmetria soltanto in COS ■ XI • IMP ■ È probabile che il
numero della salutazione imperatoria sia stato aggiunto dopo; e ([uiiidi sia stato inciso in
carattere più piccolo, sicché vi apparisce solo una V seguita da una lineetta. Né vi
manca il posto per due altre, necessarie a formare il numero Vili. Ma non vi sarebbe
lo spazio per una quarta lineetta, sicché il numero Villi della salutazione imperatoria,
che pure si concilierebbe col numero XI del consolato di Augusto, è inammissibile.
AOSTA — 370 — REGIONE XI.
Nel verso 4* non apparisco alcun segno di numero dopo il POT. Volendo sup-
porre che noi tratto niancaute per rottura, fosso stato un numero, questo avrebbe do-
vuto essere in caratteri molto piccoli, incisi ad un certa distanza dal T, non in alto
uè in mozzo, ma in basso; il cho è assai improbabile per non dire impossibile. Ora
non potendosi ammettere che fosse stato inciso un numero dopo la tribunicia potestà,
ne viene la conseguenza che sia stata questa la prima, la quale ottenne Augusto
il 27 giugno del 7'M di Roma (23 av. Cr.). Ciò è in piena armonia col consolato XI
e con la Vili salutazione imperatoria. Quindi la lapide è da riportarsi al periodo tra
il 27 giugno del 731, ed il 17 giugno del 732.
Nel verso 7° dopo CON ci è lo spazio per una lettera; ma è impossibile di-
Bcernerne la menoma traccia per i guasti sofferti dalla pietra (').
Nel verso 8° si può esser certi clie non esistesse la O tinaie.
Fra i rottami di tegoli estratti dallo scavo della porta meridionale della cinta
romana di Aosta, fatto per cura dell" Uflicio regionale per la conservazione dei mo-
numenti del Piemonte e della Liguria, quattro recano avanzi di bolli.
1.
Nel primo si legge: C. Cas[^si]. Un tegolo col medesimo nome, scoperto ad
Aosta nel 1857, esisteva nella collezione già del canonico Gal, ora del vescovo mon-
signor Due {C. I. L., V, n. 8110, 402). Io non l'ho più trovato; quindi non posso
dire se il sigillo fosse perfettamente uguale in entrambi i tegoli. Il bollo col nome
C. Cassi, sui tegoli del Gran San Bernardo {Notizie, 1894, p. 40) è più piccolo di
quello ora scoperto ad Aosta.
Nel secondo rimane soltanto:
2. /4-n1^
Un altro uguale, mancante pure del principio, era già conosciuto {C. I. L., V,
n. 8110, 413).
Nuovi sono il terzo ed il quarto, dei quali non rimane che la fino :
3. |Ple |<l
4. ftCijlll
Può darsi che il terzo sia da completarsi in [5<7)]/)e; ma ha fonna diversa dal
bollo con questo nome, già occorso ad Aosta (C. /. L. V, n. Silo. 407 //, A), co-
munissimo al Gran San Bernardo {Nolizic, 1892, p. 444).
(•) Da nn csAmt che abbiamo fatto sul calco in gesso, io, il prof. Bormann ed il dott. Vaplieri
abbiamo creduto da principio riconoscere alla fine di questo verso COIT. Ma un nuovo esame pcr-
sooic noi tutti cho il taglio supcriore dell' N h accidentale. F. B.
I
REGIONE XI.
— 371 —
AOSTA
Molto abbondanti sono, fra i rottami di fittili, quelli di vasi con vernice rossa,
talora finissima, talora meno, ed in questo caso per lo più molto lucida e di color
vivo quali sono quelli che provengono dalle ofliciiie di Arrelììim. Parecchi hanno or-
namenti e figure in rilievo. Copiai i seguenti bolli :
n)
COMVNI
A///////N
in un fondo di coppa o di patera assai fina.
b) \l L I
In orma di piede impressa in un frammentino. Probabilmente è avanzo di Gelli, o
C. Gelli 0 L. Gelli, bolli ovvii nei vasi aretini (Gamurrini, Iscr. dei vasi aretini
p. 36 e Nottue, 1884, p. 369), e non rari nel Piemonte (cfr. Mem. dell' Acc. delle
sciense di Torino, serie II, t. XLI, p. 186).
e)
M-PER
cioè della famosa oflRcina di Marco Perennio (cfr. Gamurrini, o e. p. 51; Notizie 1884
p. 369).
d)
P RI
mVs
Con un ramoscello orizzontale tramezzante le due righe. Occorre in più fittili rinve-
nuti nella Narbonese (C. /. L. XII, n. 5686, 714) ed è il nome assai noto di un
figulo dell' officina Annia {Primus C Anni) in Arezzo.
e) (rasn)
Ras{i)n{ii), noto fra i sigilli aretini (Gamurrini, o. e, p. 31).
f) /ASCIj
Da compiere in [^M]asci o [of M]asci, col confronto di vasi di Ginevra e di Aosta
(Isère) (C, /. Z., XII, n. 5686, 557).
Appartengono a fabbriche probabilmente della Gallia i seguenti:
g) (severa of)
h) L-CYI
i) /SILLI
k) Jvrf)
Un collo di anfora ha impresso il sigillo :
MLIVI
Due lucerne di terra rossa offrono il comunissimo:
FORTIS
letto pure sopra un'altra lucerna di Aosta, ma di terra cenerognola, della raccola Gal
{C.I.L., V, n. 8114, 54 W.W.).
VERONA — 372 — RBQIONE X
Nei lavori compiuti nel 18!'l dallUtìicio per la conservazione dei monumenti
attorno alla torre romana conosciuta sotto il uomo di Pailleron, ai rinvenne un fondo
di coppa col bollo aretino :
(sabini f)
In altri scavi fatti, nel medesimo anno e nel seguente, alla porta pretoria si raccol-
due frammenti di tegoli coi nomi noti :
TMOLI
SEPPI
(C. I.L., V, n. 8I1U, 4u7, 408).
Un pezzo di tegolo con parte di sigillo nuovo :
fu da me raccolto quesfanno presso la chiesa di Sant" Orso e consegnato all' Ufficio
menzionato, ove si conserva pure una lucerna fittile trovata nel 1891 ad Aosta colla
leggenda :
PHOETASPI
11 bollo è assai comune, ma nuovo sinora per questa città.
E. Ferrerò
Regioni.: X (VENEIIA).
II. VHUONA — Nei primi giorni di settembre il sig. Giacomo Apostoli ese-
guiva alcuni lavori di ampliamento al suo opifìcio di filatura di seta, e per questo
scopo lavorava sopra una piccola superficie di terra da lui acquistata dal locale Mu-
nicipio. Ciò avveniva in città, nella contrada di s. Giorgio, sulla sinistra dell'Adige,
accanto alla via detta dietro Mura. A circa m. l.fìo di profondità gli operai incon-
trarono le bocche di parecchie anfore fittili vinarie, che si trovavano ritte, le une alle
altre addossate, e chiuse entro una specie di stanza. Erano infatti racchiuse fra tre
muraglie, di cui due normali alla terza, la lunghezza della quale misurava m. 3 circa.
Furono raccolte, più o meno .spezzate, cinque anfore, che potei io stesso vedere. Sono
biansate e munite di fittone; non potei rilevarvi alcuna lettera o indicazione nume-
rale. Insieme colle anfore, alte un metro, si rinvennero anche tre vasi fittili di assai
minore grandezza, senza piede, coU'orlo ripiegato. Misuravano rispettivamente in altezza
cent. Iti, 20 e 2ii. Credo che ivi fosse una cella vinaria. Gli oggetti indicati pas-
sarono al Museo Civico di Verona. Probabilmente queste antichità non lianno relazione
alcuna con un cumulo di ossa umane rinvenute, siccome venni assicurato dagli operai,
a pochi metri di distanza. C. Cipolla.
I
REGIONE Vili. — 373 — CAORSO
Regione Vili (CISPADANA).
III. CAORSO — NuoDÌ scavi nella Terramara Rovere.
In altra mia Nota inserita nelle Notizie del corrente anno (pag. 3), ho fatto cenno
dei risultati ottenuti dal 1891 al 1898 colle ricerche eseguite nella terramara Rovere
di Caorso nel Piacentino. Stimo ora opportuno di far seguire un'aggiunta a quella
prima relazione, riassumendo i fatti osservati nel medesimo luogo dal luglio all'agosto
u. s. colle nuove esplorazioni che ho potuto compiere pei mezzi accordatimi pur questa
volta dal Ministero della Istruzione pubblica e dalla benemerita Cassa di Risparmio
piacentina, di che mi professo infinitamente grato.
Gli scavi dal 1891 al 1893 provarono all'evidenza, come risulta daUa planimetria
inserita nella citata relazione cui ora ripresento completata, che anche la terramara
Rovere di Caorso ha gli stessi caratteri essenziali delle altre stazioni simili dei pri-
mitivi Italici, cioè la quadratura e l'orientazione, coll'argine attorno, circondato dalla
fossa. Era inoltre già apparso anche il canale di immissione, pel quale entrava nella
fossa l'acqua del vicino torrentello Chiavenna (lett. A. della planimetria). Restava
ancora da cercare il canale di scarico della fossa, e colle ultime indagini sono riuscito
a scoprirlo nel mezzo del lato orientale (lett. B). Chiunque metta ora pertanto a con-
fronto la planimetria della terramara Castellazzo di Fontanellato nel Parmense, già
data nelle Notizie del 1892, pag. 452, con quella di Rovere di Caorso vedrà tosto
come esattamente si corrispondano in tutti i particolari della periferia, e troverà in
ciò nuovo argomento per ritenere che fra le varie terremare non vi ha alcuna dif-
ferenza oltre quella della estensione. Fra le planimetrie del Castellazzo e di Rovere
\ì ha questo solo di diverso, che nella prima è indicato il ponte pel quale vi si ac-
cedeva, ciò che nell'altra non si conosce affatto. Giova però notare che fino a qui a
Rovere non si fecero per anco le ricerche relative, le quali porterebbero senza dubbio
a trovarne le tracce nel punto S.
Ma le ricerche di quest'anno erano rivolte più specialmente a indagare se pure
a Rovere di Caorso esistesse quella tale area limitata di terreno naturale, detta co-
munemente templum, posta nel mezzo del lato orientale della stazione, quale già per
la prima volta fu osservato dall'illustre prof. Pigorini al Castellazzo ('), poscia da me
a Colombare di Bersano nel Piacentino (-). Le norme che mi guidarono nella ricerca
furono quelle stesse per le quali si fece la scoperta nelle due località menzionate, e,
divisa quindi anzitutto la stazione in due parti uguali, l'orientale e l'oecideutale, lue-
diante la linea M-M, cominciai nella prima una serie ordinata di trivellazioni da nord
a sud le quali mi diedero il più felice risultato che potessi attendermi.
Con le prime trivellazioni da C a D non ebbi che terreno artificiale, quello cioè
formatosi tra i pali che reggevano le abitazioni, o in altri termini terramara vera e
propria; ma arrivato al punto E, incontrai un terreno come di riempimento di fossa,
(') Rendiconti .\cc. d. Lincei, (CI. di se. nior.) sei d. 29 iiuv. 1803, l'ag 831.
V^J Ib. sed. d. 17 die. 1893, pa.s,'. 998.
OAORSO
— 374 —
REGIONE Vili.
che alla profondità di m. 5 circa si mutò in vero pantano, ossia un deposito mel-
moso lasciato dallo acque che ivi dovevano stagnare. Avuta cosi la certezza di una
fossa all'interno della stazione. ai>rii senz'altro nel punto indicato uno scavo da nord
a sud con riiilendiiueuto di tagliarne trasversalmente la sponda settentrionale, e vidi
che, levato il terreno coltivabile, un altro ben distinto se ne presentava di tinte di-
verse e senza dubbio di trasporto. Di mano in mano che si discendeva, il terreno di
trasporto e di riempimento scompariva a settentrione, scoprendo cosi l'inclinazione
della sponda esterna della fossa. A m. ó circa mi arrestai e, rilevatane una sezione,
proseguii collo trivellazioni verso sud, tinche ebbi attraversato il terreno di riempi-
mento, col quale lavoro mi riuscì facile di incontrare la sponda opposta della fossa
0 di determinarne la larghezza che è di m. lo.
Che nel punto K si trovasse la fossa non era da dubitare menomamente, ma im-
portava di vedere se essa, come si doveva supporre, chiudesse a nord la fronte del-
l'area limitata che io cercava. Il problema non fu di difficile soluzione. Procedendo
infatti colle trivellazioni da nord a sud, oltrepassata appena la sponda meridionale
della fossa, si presenta, in F un cumulo di terreno naturale giallognolo che prosegue
REGIONE Vili.
— 375 — CAORSO
fino a G per una lunghezza di iti. 50, e appresso, cioè in H, riapparve di nuovo la
fossa, uguale a quella trovata in E, così per la larghezza, come pei materiali dai
quali è stata riempita. Mediante tali lavori era chiaramente dimostrato che l'area li-
mitata 0 templum a Rovere di Caorso non manca, e che lungo i due lati di nord
e di sud esiste la fossa che la circondava.
Toccata anche in H la fossa, non mi tenni soddisfatto di averne accertata la esi-
stenza. Volli seguirla da est ad ovest per tutta la sua lunghezza, cioè fino al punto I
ove termina : in I anzi, oltre alle trivellazioni, apersi anche uno scavo, pel quale ebbi
modo di osservare esattamente l'angolo sud-ovest del templum e il punto ove si con-
giungono il lato meridionale e quello occidentale della fossa ('). Nel pantano che in
questa giaceva, raccolsi parecchi cocci di piccoli vasi tipici delle terremare, molti fram-
menti d'ossa cremate, un pezzetto d'arma di bronzo e la punta di un ago crinale dello
stesso metallo. È questa la prima volta che si raccolgono di tali residui nella fossa
che circonda l'area della quale parlo, e gioverà forse tenerne conto per gli studi che
in proposito si potranno fare in avvenire.
Rintracciato pertanto con questo scavo l'angolo che formavano le due sponde
esterne delle fosse di sud e d'ovest, non restava che di seguire l'occidentale, onde de-
terminarne la lunghezza, e dalla esplorazione fatta risultò chiaramente che essa arri-
vava fino al punto L, ove si congiunge esattamente col lato settentrionale del quale
ho già parlato. Inoltre, studiando il lato occidentale, sul fondo di essa, in N, trovai
accumulato, sopra un spazio di circa 5 m., avanzi di legnami, che verosimilmente sono
i resti del ponte pel quale, dalla via mediana della stazione M-M, si poteva acce-
dere al templum. Finalmente un'ultima serie di trivellazioni da 0 a P mi condusse
a rintracciare la fossa anche in Q, cioè nel lato orientalo, e a determinare in pari
tempo l'esatta larghezza dell'area che la intera fossa circoscrive {-).
Dalle mie osservazioni pertanto risulta, che l'area limitata o templum, come si
voglia chiamare, è lunga a Rovere m. 50 e larga m. 25, ossia misura in superficie
m. q. 12,50, e che la fossa che la circonda mantiene costantemente la larghezza di
m. 10 colla profondità massima nel mezzo di m. 6.
La fossa è altrettanto larga quanto quella che gira attorno all'intera stazione.
Fra l'una e l'altra vi è solo differenza nella profondità, e mentre quella del temjilìim
scende fino a m. (i, l'altra invece non giungo che fino a m. 3. La ragione di questa
differenza di livello si ha forse nel fatto che la fossa interna non comunicava afl'atto
coir esterna, e che probabilmente solo per mezzo di una maggiore profondità si otte-
(1) I fatti esposti furono pure osservati dal chiarissimo dott. .\lfroilo Ferrari, professore del
R. Istituto tecnico di Piacenza ed Ispettore della Cassa di Risparmio piacentina, il quale il .'«O hisrlìo
mi fu compagno nelle mie esplorazioni.
(2) Stimo utile di notare che nel mezzo del templum, ossia nel punto K, mediante le trivella-
zioni eseguite ho potuto osservare che alla profondità di circa m. 3,50, entro uno spazio limitato,
vi ha un deposito melmoso che è da credere sia dovuto ad acqua ivi stagnante dopo la costruzione
dell'area di cui ho parlato. Del fatto non ho saputo darmi ragione, ma esso acquista valore dalla
circostanza che altrettanto si verifica ora nel mezzo del templum della terramaia Castellazzo di Fon-
tanellato. Ulteriori studi potranno forse risolvere il nuovo problema che si presenta.
Ci.ASSK DI sciBNzK MORALI ccc. — Memorif. - ■ Vol. II, Serie .5", parte 2» "18
MELDOLA - 37(5 - BEOIONB Vili.
neva che lacqua della seconda potesse penetrare nella prima ('). Quanto all'area limi-
tata, dopo ciò che ho detto non credo occorrano altro considerazioni. Per rilevarne la
sua iiiiportaii/a. basta notare che, al pari di quelle già scoperte al Ca^stcllazzo e
a Colouibaro di Uersano, ai trova pur essa sul punto d'intersecazione del decumana
e del cardo, e che come le altre due è perfettamente orientata, avendo paralleli
i lati di est e di ovest.
Tuttoché cogli scavi eseguiti tìn qui sia stato possibile di conoscere la confor-
mazione della terramani Uovere di Caorso in ogni suo particolare, pure non credo si
debba per questo tralasciare di faro in seguito sopra di essa altri studi . La mono-
. grafia di un popolo - , scriveva il compianto Chierici, non è compita se non porge
. anche la descrizione de' suoi sepolcri '. Dello tombe relative a tale stazione non
abbiamo fin qui indizio alcuno, e si rende necessario cercarie e rinvenirle. E la sco-
perta di esse sarebbe tanto più importante, in quanto non conosciamo fin qui alcun
cimitero di terramaricoli nella provincia di Piacenza.
L. Scotti.
IV. MELDOTi.V — A sud-est di Forlì, nei contrafforti appenninici di .Meldoia,
in località che non mi ò riuscito di bene determinare, fu trovato qualche tempo fa un
sigillo di bronzo, di cui si olfre qui un fac-simile alla grandezza del vero.
Vi si troviN pure un campanellino quadrato di bronzo. Di ambedue questi oggetti feci
acquisto pel Museo di Forlì.
A. Santarelli.
(') Dei fatti osservati convennero puro (ili eprct'i sipp. rap. L.iporio sindaco di Caor.fo, prof,
cav. Severino Britridini preside del H. Istitnlo tecnico di l'iacenza. Sartori Carlo Assessore comun.ile
e Cerri segretario comnnalo, i quali n.I 20 ha'lio visitarono eli scavi. A questa visiti», in niaiicau7.a
del R. Ispettore degli scavi, volle farsi rappresentare dal Sindaco lo stesso sip. Prefetto. All'illustre
fnnzionario, che con tanto amore e sollecitudine s'interessa depli studi ch'io sto compiendo sullo
antichità primitive di questa provincia, i sensi della mia più viva e sentita riconoscenza.
K parnii altresì ojiiiortuno di ricordare con animo v.Tamcnte riconnscente il dotto cav. avv.
fiftetano (irandi presidente del Consiplio d'Amministrazione della benemerita Cassa di Rispannio, il
quale, insieme apli onorevoli suoi Cidlephi, mi i oltreraodo cortese d'incoraggiamenti e di aiuto.
REGIONE VI. — 377 — NOVILARA
Regione VI (UMBRIA).
V. NOVILARA presso Pesaro — Fu già aunimciato {Notule 1893, p. 14)
che il eh. GamiuTini, accompagnato dai chiarissimi marchese Ciro Antalti, prof. IJormann,
prof. Zamboni e da altri amici nella seconda metà del 1891 esplorò presso No-
vilara in ima delle colline che dominano la città di Pesaro, alcune tombe a fossa
con scheletri, e con suppellettile funebre simile a quelle delle tombe a fossa vetu-
stissime scoperte nelle necropoli della bassa Etruria e del Lazio.
Fatte in quel luogo nuove ricerche dal eh. prof. E. Brizio direttore degli scavi
di Emilia e Marche {Notizie 1893, p. 224), si riconobbe la convenienza di praticarvi
esplorazioni sistematiche per conto del Governo; non solo nel fondo di proprietà
Servici, ove erano stati eseguiti i saggi di scavo sopra accennati, ma anche nel pros-
simo fondo parrocchiale denominato Tomba, ove per molte notizie di scoperte pre-
cedenti rimaneva accertato che estendevasi un vasto sepolcreto. Attirava maggiormente
l'attenzione del prof. Brizio l'essere stato osservato che gli scheletri rinvenuti in queste
tombe erano stati deposti con le gambe rannicchiate, il quale costume trovava riscontro
nel modo di seppellire usato in altri sepolcreti lungo le coste dell'Adriatico; e che
gli oggetti di suppellettile funebre mostravano piena somiglianza con quelli delle
tombe più antiche della necropoli picena di Numana, a sud di Ancona, e con quelli
più caratteristici di altri sepolcreti arcaici del Piceno. Per la qual cosa, esssendovi
certa speranza che in questi scavi di Novilara avrebbesi potuto raccogliere un ma-
teriale archeologico cospicuo, che si prestasse ad utili raffronti, il eh. prof. Brizio pro-
pose che senza indugio si incominciasse l'esplorazione della necropoli, affidata la di-
rezione tecnica dello scavo al solerte ingegnere Raniero Mengarelli.
Né le speranze furono vane. Incominciate le regolari esplorazioni il 28 luglio 1892
{Nolisie 1892, p. 295), si scoprirono due vasti sepolcreti, l'uno nel fondo parrocchiale
denominato « Tomba » di cui è usufruttuario il sacerdote don Romolo Molaroni, l'altro
nel fondo posseduto dalla signora contessa Servici.
Le tombe esplorate furono 142 nel primo, e 121 nel secondo, quasi tutte ad
inumazione o fossa, e quasi tutte col proprio scheletro coperto e circondato dagli
oggetti del fimebre corredo, giacente nel maggior numero dei casi sopra uno strato
di ghiaia marina, e ravvolto in uno strato di calce.
Ho detto che le tombe erano quasi tutte a fossa, perchè fanno eccezione tre
0 quattro a pozzo, ossia a cremazione, nelle quali si trovò l'ossuario fittilo che ripete
la nota forma del vaso di Villanova, eseguito nella stessa rude tecnica, e coperto da
ciotola della forma tradizionale.
Ciò che rende prezioso l'insieme dei dati raccolti consiste nell'essere stata tro-
vata in una tomba a fossa del sepolcreto Servici, ed al proprio posto, la parte infe-
riore di una stole sepolcrale, ornata con i motivi a spirale o d'arte così detta Micenea,
assai caratteristici nelle stele dell'agro pesarese, che presso Novilara in altri tempi
furono scoperte, e che richiamarono molta attenzione da parte dei dotti e dogli
eruditi.
KIRBNZB
378 — RBGIONE VII.
K hiuto uiagpioriuento questa scoperta ha prozio in quanto oh.' rimane deter-
minato lo strato archeologico a cui appartengono tali stele; al cui numero possiamo
oggi aggiungere due oltreinodo rare, perchè iscritte, la prima mutila, la seconda intatta,
rinvenuta poco tempo prima in un fondo prossimo al fondo Servici e mediante le cure
del prof. Brizio e dell'ing. Mougarelli salvata anch'essa per le collezioni nazionali.
Sono i due monumenti che diedero materia alle dotte memorie del eh. prof. E. Lattea
della li. Accademia scientitico-lettoraria di Milano, edito da questa nostra Reale Ac-
cademia {Rendiconti CI. fc. mor. 11, IS'.U, p. 775, 85i>, lUlH.
K poiché questa pubblicazione del prof. Lattes e le notizie sommarie già date
hanno maggiormente acceso il desiderio che di tutto lo scavo si pubblichi una me-
moria illustrativa; e da varie parti è stato domandato se l'amministrazione governa-
tiva abbia in animo di provvedervi, ho creduto opportuno di far conoscere che secondo
gli accordi con la Presidenza della U. Accademia dei Lincei nel volume V dei
Monumenti antichi, che sarà presto dato alla luce, sarà inserita un'ampia memoria
del prof. Brizio sopra gli scavi di Novilara, corredata da dieci tavole, e con moltis-
sime figure intercalate nel testo, aggiunto il giornale dello scavo redatto dall' ing.
R. Mengarelli.
F. Barnabei.
Regione VII (ET R URIA).
VI. FIRENZE — Nuove scoperte di anlìcìdlà nei lavori del Centro.
Mentre è in corso di stampa un'ampia relazione del eh. prof. L. A. Milani sopra
le antichità rinvenute nei lavori del Centro di Firenze, dove si disseppellirono tombe
con ossuari fittili della forma del vaso di Villanova, e sculture appartenenti al pe-
riodo più florido della civiltà etrusca (cfr. Notizie 18il3, p. 493; 1894, p. 237, 276),
proseguono i rinvenimenti, dei quali togliamo l'annunzio dal Giornale fiorentino Arte
e Storia (anno XIII, n. 25, 1 die. 1894).
Nel soppresso vicolo degli Adimari, accanto ad una torre medievale, che fu degli
Adimari e poi di un ramo di cotesta famiglia, cioè degli Alamanneschi, tornò in luce
alla profondità di m. 3,3.ì un ricco musaico a decorazioni geometriche bellissime, e
presso di esso vari gradini. Uno di questi era formato con una pietra sepolcrale,
leggendovisi la iscrizione:
IN AG. P- XXX
Il musaico accuratamente consolidato è oggi nel Museo archeologico a far parto
della nuova ed importante sezione delle antichità fiorentine.
In via Pellicceria, nel fare gli scavi pel fognone, riapparve il lastrico della via
romana. Sopra di questo si riconobbe una massa di scarico, commisto a sostanze car-
bonizzate, che ne costituiscono la superficie; e si può supporre che trattisi delle
tracco di uno di quei grandi incendi che, secondo i ricordi degli antichi cronisti, de-
solarono più volto la città di Firenze nel medio evo.
ROMA — 379 —
ROMA
vrr. ROMA.
Nuove scoperte nella citla e nel suburbio.
Kegione III. Nelle fondazioni del nuovo fabbricato spettante alle Suore del
Sangue Sparso, in via di s. Giovanni Laterano, a distanza di m. 3,80 dall'angolo sud
ed a m. 9 sotto il piano stradale, si sono incontrati gli avanzi di un'antica camera,
costruita in opera reticolata di tufo, larga m. ;3 per ogni lato. Le pareti conservano
in parte l'intonaco dipinto a fondo rosso, con riquadrature in bianco, tramezzate da
una larga fascia scura, sulla quale spiccano in colore verde foglie di vite. Il pavi-
mento della stanza è a musaico tutto bianco, con fascia nera larga m. 0,10 distante
dal muro 0,20.
Regione V. Restaurandosi ima parte del marciapiede nella via Alfredo Ca-
pellini, a pochi centimetri sotto il livello stradale, sono stati raccolti fra terre di sca-
rico i seguenti oggetti : — Novantacinque verticclii in terracotta, del diam. di m. 0,05.
Sette pesi fittili, detti da tessitore. Sei lucerne in terracotta, di età arcaica, una delle
quali ha impressa nel fondo la lettera D fra due punti. Tre balsamarì fittili. Uno
scalpello di ferro. Sette stili di osso. Tre monete di bronzo.
Regione IX. In piazza di Montecitorio, rinforzandosi le fondamenta sull'an-
golo del palazzo Wedekind, è stato recuperato un frammento di busto marmoreo, assai
danneggiato. Si conserva soltanto il pieduccio di sostegno, e parte del petto della
figura, che era vestita di clamide.
Regione X. Fra le terre rimosse da una delle stanze terrene della domus Ti-
beriana al Palatino, sono stati raccolti parecchi pezzi di tegoloni improntati col bollo
di fabbrica. Uno di questi bolli, spettante alle officine Brutiane, porta il nome di
M. Rutilio Lupo ed i nomi dei consoli dell'anno 115 {C.I.L. XV, 22): un altro è
delle officine Caniuiane di T. Greio lanuario (ib. 119«); un terzo ricorda le officine
Quinziane di Plotina Augusta (ib. 442). Sette altri bolli portano il solo nome di Gneo
Domizio Amando (ib. 1097 «); un altro, quello di T. Flavio Ermete (ib. 1152); un
altro, quello di L. Sestilio Rufo (ib. 1449 a). Nuovo è il bollo circolare.
L MVNATI"; ^STId
CRESCENTI
Leggasi: Munali {Faus)li, dol{iaré) Crescenli[s~\.
Dallo stesso luogo provengono tre manichi di grosse anfore fittili, che recano i
bolli retlangolari :
a) DIATRICI b) TGERN^ e) S/tMJSES
OROTTAKKKRATA — 380 — REOIONB I.
Alveo del Tevere. Fra le terre proveuienti dallo spurgo dell'alveo del Tevere
sono stati raccolti gli oggetti che seguono : — Manno. Testina muliebre di rosso an-
tico, assai consunta nel volto, alt. m. 0,07. Peso circolare da una libbra, su cui è
inciso il segno numerale 1. Piccolo peso circolare di pietra nera, con la nota di due
once • *. Quattro frammenti di pietre inscritte:
a) m. 0,06 X 0,07 *) ni. 0,12 X 0,08
e) m. 0.07X0,08 «/) m. (1,14 X 0,09
\^J / M
Ferro. Cuspide di lancia, con parte del codolo, lunga, ni, 0,33. Due anellini del
diametro ciascuno di m. 0,018. — Droii:o. Una fibula semplice a navicella, mancante
di una parte dell'ago, lunga m. 0,045. Piccolo manico di vaso. Varie monete ossidate
e logore, di varia età ; tra le quali un grande bronzo, che è il pezzo meglio conser-
vato porta l'elligie di Caracalla con la leggenda DIVO ANTONINO MAGNO, e nel
rov. il rogo, con la scritta CONSECRATIO S C (Cohen. Caracalla, n. 300). — Osso.
Quattro spilli e due aghi crinali, rotti. — Terracotta. Piccola ciotola grossolana di
forma comune, alt. iti. 0,025, diam m. 0,05. Un coperchio di anfora. Fondo di
tazza aretina col bollo (cf. C I. L. XV, 5346 a) :
P- MESSE
NVSME
NOPILVS
Via Tiburtina. Dagli sterri per nuovi sepolcri nel pubblico cimitero al Campo
Verano provengono: — Una piccola mano in marmo; un frammento di antefìssa fittile,
con mascherone; quattro lucerne comuni di terracotta; un anello di bronzo ; un peso
di stadera, in marmo, con parte dellappiccagnolo in bronzo ; un balsamario di vetro.
G. Gatti.
Reoone I (L.AriUM ET CAMPANIA).
Vili. OROTTAFERRATA — Nuova iscruione funebre lalim ricono-
sciuta nei pressi della monumentale Abbadia.
In una vigna presso Castel Savelli, nel quarto denominato fìorghe/to, l'ispettore
padre A. Rocchi riconobbe un cippo di peperino, sormontato da antefissa, alto m. 0,05,
largo m. 0,35, dello spessore di m. 0,10.
REGIONE I. — 381 — CASTELMADAMA, POMPEI
Sulla fronte è iocisa l'epigrafe seguente, della quale il sig. ispettore mandò l'apo-
grafo ed il calco cartaceo:
D • M
C • MALLIO • ABASCANTO
A P R H O D I S I V S sic
PATER-FILIO
VIX -MENS • Vili
DIEB- mi
Il cippo fu aggiunto alla raccolta lapidaria esistente nella monumentale Abbazia.
F. Barnabei.
IX. CASTELMADAMA — Di una statuetta di bronco rappresentante
Minerva.
Fu acquistata pel Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano una sta-
tuetta di bronzo, alta mm. 85, offerta da un contadino che disse averla rinvenuta
presso l'abitato di Castelmadama, sulla valle dell'Anieno fra Tivoli e Vicovaro, senza
aver saputo indicare il luogo preciso del rinvenimento. Rappresenta Minerva coperta
di elmo ad alta cresta, vestita di lunga tunica, con peplo succinto, sopra il quale è
l'egida col Gorgoneion. Ha il braccio destro alzato; la mano destra attraversata dal
foro per cui passava l'asta; ed il braccio sinistro abbassato. Probabilmente con la
mano protesa reggeva una piccola Vittoria, come la famosa Atena del Partenone se-
condo che ci viene indicato dalla statua di Atena, conservata ora uel Museo del Var-
vakion, con la quale questo piccolo bronzo, benché di lavoro ordinario, ha molta so-
miglianza.
X. POMPEI — Giornale dei lavori compilato dagli assistenti.
1-3 ottobre. Continuarono i lavori di restauro, nella Regione XII e precisamente
nelle isole 2 e 14; e si fecero le riparazioni ad alcune pareti della casa segnata col
n. 35, nella detta Regione, isola 2. Proseguirono gli scavi nella località ad est della
casa detta del Laberinto. Non avvennero scoperte.
4 detto. Nello strato superiore delle terre si raccolse: — Bronco. Una piccola
cerniera, mancante di uno estremo, lunga m. 0,40.
5 detto. Nello stesso luogo e sempre nello strato superiore delle terre si trovò: —
Bromo. Una fibula semicircolare, lunga m. 0,01S. Una pinzetta, lunga m. 0,65.
6-8 detto. Non si ebbero scoperte.
9 detto. Negli strati superiori delle terre fu recuperato: — Bromo. Una pinzetta,
con una delle due linguette rotta por metà, lunga ni. (),U81. Altra pinzetta, lunga
m. 0,112.
10-13. Non avvennero scoperto.
POMPEI — 382 — REGIONE I.
14 detto Fu posto mano ad udo scavo nella via Nolana. Regione V. isola 2 e
precisamente nell'ambiente a de.stra, di fronte al secondo giardino, osi rinvenne: —
Ava/Ut organici. Una quantità di ossa appartenenti a scheletri di cavalli.
15-17 detto. Non avvennero scoperte.
18 detto. Fu eseguito uno scavo straordinario nella casa ii. 1."). Regione V. is.'J"
sulla via Nolana, e nell'ambiente a sinistra, di fronte al secondo giardino, si rin-
venne: — Terracotta. Un frammento di anfora con parte del collo, presso cui in
lettere nere leggesi:
CGPàniC
AwPA
Nel giardino poi si rinvennero due anfore, in una delle quali, verso la base del collo,
in lettere rosse è scritto:
Nell'altra, sul collo, a lettere rosse e crassac leggesi :
TI
Una pelvi con la marca di un tridente da uu lato dell'orlo, e dall'altro la leggenda
a lettere rilevate:
M ■ VAREN
CRESCENS
19 detto. Non avvennero rinvenimenti.
20 detto. In uno scavo eseguito nella casa segnata coi numeri 18 e 19, con in-
gresso sulla via Nolana, Regione V, isola 2, alla presenza di S. E. il Ministro della
Pubblica Istruzione, si rinvenne nell'ambiente a sinistra del vano di ingresso: —
Terracotta. Un abbeveratoio. Due anfore: — Piombo. Un peso avente in una faccia
la leggenda:
HABBEBI
sull'altra:
EME
21-22 detto. Non si ebbero scoperte.
23 detto. Negli strati superiori delle terre, fu trovato: — Avorio. Piccolo co-
perchio cilindrico, lavorato al tornio, del diam. di m. U,(i27.
24-;Jl detto. Continuarono i lavori nelle mentovate località; ma non avvenne
alcun rinvenimento.
Nuove epifjrafi rinvenute nel fondo del sig Eduardo SantilU.
Nel fondo Santilli (cfr. Notizie 1893, p. 333 sgg. e 1894, p. 15 sg.), continuan-
dosi a cavare il lapillo, tornarono a luce altri quindici cippi ad erma con le seguenti
iscrizioni :
1. Cippo ad erma marmoreo, rotto superiormente, alt. m. l,(i;!, larg. m. 0,33,
in buone lettore:
AMANDVS-
%'IX ■ AN • XX-
REGIONE I. — 383 — l'OMPEI
2.' Altro cippo marmoreo, assai corroso, alto m. 0,58, larg. m. 0,10:
AMPLIA"/
r/NNICVLI
ET-MENS-III
3. Altro, del pari molto corroso, alto ra. 0,49, larg. m. 0,15:
ECHI/////
ANN-X////
•1. Altro, alto m. 0,58, larg. m. 0,18:
FAVENTINVS
Il cognome FaueiUians ricorre nelle iscrizioni parietarie.
5. Altro, alt. m. 0,50, larg. m. 0,16:
L A S a V O S {sic)
INTRIMATV
Nel primo verso è forse da leggere: Lascivo s{u,o). Per la frase in Irimatu cfr.
C.I.L. VI, 24167: Grut., 1148, 13: Phosphorus obiti in Irimatu.
G. Altro, rotto inferiormente, alto m. 0,34, larg. m. 0,14. Lettere rubricate e
cattive :
ORLES • VIX
ANN V
7. Altro, ricavato da un pezzo di cornice marmorea, col solito buco verso il basso,
alto m. 0,62, largo m. 0,22:
topYrvs-plocaMi
Nell'epigrafe pompeiana C. /. L. X, n. 827 incontriamo un L. Melissaeics Plocamus
minister Fortunae Aiigustae.
8. Piccolo cippo marmoreo di erma, spezzato in due, alto m. 0,54, larg. 0,13
in lettere trascurate:
VENVSTVS
VIXIT-ANXIII
MENS-IIII-
Classk di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5", parte 2" 40
POMPEI
— 384 — REOIONB I.
0. Altro cippo marmoreo, alto m. 0,80, largo ra. 0,111:
hELlCF
10. Altro, col solito buco nella parte inferiore, alto m. 0,69, largo m. 0,21 :
L- MELISSAEVS
CASTOR AVCVST
11. Altro, col solito buco nel basso, alto m. 0,18, largo in. u.2U. Nel capo:
L • L • AT
Nell'ernia o pilastro in Ietterò quasi corsivo:
L • R-S
1-J. Altro, col solito buco nel basso, alto m. 0,(30, largo ni. 0.;;!5, frammentato
nei lati e iiiferiormento:
NELIAE
W-PRIMlGENlAB
vix^ ann1s>- xxxxvl
Le lettere ncliae «lei primo verso ed or entro il C iniziale del secondo furono
aggiunte, e paiono più gradite che incise.
13. Cippo di travertino ad erma, alto m. 0,05, largo ni. 0,81, danneggiato in-
feriormente a sinistra od in buone lettere:
POPPAEACORINN
14. Cippo marmoreo ad erma, alto m. 0,74, lungo ni. 0,20:
TVTIAE ■ D ■ L-
LICENTIAE-
IT). Altro, col solito buco nel basso, alto ni. 0,87, larg. m. 0,20:
VRSILLA
VIX-AN-XXV
REGIONE I. IV. — 385 — BOSCOREALE,S. RUFINA, ROIO PIANO
Si raccolsero inoltre tre pìccoli frammenti marmorei
a)
HEGIA-»-' b) QVINTA e) PRoX
EXSPECY)
VIX- ANN 1^^
et-menI V • knn.
Il frammento indicato colla lettera b è rotto in due pezzi.
Tra le poche monete raccolte più frequenti sono quelle di Nerone.
A. SOGMANO.
XI. BOSCOREALE — Nel fondo de Prisco in contrada Pisanello, nel co-
mune di Boscoreale, essendosi aperta una cava di lapillo, riapparvero alcuni ruderi
di antiche fabbriche, appartenenti come sembra ad un suburbano dell'agro di Pompei.
Regione IV (SAMNIUM ET SABINA).
SABINI
XII. SANTA RUFINA. (Frazione del comiiue di Cittaducale).
L'iscrizione Calliste ati... piae. vilica... ecc.. edita nelle Notizie dello scorso
aprile p. 148 non fu rinvenuta in Cittaducale, come per errore fu stampato, ma fu
riconosciuta tra i materiali di fabbrica demolendosi la fontana pubblica del paesetto
di Santa Ruflna, frazione del comune sopra detto.
XIII. ROIO PIANO — Di im' epigrafe sepolcrale mutila e di altri
oggetti di età romana scoperti nel territorio del comune.
Un tal Donato Ciccozzi, facendo uno scassato per vigne sul poggio denominato
Coste di Colle, a levante della chiesa dell'Annunziata ed a poca distanza da essa,
ha rinvenuto una testa muliebre in marmo, alquanto mutilata ma di buon lavoro,
che ha collocato al sommo di ingresso di un suo orto recinto presso il villaggio di
s. Rufina.
Giacomo Ciccozzi, nella medesima, contrada Coste di Colle, ha pure rinvenuto
delle tombe a tegoloni, disposti alla cappuccina, tutti anepigrafi, sotto i quali gia-
cevano due cadaveri, privi però di suppellettile funebre.
Certo Angelo Ciccozzi nell'autunno del 1892 scassando un terreno di sua pro-
prietà nella contrada Madonna di Corti, trovò un sepolcro composto di grossi blocclii
di pietra calcare, lavorati a scalpello. Vi giacevano due scheletri. La lastra superiore
PBNTIMA, 6. VALEUTISO
— S8(i — KEGIONB IV.
era iscritta e frammontata. Lunga ni. l.l'i, largii lu. i»..".7 e dello spessore di ni. (),;{0
in grandi e bello lettere offre:
1 P A T R I
•C
•lECIOC F
QVIVICIAE
F R A T R I
|)TIMI •
L
Per grandezza e bellezza del carattere questa lapide esce dall'ordine comune dei
titoli sepolcrali. Il sig. Ciccozzi l'ha fatta murare a due metri di altezza dalla su-
perticie stradale, presso l'angolo a destra della facciata orientale di un suo fabbricato
che sta costruendo nel detto villaggio di s. Kulina.
N. Persichetti.
PAELIGSl.
XIV. PENTI.MA — Xitocl frammenti epujrafici latini dell'agro cor-
finiese.
In una gita fatta a Pentima, ho riconosciuto i seguenti frammenti epigrafici :
1. Per stipite della casa di Luigi Marrana, fu Vincenzo, venne adibito un fram-
mento di lapide di calcare, di in. 0,.J2 x 0,.iO x 0,15, ove rimangono le lettere:
LLI
VS
TR
In una maceria poi, si sono trovati, in vari rovistamenti, due pezzi di lapido,
che ho acquistati e depositati nel Sluseo cortìniese. Riuniti recano:
Ho dato incarico per tentare il rinvenimento di altri frammenti.
A. De Nino.
XV. SAN VALENTINO E BOLOGNANO — Antichità riconosciute
nel territorio dei due comuni (').
Nelle vic-nan/.e di Bolognano sono tre contrade notevoli per indizi di antica
dimora di popolazioni sconosciuto nella storia. La contrada più prossima e che so-
vrasta l'attuale paese, è quella di Sant'Anzino. Vi si sono scoperti molti sepolcri a
(!) Pei dubbi sollevati circa rassepiazionc di questo territorio di s. Valentino o di Intcn)roniio
ai Marmcini piottnsto che ai Pai-lìgni, cfr. Notìiie 18."*7, p. L'io.
REGIONE II. — 387 — BENEVENTO
inumazione, di cui i contadini non hanno saputo dir altro, che erano formati di la-
stroni grezzi di pietra del luogo medesimo e talvolta di grossi tegoloni dentati. Qua
e là si vedono anche avanzi di cella vinaria. È ovvio quindi supporre che dal colle
di Sant'Anzino, nel medioevo la popolazione scendesse a fomiare con l'immancabile
feudatario il Gastrum Bolaniani, ricordato anche nelle porte di bronzo della IJadia
di San Clemente a Casam-ia.
La contrada di Santa Liberata che s'incontra, quando da Bolognano si va alla
chiesa di Santa Maria del Monte, è ancora essa coperta di folti avanzi laterizi d'ogni
maniera. Vi ho visto altresì un rocchio di colonna cilindrica di calcare paesano.
Quindi emerge un vivo scoglio, ne' cui fianchi sono incavate tre nicchie votive di
varie dimensioni e di forme rettangolari. La prima ha m. 0,19 x 0,13 ; la seconda
m. 0,17x0,16; la terza m. 0,13x0,14. Se vi erano iscrizioni, il tempo deve pro-
babilmente averle corrose. Le due contrade sono nel tenimento di Bolognano, alla si-
nistra del fiume Orta, affluente del Pescara.
La terza contrada, detta di Sant'Angelo, alla destra dell'Orla ed a brevissima
distanza da Bolognano, appartiene al territorio di San Valentino. Sant'Angelo è ri-
cordato daU'Ughelli, nel tomo 6° della Storia mera, dove parla del Vescovado Tea-
tino. Non pare che debba confondersi questo Sant'Angelo con l'altro di Caramanico.
La necropoli della contrada in discorso è piuttosto estesa, se dobbiamo prestar fede
alle relazioni dei contadini del luogo. La costruzione delle tombe è sempre di lastroni
grezzi. Se ne riconobbero molte nei poderi del sig. Emilio Tieri. Ivi in un serbatoio
d'acqua ho potuto scoprire un lastrone rettangolare, adoperato per argine delle acque
raccolte, alto m. 1,03, largo m. 0,-57 e spesso m. 0,27. L'iscrizione un po' coirosa
a sinistra, dice:
FELICI
M- TITI ET GALL
SERVO
VIXIT • ANNOS ■ X////
SALVIVS ■ PATER
QVAR T A ■ M A T E R
P
La parte corrosa è quella infissa nel terreno e sempre sott'acqua. Ho pregato
quindi il proprietario del podere, onde faccia rimuovere da quel sito la lapide e c^u
servarla in luogo idoneo.
A. De Nino
Regione II (APULIA).
IIIRPINI.
XVI. BENEVENTO — Eseguendosi restam-i nella casa del cav. Pasquale
De Nicola in via Neviera n. 10 in Benevento, il giorno 1(> dello scorso agosto vi si
rinvenne un cippo di calcare del luogo con base e cimasa, alto m. 1,1 ;{, largo
m. 0,565, e dello spessore di m. 0,425. Sul fianco sinistro è scolpito l'urcoo. sul
TARANTO, MARSALA — 388 — REGIONE li, SICILIA
destro la patera. Nel prospetto si legge la iscrizione seguente, della quale il sig. ing.
A. Meoniartini mandt» il calco cartaceo:
C- IVLIO CYPAERO
AVG • CLAVD
HONORATO • BISELLIO
M • rvtIlivs- LVPVS
amIco optimo
A cura dell'ispettore sopra citato la lapide fu trasportata nel Museo provinciale.
F. B.
XVII. TAItANTO — 11 giorno 20 dello scorso novembre il eh. prof. Luigi
Viola reduce da Taranto, presentò in Pompei a S. E. il Ministro dell'istruzione pub-
blica, on. prof. Guido Baccelli, alcuni frammenti di iscrizioni in tavole di bronzo,
nei quali appparivano brani di una legge romana, .\vendo il prof. Viola mostrato
esservi buona speranza di ricuperare altri pezzi di questo insigne monumento, S. E.
il Ministro lo incaricò di tornare a Taranto ad attendere alla cosa. E le nuove cure
vennero coronate da buon successo. Infatti il Direttore del Museo Nazionale di Na-
zionale di Napoli, con nota lf> novembre, comunicava al Ministero avere il prof. Viola
recuperato un sesto frammento, il quale completava la colonna nona della legge, come
si deduce dal numero scrittovi sopra. In attesa di maggiori notizie sopra questo im-
portantissimo trovamento, ne diamo intanto l'annunzio, per quanto risulta dagli atti
del Ministero.
F. B.
SICILIA.
XVIII. MARSALA — Di una rara epigrafe ricordante Sesto Pompeo.
Uno splendido monumento epigrafico, unico nel suo genere e destinato a fornire
argomento di studi per la Sicilia antica e per la storia generale di Koma, è stato
recentemente acquistato dal Museo Nazionale di Palermo, e queslo acquisto è da sti-
mare ancor più pregevole ove si pensi alla nota povertà epigrafica dell'Isola. Fabbri-
candosi dal signor Carlo Anselmi un vasto stabilimento di vini a Marsala, e proprio
all'estremità del Boeo, si trovava un pavimento di lastre di un calcare bianchiccio,
molto compatto, proveniente forse dalla vicina cava di Trapani, e fra quelle, una lapide
incisa in un lastrone dello stesso materiale, lungo m. 1 ,34, largo m. 0,42 e spesso
m. 0,15 ('). Si rinvennero altres'i un bel frammento, forse di coronamento di stele,
con una voluta, e un frammento di collo di pozzo, con scanalature. I quali pezzi si
vedono collocati sulla lapido nella fotografìa che ne feci nel cortile stesso dello sta-
(') Ne ebbi notizia dall'egregio ispettore dei monumenti di Morsala, signor Salvatore Strappa.
SICILIA
— 389
MARSALA
bilimento Anselrai, e che ò qui riprodotta. Dal proprietario mi si cedette tanto la la-
pide che quei frammenti, i quali hanno ora sicura e decorosa conservazione nel Museo
Palermitano.
La lapide fu già incastrata, come è naturale, in un muro e se ne hanno le tracce
nello spessore della pietra stessa, adoperata più tardi come lastra di pavimento. Ciò
nocque alla conservazione dello scritto, massime, nella parte centrale; ma le scheg-
giature che si notano in questo posto, hanno pur lasciata tanta parte dei solchi delle
lettere, che il contesto si legge, senza alcuna ambiguità, nel modo seguente:
MG -POMPE IO MG F • PIO IMP ■ AVG VÌE
COS-DESIG PORluM-ET TVRRES
LPLINI VSL-F RVFVS-LEG-PRO-PR-PR-DES-F- C •
L'epigrafe è di una singolare importanza tanto rispetto alla persona di Sesto
Pompeo e del legato di lui Plinio, quanto rispetto alle opero eseguite a Lilibeo. Nissuna
memoria epigrafica si aveva in Sicilia di quel Pompeo che pur la tenne da sovrano
assoluto per ben sette anni, dalla costituzione del triumvirato nell'ottobre 711 = 43
alla battaglia di Mylae nell'estate del 718— -36; la quale mancanza dovrà puro at-
tribuirsi all'odio dei vincitori, premurosi di distruggere le memorie del gran proscritto;
né parrebbemi di azzardar troppo congetturando che il fatto di trovarsi la nuova la-
pido adoperata in un pavimento antico debba attribuirsi all'essere stata rimossa di
proposito dal primitivo posto di onore. Ad ogni modo, non trovando alcun ricordo
MARSALA
_ 390 — SICILIA
epigrafico di Sesto Pompeo, neanche fuori di Sicilia (almeno nelle principali raccolte
discrizioni) mi rivolsi al collega Pais per accertarmi se ne fosse venuto fuori qual-
cuno in questi ultimi tempi; ed egli riconoscendo l'unicità del titolo lilibotano e l'alto
suo valore, accennava alle molteplici considerazioni che potranno dedursene. Le quali
ricerche lascio agli studiosi di antichità romane; da parte mia, stabilita la lettura
del testo, mi limiterò solo ad accennare ad alcune circostanze che hanno più stretta-
mente rapporto con la lapide stessa.
E pria di tutto, in quanto alla data, è certo che questa sia posteriore alla pace
di Miseno {715 = 39), perchè allora fu stabilito secondo Dione Cassio (XLVIIl, 36)
che Sesto Pompeo fosse eletto console ed aKf/nre: Ài ói awO^f^xui t.iì roTaót fyt'totTo
arròr ài tòv ^t^iur vnaTÓv %f cÙQfi^ì^Kti x(c\ oìutvtar ì]v tcnoònxi>>,rui-
.Vppiano {de beli. civ. VI, 62) riferendo i patti, muta l'augure in pontefice: inattiam
d'ùnovru dì oiov xqIioi (Pompeo) róiv (plXm-, xaì rijg utytatr^g uQwavtrfi tg lovg
tfgè'ag èyYQ"f']'"'^ ^ poscia (V, 73), ricordati 1 banchetti tenuti dopo la pace da \n-
tonio Cesare e Pompeo, aggiunge che si stabili l'ordine dei consolati pel quadriennio,
assegnando a Pompeo il secondo anno insieme a Cesare: 'i4;réyi,i«r ói t^c cn-<oi'ffj,s
vnecTovg *ì TtTQaftèg, 'Avtwiiov j-iiv xcà Ai'^oiva n^wtovg .... erri ó'fxn'roic kcelanQti
T€ xcà noiini]iov .... Nel 717 ^35, nel foedus laren/iiium uno dei patti convenuti
tra Cesare ed Antonio è che si tolga a Sesto Pompeo il consolato e l'augurato. Ce
lo dice Dione Cassio, dopo di aver notato (XLVIIl, 53, 54) il mutare di tutti i prin-
cipali magistrati : xaì TÒV fiiv St^xov rrjg tb i f quo v rrjc ufice xaì r^c vTrnTeiag
éc »■)• ci-Tfòtónxio Irravaav (Cfr. Drumann, Gescliiehte Roms, I Th., 440 seg. ;
IV Th. 577; Schiller, Gesch. der ròm. Kaiser:eit, I, 05). Pertanto fra questi due
avvenimenti è da collocare la data della nostra iscrizione. La quale pel titolo sacerdotale
di AVGVRE dimostra sempre più l'errore di Appiano, già notato dal Dorn-Seilfen.
De Sex. Pompeio Magno Gn. Magni f.\ Trajccti ad lihenum, MDCCCXLVI,
p. 18 e 74.
Quel che forma uno dei pregi caratteristici di questo titolo è la solennità della
titolatura di Sesto Pompeo, all'ablativo, come si conveniva per mostrare ancor più
che l'opera fosse fatta sotto il regno di lui. Non è più il Praefeciits ora- maritimae
et classix ex scnaius consulto delle noto moneto ; qui si sento la grandezza impera-
toria, quale poteva concepirsi in quel tempo e da tale uomo ; il cognome Magnus del
padre suo diventa un praenomen imperatorium, e secondo l'opinione del Pais. farebbe
riscontro all'operato di Ottaviano che poco avanti, nel 714, cessando di farsi chiamare
/'n/us Idim Caesar, aveva assunto la titolatura di Imp. Cacsar divi filius.
lì presente titolo ci dà intero il nome latino e gli uffici del celebre Plennios
legato di Sesto Pompeo, che ebbe parte notevolissima nella catastrofe del partito
pompeiano in Sicilia. Appiano (V, 07) lo ricorda là dove parlando dell'attacco simul-
taneo che Cesare, Lepido e Tauro davano alla Sicilia per cingere Pompeo da oriente,
da occidente e da mezzogiorno, dice che Pompeo a Lepido contrapponesse Plennios
in Lilibeo con una legione e con truppe leggere : "O rf* TIonnìUK AfniÓM ntvàtit-
raitt IlXtvvi 0 V fi AiXv^aÌM, ib'/.og //orra, xaì ccV.o nlijO^ug laxtvwìitiror xov(f(og.
Lepido viene dall'Africa con mille e settanta navi, dodici legioni, cinque mila cava-
SICILIA — 391 — MARSALA
lieri Numidi, e dopo di aver perduto molte navi onorarie, approdò in Sicilia ed as-
sediò Plennio in Lilibeo (V, 98): Ilh'rviov èv AiXv^ctim noXioQxuiv. Né altro ne dice
Appiano di questo assedio, riuscito infruttuoso o per poco impegno di Lepido o per
la difficoltà di espugnare per forza la piazza (F. Briiggemann, De Afarci Aemilii
Lejndi vita et rebus gestis. Monasterii Guestfalorum, MDCGCLXXXVII, p. 65 ;
Gardthausen, Augustus und seine Zeit, I, 264) e che dovette esser levato quando
Cesare volle che l'esercito di Lepido, insieme alle due legioni di Messala (Appiano,
V, 103) venisse a raggiungerlo presso Tauromenio. E da Lilibeo venne Plennio tostochè
Pompeo ebbe bisogno di tutte le sue forze a INIessana per combattere la lotta decisiva
coi triumviri. Perduta la causa di Pompeo con la disfatta di Naulochos, fu Plennio
che ridottosi a Messana, con una o con otto legioni, si arrese a Lepido nei primi del set-
tembre 718 = 36. Le vicende di questo belliim sicidum sono narrate da Dione Cassio
e da Appiano e formarono oggetto di studio del Drumann {Geschichte Roms IV, 565 segg.)
dello Schiller (1. cit. p. 104 segg.) e del Gardthausen (1. cit. L 245 segg. II, 127 segg.).
Del Nuovo piano d'attacco dopo la rotta di Tauromeniiim (a. 7 18/ = 36) il signor
A. Aiello ha trattato recentemente nella Raccolta di studi di Storia antica edita
dal prof Casagrande (Catania, 1893, p. 65-126). Qui non è il luogo di discutere di
quegli avvenimenti ai quali ebbe parte il legato pompeiano, ricordato nella lapide;
devo bensì far notare come il Pleariios degli scrittori greci debba oramai dar posto
al Plinius distinto del suo prenome Lucius, della paternità L. /. e del cognome di
Rufus. Il Klein {Die Verwaltungsbeamten von Sicilien und Sardinien, Bonn, 1878,
p. 196) togliendo da Appiano il nome di questo legato, ragiona opportunamente che
Plinius in forma greca dovesse dirsi UXéivioc, ricordando quanto aveva scritto il Dit-
temberger {Hermes, VI, 142) sulla forma ^rsgrévviog per Slertinius e il Wannowski
{Antiquitates rom. e gr. font, explicatae, p. 27) sull'uso di raddoppiare in greco
le consonanti latine semplici. Aggiunge il Klein che la persona del legato è scono-
sciuta ed è da ritenere come l'esempio più antico di un ricordo della gente Plinia in
tempi repubblicani; nella qual cosa consente pure il Gardthausen (1. cit. II, p. 136. 5),
aggiungendo come sia più moderna l'epigrafe di un soldato per nome L. Plinius
Sexti f. {C.I.L. III, supp. 7451). L'aver affibbiato al legato Pompeiano un pre-
nome C. Plennius, è un equivoco, senz'altro, dello Schiller (1. cit. I, 105).
Il nuovo titolo lilibetano, insieme al nome completo del legato, ci dà l'indica-
zione degli uffici di lui, che fu legatus prò praetore e praetor designatus. Durante
la sua amministrazione a Lilibeo egli curò di farvi (o restaurarvi?) il porto e le
torri, opere strettamente legate alle condizioni commerciali e militari di quel posto
di una capitale importanza strategica. Se delle fabbrici)e ordinate dal legato di Sesto
Pompeo possano ancora trovarsi tracce, è un quesito che merita una risposta ; e
l'avrebbe piena soltanto quando il R. Governo volesse, o potesse, iniziare un'ampia
esplorazione archeologica nelle rovine tanto visibili dell'antica Lilibeo.
A. Salinas.
Classk di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5°, parte 2» 50
SKLINUNTB, TERRANOVA FAUSANIA — 392 — SICILIA, SARDINIA
XIX. SELINUXTE — Ripostiglio di monde campane.
Da Partanna venne un ripostifjlio di molto continaia di monete campane di ar-
gento, rinvenute nelle campagne vicine a Seliniinte. Erano tutte di un tipo; la testa
bifronte di Giano nel dritto, e Giove in quadriga, nel rovescio ; nuove di zecca e in
maggioranza di bellissima fattura. Si tratta di moneta notissima (Cohen, Consulaires,
rw]
l>\. XLIH. .5, 0; D'Ailly. Recherches. toni. I, pi. XLIII-XLV, p. 151 segg.); tut-
tavia io ho voluto farne una scelta di 36 pezzi (30 con l'iscrizione ROMA inca-
vata e 6 con l'iscrizione a rilievo) . tanto per avere tutte le varietà del tipo, che in
alcune teste ha un rilievo e una larghezza che ricordano le monete greche, quanto
per conservare ima memoria di questo ripostiglio, che andrà naturalmente disperso
nel commercio. A Seliuunte stessa, nel 1891, fu già trovato un gruzzoletto di monete
simili; e questo fatto, come notai nelle Notizie del giugno di questo anno (') fa pen-
sare ai molti mercenari campani, militanti sotto varie bandiere in Sicilia. E col fare
questo accenno non intendo portare un giudizio nella controversia suscitata fra i nu-
mismatici sulla vera patria di quelle monete.
Il presente ripostiglio di quadrigati, oltre il valore storico, ha dal lato numi-
smatico il pregio di darci una serie di varianti nella fattura dei tipi; ed è da no-
tare pure che un esemplare ha, nel rovescio, tracce di una moneta preesistente, senza
che possa scorgersi quale; e un altro ha due lettere graflite e, cosa non solita, con
qualche accm-atezza. un Y sul collo della testa di Giano e un N nel campo della
quadriga.
A. Salixas.
SARDINIA.
XX. TERRANOVA FAUSANIA — Nuoce scoperte di antic/ntà ml-
l'agro olbiese.
1. A pochi chilometri di distanza da Terranova e precisamente sul versante della
collina di Provania, nella regione di Pusiolu. fu dal pastore Martino Muccicone
intrapres» uno scavo per trovare pietrame e valersene nella chiusura di un suo predio
che si estende fino al vertice della collina predetta.
(') Notiiie, 180», |). '211. I/iscrizionc ROMANO ivi citata va corretta in KOMA.
SARDINIA — 393 —
TERRANOVA FACSAMIA
Distrutte iu prima le fondamenta di un vecchio manufatto e proseguiti i lavori
a levante, comparvero a m. 0.25 dal suolo, tre tombe antiche, delle quali una quasi
a contatto della muraglia anzidetta e le altre due un po' discosto.
Avendo subito visitato il luogo, ho potuto constatare che le tombe erano formate
con murelli barbari, di pietre informi e senza rivestimento d'intonaco; per coperchio
erano state poste due o tre sfaldature di roccia, rimboccate negli interstizi, da pietre
minori.
Nella tomba addossata alla muraglia furono trovati gli avanzi di un cadavere
incombusto. Gli oggetti fìttili, consistenti in due anforette e in una lucernina senza
bollo, giacevano in direzione dei piedi; ai lati del cranio, di forma dolicocefala, e
volto a nord-est, si raccolsero un anello d'oro, a fascia, per dito; ed un braccialetto di
bronzo, del diametro di m. 0,08.
Nelle altre due tombe, oltre i resti dello scheletro, trovaronsi due monete di
bronzo, del basso impero, vari frammenti di anfore fittili ed un'asticciuola cilindi'ica
di bronzo, ripiegata alle estremità.
Piti innanzi si scoprirono i resti di un piccolo muro in laterizi, lungo m. 7,20,
il quale correndo da ponente a levante andava a terminare presso due blocchi di pietra
locale, in forma di parallelepipedi. Nella faccia di uno, e proprio nel centro, vedevasi
un foro circolare contenente i rimasugli del piombo che vi fu messo. Poco distante,
a m. 1,10 di profondità si rinvenne una vasca ovale, costruita in mattoni e calce e
col pavimento a calcestruzzo. In media, i muri erano alti m. 0,30, e nella parte meglio
conservata, a m. 0,05 dal pavimento, vedevasi il foro pel quale passava il tubo fit-
tile, 0 plumbeo, destinato per l'acqua. In quel punto si allargò lo scavo, avendo dato
coraggio il trovamento di 16 monete di bronzo, irriconoscibili; e si raccolsero tre grossi
e lunghi chiodi di ferro, a capocchia concava, e un pezzo di osso bianco, piegato ad
arco e terminante ai capi con due globetti. Si ebbe anche un'anfora di impasto nero
e rozzo, di m. 0,40 di diametro e m. 0,15 nell'orifizio fatto a labbra sporgenti e
ripiegate.
Nel culmine della detta collina di Promnia, esistono i ruderi di una borc^ata
medioevale; ma la località, come ne fanno fede le tombe scoperte, era abitata nei
tempi romani, e frequentemente i pastori delle vicinanze vi rinvengono monete dei
primi secoli dell'impero. Nella breve sosta che vi feci, venni informato di un'anfora
di terracotta, piena di ossa combuste, trovata pochi mesi addietro, a circa 200 m. di
distanza dagli scavi predetti.
2. Un altro trovamento ebbe luogo presso la chiesa riu-ale di Cobu Abbas, a
nord di Terranova, da cui dista circa 4 chilometri. Facendovisi un fosso per abbe-
veratoio del bestiame, si trovò una tomba di piombo, in forma di grande baule;
ma cosi deteriorata da non potersi raccogliere che in frammenti. Era deposta a m. 1
di profondità, e devesi al terreno acquitrinoso il pessimo stato in cui trovavasi. Il co-
perchio era leggermente concavo e solcato da cordoni longitudinali. Lo scheletro rin-
chiusovi era coperto da terra ed aveva ai lati alcuni resti di terraglia ordinaria, ne-
rastra, spettante ad anforette manubriate ed una moneta in bronzo di Tiberio. Sa<^-
TEKKANOVA KAUSANIA ÌJ94 SAHDI.SIA
piando il terreno limitrofo, si notarono pozzi di embrici alla rinfusa, con frammenti
di grosse olle fittili e vi si raccolse: una vorghetta di ferro, hui'^'a m. 0,22; sette
globetti di vetro turchiniccio, per collana; una fusaiiiola littik-, di forma piramidale;
e dodici monete di bronzo, di piccolo modulo, irriconoscibili per l'ossidazione.
8. Sottofondandosi un casamento di Alessendro Dalli, situato entro questo popolato,
nella via principale che conduce al porto, si trovarono alla profondità di m. 1.40 cinque
anfore tìttili d'impasto ordinario, una delle quali, cioè la piìi grande, munita di due
anse semicircolari con scanalature, e le altre ad un sol manico liscio. In queste è
praticato sul labbro a gola rovescia un canaletto a beccuccio per iscorrorvi il liquido.
Fra la terra estratta, ricca di avanzi carboniosi e di calcinacci, si raccolsero diversi
cubetti di pietra nera e bianca distaccati da impiantito a musaico, due medi bronzi
di Nerone ed altre monete indecifrabili per l'ossido.
4. .\peitasi una gramlu scavazione nel cortile della casa Bardanzollu, posta nella
piazzetta del liarcltile, per impiantarvi le fondamenta d'un magazzino, si posero in
vista quattro tombe romane fatte con embrici, ed a capanna. Due di esse, collocate
sotto il muro di cinta del cortile, avevano, per la forte pressione, la vòlta rovinata,
e nienfaltro contenevano che i resti del cadavere. Esplorate le altre si rinvennero at-
torno agli scheletri alcuni frammenti di vetrerie verdognole, e tre chiodi di ferro,
ossidati. Tutti gli embrici adoperati nelle tombe, all'infuori di uno il quale portava
impressi longitudinalmente due solchi fatti a stecca, esibivano il noto bollo ACES •
AVO ■ L {C. I. L. X, 804G, 9) così comune in tutti gli scavi d'Olbia. Nel centro del
cortile, interrati a m. 1,30, si riconobbero i residui d'un piccolo manufatto in late-
rizi, di forma quadrata ; là presso si ebbero sparpagliate 32 monete di bronzo : le ben
conservate appartengono a Tiberio, Vespasiano, Traiano, Marco Am-elio, Massimino,
Gordiano Pio, Filippo, Carino, e Massimiano Erculeo. Dal suddetto manufatto ripartivasi
con qualche piccola interruzione un selciato di pietre granitiche, largo m. 2,35, lungo
m. 7,50, sul quale giacevano rovesciate due colonne cilindriche della stessa pietra,
con zoccolo d'ordine corinzio, ed aventi poco più d'un metro in altezza, col diametro
alla base di m. 0,t5.^. Nell'estremità superiore di queste colonne doveva impernarsi
un'asta di ferro o di altro metallo, a giudicare dai fori profondi ed impiombati che
vi sono rimasti.
Poco discosto dal selciato comparve l'avanzo di un muricciuolo in laterizi, alto
ra. 0,3G, e dello spessore di m. 0,20. In questo punto si trovò un mozzo busto di
marmo rappresentante una figura a metà del vero, mancante della testa e delle braccia,
e con parte del manto che svolazzava a sinistra. Si trovarono inoltre alcuni pezzi di
embrici portanti il bollo su menzionato, e accanto ad un mucchio di calcinacci si eb-
bero a trovare cinque monete di bronzo irriconoscibili, mctìi d'una fusaiuola in ter-
racotta, e i frammenti d'un lungo ago crinale di osso, lavorato a piccoli incavi. Il
fondo d'una fiala di vetro portava impresso le lettere V P.
In un angolo del cortile, alla profondità di m. 0,60, si trovò un cannone di ferro
lungo m. 0,'J8, e del peso di 110 chilogrammi, più un cannoncino di bronzo che mi-
SAIiniNIA — 395 — TERRANOVA KAUSANIA
sura m. 0,20 di lunghezza. È probabile che i predetti due arnesi debbano aver ap-
partenuto a un castello fortificato che, secondo la tradizione popolare, sorgeva verso
la metà del secolo scorso in vicinanza al detto cortile.
5. Uno scavo eseguitosi per conto del sig. Toiriniaso Tamponi nel predio Tscia
Mariana^ mise allo scoperto un tratto di muro rettilineo, con direzione da nord a
sud, formato da grossi cantoni granitici escalpellati, e disposti senza calce o cemento.
Il suddetto muro, che misura in. 19,20 in lunghezza, ed è largo m. 0,4."), doveva
estendersi ancora dalla parte di levante, cioè in faccia al mare, essendosi poi sterrato
a qualche distanza il residuo d'un altro muro trasversale dell'identica fattura. Gli
sterri, condotti in media alla profondità di m. 1,20, posero poscia in evidenza cinque
tombe con embrici, alla cappuccina, situate a varie distanze una dall'altra. Con gli
avanzi delle ossa si trovarono i frammenti della suppellettile funeraria, consistente in
vasi e tiale di sottilissimo vetro, ed in lucerne ed anforette tittili. Solo da una tomba
si estrasse incolume un orciuolo in terracotta finissima, e un'ampollina di vetro
verde, alta m. 0,12.
In un altro disterro, fatto a poca distanza da questo, si esplorò una tomba di
eguale struttura, contenente un cadavere incombusto ; anche da questa il corredo venne
estratto in frammenti, tranne una lucernina di fina argilla biancastra, avente nel fondo
la lettera H. In direzione del cranio si raccolsero due orecchini di oro, e sette gra-
nelli di ambra perforati. Ogni orecchino consta di un globetto liscio, nel quale è at-
taccato il solito gancio ricurvo per appenderlo; sotto al globetto v'è un anellino o
appiccagnolo che sorregge una sottile lamina d'oro in forma quadrata, ma con gli an-
goli leggermente smussati. Gli orli della lamina sono fatti a cordoncino rialzato, e nel
mezzo due altri cordoncini la dividono in quattro parti a guisa di croce. A qualche
metro d'intervallo dalla suddetta tomba, si trovò un'urna ossuaria di piombo in forma
di cassetta, contenente due fialette di vetro, e le ossa combuste del cadavere. L'urna
è lunga m. 0,39, larga m. 0,24, alta m. 0,20 fino alla impostatura del coperchio.
Questo si presenta a due pioventi, ed è attraversato da cordoni, da palme e da rialzi
rotondi in rilievo. Uguali ornamenti si ripetono anche ai quattro lati dell'urna. Era
sepolta a m. 0,60 ; il fondo poggiava su di una lastra granitica quadrangolare, e su-
periormente era difesa da informi pietre messevi alla rinfusa.
6. Il predetto sig. Tommaso Tamponi intraprese un altro scassato in un predio
di sua proprietà situato all'imboccatura del paese, tra la stazione ferroviaria e la ba-
silica di San Semplicio. Si scopersero sei tombe a tettuccio, le quali stavano allineate
alla regolare distanza di un metro. Una di esse portava nel cumignolo della vòlta
l'avanzo di un tubo fittile sporgente col diametro interno di m. 0,08. Gli scheletri,
tutti dolicocefali, giacevano col cranio rivolto a levante. Senza contare i numerosi fram-
menti fittili spettanti a piccoli recipienti, si cstrassero incolumi due vasi di vetro,
una scodella aretina alquanto scheggiata e lesionata nell'orlo, e quattro anforette di
argilla ordinaria. Dalla tomba guarnita del tubo, si estrasse una lamina d'argento
in quadratura, che misura cent. 6 per ciascun lato. Nel mezzo della lamina e pra-
TERRANOVA KAUSANIA — 396 — SAKDIMÀ
ticato un foro circolare di-l iliainetro di S cent., il quale era chiuso da una lastrina
di madreperla di cui rimangono appena gli avanzi. In direzione del cranio si raccolse
un paio di orecchini in oro, consistenti ciascuno in una piccola ghianda dalla quale
pendono, infilzate ad un anellino, due catenelle lavorate a filigrana lunghe m. 0,02.
Da un'altra tomba, più piccola delle precedenti, perchè appartenente a bambina, si
raccolsero altri due orecchini di oro, consistenti in una lastrina dello stesso metallo,
in forma rotonda, racchiudente una pietra verde quadrangolare tìniente a piramide.
7. Certi cavatori di pietra, attendendo com'è loro consuetudine, a rivoltare un
forte strato di terra nella collina di San Semplicio, diedero occa.sione ad alcune sco-
perte archeologiche. Esse consistono in 11 urne ossuarie fittili di diversa grandezza,
contenenti i resti combusti e sminuzzati dei cadaveri ; hanno l'istossa forma delle an-
fore, col coperchio leggeimeute conico terminante in un rialzo a globo. Giacevano in
un sedimento di breccia dura e giallastra, alla profondità di circa un metro, entro
apposite buche scavate nel vivo di quella roccia, le quali vennero poi riempite di sa.ssi
e di terra.
8. Nella spiaggia del mare, presso la villa Tamponi, si trovò casualmente un
frammento marmoreo di lapide, che conserva:
Si trovò pure il fondo d'un vaso di vetro che esibisce la scritta:
RIMON
Tale bollo concorda con altro da me edito nella Classical Review di Londra (v. IV,
1890, p. 07), e nello Notizie 189;i, a pag. 393.
9. Frammisto a molte pietre accumulate, vicino al predio Ciaruzsedda e presso
Terranova, raccolsi un frammento marmoreo che conserva le lettere :
10. Scavandosi un tratto di terra, per lavori agricoli, nell'appezzamento Oltu
Mannu, vicino all'antico porto romano, si rinvenne il frammento della bocca di una
grossa anfora fittile, col graffito seguente :
S + +X
r. Tamponi.
Roma, 16 dicembre 1894.
REGIONE XI. — 397 —
TORINO
DICE M B R E
Regione XI {7RAXSPADANA).
I. TOlilNU — Avaiui antichi scoperti nei laoori per la fogmtura.
Nello scavo per il canale della fognatura sul viale di destra del Corso Kegiua
Margherita, di fronte al muro di cinta del giardino reale, fra la via Venti Settembre
e l'incontro col corso San Maurizio, si estrassero parecchi mattoni e pezzi di tegoli
coi risvolti, frammenti di vetri, di anfore e di altri vasi di terra cotta, fra cui di
quelli con ornamenti in rilievo e verniciati in rosso lucido. Un fondo piano di patera
recava il bollo pediforrae di tigulo aretino:
L -GEL
ovvio pure in Piemonte, né sconosciuto a Torino (Rivantella e Ricolvi, Marni. Taur.,
Il, p. 1U5).
Erano, fra questi avanzi ossa umane ed animali, e si raccolse altresì la parte
inferiore di una lastra marmorea, alta m. U,21, lunga m. 0,84, che reca in lettere
rozze (alcune paleogratìcamente curiose), alte in media m. 0,035:
cv.
cvisb-
UBERO PATkx
I PROCVRA ?Qs\
T
Non sono ben certo della line della liu. é*». Liber -pater occorre già in altro titolo
torinese (C. /. Z., V, n. 6950).
La terra, in cui questi resti fm-ono scoperti, era stata colà trasportata anni isono,
per alzare il livello del corso, da scavi probabilmente non lontani, forse da quelli
per lo fondazioni delle case fronteggianti. La presenza di ossa umane mostra che fra
quei resti ve ne sono di sepolture. Il luogo è fuori della cinta romana, non discosto
dalla porta settentrionale (la così detta lìorla Palatina), e dalla strada, che si av-
viava verso la Dora, con direzione non ancora precisamente determinata.
Al di là di questo fiume, nel punto, ove, secondo il piano d'ingrandimento della
città, si taglieranno obliquamente la via Foggia ed il corso Palermo, si trovò un'an-
fora mancante del collo, rotta in più pezzi e ripiena di terra nera; e, ad una di-
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi, II, Serie 5*, parte 2". òl
NOLI
— 398 — RBGIONE IX.
stanza di una voutina di metri, due iticcoli vasi cretacei cou breve collo e manico.
Avanti di altre sepolture già si erano scoperti in questi luoghi (cfr. Notule 1887,
p. 4)35; 1888. p. 272; 1802, p. 3159).
Un sepolcro, fatto di materiale di età romana, ma probabilmente a questa po-
st«riore, si trovò pure in quelle vicinanze, in via Pisa, tra le vie Ancona e Perugia,
presso rangole cou quesfultima. Era rettangolare coi lati formati da corsi di mattoni
con l'impronta della mano, interi (m. 0,42 X 0,32) o rotti, e di laterizi a forma di
semicirooli o di quarto di cerchio, congiunti con calce, Nei tratti meglio conservati
i corsi giungevano ad otto. Nell'interno, di cui ho potuto esaminare due lati intera-
mente 0 parte di un tene, le pareti erano arricciate, e misuravano m. 1,95 di lun-
ghezza nei lati maggiori e m. 1 ,83 nei minori. L'asse era in direzione da nord a sud, e
formava un angolo di 47° con quello della via Pisa. Trovaronsi guasti i resti di tre o
quattro scheletri umani con la testa a nord, senza alcun oggetto di corredo fimebre.
Era questo sepolcro sopra uno strato di puddinga, ed era circondato in parto e co-
perto da terra trasportata. Dal piano della strada a quello della tomba contavasi la
distanza di m. 1,20.
Avanzi dei soliti mattoni e tegoli con ossa si trovarono nei lavori fatti per la
fognatura e per altri scopi presso il maschio della cittadella nell'angolo sud-ovest della
città romana. Scoperte di antichità iu quei luoghi avvennero più volte; se n'ha me-
moria sin dal tempo, in cui il duca Emanuele Filiberto faceva costruire la cittadella
(Ottaviano Ferraio ad Aldo Manuzio, 156(). cod. Vat., n. 5237, f. 347'). Nei lavori
dell'anno 1893 venne fuori altresì una lueernetta fìttile con le lettere:
PCP
analoga ad altra di Vercelli, ove, per la non buona conservazione nella seconda let-
tera io aveva scorto una G {Mem. della R. Acc. delle sciense di Torino, ser. II,
tom. XLI, p. 128, u. 42, lo).
E. Ferrerò.
Regione IX (LIGURIA).
II. NOLI — [scr'uiom funebre lalim scoperta mila catledrale.
Eseguendosi alcune riparazioni nella cattedrale di Noli ligure, si rinvenne, ado-
perata come materiale da costiuzione, un'umetta cineraria, marmorea, sulla cui fronte,
entro cornice, superiormente terminata da timpano, legge.4 la seguente epigrafe, della
quale il prof. comm. A. D'Andrade, direttore dell' Uflicio regionale per la conserva-
zione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria, trasmise un calco cartaceo:
D M
L CAECILl ALEXAN
DRI CONIVG B M-
CAECILIA TYRANI^S
L'urna conscrva.'<i ora nella sacrestia della cattedrale. F. H-
REGIONE X. VI. — 399 — CONCORDIA, CASTEIJ-EONE DI SUASA
Regione X (VENETI A).
III. CONCORDIA — Avamo delle antiche mura della ei Uà colonica,
rinvenuto nel fondo Siro.
Il sig. Giacomo Stringhetta, allo scopo di cercare materiali da costnizione, eseguì
uno scavo nel fondo posseduto dalla signora Elisa Siro vedova del Pra, noi punto
segnato col n. 1 nella pianta dell'antica Concordia Sagittaria, pubblicata nelle No-
lisie del 1880, tav. XII.
Lo Stringhetta si accinse all'opera partendo dal punto segnato in pianta col n. ■',
0 dirigendosi verso il n. 1, poiché giusta lo sue induzioni, ivi dovevansi trovare le
mura della colonia romana.
Infatti, a circa m. 1,50 dal livello del suolo, s'imbattè nel muro, costruito, in
quel punto, colle pareti e la parte superiore di laterizi della dimensione in media di
m. 0,40X0,30X0,06, posti a strati alternati, cioè per lungo e per traverso. La
parte intermedia è di opera incerta, cioè di pezzi di pietrame vivo e calce. Il muro
riposa sopra uno strato di impasto simile al belod, di circa m. 0,50 di spessore, assai
indurito. L'altezza calcolasi di circa m. 3 e la larghezza di m. 3 alla base era. 2 in
sommità. Non si restringe dal basso all'alto ; ma è a tratti verticali, con due riseghe,
ad ognuna delle quali si restringe per circa m. 0,50. Un frammento di quadrone
laterizio, reca impresso il bollo già noto per altri esemplari, ed edito nel C. I. L..
V, n. 149.
Questo modo di costruzione delle mura di Concordia, non è speciale che al luogo
ora scoperto, mentre negli altri pimti il muro era di massi irregolari di sasso vivo,
saldamente cementati tra loro. Ora, la platea che è base alla fondazione e la molta
torba che vi si scava all'intorno, lascia supporre che tale costruzione siasi prescelta
per la natura bassa, palustre e mal sicura del suolo.
Addossati poi al muro, dalla parte interna, nel punto segnato in pianta col
n. 3, si rinvennero alcuni massi quadrati di sasso vivo, un rocchio e tre quarti di
colonna, di m. 1,10, altro di colonna intera del diametro di m. 0,30 ed un capitello
ionico, alquanto guasto, di m. 0,36 di diametro, alla base, alto m. 0,33, largo, tra
le punte delle volute, m. 0,14.
G. C. Bertouni.
Regione VI (UMBRIA).
IV. CASTEIiLEONE DI SUASA — Costrusioni varie scoperte nel-
l'area dell'antica Siiasa.
Sono stato a s. Lorenzo in Campo per esaminare gli avanzi architettonici di
recente scoperti nel luogo dell'antica Suasa.
Si tratta di basi, tronchi di colonne e mensole di marmo, incontrate alla pro-
fondità di circa un metro e mezzo dal suolo attuale, in occasione degli sterri per
un nrquodotto clw dal Monte Secco dovrà porterò V\\Ci[\n\ al coniunc di Corinaldo.
CASTEI.I.EON'E Ul SIASA — iOO — REGIONE VI.
La conduttura passa sotto Cast4?noono di Suasa, costeggiando una strada coimnialc.
ronfinanto. tanto a monte quanto a valle, con i poderi del principe don Emanuele Uu-
spoli attualo sindaco di Roma. 1 quali poderi occupano altresì la maggior parte dcl-
lan'a dell'antica Suasa.
Ciò è provato dal fatto che si incontrano nel sottosuolo pavimenti e muri di
private abitazioni, delle quali appaiono le sezioni noi fossi di scolo, e vi vedono i
i ruilori doU'aufiteatro. emergenti, ancora in parte, a tìor di terra; inoltre vari ri-
trovameuti parte fortuiti, parto intenzionali, vi si fecero por lo passato, di moininicnti
scritti e di oggetti d'arte.
Da persone del luogo mi venne riferito che circa venti anni addietro si rinvenne
una t«sta di cavallo in lirmi/.o di irrandozza naturale e di buonissimo lavoro, la (lualc
fu poi venduta all'estero. La testa fu veduta altresì «lai 11. isiiettore cav. A. Auselmi,
il quale mi a.ssicura che il bronzo era dorato, come quello del cavallo di M. Aurelio
in Campidoglio.
Delle lapidi scritte, oltre quelle citato dal Rrandimarte {Piceno Annonario, Uoma
1825, pag. Ili sq.) e già al suo tempo scompai-se, tre se ne conservano ancora
in caiia di privati a Castolleone, le quali saranno quanto prima pubblicate dal Bor-
mann nel voi. XI del C. ì. L. Un grandioso monumento sepolcrale proveniente da
Suasa conservasi nel Museo di Ancona e fu publ)licato dal eh. Henzen negli Annali
dell' Insl. 1872, p. GÌ. tav. d'agg. F. Era stato ritrovato poco tempo prima . vicino
r^li avanzi dell'anfiteatro e non lungi dal Cesano '•.
Questo antiteatro era stato creduto finora di forma circolare. 11 Ihandimarte dice
(1. e. p. 107): ■• Si mirano i ruderi dell'anfiteatro ch'era perfettamente tondo o molto
vasto, e vicino ad esso quelli di un tempio in cui furono trovate molte antichità dal
Volpelli e fra esse una statua di Giove di marmo parie ».
Parendomi anormale un anfiteatro di forma circolare, ne ho fatto misurare gli
avanzi emergenti sopra suolo, ed è risultato di forma elittica con lUO metri per l'asse
l>iìi lungo, ed 80 per quello più breve.
L'area occupata dall'antica città è travei-sata ora da ponente a levante dalla so-
liraindicata via comunale, ed in tre punti. di essa s'incontrarono recentemente gli ac-
cennati avanzi architettonici.
Il primo luogo è di fronte la casa colonica detta Tappatino. Ivi alla profondici
di 111. 1,50 sotto il margine a monte della strada comunale s'incontrò un pavimento
formato con grandi blocchi di un marmo rosso, simile a quello di Verona, larghi circa
un metro quadrato, dello spessore di oltre 80 cent, e levigati, anzi quasi lucidi, in
una delle faccio.
Per far posto alla conduttura questi lastroni vennero alcuni estratti, altri barba-
ramente rotti. Ne ho veduto sei appoggiati al muro della casa colonica ed altri an-
cora in sito, ma spezzati.
Non ostante la ristrettezza del taglio (largo appena m. 0,60) ho potuto me-
diante tasti qua e là acquistare la convinzione che il pavimento marmoreo si esten-
deva cosi sotto la strada comunale, comò sotto il podere, a monte, del principe Uu-
REGIONE VII. — 401 — VETULONIA
spoli, 0 che con uno scavo largo o regolare si potrà determinare l'edifìzio a cui esso
ha appartenuto.
Circa cento metri più oltre verso l'anKteatro s' incontrò, pure alla medesima
profondità, un grande dado marmoreo, largo un metro che ora sormontato da una
hella base ionica di in. 0,7."i di diametro e di assai buon lavoro. La colonna pioha-
l)ilmente non era sola, ma perchè il cavo in questo secondo punto era già stato col-
mato, non ho potuto investigare se altre ne esistessero più discosto e da quale specie
di pavimento fsssero circondate.
Ricerche più particolareggiate ho potuto istituire nel terzo punto, distante circa
60 metri dal secondo, sempre sulla medesima linea stradale, ma quasi di fronte al-
l'anfiteatro. Ivi si era incontrata una fila di blocchi quadrangolari di calcare, larghi
più di un metro i quali erano sovrapposti due a due o costituivano le fondamenta di
colonne costruite a tamburi. I blocchi equidistavano fra loro quattro metri ; ma i due
di mezzo soltanto m. 3,20, e lo spazio racchiuso fra essi era occupato da un grosso
e largo gradino fatto in duo blocchi, della lunghezza complessiva di m. 2,80, in modo
che rimaneva un vuoto di venti centimetri per parte fra i gradini e la base della
colonna.
Tale vuoto probabilmente era riempito con grossi mattoni esagonali, i quali cir-
condavano altresì da ogni parte le altre due basi di colonne e costituivano il pavi-
mento dell' editìzio. Del quale pavimento ho riconosciuto ancora gli avanzi in posto
così a destra come a sinistra delle ultime due basi di colonne: per cui non si può
ancor dire se queste fossero soltanto quattro, oppure in maggior numero.
Anche qui sarebbe necessario uno scavo ampio e regolare per determinare l'esten-
sione e la uatm-a dell'edifizio a cui hanno appartenuto non solo queste colonne, ma
ancora una grande mensola marmorea, alta più di un metro, ritrovata in vicinanza
di esse.
Siccome tutti questi trovamenti avvennero lungo la strada comunale, così tanto
le colonne, quanto le basi e le mensole sono di proprietà del comune di Castelleono
di Suasa, dove ho consigliato che siano trasportate e collocate nel cortile del imini-
cipio, perchè rimanendo sulla strada dopo poco tempo o scomparirebbero o audreb-
bero distrutte.
Nel sottosuolo od in sito restano ancora i dadi inferiori che servivano di so-
struzione alle colonne, e che alla ripresa dello scavo, potranno essere di guida per
controllare le misuro e lo distanze da colonna a colonna indicate nel presente rapporto.
Rreione vii (ETRURIA).
V. VKTUTjONIA — Ih una kcrisione latina dedicala a Caracalla.
Nella nuova JJadia di Sestinga, ridotta a casale, presso Colonna ora 'Vetulonia.
entro il perimetro delle mura dell'antica città, il solerte ispettore dott. I. Falchi
riconobbe un'iscrizione latina, di cui trasmise il calco. Era applicata come soglia di
VBTULONIA
402 — REGIONE VII.
inanno ad una tiuestra, e si appalesa, sebbone mancante (lolla parte superiore, come
nnoraria ali" imperatore Caracalla. Per la importanza sua e per la lozione migliore
tleirclita nel giornale YOmbronc (n. 40 della. IH'Ct). "ou vi ha dubbio che deve
inserirsi in questo Nulisie. A suo complemento supplisco le parti manrauti. attenen-
domi a simili iscrizioni, e specialmente a quella di Perugia {C. I. !.. XI. parte 1».
n. 1!»25):
Im\). Cacs. M. Aurelio
Antonino. Aug. Tr. Poi. ...
Imjh Cacs. L. Seplimi Severi
Pii. Pertiiiacis. Ann. KKabici
ADIABENICIFILIOD//7. M.
ANTONININEP DIVIA/i/o/»/<i
PII PRON DIVI HDRIA/;/yl(/«e/).
DIVI • TRAIANI • ?KmCi . et
DIVI NERVAE ■ ADfiEpoti
I X ■ D ■ D P P •
Vaio a diro nell'iiltima riga: E.v decreto deeurionvm pecunia pnblico. 11 che ci av-
visa, che presso quel luogo sorgeva un municipio fra il secondo e il terzo secolo del-
l'era volgare. Di quale mai si tratta ? Certo di quello, che era in cima del poggio,
risorto dopo la distruzione dell' etrusca città. Nella grave questione, quale lassù si
fosse, "•iun<'e molto opportuno questo nuovo monumento. Non è vero adunque, come
si propalò e si fantasticò, che nel poggio di Colonna Vetulonia cessasse cinque o sei
secoli av. Cr. e i suoi abitanti più a settentrione trasmigrassero, fondando una cittiì
omonima. E neppure è vero, che dopo la sua distruzione avvenuta, come si rileva
dalle monete, nel secolo primo av. Cr., la ricoprisse un oblio di tempi e di fortuna.
Invece riprese vita, e si costituì a municipio. Nel suo pubblico Foro saranno stati di-
sposti i titoli onorari ai cittadini più cospicui, ai patroni, e agli imperatori : e questo
a Caracalla a noi rimane di valida testimonianza. Sono persua.so, che proseguendosi
gli scavi entro cittìi, come felicemente da due anni si è cominciato, s' incontrerìi il
luogo del Foro, e da qui verrà alla luce, (luale fu ijuella città etrusca, che intorno a
sé svolse una così gi-ande e meravigliosa necropoli.
r.rij sapevamo che la città di Vetulonia non ricordata da Strabene, perchè a suo
tempo distrutta, aiiparisce poco dopo come ricostituita da potere concorrere colle altre
di Ktruria ad onorare l'imperatore Claudio con un monumento in Cerveteri. Si ricorda
il suo nome in varie epigrati del secondo e terzo secolo, da che si desume la sua esi-
stenza al tempo imperiale. Ma finora dubitoso fra me diceva : Si pone Vetulonia etrusca
sul poggio di Colonna, con ragioni invero validissime, e pare che del tutto siale man-
cata la vita prima di Cesare, essendomi manifesto che la sua distruzione fu eseguita
da qualche legione di Siila : ma dove sarà la Vetulonia romana, della quale abbiamo
l'accertamento in Plinio e Tolomeo, e nelle iscrizioni? Ora qu&sta difficoltà è scom-
parsa. Kocentemonte ho itubblirato nel Ihi/lclthto Dforico .«-//(V" alcune epigrati latine
ROMA — 403 — ROMA
sparse nel poggio di Colonna, ove restano non lievi traccio di vie romane. 11 titolo
ora di Caracalla decide, che alla città etnisca successe, sia pure dopo un secolo, il
municipio romano.
Da quanto finora possediamo, si può asserire che quasi tutti, se pure non furono
tutti, i quindici popoli dell' Etruria dedicarono un ricordo di gratitudiue a Caracalla.
Sussistono tali monumenti a Luui, a Perugia, a Volsinii, a Falena, a Cosa, a Saturnia,
a Sutri, a Cerveteri, ad Alsio, e a Capena, e se ne ritroverà qualche altro di altra
città dell'Eti-uria. Queste dimostrazioni pubbliche appellano a provvidenze, a libera-
lità, e a benefici di Caracalla inverso quei municipi, sia per rifacimenti di strade,
sia per condoni d'imposte, sia per istituzioni di monti frumentarì. Certo aveva tutta
la regione etnisca gran bisogno di. essere sollevata, specialmente la marittima. Saturnia
dichiara che onora Caracalla {CI. L. XI, p. 1% n. 2()48) oh multa et Mmlria ia
se beneficia divinae iddulgentiae eius. Lo scopo dell'epigrafe del poggio di Colonna,
che omai potremo dire di Vetulonia, è sicuramente uno simigliante. Poiché a quale
altra città possiamo pensare':' forse a Colonia, rammentata solo da un dubbio passo
di Frontino, ed in un martirologio, mentre non si legge il suo nome in alcun mo-
numento, in niun latercolo militare 'r' Eppoi è molto disputabile se quella Colonia
equivalga alla medievale Colonna: e infine che i romani abbiano dato l'appellativo
generale alla colonia dedottavi senza determinarla, il clie non facevano mai. Adunque
resta comprovato anche per questo nuovo documento, se non direttamente, almeno per
giusta deduzione, che la città etnisca, situata sopra il poggio di Colonna, riprese vita
al tempo imperiale, e ciò molto conforta l'opinione, ornai universalmente accettata
(nulla contando le scritture più o meno vivaci ed erudite senza dei fatti), che quella
debba stimarsi e credersi la celebre Vetulonia,
6. F. Gamurrini.
VI. ROMA.
Nuove scoperte mila cilici e nel suburbio.
Regione IV. Intrapresi dal Ministero delia pubblica Istruzione alcuni lavori
per rimuovere l'umidità nel pavimento della chiesa detta di s. Pudenziana, si è ster-
rata una parte degli antichi edifici sui quali quella chiesa fu fondata. Quando i la-
vori saranno compiuti, e saranno tratte piante e disogni delle costruzioni sottoposte
alla chiesa, potrà riconoscersi se queste costruzioni siano da attribuire ai portici delle
termo di Nevato, iioUe quali alla metà del secondo secolo dell'era nostra fu costituito
il tilolo di Pudente ossia \ ecclesia Pudentiana; ovvero se spettino alla riedifica-
zione della chiesa stessa fatta nell'annuo 308 sotto il pontificato di Siricio, dai preti
Leopardo ed Ilicio.
Frattanto possiamo accennare, die quattro .spazioso e lunghe gallerie, costruite
in buon laterizio, pai'allele fra loro e comunicanti mediante una serie di arenazioni,
sono state già scopurte: qualcun'altra ne è ancora nascosta sotto le terre, come in-
ROMA — 404 — ROMA
ilicauo gli archi di comunicazione che appariscono in una di esse. Tali gallerie oc-
cupano tutto lo spazio della chiosa sjuperiore. e vei'so la facciata di questa mettono
iu alcuno stanze quadrate, con volta a crociera, sulle cui pareti intonacate veggonsi
tuttora tracce di decorazione a scomparti architettonici, formati da linee di colore
rosso. In una delle indicate gallerie, e poco sotto la volta, si è scoperta una nicchia
iu forma di arcosolio ; nel cui fondo è conservatissimo un bel dipinto, che ritrae l'apo-
stolo Pietro in mezzo alle giovani Prassede e Pudenziana. Le figure sono distinte coi
propri nomi, scritti con lettere una sotto l'altra.
Il piano antico ù stato iu alcuni luoghi r^giunto, e trovasi a piìi di setto metri
sotto il pavimento della chiesa. In un punto si è scoperto un avanzo di pavimento
a nuijiaico bianco e nero; in un altro si ò incontrato il selciato di un'antica strada
romana. Fra le terre è stato raccolto un frammento di zoccolo in porfido, un piccolo
rocchio di colonna scanalata in marmo bianco, frammenti di lastre diverse di maiini
colorati, 0 quattro pezzi di tegoli con bollo. Due di questi sono delle figline di t^.
Servilio Pudente e spettano agli anni 128-lo3 (cfr. CI. L. XV, 1439); uno è delle
figline Terenziane e dell'età di Settimio Severo (cfr. CI. I. XV, G2ij); un altro ri-
corda l'ofliciua Vicciana, e dee riferirsi alla metà del primo secolo:
^ V I C CI N
A sinistra <lelli' gallerie sopra indicato, cioè nella parte che si estende alle pen-
dici del Viminale, sono state sterrate altre gallerie minori : e quivi la caduta di una
piccola parte della volta ha messo allo scoperto il pavimento a musaico di un'antica
stanza romana, che si trova a livello più alto e di poco inferiore a quello della chiesa.
Il musaico è a minuti tesselli bianchi e posa sopra un piano di mattoni, uno dei
quali ha il bollo dell'età di Antonino Pio, coi nomi di Flavio Apro e del figlilo Giulio
Callisto (C. /. L. XV, 1145).
Kegione V. In via Palestre, facendosi un cavo per fondazione presso l'angolo
ad oriente del casamento segnato col n. 15, a quattro metri sotto il piano stradale
si ò rimesso all'aperto un avanzo di antica costruzione in opera reticolata. Si com-
pone di due muri posti ad angolo retto, il primo dei quali ò lungo m. 1,2U, l'altro
in. 0,<30.
Refioue IX. Negli sterri per la costruzione della rampa d'accesso al ponte
Umberto I, presso la via di Monte Brianzo, sono stati scoperti avanzi di un antico
muro ad opera reticolata. In prossimità di esso si trovarono due basi di colonne, di
m. 0,:57 per ogni lato, distanti l'una dall'altra m. l,o2. Fra le terre fu recuperato
un rocchio ili colonna di gninit<i bigio, lungo circa m. 2, col diametro all'imoscaiio
di m. U,G7.S.
Kegione XI. Nel giardino attiguo al casamento Cartoni in via di .-<. Teodcuo
n. 11, facendosi alcuno opere di fondazione si è trovata un'antica fogna, che corri-
s|mnde all'angolo sud del fabbricato medesimo. Ila l'altezza di m. 1.70, la larghezza
di m. l,-lo, 0 trovasi a circa otto metri sotto il livello stradale.
REGIONE X. — 4U5 — ROCCA DI l'.Vl'A, S. MARIA C. VETERE
Regione XII [. Un altio uvauzo di pavimento a musaico bianco o nero ò tor-
nato in luco nei lavori per il lato meridionale del nuovo monastero dei Benedettini
sull'Aventino. È alla profondiiii di «ette metri sotto il piano attuale; ed è },'randu-
lueiito danneggiato e consunto dal fuoco.
G. Gatti.
• • Regione I (LATIUM ET CAJIJ'AXf.ìJ.
VII. IIOCCA DI PAPA — Resii di edifìein termale scnpcrli alle falde
di monte f'aoo.
Nel terreno boschivo di proprietà dulia Casa Colonna, alle laide meridionali di
Monto Cavo, in vocabolo Mezzaraga, eseguendosi delle buche per piantare alcuni pali
di una capanna, si scoprirono due vasche in muratura, di forma quasi semicircolare,
parallele ; l'una col fondo in mosaico, a quadretti di marmo bianco, inclinato a nord-
ovest, l'altra rivestita nelle pareti e nel fondo di lastre di marmo bianco e di por-
tasanta. Dai fori praticati nel fondo delle dette vasche si riconobbe il vuoto sotto-
stante, che pare di fornace, con pilastrini quadrati in laterizio {suspensurae)., sui quali
poggiano grossi mattoni quadri, di m. 0,60 di lato. Su questi sono impressi i bolli
riprodotti nel C. I. L. XV, u. 171, 207, 674, riferibili agli anni 134, 138 dell'era
volgare.
Per due lati della vasca rivestita di marmo e nelle pareti di essa appariscono
le tubnlature fìttili per il calorico, comunicanti coU'ipocausto. A breve distanza dalle
vasche suddette, esistono i ruderi di due ambienti paralleli, di forma rettangolare.
comunicanti tra loro, con residui di copertura o volta reale, e pare che spettino a
conserva di acqua. Presso le vasche osservasi pure un avanzo di parete con paramento
di opera reticolata, di pietra albana, e con un'apertura di cunicolo.
Alla destra degli indicati ruderi, indubitatamente di una torma o balinoa di
qualche siiburbano, a circa m. 10 di distanza, trovansi gli avanzi di un'antica strada
romana, pavimentata con poligoni di lava basaltina, per la quale si saliva al monte
Laziale, da una parte, e discendevasi verso Albano, dall'altra.
M. Saldstri.
VIII. 8. MARIA DI OAPUA VKTKHE — Il direttore del Museo Nazio-
nale di Napoli ha mandato il calco cartaceo della seguente iscrizione osca:
(a) V >) I : V 1
>irvia>iR^
NN*3D
{b) V -J I n V I
SIOIM^
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5*, parte '2".
POMPEI, S. VITTORINO — 40tì — REGIONE 1, IV.
Tale lapide fu venduta nel passato inverno al sig. Bourgiiignon da persona di-
morante nelle vicinanze di, S. Maria Capila Vetere; essa misura 21U mm. di lungh.
0 mm. 17'> di hirgh. ; la parte sinistra della pietni è rotta, sicché possediamo solo
il principio dell'iscrizione. La terza parola del lato (a) è probabilmente verna, e cioè
la parola che troviamo in altra epigrafe osca (cfr. Fabretti, C. 1. 1. 2888, Gloss. col.
.■)70). L'iscrizione nostra appartiene alla classe delle ioriloe, probabilmente oll'erte vo-
tive a (.ìiove delle quali non abbiamo ancora precise notizie, malgrado le m«lte
iscrizioni osche che ne fanno menzione (cfr. Zvetaiell', SylL Inscript. Ose. SSb, 'Ma;
Uh. Mas. 1888. p. 130 e segg.; 1889, p. 323 e segg.; e cfr. anche la nuova iscri-
zione osca recentemente pubblicata dal Pianta, in /iidogermanhclte ForschntKjeii IV,
1894, p. 259). Il mkrak è nuovo nel dizionario osco; il sa/crid è evidentemente abla-
tivo (cfr. Uh. .Vm. voi. 45. f. II), acc. sakrì7n, da tema in -i, come slaagid 'loco'
(acc. slagim), akrid 'acri'.
Il testo della nostra epigrafe fu pubblicato in Uhcinischcx Maifenm. ISOl. pa-
gina 48U dal signor K. Seymour Oouway; od io stesso no tentai rinterpretazinnL' in
Read. Accad. Lincei, Ferie accad. 1894.
C. Pascal.
IX. POMPEI — (riornale dei lavori redatto dagli assi-Uenti.
1-.") novembre. Fiurono ripresi gli scavi ad est della casa del Laberinto, nella Re-
gione VI, isola 12-'. Oli operai attendono allo sgombro degli ambienti a destra di chi
guarda il protiro e nel primo di essi, che è di fronte al peristilio, vennero in luco tre
dipinti, con le rappresentanze del supplizio di Dirce nel primo, del supplizio di Penteo
nel secondo, e di Ercole coi sei-penti nel terzo. Nell'ultimo ambiente si scoprirono altri
due dipinti, l'uno rappresentante Bacco ed altre figure presenti alla lotta di Amore
con Pane; e l'altro rappresentante Ciparisso. Mancano i due quadri che adornavano
le pareti dei lati est od ovest.
(i-11 detto. Non avvennero rinvenimenti.
12 detto. Da un operaio fu rinvenuto casualmente: — lìron:o) Un cucchiaio,
lungo ni. 0,135.
13-2(3 detto. Non si ebbero scoperte.
27 detto. Nello scavo su indicato, si rinvenne una carallinetta di vetro, alta
m. 0,130.
28-30 detto. Non avvennero scoperte.
Reoionk IV (SA.MNIUM ci SABINA).
SABI.M
X. S. VITTORIN(» (fraziono dol conimn' di VmA\) — Angelo Maria
Ludovici, pur lavori agricoli scassando un suo terreno, nel territorio di s. Vittorino,
nella località denomiiKit.i Tniriiiar. trovò alcune lastre di calcare, sagomate, vari
KEOIONE IV. — 407 — CAPESTRANO, BUSSI
frammenti di laterizi od una lucerna fittile, monolicne. ornata nulla parte superiore
ili (lue palme, e recante nel fondo il noto bollo:
L FABRMASCL
N. Pkhsichetti.
VESTINI
XI. CAPESTRANO — Di una iscrlsioue Ialina scoperta preciso
Vahìialo.
Circa tre anni dietro, il signor Filippo Corsi, cultore di patrie memorie, mi favori
alcime notizie sulla scoperta di una lapide di pietra calcarea comune, di m. 1,00 X 0,50
0,50, rinvenuta a poca distanza da Capestrano, nella contrada Presciano. Vi si leggeva :
C O M M V N I
C-ORFIDIBENIG
NI- VIL LI C O
GEMELLVS- FRA.
Non diedi comimicazioue officiale della scoperta, porche volevo andare io sul
luogo e rilevare un calco della iscrizione. Il ritardo ha fatto sì, che la mia gita, per
tale oggetto, fosse ultimamente riuscita inutile, dacché con rammarico ho saputo clu'
la lapido in discorso fu barbaramente rotta e adoperata come materiale di iabbrica.
A. DE Nino.
XII. BUSSI — Altre antichità riconosciute nel territorio del comune.
Nelle vicinanze di Bussi, alle contrade di Piano di San Rocco, Piano le Case,
San Paolo e Fossi, descritte nelle Notizie del volgente anno pag. 170-180, debbono
aggiungersi alcune altre non meno interessanti per la topografìa antica dei Vestini.
Bussi siede sopra un colle. Nel più alto del paese ha un avvallamento; quindi
rincomincia l'erta. Poi viene un piccolo spianato, detto contrada JVecchia, dove si sco-
persero già, in diversi tempi e non di rado, sepolcri a inumazione per un lungo tratto,
fino alla contrada Giardino, in cui appunto per una piuttosto larga distesa di terreni
si vedono sparsi laterizi di ogni genere, compresi alcuni frammenti di bucchero ita-
lico. I grossi pezzi di dalia e di seriae si incontrano in vari punti.
I contadini di quella contrada ricordano avanzi di nmri di varie forme e dimen-
sioni, demoliti per la piantagione delle vigne. Una piccola sorgente accenna all'antica
fontana del pago, da cui per avventura sorse nel medio evo l'attuale Hussi.
La contrada detta Bussi vecchio, parecchi chilometri distante dal moderno Bussi.
non può aver dato a questo l'origine.
Essa è contigua all'altra di Aratm-o, entrambe ricordate dallo storico Antinori,
CANOSA — 408 — REGIONE 11.
il quale nomina un signore di Jiiissi e di Aratura. Corto è cho questo JUmi vecchio,
dovette essere un vico dell'età ronìiina. come dalla testimonianza di cocci antichi che
vi si vedono sparsi, e poi fu castello medievale, come dai ruderi di fortilizio che al
presente ancora si vedono.
La denominazione connine ili lìuxsi deve probabilmente derivare dall'abbondanza
dei bossi che, in vernacolo si chiamano rtisci o biisci. Nel tenimento di Castelvecchio
Carapelle si ricorda altresì una contrada dotta Valle di bussi. Lo storico Di Pietro,
jiarlando della cattedrale di Siiliiiona. a pag. .">7, ricorda una Saiila .Maria in liitssi.
Del reslo, trattandosi di etimologie, si rimane quasi sempre nel campo congetturale.
Torno all'attuale Bussi e alle su accennate contrade di Necchia e Giardino, e
noto che per esse e per Culle Sodo si deve passare volendo ascendere a lìoccn Tn-
i/linla. che è un colossale schianto di roccia, dove ho osservato gli avanzi di ini ca-
stello medievale, di cui è anche bene tener conto.
A. DE Nino.
Reoionk II (.ÌPULIA).
XIII. CANOSA — Antichi aran::i scoperti nel l'agro Canusivo.
In occasione dei lavori della ferrovia Harletta-Spiuazzola, nel fondo del sig. Sa-
bino Forina in contrada Vignale dell'Avena, si rinvennero non lontano dall'anfiteatro,
alla profondità di m. 1,.''>0 e in un' area di circa m. q. 700, un frontone luariiioroo
modanato della lunghezza di m. 3,20 e dell'altezza di m. 0,'J4, mancante di una
parte della cornice nel lato inferiore d'imposta; un buon capitello corintio marmoreo
alto m. 0,50 ; due colonne di marmo grigio giallastro, con venature turchine, senza
scanalature, alte m. 3 o del diam. di ni. o.^ii nell'imoscapo ; e undici pezzi di tìstulo
plumbee, di cui quattro con l'ejiigrafp:
R P C CVR P GRAEC FIRMo
che io leggerei : /?(«') p{ublicae) G(anusinorHm) dogante) P{Mio) Groec{idin) Firmo.
Un P. Graeciditis Firmus figura tra i [Iviralicii nell'allio dei decurioni di Ca-
misium dell'anno 22:< dell' e. v. (r. /. /.. IX, n. 338, 2, 3(i).
Cos\ i dati dogli avanzi architettonici come la copia della iscrizione su i fram-
menti di fistule li ho tratti da un disegno prosentatonii dal sig. Forina.
A. SoOMANfi.
REGIONE III.
— 409
REGUIO CALABRIA
RAGIONE III (LUCANIA Eì BRl^TTII).
XIY. KE(;(ilU OALABJUA
Piombi anticìii.
I. Hei.a/.ione.
Nella piazza Vittorio Emamielo di Reggio di Calabria, scavandosi le fabbriche
della Banca Nazionale, i?i rinvennero avanzi di varie età, fra i quali un buon nu-
mero di piombi, cristiani per la maggior parte. Il prof. Barnabei ne descrisse IJ
nelle Notizie del 1886 (p. 244 seg.), e propriamente 10 sigilli bizantini, con iscri-
zioni greche, uno di un Gregari papae e una placcbetta col monogramma cristiano.
Altri 39 piombi di proprietà del Museo Reggino furono piìi tardi spediti a me dal
R. Ministero perchè li studiassi, e sono quelli che fonnano l'argomento della presente
relazione, la quale ho compilato con grandissimo ritardo, in parte per colpa di guai
miei e in parte, per colpa di quei piombi stessi, che sono in uno stato disperato di
conservazione; sicché prima di rinunziare alla lettura di molti di quelli, ho voluto
tentare e ritentare la prova, sperando sempre di giungere ad un risultato concreto.
Perchè nessun genere di monumenti si presta così poco alla lettura come quello dei
piombi iscritti, essendo che la cattiva conservazione, unita alla poca precisione di
un metallo duttilissimo e all'alterazione dell'ossido, spesso non permette di ricono-
scere le singole lettere se prima non si è divinata la lettura di tutto il testo. Spero
che altri possa essere più fortunato di me; a me duole di non aver potuto cavar
fuori altre notizie da una partita di piombi, che avrebbe potuto darei elementi pre-
ziosi per la storia della Calabria nell'età bizantina; ma, comunque sia, credo che i
risultati ai quali son giunto mi compensino degli sforzi fatti. Questi 39 piombi vanno
così divisi:
A) Piombi mercantili.
B) Piombi di forma cilindrica schiacciati alle estremità.
C) Sigilli bizantini con iscrizioni greche o latine.
D) Tessere e frammenti informi.
Piomlìi racrcantHi.
Di questi piombi tre sono del periodo classico (n. 1:1) e per la forma simili a
quelli che si trovano in Sicilia (dei quali nel 18G4 pubblicai un'ampia colleziono nel
voi. XXXVI degli Annali dell' htitntu Archeologico, accompagnata da 8:> disogni).
ULOOIU CALABUU — 41u — RBOIONE 111.
i- come i iiiodorni liolli iiiLTcaiitilì, oraD tonnati da una striscia fusa di ])ioinbo aventi-
ad una estroiuitù una parte conica, la quale, tìceata nel cerchio dell'altra estromitii.
i-ra poi schiacciata con l'imprónta dei coni (').
Il n. 1 ila una piccola tu:?ta rivolta a dritta: il ii. :! un aratro con una caval-
letta ed altro oggetto indistinto; il n. ó ha un tipo irriconoscildle.
Non è improbabile che questi esemplari rog^nni venissero dalla vicina Sicilia.
quantuni|iio contro l'uso di quelli siciliani, sieno bollati da una sola faccia. Il tipo
dcUaratro si trova in quelli da me pubblicati, sebbene di l'orma diversa (Vedi Mi-
moria citala, u. 71).
In quanto a quelli dei bassi tempi (nn. 4-l(i) nulla posso dire di concreto, es-
sendo che dei tipi loro non restano cbc avan/i incompletissimi di stemmi, di iscri-
zioni e di monogrammi.
B
Jlotlo ili forma cilindrica schiaccialo all' est reni ilii.
J
La forma loro si vede chiaramente dalla vignetta qui intercalata e ancor meglio
dalle incisioni della tavola d'aggiunta H. che fa seguito ai miei Piombi antichi si-
ciliani pubblicati negli Annali dell' htiluto archeologico del 18G(.ì, voi. XXXVIII.
In questi piombi si scorge benissimo che il conio fu stampato dopo che la parto ci-
lindrica di quelli si trovava imprigionata in un corpo di un centimetro circa di spes-
sore, il quale frapponendosi fra le due facce del piombo, permetteva che vi stampasse
sopra. Anzi è da ammettere piuttosto che questa forma a fungo avesse origine dal-
l'essere il metallo colato in un foro della tavoletta, che voleva bollarsi e che poi andò
consunta col tempo. Da (juesta osservazione potrebbe forse derivare la congettura che
con quei piombi si bollassero documenti scritti su tavolette.
In questo esemplare reggino (ii. II) si scorge, in un bollo quadrangolare, parte
ili un monogramma composto di tre lettere.
(I) Nclln Memorili sopracitata publilic.iì .iticlic mi csciuplarc dir ancorn non era stato rhiiisn
i.Il!:lf.. iM'iniim.-iili .IfìV/.tl^ iirrh v.) Vili, t.iv XI. 11. I).
REGIONE III.
REGGIO CALABRIA
Sigilli hisantiiii.
Itiniiovaniio K' dichiarazioni già fatte intorno allo .stato deplorevole di questi si-
gilli bizantini, due soli dei quali hanno leggenda latina, ecco quanto io sono riuscito
a trovarvi.
J'J anzi tutto un nuovo Duca di Calabria, Nicetbro (u. 12).
Il nuovo bollo di Niceforo ha nel dritto il solito monogramma, ch'io proposi di
leggere QeoTi'ixe fio/^ft, rettificando la lettura Kvgn- ^oi]Ofi seguita fin allora ; e son
lieto che l'egregio Schlumberger abbia accettato quella mia rettifica. Nel rovescio si
legge :
NI..
<Ì>OPCjJ
CnA0'
OVK'K
<fÓQ(p
\jTQmvo^ ariete {aQÌ(o)
\_xcà 6'\nvxì K[aXa^QÌac)
Come si vede, la lettura non offre alcuna difficoltà. A cinar)aQÌcì aggiungo il nouno
restando effettivamente Io spazio per Yalfa col quale esprimevasi quella parola e non
mai perchè la carica di Duca di Calabria dovesse per necessità conferirsi ad un pro-
tospatario, siccome dimostrai in queste Nolisie (1887, p. 124) a proposito del sigiUlo
di Ireneo duca.
Nei miei Sif/illi diplomatici italo-greci {Periodico dello Strozzi, voi. IV, 1872.
tav. XI) io aveva trovato i nomi di Pietro, Teodoto e Basilio, insigniti dell'Ufficio
di Duchi, quando al tema di Calabria furono preposte autorità rivestite di quell'alto
grado militare. Lo Schlumberger nella sua splendida opera: Sigillographie de l' Em-
pire bìisanlin, Paris 1884, p. 220 e seg., vi aggiunse un Costantino (')• E un altm
Duca di Calabria, freueo, trovai in uno splendido sigillo acquistato dal Museo di
Palermo e pubblicato in queste Notizie, 1887, p. 124.
(') Non teiiiid ooiito ilei iioim.'
propostu, a ragiono, in iiiodci iliibitativo.
RKOr.Ii) CALABRIA
— 412 —
REGIONE III.
N. 18. Nel dritto, avunzi di titilla. Nel rovescio, l'iscrizione:
OAN
IIAPXICIII
KOnoJKA
AAVPIN
Oxónoì Ka
ì.uvqi{ec
La lettura par dillicile a prima vista, aia pure riesce agevole se si coufroiita
con leseiuplare bollissimo ch'io comprai pel Museo Nazionale di Palermo e pubblicai
nel Periodico citato, tavola XI, n. lo, p. 2G7 sog. È questo uu caso raro di dupli-
cati di .-igilii, facilmente spiegabile se si pensi al lungo governo tenuto da questo
tìiovanni. se questi è il vescovo reggino spedito nel G8U da papa Agatone come
uno dei deputati del sinodo romano al concilio costantinopolitano contro i Monotoliti
e ricordato dall Ughelli {Italia sacra, Venezia, 1721, voi. IX, p. 324). Non è questo
il luogo opportuno per esaminare se lo Span^^ Bolani abbia errato registrando due
vescovi diversi col nome di Giovanni (^/o/v'rt (// Reggio di Calabria. Ueggio. 181»1.
II-', p. ;372). Per la storia di quel periodo mi limito a rimandare all'opera di Hefele
(Coucilie/igesc/iichtc, III,° 2.'»2 segg.) notando soltanto come in quel tempo un archie-
jHscopm potesse esser chiamato semplieenientc cpixcopiis, e come la sede di Reggio
portasse il titolo di metropolitana della Calabria (G. Minasi, .S". .Xilo di Calabria.
Napoli, 1892, p. 108; Spanò Bolani, 1. cit. I, 2U4) ed anche della Sicilia, dopo che
gli Arabi conquistarono l'Isola, come si vedo dall'esempio di Niccolò arcivescovo
della provincia di Calabria, della città di Reggio xnì lixfUnc TgncexoiiKÌoc
Xc'>e"'^j ricordato nel codice greco vaticano HióU, citato da monsignor Lancia di Brolo.
Storia della Chiesa in Sicilia. Palermo, 1884, II. 454.
Un altro arcivescovo di Calabria avremmo nel frammento di n. 14.
Dritto: avanzi del solito monograiuiiia : rovescio:
O0
leni
PI
0,>. .. (ÙQX)
lfTTl{axU7T)
h(aXctfi)
()/'(rfj)
Del nciiue dell'arcivescovo non restano che due .sole lettere .. .0 0. . . insullicienti
a specificare se <|ue8to fosso un Timoteo o un Dnroleu o quahinqui' altm dei tan-
REGIONE III.
— 413 —
KKGtìlO CALAKRIA
tistiinii composti col nome di Dio; molto più che tanto nella lista dell' Ughelli, quanto
nell'altra dello Spanò Bolaiii, non ne trovo alcuno che convenga con quelle lettere.
Il sigillo di Pa/icalio, n. 15, è importante non solo pel titolo onorario di Miso-
ki'o, che spunta quasi sempre in sigilli italo-bizantini ('), ma per l'uso cui fu desti-
nato più tardi, siccome si vede dal suo rovescio. Su questo, cancellato lo scritto an-
tico, fu inciso con uno strumento tagliente, un lambda. Che il piombo in origine fosse
un sigillo diplomatico non è da dubitare, restando ancora visibili i buchi pei quali
passavano i cordoncini; pertanto è da ammettere che, in seguito, di quel sigillo si
facesse un peso. Presentemente pesa gr. 25, 90.
Il n. 16 apparteneva ad un Simeone imperiale siìatario e termina con l'augurio
AM{ì[v) ameii, riferentesi alla formola espressa nel monogramma del dritto: Madre
di Dio ajiUa . . .
Finamente incise erano le lettere del n. 1 7, ma è a deplorare che non possano
leggersi gli ultimi due righi del rovescio, in cui doveva contenersi l'ufficio determi-
nato di questo Teo/Ilatlo Jmperiale proiospatario. In un altro si legge il nome di
Niceforo e, sicuramente, il solo titolo di Caddidalo (NAA).
NN. 19-30. Frammenti o bolli interi mal conservati e dai quali non può cavarsi
alcuna lezione sicura. Noterò solo due pezzi. L'uno (n. 19), che è la metà di un pic-
colo sigillo, che ci lascia il desiderio del nome di qualche gran funzionario di Sicilia
all'ottavo 0 al nono secolo. Kesta soltanto la metà destra dello scritto con la line
del nome (forse un Giovanni), e poi il titolo protospalario e proto . . . di Sicilia.
Ili
AP'
SA'
IKe
[^TTQUìTO^ (o';rnr.'/)«p(j(V))
. . . Xfà TTOCOTO
( ') V. iiuliluiiibcixor, 1. e. p. 54o,
Classe di scienze mokau ecc. — Memorie — Voi. II, tfcrie 5", parte 2". 5o
KBGGIO CALABKIA
— JU —
REGIONE III.
L'altro (u. 2<0 puro piccoliuu. da un lato aveva, come l'altro, la croce circon-
.lata dall'iscrizione -\- Kvoif (ioi]^n r».> ao» rfoi'/h), e lul rovescio, /70©/2 e la tìue di
altri tre righi di scrittoi
... HAI (■>)
... HA
. . . lu)
L'ossido ha rovinato questo piombo, sicché pel secondo rigo, non saprei alcuna
lozione da proporre ; in fine potrebbe proporsi rrarpix/V.) o ann^a^i'oh E mi rassegno
con tanto più dispiacere a questa irapossibilitìi di giungere a leggere i titoli di questo
l'otlm. in quanto che il presente sigillo è molto simile a un altro in cui si legge
rolhos stratego di Sicilia, e lo Schlumberger (i. cit.. i-. 2 IH. nn. 8, 9, 10 e p. 734)
ha creduto di poter leggere pure, non so con quanto fondamento, il titolo di (armarca
ili Calabria.
Degli altri piombi con iscrizioni n con nionogi-ammi incompleti o di dubbia
lezione preferisco di non tener conto, credendo non solo privo di scopo, ma anche
dannoso il proporre letture, che non abbiano sicuro fondamento. Due di questi sigilli
di età bizantina hanno iscrizioni latine; l'uno (n. 31) ha nel dritto i due soliti busti
di santi, con una croce nel mezzo; e nel rovescio, l'iscrizione Sisiimii j»\cshijlcr)i:
e l'altro (u. 32) probabilmente di (luulche vescovo. li;i il dritto interamente sciupato,
mentre nel rovescio si leggono i [uimi due righi S{ady{_lai') Ji'cc(lesiac) ed è perduto
il terzo, che doveva contenere il nome della diocesi.
D
Tessere e frammcnli informi.
Nulla ho da dire intorno a questi frammenti o a qualche piccola tessera, tutti
dei biissi tempi (nu. ;^3-3t>)- Solo noterò un disco (n. 33) liscio dalle due facce, ma
che porta graffito da un lato una sigma e dall'altro le lettere A • E. Evidentemente è
im poso (Pesa gr. 10,98).
Nel por fine a questa relazione esprimo il desiderio die gli eruditi di Kcggio
vogliano continuare a raccogliere con ogni .ur;; (|iieste anticaglie, le (inali se a prima
KEGIONE III.
4i;
REGGIO CALABRIA
giunta paiono ben povera eosa, possono tuttavia fornirci notizie importantissime per
la storia italiana anteriore al mille, (jnandn allo studio iiuu faeeia ostacolo, runie
questa volta è seguito la cattiva conservazione di questi cinioli.
II. Relazione.
Dal K. Ministero mi si communicano altri 34 bolli di piombo della stessa pro-
venienza reggina, i quali descriverò lasciando, in certa guisa, come introduzione quanto
nella relazione prepedente avevo scritto. Questa nuova serie contiene pezzi inediti di
grande importanza, come il sigillo di Nlcela putrbio e drateyo di Sicilia molto
noto nelle storie (n. 7) e quello di Giorgio di Antiochia ammiraglio ed arconte, il
fondatore della celebre chiesa. dell'Ammiraglio o della Marloram, in Palermo (n. ol).
Nelle bolle bizantine sono pure da notare quelle di uno spalariu e turmarca di Si-
cilia (n. 8), di un Nic — imperiale spalario e protonoiaio di Sicilia (n. 9), di un
arcivescovo di Calabria (n. 12), di un Coslanlim ? e di un'altro anonimo (nn. 11 e 10)
duchi pure di Calabria, secondo ogni probabilità, di uu Sisinnio commerciano (n. 14)
di un Euprassio cubiculario e cartulario (n. 21). di un Cosma ex-prefetto (n. 24)
e (luella greco-latina di un Asterio.
Insieme a qualche piombo ottimamente conservato, ve ne ha di molto guasti ed
incompleti. Chiudendo fra parentesi i numeri coi quali mi furono consegnati, li nu-
mero ora tutti a modo mio e li descrivo qui appresso, dividendoli in classi, come
quelli della prima relazione, e aggiungendo una nuova categoria (E) di varia.
À
Piomlji mercantili.
N. 1 (27). Lunghezza mill. ;J6.
I)r. Monogramma in cui si scorgono le leiiere IINOE. If. liscio.
UEOOIO CAL ABBIA
— 410 —
IIROIONK III.
Sopra del tratto orizzontale tlol fi esistono tracco di altro lettore, ma non è pru-
di'nto ili produrre congetture, essondo stato il piombo linettato poco accortamente.
X. li ^■2S). Lunghezza mill. .M.
I)r. Lo lottino A T K in monogramma, li. liscio.
Non sappiamo se il monogramma sia completo o, data la deticionza del piombo
in quel posto, non sarebbe improbabile che i resti in forma di K fossero appartenuti
ad una R.
X. :5 (;{:()• Diametro mill. l.'i. Manca la striscia ripiegata.
Or. ^lonogramma composto delle lettere KGN. I{. liscio.
l'ii altro tipo simile, trovato in Sicilia, fu da me puldilicato negli Aiiiiali citati.
\ XX Vili. tav. dagg. H. n. 8
XN. 4 (2!»). "> ("50). 0 (.■?2). Piccoli bolli con monognimmi molto intrecciati, ma
di epoca recentissima.
Sigilli biìantini con iscrisìoni greche o Ialine.
N. 7 (8). Dr. come al n. IJ della Relazione precedente.
H.
nikhta
IATPIK,K,
TPATir,
. . K G A I A'
Ntxi'ja
[7TyciQt.x{ioì) x{a()
Sopra e sotto, croce fra due rami ; in un cordone. Diametro mill. 32.
Niceta patrizio di Sicilia, venerato dalla chiesa greca come santo, è noto tanto
nella storia ecclesiastica che nella storia politica dell'Isola. TI Lancia di Hrolo (1. cit.
II, 107 seg.) raccoglie le notizie di questo stratego di Sicilia, clic fu ])aruntc del-
l'imperatrice Irene e che fini monaco, dopo di essere stato Prefetto di Costantinopoli.
Durante il suo governo in Sicilia è importante il fatto di aver spedito nel 797 un
suo legato. Teoctisto. per trattare in Aquisgrana con Carlo Magno (Annfiics Laiirix-
xoiscs presso Pertz. Scriplores tonm I. p. 1K_'. ISfi). Sappiamo, dalla stf.-<sa sor-
RROIONE 111.
— 417 —
REGGIO CAI-ABItlA
gente, clu' lU'l 7!i!i ogli non tosse più stratego o patrizio di Sicilia, poiché un altro
legato è spedito a Carlo Magno dal successore Michele, per continuare quello pratiche
intese, a quanto paro, ad una possihilo iiiiprosa di Sicilia, sollecitata da papa Leone HI
(Amari. Sf. dei Mtn^. I. p. liio sugg.).
K\
'^(^!}^\ •'!
N. 8 (19, 20). Frammento lungo mill. '20.
Dr. Como so]ira.
I^.
. n A ©, I
VPMAP
. KEAI,
Questo povero avanzo, privo del nome del pubblico ufficiale, ha pure una vera
importanza storica, provando, insieme al sigillo di un Marciano imperiale candidato
e turmarca di Sicilia già da me pubblicato (1. cit. tav. Vili, n. 3. Scblumberger,
1. e. p. .372), come la Sicilia, la quale nell'amministrazione bizantina formava un
Ihema governato da nn patrizio o stratego, fosse talvolta retta da un militare di
grado meno elevato, come era il turmarca. Panni probabile che ciò seguisse quando
i progressi del conquisto musulmano lasciarono all'impero greco solo la parto orien-
tale dell'Isola, e però non si credette più opportimo di mandare un reggitore con la
dignità di stratego ad una provincia così ridotta, e che andava sempre più riducen-
dosi, malgrado la resistenza eroica dei Siciliani, mal secondati dall'ignavia dell'im-
pero lontano.
i?.i\
{^m>^
^p'ii\'\^ t' jì.
N. '.I (21. 22). Frammento: diani.
ItKlililii CAI.AItlUA
■llS —
KBUIONK HI.
|)r. ("iwo poU'ii/.iaU ; in -jiio: KeROH©HTW.
NIKI
. . R/CnA
rsA'NO
-"IKGAi
yix . . .
(i^uaiXixfì)) cna-
\tfi^i*<f\ 2ixt/.(i'cic)
Noli i- ii)i]irol)abili' clii' il nomi' l'osse Nixi^<f iÌ^m. J)i mi Nicefoi'o pr<itoiiol(ti'o
ili Siciliu pubblicai mi sifjillo divereo da questo itcl drittn. che non ha la croce, ma.
invece, il solito iiionit<jramma cruciforme (1, cit., tav. Vili, n, -2).
N. 1(1 (2:5, 24). Franimeuto ìnw^o mill. 2."..
lir.
Ab Al Òhi /.in
W. ...
VnA ìttù[t<.{]
. A CI A I K . [fi]«ff<A(;<[<ò]
. Il A 0 A P I . layruiyKQili.i]
S A li KI (x(à) òovxi.
Da questo sigillo vediamo corno anche i duchi di Calabria ;ilil)i;inii avuta talvolta
la din^nità di console, come l'ebbero più tardi, i duchi di Sardegna, .secondo vedianm
ilai si<(iili pubblicati dal Manno (,!/// dell' Acc. di Tm-nih. toni. XIII. l.'^TS).
N. 11 (25, 26). Frammento lungo mill. 2;{.
Dr. Avanzi di croce, e, fra due cerchi di puntini. ...CO(.svr) AOV acj.. .
\^h{ou iioì'^lh^ KÌ^ysò doi'Xit)).
If. +KC +Aw[i]
CTAI ffTftl'TlVlJ»
Il A T nui\_Qixii(r\
CllA (T.7f<[y«p(Vr x«i3
Ab dov\xC]?
Que.sto frammenti! e rottn in modo <la permetterci di ricostruire con certe/./.a tutto
il testo, tanto ni-l nome, che nei primi due tit'di di jiatrisin e di .■.//rt/ttr/') : con ili-
REGIONE III. — 41f» — REGGIO CALABRIA
«piacere ho dovuto aggiuugeie un punto interrogativo al terzo titolo di duca, perchè
mentre questa lettura è avvalorata dalla seconda lettera, che ha ben la forma del
sogno del dittongo oc, d'altra parte potrebbe essere contrastata dalla prima lettera,
nella quale non solo manca la linea orizzontale, così pronunziata nella base del A
del dritto, ma si trova una certa interruzione come ili un A. 1 l>oili in piombo hanno
così di frequente simili imperfezioni per vizio originario dello stampare o per ammac-
catmx' successive, che bisogna andar molto guardinghi nel completare leggende : per-
tanto noto con riserva questo nuovo nomu di Costantino nella serie dei duchi di
Calabria.
N. 12 (11). Diam. mill. 28.
Dr. . A oL) T '//[yt'ft] t\_qiccc~\
D0GOCH ,) &fÒQ i;[,«w)]
N B O H O h . . ^„,;^,;
. U) A O V \j~\uy Soi-
if.
...COV \_hn~\aov
. . . A£_ . . 'Aq
. . C K O n [_xifm']axÒ7T{((i)
KAAABP KaXtt^q-
lAC
lai
Sventuratamente il nome dell'arcivescovo Calabro manca del tutto per la rottura
del piombo; ma così incompleta come si trova, questa bolla è importante per la sua
forma, diversa da quella adoperata dagli altri arcivescovi, e per la rara formula di
invocazione alla Santa Trinità (Schlumberger. 1. eit. p. 725. /<).
N. l;l (i'). Diametro mill. .n.
Dr. Monogramma e iscrizioni, come al n. 7. In un giro di grossi luintini.
1^. PVC(jJ [AJ Qvaòì
A A X A P . . y_aQ(xovlKQÌ<o)
TOVìe tiìv^e-
KBOUIO CALABRIA
— ilo —
REGIONE III.
N. Il (Ut. Diametro mill. J."..
Dr. iMouoj^nimiua o iscrizioni, conio sopra. In uu i-eicliio.
Iv
+ CICI
NNIUK.
M e P K H
A PIW
CtQÙiì
N. lo (23, 24). Frammento lungo mill. 28.
Di. Come sopra.
M.
+ TA
Ani
ONAl
AM
N. Hi cl\. 11). rraiumento lungo mill. 2.j.
i>r. Come sopra.
ì;-
...AC
. lOVT
eiNOY
.MHN
\. 17 (].-.). Diam. mill. li.
Dr. Monni,'raniiiia. come al n. 7; in giro, tra liiii' iH'ivlii. un ornalo a triaii^'olftti.
If.
. ^ ^ (x)
At. ' AW
AeONTI
.MHN
fT'
óov?.in
RKGIONE III.
— 421 —
REGGIO CALABRIA
N. IS (19, 20). Diametro mill. 2tJ.
Ur. Monogramma e iscrizioni, come al n. 7. 1). Croce potenziata; in ^iro fra
due cerchi di puntini . . . WR AlCnA © ( . . . r,, ^aa,l,>crji nQonoana^aQu.>).
Questo sigillo è notevole per tiovurvisi, adoperato come rovescio, il tipo della
Croce, die, invece, servo di di-itto in una numerosa swie di bolle bizantine (si ve-
dano p. es. i nn. precedenti 0. 11).
N. 19 (1). Kottiì in due pezzi. Diam. mill. 32.
Dr. (in un cerehiii) A ri A TI
I A C O 0 G O
CHMWN
COHeH
U. (in un cerchio)
N. 20 (12). Diamctr
Dr.
J{. (in un cerchio)
IPAKIW
A e I AI K W
BnAGAPOK
AnaiaA
TW +
ctro mill. 2.5.
nA nA
riATPi
ACBOH
MA?
r A p I T b'
e rf I T b'
Gvr
tàg, ò Ofò-
. . QCCXÌ(()
tìnaOctQox-
C(vòi6d-
T'-K
Tlava-
yia Tqi-
MUQ-
ynQitiiv
fTTÌ loì
_ Alla Trinità è dato in questa bolla il titolo di prnm,ia, come alla Madonna,
invece del semplice aggettivo di n/i/i/a.
N. 21 (2). Diametro mill. 2;-5.
Di', (in un ccrcliio) -|-
evn
PA il
ov
Classe di scienze morali ecc. - Memokie - Voi. II, Serie 5», parte 2".
EÌtt-
REGGIO CALABRIA — 422 — REGIONE UI.
I{. K« xo.-
B 1 K"0 va ,Ìixnr).{aQÌor)
B A S X A P ,if((aiXixiir) (xuì) x<<i>-
Tt'AAl ior/.n(QÌov).
Nello mie noto sui sigilli bizantini del Cahiacl des Méldailles di Parigi trovo
la copia di un pionii)o. olio deve essere identico a questo e che allora io non potei
decifrare completamente. Quelle note sono del 1864 e voglio augurarmi che, dopo
tanto tempo, questo piombo non sia sparito insieme ai tanti distrutti dallossido, come
deplora lo Schlumbcrger.
N. 22 (17). Diametro mill. 25.
Dr. (in un cerchio) -f-
©eOT .>foi[ó]
KGBOI xf fioi]
e G I + ^fi-\-
]>.
. . KOV ..xov
. . K O V A l^iyov).
. . P 1 W -f [«]
010
N. 2:; (fi). Diametro mill. 2(3.
Dr. (in un cerchio) -|- CO
A ... O V
KV. . IKO x[o]i[/J]»xo
V A A P I b' vXaQÌov
9. (in un cerchio) -|- A O v -f- Joi'-
AOVTH h,v ti-
C0GOTO « OtoiC-
K O V xov.
\ primi due righi del dritto, logori dall'ossido, potrebbero plausibilmente sup-
plirsi in questa guisa:
A[foi'x(']OV
REGIONE III.
— 423 —
REGGIO CALABRIA
N. 24 (5). Diametro mill. 23.
Dr.
KOC
MAAnO
enAPx
WN
A^.
^THCG
GOTOK
OV-f-
N. 2.^1 (3). Diametro mill. 22.
Dr.
wGC
A tO
POV
A'off-
fià (ini
ènttQyi^
ào{S[}.']
fOtÓX-
or +
Qso-
óoa
QOV
9- Monogramma composto dalle lettere n A P E X . . .
Alcune lettere, nella parte superiore, non sono ben visibili, e però la lettura non
può esser certa. Tuttavia essendo che probabilmente nel monogramma si conteneva
il titolo di questo Teodoro, proporrei di leggere énÙQxov.
N. 26 (25, 26). Frammento lungo mill. 21.
Dr. Croce potenziata con rabeschi che occupano tutto il campo. ìj. Pochi avanzi
di lettere, in quattro righi.
N. 27 (31). Diametro mill. 18.
Dr. Avanzi di un monogramma con la lettera €. 9. Resti di tre righi di lettere.
N. 28 (7). Diametro mill. 30.
Dr. (in una ghirlanda) + A C
+ 'Aff-
TGPI
tfQl'
OV
0V +
R (in un giro di grossi puntini)
+ AS
T€RI
nEGOIO CALABRIA
— 424 —
REGIONE III.
Un altro esemplare, meno completo, di questo piombo si conservava nel Museo
Biscari di Catania e fu pubblicato dal Castelli (Sicilùic veteres fnscripl. 2" ed.,
ci. XVI, II. XXIV, p. '2M) e dal Feinira (S/oria di Catania, Catania. MDCCCXXIX,
p. lo, u. ()) cou un disegno orribile. Del resto, né questi né il Ca.stelli si accorsero
che il piombo fosse bilingue, la qual cosa è evidente nell'esemplare reggino.
N. 2il (V.i). Diametro: mili. 28.
Dr. (in un cerchio) I O H
ANN
PRI
Joh
aiin{is)
presbt/tcri
If. (in un cerchio) + R O
n A N
ecc
+ Ro
mnii{ae)
Ecel{esiac)
N. 30 (4). Diametro mill. 27.
Dr. Due testo virili, una barbata e una imberbe atfrontate; in alto, nel campo,
una croce; in giro, puntini. Ij. Roso dall'ossido; nei duo riglii inferiori, N <_ \RI
{Xolari).
N. :J1 (lo). Diametro, mill. 25.
Dr. Busto barbato con nimlio e lancia.
di s. Giorgio; ,ii lati. OTG PTIOC
REGIONE III. — 425 — REGGIO CALABRIA
li. (in IMI fjiio (li ]uintiiii) \- KCBO + K{vQi)f jio
lereop c^r/) PfOQ
ril,'AK£ yiov 'A{nrjQ(i) xè
■ P X O T (ÌQX<>{t)TOC
Prezioso sigillo, perchè, siccome accennai nell'introduzione, appartiene ad uno
dei pili celebri personaggi della storia siciliana nel periodo normanno, Giorgio di An-
tiochia, primo ministro e grande ammiraglio di re Ruggero e fondatore della chiesa,
che da lui fu detta dell' Amrairag Ho (e ora la Martorana) in Palermo. La scrittura
ha le scorrezioni solite nei documenti greci siciliani di quel tempo: BOI0 per BOH©,
KG per KAI, e una abbreviatura abbastanza arbitraria A per 'a(n]Qaq, della quale
ragionerò di proposito.
Anzitutto è da notare che il Museo Palermitano ebbe già un piombo simile, e
in buonissimo stato, dai lavori fatti nell'antico monastero di s. Giovanni deo^li Ere-
miti in Palermo; e questa circostanza, non che il titolo di arconte e l'impossibilità
di una lezione plausibile seguendo le forme della sigillografia bizantina, mi avevano
fatto pensare all'Ammiraglio Giorgio. Essendo, inoltre il titolo di uqxovzoc preceduto
dalla congiunzione xcà (K£) parvemi naturale che nella precedente lettera A, col
segno di abbreviazione, si contenesse pure un titolo e questo non poteva essere che
quello di 'Afiì]Qac. Dell'ammiraglio Giorgio antiocheno è noto un piccolo sigillo di
piombo, finamente inciso, di tipi ben diversi: nel dritto, la Madonna Blacheniitissa.
nel rovescio l'epigrafe metrica -h'O idJv ÙQxùvTutv «(i/wr rsM^yiog ùiii^Qug-\- Il
sigillo pende ancora dall'atto originale del maggio 1143 conservato nella cappella
Palatina di Palermo (C'usa, / diplomi greci ed arabi di Sicilia, p. 68 segg.) e
l'Engel ne pubblicò un disegno, del resto poco esatto {Recherches sur la numisma-
tique et la sigillographie des Normands de Sicile et d'Italie, Paris, 1882, p. 94,
pi. Ili, 8) inserito, per la singolarità del titolo, nel libro dello Schlumberger (p. 343).
Il sigillo trovato a Reggio sarebbe, secondo me, di un'epoca anteriore quando Giorgio
non aveva ancora i titoli altisonanti di arcoale degli arconti e ammiraglio degli
ammiragli. "Aqxoìv twv ÙQxóvTutv xal (ii.irjQcig rùv ffuiyorérfo))' Ffwpytog lo chiama re
Ruggero in un diploma del 1133 (Cusa, 1. cit., p. 51.5); ed egli stesso si firma con
tutti quei titoli nel 1143 (Cusa 1. cit. p. 524) o, anche nello stesso anno, col solo
titolo di arconte degli arconti (Cusa, 1. cit., p. 70). E il titolo di ammiraglio, in-
sieme a quello di n^diiOTov tùv aQX'^vTai' oXcoi, troviamo nelle iscrizioni metriche
dipinte nel ritratto a musaico del fondatore nella chiesa dell'Ammiraglio o della Mar-
torana. Ma due firme, che si leggono nella raccolta del Cusa, potrebbero indurci a
leggere diversamente del nostro sigillo, contraddicendo a quanto io ho ritenuto sulla
necessità di riconoscere un titolo in quella abbreviatura seguita da una congiunzione
e da un'altro titolo. In un diploma della chiesa di Catania, del 1125, si troverebbe,
secondo il Cusa (p. 556) la firma rtcÓQyioc chnox^ìi xnì fl^D^gàc ficeQtvQ l'/T^y^rri^'^,
e in un altro della ciiiesa di Messina del 1142(?) 'Eyiò ytMQyioi; chiiaxitci xaì
KBQGIO CALABRIA
\26 —
REOIONB III.
fiftt'Qn^ aixfh'ctK X. i. }.. (C'usa, p. 310). In ini permetto di dubitare dell'esattezza
di queste due letture, tenendo conto, massime, del sistema arbitrario seguito nella
raccolta del C'usa: o perA nel iicstro sigillo, più che 'Avttuxlac o 'Avitoxttc credo
che si debba leggere il titolo di ammiraglio, pel quale fu distinto Georgio tanto dai
suoi contemporanei quanto dai posteri.
D
Tessere.
\
N. 32 (IO). Diametro mill. 34.
Dr. Croce latina pomata; nel campo IC XC YC OV (ì{ì^(Sov)c. X{qi<STo)(; i"'(»ó)c
0(*o)r'). In giro, grossi puntini. 9- Cristo, con la testa cinta dal nimbo, siede sul-
l'asino, le cui redini paiono tenute da una persona che precede. In giro, grossi puntini.
Presso all'orlo di questa tessera sacra fu praticato un buco, perchè potesse ap-
pendersi come amuleto.
E
Varia.
N. 33 (18). Diametro mill. 2G.
Dr. Iscrizione in duo righi. I). Liscio.
So l'iscrizione si volesse collocare verticalmente, potrebbe tiovarvisi qualche mo-
nogramma, non dissimile per la forma generale da quelli di alcune monete bizan-
tine; ma a me paro che debba leggersi, così come l'ho fatto disegnare, in due righi
orizzontali, e tenersi in conto di orientale. Si noti che il pionil)o lia qualche cosa di
inusitato nella sua fattura, perché pur essendo un sigillo diploinatico, traver.satfi da
. SARDINIA
427 — TERRANOVA FAUSANIA
un biico, è coniato da ima sola faccia o inegualmente. È da aspettare peitauto il
trovamento di un esemplare migliore prima di dare un giudizio dotìnitivo.
N. 34 (35). Piombo rettangolare, lungo mill. 17; largo mill. 11.
Dr. Le lettore SVF legate insieme. IJ!. Tracce poco sicure di lettere.
Singolare è la forma di questo piombo, il quale ha pure una fenditura perchè vi
passasse una striscia di pergamena o una fettuccia; sicché è chiaro l'ufficio suo di
sigillo pendente. La qual cosa è da notare tanto più in quanto che il Picoroni pub-
blicando parecchi piombi pure di l'orma rettangolare {I piombi aalichi, Roma MDCCXL
Pai-te I, tav. XIX, nn. 3, 5 e altrove) dice espressamente (p. 61) che non sa se
siano sigilli. Invece di tentare fantastiche spiegazioni dei tipi, egli avrebbe fatto
meglio a descrivere la fattura dei piombi stessi, perdio riuscisse chiaro l'uso loro
di sigilli 0 di tessere.
A. S.VLINAS.
SARDINIA.
XV. TERRANOVA FAUSANIA — Esplorazioni compiute nell'interno
di manufatti preistorici situati nell'agro dell'antica Olbia.
Avuta notizia di alcuni vasetti fittili provenienti da uno scavo eseguito nel nu-
raghe Belveghile, stimai opportuno di proseguire io stesso le indagini, con la spe-
ranza di nuovi e più importanti trovamenti.
Il nuraghe dista appena tre chilometri da Terranova, in direzione della montagna
di Calia Abbas, e trovasi collocato sul rialto d'una collina, nella regione 15elveghile,
da cui prende il nome. Fino a questi ultimi anni esistevano i muri di cinta ad una
altezza considerevole, ma ne maucava la vòlta franata da tempo immemorabile, e il
cui materiale era stato già esportato per servire di chiusura ai predi vicini. Anche
le pareti vennero poco per volta abbattute, in guisa che oggi non ne rimangono che
pochi avanzi, i quali emergono circa un metro dal livello del terreno.
Si trovarono nella camera circolare, sepolti a (30 centimetri di profondità, tre
vasetti d'impasto ordinario e nerastro, e lavorati rozzamente a mano. Ciascuno è mu-
nito di due manubri, poco staccati dal collo, e foggiati ad arco . Un vasetto è alto
m. 0,18, con pronunziato rigonfiamento nel corpo, ed avente il collo piuttosto lungo
che termina alla bocca con un orifizio di m. 0,07 di diametro. Gli altri due hanno
il collo più corto, con la bocca più larga, e sono alquanto più corporuti. Nella terra
venuta fuori si notarono dei rimasugli di piccole ossa, probabilmente di animali, co-
piosa quantità di cenere vegetale, e alcuni pezzetti di bronzo insignificanti.
Frugato così l'ambiente principale del manufatto, rivolsi l'attonziene ad un cu-
nicolo che internamento girava intorno allo Ibudazioiii dell'edificio. Vi si accedeva da
un'apertura quasi ovale, pra,ticata presso la porticina del nuraghe, ma era cos'i sti'etta
da non potervi a mala pena passare elio un uomo ricurvo, misurando esso m. 1,20
di altezza, por ni. 0,80 di larghezza alla base, che gradatamente restringevasi poi a
50 centimetri lino alla impostatura della vòlta. Questa presenta\asi in forma piana,
TERRANOVA KAUSANIA — 428 — SARDINIA.
costrutta con cantoni granitici malamente squadrati, e rimboccati negli interstizi da
piutre minori. La parte destra era l'ormata dalle fondazioni stesse del nuraghe, mentre
alla sinistra vi fu eretto un muro d'uguale struttura cioè di blocchi, senza malta di
terra o cemento.
Aiutati dalla poca luce che penetrava dal foro di entrata, s'intraprese, come
meglio si potè, uno scavo, ma senza alcun fintto; più avanti si trovò una spada di
ferro, sospesa per la larijhezza del cunicolo, ossia collocata in modo che lo due estre-
mità di essa si trovavano solidamente intornato fra lo fossure de' due muri. La spada,
larga nel mezzo sei centimetri, è a due tagli, con la costola rilevata, e misura dal-
l'apice in cui dovea essere impernato il manico tino alla punta m. 1,20.
Non fu però possibile di percorrere in tutta la sua longitudine il cunicolo, giacché
arrivati a 15 metri dall'apertura, si veriticò che esso era otturato da enormi pietre
caduto dalla vòlta, le quali, malgrado gli sforzi fatti, non si poterono nemmeno smuo-
vere, atteso lo spazio ristrettissimo. All'intervallo di pochi metri dal nuraghe, sul
pendio della collina, spuntano dal suolo le fondazioni di tre piccoli manufatti, che
indubbiamente devono esser stati altri nuraghi, attesa la loro forma circolare, e il
grado di lavorazione delle pietre impiegatevi.
Compiute con esito cos'i soddisfacente, queste prime ricerche, feci praticare un'altra
esplorazione nell'interno del nuraghe detto Nuragudcaa. il quale trovasi alla distanza
di circa un chilometro da Belveghile, e che, comò il primo, è mancante della cupola,
conservando solo i muri ad un'altezza di duo metri, o poco più. Della camera se ne
potè solo esplorare una metà, trovandosi il restante dell'area costituito da una roccia
ben dura e tutta d'un pezzo, rivestita da pochi centimetri di terra. Si rinvennero
vari agglomeramenti di cocci, spettanti ad anfore preistoriche, un teschio umano in
avanzato grado di corrosione, ed altre ossa appartenenti allo scheletro.
Avendo poi appreso, nel giorno susseguente dai due scavatori, che in altro nuraghe
denominato Chidonza, si erano trovati, anni sono, molti pezzi di bronzo, volsi colà
le mie ricerche. Questo manufatto, posto in cima ad un colle boscoso, e distante da
Terranova cinque chilometri circa, a nord-ovest, si mostra nell'identica conservazione
dei due precedenti, cioè con le muraglie smantellate e privo di copertura. Lo scavo
venne fatto alla profondità di in. 0,70, fino al primo strato delle pietre messo per
fondamenta. Sotto la direzione d'un vacuo quadrato, che al certo sarà stata la por-
ticina d'ingresso, furono trovate, sparpagliate, alcune ossa umane ricoperte di cenere
e di terra nera untuosa; e più in là si estrasse una scodella rozzissima in forma
concava, lavorata a mano con argilla ordinaria, ma rotta in tre parti. Molti altri
cocci di stile arcaico, lasciati sul luogo perchè inservibili, dinotavano di aver soppor-
tato l'aziono del fuoco. Ma il trovamento più importante è quello di ventidue pezzi
informi di rame, che si raccolsero a contatto del muro, fra un mucchio di pietre
sciolto e di cenere vegetale.
Oltre a questo si esplorò pure la camera del nuraghe Criscu/a, vicinissimo a
quello ora descritto, e che presenta lo stosso deplorevole stato di conservazione. Estir-
pato le radiche di annose pianto che ne occuparono l'area, e tolte le pietre cadutevi
dai muri, si cominciò a frugare alla profondità di ni. o.iìo. Anche qui non manca-
SARUISIA — -129 — TERRANOVA KAUSANIA
rono di comparire i residui di numerosi recipienti fittili lavorati a mano, e segnata-
mente di grandi anfore, le cui pareti misuravano lo spessore di m. 0,07. Fu raccolto,
un po' lesionato nella bocca, un vasetto a due manichi, simile per fattura e mate-
riale a quelli recuperatisi in Belveghile; più quattro pezzi informi di rame, un fram-
mento di osso bianco lavorato, due pezzi di minerale di ferro, e alcune scheggie di
ossidiana lavorata, forse avanzi di antichissime armi.
Visitando attentamente le campagne vicine a questi due ultimi nuraghi, trovai
i ruderi di alcune costruzioni dell'epoca romana. Nel luogo Pctrialvcddu, ove si rin-
vennero casualmente nel mese scorso trentadue monete del basso impero, sorgono le
fondamenta d'im manufatto quadrangolare in blocchi granitici, lungo m. 25,60, largo
m. 17,20, con traccie di divisioni interne; nella regione Tamara si vedono altri ru-
deri di caseggiati in mattoni e calcestruzzo, cen avanzi di un largo cunicolo avente
le pareti di pietre, e la volta concava in laterizi; nell'appezzamento Fedra Bianca
sonvi a livello del terreno i resti di tre piccoli manufatti in quadratura, vicinissimi
fra loro; e infine presso il fiumicello di Sa/iia Lucia, non lungi da una robusta mu-
raglia di pietre scalpellinate, la quale sopporta metà d'un arco fabbricato con mattoni
e cemento, esiste vm tratto di strada robustamente selciata, lungo m. 11,40, largo
m. 7,10. Altre vestigia di quella strada, si ripetono anche dalla parte opposta del
fiume ; per cui sarebbe lecito supporre che la muraglia sopra descritta, sia il residuo
d'un antico ponte che traversava quel fiume.
P. Tamponi.
Eoma, 20 gennaio 1895.
— 481 —
INDICE TOPOGRAFICO
Ancona — Tombe e costruzioni di età varia
rimosse in Ince nella piazza Cavour 2ol,
33-1 ; epigrafe sepolcrale greca scoperta nel-
l'edifìcio dell' Istituto tecnico ib.
Anzio — Frammenti architettonici e tratto di
via romana, riconosciuto sull'ingresso della
villa già pontificia, ora Ospisio marino 170,
314.
Aosta — Nuovi avanzi del recinto romano di
Aosta ed iscrizione onoraria ad Augusto
ivi rinvenuta 367.
Arez7.o — Nuove indagini nell'orto di s. Maria in
Gradi, nel luogo ove avvennero lo scoperte
delle figuline perenniane 93 ; frammenti di
vasi fittili a copertura rossa dissepolti nella
via Guido Monaco 117 ; altri avanzi di vasi
trovati a Fonte Pozzolo presso le mura della
città 120 ; vasi dell'ofiicina di L. C'alidio ri-
conosciuti nel podere detto delle Carciarelle
121 ; frammenti fittili relativi al coronamento
di un tempio scoperti presso l'abitato 270.
Assisi — Rilievo sepolcrale scoperto nel fondo
Del Bianco, presso s. Potente 47.
B
Iìaia (comune di Pozzuoli) — Epigrafe sepol-
crale latina riconosciuta nel castello di Baia
287.
Bariano — Tomba di età romana scoperta in
un campo del convento 91.
Barisciano — Iscrizione latina, spettante a pub-
blico edificio, rinvenuta nella contrada s. An-
gelo 288.
lÌASSANo VENETO — Anficliìssinia necropoli rico-
nosciuta presso Anyarano 1-59; avanzi di
costruzioni romane e tegole con bolli sco-
perte nel predio Roberti 165.
Bene Vagiekna — Frammenti di iscrizioni la-
tine provenienti da varie località del terri-
torio 187.
Benevento — Epigrafi latine scoperte in vari
luoghi della città 180, 387.
Bologna — lìesti di costruzioni di età romana
scoperti nella via Pipa di Beno 269 ; epi-
grafe sepolcrale latina riconosciuta nella
chiesa di s. Giovanni in Monte 270: stele
sepolcrale del periodo di Villanova, prove-
niente dagli scavi eseguiti nell'arca dell'Ar-
senale militare ib.
Borgomasino — Moneta d'oro, dell' imperatore
Maurizio Tiberio, trovata nel territorio del
comune 73.
Boscorbai.e — Resti di antica villa suburbana
rinvenuti nel fondo de Prisco in contrada
Pisanello 385.
Brionano — Sepoltura di età romana, contenente
oggetti di corredo funebre, tornata in luce
nel predio lireda 91.
Brindisi — Nuovi titoli sepolcrali latini della
necropoli brindisina, scoperti nel fondo de
Marzo-Monaco 17, 196.
BuQNARA — Costruzione a blocchi di pietra cal-
care e resti di via romana scoperti nella
contrada Difesa 254 ; avanzo di mura poli-
Classe di scienze morali ecc. — Memorie — Voi. II, Serie 5', parte 2"
55
— 432 —
fonali riconoscinto nella contrada ». Gio-
vanni o Caia ib.
Bussi — Avanzi di antica via romana ricono-
sciuti nella contrada Piano di s. Rocco 179 ;
frammento di lai>ide sepolcrale latina rin-
venuto nella chiesa deì\& Madonna Ji ponte
Marmore ib.; tomba scoperta in contrada
Fossi ib.; laterizi e frammenti di vasi fittili
raccolti nelle contrade Vecchia e Giardino
407.
Cairo Montenotte — Iscrizione latina ed og-
getti vari di età romana rinvenuti nel ter-
ritorio del comune 331.
Caltrano Vicentino -- Ripostiglio di Vitto-
riati scoperto sulla collina detta Castellare
259.
Campli — Ripostiglio di tctradrammi di argento
scoperto presso il villaggio di Battaglia l'JO.
Canosa — Statuine fittili ed urna di arte cano-
sina rinvenuto nel territorio del comune 150;
avanzi architettonici marmorei e fistule plum-
bee inscritte, scoperte nella contrada Fi-
ijnale dell'Avena 408.
Caobso — Esplorazione della terramara Rovere
3, 373.
Caprstrano — Epigrafe sepolcrale latina sco-
perta nella contrada Presciano 407.
Capodimonte — Nuovi scavi della necropoli
Visentina eseguiti nelle contrade Palazzetta
e Polledrara 123.
Capolona — Avanzi di un'antica via riconosciuti
presso il ponte a Buriano 48.
Casteli.eone di Si'asa — Resti di costruzioni
varie, di età romana, tornati in luce nel-
l'arca dell'antica Suasa 309.
Castei.mada.ma — Statuetta di bronzo, rappre-
sentante Minerva, scoperta nel territorio del
comune 381.
Castelnuovo (frazione del comune di s. Pio delle
Camere) — Resti di antiche costruzioni e
frammenti architettonici scoperti nella con-
trada Colburclli 289 ; tomba a lastroni rin-
venuta nella localitii detta Taverna Nuova
ib.; frammenti epigrafici riconosciuti entro
l'abitato ib.
Castrocaro (frazione del comune di Terra del
Sole) — Sigillo romano di bronzo rinvenuto
presso l'abitato 275.
Crbremule — Statuetta di bronzo votiva recu-
perata presso il nuraghe Martirio 290.
Cittadicale — V. Santa Rufina.
Civitei.la di Romagna — Lucerna fittile con
marca di fabbrica recuperata nei pressi del
comune 1()8.
CoLOONO AL serio — Scheletro amano e coltfllo
di ferro dell'età barbarica, scoperto presso
la cascina Cantarano 92.
Concordia-sagittaria - l-'rainmento architet-
tonico, spettante a pubblico edificio, ricono-
scinto ncll'abit.ito di Concordia 333; avanzo
delle mura della città colonica rinvenuto nel
fondo Siro 399.
Cornkto-Tarqiikia — Nuovi scavi della necro-
poli tarquiniese in contrada Monteroi:i 52.
Cortona - Urna con iscrizione etrusca scoperta
nel fondo Petti 51 ; tomba di età remotis-
sima, contenente armi di pietra e di bronzo,
rinvenuta nel territorio del comune 168.
CiGLiERi — Pietra terminale con menzione degli
antichi popoli della Sardegna, dissotterrata
nella località detta Sessa 153.
F
Fiesole — Stele funebre con rilievo di stile ar-
caico proveniente dal luogo detto s. Ansano
116.
l'ioKENzuoLA d'Auda — Fondi di capanne del-
l'età neolitica scoperti alla Palazzina d'Olza
113.
Firenze — Antichità scoperte nei lavori di ri-
sanamento nel Centro della città 237, 276;
mos.iico a decorazioni geometriche rinve-
nuto nel già vicolo degli Adimari 378 ;
tracce di via romana riconosciute nella via
Pellicceria ib.
FicMANA — Armi litiche rinvenute nel territorio
del comune ICC, 275.
FoRCHiA — Tombe riconosciute in contrada del
Crocefisso IC; tracce di acquedotto e resti di
opera reticolata scoperti entro l'abitato ib.
ForlI — Tombe romane dissotterrate nell'area
del palazzo Albicini in Borgo Schiavonia
115; altre tombe scoperte fuori la barriera
Ravaldino 275.
FoRNovo SAN Giovanni — Testa marmorea vi-
rile rinvenuta nel podere Brolo 89 : oggetti
di suppellettile funebre provenienti dalle
località Casarelti e Castelletto 00.
— 433 —
FossoMBnoNE — statuetta di bronzo rinvenuta
"nella località detta Gulla a nord dell'abi-
U\U IT.
G
Gran san Bernardo — Nuove esplorazioni nel-
l'aj-ea del tempio di Giove Penino, al Pian
de Jupiter, nel comune di Saint-Remy 33.
Grottaferrata — Iscrizione sepolcrale latina
scoperta nel fondo denominato La Cipriana
313; cippo con iscrizione funebre dissepolto
nel predio denominato Borghelto 380.
Meldola - Sigillo di bronzo scoperto nel ter-
ritorio del comune 37C.
JIii.AKO — Lapidi sepolcrali con iscrizioni la-
tine scoperte presso il Ponte di Porta Ma-
genta 158.
MoNTEMARCiANO — Ripostiglio di monete con-
solari di argento, scoperto nella contrada
Gaggiola 234.
Montepulciano — Arredi funebri rinvenuti in
una tomba a camera, della necropoli chiu-
sina 237.
MoNTERiGGioM — Grande tomba a camera, con-
tenente sarcofagi ed oggetti della suppellet^
tile funebre, tornata in luce nell'altipiano
detto Malacena 51.
Mozzanica — Pugnale di selce raccolto nel pre-
dio Camozzi 92.
Imola — Bronzi arcaici spettanti ad un ripo-
stiglio ritrovati a Rivera, nel podere Guado
272 ; coltello-ascia recuperato a Monterone
nel podere detto la Chiesuola ih.; epigrafi
sepolcrali latine tornate in luce nel predio
Roncagli sulla sinistra dell'antica via Emi-
lia ib.; tombe medievali scoperte nella piazza
Maggiore 274 : tombe barbariche ricono-
sciute nella località detta Villa Clelia ib.
Lenta — Tomba di età romana, lucerne fìttili
e vasi vitrei rinvenuti presso la strada Ver-
cclli-Galtinara 113.
Loro-Cilffenna — Tesoretto di monete lucchesi
scoperto in una tomba della diruta chiesa
di s. Miniato 309.
M
Marcellina (frazione del comune di s. Polo
de' Cavalieri) — Sarcofago marmoreo sco-
perto nel fondo denominato Colonnelle 146.
Marsala — Epigrafe ricordante Sesto Pompeo
relativa alle fortificazioni ed al porto del-
l'antica Lilibeo 3S8.
Maser.'v — Tombe di età romana contenenti og-
getti della suppellettile funebre rinvenute
in un fondo di proprietà Mellerio 3.
Massa e Cozzile — Tombe tornate in luce nel
predio Mucci sul monte denominato Monte
a Colle 9.
N
Napoli — Scavi e scoperte in Sezione Porto
171 ; id. in Sezione s. Lorenzo 174.
Navelh — Tombe preromane ed oggetti della
suppellettile funebre scoperte nella contrada
Camaia 316.
Noli — Epigrafe sepolcrale latina recuperata
tra i materiali di fabbrica della cattedrale
398.
Noto — Sepolcreti siculi riconosciuti nei colli a
nord dell'antica Neetum 152.
Novilara (presso Pesaro) — Esplorazioni della
necropoli arcaica nel predio parrocchiale de-
nominato Tomba, e nel predio Servici 377.
0
Osio Sopra — Urne fittili ossuario ed oggetti
di bronzo, scoperti nel podere Casello, di
proprietà Mongilli 92.
Paganica — Tombe di età romana, con oggetti
della suppellettile funebre, rinvenute nella
contrada detta Colle del Vallone 253.
Palestbina — Epigrafe onoraria all'imperatore
Traiano scoperta nell'area del Foro prene-
stino 96.
Pausi'la — Avanzi di edifici della picena Pan-
sulae, scoperti nella località denominata
Antico 189.
— 434 —
I'avia — Resti di un ponto romano sul Ticino
riconosciuti presso lii città 73; note to])rtffra-
ficlif sallii regione dell'iuiticu Ticinum 81.
I'kntima — Epigrafe sepolcrale latina tornata
in luce lungo la via ili Jiaiano 179 ; nuovi
frammenti epi);rafici dell'apro corfiniese ri-
coDosciati nel territorio del comune 386.
Pettorano siL (ÌI7.I0 — Lapide dialettale pc-
lipna rinvenuta iircsso lu contrada detta delle
Prete Regie 178.
l'iANETTO (frazione del comune di Galeata) —
Tomba preromana, con armille e fibule di
bronzo, scoportii nel fondo di proprietà Qner-
cioli 12 ; tomba, puro preromana, riconosciuta
presso il torrente Riosecco 167.
Pieve di Cadore — Statuetta di bronzo e disco
di rame con epi'.'rafe latina, votiva, rinve-
nuti alle falde del Monte Ricco 188.
PizzoLi — Frammenti di epigrafi latine, sco-
perti nelle frazioni comunali di Vallicella
e s. Lorenzo 195.
Pompei — Scavi e scoperte nella regione I, is. 5»
60, 111 ; id. regione V, is. 2* 14. Ili, 175,
193, 31-J, 382; id. regione ^^, is. 12»406;
is. 14» 252; id. regione VU, is. 1» e 2» 366 ;
id. regione YUI, is. 2* 147, 193, 287; id.
regione IX; is. 2» 175, 251; is. 3» 252; is.
6» 60, 111 ; is. 7» 14; id. regione XI, is. 1*
287 ; id. regione XII ; is. 2» e 14» 381 ; tombe
ed epigrafi latine rinvenute nel fondo San-
tini 15, 382; scavi a porta Stabiana 193;
scavi fuori le mura, a sud del tempio dotto
di Ercole 287.
Pozzuoli — Tombe scoperte presso la stazione
di Torre Gaveta 314.
Prezza — Tombe di età preromana e romana rico-
nosciute nella contrada detta la Chiuta 290-
Qi'ATRKLLE (frazione del comune di Fellonica) —
Tomba romana contenente oggetti della
suppellettile funebre ed un peso di bronzo
iscrìtto, scoperta nella località Merlino 291.
R
Raiano — Base di calcare, con epìgrafe latina,
rinvenuta nella contrada j. Petronilla 195 ;
tracce di antico mausoleo scoperte nella
piazza del comune 255.
Reggio di Calabria — Piombi mercantili, tes-
sere e sigilli bizantini con epigrafi greclie
e latine, scoperti nella piazza Vittorio luna-
nuele 409.
RiMiNi — Epigrafe sepolcrale latina scoperta
presso la chiesa della Colonnella, lungo l'an-
tica via Flaminia 309.
Rocca di Papa — Resti di edificio termale sco-
perti alle falde di monte Cave, in vocabolo
Meszaraija 405.
Rolo Piano — Testa muliebre, marmorea, e tombe
scoperte nella contrada Coste di Colle 385 ;
frammento di iscrizione sepolcrale latina, re-
cuperato nella contrada J/oi/w/na di Corti ib.
Roma — (Regione II) Scavi e scoperte nella via
Capo d'Africa 242.
(Regione HI) Scavi e scoperte nella via della
Polveriera 13.
Id. nella via Giovanni Lonza 141.
Id. nella via dei Serpenti 191, 242, 277.
Id. nella via dell'Olmata ib.
Id. nella via di s. Giovanni in Laterano 312,
361, 379.
Id. nella via Curva 312.
Id. nella via di s. Vito ib.
Id. nella via Labicana 357.
Id. nello via Carlo Alberto ib.
(Regione IV) Scavi e scoperte tra le vie Cavour
e dei Serpenti 13.
Id. nell'area del tempio di Venere e Roma, presso
il Foro Romano 58, 93, 357.
Id. in via Viminale 141.
Id. nella via Genova 169, 191.
Id. nella piazza di Termini ib.
Id. nella via Cavour 191.
Id. all'angolo delle vie Cavour e del Lauro 278.
Id. sotto la chiesa di s. Pudenziana 403.
(Regione V) Scavi e scoperte nella piazza DanteXZ.
Id tra le vie Ariosto e Manzoni 59.
Id. nel Viale Principessa Margherita 169.
Id. nella via di s. Giovanni 278.
Id. nella via Machiavelli 357.
Id. nella via Alfredo Capellini 379.
Id. nella via Palestra 404.
(Regione VI) Scavi e scoperte tra le vie Venti
Settembre e Firenze 13, 93.
Id. nella via Cadorna 169.
Id. nella via di ». Martino 247.
Id. nella via delle Quattro Fontane 357.
(Regione VII) Scavi e scoperte nella piazza di
s. Silvestro 248.
Id. nella via di Capo le Case 279.
— 435 —
Roma — (Regione K) Scavi e scoperte nella
via Capo di ferro 1-t.
Id. nella piazza di s. Stefano del Cacca 94.
Id. nella via di Monleroni 218.
Id. nella piazza s. Pantaleo 248, 279.
Id. nella via Giulia 312.
Id. nella piazza di Montecitorio 312, 379.
Id. nella via dei Falegnami 357.
Id. nella via di Monte Brianzo 404.
(Regione Xi Scavi e scoperte nello stadio Pala-
tino 94.
Id. nelle fabbriche di Caligola 249.
Id. nella Domus liberiana 379.
(Regione XI) Scavi e scoperte nella via di s. 7'eo-
doro 358, 404.
(Regione XIII) Scavi e scoperte nella via di
s. Sabina 141.
Id. presso il monte Testacelo 191.
Id. nell'area del nuovo convento dei Benedettini,
sviW' Aventino 313, 358, 405.
(Regione XIV) Scavi e scoperte a s. Cosimato
279.
Id. nei Prati di Castello 249, 358.
Id. naWalveo del Tevere 95, 192, 380.
Id. nell'area del Policlinico 95.
(Suburbio) Scavi e scoperte nella via Flaminia
142.
Id. nella via Nomentana 14, 143.
Id. nella via Ostiense 95.
Id. nella via Portuense 192, 313.
Id. nella via Salaria 14, 143, 169, 365.
Id. nella via Tiburtina 59, 145, 169, 193, 249,
280, 313, 365, 380.
Epigrafe latina spettante ad un cursor della fa-
zione Prasina, aggiunta alle raccolte del
Museo Nazionale romano 280.
Roncaglia (frazione del comune di Bene Va-
gienna) — Esplorazioni nell'area del teatro
romano dell'antica Augusta Bagiennorum
155.
Ruvo di Puglia — Vasi dipinti provenienti da
una tomba greca, tornata in luce nel terri-
torio del comune 148 ; tombe della necro-
poli ruvestina, contenenti vasi fittili dipinti,
scoperte nella contrada Arena 182.
S
Salle — Avanzi di suppellettile funebre, pre-
romana, provenienti da tombe scoperte in
contrada Peschio della Valle 317.
S. Angelo in Formis — Di una tegola con iscri-
zione grafDfa rinvenuta nelle vicinanze del-
l'abitato 284.
Sant'Antioco — Nuove epigrafi latine dell'an-
tica Silici, aggiunte alla raccolta lapidaria
del Museo nazionale di Cagliari 255.
San Giusto Canavese e Foglizzo — Tombe
romane e frammenti di stoviglie scoperte
nella regione Meletto sul confine dei co-
muni 187.
S. Maria Capua Vetere — Epigrafe osca rin-
venuta nei pressi dell'abitato 406.
San Prisco (presso s. Maria Cajiua Vetere) —
Cippo con iscrizione osca rinvenuto presso
il fondo Patturelli 147.
San Quirico in val di Polckvera — Tesoretto
di monete medioevali d'oro, rinvenuto nella
contrada Serro, nel greto del Polcevera 332.
Santa Rufina (frazione del comune di Cittadu-
cale) — Frammento di iscrizione sepolcrale
latina scoperto entro l'abitato 385.
S. Valentino e Bolognano — Tombe a inu-
mazione, formate di lastre di pietra, sco-
perte nella contrada Sant'Andino 386 ; resti
di costnizioni laterizie, e niccbie votive, in-
cavate nella rupe, riconosciute nella contrada
Santa Liberata 387 ; tombe a lastroni ed
iscrizione se])olcrale latina, scoperta nella
contrada Sant'Angelo ib.
S. Vittorino (frazione del comune di Pizzoli) —
Epigrafe sepolcrale latina scoperta nella
casa Cialone entro l'abitato 252 ; lastre di
calcare e lucerna fittile con marca di fab-
brica rinvenuta nel luogo detto Torrione
406.
Selinunte — Relazione degli scavi eseguiti nel-
l'area dell'antica Selinunte dall'anno 1887
al 1892, 202; ripostiglio di monete cam-
pane rinvenuto nel territorio selinuntino 392.
Sentino — Monete romane scoperte nel terri-
torio del comune, in occasione dei lavori
per la ferrovia s. Arcangelo-Fabriano 168.
Siracusa — Nuove esplorazioni nella necropoli
siracusana del Fusco 152; indagini nelle
catacombe cristiane di s. Giovanni e del-
VAcradina ib.
Sorgono — Gemma incisa, con rappresentanza
di Giove Serapide, rinvenuta nella località
detta Bingia de saìilu Sarbadorc 220.
Sorrento — Colonna milliaria spettante alla
antica via che da Napoli per Pompei an-
dava a Nocora 315.
Si'adarolo (fraziono del comune di Rimiui) —
— ìm —
Bronzi arcaici provenienti da un fondo presso
la strada di Vcrncchio 307.
Stkomìoli — Piedistallo di statua onoraria,
posta a Miinìo Megonir) Leone nel Foro di
Petelia, con iscrizione dedicatoria e con un
nuovo capitoli! del 1i-stnnun)M ili i|iiol ("T-
s>ina);^io IS.
Taranto — Frammenti di epi^Tafi preche ed
iscrizioni sepolcrali, latine, tornate in luce
in vari lno<;hi della città 60 ; pavimenti ro-
mani a mosaico, rinvenuti nella contrada
Montedoro 318.
Tkmpio — Fittili di arte rude scoperti nel Nu-
raghe del Muracciu, nella regione Padulu
328.
Tf.rracina — Avanzi del tempio di Giove Aniure
scoperti sulla vetta di monte s. Angelo presso
la città 96 j frammento di epigrafe latina
recuperato presso il monumento sepolcrale
detto di Valmarina 171; scoperte varie
avvenute in occasione dei lavori per la nuova
conduttura d'acqua 250.
Terranova fausama — Tombe in muratura,
frammenti di vasi fittili e monete di bronzo,
scoperte in vocabolo la Conca di la pudda
29; tracce di antico acquedotto riconosciute
nella regione Moronsu 30; resti di costru-
zioni laterizie esistenti nella regione Frati
Zinnia ib. ; tombe costruite con pietre e ce-
mento tornate in luce nel predio vocabolo
Sticcatu ib ; avanzi di antiche costruzioni,
monete romane imperiali e frammenti epigra-
fici rinvenuti in vari punti dell'abitato 30;
frammento di diploma militare sci'perto nella
villa Tamponi, presso il porto 112; tombe
in laterizi, scoperte nel predio denominato
hcia Mariana 326, 395; tomba di bambina
rinvenuta presso la collina di s. Simplicio
ib.; monete di bronzo e frammenti di em-
brici romani tornati in luce nel predio
Abbefritta ib. ; sepolcreto con oggetti della
suppellettile funebre rinvenuto nel predio
Acciaradalza 327 ; tombe di età romana e
resti di costruzioni laterizie, tornati in luce
nella regione Puzzolu alla collina di Pro-
Vania 392; cassa sepolcrale di piombo e
stoviglie scoperto presso la chiesa rurale
di Cobu Abbas .393; tombe romane con
oggetti della sup))ellettile funebre rinve-
nute nella piazzetta del Darchile .394 ; urne
ossuario fittili trovate nella collina di i. Sim-
plicio 396; esplorazioni eseguite nell'interno
dei nuraghi Belveghilc, Suraijadcna. Chi-
donili, Critcula, nell'agro olbiense 427 ; resti
dì antiche costruzioni riconosciuti nella lo-
calità Pirtralveddu, Tnnuim. P,-dni IHanca
429.
TiiAi'sos (penisola di Magnisi, presto Siracusa) —
Esplorazioni della grande necropoli sicula
di Thapsos 201.
Tivoli — Tomba romana con iscrizione sco-
perta nella contrada Favale 146 ; epigrafe
onoraria latina proveniente dal santuario
di Ercole Vincitore, aggiunta alle raccolte
epigrafiche del Museo Nazionale di lioma
283.
Torino — Sepolture di età romana, e frammento
epigrafico scoperto sul corso Regina Mar-
gherita 397 ; anfora fittile ricuperata nel
punto di intersecazione della via Foggia
e del corso Palermo ib.; tomba di laterizi,
rinvenuta nella via Pisa 398.
Tornimparte — Frammenti di iscrizioni latine
riconosciuti nel territorio del comune 194.
Tregnago e RADIA DI cALAvF.NA — Almi silicce
e vasi fittili di industria rude e primitiva
scoperti nei territori dei comuni 3.32.
Venezia — Iscrizione cretese rinvenuta nella
basilica di s. Marco 232.
Verona — Scavi e scupertc nell'area del teatro
romano 223 : epigrafi etrusche della raccolta
dei Conti Gazzola 229; iscrizione cristiana
di pro]>rietà del sig. Pietro Sgulmero, ))ro-
vcniente da Lazise, sul Garda 231 ; anfore
vinarie rinvenute nella contrada s. Giorgio
presso la via detta dietro mura 372.
Vericchio — Necropoli arcaica riconosciuta
nel podere detto Lavatoio 292.
Vetilonia — Nuove esplorazioni del tumulo
della Pietrera 3.35 ; scavi della necropoli
vetuloniese, nel luogo detto le Migliorine
340; tomba scoperta nella valle di Fran-
chetta 350 ; scoperte sul paggio di Vetu-
lonia 356 ; epigrafe dedicata all'imiieratorc
Caracalla, riconosciuta nella nuova Badia
di Seslinga 401.
ViTTORiTO — Frammenti epigrafici riconosciuti
nella chiesa dedicata a s. Michele Arcan-
gelo 317.
439 —
INDICE DEL VOL. II — SERIE 5^
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Parte prima — Memorie.
Nallino. Al-Huìvàrizml e il suo rifacimento della Geografia di lolomeo. Pag, 3
Guidi. Il « Gadla 'Aragàwl » ' ^4
Conti Rossini Carlo. Il « Gadla Takla Hàymanot ■^ secondo la reda-
zione waldebbana " ^^
Parte seconda — Notizie degli Scavi.
Notiiie degli Scavi. Gennaio 1894 " 3
» n Febbraio ' ^^
» » Marzo " '^^
« » Aprile ■" 113
» " Maggio " 1^^
» » Giugno ' ^^'^
1, » Luglio " 223
» " Agosto " ^^^
„ » Settembre - 291
» » OWoère " 331
n " Novembre ' 367
Il » Dicembre ■> 39/
Indice topografico ' '*' '
AS Aocademia nazionale del
222 Lincei, Boaa. Classe di
R645 scienze morali, storiche,
ser.5 critiche e filologiche
V.2 Memorie
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Pubblicazioni della R. Accademia dei Lincei.
8«i« 1* — Atti dell'Accademia pontificia dei Nuovi Lincei. Tomo I-XXIII.
Atti della Beale Accademia dei Lincei. Tomo XXIY-XXVl.
Swie 2' — VoL 1. (1873-74).
Voi. n. (1874-75).
Voi. III. (1875-76). Parte 1' Transdkti.
2* Memorie della Cicute di teietue /Ittehe.
matematiche e naturali.
8* Mbmorib della Ciotte di tciente morali,
storiche e ilologiche
VoL IV. V. VI. vn. vili.
Serie 3' — Transunti. Voi. I-VIII. (1876-84).
Mbmorib della Classe di sciente fisiche, matematiche e ncaurali.
Voi. I. (1, 2). — II. (1, 2). — III-XIX.
MjDfORiB della Classe di sciente morali, ttoriche e biologiche.
VoL I-XIII.
Serie 4» — Kendiconti VoL I-VII. (1884-91).
Mbmorib della Classe di sciente litiche, matematiche e naturali.
Voi. I-VII.
Memorie della Classe dt sciente morali, ttoriche e /Uologichi.
Voi. I-X.
Serie 5' — Rendiconti della Classe di scienze /itiche, matematiche e naturali.
VoL I-V. (1892-96) 2» Sem. Paso. 3».
Rendiconti della Classe di sciente morali, storiche e /Ilologiche.
Voi. I-V. (1892-96) Fase. 4<'-5».
Memorie della Classe di sciense fisiclie , matematiche e naturali.
VoL I.
Memorie della Classe di sciente morali, ttoriche e filologiche.
VoL I-UL
CONDIZIONI DI ASSOCIAZIONE
AI BKNDICONTI DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI
DELLA E. ACCADEMIA DEI LINCEI
I Rendiconti della Classe di scienze fisiche, matematiche
e naturali delia R. Accademia dei Lincei si pubblicano due
volle al mese. Essi formano due volumi all'anno, corris|)OD-
denli ognuno ad un semestre.
II prezzo di associazione per ogni volume è per tutta
l'Italia di L. flO ; per gli altri paesi le spese di posta in più.
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Ermanno Loescher <V C.** — Roma, Tonno e Firenze.
Ulrico Hoepli. — Milano, Pisa e ISapoli.