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Full text of "Memorie di matematica e di fisica della Societ`a italiana delle Scienze"

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S,  im  ?.  h. 


MEMORIE 

D    I 

MATEMATICA 
E    FISICA 

DELLA 

SOCIETÀ    ITALIANA 

TOMO   IL    VAIATE   L 


VERONA 

PER      DIONIGI      R  A  M  A  N  Z  I N I 

MDCCLXXXIV. 


vi^Al.  Ht^ 


jV 


m 


ELOGIO 

DI      GIUSEPPE      TORELLI 


Scritta 


Dal  Sig.   Cavaliere   Pindemonte. 

SE  felice  veramente  è  quel  letterato,  a  cui  uno  ftudio  co- 
lante delle  fcienze  aftratte  non  eftinfe  il  gufto  per  1'  ar- 
ti le  più  gentili  ,  che  le  pagine  d'  Omero  ha  così  fpefTo  tra 
mano  come  quelle  di  Newton ,  e  del  quale  torna  proprio  u- 
gualmente  e  lo  fcuoprire  la  natura  d'  una  curva  ,  e  il  pro- 
durre r  incanto  amabile  della  poefia,  noi  diremo  che  fu  fe- 
lice il  Torelli  ,  di  cui  fcriviarao  1'  Elogio  ,  e  che  pofTedette 
tutto  quel  bene,  cui  lice  in  terra  afpirare,  e  neceffario  anch' 
cflb  a  coftituire  il  carattere  d'  una  vita  celebre  e  rara,  qua- 
le venir  fuole  dalla  favia  antichità  per  modello  rapprefenta- 
ta.  Perciocché  né  mancò  a  lui  la  virtù,  né  l'ofTervanza  del- 
la religion  fua ,  né  la  cara  falute,  parte  anch' efTa  eflenzialif^ 
fima  della  umana  felicità  ;  ed  ebbe  ,  in  giufta  equazione  de' 
fuoi  dtfiderj,  que'  due  che  molto  fra  gli  eflerni  beni  rifplea- 


IV 

dono ,  le  belle  ricchezze ,  e  la  fama  ,  eh'  è  certo  ancora  più 
bella  .  Una  tal  vita  ben  meritava  di  venir  poflra  fuUe  carte , 
ed  anche  di  venir  polla  fu  quelle  ,  che  dalla  Società  Italiana 
fon  pubblicate .  Egli  era  membro  di  quefta  :  quindi  ,  appun- 
to perchè  non  fu  a  tempo  di  affaticarli  per  effa ,  crede  aver 
più  ragione  la  Società  di  lagrimarne  la  perdita  ,  e  lo  fa  pub- 
blicamente, amando  di  premiare  anche  le  ottime  volontà  de' 
fuoi  membri ,  e  ftimando  di  onorar  nel  Torelli  fé  ftefla .  Quan- 
tunque poi  s'occupi  folamente  delle  fcienze  gravi, gode  fé  al- 
cuno fi  diftiufe  ancora  nelle  lettere  belle ,  e  vuole  che  per  que- 
lle eziandio  venga  qui  celebrato  ,  e  perchè  non  fi  defraudi 
alcuno  della  debita  lode,  e  perchè  non  rifiuta  la  compiacen- 
za di  far  vedere,  che  poffiede  ne'  fuoi  quelle  ricchezze  anco- 
ra, di  cui  ella  non  ufa. 

Giufeppe  Torelli  nacque  in  Verona  li  3.  Novembre  dell' 
anno  1721.  Luca  fu  il  padre,  negoziante  di  fortuna  medio- 
cre, e  la  madre  Angela  Albertini  Veneziana  ,  donna  di  più 
che  mediocre  indole,  e  colta  oltre  1'  ufanza  del  izRo  a.  que' 
tempi:  a  lei  confeflava  il  Torelli  di  dover  tutto ,  rimaflo  pri- 
vo del  padre  in  tenera  età  ;  ella  gli  diede  1'  educazion  pri- 
ma ;  e  fatto  adulto  nel  Collegio  il  pofe  qui  retto  allora  da' 
PP.  Somafchi  ,  pofcia  in  cafa  de' dotti  fratelli  Ballerini,  e  fi- 
nalmente ,  fapendo  con  amor  coraggiofo  e  vero  privarfene  , 
air  Univerfitìi  di  Padova  lo  mandò  ,  Terminati  appena  fuoi 
iludj ,  parve  fubito  ciò  eh'  effer  dovea  ,  e  eh'  io  qui  dichia- 
ro: dico  che  moffrò  fubito  un  certo  fenfo  dell'  ottimo  in  o- 
gn;  cofa  ,  un'  anima  armonica  e  veramente  geometrica  ,  ma 
nel  tempo  ftelTo  di  finiUìma  e  dilicatiffima  temperatura  ;  on- 
de r  amor  del  bello  non  meno  che  il  bifogao  del  vero,  ed 
il  fior  del  gufto  e  la  fquifitezza  del  tatto  non  men  che  il  fa-; 
pore  della  proporzione  e  del  retto  ;  ciò  in  fine  che  mi  piace 
comprendere  nelle  fole  parole  fenfo  d^W  ottimo  in  ogni  cofa  a 
lui  naturale,  e  colia  buona  difciplina  perfezaonato  :  dal  quale 


V 

condotto  venne  per  la  difficile  carriera  delle  lettere  ,  e  per 
la  più  difficile  della  vita,  di  cui  parlerò  dopo,  ma  breviffi- 
mamente  ,  perchè  non  trattali  qui  che  dell'  uom  letterato  . 
Diffi  che  quello  fenfo  di  perfezione  moftrò  lln  d'  allora ,  per- 
chè gli  uomini  primarj  di  Padova  a  quel  tempo  ,  i  Morga- 
gni, i  Pontedera  ,  i  Poleni ,  i  Dandini,  i  Volpi,  ed  i  Fac- 
ciolati  non  Iblamente  ammiravano  in  lui  un  giovinetto  che 
molto  di  sé  promettea ,  ma  eziandio  accarezzavano  un  confi- 
gliero  fagace  ,  cui  potevano  negli  affari  delle  lettere  interro- 
gare .  Del  che  fa  prova  faper  che  il  Morgagni  leggeva  a  lui 
nella  danza  quelle  orazioni  che  poi  dovea  dalla  cattedra  re- 
citare ;  come  fa  teflimonio  dell'  altro  veder  che  il  Dandini 
compiacqueli  d'indirizzargli  per  via  d' epiflole  una  fua  opera  , 
chiamandolo  pieno  di  erudizione  e  di  dottrina  in  una  età  che 
gli  altri  li  difpongono  ad  efferlo  ,e  per  cui  vedefi  che  la  buo- 
na coltura  non  gli  fu  men  primaticcia  del  buon  giudizio, 

Ripatriato,  pare  che  folo  delle  belle  lettere  ornafl'e  quegli 
anni  primi ,  ma  non  già  come  s'  ufa  oggidì  ;  perocché  eferci- 
tavall  nel  latino  fermone  ,  coltivava  il  greco  ,  amoreggiava 
r  ebraico  ,  avvicendando  il  fevero  e  1'  amenità  ,  e  nutrendo 
i  fiori  del  gufto  colla  foftanza  del  buon  fapere  .  Frutto  pri- 
miero di  quefti  ftudj  fu  la  verlione  latina  ,  non  però  mai 
pubblicata,  di  quell'aureo  libretto  greco  di  morale,  più  uti- 
le e  grande  che  trattati  molti  non  fono  di  tale  fcienza  ,  e 
libretto  d'  ogni  età,  d'  ogni  felTo ,  d'  ogni  nazione  e  d'  ogni 
fecole  ,  gli  apologhi  di  Efopo  ;  i  quali  veftire  della  più  carta 
latinità  ,  e  fregiar  volle  di  note  opportune  e  di  prefazione 
erudita  ,  formandone  un  elegantiflimo  volumetto  ,  non  mea 
che  riguardo  al  coftume ,  profittevole  ai  giovani  rifpetto  alla 
lingua  ,  la  quale  ,  non  men  che  quello  fecondo  i  Teologi , 
vaffi  ora  più  fempre  fecondo  i  Grammatici  corrompendo  .  E 
del  tempo  medelìmo  ,  e  non  meno  faporiti  e  ben  profperati 
fono  altri  frutti  di  gentile  letteratura,  di  cui  torto  ragiono,. 

a     iij 


VI 

Tra'  greci  fcrittori  a  sé  particolarmente  Io  traffe  Luciano', 
dalla  converfaz.ione  del  quale  parti  egli  dopo  averne  non  pur 
guffati,  ma  ia  fangue  convertiti  que'penfamenti ,  e  fatto  unai 
eleganza  fua  propria  di  quelle  graziofità  .    Teflimonio  ne  fo- 
no tre  Dialoghi  ed  una  Efercitazione  accademica  .    Ha  que- 
fta  per  titolo  Sogno   di  Giacomo   P  inde  monte  ;    e  fi    tratta  di 
perfuadere  il  coltivamento  delle  lettere  ad  un  giovinetto  in- 
clinato più  a   quello   delle   armi  ,    fingendoli  che  due.  donne 
vegga  in  dormendo  ,  la  Milizia  ,  e  la  Letteratura,  ambedue 
delìderofe  di  poflederlo  ,    ed  i  fuoi    comodi  e  beni    vantando 
ciafcuna  :  il  tutto  non  che  preparato  alla  maniera  de'  Greci, 
ma  di  fapore  ,  greco  veramente  ,  condito  ..    I  Dialoghi  poi  , 
latini  pur  effi  ,  e  ftampati  fenza  nome  in  Colonia ,  due  por- 
tano in  fronte    Del  principale  incomodo  della  gola  e   del  fuo~ 
rimedio^  l'altro  è  fulla  dottrina  in  generale  del  Probabili fmo  ^ 
dottrina  che  allor  piì^i  che  mai  facea  perdere  il  tempo  ai  Teo- 
logi dell'  Italia  ,    Ciafcun  fa  quanto  torni  opportuno  lo  ftile 
del  dialogo ,  ove  piaccia  veftir  di  ridicolo  le  cofe  più  gravi  ,- 
o  che  tali  fon   riputate:  ma  quanto  anche  noa  è  malagevole 
il  confeguirne  la  femplice  ed  iniìeme  varia  andatura,  i  mot- 
ti improvvili  e  nulla  meno  naturali,  e  quella  piccante,  e  no- 
bile a  un  tempo  ed  ingenua  giocondità  che    tutto    dee  ralle-. 
grarlo?  o  io  m'inganno,  o  quelli  Dialoghi  non  fono  nel  ge- 
nere loro  meno  eccellenti   delle    celebri  Lettere    Provinciali: 
pratica  fomma  di  que'  cortefi  e  condifcendenti  Cafifti ,  laviez- 
za  ,  temperanza   e    difinvoltura    nel  farne  ufo  ,  le  grazie  in- 
nocenti a  tempo,  a  tempo  le  grazie  pungenti,  facile  tenitu- 
ra   e  variata  ,  gemme  di  lingua  le  più  luftranti  ,  e  il  garbo 
per  ogni  dove   e  la  urbanità  .    Diede    anche  pruova  del  fuo 
profitto    nella    ebraica    lingua   con    una    Diifertazione    latina 
ìndiritta  fotto  forma  di  lettera  al  Marchefe  Maftèi  ,    e  con- 
tenente parecchie  comparazioni   tra  1'  ebraico    libro   dell"  Ei- 
odo  5  e  la  greca  interpretazion  dei  Settanta.  S'oppofe  a  que- 


fta  operetta  il  P.  Carmeli    reputato  Profeffore  a  quel  tempo 
in  Padova  di  lingue    orientali  ,   foftenendo  efTer  cofa  perico- 
lerà ed  audace  e    quafi  facrilega  il  por  mano    fenza   neceflità 
ed  autorità  nell'  ebraico    tefto    dietro  le  riprovate   traccie  di 
Riccardo  Simone  ,    del  Clerc  ,   e  di  Lodovico  Capello  :    ma 
condannando  l'afTunto,  l'ingegno  per  altro  del  giovine  Criti- 
co commendò .  Comunque  fia  riguardo  al  primo  ,  ci  contente- 
remo di  dire  quanto  al  fecondo ,  che  folo  ancora  in  que'  po- 
chi palli  diede    a  divedere  abbaftanza  ,    quanto   farebbe   nella 
facra  filologia  proceduto  ,  ove  continuato  avelie  a  darci  ope- 
ra, e  quando  mancati  non  gli  follerò  i  libri  neceflarj  ,  maf- 
fime  quelli  de'  Proteftanti,  de'  quali  i  paelì  cattolici,  e  maf- 
lime   l'Italia,  per  non   dir  che  il   vero,  fcarfeggia.   E  qui  mi 
piace  notare  che  quefti  lavori  fon  piccioli,  è  vero, di  mole^ 
ma  la  finitezza  e  perfezion  loro  ,    come  fa   onor    grande  air 
Autore  ,  così  la  mia  cura  giuftifica  in  ricordarli . 

Benché  però  coltivafle  in  quegli  anni  le  più  dolci  arti  fin- 
golarmente  e  la  filologia ,  tanto  è  però  lungi  che  trafcurafie 
k  fcienze  e  le  arti  piìt  gravi  ,  che  Tappiamo  anzi  che  addot- 
torato a  Padova  in  legge ,  febben  non  1'  abbia  mai  profetata, 
molto  vi  applicò  nondimeno  in  quella  fua  giovinezza,  e  ap- 
pare da  lettere  fcritte  a  lui  ,  che  due  Difièrrazioni ,   indarno 
poi  ricercate  tra  le  fue  carte  ,    ftefo  egli  avefie  fu   propofiti 
importanti  afTai  di    giurifprudenza  .    Ma  né  quefla  con  tutte 
le  altre  fcienze  che  dette  fon  rnctafilìche  ,    né  la  filica   ftefla 
che  fpefib,  tolta  univerf'J'nente -,  o  ci  lafcia  anch'  ella    nelle 
tenebre,  o  Jc  rlìraJa  per  lafciarci  poi,  com'  è  de'  lampi  not- 
turni, in  anche  maggiore  ofcurità,  pctea  contentare  uno  fpi- 
rito   di   contentatura   in   tutte   le   cofe  difficiliffima  ,   la  qual 
non  nafce  che  da  quel  fenfo   di   perfezione   fopraindicato  ,    e 
dal  quale  venia  propriamente  coftretto  a  non  fi  appagare  che 
di  quel   vero   fol   degno   del    nome  ,    come    non  lì  acquetava 
nella  poefia  ed  oratoria  che  a  quel  puro  beilo  e  perfetto ,  che 


vin 
pi\ò  dirfi  il  vero  delle  buone  arti  .    Quindi  abbracciar  dovea 
(.lì  iieceffità  le    matematiche  ,  e  quelle  lingolarmente   che  di- 
conlì  pure  ,  le  quali  poi    fempre  aggiogò    colle    belle   lettere 
giudicate  per  lui  non  men  vere  appunto  di  quelle   nell'  efler 
loro  ,    perchè  ficure    di  confeguire    ir  mano  di    chi  trattarle 
lappia  il  lor  fine  ,  o  con  dilettar  T  intelletto  ,  o  con  ifvol- 
gere  la  volontà.  E  però  egli  era  folito  lodar  particolarmen- 
te quefti  due  lludj ,  e  raccomandarne  il  coltivamento  ;  e  per 
quella  opinione  ,    che  anch'  ei  tenea  ,    folle  quafi    un  perder 
r  opera  e  il  tempo  in  parecchj  altri  ,    e  per  un  diletto  na- 
turale di   vedere   in  confiderazione    ed  in    pregio   ciò  che  fi 
pregia  e  coniidera,  diletto  che  torna  in  lode,  perchè  fol  ca- 
de in    coloro  che  di    ofcurare  non    temono    all'  altrui    luce  : 
molto  più  che  conceflb  è  a  pochi  nodrire  fotto  un  medelimo 
tetto,  e  congiunti  d'  amicizia  due  ftudj  non  tanto   forfè  ne- 
mici di  lor  natura  ,    quanto  creduti  tali  perchè  rare  volte  , 
e  quindi  con  maggior  vanto  di  chi  gli  unifce ,  infieme   con- 
vengono . 

Per  la  medefima  ragione  poi ,  che  tra  le  fcienze  avea  fcel- 
to  k  matematiche  ,   elellè  tra  quefte  1'  antica  geometria  ,   e 
fece  poi  fempre  le  delizie  fue  di  quel  metodo ,  che  per  la  di- 
ligenza a  guidarci  di  paflo  in  paffo ,  e  per  quel  lume  che  fpar- 
ge  fu  la  via  tutta  ,  dovea   fingolarmente  allettarlo  ;  e  come 
r  anima  fua  non  era  meno  gentile  che   geometrica,  è  il  ve- 
der facile  quanto  in  ciò  pur»  amar    dovelTc    gli   antichi  ,    di 
cui  fu  fempre  grandiffimo    ofTervator^  ,  e  nelle    dimoftrazioni 
de'  quali  la  precifione  ed  il  rigore  vanno  a  maraviglia  del  pa- 
ri colla  femplicità  ed  eleganza  .    Rivolfe  V  animo  da  princi- 
pio anch'  egli  a  quel  metodo  che  per  altri  pregi  rifplende  e 
tanto  tiene  ora,  veduti  eh'  egli  ebbe  quegli  elementi  di   geo- 
metria ,  che  moftrare  fi  fogliono  nelle  fcuole  ;  ma  poi  mutò 
di  conlìglio.  Perchè  avvenutoli  in  Vicenza  con  dotto  Matema- 
tico  che   lo   avvifò  di  volgere   addietro   per  rifar   meglio   la 

ftrada 


Arada  che  corfa  avea  ,  e  forfè  anche  ricordatofi  di  Newton  , 
che  ritornò  fui  Geometri  antichi  da  lui  troppo  torto  per  1'  a- 
mor  dell'  Algebra  abbandonati,  prefe  a  ftudiare  di  nuovo  Eu- 
clide ,  ma  in  Euclide  medcfimo ,  fecondo  il  detto  dello  fteflo 
Newton;  e  quefto  fece  cogli  altri  tutti  e  Angolarmente  con 
Archimede  ,  di  cui  tanto  invaghì,  che  gli  tenne  poi  fempre 
la  più  irreprenfibile  fedeltà.  E  quanto  a  Euclide,  come  rifo 
avea  prima  di  sé  ,  cosi  degli  altri  era  folito  ridere  che  fui 
moderni  libri  lo  ftudiano  ,  e  di  quegli  Autori  che  prctefero 
riordinarlo ,  rompendo  quella  catena  mirabile  di  propofizioni 
che  partano  neceffariamente  dall'una  nell'altra,  e  che  forman- 
do un  ordine  ,  di  cui  non  può  darfi  il  più  nobile  ,  formano 
inlìeme  la  delizia  degli  amatori  del  rigor  geom.etrico  ;  rigore, 
che  folo  può  vincere  uno  fpirito  rifoluto  di  non  li  dare  che 
air  evidenza .  Ma  quefto  è  il  vezzo  comune  ora  di  agevolare 
la  fcienza  debilitandola  ;  al  che  non  poco  contribuifce  quella 
nazione, per  altro  illuflre  e  grandiffimajC  non  mai  lodata  ab- 
baftanza  che  fa  di  aflicurariì  in  tal  modo  la  da  lei  affettata  uni- 
verfale  monarchia  nelle  lettere .  e  che  infegna  ad  abbandonare 
le  lingue  antiche  per  far  parlare  alle  fcienze  la  propria  folo  : 
mentre  la  fua  rivale  afpira  tuttavia  aduna  gloria  negli  ftudj  men 
rilucente ,  ma  più  ferma  e  più  dai  favj  ammirata  ;  e  le  antiche 
lingue  coltiva  ,  ed  ancora  conferva  il  gufto  della fevera  geometria  . 
Primo  faggio  di  quefli  ftudj  nel  noftro  Torelli  fu  1'  inge- 
gnofo  trovato  d'una  macchina  idraulica,  fpiegata  molto  fem- 
plicemente  ed  elegantemente  con  Lettera  latina  al  Marchefe 
Poleni  indiritta; e  trattali  d'una  ruota  girante  fotto  acqua, ed 
utile  in  queflro  che  non  riftarebbe,  come  le  altre,  fempre  che 
i  fiumi  o  per  le  pioggie  autunnali ,  o  per  la  neve  ingroflano 
di  primavera .  E'  noto  che  per  due  cagioni  (farebbe  ;  o  man- 
cando la  forza  impulfiva,  o  la  fteffa  forza  ugualmente  in  o- 
gni  fua  parte  operando.  Queft' ultimo  accade  nella  ruota  fot- 
to acqua  ;  perchè  quantunque  fia  vero  che  le  acque  correnti 
Tomo  II.  b 


X 

non  muovano  e  fopra  e  fotto  d'  un  corfo  eguale ,  pur  non  è 
quella  diverlìtà  che  bafti  a  rivolgerla  .  Per  far  dunque  che 
la  forza  delle  acque  non  così  operi  nella  fuperior  parte  del- 
la ruota  come  nella  inferiore  ,  fpezzò  i  raggi  di  quella  in 
due  parti,  ond'è  che  gì'  inferiori  compongon  fempre  una  ret- 
ta ,  due  rette  i  fuperiori  fatti  per  una  fpecie  di  contrazione 
più  brevi;  e  però  volgendo  la  ruota,  ciafcun  raggio  cade  pel 
proprio  pefo,  e  torna  dall'  una  parte  intero  di  rotto,  e  rot- 
to d'  intero  dall'  altra,  ciafcuno  raggio  allungandoli  o  con- 
traendoli  con  perpetuo  ed  equabile  avvicendamento . 

Dopo  quefta  Lettera  pubblicò  egli  un  tratto  geometrico 
in  lingua  italiana  col  titolo  Scala  de'  meriti  a  capo  d'  anno; 
imitando  con  quefto  il  Leibnizio  ,  di  cui  pure  lo  fcioglimen- 
to  d'  un  bel  problema  a  mercatura  pertinente  negli  Atti  ab- 
biamo di  Lipfia  .  Merito  fi  chiam.a  preffo  i  mercatanti  quel 
frutto,  che  da  un  capitale  ci  viene  prodotto  in  un  dato  tem- 
po; e  merito  a  capo  d'anno  quello  che  febben  prodotto  equa- 
bilmente per  tutto  r  anno,  pur  folo  in  fine  dell'  anno  fteffo 
dimandafi  intero.  Ma  fuppongalì,  dice  1'  Autore  ,  che  fé  ne 
dimandi  fra  I'  anno  fenza  1'  altrui  pregiudizio  una  qualche 
parte  :  qual  farà  ella  ?  Ora  per  ifciogliere  quefto  problema  ba- 
fta  confìderare  che  il  diraandarfi  per  patto  intero  un  tal  me- 
rito folamente  in  fine  dell'  anno  non  altro  importa  ,  fé  non 
che  nel  giro  d'  un  anno  nulla  oltre  lo  ftefib  può  ricavarfi  : 
end'  è  manifefto  che  in  altro  modo  dee  concepirfi  prodotto, 
dimandandofi  in  fine  dell'  anno  ,  ed  in  altro  modo  ,  diman- 
dandofene  fra  1'  anno  una  parte .  Nel  primo  cafo  dee  conce- 
pirfi prodotto  dal  folo  capitale ,  nel  fecondo  e  dal  capitale  e 
da  quella  parte  ,  qualunque  fiafi  ,  che  fra  1'  anno  fé  ne  di- 
manda. Quella  parte  adunque,  che  nel  tempo  trafcorfo  fi  vuol 
fupporre  efiere  fiata  dal  capitale  prodotta,  dee  efier  tale  che 
unita  a  quella  tale  altra  ,  cui  può  produrre  pur  colla  flefll^a 
legge  nel  tempo  ,  che  riman  da  trafcorrere  ,   il  predetto  ca- 


XI 

pitale  ,  della  ftefla  accrefciuto  ,  adegui  precifamente  l'  intero 
merito.  Le  quali  parti  ,  o  Ila  meriti  parziali  volendo  gene- 
ralmente determinare,  ricorre  l'Autore  ad  una  curva,  le  cui 
dimenlioni  e  proprietadi  a  dimoftrar  tolfe  ,  e  che  appunto  è 
la  fcala  fopraindicata.  Il  problema  è  da  tenerfì  in  pregio  non 
lieve  e  per  1'  ufo  che  nella  vita  civile  fé  ne  può  trarre  gran- 
diflìmo  ,  e  perchè  fciolto  con  quella  nitidezza  e  perfpicuità 
tutte  proprie  del  noflro  Geometra . 

Ma  benché  1'  Autor  noftro  coltivaffe  ftudiofamente  ed  a- 
cremente  foftenedè  la  finteli  degli  antichi  ,  meritò  per  altro 
affai  bene  della  moderna  analilì  ;  e  ciò,  tentando  di  trafpor- 
tare  il  rigore  e  la  certezza  dell'  antica  geometria  nella  più 
fublime  e  pili  utile  parte  di  quel  metodo  :  dico  nel  calcolo 
infiniteiimale .  La  idea,  che  delle  infinitelìme  quantità  reca  il 
Wolfio  ne'  fuoi  Elementi,  rapprefentandole  quali  quantità  in- 
comparabili alle  più  grandi,  a  quel  modo  che  un  granello  d'a- 
rena incomparabil  iì  dice  rifpetto  a  un  monte ,  come  non  può 
certamente  alcuno  ingegno  matematico,  per  indulgente  eh'  ei 
fia  ,  tranquillare  ,  così  agitare  dovea  fommamente  colui  che 
alla  fana  indole  dello  ingegno  aggiungea  la  rigida  educazio- 
ne dell'  antica  geometria  .  Cominciò  pertanto  a  meditare  , 
giufta  il  penfamento  proprio,  fulle  quantità  infinitefime.  Le 
confiderò  egli  quali  differenze  che  a  poco  a  poco  giungono  ad 
annichilarfi  ,  e  nell'  atto  dell' annichilamento  fanno  che  certe 
relazioni  tra  d'  altre  fuffiilenti  linee  a  verificare  fi  vengano; 
e  confiderò  infieme  che  avendo  gli  Analifti  diftinto  due  cal- 
coli, r  uno  per  le  quantità  pofitive,  per  le  negative  V  al- 
tro ,  effere  ci  dovea  un  calcolo  ancora  pel  Niente  porto  all' 
une  e  all'  altre  di  mezzo .  Dietro  codefte  tracce  ^vvifò  non 
altro  effere  il  calcolo  degl'  infinitefimi  ,  che  il  calcolo  del 
Niente  tra  le  pofitive  e  le  negative  quantità  collocato  ,  feb- 
bene  con  altri  riguardi  ,  e  di  fotto  ad  altra  fembianza  da' 
primi  Autori  fuoi  inftituito  .    Ma  un  annientamento  traente 


xn 
fico  la  verità  di  relazioni  che  prima  non  erano  ,  non  è  già 
un  nulla  che  meriti  d'  effer  confufo   col   nulla   metafifico  ed 
airoluto  ;   il  perchè  trovoffi  egli    neceflitato   a  caratterizzarlo 
col   titolo   di  Nulla  geometrico,  e  quefto   titolo  a  porre  in 
fronte  d'  una  fua  opera  latina  ,  divifa  in  due  libri ,  nel  pri- 
mo de'  quali  fé  ne  rifchiara  la  natura ,  neir  altro  1'  applica- 
zione fé  ne  dimoflra .  In  quello,  come  quefto  Niente  fi  for- 
mi, come  a  varj  ordini  flilga  ,  come  fopra  ciTo  adoperare    (ì 
debba  vien  ragionato ,  e  ia  fottigliezza  dell'  ingegno  partico- 
larmente rifplendevi  ;  come  pompeggia  la  induftria  nel  libro 
fecondo,  ove  conticnu  i'  applicazione,  ed  ove  d'  ogni  fpecie 
di  problemi  geometrici  foliti  ad  eflere  fciolti  dal    calcolo  in- 
fìnitellmale    fi    recano  efempj  ,    in    cui    fciolgonfi    felicemente 
eolla  nuova  teoria  del  Nulla-  geometrico  .  Or  chi  crederebbe 
che  un'  opera  lavorata  con  tanto  raffinamento  di  arte  ,  ed  a 
SI  utile  (ine  condotta  ,   come  quella  che  i  fondamenti  dimo- 
flra  d'una  parte  tanto  importante  dell'  analitl ,  qual  è  il  cal- 
colo differenziale  ,    chi  crederebbe  che  accolta  non  foffe  con 
applaufo,  con  gratitudine,  con  diletto?  Eppure  non  fu  così: 
il  titolo  di  Niente  geometrico  difguftò  molti  ;    ma  quanto  a 
torto,  rendelì  chiaro  abbaflanza  dalla  nozione  di  quefto  Nien- 
te poc'anzi  efpofta .  Era  dovere  pertanto  non  ìì  arreftare  al- 
ia nuova  ifcrizione  del  tempio,  ma  entrare,  ma  efaminare  il 
tutto  e  le  parti,  che  avrebbono  e  giuftificato  loro  quella  ifcri- 
zione ,    e  data  infieme  baftevole  idea  della  fagacità  e  del  fa- 
pere  deli'  architetto  .  Lo  fleffo  intervenne  al  celebre  Autore 
dello  Spirito  delle    leggi  ;    il    qual    titolo  rivolto  fubitamente 
in  ifcherzo  dalla  non  feria  nazione  fece  che  la  più  parte,  fcri- 
vono  i  pignori  Maupertuis    e  d'  Alembert  ,  non  fi  curafie  a 
principio  del  libro  fiefib,  lodatilFimo  poi  ,  cioè  letto  che  fu 
da  que'  giudici  ,    che  la    voce  del  pubblico  indirizzarono  :    e 
non  dubito  che  letto  da    giudici  buoni  il  noftro  hbro  ,  pò- 
f^a  la  debita  proporzione  tra  opera  ed  opera,  non  ne  ripoi;- 


XIII 

taflc  gli  applaufi  grandi  ,   e  avuto  il  pefo  de'  voti  ,  non  ne 
ottenefre  il  numero  ancora. 

Vide  pertanto  1'  Autore  che  quella  opera  o  ftata  non  era 
ben  letta  ,  o  intefa  non  bene  ;  e  però  a  vie  più  far  chiara 
la  folidità  e  utilità  della  fua  teoria  dettò  nuovo  libro  anch' 
effo  latino,  e  col  titolo  di  Cofe  Geometriche  pubblicolio  :  nel 
quale  tre  problemi  propone  e  fcioglie  prima  linteticamente 
coi  principi  della  greca  geometria  ,  poi  analiticamente  colla 
dottrina  fua  del  Nulla  geometrico.  E  veramente  le  prime  ri- 
foluzioni  moftrano  il  fommo  vigore  di  raziocinio  ,  che  dall' 
efercizio  della  finteli  avea  ritratto ,  onde  foftenere  le  più  com- 
pofte  e  laboriofe  dimoftrazioni  delle  verità  più  difficili  ed  av- 
viluppate ;  come  le  rifoluzioni  feconde  manifeflano  ciò  in  che 
r  analifì  vince  la  lintefi  ,  cioè  la  fpcditezza  di  giungere  a 
meta,  per  nulla  dire  ora  della  fecondità,  e  ciò  in  che  dalla 
finteli  è  vinta  ,  cioè  la  luce ,  che  illumina  e  indora  tutto  il 
cammino  .  Buon  Critico  appare  ancora,  inferendo  tra  quelle 
dimoltrazioni  ciò  che  fulla  quadratrice  di  Dinoftrato  nelle 
collezioni  fi  riferifce  di  Pappo,  e  fervendofi  ei  primo  del  ma- 
nofcritto  codice  Vaticano  per  lui  emendato  accortamente  e 
tradotto,  male  foddisfacendoli  della  verfione  del  Commandi- 
no .  Finalmente  elegantiflimo  Scrittore  veder  fi  fa  ;  e  in  vero 
due  libri  di  acuta  e  profonda  matematica,  annunziati  ciafcu- 
'10  da  prefazione  e  da  lettera  dedicatoria  piene  1' una  e  l'al- 
tra di  tutte  le  grazie  e  le  veneri  del  penfare  e  dello  fcrive- 
re  ,  parmi  cofa  rara  veramente  ed  attiflima  ad  umiliarne  e 
lo  Scrittore  fuperficiale ,  ed  il  rozzo  Matematico;  ma  nel  tem- 
po fi-efib  è  cofa  però  da  afpettarfi  in  colui  che  reca  dalla  na- 
tura il  fenfo  vero  dell'  ottimo  :  perchè  chi  al  beljo  s'  educa 
folo  ,  giungerà  lolo  a  quello  dell'  arte  che  particolarmente 
coltiva  ;  ma  chi  propriamente  al  bello  è  nato  anche  .  cofa 
non  vede  o  tocca  che  tofto  non  ve  lo  fcuopra  od  infonda, 
o  perchè  generale  è  la  difpofizione ,  o  perchè  il  primo  cogji^ 

b     iij 


XIV 

tale  o  tale  beltà ,  il  fecondo  coglie  Tempre  fotto  varie  modi- 
ficazioni la  beltà  ftefla . 

Conofcitore  dunque  ficuro  del  vero  bello  ,  così  nelle  arti 
più  dolci  come  nelle  più  auOere,  caldiflTimo  anunte  di  quel- 
lo per  confeguenza  ,  non  potea  a  meno  di  non  anche  eflere 
artefice  in  quefta  ora  ,  ed  ora  in  quella  officina  ;  e  però  mi 
fi  permetta  ,  che  ficcom'  egli  paffava  da  lavoro  a  lavoro  af- 
fai facilmente  ,  benché  diverfo  ,  così  faccia  io  pure  parlando 
di  lui,  e  torni  alle  belle  lettere  dalle  matematiche,  che  poi 
di  nuovo  riprenderò  .  L'  amor  per  la  madre  lo  condulfe  all' 
amore  per  la  più  bella  delle  figliuole;  dico,  che  amando  la 
lingua  latina  ,  amò  anche  la  italiana  molti/fimo  ,  e  fcrilTe  in 
quefta  con  eguale  purità,  e  con  leggiadria  non  comune:  ma 
pure  ,  ragguagliando  gli  fcritti ,  vedefi  che  la  madre  gli  era 
più  familiare  e  che  feco  egli  ulava  liberamente ,  ove  la  con- 
verfazione  colla  figlia  era  più  alquanto  ftudiata ,  ed  elegante 
sì  bene,  ma  d'una  men  facile  alquanto  e  men  difinvolta  ele- 
ganza .  Quattro  Lettere  abbiamo  fiefe  in  tal  lingua  ;  la  prima 
che  ufcì  delle  quali  s'  intitola  :  della  drnominaxione  del  cor- 
rente anno  volgarmente  detto  1760;  ed  è  una  di  quelle  fcrit- 
ture  che  prodotte  vengono  da  quelle  contefe ,  le  quali  fé  dif- 
compagnate  non  fono  dalla  urbanità  ,  fanno  il  faporito  ed  il 
vivo  della  civil  compagnia  .  La  quiftion  veramente  era  ma- 
nifefta  per  sé  ,  e  non  pare  che  bilogno  ci  fofie  d'  uno  fcrit- 
to  per  terminarla  :  perchè  quale  Aftronomo  ne'  fuoi  calcoli 
andar  non  fa,  per  grazia  d'  efempio,  gli  fcorfi  mefi  di  gen- 
naio ,  febbrajo  ecc.  per  l'anno  1785^  ma  come  io  penfo  che 
quella  converfazione  comporta  non  folle  di  Aftronomi  ,  e  né 
manco  di  gente ,  che  delle  ufanze  loro  fapefie ,  correndo  gran 
differenza  tra  un  ritrovo  di  Cafic  ,  e  quel  di  una  Specola  ; 
così  fu  neceflàrio  il  dettar  quella  Lettera ,  e  fu  bello  con  eru- 
dizione pari  alla  gentilezza  il  dettarla,  rilevando  l'errore  di 
Seda,  cui  nialamsnte,  in  cambio  di  Dionigi  Eiiguo,  noi  fe^ 


XV 

guìtiamo  .  Una  confimile  origine  ebbe  quell'  altra  fua  al  ce- 
lebre Autore  delle  lettere  Virgiliane  ,  condita  veramente  di 
forti  fali  e  di  molto  brio  illuminata;  ma  che  qui  bafta  cita- 
re ,  ficcome  quella ,  ove  non  trattali  propriamente  d'  affar  let- 
terario, ma  di  perfonali  e  civili  cofe  ,  che  non  fono  impor- 
tanti ,  fé  non  quanto  fon  nuove  e  calde  le  circoftanze  ,  onde 
nacquero ,  raffreddate  le  quali ,  quelle  pure  raffreddano .  Mag- 
giore confideraxionc  fi  meritano  quelle  altre  due  che  verfano 
fopra  Dante,  dell' onor  del  quale  non  era  il  noftro  Torelli  men 
tenero  di  quello  che  foffe  della  beltà  fua  innamorato.  Gran 
cura  pertanto  ei  ci  pofe  dietro ,  e  quantità  di  paffi  ne  inter- 
pretò nuovamente,  con  animo  di  comporne  una  novella  edi- 
zione ,  di  cui  gli  parca,  e  non  a  torto,  che  faceffe  Dante  ri- 
chiefla  :  e  veram.ente  i  due  paffi  del  Purgatorio  ,  che  in  una 
fpiegò  di  codefte  Lettere,  fan  fofpirare  agli  amatori  del  gran 
Poeta  l'abito  intero ,  ond' effer  dovea  per  mano  del  Torelli  ve- 
flito-  Ad  un  vero  amante  poi  non  foffre  1'  animo  che  gli  {i 
oltraggi  la  cofa  amata,  anche  ove  incompetente  fembri  e  da 
meno  chi  oltraggia .  Uno  fcrittore,  com'è  il  Sig.  di  Voltaire 
che  fpefTo  non  fai  fé  dica  per  dire  o  per  ifcherzare,  che  mira 
più  al  pafTatempo  che  all'  iftruzione ,  e  che  o  trafcura  o  difll- 
raula  la  verità ,  non  meritava  certamente  una  rifpofl-a  feria  e 
adeguata ,  allorché  parla  giufla  quello  ftile  del  noftro  Dante  : 
lafciando  eh' ei  pure  non  avea  quell' efercizio  di  lingua  italia- 
na, che  per  giudicar  gli  baftafle  dell'italiana  poefia .  Malgrado 
ciò,  non  diede  il  cuore  al  noftro  Torelli  di  comportare  una 
ingiuria,  non  autorevole  è  vero,  ma  però  lanciata  da  bocca 
di  autorità  grande  ,  e  meritamente  ,  nelle  cofe  del  Gufto ,  e 
però  quella  nell'  altra  fua  lettera  ribattè  ;  la  quale  gioverà 
fcmpre ,  fé  non  fofTe  per  altro,  a  moftrare  vie  più,  qual  con- 
to fi  voglia  far  de'Francefì  nella  bella  noftra  letteratura,  uti- 
le avvertenza  in  un  tempo  che  molti  fludiano  eziandio  quel- 
la ne'  francelì  libri  ,  e  non  s'accorgono  che  parecchj  di  que- 


XVI 

gli  fpiriti,cd  anche  di  que' precetti  fon  buoni  per  loro,  che 
a  noi  o  non  fervono  punto,  o  pregiudicano  ,  chiaro  efiendo 
che  le  fcienze  fi  rimangon  le  fteffe  in  ogni  nazione ,  ma  che 
le  lettere  ,  diverfamente  parlando  ,  fi  muovono  ancora  e  fi 
atteggiano  diverfamente . 

Ma  il  noftro  Torelli  al  giudizio  accompagnò  I'  attitudine, 
e  fé  fu  Critico  eccellente ,  fu  anche  eccellente  Poeta  :  molto 
efercitoflì  poi  nel  tradurre  ,  a  che  portato  era  naturalmente 
e  dall'  amor  fuo  per  gli  antichi  ,  e  dalla  voglia  di  giovare 
ai  moderni  ,  moftrando  loro  i  ritratti  di  quelle  beltà  ,  che 
sì  crudelmente  e  non  meno  a  torto  abbandonano .  E  folea  di- 
re tanto  eiler  lunge  che  tal  meftiero  s' abbia  a  tener  per  fer- 
vile, che  anzi  vi  fi  occuparono  fpeffo  gì'  ingegni  fovrani  ,  e 
fempre  gran  conto  da' più  favj  ne  venne  fatto  ;  e  nominati 
alcuni  Latini  ed  Italiani  ,  ricordava  eziandio  qua'  due  lumi 
del  Parnafo  inglefe  Drayden ,  e  Pope,  al  primo  de' quali  non 
fece  men  torto  la  men  che  buona  verlìon  dell'  Eneide ,  ofcu- 
rata  poi  afiatto  dal  lume  di  quella  di  Trap,  che  onor  facef- 
fero  le  Favole  fue  e  le  fue  Odi, ed  al  fecondo  la  verfion  dell' 
Iliade,  cui  niuno  tentò  levare  di  feggio,  non  fu  men  di  glo- 
ria che  il  poema  fulla  Critica  ,  e  quello  full' Uomo  .  Voltò 
il  noftro  Traduttore  i  due  primi  libri  dell'  Eneide ,  il  Pfeu- 
dolo  di  Plauto  con  alcuni  Idilj  di  Teocrito  e  di  Mofco  ,  il 
Poemetto  falle  nozze  di  Peleo  e  Teti  ,  ed  il  fecondo  Epita- 
lamio di  Catullo,  ed  altre  minori  cofe  ;  e  cosi  avefTe  ripuli- 
ta come  compita  avea  la  traduzione  di  Teocrito  ,  che  però 
non  vuolfi  mettere  a  luce ,  meno  per  quello  che  è ,  onde  o- 
nore  ne  avrebbero  molti ,  che  per  quello  che  non  ha  potuto 
effere  ,  non  dovendo  del  Torelli  ufcir  cofa  non  fatta  a  pen- 
nello, e  da  elfo  medefimo  licenziata.  Traduffe  ancora  per  fod- 
dJsfare  a  ragguardevole  perfonaggio  della  Inghilterra  quella 
bella  Elegia  di  Tommafo  Gray  fcritta  fopra  un  cimitero  cam- 
peftre  ,   e  degna  veramente  di  efTer  tenuta  qual  cofa  antica  : 

al 


al  qua!  propofito  non  faprei  non  rilevare  una  novelia  tefti- 
monianza  dell'  amor  lue  verlb  il  bello  neceflariamente  origi- 
nato da  quel  fuo  fenfo  in  conofcerlo  ed  in  fentirlo.  Percioc- 
ché non  fu  contento  veder  molto  innanzi  nella  franzefe  e 
nella  inglefe  letteratura;  ma  leggendo  un  tratto  nelle  tradu- 
zioni l'incomparabile  Romanzo  del  Don  Chifciotte ,  parvegli 
che  quegli  fpiriti,  quel  fale ,  quella  forza,  e  diciam  pure  quel- 
la fpecie  di  bello  perdefTe  troppo  in  terra  non  fua  trapianta- 
to, e  pigliandone  fdegno,  non  potè  temperarli  dall'  applicar 
fubito  alla  lingua  fpagnuola  ;  e  non  prima  fi  tranquillò,  che 
■guftata  non  ebbe  nell'originale  la  faporitiflìma  opera  del  Cer- 
vantes, dal  quale  pafsò  ai  poeti  di  quella  nazione,  e  di  Gar- 
<;ila(ro  della  Vega  fingolarmente  invaghì .  Non  e  gran  cofa  il 
fapere  piU  lingue;  ma  il  faperle,  non  per  una  certa  curioli- 
•tà,  non  per  far  pofcia  dell'  erudito,  ma  per  un  defìderio ,  e 
voglio  dir  anche  bifogno  di  conofcere  le  varie  fembianze  che 
■dalle  varie  lingue  e  nazioni  il  Bello  fempre  uno  nella  fua 
eflenza  ritragge,  è  indizio  certo  d'  un'  anima  nata  fatta  per 
efTo  ,  ed  alla  più  interna  conofccnza  di  lui  naturalmente  e 
da  infuperabile  impeto  traportata  .  Ma  venendo  alle  tradu- 
zioni ,  il  noftro  Torelli  avvifava  eflere  la  traduzione  un  ri- 
tratto che  non  vuoili  apprezzare,  fé  non  quanto  rapprefenta 
r  originale  ;  e  però  non  folamente  i  concetti  ,  ma  dover  ri- 
tenerli, quanto  altri  può  e  permette  eleganza,  le  forme  an- 
cora, dalle  quali  dipende  il  togliere  o  aggiungere,  l'infiorare 
o  sfiorare  ,  il  metter  luce  nell'  ombra  ,  che  non  pare  minor 
peccato  che  il  metter  ombra  -nella  luce  ;  e  va  difcorrendo  .  Se 
cosi  debbalì  ,  o  altrimenti  ,  cioè  con  maggior  libertà  adope- 
rare ,  è  quiftion  grande  ,  e  che  probabilmente  non  farà  mai 
dilHnita  ,  perchè  non  vedrem  mai  traduzione  probabilmente, 
che  o  ne  ir  un  modo  camminando  o  nelT  altro  affatto  ag- 
giunga fuo  tefto,  e  quindi  fervir  ci  pofTa  di  modello  .  Sem- 
bra però  che  dir  fi  potefTe  cosi  :  gli  uo:-nini  di  gufio  fottile 
Tonio  IL  e 


XVII! 

in  pittura  prepongono  le  buone  impieffioni  in  rame  non  io- 
Io  alle  carte  fatte  coli'  arte  ,  Chi  alluminare  è  chiamata  in 
Parijì  ,  come  dice  Dante  ,  e  molto  più  alle  ftampe  colorate 
del  le  Blond,  tentativo  ancor  molto  dalla  lua  perfezione  lon- 
tano ;  ma  eziandio  alle  copie  folite  de'  pittori  le  prcferifco- 
no  ,  veduto  che  abbiano  o  non  veduto  V  originale  :  perchc 
dair  una  parte  quefte  copie  mandano  troppo  altro  colorito 
che  quello  che  io  cerco,  e  dall'  altra  le  femplici  ftampe  dan 
meglio  il  difegno  ,  e  1'  occhio  in  nulla  ci  offendono  .  Ora  i 
concetti  non  fono  il  difegno  ,  e  le  forme  il  colorito  d'  una 
poelia?  il  qual  colorito,  anche  ove  nelle  verlìoni  molto  in- 
erenti non  altro  più  rinianefle  che  un  chiarofcuro,  fembra  pe- 
rò che  quefto  preferir  debbafi  alle  falfe  e  bugiarde  tinte  d'una 
traduzione  ,  che  trasforma  e  fviHi  con  quelle  i  concetti  anco- 
ra, e  l'indole  fempre  meno  e  jl  carattere  dell'autor  fuo  rap- 
prefenta  .  Ma  comunque  ila  e  di  queflo  confronto  ,  e  della 
ftrada  dal  noftro  Volgarizzatore  tenuta,  noi  ci  contenteremo  di 
dire  eh'  ei  fece  di  ottimi  paflì  nella  via,  qualunque  la  fiafi  , 
da  lui  fcelta  ;  il  che  bacando  alla  lode  fua  ,  baderà  ,  credo , 
per  la  ragione  medelìma  al  mio  difcorfo. 

Non  era  però  egli  di  coloro  ,  che  fan  traduzioni  ,  perchè 
non  bene  creando  verfeggiano ,  e  che  per  quefto  né  ben  pu- 
re il  più  delle  volte  traducono  :  ma  quando  a  quando  anche 
di  per  sé  camminava  ,  e  de'  fonetti  particolarmente  fi  com- 
piacea,  cioè  d'un  componimento,  ove  il  più  timido  arbitrio 
non  fi  concede  ,  ove  non  fi  perdona  una  macchia  ,  un  neo  , 
e  colpa  non  cade  che  grave  non  fia  e  irremiffibile .  Purgatez- 
za adunque  di  lingua  ,  atteggiar  tutto  con  grazia  o  muove- 
re con  robufiezza,  melodia  accomodata,  e  quella  fua  compa- 
gna men  conofciuta  ,  benché  indivilìbile  ,  T  armonia  ;  ed  in 
oltre  la  diligenza,  il  non  temere  le  cafTature ,  1'  amor  della 
lima  :  cofe  tutte  che  non  mancavano  al  noftro  Poeta ,  e  che 
però  gli  apriv-ano  quello  campo  de'Sonettifti,  quanto  più  an- 


XIX 

guflo  tanto  più  difficile  a  farvi  dentro  fua  pruova .  Dal  che 
fi  vede  coni'  egli  era  in  punto  di  ottener  quello  che  fcmbra 
jI  più  arduo  in  poefia,  cioè  di  piacere  knza  dir  nulla;  non 
eh'  egli  ,  dotto  com'era,  non  fapefle  arricchir  di  cofe  i  fuoi 
verfi  ,  e  fatto  affai  volte  non  1'  abbia  ;  e  così  non  dico  che 
generalmente  non  lìen  da  eftimarfi  fopra  tutto  que'  compo- 
nimenti che  alla  lucentezza  de'  fiori  la  foftanza  contempera- 
no delle  frutta  ;  ma  li  dirà  però  fempre  effer  uno  de'  mag- 
giori sforzi  dell'  arte  1'  adefcar  1'  animo  fenza  occupar  1'  in- 
telletto, cofa  fuor  di  confronto  più  dilficile  ,che  quefto  il  far 
fenza  quello  ,  perchè  un  penfamento  acuto  o  profondo  può 
cader  in  mente  d'  ogni  uom  bennato ,  ma  ufcir  non  può  ben 
vedito  e  canoro  che  dalla  bocca  del  vero  poeta  .  Di  fatti 
r  efporre ,  diceva  il  Torelli  ,  folamente  in  verli  ed  in  rima 
sì  facili  a  farli  ed  a  trovarli  in  lingua  italiana  quello  che  o- 
gni  colta  perfona  parlando  efpone  al  bifogno  nell'umano  con- 
vitto ,  o  anche  quello  che  nella  illuftrata  età  noflra  ciafcun 
può  trarre  dal  grembo  della  filofofia ,  non  è  egli  un  compe- 
rarli a  troppo  buon  prezzo  il  diploma  di  cittadinanza  in  Par- 
nafo?  e  per  quefto  reggiamo  in  Italia  così  defolante  inonda- 
mento di  poelie ,  cioè  dopo  che  a  trafcurar  comincioffi  il  vez- 
zo della  efpredìone,  ed  il  fiore  dell'  armonia.  Quindi  la  cor- 
ruzione, feguitava  il  Torelli ,  d' un' arte  così  difficile  e  ad  un 
tempo  così  confidenzialmente  trattata ,  quindi  i  falfi  giudizj , 
e  la  lode  ed  il  biafimo  ugualmente  male  rivolto  ;  e  di  vero 
non  maraviglia  :  che  per  poco  che  altri  tenga  uno  fpirito 
gentile  e  chiaro  comprende  tofto  la  forza  d'  un  penfamento; 
ma  quanto  pochi  non  fono  ,  anche  tra  poeti  ftelfi  ,  coloro 
che  intendano  la  vera  poefia  e  quelle  infinite  e  minute  ,  né 
però  meno  importanti  ,  differenze  rilevino  di  ftile  e  di  nu- 
mero ,  primo  colìitutivo  dell'arte,  quali  non  giunge  ad  an- 
noverarle tutte  il  filofofo,  e  che  tanto  volentieri  fi  fan  fen- 
tire  dal   cuore  ,    quanto  mal  fotìrono  venir  difputate  dall' in- 

c     ij 


XX 

telletto?  Perfuafo  pertanto  il  noih'o  Poeta,  che  rarifTìmi  an- 
che tra  gli  artifti  giudicar  poflano  di  queft'  arte  ,  della  qua- 
le al  contrario  non  che  gli  artifti  ,  ma  ciafcuno  vuol  dar 
giudizio  ,  di  pochi  lettori  ,  come  dee  fare  con  Orazio  ogni 
favio  ,  iì  contentava  :  ed  io  credo  che  ma-ncandogli  talora  i 
fuor  giudici  ,  ei  s'  immaginaile  dover  prefentarfi  al  tribunale 
di  Dante,  o  del  Cafa ,  e  quindi  faceffe  ogni  che,  onde  par- 
tirne aflbluto;  diffi  Dante  ed  il  Cafa,  perchè  di  quefti  con> 
piacevafi  il  più,  ammirando  nel  fecondo  fingolarmente  la  bel- 
lezza del  numero  e  pel  rompimento  de'  verfi  e  per  altri  ri- 
fpetti  sì  grave  e  forte  e  variato  ;  e  nel  prinio  ,  oltre  quefte 
cofe ,  la  proprietà  ,  e  il  fugo  e  nervo  del  dire ,  e  quella  ce- 
lerità ed  evidenza  maravigliofa  in  rapprefentare  e  dipingere . 
E  qui  mi  piace  di  aggiunger  quello  ,  che  già  dalle  cofe 
riferite  può  comodamente  conghietturarli  ,  e  che  finifce  per 
avventura  di  bene  caratterizzarlo  :  dico  che  in  quelle  facoltà 
ancora:  ,  ove  erudita  non  fu  la  mano  ,  erudito  però  fempre 
fu  r  occhio  ;  intanto  che  d'  ogni  liberale  arte  e  meccanica 
dilicatiflìmamente  fentiva  ed  affai  maeftrevolmente  difputava  . 
Certo  non  era  pittore  tra  noftri  ,  che  degli  ftranieri  ,  non 
avendo  viaggiato,  aver  non  potea  gran  notizia  ,  di  cui  egli 
non  fapeffe  rilevar  fubito  il  gufto  e  l'a^iima;  e  non  folamen- 
te  nella  fcultura  ed  architettura,  ma  in  qualfilia  fuppelletti- 
le  e  arnefe  domeftico  fubalternato  al  difegno  ,  era  così  fer- 
tile e  difficile  ,  che  non  potea  comportare  una  forma  men 
eh'  elegante  ,  ed  una  efecuzione  men  che.  precifa  ;  e  partico- 
larmente ,  com'  uom.  letterato  ,  delle  volgari  impreflloni  in 
rame-,  e  di  ciò  tutto  che  l' arte  tipografica  difonora  ,  grazio- 
famente  fdegnavaii  .  La  quale  fcontentezza  &  difficoltà  anche 
n-elle  picciole  cofe,  tanto  è  lunge  che  picciola  lia  in.  fé  me- 
desima ,  che  anzi  confiderazion  grande  il  merita  ,  e  fempre 
meglio  dimoftra  quel  fenfo  in  ogni  cofa  di  perfezione ,  che  a 
(ormar  viene   di  lui  col   più  vero   carattere  1'  elogio  ancora; 


pm  belio  .  E  perchè  non  forte  più  cofa  ,  eh'  ei  non  avefle , 
fé  non  guftata ,  alfaggiata  almeno  o  lambita ,  volle  fapere  al- 
quanto di  malica,  imitando  per  queilo  pure  i  fuoi  cari  anti- 
chi, ed  il  Galilei  che  gli  era  caro  quanto  gli  antichi  ,  i  qua- 
li a  tutte  le  difcipline  (che  le  coltivavano  tutte)  univan  pur 
quefta  :  e  però  non  contento  egli  di  aver  I'  orecchio  mulico 
e  l'anima, che  tale  in  lui  di  neceffità efTer  dovea, volle  aver- 
ne anche  1'  intelletto  ,  e  come  vago  eh'  egli  era  d'ogni  beli' 
arte  ,  ed  eziandio  come  matematico  ,  tra  gli  ftudj  del  quale 
può  riporfi  la  mulica,  e  fotto  il  quale  afpetto  io  ritorno  an- 
cora per  poco  a  conliderarlo, 

E'  noto  non  eflerci  nella  filìca  teorema  più  fecondo  di 
quello  della  compoiì/.ione  di  due  moti  ,  fecondo  i  lati  d'  un 
parallelogrammo , in  un  fol  moto,giufta  la  diagonale  di  efTo: 
nella  meccanica  particolarmente  1'  incontriam  fempre ,  e  l' a- 
ftronomia  ftefla  certo  è  che  ad  alcun  altro  più  non  appog 
già  .  Initrutti  di  quefto  gli  uomini  prima  dalla  efperienza 
font?  ,  come  fcriffe  il  Poeta  fìlofofo  ,  ai  rivi  di  nojlre  arti , 
ed  applicata  che  fu  poi  la  filìca  alla  matematica  ,  cercoffi 
d'  ornarlo  anch'  eflo  di  geometrica  drmoftrazione  :  ma  in  un 
vero  altronde  ficuro  dilicati  più  che  tanto  non  furono  i  Ma- 
tematici, e  paghi  (ì  tennero  di  quelle  dimoftrazioni ,  che  d'ef- 
fere  cosi  dette  non  meritavano  .  Ma  non  cos'i  I'  Autor  ro- 
rtro,  che  non  era  di  tanta  condifcendenza  .  Il  perche  amico 
fempre  fedele  eh' ei  fu  degli  antichi,  ad  elfi  ricorfe,  fperan- 
do  riceverne  quella  riporta,  di  che  i  moderni  inutilmente  pri- 
ma avea  domandato.  Ma  la  fperanza  gli  andò  fallita  ;  nulla 
trovando  da  vantaggio  che  la  propolìzione  di  Ariftotele  ,  e 
quella  di  Gemino ,  rii'erita  da  Proclo ,  ambedue  troppo  limi- 
tate, e  quella  in  oltre  del  primo  fopra  la  baie  vizioia  d'  un 
inconcludente  raziocinio  inalzata  .  Non  rimanea  dunque  che- 
tentar  di  per  se  nuova  e  rigorofa  dimofl-razion  geometrica  ;  e 
veramente  con  affai  favorevoli  aufpicj  tentolla  in  quella  orc- 

c     iij 


D 
5 


XXII 

retta  latina  fui  moto  comporto  non  ha  molti  anni  pubblica- 
ta ,  potendo  anche  fervir  di  pruova  al  felice  riufcimento  l' ef- 
ferli  nel  penfare  incontrato  col  celebre  Ab.  Frili,  che  li  era 
alla  ftelTa  ricerca  contemporaneamente  rivolto .  Le  dimofìra- 
zioni  dell'uno  e  dell'altro  fono  in  fondo  le  ileflè,  ma  i  mo- 
di di  flabilirne  i  principi  ,  di  combinarli  ,  e  di  dedurne  le 
confeguenze  diftinguono  i  due  fapienti  ;  e  forfè  rimane  in  dub- 
bio ,  fé  quel  teorema  refti  più  grato  al  trattamento  fpedito 
dell'  Analifì-a  frettolofo  ,  o  alle  carezze  pili  lunghe  e  quindi 
più  lufinganti  del  ripofato  Geometra. 

Qiief}-o  fu  r  ultimo  lavoro  fuo  in  geometria  ;  ma  prima 
avea  già  comporto  due  opere  tuttavia  inedite ,  nell'  una  del- 
le quali  un  fuo  Trattato  contienll  di  profpettiva.  Così  non 
è  vero  ,  che  nuovo  fia  quefto  campo  dopo  le  fatiche  degli 
s'  Gravefande  ,  dei  Tailor  ,  degli  Zanotti  fuccedute  a  molte 
altre  più  o  nien  fortunate  fecondo  i  tempi  e  gl'ingegni,  che 
pare  anzi  ninno  ora  mai  più  deliderarne  i  trattati  ;  fé  non 
che  nuovo  può  dirà  che  fatto  è  il  noftro  dalla  nuova  ma- 
niera,  con  cui  è  condotto,  non  avendo  egli  folamente  fvol- 
to  colla  folita  cura  il  folito  filo  lìntetico,  ma  importo  erten- 
dofi  ancora  di  non  ferviriì  che  dei  pochi  femi  gettati  fopra 
un  tal  campo  da  Euclide .  Querta  opera  verrà  certo  prodotta 
in.  luce  5  ma  priva  anderà  di  un  grande  ornamento  ,  di  cui 
l'Autor  fuo  fregiata  l'avrebbe,  vivendo.  Perciocché  avea  egli 
fermo  nell'  animo  di  accompagnarvi  un  ragionamento,  in  cui 
rtabilire  anche  meglio, e  con  perfetta  evidenza,  che  la  profpet- 
tiva  ottimamente  dagli  antichi  fu  conofciuta  ;  fdegnato  ei  pu- 
re, com'era  ben  naturale,  contra  il  maggior  nimico  agli  an- 
tichi, e  nimico  fuo  proprio  per  confeguenza,  il  Sig.  Perrault, 
e  non  ben  contento  di  quanto  in  loro  favore  l'Ab.  Sallier  e  il 
Conte  di  Caylus,  e  poi  il  Conte  Aigarotti  e  il  Sig.  Dutcns 
hanno  fu  tal  materia  indicato  >  E  certo  che  la  dirtertazion  cri- 
tica ftata  non   farebbe  raen  bella  della  geometrica   trattazio- 


xxur 
ne,  potendofi  dire  di  lui,  che  fu  eruditismo  tra  1  Matema- 
tici, e  matematico,  s'  io  così  poflb  fpiegarmi,  tra  i  Critici. 
Così  le  difcipline  tutte  s'  unifcono  iniieme  e  s'  ajutano  ,  ma 
però  folamente  in  capo  di  chi  fappia  cambiarne  le  veci  di- 
verfe ,  e  regolare  gli  uifizj  di  ciafcheduna ,  e  però  tutte  le  co- 
nofca  bene ,  ed  in  oltre  dotato  Ila  d'  una  iicura  e  generale 
fquifitezza  di  fenfo . 

Ma  quefta  unione  in  lui  e  congiura  amichevole  di  facolta- 
di  meglio  anche  potè  dimoitrare  coli'  altra  fua  opera,  dico 
colla  edizion  di  Archimede  ,  che  vedrà  il  giorno  ella  pure , 
e  certo  per  non  più  abbandonarlo  ,  e  di  cui  forfè  non  farà 
difcaro  che  intanto  qui  fi  premetta  qualche  notizia  .  Rivol- 
tofi  dunque  ad  emendare  1'  intero  teflo  dell'  autor  fuo  ,  co- 
minciò egli  dal  leggere  e  ponderare  la  edizione  di  Balilea 
dell'  anno  1544  ,  la  quale  trafcritta  per  Tommafo  Venatore 
da  un  antico  codice  così  fedelmente  che  intatta  ferbò  la  fcrit- 
tura  anche  ove  corrotta  manifeflamente  appariva ,  può  quin- 
di teneri!  in  conto  di  quello  fleflb  codice  antico  .  Il  perchj 
vedelì  fé  di  mancanienti  e  di  errori  ridondar  dee  ,  e  fé  me- 
flieri  v'  abbia  d'  ingegno ,  e  d'  opera  critica .  Ora  tutti  que- 
(ìi  fupph  egli  e  correffe  parte  coli'  ajuto  d'  un  codice  delia 
Biblioteca  di  S.  Marco  ,  e  parte  della  traduzione  fatta  da 
Giovanni  Cremonefe  per  comando  del  Pontefice  Niccolò  V. , 
la  quale  comechè  barbara  ,  pur  da  codice  diverfo  da  quello 
ritratta,  potea  guidarlo,  ove  quello  lo  abbandonava.  Abban- 
donato poi  dall'  uno  e  dall'  altra  ,  come  gli  accadeva  fpelfif- 
limo  ,  ebbe  ricorfo  alla  conghiettura  o  fua  propria  ,  o  de' 
valentuomini  che  il  precedettero  ,  quali  fono  il  Commandi- 
no, il  Rivalto,  il  Barovvio  ,  ed  il  Valiiiìo,  a  cui  egli  piìi 
debbe  che  a  ciafcun  altro  ,  maffime  nelle  opere  della  mi  fura 
dd  cerchio^  e  dell"  arenario^  mettendo  a  pie  di  pagina  i  paf- 
fi  de' codici,  onde  fia  libero  a  tutti  il  giudizio  di  quelle  con- 
ghietture  .  Emendato  il  tefìo  ,    e  le  opere  fecondo  il  tempo 


XXIV 

della  loro  nafcita  riordinate ,  ne  intraprefe  la  verfione  latina 
fenduta  necellaria  dalla  iinpcrfcz.ione  di  quelle  del  Cremone- 
le  e  del  Commandino  ,  e  compiuta  con  quella  efatta  elegan- 
za eh'  era  Tua  propria  ,  e  tanto  più  bella  ,  quanto  a  carpirfi 
difficile  e  per  la  materia  ,  e  per  la  lingua  d'  un  popolo  che 
negletto  avea  quella  fcienza  ,  Né  qui  riftettero  le  fue  liti- 
che ;  ma  pofe  la  flefla  cura  eziandio  intorno  ad  Eudocio 
d'  Aicalona  ,  che  fcriffe  un  comento  fopra  i  due  libri  della 
Sfera  e  del  Cilindro,  e  d'  altre  opere  d'  Archimede,  comen- 
to per  altro  utile  più  che  neceffario  a  chi  prima  letto  abbia 
Euclide  ed  Apollonio,  cioè  fatto  come  fi  debbe  al  parer  dei 
Torelli  e  de'  favj  lo  fludio  della  geometria  ;  e  però  non  fup- 
plì  egli,  ove  manca  il  comento  di  Eudocio,  come  alcun  for- 
fè potrebbe  deiìderare  ,  e  dimoilrò  folo  alcuni  teoremi  che 
Archimede  propone, e  di  cui  perdute  fi  fono  le  dimoftrazioni. 
E  forfè  gli  coflò  più  la  reftituzione  di  quello  che  non  di  que- 
fto,  perciocché  a  quello  veruna  medica  mano  prima  della  fua 
jion  s'era  accodata.  Finalmente  fi  chiude  il  lavoro  colle  opere 
meccaniche, fecondo  che  di  ciafcuna  fanno  menzione  gli  antichi 
krittori.  Precedelo  poi  una  dottiffiraa  Prefazione,  ove  in  un 
colla  vita  d'  Archimede  Ci  dà  contezza  delle  fue  macchine , 
delle  quali  intento  ,  come  narra  Plutarco, alla  fola  fpeculazio- 
ne  ,  non  degnò  di  lafciar  memoria  in  ifcritto  ;  Ci  prova  efie- 
re fuoi  i  due  libri  delle  cofe  portate  fui  fluido  ,  benché  folo 
ne  refti  ,  perduto  i!  greco  originale,  un'  antica  verfion  lati- 
na ;  ed  al  contrario  lì  moflra  che  male  afcrivefi  a  lui  il  li- 
bro dei  lemmi  confervatoci  in  arabo,  ma  che  nondimeno  a- 
vrà  luogo  coi  due  fopraddetti  nella  edizione.  In  oltre  più  co- 
fe opportune  vi  fono  fparfe ,  e  belle  ricerche  vi  Ci  fanno  fpet- 
tanti  ad  erudizione  ,  alla  greca  lingua  ,  ed  ?Jla  fcienza  ma- 
tematica; come  qual  fofTe  il  metodo  veramente, onde  Archime- 
de fcoperfe  quello  che  coll'ajuto  del  calcolo  integrale  trovafi 
ora ,  e  fé  mai  fu  colla  brevità  portato  anche  la   ofcurità  dagl' 

indivifibili 


XXY 

indivifibili  (icl  Cavalieri  ,  che  usò  di  principi  per  avventura 
meno  che  lucidi  ;  fé  ricevute  follerò  dall'  antica  feverità  le 
infiiiitelìme  quantitatii  ,  ciò  che  pur  vorrebbono  alcuni  ;  fé 
Archimede  ammettefle ,  ciò  che  dicono  altri ,  que'  fuffidj  per 
r  arte  analitica  ,  che  i  moderni  Geometri  fi  procacciarono; 
quanto  nel  paffato  fecolo  per  nuovo  fi  diede  che  ftabilì  Ar- 
chimede fono  due  mille  e  più  anni,  e  quanto  a  lui  debbeu  non 
men  riguardo  alla  fifica  che  alla  geometria  ;  e  conchiude ,  che 
gli  antichi  s'  ebbero  gli  fleffi  metodi  quafi  ,  che  ufiamo  noi, 
fé  non  quanto  fopra  di  fondamenti  più  fodi  e  più  ficuri  gli 
fabbricarono.  La  dotta  Inghilterra,  che  fola  mantiene  il  gu- 
flo  tuttora  de'  fani  fiudj,  fembra  difpofla  a  pubblicare  quefi-a 
opera Veroncfe  per  infinuazione  de' Signori  Strange,Stanhou- 
pe  ,  e  Storinoat  commcndabiliifima  :  e  dalla  fiorente  Uni- 
verfità  di  Oxford  ,  onde  già  ufcirono  1'  Euclide  di  Davide 
Gregory  ,  e  1'  Apollonio  di  Edmondo  Allejo ,  1'  Ar<;himede 
anche  di  Giufeppe  Torelli  fperafi  che  ufcirà  ,  degno  certa- 
mente della  immortale  compagnia ,  ed  attiflìmo  a  far  vedere 
che  fé  r  Italia  manca  talora  di  buoni  infiituti ,  non  manca- 
no però  mai  gì'  ingegni  buoni  all'  Italia. 

Ed  ecco  le  opere  tutte ,  cosi  di  varia  letteratura  come  di 
fcienza,  lafciateci  dal  Torelli  .  Che  molto  egli  abbia  opera- 
to ,  maffime  fé  alla  linitezza  miriam  de'  lavori ,  che  tanto  più 
vale  della  lunghezza  ,  non  credo  poter  effere  in  dubbio  ad 
alcuno  :  nondimeno  mi  convien  dire  che  manco  operò  egli 
di  ciò  che  avrebbe  potuto,  il  che  fé  nulla  fa  veramente  all' 
utilità  pu'oblica,  fa  però  molto  alla  privata  fua  gloria  ,  e  fé 
non  foddisfà  il  popolo  che  rozzo  non  giudica  che  dagli  ef- 
fetti ,  può  nondimeno  il  Filofofo  che  le  cagioni  ancora  difa- 
mina  foddisfare .  Or  che  fi  vuole  eh'  io  dica  .''  la  rettitudine 
fteffa  delia  fua  mente  ,  la  fina  tempera  ftefia  dell'  animo  fuo 
fece  ,  convien  crederlo  ,  che  più  innanzi  ancora  non  proce- 
delTe  :  tanto  gli  è  vero  che  fiam  f.;mpre  uomini  ,  e  che  le 
Toyno  IL  d 


SXVI 

doti  eziandio  pili  alte  e  divine  prendono  lempre  del  baffo  e 
terreftre  che  proprio  è  di  qucda  noftra  natura  .  Qiiel  fenlb 
dell'  ottimo  in  ogni  cofa  più  volte  da  noi  ricordato  gli  fa- 
cea  toffo  comprendere  le  difficoltà  tutte  che  in  ogni  cofa  s' in- 
contrano; e  quindi  la  perfezione  all'  occhio  di  lui  era  in  af- 
fai più  fublime  ed  inacceffibil  luogo,  che  all'occhio  degli  al- 
tri ,  riporta  .  Conformato  a  tal  modo  ,  pigliava  tra  mano  le 
opere  ancora  più  celebri ,  e  vedeva  che  quanto  più  rilevanti 
e  più  lunghe  ,  tanto  erano  ancora  più  gremite  di  errori  e 
più  tcflitìcanti  la  umanità  ,  quindi  anche  per  fé  fteffo  oltra 
ciò  che  d'altra  parte  gli  fi  conveniva,  temea ,  e  però  il  ve- 
der più  era  cagione  che  ofalTe  meno  ;  ne  fi  commetteva  mai 
alla  fortuna ,  che  pur  eiTa  ha  gran  parte  nel  mar  letterario , 
e  falva  talora  chi  per  troppo  ardire  all'  incontro  meritato 
s'  avrebbe  il  naufragio  .  Aggiungafi  in  oltre  che  la  prefente 
anarchia  nel  regno  delie  lettere  ,  corrotte  per  confeguenza, 
cadere  gli  facea  T  animo  e  quindi  la  penna  ;  onde  mi  dicea 
fpeflb  che  applicava  per  erudire  e  dilettar  fé  medefimo,  e  cu- 
ravafi  meno  di  farfi  noto  al  comune  de'  letterati  ,  cui  fapea 
non  dover  piacere  i  fuoi  parti  ,  veggendo  approvarfi  da  loro 
ciò  eh'  ei  non  potea  che  difapprovare  ,  e  quindi  la  lode  più 
ancor  del  biafimo  paventando .  E  però  folamente  o  per  rega- 
lare un  amico  ,  o  per  compiacere  a  qualcuno  ,  o  per  al- 
tra cWH  convenienza  e  riguardo  alcuna  cofa  tratto  trat- 
to mandava  a  flampa  ,  che  però  non  era  che  un  faggio 
di  quel  che  potea  maggiore  affai  di  quel  che  moffrava  ,  ma 
che  ancor  tale  palefa  ai  giudici  buoni  quel  più  che  fatto  a~ 
vrebbe  volendo,  perciocché  1'  occhio  erudito  vede  il  danza- 
tore da  un  folo  paffo  ,  e  del  mufico  s'  accorge  in  due  note 
r  orecchio  dotto  ,  E  tutto  ciò  intendafi  delle  fue  profe  di 
bella  letteratura  e  di  filologia  ;  nel  che  per  vedere  fé  potea 
più ,  baffa  eziandio  confiderare  il  guffo  fuo  nello  fcrivere ,  la 
fua  perizia  delle  lingue  antiche  e  moderne ,  la  ficurezza  della 


XXVII 

critica  ,  e  T  iftancabilità  nello  ftudio  .  Riguardo  alla  poefia, 
fentiva  io  fteffo  di  molti  lagnarfi  che  facea  poco,  e  folamen- 
te  ufcìa  a  quando  a  quando  con  qualche  fuo  breve  componi- 
mento: lagno  Angolare  in  vero  e  graziofo  1  quali  che   I'  Ita- 
lia fcarfeggiaflè  di  tal  merce  ,    e  che  anzi    non  fia  neceffaria 
nelle  più  dolci  e  fine  cofe  per  appunto    una  certa  economia 
e  fobrietà  .    Che  fé  maggior    numero  di  verfi    avrebbero  dal 
Torelli    deiiderato    per  una    particolare  e  maggior    beltà  che 
in  quelli  fcorgevano  ;  quale  pili  bello  elogio  poffo  io  mai  far- 
gli   di   quefto  ?    di  fatto  dicali   pure   che   un    tal  defiderio  è 
pruova   fempre   di    merito  ,    perche    niuno    domanda  verfi  ai 
Bavj    ed    ai    Mevj  ,  e  quefti ,    per    poco    eh'  e'  facciano  ,    il 
troppo  fempre  faranno  .    E  per  verità    fé  indubitato  è  ,   che 
ben    fare  ,    non    il    far    molto  ,    fia  la  verace  mifura  dell'ec- 
cellenza ,    indubitatiflimo   è    quefto  poi  nella  poefìa  :  e  otti- 
mamente fu  fcritto  da    quel  maeftro  ,    che  un  fonetto    fenza 
mancanze  vai  più  che  un  lungo  poema .  Ma  forfè  quanto  al- 
le matematiche  ,  di  cui   formò  egli  lo  ftudio    fuo  più  grave 
ed  aflìduo ,  diraffi  con  più  color  di  ragione  che  le  fue  ftam- 
pe  non  rifpofero  totalmente  all'  applicazione  di  lui  ed  all'al- 
trui afpettazione  ,   che  potea  curar  meno  le  minori  cole  ,  e 
darli  maggiormente  alle  grandi,  e  che  dopo  le  tante  vifite  e 
lunghe  agli  antichi  dovea  fiarfi    un    po'  più  ,    che  fatto  non 
ha ,  co'  moderni ,  fuperbi  effi  pure  di  bei  tentativi  ed   utilif- 
fimi  ritrovamenti .  Quanto  al  curar  meno  le  minori  cofe ,  e- 
gli  credea  veramente  che  in    geometria  cos'i  ,    come  in    poe- 
iìa,  nulla  ci  foflè  di  piccolo  ed  indifferente,  e  che  poi  fi  po- 
tefTe  attendere  a  quelle  fenza  pregiudizio  delle  maggiori,  on- 
de anzi  la  maffima  lode  così  nel  Letterato ,  come  nel  Mini- 
ftro  ,  o  nel  Capitano  ;  e  ciò  credendo  ,  a  me  pare  che   ben 
credefle  .   Rifpetto  poi  alle  cofe  grandi ,  io  confefib  che  ben- 
ché pur  quefte  trattato  egli  abbia  ,    potea  però  trattarle  an- 
cor più,  potea  masgiormente  tentare,  ofare,  maneggiar  più, 

d     ij 


xxviii 
fenza  danno  della  llu    lìntelì  ,    la  fola  chiave  ,    che  abbiamo' 
adellb  ,  de'  tefori  novelli  ,    1'  analifi  algebraica  ,    ciò  tutto  è 
vero;  ma  io  lo  ripeto,  è  il  popolo  groffo  ed  ignaro  che  fola- 
mente  giudica  dagli  efletti ,  perchè  in  fé  fteffo  non  mai  con- 
iìdera    1'  uomo  .    Lafciamo    a    lui    dunque  il  pefare  le  cofe  e 
gli  uomini  fecondo  V  utile  che  alla  civil  compagnia  ne  deri- 
\'a,  abufo  più  che  mai  grande  oggidì,  ed  abufo  che  porta  ol- 
traesio  sraviffimo  alla  virtù,  come  non  foffe  bella  e  rifpien- 
dente  in  sé  medefima,  ma  folo  per  que'  raggi  di  utilità,  che 
fchizzano  d'  effolei .  Io  non  dico  che  da  fìimar  non  fia  fopra 
gli  altri  quel  letterato  compagnevole  e  pubblico ,  per  cosi  dir- 
lo, e  accademico,  eh'  s'argomenta  con  novelle  prove  di  ren- 
derne più  agiati  e  meno  infelici  ;  ma  perchè  ancora  non  lo- 
deremo r  uom  foHtario  e  privato  e  lontano  da  ogni  accade- 
mia, che  adorna  fé  medefimo  di  tutte  le  fcienze ,  e  quede  col- 
tiva a  quel  modo  che  più  gli  aggrada  ,  modo  però  che  non 
efige  minore  chiarezza,  acume,  e  forza  d'intendimento?  e  ^•e- 
ramente  dietro    la    falfa    regola  dell'  utilità   ciafcun  vede  che 
farebbe  più  da    pregiarli  il  muratore  che  n'  alza  la  cafa,  che 
non  il  dipintore  che  de'  fuoi  quadri  ne  1'  orna,  come  da  un 
gran  Savio  fu  detto  ,    e  come    di  tante  altre  facoltà  ed  arti 
può  dirfì .  Ma  lafciando  anche  qucflo ,  io  vi  dico  che  un  let- 
terato, come  fu  il  noRro  Torelli,  è  anche  di  gran  giovamen- 
•  to  al  vero  progreffo  delle  fcienze ,  febben  non  appaia  così  to- 
fto  la  parte  eh'  ei  v'  ha  ;    perciocché  nel  tempo  che    altri  k 
avanza,  è  non  men  neceffario  chi  fappia  regolarne  l'avanza- 
mento 5    e  con  quel  gufto  che  proprio  è  della  fcienza    tenga 
■  in  caramino  quelle  dottrine  che  nel  lor  corfo  potrebbero  tra- 
viare ;  ed  io  lodo  quel  nlofofo  che  quali   vento  forte   e  pro- 
pizio la  gran  nave  del  fapere  fpinge  oltra,  ma  non    loderett; 
voi  1'  altro    che  al    timone  fta  della    nave  e  il    diffidi    corfo 
ne  regge?  ed  io  fo  bene  che  quefti  non  opera  fenza  l'opera- 
re di  quello  3  ma  quegli  la  fpingerebbe  al    precipizio    e  alla. 


XXIX 

morte  lenza  la  guida  e  V  avvedimento  dell'  altro  .  In  oltre 
fatto  e  difpofto  com'era,  non  potea  neccHariamente  altro  da 
quello  riufcire  .  Perciocché  ciafcun  fa  che  promovendo  una 
fcienza  è  neceffario  aliai  fpeflb  di  cominciar  quello  che  non 
fi  può  compiere  ,  e  di  lafciare  alcune  cofe  meno  perfette  ai 
poderi  che  le  perfezionino  poi:  ma  il  Torelli,  che  quanto  di- 
ligente ed  efatto  era  ,  tanto  ,  e  a  ragione  ,  dell'  efattezza  e 
diligenza  altrui  diffidava  ,  non  avea  cuore  di  lafciar  crefcere 
neir  altrui  mano  i  proprj  fuoi  parti  ,  e  però  amava  meglio 
di  fabbricare  un  palagio  folo  ed  ornarlo  in  ogni  fua  parte  e 
compirlo,  che  i  fondamenti  gittare  d'una  intera  città,  e  poi 
al  lavoro  e  alla  difcrezione  de'  poderi  abbandonarla  .  Ed  in 
oltre  ancora ,  non  fembra  egli  che  predato  abbia  utilità  e  co- 
modo grande  ai  matematici  col  prefentar  loro  purgato  e  net- 
to, e  meglio  parlante  una  lingua  notilTima  ,  il  padre  di  que' 
trovati,  in  promovere  i  quali,  come  dice  ilWallilìo,  gloriali 
pili  1'  età  nodra  ,  Archimede  ?  Ma  lo  già  temo  non  venga 
fofpettato  di  me  ,  quafi  m'  afiàtichi  troppo  a  cercare  gli  ar- 
gomenti della  lode  in  un  tempo  eh'  ei  non  abbifogna  vera- 
mente di  tale  anfietà  ;  e  però  dico  folo  e  non  più  ,  che  gli 
fa  elogio  eziandio  la  coftanza  fua  in  non  aver  punto  ceduto 
al  tempo  cos'i  nella  grave  come  nella  gentile  letteratura,  fer- 
bando  una  fanità  di  gudo  nel  generale  contagio  maraviglio- 
fa  ;  la  qual  refìdenza  contra  il  tempo,  che  i  pili  forti  anche 
drafcina,  non  può  derivare  da  altro  che  da  quel  fuo  natura- 
le e  colla  buona  difciplina  perfezionato  fenfo  dell'ottimo,  da 
queir  armonia  e  temperatura  di  animo  bene  educato  ed  ot- 
timamente nodrito  ,  in  una  parola  dal  vero  gudo ,  che  gli  fu 
fempre  guida  fedele  nella  difficil  via  delle  lettere. 

Quello  che  abbiam  detto  come  letterato,  dir  pofliamo  an- 
che come  uomo  folamente  ;  perciocché  io  crederò  fempre  che 
un  uomo  nato  ed  allevato  alla  verità  e  alla  bellezza  abbia  ad 
edere  neceffariamente  virtuofo,  e  che  però  quello  che  bea  U> 

d     iij 


XXX 

guida  nel  cammin  delle  lettere  ,  deggia  ben  anche   guidarlo 
in  quel  più  difficile  della  vita ,  ciò  che  in  poche  righe  a  dir  re- 
fla  .  Né  vi  faccia  ombra  il  vedere  ,  fpeflb  pur  troppo  ,  alla 
fjofoffa  ed  alle  arti  la  turpitudine  congiunta  ed  il  vizio  -,  per- 
ciocché rariffimo  è  quell'  amor  verace  ed  univerfale  del  bello 
di  cui  vi  parlo  ,  amore  così  ben  veggente  ,  che  torto  coglie 
le  relazioni  tutte  ed  i  vincoli  del  fìiico  col  morale, della  fa- 
enza colla  lapienza ,  e  così  potente ,  che  lega  torto  con  quel- 
la mirabile  e  direi  più  che  aurea  catena, da  cui  tanto  impof- 
iibil  cofa  è  fcioglierlì  poi,  quanto  è  cofa  rara  venirne  una  vol- 
ta annodati .  E  come  era  pari  nell'  anima  del  Torelli  alla  ret- 
titudine   e  air  armonia  ,    onde  il  vero   gurto    per  le   fcienze 
gravi  ,    la  fina  tempera  e  delicata  ,    onde  il  fapor    vero  per 
r  arti  belle  ,    così  riguardo  alla  qualità  prima  fu  fempre  ni- 
miciffimo  d'ogni  difcordanza  nella  vita, e  di  quanto  anche  per 
poco  turbarte  T  ordine  della  civil  compagnia ,  e  riguardo  al- 
la feconda  5 fu  dolce  ed  umano  di  affetti, ed  ebbe  quella  gen- 
tilezza di  cuore,  che  fparfa  fulle  opere  della  vita  rende  nell' 
uomo  più  amabile  la  virtù,  come  fulle  opere  fparfa  dell'inge- 
gno rende  più  amabile  la  fcienza  nel  letterato .  E  veramente 
come  la  perfezion  letteraria  par  rifultare  dalla  colleganza  del 
bello  fpirito  e  del  forte  intelletto, delle  lettere  e  della  fcien- 
za ;  così  può  dirli  che  la  perfezion  civile  rifulti  dalla  colle- 
ganza de'  gentili  affetti  e  degli  onerti  penfieri ,   della  fenfibi- 
lità  e  della  virtù. 

Fino  da'  fuoi  più  verdi  anni  operò  cofa  che  ben  merita  di 
ertère  ricordata  ,  e  che  mortra  ,  che  fé  premature  furono  le 
fue  lettere  ,  furono  ancor  prematuri  i  cortumi  fuoi .  Percioc- 
ché fendo  tuttora  in  Padova  a  rtudio  ,compofe  infieme  e  riu- 
nì due  celebri  uomini,  il  Facciolati  ed  il  Volpi  ,  d'  ambo  i 
quali  amico  era,  e  tra  cui,  come  pericola  è  dei  correnti  al- 
la ftefla  meta  ,  dilfidio  e  nimirtà  vide  forta  ;  egli  giovinetto 
4ue  quali  vecchj ,  egli  fcolare  due  cattedratici  .  Ed  una  lode 


XXXI 

di  fimil  fatta  ,  ma  più  bella  ,  perchè  in  occafione  aflTai  più 
difficile  e  dura  ,  riportò  egli  molti  anni  dopo  nella  fua  pa- 
tria, quando  contribuì  di  tanto  a  fopire  quelle  difcordie  che 
tra  i  Nobili  di  quefta  città  non  aveano  si  debile  e  tepida  fiam- 
ma levato . 

Quanto  alle  amicizie,  due  fole,  tra  le  molte  eh'  ei  n'eb- 
be, io  ricorderò:  quella  col  dotto  ed  elegante  Abate  Sibila- 
ti ,  amicizia  di  ben  quaranta  anni  ,  e  nondimeno  coltivata 
fempre,  malgrado  l'aflenza,  coi  vivi  trafporti  del  tempo  pri- 
mo; e  quella  coir  ornatiffimo  Cavaliere  Marchefe  Ottavio  di 
CanofTa  ,  amicizia  eh'  io  qui  ricordo  ,  non  perchè  ei  foffe 
imo  de'  più  ragguardevoli  Signori  d'  Italia  ,  ma  perchè  do- 
po il  giorno  della  fua  morte  nacque  nel  Torelli  quella  fi- 
fica  indifpofìzione  ,  che  a  poco  a  poco  cambiata  in  morbo  , 
Io  traflTe  finalmente  al  fepolcro.  Ed  altro  non  aggiungo;  che 
i  cuor  gentili  m'  intendono,  e  i  rozzi  io  non  curo.  Di  me 
non  parlo  ;  tanto  più  che  non  fo  veramente ,  s'  egli  mi  foUe 
o  amico,  o  padre  più  torto  :quefto  fo  bene  che  il  padre  mio 
vero  mi  raccomandò  poco  prima  della  fua  morte  al  Torelli, 
e  però  mi  piace  notare  a  debita  lode  dell'  uno  e  dell'altro, 
che  io  certo  non  potea  eflere  ad  altre  migliori  e  più  pater- 
ne mani  raccomandato  .  Lafcio  parecchj  altri  amici  eh'  egli 
ebbe  ed  enimatori  grandiffimi  in  Italia  e  fuori,  e  maffime  tra 
gì' Inglefi ,  nazione  in  fingolar  pregio  e  ofTervanza  da  lui  avu- 
ta ;  e  due  nominerò  folamente ,  anche  per  una  certa  analogia 
tra  loro  di  carattere  e  n-ato,il  Conte  di  Firmian  ,  e  Milord 
Stormont  ,ambidue  miniftri  ad  altre  Corti  prima,  indi  predo 
la  propria, ed  ambidue  Mecenati  veri  delle  arti, perchè  diraf- 
fi di  loro  che  alla  munificenza  accoppiarono  le  cognizioni ,  ed 
a  querte  il  gurto,fenza  cui  poco  vagliono  le  cognizioni,  e  me- 
no ancora  la  munificenza .  Lafcio  anche  1'  amor  non  comune 
che  portò  fempre  alla  madre  ,  e  la  bontà  non  ordinaria  che 
fempre  tenne  ai  domeftici  :  alle  quali  doti  del  gentile  animo 


xw-n 

quelle  a  maraviglia  unj  deli'  oneflo  ,  antica  feverità  ne!  co- 
ftiinie  ,  modcftia  nel  culto  elleiiio  ,  e  non  minor  temperan- 
za neir  interno  fuo  trattamento,  fermezza  ne'propolìti  buo- 
ni ,  giuftizia  nelle  azioni  la  più  fcrupolofa  ,  filofolia  cristia- 
na in  un  detto  ;  la  quale  unione  di  tali  doti  ed  alleanza 
a  formar  viene  quella  civil  perfezione  che  abbiamo  fopra  in- 
dicato. 

Ma  eziandio  nella  ci\-ile  fua  vita,  come  l'uomo  è  fempre 
Io  fteflb,  dobbiam  condannare  ciò  che  nella  vita  fua  lettera- 
ria riprefo  abbiamo  ;  perciocché  lìccome  in  quefla  non  operò 
tutto  quello  che  avrebbe  potuto,  cosi  Io  fteffo  fu  in  quella, 
ricufati  avendo  tutti  quegl'  impieghi  che  fpontaneamente  in 
patria  e  fuori  gli  fi  apprefentarono  .  I!  Conte  Criftiani  Go- 
vernatore allora  di  Milano  delìderava  di  averlo  prefTo  di 
se  5  e  Marcantonio  Priuli  patrizio  Veneto  lo  voleva  prefiden- 
te degli  fi:udj  in  quefto  Militare  Collegio  ,  che  venne  allora 
giufta  i  configli  del  Torelli  riordinato,  ed  a  tal  carico  invi- 
tato r  avrebbe  il  Senato  flefib  con  afTai  largo  Stipendio  ,  e 
col  titolo  di  Colonnello  ,  cofa  di  cui  non  può  darli  fotto  a 
quello  cielo  la  più  degna  di  edere  vagheggiata .  E  da  Pado- 
va ancora,  per  leggere  in  quella  Univerfità  ,  e  da  Mantova 
per  edere  Segretario  di  quell'  Accademia ,  invito  più  volte  e 
richiamo  gli  venne  fatto .  Ma  ricusò  egli  ogni  cofa  :  o  fode  in 
grazia  di  quella  fua  fina  e  acuta  prudenza,  che  fi  può  chiamare 
il  gufto  delle,  opere  della  Morale,  in  grazia  io  dico  di  quel- 
la prudenza  ,  per  cui  vedede  le  difficoltà  tutte  ,  e  temed'e 
non  poter  quello  che  avrebbe  potuto ,  come  gì'  incontrò  nel- 
la letteratura,  o  fode  che  allo  fplendore  dell'  oro,  e  all' in- 
cantefimo  dell'  ambizione  ei  preferide  i  piaceri  puri  e  co- 
ftanti  dell'  ozio  letterario,  della  vita  privata,  e  della  liber- 
tà .  E  veramente  riguardo  al  primo  e  le  perfone  che  lo  in- 
vitavano ,  e  più  la  defterità  fua ,  in  altro  fperimentata ,  pro- 
mettea  tutto  anche  per  le  cofe  maggiori,  come  fi  dide  di  lui 

nel 


xxxiir 
nel  fatto  delle  lettere,  e  riguardo  al  fecondo ,  fé  dall'una  par- 
te non  volle  più  ancora  impiegarli  a  vantaggio  degli  uomini, 
feppe  dall'altra  però  vincere  l'amabilità  delle  ricchezze  ,e  la 
tirannia  della  vanità, alla  quale  fpeD["o,non  men  che  a  quelle, 
vien  dato  il  nome  di  amore  dell' util  pubblico.  Nondimeno  noi 
condanniamo  in  quello  il  noftro  Torelli  ,  preferendo  le  virtù 
•morali  che  Hanno  tra  gli  uomini  a  quelle  che  vivono  nella  fo- 
litudine  ,così  veramente  però  che  fi  conceda  non  effer  quefte 
men  belle  in  fé  fteflè  ,  anzi  più  edèrlo  ancora  ,  perchè  foli- 
tarie  confervan  meglio  quella  purezza  ,  che  alquanto  imbru- 
na tra  gii  uomini  nel  tempo  flello  ,che  a  loro  è  di  utilità: 
come  per  tale  rifpetto  il  letterato  pubblico  abbiamo  al  priva- 
to antipoflo,  benché  fembrar  pofTa  più  bella  nel  bello  intel- 
letto la  fcienza  folitaria,  ficcome  quella  che  lontana  dai  pre- 
giudizi delle  fcuole  e  delle  accademie  .  non  foggetta  alla  mo- 
da ed  alla  corruzione  del  gufto ,  più  aliai  fiicilmente  pura  fi 
conferva  ed  intatta  . 

Qiieft'  ozio  erudito  ,  quefla  vita  libera  e  chiufa  eran  dun- 
que le  fole  delizie  fue  ;  non  così  però  che  fuggille  la  conver- 
fazione ,  ma  non  parea  dilettarfene  ,  fé  non  quanto  con  per- 
fone  ufava  di  fludio ,  e  di  cofe  di  fiudio  s'  interteneva  .  Né 
sii  mancavano  di  bei  motti  ,  maflime  ove  cadeva  iulle  rno- 
derne  cofe  il  difcorfo ,  contro  le  quali  parve  procedere  vera- 
mente alquanto  p'ù  là  che  non  fi  voleva  ,  come  procedette 
forfè  anche  troppo  in  favor  delle  antiche  :  benché  la  flelFa 
conofcenza  fua  degli  antichi  tanto  profonda  vaglia  non  poco 
ad  efcufarlo  .  Colui  che  Archimede  intenderà  bene  ,  dice  il 
gran  Leibnizio  ,  filmerà  molto  meno  le  fcoperte  de'  moder- 
ni più  rinomati:  e  chi  ben  conofce ,  mi  ìi  permetta  l'aggiun- 
gere, un  Omero,  un  Tucidide,  ed  un  Demoflene  ;  un  Virgi- 
lio,  un  Sallu{tio,ed  un  Tullio;  un  Longino  ed  un  Quintilia- 
no jun  Dante  ed  un  Machiavello;  è  forfè  condannato,  con- 
vien  compatirlo,  a  non  guftar  più  che  tanto  i  moderni  fcrit- 
Tomo  IL  e 


XXXIV 

tori  ;  e  COSI  vien  meno  forprefo  dalla  moderna  fìlofofia  chi 
fa  vederla  e  riconofcerla  in  volto  all'  antica .  Che  poi  un  po' 
troppo  a  disfavore  fentiffe  degli  oltramontani, e  fingolarmen- 
te  de'Francefi  in  fatto  di  bella  letteratura ,  è  men  da  ftupir- 
fene  ,  mirando  alla  molta  fua  confuetudine  e  familiarità  col 
Marchefe  Maffei;  foftenuto  avendo  queft'  uomo  grandiflìmo  , 
ma  fpefTo  dall'  amore,  per  altro  così  laudevole ,  della  fua  na- 
zione fignoreggiato  troppo, che  è  meftier  noftro  la  poefia  ed 
oratoria  dai  Greci  e  dagli  antichi  Italiani  efclufivamente  e- 
reditato. 

Ed  eccomi  giunto  a  quel  termine  colle  parole, a  cui  giun- 
to era  colla  vita  il  Torelli  ,  che  già  mal  difpofto  da  qual- 
che tempo,  e  d'  una  falute  fluttuante  ed  ambigua,  fu  in  fe- 
guito  prefo  da  morbo  acuto  e  violento, onde  fu  tolto  di  vi- 
ta li  18.  Agofto  deir  anno  1781.  fugli  anni  59.  dell'  età 
fua  .  L'  amico  e  parente  fuo  Signor  Alberto  Albertini  ,  uo- 
mo di  fapere  e  d'ingegno,  bel  monumento  con  bufto  in  mar- 
mo gli  ha  fatto  inalzare  nella  Chiefa  di  S.  Anaftafia  ,  ove 
fu  fepolto  ;  quefl'  Accademia  Filarmonica  ,  di  cui  era  mem- 
bro ,  tener  gli  fece  pubblico  Elogio  e  folenne  ;  e  quefto  Ca- 
pitolo ,  la  cui  Biblioteca  lafciò  erede  de'  libri  fuoi,  di  bella 
memoria  egli  pure  volle  onorarlo  :  e  penfava  di  far  Io  flef- 
fo  il  Comune  di  quefta  città  ,  alla  quale  mi  do  libertà 
di  ricordare  in  quefte  ultime  righe  fcritte  per  lei  ,  che  nul- 
la le  proccurò  mai  tanta  lode ,  come  1'  aver  pofta  al  Mar- 
chefe Maflei  una  n:atua,e  che  il  pofTedimento  d'uomini  gran- 
di ,  de'  quali  è  più  copia  laddove  s'  onorano  ,  rende  con  u- 
fura  queir  oro  ,  che  la  fabbricazione  fa  fpargere  d'  un  mo- 
numento ,  ■ 


XXXV 


ELOGIO 

DI     TOMMASO     PERELLI 

Scritto 
Da   Monfignor   Angelo   Fabroni. 

NEH'  intraprendere  l'  elogio  di  Tommafo  Perelli  Pubblico 
Profeflbr  di  Pjf?  abbiam  creduto  di  render  giuftizia  al 
merito  d'  un  Filofofo ,  le  ceneri  del  quale  non  fono  ftate  ri- 
fpettate  dall'  invidia  ,  che  non  contenta  di  ferire  i  vivi  ,  fi 
compiace  egualmente  ,  fecondo  che  1'  efige  il  fuo  interefle  , 
di  lacerare  i  morti,  o  di  caricarli  di  foverchie  lodi.  Il  pub- 
blico ci  perdonerà  quedo  sfogo  ,  che  non  può  difpiacere  fé 
non  a  quegl'  ignoranti ,  che  non  conobbero  il  merito  del  Pe- 
relli,  o  a  quei  femidotti  che  ebbero  interefle  di  deprimerlo. 
Nacque  egli  in  Firenze  nel  1704  da  Bernardino  Girolamo 
Perelli  e  da  Settimia  Cherici  di  Bibbiena  .  Il  padre  di  lui, 
nato  in  Premalcore  piccolo  cartello  della  Romagna  ,  venne 
in  Firenze  per  efercitarvi  la  profefTion  d'  Avvocato,  e  aveva 
sì  gran  reputazione   d'  uomo  dotto  ed    oneflo  ,    che  il  Gran 

e     ij 


XXXVl 

Duca  Cofimo  HI.  1'  avca  desinato  a  fuccedere   all'  Auditore 
Fifcale  Girolamo  Venuti  carico  d'  anni  e  di  fatiche .  Ma  una 
gangrena  in  un  piede  lo  tolie  di  vita  prima  di  occupare  una 
SI  onorifica  ed  importante  carica  .    Il  giovane  Tommafo  fece 
i  fuoi  primi  ftudj  prefTo  i  Gefuiti,  poi  pafsò  a  Pifa  deftinato 
dal  padre  alla  giurifprudenza .    Frequentò  pertanto  il  celebre 
Giufeppe  Averani,  ma  non  in  modo  che  non  attendere  con 
maggiore    ardore    ad  altri  ftudj  .    In  quefti    non  aveva    altra 
guida  che  il  fuo  talento,  e  dal  rapido  progreflb,  eh'  ei  fece 
nella  geometria  degli  antichi  ,  ben  dette  a  divedere  che  era 
nella  flrada,a  cui  il  fuo  genio  il  chiamava.  Com^  egli  ave- 
va ricevuto  dalla    natura  quell'  attività  di  fpirito  ,    che  non 
lià  ripofo,  finche  refta  qualche  eofa  a  fcoprire ,  domandò  all' 
Ab.    D.  Guido  Grandi  ,    reputato    con    ragione    uno  de'  più 
folenni  maeftri  in   matematica,  qual  cammino  gli  rimaneva  a 
fare  .  Il  Grandi  indovinò  il  fuo  genio  .  Gli  fervi  di  padre  , 
ricevendolo  ofpite  nel  fuo  Monaftero  di  S.  Michele, e  di  ma- 
eftro,  comunicandogli  i  fuoi  fcritti  d'  algebra,  e  godè  di  ve- 
derlo sì  rapidamente  correre  in  quella  diffidi  carriera  da  l'u- 
perare ,  non  che  uguagliare  un  giorno  i  più  efperti  .  Ecco  co- 
me il  Grandi  medellmo  incapace  di  adulazione  ,  come  lo  era 
d'  invidia  per  uno  fcolare  ,  che  lo  precorreva  ,  lì  efpreffe  in 
una  lettera  al  fuo.  amico  Celellino  Galliani  .  Il  fuddctto  gio~ 
•vane  ì  tutto  innamorato  dell'  analijì  moderna ,  ?  ne  ha  un  ma- 
neggio niìrahile ,  di  maniera  che  /doglie  i  -problemi  più  ardui 
di  fifico-matematica  da  se  ,  ne  i/i  è  cofa  ajirtifa  negli  Atti  di 
hip/ìa ,  nel  Nemon ,  neW  Ermanno ,  nel  Bernoulli ,  a  altri  au- 
tori ^  che  egli  folamente  letta  la  propofia  ,  fubito  non  ne  trozn 
la  dimoftrax.ione  analitica  in  poche  righe  di  calcolo ,  dimofiran- 
da  e  le   leggi  delle  forze  centrali  per   qualunque  curva  ,    e  le 
curve  che  fodisfanno  a  diverje  leggi  delle  forz.e  centrali  ,  e  le 
catenarie  in  qualunque  [uppo/ìx.ione  di  gravità  variabile  ,  e  le 
velarie  j  e  le  elajìiche ,  e  le  trajettorie  per  mex.2.i  di  varia  re- 


XXXVIl 

fiftenx.a ,    e  a]]ai  più  facilmente  che  non  farei  io  ,  perche  non 
ha  il  capo  diflratto  come  io  in  altre  cofe .  Cinque  anni  e  mez- 
zo confumò  in  Pila  il  Perelli ,  e  poiché  dopo  il  fecondo  ab- 
bandonò interamente  la  legge,  gli  piacque  di  ricever  la  lau- 
rea in  fìlofofia  e  medicina  .Gliela  dette  uno  fcolar  del  Belli- 
ni, che  era  nominato  più  per  la  fama  del  maeftro  che  per  la 
propria,  e  quefti  fu  il  Dott.  Antonio  Domenico  Gotti .  Ognun 
de'  fuoi  precettori  lo  defiderava  o  compagno  o  fucceffore ,  e 
per  fino  nella  notomia  fu  creduto  dallo  Zambeccari  degno  di 
fuccedergli  .  La  morte  del  padre  e  gli  affari  domeftici  ,    che 
ne  furon  la  confeguenza,  1'  obbligarono  di  trattenerli  da  tre 
anni  in  circa  in  Firenze.  La  matematica  però  ,  la  botanica, 
1'  erudizion    greca  e  latina  ,    la  ftoria  antica  e  moderna  ,  le 
ricerche  d"  antichi    monumenti  in    quel  ricco    depolito    della 
biblioteca  Laurenziana  occupavano  affai  pili  il  Perelli  che  le 
cure  domeniche.  Viaggiava  fpeflb  col  celebre  Micheli,  ripu- 
tato meritamente  allora  il  Tournefort  Italiano, ed  ebbe  qua- 
fi  con  lui    comune  la    gloria  di  molte    fcoperte  erbarie  .    La 
profonda  cognizione ,  che  aveva  nelle  lingue  dotte  ,  e  fpecial- 
mente  nella  greca  ,  il  Salvini ,  1'  acume  con  cui  Filippo  Bo- 
narroti  paragonava  e  illudrava  le  preziofe  reliquie  dell'  anti- 
chità,  il  genio  poetico  del  Buondelmonti  e  del  Crudeli  eran 
per  lui    tanti  diletti    di  gcnial    converfazione    e  occafioni    di 
ftudio  e  di  profitto. E  poiché  ebbe  nella  patria  fua  foddisfat- 
to  all'  infaziabile  avidità  di  fapere,  e  di  faper  tutto  ,  fé  ciò 
foffe  concedo  ad  un  uomo  folo,  pafsò  a  Bologna,  nella  qual 
città  fiorivano  per  tal  modo  le  fcienze  fifiche  e  matematiche  , 
e  s\  celebri  erano  in  effe  i  nomi  dei  Manfredi,  dei  Beccati, 
e  degli  Zanotti ,  che  reputò  a  fua  gran  \'entura  il  vivere  do- 
mefticamente  con  effi  per  lo  fpazio  di  quafi  quattr' anni .  Vol- 
le anche    conolcere    i  principali    luminari  dell'  Univerlltà    di 
Padova,  e  negli  undici  mefi,  che  pafsò  in  quella  fede  fortu- 
nata delle  fcienze,  fu  intimo  del  Poleni,dcl  Morgagni  .e  d^ 

e     iij 


xxxviri 
Facciolati.  Quefti  lo  perfuafe  d'  afpirare  alla  vacante  Catte- 
dra di  lingua  greca  ,  gli  promifc  il  fuo  favore  ,  e  lo  lufin- 
gò  di  un  felice  efito,fol  che  prima  deffe  al  pubblico  un  fag- 
gio del  fuo  fapere  in  quefta  lingua.  Non  ricusò  la  condizio- 
ne il  Perelli  ,  e  Ci  volfe  ad  Antonio  Cocchi  fuo  amico  per 
ottener  da  lui  la  copia  di  un  manofcritto  greco  di  Carite- 
ne Afrodifeo  ,  in  cui  fi  defcrivono  gli  amori  di  Cherea  e  di 
Calliroe.  Il  Cocchi  negò  al  Perelli  quel  che  poi  concede  al 
mefchin  guadagno  di  cinquanta  zecchini  (che  tanto  pagò  l'o- 
pera il  Sig.d'Orville),  e  ciò  fu  cagione,  che  li  fcioglieffe  fra 
loro  un''  amicizia  ,  che  l'  amor  nelle  lettere  e  una  reciproca 
flima  avea  conciliata  .  Tornato  il  Perelli  in  Tofcana  dopo 
molte  erudite  peregrinazioni  offerì  1'  opera  fua  a  chi  prefe- 
dava  air  Univerfità  di  Pifa,e  nel!'  anno  1739  fu  fatto  Let- 
tore d'  Aftronomia .  Era  poco  men  che  nuova  quefta  Catte- 
dra, come  lo  era  interamente  l' Oflervatorio  eretto  dalla  mu- 
nificenza di  Gio.  Gaftone  Gran  Duca  di  Tofcana  per  fervire  ai 
progrefìTi  della  fcienza  e  al  decoro  dell*  Univerfità  .  Doveva 
far  maraviglia ,  che  in  quella  fcuola  ,  in  cui  il  Galileo  ave- 
va il  primo  dimoflrato  il  fiftema  del  mondo  ,  e  annunziato 
tante  fue  celefH  fcoperte  ,  e  1'  ufo  mirabile  per  la  geografia 
e  nautica,  di  quelle  dei  Satelliti  di  Giove ,  tutto  lo  ftudio  del- 
la aftronomia  fi  fofTe  ridotto  a  fpiegare  il  Quadripartito  di 
Tolommeo,che  vuol  dire  ad  una  pretta  aerologia  giudiciaria^ 
ìì  Perelli  nella  fua  orazione  inauguratoria  piena  di  eleganza 
latina  ,  d'  entufiafmo  ,  d'  erudizione  e  di  dottrina  fifica,  re- 
citata due  anni  dopo  la  fua  elezione  ,  provò  la  neceffith  di; 
reftituire  il  primiero  decoro  ,  efpofe  i  felici  progreffi  dell*  a- 
ftronomia  fatti  fin  allora, e  quanto  largo  folle  il  campo,  che 
ella  prefentava  per  farne  de'  nuovi  ,  animando  se,  gli  fcola- 
n,  e  tutti  gli  zelanti  della  gloria  d'Italia  a  batter  quella  car- 
riera, in  cui  SI  lodevolmente  correvano  le  due  in  ogni  illu- 
ftre  imprefa  fempre  emule  nazioni  ,  1'  Inglefe  e  la  Francefe. 


XXXIX 

I  progreffi  di  quefta  fcienza  dipendono  dal  tempo,  dalla  per- 
fezione dei  metodi  matematici,  e  da  quella  degl'  iftrumenti, 
i  quali  poflTon  dare  un'  efattezza  tale  all'  oflervazioni  ,  che 
quelle  di  pochi  anni  vagliano  aliai  più  delle  inefatte  di  mol- 
ti fecoli  .  Fu  pertanto  cura  del  nuovo  Aftronomo  di  prov- 
vedere il  fuo  OfTervatorio  di  quegl'  iftrumenti ,  che  i  più  ri- 
nomati artifti  Inglefi  eran  foliti  di  coftruire  -  né  in  ciò  gli 
fu  avara  l'anima  grande  di  Francefcol.  ,che  non  ricusò  mai 
fpefa  alcuna,  quando  credè  che  poteflfe  fervire  alla  gloria  del- 
la fua  Tofcana.E  quanto  ai  metodi,  niuno  certamente  al  pa- 
ri del  Perelli  maneggiava  gì' inventati  fin  allora, e  niuno  più 
di  lui  era  in  iftato  di  perfezionare  ì  già  noti, e  d'  inventar- 
ne de'  nuovi .  Quanto  poi  all'  oflervazioni  ,  la  fua  memoria 
che  era  una  viva  biblioteca  ,  e  una  copiofa  raccolta  dei  più 
rari  libri  gliene  fomminiftravano  tal  copia  ,  che  fi  farebbe 
detto  eflere  a  lui  prefente  come  in  vivo  quadro  la  floria  tut- 
ta dell'  antica  e  della  moderna  aftronomia .  A  un  sì  dovizio- 
fo  corredo  nuli'  altro  mancava  ,  che  un'  iftancabile  pazienza 
neir  oflervare  e  nel  notare  ,  e  una  certa  agilità  e  deftrezza 
nel  faper  fare  il  miglior  ufo  degl'  iftrumenti .  Perchè  manca- 
rono quefte  doti  al  Perelli,  il  fuo  nome  non  è  regiftrato  tra 
quelli  ,  che  chiamanfi  i  maeftri  della  fcienza  ,  al  qual  onore 
poteva  con  ficurezza  afpirare  fol  che  avefle  faputo  frenare  il 
fuo  troppo  fervido  ingegno  ,  che  lo  portava  in  un  tempo 
a  più  e  difparatiflimi  ftudj  .  Qualche  oftervazion  d'  eccliflì  , 
una  porzion  dell'  Almagefto  di  Tolommeo  da  lui  elegante- 
mente tradotta  in  latino  ,  una  feconda  prefazione  fatta  per 
oflervazioni  non  fue ,  ma  di  chi  gli  doveva  fervir  d'  ajuto  , 
in  cui  fi  fa  la  ftoria  dell'  Oflervatorio  Pifano  ,  fono  i  foli 
fcritti,  che  ei  confacrò  ad  Urania  .  Ma  non  credafi  perciò  , 
che  la  fama  di  queft'  uomo  raro  fofle  riftretta  dentro  i  foli 
confini  dell'  Italia.  La  foluzion  di  un  fol  problema  Ottico  di 
trovar  una  curva,  in  cui  i  raggi  di  luce  ,  che  vi  fi  intende 


XL 

emanata  ,  ntoniino  fempre  dopo  due  rifleffioni  ad  un  punto 
Iblo  prefo  nel  me?,?,© ,    nivindata  all'  Accademia  delle  Scienze 
di  Francia  da  chi  n'era  il  Miniftro  in  Firenze, fu  come  l'un- 
ghia del  leone ,  da  cui  il  Clairaut ,  il  Bouguet ,  ed  il  de  la 
Lande  ,  nomi  illullri  nelle  fcienze  matematiche ,  giudicarono 
in  effe  potere  il  Perelli  gareggiar  coi  primi .  Qiiefla  teftimo- 
nianza  lo  fé  coraggiofo  ,    o  per  meglio    dire    ottenne    da  lui 
una  meno  interrotta  applicazione  alle  cofe  geometriche  ,  e  po- 
tè   cosi    fomminiftrare  all'  Eflcnfore  d'  un  Giornal    letterario 
Tofcajio  la  foluzione  d'  alcuni  problemi  ,    che    un  Anonimo 
Francefe  aveva  propoflo  ai  matematici  Fiorentini  ,    La  mag- 
gior  parte  di  elfi   era  di   una  facilità   da.   incoraggiare    anche 
i  volgari  geometri,  e  alcuni  eran  giù  flati  fciolti .  Credè  per- 
tanto il  Perelli  di  doverli  rendere  alquanto  più  difficili, e  di 
dar  loro  un'  aria  di  novità  ,  procedendo   nella  foluzione  per 
via  più  riflretta  ,  e  del  tutto  differente  dalle  altre  fin  allora 
battutele  in  ciò  non  volle  fervirli  che  della  geometria  line- 
ars,  imitando  così  il  gran  Newton  ,  il  quale  benché  benemerito 
più    d'  ogni  altro  delT  analifi  e  dei  moderni  calcoli,  ciò  non 
oftante  filmò  fempre  ed  ebbe  in  venerazione  l'opere  e  i  mo- 
todi  degli  antichi    geometri  fino  a  dolerli  amaramente  ,    che 
dopo  l'introduzione  fatta  dal  Cartefio  del  calcolo  nella  geo- 
metria   erano  a  torto  quali  generalmente  trafcurati  .  Qiianto 
però  il  Perelli  valefle  nella  iintefi,  non   fi  può  meglio  cono- 
fcere,  che  dalla  foluzione  di  quel  problema  ,  in  cui  fi  cerca 
il  raggio  di  un  cerchio,  il  quale  efternamente  tocchi  tre  al- 
tri cerchj ,  di  cui  fiau  cogniti  i  centri  ed  i  raggi  ;  problema , 
che    ha    meritato    un    luogo    nell'  Aritmetica    univerfale    del 
Newton,  e  che,  dopo  molt' altre  antiche  e  moderne  foluzio- 
ni  ,  è  flato  fciolto  dal  noftro  Geometra  con  magiftrale    fem- 
•plicità  ed  eleganza  .    Dopo  di  ciò  fi  volfe  ad  alcuni  dei  più 
difficili  e  dei  più  utili  problemi  meccanici ,  che  fé  folFero  {Va- 
ti pubblicati  nel  loro  tempo,  avrebbero  afifrettato  i  progreffi 

della 


XLI 

della  fcienza ,  a  cui  appartenevano ,  e  ci  farebbero  ora  cono- 
fcere  a  qua!  fegno  era  capace  il  Perelli  di  contribuire  a  que- 
fti  progreffi .  In  sì  fatte  fcicnze  le  cognizioni  ogni  giorno  più 
s'  aumentano,  i  metodi  fi  femplicizzano,e  ogni  età  aggiunge 
qualche  cofa  alle  fcoperte  dell'  età  precedente  .  Onde  è  che 
chi  non  fu  follecito  a  dar  fuori  le  proprie,  merita  che  i  po- 
fìeri  non  abbian  cura  di  ricercarle  ,  perchè  non  poffon  più 
fervire  alla  loro  irruzione  ,  eflendo  la  foftanza  di  efie  non 
fol  paflata  ,  ma  anche  crefciuta  negli  fcritti  di  coloro  ,  che 
ai  medefimi  fuccedettero .  Uno  fpirito  creatore,  com'era  quel 
del  Pcrelli  ,  non  isdegnò  di  trattare  ancora  cofe  puramente 
elementari  per  fervire  all'  altrui  irruzione;  e  merita  fpecial- 
mente  d'  elfer  ricordato  un  trattato  delle  fezioni  del  cono  , 
che  ottenne  da  lui  chi  prefedeva  in  nome  di  Cefare  alla  To- 
fcana  per  ufo  di  un  fuo  figliuolo  ,  il  quale  desinato  a  gran 
fortune  pei  meriti  del  padre  e  pei  proprj  talenti  ,  credè  di 
non  poterli  meglio  coltivare  ,  che  cogli  fcritti  e  colla  voce 
dei  Profeffori  di  Pifa.EIla  è  ugualmente  rara  tra  dotti  l'ar- 
te di  fapere  profittare  dei  lumi  degli  eguali  o  dei  fuperiori, 
come  è  r  arte  di  faper  comunicare  i  proprj  agi'  inferiori  . 
Se  uno  ha  difficoltà  per  un  certo  amor  proprio  a  ricevere  , 
ne  ha  ancora  maggiore  a  dare  con  facilità  e  modefiia  ,  cui 
rare  volte  infpira  la  iicurezza  della  propria  fuperiorità .  Qiie- 
i\s  due  doti  erano  pofiedute  fovranamente  dal  Perelli  .  Egli 
entrava  in  quello ,  che  era  propoflo  dagli  altri ,  come  fé  non 
averte  faputo  che  quella  tal  cofa  ,  ma  con  una  fpecie  d'  o- 
maggio,  che  lungi  dall'  offendere,  lufingava  anzi  que'  pochi 
che  erano  in  iftato  d'  ifiruirlo  ,  e  rare  volte  accadeva  ,  che 
non  aggiungefTe  qualche  cofa  all'  altrui  idee.  Quando  poi  do- 
veva comunicare  le  proprie  ,  lo  faceva  con  una  chiarezza  e 
naturalezza  mirabile,  e  fenza  abufar  d'  alcuno  ,  non  fi  negò 
mai  ad  alcuno  ,  e  coli'  iflefib  impegno  parlava  col  giovane 
principiante  e  coli' uomo  confumato .  Così  la  fua  cafa  fu  quali 
Tomo  IL  f 


XLII 

in  ogni  ora  aperta  a  tutti  ,    e  fé  non  potè  mai  ottenere  da 
se  di  predarli  ai  regolari  doveri  della  pubblica  fcuola,  com- 
pensò quefla  mancanza  con  iftruzioni  continue  ,  che  erano  tan- 
to pia  premurofamente  ricercate  ,  perche  fenza  il  più  picco- 
lo fafto  Accademico  fembravano ,  e  realmente  lo  erano,  tan- 
te familiari    converfazioni  .    Quefla  facilità  e  naturalezza   di- 
pendeva in  gran  parte  dalla  femplicità  de'  fuoi  coitumi  e  dal- 
la bontà  del  fuo  carattere ,  cui  non   poterono  mai  alterare  né 
il  profondo  fapere  ,  né  il  rifpetto  ,  né  la  lode  degli  uomini . 
Ei  non  voleva  che  fervire  all'  utilità  di  quelli  con  una  ma- 
niera tutta  fua,  che  non  poteva  difpiacere  fé  non  a  certe  a- 
nime  piccole  o  fuverchiamente  fcrupolofe,  che  pongono  i  do- 
veri tutti    della  focietà    nell'  ordine  e  nella    regolarità  delle 
occupazioni.  Tra  le  utilità  ,  che  apportò  il  Perelli  agli  uo- 
mini ,    non  fu  r  ultima    quella  della  felice  applicazione    del 
fuo  profondo    faper  matematico  all'  idroftatica  .  Disgraziata- 
mente per  r  Italia  ella  ha  fovente  bifogno  di  chi  regoli  1'  ab- 
bondanza delle  fue  acque,  e  provvegga  alla  licurezza  di  quei 
popoli  ,  che  r  abitano  ,  malTime  da  che  il  vario  interefle  dì 
differenti  Principi,  che  dominano  in  elfa,  e  le  operazioni  dal 
lor    voler  prodotte  ,    han  cangiato    per  tal  modo    il  naturai 
corfo  delle  medelime  ,    che  fenz'  arte  mal   potrebbero  conte- 
nerli dal  non  fommergere  intere  provincie .  Da  quefta  necef- 
lità  è  nata  una  fcienza  tanto  propria  degl'  Italiani ,  che  non 
dividono  con  altri  la  gloria  d'  averla  creata  e  promoiTa  .   Il 
Perelli  formato  nella  fcuola  de!  Grandi  e  del  Manfredi  ,    ai 
quali  tanto  è  debitrice  quefta  fteffa  fcienza  ,   doveva  aver    la 
gloria ,  e  1'  ebbe   in  fatti  ,  di  avanzarne  i  progredì  .  Si  può 
dire  che  dopo  1'  eftinzion  di  quei  gran  lumi  non  vi  fu  afta- 
re  di  rilievo,  in  cui  egli  non  folTe  o  adoperato  o  confulta- 
to.  Il  maggior  bene  per  altro  apportato  dal  Perelli  mediante 
la  fua  fcienza  idroftatica.  Io  provò  la  Tofcana,  che  ricorde- 
rà fempre  con  animo  grato  il  Ragionamento  [opra  la  campa- 


XLIII 

gna  Pifana,  la  Relazione  /opra  ti  ìnodo  di  liberare  la  campa- 
gna del  Valdarno  iyjferiore  dall'  inondazioni  dell'  Ufciana ,  1'  al- 
tra Relazione  della  maniera  di  dare  (colo  alle  acque  jìagnann 
del  Pian  del  Lago,  che  fanno  una  parte  del  volume  IX.  del- 
la Raccolta  d'  Autori  ,  eòe  trattano  del  moto  dell  acque  pub- 
blicato in  Firenze  1'  anno  1774.  Se  Pisa  e  la  fua  campagna 
aveirero  fcoli  pili  facili  per  le  acque  e  proprie  e  ftraniere  , 
che  vi  fon  portate  dai  fiumi  Arno  e  Sercliio,  farebbe  certa- 
mente una  delle  piìi  floride  e  fertili  provincie  d'  Italia* 
Ma  la  poca  inclinazione  del  terreno  verfo  il  mare,  e  lo  fcor- 
rer  che  fanno  quei  due  fiumi  in  Ietto  o  fuperiore  o  eguale 
al  terreno  inedelimo  ,  producono  in  diverfe  parti  sì  forte  o- 
flacolo  al  moto  delle  fue  acque  naturali,  che  quefte  fono  fot- 
topofte  a  frequenti  ftagnamenti ,  altri  temporali,  altri  perpe- 
tui ;  oltre  di  che  è  sì  grande  tal  volta  la  copia  dell'  acque 
flraniere  ,  che  il  loro  inondamento  arreca  danni  e  pericoli 
graviffimi .  Come  quefìi  muli,  poiché  il  rimoverli  è  impoffi- 
bile  ,  fi  pollano  fcemare ,  e  fi  pofia  migliorar  la  condizione 
della  campagna  tutta,  1'  infegna  per  tal  modo  il  Perelli,  che 
niuna  cofa  fembra  efiere  alla  fua  avvedutezza  sfuggita  .  Ne 
folamente  efpone  il  proprio  fentimento  ,  ma  efamina  anche 
r  altrui,  riportando  ogni  propofizione  ai  principi  della  fcien- 
za.  Se  s'  ingannò  qualche  volta  nel  calcolar  la  fomma  della 
fpefa  (  imperocché  chi  può  prevedere  gli  ofl-acoli  tutti  ,  cui 
apporta  la  natura  ,  o  la  malizia  ,  o  la  negligenza  degli  uo- 
mini?) come  accadde  nel  taglio  d'  Arno  in  vicinanza  di  Pi- 
fa  ,  nel  foro  del  monte  ,  per  cui  dovevano  fcolarfi  le  acque 
del  Pian  del  Lago,  e  in  altre  operazioni;  furon  però  fempre 
quefie  dirette  da  un  faper  profondo  e  da  un'  illuminata  pru- 
denza ,  che  fa  diftinguere  nell'  incertezza  di  molte  dottrine 
e  nella  varietà  di  molte  fperienze  il  vero  dal  verifimile.  Noi 
ricordiamo  il  Ragionamento  fopra  la  campagna  Pisana  in  tem- 
po, che  la  Repubblica  di  Lucca  ha  confuitato  i  più  abili  i- 

f     i; 


XLIV 

droftatici  dell'  Italia  per  fapere  qual  farebbe  il   modo  il  più 
facile  e  il  meno  difpendiofo  da  condur  le  acque  ,  che  fcola- 
no  nel  lago  di  Bientina,  al  mare;  e  chi  fa  che  nella  difcre- 
panza  dei  pareri  e  nella  difScoltà  d'  efeguirli   non   lìa   final- 
mente coftretta  di  abbracciar  quello  propofto  in  detto  Ragio- 
namento dal  Perelli ,  che  è  di  far  traverfare  quelle  acque  per 
mezzo  di  una  volta  fotterranea  1'  Arno  ,  e  di  fcaricarle   nel 
più  bafTo  letto  del  Calambrone  ?  Sarebbe  poi  cofa  lunga  a  ri- 
dire le  utilità  tutte,  che  furono  una  felice  confeguenza  dell' 
idee  efeguite  del  Perelli  ,   e  che  egli  efpofe  o  negli  fcritti  di 
fopra  ricordati  ,  o  in  altri  ,  che  non  videro  la  pubblica   lu- 
ce *  .    E  fervivagli  mirabilmente  a  ciò  la  notizia   dell'  anti- 
chità per  paragonare  lo  flato  prefente  col  paffato  ,  e  per  de- 
durre da  quefto  paragone  i  rimedj  i  più  opportuni  :  ed  una 
prova  ne  iia  la  lettera  al  Senatore  Buondelmonti  intorno  all' 
inondazioni  d'  Arno  e  ai   mezzi   per   ripararvi  ,  in  cui  fi   fa 
la  ftoria  di  tutte  le  piene,  dalle  quali  la  più  bella  delle  cit- 
tà d'  Italia  fu  più  volte  miferamente    deformata  .    Cos'i  potè 
convincere  d'  errore  coloro  ,  che  foftenevano  rialzarfi  di  più 
braccia   il    letto  d'  Arno  nel  corfo  di  un  fecolo ,  ed  ell'ere  piì 
frequenti  e  più  defolanti  le  inondazioni  di  queflo  fiume  nei 
prefenti ,  che  nei  trapafTati  tempi  ;  e  potè  altresì  più  aperta- 
mente provare  che  farebbe  riuscito  inutile,  e  in   alcune    cir- 

*  Non  farà  difcara  una  nota  di  quel-  Barra  ,  Foffa  Nuova  ,  Foffa  di  Mala- 
li  ,  che  fono  a  noi  pervenuti .  ventre  ecc.   z=r.  Sopra  la  bonificazione 

Relazione  fopra  il  fiume  Marroccia  del  padule  del  Bellino  .  =  Sopra  le 
pel  Sig.  March.  Antonio  Niccolini.  =  oppoiìzioni  fatte  al  fuo  progetto  intor- 
Sopra  una  nuova  inalveazione  della  no  all'  emiffario  del  lago  Trafimene 
Girotta.  -:=  In  caufa  Silvatici  e  Nor-  flampato  in  Firenze  1'  anno  1771.  = 
ci.  =  Intorno  alla  macchia  di  Pie-  Sopra  le  colmate  dell' Ajaccia  e  del 
trafanta.  =  Sopra  il  follo  reale.  =  piano  d'Acquaviva  in  Valdichiana.  zrz 
Sulla  quantit'a  dell'  acqua  della  fonte  Sopra  il  taglio  d'  Arno  ,  e  voltata  di 
Donata  fotto  Treggiaja  .  r=  Sopra  il  elio  in  Barbarecina.  =  Sopra  il  pro- 
mantenimento  del  fofl'o  di  Ripafratta.  getto  del  canale  navigabile  da  Firenze 
:=z.  Sopra  1'  unione  dell'  acqua   della  fino  allo  sbocco  di  Ombrone. 


Ul 


XLV 

coftanze  ancora  dannofo  il  divertimento  di  una  porzion  deli' 
acque  nella  parte  fuperiore  alla  città  .    Si  farebbe   voluto  da 
lui  non  folamente  V  efame  degli  altrui  penfieri  fopra   quefto 
importante  oggetto  e  ì'  erpolìz.ioae  dei  proprj  ,  il  che  efegui 
copioramente ,  ma  ancora  una  geometrica  determinazione   di 
pendenza  e  larghezza  ,  per  le  quali   un   fiume   nel   fuo  letto 
fi  riduce  in  uno  fiato  di  permanenza  inalterabile  :  ma  confef- 
sò  elTer  quello  un  problema  tanto  difficile ,  che  tutte  le  dot- 
trine fin  allora    acquifiate    nella    fcienza  dell'  acque   correnti 
erano  infuificienti  a  rifolverlo .  Tra  tutte  le  mutazioni  però , 
che   per   legge   di   natura   o  per   opera  umana  han  fofterte  i 
diverfi  fiumi  dell'Italia ,  niuna  havvene  forfè  maggiore  di  quel- 
la accaduta  al  Po  ed  al  Reno,  per  la  quale  le  tre   provincie 
di  Bologna,  di  Ferrara,  e  di  Ravenna,  le  più  amene,  le  più 
fertili  e  forfè  le  più  popolate  dello  Stato  Pontificio  han  rice- 
vuto danni  gravitimi ,  e  ne  temono  anche  dei  maggiori  .  Le 
controverlìe  poi  nate  per  rimediare    a  quelli  mali    fono  fiate 
s\  lunghe,  si  varie,  e  sì  vive,  che  poilòn  dirfi  d' ave-r  fervi- 
lo fé  non  al  follievo  di  quelle  provincie,  certamente  al  pro- 
grefl'o  e    perfezione    dell'  architettura  dell'  acque  .    Anche    il 
Perelii  ebbe  parte  in  efie  ,    allorché  fu   prefcelto  ad    afliftere 
come  matematico  il  Card.  Pietro  Paolo  Conti,  a  cui  era  fia- 
to commefib  di  vifitare  diligentemente  quell'eftefe  regioni,  e 
di  provvedere  alla  loro  falvezza  .  La  Relazion  del  Perelii  a 
quefio  illuminato  vifitatore    non    Ci  diparte  mai  dai    principi 
univerfalmente  ricevuti  d'idrometria;  e  nella  neceffità  di  con- 
durre il  Reno  unito  col  rimanente  dei  torrenti  del  Bologne- 
fe  e  della  Romagna  per  un  fol  alveo  al  mare,  reputato  uni- 
co rimedio  a  tanti  mali  ,  propone  quella  linea  ,  che  poi  in 
gran    parte    felicemente   efeguita  da  un  franco    domatore  dei 
pubblici    mali  e  pregiudizj    ha  provato    la  fingolar   prudenza 
del  fuo  Autore  .    Appena  meriterebbero    d'  eder  ricordate  le 
oppofizioni  fatte  alla  Relazione  del  noftro  Idrofiatico  ,    pvr- 

f    iij 


XLVI 

che  dettate  più  da  umane  paffioni,  che  dall'amore  del  vero, 
fé  la  rifpoda  ,  che  ei  dette  alle  medefime  ,  non  appartenere 
al  corredo  della  fcienza  dell'  acque  .  Alla  quale  mentre  fer- 
viva  viaggiando  per  diveriì  luoghi,  che  doveva  vilitare  ,  da 
per  tutto  ricercava  monumenti  d'  antichità  ,  opere  d'  eccel- 
lenti artifli  ,  e  fpecialmente  pittori,  fcultori ,  ed  architetti, 
de'  quali  conofceva  il  bello  ed  il  buono  ,  rari  manofcritti  e 
libri  ,  facendo  di  tutte  quelle  cofe  e  di  altre  iimili  fua  cura 
e  delizia.  Né  ricufava  richiedo  d'eternar  la  memoria  di  qual- 
che fatto  o  perfona  con  eleganti  ifcrizioni  Latine ,  o  di  fup- 
plire  l'antiche,  nel  che  era  di  una  mirabile  fagacità ,  baftan- 
doli  poche  lettere  per  indovinare  o  le  corrofe  o  le  fmarrite, 
o  d'  interpetrare  quelle  che  eran  reputate  della  più  diificile 
intelligenza  .  Tra  quefte  ci  piace  di  ricordare  la  più  celebre 
di  tutte  per  la  fua  antichità  ,  che  fa  un  fingolar  ornamento 
del  ricchiifimo  mufeo  Nani ,  e  intorno  la  quale  lì  fono  occu- 
pati gì'  ingegni  dei  più  valenti  antiquarj  .  La  infolita  forma 
delle  lettere  ,  con  cui  è  fcrirta  ,  ne  rende  incerto  il  fenfo, 
e  penfa  il  Pereili  ,  che  efprima  il  dono  di  un  tripode  fab- 
bricato da  Trifone  ,  ed  offerto  da  Ecfante  ad  Apollo  .  Alla 
maniera  degli  antiquarj  rende  ragione  d'  ogni  fuo  detto  ,  e 
Io  fa  con  quella  copia  di  Greca  erudizione,  che  ferve  unica- 
mente all'  argomento,  non  alla  pompa  dello  fcrittore  .  Pro- 
mette in  fine  dell'  operetta  altre  fpiegazioni  d' ifcrizioni  Gre- 
che ;  ma  poiché  in  fue  letterarie  promefTe  era  fovente  vano 
Io  fperare  ,  non  valfe  la  nojofa  importunità  di  chi  lo  {limo- 
lava ad  arricchire  di  quefli  doni  una  fua  Mifcellanea  a  vin- 
cere la  naturale  incoftanza  del  medelìmo .  Né  tampoco  riufci 
a  me  di  vincerla  per  ottenere  una  compita  edizione  dell"  o- 
pere  inedite  del  Torricelli  ,  1'  autografo  delle  quali  mi  era 
fortunatamente  venuto  alle  mani,  né  altri  lavori,  ch'io  cre- 
deva poter  fervire  alla  gloria  dell'  Univerlìtà  di  Fifa  ,  a  cui 
con  vincolo  comune  eravamo  legati .  LTna  Memoria  fui  mo- 


XLVIf 

<k>  di  migliorarla,  un'  altra  full'  eiezione  di  una  nuova  cat- 
tedra d' idroftatica,  e  fuUa  opportunità  dell'agro  Pifano  per 
fare  in  grande  l'efperienze  appartenenti  alla  ftefTa,  varj  eflrat- 
ti  di  opere  matematiche  ,  e  la  foluzione  di  alcuni  problemi 
barometrici  propofìi  dal  P.  Fontana,  che  furono  da  me  infe- 
riti nel  Giornal  Pifano  ,  fono  i  foli  fcritti  ,  i  quali  a  fatica 
impetrai  dal  medelimo  ,  e  di  cui  il  debito  di  gratitudine  ne 
cfige  da  me  un'  onorevol  ricordanza .  Ma  fé  è  intereffante  il 
conofcere  l'  opere  di  un  gran  genio  ,  come  quelle  che  deter- 
minano il  giudizio,  che  lì  deve  formare  dei  fuoi  talenti,  non 
è  meno  importante  lo  fpettacolo  della  fua  condotta ,  dei  fuoi 
coftumi  ,  e  per  fino  delle  fue  debolezze  ,  dalle  quali  ,  come 
da  una  fcuola  di  tìlofofia,  lì  poiTon  cavare  utili  infegnamen- 
ti .  Già  11  fa,  che  o  la  gloria,  o  I'  intereflTe  ,  o  tutti  e  due 
inlieme  fono  i  due  grandi  ftimoli ,  che  fanno  agire  gli  uomi- 
ni; e  le  perfone  di  lettere  non  fono  efenri  dal  pagare  quello 
tributo  all'  umanità .  La  femplicità  dei  collumi ,  che  fu  pro- 
pria del  carattere  del  Perelli,  doveva  allontanar  da  lui,  co- 
me lo  allontanò  ,  il  deliderio  d'  accumular  denari  .  Egli  era 
povero  non  oftante  un'  annua  provvilione  di  fopra  400,  feu- 
di ,  che  ritraeva  dall'  Univerfità  ,  e  una  rendita  vitalizia  di 
240  ,  perchè  foddisfatto  che  egli  aveva  il  deliderio  di  acqui- 
fl-ar  libri  rari  in  ogni  maniera  di  fcienze  ,  e  qualche  illru- 
inentc  matematico  ,  ed  in  fpecie  agronomico  ,  che  mai  non 
adoperò,  nuli' altro  curava,  e  rinunciando  fenza  avvederfene 
ai  comodi  della  vita,  dava  a  ciafcun  di  quelli,  che  lo  fervi- 
vano,  o  Io  frequentavano  ,  il  dritto  di  partecipare  del  frut- 
to delle  fue  fatiche.  Si  farebbe  detto  che  non  ccnofccva  l'ufo 
e  il  valore  della  moneta,  fé  non  allor  quando  per  foverchia 
generoiità  o  inconlideratezza  mancava  del  necellario  .  Se  fu 
il  Perelli  efente  dall'  amore  dell'  intereiTe  ,  non  lo  fu  esual- 
mente  da  quel  della  gloria,  che  fecondo  l'eforeffion  di  Taci- 
to è  r  ultima  palTione  dei  fapienti  .    Nel  foddisfarla  era  lon- 


XLVITI 

tano  non  meno  da  quella  delicatezza  d'  amor  proprio  ,  che 
è  un  vero  fupplizio  per  molti  dotti  ,  perchè  non  fofFre  la 
più  piccola  contraddizione ,  come  da  quegli  artifizj ,  che  tan- 
ti e  tanti  impiegano  per  ottenere  i  fuffragj  del  pubblico  ,  e 
da  quella  vii  gelolia  ,  che  ci  fa  deprimere  il  merito  altrui 
per  inalzare  il  proprio  .  Il  Perelli  giufto  verfo  degli  altri, 
domandava  per  se  la  medefima  equità  ^  e  perfuafo,  che  il  nu- 
mero dei  buoni  giudici  in  ogni  fcienza  ed  arte  è  piccolo.  Ci 
contentava  dell'  approvazione  di  perfone  illuminate  ,  abban- 
donando tranquillamente  il  rimanente  alla  loro  ignoranza  o 
invidia .  Fu  però  in  lui  una  forta  di  contraddizione  ,  di  cui 
con  difficoltà  li  può  render  ragione  ,  ed  è  che  non  efFendo 
efente  dal  defiderio  di  fama  ,  trafcuralTe  poi  di  condurre  a 
fine  e  di  dare  al  pubblico  quelle  produzioni  che  gliene  avreb- 
bero accrefciuto  ed  eternato  il  polTedo  .  Una  certa  naturai 
pigrizia ,  la  varietà  dei  fuoi  ftudj ,  e  la  fteffa  fama ,  che  go- 
deva in  Tofcana  di  non  aver  pari  nelle  fcienze  matematiche , 
e  pochi  eguali  nella  varia  erudizione  e  nella  cognizione  del- 
la Greca  lingua, e  che  ammorzava, fé  pur  non  toglieva  affat- 
to in  lui  r  operofo  fentimento  di  emulazione  ,  fono  a  mio 
credere  i  motivi,  che  han  privato  la  pofterità  dei  frutti,  che 
il  (ingoiar  talento  del  Perelli  avrebbe  potuto  produrre.  Pien 
di  rifpetto  per  1'  antichità  non  fapeva  accomodarli  ad  un  cer- 
to guflo  dominante  ,  che  -divenendo  ogni  giorno  più  ftrava- 
gante  par  che  annunzi  la  vicina  decadenza  delle  lettere;  on- 
de fé  o  per  fervire  a  se  medefimo  o  alle  richiede  d'  amici 
compofe  qualche  cofa  in  propolito  d'amena  letteratura,  proc- 
curò  fempre,  e  1'  ottenne  mirabilmente  ,  che  ella  avefTe  im- 
prefTo  il  carattere  della  grandezza ,  facilità,  ed  eleganza  anti- 
ca *.  Non  deve  far  maraviglia  che  avelie  il  Perelli    per  gli 

altri 


*  Darem  qui  un  faggio  del  valore  del  Perelli  in  poefia  Latina  e  Greca  • 


XLIX 

altri  r  Kidifferenza  ,  che  aveva  per  fé  medefimo  .  Lo  fpetta- 
colo  vario  delle  pafTiom  ,  che  agitano  gli  uomini   diverte  la 
Tomo  li.  _ 


Per  rObeUfco,  che  fi  -vok'vu  alzare  in  monte  Citjirio 
da  Benedetto  XiV. 

Ille  olim  Augufio  nnetitus  Caefare  foies 

Niliacus  jacuit  faecula  plura  lapis; 
Praefule  nunc  idem  Benedico  furgere  jiUTus 

Admonet  andquos,  Roma,  redire  dies. 

Sopra  la  Signora  Sofia  N.  N. 

Dum  fpeflat  Juno  Sophian  ,  auditque  loquentem, 
Vincor,  aie,  nec  de  judice  viaa  queror. 

Una  trium  nequeo  junftis  cercare  duabus. 
In  Sophia  Pallas  jiingitur  acque  Veiius. 

Per  la  morte  ài  lui  giouanefto. 

Traduzione  dal  Greco. 

Nuntia  Perfephores,  ales  Cyilenia ,  qualem 
Ducis  ad  infernos,  triftia  regna,  lacus  ! 

Sorte  mala  eripitur  luci  leptennis  Ariflon, 

Quem  tenet  &  medium  fpeftat  uterque  parenso 

Si  te  cunfta  manent  quot  funt  mortalia ,  Pluto, 
Poma  quid  immiti  carpis  acerba  manu? 

Traduzione  del  Sig.  Metafiafio. 

O  della  Dea  d'  Averne 

Mercurio  meffaggier ,  dal  cieco  mondo 

Chi  mai  conduci  al  triflo  orror  profondo! 

Di  fett'  anni  Anflone 

Dalla  barbara  Parca  al  eie!  rapito. 

Che  in  mezzo  ai  genitori  e  qui  l'colpito. 

Oh  fé  d'  ognun  che  nafce 

La  matura  vendemmia  a  te  fi  ferba, 

Pluto  crudel,  perchè  la  cogli  in  erba? 

Sopra  un  dito  del  Galileo  fiaccato  dal  fuo  cadavere. 

Lipfana  ne  fpernas  digiti  quo  dextera  coeli 
Menla  vias,  imnquam  vifos  mortalibus  orbes 
Monflravit  parvo  fragilis  raolimine  vitri . 


L 

maggior  parte  de'  fìlofoh  ,  e  come  Democrito  ,  molti  ne  ri- 
dono ,  Ma  il  Perelli  non  fol  non  li  burlava  del  ridicolo  de' 
fuoi  fimili,  ma  né  pur  fi  degnava  d'  oflervarlo  ;  forta  d'  in- 
dulgenza, che  fé  foffe  fì-ata  a  lui  conceda,  non  fi  ricordereb- 
bero ora  con  rifo  alcuni  avvenimenti  ,  che  furono  1'  effetto 
di  una  foverchia  credulità  unita  al  defiderio  di  piacere  per 
fino  al  bel  feffo .  Si  rammenta  ancora  la  fingolarità  delle  fue 
attrazioni  .  Imperocché  penfava  ordinariamente  nel  mezzo  di 
una  converfiizione  ,  di  una  camera  piena  di  gente  ,  e  anche 
in  compagnia  di  Dame  .  Faceva  naturalmente  e  fenza  affet- 
tazione quello  ,  che  per  una  prova  o  per  una  oftentazione 
delle  fue  forze  era  folito  di  fare  un  antico  filofofo ,  che  fi  ri- 
tirava in  un  pubblico  bagno  per  meditare.  Qiiantunque  però 
alcuni  fi  burlaffero  di  quefi-e  difi^razioni  di  mente  ,  non  per 
quefto  lo  rifpettavano  meno ,  e  tutti  ricercavano  avidamente 
la  fua  converfazione ,  perchè  era  lontana  da  burbanza  e  vani- 


Aufa  prior  facinus,  cui  non  Titania  quondam 
Suffecit  pubes  congeflis  moUibus  olim 
Sydereas  fruflra  cenata  adfcendere  in  arcos. 

Per  la  Signora  Ottavia  Pepi, 

R«/  «"^V*  /^^^ic'ov  ^pofrepì't  TTf'j'O?  Jj'J/ov    avffiiy  , 

IlavT*  «Ve^as  T]ccTi'i;i  «*  X^'^'"  1  f^tf^ffto  Tt'xy*,f  ^ 
•Ou'iJ/  yps^i';  yt  Tt/irav  ìj'/^ìDv  luyurott , 

Verfione  del  Sig.  Jih.  Guarducd. 

Flaventes  crines,  circlos  rofeofque  genarum, 

Qiiaeque  udum  vibrant  lumina  viva  jubar; 
Floribus  &  ridens  vernis  os  dulcius  halans, 

Concreta  peftus  candidiusque  nive , 
Cunftì  vides  Pepiae,  quae  fi  hic  minor,  arguito  artem; 

Nec  folem  artifìcis  pingère  dextra  queat . 

Chi  poteva  per  fé  medefimo  comporre  un'  antologia,  fappianno  efferil  anco- 
ra occupato  in  tradurre  alcuni  epigrammi  della  Greca. 


tr 

tà  anche  quando  ifiruiva ,  e   perchè  era  condita  fpeflb  di  fa- 
li  e  di  opportuni  racconti  di  detti  e  di  fatti  ,  e  di  una  na- 
turalezza, bontà,  e  giovialità  che  feduceva  .   Nel  raccontare 
una  piacevole  floria  fapendo ,  che  la  fine  ne  è  1"  oggetto ,  iì 
a/Trettava  di  giungervi,  e  produceva  l'effetto  fenz' averlo  pro- 
meflTo .  E'  incredibile  la.  copia  di    aneddoti    galanti ,  politici , 
militari,  e  letterari  che  eran  fcmpre  prefenti  alla  fua  memo- 
ria,  e  fi  farebbe  detto,  che  la  ftoria  antica  e  moderna  fofTe 
fiata  r  unica  fua  occupazione .  Aveva  profondamente  medita- 
to quello  che  grandi  Autori  ,    come  un  Locke  ,  un  Monte- 
fquieu ,  un  Chefterfield,  hanno  fcritto  fopra  la  metafilica,  la 
politica  e  la  morale,  e  applicando  i  loro  principi  alle  circo- 
ftanze  dei  tempi  giudicava,  e  prevedeva  con  una  fagacità  de- 
gna di  un  gran  Miniftro.  Era  foiito  di  dire  ,  che  il  farebbe 
potuto  facilmente  moltiplicare  il  numero  dei   profeti  ,   fé  da 
perfone  illuminate  il  ricercalTe  per  tal  modo    1'  origine  delle 
nazioni,  delle  loro  lingue,  dei  loro  coftumi ,  delle  loro  opi- 
nioni, e  tutto  quello,  che  appartiene  alla  ftoria  dello  fpirito 
umano,  che  lì  veniffe  a  fcoprire  una  fuccelTione  ed  una  cate- 
na di  penlieri ,  che  nafcono  nei  popoli  gli  uni  dopo  gli  altri 
o  piuttofto  gli  uni  degli  altri.  Egli  è  certo,  che  uno  fpiri- 
to metafilico  ,  come  quello  del  Perelli,fapeva  dallo  ftudio  del- 
la ftoria  cavare  certe  generali  rifleffioni,  che  fembravano  inal- 
zarfi  fopra    la  ftoria    medefima  .    Anche    la  teologia   entrava 
fpelTo  ne'  fuoi  difcorli  ;  imperocché  egli  aveva  letto  molti  de- 
gli antichi  SS.  Padri  ,  e  fpecialmente  Greci  ,  e  conofceva  il 
forte  e  il  debole  di  quelle  difpute  teologiche,  che  uno  fpiri- 
to di  partito    ha    inlelicemente  fulcitare  ,    e  che  fenza    farci 
migliori  hanno-  per  tanti  anni  non  folo  occupare  le  fcuole,ma. 
anche  agitata  con  grave  fcandalo  degli  EterodofTì  la  criftiana 
repubblica.  Egli  era  affai  illuminato  per  non  ifpofarll  ad  al- 
cun  partito,  e  perfuafo  delle  verità  di  noftra  Santa  Religio- 
ne ^  la  coltivò  eoa  culto  più  interno  che  efterno  ,  quaiitua- 


tjue  però  non  trnfcurafle  mai  anche  quegli  efteriori  doveri  che 
ella  prelcrive  ai  fuoi  feguaci .  Ciò  non  oftante  non  fono  man- 
cati chi  dalla  fua  coftante  tranquillità  e  dall'  aftra^ioni ,  che 
1'  accompagnavano  anche  nell'  adempimento  di  quei  doveri 
retigioiì  ,  che  dovrebbero  più  di  tutti  efcluderle  ,  han  prefo 
motivo  di  mettere  in  dubbio  la  religiofità  di  lui  ;  tanto  è 
vero  ,  che  la  malignità  fa  profittar  di  tutto  ,  e  che  vi  farà 
fempre  una  moltitudine  di  uomini  ,  che  li  compiace  di  ab- 
baffare  il  merito  dei  gran  genj  ,  e  di  trovare  il  più  leggier 
pretefto  per  difpenfarli  dal  rendere  ad  efTì  giuftizia.  Quantun- 
que -non  folle  indifferente  alle  grazie  del  bel  leflb ,  non  pen- 
sò mai  ad  ammogliarli.  Sortì  dalla  natura  una  forte  complef- 
fione,  cui  folamente  nell'  età  la  più  avanzata  poterono  alte- 
rare le  irregolarità  del  vivere,  la  continua  meditazione,  e 
r  alTiduo  fludio.  Quefto  divorator  di  libri,  per  fervirmi  dell' 
efprefllone,  con  cui  Cicerone  caratterizzò  M.  Catone,  quan- 
te volte  non  folo  nella  propria  ,  ma  anche  nell'  altrui  cafa 
fu  forprefo  dal  nuovo  giorno,  allorché  evali  abbandonato  nel- 
la fera  alla  lettura  di  qualche  opera  per  lui  intereflante  l  lEf 
raramente  accadeva,  che  ne  difprezzaffe  alcuna,  onde  faceva 
maraviglia,  che  a  un  mondo  di  libri  mediocri,  e  quafi  aflò- 
lutameixte  fconofciuti  a\e(le  accordata  la  grazia  di  leggerli . 
Rare  volte  prendeva  la  penna  per  notare  ,  tidandoiì  della  for- 
prendente  fua  memoria,  in  cui  ciafcuna  idea  occupava  il  po- 
ito  ;,  che  le  conveniva  ,  e  che  lo  ferviva  a  fegno  ,  che  era 
pronto  a  r.ifpondere  fopra  quali  tutte  le  materie  ,  e  a  citare 
i  luoghi  dei  principali  Autori  che  le  trattavano .  L' abbando- 
nò poi  quafi  del  tutto  per  1'  abulb  fattone  negli  ultimi  tre 
unni  della  vita,  che  furon  quali  una  morte  anticipata,  per- 
chè fu  tolto  agli  amici  ,  ai  parenti  ,  alle  lue  abituali  occu- 
pazioni ,  e  per  fino  a  que'  fentimenti  ,  che  fon  proprj  anco- 
ra dell'  uomo  animale  .  Quello  triPco  fpettacolo  lo  dette  in 
Arezzo,,  che  riguardava  come  fua  patria,  perchè  vi  fu  afcrit- 


-ta  tra  le    nobili    la  fua  lairugliu  ,    nel  lèno  di  cui    fi  rifugiò 
r  anno  1779-  Sentì  forfè  allora  già  vacillante,  o  per  meglio 
dire  ,  gli  fu  fatto  fentire  ,  che  l'Univerfità  di  Pifa  non  avreb- 
be potuto  più  fervirli ,  come  per  lo  avanti ,  di    gloriofo  tea- 
tro ;  onde  dimandò  di  ritirarfene  fcnza  fcapito  d'  alTegnamen- 
ti.  L'  ottenne  dalla  clemenza  di  Pietro    Leopoldo  na- 
to alla  felicità  della  Tofcana  ,  e  al  foUievo  de'  miferi  ,  per- 
fuafo  che  da  una  paleftra  ,  dove  tutto  deve  edere  ftimolo  al- 
la fervida    gioventù    per  correre    vigorofamente  la    difficile  e 
lunga  carriera  degli  ftudj ,  deve  allontanarli  la  vifta    di  que- 
gli oggetti  ,    che  ne  potrebbero  troppo  fenlìbilmente  palefarc 
la  vanità  .  Finalmente  un'  apoplelfia  tolfe  affatto  il  Perelli  al 
mondo  nel  di  5.  d'  Ottobre  dell'  anno   1783.  E'  a  noi  venu- 
ta dall'antichità  la  moda  di  far  paralleli,  e  chiuderemo  queft* 
elogio  col  farne  uno  ,   che  forprenderà  a  prima  vifta  ,  e  che 
ci  farà  reputare  per  troppo  parziali  della  memoria  del  Perel- 
li- Non  dubitiamo  di  porlo  a  lato  del  gran  Leibnitz,  di  quel 
raro  e  mirabil  genio  ,  che  come  fcriire  graziofamente  il  Sig. 
de  Fontenelle  ,    limile  agli  antichi  ,   che  avevan  1'  abilità  di 
condurre  fino  a  otto  cavalli  di  fronte,  conduceva  anche  edi 
di  fronte  tutte  le  fcienze,  e  che  fcompofto  e  divifo  in  tutte 
le  fcienze,  che  fapeva  ,  di  un  fol  uomo  li  farebber  fatti  più 
dotti  di  prima  sfera  .    Il  Perelli  ,  come  Leibnirz  ,  aveva  dei 
gufto  e  del  talento  per  la  poelia ,  era  verfatiffimo  nell'  anti- 
chità ,  era  profondo  nella  ftoria  e    negl'  interelfi  dei   Princi- 
pi, che  ne  fono  il  refultato  ,  e  fapeva  il  dritto  pubblico  con 
una  non   leggiera  tintura  di  teologia;  come  -quegli  era  eccel- 
lente filofofo  e  matematico  e  conofcitore  fommo    della  floria 
dei  penlieri  degli  uomini  ,  certamente  fempre  curiofa  per  lo 
fpettacolo  d'  una  varietà  infinita,  e  fpeffe  volte  ancora  iftrut- 
tiva  .  A  fomiglianza  di  lui  non  ebbe  ne  fine,  né  regola  nel- 
la fua  lettura,  e  divenne  per  cosi  dire  tutto  quello  che  ave- 
va letto;  fapeva  più  lingue  morte,  e  le  più  cuìte  delle  vive. 


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e  da  tutto  quello  che  leggeva  ed  ollervava  fapeva  trar  linee 
di  comunicazione ,  che  approffimavano  mirabilmente  differen- 
ti fcienze  tra  loro.  Era  ancora  comune  a  tutti  e  due  quello 
i'pirito  metafilico,  che  fa  farli  padrone  di  tutti  i  principj  più 
fublimi,  e  i  più  generali,  e  una  lìngolar  difpofìzione  a  pren- 
der tutte  le  forme,  e  a  ricevere  tutte  le  forte  d'  idee.  Con- 
venivano anche  nella  facilità  di  trattare  con  ogni  genere  di 
perfone,  cortigiani,  artifti ,  contadini,  foldati,  ignoranti  non 
men  che  dotti,  perfuall,  che  da  tutti  lì  può  imparar  qualche 
cofa ,  e  niun  dei  due  reputò  tempo  perduto  quello  che  det- 
tero alla  converfazion  delle  donne  .  Se  il  Leibnitz  fuperò  il 
Perelli  nell'  invenzione  di  nuovi  metodi  matematici  e  nell' 
illuftrazione.  dell'  ofcuriffima.  ftoria  de'  baffi  tempi  ,  fu  anche 
vinto  dal  noflro  Italiano  in  un  maggior  criterio,  che  quefti 
portò  nelle  cofe  metafilìche  ,  e  nella  contemplazione  della  na- 
tura, e  in  un  gufto  più  delicato  per  tutto  ciò  che  appartie- 
ne, ad  amena  letteratura  .  Ma  il  Leibnitz  lafciò  copiofo  nu- 
mero di  monumenti  del  fuo  raro  ingegno  e  fapere  ,  fcarllffi- 
mo  il  Perelli,  onde  fi  può  a  ragione  temere,  che  la  pofleri- 
tà,  la  quale  farà  eternamente  grata  al  primo,  divenga  ingiu- 
ria verfo  il  fecondo  ,  o  mettendone  in  dubbio  il  merito  for- 
xraggrands,  Q  deponeadone  la  memoria». 


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INDICE 

DELLE     MEMORIE 

PRIMA    SEZIONE. 
PARTE        L 

Introdwi^ioMe  a  nuovi  principi  della  Teorìa  elettrica, 

dedotti    dall''  analifi  de*  fenomeni    delle    elettriche 

punte 
Del  P.  Carlo   Barletti  delle  Scuole  Pie  ProfeflTore  di 

Fidca  neir  Univerfità  di  Pavia pag.         i 

Sopra  r equazione  d^ una  Curva,  [opra  la  falfita  dì 

due  famofl  Teoremi ,  e  [opra  le  ferie  armoniche  a 

termini  infinitamente  piccioli 
I^-l  P.  Gregorio   Fontana  delle  Scuole  Pie ,  Pubbli- 
fi    iiij 


co  Profeffore  delle  Matematiche  Superiori  nella  Regia  Uni- 

verfità  di  Pavia 123 

Sopra  la  prejftotie  de^  fluidi 

Del  Medelìmo 142 

Indagini  nel  calcolo  integrale 

Del  Sig.  Cavaliere  Lorgna      .      .     .     .     ,     .     .     .     177 

Delle  progrejjìoni  reciproche  delle  poten'^e  affette 

Del    Medefimo 210 

B,fpofi%ione  Anatomica  delle    parti    relative   alV  En- 
cefalo degli  Uccelli 
Del  Sig.   Vincenzo   Malacarne   Direttore   delle   R. 
Terme  Acquefi  ,   e    Chirurgo    del    Real  Prefidio  di  Tori- 
no      . 237 

Delle  O^erva^ioni  folfii%iali  ,  fatte  allo  Gnomone  del- 
ia Cattedrale  Fiorentina  ne W  Anno  1782  ,  e  de^ 
loro    "Bjfultati   paragonandole  colle   Jìmili  Ojferva- 

%ioni   del  17S6  ,   1764,  e   IJJS» 
Del  Sig:    Ab.    Leonardo   Ximenes   Matematico   di  S. 
A.  R.  il  Granduca  di  Tofcana 256 


LVII 

SECONDA    SEZIONE. 

Ojfervaxjone  della    congiurr^one    inferiore  di    Venere 
col  Sole  a  dì   20.  ìsAar%p   1782.  con  alcune  l^i- 

flejjioni 
Del  Sig.  Ab,  Angelo    de    Cesaris   R.  Aftronomo  all' 

Offervatorio  di  Milano 313 

Sopra  la  forila  Centrifuga 

Del  P.  Gregorio   Fontana  delle  Scuole  Pie  Pubblico 

Profeflbre  delle  Matematiche  Superiori  nella  R.  Univerfità 

di  Pavia 325 

Sopra  le  Serie 

Del  Medefimo 3S6 

PARTE         IL 

TSLuova    Teoria    intorno    al   movimenta    de'  navigli  a 

remi 

Del  Sig.  Cavaliere  Lorgna 457 

Memoria    feconda    ed    ultima    fopra    la  riproduzione 

della  tefta  nelle  Lumache  terrejìri 
Del  Sig.  Ab.  Lazaro    Spallanzani  Regio  Profeflbre 
di  Storia  naturale  nell'  Univerfità  di  Pavia      .     .     .     506 

Lettera  Tritila  relativa  a  diverfe  prodw^ioni  manne 


ÌVIU 

Del  Medefimo 

AI  Sig.  Carlo  Bonn  et  Membro  delle  più  illufiri  Ac- 
cademie d'  Europa 6.0  j 

Sopra  i  Fuochi  de  Terreni  e  delle  Fontane  ardenti 
in  generale ,  e  Jopra  quelli  di  Tietra-Mala  in  par- 
ticolare 

Del  Sig.  Alessandro  Volta  Profellòre  di  Filìca  Spe- 
rimentale nelL'  Univerfltà  di   Pavia      ..     ..     .      ..     ^     66z. 

TERZA    SEZIONE 

Saggio  di  una  ISLuova  Teoria  del  movimento  delle 
acque  pei  Fimni ,  e         \ 

'N.uovo  metodo  per  trovale  colla  /perien-^a'  la  quan- 
tità delf  acqua  corrente  per  un  fiume 

Del  Sig.  Teodoro  Sonati  Matematico  di  Ferrara     675 

jyìmoflra%ione  della  riducibilità  cT  ogni  quantità  im- 
maginaria algehraica  alla  forma  AHrB\/(  —  i)j 
adattata  ad  un    Trattato   elementare  della  natura. 

delle  equa'^ìoni 
Jìtì  Sig.  Sebastiano   C  a  n  t  e  r  z  a  n  i  Profeflbre  di  Ma- 
terastica ,  e  Secretario^  perpetuo  dell'  Inftituto  delle  Scien- 
te di  Bologna     .      ..     ,     .      .     ,,    ..    .,    ..    o.    .     ..    jxo 


JLIX 

Saggio  Ji  Ojfeyva^iofii  anatomiche  intorno  agli  Or- 
gani della  refpra%ione  degli  uccelli 

Del  Sig.  Michele  Girardi  Medico  di  Camera  di  S. 
A.  R.  di  Parma,  Prelìdente  al  Gabinetto  di  Storia  Natu- 
rale, e  Profeflbre  primario  della  medefima  e  di  Notomia 

Al  Sig.  Vincenzo  Malacarne  Direttore  delle  R» 
Terme  Acquei!  ,  e  Chirurgo  Maggiore  del  Reale  Prefidio 
di  Torino .732 

Delle  formale  dijferen'^iali  ,  la  cui  integrazione  di^ 
pende  dalla  rettificazione  delle  Sezioni  coniche 

Del  Sig.  Gì  A  .N-F  ranch  SCO  Malfatti  Pubblico  Pro- 
felTore  di  Matematica  nella  Pontificia  Univerfità  di  Fer- 
rara    - .     , 7^9 

Memoria   fulf  equazioni  a    differente    finite    e  par- 
ziali 
Del  Sig.  Pietro    Paoli   Pubblico   Profeflbre    nella  Uni- 
verfità di  Pavia -787 

Ojfervazione    anatomica    fopra  un  vitello-vacca  detto 

dagP  Inglefi  Freemartin 
Del  Sig.  Antonio   Scarpa   Pubblico  Profeflbre   di  No- 
tomia ,  ed  Operazioni   -chirurgiche  nella   R.  Univerfità  di 
Pavia 846 

Oppofizione  del  Nuovo  Vianet  a  ojfervata    nel  1781. 


Dal  Sig.  Giuseppe    Slop   de    Cadenberg   ProfeflTore 

d'  Aftronomia  nell'  Univerlìtà  di  Fifa 853 

Lettera  feconda    relativa    a  dìverfi    Ometti  fojftli  e 

montani 

Del  Sig.  Ab.  Lazako  Spallanzani  Regio  ProfefTore 
di  Storia  Naturale  nelT  Univerfità  di  Pavia 

Al  Sig.  Carlo  Bonnet  Membro  delle  più  illuftri  Ac- 
cademie di  Europa 861 

Appendice  alla  Memoria  /opra  i  Fuochi  de  Terre- 
ni e  delle  Fontane  ardenti  in  generale  ,  e  [opra 
quelli  di  Vietra-Mala    in  particolare 

Del  Sig.  Alessandro  Volta  ProfefTore  di  Fifica  Spe- 
rimentale nell'  Univerfità  di  Pavia     ......     900 


INTRODUZIONE 


INTIiODUZIONE 

A  nuovi  principi  della  Teoria  elettrica  dedotti   dall'  analifi 
de'  fenomeni  delle  elettriche  punte 

Del    P.    Carlo    Barletti    delle  Scuole    Pie    Profeffoie 
di  Filka  neir  Univerfità  di  Pavia. 


s 


PARTE    SECONDA 

Orgente  di  fallace  evidenza, e  di  erronee  induzioni  fu  feni- 
pre  mai  in  Fifica  la  prevenzione.  Lungi  da  ilmiii  incan- 
ti ,  e  da  ogni  illuforio  fplendore  profeguirò  la  propofta  ana- 
lifi  de'  fenomeni  delle  elettriche  punte  indipendente  da  qualfi- 
voglia  ipotetica  idea  ,  e  con  tali  combinazioni  di  fperienze  , 
che  ne  rendano  adblutamente  diftinti,  e  collanti  i  rifultati  in 
qualunque  ipotell .  Sia  pur  quella  la  Frankliniana  d' un  folo  flui- 
do efpanfivo  nelle  due  fpecie  di  elettricità;  o  la  Nollettiana  di 
due  materie  efluente,  ed  affluente  in  una  fola  fpecie  di  elet- 
tricità 5  della  quale  fpecie  non  fieno  che  gradi  varj  la  vitrea , 
e  refinofa  ;  o  la  Simmeriana  di  due  oppolle  potenze ,  dalle  qua- 
li vengano  le  oppolte  elettricità  vitrea  ,  e  refinofa  conflitui- 
te  ;  o  altra,  che  delle  fpecie  fteffe  determini  i  caratteri,  e  le 
qualità;  o  in  fine  qualfivoglia  opinione,  che  con  fiftematici , 
e  tecnici  nomi  definifca  in  alcun  modo  ,  e  riduca  a  principi 
la  \arietà  degli  elettrici  fenomeni.  Tutte  le  confiderò  in  pari 
grado  poffibili  cotefte  ipotetiche  ,  e  fiftematiche  idee  ;  e  non 
riputerei,  che  un  vano  trionfo  tanto  1'  adottarne  ,  che  il  ri- 
pudiarne una  a  preferenza  dell'  altra  ,  le  tali  preferenze  non 
pervertiflèro  le  vie  della  fcienza  naturale  ,  e  non  ritardaflero 
i  progrefiì  delle  utili  e  vere  cognizioni. 

Ad  oggetto  unicamente  di  oppormi  a  fifFatti  pregiudizj  mi 
perniili  in  fine  della  prima  Parte  alcune  rifleffioni  contro  la 
i'>w;/e//«/rt»^fuperfiizione;e  pel  medefimo  oggetto  fui  bel  prin- 
cipio di   quella   dichiaro   apertamente    1'  indifferenza   mia  per 

A 


1  Memoria 

qualfivoglia  maniera  di  llftematica  perfuafione ,  acciò  limpido  , 
e  prefto  s'  intenda ,  quanto  fieno  diverfì  i  fiftemi ,  e  le  ipoteli 
dalle  teorie,  e  fi  preveda  nel  tempo  fteflb  di  qual  forma  ,  e 
e  tempra  fieno  que'  nuovi  teorici  principi  ,  ai  quali  mi  pro- 
pongo di  aprir  1'  adito  con  V  analilì  delle  elettriche  punte . 

Ed  efaminando  a  tenore  della  propoffa  divifione  i  fenome- 
ni delle  punte  oppofte  a  punte  ,  e  delle  fuperfìcie  oppofte  a 
fuperficie  ne  dedurrò  come  nella  prima ,  cosi  nella  prefente  fe- 
conda Parte  i  particolari  corollarj  più  immediati  per  compren- 
derne indi  ne'  teoremi  la  generale  ,  e  coftante  efpreffione  .  Por- 
geranno adunque  le  diflinte  combinazioni  delle  punte ,  e  del- 
le fuperficie  materia  dei  primi  due  capi  ;  e  nel  terzo  coli'  ap- 
poggio di  nuove  fperienze  ne  eftenderò  1'  applicazione  alle  ap- 
parenze di  elettrica  luce  ;  preparando  cosi  la  via  alla  terza, 
ed  ultima  Parte,  che  il  termine  comprende  e  dell' analifi  del- 
le punte ,  e  della  Introduzione  ai  nuovi  principi  dell'  elettri- 
ca Teoria.  ■ 

CAPO         I. 

Comhinaz.ioni  di  punte  oppojìe  a  punte  nella  rejìnofaj 
e  nella  vitrea  elettricità. 

L'  attività  della  macchina  ,  e  la  quantità  di  elettrica  po- 
tenza,che  fi  eccita  ad  ogni  giro  del  difco  ,6  fi  eftende  alle 
varie  diftanze,  fu  per  me  in  tutte  le  precedenti, ficcome  pu- 
re lo  farà  nelle  feguenti  ferie  di  fperienze ,  la  mifura,e  il  mo- 
dulo comune  ,  a  cui  fi  riducono  le  proporzioni  delle  elet- 
triche forze .  Niuno ,  che  nuovo  afiàtto  non  fia  nelle  Fifiche 
e  Matematiche  ricerche ,  ignorar  può ,  che  ogni  genere  di  for- 
ze ,  e  di  effètti  non  fi  riconofce  egualmente  collo  ftefTo  mo- 
dulo, oflia  unità  di  mifura.  Quanto  è  neceflaria  la  riduzione 
a  comune  mifura  per  conofcere  elattamente  le  proporzioni 
di  qualunque  termine,  ed  efletto  nelle  ferie  diverfe ,  altrettan- 
to è  indifpenlàbile  di  variar  mifura  per  difcernere  tra  loro  gli 
effetti  diverfi,o  gli  elementi  vari  d'un  eflètto  comporto  ;  poi- 
ché fenza  fìmili  ripieghi  ,  e  varietà  fi  compongono  infieme 
gli  effètti  diverfi  ,  e  gli  elementi  de'  comporti  eflètti  vie  più 
fi  confondono  fotto  certe  mifure . 


SOPRA       l'       elettricità'.  J 

In  due  modi  li  prefentano  gli  elementi  d'  una  forza,  o  di 
un  efletto  naturale  ;  o  fono  quelli  già  compofti ,  e  confufi  in 
ogni  parte,  o  termine,  da  cui  l'effetto  rifulta  ;  ovvero  fi  com- 
pongono ,  e  li  unifcono  infieme  colla  fucceffiva  addizione  di 
parti,  o  termini  ,  che  compiono  ,  e  foggettano  ai  fenfi  1'  ef- 
fetto medelimo .  Nel  primo  cafo  1'  ingrandire ,  o  diminuire  la 
mifura  non  porta  veruna  diftinzione  in  quegli  elementi  ;  anzi 
fi  rendono  effi  tanto  più  confuii  ,  e  indifcernibili  ,  quanto  fi 
riportano  a  mifure ,  ovvero  a  termini  foverchiamente  maggio- 
ri ,  o  minori  .  Nel  fecondo  cafo  all'  oppoffo  quanto  può  ri- 
durfi  più  minuta  la  mifura,  tanto  più  idonea  diventa  per  di- 
videre ,  e  difcernere  que'  fucceflìvi  elementi ,  che  fi  accumula- 
no per  accrefcere ,  e  compiere  i  termini ,  e  lo  fiato  vario  del 
propoffo  effetto  .  Talché  ficcome  nel  modo  primo  prendono 
in  line  1'  afpetto  di  eguaglianza  ,  e  fimilitudine  le  cofe  più 
ineguali,  e  dirimili ,  perchè  coli' aumento  ,o  diminuzione  non 
fi  rifolvono ,  né  ii  diftinguono  punto,  ma  foltanto  fi  fomma- 
no,  o  iì  fottraggono  confufi  come  fono  in  fé  fieffi  i  loro  ele- 
menti; così  nel  fecondo  modo  fi  fcorgono  ne' fucceflìvi  termi- 
ni ,  e  gradi  feparatamente  i  diverfi  elementi  ;  e  può  indi  cia- 
fcuno  paragonarfi  con  gli  altri  in  ragione  ,  che  paflTano  efli 
dal  primo  fino  all'  ultimo  fiato  più  comporto,  e  confufo . 

A  norma  di  si  giufti  principj  ,  che  mi  bafta  qui  di  accen- 
nare, non  folamente  variai  le  preparazioni,  e  le  combinazio- 
ni di  fperienze,ma  in  ciai'cuna  preparazione ,  e  ferie  applicai 
ordinatamente  a  tutti  i  termini  la  varia  attività  della  mac- 
china, e  la  minima,  e  la  maflìma  quantità  di  elettrica  poten- 
za ,  che  ad  ogni  giro  del  difco  m'  ingegnai  di  eccitare  con 
uniformità  di  fucceflìone  ,  per  ottenere  così  diftinti  non  folo 
i  confronti  d'  ogni  termine  ,  ed  efletto  diverfo  colla  comu- 
ne mifura  ,  ma  di  più  i  confronti  delle  mifure  diverfe  con 
ogni  termine  ,  ed  eflètto  comune  .  Poiché  in  fine  le  mifure, 
e  i  confronti  fono  le  fole  vie  d'  ogni  diftinta  idea . 


A    ii 


4 

CON   ELETTRICITÀ'  RESINOSA. 

Preparazione. 

Un  difco  affai  maggiore  del  confueto  ,  che  ufai  nelle  ferie 
precedenti  ,  mi  porge  ad  ogni  giro  tanto  più  grande  elettri- 
cità ,  che  quindici  foli  giri  baflano  per  imprimere  nel  folita 
quadro  verticale  defcritto  nella  prima  ferie  viva  forza  di  ca- 
rica ;  e  collo  fteffo  numero  di  giri  s'  induce  verfo  gli  ultimi 
giri  del  difco  a  fcarica  fpontanea  una  boccetta ,  che  mi  ferve 
continuamente  di  confronto  ,  e  di  prova  per  i  fucceflivi  ter- 
mini d'  ogni  ferie.  Di  quefto  difco,  e  di  quindeci  gin  faccio 
ufo  in  ogni  termine  della  prefente  ,  e  delle  feguenti  ferie  ^ 
quando  non  avvifo  altrimenti  di  averne  fcemata  l'attività,  o 
fatto  cambio  con  alrro  minore . 

La  boccetta  poco  fa  indicata  non  folo  mi  porge  ,  fìccome 
accennai,  il  confronto  per  la  fucceffiva  attività  della  macchi- 
na, ma  di  più  nel  cavare  la  fcarica  dal  quadro  mi  fommini- 
flra  una  mifura  della  quantità  ,  o  grado  di  ciafcuna  carica, 
che  alle  varie  diftanze  corrifponde  :  della  quale  nuova  manie- 
ra di  mifure  parlerò  in  feguito  più  diflintamente . 

Non  ommetterò  qui  di  fpiegare  il  giuoco  ,  odia  la  pratica 
di  tale  mifura.  In  vece  di  cavar  dal  quadro  la  fcarica  appli- 
cando prima ,  come  fi  ufa ,  un  capo  dell'  arco  alla  faccia  cite- 
riore, e  appreffando  poi  con  prontezza  l'altro  capo  all'ante- 
riore armatura,  tengo  in  mano  queft'  ultimo  capo  dell'  arco, 
e  lo  ffringo  full'  efieriore  armatura  di  quella  boccetta  ,  che 
tengo  inlieme  impugnata.  E  prefento  poi  all'  anteriore  arma- 
tura del  quadro  quel  globo  ,  che  fa  la  comunicazione  ,  e  il 
termine  dell'interna  armatura  della  boccetta;  ficchc  non  può 
fé  non  attraverfo  di  quefla  boccetta  trarli  dal  quadro  la  fca- 
rica .  Cosi  in  vece  di  trarre  tutto  infieme  la  fcarica  dal  qua- 
dro ,  fi  divide  qucfla  nella  boccetta  ,  che  fcarico  immediata- 
mente fervendomi  dell'  arco  fl-eflo.  E  replicando  lo  fteffo  at- 
to di  prima  fui  quadro,  fi  divide  nuovamente  quel  primo  re- 
fiduo  di  fcarica  nella  boccetta ,  che  fcarico  fìmilmente  .1  par- 
te coir  arco.  Con  tali  atti  replicati  efaurifco  in  fine  1'  inte- 
ra carica  impreffa  nel  quadro; ed  intendo,  che  quella  fi  efau- 


SOPRA     l'     elettricità'.  5 

rifca  ,  quando  più  non  imprime  carica  fenfibile  nella  frappo- 
fta  boccetta.  Ed  è  col  numero  di  tali  atH,  che  io  mifuro  la 
carica  imprefla  nel  quadro  nelle  varie  diftanze  ;  e  s'  intende- 
rà Tempre  in  quefto  fenfo,  quando  dico  f ni ,  o  fi  efaun  la  ca- 
rica in  quattordcci ,  in  dieci ,  in  quattro  ,  in  una  fcarica  della 
boccetta . 

L'  iibhiinento  in  quefto  apparato  è  per  ogni  verfo  perfet- 
to di  quattordeci  pollici  .  Nel  rimanente  replico  la  prepara- 
z.ioni  della  ferie  prima  collo  fleflb  tubo,  e  punta  ,  e  quadro 
fimilmente  oppofto,  e  con  refinofa  elettricità.  Per  introdurre 
ampia  comunicazione  dell'  efleriore  armatura  col  fuolo  ,  ap- 
plico alla  flefla  ai  fianchi  due  fili  metallici  ,  che  col  fuolo 
comunicano  .  Serve  quefta  ferie  di  vincolo  ,  e  di  mezzo  ter- 
mine delle  precedenti  colle  feguenti  ;  e  comprende  in  oltre 
in  fé  ftefia  nuovi  fenomeni  ,  ai  quali  non  {\  ebbe  verun  ri- 
guardo nella  ferie  prima  ,  e  perciò  lì  computa  in  ordine  co- 
me ferie  dirtinta . 

S     E     R     I    E         ^.         ' 

1.  Dal  contatto  del  quadro  colla  punta  fino  alla  diftanza 
d'  un  pollice  s'  imprefFe  nello  fleflTo  con  quindeci  giri  carica 
preifo  a  poco  eguale ,  che  ù.  fini  con  quattordeci  fcariche  del- 
ia boccetta . 

2.  A'  pollici  due  finì  in  tredeci  ;  ai  quattro  in  dodeci  ;  ai 
pollici  otto  in  nove;  ai  quattordeci  in  cinque;  ai  diciotto  in 
tre  ;  ai  ventiquattro  in  una  fcarica  della  boccetta  :  ai  trenta 
pollici  tentando  la  fcarica  del  quadro  non  è  più  capace  d'im- 
primerne veruna  parte  nella  boccetta  ,  e  non  ne  moftra  fé 
non  r  ultimo  grado  applicando  V  arco  immediatamente  alle 
oppofte  armature  del  quadro  ftefTo  ;  nel  quale  alcun  fofpetto 
di  luce  pungente  arriva  talvolta  a  fentirh'fino  ai  pollici  tren- 
tafei .  Se  però  ai  trenta  pollici  finifce  la  ferie  della  fcuotente 
forza  impreffii  nel  quadro ,  non  finifcono  i  moti  del  pendolet- 
to  cadente  lungo  la  fua  armatura  oppolla  alla  punta  .  Hanno 
que'  moti  diftinta  efpreffione  pel  confronto  delle  ferie  feguen- 
ti,  e  per  l'applicazione  de' corollari  alla  generale  teoria.  Per- 
ciò ne  ripiglieremo  1"  oflervazione  dal  contatto  fino  alle  più 
rimote   diftanze  per    determinare   cosi  fenza  ambiguità  i  no- 

A     iij 


5  Memoria 

mi  ,   che    comunemente    fi   ufano   troppo  confufi  di  elettrica 
ripulfiom ,  attraz.iom  ,  e  adejìom  . 

5.  Pofta  la  punta  in  contatto  dell'  armatura  al  primo  gi- 
rar del  difco  ofcilla ,  e  fi  agita  rapidamente  il  filo  del  pen- 
doletto  intorno  alla  punta  ,  e  s'  inalza  ,  e  lì  eftende  un  fe- 
no  del  filo  ftefTo  fecondo  la  lunghezza  della  punta.  Indi  fin- 
ché fi  gira  il  difco  tanto  il  filo ,  come  il  globetto  fi  comba- 
cia con  forza  coli'  armatura  ftefia  ,  e  fimilmente  fi  combacia 
lungo  la  punta  quel  feno ,  che  fporge  dal  filo. 

Abbiamo  pertanto  nelle  parti  dello  fl-efib  filo  due  adefio- 
ni  contemporanee, una  del  globetto  e  della  maggior  parte  del 
filo  coir  armatura,  l*  altra  col  corpo  della  punta  per  quel  fe- 
no del  filo,  che  in  fuori  lungo  la  ftefla  iì  eftende . 

4.  Per  difcernere  da  qual  cofa  dipendano  ,  e  d'  onde  na- 
fcano  quefie  due  adefioni  ,  ofTervo  ,  che  finiti  i  giri  ceffano 
effe  immediatamente  ;  e  il  filo  lì  tende  ,  e  refia  vibrato  in 
fuori  dalla  faccia  del  quadro  in  proporzione  della  carica  im- 
prefla .  Onde  Ci  conclude,  che  dipendono,  e  nafcono  dalla  a- 
zione  ftefla,  che  lì   eccita  coi  giri  del  dilco . 

5.  Ma  per  diftiuguere  ,  fé  quelle  adefioni  derivino  dalla 
fola  azione  della  punta ,  o  da  altra  azione  infieme  proceden- 
te, o  accumulata  dal  quadro;  e  per  tentare  in  oltre  qual  co- 
fa  abbiano  di  comune ,  e  quali  modi  ,  o  caufe  diftinte  ;  men- 
tre fi  gira  il  difco  io  tocco  infieme  colle  dita  le  due  oppofte 
armature  del  quadro ,  ficchè  da  quefto  pofia  fol  tanto  proce- 
dere qualche  azione  ,  ma  non  poffa  in  eflb  accumularfi  .  E 
fuccedono  quelle  ofcillazioni,  che  notai  da  principio,  del  filo 
intorno  al  corpo  della  punta  ;  anzi  crefcono  quelle  aflai  no- 
tabilmente,  e  il  filo,  e  il  pendolo  s'  inalza,  e  fi  efiende  per 
fino  al  tubo  lungo  la  punta  ,  colla  quale  tutto  talvolta  fi 
combacia  in  certa  dofe  di  elettricità  .  Talché  in  quefto  ftato 
del  quadro  per  quanto  continuino  i  giri  del  difco  refta  fem- 
pre  qualche  adefione  del  filo  ,  e  del  globetto  colla  punta  ,  o 
col  tubo  ;  e  niuna  mai  del  filo  ,  ne  del  globetto  coli'  arma- 
tura del  quadro. 

Indi  concludo,  che  l' adefione  della  parte  del  filo  al  corpo 
della  punta  dipende  dall'azione  dei  giri  per  la  via  della  pun- 
ta, o  del  tubo,  e  da  qualche  cofa,  che  procede  dal  quadro, 
ma  non  da  ciò,  che  fui  quadro  fi  accumula. 


SOPRA     l'     elettricità'.  7 

6.  E  viceverfa  1'  adefione  del  filo  ,  e  del  pendoletto  coli' 
armatura  del  quadro  ,  ficcome  non  fuflifle  ,  che  nella  fuccelTio- 
ne  dei  giri  ,  né  mai  ha  luogo  ,  né  fi  mantiene  fé  non  lenza 
quel  contatto  delle  oppofte  armature ,  il  qual  contatto  impe- 
difce  ogni  accumulamento  di  azione ,  e  di  carica  nel  quadro  ; 
perciò  r adefione  ftefla  dipende  dall'atto,  con  cui  fi  fa  quel- 
la fuccefliva  accumulazione  nel  quadro . 

7-  Ma  non  perciò  nafce  dalla  materia  flefia  nel  quadro 
accumulata.  Poiché  col  finir  dei  giri,  benché  quella  materia 
accumulata  fuflifta ,  più  non  fufllfie  con  ella  né  la  prima ,  né 
quella  adefione.  Che  anzi  fi  fcofta  il  pendolo  e  dalla  punta, 
e  dall'  armatura,  e  palla  in  divergenza  dall'  armatura  ,  della 
quale  divergenza  parleremo  più  opportunamente  nella  ferie 
feguente . 

8.  Seguiterò  in  quella  ferie  a  notare  gli  accidenti  delle 
adefioni  ,  e  de'  moti  nelle  fuccelTive  dilhinze  .  Scortando  il 
..quadro  fegue  nel  cominciar  dei  giri  1'  agitazione ,  e  fegue  in- 
di il  combaciamento  del  filo  full'  armatura  fino  oltre  la  di- 
ftaiiza  di  quattro  pollici  ;  e  quel  feno  riftretto  ,  e  fporto  in 
fuori  fi  fa  or  più  ,  or  meno  eftefo  ,  e  fi  dirige  quafi  che 
folle  un'  altra  punta  fecondo  l' alfe  della  punta  del  tubo .  Ma 
al  di  là  dei  quattro  pollici  comincia  quel  feno  a  gonfiarfi,  e 
fi  fi-acca  COSI  il  filo  dall'  armatura  a  poco  a  poco  nelle  ulte- 
riori difianze  ,  finché  tutto  il  filo  fi  gonfia  in  arco  verfo  la 
punta,  refl:ando,  come  è  per  la  fuperior  parte,  attaccato  all' 
armatura  ,  e  rimanendo  il  pendolino  aderente  verfo  il  fondo 
dell'  armatura  ftefla  ,  quafi  che  ivi  pure  folle  attaccato. 

g.  Oliando  però  arriva  verfo  i  limiti  dell'  ilolamento  ai 
quattordeci  pollici  finifce  anche  1'  adefione  del  pendoletto  ,  e 
quefto  infieme  col  filo  fi  vibra  in  fuori  dell'  armatura  verfo 
il  tubo  con  grande  divergenza  ,  finché  continuano  i  giri  del 
difco  .  Finiti  quefti  fuccede  qui  al  contrario  di  fopra  al  nu- 
mero quarto.  Poiché  ivi  col  finir  dei  giri  pafla  dall' adefione 
ad  ampia  divergenza; qui  cade  col  finir  dei  giri,  e  refta  qua- 
fi inerte  foltanto  tefo  dal  proprio  pefo  ;  fé  non  che  ritiene 
alcuna  tenue  divergenza  in  proporzione  della  carica  ,  che  a 
tale  diftanza  ancor  s'  imprime  nel  quadro . 

IO.  Nelle  fuccelfive  difianze  poi ,  ove  la  carica  è  minore, 
e  poi  oltre  i  trenta  pollici,  ove  è  nulla,  continua  nell'  atto 


S  Memoria 

dei   giri  a  mantenerfi   vibrato  ampiamente  ,  ma  col   finir  di 
effi  cade  affatto ,  come  inerte . 

E'  una  tal  divergenza  notabile  fino  ai  pollici  trenta  fei ,  in- 
di fi  fa  fucceflìvamente  minore  ;  e  ai  quaranta  non  oltrepaf- 
fa  più  d'  un  pollice  e  mezzo  la  diftanza  dall'  armatura  ;  e 
finalmente  ai  cinquanta  pollici  fi  riduce  lo  fcoftamento  a  po- 
che linee,  e  più  in  là  non  è  d'  ordinario  fenfibile. 

11.  E  ficcome  nelle  minori  diftanze  notate  al  numero  quin- 
to ha  luogo  r  adelione  dei   filo   alla    punta  ,   e   al   tubo   fino 

'  verfo  i  limiti  dell'  ifolamento  ;  cosi  nelle  maggiori  ha  luogo 
neir  atto  dei  giri  1'  inclinazione,  o  tendenza  dello  fi:efib  filo 
\'erfo  il  tubo  ,  anche  quando  fi  toccano  in  tal  atto  infieme 
le  oppofie  armature  del  quadro. 

12.  Né  lì  debbe  lafciare  di  ben  difiinguere  quefia  tenden- 
za da  quella,  di  cui  parlai  al  numero  quarto,  e  fettimo .  Che 
quefia  non  ha  verun  rapporto  a  ciò  che  nel  quadro  fi  accu- 
mula ,  mentre  fuflìfie  nelle  maggiori  diftanze  ,  quando  nulla 
giammai  lì  accumula  nel  quadro ,  e  quando  pel  contatto  del- 
le armature  nulla  può  accumularfi  ,  e  fuflifte  Ibltanto  infieme 
ai  giri  ,  e  colla  continuata  azione  della  punta  ,  o  del  tubo; 
e  perciò  fi  dice  attraz.ione  del  tubo.  QLielIa  per  oppofto  non 
è  le  non  proporzionata  a  ciò,  che  nel  quadro  fi  è  accumula- 
to di  carica  ;  e  ficcome  fulTifte  finiti  i  giri ,  non  fembra  pun- 
to dipendere  dall'  azione ,0  prefenza  del  tubo,  e  perciò  fi  di- 
ce ripidfiom  del  quadro. 

.-Osservazione     i. 

Ritenendo  la  fteffà  attività  della  macchina  variai  in  due 
modi  r oppofto  quadro.  Softituii  in  vece  del  primo  fottile  un 
altro  di  eguale  grandezza  in  fuperficie  armata ,  ma  di  grofiez- 
za  aflai  maggiore  ;  e  la  carica  a  diftanze  eguali  al  primo  s'im- 
preftè  in  quefto  notabilmente  minore  .  Indi  pofta  eguale  la 
groftezza  del  vetro  ,  variai  la  grandezza  di  fuperficie  del  ve- 
tro armato  ;  e  trovai  ,  fhe  quanto  la  fuperficie  armata  fi  fa 
minore  tanto  più  prontamente  a  diftanze  eguali  al  primo  a- 
fcende  a  maggior  vivacità ,  e  iì  accofta  al  fommo  in  propor- 
zione della  capacità  la  carica  impreftli .  Per  oppofto  niuna  ca- 
rica s'imprime  nei  quadri  più  grandi  a  tnli  diftanze  dalla  pun- 
ta, 


SOPRA     l'     elettricità'.  9 

ta  ,  alle  quali  ancor  fi  carica  una  bozzetta,  o  un  quadro  af- 
fili piccolo. 

Onde  ne  feguono  due  corolla rj 

1.  Nei  più  fattili  quadri  ancor  s' imprime  alcuna  carica  col- 
la Jìejj'a  elettricità ,  e  alle  fleffe  diftanz.e ,  nelle  quali  niun  cen- 
no fé  ne  imprime  nei  più  gvojji  quadri . 

2.  £//  /  quadri  di  minore  armatura  ancor  ricevono  carica 
con  tale  forz.a  di  elettricità ,  e  a  tali  difianz.e ,  nelle  quali  nul- 
la ne  riceuono  i  quadri  di  più  efiefa  armatura. 

Osservazione     2. 

Dovrebbe  in  oltre  provarfi  in  fimile  ferie  la  varietà  delle 
pafle  ,  o  dofi  de'  vetri  ,  o  criftalli  diverfl  fotto  le  medefìme 
dimenfioni  ,  e  diftanze  ,  e  dovrebbero  ridurli  a  dimenfioni  e- 
guali  altre  lamine  di  varie  foftanze  atte  a  ricever  la  carica, 
come  le  refine ,  i  zolfi,  e  fimili  per  foggettarle  del  pari  a  tal 
forta  di  fperienze,  e  riconofcerne  la  rifpettiva  capacità  fra  lo- 
ro, e  con  le  eguali  lamine  di  vetro.  Nafcerebbero  cosi  iniie- 
me  alle  due  della  precedente  oflervazione  quattro  nuove  ferie 
di  fperienze,  cioè  la  prima  dei  quadri  variati  nella  fola  grof- 
fezza  del  vetro  ;  la  feconda  dei  medefimi  variati  nella  fola 
grandezza  di  fuperficie  armata  ;  la  terza  delle  varie  pajìe  ,  o 
dojì  di  vetri  nella  flelFa  groflezza ,  e  grandezza:  la  quarta  in 
fine  di  fomiglianti  lamine  di  tutte  le  fojìanze  dal  'vetro  di- 
verfe  ,  che  atte  fono  a  ricever  carica  .  Ardua  per  verità  ,  e 
lunga  è  la  via  nella  preparazione,  e  nel  compimento  di  tan- 
te ferie;  ma  fuori  di  queiia  altra  non  ve  n'  ha  ,  che  fi:ia  fra 
i  confini  del  vero . 

Osservazione     3. 

Oltre  alle  due  prime  ferie ,  che  nella  prima  ofTervazione  in- 
cominciai,  e  le  due  altre,  che  nella  feconda  non  feci  che  pro- 
porre da  farfi ,  ne  ho  cominciata  una  nuova  ferie ,  che  fu  tutte 
le  precedenti  lì  eftende;ed  è  il  cangiamento  di  attività  nella 
macchina  per  ridurre  cosi  gradatamente  minore  1'  elettrica 
quantità  procedente  dal  tubo,  e  dalla  punta .  Trovai  in  tal  mo- 
do ,  che  quanto  fi  fa  minore  l'  elettricità  ,  tanto  diventa  più 

B 


10  Memoria 

infufficìsme  ad  imprimere  carica  ne'  quadri  più  grandi  in  pari 
dijìanz.e  ^  che  in  altri  minori  ;  e  in  fine  pofia  certa  grandez.z.a 
del  quadro,  neppure  a  contatto  piìi  non  s'  imprime  iierun  cenno 
di  carica  collo  fiejjo  numero  di  giri  ,  che  è  fondente  per  far 
carica  'notabile  in  un  quadro  minore . 

Osservazione    4. 

Ed  a  quefta  differenza  di  carica  impreffa  con  la  minore  elet- 
tricità corrifpondono  le  differenze  de'  moti  nella  quinta  ferie 
deferirti  principalmente  ai  numeri  terzo,  ottavo,  e  feguenti. 
Poiché  quel  filo  del  pendolo ,  che  con  forte  elettricità  fi  com- 
prime full'  armatura ,  e  ftende  fuori  un  feno  riffretto  in  for- 
ma di  punta  ,  quel  filo  fteffo  appena  nelle  minori  diffanze  fi 
gonfia,  e  poi  non  fa  che  vibrarfi  in  fuori,  quando  l'elettri- 
cità della  punta  è  affai  debole  ,  né  è  capace  d'  imprimere  fé 
non  tenue  ,  o  niuna  carica  nell'  oppofto  quadro  .  Talché  ac- 
cade in  proporz.ione  con  minore  elettricità  nelle  minori  dijìanz.e  lo 
fiejp) ,  che  con  maggiore  elettricità  fuccede  nelle  dijìanz.e  maggiori. 


Osservazione     5. 


f» 


Tentai  in  queffo  ffeffb  degradamento  di  attività  della  mac- 
china ,  fé  con  minore  quantità  di  eccitamento  fi  poteffero  nel 
quadro  imprimere  cariche  proporzionali  a  quelle  ,  che  con 
maggiore  s'  imprimono  ;  e  fé  coli'  accrefcere  tanto  più  il  nu- 
mero de' giri,  quanto  è  minore  l'eccitamento,  fi  ragguagliaf- 
fero  al  fine  le  cariche  .  E  qui  riconobbi  più  che  mai  fallace 
il  ragionar  per  analogia .  Poiché  ben  lungi  da  fimili  raggua- 
gli col  reciprocare  il  numero  de'  giri  alla  quantità  di  eccita- 
mento non  incontrai  di  fatto  fé  non  aberrazioni  da  tutto  ciò, 
che  fembrava  più  conforme  all'  analogia,  e  al  raziocinio  .  Il 
che  m' indufle  a  diffidare  di  quelle  femplici ,  e  facili  ragioni , 
e  leggi ,  alle  quali  pur  fi  vorrebbero  ridurre  gli  elettrici  prin- 
cipi j  Simili  aberrax-ioni  fono  prove  dirette  della  falfita ,  e  in- 
jufficienxa  de"  principi  ■>  <^'^^^  fi  Suppongono  femplici .  Non  è  l' a- 
nalogia  che  e'  inganni  ;  ma  noi  vogliamo  ingannarci  fogget- 
tando  alla  femplicità  delle  noftre  fuppofizioni  i  complicati  fe- 
nomeni della  natura . 


SOPRA  l'      elettricità.     II 

Preparazione. 

Fiflb  nell'  armatura  del  quadro  una  punta  verticale  di  filo 
d' ottone  in  groffezza  eguale  a  quella  del  tubo ,  e  lunga  quat- 
tro pollici,  la  quale  punta  mira  direttamente  l'oppofta  fecon- 
do r  ade  del  tubo  .  Il  filo  del  pendolino  non  è  piìi  attacca- 
to all'  armatura,  ma  al  fondo  della  punta,  ficchè  pende  ver- 
ticale difcoflo  circa  due  linee  dall'  armatura  ftefla.  E  ripiglio 
nel  rimanente  colla  fiefla  preparazione,  e  attività  della  mac- 
china, che  ufai  nella  precedente  ferie,  la  feguente 

SERIE        6. 

1.  Dal  contatto  delle  due  punte  fino  alla  diftanza  d'  un 
pollice  s'  imprefle  con  quindeci  giri  nel  quadro  fempre  uguale 
forza  di  carica  ,  che  fi  eftinfe  con  quattordeci  fcariche  della 
confueta  boccetta . 

2.  Ai  due  pollici  fini  in  tredeci  ;  ai  quattro  in  dieci  ;  agli 
otto  in  otto  ;  ai  quattordeci  in  tre  ;  ai  diciotto  in  due  fcari- 
che della  boccetta  .  Ai  ventiquattro  pollici  è  ancor  fenfibile 
tra  il  pollice,  e  l'indice  la  fcarica  del  quadro;  ma  nulla  im- 
prime nella  boccetta .  Ai  pollici  trenta  d'  ordinario  più  niun 
fenfo  di  fcarica  nel  quadro  ,  e  foltanto  alcuna  volta  qualche 
cenno  di  puntura,  e  di  luce. 

3.  Qui  pure  i  moti  hanno  particolare  efpreffione  pel  con- 
trago colla  ferie  precedente  .  Dal  contatto  delle  punte  fino 
alle  ultime  diftanze,  nelle  quali  fono  fenfibili  que'  moti,  fuc- 
cedono  eflì  blandamente  ,  e  progredifcono  con  uniformità  di 
accidenti  fcnza  veruna  ofcillazione  ,  o  agitazione  impetuofa- 
Al  primo  girar  del  difco  fi  fcofta  alquanto  il  pendoletto  ,indi 
fi  accorta  all'armatura  fenza  che  però  il  filo  rcfti  notabilmen- 
te gonfio  in  fuori  finché  continuano  i  giri  ;  col  finir  dei  qua- 
li continua  a  reftar  aderente, né  fi  fi^acca,nè  fi  vibra  alquan- 
to in  fuori  fé  non  nell'  atto  ,  che  fi  fa  per  cavar  la  fcarica 
dal  quadro  .  Quefti  moti  non  fono  più  affatto  fenfibili  al  di 
là  dei  quaranta  due  pollici  fra  le  due  punte, 

4-  Quando  però  nel  contatto  delle  medefime ,  e  nelle  mi- 
nori loro  diftanze  s'  imprime  ancor   notabile  carica  nel  qua- 

B    ì) 


12  Memoria 

dro  5  precedono  nel  pendoletto  le  fteflè  vicende  ,  ma  in  fine 
lì  ftacca  da  sé  nell'  atto  che  continuano  i  giri  del  difco ,  e  fi 
conferva  vibrato  anche  finiti  i  giri  ,  finché  dura  tal  forza  di 
carica,  che  fi  efiingue  con  tre,  o  quattro  fcariche  della  boc- 
cetta. Talvolta  però  refta  aderente  anche  finiti  i  giri,  benché 
nel  quadro  vi  fia  maggior  forza  di  carica  ;  e  in  tal  cafo  {i 
vibra  in  fuori  alla  prima  fcarica  ,  che  la  frappofta  boccetta 
cava  dal  quadro,  e  fi  mantiene  vibrato  in  fuori  perfino  alle 
tre,  o  quattro  ultime,  ficcome  poco  fa  notai. 

5.  Pro\ai  qui  fimihnente  a  toccare  di  continuo  col  pol- 
lice, ed  indice  le  oppofte  armature  del  quadro  nell' atto ,  che 
continuano  i  giri  del  difco  ,  come  feci  nella  ferie  quinta  al 
n.  5.  Ma  non  comparve  cosi  verun  moto  nel  pendoletto,  fic- 
come neppur  un  cenno  di  elettricità  fi  raccolfe  nel  quadro. 

Quella  divergenza  adunque  del  pendolo ,  che  chiamai  di  at- 
trazione, e  che  fuflifte  colà  tanto  notabile  in  fimil  cafo  fenza 
la  punta  ,  refia  qui  tolta  affatto  per  la  fola  addizione  della 
punta . 

6.  Siccome  pure  per  quella  fola  addizione  fvani  nelP  atto 
dei  giri  ogni  adefione  ,  e  combaciamento  del  filo  coli'  arma- 
tura ,  benché  affai  forte  s'  imprimeffe  nel  quadro  la  carica  ;, 
né  reftò  fé  non  fino  a  certo  limite  la  blanda  adefione  del  fo- 
le globetto  coir  armatura. 

7.  Air  oppofio  quella  divergenza  ,  che  da  forza  della  ca- 
rica impreffà  nel  quadro  dipende  ,  e  che  chiamai  di  riput/ìo- 
m  ,  comincia  qui  d'  ordinario  ,  e  fuffifte  dentro  i  limiti  dell' 
ifolamento,e  nelle  minori  difbaize  in  proporzione, che  crefce 
la  carica  anche  nell'  atto ,  che  continuano  i  giri ,  ficcome  no- 
tai al  numero  quarto . 

8.  Rimane  da  cercarfi ,  fé  quefia  divergenza  di  ripulfione 
nafca  realmente  da  fola  forza  efpanfiva  della  carica  impreffa  , 
e  permanente  nel  quadro.  Dalla  precedente  ferie  già  è  mani- 
fello  il  contrario,  mentre  finché  ivi  continuano  i  giri  del  di- 
fco ,  e  vie  più  fi  accumula  piena  forza  fcuotente  nel  quadro 
dal  contatto  fino  oltre  la  diìlanza  di  quattro  pollici ,  ben  lun- 
gi dal  comparire  fimile  ripulfione  reftano  il  filo  ,  e  il  globo 
combaciati ,  e  comprefft  full'  armatura  ifteffa  (  Ser.  5.  n.  3.8.). 
Finiti  poi  i  giri  fi  vibra  ivi  in  fuori  il  pendolo  in  proporzio- 
ne della  carica  ,  come  qui  fi  vibra  nella  fieffa  proporzione 
molto  prima,  che  tìnifcano  i  giri. 


SOPRA     l'     elettricità'.  15 

9.  Por  accertarmi  dunque  vie  più  ,  che  sì  fatta  ripulfionc 
non  dipende  altrimenti  da  veruna  forza  efpanfiva  della  carica 
impreilà  nel  quadro ,  oflervo  ,  ciie  continua  fin  verfo  le  tre , 
o  quattro  ultime  fcofTe ,  che  reftano  ancor  da  cavarfi  dal  qua- 
dro ,  e  perciò  con  tale  refiduo  di  carica  più  non  rimane  fen- 
(ìbile  quella  ripullione.  Ofiervo  di  più,  che  anche  nella  pie- 
na forza  della  carica  fiffatta  ripuifione  dipende  dalla  comu- 
nicazione ,  che  per  mezzo  dei  due  fili  di  ottone  ritiene  col 
fuolo  r  oppofla  faccia  del  quadro  .  Poiché  ritirando  que'  fili , 
e  rendendo  così  ifolate  ugualmente  ambedue  le  facce  armate 
del  quadro  ,  bafta  che  fi  tocchi  la  faccia  ,  da  cui  fembra  ri- 
pulfo  quel  pendolo ,  perchè  efib  cada  inerte  fenza  veruna  vi- 
brazione ;  e  per  eccitar  nuovamente  ,  e  accrefcere  affai  più, 
che  non  era  da  principio  tale  vibrazione,  bafta  che  fi  tocchi 
r  oppofta  armatura . 

Onde  non  dipende  da  veruna  forza  efpanfi\'a  propria  dell'  in- 
tera carica ,  né  di  verun  refiduo  di  carica  ;  ma  da  certa  corri- 
fpondenza  di  azione  dell'  oppofta  faccia  del  quadro . 

10.  Con  quefio  quadro  così  ifolato  provo  in  oltre  ,  che 
quando  il  pendolo  è  vibrato  in  fuori  ,  ficcome  decade  acco- 
ftando  il  dito  all'  armatura  ,  e  cade  poi  affatto  pel  contatto 
della  ffeffa ,  così  quando  è  vibrato  in  fuori,  fé  in  vece  di  ac- 
collare il  dito  all'  armatura  ,  I'  accorto  al  globetto  del  filo , 
io  Io  inalzo  ,  o  lo  vibro  di  più  ,  e  lo  guido  ,  e  lo  dirigo 
in  qualunque  parte  ,  verfo  la  quale  lo  invito  con  prefentare 
il  dito .  Onde  ficcome  nel  precedente  numero  fi  moftrò  fuffi- 
ftere  1'  intera  carica  ,  e  qualunque  fuo  refiduo  fenza  veruna 
forza  efpanfiva  efl-erna  efficiente  di  quella  ripulfione  ;  così  dal- 
la prefente  offervazione  rifulta,che  nafce  da  vera  azione  mu- 
tua di  attrazione  fra  il  dito,  e  il  pendolo  quella  efterior  vi- 
brazione ,  e  perciò  meglio  fi  riduce  ad  un  cambio  di  relazio- 
ne ,  offia  ad  attrazione  con  qualche  efterna  materia ,  che  non 
a  meccanica  forza  efpanfiva  del  corpo,  a  cui  appartiene. 

E  ciò  s'  intende  non  folo  dalle  facce  dei  quadri  carichi , 
ma  fimilmente  fi  applica  a  tutti  i  moti  ,  che  fi  dicono  di 
elettrica  ripulfions . 

11.  E  per  1'  opporta  ragione  apparifce,  perchè  colla  pun- 
ta al  quadro  fi  ertenda  appena  ai  quaranta  due  pollici  (  fopra 
W-   3.)  un  cenno  di  que'  moti,  che  fenza  punta  arrivano  aflai 

B    iij 


14  Memoria 

notabili  fino  ai  cinquanta  {Ser.  5.  n.  io.).  Poiché  ficcome 
fenza  punta  al  quadro  la  mutua  azione  colla  punta  del  tubo 
fi  fa  principalmente  per  via  del  pendolo  ,  che  fporge  innanzi 
ali'  armatura  ;  così  la  punta  fpinta  affai  più  innanzi ,  che  non 
è  i!  pendolo,  raccoglie  in  fé  fteffa  ,  o  porta  previamente  nel 
quadro  quella  mutua  azione  ,  che  più  non  può  eftenderfì  né 
al  globetto,  né  al  filo. 

12.  Per  rendere  fuperiore  ad  ogni  fcrupolo  la  prefente  in- 
duzione, replicai  col  quadro  da  ambe  le  parti  ifolato,  e  fen- 
xa  punta  le  fperienze  ora  defcritte  nei  numeri  9  ,  e  io  ,  ne 
vi  fu  altra  differenza,  fé  non  che  fenza  punta  fuccedono  que' 
moti  più  continui  ,  e  veementi  .  Onde  la  punta  non  fa  die 
dividere  ,  o  raccogliere  in  sé  la  mutua  azione  efleriore ,  che 
lì  fa  per  la  fola  via  del  filo,  e  del  globetto  nel  quadro  fen- 
za punti . 

-       ■     ■    •  Preparazione. 

Ritenendo  la  ftefla  della  precedente  ferie  non  altro  cangio  , 
fé  non  la  punta  di  quattro  pollici  ,  alla  quale  altra  ne  fofti- 
tuifco  in  tutto  fimilmente  pofta,  e  fimile  ,■  fuorché  nella  lun- 
ghezza ,  la  q^uale  è  qui  di  pollici  dodeci . 

-         •'  SERIE        7. 

s.  Nel  contatto  s'  imprime  carica,  che  fi  eftingue  in  tre- 
deci  della  boccetta. 

2.  Ad  un  pollice  fi  eftingue  in  dodeci  ;  ai  due  in  dieci  ; 
ai  quattro  in  nove  ;  agli  otto  in  fette  ;  ai  quattordici  in  tre  ; 
ai  diciotto  in  una  fcarica  della  boccetta .  Ai  ventiquattro  an- 
cor carica  fenfibile  nel  folo  quadro;  e  fino  ai  trenta  talvolta, 
è  feniibile  la  luce,  e  puntura  tentando  di  cavar  la  fcarica. 

3.  I  moti  di  adefione  del  pendoletto  finifcono  qui  ai  pol- 
lici trentafei  ;  e  fino  ai  quaranta  durò  qualche  accoftamento  i 
poiché  vi  fu  fcoftamento  nel  toccare  finiti  i  giri  le  oppafte 
facce  del  quadro , 


SOPRA    l'    elettricità'.         15 

Preparazione. 

A  quefla  punta  d'  un  piede  altra  ne  foftituifco  d'  ottone 
funile ,  del  doppio  più  lunga ,  cioè  di  pollici  ventiquattro  ;  e 
con  quindeci  giri  ad  ogni  atto  rinnovo  altra  ferie  ,  come  la 
precedente . 

S    E    R    I    E        S. 

1.  A  contatto  non  è  più  la  carica,  fé  non  capace  di  fuf- 
fiftere  fino  alle  dodeci  fcanche     della  boccetta. 

2.  Ad  un  pollice  finifce  in  undeci  ;  ai  due  in  dieci  ;  ai 
quattro  in  nove  ;  agli  otto  in  fei  ;  ai  quattordeci  in  tre  ; 
ai  diciotto  in  due;  ai  ventiquattro  nel  foio  quadro;  ai  tren- 
ta vi  fu  ancor  luce  pungente  toccando  le  oppofte  armature 
del  quadro. 

3.  I  moti  non  fi  eftefero  più  oltre  dei  pollici  trentafei. 

Preparazione. 

Volendo  in  fine  meglio  difcernere  gli  effetti  di  mutua  azio- 
ne delle  fole  punte  fenza  verun  fofpetto  di  azione  diretta  del- 
la punta  del  tubo  colla  oppoffa  armatura  del  quadro  ;  e  vo- 
lendo vie  meglio  determinare  fino  a  quanto  fi  eftenda  la  di- 
retta azione  della  prima  punta  ,  che  dal  tubo  procede  nell* 
oppofta  punta,  che  parte  dall'armatura,  frappofì  una  lamina 
di  vetro  più  grande  del  quadro  ben  pulita  ,  e  fenza  veruna, 
armatura  ,  diflante  otto  pollici  dal  quadro  ffefTo  ,  fopra  la  qua- 
le piegai  la  punta  lunga  due  piedi  ,  e  prefentai  quefla  al  fo- 
lito  a  quella  prima  nelle  feguenti  diflanze . 

SERIE         g. 

1.  Nel  contatto  con  quindici  giri  di  fortiffmia  elettricità 
non  oltrepafsò  mai  le  undeci  fcariche  della  boccetta. 

2.  Ad  un  pollice  finì  in  dieci;  ai  due  in  nove;  ai  quat- 
tro in  otto  ;  agli  otto  in  fei  ;  ai  quattordeci  in  tre  ;  ai  di- 
ciotto più  nulla  s'  imprime  nella  boccetta  ,6  nel  folo  quadro 


i6  Memoria 

è  fenlìbile  la  fcofla .  Ai  ventiquattro  appena  è  fenfibile  la  fcin- 
tilla  toccando  immediatamente  le  oppofle  armature  :  ai  venti- 
fei  non  vi  è  piìi  il  minimo  indizio  di  luce . 

3.  I  moti  non  fi  difcernono  più  in  là  dei  pollici  venti- 
quattro, e  fono  di  tenuiiìimo  fcoftamento ,  e  accoramento  ;e 
progredifcono  nelle  minori  diftanze  que'  moti  alfai  tenui .  Ai 
pollici  otto  continua  il  globo  a  ftar  aderente ,  né  fi  fcofta,fe 
non  cavata  la  prima  fcarica  della  boccetta  con  divergenza  d'ar- 
co d' un  pollice  .  Ai  pollici  quattro  R  fcofta  in  fine  da  sé  , 
quando  è  aflai  forte  la  carica  imprefla.  Ma  tanto  qui,  come 
nelle  minori  diftanze  la  fua  divergenza  non  è  più  fenfibile  , 
quando  più  non  reftano  nel  quadro  ,  che  tre  fcariche  della 
boccetta  .  Siccome  in  tutte  le  ferie  precedenti  non  comincia 
mai  nell'atto  dei  giri,  né  col  finir  di  elfi  tal  divergenza  ,  quan- 
do la  carica  impreH'a  non  è  capace  di  dar  almeno  quattro  fca- 
riche della  confueta  boccetta. 

Osservazione     6. 

Dopo  le  prime  due, e  le  due  feguenti  ferie  di  fperienze  cal- 
colai nella  prima  Parte  i  fenomeni  delle  elettriche  punte  in 
ciafcuna  fpecie  di  elettricità  fecondo  le  femplici  ragioni  diret- 
ta delle  diftanze  ,  e  inverfa  degl'  ifolamenti  ;  e  con  quelle  pro- 
porzioni calcolai  fimilmente  ne' primi  otto  teoremi  i  fenomeni 
delle  punte  medefime  nelle  oppofte  fpecie  di  elettricità.  Se  in 
quelle  femplici  ragioni  d'  ifolamento  ,  e  diftanze  fi  terminaf- 
fero  le  diftèrenze  di  ogni  elettrica  azione ,  profeguirei  ora  a 
calcolar  fimilmente  le  cinque  ultime  ferie  .  Ma  ben  altre  vie 
di  calcolo  forza  è  d'intraprendere  e  per  determinare  precifa- 
mente  gli  elementi  delle  punte  ,  e  per  internarci  cosi  nella 
cognizione  delle  elettriche  potenze .  Poiché  quanto  quelle  ra- 
gioni fono  diftinte ,  e  certe  in  riguardo  a  que'  particolari  fe- 
nomeni,  tanto  fono  limitate,  e  ipotetiche  per  l'applicazione 
loro  alia  generale  teoria  .  Onde  non  altro  io  ne  derivai  ne' 
teoremi  della  prima  Parte ,  fé  non  i  principali  elementi  delle 
punte, e  ne  rifervai  le  teoriche  applicazioni  dopo  le  ultime  ri- 
cerche da  farfi  nella  feconda ,  e  terza  Parte . 

Ora  per  entrare  ordinatamente  in  fimili  ricerche  aggiunge- 
rò alle  precedenti  ferie  di  refinodi  elettricità  alcune    offerva- 

zioni , 


SOPRA       L'       elettricità'.  I7 

zioni ,  che  le  ragioni  comprendono  di  tutti  gli  elementi ,  che 
concorrono  a  compiere  T  azione  delle  punte  nella  ftefla  fpecie 
di  elettricità;  ne  punto  ci  occuperemo  a  calcolarne  alcuno 
fingolarmente . 

Due  caufe  mi  muovono  a  proceder  in  fimil  guifa  .  Primie- 
ramente le  compofte  ragioni  ,  che  nelle  prefenti  offerv azioni 
raccolgo,  mi  porgono  più  adequato,  e  fpedito  confronto  con 
Je  corrifpondenti  ragioni,  che  dedurrò  dalle  cinque  ferie  feguen- 
ti  di  vitrea  elettricità  ;  e  tutte  quefte  inlieme  poflòno  poi  fi- 
milmente  confrontarli  colle  ragioni ,  che  dedurrò  nel  capo  fe- 
guente  dalle  ferie  di  fuperlkie  oppofte  a  fuperficie  non  meno 
nella  relinofa,  che  nella  vitrea. 

h'  altra  caufa  poi ,  che  mi  determina  a  raccogliere  cosi  quel- 
le compofte  ragioni ,  ha  principalmente  per  oggetto  di  ben  di- 
ftinguere  i  termini ,  e  le  diflerenze  tutte  ,  che  in  qualfivoglia 
modo  concorrono  a  comporre  le  ftefl'e  ragioni  ;  ellendo  che 
unitamente  con  quefta  diffinta  cognizione, e  non  altrimenti  ci 
è  lecito  di  calcolare  que' termini ,  e  quelle  differenze  ciafcuna 
per  fé  fteila  fecondo  le  diftinte  ferie  di  fperienze  ,  che  iìngo- 
larmente  faranno  fatte,  o  propofte  da  farli.  Onde  ne  rifulte- 
ranno  gli  ultimi  teoremi,  che  all'  analiil  delle  punte  daranno 
compimento . 

CoROLL.  I.  Nella  ftefla  fpezie  di  refinofa  elettricità  la  pun- 
ta procedente  dal  tubo  imprime  nell'  oppofto  quadro  maggior 
forza  di  carica  ,  e  ne  eftende  nello  fteflb  gli  elettrici  fegni  a 
maggiori  diftanre  ,  quando  è  fornito  d'armatura  piana, e  fsn- 
za  punta  ,  che  quando  dall'  armatura  fteffa  parte  un'  altra  pun- 
ta oppofta  alla  prima . 

CoROLL.  2.  E  lìmilmente  la  carica,  e  gli  altri  elettrici  fe- 
gni efteli  nel  quadro  dalla  ftefla  punta  di  refinofa  elettricità 
{ì  lanno  minori  ,  quanto  più  crefce  la  lunghezza  della  punta 
procedente  dall'  armatura,  e  oppofta  alla  prima  del  tubo. 

CoROLL.  3.  E  in  fine  la  carica  ,  e  gli  elettrici  fegni  im- 
prefll  nel  quadro  dalla  fteflli  punta  di  relinofa  elettricità  fi  fan- 
no ancor  minori  ,  fé  s'  impedifce  ogni  mutua  azione  fra  la 
punta  del  tubo,  e  1'  oppofta  armatura  del  quadro ,  benché  in- 
tera fufllfta  r  azione  delle  due  oppofte  punte  fra  loro. 


i8  Memoria 

Osservazione.     7, 

Per  immediata  oflervazione  delle  ultime  precedenti  ferie  ri- 
fui ta 

1.  Che  la  punta  procedente  dal  condottore  di  refinofa  elet- 
tricità non  fa  veruno  fcoppio  di  fcintilla  contro  1'  oppofta  ar- 
matura,  e  contro  l'oppofta  punta  oltre  la  difianza  di  tre  li- 
nee ;  indi  nelle  maggiori  diftanze  fino  ai  pollici  24  fegue  ad 
indurre  nel  quadro  la    carica  fenz'  altro  ftrepito  di  fcintilla  . 

2.  Che  fé  a  fianco  del  tubo  fi  prefenti  una  fpranga  metal- 
lica terminante  in  globo  grofTo  mezzo  pollice ,  refta  per  tal 
modo  fcemata  l'elettricità  del  tubo  anche  a  diftanza  d'un  pol- 
lice, e  mezzo;  ma  non  perciò  fcoppia  veruna  fcintilla  tra  il 
tubo  ,  e  il  globo  prefentato  neppure  alla  diftanza  di  due  li- 
nee . 

3.  E  fckanto  quando  la  punta  oppofla,  e  il  quadro  fono 
lontani  dalla  punta  del  tubo  più  d'un  piede ,  fcoppia  la  fcin- 
tilla fra  ii  tubo  5  e  il  globo  prefentato  alla  diftanza  di  tre  in 
quattro  linee  . 

Osservazione      8.    •- 

Or  quali  fono  le  differenze  ,  e  i  modi  ,  che  maggiore  ,  o 
minore  ci  rendono  la  carica  impreflTa,  e  gli  altri  elettrici  fe- 
gni?  Poiché  in  iine  in  quelle  differenze ,  e  in  que'modi  s'in- 
volge la  comporta  ragione, che  fì:iamo  rintracciando.  Tentia- 
mo prima  d'  ogni  altra  indagine  di  riconofcere  ad  una  ad  una 
partitamente  quelle  diflerenze  e  que'  modi  . 

E  quanto  alla  elettricità  in  fé  ilefla  foggiace  a  tre  princi- 
pali differenze. 

1.  Sotto  la  fteffd  quantità  può  variare  la  fpecie,e  la  qua- 
lità ,  che  dicemmo  ne'  precedenti  teoremi  forza  fpecìfica . 

2.  In  ciafcuna  fpecie  è  varia  in  oltre  la  quantità  ,c]:ìe  ad 
ogni  giro  del  difco  fi  eccita . 

3.  E  pofta  anche  la  fteffa  quantità,  e  la  fpecifica  forza  può 
variare  fecondo  \a ^randez.z.a  ^e la  figura  del  condottore ,  in  cui 
fi  raccoglie,  e  da  cui  all'  oppofto  quadro  procede. 

E  quelle  tre  differenze  di  [pacifica  forTia,  di  quantità ^Q  di 


SOPRA       l'       elettricità'.  I9 

gi\indt;z.z.a  ,  e  fy"ra  del  co/idotton ,  ficcome  tutte  riguardano 
r  interiore  ftato  della  elettrica  azione,  che  indi  paffa  nel  mez- 
zo ambiente ,  e  nell'  oppofto  quadro ,  le  comprenderò  infieme 
col  comune  nome  di  interne  diffeyenz.c . 

Alle  interne  fuccedono  le  altre,  che  dal  mezzo  ambiente  di- 
pendono ,  il  quale  per  effere  frappofto  tra  il  condottore ,  e  il 
quadro  ci  dà  luogo  di  efprimerle  tutte  col  nome  foto  di  frap- 
fojìe^o  ambienti  differenne .  E  profeguendo  a  numerarle  dopo 
le  prime  appartengono  qui ,  4.  la  fpecie  ,  e  1'  efienfione  dell' 
ifolamento  ,  odia  de'  corpi  ,  che  il  condottore  foflengono  ,  e 
circondano  ;  5.  le  qualità  dell'  aria  ,  o  di  altro  corpo  ambi- 
ente, fpettante  alP  ifolamento;  e  tali  qualità  particolarmente 
fi  riducono  a  denfità  ,0  rarità;  6.  a  calore,  o  freddo;  7.  umi- 
dità, o  ficcità;8.  purità,  o  miftura  di  arie  o  particelle  diver- 
fe;  9.  alla  groffezza  ftefla  dello  ftrato  frappoflo  tra  l'eflremi- 
tà  del  condottore,  e  I'  eftremità  della  fuperficie,  o  di  altro, 
che  dalla  fuperficie  proceda  dell' oppofto  quadro,  la  quale  grof- 
fezza fi  efprime  colle  difianze  ,  che  in  ogni  atto  di  ciafcuna 
ferie  vengano  fegnate . 

Sono  adunque  fei  le  differenze  frappofte ,  come  tre  da  prin- 
cipio a  notarono  le  interne. 

Rimangono  le  difierenze  fpettanti  all'  oppofto  quadro  ,  che 
perciò  fi  diranno  oppojls.  Quando  non  vi  è  quadro  dipendono 
le  oppofte  differenze  dai  condottori  ,  che  naturalmente  s'  in- 
contrano negli  efteriori  limiti  del  mezzo  ambiente,  ed  i  me- 
defimi  unifcono  1'  azione  loro  con  quella  del  quadro ,  quando 
quefto  a  rimuove  oltre  i  limiti  dell' ifolamento  .E  per  nume- 
rar quefte  infieme  alle  precedenti ,  farà  io.  la  figura  varia  dell' 
oppofta  armatura,  cioè  o  piana  come  nella  ferie  quinta;  11. 
o  fornita  di  punte  di  varia  lunghezza ,  come  nelle  ferie  fefta, 
fettima  , ottava, e  nona;  12.  in  oltre  fotto  la  ftefla  figura  può 
variarfi  la  grandezza  ,  o  eftenfione  della  fuperficie  del  vetro 
armata,  come  nella  ferie, che  in  fecondo  luogo  accennai  nel- 
le ofiervazioni  prima,  e  feconda;  13.  e  può  in  fine  ridurfi  a 
nulla  r  armatura  ,  e  reftar  nuda  la  faccia  del  quadro;  14.  e 
ritenendo  quefta  faccia  armata  può  l'efkriore,  e  inverfa  fac- 
cia del  quadro  ftefib  effere  armata  egualmente  ;  i  5.  ovvero  ine- 
gualmente piu,o  meno;  16.  ovvero  ridurfi  l'efteriore  fola  af- 
fatto nudajcfenza  veruna  armatura;  17. e  poi  ritenendo  egual- 

C      ij 


20  Memoria 

niente  armate  le  due  facce  del  quadro,  ora  fi  toglie  I'  ifola- 
mento  delle  due  armature  fra  loro  ,  ficcome  abbiamo  fatto 
nelle  ferie  quinta  ,  e  fefla  al  n.  quinto  ;  i8.  ora  fi  toglie 
r  ifolamento  dell'  armatura  fola ,  che  guarda  il  condottore  ,  e 
fi  fa  comunicare  col  fuolo  ;  19.  ora  fimilmente  fi  toglie  il 
folo  ifolamento  efleriore  dal  fuolo  con  applicare  all'  efteriore 
armatura  due  fili  metallici  ,  come  ho  fatto  in  tutte  le  ferie 
precedenti  ;  20.  ed  ora  fi  rende  anche  la  ftefla  armatura  ifo- 
lata  ritirando  que'  fili  ;  21.  Reftando  in  fine  uniformi  tutte 
le  precedenti  differenze  ,  il  prefentano  le  altre  ,  che  infieme 
alla  duodecima  indicate  abbiamo  nella  offervazione  feconda , 
e  fono  la  diverfa  grolfezza  del  vetro;  22.  o  le  diverfe  pafie, 
o  dofi  del  vetro  fi:efib  ;  23.  e  le  altre  foftanze  dal  vetro  di- 
verfe ,  che  atte  fono  a  formar  lamine  refiftenti,  o  quadri  ar- 
mati fecondo  le  loro  varietà  .  24.  ed  efaurite  infine  ,  e  refe 
pari  tutte  quefte  oppofte  differenze  ,  che  hanno  luogo  nella 
ftefla,  come  nelle  diverfe  fpecic  di  elettricità,  rimane  1'  ulti- 
ma differenza  ,  che  ne'  precedenti  teoremi  indicai  col  nome 
di  fpecifica  mobilità. 

Separando  quefte  dalle  tre  prime  interne,  e  dalle  fei  frap- 
pofte ,  quindeci  rimangono  le  oppojìe  differenze . 

Ma  la  prima  delle  interne,  che  è  la  fpeci/ìca  forza  ,c  l'ul- 
tima di  quefte ,  che  è  la  fp:cìfica  mobilita^  non  hanno  luogo 
nella  fteffa  fpecie  ,  e  coftituifcono  perciò  le  fpecifiche  diffe- 
renze della  relìnofa ,  e  della  vitrea  elettricità .  Prima  dunque 
di  ridurre  a  calcolo  diftinto  le  differenze  delle  cinque  prece- 
denti ferie  feguiterò ordinatamente  le  corrifpondenti  di  vitrea, 
che  le  combinazioni  efaurifcono  di  punte  oppofte;  e  ripiglie- 
rò  nel  capo  fecondo  le  combinazioni  di  fuperficie  oppofte  a 
fuperficic  neir  una,  e  nell'altra  fpecie  di  elettricità,  dopo  le 
quali  tenterò  di  ihbilire  le  vie,  e  i  termini  per  calcolare  tut- 
te infieme  le  interne  frappofte,  e  oppofte  differenze  ,  che  co- 
muni fono  alle  due  fpecie  ,  acciò  portano  libere  ,  e  fpogliate 
da  fimili  differenze  riconofcerfi  la  fpecifica  forza  ,  e  la  fpeci- 
fica mobilità  della  refinofa ,  e  della  vitrea  .  Onde  concluderò 
quefte  prime  ferie  di  refinofa  col  feguente 


SOFFvA       l'       elettricità'.  21 

Lemma     Primo. 

D'  uopo  è  calcolare  dipintamente  le  differenze  tutte  ,  che 
ridotte  abbiamo  ad  interne  ,  frappone,  ed  oppofte  nella  ftef- 
fa  Ipecie  di  elettricità,  e  dedurne  con  particolari  ferie  l' efat- 
ta mifura  per  farci  ftrada  a  calcolare  in  fine  per  fé  ftefla  la 
fpecifica  forza,  e  la  mobilità  delle  oppofte  elettricità  ,  e  fta- 
bilire  così  non  equivoci  principi  della  nuova  Teoria. 

CON  VITREA   ELETTRICITÀ'. 

Preparazione. 

Rinnovo  la  preparazione  della  ferie  quinta  ,  e  comincio  a 
replicare  con  vitrea  elettricità  quelle  cinque  confecutive  ferie 
già  fatte  colla  refinofa.  Non  vi  è  altra  difl'erenza,fe  non  che 
nella  refinofa  riduffi  tutte  le  ferie  a  quantità  di  elettricità  ec- 
citata prelìochè  uguale  ,  ed  uniforme  con  uguale  numero  di 
giri .  In  quefte  di  vitrea  ritengo  dal  principio  al  fine  di  cia- 
scuna ferie  V  uguaglianza  ,  ed  uniformità  di  eccitamento  ,  e 
del  numero  dei  giri  ;  nelle  ferie  poi  confecutive  cangio  dall' 
una  all'  altra  la  quantità  di  eccitamento  ,  e  non  ferbo  per 
comune  mifura  ,  fé  non  il  numero  dei  giri  ,  che  fono  quin- 
deci  in  ciafcun  atto  .  Con  ciò  non  reftano  pili  interamente 
comparabili  le  ferie  fra  loro  per  difetto  di  uniformità  della 
prima  mifura  ,  che  alla  quantità  corrifponde  in  ciafcun  giro 
eccitata  ;  fono  però  tuttavia  comparabili  per  1'  altra  mifura, 
e  per  le  proporzioni  corrifpondenti  alla  varietà  della  prima 
mifura ,  offia  alla  varia  quantità  di  eccitamento . 


SERIE 


IO. 


1.  A  contatto  fini  la  carica  in  t redeci  fcariche  della  con- 
fueta  boccetta . 

2.  Ad  un  pollice  fini  alle  undeci  ;  ai  due  alle  nove  ;  ai 
quattro  alle  fei;  agli  otto  alle  tre;  ai  quattordici  ad  una;  ai 
diciotto  non  imprime  più  il  quadro  veruna  carica  nella  boc- 
cetta 3   e   foltanto    rende    per    sé  una  fcofla  ancor  fenfibile  . 

C     iij 


2  2  Memoria 

Ai  ventiquattro  pollici  dà  il  quadro  appena  un  cenno  di  fcin- 
tilla  pungente  ;  ai  trenta  appena  un  cenno  di  luce  . 

3.  I  moti  progredirono  qui  come  nella  ferie  quinta  .  Se 
non  che  lo  fcoftamento  del  pendolo  dall'  armatura  comincia 
più  prefto ,  cioè  a  minori  diftanze  ,  e  fìnifce  poi  alquanto  più 
tardi  5  cioè  fi  rende  più  notabile  alle  maggiori  diftanze . 

Preparazione. 

La  Jìejfa  della  ferie  fiejja . 
SERIE         II. 

1.  A  contatto  fìnifce  la  carica  in  tredeci . 

2.  Ad  un  pollice  arriva  alle  undeci  ;  ai  due  alle  dieci; ai 
quattro  alle  otto  ;  agli  otto  alle  quattro  ;  ai  quattordeci  ad 
una .  Ai  diciotto  non  ha  ,  che  il  primo  grado  di  carica ,  ne 
imprime  neppur  un  cenno  nella  boccetta.  Ai  ventiquattro  il 
primo  cenno  di  fcintilla  pungente  nel  quadro .  Ai  trenta  ap- 
pena un  cenno  di  luce . 

3.  I  moti  qui  pure  procedono  come  nella  ferie  felìa  ;  fé 
non  che  qui  finifeono  più  prefto ,  che  nella  corrifpondente  re- 
finofa;  cioè  alla  diftanza  di  trentafei  pollici  non  vi  è  che  tal- 
volta un  fofpetto  di  accoftamento ,  e  comincia  per  oppofto  la 
divergenza  anche  più  prefto,  che  nelle  corrifpondenti  di  refi- 
nofa  ;  cioè  fi  fcofta  il  pendolo  in  proporzione  ,  che  crefce  la 
carica  nell'  atto,  che  continuano  i  giri  de!  difco  anche  nelle 
minori  diftanze. 

.   Preparazione. 

Come  nella  ferie  fettima . 

'  SERIE        12. 

I.  E'  tanto  minore  1'  eccitamento  di  elettricità  ,  che  a 
contatto  delle  punte  con  quindeci  giri  non  imprime  nel  qua- 
dro fé  non  tanta  carica  ,  che  fìnifce  in  otto  fcariche  della 
confueta  boccetta .  ■     •   .   ■■ 


SOPRA     t'     elettricità'.         23 

2.  Ad  un  pollice  finifce  in  quattro  ;  ai  quattro  in  due; 
agli  otto  in  una.  Ai  quattordici  1'  ultimo  grado  di  fcuoten- 
te  nel  quadro  ,  che  non  è  capace  d'  imprimere  verun  cenno 
nella  boccetta .  Ai  pollici  fedcci  apparilce  nel  quadro  l' ultimo 
cenno  di  luce . 

3.  Si  fcofta  qui  pure  il  pendolo  dopo  i  primi  giri  in  pro- 
porzione ,  che  crefce  la  carica  fino  ai  pollici  quattro  ,  oltre 
i  quali  non  vi  è  più  verun  moto ,  ficcome  non  vi  e  più  for- 
za di  carica  maggiorò  di  due  fcariche  della  boccetta . 

Osservazione.     9. 

Prcfcelgo  in  quefla  ferie  la  minor  copia  di  elettricità  ecci- 
tata per  la  regolarità  della  fua  progrcfTione  di  carica  impref- 
fa  perfino  ai  limiti  dell'  ifolamento.  La  coftante  oiTervazione 
mi  dimoflra  ,  che  ogni  modo  di  preparazione  con  tempera  i 
fuoi  effetti  con  certa  grandezza  di  elettricità  ,  la  quale  cre- 
fciuta  ,  o  fcemata  turba,  e  confonde  egualmente  la  regolarità 
de''varj  termini  ,  che  alle  fuccefTive  diflanze  corrifpondono . 
Onde  quefla  copia  di  elettricità  eccitata  fembra  la  più  con- 
veniente alla  regolare  fucceffione  de' fuoi  termini  in  quefia  pre- 
parazione. 

Preparazione. 

Come  nella  ferie  ottava. 

SERIE        13. 

1.  Contrappongo  al  precedente  affai  tenue  un  vivifTìmo 
eccitamento  di  elettricità  ,  che  fa  efplofione  fpontanea  della 
confueta  boccetta  ai  dodeci  giri;  e  con  quindeci  giri  confue- 
ti  imprime  col  contatto  delle  punte  tanta  forza  di  carica  nel 
quadro,  che  non  fi  eflingue  fé  non  con  quindeci  fcariche  del- 
la boccetta . 

2.  Ad  un  pollice  fini  in  undeci  ;  ai  due  in  nove  ;  ai  quat- 
tro in  otto  ;  agli  otto  in  fei  ;  ai  quattordeci  in  quattro  ;  ai 
diciotto  in  due  ;  ai  ventiquattro  in  una  ;  e  perfino  ai  trenta 
fu  ancor  1'  ultimo  grado  di  fcolTa  nel  quadro . 


44  Memoria 

3.  I  moti  tanto  in  quefta  ,  come  nella  feguente  ferie  co- 
minciano ai  primi  giri  in  proporzione ,  che  crefce  la  carica  ; 
e  continuano  ,  iinchè  dura  tanta  forza  nel  quadro  ,  che  fia 
capace  d'  indurre  in  circa  due  fcariche  nella  boccetta  (  vedi 
Ser.  12.  «.3.).  Ma  oltre  la  diflanza  di  ventiquattro  pollici  in 
quefta  ferie  ,  e  oltre  i  diciotto  nella  feguente  non  vi  è  più 
verun  indizio  neppur  di  accoftamento . 

Preparazione. 

ha  mcdcfima  della  ferie  nona. 

SERIE         14.  -• 

1.  A  contatto  fini  in  quattordeci  fcariche  della  boccetta . 

2.  Ad  un  pollice  in  nove  ;  ai  due  in  otto  ;  ai  quattro  in 
fette;  agli  otto  in  fei  ;  ai  quattordeci  in  due;  ai  diciotto  in 
una .  Ai  ventiquattro  è  ancora  fcuotente  nel  folo  quadro  ;  e 
fino  ai  trenta  lì  manifefta   nello  ftelTo   la  fcintilla  pungente  . 

Osservazione      io. 

Dedurrò  qui  pure  a  norma  della  ofTervazione  6  alcuni  co- 
rollarj . 

Coroll.  I.  Nella  fteffa  fpecie  di  vitrea  elettricità  la  punta 
procedente  dal  condottore  imprime  a  pari  diftanze  nell'  op- 
poflo  quadro  alquanto  minore  forza  di  carica ,  quando  1'  op- 
poRa  armatura  è  piana,  e  fenza  punta,  che  quando  dall'  ar- 
matura ftefl'a  parte  una  punta  oppofla  alla  prima . 

Coroll.  2.  Né  la  carica  imprefla  fi  fa  notabilmente  mino- 
re ,  quantunque  crefca  la  lunghezza  di  quella  oppofta    punta . 

Coroll.  3.  E  comunque  in  fine  fi  frapponga  fra  la  prima 
punta,  e  I'  oppofta  armatura  del  quadro  un  vetro  nudo,  che 
impedifce  ogni  loro  mutua  azione  ,  purché  al  folito  fulfifia 
r  azione  delle  due  punte  fra  loro ,  fi  rende  a  pari  diitanze  di 
poco  minore  la  carica  impreffa  nel  quadro. 


Osservazione 


sopra     l      elettricità.         25 

Osservazione      ii. 

Per  immediata  oHervazione  dalle  cinque  ultime  ferie  proce- 
denti rifulta 

1.  Che  la  punta  procedente  dal  tubo  fa  quafi  continuo 
fcoppio  di  fcintilla  contro  1'  armatura  ,  o  punta  oppofta  fino 
oltre  la  difhmza  di  nove  linee  ;  indi  fegue  ad  imprimere  la 
carica  fenz.a  altro  ftrepito  di  fcintilla . 

2.  Che  fé  a  fianco  del  tubo  fi  prefenti  una  fpranga  me- 
tallica terminante  in  globo  groflb  mezzo  pollice  ,  non  dimi- 
nuifce  quefto  notabilmente  1'  elettricità  del  tubo,  finché  non 
fi  fente  fra  loro  qualche  ftridore  di  fcintilla. 

3.  E  quella  fcoppia  viva  tra  il  tubo, e  il  globo  prefenta- 
to  fino  alla  diftanza  d'un  pollice  ,  quando  il  quadro ,  o  la  pun- 
ta dallo  ffedb  procedente  fono  lontani  dalla  punta  del  tubo  an- 
che meno  d'  un  piede  . 

Osservazione     12. 

E  donde  procede ,  che  in  quefii  coroUarj  la  carica  fi  eften- 
de  alquanto  più  notabile  con  punta ,  ed  anche  più  lunga  op- 
poffa  alla  prima,  che  non  a  pari  diftanze  colla  fola  piana  ar- 
matura del  quadro  f  Mentre  ne'  corollarj  dopo  la  fefl^a  oller- 
vazione  il  contrario  fi  notò  colla  refinofa  elettricità .  Giove- 
rà qui  trattenerci  a  rintracciarne  la  caufa  con  qualche  diilin- 
zione  ;  e  procederò  in  quella  ricerca  a  norma  della  ofrer\azio- 
ne  ottava  confiderando  più  diflintamente  quelle  differenze  in- 
terne ,  frappoflc ,  ed  oppofte,  che  ivi  foltanto  accennai. 

(a)  Ed  abbiamo  occafione  d'incominciare  dalle  oppofle  dif- 
ferenze riflettendo  che  la  decima ,  e  1'  undeci-na  appunto  (  che 
tra  quelle  fono  le  prime  )  efaurite  furono  nelle  ferie  preceden- 
ti ,  e  ci  guidarono  a  quella  varietà  di  corollarj  ,  i  quali  la 
refinofa  dalla  vitrea  elettricità  fembrano  per  se  foli  diftingue- 
re  . 

(b)  E  per  le  differenze  dieflenfione  delle  armature, e  d' ifo- 
lamento  delle  medefime  ,  le  quali  lì  comprendono  dalla  duo- 
decima fino  alla  ventefima ,  troppo  mi  trafporterei  fuori  del  ti- 
tolo di  quello  capo,  fé  per  ciafcuna  volefìì  intraprenderne  fe- 

D 


26  Memoria 

rie  dipinte ,  e  perciò  ne  accennerò  foltanto  alcuni  termini  prin- 
cipali ;  e  quanto  alla  eftenlìone  ,  o  grandezza  della  fuperficie 
armata  del  vetro ,  che  notai  in  duodecimo  luogo ,  ci  porgereb- 
be per  sé  ftelFa  argomento  di  molte  ferie  ,  e  di  iìngolari  in- 
duzioni. Poiché  fé  la  ttdVa.  lamina  con  minore  armatura  a 
diftanze  maggiori  riceve  pili  notabile  carica  ,  la  fteffa  poi  a 
minori  diftanze  colla  medeiìma  elettricità  non  ne  riceve  ,  ne 
può  riceverne  fc  non  minore ,  che  non  ne  riceverebbe ,  quan- 
do avefle  armatura  più  eftefa .  Ne  in  ciò  vi  è  uniformità  al- 
cuna di  effetti ,  che  ridur  fi  poffa  a  ragione  coftante  ,  ma  cia- 
fcuna  determinata  grandezza  di  armatura  ci  prefenta  nell'ugua- 
glianza non  meno ,  che  nella  varietà  dell'  altre  differenze  in- 
terne, frappofte,  ed  oppofte  una  diftanza  ,  o  un  limite  ,  nel 
quale  è  maflima  fecondo  la  capacità  di  quella  grandezza  la  ca- 
rica impreffa  ;  oltre  il  qual  limite  con  minori  diftanze  non 
crefce  la  carica  altrimenti,  ma  o  lì  rompe, o  fi  fcarica  fpon- 
taneamente  il  quadro  ,  e  con  diflanze  maggiori  fi  fa  fempre 
minore  la  carica  .  E  paragonando  poi  le  diverfe  grandezze 
d'  armatura  fulla  fteffa  lamina  colla  quantità  varia  di  elettrici- 
tà in  ciafcun  giro  procedente  dal  tubo  ,  vi  è  tale  grandezza 
d' armatura  5  colla  quale  neppure  a  contatto  con  tenue  elettri- 
cità non  s' imprime  cenno  di  carica . 

(e)  E  nelle  feguenti  combinazioni  fino  alla  decima  fefla 
tutti  i  cafi  ,  ne'  quali  manca  l'armatura  fopra  1'  una ,  o  l'al- 
tra, o  fopra  ambedue  le  facce  del  quadro,  rendono  qualfivo- 
glia  elettricità  procedente  dal  tubo  inetta  ad  imprimere  nel 
quadro  fteffo  la  carica  .  Poiché  quella  foltanto  s' imprime  con 
la  conveniente  elettricità  ,  e  diftanza  in  ragione  delle  eguali 
armature,  o  in  ragione  della  minore,  quando  fono  ineguali. 
E  nella  fteffa  ragione  delle  armature  può  trarfi  lo  fcoppio, 
o  la  fcarica  ,  quantunque  il  quadro  fìa  carico  ;  qualora  o  l' una 
o  1'  altra  ,  o  ambedue  le  facce  fi  fpogliano  di  tutta  T  arma- 
tura, o  d'  alcuna  fua  parte. 

(d)  Nelle  difièrenze  poi  notate  dal  numero  diciaffette  fino 
al  venti, che  le  combinazioni  riguardano  dell' ifolamento  del- 
le fteffe  armature ,  non  vi  è ,  che  la  decima  nona ,  in  cui  fi 
raccolga  ,  e  refti  nel  quadro  impreffa  la  forza  di  carica  cor- 
rifpondente  alla  elettricità  del  tubo  e  alla  grandezza  ,  e  alla 
diflanza  del  quadro .  Nelle  altre    niuna  carica  fi  raccoglie,  né 


SOPRA     l'     elettricità'.         27 
s"  impriine  in  elio  giammai ,  fé  non  nel  cafo ,  in  cui  la  ftelTa 
eftremità  del  tubo  fi  faccia  fuccelTivamente  ne'diverfi  punti  dif- 
armati  fervire  di  armatura . 

(e)  Nulla  aggiungerò  delle  differenze  comprefe  dal  nume- 
ro ventuno  al  ventitre ,  dopo  che  già  offervai  precedentemen- 
te ,  quanto  effe  pure  influifcano  nella  varia  capacità  di  rice- 
vere la  carica .  Noterò  bensì ,  che  tanto  in  quelle ,  come  nel- 
le precedenti  differenze  anche  quando  niuna  s'  imprime  ,  né 
refta  la  carica  nel  quadro ,  comparifcono  tuttavia  al  di  là  del 
quadro  gli  elettrici  moti  ,  e  fomiglianti  fegni  di  elettricità  , 
dei  quali  ci  occorrerà  parlare  tra  poco  (/) . 

(/)  Anzi  per  lino  nelle  differenze  frappone ,  che  dal  nu- 
mero quarto  fino  al  nono  fi  comprendono ,  ùmilmente  fuffifto- 
no  i  movimenti ,  quando  niuna  pili  fuffifle  la  carica ,  o  la  fca- 
rica,e  ciò  non  folo  nella  varietà  delle  diftanze,ma  anche fot- 
to  la  fleffa  diftanza ,  e  vicino  al  contatto .  In  vero  fé  tra  il 
condottore ,  e  1'  armatura  del  quadro  Ci  frappone  una  lamina 
refiftente,  come  un  vetro  nudo,  impedifce  quello  foltanto  la 
carica  ,  ma  non  i  moti  ;  e  viceverfa  fé  una  limile  lamina  lì 
frappone  tra  le  oppofle  armature  di  un  quadro  carico ,  s' im- 
pedifce per  tal  modo  lo  fcoppio,  o  la  fcarica,  ma  non  s'im- 
pedifcono  i  moti. Il  che  parimenti  accade  colle  differenze  in- 
terne ,  che  notate  abbiamo  al  numero  fecondo ,  e  terzo  ;  poi- 
ché in  molte  ferie  di  quello  capo  vedemmo  fullillere  i  moti, 
ove  più  non  fuffilleva  la  carica ,  e  lo  fteffo  ci  occorrerà  d' of- 
fervare  più  volte . 

(g)  Ne  la  confiderazione  dei  moti  è  perciò  foftanzialmen- 
te  diverfa  dalle  cariche ,  o  fcariche .  Poiché  vedemmo  già  in 
alcuni  cafi  più  oltre  ellenderfi  i  moti,  che  non  la  carica;  ed 
afcendere  quella  al  fommo,e  fuffillere  negl'  infimi  gradi  fen- 
za  fcollamento  {fer.^^eg).  Ed  in  altri  cafi  all'  oppollo  più 
oltre  ellenderlì  alcun  fegno  di  fcintilla  fcuotente  ,  che  non  i 
moti  { fer.  6  ^e  II  ^e  figuenti)  .  E  in  fomma  le  punte  quanto 
per  un  verfo  fcemano  gì'  intervalli,  e  la  facilità,  e  prontez- 
za dei  moti  ,  tanto  crefcono  i  limiti  ,  e  la  facilità  della  ca- 
rica .  Onde  gli  accidenti  dei  moti  foggiacciono  a  vicende  non 
diverfe  dalle  cariche,  o  fcariche ,  poiché  vi  fono  del  pari  nei 
moti  certe  combinazioni  ,  e  certi  limiti  per  renderli  più  ,  o 
meno  fenfibili ,  e  per  fargli  fvanire  in  fine,  o  richiamarli.    . 

D     ij 


;8  M       E       M       O       R       I       A 

{h)  Come  dopo  i  corollari  fpettanti  alla  refinofa  elettricità 
giovò  della  enumerazione  delle  differenze  dedurne  un  lemma 
londamentale  per  le  Tegnenti  invefiigazioni  ;  così  gioverà  qui 
r  applicazione  più  diftinta  ,  che  fatto  abbiamo  di  quelle  dif- 
ferenze alle  corrifpondenti  ferie  di  vitrea  elettricità  per  gui- 
darci ad  un  nuovo  lemma,  che  più  complete  renda  le  ricer- 
che dell'  una,  e  dell'  altra  fpecie  ,  e  ci  fomminiftri  in  fine  i 
veri  termini  pel  confronto  loro ,  e  per  la  reciproca  elfimazio- 
re  .  Tre  riHeiiioni  aggiunte  a  quelle,  che  finora  abbiamo  ef- 
poflo ,  ci  porranno  in  chiara  luce  il  nuovo  lemma,  che  ricer- 
chiamo . 

(/)  E  primieramente  in  tutti  i  capi  delle  propofte  differen- 
ze notar  conviene  quale  ,  e  in  fino  a  quanto  ciafcuna  influi- 
fca  in  aumento,  e  quale  poi  lì  rivolti,  e  influifca  all'oppoflo 
in  diminuzione  di  carica  ,  o  di  moti ,  o  di  altro  effetto  fen- 
iibile  ,  e  ciò  non  folo  per  se  fteffe  ,  e  nella  porzione  di  ap- 
parato, che  a  ciafcuna  immediatamente  appartiene,  ma  anche 
intorno  a  se,  e  nella  porzione  di  apparato,  che  a  ciafcuna  Ci 
riierifce  .  Sembra  talvolta  fvanire  ogni  ellerno  fegno  e  nel 
condottore,  e  nell'  anneffo  apparato,  come  quando  (i  prefen- 
ta  un  grande  quadro,  o  una  batteria  da  caricarfi  ;  eppure  le 
elettriche  potenze  agifcono  allora  vicendevolmente  pili  che 
mai ,  e  in  vece  di  fvanire  ù  raccolgono  così  nelle  oppofte  fac- 
ce del  vetro . 

All'  oppofto  I'  elettrica  azione ,  che  efteriormente  non  ap- 
parifce,  fi  efterna,  e  fi  fa  notabile  ftaccando,  o  allontanando 
l'armatura  dallo  ffrato  refiftente  elettrico,  a  cui  flava  unita, 
come  nell'epiniano  elettroforo.  Or  quefla  elettrica  virtù  non 
procede  altrimenti  dallo  ftrato  rehftente,  ma  dall'  armatura  , 
ed  è  realmente  di  fpecie  a  quella  oppofta ,  che  nello  ftrato  lì 
raccoglie  .  Che  fé  fi  efternano  poi  in  fuori  dall'  armatura  ,  quando 
fla  unita  al  quadro,  fegni  omologhi  a  quei  della  faccia  refiìtente, 
non  fono  mai  quefti  per  elettricità  ,  che  alla  carica  appartie- 
ne ,  ma  fono  effetti  di  elettricità  rifpinta ,  o  frenata  per  azio- 
ne della  oppofta  arnTatura  ,  i  quali  neceffariamente  o  fcema- 
no  la  carica  fteffa  ,  o  ne  cominciano  1'  efplofione .  Ond' è ,  che 
fimili  effetti  fi  chiamano  fecondo  le  diverfe  relazioni  or  late- 
rali,  or  obliqui  ^ox  inverjì  •j'ipirchc  febbene  procedano  da  elet- 
trica  potenza  ,  non  fono  giammai  prodotti  dal  primo   ftrato 


SOPRA     l'     elettricità.  29 

'attraverfo  del  quale  a  vicenda  fi  frenano,  e  Ci  equilibrano  le 
oppofte  fpecie  ,  che  conflituifcono  la  carica.  Simili  potenze  quan- 
to più  per  r  interiore  via  dello  ftrato  reiìftente  fi  efercitano 
vicine  fra  loro,  tanto  meno  fi  eflernano  ;e  viceverfa  tanto  meno 
ritengono  di  mutua  azione,e  di  collilìoiie  reciproca  quanto  più 
fi  fcolbno ,  e  fi  eftendono  efteriormente  a  fianco  ,  o  in  oppofìo  . 

Quindi  nel  defcrivere,  e  valutare  tale  Torta  di  azioni  trop- 
po è  facile  prendere  abbaglio ,  e  cadere  in  contraddittorie  il- 
lazioni. 

(k)  In  oltre  ciafcuna  delle  anzidette  differenze  non  ha 
d'  ordinario  andamento  uniforme,  né  precifo  in  sé  ftefla;  ma 
foggiace  a  vicende  ,  e  inverfioni  di  effetti ,  o  perchè  appunto 
è  variabile,  o  perchè  fi  compone,  e  fi  collide  con  altre.  Per 
accennarne  qualche  efempio  comincierò  dalle  interne  differen- 
ze ,  nelle  quali  la  punta  accrefce  1'  idraulico  momento  qual- 
ora fi  ri\olge  contra  il  corpo, in  cui  raccogliere  fi  vuole  ta- 
le azione ,  per  quanto  effo  ne  è  capace .  Ma  fé  la  punta  flef- 
fa,  o  altre  punte  fi  rivolgono  altrove,  fi  trasforma  l'idrauli- 
co momento  in  virtù  difperfiva  ,  e  non  concorre  così  che  a 
fcemare  1'  effetto  della  prima  forza  fecondo  la  capacità ,  e  vi- 
cinanza degli  altri  corpi ,  ai  quali  le  punte  fi  rivolgono . 

Similmente  le  punte  non  meno  coli' idraulico ,  che  col  mec- 
canico loro  momento  fpezzano  il  mezzo  frappofio  ;  e  fervono 
così  or  a  fcemare  ,  or  ad  accrefcere  le  confuete  vie  d'  ifola- 
mento,  e  di  accumulazione. 

Il  calore  poi,  che  fu  tutte  quelle  diflerenze  eftende  la  fua 
influenza,  fino  a  certo  grado  migliora  la  relìffente  virtù;  più 
oltre  poi  la  debilita, e  la  eftingue  affatto  riducendo  qualfivo- 
glia  refiftente  al  comune  officio  di  condottore .  Il  calore  fief- 
fo  accrefce  la  ficcità  de'  corpi ,  e  difpone  in  oltre  le  elettri- 
che foflanze  a  più  facile  fcioglimento  ;  ma  nel  tempo  fleffo 
difpone  il  \-etro ,  la  feta ,  e  l'aria  a  concepire  in  feguito  più 
pronta  umidità ,  e  inducendo  varietà  nel  mezzo  ambiente  fa- 
cilita per  quefta  via  la  difperfìone  delle  elettriche  forze. 

L'  armatura  in  fine  accrefce  e  la  capacità  di  accumulamen- 
to,  e  di  mutua  azione  ,  ma  colla  fua  fi:e(Ta  grandezza  rarefa 
r  elettricità  movente  ;  e  perciò  quando  quefta  è  tenue ,  diven- 
ta per  la  fteffa  grandezza  dell'  armatura  inetta  altrettanto  a 
imprimer  fegni  di  caricalo  di  moti  in  quella  maggiore  capa- 
cità (  vedi  0^  i.  f  2  ;  .  D     iij 


jo  Memoria 

Qiiindi  neir  applicare  ai  particolari  cali  qualfivoglia  fra  le 
propofte  differenze  ,  d'  uopo  è  determinarne  V  andamento  ,  e 
la  collifione  ,  e  comporiz.ion  fua  con  le  altre  ,  che  nei  cali 
fteflì  influifcono . 

(/)  Niuna  per  fine  delle  fteffe  differenze  vi  è, che  non  ria. 
dì  oracolo ,  e  di  refìftenza  alle  elettriche  potenze;©  non  fog- 
giacela ad  oftacoli ,  e  refiftenze .  Or  chi  non  fa  rariffnni  effe- 
re  i  cafi  ,  ne'  quali  pienamente  la  potenza  s'  impiega  contrcx 
la  refiftenza,  talché  effendo  quella  incognita  poffa  bene  valu- 
tarli colla  fola  cognizione  dell'effetto  fuo  fulla  refiffenza?Chi 
non  fa  1'  effetto  della  potenza  comunque  accrefciuta  per  la 
via  delle  macchine  contro  la  refiftenza  non  effere  mai  ,  fé 
non  r  ecceffo  dell'  intero  momento  fopra  i  frappofti  oftacoli  ? 
Che  fé  queft' ecceffo  fcemi ,  e  perfine  diventi  negativo,  allo- 
ra l'effetto  della  potenza,  e  d'ogni  fuo  momento  rintraccia- 
re ne'  frappolH  oftacoli  fi  debbe  ,  e  non  più  nella  refiftenza  » 
Chi  non  fa  quanto  fpeffo  i  foli  oftacoli  fuperano  le  refiften- 
ze,  e  come  poi  quelli  reagifcono  del  pari  contro  la  potenza  » 
e  la  refiftenza  ?  Nel  qual  cafo  fé  i  momenti  di  varie  poten- 
ze dall'effetto  loro  mifurar  ti  piaccia  contro  le  refiftenze, 
cadrai  in  illufioni  ,  e  rovefcj  non  meno  nella  qualità  ,  che 
nelle  proporzioni  di  quelle  mifure .  E  quante  fiate  non  fofti- 
tuirai  r  oftacolo  alla  potenza  ,  e  tal  parte  di  reazione  dell' 
oftacolo  non  prenderai  per  mifura  della  prima  potenza  ?  Che 
fé  ciò  ad  ogni  tratto  interviene  nel  valutare  dagli  effetti  le 
potenze  ,  che  ci  fono  più  familiari  ,  e  che  fono  in.  sé  fteffe 
trattabili ,  come  fono  le  animate  potenze,  la  gravità,  l' acqua, 
r  aria  ,  e  altri  fluidi  :  che  farà  di  quelle  ,  che  non  operano 
fé  non  per  vie  infenfibili  ,  e  per  accumulazione  di  particel- 
le tenuiffime  inacceffibiii  all'attività  de' fenù  ,  e  alla  perfezio- 
ne degli  ftromenti?  Tali  fono  le  azioni  tutte  di  chimica  af- 
finità, che  come  ampiamente  dominano  in  ciafcun  ramo  del- 
la Fifica  più  delicata  ,  cosi  particolarmente  reggono  le  elet- 
triche potenze.  Vi  è  di  più  tra  le  comuni  azioni  di  affinità, 
e  le  elettriche  il  divario,  che  in  quelle  fi  riconofcono  in  fi- 
ne, e  fi  raccolgono  d'  ordinario  i  prodotti  feparati  ,  e  diftin- 
ti;  in  quefta  i  diftinti  prodotti  non  fi  rincontrano,  fé  non  a 
ondate,  a  foffj  ,  e  quafi  a  falti ,  né  altrimenti  Ci  raccolgono, 
fé  non  nell'  atto  di  mutua  azione,  ed  in  continuo  sforzo  per 


"V 


SOPRA       l'       HLETTRICITa'.  gì 

coUiclerfi  a  vicenda,  e  riunirfi .  E  quefta  fingolare  natura,  o 
maniera  delle  elettriche  potenze  efige  un  nuovo  genere  d' in- 
vcftigazione,  che  è  rifervato  per  le  particolari  Memorie  fpet- 
tanti  all'elettrica  teoria. 

Frattanto  raccogliendo  infieme  le  avvertenze  fparfe  nella 
prefente  ofi'ervazione  dedurremo  il  feguente 

Lemma    Secondo. 

Qualunque  fia  la  fpecifica  forza  delle  elettriche  potenze  non 
può  eftimarri,nè  talvolta  difccrnerfi  colle  confuete  vie  del  lo- 
ro eccitamento ,  e  confronto  ;  molto  meno  può  ridurli  ad  im- 
mediate mifure  di  comuni  flromenti ,  o  ad  effetti  uniformi .  Ma 
occorrono  ne'diverfi  gradi  loro  tali  modi  ,6  momenti  di  au- 
mento, e  vicevcrla  tali  oflacoli  di  refiftenze  per  diminuirne ,  e 
rovefciarne  la  vera  loro  grandezza ,  che  fé  quefti  non  fono  in 
ogni  cafo  riconofciuti ,  e  diftinti,  confondono  le  affolute  po- 
tenze coi  momenti ,  e  cambiano  gli  efletti  delle  potenze  col- 
le refifienze ,  né  ci  lafciano  veruna  forma  di  efatto  ,  e  preci- 
fo  calcolo  della  fpecifica  loro  ragione. 

Osservazione     ij. 

A  fronte  delle  moltiplici  difficoltà,  e  combinazioni , che  il 
calcolo  ci  ritardano  e  delle  fpecifìche  forze, e  delle  altre  men- 
tovate differenze,  non  v'ha  però  dubbio,  che  ciafcuna  di  ef- 
fe dalla  feconda  fino  alla  ventèlima  terza  non  iia  in  se  fleffa 
certa 5 e  determinata  ne'fuoi  efic:tti,e  nelle  fue  qualità.  E  per- 
chè non  dovrà  la  prima,  e  1'  ultima  di  quelle  ventiquattro 
differenze  del  pari  ficuramente  conofcerli  nella  fua  eriflenza,e 
ne'  fuoi  effetti  ?  Benché  non  ci  Iia  ancor  permefTo  di  calcola- 
re r  una,  e  l'altra  afTolutamente  per  quelle  vie, che  non  fo- 
no altrimenti  acceffibili,  che  dopo  lunghe  ,  e  delicate  prepa- 
razioni .  Ne  calcolai  gli  effètti  dopo  le  prime  quattro  ferie  a 
norma  di  quelle  preparazioni  ,e  volli  a  bello  ftudio  efprimer- 
le  in  numeriche  proporzioni ,  e  in  fenomeni  notifTimi  per  col- 
pire cosi  più  vivamente  l'immaginazione, e  fcuotere  con  vee- 
menza le  comuni  prevenzioni ,  e  le  triviali  ufanze  di  fperimen- 
tare.  In  vero  nulla  di  aflbluto  efprimono  quelle  proporzioni. 


52  Memoria 

e  non  altro  fono  in  sé  fteflc,  che  il  primo  paffo,  ed  una  in 
fomma  delle  molte  fpeciali  induzioni  ,  colle  quali  a  termine 
vuole  condurfi  V  analili  delle  punte .  Profeguiamo  dunque,  co- 
me nella  prima  Parte, a  raccogliere  in  teoremi  le  nuove  indu- 
zioni, che  dalle  dieci  ultime  ferie  rifultano. 

TEOREMA    XIV. 

In  ciafcuna  ferie  delle  punte  di  refinofa  elettricità  la  pro- 
greffione  della  carica  imprelTa  nell'  oppofto  quadro  eccede  in 
ciafcun  termine  fucceffivo  la  corrifpondente  progreffione  delle 
punte  di  vitrea . 

E  dovrà  dunque  il  Fifico  ridurli  in  fine  ad  implorar  l'  at- 
tenzione di  chi  legge,  o  afcolta,come  è  coftume  dell'Orato- 
re ì'  Tutta  fi  richiede  V  attenzione  de'  più  penetranti  ingegni 
a  ben  comprendere  il  fenfo  ,  e  le  prove  del  prefente  teorema 
per  la  novità  e  per  1'  eftenfione  de'  termini, che  infieme  rac- 
coglie, e  confronta.  M'  ingegnerò  di  follevarne,e  foUenerne 
lo  sforzo  efprimendone  colla  maggiore  chiarezza,  e  coli' ordi- 
ne pili  diftinto  le  idee . 

I.  Difiinguo  in  ciafcuna  ferie  il  primo  termine  dai  fuccef- 
fivi ,  che  ne  formano  la  progreflione  .  Quel  primo  determina 
la  quantità  di  elettricità ,  che  coftituifce  la  feconda  difierenza 
notata  nell'ofiervazionc  S  , quantità,  che  in  ciafcun  giro  fi  ec- 
cita, e  in  quindici  giri  fi  raccoglie ,  quando  la  punta,  e  l'ar- 
matura ,  o  le  due  punte  fra  loro  fono  a  contatto .  E  ficcome  fi 
mantiene  da  quel  primo  fino  all'  ultimo  termine  d'  ogni  ferie 
collo  {{sffo  numero  di  giri  la  fteiTa  quantità ,  perciò  quel  primo 
termine  ferve  di  bafe,e  fifTa  l'afibluto  valore  di  ciafcuna  ferie . 

Ne' di\erfi  apparati  , e  nelle  diverfe  fpecie  di  elettricità  non 
fu  poffibile  di  ridurre  quel  primo  termine  a  ragione  di  egua- 
glianza in  tutte  le  difl-inte  ferie, mafiìme  afcendendo  quefte  a 
tanto  numero  .  Sarebbe  tale  imprefa  fuperiore  o  alla  umana  con- 
dizione ,  o  alla  qualità  itefla  della  materia,  che  a  tante  dif- 
ferenze ,  e  a  tanta  incofianza  foggiace,  ficcome  abbiamo  più 
volte  oflervato  .  Avrebbe  in  vero  quella  comune  uguaglian- 
za del  primo  termine  fomminifirato  più  facile ,  e  regolare  il 
confronto  e  di  tutti  i  primi  nelle  diverfe  elettricità,  e  de'fuc- 
cefiivi  termini  in  ogni  loro  progreffione . 

A  quefìo 


SOPRA      h'      elettricità'.  33 

A  quefto  eflenziale  difetto  di  facilità ,  e  di  regolarità  non 
vi  è  altro  riparo  ,  che  foggettarlì  a  calcolo  pili  compofto  ,  e 
rintracciarne  le  proporzioni  fecondo  1'  inevitabile  varietà  di 
ciafcun  termine  primo .  La  femplicità  del  calcolo  è  vana  qua- 
lunque volta  alla  natura  delle  cofe  non  corrifponde  ;  e  il 
Filico  del  pari  ,  che  il  Matematico  fecondo  1'  indole  ,  e  la 
natura  de'  Ibggetti  diverfi  è  ad  ogni  palio  forzato  di  variar 
metodi  ,  e  formole  di  calcolare  .  A  queflo  fine  riftringiamo 
in  tavole  tutti  i  numeri  delle  precedenti  ferie  di  refinofa  ,  e 
di  vitrea  elettricità  fegnando  nella  prima  linea  orizzontale  i 
nomi  di  ciafcun  termine  dal  contatto  fino  alle  ultime  diftan- 
ze  ,  e  nelle  feguenti  linee  fottoponendo  a  ciafcuno  di  que' 
nomi  il  immero  delle  fcariche ,  colle  quali  li  efaurì  la  carica 
imprella  nel  quadro  in  ogni  ferie  diftinta. 

CON   RESINOSA   ELETTRICITÀ'. 


A  contatto.  Poli.  i.  Poli.  u.  Poli.  iv.  Poli.  viii.  Poli,  xiv.  Poli.  xvm.  Poli.  xxiv.  Poli.  xxx.  Poli,  xxxvi. 


^er.  5  =  14. 
Ser.  6=14. 
Ser.  7=13 
ÌSer.  8  =  12 


É 


er.  9  ::=  I  I 


14. 
14. 

12  , 

1 1 

IO  , 


^3- 

13- 

IO  . 

.  IO  , 

9- 


12  . 

IO  . 

9  • 
9 

8. 


9. 

8. 

•  7- 
,6. 
.6. 


5' 
3- 
3 


3- 

.  .    I  .   . 

.  .  X.  . 

.    X 

2  . 

.  .  X.  . 

.    .    X  .    . 

.  0 

I  . 

.  .  .X.  . 

X 

.   0 

I  . 

.  .  .  X.  . 

.    .    X.    . 

.   0 

X. 

.  .  .X.  . 

.  .  0  .  . 

.   0 

Ibtale  64. . .  61  . . .  55  . .  .48  . . .  30  . 


1  ■ 


7 


2.  Abbiamo  efpreffo  colla  X  majufcula  1'  ultimo  gi'?.do  di 
fcofra,che  ii  fente  toccando  iinmediatirncnte  le  oppofte  arma- 
ture del  quadro, quando  non  è  più  capace  cVimpiimere  veruna 
forza  fcuotente  nella  boccetta  ;  e  colla  x  minore  gli  ultimi 
cenni  di  fcintilla  pungente  ,  o  di  luce  fenza  eforefTo  fenfo  di 
fcofTa . 

Sommati  abbiamo  in  oltre  fotto  ciafcuna  colonna  i  nume- 
ri pel  confronto  comporto  di  tutte  le  ferie  infieme  di  refino- 
fa  ,  e  di  vitrea  ,  ficcome  pel  femplice  confronto  di  ciafcuna 
ferie  colla  fua  corrifpondente  dovremo  riportarle  alternamen- 
te da  una  tavola  alla  corrifpondente  dell' altra.  Dei  moti  non 
occorre  per  ora  farne  ufo,  e  perciò  non  ne  cftendiamo  ulte- 
riormente la  tavola; e  paffiamo  all'altra  tavola  corrifpondente. 


34  Memoria 

CON    VITREA    ELETTRICITÀ'. 


Acontatto.  Poli.  I.  Poli.  ii.  Poli.  iv.  Poli.  viii.  Poli.  xiv.  Poli,  xviii 


Ser.  I  o  =::  1 3 
Ser.  1 1  =;  1 3 
Ser.  12:=:  8 
Sa:  1 3  =1 1 5  , 

Ser.  14=  14. 


.  IO 

.11. 

•    4- 
II  . 

9- 


9 
IO, 

2  . 


9 

8, 


.6 
.8 
.  I 

.8 

•7  ■ 


3 
4 
Z 
6 
6 


I 
I 

4 

2 


o 

2 
I 


Poli.    XXIV.    Poli.    XXX.    Poli.     XXXVI. 


X 

X 

o 

1 

X 


X 
X 
o 

X 

X 


o 
o 
o 
o 
o 


Totale  63..  45  ...  38..  30  .  .  .19 


3.  Un'  occhiata  fu  quefte  tavole, e  l'immediato  confron- 
to de'  termini  corrifpondenti  in  ciafcuna  ferie  compie  la  di- 
moftrazione  del  Teorema  propofto  .  Ma  per  dirigere  quefto 
colpo  d'occhio  non  folo  nelle  fomme  totali,  che  fono  d'im- 
mediata evidenza  ,  ma  nelle  corrifpondenti ,  riduciamo  in  quel- 
le tavole  alternamente  a  confronto  i  termini,  che  efprimono 
eguale,  o  pili  proffimo  il  numero  delle  fcariche  colle  rifpet- 
tive  diflanze  fino  all'  ultima  fcoffa  tratta  dal  quadro  .  Quan- 
do non  vi  è  il  numero  efatto  nella  ferie  corrifpondente  pren- 
diamo la  diftanza  di  mezzo  fra  i  due  termini  più  proffimi. 


Ser.  5. 
Ser.  IO, 
Ser.  6. 
Ser.  1 1 . 
Ser.  7. 
Ser.  12. 


Dalle  fcariche  1 3  fino  ad  una  fono  poli.  .  22 


Dalle 
Dalle 
Dalle 
Dalle 
Dalle 


:3  all'  ultima      poli 14 


13 

8 
8 


all'  ultima  poli. 

all'  ultima  poli. 

all'  ultima  poli. 

all'  ultima  poli. 

Totale  poli. 


19 


14 


12 


53  .  .  32 
Ed  è  qui  tanto  nelle  maggiori  diflanze  di  ciafcun  termine, 
come  nelle  fomme  loro  evidente  la  fuperiorità  della  refinofa- 
4.  Ed  è  quefta  del  pari  evidente,  fé  fi  paragonino  le  fom- 
me totali  corrifpondenti  a  ciafcun  termine  in  eguali  diflanze . 
Le  fomme  dei  primi  termini  fono  64  :  63  ,  e  fi  fuccedono  le 
corrifpondenti  come  fegue. 


SOPRA      L'       ELETTRICITÀ.  JJ 

Refinofa  Diftanze  comuni  Vitrea 

6i  .     .     .  Poli.  I  ...  45 

55 "  ...  38 

48 IV  ...  30 

36 vili  ...  19 

17 XIV  ...         8 

7 xviii  ...         3 

I XXIV       ...  I 

Totale  225 144 

5.  Riducendo  adunque  a'  fenomeni  le  ragioni  di  quefte 
fomme  totali  de'  numeri  corrifpondenti  alle  uguali  diftanze 
abbiamo  la  feguente  analogia.  Se  le  fomme  de' termini  primi 
fìano  in  numeri  profiimamente  uguali  cioè  64  :  63  ;  le  fomme 
de'  termini  fuccedivi  corrifpondenti  afcendono  alla  numerica 
efpreflione  di  225:144.  Onde  quantunque  le  forze  coftituen- 
ti  i  primi  termini  non  abbiano  differenza  ,  che  d'  unità  ,  le 
fomme  de'  fucceffivi  termini  nella  refinofa  eccedono  quelle 
della  vitrea,  come  il  numero  225  eccede  il  numero  144  ,  e 
per  efprimere  lo  fteflb  con  fenomeni  di  cariche  ,  la  refinofa 
eccede  la  vitrea  quanto  una  carica  efpreflfa  con  225  di  quel- 
le unità  eccede  altra  carica  efprefia  con   144. 

6.  Né  faccia  nella  precedente  tavola  eccezione  l'apparen- 
te uguaglianza  degli  ultimi  termini  ai  pollici  xxiv  .  Poiché 
nella  ferie  5  non  comincia  il  primo  termine  che  con  14  fca- 
riche  ,  e  nella  ferie  13  il  primo  termine  comincia  con  15 
fcariche  ;  e  con  tutto  ciò  non  eflende  1'  ultima  fcoffa  fé  non 
quanto  quel  termine  primo  della  ferie   5 . 

Nafce  in  oltre  quella  apparente  uguaglianza  degli  ultimi 
termini  da  altra  cagione ,  la  quale  ci  obbligò  a  interrompere 
nel  numero  3  precedente  il  confronto  fra  i  termini  corri- 
fpondenti delle  due  ultime  ferie  8  ,  e  9  di  refinofa  colle  ul- 
time 13  ,  e  14  di  vitrea  .  S'  interruppe  adunque  fimile  con- 
fronto ,  perchè  quelle  ultime  ferie  non  hanno  termini  comu- 
ni ,  ne  pjfibno  come  le  precedenti  ragguagliarfi ,  e  ridurfi  a.' 
termini  profiimi .  Il  che  acciò  chiaramente  s'  intenda  d'  uopo 
è  olfervare  tra  le  ferie  di  refinofa  ,e  di  vitrea  elettricità  due 
(ìngolari  contrappofizioni ,  le  quali  fé  collanti  fono  nelle  pri- 
me ferie  ,  con  maggior  efprefiìone  poi  nelle  due  ultime  fi  ma- 
nifeftano.  "  E    ij 


36  Memoria 

7.  Primieramente  è  infigne  la  decadenza  della  vitrea  fo- 
pra  la  refinofa  dall'  uno  all'  altro  dei  primi  termini  d'  ogni 
ferie .  E  per  trattenermi  foltanto  nelle  ultime  la  vitrea  nella 
fer.  13  in  un  pollice  dalle  15  decade  alle  1 1  ;  ed  ai  due 
pollici  alle  9,  e  nella  ferie  14  dalle  14  decade  in  un  pollice 
alle  9.  Mentre  la  relinofa  in  un  pollice  nella  fer.  8  dalle  12 
non  decade  ,  che  alle  1 1  ,  ed  arriva  fino  ai  quattro  pollici 
prima  di  cader  alle  9  ,  e  nella  ferie  9  dalle  1 1  non  decade 
che  alle  io  ,  ed  arriva  fino  ai  due  pollici  prima  di  cader 
alle  9  . 

All'  oppoflo  negli  ultimi  termini  decade  più  infignemente 
la  refinofa  ,  che  non  la  vitrea  .  E  per  riftringermi  qui  pure 
alle  ultime  ferie  ,  la  refinofa  nella  ferie  S  in  quattro  pollici 
decade  dalle  3  ad  i ,  e  nella  ferie  9  nello  fteflb  termine  dal- 
le 3  a  niuna  .  Mentre  la  vitrea  nella  ferie  13  nello  ftefib 
termine  decade  gradatamente  dalle  4  a  2  ;  e  nel  feguente  di 
fei  pollici  dalle  2  ad  i  .  E  nella  fer.  14  in  quattro  pollici 
non  cade  che  dalle  2   ad   i  . 

Ma  quefte  contrappofizioni  meglio  ,  e  immediatamente  li 
fcorgono  nelle  fomme  corrifpondenti  dalla  tavola  del  n.  4 
precedente  .  In  effe  dal  contatto  ad  un  pollice  la  refinofa  è 
=  64:61  ,  e  la  vitrea  =  63:45  ,  cosi  ne'  feguenti  fino  ai 
pollici  otto  la  refinofa  decade  pochiffimo  in  confronto  della  vi- 
trea .  Indi  comincia  la  decadenza  a  farfi  preffo  poco  eguale  ; 
poiché  dagli  otto  ai  quattordici  pollici  la  refinofa  è  =  36  :  17  , 
e  la  vitrea=i9:8  .  Ma  dai  pollici  quattordeci  ai  diciotto 
quella  è=ij:j  ,  quella  =  8:3  ,  e  in  fine  dai  diciotto  ai 
ventiquattro  quella  è  =:  7  :  i  ,  quefta=3  :  i  ,  cioè  decade  la 
refinofa  infignemente  più  della  vitrea. 

E  ficcome  quefte  differenze ,  e  contrappofizioni  comprendo- 
no in  sé  fteffe  importanti  applicazioni  per  la  teoria  ,  perciò 
le  ridurremo  nella  feguente  tavola  efprimendo  in  frazioni  più 
proffmie  le  fucceffive  differenze  de'  rifpettivi  termini  col  pre- 
cedente 


SOPRA 

Refinofa 

Difierenze       64  . 

-!-=:     7   =  61    . 
*  I  -" 

r7=   6  =  55  . 

4  =   7  =  48  . 


ELETTRICITÀ 


37 


12 


T  =  19   = 


I  o 

I    7 


IO 


36 

17 

7 
I 


A  contatto 
Primo  termine 
Poli.     I 

.     .  II 

•  IV 

.  vili 

.  XIV 

.  XVIII 

.  XXIV 


Vitrea 
63       Differenze 

18  =  4- 


45 
38 
30 
19 
8 

3 
I 


7  = 

8  = 

11  = 

a  = 


8.  E  in  propofito  noftro  1'  ultima  contrappofizione  quan- 
to accorcia  le  dilìanze  degli  ultimi  termini  della  refinofa, tan- 
to allunga  le  ftefTe  nei  corrifpondenti  della  vitrea.  Onde  com- 
parando nel  num.  3  precedente  colla  ragione  delle  diftanze 
la  refinofa  ,  e  la  vitrea  elettricità  nella  maggior  forza  ,  che 
in  quella  comparifce  per  le  fole  diftanze  un'altra  fé  ne  inclu- 
de ,  che  per  ora  non  può  calcolarfi .  E  perciò  ragguagliando 
i  termini  ultimi  della  refinofa  coi  corrifpondenti  di  vitrea 
prevediamo,  che  I'  errore  cofpira  ad  accrefcerne  la  fuperiori- 
tà  più  che  non  apparifce  dalle  femplici  diftanze  .  Al  contra- 
rio fé  ragguagiiadimo  i  termini  primi  della  refinofa  cogli  ul- 
timi della  vitrea,  cofpirerebbero  le  femplici  ragioni  delle  di- 
ftanze  a  indurci  doppiamente  in  errore,  perchè  la  fuperiorità 
di  que'  primi  verrebbe  in  tal  modo  a  confonderfi  colla  più 
lenta  decadenza  degli  ultimi  di  vitrea. 

Qi^ialunque  lìa  pertanto  la  cagione  di  fimili  contrappofizio- 
ni ,  che  altrove  l\  efplorerà ,  rimane  e  col  confronto  de'  ter- 
mini corrifpondenti  alterni,  e  colle  fomme  totali  de'  medefi- 
mi  ,  e  colle  fomme  de'  termini  fimili  compiuta  la  dimoftra- 
zione  del  teorema  propofio . 

9.  Mal  li  apporrebbe  però  chi  ne  credeffe  compiuta  egual- 
mente r  intelligenza  .  Per  giungere  a  quella  d'  uopo  è  rico- 
nofcere  dal  primo  all'  ultimo  il  valore  di  que'  numeri  ,  che 
ciafcun  termine  efprimono  delle  due  tavole.  Né  fi  può  fenza 
manifefta  petizione  di  principio  aflbmere ,  che  il  numero  14, 

E     ììj 


38  Memoria 

o  13  del  primo  termine  d'  una  ferie  di  refmofa  fia  eguale  a! 
num.  14  ,  o  13  del  primo  termine  delia  corrifpondente  di 
vitrea,  benché  fi  efprimano  con  numeri  eguali  ;  il  che  fimil- 
mente  s'  intenda  delle  fomme  loro  ,  e  dei  fucceffivi  termini 
comunque  con  eguali  numeri  efpreffi  in  ogni  loro  progreffione. 

10.  Suflifte  foltanto  con  quella  eguaglianza  de'  numeri 
r  eguaglianza  del  loro  valore  ne'  termini  corrifpondenti  del- 
la ftelTa  fpecie  di  elettricità  ,  ma  fotto  fiftatta  eguaglianza  fi 
mantiene  una  difuguaglianzagrandiflima  di  ciafcuna  unità  com- 
ponente que'  numeri .  Poiché  per  efempio  le  dieci  unità ,  che 
il  fecondo  termine  efprimono  della  ferie  decima,  non  fono  al- 
trimenti omogenee  ,  come  niuna  lo  è  di  quante  altre  efpri- 
mono o  i  primi  ,  o  i  fucceffivi  termini  di  quallìvoglia  ferie . 
Anche  a  folo  fenfo  manifeftamente  il  riconofce  fempre  mag- 
giore r  unità  precedente ,  che  non  la  feguente  in  tutra  la  fuc- 
ceffione  di  ciafcun  numero. 

11.  Due  ricerche  adunque  fi  prefentano  da  farli  per  com- 
piere r  intelligenza  del  teorema  ,  e  dei  numeri  ,  che  lo  di- 
mofìrano  .  Si  debbono  nella  prima  valutare  le  unità  compo- 
nenti i  primi  termini  delle  due  fpecie  di  elettricità  ;  e  fi  va- 
luteranno nella  feconda  ricerca  le  unità ,  che  i  fucceffivi  ter- 
mini compongono  in  ciafcuna  di  quelle  ferie  .  A  quelli  due 
oggetti  foddisfaremo  nel  feguente 

..TEOREMA    XV. 

I  numeri  ,  che  1'  ecceffo  efprimono  della  carica  imprefia 
nel  quadro  in  tutta  la  progreffione  de'  termini  con  punta  di 
refinofa  fopra  la  punta  di  vitrea  elettricità,  non  s'intendono, 
né  fono  comparabili  altrimenti ,  che  con  nuove  induzioni . 

I.  Or  quale  induzione  ci  guiderà  a  valutare  quelle  unità  , 
ed  a  ridurle  omogenee ,  e  per  tal  via  chiare ,  e  comparabili  ? 
Non  altro  che  una  nuova  applicazione  ,  e  il  compimento  di 
quella  fteffa  ,  che  ci  guidò  a  ritrovare  que'  numeri ,  ed  a  ri- 
folverli  in  quelle  unità  .  Rifolviamo  adunque  ciafcuna  unità 
neir  iftelTo  modo  ,  che  le  cariche  abbiamo  diflinte  ,  le  quali 
a  ciafcuna  fpecie,  e  a  ciafcun  termine  delle  loro  ferie  appar- 
tengono ;  ed  avremo  cosi  que'  numeri  chiari  ,  e  diftinti  ,  e 
perciò  comparabili  fra  loro  ,  come  lo  fono  fra  loro  i  termi- 
ni di  quelle  cariche  « 


SOPRA      l'      elettricità'.  39 

Qi.ianto  però  ad  immaginarli  piana  ,  e  facile  fembra  queftì 
nuova  induzione  ,  tanto  e  intralciata,  e  ardua  ne'  dettagli, 
che  ne  compiono  I'  efecuzione.  Ciafcuna  unità  de'  primi  ter- 
mini, e  di  tutti  i  iucceflivi  di  tante  ferie  vuol  edere  valuta- 
ta diiiintamente  ;  il  che  altro  non  lignifica  in  fine  fé  non  di 
rifolverla  in  numeri  formati  di  nuove  unità  omogenee  ,  e 
comparabili  .  Né  ciò  altrimenti  fi  ottiene  ,  che  con  fuddivi- 
dere  la  prima  mifura  in  parti  minori  finché  arriviamo  ad  e- 
guali  elementi  primi,  e  nafcenti,  dai  quali  tutte  quelle  uni- 
tà, e  quelle  cariche  fono  in  se  fteflè  compofie .  Cosi  in  ogni 
genere  di  calcolo  ii  riduce  a  minimi  termini  qualiivoglia  va- 
rietà di  numeri ,  pefi  ,  o  mifure . 

2.  Ritorniamo  pertanto  al  principio  di  queflo  capo  ,  e 
ripigliamo  1'  operazione  defcritta  nella  preparazione  della  fe- 
rie quinta.  Con  una  boccetta  applicata  all'  eftremità  dell'ar- 
co l'arte  ivi  infegnai  di  efprimere  con  numeri  in  tutte  le  fu- 
ture ferie  dal  primo  all'  ultimo  termine  le  cariche  inipreffe 
nel  quadro.  Nelle  tavole  poi  del  precedente  teorema  chiamai 
X  quell'  ultimo  grado  di  forza  fcuotente  ,  che  (i  trae  imme- 
diatamente dal  quadro  itelTo  ,  quando  più  niuna  ne  imprime 
nella  boccetta.  Or  fé  arriverò  ad  efprimere  ogni  unità  di  que' 
numeri  con  altri  numeri  comporti  dell' ultimo  grado  di  forza 
fcuotente  nell'  una,  e  nell'  altra  fpecie  di  elettricità,  non  ci 
approflimeremo  per  tal  via  quanto  più  è  poflibile  a  quella  co- 
mune,  e  comparabile  mifura,  che  in  tutti  que' termini  ricer- 
chiamo i 

3.  Per  tal  uopo  in  ciafcuna  unità  di  que'  numeri  applico 
alla  boccetta  l'operazione  rtefla,che  replico  nel  medelimo  tem- 
po, e  fimilmente  fui  quadro  procedendo  nella  feguente  forma. 

Ho  pronte  tre  boccette  limili, ed  eguali  alla  prima  .e  due 
archi  .  Uno  di  querti  archi  colla  prima  boccetta  infieme  im- 
pugnata ad  una  ertremità  nella  finirtra  mano  la  tiene  un  com- 
pagno previamente  agguerrito  in  limili  fperienze,  mentre  io 
traggo  al  folito  coli'  altro  arco  la  prima  fcarica  tìel  quadro 
nella  feconda  boccetta .  Quefta  cosi  caricata  Ja  paflb  immedia- 
tamente nella  dertra  mano  del  compagno  ,  il  quale  la  impu- 
gna come  la  prima  nell'  altra  ertremità  dell'  arco;  ed  appref- 
fandone  il  globo  a  quella  prima  fubito  la  fcarica  in  erta.  Subito 
abbarta  il  globo  di  quefta  contro  l' arco  fotte  la  deftra  mano , 


4°  Memoria 

e  per  tal  via  la  fcarica  interamente  .  Indi  ripete  la  fleffa 
operazione  di  prima ,  finché  la  feconda  boccetta  non  fia  ridot- 
ta all'  ultimo  grado  di  forza  fcuotente  ,  e  tien  numerate  le 
fcofle ,  che  ne  cavò. 

Frattanto  io  foftituendo  a  quella  feconda  la  terza  boccetta 
neir  eftremità  del  mio  arco,  numero  fimilmente  le  fcariche  , 
finche  li  efiurifca  al  folito  la  carica  imprella  nel  quadro  ;  ed 
ottengo  così  la  prima  fuddivilione  di  quelle  unità  componen- 
ti i  numeri ,  nei  quali  ad  ogni  termine  fu  divifa  la  carica  im- 
prefla  nel  quadro . 

4.  Carico  nuovamente  il  quadro  in  tutti  i  termini  d'ogni 
fpecie  di  elettricità ,  cominciando  dalla  canea  divifa  in  quin- 
deci  fcariche  della  boccetta  (per  elFere  quefla  la  maggiore  che 
occorfa  ci  lia  nelle  ferie  medeiime  a  contatto ,  oflìa  nel  più  al- 
to loro  termine), e  numero  in  ciafcun  termine  la  corrifpondente 
fuddivilione  colla  prima  ,  e  feconda  boccetta  ,  come  nella  fé- 
guente  tavola ,  che  leggere  li  vuole  dalla  colonna  di  mezzo  a 
dritta  5  e  liniftra  . 

Refinofa.            Termini   del  quadro.  Vitrea. 

4 15 6 

-     4 14 5 

4 13 5 

4 12 4 

4 II 4 

3 IO 4 

3 9 4 

3 8 4 

3 7 3 

2 6 3 

^ 5 3 

2 4 3 

I 3 2 


X 


2 I 

1      .....     X 


39 51 

5.     Comprendo  in  un  colpo  d'occhio  nella  prefente  tavo- 
la i  rifultati  di  trenta  nuove  ferie  di  fperienze ,  cioè  quindi- 
ci con  refinofa ,  e  altrettante  con  vitrea  elettricità .  La  mag- 
gior 


SOPRA  l'  elettricità'.  41 
glor  parte  di  efTe  fono  fiate  ripetute  per  fino  a  fei  ,  e  otto 
volte  in  tempi  diverlì ,  e  ninna  mai  meno  di  tre  volte;  e  fe- 
condo il  compleifo  di  tante  ripetizioni  ne  ho  ragguagliati  i 
numeri,  che  a  ciafcun  termine  corrifpondono .  Nei  tempi  di 
aria  ben  fecca  ebbi  numeri  aliai  maggiori,  ma  preflò  a  poco 
proporzionali  ai  precedenti  .  Ne'  tempi  più  umidi  occorrono 
maggiori  irregolarità,  maffime  nella  refinofa,  che  fcema,  e  (ì 
difperde  con  incredibile  prontezza . 

6.  Ciò ,  che  ho  fatto  colle  tre  boccette  fu'  quadro ,  forza 
è  ripeterlo  nei  nuovi  numeri  in  ciafcun  termine  delle  due 
boccette  .  Ed  a  quefto  fine  non  altro  ci  vuole  ,  che  una  quar- 
ta boccetta  fimiJe,  ed  eguale  alle  prime.  Tofto  che  ho  cava- 
ta colla  feconda  boccetta  la  prima  fcarica  dal  quadro ,  lo  ab- 
bandono ;  e  fubito  colla  terza  boccetta  io  cavo  iìmilmente  da 
queil-a  la  prima  fcarica .  Pallb  immediatamente  quella  terza  al- 
la deflra  mano  del  compagno  ,  che  non  efaurifce  al  folito  , 
come  qui  fopra,il  numero  delle  fcariche  nella  prima  boccetta. 

Ed  io  frattanto  foftituendo  a  quella  terza  la  quarta  boccet- 
ta efaurifco  infieme,e  fimilmente  il  numero  delle  fcariche  del- 
la feconda  boccetta  ;  ed  ottengo  per  tal  modo  la  nuova  ,  ed 
ultima  fuddivifione  di  que'  numeri ,  come  nella  feguente  tavola  . 

Refinofa  .       Termini  della  feconda  boccetta  .       Vitrea  . 

3 6 5 

3 5 4 

2 4 3 

I 3 2 

X 2......1 

o I z. 

9  ;  :  '.  ~  ;   ;   '.  .  .  .  '.  tt^ 

7.  Riftringo  fimilmente  nella  prefente  tavola  i  rifultati  di 
dodeci  nuove  ferie  di  fperienze ,  cioè  fei  di  refinofa ,  e  fei  di 
vitrea  elettricità ,  ripetute  ,  e  ragguagliate  fecondo  le  avver- 
tenze, che  più  fopra  indicai  (  n.  5.  ) 

8.  Poteva  baftare  la  prima  tavola  ,  fé  1'  ultimo  grado  di 
forza  fcuotente  X  nel  quadro  foflè  fiato  uguale  all'  ultimo  gra- 
do di  forza  fcuotente  nella  boccetta .  Ciò  per  altro  farebbe 
fiato  un  afiimto  arbitrario  ,  e  volli  perciò  ridurre  le  fcariche 
fteffe  della    boccetta  all'ultimo  grado  loro ,  che  chiamerò  z.. 

Tomo  II.  F 


4*  Memoria 

Ed  è  così  dichiarata, e  ridotta  in  tavole  la  nuova  induzio- 
ne, che  fola  guidar  ci  può  alla  diftinta  comparazione,  e  in- 
telligenza di  que'  numeri  ,  che  le  proporzioni  comprendono 
ftabilite  nel  teorema  precedente.  Palliamo  ora  ad  inveftigarne 
r  efprefllone  col  feguente 

'  TEOREMA     XVI. 

Le  tavole  di  nuova  induzione  efprimono  diftintamente  il 
valore  delle  parti,  ond'è  comporta  ciafcuna  carica  in  tutti  i 
termini  delle  precedenti  ferie  di  refinofa  ,  e  di  vitrea  elet- 
tricità. 

1.  In  tutti  i  termini  delle  precedenti  ferie  fi  ridulTe  la 
carica  all'ultimo  grado  di  forza  fcuotente  X  per  via  di  fcof- 
fe  fucceffivamente  tratte  dal  quadro  ;  le  quali  efpreflero  in  nu- 
mero le  parti  flefle  di  ciafcuna  carica  .  Se  eguali  foffero  le 
unità,  che  quefti  numeri  compongono ,  farebbe  nella  femplice 
ragione  di  efli  il  valore  delle  parti  ,  onde  ciafcuna  carica  è 
comporta. 

Ma  liccome  da  principio  olTervai  {teor.  xiv.  n.  g. ,  e  io.) 
fono  quelle  unità  difuguali  in  due  modi  ;  1'  uno  de'  quali  ri- 
guarda la  diverfità  della  fpecie  di  elettricità, l'altro  la  diver- 
fa  intenfità  d'ogni  fuccefliva  fcarica  della  boccetta,  il  che  per 
fino  col  femplice  fenfo  è  maniferto . 

Per  valutare  adunque  I'  una  e  1'  altra  difuguaglianza  ,  due 
nuo\e  fuddivilioni  lì  richiedevano  ,  una  pel  confronto  delle 
diverfe  fpecie  ,  e  1'  altra  pel  confronto  di  tutte  le  fucceffive 
fcariche  tratte  dal  quadro  in  ciafcun  termine  delle  fpecie  di- 
verfe di  elettricità. Or  quelle  fuddivifioni  efpreffe  fono  dirtin- 
tamente  nella  prima  tavola  del  teorema  precedente  (  «.4.  )  ; 
nella  quale  e  le  unità  corrifpondenti  di  fpecie  diverfa  ,  e  le 
fucceffive  di  ciafcuna  fpecie  ridotte  fono  in  numeri  minori  , 
offia  parti  di  quelle  prime  unità . 

2.  Sommando  adunque  le  ferie  di  tali  numeri  minori  ,  ov- 
vero parti  ne  rifultano  le  proporzioni  di  tutti  i  termini  dell'una 
e  dell'altra  fpecie,  e  dei  fucceflivi  termini  di  ciafcuna  fra  loro. 

3.  Il  metodo  di  valutar  quelle  cariche  non  è  che  di  ap- 
proifimazione  per  la  via  di  rifoluzione  ,  o  efaurimento  delle 
medefime  .  E  liccome  in  Filica  non  è  quanto  in  Matematica 


SOPR.A      L'      elettricità'.  43 

a<TevoIe  il  replicare  le  fuddivilìoni  per  approOimarne  ognora 
più  r  erpreffione  ,  e  il  valore  ;  perciò  foddisfare  potrebbe  all' 
intento  noftro  la  fuddivillone  comprefa  nella  precedente  tavo- 
la, trattandoli  maflimamente  di  coHi  tanto  ardua  in  se  fì-efla, 
e  di  vie  tanto  nuove  ,  nelle  quali  non  fi  era  fin  qui  tenta- 
to, non  che  fatto  un  folo  pafl'o  neppure  nelle  prime  divifio- 
ni  raccolte  nel  teorema  XIV. 

Contuttociò  volli  ben  piìi  innanzi  inoltrarmi  per  approf- 
fimare  quanto  meglio  poflibil  fofiè  il  valore  di  quelle  propor- 
zioni .  Conlìderai  le  difièrenze  fra  le  unità  de'  nuovi  nume- 
ri,  o  delle  parti  minori;  e  con  nuova  fuddivifione  le  diftinfi 
in  altre  di  ordine  ancor  minore  .  Come  quelle  unità  prime 
efprimenti  il  numero  delle  fcariche  tratte  dal  quadro  furono 
divife  in  altre  minori  tratte  colla  feconda  boccetta  ;  cosi  fu- 
rono quelle  fimilmente  divife  in  altre  ancor  minori  tratte  dal- 
la Itcìla  colla  terra  boccetta;  e  fono  quefte  ordinatamente  ef- 
preflè  nella  feconda  tavola  del  teorema  precedente  (n.ó.)  in 
ambedue  le  fpecie  di  elettricità . 

4.  Sommando  adunque  nuovamente  la  ferie  di  quefli  nu- 
meri, o  parti  minori,  che  fuddividono  le  fomme  precedenti, 
rifulterà  quanto  più  prolfimo  fperar  fi  può  il  valore  delle  ri- 
cercate proporzioni . 

Cadrebbe  però  in  errore,  chi  ampliafie  incautamente  l'ufo 
di  quefie  tavole  per  efi;imare  il  valore  di  qualfivoglia  carica , 
e  volefle  così  troppo  rapidamente  generalizzare  .  Non  fono 
quefie  che  particolari  induzioni  ,  né  fi  eftendono  forfè  più 
oltre  delle  prefenti  preparazioni ,  e  dei  modi  loro .  Altre  ri- 
cerche ,  e  nuove  induzioni  a  tal  uopo  i\  richiedono  ,  delle 
quali  alcuna  ne  accenneremo  nel  feguente 

TEOREMA    XVII. 

Le  proporzioni  delle  cariche  valutate  fecondo  le  tavole  pre- 
cedenti non  li  eftendono  ad  altri  modi, né  generalizzare  pof- 
fono  le  ragioni  d'  ogni  carica  elettrica  ,  fé  non  col  fulfidio 
di  nuove ,  e  moltiplicate  induzioni . 

Non  ripeterò  qui  le  varietà  corrifpondenti  alle  differenze, 
che  numerai  nelle  oflèrvazioni  previe  ai  due  lemmi  più  fopra 
ibbiliti.  Ci  porterebbero  quelle  a  tanta  moltiplicità  d'  indu- 

F    li 


44  Memoria 

zioni  ,  quanto  opportune  per  la  comprenfìone  della  teoria  , 
altrettanto  dai  limiti  del  prefente  capo  aliene  .  Può  agevol- 
mente a  ciafcuna  di  quelle  differenze  adattare  le  convenien- 
ti induzioni  ,  chiunque  voglia  inoltrarfi  in  limili  ricerche  . 
-Accennerò  piuttofto  alcuni  modi  da  altri ,  eh'  io  fappia ,  non 
ollèrvati  nel  variar  le  proporzioni  delle  cariche  imprefle . 

1.  Cercai  primieramente,  fé, porte  le  altre  cofe  pari,  fof- 
fero  le  cariche  proporzionali  al  femplice  numero  dei  giri, coi 
quali  efle  s'  imprimono.  Non  folo  tale  proporzione  variò  nel- 
Je  diverfe ,  ma  anche  in  ciafcuna  fpecie  di  elettricità .  Se  per 
efempio  con  un  giro  s'  imprefle  carica  equivalente  a  due  fca- 
riche  di  boccetta  ;  con  due  giri  fu  quella  maggiore  di  quat- 
tro ,  con  tre  maggiore  di  fei  ,  con  dieci  affai  maggiore  di 
venti  delle  fteffe  cariche  ridotte,  e  cosi  inseguito.  Non  ho^ 
tant' oltre  promoffa  l'induzione  da  fiffarne  fin  qui  veruna  leg- 
ge ;  poffo  però  accertare  ,  che  crefce  la  carica  in  proporzione 
maggiore  del  femplice  numero  dei  giri . 

2.  Crefce  in  oltre  la  carica  fecondo  certa  proporzione  del- 
la celerità ,  colla  quale  fi  fuccedono  que'  giri  medelìmi  . 

3.  Onde  con  elettricità,  che  minore  fia  in  ciafcun  giro, 
s'imprime,  e  fi  eftende  fino  a  certe  diftanze  la  piena  carica, 
purché  fi  accrefca  il  numero  ,  e  la  rapida  fucceffione  dei  gi- 
ri .  Il  che  non  R  ottiene  con  minor  numero  di  giri ,  benché 
fino  a  certo  grado  maggiore  fia  1'  elettricità ,  e  più  rapida  la 
fucceffione  loro . 

4.  E  viceverfa  al  di  là  di  certe  difianze  tra  il  condotto- 
re e  il  quadro, per  quanto  crefca  il  numero,  e  la  celere  fuc- 
ceffione ,  e  la  quantità  di  eccitainento  di  ciafcun  giro  ,  non 
s'  imprime  giammai  piena  ,  ed  in  fine  poi  a  nulla  fi  riduce 
la  carica . 

5.  Siffatte  diftanze  non  fono  fin  qui  ridotte  a  limiti  cer- 
ti in  niffuna  Ipecie  di  elettricità  ,  né  Ci  è  trovato  con  quale 
ragione  que'  limiti  corrifpondano  o  al  numero  ,  o  alla  cele- 
rità, o  alla  quantità  di  eccitamento  de'fucceffivi  giri  del  difco . 

I  tre  ultimi  numeri  rifultano  immediatamente  dal  confron- 
to della  ferie  prima  colla  quinta, e  della  terza  colla  decima, 
e  dalle  moltiplici  combinazioni  ,  che  colle  precedenti  prepa- 
razioni in  vano  io  cimentai  per  dedurne  qualche  lume  di  ra.- 
gione  Goftante. 


SOPRA     l'     elettricità'.         45 

6.  Efporrò  nel  feguente  capo  altri  modi ,  coi  quali  l'elet- 
tricità eccitata  nel  condottore  fi  porta  al  fommo  grado; e  ciò 
nonpertanto  la  carica  nell'  oppofto  quadro  non  s'  imprime 
in  veruna  coftante  proporzione  ,  che  corrifponda  alla  gran- 
dezza di  eccitamento ,  o  al  folo  numero  ,  o  alla  rapidità  dei 
giri,  né  alla  fola  grandezza  delle  fuperficie  terminanti  il  con- 
dottore, o  r  oppofta  armatura,  ne  alle  fole  diftanze . 

7.  Talché  ogni  grado  maggiore  di  eccitamento  fembra  efi- 
gere  una  determinata  grandezza  di  fuperficie  terminante  non 
meno  il  condottore,  che  l'oppofta  armatura,  acciò  quel  gra- 
do o  fi  mantenga  nel  condottore ,  o  fi  efienda  ad  imprimere 
maggior  carica  nell'  oppofto  quadro  .  Onde  fenza  conofcerc 
r  intera  ferie,  e  fucceflione  in  ciafcun  apparato,  poUòno  ne' 
particolari  fuoi  termini  confonderfi  quelle  diverfe  ragioni  di 
eccitamento ,  o  di  fuperficie ,  o  di  carica . 

8.  Sembra  in  oltre, che  a  ciafcun  grado  maggiore  di  elet- 
tricità eccitata  corrifponda  certa  capacità  d'  ifolamento,  o  di 
refiftenza  del  mezzo  ambiente  accrefciuta  per  frenarla,  e  rac- 
coglierla nel  proprio  condottore  ,  o  diminuita  per  difperder- 
la,  e  derivarla  altrove.  Qiiindi  occorrer  debbono  nelle  ferie, 
che  fi  fanno  con  gradi  varj  di  eccitamento  ,  certe  diftanze  , 
nelle  quali  apparifce  maflìma  1'  elettricità  del  condottore  ,  e 
minimo  1'  effètto  fuo  nell'  oppofto  quadro  ;  e  viceverfa  mini- 
ma nel  condottore  ,  e  maftìmo  1'  effetto  fuo  nel  quadro  .  E 
perciò  fé  in  ciafcun  grado  non  fi  efaurifce  l' intera  ferie ,  e  fi 
giudichino  que'  gradi  ,  e  gli  effetti  loro  con  termini  partico- 
lari, e  folitarj,  a  confonderà  un  grado  con  l'altro,  e  li  pren- 
deranno al  rovefcio  le  mifure  della  intenfità  ,  e  degli  effetti 
loro  . 

9.  Qiialunque  volta  adunque  ci  proponiamo  di  confronta- 
re in  parità  di  apparato  la  forza  delle  fpecie  diverfe  ,  o  ne' 
diverfi  apparati  la  forza  di  ciafcuna,  è  neceffario  efaurirne  dal 
primo  fino  all'  ultimo  termine  le  intere  ferie  non  meno  in 
ciafcuna  fpecie  ,  che  in  ciafcun  diverfo  apparato  per  dedurne 
in  foinma  le  particolari  loro  proporzioni  .  In  vero  fé  cono- 
fciute  foftéro  le  ragioni  diftinte  ,e  i  limiti  filfi  di  tutte  le  va- 
rietà, che  fin  qui  notate  abbiamo,  anche  i  fatti  ifolati  ,  e  i 
fenomeni  folitarj  condurci  potrebbero  a  qualche  precifa  confè- 
guenza  .  Poiché   fecondo  le  tavole  di    quelle  cognite  ragioai 

F     iij 


46  Memoria 

fi  ridurrebbero  que' fenomeni  ad  efpreffione,  che  folTe  al  ter- 
mine loro  corrifpondente . 

IO.  Ora  finché  fomiglianti  tavole  di  riduzione  non  fono 
che  deiìderate ,  ne  altrimenti  cominciate  ,  non  che  perfette  , 
non  avremo  giammai  per  la  confueta  e  triviale  maniera  di 
fatti  ifoiati  comunque  coftanti ,  fé  non  rifultati  affatto  inilgni- 
ficanti ,  e  per  fino  contraddittori  ;  né  troveremo  in  eflì  altra 
efpreffione  fuori  di  quella  delle  nofire  prevenzioni.  E  quindi 
è  che  con  arbitrarie  ,  e  fuppofte  leggi  per  mero  fcambio  di 
mezzo  termine  dedurremo  da  que' fatti  le  conclufioni,che  dal- 
le fole  fuppofiiioni,  e  non  altrimenti  da  que' fatti  derivano. 
E  perciò  nella  dovizia  di  fperienze  ,  e  di  macchine  faremo 
poveriffimi  di  giufte  idee,  perchè  non  arriveremo  mai  neppu- 
re a  fofpettare  la  genuina  interprcta.zione  di  que'  fatti  ,  che 
tutto  dì  ci  paflfano  per  mano  ,  e  molto  meno  concbuder  po- 
tremo da  efiì  la  proporzione  delle  incognite  forze,  e  l'anda- 
mento delle  incognite  leggi  ,  che  incautamente  prima  di  co- 
minciare a  rintracciarle  pretendemmo  di  fi^abilire . 

.  , ,     1, , .  ..       TEOREMA    XVIIL  . 

Le  prime  tavole  altre  ne  fomminillrano  in  fine ,  e  ci  por- 
gono una  formola  generale  per  calcolare  ,  e  ridurre  a  con- 
fronto ,  e  a  comune  mifura  le  ferie  precedenti  con  le  feguen- 
ti  nuove  induzioni . 

I.  Le  fomme  39  ,  e  51  efprimono  il  valore  d'  una  cari- 
ca di  quadro  equivalente  a  quindici  fcariche  della  boccetta 
(  teov.  xr.  n.  4-),  e  fi  dovrebbe  fimilmente  fommare  ciafcuna 
carica  fucceffiva  equivalente  ,  e  i  fucceffivi  termini  di  fcari- 
che per  efprirnerne  il  corrifpondente  valore  .  Ma  fé  dalla  pri- 
ma fomma  fi  fottragga  il  numero  delle  fcariche  di  boccetta, 
che  al  primo  termine  corrifponde,fi  avrà  per  refiduo  la  fom- 
ma  corrifpondente  al  fecondo  termine  ;  e  così  procedendo  col- 
lo fleflb  canone  in  tutti  i  fucceffivi  termini,  'ì\  efpriraerà  di- 
ftintamente  il  loro  rifpettivo  valore,  come  nella  feguente  ta- 
vola, che  fi  leggerà  al  pari  delle  precedenti  dalla  colonna,  di 
'Aiezzo  a  dritta,  e  finiftra . 


s 

O    F 

R 

A 

L' 

E 

L    E 

T    T    R 

I  e 

I 

T    A 

'•         4 

Re/ìnofa 

r 

remi  ini 

del 

quadro 

Vitrea 

39 

• 

• 

• 

• 

• 

ij 

• 

• 

• 

• 

• 

51 

35 



4 

39 

14 

■ : 

51 

6 

45 

3' 

4 

35 

'3 

- — 

45 

5 

40 

i7 

■ 

4 

?i 

12 

40 

4 

: 

36 

23 

: 

4 

^7 



I  I 

36 

4 

: 

3i 

19 



4 

^3 

10 

32 

4 

■ : 

28 

i6 



3 

' — 

19 

9 



28 

4 

- — 

24 

»3 

3 

16 

8 

: 

24 

4 

2  0 

IO 

3 

— 

13 

7 

20 

4 

16 

7 

: 

3 

— 

10 

6 

16 

3 

13 

5 

2 

7 



5 

13 

— 

3 



IO 

3 

2 

5 

4 



IO 

3 

7 

1 

2 

3 

. 

3 

7 

3 

4 

Z 



2 

4 

2, 

-» 

o 

I 

2 

— 

I 

, 

I 

229 

. 

. 

. 

, 

, 

, 

, 

, 

, 

, 

,      ^ 

!29 

2.  Nello  fteflb  modo  fi  valuterà  ciafcun  termine  fuccefli- 
vo  della  feconda  boccetta  a  norma  della  tavola  premeflTa  nel 
teor.  XV.  n.  6.  dichiarata  nel  teor.  XVI.  n.  4. 

Refìnofa .  Termini  della  feconda  boccetta  .  Vitrea . 

9 6 15  ,,. 

6  =   3   —  9  =   5   =    15-—   5=    IO 
3  =  3   —  6  =  4=10  —  4=     6 
1   =   2  —   3   =   3=     6  —   3   =      3       -•    .      u 
2=2=      3  —  2=      I 

«9 35 

3.  Il  diflinto  valore  del  primo  termine  efpreflb  in  quefte 
tavole  fi  raccoglie  riducendo  a  norma  delle  prime  tavole 
(  teor.  xr.  yj.  ^.  e  6.  )  tutti  i  termini  corrifpondenti  del  qua- 
dro, e  della  feconda  boccetta  in  una  tavola  comune  ,  che  è 
la  feguente. 


48 


M 


M 


Tavola    ridotta    dei    termini    del    quadro  ,    e  della 
feconda    boccetta . 


Refinofa . 

Vitrea . 

58 

19  - 

-  39 

15 

— 

51 

35  —  86 

38  - 

3  - 

-  35 

— 

14 

45 

IO  _  55 

34  — 

3  - 

-   31 

— 

13 

40 

IO     50 

30  — 

3  - 

-  i7 

— 

12 

36 

6          42 

16  — 

3  - 

-  23 

— 

1 1 

— 

32 

6  =  38 

20  — 

1   - 

L.  19 

IO 

28 

6  —  34 

17  _ 

I  - 

L  16 

9 

— 

24 

6          30 

14  — 

I  - 

-  13 

— 

8 

20 

6   —  26 

II  — 

I  - 

-  IO 

7 

: 

16 

3  =  19 

7  — 

•   7 

— 

6 

; 

13 

3  _  16 

5  = 

•  5 

5 

IO 

3   ~   13 

3  — 

•  3 

— 

4 

7 

3  —   1° 

I  — 

I 

— 

3 

4 

+ 

3  —  7 

2 

. 

2 

,  , 

I  _  3 

,  .  1 

I 

I 

• 

2Ó4  = 

^t4 

-229 

,   , 

,  , 

, 

?29 

4-  101  — 430 

4,  Abbiamo  qui  una  tavola  dimoftrativa ,  che  tutte  in  sé 
comprende  le  ragioni  del  più  alto  termine ,  che  diftinto  ab- 
biamo nelle  ferie  precedenti.  Per  trarne  le  ragioni  particola- 
ri ,  che  ad  ogni  fucceffivo  termine  corrifpondono ,  fi  fottragga 
dall'  intera  fomma  il  numero ,  che  il  valore  efprime  di  ciafcun 
termine  antecedente  ;  e  que'  fucceffivi  refidui  ci  fomminiftre- 
ranno  in  fine  la  generale  formola  per  valutare  ,  e  ridurre  a 
confronto  tutti  i  termini  delle  precedenti  ,  e  delle  feguenti 
induzioni . 


Tavola 


SOPRA     L'     elettricità'.         49 

Tavola   ridotta    del  diftinto    valore   di    ciafcun 
termine  fucceflivo  . 


Refinofa  . 

.   . 

.  .  Vitrea. 

264 

15 

—  43° 

206 

14 

—  344 

168  -^ 

13 

—  289 

134  _ 

12 

—   ^9 

104  _ 

1 1 

—   197 

7S 

IO 

—   ^59 

5S  - 

9 

=   125 

41  _ 

8 

85 

27  — 

7 

—     69 

16  — 

6 

—      50 

9  — 

5 

=     34 

4  = 

4 

:        21 

I   — 

3 

II 

2 

—       4 

I 

T-.           T 

Ilio    .   . 

,      , 

.  2058 

5.     Sono  così  dal  fommo  all'imo  rifoluti  in  diftinte  ragio- 
ni tutti  que'  termini ,  che  propelli  abbiamo . 

CAPO        II. 

Combiiiaz-ioni   di  fupcrjìcìe  a  vicenda   oppojle  neW  indune  la 
carica  colla  refniofa ,  e  'vitrea  elettricità  . 

Moltiplichiamo  le  induzioni, ed  opponendo  a  vicenda  di- 
verle  forme  di  fuperiìcie  compiamo  le  gradazioni  varie 
del  relativo  nome  delle  punte,  e  riduciamole  perfino  al  con- 
trappoflo  di  maggiori  ,  ed  eguali  grandezze  .  Si  compie  così 
r  oggetto  della  prima,  e  feconda  Parte  in  tutte  le  combina- 
zioni ,  e  ne'  modi ,  coi  quali  s'  induce  ncll'  oppoRo  quadro  , 
e  fi  raccoglie  ia  carica  colle  due  fpecie  di  elettricità. 

Fra   tanta  varietà  di    cariche  ,  e    fra  tante    differenze   nel 
comporle  ,  e  raccoglierle  un    modo  unico  e  fempre  uniforme 
Tomo  IL  G 


50  Memoria 

(  qual  è  la  fucceffiva  loro  fcarica  nella  boccetta  )  adopriamo 
per  disfarle,  olfia  per  rifolverle,  e  ridurle  a  comune  mifura . 
Nella  terza  Parte  procederà  la  cofa  inverfamente  ;  e  nulla  cu- 
rando la  varietà  dei  modi  d'  indurre  le  cariche ,  le  raccoglie- 
remo per  qualunque  via  ci  fi  prefenterà  più  fpedita  ad  accre- 
fcerle .  Ma  ci  occuperemo  all'oppofto  delle  combinazioni  va- 
rie ,  che  fcemano  le  cariche ,  e  le  fcompongono ,  rintraccian- 
do diftintamente  di  que'modi  varj  le  mifure ,  e  le  proporzio- 
ni .  Profeguiamo  intanto  colla  feguente  ferie . 

CON   ELETTRICITÀ'   RESINOSA. 

Preparazione. 

Termina  il  tubo  o  condottore  nel  folito  globo  fenza  veruna 
punta  ;  ed  a  quefto  oppongo  direttamente  il  confueto  quadro 
verticale  per  modo,  che  quel  globo  ne  guardi  l'armatura  in 
mezzo  ai  due  terzi  d'altezza.  Il  rimanente  tutto  fla  come  nelle 
ferie  del  precedente  capo  ,  ed  applico  qui  pure  ad  ogni  ter- 
mine quindici  giri  del  difco ,  e  di  refinofa  elettricità . 

Alle  due  bali  ifolanti ,  che  foflengono  il  quadro ,  fottopon- 
go  in  quefta,  e  in  tutte  le  ferie  del  prefente  capo  un'  ampia 
ladra  di  vetro  nudo  ,  e  pulito  per  meglio  confervare  I'  ifo- 
lamento  del  quadro  ,  e  delle  più  ampie  fuperiicie  ,  che  nel- 
le feguenti  ferie  terminano  1'  oppoflo  condottore. 

SERIE         15. 

1.  Col  globo  a  contatto  dell'  armatura  fi  fini  la  carica 
in  cinque  fcariche  della  confueta  boccetta; a  mezzo  pollice  in 
quattro  ;  ad  un  pollice  in  tre; ad  un  pollice  e  mezzo  in  una; 
a  due  pollici  non  vi  fu  nel  quadro  fé  non  luce  pungente  fen- 
xa  veruna  forza  fcuotente. 

2.  Fino  alla  diftanza  d'  un  pollice  ad  ogni  due  in  tre  gi- 
ri fcoppiò  la  fcintilla  tra  il  globo  e  il  quadro  ,  ma  ad  un 
pollice  e  mezzo  non  vi  fu  più  indizio  di  fcintilla . 

3.  Dal  principio  de' giri  fino  all'  atto,  che  fcoppia  la  fcin- 
tilla, il  quadro  è  tratto  al  globo,  e  s'  inclina  ad  eflb  nota- 
bilmente .  Ma  nello  fcoppio  della  fcintilla  refta  il  quadro  in 


SOPR.A      L'      elettricità'.  Jl 

libertà ,  e  fi  refiituifce  per  sé  alla  prima  fua  pofitura  ofcillan- 
do  indietro  quafichè  fode  rifpinto .  E  ciò  fi  ripete  limilmen- 
te  in  ciafcuna  delle  fcintille  ,  che  fono  tanto  più  frequenti, 
quanto  è  minore  la  difhmza  tra  il  globo  e  1'  armatura . 

4.  Non  ha  qui  luogo  tra  il  globo  e  1'  armatura  del  qua- 
dro il  folito  pendoletto .  Rimane  foltanto  quel  filo, e  globet- 
to ,  che  pende  dall'  efieriore  armatura,  e  quefto  nell'atto  dei 
giri  fi  vibra  alquanto  in  fuori  ,  benché  quell'  armatura  co- 
munichi ampiamente  col  fuolo  per  mezzo  di  due  fili  metalli- 
ci ,  fra  i  quali  a  diftanza  di  tre  pollici  dall'  uno  e  dall'  al- 
tro pende  quel  filo; 

Preparazione. 

Non  più  il  condottore  termina  in  globo  ,  ma  in  una  fu- 
perficie  piana  di  legno  grofla  dieci  linee, tutta  coperta  di  fo- 
glia di  flagno  ,  di  figura  fimile  all'  armatura  del  quadro  ,  e 
di  grandezza  un  quarto  della  fiefia  ,  e  perciò  la  chiamo  fu- 
perficie  d'  un  quarto  .  Sta  quefta  fifla  all'  eftremità  del  globo 
in  modo  ,  che  fi  prefenta  ,  e  fi  conferva  parallela  in  mezzo 
alla  oppofta  armatura  del  quadro . 

S    E    R    I    E         16. 

1.  A  contatto  finì  la  carica  in  fette  fcariche  della  boccet- 
ta; a  mezzo  pollice  in  cinque;  ad  un  pollice  in  quattro;  ad 
un  pollice  e  mezzo  in  due  ;  a  due  pollici  in  una  .  A  due 
pollici  e  mezzo  vi  è  fola  fcofia  nel  quadro  .  A  pollici  tre 
più  niuna  luce  affatto. 

2.  Si  fanno  qui  a  pari  diftanze  più  frequenti  ,  che  nella 
precedente  ferie  ,  e  prendono  un  tuono  più  grave  le  fcintil- 
le; talché  fino  a  mezzo  pollice  fcoppiano  vive  ad  ogni  giro. 

3.  Ad  ognuna  di  effe  precede  1'  accoramento,  o  inclina- 
zione ;  e  neir  atto  ,  che  fcoppia,  fuccede  la  reftituzione  del 
quadro  .  Onde  quefio  fx  vede  in  continue  ofcillazioni  falla 
fua  bafe . 

4.  Ad  un  pollice  e  mezzo  ,  e  fino  ai  due  in  vece  di 
fcintilla  non  fi  fentìi  ,  che  un  certo  fpruzzo  ,  e  quafi  friggi- 
mento, 0  ftridore  cupo  continuo.  Ed  a  quello  corrifpondono 

G    ij 


51  Memoria 

tenuiffirai  moti  di  accoftamento  ,  e  reftituzione  del  quadro, 
che  fembrano  tremori . 

Preparazione. 

Softituifco  in  fondo  del  globo  una  fuperficie  fimile  ,  e  po- 
fla  fimilmente  ,  che  la  precedente  ,  ma  del  doppio  più  gran- 
de,  e  perciò  la  meta  dell'  armatura  del  quadro,  alla  quale  li 
prefenta  nel  mezzo  affatto  parallela. 

SERIE         17. 

1.  A  contatto  finì  la  carica  in  otto  fcofle  della  boccetta; 
a  mezzo  pollice  in  fei  ;  ad  un  pollice  in  quattro;  e  ciò  fino 
ad  un  pollice  e  mezzo  ;  a  due  pollici  in  tre  ;  a  tre  pollici 
in  una  ;  a  tre  e  mezzo  ,  e  perfino  ai  quattro  vi  e  fcoffa  nel 
quadro  ;  ai  quattro  e  mezzo  ancor  luce  fcintillante  ;  e  vi  fu 
r  ultimo  cenno  di  luce  perfino  ai  pollici  cinque  e  mezzo . 

2.  Segue  a  farfi  pia  grave  il  tuono  delle  fcintille;  ma  qui 
fi  fanno  più  rare  ,  che  nella  ferie  precedente  ;  cioè  a  mezzo 
pollice  ad  ogni  tre  giri  foltanto  fcoppia  la  fcintilla  ;  ad  un 
pollice  non  più  che  ad  ogni  quattro  in  cinque  giri  .  A  due 
pollici  più  niuna  fcintilla  ,  ne  fpruzzo ,  né  ftridore . 

3.  Alle  fcintille  corrifpondono  previamente  i  moti  d'  in- 
clinazione, e  inlìeme  di  refiituzione  del  quadro. 

Preparazione. 

Alla  fuperficie  di  metà  altra  ne  foflituifco  fimile  ,  e  fimil- 
mente  pofta  ,  che  è  uguale  affatto  all'  armatura  del  quadro, 
a  cui  iì  prefenta  in  eguale  altezza ,  e  parallela  . 

SERIE        iS. 

t 

I.  A  contatto  finì  la  carica  in  nove  della  boccetta  ;  a 
mezzo  pollice  in  fei  ;  ad  uno  in  cinque  ;  ad  uno  e  mezzo 
in  tre;  a  due  in  una;  ai  tre  V  ultima  fcoffa  nel  quadro.  Ai 
quattro  nello  fteffo  non  altro,  che  luce,  che  ai  cinque  pollici 
appena  diede  1'  ultimo  cenno , 


s  o  F  R.  A     l'     elettricità'.  55 

2.  Crefce  oltre  modo  la  frequenza,  e  la  forza  delle  fciii- 
tille  nelle  prime  diftanze  fino  ad  un  pollice  ;  al  di  là  del  qua- 
le fi  fanno  più  rare ,  cioè  ad  un  pollice  e  mezzo  appena  una 
o-^ni  tre  giri  ;  e  a  due  pollici  non  altro  fi  fente  ,  che  uno 
fpruzzo ,  o  firidore  cupo  . 

3.  A  mezzo  pollice  s'  inclina  il  quadro  fino  a  contatto 
col  più  alto  lato  dell'  armatura  ,  e  fino  dalla  diflanza  d'  un 
pollice  s'  inclina  tuttavia  quafi  a  contatto  .  Siccome  ad  ogni 
fcoppio  di  fcintilla  fi  rcflitiiifce  in  dietro  con  impeto  ,  così 
previamente  fu  fempre  tratto  all'oppofta  fuperficie  con  forza, 
che  fuperò  la  predone  di  due  diti  ,  coi  quali  tentai  di  fer- 
marlo premendo  fopra  gli  angoli  fuperiori  del  vetro  nudo . 
Ad  un  pollice  e  mezzo  benché  fodero  più  rare  le  fcintille, 
furono  tuttavia  forti  in  ciafcuna  le  ofcillazioni  di  accoramen- 
to, e  di   reftituzione  del  quadro. 

Osservazione      i. 

Raccolgo  qui  alcune  oflervazioni  comuni  a  tutte  quefie  ferie. 

1.  Il  pendoletto ,  che  indicato  abbiamo  nel  n.  4  della  fe- 
rie I  5  ,  fegue  nelP  atto  3  che  continuano  i  giri,  a  fcofirarfi  an- 
che oltre  le  diftanze ,  nelle  quali  più  non  s'imprime  nel  qua- 
dro alcun  cenno  di  luce.  Tale  fcoftamento ,  o  divergenza  non 
è  mai  molto  grande,  e  ricade  col  finir  dei  giri. 

2.  Nel  numero  delle  fcariche  della  boccetta,  e  nei  cenni 
di  fcofla  ,  o  luce  tratti  immediatamente  dal  quadro  non  ri- 
conobbi diverfità  veruna  comunque  nel  trarre  quelle  fcariche 
o  fcoflè  toglielfi  previamente  affatto, o  lafciaffi  intera  nel  con- 
dottore ,  e  neir  annefl'a  fuperficie  la  loro  elettricità  ,  che  ivi 
lungamente  fi  mantiene.  Nel  contatto  fi  traggono  le  fcariche 
dalla  fuperficie  flefl'a  applicata  full'  armatura  del  quadro  ;  e 
nelle  fucceflìve  difi^anze  lì  traggono  le  fcariche  al  folito  dalle 
oppofie  armature  fenza  toccar  quella  fuperficie .  Ed  è  indiffe- 
rente fpogliar  quella  ,  e  il  tubo  d'  ogni  elettricità  o  prima  , 
o  dopo  che  fi  {"carichi  il  quadro . 

3.  Le  attrazioni  tra  le  fuperficie  terminanti  il  tubo,  e  il 
quadro  (  le  quali  nel  contatto  loro  non  folo  fi  combaciano , 
ma  fi  comprimono  firettamente  1'  una  full'  altra  con  vera  ade- 
lìone)  fulfiftono  foltanto  fin  che  durano  i  giri,  e  fino  al  mo- 

G     iij 


54  Memori     a 

mento  della  fcintilla ,  come  accade  nei  comuni  combaciamen- 
ti del  filo,  e  del  pendoletto  nella  fer.  5  ;  e  col  finir  dei  gi- 
ri ,  e  collo  fcoppiar  della  fcintilla  fvanifcono  .  Nel  contatto 
però  r  adefione  è  continua  nel!'  atto  ,  che  fi  gira  il  difco , 
poiché  non  vi  fono  fcintille . 

4.  Tanto  r  adefione  in  contatto,  come  le  attrazioni  nel- 
le fucceffive  difi:anze  hanno  certa  proporzione,  e  colla  quan- 
tità di  elettricità  ,  e  colla  grandezza  di  ambe  le  fuperficie  , 
che,  a  vicenda  il  oppongano  .  Talché  come  col  globo  è  mi- 
nima ,  cosi  è  mafììma  1'  attrazione ,  e  1'  adefione  colla  intera 
fuperficie  uguale  all'  oppofia  armatura . 

5.  Non  ommetterò  le  anomalie  delle  fcintille ,  che  fi  pre- 
fentano  ne'fucceffivi  aumenti  da  minore  a  maggior  fuperficie. 
Poiché  col  globo  le  fcintille  cefiano  dopo  la  difi-anza  d'  un 
pollice  (/cT.  15.  «.2.),  colla  fuperficie  di  quarto  ne  efiendo- 
no  lo  fpruzzo  per  fino  ai  due  pollici  (fer.  16.  n.  2.)  .  Ma 
colla  fuperficie  di  metà  ,  benché  crefca  1'  elettrica  quantità  , 
fi  fanno  più  rare  le  fcintille  ,  né  più  fino  ai  due  pollici  fi 
efiende  lo  fpruzzo  delle  medefime  (fir.  17.  «.  2.)  .  E  colla 
fuperficie  intera  crebbe  fui  principio  la  vivacità  loro, ma  non 
ne  efiefero  lo  ftridore  più  in  là  dei  due  pollici  come  nella 
fuperficie  di  quarto  (fir.   18.  ».   2.). 

6.  Paragonando  quefl^e  diftanze  ,  alle  quali  fi  efiende  la 
fcintilla,  che  non  oltrepafiano  mai  i  due  pollici, colle  diftan- 
ze alle  quali  fegue  ad  imprimerfi  nel  quadro  elettricità  fcuo- 
tente  ,  che  arriva  fino  ai  quattro  pollici  (fer.  17.  '/7.  i.);  è 
manifefto,  che  la  refinofa  elettricità  fi  raccoglie  nell'  oppofto 
quadro  anche  quando  tra  la  fuperficie  e  l'armatura  non  paf- 
fa  più  veruna  fcintilla,  e  ciò  fino  a  diftanze  del  doppio  mag- 
giori . 

7.  Prefentai  in  tutte  quefte  ferie  al  condottore,  o  all' an- 
neflà  fuperficie  una  fpranga  metallica  terminante  in  globo  grof- 
fo  mezzo  pollice;  ed  oflervai ,  che  nell'  avvicinarfi  di  quefto 
globo  quantunque  fino  dalla  diftanza  di  due,  o  tre  pollici  fi 
fcemafle  nel  tubo  1'  elettricità  ,  nonpertanto  la  fcintilla  fra 
il  globo  fteflb  e  il  condottore  non  ifcoppiò  mai  a  diftanza 
maggiore  d'  un  pollice ,  anzi  d'  ordinario  afiai  minore.  E  fic- 
come  nel  numero  precedente  Ci  vide  fprizzar  la  fcintilla  tra 
il  condottore    ftefib    e   il   quadro   fino    alla   diftanza  di   due 


'■  15 
H  \6 

i8 


SOPKA       l'       elettricità'.  JJ 

rollici, perciò  nella  refinofa  elettricità  sbalza  tra  il  condotto- 
re e  r  oppofto  quadro  la  fcintilla  a  diftanze  non  meno  di 
doppie,  che  non  tra  il  condottore  ftelTo  ,  e  tale  globo,  che 
efleriorniente  lì  prelenta. 

8.  Qiiefto  globo  per  altro  comincia  a  fcemare  1'  elettrici- 
tà del  tubo  alla  diflanza  di  due,  e  fino  di  tre  pollici,  come 
fino  ai  quattro  fi  fpinge  dal  tubo  fteffo  1'  elettricità  fcuoten- 
te  nell'oppono  quadro  fenza  apparenza  di  fcintille  (/o/r^w.  6.). 
E  perciò  la  refinofa  elettricità ,  anche  in  tal  forta  di  condot- 
tori fenza  punte,  fi  difperde,o  pafi'a  fenza  fl:repito  di  fcintil- 
le  nell'oppoflo  quadro, o  in  altro  condottore  a  diftanze  dop- 
pie ,  e  per  fino  triple  di  quelle  ,  che  alla  fcintilla  corri- 
fpondono . 

Osservazione     2. 

Riduciamo  qui  pure  in  tavole  a  norma  del  teor.  XIV.  dal 
primo  all'ultimo  i  termini  delle  fcariche ,  colle  quali  fi  efau- 
r"i  la  carica  nelle  ferie  precedenti  imprefla  con  refinofa  elet- 
tricità. 

^  contatto.  Poli.  1.  Poli.  I.  Poli.  i|.  Poli.  11.  Poli.  ii|-.  Poli.  iii.  Poli.  \\\\.  Poli.  iv.  Poli.  \v\.  Poli.  v.  PoILvl 

zrsj..    4...     3...    I...;C...o...    0...O...O...0...0...0 

^...      X  .  .  .     7.  .     .     .     \     .     .    .X.    .    .      0...0,..0...0...0...0 


=    7 
=    8 

=    9- 


5 
6. 


4 
5- 


4' 
3- 


.  2 . 
X. 


I 

X 


X 

X 


X 

X 


X. 
X  . 


X 
X 


.X 
o 


Cjale=:  29  . .  20  , . .  16  . .  IO 


Osservazione     3. 

Confrontando  con  quefie  ,  che  fono  proprie  delle  quattro 
ultime  ferie ,  le  ofTervazioni  ,e  le  tavole  delle  ferie  precedenti 
di  refinofa  elettricità  ,  ne  rifuitano  i  più  ovvj  rapporti  del- 
la fteffa  fpecie  in  tutte  le  differenti  fue  preparazioni  ,  come 
ne'  feguenti 


55  Memoria 

Corollari. 

CoROLL.  I.  Nella  ftefla  fpecie  di  refinofa  elettricità  fé  fi 
conlìderi  la  femplice  ragione  delle  diftanze  nelle  forame  loro 
confufe,il  condottore  terminante  in  punta  imprime  la  carica 
neir  oppoflo  quadro  con  forza  ottupla,  che  non  quando  ter- 
mina in  globo,  odia  sferica,  o  altra  piana  fuperlicie . 

Nella  fomma  delle  ferie  con  punta  di  refinofa  elettricità  fì. 
trova  fino  ai  pollici  24  l'ultima  fcoffa  tratta 'dal  quadro 
(teor.  XIV.  n.  i.  )  ;  e  nella  fomma  delle  ferie  del  condottore 
terminante  in  globo,  0  in  piana  fuperficie  non  lì  trova  l'ul- 
tima fcofla  limile  al  di  là  dei  pollici  ^  (ojf.  z.prcc.)  .E'  dun- 
que come  24:3. 

CoROLL.  2.  Se  nella  ftefTa  ragione  fi  paragonino  i  termi- 
ni corrifpondenti  nelle  fomme  delle  ferie  di  punta  ,  e  di  fu- 
perficie terminante  il  condottore  non  ha  la  punta  di  refino- 
la  elettricità  fé  non  forza  circa  quintupla  della  sferica,©  pia- 
na fuperficie  per  imprimere  la  carica  nell'  oppofio  quadro . 

Intendo  per  termini  corrifpondenti  i  numeri  prollimi  nelle 
fomme  delle  fcariche.Ora  nelle  ferie  di  punte (tcor. xiv.  n.  i.) 
fotto  i  pollici  otto  vi  è  la  fomma  ^6  ,  cioè  la  pili  profiima 
alla  fomma  29  del  primo  termine  delle  ferie  ultime  (0^  2.  ) . 
Ma  dai  pollici  otto  finifce  ai  24  1'  ultima  fcoira,che  qui  fi- 
nifce  ai  pollici  3  .  Dunque  le  difianze  fono  come  16:  3,  le 
quali  ragguagliate  per  Ja  maggiorità  del  termine  36  fopra  il 
zg ,  poilono  ridurfi  circa  come   15:  3 

CoROLL.  3.  Se  nello  fteflb  modo  fi  paragoni  diftintamen- 
te  l' azione  della  punta  con  certa  grandezza  di  sferica ,  e  pia- 
na fuperficie, fi  riconofce  i.  la  forza  della  punta  poco  meno 
di  fettupla  del  globo;  2.  quintupla  della  fuperficie  di  quarto; 
3.  poco  più  di  quadrupla  della  fuperficie  di  metà;  4.  e  più  di 
fettupla  dell'  intera  fuperficie   uguale  all'  oppofia  armatura. 

1.  Nella  ferie  5  (tcor.xir.  n.i)  il  termine  di  fcofiè  cin- 
que è  ai  pollici  14;  e  r  ultima  fcofia  arriva  fino  ai  24  ,  e 
benché  nelle  ferie  feguenti  non  fi  trovi  il  precifo  termine  di 
cinque ,  pure  fé  C\  prendano  le  difianze  medie  tra  il  termine 
proflirao  e  V  ultima  fcofla  ,  può  con  ficurezza  afllmierfi  di 
pollici   IO  la  difianza  fra  il  termine  di  cinque  all'ultima  fcof- 

fa, 


SOPRA      L*      elettricità'.  57 

fa  .  Ma  nella  ferie  1 5  {oj]'.  prec.  )  dal  termine  primo  di  cin- 
cue  l'cariche  fino  all'ultima  col  globo  non  vi  è  che  la  dirtan- 
za  di  pollici  I  7  ;  dunque  riduceiido  fono  le  diftanze  come 
20:3,  cioè  la  prima  poco  meno  di  fettupla  . 

2.  Nella  ferie  7  il  termine  di  lette  fcollé  dai  pollici  8 
arriva  fino  ai  18  coli'  ultima  fcoffa  ;  e  ragguagliando  gli  al- 
tri termini  proflimi  fi  trova  poco  più  di  dieci  pollici  la  diftan- 
za  loro  dall'ultima .  Ma  nella  ferie  16  con  fuperricie  di  quar- 
to dal  primo  termine  di  fette  fcariche  ali'  ultima  fcofla  non 
vi  fono  che  pollici  2;  dunque  non  è  che  quintupla  in  ragio- 
ne delle  diftanze. 

3.  Nella  ferie  6  ai  pollici  S  vi  è  il  termine  di  otto  fcof- 
fe  ,  che  eftende  fino  ai  21  1'  ultima  fcoflii  ;  ed  è  perciò  la 
diltanza  di  pollici  13  .  Ma  nella  ferie  17  con  fuperficie  di 
metà  dal  primo  termine  di  otto  arriva  fino  ai  pollici  3  l'ul- 
tima fcoffa;  dunque  la  ragione  delie  diftanze  è  come  13:  3, 
■cioè  poco  pili  di  quadrupla  . 

4.  Nella  ferie  7  e  8  ai  pollici  4  vi  è  il  termine  di  no- 
ve fcariche, e  nella  ferie  5  è  ai  pollici  8. Ora  come  in  qtiel- 
le  dai  quattro  all'  ultima  fcoft!a  vi  fono  14  pollici  ,  così  in 
queila  dagli  otto  all'  ultima  vi  fono  pollici  ió:che  per  ade- 
quato lì  riducono  ai  pollici  15  .  Ma  nella  ferie  18  dal  pri- 
mo termine  di  nove  fcoftè  fino  all'  ultima  fono  pollici  2  .  Dun- 
-que  è  la  ragione  delle  diftanze  come  15  :  2  ,  cioè  piìi  di 
fettupla . 

CoROLL.  4.  Ma  la  punta  ftefl'a  nell'  imprimere  nell'  op- 
pofto  quadro  la  carica  non  eftende  nel  frappofto  mezzo  lo 
flrepito  di  fcintilla  fé  non  a  diftanza  fubquadrupla,  e  perfino 
lubottupla  della  rotonda,  o  piana  fuperficie. 

Poiché    colle  punte  lo  ftrepito  della  fcintilla  non  oltrepaf- 
fa  la  diftanza  di  tre  linee  (Ccip.  L  ojf.  7.  ti.   i.)  .  All'  oppo- 
fto  col    condottore    terminante  in  globo  fi  eftende  tra  quefto 
e  il  quadro  la  fcintilla  per  lo  meno  ad  un  pollice,  e  con  pia- 
na fuperficie  per  fino  ai  due  pollici  (ojj'.   i   «.  6.). 
j..  CoROLL.   5.     Ed  un  globo  di  mezzo  pollice  ,  che  efterior- 
mente  a  fianco  li  prelenta  al  condottore  terminante  in    pun- 
ta ,  non  comincia  a  fcemarne  notabilmente  l' elettricità ,  fé  non 
a  diihnza    fubdupla  ,  che  non  quando  il  condottore  imprime 
nell'oppofto  quadro  la  carica  con  rotonda,  o  piana  fuperficie. 
Tomo  II  H 


!     58  Memoria 

Finché  verfo  1'  oppofto  quadro  vi  è  punta  quel  globo, che 
di  fianco  fi  prefenta ,  non  comincia  a  fcemar  notabilmente 
r  elettricità  del  condottore  fé  non  a  diflanza  d'un  pollice  e 
mezzo  {Cap.  I.  ojf.  7.  ».  2.),  e  quando  al  quadro  quel  con- 
dottore oppone  la  rotonda ,  o  piana  fuperficie ,  ne  fcema  quel 
globo  fteflb  r  elettricità  per  fino  alla  dilbnza  di  tre  pollici 
(  of   I.  n.  6.  7.  )• 

CoROLL.  6.  E  tra  quel  globo  e  il  condottore  quando  ter- 
mina in  punta  non  ifcoppia  la  fcintilla  ,  fé  non  a  diftanza 
fubdupla ,  e  per  fino  fubtripla ,  che  non  quando  il  condottore 
fteflb  imprime  nell'  oppofto  quadro  la  carica  con  rotonda ,  o 
piana  fuperficie. 

Qiiando  il  condottore  oppone  all'  oppofto  quadro  la  punta 
non  ifcoppia  la  fcintilla  tra  il  condottore  e  il  globo  ,  che 
a  fianco  [\  prefenta ,  fé  non  a  diftanza  di  due  linee  ,  e  al  più 
di  quattro  (  Cap.  l.  oJf.  7.  «.  2.  3.  )  ;  e  fcoppia  la  fcintilla 
fi-efla  anche  a  diftanza  maggiore  d'  un  pollice, quando  il  con- 
dottore ftefib  imprime  nell'  oppon:o  quadro  la  carica  con  ro- 
tonda, 0  piana  fuperficie  (  oJf,   1.  n.  j.  )  . 

CON     VITREA    ELETTRICITÀ'. 

Preparazione. 
La  Jiejfa ,  che  nella  ferie  15. 
SERIE         19. 

1,  A  contatto  con  quindici  giri  s'imprefTe  tanta  carica  , 
che  finì  in  nove  fcariche  della  boccetta  ;  a  mezzo  pollice  in 
otto  ;  ad  uno  in  fette  ;  ad  uno  e  mezzo  in  tre  ;  ad  uno  e 
tre  quarti  più  niuna  fcofla  neppur  nel  folo  quadro  .  A  due 
pollici  non  fi  ottenne  più  dal  quadro  neppure  il  menomo 
cenno  di  luce . 

2.  Fino  a  mezzo  pollice  ad  ogni  giro  fcoppiò  viviffima  la 
fcintilla  tra  il  globo  ed  il  quadro  .  Ad  un  pollice  fu  egual- 
mente forte,  e  non  molto  più  rara,  cioè  ogni  tre  giri  fcop- 
piarono  incirca  due  fcintille  .  Ad  un  pollice  e  mezzo  fi  fe- 
ce più  grave  il  tuono,  e  più  raro  lo  fcoppio  della  fcintilla. 


sopn.A     l'     elettricità'.  59 

talché  appena  una  ne  faltò  ogni  tre  ,  o  quattro  giri  :  ad  un 
pollice  e  tre  quarti  fvani  ogni  fcintilla,  né  vi  fu  indizio  di 
Ipruzio  veruno . 

g.  Anche  qui  alle  fcintille  precede  1'  inclinazione  ,  o  ac- 
coramento del  quadro  ,  e  la  lua  relHtuzione  nell'  atto  dello 
fcoppio .  Fu  r  inclinazione ,  o  accoftamento  affai  più  notabi- 
le, che  nella  re(inof;i ,  che  a  quefKa  corrifponde  . 

4.  Il  pendoletto  ,  che  qui  pure  fta  all'  efferiore  armatu- 
ra del  quadro  in  mezzo  ai  due  fili  metallici  ,  fi  fcoftò  nell' 
atto  dei  giri  ,  e  continuò  a  fcoffarfi  anche  al  di  là  di  due 
pollici,  quando  più  non  s'  impreile  nel  quadro  neppure  cen- 
no di  luce .  Dalle  prime  alle  ultime  diffanze  fu  qui  lo  fcofta- 
mento  del  pendolo  all'ai  maggiore ,  che  non  fu  mai  colla  re- 
linofa  elettricità;  e  li  mantenne  anche  finiti  i  gin  del  difco. 

Prkparazione. 

La  medefima  della  fais  16. 
SERIE        20. 

1.  A  contatto  s'  impreffe  carica,  che  finì  in  tredeci  fca- 
riche  della  boccetta;  a  mezzo  pollice  in  dieci;  ad  uno  in  ot- 
to ;  ad  uno  e  mezzo  in  lette  ;  ad  uno  ,  e  fino  ai  due  e 
mezzo  in  cinque  ;  ai  tre  in  due  ;  ai  tre  e  un  quarto  in  una  ; 
ai  tre  e  mezzo  fola  Icoffa  nel  quadro  .  Ai  tre  e  tre  quar- 
ti appena  un  cenno  di  luce  nel  quadro .  Ai  quattro  più  nulla  . 

2.  Continuo  fu  Io  fcoppio  di  fcintille  viviffìme  fino  ad  un 
pollice;  nelle  fucceffive  dilìanze  iì  fecero  alquanto  più  gravi, 
ma  non  molto  più  rare  lino  ai  due  pollici  ,  e  continuarono 
a  fpruzzo  ,  e  a  fcoppio  ferpeggiante  perfino  ai  pollici  tre  e 
mezzo  ,  ma  ognora  più  gravi ,  e  rare  . 

3.  L' inclinazione  .0  l' accoftamento  del  quadro  corrifpon- 
de alla  forza  delle  fcintille  fino  alla  diftanza  d'  un  pollice  e 
mezzo;  ma  più  in  là  fu  l' accoftamento  affai  minore,  che  non 
furono  le  fcintille,  e  la  carica  impreffa  nel  quadro. 


H    ij 


6o  Memoria 

Preparazione. 

Come  nella  ferie    17. 

SERIE        21. 

I..  A  contatto  finì  la  carica  in  tredeci  della  boccetta  ;  x 
mezzo  pollice  in  nove  ;  ad  un  pollice  ,  e  ad  uno  e  mezze 
in  otto  ;  ai  due  in  fette  ,  e  fino  ai  tre  pollici  fi  ebbero  poco- 
di  meno  .  Ai  tre  e  mezzo  in  tre  .  Ma  ai  tre  e  tre  quarti 
appena  vi  fu  fenfo  di  fcoffa  nel  folo  quadro  .  Dai  quattro  poi 
fino  ai  cinque  pollici  appena  vi  fu  un  cenno  di  luce  neppur 
pungente  nel  folo  quadro . 

2.  Scintille  tridenti  ,  e  acute  fino  ad  un  pollice  e  mez- 
zo ;  e  continuano  fimili  fino  ai  tre  pollici,  fé  non  che  C\  fan- 
no fucceffivamente  di  tuono  più  grave .  Dopo  i  tre  fi  fanno 
anche  più  rare  fino  ai  tre  e  mezzo  .  Fino  ai  quattro  fi  fen- 
te  lo  fpruzzo  d'  una  fcintilluzza;  e  più  in  là  non  refla  icnio^ 
di  fpruzzo  veruno . 

3.  L'  accoramento  del  quadro  fu  ognora  più  notabile , 
che  nelle  ferie  precedenti .  Ma  dopo  un  pollice  e  mezzo  fu 
affai  indebolito ,  e  s'  indebolì  vie  più  nelle  fucceffive  diftanze , 
benché  continuaffero  vive  le  fcintille  ,  e  la  carica  impreffa 
ik1  quadro .. 


Preparazione 

'(    •■■1; 

Come  nella  ferie  18. 

[  ;'■■■ 

SERIE         22;:" 

1.  A  contatto  finì  la  carica  in  tredeci  come  fopra  ;  a  mez- 
zo pollice  in  nove;  ad  uno  in  fei;  ad  uno  e  mezzo  in  cin- 
que ;  ai  due  in  tre  ;  ai  due  e  mezzo  in  due  ;  ai  tre  in  una  ; 
ai  tre  e  mezzo  fola  fcoffa  nel  quadro  ;  ai  quattro  ancor  fcin-- 
tilla  pungente  ;  e  fino  ai  cinque  appena  un  cenno  di  luce . 

2.  Fino  a  mezzo  pollice  furono  viviffime  ,  e  continue  le 
fcintille.  Si  fecero  gravi,  e  alquanto  più  rare  ad  un  pollice- 


SOPRA  l'  elettricità'.  6r 
Indi  ad  uno  e  mezzo  furono  graviliime  ,  e  ancor  piìi  rare, 
talché  ai  due  poilici  una  appena  ne  fcoppiò  ogni  fei  giri .  Ai 
due  pollici  e  mezzo  non  li  fentì  ,  che  qualche  fpruzzo  in- 
terrotto, e  grave;  e  piii  in  là  dei  tre  pollici  non  vi  fu  nep- 
pur  fenfo  di  fpruzzo  . 

3.  A  mezzo  pollice  fu  tanto  forte  la  mutua  attrazione 
della  fuperlìcie ,  e  del  quadro  ,  che  quella  ii  fpingeva  innan- 
zi follevando  la  bafe  del  condottore,  benché  lì  caricadè  d'un 
grave  pefo  ;  né  il  quadro  li  poteva  fermare  premendone  i  due 
angoli  fup?eriori  con  tutta  la  forza  dell'  indice  di  ambedue  le 
mani.  Ad  un  pollice  continuò  affai  forte;  e  tanto  qui  come 
ad  un  mezzo  pollice  ad  ogni  fcoppio  di  fcintilla  fi  reftituì  al 
folito  la  fuperficie  ,  e  il  quadro  ;  onde  furono  continue  ,  e 
grandi  le  loro  ofcillazioni  .  Ad  un  pollice  e  mezzo  fcemaro- 
no  ,  e  così  fuccelfivamente  in  proporzione  delle  fcintille  ,  e 
della  carica  imprefTa  nei  quadro. 

Osservazione     4. 

Raccogliendo  qui  pure  alcune  oflervazioni  comuni  alle  quat- 
tro ultime  ferie  di  vitrea  elettricità  le  paragoniamo  alle  cor- 
rifpondenti  di  refinofa . 

1.  Lo  fcoftamento  di  quel  pendoletto  ,  che  notato  abbia- 
mo nel  n.  4  della  fer.  19,  fegue  in  tutte  quefte ,  tinche  con- 
tinuano i  giri,  a  mantenerfi  aflai  più  notabile,  che  nelle  pre- 
cedenti di  refinofa ,  e  molto  al  di  là  delle  diftanze,  nelle  qua- 
li s'imprime  carica,  o  luce  nel  quadro.  Né  qui  col  finir  dei 
giri  cade  fubito  tanto  nelle  prime, come  nelle  ultime  diftanze  . 

2.  E  fimilmente  in  tutte  le  diftanze  replicai  le  prove  del- 
le fcariche  ,  e  delle  fcintille  imprelfe  nel  quadro  ;  né  trovai 
nel  numero,  e  nella  forza  loro  veruna  differenza,  comunque 
toglieffi  pre\iamente  ogni  elettricità  al  tubo  ,  e  alla  annefla 
fuperficie ,  ovvero  ivi  lafciafli  tutta  l'  elettricità ,  che  fi  con- 
ferva lungamente  . 

3.  Le  attrazioni  ,  e  adefioni  tra  la  fuperficie  e  1'  arma- 
tura del  quadro  fuHìftono  foltanto  ,  finche  durano  i  giri  ,  e 
fino  allo  fcoppio  della  fcintilla  ,  come  accade  nei  combacia- 
fnenti  del  filo  nella  fer.  io.  Nel  che  fi  diftinguono  dalle  ade- 
sioni ,  e    attrazioni  tra  V  armatura   e  la  nuda   fuperficie   del 

H    iij 


6i  Memoria 

quadro,  e  da  ogni  genere  di  adefione  tra  il  cufcinetto,  il  ve- 
tro con  effo  ftroffinato,  e  tra  molte  lamine  refluenti,  o  an- 
che fogli  di  carta  ftroffinati  inlìeme  uno  fopra  1'  altro.  Nei 
quali  cali,  e  altri  funili  fuffifte  l'adefione  anche  finiti  i  gin, 
e  dopo  tratta  la  fcintilla. 

4.  Crefcono  qui  quelle  attrazioni  con  forza  forprendente  , 
e  all'ai  pili  che  nelle  corrifpondenti  di  relìnofa  .  Confervano 
però  lìniilmence  certa  proporzione  colla  maggior  eftenlione 
delle  oppofte  fuperficie  ,  e  colla,  quantità  di  elettricità  pro- 
cedente dal  condottore .  Talché  non  fembrano  foflenerfi ,  che 
per  la  viva,  e  continua  permutazigne  di  foftanze ,  ovvero  dei 
foggetti  della  loro  mutua  azione,  die  in  tal  atto,  e  in  con- 
veniente quantità  trapalano  da  una  in  altra  fuperficie  .  In 
vero  tanto  nel  filo  della  fer.  io  ,  come  nelle  ferie  ultime  fé 
debole  fi  rende  T  elettricità ,  tanto  meno  è  notabile  V  adefio- 
ne ,  e  in  fine  diviene  infenfibile  e  nulla. 

Sembra  impolfibile  ,  che  nafcere  poflà  ,  o  forte nerfi  1'  idea 
di  fluido  unico  ,  ed  efpanfivo  in  mente  di  chi  veduto  abbia 
da  principio,  o  in  fine  veder  voglia  fenomeni  tanto  infigni , 
e  collanti  di  mutua  azione .  Avrei  deiiderato  di  milurare  con 
qualche  precifione  la  forza,  corrifpondente  alle  fuccefllve  gran- 
dezze di  fuperficie  ,  e  alla  quantità  di  elettricità  ;  ma  non 
ebbi  campo  di  fare  per  ciò  le  opportune  preparazioni . 

5.  Le  anomalie  ,  che  notate  abbiamo  nella  frequenza  ,  e 
nella  forza  delle  fcintille  tra  la  fuperficie  e  '1  quadro  nelle 
fuccefllve  diflanze ,  non  cominciano  qui  dalla  fuperficie  di  me- 
tà ,  come  nella  refinofa  ,  ma  dalla  ultima  fuperficie  intera. 
Poiché  nella  fer.  20,  e  21  fi  efiefero  le  fcintille,  e  gli  fpruz- 
zi  per  fino  ai  quattro  pollici  (  ivi  n.  2.>,  e  nella  fer.  22. 
n.   2.  non  arrivano  piìi  in  là  dei  tre  pollici. 

6.  Paragonando  le  difianze  ,  nelle  quali  fcoppiano,o  fpruz- 
zano  le  fcintille  tra  la  fuperficie  e  il  quadro  in  tutte  le  fe- 
rie di  vitrea  elettricità,  corrifpondono  quelle  appuntino  alle 
diftanze  ,  nelle  quali  fegue  ad  imprimerfi  alcuna  forza  fcuo- 
tente  nello  fielTo  quadro.  Poiché  dalla  fer.  19  alla  22  n.  i, 
e  2  fvanifce  quefta  nel  momento  ,  che  finifcono  gli  ultimi 
fpruzzi  delle  fcintille  .  Onde  la  vitrea  elettricità  non  fi  rac- 
coglie qui  neir  oppoffo  quadro,  fé  non  a  diftanze,  e  in  co- 
pia proporzionali  al  numero,  e  alla  forza  delle  fcintille.^ 


SOPRA     l'     elettricità'.         63 

7.  Picfentando  qui  pure  al  tubo ,  o  all'  anneffa  fuperiicie 
una  fpranga  metallica  terminante  in  'globo  groiTb  mezzo  pol- 
lice ne  ebbi  fcintille  vivillime,  e  veramente  Icuotenti,  e  fer- 
peggianti  fino  alla  diftanza  di  tre  pollici  maffime  nell'ultima 
ferie  .  Non  ho  mai  altrimenti  offerN-ato  verun  modo  di  ele- 
vare al  fommo  la  capacità  d'  un  condottere,  quanto  nell'  ul- 
tima preparazione ,  in  cui  queito  prefenta  a  certa  diflanza  un' 
uguale  fuperficie  all'  oppofto  quadro .  E  in  qued'  ultima  ferie 
la  fcintilla  dalla  fuperiicie  al  quadro  non  ifcoppiò  notabilmen- 
te al  di  là  di  tre  pollici  ;  onde  fembra  ,  che  le  anomalie  di 
maggiori  difianze  nella  ferie  20  ,  e  21  notate  più  fopra  al 
n.  5,  lìccome  le  corrifpondenti ,  che  notate  abbiamo  al  n.  5. 
della  off.  I  ,  dipendano  da  certa  grandezza  di  fuperficie  op- 
pofte ,  o  prefentate .  E  perciò  riflringendoci  all'  ultima  prepa- 
razione troviamo  ,  che  nella  vitrea  elettricità  la  fcintilla  tra 
il  condottore  e  1'  oppolio  quadro  non  ifcoppia  a  diftanze 
molto  maggiori ,  che  non  tra  il  condottore  medelimo  e  tale 
globo,  che  efteriormente  fi  prefenta. 

8.  Quefto  globo  però,  che  al  condottore  fi  prefenta,  non 
fa  in  edb  notabile  diminuzione  di  elettricità  nelle  maggiori 
didanze  ,  finché  non  incomincia  a  trarre  qualche  fpruzzo  o 
flridore  di  fcintilla.  Siccome  dal  condottore  fteflo  non  fi  fpin- 
ge  neir  oppofto  quadro  veruna  forza  di  carica,  fé  non  a  di- 
Itanze  corrifpondenti  allo  fcoppio  ,  o  fpruzzo  delle  fcintille 
(  fopra  n.  6.  ) .  Onde  anche  in  tali  forme  di  condottori  la  vi- 
trea elettricità  non  fi  difperde  ,  né  pafia  tacitamente  ,  come 
la  refinofa  ,  nell'  oppofto  quadro  ,  o  in  altro  condottore  fé 
non  a  diftanze  proporzionate  allo  ftrepito  ,  e  fcoppio  delle 
fcintille. 

Osservazione      5. 

Riduciamo  fimilmente  in  una  tavola  i  numeri  ,  che  efpri- 
mono  la  forza  fcuotente  nel  quadro  imprefta  con  vitrea  elet- 
tricità nelle  fuccefllve  diftanze. 


(54  Memoria 

A  contatto.  Poli,  i-  Poli.  i.  Poli.  i\.  Poli. ...  Poli,  uf .  Poli.  m.  Poli.  .u|-.  Poli.  .r.  Poli,  .v -^  Poli.  v.  Poli,  vi-  Poli.  n. 
Ser.  19-    9--     8..    7..     3...0...0...0...0...0...0...0...0...0 
Ser.20=^i3..  io..    8..     7...  5  .   .  .   5  •  •  •  ^  •  -  •  Z. .  .  o  .  .  .  o  ...  o   ...  o  ...  o 
Ser.2i  =  i3-.     9--    8.-     S...  7  .  .  .   7  •  •  •  6  •  •  •  3  •  •   -^^  •  •  • '"^  •••  ^  •••  °  •■•  ° 


Ser.  22  =  15..     9..    6..     5---3 


I 


X .  .    .X.    .    .  X   ...    X   ...    o    ...   o 


Totale  =  48.-  3Ó..  29..  23..  15.  .  .  14-  •  •  9  ■  ■  ■  3 

Paragonando  la  ferie  21  colla  precedente  20  ,  e  colla  fe- 
euente\2,  nelle  quali  i  primi  termini  a  contatto  fono  egua- 
li refta  evidente,  come  qui  fopra  accennai  (n.  7.  )  ,  che  le 
diftanze,  alle  quali  s'  eftendono  le  fcintille,e  le  cariche  cor- 
rifpondenti  tra  il  condottore  e  l'oppofto  quadro,  o  altro  con- 
dottore, dipendono  da  certa  grandezza,  e  proporzione  delle 
fuperficie  oppofte ,  e  prefentate,  e  non  dalla  fola  quantità  di 
elettricità. 

Osservazione.     6. 

E  confrontando  quefte  ,  che  alle  quattro  ultime  ferie  ap- 
partengono ,  colle  tavole,  e  offervazfoni  delle  ferie  preceden- 
ti di  vitrea  elettricità  deduciamo  i  rapporti  della  iteiia  Ipe- 
cie  nelle  diverfe  preparazioni  ne'  feguenti 

..  Corollari. 

■  CoROLL.  i.  Nella  fleffa  fpecie  di  vitrea  elettricità  fé  fi 
confideri  la  femplice  ragione  delle  dirtanze  nelle  fomme  loro 
confufe  il  condottore  terminante  in  punta  imprnne  la  canea 
nell'  oppofto  quadro  con  forza  poco  più  di  quintupla  ,  clie 
non  quando    termina  in  globo  ,    oiìia  sferica  ,    o  altra  piana 

'""Ndlf  tavola  delle  ferie  con  punta  di  vitrea  elettricità  fi 
trova  foltanto  ai  pollici  xvm  il  termine  fommato  di  3  kan- 
che  tratte  dal  quadro  (U.r.xiK.  n.  ^.  )  .  E  nella  tavola  de^ 
le  ferie  di  fimile  elettricità  col  condottore  ternimante  in  |lo- 
bo  ,  e  in  piane  foperficie  ii  trova  il  termine  di  tre  icanche 
ai  follici  IH  i  (  of,.prec.  ) .  E'  dunque  la  relativa  forza  je 
1 8  :  3  i  ,  e  ridaccado  come  36  :  7  ;  cioè  poco  più  di  q^^"JJ^P|_^^- 


SOPRA     l'     elettricità'  6^ 

CoROLL.  2.  Che  fé  nella  fì-efTa  ragione  diftintamente  fi  pa- 
ragonino i  termini  corrilpondenti  nelle  fomme  di  quelle  ta- 
vole ,  non  hanno  le  punte  di  vitrea  elettricità  fé  non  forza 
poco  meno  di  quintupli  delle  sferiche ,  o  piane  fuperficie  per 
imprimerne  la  carica  nell'  oppofto  quadro . 

Prendiamo  nelle  fteffe  tavole  i  numeri  eguali  ,0  piùproffimi 
che  nelle  fomme  dei  primi, ed  ultimi  termini  fi  corrifpondo- 
no  .  Nelle  ferie  di  punte  ad  un  pollice  vi  è  la  fomma  45  , 
che  è  la  più  profTima  alla  fomma  48  del  primo  termine  del- 
le ferie  di  fuperficie .  Ma  in  quelle  arriva  fino  ai  pollicini  7. 
Dunque  fono  Je  diftanze  pollici  i  7 :  5  -^ ,  le  quali  ridotte  co- 
me 34:  7  fono  in  minor  ragione  di  quintupla  .  Può  per  al- 
tro accrefcerfi  alquanto  tale  ragione  per  la  differenza  dei  ter- 
mini primi 48  ,  e  45  ,  che  porterebbe  di  più  una  fedicefima  d'un 
pollice  nel  numero  34,  o  di  meno  nel   numero  7. 

CoROLL.  3.  Che  fé  nello  ftefio  modo  fi  paragoni  diftin- 
tamente  la  forza  delle  punte  con  ciafcuna  grandezza  di  sferi- 
ca ,  o  piana  fuperficie  ,  fi  riconofce  la  forza  delle  punte 
i.  circa  quadrupla  del  globo;  2.  e  fimilmente  quadrupla  del- 
la piana  fuperficie  di  quarto  ;  3.  più  di  tripla  della  fuperficie 
di  metà  ;  4.  e  quintupla  dell'  intera  fuperficie  uguale  all'  op- 
pofi-a  armatura . 

1.  Nella  ferie  io  il  termine  di  fcofle  9  è  ai  pollici  11  , 
e  il  termine  di  fcofle  3  ai  pollici  vin;  e  benché  nelle  ferie 
feguenti  non  s'  incontrino  in  una  fteffa  ferie  i  termini  preci- 
fi  di  9  ,  63,  pure  fé  lì  prendono  le  diftanze  medie  tra  il 
primo  e  l'ultimo  dei  termini  pro(rimÌ5fi  trova  in  circa  ade- 
quata la  diftanza  di  quella  prima  ferie  di  pollici  vi. 

Ma  nella  ferie  19  col  globo  tra  il  primo  termine  9  e 
r  ultimo  3  vi  e  la  diftanza  di  pollici  i  ^.  Dunque  ridiicendo 
fono  le  diftanze  incirca  come  12:  3  ,  ed  è  perciò  circa  qua- 
drupla la  ragione  loro . 

2.  Non  fi  trovano  in  ne/Tuna  delle  ferie  di  punta  efatti  i 
termini  di  13  fcariche,  e  2  in  fine, come  nella  ferie  20  con 
fuperficie  di  quarto,  fra  i  quali  terminila  difranza  è  di  pollici  iii. 

Ma  ragguagliando  le  ferie  io,  11  ,  e  14,  nelle  quali  fono 
i  termini  più  profiìmi  ai  13,6  2,  fi  trova  tale  diftanza  tra  i 
pollici  vili  ,  e  XIV  ,  cioè  verfoi  pollici  xii.  Onde  rifulta  in- 
circa quadrupla  la  ragione  loro. 

Tomo  IL  i 


66  Memoria 

3.  Nella  ferie  io  fono  precifamente  i  termini  13  ,  e  3 
alla  diftanza  di  pollici  viii.  Nella  ferie  11  tra  i  pollici  viii , 
e  XIV;  e  nelle  ultime  fono  pure  verfo  i  pollici  xiv.Può  quin- 
di prenderli  circa  di  pollici  xii  1'  adequata  diftanz.i  di  que' 
termini . 

Ma  nella  ferie  21  con  fuperficie  di  metà  tra  il  primo  13 
e  r  ultimo  3  vi  è  la  diftanza  di  pollici  in  \.  Dunque  ridu- 
cendo è  la  ragione  loro  come  fono  le  diftanze  24  :  7  ,  cioè 
più  di  tripla . 

4.  Nella  ferie  io,  e  11  in  fine  fono  i  termini  precifi  di 
13,  e  I  alla  diftanza  di  xiv  pollici  .  Per  le  ferie  13,  e  14 
fembra  poteri!  eftendere  ficuramente  di  pili  oltre  i  pollici  xv. 

Ma  nella  ferie  22  con  fuperficie  intera  eguale  all'  oppofta 
armatura  non  vi  fono, che  pollici  ni  fra  i  termini  13,  e  i. 
Dunque  in  ragione  delle  diftanze  farebbe  la  relativa  loro  for- 
za come   15:3  cioè  quintupla. 

CoROLL.  4.  Ma  la  ftefta  punta  nell'  imprimere  nell'  oppo- 
flo  quadro  la  carica  non  eftende  nel  frappofto  mezzo  lo  ftre- 
pito  di  fcintilla  ,  fé  non  a  diftanza  fubdupla  ,  e  perfino  fub- 
quadrupla  della  rotonda,  o  piana  fuperficie. 

Dalla  punta  del  condottore  all'  oppofta  fcoppia  la  fcintilla 
fino  alla  diftanza  di  linee  nove  {Cap.  1.  off.  \i.n.\.)\  e  dal 
condottore  fteftb  terminante  in  globo  ,  o  in  piana  fuperficie 
fcoppia  a  diftanza  d'  un  pollice  e  mezzo  ,  colla  quale  è  fub- 
dupla; e  al  più  di  tre  pollici,  coi  quali  è  fubquadrupla  {off. 
4.  n.  6.). 

CoROLL.  5.  Ed  un  globo  di  mezzo  pollice,  che  efterior- 
mente  fi  prefenta  a  fianco  del  condottore  terminante  in  pun- 
ta, comincia  a  diminuirne  l'elettricità  a  diftanza  fubtripla, 
che  quando  il  condottore  fteftb  imprime  nell'  oppofto  quadro 
la  carica  con  rotonda  ,  o  piana  fuperficie . 

Col  globo,  che  a  fianco  ^\  prefenta, non  comincia  nel  pri- 
mo cafo  a  fcemarfi  1'  elettricità  del  condottore  ,  fé  non  alla 
diftanza  di  un  pollice  {Cap.I.off.  11.  «.2.3.)  ;  e  nel  fecondo 
cafo  comincia  a  fcemarfi  fino  alla  diftanza  di  pollici  tre  (  off. 
4.  n.  S.)  ,  alla  quale  diftanza  fegue  ad  imprimerfi  la  carica 
(  ivi  n.  6.). 

CoROLL.  6.  E  tra  quel  globo  ,  che  fi  prefenta,  e  '1  con- 
dottore terminante    in    punta  fcoppia    la  fcintilla    a    diftanza 


SOPRA       l'       elettricità'.  67 

fubtripla  ,  che  non  quando  il  condottore  fteflb  imprime  nell' 
oppoflo  quadro  la  carica  con  rotonda ,  o  piana  fuperficie  . 

Con  punta  al  condottore  fcoppia  la  fcintilla  a  diftanza  d' un 
pollice  [Cap.l.ojf.  ii.n.  i-).  Ma  terminando  il  condottore  in 
rotonda  ,  o  piana  fuperficie  fcoppia  la  fcintilla  tra  quella  e 
il  globo, che  ii  prefenta ,  oltre  la  diftanza  di  pollici  tre  (o^  4. 
».  7.). 

Osservazione     7. 

Confrontiamo  in  fine  le  ultime  tavole  di  refinofa,e  di  vi- 
trea elettricità  nelle  oppofte  fuperficie  per  compiere  le  pro- 
pofte  induzioni  ,  e  dedurne  i  generali  refultati ,  e  le  diftinte 
loro  proporzioni . 

TEOREMA     XIX. 


In  tutte  le  ferie  con  fuperficie  di  refinofa  elettricità  le 
progrelfioni  della  carica  imprefta  nell'  oppofto  quadro  eccedo- 
no le  corrifpondenti  progreftioni  con  fuperficie  di  vitrea. 

I.  Riduciamo  tutti  i  primi, ed  ultimi  termini  alle  rifpet- 
tive  diftanze  nelle  tavole  di  refinofa  (0^  2.)  je  di  vitrea  elet- 
tricità (  ojf.   5.  ) . 

Gli  ultimi  cenni  di    luce  fi  eftendono    colla 
refinofa  fino  ai poli.     6 

Gli  ultimi  cenni  fimili  colla  vitrea  non  ol- 
trepalFano  i poli.  •  •  .   y 

L'  ultimo    grado   di    forza    fcuotente  X  nel 
quadro  colla  relìnofa poli.     4 

L'  ultimo  grado  fimile  colla  vitrea   non  ol- 
trepaflfa  i poli.  ,  .  .  3  i 

L'  ultima    fcolTa  nella  boccetta    arriva  colla 
refinofa  fino  ai poli.     3 

L'  ultima  fcofta  fimile  colla  vitrea  {\  ha    fi- 
no ai      poli.  ...   3  I 

Totale  poli.   13:  12 

I     ij 


68  Memoria 

2.  Sarebbe  maggiore  della  vitrea  la  fomma  delle  diftanze 
di  refinofa  ,  quando  anche  i  primi  termini  dell'  una  e  dell' 
altra  foflero  uguali  .  Ma  nella  refinofa  la  fomma  dei  primi 
termini  non  t  che  29  ,  e  la  corrifpondente  alla  vitrea  è  48. 
Supponendo  per  ora  il  valore  di  quelli  numeri  proporzionale 
alle  loro  unità  (  la  quale  fuppofizione  fcema  anche  pili  del 
giufto  i  mutui  rapporti  ) ,  e  calcolandone  le  proporzioni  col- 
le femplici  ragioni  delle  diftanze,  e  delle  forze  fuppofte  cor- 
rifpondenti  ai  primi  loro  termini  ,  dobbiamo  invertere  quefti 
numeri, e  comporli  colla  ragione  delle  diftanze.  Sarà  dunque 
la  relinofa  alla  vitrea  come  13X48:1^X^9  =  624:348 
=  52:29. 

3.  Ed  efprimendo  quefta  ragione  con  fenomeni  di  cariche , 
farà  la  refinofa  alla  vitrea  come  una  carica  equivalente  a  52 
di  quelle  unità  ad  altra  carica  equivalente  a  29  delle  ftelfe 
unità  . 

4.  Prima  di  confrontare  i  termini  corrifpondenti  ,  ofier- 
viamo  ,  che  le  contrappofizioni  tra  la  relinofa  e  la  vitrea 
elettricità  non  concorrono  fimilmente ,  anzi  in  qualche  modo 
fi  oppongono  a  quelle, che  oftervammo  nel  n.  7.  del Teor.  XIV. 
Per  rendere  ciò  più  evidente  riduciamo  in  una  tavola  tutti 
que'  numeri  dal  contatto  fino  alle  ultime  diftanze  colle  fra- 
zioni profilmamente  indicanti  le  rifpettive  diftèrenze  tra  i  ter- 
mini ,  che  immediatamente  fi     fuccedono . 

Refinofa      A  contatto       Vitrea 


Differenze 

29   . 

Primo  termine 

48 

Differenze 

•7  —  9 

20    . 

.  .  Poli. 

f 

a      *     * 

36 

: 

12     ~ 

7   —  4 

16   . 

I    .  .  . 

29 

7  =    T 

-,   -r-   6 

IO    . 

I-:  • 

23 



6  —    • 

-,   —   6 

4  • 

II 

15 

= 

S  —    I. 

— 

2   . 

ni-. 

14 

I  —  in 

—  —    I 

I   . 

Ili    . 

9 

5  =   -, 

I 

=_ 

X  . 

IH-;. 

•     i 

6  —    -, 

0 

____' 

X  . 

IV    .   . 

X 

2+X 

SOPRA      l'       elettricità'.  6^ 

Rintraccieremo  in  feguito  la  caufa  tanto  delle  prime  ,  che 
delle  nuove  contrappolizioni ,  e  anomalie.  E  frattanto  in  pro- 
polito noftro  vediamo  ,  che  nei  fucceffivi  termini  delle  due 
fpecie  è  mal  ficuro  il  confronto  tanto  in  ragione  del  nume'- 
rico  loro  valore ,  che  delle  di^anxe  ;  poiché  non  feguono  effi 
verun  andamento  collante  fecondo  quelle  femplici  ragioni  . 

5.  Contuttociò  raccogliendo  gli  eftremi  delle  fomme  cor- 
rifpondenti  fono  nella  relinofa  dal  primo  termine  all'  ultima 
fcoifa  di  boccetta  pollici  tre  ,  e  all'  ultima  di  quadro  pollici 
quattro  ;  e  nella  vitrea  dal  termine  corrifpondente  29  ,  che 
nelle  fomme  è  alla  diftanza  d'  un  pollice  ,  fino  alle  ultime 
fcofiè  tanto  di  boccetta  ,  che  di  quadro  ,  fono  pollici  due  e 
mezzo .  Onde  riducendo  le  ragioni  fono  come  ....  6:5 
e  come 8:5 

e  nella  fomma  totale   come 14:10 

e  componendole  fono  come  48:25. 

6.  E  confrontando  nelle  ferie  diftinte  ciafcun  termine ,  o 
numero  corrifpondente  fono  le  diftanze 

Ser.   15.  Dalle  cinque  all'  ultima  pollici     i  \ 
Ser.  19.  Fra  i  termini  proflimi  alle  cin- 
que all'  ultima    poli o  \ 

Ser.   16.  Dalle  fette  all'  ultima  poli.     .      2 

Ser.  20.  Dalle  fette  all'  ultima  poli.     ...14 

Ser.   17.  Dalle  otto  all'  ultima  poli.     ,      3 

Ser.  21.  Dalle  otto  all'  ultima  poli.     ...     27 

Ser.   18.  Dalle  nove  all'  ultima  poli.     .      2 

Ser.  22.  Dalle  nove  all'  ultima  poli.     .     .     .     2  {• 

Totale     .     .     Poli.  8  f  :  7=17:14 

E  componendole   fono  come    288  :  75  ,  proflìmamente  =14:1. 

7.  Onde  benché  i  rapporti  delle  difìanze  ,  e  del  numeri- 
co valore  de' termini  non  comprendano  fé  non  in  parte  le  ve- 
re proporzioni  delle  due  fpecie  di  elettricità  ;  ciò  non  pertan- 
to in  quallìvoglia  calcolo  delle  loro  ragioni  riconofciamo  la 
relinofa  maggiore  della  vitrea  .  Non  altro  pertanto  ci  rima- 
ne, che  di  raccogliere  ne' feguenti  teoremi  le  funzioni  di  tut- 
ti i  termini  ,  che  a  compiere  quella  maggior  ragione  con- 
corrono . 

I     iij 


yo  Memoria 

TEOREMA    XX. 

Raccogliendo  infieme  ]e  combinazioni  di  purfte,e  di  fuper- 
fìcie  a  vicenda  oppofte  rifuitaao  le  punte,  e  fuperficit  di  re- 
lìnofa  elettricità  fuperiori  alla  vitrea  i.  nelle  femplici  ragioni 
delle  diftanze  ;  2.  nel  confufo  valore  della  numerica  loro  ef- 
predìone  ;  3.  e  nelle  complicate  funzioni  de'  fenomeni . 

1.  Primieramente  nelle  combinazioni  di  punte  ,  e  di  fu- 
perficie  oppofte  a  punte  {teor.xiF.n.  i-)  fono  le  difVanze  nel- 
la fomma  de'  termini  corrifpondenti  dalla  relìnofa  alla  vitrea 
elettricità  di  pollici 53^3^ 

E  nelle  combinazioni  di  fuperficie  a  vicenda  op- 
pofte  fecondo  le  ragioni  degli  ultimi  cenni  di  luce , 
e  delle  ultime  fcofFe  della  boccetta  ,  e  del  quadro 
{tcor.   19.  «.   I.)  fono  poli 13:12 

E    nelle    fomme    de'   termini    corrifpondenti    ali' 
ultima  fcoffa  della  boccetta, e  del  quadro  (ivi».  5.) 
compofte  infieme   fono 48:25 

E  fommate  (ivi)  fono  poli 14:10 

E  nel  confronto  de'  termini  corrifpondenti  alter- 
namente fommati  infieme  (  ivi  n.  6.  )  fono  polL  81:7, 
oflìa 17:14 

Onde  nelle  femplici  ragioni  delle  diflanze  fono 
le  fomme 145  :  93 

2.  E  nuovamente  nelle  combinazioni  di  punte  fono  nel 
confufo  valore  della  numerica  loro    efpreinone 

{teor.  XIV.  n.  4.  )  come 225  :  144 

E  nelle  combinazioni    di  fuperficie  fono 
{tcor.  prec.  n.  2.)  come .       52  :    29 

E  perciò  fommate  infieme  fono  .     .     .     totale     277  :  173 
Le  quali  ridotte  a  minimi  termini  fono  profll- 
mamente  come 27  :    17 

3.  Ed  efprimendone  il  valore  con  le  complicate  funzioni 
di  fenomeni  Ci  ridufie  la  refinofa  tanto  fuperiore  alla  vitrea 
nelle  combinazioni  di  punte  (  tcor.  xiv.  n.  5.  )  5  quanto  lo  è 
una  carica  efprefia  con  225  ad  altra  efprefla  con  144 di  quel- 
le unità . 


SOPRA      l'      elettricità'.  7I 

E  fu  fìmilmente  nelle  fuperficie  (  teor.  prec.  n.  3.  )  la  refino- 
fa  tanto  fuperiore  alla  vitrea ,  quanto  una  carica  equivalente 
a  52   lo  e  ad  altra  equivalente  a  29  di  quelle  unità. 

Quindi  fommando  e  riducendo  come  fopra  a  minimi  ter- 
inini  fono  come    27:17. 

4.  E  lìccome  non  lì  ce/ca  qui  fé  non  la  complicata  fun- 
zione de'  fenomeni,  fi  combineranno  i  precedenti  numeri  in- 
fieme  colla  moltiplicazione,  invece  della  femplice  fomma  ;  in- 
di 11  efprimerà  la  proporzione  loro  in  fenomeni  di  cariche 
equivalenti  ai  numeri  225X52,  e  144X  ^9  =  1 17°°  •4i7<5 
che  e  più  di  dupla. 

TEOREMA    XXI. 

Che  fé  infieme  C\  compongono  le  femplici  ragioni  delle  di- 
fl-anze  col  confufo  \'alore  della  numerica  efpreflione,  e  colle 
complicate  funzioni  de' fenomeni,  rifultano  in  tutte  le  prece- 
denti combinazioni  vie  più  infigni  le  varie  ragioni  di  fuperio- 
rità  della  relìnofa  fopra  la  vitrea  elettricità . 

1.  Per  raccogliere  infieme  le  precedenti  ragioni  fommando 
farebbero  nel  precedente  Teorema  n.   i,  2,  e  3.    .     145:    93 

27:    17 

27:    17 

Totale     199  :  127 

2.  Ora    moltiplicando    le  femplici   ragioni   delle   diftanze 
pel  confufo  valore  della  numerica  efpreflione  ridotta  farà 
»45  Xi7:  93  X  17  =  3915  :  158 1  . 

Che  fé  quello  il  moltiplichi  per  1'  efpreflione    de'  fenomeni 
ridotta  iimilmente  in  numeri  27  :  17;  rifultano  i  prodotti 
105705  :  26677  • 

I  quali  fono  profllmamente  in  ragione  quadrupla. 

5.  Se  poi  quel  primo  prodotto  ....  7840:2697 
fi  fonimi  col  prodotto  de'  fenomeni  (  teor.  prec. 

«•4) 11700:4176 

farà  la  ragione  delle  fomme 19540:6883 

cioè  profllmamente  tripla. 

Onde  e  fommando  ,  e  moltiplicando  rifultano  vie  più  in- 
figni ,  e  varie  le  indicate  ragioni . 


1%  Memoria 

TEOREMA    XXIL 

Non  meno  quefte  femplici  ragioni  fommate ,  che  i  loro  pro- 
dotti fi  approffimano  colle  corrifpondenti  proporzioni  ,  che 
dedotte  abbiamo  nella  prima  Parte ,  e  fi  ragguagliano  infieme . 

1.  Se  nella  prima  Parte  (  ?eor. /.  )  fommiamo  le  fole  prime 
ragioni  delle  diftanze  di  piena  carica  ,  di  metà,  e  dell'  ulti- 
ino  termine  della  fcofia  fenza  veriin  riguardo  alle  feconde  ra- 
gioni dell'  ifolamento,  colle  quali  furono  compofte,  abbiamo 
le  ragioni 4:2 

8:    6 

Totale     19  :  14 

Similmente  fé  nel  Teor.  XIV.  n.  3.,  e  nel  Teor.  XIX.  n. 

1 ,   5  ,  e  6    fi  fommino  le  l'empiici    difianze  ,   e  fi  lafci  fuori 

la  ragion  compofla  di  48  .-25,  abbiamo     .     .     ,     .     53:32 

13  :  12 

14  :  IO 

17=14 

Totale     97:68 
Sommando  colla  precedente 19:14 

abbiamo  l' intera  fomma 116:82 

la  quale  divifa  per  due  ci  fomminiftra  la  raggua- 
gliata ragione     .     .     .     , =58:41 

e  ridotta  a  minori  termini  dividendo  per  tre  re{la=  197:13-7. 
poco  diverfa  dalla  prima. 

2.  Fu  nel  Teorema  I.  colla  moltiplicazione  delle  diftanze 
per  r  inverfa  degl'  ifolamenti  dedotta  la  ragione  di  que'  feno- 
meni quadrupla. 

E  fimilmente  nel  precedente  Teorema  n.  2,  per  la  mol- 
tiplicazione delle  diftanze  colla  numerica  efprefTione  de'  feno- 
meni ridotti  fi  ebbe  la  comporta  ragione  profTimamente  qua- 
drupla ;  nel  che  'ì\  trovano  ragguagliate  quelle  ragioni  . 

3.  In  fine  del  Teorema  III.  fi  calcolò  la  ragione  loro ,  fe-- 
condo  diverfi  riguardi ,  meno  di  quadrupla  ,  e  più  di   dupla . 

E  nel    precedente    Teorema  n.    3  ,  ficcome  pupe  nel    Teo- 
rema 


SOPRA      t'      elettricità'.  73 

rema  XX.  n.  4.  fi  calcolò  fìmilinente  in  adequato  poco  meno 

di  tripla. 

Onde  tanto  nelle  fomme,che  nei  prodotti  concordano  con 
quelli  della  prima  i  riluttati  della  feconda  Parte ,  e  vengono 
proHimamcnte  a  ragguagliarli. 

TEOREMA    XXIII. 

Le  confufe  ragioni  ,che  dai  fenomeni  dedotte  abbiamo  tanto 
nella  prima  ,  che  nella  feconda  Parte  ,  li  rifolvono  in  ragioni  di- 
ftintc  riducendone  fecondo  le  nuove  tavole  del  Teorema  XVIII 
a  comune  mifura  i  termini  corrifpondenti  di  tutte  le  premef- 
fe  induzioni. 

TEOREMA    XXIV. 

E  con  quefle  diftinte  ragioni  lì  ragguagliano  le  proporzioni 
tutte  corrifpondenti  alle  diverfe  preparazioni  in  ciafcuna  fpe- 
cie  di  elettricità 

TEOREMA    XXV. 

E  quelle  diflinte  ragioni, ed  il  ragguaglio  loro  con  le  pro- 
porzioni di  refinofa  ,  e  di  vitrea  elettricità  nelle  diverfe  pre- 
parazioni di  ciafcuna  fpecie  ,  e  nelle  corrifpondenti  oppolle , 
riducono  a  piena  evidenza  gli  elementi  d'ogni  elettrica  azio- 
ne ,  che  fra  le  punte  diftinti  abbiamo  nella  prima  Parte  ,  e 
ci  porgono  prevj  lumi,  e  fondamenti  (labili  dejla  nuova  teo- 
ria ,  che  andiamo  rintracciando . 

Osservazione     8. 

Dei  tre  ultimi  Teoremi  non  foggiungo  veruna  dimoftrazio- 
ne.  In  due  afpetti  può  concepirli  la  dimofl-razione  loro,©  ge- 
neralmente, o  particolarmente  ;  e  nell'  uno  ,  e  nell'  altro  a- 
fpetto  giudico  meglio  di  ommctterla.  Poiché  nel  primo,  fo- 
no abbalbnza  evidenti  per  sé  flefli  come  canoni  di  ampiflìme 
induzioni  diftinte,  che  tutte  comprender  debbono,  ed  efauri- 
re  le  ragioni  d'  ogni  elettrico  fenomeno  .  Dalla  enumerazio- 
To/m  II.  K 


74  Memoria 

ne,  e  dal  compimento  di  quelle  induzioni  verranno  que' teo- 
remi più  efficacemente  comprovati  ,  che  non  con  generiche 
cfpreffioni  di  raziocinio .  Ed  appunto  1'  eflenlione  ftefl'a ,  e  la 
moltiplicità  di  limili  prove  non  ci  lafciano  qui  luogo  d'  in- 
traprendere nel  lecondo  afpetto  a  dimoftrarli  particolarmente. 
Sono  alla  terza  Parte  rifervate  le  ragioni  delle  cariche,  e  fca- 
riche  elettriche  ,  ed  alla  flefla  fi  aggiungono  altre  Memorie 
fulle  ragioni  della  adelìone  ,e  dei  moti  elettrici, e  fopra  ogni 
maniera  di  eccitamento  ,  e  di  eftinzione  delle  elettriche  po- 
tenze.  Ma  quanto  ai  fenomeni  dell'elettrica  luce  cercherò  di 
ridurli  a  diflinte  ragioni  nel  feguenteCapo  terzo, con  cui  fin 
da  principio  propofi  di  por  termine  alla  feconda  Parte  della 
prefente  Introduzione. 

CAPO        III. 

Dei  Fenomeni  dell'  elettrica  luce. 

PRima  delle  luminofe  fperienze  d'i  Hauksbee  jCray ,  Dn-Fay , 
eBofe  non  diflinfero  comunemente  iFifici  l'elettrica  dal- 
la fosforica  luce  ;  e  reftò  tuttavia  dopo  quelle  tanta  preven- 
zione per  la  fuppofla  mancanza  di  calore  nell'  elettrica  del 
pari  ,  e  nella  fosforica  luce  ,  che  fredde  iì  credettero  perfino 
le  metalliche  fufioni  fatte  con  elettrica  fcintilla  ;  né  vi  andò 
meno  de' nuovi,  e  palpabili  cimenti  di  Kinnersle/  ,e  di  Prie- 
fthy  per  concludere  in  fine ,  che  fono  elle  infuocate  ,  ed  ar- 
denti . 

Non  isfuggirono  a  Dit-Faj  ,  e  a  Bofe  quelle  differenze  di 
figura,  di  grandezza,  e  di  colore  ne'  fiocchi  ,  o  raggi  lumi- 
nofi ,  che  brillano  nelle  tenebre  agli  fpigoli,  o  alle  eflremità 
degli  elettrici  condottori  ;  e  ne  trafTero  indi  argomento  per 
diftinguere  le  due  oppode  fpecie  di  elettricità  ,  che  nomina- 
rono vitrea,  e  re/inofa;  le  quali  furono  da  Kinnersley  ,  e  da 
le  Rqy  ,  e  da  Sjmmer  con  piena  evidenza  dimoftrate  meglio 
colla  reciproca  loro  eftinzione  ,  e  colle  leggi  dei  moti  loro , 
che  non  colle  femplici  varietà  di  luce. 

Defcriverò  io  pertanto  1'  imprefTione  dell'  elettrica  luce  fe- 
condo la  realità  de'  fenomeni  prefcindendo  per  quanto  fia  pof- 
fibile  da  qualfivoglia  efpreluone  di  ipotetico  linguaggio,  o  di 


SOPRA     l'     elettricità'.  75 

fiftematico  criterio  .  E  cominciando  a  ridurre  fotto  certi  ca- 
pi le  circoftanze  ,  che  coftantemente,  e  generalmente  produ- 
cono, o  accompagnano  qualunque  apparenza  di  elettrica  luce, 
paflerò  indi  a  diftinguerne  ordinatamente  la  varietà,  e  le  dif- 
ferenze di  figura,  di  grandezza,  e  di  colore;  e  dal  complef- 
fo  in  fine  delle  generali,  e  particolari  leggi  di  que' fenomeni 
tenterò  di  dedurne  alcun  lume  di  teorica  applicazione. 

ARTICOLO      I. 

Leg^i  de'  generali  fenomeni  della  elettrica  luce . 

Nluno  pensò  fin  ora  a  diftinguere  i  generali  dai  partico- 
lari fenonieni  dell'elettrica  luce,  non  che  a  fidarne  di- 
ftinte  leggi .  Spererò  io  d'  incominciarne ,  e  di  compierne  in 
un  fol  tempo  l'imprefa?  Son  certo  d' incominciarla  ;  e  fia  nel 
rimanente  libero  ad  altri  il  giudizio  o  di  riconofcerla  compiu- 
ta, o  di  compierla  più  felicemente. 

Legge  Prima .  Non  v'  ha  elettrica  luce ,  fé  non  in  quan- 
to fudifte ,  cioè  o  fi  eccita  ,  o  fi  rinnova  il  moto  della  flefla. 
elettricità. 

1.  Or  quefto  moto  può  farfi  in  due  modi,  o  feparando 
l'una  dall'  altra  le  onpofte  fpecie ,  che  ftanno  infieme  unite, 
e  fpente,  ovvero  riunendo  infieme  l'una  coli' altra  le  due  fpe- 
cie ,  che  furono  previamente  divife ,  e  fciolte .  Sì  chiamò  quel 
primo  da'  Frankliniani  turbamento  di  equilibrio,  come  l'altro 
fi  appella  reJìituz.ione ,  o  ritorno  all'  equilibrio  naturale. 

2.  E  quanto  al  modo  primo  a  niuno  è  ignoto ,  che  nei 
lembi  della  mano,  o  del  cufcinetto ,  con  cui  fi  ftroffina  il  ci- 
lindro, o  il  difco  dell'elettrica  macchina  ,apparifce  luce,  fin- 
ché colla  rotazione  di  quelli  fi  mantiene  vivo  il  moto  della 
elettricità  eccitata  .  Sprizzano  fimilmente  or  più  ,  or  meno  , 
finche  tal  moto  fulfifle ,  dagli  fpigoH,  o  dalle  punte  del  con- 
dottore certe  lucide  fiammelle  .  Ma  cefia  ogni  luminofa  ap- 
parenza celiando  la  rotazione,  che  quel  moto  produce. 

E  nel  fecondo  modo ,  fé  al  condottore  elettrico  fi  prefenta 
altro  corpo  capace  d'  indurre  moto  in  quella  elettrica  poten- 
za ,  fi  ha  fecondo  la  proporzione  del  moto  fteflb  l'  elettrica 
luce. 

K    ij  .    .. 


7<5  Memoria 

3.  Ma  qui  d'uopo  è  rilevare  un  capitale  errore, che  è  co- 
munemente invalfo  per  mera  illufione  del  Frankliniano  lin- 
guaggio .  Tra  quel  condottore  e  un  corpo  refiftente  apprefla- 
to  non  vi  è  luce  fecondo  i  Frankliniani ,  perche  in  quelto  non 
può  fpanderfi  ad  equilibrio  il  fluido  condenfato  in  quel  pri- 
mo ;  vi  è  bensì  luce  tra  quello  e  un  nuovo  condottore,  che 
fi  appreffi,  perchè  in  quello  quel  fluido  più  denfo  lì  fpande, 
e  fi  divide . 

4.  II  fatto  nella  prima  fua  parte  è  ordinariamente  vero  ^ 
ma  falfa  è  la  ragione,  da  cui  lì  ripete  .  E  con  quefla  fallita 
appun-to  lì  adottò  per  contraria  ragione  come  un  fatto  la  fe- 
conda parte  ,  mentre  quella  è  falfa  in  fatto, quanto  falfe  fo- 
no e  quella  prima,  e  quella  contraria  ragione,  d'onde  lì  de- 
rivò. Dico  dunque,  che  una  sfera  metallica,  che  non  oltre- 
pafTì  il  diametro  di  due  pollici  ,  purché  be'ne  ed  efattamente 
ifolata  fi  appreflì  fino  a  minima  diflanza  a  quel  condottore 
comunque  elettrico,  non  ammette  il  menomo  cenno  di  luce, 
come  ritirandola  dopo  tale  approffimamento  non  ritiene  la 
menoma  ombra  di  elettricità .  Io  V  ho  provata  più  e  più  vol- 
te, e  ne'  tempi  propizj  alla  ingenuità  degli  elettrici  fenome- 
ni mi  è  collantemente  riufcita  la  cofa  appuntino ,  come  1'  af- 
ferifco  ;  e  fono  certilfimo  che  non  riufcirà  mai  altrimenti  a 
chi  vorrà  debitamente  convincerfene   colla  propria  efperienza. 

5.  Troppo  mi  fcoflerei  dal  propollo  argomento  fé  profe- 
guir  voledi  gli  accidenti,  che  in  fimil  foggia  di  fperienze  oc- 
corrono variando  l'ifoIamenro,e  la  grandezza, e  la  figura  de' 
corpi,  che  fi  prefentano.  Saranno  quelli  più  opportunamente 
diiìinti  in  altre  Memorie;  ed  avvertirò  frattanto  ,  che  brilla 
talvolta  manifella  luce  nel  condottore  elettrico,  o  nel  corpo 
ifoIato,che  ad  elfo  fi  prefenta.Ma  ben  lunri  che  ciò  accada 
come  i  Frankliniani  la  difcorrono  per  femplice  trapalTo  ,  ed 
efpaniione  del  primo  fluido  ,  (ì  riconofce  all'  oppoflo  per  tal 
atto  nel  corpo  prefentato  T  elettricità  contraria  alla  prima 
del  condottore  ;  quando  dovrebbe  pur  trovarfi  I'  omologa  in 
proporzione  della  luce  ,  fé  nafceflTe  quefta  ,  o  fi  eccitafle  per 
femplice  moto  e  diflribuzione  d'  un  fluido  folo . 

Le^ge  feconda  .  Ed  è  del  pari  necelTario  il  moto  della 
elettrica  potenza  ,  acci^luce  fi  manifefti  i.  ne'  condottori  j 
2.  ne'refillenti  rifpettivamente  fra  loro  53.  ovvero  fra  gli  unij 
e  gli  altri  alternamente,  ■'> 


SOPRA      L*      ELETTRICITÀ.  77 

1.  Nella  confueta  macchina  elettrica  tra  il  condottore  e 
il  dito,  o  altro  condottore  non  ifolato,che  fi  avvicini , bril- 
la continuo  fplendore ,  o  fcintillazion ,  finche  fi  gira  il  difco  ; 
cioè  finché  la  caufa  fufTifle  di  moto  dell'elettrica  potenza  fra 
r  uno  e  r  altro  condoctore  .  Celiando  i  giri  del  difco  non 
brilla  tra  il  condottore  e  il  dito  altra  luce  ,  o  fcintilla ,  le 
non  in  proporzione  del  moto  ,  che  nella  elettricità  refidua 
s' induce  col  fucceffivo  accolbmento  d'  un  efterno  condottore . 

Simili  fenomeni  fi  rendono  pili  compofti  ,  ed  infigni  ,  fé 
a  proporzionate  diftanze  del  primo  condottore  fi  collochi  una 
ferie  di  condottori  ifolati  di  figure  diverfe  ,  e  s'  induca  in- 
di ,  o  lì  tolga  la  capacità  ,  e  fucceffione  di  moto  della  elet- 
trica potenza  fra  tutti ,  o  parte  di  que'  condottori  prefentan- 
do  or  air  ultimo  ,  or  agli  intermedj  la  mano  .  Poiché  nell' 
atto  flello ,  che  s' interrompe ,  o  fi  apre  l' adito  al  moto  del- 
la loro  elettricità, fi  rende  nullo,  o  fi  manifefta,  e  fi  accrefce 
ne'  medefimi  1'  elettrico  fplendore. 

In  quella  ferie  di  macchinette  attraverfo  delie  quali  io  trag- 
go la  fcarica  di  qualfivoglia  elettrica  batteria  {Nuove  fperien- 
z.e  elettriche  ».  43  ,  e  feg-)  non  comparifce  mai  luce,  fé  non 
in  proporzione  del  moto  ,  che  s'  induce  tra  le  elettriche  po- 
tenze ,  che  fono  previamente  frenate  a  vicenda  fulle  oppofte 
facce  armate  di  quella  batteria . 

2.  A  rendere  poi  manifefia  la  neceffità  del  moto  delle 
elettriche  potenze,  acciò  luce  fi  ottenga  fra  i  refiftenti ,  niua 
genere  di  fperienze  cade  più  in  acconcio, quanto  quelle,  che 
brevemente  defcrilfi  nell'  opera  ora  citata  al  capo  ultimo 
Della  elettricità  né"  fogli  di  carta  bianca  .  Gioverà  qui  com- 
binarne fu  quel  gufto  alcune  più  convincenti . 

{a)  Prendo  due  fottili,ed  eguali  laftre  di  criftallo  arma- 
te al  folito  da  ambe  le  facce  ;  e  fovrapponendole  in  modo  , 
che  a  adattino  egualmente  e  le  laftre,e  le  interne  armature 
J'  una  full'  altra ,  le  carico  in  un  fol  atto  prefentandole ,  co- 
me fé  fodero  una  fola,  al  condottore  elettrico.  E  cosi  come 
fono  caricate  le  feparo  1'  una  dall'  altra,  e  le  riunifco  fenza 
vederne  la  minima  luce;  purché  nel  fepararle ,  e  nel  riunirle 
non  tocchi  I'  una,  o  1'  altra  delle  loro  armature  ,  e  per  tal 
modo  non  rivolga  citeriormente  alcun  moto  tra  le  oppofte 
elettricità  ,   che  a  vicenda  Ci   frenano  nelle    oppofte  facce    di 

K    iij 


7^  Memoria 

quelle  relìftenti  lamine  ,  e  non  hanno  perciò  tra  I'  una  e 
r  altra  fufficiente  commercio  di  moto,  quanto  fi  richiede  per 
renderne  fenlìbile  la  luce . 

(h)  Frappongo  alle  fteffe  laftre  ancor  cariche  due  fogli  di 
carta  bianca  ;  e  finché  feguo  a  riunirle ,  e  a  fepararle  in  gui- 
fa  ,  che  non  s'  introduca  notabile  moto  tra  le  oppofte  loro 
eJettricità,  non  apparifce  in  tali  atti  veruna  luce. 

(e)  Che  fé  mentre  fono  riunite  con  fogli  di  carta  bianca 
frappofti  io  tocco  o  1'  una  ,  o  1'  altra ,  o  ambedue  in  un  fol 
tempo  le  oppofl-e  armature  ,  come  in  tal  atto  fento  colla  fcof- 
fa,  e  vedo  nella  fcintilla  l'efterior  imprelTione  del  moto  del- 
le oppofte  elettricità  ,  così  nella  fucceffiva  feparazione  d'  una 
ladra  dai  frappofti  fogli  apparifcono  fegni  di  luce  corrifpon- 
denti  air  intcriore  moto  ,  che  in  tal  atto  fuccede  tra  le  op- 
pofte potenze  ;  e  feguono  fimili  fegni  nella  feparazione  del  lu- 
periore  foglio  dall' inferiore ,  e  poi  di  quefto  dall'ultima  laftra^ 

(d)  Spoglio  quelle  laftre  di  criftallo  d'  ogni  armatura,  e 
frappongo  più  fogli  di  carta  bianca  tanto  larghi ,  quanto  fo- 
no le  intere  laftre  ,  e  le  cuopro  efteriormente  di  fogli  egua- 
li .  Indi  o  fi  ecciti  collo  ftroftlnamento  affai  viva  elettricità 
tra  quelle  laftre ,  e  que'  fogli ,  ovvero  fi  carichino  tutti  inlie- 
me  alla  macchina  con  applicare  al  folito  efteriormente  due 
oppofte  armature ,  abbiamo  in  feguito  nella  feparazione  di  cia- 
fcun  foglio, e  di  ciafcuna  lamina  manifefte  ftrifcie  di  luce  ne' 
fuccedìvi  lembi ,  o  limiti ,  che  fi  feparano  in  proporzione  del 
moto,  che  in  tal  atto  s'induce  fra  le  oppofte  elettricità  del- 
le facce,  che  previamente  fono  a  contatto.. 

(  e  )  Cercai  fé  quel  moto  femplicemente  ,  e  direttamente 
fi  compia  attraverfo  il  mezzo  reliftente  fra  le  oppofte  poten- 
ze previamente  efiftenti  in  quelle  vicine  facce, che  fi  fepara- 
no, e  perciò  il  mezzo  frappofto  non  faccia  altro  officio,  che 
di  meccanico  impedimento  ;  ovvero  fé  ciafcuna  di  quelle  po- 
tenze eftendo  pofta  per  tale  feparazione  piuttofto  in  neceflità 
di  azione  coli'  aria,  che  in  moto  coli'  oppofta.per  tale  nuo- 
va azione  fmuova  nella  vicina  faccia  dell'aria  altre  elettrici- 
tà ,  le  quali  nel  riunirfi  infieme  alle  prime  raddoppino  quel 
moto  come  fi  raddoppiano  le  azioni.  Imperciocché  ( diffi  me- 
co ftefib  )  ftando  quelle  facce  a  contatto  non  è  fé  non  fcmpli- 
cejC  immediata  l'azione  dell'una  coU'oppofta  potenza  ,d'Qa- 


SOPRA     l'     elettricità'.  79 

de  ne  nafce  la  coefìone .  Eirendo  quefla  vinta  per  la  forza  eoa 
cui  li  diftriiggono  ,  e  lì  feparano  quelle  facce  refiftenti  ,  non 
acquiftano  perciò  le  contrarie  potenze  maggiore  facilità  di  mo- 
to ,  fc  non  nel  calo  ,  che  lì  frapponeffe  un  condottore  ;  ma 
frapponendoli  un  mezzo  relillente,come  l'aria,  non  altro  ac- 
cade ,  fé  non  che  ciafcuna  fulla  vicina  faccia  dell'  aria  efer- 
cita  r  azione  f1:eira,che  full'  oppofla  efercitava .  Ora  con  que- 
fta  raddoppiata  azione  lì  fniove  nelle  oppofte  facce  dello  (ira- 
to d'aria  la  nativa  elettricità  con  doppia  direzione,  l' una  fra 
le  due  fpecie  rifpettivamentc  oppofle  verfo  le  vicine  facce  fe- 
parate ,  1'  altra  fra  le  due  limihnente  oppofte ,  che  indiretta- 
mente reftano  libere  ,  e  s'  incontrano  nell'  interiore  groflezza 
dell'  aria  frappofhi .  iVli  parve  adunque ,  che  in  quefto  doppio 
sforzo  diretto, e  indiretto  delle  contrarie  potenze  dovefle  pre- 
fentariì  tale  grolfezza  del  frappollo  mezzo ,  per  cui  venilTero 
elle  determinate  al  moto  di  riunione  ;  e  ciò  mafTimamente  , 
perche  il  mezzo  itellò  palla  fucceffivamente  per  tutte  le  mifu- 
re  di  groflezza, e  per  la  fomma  fua  mobilità  fi  prefta  a  con- 
vertire que'moltiplici  sforzi  in  vera  azione  di  moto.  E  per- 
ciò concluiì  ragionando ,  che  non  nel  primo ,  ma  nel  fecondo 
modo,  che  da  principio  indicai,  (ì  compiono  que'  moti,  che 
a  certi  intervalli  di  tale  feparazione  fanno  le  flrifcie  luminofe. 
(/)  Ne  dal  raziocinio  fembrommi  difcorde  1'  offervazio- 
ne,  e  l'efperienza.  i.  Se  nafcefle  tal  luce  per  femplice,e  di- 
retto moto  delle  oppofte  potenze  ,  nell'  aria  più  fecca  ,  che 
a  tal  moto  maggiormente  refifte,  dovrebbe  apparir  meno  lu- 
ce ,  che  nell'aria  umida,  che  è  meno  reliftente  :  eppure  fi  ofìer- 
va  tutto  r  oppofto  .  2.  Neil'  aria  fecca ,  per  cui  fi  fa  più  vi- 
va luce ,  dovrebbero  indebolirli  tanto  più  le  oppofte  elettrici- 
tà che  li  fuppongono  fole, e  direttamente  riunite  per  rifplen- 
dere  ;  al  contrario  nell'  aria  umida  quanto  meno  vi  è  luce  , 
tanto  dovrebbero  trovarfi  meno  indebolite .  Il  che  nuox^amen- 
te  è  contrario  all'  ollervazione  ,  eftendc  incredibilmente  più 
vivi  5  e  inlìeme  più  durevoli  que'  fenomeni  nell*  aria  fecca  , 
che  neir  umida  .  3.  E  quanto  è  più  viva  la  luce  ,  non  folo 
tanto  maggiormente, e  più  prefto  dovrebbero  indebolirli  quel- 
le contrarie  potenze; ma  nell'  aria  ftefià  più  fecca  dovrebbero 
eftendere  a  minori  diftanze  1'  azione  loro  laterale  ,  e  lafciar 
neir  aria  minori  relidui  di  elettricità  .  Poiché  quanto  più  di- 


So  Memoria 

rettamente  fi  uniffero  ,  tanto  meno  potrebbero  agire  lateral- 
mente ,  e  tanto  minor  porzione  non  unita  rimarrebbe  nell'a- 
ria .  Ora  in  tali  efperienze  e  i  laterali  effetti  ,  e  le  refìdue 
elettricità  divife,e  fparle  per  l'aria  fono  fenza  paragone  mag- 
giori nella  fecca  ,  che  nell'umida.  E  ciò  bafti  per  ora, men- 
tre ci  occorrerà  di  parlarne  alquanto  più  eftefamente  nella 
Legge  fella  qui  appreffo . 

(  g  )  Comunque  però  immediato  fìa  ,  o  indiretto  Affatto 
moto  non  nafce  certamente  quella  luce  ,  fé  non  pel  moto 
fteffo,  e  per  mutua  unione  delle  oppofle  elettricità  ne'  limiti 
di  feparazione  di  que'  fogli  .  E  di  ciò  ne  abbiamo  manifeflo 
incontro  nella  riunione  de'  medefimi  ;  poiché  prefentati  nuo- 
vamente ad  uno  ad  uno  fra  loro  ,  o  alle  Aefl'e  laftre  in  pro- 
porzione,  che  fi  rinnova  il  moto,  o  la  mutua  unione  fra  le 
refidue  oppofte  potenze  rendono  manifefta  luce  nei  fucceffivi 
limiti  di  riunione  ;  ma  non  l\  attraggono,  né  fi  comprimono 
r  uno  full'  altro,  fé  non  tanto  meno,  quanto  minore  è  il  re- 
fiduo  delle  oppofte  elettricità ,  che  in  tal  atto  non  paffano  a 
riunirfi. 

(/j)  E  fé  fra  quelle  facce  finitime  non  fi  rinnovi  il  mo- 
to delle  contrarie  potenze  (poiché  effe  come  da  principio  oi- 
fervai  (<?.  £'.  )  a  vicenda  fi  frenano  fralle  oppofte  facce  di  cia- 
fcun  foglio, e  di  ciafcuna  laftra,e  perciò  non  poffono  far  mo- 
to efteriormente  )  come  non  fi  eccita  fé  non  tenue  attrazione , 
così  niuna  luce  fra  quelle  fi  manifefta . 

(/)  Or  mentre  que'  fogli, e  quelle  laftre  ftanno  così  fini- 
time, e  fovrappofte  con  niuna,  o  con  tenue  adertone, fé  con 
nuovo  ftroffinamento ,  o  col  contatto  delle  oppofte  armature, 
io  rinnovo  ,  o  rivolgo  efteriormente  fra  le  vicine  loro  facce 
alcun  moto  di  contrarie  potenze ,  ficcome  più  fopra  accennai 
(e),  fi  fpianano  e  fi  ftringono  in  quell'atto  l'une  fulle  altre, 
ed  in  proporzione  del  moto  fteflb  ii  rinnovano  nella  loro  fe- 
parazione ,  o  accoftamento  quelle  ftrifcie,  o  lembi  luminofi  . 

3.  Per  dimoftrare  in  fine,  che  tra  i  condottori  e  i  refi- 
ftenti  luce  non  nafce  altrimente  fé  non  per  moto  ,  o  mutua 
unione  delle  elettriche  potenze, fono  nati  fatti  que' molti  efpe- 
rimenti ,  che  narrai  ne'  Dubbj ,  e  penjìeri  falla  teoria  degli  elet- 
trici fenomeni  cominciando  dal  numero  127,  e  feguenti.  Poi- 
ché in    tutti  i  cali  ,    nei  quali    fra    lo  feudo    e  la  fottopofta 

faccia 


SOPRA     l'     elettricità'.         Si 

faccia  di  criftallo  s' introduce  colla  feparazione ,  o  coli' accora- 
mento, o  col  contatto,  o  collo  flroiiinamento  alcun  notabile 
moto  delle  elettricità,  lì  manifefla  in  efli  proporzionata  luce. 
E  niuna  fé  ne  manifelta  giammai  fenza  tale  modo, che  il  fre- 
no fciolga  j  e  il  moto  determini  delle  elettriche  potenze  . 

Legge  terz,a.  Ne  tal  moto,  che  per  l'elettrica  luce  è  ne- 
cefTariOjha  luogo  mai  altrimenti  fé  non  fra  le  oppofte  poten- 
ze ,  o  contrarie  fpecie  di  elettricità . 

1.  Benché  fembri  quefta  un  immediato  corollario  delle 
precedenti,  meglio  però  fia  dichiararla  con  dirette  fperienze. 
E  primieramente  coli' apparato  defcritto  nell'opera  in  ultimo 
luogo  citata  al  numero  127,  come  luce  fi  offerva  ogni  volta 
che  s'  introduce  moto  fra  le  contrarie  potenze,  o  ciò  fi  fac- 
cia colla  feparazione ,  o  colla  refiituzione  ,0  col  contatto  del- 
lo feudo  fui  criRallo  ;  COSI  niuna  luce  apparifce  qualunque  vol- 
ta Ci  fepara  lo  feudo  ,  o  [\  reftituifce  full'  elettrico  criflallo  , 
quando  quello  è  fpogliato  di  elettricità  {ivi  n.  133.  13S.  ), 
e  quando  non  è  fornito ,  che  di  omologa  alla  fottopofta  fac- 
cia del  crifiallo  (  ivi  n.  izi,  136.  )  ,  finché  in  fomma  niun 
moto  ha  luogo  tra  le  contrarie  potenze . 

2.  E  qui  con  maggiore  diftinzione  ripiglierò  quell' efperi- 
mento,  che  ivi  in  fine  femplicemente  come  un  paradofTo  ac- 
cennai (  ivi  n.  16S.  ).  L'  efperimeiito  è  quefto .  Sta  fui  difco 
di  crillallo  uno  feudo ,  che  nel  fepararlo  difpiega  la  virtù  con- 
traria a  quella  del  difco .  Se  prima  di  fepararlo  io  fcarico  ful- 
lo  (lefTo  una,  o  più  bocce  alFai  cariche,  e  per  tal  modo  ac- 
crefco  altamente  la  forza  efplodente  di  quel  difco  ,  quattro 
fenomeni  in  propolito  noflro  apparifcono  principalmente  de- 
gni di  olTervazione  .  i  .  Lo  feudo  Iteilb  flando  a  fuo  luogo 
moftra  citeriormente  elettricità  omologa  alla  faccia  ftefTa  del 
difco;  2.  ed  omologa  fegue  a  dimoftrarla  anche  dopo  che  da 
quefta  viene  feparato;  3.  ma  tanta  è  T  adelione  tra  il  difco 
e  lo  feudo  ,  che  per  fepararlo  vi  vuole  forz.i  tripla  ,  o  qua- 
drupla ,  che  non  ne'  cau  precedenti  ;  4.  nò  fi  fa  mai  qutdla 
prima  feparazione  fenza  forte  ftridore ,  e  viva  luce  di  fcintil- 
le  tra  lo  feudo    e  il  difco ,  da  cui  fi  fiacca . 

3.  L'  analifi  di  fimile  efperimento  avrà  luogo  in  altre 
Memorie, e  ci  guiderà  a  reconditi  principi  della  teoria .  Sem- 
bra in  vero  a  prima  vifia  contrario  alla   fiefla  legge,  che  ora 

L 


§2  Memoria 

dichiariamo  dell'  elettrica  luce .  Poiché  fé  nello  feudo  e  pri- 
ma ,  e  dopo  la  feparazione ,  altro  non  rilìede ,  che  elettricità 
omologa  alla  vicina  faccia  del  difco;  d'  onde  mai  nella  fepa- 
razione nafcono  quelle  ftridenti  fcintille  per  opera  delle  con- 
trarie potenze ,  che  a  tal  uopo  lì  efìgono  ?  Ma  per  poco  che 
fi  rifletta  anziché  contrario  lì  troverà  più  che  altro  mai  con- 
forme alla  ftabilita  legge  .  Nafce  in  quefto  ,  come  in  ogni 
altro  compleflb  di  fenomeni, la  contraddizione,  e  il  paradofìo 
dalla  incapacità  di  ben  comprenderli  ,  o  dalla  imperfetta  ,  e 
tronca  forma  di  efprimerli ,  non  mai  dall'  ingenuo  lùiguaggio 
della  natura . 

4.  Per  verità  fé  nella  feparazione  dello  feudo  1'  ultimo  feno- 
meno di  luce  e  di  fcintille  non  fi  riferifca  che  al  primo ,  e 
fecondo  di  omologa  elettricità,  nafce  il  paradoiro;ma  fvanifce 
torto  che  fi  fa  ragione  al  terzo  fenomeno, e  tutto  fi  compren- 
de r  efperimeiuo  nella  fua  integrità  .  D'onde  tanta  adefione  , 
fé  non  per  mutua  efficacia  delle  oppofte  potenze?  Se  dunque 
tali  e  tante  fono  nel  difco  ,  e  nello  feudo  ,  quanto  più  for- 
ti fi  moftrano  colla  maggior  refifienza  nel  fepararli  ;  perchè 
col  moto  delle  ftefTe  ,  che  in  tal  atto  fi  determina  ,  non  fa- 
ranno luce ,  e  ftrepito  corrifpondente  ? 

5.  Eflendo  adunque  che  coli'  efteriore  comparfa  di  virtù 
omologa  a  quella  del  difco ,  ciò  non  ofiante  acquifl:a  lo  feudo 
con  elfo  maggior  adefione ,  non  v'  ha  dubbio ,  che  nello  feudo 
fìeifo  non  ve  n'abbia  tanta  copia  di  contraria,  quanta  necef- 
fariamente  per  la  ftelTa  adelìone  fi  richiede  .  Proverò  altrove 
con  ogni  genere  di  fperienze,che  fempre  e  per  neceffità  l'una 
infieme  all'  altra  s'incontrano  le  contrarie  elettricità  non  fo- 
lo  nelle  oppofi^e  facce  degli  firati ,  o  lamine  refiftenti ,  ma  in 
ciafcuna  faccia  di  qualfivoglia  corpo  refifiente ,  o  condottore  ; 
che  ove  non  ha  luogo  tale  fimultaneo  incontro ,  ivi  non  ha 
luogo  né  lo  fviluppo,  né  la  raccolta,  né  verun  fegno  di  elet- 
tricità ;  che  qualfivoglia  elettrico  fegno  non  è  fé  non  l' im- 
mediato effetto  di  tale  fimultanea  prefenza ,  ed  incontro  del- 
le oppofle  potenze .  Ma  ficeome  fiffiitte  induzioni  ai  generali 
principi  appartengono  della  teoria,  perciò  rilervandole  per  al- 
tre Memorie, mi  reftringerò  qui  a  confiderarnefoltanto  i  mo- 
di ,  e  le  circofianze ,  che  1'  elettrica  luce  immediatamente  ri- 
guardano . 


SOPRA  l'  elettricità'.  S^ 
Diftiniì  lui  bel  principio  (  legg.  i.  n.  i.  )  due  modi  nel 
moto  delle  elettriche  potenze  ,  che  luce  producono.  Or  que' 
due  modi  vogliono  più  intimamente  coniìderarfi ,  e  ridurli  a 
più  efatta  efprelfione .  Due  fono  realmente,  e  divertì  fra  loro 
i  modi  ,  e  gli  atti  ,  che  il  moto  fanno  di  feparazione  ,  o  di 
riunione  delle  elettriche  potenze,  un  folo  però  è  il  moto  che 
in  que'  diverlì  modi  eccita  1'  elettrica  luce  .  Non  è  il  moto 
di  feparazione  diverfo  da!  moto  di  riunione,  anzi  non  è  quel- 
la che  la  riunione  ftelia  d'  una  parte  di  quelle  potenze  nell' 
atto  che  li  fciolgono,  e  iì  di\idono. 

6.  Imperciocché  niuna  fpecie  può  fulTiflere  fenza  certa  ,  e 
determinata  azione, odia  fenza  Tefercizio  della  propria  forza. 
Or  quefta  finché  immetliatamcnte  li  efercita  con  proporzionata 
dofe  di  contraria  fpecie,  non  dà,  né  può  altrimenti  dare  efte- 
riori  indizj  di  azione  né  fui  fenlì  noftri ,  né  fu  i  corpi  ambi- 
enti; eH'endo  che  quella  interiore  ,  ed  immediata  loro  azione 
non  ha  altro  rapporto  né  coi  fenlì  non'ri,né  coi  corpi  ambi- 
enti ,  fé  non  in  ragione  delle  dili'erenze  ,  che  tra  quelP  inte- 
riore conflitto,  e  mutua  colliiìone  direttamente,  o  indiretta- 
mente s'  introducono  .  Acciò  efleriormente  ii  manifefti ,  un  at- 
to vi  vuole  ,  che  alteri  I' oppofizione ,  o  l'eguaglianza  di  quel- 
le forze,  e  ne  fcomponga  cosi  quell'  immediata  unione; ed  in 
tal  atto  conlìfte  il  primo  eccitamento  dell'  elettrica  virtù;  del 
quale  non  é  quefio  il  luogo  di  far  altre  parole . 

Dirò  foltanto  ,  che  a  fcomporre  quella  previa  ,  e  naturale 
unione  (  dico  naturale  per  effer  quella,  da  cui  comincia,  e  in 
cui  finifce  naturalmente  ogni  fenomeno  di  elettricità)  d'uopo 
è  di  concepire  un  corpo, o  il  concorfo  di  più  corpi,  o  di  più 
moti  inlìeme  ,  che  una  di  quelle  forze  traggan  fuori  dall'al- 
tra con  eccelTo ,  e  predominio  di  azione.  E  quelt' eccello  ,  e 
predominio  con  una  di  quelle  fpecie  fopra  1'  oppofla  o  è  co- 
ftante  ,  ovvero  non  è  che  paflaggero  ,  e  momentaneo  .  Nel 
primo  cafo  entrerà  la  fpecie  fteffa  in  nuova  compofizione  con 
que' corpi,  d'onde  tale  eccelFo  proviene,  e  indurrà  in  efli  mu- 
tazione corrifpondente  al  nuovo  acquifto,o  modo  di  unione. 
Nel  fecondo  farà  quella  fpecie  pronta  a  trapafTare  in  altri 
corpi,  che  per  poco  fuperino  quel  primo  ecceffo  :  ovvero  fce- 
mando  in  que'  primi  in  qualiivoglia  modo  quel  comoleflb  , 
d'onde  tale  ecceffo  nacque ,  ref^erà  per  naturale  virtù  la  fpecie 

L    ij 


^4  Memoria 

fteli'a  pronta, e  fpinta  a  riunirli  colla  fua  prima  oppofta,e  fa- 
rà perciò  fino  al  compimento  di  tale  unione  capace  di  dar  fe- 
gni ,  e  prove  efteriori  della  fua  forza . 

7.  Né  deve  trafcurarlì  frattanto ,  né  porfi  in  dimenticanza 
r  oppofta  fpecie,da  cui  fu  fcparata ,  e  tratta  fuori  la  prima. 
Poiché  quella  difpiega  in  tal  atto  efteriormente  tutta  l'  ener- 
gia delle  proprie  forze ,  e  ne  fa  prova  o  con  altri  corpi ,  co- 
me nel  cafo  precedente ,  o  immediatamente  con  altra  elettri- 
cità preeliftente  nella  naturale  fua  quiete  ,  e  unione ,  colla  qua- 
le s'  incontra  .  Non  farebbe  al  certo  quella  capace  di  fciorre 
la  naturale  unione  di  quefta,fe  l'incontro  loro  non  folle,  che 
in  eguaglianza  di  particelle,  o  di  maife  le  une  fciolte,  le  al- 
tre fiffe  ,  ed  unite  .  Ma  vi  é  la  difiièrenza ,  che  continuando 
gli  atti  del  primo  eccitamento,  le  particelle, o  malie, che  in- 
di fono  fciolte ,  crefcono  inceffimtemente  con  progreifione  a 
quegli  atti  proporzionata,  e  in  oltre  acquiilano  momento  per 
la  figura  de'  condottori  ;  e  perciò  inv^eitono ,  e  attaccano  da 
ogni  parte  in  un  fol  tempo  ad  una  ad  una  le  quiete  particel- 
le ,  e  non  polTono  far  meno  di  non  fmoverle  ,  e  fepararle  . 
Ed  in  ciò  connlìe  il  giuoco  di  continuo  fmovimento,e  folu- 
zione  di  nuova  elettricità,  che  fuccede  ad  ogni  atto  del  pri- 
mo eccitam.ento ,  e  che  profegue  ,  e  crefce ,  o  fcema  in  pro- 
porzione ,  che  quello  continua  ,  e  prende  vigore  ,  o  fi  ral- 
lenta . 

8.  Abbiamo  dunque  in  ogni  atto,  o  eccitamento  di  elet- 
tricità due  ferie,  o  vie  d'azioni;  la  prima  diretta,  come  nel 
numero  6  fpiegai  ;  indiretta  1'  altra  ,  ficcome  diffi  in  ultimo 
luogo.  E  ciafcuna  di  quefte  ferie  diretta,  o  indiretta,  imme- 
di ata,o  mediata  prefenta  due  oppofti  andamenti,  uno  di  aumen- 
to colla  fucceffiva,  e  continua  foluzione  di  quelle  fpecie,  che 
coftituifcono  per  tal  via  1'  intenfità  dell'  elettrica  potenza  ; 
r  altro  di  decremento  colla  riduzione  delle  fpezie  ftefie  a  mu- 
tua riunione  ,  la  quale  coftituifce  il  degradamento  de'  fegni ,  of- 
fia  le  renitenze  ,  che  ad  ogni  fpecie  di  elettrica  potenza  iì 
oppongono  .  Talché  ficcome  non  crefcono  i  fegni, fé  non  per 
1'  eccelfo  di  elettrica  virtù,  che  fi  eflerna;  cos'i  non  decrefco- 
no  fé  non  pel  fucceflivo  ritorno  della  virtù  ftefia  alla  interiore 
direzione:e  in  fomma  come  l' intenfità  di  que' fegni  rifui  ta  dagli 
cccefil  di    una  fola  fpecie  ,    che  rimane  fciolta  ,    e  forzata  di 


SOPRA  l'  elettricità'.  85 
accumularli  inlicme  ;  così  la  degradazione,  e  le  reiìftenze ,  che 
fi  oppongono  a  quella  intenlìtà  ,non  dipendono ,  fé  non  dalla 
oppoda  fpecie,che  lìmilmente  fciolta,e  forzata  di  accuraularfi 
refhtuifce  gradatamente ,  e  compie  in  fine  la  priftina  loro  ri- 
unione. 

9.  E  riftringendo  quefte  confiderazioni  all'  elettrica  luce  , 
dico  ,  che  qualiivoglia  azione,  o  moto  tanto  della  prima  fo- 
la,  come  dell'  oppofta  fpecie  di  elettricità  colle  parti  di  qual- 
livoglia  genere  de'  corpi  iì  riconofce  affatto  inetto  a  dar  fe- 
gni  di  luce;  né  quefla  ha  luogo  altrimenti,  fé  non  pel  moto 
di  riunione  d'  una  fpecie  colla  fua  oppofta ,  comunque  poi  fi 
faccia  tal  riunione  o  per  la  prima  diretta  ,  o  per  la  feconda 
indiretta  via  ,che  più  fopra  ho  divifato .  Onde  non  v'ha  lu- 
ce altrimenti  ,  finché  la  prima  fcorre  nella  pafTeggera  unione 
de'  condottori  ,  e  finché  la  feconda  non  è  in  tale  ecceflb  da 
fmoverne  altra ,  e  indi  trarre  a  sé  la  contraria  ;  e  finché  per 
fine  non  n  riducono  all'  atto  di  vicendevole  riunione  le  par- 
ti della  prima  con  altre  della  feconda  :  nel  che  confifte  1'  uni- 
tà del  moto  ,  che  più  fopra  accennai  (  n.  5.  )  in  mezzo  alla 
varietà  dei  modi,  e  delle  vie  che  al  moto  fteffo  difpongono , 
o  conducono . 

Legge  Quarta.  E  le  contrarie  potenze,  che  nella  riunione 
loro  fanno  1'  elettrica  luce,  rifiedono  fenza  luce  infieme  non 
meno  ne'  condottori  ,  che  ne'  refiftenti  ;  e  fecondo  varj  rap- 
porti or  tutte  ,  ora  in  parte  foltanto  fi  frenano,  o  fi  deter- 
minano al  moto  di  riunione . 

I.  In  principio  a  fiffatto  moto  fi  oppone  e  la  pafieggera 
unione  d'  una  fpecie  con  altri  corpi, e  la  tenue  quantità  dell' 
oppofta ,  che  non  è  capace  di  vincere  con  prevalente  forza  la 
naturale  unione  delle  due  fpecie  fparfe  ne' corpi  ambienti  :  co- 
me per  oppofto  a  fiffatto  moto  di  riunione  conduce  tutto  ciò, 
che  o  libera  la  prima  da  quella  palfeggera  unione, o  accrefce 
la  fomma  della  feconda;  e  rende  cosi  e  1'  una,  e  1'  altra  ca- 
pace di  fmoverne  intorno  a  sé  ,  ed  unirfi  rifpettivamente  all' 
oppofta  ;  ovvero  di  riunirfi  a  parte  a  parte  direttamente  fra 
loro . 

Ma  in  progreflTo  a  quefti  unicamente  non  fi  riftringono  i 
modi  ,  che  o  fi  oppongono  ,  o  riconducono  a  quel  moto  di 
elettrica  luce.  Ben  diverfi,  e  molti  fono  altri  modi  che    fre- 

L     iij 


86  Memoria 

nano  le  elettriche  potenze ,  comunque  accrefciute ,  e  le  riten- 
gono in  mero  sforzo,  e  preflìone;e  molti  che  per  oppofto  le 
rendono  capaci  di  moto ,  e  di  riunione ,  ficcome  altrove  dirò 
più  opportunamente . 

2.  Or  come  non  vi  è  luce,  né  altro  fegno  di  elettricità, 
quando  immediataniente  ripoflmo  nella  nativa  loro  unione  le 
oppofte  i^tc\t{legg.  ^.n.  6.  in  principio);  COSI  quando  le  fpecie 
fteffe  comunque  di\ife  li  frenano  a  vicenda  per  frappofti  olla- 
coli  ,  e  non  efercitano  le  forze  loro  fé  non  in  continuo  sfor- 
zo ,  o  preffione ,  polfono  bensì  far  moti ,  e  adefione  fra  i  cor- 
pi, che  le  ritengono,  e  le  dividono  .  ma  non  fanno  mai  lu- 
ce, fé  non  in  proporzione  dell'  effettivo  loro  moto, e  riunio- 
ne .  E  qui  pili  che  in  altre  confiderazioni  e  indifoenHibile  non 
ordinaria  dilìinzione  d'  idee  ,  e  fagacità  d'  intelletto  per  ben 
difcernere  i  varj  rapporti  delle  potenze  ,  che  fi  frenano  ,  e 
degli  ortacoli ,  che  le  riducono  a  femplice  preliione  ;  e  per  ri- 
conofcere  in  oltre  fecondo  que"  rapporti  le  parti  ,  che  or  fo- 
litarie ,  ora  inlieme ,  or  con  lenta  ,  or  con  rapida  fucceffione 
paffano  a  riunirfi  .  Sono  adunque  in  più  modi  intralciate  ,  e 
mifte  infiemc  le  oppofte  elettricità ,  ora  faturate  a  parte  a  par- 
te in  ciafcuna  particella,  e  fi  dicono  fpmte ,  ne  danno  perciò 
verun  fegno  ;  ora  con  tendenza  mutua  ,  o  prcffìone  ,  e  fanno 
infenfibile  unione  fra  le  loro  particelle  ,  onde  non  inducono 
feniibile  luce  ,  ma  foltanto  manifeftano  fenfibili  moti,  e  ade- 
fione  ;  ora  per  fine  s'  incontrano  con  notabile  moto  di  riu- 
nione,  e  fanno  luce,  e  fcoppio-,  ed  è  ciò  appunto ,  che  al  pre- 
fente  ftiamo  dichiarando . 

3.  In  fatti  neir  efperimento  ,  che  nella  precedente  legge 
narrai  {  n.  2.),  fi  manifedano  per  sé  fleffe  evidentemente  tre 
pdrzioni  diftinte  ,  offia  tre  diverfi  rapporti  di  vicendevole 
freno,  e  preffione  .  II  primo  fra  lo  feudo  e  1'  aria  ambiente. 
Il  fecondo  tra  lo  feudo  e  la  vicina  faccia  del  difco .  II  ter- 
zo tra  le  oppofte  facce  del  difco  .  Quanto  al  primo  fra  la 
potenza  dello  feudo  e  dell'  aria  ambiente  fi  manifefla  nello 
feudo  fleffo  e  prima,  e  dopo  della  fua  feparazione  con  moti, 
che  dimoftrano  la  fua  fpecie  omologa  alla  vicina  faccia  del 
difco  ,  e  fi  conferva  in  effo  finché  non  fia  fpenta .  Si  fpegne 
quefta  con  prefentare  un  condottore  immerfo  nell'  aria  ambi- 
ente allo  feudo  ;  poiché  fra  quelli  per  la  condottrice  loro  na~ 


SOPR.A     l'     elettricità'.         87 
tura  fi  iniiovoiio  per  ogni  verfo  quelle  oppofte  potenze ,  e  per- 
ciò giunti  a  certa  diftanza  ne  facilitano  il  moto  ,  e  ne  coni- 
piono  la  riunione  con  proporzionata  luce,  e    fcintilla. 

4.  Segue  il  fecondo  rapporto  tra  1'  altra  porzione  di  elet- 
tricità dello  feudo  oppofl-a  a  quella  delia  vicina  faccia  del  di- 
fco  ;  le  quali  porzioni  finché  li  frenano  fanno  1'  adeiione  ,  e 
colla  feparazione  del  difco  lì  pongono  in  moto  ,  e  ne  danno 
corrifpondenti  fegni  di  fcintilla,  e  di  luce  (le^g.  3.  ».  4.  5). 
Ma  per  intendere  e  come  lì  frenino  finché  lo  feudo  e  a  con- 
tatto col  difco ,  e  come  lì  pongano  in  moto ,  quando  lo  feu- 
do vien  rimollb  a  certa  dilbnza  ,  fi  rifletta  ,  che  nel  primo 
cafo  ciafcun  punto  della  faccia  del  difco  immediatamente  agi- 
fce  contro  il  fovrappofto  punto  dello  feudo ,  e  perciò  1'  azio- 
ne di  quefto  refl-ando  cosi  divifa,  e  diffufa  egualmente  non  fa. 
notabile ,  né  prevalente  moto  contro  1'  uno  o  1'  altro  de'  fot- 
topofti  punti  ,  benché  fieno  dotati  di  contraria  elettricità  . 
Rimovendofi  poi  dal  contatto  lo  feudo ,  due  mutazioni  acca- 
dono nella  fua  elettricità,  le  quali  debbono  qui  partitamente 
efaminarfi .  Le  mutazioni  fono  quelle,  i.  L'elettricità  omolo- 
ga di  ciafcun  punto  nella  faccia  dello  feudo  diventa  col  ri- 
moverli  di  quello  più  vicina  fra  di  sé ,  che  non  colla  contra- 
ria de'  fottopofli  punti  del  difco  ;  2.  la  faccia  fieflà  in  tale  fe- 
parazione non  refta  più  necellariamente  piana ,  e  parallela  ful- 
la  faccia  del  difco,  ma  prefenta,o  prende  qualche  inclinazio- 
ne ,  o  prominenza  più  verfo  una  ,  o  alcune ,  che  verfo  le  al- 
tre parti . 

5.  E  in  primo  luogo  nel  rimoverfi  lo  feudo  ciafcun  pun- 
to dell'  inferiore  fua  faccia  ritiene  la  primiera  fua  poiìzione, 
e  vicinanza  per  rapporto  alla  fua  fpecie  di  elettricità  ,  ma  quan- 
to più  li  rimove  ,  tanto  più  ciafcuno  di  que'  punti  fi  allon- 
tana dai  corrifpondenti  della  faccia  del  difco,  ne'  quali  rifie- 
de  la  contraria  .  QLiindi  tanto  quefli  della  faccia  del  difco  , 
quanto  quelli  dello  feudo  non  efercitano  piagli  uni  cogli  op- 
poni immediatamente  la  loro  azione,  ma  bensì  per  mezzo  dell' 
aria  ,  che  fra  loro  fubentra  .  Frattanto  però  ritenendo  la  re- 
lativa loro  pofizione  per  rapporto  alle  fpecie  di  elettricità  , 
che  in  ciafcuna  faccia  rilìedono, rimane  l'azione  di  quelle  nel- 
la fua  integrità  ;  e  perciò  quanto  più  lo  feudo  fi  fcofla  dalla 
faccia  del  difco,  tanto  meno  l'una  coli" altra  fi  frenano  quel- 


S8  Memoria 

le  oppofte  potenze  ,  e  tanto  maggior  vigore  ciafcuna  prende 
per  sé  ftefla  ,  e  lo  efercita  contro  T  aria  frappofta  ,  e  contro 
i  corpi  in  effa  immerfi . 

6.  E  benché  ciò  (i  riconofca  apertamente  dagli  elettrici  mo- 
ti,che  in  limile  apparato  altrove  dskrìffi  (loc.  cit.n.  i6i.  162.)» 
mi  piace  di  confermarlo  direttamente  con  fenomeni  di  elettri- 
ca luce  .  Dopo  che  iì  è  fpenta  nello  feudo  la  omologa  virtù 
coir  opportuno  accoftamento  d'  un  condottore  (».  3.), fiacco 
lo  feudo  dal  difco ,  ma  con  tale  avvertenza ,  che  lì  fcolVi  egual- 
mente dalla  fua  faccia  appena  una  linea; e  fermandolo  in  ta- 
le pofizione ,  la  prima  volta  che  accollo  il  dito  per  toccarlo 
ne  ho  una  fcintilla  tenue  di  luce,  ma  (tridente,  e  pungente; 
e  comunque  fegua  poi  a  toccarlo ,  finché  fi  mantiene  a  quel- 
la diftanza  non  riporto  più  mai  altro  fenfo  di  luce  ,  né  di 
fcintilla  .  Che  fé  alzo  prontamente  di  più  lo  feudo  dalla  di- 
ftanza di  una  linea  tino  ai  quattro  o  fei  pollici,  al  primo  accofta- 
mento  del  dito  ne  riporto  una  nuova  fcintilla  più  lucida  ,  e 
meno  pungente  della  prima  .  Se  in  un  fol  atto  inalzo  da 
principio  lo  feudo  a  queft'  altezza  ,  ne  riporto  col  dito  una  fcin- 
tilla equivalente  per  sé  fola  alle  due  ,  nelle  quali  col  prece- 
dente modo  fu  divifa . 

Nel  che  è  manifelto  ,  che  le  oppofte  potenze  fra  lo  feudo 
e  la  vicina  faccia  del  difco  ,  ficcome  interamente  li  frenano 
col  mutuo  contatto  ,cos'i  profeguono  a  frenarli  in  parte  a  cer- 
ta diftanza  ;  e  in  line  tanto  meglio  per  sé  ftefle  fi  difpiegano , 
quanto  1'  una  dall'altra  fi  allontana. 

7.  Palla  ciò  non  oftante  tra  lo  feudo  e  il  difco  la  diffe- 
renza ,  che  in  quello  come  condottore  ha  facile  moto  per  o- 
gni  verfo  T elettricità  della  fua  faccia; il  che  per  oppofto  non 
accade  nella  faccia  del  difco  per  elTere  di  reliftente  natura  . 
Quindi  è  ,  che  combinandofi  quefta  differenza  colla  feconda 
mutazione  ,  che  nella  feparazione  accade  (  n.  4..),  e  confifte 
in  qualfivoglia  inclinazione  ,  o  prominenza  della  faccia  delio 
feudo  verfo  la  fottopofta  faccia  del  difco  ,  per  quella  via  Ci 
toglie  r  eguaglianza  delle  diftanze  ,  e  del  vicendevole  freno 
fra  ciafcun  punto  di  contraria  potenza  nelle  oppofte  facce  ;  e 
perciò  quella  elettrica  forza  ,  che  per  ragione  delle  diftanze 
e  per  la  conducente  natura  dello  feudo  fi  trova  in  effo  mo- 
bile, pafTa  per  quella  inclinazione ,  0  prominenza  coli'  ecceffo 

fuo 


SOPRA     l'     elettricità'.         S9 
fuo  a  riunirli  con  1'  oppofta    ne'  fottoporti  punti  dello  feudo, 
e  fa  in  tal  atto  luce,  e  fcintilla. 

8.  Ciò  che  direttamente  diciamo  delie  potenze  dello  feu- 
do ,  e  delia  fottopofta  faccia  del  difco ,  in  lìmil  modo  s'  in- 
tenda dello  Ihato  d'  aria  frappofto  nella  loro  feparazione  fe- 
condo le  reciproche ,  e  indirette  azioni  previamente  dichiara- 
te nella  Legge  feconda  (  ivi  n.  2.  e.  f-  )  .  Né  fra  quelle  e 
quelle  conliderazioni  paffa  altra  differenza,  fé  non  che  tutte 
ivi  fono  di  reiin-ente  natura  le  facqe  feparate ,  mentre  qui  già 
olfervammo  ellére  lo  feudo  un  condottore .  Onde  pel  raddop- 
piamento ,  e  r  interpolìzione  del  mezzo  ,  che  oltre  alle  corri- 
Ipondenti  differenze  di  groffezza ,  e  di  figura,  e  di  varia  ca- 
pacità retiftente  nelle  fue  parti,  introduce  la  mobilità  fomma 
delle  medellme,  ne  rifultano  indi  nuove  combinazioni  di  mo- 
to fra  le  oppofte  potenze  per  far  luce ,  e  fcintille . 

9.  Dipende  il  numero  di  tali  fcintille  dal  numero  de'  ca- 
fì  ,  che  nella  leparazione  introducono  qualche  eccedo  di  for- 
za fra  le  finitime  potenze.  La  grandezza  di  ciafcuna  fcintilla 
corrifponde  alla  quantità ,  e  mobilità  di  quegli  eccedi  di  for- 
ze.  Ed  è  in  fimili  eccelli  da  notarli  una  reciproca  proporzio- 
ne colle  relifienze  del  mezzo  frappofto  .  Poiché  quanto  mag- 
giore i\  fa  la  diftanza  fra  le  contrarie  forze  nelle  facce  del 
difco ,  e  dello  feudo ,  tanto  crefce  la  grandezza  del  frappofto 
mezzo  refiftente .  Onde  da  quefta  fteffà  reciprocità  nafcono  al- 
tre varietà  nel  numero,  e  nella  grandezza  delle  fcintille;  e  in 
conformità  di  tali  variazioni  fono  nuovamente  varj  i  reiidui 
di  elettriche  potenze,  che  fi  trovano  nello  feudo,  e  nel  di- 
fco leparati  in  fine  a  prima  diftanza. 

IO,  Che  fé  quefte  colle  oflervazioni  fi  confrontino  efpreffe 
in  fine  della  precedente  Legge  (  ivi  n.  6.  7.  8.  9.  )  compren- 
dian\o  univerfalmente  il  modo  d'  ogni  luce,  e  fcintilla  ,  che 
dalla  elettricità  dipende .  Poiché  i  condottori ,  che  ad  un  cor- 
po elettrico  fi  prefentano ,  aUbmigliare  fi  debbono  allo  feudo 
or  apprellkto ,  or  rimofio  dalla  faccia  dei  difco  ;  e  non  altri- 
menti ,  che  quefto  le  ftefle  vicende  fubifcono  di  elettricità 
omologa  ,  e  contraria  ;  e  fimilmente  fecondo  il  diverfo  loro 
llato  d'  ifolamento,  dilianza,  e  figura  contraggono  tale  moto 
di  contrarie  elettricità ,  quale  per  l'elettrica  luce  fi  richiede. 
Troppo  mi  dipartirei  dallo  fcopo  prefente,  fé  ciò  imprendcffi 
Tomo  IL  M 


90  Memoria 

a  dimoftrare  più  eftelamente ,  che  avrà  luogo  nell'  analifi  del 
premelTo  efperimento . 

11.  Ma  per  compiere  al  propofito  noftro  que'  rapporti  , 
che  neir efperimento  fteflb  da  principio  accennai  {n.  3.  )  non 
rimane  che  1'  ultimo  rapporto  fra  I'  elettricità  delle  oppofle 
facce  del  difco.  Fra  le  quali  s'  introduce  moto  coli'  arco  ,  o 
con  altra  fomigliante  via ,  che  dall'  una  all'  altra  armatura  Cx 
applichi,  o  fi  frapponga  .  L'arco  però  è  fopra  ogni  altro  mo- 
do attiffimo  per  la  fua  figura  a  dar  cominciamento  al  moto 
di  vicendevole  unione  ,  ed  a  continuarlo  con  tale  rapidità  , 
che  fi  manifefta  colla  fcintilla ,  e  collo  fcoppio . 

12,  Si  diftinguono  evidentemente  T  uno  dall'  altro  quefli 
tre  rapporti,  e  partizioni  di  elettricità  non  meno  nel  prece- 
dente efperimento,  che  in  ogni  altra  maniera  di  elettrica  lu- 
ce, purché  in  debita  figura,  e  diftanze ,  e  ifolamento  ii  pre- 
fentino  i  corpi  ,e  fi  efplorino  le  loro  vicende  con  ordine  con- 
veniente .  Poiché  cjui  per  efempio ,  fé  cominciate  dal  terzo  rap- 
porto ,  confondete  con  quefto  infieme  il  primo, e  non  difiin- 
guete  più ,  fé  non  il  fecondo .  Se  incominciate  dal  fecondo  , 
confondete  quefto  col  primo  ,  e  indebolite  frattanto  ad  ogni 
atto  vie  più  anche  il  terzo .  Al  contrario  riconofciuta  la  pri- 
ma porzione  nello  feudo  pofio  a  fuo  luogo  ,  e  fpenta  quefta 
col  contatto  ,  paflàte  colla  fcparazione  a  riconofcere  la  fecon- 
da; indi  riporto  lo  feudo, e  apprefflindo  allo  ftelìo  l'arco  pro- 
cedente dall'  oppofta  faccia ,  riconofcete  la  terza  porzione  ,  ed 
in  tal  atto  rinnovate  il  fecondo  rapporto  nelle  faccefiive  fepa- 
razioni . 

13.  A  rendere  in  fine  fenfibile  con  facilità  ,  e  cofianza 
r  elettrica  luce  due  circofianze  principalmente  concorrono ,  e 
fono  I.  certa  quantità  di  elettriche  potenze,  2.  e  certo  inter- 
vallo fra  1'  una  e  1'  altra  .  E'  neceflària  la  diftanza,  0  la  di-" 
vifione  d'  intervallo  perchè  1'  una,  e  I'  altra  (ì  ponga  in  li- 
bertà di  moto  ,  come  più  fopra  fpiegai  (  «.  i.  6.  7.  )  ;  ed  è 
neceflària  del  pari  certa  quantità  ,  acciò  coli'  ecceiTo  fuo  di- 
rettamente ,  o  indirettamente  quel  moto  determini  ,  che  ivi 
pure  dichiarale».  8.  9.)  ;  ed  è  pur  neceflària  in  fine  tale  gran- 
dezza d'  intervalli,  e  di  azioni, che  faccia  notabile  imprelfio- 
ne  fu  i  noflri  fenfi  .  Poiché  le  indicate  circoftanze  nella  faci- 
lità, e  coflanza  loro  a  produrre  l'elettrica  luce  foegiacciono 


SOPRA     l'     elettricità.         gì 
a  molte  vicende  non  meno  per  la  grandezza,  figura, e  quali- 
tà de'  corpi  ,  che  per  le  qualità  del  mezzo  refiftente ,  e  per 
lo  flato  dei  fenfi ,  onde  gioverà  confiderarle  alquanto  più  di- 
ftintamente  nelle  feguenti   Leggi. 

Legge  Stinta.  Né  in  quallivoglia  moto  di  riunione  delle 
contrarie  potenze  è  vifibile  1'  elettrica  luce ,  fé  non  fra  certi 
intervalli,  entro, e  oltre  de' quali  il  moto  ftefTo  fi  compie  fen- 
za  altro  fenfo  di  luce  . 

1.  Primieramente  per  le  fuperficie  de' condottori ,  come  fo- 
no i  tubi ,  gli  archi ,  e  limili ,  iì  riunifcono  le  contrarie  elet- 
tricità fenza  verun  fenfo  di  luce,  benché  tali  fuperficie  abbia- 
no innumerabili  pori ,  che  altro  non  fono ,  fé  non  tenui  in- 
tervalli,  che  ne  interrompono  la  continuità.  Si  caricano  per 
via  di  tubi ,  o  archi ,  che  fiano  a  contatto  con  le  alterne  ar- 
mature,  più  bocce  ,  o  quadri  fucceffivije  fi  fcaricano  fimilmen- 
te  fenza  luce  ,  ove  non  s'  incontrino  le  oppofie  elettricità  a 
certe  difianze  fra  1'  una  e  1'  altra  eftremità  ,  o  finitima  fu- 
perficie di  que'  condottori ,  e  delle  armature . 

2.  E  per  dimoftrare  ,  che  tanto  nelle  fuperficie  de' condot- 
tori, come  nelle  armature  de' quadri  lì  fa  tal  moto  di  riunio- 
ne ,  il  quale  non  rende  fenfibile  impreifione  di  luce  per  la  in- 
dicata tenuità  de'  loro  pori,  o  intervalli , abbiamo  in  pronto 
alcuni  facili  artifizj  per  rendere  quegl'  intervalli  gradatamen- 
te capaci  di  porre  in  vifi-a  la  luce  delle  contrarie  potenze  , 
che  ne'  medelìmi  fi  riunifcono . Soflituite  al  tubo,  o  all'  arco 
di  unita  fuperficie  una  catena  di  fottìi  filo  metallico,  la  qua- 
le non  (ia  punto  tefa,  e  faccia  perciò  intorno  al  tenue  con- 
tatto de'  fuoi  anelli  ogni  varietà  d'  intervalli  fucceffivamen- 
te  maggiori  ;  ed  ofierverete  tra  V  uno  e  1'  altro  anello  in 
certa  grandezza  di  quegli  intervalli  manifefta  luce.  Applicate 
dopo  ciò  fucceflìvamente  alcuni  peli  a  quella  catena,  i  quali 
rendendola  grado  grado  pili  tefa  accrefcano  il  contatto  de'  fuoi 
anelli  ,e  fcemino  il  numero, e  la  grandezza  di  que'  primi  in- 
tervalli, e  vedrete  nella  proporzione  flefia  fcemarfi ,  e  in  fi- 
ne fparire  que' punti  luminolì ,  che  tra  elfi  brillavano. 

3.  Se  poi  vi  piaccia  più  vago,  e  grande  fpettacolo  di  lu- 
cidi punti,  in  luogo  della  foglia  di  ftagno,di  cui  fi  f;i  l'or- 
dinaria   armatura  de'  quadri  ,    foftituite  nella  faccia  fuperiore 
uno  flrato  uniforme  ,6  molto  raro  di  limatura  metallica ,  tal- 
Ai     ij 


92  Memoria 

che  vi  formi  tra  que'briccioli  un  tefllito  d'intervalli  di  ogni 
grandezza;  e  nell'  atto  che  fi  fcarica  il  quadro  in  moltiflimi 
intervalli  di  tutta  quella  faccia  comparirà  viva  luce  di  riunio- 
ne. In  una  fafcia  della  faccia  ftelTa  accrefcete  lo  ftrato  di  li- 
matura, ficchè  non  lafci  fé  non  pochi,  e  tenuiffimi  interval- 
li; e  reitera  per  la  tenuità  loro  quella  foia  fafcia  priva  di  lu- 
ce .  Rarefate  in  un'  altra  fafcia  affai  più  quella  limatura ,  ficchè  tra 
que'  briccioli  non  refiino  ,  che  intervalli  vie  più  grandi  de' 
primi  ;  e  vedrete  in  quefia  fafcia  flefia  fcemare ,  e  mancar  in 
iine  ogni  luce  per  foverchia  grandezza  di  quegli  intervalli  . 

4.  Che  fé  in  fine  l' intera  faccia  fi  cuopre  di  tanta  lima- 
tura ,  che  equivalga  nella  tenuità  de'  fuoi  intervalli  ad  una 
ordinaria  fuperficie  metallica ,  fi  avrà  per  ella  la  piena  fcarica 
con  tenuiffima,  o  niuna  luce.  Che  fé  all'  oppoflo  nell'intera 
faccia  fi  renda  rariflìma  quella  limatura  ,  ogni  volta  che  fi 
tenta  di  aver  la  fcarica ,  non  fi  avrà  fé  non  in  parte  ;  ma  a 
quefe  parte  rton  corrifpondcrà  giammai  altrettanta  luce  per 
elfere  quegli  intervalli  di  foverchio  grandi  per  non  renderla 
abbaftanza  fenfibile . 

5.  Ne  ci  mancano  dirette  fperienze  per  confermare  queft' 
ultimo  affunto  ,  cioè  ,  che  oltre  certa  mifura  d'  intervalli  iì 
compie  ne'  medefimi  fenza  notabile  fenfo  di  luce  la  riunione 
delle  contrarie  potenze  .  Qi-ialunque  volta  tentiate  di  cavar  la 
fcarica  tra  le  oppofte  facce  d'  una  boccia ,  o  d'  un  quadro  ca- 
rico, prefentando  lentamente  l'efiremità  dell'  arco  a  certa  di- 
fi-anza  fuori  dei  limiti  dello  fcoppio  ,  s'  indebolifce  ad  ogni 
atto  la  forza  della  carica;  ne  per  tale  indebolimento ,  che  pur 
lì  fa  colla  riunione  d'  una  parte  delle  contrarie  potenze,  ap- 
parile verun  indizio  di  luce,  purché  tra  T  effremità  dell'ar- 
co e  r  armatura  refti  certa  diftanza  conveniente  alla  refidua 
forza  di  carica  ;  talché  con  fimili  atti  con  qualche  pratica 
replicati  refterà  in  fine  efaurita  l'intera  carica  fenza  aver  da- 
to fenfo  di  luce  .  Ma  in  tutte  le  diflanze  alquanto  minori  co- 
minciano tra  r  arco  e  I'  armatura  a  comparire  ad  ogni  atto 
foffj ,  e  fprizzi  di  luce  ,  i  quali  poi  a  diftanze  ancor  minori 
fcoppiano  in  fine  in  piena  fcintilla. 

6.  Che  fé  quefì-e  ,  e  fomiglianti  fperienze  per  fé  ftefle  la 
necedìtà  dimoftrano  di  certa  grandezza  d'  intervalli,  perchè  il 
moto    delle  elettriche    potenze  i\  manifefli    con  fenomeni    di 


s  o  r  R  A     l'     elettricità'.  93 

luce  ;  fé  poi  iì  compongano  colle  oflervazioni  premefTe  nella 
Legge  quarta  (  iz'i  n.  5.  6.  7.  8.  9.  )  ci  fanno  univerfalmente 
conofcere  con  qual  legge  in  que'diverli  intervalli  il  moto  ftef- 
fo  lì  determina  fra  le  oppofte  potenze  ,che  previamente  fi  fre- 
nano a  vicenda  con  mutua  tendenza,  e  preflìone .  Impercioc- 
ché ficcome  la  prepone  fuiiifte  ,  finché  tutti  i  punti  d'  una 
fpecie  fono  più  vicini  ad  altrettanti  della  fpecie  oppofta  , 
che  non  fono  molti  infieme  d'  una  fpecie  ftefia  vicini  fra  lo- 
ro ;  COSI  la  prelhone  fi  cangia  in  moto  toftochè  per  qualfi- 
voglia  caufa  o  di  mutate  diftanze ,  o  di  mutate  figure  molti 
infieme  i  punti  d'  una  fpecie  fono  piìi  vicini  fra  loro  ,  che 
non  con  altrettanti  dell' oppofta  fpecie:  onde  ne  rifulta  Tec- 
ceffo,  e  preponderanza  di  forze  libere  da  oftacoli,e  per  con- 
feguenza  il  moto. 

7.  E  fra  le  indicate  differenze  richiamiamo  qui  diftinta- 
mente  quella  fra  i  condottori  e  i  refifienti  ;  per  cui  in  quel- 
li ciafcun  punto  ,  che  per  mutate  diftanze  refla  libero  dalla 
contraria  potenza,  può  per  la  condottrice  fofianza  muoverfi 
in  ogni  verfo  infieme  agli  altri  punti  fimili  ,  e  liberi  egual- 
mente ;  ne'refifienti  al  contrario -benché  ciafcun  punto  refii 
libero  dalla  contraria  potenza ,  non  ha  perciò  libertà  di  mo- 
to infieme  agli  altri  per  la  refifiente  natura  della  fofianza, in 
cui  rifiedono  ,  la  quale  è  incapace  di  condurli  ,  e  di  racco- 
glierne infieme  1'  azione.  Quindi  niuno  v'  è,  che  non  inten- 
da ,  come  fi  abbia  più  viva  e  forte  luce  dai  condottori ,  che 
dai  reliftenti  non  armati  ;  e  come  per  la  fi-efla  ragione  in 
quelli  tanto  più  preflo,che  in  quefti ,  fi  efiingua  la  facoltà  di 
dar  luce,  mentre  ne'  primi  in  un  fol  atto  i\  compie  ciò  che 
ne'  fecondi  non  C\  efaurifce  talvolta  neppur  con  fei  ,  né  con 
dieci . 

S.  E  per  la  differenza  medefima  tra  le  particelle  di  qual- 
fivoglia  refiftente  fia  fluido ,  o  folido ,  e  tra  le  facce  di  refi- 
ftenti  diverfi  a  tenuiffime  difianze  refiano  frenate  le  contrarie 
potenze,  eflendo  quefi-e  così  divife  ,  e  feparate  per  la  natura 
fleOa  di  quelle  foftanze  in  minimi  punti  quafi  folitarj  ,  e  in- 
capaci di  cofpirare  in  un  fol  atto  ,  o  momento.  All'  oppofto 
i  condoctori  immerfi  in  quelle  fluide  particelle  ,  o  applicati 
fu  quelle  facce  refifl:enti  ne  raccolgono  intorno  a  sé  le  parti 
divife ,  e  ne  compongono  i  momenti  di  maggior  azione .  On- 

M     ii; 


94 


Memoria 


y-r  —      _      -  ^       _       - 

•de  la  preponderanza  di  momento , e  perciò  il  moto  tra  quel- 
le contrarie  potenze  procede  d'  ordinario,  e  fi  determina  per 
la  via  de'  condottori . 

9.  Ma  per  dedurre  con  qual  legge  progredifcono  que'  mo- 
ti,  e  come  fi  compiono  or  con  niuno,  or  con  tenue,  or  con 
vivido  fenfo  di  luce  ,  d' uopo  è  unire  infieme  varie  confiderazioni , 
I.  tanto  della  attività  ,  e  ufo  degli  occhi  ,  e  dello  fl^ato  di 
ofcurità  previa  e  prefente  in  ogni  particolare  oflervazione  ;  2. 
quanto  della  quantità  Ikfla  di  elettricità  ,  che  in  tal  atto  fi 
pone  in  moto;  3.  e  in  fine  della  qualità  , e  refiftenza  de' mez- 
zi frappofii  .  La  prima  confiderazione  farebbe  eftranea  al  no- 
ftro  propofito  ,  appartenendo  all'  Ottica  ,  e  alla  teoria  della 
vilìone  ,  onde  bafl:erà  qui  averla  accennata  ,  nulla  potendofi 
a^t'iun'^ere  alle  cautele  già  defcritte  da  Newton  per  la  folare , 
e'' da  Beccari  per  la  fosforica  luce  ;  e  delle  due  ultime  profe- 
guiamo  a  dire  nella  feguente  Legge, 

Lepge  Sejìa.  E  gì'  intervalli  di  elettrica  luce  non  dipen- 
dono infine,  che  dalla  quantità  delle  contrarie  potenze,  che 
per  quelli  fi  muovono  ,  e  dalla  qualità  delle  fofl:anze  ,  che 
que'  mezzi  coftituifcono . 

1.  Dal  compleflb  d'ogni  genere  di  fperienze ,  che  ne' pre- 
cedenti capi  tentate  abbiamo  per  rapporto  agli  intervalli  di 
elettrica  luce  ,  rifulta ,  che  feguono  elfi  certa  diretta  propor- 
zione colla  quantità  delle  elettriche  potenze ,  che  per  que'  me- 
defimi  intervalli  prendono  moto  .  Poiché  ficcome  nelle  ferie 
di  que' capi  notai  diligentemente  le  diftanze  corrifpondenti  al- 
la grandezza  delle  cariche  imprefle  ;  così  del  pari  oflervai  , 
che  colla  grandezza  flielfa  delle  cariche  progredifcono  a  mag- 
f^iori  intervalli  le  apparenze  di  luce  ,  talché  come  ne' più  gran- 
di intervalli  fi  eftendono  con  accrefcere  la  fomma,  e  la  mo- 
bilità delle  contrarie  potenze ,  cosi  ne' minimi  fi  rende  la  lu- 
ce fi-efia  infenfibile  con  diminuire  la  fomma  ,  e  la  mobilità 
delle  medefime . 

2.  E  quanto  alla  fomma  fi  riconofce  efia ,  e  fi  niifura  col 
numero  de'  giri  elevato  a  certa  potenza  ,  e  moltiplicato  pel 
valore  di  ciafcun  giro. E  la  mobilità  non  meno  dipende  dal- 
le fpecie  loro  ,  e  dalla  qualità,  e  forma  de'  corpi,  ne'  quali 
efle  riliedono  ,  che  dalla  qualità  de'  mezzi  ,  pei  quali  fi  uni- 
fcono .  Della  fpecifica  loro  mobilità  ,  e  della  forma  de"  corpi 


SOPRA       L'       elettricità'.  95 

oltre  a  ciò,  che  detto  ne  abbiamo  ne'  precedenti  capi,  dire- 
mo più  opportunamente  nell'  articolo  feguente  rintracciando 
le  particolaii  leggi  di  que'  fenomeni  ,  E  circa  la  qualità  dei 
mezzi  li  diftinguono  quefli  comunemente  in  condottori  ,  e 
refiflenti  ,  e  a  tenore  di  limile  partizione  fi  ftabilifcono  gli 
ultimi  unicamente  idonei  a  proccurar  elettrica  luce,  e  inetti 
que' primi .  Simili  conclufioni  però  non  fembrano  dedotte  che 
per  illulione  di  \ocaboli ,  e  per  mal  concepite  fperienze  ;  af- 
fumendolì  troppo  di  leggeri  ,  che  non  nafca  elettrica  luce ,  le 
non  per  denfità  di  un  tìuido  cagionata  dagli  oflacoli  ,  o  per 
attrito  dello  fteflb ,  o  per  altro  fomigliante  giuoco  contro  le 
renitenze. 

3.  Pili  ragionevole  farebbe  di  ripeter  tal  luce  dalla  accen- 
fione  cauliita  nell'unione  delle  contrarie  potenze,  fecondo  che 
più  plaufibilmente  a'  noflri  tempi  ii  fpiegano  fimili  apparenze 
lucide  in  ogni  altro  genere  di  combuftione  .Che  cosi  entrando 
r  elettrica  luce  nella  propria  ,  e  più  vera  teoria  della  com- 
buO-ione  ,  rimarrebbe  lincerà  ogni  altra  efprellìone  di  elettrica 
teoria,  né  faremmo  forzati  di  moltiplicare  in  quefia  le  con- 
traddizioni ,  e  gli  errori  cogli  a\'anzi  di  antiche  prevenzio- 
ni erronee  dell'  altra.  E  per  tal  modo  confiderando  la  mutua 
azione  delle  elettriche  potenze  tanto  fra  di  loro, quanto  col- 
le parti  de' corpi ,  ne'  quali  s'incontrano,  ficcome  accennato 
abbiamo  a  fuo  luogo  (  l<^^g.  i.  n.  2.  Icgg.  3.  n.  6.  7.  )  non 
refl-erebbe  altra  principale  differenza  tra  i  condottori  e  i  re- 
fiftenti ,  fé  non  che  in  quelli  fi  fa  la  femplice  ,  o  diretta  a- 
zione  delle  elettriche  potenze  già  fciolte ,  e  diffufe  ;  in  quefri 
fi  fa  doppia  per  1'  indiretto  fmovimento  ,  e  foluzione  di  fi- 
mili  potenze  ,  che  ne'  medeiimi  s'  incontrano  .  Onde  ne'  pri- 
mi non  re(i(te  ,  né  li  oppone  alla  loro  riunione  ,  fé  non  la 
palleggerà ,  e  parziale  combinazione  delle  flefTe  colle  parti  de' 
condottori;  ne' fecondi  al  contrario  incontrandofi  l'elettriche 
potenze  già  fciolte  invece  d'  impiegare  a  vicenda  le  mutue 
forze  ii  trovano  forzate  ciafcuna  dalla  fua  parte  a  fmoverne 
altre, colle  quali  non  fi  riunifcono  fé  non  per  raddoppiamen- 
to di  quella  prima  diretta  azione  . 

4.  Ed  a  quello  raddoppiamento  fi  riduce  la  difiinzione  de' 
refiRenti  da' condottori;  e  nafce  indi  in  que' primi  la  difficoltà  di 
porgere  immediato,  ediretto  paflaggio  alle  contrarie  potenze. 


96  Memoria 

nel  che  confifte  la  refiftente  natura ,  e  la  maggior  fomma,e  rapi- 
dità di  effetto  ,  quando  in  fine  tal  paffo  il  apre  con  fimile  raddop- 
piamento di  azioni  ,  e  la  capacità  di  raccogliere  ,  e  dividere 
nelle  facce  di  lamine  relìftenti  le  cariche,  liccome  più  diftin- 
tamente  vedremo  nella  Teoria  delle  elettriche  fcofle  .  Ne' 
condottori  all'  oppofto  vi  è  pure  qualche  grado  di  refiftenza , 
ma  per  diverfa  ragione ,  che  non  tende ,  fé  non  a  fcemare  in 
parte  la  mutua  diretta  azione  delle  elettriche  potenze  ,  né 
può  mai  accrefcerla ,  o  raccoglierla  con  partirne  indirettamen- 
te gli  effetti . 

5.  Quindi  fufTifterebbe  la  diftinzione  di  gradi  varj  tanto 
ne'  refiftenti  ,  come  ne' condottori  ;  ma  nella  varietà  de'  loro 
gradi  procederebbero  effi  in  ferie  contraria  .  Talché  la  fteila  do- 
fe  di  elettriche  potenze  darebbe  tanto  meno  luce  nel  riunirli 
fra  la  foftanza  d'un  condottore  ,  quanto  quello  foffe  condot- 
tor più  eccellente  ;  e  per  oppollo  luce  tanto  maggiore  nel  riu- 
nirfi  tra  la  foftanza  d'  un  refiftente  ,  quanto  quefto  foffe  nel 
più  alto  grado  di  refiftente  natura .  Il  che  fi  troverà  coeren- 
tiffimo  alle  fperienze ,  quando  in  quelle  di  propolito  ci  occu- 
peremo . 

6.  Sarebbe  poi  in  manifefta  contraddizione  coi  fatti  più  in- 
figni,  e  collanti,  chi  non  conofcendo  altro ,  che  fperienze  in- 
adequate ,  e  confufe  perfifteffe  tuttavia  nell'errore  che  le  elet- 
triche potenze ,  quando  pel  mezzo  de'  condottori  fi  riunifco- 
no  ,non  facciano  in  effi  veruna  luce  .Rifplende  viviffima  l' elet- 
trica fcintilla  attraverfando  1'  acqua,  e  il  vapore, corpi  con- 
dottori, come  attraverfo  dell'  olio,  e  dell'aria,  che  fono  re- 
fiftenti  .  E  nel  rifplendere  trasforma  fimili  foftanze  in  altre 
finora  non  offervate  ,  né  conofciute  .  Nel  vapore  poi  ,  e 
neir  aria  ,  quando  è  ridotta  a  tale  rarità  ,  che  incapace  fia 
di  frenare  una  carica  nafcente, fi  riunifcono  le  oppolle  poten- 
ze a  grandi  intervalli  ,  ed  empicnio  di  luce  tutta  la  capacità 
di  grandi  tubi ,  o  globi  di  vetro ,  nei  quali  l' aria  lìa  oppor- 
tunamente rarefatta  per  preftarfi  a  quel  facile  raddoppiamen- 
to di  azione  ,  ed  a  quefto  iì  riducono  i  fenomeni  di  elettri- 
ca luce  da  Canton ,  e  da  '^^ilfon  deferirti,  i  quali  furono  poi 
chiamati  atmosfere,  0  condottori  luminofi . 

7.  Ma  ritornando  ai  condottori  delle  elettriche  potenze 
con  grandi  fcariche  s'infuocano, e  fi  fondono, e  fi  difperdono 

in 


SOPRA       t'       ELETTRICITÀ.  97 

in  fine  con  viviflìma  luce  i  metallici  fili ,  non  altrimenti  che 
i  fottili  (Irati  di  relina  ,  o  di  vetro  .  Conobbe  Priefikj  con 
particolari  cimenti,  che  maggior  carica  vi  vuole  ad  infuoca- 
re, e  fondere  quel  metallo  ,  che  è  più  condottore  ,  come  mag- 
gior forza  vi  vuole  per  rompere  un  fottile  ftrato  di  vetro, 
che  non  un  eguale  di  refina .  Onde  accrefcendo  con  certa  leg- 
ge la  fomma  delle  forze,  offia  la  carica  reciprocamente  colla 
condottrice  facoltà  de'  metalli  ,  e  direttamente  colla  reiìfien- 
te  natura  delle  refine  ,  e  de'  vetri  ,  avremo  luce  in  tutti  i 
gradi  de' condottori  del  pari, che  in  tutti  i  gradi  de'  refifien- 
ti  pel  moto  delle  contrarie  potenze  ;  e  pel  folo  aumento  di 
quelle  li  ragguaglieranno  i  fenomeni  di  elettrica  luce  attra- 
verfo  quelle  differenti  fortanze .  E  farà  per  tal  modo  la  diflè- 
icnza  loro  ridotta  a  foli  gradi ,  come  la  proporzione  loro  non 
confifte  ,  che  nel  diverfo  modo  di  reliftere . 

8.  Le  elettriche  potenze  adunque  e  quando  fono  tenui, 
e  quando  fono  grandiffime  ,  e  quando  fciolte  ,  e  accumulate 
fi  trovano  in  condottrici  fofl-anze,  e  quando  intralciate  refta- 
no,  e  divife  fra  i  punti,  o  ftrati  delle  fofianze  reliftenti ,  non 
fanno  luce  giammai  ,  finché  C\  frenano  a  vicenda  o  1'  una 
coir  altra ,  o  colle  particelle  di  altre  foftanze .  Nafce  qui  na- 
turalmente la  queftione,  fé  rifplendano  ej]'e  quando  fono  foli ta- 
rie ,  cioè  /'  una  dall'  altra  difìinte ,  e  indipendenti  / 

Prima  di  entrare  in  tale  queftione  più,  e  pili  altre  ^i  fup- 
pongono  previamente  definite,  e  fono: 

(a)  Se  fia  la  luce  femplice  ellètto  d'  una  fola  foftanza,  ov- 
vero rifulti  da  mutua  ,  e  compo.'la  azione  di  più  ibftanze. 

(b)  Se  pofla  l'una,  o  1'  altra  fpccie  di  elettricità  fuffifte- 
re ,  o  raccoglierfi  diftinta,  e  indipendente  dall'  altra,  e  quali 
fieno  i  mezzi  di  ottenere  fiflàtta  feparazione . 

(e)  E  quanto  ai  mez.x.i  condottori ,{t  non  concorrano  elfi 
che  paffivamente  con  mera  permeabilità  meccanica ,  ofiìa  col 
preftare  libero  pafTo  pei  loro  pori. 

(d)  Se  concorrano  in  oltre  con  mutua  azione  permanen- 
te ,  o  momentanea. 

(  e  )  Se  la  loro  prefenza  ,  o  figura  ,  o  azione  concorra  a 
modificare  1'  azione  delle  refiftenti  particelle,  o  foftanze  frap- 
pofte,  o  ambienti . 

</)  E  quanto  ai  mez.'Z.i  rejìjìcnti  ,ìt  la  loro  influenza  ful- 
Tomo  IL  M 


98  Memoria 

la  elettricità  non  fia  che  di  meccanica  impermeabilità  ,  offia 
di  mero  impedimento  di  trapafTo. 

(^)     Se  in  oltre  influifcono  con  mutua  azione. 

(A)  Se  quella  fi  faccia  colle  particelle  fteffe  componenti  di 
quelle    refiftenti  foftanze  ,  ovvero  con  altre  per   eflc    fparfe  . 

(;)  E  per  comporre  tutte  infieme  le  confiderazioni  delle 
elettricità, e  dei  mezzi, fé  tal  forta  di  azione  fi  diftingua  dall' 
azione  mutua  colle  condottrici  foftanze . 

(/e)  Quali  mutazioni  nafcano  e  nelle  condottrici,  e  nelle 
refiftenti  foftanze  per  fimili  azioni. 

(/)  Se  le  mutazioni  ftefle  non  confiftano  che  in  differen- 
ze de'  gradi  . 

(m)  Se  quefti  gradi  fieno  principj  di  trasformazione ,  tal- 
ché ogni  elettrica  azione  couiinci  a  fciorre ,  e  ad  alterare  le 
foftanze  ,  colle  quali  fi  efercita  ;  e  perciò  tali  alterazioni  ac- 
crefciute  in  fine  rifolvano  ,  e  diftruggano  non  meno  le  con- 
dottrici, che  le  refiftenti  foftanze.  Onde  non  fia  1'  eccitamen- 
to di  elettricità,  fé  non  1' incominciamento  di  alterazione, 
e  diftruzione  delle  foftanze,  che  a  tal  atto  concorrono. 

(/;)  Se  tali  rifoluzioni  per  elettrica  virtù  nafcano  da  mag- 
giore, o  da  minore  affinità  colle  prime  parti  rifolventi,  cioè 
fé  più  facile  fia  la  rifoluzione ,  e  trasformazione  delle  refiften- 
ti,  o  delle  condottrici  foftanze. 

(0)  E  per  fine  fé,  e  come  ciò  concorra  ad  accrefcere ,  o 
a  fcemare ,  e  fpegnere  gli  efteriori  fegni  di  elettricità . 

9.  Ad  altre  Memorie  la  difcuftione  appartiene  di  tante 
queftioni  ;  e  fi  riducono  in  efle  a  precifa  efprelfione  que'  co- 
muni termini  troppo  confufi  di  dare  ,  e  ricevere  ;  condurre, 
e  refijìere  ;  condenfare ,  e  rarefare  \  frenare  e  'muoz'ere  ;  eccitare  ,  e 
fpegnere  ;  terrene  rejìituir  V  equilibrio .  Né  previamente  poffia- 
mo  dir  nulla  in  propofito  della  queftione  da  principio  accen- 
nata. E  perciò  ritenendo  la  confiderazione  della  elettrica  lu- 
ce ,  come  un  fenomeno  ,  concludiamo  dal  compleftb  de'  fatti 
efprefti  nelle  precedenti  leggi  ,  che  non  ha  effa  luogo  altri- 
menti, fé  non  nell'  atto,  e  pel  moto,  con  cui  1'  una  all'  al- 
tra fi  riunifcono  le  contrarie  elettricità  .  Comunque  poi  di- 
retto, o  indiretto,  femplice,  o  duplicato  fia  quel  moto  nel- 
la varia  natura  ,  e  forma  de'  mezzi  ,  o  intervalli  frappofti , 
non  vi  è  altra  differenza  per  rapporto  alla  loro  quantità ,  cioè 


SOPRA       l'       elettricità'.  99 

quando  fono  grandi ,  o  raccolte ,  e  quando  fono  tenui ,  o  in- 
tralciate, i'e  non  che  nel  primo  cafo  molte  inlleme  delle  op- 
pofte  particelle  fi  rivolgono,  e  fi  muovono  in  fuori,  o  attra- 
verfo  le  reliRenze ,  e  gli  oracoli  ,  e  perciò  fanno  vivo  fenfo 
di  fcintilla;  nel  fecondo  cafo  per  oppoiito  non  fono  capaci 
che  di  moto  lento,  e  divifo,  il  quale  perciò  fi  compie  fenza 
notabile  impreffione  di  fcintilla,  e  di  luce. 

A  R  T  I  C  O  L  O    IL 

Le^gi  de  particolari  fenomeni  della  elettrica  luce . 

NEI  precedente  articolo  non  incontrai  veftigio  di  altrui 
pedate  ;  qui  molte  Ci  prefentano  ,  ma  piuttofto  a  falti , 
e  a  palli  confuti ,  che  per  traccia  di  previa  direzione .  Giove- 
rà pertanto  andar  circofpetto  ,  e  fenza  trattenerci  di  fover- 
chio  in  qualche  fentieruolo  più  trito ,  e  fenza  paventar  V  ac- 
ceflb  delle  più  ardue,  ed  inofpite  vie. 

Legge  Prima.  Occorrono  nella  flreffa  fpecie  di  vitrea  elet- 
tricità apparenze  di  luce  ,  che  fono  varie  in  grandezza  ,  fi- 
gura ,  fuono ,  e  colore  . 

I.  Oltre  alle  fcintille,  che  fcoppiano  brillanti  in  pieno  e 
tra  gli  elèttrici  condottori,  e  tra  i  limiti  delle  elettriche  fca- 
riche ,  iì  manifeftano  nelle  tenebre  con  maggior  diftinzione 
le  diflèrenze  di  elettrica  luce  .  Benché  tra  quelle  prime  non 
manchino  diHèrenze  d'  ogni  genere  ,  ficcome  ne'  precedenti 
Capi  notai, e  dovrò  più  diftintamente  notare  nella  terza  Par- 
te ;  ciò  non  oflante  le  ultime  fole  fembrano  proprie  del  pre- 
fente  articolo  si  perchè  nelle  tenebre  più  compiutamente  {\ 
dilcernono  i  lucidi  fenomeni  ,  sì  ancora  perchè  le  ultime  ,  e 
non  le  prime  d'  ordinario  s'  introducono  come  prove ,  e  cri- 
terj  delle  oppofte  fpecie  di  elettricità  ,  e  d  producono  per 
delinirne  la  diverfa  natura. 

Cominciando  adunque  dal  condottore  di  vitrea  elettricità 
è  certo,  che  fulla  metallica  punta  da  eflo  procedente,  a  cui 
fi  prefenti  a  certa  diftanza  altra  sferica  ,  o  piana  fuperficie 
condottrice,  comparifce  nelle  tenebre  un  fafcio  di  lucidi  rag- 
gi  I.  ampiamente  divergenti  in  forma  conica  coli'  apice  alla 

N     ij 


100  Memoria 

punta  metallica,  2.  inftabili  con  vago  ftridore ,  o  crofcio  er- 
rante verfo  r  efteriore  bafe  ,  3.  di  colore  non  candido  ,  ma 
di  varia  tinte  fra  il  giallo ,  roJTo ,  e  violetto . 

Al  contrario  falla  metallica  punta  ,  che  dal  fuolo  li  pre- 
fenta  allo  fteffo  condottore ,  fplende  una  luce  i.  riftretta  di 
sferoidea  figura  ,  2.  coftante  nella  fua  forma  con  un  fibilo, 
e  quali  ronzio  continuo  all'apice  della  punta  fteffa ,  3.  di 
candido,  vivo  colore. 

Quel  primo  fafcio  fi  chiamò  fennf-llo  ;  quefta  feconda  luce 
fi  diffe  Jìdlctta . 

2.  Sarà  quello  adunque  il  criterio  di  vitrea  ;  e  quefta  il 
criterio  di  refinofa  elettricità?  ed  anche  ciò  fuppofto  ,  fcirà  il 
pennello  fufficiente  prova   di   un  fluido  folo  ,  che  efce  ;  e  la 
ftelletta  argomento  dello  fteffo  fluido  ,   che  entra  per   quelle 
punte  r  Non  lafcierebbe  di  effere  un  gran  falto  dalla  prima  al- 
la feconda  conclufìone .  Ma  innanzi  di  mifurar  la  conneftione 
di  quefte  illazioni,  chiederò  in  ordine  alla  prima,  fé  per  Af- 
fare un  criterio  di  fpecie  diverfe  bafti  un  fatto  ifolato  comun- 
que certo ,  e  coftante  ?  ovvero  fé  d' uopo  fia  di  accertare ,  ed 
eftendere    il   fatto   fteffo  del  pari  coftante  in  tutte    le  varietà 
di  modi,  e  di  circoftanze?  Poiché  fé  ad  un  folo  modo  f\  ri- 
flringe ,  farà  criterio  di  quel  modo ,  e  non  mai  della  fpecie , 
né  degli  altri  modi  .  E  dovrà  perciò  rintracciarli    tale  crite- 
rio della  fpecie ,  che  adequato  fia  per  ifpiegare  non  meno  quel 
modo ,  che  gli  altri  quanti  fono  diverfi  ,  e  del  pari  certi ,  e 
coftanti  .  Altrimenti  a  quante  fpecie  non  andiamo  incontro , 
fé  per  ciafcun   modo   s'  induce    un  criterio  di  fpecie  diverfa? 
Rintracciamo  dunque  le  principali  differenze  de'  modi   prima 
d'  ingolfarci  ne'  criter;,  e  nella  fpecie. 

3.  A  quella  punta,  che  dal  condottore  procede,  altra  ne 
prefento  direttamente  in  diftanza  più  di  due  piedi ,  e  comin- 
cia a  comparir  in  quella  una  ftelletta  ;  indi  un  tenue  pennel- 
lo non  altrimenti ,  che  quando  Ci  prefentano  alla  fteffa  in  mi- 
nori diftanze  le  sferiche ,  o  piane  fuperficie .  Ma  appreffando 
paffo  palio  la  punta  prefentata  direfte,che  la  ftelletta  di  que- 
lla divora  1'  oppofto  pennello .  Poiché  fi  contrae  effo  nota- 
bilmente ,  e  prefto  fi  riduce  a  non  moftrar  di  pennello  altro 
veftigio ,  che  i  colori ,  E  la  ftelletta  coli'  avvicinarfi  ingroffa  j 


SOPRA       L        ELETTRICITÀ.  IO! 

e    toglie   infine    anche    i   colori   a  quell'  avanz-o   di  pennelb , 
talché  li  confondono  1'  una  coli'  altra  le  loro  apparenze  . 

Abbiamo  dunque  Julia  punta  procedente  da  vitreo  condottore 
per  lungo  tratto  un  tenue  avanz.o  di  pennello  ,  ed  in  princi- 
pio ,  e  in  fine  la  ftelletta  in  tutto  pan  all'  oppnfta . 

4.  Tolgo  via  ogni  punta,  né  altro  pongo  in  opera,  che 
globi  di  varie  grandezze,  e  piane  fuperficie.  (a)  Prcfento  al 
globo  grande  terminante  il  condottore  la  piana  armatura  del 
quadro  ,  come  nella  preparazione  della  ferie  19.  ne  mai  da 
eflb,  né  dall'  oppofta  armatura  apparifce  pennello,  (b)  Sofli- 
tuifco  al  più  grande  gli  altri  globi  fuccellivamente  minori  ;  e 
da  quelli  parte  un  vero  pennello  contro  T  oppofla  armatura, 
(e)  Quanto  il  globo  è  minore  fegue  a  dar  pennello  ,  e  ad 
imprimere  carica  nelT  oppofl-o  quadro  in    diflanza   maggiore. 

Non  nafce  pertanto  il  pennello  dalle  punte  fole,  ma  anche  dai 
globi  terminanti  il  vitreo  condottore .  Soltanto  dipende  da  cer- 
ta grandez.z.a  de'  globi ,  e  da  certe  dijìanz.e  dell'  oppofia  fuper- 
ficie . 

5.  Collo  UefTo  apparato  ora  fcemo ,  ora  accrefco  la  dofe , 
odia  quantità  di  eccitamento  a  ciafcun  giro  del  difco  .  (a) 
Scemando  cella  in  tìne  il  pennello  anche  ne'  globi  più  pic- 
cioli ■■,  {b)  accrefcendo  comparifce  il  pennello  ne'  globi  fuc- 
ceflìvamente  più  grandi;  (e)  e  lo  fteilb  ne'  più  piccoli  fuffi- 
fte  anche  rimoflo  il  quadro  a  diftanze  tanto  maggiori . 

Onde  il  pennello  ne'  globi  procedenti  dal  vitreo  condottore  non 
folo  da  certe  grandez.z.e  ,  e  difianze  dipende  ,  ma  in  oltre  da 
certa  quantità  di  elettrica  potenzia. 

6.  Prefento  or  al  globo  grande ,  or  ai  fianchi  dello  fteflb 
condottore  un  globo  groflo  mezzo  pollice  (^i)  né  mai  da  quel 
globo  grande,  né  dal  condottore  vedo  pennello:  (b)  all'op- 
pofto  fu  quedo  globetto  prefentato  fplende ,  e  ftride  più  dell' 
ordinario  fino  alla  diftanza  di  due  pollici  un  ampio  pennel- 
lo; (e)  ed  ho  fimile  pennello  con  globi  prefentati  anche  grof- 
iì  due  pollici  a  diftanze  minori. 

Quindi  il  pennello  non  è  proprio  foltanto  de'  globi  di  vitrea 
elettricità ,  ma  anche  de'  globi  oppofti . 

7.  Sul  giogo  dello  (tefib  condottore  fifTo  un  globo  grof- 
fo  mezzo  pollice  ,  e  prefentando  a  quello  verticalment'é  or 
l'uno,  or  r  altro  de'  globi  precedenti,  (a)  non  folo  in  que- 

N     iij 


loi  Memoria 

fti ,  che  fi  oppongono  ,  ma  infieme  nel  primo ,  che  fui  con- 
dottore fiflai ,  brillano  a  certe  diftanze  arapj ,  ed  oppofti  pen- 
nelli, (^)  ne  vi  è  differenza,  fé  non  che  nel  globo  di  vitrea 
fono  anzi  meno  vivaci  ,  e  meno  (tridenti  ,  e  non  fcompari- 
fcono,  che  a  minori  diftanze . 

E  fi  raddoppia  così  in  un  fol  atto  ne  Uè  oppojìe  [peci  e ,  ed  in 
eia/cuna  injìcme  il  pennello . 

8.  Cangiai  1'  apparato  ,  e  feci  terminare  il  condottore  in 
fuperficie  piana  coli'  armatura  di  quarto  oppofta  al  quadro 
verticale  ,  come  nella  preparazione  20  ,  e  prefentando  globi 
di  varia  grandezza  al  tubo,  e  all'armatura  di  quarto  (^)  non 
mai  comparifce  pennello  né  da  quefta  al  quadro,,  ne  da  que- 
fta ,  o  dal  condottore  verfo  i  globi  prefentati  ;  (  ^  )  e  sbuffa  , 
e  frigge  per  oppofto  ftrepitofamente  a  difranza  fino  di  tre 
pollici  il  pennello  dai  globi  fteffi ,  che  fi  prefentano. 

Ed  e  COSI  invertita  la  fede ,  e  /'  efprejfione  del  pennello . 

9.  Ritorno  alle  punte  non  più  acute,  ma  ImulFate ,  e  fca- 
bre.  Per  raccoglierne  in  breve  i  rifultati ,  vedo  ampj  pennel- 
li non  folo  in  quelle,  che  dal  condottore  procedono,  ma  dal- 
le flefle  prefentate  a  varie  difianze  or  al  globo  ,  or  ai  fian- 
chi ,  or  a  fimili  punte  del  condottore  .  Infigni  oltre  modo 
fono  ,  e  (tridenti  i  pennelli  fuUa  punta  di  uno  ,  o  anche  di 
più  diti,  che  difgiunti  li  prefentano  (^)  all' armatura  di  quar- 
to defcritta  nel  numero  precedente  ;  (^)  ovvero  alla  piana  fu- 
perficie del  difco  in  quella  parte  ,  che  girando  efce  fuori  dei 
cufcini,  quando  è  aflai  viva  l'elettricità. 

Non  e  in  [omma  il  pennello  [oltanto  proprio  delle  punte  di 
vitrea  elettricità,  ma  anche  delle  oppojìe. 

IO.  E  quanto  alla  (belletta  ben  lungi  di  elTere  unicamen- 
t-e  addetta  alle  punte  ,  che  al  vitreo  condottore  fi  prefenta- 
no, riduco  io  ai  caratteri,  ed  alle  apparenze  di  femplice  ftel- 
lecta  ogni  luce  ,  che  dal  vitreo  condottore  procede  ,  purché 
opportunamente  (^)  o  fi  fcemi  la  dofe  di  elettricità  ;  {b)  o 
fi  accrefca  il  numero  ,  lo  fmufTamento  ,  e  la  fcabrezza  delle 
punte  da  eflo  procedenti  ;  (f  )  o  infine  or  più  ,  or  meno  fi 
accoftino  i  condottori  prefentati  ,  e  fi  variino  così  i  limiti , 
e  la  perfezione  del   mezzo  ifolante.        c;bL>  '■■^■■y.   i"''-^   «Y 

Ne  la  fìdletta  è  altrimenti  propria  delle  [ole  punte  ,  0  fca- 
hrez.z.e  prefentate  ,  ma  delle  punte  ancora ,  e  fcabrez.z,e  fpettanti 
al  condottore  di  vitrea  elettricità . 


SOPRA      l'      elettricità  IOJ 

Le_^^e  Seconda  .  Nella  fteflia  vitrea  elettricità  fi  tolgono, 
s'  invertono  ,  e  fi  raddoppiano  le  apparenze  di  pennello  col 
variare  i.  la  figura,  2.  o  la  grandezza  de' condottori,  3.  o  la 
quantità  di  eccitamento ,  4.  o  gli  intervalli  ,  e  la  perfezione 
del  mezzo  ambiente . 

In  fomma  tutto  ciò,  che  fcema  la  prevalenza  del  momen- 
to in  qualfivoglia  preparazione  ,  e  ne  accrefce  il  momento 
neir  oppofta  preparazione,  o  nel  mezzo  ambiente  ,  tutto  co- 
fpira  a  trasformare  in  quella  prima  la  ftelletta  in  pennello. 

Legge  Ter z-a .  E  con  fomiglianti  modi  nella  fpecie  flefia  s' in- 
vertono, fi  tolgono,  e  fi  raddoppiano  le  apparenze  à\  Jlelktta . 

1.  Qiieffa,e  la  precedente  legge  rifultano  ad  evidenza  dal- 
la dimolh-azione  della  prima.  Ed  in  ciò  che  riguarda  la  va- 
ria proporzione  di  elettrica  potenza  per  torre,  o  raddoppia- 
re ,  o  invertere  le  apparenze  di  pennello,  e  di  ftelletta,  lo 
verificai  non  folo  nella  preparazione  465,  ma  fimilmente 
in  tutte  le  corrifpondenti . 

2.  E  per  rapporto  alla  perfezione  del  mezzo  ambiente  deb- 
bono qui  richiamarfi  le  ofl'ervazioni  premefle  nell'Art.  i.Legg. 
6.  n.  5.  e  7.  Poiché  ficcome  per  la  diverfa  perfezione  dei  mezzi 
variano  le  generali  apparenze  di  elettrica  luce ,  cosi  riconobbi 
nelle  particolari  forme  della  luce  ftefTa  le  mutazioni  corril'pon- 
denti . 

3.  Onde  per  trasformare  il  pennello  in  flelletta  non  altro 
fi  richiede,  che  accrefcere  il  momento  nei  refpettivi  condot- 
tori, o  diminuirlo  nel  mezzo  ambiente. 

Legge  Quarta.  Né  minori  fono  le  varietà  dei  modi  di  to- 
gliere, invertere,  e  raddoppiare  le  differenze  di  luce,  per  le 
quali  fi  vorrebbe  difiinguere  la  refinofa  dalla  vitrea  elettricità. 

I.  La  punta  procedente  da  condottore  di  refinofa  elettri- 
cità prefcnta  nel  fuo  apice  Idi  Jìelletta  ;  o.  ■^tr  oppoflo  la  punta 
al  condottore  fteilb  oppofta  efiende  innanzi  a  se  il  pennello. 
E  quefte  differenze  ,  che  li  oppongono  alle  prime  di  vitrea 
elettricità  {legg.  i.n.i.)  fono  al  pari  di  quelle  certe,  e  co- 
ftanti  nel  modo  loro .  Non  bafèa  però  un  modo  folo  per  ca- 
ratterizzare la  fpecie  ,  mafTime  quando  in  tutti  gli  altri  mo- 
di fi  tolgono,  s' invertono,  e  i\  raddoppiano  le  difTerenze  del 
primo.  Indicano  al  certo  le  differenze  di  ciafcun  modo  qual- 
che differenza  nella    fpecie  ,   d'  onde  quel    modo  procede  ,  e 


104  Memoria 

ben  lungi  dall'  indebolire  quefto  canone  di  fifica  inveftiga- 
zione ,  ammetto  anzi,  e  ftabilifco  generalmente,  che  per  rin- 
tracciare le  fpecifiche  differenze  delle  cofe  non  ha  il  Fifico 
altre  vie  ficure  ,  fé  non  per  le  differenze  dei  modi  loro .  Ma 
dico  infine,  che  per  fìff'arne  in  un  fol  modo  il  criterio  della 
fpecie  forza  è,  che  quell'unico  modo  fia  tanto  coftante , quan- 
to lo  è  la  fpecie  medefima  ;  e  che  unico  fuffifta  in  tutte  le 
altre  varietà,  alle  quali  la  fpecie  ffeffa  foggiace  .  Or  come  ciò 
non  ebbe  punto  luogo  nella  vitrea  ,  vediamo  qual  coftanza 
ferbi  nella  relinofa . 

2.  Alla  punta  ,  che  dal  condottore  di  refinofa  elettricità 
procede ,  oppongo  un'  altra  punta  procedente  dal  quadro ,  co- 
me nella  preparazione  della  ferie  6.  E  cominciando  dalle  più 
rimote  diftanze  (a)  fuUa  punta  del  quadro  ,  che  alla  relino- 
fa lì  oppone,  non  vedo  il  minimo  indizio  di  luce,  non  che 
di  pennello  ,  finché  non  i  arriva  quella  punta  a  diftanza  dell' 
altra  circa  d'un  piede .  C^)  Quindi  comincia  fu  quella  a  com- 
parire una  tenue  ftelletta  ,  che  va  lentamente  accrefcendofì 
mentre  più  li  appreffa  ,  fenza  però  mai  prendere  il  minimo 
cenno  di  pennello  appreflandofi  perfino  al  contatto  della  pri- 
ma, (e)  Al  contrario  fulla  punta  di  refinofa  elettricità  bril- 
la, benché  il  quadro  fia  diftantiifimo ,  una  viva  ftelletta  con 
libilo  già  notabile  ,  quando  1'  oppofla  è  ancor  più  diftante 
d'  un  piede  ,  ed  imprime  così  a  quella  diftanza  nell'  oppofto 
quadro  notabile  carica  .  (d)  Ed  apprefffandofi  vie  più  1'  op- 
pofì^a  punta  col  rinvigorirfi  in  queffa  la  ftelletta  ,direfl:e ,  che 
trae  fuori  dalla  refìnofi  un'  orditura  di  pennello  ,  che  tale  fi 
manifefta  in  fine  colla  figura,  benché  non  tanto  grande,  col- 
lo rtridore ,  e  colla  varietà  de'  colori . 

Abbiamo  dunque  la  punta  oppofia  alla  rejìnofa  fenza  veruna 
apparenz.a  di  pennello  ,  e  colla  [ola  ftelletta  dai  primi  fino  ai 
minimi  intervalli  ;  e  per  oppofto  nella  punta  rejìnofa  coli'  ap- 
prejfarjì  di  quella  prende  vigore  /'  orditimi  di  pennello . 

3.  Tralafcio  per  brevità  altre  analoghe  combinazioni  di 
punte;  e  paffb  ai  globi  di  varie  grandezze,  e  alle  piane  fu- 
perficie  .  Oppongo  al  condottore  terminante  in  groifo  globo 
il  quadro  verticale  come  nella  preparazione  della  ferie  1 5. 
(a)  Talvolta  dal  centrale  punto  oppofto  dell'  armatura  sbuf- 
fa da  principio  un  pennello  verfo  il  globo  ;  ma  il  più  delle 

volte 


SOPRA       l'       elettricità.  I05 

volte  nel  fucceffivo  accoftamento  dal  globo  ftefib  ftride  ,  e  fi 
eftende  dal  globo  refinofo  verfo  i'oppofta  armatura  un  ampio 
pennello .  (^)Prefento  al  globo  del  tubo  un  globo  groflb  due 
pollici  ,  e  poi  altri  minori  ;  e  da  quefti  più  di  raro  ,  e  piìi 
breve  ,  e  foltanto  a  data  minor  diftanza  iprizza  il  pennello; 
fprizza  all'  oppofto  piìi  frequente ,  e  più  continuo ,  e  in  mag- 
giori diltanze  dal  globo  grande  refinofo.  (e)  Adatto  fui  gio- 
go del  condottore  un  globetto  di  mezzo  pollice ,  come  nella 
Legge  I.  n.  7.  ,  e  prefentando  a  quefto  altri  globi  di  varia 
grandezza  non  mai  in  quefti,  e  fempre  in  quello  a  varie  di- 
Itanze  apparifce  il  pennello . 

Si  ha  pertanto  il  pennello  non  filo  dalle  punte  ,  ma  dalle 
piane  fuperficie -,  e  da'  globi  oppojlì  alla  rejìnofa  elettricità  .  E 
lìiceverfa  dif  globi  di  rejìnofa  elettricità  parte  c»n  piti  cojian- 
TLU  ,  e  a  maggiori  difianz.e  il  pennello ,  che  non  dagli  oppojìi . 
Ma  neW  imo  e  nell'  altro  cafi  dipendono  quelle  apparenze  da 
certa  dijìanz.a ,  e  grande-zza  di  que'  globi ,  e  delle  [uperficie . 

4.  Collo  fteflb  apparato  ,  e  nelle  ftefle  combinazioni  fé 
rendo  or  più  ,  or  meno  vivo  1'  eccitamento  di  elettricità  in 
ciafcun  giro  del  difco ,  riconofco ,  che  non  dalle  fole  grandez- 
ze,  e  diltanze  di  que' globi,  ma  da  certa  quantità  di  elettri- 
ca potenza  il  pennello ,  e  la  ftelletta  dipendono . 

Talché  tutto  ciò ,  che  accrefce  momento  in  una  preparazione , 
co/pira  a  tener  in  ejfa  la  ftelletta . 

5.  Faccio  terminare  il  condottore  in  piana  fuperficie  col- 
la armatura  di  quarto  oppofta  al  quadro  verticale ,  come  nel- 
la preparazione  della  ferie  i6,  e  dal  contorno  di  quella  ftri- 
dono  lunghi  ,  e  ampj  pennelli  efteff  verfo  1'  oppofto  quadro 
anche  a  diftanza  di  due  pollici  ;  né  mai  fi  vede  orma  di  pen- 
nello procedente  dall'  armatura  del  quadro . 

Ed  abbiamo  così  i  pennelli  procedenti  dalle  file  rejìnofi  fu- 
perficie^ e  non  dalle  oppofte. 

6.  In  vece  d'  intertenermi  in  altre  combinazioni  di  pun- 
te fmuflate  ,  e  di  apparenze  or  di  ftelletta  ,  or  di  pennello , 
che  io  induco  non  meno  ne'  refinofi ,  che  negli  oppofti  con- 
dottori con  le  cautele  ,  e  preparazioni  fomiglianti  a  quelle , 
che  in  fine  della  Legge  i.  indicai  ;  raccoglierò  alcuni  termi- 
ni più  coflanti  delle  proporzioni  di  figura,  grandezza , diflan- 
za,  e  quantità,  che  infiuifcono  in  que' modi  varj  di  elettrica 

Tomo  IL  O 


io6  Memoria 

luce  .  Poiché  in  tante  varietà  non  altro  ,  che  le  giufte  pro- 
porzioni guidar  ci  poffono  a  fpecifici  criterj ,  e  a  diftinte  il- 
lazioni .  Dirò  adunque  nelle  feguenti  Leggi  ordinatamente  del- 
la figura,  e  delle  grandezze  de'  condottori;  indi  delle  diftan- 
ze  ,  e  delle  quantità  delle  elettriche  potenze  confrontando 
nella  identità  di  fpecie  diverfe  preparazioni ,  e  colla  identità 
di  preparazione  le  fpecie  diverfe . 

Le^ge  §luinta .  Nelle  diverfe  preparazioni  di  figure,  e  di 
grandezza  de'  condottori  colla  fteffa  fpecie  di  elettricità  pre- 
vale r  azione  della  punta  acuta  alla  fmulTata  ,  e  quefia  ai 
globi  minori  ;  e  in  genere  prevalgono  ordinatamente  le  mi- 
nori conveffe ,  o  piane  fuperficie  alle  maggiori . 

1.  Prevale  ,  come  in  ogni  genere  di  potenze  ,  così  nelle 
elettriche  quella,  che  determina  il  moto.  Ora  nella  flefl'a  fpe- 
cie la  prevalenza  di  azione  non  può  d' altronde  ripeterli ,  che 
per  momento  acquiftato  dalla  fleflà  potenza .  E  ficcome  la  lu- 
ce nafce  dal  moto  iìt(^o  delle  elettriche  potenze  ,  non  v'  ha 
dubbio  ,  che  ove  comincia  a  manifeflarfi  luce  ,  ivi  non  fia 
prevalente  il  momento  dell'  elettrica  potenza. 

2.  Si  diftinguano  adunque  i  condottori  di  vitrea,  e  di  re- 
flnofa  elettricità,  e  rifpettivamente  gli  oppofti  a  ciafcuna  con 
ordine  di  punte  acute ,  e  fmuflate ,  e  di  globi  minori ,  e  mag- 
giori ;  e  di  piane  fuperficie  fimilmente  minori  ,  e  maggiori . 
Comincerà  in  tutti  la  luce,  e  perciò  il  moto  ordinatamente 
dalla  punta  acuta  prima  ,  che  non  dalla  fmuflata  ,  e  cosi  in 
feguito  prima  dalla  minore  ,  che  non  dalla  maggiore  convef- 
fa ,  o  piana  fuperficie  . 

Legge  Sejìa .  Nella  indentiti  di  preparazione  colle  diver- 
fe fpecie  di  elettricità  prevale  alla  vitrea  1'  azione  della  re- 
fi nofa. 

1.  Quefta  colla  precedente  Legge  fono  corollarj  de' Teore- 
mi della  prima  ,  e  feconda  Parte  ;  poiché  con  fimili  propor- 
zioni s'  imprimono  le  cariche  a  difl^anze  tanto  maggiori  con 
punte ,  e  coi  condottori  terminanti  in  minore  convella ,  o  pia- 
na fuperficie  ;  e  fimilmente  più  colla  refinoUi  ,  che  colla  vi- 
trea elettricità  (i  efiendono  le  cariche  imprefTe . 

2.  Si  provano  in  oltre  direttamente  coi  fenomeni  di  lu- 
ce .  E  in  ordine  alla  quinta  Legge  tanto  il  pennello  ,  come 
la  ftelletta  comparifcono  a  diftanze  tanto  maggiori  dalle  pun- 


SOPRA       L'       elettricità'.  I07 

te  acute,  che  non  dalle  ihiuil'ate  ,  e  da  quefte  che  non  dal- 
le convefFe  ,  o  piane  fuperficie  ;  e  ciò  non  meno  ne'  condot- 
tori di  refinofa,  o  di  vitrea  elettricità,  che  nei  condottori  a 
quelte  rifpettivamente  oppofti . 

3.  E  quanto  alla  fefta  non  meno  dalle  punte  ,  o  luperfì- 
cie  refìnofe ,  che  dalle  oppoite  alla  \itrea  li  hanno  i  fegni  di 
luce  a  diftanze  ailai  maggiori  ,  che  non  da  limili  punte  ,  o 
fuperficie  vitree,  o  rifpettivamente  oppofte  alla  refinofa. 

hegge  fettima.  E  nella  identità  di  preparazione,  e  di  fpe- 
cie  prevalgono  gli  eccefii  di  eccitamento  ,  o  di  mafie  fopra 
le  fpecifiche  forze  della  refinofa,  o  della  vitrea    elettricità. 

1.  Con  minore  eccitamento  fi  hanno  fegni  di  luce  nella 
refinofa  elettricità,  e  nei  condottori  oppofi:i  alla  vitrea,  che 
non  colle  delle  preparazioni,  ed  eguale  eccitamento  nella  vi- 
trea, e  ne'  condottori  oppolH  alla  refinofa. 

2.  Per  ottenere  fegni  di  luce  a  pari  difi^anze  dai  condot- 
tori di  vitrea,  o  dagli  oppofii  alla  relìnofa  elettricità  d'uopo 
è  di  accrefcere  in  proporzione  1'  eccitamento ,  ofl^ia  la  mafia  , 
che  a  ciafcun  giro  corrifponde  nella  rifpettiva  fpecie . 

3.  Ed  appunto  perchè  pili  pronti ,  e  vivi  comparifcono  i 
fegni  di  luce  colla  refinofa  ,  che  non  colla  vitrea  elettricità, 
quella  pili  prontamente  di  quefta  s' indebolifce ,  e  fi  difperde; 
non  altro  efi'endo  que'  fegni  ,  fé  non  1'  atto  fteflb  della  fua 
difperfione,  ofTia  il  moto  di  riunione  coli'  oppofta. 

4.  L'  eccitamento  maggiore  ,  o  ecceiro  di  mafie  neceflTa- 
rio  per  rendere  a  pari  difianze  vilibile  la  luce  con  vitrea  e- 
lettricità ,  che  non  colla  refinofa  ,  compenfa  la  minore  forza 
fpecifica  della  vitrea;  e  l'aumento  necellario  nella  refinofa  per 
rendere  a  pari  difianze  vifibile  la  luce  nell'  oppofio  condot- 
tore compenfa  la  minore  mobilità  dell'  oppofta,  che  da  quel- 
lo procede . 

5.  E  neir  uno  e  nell'  altro  cafo  {\  efige  quel  maggiore 
eccitamento  per  ridurre  a  riunirfi  intorno  a  que'  condottori 
tanta  dofe  di  elettricità  o  dall'ambiente,  o  dall' oppofto  mez- 
zo, quanta  è  necefiaria  per  far  iiinìo  di  luce  più  o  meno  vi- 
vo ,  ed  cftefo. 

Legge  ottava .  E  confrontando  le  fpecie  fra  loro  nelle  di- 
verfe  preparazioni  1.  la  punta  acuta  vitrea  corrifponde  alla 
refinofa  fmufi'ata  ;  2.  la  punta  fmulfata  vitrea  ad   un  piccolo 

O    ij 


io8  Memoria 

globo  refinofo;  3.  e  il  piccolo  globo  vitreo  alle  maggiori  con- 
vefle ,  o  piane  fuperficie  ;  e  cosi  ordinatamente . 

1.  Quegli  ecceflì  di  eccitamento  per  rendere  in  diflianze 
pari  alla  refinofa  vilibili  i  fcgni  di  luce,  che  nella  preceden- 
te Legge  ofTervai  necellarj  e  nella  vitrea  elettricità  in  sé  flef- 
fa ,  e  nella  refinofa  per  rapporto  agli  oppofti  condottori ,  che 
non  nella  vitrea  per  rapporto  ai  fuoi  condottori  oppoiH ,  di- 
moiTrano  direttamente  nella  identità  di  preparazione  e  la 
maggiore  eiEcacia  della  relinofa,  e  la  maggiore  mobilità  del- 
la oppofta  alla  vitrea.  Nella  prefen te  Legge  fi  confermano  le 
fteflè  verità  in  tutte  le  diverfe  preparazioni  dell'  una  e  dell' 
altra  fpecie,  e  nei  condottori  ,  che  a  ciafcuna  rifpettivamen- 
te  fi  oppongono;  poiché  lì  riduce  quefta  in  ciafcuna  parte  ad 
evidenza  di  fatto . 

2.  E  quanto  alle  femplici  apparenze  di  luce  ciò  è  mani- 
fefto  in  due  modi.  In  primo  luogo  la  punta  acuta  refinofa, 
e  r  oppofla  alla  vitrea  come  rifplendono  a  maggiori  diftan- 
ze  ,  che  non  la  vitrea,  o  I'  oppofta  alla  relinofa,  così  certo 
fmuflàmento  di  quelle  prime  rende  in  effe  il  cominciamento 
di  luce  a  diftanze  eguali  delle  feconde  acute.  Quefte  adunque 
hanno  bifogno  del  momento  ,  o  prevalenza  di  punta  acuta 
per  corrifpondere  alle  refinofe  fmuffate  (le^g.   5.). 

3.  In  fecondo  luogo  nei  globi, e  nelle  fuperficie  vitree  non 
fplende  mai  luce  fé  non  a  diftanze  minori  (le£^.  i.  ».  4.  5. 
7.  8.  )  ,  che  non  da  fimili  globi ,  o  fuperficie  relìnofe  (  legg.  4. 
»,  3.  4.)  ;  e  per  oppofto  i  globi  ,  e  le  fuperficie  maggio- 
ri refinofe  hanno  luce ,  quando  ancor  non  ne  hanno  i  globi , 
e  le  vitree  fuperficie  affai  minori  (ivi).  Lo  fleffo  accade  ne' 
globi  ,  e  nelle  fuperficie  rifpettivamente  oppofte  .  Onde  vi 
vuole  nella  vitrea,  e  nell'  oppofta  alla  refinofa  il  momento, 
o  la  prevalenza  di  minore  conveffa  ,  o  piana  fuperficie  {Icgg. 
5.)  per  ragguagliarne  gli  effetti. 

4.  E  quanto  alle  differenze  di  lucide  forme  dalle  prece- 
denti citazioni  è  del  pari  manifefto  1'  indicato  ragguaglio  di 
punte  acute  colle  fmuffate,  e  delle  minori  colle  maggiori  fu- 
perficie per  ottenere  eguati  fonrte  di  luce .  Così  per  trasfor- 
mare il  pennello  della  punta  vitrea  al  fine  in  vera  ftelletta  , 
bafta  diminuire  il  momento  del  mezzo  appreffando  in  vece 
di  conveffa,  o  piana  fuperficie  (legg.i.n.  i.)  una  punta  acu- 
ta (ivi  «.  3-  )  • 


SOPRA  l'  elettricità'.  109 
5.  All'oppoflo  per  avere  pennello  fu  i  relìnolì  condottori 
d'  uopo  è  accrefcere  la  refiftenza  del  mezzo  con  dilatare  i  ter- 
mini ,  e  le  eftremità  de'  condottori  fteffl  ,  e  fcemare  per  tal 
modo  inlìeme  il  momento  e  la  prevalenza  di  punte  acute,  o 
di  minori  fuperficie  {legg.  4.  ».  5.  5.).  Ne  fulla  punta  acu- 
ta refinofa  altro  Ci  vede  mai,  che  una  tenue  orditura  di  pen- 
nello {legg-^-  »'!.)  perchè  in  quallivoglia  confronto  di  pun- 
te acute  vitree,  e  in  quallivoglia  diminuzione  del  mezzo  rc- 
fiftente  prevale  fempre  la  fpecifica  f'^rza  della  refinofa. 

Legge  nona  .  Nella  comparazione  delle  fpecie  fra  di  loro 
non  li  deve  indiftintamente  confrontare  la  refinofa  colla  op- 
pofta  alla  vitrea  ,  né  colla  vitrea  confondere  1'  oppofta  alla 
refinofa;  ma  e  ciafcuna  fpecie  coli' altra  direttamente  ,e  le  op- 
pone a  ciafcuna  rifpettivamente  fra  loro  debbono  paragonarli 
nelle  particolari  preparazioni . 

1.  Benché  in  realtà  la  fpecie  oppofta  alla  vitrea  fia  refi- 
nofa, e  r  oppofta  a  quefta  fia  vitrea  ;  ciò  non  oftante,  quan- 
do li  tratta  di  proporzioni,  non  pofTono  alla  rinfufa  compa- 
rarfi ,  mentre  non  è  la  fpecie ,  ma  la  quantità ,  e  il  momen- 
to di  ciafcun  termine  col  fuo  omologo ,  e  oppofto ,  che  cade 
in  confronto.  Ora  è  manifeflo  per  la  Legge  prima,  e  quar- 
ta ,  che  di  gran  lunga  prevalgono  i  termini  di  vitrea  ,  e  di 
refinofa  ai  termini,  che  a  ciafcuna  fi  oppongono  in  qualfivo- 
glia  preparazione  .  Ed  è  ciò  coerente  alla  natura  flefia  delle 
cofe  ;  poiché  que'  primi  riguardano  le  potenze  già  fciolte ,  ec- 
citate ,  e  raccolte  -,  e  gli  ultimi  non  riguardano  fé  non  le  po- 
tenze ftefle  appena  fmofle  ,  e  nell'  iniziale  loro  eccitamento, 
e  capacità  di  raccoglierfi .  In  fomma  nei  primi  termini  fi  con- 
fronta r  efficacia ,  e  la  forza  di  ciafcuna  fpecie ,  e  nei  fecon- 
di la  loro  mobilità. 

2.  Somma  è  1'  importanza  di  quella  Legge  non  folo  per 
ovviare  le  vane  contraddizioni ,  e  i  paradoUi ,  che  nafcer  po- 
trebbero dal  confufo  paragone  di  que'  termini ,  ma  perchè  ci 
fomminiflra  vera,  e  piana  fpiegazione  delle  contrarietà  ofier- 
vate  fra  i  corollarj  del  Capo  primo,  e  del  diverfo  andamen- 
to di  decadenza  fra  i  primi  e  gli  ultimi  termini  delle  cari- 
che imprefié ,  che  furono  calcolate  nel  Teor.  XIV.  al  n.  7. ,  e 
nel  Teor.  XIX.  al  n.  4. ,  ficcome  altrove  dimoftrerò,  mafiima- 
mente  fé  con  quella  i\  aggiungano  le  confiderazioni  della  fe- 
gucnte  Legge. 


Ilo  Menjoria 

Legge  decima.  E  in  quefte  combinazioni  d'  identità  ,  o 
diveriità  di  fpecie ,  di  oppofte  a  ciafcuna ,  di  preparazione ,  o 
eccitamento  influifcono  le  differenze  de'  mezzi  condottori  ,  o 
relìilenti  con  tali  proporzioni  d'  intervalli ,  i  quali  come  per 
i  condottori  pili  perfetti  fi  etendono  ai  limiti  indefiniti ,  co- 
sì cominciano  a  rifiringerfi  in  certi  limiti  ne'  condottori  me- 
no perfetti  ,  e  fi  fanno  que'  limiti  fempre  minori  ,  quanto 
gradatamente  i  mezzi  frappofti  fi  fcofiano  dalla  perfezione  di 
condottori ,  e  pafiano  per  fuccefiivi  gradi  a  maggior  perfezio- 
ne di  refiftenti . 

1.  Se  le  elettriche  potenze  eccitare,  e  raccogliere  C\  po- 
tefiero  indipendenti  dalle  modificazioni  del  mezzo  ,  fi  ridur- 
rebbero non  meno  i  fenomeni  di  luce ,  che  gli  altri  fegni  lo- 
ro,  a  ragioni  cofianti  de'fetnplici  elementi  di  fpecie,  di  op- 
pofizione ,  di  quantità ,  e  di  preparazione .  Ma  tanta  è  nelle 
cofe  elettriche  1'  influenza  del  mezzo ,  che  lungi  dal  poterfe- 
ne  prefcindere  giammai  ,  fembra  piuttoffo  che  ogni  elettrica 
ricerca  debba  in  fine  rifolverfi  in  più  intime  confiderazioni 
del  mezzo  ftefib ,  e  delle  fue  modificazioni .  Nafcono  d'  ordi- 
nario le  falfe  induzioni  per  errore  di  relaz.ione  ,  quando  da 
fenomeni ,  e  fatti  veriflimi  fi  conclude  il  falfo  ,  perchè  i\  ri- 
ferifcono  a  foggetti  ,  o  caufe  non  vere  ,  o  almeno  non  ade- 
quate ,  né  folitarie.  Ora  non  vi  è  inFifica  altro  capo,  quanto 
r  elettrica  materia,  in  cui  {i  cada  più  comunemente  in  fimi- 
li  errori  ;  perchè  appunto  fi  vuol  prefumere  femplice  ciò ,  che 
è  compofi-o ,  e  fi  vuole  introdurre  qual  mero  oftacolo ,  o  re- 
iìftenza  il  mezzo ,  che  in  mille  forme  regge  le  elettriche  po- 
tenze ,  e  1'  azione  fua  con  effe  compone . 

2.  Siccome  però  del  mezzo  già  molte  cofe  notai  e  ne' 
Capi  precedenti ,  e  nell'  articolo  primo  di  quefto  Capo ,  per- 
ciò bafterà  qui  richiamarne  foltanto  la  memoria .  Agifce  dun- 
que il  mezzo  come  veicolo  ne'  condottori  ,  e  come  oftacolo 
nei  refiftenti ,  e  fegue  nell'  azion  fua  una  inverfa  ragione  del- 
la perfezione  de'  primi,  e  diretta  de'  fecondi  {art.  i.  kgg.  6. 
n.   5.  e  j.). 

3.  Ma  quefie  azioni  ,  e  quefte  ragioni  di  condottrice  ,  e 
refiflenre  natura  non  fi  prefentano  mai  ne  femplici ,  né  foli- 
tarie ;  ma  fi  compongono  cogli  elementi  delle  elettriche  po- 
tenze ,  che  diftinti  abbiamo  nella  prima  Parte  .   E  viceverfa 


SOPRA       l'       elettricità.  IH 

quefl-i  fteffi  elementi  non  debbono  precifamente  ridringerfì  a 
certe  elettriche  potenze  eccitate  ,  o  mode  quafichè  effe  per 
sé  fole  compieflero  la  loro  azione  ;  ma  d'  uopo  è  riflettere , 
che  non  li  compie  V  azione  di  quelle  fé  non  componendoli 
con  fimili  elementi  di  nuove  porzioni  ,  e  potenze  elettriche 
eccitate  ,  e  molle  nel  mezzo  ftellb  reiìftente  .  Talché  qualii- 
voglia  elettrico  fenomeno  benché  fembri  piìi  femplice ,  e  pia- 
no non  legue  mai  la  fola  ragione  o  dei  condottori  ,  o  dei 
refiftenti  ,  o  d'  una  fpecie  ,  o  quantità  di  elettrica  potenza 
eccitata  ;  ma  rifulta  dal  compleflb  di  tutte  le  ragioni  di  con- 
dottori ,  e  reliftenti ,  e  di  contrarie  ,  ed  omologhe  fpecie  ,  e 
quantità  eccitate  intorno  a  quella  prima. 

4.  L'arte  di  riconofcere  ciafcuna  di  quelle  femplici  ragio- 
ni conlifie  in  renderne  1'  azione ,  quanto  più  fi  può ,  preva- 
lente fopra  gli  altri  elementi,  licchè  per  1' eccedo  fuo  li  co- 
nofca,  giacche  non  può  fola  aflblutamente  conofcerii. 

5.  E  nel  cafo  nodro  le  acute  punte  condottrici  fono  la 
più  prevalente  via  di  porre  in  moto  le  elettriche  potenze ,  e 
di  render  minima  l' influenza  dei  mezzi  refidenti  fopra  di  lo- 
ro, e  perciò  con  fimili  punte  fi  ha  luce  alle  maggiori  difianze . 

6.  All'  oppollo  le  ampie  fuperiìcie  condottrici  prefentano 
maggior  influenza  al  frappofto  mezzo  refiftente  non  folo  di 
femplice  oflacolo,  ma  di  nuove  foluzioni  ;  le  quali  fi  frenano 
a  vicenda  ,  finché  la  prevalente  azione  dell'  una  o  dell'  al- 
tra fuperficie  non  ne  determini  il  moto  {artic.  i.  legg.  4.». 
4. ,  e  feguenti  ). 

7.  Ed  é  appunto  quefia  V  influenza  de'  mezzi ,  per  cui  i 
limiti  del  moto  divengono  tanto  minori,  e  all'  oppoflo  tan- 
to maggiori  divengono  le  quantità  di  contrarie  potenze  a  vi- 
cenda frenate,  quanto  fono  più  ampie,  ed  eguali  fra  loro  le 
oppofte  fuperficie  condottrici ,  e  quanto  è  più  perfetto  il  frap- 
poflo  mezzo  refiftente . 

Legge  undecima  .  E  le  apparenze  di  pennello  ,  e  di  ftel- 
letta  I.  non  nafcono  da  veruna  fpecie  particolarmente  più 
che  dall'  altra  ,  2.  ma  provengono  da  certa  fomma  di  azio- 
ne ,  o  da  certo  momento  di  ciafcuna  contro  le  frappofte ,  ed 
oppofte  refiftenze. 

I.  La  prima  parte  di  quefta  e  immediata  confeguenza  del- 
le precedenti  Leggi  ,  e  principalmente   della  prima  ,   quarta, 


112  Memoria 

fettima,  e  ottava.  Onde  non  refta  che  di  foggiungere  qualche 
dichiarazione  della  feconda  parte  .  Per  intendere  che  cofa  fia 
certa  fomma  di  az^ione,  o  certo  momento^  da  cui  il  pennello, 
o  la  belletta  proviene , d' uopo  è  formarfì  chiara  idea  dell'uno 
è  dell'altra.  La  ftelletta  fibila  labilmente  full' apice  della  pun- 
ta ,  in  cui  fplende  ;  il  pennello  ftride  inftabilmente  verfo  la  fua 
bafe,  cioè  in  parte  oppofta  ,  e  in  fuori  della  punta,  o  dalla 
fuperficie  ,  da  cui  procede  {legg.  i.  ».  i.).  Ora  e  il  fibilo , 
e  lo  ftridore  non  fono  altro,  che  vibrazioni  imprelTe  nell'  a- 
ria  ambiente  in  ciafcun  punto  ,  ove  la  riunione  ,  e  lo  fcop- 
pio  fuccede  delle  contrarie  elettricità;  né  quel  fibilo,  e  ftri- 
dore è  diflfèrente  dallo  fcoppio  ftrepitofo  delle  grandi  fcariche , 
fé  non  in  proporzione  di  quantità.  Nella  ftelletta  adunque  fi 
riunifcono  le  contrarie  potenze  ftabilmente,  e  continuamente 
full'  apice  della  punta;  e  nel  pennello  non  fi  riunifcono,  che 
vagamente  in  varj  punti  più  efterni  ,  e  nella  bafe  del  me- 
defimo. 

2.  Il  moto  poi  fra  le  contrarie  potenze  comincia ,  e  fi 
mantiene  dalla  parte  prevalente  (art.  i.  legg.  5.  ».  6.)  .  E 
r  ordine  ,  e  la  progreffione  delle  parti  prevalenti  già  è  fifta- 
to  nelle  precedenti  Leggi  quinta  ,  fefta  ,  fettima  ,  e  ottava . 
Quindi  quella  certa  fomma  di  azione  ,  0  momento  non  altro 
fignifica  ,  fé  non  il  numero  de'  punti ,  e  la  diftanza  de'  me- 
defimi  dalla  eftremità  degli  oppofti  condottori ,  fra  i  quali  a 
preferenza  fi  determina ,  e  fi  compie  1'  incontro ,  e  la  riunio- 
ne delle  contrarie  potenze. 

3.  E  perciò  non  è  la  ftelletta  fé  non  T  effètto  di  quell' 
incontro,  che  fi  mantiene  raccolto,  e  riftretto  per  prevaien- 
te coftanza  di  azione  full'  apice  delle  punte  ,  e  degli  fpigoli 
de'  condottori  ;  e  non  è  il  pennello  fé  non  1'  effetto  del  mo- 
to fteflb  ,  che  comincia  ,  e  progredifce  incoftantemente  divi- 
fo ,  e  fparfo  in  più  punti  ,  e  in  varie  diftanze  dalla  eftremi- 
tà de'  condottori  ,  fra  i  quali  di  continuo  fi  mutano  i  limi- 
ti di  azione  prevalente.  Il  numero  de'  punti  ne  dilata  la  fi- 
gura ;  la  continua  varietà  delle  diftanze  rende  que'  punti  per 
la  loro  celerità  fimili  a  ftrifcie,  o  raggi  lucidi.  E  perciò  non 
è  il  pennello  ,  che  una  partizione  di  ftelletta  in  continuo 
moto. 

4.  E  quanto  alle  refiftenzc,  nell'  aria  più  rara  fi  fa  tan- 

to 


SOPRA       l'       elettricità.  II? 

to  minore  il  (Ibilo ,  e  lo  ftridore  di  que'  fegni;  e  per   oppo- 
llo  ii  fa  ne'  mcdefiini  tanto  pivi  eflefa ,  e  divila  la  luce  . 

Le^gi  duodecima  .  Ne  in  tutte  quelle  ditlerenze  ha  veru- 
na inHiienza  la  fuppofta  contrarietà  nella  feniplice  direzione 
di  un  Huido  folo. 

1.  In  vano  tentarono  abililiìmi  Fifici  di  fcorgere  la  dire- 
zione dell'  elettrica  luce  .  Per  quanto  fia  facile  di  travedere, 
quando  s'  immagina  prima  di  oflervare  ,  tanta  però  è  1'  evi- 
denza del  fatto ,  che  niuno  portò  1'  illulione  fino  a  tal  fegno 
di  alFerire  deiinita  ,  e  vilibile  la  direzione  collantemente  più 
da  una,  che  dall'  altra  parte.  I  lucidi  pennelli,  e  i  condot- 
tori luminoli  furono  foltanto  podi  in  opera  per  dimoflrarne 
la  prefenza  dalla  parte  di  vitrea  elettricità  ;  ma  in  mezzo  al- 
le prevenzioni,  e  alle  induzioni  incautiffime  non  fi  produlle- 
ro  mai  come  viùbili  prove  di  luce  procedente  da  quella  Ucc- 
idi parte . 

2.  Ora  non  rimane  più  verun  dubbio  dopo  le  induzioni 
didime,  che  compiute  abbiamo  nella  Legge  prima,  e  quarta, 
che  le  ftelle  apparenze  non  fi  prefentino  del  pari  dalla  parte 
di  elettricità  relinofa  ;  mentre  tutto  quel  giuoco  non  dipen- 
de, le  non  dalla  varia  combinazione  di  preparazioni  per  rag- 
guagliare i  momenti  di  quelle  potenze  {legg.  S.  ) .  Onde  nul- 
la in  quelle  dirièrenze  intìuilce  né  la  femplice  direzione  in- 
vano ricercata  ,  ne  la  contraria  apparenza  fallacemente  pro- 
dotta di  un  luppoflo  fluido  folo. 

Legge  deciinaterz.a .  Nella  varietà  ,  e  incoflanza  della  fua 
direzione  ha  1'  elettrica  luce  cofiantiflima  leg^e  di  comincia- 
re  dalla  parte  prevalente . 

I.  Comincia  ,  come  vedemmo  nella  feconda  parte  della 
Legge  decimaprima  ,  l'elettrica  luce  dalia  parte  prevalente. 
E  perciò  fé  quella  pre\alenza  lìa  (labile  full'  una  ,  o  full'  al- 
tra metallica  punta,  o  fopra  ambedue  infieme,  fu  quelle  com- 
parifce  in  forma  di  viva  flelletta  ;  ed  ivi  [\  mantiene  immo- 
bile ,  lìnchè  non  nafce  progreliione  di  quel  moto  dall'  una, 
o  dall'  altra  parte  .  Che  fé  tale  prevalenza  fi  ellende  tra  i 
limiti  delle  metalliche  punte,  o  fuperficie  ,  i\-i  fimilmente  co- 
mincia r  elettrica  luce  ;  ma  per  la  mobilità  del  mezzo ,  e  per 
la  varietà,  che  in  que'  limiti  prevaienti  nafce  coli'  atto  llef- 
fo  ,  che  comincia  la  luce  ,  mutano  effi  di  continuo  fede  ,  e 
Tomo  IL  P 


114  Memoria 

alternano  con  incredibile  celerità  le  diflanze  in  punti  fempre 
varj  or  più  ,  or  meno  difcofti  dalle  metalliche  punte,  o  fu- 
perficie ,  e  formano  colla  loro  rapidità ,  e  moltiplicità  quella 
iìmultanea  impreflione  di  luce  degradata  in  tanti  colori  ,  ed 
incollante  nella  fua  grandezza,  come  è  il  pennello. 

2.  Confìfte  adunque  il  pennello  nella  continua  mutazione 
dei  limiti  di  prevalenza  fuori  delle  metalliche  punte  ,  o  fu- 
perficie  .  E  perciò  iinchè  que'  limiti  cadono  entro  le  metalli- 
che punte  ,  o  fuperficie  ,non  può  fé  non  mantenerli  immobi- 
le falle  loro  eftremità  quella  impreflione  di  luce  ,  che  alla 
quantità  corrifponde  delle  elettriche  potenze  in  moto  di  riu- 
nione. 

5,  Ma  que'  limiti  prevalenti  vogliono  confiderarfi  in  due 
modi  ,  liccome  diflinti  abbiamo  due  modi  nella  mutua  azio- 
ne ,  e  nel  moto  delle  elettriche  potenze .  Primieramente  vi  è 
un  limite  tra  la  fpecie  ,  che  in  ciafcuna  punta  ,  0  fuperficie 
rifiede  ,  e  le  finitime  potenze  del  mezzo  ambiente  ;  e  quindi 
re  rifulta  quel  moto  di  contrarie  elettricità,  che  fpiegammo 
neir  articolo  i.  Legge  feconda  n.  2.  lett.  <f,  ed  ivi  Legge  ter- 
za ,  e  fefla .  In  fecondo  luogo  poi  vi  è  un  limite  tra  le  due 
fpecie  fi-elie  ,  che  nelle  oppofte  punte ,  o  fuperficie  rifiedono , 
le  quali  per  la  via  fteffa  del  mezzo  ,  e  delle  frappone  elet- 
tricità a  vicenda  tendono  a  riùnirfi  ;  e  nuovamente  in  quelle 
cade  altra  diftinzione ,  per  la  quale  ora  in  parte ,  ora  piena- 
mente fi  determinano  al  moto  di  riunione,  fecondo  che  nell' 
articolo  ftelTo  dichiarammo  nella  Legge  quarta . 

4.  Ora  tanto  il  primo  di  quefti  modi  ,  come  la  prima 
parte  del  fecondo  non  determinano  mai  la  piena  unione  di 
quelle  contrarie  potenze ,  ne  1'  intero  fcoppio  fra  i  limiti  del- 
le oppofte  punte,  o  fuperficie,  nelle  quali  elTe  rifiedono, ma 
non  producono  fé  non  foflj  ,  o  fprizzi  luminoii  in  proporzio- 
ne o  delle  parti  fmofle  nel  frappofto  mezzo  per  azione  delle 
oppofte  ,  o  delle  parti  di  quefte ,  che  cominciano  a  riùnirfi. 
Del  pieno  fcoppio,  e  de'fuoi  limiti  fra  quelle  oppofte  poten- 
ze diremo  più  opportunamente  nella  terza  Parte  ;  e  qui  pro- 
feguiremo  a  confiderare  que'  modi,  che  finifcono  in  foffj  ,  o 
fprizzi  luminofi,  e  in  varie  forme  di  ftelletta  ,  e  di  pennel- 
lo fi  manifeftano . 
-    5.     Sarà  pertanto  il  foffio  uniforme  come  fibilo,  o  ronzio, 


SOPRA       l'       elettricità'.  II5 

e  farà  la  luce  ftabile  full'  eflremità  delle  punte,  o  degli  fpi- 
goli  de'  condottori  ,  iinchè  entro  quefti  fi  confervano  i  li- 
miti prevalenti  ,  che  quel  foflio  ,  e  quella  luce  producono . 
E  farà  per  oppofto  in  continuo  moto  a  foggia  di  ftridore  ,  e 
di  luce  incoifante  ,  quando  que'  limiti  per  eilere  eternati  in 
fuori  de'  condottori  foggiacciono  a  continue  mutazioni  ,  lic- 
come  da  principio  notato  abbiamo  («.    i    ,  e  2). 

6.  Rimane  in  oltre  da  investigare  in  quale  delle  due  par- 
ti a  preferenza  fi  efternino  fuori  de'  condottori  que'  limiti 
prevalenti ,  dai  quali  prende  cominciamento  V  elettrica  luce . 
Poiché  fé  per  eflére  que'  limiti  entro  i  condottori  li  mantie- 
ne alla  loro  eltremità  la  ftelletta  ,  cosi  non  comincerà  que- 
lla a  trasformarfi  in  apparenza  di  pennello  fé  non  da  quella 
parte  ,  nella  quale  que'  limiti  s'  inoltrano  più  prontamente 
nel  frappoflro  mezzo  fuori  de'  condottori . 

Legge  decimaquarta .  I  limiti  prevalenti,  che  il  moto  de- 
terminano della  elettrica  luce,  cominciano  prima  ,  e  fi  man- 
tengono più  coftanti  entro  le  punte,  o  fuperficie  de'  condot- 
tori di  refinofa  ;  cominciano  all'  oppofio  pili  tardi  ,  e  più 
prontamente  finifcono  con  efternarfi  in  fuori  a  preferenza  dal- 
le punte ,  o  fuperficie  de'  condottori  di  vitrea  elettricità  . 

1.  Rifulta  quefia  dai  fenomeni  defcritti  nelle  precedenti 
Leggi  fefta ,  fettima ,  e  ottava .  Poiché  in  parità  di  preparazio- 
ni la  punta  ,  o  fuperficie  refinolà  è  fempre  la  prima  a  fplen- 
dere  con  luce  di  ftelletta ,  ed  è  poi  1'  ultima  a  prender  for- 
ma,  o  cominciamento  di  pennello  ;  e  viceverfa  la  punta  ,  o 
fuperficie  vitrea  comincia  più  tardi  a  dar  luce  di  ftelletta, 
ma  più  prontamente  paflà  alle  forme  di  lucidi  pennelli.  Lo 
ftedb  con  proporzione  [\  verifica  nelle  punte,  o  fuperficie  op- 
pofte  alla  vitrea, e  relinofa  elettricità, che  a  quelle  fono  cor- 
rifpondenti . 

2.  E  rapportando  quefti  fenomeni  ai  diverfi  modi  ,  che 
diftinti  abbiamo  nella  precedente  Legge  (;;.  3.  e  4.)  debbono 
que'  prevalenti  limiti  conlìderarfi  non  meno  fra  le  rifpetti\'e 
potenze  di  ciafcun  condottore  ,  e  del  mezzo  ambiente  ,  che 
fra  le  porzioni  fpettunti  agli  oppofti  condottori .  Talché  non 
fi  efterna  giammai  in  fuori  di  uno  di  que'  condottori  1'  ap- 
parenza di  pennello  ,  fé  non  per  diminuito  momento  nella 
preparazione,  che  ai  condottore  ftedb  appartiene,  e  per  ac- 

P     ij 


ii6  Memoria 

crefciuto  momento   o   nel    mezzo  ambiente  ,   o    nell'  oppofto 
condottore  (leg^.   5.  e  7.). 

3.  E  quando  quell'  oppofto  momento  crefce  a  tal  fegno  da 
comporli  colle  frappode  potenze ,  e  introdurre  pel  mezzo  ftef- 
fo  un  libero  ,  e  continuo  moto  fra  quelle  degli  oppofti  con- 
dottori ,  allora  (1  ha  fcintilla  piena  fra  loro  e  lo  fcoppio 
corrifpondente  alle  fomme  delle  intere  potenze  ,  che  in  que' 
condottori,  e  nel  frappofto  mezzo  riliedono.  Che  fé  per  qua- 
lunque freno,  o  reliftenza  lia  quel  momento  riftretto  o  fra  i 
limiti  della  rifpettiva  faccia  del  mezzo  f rapporto,  o  foltanto 
in  parte  determini  i  moti  dell' oppofta ,  non  lì  ha  mai  piena 
fcintilla ,  né  intero  lo  fcoppio ,  ma  brillano  nei  termini  delP 
uno  e  dell'  altro  condottore  quelle  lucide  forme  ,  che  fin 
qui  abbiamo  diftinte. 

4.  Onde  fi  può  in  fine  dedurre  la  progreflìone  de'  mo- 
menti,  che  atti  fono  a  cominciare,  e  foftenere  ne'  loro  ter- 
mini 1'  elettrica  ftelletta  ;  ed  eitenderla  poi  ,  e  dividerla  in 
forma  di  pennello  oltre  i  loro  termini  nel  mezzo  frappofto, 
finché  arrivino  ai  limiti  dell'intero  fcoppio, ed  accrefciute  per 
oppoffo  le  diftanze,  o  le  eftefe  fuperficie  fi  rende  quella  luce 
teauiffima  e  infenlibile  alla  vifta  ;  ne  altrimenti  è  notabile,  fé 
non  direttamente  al  tatto  pel  fenfo  di  aura,  o  "venticello,  e 
indirettamente  alla  vifla  pel  moto  di  leggeri  corpicelli  nel 
mezzo  ftefib  immerfi ,  come  efponiamo  nella  fe^uente ,  ed  ul- 
tima Legge . 

Legge  decimaquinta .  Nafce  la  ftelletta  ne' termini  de' con- 
dottori per  momento  prevalente  di  moto  colla  contraria  elet- 
tricità del  mezzo  ambiente  ;  e  in  que'  termini  fi  mantiene , 
finché  entro  que'  condottori  s'  inchiudono  i  limiti  di  quella 
prevalente  azione .  Scema  quefta  gradatamente  nelle  maggio- 
ri diftanze,  e  cefta  in  fine  di  far  luce.  Ma  nelle  diftanze  mi- 
nori ^\  efterna  in  varj  punti  del  mezzo  frappofto  ,  e  fi  eften- 
de  ,  e  divide  per  eflb  in  apparenza  di  pennello  ,  finché  non 
arriva  ai  limiti  d'intero  fcoppio  colla  piena  unione  delle  op- 
pofte  potenze . 

r.  Tutto  ciò  che  crefce  i  momenti  di  azione  d'  un  con- 
dottore, come  fono  le  punte,  o  gli  fpigoli,  la  fpecifica  for- 
za,  o  il  maggiore  eccitamento,  o  il  diminuito  momento  nel 
mezzo  ambiente  tutto  cofpira  a  far  comparire,  e  foftenere  ne' 


SOPRA       L'       elettricità'.  II7 

termini  di  dio  la  ftelletta  (  le^^.  3.  legg.  4.  n.  4.  legg.  S. 
«.  4,  )  .  Air  oppofto  tutto  ciò  ,  che  fcema  il  momento  di 
qiiallìvoglia  preparazione ,  e  Io  accrefce  nell' oppofta ,  o  nel  mez- 
zo ambiente,  tutto  cofpira  a  trasformare  la  ftelletta  in  pen- 
nello {legg.   I.  ».   3.  e  9.  kgg.   2.  kgg.  4.».   5. /c^^.  8.  «.  5.  ). 

2.  Che  la  ftelletta  (ìa  eiiètto  di  prevalente  ,  e  collante 
momento,  lo  manifefta  la  vivacità,  e  l'integrità  della  fua  lu- 
ce non  mai  divila  in  varietà  di  colori,  come  lo  è  il  pennel- 
lo; in  oltre  il  fibilo ,  o  ronzio  continuo  full' apice  delia  pun- 
ta è  fempre  più  notabile ,  che  non  nella  corrifpondente  bafe 
del  pennello  ;  di  più  la  maggior  forza  di  carica  ,  che  nell' 
oppodo  quadro  s'  imprime  colle  apparenze  di  ftelletta  ,  che 
non  di  pennello  ;  e  viceverfa  s'  indebolifce  afl'ai  più ,  qualun- 
que eccitamento,  o  ammaftò  di  elettricità  quando  la  ftellet- 
ta ,  che  quando  il  pennello  da  efla  procede  .  E  in  iìne  per 
eflère  la  ftelletta  fempre  il  primo ,  e  1'  ultimo  termine  d'  o- 
gni  elettrica  luce ,  mentre  non  è  il  pennello ,  che  un  modo 
inftabile  ,  e  d'  una  intermedia  combinazione  ,  ed  efpanlione 
della  ftefta. 

3.  In  due  modi  poi  quel  prevalente  momento  di  azione 
va  degradandoli  nelle  fucceflive  maggiori  ,  o  minori  diftanze 
degli  oppofti  condottori  .  E  quanto  al  primo  nelle  diftanze 
fucceflìvamente  maggiori  di  condottori  oppofti  fi  rende  a  grado 
a  grado  più  tenue  la  mutua  loro  azione ,  e  diventa  in  fine  in- 
capace di  fmovere  nel  frappofto  mezzo  tanta  elettricità  da  far 
fenfo  di  luce  .  Ed  anche  nelle  minori  diftanze  ,  fé  molto  fi 
eftenda  la  fuperficie  degli  oppofti  condottori,  e  crefca  la  per- 
fezione del  mezzo  frappofto ,  li  frenano  le  elettriche  potenze 
in  proporzione  che  fi  fmuovono  ;  né  perciò  fono  capaci  di  fa- 
re attraverfo  lo  fteflb  tanto  moto  per  dare  impreflione  di  lu- 
ce   {kgg.   7.  »•  6.  e  q.).^ 

4.  Quefte  potenze  però  o  fmoflè  in  tenue  quantità,  o  fre- 
nate nell'ampiezza  delle  condottrici  fuperficie  fecondo  la  per- 
fezione del  frappofto  mezzo  ,  benché  non  {x  manifeftino  con 
lucidi  fcgni  ,  producono  altri  effetti  di  moto  inteftino  fra 
le  parti  del  mezzo  ;  i  quali  effètti  fecondo  la  folida,  o  flui- 
da ,  opaca  ,  o  trafparente  natura  dello  Iteilb  ,  fi  rendono  or 
più,  or  meno  feniibili  con  ade/ioni.,  con  mutazioni  di  figura .^ 
con  moti  5  e  con  vcntiallo  ,  come  a  fuo  luogo  diremo . 

P     iij 


1 1 S  Memoria 

5.     Refta  che  qui  diciamo  del  fecondo  modo, e  degradamen- 
to  ,  con  cui  quei   prevalente  momento  li  efterna  in    fuori  de' 
condottori  nel    mezzo  ambiente -Qualunque  volta  fi  paragona- 
no due  forze  in  mutua  oppofta  azione  fi  trova  fra  di  loro    un 
punto ,  in  cui  i  loro  momenti  fi  equilibrano ,  fuori  del  quale 
r  una  o  r  altra  neceflariamente  prevale  .  Ora  fé  quel  punto , 
ìli  cui  farebbero    equilibrio  ,  fi   trovi   entro  i   termini    di   un 
condottore  ,  anche  i  punti  ,  che  fuori  di  quel  punto  comin- 
cino a  colHtuire  i  momenti  prevalenti  dall'  una    e  dall'  altra 
parte  ,profeguiran no  per  maggiori  diftanzea  trovarfi  entro  que' 
termini  ,  e  faranno  così  entro  del    condottore  ifteflb  i    limiti 
di  prevalente  azione  .   In    parità  di    preparazioni    il    conferva 
più  coftantemente  il  prevalente  momento  entro  i  termini  dei 
condottori  di  relìnofa,che  non  di  vitrea  e!ettricità(/c?^<f.  14.  )  • 
Onde  per  ragguagliare  que'  termini  d'  uopo  è  reciprocare  gli 
ecceffi  de'  momenti  nelle  rifpettive  preparazioni .  E  perciò  qual- 
ora nel  fucceiUvo   accoftamento   degli   oppolti  condottori  nel- 
le ftefle ,  o  diverfe  preparazioni  s' inducono  i  limiti  di  preva- 
lente momento  fuori  de' termini  dell'  uno,  o  dell'altro,  o  di 
ambedue  i  condottori  nel  mezzo  frappofto  ,  fi  trasforma  cosi 
ne'  modi  ,  che  già  divifati    abbiamo  nell'  uno,  o  nell'  altro  , 
o  in  ambedue  infieme  la  fi^elletta  in  apparenza  di  pennello; e 
fi   mantiene   quefto  ,   finché   tutti   infieme   que'  momenti    non 
cofpirano  a   compiere  1'  unione  delle  oppofie    potenze  nei    li- 
miti della  piena  fcintilla,  o  dello  fcoppio  fulminante ,  del  qua- 
le proporlo  abbiamo  di  trattare  nella  terza  Parte . 

ARTICOLO    III. 

Applicazione  delle  generali  e  particolari  Leggi 
precedenti   alla  elettrica  Teoria. 

Rlducendo  a  generali ,  e  particolari  Leggi  diftinte  la  va- 
rietà delle  apparenze  di  elettrica  luce  non  altro  io  fe- 
ci ne'  precedenti  articoli ,  che  una  continua  ,  e  fedele  appli- 
cazione ai  fenomeni  ftieflì  di  que'  principi  ,  ed  elementi  d'  o- 
gni  elettrica  azione, che  previamente  flabiliti  furono  ne' Teo- 
remi della  prima,  e  feconda  Parte  della  prefente  Analifi.  A- 
vrei   in  tal   modo  per    rapporto  all'  elettrica  luce   cominciata 


SOPRA       L        elettricità'.  11^ 

quella  dimoftrazione  degli  ultimi  teoremi  ,  che  rimandai  alle 
angolari  induzioni, e  alle  ragioni  proprie  d'ogni  capo  d'elet- 
trica dottrina,  fé  in  molti  de'  più  recenti  Scrittori  delle  co- 
fe  elettriche  non  dominall'cro  fulja  fignifìcazione  di  que'  luci- 
di fegni  quelle  liniflre  interpretazioni,  e  prevenzioni  fallaci, 
che  accennate  abbiamo ,  e  delle  quali  ragion  vuole  che  dicia- 
mo alquanto  più  diUintamente  .  Così  d'ordinario  accade  nel- 
le vie  della  verità  ,  che  fi  rendano  piane  ,  e  iicure  non  me- 
no con  liflarne  la  direzione ,  e  ilabilirne  i  fondamenti ,  che  con 
troncare  i  bivj ,  e  fpianare  gl'inciampi,  che  per  eflè  s'incon- 
trano. 

Gioverà  pertanto  riandare  fedelmente  con  brevità  per  la 
ftoria  di  que'  lucidi  fegni  ,  quali  a  mano  a  mano  il  prefenta- 
rono  all'ingenua  oflervazione  de' pili  gravi,  e  fagaci  Maeftri. 
Conobbe  quelle  differenze  di  luce  Bofe  ,  e  le  diftinfe  coi  no- 
mi di  luce  mafchia  ,  e  luce  femmina  ,  per  illufione  di  aver 
creduta  più  debole  quella,  che  anzi  più  potentemente  fi  dif- 
perde  ,  e  perciò  lafcia  minor  reliduo  ;  e  più  forte  1'  altra , 
appunto  perchè  meno  fi  difperde  ,  e  indebolire  meno  1'  ec- 
citamento ,  o  r  ammaflb  della  rifpettiva  potenza.  Cadde  Nol- 
kt  nella  Ikffa  illulione  ;  e  indi  ftimò  quelle  diverfe  apparen- 
ze infufficienti  a  ftabilire  le  differenze  di  fpecie,  che  già  era- 
ro ftate  indicate  da  Gray  ,  e  Dii-Faj  ,  e  diftinte  coi  nomi 
di  refinofa  ,  e  di  vitrea  elettricità  .  Prefe  in  fine  Le  Rqy  a 
dimoffrare  con  ampia  difcuilione  la  differenza  di  codefte  fpe- 
cie ,  e  defcriffe  la  ftelletta  per  criterio  della  refinofa  ,  come 
il  pennello  della  vitrea. 

Di  quanta  fede  fien  degni  ùmili  criterj  ciafcuno  lo  com- 
prende dall'  analifi  de'  medefimi  riferita  nella  prima,  e  quar- 
ta Legge  del  precedente  articolo  .  Ma  in  propofito  nofl:ro 
niuno  fra  tanti  OiIèr\-atori  vi  fu  ,  che  nconofciuto  abbia  in 
que'  diverfi  fegni  ragionevole  indizio  di  contrarietà  nella  di- 
rezione della  materia  ,  onde  ibno  prodotti  .  Watfon  medetì- 
mo  ,  che  prima  ,  e  più  d'  ogni  altro  s'  inoltrò  colla  fcorta 
della  efperienza  a  rintracciare  le  direzioni  delle  elettriche  po- 
tenze ,  non  ne  riconobbe  giammai  veruna  direzione  confor- 
me o  all'  uno,  o  all'  altro  di  que'  fegni  ;  né  in  conto  alcu-^ 
no  gì'  indulfe  per  teffimonj  di  contra'rietà . 

Fu  il  primo  Franklin  ,  che  dopo  di  aver  precariamente  ad- 


I20  Memoria 

ottata  la  fua  prima  idea  di  pojìtiva  ,  e  di  nrgativa  natura 
delle  oppofte  elettriche  potenze,  azzardò  coerentemente  l'al- 
tro penliero  falla  efpreffione  di  que'  fegni  ;  e  Ibfpettò  ,  che 
il  pennello  procedelle  da  elìto,  o  emanazione  ,  e  la  ftelletta 
da  ingrell'o  ,  o  aflbrbimento  di  quel!'  unico  fluido  ,  che  egli 
prefuppofto  avea  qual  fola  cagione  ,  e  bafe  d'  ogni  elettrico 
effetto.  Vero  è,  che  egli  non  propofe  limili  idee,  che  a  fog- 
gia di  mere  poffibilità  ,  o  di  femplici  fofpetti  ;  e  proteftò  ef- 
prefTamente,  che  quanto  a  fior  di  pelo  fono  elle  luiinghiere, 
e  fembrano  a  primo  lancio  plaulibili  ,  altrettanto  poi  fi  tro- 
vano infide,  e  difcordi  coli'  evidenza  de'  fatti  particolari  ,  e 
ben  diftinti  ,  qualora  fi  ha  la  pazienza  per  internarfi  di  pro- 
poiito  ne'  loro  confronti  (*)  .  Tale  in  fomma  è  di  que'  luci- 
di fegni  la  (lorica  deduzione  dai  primi  tempi  ,  che  comin- 
ciarono a  coltivarli  gli  elettrici  ftudj  ,  fino  all'  epoca  di 
Franklin. 

Prefero  voga  le  Franiiliniane  idee,  e  diventò  Franklin  Ca- 
po fcuola  ,  e  duce  di  liftematica  Setta,  e  tanto  baflò  perchè 
tutte  le  fue  congetture  ,  e  per  fino  i  fuoi  più  azzardati  fof- 
petti veniflèro  dai  Frankliniani  Settarj  trasformati  in  dogmi, 
e  propofti ,  e  difeii  con  linguaggio  di  fanatica  perfualione .  Si 
definì  pertanto  la  luce  di  partenza  ,  e  la  luce  di  ritorno  ;  fi 
decide ,  cì^e  il  pennello  da  .,  e  la  ftelletta  riceve  ;  e  iì  flabilì 
quello  quali  prefìdente  all' (?/iVo  ,  quefla  all' /«/ro/Vo  d'ogni  elet- 
trica fofianza.  In  mezzo  però  a  tante  definizioni,  e  tanti  fta- 
bilimenti  non  acquiflò  1'  elettrica  fcienza,  che  ampie  parafra- 
fì  de' primi  fatti  indicati  da  Franklin,  pronunciate  con  altret- 
tanta confidenza  ,  e  perfualione  ,  quanta  fu  la  perplefTità  ,  e 
r  incertezza  del  loro  Autore . 

Non 


(  *  )  F/ankJin  Oeziyes  Voi.  I.  pag.  59. 
Ces  explications  du  pouvoir ,  et  de  l' ope- 
ration  des  poinces  lo'rfqu'elles  le  pre- 
fenterent  a  moi  pour  la  premiere  Ibis , 
et  qu' elles  rouloient  dansmon  eiprit , 
me  parurcnt  latisfaire  parfaitement  a 
rout.  Mais  depuis  que  je  les  ai  mifes 
par  ecrit ,  et  rappellées  h  un  examen 
plus  févere  ,et  retfechi  ,i'avoue  de  ben- 
ne toi  qu'  il  me  rei!  quelques  doutes  a 
cet  égard  .  Maisn'ayant  rien  de  mieux 
pour  le  prefenc  'a  vous  offrir  a  la  pla- 


ce ,  je  ne  les  rejette  pas  abfolument  ; 
car  e'  eft  fouvent  utile  de  lire  méme 
une  mauvaile  lolution  ecc. 

Ibid.  pag.  150.  Ces  penfées,mon  cher 
ami  ,  ne  lont  que  hazardées,et  ébau- 
chées  pour  la  plupart  ;  e  fi  je  n'  avais 
que  r  ambicion  de  me  faire  quelque 
réputation  dans  la  philofophie  ,  je  le 
garderois  par  devers  moi  julqu'  a  ce 
qu' elles  fuflent  perfeftionnées ,  et  rec- 
tiiìe'es  par  le  tems ,  et  par  des  nouvelies 
expèriences.  ecc. 


SOPRA       l'       elettricità'.  121 

Non  farebbe  pregio  dell'opera  d'intertenermi  qui  nella  di- 
famina  di  limili  prevenzioni  .  Un  errore  finché  non  diventa 
pubblico,  e  non  turba  il  libero  andamento  della  verità,  non 
merita  di  eflere  folennemente  conteff-ato .  Ma  quando  pubbli- 
camente lì  produce  fotto  le  divife  della  verità,  e  ne  confon- 
de le  ingenue  fembianze ,  non  lì  può  far  meno  di  non  fegnar- 
lo  a  dito  ,  e  sfatare  quegli  incanti  ,  coi  quali  nella  ricerca 
del  vero  ai  meno  accorti  fa  illulione ,  e  1  incauta  moltitu- 
dine feduce .  Non  è  punto  heceflario  ,  né  opportuno  di  affocia- 
re  all'  errore  i  nomi  degli  Autori,  che  hanno  contribuito  a 
propagarlo  ;  maffimamente  quando  i  loro  nomi  non  influifco- 
no  nella  realità  delle  cofe  ;  e  tanto  meglio  quando,  come  eb- 
bero efli  r  ingenuità  di  confeffare  di  aver  errato  nel  definir 
la  luce  di  partenza,  cosi  è  fperabile  ,  che  con  più  matura  dif- 
cuHione  de'  fatti  potellero  egualmente  riconofcere  il  loro  ab- 
baglio nella  lucc  di  ritorno, ed  in  ogni  altra  fomma  d'introi- 
to, e  di  ejìto  delle  elettriche  azioni. 

Sarebbe  un  vero  morale  paradoflb  ,  che  illuftri  Autori  ,  i 
quali  la  vita  loro  confumano  negli  ftudj  delle  fcienze  natura- 
li ,  fi  fcorgelTero  in  fine  dominati  piuttofto  dall'  intrattabile 
fanatifnio  di  partito ,  o  di  fetta ,  che  animati  dal  tranquillo , 
e  docile  fpirito  della  verità  .  Non  è  mai  fenza  pericolo  ,  ed 
è  fenza  fallo  perfettamente  inutile  intraprender  difputa  con 
tefte  di  partitante  ,  o  di  fettario  .  Per  nulla  d'  immifchiarmi 
intendo  con  liftatti  Difputatori  ;  e  come  nulla  olfervo ,  o  feri- 
vo per  effi,  cosi  alle  opinioni,  e  ai  giudizj  loro  io  nulla  at- 
tendo .  Ai  pacifici  feguaci  del  vero ,  che  foli  meritano  il  no- 
me ,  e  il  pregio  di  Filofofi  ,  prefento  di  buon  grado  le  pre- 
cedenti mie  rifleffioni  per  avvertirli  nei  bivj ,  e  negli  inciam- 
pi ,  che  indur  potrebbero  traviamento  ,  o  ritardo  nelle  elet- 
triche ricerche  ,  ed  ai  medefimi  propongo  le  analitiche  mie 
produzioni  per  dirigermi  infieme  con  efil  a  qualche  ficuro 
termine  di  elettrica  Teoria . 

Ed  in  ciò,  che  i  moltiplici  fenomeni  riguarda  dell'elettri- 
ca luce  ne  riftringerò  per  ultimo  i  rifultati  delle  precedenti 
generali,  e  particolari  Leggi  nel  feguente 


Tomo  IL  Q^ 


122  Memoria  sopra  l'  elettricità'  . 

TEOREMA.    XXVI. 

L'  elettrica  luce  nei  comuni  rapporti  colla  generale  teoria 
della  luce  ,  e  della  vifione  non  ha  maggiore  efpreflìone  delle 
già  note  induzioni ,  e  incertezze  degli  Ottici  principi  ;  e  nei 
generali  rapporti  cogli  elettrici  fenomeni  nafce  al  pari  degli 
altri  fegni  per  certa  proporzione  di  moto  delle  contrarie  ele- 
triche  potenze  ;  e  ne'  particolari  fuói  accidenti  di  figura  ,  gran- 
dezza, ftrepito,  e  vivacità,  o  varietà  di  colori  fi  riduce  alle 
combinazioni  de'  moltiplici  elementi, che  modificano j e  com- 
piono i  momenti  d'  ogni  elettrica  azione. 


123 


SOPBJ  L    EQUAZIONE 

D'      UNA      CURVA, 

Sopra  la  falfita  di  dui;  famojì  Teoremi  ;  e  /opra  le  ferie 
armoniche  a  termini  infinitamente  piccioli . 

Del  P.  Gregorio  Fontana  delle  Scuole  Pie ,  Pub- 
blico ProfeiTore  delle  Matematiche  Superiori  nella  Regia 
Univerlità  di  Pavia . 


^  L     SIGNOR 


ECcomi  a  mantener  la  parola .  Io  le  promifi  di  voler  pen- 
fare  ne'  momenti ,  che  mi  lafciano  di  libertà  le  ordina- 
rie mie  occupazioni  ,  alla  Curva  ,  di  cui  ella  mi  parlò  nei 
Carnovale  fcorfo ,  invitandomi  a  ricercarne  l' equazione  ad  ef- 
fetto di  poterla  in  qualche  modo  defcrivere  per  una  ferie  con- 
tinua di  punti  quanto  lì  voglia  vicini ,  e  quindi  determinare 
quelle  proprietà  ,  che  poffono  renderla  degna  della  curiofità 
degl'  intendenti  ,  e  raccomandabile  ai  Geometri  .  E  ficcome 
parvemi  ,  che  ella  allora  mi  diceffe  ,  che  qualora  avefTe  in 
fuo  potere  1'  equazione  di  una  tal  curva  ,  non  piccioli  van- 
taggi poteva  riprometterli  nell'  applicazione ,  che  divifava  di 
farne  ad  alcuni  principi  della  Scienza  Armonica  efpofti  nell' 
opera,  che  intorno  a  queflo  argomento  da  molto  tempo  ella 
fla  preparando  per  le  ftampe  ;  perciò  tanto  più  volentieri  mi 
fono  fiuto  premura  di  compiacerla ,  applicandomi  con  qualche 
forta  d'  impegno  a  quefta  difficile  e  laboriofa  ricerca  .  Io  mi 
polì  da  principio  al  lavoro  con  poca  fperanza  di  riufcita  ;  maf- 
fjme  dopo  avere  da  lei  comprcfo ,  che  molti  altri  di  me  più 
efperti  avevano  tentato  di  rompere  quello  iflmo  ,  ma  fempre 
inutilmente.  Pare  in  fatti  falle  prime,  che  le  condizioni  del 
Problema  efcludano  quella  ferie  continua  di  punti  ,  la  quale 
collituifce  il  carattere  di  ogni  linea  curva,  la  di  cui  equazione, 


124  Sopra    l'    eq.u azione 

qualunque  ella  fia  ,  indica  fempre  in  ogni  ramo  della  Curva 
o  un'  atToluta  e  rigorofa  continuità,  o  per  lo  meno  una  tal 
vicinanza  fra  due  punti  qualunque  confecutivi  ,  che  la  loro 
diftanza  fia  minore  di  ogni  dato  picciolidìmo  intervallo  .  La 
Curva  richiefta  all'  oppoflo  fembra  a  prima  vifta  dover  am- 
mettere una  vera  interruzione  nelle  fue  parti,  ed  una  diftan- 
za  affegnabile  da  un  punto  all'  altro  fucceffivo  ;  nel  qual  ca- 
fo  i  fuoi  punti  a  maggior  ragione  fi  direbbono  punti  difcreti , 
che  non  iì  dicono  quelli  delle  Curve  efponenziali  rapprefen- 
tate  dall'  equazione /=( — a)"  ,  dove  una  quantità  negati- 
va viene  elevata  ad  un  efponente  indeterminato  e  variabile  . 
Ma  il  fiitto  fta  che  quefta  prima  apparenza  fvanifce  poi  fubi- 
to  per  poco  che  uno  s'  interni  nell'  indole  della  quiflione ,  of- 
frendofi  allora  allo  fpirito  del  Geometra  inveftigatore  quella 
perfetta  continuità  che  da  prima  non  ìi  afpettava ,  e  le  con- 
dizioni del  Problema  non  parevano  promettere  .  Ma  ella  già 
mi  dimanda,  qucjìa  Curva  è  ella  algebraìca ^oppur  trafcenden- 
te?  Io  vorrei  poterle  rifpondere ,  che  la  Curva  e  del  genere 
àcWt  algebraich?  cy  geometriche  ^md.  fono  colìretto  a  dirle  ,  che 
efTa  appartiene  alla  fublime  famiglia  delle  hypergeometriche  o 
trascendenti .  E'  però  vero ,  che  in  compenio  di  ciò  ella  è  d'  al- 
tra parte  così  pellegrina  e  fingolare,e  nel  tempo  fì-efTo  la  fua 
equazione  è  cosi  femplice  ed  elegante  che  non  li  potrebbe  de- 
fiderare  di  più . 

Per  altro  la  cofa  per  me  più  inafpettata  nel  maneggiare  un 
tal  foggetto  non  è  già  fiata  quella  di  effermi  imbattuto  in 
un'equazione  tanto  femplice  e  facile, ma  bensì  di  aver  rifcon- 
trato  nella  forma  di  tal  equazione  quella  Curva  medefima  , 
che  io  ora  fono  circa  tre  anni  avea  già  pubblicata  nelle  mie 
Vifquijìtiones  Phjjìco-Mathematìcte  nel  Problema  II  della  Dif- 
quis .  IX  ,  dove  cerco  la  Curva,  cui  percorre  il  centro  di 
gravità  della  circonferenza  d'un  cerchio,  qualora  da  quefla  (1 
va  levando  di  mano  in  mano  un  arco  ,  e  poi  1'  altro  iino  a 
che  non  refti  più  alcun  refiduo.  Certamente  non  è  fl-ata  pic- 
ciola  la  mia  meraviglia  nell'  oflervare,  che  due  curve  a  pri- 
ma vifta  tanto  diverfe  non  fono  poi  altro  in  fine  che  una 
medefima  curva  ,  e  nel  trovarla  dotata  della  bella  proprietà 
meccanica  confiflente  nell'effer  quella  il  luogo  geometrico  de' 


d'     una      Curva     ecc.  125 

centri  di  gravita  degli  archi  circolari  fininuiti  fucceffivamente 
dall'  intera  circonferenza  fino  all'  arco  evanefcente .  Vengliia- 
mo  pertanto  al  Problema. 

PROBLEMA. 

In  una  retta  indefinita  A^Q^  dato  un  punto  A  ,  e  fuori  di 
ejfa  un  punto  qualunque  ^ ,  Jtcciè  la  retta  AB,  e  l' angolo  BAQ_ 
riefcano  noti ,  fi  meni  ad  AB  la  perpendicolare  BC  ;  e  fi  divi- 
da r  angolo  BAO^/Jcr  meta  colla  retta  AC,  la  quale  incontra 
in  C  la  detta  perpendicolare  BC  :  parimente  guidata  ad  AC  la 
perpendicolare  CD  ,  fi  divida  per  meta  l'  angolo  CAQ_  colla 
retta  AD  ,  che  fomminifira  un  altro  punto  d'  interfez.ione  D  , 
e  così  guidata  alla  AD  la  normale  DE  ,  e  dividendo  colla 
A  E  per  mezzo  /'  angolo  DAQ_,  fi  avrà  un  terzo  punto  d' in- 
terfezione  E  .  Procedendo  di  quefto  tenore  all'  infinito  ,  fempre 
con  la  perpendicolare  all'  ultiina  retta  ,  e  bipartizione  eguale 
dell'  angolo  rimanente ,  fi  avranno  infiniti  punti  fino  all'  ultimo 
punto  H ,  che  viene  a  calcare  filila  retta  indefinita  MQ^,  ed  e 
/'  ultima  interfezione  della  perpendicolare ,  e  della  bifecante  l' an- 
golo refiduo .  Ciò  ftante  fi  dimanda  i .  ha  pofizione  di  quefto  pun- 
to W  fitlla  indefinita  ÀQ_ ,  ovvero  il  modo  di  fubito  determi- 
narlo.  z.  L'  equazione  0  algehraica  ,  0  trascendente  ,  qual  più 
ella  farà  ,  della  Curva  ,  che  palfa  pe'  punti  B  ,  C  ,  D  ,  E  , 
F,  H. 


S    O    L    U    Z    I    O 


N    E 


Un  raggio  vettore  indefinito  AD  della  Curva  facciafi  =  2: , 
e  r  angolo  pur  indefinito  DA^  comprefo  da  effo  e  dalla  A^ 
dicafi  =  »  ,  o  piuttofto  fia  «  1'  arco  di  cerchio  defcritto  col 
raggio  arbitrario  i,  e  mifurante  il  detto  angolo.  Ciò  fatto, 
è  manifefto  dalle  condizioni  del  Problema  ,  che  nel  triango- 
lo DAE  rettangolo  in  Z)  ,  l'angolo  AED ,  che  è  complemen- 
to di  DAE,  è  pur  complemento  di  -  DA^:  onde  il  cofeno 

di  -   DA^l  fta  al   feno  tutto ,  come  DA  ad   AE  ,   ovvero 

Q.  iij 


126  Sopra   l'   E Q.U AZIONE 

1  21 

cof.  -  «  ;  I  :  :  z,  :  =  dE .  Per  fimil  modo  nel  triango- 

2  cof.  -j  u 

lo  rettangolo  AEF  fta  il  cofeno  di  EAF ,  ovvero  di  -EA^^ 

2 

ovvero  di  -  DA^  al  feno  tutto, come  y^£  ad  AF ,  vale  a  di- 
4 

I  21  2C. 

re  cof. -«:i::    ——r-: — —^ ri~   =AF.  Cosi  il  raggio 

4  cof  {  u   cof.  i  li  cof  -  K 

vettore  confecutivo  ad  AF  troverebbe!! 

-^ — ,  il  confecutivo  a  quefto  verrebbe 

onde  per  fine  fi  ottiene 


cof  I  U  cof  ^U  cof  4  K 

2, 


cof  4  «  cof  {  ti  cof  4  z<  cof  -p,  « 
r  ultimo  AHz=: 


cefi  ?<  cof  X  «  cof.  -  K  cof.  -^u cof  —  u 


2" 


prefo  per  n  un  numero  infinito . 

Ora  è  noto  dalla  teoria  delle  funzioni  circolari ,  che  fen.  u 

=  2  fen.  -  u  cof  -  u ,  fen.  -  z<  =  2  fen.  -  n  cof  -  it ,  fen.  -  « 

^1  r  a  2  2  4  4  4 

i  I  I  -  I  1  ^ 

r=:  2  fen. -K  cof-«,  fen. -«  =  2  fen.  — n  cof. —  u  ,  e  cosi 
8  8  8  \6  i6 

difcorrendo  :   dunque   fatta  nella   primitiva   equazione   fen.   u 

=  2fen. -z/  coi. -li  la  foftituzione  del  valore  di  fen.  -k  ,  e 
,  a  z     -  8 

così  appreflo  degli  altri  j  nafcerà  fen.  «=2"  fen.  —  w  cof     u 

II  I  ^   I  fen.  ?^  I 

cof  -  ?/  cof  -  u  cof  —  z/ cof  -•  u ,  ovvero =  cof  -  u 

4  8  16  i  12 


2"  fen.  -  « 


-  n 


III  I 

cof  -  u  cof  -  H  cof  —  li cof  -  li  ,  dove  a  indica  un  nu- 

4  8  16  2" 

mero  qualunque  .  E  di  qui    lì  vede  ,   che  il  prodotto  d'  un 


d'     una     Curva     ecc.  117 

numero  qualunque  di  fattori  efprefll  da'  cofeni  di  angoli  dc- 
crefcenti  in  progrellione  dupla  è  uguale  al  quoziente  ,  che 
nafce,  le  il  feno  dell'  angolo  primitivo  lì  divide  pel  numero 
ultimo  ,  a  cui  fi  vuol  arreflare  la  progrelTione  ,  moltiplicato 
pel  feno  dell'  ultimo  angolo  corrifpondente . 

Che  fé  in  vece  de'  cofeni  fi  volefTe  far  ufo  delie  fecanti ,. 
allora  per  edere  il  cofeno  eguale  al  quadrato  del  raggio  di- 
vifo  per  la  fecante ,  li  fa  manifefto ,  che  fi  prefenta 


I 

2"  fen.  -  u 

2» 


=  kc.  -  u  fec.  -  u  fec.  -  «  (te.  —  u fec.  —  u  . 

fen.  M  2  4  8  16  2" 

Tornando  pertanto  al  valore  del  prodotto  de'  cofeni ,  cioè 
fen.« 

,  e  riflettendo,  che  il  feno  di  un   arco  infinitefimo 

1 
2"  fen.  -  tt 
2" 

non  difièrifce  dall'  arco  fé  non  per  una  quantità  infinitefima 
rifpetto  all'  arco  medefimo  ,  ne  viene  in  confeguenza  ,  che 
quando   fia  »  un  numero   infinito  ,   come   lo  è  nel  prefente 

Problema,  diventa  fen. -«  =  — «  ,  e  quindi  2* fen.  —  tt  =  «• . 

2»  2"  ^  2" 

Perlochè   farà =  cof.  -  n  cof.  -  u  cof.  -  u  cof  —  u 

n  248  16 

cof.  —u.    E  poiché  fi  è  trovato  il  raggio  vettore  ultimo 

AH= ,  fatta  la 

1  1           I            I  I 
cof.  -  u  cof.  -  u  cof.  -  u  cof,  —  « cof.  -  u 

2  4  b  16  2" 

.   fi^n-«  . 

foitJtuzione  di   in  luogo  del  denominatore,  fi  raccoglie 

« 

AH:=- .  Qiiindi  è  manifefio,  che  il  punto  H  ricercato 

fen.  u 

fi  determina  col  pigliare  da  A  fopra  la  indefinita  A^  una 
quarta  proporzionale  AH  dopo  il  feno  dell'  arco  di  cerchio, 
che  mifura  1'  angolo  comprefo  da  un  raggio  vettore  qualun- 
que   e   dalla  A^  ,  dopo  queft'  arco  iftellb  ,  e  dopo  il  detto 


128  Sopra   l'   eq.u azione 

raggio  vettore .  Se  pertanto  il  dato  raggio  vettore  AC  fi  fa- 
rà =0,  e  r  arco,  che  mifura  il  dato  angolo  CA^,  lì  porrà 

=  $ ,  fé  ne  ritrarrà  per  AH  il  valore  tutto  noto Dal 

fen.cf) 

che  apparifce  ,  che  1'  invenzione  del  punto  H  dipende  dalla 
rettificazione  del  cerchio  ,  ma  ne  dipende  in  un  modo  così 
poco  complicato  ,  che  non  può  cagionare  a  chicheflla  il  mi- 
nimo imbarazzo,  maflime  avendoli  alla  mano  le  Tavole  cal- 
colate delle  lunghezze  di  tutti  gli  archi  circolari  in  parti  del 
raggio ,  come  fono  per  efempio  quelle ,  che  pubblicò  ultima- 
mente il  Sig.  Schulz.e  in  Berlino. 

Il  fecondo  punto  del   Problema  ,  concernente   1'  equazione 
della  Curva,  non  ammette  più  ora  veruna  difficoltà.  Imper- 

ciocché  eflendofi  trovato  generalmente  24H=:  ^        ,  fé  fi  pren- 

fen.  u 

de  la  flefl'a  AH  uguale  alla  quarta  proporzionale  dopo  le  tre 

date  quantità ,  come  {\  è  avvertito  ,  diviene  ancor  eflà  nota 

e  determinata ,  e  però  uguale  ad  una  quantità  data ,  che  di- 

rafll  per  efempio  a  .  Laonde  1'  equazione  polare   della  Curva 

lara   . rzza,  ovvero  2,=? ,  equazione  di  tal  lempli- 

fen.w  u  ^ 

cita  ed  eleganza  ,  che  ben  poche  curve  trafcendenti  godono 
di  queflo  vantaggio .  E  quefta  equazione  è  poi  quella  fl^efia , 
che  io  trovai  già  competere  alla  Curva,  la  quale  rapprefen- 
ta  il  viaggio,  che  va  facendo  il  centro  di  gravità  della  cir- 
conferenza del  cerchio  defcritto  col  raggio  ■=^a,  quando  dal- 
Ja  medefima  i\  vanno  togliendo  fuccefiivamente  altri  ,  ed  al- 
tri archi  fino  a  ridurla  al  nulla,  ficcome  ho  efpofto  nel  Li- 
bro citato . 

Intanto  dalla  detta  equazione  fi  raccoglie  immediatamen- 
te, che  i  raggi  vettori  della  Curva  ftanno  tra  loro  nella  ra- 
gione compoiìa  della  diretta  de'  feni  degli  archi  ,  che  mifu- 
rano  gli  angoli  formati  da  elfi  colla  retta  indefinita  data  di 
pofizione ,  e  dell'  inverfa  degli  archi  ifteffi .  Cosi  i  due  raggi 
vettori  AD  ,  AF  flanno  tra  sé  direttamente  come  i  feni  de- 
gli archi  mifuranti  gli  angoli  DA^,  FA^,  ed  inverfamente 
come  i  detti  archi .  Si  raccoglie  pur  anco ,  che  fvanendo  1'  an- 
golo del  raggio  vettore  e  dell'  indefinita  A^  ,  e  però  diven- 
tando 


d"     una     Curva     ecc.  129 

tando  k\^.n=:.I!  (polche  il  feno  dell'  arco  evanefcente  è  fem- 
pii;  uguale  air  arco  ,  come  è  noto  dalla  Geometria  Infinite- 
liinale;;  lì  otterrà/ =  (7,  vale  a  dire  il  raggio  vettore  inde- 
terminato acquiita  la  polizione  della  indelinita  A'^  cadendo 
fopra  ella,  e  li  cangia  nella  retta  dianzi  trovata  AH. 

La  defcrizione  di  quefta  Curva  per  punti  quanto  iì  voglia 
vicini  Ci  effettua  ipeditamcnte  ,  concefTa  la  rettificazione  degli 
archi  circolari  ,  la  lunghezza  de"  quali  in  parti  del  raggio  li 
trova  già  calcolata  nelle  Tavole  di  Berlino  da  i  fino  a  360 
gradi .  Condotta  per  cfempio  fotto  qualunque  angolo  con  A^ 
una  retta  indefinita  AN ,  fi  determina  ili  di  efia  il  punto  D 
Spettante  alla  Curva  con  prendere  AD  quarta  proporzionale 
dopo  r  arco,  che  milura  1'  angolo  DA^  ,  dopo  il  fuo  feno, 
e  dopo  la  retta  già  prima  determinata  AH  .  In  tal  modo  i\ 
troveranno  quanti  altri  punti  della  Curva  ci  piacerà. 

Per  poco ,  che  \\  confideri  i'  equazione ,  fi  vede  pur  anco  , 
che  la  Curva  farà  comporta  di  due  rami  perfettamente  limi- 
li ed  uguali  di  qua  e  di  là  dalla  ^H,  la  quale  li  divide  per 
metà.  Imperciocché  la  medefima  coftruzione  ,  che  fi  è  fatta 
alla  finiiìra  di  AH,  fi  fa  parimenti  alla  defira,dove  gli  an- 
goli negativi  de'  raggi  vettori  colla  AH,  e  gli  archi  pur  ne- 
gativi ,  che  ne  fono  la  mifura,  non  alteran  punto  nell'  equa- 

akn.H  .  .         ..  ^  ..  .. 

zione  2:  = 1  valori  di  z,  1  quali  lotto  anrali   uguali 

da  una  parte  e  dall'  altra  di  AH  i\  ritrovano  rifpettivamen- 
te  gli  ftefii  a  motivo  del  valor  negativo  così  dell'  arco  ,  co- 
me del  fuo  feno  alla  deltra  di  AH,  il  che  rende  fempre  po- 
fitivo  anche  da  quella  parte  il  valore  di  z: ,  e  fempre  uguale 
al  fuo  corrifpoadente  fotto  il  medeiimo  angolo  dalla  parte  op- 
pofta . 

La  forma  di  quefta  Curva  ha  una  gran  fomiglianza  alla  fi- 
gura d'  un  cuore  ,  ed  è  evidente  ,  che  refl-a  divifa  per  metà 
dall'  alfe  AH  ,  il  quale  fcuoprefi  elTere  il  majfimo  fra  tutti  i 
raggi  vettori  :   in  fatti  fé  il  ditTerenziale  dell'  equazione 

aitn.ii 
X= fi  fa  uguale  a  zero,  riiulta 

,         audu  cof.  u  —  adii  fen.  «  fen.  11 

«~  = :=:  o  ,    vale  a   dire  u  ■=.  — r—  = 

u-  col.  y. 

Tomo  11.  R 


13°  Sopra     l'    equazione 

tarig.  n  ,  dal  che  è  facile  I'  inferire  /<;  =  o  ,  cioè  il  raggio 
vettore  allora  diviene  majjìmo  quando  cade  fopra  la  retta  in- 
definita A^ . 

E'  pur  facile  il  vedere,  che  Falle  AH  taglia  la  curva  per- 
pendicolarmente in  H  ;    il    che   fi   fcuopre  anche   col  calcolo 

differenziale ,  giacche  fé  nella  formola   -— —  per  la  fottangen- 

te  delle  curve  riferite  al  fuoco  i\  fofl:ituifcono  i  valori  op- 
portuni ricavati  dall'  equazione  della  Curva  ,    trovafi  la  fot- 

d  P*n.  11^ 

tangente  rr:  - — ^~ —  ,  che  nel  fuppofio  di  «z=:o  diven- 

ucoi.u  —  fcn.7^ 

o  _  • 

ta  =  -  ;  e  fé  per  evitare  quello  valore  indeterminato  fi    ufa 

il  noto  ripiego  di  prendere  il  dift'erenziale  del  numeratore ,  e 
dividerlo  pel  differenziale  del  denominatore ,  ficchè  abbiafi 
2 adii  coL  u  icn.  u  lacoLui^m.ii      lacoLu 

du  coi.  u  —  udu  fen.  u  —  du  cof  u  —  u  fen.  u  —  u      ' 

1       r     j-                1     /-                          — zacoi.u 
nalce  nel  calo  di  kzzzo  la  lottangente  = =  co  . 

u 

E  però  la  fottangente  ,  cioè  la  perpendicolare  condotta  da  A 
al  raggio  vettore  AH  .,  ed  incontrata  dalla  tangente,  che  fi 
guida  da  H,  rifultando  infinita,  fi  fa  manifefto ,  che  la  tan- 
gente in  H  è  parallela  alla  fottangente ,  e  confeguentemente 
perpendicolare  al  raggio  vettore  AH  ,  che  è  quanto  dire  il 
raggio  vettore  AH  ,  odia  1'  afle  della  Curva  è  ad  ella  nor- 
male in  H. 

Sì  rende  inoltre  manifefl:o  ,  che  1'  afle  ifl-effo  AH,  che  da 
una  parte  taglia  perpendicolarmente  la  Curva  in  H,  dall'  al- 
tra riefce  tangente  di  ambedue  i  rami  della  Curva  in  ^,ciò 

che  apparifce  dal  valore  della  fottangente 


li  cof.  u  —  fen.  u 

che  nel  cafo  di  n  eguale  alla  femicirconferenza  del  cerchio  Ci 
annulla ,  e  moftra  in  confeguenza  effere  AH  tangente  de'  due 
rami  della  Curva  in  A  . 

La  forma  della  Curva  indica  fralle  ordinate  ortogonali 
all'  affé  AH  doverfene  trovare  una  majfima  IO  ,  e  queik  d 
determina  facilmente  nel  modo  feguente  :  Effendo   ^1  =  z, , 


d'     una     Curva     ecc.  13 1 

ci  fcn.  //' 
IA§.  =  n  ,  ne  viene  70  =  2:  fon. /;= ,  e  I' afcifìa  AO 

akn.iicoiu     _,    -  .,    ,._        .  ,     ,  , 

=  z,coi.u= .  Prefo  pertanto  il  dmerenziale  del 

u 

valore  di  /O,  ed  uguagliato  a  zero;  rifulta 

zaudu  fen.  u  cof.  u  —  adu  fen.  «'  .    , .  fen  it 

=  o  ,    e   quindi    u=  r— 

u'-  2  col.  ti 

=  -<  t a ng.  7i! .  Laonde  il  punto  della  Curva,  al  quale  corrilpon- 

de  l'ordinata  mafiiina,  refta  determinato  con  guidare  un  rag- 
gio vettore  AI,  il  quale  faccia  coli' alle  un  tal  angolo  lAH, 
che  r  arco   mifuratore   di   queft'  angolo  fia   uguale  alla  metà 

fen.  u 

della  fua  tangente.  Che  fé  il  valore  di  u  = —  viene  fo- 

2  cof.  u 

ftituito  ne'  valori  dell'  ordinata  01  del  raggio  vettore  AI,  e 
dell'  afcill'a  AO ,  apparifce  01=  zakn.u  coLu  ,AIz=  lacof.  !{ , 
A0=2acoCu%  valori  tutti  fempliciflimi  e  dipendenti  dall'ar- 
co u  .  Ora  il  ritrovare  un  angolo  lAH  ,  il  di  cui  arco  mi- 
furatore H  lìa  la  metà  della  tangente,  è  un  Problema  di  fa- 
cile indagine,  il  quale  li  fcioglie  coli' ordinaria  regola  di  fal- 
fa  polizione  nel  feguente  modo . 

Supporto,  che  non  li  abbiano  alla  mano  le  Tavole  di  Ber- 
Jino  degli  archi  ridotti  in  parti  del  raggio ,  lì  può  fubito  fup- 

plirvi  mediante  la  formola  «  =  —  ,  nella  quale   tt  indica  la 

lunghezia  della  femicirconferenza  del  cerchio  defcritto  col 
raggio  =  I  ,  H  la  lunghezza  dell'  arco  propollo ,  n  il  nume- 
ro de'  gradi  ,  minuti  ,  ecc.  di  quert'  arco  ,  -y  il  numero  de' 
gradi ,  minuti  ,  ecc.  della  femicirconferenza  rr  .  Imperciocché 

nella  formola  ;/  =  —  = —    dopo  a\er  ridotti  n  1;  y  in  nu- 

meri  omogenei,  cioè  ambedue  in  minuti  primi,  o  in  fecon- 
di 3  o  lice,  barta  fottrarre  il  logaritmo  di  tt  ,  cioè 
o  ,  4971499  dal  logaritmo  del  numero  y  ,  e  fottrarre  nuo- 
vamente quefto  relìduo  dal  logaritmo  del  numero  «,  e  lì  ot- 
tiene il  logaritmo  della  lunghezza  dell'  arco  propofto  u.  Ciò 
premelTo,  palfo  a  fare  le  feguenti  ipotelì  per  giugnere  all'  e- 

R    ij 


13-  òopRA     l'     e  au  azione 

quazioiie  2//=;tang.  //,  prefo  Tempre  n  per  efprimere  il  nu- 
mero di  gradi,  ecc.  dell'  arco  u: 


Ipotesi     I. 

log.    rn   =2,  07918 12 
■log.    ^ 

TT 


I  ,    7581226 


log.    xu   =0,  3210580 
log.  tang.  »  =  o  ,  2385606 


Err.-j-  o ,  0824980 
Ipotesi     III. 


Ipotesi     IL 

«  =  70° 
log.    in   ==:  2  ,   1461280 

—  log.    —    =  I  ,  75S1226 

TT 


log.    xn   =0,  3 S 00 054 
log.  tang.  «  =  o  ,  4389341 


log, 
—  log. 


zìt    =  2  ,   1 205739 

y 

—    =  1 5  7581226 

7r 


log 


lU     =  O  ,   3624513 

log.  tang.  «  =  o  ,  3514169 


Err.  -|-  o  ,  01 10344 


Err.  —  o  5  05092S7 
Ipotesi     IV. 


log. 

«  —  67° 

2n   .     2 ,  127104 

—  log. 

-    =1,  758122 

log.      2K     =0,    3689822 

log.  tang.  «  =  o  ,  372 148 1 


Err.  —  o  ,  0031659 


Facendo  adunque  come  la  fomma  di  quelli  due  ultimi  Er- 
rori ad  uno  di  effi ,  così  la  differenza  delle  Ipotefi  al  quarto 
proporzionale  ,  fi  giugne  pel  valore  di  n  ai  due  limiti  più 
vicini  66°.  46',  e  66*.  47'.  Pianto  quindi  due  altre  ipotelì  : 


Ipotesi     V, 

n  =  66°.  46' =  4006' 

2«=  80  12' 

log.    2;z   =3,  ^037409 

y 

log.    -     =3,  5362739 

TT 


log.      211     =0  ,    3674670 

log.tang.  «  =  o,  3672499^ 
Err,  -[-o  ,  0002171 


Ipotesi     VI. 


n  =  66°.  47'  =  4007' 

2«=  8014' 

2«     =3,     9038493 


log. 


y 


log.     <-     =3,  5362739 

TT 


log.      2M     =0,    3675754 

log.  tang.  »-o_2_  3^759^5 
'Err.  —  o,  0000231 


d'     una     Curva     ecc.  153 

Laonde  facendo  come  la  fomma  o,  0002402  degli  Errori 
air  Errore  o  ,  00021 71  ,  così  la  differenza  i'  ,  ovvero  60" 
delle  Ipotefi  al  quarto  proporzionale,  quefio  fi  trova  =54", 
14",  che  aggiunto  a  66"  ^  46'  fa  conoscere  l'angolo  ricerca- 
to di  66°,  46',  54",  14",  e  la  fua  tangente  =^2,  3311220, 
oflia  due  volte  e  un  terzo  il  raggio ,  o  feno  tutto . 

^.     ,  ,  .  a  fen.  u     .     .  , 

Finalmente  1   equazione  x=: efaminata  a  dovere  ci 

^  u 

fa  tofto  fcorgere  ,  che  la  Curva  aver  dee  un  numero  infini- 
to di  Foglie  intorno  al  punto  A  ,  una  Tempre  minore  dell' 
altra  fenza  fine  ,  le  quali  vanno  per  ultimo  a  terminare  e 
concentrarfi  in  un  folo  punto  .  Ciò  d  deduce  dagl'  infiniti 
valori  dell'  arco  u  ,  incominciando  da  zero  fino  all'  infinito 
tanto  dalla  parte  de'  pofitivi ,  che  da  quella  de'  negativi ,  co- 
iicchè  denominati  u  gli  archi  che  non  forpaflano  la  prima 
periferia  27r  ,  i  detti  valori  vengono  efprefll  dalla  ferie  ±u , 
±^■^±u,  ±4T:t«,  ±67T±u,  ~^S7t±u,  ìiott^-z^,  ecc. 
za  infinito . 

Una  Cur\-a,  che  per  la  fomiglianza  colle  figure  d'un  Cuo- 
re, viene  denoniinata  Cardioide,  trovafi  defcritta  nell'  Enci- 
clopedia Inglefe  all'  articolo  Cardioid ,  ma  eilendo  effa  alge- 
braica,  come  la  fua  equazione  lo  dà  a  divedere,  dift'erifce  ef- 
fenzialmente  dalla  noflra . 

Defcrivefi  quella-  con  prolungare  fuori  del  cerchio  le  cor- 
de ,  che  partono  tutte  dal  medetìmo  punto  della  fua  circon- 
ferenza ,  e  con  prendere  le  parti  efterne  fempre  uguali  al  dia- 
metro del  cerchio  .  Le  eftremità  delle  corde  con  tal  legge 
prolungate  colHtuifcono  il  perimetro  della  Cardioide.  Da  una 
corruzione  cosi  femplice  i\  ricava  con  eftrema  facilità  l'equa- 
zione algebraica  di  quefVa  Curva  ,  la  quale  afcende  al  quar- 
to grado  . 

Vengo  ora  all'  altra  dimanda,  che  ella  mi  fa  intorno  alle 
due  famofe  Propofizioni  ,  che  nella  dottrina  delle  Serie  In- 
finite ,  e  nel  Calcolo  Integrale  trovanli  da  molti  o  femplice- 
mente  enunciate ,  o  anche  dimofirate ,  delle  quali  io  le  difli , 
che  ben  lungi  dall' ammetterle  per  vere  io  per  l'oppoflo  cre- 
deva di  poterne  pro\are  rigoroiamentc  la  falfità. 

La  prima  di  quefie  propofizioni  viene  efpreflà  cosi  : 
Si  il  numiro ,  e ,  chs  ha  per  logaritmo  iperbolico  l' imita ,  vie- 

R    iij 


134  S  O  P  R  A       l'       EQ.UAZIONE 

ns  cl:'vato  alla  potenza  ,  cA^  ha  per  efponente  la  ferie  re- 
ciproca de'  numeri  primi   --j 1 ! —  J, 1 U-  ecc. 

-  •,-  -  -r  -  -,-  ,  -i  y^  +  ecc. 
in  inf. ,  ne  najce    e  eguale  all'  infinito  ar- 
monico I-] —  J 1 1 1 f-  ecc. 

1       3       4   '    5    '    6    ' 
Si  fuole  dimollrare  una  tale  proporzione ,  chiamando  A  la 
ferie  reciproca  de'  numeri  primi ,  B  la  reciproca  de'  quadrati 

,.  _.  .       .,1.1,1,1,1, 

di  quelti  numeri,  cioè  • 1 h^cc.  ,C  la 

-1  2'^    3=    '    5'  '    7'        II'    ' 

reciproca  de' loro  cubi,  D  la  reciproca  de' loro  biquadrati,  e 

COSI  appreflb ,  e  liccome  è  noto  dalla  Teoria  delle  Serie ,  ef- 

fere  ^-}- I  5-j- -  C+ -D+ ecc.  =  log.  -  +  log.  ^ -f- 
log.  ^  +  log.  1 4-  log.  —  -f  log.  -^  +  log.  -^  -}-  ecc. 

4  O  IO  12  16 

2.  3.  5.  7.  1 1.  1 3.  1 7.  ecc. 

=  log. ■ ;     confeguentemente    palkindo 

I.  2.4.  6.  IO.  12.  16.  ecc. 

.4  -:-  -^  5  +  ',  e  •)■  -7  D  4-  ecc. 

dai  logaritmi  ai  numeri  nafce    e 

2.3.5.7.  II.  13.  17.  ecc.  a     r      ■  ,  ,    , 

= .  Ora  quelta  trazione  ,  la  quale  ha 

I.  2.  4.  6.  IO.  12. 16.  ecc. 

per  numeratore  il  prodotto  infinito  di  tutti  i  numeri /^r/w/, 
e  per  denominatore  il  prodotto  di  tutti  quelli ,  che  mancano 
deli'  unità  dai  numeri  primi ,  è  appunto  uguale  alla  ferie  re- 
ciproca" de' numeri  naturali  i-f---] 1 1 1- ecc.  in  inf. 

/  i       3       4       5 

Imperciocché  prefa  .r=i-j 1 1 [--A 1 —  -|-~; 

-'34       5       6        7        ^ 

H 1 ! h i 1-  ecc. ,  farà  -  .v  =  -  -j [-  - 

9'    10'    11'    12'    13'         ,,  2  2   '    4       6 

I 


-|---| ^ 1 -4- ecc. ,    e  fottratta  queda  feconda  dal- 

o       1012        14'  '■ 

1-  ni  111,1,1,1, 

la  prima  ,  reità  -  x=  i  -\-- -4-- 4 1 h  ecc. 

2  '    3        5^^7       9        II    '    13 


d'     una     Curva     ecc.  155 

dalla  quale  fono  efclufi  tutti  i  denominatori  pari ,  cioè  divi' 

fibili  per  2.  Tolgo  da  quefla  il  fuo  terzo,  cioè    -.     .x=~ 

23  3 

-4---J 1 t-ecc. ,  ed  ho  per  refto  -  .  -  xz=z  i-A-  - 

9'i32i  ^     i  5 

-4-  --j 1 \-ecc.  5  da  cui  fono  efclufi  tutti    i  denomi- 

7       11'    13 

natori  divilibili  per  2,63.    Da  quefta  levo  il    quinto,  of- 

fia  -  .  -  .  -  x  =  —  -4 -\ j-  ecc.  ,   ed   ottengo   il   refiduo 

^35  5    '    25    '    35    ' 

-.~  . -x=z  i -{-- -] \~ecc. -,  dove   non  s   incontra 

23     5  '    7    '    II    '    13    ' 

più  alcun  denominatore  diviiìbile  per   5  .    A  quefto  modo  e- 

fcludcndo  tutti  i  termini  divifibili  per  7  ,  per   11  ,  per    13  , 

per   17,  e  per  qualunque  altro  numero  primo ,  lì  arriva  fìnal- 

,    I.  2.4.6.  10.  II.  16. ecc. 

mente  ali  ugualità    ■ x=  i  ,  ovvero 

2.  3.  5.  7.  1 1.  13.  17.  ecc. 

Jf  =  I  H 1--4---1 1 hecc. 

2.3.5.7.  II.  13.  17.  ecc.  ,       r    1  .-.^   . 

=  — .  Per  la  qual  cola  la  quantità  tra- 

I.  2.  4.  6.  IO.  I  2.  16.  ecc. 

v4  +  ^  £  -;-  i  e  -i-  i  z)  H-  ecc. 

fcendente    e  trovata  uguale   alla   frazio- 

ne  inlinita farà   pur   uguale   ali   infi- 

I.  2.4.  6.  IO.  12.  16.  ecc. 

nito  armonico   i -1 1 [---I ! l-ecc. 

'    2    '   3    '   4   '    5       6  ^ 

Siccome  pertanto  è  già  noto  dalla  dottrina  delle  Serie ,  che 

la   Serie   reciproca    de'  numeri  primi  ,   vale    a  dire  A  ha  un 

valore  infinito, e  la  fomma  di   ~B-4--  C4--D  +  ecc.  in  inf. 

non  ha  che  un  \-alore  finito,  ed  anche  aflai  piccolo;  perciò 

trafcurando  la   fomma   -  B4-- C4--  D-4-  ecc.  in  confronto 

-  3  4 

di  A ,  rifpetto  a  cui  efia  fvanifce  ,  nafce  per  ultimo  1'  equa- 


13(5  Sopra     l'     equazione 

"^  ^    •     7     ■      r  -••    '    -•     .  .   -■■  '^<-C-  1,1,1,1 

zione  e    =e  =it ^-- -^ h- 

i       3       4       5 

-)-  --[-ecc.,  che  è  la  propofla'. 

Qiiefto  fottile  ragionamento  pecca  nell'  ultima  parte ,  dove 

fìabilifce,  poterfi  trafcurare  la  Ibmma  — B-I — C -\ — D-t- 

2        '    3       '    4 

-  E-\-ecc.  in  confronto  di  A,  perchè  quella  finita,  e  quefl-a 

infinita.  Il  gran  principio  dell'  evanefcenza  della  quantità  fi- 
nita rifpetto  all'  infinita  non  può  aver  piìi  luogo,  ed  induce 
infallibilmente  in  errore  ,  allorché  1'  infinito  congiunto  al  fi- 
nito forma  l'efponente  d'una  data  quantità,  per  efempio  e  nel 
cafo  prefente  .  Allora  (chiamato  n  il  finito)  è  tanto  lonta- 
no ,  che  e^-^  +  "  fia  Io  ileflb  ,  che  e^  ,  che  anzi  quello  fla  a 
quello  nella  ragione  di  e"  :  i  ,  cioè  in  una  ragione  comunque 
ineguale  finattantochè  n  feguita  ad  effere  un  numero  finito 
ancorché  piccioliilìmo  ,  non  divenendo  uguale  una  tal  pro- 
porzione fé  non  nel  cafo  di  n  =  o  .  Ciò  (i  vede  ancor  me- 
glio dal  valore  infinito  ,  che  ha  la  differenza  delle  due  pre- 
dette efpreffioni,  la  qual  difièreiiza  c=^e'^  +  "  —  e^'^  =zc^ 
(e" — i)  ,  valore  vifibilmeute  infinito  fino  a  che  n  riman 
qualche  cofa  .  E'  dunque  evidentemente  falfo  il  celebre  Teo- 
rema fopra  enunciato,  e  comunemente  adottato  per  vero. 

L'altra  propofìzione  ,  che  io  trovo  falfa,  è  il  lamofo  Teo- 
rema, che  s'  incontra  ne'  trattati  piìi  eflefi  di  Calcolo  Inre- 
grale ,  in  quella  parte  più  delicata  e  profonda,  che  riguarda 
r  integrazione  delle  formole  differenziali  a  parziali  differen- 
'Z.e .    Il  Teorema  fi  fuol  efporre  così: 

Se  la  funzione  Z  ddk  "variabili  x ,  y ,  u ,  ecc.  è  tale ,  eie 
debba  ejj'er  nulla    i".   neW  ipotefi   di  y  eguale  ad  una  coflante 

a ,  tutte  le  differenze  parziali  di  Z ,  eccetto  —  ,   faranno  ne- 

dy 

ccjfariamcnte  nulle  nella  medefima  ipotefì .  i°.  Se  quefta  funzio- 
ne è  tale  ,  che  ejfa  debba  ejjer  nulla  nell'  ipotefì  di  y=a  ,  e 

j-  ,  ,.^  .    .    ,    ^  dZ         àZ 

di  X  =r  b ,  tutte  le  differenze  parziali  di  Z  eccetto  -r  ^  ^   ^ 
""  dy         dx 

■     -  faranno 


d'     una     Curva     ecc.  rj7 

faranno  necejfariament;  nulle  nella  Jìejj'a  ìpotefi  .  Quindi  ,  fé 
effendo  Mdy  un  termine  del  dijferenz.iale  e  fatto  di  Z ,  la  for- 
mala integrale  /Mdy  (fatta  l'  integrazione  per  rapporto  ad  y 
folamente  )  e  nulla  nel  fuppojlo  di   y  uguale  ad  una  cofìante , 

quefi'  altra  formola  integrale  j   —  dy  ,  che  e  il  coefficiente   di 

dx  nel  diferenzJak  della  prima  ^  e  neceffarìamente  nulla  nello 
fleffo  fuppojlo ... 

Por  incominciare  ora  a  dimoiirare  falfa  la  prima  parte  del 
Teorema,  io  ollèrvo ,  che  non  può  Ja  funzione  Z  annullarli 
nella  luppolizione  di /::=<?  fenza  avere  la  forma  {y  —  a'fP^ 
eHendo    P    un'  altra    funzione    delle  variabili  x  ,  y  ,  u ,  ecc. 

5e  pertanto  fi  prendono  le  differenze  parziali    j— ,  —r-  ,  ecc. 

dx      du 

le  quali  non  fono  altro  che    .—  {y  —  a)",  -y-ij'  —  a)",  ecc. 

dx  dii 

iì  vede  chiaro,  che  tali  diilèrenze  fi  annullano  ancor  effe  in 

queir  ipotelì  di/  =  <3i  .    Ma  per  1'  oppofto  la  differenza  par- 

dZ 

ziale    —  in  vece  di  perlìff-ere  ad  eflere  qualche  cofa  ,    come 
dj 

elìge  il  Teorema,  diventa  nulla  efia  pure  in  infiniti  cafi  :  im- 

dZ      dP 
perciocché  trovafi    -—  =  —(j'  —  a  y-^-nP ( j'  —  a  )"-'  ,  la 

quale  è  manifcffamente  nulla  tutte  le  volte  che  «  fupèra 
r  unità  ;  il  che  moffra  1'  infuflìllenza  della  prima  parte  del 
Teorema . 

Qiuinto  alla  feconda  parte  ,  affinchè  la  funzione  Z  attual- 
mente fvanifca  nell'  ipoteù  dì  j'  =  a,  e  di  x  =  b,  doverà  el- 
la avere  la  forma  feguente  Z  =  (j'  —  a)"P-\-(x  —  b)'"^  , 
dove  P  e  ^  fono  funzioni  diftinte  delle  ftefle  variabili  .v,/, 

T,      r  ^  dZ 

u,  ecc.  Prefa  ora  la  differenza  parziale  -j  ,  trovafi  quefta 

dP  d^ 

=  - ,    (/  —  ^/  +  -i-  (.V  — ^)"'  ,    che  è  manifcftamente  =o 
au  (tu 

nella  fuppofizione  di /  =  <?  ,    e  di  xz=b  ;    e  così   ogn'  altra 

differenza  parziale   prefa   per    rapporto  a   qualunque  variabile 

diverla  da  / ,  e  \'  ,  lì  troverà  lempre  nulla  in  quella   fuppo- 

To?no  IL  S 


/  • 


138  Sopra  1.'  E Q.U AZIONE 

fiiione.  Ma  ben  lungi,  che  le  differenze  parziali  —r  •>  —  non 

^  dy   dx 

fi  annullino  in  quel  fuppofl-o,  come  vuole  il  Teorema  ,  tro- 

vafi  ,   che  fi  annullano  realmente  ancor  effe  in   infiniti  cafi, 

^^  .     ,     .  dZ      dP  ,      „ 

Ed  in  fatti  — =       {y —  af  ~\-n?  {j —  aY-' 
aj         dy 

d<è  dZ       dS 

^  ^(x  —  by,   e  —^-^^(x  —  by^m^fx  —  b)"-^ 
dy  dx        dx 

dP 

-h  -r  (J' — i^T;  ^  quefte  due  efpreffioni  fono   evidentemente 

nulle  nell'  ipotefi  dìy  =  a,  e  di  x=:b  tutte  le  volte  ,  che 
gli  efponenti  m  ,  }j  fuperano  1'  unità  ,  vale  a  dire  in  infi- 
niti cafi  ;  contro  ciò ,  che  fi  afferifce  nella  feconda  parte  del 
Teorema. 

Finirò  con  rifpondere  all'  ultima  fua  dimanda  di  comuni- 
carle una  nuova  dimoftrazione  del  bel  Teorema  concernente 
1'  uguaglianza  fra  il  logaritmo  iperbolico  del  numero  2 ,  e  la 
ferie  armonica  a  termini  infinitefimi  ,  non  parendole  piena- 
mente foddisfacenti  le  dimoftrazioni  da  lei  vedute .  Ecco  dun- 
que il  Teorema  ; 

E/fendo  »  =  co  ,  dico  ,  eie 1 1 j • 

■"  n+ 1    '  «-i-z      »-+-  3   '  «  +  4 

-1 h H —  =  log.  2 .     ■  ' 

Dimostrazione. 

Lo  fviluppo  de'  termini  della  ferie  armonica  dà  le  feguert- 
ti  equazioni. 

I      __^        I     ,    I  _ij* Ì4_L_, 

»+i      n      '/i^'~n*      n*      n^      n^      n^ 

I  I  2,2*  2*.     2*  2'     .     2* 


•ecc. 


»  -f-  3      n      n^  ^  n'      n*  '  n'      n^  '  n' 

^=i-t+i:_i:+i*_i;+i^-ecc. 


d'     una     Curva     ecc.  139 

6.6'        6'        6*       6^    ,    6' 


A_  =  i_-  4_-  _-4-__- 4--— ecc. 

ecc. 
Dunque  diftribuiti  ordinatamente  i  termini  ,  che   moltipli- 
cano le  potenze  reciproche  di  «,  fé  ne  ritrarrà 

»-|-t'»+2'w+3'»-h4'«-h5«  +  6'  '2» 

=  _'^  I  -{-  I  -|-  I  _[_  I  ^-  I  -}-  I  -j-  I  -|-  ecc.  ) 

—  ^,(1  +  ^  +  3  +  4+5  + 6  +  7  +  ecc.) 

+  ^',(i'  +  2'  +  3'+4=+5'  +  6'  +  7'  +  ecc.) 

-f^^(i^-f2^  + 3^-1-4*4-5^4- 6*+ 7* -fece. 

-^-,(  1^  +  2^4-3^  +  4'+ 5^  +  6' +  7^4-ecc.) 

+  ecc. 

E  poiché  è  già  nota  dall'  Algebra  comune  refpreflìone  del- 
la foinma  di  qualunque  ferie  comporta  delle  potenze  intere 
de'  numeri  naturali  continuati  quanto  fi  vuole  ,  perciò  fofti- 
tuendo  fifFatte  efpreflioni  in  luogo  delle  rifpettive  ferie  pre- 
cedenti ,  ritrovafi 

■      ■     '    +-^+-'_+_!_+ +  -L 


=  i/,)_i(«:+?)+^._(^+«:+«)_i(^+«j+«:) 

+  -(-J ^ )_     /'_J )-fecc.... 

Ma  effendo  w  infinito  ,  fvanifcono  nel  fecondo   membro    di 


S     ij 


140  Sopra   l*  equazione 

queft'  equazione  le  potenze  di  n  inferiori   in   confronto  delle 
fuperiori .  Dunque  farà 

'     ■     ■      ■     '    +.7^+„-^  + +:' 


I  1     «'    ,    I     w'        I     »*   ,    I     «^        I     w*    , 

:=:-.« .-4--  • -.  • ,■ i- h  £CC, 

I         I         I     ,    I         I    ,    I         I    ,  : 

=;=  I 1 \-  ecc. 

Ora  la  dottrina  de'  logaritmi  infegna  effere 

log.  (  I  -X-x  )=A,' — -x"-  -X--  x' :v*4-- JV' a:*-}- ecc. 

^  2^3  45  6 

per  modo  che  fatto  :v=i,  proviene  log.  2  =  i  ^ j-- 

2       3 

III, 
—  --j_. [-ecc.  Per  confeguenza  la  ferie  armonica  pro- 

456 

porta  farà  =  log.  2  . 

Con  queflo  ftelTo  metodo  io   arrivo   a   dimoflrare  ,   che   là 

ferie  armonica  — A — -  e  ugua- 

2»+i       2«+2   '    2»4-3  yn 

le  a   log. -?  :    e  parimente ■-{ 

°  2         ^  3»+ 1    '    3«  +  2   '    3»  +  3 


3»  +  4  4»  3  4«  +  »       4»  +  ^ 

_L_  .  _L_ f  _i 

4/74-3       4«  4-  4  "^  5^ 

il  offre  queft'  elegante  profpetto. 


II  15 

4- 1 -1 =  log.  -  ;  per  modo  che  ci 

'    4«  4-  3   '   4«  4-  4  ^  5«  °  4 


1   ' 


r  -l'I 


I  • 


4.  «    ■    4.  •'■  ■:■,        \\  ■-, 


r 


->'-     '■:•;.   (    ^.-^^ 


* ,-, 


l\     '      ^ 


(     —■ 


.'.  j 


1^'    ó":  j-r;_ ,  ,    -^    -,    ,  _•  i.|^;j  ';'..:. ha:,' 


Serie 

Somme 

Serie 
Somme 

Serie 
Somme 

Serie 
Somme 


D'     UNA     Curva     ecc 
I 


I    ,    1 


+ 


141 
I 

2« 


log.  (M  =  log.  - 
O 


I  I  I 

+  ....  +  - 

2«  +  I         2«  +  2  3?7 

log. - 

2 


log. 


3«  +  I 


1  I 

,4- ....  +  — 

3«  -;■  2  4» 

log. - 
3    ■ 


III 

H ....  +  - 

4»  +  1      4«  +  2  5» 

log.- 
4 


+ 


6/t+  i       6«  +  2 


...  +  — 
7/2 


log.Z 
^  6 


I 

I 

I 

5«+  I 

5»  +  2 
log.- 

ecc. 
ecc. 

Da  ciò  ne  deriva ,  che  fé  fi  prende  A  eguale  ad  un  nume- 
ro intero  affermativo  qualunque,  la  ferie  armonica  _ 


«4-2       «4-3       »  +  4       ■ 


,  -1 riefce  egua- 

'   A»  ^ 


M+  5 

2345 
le  alla  fomma  de' logaritmi    log.  - -^  log.  - -[- log.  -  +  ^og- - 

1234* 

+  log.  -  -}-  log.  l -|-  log.  -ZZÌ4-  log. 

5  "  A'—  2 


=  log, 


2.  3.  4.  5.  6 A —  I  .A 


°  A- 
=  Io?.  A , 


1.2.3.4.5 A  —  2. A — I 

Altre  riflefììoni  nuove  e  interefTaiui  potrebbono  qui  farfi 
intorno  alle  proprietà  di  quefte  ferie  ;  ma  per  non  eflerle  te- 
diofo  io  le  rimetto  alla  fua  fagacità . 


iij 


141 


SOPIiA  LA  PliESSIONE 

DE'        FLUIDI 

Del  P.  Gregorio  Fontana  delle  Scuole  Pie ,  Pub- 
blico Profeflbre  delle  Matematiche  Superiori  nella  Regia 
Univerfità  di  Pavia. 

Esaminando  la  preffione  de'  fluidi  contro  i  corpi  immerfì, 
o  contro  le  pareti  de'  recipienti ,  mi  venne  fatto  di  of- 
fervare,  che  nel  Cilindro,  e  nella  Sfera  ad  eflo  infcrivibile  , 
fé  entrambi  11  fommergono  nel  fluido  fino  alla  fommità ,  o  fé 
internamente  fcavandoli  fi  riempie  la  loro  capacità  ,  rifulta 
nelle  preflìoni  efercitate  dal  fluido  contro  i  detti  due  corpi 
quella  medelìraa  proporzione  fefquialtera,che  Archimede  fcoprì 
così  nelle  loro  folidità  ,  come  nelle  fuperficie  .  Qiiindi  argo- 
mentai ,  non  dover  efTere  inutile  o  fterile  l' idea  di  ridarre  a 
formole  generali  la  preflione  de'  fluidi  ad  effetto  di  ricavarne 
fecondo  la  varia  forma  de' corpi  fommeriì ,  o  de'  vafi  riempi- 
ti que'  rifultati  più  o  meno  curiofi  e  rimarchevoli  ,  cui  il 
foggetto  fembra  promettere .  Refl:ringendomi  prefentemente  in 
queflo  breve  Scritto  ai  fluidi  omogenei  e  incomprejjlbili  ver- 
rò efponendo  fuccintamente  il  mio  divifamento  in  quefla  im- 
portante materia  fenza  alfumere  dall'  Idroftatica  altro  princi- 
pio fuori  di  quello  altronde  noto  nelle  molecole  fluide  per  ef- 
perienza ,  vale  a  dire  l'uguaglianza  di  preffione  per  ogni  ver- 
fo  e  fecondo  tutte  le  direzioni. 

L       f       M       M       A  . 

Un  fluido ,  che  riempie  un  tubo  infinitamente  fottile  FÉ 
CD  {Fig.  I.)  o  cilindrico  o  prifmatico  avente  i  Iati  perpen- 
dicolari alla  bafe  ,  e  tenuto  in  una  pofitura  comunque  obli- 
qua air  orizzonte  AD  ,  preme  il  fondo  o  la  bafe  CD  con  uno 
sforzo  equivalente  al  pefo  d'  un  prifma  dello  fteflb  fluido  ,  che 


Sopra  la  pressione  de'  Fluidi.  143 

ha  per  bafe  la  ftcHii  CD  ,  e  per  altezza  la  verticale  FA  ter- 
minata dall'  orizzontale  AD. 

Dimostrazione. 

Sia  M  il  centro  di  gravità  del  filo  d'  acqua  contenuto  nel 
tubo  infinitamente  fottile  FECD ,  e  colla  verticale  MP  con- 
dotta dal  centro  di  gravità  fi  rapprefenti  il  pefo  di  effo  filo, 
e  (i  rifolva  lo  sforzo  MP  ne'  due  laterali  MR  perpendicolare 
alla  bafe  CD ,  ed  MN  perpendicolare  al  lato  FD  .  Ciò  pofio 
è  manifefto  ,  che  il  filo  d'  acqua  non  preme  il  fondo  CD  fé 
non  collo  sforzo  rapprefcntato  da  MR,  pofciachè  1'  altro  ef- 
preflb  da  MN  è  tutto  impiegato  a  premere  le  pareti  del  tu- 
bo. Starà  dunque  il  pefo  del  fluido,  cioè  il  prodotto  del  fuo 
volume  nella  gravità  fpecifica  ^,  alla  prefiìone  p  efercitata  fui 
fondo  CD ,  come  fta  MP  ad  MR  ,  ovvero  per  la  fimilitudi- 
ne  de'  triangoli  PMR ,  PAD ,  come  FD  ad  FA ,  cioè  FD  : 
FA::DCxFDy^^  :  /;  e  perciò  p  =  DCxFAXi  •  Il  che 
era  ecc. 

Scolio. 

E' di  per  sé  chiaro, che  qui  fi  prefcinde  da  quella  qualunque 
aderenza,  che  le  molecole  del  fluido  aver  pofibno  colle  pareti 
del  tubo  ,    come  pure  da  quella  terza  ,    che  ne'  tubi  minimi 

0  capillari  è  già  conofciuta ,  la  qual  opponendofi  ?.lle  comuni 
leggi  dell'  Idrofl-atica  altera  e  diverfìfica  la  preffione  del  fluido 
quando   con   diminuirne   1'  energia  ,   quando   con   fofpenderne 

1  efercizio . 

T  E  O  R  E  ìM  A     I. 

J»  un  vafo  ADQB  di  qualunque  forma  {Fìg.  2.  )  pieno  dì 

acqua  fino  in  BA  ,  la  prepone  ,   che  f offre  qualunque  minima 

particella  ,   0  elemento  delle  fue  pareti  ,  equivale  al  pefo  d'  un 

prifma  d'  acqua  avente  per  bafe  lo  ftejfo  elemento ,  e  per  altez.- 

z.a  la  ftia  profondità  folto  il  piano  di  livello  AB . 


144  Sopra   la   pressione 

Dimostrazione. 

L'  elemento  DC  del  vafo  può  avere  tre  differenti  poilzioni 
perchè  i.  un  tubo  prifmatico  perpendicolarmente  applicato  al 
detto  elemento  può  incontrare  il  piano  di  livello  BA  fenza 
paffare  pel  vafo,  come  fi  vede  nel  tubo  DCEF :  z.  può  effe- 
re  parallelo  al  pian  di  livello,  come  CDIL:  3.  può  concor- 
rere col  piano  di  livello  ,  paffando  però  attraverfo  il  vafo  , 
lìccome  accade  nel  tubo  CDRS . 

Cafo  i.°  Stando  l'acqua  cosi  nel  tubo  CDFE^  come  nel 
vafo  comunicante  A^B  alla  medefima  altezza  ,  o  allo  fleflo 
livello  BAFN,  ed  effendo  tutto  equilibrato,  ne  viene  in  con- 
feguenza  ,  che  il  luogo  DC  è  tanto  premuto  efteriormente 
dall'acqua  del  tubo  DCFE,  quanto  lo  è  internamente  da  quel- 
la del  vafo  ,  e  che  però  anche  interiormente  è  premuto  con 
uno  sforzo  ,  che  vale  il  pefo  d'  un  prifma  d'  acqua  comprefo 
fotto  la  bafe  CD  e  fotto  un'  altezza  uguale  alla  diftanza  ver- 
ticale di  CD'  dal  pianò  di  livello. 

Cafo  2°  Si  pieghi  il  tubo  orizzontale  C7  in  un  altro  ver- 
ticale LN  che  arrivi  al  piano  di  livello  .  Nel  tubo  ONCD  , 
e  ne!  vafo  comunicante  A^B  la  fuperfìcie  fuperiore  dell'acqua 
ilagnante  e  tranquilla  occupa  lo  fleffo  piano  orizzontale .  Laon- 
de CD  è  premuto  efteriormente  dall'  acqua  contenuta  nel  tu- 
bo ricurvo  NOCD  colla  fleffa  energia,  ond'  è  premuto  inter- 
namente dall'  acqua  del  vafo  A^B .  Ma  egli  è  evidente ,  che 
CD  è  premuto  collo  fteffo  sforzo  che  LI,  ovvero  il  fuo  ugua- 
le LM  ,  e  che  LM  porta  tutto  il  pefo  dell'  acqua  contenu- 
ta in  MO,  che  lo  preme  verticalmente  ,  il  qual  pefo  appar- 
tiene ad  un  volume  d' acqua  =  LM  X  MNz=z  CD  X  MN.  Dun- 
que con  queilo  iìeffo  sforzo  è  altresì  premuto  interiormente 
CD  dall'  acqua  del  vafo. 

Cafo  3."  Si  adatti  al  vafo  A^B  un  altro  vafo  BCUT  di 
qualunque  figura  per  modo  che  entrambi  li  tocchino  in  CD . 
L'  acqua  arriver.\  in  ambedue  allo  fteffo  livello  ,  e  CD  farà 
premuto  egualmente  così  dall'  acqua  del  primo  vaio  al  di  den- 
tro ,  come  da  quella  del  nuovo  al  di  fuori  ,  ed  a  quefta  fe- 
conda preffione  equivale  pel  cafo  1°. quella  dell'acqua  nel  tu- 
bo CDRS.  cioè  a  dire  il  pefo  d'un  volume  prifmatico  d'ac- 
qua , 


de'         Fluidi.  145 

qua ,  che  ha  CD  per  bafe ,  e  per  altezza  la  diflanza  del  pia- 
no di  livello.  Il  che  era  ecc. 

TEOREMA     II. 

In  un  vafo  dì  qualunque  figura  ACDB  {  Fig.  3.  e  4.  )  la 
prcjffìone  dell'  acqua  fui  fondo  orizz-ontale  CD  vale  il  pefo  d  un 
fri  [ma  d'acqua  avente  il  fondo  Jlej]'o  per  bafe  .^  e  la  fua  profon- 
dità fatto  il  pian  dì  livello  per  altez.z.a. 

Dimostrazione. 

Ciafcun  elemento  del  fondo  CD  è  premuto  col  pefo  d'  un 
volume  d'  acqua,  che  fi  ha  moltiplicando  1'  elemento  per  la 
fua  profondità  fotto  il  piano  di  livello  AB  ,  ovvero  per  la 
profondità  del  fondo  lleflb  fotto  quel  piano .  Dunque  tutto  il 
fondo  porta  una  prefiione  equivalente  al  pefo  d'  una  mole  di 
acqua  eguale  al  prodotto  del  fondo  per  la  fua  diiìanza  dalla 
fuperfìcie   fuperiore  dell'acqua.  Il  che  era  ecc. 

Di  qui  i\  comprende  come  una  piccioliUima  porzione  d'ac- 
qua polla  efercitare  una  preffione  enorme  fopra  una  data  fu- 
perfìcie . 

TEOREMA    III. 

La  preffione  ,  che  efercìta  un  fluido  omogeneo  contro  una  fu- 
perficie  qualunque,  ha  per  mi  fura  il  pefo  d'  un  volume  di  flui- 
do uguale  al  prodotto  di  quejìa  fuperflcie  per  la  diflanza  delfuo 
centro  di  gravità  dal  pian  di  livello . 

Di    MOSTRA    ZIO    NE. 

La  prefTione  totale  del  fluido  fopra  una  fuperfìcie  qualun- 
que, e  comunque  fìtuata  rifulta  dalla  fomma  di  tutte  le  pref- 
fìoni  fopra  le  parti  infinitelìme  ,  ovvero  gli  elementi  della 
fteflìi  fuperfìcie  ,  che  e  quarto  dire  dalla  fomma  de'  prodotti 
di  quefìi  elementi  ,  moltiplicati  ciafcuno  per  la  fua  diltanza 
dal  pian  di  livello .  Ma  per  la  natura  del  centro  di  gravità , 
la  fomma  de'  prodotti  di  ciafcun  eleniento  della  fuperfìcie  per 
Tomo  IL  T 


i4<5  Sopra    la    pressione 

la  fua  diftanza  da  un  piano  fìfTo  s' agguaglia  al  prodotto  del- 
la fuperfìcie  intera  moltiplicata  per  la  dillanza  del  fuo  centro 
di  gravità  dallo  fteflb  piano.  *  Dunque  la  preffione  contro  la 
fuperficie  totale  è  mifurata  dal  pefo  di  una  mole  di  fluido  pro- 
dotta dal  moltiplicare  la  luperlìcie  per  la  diftanza  del  fuo  cen- 
tro di  gravità  dalla  fupertìcie  fuperiore  del  fluido  .  Il  che 
era  ecc. 

Qiianto  in  apprefTo  diremo  circa  la  preflfione  interna  con- 
tro le  pareti  de'  vali  dall'  acqua  contenutavi  vale  ugualmen- 
te, coni'  e  manifefto,  per  la  predione  efterna  contro  le  fiefle 
pareti  ne'  vali  ,  o  corpi  immerfi  nell'  acqua  ,  fuppofta  uguale 
neir  un  cafo  e  nell'  altro  la  rifpettiva  diftanza  degli  elemen- 
ti delle  pareti  dal  pian  di  livello .  Dunque 


Un  vafo  prifmatico  pkno  d^  acqua  tenuto  colla  bafe  oriz.z.on- 
tale  fojfre  nella  fuperficie  delle  f accie  laterali  una  preffione  ugua- 
le al  pefo  di  tanf  acqua ,  quanf  e  il  prodotto  della  f '.perfide  la- 
terale moltiplicata  per  la  metà  dell'  alte7jz.a  del  prifma .  Ciò  è 
evidente  dall'  ellère  il  centro  di  gravità  della  fuperficie  del 
prifma  alla  metà  della  fua  altezza . 

Quindi  fi  ricava ,  che  la  fuperficie  laterale  d'  un  vafo  cubi- 
co pieno  d'  acqua  prova  una  prejfwne  ,  che  vale  due  volte  il 
pejo  dell'  acqua  ;  e  che  aggiuntavi  la  preffione  contro  la  bafe ,  la 
prejfione  totale  ha  per  mifura  il  triplo  del  pefo  dell'  acqua  . 


*  Il  Teorema  della  Statica  è  quello:  de'  prodotti  di  ciafcuna  malTa  molti- 
fieno  più  pefi  o  malie  M  ,  M' ,  M" ,  plicata  per  la  fua  rifj-ettiva  diflanza 
M"' ,  ecc.  ,  e  le  rifpettive  dilianze  dei  dal  piano  fiflo  uguale  al  prodotto  dei- 
centri  di  gravita  di  elle  mafie  da  un  la  fomma  di  dette  mafie  moltiplicata 
piano  fiflo  fieno  D,  D' ,  D,  D'"  ,ecc. ,  per  la  diftanza  del  comun  centro  di 
e  finalmente  la  diflanza  del  loro  co-  gravita  dal  piano  medefimo ,  cioè  farà 
mun  centro  di  gravita  dal  medefimo  MD  +  M'D-i-M'D"  +  M"'D"' -i- ecc. 
piano  fu   A;   farli  fempre   la    fomma  :=z{M  +  M' -^  M" -j-M"' -\- ecc.)  ù  . 


de'         Fluidi.  147 

III. 

In  im  vafo  piramidale  pieno  d' acqua ,  tenuto  colla  bafe  oriz.- 
zontale  all'  ingiù  ^  e  colla  cima  rivolta  all'  insìi  per  -modo  che 
il  pian  di  livello  fia  il  piano  orizsontale  che  pajfa  per  la  ci- 
ma,  la  preffione  contro  la  fuperjìcie  laterale  ha  per  -misura  il 
pefo  di  tant'  acqua  ,  quanta  fé  ne  ha  con  moltiplicare  la  detta 
fupcrficie  per  due  terzi  dell'  altezza  della  piramide  .  In  fatti 
il  centro  di  gravità  di  quella  fupcrficie  fta  a  due  terzi  dell'  al- 
tezza della  piramide,  computando  dalla   cima. 

IV. 

-Da  ciò  s'  inferifce  ,  che  nella  flefla  piramide  fta  la  prejjto- 
ne  contro  la  fuperfìcie  a  quella  contro  la  bafe ,  come  ftanno  due 
terzi  della  fuperficie  alla  bafe . 


Che  fé  il  vafo  piramidale  fi  tiene  colla  bafe  orizzontale  all' 
insù,  e  colla  cima  rivolta  all'  ingiù  ,  allora  la  prejjìone  con- 
tro la  fuperficie  e  misurata  dal  pefo  di  quel  volume  d'  acqua  , 
che  rifulta  moltiplicando  la  fuperjìcie  pel  terzo  dell'  altezza  del- 
la piramide . 

VI. 

Dal  che  fi  deduce  ,  che  quejla  feconda  prej/ìone  è  la  meta 
delia  prima  ;  e  che  ejfa  Jìa  alla  preffione  fatta  contro  la  bafe 
nella  prima  pofizione  del  vafo ,  come  Jìa  un  terzo  della  fuperjì- 
cie alla  bafe. 

VII. 

Un  vafo  cilindrico  pieno   d'  acqua  fituato   con  bafe  orizzon- 
tale porta  nella  fuperjìcie  curva  tanta  preffione ,  quanto  e  il  pefo 
d  un  volume  d'  acqua  rifultante  dal  moltiplicare   quella  fuper- 
jìcie per  la  metà  dell'  altezza  del  cilindro.  Dì  fatti  il  centro 

T    ii 


148  Sopra    LA    PRESSIONE 

di  gravità  della  Tuperficie  curva  del  cilindro  è  nel  mezzo  del- 
la fua  altezza. 

Vili. 

Da  ciò  s'  inferifce ,  che  nel  cilindro  retto  equilatero  la  pref- 
fione  contro  la  fuperjicìe  curva  e  doppia  della  preffione  contro 
la  bafe;  ed  aggiunta  la  prejjione  contro  la  bafe ,  la  prej/ione  to- 
tale contro  tutta  la  fuper/icie  vale  tre  volte  il  pefo  4eir  acqua 
premente;  come  appunto  nel  vafo  cubico;  e  finalmente  la  pref- 
fione totale  e  fefquialtera  della  preffione  contro  la  fuperficìe  curva . 

IX. 

U  acqua  ,  che  riempie  un  vafo  conico  pò  fato  fulla  fua  hafe 
orix.'z.oyitale  ,  preme  la  fuperficìe  curva  con  i/no  sforno  uguale 
al  pefo  di  tanf  acqua ,  quanf  e  il  prodotto  di  quefla  fuperficie 
moltiplicata  per  due  terz.i  delT altez,z.a  del  cono:  perchè  il  cen- 
tro di  gravità  della  fuperficie  curva  del  cono  trovali  ai  due 
terzi  della  fua  altezza,  contando  dalla  punta. 

--.  .     ,   .      ■        ;.:    .  .     .  X.  ....... 

Ma  fé  il  vafo  conico  fi  capovolge ,  ficchi  la  bafe  orizsonta- 
le fila  fuperiore ,  allora  la  preffione  contro  la  fuperficie  curva  è 
4a  meta  della  precedente. 

XI. 

Se  il  vafo  è  un  cono  retto  ,  tenuto  nella  prima  fiituaxione , 
fia  la  preffione  contro  la  fuperficie  curva  a  quella  contro  la  ba- 
fe,  come  due  terz,i  del  lato  al  femidiametro  della  bafe  ,  e  al 
pefo  deir  acqua ,  che  contiene ,  fia  come  il  doppio  lato  allo-  fìeffo 
femidiametro . 

XII. 

Capovolto  il  cono  retto  ,  in  quefla  feconda  fituaz.ione  fia  la 
prejfione  contro  la  fuperficie  curva  al  pefo  dell'  acqua ,  cerne  il 
lato  del  cono  al  femidiametro  della  bafe. 


de'         Fluidi.  i49 

XIII. 


Cìrcofcritto  il  cono  retto  al  cilindro  retto  ,  fta  la  prejjiom 
contro  la  [uperjìcie  curva  del  cono  nella  prima  fituaz.ione  alla 
preffione  contro  la  j'iiperficie  curva  del  cilindro,  come  due  terz.i 
del  lato  del  cono  al  lato  del  cilindro  ;  e  nella  feconda  fituaz.io- 
ne ,  come  un  terz.o  del  lato  del  cono  al  lato  del  cilindro. 


XIV. 


Suppofìo  il  cono  equilatero  ,  la  prejfione  contro  la  [uperficie 
curva  nella  prima  fituaz^ione  "e  d'  un  terz.o  piìi  grande  che  la 
prepone  contro  la  bafe ,  ed  uguaglia  quattro  volte  il  pejb  dell' 
acqua  . 


XV. 

La  prejftone  contro  la  bafe  nella  prima  fituaz.ione  del  cono 
equilatero  e  fefquialtera  della  prejfione  contro  la  fuperficie  cur- 
va nella  feconda  fituax.ione . 

XVI. 

L'  acqua ,  che  riempie  una  sfera ,  ne  preme  la  fuperficie  con 
uno  sforx.0  ,  //  quale  ha  per  mifura  il  prodotto  della  fuperficie 
moltiplicata  pel  femidiametro . 

XVII. 

Li?  preffione  contro  la  fuperficie  sferica  fa  tre  volte  il  pefo 
dell'  acqua  premente . 

XVIII. 

Dal  n.°  Vili,  fi  raccoglie  ,  che  la  preffione  contro  tutta  la 
premìbile  fuperficie  del  cilindro  circofcritto  alla  sfera  è  fefquial- 
tera della  preffione  contro  la  fuperficie  della  sfera.  E  per  tal 
modo  quella  proporzione  fefquialtera,  che  Archimede  con  tan- 

T    iij 


15°  Soi'RA     LA     PRESSIONE 

ta  gloria  difcoprì  fra  le  fuperfìcie  e  le  Iblidità  del  cilindro 
circofcritto  e  della  sfera  ,  viene  ora  qui  eltefa  da  noi  anche 
alle  preffioni  ,  che  foffiono  le  fuperfìcie  di  quefti  due  corpi 
o  riempiuti  d'  acqua  o  immerfi  nell'acqua  fino  alla  loro  foni- 
mi tà  . 


Delle  Formole  Generali  delle  Preponi  . 

Paffiamo  ora  a  rintracciare  le  fortnole  generali  della  pref- 
fìone  de'  fluidi  contro  un  piano  qualunque  immerfo  nel  flui- 
do in  quallìvoglia  politura  ,  come  pure  contro  le  fuperfìcie 
curve  de'  corpi,  o  de'  vali  rotondi  generati  per  rotazione. 
L'  applicazione  di  quefte  formole  a  qualche  eletto  efempio  ci 
guiderà  alla  cognizione  di  alcune  eleganti  proprietà,  che  chia- 
meremo idrojìatiche  ,  delle  figure  geometriche  ,  che  ci  fono 
più  familiari . 

.        ,        PROBLEMA        I.      ^    , 

Determinare  la  preffìone  dell'  acqua  contro  un  piano  qualun- 
que ,  e  comunque  fituato  fatto  il  fluido  premente . 

:    ■         ■   .  Soluzione. 

Sia  il  piano  ABDF  {Fig.  5.)  circofcritto  dalla  retta  oriz- 
zontale BD  ,  dalla  DF  perpendicolare  alla  BD  ,  dall'  altra 
orizzontale  FA  ,  e  da  una  linea  o  retta  ,  o  curva  AB.  Per 
ritrovare  1'  inclinazione  del  piano  all'  orizzonte,  tirifi  da  F 
la  retta  orizzontale  FG  perpendicolare  alla  FA  ficchè  il  pia- 
no AFG  ila  orizzontale.  Effendo  ora  alla  comune  fezione  AF 
dei  due  piani  BAFD,  AFG,  perpendicolare  la  FG  nel  fecon- 
do piano ,  e  la  FD  nel  primo  ,  firà  T  angolo  GFD  V  incli- 
nazione del  piano  propofto  all'  orizzonte  .  Suppongali  ,  che 
il  livello  dell'  acqua  giunga  al  punto  N  della  retta  prodotta 
DF  ,  e  guidifi  NO  parallela  alla  FG  :  e  perchè  AF  è  per- 
pendicolare così  alla  FD  come  alla  FG ,  farà  anche  il  piano 
AFG  perpendicolare  al  piano  DFG ,  ovvero  DNO  ,  e  però  il 


D        k'  F        L        U        I        15        I  .  151 

piano  DNO  farà  verticale .  Se  ora  dal  punto  0  prefo  ad  ar- 
bitrio nella  retta  NO  cafca  a!  bado  la  verticale  OH,  fi  tro- 
verà quella  nel  predetto  piano,  e  taglierà  in  H  la  retta  DF , 
in  G  la  FG  ■  Guidate  le  ordinate  infinitamente  proflime  HM -, 
bm  perpendicolari  alla  FP ,  e  polla  T  afcillà  FH—X,  ì'  or- 
dinata HM=ji,  BD  =  a,  DF  =  l^,  FN=zc,  l'angolo  d'in- 
clinazione GFD=zONH=:(p  ,  farà  OHz=(c-\-x){iin.  (p  ,  e 
r  elemento  Hm  del  piano  ,  moltiplicato  per  la  fua  diftanz,a 
HO  dalla  luperficie  fuperiore  dell' acqua  ,  rapprefenterà  la  pref- 
{ìone  elementare  contro  lo  flefTo  piano ,  ofiia  la  preffione  con- 
tro r  elemento  Hm  ,  la  quale  in  confeguenza  fi  troverà 
=  (  e  -(-  ;\:  )_ydx  fen.  cj)  =  (  cjdx  -{-fxdx  )  fen.  cp  .  Cercato  quin- 
di 1'  integrale  di  quefla  efpreffione  per  modo  che  effo  fi  an- 
nulli inlìeme  colla  .r,  fi  otterrà  la  preffione  contro  il  piano  in- 
determinato AFHM  ;  e  foflituito  b  in  vece  di  x  nel  detto 
integrale ,  fi  ha  1'  intera  prelfione  contro  il  dato  piano 
FABD.  Il  che  era  ecc. 

Efmipio    I.      Il  piano   AFBD   fia   un    rettangolo  ,    e    però 
y-=.a.  La  formola  j{cydx -\'yxdx)kr\.(\>  diventa  f{acdx-\- 

axdx ) fen.  (f)  =  (acx  4-  -  ax^ )  fen.  cf) ,  dove  fatto  xz=zb  ,  1'  in- 

2 

tera  preffione  contro  il  rettangolo  diventa  (dr^-j — <?^')  fen.  cf). 

2 

Se  r  acqua  non  oltrepafia  il  lato  fuperiore  del  rettango- 
lo,cioè  fé  c=:o,Ia  detta  preffione  \\  trasforma  in  -<?&' fen.(ì; , 

vale  a  dire  nell'  area  del  rettangolo  moltiplicata  per  la  me- 
tà dell'  altezza  dell'  acqua  fopra  il  lato  inferiore  del  rettan- 
golo. 

Efempìo  II.  Sia  il  piano  propoflo  un  triangolo  rettango- 
lo AFD  (Fig.  6)  colla  punta  rivolta  in  giù,  e  col  lato  fu- 
periore orizzontale  FA.  Safà  dunque  az=.o,t  pofia  FA-f, 

f/y^x)  r 

nafcerà  y^^ .  Laonde    1  {c-\-x)ydxit'ii.<^ 

=  j 1 (r-f;^-)fen.(|)  =  (/r^4-^/x-— — 


i$i  Sopra   la    pressione 
7  jfen.  cj)  rapprefenterà   la  preffione    contro  1'  area  inde- 
finita  AFHM  ;    e   fatta   xz=:b  ,    trovafi  la  prefiìone  contro 
tutto  il  triangolo  =  (  -/c^-}- -/i&')fen.cf). 

Se  il  triangolo  ha  la  punta  rivolta  in  fu ,  e  il   Iato  oriz- 
zontale  all'  ingiìi ,  come  nella  Fig.  7 ,  allora  fi  ha  /  =  —  ,  e 

I  (e  -JrX  )ydx  fen.  cf  ==  /  {c-\-x)—dx  fen.  (^ 

=  f— j — V-)fen.  d)=  alla  preffione  contro  l'area  FMH, 

^  zb  ^b  ^ 

e  quindi    pofta   x::=  b  ,    rifulta    la    preflione    contro  tutto  il 

triangolo  =  (- Ci7^-} — <7^' )  fen.  cp .  .   ■     ■. 

Nella  prima  fituazione    del   triangolo,   fupponendo  c=:o, 
ovvero  che  il  lato  del    triangolo    arrivi    al  piano  di  livello, 

la   preflione  ricercata   diventa    -fb'^kn.cp  ,  cioè   il    prodotto 

6 

del  triangolo  moltiplicato  per  un  terzo  dell'  altezza  dell'  ac- 
qua fopra  la  punta  inferiore  del  triangolo . 

Nella  feconda  lìtuazione ,  fatto  lo  fteflb  fuppoflo  di  r  =  o  , 

la  preflione  fi  muta  in  -  ab''  fen.  (p ,  cioè  nell"  area  del  trian- 
golo moltiplicata  per  due  terzi  dell'  altezza  dell'  acqua  fopra 
il  lato  orizzontale  inferiore. 

Efempio    III.     Cerchifi    la    prefì^ione   contro    il    femicircolo 
FMD  {Fig.  8)  ,    il  di  cui  diametro  FDz=.b  ,    ^=0  , 

yr=L^  (bx  —  .v'),  xdx'=^-hdx-^ydy .  Perciò  fi  ha  /  {cydx 
A;-yxdx)  fen.cf)=  /  ('r -]--&)  fen.  <pyd:4  — •  1  y'dykn.<p 
=r e -|-  - ^ )  . FHM.  fen.  <p /'  fen. <p,  e  h  prefl!ìone  totale 

contro 


de'         Fluidi.  153 

contro  il  femlcircolo  rifulta  =(^c~\-  -b^  .  FMD .  fen.  <j)  = 

(  r-| — ^) — ^len.cp,  polla   i -.ir  la  ragione  del   diametro  alla 

circonferenza  ;    e  il   doppio   di   queflo   valore    fomminiftra    la 
prellione  contro  tutto  il  cerchio  FMDR. 

Ejempio  IV.  Sia  il  piano  dato  un  quadrante  GCD  ,  il  di 
cui  femidiametro  luperiore  GC  lia  orizzontale,  ed  =i',  CH! 
z=x,  HM=j',  a  =  o  .  Per  la  natura  del  cerchio  li  ha  7' 

=^b-  —  x' ,  ed  j'dy^=  —  xdx .  Dunque    /  (  cjdx -\-j'xdx  )  icn.  (p 
=  /  cjdx fen.  (p  —  f  ydj'  fen.  <pz=:c  fen.  (p  .  GCHM' ^^fen.  (p 

4-cort.  =  e.  GCHM.  fen.  cp  + e -/'^ j'  )  fen.  (»  =  alla  pref- 

.      ^  3 

lìone   contro    1'  area   inderinita   GCHM'  ;  e   però  la  prelfione 

contro  tutto  il  quadrante  GCD  farà  =  e .  GCP .  fen.  $  -|- 

-b'  kn.  pz=z( ! — ^^Z;' fen.  *  ,  e  quefla  raddoppiata  dà  la 

3  ^43 

prelFione  contro  il  femicircolo  GKD. 

Efempio  V.  Sia  il  quadrante  GFC  ,  che  ha  il  femidiame- 
tro inferiore  orizzontale  GC  ;  fé  ne  dimanda  la  preffione.  Si 
ha  CG  =  CF  =  b,  FHz=x,  HM  =j ,  r  ^  zbx  -  ;e= ,   xdx 

=  bdx  — jfd/  .  Adunque    /  (  c/dx  -\-j'xdx  )  fen.  p  = 

1    (c-^-b )ydx  fen.  p  —  Cydy  fen.  -;>=:( e -f  ^^ ) .  FMH.  fen.  p 


—    /' fen.  (})  =  alla   prelfione   contro  lo   fpazio  indeterminato 

3 
FMH.  Laonde  la  prelTione  totale  contro  il  quadrante  diven- 

,  (c  +  b)7r       I  ,  \  , 
ta(^ b  Jb'.icn.p,  e  il  doppio  efprime  la  prellio- 
ne   contro   il   femicircolo   GFR  col   diametro   inferiore  oriz- 
zontale . 

Efempio  VI.     Sia  lo  fpazio  parabolico  FBD  (Fig.g)  com- 
prefo  dall'  ordinata  inferiore  orizzontale  BD=:a,  e  dall' afcif- 

Tonio  IL  V         -- 


*54  Sopra   i.a   pressione 

fa  DF  =  b  .  Supporto  p  il  parametro  della  parabola  fi  ha  / 

z=^y  px.  Dunque    /  (  cydx  -}-  yxdx  )  fen.  (;>  =  /  cp^'x'dx  fen.  ci> 

'{-  I  p  .V*  dx  fen.  (pz=(^-  ex  y/ px  -j-  -  x*  \j px  )  fen.  (^  = 

—  cx;'fen.  (^-j- -  ;v'_;'fen.(})  =  alla   preffione   contro    lo    fpatio 

^  ■       -  y 

FMH  indefinito  ;   e  però  la  preflione  contro  tutto  Io  fpazio 

FBD  trovafi  (  -cba-}--  b^a^kn.(p ,  e  il  doppio  rapprefenta 

Ja  preffione  contro  lo  fpario  parabolico  BOF  colla  doppia  or- 
dinata inferiore  orizzontale  BO . 

Ejcmpio  VII,  Vogliali  la  preffione  contro  lo  fpazio  para- 
bolico ADF  {Fig.  io)  circofcritto  fuperiormente  dall' ordina- 
ta orizzontale  FAz^a,  e  dall'  afciffia  FD=^b.  Ellèndo  FH 
s=x,  ed  HDz=zb  —  AT,  r  equazione  della  parabola  trovali  ef- 

fere  ^*  =  / ( ^  —  x).  Adunque    ji cydx -{-yxdx ) fen. cp  = 
/  cdx  \/  {pb  — px  )  fen.  <p-\-  f  >:dx  fen.  (^yf  {pb  —px  )  .  Pon- 

gafi  ora  ^  {pb — px)=^u^  ed  è    Ccdxitn.cp]/ {pb — px)-\- 

/,    ^           ,          "'  ■          r     icti^dnCcn.(p        .--■'— 
xdxkn.<p\/ {pb—px)r=  j 

,      r     2bii^diikT).(p        Piu*dnkn.(p  2CN*kn.(p 

+> J-  +i^^= ip--- 

rbu*  fen.  $  ,    in^  fen.  cf>  „        ^{pb  -px)'  fen.  <p  \/{pb  -px) 

—  — U  —  -f-  COfi^,  =r 

ÌP  5P'  5P' 

z{c  +  b){pb-px)kn.(p\/  {pb-px) 

—  — — -{-coir. 

^^  ,  ■-'•'■•   '     ■ 

=  -b{c-\-b)  fen.  (py  pb  ~-b^ fen.  <p yj  pb 

3  V  5  :„/,J 

i_  2  {pb-pxy  kn.<p\/  {pb-px)        ,,  -  ,.,.  .     ,.    ,  ,/,  ,•-,.   .... 


db'        F     il     u     !     d     r.  155 

(c-\-b)(pb-px)i'Qn.(p\/  (pb-px) 

— ,   perche   fvanilce  la 


3^ 
prefllone  annullandoli  la  x.  Queflo  valore  efprime  la  prefTio- 

ne  contro  Io  fpazio  indefinito  F/IMH ,  e  foftituendo  in  elfo 

b  per  X  rifulta  la  prellione  totale  contro  Io  fpazio   paraboli- 

(  lobc +  ^b' )  [ci-i.(p^pb 
co  FAD  = ^ ,   e  dal  doppio  di  quefto 

valore  fi  ha  la  preffione  contro  Io  fpazio  FAD^. 

Efempio    Vili.     Cerchili    la    prellione    contro  la  feniielliUe 

FBD  {  Fig.   II-  )  lìtuata    coli'   afTe  minore    B'^   orizzontale. 

Chiamato  a  \'  ade  maggiore  FD  ,  b  1'  alfe   minore   B^ ,   la 

proprietà  dell' ellifl'e  fomminiflra  l'equazione  ay  =.b^  (ax  —  x^), 

I  (rydy 

e  quindi  xdx=-adx —    .  Laonde  fìirà  la  preffione  con- 

z  0 

tre  lo  fpazio  indelinito  FMH==  I  {c}'dx-\-yxdx)kr\.(^-=: 
f(c-i~l a)ydx fen. c^ _prd^^  ^^  ^  i  ^y^^^^^_ ^^^_  ^ 

«:;''fen.cD  ,     r     •  i 
— ,    e    quindi  la  prellione  totale   contro  la  femiel- 

lifTe  r^fc-l-- <7).  FDS.  fcn.$  =  -('c  +  -^  )7r^^fen.  (})    ,    il    di 

cui  doppio  efprime  la  preffione  contro  tutta  l'elliffie  in  quella 
(ìtuazione ,  cioè  coli'  ade  minore  orizzontale . 

Efrmpio  IX.  Sia  da  trovarli  la  prellione  contro  il  qua- 
drante ellittico  JBDO,  fituato  col  diametro  minore  orizzonta- 
le ,  e  rivolto  all'  insù  .  Chiamili  -  ^  il  femialTe  minore  BO , 

2 

~aì\  maggiore  OD  ,  x  la  OH  ,  >'  la  HM  ,   e  fi  avrà  aY 

=  t'  (  -  ^'— .V') 7      . ,    =  —  xdx .  Perciò  /  {cydx  -^yxdx)  fen.  <p 

—  e .  OBMH'  fen.  <p  —  "^^U^  i   coft,  =  e .  OBM'H.  kn.<p 

-j a-biin.<p — — — =  alla  preffione  contro  l'area  in- 

V    ij 


15*5  SoFKAI.  A     PRESSIONE 

definita  OBM'H  .  Perlochè  la  preOione  contro  tutto  il  qua- 
drante EDO  farà  =  e .  EDO.  fen.  (p-\ a^bkn.cp^  —  Ticab  fen.  <p 

24  16 

H a''l>kn.'p,  e  il  doppio  di  quello  valore  darà  la  preflìo- 

ne  contro  la  femielliffe  BD^  avente  1'  alfe  minore  orizzon- 
tale rivolto  all'  insù . 

Efempio  X.  Se  folle  da  cercarfi  la  preffione  contro  il  qua- 
drante ellittico  FEO  ,  lituato  col  femiaife  minore  orizzontale 
BO  rivolto  all' ingiù,  bafterebbe  nell' equazione  (£/£•»?/.  Vili.  ) 

/      ,     I     N    T_,,^^_.  tìi'v' fen.  (È  ^  „.     .       1  ,    .     . 

(  c-j-  -  a).FMHitn.<p — - — 1  foftituire  ~b  in  luogo  di 

,  ■  2  .  ^b'  2 

7,  d'onde  nafcerebbe  — (  e -X- -  a^ irab ^cn.  <p <z'^fen.cp=: 

16^        2    :  24 

alla  preflione  contro  il  quadrante  ellittico  FEO ,  e  il  doppio 
di  queflo  valore  efprimerebbe  la  preffione  contro  la  femiellil^ 
fé  FB^  coir  ade   minore  orizzontale   rivolto  in  giù. 

Efempio  XL  Dimandai!  la  preflione  contro  la  femielliife 
FED  {Fig.  12)  lituata  col  femiafle  maggiore  EO  orizzonta- 
le, e  coir  affé  minore  FD  inclinato  all'  orizzonte.  Ritenute 
le  denominazioni  di  prima  ,  trovali  per  la  natura   dell' elliile 

by  ^  bydy       I 

• — -z=.bx — -x^  e  però  xdx=^ --^ 1 — bdx.  Dunque 

j  ( cydx -\-yxdx )  fen.  <p t=z (e -\- -  b^  .  FMH. fen. <p ^  / 

=  alla  preffione  contro  Io  fpazio  indefinito  FMH,  e  in  con- 
feguenza    la    preffione    totale    contro    la    femielliffe    rifulta 

=  -(r-j-    b'JTrabkn.ip ,  il  qual  valore  duplicato  dà  la  preP 

o  2 

fione  contro  tutta  I'  elliffe  EF^D  fituata  coli'  affé  maggiore 
orizzontale  e  col  minore  inclinato  all'  orizzonte. 

Efempio    XII.     Se  vuolfi    la  preffione   contro   il   quadrante 
•  ellittico  EDO   col   feiniaffe   maggiore   orizzontale    rivolto    all' 

insù  ;  pofta  OH  ::^x  ,  HM'z=zj  ,  fi  ha  I'  equazione  — ~  = 

I  V  ,  .  bydy 

-  b^ — x'^  ,    e    qumdi    xdx  = ,  e  confeguentemente 


/' 


de'         Fluidi.  157 

by^  fen.  0   , 
( cydx  -}- yxdx  )  fen.  (\.=zc.  OBMH .  fen.  0  — 


3« 
I                       b'y^ien.<p 
coft.  =  e  .  OBM'H'.  fèn.  c>  ^ b'a  fen.  0 — — -  =  alla 

preffione  contro  Io  fpaz.io  indetìnito  OBMH  ;  e  però  la  pref- 

fione    totale   contro    il   quadrante  EDO   farà  = -- rcab  kn.  (p 

-| ^'(Tfen.  cp,  il  qual  valore  duplicato  rapprefenta  la  pref- 

24 

fione    contro  la   femielliire    BD§    lìtuata    coli'    afle   maggiore 
orizzontale  rivolto  ali"  insù. 

Efempio  XIII.  Se  trattali  di  trovare  la  preffione  contro  il 
quadrante  ellittico  FBO  iituato  col  femiade  maggiore  oriz- 
zontale BO  rivolto  al  balio,  allora  barta  nell'equazione  (E/c-w/». 

XI.)  (  c^-  b). FMH.  fen.  (p -^ — - —  ,  la   quale    rappre- 

^      '    2     '  sa 

fenta  la  preflione  contro  lo  fpazio  indefinito  FMH,  foftitui- 
re  il  quadrante  FBO  in  vece  di  FMH  ,   ed  -  df  in    luogo  di 

/,  ed  halli  (  c4-- b)  .FBOAcn.<p -b'akn.<p  = 

^         1    ''  24 

—  (c-\--b^  Trab  fen.  <p ab'  fen.  (p  =  alla  preflione  contro 

il  quadrante  ellittico  FBO;  e  il  doppio  di  quefto  valore  rap- 
prefenta la  preflione  contro  la  femiellifle  FB^  lìtuata  coli' 
affé  maggiore  orizzontale  risolto  all'  ingiù  . 

Efempio  XIV.  Sia  da  trovarli  la  preflione  contro  lo  fpa- 
zio Iperbolico  FBD  {Fig.  13)  circofcritto  dall'ordinata  oriz- 
zontale inferiormente  BD  =-&,  e  dall'  afciffa  FD  =  k  incli- 
nata air  orizzonte.  Nominando  a  l'affe  principale  dell' Iper- 
bola,  b  il  coniugato,  li  fa,  1'  equazione  di  quefl-a  curva  effe- 

re  -,—  =ax-\-x' ,  e  qumdi  xdxz=  — aax  .  rercio 

^>       .       ^        '        1  b'         2 

/i    ^  a'j^  fen.  <p 

{cydx  +jxdx)  fen.  (p  =  (e a).  FMH.  fen.  (p  +  -  = 

alla  preflione   contro   lo  fpazio   indefinito  FMH.  Laonde  la 

V     iij 


15S  Sopra    LA   PRESSIONE 

preffione   totale   contro   lo  fpazio   propofto   FBD  farà  = 

/  *      \     TTDn  /•  ,   <?'/6'fen.  (p       .,    , 

[^  e  —  ~  ^  )  •rsiU.icn.(p~\ j- — ,e  il  doppio  rapprefen- 

terà  la  predone  contro  il  doppio  fpazio  FBC . 

E/empio  XV.  Sia  finalmente  da  determinarfi  la  preflTione 
contro  lo  fpazio  iperbolico  inverfo  FBD  (Fi^.  14)  compre- 
fo  fuperiormente  dall'  ordinata  orizzontale  F5  =  >è  ,  e  dall' 
afciffa  FD=:k  .  Porta  pertanto  FH  =  x,  HM=zy  ,  la  pro- 

prietà  dell'  iperbola  fomminiftra  l'equazione  -^=a(k  —  x) 

+  (fi  —  xy=:ak-\-k' — ax —  zkx-^-x^  ,  dalla   quale    lì 

ottiene  xdx=  -^J^(^.a^k)dtc  .  Adunque 

/  (  cjfdx  -\-)>xdx  )  fen.  (j,  =  (  e  +*-«-)-  ^  )  .  FBMH.  fen.  <p 

,    rt>'  fen.  0  I  . 

H ; +coft.=:('r4--^  +  /c).f5MH.fen.(i) 

a^i'  fen.  (p       ay  fen.  <p 

—  ' — 7; -] =    alla  premone   contro   lo  fpazio 

indefinito  FBMH  .    Perlochè  la  preffione  totale  contro  il  da- 
to fpazio  FBD  trovafi  =.(^c-}-^-a-\- k).  FBD.  fen.  (p 

a^h*  fen.cj)     ....  ■"  " 

—  jl —  ,  il  doppio  di  cui  efprime  la  preffione  contro  il 

doppio  fpazio  BCD  fituato  colla  doppia  ordinata  orizzontale 
rivolta  all'  insù. 

>,        .     P  R  O  B  L  E  M  A    IL 

Nel  vafo  DAHGFEBC  (  Fig.  i  j  ) ,  eie  ha  per  bafe  orizzon- 
tale il  rettangolo  ADCB  ,  e  per  uno  de'  [mi  lati  ha  il  rettan- 
golo DAHG  comunque  inclinato  all'  orizzonte  ^  arriva  l'acqua 
fino  ad  HE;  e  in  un  altro  vafo  DAHGQPRS  fituato  fulla 
predetta  bafe  prolungata  ed  avente  lo  fiejjo  lato  DAHG  giugne 
r  acqua  fino  al  punto  0  :  cercafi  qual  farà  la  prejjtone ,  che  fof- 
fre  quel  lato  fecondo  una  fola  e  medejima  direzione. 


de'        Fluidi.  159 

Soluzione. 

Tirifi  per  0  la  verticale  MON;  e  farà  (Efimp.  I.)  la  pref- 
Cone  cfercitata  dall'  acqua    del  primo  vafo    X  contro  il    lato 

rettangolare  DAHGz=DA  .AH .  -  MN  ^  e  '^  preflìone  eferci- 
tata  dall'  acqua  del  fecondo  vafo  Z  contro  il  lato  rettango- 
lare OTDA  hra  =  D4.A0.-M0,  ed  efercitandofi  quelta   fe- 

tonda  prefiìone  in  una  direzione  oppofla  alla  prima  fi  avrà  ia 
confeguenza  la  preffione  contro  tutto  il  Iato  DAHG  verfo   una 

fola  e  medelìma  direzione  =  D^. ^H.  -  MN~DA.AO.  -  M(?, 

2  2 

ovvero  (  enTendo  NM '.  MO  :  :  HA  :  AO  )  t=^-  MN  .DA.  AH 

iDA.HA.MO'       DA.  AH   ,,,,      ,,^  ^   ,,    , 

V7T-. =  — rTT7-(MN'  — •M^')-!'  che  era  ecc. 

2  MN  iMN 

La  fuddetta  preflione  feguita  adunque  la  ragione  della  difìè- 

renza  dei  quadrati  di  MN  e  di  MO  ,  cioè  delle  altezze  dell' 

acqua  ne'  due  N'ali . 

PROBLEMA    IIL 

Sopra  il  piano  inclinato  NMPOfFig.  16.) giace  il  vafo  prif- 
malico  retto  pieno  d'  acqua  GADHFECB  ,  del  quale  le  due 
f accie  oppojìc  GADH,  BFEC  fono  due  trapezj  paralleli  ,  y?- 
niili  ed  uguali ,  /  di  cui  lati  BF ,  CE ,  AG ,  DH ,  in  quefia 
giacitura  del  prifma  vengono  a  riufcire  verticali  ,  e  co'  loro  e- 
Jlremi  G ,  H  ,  F ,  E  ,  giungono  allo  fiejfo  piano  orixx.ontale  ; 
cercajì  la  prepone  contro  le  due  faccie  rettangole  verticali  BA 
GF ,  DHEC ,  e  quindi  lo  sforz-o ,  col  quale  il  prifma  tenderà 
a  difendere  pel  piano  inclinato. 


i6o  Sopra    la    pressione 

Soluzione. 

La    preffione    contro     il    rettangolo    GABF   fi    è    trovata 
{Efemp.I.):z  -AB.BF%  e  quella  contro  il  rettangolo  DCEH 

=z:-DC  .CE'r=-AB .  CE'  ;  e  quefle  nreflìoni   efercitandofi  in 

2  2 

direzioni  oppofte  ,  rillilta  la  preflìone  ,  colla  quale  il   prifma 
viene  orizzontalmente  Ipinto  alla  dìkd<i=i- AB  (BE' —  CE' ). 

2 

11  che  era  ecc. 

Pongali  AB=:a,  BF^^b  ,  1'  angolo  d'  inclinazione  MP'H 
=  w  ,  e  tirata  V  orizzontale  CK^=^FE^=-  f  ^  farà  1'  angolo 
£CR=:a),  Bil=/.tang.  c^  =  BF ~  FR  =  BF -  lE  ,  cioè  CE 
z=l> — /.  tang.  &;.  Sarà  dunque  il  trapezio  BFECz=z 

-FE{  BF-\-CE  )  =  -/ (  2(^— /.  tang.  e.;) ,  e  quindi  il  volu- 

2  2 

me    del    prifma  =:- i?/ (  2^ — /.  tang.  w).  Dicali  §i  il  pefo  di 

queflo    prifma  pieno  d'  acqua  ;  e  poiché  abbiamo  la  preffione 
orizzontale,  tendente  a  far  difcendere  il  prifma  = 

-a(b'  —  {b  — /.  tang.  wf  )z=.-  af .  tang.  ic(  ib  — /.  tang.  oj  )  , 

farà  perciò  una  tal  prefTione  =^.tang.  w. 

Chiamato  q  il  pefo  del  vafo  prifmatico  vuoto,  è  noto  dal- 
la Statica,  che  un  pefo  §i  -\-  q  lituato  fovra  il  detto  piano 
inclinato  viene  tenuto  in  equilibrio  fui  piano  fte^Tò  da  una 
forza  orizz,ontaIe  =  (^-r  ^)  '^^"g-  ''^  •  ^a  per  tenere  in  e- 
quilibrio  il  detto  prifma  pieno  d'  acqua  ,  non  baila  una  for- 
za orizzontale  ,  la  quale  foftenga  fui  piano  inclinato  il  pelo 
^  -\-  q  d\  quel  prifma  ,  richiedendoli  inoltre  un'  altra  forza 
per  equilibrare  la  preffione  orizzontale  ^ .  tang.  «.Confeguen- 
temente  il  prifma  viene  foftenuto  fui  piano  inclinato  da  una 
forza  orizzontale  =  (  2  ^-\-  q  )  tang.  w . 


Scolio  ■ 


dje'         Fluidi.  i6i 

Scolio, 

Avvertafi  qui,  che  non  fi  è  voluto  tener  conto  di  quella 
prefilone  orizsontale ,  che  rifulta  dalla  predìone  contro  la  ba- 
fe  ADCB  ,  la  qual  preffione  orizzontale  rifcontrali  eguale  e 
contraria  alla  già  ritrovata ,  ficcome  appunto  dee  fuccedere , 
eflendo  noto,  che  le  preflìoni  orizzontali  (ì  annullano  femprc 
in  tutti  i  vali ,  o  corpi  efpofti  alla  prellione  dell'  acqua .  Rap- 
prefenti  in  fatti  il  trapezio  BFEC  la  fezione  verticale  fatta. 
con  un  piano  verticale  e  perpendicolare  alle  due  faccie  GB, 
HC  ;  e  la  preflione  contro  la  bafe  BC  del  trapezio  efprefia 
dalla  normale  TX  fi  rifolva  nella  verticale  JT,  e  nella  oriz- 

_     TX.BR 
zontale  XT,  e  (tara  TX:  XY:  :  BC  :  BR ,  e  però  Xr=  —^zr~    • 

Siccome  poi  la  preffione  TX  =  BC.-(BF4-CE) ,  farà  XY^ 

2 

-(BF~{-CE).BR  =  -(BF']~CE).(BF  —  CE)=:^-BF'-' 

2  2  2 

-CE^i  e  quefia  moltiplicata  per  AB  dà  la  predone  orizzon- 
tale rifultante  dalla    predìone  contro    la   bafe   ADCB  ,  che  fi 
trova  appunto  uguale,  e  contraria  alla  precedente.  E'  un  er- 
rore di  non  pochi  acclamati  Scrittori  quello  di  credere  ,  che 
1'  acqua  a  motivo  delle  predìoni  ,   con  cui  fpinge  ed  incalza 
fecondo  tutte  le  direzioni  le  pareti  de*  vafi  ,   che  la  conten- 
gono, podà  produrre  ne'  vafi  d'  una  data  forma  fituati    fulle 
loro  bafi  orizzontali  un  rovefciamento,  o  capitombolo  ,  lad- 
dove all'  oppofto  la  deda  acqua  ghiacciata  lafcia  il  vafo   rit- 
to ed  immobile  fulla  fua  bafe  ;   per   modo   che  fia   una  diffe- 
renza edènziale  in  ordine  alla  fua  ftabilità,  che  il  vafo  fi  tro- 
vi pieno  di  acqua  fluida ,  oppure  d'  acqua  ghiacciata  .  Per  to- 
gliere un  tal  pregiudizio,  e  moftrare,  che  i  due  dati    oppo- 
ni dell'  acqua  ,    cioè    di    fluidità  ,  e  di  folidità  non  podbno 
cagionare  la  menoma  alterazione  o  divario  nello  ftato  del  va- 
fo in  riguardo  al  reggerfi  fulla  fua  bafe,  o  al  rovefciarfi ,  ba- 
cerà far  \'edere   che  la  rifultante  di  tutte  le   preflioni  eferci- 
Tonjo  IL  X 


i6i  Sopra     la     pressione 

tate  dall'  acqua  fluida  contro  tutte  le  pareti  del  vafo  perfet- 
tamente coincide  colia  li'/iea  di  dircz-iom  ,  fecondo  la  quale 
agifce  tutto  il  pefo  dell'  acqua  o  del  ghiaccio .  Sia  a  cagion 
d'  efempio  il  triangolo  verticale  BAC  (Fig.  25)  colla  bafe 
orizzontale  BC -,  e  fuppongafi  la  fua  aja  formata  d'uno  ftrato 
di  acqua  premente  contro  i  lati  del  triangolo  .  Tirifi  dalla 
punta  A  del  triangolo  fulla  bafe  orizzontale  prolungata  BC 
Ja  perpendicolare  AM  .  E'  noto  ,  che  la  bafe  BC  foffre  una 
preffione  =  BC .  AM  ,  che  quefta  prelfione  pafTa  pel  punto  di 
mezzo  N  della  bafe,  e  può  rapprefentarfi  colla  retta  vertica- 
le ^N.  Parimente  il  lato  AB  rifente  una  preffione  = 

-AB.  MA,  la  quale  pafTa  pel  centro  di  preffione  S ,  che  e  ai 
2 

due  terzi  di  AB  contando  da  A,  come  fi  deduce  dalla  Teo- 
ria del  centro  di  preffione  che  efporremo  più  fotto  ,  e  può 
rapprefentarfi  colia  retta  IS  normale  ad  AB.  Rifoluta  pofcia 
la  preffione  IS  nella  orizzontale  IO,  e  nella  verticale  OS  ten- 
dente all'  insù ,  trovafi  OS  = '- —  =  -  BM  .  MA  .  Cosi  pu- 

BA         2  ^ 

re  fé  la  preffione  contro  il  Iato  AC ,  la  quale  è=  -  AC  .AM, 

fi  concepifce  applicata  al  centro  di  preffione  in  F  ai  due  ter- 
zi di  AC  contando  da  ^  ,  e  fi  efprime  colla  retta  FR  per- 
pendicolare ad  AC,  e  fi  rifolve  nell'orizzontale  RP,e  nella 
verticale  FP  tendente  all'  ingiù  ,  fé  ne  deduce  tofto  FP  = 

CM.FR       I 

— =-CM.MA.  Abbiamo  dunque  tre  forze  verticali, 

AC  2 

che  agifcono  contro  i  lati  del  triangolo ,  cioè 

i.°-\-^N=BC.MA,  ,  .      _ 

2.°—0S—^-BM.MA,    .     ;  .  t 
2 

3.°-\-FP  =  iCM.MA. 

■-  ■  ,  2  .  '-^       ■     ■  , 

La  diftanza  della  prima  dal  punto  M  è  =:MC-j-"C'B;  la 


de'         Fluidi.  i6^ 

diftanza  della  feconda  è  =  -BM=-CM4~-CB;  quella  del- 

3  3  3 

2 

la  terza  c=--—CM.  Dunque  per  la  dottrina  Statica  de'  Mo- 
menti la  diftanza  della  rijiiltante  di  quefte  tre  forze  dallo  ftef- 
fo  punto  M  farà 
_m{MC-ir\CB)-^FP.'i;CM-OSi^MC-\-ìCB) 

—  §lN-\-FP-OS 

__  BC .  MAjMC^r  4  CB)  ■'.-  \  CM .  MA  .^CM~^^BM.  MA(i  MC  ■^-  ^CB) 
~~  BC.MA  +  ^CM.MA-^BM.MA  ~ 

__BC(MC  +  \  CB)+'rCM'~-jBC  +  CM)(^CM+lCB) 

-  LBC 

2  I 

.=  -MC-j — BC .  Ora  quefla  diftanza  è  appunto  quella  della 

linea  di  direx.ione  EG  dal  detto  punto  M  ;  poiché  venendo 
ella  condotta  verticalmente  dal  centro  di  gravità  E  del  trian- 
golo pofto  ai  due  terzi  della  AN  che  biparte  la  bafe ,  viene 

ad  eOere,  a  motivo  di  AE^-AN,  GM=z~NM  =  'MC 

3  3  3 

2  2  1 

'-\~-CN=-MC-\--CB  .    Dunque    la  rifultante   di  tutte  le 

preffioni  contro  il  perimetro  del  triangolo  coincide  colla  //- 
nea  dì  dinz.ione. 

PROBLEMA    IV. 

Determinare  la  prejfione  dell"  acqua  contro  le  pareti  curve  de" 
vafi  rotondi^  ojfia  di  yotaz.ione , 

Soluzione. 

Rotifi  la  linea  AMP  (  Fig.  ly-  )  intorno  all'  afle  vertica- 
le ED,  e  deferiva  un  vafo  rotondo,  il  quale  riempiali  d'  ac- 
qua .  Si  cerca  la  prefTione  fopra  la  fuperfìcie  curva  del  vafo . 
Condotte  le  ordinate  ortogonali  inlìnitamente  vicine  MN , 
mn  ,  e  fatta  PD  z=:  a ,  AB  =i  b ,   BD  z=:  e ,  BF  =  x ,   MF 

X     ij 


i64  Sopra    la    pressione 

=  /,  AM  =f  ,  ed  I  :7r  =  al  rapporto  del  diametro  alla  cir- 
conferenza del  cerchio ,  farà  zwj'  =  alla  circonferenza  del  cer- 
chio ,  che  ha  MF  per  raggio;  e  però  l'elemento  della  fuper- 
fìcie  curva  del  vafo  farà  =  zttJ^  .  Mm  =:  z-njds  ,  e  la  preflione 
contro  quefto  elemento  farà  =  r-nyxds  ==  zttjx  y  (  dx'  -Jrdj'). 
Quindi  integrata  quefta  preffione  elementare  per  modo  che 
r  integrale  li  annulli  colla  at  ,  lì  ottiene  la  predione  contro 
la  fuperficie  indefinita  AMNC  ;  e  pofto  poi  e  per  x  nelT  in- 
tegrale lì  ha  la  preflione  contro  tutta  la  fuperficie  curva .  II 
che  era  ecc. 

E/empio  I.  Vuolfi  conofcere  la  preflione  contro  la  fuper- 
ficie curva  del  cono  retto  troncato  .  In  tal  fuppofl:o  egli  è 
vilìbile,  che  la  linea  AMP  è  =/(c'-|-(^  —  ^)')'  cui  di- 
remo i.  E    altresì  manifefl:o,  che  fi  ha.  s  :b:  :x  :c ,  e  perciò 

s  =  —  ,    e  ds  =  —  .    Inoltre  egli    è  vifibile  ,    che  fta 
e  e  _ 

(  h  —~  ci^  OC 
b — y.x-.-.b  —  a:c;  laonde /  =  £» — —  .  Dunque 

//,     .           z(b  —  a)x^^-nhdx 
z^yxds^j  (  zbx )—  = 

—  (  bx^ — — )=  alla  preflTìone   contro  la  fuperficfe 

e  ^  ic         ' 

curva  indefinita  AMNC  .   Pofto   e  in   luogo  di   x  fi  ricava 
2Trèct-b-\--a^=  alla  preflione  contro  la  fuperficie  curva 

intera  del  cono  troncato . 

II  valore  di  quefta  preflione  aflegnato  da  alcuni  celebri 
Idroftatici  è  palefemente  erroneo ,  e  l' errore  è  nato  per  aver 
elfi  fuppoflo  ,  che  due  lati  del  cono  troncato  infinitamente 
vicini  rinchiudeflero  fra  di  se  fulla  fuperficie  del  cono  un  ret- 
tangolo ,  laddove  efli  comprendono  un  trapezio  di  bafi  pa- 
rallele. 

E  [empio  II.  Si  cerca  la  preflione  contro  la  fuperficie  cur- 
va BMILN  {Fig.  i8)  del  fegmento  sferico  generato  dalla  ro- 
tazione dell'  arco  circolare  BMI  intorno  al  diametro  verti- 
cale BD .  Eflfendo  BFz=-x^  MF=jft  e  il  raggio  del  circo- 


de'         Fluidi.  165 

(  Y  —  X  )  dx 

lo  =r,  fi  ha7=V  C^'^^-^').   e  ^^  =  ^^^-_— --^;  e 

quindi  dx'^ -\-d}>^  =  ds*  ■=. — p- ,   ovvero  rfi= ;   e  quefV 

ultimo  valore  furrogato  nella  forinola  /  nrj/xds ,  ella  fi  tras- 
forma in    f^irrxdx  ■=:nrx^  ■=  alla  preffione  contro  la  fuper- 

ficie  indefinita  BMN.  Siccome  poi  è  zrx^  z=:  mrx .  "  x ,  cioè 

2 

=  alla  fuperficie  del  fegmento  moltiplicata  per  la  metà  del- 
la faetta  ,  o  dell'  altezza  dell'  acqua  fopra  MN  ,  perciò  un 
tal  prodotto  rapprefenta  la  preffione  fuddetta . 

Efimpio  III.  Se  la  fuperficie  del  fegmento  sferico  fofie 
PDS  colla  bafe  orizzontale  rivolta  all'  insù  ;  allora  pofta 
RC7  =  .v,  UM'=_y,  RD  =  A,  e  però  DUz=h~x,  l'equa- 
zione  del    circolo    dà  jf:=z]/(ir{h  —  x)  —  {h  —  xy^  ,    e 

.    ,.    ,  —rdx-^(h  —  x)dx  ,      ,     ,  rVx' 

quindi  dy=  — ; ; ^,    dy^-\-dx^z= , 

^  ^      y  (^zr{h-x)-{h~xyy    ^^  r 

\  {dj>'^-\-dx^)-=dS'=^ — "•  Dunque    1  zTrjxds  :=  1  zirrxdx 

=  7rrx* ,  vale  a  dire  la  preffione  contro  la  fuperficie  indefi- 
nita PM'N'S  equivale  al  prodotto  della  fuperficie  iftefia  mol- 
tiplicata per  la  metà  della  fua  faetta  ,  o  afciffa  RU  ,  ovvero 
per  la  metà  dell'  altezza  dell'  acqua  fopra  M'N' . 

Laonde  la  fuperficie  curva  d'  un  fegmento  sferico  pieno 
d'  acqua  ,  o  fia  efib  a  foggia  di  cupola  ,  o  fia  rinchiufo  fra 
due  cerchj  paralleli  foflre  una  preflione  ,  che  ha  per  mifura 
la  fi^efla  fuperficie  moltiplicata  per  la  metà  della  faetta  .  Of- 
fervifi  qui,  che  fempre  nel  mezzo  della  faetta  rrovafi  il  cen- 
tro di  gravità  della  fuperficie  cur\'a  del  fegmento . 

La  formola    /  ziryxds   dà   la  preffione   contro  la  fuperficie 

curva  del  vafo  foltanto   nell'  ipotefi ,  che  1'  acqua  non  oltre- 
palfi  Torlo  fuperiore  del  vafo  ,   ed  abbia  x  per  altezza  fopra 

X    iij 


i<56  Sopra    LA   PRESSIONE 

r  elemento  della  fuperficie  :  che  fé  1"  acqua  giugnefTe  più  fa 
della  fuperficie  del  vafo  per  modo  che  l'altezza  di  quella  fo- 
pra  r  orlo  di  quefto  foffe  ■=.h ^  è  chiaro,  che  in  tal  cafo  la 

formola  della  preffione  diverrebbe  /  riiy  (h-^^x^ds^  la  qua- 
le fi  tratta  con  ugual  facilità  che  la  prima. 

PROBLEMA    V. 

ì^dV  argine ,  o  riparo  rettangolare  OPMN  d"  un  fiume  (Fig.  1 6.) 
giugne  l'  acqua  da  OP  fino  ad  IK  ;  cercafi  lo  sforz.0 ,  con  cui 
/'  argine  farà  fpinto  dall'  acqua  orizx.ontalmente ,  e  quello ,  con 
cui  farà  fpinto  dalla  medefima  all'  ingiii  verticalmente . 

Soluzione.. 

Chiamato  w  1'  angolo  d'  inclinazione  M?'§i  dell'  argine, 
PK  =  a,  KI~POz=l?,  e  la  verticale  KU=h^  rilulta  la'prei- 

1  bh' 
fione  contro  l'argine  (Probi.  I.  Efemp.  I)  =  -ab/j  = . 

2  2  fen.  w 

Ma  quefta  preffione  {i  efercita  in  una  direzione  Ki"  perpendi- 
colare al  piano  dell'  argine  ;  perciò  fé  ne  faccia  la  rifoluzione 
nelle  due  preflìoni  laterali  KL,  KZ,  quella  orizzontale,  que- 
fta verticale  .  Ora  è  noto  dalla  Statica ,  che  fta  iCi  :  KL  :  LS 
:  :  1  :  fen  w:  cof  w  :  :  Prefs.  perpend.  :  Prefs.  orizz.  :  Prefs.  vertic. 

^  ^  .  bò'  I  „ 

Dunque  Prefs.  onzz.  :=:  — fen.   w  =r  -  ^^=  ;  Prefs.  vertiCi^ 

2  fen.  w  2 

b/j'  I 

cof.  w  =  -  bA'  cot.  0).  Il  che  era  ecc. 


2  fen.  w  2 

PROBLEMA    VL 

Una  cataratta  j  offia  una  tavola  rettangolare  verticale  chiu- 
de in  un  canale ,  o  cijìerna  all'  acqua  /'  ufcita  :  cercafi  quanta. 
forz.a  fia  d' uopo  per  aizzarla ,  e  dar  l' efito  all'  acqua . 


de'         Fluidi.  167 

Soluzione. 

Detta  b  la  bafe  della  cataratta,  a  V  altezza,  e  la  diftanza 
del  fuo  lato  fuperiore  dal  pian  di  livello,  che  fi  fuppone  più. 
alto ,  fi  fa  per  le  cofe  già  dimoftrate ,  che  la  preffione  contro 

la  cataratta  è  ■=.ab(  -a-\-c^.  Con  fififatta  preffione  è  dunque 

direttamente  fpinta  la  cataratta  contro  gì'  incaftri .  Laonde  fup- 
pofto  l'attrito  una  parte  n ."''""  della  preffione,  rifulterà  l'at- 
trito della  cataratta  cogl' incaftri  =  —  ab  (^a-\-zc^,  ed  ag- 

giunto  a   quefl:o  il  pefo  p  della  cataratta  ,  ci  vorrà  una    for- 

ab(a-\-ic)-^inp  . 

za  = — ^ ^^ •    per   lar   equilibrio    colla   relilrenza 

in  '^ 

della  cataratta, e  un  pò  maggiore  per  follevarla.il  che  era  ecc. 

Reca  meraviglia  il  vedere  prefTo  alcuni  celebri  moderni  Scrit- 
tori di  Meccanica ,  che  per  calcolare  la  forza  necefTaria  a 
foUevare  la  cataratta  non  folamente  fi  mette  in  conto  la  re- 
fiftcnza  dello  sfregamento  contro  gì' incaftri ,  ed  il  pefo  della 
cataratta ,  ma  ben  anche  la  preffione  totale  efercitata  dall' 
acqua  contro  il  piano  della  cataratta,  e  fi  ftabilifce  in  con- 
feguenza,  dover  efiere  la  detta  forza  un  pò  maggiore  della 
fomma  di  quefte  tre .  Ma  efl'endo  la  preffione  dell'  acqua  con- 
tro la  cataratta  perpendicolare  alla  medefima ,  ed  anche  alla 
direzione  della  forza,  che  tende  a  follevarla ,  è  cofa  innega- 
bile, che  l'una  non  può  ne  punto  né  poco  impedire  l' effèt- 
to dell'  altra  e  non  può  quindi  la  preffione  entrare  nel  calco- 
lo fé  non  per  quella  parte  che  coftituifce  lo  sfregamento. 

.  Se  il  lato  fuperiore  della  cataratta  giugne  al  pian  di  livel- 
lo, ovvero  è  c=.o,  egli  è  evidente,  che  a  mifura  che  la  ca- 
taratta d  va  inalzando  una  minor  parte  di  elTa  reità  efpofta 
alla  preflione  dell'acqua.  Suppongafi  inalzata  di  tanto,  che 
la  diftanza  del  fuo  lato  inferiore  dal  pian  di  livello  fia  =  .v  , 

e  però  la  preflione  in  tal  cafo  diventi  =-bx-,  e  l'attrito  = 

—  .  La  forza  motrice ,   colla  quale  la  cataratta   tende  a  di- 
2»  '  ^ 


i68  Sopra   LA  PRESSIONE 

fcendere,  qualora  venga  abbandonata,  trovali  =p ,    e 

bx" 
r  acceleratrice  =  i .  Perciò  chiamato  t  il  tempo ,  in  cui 

27tp  ^ 

la  cataratta  difcende  per   T  altezza  x,  v  la.  fua   velocità  nel 

bx^ 
termine  del  tempo  t,  fi  avrà  (  i )dtz::idv,  cioè,  eflèn- 

dx  ^    ,  bx^  V 

do  dt-=: —  ,  fi  otterrà  (  i ìdx  =  vdv  ,  ed  integran- 

x/  ^         inp^ 

éo  X =-z/',    v=\/ ( 2X ),  e  quindi 

dx  r        dx  ,,     .  ^^' 

^'^ fc^'    '=/ 'bx^  -^^^^^^Tn' 

^  ynp  '  ^  inp  ' 

allora  la  cataratta  non    difcende  ,  e   fa  d'  uopo  d'  una  forza 
capace  di  vincer  l'attrito  per  larla  difcendere .  Sia  quefta  for- 

za  il  pefo  q  ,    ed  avremo  q-\-p =  alla  forza   motrice 

2» 

bx^ 

della  difcefa  ,    e  però   i  — :  =  alla  acceleratrice  . 

^  rnip^q) 

Laonde  l  i )  <^x  =  ijdv ,   x •  =  -  z;' 

^  zn{p-\-q)^  6n(p  +  q)       2 

/ ,                  bx'        X               /^                dx 
V=]/(2X -),    /=  / ■- . 

\\         rn{p  +  q)^'        J      .  __^        bx^       ■ 

V  <.  rn{p-\-q)^ 

Qualora  vogliafi  follevare  la  cataratta  ,  dicali  /  la  forza 
impiegata  per  follevarla  ,  e  fia  a  —  x  la  di  lei  falita  nel  tem- 
po t  colla  velocità  v  •  La  forza  motrice  della  falita  farà  dun- 

r  ^^^  V      2»/—  2/7P  —  bx"      r      ■.      ,        r 

que  /  — 'p •   ,   e  pero ^^ —    farà  la  forza  ac- 

2«  ^  ^n{f-\-p) 

celeratrice  .    Confeguenteraente    fi    ottiene 

(l'/if—mp  —  bx' )dx  ,  .    ,. 

-  =  vdv ,    e  qvundi  •  ■ . 


2w/4-  inp 


(znf. 


DB*  F      L      U      J       D      I.  169 

{inf—rnp)x  —  ^bx'       i  ,    ^     , 

' — 2^ =:  -x-'-f  coft.,  ed  eflendo  v=.o.  quan- 

znj  -\-  -2.np  2  ^ 

<Jo  ;v  =  <7,  li  ha  t/'  = —!■ ..  cioè 

n{J+p) 


{^nf-^np){x-a)-^-i-,b{a'  -X')  .     , 

—^ ; :   e  hnalmente 

n{f+p) 

dx\/  (njf+p)) 

yj  {{inf-2np){x~a)  +  ^^b{a'-'X'))' 

Del  Centro  di  Frejfionc . 


Una  cofa  degna  di  confiderazione  nella  Dottrina  della  pref- 
fione  dei  Fluidi  è  quella ,  che  riguarda  il  Centro  di  Pref- 
fione .  Diceli  pertanto  Centro  di  preflìone  quel  punto  della 
fuperficie  premuta  ,  nel  quale  fi  concepifce  concentrata  e  rac- 
colta l'intera  preffione,  che  e  didribuita  e  difperfa  per  tutti 
i  punti  della  fuperficie;  ovvero  quel  punto,  al  quale  applica- 
ta una  forza  uguale  e  contraria  all'intera  preffione  bilancia  e 
diftrugge  tutto  1'  effetto  di  quella,  per  modo  che  fé  la  pref- 
fione tende  ad  imprimere  alla  fuperficie  un  moto  qualunque, 
la  forza  uguale  e  contraria  applicata  al  centro  della  preffio- 
ne impedilce  e  diftrugge  un  tal  moto. 

PROBLEMA    VII. 

Kitrovare  il  Centro  di  prepone  di  qualunque  fuperficie  pia' 
na  BAFG  (Fig.  19)  divi  fa  in  due  pani  uguali  e  firn  ili  daU 
la  linea  delle  afcijj'e  ÌAI^  ed  immcrfa  dentro  un  fluido  omoge- 
neo a  qualunque  profondità ,  e  fatto  qualunque  inclinaz.ione  al 
pian  di  livello ,  purché  le  ordinate  AM ,  CE ,  ecc.  Jìano  paral- 
lele al  detto  piano. 

Soluzione. 

La  comune  fezione  del  pian  di  livello,  e  del  piano  propo- 
fto  GFAB  prodotto  (ìa  la  retta  0^,  e  condotte  le  due  dop- 
Tomo  II.  y 


17°  Sopra    la    ^ressionb 

pie  ordinate  infinitaniente  prolfime  CD,  ed,  lo  fpazietro  CD^<: 
farà  r  dlemento   dell*  area    indefinita  ACDB .   Ora   queflo  ele- 
mento folfre  dal  fluido ,   che  vi   gravita  fopra ,  una  preflìone 
equivalente  al  pefo  d'un  volume  di  fluido  che  nafce  dal  mol- 
tiplicare   r  elemento  per  la  fua  difhinza  dal  pian    di  livello, 
Ja  qual  diltanza    è  per   ipotelì   la   ftefla  per    tutti    i  punti  di 
detto  elemento .  Si  conduca  EO  normale  ad  0^ ,  e  dal  pun- 
to 0  lì   guidi   nel   pian   di    livello    la   OR   normale    all'  iftefla 
0^-,  e  finalmente  alla  OR  s'inalzi  dal  punto  E  la  perpendi- 
colare ER:  egli  è  manifefto ,  che  ER  farà  la  mentovata  di- 
ftanza,  ed  EOR   V  angolo   d'  inclinazione  del  dato  piano  all' 
orizzonte  ;  e  confeguentemente  l' elemento  CDdc  moltiplicato 
per  ER   rapprefenta  la   preflìone  elementare  contro   il  piano 
indefinito  CABD .    Confiderata   pertanto   quefta  preflìone  ele- 
mentare a  guifa  d'un  pefo,   il  quale  Ci  riferifce  alla  retta  0^ 
come  aW  affh  de' momenti ,  rifulta  per  le  dottrine  della  Stati- 
ca  il    momento    della   preflìone   elementare    con    moltiplicare 
quefta  per  la  diftanza  EO  dall' afl'e  de' momenti.  Prefa  dunque 
fuUa  linea  delle  afcifle  la  ME  =  x,  l'ordinata  EC  =j ,  MN 
r=a,  l'angolo  delie  coordinate  ovvero  ENOz=:<p,  1'  inclina- 
zione del  piano  all'orizzonte,  offia  l'angolo  EOR  =  w,  fi  ot- 
tiene EO=^(a-\-x)kn.(p,ER=^(a-]-x)kn.(pkn.a,  CDdc 
rr:  zydx.  fen.  (p.  Laonde  il  momento  della  preflìone  elementare 
t\-ova.il=^  zydx  (a -\-x)' kn.cokn.^  (p;   e  quindi    la  fomma   de' 
momenti    delle   preflioni    nell'  area    indefinita  ABDC   farà  = 

/  2jdx(a-\- x)''kn.cokn.^  (p .  Una  tal  fomma  per  le  dottri- 
ne della  Statica  debb'eflere  uguale  al  momento,  che  ha  tut- 
ta la  preflìone  efercitata  contro  l'area  medefima  ABCD ,  qual- 
ora ella  preflìone  (i  concepifca  concentrata  e  raccolta  nel  cen- 
tro di  preflìone  ,  e  riferita  all'  ifteflò  afle  0^.  Perciò  eflendo 
tutta  la  preflìone  contra  l'area  indefinita  = 

.[  2j'dx(a-]-x)kn.a)kn.^  (p,  fé  fi  chiama  A  la  diftanza  del 
centro  di  preflìone  dall'  afte  de'  momenti  fi  avrà  1'  ugualtà 
1  ijdx  (a-^-x)  fen.  w  kn.  '  t|)  =  A  /  zjdx  (a^^x)  fen.  w  fen.  '  (p , 


de'         Fluidi.  171 

fjdx{a^x)'kn.(t>     ^. 
e  conleguentemente  £i=  -— ; — ; — , .  Ritrovata  per 

tal  modo  la  diflan7,a  del  centro  di  preffionc  dall'ade  de' mo- 
menti ,  ed  elTèndo  altronde  evidente,  che  non  può  il  detto 
centro  ufcire  dalla  linea  delle  afcid'e  MI,  la  quale  divide  per 
ipotelì  il  dato  piano  in  due  parti  limili,  ed  uguali,  reitera 
in  confeguenza  determinata  la  polìzione  del  centro  di  prellio- 
ne .  Il  che  era  ecc. 

Suppone  le  ordinate   ortogonali,  cioè  (pzz^go" ,  ed   oltrac- 
ciò rt=o,  il  valore  di  A  11  trasforma  in  quell'altro  pili  fem- 
fjx'dx 

fjxdx 
Efcmpio  L  Cercali  il  centro  di  preffione  nel  parallelogram- 
mo ABGF  {Fig.  20.)  neir  ipoteli,  che  il  fuo  lato  fuperiore 
AB  lia  nel  pian  di  livello.  Dicali  ME—x.,  CE  =  AM=zyz=.b , 
Ml-=zc.  Si  avrà  per  l'area  indeiinita  ACDB  il  valore  di  A  = 
fLx'-dxkn.0       -l>x^kn.<p       2 

lelogrammo  FABG  Ci  avrà  Zi  =  -  e  fen.  cf) ,  cioè  il  centro  P  di 

preffione  fi  trova  a  due  terzi  di  MI  contando  da  M ,  pofcia- 

chè  MP  è  =-MI. 
3 
Nel   parallelogrammo  ^ABR,    la  di   cui  bafe   pafla  per  P 
centro  di  preffione  del  dato ,  trovali  del  pari  il  centro  di  pref- 
fione in  0  a  due  terzi  di  MP,  cioè  a  quattro  noni  di  MI, 

eflèndo  AJO==-MP  =  ^.-M/=-MJ.  La  diftanza  OP  de' 
3  3    3  9 

due  centri  di  preffione  0,  P  e  =-MI~ 

9 
Volendoli   poi    il    centro    di   preffione   nel    parallelogrammo 
F^RG,  il  di  cui  lato  fuperiore  ^R  palla  pel  centro  di  pref- 
fione del  dato  FABG,  convien  ricorrere  alla  formola 

/!(  a-{-.x)'dx{cn.<p  2 

-;r- — ■ — ,e  porre  a  =  MP  =  -c,  donde  Ci  rac- 

f/{a~\-x)dx  ^  3 

coalie  ^_f^(7^-^'-^)'dx  fen.  >p  _(  ^  c\x  ,■  2  ex-  -:-  f  x'  )  fen.  <p 

Y    ij 


17-  Sopra   la   pressione 

= j — ■ .  L  perciò  pofto   x  =.  PIz=  -  e , 

4C+3X  fi  ^     > 

rifuita  A  =  li^"-^^^'^'  +i^lii:Lf!  ^ ^  !    ^9'^""-'^ := 

4f-[-c  3*         15 

38    ^ 
—  cicn.(p;  e  in  confeguenza  il  centro  U  di  preffione  del  pa- 

?8 
rallelogrammo  6)(;  èfituato  ai    —  della   retta   MI^   contando 

45 

o 

da  M.  Di  qui  fi  deduce,  che  PU  e  =   —PI. 

15 

Stando  fempre  a  queft'  efempio ,  egli  è  manifeflo  ,  che  ef- 
fendo  nel  parallelogrammo  AG  il  centro  di  preffione  in  P,  e 
però  uguali  i  momenti  intorno  a  P,  rimarrà  fiffio  ed  immo- 
bile il  parallelogrammo  qualora  fia  puntellato  in  P. 

Se  fi  coftruirà  una  cataratta  parallelogramma  AG  avente  i 
lati  AB ,  FG  orizzontali  ,  e  quefìa  mobile  intorno  a  due  adì 
piantati  in  ^  ed  in  R,  efiremità  della  orizzontale  ^R,  la 
quale  paffa  per  P  ai  due  terzi  MI,  la  cataratta  rimarrà  chiu- 
fa  tutte  le  volte,  che  l'acqua  afcenderà  lino  al  lato  fuperio- 
re  AB;  il  che  è  manifefto  dalle  cofe  precedenti:  per  lo  con- 
traria ella  fi  aprirà  rotandofi  intorno  agli  affi  g  ed  R  tanto 
fé  l'acqua  non  arriverà  fino  in  AB,  quanto  fé  oltrepafTerà^B . 
Imperciocché  fé  l'acqua  refta  al  di  fotto  di  A^B ,  per  efempio 
in  CD,  il  centro  di  preffione  del  parallelogrammo  CG  trovali 
ai  due  terzi  di  EI,  come  P  è  ai  due  terzi  di  MI;  e  però  il 
predetto  centro  di  preffione  cafca  al  di  fotto  di  P:  onde  av- 
viene, che  la  cataratta  per  la  fpinta  dell'acqua  è  coftretta  a 
rotarfi  intorno  ai  due  affi  ,  la  parte  inferiore  §G  volgendoli 
dal  di  dentro  al  di  fuori,  e  la  fuperiore  ^B  dal  di  fuori  al 
di  dentro  per  riguardo  al  luogo  occupato  dall'  acqua .  Che  fé 
l'acqua  oltrepaffia  AB,  e  giugne  fino  in  K,  allora  ricorrendo 

,,     r         ,     fjia-i-xy  dxkn.(p  „      ^_,^  , 

alla  formola  ■- — V~- — ^^ — — ,   e   pollo  KM  =  a,f  =  b, 

fj' (a  -\-x)dx  ^ 

fi  ottiene  A  =:— ■ -  =  ^ -^ , 

f(a-]~x)ax  a-\~\x 

e  fatto  xz=^c ,  fi  ha  A  =  — Ì^ — ^t_i — l L_  .  Laonde  fé 


de'        Fluidi.  173 

0  è  il  centro  di  preffionc    della  cataratta  AG  in    quefla  ipo- 

a' ^U  ac -\- -  e' 
tefi  ,  farà  KO=i ■ — ; — ; — '- — ,  valore  manifcitamente  minore 

di  a~\--c^  vale  a  dire  di  KP .   Dunque  il    centro    di    prel- 

fìone  della  cataratta  in  quefto  cafo  cafca  al  di  fopra  di  P,  e 
confeguentemente  V  urto  dell'  acqua  obbliga  la  cataratta  ad 
aprirli ,  e  a  volgerli  intorno  agli  adi  ,  movendofi  in  fuori  la 
parte  luperiore  ^5,  e  in  dentro  l'inferiore  §IG . 

E/empio  II.     Si  vuol  fapere  il  centro  di  predione  nel  pia- 
no triangolare  FMG  (Fi^.   21)  fituato  colla  bafe    oriz.zonta- 

l>x 
le  all'  ingiù.  ElTendo  in  quefto  cafo  CE  =7  =  —  ,   fi   fofti- 

fjf  (  a +  xy  ilxkn.<p 

tuifce  quefto  valore  nella  formola  • — ;; ,  e  lì 

fj(a+x)(ix 

f  (a  +  X y  xdx Ccn.  (p      ({  a' + -^  ax -i-^  x^  )krì.'p 

ottiene    £\  =  - , = z ; 

f(a  +  x)  xdx  T  ^  +  7  ^ 

= — ,   e  fatto  xz=::c=.MIi   fi  ha  per 

6a  +  i\,x 

(6«'-+ 8^7C  4- 3c')  fen.  cp 
tutto  il  piano  triangolare  FMG  ^  il= —  . 

Se  il  pian  di  livello  pafia  pel  vertice  M  del  triangolo  fic- 

chè  fia  MK  =  ^  =  o,  rifulta  ù,T=Ìckn.<p  ,   il  che  indica, 

4  " 
che    in    quello    fuppofio    il  centro    di  preffione  trovafi   a  tre 
quarti  di  Ali  contando  d'  alto  in  bado , 

Situato  il  triangolo  colla  bafe  orizzontale  rivolta  all'  insù 
{Fig.  22.),  e  fatta  KM  =  a,  MA=:b,  MI— e,  MEz=x  , 

_^  b,  ,     n         .     fy(a-'rxydxkn.(p    ,. 

£C  =/  =  _  (  e  —  x) ,  la  formola  " diventa 

e  jy  (a  +  x)ax 

f  (  e  —  X  )  (  a  -\-  xy  dx  kn.  (p 

f(c  —  x)(a  +  x)dx 
f(a^c-\-  zacx  —  a-x  +  ex""  —  lax'^  —  x'  )  dx  fen.  <p 

f(ca  +  cx  —  ax  —  x^)dx 

Y     iij 


174                  Sopra   la   pressione 
(a-c  +  acx  —  1  a-x  +  4  <^x'  —  -  ax^  —  -  x^ )  fen.  0 
^—^ .  . '    .         — -  =  A  per  1'  area 

ca  +  -cx  —  ~ax  —  -^x- 

indefinita  ACDB  .  Quindi  fatto  .v  =  e  ,    il   ha  per    tutto-  il 

(6tì!' +  4<ì'c-f- c')fcn.(|) 
triangolo  AIB,  A= ;    e  fé  vuoili,  che 

r  acqua    non  afcenda  oltre  il    lato  fuperiore  AB  ,   fìcchè  fia 

I 
az=o  ,  nafce  allora  Ù.  =  -cicn.<p  ,  che  è  quanto   dire,  che 

il  centro  di  preflTione  trovali  in  tal  cafo  nei  mezzo  della  ret- 
ta MT. 

Efimpio  III.     Cercali  il  centro  di  prefìlone    nella  parabola 
Apolloniana    CMD    {Fig.   23)  lituata  dentro  il   fluido    colle 
ordinate  all'  affé  orizzontali  ,   e  col  vertice  rivolto   in  alto  .. 
Chiamato  p  il  parametro  ,  /  la  C£  ,  x  la  ME  ,   fi  ha 
y-=.'\l px^    $=;9o°,  MK=iii.  Laonde  la  formola 

fv(a  +  X  y  dx  fen.  cj)   , .  f(a']/px  +  lax  \/ px  -j-  x^KÌ  px)dx- 

■ — diventa 7 , * • 

jy  {a-\-x)dx  /(aypx  +  xypxjdx 

__  7  ^'"••^'  V^P^  +  T  g-v'  V  px  +  ;  X'  ]/px  __  7  ^'-  +  ••  ax  + 1  x' 
-,  ax  \/  px+-^  x'\/  px  i  <z  +  -Ì  jv 

35«=-f  42^x4- 15X'  ■■ 

=:   -^^ =  A  .  Nel  cafo  che  1   acqua  non  01— 

^ja  +  ^ix 

trepalfi  il  vertice  della  parabola,    ovvero   che  fia  a  =  o  na-- 

30  5  .  . 

fce  A=  —  x=-X',  vale  a  dire  il  centro  di  preflione  trova- 

42  7 

fi  a  cinque  fettimi  dell'  afcifia  ME  contando  dal  vertice . 

Ma  fé  il  piano  parabolico  11  capovolge,  e  rimanendo  col- 
le ordinate  orizzontali  fi  riduce  col  vertice  in  giù  (Fig.  24) , 
allora  porta  MI=c  ,  ME=:x,  CE:=/  ,  I'  equazione  della 
parabola  fomminiftra /rr/ (/^c— /'.v  )  ;  ond'  è,  che  furrogato 
quello  valore  nella  formola  nota,  li  deduce  A  = 

fdx(a+xy\/  (pc-px)     „  ,      .      ,     . 

^ .  Per  poter  efe^uire  le  integrazio- 

fdx(a-\-x)i/(pc-px)  ^  _^  ^' 


ni  richiede  ,  facciafi  V  pc — pxnzz.  ,    e  C\  avrà  x  =  f  —  —  , 


de'        Fluidi,  175 

dx=z ,   a -\~ X  =:^ a -[- c .   Perciò   lì  ricava  ^z= 

P  \  P 

C-  zV/;c  (a->rc y-     ~(a  <■  e)  z.'  -  -(a  i-  cy  2:'  --^2:^+  coft. 

J  ^  P      _5P  IP 

/"X^  I 

■■z.^dz,(a-\-c )  _  :c'— l(<j'+f)2:'  +  cofi-. 

Laonde  foftituendo  in  quelì'  cfprefnone  il  valore  di  z,,  fi  ot- 
tiene ù^-=. 

f  0  {pc -pxy]/(ì>c -px)  -  \(a  +  cy(pc-px)\/(pc -px)  -  —(pc-pxyy/ipc -px)  +  cofl-. 

—  {pc  -pxy  \/  {pc  -px)  -'-{a-'.-  e)  {pc  -px)  ]/{pc-px)  ■'.■  coft. 

Pei-  determinare  le  collanti,  avvertali,  che  quando  è  x=:o 
fvanifce  così  1'  integrale  del  numeratore  ,  cioè  la  lomma  de' 
momenti  ,  come  1'  integrale  del  denominatore,  cioè  la  fom- 
ma  delle  prefTioni  .  Confeguentemente  la  coft.  del  numerato- 


re 


lìirà  —-pc'  y  pc4—  (a4-cy pcJ pc  —  (a-\-c)pc^\/pc,_ 
7  3  5 


I       ,     ,.../. 


e  la  coft.  del  -denominatore  farà  parimente  =- (^-]- Oi''^V-^'^ 

3 

—' -  pc"- \J  pc .    Dunque  ì\-z=. 

!■  C)  {pc  -px)'^  - 1  {a  -:■  0'-  {pc  -px)  '-—^(pc  -px)  *  ^-  \  pC-y/pc  -:-  l{a^.-  cy  pcyj pc  -  1(^  +  c)pcypc 

'ip  _^ 

i z -, —  ' 

--  {f<:  -px)  ^  -\{a  H-  0  {pc-px)  '  -:■  L  {a  -:-  c)pc  \l  pc-\pr\J  pc 

che  dà  il  centro  di  preftione  per  Io  fpazio  indefinito  ACDB . 

Se  pertanto    in    quefta    efpreflione    fi  afiiime  x=zc   per  avere 

il  centro  di  preffione  di  tutto  lo  Ipazio  definito  AIB  •  il  tro- 

.         ,      ,  ,  •  r  ■     ■  Sc'  +  35rf^  +  zSdtc 

va  dopo  le  debite  trasformazioni  A= . 

354+ 14C 

Da  ciò  s'  inferifce  ,  che  qualora  1'  acqua   non    falga  oltre 

r  ordinata  AM ,  e  però  ii  abbia  a  =  o  ,  il  centro  di  predio- 


«5^  Sopra  la  pressione   de'  Fluidi. 

ne  è  fituato  a  quattro  Tettimi  dell'  afciffa  definita  MI  con- 
tando dall'alto.  Confeguentemente  ftando  in  queflo  fuppofto 
di  a-=o,  il  centro  di  predone  nella  parabola  diritta  è  d'un 
quarto  piìi  diftante  dal  pian  di  livello  ,  che  nella  parabola 
rivoltata . 


•J't 


iB^'^-^^m 


\n-J:.- 


INDAGim 


e 


«77 


INDAGINI 

NEL  CALCOLO   INTEGRALE. 
Del   Sig.   Cavaliere   Lorgna. 

Essendomi  propoflo  di  applicare  il  metodo  mio  adoperato 
nella  XIV.  Prop.  della  Mem.  fui  Calcolo  Integrale    dell' 
equazioni  diiTerenziali  finite,  inferita  nel  I.  Voi.  della  Socie- 
tà Italiana.,  all'  integrazione  dell'  equazione  differenziale 
dy  ddy  d'y  d"  y 

le  prime  operazioni  avendone  chiamato  fucceflivamente  dell' 
altre  ,  il  lavoro  di  faggio  in  faggio  prefe  forma  ,  e  quefta 
u'è  poi  venuto, qualunque  ella  fiati,  non  lunga  indagine, che 
vo'  credere  non  totalmente  indegna  dell'  attenzione  de'  Geo- 
metri. Ogni  pa{ro,ogni  nuova  apertura  d'integrabilità  è  fom- 
mamente  pregevole  in  quella  forta  di  equazioni  ,  che  vengo- 
no SI  fovente  in  campo  nelle  Scienze  Meccaniche  ,  e  nell' 
Agronomia  fillca  ,  e  che  non  fenza  ragione  hanno  meritato 
lo  ftudio  de'  Signori  d'  Alembert  ,  Eulero  ,  de  la  Grang; .,  de 
Condorcet  ,  BcTiout  ,  de  la  Placs  ,  e  di  altri  illuftri  Mate- 
matici . 

Trattando  quefte  materie  con  nuovi  artifizi  -,  ficcome  ho 
fatto,  traluce  fempre  raggio  d'  incognita  verità,  che  mena  a 
qualche  avanzamento  indubitatamente  ;  del  che  potrà  accer- 
tarli chi  vorrà  al  progreflb  di  quefta  Memoria  attendere  con 
qualche  accuratezza . 

PROPOSIZIONE    I. 

§.  I.     Trasformare  /'  equazione  (A) 

^-L.0'5^-l-R 

dx~     clx'"     dx^ "dx" 


<^> ^^=x+4+'i:^r+'^S«c rz 


Tomo  II. 


lyS  Indagini 

in  cui  dx  è  cojìante ,  M  P  Q_  R  tee.  fono  fiin-z.ioni  qualunqut 
ddla  variabile  x ,  per  modo  clic  la  fua  rifoluzio/ìs  dipenda  da 
dus  equazioni  dei  grado  n  —  i . 

Risoluzione. 

fzJx  -,  —fzJx 

Si  ponga  yz=fx  /  (  udx .  fj,  )  ,  efTcndo  z.  ed  u 

due  nuove  variabili  ,  (U  il  numero  di  cui  l'  unità  è  il  loga- 
ritmo iperbolico  .  Paflando  ai  differenziali  dell'  ordine  »  ,  fi 
«vrà 

éy  =  z^"  -  '  jdx-]-  -^  dz  d"  -  ^jdx   ■ 

+  ^''-\^['-'~U^zd-^jdx  -r    ■■^'-     '  "'^i--!'T 

1.2.3 

Dunque  foftituendo  fucceffivamente  1,2,3  ^'^'^-  P^^  '^  ^^^^ 

I.  djzz^zjdx-^-udx 

II.  ddy  •=.  z.dydx  -f-  dzydx  •\-  dudz. 

III.  d^y  =  zddy  -}-  2  dzdydx  -j-  ddzvdx  4-  </</«^r 
ecc. 

Si  foftituifca  nel  II.  differenziale  il  valore  di  dy  tratto  dal 
I.  e  fi  avrà 

(  IL  )  ddy  =  z.ydx^  -j-  zudz^  -j-ydzdx  -\-  dudx 
e  fimilmente    nel    III.    differenziale    li  ponga  il  valore  di  dy 
ricavato  dal  I.  ,  e  il  valore  di  ddy  ricavato  dal  (  II.  )  e  così 
fucceffivamente  ;  ne  rifulterà  per  ordine 
(  I.  )    dy  =  zydx  ~\-  udx 

(  II.  )  dy  =  zydx'  -j-  zudx'  -^ydxdz  -j-  dudx 

(  III.  )  dy  =  zydx^  -j-  z'udx^  +  zdudx""  +  ^zydzdx^  +  ludzdx' 

~\-yd'zdx  -}-  d'udx 
(  IV.  )  dy  =  zydx^  -|-  z'udx'^  -}-  z'dudx'  -}-  ózydzdx' 

-f-  zddudx^  -|-  ^uzdzdx^  -|"  3/<^^'<^-'^'''  +  sdudzdx' 


NEL  Calcolo   Integrale.  179 

-}-  JtTiyddz.clx-  -|-  ^uddzdx'  -^-jd'zdx  -|-  d'udx 
ecc. 
Si  foftituifcano  tutti  quefti  valori  nell'equazione  (A);  pren- 
derà ella  la  feguente  forma 

^  ax        dx 

T     \    y-T        ~  dx~    dx    ^   dx  ^  dx'  ~dx'^ 
,     - ,   ,  -Z/du   .    6zydz   ,    zddu       ptzdz   ,    Sfdz^ 


dx  dx  dx'  dx  dx' 

^dudz       ^zyddz       3uddz      J'd^z      d^u  -. 

^  ~dx''  '^    dx'     "^   dx'    '^Ix^'^dx'  ' 

-[-ecc. 

Di  quefl-a  equazione  fé  ne  faccia»  due, una  delle  quali  con- 
tenga in  ogni  termine  la  variabile  lineare  /  ,  e  1'  altra  ab- 
bracci il  compleffo  di  tutti  gli  altri  termini  ,  che  non  la 
comprendono;  e  fi  avranno  le  equazioni  (5)  (C) 

(C)....M=Pu^^(^„  +  -.J  +  R(^,.„  +  -  +  —  +-) 

.    - X   3      .z/du       zddu       5uzdz       sdudz       ^uddz 
"^    ^^""^^^"f""^"^    dx^-     "*"    dx'    "^llx*' 

•+^-)4-ecc. 

ognuna  delle  quali  farà  del  grado  n  —  i  relativamente  all' 
equazione  principale  (A)  .  Ma  dalla  rifoluzione  delle  equa- 
zioni (B)  ,  (C)  dipende  manifeftamente  la  rifoluzione  dell* 
equazione  {A),    Dunque  fi  è  trasformata  ecc.  Il  che  ecc. 


Z     ij 


i8o  Indagini 

Corollario    I. 

§.  II.  Che  fé  nell'equazione  (A)  fi  fupponga  la  funzione 
M  =  o,e  fi  faccia  ^  ^syi.v,  l'equazione  (C)  non  ha  più  luo- 
go, e  ne  rifulta  la  fola  equazione  (B).  Dunque  reciproca- 
mente l'equazione  (B)  può  feniprc  trasformarli  nell'equazio- 

ne  (A),  in  fuppofizione  di  M  =  o,  con  la  foflituzione   z=-~, 

ydx 

C   O    R.   O    L    L    A    R   I    O      II. 

I 

§.  III.  E  quanto  all'equazione  (C) ,  ella  fi  riduce  agevol- 
mente alla   forma   dell'equazione    (A).  Imperciocché   facendo 

tutti  li  coefficienti   di   u  =  A,  li  coefficienti  di  — n=A',  di 

dx 

ddii      ^„  ,.  ^'      „     A"  M 

-—  =A'  ecc.  e  di  poi  -— =P',  -— =  ®'  ecc.  --=M',  e   or- 

dinando    finalmente   1'  equazione    per  u ,   fi  avrà  1'  equazione 

,C,.....M.=„  +  p.-  +  a^-ecc +  r0: 

eh' è  della  forma  {A).  ...,  ' 

•■  —  ■■  Corollario    III,        -      • 

f.  IV.  In  confèguenza  fé  neH'equazfone  precedente  {C)i\ 
ponga  di(  :=z,'  Ndx-\-!i'  dx,  z.' ,  u'  eilèndo  due  nuove  variabi- 
li, la  fi  farà  dipendere  (5-1)  dalle  due  equazioni  (B'  )  (C) 
del  grado  »  —  2 

(B') o=:i4-P'2:'_}-£'(z'»+-Jo  +  ecc. 

(C) M'  =  P'»'-|-©'(z'«'-f -j^')  +  ecc. 

E  con  una  fimile  introduzione  di  due  nuove  variabili  z."  u"  {i 
farà  dipendere  l'equazione  (C)  da  due  (  B'' )  (C)  del  grado 
^  —  3  •>  e  cosi  fucceffivamente  ,  di  modo  che  fi  perverrà  ia 
fine  ad  un'  equazione  finita,  ficcome  è  manifefto. 


I'  NEL   Calcolo    Integrale.  i8i 

PROPOSIZIONE     II. 

§.  V.     L'integrale  completo  dell'equazione  (A) 

(A) M  =  y-i-P^+w tS 

^      '  dx  dx 

dipende  da  un  integrale  particolare  di  ciafcheduna  delle  equa- 
z.ioni  fuccefive  e  della  pfa  forma  (B),  (5),  (B'j  ecc. 

Dimostrazione. 

Avendo  in   potere   un    integrale   particolare   o   incompleto 
dell'equazione  (B)  (§.  I.)  z  =  X  funzione  di  at  ,  fé  ne  fac- 
cia la  foitituzione  nelle  equazioni 
dj  ==  z.ydx  -]-  udx 

du 

(C) M  —  Pu-{-§i{z.u-\---^tcc. 

dx 

e  manifefio,  ctie  avendo  nello  fìeffo  tempo  un  integrale  com- 
pleto ?;=:X'  dell'  equazione  {C)  del  grado  n — i,  il  quale 
conterrà  neceflariamente  n  —  i    coflanti  arbitrarie  ,   li    avrà 

djz=zXjdx-\-Xdx;  e 
fXdx  r         -fXdx 

y=e  tA-\-J  Xdxe  )  farà  F  integrale  completo 

dell'  equazione  {A).  Ma  fé  in  vece  dell'  integrale  completo 
dell'equazione  (C)  fi  avefle  un  integrale  incompleto  dell'equa- 
zione (jB')  {§.  IV,)  z,'  =  X",  foftituendo  quefto  valore  nelle 
equazioni 

du  =  -z^udx  4-  ^l'dx 

du' 

(C) M'  =  P'u'^^(z."u'-\-j^)-i-  ecc. 

baflerebbe  che  fi  avefle  l'integrale  completo  ?<'  =  X''' del  l'equa- 
zione (C)  del  grado  n  —  2,  mentre  l'equazione  duz=zX' udx 
'\-X"dx  fomminiflrerebbe  I'  integrale  u  =  X"'  comprendente 
«  —  I  coftanti  arbitrarie  .  Soflituendo  pertanto  qucfto  valore 
nell'equazione  dj'z=  Xjdx^udx ^  fi  avrebbe  l'integrale  com- 
pleto dell'  equazione  (A)  come  prima 

fXdx  ^  —fXdx  ,  -.,., 

7  =  e         (^A-\-J  X""dxe  ).  .,„   ■'.; 

Z    iij  _    .      ^ 


iSi  Indagini 

Si  dimoftrerebbe  nello  fteflb  modo  ,  che  avendo  un  valor  par- 
ticolare dell'  equazione  (B")  {§.IV.)i  e  I'  integrale  completo 
dell'equazione  (C")  del  grado  «  —  3,  il  otterrebbe  l'integra- 
le completo  dell'  equazione  (A);  e  cosi  fuccefiivamente .  Ma 
difcendendo  alle  equazioni  fucceffive  (  C"  }  ,  (C"")ecc.  del  gra- 
do n  —  4,  n  —  5  ecc.  fi  perviene  ad  un  valore  finito.  Dun- 
que r  integrale  completo  deli'  equazione  (  A  )  dipende  da  un 
integrale  particolare  di  ciafcheduna  delle  fucceflìve  equazioni 
(B),  (F),  (F')ecc.  II  che  ecc. 

PROPOSIZIONE    III. 

§.  Yl.    L'  integrale  completo  dell'  equazione  (A) 

(A) M  =  y4-P^^+oè^ +T^X' 

^     ^  ■^  ^    dx  ^  ^dx^  ^     dx" 

dipende  da  un  numero  n  —  i  di  valori  particolari  di  z  ,  cBs 

foddi sfacciano  alla  prima  equaz.io/te  (B)  (§ .  1.) 

^         ;  Dimostrazione. 

Imperciocché  foftituendo  fuccefiivamente  nell' equazione  (C) 
del  medefimo  § . 

(C)....  M  =  P«  +  Q_(z?^4-^')4-ecc.       ■    ' 

quefti  valori  particolari  di  2:,  fi  ricaveranno  tante  equazioni 

in  u   ed  X  del    grado  n  —  i  ,   quante   ha  unità  il    numero 

n  —  I  .  Ma  il  numero  di  quelle    equazioni  effendo  uguale  al 

numero  delle  quantità 

d"-'u         d^-Ui  

-} r-    ,     —, ecc. 

fi  potranno  quefte  difcacciare  ,  e  potrà  quindi  pervenirli  ad 
un'  equazione  del  primo  grado  di  quefta  forma 

la  quale  è  rifolubile  generalmente  ,  e  perciò  al  valore  di  ti  . 
Porto  ciò ,  fia  X  funzione  di  x  quello  che  fi  verrà  a  trovare 
per  SI  fatto  valore  di  7;,la  qual  efpreffione  conterrà  in  tal  ca- 
io una  collante  arbitraria ,  e  fieno  j3 ,  /3'  ecc.   i  valori  parti- 


ecc. 


NEi.   Calcolo   Intborale.  iSj 

colari  di  z,.  Facendo  fucceflìvamente  quefte  foftituzioni  in  luo- 
go di  z.  neir  equazione  d/ =:z z.jdx -\~ X dx ^  e  integrando,  (i 
avranno  gì'  integrali 

fiidx  ...     r^,      —f(ìdx  . 

ffi'dx.   .,  ,    ,„  .       —ffi'dx^. 

ecc.  e  per  confegucnza 

f,Vdx  ^  -fft'dx 

+  ^  (A'-irJXdx^a  )  + 

farà  r  integrale  completo  dell'  equazione  (A).  Il  che  ecc. 

PROPOSIZIONE    IV. 

§ .  VII.    Ss  può  imegrarfi  completamente  f  equax.ione  diffc- 
renx.iale  (ù) 

^     ^  -^   '       dx~^dx'  ~     dx" 

potrà  completamente  integrar/i  anche  /'  equaz.ione  dijferenz.ia-' 

le  (A) 

^     '  -^  ^    dx~^dx'  ~     dx" 

Dimostrazione. 

Poiché  foftituendo   nell'  equazione  (ùi)  z.ydx  in  luogo  di 
dy .,  ella  fi  cangia  nell'  equazione  (B)  (§.  IL), 

(B) o=:i+Pz  +  £(2:'  +  ^-=)4-ecc. 

fé  fi  abbia  in  potere  l' integrale  completo  dell'  equazione  (^) , 
fi  potrà  conchiuderne  1'  integrale  completo  dell'  equazione 
(B),  e  però  lì  avrà  «— i  valori  particolari  di  z. .  Ma  aven- 
do « —  I  valori  particolari  di  z,  nell'  equazione  {B)  -,  li  ha 
r  integrale  completo  dell'  equazione  (A)  (§.  VI.).  Per  con- 
fegucnza fé  può  integrarfi  completamente  1'  equazione  (-i), 
potrà  completamente  integrarfi  l'equazione  (A).  Il  che  ecc. 


i84  Indagini  '       V 

Corollario    I, 

$.  Vili.  Si  può  di  qua  raccorre ,  che  1'  equazione  (A)  è 
tutte  le  volte  integrabile,  e  ne'  medefimi  cafi  che  può  efler- 
lo  r  equazione  (A),  eh' è  il  Teorema  del  Sig.  de  la  Grange. 

Corollario    IL 

§.  IX.  Ma  non  è  neppur  neceffario  il  conofcere  1'  inte- 
grale completo  dell'  equazione  (  A  ) ,  fé  fieno  in  poter  noftro 
n — I  valori  particolari  di/  nella  medelima  equazione,  po- 
tendo ciò  badare  per  1'  integrazione  completa  delf  equazione 
{A)ì  ficcorae  è  nianifefto.  ip^ru    . 

Corollario    III. 

J,  X.  Similmente  fé  fi  conofcano  »,  o  n — i  valori  di 
z  ,  che  foddisfacciano  all'  equazione  (B)  ,  fofiituendoli  fuc- 
ceffivamente  nell'equazione  {C)  (§.  I.j,  onde  ottenere  «,  o 
n—  1  equazioni  differenziali ,  fi  è  veduto  al  §.  VI.  che  1'  equa- 
zione generale  (A)  è  completamente  integrabile  per  quella 
via  .  Si  può  dunque  difpenfarfi  dal  rintracciare  un  integrale 
.particolare  per  ciafcheduna  di  quefte  equazioni  differenziali , 
come  fembra  richiedere  il  Sig.  de  la  Place  (Memorie  dell' 
Accademia  R.  di  Torino  Voi.  IV.  §.  III.). 

PROPOSIZIONE    V. 

$.  XI.     Trovare  V  integrale  completo  dell'  equaz.ione  (A) 

(A) M=/  +  P^-|-a'ÌZ^_ Tf 

^      ^  ^^     dx^^dx'^  dx" 

ejfendo  P  ,  Q_. T  quantità  cojìanti  ,  ed  M  funz.ione  di  x 

qualunque.  ;.;;-     :;<;_;,    ;J.  •■:;.,.;;     .      :;   ...  •i;;;c.-3    -..'.y-. 


Risoluzione  . 


NEL  Calcolo   Integrale.  i8y 

Risoluzione. 
Si  ponga  neir  equazione  di  foftituzione  ( R)  (§.  I.) 

(R) /  =  /«  /  tidx  jW 

la  coftante  indeterminata  K  in  luogo  di  z..  Operando  come 
s'  è  ivi  prefcritto  ,  V  equazione  {A)  fi  rifoh'erà  nelle  due 
(B'),  (C) 

(F) 0  =  I -]_ Pi< _j- ^i<:' 4- RK'  + ecc. 

(C')....M=:P«  +  ^(i<:«-f^)  +  ecc. 

EiTendo  ordinata  l'equazione  {B' )  per  rifpetto  a  K,  afcen- 
de  ella  al  grado,  il  di  cui  efponente  uguaglia  quello  dell'or- 
dine dell'equazione  propofta  (^).  Dunque  rifoluta  con  l'Al- 
gebra comune  l' equazione  (  5'  ) ,  (i  mettano  per  K  fucceffiva- 
mente  nell'  equazione  (C)  le  radici  trovate .  Si  otterrà  un  nu- 
mero di  equazioni  col  mezzo  delle  quali  potranno  difcacciarfì 
i  dilièrenziali  di  w,  e  fi  conleguirà  il  valore  finito  di  u.  Sia 
X  quello  valore.  Sofiituendo  in  feguito  nell'  equazione  (K) 
il  valore  di  ii  ,  e  per  z,  fuccelfivamente  tutte  le  radici  ,  per 
eiempio  a,  a' ,  a"  ecc.  dell'  equazione  (B'),  fi  avrà,  prenden- 
done di  mano  in  mano  gì'  integrali,  1'  eforefllone 
y  =  l^"'{A~\-fXdx^J.-'•''  )  +  ^"''  (  A-^fXdxfj.-'"'  )  -f  ecc. 
che  farà  l'integrale  comnleto  dell'  equazione  (A),  contenen- 
do un  numero  n  di  collanti  arbitrarie.  Il  che  ecc. 

PROPOSIZIONE    VI. 

§.  XII.     Integrare  /'  equazione  (T) 

CT)...M  =  Ay4-B(h-]-Kx)^  +  C(h  +  Kx)=-'^^  +  ecc. 

dx   '  ax" 

del  Sig.  de  la  Grange  (  Mifcell.  Taurin.  V.  III.  pag.  190)  , 
h  ,  K ,  A  5  B ,  C  ecc.  ejfendo  coefficienti  cofianti ,  M  funzio- 
ne di  X. 


Tomo  II  .      Aa 


iS6  Indagini 

Risoluzione. 

Porto,  come  nella  I.  Propofizione ,  d}'  =  7iydx-\-ndx  ,  col 
metodo  ivi  adoperato  lì  trasformerà  l'equazione (T)  nelle  du« 

(B')....o=:A-\~B(A^Kx)z-i-C(6+Kxr(z.'  +  '^)_^Qcc, 

(C)...M  =  B{h-^K.x)u-\-C{h+Kxy{z.u  +  ^-^)^tcc. 

dx  ' 

Si  faccia z,= ,  elfendo  r  una  coftante  indeterminata. 

h^Kx 

Softituendo  quefto    valore  nell'  equazione  (B') ,  ella  fi  ridurrà 

a  quefta  forma (5") 

(B  '') . . . .  o  =  yi  +  5r  +  Cr  (r  -  K)  +  Dr  (r ^  -  3  Ki-  +  2  K')  +  ecc. 

la  quale  ordinata  per  r,fomminifl:rerà  tante  radici  r' , r'' , -/"  ecc. 
quante  fono  le  unità  nell'  ordine  dell' equazione  (T) .  Facen- 
do la  flefTa  follituzione  nell'equazione  (C),  vi  il  foflituifca- 
no  fucceffivamente  per  r  le  radici  >'',r"  ecc.  trovate;  con  che 
fi  avrà  un  numero  di  equazioni  eguale  a  quello  delle  quantità 

du      ddii  ,  ,.  .  M     n 

—  '      —  tee.  ,  le  quali  maneggiate,  come  nelle  rropos.  pre- 

dx    dx' 

cedenti,  ci  faranno  pervenire  al  valore  di  u-=X.  Ripiglian- 
do pertanto  1'  equazione  di  foftituzione 


fzdx  r  — fz.dx 

=  /^  J    t  ' 


7  =  |U         J   iidxii  ,  e  pofto  X  in  luogo  di  »,  fé  tt, 

.',.",  ecc.  rapprefentino  i  valori  ^ ,  ^^,  ^^^  ecc. , 

fi  mettano  tt,  tt'  ecc.  fucceffivamente  per  z.,  e  'ì\  avrà 
jjidx  r  — ^-ndx 

y=^\i         (A~]-J  Xdxfx  )  ■• 

fn'dx  ,  — fz'dx 

+  //-  (A'-{-J  Xdxfx  )-l-ecc. 

per  r  integrale  completo  dell'  equazione  (T).  Il  che  ecc. 


NEL   Calcolo   Integrale.  187 

Scolio. 

§.  XIII.  Ancorché  le  integrazioni  ottenute  ne'  §.  §.  XI. 
XII.  lì  conlìderino  non  avere  altre  difHcoltà  fuorché  quelle 
deli'  Algebra  comune  ,  ridotte  come  fono  a  dipendere  dalla 
rifoluzione  di  equazioni  algebraiche  determinate  ;  ciò  non 
oftante  il  cafo  principalmente  delle  radici  eguali,  che  podb- 
110  incontrarli  in  queflie  equazioni  ,  obbliga  ad  operazioni  , 
che  farebbe  bene  di  evitare  .  Non  conofco  lìnora  alcun  me- 
todo efente  dalla  necefTità  di  avervi  particolare  conliderazio- 
ne,  allorché  ha  luogo  quefto  cafo.  Eccone  uno  ,  che  deriva 
necefl'ariamente  da  quello  che  abbiamo  adoperato  nella  rifo- 
luzione di  quefte  equazioni  differenziali  ;  e  fra  poco  ne  dare- 
mo un  altro  ancor  piìi  femplice  .  Sì  ripigli  1'  equazione  del 
$.  XI.  ponendo  A,  B,  C  ecc.   in  luogo  di  P ,  ^,  K,  ecc. 

(^> *='=^+^l+^il+=- 

e  fieno  (B)  ,   (C)   le  due  equazioni  nelle  quali   ella  fi  traf- 

forma 

(B)....^o=x^-Aa-}-Ba'4-  Ca'  +  scc. 

(  C) M^Aii  +  BianJr-  ^''  )  -f-  ecc. 

con  la  foftituzione  dy^:^aydx-\-ndx^  ellendo  a  una  colante 
indeterminata.  L'  equazione  (C)  ^\  trasforma  nell'  equazione 

M  —  u -\-Al--^B'  —A-  tee. 
dx  '       dx"-   ' 

della  ftelTa  forma  di  {A)  ,    ma   del  grado    'ti — i   (  ^.  111.)  . 

Sieno  pertanto  (B')  (C) 

(B) 0  =  1-}-  Aa'-]-B'a"-\-Ca'' -f  ecc. 

(C) M^A'ii'-^Btau'A-"^''  )-[- ecc. 

^  dx  ^ 

le  equazioni  nelle  quali  fi  rifolve  l'equazione  precedente  con 
la  foftituzione  dHz=audx  -\-u'dx  ,  eilendo  //  una  nuova  va- 
riabile ,  a'  una  nuova  collante  indeterminata  .  E'  manifeflo 
che  fi  trasformerà  fimilmente  l'equazione  (C)  nell'equazione 


A  a 


i88  Indagini 

,    ,         du'  ddu' 

M  -=111-4- A  - — U  B' h  ecc.   della  forma  parimente  di 

dx  ^        ,dx^   '  ^ 

(A).,  e  del  grado  n — 2.  Inoltrando  1'  operazione  fucceffiva- 
mente,  lì  per\errà  alT equazione  M" ■=  A'^h'"  da  cui  fi  potrà 
avere  il  valore  finito  di  tf"  .  Si  tragga  una  radice  o  un  va- 
lore di  a'"  dall'  equazione  prolTima  e  determinata  {B'")  ,  e 
avendolo  fofVituito  nell'equazione  da'" - ^  =  a'" u'" - ' dx -]- u"'dx 
infieme  col  valore  di  u'"  ,  R  avrà  una  prima  parte  integrale 
completa 

m  —  I         a"'x  p  m       —  à!"x 

U  zzzfji  ^COft. -[-    /   H     dXl^  ) 

Conofcendo  il  valore  di  u"'-^z=X,  fi  ricavi  una  radice  o  un 
valore  di  a'"-'  dall'equazione  determinata  (B'""').  Soflitui- 
ti  quelli  valori  nell'  equazione  -(   '   - 

du'"  -  =  =  a"  -'  ir-'  dx  -f-  ir  -  '  dx 

fi  confeguirà  una  feconda  parte  integrale 

m—z        a'"-  'x  ^  —  a'" -  'x 

u  z=ix  f  coft.  -j-  /  X(i^^  /^  ) 

Procedendo  cosi  fijcceffivamente  (1  perverrà  al  valore  di  ?/  = 
Z",  che  comprenderà  n — i   coftanti  arbitrarie.     % 

Ricav'ando  in  feguito  una  radice  o  un  valore  di  a  dall' 
equazione  (5)  ,  fé  fi  faccia  la  foftituzione  di  quelli  valori 
nell'  equazione  cly=:(iydx-\-udx,  fé  ne  potrà  conchiudere  fi- 
nalmente 1'  equazione  finita 


j z=  ij."''  (  cod.  4-  rX''dx IJ--"") 


integrale  completo  dell'  equazione  (A)  ,  fenza  che  1'  anda- 
mento Ila  turbato  dalla  conliderazione  delle  radici  eguali  , 
che  poflbno  avervi  nell'equazione  (B) .  E  quello  metodo  può 
applicarfi  anche  all'  integrazione  dell'  equazione  (T)  (§.  XII.)  ^ 

PROPOSIZIONE    vir. 

§.  XIV.     Integrare  V  equaz-ione  (  A  ) 

(A) M^^-J-X^  +  cp.A'^-l-cp'.z'P^'  +  ecc. 

dx   '  dx-  dx^ 


NEL   Calcolo   Integrale.  1S9 

in  cui  M  ,   X    fono  funz.ioni  di  x  qualunque,  $.X,(i)'.X  ecc. 
funzioni  di  X  indeterminate . 

R    I    S    O   V,    U    Z    I    O    N    E  . 

Suppongafi    per   maggior    femplicità    X=P,    (|).Z=^, 
(|)'.X  =  il  ecc.  ,  e  lì  faccia  (I<)  dj>=:ajdx-Ari'dx  .,   eflendo 
a  una  coftante  a  piacere  .  Col   metodo  della   prima  Prop.  iì 
rifolverà  1'  equazione  {A)  nelle  due  (jB),  {C ) 
(B)...o  =  v-\-Pa-^^a'-^Ra'-\-tcc. 

{C)  ...M=^(P  +  ^a  +  R.a'  +  ecc.)  u  +  {^-\-Ra-^  Sa'  +  ecc.)  — 
+  e  R  +  i'^  ~j- T.i^  +  ecc.  )  ^' +  ecc. 


dx 
Facendo  in  feguito 

A  =  P -{- ^^  +  R.7' +  ecc. 

ù!  =  £-1-  Rrt  4-  J'rt^  +  ecc. 

ù:'  =  R-\~Sa-\-  Ta-  +  ecc. 


ù!  A"  M 

e-=P',  _=i:ecc.  ^=M' 

r  equazione  (  G  )   del   grado  «  —  i   prenderà   la  forma  dell' 
equazione  (A)  in  quefto  modo 

M.  =  „  +  P'|  +  ^§+ecc. 

Di  nuovo  ponendo  in  quell'equazione  cosi  preparata  (K!) 
duz=budx-\-u'dx  ,  in  cui  b  e  un'  altra  coftante  a  piacere, 
u'  una  nuova  variabile ,  fi  rifolverà  ella  in  altre  due  (£')  (C) 
(£')....  o  r=  i  4- Pi>J- ^'^=  +  K'i-^ -f  ecc. 

(  C) . . . .  M'  =  ( P'  + ^'^H-R'^^ -f  ecc.)  «' 

du' 
+  (  £'  +  Kb  -\-Sb'-Jf~  ecc.  )  —  +  ecc. 

la  feconda  delle  quali  del  grado  «  —  2  per  una  preparazione 
fimile  alla  precedente  diverrà 


A  a     iij 


igo  Indagini 

M"-.'  +  P"^+rf4  +  ecc. 

]a  quale  con  la  foflituzione  (K')  du'  =  cu'dx~\-t("dx ,  e  con 
la  ftefTa  preparazione  foniniiniftrerà  le  due  equazioni  del  gra- 
do n  —  ^ 

(B")....o  =  i~{-  PV+  g"c^  -f-  RV  4-  ecc. 

(  C"  ) . . .  Af  "  =  u"  4-  F"  ^-^  4-  ^'■'  '^'  -J-  ecc. 

dx  dx^    ' 

e  cosi  fucceffivamente .  Procedendo  in  tal  modo  fi  perverrà  all' 

du"  -  ' 

equazione  M"~  '  =  z/"- ^4- P"- ' coli'  ultima  foftituzio- 

dx 

ne  (  K"  )  -,  dall'  integrazione  della  quale  fi  avrà  il  valore  di 
n"~'-  con  una  coftante  arbitraria.  Integrando  quindi  l'equa- 
zione (  K."  )  li  otterrà  il  valore  di  ii"-^  ,  e  il  giugnerà  final- 
mente con  quefl:'  ordine  a  trovare  il  valore  di  «  .  In  confe- 
guenza  fi  potrà  integrare  V  equazione  primitiva  di  foflituzio- 
ne  (K),  ^  confeguire  il  valore  dì  j .  Ma  perchè  quefto  va- 
lore lia  l'integrale  completo  dell'equazione  (A)  bilbgna  fod- 
disfiire  alle  equazioni 
(£) . . .  o  =  I  4- Pj  4-^^= -j-K^i-|-ecc. 

(S' J . . .  o  =  I -j-P' ^-1- ^7.^4-il';^^  +  ecc. 

(5")...'o=:i-|-P"r-j-^'c^^-RV'-fecc. 

che  hanno  luogo  infieme  con  le  equazioni  (C),  (C )  ecc.  Sì 
confideri  pertanto  ,  che  tante  fono  le  funzioni  indeterminate  P, 
^ ,  R  ecc.  quante  unità  contiene  il  numero  n ,  e  che  n  — •  i 
è  il  nuinero  delle  equazioni  di  relazione  tra  quefte  funzioni 
che  debbono  aver  luogo  .  Dunque  è  manifefto  ,  che  una  di 
quefie  funzioni  può  efière  tuno  quello  che  fi  vuole  .  Sia  P 
queft-a  funzione  arbitraria  .  Maneggiando  le  altre  come  inco- 
gnite ,  fc  ne  potrà  dedurre  il  valore  in  P  e  cofianti  con  le 
folite  regole  dell'Algebra  comune  .  E  poiché  P :^X,^-^<P-X, 
R  =  <p'.X  ecc.  fi  perverrà  a  determinare  le  forme  0,  (p' y 
<p"  ecc.  dell' equazione  (^  )  jeflendo  X  una  funzione  di  .v  qua- 
lunque, e  a,^,c  ecc.  coftanti  a  piacere.  Egli  è  viubile ,  che 
non  la  fola  P  ,  ma  una  qualfivoglia  delle  indeterminate  P, 
^jRecc  può  pigliarfi  da  principio  per  funzione  di  arbitrio» 


NEL   Calcolo   Integrale.  191 

e  le  altre  fi  determineranno  col  mezzo  delle  equazioni  (5), 
(.8')  ecc.  Il  che  ecc. 

Esempio    I. 

Sia  da  integrare  I'  equazione  differenziale  (A) 

(,,...M=.+.r|.+^/|, 

elTendo  M,  X  funzioni  di  a;  di  qualunque  forma. 

Facendo  Jf=P, =  — ^,  fi  avranno  con  la  foftituzio- 

a' 

ne  (K)d}'  =  q}'dx-\-udx  le  due  equazioni 
(B).. .07=1  ~\~Pa4-^i'- 

(C)...M  =  (P^^a)uJr^^ 

ax 

Prendendo  1'  integrale  completo  dell' equazione(C)  tt=:K,  Ci 

foftituifce  il  valore  di  u  nell'  equazione  (K),  e  fi  avrà 

(  L) . . .  y  =  y.'"  ( Cofi. -f  Cvdx fX-'" 

integrale  completo  dell' equazione  (^),  purché  fi  foddisfaccia 
all'  equazione (B).  Ma  fofiituendo  in  (B)  X  in  luogo  di  P  , 

— r— in  luogo  di  ^  ,  r  equazione  fvanifce  .  Dunque  1'  ef- 

preffione  (L)è  1'  integrale  completo  dell'  equazione  (A) 

Esempio     II. 

Sia  da  integrare  1'  equazione  differenziale  di  terzo  grado  (^) 

a-]-l^  +  abXs  dy 

^         a'b'       ^  dx' 
M,  X  eflendo  funzione  di  x  qualunque,  «,  b  collanti  a  pia- 
cere.  Supponendo  per  maggior  femplicità,  che  l'equazione  fia 

fi  avrà  con  la  foftituzione  (K)  ^  =  ì7;'ì:>;-|-?<</a:  le  due  equa- 
zioni 


192  Indagini 

(£)....  o  =  I  +  P«  +  ^rf'  .4-11^5 

^{^àndo  M' =  M  :  (P  +  ^a +  Ra'),P'  =  (^  +  Ra):(P-ì- Ha +  Ra') 
^'  =  il:  (  P-i-^rt  +  iltf=  )  ;  e  con  la  fofHtuzione  (  K!  )  du 
:=budx-\-u'dx  neir  equazione  (C)  fi  avranno  le  equazioni 
(£')... .o  =  i  +  ?'^4-t'^' 

iC)....M'^ti'  +  P"~ 

efiendo  M"=  M:  (^  +  R('^  +  ^)  ) ,  P"  —  R:(^^  +  R{a  +  h)) 
Prendendo  V  integrale  completo  delP  equazione  (  C)  ,  fi  avrà 
u'  =  {/';  e  foftituendo  quefto  valore  in  (K)  il  avrà  integran- 
do u  =  V.  In  confeguenza  foftituendo  quello  valore  per  a  nell' 
equazione  (K)  -,  e  integrando  fi  otterrà 

/  =  e-  (  coft.  -f-   /  V'dxfx-'"  ) 

integrale  completo  dell'  equazione  (  A)  ,  giacché    comprende 

tre  collanti    arbitrarie  ,   purché  fi  foddisfaccia    alle    equazioni 

(B),  (B').  Ma  appunto  mettendo  Z  in  vece  di  P, 

a'^  +  a'b  —  h'    ,   (a'  —  b)X  .  ,.   ^  a  +  b  +  abX 

in  vece  di  ^,  e 


a'b'  'ab  a'b' 

in  luogo  di  R  entrambe    quelle   equazioni   fvanifcono  .  Dun- 
que ecc. 

§.  XV.  ': 

Ma  fu  le  tracce  della  Prop.  precedente  poffiamo  aprirci  un 
campo  di  fpeculazione  più  vafto ,  e  poggiare  ad  una  più  gran- 
de generalità  coli'  ajuto  delle  funzioni  indeterminate  .  Per 
quella  via  prenderemo  a  fare  qualche  tentativo  generale  intor- 
no air  integrazione  dell'  equazione  (  A  )  (  §  .  I.  )  allorché  i 
coefficienti  P,^r,R  ecc.  fono  funzioni  di  x,  né  più  né  me- 
no come  s'  è  fatto  nella  Mera,  fopra  citata  per  le  equazioni 
a  diflèrenze  finite . 

Si  cominci  primieramente  dal  mettere  fotto  le  forme  fe- 
guenti  le  equazioni  differenziali  di  grado  in  grado  ,  negletto 
il  primo,  comprefe  nell'equazione  (^)  (§.  1.)  in  fuppofizio- 
ne  di  M  ==;  o 

(D)....o 


NEL   Calcolo    Integrale.  i9J 

dy  ddy 

(B')...o=/  +  F(^,   .,  A)|^+F'((^,t.,A)^ 

d'y 
+  F"(<p,^,  A)  4 
ax 

(B")-'--o=J  +  F{<p,  V,    A,  A)j^+F((J),i;,   ^.^)^ 

4-F'(<J>,  t.,    A,  A)^4-F"(cf),  .,    A,  A)^^ 

ecc.  eflendo  cp  ,  u  ,  A  ,  A  ecc.  funzioni  óì  x  ,  F(<p  ■,  u), 
F'($  ,  t^  ,  A)  ecc.  funzioni  di  cp  ,  u ,  di  (p,  u  ,  A  ecc.  Il 
numero  delle  funzioni  cp,  d,  A  ecc.  introdotte  in  ogni  equa- 
zione differenziale  è  uguale  al  grado  dell'  equazione  da  rifol- 
vere.  Sì  concepifca  poi,  che  V  equazione  (K) 

f  <fdx  ^       f  vdx  ^       jùidx 

(K)....7  =  (U  (,^+  I  ^^^  (  ^'  +  /  ^''^'"  (  ^' 

/f  ydx 
dxfx  (i^"'+  ecc. 

ali'  infinito  rapprefenti  V  integrale  completo  dell'  equazione 
{  A),  eflendo  A^  A  ^  A'  ecc.  le  coflanti  arbitrarie  ,  di  mo- 
do che  ,  richiedendoli  \'  integrale  di  un'  equazione  differen- 
ziale del  grado  n  ,  bafta  fare  la  collante  24"+',  e  tutte  le 
fulleguenti  =:  o  .  La  ferie  allora  s' interrompe ,  e  l' equazione 
finita  rifultante  comprende  n  coftanti  arbitrarie,  e  tante  fun- 
zioni (p  ,  1/  ,  A  ecc.  quante  unità  fono  in  ».  In  confeguen- 
za  pigliando  la  differenza  n"".  di  queft'  equazione ,  dovrà  el- 
la rapprefentare  un'  equazione  (A)  del  grado  n ,  cioè  la  for- 
ma (B)  ,  (B)  ecc.  corrifoondente  a  quel  grado  ,  si  che  le 
forme  F((j>,t;),  F'  {(p^  v,  l\)  ecc.  verranno  ad  eflere  de- 
terminate . 

Sieno  pertanto  (P),  (P')  ecc.  quelli  differenziali   fucceffi- 
vi  dell'  equazione  (K) 

(P)....o  =  (,^(ci,-fO-(D'>-(^'4-^t)J-|-^ 
Tonio  Iir  Bb 


ip4  Indagini 

d<p  dip'  du        „      du' 

ecc.  ne  quah  (p'  =  -~  ,  $"  =  _-  ecc.  ty'  =  -— ,    u"z=:—-  ecc. 
flX  d.v  rfx  dx 

Quefta  diflerenziazione  può  continuarfi  agevolmente  ,  mentre 

-/(  (p  +  v  +  £:i)dx 
V  equazione  (  P  )  moltiplicata  per  ^  e  diffe- 

renziata fomniiniflra  l'equazione  (P');  T  equazione  (P')  mol- 

—  f((p  +  v+ùi  +  '\)dx 
tiplicata  per  /x  e  differenziata  fomminì- 

fìrerebbe  l'equazione  proffiraa  fuffeguente  (F');  e  così  all'in- 
finito .  Ciò  premeffo  è  manifefto  ,  che  perchè  1'  equazione 
(K)  affunta  lia  1'  integrale  completo  dell'equazione  (A)  del 
grado  »,  quella  delle  equazioni  differenziali  (P) ,  (P'),  (P") 
ecc.  eh'  è  dello  fleflb  grado  ,  dee  identificarfi  coli'  equazione 
(A)  .  In  confeguenza  tutte  le  volte  ,  che  1'  equazione  (A) 
potrà  ridurli  alla  forma  (P),  o  (P')  ecc.  1'  efpreHione  (K) 
farà  il  fuo  integrale  completo  .  Non  farebbe  difficile  cola  il 
dimoflrare ,  che  in  quelle  formule  fi  contengono  tutte  le  traf- 
formazioni  che  poiìbno  darfi  all'  equazione  generale  (  A)  , 
onde  foggettarla  ad  integrali  della  forma  (  K)  .  Ora  ,  effen- 
dou  dimoftrato  ,  che  1'  equazione  (A)ìn  fuppofizione  di  M 
funzione  di  x  è  integrabile  tutte  le  volte  e  ne'medciimi  cafi 
che  può  elferlo  in  fuppofizione  di  M=o  (§.  Vili.)  ,  è  ben 
chiaro  per  se  ,  che  il  metodo  ci  conduce  a  una  grandiifima 
generalità  ,  e  abbraccia  cafi  d'  integrabilità  fenza  confini  per 
r  equazione  (A)  a.  coefficienti  variabili.  Ora  mi  rilìringo  a 
rifolvere  il  cafo  de'  coefficienti  collanti  per  un  efempio . 

PROPOSIzfONE    Vili. 


§.  XVI.     Integrare  /'  equazione  (A) 

(A)....M  =  y^-A^-]-S^+  ecc. 

dx  dx^ 

in  cui  M  è  funzione  di  x ,  A,B,Cecc./c'«o  quantità  cojìanti . 


ecc. 


NEL   Calcolo    Integrale.  195 

Risoluzione. 

Pongaft  M  =  o  ;  e  poiché  i  coefficienti  de'  termini  fono 
quantitìi  cofhmti ,  dov^ranno  parimente  eilere  quantità  colan- 
ti le  funzioni  indeterminate  $ ,  t; ,  A  ecc. 

Dunque  la  formola  rapprefentante  l'integrale  completo  dell' 
equazione  (A),  in  fuppofizione  di  M=o,  farà 

(K)....j  =  iJ.'^-(A  -^fdxfjy"  (  A  -{-fdxtj^"  (  A'  -H 

Ora  nella  differenza  »"'*.  di  quella  equazione  i  coefficienti  di 

tutte  le  potenze  differenziali  -r- ,    -, — ,  ecc.  fono  funzioni  di 
'^  dx      dx'^ 

(p,  V  ,  ù.  ecc.  e  »  di  numero  ,  come  rifulta  da  quanto  fi  è 
cfpoflo  nel  §.  precedente .  Ed  è  pure  n  il  numero  de'  coeffi- 
cienti A,  B  ecc.  dell'  equazione  (A).  Dunque  identificando 
le  equazioni  differenziali  ,  iì  potrà  ricavare  da'  paragoni  un 
numero  n  di  equazioni  in  <p  ,  v ,  ù.  ecc.  A  ,  B  ,  C  ecc.  col 
mezzo  delle  quali  Ci  potranno  determinare  i  valori  delle  <p^ 
V,  A  ecc.  in  A,  B,  C  ecc.  Se  dunque  i\  fodituiranno  quelli 
valori  nell'equazione  (K) -,  fi  otterrà  I'  integrale  completo 
dell'  equazione  differenziale  (A)  nel  cafo  di  M=:o.  Ma  da- 
to 1'  integrale  di  (A)  in  fuppofizione  di  M=:o,  fi  ha  pure 
r  integrale  di  (A)  in  fuppotizione  di  M  funzione  di  x  qua- 
lunque (  §.  Vili.  )  .  Dunque  ecc. 

5.  XVII. 

Quella  rifoluzione  dell'  equazione  {A)  non  è  turbata  dal 
cafo  delle  radici  eguali  {§.  XIII.)  alle  quali  cogli  altri  me- 
todi fa  d'uopo  avere  confiderazione  particolare (Veggafi  il  II. 
Voi.  del  Cale.  Integr.  del  Sig.  Eulero  pag.  429  e  fegg. ,  e  il 
III.  Voi.  degli  atti  di  Torino  nell'  eccell.  Mem.  del  Sig.  de 
la  Grande). 


Bb    ii 


196  Indagini 

Esempio. 

Sia  da  integrarfi  1'  equazione  differenzio  -  difFerenziale 

(a) M=^_^*+^ 

adx       a  dx 
Sì  facciano  nell' efprefTione  (K)  (§■  XV.)  le  colanti  arbi- 
trarie A'' ,  A'"  ecc.  =  o ,  e  però  V  integrale  ricercato  in  fup- 
polizione  di  M  =  o  farà  della  forma  feguente 

(R) . . .  ./  =  M*^  (  ^  _[_  rA'dx/T"  ) 

la  quale  difrerenziata  due  volte  darà  I'  equazione  (S) 

(p'  +  v(p    dx       <p^  +  v(p    dx'' 
Dal  fuo  paragone  pertanto  con  V  equazione  (  ^)  (1  otterrà 

V  +  2(p  2  l  I 

-: =  -  ,    — =— ,  e  pero  *  =  —  <7,  v^=:o  . 

(P'+v<p    _  a      (p^  +  v(p      a'         ^ 

Softituiti    quelli  valori  nell'  equazione    (R)  ,    1'   integrale 

completo  dell'  equazione  (§1),  fuppofto  M  =  o,  farà 

j'==lji-"'(A~j-  rAdx)z=z,j.~^''{A^A'x) 

I  met-odi  ordinar]  avrebbero  fatto  dipendere  queft'  integra- 
zione dalla  rifoluzione  dell'  equazione 

in  cui  due  radici  fono  eguali .  Ma  eflTendo  noto  V  integrale  in 
fuppofìzione  di  M  =  o  ,  Io  farà  pure  in  fuppofuione  di  M  fun- 
zione di  X.  Dunque  ecc^ 

§.    XVIII.        .  • 

Non  efTendonni  propoflo  in  quefta  Memoria ,  che  d'indicare 
alcune  vie  ,  che  mi  fono  aperto  per  1'  integrazione  di  quefla 
forta  di  equazioni  diflerenziali  coli' intenzione  di  ripigliar,  fé 
fìa  pofTibile  ,  la  materia  più  di  propofito ,  che  ora  per  avven- 
tura non  m' è  conceduto  di  fare ,  palliamo  a  fare  qualche  ri- 
cerca full'  equazione 


NEL   Calcolo    Tntecrale.  i<)7 

(A)..  ..  Mdx"  =  ;c*+'  (  «  -t-  bX)j'dx''  +  x*+'  (c  +  eX)  djdxT-' 

_|_  .v*+'  {f-\-g  X)  dd/dx"-'  +  ecc. 
in  cui  M,  X  fono  funzioni  qualunque  dì  x ,  <p  a  b  e  ecc. 
coftanti  a  piacere  .  Non  è  ignoto  a'  Geometri  di  quanto  ufo 
lia  la  fola  equazione  di  fecondo  grado  Mdx"- -  x' {a -\- bx")dd_y 
-\-x{e-\-fx")dxdj'-\-{g-^hx") j/dx^  eh'  è  un  cafo  parti- 
colariHimo  dell'  equazione  (^),e  fu  cui  più  di  tutti  ha  dif- 
fufamente  verfato  il  Sig.  Eulero  nel  X.  Voi.  de'  nuovi  Com. 
di  St.  Pietroburgo  ^t  in  appreilb  nel  II.  Voi.  del  fuo  Cale.  In- 
tegrale. Ci  fermeremo  pertanto  prima  fu  quefta  ,  ed  eftende- 
remo  poi  le  nortre  indagini  full'  equazione  generale. 

PROPOSIZIONE.     IX. 

§ .    XIX.      Svolgere    infiniti  cafi   d'  integrabilità  dell'  equa- 
zione 
{C\) Mdx'  =  X'  (  a  -f- bx" )  ddy  _|-  x  ( e ^  fx" )  dxdy 

-,l-(g  +  hx")ydx^ 
indipendenti  dall'  e/ponente  n . 

Risoluzione. 

I.     Si  fupponffa /=:— ,  efTendo  z,  una  nuova  variabile  ,  e 
x 

fi  foftituifca  quefto  valore   nell'  equazione  (  A  )  .  Ella  prende 

queda  forma 

(B)....(a  +  bx")  (^xddz.  -  zdxdz.  -] ) 

+  {e  +fx")  {dz.dx —  )  -f  (^  +  hx") -  Mdx^  =  o 

Di  quefla  equazione  fé  ne  faccian  due  nel  modo  feguente 
(  a  +  bx"  ) (  e  +fx"  ) +(^  +  ix")- =  o 

•^  X  X 

(  a  +  bx''  )  (  xddz  —  idxdz.  )  -\-{  e  -f-/V  )dz.dx  —  Mdx'  =  o 
le  quali  fempliticate  e  ordinate  divengono 
(C)  za  — ^-j-^-f  (2&— /_j_>è);c"  =  o 

Bb     iij 


19S  Indagini 

(D)  x(a  +  bx" )dd-z.-\-{e~za-\- (f—  ib  J.v") dxdz. - Mdx'  ~ o- 
Pofto  nel!'  equazione  (D;  ^z.== //^;v ,  fi   pad!   all'  integrazione  .. 

'    '  .^x  3dx 

Si  avrà  //  =  -  =  /.  (^A+j-^-fx  )  =  V 

elfendo   ^=e — ^^-\-(f — il^)x\,  P  =  x (a-l-bx")  .    Per 

confeguenza  z.  =  A'-\-  l  Vdx  ,  e  però  /  =  A'zr  '  -{-  x-'  1  Vdx 

farà  r  integrale  completo  dell'  equazione  (A)  ,  ognora  che  (I 
foddisfaccia  alle  due  equazioni 

ia  —  e-^g-=.o  ;  ib — f-\-hr=.o  ,    le  quali  non   involgono 
r  efponente  n . 

II.     Di  nuovo  fi  ordini  l' equazione  (  B  ) ,  e  fi  fupponga  M 
r=  o  .    Si  avrà 
{B'  ) . . . .  c=.x'  {a-\-bx'')ddz.^  X  (^e  -  za-]^if-  '.h)x'')dxdz. 

J^(J,a  —  e^-g^{^b  — /+  h  )x"  )zdx^ 

Pofto  pertanto  e — 2a  =  e' ,  f — 2^=/,  2^  — e-}-^=^', 
zb — f-\-hz=ih'  ^  V  equazione 

o  =  A"  (  ^  +  bx'  )  ddz.  +  X  (e'  +fx")  dxdz  +  (g'  +  h'x")  zdx^ 

con  la  foftituzione  di  —  in  luogo  di  z,  fi    cangerà  in  quaifei 

x 

x'(a^  bx")ddz'  ~{-x(^e'  —  ia-\~(f—2b)x'')  dxdz.'     . 

+  (2^  — e'-]-^'4-(2^— /  — /y),r")z,'^x'  =  o,  cioè  in  quefia 

{B')....  X'  (  a  -}-  bx"  )  ddz.'  4-  X  (  ^  —  4^  +  (/—  4&  )«"  )^^^z.' 

-\-(6a  —  ^e-j-g  -f-(  6b  —  2/-}-  ^  )x"  )z!dx^  =  o 
Similmente  fi  troverà  che  l'equazione  (B")  con  la  foftituzio- 

ne  di  —  in  luogo  di  z!  fi  trasformerà  in  quefta 

(  B"  )....x^{a-^bx"  )ddzJ'  -f  ;c  (  f  —  6^  +  (/—  6h  )x''  )dxdz" 

+  (12^  —  ^e-^g-^(i2b—  sf-j-  /yjx"  'JzJ'dx'  =  o 

z'" 
QLiefia  poi  con  la    foftituzione  di  —  in  luogo   di  z"  diverrà 

(  B""  )...,x^(a-^  bx"  )ddz"'  +  X  (  f  -  8^  -f  (/-  8^  K  )dxdz^' 


NEL  Calcolo  Integrale.     199 

-|-  (  2oa  —  ^e-\-g-\-(  2ob-'^f-\-h)x''  )z."dx'  =  0 

e  COSI  fucceflìvamente  in  modo  ,   che  dopo  m  trasformazioni 

fi  perverrà  all'  equazione 

(B'") . . .  xXa  -f-  bx'-)ddzJ"-'  +  x(e  —  ima  -f  (/—  imb  )x"  yxdz."-' 

J^((m-if-m')  b  —  mf-^h  )  x"  )  z.™-  '«(x*  =  o 
Ma  di  quefta  equazione  fatte  due  come   nell'  articolo   pre- 
cedente ,  li  troverà  eh'  ella  è  integrabile  qualvolta    fi  veritì- 
•chino  le  due  equazioni 

m^b  ~^m{b  — /)  -j-  ^  =  o 
Dunque  in  tutti  quefti  infiniti  cafi  di  relazione  tra  i  coef- 
ficienti ,  ove  non  entra  1'  efponente  n ,  efiendo  in  numero  in- 
tero e  pofitivo,  e  in  fuppolìzione  di  M  =  o,  fi  avrà  l'inte- 
grale completo  dell'  equazione  (A);  e  però  {§.  Vili.)  anche 
in  fuppolizione  di  M  funzione  della  variabile  x . 

Ili.     Ma  di  nuovo  ancora  fi  ripigli  I'  equazione    (  5  )  ,  e 
fé  ne  combinino  tre  paja  come  fegue  in  ipotelì  di  M  =  c) 
\{E)..  .x'{a-\-  bx")ddz.  +  x(^e  —2a+  (f—  2b)x"  ^dxdz. 

^  ~\~{2a-\-  ibx"  )  x.dx''  =  o 

l{E)...g-eJr{h-f)x''  =  o 

5( F)  . . .  ^'  (<?  -t-  bx'')ddz.  +  x(^e—  za  +  (f—  zbjx"  )  dxdz. 
C  —  (e  +fx" )  zdx^  =; o 

2(F')...2a  +  g+'(ìb  +  è)x''=o 

^(G)...x^(a  +  bx'')ddz.  +  x(e  -^ia-\-  (/—  ib)x''  ^dxdz. 

y  -{- (  g  +  ^x"  )  zdx^  =  o 

2(G')...ia-e  +  (2b—f)x"z=io 

Se  nell'  equazione  (^)fi  ponga  M=o,  e  in  luogo  di  ^  ,  / 

in  luogo  di  /? ,  si  che  fi  foddisfaccia  all' equazione  (£') ,  e  ne 

rifulti  r  equazione 

(:^')....x'(a-\-bx")dd_y^x(e-{-fx")dxdf 

']-{e+fx")j'dx'  =  o 


200  Indagini 

è  certo,  che  qualvolta  s'  integri  requaz,ione(E)  fi  potrà  in- 
tegrare l'equazione  (  l\' ) .    Sì  faccia  pertanto  in  (E)  e — •  la 
z=ze',  f — zb-=f' .  Si  cangia  1'  equazione  in  quefta 
(E')....x'{aJÌ^bx'')ddz.-^x{é-^f  x'')dxdz. 

■\-{ra-\-  ibx"  )  Tidx^  =  o 
k  quale  è  integrabile  (  Art.  I.  )  ognora  che  fi  verifichino  que- 
fìc  due  relazioni  6a  —  e  =  o;6b — /=o 

Dunque  in  quefti  cafi  farà  pure  integrabile  l'equazione  (A' J. 

2,' 

Ma  foflituendo   -  in  luogo  di  z,  nell'  equazione  (  E") ,  ella  fi 

X 

trasforma  per  la  fteffa  ragione  nell'  equazione  feguente 
x'(a-\- bx"  ) ddz.' -{-x(e'-2a^b(f-ib)  x"  )  dxdz! 

^-  {2a-]-  ibx"  )  z,'dx'-  =:  o 

cioè  nella  feguente,  facendo  e-'  — 2rf=r e", /' — '2^=:/", 

(  E'"  )....x'{a^bx''  )ddzJ  +  X  (  e"  +/'  x"  )  dxdz.' 

-\-(2a-\-  ibx"  )  z,'  dx'  =3  o 
e  cosi  fucceflivamente .  Dunque  dopo  n2  trasformazioni  fi  per- 
\errà  all'  equazione 
(  E"  ) x'(a-]-bx"  )  ddzJ"-'  -f-  .r  (  e  —  ima 

4-  (/—  zmb)  x"  )  dxdz.'"-' 

'^(ia~\-zbx'')z:"-'dx'  =  o 
della  forma  di  (A')  .  Ma  fatte  due  equazioni  dell'  equazione 
(E'";  col  metodo  adoperato  nel  I.  Art.  ,  fi  troverà  eh'  ella  è 
integrabile  qualvolta  fi  verifichino  quefte  equazioni 
(2m-\-.^)a  —  e=:o;  (2m-\-4)b—e  =  o 

■Dunque  generalmente  in  tutti  quefti  cafi  farà  integrabile 
completamente  1'  equazione  (  C^' )  ,  eflendo  m  numero  intero 
e  pofitivo . 

Nello  ftefib  modo  mettendo  nell'  equazione  (A)  M=o, 
—  2(7  in  luogo  di  g,  — 2b  in  luogo  di  ,^,onde  foddisfare  all' 
equazione  (F'  ) ,  Ci  troverà  che  1'  equazione 
(  A'  ) . . . .  x'(a-{-bx'')ddf~\-(e  -{-fx"  )  dxdj/ 

—  {2a--\-2bx'')}'dx^^=o      "        ■  '       -        ■ 
con  la  foftituzione  7  =  -  li  trasforma  prima  nell'  equazione 


NEL  Calcolo  Integrale.      201 

(H)....x'(a-\-bx")dd:!i-{-x(^e  —  2a-]-(f-2b)x')(ixi{z 

—  (e -\-fx"  ) z.dx^  =  o 

Z.' 

quefta  con  la  foftituiione  z.  =  -   nell'equazione 
(H')...x\a  +  bx"  )ddzJ  +  ^( .-  -  4^  +  (/-  4^  )x"  )dxdz.' 

—  (  e  +fx"  )z.'dx'  =  o 

e  COSI  fucccdìvamente  ,    fioche  dopo  m  trasformazioni  fi   per- 
viene air  equazione 
(H"')  ...x'ia  +  bx" )ddz.'" -{-x(^e-  lam  +  (/-  rbm )x" )dxdzr 

—  (  e  +/^"  )'2'"'dx'  =  o 

la  quale  eflTendo  integrabile  {Art.  I.)  ognivolta  che  fi  verifi- 
chino le  feguenti  equazioni 

{m~\-i)a  —  ez=o  ;  {m-\- i  )b — /=o 
lo  (iirà  pure  negli  fieifi  cafi  1'  equazione  {ùì).  E  finalmente 
procedendo  nella  fl-efia  guila  lì  dedurrà  che  l'equazione  (A") 
{ùì") . . .  x'(a  -{-  bx'')ddj  ^x{2a-\-  2bx"  )dxdy  +{g-\-  hx'')ydx'^  =  o 
e  integrabile  qualora  fi  verifichino  le  due  equazioni 
2am-\- gz=:o  ;  2bni-\-f=o  . 
E  quello  per  ora  bafii  intorno  all'  equazione  (A).  Il  che 
ecc. 

PROPOSIZIONE    X. 

§.  XX.     Svolgere  infiniti  cafi  d"  integrabilità  dell'  equaz.ione 
(Q^) . . . .  x*  + '  (  a-l-bX  Jddy -j-x*+ ^  (e-l-fX)dxdy 

_j_  X*  +  '  ( g -f  hX  )ydx' —  Mdx' =  o 
in  cui  M  ,  X  fono  funzioni  di  x  qualunque  ,  <p  3.  h  t  i  ecc. 
cofìanti  a  piacere. 

Risoluzione. 

I.     Suppongafi  ^:=  ~^-—  ,    Fatta  quefta  foftituzione  nell' 
equazione  (^),  ne  rifulterà  1'  equazione  (R) 
(R)  . . .  (^  -f  bX)  (x'ddv  —  2(ct)  -f  i)xdvdx-\-{(p  +l){<p-\-  2)vdx') 
Tomo  II.  Ce 


loa  Indagini 

-f  (  e  +fX)  (  xdvdx  -  (  1)  +  I  )vdx'  )  +  (^  +  hX)  vdx' 

—  Mdx''  =  o 

dalla  quale  fé  ne  combinino  due 

(R') . . .  ;e'  (^  +  bX)ddv  -f  .v(c  -  2^:f)  -  2<7  +  (/-  2^^  -  zh)X)dvdx 

=  M^.v*  

(R")...^((D+i)(<^  +  2)— ^(c^-f  1)+^ 

+  (^;($+i)($  +  2)— /((p+i)  +  ^)X=o 
Avendo  poi  fatto  dv^=-'z.dx  nell'  equazione  (R)  ,  ella  fi 
riduce  all'  equazione 

X'{a  +  bX)dz.  +  .v(e  —  2^4)  —  2<?  +  (/—  ib:p—  ib)X')zdx  =  AW>; 

la  quale  integrata  ci  fomminiftra  z.=^Z  funzione  di  x  con- 
tenente una  collante  arbitraria.  Ehanque 

•V  =  coft.  -f-  jZdx  ;  e  però  7  =  cof,  a;-  *  -  '  +  x-  *  -  '  /Z  J.v 

farà  r  integrale  completo  dell'  equazione  (  ^  )  fempre  che  fi 
verifichino  le  due  equazioni 

b(<p-{-i)(<p-\-i)—f((p-\-i)-}-/j  =  o 
IL     Sì    ordini    l'equazione   (R)  [Art.  preced.)    in    quefto 
modo,  facendo  M=:o,  e  moltiplicando  tutto  per  ;>c*+' 
x-*  +^(«  +  bX)ddv -^x'^  +  '(e-zaì>-2a  +  (/-  2^4> -  zb)X)dvdx 

+  :vr*+'(<7((|)+i)((|)+2)  — e((^-f  0+^      ,.,  > 

-f  (£- ((j,+ I  )  (cp-h  2  )—/($+ I  )  +  /^)Z>^.v'  =  o 
sì  che  farà  ella  della  forma  (  ^)  in  ipotefi  di  M  =  o  . 
Se  dunque  fi  faccia  e — za^p — ia-=^e' ^  f — ir^b  —  rbz=f'  ^ 

<z((j)-j-i)((^-f  2)  — e((^+i)4-^=^',    ^(ct)+i)(c|)  +  2) 

— /(4)-f- I  )-}->&  =  /&' ,  farà  ella  integrabile  (A/,  l)  qual- 
volta fi  verifichino  le  due  equazioni 

^(0)+ I  }((r  + 2  )—/'((()+ 1  )  +  /&'  =  o 
e  però  negli  fteffi  cafi  lo  farà  pure  1'  equazione    {§_)    fuppo- 
fio  M  =  o  ,  indi  {§.  Vili)  fuppoflo  M  funzione  di  a:  .  Ma 


NEL  Calcolo  Integrale.     203 

1)' 
ponendo  —5-7-,  in  luogo  di  Z',  1'  equazione 

^4>  +  j  ( ^  _|_  bX)ddv  +  X*  +  '  (  ^'  -^jX)dvdx 

+  :v*  +  '  ( <? '  +  h'X)'vdx'  =  o 

fi  trasforma  come  prima  in  quefta 

x'^  +  '{a  -:■  bX)ddv'  ■>.-  a;*  ^'  {e'  -  zap  -  za  +  (/-  iZ'^-  ib)X)dxdv' 

+  (^(^4-i)(ct)4-2)  — /'  (  cf)  -f  I  )  -[-  /5'  )  Z  )  t;W;c'  =  o 
la  quale,  porto  e'  —  lap — ■za  =  e",  f — zb^ — zb:=:f' 

è  integrabile  ognivolta  che  abbiano  luogo  le  due  equazioni 

^((P+iK^  +  O  — ^"(<t>H-0+^"  =  o 

b{<p~{-i){<p-\-z)—f{(p-\-  i)-\-h"=o 
Dunque  negli  fteffi  cafì  lo  farà  pure  1'  equazione  {§i)  ;  e 
cos'i  fucceffivamente  .  In  confeguenza  progredendo  in  quefto 
modo  dopo  m  trasformazioni,  lì  conchiuderà,  che  l'equazio- 
ne {§1)  è  generalmente  integrabile  qualvolta  fi  verifichino 
le  due  equazioni 

a{p-\-i){<p-\-z)  —  s^{<p-\-i)-\-g'^  =  o 

^((|)+ O  (<?>+ 2  ) —/•(<^+ I  )-{-/&"•  =  o 
Ed  è  ben  facile  cofa  1'  ottenere  le  forme  e™,  /"  ,  g"" -,   h""  in 
^ì  f)  ^1  ^  con  le  foRituzioni  fucceflìve,  efTendo  generalmente 
e^"  =  e'"-'  —  zap—za,  /"=/■"-'  — zbp  —  zb 

g'  =  a(<p-^i)(^-\~z)~e''-'(<t>-\-i)-\-g"'-', 

6'"  =  b(<t>-j~i)(<pJi-z)—f"-'(<p-\~i)-{-ò'"-' 
III.  Ma  di  nuovo  a  queffi  infiniti  cali  d'  integrabilità 
dell'  equazione  (^)  altri  infiniti  polTono  aggiugnerfi  ,  come 
fi  e  fatto  neir  antecedente  Propoiìzione  ,  ricavando  tre  paja 
di  equazioni  dall'  equazione  (R)  ,  e  procedendo  in  modo  a- 
nalogo  a  quello  del  §.  XIX.  Art.  III. ,  cofa  ,  cui  m'  aflengo 
dal  fare,  non  implicando  alcuna  difficoltà. 


Ce    ij 


204  Indagini 

Scolio. 

§.  XXI.  L'  equazione  (A)  della  Prop.  IX.  non  è  che  un 
cafo  ben  particolare  di  quefta,  com'è  manifeflo,  cioè  quan- 
do Z  =  x",  (pz=z — I.  Ma  lì  può  eiìendere  il  metodo  ,  co- 
me ho  accennato  di  fopra,  ad  una  piì^i  grande  generalità  cioè 
a  tutti  i  gradi  di  quefta  fpeciale  natura  di  equazioni  diffe- 
renziali . 

PROPOSIZIONE    XI. 

f.    XXII.     Svolgere  infiniti  cafi   d'  integrabilità  dell'  equa- 
■z.ione  (A) 
(A)  Mdx"  =  X'"  +  '  e  a  4-  bX  jydx"  +  x'"  +  =  (  e  +eX)dydx"  -  ' 

4-  x""  +  '  (f  4-  gX)ddydx"-'  +  x""  +  *  (h  -f  KXjd'ydx"-* 

;         _         4-x'"  +  ^(l4-pX)dVdx"-*  +  ecc. 

in  cui  M ,  X  fono  fu-nz.ioni  ^/  x  ,  a  b  e  e  ecc.  m  coflanti  a 

piacere  . 

Risoluzione. 

J>i  laccia  7=    ,^^  ^  .  Softituito  quefto   valore  nell'equazio- 

ne  (^)  prende  ella  la  forma  {A) 
(A')...  Mdx"  =  (a-\-  bDvdx" 

+  (  e  -}-  eX)  (  xdvdx"  -'  —  (  w  4-  I  )vdx''  ) 

-{-  (f-\~gX)  (x^ddvdx"  -  ^  —  z{nì-\-i  )xdvdx''  -  ' 

'\-{m-\-i){m~\-z  )z'dx"  ) 

+  (  /& 4-  KX)  ( x'd'vdx" -'  —  s(m-j-i  )x'ddvdx" -  ^ 

-j-  3(w  +  i)  (m+i)xdvdx''-'  -{m  -:■  i)  {m-.-i)  (m-i-i)vdx''^ 

4-  (  /  -\-pX)  (  x*d^vdx"  -  4  —  4  (  w  4-  I  )  x'd'vdx"  -  ' 

4-  6(  w  -|-  I  )  (  W  4-  2  )x^ddvdx^  -  ' 

—  4(^  +  I  )...(m  +  fjxdvdx""''  +  (m  +  i),..{m  +  ^)vdx''^ 


NEL  Calcolo  Integrale.     205 
^  (  ^  _|_  r  J)  ( x'd'vdx"- -  '  —  5  (  w  4-  I  )  xU*vdx'  -  -» 

_|_  io(m^i){m-\-r)x'd'vdx"-' 

—  io{m-\-i  ) ..  .{m-\-  ^  )x^ddvdx" -  ' 

_|_  5(^rt  ..  i)...(m  -i-  jf)xdvdx"-'  —  (m  +  i)...(m  +  5)Z'^a:") 

-\-  ecc. 
Da  querta  equazione  fé  ne  combinino  tre  nel  feguente  mocio 
(B)...Mdx"=zxdvdx''-'  (j:—2f(m+  i)  -h  3^(w  +  i)  (  w+  J) 

—  4/  (m  i-i)(m+  2)  (w  +  3)  +  5(/  (w  H-  !)...(/«  ^.-  4)  -  ecc. 
4-  (e  -  2^(w  +  I )  +  3K(w  -i-  I  )  (r/^  -:-  2)  -  jfp{m  -;-  i  )...(/«+  3) 
~\-yr(n7+  i)...(w4-4)— ecc.  )Z) 

+  ;v'</</t;^;v"-'(/— 3/^(^4-  i)4-6/(w4-i)(^  +  2) 

—  I  o<7  (  w  4-  I  )  •  •  •  (  w  +  3  )  +  ecc.  +  (  ^  —  3^M  ''^  +  O 

'^6p(m+  i)(m  +  2)—  ior(m+  i)...(m+  3J4-ecc.)X) 

+  x'd'vd>f-'{h  -  4l(m  4-  i)  +  io^(^«  4-  i)  (w  4-  2)  -  ecc. 

-{- (^  K  —  ^p  ( m  +■  i  )  +  lor  (m  +  1)  (m  +  z)  —  ecc.  )X) 

-{-  ecc. 
(C) . . .  <<!  —  {m-Jr  i)c 4-  (w  +  i)(rn  +  2)/-  (w  -:-  i)  (m  +  2)  (?w  +  3)6 

-{-(m+i  )...  (/w  4-  4)/  —  (w  4-  I  )-(w  +  5)?  +  ecc.  =  o 

(C)...b  —  (m  +  i)(f  4-  (w  -:-  i)  (w  +  2;^  -  (m  ■{-  i)  (w  +  2)  (w  +  3)K 

-}- (m  +  1) ....  (m  +  ^)p  —  (m  +  i)....(m  +  ^)r  +  ecc.  =  o 
E'  certo    che  avendo    luogo  le  equazioni    (  C  ) ,  1'  integra- 
zione dell'equazione  (A)  dipende  dall' integrazione  dell' equa- 
zione (5),  cioè  dell'equazione  (B') 
(B)...  Mdx"  -  '  =  xv'dx"  -  '  (  e  —  2f(rrì-{-i)-\-  ecc.  ) 

-\-x'dv'dx"-'(^f—3Ò(m-^  i)  +  ecc.  ) 

+  x'ddv'dx'-'  (  /è  —  4/(w  -|-  I  )  +  ecc.)  +  ecc. 
in  cui  C\  trasforma  1'  equazione  (  B  )  ,  polio  dv  =  vdx  ,  e 
che  è  inferiore  di  un'  unità  all'equazione  (A),  cioè  del  gra- 
do m  —  I . 


uj 


20(5  Indagini 

Di  nuovo  l'equazione  (B')  con  la  fofl:ituzione  u' =. —    fi 

X 

cangia  in  quefi-a 

(B"; . . .  Mdx"  -  '  =  v"dx"-'  [e  -  2/(OT -f  I )  +  3/,  (m  4-  I)  (w  +  2 ) 

—  4/(  w-j-  i). .,(?«+  3)4.  5^y(?w+  i)...  (m  +  4)—  ecc. 
-}-((?-  2^(w  -f  i)  A-  iKim  V  i)  (;«  +2)  ~4/'(w  -:-  i)...(w  +  3) 

+  jr  (W4- i) . . .  (W4- 4)  — ecc.  )  J)4- (/- 3/j  (w  4- i) 
-]-  6/(m  4- 1 )  (m  4-  2)  —  I  Qq{m  4- 1)  (w  +  2  )  (m  +  3)  4-  ecc. 
-f(c?  — 3K(w-f- I  )4.6/'(?M-f- I  )(  w-}- 2  ) 

—  I  Oriana  4-  i)...(w  4-3)4-  ecc.)  j)  {xdv"dx''-^  -  v'dx"-') 
1     -'      ~^i^ — --^l  (m^  i  )~^  loq  (m~{-i)(m-\-2)  —  ecc. 

'-   •    +(K  —  ^p(m~\~i)-\~ior(m-\-i)(m+2)  —  (icc.')Xy 

-    (^x'ddv"dx"-'  —  2xdv"dx'"-'^2v"dx''~^y 

H~ecc. 
dalla  quale  combinandone  fimilmente  tre,  come  fegue, 
ÌB'')  . . .  Mdx"-'  =  xdv'dx"-'  (/-  3-5(w  4- 1)  4-  6l(m  +  i)  (m  j-  2). 

—  I  o^  (w  4- 1  ) . . .  (/J2  4-  3}  4-  ecc.  —  2/^  4-  2  .  4/  (m  4-  I  ) 

—  z.ioq{m-\-i  ) {ni -\-  1) -\- Qcc.-\- {g —  3K(w-|-  i  > 
-]-  6;'(;'>2  -[-  i)  (;w  _^  2)  —  1 0(7(w  -[-  I  ) . . .  (w 4-  3)  +  ecc. 

—  2K4-  2.:ifp{m-\-  i)~z.\or{m-\-  \){rn-\-  2)4-ecc.)Z)' 

4"  x^ddv"dx''-^  {h  —  4/(/w  +  1  )  +  I  o^(;w  +  i  )  (?w  +  2)  -  ecc. 

•\-{K  —  ^p(m-\-  i)-j-  ioY{m-{-  i)i>n-\-  2)  — ecc.)j} 

4-  ecc. 
(  C  ) . . .  £•_  2/(?w  4-  i)  4-  3^5  (w  4-  i)  (w  4-  i)  —  4/('^  4-  i)...(w  +  3) 

+  5'7(^+  i)..'.(?«4-4)— ecc.— /+3/^(m4-  i) 

• — 6l(m~\-  i)(m-^i)-\-  ioq(m'}-  i).,.(/»-{-3)  —  Qcc^ 

+  2/^—2.4/(^4-  I  )4-2.io(7(w4-  I  )(W4-  2) -ecc.  =0 

(C')  ...£■-  2^(w  +  i)  +  ^K(m  +  1)  (w  +  2)  -  4/'(m  +  i)  (w  +  2)  (mi^) 


NEL   Calcolo   Integrale.  toj 

vf  5r(w-j-  I  )....(w-j-4)  — ecc.— ^-1-  iK{m^  i  ) 

—  6p{m-^  i){m-\-  2)-]-  \oq(m-^  i)...  {m-\~^)  —  ecc. 

-\-zK —  2  .4/^(/»-|~  O-j-  ior(w-l-  i)  (?«4-2)  — ecc.  =  3 
fi  può  tornar  a  conchiudere  ,  che  ognora  che  11  verifichino 
le  relazioni  (C),  (C),  la  nfoluzione  dell'equazione  [A)  di- 
penderà da  quella  dell'  equazione  {B").  Ma  continuando  li- 
mili trasformazioni  ,  mentre  il  numero  delle  relazioni  com- 
binate tra  coefficienti  crefce ,  l'equazione  da  cui  dipende  luc- 
celllvamente  1'  integrazione  dell'  equazione  {A)  va  digradan- 
do ,  dimodoché  dopo  n — i  trasformazioni  V  equazione  ulti- 
ma (B^)  e  di  primo  grado  che  iì  fa  integrare  generalmente. 
Dunque  l'equazione  {A)  e  generalmente  integrabile  ogno- 
ra che  li  verifichino  n-^i   equazioni  di  relazioni    combina- 

te  (C),  (C),  (C) (o-n- 

II.  Ma  di  nuovo  lì  polFono  moltiplicare  i  cafi  d' integra- 
bilità dell'equazione  {A)  all'infinito.  Imperciocché  vi  fi  fac- 
cia M=o  ;  r  equazione  (A)  {Art.  preced.)  in  queflo  cafo, 
edendo  ordinata  e  moltiplicata  per  x'"+*,  prende  la  fteffa  for- 
ma di  (^) ,  cioè 
o  =  ;if"'+  "(j— (;w4-  i)c-\.(rn-\-  i)(m+z)f—(m+  i),..(m+sì^ 

-\-(m~\-  i)...(w  +  4)/  — (w-f-i  )...(?« -j- 5)'?+ ecc. 

-j-(b-(m-\-i)e-\'(m-{-i)(m+z)^-(m  +  i)...(m  +  s)K 
4-(»'-f-  i)...(m -{- ^}p  —  (m -{-  i)...(m--\- ^y+ecc.^Xyz'dx" 

—  4^(w+  0...(w+3)-f5^(w-|-i)...(/w  +  4)  — ecc. 
4-  (^  —  2^(/^2  +  I )  -f  3  K(m  4-  I  )  («2  +  2)  -  4p(m  +  i)...{m  +3) 
~\-^r{m-^i  )...  (W-I-4)  —  zcc.^X)dvdx''-' 

+  .v'"  + '  (/— 3^  (  w -|- I  )  + 6/(  w+ I  )(  w-1- 2  ) 

—  io^(w-j-i)...(w-|-3)-|-  ecc. -|-(^  — 3K(w-f- 1  ) 
-\- 6p {'/n ■\- 1  ) {m -\-  i) —  io>-(m-f- 1  ). ..  (w-j-  3  ) 

4-  ecc.  )  X  )ddz'dx''  -  '  -j~  ecc. 
cioè   la  forma  (A") 


2o8  Indagini 

(  ^"  ) . . .  o  =  :v'"  +  •  («'  4-  b'X)vdx''  +  x"  +  '  (f  '  4-  c'X)dvdx  "-' 

-^x'"+'  (f^S'Xydvdx"  -  '  +  ecc. 
porto 
a'  =  a  —  (n?  -{■  i)c  ■;-  (m  ^-  i)  ( m -i-  2  )/—  (m  <■  i) ...  (m  +  ^)i  -j- ecc. 

i''=-^  — (w+  0^  +  ("^-i-  0(w-:-  ^)<?  — (w+  0-  •  -(w  +  3  )K  +  ecc. 
e'  =  e  —  if  (m  +  1)  +  ^ò  (m  -ì-  i)  (w  -.■  z)  ~  ^l  (m  -^r  i)...(m  +  3)  +  ecc. 

e'  =  e--  ig{m  +  i)  +  iKipi  -f  i)  (/w  +  2)  —  4/7(/k  +  i)...(w  +  3)  +  ecc. 
ecc. 

•    v' 
Similmente  l'equazione  {A')  con  la  foftituzione  x;=— — -^ 

fi  trasforma  nell'  equazione  {A") 

{É") . . .  o  =  ^v"  +  ■  (  «"  +  h'X )v'dx"  -^x'"+^  (e"  +  e"X)dv'dx''  -  ' 

^-  ;t"-  +  '  (/'~f  ^"i:y^z;^^;c"  -  '  -}-  ecc. 
facendo 
a'  =  rt'  —  (:?>2  +  i)  e'  -:-  (w  -:-  i)  (m  +  i)f'—(m  +  i)...(m  +  3)  -^'  +  ecc. 

b"=^b'  —  (jn^  i)e'  ^[ni  +  i)(m  -i-  i)g'  —  (m  ■!-  i)...(m  +  3)K'  -i-ecc. 

e"  =3  e'—  zf(m  +  i)  -:-  3^'(w  +  i)  (m  +  2)  -  4/'(/'«  +  i)...(w  +  3)  +  ecc. 

v" 
e  quefta,  con  la  foftituzione  z>' =    ,„  ,  ,  ,  nell'equazione  (^"") 

(A'")  ...o=x"'  +  '  («'"  +  b"'X)v"dx''  4-  .v'"+'  (e'  '  +  e"'X)^z;'Wx"-' 

-^x'"  +  '  (/"  +^"'Z )ddv"dx'  -  '  4-  ecc. 
facendo 
a"'=:a''  —  (m  +  i)c"  +  (m  +  i)  (w  +  i)f"—(m  +  i)...(m  -:-  3)^''  +  ecc. 

b'"  z=b"  —  (m^i  )e"  +  (/«  +  I  )  (w  +  z)g"  —  (m+i  )...(m  +  3  )K"  +  ecc. 
ecc.  e  COSI  all'  infinito. 

Se  dunque  1'  equazione  (A)  s'  integra  generalmente  per 
r  Articolo  preced.  ognora  che  abbia  luogo  il  fiftema  di  re- 
lazioni tra' coefficienti  (C),  (C), (C"""),  per  la  fief- 

fa  ragione  potrà  generalmente    integrarfi    1'  equazione    (A")  , 
fempre  che  il  verifichi  il  feguente  fiftema  di  relazioni 

(CC)...a'—(7}7-^i)c'-f(m-j-i)(mJ\-z)f'       '     ' 

—  (w-}- I  ).. .(  w-j-sJ-^'  +  ecc.  =  o 

(CC) 


NEL  Calcolo  Integrale.     209 

—  (w4-i)...(w-f-3)K'-|-  ecc.  =;  o 

—  4/(w-j-i)...(?w-|~3)  +  ^^c.  =  o 
(CC)...e'  —  2i'(m-\^i)~^3K(n2-\-i)(m-^i) 

—  4/'(^+i)---(^-h3)-i~  ^cc.  =  o 
ecc. 

Nello  ftefTo  modo  fi  può  conchiudere ,  che  l' equazione  (A'") 
potrà  integrarfi  qualvolta  abbia  luogo   il   feguente   fiftema  di 
relazioni 
(CCC)....a"  —  (m-\-i)c"^(m-\-i)(mJr^)r 

—  {m-\-i)...(m-\-i  )h"  -{-  ecc.  =  o 

(CCC)....^'"  — (W+I>"  +  (W+0(/K+2)^" 

—  (  w4- I  ) . . .  (;>2-f- 3  )K"  +  ecc.  =  0 

(  CCC  ) ....  e"  -  2/"(w  +1)4-  ih"{m  -^i){m-\~z)- ecc.  =  q 

(  CCC  )....e'-  2£"(m  +  I)  +  sK'Cm  4- 1)  (w  +  2)  -  ecc.  =  o 

ecc. 
E  COSI  fuccefTivamente    per  tutte  le  altre  trasformate   (A'"), 
(A")  ecc.  all'  infinito. 

Dunque  in  tutti  quelli  infiniti  fiftemi  di  relazione  tra'  coef- 
ficienti farà  fempre  integrabile  1'  equazione  generale 
Mdx"  =  ;v'"  +  •  (tf  4-  hX  )ydx"  4-  :v»  +  '  (e  +  f  Z  )djdx'  "  » 

_}_  :c"'  +  '  (/-}- gX  ydjdx"  -  '  4-  ecc. 
in  fuppofizione  di  M-=o  .    Ma  efiendolo  in  quefVa   fuppofi- 
zione,  lo  farà  pure  in  quella  di  M  funiione  di  x  qualunque 
(§.  Vili).  Il  che  ecc. 


To?no  IL  Dd 


i  IO 


DELLE    VTiOGTiESSIOKI  I(ECIP7(OCHE 

DELLE    POTENZE    AFFETTE 
Del    Sig.    Cavaliere    Lorcna. 


■*&• 


E 


Tanto  impenetrabile  il  valore  delle  progreffioni  recipro- 
che di  quella  forma 

III  I 

.^::FrT-,.+  :;TT7Tecc. 


che  r  illufl-re  Eulero  non  dubitò  di  dire  nel  VI.  Voi.  de' pri- 
mi Com.  di  Pietrob.  pag.  97  „  ^iuamvis  Vere  h(£c  methodus 
tana  late  pateat ,  tamen  innumere  occurrere  poffimt  progrepones 
per  eam  non  fummahiks ,  quarum  quidem  vd  nullo  alio  modo 
Jumma  ajfignari  pojfunt ^  ut  hujus  ,    .  .    ,    -- 

II                             I  '       '      " 

iH 1-  ecc ,  che  è  pur  un  cafo  partico- 

37  1"— I  ^  ^ 

lare  e  fempliciflimo  della  forma  precedente .  In  fatti  non  fap- 
piamo  finora  né  trattarle  ,  ne  efprimerle  per  alcun  modo  . 
Vo'  credere  pertanto  non  difcaro  a'  Geometri  il  veder  fatto 
un  primo  paflb  in  queflo  gineprajo  ,  e  fuggettata  la  fomma 
di  quefla,  e  d'  infinite  altre  progreflioni  di  tal  indole  ad  una 
qualche  efprefTione  finita.  Non  è  facile  per  verità  V  avvifar- 
II5  che  il  maneggio  di  loro  i\  riduce  al  far  paflaggio  da  quan- 
tità efponenziali  reali  a'  feni  e  cofeni  d'  archi  immaginar; , 
fé  un'  occafione  propizia  non  concorra  a  mofìrarcelo  a  dito . 
E  tanto  pili  che  non  è  in  ufo  quefto  paflaggio  come  l' altro 
comune  e  trito  dalle  quantità  efponenziali  immaginarie  a'  fe- 
ni e  cofeni  d'  archi  reali  .  Ma  reflava  ancora  un  nodo  aliai 
più  difficile  da  fciorfi,  dovendo  l'analifia  rintracciare  un  me- 
todo in  appreilo  ,  onde  fommare  le  ferie  reciproche  de'  feni 
e  cofeni  ,  che  mancava  totalmente  .  Cos\  folTe  tra'  vivi  quel 
gran  Maefiro,  cui  le  Scienze  Matematiche  ,  1'  Analili  più  fi- 
na e  complicata,  e  il  più  de'  Geometri  viventi  d'  ogni  Na- 
zione debbono  i  lumi  piìi  preziofi  ,    1'  avanzamento   attuale, 


Delle  progressioni  Reciproche  ecc.  zìi 

e  iiiiiumerabili  aperture  a'  nuovi  progrefll  ,  come  fon  certo, 
che  avrebbe  onorato  queft'  indagine  di  qualche  attenzione. 

S.  l. 

Sia  la  ferie  (//) 

A  A  A  A 

^^^ K-i^iC'-i"'"K'-i K--1 

in  cui  A  e  una  quantità  invariabile  qualunque ,  K  una  quan- 
tità qualunque  maggiore  dell'  unità,  e  x  l'efponente  de' ter- 
mini .  Ellcndo  arbitraria  la  bafe  de'  logaritmi  ,  farà  lecito  il 
prendere  per  bafe  logaritmica  la  grandezza  K  ,  che  che  ella 
fiali ,  e  farà  fempre  /.  i  =  o  ,  /.  K  =  i  ,  l.K^  =  z  ecc.  e  farà 
facile  il  palfaggio  dal  fìftema  de'  logaritmi  con  la  bafe  K  al 
fiilema  comune  delle  Tavole.  In  confeguenza ,  fé  lìa  ir  la  fe- 
micirconferenza  di  un  cerchio  che  ha  1'  unità  per  raggio  ,  e 

la  lettera  w  rapprefenti  la  quantità  immaginaria  y  • — ^  i  ,  fa- 
rà pe'  noti  Canoni  - --  r. 

fen.  wtt  =  (  K"""  —  K-  '"'"  )  :  2 w ,  cof  wtt  =  -  (  K."""  +  K"'"™  )  ; 
e  pollo  nnr=:  -,  rapprefentando  x  una  grandezza  reale;  farà 

Cd 

2ct)  fen.  ;\r :  w  =  K"  —  K~ " ,  2  cof  a;  :  w  =  K"  +  K"" ,  si  che  ove 
jielle  precedenti  formule  fi  efprimono  per  quantità  eiponen- 
ziali  immaginarie  feni  e  cofeni  d'  archi  reali ,  in  quefie  fono 
efprefli  feni  e  cofeni  d'  archi  immaginar]  per  quantità  efpo- 
nenziali  reali  .  Ciò  premelìb  li  faccia  paflaggio  dalle  dirette 
alle  efprelfioni  reciproche,  e  farà 

I  I  1  I  I 

z'fen.;c:w~K"-K-^~iC^^''    2  cof  x:  »""  K"+ i' 

^"  K^^i=IW^::T)W:^y  ^""^"'  ^^oK^fen.;.:. 

—  '  ^"^^  '  ^     <r    ^^       ' 

—  r^ ;   --    ,   . = ,    e  pero   eiiendo 

il  termine  generale  di  una  ferie  ,  farà  quella  ferie  uguale  a 
quella  ,  che  ha x  per  termine  generale  ,  fa- 


20  K"       fen.AT 


Dd    ij 


212  Delle     progressioni 

cencio  che  K  rapprefenti  la  bafe  logaritmica  .  Se  dunque  il 
lìmbolo  S .  T  efprimu  la  fomma  della  ferie ,  di  cui  T  è  il  ter- 
mine generale  ;  farà  generalmente 

'K''±i         '      ^ccK"       ^kn.x-.ù)'     'K.^x-i'^' 
'  iwkn.x'.oi'     'Ei^x^i         'zcoLxio) 

§.  IL 
Ed  ecco  intanto  la  fomma  della  ferie  del  Sig.  Eulero 


I 


4-i4.:4_^, 


3       7       15  ^  -I 

felicemente  ridotta  alla  fomma  d'  una  ferie  ,  che  ha  per  ter- 

,     2-+1             I 
mme  generale    -— -  V  p ,  effendo  il  2  la  bafe  de'  lo- 

garitmi . 

Accignamoci  ora  a  determinare  la  fomma  in  gener*  delle 
ferie  aventi  s\  fatte  efpreffioni  per  termine  generale .  E'  noto 
che  le  ferie  reciproche  de'  feni  ,  e  cofeni  ecc.  d'  archi  pro- 
cedenti in  arimmetica  progrefTione  non  erano  fiate  tocche  da 
alcuno ,  e  molto  meno  nel  cafo ,  che  involgeflero ,  come  qui 
accade ,  moltiplicatori  efponenziali .  Il  primo  cimento  in  que- 
fì-a  materia  è  quello,  che  ho  fatto  pubblico  nel  I.  Voi.  del- 
la Società  Italiana  nella  DiiTertazione  intorno  alle  ferie  al 
Cap.  X.  pag.  368  ,  avendo  ivi  ridotto  tali  fomme  alle  leggi 
del  Calcolo  Integrale .  A  quel  metodo  pertanto  foggetteremo 
anche  quefte  piìi  difficili,  ed  altre  analoghe  cosi,  facendo  ve- 
dere come  da  quelle  efpreflioni  integrali  lì  paffi  non  difficil- 
mente a  quantità  fviluppate  ,  e  finite  .  Si  riprenda  da  quel 
luogo  la  formula 


» 


Recivroche        ecc.        2 1 3 

da  integrali!  da  x=o  fino  a  2.=  i  ,  in  cui  tt  è  la  femicircon- 
fercnza  di  un  cerchio,  che  ha  1'  unità  per  raggio  .  Facendo 
n=i,  mT:-=.x\(à  ,  come  nel  I.  J.  ,  e  pofto  w7r=:<i  per  fcm- 
plicità,  fi  avrà  generalmente 

A    Z'z,"  ^  "  4- z.' -  "   '    àz.  A 


f/- 


I  4-z.             2,  len.  x:  a> 
In  confeguenza  (  §.  1.) 

A   nz^'-YZ?-"-'    dz  A      rz,"  =  *  +  z.' "  " '-    ^ 

2^7          i+z,          '  z,  laK'J          i+z         '2, 

laj  I  +  z.  '  2:  "*"  2<s(y    I  4-  z,       z,      2^KV  1+2.    z. 

-t / = ,   pofta  K  qualunque  la  baie 

de'  logaritmi  .  Ora  il  richiami  il  metodo  noftro  di  fommare 
le  ferie  citato  qui  fopra  ,  e  però  (ì  moltiplichi  ,  e  lì  divida 
il  primo  termine  per  i— z"'",  il  fecondo  per  i—zr'"  (ot- 
to il  fegno  integrale.  Sarà 

A  r         zT"  dz.       A  r    2,"  =  "  +  ■  ^ '       dz. 

^  '"'TaJ  (i  -  z.'^')  (i  -i-z.)'  ^  ~  TaJ  (i-z'^')(i  +z)'"z 
la  forma  differenziale  del  primo  ;  e  la  forma  differenziale  del 
fecondo  farà 

^   ^"'  ^a) {i-zr'-^){^<.z.)^      T^J  (i-zr'-')(i^z)'  z.  ' 

Similmente  fi  moltiplichi ,  e  fi  divida  il  terzo  termine  per 

I "-  ,    il  quarto  per   i ■ —  fotto  il  fegno  integrale  ; 

fi  avrà  per  forma  differenziale  del  terzo  la  feguente  efpref- 
fione 

(S)     ,   ^  r        ^"^  ^^ 

^     ^"         2.?KV  (I— z^'-rKìCi+z)*  z 

A       r  2,''-''  +  '--'  dz 


r  zr-'' 

~J  (i—z.'-:. 


zaK'-^'J  (i—z.'-^:K)(i+z)    z 
e  la  feguente 

Dd     iij 


ROGRESSIONI 

z.' -''■''  dz. 


dz. 


-zr'-':K){i+7iy  z. 
per   forma  differenziale  del  quarto.  Si  faccia  x  =  i   ne' primi 
termini  de'  primi  binarj  (^)  (  R  ) ,  e  riducendo  farà  i'  efpref- 
fione  {D  ) 

A   r(z.'^''  +  z,'-'-')(i-z.''^')  dz 

laj        (i_z,-^'')(i  4-x)       '  z. 

Ja  fomma  generale  della  ferie  avente  per  termine  generale  il 
primo  termine  della  formula  (P)  .  Operando  lìmilmente  fo- 
pra  i  fecondi  binarj  {S)  .  (T)  ,  il  troverà  eflère  1'  efprefiio- 
ne   ridotta  (E) 

A_r(    ■2.'-' jK' —  z."-')         z.'-''-''{K''z.''-'—\)^dz. 

^  zaK"]  ^  (K-  z.''')  (I  +zj_'^(Kz'--''-i)(i+z)  ^'z^'"  ^  ' 
la  fomma  generale  della  ferie  avente  per  termine  generale  il 
fecondo  termine  della  formula  (P).  Dunque  col  mezzo  del- 
le due  efpreffioni  (D),  (E)  nel  cafo  di  z.=  i  dopo  l'inte- 
grazione lì  otterrà  la  fomma  generale  della  ferie  di  cui  e  ter- 

mine  generale     -;; ;  e  porto  poi  x=co    fi  avrà  la  fomma 

della  ferie  all'  infinito,  eh'  è  il  cafo  in  quiftione. 

.    Ora  eilendo  <?  =  «t  =  7ry  — i  ,    e  x:a=:x:-!T\/  —  i    lo 

—  x\/  I 

fleffo  che    ^ ,  la  formula  (D)  diverrà 


J.lil; 


A    n{z'--'  -  '  -\-  --•")  ( I  —  2."^-')  dz 


A  p 

zaj 


e  nel  cafo  contemplato  di  .r=oo  ,  effendo  z  prima  dell'in- 
tegrazione minore  dell'  unità  ,  tanto  z,"  "  quanto  z,"-'"  farà 
fotto  il  fegno  quantità  infinitamente  piccola  ,  e  però  per  le 
ferie  all'infinito  1' efprefTione  (D)  prenderà  la  forma 


—  / (M) 

2aJ   (i  —  2:'^")  ri -1-2,)  ^       ^ 


Nello  fteflb  modo  pro\-eremo ,  che  I' efpreffione  (E)   diverrà 


hi'i 


RECipr^ocifs       ecc.         21  j 


Ar        x-Vx  Ar dj. 


2"7J  (x-x'--j(i 

nel  cafo  di  xz=cc 

fi.  IV. 


Il  paffo  fatto  è  quello  pertanto  di  eflere  da  neffuna  imma- 
ginabile efpreffione  finita  pervenuti  a  trovarne  una  per  que- 
lla forta  di  progreffioni  ,  che  può  almeno  coftruirfi  e  ridurli 
a  rettificazione  ,  o  quadratura  finita  di  qualche  curva ,  fé  fi 
voleffe ,  elFendo  flranifiìma  pretefa  il  volere,  che  tutto  fi  ab- 
bia a  ridurre  a  funzioni  d'  archi  o  d'  iperbole  comuni,  qua- 
fi  tutte  le  trafcendenze  dovefl'ero  edere  di  una  fola  naturavi 
Se  folfe  lecito  il  trafcurare  un  refiduo  finito  nelle  divifioni 
fpinte  all'  infinito,  le  formule  trovate  potrebbero  trasformar- 
fi  in  funzioni  trafcendenti  familiari  in  quello  modo  .  Si  fac- 
cia z'--'=/,  e  farà 

/2,'-''~'dfx         r         ady  r  ady 

(i-x'-'-jcn-x) '"J  (i-7)(i+/-) ~'J  I  +r -y -r +' 

Ma  la  frazione 

\ L  4_  -  ^ *_  4_  Jl e  e 

y"  +  ' — y -f- r" -4- I  «'»+»"'"*=«+»        i/3« +' "■    1/4*+"         ""' 

non  computando    1'  ultimo    refiduo  -    che  rifulta    inoltrando 

all'  infinito  la  divifione  .  Moltiplicando  dunque  per  adjf  ,  e 
integrando  fi  avrà 

y—S  j,—  "  y—ì'  y-4* 

— ■ 1 \-  ecc.  :   foftituendo  il  valore  di    y 

i  ^      '      3  4 

in  z. ,  e  ponendo  z.z=z  i  ,  perchè  mefib  2:=  o  ,  tutto  f\ani- 
fce  ,  fi  avrà  (fx)  pel  valore  della  formula  (D  )  nel  cafo  di 
x=cr,  ,  e  di  x=i  dopo  1'  integrazione,  cioè  della  formu- 
la (M) 

_(i ecc.) (fx)  'I 


ii6        Delle    progressioni 

Ma  K  e  h  baie,  che  abbiamo  aiFunto  pe'  logaritmi  iperboli- 
ci ;  ed  è  noto,  che  prendendo  nelle  tavole  ordinarie  il  lo- 
garitmo iperbolico  L  di  qualunque  quantità  X,  e  il  logarit- 
mo pure  d'  altra  quantità  quallìvoglia  w,  fé  11  divida  il  l.m 
per  L,  il  quoziente  è  il  logaritmo  iperbolico  della  quantità 
m  con  la  bafe  K . 
ElTendo  dunque 

III 

t.i=z  i -j- ecc.  con  la  bafe  ez:  2.718281828459  ecc. 

234 

/.2  /.2 

c  L=^l.K  con  la    fleffa  bafe    e  .    farà    ^^=- — il  logaritmo 

L       l.K 

del  numero  2  con  la  bafe  K  ,    cioè  il  valore  della    ferie  nel 

.^   A     1.2  Al.2  .,       , 

cafo  nofrro .  E  perciò  ,^ .  —  = ==: —  farebbe  il  valo- 

l.K       27rv/-i/.-K 
re  per  approffimazione  dell^efpreflìone  integrale  (M),  eflendo 
TT  la  fcmicirconferenza  d'  un  cerchio  avente  1'  unità  per  rag- 
gio. Paffiamo  ora  dagli  efponenti  immaginar]  agli  archi  rea- 
li, e  però  effendo  K  la  bafe  de'  logaritmi  iperbolici  ,  farà 

ZTT]/  — i  l.K 

K  =cof.  T-Kl.KJ^-y  —  I  fen.  zirl.K 

=:(cof.  7r/.X-(-y/  —  i  fen.  tt/.X  )"  ,  e  però  facendo  ripaflTaggio 
ai  numeri ,  farà 

■     27r\/  —  i/.Z=2/.  (cof.  7r/.X-|-y/ -^fen.Tr/.  X) 
Ma  queflo  logaritmo  iperbolico  è  con  la  bafe  K  ;  dunque  di- 
videndolo per  \.K  riferito  alla  bafe  comune  e  ,  li  avrà  final- 
mente pel  valore  dell'  efprellìone  (D)  ne'  cali  contemplati  di 
Rr  =  co  ,e  diz,=  i,  dopo  I'  integrazione,  la  formula  (Z)') 

(Z)')....  AL2LK_ , 

2/.  (  cof.  Ttl.K  4-  y  —  I  fen.  irl.K) 
in  cui  X   è  il  numero    affoluto  qualunque    delle  nofire    ferie 
maggiore  dell'  unità  ,   e  i  logaritmi  fono    tutti    gli   ordinar; 
iperbolici  riferiti  alla  bafe  e. 

Ma  procedendo  con  un  fìmile  metodo  integreremo  per  ap- 
profTimazione  la  formula  (  N  )  in  quefta  guilà  ,  trafcurando 
r  ultimo  refiduo  giunta  la  divifione  all'  infinito  .  Si  faccia, 
come  prima,  z' ■"=_;'  nel  primo  membro,  e  fi  avrà 


Reciproche       qcc.        217 

—z=,7 ^ hr-T — ■ — 77 —  +  ecc.  ali  in- 

Kz-'  +  K -/-/"+'      Ky'      K/'^^K^^*      K/*' 

finito.  Moltiplicando  dunque  per  ady ,  integrando,  foftituen- 

do  il  valore  per  /  in  2.  ,  e  ponendo  2,=  i  ,  farà  in  quello 

cafo 

/■z^'-'dz.         __<2    ,     I  1  I 

4-  ecc.  ') .  Similmente  efiendo  pel  fecondo  membro 


■4a 

I  I  1         .         I 


1 - 


ecc. 


air  infinito  ,    farà  moltiplicando  per    dz.  ,    e    integrando    da 
2:  =  o  [ino  a  2:=  I 

-7T = ( \- ecc.); 

(Kz.'''-i)(i..2:)  K^KW+«       i-;-2«^1v3«  ^ 

dunque    /  (  -— — J  uguaghe- 

rà  nel  cafo  di  2,  =  i   dopo  I'  integrazione 


K      K^i—a^^i+a       i  —  ia       1  +  25       1—3^         -r 
+ ecc.  ;  = ( 


Si  ricorra  pertanto  al  metodo  noflro  di  fommare  le  ferie 
(  Mem.  della  Soc.  Italiana  Voi.  I.  Probi.  XI.  )  ,  e  fi  tragga 
pel  cafo  di  due  fattori  al  denominatore  1'  integrale  per  la 
fomma  generale  di  quefta  ferie  a  fegni  alternativi 

Tomo  IL  E  e 


ii8         Delle     progressioni 
il  quale  per  la  fomma  all'  infinito,  effendo  fpezzato  e  ridot- 
to, fi  trasforma  in  quello 

,V      rrT.)         I  +  2. 

nq( ) 

^q      n  ' 

da  integrarli  da  z,  =  o  fino  a  z.  =  i . 

Ora  nel  cafo  noftro ,  eflTendo  nel  termine  generale 
I  I 

(m  +  nx)  (p -]- qx)      (i — ax)(i  +ax)  ^      —r—     s      —       > 

q  =  a ,  r  integrale  diverrà / .  Ma  queft* 

^  zaj  i+z,  ^ 

integrale  nafce  dalla  differenza  de'  due  feguenti  integrali 

H / / ;  ed  e 

zaj  1+2-  ^aJ  I +Z. 

—  =  /  ■z?-*-^dz.=:az.,  z=za,  pofto  z=  i , 

e  in  fimil  cafo  di  x=  i  dopo  1'  integrazione 

\z?-'-^-\-zr^-'')dz.  IT  y"y    ,, 


/^ 


+  z.  fen.  Tt:a 

(Com.  nuovi  di  S.    Fietrob.  Voi.  XIX.  pag,   32.).   Dunque 


1  integrale  noftro- 


I    rjzr^'' —'t}-'')dz,  _  -K  I 

za]           i+z          ~  2rffen.7r:«  2  ' 

In  confeguenza  quello  farà  pure     il  valore  della  noftra  ferie 

^-j-ecc. 


{\—a){\-\-a)      (i  — 2<?;(i  4-2</;  *  (I— ^x)(i +<J'^) 

e  perciò  .;.    -^    ■    ;;  -       : 'i    '   (»-.'.  ■ 

fl  2(7  1  T  N 

( ;  4-  ecc.  ) 

K^X '^2^fen.7r:^^2^      J  ^(X-z"^^)  (1 +2:) 


Reciproche      ecc.        219 
j_ . ),  porto  x=  I  dopo  r  integrazione. 

Ma  moltiplicando  per  ±  —  queft' efpreffione  integrale ,  fi  ha 

r  efpreflione  fuperiore  (N)  ,  cioè  1'  efpreffione  (E)  nel  ca- 
fo  di  x^=^^  .  Dunque  il  valore  di  quell'  efpreflione  nel  ca- 
fo  di  x=co  ,  e  di  2,=  I   dopo  1'  integrazione  farà 

2«V       -K       x^2rtfen.7r:^       2^/  2aJCfen.7r:« 
e  porto  per  a  il  fuo  valore  -nXl  —  i   fi  avrà 
A 

2^^  —  I  fen.Tr:  y  — r 

Ma  è  -K  la  bafe  de'  logaritmi  per  fuppofizione  ;  dunque 
panando  dagli  archi  immaginari  alle  quantità  efponenziali  rea- 
li ,  come  nel  principio  di  quefto  $.  ,  farà 

^                                    Ak                      A 
^ -_  =  T =^ . . .  -{E) 

e  perciò  per  un'  approflimazione  farà         :       .    ■  '  '  "'      _.'  ;  ' 

(i)';^(E')=j'.— — 
$.  V. 

Ma  contentandoci  della  riduzione  fcoperta  al  §.  III. ,  e  ri- 
pigliando le  fomrae  efatte  ,  farà  (M)-|-(^)  '^  fomma  del- 
la ferie 

A       .       A A ,  A 

H 1-  ecc. 


K- —  I     '    X'  —  i    *    K'  —  I    '  K"  —  I 

e  {D)~\-{E)  la  fomma  generale;  sì  che  porto  ^=1,  X=2, 
fi  avrà  torto  la  fomma  della  ferie  del   Sig.   Eulero  ,   e    (M) 
—  (N)  la  fomma  della  ferie 

A        ,     _A A  A 

K-\- 1  "^ X'  4- 1  "'"^ X'  4- 1  "^  ^^"^ x^+i 

e  (D)  —  {E)  la  fomma  generale  .    Parimenti  fommando  ,  e 
riducendo  farà  (M)  la  fomma  della  ferie 

E  e    jj 


220         Delle     progressioni 

AK      ,      AK'     .      AK'     ,  AK" 

K" — I        K* — I    '    -K* — I    '  K'"— I 

e  (D)  la  fomma  generale. 

E  perchè — ; —  =  — ,  farà  (N)  la  fom- 

^  K"— I       ^"+1       K"— I 

ma  della  ferie 

A  A  A  A 

K'— i^K^— i"''zC  — i~^  ^*^^ K"— I 

ed  (E)   la  fomma  generale.         ..  ,    .     , 

T-./Y-    1        .A                    AK."         "  A 

Eflendo  poi  ~ [-A  =  :rj ,  e  A  —  ^^ — i — 

AK." 
■=■  T7 — j —  5  fi  avrà  1'  aggregato  {T))'\-{E)-\~Ax   per  fom- 
Jv"  — J—  I 

ma  generale  della  ferie 

AK  AK^  AK'  -      AK^ 

e  l'aggregato  Ax — (D)  +  (£)  farà  la  fomma  generale  del- 
la ferie 

AK^         AK'  AK'  AK" 

K4-iT-K'+i"T"K^4r7+  ^"^ K^TjTi 

In  confeguenza  Ax~\-(E)  farà  la    fomma  generale  della  ferie 

AK'  AK'  AK'  AK'" 

K'  —  i'^K'  —  i'^KF^^'^^^'^ K"-i 

^•^"-    .       .  -       wr 

Di  nuovo  efTendo  •  -      i   ^^'' 

r         ^(P  —  X)  .TTX 

fen. cof.  — 

zp  zp  ,    ,;.    , 

fé  fi  faccia  2/»  =  ttu  =  a  (§.  III.  ) ,  farà 


Reciproche       ecc.         22 1 
I  I 


fen.  ( jc  )  :  « 


COf.  X'M 


Dunque  S. ^=S.  -7 ,  e  però  moltiplican- 

^  rt         N  col.  X-.où 

fen.  ^ x):w 

^  2         ' 

do  i  membri  per  —  farà  parimenti 

20) 

A  X   ,         A 

J*^  ZI =:  -   J^.  

w?  w       2  cof.  ;v:a) 

zufen.  (- —  ;>c)  :  w  , 

Ora  effendo  T  efpreffione  (D)  ($.V.  )  la  fomma  generale  del- 

,       AK"               A 
la  ferie  ,    che  ha  per  termme  generale    -7— =  — j 

($.  I. ),  fé  fi  metta  in   (D) x  in  luogo  di  x  si  che  {D) 

z 

diventi  {D)^  farà 

.^  r,  A  \  ^         A 

'  a        ^.  w      2  cof.  x:w 

loù  fen.  ( x  y.où  '■■'.'■ 

I  /JK" 

fomma  generale  della  ferie 
AK  AK'_        AK^  AK''^ 

porta  K  qualunque  la  bafe  de'  logaritmi  iperbolici. 

§.  Vili. 

Quindi  pofTiamo  ricavare  il  modo  di  ridurre  a  legge  le  fom- 
me  cfi  altre  innumerabili  ferie  ,  che  non  erano  fiate  fogget- 
tate  a  verun  calcolo  per  1'  innanzi  .  Potremo  pertanto  fom- 
mare  la  ferie 


E  e     iij 


222         Delle     PRooREssiONf 

in  quefto  modo,  qualunque  cofa  fieno  A  e  K,  purché  K  ila 
maggiore  dell'  unità. 

T-,  j,     ,     fen.  x:où 

£-llendo  -— — -  =  tang.  x-.u  fi  fortituifcano  pel  feno ,  e  co- 

feno  i  valori  corrifpondenti  efponenziali ,  pofta  K  la  bafe  de' 
logaritmi  iperbolici,  e  farà 

Ma  la  fomma  della  ferie 

tang.  I :w  -j_  tang.  2:m  -f-  tang.  y.oo tang.  x:co 

aj  (1 — 21)  (1 — zJ-")         " 

(Mem.  della  Soc. Italiana  pag.  300.)  pofla  ^=i:«;  e  fé  nel- 
le due  efpreflioni  (D),  (E)  del  §.  III.  iì  metta  2X  in  luogo 
di  .-V,  sì  che  (I))  diventi  (D"),  (£)  di\enti  (£";,  fi  trova: 

effere  {D")  —  {E")=^AS.  V-  •  Dunque  elTendo 

K""'  -j-  I 

tóJ.  tang.  x-M  =  J. ; S.   ,  farà- 

K"  +  I  K"''  +  1 

Ma  fi  è  trovato  (5.  VI.)  Ax  —  (D)'^(E)=^S.   ^^^ 


dunque  mettendo,  come  qui  innanzi,  zx  in  luogo  di  x,  fa- 
rà parimenti   2Ax—(D'' )-{- (E' )  =  S.    ,  '^-  =^«(F) 

-j-CD")  —  (E"),  e  però  avrà  luogo  nel  cafo  di  z=:i  dopo. 
1'  integrazione  V  equazione  feguente 

2Ax — Acc{F)  —  2(D")-\~2(E")z=zo    ..  ..j.. 

Similmente  fommeremo  la  ferie                            ,       ■  ii** 


AK'  AK'  AK'  AK 


ì» 


giacché   il  termine  generale  iì  rifolve    ne'  due   termini  gene- 
rali particolari 


Reciproche      ecc.         22  j 
AK"        ,        AK" 


(§.  VII.)  .   Nello  ftefTo   modo  confeguiremo  la  fomma   della 
ìerie 
AK  AK'  AK'  AK" 

K^— i  +  K«  — i"^K"— i" K*"  — I 

rifolvendofi  il  termine  generale  di  lei  ne'  due  termini 
AK" AK" 

§.  IX. 

Ma  veggiamo  di  fpignere  più  oltre  la  generalità  per  altra 
ria,  lenza  farlo  a  parte  a  parte  combinando  le  efpreirioni  ri- 
trovate .  Il  faremo  fopra  alcune  forme  principali  ,  e  refterà 
cos\  fatta  ftrada  a  chi  voleffe  iipplicare  il  metodo  a  cali  par- 
ticolari fecondo  1'  occorrenza.  Si  ripigli  perciò  la  formula 

i;^à7^.  =  K^  ($•  I-)  ,  e  porto  ;.  + ^:.  in  luogo  di 
X,  affinchè  gli  efponenti  poflano  procedere  in  qualunque  pro- 
greffione  aritmetica  ,  dando  i  valori  convenienti  a  /^ ,  e  ^  , 
ìommeremo  generalmente  le  ferie 

Akp  +  ^  AK''  +  '^  AKf  +  'i" 

x^p + 5) I  "i"  X'  '^f  +  '^^  —  I  ^  ^^^ x^TF+i»mr7 

Si  ricorra  dunque  alla  noftra  Memoria  nel  I.  Voi.  della  So- 
cietà pag.  ^69  ;  ed  effendoli  ivi  determinata  la    fomma  della 

ferie  avente  per  termine  generale ; ,  vi  Ci  met- 


1 

ta  -  in  luogo  di  <7  ,  e  fi  moltiplichi  1'  efpreffione  per   A ,  Q 

la  fi  divida  per  ik;  farà 

r  A  ^      AKf-^'i" 

=  S.- 


2w  fen.  (p  +  qx)  :  &)         '  K^^f  +  9";  —  i 


224         Delle     progressioni 

~   — —  (oc/ 


=4/ 


Di  nuovo  eflèndo  (§.  I.  ) 


(I— 2.^;(l  -1-2.™)  Z. 

I  K" 


2  cof.  x:w      X'"  4-  I 
I    rz"  "  (  I  -  z'")  (21-?-?"  4-  z?  +  ^)   i/z  _ 


cof.  0  +  ^x)a      ^y  (i-z.'jCi+z,"^'') 


per    femplicità    di    calcolo    (  ivi  pag.  370  )  ,    fi    metta  -  in 

(m) 

luogo  di  a  neir efpreffione  (R)  sì  che  diventi  (R')ip-{-qx 

I  K" 

in  luogo  di  X  nell'  efpreffionc    ;: •=  — ,  farà 

°  ^  z  cof.  x:co       X"  + 1 

A  A  ARf  +  'i" 

z=-(K')  =  S. ; ,  eh' è  la  fom- 


'  ZC0L{p  +  qx):<^         2  iC*U>  +  3''>4-i 

ma  delle  ferie  .      ■    -  ;   .." 

AK^  +  t      ,       AKf^"'      ,                       ^i<:''+?'' 
u U-  ecc ; 

5.  X. 

Inoltre  fommeremo  con  pari  generalità  le  ferie  aventi  per 
termini  generali  le  efpreffioni 

j^^  cp  +  9")  _  I       K'  '-^  +  5*^  4- 1 

j^^  (?  + 1")  _j.  1  '    j;^'  (p  +  f")  _  I 

fen.  .r:«  i  i 

Imperciocché  eflèndo  — ; =  tang.  x-m  =  -— :  ; , 

:  ...       cof  ;c:w  col. x:w    icn.x-M 

I  I 

farà 


cof  {p  +  qx)  :  o)    20  fen.  (f  +  ^^v)  :  m 

^f  +  ,»  ^p  +  j"  2<;'Cp+?'<)_i 

=  «  tang.  (/^  +  ^a;)  :  «  ;=  ^..p+^x)^,  '  X'Cp+9=<)  _  i  "  K'(f+3'<^  +  1 
Ma  ripigliando  la  fomma   della  ferie   tang.  (f-j-^^v)^  deter- 


minata 


Reciproche        ecc.        225 
minata  nelle  Mem.  fopraccitate  alla  pag.   3683  e   ponendo  - 

ili 

in  luogo  di  a  farà 

Aù)^  I ; : .  — 

J  (i— z,'')(i— z,'"^'-)  Z, 

la  fomma  della  ferie 

AK'^f  +  'i^-A  ,  AK'^f+'^^-A  ,  AK^^P  +  ^'^-A 

jK;»  cp  +  9)  ^  j    1     _K=  ^P  +  '«^  +  I  K^  ^f  +  ««J  +  I 

Similmente  elfendo 

l^p  +  ì"  j[(;p  +  9"  I  I 

^^  ip+ì")  _  I  ■  K'  <^P  +  ^"^  -i-  I       2«  fen-  (P  +  ^x):(o'  1  cof.  (p  +  qx):  &» 

= ^,  fé  nell'  efpreffione  della  fomma  di 

w  tang.  (/>  4- ^x)  :  <a  .-.1 

(ivi  pag.  371)  fi  metta  -  in  luosro  di  a,  farà 

ung.(p  +  qx)a  ^        ^  o  5/    ^  ^  ° 

/(i—z.i'')(z.P-*-^--z.'"-P-'''')   dz. 
. —  nel  cafo  di  z,=  i  dopo 
(I  —  z.?)(i  —  z"")  2: 

r  integrazione  la  fomma  generale  della  ferie 

AK'^f  +  i^  +  A  ,  AK' ^f -^ '^^  +  A  ,  AK'^^  +  ^''^+A 

l^^  (.f  +  3)  —  i    '^  X_^  (p  +  ^ì) -^  i  ^^      j^-'  (.p  +  ì")  —  i 

Di  nuovo  poiché -^^^-,--^^4- ^  ^^^.,,,  ,,,^  ^^ 

= r ,   farà   manifeftamente   -  (^)~\ —  (R')  la 

2^4  cp  +  9")  —  I  '  2  '  4  ^      ' 

fomma  della  ferie 

K*^+^5^^^  """  K;"^?  +  ^9)  _  I  *+"  ^^^       •  •  •  2<;4Cp  +  ?")_! 

^  A 

Nello  fteflb  modo  fi  troverà  eflere  -  f^)' (R')    la  fom- 

2  4 

ma  generale  della  ferie 

AKf  +  ^  AKT+'i  AK^  +  i" 

fC-tcp  +  ì)—i   1  2i^4(p  +  '?) _  I   I   ^^*^ j^4Cf  +  9»; _  £    ' 

Tcwo  //.  Ff 


ZIO         Delle     progressioni 

$.  XI. 

Veduto  di  una  natura  di  potenze  reciproche  affètte  ,  refta 
che  lì  iaccia  per  occalìone  parola  di  un  altro  genere  di  li- 
mili potenze.  In  quelle  che  abbiamo  maneggiato  linora  ,  af- 
lunto  che  fiafi  un  numero  qualunque  per  K  ,  come  bafe  de' 
logaritmi  iperbolici,  egli  è  radice  coftante  delle  potenze  fuc- 
celfive  d'  ogni  termine  nella  ferie  propofta.  All'  oppofuo  è 
d'un' altra  natura  la  ferie,  ne' di  cui  termini  è  bensì  coftan- 
te  l'efponente  delle  potenze,  ma  la  radice  varia  in  ogni  ter- 
mine rapprefentando  ella  I'  efponente  fuccefilvo  de'  termini , 
come  farebbe  per  efempio  la  famiglia  delle  ferie   efpreflè  dal- 

la  formula  — - — -.  Non  abbiamo,  eh'  io  fappia  ,  altri  ten- 

tativi  fu  queft'  indole  di  ferie  ,  fuorché  alcuni  di  Leibnitx., 
di  Jacopo  Bcrnoullì ^  e  di  Leonardo  Eulero,  e  niente  piìi  che 
oltrepaiiì  le  feconde  potenze  .  Il  primo  negli  Atti  di  Liplia 
in  occafione  di  parlare  della  quadratura  del  cerchio  fa  men- 
zione di  alcune  ferie  infinite  reciproche  de'  quadrati  de'  nu- 
meri naturali  fcemati  di  un'  unità,  tenendo  fecreto  il  meto- 
do mifteriofamente  .  II  fecondo  trova  i  valori  delle  ftellè  fe- 
rie ,  efTendo  fcemati  i  medefimi  quadrati  in  genere  di  un  co- 
mune quadrato ,  e  quei  pure  di  ferie  reciproche  aventi  al  de- 
nominatore numeri  trigonali  diminuiti  d'  un  collante  nume- 
ro trigonale  nel  Trattato  delle  ferie  infinite  porto  in  calce 
del  Libro  che  ha  per  titolo  Ars  conjiSlandi .  L'  Eulero  final- 
mente nel    L  Voi.    dell' Analifi  degl'Infiniti   §.§.   i8i.   182. 

fomma  le  ferie  aventi  per  termine  venerale    ,  ove 

X  h  V  efponente  de'  termini. 

Come  da  principio  avea  prefo  a  credere  ,  che  fimili  ferie 
foflèro  afirufe  ,  così  mi  feci  a  tentare  la  fomma  di  loro  all' 
infinito  per  una  via,  che  mi  condufie  a  farle  dipendere  dal- 
le ferie  conofciute  a  fattori  fempre  crefcenti  .  Ma  tutto  ad 
un  tratto  riconobbi ,  che  non  le  fole  feconde  poteftà  maneg- 
giate da'  tre  nominati  illuftri  uomini,  ma  generalmente  tut- 
ta quefta  ClafTe  di  ferie  ,   qualunque  fieno  le  poteftà  ,  e  co- 


Reciproche  ecc.  217 
munque  afit;tte,  è  rediicibile  a  quelle,  di  cui  lio  trattato  nel 
V. Capitolo  della  Mein.  citata  intorno  alle  ferie, e  non  richieg- 
gono al  più  ,  che  le  note  quadrature  dell'  iperbola  ,  e  del 
cerchio,  qualor  non  fono  algebraicamente  fommabili .  Quefto 
fchiaratnento  mi  fé  vedere,  che  non  fempre  i  più  femplici  e 
migliori  penlieri  fono  i  primi  ad  ofièririi ,  di  che  fi  può  ave- 
re una  prova  anche  in  quefto  cafo  rivedendo  attentamente 
ciò  che  ne  hanno  lafciato  Leibnitz.  ,  Bernoulli  ,  ed  Eulero 
fuccefllvamente .  Ma  mi  fia  conceduto  di  palfar  prima  di  fu- 
ga fui  primo  tentativo  ,  perchè  ottenendo  altri  rifultamenti 
col  metodo  più  femplice  e  naturale^  i  quali  debbono  in  fon- 
do coincidere  co'  primi,  fi  potrà  trarne  qualche  nuova  veri- 
tà non  difpregevole . 

Sia  primamente  da  fommarfi  la  ferie  infinita 

(A) ~ j \ 1 ] hecc.  ' 


i-}-i'4-|-i'9-j-i'  '       x^-\-i 

S'  inftituifca  la  continua  divifione  del  termine  generale ,  e  fi 
avrà 

X'-\~l~  X'-        X*  ~^  x'        x'  "^  ^^^' 

Se  dunque  poteffero  averfi  le  fomme  all'  iafinito  S.—;,  S — 
ecc.  e  tutte  infieme  efprefle  per  una  fola  quantità  finita  M ,  fa- 
rebbe M=I. ,  Ricorriamo  dunque  alla  Mem.  noftra  in- 

x'-j-i  ^ 

torno  alle  ferie  citata  qui  innanzi,  e  alla  pag.  304  trovere- 
mo elTere  nel  cafo  di  z,=  i   dopo  1'  integrazione 

X-        \J    l z,^      z.' 


S. 

X 


r      1.2. sJ  I  — 2.^    z' 
I  I       r  dz.     ,    1  . 

-= — / — (^--y 

x^       1.2....^ J   l. —  z,^    z.^ 


X 


Ff    ij 


2  28         Delle     progressioni 

X'"       i.2....(  —  I  4_  zn)J   1  _  X  V    2,  ^ 

Porto  pertanto  I.-  =  Z  per  femplicità  di  calcolo,  farà 

rdz,      Z        Z^  Z^  V      ^         ^       .       I 

/ ( -4 ' ^ecc.)  =  i^.  • 

J    l—Z.^  I        1.2.3        1.2....5        1.2. ...7   '  ^  x^-~{~i 

Z'  Z^ 

Ma  Z 4 . —  ecc =  fen.  Z  in  un   cerchio 

1.2.3        1.2—5 

avente  I'  unità  per  raggio.  Dunque 

■       fJ^k„.n.l^^s.  -V- 

eh'  è  la  fomma  ricercata  all'  infinito  della  ferie  (A) 

§.  XII.     :  -I- ;     '.  .  -i.-  t 

Ma  il  valore  di  queda  ferie    trovato  dal    Sig.    Eulero  alla 

pag.    143  .   pofto  —  I  in  luogo  dì  a  ,   è =,—  -  . 

2  tang.  T  y'  —  I       " 
Dunque    abbiamo   quefto    nuovo   Teorema  ,   che    nel    cafo  di 
z,=  i    dopo  r  integrazione 


/dz.  X      I  \  Tri/  —  I  I 

^-^fen.(/.     )=         V  -    ; 

^      -^  2:  2tang.  ttV  —  I       2. 

K"' 


ma  — =  — — —    (§.I.),  porto  w  =  1/  —  i  ,  m  quan- 

2wfen.m:c<;       Js^""'_i    ^  ^      -"  r  ir  5-1 

I  •     K'" 

tità  reale ,  K  la  bafe  de'  logaritmi  :  e = ;  e 

°  2  cof.  }ii:co      K  "  +  I 

•       1  rr       ,        cof  m-M  I  '       \      ^        .    ^    W 

inoltre,  eflendo  — : -=    ,  fé  facciafi  -  =  7rw, 

ù)  fen.  m'M      w  tang.  wm  w 


r      ^  TrV/  •  I  W 

farà  w=:  —  ;r  ,  e ''  — 


2  tang. 77-y  —  i       2  "^  —  1  tang.  m:y  ~ì 


Reciproche       ecc.         229 


2   OD  tang.  w:(a 


7r,K:'''+  I 


T      K        -4-    I 

z=.'-( ì  e  però  di  nuovo  nel  cafo  di  z.=  i  dopo  l'in- 

tegrazione  farà 

rjl2_fe„.(;.i)  =  -(|^^)-- 

quantità  efponenziali  reali ,  il  che  fomminiftra  un  altro  Teo- 
rema degno  di  conliderazione 

<J.  XIII. 

Con  un  firn  ile  metodo  fommeremo  pure  la  ferie  avente  per 
termine  generale   — .  Imperciocché  effendo 

I  I         II         I 

=  - U_ --4- ecc. ,  e 

X-  —  I       X-       x""  '    X        X 


lafciando  fuflifliere 


I 


1. 

Z  =  /.  -  ,  farà 


2, 


rj^(z+£l-+^l-+=cc.)=^.-^ 

J    I — 2,^        '    1.2.3         1.2... -5  .^'~~' 

Ma,  prefa  K  per  bafe  de'  logaritmi  iperbolici, 

^Z  Z'        Z' 

K    —i=Z~\ 1 1- ecc.    ' 

1.2        1.2.3  •   '^fO  :   — 

^~Z      „      Z^    ,     Z^  Z*       . 

1.2       1.2.3       1.2. ...4 

e  però  fommando 

K^—K'^  Z'  Z' 

=  Z-] 1 l-ecc.  cioè  paflando  agli 

2  '    1.2.3       1.2. ...5 

archi  immaginari,  farà  la  medelima  ferie 

Z' 

Z  -1 1-  ecc.  =  M  fen.  Z  :  w 

1.2.3 

e  però  nel  cafo  di  z,  =  i  dopo  1'  integrazione 

Ff    iij 


23°         Delle     progressioni 
r  dx.  ,     \  ^  I 

o  /    fen.( /.  -  )w:=.S.' 

J   \  —  2,        ^     z,  '  a:'  —  I 

E  poiché  in  quefto  cafo  il  valore  della  ferie  fecondo  il    Sig. 

Eulero   è •  ;    farà   integrando    da   z  =  o    fino  a 

2       2  tang.  TT 

2:=  I 


0  I fen.  e  /.  -  )  a  =  -  ■ 

J    I  — z        ^     z,'  2 

nuovo  Teorema  da  non  trafcurarfi. 


2  tang.  TT 


<J.  XIV. 


Ma  generalmente 

I  I         I  I  1 

r='—  zp  —  -4 q; U  ecc. 


ed  è  pel  noftro  metodo  (  Mem.  della  Soc.  Italiana  pag.  304) 
1  r   d-z.    „  „   I 

i.2....(m—i)J   I— z  x"' 

; r  /  Z""-^  =  S.  —  ecc.  Dunque 

i.%....{im—i)J   I— z  X"" 

r   ^^2:    ,       Z'"-'  Z""-'  Z""-' 

/ ( — — :f }- : Tecc.) 

J   I — z^  i.2....(w— 1}      i.i....{zm-i)  '    i.2...(3W-ij  '^ 

=^S.—^ .  Con  che  abbiamo  1'  efpreflìone  generaliflima  di 

quefte  ferie  ridotta  alle  ferie  conofciute  a  fattori  crefcenti . 

f .  XV. 

Paffiamo  ora  al  metodo  diretto  e  fempliciflìmo  di   fomma- 
re  SI  fatte  ferie  con  tutta  la  poffibile  generalità  >  e  prendia- 
mo per  gradi  la  ferie  di  Leibnitz. 
I    .    I        I  I 

~  +  oH ^- ecc.  air  infinito 

3     .8       15    ' 

Si  trovi  il  termine  di  lei  generale ,  il  quale  farà  manifefta- 


mente 


Reciproche       ecc.        231 
1  ,,  I  I 


■.  Ma   ;=— ; :•  Dunque  è  ella  una 

zx  +  x'  ix  +  x"-       X(2  +  X)  '■ 

ferie  algebraica  reciproca  di  fecondo  ordine,  che  lia  per  fat- 
tori X  ,  z^~x  .  Pofto  ciò  ricorriamo  alle  formule  generali 
della  noftra  Memoria,  e  fi  tragga  dall' efprcffione  della  Prop. 
XI.  pag.  294  i  due  ultimi  integrali,  cioè 

A=  i  ,  ;«=o,  nz=qz=:  i  ,  p  =  z  ,  quefl'  efpreflìone  diverrà 

e  fatto  z,=  1  fuori  del  primo  fegno  ,  avremo  ,  nducendo , 
integrando ,  e  facendo  z  =  i  ,  la  formula 


4       2(^+0 
—  ,  che  farà  la  fomma  generale  della  ferie  ;  e  poflo 

2{X-\-z) 

xc=co    refl-erà  -  per  la  fomma  all'  infinito,  come  quel  gran 

4 
Geometra  ha  trovato .  Di  poi  pigliamo  a  maneggiare  un  ter- 
mine generale  di    quefta  forma   — ,  qualunque    cofa  fiafi 

dx'  —4—  p 

a  ,  e  b  .    Torto  veggiamo  ,   che 


ax^-\-b 


r=-  .  Dunque  ripi- 


gliando  lo  flefTo    integrale  precedente  ,   e   ponendo  x  =  00  , 
onde  cercar  toflo  la  fomma  all'infinito,  diverrà ■ 

=  ,  e  però  dividendolo  in  due,  e  riducendolo  ,  pren- 

1  ^2, 


derà  effo  quella  forma 


232         Delle     progressioni 

I  rizT-"  —  z.f-^)dz. 

~~7p      rn\J         i:f  2: 
nq( ; 

valendo  il  fegno  fuperiore  per  la  ferie 

U  — 1- -}-ecc. 

a-\-b      ^a-\-b      ga-\~b 

e  r  inferiore  per  la  ferie 

I  I         ,         I 

— — — J ecc. 

a-\~b      s\a-\-b      ga-\-b  

Ora  effendo  nel  cafo  noftro  w  =  —  \/ — b,  p  =  \/ — b, 

n=:q  =  \/li,  fé  fi  faccia  \/ =  c  per  femplicità,  avremo 


a 


I     r(zr'  —  z.')dz, I    rzr'az. i    p 

zacj        1^21  zacj  1^2,        zacj  i 


=fz 


(A) 


I  —  z,  i,  ' 


/ 


= 1 f-  ecc. 

1-2:         i-c    '     2-c         3 -e  .,   ^^^ 


Dunque  nel  cafo  di  x=i   dopo  1'  integrazione 

/ =  { h  ecc.  )  — 

2acJ  I— z       Vi_ci2__c'3_f'  ^  zac 

e  però  anche  .     .,  -,  .  -  , 

_i_ri::i^:=r-^-4.  _'_-]- -4-+ecc.)—  ;  quindi 
zacj  i—z.     \i^c~ z-^-c  '3  +  ^  ^.^'■^ 

.  C       -i--] L_^  J_ -j- ecc.  ? 

j<       I— c'2— c'3— f  r 

r  integrale  (A)-=^ — f  -> 

^        ^     ^      zac  \  I  I  I     C 

e        1  -\-c       z  +  c       3  — e  J 

E  poiché  l'aggregato  di  quefle  due  ferie  è  Io  fteffo  che 

_L(Ì "L—  )  (Com.  nuovi  dell' Accad.  di  Pietrob.  Voi. 

zac  ^  e       tang. cn  ' 

^  XIX 


Reciproche       ecc.        233 
XIX.  pag.  30  )    porto  «=i    neir  efpreffione   Euleriana    farà 

ryj  —ab^yj  —b      tang.  tt^/ —  ^:^  '       a  +  b~^a  +  b 

ga-j-b  ' 
Se  dunque  lìa  b  quantità  pofitiva  ,  eflendo  a  negativa  ,  farà 

-^("^l !L_^)^_L_  +  _^-  +  _L  +  ecc. 

2\/ab^\/l;       tang.  7r\/ b:a         ^-«       ^-4«       ^'9^ 

il  qual  valore  farà  pure  quello  della  ferie 

,  -I ^ h  — \~  ecc.  ,    cioè  eflendo  b   negativa  , 

a  —  b       ja  —  b  ^    ga  —  b  ^ 

e  a  pofitiva  .  E  fé  forte  b  porttiva  ,  e  a  negativa  ,  s\  che  il 
valore  della  ferie  forte  efprertb  per  funzione  d'  arco  immagi- 
nario ,  potremo  fcmpre  avere  la  medertma  ferie  efprefla  per 
efponenziali  reali  come  fegue 

__L ^.§r!±|:*  porto  ^=:\/-  ,   e  Zv  il  numero 

che  ha  per  logaritmo  iperbolico  1'  unità . 

Che  fé  folle  e  quantità  razionale  intera  o  rotta  ,  fi  potrà 
Tempre  avere  il  valore  dell'  efpreffione  {A)  nel  cafo  di  z.=  i 
particolarmente  o  algebraico,  o  trafcendente  con  facilità.  Sia 

per  efempio  «  =  4,    bz=z  —  9,  farà  cz=.\J =  -,  e  però 


\  e     I  j-     V  *  n^ — 7j)dz.     II     ,    ^  ,. 

la  formula  diverrà  —  /  -^^ —  =  nel  cafo  di  z,=  i 

izj       I — X  6.12 

dopo  r  integrazione  ,  e  —  /  -^ —  =  -  /.  2  —  ;   sì 

127        1  +  3:  6  6.12 

che  farà 

- —  =  — .  _j 1 ! — .  _i    ecc. 

Ó.12       -.5       4.4-9       4-9-9       4-16-9 

^  /  5  I  1,1  I  , 

-  /.  : '—  z= U  ecc. 

.6  6.12        -5        4.4-9        4-9-9       4-IÓ-9 

To/>io  II.  G£ 


234         Delle     progressioni 
Similmente  fommeremo  la  ferie 

I  1,1  I  ,  .  .,       „ 

,    , —  - — r-,  +  — ,— , --r-}-ecc.  per  cui  il  noltro 

a-j~b      j^a-f-b      9a-\~b      \6a-\-b 

metodo  ci  dà  la  formula  (B)  —  /  ; da  inte- 

zacj         I  -j-z. 

grarfi  da  2:  =  o  fino  a  z=i  .    Operando  come  qui  innanzi 
troveremo 

I      .       I 

•ecc. 


\)—J-C      ^~'^      -~^  '   ^~~^ 


2(7Cn  I  I  I  <r 

^        i-\-c       z-{~c       3-{-c  '^ 

'=^(  ? ) —   (Com.  nuovi  di  St,  Pietrob.  ivi)    pofio 

^  fen.  ct:      c  '  zac 

n=  i  ,  fu  cui  potremo  inftituire  le  medeiìme  operazioni  del 
cafo  precedente , 

Ma  fenza  ricorrere  alla  convenienza  del  noftro  integrale  fvi- 
luppato  con  le  ferie  di  Eulero  citate  qui  fopra ,  polliamo  di- 
rettamente dimoftrare  il  valore  di  lui.  Imperciocché  è  certo 
pe' principi  del  Calcolo  Integrale  (  Com.  nuovi  di  St.  Pietrob. 
Voi.  XIX.  pag.   32.)  che 

(M) ri^'-'  +  ^-'ìdz,^     n  ■   -=   ■ 

J  1+2.  fen.  CTT  - .'    - 

■i,.:0.j'   ■ . 

^N) r(z.'-'-z.-)dz,^      71 

J  1—2  tang.  CTr 

Si  fottragga  pertanto    dall'  integrale  (M)    V  integrale  noftro 
(A)  per  le  ferie  alternative,  e  ii  avrà 
^z.'-'  +  z.-')dz _  r{zr'—zf)dz. _  ri^zf -  '  +  ^')dx. 
J  i+z  J        i-f2       "7         i+z 

/'  T^  I  TT 

2,' - 'tì^S:.  =  —  r=:  -    pollo  21=1.   Dun 


que 

len.  CTI 


^(zr*  —  z.')dz. 

I  4-z 
col  nofiro  per  le  ferie  pofitive,  avremo 


I        r{zr*  —  7j)dz. 
=  / .  Steflìunente  fommando  Y  integrale  (N) 

e        J  l  -\-Z,  o  V     / 


Reciproche       ecc.        235 


j       T^^       "^7      i-z.     "J 

/"Zj  I 

2,'  -  '^z.  =  -  =  -   porto  2:  =  I  ; 


2.'  I  „  V      I  TT 

e  pero  


e       tang.  CTT 

/f^"'  —  z-'V^  ,,.  ,,  ,,   , 

^— ,  come  abbiamo  per  1   uno  e  per  1   altro 

ftabilito  precedentemente . 

SJ.  XVI. 

E  pafTando  alle  terze  potenze  affette,  fia  la  ferie  (C) 

J^ ^+-' ^--1-ecc....  -"— ...(C) 

(i-\-b       b(?  +  è       ija-Jrb      óJ^a  +  b  ax^  +  b 

Se  facciali  -  =/*  ,  il  termine  generale   diventa  — 


a^-'    '  •  °  <z    ;v'+/' 


a  (x+f)(x  +  {(f+f\/  ~3))(i^^  +  -Jf-f\/  -3)) 
Dunque  fcorgefi  immediatamente  ,  che  la  fomma  della  fe- 
rie (C)  fi  riduce  a  integrare  da  2.=  o  fino  a  z=  i  la  for- 
mula del  Probi.  XI.  pag.  293  del  I.  Voi.  della  Società  Ita- 
Uaria ,  allorché  fieno  i  tre  fattori  al  denomuiatore  della  for- 
ma qui  propolìa .  Il  che  non  involgendo  ,  che  un  puro  affa- 
re di  calcolo  fecondo  i  valori  di  ^  ,  e  ^  ,  non  mi  vi  trat- 
tengo di  pili . 

Quindi  poffiamo  agevolmente  conchiudere  ,  che  qualunque 
fia  il  grado  n  della  potenza  affetta,  come  nella  ferie  generale 

11,1  I 

•t    —, :  H ;  4-  QCC. 


a  +  b     ai'  +  b  '   af  +  b  "   "   ax''  +  b 

V  arcano  di  quefta  ferie  fta  unicamente  nel  rifolvere  in  fat- 
tori femplici  il  denominatore,  che  può  femprc  farti,  e  ricor- 
rere al  metodo  noftro  generale  di  fommare  le  ferie  algebrai- 
che  reciproche  nel  luogo  citato  qui  innanzi . 

In  quella  guifa  ,    ottenuto  il  valore   della  ferie  ,    avremo 
quello  pure  dell'  efpreffione  fingolare 

Gg    ij 


2^6         Delle     progressioni 

J  z.   ^  1.2. ..(;?- I)      i.2...(zn-i)   '    i.2...(ya~  i)  '^ 

da  2:=:o  fino  a  2:=  i   trovata  al  f.  XIII. 

i>.  XVII. 

E  dando  all'  argomento  tutta  reflenfione,  di  cui  è  fufcet- 
tibile ,  fi  vede,  che  le  ferie  frazionali  aventi  al  denominato- 
re numeri  figurati  accrefciuti  o  fcemati  d'  altro  numero  iìgu- 
rato  recate  dall'  illuflre  Bcrnoulli  ,  non  fono  che  cali  parti- 
colariffimi  del  metodo  ,  che  abbiamo  qui  indicato .  Impercioc- 
ché fia  per  efempio 

II  I  I 

Z ± H ± 4-  ecc. 

b-j-io  69  +  66  224+196  5154-430  ' 
In  quefta  ferie  non  fono  altrimenti  i  numeri  del  denomina- 
tore potenze  affette  ,  ma  sì  bene  numeri  di  una  ferie  alge- 
braica  del  terz'  ordine  aflètta  da  un'  altra  dello  ftedo  ordi- 
ne. Di  fatti  i  numeri  8  ,  69  ,  224,  515  ecc.  appartengono 
alla  ferie,  che  ha  per  termine  generale  y^v' —  ^jv-j- 5^'^  -  i  , 
e  il  termine  generale  de' numeri  io  ,  66  ,  196  ecc.  è  5X' +  y:^'' 
—  2  .  Il  metodo  pertanto  fi  riduce  a  fommare  i  due  termi- 
ni ,  con  che  fi  avrà  il  termine 

(.4) . .. .  i2x' -f- i2X'  —  IX— i\  e  rifoluto  quefto  ne'  fatto- 
ri zx — I,  2.V-J-1,  3X-I-35  non  {\  tratta  che  di  fommare 

la  ferie  ; ; ; ; ; ,  che  potrà  fempre  far- 

fi  col  metodo  noftro  o  algebraicamente ,  o  per  funzioni  d'ar- 
chi circolari,  o  per  logaritmi.  Di  che  avendo  dato  qui  fo- 
pra  efempli  baftevoli  non  occorre  parlarne  pili  diffufamente . 


237 


ESTOSIZIOKE    ATSLATOMICA 

DELLE  PARTI  RELATIVE  ALL'  ENCEFALO 

DEGLI    UCCELLI. 

Del  Sig.  Vincenzo  Malacarne  Direttore  delle  R. 
Terme  Acquelì  ,  e  Chirurgo  Maggiore  del  Real  Prelidio 
di  Torino . 

continuazione 

Del  primo    Tranato  *  fulle   ojfa   del   Cranio  degli   Uccelli  in 
generale.,  e  particolarmente  delle  Oche  ,  e  delle  Anitre. 

PARTE    SECONDA. 

Pareti  interne  della  cavita  del  Cranio. 

CAPITOLO    PRIMO. 

Divi/ione  generale. 

IL  celebratifllmo  Alberto  Allero  nella  fua  per  ogni  titolo 
grande  opera  fulla  fabbrica  ,  e  l' ufo  delle  parti  (.lei  corpo 
umano  ha  giufhmente  notato ,  che  la  cavità  del  cranio  degli 
uccelli  è  capace  di  modo  ,  che  il  cerebro  li  trova  in  propor- 
zione non  folair.ente  uguale  a  quella,  che  tiene  per  entro  al 
cranio  dell'  uomo,  nei  grandi  uccelli,  ma  eziandio  maggiore 
nei  più  piccioli .  Avea  pure  indicato  quella  cavità  elTere  in- 
fignemente  alta,  e  rotonda. 

Non  contenti  noi  di  quelle  notizie,  infufficienti  per  ajutar- 

G  g     iij 

_^ y 

*  Mera,  della  Soc.  Italiana  Toma  I.  pag.  747 


i^S  Encefalo 

ci  a  dar  un'  enitta,e  chiara  fpolìzione  dell'encefalo,  divide- 
remo la  cavità  del  cranio  degli  uccelli 

1.  In  volta;,  o  parte  fuperiore  concava;  in  pavimento,  o 
parte  inferiore  difuguale  ;  in  pareti  anteriore  ,  pofteriore  ,  e 
laterali,  tutte  fuddivilibili  in  deftra ,  e  lìniftra. 

2.  Noteremo  inoltre,  che  tale  cavità,  conilderata  come  di- 
cefi  all'  ingroHb  ,  è  molto  angufl-a  al  davanti  ,  lì  allarga  per 
ogni  dimenlìone  verfo  la  metà  alzandofene  la  volta,  e  depri- 
mendofene  il  pavimento  mentre  che  fé  ne  fcoftano  le  pareti , 
che  dove  il  pavimento  C\  rialza  per  terminarli  ai  gran  foro 
occipitale,  quefte  pareti  fé  ne  accodano  per  reftrignerla  ;  che 
ivi  però  il  diametro  verticale  fé  ne  mantiene  affai  lungo  per- 
chè Ja  volta  fembra  che  fé  ne  elevi . 

i?.  Vi  lì  diftinguono  molte  fojfe  circonfcritte  da  varie  emi- 
nente, t  vi  C\  ollérvano  molti /or/ ,  delle  quali  cofe  tutte  ver- 
remo qui  recando  1'  opportuna  defcrizione . 

C  A  P  I  T  O  L  O    II. 

Fojfe  della  cavità  del  cranio  degli  uccelli. 

Vediamo  diciotto  foffe  in  quefla  cavità  ,  dodeci    principali 
e  fei  minori.  Le  principali  fono 
Due  Otf attorie , 
Due  Maggiori, 
Due  Superiori  di  mez.z.o, 
.  •    '  La  Loggia  del  cervelletto , 

Due  Fojfe  laterali  di  meTjLOy 
-,        Due  Foffe  dei  Talami,  e       ,.,       -- 
r        Del  Catino  ■    •      : 

Le  Foffe  minori  fono 

V  Ottica,  La  Pituitaria,  •: 

Due  Sfondate,  Due  ovuli. 


D2GLI       Uccelli.  239 

Articolo     I. 

Fo^e  principali  . 

1.  Incomincieremo  a  defcrivere  l'i  fojp  olfattorie  così  dette 
perchè  contengono  ,  e  danno  ulcita  dal  cranio  ai  nerz'i  olfat- 
torj  .  Situate  nella  eflremità  anteriore  quali  acuta  della  cavi- 
tà del  cranio  degli  uccelli,  quefk  fofl'e  fono  ftrette ,  coniche, 
aperte  anteriormente  come  un  imbuto  a  due  cannelle  ;  ap- 
poggiate fui  lati  fupcriori  del  pariete  ofTofo  delle  orbite ,  leg- 
giermente divife  in  alto  ,  e  nella  parte  loro  pofteriore  più 
ampia  ,  mediante  un  picciolo  rifalto  oflbfo  perpendicolare  , 
cui  è  aderente  la  Dura-madre  proprio  dove  fé  ne  biforca  in 
avanti  il  Seno  longitudinale  .  Qiiefto  rifalto  conferva  puranco 
negli  uccelli   il   nome  di  [pina  frontale  interna  . 

2.  Non  divide  le  due  fofTe  olfattorie  per  tutta  1'  eflenfìoii 
loro  ,  poiché  la  parte  anteriore  della  X'olta  comune,  per  uno 
fpazio  maggiore  di  tre  linee,  non  ha  nelle  oche,  e  nelle  ani- 
tre verun   rifalto  . 

3.  Oltre  al  paffaggio  ,  che  danno  ai  N.  olfattori  conten- 
gono le  eftremità  anteriori  pur  coniche  (  alla  foggia  della 
parte  più  acuta  de'  lobi  dell'  aglio  )  degli  emisferi  del  cer- 
vello ,  e  lafciano  aperto  il  varco  al  fangue  ,  che  fcorre  per 
la  biforcazione  accennata  del  Seno  longitudinale  della  D.  M. 
mediante  due  brevi  canaletti  ,  cui  (  ad  imitazione  del 
Santorini  *  )  do  il  nome  di  Emijfarj  perchè  fi  fcarica  per 
effi  **  del  fangue  onde  i  feni  fuoi  fono  ripieni,  e  di  emijfarj 
nafali  per  il  iito  dove  metton  foce . 

4.  Le  folle  olfattorie  finifcono  \'erfo  il  nafo  in  due  canali 
diftinti,  feparati  mediante  un  tramezzo  perpendicolare  ,  che 
unifce  la  Tolta  al  pavimento  :  indietro  ,  e  in  baffo  poi  ter- 
minano al  margine  anteriore  della  Fojfa  ottica. 

5.  Le  Fojfe  maggiori,  che  meritano  tal  nome  per  la  loro 


*    Jo.  Dora.  Santorini  Obfervatio-  la  delle  oche  avere  cinque  para  di  E- 

num  Anatomicaruni  cap.   ni.  mrjfarj ,  cioè  gii  EmiJJarj  Najaii ,  i  Pi- 

*"     Vedremo  a  (uo  luogo  la  D.  M.  tiiitari  ,  i  Laterali  ejlerni  ,    i  Lata  ali 

degli  uccelli  ,  e  più  paleienieiue  quel-  prìfteriori  ,  e  gli  occipitali. 


240  Encefalo 

ampiezza  ,  e  capacità ,  fono  fcolpite  nella  faccia  interna  del- 
la volta  ,  nella  anteriore  delle  pareti ,  e  del  pavimento  ,  an- 
teriormente, e  lateralmente  alle  dnc  fojje  fuperiori  dì  mcx.z.0  ^ 
dalle  quali  le  fepara  un  rifalto  oflbfo  ,  curvo  ,    ed  obbliquo. 

6.  Le  Toffe  fuperiori  di  miz.z.o  lì  vedono  nel  centro  del- 
la volta  del  cranio  ,  feparate  foltanto  la  deifra  dalla  liniftra 
mediante  la  \pi'na  longitudinale  ,  che  ftendeli  per  il  tratto  di 
14  linee  dal  centro  della  volta  delle  foile  olfattorie  (  i  )  al 
margine  fuperiore  dell'  Arco ,  ond'  è  circofcritta  al  davanti  la 
Loggia  del  cervelletto. 

7.  La  fpina  longitudinale ,  che  pur  ora  mentovammo ,  è 
folcata  per  dar  luogo  al  feno  longitudinale  della  D.  M.  ;  e 
quello  folco  ,  di  mediocre  ampiezza  in  a\'anti  ,  fi  reftrigne 
alquanto  nel  centro  delia  porzione  frontale  '"  per  allargarli  di 
iìuo\o  a  mifura,che  li  accorta  all'  Arco,  (6)  dove  ha  circa 
una  linea  d'  ampiezza  ;  e  qui  sbocca  nel  feno  Long,  un  grof- 
fo  tronco  venofo  ,  che  palla  per  un  foro  già  flato  defcrit- 
to  **  ,  e  che  ha  le  fue  radici  nelle  foitanze  molli  ,  che  ve- 
flono  il  cranio . 

8.  Immediatamente  dieiro  a  quel  foro  il  folco  fi  biforca, 
e  le  due  porzioni  rifultanti  da  tale  biforcazione  fi  circonflet- 
tono in  bado  fimmetricamente  ,  per  quel  che  fpetta  al  cor- 
fo  ;  ma  la  porzion  defira  per  1'  ordinario  fi  trova  pili  larga. 
Ricevono  i  Seni  laterali  della  D.  M.  ,  continuazioni ,  o  fia 
biforcamenti  del  feno   longitudinale  (  1  ) . 

9.  Ne  tutta  la  parte  anteriore  della  fpina  longitudinale 
interna  è  folcata  (1,2),  perciocché  la  porzion  della  mcde- 
fima,  che  pur  efifle  nella  volta  della  porzion  pofleriore  delle 
fofle  olfattorie  (  i  ,  2  )  ,  non  è  nemmeno  accompagnata  dal 
feno  longitudinale  ;  che  anzi  prima  che  la  fpina  ivi  H  can- 
celli ,  la  colonna  del  fangue  la  quale  qui  fi  trova  ne!  feno  , 
dividendoli  quello, prende  una  direzione  obbliqua  verfo  le  pro- 
duzioni della  D.  M.  onde  i  N.  olfattorj  fono  inguainati  co- 
me in  due  cannelle  (  i  )  ,  e  viene  con  effe  divergendo  per  i 
fori  olfattorj  guidata  fuori  del  cranio  nelle  orbite . 

IO.  La 


*    Parte  I.  Gap.  II.  §.  4. 
**    Parte  I.  cap.  il.  §1.  z 


DEGLI       Uccelli.  241 

10.  La  fettirna  fofTa  nominata  Loggia  del  cervelletto  per- 
chè i  Iati  deli'  arco  (6)  ,  e  quelli  del  gran  joro  occipitale 
ne  formano  i  piiaflri  ,  e  ne  foftengono  molto  elegantemente 
la  profonda  volta  ,  e  lituata  nella  fommità  pofteriore  della 
cavità  del  cranio,  ieparata  dalle  fofTe  fuperiori  di  mtVLO  (6) 
mediante  1'  arco  fuddetto  ,  munito  d'  un  beli'  orlo  angolare 
quali  tagliente  ,  limile  ad  una  mezza  luna  con  le  corna  ri- 
volte al  bado  . 

11.  Lo  sfondo  della  Loggia  è  confiderabile  in  tutti  gli 
uccelli,  e  meglio  che  in  nelì'un  altro  nelle  oche  vi  fi  veggo- 
no fcolpiti  due  falchi  irregolarmente  ferpeggianti ,  desinari  a 
dar  ricetto  al  fangue  ,  che  riempie  due  feni  Subalterni  *  co- 
municanti con  il  principio  dei  feni  Laterali  (  S  )  dilla  Du- 
ra-madre . 

1 2.  Tutta  la  Loggia  del  cervelletto  delle  oche  è  capace 
della  punta  del  mignolo  ,  efTendo  pur  tale  ordinariamente  la 
groHezza  di  quefta  importante  porzione  del  cerebro  nelle  me- 
delìme  . 

13.  La  ottava  ,  e  la  nona  lì  dicono  fojfs  Laterali  di  mez.- 
2.0  per  il  luogo  .  che  occupano  in  quelH  cranj ,  eiì'endo  fcol- 
pite  ai  fianchi  del  pavimento  affai  più  in  baffo ,  che  non  fono 
le  olfattorie ,  dalle  quali  vengono  feparate  mediante  un  rifalto 
obbliquo  traverfale  ,  che  ii  curva  allo  insù  contro  le  pareti 
del  cranio.  La  loro  profondità  è  maggiore  al  davanti, e  fulla 
faccia  interna  ,  corrifpondente  delle  apofili  orbitarie  pofterio- 
ri**,fono  volte  più  allo  in  fuori  e  contengono  il  lembo  eter- 
no della  faccia  inferiore  degli  emisferi  del  cervello  . 

14.  Nomino  fojfc  dei  Talami  quelle  due,  che  occupano  i 
lati  del  pavimento  del  cranio  ,  divife  dville  laterali  di  mez- 
zo (13)  per  una  crejfa  ojfofa  femihmare  aliai  tagliente  quali 
orizzontale  :  dal  centro  del  pavimento  del  cranio  quefte  due 
crefie  (i  portano  in  dietro  verfo  il  margine  anteriore  delle  pic- 
ciole  fojfe  auditor  te . 

i$.     La  profondità  delle  fofTe  de'  talami  viene  accrefciuta 

Hh 


*    Nel  Trattato  delle  Meningi  do-  ticolazione  dell'  apofife  occipitale  con 

ve  fi  favella  della  D.M.  vedremo  que-  la  prima  vertebra. 
IH  Seni  Subalterni  sboccare  in  due  ri-  **    Loc.  citato  Artic.  II.  §.  6. 

cettacoli  venoiì  podi, ai  tianchi  dell' ar- 


242  Encefalo 

da  due  pieghe  falcate  della  D.  M.  ,  le  quali  attaccandofi  al- 
la menzionata  crefta ,  ne  fregiano  tutto  il  tagliente  feguendo- 
ne  la  concavità  .  Contengono  gran  parte  dei  Talami  de"  N. 
Ottici  . 

16.  L'  ultima  fofla  delle  maggiori  fìtuata  nella  parte  po- 
fteriore  del  pavimento  ,  avendo  nelle  oche  ,  e  nelle  anitre  la 
figura  d'  un  cati'no  quali  ovale  ,  ne  riceve  anche  il  nome  . 
E'  aliai  più  eftefa  in  dietro  che  le  precedenti ,  e  contiene  la 
midolla  allungata  ,  la  quale  fui  margine  pofterior  di  quefta 
foflà  dolcemente  li  eleva  per  giugnere  al  gran  foro  occipitale , 
dove  quefto  margine  ha  nelle  oche  una  breve  crejla  molto  ele- 
vata .  Negli  uccelli  di  rapina  e  fra  gli  altri  nel  Nibbio,  nel 
Palchetto,  nello  Sparviere  ,  e  nella  Crivella  tal  crejla  fi  fien- 
de  per  tutta  la  lunghezza  del  catino  dividendone  la  parte  de- 
fira  dalla  finifira  . 

-  ■_  :,  A    R    T    I    C    O    L    O       IL 

..-■■:      ,,,  ■.  .   ■         ;     Delle  FoJJe  Minori. 

1.  La  prima  a  fcoprirfi  nel  cranio  degli  uccelli  è  l'Ottica 
fituata  immediatamente  dietro  1'  angolo  ,  che  s'  incontra  fui 
margine  pofteriore  del  pavimento  delle  fofie  olfattorie  *  ver- 
fo  il  centro  ;  angolo  che  in  molte  fpecie  d'  uccelli  ivi  fa  un 
notabiliflimo  rifalto  traverfale  ,  tanto  per  io  fuo  inoltramen- 
to  allo  indietro,  quanto  per  la  profondità,  e  I'  ampiezza  del- 
lo sfondo,  che  viene  dall'  accennato  rifalto  limitato  in  avan- 
ti, e  in  parte  nafcoflo  **  :  polleriormente  confina  con  il  mar- 
gine anteriore  della  foffa  Pituitaria  . 

2.  La  folla  ottica  è  unica  nella  cavità  del  cranio ,  ma  to- 
fìo  degenera  in  due  ampli  fori  perchè  incontra  il  lembo  fupe- 
rior  pofteriore  del  tramezzo  delle  orbite  ***  ,  il  quale  la  di- 
vide perpendicolarmente  in  due  mezze  lune  uguali  una  deftra , 
e  r  altra  (iniftra  ;  ed  avendo  lo  ftelTo  tramezzo  la  porzione 
di  quel  margine ,  che  divide  la  folla  ottica  ,  lunata ,  ciò  dà 


*     Artic.  preced.  §.  4. 

*'    Q.uefta  cola  e  più  eh'  altrove  apparente  nei  Papagalli. 

*"*    Parte  I.  cap.  11,  art.  11.  §.  3.  ,  .  . 


DEGLI       Uccelli.  243 

alla  fona  medelìma  profondità  maggiore,  e  maggiore  ampiez- 
za ai  due  fori  obbliqui  Attù  fori  ottici .^  perchè  danno  palfag- 
gio  al  groflb  tronco  dei  N.  ottici . 

5.  Alquanto  pia  indietro  ,  ed  anche  nel  mezzo  del  pavi- 
mento vediamo  la  fojj'a  Pituitaria  ,  V  entrata  della  quale  è 
quali  romboidea  .  E'  leparata  dall'  ottica  mediante  un  rifatto 
olVofo  trav'erfale  molto  fattile  ,  e  fragile  . 

4.  E'  pure  doppia  verfo  le  orbite  ,  donde  permette  ,  che 
s'  introducano  nel  cranio  due  notabili  tronchi  arterioiì  *  per 
due  fori  aflai  larghi  ,  che  sboccano  nel  di  lei  fondo  . 

5.  E'  molto  eflefa  in  ballo  ;  molto  pure  obbliquamente 
indietro  fotto  il  pavimento  fui  margine  del  tramezzo  delle  or- 
bite ,  le  lamine  del  quale  fembra  che  ivi  fi  difcoftino  per 
dar  ricetto  alla  porzion  principale  più  baffa  e  nafcofta  della 
gianduia  pituitaria . 

6.  Sui  fianchi  di  quefla  fofla  troviamo  pure  le  bocche  di 
quelli  due  canaletti  nei  quali  s'  inlìnuano  ,  e  trafcorrono  i 
nervi  motori  comuni  degli  occhi  :  la  loro  apertura  efferiore 
vedefi  nelle  orbite  una  linea  circa  più  addietro  ,  e  verfo  le 
tempie,  della  ufcita  dei  N.  ottici  . 

7.  Nei  lati  della  fofTa  Pituitaria  mettono  foce  i  due  con- 
dotti delle  Carotidi  cioè  quei  due  canaletti  olTolì ,  per  la  boc- 
ca inferiore  dei  quali  ,  aperta  ai  fianchi  della  tuberolltà  ba- 
fìlare  ** ,  fi  cacciano ,  e  portandofi  verfo  la  bafe  del  cervello  i 
due  groflì  tronchi  di  tali  arterie  pafiano  dietro  alla  gianduia 
pituitaria  per  giugnere  a  diramarfi  nella  fuddetta  vifcera. 

8.  Qiiefti  due  condotti  ,  più  larghi  alla  bafe  del  cranio 
fuori  del  medefimo ,  [\  reftringono  a  mifura  che  circonlktten- 
dofi  ne  percorrono  obbliquamente  la  fpugnofa  fpeflezza  del  pa- 
vimento ,  iìcchè  prendono  la  figura  di  due  corna  convergen- 
ti in  alto  e  allo  innanzi  ,  cioè  con  le  punte  ridotte  in  una 
fola  nella  folla  pituitaria  ,  mentre  che  le  curvità  più  ?randi 
ne  fono  in  fuori,  e  le  bafi ,  come  abbiamo  detto,  indietro  e 
in  bafib. 

9.  La  terza  e  la  quarta  delle  fofle  minori  fono  fimmetri- 

Hh    ij 


*    QueRi  fono  differenti  dal  tronco  principale  delle  carotidi  ,   che  accen- 
neremo fra  breve  . 

*'    Loc.  citat.  %.  11.  artic.  IV.  §.  4.  ;  •    '  ' 


1. 


44  Encepalo 

che  ,  ed  io  le  nomino  sfondate  perchè  in  vece  di  fondo  fi 
aproii  0  alla  bafe  dei  cranio  con  un'  ampia  bocca  onde  efco- 
rio  i   groffi  tronchi  de'  N.  mafccllari  Jupaiori  ed  inferiori. 

10.  Le  foffe  sfondate  occupano  i  lati  del  pavimento  al  di 
dietro  della  pituitaria  (5)  tra  le  foffe  dei  talami  *  (3,4ecc.) 
il  catino  **  ,  e  le  fojfe  auditorie  ^  che  quanto  prima  defcrive- 
remo  .  Danno  ricetto  ai  tronchi  de'  N.  fuddetti ,  i  quali  af- 
fatto le  riempiono  mediante  il  groflo  ganglio  ,  che  quefti 
nervi  fanno  qui  dopo  eflerfene  allontanato  il  N.  oftalmico  . 
Danno  pure  ufcita  ad  una  radice  coniiderabile  delle  vene  ju- 
gulari . 

11.  Non  è  raro  trovare  il  margine  pofieriore  delle  fofl'e 
sfondate  aliai  profondamente  incavato  per  dare  ricetto  al  gan- 
glio mentovato  ,  incavature  ,  che  il  potrebbono  confiderare 
come  due  foflette  lubalterne  e  ottenere  il  nome  di  fojfette  dei 
Gangli . 

12.  Negli  encefali  frefchi ,  ancora  tappezzati  della  D.  M. , 
le  fofle  sfondate  fono  in  gran  parte  coperte  d'  una  piega  po- 
co meno  che  perpendicolare  fatta  dalla  ffeffa  meninge  ,  e  cosi 
efattamente  riempiute  da  quei  nervi  ,  e  dal  ganglio,  clie  rie- 
fce  diincile  conofcerne  a  dovere  1'  eftenlione  e  la  capacità  fal- 
vo  nelle  ofl'a  fecche ,  e  ben  ripulite  si  al  di  fuori ,  che  al  di 
dentro  . 

13.  Le  fojfe  ovali  fono  dette  cosi  dalla  loro  figura  ,  e  fi 
tro\ano  alquanto  pili  addietro  delle  sfondate  ,  e  piìi  alto 
falle  pareti  laterali  della  parte  pofteriore  della  cavità  del  cra- 
nio :  hanno  molta  profondità  ;  1'  orlo  ne  è  molto  rilevato  , 
e  conveiìb  ,  e  n'  è  quafì  verticale  il  diametro  maggiore  . 

14.  Si  diftinguono  agevolmente  da  tutte  le  altre  per  la 
figura  ,  e  per  la  folidità  del  rifallo  degli  orli  ,  fatto  da  uno 
dei  canali  Semicircolari  deftinati  alla  perfezione  dell'  udito  , 
in  tutti  gli  uccelli  (  e  particolarmente  nei  più  piccioli, e  nei 
notturni  )  elegantiflimi. 

1 5.  Le  fa  diftinguere  altresì  la  profondità  loro  ,  occupa- 
ta da  i  nervi  acufiici  avvolti  in  una  grolla  appendice  dei  lati 
del  cervelletto  ,  molle,  e  cinericcia  all' efterno ,  che  parte  dai 


*     Artic.  anteced.  %.  14.  15. 
♦*    Ivi  §.  16. 


DEGLI       Uccelli.  145 

lati  della  bafe  del  cervelletto  medelimo  ;  la  quale  appendice 
è  contenuta  in  una  borfa  della  D.  M.  tappezzante  con  efat- 
tezza  amendue  gli  antri,  tinta  di  colore  piombino  per  il  mol- 
to fangue  \  enofo  ,  che  fcorre  ed  empie  varj  feni  offervabiii 
tra  le  lamine  di  quefta  meninge. 

16.  Sboccano  quefli  feni  nelle  folle  sfondate  mediante  un 
largo  folco  fupcriicialmente  fcolpito  nello  fpazio  ollofo  ,  che 
quelle  dagli  antri  divide,  e  eh'  è  fede  d'un  paro  di  emijjarj 
detti  Laterali  cjlcmi ,  la  direzione  dei  quali  è  obbliqua  al  da- 
vanti ,  e  in  ballò . 

CAPITOLO      III. 

Bei  Fori  ojjervalilì  nella  cavita  del   cranio  j 

degli  Uccelli. 

Do\endofi  ora  numerare  i  fori,  che  C\  veggono  per  en- 
tro al  cranio  degli  uccelli  ,  prenderemo  fempre  a  conlidcrare 
quello  delle  anitre  ,  e  delle  oche  per  efler  cofa  piìi  facile  a' 
principianti  il  tener  dietro  con  1'  occhio  fu  quefle  offa  alla 
noftra  ckfcrizione  .  Terremo  pure  qui  1'  ordine  ,  che  viene 
prefcritto  dalla  iituazion  de'  fori  flelfi  cominciando  dagli  an- 
teriori verfo  il  ceppo  del  becco,  e  terminando  con  quei  dell' 
occipite,  proccurando  di  dare  ad  ognuno  d'elfi  tal  nome, che 
indichi  fé  vafo,  o  nervo  vi  palfi  ,  e  talvolta  quale  ne  fia  la 
capacità  ,  la  figura  ,  e  la  direzione  . 
Sono  avvezzo  ad  ofTervarvene  i  feguenti 

Due  Olfattori  . 

Due  Arteriali  anteriori. 

Due  Ottici. 

Due  Motori  comuni. 

Due  Patetici. 

Due  Venofi  della  fojfa  pituitaria . 

Due  Carotidei . 

Due  Oftalmici. 

Due  Motori  ejìerni . 

Due  Mafcellari  fuperiori . 

Due  Mafcellari  inferiori. 

Due  Auditori  . 

Hh    iij 


24<5  Encefalo 

Due  Ciccioli  Simpatici  . 

Due  Vaghi,  o  Laceri. 

Due  Jimdari . 

Due  Palatini. 

Due  Ipoglojji,  ed 

Il  ^n7«  foro  occipitale  . 

^-l       ^i  A   R   T    I   e    O    L    O       I. 

Dei  Fori  Olfattori . 

I  primi  a  fcoprirfi  nella  parte  anteriore  del  cranio  d'  ogni 
uccello  fono  i  due  fori  Olfattori  feparati  mediante  la  parte  "fu- 
periore  del  tramezzo  delle  orbite  ,  *  full-  faccie  laterali  del 
quale  fi  prolungano  in  una  doccia  di  linee  tre  ,  che  linifce 
neir  ampia  fofla  nafale  occupata  in  araendue  i  lati  dalla  con- 
ca fuperiore  delle  narici . 

Per  quello  paro  di  fori  unitamente  ai  N. Olfattori  efce  dal 
cranio  il  primo  paro  degli  emilTarj  della  dura  madre.  ** 

A    R   T   I   e    O   L    o      IL 

,   '  "     ■  T)à  Fori  arteriali. 

-■       .  ■  '•-  '■■-'"   ■'■7 

$.  I.  II  fecondo  paro  dà  pafTaggio  ad  una  coppia  di  ra- 
micelli  arteriolì  ,  che  va  indietro  obbliquamente  divergendo 
per  diramarli  nel  centro  della  faccia  inferiore  degli  emisferi 
del  cervello .  Vedefi  quafi  mez,zo  pollice  difcofto  dal  foro  ol- 
fattorio . 

2.  Le  aperture  interne  dei  F.  arteriali  fon  nafcofe  in  una 
profonda,  e  flretta  fcanalatura  traverfale,  alquanto  curva  nel 
mezzo  della  fua  lunghezza,  che  ha  le  eftremità  molto  di\'er- 
genti;  è  fcolpita  fopra  una  fpecie  di  creda,  e  fi  continua  in 
un  folco  pure  obbliquo.  -  ; 

3.  Le    aperture   ederiori    fono  nelle   orbite    quattro  linee 


*    Par.  I.  Gap.  II.  Art.  II.  §.  9. 

**    Cap.  II.   Art.  I.   §.  j.  della  P.irte  feconda. 


DEGLI     Uccelli.  247 

poderiormente  all'orlo  diretano  dei  F.  olfattori,  e  due  linee 
anteriormente  agli  ottici ,  nel  margine  fuperiore  del  tramez- 
zo delle  orbite.  * 

Articolo     III. 

Dei  Fori  ottici. 

Qiielìo  paro  è  feparato  da  quello  dei  precedenti  fori  ,  che 
vi  ita  l'opra,  mediante  una  forte ,  e  fpeffa  crefla  oflbfa  traver- 
fale .  Già  li  conofce  la  folla  dalla  quale  i  fori  ottici  procedo- 
no, **  e  lì  fa  che  il  fondo  anteriore  ne  è  divifo  dalla  parte 
corrifpondente  del  tramezzo  delle  orbite ,  le  faccie  delira  e  li- 
niera del  quale  tramezzo  ne  fodengono  le  ohblique  apertu- 
re efteriori  5  per  le  quali  sboccan  nelle  orbite  i  N.   ottici. 

Articolo     IV. 

Fori  dei  N.  motori  comuni  degli  occhi . 

1.  Una  linea  -}- i  -.2  circa  pofteriormente ,  e  fui  lati  del- 
la folla  ottica  ***  ii  vedono  i  bislunghi  fori ,  che  danno  ufci- 
ta  ai  N.  motori  cornimi  degli  occhi ^  dai  quali  prendono  il  no- 
me. La  diftanza  del  dedro  dal  lìniftro  è  lin.  3.  circa  ,  e  fo- 
no ai  fianchi  della  fofla  pituitaria  ,****  dai  maigini  della  quale 
fono  feparati  per  una  tenue  lam.inctta  ojfofa  alquanto  piìi  in 
alto  fulie  pareti  del  cranio,  che  fanno  le  fpalle  della  folla  me- 
delìma ,  corrifpondentemente  all'  iftmo  largo  più  d'  una  linea 
che  divide  la  pituitaria  dalla  ottica. 

2.  Sono  pure  feparati  da  tale  iflmo  per  una  larga  e  fot- 
tile  offola  Lajìra  ;  e  la  dilfanza  loro  dai  fori  oftalmici  pofti 
pili  indietro  e  di  tre  quarti  di  linea  ,  tale  eflèndo  la  lar- 
ghezza dell' ojjofa  Lifca  che  ne  divide  il  margine  diretano  dall' 
orlo  anteriore  àcì  fori  patetici  loro  paralleli,  ma  più  proffimi 
alla  foifa  pituitaria. 


*    Par.  I.  Gap.  II.  art.  II.  5.  9. 
**    Vedi  Gap.  preced.  art.  II.  5.  i. 
♦'*    Ivi. 
*•"    Par.  II.  Gap.  II.  Art.  II.  §.  g. 


248  Encefalo 

3.  Meritano  d'eflere  notati  in  quefto  Tito  i  Solchi  lunghi 
più  di  una  linea  per  li  quali  fcorrono  i  N.  motori  comuni 
prima  di  arrivare  all'apertura  interna  dei  canali  ai  tronchi  lo- 
ro desinati,  che  guidano  verfo  le  orbite,  dove  penetrano  per 
un  foro  bislungo  quaiì  nafcofto  dalla  radice  di  quelle  brevi 
(pine  ojfofc,  che  ftanno  fui  fianco  efterno  dei  fori  carotidei  a 
livello  della  radice  delle  apofìft  orbitarie  pofteriori.  * 

Articolo    V. 

Be'  Fori  Patetici , 

Sì  trovano  proprio  nella  fofTa  pituitaria  fotte  quella  olTofa 
laminetta  ,  che  fa  1'  interno  margine  degli  ora  deferirti  fol- 
chi  ,  e  canali  ,  alquanto  più  fulla  parte  anteriore  dei  parieti 
della  fuddetta  fofla,  e  fui  fianco  efterno  dei  fori  carotidei.  Sì 
aprono  il  varco  obbliquamente  nelle  orbite  fra  la  apertura  del- 
ia coppia  precedente  ,  e  quella  dei  fori  carotidei  medefimi . 

Articolo    VI, 

Fori  Tjenofi  della  fojfa  Pituitaria . 

Alla  parte  anteriore  del  fondo  della  foflfa  pituitaria  fi  veg- 
gono due  aperture  ovali  poco  meno  larghe  d'  una  linea,  per 
le  quali  efcono  del  cranio  due  emifarj  della  D.  M.  fimili  a 
due  grofie  vene  :  diedi  loro  perciò  il  nome  di  fori  venolì  del- 
la fofla  pituitaria,  ""• 

Articolo     VII.     - 

Fori  Carotidei. 

I.  Alla  parte  pofteriore  della  medefima  foffa,  dove  fi  va 
reftringendo ,  ed  abbaflandofi  nella  foftanza  cavernofa  della  tu- 

berofità 


Par.  I.  Cap.  II.  Art.  II.  §.  6. 


DEGLI       UaCELLI.  249 

berofiù  bafilare  *  vi  è  la  foce  dei  due  ampli  canali  oflò- 
iì  circonfleill,  la  bocca  dei  quali  è  già  ftata  da  noi  mentova- 
ta qui  fopra ,  **  ne'  fianchi  della  colorirla  ojfofa  tra  le  faccette 
articolari  ,  e  la  porzione  pili  bafla  della  radice  delle  apofifl 
maftoidee.  Sono  i  fori  carotidei  interni  ,  irregolarmente  ova- 
li, e  larghi  poco  meno  d'una  linea.  Per  quelli  canali  o  con- 
dotti nei  cranj  delle  oche,  delle  anitre,  delle  galline,  e  del- 
la maggior  parte  degli  uccelli  fcorrono  i  tronchi  delle  arte- 
rie carotidi,  le  quali  uniformemente  a  quello  ,  che  fi  oflerva 
neir  encefalo  umano,  vengono  a  sboccare  nei  lati  della  fofTa 
pituitaria  per  diramarli  nella  foftanza  del  cervello  . 

2.  Danno  pur  anco  pallaggio  al  paro  dei  nervi  Iritc/co- 
fiijli ,  0  grandi  Simpatici. 

Articolo     Vili. 

Fori  Oftalmici 

1.  Situati  fui  margine  inferiore  delle  fofle  dei  talami*'''* y 
quefti  fori  vengono  cosi  detti  perchè  vi  palla  il  tronco  di 
quei  nervi  ,  che  vedremo  (  alfai  più  manifelìamente  ancora  , 
che  negli  uomini)  avere  negli  uccelli  origine  dipinta  da  quel- 
la dei  N.  mafcellari  fuperiore,  ed  inferiore. 

2.  Nei  cranj  mondi  li  fcorge  il  largo  e  profondo  folco  , 
fui  quale  fcorre  il  N.  oftalmico  mentre  che,  fcioltofi  dal  gan- 
glio ****  comune  ai  due  mafcellari  ora  accennati,  lì  porta  ob- 
bliquamente  addentro  per  imboccare  il  proprio  foro  ,  che  è 
ritondo,  aliai  largo,  e  diftante  quello  del  Iato  deftro  più  di 
lin.  3.  dal  lìniftro  ,  di  maniera  che  forma  T  angolo  eflerno 
d'  un  triangolo  immaginabile  tra  quello,  la  foffa  pituitaria, 
e  il  foro  del  N.  motor  eilerno  degli  occhi. 

3.  L'  ufcita  del    N.  oftalmatico    nelle  orbite  fi  trova    fra 
Tomo  IL  lì 


Par.  I.  Cip.  II.  Arr.  II.  §.  n. 
E  alla  Par.  I.  Gap.  II.  Art.  IV.,  e  §.  4. 
*    Par.  II.  Cap.  II.  Art.  I.  §.  §.  14.,  e  ij. 
'*    Gap.  antecedente.  Are,  IL  4.  S.  i9. ,  ji.,  12 


25°  Encefalo 

quella  del  patetico ,  quella  del  motor  comune ,  e  la  fafcia  in- 
terna della  fpina .  * 

4.  Vi  è  pure  una  tenue  lamina  ofTofa,  che  ferve  di  vol- 
ta al  canale  del  N.  oftalmico,  e  di  fondo  al  folco  del  motor 
comune  digli  occhi. 

■'■    '  Articolo     IX. 

Fori  Motori   ejìerni . 

Quefti  fanno  la  nona  coppia  ,  e  fono  lin.  3-1-1:4  pofte- 
riormente  alla  fofTa  pituitaria,  lontani  due  linee  il  deftro  dal 
fuiiftro ,  e  lin.  1-4-1:2  dal  margine  delle  folTe  sfondate  :  ** 
vi  paffano  i  N.  motori  ejìerni  degli  occhi  dopo  aver  fatto  un 
lungo  tragitto  a  traverfo  della  fpeiTezza  della  bafe  del  cranio, 
al  di  fotte  della  fofTa  pituitaria  ,  in  un  canale  che  sbocca 
nella  parte  pofteriore  delle  orbite  ;  e  qui  amendue  i  nervi  H 
diramano  nei  mufculi  desinati  al  globo  degli  occhi  ,  e  nelle 
tuniche  dei  globi  fteffi  dal  canto  delle  orecchie . 

Articolo    X. 

Fori  majcellari  fuperiori ,  ed  inferiori . 

1.  La  decima,  e  l'undeciina  coppia  de' fori  fono  nelle  fof- 
fe  sfondate  ;  e  iìccome  fervono  amendue  a  dar  paiTaggio  ad  un 
ramo  diftinto  del  N.  mafcellar  fuperiore ,  cosi  le  comprendia- 
mo in  un  folo  articolo,  febbene  il  primo  più  angufto  ,  oc- 
cupato tutto  dal  ramo  del  fuddetto  ,  ne  ritenga  il  nome,  ed 
al  fecondo,  perchè  dà  palTaggio  al  tronco  del  N. mafcellar  in- 
feriore unitamente  ad  un'  altra  branca  del  mafcellar  fuperiore , 
io  dia  il  nome  di  mafcellar  inferiore . 

2.  Il  foro  mafcellar  fuperiore  adunque  fi  trova  alquanto  più 
innanzi  e  verfo  1'  affé  del  pavimento  della  cavità  del  cranio . 
Dà  paiTaggio  ad  un    grolTo  ramo  del  N.  mafcellar  fuperiore  , 


'    Par.  I.  Gap.  II.  Art.  II.  i.  16. 

"    Par.  II.  Gap.  n.  Art.  II.  §.  3.,  e  io. 


©SOLI     Uccelli.  251 

delle  diramazioni   del  quale   favelleremo   a  lungo  quando  de- 
fcriveremo  la  parte  fuperiore  del  becco. 

3.  Il  mafcellar  inferiore  poi  è  aliai  più  grande  avendo  due 
linee  di  diametro.  Si  trova  alquanto  piìi  addietro  del  prece- 
dente. Si  apre  nella  parte  anterior  efierna  delle  folfe  sfonda- 
te per  dar  palFaggio  al  tronco  principale  del  N.  mafcellar  fu- 
periore nel  niedeiimo  tempo,  che  ne  efce  pure  il  tronco  del 
mafcellar  inferiore ,  giacch'  è  appunto  in  quello  fito  il  gan- 
glio *,  onde  negli  uccelli  fono  iniìeme  confufi  qucfti  due  tron- 
chi . 

4.  Qiiinci  efce  del  pari  il  terzo  paro  degli  emijfarj**  del- 
la D.  M.  detti  emijfarj  latirdi  ejìerni . 

5.  La  diftanza  dei  fori  niafcellari  inferiori  tra  di  loro  è 
di  fette  linee . 

6.  Tra  quefli  poi  ,  e  le  folTe  ovali  ***  fi  vede  un  ijìmo 
oflbfo  molto  fpeflb  largo  tre  linee . 

Articolo     XI. 

Fori  Auditori . 

Nelle  fofle  ovali  ****  abbiamo  indicato  infinuarfi  una  porzion 
notabile  di  foftanza  dependente  dal  cervelletto  ,  nella  quale 
dimoftreremo  a  fuo  luogo  edere  avviluppato  il  vero  nervo 
auditorio,  cioè  quello,  che  negli  uomini  fuol  eflere  conofciu- 
to  fotto  il  nome  di  porzion  molle  del  nervo  auditorio  .  Il 
fondo  di  quefti  antri  è  minutilfimamente  crivellato  per  dar 
pafiaggio  a'  rami  proporzionati  di  tal  nervo. 

li     ij 


*    Cap.  precedente  Art.  II.  5.  io.,  11.,  e  11. 

"    Par.  II.  Gap.  II.  Art.  II.  §.  ly. 

*"    Ivi  §.  13. 

•"*    Cap.  precedente  Art.  II.  §.  ij. 


25Z  Encefalo 

Articolo     XII. 

Fori  piccioli  fimpatici . 

1.  Tra  il  margine  anteriore  delle  folle  ovali,  il  pofterio- 
re  delle  sfondate,  e  l'orlo  vicino  dei  fori  laceri  fi  vede  una 
fofficella  fuperfìciale  ,  aneli'  ella  ovale  .  In  quella  fi  contano 
divedi  forellini  (  talora  cinque  per  parte  ,  talora  fei  ,  talora 
quattro,  altre  volte  da  un  canto  ve  n'  ha  più  che  dall'altro 
incoftantemente  per  quello  ,  che  riguarda  il  lato  deliro  ,  o 
finiftro  )  e  per  quefti  forellini  penetrano  nel  labirinto  ,  de- 
fiinato  alla  perfezione  dell'udito  negli  uccelli,  i  fili  dei  ner- 
vi piccioli  lìmpatici . 

2.  Non  meritano  nemmeno  in  qiiefti  animali  il  nome  di 
porzion  dura  dei  N.  auditori,  ripugnante  alla  deftinazione  lo- 
ro ,  perciocché  febbene  da  qucfii  nervi  la  membrana  bipartita 
del  timpano,  gli  ofietti,  e  le  apofifi  bizzarre  loro  ne  fono 
prov\-eduti  negli  uccelli  di  qualche  filuzzo  nervofo ,  come  la 
fuddetra  membrana  ,  e  i  mufculi  del  martello  e  della  ftatt'a 
neir  uomo  e  nei  quadrupedi;  tuttavia  i  rami  principali  van- 
no a  diramarfi   nelle  parti  molli  efieriori  dei  lati  della  tefia. 

3.  QLiefl-a  dillribuzione  ofiervalì  anche  meglio  ne'  volatili 
pia  groffi,  come  fono  le  oche  ,  le  anitre,  i  barbagianni ,  le  gru, 
gli  aghironi,  i  galli  d'  india,  gli  fparvieri ,  i  nibbj  ,  le  gal- 
line ,  e  può  da  ognuno  vederfi  anche  nei  minori  purché  vi 
abbia  l'occhio  per  vedere  e  la  mano  per  notomizzare  avvez- 
zi ;  che  altrimenti  la  fottigliezza  di  tali  diramazioni  per  entro 
ad  un  complefib  di  parti  in  apparenza  afiai  confufa  ,  in  fo- 
ilanza  tenere,  molli,  e  minute,  può  deludere  1'  acume  d'  un 
ornitotomifia  meno  efercitato . 

Articolo    XIII. 

Fori  laceri  .  \  '  ' 


I.  Una  linea  pofteriormente  alla  fofficella  fuperfìciale  ora 
defcritta  ,  ed  una  linea  pure  al  di  fotto  delle  fofie  ovali  ,  \\ 
trova    la    coppia    dei    fori    equivalenti    ai  laceri  ,  o  {tracciati 


DEGLI     Uccelli.  255 

del    cranio    umano  ,    desinata    eziandio    negli    uccelli  a   dar 
paffaggio    ai  tronchi  del   par  vago. 

2.  Se  poteffi  uniformarmi  all'  ufo  comune  antico  di  nu- 
merare i  nervi  dell'  encefalo  ,  quel>o  paro  farebbe  anche  qui 
l'ottavo;  nna  ficcome  debbo  confi )rmarmi  alla  natura,  ed  ef- 
porre  con  tutta  la  chiarezza  pofiibile  quello  ch'io  veramente 
ci  vedo,  e  che  da  chiunque  ha  da  vederli,  così  nella  quarta 
parte  dell'  Encefalotomia  umana  ho  dimoftrato  i  nervi  nell' 
encefalo  umano  efiere  quindici  para ,  per  quello  che  rifguarda 
i  principali, e  tre  para  d'acceflòrj;  né  mi  alkrrò  a  fuo  tem- 
po di  far  vedere  come  in  quel  degli  uccelli  fé  ne  difcoprono 
pure  quattordici  para  ,  dei  quali  il  par  \'ago  viene  ad  elFere 
il  decimo ,  fenza  gli  acceflbrj  a  me  iìnora  ignoti . 

3,  La  lunghezza  di  quefti  fori  fi  accorta  alle  due  linee, 
e  la  larghezza  a  poco  meno  di  una  ,  di  modo  che  il  pic- 
ciolo nervo  ,  che  vi  palTa  ,  non  occupandone  intieramente 
l'apertura,  per  e^Ta  sbocca  dal  cranio  un  grofib  emilFario  del- 
la D.  Madre  ,  che  fi  fa  ftrada  verfo  1'  eftremità  diretana  in- 
terna dei  fori  laceri,  dopo  d'aver  fatto  qualche  tragitto  full' 
orlo  pofteriore  delle  fofTe  ovali . 

Articolo    XIV. 

GoIJì  ddle  J  ligulari . 

Nella  fpeJìezza  delle  offa  ,  che  fanno  il  contorno  dei  fori 
laceri,  fi  vede  un  incavo  fimile  alla  folTa  fcolpita  nella  rupe 
delle  oAa  temporali  umane  atta  a  dar  ricetto  ad  un  gozzo 
venofo  non  diverfo  dal  golfo  delle  jugu!ari;e  in  quello  met- 
tono foce  non  folamente  I'  emilTario  poc'  anzi  mentovato  , 
ma  eziandio  una  grolla  vena,  che  vi  difcende  dalla  cafTa  del 
timpano  ;  danno  infieme  origine  alle  vene  iugulari  :  e  quan- 
tunque nella  cavità  del  cranio  i  fori  laceri  abbiano  una  fo- 
la apertura  piuttofto  fpaziofa,  alla  bafe  del  cranio  però,  cioè 
efì-eriornicnte  ,    al    di  dietro  delle  apofiu  maftoidee ,    *   nella 

I  i     iij 


Par.  I.  Cap.  II.  Art-  I.  %.  9. 


254  Encefalo 

fofla  ,  che  dà  maggiore  rifalto  a  tali  apofilì  *  ,  il  foro  è 
fempre  doppio,  e  per  il  medelìmo,  come  nei  cranj  umani, il 
nervo  pafla  per  l'apertura  anteriore, e  per  la  pofleriore  sboc- 
ca nelle  vene  iugulari  ,  per  il  golfo  loro  ,  il  fangue  portato 
dal  fuddetto  emiffario ,  che  tien  negli  uccelli  il  luogo  dei' 
feni  laterali  notiffimi  nell'  uomo  ,  e  ne'  quadrupedi  .  QLiefti 
emìjfarj  fono  i  laterali  pofieriori. 

Articolo    XV. 

Fori  Palatini .     rr  :■:,  - 

La  coppia  de'  fori  ,  che  fla  immediatamente  dietro  ai  va- 
ghi,  è  deftinata  al  paflaggio  di  due  tronchi  nervolì,che  van- 
no a  diramarli  nella  membrana  del  palato  .  Il  deliro  foro  è 
lontano  quali  due  linee  dal  llniftro,  e  tre  dal  gran  foro  occi- 
pitale ,  fui  margini  laterali  del  catino  ^"^  ,  e  fono  come  il 
paro  fegucnte  paralleli  all'  affé  longitudinale  del  catino  me- 
delìmo. 

Articolo    XVI.  _, 

Fori  Ipoglojji . 

I  veri  nervi  ipogloffi  ,  che  negli  uccelli  nafcono  fempre  cort 
due  piatte  radici  per  Iato  dai  fianchi  anteriori  della  midolla 
allungata ,  efcono  del  cranio  per  una  coppia  di  fori  iltuati  nel 
catino  ,  mezza  linea  più  addietro  de'  fori  palatini .  In  molti 
individui  però,  anche  nelle  fpecie  diverfe ,  quefti  fori,  ch'io 
nomino  ipoglojji  ,  lì  trovano  a  due  per  lato  ,  ilmmetrici  ,  e 
paralleli  all'  alfe  longitudinale  del  catino.  In  amendue  i  cali 
i  tronchi  nervofi ,  o  unite  ,  o  divife  avendo  le  piatte  radici 
loro,  attraverfano  la  fpeffezza  della  bafe  del  cranio,  alquanto 
obbliquamente  inclinando  verfo  1'  incavatura  maftoidea  ***  , 


Ivi  Art.  IH.  §.  a. 
Gap.  precedente  Art.  I.  §.  xS. 
'■    Par.  I.  Cap.  II.  Art.  III.  §.  j. 


DEGLI     Uccelli.  255 

ed  ufcendo    dalla  parte  anteriore  della  medefima  traforano  le 
parti  vicine  per  diramarfi  nella  foftanza  della  lingua . 

Articolo    XVII. 

Gran  foro  Occipitak . 

1.  Finalmente  vediamo  il  gran  foro  occipitale  fituato  quad 
nel  mezzo  della  poppa,  o  faccia  pofteriore  del  cranio.  A  lin. 
4-)- 1:2  di  diametro  verticale  ,  e  lin.  4-1-2:3  di  diametro 
traverfo  .  E'  molto  arcato  all'  orlo  fuperiore  ,  ed  al  margine 
inferiore  porta  afìina  eileriormente  la  apoHfe  occipitale  *  , 
coperta  di  lifcia  cartilagine ,  cui  mediante  il  capo  li  articola 
con  la  prima  vertebra  cervicale . 

2.  Quefto  foro  dà  palHiggio  alla  fpinal  midolla  ,  e  a  due 
ampli  emifTarj  ,  che  formano  il  quinto  paro  ,  detti  emijfarj 
occipitali:  contengono  molto  fangue,che  sbocca  in  due  grof- 
fe  vene  ,  cofteggianti  nella  difcefa  loro  i  lati  delle  vertebre 
del  collo,  ingroflate  da  altri  vali.  ** 

3.  A  tali  vene  fono  paralleli  due  mediocri  tronchi  arte- 
riolì ,  che  afcendono  fu  per  il  collo  verfo  l'encefalo  ;  s'intro- 
ducono nella  cavità  del  cranio  per  il  gran  foro  occipitale, e 
fono  le  arterie  vertebrali  deftinate  ad  irrigare  la  foftanza  del 
cervello . 


■^v^-fv^ 


*    Par.  L  Cap.  IL  Art.  IL  §.  14. 

*'    Vedi  1'  Art.  XiII.,  e  il  XIV.  precedenti. 


z$6 


DELLE    OSSEIiVAZIONI 

SOLSTIZIALL 

Fatte  allo  Gnomone  della  Cattedrale  Fiorentina  nell'  Anna 
1782,  e  de"  loro  Rifultati  paragonandole  colle  fimilì  Ojj'er- 
vazioni  del  17563  1764,  e  1775. 

Del  Sig.  Ab.  Leonardo   Ximenes  Matematico  di 
S.  A.  R.  il  Granduca  di  Tofcana. 

INTRODUZIONE. 

LE  oflervazioni  folfliziali  fatte  al  vafto  Gnomone  della 
Cattedrale  Fiorentina  coi  paragone  al  Marmo  folfti- 
ziale  del  1510  fono  fiate  da  me  lungamente  defcritte  nel 
mio  Volume  fu  quefla  materia .   (  a  ) 

Le  odervazioni  del  1764  fono  ftate  da  me  racchiufe  in  un 
Opufcolo  inedito,  del  quale  fomminilìrerò  tutto  ciò  che  con- 
cerne il  prefente  argomento  negli  Articoli  feguenti. 

Le  altre  ofTervazioni  del  1775  fono  ftate  ftampate  a  Li- 
vorno r  anno   1776.  (b) 

Era  da  me  attefo  con  impazienza  il  corrente  anno  1781, 
nel  quale  ,  eflendo  il  nodo  afcendente  lunare  preftb  il  prin- 
cipio dell'  Ariete  ,  mi  fomminiftrava  il  termine  di  un  impor- 
tante paragone  con  tutte  le  altre  ofTervazioni  dal  1756  iino 
al  prefente. 

Poiché  due  fono  gli  elementi  ,  che  io  mi  fon  propello  a 
verificare  con  quefto  altiflimo  ,  ed  immobilillimo  Settore  ,  il 

cui 


(d)    Veggafi  il   Tomo   intitolato:  (b)    Vegga/ì  1' Opufcolo  intitolato  : 

Del  Vncchio,  e  nuovo  Gncmone  fioyen-  Differtazione    intorno   alle    cjjervaziopi 

iino  ecc.   figmpato    a  Pirenze  i'  anoo  dd  1775    allo  Gnomone  della  Meridia- 

■»7J7'                                        ,     ,'    .  na  Fiorentina  ecc.  Livorno  177S, 


Dellk  osservazioni  Solstiziali  .  2'>7 

cui  raggio  fupera  piedi  parigini  277,  II  primo  intorno  al  pe- 
riodo fecolare  dell' obbliquità  dell' ecclittica,  nel  quale  la  dif- 
cordia  degli  Aiironomi  era  tanto  grande,  quanto  era  gran- 
de r  importanza  di  quefla  ricerca,  dalla  quale,  come  ciafcun 
la  ,  dipendono  alcuni  piccoliflimi  movimenti  apparenti  delle 
flelle  fiilè  ,  della  terra  ,  e  de'  pianeti  ,  i  quali  hanno  tor- 
mentati gì'  ingegni  degli  Aftronomi  moderni .  Or  quefio  pri- 
mo elemento  è  ftato  da  me  verificato  talmente  ne'  due  Vo- 
lumi citati  ,  che  parte  per  1'  efattezza  delle  olfervazioni  ,  e 
parte  per  il  loro  confcntimento  con  altre  fomiglianti  oHer- 
vazioni  antiche  ,  e  moderne  ,  i  più  in  (Igni  Ailronomi  a 
tal  nuova  mia  opinione  lì  fono  accodati  (e)  recedendo  dal 
periodo  di  88',  di  47",  e  di  45"  ,  e  tenendoli  all'  altro  pe- 
riodo affai  più  riflretto  di  34".  42  centefime  ,  da  me  deter- 
minato colle  olTervazioni  del    1756,  e   1775. 

Stabilito  adunque  quefto  primo  elemento,  reftava  il  fecon- 
do non  meno  importante  de)  primo ,  ma  di  una  indagine  af- 
fai più  malagevole,  e  quefto  è  il  vero  valore  della  nutazio- 
ne dell'  alle  terreftre ,  la  quale  \a  fernpre  alterando  le  me- 
die obbliquità  dell' ecclittica  ,  e  non  meno  le  polìzioni  appa- 
renti di  tante  migliaja  di  ftelle  fifte  ,  i  cui  piccoliflimi  mo- 
ti ,  tanto  in  latitudine  ,  che  in  longitudine  ,  fono  ftati  fco- 
perti  dalla  moderna  Aftronomia ,  ed  in  particolare  dal  rino- 
mato Inglefe  Agronomo  il  Bradlejo .  Egli  dal  1727  lino  al 
1747  con  grandilfimo  numero  di  ofTervazioni  ,  che  non  po- 
tevano fpiegarù  né  coli'  annua  parallafll ,  né  coli'  aberrazione 
della  luce  ,  ritrovò  ,  che  detti  fenomeni  godevano  di  una 
femplice  fpiegazione,  fupponendo  una  nutazione  dell'  afte  ter- 
reltre,  la  quale  fi  manifeftava  dipendente  dal  nodo  afcenden- 
te  lunare,  il  quale  quando  trovavafi  al  principio  d'  Arie- 
te ,  la  nutazione  era  maffima  boreale  nelle  ftelle  fiffe  , 
che  erano  prolfime  al  coluro  de'  folftizj  .  E  quando  al 
contrario  il  detto  nodo  era  palTato  al  principio  della  Libra , 

Kk 


(e)  Tra  quefli  uno  è  raccuratiffi-  nomia  ha  filTato  tal  periodo  fecolare 
reo  ,  e  chiarilTlmo  M:  de  la  Lande  il  di  il'-,-,  pochirtimo  differente  dal  mio 
quale  nel  Tomo  IV.  della   fua  Aflro-    di  34" .  %  centefime . 


258  Delle     osservazioni 

h  nutazione  cambiava^  in  auftrale  ,  ed  in  tal  fenfo  era  pur 
maflima . 

Il  valore  di  tal  nutazione  fu  giudicato  dal  medefimo  Aftro- 
nomo  di  18"  ,  e  così  è  flato  feguitato  da  altri  AUronomi. 
Io  dalle  oilervazioni  del  1764  ,  paragonate  con  quelle  del 
1756,  r  ho  dedotto  maggiore  ,  e  come  tale  I'  efpongo  nel 
citato  Opufcolo  inedito.  In  ellb  mi  mancavano  le  nuove  of- 
fervazioni  dell'anno  corrente,  le  quali  avendo  fatte  con  par- 
ticolar  diligenza,  mi  fon  ritrovato  nel  grado  di  efaminare  la 
flefla  ricerca  della  nutazione  ,  non  già  con  una  ,  ma  bensì 
con  quattro  combinazioni . 

La  prima  delle  offervazioni  del  1756  paragonate  a  quelle 
del   1704. 

La  feconda  di  quefie  colle  ofTervazioni  del   1775. 

La  terza  del    1775  con  quelle  del  corrente  anno   1782. 

E  finalmente  la  quarta  del  1756  con  quelle  dello  flefTo 
anno   1782. 

In  quelli  anni  due  volte  il  nodo  afcendente  lunare  fi  è 
ritrovato  prolfimo  al  principio  d'  Ariete  ,  cioè  nel  1764  ,  e 
1782. 

Due  volte  pure  fi  è  incontrato  nelle  vicinanze  della  Li- 
bra, come  nel   1756,  e   1775. 

Nel  primo  periodo  ci  corrono  anni  18,  e  nel  fecondo  an- 
ni 19.  Il  vero  periodo  del  nodo  afcendente  lunare  è  di  an- 
tii  18.63  parti  centefime.  La  frazione,  che  manca,  o  ecce- 
de ne'  due  periodi  ,  è  tale  ,  che  facilmente  riducefi  co'  foliti 
metodi . 

P«.r  la  qual.  cofa  ,  eflendo  io  in  grado  di  provare  il  valo- 
re della  nutazione  con  quattro  combinazioni  formate  in  det- 
ti due  periodi,  ho  intraprefa  quefta  fatica,  eflendo  impazien- 
tifllmo  di  verificare  quefio  fecondo  elemento  della  nutazio- 
ne dell'  aflè  terreiìre  .  Quale  fia  il  rifultato,  fi  vedrà  in  que- 
lla breve  Memoria,  che  è  1'  eflratto  di  una  aflai  lunga,  che 
io  differifco  ad  altro  tempo  ,  non  potendo  per  ora  renderla 
pubblica  .  Ma  non  ho  voluto  difi^erire  1'  edizione  del  prcfen- 
te  riftretto  per  la  fua  graviffima  importanza  nell'  Afirono- 
mia . 

Non  poflb  diflimulare  ,  che  fino  dal  principio  dell'opera 
più  oftacoli  mi  ritardavano,  e  tacendo  degli  altri,  un  grave 


SOLSTIZIALI.  259 

oftacolo  mi  prefciirava  1'  elemento  del  Junar  perigeo  ,  che 
doveva  certamente  influire  nella  nutazione  defiderata  ;  ma 
non  iì  fapeva  ,  fé  il  fuo  influllb  folle  fenlibile  ,  o  no  ,  e  di 
qual  valore  eflb  fi  fofTe.  Nacque  il  primo  fofpetto  nello  ftef- 
fo  Bradkjo,  ma  io  non  fo ,  fé  egli,  o  altri  Agronomi  dopo 
di  lui  fi  iiano  applicati  di  propoiìto  a  calcolarlo  .  Or  fé  in 
altre  ricerche  Aftronomiche  è  neceflario  un  tale  articolo  , 
nella  prefente  mia  ricerca  egli  è  indifpenfabile  .  Trattali  qui 
d'  indagare,  fé  la  nutazione  lia  di  18"  ,  di  19",  ovvero  di 
20",  parendomi  che  tali  llano  i  limiti  della  nutazione  .  Se 
adunque  1'  equazione  del  lunar  perigeo  per  aumentare  la 
nutazione  folfe  di  uno  ,  o  due  fecondi ,  effo  verrebbbe  ad  al- 
terare tutta  quefla  ricerca  .  Potrebbe  apparire  la  nutazione 
di  20", quando  collocato  il  lunar  perigeo  diverfamente ,  cioè 
in  maniera  tale ,  che  correde  la  diftanza  media  lunare  ,  eifa 
nutazione  fcemafTe  di  2", e  così  folle  di  18',  fecondo  1'  ipo- 
teli  di  Bradkjo.  Ed  in  fenfo  contrario  ,  fé  la  nutazione  fof- 
fé  boreale  ,  ed  il  lunar  perigeo  fi  ritrovaflè  ne'  fegni  auflra- 
li,  e  fpecialmente  verfo  il  principio  del  Capricorno  ,  la  nu- 
tazione attuale  fcemando  di  2"  apparirebbe  di  18"  ,  quando 
elTa  folte  di  20". 

A'  primi  calcoli  da  me  tefTuti ,  come  efpongo  lungamente 
nella  Memoria  eflefa  ,  ho  ritrovato  appunto,  che  l'equazio- 
ne mafTima  del  lunar  perigeo  ,  per  aumentare  ,  o  per  dimi- 
nuire la  nutazione ,  il  accoflava  a  2"  .  Potendo  efTì  adunque 
far  variare  i  rifultati  in  una  materia  cosi  fottile ,  e  cosi  ge- 
lofa,  mi  è  conv'enuto  tener  dietro  alla  teoria  del  lunar  pe- 
rigeo, ed  alle  fue  equazioni  .  Mi  è  convenuto  formare  una 
Tavola,  per  1'  equazioni  dello  fìeffo  perigeo.  Mi  è  convenu- 
to ridurre  le  quattro  mie  combinazioni  non  folamente  al 
principio  della  Libra,  o  dell'  Ariete,  ma  ancora  alla  diflan- 
za  media  lunare,  affinchè  la  fua  azione  lìa  nulla,  e  cosi  non 
pofTa  né  aumentare  ,  né  diminuire  il  vero  valore  della  nu- 
tazione. 

Stabilito  così  quello  fecondo  elemento  ,  ho  dovuto  con  ef- 
fo  ricalcolare  la  Ta\ola,che  ho  inferita  alla  pagina  82  del- 
la DifTertazione  del  1775  ,  introducendo  in  efTa  queflo  nuo- 
vo elemento  ,  cioè  dell'equazione  per  il  lunar  perigeo.  Nel- 
la detta  nuova  Tavola  fono  calcolate  le  vere  obbliquità  dell' 

Kk     ij 


26o  Delle     osservazioni 

ecclittica  dal  1775  al  1S02  coli'  elemento  del  perigeo  lu- 
nare. In  efla  pure  la  nutazione,  che  facevafi  di  20", è  ftata 
corretta  fecondo  le  moderne  oflervazioni  .  In  erta  finalmente 
è  llato  meflb  un  accordo  neli'  epoca  dell'  obbliquità  olì'er- 
vata  a  Parigi,  ed  a  Firenze  .  In  tal  epoca  vi  era  una  difle- 
renza  di  6"  incirca  .  Io  dunque  avendo  diminuita  la  latitu- 
dine Fiorentina  di  6",  rifpetto  a  quella  fidata  nel  1756  nel 
mio  Gnomone ,  ho  proccurato  un  accordo  tra  le  due  epoche , 
per  andare  in  avv^enire  con  tutta  1'  uniformità,  e  corrifpon- 
denza  nelle  oflervazioni  Parigine,  e  Fiorentine. 

Non  fo  fu  quali  oflervazioni  la  latitudine  Fiorentina  nel- 
la Connoijfance  des  temps  di  queiH  anni  li  ftabilifca  di  43°. 
46'.   30",  quando  efl'a  è  certamente  maggiore. 

Nel  libro  dello  Gnomone  fono  ftate  defcritte  tutte  le  of- 
fervazioni  da  me  fatte  nel  1755  ,  e  1756  fulla  ftella  pola- 
re, ed  il  loro  rifultato,  che  fu  della  latitudine  di  43°.  46', 
53"  .  Avendone  ora  detratti  6"  per  le  ragioni  ,  che  accenne- 
rò, reflerà  tal  latitudine  alla  Cupola  della  Cattedrale  di  43°, 
46',  47". 

Formate  le  due  Tavole ,  cioè  delle  diverfe  nutazioni  del  po- 
lo terreflre  a  diverfe  pofizioni  del  nodo  afcendente  lunare, 
e  delle  diverfe  equazioni  ,  ora  additive  ,  ed  ora  fottrattive , 
che  corrifpondono  alle  diverfe  longitudini  del  lunar  perigeo, 
ora  altro  non  refterebbe,  fé  non  che  la  formazione  delle  al- 
tre Tavole  ,  per  ben  rapprefentare  i  piccoli  apparenti  movi- 
menti delle  ftelle  fifle  ,  che  fi  trovano  fenlìbilmente  lontane 
dal  coluro  de'  folfl-izj.  Ma  una  tal  ricerca  è  per  fé  fteflTa  af- 
fai facile  ,  applicandole  gli  elementi  da  me  ritrovati  ,  ed  è 
eilranea  all'  oggetto  prefente,  che  confifl-e  nel  ben  rapprefen- 
tare le  ofcillazioni  delle  obbliquità  dell'  ecclittica  per  la  com- 
binazione del  fuo  moto  fecolare  periodico,  e  del  moto  ofcil- 
latorio  originato  da'  nodi  lunari,  e  dal  tunar  perigeo. 

Se  r  elìto  di  quelle  mie  ricerche  corrifponderà  negli  anni 
futuri  alle  immediate  oflervazioni  dell' <)bbliquit:i  dell' ecclit- 
tica,  e  delle  pofizioni  delle  fielle  ìì<Xt  ,  vuol  rimetterfi  alla 
decifione  del  tempo  ,  e  de'  più  accurati  oflTervatori  .  Qiiefl-a 
è  la  piìa  fottile  ricerca  della  moderna  Afironomia.  Onde  fen- 
za  un  tempo  ben  lungo ,  ed  una  ferie  di  fquifitiflìme  oflerva- 
zioni, non  potremo  ottenere  certezza  maggiore  della  prefente. 


SoLSTIZTALt.  l6l 

Articolo     I. 

Delle  ojfervaz.ionì  Soljìiziali  fatte  allo  Gnomone  della  Cattedrale 
Fiorentina  qnejì'  anno  1782. 

Incomincerò  quefla  breve  Memoria  dalle  ofTervazioni  fol- 
ftiziali  fatte  al  grande  Gnomone  della  Cattedrale  Fiorentina 
del  corrente  anno  17S2  ,  tralafciando  per  brevità  tutte  le 
annotazioni,  e  ricordi  dei  regiftro  originale. 

Per  ridurre  dette  ofTervazioni  al  momento  folfliziale  vi  va 
detratta  la  differenza  in  declinazione  tra '1  di  folfliziale,  che 
fu  il  d'i  21  di  Giugno  ,  ed  il  dì  di  una  data  ofTervazione . 
E  come  le  Tavole  folari  del  Sig.  Abb.  la  Calile  fono  calcolate  al 
meridiano  di  Parigi ,  la  detta  differenza  va  ridotta  al  meridia- 
no Fiorentino  .  Con  tali  riduzioni  riporterò  le  diftanze  del 
centro  folare  dal  vertice,  detraendo  da  effe  la  differenza  in 
declinaz^ione  colla  riduzione  al  meridiano. 

La  prima  offervazione  fu  fatta  il  di  1 5  Giugno ,  ma  paf- 
fando  per  i  trafori  del  feneftrone  aufl-rale  del  Cupolino  de' 
raggi  di  una  luce  fpuria  ,  che  alteravano  T  immagine  folare 
formata  da'  raggi  centrali,  effa  rcffò  tanto  dubbiofa,che  non 
potè  farfene  conto  .  Indi  è  che  io  comincerò  il  prefente  re- 
giftro dall'  olièrvazione  del  di  17  ,  che  fecondo  1'  ordine  fa- 
rebbe la  feconda  ,  ma  tralafciata  la  prima  ,  effa  occuperà  il 
fuo  pofto . 

Osservazione     I. 

Bel  dì  17.  Giugno. 

Gradì  Min.  Min". Cent. 

Diff-anza  dell'  orlo  folare   auftrale 

dal  zenith        20°.  37'.   17" 

Diffanza  dell'  orlo  boreale       .     ,   20.     5.  24. 

Semidiametro  apparente  folare  in- 
di dedotto o.   15.   56.  50. 

Diftanza  del  centro  folare  dal   ze- 
nith       20.  21.  20.   50. 

Kk     iij 


2<52  Delle     osservazioni 

.  Gradi    Min.  Min".  CcnU 

Riduzione  al  momento  folftiziale, 
ed  al  meridiano  Fiorentino     ...  3.   io. 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith  ridotta 20.   18.   io.   50 

Osservazione    IL 

Del  dì  1 8.  Giugno  . 

Diflanza    dell'  orlo    folare   auftra- 

le  dal  zenith         20".  35'.  59".  50 

Diftanza  dell'  orlo  boreale     ".     .  20.     3.  36 

Semidiametro  apparente  folare  in- 
di   dedotto o.   16.   II.  50. 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
cith 20.   19,  47.  50. 

Riduzione  al  momento  folftiziale 
del  meridiano  Fiorentino         .     .     .     o.     i.  42.  00 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith ridotta     .     .     V 20.  18.     5.   50 


!     ;    :    -  Osservazione     III. 

Del  di  19.  Giugno. 

Diftanza  dell'  orlo  folare   auftrale 

dal  zenith 20°.  35'.  i8".  50 

Diftanza  dell'  orlo  boreale      .     .   20.      2.    ^6. 

Semidiametro  apparente  folare  in- 
di dedotto 16.  21.  25 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith         20.   18.   57.  25. 

Riduzione  al  momento  folftiziale 
del  meridiano  Fiorentino         .     .     •  o-  45- 


Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith ridotta     ........  20.   18.   12.  25 


Solstizi  ALI.  265 

Osservazione     IV. 
Del  dì  20.  Giugno. 

Gradi  Min.  TAin'.  Cent. 

Diftanza  dell'  orlo  folare    auflrale 

dal    zeiiith ao°.  34'.  43". 

Diftanza  dell'  orlo  boreale  ,     .     .20.     i ,  54. 

Semidiametro  apparente  folare  in- 
di dedotto       16.  24.   50 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith        20.   18.   18.   50 

Riduzione  al  momento  folftiziale 
del  meridiano  Fiorentino    ....  io. 

Diflanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith  ridotta 20.   iS.     8.   50 


Osservazione     V. 
Del  dì  ZI.  Giugno  giorno  folJìix.iale . 

Il  folftizio  dell'  anno  corrente  è 
accaduto  quali  ore  2  prima  del  mez- 
zogiorno . 

Diftunza  dell'  orlo  auftrale  dal  ze- 
nith 20'.  34',  32" 

Diftanza  dell'  orlo  boreale       .     .20.     i.  49 


Semidiametro  apparente  folare  in- 
di dedotto 1(5.   21.   50 

Diltanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith       20.   18.   IO.   50 

La  riduzione  tanto  per  la  decli- 
nazione ,  quanto  pel  meridiano  Fio- 
rentino ,  quanto  pure  della  diftanza 
del  momento  folftiziale  dal  mezzo- 
giorno è  allatto  infenlibile .  Onde  li 
tralafi.ia . 


^•54  Delle     osservazioni 

Osservazione     VI. 

Del  dì  2  2.  Giugno . 

_ .  r,  ...  ^""'i'  Mifi-  Min".  Cent. 

Diftanr.a  dell'  orlo    folare  auftrale 

dal  zenith        20°.  34'.  51".  50 

Diftanza  dell'  orlo  boreale       .     .  20.     2.  00.  00 

Semidiametro  apparente  folare  in- 
di dedotto 16.  25.  75 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith         20.   iS.  25.  75 

Riduzione  al  momento  folftiziale, 
ed  al  meridiano  Fiorentino     ...  16.  00 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith ridotta 20.   18.     9.  75 


Osservazione     VII. 

Del  di  24.  Giugno . 

Diftanza  dell'  orlo  folare  auftrale 

dal  zenith        20».  35'.  28" 

Diftanza  dell'  orlo  boreale       .     .  20,     2.  44 

Semidiametro  apparente  folare  in- 
di  dedotto 16.  21.  75 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith 20.    19.     6.  25 

Riduzione  al  momento  folftiziale , 
ed  al  meridiano  Fiorentino    ...  o.   54.  00 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith  ridotta 20.  18.  12.  25 


Osservazione 


SOLSTIZIALI.  a5j 

Osservazione     Vili. 
Del  dì  24.  Giugyio. 

Gradi  Min'.  Min".  Cent. 
Difl-an7a  dell'  orlo  folare  auflrale 

dal  zenith        20°.  36'.  30". 

Diftanza  dell'  orlo  boreale       .     .   20.     5.  45 

Semidiametro  apparente  folare  in- 
di dedotto 16.  22 


Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith         20.   20.     8 


Riduzione  al  momento  folftiziale , 
ed  al  meridiano  Fiorentino     ...  2.  00 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith ridotta 20.   18.     8 

Osservazione     IX. 

Del  dì  25.  Giugno. 

Diftanza  dell'  orlo  folare  auftrale 

dal  zenith        20.  37.   59. 

Diftanza  dell'  orlo   boreale      .     .20.     5.   14.  50 


Semidiametro  apparente  folare  in- 
di dedotto 16.   12.   25 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith  20.  21.  3^.  75 

Riduzione  al  momento  folftiziale  , 
ed  al  meridiano  Fiorentino     .     .     .  3-   -9 

Diftanza  del  centro  folare  dal  ze- 
nith ridotta 20.   18.     7.  75 


Tomo  IL  LI 


2<56  Delle     osservazioni 

Osservazione     X, 

Del  di  i6.  Giugno. 

r^n  ,  ,,,       ,        ^  Gradi  Min.  Min"  Xent. 

Diftanza  dell'  orlo  folare  auftrale  dal 
^^"Jth 2c°.  39'  52".  50 

Diftanza  dell'  orlo  boreale    ....  20.     7.  00,  00 

Semidiametro  apparente  folare  indi  de- 
dotto 16.  25.  25 

Diftanza  del  centro  folare  dal  zenith    20.  23,   26.   25 

Riduzione  al  momento  folfliziale  ,  ed 
al  meridiano  Fiorentino 5.  20.  40 

Diftanza    del  centro    folare  dal  zenith 


ridotta 20.  18, 


5-  45 


Osservazione    XI. 

Del  dì  27.  Giugno. 

Diftanza   deli'  orlo    folare   auftrale  dal 

zenith       5 20°.  42'.  n".  50 

Diftanza  dell'  orlo  boreale     ....   20.     9,  24.  20 

Semidiametro  apparente  folare  indi  de-   ~~" 
dotto 16.  23.  65 

Diftanza  del  centro  folare  dal  zenit       20.   25.  47.  95 
Riduzione  al  momento  folftiziale  ,  ed  al 
meridiano  Fiorentino       ......  7.  38.  06 

Diftanza  del  centro  folare    dal  zenith 
ridotta 20.   iS.     9.  89 


SOLSTIZIALI.  267 

Osservazione     XII. 

Del  dì  28.  Giugno. 

Gradi  Min'.  Min".  Cent. 
Diftanza    dell'  orlo  folare    aufìrale  dal 

zenith       20°.  44'.  48" 

Diftanza  dell'  orlo  boreale     .     .     .     .   20.    12.  06 

Semidiametro  apparente  folare  indi  de- 
dotto      16.   21 

Didanza  dei  centro  folare  dal  zenith     20.  28.  27 
Riduzione  al    momento    folftiziale  ,  ed 
al  meridiano  Fiorentino io.   19.  68 

Diftanza  del  centro    folare  dal    zenith 
ridotto 20.   iS.     7.  32 


Osservazione        XIII. 

Del  di  30.  Giugno. 

Diftanza    dell'  orlo  folare    auftrale   dal 

zenith       20.  51.  34.  25 

Diftanza  dell'  orlo  boreale    .     .     .     .  20.  18.  42.  00 

Semidiametro  folare  indi  dedotto   .     .00.  16.   55.   81 

Diftanza  del  centro  folare  dil  zenith  20.  35.  8.  12 
Riduzione  al  momento  folftiziale  ,    ed 

al  meridiano  Fiorentino        00.  16.   55.  81 

Diftanza  del    centro    folare  dal    zenith 
ridotta 20.   i8.   12.  31 

Osservazione     XIV. 

Del  dì   I.  Luglio. 

Diftanza   dell'  orlo    folare    auftrale  dal 

zenith        20.  55.  24.  co 

LI    ij 


26S  Delle     osservazioni 

D-n  j   11,        ,       ,  Gradi  Min. Min".  Cent. 

iftanza  dell'  orlo  boreale     ....   20.  zi.   38.  00 

Semidiametro  apparente  folare  indi  de- 
dotto     00.   16.  23.  00 

Didanza  del  centro  folare  da!    zenith    20.  29.  01.   00 

Riduzione  al  momento  folftiziale  ,  ed 
al  meridiano   Fiorentino 00.  20.   56.   36 

Diftanza  del  centro  folare  dal  zenith 
ridotta 20.    iS.     4.  64 

Osservazione     XV. 

Del  dì  2.  h'uglio . 

Diftanza    dell'  orlo    folare   auftrale  dal 

zenith        .     .     • 20.  59.  46.  00 

Diftanza  dell'  orlo  boreale     .     .     .     .20.    26.   56.  00 

Simidiametro  apparente  folare  indi  de- 
dotto     00.   16.   25.  0° 

Diftanza  del  centro  folare  dal    zenith    20.  43.  21.   00 
Riduzione  al  momento  folftiziale  ,    ed 
al  meridiano    Fiorentino 00.   25.    16.  00 

Diftanza  del  centro  folare  dal  zenith 
ridotta 20.    18.     5.  00 

Osservazione     XVL 

Bd  dì  3.  Luglio. 

Diftanza   dell'  orlo   folare  auftrale  dal       • 
zenith        21.     4-  32-   5° 

Diftanza  dell'  orlo  boreale      .     .     -     .   20.   31.  42.   50 


Semidiametro  apparente  folare  indi  de- 
dotto      00.    16.   25.  00 

Diftanza  del  centro    folare    del    zenith    20.  48.     7.   50 
Riduzione  al  momento  folftiziale  ,   ed 


SOLSTIZIALI.  269 

Gradi  Min.  Min'. Cent. 

al  meridiano  Fiorentino oc.   jo.     o.  00 

Diilanza  del  centro  folate  dal  zenith 
ridotta       20.   18.     7.   50 

Della  media  dijìanx.a   del  centro  folate  dal  uertice  ridotta  al 
momento  folJìi7.iale ,  ed  al  meridiano  Fiorentino . 

EfTendo  defcritta ,  come  dubbiofa,la  prima  oflervazione  del 
d\  15.  Giugno  ,  a  motivo  de'  raggi  eftranei  folari  che  tur- 
bavano la  terminazione  degli  orli  folari  ,  dovremo  efcluder- 
la  ,  e  prevalerci  foltanto  delle  XVI  oH'ervazioni  fufleguenti 
dal  dì  17.  Giugno  fmo  al  dì  3.  Luglio.  Recapitolando  ad- 
unque i  loro  rifultati  farà 

Gradi  Min.  Min". Cen, 

Per  r  oflervazione  II.  diftanza  dai  ze- 
nith corretta           20.    18.  io.   50 

Per  la  III.           5-5° 

Per  la  IV.           12.   25 

Per  la  V S.  50 

Per  la  VI           io,   50 

Per  la  VII 9.  75 

Per  la  VIII 12.   25 

Per  la  IX 8.  00 

Per  la  X.            7-75 

Per  la  XI 5.  45 

Per  la  XII 9.   89 

Per  la  XIII 7.  32 

Per  la  XIV 12.  31 

Per  la  XV 4.  54 

Per  la  XVI y.  00 

Per  la  XVII 7.   50 

Eflendo  la  fomma  de'  fecondi  137".  11 
cen.  dividendola  per  le  XVI  ollerva- 
zioni  ,  farà  la  difìanza  media  folare  dal 
zenith        • 20.   18.     8.   55 

LI     iij 


270  Delle     osservazioni 

Articolo     IL 

Kìfieffloni  filila  diftanz^a   media  già  dedotta  ,  e  corri fpondenza 
delle  ojfervaz.ioni  tra  di  loro. 

Prima  di  oltrepafTare  alle  confeguenxe  ,  che  da  quefte  of- 
fervazioni  f]  dedurranno,  farà  ben  fatto  di  riflettere,  che  la 
diflanza  folare  media  al  zenith  ridotta  ,  come  è  ftato  fatto  , 
concorda  cosi  bene  con  un  buon  numero  di  offervazioni ,  clie 
il  fuo  divario  da  elle  batte  ad   i'',  o  poco  più. 

Tali  fono  le  oiFervazioni  V ,  VII  ,  IX  ,  X  ,  XII  ,  XIII  , 
e  XVII.  Onde  ,  come  ciifcuno  potrà  rifcontrare  ,  la  media 
difl-anza  già  dedotta  diff^rilce  da  quefte  VII  oiFervazioni  pref- 
fochè  di  i"  ,  argomento  ailai  certo  della  precilione  di  que- 
ll:e  ofl'ervazioni . 

Le  più  difcordanti  dalla  media,  una  per  difetto,  e  V  altra 
per  eccelfo,  fono  la  XV ,  e  la  XIV.  La  prima  ci  prefenta  4". 
64  cen.  Ond'  efla  è  minore  della  media  di    .     .     3".  91.   cen. 

La  feconda,  che  è  I'  ecceffiva ,  ci  dà     .     .     .   12.   31   cen. 

che  ditièrifce  da 8.   55  cen. 

di  3".   :^6.  cen. 

Tutte  le  altre  o  eccedono,  o  fcarfeggiano  più  di  i",  e  me- 
no di  3'.  36  cent.  Il  che  pure  ci  palefii  l'efattezza  di  quefte 
oilervazioni  al  vaftifiimo  Gnomone  della  Cattedrale  . 

Merita  però  ,  che  alla  prima  rifleinone  li  aggiunga  la  fe- 
conda ,  particolarmente  per  gli  Agronomi  ,  che  non  hanna 
mai  fatte  delle  oilervazioni  alle  gran  meridiane,  e  perciò  ne 
hanno  un'  idea  molto  confufa  ,  per  non  dire  erronea  .  Que- 
fta  è  che  una  buona  parte  di  tali  differenze  hanno  un'  origi- 
ne,  che  non  dipende  dalla  natura  delle  meridiane,  ma  bensì 
dall'  indole  delle  refrazioni  ,  che  fono  fufcettibili  di  qualche 
varietà  fecondo  i  venti  ,  fecondo  gli  ftati  dell'  atmosfera  , 
che  attraverfano  i  raggi  folari  ,  e  fecondo  i  terreflri  vapo- 
ri, che  in  fu  C\  foliev^ano  pafTando  a  traverfo  de'  raggi,  che 
lì  portano  o  al  corno  della  meridiana  ,  o  ancora  a  telefcopj 
i  più  perfetti  .  Io  parlo  di  quella  ofcillazione  ,  di  quel  tre- 
molio ,  che  il  oflèrva  negli  orli  folari    dell'  immagine  ,    che 


SOLSTIZIALI.  ayf 

paffa  per  una  meridiana.  Il  lìlo  della  penombra , benché  affai 
diitinto,  vacilla  lenlibilmente  ,fcintillando  ,  per  cosi  dire,  co- 
me fanno  le  flelle  fi  ile ,  ed  è  cofa  all'ai  malagevole  nel  mez- 
zo di  tal  tremolio ,  che  i  due  ollèrvatori  o  dell'  orlo  auftra- 
le ,  o  del  boreale  pollano  con  ogni  precilione  collocare  i  lo- 
ro fili  ad  ugual  didanza  dal  centro  .  OiTer\ando  io  attenta- 
mente tale  ofcillazione  ,  e  paragonandola  alle  divilìoni  della 
meridiana  ,  ho  giudicato  che  pafll  i  a''  per  parte  .  E  licco- 
me  tal  tremolio  dipende  dalle  attuali, e  momentanee  difpoù- 
zioni  della  terreflre  atmosfera  ,  cosi  era  da  fofpettare  che 
lo  flello  fenomeno  accadere  ancora  ne'  migliori  telefcopj  . 

Ho  voluto  verificare  il  mio  fofpetto  colla  immediata  of- 
fervazione  folare  nel  fuo  palFaggio  al  meridiano  ne'  giorni 
fulfeguenti  al  d'i  3  Luglio  ,  in  cui  furono  compite  le  olìer- 
vazioni  allo  Gnomone  della  Cattedrale. 

Ho  trafcelto  un  telefcopio  acromatico  dollondiano  di  brac- 
cio I  ^  di  foco ,  che  fanno  qualche  cofa  più  di  piedi  3  Pa- 
rigini.  Ho  collocato  efattamente  il  filo  orizzontale  del  fuo 
micrometro  ,  paragonandolo  con  alcune  fabbriche  orizzonta- 
li .  Indi  dirigendolo  al  Sole  fui  punto  del  mezzogiorno  in 
tal  maniera  ,  che  il  filo  radeva  precif;imente  I'  orlo  folare 
boreale,  un  tal  orlo  ancor  elio  vacillava,  ora  nafcondendoiì 
affatto  fotto  del  lilo  ,  ed  ora  trafparendo  fopra  il  medefimo . 
La  differenza  per  quanto  può  giudicarfi  non  era  minore  di 
2",  particolarmente  in  giornate  calide ,  e  vaporofe ,  che  fan- 
no un  cambiamento  momentaneo  ,  e  continuo  nell'  atmosfe- 
ra. Per  la  qualcofa,  fé  qualche  Alìronomo  non  verfato  nelle 
offervazioni  delle  gran  meridiane  volede  avere  una  riprova 
della  loro  efattczza  ,  altro  far  non  dovrebbe ,  che  con  un 
quadrante  di  fei  piedi  di  raggio  fare  una  quindicina  ,  o  venti- 
na di  oll'ervazioni  prima, e  dopo  il  folilizio  e(Hvo,e  poi  ritef- 
fendo  i  fuoi  calcoli  dedurre  la  diflanza  media  corretta .  Ben- 
ché io  non  abbia  fatta  alcuna  ferie  di  tali  offervazioni  ,  pu- 
re ardifco  di  fofpettare,  che  detta  media  dilhinza  li  fcofrerà, 
o  ugualmente  ,  od  ancora  più  dalle  altre  diilanze  medie  ri- 
dotte coi  prefente  n?io  metodo. 

In  altra  ripro\a  potremo  dedurre  intorno  alla  corrifponden- 
za  di  quelle  mie  offervazioni,  riflettendo  a"  femidiametri  fo- 
lari  offer\ati  dal  dì   19    Giugno  fino  al  di  3  Luglio.  E   fta- 


z-jr  Delle     osservazioni 

to  avvertito  nel  regiftro  delle  mie  oflervazioni  ,  che  paflTava 
una  luce  fpuria  fulla  meridiana,  la  quale  alterava  il  filo  del- 
le due  penembre  .  Neil'  offervazione  I.  tale  alterazione  era 
troppo  fenlìbile  .  Era  minore  nella  II  ,  e  nella  III ,  ma  non 
fi  potè  giugnere  ad  efcludere  ogni  raggio  eftraneo  ,  le  non 
dopo  il  dì  18.  Onde  da  quel  giorno  fino  all'  ultimo  la  luce 
dell'  immagine  era  viviffima,e  così  il  diametro  della  medefi- 
ma  fu  maggiore  ,  come  fuol  efiere  ,  ma  reftando  coftante  la 
chiarezza  dell'  immagine  fino  al  dì  3  Luglio  ;  veggiamo  in 
detto  tempo  qual  corrifpondenza  abbiano  i  femidiametri  folari 
apparenti.  II  regiftro  di  tali  femidiametri  baila  per  decidere. 
Sarà  dunque  femidiametro  folare  nell' 


Ofiervazione  IV, 
Nella  V. 
Nella  VI. 
Nella  VII. 
Nella  Vili. 
Nella  IX. 
Nella  X. 


min.  miri',  cen.  miri.  miri',  cen. 

16.   21.  25  Nella  XI.  .  16.   26.   25 

16.  24.  55  Nella  XII.  .  16.  25.  65 

16.   21,  50  Nella  XIII.  .  16.  21.  00 

16.   25.  75  Nella  XIV.  .  16.   26.   12 

16.  21.  75  Nella  XV.  .  16.  23.  00 

16.   22.  00  Nella  XVI.  .  16.   25.  00 

16.   22.  25  Nella  XVII.  16.  25.  00 


Ora  tra  quefte  XIV  ofiervazioni  calcolando  il  femidiame- 
tro medio  eflo  i\  troverà  di  16'  23",  50  centefime,  che  dalle 
ofiervazioni  efireme  per  eccefib  ,  o  per  difetto  non  difcorda 
di  ?" ,  e  che  i\  accorda  con  tutte  le  altre  con  una  difièren- 
za  di    i"  in   2". 

Avvertafi,che  il  femidiametro  folare  calcolato  con  le  Ta- 
vole dal  dì  19  Giugno  al  dì  3  Luglio  non  difterifce  ,  che 
di  -j  di  fecondo .  Onde  può  confiderarfi  nel  cafo  noftro ,  co- 
me coftante . 

Non  eflendo  cotefte  le  oflervazioni  dell'  immagine  folare 
colle  correzioni  delle  penembre  ,  come  ho  fatto  nelle  ofler- 
vazioni del  1755  ,  e  175Ó,  non  dee  far  maraviglia,  che  l'ap- 
parente femidiametro  della  meridiana  fia  maggiore  del  giu- 
fto .  Ma  adoperando  la  debita  correzione ,  o  col  metodo  del 
Sig.  Manfredi  di  fottrarre  il  femidiametro  del  foco ,  o  coli'  al- 
tro mio  metodo  efpofto  nel  mio  Tomo  dello  Gnomone ,  eflò 
fi  accoflerà  a  15',  47",  che  è  il  femidiametro  calcolato  nelle 
Tavole . 

Ancor 


SOLSTIZIALI.  173 

Ancor  qui  ripeterò,  che  facendo  fedici ,  o  più  ofTervazio- 
ni  con  un  telcfcopio  acromatico  ,  o  con  un  buon  quadrante 
murale  ,  pigliando  ne'  giorni  foUHziali  colP  immediata  mifu- 
ra  il  femidiametro  folare  ,  forfè  la  mifura  media  difcorderà 
ugualmente  dalle  mifure  eftreme ,  che  non  deducali  dalle  mie 
ollèrvazioni  meridiane. 

La  riprova  tanto  delle  medie  folari  dal  vertice  ,  quanto 
de'  femidiametri  folari  in  buon  numero  di  offervazioni  flarà 
fempre  in  mano  degli  Adronomi  ,  che  non  hanno  la  giiifta 
idea  delle  grandi  meridiane .  Ed  io  altro  non  pollo  fare ,  che 
efortargli  alla  pazienza  neceflaria  in  fomiglianti  lunghe  offer- 
vazioni . 

Né  fa  difficoltà  ,  che  o  per  una  luce  eftranea  ,  o  per  la 
caligine  dell'  atmosfera  i  femidiametri  folari  alle  meridiane 
diminuifcano  .  Poiché  la  penombra  aufirale  ,  e  la  boreale  il" 
alterano  ugualmente.  Indi  è,  che  non  per  quefto  refta  alte- 
rata la  diftanza  del  centro . 

Articolo     III. 

Equazione  generale  additiva  alla  media  dijìanxa  ridotta  del 
centro  folare  dal  vertice  delT  obbliquità  delT  ecclittica  nell' 
anno  corrente  17S2. 

Afllcurata,  com'è  ftato  fatto,  la  difi-anza  media  folare  dal 
vertice,  ed  elicendo  ftata  indi  dedotta  la  detta  diftanza  ridot- 
ta tanto  al  momento  fohliziale,  quanto  al  meridiano,  ora 
altro  non  refta,  fé  non  che  applicare  alla  medefima  1'  equa- 
zione generale  già  fìffata  all'  articolo  X,  pag.  67  della  mia 
prima  Diftertazione. 

E'  compofta  tal'  equazione ,  come  potrà  vederli ,  di  partite 
additive ,  e  fottrattive  ,  ed  il  reliduo  rimane  additivo  ,  ed  è 
fecondo  il  citato  articolo  di  20".  6g  centelìme  ,  come  alla 
pag.  6S.  Eft'endo  però  inclufa  in  tali  partite  quella,  che  ap- 
partiene al  nodo  afcendente  lunare  del  1775  ,  che  è  additi- 
va, ed  ivi  è  ftata  calcolata  di  o'.  55  centeùme,eflà  va  efclu- 
fa  nella  prefente  ricerca  ,  dovendoli  introdurre  1'  equazione 
competente  all'  anno  corrente ,  come  iì  farà  a  fuo  luogo . 

Tomo  IL  Mni 


i74  Delle     osservazioni 

Adunque  detraendo  all'equazione  dal- 
la totale  di        20".  69  cent. , 

reitera  l' equazione  per  l'anno  corrente  di   20.    14  cent. 

ElFendo  adunque  la  diiìanza  media  ri- 
dotta di        :     .   20°.  18'.    8".  55  cent. 

avremo    la   diflanza   dal    vertice    aggua- 
gliata per  il  di  folftiziale  di     .    ■•     .     .  20°.  18'.  28".  69  cent. 

Per  ottenere  1'  obbliquità  attuale  dell' 
ecclittica  ne' d'i  folftiziali  del  1782,  con- 
vien  ripigliare  la  latitudine  Fiorentina 
al  punto  della  Cattedrale,  che  fu  da  me 
dedotta  con  molte  oflervazioni  della  del- 
la polare  1'  anno  175Ó  ,  e  1757.  Elfa 
fu  di        43°.  46'.  5 


5  • 


come  potrà  vederli  nel  Tomo  dello  Gno- 
mone Fiorentino. 

Onde  fottraendo  la  diflanza  dalla  la- 
titudine, ne  dedurremo  l' obbliquità  dell' 
ecclittica  pel  dì  21  Giugno   1782  di     .  25°.  28'.  24".  31  cent. 

Articolo     IV. 

Paragone  di  tal  obbliquità  con  quella  ojjervata  da  me 
allo  fleffo  Gnomone  'nel  1775. 

Nella  mia  Difiertazioiie  Aflronoraica  pubblicata  in  Livor- 
no nel  1776  fono  regiflrate  tutte  le  oflervazioni  di  quel!' 
anno,  ed  applicate  le  debite  equazioni  è  fiata  dedotta  1'  ob- 
bliquità di  quell'  anno. 

Prima  di  farne  il  paragone,  convien  togliere  dall' equazion 
generale  quella  ,  che  vi  è  introdotta  per  la  dilTerenza  della 
nutazione  per  la  poiìzione  diverfa  del  nodo  lunare  del  175Ó, 
e  del  1775  ,  la  qual  dilFerenza,  come  è  flato  rilevato,  è  di 
o"'.   55  centelime . 

Indi  è,  che  1'  equazione  generale  ri- 
duceli  a         20.   14  cent. 

La  media   delle  XIII   ofTervazioni  di 


Solstizi  A  LI.  275 

quell'anno    fu  di        ic^iS'.  22".  85  cent. 

A  cui  aggiungendo  I'  equazion  gene- 
rale di 20,   14 


42.  gg 


otterremo    la    diflanza    del    centro    fola- 

re  dal  vertice    di 20.    18 

Ma  la  latitudine  Fiorentina  è  di  43.  46.   53 

Onde  fottraendo  la  disianza  dalla  lati-  ~ 

tudine,  farà 23°.  28'.  io".  01  cent. 

che  e  r  obbliquità  attuale  del    1775. 

A\-vertalì,  che  tale  obbliquità  alla  pag.  73  di  quella  Dif- 
fertazione  è  fiata  dedotta  di   23°.   28'.  9".  46  cent.,  e  ciò  per 
l'equazione  de' nodi  lunari,  che  ivi  è  racchiufa  ,  la  quale  ef- 
fendo  fi-ata  tolta,  farà  1' obbliquità  fenza 
tal  equazione  di     .     , 23°.  28'.  10".  01  cent. 

Ma    r  obbliquità    del    corrente    anno 
1782  e  di 23.    28.  24.   31 

Onde  vi  (ì  fcorge  la    differenza    addi- 
tiva  di 00.  00.    14".  30  cent. 

Or  quefia  differenza  ,  quando  farà  ridotta  coli'  equazione 
del  nodo  afcendcnte  limare  , tanto  nel  1775,  quanto  nel  cor- 
rente anno  17S2  ,  inlieme  coli'  altra  riduzione  del  periodo 
fecolare  dell'  ecclittica,  ci  paleferà  la  nutazione  totale  dell' 
affé  terreftre. 

Articolo     V. 

Paragoni   di   tale   obbliquità   con   quella   della  Conofcenz.a   de' 
tempi  di  Parigi  nell'  anno  corrente. 

A  di   21    Giugno  è  regifirata  nella  Conofcenza  de'  tempi , 
che  annualmente  li  pubblica  a  Parigi,  di   23°.  27' 59" 
Effendo  l' obbliquità  da  me  dedotta  di  23.  28.  24.  30, 

tra  l'unae  l'altra  vi  corre  il  divario  di     o.     o.  25.  30. 

Un  tal  divario  nafce  dall'opinione  feguitata  finora  da' Com- 
pilatori di  quella  Efemeride,  cioè,  che  il  periodo  fecolare  del- 
la diminuzione  dell' ecclittica  fia  di  47".  Indi  è  ,  che  inco- 
minciando dall'  epoca  del  1750,0  altra,  che  effi  hanno  fegui- 

Mm     ij 


ii6  Delle     osservazioni 

tata,  le  fottrazioni  per  il  periodo  fecolare  lono  ftate  maggio- 
ri del  vero.  Qualche  differenza  vi  farà  pure  nell'epoca.  Per 
tal  cagione  adunque  le  obbliquità  attuali  di  quella  Efemeride 
farà  Tempre  minore  della  vera .  Se  fi  è  feguitata  l' ipoteli  del 
periodo  lecolare  di  88", quelli  in  anni  32  , dal  1750  al  1781 
porterebbero  la  differenza  di  28"  ,  che  fono  piìi  di  25".  30 
centeiìme .  Comunque  iìafi  ,  certo  è  che  l' obbliquità  di  quel- 
la efemeride  è  troppo  fcarfa .  Efla  è  ancora  tale  rifpetto  alle 
offervazioni  affronomiche  fatte  in  queft'  anno  a  Parigi  dal  Sig. 
de  la  'Lande  a  tenore  delle  quali  1'  obbliquità  attuale  è  di 
23°.  28'.  16",  come  apparifce  da  cortefe  lettera  del  medelì- 
mo  Aftronomo . 

Paragonando  tale  offervazione  alle  mie ,  non  altro  divario 
fi  trova,  che  di   8". 

Articolo     VI. 

Paragone  di  tal  obbliquità  da  me  ojfervata  con  quella  del  195  6 
regiflrata  nel  mio  Volume  dello  Gnomone . 

Per  le  prime  offervazioni  fatte  allo  Gnomone  Fiorentino 
dopo  la  coftruzione  della  prefente  meridiana  ,  1'  obbliquità 
dell'  ecclittica  del  1756  dedotta  con  gran  numero  di  offer- 
vazioni fu  di 23°.  28'.  15",  58  cent- 

Effendo  adunque  l' obbliquità  dell'an- 
no corrente  di 23.   28.   24.   30 

tra  P  una  e  l' altra  vi  corre  la  differen- 
za di       00.     o.     8.   32  cent. 

Conviene  avvertire  ,  che  nel  1756  il  nodo  lunare  va  non 
lungi  dalla  Libra,  come  il  calcolerà  in  appreffo .  In  oltre  da 
tal  tempo  lino  al  prefente  anno  vi  corrono  anni  26  ,  a  cui 
fecondo  il  periodo  fecolare  di  34".  42  centehme  competono 
8".  95  centefime .  Si  vedrà  in  appreffo  nel  calcolo ,  che  lì  fa- 
rà della  maffima  nutazione ,  che  tutto  quedo  combina  colle 
leggi  di  detta  nutazione  ,  e  col  periodo  fecolare  di  34".  42 
centefime. 


Solstizi  A  LI.  2.77 

Articolo     VII. 

Paragone  della  Jleffa  obblìquiù  con   quella  ,   che   e  regiftrata 
nella  Tavola  della  mia  prima  Dij[fertaz.ione. 

Alla  pagina  82  della  prima  DifTertazione  pubblicata  nel 
177Ó  fono  iiate  calcolate  tutte  le  obbliquità  dell'  ecclittica  , 
incominciando  dal  1775  lino  al  1801.  Confultando  in  detta 
Tavola  1'  anno  prefente  1782  vi  lì  vede  regiftrata  i'  attuai 
obbliquità  dell'  ecclittica  di     ...     .   13°.  28'.  25'.  26  cent. 

Eliendo  efl'a  per  le  oilèrvazioni  di        23.   28.   24.  50 

non  vi  li  fcorge  altro  divario  che  di     .     o.     o.     o.  96  cent. 

Ora  una  si  ftretta  corrifpondenza  tra  T  offervazione  e  la 
Tavola  f:i  ben  comprendere,  che  le  ipotefi ,  fulle  quali  effa  è 
fondata,  fono  affai  vicine  alla  veritìi .  Qiìefte  ipoteli  fono  ,  che 
la  nutazion  totale  fia,  non  già  di   iS",  ma  bensì    di   20". 

E  che  il  periodo  fecolare  della  diminuzione  dell'  obbliqui- 
tà fia,  non  già  di  47",  ma  bensì  di  34"    incirca. 

Articolo     Vili. 

Del  vero  valore  della  nutazion  totale  dell'afe  terre/Ire  dedotto 
da  pili  combinazioni  maneggiate  colle  ojjervazioni  foljìiziali 
del  173-6,   1764,   1775,  e  17S2. 

L'  oggetto  principale  di  quefta  differtazione  è  flato  quello 
di  veriticare  con  tutte  quelle  combinazioni , che  li  potrà, qual 
fia  il  vero  valore  della  nutazione  dell'  afte  terreftre ,  mentre  il 
nodo  afcendente  lunare  palTa  dal  principio  della  Libra  lino 
al  principio  d'Ariete  con  moto  retrogrado  .Quanto  una  limil 
ricerca  lia  rilevante  per  la  moderna  Aftronomia ,  e  per  cor- 
reggere ,  e  ridurre  con  efTa  tutte  le  oilèrvazioni  delie  flelle 
Me,  e  delle  declinazioni  folari ,  li  comprende  da  ognuno ,  fen- 
za  che  io  mi  metta  a  comprovarlo . 

Il  Sig.  Bradlejo,  come  è  ftato  divifiito  nell'  art.  I.  ,  faceva 
tal  nutazione  di  iS",  e  deduceva  dalle  fue  oflTervazioni  ,  fat- 
te dal  1728  al  1747,  che  con  tale  ipotefi  felicemente  fpiegavan- 

M  m     iij 


-yS  Delle     osservazioni 

fi  alcune  varietà ,  che  foffrivano  le  ftelle  tìfle ,  che  non  pote- 
vano foggettarlì  né  alla  legge  delle  aberrazioni ,  né  a  quella 
della  paralaffi  dell'orbe  annuo.  Egli  però  non  nega ,  che  qual- 
che divario  di  2"  in  3"  Ci  ravvifa  in  alcune  polìzioni  delle 
ftelle  fiflè. 

Dopo  di  lui  tutti  gli  Aftronomi  hanno  feguitata  la  di  lui  ipo- 
teli  di  !§'•'  .  Se  non  che  il  chiariflimo  Sig.  de  la  Lande,  of- 
fervando ,  che  tal  ipotelì  non  corrifpondeva  a'  fenomeni  del- 
le maree  ,  fecondo  i  quali  le  forze  folari,  e  lunari  avevano 
una  diverfa  proporzione  di  quella,  che  nafceva  da  tal  ipote- 
li ,  propoie  ,  che  detta  nutazione  lì  aumentaiie  di  i"  ,  facen- 
dola di  19",  invece  di  18".  Ma  egli  il  ferve  di  tale  ipotelì 
non  appoggiandola  ad  alcuna  oflervazione  . 

Io  ho  fatto  vedere  nell'  art.  I.  della  Prop.  XV,  che  la  nu- 
tazione, ancora  di  20",  corrifpondeva  beniffimo  a'  fenomeni 
delle  maree,  e  ad  altri  fenomeni  della  precefìlone  degli  equi- 
nozj . 

Inoltre  nel  1775  io  ho  adoperata  una  tale  ipotelì  per 
le  oflervazioni  folftiziali  comparative  dal  1756  al  1764  ,  fe- 
condo le  quali  fembra  indubitato  ,  che  la  nutazione  Ila  di 
20",  ed  ancora  di  più. 

Ripigliando  ora  da  capo  quefla  fottile,  ma  importante  ri- 
cerca, io  mi  sterzerò  di  elaminarla  in  alcune  combinazioni  ; 
e  fono  le  feguenti 


o 


Co/nbinaz.ioni  formate  colle  oJ[ervaz.ioni  [olftiz.zali  del  ij'^6 . 
ijóji.,  1775,  e  1782  ,  per  dedurne  la  uera  nutaz.'ione  dell' 
affé  terre/ire  .riducendola  al  principio  di  Ariete ,0  della  Li- 
bra, e  correggendola  coir  equax.ione  del  lunar  perigeo. 

Combinazione     I 

Delle  offervax.ioni  del  1756    con  quelle  del   1764. 

Nel    1756  P  obbliquità  immediatamente  ofTervata  e   dedot- 
ta con  gran  numero  di  ofTervazioni  alla 
Cattedrale  fu  di 2^°.  28'.  i  5".  5S  cent., 

come  può  rifcontrarfi  nel  mio  Gnomone  Fiorentino. 


Solstizi  A  LI.  279 

Non  giungeva  allora  il  nodo  afcendente  lunare  al  princi- 
pio della  Libra,  e  per  ridurvi  la  nutazione  mancava  1".  On- 
de la  nutazione  auftrale  farebbe  diminuita  di  quefto  i",  che 
è  fottrattivo . 

Onde  l'obbliquitù  ridotta  al  principio 
della  Libra  farà  di 23°.  28'.  14".  58  cent. 

Il  lunar  perigeo  era  ne' fegni  auRrali, 
ne' quali  era  la  nutazione.  Onde  tende- 
va ad  aumentare  tal  nutazione  di  i". 
92  cent,  fecondo  il  calcolo  .  Onde  in 
vece  di  io'  tal  nutazione  era  di  11". 
92.  E  così  all'  obbliquità  dell' ecclittica 
toglieva  i",  92  di  più  ,  che  non  fareb- 
be alla  media  lunar  diftanza  ,  e  perciò 
conviene  aggiungere  tale    equazione  di       o.     o.      i".  92 

Cosi  farà  l' obbliquità  doppiamente  ri- 
dotta di        23°.  28'.  16'.  50  cent. 

Per  le  ollervazioni  del  1764  era  T  ob- 
bliquità   di         23°.  28'.  32".  17  cent. 

come  rilevai!  da  una  mia  Memoria  inedita  comporta  in  quell' 
anno .  Ma  qui  è  convenuto  ridurla  fecondo  il  nuovo  metodo. 

L'  equazione  per  ridurla  al  principio  d' Ariete  è  infemibi- 
le  ,  giacché  il  nodo  lunare  era  così  proffimo  al  o  d'Ariete, 
che  mancavano  foli  35',  che  fanno  un'  equazione  infeniibile, 
come  ciafcuno  comprenderà. 

L'  equazione    del    perigeo    lunare  era 

additiva  di        o".  82  cent. 

onde  aggiungendole  a 

ci  palefa  1'  obbliquità    ridotta  di 

Ma  elTendo  trafcorfi  anni  8  dal  1756 
al  1764,  intanto  per  il  periodo  fecola- 
re  è  accaduta  la  diminuzione  di  .  . 
che  va  fuppiita  con  as^iuncerla. 

Onde  r  obbliquità  con  tal  nuova  ri- 
duzione farà  di 23.  28.  35.  74 

Da  cui  detraendo  l' obbliquità  ridotta 
del   1756 23.  28.   16.   50 


23. 

28.   32.    17 

28.   32.  99 

--"■15 

2  8o  Delle     osservazioni 

refterà  la  nutazione  corretta  di    .     .     .     o.     o.   19.   24 

Combinazione     II 
Delle  ojfervaz.ioni  del  1764  con  quelle  del  1775. 

L'  obbliquità  ofTervata  nel   1775  fu  di  23°.  28'.    9".  46  cent. 
come  potrà  rilevarli  dalla  mia  Difl'erta- 
zione  ftampata   in    Livorno  1'  anno  fuf- 
feguente   1776. 

Nel  detto  anno  era  auftrale  la  nuta- 
zione, e  non  giungeva  a  o  della  Libra, 
mancandone  ancora  i".  35  cent,  le  qua- 
li avrebbero  fatto  diminuire  di  più  T  ob- 
bliquità .  Sicché  fottraendo       .     .     .     .     o.     o.      i.   35 

farà     r  obbliquità    per    la    prima    ridu- 
zione di 23°.  z  8'.    8".  1 1  cent. 

L'  equazione  del  perigeo  lunare  ad- 
ditiva di I.   26 

Onde  per  la  feconda  riduzione  farà       23°.  28'.    9".  37cent. 

Dal  1764  al  1775  fono  fcorfì  anni 
II,  in  cui  r obbliquità  è  diminuita  per 
il  periodo  fecolare  di 3-  7^ 

Onde  aggiungendole  farebbe  1'  obbli- 
quità del   1775  per  le  tre  riduzioni  di    23°.  28'.  13".  75  cent. 

Ma    nel    1764    per    le  due  riduzioni 

era  di 23.  28.  32.  gg 

Sicché  detraendo  dalla  medefima  .     .  23.  28.   13.   15 

refterà   la    nutazione    di   quefta  combi- 
nazione di 0.0.   19"  84  cent. 


Combinazione 


SoLSTIZIALI.  281 

Combinazione     III 

Delle  ojervaz-ioni  del  1775  con  (juelle  dei 
corrente  anno  1782. 

Nel   1782  r  obbliquità  ofTervata  fu  di  23°.  28'.  24".  30  cent. 

Per  ridurla  al  principio  dell'  Ariete 
fi  aggiunga o.     o.     o,   24 

E  per  ridurla  alla  diflanza  media  lu- 
nare   fi    aggiunga  1'  equazione       .     .     .     o.     o.      1.25 

Sarà  r  obbliquità  colla  doppia  riduzio- 
ne   di       23.   2S.   25.   80 

Dal  1775  al  17S2  fono  corfì  anni  7, 
in  cui  il  moto  periodico  porta  additivi      o.     o.     2.   40 

Onde  r  obbliquità  del  1782  colle  tre 
riduzioni  farà  di 23.   28.   28.   20 

Ma  quella  del  1775  per  le  due  ridu- 
zioni era  di 23.   28.     9.  31 

E  COSI  la  nutazione  per  quefta  combi- 
nazione farà  di 0.0.    18".  89  cent. 

Combinazione     IV 

Delle  ojjerva'z.ioni  del  1756  con  quelle  del    1782. 

Obbliquità  del  1782  colle  due  ridu- 
zioni  23°.  28'.  25".  80  cent. 

Obbliquità  del  1756  colle  due  ridu- 
zioni       23.   28.    16.   50 

Loro  differenza 0.0.     9''.  30 

In  anni  26  dal  1756  al  1782  la  di- 
minuzione fecolare  è  fiata  di  8.  95  cent, 
fecondo  la  folita  ragione  di  32".  42  per 
fecolo.  Onde  fupplendo        o.     o.     8.  95 

ne  rifulterà  la  media  nutazione  di  o.     o.   18".  2  5  cent. 


Nn 


2S2  Delle     osservazioni 

Recapitolazione  delle  nutazioni  per  le  W  Combinazioni . 

Nutazione  ridotta  per  la  Combinazione  I.       19".  24  cent. 
Per  la  Combinazione  II.     19.   84 
Per  la  Combinazione  III.   18.  89 
Per  la  Combinazione  IV.   iS,   25 

Somma  delle  nutazioni        76.  22  cent. 

Tra  le  quali  la  media    è    di 19.  05  Icent. 

Ora  tal  media  nutazione  i\.  accorda  colle  altre  pili  difcre- 
panti  in  meno  di    i". 

La  più  difcorde  per  ecceffo  è  la  II  di  19".  84,  e  la  dif- 
ferenza è  di  o".   78  centefime. 

La  più  difcorde  per  difetto  e  la  quarta  di  18".  25,6  la 
loro  differenza  è  di  o".   80  cent. 

L'  uniformità  di  tali  rifultati ,  che  dipendono  da  molti  ele- 
menti ,  ci  fa  conofcere  la  loro  preciiìone . 

Sarebbe  maggiore  la  difcordanza  di  una  coli' altra,  fé  non 
s'  introduceffe  l'elemento  del  lunar  perigeo.  Onde  quefto  vien 
comprovato  col  fatto  medefimo . 

Forfè  quefl-o  nuovo  elemento  combinato  colla  nutazione, 
che  fenza  la  frazione  di  5  -^  centefime  può  farli  in  avvenire 
di  19", cioè  1"  di  più  del  Bradlejo ,  metteva,  un  accordo  mag- 
giore ,  non  folo  tra  le  ofTervazioni  Braldejane  ,  ma  ancora  tra 
le  altre  affaiffime  di  altri  Aftronomi .  Ma  per  decidere  vi  vo- 
gliono nuove  efattiffime  ofiervazioni  delle  ftelle  iìHe  fatte  con 
grandi  fettori  di  14,  e  di  16  piedi.  Intanto  però  io  fiderò 
la  nutazione  di  19",  e  con  elTa  continuerò  gli  altri  calcoli, 
che  occorreranno. 

'"-'Articolo     IX.  " 

Confeguenze ,  che  fi  deducono  dal  vero  valore 

della  nutazione. 

■m:ì.  1  ■•.■■.. 

Confrontando  cos'i  bene  tra  di  loro  le  quattro  Combinazio- 
ni dalle  quali  è  ftata  dedotta  la  nutazione  totale  ,  potremo 
con  Ikurezza  feguire  da  ora  innanzi  la  media  nutazione    già 


SOLSTIZIALI.  2S3 

dedotta  di        19.  05, 

giacche  efla  non  differifce  da'  limiti  delle  ef>reme,e  più  dif- 
cordanti ,  fé  non  che  di  o.  80  cent,  che  è  una  aflfai  piccola 
frazione .  E  per  fecondare  frazioni  più  femplici ,  efla  potrà  fif- 
iarii  di 19.  00. 

Prima  di  far  pafFaggio  alle  confeguenze  della  nutazione , 
già  determinata,  piacemi  di  fciogliere  una  difficoltà,  che  far 
li  potrebbe  contro  il  metodo  delle  riduzioni  ,  che  è  conve- 
nuto fare  per  ottenere  le  intere  nutazioni  .  Poiché  potrebbe 
opporli,  che  tali  riduzioni  fuppongono  la  nutazione  totale  di 
20  ,  onde  erte  fuppongono  fidato  quel  valore,  che  per  mez- 
zo di  elle  va  rintracciandoli.  Ma  fparirà  tal  obbietto  agli  oc- 
chi di  coloro,  che  riiktteranno  intorno  al  valore  di  tali  ri- 
duzioni, il  quale  è  cos'i  piccolo,  che  1'  errore  ,  che  potreb- 
be nafcere  di  i",  o  nell'  ipoteii  di  9"  fecondo  il  Bradkjo ,  o 
nella  mia  di  io',  non  può  mai  generare  una  diflèrenza  fen- 
iibile. 

Sia  per  primo  efempio  la  Combinazione  II,  nella  quale  è 
ftata  calcolata  la  nutazione  auftrale  di  S".  65  centefime  ,  e 
cos'i  la  fua  equazione  del  nodo  di  i*.  35  cent.  Se  invece  del 
feno  totale  efpreH'o  per  io"  valelTe  quello  di  9"  ,  altro  non 
dee  farfi,  fé  non  che  diminuire  detta  equazione  nella  ragio- 
ne del  10:9,  ed  allora  l'equazione  farebbe  di  i".  215  mil- 
leiime,  che  differifce  dalla  prima  di  fole   145  millefime. 

Minore  farà  la  diflèrenza  nella  Combinazione  I ,  in  cui 
l'equazione  del  nodo  per  il  1756  è  di  i '.  00  .  Onde  dimi- 
nuendo ancor  qui  nella  ragione  del  io  :  9  otterremo  o'. 90  cent. 
con  differenza  di  un  decimo  di  fecondo. 

E  molto  minore  ancora  farà  la  riduzione  del  nodo  per  il 
1782  nella  Combinazione  III,  in  cui  l'equazione  è  fiata  di 
o.  24  centeiime  .  Onde  fatta  la  riduzione  farà  di  o'.  216 
millelime . 

Indi  è  che  per  tal  tenuità  delle  differenze  ,  che  nafcono 
dalle  due  ipotelì  di  io'  ,  e  di  9"  ,  e  molto  più  di  9"  |  ,  il 
prefente  metodo  non  può  mai  dirli  difettofo . 

Che  le ,  effendo  ora  più  precifamente  iilfato  il  vero  valore 
della  nutazione  ,  voleffero  con  effo  rifarli  i  computi  delle 
quattro  Combinazioni ,   fparirebbero  cosi  quelle  piccole  diffe- 

Nn     ij 


284  Dklle     osservazioni 

reiize  ,  che  iì  oflervano  nel  primo  calcolo,  come   lì    rileverà 
dalle  confeguenze ,  che  ne  rifultano . 

Ed  appunto  la  prima  farà  ,  che  le  nutazioni  boreali  ,  ed 
auftrali  tanto  in  declinazione,  che  in  latitudine  faranno  in 
avvenire  ne'  medellmi  punti  del  nodo  afcendente  lunare  al- 
quanto maggiori  dell'  ipotelì  Bradlejana ,  e  minori  della  mia 
adoperata  nella  Diflertazione  del  1775.  Eliendo  adunque  nel- 
la mia  Tavola  del  1775  adoperata  1'  ipotelì  di  io"  ,  di  nu- 
tazione boreale,  ed  auftrale,  converrà  ridurre  tutte  le  obbli- 
quità  vere  dal  1775  al  1801  colla  nuova,  e  più  precifa  ipo- 
teli  di  9".  50  cent.  Sicché  lafciando  tutte  le  obbliquità  me- 
die tali  quali  fono  ftate  in  detta  Tavola  regiftrate ,  vi  occorre 
la  fola  riduzione  delle  obbliquità  vere. 

Seconda  confeguenza  .  Dovendoli  inoltre  introdurre  la  nuova 
Teoria  del  perigeo  lunare,  l' obbliquità,  ridotta  per  la  prima 
riduzione  ,  va  modificata  per  mezzo  della  poiizione  del  lu- 
nar  perigeo,  fecondo  la  legge  da  me  divifata  nella  Teoria. 

Terza  confeguenza.  Combinando  infieme  le  due  riferite  ri- 
duzioni, ne  nafce  una  Tavola  delle  obbliquità  vere  corret- 
te dal  1775  al  1802,  ed  è  la  feguente 


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O    L    S    T     I 


I   A   r.   I 


28T 


NUOVA       TAVOLA 


DilU  obbliquita  medi;  ^  e  vere  dell'  eccl ìttica  dal  1775  Jtno  al  1802,  calcolata 
fu!!'  epoca  del  corrente  anno  17S2  full'  ipotefi  della  nuta'z.ione  de' K)',  full'  cle,nrn- 
to  del  limar  perigeo  ,  e  della  fua  maffima  equax.ione  di  2",  e  Julia  latitudine  Iìj~ 
rcntina  di  43°.  4Ó".  47". 


I 

II 

IH 

IV                      V 

i             ^^ 

VII 

Obbliquita     medie 

Equazioin 

Lone,itiidine  del     Longitudine  del 

ì  Equazione  del 

obbliquita  vera 

dal   ZI 

dell'  ecclttiica . 

additiva,    < 

'  nodo       afcendente  perigeo  lunare 

perigeo  lunare 

ridotta  dell'  ecclit- 

Giugno 

Jottratttva 
del  nodo  lu- 

lunare 

tica 

177^ 

nare  .             1 

Gradi  M  .M''. cent. 
23.  28.  11.91 

Min".  Cent. 

8.  13  iott. 

Segni  Ora.  M'.M". 

Segni  Gra.  M'.M". 

X.      7-2.2.39 

Secondi   Ceni. 

i".  26.  add. 

Gra  M.M'Cent. 

IV.  27.  41.  CO 

23.  28.     2.  52 

1770 

I  I.  5Ó 

5-9i           IV.     8.21.17 

XI.  18.    9.  1 1 

0.   II.  add. 

5- 52 

1777 

II.  22 

3.  08 

III.  19.      1.34 

0.  28.49.   I 

0.  46.  fott. 

8.  6c 

1778 

10.87 

0.48  add. 

II.     21.  41.  51 

II.     10.2  2.       8 

II.  9.28.52 

III.  20.  8.42 

1 .  74.  add. 
I.   78.  add. 

13.09 

1779 

IO.  53 

3.. 8 

15.49 

1780 

10.   19 

5.96 

I.        21.      2.  25 

V.      0.55.14 

0.  49.  add. 

Io.  64 

17S1 

9.84 

8.4Ó 

I.            1.42.42 

VI.  11.35.    4 

0.  09.  fott. 

iS.  2  1 

1782 
1783 

23.  28.      9.50 
9.    15 

9.27 

0.      12.  2  2.  00 

VII.22.  14.    5 

I.   25.  fott. 
I.  99.  fott. 

23.28.  17.52 

9.  5i 

XI.  23.    3.16 

IX.    2.54.45 

16.  6S 

I7S4 

8.  81 

S.51 

XI.    3.43.33 

X.    13.41.  17 

i.  07.  fott. 

16.  2J 

I7S5 

8.  46 

6.64 

X.    14.23.50 

XI.  24.  21.      7 

0,  03.  fott. 

15.07 

I7S6 

8.  II 

4.01 

IX.  25.  14.    7 

I.            5.      0.58 

0.   65.  add. [23.  28.  12.  77] 

Nn 


"J 


zS6 


Dhllh     osservazioni 


^nni    OUUquità    mcdia\ 

Equazione 

'longitudine  dei  no-\ 

Longiii 

dine  del  pe-\ 

Equazione  I 

Ohbtiqiiità  'Vera 

dal  li 

1-/.''  eccliUica 

xJditiiu  ,  0  do  ajccndente    luna-\, 

■igeo  lunate               \del      perigeo' 

■idotta    dell"   ec- 

Giugno 

[ottratti'va 
0:'y   il    nodo 
h<na,e 

■e 

1 

unare 

■liitica 

Gra.  M'.  M'.Cent. 

Secondi  Cent.' 

Segni  Gradi  M'.  M". 

IX.     25.44.24 

Segni  Gradi  M'.  M".' Secondi  Cent.^ 

Gra.  M:  M'.Cent. 

1787 

1-11 

0.  44  add. 

il. 

i5.4o.48'o.  99  add. 

g'.  9".  70 

I7SS 

7.42 

2.25  fott. 

vili.  16.24.41 

111. 

26.  27.  20 

I.  64  fott. 

6.  Si 

I7S9 

7.  oS 

5.  14 

VII.  27.    4.  5S 

V. 

7.     7.  IO 

c.  33  fott. 

2.27 

1790 
1791 

6.  74 

7.  50 
9.  00 

VII.    7.45-15 

VI. 

17.    4.     I 

0.  19  add. 

23.  27.  59.  05 

^■39 

VI.     18.25.32 

VII. 

28.  27.  51 

I.  43  add. 

55.96 

1792 

6.  05 

9-49 

V.      29.    5.49 

IX. 

9.13.23 

I.  96  add. 

55.60 

1793 

5-71 

8.91 

V.          9.  46.     6 

X. 

19.53.  13 

0.86  add. 

55-94 

1794 

5-37 
5.02 

7-31 

IV.        20.  26.  23 

IV.       I.    6.40 

0. 

I. 

0.    33.    4 
II.  12.  54 

0.00 

23.  27.  58.  06 

1795 

4-99 

0.  86  fott. 

23.  28.    0.  89 

1796 

_   --':lJ,  4.68 

1-93 

III.    11.46.57 

11. 

21.  59.  26 

1.95  fott. 

4.  6ó 

1797 

•  ■    4-33 

0.  27  add. 

II.          22.  27.   14 

IV. 

2.39.  16 

I.  43  aJd. 

5-93 

I79« 

3-99 
3.65 

4-39 

II.         3.    7.  3  1 

V. 

vir 

13..19.    7 

0.  19  add. 

23.28.    8.57 
IO.  19 

1799 

6.  84 

I.         13- 47- 4'-^ 

23.58.57 

0.  30  fott. 

l8co 

--     3-30 

8.64 

0.      24.  28.     5 

vili 

•    4-38.47 

1 .  6 1  fott 

10.33 

1801 

2.  g6 

9-45 

0.          5.    9.    0 

IX. 

15.  iS.  37 

I.  88  fott 

10.53 

1S02 

!                   2.62 

0.  20 

XI.      15.49.    0 

X. 

25.  58.  28|o.  65  fott. 1  23.  2S.  li.  17 

Rijìeffìoni  falla  nuova  Tavola  dille  obblìquita  medie, 
e  vere  dell'  ecclittica. 


La  Tavola  delle  obbliquità  da  me    regiftrate    alla  pag.    28 
della  Diflertazione  del  1775  va  ridotta  fecondo  le  nuove  offer-. 
vazioni  o  rifiiltati  del   corrente  anno    1782. 

Per  uniformarfi  all'  epoca  di  Parigi  ,  nella  feconda  colon- 
na vanno  fempre  detratti  6"  dall'  obbliquità  media  ,  eifendo 
fhito  fibrato  di  fcemare  la  latitudine  Fiorentina  di  6"  ed 
aumentare  la  Parigina  di  2''.  Allora  tanto  in  Firenze,  che 
a  Parigi    1'  epoca  dell'  anno    prefente    porterà 

r  obbliquità    di 23°.  28'.  18' 

cioè  6'  di  meno  delle  mie  offervazioni ,  e  2" 
di  più  delle  ofTervazioni  Parigine ,  fecondo  la 
quale  ella  è  ftata  di 23.   28.   16  , 

come  apparifce  da  lettera  a  me  fcritta  dal  Sig.  eie  la  Lande . 


SOLSTIZIALI.  287 

Siccbc  iiicoininciando  la  Tavola  ,  in  detto  anno  1'  obbii- 
quità  media  e  regiftrata  di  z^-  28.  17.  91.  centefime  ;  e 
fatta  la  riferita  detrazione  farà  di  23.  28.  11.  gì.  centelìme  , 
e  così  difcorrendo  di  tutte  le  obbliquità  medie  lino  al  1802, 
dove  la  Tavola  fìnifce. 

Nella  terza  colonna  di  detta  Tavola  è  regiftrata  V  equazio- 
ne o  additiva,©  fottrattiva  della  nutazione,  la  quale  ho  cal- 
colato fecondo  l' ipotefi  ivi  adoperata  della  nutazione  fempli- 
ce  di  io".  Ma  è  flato  dimoftrato  nelle  recenti  ofiervazioni  , 
che  detta  nutazione  dee  liimarlì  di  9'' i  ,  giacche  la  nutazio- 
ne comporta  viene  di  19' con  una  tenue  frazione  ,clie  (ì  trafcura  . 
Indi  è  che  ritenendo  le  fteile  equazioni  ,  che  iblo  vanno 
fcemate  nella  ragione  del  100  :  95  ;  così  otterremo  1'  equa- 
zione corrifpondente  alla  nuova  ipoteù  di  19',  o  che  lia  ad- 
ditiva, o  fottrattiva  . 

Una  nuova  colonna  merita  la  nuova  Tavola  per  1'  elemen- 
to del  lunar  perigeo ,  introdotto  da  me  nel  calcolo  delle  nuta- 
zioni. La  fua  maflima  equazione  auflrale ,  o  boreale  fi  fa  da 
me  di  2"  ,  e  potrà  fempre  rettilìcarli  dagli  Ailronomi  con 
nuove,  e  lunghe  olfervazioni . 

Per  tal  nuova  equazione  bifogna  riflettere  primieramente  , 
che  quando  il  lunar  perigeo  ritrovafi  o  nel  principio  dell'A- 
riete ,  o  in  quello  della  Libra  ,  la  fua  equazione  è  nulla, 
giacche  allora  operano  le  medie  diftanze  lunari  ,  che  non 
aumentano,  né  diminuifcono  le  nutazioni. 

In  fecondo  luogo,  che  quando  il  detto  perigeo  trovali  nel 
principio  del  Cancro,  allora  l'equazione  è  mallima  boreale, 
giacche  alla  minima  diflanza  lunare  dalla  terra  dee  corrifpon- 
dere  la  maflima  fua  energia  ,  ed  alla  maflima  diftanza  la  mi- 
nima azione . 

Che  Umilmente, quando  il  perigeo  trovali  nel  principio  del 
Capricorno,  allora  la  nutazione  aullrale  è  maflima,  e  la  bo- 
reale è  minima  .  Indi  è, che  in  tali  due  cali  compete  l'equa- 
zione di  2"  additiva,  o  fottratti\-a  .  Stando  il  perigeo  al  prin- 
cipio del  Cancro  la  nutazione  boreale  va  accrefciuta  di  z'',  e 
r  auftrale  va  fcemata  di   2" . 

Stando  efl^a  al  principio  del  Capricorno  la  nutazione  auflra- 
le  va  aumentata  di  2  '  ,  e  la  boreale  va  fcemata  di  2"  ,  fe- 
condo che  trovali  la  nutazione. 


aSS  Delle     osservazioni 

-  In  generale  quando  la  nutazione ,  ed  il  perigeo  fi  trovano 
ne'fegni  della  medelima  fpecie,cioè  o  boreale  o  aufirale  ,  amen- 
due,  allora  l'equazione  del  perigeo  è  additiva  all'attuai  nuta- 
zione .  Ma  quando  al  contrario  la  nutazione ,  ed  il  perigeo  fi 
combinano  in  fegni  di  fpecie  diverfa  ,  cioè  eiFendo  la  prima 
ne'  fegni  boreali ,  il  fecondo  trovali  ne'  fegni  auftrali  ,  e  per 
converfo,  allora  l'equazione  del  perigeo  è  fottrattiva  alla  nu- 
tazione attuale. 

Tale  addizione  ,  o  fottrazione  va  cosi  ofTervata  ,  quando 
trattafi  di  voler  computare  la  nutazione  attuale  comporta  , 
cioè  la  nutazione,  che  I' Aftronomo  deve  oflervare .  Mutano 
però  i  fegni  di  additivi  in  fottrattivi,  e  per  converfo,  quan- 
do trattali  di  dedurre  le  nutazioni  totali  dalle  nutazioni  im- 
mediatamente oflbrvate,  come  è  fiato  praticato  nelle  mie  IV 
Combinazioni,  da  cui  è  fiata  dedotta  la  nutazione  del  polo. 

Oliando  il  lunar  perigeo  foiTe  lontano  da' quattro  punti  in- 
dicati, cioè  da' due  punti  equinoziali ,  e  da' due  folfiiziali,  al- 
lora le  equazioni  fono  in  ragion  duplicata  de'  complementi 
de'  feni  di  quegli  archi,  che  o  a  defila, o  a  finifira  li  trova- 
no lontani  da' due  punti  folfiiziali.  Cosi  fé  in  un  dato  tempo 
il  lunar  perigeo  lì  trovaflè  a  fegni  III  gradi  20.  dell'  Ariete, 
allora  efi'o  farebbe  difcofio  gradi  20  dal  o  del  Cancro  .  Il 
fuo  complemento  farà  dunque  di  gradi  70 .  Onde  facciali  ,  co- 
me il  quadrato  del  feno  totale  al  quadrato  del  fèno  di  gradi 
70,  così  il  2",  che  è  l'equazione  maOima ,  al  quarto  termi- 
ne, che  farà  l'equazione  del  perigeo  lunare. 

La  (ìeffa  equazione  farà,  fé  il  perigeo  fé  ne  fcoftafie  dalla 
parte  oppofia ,  come  accaderebbe ,  quando  fi  trovafl'e  a  II  fe- 
gni 10%  ,  poiché  allora  fi  fcofterebbe  dal  Cancro  gradi  26, 
come  dianzi,  e  così  dee  ricercarfi  1'  equazione  con  gradi  70, 
come  prima.  Se  tal  equazione  iì  combina  colla  nutazione  bo- 
reale ,  che  è  della  fteflk  fpecie  ,e({a.  farà  additiva  ;  ma  incon- 
trandofi  colla  nutazione  aufirale  ,  divien  fottrattiva,  come  è 
fiato  già  rilevato . 

Tali  fono  le  leggi  colie  quali  è  fiata  calcolata  la  colonna 
IV  della  nuova  Tavola  ,  notando  in  ella  folamente  il  valore 
dell'  equazione  del  perigeo .  La  fpecie  di  additiva  ,  o  fottrat- 
tiva dipende  dalle  due  fulfeguenti  colonne  ,  cioè  V  ,  e  VI  : 
nella  V  vien  regifirata  la  longitudine  del  nodo  afcendente  lu- 
nare , 


SoLSTIZIALr.  289 

nare  ,  che  e  la  medelìma  della  Tavola  dei  1775,  ed  aggiun- 
gendovi pi"»" ,  deducelì  la  nutazione .  Nella  fefta  poi  fi  collo- 
ca la  longitudine  del  lunar  perigeo. 

Paragonando  inlieme  le  longitudini  della  colonna  V  colla 
giunta  di  gradi  90  con  quella  della  VI  ,  fé  effe  fono  della 
fteìlà  fpecie ,  1'  equaiione  del  perigeo  lì  aggiunge  all'  equazio- 
ne del  nodo,  e  fé  fono  di  fpecie  diverfa,  li  fottrae . 

L'  ultima  colonna,  cioè  la  VII  della  nuova  Tavola,  con- 
tiene l'<;bbliquità  attuale  dell' ecclittica  totalmente  ridotta,  tal 
quale  devcii  oH'ervare  dagli  Agronomi  nelT  anno  che  corre  . 
Tutti  quelli  precetti  li  renderanno  più  chiari  negli  efempj  , 
che  ne  addurrò. 

Esempio     I 

Per  r  anno  1775. 

Effendo  quello  1'  anno  primo  della  Tavola  ,  in  eflb  note- 
remo l'obbliquità  media  corretta  di  2j°.  28'.  11".  91  cent,  colla 
fottrazione  di  6". 

L'  ei.;uazione  fottrattiva  del  nodo  è  di  S".  45  cent,  che  \a 
diminuita  nella  ragione  del  100  :  95  .  Onde  effa  farà  di  8". 
15  centetime.  L'  apogeo  lunare  nel  Gennaio  del  177J  era  a 
3*.  iS'.  12'.  Onde  il  fuo  perigeo  era  a  9'.  iS".  12'.  Il  fuo 
moto  lino  al  21  Giugno  è  flato  fecondo  le  Tavole  di  19°. 
9'.  Onde  il  lunar  perigeo  il  di  medelimo  era  a  lo^  7°.  21'. 
Cioè  eilo  era  ne'  f-gni  auflrali;  e  trovaVali  gradi  37'.  21' di- 
ftante  dal  Capricorno.  Il  complemento  era  dunque  a  54°,  49', 
il  cui  feno  è  di  7949  al  raggio  di  loooo.  Onde  fé  facciali  , 
come  il  quadrato  del  feno  totale  al  quadrato  di  7949,  cosi  2' 
al  quarto  termine,  quello  ci  darà  l'equazione  del  perigeo  ,  che 
farà  di    i".  26  centelime. 

La  longitudine  del  nodo  in  detto  anno  era  di  IV.  27.41  ; 
a  cui  aggiungendo  3  fegni  la  nutazione  trovali  a  VII.  27.  41. 
cioè  audrale  .  Onde  eliendo  aullrale  pure  il  perigeo  ,  la  fua 
equazione  farà  additiva . 

Onde    farà    la    nutazione  auflrale  per 
il  nodo 8".  13  cent. 

Equazione  del  perigeo i.  26 

Somma  la  nutazione 9-39 

Tomo  li.  Co 


29°  Delle     osservazioni 

che  va  detratta  dalla  media  obbliquità  di  23.   28.   11,  91, 
Onde  verrà  l'obbliquità  attuale  oiTerva- 

bile  di 23*.  28'.    2".  52  cent. 

Eflà  era  nella  Tavola  del  1775  di  9".  46  .  Ma  detratti  6" 
per  la  correzione  della  latitudine,  e  di  più  i".  26  per  il  pe- 
rigeo ,  e  ridotta  1'  equazione  diminuendola  ,  come  100  :95, 
ne  viene  la  nuova  obbliquità  di       .     .   28.  28.     2.   52  cent. 

Esempio     II 
Per  r  anno  corrente  1782. 

Per  paragonare  le  oflervazioni  dell'  anno  corrente  al  cal- 
colo della  nuova  Tavola  ,  avremo  1'  obbliquità  media   di  ef- 

fo  di 23".  28'.  1  5".  50  cent. 

come  alla  pag.  82  della  citata  DifTerta- 

zione,  e  detratti  6",  fono 9-50 

In  efla  1'  equazione  del  nodo  è  di  9".  76  cent,  che  va  ^cq- 
mata  nella  ragione  del  100:95,  come  è  ftato  rilevato,  per- 
ciò effa  farà  di  9".  27   centelìme . 

Per  pafTare  all'  equazione  del  perigeo  ,    la    fua  longitudine 
al  principio  di  Gennajo  dell'  anno  cor- 
rente era  a VII.     3".    5'. 

Il  fuo  moto  fino  al   21   Giugno  di       .     .     .  19.     9'. 

Onde  la  fua  longitudine  a  di  21  era  .  .  .  VIP.  2  2*.  14'. 
Si  deve  cercare  il  feno  di  52°.  14'  ,  dal  cui  quadrato  di- 
pende l'equazione  del  perigeo,  che  larà  di  1".  25  centelìme. 
Effendo  adunque  la  nutazione  boreale  ,  e  la  longitudine  del 
perigeo  auflrale,la  fua  equazione  va  de-  ■,,•  , 
tratta  da v  ,  ,      9.  27 

Onde  l'equazione  ridotta  farà  di     . 

la  quale  effendo  aggiunta  all'  obbliquità 
media ,     . 

ci  palefa  r  obbliquità  attuale  del  1782  di  23.   28.   23.   52 
Ma  effa  è  ftata  da  me  offervata  di  .     .  23.  28.   24.  31. 
Onde  la  differenza  tra'l  calcolo  e  l'of- 


I. 

25 

8. 

02  , 

23. 

28. 

15- 

505 

SOLSTIZIALI.  291 

fervazione  farà  di 0.0".  79  cent. 

Colla  detrazione  folita  de'  6'',  efla  de- 
ve regiftrarlì  nella  nuova  Tavola  di         23.  28.   17,   52  , 
che  dilferifce  di   i".  31   dall' obLIiquità  oficrvata  in  Parigi. 

QLiella  della  mia  prima  Tavola  di  2 ^•.  28'.  17".  52  cent, 
riefce  alquanto  eccelfiva  ,  perchè  in  efTa  manca  1'  equazione 
del  perii-^eo  ,  e  perche^  5nc'>:-a  in  oda  iì  fuppciie  la  femplice 
nutazione  di  io",  e  non  già  di  9"  7  ,  come  nuovamente  è 
ftata  dimoftrata . 

Articolo     X. 

Della  maniera  di  far  corrifpondere  le  attuali  obbliquita  dell' 
ecclittica  oJJ}ruate  in  Firenz.e  colle  analoghi  ojjervaz.ioni 
di  Parigi. 

Fino  dalle  mie  prime  ofTervazioni  folftiziali  del  1756  ,  il 
Sig.  Ab.  la  Calile  mi  refe  avvifato,  che  tra  le  fue  e  le  mie 
ofTervazioni  full' obbliquità  dell' ecclittica  vi  era  una  differen- 
za di  5'  in  6'',  come  rilevafi  da  una  fua  corteliffima  lettera 
fcrittami  immediatamente  dopo  1'  edizione  del  mio  Gnomo- 
ne.  Avendolo  egli  letto,  e  conliderato  ,  fi  compiacque  della 
fua  gentile  approvazione, come  di  tutte  le  oHervazioni,e  riful- 
tati ,  e  foltanto  mi  accennò ,  che  per  far  concordare  inlieme  le 
ofTervazioni  Parigine  e  Fiorentine  ballava  detrarre  6"  dalla 
latitudine  Fiorentina,  tìfiata  in  quel  vo- 
lume   di        43°.  46'.  53" 

Se   dunque    facciali    una  tal  detrazio- 
ne ,  efla  refl^a  di 43.  46.  47 

Ora  fé  da  efTa  fi  detraggano       .     .     .   20°.  18' 28".  69  cent, 
reflerà  1'  obbliquità  dell'  ecclittica    dell' 
anno  corrente    di        23".  28'.  18" , 

tralafciando  la  piccola  frazione  .  Ma  è  flato  già  avvertito, 
che  nel  folflizio  di  quell'anno  l' obbliquità  oflervata  dal  Sig. 
de  la  Lande  con  ogni  maggior   diligen- 

2a  e   fiata  di 23".  28'.  16". 

Onde  la  difierenza  di  2'  ,  che  refla  ,  è  cos'i  tenue ,  che  in 
avvenire  le  ofiervazioni  Parigine  e  Fiorentine  potranno  dir- 
fi  concordi .  -       - 

Oo     ij 


292  Delle     osservazioni 

Ma  per  le  nuove  oflervazioni  ,  e  ririedi  fatti  dallo  fteflo- 
chiariffiino  Agronomo  nel  fuo  quarto  volume  dell'  Aftrono- 
mia  il  periodo  focolare  della  diminuzione  dell'  obbhquità  è 
llato  dedotto  di  33''  -,  ,  che  pochidimo  diiTerifce  dal  mio  di 
34".  42  centelìme  .  Dall'  uniformità  adunque  tanto  del  pe- 
riodo fecolare  ,  quanto  dell'  epoca  dell'  obbliquità  del  corren- 
te anno  Ì782  ne  dovrà  nafcere  una  perfetta  corrifpondenza 
delle  future  obbliquità  tanto  medie  ,  che  vere  ,  si  iiell'  Efe- 
meridi  Parigine  ,  che  nella  mia  nuova  Tavola  .  E  tal  corri- 
fpondenza  farebbe  ancora  maggiore., fé  nelle  annuali  obbliqui- 
tà dell' ecclittica  delle  future  Efemeridi  Franceli  vi  ii  introdu- 
cefl'e  r  elemento  del  lunar  perigeo  ,  che  può  cagionare  una 
nuova  difcrepanza  di  2',  o  additivi,  o  fottrattivi  . 

Ed  affinchè  quefta  terza  riduzione  apparifca  ancora  nella 
mia  Tavola,  in  elfa  oltre  la  terza  colonna  delle  obbliquità  ve- 
re ridotte  colle  prime  due  riduzioni ,  vi  ho  ancora  foggiunta 
la  quarta,  in  cui  è  introdotta  quefta  terza  riduzione.  Dalla 
terza  alla  quarta  colonna  non  vi  è  altro  divario,  che  di  foli 
6"  ,  che  fono  flati  fottratti  dalla  terza  colonna  per  la  cor- 
rifpondenza  delle  oflervazioni  Parigine,  e  Fiorentine. 

Articolo    XL 

Tavole  delle  nutaz.ioni  ^  e  degli  elementi  y 
che  fi  fuppongona 

Eflèndo  flato  più  precifamente  determinato  il  valore  dell» 
nutazione  colle  quattro  combinazioni  difcufle  nell' articolo  Vili, 
le  nutazioni  corrifpondenti  a'  diverii  punti  del  nodo  lunare 
riefciranno  alquanto  maggiori  delleBradlejane  ,e  minori  delle 
mie,  che  fono  ftate  computate  nella  DiiTertazione  I  colla  fi- 
gura dell'  analemma  .  Veramente  era  alTai  comodo  il  valore 
di  io"  ivi  adoperato  in  quella  corruzione.  Poiché  in  tale  ipo- 
teli  le  nutazioni  venivano  a  corrifpondere  a'feni  de'  comple- 
menti in  diverfi  quadranti  del  nodo  lunare  afcendente  ;  lad- 
do\e  facendo  il  raggio  di  9"  ,  come  il  Bradlejo  ,  di  9"-  5^ 
centeiime,  com'  è  ftato  da  me  dedotto  ,  i  feni  delle  Tavole 
Trigonometriche  non  poflbno  più  rapprefentare  le  nutazioni 
fenza  una  correzione. 


SOLSTIZIALI.  295 

Vero  è  ,  che  quefla  e  fcmplicidìma  .  Poiché  dato  il  feno 
dell'  arco  ,  che  corrifponde  ad  una  data  polìzione  del  nodo  j 
altro  non  dee  farli,  fé  non  che  diminuire  lo  (t-effo  feno  nella 
ragione  del  io  :  g  \  cofa  affai  facile  .  Adunque  con  tal  ri- 
duzione e  fiata  formata  la  Tavola  I  ,  nella  quale  ,  come  o- 
gnuiivede,le  nutazioni  fono  le  medelime  ne'  fegni  boreali,  e 
negli  auftrali,  colla  fola  differenza  ,  che  efTe  ne'  primi  fono 
additive  al  polo  medio,  e  ne'  fecondi  fono  fottrattive .  Indi 
è  ,  che  ne'  titoli  della  Tavola  li  mettono  inlieme  1'  Ariete 
e  la  Libra,  il  Toro  e  Io  Scorpione  ecc.  Poiché  la  nutazione 
è  la  medelìma ,  ma  per  1'  Ariete  è  additiva  ,  e  per  la  Libra 
è  fottrattiva .  E  cosi  dicali  degli  altri  fegni ,  come  leggeli  ne* 
niedelimi  titoli . 


Oo    iij 


294 


Delle     osservazioni 


T 

A     V 

0    L 

A        I. 

Della  nutaz.ions  dell'  Affé 

terrejìre  fecondo  le 

diverfe 

longì- 

tudir 

u  del  nodo 

alcendente  lunare  ^ 

«e//'  ipotefì .,che  la 

fem- 

pi  ice 

nutaz.ione 

aujlrale , 

0  boreale 

fi  a  di  9' 

3 

a  • 

ii  Zod. 

Gradi 
le  lon 
Uni  d 
do  lui 

Sigili  Zod. 
0.     VI. 

5f? 

ni  Zod. 

Segni  Zod. 

Se^ni  Zod. 

^ Segni  Zod. 

S^' 

1. 

VII. 

II. 

vili. 

Ili 

IX. 

IV 

.     X. 

V. 

XI. 

1  ^?v^ 

nor.  Jluft.^Bo, 

-.    .^«y?. 

Bor.    JluQ. 

ylii/ì.    Bor. 

.Auli.    Bor. 

.Alti 

;.  Bo/-. 

???r 

Nut. 

Nut. 

Nut. 

o" 

~^i6l 

Nut. 

Nut.       J 

1°. 

9".    49  8 

8" 

141 

4' 

.    607 

4". 

S92 

8". 

303 

2 

9.     494 

8. 

056 

4- 

455 

0. 

33^ 

5- 

035 

8. 

3S8 

3 

9.     487 

7- 

961 

4- 

Z'^ì 

0. 

504 

5- 

168 

8. 

464 

4 

9.     471 

7- 

87T 

4- 

161 

0. 

665 

5- 

313 

8. 

53^ 

5 

9.     462 

7- 

780 

4- 

000 

0. 

0. 

82Ó 

5- 

443 

8. 
8. 

637 

ór. 

6 

9-     443 

7- 

965 

3- 

866 

988 

5- 

591 

7 

9.     434 

7- 

581 

3- 

yoj 

159 

5- 

7^5 

740 

8 

9.     405 

7- 

4S5 

3- 

5  53 

310 

5- 

842 

d. 

806 

9 

9.     376 

7- 

381 

3- 

401 

482 

5- 

9'/ì 

8. 

863 

IO 

9.     34S 

7- 

277 

3- 

249 

643 

6. 
67' 

ICS 

y. 

9Ì0 

977 

1 1 

9.     319 

7- 

163 

3- 

0S7 

S14 

12 

9.     291 

7- 

058 

2. 

935 

976 

6. 

355 

9- 

034 

13 

9-      253 

6. 

945 

2. 

764 

2* 

137 

6. 

479 

9- 

082 

14 

9.      215 

6. 

830 

2.. 

612 

2. 

299 

6. 

593 

9- 

129 

IJ 

9.      177 

6. 

717 

2. 

2, 

450 

2. 
2. 

450 
612 

6. 

717 

9- 
9- 

_i77 
215 

IO 

9.      129 

6. 

593 

299 

6. 

830 

17 

9.      082 

6. 

479 

2. 

137 

2. 

764 

7- 

945 

9- 

^53 

i8 

9.      034 

6. 

355 

976 

2. 

935 

7- 

058 

9- 

291 

19 

8.      977 

6. 

232 

814 

3- 

087 

7- 

163 

9- 

319 

20 

8.     910 

6. 

loS 

643 

3^ 

240 
401 

7- 

277 

9- 

348 

21 

8.     863 

5- 

975 

482 

7- 

381 

9- 

376 

22 

S.     806 

)-• 

842 

310 

3- 

553 

7- 

486 

9- 

405 

^3 

8.     740 

5- 

719 

159 

,?• 

7°  5 

7- 

581 

9- 

434 

24 

S.      693 

5- 

591 

0. 

988 

^ 

866 

7- 

965 

9- 

443 

i5 

8.     637 

5- 

443 

0. 

826 

4- 

009 

7- 

700 

9- 

462 

26 

8.      531 

5- 

313 

0. 

665 

4- 

161 

7- 

875 

9- 

47» 

^7 

8.     464 

5- 

16S, 

0. 

504 

4- 

313 

7- 

961 

9- 

487 

28 

8.      388 

5. 

035 

0. 

332 

4- 

45  5 

8. 

056 

9- 

494 

29 

8.     303 

4- 

892 

0. 

161 

4- 

607 

8. 

141 

9- 

498 

30 

8.     227 

4- 

750 

0. 

eoo 

4- 

7i0 

S. 

227 

9- 

JOO 

S    O    L    S    T    1    7.    1    A    L    I  .  295 

Per  intelligenza  della  preferite  Tavola  convien  ridurli  a  me- 
moria, che  data  la  longitudine  del  nodo  afcendente  lunare, 
per  trovare  nel  cerchietto  delle  nutazioni,  ovvero  ncll'  ana- 
lemma  da  me  defcritto  nella  Diirertazione  del  1775,  convie- 
ne a  detta  longitudine  a<z:ijiungere  gradi  90  ,  o  lìano  lejni 
III ,  ed  a  tal  punto ,  o  punti  corrifponde  1'  arco ,  ed  il  feno 
della  nutazione  cercata.  Cosi  per  efempio  lìano  dati  nella  Ta- 
vola fegni  VI,  gradi  io  longitudine  del  nodo  lunare  colla 
giunta  de' fegni  tre,  avremo  fegni  IX.  gradi  io.  Onde  la  li- 
nea della  nutazione  fi  troverà  a  gradi  io  dopo  il  Capricorno, 
il  cui  complemento  è  di  gradi  80.  Diminuendo  il  feno  di  detti 
gradi  nella  ragione  del  100:  95,  rinverrallì  la  nutazione  di 
9".  34  cent. ,  e  tal  nutazione  e  auftrale  ,  perchè  trovali  ne' fegni 
auftrali .  Perciò  nella  Tavola  a  fegni  VI,  gradi  10.  s'  incon- 
tra la  riferita  nutazione  col  titolo  di  auftrale  ,  come  elTer 
deve . 

L'  ipotefi  ,  nella  quale  procede,  la  prefente  Ta\ola  ,  li  è 
che  la  nuta/.ione  comporta  lia  di  19',  come  rile\'afi  dalle  quat- 
tro Combinazioni.  E  cos'i  la  nutazione  femplice  farà  di  9  i- , 
iicchè  il  fen  totale  farà  al  feno  dell'arco  dato,  come  il  100 
al  95.  E  con  tal  analogia  lono  Hate  conteggiate  tutte  le  nu- 
tazioni della  prefente  Ta\ola 

Dato  che  lia  il  fegno  ,  ed  il  grado  ,  nel  quale  trovali  il 
nodo  afcendente  hinare  ,  altro  non  dee  farli  ,  che  pigliare  il 
fegno,  o  fegni  nella  colonna  orizzontale  in  tella  della  Tavo- 
la, e  poi  nella  prima  colonna  verticale  appuntare  il  numero 
de'  gradi .  Dove  le  due  colonne  corrifpondenti  s' incontreran- 
no inlìeme,  ivi  li  troverà  regillrata  la  nutazione,  che  lì  do- 
manda .  Cosi  domandili  la  nutazione  competente  a  fegni  V 
gradi  17.  I  fegni  V  fono  nell'  ultima  colonna  coli'  indica- 
zione di  aujìrali  .  I  gradi  17  s'  incontrano  nella  prima  co- 
lonna verticale  ;  do\-e  la  linea  del  17"  incontrati  colla  linea 
de'  fegni  VI,  li  troverà  la  nutazione  di  9".  25  centelìme .  E 
quella  farà  la  nutazione  aullrale  competente  alla  data  longi- 
tutline  del  nodo.  QLiefta  difpoliz.ione  di  Ta\ola  mi  fenibra  più 
femplice  di  altre  limili ,  giacché  non  occorre  qui  aver  1'  av- 
vertenza di  pigliare  ora  i  leni  degli  archi,  ora  i  feni  de' loro 
complementi.  In  quella  Tavola  tutto  è  racchiufo,  fenza  fare 
una  tal  diftinzione . 


296  Delle     osservazioni 

Ellcndo  uguali  le  nutazioni  auftrali ,  o  boreali  ne'  punti 
corrifpondenti  ,e(re  nutazioni  nella  Tavola  ricorrono  due  vol- 
te ,  e  ciò  appunto  porta  il  vantaggio  di  non  dover  badare 
a'  complementi,  o  a'  feni  diretti. 

Non  mi  fon  curato  di  calcolare  le  nutazioni  più  minuta- 
mente ,  che  a  gradi  ,  perchè  colle  proporzionali  tra  un  gra- 
do all'  altro  fi  giunge  a  tutta  V  efattezza  ,  che  mai  in  tal 
materia  deliderali . 

Che  fé  io  nelle  frazioni  delle  nutazioni  non  folo  ho  ri- 
guardato le  parti  centelime ,  ma  vi  ho  ancora  aggiunte  le  mil- 
lelime  ,  quefto  è  ftato  appunto  per  ottenere  le  parti  propor- 
zionali con  tutta  la  precilione  .  Sono  ftate  pur  neceflarie  le 
parti  millelime  per  diftuiguere  le  nutazioni  de'  primi,  e  de- 
gli ultimi  gradi  del  quadrante ,  le  quali  dilFerifcono  meno  di 
una  centelìma  ,  e  perciò  fenza  le  parti  millelime  farebbero 
tornate  uguali  tra  di  loro.  Il  che  non  può  ftare  . 

Qi^iefi-a  adunque  farà  la  Tavola  I  ,  per  ottenere  le  nuta- 
lioni  corrifpondenti  alle  diverfe  longitudini  del  nodo  afcen- 
dente  lunare  ,  fenza  la  riduzione  già  accennata  del  perigeo 
lunare,  il  quale  nelle  minori  diltanze  lunari  aumenta  le  nu- 
tazioni, e  nelle  maggiori  le  diminuifce  di  una  maniera,  che 
a  me  fembra  feniibile . 

Volendo  poi  introdurne  1'  elemento  del  lunar  perigeo  ,  la 
cui  azione  non  è  aliàtto  infenlibile ,  ma  fa  variare  la  nuta- 
zione almeno  di  2"  per  parte  ,  cioè  si  dalla  parte  boreale  , 
che  dall'  auftrale ,  alla  prima  Tavola  farà  bene  di  aggmnge- 
re  la  feconda,  per  1'  equazione  propria  del  detto  perigeo. 

La  maffima  equazione ,  tanto  boreale  ,  che  auflrale  li  fiip- 
pone  di  2",  benché  elfa  podà  farli  gualche  cofa  di  piìi .  Non- 
dimeno elTendo  piccola  la  frazione ,  ho  giudicato  di  traiafciar- 
la,  e  ciò  tanto  più,  quantochè   le   azioni  momentanee  lunari 
vanno  riportate  al  centro  de'  momenti,  tanto  nel  femidiame- 
tro  fuperiore    dell'  equatore  ,    quanto    nell'  inferiore  .    Qiiefti 
due  centri  fono  tra  loro    lontani  un   feniidianietro  ,  ed  -|  <^i 
elio  .  Il  che  fa  diminuire  1'  azion    lunare    rifpetto    a  quella  , 
che  folle  riferita  a'  due  punti  eflremi  del  diametro  dell'  equa- 
tore .  Comunque    fiafi  ,  io   filmo  ,    che  1'  equazione   mallìma 
del  perigeo  pofla  edere  affai  proflìma  a  2",  e  cosi  la  fuppon- 
go  nella  Ta\ola.  In  effa  ancora  le  diverfe  equazioni  fono  le 

medelìme 


SOLSTIZIALI.  2gj 

TTiedefìme  per  i  fegni  boreali,  ed  auftrali  del  limar  perigeo, 
e  Ibltanto  occorre  la  diHèrenza  de'  fegni;  poiché  fé  la  nuta- 
zione ,  ed  il  perigeo  fi  trovano  ne'  fegni  della  medelìma 
fpecie,  cioè  amendue  boreali,  o  amendue  auftrali,  l'equazio- 
ne farà  additiva.  Ma  trovandofi  la  nutazione,  ed  il  perigeo 
ne'  fegni  di  diverfa  fpecie,  cioè  uno  ne'  fegni  boreali,  e  1'  al- 
tro negli  aurtrali,  ovvero  al  contrario  , allora  1'  equazione  del 
perigeo  farà  fottrattiva  dalla  nutazione  o  boreale,  od  auftrale . 
Ancora  nella  prefente  Tavola  dobbiamo  prima  determinare 
il  feno  del  cerchio  ,  che  corrifponde  alla  prefllone  del  peri- 
geo ,  e  poi  diminuire  tal  feno  nella  ragione  del  10:2  ;  co- 
si farà 


Tomo  II  Pp 


zgS 

D 

ELLE 

OSSERVAZIONI 

1 

i 

A     V 

OLA        li. 

Dell'  equazione   delle   nutax.ioni  per 

/'  elemento   del 

luna} 

perigeo 

,  (iipponendo  r  eqnax.ione  majjìma  di 

2  feco'fidì . 

Segni 

Equazione 

I.     e 

VII. 

II. 

e  Vili. 

IH. 

e  IX. 

IV. 

e     X.  V. 

e    XI 

O.eVI. 

dd 

perigeo 

Equazione 

Eq 

nazione 

Equazione 

Equazione 

Equazione 

Gradi . 
0. 

Min 

■'.Miti. 

Miì 

".Mi/l. 

Min'.MiU. 

Min 

".Miti. 

Min 

■'.Min. 

Mi 

n'.Mill. 

0''. 

000 

i 

0. 

COI 

0. 

530 

530 

2- 

000 

I. 

500 

0. 

499 

2 

0. 

002 

0. 

561 

559 

!• 

999 

I. 

469 

0, 

470 

3 

0. 

005 

0. 

593 

5«7 

!• 

997 

I. 

438 

0. 

440 

4 

0. 

009 

0. 

625 

615 

!• 

994 

I. 

406 

0. 

412 

5 
6 

0. 

015 

0. 
e. 

657 
690 

— 

642 
669 

I- 

990 

I. 

3  74 

0. 

3«4 
357 

0. 

02  I 

I . 

9S4 

1 . 

34' 

7 

0. 

029 

0. 

724 

695 

I- 

978 

I. 

309 

0. 

330 

8 

0. 

03S 

0. 

757 

719 

!• 

970 

!• 

275 

0. 

505 

9 

0. 

048 

0. 

791 

743 

I- 

961 

I. 

24: 

0. 

280 

IO 

I  I 

0. 

058 

0. 

826 

765 

I- 

951 

20S 

0. 

256 

0. 

072 

0. 

860 

787 

I. 

939 

173 

0. 

*>    O   T 

12 

0. 

090 

0. 

«95 

809 

I. 

927 

I  • 

^39 

0. 

2  l  1 

15 

0. 

I  IO 

0. 

929 

828 

I . 

913 

104 

0. 

190 

14 

0. 

117 

0. 

964 

848 

I . 

896 

070 

0. 

170 

15 
16 

0. 

134 

0. 

999 

— 

870 
8S3 

I- 

883 

034 

0. 

151 

0. 

151 

034 

1 . 

S70 

0. 

999 

0. 

134 

17 

0. 

170 

070 

896 

I. 

848 

0. 

964 

0. 

117 

18 

0. 

190 

104 

913 

I . 

S28 

0. 

929 

0. 

I  IO 

19 

0. 

21  I 

^39 

927 

I . 

809 

0. 

^9  5 

0. 

090 

20 

0. 

233 

173 

939 
951 

1- 

787 

0. 

0. 

860 
826 

2. 
0. 

072 
058 

21 

0. 

256 

208 

I . 

765 

22 

0. 

280 

242  I. 

961 

I. 

743 

0. 

791 

0. 

048 

23 

0. 

305 

275 

970 

I. 

719 

0. 

757 

0. 

038 

24 

0. 

330 

309 

97S 

I . 

695 

0. 

724 

0. 

029 

^5 

0. 

357 

341 

984 
990 

669 

0. 

Ó90 

0. 

021 

26 

0. 

384 

374 

I, 

642 

0. 

657 

0. 

015 

27 

0. 

412 

406 

994 

I . 

615 

0. 

625 

0. 

009 

28 

0. 

440 

438 

997 

I. 

5^7 

0. 

593 

0. 

005 

29 

0. 

470 

469 

999 

I. 

5->9 

0. 

561 

0. 

002 

30      1 

0, 

409  I. 

500 

2  , 

eoo 

I- 

530  0. 

530 

0, 

001 

SOLSTIZIALI.  199 

La  maniera  di  fervirlì  di  quefta  Tavola  è  ftata  già  accen- 
nata all'  arr.  IX. 

Nondimeno  per  facilità  maggiore,  foggiungerò,  che  all'e- 
quazioni di  quella  TaVola  non  ho  aggiunta  la  circoftanza  di 
aultrale  ,  o  boreale  ,  perchè  efla  defumelì  da'  medelimi  fegni 
notati  in  fronte  della  Tavola ,  giacché  dal  fegno  O  lino  a  VI, 
cioè  dal  principio  di  Ariete  lino  al  principio  della  Libra  ,  i 
fegni  fono  boreali,  e  perciò  boreale  pur  farà  l'equazione  del 
perigeo  .  Ed  al  contrario  dal  fegno  VI  al  XII  il  perigeo  lì 
troverà  dalla  parte  auftrale ,  e  così  pur  farà  1'  equazione  del 
mede  limo . 

Qiiando  poi  quefta  equazione  fia  additiva ,  o  fottrattiva  dalla 
prima,  cioè  dalla  nutazione  del  nodo,  non  può  conofcerlì  dalla 
Tavola ,  ma  combinando  inlieme  la  fpecie  delle  due  equazioni; 
fé  elfe  liano  amendue  della  ftelTa  fpecie, cioè  amendue  auftrali, 
o  amendue  boreali ,  allora  farà  fegno,  che  l'equazione  del  peri- 
geo farà  additi\a  all'  equazione  del  nodo  :  e  quando  al  con- 
trario la  prima  nutazione  fia  ne'  fegni  diverlì  dalla  feconda  , 
allora  farà  indizio,  che  l'equazione  del  perigeo  farà  fottratti- 
va a  quella  del  nodo,  cioè  alla  priina  ,  e  principal  nuta- 
zione . 

Qi^jando  poi  tal  nutazione  farà  corretta  coli' equazione  o  ad- 
ditiva o  fottrattiva  del  perigeo,  allora  ella  cosi  corretta  deve  o 
aggiungerli ,  o  fottrarlì  dall' obbliquità  media  dell' ecclittica  .Bi- 
fogna  adunque  attentamente  conliderare  ,  che  I'  equazione  del 
perigeo  è  fatta  per  ridurre  quella  del  nodo, ma  quella  così  ri- 
dotta deve  avere  i  foliti  titoli  di  additiva, o  fottrattiwa  della 
media  obbliquità  ,  Si  fa,  che  è  additiva  ,  quando  la  prima  nuta- 
zione cade  ne' fegni  boreali,  e  che  è  fottrattiva,  quando  efTa 
trovali  ne'  fegni  auftrali . 

Ancora  in  queftaequazione  vi  ho  computate  le  parti  millelì- 
me,  non  perchè  pofla  giungerli  a  tanta  fottigliezza  ,  ma  per 
poter  diftinguere  le  equazioni  de'  gradi  prolfimi  a  fegni  III  , 
e  IX ,  i  quali  gradi  fenza  le  railleiìme  farebbero  di  i.  99  dal 
primo  grado  fino  al  quinto. 

Suppongo  in  quella  Tavola  la  maffima  equazione  di  2",  tan- 
to auflrale ,  che  boreale.  Onde  nella  lor  fomma  farebbe  un 
divario  di  4"  dalla  malTima  alla  minima  diftanza  lunare.  E' 
flato  già  avvertito,  ma  qui  convien  rammentarlo,  che  in  re- 

Pp     ^j 


Soo  Delle     osservazioni 

alta  il  calcolo  fomminiflra  una  frazione  di  più  .  EfTa  però  è 
ftata  tralafciata  per  non  eder  confiderabile  .  Vi  farà  fempre 
modo  di  meglio  rettificare  tal  maffima  equazione. 

Intanto  pcvò  con  eifa  li  fpiegano  akune  dillerenze  che  (i 
oflTervano  nelle  ftelle  fiffe,  alcune  delle  quali  non  li  foggetta- 
no  accuratamente  alle  leggi  della  prima  nutazione. 

Inoltre  non  lafcierò  di  avvertire,  che  le  equazioni  fon  cal- 
colate col  Teorema  della  ragion  duplicata  de'  feni  delle  lon- 
gitudini del  perigeo,  e  non  già  nella  ragion  femplice  , perchè 
cosi  è  dimoftrato  in  un  particolar  Teorema . 

Se  ho  fcelto  piuttorto  il  perigeo,  che  l'apogeo, ciò  ho  fat- 
to per  avere  fempre  piìi  in  vifta  la  cagione  degl'  incrementi 
della  nutazione .  Vero  è  che  poteva  ancora  adoperarli  I'  apo- 
geo lunare  ,  mutando  i  titoli  delle  addizioni  ,  o  fottrazioni. 

Merita  ancora,  che  lì  aggiunga  per  facilità  delle  due  Tavo- 
le, che  efTe  potrebbono  formarli  con  una  fempliciflima  corru- 
zione ^  Poiché   lia  ,  nella    figura  ,  ADB  un  mezzo  cerchio ,  il 


A 'A 


qual  fia  defcritto  con  un  raggio  dì  pollici  5. 

Col  femidiametro  CD,  e  colla  proporzione  ,  che  paffa  trx 
IO,  e  9  -^  fi  trovi  la  quarta  proporzionale  €E ,  e  collo  ftelTo 
femiaflè  maggiore  CB,  e  minore  CE  defcrivalì    V  ellilli   AE^B  . 

Similmente  facciafi  CF  =  a  parti  2  del  raggio  CD  fuppo- 
flo  di  parti  io,  e  col  femiafle  minore  CF  defcri\afi  la  feconda 
elIifTì  AFfB,  dico,  che  la  prima  ellilll  farà  la  fcala  delle  nu- 
tazioni ,  e  la  feconda  farà  la  fcala  delle  equazioni  del  perigeo 
lunare . 

Poiché  fia  per  il  nodo  lunare  il  punto  d  lontano  gradi  90 


SOLSTIZIALI.  301 

dallo    ftcfro    nodo  .    Per    la    natura    dell'  elliffi    farà    DC  : 
FC  ■=.  de  :  fc .  Onde  la  ec  farà  uguale  al  valore   della  nuta- 
zione per  il  nodo  lunare. 

Per  la  ftefla  ragione  laràDC:  FC=^dc:  fc.  Onde  farà /e 
1*  equazione  del  perigeo .  Più  efattamente  farà  fc  quadrato  . 

Edèndo  adunque  il  raggio  del  mezzo  cerchio  di  pollici  6, 
le  femiordinate  ec  ^  fc  faranno  di  tal  grandezza ,  che  potranno 
determinarli  con  precisone ,  non  lolo  i  fecondi  della  nutazio- 
ne, ed  equazione  del  perigeo,  ma  eziandio  le  loro  parti  de- 
cime, ed  ancora  ventèlime,  che  è  baftantifUmo  per  1'  ufo  A- 
fìronomico  di  quelle  due  femiordinate .  Ma  volendole  conteg- 
giare col  calcolo,  li  otterranno  le  parti  centelime  ,  e  le  mille- 
lime  ,  quando  occorrere . 

Oltrepailèrò  ora  alla  terza  Tavola  degli  elementi ,  la  quale 
agli  Aftronomi  fpefTo  occorrerà.  E' fiata  sia  una  lìmil  Tavo- 
la calcolata  nel  Coroll.  IV.  Prop.  XV.  dell'Art.  Ili,  ma  al- 
lora in  elfa  fupponevalì  la  nutazione  totale  di  20",  la  quale 
ora  con  più  combinazioni  eflendo  fiata  ridotta  a  —  -  -  19" 
fi  modificano  diverfamente  tutti  quegli  elementi  ,  e  perciò 
conviene  riconteggiarli  fecondo  la  più  certa  ,  e  più  precifa 
nutazione .  Formato  adunque  il  calcolo  farà 

TAVOLA    III. 

De^li  elementi  della  nutaz^ione ,  e  della  precejfìone  degli  equinoz.j 
dedotti  dalla  nutaz,ione  totale  di  1 9" . 

Min.Secon.  Cent. 
I.     Che  la  nutazione  auflrale,  o  boreale  fìa  di  .     9.     50 
li.     Che  la  precelTione  degli  equinozj  per  le  fole 

forze  folari  fìa  di 16.     09 

III.  Che  la  preceffione  relativa  alle  fole  forze  lu- 

nari fìa  di 34.      24 

IV.  Che  le  forze  compofle  fanno  la  media  pre- 

cefiione  degli  equinozj  di        5°-     33 

V.  Che  la  minima  preceffione  Ila  di     ...     .  40.     83 

VI.  Che  la  maffima  lia 59-85 

VII.  Che  la  proporzione  delle  forze  lunari    alle 

folari  fia  come 34  :   i6 

Pp     iij 


302  Delle     osservazioni 

p  roffimamente ,  ovvero,  come  342:  160,  come  certaiiiente  fa 
modrano  molti  fenomeni  delle  maree ,  e  come  lì  fuppone  da 
più  Autori . 

Veggali  fu  tal  proporzione  la  mia  DinTertazione  latina  De 
maris  tefiu  flampata  in  Firenze  1'  anno    1755. 

Detta  proporzione  in  centelìme  riduceii ,  come  100:  46, 
cioè  come  5:24-  Ora  vi  fono  degli  Autori ,  che  la  fanno 
di  -^  ,  come  è  flato  avvertito  .  Non  par  verilimile  1'  opinio- 
ne di  quegli  Autori  ,  che  fanno  falir  le  forze  folari  a  2z". 
e  28".  Poiché  o  li  fupponga  la  nutazione  del  Bradlejo  ,  o  la 
mia,  tali  forze  non  arrivano  a   17".  M.  Simpfon  la  fa  di  iS", 

Ma  fupponendo  le  forze  perturbatrici  folari  di  22".  toglien- 
dole dalla  media  preceffione  di  50",  35  cent.  ,  reftercbbono 
le  forze  lunari  di  28".  33,  e  perciò  farebbono  le  forze  folari 
ridotte  alle  parti  centefime  delle  lunari  di  78  centelime,cioè 
le  forze  folari  tornerebbero  preiFochè  ^  delle  lunari  .  Ora 
un  tal  rifultato  è  aflblutamente  contrario  a'  fenomeni  delle 
maree  ofTervate  nelle  Zizigie ,  e.  nelle  quadrature,  fecondo  i 
quali  non  fi  allontana  la  forza  folare  da  7  della  lunare  .  E 
così  quella,  che  il  calcola  dall' ipoteli  di  22",  è  doppia  della, 
vera,  e  perciò  detta  ipoteii  non  può  in  alcun  conto  folle- 
rie  rll  . 

Le  fottiliUime  ofTervazioni  di  Bradlejo  fon  tali ,  che  la  nu- 
tazione non  può  difcoftarfi  da  iS',  fé  non  che  di  i",  o  al 
più  z\  fenza  far  violenza  alle  medefìme , 

Le  mie  numerofe  oflervazioni  folftiziali  de^  quattro  anni 
citati,  cioè  1756,  1764,  1775,  e  17S2  fono  di  tal  natura  , 
che  il  loro  rifultato  per  le  quattro  combinazioni  calcolate  non 
può  difcoflarli  dal  vero,  che  di  i",  ed  a  mio  credere,  ancor 
meno,  cioè  di  \  fecondo.  Ora  per  far  tornare  le  forze  per- 
turbatrici folari  di  22",  converrebbe  ridurre  la  nutazione  a  fo- 
li ly",  che  troppo  difcordano  dalla  nutazione  Bradlejana  di 
18'^',  e  dalla  mia  di  19".  Per  la  qual  cola  lì  terranno  gli  ele- 
menti della  mia  Tavola  III.  come  proffimamente  veri  ,  met- 
tendoli con  elfi  un  accordo  tra  le  oflervazioni  Bradlejane ,  tra 
le  mie,  tra'  fenomeni  delle  maree,  e  tra  le  nutazioni  dell'  af- 
fé terreftre  immediatamente  olkrvate . 


Solstizi   A   LI.  303 

Articolo     XII. 

Bella  teorìa  della  denfita   de'  pianeti  in  ordine  al  periodo 
fecolarc  dell'  obbliqtiità  dell'  ecclittica . 

Con  tutte  le  lunghKfime  olTervazioni  fatte  fui  periodo  del- 
le obbiiquità  dell' ecclittica  ,  per  le  quali  edòdeduccli  molto  mi- 
nore della  comune  opinione  ,  vi  f(;no  nondimeno  degli  Agrono- 
mi, che  fempre  oppongono  il  valore  di  quel  periodo  ,  che  è 
fondato  fulla  teoria  delle  forze  de' pianeti ,  che  fon  quelle, che 
facendo  retrocedere  il  nodo  tendono    a    diminuire  V  obblioui- 

t 

tà  .  E  perche  apprefTo  di  edì  più  vale  la  forza  della  teoria  , 
che  la  precilìone,  il  confenfo ,  ed  il  merito  di  tante  ofTerNa- 
zioni  ,  convien  finalmente  efaminare  ,  fé  realmente  la  teoria 
fia  cosi  fondata  da  attenderne  tutta  la  poffibil  certezza  in 
confronto  ancora  di  oflèrvazioni  certillime.  Dipende  tal  teo- 
ria principalmente  dalla  deniità  de'  pianeti,  che  è  quella  che 
accrefce,o  fcema  le  forze  per  far  retrocedere  il  nodo  dell'or- 
bita terreflre.  Tal  deniità  in  que'  pianeti,  che  fon  circonda- 
ti da'  fatelliti,  deduceli  dalle  diftanze ,  e  tempi  periodici  de- 
gli iledi  fatelliti-  Così  noi  la  deduciamo  nel  globo  terreflre , 
in  Giove  ,  ed  in  Saturno  ,  i  cui  fatelliti  ci  alficurano  della 
loro  gravità.  Ma  non  avendo  alcun  fatellite  Marte,  Venere, 
e  Mercurio,  noi  non  fappiamo ,  qual  iìa  la  lor  deniità.  Si  è 
adunque  fuppofto  ,  che  la  deniità  de'  pianeti  primarj  lia  in 
ragion  reciproca  fudduplicata  de'  tempi  periodici  ,  e  ciò  per- 
chè rilevali  che  la  deniità  della  Terra  è  maggiore  di  quella 
di  Giove,  e  quefl-a  è  maggiore  della  deniità  di  Saturno.  In- 
di e  ,  che  lì  è  immaginato  1'  efpofto  Teorema  .  Ma  liccome 
tal  Teorema  include  ancora  la  proporzione  delle  deniità  ,  meri- 
ta di  edere  efaminato,  fé  tal  proporzione  regna  realmente  ne' 
corpi  planetari  ,  e  fé  dalle  ipoteli  alle  vere  deniità  vi  lia 
dilcrepanza  notabile,  per  aflicurarli  del  Teorema.  Non  e  dif- 
fìcile un  tal  efame  .  avendo  noi  tre  pianeti  ,  le  cui  deniità 
ci  lon  note  aliunde  ,  e  fenza  la  efpoda  teoria  ede  li  dedu- 
cono dimoltrativamente  da'  loro  fatelliti .  Indi  è  ,  che  tenen- 
do ferme  le  tre  deniità  della  Terra,  di  Giove,  e  di  Saturno 
potremo  mettere  a  prova  1'  ipotelì  ,  oliervando,  fé  le  deniità 
detiotte  coli'  ipoteli  iiano  almeno  prodime  alle  vere  deniità, 
che  lon  quelle  calcolate  coli'  ufo  eie'  fatelliti. 


504  Delle     osservazioni 

Di  tre  pianeti  li  poffono  efaminare  tre  combinazioni .  Cioè 
della  Terra  con  Giove,  della  Terra  con  Saturno,  e  di  Saturno 
con  Giove  .  Le  denlìtà  di  tali  pianeti  io  le  fuppongo  quali 
fono  ftate  dedotte  ,  e  calcolate  dal  Sig.  de  la  Lande  colla 
parallalli  folare  ritrovata  di  S".  60  coli'  ultimo  paflaggio  di 
Venere  nel  1769  .  E  benché  vi  fiano  degli  Aftronomi  ,  che 
aumentino  un  poco  pili  la  parallalfi  folare  ,  fino  a  8".  80  , 
pure  un  tale  aumento  non  porta  alcun  fenfibile  divano  nel- 
la prefente  ricerca. 

Prima     Combinazione 

Bella  Terra  con  Giove. 

Moto  periodico  della  Terra,  giorni  ^6^,  ore  6,  cioè  365. 
25  centelìme,  la  cui  radice  quadrata  è  di  parti   19,  11   cent. 

Moto  periodico  di  Giove  giorni  4332.   50    cent. 

Radice  quadrata  farà  proflTimamente  di  65.  82  cent. 

Onde  facciafi  ,  come  65.82:19.11  =  1,  che  è  la  denfità 
della  Terra  al  quarto  termine,  che  farà  la  denfità  di  Giove 
per  l'ipotefi  Euleriana.  E  tal  denfità, fatta  la  divifione,  tor- 
na di  o.  2903.  Or  la  denfità  di  Giove,  che  fi  calcola  dipenden- 
temente da'fuoi  fatelliti ,  fi  la  comunemente  di  o.  2298,  co- 
me nella  Connoijfance  des  temps  ,  ed  altri  volumi  .  Quefl-a  è 
aflài  prolfima  a  o.  23.  Indi  è  ,  che  la  vera  denfità  a  quella 
dedotta  coli'  ipotefi  Euleriana  fl:a,come  il  23:  29,  che  è  una 
difièrenza  non  difprezzabile ,  giacché  efiendo  efla  di  parti  5, 
rifpetto  alle  parti  23,  trovafi  tra  la  parte  quarta   e  la  quinta, 

Secokda    Combinazione 

Bella  Terra  con  Saturno. 

II  moto  periodico  di  Saturno  è  di  giorni  10579.  25  ,  la 
cui  radice  quadra  è  di  parti  102.  85.  Onde  facciafi  ,  come 
102.  85:  19. II  =1  al  quarto, che  farà  la  denfità  di  Sa- 
turno di  o.  1858.  Tal  denfità  per  mezzo  de'  fuoi  fatelliti  fi 
fa  ordinariamente  di  o.  1045.  Onde  la  differenza  della  den- 
fità vera  di  Saturno  dalla  calcolata  per  1'  ipotefi  Euleriana 
è  di 


SOLSTIZIALI.  Joy 

c  di  o.  0813.  Cioè  (\a.  la  prima  denfità  alla  feconda  ,  come 
il  18:  IO,  con  difcrcpanza  affai  palpabile  .  Merita  di 'effere 
avvertito,  che  tanto  nella  prima  Combinazione,  che  nella  fe- 
conda la  denlìtà  dell'  ipotcfi  torna  molto  maggiore  della  ve- 
ra, e  nella  feconda  Combinazione  fopra  parti  io  vi  Ibno  otto 
parti  di  ecceflb.  Se  queflo  medefìmo  ecceffo  fucceda  nella  den- 
fità  di  Venere ,  effa  per  ridurla  alla  vera  dovrebbe  diminuirli 
nella  ragione  del  18:  io,  ed  allora  tal  denlìtà  ridotta  farebbe 
affai  proflìma  a  quella  ,  che  efiggerebbe  il  periodo  fecolare 
dell'  ecclittica  di  34",  e  la  teoria  farebbe  d'accordo  colle  of- 
fèrvazioni. 

Terza     Combinaziome 

Di  Saturno  con  (jiove. 

Benché  quefla  terza  Combinazione  di  Saturno  con  Giove 
'deducali  dalle  due  prime  ,  con  tutto  ciò  farà  bene  calcolarla 
feparatamente  per  palefar  fempre  più  la  difcrepanza  dell'  ipo- 
teli dalle  vere  denfìtà  de'  pianeti. 

Adunque  è  fiata  dedotta  la  radice  quadrata  del  tempo  pe- 
riodico di  Saturno,  che  è  di  parti    102.  85. 

E'  fiata  pur  dedotta  la  radice  quadrata  del  tempo  periodico 
di  Giove,  che  è  di  parti  limili  65.  82.  Onde  a  feconda  dell' 
ipotefì  fi  faccia 

Come  182  .  85  :  65  .  §2=  cosi  la  denfità  di  Giove  dedotta 
da'  moti  periodici  de'  fuoi  fatelliti,  la  quale  fi  fa  di  parti 
Ì298  ,  al  quarto  termine  ,  il  quale  ci  il  paleferà  di  parti 
1470  ,  ovvero  avendo  riguardo  alla  denfìtà  della  Terra  ,  che 
fi  fuppone=i  ,  farà  di  o  .  1470.  Ma  la  denfità  del  mcdefi- 
mo  pianeta  dedotta  dal  tempo  periodico  de'  fuoi  fatelliti , 
cioè  la  fua  vera  denfità  è  di  o.  1045.  Onde  deducefi  in  nu- 
meri femplici  ,  che  la  denfità  ipotetica  alla  vera  fia  come  il 
14  :  IO  prolfimamente ,  cioè  la  denfità  dell'  ipoteli  eccede  la 
vera  di  4  parti  decime  della  medefima  ,  difcrepanza  che  fa 
vedere  la  falfità  dell'  ipotefi 

Se  poi  al  contrario  dalla  denfità  vera  di  Saturno  vogliafi 
coir  ufo  dell'  ipotefì  dedurne  quella  di  Giove  ,  allora  lì  fa- 
rà ,  come  65.  82:  102.  85=1045  al  quarto  termine,  che 
ci  fi  paleferà  di  parti   1629. 


joó  Delle     osservazioni 

Ma  in  realtà  per  il  moto  de'  fatelliti  di*  Giove  la  fua 
denfità  è  dimoftrata  di  2298.  Onde  tra  la  vera  denlità  di 
Giove  e  quella  che  fi  calcola  coli'  ipotefi  vi  è  la  differenza 
di  o.  669  ,  che  paragonata  alla  vera  denlità  è  più  ,  che  la 
parte  quarta  della  inedelìma ,  ed  ancor  quella  differenza  è  con- 
lidorabile 

Indi  è,  che  per  quefte  combinazioni  T  ipoteil  delle  denfità 
in  ragion  reciproca  fudduplicata  de'  tempi  periodici  è  così  di- 
fcrepante  dalla  verità  ,  cioè  dal  paragone  de'  tre  pianeti ,  che 
avendo  fatelliti,  ci  fanno  conofcere  la  vera  loro  denfità,  che 
non  folamente  non  può  dirfi  proffima  alla  vera ,  ma  dee  dirli 
lontaniffmia ,  e  perciò  incapace  di  effere  adoperata  per  le  den- 
fità degli  altri  tre  pianeti ,  che  fono  privi  di  fatelliti,  cioè  di 
Mercurio,  di  Venere,  e  di  Marte. 

Dalla  quantità  del  periodo  fecolare  dell' ecclittica ,  infieme 
cogli  altri  elementi  del  Problema  ,  potremo  dedurne  la  vera 
denfità  di  Venere,  benché  priva  di  fatelliti.  Ma  prima  veg- 
giarao  qual  farebbe  la  fua  denfità  dedotta  da  quella  di  Satur- 
no ,  di  Giove ,  e  della  Terra . 

Se  lì  alfume  la  denfità,  e  tempo  periodico  di  Saturno  per 
rilevarne  la  denfità  di  Venere,  efla  viene  più  piccola, che  non 
fi  fuppone  da'  moderni  Aflrronomi. 

Il  moto  periodico  di  Venere  è  di  giorni  226,  ore  17  prof- 
fimamente  ,  e  riducendo  le  ore  alle  parti  centefime  farà  giorni 
224  .  71  centefima  proffmiamente  .  Eftraendone  la  radice, 
quella  tornerà  di  parti  14.  99  ,  cioè  affai  proffimamente  15.00, 

La  radice  del  tempo  periodico  di  Saturno  è  102.  85,6  la 
fua  denfità  vera  di   1045.  Onde  facciafi 

Come   1500  :  10285=  1045  al  quarto   termine,  che   farà 

di  parti  7165,  cioè o,  7165. 

Ma  dagli  Afironomi  tal  denfità  fi  fa  di .     .     .     .     i.  2750. 

Onde  la  differenza  è         o.   5505. 

Indi  è,  che  la  denfità  di  Venere  dedotta  ancora  coli'  ipotefi, 
ma  applicata  alla  vera  denfità  di  Saturno, vien  tanto  minore 
di  quella  ,  che  gli  Afironomi  adoperano  ne'  loro  elementi  , 
che  non  {ì  fa  ,  come  pofla  adoperarfi  .  Onde  deducafi  dalla 
denfità  di  Giove ,  e  facciafi ,  come 

15  .  00  :  65  .  82  =  2298  al  quarto,  che  farà  100S5.E  que- 
fìa  denfità  pure  è  minore  di  i.  2750  ,  che  fi  fegue  dagli 
Agronomi . 


SOLSTIZIALI.  307 

Deducafi  finalmente  la  ftefla  dcnlità  dalla  denfità  della  Ter- 
ra ,  e  perciò  dovrà  fard 

Come  I  5  .  00  :  19.11  =  1000  al  quarto.  E  queRo  farà  di 
1274,  e  confronta  beniflimo  col  calcolo  de'  moderni  ,  che  è 
di    1275.  Il  divano  di   i   parte  l'ara  cagionato  dalle  frazioni. 

Non  lì  vede  per  altro  per  qiial  ragione  detti  Aftronomi 
invece  di  affumere  per  bafe  del  loro  calcolo  la  vera  denfità 
di  Gio\e  ,  o  di  Saturno  dedotta  da'  loro  fatelliti  (  come  la 
denfità  della  l'erra  è  ftata  dedotta  dalla  Luna  )  fi  fìano  fo- 
lamente  contentati  di  argomentarla  dalla  denlità  terreOre  . 

Se  r  ipotefi  della  ragion  reciproca  fudduplicata  de'  tempi 
periodici  dee  fuffilfere  in  tutto  il  noflro  liffema  circumfolare  , 
cioè  in  tutti  fei  i  pianeti  primarj  ,  perchè  non  conlìderare 
la  denfità  di  Giove,  e  di  Saturno,  per  dedurne  la  denfità  di 
Venere,  e  foltanto  prevalerfi  della  denfità  terrefire? 

Deducendofi  adunque  confeguenze  si  difparate  nella  denfità 
di  Venere  ,  cioè    deducendofi    ella  coli'  elemento  della  terre- 

Itre  denfità  fuppofia  come   i.  di    parti 1.  2740 

deducendofi  per  la  denlità  di  Giove  di  ....  i.  0085 
deducendofi  colla  denfità  di  Saturno  di    .     .     .     .     o.  7165 

per  qual  ragione  di  quefii  tre  numeri  fi  prefceglie  folamente 
il  primo,  e  gli  altri  iì  trafcurano; 

Potrò  io  col  medefimo  diritto  ,  infiftendo  ancor  full'  ipo- 
tefi erronea,  prevalermi  del  terzo  numero ,  invece  del  primo; 
ed  allora  fapponendo  ,  che  colla  denfità  di  Venere  di  parti 
I.  2740  fi  deduca  co'  foliti  Problemi  it  periodo  fecolare  di 
47",  potrò  abbafiar  detto  periodo  nella  ragione  del  1274: 
716.  Onde  facendo  come  1274:  716, così  47'  al  quarto  ter- 
mine, quefto  verrà  di  26".  41  centelìma.  Sicché  colla  ftella 
ipotefi ,  ma  con  afilimere  per  elemento  la  vera  denfità  di  Sa- 
turno, il  periodo  fecolare  in  vece  di  47"  tornerà  26".  41,  cioè 
meno  del  mio  periodo . 

E  fé  fi  afiuma  la  denfità  di  Giove,  e  Ci  faccia,  come  12740: 
1008  =  47'  al  quarto,  eflo  ci  tornerà  di  37"  ,  cioè  poco  più 
del  mio  periodo,  che  è  prolfimo  a  35".  Ecco  adunque  ,  che 
coli'  iflefla  ipotefi  delle  denfità  reciprocamente  proporzionali 
alle  radici  de'  tempi  periodici  fi  deduce  quel  periodo  ,  che  (i 
vuole, cioè  o  di  47',  o  di  27'',  o  di  37",  fecondo  la  diverla  fcelta 
dell'  elemento  del  calcolo  relativo  alla  denfità  de'  pianeti  for- 
niti di  fatelliti.  Qjq     ij 


308  Delle     osservaztcni 

Nella  mia  Memoria  del  1764  io  ho  calcolato ,  che  la  den- 
llt.ì  di  Venere  affunta  dall'Eulero  alla  deniìtà  del  mio  nuovo 
calcolo  fta,  come  il  535  a  208.  Onde  ellendo  la  detta  den- 
lltìi  nell'ipotefi,  che  la  terreftre  na=i,  di  parti  i.  2740  , 
facciali  come  533  :  208  =  1174  al  quarto  ,  que(l:o  farà  di 
parti       . .     .     .     o.  47S4 

Ora  eflendomi  pervenuto  il  Tomo  IV  dell'  Aftronomia  del 
chiarillìmo  M.  de  la  Lande  ,  oflervo  con  mio  fommo  piace- 
re, che  egli  avendo  ridotto  il  periodo  della  diminurion  feco- 
lare  dell'  ecclittica  a  33"  e  3  decime  ,  ed  avendo  ricalcolato 
fecondo  tal  elemento  la  denlità  di  Venere  ,  la  ritro\a  di  o. 
4971  ,  con  particolare  uniformità  al  mio  calcolo  del  1764. 
Ma  aggiungali ,  che  allora  era  fiata  da  me  adoperata  la  va- 
riazione fecolare  dell'  ecclittica  di  29"  ,  e  con  eiTa  è  tefluto 
tutto  il  calcolo,  il  quale  ora  riducendolo  colla  diminuzione 
fecolare  deli'  ecclittica  di  34"  ,  detta  denlità  farà  alquanto 
aumentata  .  Ma  convien  ripigliare  tutto  quefi-o  calcolo  cogli 
elementi  di  quefta  Memoria  ,  cioè  colla  nuova  proporzione 
tra  le  forze  lunari ,  e  folari  rifpetto  alla  precellìone  degli  e- 
quinozj  ,  colla  nutazione  trovata  di  19.  05  cent.  ,  colla  pa- 
rallafli    folare  di  8".  80  centefime ,  ed  altri  elementi. 

Riteflcndo  adimque  tutto  quello  calcolo  rifulta  all'ai  proffi- 
mamente  la  denlità  di  Venere  di  o.  5000  ,  che  e  la  metà 
della  terreftre  denfità  ,e  che  cosi  bene  fi  accorda  con  o.  4971 , 
denlità  altrimente  calcolata  dal  citato  Aftronomo. 

Dobbiamo  adunque  concludere  ,  che  come  non  vi  è  nel!' 
univerfo  una  legge,  colla  quale  fiano  regolati  i  diametri  ,  i 
volumi ,  le  mafie  de'  pianeti  da  Mercurio  fino  a  Sattirno  ;  cosi 
dee  dirfi  ,  che  neppure  vi  fia  legge  alcuna  nelle  denfità  ,  le 
quali  non  dipendono  da'  tempi  periodici,  o  dalle  loro  radi- 
ci, ma  dipendono  dalle  diverfe  materie,  colle  quali  i  pianeti 
fono  fl-ati  fabbricati  .  Se  le  denfità  doveflero  avere  un  rap- 
porto col  calor  folare,  dovendoli  quello  defumere  dall'  inten- 
fità  delia  luce  ,  clie  va  ad  illuminare  ,  e  rifcaldare,  i  diverfi 
pianeti  ,  dovrebbono  tali  denfità  ollervarfi  in  ragion  recipro- 
ca duplicata  delle  diflanze  ,  e  ciò  fecondo  la  legge  dell'  in- 
tenfità  della  luce,  che  appunto  fi  regola  con  quella  ragione. 
Ma  noi  fiamo  ben  lontani  ancora  da  tal  legge  ,  non  meno 
che  dalla  ragion  reciproca    fudduplicata    de'  tempi  periodici  - 


SOLSTIZIALI.  309 

Indi  è  ,  che  non  dobbiamo  cercare  alcun  rapporto  tra  le  di- 
ftanze  e  le  denlìtà,  tra'  tempi  periodici  e  le  ftefle  denfità, 
ma  dobbiamo  penfare,  che  cllendo  i  pianeti  fiati  formati  con 
materie  di  differente  fpecifìca  gravità ,  la  loro  denfità  non  ab- 
bia altra  legge,  che  quella  delle  materie  della  prima  forma- 
zione . 

Co'  fatelliti  di  Saturno,  di  Giove,  e  della  Terra  fapremo 
la  loro  denlìtà  .  Colle  oHer'.azioni  del  periodo  dell'  obbli- 
quitìi  dell'  ecclittica  deduiremo  la  denlìtà  di  Venere.  JMa  per 
Marte  ,  e  per  Mercurio  ,  non  pare  che  \i  fìa  modo  di  de- 
terminarla   . 

Dal  prefente  efame  full'  ipotefi  comunemente  ricevuta  dob- 
biamo argomentare,  che  efla  non  ha  alcuna  forza;  che  è  af- 
folutamente  falfa  ;  e  che  male  alcuni  Autori  hanno  dubitato 
delle  lungiiiliime  olfervazioni  full'  obbliquità  dell'  ecclittica  , 
perchè  eiie  non  fono  uniformi  a  quella  teoria  .  Non  pollone 
mai  efferlo,  perchè  la  ftefia  teoria  è  difcordante  da  si' mede- 
fima ,  ed  è  contraria  alle  più  certe  denfità  de'  tre  pianeti  for- 
niti di  fatelliti. 

Mi  fi  dirà,  che  efTendo  la  denlirà  di  Venere  quali  la  metà 
della  terreftre,  ed  eliendo  quella  minore  di  quella  di  Giove, 
e  di  Saturno,  non  lì  fcorge  nel  lifiema  elementario  quell'ar- 
monia, quel  la  perfetta  corrifpondenza  delle  parti, che  è  tanto 
propria  dell'  onnipotente  Fabbricator  del  liftema .  Poiché  tal 
denlità  da  Venere  allaTerra  crefce,  e  dalla  Terra  a  Giove  e 
Saturno  va  fempre  fcemando.  Ma  chi  è  mai  tra  gli  uomini, 
che  pofTa  a  profondo  penetrare  le  vafiiflime  mire  del  fupre- 
mo  Architetto  della  natura? 

Chi  fa  ,  che  nella  fabbrica  del  noftro  fifiema  circumfoiare 
il \fommo  Artefice  coir accrefcere  la  terreflre  denfità,  ed  in  con- 
feguenza  la  gravità  ,  non  abbia  penfito  a  ritener  così  più 
fortemente  la  noftraLuna  nella  fua  orbita,  e  diminuire  quelle 
irregolarità  ,  che  pur  troppo  tormentano  gì'  ingegni  degli 
Affronomi ,  quantunque  elle  fìano  minori ,  che  non  farebbono 
con  una  minor  denlìtà  i  Chi  fa,  che  non  vi  fiano  altri  og- 
getti degni  del  fupremo  Architetto,  i  quali  eliggano  tal  den- 
lìtà maggiore  di  turte  le  altre? 

Contentiamoci  di  fapere  quali  fiano  le  vere  denfità  in  que' 
pianeti  ,  che  ce  ne    danno  un    ficuro   argomento  ,  e  di  riie- 


3IO  Delle     osservazioni 

vare  indi  le    confeguenze  ,  che  nafcono  a  tenor  dell'  univer- 
fal  gravità . 

Articolo     XIIL. 

Kifpojla  agli  Autori   ddle  Efcmeridi  Milane  fi 
Jullo  Onomone  Fiorentino . 

Gli  Autori  delte  Efemeridi  Milanefi  delTanno  1779  nell' 
articolo  dell'  obbliquità  dell'  ecclittica  ragionano  intorno  al 
periodo  fecolare  della,  medefìma ,  e.  dopo  aver  riferite  le.  opi- 
nioni di  diverlì  Aftronomi ,  che  1'  hanno  creduto  di  88",  di 
60",  di  47",  di  45",  riportano  il  mio  periodo,  dedotto  pri- 
ma dalle  oflervazioni  folftiziali  del  1756  allo  Gnomone  della 
Cattedrale ,  e  poi  riconfermato  ,  e  ridotto  colle  limili  ofTer- 
vazioni  del  1775,  per  le  quali  torna  di  34".  42  centelime .  Sul 
propofito  delle  mie  offervazioni  eflì  aflerifcono  che  nev  com- 
parationum  numero ,  nec  infirumenti  natura ,  fic  coeteris  pr£lìa~ 
re  uidentur  ,  ut    rem  prorfus   definire  cenfeantur  ecc- 

Alquanto  diverfa  però  è  ftata  1'  idea  de'  più  intigni  Aftro- 
rom.i ,  che  cogli  occhi  proprj  hanno  potuto  oiTervare  la  gran- 
dezza ,  la  precilione  ,  1'  opportunità  locale  di  queflo  vado- 
Gnomone . 

Il  Sig.  de  la  Condamine  fu  quello,  che  lo  giudicò  di  cosi 
grande  im.portanza  ,  che  ne  proccurò  gli  ordini  Sovrani  per 
riftorarlo . 

Il  Sig.  Bernoulli ,chc  fi  trovò  a  più  oflervazioni,  ne  com- 
mendò pubblicamente  il  fuo  pregio  ,  chiamandolo  un  iflru- 
mento  Angolare  in  tal  genere . 

Il  Sig.  de  la  Lande  ne  prefe  cosi  alta  idea  ,  che  ricevendo* 
poi  fucceflivamente  le  mie  oflervazioni  folfliziali  ,  cambiò  la 
fua  opinione  intorno  al  periodo  fecolare  dell'  obbliquità,  ri- 
ducendolo a  33".  5  decime  ,  come  potrà  confultarii  nel  fuo 
Tomo  IV  dell'  Aflronomia  ,  fegno  aflai  chiaro  ,  che  egli  le 
ha  giudicate  decifive . 

Tralafciando  i  giudizj  di  altri  Aftronomi,  che  parte   colla 
locale  ifpezione  ,    e    parte  colla    confiderazione  delle  oflerva- 
zioni da  me  pubblicate  fi  fono  aflicurati  della  verità,  mi  farò-^^ 
lecito  di  avvertire,  che  le  due  ragioni  riportate  dagli  Aftro,- 
nomi  Milanefi  vanno  maturamente  efaminate ..  ...i..:,' 


SOLSTIZIALI.  311 

Toccano  effi  il  piccol  numero  delle  combinazioni,  e  la  na- 
tura di  quefto  iilrumento. 

Va  efaminata  la  prima  eccezione ,  giacché  le  obbliquità  da 
me  in  divedi  anni  conclufe  U  appoggiano  a  gran  numero  di 
oflervazioni. 

Quella  dedotta  nel   1775  è  fondata  fopra  XV   oflervazioni 

Quella  del    1756  fopra XVI  (  a  ) 

Qitella  del   1764  fopra V 

QLiclla  del    1775  fopra XVI  {b) 

Qiiella  del   1782  fopra XVI. 

Se  poi  detti  Aftronomi  intendono  di  ragionare  delle  com- 
binazioni colle  antiche  oflervazioni  ,  certo  è ,  che  1'  oflTerva- 
zione  fondamentale  del  1510  è  una  fola  ,  ma  efla  è  combi- 
nata con  più  e  più  moderne  oflTervazioni  .  Efla  è  cosi  ben 
rapprefentata  dal  marmo  folftiziale  di  quell'  anno  ,  che  non 
può  eflèrvi  error  fenlibile 

Efla  finalmente  è  riportata  ad  un  lungo  periodo  di  anni 
272  ,  rifpetto  air  anno  corrente  ,  e  tal  periodo  fa  fvanire 
qualunque  piccolo  errore  ,  che  potefle  concepirfì  nella  pofi- 
zione  del  marmo  folftiziale . 

Sulla  natura  dell'  ifl:rumento  i  due  Profeflbri  cambierebbono 
d'  opinione  ,  fé  follerò  fui  luogo  ,  come  gli  altri  Aflronomi 
già  citati .  Poiché  1'  altezza  dello  Gnomone  è  di  piedi  Pari- 
gini  277. 

Con  tal  altezza  fi  combina  una  tal  precifione  dell'  imma- 
gine folare  ,  che  negli  appullì  dell'  orlo  boreale  ,  ed  auftrale 
non  può  errarli  di  una  linea  ,  che  in  quefl-a  vaftità  di  rag- 
gio non  porta  error  fenfibile. 

Contribuifce  a  tal  efatta  terminazione  la  rifpettiva  piccolezza 
del  foro  centrale, e  l'ofcurità  di  quel  vafliflimo  tempio  .  In 
fomma  trattandoli  di  tali  iftrumenti ,  bifogna  prima  Vedere  , 
e  poi  giudicare. 

Tralafcio  le  confiderazioni  delle  moderne  combinazioni,  le 
quali ,  benché  riflrette  ad  anni  26,  come  lo  fono  quelle  del 
1756  ,    paragonate  a  quelle  del   1782  ,  ovvero  ad  anni  20, 


(a)    Veggafi  il    mio    Volume    del        ih)    Veggafi  la  DiiTertazione Aftro- 
vecchio,  e  nuovo  Gnomone  Fiorenti-    notnica  del  177^. 
no,  flampato  in  Firenze  nel  1757. 


312  Delle     osservazioni 

come  quelle  del  1755  a  quelle  del  1773  ;  contuttociò  effe  deci- 
dono, che  il  periodo  fecolare  non  può  mai  effere  della  gran- 
dezza finora  giudicata  dagli  Afhonomi  ,  ma  di  un  valore 
molto  minore .  E  fé  con  eflè  fole  non  può  prefcriver^ì  la  fra- 
zione ,  lì  comprende  nondimeno,  che  il  periodo  è  poco  più 
di  30'.  Che  fé  a  tali  moderne  combinazioni  il  aggiunga  la 
combinazione  fondamentale  del  15 io  colle  moderne  oilèrva- 
zioni ,  il  ftabilifce  ancora  con  preciiione  maggiore  il  periodo 
di  34",  come  nella  citata  Didertazione . 

I  calcoli,  che  lì  accennano  di  M.  de  la  Grangia  dell'  Eu- 
lero^ e  di  altri  eccellenti  Matem;itici ,  non  fono  mai  da  pre- 
ferirli alle  più  certe  oflervazioni  ,  eflendo  e(iì  fondati  fopra 
ipotetì  incerte  ,  qual'  è  quella  della  denlìtà  de'  pianeti  ,  che 
fon  privi  di  fatelliti  ,  di  cui  in  confeguenza  ignoriamo  la 
denfità.  Venere  è  uno  di  tali  pianeti,  che  moltilfuno  influi- 
lle  nella  teoria  filìca  della  obbliquità  .  Meglio  adunque  farà 
il  rovefciare  il  Problema  ,  ed  invece  di  calcolare  il  moto 
dell'  obbliquità  dalle  denlìtà  ipotetiche  de'  pianeti  ,  dedurre 
piuttolto  la  denlìtà  dalle  olfervazioni  certiifime  del  moto  pro- 
gredivo della  fteifa  obbliquità  .  Allora  la  denlìtà  di  Venere 
tornerà  meno  della  metà  di  quella ,  cha  viene  in  confeguen- 
za dalle  ipotelì  Euleriane ,  come  ho  fatto  vedere  in  una  mia 
Differtazione  comporta  nel    1764,  che  è   inedita. 

Co'  nuovi  elementi  dedotti  dalle  combinazioni  della  pre- 
fente  Memoria  un  tal  calcolo  va  perfezionato, e  ridotto. Sem- 
pre però  la  denlìtà  di  Venere  torna  la  metà  incirca  rifpetto 
a  quella,  che  deducefi  dall'  ipotelì  Euleriana  delle  denlìtà  in 
ragion  reciproca  fudduplicata  de'  tempi  periodici  .  E  quefta 
ipotelì  fé  iì  efamina  col  rapporto  delle  denfità  de'  tre  piane- 
ti, le  quali  ci  fon  note  per  i  fatelliti,  che  effi  godono,  cioè 
della  Terra,  di  Giove,  e  di  Saturno,  non  folamente  dee  dirli 
dubbiofa,  ma  notabilmente  aberrante  rifpetto  alle  denlìtà  ve- 
rificate coir  elemento  de'  fatelliti,  come  è  fiato  provato  nell' 
articolo  antecedente. 

Ma  ferve  per  ora  di  perfuaderci ,  che  quell'  ipotelì  va  me- 
glio efaminata,  e  corretta,  e  che  in  vigore  de'  nfultati  teo- 
rici della  medefima  non  pofibno  revocarfi  in  dubbio  le  tan- 
te ,  e  cos'i  certe  offervazioni  del  periodo  fecolare ,  che  è  molto 
minore ,  che  non  elìggerebbe  quell'  ipotelì . 

OSSERVAZIONE 


313 


O  S  S  E  liV  A  Z  I  O  N  E 

DELLA   CONGIUNZIONE   INFERIORE 
DI  VENERE    COL  SOLE 

A  dì  IO  M.arz.0  17S2 
CON  ALCUNE  RIFLESSIONI 

Del  Sig.  Ab.  Angelo   de  Cesaris  R.  Aftronomo 
air  Offervatorio  di  Milano. 

E'  Noto,  che  le  olTervazioni  delle  oppofizioni  col  Sole  ne' 
pianeti  fuperiori,  e  ne'  pianeti  inferiori  quelle  delle  loro 
congiunzioni  col  Sole  medelimo  fono  particolarmente  pregiate 
tiagli  Aftronomi,  come  le  più  opportune  ed  intereifanti ,  per 
le  utili  confeguenze,  che  fé  ne  traggono.  In  tali  circoftanze 
la  longitudine  eliocentrica  e  la  geocentrica  fono  nella  fteila 
direzione  efattamente;  e  quindi  dall'  immediato  confronto  di 
ciò  che  fi  avrebbe  pel  calcolo  delle  Tavole ,  e  di  ciò  che  iì 
è  avuto  in  fatti  per  la  via  dell'  oHervazione  ,  iì  ha  un  facile 
mezzo  per  verificare  gli  elementi ,  fopra  i  quali  le  Tavole  flelle 
fono  coftrutte . 

Tra  le  congiunzioni  poi  le  inferiori  fono  da  anteporfi  alle 
fuperiori  ,  perchè  nella  più  grande  vicinanza  del  Pianeta  alla 
Terra ,  più  grandi  comparire  ci  devono  le  piccole  deviazioni 
del  medelimo ,  venendo  efle  olTervate  fotto  1'  angolo  più  van- 
taggiofo  .  Se  lì  conlideri  il  triangolo  i"PT  f/^.  i.  )  formato  al 
Sole,  al  Pianeta  ed  alla  Terra,  nel  quale  l'angolo  in  S  cor- 
rifponde  alla  commutazione,  o  fia  alla  difièrenza  delle  longi- 
tudini eliocentriche  del  Pianeta  e  della  Terra  ;  l'angolo  in  T 
alla  elongazione  ,  o  ila  alla  difièrenza  delle  longitudini  geo- 
centriche del  Pianeta  e  del  Sole;  e  fé  ne  prenda  1'  efpreOio- 
ne  diiièrenziale  ,  (ì  avrà  la  ragione  delle  rifpettive  variazio- 
ni ,  e  farà  ds  :dt::P^:  fen.'  t  —  fen.  fX^of.  tX<^ot.  s::TP:  SPx 
col"./'. Quindi  intorno  alle  maffime  digrellioni  fatto  retto  l'an- 
golo in  S  ed  eguale  a  zero  la  cotangente  s  ,  1'  efpreffione  fi 

Rr 


314  Della  congiunzione  inferiore 

ridurrà  n  ds  :  dt  :  :R:  fen.=  t::TP' :  SP'- ::  TS'  -\-  SP'  :SP';  e 
nelle  congiunzioni  fvanendo  gli  angoli  T  ed  J,  e  diventando 
eguale  al  raggio  il  cofeno  dell'  angolo  P  ,  fi  avrà  ds  :dt:: 
TP-.SP,  o  fia  nelle  congiunzioni  fuperiori  come  TS-\-SP: 
SP ,  e  nelle  inferiori  come  TS  —  SP:SP. 

Nel  calo  pertanto  di  Venere,  la  cui  diflanza  SP  è  alla  di- 
ftanza  ST  prolfimamente  come  0,731  :  i  ,  farà  predo  le  maf- 
lime  digreflioni  ds:dt::^:  i;  nelle  congiunzioni  fuperiori  co- 
me 17  :  7  ;  e  nelle  congiunzioni  inferiori  come  7:18.  dal 
che  è  manifefì'O  che  una  deviazione,  per  efempio,  di  un  mi- 
nuto primo  nella  longitudine  eliocentrica  influifce  di  foli  ven- 
ti fecondi  nella  geocentrica  ofl'ervara  all'  occaiione  delle  maf- 
fìme  digreflioni  :  influifce  di  venticinque  nelle  congiunzioni 
fuperiori  ,  e  di  cento  cinquanta  quattro  nel'e  congiunzioni 
inferiori .  Allo  ftefTo  modo  determinare  li  polfono  le  ragioni 
delle  variazioni  di  ciafcuno  elemento  eh'  entra  nella  forma- 
zione delle  Tavole ,  ed  afTegnarne  le  circoftanze  più  favorevoli 
all'  oifervazione . 

Ma  quanto  è  facile  V  offervare  un  pianeta  in  oppofizione 
quando  pafl'ando  eflb  al  meridiano  a  mezza  notte  ,  prima  e 
dopo  è  comodamente  vifibile  ;  altrettanto  difficili  a  farfi  fono 
le  olTervazioni  delle  congiunzioni  ,  quando  il  pianeta  è  im- 
merfo  e  foprafiàtto  dalla  vivilfima  luce  del  Sole  ,  col  quale 
trovali  nella  ftefla  direzione,  e  non  prefenta,  come  nelle  con- 
giunzioni inferiori  ,  che  una  piccoliffima  parte  della  fua  fac- 
cia illuminata.  Quindi  oltre  i  pochi  cali  ,  nei  quali  la  lati- 
tudine geocentrica  del  pianeta  eflendo  minore  del  femidiame- 
tro  del  Sole ,  fé  ne  oflerva  l' intereffante  paflaggio  fopra  il  Sole 
fteflb ,  trovanfi  alTai  rare  nella  fioria  dell' Aftronomia  le  oflTer- 
vazioni  delle  congiunzioni,  per  le  quali  è  neceffariodi  unire 
alle  più  favorevoli  circoflanze  nella  poiizione  del  pianeta  an- 
che un  buono  iftromento  per  1'  Agronomo . 

Prima  di  dare  qui  1'  oiTervazione  da  me  fatta  ,  premetto 
r  efpoilzione  di  alcune  piccole  ricerche  relative  alla  medell- 
ma,e  che  fimbranmi  potere  eflere  utili  anche  in  altre  circo- 
ftanze .  Qiicde  riguardano  principalmente  1'  inclinazione  della 
fafe  di  Venere,  la  quantità  della  luce  ,  ed  il  mafllmo  efictto 
prodotto  dalla  luce  della  medefima.  E  primamente  avendo  io 
ofTervato  il  Pianeta  per  più   giorni  ,   avanti  e  dopo  la  con- 


DI    Venere    col    Sole.  315 

giunzione  col  Sole ,  ed  avendo  avuto  il  piacere  di  vedere  il 
rivolgimento  della  fafe  formata  dal  teniiiflimo  fegmento  lu- 
cido ,  il  quale  in  diverfì  giorni  fuccedivamente  fi  prefentava 
al  meridiano  fotto  diverfe  inclinazioni  ,  ho  cercato  di  deter- 
minare la  quantità  di  tali  inclina/Joni  ,  determinandone  gli 
angoli  col  meridiano.  Cosi  i  tempi  degli  appulliai  fili  del  mi- 
crometro, ch'erano  notati  per  maggiore  ei'attezza  e  comodo 
al  contatto  della  prima  porzione  lucida  ,  che  li  prelentava ,  pote- 
vano con  precilìone  eflTere  ridotti  al  centro  del  Pianeta  ,  ai 
quale  tutto  dovevali  riferire.  A  tale  oggetto  io  ho  determi- 
nato r  angolo  formato  coli'  ecclittica  dal  diametro,  che  paflài 
per  r  efìremità  del  fegmento  lucido  ,  e  mi  fono  fervito  de' 
feguenti  principi,  de'  quali  è  dimoRrata  ed  aliai  nota  la  ve- 
rità. La  fafe  lucida  de'  pianeti  è  uguale  alla  porzione  della 
loro  fuperficie  comprefa  tra  il  circolo  ,  che  termina  1'  emi- 
sfero vilibile  dalla  Terra, ed  il  circolo  che  termina  l'emisfero 
illuminato  dal  Sole  :  e  la  larghezza  della  fafe  lucida  fta  al 
diametro  del  Pianeta ,  come  il  feno  verfo  dell'  angolo  efterno 
formato  al  Pianeta  dalle  linee  tiratevi  dal  Sole  e  dallaTe'.-ra  fta 
al  doppio  raggio .  L'interfezione  del  circolo  vilibile  e  del  luci- 
do è  un  diametro  comune  ad  entrambi ,  il  quale  pafl'a  per  le 
due  eftremità  della  fafe  :  e  come  ogni  diametro  è  fempre  per- 
pendicolare all'  affé  del  fuo  circolo;  cosi  il  diametro  della  fa- 
fe è  fempre  perpendicolare  alle  due  linee  tirate  dal  Pianeta 
alla  Terra  ed  al  Sole,  le  quali  fono  appunto  gli  affi  de' cir- 
coli \-ilibile  ed  illuminato.  E'  parimente  il  diametro  medefl- 
nio  fempre  perpendicolare  al  piano  ,  nel  quale  trovanfl  gli 
affi  -  e  il  quale  pafTa  pe'  centri  del  Pianeta,  della  Terra  ,  e 
del  Sole:  e  data  1'  inclinazione  di  queflo  piano  al  piano  dell' 
ecclittica,  ne  (;irà  egualmente  data  per  complemento  1'  incli- 
nazione di  quel  diametro  . 

Rapprefentino  {fig.z.)T  la  Terra,  S  il  Sole,  P  il  Piane- 
ta, fuori  del  piano  dell' ecclittica  ,  nel  quale  fempre  fono  T 
ed  S.  Abballata  fui  detto  piano  la  nomi  ile  PP\  e  tia:ata  P' 
E  normale  a  TS  farà  1'  angolo  FTP'  eguale  alla  latitudine 
geocentrica;  1'  ansrolo  PTE  uguale  alla  elon::^izione  de!  Pia- 
neta; l'angolo  PHP'  eguale  alla  inclinazione  del  piano  TPS'E 
al  piano  dell'  ecclittica  ;  e  l'  angolo  P  PE  uguale  alla  ricer- 
cata inclinazione  del  diametro  della  fafe.  Quindi  farà  PP'z= 

Rr     ij 


3l6  DliLLA    CONGIUNZIONE    INFERIORE 

PE 

TP'  X  tang.  latit  ;  P'E  =  TP'  X  fen,  elong. ,  e  rang.  P'P£  =  -~= 

r  r 

fen.  elong. 

tang.  latit. 

Conofciuta  quella  inclinazione  e  combinata  coli'  angolo  di 
polìzione  nel  Pianeta,  fi  avrà  l'inclinazione  della  fafe  al  me- 
ridiano: combinata  nuovamente  coli' angolo  così  detto  paral- 
lattico, lì  avrà  l'inclinazione  al  corrifpondente  verticale:  e 
nella  circoftanza,  in  cui  Venere  fia  occultata  dalla  Luna,  lì 
combinerà  colla  direzione  dell'  orbita  apparente  della  medelì- 
ma  ,  affinchè  la  fomma  de'  femidiametri  ,  che  ufare  ii  fuole 
nel  calcolo  di  limili  ollervazioni ,  lì  fminuifca  della  quantità , 
che  compete  al  fegmento  ofcuro  di  Venere, o  ritenuta  la  fom- 
ma de' femidiametri,  fi  applichi  la  dovuta  equazione  al  tempo 
del  contatto  oflTervato  dalla  parte  ofcura. 

Applicando  la  formola  alla  Luna,  per  la  quale  elUi  ha  luo- 
go egualmente  ,  i\  avrà  il  vantaggio  di  determinare  la  con- 
figurazione della  medefima  nelle  circoflanze  di  occultazioni 
di  flelle  .  Inoltre  tra  le  varie  confeguenze  che  rifultano  da 
tale  applicazione,  merita  per  la  pratica  aftronomica  di  efiere 
avvertita  quella  ,  per  cui  lì  dimoftra  ,  che  come  non  vi  ha 
novilunio  ,  fuori  del  nodo  ,  in  cui  non  fiavi  un  piccoliffimo 
fegmento  lucido  corrifpondente  al  mezzo  feno  verfo  della  la- 
titudine della  Luna  ;  così  non  vi  ha  plenilunio  ,  in  cui  pa- 
rimente non  fiavi  il  fuo  fegmento  ofcuro.  Qiiindi  neil'  ofièr- 
vare  in  fimili  circoflanze  la  Luna  farà  neceflària  la  precau- 
zione di  fcegliere  quel  lembo ,  che  non  ne  refla  alterato  ;  e 
nel  computarne  il  diametro  ,  o  fi  dovrà  mifurare  nella  dire- 
zione parallela  all'  ecclittica,o  fi  dovrà  aumentare  della  quan- 
tità di  cui  refta  fminuito  per  la  fafe  ofcura.  Il  quale  fminui- 
mento  febbene  per  una  parte  debba  fvanire  nelle  oppolìzioni, 
fvanendo  1'  angolo  di  elongazione  ;  non  laicia  però  di  a\ere 
luogo  per  r  altra  cagione  di  elTere  fuori  dell'  ecciittica  ed 
alla  medefima  inclinato  il  piano  dell'  orbita  lunare  .  E  coe- 
rentemente a  tale  inclinazione  può  rifletterfi  ancora  al  peri- 
odico rivolgimento  della  fafe  ofcura,  la  quale  dal  lembo  au- 
ftrale  della  Luna  palfa  fucceffivamente  al  lembo  boreale  ,  giù- 
Ila  il  periodico  movimento  in  latitudine   della  Luna   mcdell- 


DI    Venere   col    Sole.        '  517 

ma.  Dal  che  è  manifefto  coinè  alcune  parti  del  difco  luna- 
re vicine  al  lembo  auftrale  debbono  fcoprirlì  ,  mentre  altre 
parti  nel  lembo  oppodo  debbono  nafconderli ,  avvicendandoti 
cos'i  fuccelfivamente  il  fenomeno  ,  che  forma  una  parte  della 
librazione  lunare. 

Una  feconda  ricerca  meno  necefTaria  in  vero  per  1'  ufo  e 
per  la  riduzione  dell'  offerwizione,  ma  pure  dalla  ofTervazio- 
ne  non  aliena,  anzi  occalìonara  dalla  medelima,può  farli  falla 
intenlità  e  quantità  della  luce,  che  veniva  riflettuta  dalla  te- 
nue fafe  di  Venere  al  tempo  della  congiunzione  col  Sole, e  che 
in  generale  eiler  deve  ririettuta  in  ogni  altro  punto  della  fua 
orbita  .  Qi_ianto  all' intenlità  del  lume  del  Pianeta  è  ben  mani- 
fello  ,  che  feguendo  elfa  la  ragione  inverfa  della  fomma  de' 
quadrati  delle  diftanze  dal  Sole  e  dalla  Terra  ,  doveva  ede- 
re in  quella  inferiore  congiunzione  tanto  maggiore  di  quella 
che  fiata  (iirebbe  nella  congiunzione  fuperiore  profllmamente 
come  42  :  i.  La  quantità  poi  del  lume  medelimo  ,  che  cor- 
rifponde  alla  quantità  della  parte  illuminata  vilibile,  elTere  do- 
veva nel  tenue  fegmento  a  quella  di  una  piena  fafe  prolh- 
mamente  come  0,01:    i. 

Una  ulteriore  oflervazione  può  farli  ancora  in  quello  argo- 
mento .  La  facilità  provata  nel  vedere  diflintamente  il  Piane- 
ta, che,  come  R  è  detto,  appena  prefentava  una  centelima  par- 
te del  fuo  difco  illuminato  ,  mi  ha  fatto  richiamare  quanto 
aveva  accennato  nel  fuo  Trattato  di  Ottica  il  Gel.  Bougusr 
relativamente  alla  maggior  luce,  ch'egli  credeva  mandata  dai 
pianeti  nelle  parti  vicine  ai  lembi,  che  nelle  parti  pofle  in- 
torno al  centro  ,  e  per  lo  contrario  del  più  grande  fplendo- 
re  del  Sole  vicino  al  centro  ,  che  prefTo  il  lembo  .  Ed  a  fi- 
ne di  fvolgere  alquanto  più  la  cagione  di  quello  curiofo  ma 
incerto  fenomeno ,  non  farà  inutile  il  ritìettere  ,  che  febbene 
da  ogni  punto  lucido  della  fupertìcie  planetaria  fi  diffondono 
i  raggi  all'  intorno  ;  non  può  però  ellere  uguale  la  copia  de' 
medelimi  in  ogni  direzione  :  ed  efTere  vi  deve  una  ragione, 
per  cui  quanto  più  i  raggi  fi  difcoflano  dalla  linea  perpendi- 
colare alla  fuperficie  d'onde  efcono  ,  tanto  minore  fia  la  for- 
za ed  il  numero  loro  .  Imperciocché  fé  ugualmente  fi  fpargef- 
fero  in  isfera  ,  il  difco  del  pianeta  rifplenderebbe  tanto  più, 
quanto  più  le  fue  parti  foffero  diflanti  dal  centro, ed  il  con- 

Rr     iij 


3iS  Della  congiunzione  inferiore 

torno  dovrebbe  ellère  infinitamente  piìi  illununato  de!  mezzo. 

La  verità  di  tale  apparente  paradodb  fi  rende  facilmente 
manifefta  nell'ofTervare  ,  che  fé  ogni  femicircolo  ADE  ( fy.  ^  ) 
nel  Pianeta  vifto  fecondo  la  direzione  CDT  è  progettato  fal- 
la retta ^CB,  le  lineette  Ccz=zFf=GA  faranno  le  proiezio- 
ni degli  archetti  corrifpondenti  D^,  £c,«.4  :  e  fé  da  ogni  pun- 
to fpargelì  uguale  copia  di  raggi  in  ogni  direzione ,  la  quan- 
tità de'  raggi  medefimi  dovrà  elFere  come  il  numero  de' pun- 
ti, ed  il  numero  de' punti  tanto  piìx  grande,  quanto  più  gran- 
di faranno  gli  archi.  Ma  gli  archi  Dd,  Ee ,  aA  crefcono  re- 
ciprocamente come  i  feni  degli  angoli  dDM  ,  eEo  ,  AaG  ,  i 
quali  dall'  angolo  retto  dDM  formato  dalla  linea  del  centro 
CDT  (  dove  diventa  cC  =  dD  )  vanno  fucceffivamente  decre- 
fcendo  fino  a  fvanire  nel  lembo  .  In  oltre  per  la  nota  pro- 
prietà del  circolo  eflendo  2AC: Aa::Aa:AG ,k  fia  l'arco  ^^■ 
infinitamente  piccolo  rifnetto  ad  AC  ,  farà  pure  il  medefimo 
infinitamente  grande  rifpetto  ad  AGzifF-  cC  =  dD:d'  onde  è 
manifefl:o,che  la  quantità  di  luce  riferita  in  cC  farà  infini- 
tamente   minore  della   riferita  in  AG. 

Qiùndi  fegue  ancora ,  che  fé  il  Pianeta  in  ogni  parte  del- 
la fua  fuperficie  ci  fembra  egualmente  rifplendere,  la  quantità 
de'  raggi  fparfi  da  ciafcun  punto  fotto  diverfe  inclinazioni  fa- 
rà direttamente  come  i  feni  delle  inclinazioni  medeiìme  ,  in 
ragione  reciproca  dei  quali  crefcono  i  piccoli  archi  :  così  che 
quanto  Ci  fminuifce  la  luce,  fminuendoli  i  feni  delle  inclina- 
zioni ,  altrettanto  crefca  la  medelìma,  crefcendo  gli  archi.  Ma 
fé  la  luce  del  Pianeta  ci  compare  maggiore  nel  contorno  del 
difco  che  ne!  centro  ,  o  al  contrario  maggiore  nel  centro  e 
minore  nel  lembo ,  la  vivezza  della  luce  medefima  feguirà  net 
primo  cafo  una  ragione  maggiore ,  e  nel  fecondo  cafo  una  ra- 
gione minore  di  quella  dei  feni  delle  inclinazioni . 

Le  varie  fperienze  del  BoN^uer  ci  hanno  fatto  conofcere  la 
legge  che  proffimamente  ofTervafi  nella  riBeffione  della  luce 
fotto  diverfi  angoli ,  nei  corpi  che  fembrano  i  più  opportuni 
a  fimili  ricerche,  quali  fono  I'  argento  ,  la  carta  ,  il  gellb  . 
Nella  feguente  Tavola  fono  i  rifultati  delle  prove  fatte  fui 
geflb,  che  fembra  avere  più  di  analogia  alla  materia  de'  pia- 
neti. 


DI    Venere    col   Sole.  319 

ìnclina'z.ione  di' raggi      90°.     75».    60°.    45'.  30».    15°. 

Seni  delle   inclinaz.ioni  1000.  g66.  Só6.  707.  500.  259. 

Luce  1000.  702.  640.  529.  352.   194. 

Ma  convien  pure  non  diflìmulare  ,  che  palTando  da  que- 
fti  corpi  terreflri  ai  corpi  celcfti  ,  la  cofa  anderebbe  a  rove- 
fcio,  fé  vera  forte  l' offervaxione  del  Bouguer  rifpetto  alla  di- 
verfa  luce  dei  lembi  che  del  centro  .  Altronde  credo  di  po- 
ter dire  che  ne  a  me,  né  agli  Aftronomi ,  che  ne  ho  inter- 
rogato, è  ftata  generalmente  feniibile  tale  diflereaza  di  luce; 
anzi  riguardo  al  Sole  oilervato  con  un  buon  micrometro  ob- 
biettivo del  Dollond  ho  fatto  più  lucente  ora  1"  una  ora  T  al- 
tra delle  due  imagini  formate  dall'  iftromento ,  ottenendo  ta- 
le avvicendamento  di  luce  col  piii  piccolo  movimento  ,  che 
producete  qualche  inclinazione  rifpettiva  nelle  due  mezze 
lenti  :  onde  fatto  il  paragone  fra  il  centro  di  una  imagine 
ed  il  lembo  dell'  altra  ,  come  fu  praticato  dal  Bouguer  ,  fi 
farebbe  trovata  prima    un'apparenza,  poi  un'altra  contraria  . 

Ritornando  ora  all'argomento,  d'onde  fono  partito,  ed  al- 
la quantità  di  luce  riflettuta  dal  Pianeta  in  qualunque  punto 
della  fua  orbita,  il  già  citato  Ch.  Bouguer  dimoftra  ,  che  la 
porzione  di  eflà  che  ci  viene  da  ogni  trapezio  elementare 
della  fuperiìcie  del  Pianeta  li  rapprefenta  in  generale  per 

dt.  dy.  \i'^^r .  \l  ¥—Y 

a 

h.dt.dj.{a^—r)^    (a^  —  r-)~^  '  (a--—g') 

nella  quale  formola  Ci  efprime  per  a  il  femidiametro  del  Pia- 
neta ,  per  t  e  per  /  la  polizione  di  un  punto  C  nella  fuper- 
fìcie  planetaria  ,  del  quale  particolarmente  fi  cerca  la  luce  , 
per  g  il  feno  della  metà  dell' elongazione 'e  della  commutazio- 
ne del  Pianeta; per  m  refponente  di  una  quantità  collante  b, 
che,  combinata  coi  feni  delle  inclinazioni  dei  raggi  alla  fu- 
perficie  ,  mifuri  la  quantità  de'  medeiimi  corrifpondente  alle 
diverfc  inclinazioni  .Nel  fopraccitato  Trattato  di  Ottica  fé  ne 
può  vedere  la  dimoftrazione  e  1'  integrazione  in  diverfe  ipo- 
tefi  del  valore  di  ni.  Intanto  deve  qui  a\vertirfi  ,  che  nella 
riportata  formola  non  s' involge  determinatamente  la  quanti- 


320  Della  congiunzione  inferiore 

tà  di  luce ,  che  il  difperde  nella  fuperfìcie  planetaria,  lenza  ef- 
fere  opportunamente  riflettuta ,  e  che  perciò  è  ancora  ignota 
r  affoluta  ragione  tra  la  luce  che  manda  il  Sole  ,  e  quella 
che  ci  viene  dai  pianeti.  Ben  è  vero, che  come  il  medelìmo 
Bouguer  ha  oiFervato  ,  che  il  lume  lunare  in  plenilunio  è 
prodimamente  una  parte  trecentomillelìma  della  ^luce  fola- 
re  ;  ed  il  Ch.  Baylli  ha  portato  la  fagacità  delle  fue  ricerche 
nella  luce  de'  liitelliti  :  così  fembra  che  promovere  II  pofl'a  la 
delicatezza  dell'  oiìervazione  ,  e  raccolta  nel  foco  di  un  ec- 
cellente obbiettivo  la  luce  di  ciafcun  pianeta  tentare  qualche 
paragone  colla  luce  della  Luna  in  diverfe  fall  ,  o  altrimenti 
efaminarla  con  qualche  tino  ftromento  per  determinarne  i 
rapporti  finora  fconofciuti . 

La  terza  ricerca  tra  le  propofle  di  fopra  riguarda  il  maf- 
limo  effetto  prodotto  dalla  luce  di  Venere  ,  e  la  determina- 
zione delle  circoUanze  ,  nelle  quali  deve  aver  luogo  .  E  feb- 
bene  1'  Halle/  abbia  data  la  foluzione  di  tale  problema ,  infe- 
rita nelle  Tranfazioni  filofofiche  e  riferita  nell'  Agronomia 
del  La  Lande  ;  fembra  però  che  fulle  tracce  di  quefti  celebri 
uomini  C\  polla  tornare  fu  tale  argomento  ,  fenza  incorrere 
la  taccia  di  fare  una  inutile  repetizione .  Il  fatto  egualmente 
ollervato  dagli  Alhonomi,  che  ammirato  dal  femplice  volgo, 
è, che  Venere  dentro  certo  periodo  di  anni  in  pieno  giorno 
li  può  da  tutti  vedere  ,  come  una  brillante  ftella  ,  fenza  al- 
cuno mezzo  di  cannocchiale  o  di  altro  limile  ftromento.  Un 
tale  fenomeno  manifefla  abbaftanza  eh'  efiere  vi  deve  un  maf- 
fimo  dipendente  dall' intenhtà  inlieme  e  dalla  quantità  di  lu- 
me, che  viene  a  noi  riflettuto  dal  Pianeta:  ed  un  tale  maf- 
Hmo  fi  determinerà,  differenziata  ed  uguagliata  a  zero  la  for- 
mola  ,  che  efprima  i  detti  elementi. 

Lafciata  però  quella  del  Bouguer  ,  che  folo  rapprefenta  la 
quantità  della  luce,  ed  è  foverchiamente  complicata  al  bifogno, 
è  bene  manifefio  altronde  che  potendoli  conllderare  rifpettiva- 
inente  coftanti  le  diftanze  dal  Sole  di  Venere  e  della  Terra  , 
l'intenlità  della  luce  di  Venere  deve  dipendere  dalla  diftanza 
della  medellma  dalla  Terra  ;  ed  a  quefta  diftanza  ftella  avendo 
una  conofciuta  ragione  anche  la  quantità  della  fafe,alla  quale 
corrifponde  la  quantità  della  luce ,  1'  effetto  maffimo  prodot- 
to dalle  due  cagioni  combinate  iniieme  potrà  effere  determi- 
nato , 


DI    Venere   col    Sole.  321 

rato ,  determinando  la  corrifpondente  diftanza  :  col  quale  ele- 
mento lì  conofcerà  anche  l'angolo  di  elongazione,  nel  quale 
il  fenomeno  deve  accadere . 

Già  lì  è  detto  che  1'  area  planetaria  ,  e  la  quantità  della 
fafe  lucida  fono  tra  loro  come  il  raggio  alla  metà  del  feno 
verfo  dell'  angolo  efterno  formato  al  Pianeta  dalle  direzioni 
del  Sole  e  della  Terra. Se  pertanto  nel  triangolo  J'PT (/^.  i  ) 
già  fopra  conlìderato  iìa  ST  =  m,SP=.n,TP  =  x  ^r  il  raggio, 
p  r  angolo  SPT  ,  farà  per  le  note  formole  trigonometri- 
che 

r'  n-\-m  —  x       m  +  x-n         ^       i  r  —  cof.  p 

-    X  -^ X   =  fen.^  -p  =  1 

nx  X  z  2'  2 

=  -  fen.vers.   p.  Tal    efpreiTione    ridotta    all'  angolo  efìerno 
2 

SP^%  colla  dovuta  mutazione  di  fcgni  diverrà  la  flefFa  ,    che 

la  data  dall'  Hallej ,  e  rapprefenterà  la  grandezza  della  fafe  , 

e    la    quantità    del  lume  ,    del    quale  parimente  lì    efprimerà 

r  intenlità,  dividendo  la  formola  per  x^  (  *  ),  e  flirà 

UT- ->r  znx -\- X^  —  m^       o      A      j-a-  ■   .  •    a       -1 

■ •  .  Quella  dmerenziata  e  giulta   il  canone 

de'  maffimi ,  e  de'  minimi  fatta  eguale  a  zero ,  darà 

dx 

(sm^-S  a'X-v-^-  4»x-'-x-^)  — =  «  '   ^  moltiplicando    per 


-— —  ,  farà  3?w^  —  3«^  —  a»x  —  x'  =  o  ;  d' onde  ?c  =  V  ^  "^^  '^'*' 
4x 

m^  —  «"4-  a- 

—  2«  =  d!  ;  e  COS.  elong.  :=: . 

rum 

E'  perciò  evidente  che  corrifpondendo  x  ad  un  majjìmo  qua- 
lunque Iìa  il  valore  di  w  e  di  «  ,  e  veriticandoil  in  fatti  tan- 

Sf 


(  '  )     Ad    efprimere    con    più    giufia  fi    fono    fuppofìe    coflanti    le    quantità 

precilione  1'  intenika  della  luce, lido-  »>  ed  w,  la   int-nfit'a   <'cl    lurr.e  di  Ve- 

vrebbe    dividere     la    forniola     jer    »*  nere  rilpettivainente  alla  Terra  è  ba- 

-J- jf^.  In  tal  calo  il  valore  dijf.do-  flantemente   e  più  femplic eniente   ef- 
po  la   differenziazione ,  li  avrebbe  per  i  r  i      ' 

una  equnzione    di    quarto  grado.    Sic-  Pre"a  pel  Iole  -j. 
come  però  nella  lerie  dell'  operazioni 


32  1  Della  congiunzione  inferiore 

to  il  valore  di  x  ,  quanto  la  coi-rifpondente  elongazione  due 
volte  in  ciafcuna  rivoluzione  di  Venere  ;  altrettante  volte  do- 
vrebbe vederli  il  fenomeno ,  fé  il  medeiìmo  poteiTe  rapprefen- 
tarlì  per  qualunque  di  cotefti  maflimi .  Ma  1'  ofl'ervazione  ef- 
fendo  contraria  ,con\-errà  cercare  o  il  mallìmo  fra  i  minimi,  o 
almeno  uno  fra  i  medefimi  ,  che  lia  de'  favorevoli ,  e  foprat- 
tutto  che  corrifponda  all'  attuale  offervazione .  Il  malfimo  fra 
i  maffimi  fi  avrà  allora  quando  il  valore  di  x  ila  il  minimo . 
Imperciocché  la  quantità  e  1'  intenfità  del  lume  è  come 

(n  +  x)'-m'      ,.,     r       ,,,     ,  .  m'  —  n'  +  x^ 

,  ed  il  cofeno  della  elongazione  come 

^nx'  rmx 

Ora  ciafcuno  di  quelli  elementi  crefce  tanto  più  favorevolmen- 
te all'  uopo,  quanto  pili  decrefce  \  x.  Il  valore  poi  di  .v  fa- 
rà tanto  più  piccolo  , quanto  più  piccolo  farà  ?w,e  più  gran- 
de farà  n  :  ciò  che  è  man|fefto  dalla  fola  ifpezione  della   tor- 

mola  ;*;  =   y  l'm- -\-n'  —  2». 

Dalla  medelima  formola ,  e  dalla  ragione  tra  m  tà  n  che 
in  qualunque  circoflanza  lì  poiìà  verificare  rifulta  ancora  che 
nei  valori  di  x  influifce  più  m  ,  che  n  ;  quindi  nel  formare 
la  ferie  delli  x  fi  combinerà  prima  m  minimo ,  poi  m  medio, 
ed  in  fine  m  mallimo  con  n  malfimo,  medio,  minimo  :  e  fi 
avranno  nove  valori  dal  più  vantaggiofo  decrefcenti  fino  al 
meno  favorevole .  Nella  combinazione ,  per  efempio ,  che  Ve- 
nere e  la  Terra  fiano  nelle  loro  diftanze  medie, e  iia  m=i, 
farà  a;  =  o  ,  43036,  e  l'elongazione  iq".  43'.  30".  Nella  com- 
binazione meno  favorevole  che  fia  Venere  nella  minima  fua 
diflanza  e  la  Terra  nella  diftanza  fua  madima,  farà  .r  =  o  , 
46552,  e  l'elongazione  39°.  5',  35".E  nella  combinazione  più 
vantaggiofa  che  lia  Venere  nella  dÙfanza  fua  maffima  ,  e  la 
Terra  nella  diflanza  fua  minima,  flirà  x=:o,  39532,6  l'elon- 
gazione 40°.   11'.  36". 

QLiefla  ultima  combinazione  ,  che  corrifponde  al  malTimo 
fra  i  maflimi,  non  può  avere  luogo  ne'  fecoli  vicini  a  noi 
per  r  attuale  polizione  dell'  afelio  di  Venere,  e  del  perihelio 
della  Terra  .  Trovali  quello  a  dieci  fegni  e  nove  gradi  di 
longitudine  eliocentrica  ,  e  quello  a  tre  fegni  e  nove  gradi; 
quindi  l'elongazione  di  Venere  afelia  villa  dalla  Terra  peri- 
helia  deve  elFere  folamente  intorno  a  tredici  gradi,  e  la  rif- 


DI   Venere   col   Sole.  323   " 

,.-  fen.  commut.   ^  ^ 

pettiva  dilranza  x=.n.  — ; e  prollimamente  quattro 

fen.  elong. 

volte  maggiore  di  quella  ,  che  viene  indicata  dalla  formola 
del  mafllmo  .  La  bella  apparenza  di  Venere  ,  che  nel  1776, 
come  fi  legge  nelle  Trani;izioni  Filofoliche  ,  fu  ammirata  dal 
popolo  di  Londra,  quafi  un  prodigio,  fi  offervò  nel  Luglio, 
quando  la  Terra  e  Venere  erano  predo  il  loro  afelio,  e  per- 
ciò in  una  combinazione  delle  meno  vantaggiofe  .  Qtieflo  fat- 
to ci  dimoflra  abbaftanza  ,  che  nella  maggiore  o  minore  fa- 
cilità di  vedere  più  luminofo  il  fenomeno  ,  deve  particolar- 
mente influire  lo  fiato  della  nofira  atmosiera  ,  non  folamen- 
te  per  ciò  che  riguarda  le  fenlìbili  nuvole  o  nebbie,  ma  per 
una  più  occulta  cauHi,  per  cui  {\  lafci  un  più  facile  o  diffìci- 
le paflliggio  ai  raggi  di  luce .  La  cofa  fi  conferma  ancora  dal 
riflettere  che  il  fenomeno  ne  ritorna  regolarmente  dopo  ot- 
to anni  ,  quando  pure  Venere  dentro  tale  periodo  ritorna 
fenfibilmcnte  alla  fteflTa  combinazione  di  pofizione  :  né  il  me- 
defimo  trovafi  ofiervato  fui  finire  o  fui  cominciare  dell'anno 
quando  per  una  parte  hanno  luogo  le  combinazioni  più  favo- 
revoli, ma  per  1'  altra  parte  trovafi  1'  atmosfera  in  uno  fia- 
to di  minore  facilità  alla  trafmilfione  della  luce: come  fi  può 
provare  paragonando  la  luce  del  Sole  al  mezzodì  di  un  gior- 
no ferenifllmo  del  Decembre ,  con  quella  che  il  Sole  medefi- 
mo  manda  effendo  a  zi  gradi  di  altezza  fopra  l'orizzonte  in 
un  giorno  fereniflìmo  del  Giugno . 

Vengo  ora  in  fine  ad  efporre  1'  ofiervazione .  Efia  è  fiata 
fatta  ad  un  quadrante  murale  di  fei  piedi  di  raggio  collocato 
nel  meridiano .  Le  difierenze  d'  afcenlìone  retta  tra  Venere  e 
la  Stella  (i  del  Cane  minore,  colla  quale  è  fiata  paragonata, 
fono  generalmente  dedotte  da  tre  appulfi  ai  fili  del  micro- 
metro :  le  difierenze  di  declinazione  fono  corrette  per  1'  effet- 
to della  piccola  differenza  di  rifrazione, e  per  la  parallafie  di 
Venere.  La  pofizione  vera  della  Stella  prefa  dal  catalogo  del 
LaCailli  e  ridotta  in  apparente  colle  confuete  equazioni  dell' 
aberrazione  e  della  nutazione,  era  all'  epoca  dell'  ofFervazio- 
ni  in  afcenfione  retta  mS."  50'.  S";  in  declinazione  boreale  8." 
43'.  2".  Le  pofizioni  apparenti  di  Venere  dedotte  dall'  oiTer- 
vazione  e  ridotte  in  vere  colle  debite  equazioni  dell'  aber- 
razione e  della  nutazione  ,  fono  paragonate  colle  corrifpon- 
denti  poiìzioni  calcolate  fulle  Tavole  de  La  Landi . 


324         Della  congiunzione  inferiore  ecc. 


1782 
Mar- 


1 1 

iS 

19 
19 

20 


Tempo  nudio 
dell'  o^ervurJo- 


O". 

o. 
o. 

o. 

-  :>• 
^3- 


51' 

33- 

9- 

3- 

5  7- 
51. 


2ó",    7 
52  ,    O 

34,  8 

25,  8 
Io,  4 

II  ,   5 


Differenza  d'  A^cenfwn  vetta 
tra  Venere  e  (ì  del   Cane 

Minore 


5' 
1 1. 

20. 

22. 

24. 

26. 


39% 


4=  106'.  42'.  9'' 
5  =  108.  9.  21 
5  =  110.  18.  18 
2=110.  51.  32 
.  2  =  111.  24.  35 
37,  4=111.    57.   26 


26, 
16. 


AJcenJtone 
retta  di    Ve- 
nere 

2< 

o. 
358. 
357- 

3  57- 
356. 


.   i 

40. 

31- 
38. 

25. 

52. 


•59" 
47 
50 
36 

33 

42 


Differenzia  di 

declinazione 
tra   Venere  e 

iS. 
51- 


4-1- 

+  0. 

-  o. 


■  o. 
•  o. 

■  o. 


Tempo  medio 


58 
37 
45 
20.  43 

38.   33 

57- 


:>• 


Declinazk 
di  Venert 


IO». 

9- 

8. 
8. 
8. 

7- 


1 1 

14 
iS 

19 

19 

20 


o".  51' 
o.  33. 
o.  9. 
o.       ::>, 


23. 

^3- 


57- 
51- 


26",  7 
52,   o 

34,  8 

25,  8 
18,  4 
II  ,  5!© 


Tongitudine  di 
Venere  ojfer- 
vata 

oK  5°.  58'.  36" 

^7-   57 

7-   34 

30.   22 

52.  42 


I. 

e. 
o. 


Longitudine  \Differenz.a 
calcolata  dalle 
Tavole 


.6= 

4- 
2. 
1. 

o. 


M' 


+  3'- 


o.   o. 


2 

31.   58  1+4. 

II-  43  ,-l-4- 

36  '-4-4- 

3  1+4- 

28  14-4. 


34- 

57- 
19. 


49" 
I 

9 
14 
21 

25 


Latitudine 
di  Venere  of- 
fervata 
■.20'.  59"B 


8 

8.  30. 

8.  31. 

8.  28. 

8.  25. 

8.  21. 


35 
6 
48 
38 
35 


16 

Latitudine 

calcolata  dal- 
le Tavole 

S\i9'.  40"  B 

8.   29. 

8.    29. 

8.   27. 

8.   24. 

8.   20. 


2' 
34- 
39- 

22. 

4- 
45- 


0 
39 

4( 


14 

45 

31 

22 

21 


Diffc 
za 


325 


SOPKyi    L^    FOIiZA 

CENTRIFUGA. 

Del  P.  Gregorio  Fontana  delle  Scuole  Pie  Pubbli- 
co Profeii'orc  delle  Matematiche  fuperion  nella  R.  Univer- 
fità  di  Pavia. 

I.  ly  Idurre  alla  mafTima  femplicità  la  dimoilrazione  delle 
_1^_  varie  affezioni  della  Forza  Centrifuga  ,  aggiugnervi 
alcune  non  inutili  oifervazioni  ,  eftenderne  1'  applicazione  a 
qualche  punto  importante  della  Meccanica,  e  finalmente  ri- 
cavarne la  dimoftrazione  de' TeoreuTi  Meccanici  da  me  elpofti 
nel  primo  Volume  di  quefle  Memorie  della  Società  Italiana., 
è  l'unico  oggetto  di  quello  breve  Opufcolo .  In  eflb  io  fuppon- 
go  nota  la  dottrina  generale  delle  forze  acceleratrici ,  e  par- 
to dal  notilhmo  principio  ,  che  la  mifura  della  forza  centri- 
fuga ,  ovvero  anche  della  centripeta  (  giacché  I'  una  è  Tem- 
pre uguale  all' altra)  è  il  doppio  della  lineetta,  la  quale  con- 
giunge r  eftremo  dell'  archetto  infinitefìmo  defcritto  dal  cor- 
po in  un  idante  coli'  eflremo  di  quella  porzione  della  tan- 
gente di  detto  arco,  cui  il  corpo  defcriverebbe  in  quello  ftef- 
fo  iltante  colla  velocità  quivi  acquiflata,  e  fenza  l'azione  di 
alcuna  forza,  la  qual  doppia  lineetta  divifa  che  lìa  pel  qua- 
drato dell'  indicato  iftante  efprime  la  vera  quantità  e  mifura 
della  forza  centrale  ,  cosi  centrifuga ,  come  centripeta . 

2.  Immaginiamoci  pertanto  un  corpo  (  la  di  cui  mafTa  fìn- 
geremo fempre  concentrata  in  un  fui  punto  )  attaccato  ad  un 
filo  ;  e  quefto  fermato  per  una  ell-remità  ad  un  piano  oriz- 
zontale ,  e  diftefo  in  retta  linea  dall'uno  all'altro  eftremo 
lungo  il  detto  piano  .  Si  prefcincla  dall'  attrito  e  da  qualun- 
que altro  impedimento  ,  e  li  dia  al  corpo  un  colpo  in  dire- 
zione perpendicolare  al  filo  :  il  corpo  incomincierà  a  del'cri- 
vere  un  cerchio  avente  per  femidiametro  la  lunghezza  del  fi- 
lo ,  e  quindi  farà  forza  di  ftirare  e   (fendere  il  filo  ,  cioè  e- 

Sf    lij 


^i6  Sopra     la     forza 

ferciterà  una  forza  centrifuga  impiegata  in  quefto  cafo  a  pro- 
durre la  tenlìone  dei  medelìmo.  Si  chiami  /  la  forza  centri- 
fuga ,  o  la  tenfione  del  filo  ,  ddz.  la  lineetta  ,  che  congiun- 
ge gli  eftremi  dell'  archetto  e  della  tangente  del  cerchio  (  la 
qual  lineetta  il  fa  eflere  infinitelima  di  fecond'  ordine  ) ,  r  il 
raggio  del  cerchio,  dt  ì'  iftanteo  tempicciuolo  infinitelìmo  ,^i 
r  archetto  ,  v  la  velocità  del  corpo  per  1'  archetto  ds  ,  6 
r  altezza  dovuta  alia  velocità  v .  Ciò  pofto  farà 

TEOREMA!. 

3.    f=—  = —  ,  vale  a  din  la  forz.a  centrifuga  nel  cer~ 
r        r 

cbio  in  quel  punto  della  circonjeremia ,  dove  il  corpo  fi  trova , 

e  uguale  al  quadrato  della   velocita   del   corpo   in  quel  punto  , 

divido  pel  femidiamstro ,  ovvero  uguale  al  doppio  dell'  altez.z,a 

dovuta  a  tale  velocita,  e  divi/o  pel  raggio. 

Dimostrazione. 

E'  evidente,  che  la  lineetta  ddz,  diventa  nel  cerchio  ugua- 

,,       ds' 
le  al  feno  verfo  dell'  archetto  ds ,  e  confeguentemente  ddz  =  —  . 

_,     ^      zddz.      ,  .       ds^  ,  ds 

Ma  f  =  — — :  dunque  f  =  ——-  e  iiccome  v=—-  ,    li  ha 
■^         dt'  ^      -^       rdt'  dt 

fz=z  -  .  Perchè  poi  dalle  leggi  del  moto  equabilmente  accele- 
rato ,  porta  la  gravità  terredre  acceleratrice  =  i  ,   lì   ricava 

0''=:  i/j ,  lì  Ottiene  pur  anco  /=  — .  Il  che  era   ecc. 

r 

4-  Coroll.  Poiché  nel  corpo ,  che  fi  rivolge  in  un  cerchio  , 
la  forza  centrifruga  ha  dovunque  una  direzione  perpendicola- 
re all'  arco  ,  ella  non  tende  in  confeguenza  né  ad  accrefce- 
re,  né  a  fminuire  la  velocità  del  corpo  per  1'  arco,  la  quale 
farà  dunque  la  flefià  in  tutti  i  punti  della  circonferenza,  co- 
me pure  la  fteffa  la  forza  centrifuga .  Dunque  il  moto  è  uni- 
forme ,  e  la  forza  centrifuga  è  collante .  .  \ 


Centrifuga.  327 

TEOREMA    II 

5.  L'  arco  circolare  defcritto  dal  corpo  in  un  dato  tempo  è 
medio  proporzionale  fra  il  diametro  del  cerchio  e  lo  fpazio  , 
che  farebbe  da  ejjo  trafcorfo  in  quel  tempo  ,  fé  pojìo  in  liberta 
venijjè  follecitato  per  tutto  quel  tempo  dalla  data  forzM.  centri- 
fuga. 

Di  mostrazione. 

Si  è  già  dimoflrato  effere  zr:ds::ds:ddz.  ,  e  chiamato  t 
il  tempo  propofto  fta  parimenti  i:  t::t:t-  ;  onde  moltipli- 
cate le  due  analogie  nafce  zr  :  tds  : .  tds  :  f-ddz. .  Ma  tds  è  I'  ar- 
co defcritto  dal  corpo  con  moto  uniforme  nel  tempo  f,  per- 
chè ds  e  V  archetto  fcorfo  in  un  iftante  :  e  t'ddz.  è  lo  fpa- 
zio  fcorfo  dal  corpo  libero  nel  medelimo  tempo  con  moto  u- 
niformemente  accelerato  per  T  azione  coftante  della  forza  cen- 
trifuga ,  poiché  ddz.  è  lo  fpazietto  defcritto  in  un  iftante  in 
virtù  di  tal  forza .  Dunque  ecc.  Il  che  era  ecc. 

6.  CoROLL.  La  velocità, colla  quale  il  corpo  fi  rivolge  nel 
cerchio,  è  quella  fteiìà  che  acquifta  fcorrendo  liberamente  la 
metà  del  femidiametro  per  I'  azione  coftante  della  forza  cen- 
trifuga .  Imperciocché  per  le  leggi  del  moto  equabilmente 
accelerato  ,  lo  fpazio  da  defcriverli  dal  corpo  per  acquiftare 
una  tale  velocità  è  la  metà  dell'  arco  percorfo  equabilmente 
nello  fledò  tempo  .  Ma  pel  Teorema  antecedente  queft'  arco 
è  medio  proporzionale  fra  il  diametro  e  il  detto  fpazio.  Dun- 
que quattro  volte  il  quadrato  di  elfo  fpazio  e  uguale  al  pro- 
dotto di  tale  fpazio  nel  diametro  ;  e  quindi  fi  ha  lo  ftelTo 
fpazio  uguale  alla  metà  del  femidiametro 

TEOREMA     III. 

7.  Le  forze  centrifughe  di  z'arj  corpi  mofji  circolarmente 
come  nel  §.  2  fono  come  i  quadrati  delle  loro  velocita  diretta- 
mente.,  e  come  i  femidiametri  inv erf amente . 


ii8  SOPRALAFORZA 

Dimostrazione. 

Nominando  colle  lettere  majufcole  le  quantità  dianzi  indi- 

cate  colle  minufcole,  fi  ha  non  meno/=:  — ,  che  F=  — 

r  R 

onde /:F::  —  :  --.  II  che  era  ecc. 
r    R 

8.  CoROLL.  I.  Se  i  raggi  fono  come  i  quadrati  delle  ve- 
locità, le  forze  cenrrifughe  fono  eguali,  e  viceverfa . 

9.  CoROLL.  II.  Se  le  velocità  fono  come  lepoteftà  ».'^""'de' 
raggi,  le  forze  centrifughe  fono  come  le  poteftà  zn—i!'""* 
de'  raggi  medeiimi ,  e  viceversa;  e  quindi  allorché  le  velocità 
fono  in  proporzione  de'  raggi  ;  anche  le  forze  centrifughe  flan- 
no  in  tal  proporzione,  e  viceverfa. 

TEOREMA     IV. 

10.  Le  forze  centrifughe  de'  corpi  ,  che  Jì  muovono  in  un 
cerchio ,  forio  come  i  raggi  direttamente ,  ed  inverjamente  come 
i  quadrati  de'  tempi  periodici  ,  cioè  de'  tempi  delle  intere  ri- 
voluzioni    ^  . 

Dimostrazione. 

Nominando  T ,  ?  i  tempi  periodici  ^  C  ^c  le  circonferenze  , 

C 
è  manifefto  per  la  legge   del  moto   equabile  ,   che  F=  --  , 

e  .    ^    .    V'    v'        O      e'        R'      r'       R     r 

f  =  —  ;  e  pero  r  :  /  :  :  —  :  —  :  : ;  —  :  : :  —  :  :  —  '.  —  : 

*         ^  ■^     R     r      T'R   t'r     T'R    t'r      T    t' 

Il  che  era  ecc. 

11.  CoROLL.  I.  Le  forze  centrifughe  fono  come  le  velocità      1 
direttamente ,  e  i  tempi  periodici  iriverfamente  ,  perchè  efTen- 

do  K:  ty  :  :  -  .  -  :  :  -  :  -  ,  ne  viene  F  :/::-:-  . 
I    t      T    t  T    t 

12.  CoROLL.  II.  Se  i  quadrati  de' tempi  periodici  fono  come 
i  raggi,  le  forze  centrifughe  fono  eguali  ,  e  viceverfa  :  cosi 

pure 


Centrifuga.  329 

pure  fé  le  velocità  fono  come  i  tempi  periodici,  le  forze  cen- 
trifughe fono  eguali,  e  uiceverfa . 

i^.  CoROLL.  III.  Se  i  tempi  periodici  fono  come  le  potefhì 
n.'f'""  de'  raggi,  le  forze  centrifughe  fono  inverfamente  come 

le  potelta  zn — i.         de   mededmi  raggi,  e  vicevcrja ,  e  le 

velocita  lono  uiverfamente  come  le  potelta  n —  i.         de'  rag- 
gi ,  e  viccTerja . 

14.  CoROLL.  IV.  Se  i  tempi  periodici  fono  in  ragione  M- 
quipliCcUa  de'  raggi  (  che  è  il  cafo  delle  rivoluzioni    de'  pia- 
l^neti  )  ,  le  forze  centrifughe,  e  però  ancora   le    centripete  fo- 
no in   ragione  iiiverfa  duplicata  de'  raggi,  e  viceverfa  ,  e  le 
velocità  in  ragione  inverfa  fudduplicata  de'  raggi ,  e  'viceverfa . 

TEOREMA    V. 

15.  Se  la  veloci tà  del  moto  circolare  è  dovuta  all'  altezza 
ugnale  alla  meta  del  [emidi ametro  ,  cioè  è  uguale  a  quella  che 
acquifla  un  corpo  libero  cadendo  per  l'  azione  della  gravita  ter- 
rejlre  dall'  altezza  d'  un  mezzo  femidiametro ,  allora  la  forza 
centrifuga  uguaglia  la  gravita  terrejìre ,  e  viceverfa . 

Di    MOSTRAZIONE. 

In    quefia    ipoteiì   diviene    0  =  -  r  ;    e    confeguentemente 

2 

zò      r 

/=  —  =  -  =  I  ,  che  è  appunto  la  gravità  terreflre  .  II  che 


era  ecc. 


Scolio. 


16.  Fino  a  qui  non  li  è  avuto  riguardo  alla  mafia  del 
corpo ,  e  perciò  lì  è  coiifiderata  la  fola  forza  centrifuga  acce- 
teratrice ,  la  quale  lì  cangia  in  motrice  con  moltiplicarla  per 
la  mafia  .  Dunque  moltiplicando  per  le  rifpettive  mafie  i  ter- 
mini delle  precedenti  ugualtà  ,  e  analogie  lì  verrà  ad  otte- 
nere i  valori  alfoluti  ,  e  relativi  delle  forze  centrifughe  mo- 
tnci .  Cosi  per  efemp.  nel  cafo  di  quefio  V.  Teorema  la  forza 

Tt 


33°  Sopra    la    forza 

centrifuga  motrice  uguaglia  il  pcfo  del  corpo  ,  perchè  porta 
la  fua  mafia  =  ?w,  ed  enendo/=  i  ,  nafce  w/=  iy(m,  che 
è  appunto  il  pefo  del  corpo  ;  ond'  è  ,  che  il  filo  farà  tefo 
e  ftirato  ne  più  ,  né  meno  che  fé  il  corpo  attaccatovi 
pendefle  verticalmente ,  ed  agilFe  contro  il  filo  con  tutto  il 
fuo  pefo. 

PROBLEMA    I. 

1 7.  Se  il  corpo  attaccato  al  fio  riceve  un  tal  colpo ,  che  il 
Juo  tempo  periodico  t  fa  noto  ,  e  ri  [ulti  nel  fio  una  tenfone 
uguale  a  quella  che  produce  il  pefo  del  corpo  immobile  e  -ver- 
ticalmente pendente  ;  fi  domanda  qual  fia  la  lunghez.z.a  del  fio, 
0  il  raggio  r  del  cerchio. 

Soluzione. 

Supporto   I  :  7r  il  rapporto  del  diametro  alla  circonferenza, 
farà  ^r-^:  la  circonferenza  del  cerchio  defcritto,  e  per  la  kg- 

gè  del  moto  uniforme  fi  ha  t-=.  —  ■=.—. — -.   Ora   {§.   15.) 

V       y  ih 

r=zih;  dunque  t=:i =  27ryr;  e  quindi  y  =  — ^.  Il  che 

era  ecc. 


18.     Si  noti  qui  bene  ,   che  ficcome  I'  efprertìone   —  dee 

rapprefentare  una  quantità  lineare ,  e  4?:*  è  un  numero  aftrat- 
to,  non  può  /'  efprimere  che  una  linea,  cui  diremo  /.  Per 
rJeterminare  poi  querta  li  rifletta,  che  nominando  9  il  tempo, 
ed  a  ì'  altezza ,  da  cui  cafca  un  grave  in  quel  tempo ,  nafce 
6'  =  za  nella  prefente  ipotefi  della  gravità  acceleratrice  =  i  . 
Laonde  fé  t  farà  dato  in  fecondi ,  ftarà  il  numero  de'  fecon- 
di in  Q'  al  numero    de'  fecondi    in  t'  come  la  Jinea    za  alla 

2t~a 
linea  /,  cioè  fi  avrà  /  =  -^— ;  e  perchè  fatto  0=i'  fi    tro- 


Centrifuga.  331 

va  d!=t5,   I  pi..,  lì  ha  quindi  /  =  ?'X3°?  ^  pi-->  ^  confe- 

guentemente  r=  — ^X3°?  ^/''•j  efTendo  t  dato  in  fecondi. 

19.  CoROLL.  Se  il  tempo, che  mette  una  palla  inerte  ma 
non  pefante  a  defcrivere  la  circonferenza  d' un  cerchio,  è  due 
volte  tanto  quanto  il  tempo  d'  un'  ofcillazione  minima  d'un 
pendolo,  la  di  cui  lunghezza  è  uguale  al  femidiametro  r  del 
predetto  cerchio,  e  porta  all'cOremità  una  picciola  mafia  pe- 
fante ;  la  forza  centrifuga  ajfoluta  o  motrice  della  palla  iner- 
te e  uguale  a!  pefo  d'  una  mada  grave  di  egual  quantità  di 
materia  con  detta  palla  .  Imperciocché  lì  fa  dalla  dottrina 
de'  pendoli  ,  che  il  tempo  d'  un'  ofcillazione  mìnima  fta  al 
tempo  della  caduta  libera  per  la  doppia  altezza  del  pendolo, 
cioè  pel  diametro  del  cerchio  defcritto  dalla  palla  inerte,  co- 
me fta  la  femicirconferenza  al  diametro  ,  ovvero  come  ttii; 
onde  efiendo  il  tempo  di  tal  caduta  =  V' 4*"=  -v/ì^jIt^  viene  che 
il  tempo  dell'  ofcillazione  farà  z=:r.\/r  .    Ma    il  tempo  peri- 

odico  della  palla  inerte  è  =-7 — y-,  dunque  dovendo  effer  que- 

yzo- 

fio  doppio  di  quello,  nafcerà  ~ — -  =  27r\/r,  e  quindi  r=2^, 

cioè  finalmente  /=—  =  i ,  che  è  quanto  dire  la  forza  cen- 
trifuga acceleratrice  uguale  alla  gravità  terreftre  ;  dal  che  de- 
riva la  forza  centrifuga  ajfoluta  o  motrice  uguale  al  pefo  del- 
la palla  confiderata  non  folo  come  inerte  ,  ma  anche  come 
grave . 

PROBLEMA     IL     {fig.  1) 

20.  Sia  una  curva  RA,  /a  quale  rotando/!  intorno  aW  af- 
fi verticale  AC  generi  una  sferoide  ,  di  cui  tutte  le  fezioni 
orizzontali  fono  tanti  cerchj  aventi  le  ordinate  HM  della  cur- 
va genitrice  per  raggi .  Si  collochi  in  qualunque  interno  luogo 
M  della  sferoide  cava  un  grave  ,  e  gli  fi  dia  un  colpo  ,  per 
cui  incominci  a  defcrivere  il  cerchio  corri fpond ente  del  raggio 
HM  .  Si  domaiida  quanta  ejfer  debba  la  velocità  imprejfa  dal 
colpo  ,  perchè  il  corpo  non  jia  cofìretto  dalla  gravita  a  calan 
al  baffo ,  ma  feguiti  a  moverfi  nel  cerchio  incominciato . 

Tt    ij 


331  sopralaforza 

Soluzione. 

Sia  1'  alcifla  AH=x  ,  ì'  ordinata  HM=:J  ,  e  V  altezza 
dovuta  alla  ricercata  velocitatila' .  Condotta  la  normale  CM 
alla  curva  ,  la  verticale  MN  ,  e  1'  orizzontale  MF  in  dire- 
zione del  raggio  HM ,  iì  ponga  mente,  che  la  gravità  fpin- 
ge  il  corpo  fecondo  MN  con  uno  sforzo  =  i  ,  e  la  forza 
centrifuga  rifultante  dal    moto  circolare  lo    follecita    fecondo 

MF  con  una  fpinta  =  — ;  e  però  fia  FM:MN:: —  :  i  .   Se 

•>'  ,      -^     .       . 

pertanto  il  corpo  ha  da  perfiftere  in  M ,  e  così  pure  in  cia- 
scun punto  della  circonferenza,  che  ha  HM  per  raggio,  fen- 
za  calare  ,  ne  afcenciere  ,  la  rifultante  MO  delle  due  forze- 
MF ,  MN  dovrà  efiere  perpendicolare  all'elemento  della  cur- 
va in  M  ,  ficchè  refti  interamente  elifa .  Laonde  MO  è  un 
prolungamento  della  normale  CM ,  e  i  triangoli  limili  OMF , 

MHC  danno  1'  analogia  MN:  MF  :  :  CH:  HM  ,  cioè   i  :-  :  r 

7 

— —  :/;  onci  e  *=!  — -  ,  cioè  uguale  alla  meta  della  lottan- 
ax  zdy 

gente  della  curva  genitrice  .  Data  dunque  la  curva  ,    la   fua 

equazione    differenziale    farà    conofcere  1'  altezza  dovuta  alla 

velocità  ricercata .  Il  che  era  ecc. 

2  1.     CoROLL.    I.  Se  la  sferoide  è  un  cono  colla  punta  in 

bafTo ,  cioè  fé  la  linea  genitrice  AM  è  retta ,  iìcchè  j'  =  '/iXy 

fi  ottiene  hz=^-  x , 

z 

22.  CoROLL.  ir.  Se  è  una  paraboloide,  ne  viene  ^  =  a;. 
doppia  della  precedente  ' 

PROBLEMA     III. 

--^ 

23.  Neil'  ipotejt  precedente  che  il  grave  feguiti'  a  muover- 
ai dopo  l'  urto  nel  cerchio  incominciato ,  fi  domanda  /'  eqnaz.io~ 

ne  della  curva  genitrice  quando  la  velocita  imprejfa  al  corpo. 
fta  una  funx.ione  delle  coordinate  . 


Centrifuga.  333 

Soluzione. 

EfTendo  in  tal  fuppofto  h  una  funzione  di  a*,/,  ed  infie- 

ydx 
me  =  -  ,    ,  co'  metodi  conofciuti  del  calcolo  Integrale  fi  ri- 
zdy 

trova  un'  equazione  fra  /  ed  at.  Il  che  ecc. 

24.  CoROLL.  I.  Supporta  la  velocità  proporzionale  all'  or- 

dinata,  e  però  ^  =  -,  nafce  adx:=.zydy  ,  ed  integrando  in 
a 

ipotefi  che  fvanifcano  infieme  y  ed  x  ,    fi  ottiene  y'^=ax  , 

cioè  la  parabola  conica . 

y"  _ 

25.  CoROLL.    II.    Supporto  /j=z  ^_,  ,   proviene  ly"     'dy 

2 

=:a"~'dx  3  ed  integrando  -  y'^^a"-  'x  in  ipotefi  ,    che  fi 

annullino  infieme/  ed  x,  ed  n  fia  un  numero   pofitivo. 

x'  zdy 

26.  CoROLL.  III.  Se  fi  fuppone  /j  = ,  ne  rifulta  — 

a"  -  'dx 
=  ;; —  ,  e  coir  integrazione  proviene 

2  log./= 4-cort. 

PROBLEMA     IV. 

27.  Determinare  la  sferoide  ,  nella  quale  collocato  un  gra- 
ve in  qualunque  punto  M  della  fua  cavità ,  e  colpito  colla  con- 
veniente velocita^  che  lo  obblighi  a  defcrivere  il  cerchio  oriz.- 
ZMntale  fenza  difcendere ,  compia  il  fuo  giro  fempre  nello  jleffo 
tempo . 

Soluzione. 

Eflendo  /j  r  altezza  dovuta  alla  velocità  ,  colla  quale  il 
grave  percorre  la  circonferenza  del  raggio  HM  ,  oflìa  /  fen- 
za ertere  cortretto  a  difcendere  per  la  fua  gravità  ,  e  Z7:y  la 

Tt     iij 


334  Sopra    la   Forza 

circonferenza  ,   proviene    il  tempo   periodico    collante 

f=  Tj—.  ;  e  in  confeguenza  y- ■= — -^h  .    Il  perchè  la  curva 

genitrice  della  sferoide  è  la  parabola  conica  colle  ordinate/, 

le  afcifle  h,  e  il  parametro  —  ,  e  perciò  la  sferoide   cercata 

27r 
è  una  paraboloide.  Il  che  ecc. 

28.     C0R.0LL.    Col  difcorfo  del  §.   18.  fi  trova  il  parame- 

t' 

tro  di  quefta  parabola  =-^X3o>  ^  P^-i  prendendo  il  tem- 
po t  efprenb  in  fecondi. 


-      ^  '-      PROBLEMA    V.     {fig.  II.  ) 

29.  Un  filo  AC  fr-mato  in  A  fojìiene  neW  altro  eJlremoC 
un  grave  (  la  di  cui  majfia  dgs  conapirjì  concentrata  in  un 
punto);  guidata  la  retta  verticale  AB,  e  portato  il  filo  nella. 
Jìtuaxione  obliqua  AC  ^  fi  da  al  grave  una  percojfa  in  dire- 
z.ione  perpendicolare  al  piano  BAC ,  ficchi  il  grave  incomincia: 
a  defcrivere  un  cerchio  normale  ad  AB ,  ed  il  filo  AC  un  co- 
no retto  coir  ajfe  AB.  Si  cerca  quanta  debba  ejfere  la  veloci- 
ta comunicata  al  corpo  ,  affinchè  continui  a  defcrivere  quefio 
cerchio ,  ed  il  filo  a  fcorrere  /'  intiero  cono 

Soluzione. 

Poiché  CB  normale  a  BA  è  raggio    del  cerchio    percorfo , 
fé  fi  nomina  h   I'  altezza  dovuta    alla  ricercata  velocità  ,    la 

torza  centrifuga  del  corpo  in  direzione  di  CE  farà  =  —  ,  po- 

r 

fto  r  =  BC  ,  e  la  gravità  terreftre  ,  che  lo  follecita  fecondo 
la  verticale  Ci,  è  =  i  .  Prefe  pertanto  le  linee  CE,  CI  pro- 
porzionali a  quefte  forze ,  la  loro  azione  non  dee  punto  cam- 
biare l'angolo  BAC ^^'t  il  filo  ha  da  defcrivere  un  cono.  Per- 
lochè  la  rifultante  CF  di  elle  forze  dee  trovarfi  nella  flelfa 
direzione  del  filo  per  poter  efierne  interamente  difirutta  .  Ma 
la  fimilitudine  de'  triangoli  ABC  ,   CFE   dà  X  analogia 


Centrifuga.  335 

zb 

CE:EF::CB:BA,cìoc  fatta  AB  =  a,  nMtn— :  1  •.:r: a;  dal 

>■' 

che  Ci  raccoglie  /j=.  — .  Il  che  ecc. 

30.  CoROLL.    I.    Il  tempo  periodico  impiegato  dal    grave 

a  defcrivere  il  cerchio ,  e  del  filo  a  trafcorrere  il  cono  è 

2  Tir  i'^ 

=  -—,■,  ed  efTendofi  trovato  /}= — ,  appare  un  tal   tempo 
y  2/j  za 

=  in]/ a  ;    il  che  moftra  ,    che  i  coni  di  egual   altezza  fono 

tutti  defcritti  nel  medeiìmo  tempo  ;  e  che  ad  altezze  difuguali 

i  quadrati  de'  tempi  periodici  fono  come  quefte  altezze  . 

31.  CoROLL.    II.    Se  la  forza  centrifuga  di  quefto    inovi- 

mento  e  uguale  alla  gravità  ,    il  filo  fa  un  angolo  femiretto 

zb     ' 
colla  verticale ,  e  vicevcrfa  :  imperciocché  fuppofto  —  =  i  , 

zb 
nafce  r  =  É7,  e  fuppoflo  r  =  «,  nafce    —  =:i- 

32.  CoROLL.  III.  Chiamato  (p  l'angolo  CAB,  ed  /  la  lun- 
ghezza AC  del  filo,  fi  ritrova  a=lcoL(p,e  perciò  t^zzir^a 
=  27ry^/ cof. (j) ,  cioè  ne'  coni, che  hanno  lo  ftefTo  angolo  alla 
punta ,  i  quadrati  de'  tempi  periodici  fono  come  le  lunghez- 
ze de'  fili ,  e  generalmente  come  le  lunghezze  de'  fili  e  i  co- 
feni  degli  angoli  in  punta,  ovvero  come  le  lunghezze  de' fi- 
li,  e  i  feni  delle  loro  obliquità  all'orizzonte. 

33.  CoROLL.  IV.  Quefto  tempo  periodico  pel  cono  fla  al 
tempo  della  libera  caduta  d'  un  grave  dalla  doppia  altezza 
del  cono  come  la  circonferenza  del  cerchio  al  diametro  ;  per- 
chè il  tempo  di  tal  caduta  per  la  dottrina  del  moto  equa- 
bilmente accelerato  Ci  fa  efiere  =y4<7  =  2^/rt,  e  il  tempo 
periodico  fi  è  trovato  z=27r\/a. 

34.  CoROLL.  V.  Se  il  cono  è  acutiffimo  per  modo  che 
fia  a  un  diprefib  a=:zl  ,  e  (p  =  o  ,  il  tempo  ,  in  cui  viene 
defcritto  ,  diventando  27ry/ ,  uguaglia  il  tempo,  in  cui  refi^a 
defcritto  un  cerchio,  il  di  cui  raggio  fia  la  lunghezza  del  fi- 
lo, e  dove  la  forza  centrifuga  (  §.  17.  )  fia  uguale  alla  gra- 
vità. 

35.  CoROLL.  VI.  Se  il  tempo  periodico  del  filo  per  un  cono 


336  Sopra   LA    forza 

uguaglia  il  tempo  d..'Iia  libera  caduta  d'  un  grave  da  un'  al- 
tezza uguale  alla  lunghezza  del  filo  ,  il  feno  dell'  obliquità 
del  filo  all'orizzonte  ita  al  leno  tutto  come  il  quadrato  infcrit- 
to  in  un  cerchio  fta  al  quadrato  della  circonferenza ,  e  vice- 
Z'fr/^/ .  Imperciocché  quel  tempo  periodico  =  27ri/ /cof.(|),  e  quello 
delia  caduta   =:iy  ^l  ;  onde  dovendo  edere  y/2/r=  27r]//cof.  $, 

cioè   I  =  27r' cof.  $  5  nafce    la    proporzione    cof.  cf)  :  i::-  :7r'  , 

2 

offia  la  propofla. 

PROBLEMA    VI.     { fig.  L  ) 

36.  Muovafi  un  corpo  non  libero  nella  linea  RMA  da  R 
verfo  A  ,  e  venga  continuamente  follecitato  da  una  forza  in 
direzione  parallela  all'  ajfe  CA .  Si  domanda  la  prejìone ,  cAs 
il  corpo  efercita  in  ciafcun  luogo  M  della  curva 

Soluzione. 

Si  fupponga ,  che  il  corpo  abbia  defcritto  1'  arco  KM,  e 
fi  chiami  p  la  forza  ,  che  Io  follecita  fecondo  MP  parallela 
all'  afle  .  Rifoluta  quefla  nella  forx.a  tangenziale  fecondo  la 
tangente  M^  ,  e  nella  forza  normale  fecondo  la  perpendico- 

MP' 

MO 
normale  =^  :rj^p  ;  e  fé  fi  fa  AH=^x ,HìA=^y  ,AM=zs  ,  è 

,    .,    .,  ,  ,    M§i      ~dx      dx     ^  MO       -dy 

facile  il  conofcere,  che  ,,^  =  — 7-  =— ;  ed  ^7777  =  — 7 

MP       —ds        ds  MP        —ds 

dy  pdx 

=  — :  laonde  la  forza  tangenziale  =    -—  ,  e    la    forza    nor- 
ds  ds 

male  =  -—  .  La  prima  di  quefte  non  ha  alcuna  parte  nel  pre-. 
ds 

mere  il  corpo  contro  la  curva,  la  feconda  all'  oppofio  è  tut- 
ta impiegata  in  produrre  queflo  effetto  .  Vi  ha  inoltre  una 
forza  rifultante  dal  moto  curvilineo  ,  !a  quale  è  parimente 
tutta  rivolta  a  premere  il  corpo  perpendicolarmente  contro 
la  curva  ;  perchè  elFendo  1'  archetto  Mm  della  curva  Io  lìdio 

che 


lare  MO  alla  curva,  nafce  la  forza  tangenziale  =: -;p^/', e  la 


Centrifuga.  337 

che  quello  del  fuo  circolo  ofculatore  in  M  ,  farà  anche  una 
tal  fona  del  corpo  nel  punto  M  della  curva  la  ftefTa  che  la 
centrifuga  nel  circolo  ofculatore  percorfo  colla  velocità  in  M 
acquilhita  ,  e  però  agirà  in  dire-/.ione  di  MO  ,  o  del  raggio 
ofculatore  perpendicolare  ad  Mm .  Il  perchè  chiamata  è  V  al- 
tezza dovuta  alla  velocità  in  M  ,  r  il  raggio  ofculatore  ,  (1 

ottiene  quefta  forza  ,  ovvero  la    preflìone  contro  Mmz=—   . 

Dunque  la  preflione  totale  del  corpo  contro  un  luogo    inde- 

pdy        th       pdy 

terminato  M  della  curva  c  = ] =^ 

ds         r  ds 

ih 

-j —  per  effere,  come  fi  fa,  il  raggio  r  dell' evo- 

ds':dx'd(^-') 

ds' 
luta=: —  .  Se  dunque  la  forza  follecitante  p  ,  e  1' al- 

dx^d('^-) 

^dx' 

tezza  h  dovuta  alla  velocità  in  M  fono  quantità  note,  o  an- 
che date  per  le  coordinate  x  ,  /  ,  l'  equazione  della  curva 
fomminiftrerà  il  vero  valore  della  prefilone ,  che  fi  cerca ,  Il 
che  ecc. 

37.     CoROLL.  I.  Per  ritrovare  la  velocità  del  corpo  in  qua- 
lunque punto  M  della  curva  bafta  moltiplicare  la  forza   tan- 

pdx  ^ 

genziale     ,-per  l'  archetto  —  «/j-  ,  ed  ottienfi  ,  come  e  noto  , 

dhz=.  —  pdx  ^  hz=z  —  I  pdx -]- coH. ,  e  fuppofto  ,  che  il  corpo 
parta  da  R  colla  velocità  dovuta  ad  un'  altezza  nota  a  ,  e 
prefo  r  integrale  1  pdx  per  modo  che  fvanifca  allorché  x  = 

AB  =  h ,  proviene  ^  =  <z  —  /  pdx . 

3S.  CoROLL.  II.  Sì  ritrova  il  tempo  t  impiegato  a  fcorre- 

re  r  arco  indefinito  RM  colla  nota  formola  dt^=.—, — -, 

y  ih 

Vv 


338  SOPRALAFORZA 

-ds 


^,  la  quale  dà  .=./^-^^-^^, 


\/2(a  —  fpdx  ) 
prendendo   queft'   integrale   in    modo  clìe  fi  annulli   allorché 
sz=r.AMR,  ovvero  x  =  a. 

39.  CoROLL.  III.  Se  un  corpo  viene  lanciato  da  B  in  di- 
rezione di  BA  con  una  velocità  dovuta  alla  predetta  altezza 
a  ,  ed  agifce  in  elTo  la  fteffa  forza  follecitante  p  comunque 
variabile  in  direzione  parimente  di  BA ,  e  fi  chiama  i'  1'  al- 
tezza dovuta  alla   velocità  in  H,  nafce  anche  in   quello  cafo 

d/j'  =  — pdx ,  ed  //=^a — jpdx-=^h.  In  confcguenza  acqui- 
la egli  la  ftefia  velocità  cosi  difcendendo  per  1'  altezza  ret- 
tilinea BH  ,  come  per  la  via  comunque  curvilinea  BM  ;  e 
lo  fteflo  accade  quand'  anche  il  corpo  incominci  a  moverfi 
dalla  quiete,  cioè  lenza  velocità  impreflà. 

40.  CoROLL.  IV.  Se  il  cprpo  con  una  data  velocità  do- 
vuta all'  altezza  a  incomincia  a  moverfi  da  A  verfo  M  ful- 
la  linea  obbligata  AM  ,  ed  intanto  agifce  in  effb  continua- 
mente la  forza  p  in  direzione  parallela  all'  alTe  dal  baifo  all' 
alto,  ficcome  in  quello  cafo  la  forza  tangenziale  tende  a  fmi- 
nuire  la  velocità  del    corpo  ,  fi    ritrova  j)dx  =  —  d/j  ,  ed  ò 

■=.a — I pdx ^  prendendo  però  l'integrale    1  pdx  in   modo 

che  fi  annulli  con  x.  Perchè  poi  trovafi  quella  fiefia  formo- 
la  anche  pel  corpo  lanciato  da  ^  lungo  1'  alfe  AC  colla  fief- 
fa  velocità,  ed  animato  dalla  fl:efla  forza  p  in  direzione  op- 
pofia  al  fuo  moto;  quindi  ne  viene,  che  o  il  corpo  afcenda 
per  la  via  rettilinea  AM  ,  o  per  la  curvilinea  di  qualunque 
forma  AM ,  ad  eguali  elevazioni  in  H  ,  ed  M  fi  trova  aver 

perdute  uguali  velocità  ;  coficchè  nell'  integrale    /  pdx   fé    fi 

prende  x  di  tal  grandezza  AB ,  che  il  detto  integrale  diventi 
=  a  ,  fi  ellingue  tutta  la  velocità  del  corpo  fia  che  s'  inal- 
zi direttamente  per  AB.  fia  che  afcenda  ad  uguale  elevazio- 
ne per  r  arco  comunque  formato  AR.  Giunto  poi  in  B  op- 
pure in  R  difcende  dalla  quiete  per  BA  ,  ovvero  per  RMA 
per  1'  azione  continua  della  forza  p  follecitante  dall'  alto  al 
bado,  ed  acquilta  in  A  nell'  un  cafo  e  nell'  altro  la  medefi- 
ma  velocità. 


Centrifuga.  339 

PROBLEMA    VII.  {Jìg.  III.  ) 

41.  Dall'  ejìremìtà  G  d'  un  filo  fermato  in  Q  pende  un  gra- 
lìe ,  e  follcvandofi  il  filo  difiefo  nella  fitnaz.ione  oriz.z.ontale  CA 
Jt  abbandona  a  Je  fieJJ'o  ficche  il  corpo  incominci  a  descrivere 
V  arco  AE  del  cerchio  verticale  AGBF .  Si  fa  la  ricerca  quan- 
to fia  premuto  dal  grave  qualunque  punto  E  della  circonfcrenz.a 
del  cerchio  ,  ovvero  quanto  fia  tefo  il  filo  in  qualunque  fitua- 
"niont . 

Soluzione. 

Nominate    al  folito  ;v  ,  /  lo  coordinate   G^  ,    ^E  ,  ed  r 

il  femidiametro ,  lì  ha  pel  cerchio  1'  equazione /'=:  irx  —  X'^ 

(2rx  —  x-)dy       , 

jdj'  =  (r  —  X) dx ,  ydy  =  (r  —  xydx\   -— — — :==  dx"- , 

(  r      X  ) 

T^dy^  rdy 

ds' =  dy^  -^  dx^  = — ,  dsz: .   Ora,    quando  il 

(r  —  xy  r  —  X 

grave  è  difcefo  per  AE ,  ha  acquidato  in  E  una  velocità  do- 
vuta air  altezza  C^=zr  —  x(§.  39.).  Dunque  fatte   quelle 

pdy       2^  „ 

foftituzioni  nella  formola  della  nreflione  — — ,   e    polto 

^  ds         r 

p=.i  ^  perchè  la  forza  follccitante  in  queft'  ipotefi  è  la  gra- 

_      r  —  x       zr  —  zx 
vita,  fi  ottiene  la  cercata  preffione  in  E=  —       H 

= ^—  -,  cioè  uguale  a  tre  volte  I'  altezza  C§i  dell'  ar- 

r 

co  defcritto.  Il  che  era  ecc. 

4:.  CoROLL..  I.  Nel  punto  infimo  G -,  dove  x=:o,  la  pref- 
fione  uguaglia  tre  volte  la  gravità  ;  e  moltiplicando  per  la 
malfa  del  corpo  ,  rifulta  la  preflìone  motrice  (  che  è  la  pref- 
fione  propriamente  detta  )  ,  e  quindi  la  tenfione  del  filo  tre 
volte  maggiore  del  pefo  del  corpo . 

43.  CoROLL.  II.  RimofTo  il  filo  dalla  direzione  vertica- 
le, e  portato  nella  fituazione  obliqua  C7  ,  e  qui  abbandona- 
to ,   la   preflìone   in    qualunque    punto   £   proviene  ' 

Vv     ij 


34°  Sopra    la    forza 

r  —  x      2a~zx      r^ia—sx 
= =  • -,  chiamando  a  1  altezza 

r  r  V 

GN  del  corpo  fopra  il  punto  infimo,  ed  avuto  riguardo  alla 
velocità  acquiflata  dal  corpo  in  E,  la  quale  è  dovuta  all'  al- 
tezza N:^=.?-;!C  della  difcela(^.  39.).La  preffione  poi  nel  pun- 

■    r        ^       r  r4-2a 

to  infimo  G  nalce  = . 

r 

44.  CoROLL.  III.  Se  1'  arco  Gì  è  di  60° ,  la  preffione  in 
G  ,  ovvero  la  tendone  del  filo  fa  due  volte  il  pefo  del  cor- 
po,  giacché  in  quello  cafo  a  =  -r,  onde -^3lj:_  ::^  2 


PROBLEMA    VIIL 

45.  Se  un  grave  pendente  da  un  filo  fermato  in  C  viene 
obbligato  a  percorrere  il  cerchio  verticale  AGBF  ;  Jt  domanda 
quanto  fia  tefo  il  filo  da  quefio  corpo  allorché  pajja  pel  punta 
infimo  G . 

Soluzione. 

Se  il  corpo  trovandoli  in  A,  quando  il  filo  è  tenuto  nel- 
la fituazione  orizzontale  CA^  cafca  dalla  quiers  e  dercri\'eil 
quadrante  AG,  acquila  in  G  la  velocità  dovuta  all'  altezza 
del  femidiametro  CG  {  <^.  39.  )  ,  velocità  che  interamente  lì 
eftingue  con  portarfi  che  fa  il  corpo  ad  uguale  altezza  in  B 
per  r  airro  quadrante  GB  .  E'  dunque  meflieri  al  corpo  in 
quiete  nel  punto  A  dare  un  tal  urto  in  direzione  della  tan- 
gente ,  che  Io  obblighi  a  falire  da  G  fino  ai  punto  iupremo 
F,  e  a  tender  quivi  il  filo  con  una  forza  per  Io  meno  egua- 
le al  fuo  pefo:  dico  per  lo  meno,  poiché  una  forza  maggiore 
del  pefo  del  corpo  non  produrrebbe  qui  alcun  inconveniente 
fé  non  forfè  quello  di  allungare  il  filo  ,  al  che  rimedia  I'  i- 
potefi  del  filo  inefìenfìbile  ,  ma  una  forza  minore  del  pefo  non 
impedirebbe  il  corpo  di  cafcare  per  FC  fenza  poter  continua- 
re a  percorrere  tutto  il  cerchio.  Laonde  chiamata  h  X  altez- 
za dovuta  alla  velocità  del  corpo  nel  pili  alto  punto  F,  debb' 


Centrifuga.  341 

ih 

effere  la  tcnfione  del  filo,  o  la  forza  centrifuga  —  perlomc- 

r 

no  =  I ,  e  quindi  h--r.  Ma  il  corpo  nel  falire   per  la  lèmi- 

circonferenza  GBF  perde  (  §.  40,  )  tanta  velocità  quanta  è 
quella  che  è  dovuta  all'  altezza  GF  =  zr  :  dunque  ritenendo 

in  F  ancora  la  v^elocità  dovuta  per  lo  meno  all'  altezza -r, 

2 

dee  avere  in  G  la  velocità  per  lo  meno  dovuta  all'  al- 
tezza -r.  Confeguentemente  la  forza  centrifuga  del  corpo  in 

2 

G  farà  per  lo  meno  =  —  =  5,  cioè  cinque  volte  la  gravità, 

r 

o  a  meglio  dire  denominata  m  la  maffa  del  corpo,  la   forza 

centrifuga  riufcirà= =5/»,  vale  a  dire  a  cinque  volte 

r 

il  fuo  pefo  .  E  ficcome  nel  punto  infimo  G  il  filo  vien  tefo 
non  folo  dalla  forza  centrifuga  ,  ma  ancora  da  tutto  il  pefo 
del  corpo  pendente,  proviene  perciò  la  tenfione  in  G  almeno 
fei  volte  maggiore  del  pefo  del  corpo .  Il  che  ecc. 

46.  CoROLL.  I.  Per  trovare  (  in  queft'  ipotell  che  la  ten- 
fione del  filo  in  G  fia  fei  volte  il  pefo  del  corpo)  la  tenfio- 
ne di  elfo  in  qualunque  punto  E  de'  due  quadranti  inferiori 

pdy       rh 

AEG,  GSB,  fi  ricorre  alla  formola f- — ,  e  fi    oflerva  , 

ds         r 

che    in   quello  cafo  la  velocità  imprefia  al  corpo  in  A  colla 

percofTa  è  dovuta  all'  altezza  -r,  e  confeguentemente   in  E 

2 

è  dovuta  all'  altezza  -r  -{-C^=:  -r  —  x  ;    dal    che  fi   rac- 

2  2 

coghe  /j=-r  —  x  ;  e  2Ìà  fi  è  trovato   —  = .   Perlo- 

2  "  ds  r 

pdy       zh      r  —  X       $r — ix 

che  la  tenfione  del  filo  in  E    -— -\ = 

ds         r  r  r 

6r  —  3x  ... 

= .  V  v  :i^ 


54-  Sopra    la    forza 

47  CoROLL.  II.  Per  determinare  poi  la  tenfione  del  filo 
in  qualfivoglia  punto  de'  due  quadranti  fuperiori  AVF ,  FHB 
convien  fare  attenzione  ,  che  in  quefto  calo  la  gravità  in  ve- 
ce di  cofpirare  colla  forza  centrifuga  ad  accrefcere  la  tenfio- 
ne ,  vi  fi  oppone  anzi  e  ne  fminuifce  1'  azione  ;  onde  per  que- 

•    Ita  parte  il  termine  -—   dovrebbe  fottrarfi  dall'  altro  —  :  ma 

ds  r 

dy 

ficcome  in  quefto  fteffo  cafo  la  frazione  -—  è  neceflariamente 

ds 

negativa,  perchè  quando  il  corpo  afcende  per  1'  uno  o  1'  al- 
tro de' due  quadranti  crefce  la  ^  e  fcema  la  /  ,  e  quando  di- 
fcende  crefce  la/  e  fcema  la  s\  quindi  nafce   che  il  termine 

t^y    . 

-j  rimane  additivo,  come  lo  era  nel  primo  cafo.  Sicché  an- 
che pe'  due  quadranti  fuperiori  rifulta  la  tenfione  del  filo 
6r  —  3-v     .  ^ 

intendendo  per  x  un'  afcifl'a  maggiore  del  femi- 


5 


diametro ,  come  è  Gh  per  riguardo  al  punto   H  ,  q  GO  per 
rifpetto  al  punto  V. 

PROBLEMA    IX. 

4S,  Tenuto  il  filo  nella  Jìtuazione  orizzontale  CA  fi  cerca 
nel  raggio  verticale  CG  un  tal  punto  (^,  che  piantandovi  un 
chiodo  e  lajciando  cadere  il  corpo  liberamente  quefio  deferiva 
intorno  a  Q^  un  intero  cerchio  colla  parte  GQ_=  QN  dil  filo , 
attortigliandoji  (fenza  però  accorciar  fi)  intorno  a  Q_. 

Soluzione. 

Giunto  il  corpo  in  G  acquifia  la  velocità  dovuta  all'altez- 
za r,  alzandofi  poi  fino  in  N  perde  tanta  velocità  quanta  è 
dovuta  air  altezza  G^7,  cioè  ix,  facendo  6^  =  .v  .  Dunque 
ritiene  in  N  una  velocità  dovuta  all'  altezza  r — 2.v,  ed  ha 

quivi  una  forza  centrifuga  = '-  .  Ora  quefla  forza  dee 

X 

.per  lo  meno  efiere  uguale  alla  gravità  ,  fé  il  corpo  ha  da  fof- 


Centrifuga.  243 

tcncrfi  in    N  ,    e    profeguire    il    fuo    moto    circolare   .    Per- 

2}- -SX  ,•  .  -  TI       1  • 

ciò  fi  ricava    ^=15  e  ài  qui  x=-r.  II  che  ecc. 

X  5 

PROBLEMA    X.     (f^.  1.) 

49.  Determinare  la  curva  RA  funata  in  un  piano  verti- 
cale^ la  quale  da  un  grave-,  che  discende  per  ejfa  e  che  ha  ri- 
cevuta una  velocita  primitivamente  imprejj'a  -,  fia  premuta  ugual- 
mente in  tutti  i  fuoi  punti . 

Soluzione. 

f 

Porta  »  la    maffa   del  corpo    fi   è  dianzi    trovato  ,    che  la 

ndj/ 
preffione  contro  qualunque  punto  indefinito  M  è  ="7" 

2nhdx^d(£) 

4 ; '—  •  e  ficcome  fi  fuppone  cofiante  ,e  però  equi- 
m     djf 

valente  al   pefo  d'  una  data  mafia  w  ,   fi   ha  quindi  -  =  — 

n      as 

-I ; .  Ora  efiendo  a  V  altezza  dovuta  alla  veloci- 
tà impreca  al  corpo  in  R,  e  BH  ,  cioè  BA  —  AH,  offia 
b  —  X  r  altezza  dovuta  alla  velocità    acquiilata  nella    difcefa 

per  RM,  proviene  h:=:a-^b  —  x,  e  confeguentemente 

.,        z(a  +  h-x)dx'd(  f  ) 
7n        dy  ^  dx  ' 

—  =  --  -I '- —  .  Per  facilitare  l' inte^ra- 

n         ds^  ds' 

zione  di  quefia  equazione ,  fupporremo  cofiante  la  ^i-,che  dà 

dds  ^=^  d\/ dx^ -\- dy- z=  o  ,  cioè  ddx= — 4 —  •  ^  poiché 

dx 


344  Sopra    la    forza 

Gdy  V              .dxddy  —  djddx  ^ 
-  )==  ax^  f  — j  =  dxddjf  —  djfddx ,  fatta  la 
X                                             £IX 

dy  \ 
foftituzione  del  valore  di  ddx ,  apparifce  dx^d  (  j-  } 

(dx'+dr)dd/      ds^ddy         ,     ,        a  ■        a- 

=  ; =  — ; —  ;  onde  la  noltra  equazione  diven- 

dx  dx 

m      dy      ■2.{a-vh  —  x)ddy      .  .    '^  .  ,  ,   ,     , 

ta  —  =  —  -j ;— ; ,  Cioè    —  dsdx  ■=.  dydx  4- 

n       ds  dsdx  n 

I 

z{a  +  b ■— x) ddy .  Divido  quefta  equazione  per  i(a  +  b~xy, 

ìli    1  —  —  I  ~  - 

ed  ottengo  ~.-(a-i-b  —  x)      *  dsdx=^- (a-\-b  —  x)     *  dydx 

»       2  2 

I 

'^{a-\-b  —  xy  ddy  ,   il  di  cui  integrale  fi  trova  fubito  ef- 

m  -  - 

fere  —  (tìf-j-^  —  x)' ds  =  (a'-\-b — 'Xydy-f-Cds.    La   co- 
n 

flante  C  fi  determina    con  fupporre  ,    che    1'  angolo    formato 

dalla  tangente  della  curva  colla  verticale  nel  punto  R    della 

dy 
partenza  del  corpo  fia  noto  ,  ed  ■=z(^\  allora  effendo  — 

d$ 

w  4      ^ 

-{a-^b-xY  —  Q 

n  dy 

= ,  e  —  rapprefentando  il  feno  d' un  tal 

ds 
{a-\-b  —  xy 

angolo  per  un  punto  indefinito  della  curva,  rifulta  pel  pun- 

m        C 

to  dato  R ,  dove  x=zb,  fen.  (p= r-  ,   e  confeguente- 

n       ya 

m  V 

mente    C'=^\. fen.  <f)JV/d;  .    Riguardo    ora  C  come  una 

quantità  determinata,  e  dall'  equazione  integrata  ricavo 

fl 

(a  +  b-xy  dy 

ds  =   '  — ,  cioè 

m  - 

-(a  +  b-xy~C 
n 

ds'  = 


Centrifuga.  345 

ds'  =  dx'-X-d/'=:  ; -;  e  quindi 

(~(a  +  b-x)*-Cy 


(-  (a  +  b-xy  -CYdx' 
fi 

Jy  z=: ; ,  e  per  ultimo 


a  +  b  —  x  —  ( -  (a  +  b  —  xy  —Cy 


m 

n 
m 

n 


(^~(a+b-xy  -C)dx 
dy:=.  — -  — ~.  Per  integrare  queft' 

\ a^b-x-l-{a-^b~xy  -Cy 
n 

equazione  prendo  u^={a'\-b  —  ;v)*,    u^-=(t-\-b  —  x, 

—  ^(  -  u  —  C^  udu 

—  iiiduz=.dx,  ed  ottengo  ^  = 


m-  im 


e  polto  I  — —  =  i<;S  ne  traggo  4^  = 


x/(u^ u^j^  —  Cu-O) 

2  (  C u^  udii 


n 


y/{pie-\-—Cu-0') 
Piglio    inoltre    y  (  K=z<'+ —  O;  — C  )  =  K«-|-2: ,  e  però 
Cu — C^=:  iKxK-f-z-N  ovvero  ?/=  — 


n  '  2m 

—  C— 2K2: 
n 


r.m 
n 


z-:Ld-z.('—  C-  2K2:  )  +  iKiz  (  C-  +  2.^  ) 
duz^. , — 


X  X 


34<5     -~-  Sopii  A   L  A   Fo  R.Z  A 

:■ ,  Ku-f-Z.  = l-Z 

2(-C  — K2:V  —C-iKz 


■■=\J{K^u^^-"^Cu-0)., 


zm  ^ 

—  C—iKz. 

«  ■■.,    V     ■  •.    ■    .  l 

du  àz. 

.  Reira  a  trovare 


:w  -       m 


,  ~l"  X  III 

^  ^  n  ^      n  ' 

2(^C  —  r~'0'^   *^^^^   P"''^  per  z  ,    e  già  fi    vede  effere 

-      m  n  n  n  n 

L U==:L —  :==: ,  e   quindi 

n  w  .  'm  .  ^ 

2(~C-Kz.)  2(~C  —  K:c) 

2(C u)uz=. — ,   e   final- 

2(-C  — Kz)^ 


2  (  C ;/  )  «^« 

mente    


im 


V(K'//'  +  — c«  — e) 
2(-C  — ivzV 


Centrifuga.  347 

Si   faccia 


^  n  n       ^ 


m 

-C  —  t 

—  C  —  K2:  =  r,  2,= ,  dz.  =  —      .   Laonde  la  prccc- 

n  K  K 

dente  efpreflione  (ì  trasforma  in 

/m  2m'0      em'Ot      6mCt'-      zCt' 

'    K'»  ^  «•*  «'  »'-  «  ^  /  2ivf  ' 

la  quale    è  integrabile    parte    algebraicamente  ,    parte  per  la 

quadratura  dell'  iperbola.  Dunque  ecc.  Il  che  ecc. 

50.     CoROLL.  I.  Se  fi   vuole,  che  la  preffione   coftante  fia^ 

uguale  al  pefo  iftelfo  del  corpo,  cioè  n  =  m    ii  ha. 

(  1  Cu  —  zu'^)  du     ^  /     ^        ^,  X  •  V 

dy  z=  -—   ,  Perciò  porto  y  (iCu-O  )=p  ,   cioè 

''=p\  Cdi 

I  ^,    {p'  +  c-y- _o-p'    (20i-2u^)du__(a-p^ 

'^\o      ~    zO    '     \/{iOi-C-)~~      ^o 
I  p^ 

Laonde  l'integrale  fdrh/=z-Cp -j-coft. 

^  IO  C 

Xx    ij 


P'  +  c 

zCu  —  O  —p' ,  Cdu  =pdp  ,  u=  ,  zCu  —  in'  =p 

zC 


54^                      Sopra   la   porza 
= — * 4-  cofl.  =  r  iCN-  rQ{a  -;-  b  -  x) 

—  ^a—^h■\-^x')\J(^zQ{a■\-h  —  xy~0')^co<^.   Sicché 
annullandoli  inlìeme  /  ed  .r,  proviene  qo'^.  ■=:  (za -\- "i-h  —  ^0^ 

—  zC{a-\-hY)\](^zC{a^hy  —  0).  Dunque  iinalmen- 

te  /  =  (  2<?  -}-  2^»  —  zC^  —  iC (^  +  hy  )  \/(2C (^-h^)^ -  C') 

+  (2C'  -!-  2C  {a  +  b-xf-  za  -  zb  +  2x)  i/(2C(^  -:■  b  ~  xf  -  O) , 

51.     CoROLL.  II.    Qiialora  vogliali  ,    che  la    preliione  noa 

fìa  coftante  ,  ma  variabile  fecondo  una  data  legge  ,  la  quan- 

tita  —  farebbe  variabile  ,   e  farebbe  nota    la  le^ge  della    fua 

variazione  .    Se  per  efempio  fi  fuppone  ,    che  la  prefilone  fia 

m 
m  ogni  punto  proporzionale  alla  velocità  del  corpo  ,    _—  di- 
viene proporzionale  a  \/(a-}-b  —  x);  onde  prefa  una  quan- 
tità  nota  A  nafce  -  z=:?\(a  +  b~x)^  .  Perlochè 

rA(a  +  b-x)~C)dx  n  ,      ; 

dy  =i    ,y—~^- '     _> ^^ .  e  porto  a4-b  — 

•^        \/(a  +  b-x-(7\(a  +  b-x)-Cy)'      ^  ^ 

r  ,  (C  —  7M)dH  _ 

x:=!/,  il  trova  dyz=.—r- '■ — .  Per   integra- 

y/  {iv  —  7\-ii^  4-  2CAZ/  —  C) 

re  queila  equazione  bifogna  renderla  razionale,  ed  a  quell'ef- 
fetto cerco  prima  i  divifori   della  quantità  radicale  ,    fuppo- 

•    X            (2CA-:-  I)          C^ 
nendo  xi  -  A'u'  +  zCa?;  -  C  "  o  ,  cioè  u" u-\ =  o  , 

A     A     r                    2CA4- I  ttv/'('4CA4- i)  j      ^  t 

donde  fi  trae  ?<= "^      .  Laonde  li  ha 

^     2CA-i-y74CA^-i).     ^^     2CA-i4-v/(4CAh-i).^^^^^ 

^  2A  "^^^  zA^  ^^ 

(2CA4-I)          O 
u-\ ;  e  moltiplicando  per  A-  ,    e  mutando  f 

A"  A" 

fegni  apparifce  —  X'ie  -\~  zCKh  -j-  «  —  C  = 


Centrifuga.  545 

/     •.     I    ^_CA+iH-  y  (4CA  +  I) .  2CA  -  I  +  /(4CA  -;-  I)  . 

{  —AH -A —  )  (  AH )  . 

D      ^  K       •  >    2CA+i+v/(4CA+i)       . 

rrendo  per  brevità :=/,  e  parimente 

-2CA-  i+/f4CA-M)  -v    f  ,  ^ 

. =^  ;    CIO  tatto    la  noltra    equazione 

2A 

J       ■    .  r    r  ■      ■         ,  {C  —  7s.u)dU 

da  integrarli  fi  cangia  m  dyz=: 


y/  («  —  A^«^  +  2CAK  —  O) 
(C  —  Ati)  du 


—  ./,-: =       ==.  Affamo  ora  /(/— Am X  <?  +  ^'W ) 

=  (/ —  A/O  z  ;  ond'  è  ^  -}-  A«  r=  (/ —  T-.u  )  z^  ,  ?m  -j-  Az^z,' 

=fz.' -P,  li  = ,  du  =  ^^-^ -^ — 

2A  (f+  p  )  zdz. 
=  — TT = .  Parimente  Ci  trova  (/ — 7\u)z, 

^  A  +  Az,'    ^  1 4-  z.'  '14-2:^ 

14-2:' 
^  ^(C  +  ^)(/+^):2:^^+2(C— /)(/4-^)x^^2:    ^^^^  ^^ 

A(i+z^)'  ■      ""^"*' 

^ 2(C4-^)^z4-2(C— /)2:Wx_2(C+^)^^         ^^ 


A(i4-2:^)'  A         ^^  (H-2:=)= 

,     2(C— /)^^       2:'^z  •  .•  •  -, 

-h  ■ X  . •  Kiduco  prima  ad  integrazione   11 

A  (  I  4-  z,'  )'  ^  ^ 

primo  termine  di  quello  fecondo  membro  ricorrendo    al  no- 

/dt 


,  fi  trova  quefto 

X  X     iij 


550  Sopra    LA   FORZA 

dz, 

X.  z 


z,  \    r   dz.  X  ,1 

n= h  -  / —  = ;  4-  -  'ire.  tang 

2(1  +2:'-)  27     I  4-21'  2(1+2.0  2 

/zj'dz, 
— col  no- 
(  I  +2:  ) 
/t^dt 
(  a  -f  ht'"  yi 
—  ff-»'+-                   (0  —  w+i)    r    tP-"'dt 

_ \-^'^ ^~-rì  r  \ —   otten- 

m{q^i)b{a^br)'i-'  ^  (q — i)mbj  (a  +  bty-' 

/z/dz      —  z,        i_  W"   ^^     „ 
(i+^'r  "  2  (  I  +  ■^n       'J  M^ "" 
z.              I  (C+^)2: 

—  — [-- are.  tan!^.  z.  Dunque  rifulta^=-; 

2(I+Z,0~2  "^  ^  A(i+2:^) 

+   —^  X  are.  tang.  2:  +  ~^-^  +  ^  X  are.  tang.  z.  ^-  coft. 
A  °  A(i+z,'_)   '       A 

f  +  A«,  A        -^  "^  V  /-Aa 

=  -  V'  (^  -:-  Ar;  X  /-  A«) ^  X  are. tang.  V  y::^^  •  ^oft- 

—  i,//',?-!-/,  — ;c  — (AX<24-^  — -V  — C)=)  ,_ 

A      ^  "  ' 

4-  — — "^  —  V  ire  tan'-'.  \/   -— — '^ — -h  coir.. 

4-         ^         Xaic.tan^.  V^_^^^^^__^,^  1- 

_Ì^(<^4_^,-_(AXH=^^  — C)0  , 

A ~ — -  X  are.  tang.  1/  ^^—, ; ; 


Centrifuga.  351 

52.  CoROLL.  III.  Se  fi  vuole  ,  che  la  legge  della  varia- 
zione   della    preflione    lìa   di  eilere    in    ragione   inverfa   della 

velocità  del  corpo ,  allora  -    fi  cangia  in  —; ; ,  e 

^    '  n  =  \J  {a  +  b  —  xy 

r                           r   u      j                     {7.  —  C}dx  ,  . 

conleguentemcnte  fi  ha  dy=z—r, ■ -; — r  ,  ed  in- 

\/{a  +  b~x~{A-Cyy 

tcgrundo  j=i{C-'h)]/ai-b-x-{h-Cy-  2(C- A)  }J a-\-b-  (A -  Cy  . 
PROBLEMA    XI    (fig.  IV) 

53.  Se  per  la  convejfitk  della  curz'a  AMB  /cavata  in  fog- 
gia di  canale  ,  ed  avente  il  fuo  ajjé  in  fituax.ione  verticale  , 
difcende  un  grave  partendo  da  quali<nque  punto  della  curva  , 
fi  domanda  quel  punto  ,  dove  il  corpo  abbandsna  la  curva  ,  e 
fi  dijlacca  dal  canale . 

Soluzione. 

La  gravitaci  ,  che  tiene   il   corpo  attaccato  alla  curva, 

dy 
agifce  con  uno  sforzo  =  —  (  §.  36)   chiamando/  la  NM  ,  x 

ds 
la  AN,  s  r  arco  AM  ,  e  con  quefto  sforzo  il  corpo   preme 
il  canale .  Ma  ad  un  tale  sforzo  direttamente  fi  oppone  quel- 
lo della  forza  centrifuga ,  che  fpinge  il  corpo  lungi  dalla  cur- 
va   in    direzione    ad    ella  perpendicolare  ,  e  che  li  è  trovato 

=  —  ,  prefo  r  pel  raggio  del  circolo  ofculatore   della   curva 
r 

in  quel  punto  ,  dove  il  corpo  li  trova  ,  ed  b  per    1'    altezza 

dovuta  alla  velocità  del  corpo  in  quel  punto.  Quando  adun- 

dj'       zh  dy       ih 

que  farà   —  =  — ,  ovvero =03  allora  il  grave   ab- 

ds       r  ds       r 

bandonerà  la  curva,  e  Ci  diftaccherì  dal  can:^.le   defcrivendo  , 

come  è  manifefio  ,  una  parabola  conica  in  virtù    dell'  impeto 

acquifiato   nel  punto   del  diltacco  ,  e  delle   foUicitazioni    co^ 


35^  Soprala    FORZA 

ftanti  della  gravità .  Pertanto  1'  equazione  della  curva   appli- 

dy       2/è 

cata  alla  formola   — =o    farà    conofcere    1'   afcifTa  ,   o 

ds       r 

V  ordinata  corrifpondente  al  punto  del  diftacco  ,  che  fi  cer- 
ca .  Il  che  ecc. 

54.  CoROLL.  I.  Se  AMB  è  un  arco  di  cerchio  col  raggio 

r,  e  parte  il  corpo  dalla  quiete  dal  punto  più  alto   A  ,  già 

dy       r  —  X  r  —  x 

fi    fa  eflere  —  = ,  zh-=^  2X  ;   confeguentemente  • 

ds  r  *' 

IX  I 

=  o,x  =  -r.  Il  che  moftra,  che  il  punto  del  diltac- 

r  5 

co  corrjfponde  ad  un'  afciffa  che  è  la  terza  parte  del  raggio , 

e  però  è  1'  eftremità  dell'  arco  di  48°.    12'  all'  incirca. 

55.  CoROLL.  II.  Se  il  corpo  fi  muove  dalla  quiete  dal  pun- 

'  dv       T X 

to  M,  e  fia  AN=.a,AG  =  x,GFz=j',  diventa  -  = , 

ds  r 

r  —  X       la  —  IX 

2è=zNG=2X — 2(3';  onde   ■ -i =  o  ,  e  quui- 

r  r 

r-j-  la  r  —  a      i  ,  ^ 

di  x=z ,  o  piuttofto  .V. — •az=NG;= =-iVCef- 

3  3  3. 

fendo  Cil  centro.  Dal  che  fi  vede ,  che  il  punto  del  difiacco 
è  r  eftremo  dell'  arco  che  ha  per  altezza  la  terza  parte  del  co- 
feno  dell'  arco  AM ,  dal  cui  termine  comincia  il  moto. 

^6.  CoKOLL.  III.  Di  qui  apparifce  la  bella  proprietà  mec- 
canica del  cerchio  verticalmente  eretto  ,  che  fé  per  la  fua 
conveffità  fcavata  in  canale  nella  femicirconferenza  fuperiore 
al  diametro  orizzontale  difcende  un  grave  partendo  dalla  quie- 
te da  qualunque  punto  del  canale,  quefto  fi  difiacca  dal  ca- 
nale dopo  aver  defcritto  un  arco  ,  la  di  cui  altezza  è  fem- 
pre  il  terzo  dell'  altezza  di  detto  arco  continuato  fino  al  dia- 
metro orizzontale . 

57.  CoROLL.  IV.  Nella  parabola  conica  col  parametro  =:  2;? 
dalla  fua  equazione  7' =  2f a,'  B  ìnicrìkc  fdjzz^pdx , 

dx^  =-'^^- ,  ds'  =: dr-  4- dx'  =  .^  +^')^^ 

ds=z 


Centri  fuga.  353 

//f  =  • ;  onci   e   —  =  -; ; =  -; ^,  . 

Si    fa    inoltre  ,    che    il  raggio  ofculatore  di  tutte    le   fezioni 
coniche  è  uguale  al  cubo  della  normale   divilo  pel  quadrato 

del  femiparametro ,  cioè  =  —  ;  e  ficcome  nella  parabola 

ì<l-=:y{j--\-p^)'=y{p^'\~zex)^  e  però  il  raggio  ofculatore 

p-irix    I 
= y  iP''  -{--P^)  ;  quindi  viene,  che  fuppoito  il  grave 

partito  dal  vertice  della  parabola  I'  efprelFione  —    fi    cangia 

2/'.V  p 

in  -— e  quefla  uguagliata  a  -7—- -, 

IX 

fomminiftra  1'  ugualtà    =  i  •>  tioè  /«rro,  che  è  vifibil- 

p-lr^x 

mente  aflurdo .  Dunque  il  gra\  e  difcende  per  la  convenTità  del 
canale  parabolico  fenza  mai  diftaccarfene  ,  allorquando  la  di- 
fcefa  incomincia  dal  vertice  .Altro  allurdo  parimente  s'incon- 
tra quand'  anche  il  grave  incominci  a  difcendere  da  un  pun- 
to qualunque  inferiore  ;  e  però  dovunque  incominci  il  fuo 
moto,  il  corpo  non  abbandona  mai  il  canale. 

58.     CoROLL.  V.    Neil'  ellifle  conica   coli'  a{re=:2d'  ,  col 

parametro  =  2/)  lì  ha  1'  equazione  7' =  2/',r —  ;  ond'  è 

a 

, (pa  —px  )dx         aydy    (  la^px—pax'  )  dy* 

a  '        —(pa-pxr~        ipa-pxy 

di' = dr  A-  dx'  =  (/''^'  -  ^^p'^  +  ^~^'p--< + p'"^^  -^^'•^'  )  ^^' 

;     '  (pa-pxr 

dy  /  (/■'<?'  —  zap^x  +  zà'px  +  p-x""  —  apx"-  )         ^ 

ds  :=  — "—^ i i i :  confeguente- 

pj  —  px 

.     '^y  pa—px  „. 

mente    -•=. — -  .  Siccome 

di       V  ( ^'^''  ""  -''^P'^  +  .^a'-px  +p'x-  —  apx'-  ) 

•  1  ,     XT      yd'       {pa—px)ds      ^  ..     .. 

poi  la  normale  N=  —  =  , ,  fé    ne  raccoglie  u 

^  ^.v  adj  ° 

Yy 


354  Sopra    LA    FORZA 

r    .               N'      (p^a^ - lap^'x  +  la-px  -:- p-x"- - apx'V 
raggio  ofculatore  r  =  —  =   — ^ i — -   . 

Dunque  fé  il  corpo  incomincia  a  muoverli    dal   vertice   dell' 

ellifle,  ficchè  fia  hz=.x,  nafcerà 

ih  la^p^x 


;  ,  la  qual   efpref- 

(p'a'^  —  iap'x  +  ia^px  +  p^x^  —  apx')'' 

d/ 
fione  uguagliata  al  valore  di  —  fomminiftra  l'equazione  201'^: 

ds 

=  (a  —  x)  (pif  —  zapx ~\-  la'x -j-M"'  —  ^^''  )  ?  che  fi  riduce 

"ìa^p  pa^ 

alla  cubica  di  quefla  forma  x^  —  zax'' .x-\ =  o. 

a—p        a—p 

La  radice  di  queft'  equazione  reperibile  co'  noti  metodi  rap- 
prefenta  1'  altezza  dell'  arco  ellittico  ,  defcritto  il  quale,  il 
corpo  abbandona  il  canale  .  La  fteffa  equazione  cubica  {{  ri- 
trova anche  quando  1'  affé  verticale  dell'  elliife  è  il  minore, 
e  il  corpo  parte  dal  vertice  di  queft'  affé  ,  col  folo  divario , 
che  in  quefto  cafo ,  a  indica  il  femiaffe  minore ,  p  il  lemipa- 
rametro  di  queft'  alfe ,  x  1'  afcifla  del  medeiimo . 

59.  CoROLL.  VL  Per  1'  iperbola  conica  con  un  procedere 

affatto  fìmile  al  precedente  s'  incontra  1'  equazione  cubica 

^u^px       ■  vu^ 

x^  +  ^ax^  -\ 1 —  =  o  ,  la  di  cui  radice  x  farà  1'  a- 

pjra  ^  p-\-a 

fcifla  dell'  arco  iperbolico  ,  defcritto  il  quale  il  corpo  ,  che 
incomincia  a  difcendere  dal  vertice  ,  fi  diftacca  dalla  convef- 
fità  del  canale  iperbolico  .  Ma  qui  un  tal  diftacco  non  può 
mai  aver  luogo,  come  pure  avviene  nella  parabola;  avvegna- 
ché effendo  politivi  tutti  i  termini  della  predetta  equazione  il 
valor  reale  di  x  non  può  effere  che  negativo;  il  che  ,  nell'  ipotefi 
in  cui  fiamo,  è  un  aflurdo  .  Dunque  il  grave  ,  che  difcende 
per  la  conveilità  d'  un  canale  iperbolico  ,  reità  fempre  unito 
al  canale  anche  protratto  in  infinito  fenza  fcoftarfene  mai  . 
Non  è  mcftieri  di  far  vedere ,  effendo  troppo  facile ,  che  ciò 
accade  anche  quando  il  corpo  comincia  a  difcendere  da  qua- 
lunque punto  più  bailo  del  vertice. 

60.  C0ROX.L.  VIL  Sia  la  cicloide  CAD  {fi^.  V.)  la  di  cui 


Centrifuga.  355 


/  2r  —  X 
equazione  è  dy=^dx\J ■,  prefo  r  pel  femidiametro  del 

cerchio  generatore  AO'bS  .  Qui  i\  ha  d$^  ■=.  dy^ -^ dx^  r=z 
.  dxUzY  —  x)       irdx  ,,1-^4/       ./-''' 


ir  —  x 


X  X  ^  X      ds       ^        zr 

Sì  (x  di  pili  ,  che  il  raggio  dell'  evoluta  della  cicloide  per 
qualunque  punto  indefinito  M  è  il  doppio  della  corda  cor- 
rifpondente  BO  del  cerchio  generatore  ,  cioè 

r=iy(irx~^  —  '"^ì-  Q^iindi,  eflendo  /i=:x,  e   però 

l/j  X  T    1  .  n  • 

—  =   --  — ,  nlulta  pel  noltro  intento 

r        \/(-^X2r-x) 


'-z=i  =/  ,  e  per  fine  .v:=r  .  Dunque  il 

grave, che  parte  dalla  quiete  dal  vertice  della  cicloide  giù  per 
la  fua  conveffità  fcanalata  ,  fé  ne  diftacca  dopo  efiere  arriva- 
to al  punto  ,  che  refta  fotto  il  vertice  un  femidiametro  del 
cerchio  generatore  .    Se  il  grave    incomincia  a   difcendere  da 

un  punto  F  fotto  il  vertice,  porta  AE=::^a,  il  valore  di  — 


^ ^  2r  —  X 

fi  cangia  in    =:==, ,  e  dall'  equazione  l/   

X  •"""  ^ 

fi  raccoglie  2r  —  x:=zx  —  a  ,   cioè    EM 


=  NB  5    EN  =  -  EB  .    Dunque  ,    da  quallìvoglia  punto  del 

canale  cicloidale  incominci  il  moto,  il  grave  Ci  difl:acca  fem- 
pre  dopo  aver  percorfo  un  arco  ,  la  di  cui  altezza  è  la  me- 
tà di  quella  dello  fteilo  arco  continuato  fino  alla  bafe  oriz- 
zontale della  cicloide. 

61.  CoROi.L.  Vili.  Suppongafi  ,  che  la  figura  del  canale 
fia  quella  d'  una  parabola  qualunque  di  genere  fuperiore  rap- 
prefentata  dall'  equazione /"'  =  ;>?  ,  effendo  m  un  numero  in- 
tero >2.  In  queft'  ipotelì  fi  ha  ds^  =  dx^ -\- d_y- =.  dj''^ 

Yy     ij 


$5^  Sopra     la     forza 

parabole  fuperiori  il  raggio  dell'  evoluta.,  ovvero 

»"= — -, ; — -„,  ,,  ,„  .    Sicché    pofta  1'  altezza  dovuta  njla 

velocità,  cioè  /j  =  x  neiripotefi,  che  il  grave  parta  dal  ver- 
tice ,  rilulra  —  =  ~ __ .  Laonde  dovendo  ef- 

fere  nel  cafo  del  diftacco  —  =  —  ,  farà  i~\-m^x'-""-'^""=:. 

ds       r 

i.m{m  —  \)x C'™-')-'»  ;   e   perciò   jc"^"»-'^-'"  = 


m{m —  2  ) 
finalmente  xz=.(  _  V^c^'"-^) .  Dunque  ne'  canali  pa- 

rabolici  di  grado  fuperiore  al  fecondo  il  grave  ,  che  fi  fpic- 
ca  dal  vertjce  ,  e  fi  rotola  giù  pel  conveflb  del  perimetro 
parabolico  fi  diftacca  allorquando  ha  fcorfo  un  arco  ,   che  ha 

per  altezza  o  afcifla  la  linea  ( \m:(^ira-r)       j^  quale 

altezza  nella  parabola  di  terzo  grado  è  =:  -j — ,  in  quella  di 

quarto  grado  è  =  -  ,    in  quella  di  quinto    è  =  .-> ,  e 

4  _  _  _     v/759375 

cos'i  difcorrendo.  Che  fé  il  grave,  in  vece  di  fpiccarfi  dalia 
fommità  del  canale  ,  partirà  da  un  punto  piìi  baflb  ,  lìcchè 
la  diiìanza  di  quefto  punto  dalla  retta  orizzontale,  che  paf- 
fa  per  la  fommità,  fia  =d!,  allora  per  determinare  il  punto 
del  diftacco  converrà  rifolvere  quella  equazione  a;'^"""''-'" 

lim—  \)a  I 

j^cm_2):m  __ =  o  ,  Li  di  cuì  radice  rap- 

m  —  2  m[m — 2) 

prefenta  1'  altezza  dell'  arco  parabolico  ,  dal  quale  fottratto 
r  arco  dell'  altezza  a  refia  quello  che  il  grave  trafcorre  len- 
za llaccarfene . 

62.  COROLL.  IX.  Se  la  figura  del  canale  e  una  delle  pa- 
rabole efpreire  dall'equazione  y^"z=zx''  ancora  più  generale 
della  precedente,  facilmente  fi  trova 


Centrifuga.  357 

li  raggio  d  ofculo  r=  ^^  ^^^_^^^,_„,,„  -  Supporto  per- 
tanto, che  i!  grave  incominci  a  rotolare  dalla  fommità ,  fìc- 
che  ha  h:=.x^  fi  ha  —  =    ■   ,    , r-— „.  ^„.  ,„ , -r  ;  e   conk- 

zh      dy 
guentcmente  dovendo   eflere    pel  cafo  del    diftacco    —  =  —  , 

J"         ds 

rifulta    »'  -f- ^rt\v'='" -  "^■■'"  =  2W  {m  —  n )x'"" -  '">■'"  ,   e  quindi 

per    fine    x  =  ( .y.:c--")      che    è  1'  altezza  di 

queir  arco,  finito  il  quale  il  corpo  ,  che  Io  ha  percorfo  di- 
fcendendo  ,  (i  dillacca  dal  canale  .  Qualora  poi  i!  grave  in- 
cominci il  fuo  moto  da  un  altro  punto  più  baffo  del  verti- 
ce ,  e  lìa  rt  la  depreffione  verticale  di  quefto  luogo ,  ii  ritro- 
va il  punto  del    diftacco  mediante  la    rifoluzione   dell'  equa- 

zione    x^'"'-">'"' ^^ i.x^"'-^">"" 


m  —  1/7  m{m  —  2n) 

dalla  di  cui  radice  fottraendo  la  quantità  a  lì  ottiene  I'  al- 
tezza dell'  arco  ,  al  termine  del  quale  giunto  che  lìa  il  cor- 
po, quello  abbandona  il  canale. 

Ó3.  CoROLL.  X.  Sia  OBS  (fig.  VI.)  la  logaritmica  fitua- 
ta  in  un  piano  verticale  ,  col  fuo  afmtoto  MN  al  di  fopra 
di  effa  ed  orizzontale  .  Si  fupponga  la  fottangente  coftante 
=  I  ,  e  la  FB  normale  ali*  aiintoto  ed  uguale  alla  fottan- 
gente fi  produca  indefinitamente  in  P,  e  fi  prendano  le  or- 
dinate ortogonili  B/=.r,Jf=^.  La  natura  di  quella  curva 
fomminiftra  l'equazione  tranfcendente  i-j-x  =  f-^,  efl'endo  e 
il  numero  ,  il  di  cui  logaritmo  iperbolico  o  naturale  è  I'  u- 
nità  .  Da  quefla  equazione  fi  ricava  fubito  dx  =  e^dy  , 
dx'—.(  i-\-xydy\ds'=(^  I  4-(  I  ^xy)dy\ 

dsz=dy\U  i~l~(i-\-xr),  —  =  --. ^ ^  .  Effen- 

dx 
do  poi  dy  =  e  funpoflo  dx  coftante ,  avendoli 

i  +x 

Y  y     iij 


Sicché 


358  Sopra   la   forza 

-—dxddj-=- — ■ fé  nella  formola   — ,— -~   del    raesio 

ofculatore  -/  fi  foftituifcono  quelli  valori,  fi  ritrova 

dx\  i+x 

nel  fuppofto  ,  che  il  grave  incominci  a  rotolare    giù    per    la 
conveflìtà  della  curva  dal  punto  B  fino  al  punto  indefinito  S , 

onde    Ci  abbia    b=:BI=.x,  fi  ottiene  —  =  -^ —  — j 

r  ■  dy      ^  . 

che  pareggiato  con  --  offre  per  rifultato  x^=^y  z  .  Dunque 
ds  ' 

il  corpo  che  incomincia  la  fiia  dilcefa  dal  punto  B,  che  chia- 
meremo vertice  ,  abbandona  la  curva  dopo  aver  percorfo  un 
arco,  la  di  cui  altezza  è  la  diagonale  del  quadrato  defcritto 
lopra  la  fottangente .  Qtialora  poi  il  corpo  parta  da  un  pun- 
to inferiore  a  5  ,  e  la  difianza  d'  un  tal    punto    dalla    retta 
orizzontale  menata  per  B  iia.z=a,  apparifce  h=.x  —  </,  e  fi. 
prefenta  l'equazione  {zx — 2<?)  (  i -j-x)  ==  i -|-(i+- Ar)%  cioè 
x^  —  zax  —  la — 2  =  0,  la  quale  fomminiftra  x  —  a 
■=yf{d'~\-za-\-z)r=.)f(^\-\-{a.-\-\y^.  Di  qui  è  eviden- 
te ,  che  dovunque  incominci  fotto  il  vertice  la  difcela  del  gra- 
ve lungo  la  conveffità  della  logaritmica  ,    eflo  li  fcofta  dalla 
curva  dopo  aver  percorfo  un  arco ,  che  ha  per  altezza  1'  ipo- 
tenufa  d'   un  triangolo  rettangolo  ,  un  cateto  del  quale  è  la 
fomma  di  quefia  fottangente  e  della  diftanza  del   principio  di 
detto  arco  dalla  orizzontale  menata  pel  vertice. 

64.  CoROLL.  XI.  Se  vuol  fi  {jig.  VII.)  che  il  corpo  par- 
tendo dal  vertice  A  difcenda  lungo  la  conveffità  fcanalata 
della  cifibide  AQO  riferita  all'  affé  AM  parallelo  all'  afintoto 
verticale  FN,  chiamate  al  folito  x^y  \t  coordinate  AB ^  BC , 
ed  a  il  femidiametro  AP  del  cerchio   generatore  ,    è  manife- 

fio,  che  fi  ha  1'  equazione  x:=  -,■     ,  e  però 

dx^— =  . , 


Centrifuga.  359 

ay{%a  —  3y)dy^-   ^^^_<iy"  jia  —  V')"  dy 

/^i'  =  ---^ _,       ,  Parimenti  efTendo 

1 

(lay  —  y^ydx 
dy=  —^ -—  ,  fi   avrà 

(  i^v  —y'  ) 

ddy  ■=  ^  dxdy  (^(^a  —  3y)(  ^ay'  —/')/(  lay  -^y'  ) 

=  \  ^'"^^y  (  (3«  —  sj)  (3<i  —y) 

—  (6a  —  3y)(2a—y))  \/(iay-y')  ^  :  (sa  —yYf- 

___1!^^:^!::!1VL-/-Z12.  Laonde 
{za-yYy^ 

2dx^dya- \/ (lay  —  y- )  

—  dxddv  =  - — ^  ^    ^     -LJ  ,  e  foftituendo  il   valore  di 

iìa—yyy- 

Saydy^ 
dx"" ,  nafce  —  dxddy  ■=. ^ .    Pertanto  il  raggio   ofcu- 

[lay-y^y 

latore  rr=^ — ,    ,  ,  := ;  e  poiché  u  valore  di 

—  dxddy         3(iay — y' y  ^ 

dy  2X 

—  dee  nella  nollra  ipote(i   uguagliare  quello  di  —  ,  fatte  le 
ds  y 

opportune  fonituzioni  in  quefl"  efpreriione  fi  ritrova 

j.ay—y^y-^-  6{2ay—yn'-'-        .„j:       6y 

ay 


—— = . —   ,  e  quindi =  i 

(Ì5«— 3/)'-        ay'-\ba  —  3//'  S4-3/ 


s 


360  Sopra    la    forza 

o 

cioè  in  fine/ =  -(7.  Dunque  il  corpo  che  partendo  dal  ver- 
tice difcende  per  la  convetOtà  della  cilfoide,  fé  ne  diftacca 
dopo  aver  trafcorfo  un  arco  ,  che  ha  per  ordinata  otto  noni 
del  raggio  del  cerchio  generatore  .  Qiialora  poi  il  corpo  par- 
te da  un  punto  inferiore  al  vertice  A  ,  e  diftante  dall'  oriz- 

2X  —  ib 
zontale  AF  d'  una  data  quantità  ^  ,  fé  ne  inferifce    - 


r 


dy  6  (  2(jy f^Y' 

-,e  fatte  le  debite  fofi-ituzioni ,  fi  ha 


ds  ay-\?>a — i^y-' 

6b(iay—ry  {^ay—y^r^         .  ,        6y 

:== ,  cioè   • 

ay'-\'èa--iyy      ay'-\'èa--iyY-^  ^a—^y 

ébyi^ay — y')  "'•  ~'"  , 
'-— "  =  i  ,  ovvero  6y^  -.eby  (lay  —y'  ) 

y{'èa—zy)  * 

=  S<^  —  3/',  dalla  quale  per  ultimo  fi  ricava  la  fcguente  e- 

lOa          ó^a""  +  ^6b\ 
quazione  di  terzo  graao  y' — _ — y' -{-( )y 

I — =  0  .    La  radice  di  tale  equazione  dà  il   valore   dell' 

9 
ordinata  appartenente  a  quel!'  arco  di  ciflbide,   dal    quale  fé 
lì  fottrae  T  arco  comprefo  fra  il  vertice  e  il  principio  del  mo- 
to fi  ha  1'  arco  ricercato  ,  al  di  cui  termine   giunto   «^he  fia 
il  corpo ,  abbandona  la  ciiToide . 

65.  CoROLL.  XII.  Per  tutte  le  ellifll,  ed  iperbole  fuperiori 
fi  ha  1'  equazione  generalidima /""+ "^/x"'"  (<3f^:v }"  ,  dove  a 
rapprefenta  T  affé  trafvcrfo ,  /  una  grandezza  collante  .  Quella 
equazione  fi  riduce  all'altra  7  =z^a;™-^'" +  "'(rt  ì^.v)"-^""  +  "^  met- 
tendo ^  in  luogo  di  y'-C"'  +  "),  Quindi  fi  avrà 

dy=: px- "■■  ^^ +  "^dx (a ^x)"  ■■'-'" +  "^  "" 

m  +  n 

n  wpr.7T.\-)"  =  '^'"  +  "'    , 

n !^x  ">■■("•  +  ")  dx  m^ia  T  x)dx  T  ngxdx 


{m  +  H)  {a  ^  xj"  ■■  ^'"  +  ">      {m  +  n)x"  '  '-"'  +  "\a  q:  x)'"  ■  '•'"  +  "^ 


II 


Centrifuga.  361 

mgadx  ^{m  +  n)  gxdx 


(m  +  njx"  ••  ^'"  +  "^  («  ^  xy  ■■  ^"'  +  '•>  ' 

dr  =  5s— - — ^  --^ ^-7 ^^ ——^ — ,   V  (df'-irdx^) 

I  /         rìi'g\i'  ^  2m(rrt  4-  n)ag'x  -\-  (m  +  nyp-x" . 

=:dxì/  (  I  +  — ■ : ^ ) 

^  ^  {m  +  n)  \\""  •  ^"'  +  "\a  ^  xY'"  '■  <""  +  "'     ' 

^■v/((r/;-^-;7)'.y"'='^'"+"'(fl  ^  x)""-^'"-^">+  m^^V;'  q^  2^;,'w  +  n)ag\x  ■:■  (m-.-ny^'x') 

=  </j  .  Prendo  ora  il  differenziale  di  ^  ,  ed  ottengo 

—  Q'^^a  ^(m  +  n)gx^  (nx  -  ■"  ■■  e™  +  «)  ^^5,  ip  xf'  =  e»  +  '■) 

=^  T {yyi=.nygx {a^x)  —{imga^f(m\-n)gx) (n(a^x)Trì^x')C  dx"  : 

=  5  ( T  w*  ^  2 w» q^ »'  )(«:F.v)^x 

"f- (  ±  w^^' i  ;z^jv  —  mga)('/ia^nx^mx)C  dx"  :  "" 

—  mnga'dx'  ^ 

=  ; ; — 7- ■  .  Sara  dunque  ,  fatte 

le  opportune  foftituzioni  ,    il  raggio  r  dell'  evoluta  ,    oflìa 

-dxddy  ~  mn{ m  +  n) ga'x^" - ">  ■  <^'"  +  "'»  (« ^ ^v/"* -'•;:('»  +  »)  ' 

Laonde  fuppofto ,  che  il  corpo  incominci  a  difcendere    lungo 

la  conveffità  della    curva  dalla  fommità  ,    ficchè    fìa  hz=x  , 

dy       zh  .... 

l' equazione       :=:  —  dopo  le  debite  foftituzioni  fi  convertirà  in 
ds        ir 


Zz 


362  Sopra    la    jorza 

m^a  ^(m  +  n  )gx 


2mn(m  +  n)  ga^x^"'^"'^"^  { a  ^^  x  f"' -  "^  ■  ^"' +  "^ 

(J_mvr2yx"'^'''-^"\a^xy"''^'"+"'rm'g'a^-ì-im(fi^v/i)ag'x-^(m+»yg^x'y-'-^ 

donde  fi  trae  2mn()v  +  n)a^x" '■  ^"'  +  ''^  (a^xy""-"^  ■  ^'*  +  '') 

z=:(^maT{m  +  n )x )((m  +  nyx"  ■■  ^'" -^ "^ a ^ x y"  ■■  C"'  +  "i 

^m'g^a^^2nj(7iì  +  n)ag'x  +  (rn-]-nyg^x'^  .  La  radice  di 
queft'  ultima  equazione  darà  1'  altezza  dell'  arco  ellittico  ,  o 
iperbolico,  percorfo  il  quale,  il  corpo  partito  dalla  fommità 
abbandona  le  conveflità  della  curva  ,  e  prolìegue  poi  libera- 
mente il  fuo  moto  in  una  parabola  conica  fecondo  la  nota 
legge  de'  projetti . 

^66.  CoROLL.  XIII.  Sia  l'iperbola  equilatera  FOM(/?^.  Vili.) 
fra  gli  alintoti  ortogonali  AC  ,  AB  ,  de'  quali  AC  iìa  verti- 
cale ,  AB  orizzontale  ;  e  guidata  pel  vertice  0  la  verticale 
ON  parallela  all'  afintoto  AC^iì  piglino  in  efFa  le  afciffe  OH 
X,  e  le  ordinate  normali  HE  jf ,  e  il  ponga  il  lato  della  po- 
•  tcnza  deli'  iperbola  OS  ,  ov/ero  SA-=:i  .  Per  la  nota  pro- 
prietà dell'  iperbola  fi  ha  I'  equazione  (  i  +  •'<^)  (  i  —f)  =  i  ; 

I                        dx 
e  però   I  —7  = ,4}'  =  , r,  5  ày^  +  àx^  =  ^^^  = 

dx'(i+(i  +  xy)      ,  dx  .  V 

{i-^xy  {i+xy  *^  V  /  /' 

dy  I  T     I  I,        —2dx*        ^ 

•^  .  Inoltre    ddyz= 


2dx'  ds\  (n-(i+:v)^)'  =  » 

—  dxddy  = ,  r  =z  — ; — --  =  :5^ -^—  .  Dun- 

•^     (i  +xy'        —  dxddj         2{i-i-xy 

quc  fuppolta  *  =  .V  ,  farà    —  =  , -s—- .  Laonde  do- 

4^20  I  4x(i4--v)' 

vendo  ellere  —  =  —  nalce  — 


ds        r  y'(i  +  (i  +xy)      (^i -'.(i+xyy-^' 

cioè   I -j-(i -|--''^-)*  =  4-'^('- +  ^)'  3    donde  fi  trae  l'equazione 

di  quarto  grado  .v^-}""  x^  + '2-X' * =  0.  La  radice  pertan- 


Centrifuga.  365 

to  di  quefta  equazione  darà  ciò  che  lì  cerca  ,  vale  a  dire 
r  altezza  dell'  arco  iperbolico  ,  dopo  del  quale  il  grave  par- 
tito dalla  fonimità  giù  per  la  convedità  dell'  iperbola  fi  por- 
ta fuori  di  eifa  ,  e  proliegue  a  muoverà  ormai  liberamente  . 
Ogni  qualvolta  il  grave  in  vece  di  fpiccarli  dal  vertice  in- 
comincia a  difcendere  da  un  punto  più  baflb  diftante  per 
r  intervallo  a  dalla  orizzontale  che  pafTa  pel  vertice,  Ci  pre- 
fenta  quelt'  altra  equazione  biquadratica  da  rifolverlì 

(8-4^)  2  — .}i7 

x*4-    -      -  x^  ~\- {z — Ji,a)  X'' —  j,ax =  0,  la  di  cui 

radice  dà  1'  altezza  di  quell'  arco  iperbolico  ,  dal  quale  to- 
gliendofi  il  primo  arco  di  altezza  <7, il  refiduo  è  appunto  quel- 
lo,al  di  cui  termine  giunto  che  lia  il  corpo  fi  difimpegna  dal- 
la curva  e  proliegue  il  fuo  cammino  con  moto  libero  . 

67.  CoROLL.  XIV.  Avendo  ritrovata  nel  Coroll.  IV  Li 
parabola  conica  dotata  della  proprietà  fingolare ,  che  il  grave 
non  11  dillacca  mai  dalla  medefima  nel  difcendere  per  la  fua 
convelTità  da  qualunque  punto  incominci  il  fuo  moto  qualora 
ella  ha  fituata  coli'  ade  verticale  ;  nafce  ora  la  curiolìtà  di 
fapere  cofa  fia  per  accadere  al  grave  fcorrente  per  la  detta 
conveliità  ogni  qualvolta  la  fituazione  della  parabola  giacente 
in  un  piano  verticale  fia  coli'  afle  orizzontale  .  Tirili  adun- 
que nella  parabola  ANM  {fig.  IX)  coli'  ade  orizzontale  MO 
dal  punto  dato  A  ,  da  cui  il  grave  incomincia  a  difcendere  , 
la  verticale  AB,  a  cui  {\  riferifcono  le  coordinate  ortogonali 
AF ,  FN,  cioè  :><;,  /  .  Sì  dimoftra  facilmente  ,  che  chiamato 
p  il  parametro  della  parabola  ,  b  la  data  BM  ,  e  A  la  BA 
z^ybp  fi  ha  1'  equazione  pj>  =  i?\x  —  x- .  Quindi 

z'Xdx—ixdx      ,  ^  4A'-8A;c+4X''+/'\ 

dx    ,  "     ' 

ds  =  -  V  (  4A'  —  8A.V  -f  4X'  -i-p^  ) , 

d_y                   2A  —  2x                                                  zdx* 
—  =  -,- — — .  Parimente  ddy=. : 

ds       v/(4A^  — SAx  +  4.\-'-f-/'')  p    \ 

idx'  AO 

-—  dxddy  = .  Dunque  r  = 


•  dxdd/ 
Z  z     i] 


364  Sopra    la    Forza 

=■  — — ; .    Fatta  pertanto    I   ipotefi  ,    che 

il  grave  parta  dal  punto  A  ,  onde  fi  abbia  A-=x  ,   V  ugua- 

dy      2/& 
glianza  delle  due  efpreffioni   —  =  —  offre  1'  equazione 


ds 

aA  —  2X  ^p^x 


OV' 


y  (4A'  —  S?,x  +  ^x'  +p')       (4A'  — 8Ax-|-4x'-4-/'')3^'  ' 
vero  (2A — 2x)(4A' — CAx-j-4;c^ -)-/'' )  =  4jP'x  ,  che  fi  ri- 
duce  alla  cubica  x^  —  3AX' -f- (  3'^' +  -/"' )^  —  ^^ 

4  r=:o 

4 
la  di  cui  radice  dà  l'altezza  dell'arco  parabolico  ricercato ,  Ac- 
che il  corpo  difcendendo  pel  conveflb  della  curva  fé  ne  al- 
lontana allorché  giugne  al  termine  di  tal  arco  .  Qualunque 
volta  il  grave  parte  da  un  punto  più  bado  di  ^  ,  e  diftante 
per  r   intervallo  a  dalla  retta  orizzontale    guidata    per    A  Ci 

trova  r  equazione  x'  —  3AZ.' -j-(  ^A^-j--/»')  a- — A^ 

4 

•^Lp^a 
e  la  radice  di  quella  dà  V  altezza  dell'  arco  ,  dal  quale  fot- 
tratto  r  arco  di  altezza  a  il  refiduo  è  appunto  il  ricercato . 
Se  neir  ipotefi  della  gravità  collante  Ci.  vuole  collocato  il 
corpo  fulla  convedità  della  parabola  in  un  punto  infinitamen- 
te diftante  dal  vertice ,  per  modo  che  la  verticale  A  condotta 
da  quel  punto  ali'  affé  orizzontale  acquifti  un  valore  infini- 
to ,  allora  fi  fa  manifefto  ,  che  nell'  equazione 

a;=  —  3AA;' +  (  3A' -4- -/-M  .V  —  A' 

:>        T-^i      T-^i    ;  ^o  ,  il  valore    della  ra- 

dice  X  non  può  effere  che  infinito ,  altrimenti  verrebbe  1'  af- 
furdo  ,  che  —  A'r=o,  ovvero  A=o  ,  cioè  1'  infinito  farebbe 
uguale  a  zero .  Effondo  poi  infinito  il  valore  così  di  A  come 


Centrifuga.  365 

di  X ,  fvanifcono  al  confronto  degli  altri  i  due  termini  -p'x 

4 

A/>' ,  e  refta  x^  —  ^Tkx'^  +  jA'x  -  ?.'  =  o  ,  che  è  vifibilmen- 

4 
te  (x — A)'  =  o  ,  e  quindi  x  =  X  .   Perlochè  il   corpo  ,  che 

parte  da  un  punto  infinitamente  lontano  dal  vertice  nella  pa- 
rabola verticalmente  collocata  ma  coli'  alle  orizzontale,  e  di- 
fcende  per  la  conveflità  ,  defcrive  tutto  1'  arco  infinito  fino 
^1  menzionato  vertice  fenza  mai  diftaccarfi . 

PROBLEMA     XII.     (fg.  X.  ) 

§.  68.  Ritrovare  la  lima  CMN  fitnata  in  un  piano  -verti- 
cale ,  e  riferita  all'  afj'e  verticale  AB ,  (ulla  quale  collocato  un 
grave  in  parte  oppojla  all'  affé  ^  quejìo  dijcenda  per  effa  fenza 
premerla  per  effere  la  prefjione  nata  dalla  gravita  uguale  dovun- 
que alla  for2.a  centrifuga . 

Soluzione. 

L'  ipotefi  fomminiftra  1'  equazione  differenziale  della  curva 

—  =  — .  Pofio  pertanto,  che  il  grave  incominci  a  difcende- 
ds         r 

re  dal  punto  M  pili  baffo  della  Ibmmità  A  dell'  afle  per  1'  in- 
tervallo AOz=ia^  per  modo  che  effendo  AK^r^x  diventi 

^   dy       zx—za 

Az^OR^zx  —  a,  li  otterrà  —  = ;  e    perchè  il  rag- 

ds  r 

ds' 
gio  r  dell'  evoluta  fi  fa  effere  = -7 —  ,  nafce  quin- 

-dx'd('~) 

,dy  ^ 

—  2  ( .V  —  a)  dx-d {  —  ) 

dx  ■  '     ' 

di  ^=: — '—  .  Prendo  ora  Vchmcntods, 

ds' 

■   ^      I,  ,       ,     ,     .  ^  ,  ,       dxddx A- dyddy 

cioc   y  [dx^-  -A-dy^)  per  cofi:ante ,  ed  ho : =Oj 

ds 

Z  z    iij 


3<5<$  Sopra    la    forza 

ovvero — dxddx  =  dyddjf ,  e  di  qui  —  djddx=:— — —.    Mi. 

dx 
,  ,df  ^       dxddy  —  dyddx 
^{,~r  )^^ 'T~^ "    5    dunque    foftituendo    per  —  djddx 

.,       ,  ,    ,    .  ,y4y\      (dx-  +  dy-)ddy 

il  valore  ritrovato ,  li  deduce  d(  —  )  = — - — - 

^  dx  '^  dx' 

I  .  ,  , ,  dx^d  ^  —  ) 

,      ,  .dj'  .       ds^ddy       .  ^  ^dx^      ddy 

ovvero   dx^di    -  )=: — --  ,  cioè  ; =-,    ;c  quefto 

^dx^         dx  ds'  dx       ^ 

valore  follituito  nell'  efprefTione  di  d/ ,  nafce 

~  z(x  —  a)  ddj/  .  ddj 

d/-= . ■  ,  che  fé  parate  le  variabili  diventa  — 

dx  dy 

dx 

== ; ,•  Ora  ^\  vede  chiaro, che  l'integrale  di  queH-a 

r{x  —  a)  ^  ^ 

equazione  è  log.  dy  -  —  log.  {x-a)  -t-  log.  cds  ,  eilèndofì  prefa  per 

coftante  <^i  .  Laonde  pafTan do  da' logaritmi  a' numeri  (ì  trovcrìt 

cds  ,        ,      ,  c^idx'  +  dy') 

dy:=  ' , , , ,  e-  quadrando  dv'"  = ;  onde: 

y/{x  —  a)        ^     ■  -  x  —  a 

cdx 

(x—a)dy^—c^dy'^=:c'dx^,  e  finalmente  ^=  7 —  5- 

\/(x-a~c^) 

ed  integrando/r=  2C  y'(Ar  — <?  —  £•') -j-cofl-.    Suppongali,  che 

alla  fommità  ^.quando  x  =  o  ,  Cm  y  ^  AC  ■=  l>, -,  e  nafcerà 

coft.=è — 2cy(  —  a  —  c').  Perciò  y=:b  —  icy(~a  —  c^) 

-\~zc'^{x  —  a  —  e')  .  A  ritrovare    poi    la  prima  coftante  e 

cds 
ricorro  all'  equazione  differenziale  dyz= —, ,  dalla  qua- 

^  ^       \/(x-a)'         ^ 

dy    f  dy         . 

le  C\  ricava  C'=~\/(x  —  a)\Q  ficcome  ~  efprime  il  feno- 
li "  ds 

dell'  angolo,  cui  la  linea  ricercata  forma  in  quallivoglia  pun- 
to colla  retta  verticale,  fé  un  tal  feno  pel  punto  M  quando 
;v  =  ^z  fi  chiama  (p  ,  è  manifeflo  provenire  (r=:cj)Xo  =  o;  ^ 
confeguentemente  1'  equazione  alla  linea  cercata  hyz=:h,  che 
è  quanto  dire,  che  una  tal  linea  è  la  retta  verticale  CS .  Cho: 


Centrifuga.  367 

fc  il  feno  (p  del  predetto  angolo  lì  facede  corrifpondere  non 
alla  polizione  x^=:a,  ma  bensì  ad  .v=o  ,  allora  nafcerebbe 
c  =  <p^^ — a,  e  però  y=zb,-\- z'p\J — a{\l{x  —  a-\-<5^^a) 
—  V/(  ¥^  -a))z=zb  {-z^{  \/(a'  -  a'-'P'  -  ax)  -^(a'-  <p'a')  ) 
=  ù-\.2^\/(a'{i—p')-ax)-z^\f  (rf'(i— cp'));  dalla 
quale  equazione  li  fcorge ,  che  dovendo  edere  x  y>  a ,  oppure 
=  «,  il  ^■aIore  ài  j>  diventa  immaginario,  e  il  Problema  im- 
ponibile fintantoché  (p  perlifte  ad  elVere  qualche  cofii  ,  lìcco- 
me  è  altrontle  manifelìo  -,  ma  diventando  cf  =  o  ,  I'  equazio- 
ne alla  linea  cercata  li  cangia  in/==^,  cioè  a  dire  la  det- 
ta linea  è  una  retta  verticale ,  come  dianzi .  Il  che  ecc. 

$.  69.  Aggiungo  per  ultimo  il  Problema  delle  forze  cen- 
trali fecondo  la  Teoria  Neuroniana  trattato  qui  in  una  ma- 
niera particolare  ,  dove  qualche  ripiego  tenuto  per  giungere 
air  integrazione  delle  efprelTioni  relati\'e  ai  tempi  potrebbe  per 
avventura  non  elTère  inutile  in  qualche  altra  occafione  .  Dal- 
Li  ibluzione  de!  Problema  ho  ricavato  fpeditamente  in  tanti 
Teoremi  tutte  le  proprietà  piùlingolari  ed  eleganti  del  moto 
prodotto  in  virtìi  d'unalbrza  acceleratrice  variabile  in  ragio- 
ne duplicata  in\erfa  delle  diftanze  dal  centro  della  forzai .  Tut- 
to ciò  è  qui  ridotto  fotto  un  fol  punto  di  virta ,  e  immedia- 
tamente inferito  dalla  fola  loiuzione  del  Problema  fondamen- 
tale. 

PROBLEMA. 

Ufi  mobile  gettato  da  princìpio  con  una  certa  Ttelocità  di 
pYO)e7^ione  viene  obbligato  a  camminare  per  una  via  curvilinea 
QMT  (  fig.  XI.  )  da  una  forx.a  acceleratrice  ,  la  quale  lo 
fpinge  di  continuo  verfo  un  punto  fijfo  P  con  una  intenfita  re- 
ciprocamente proporz.ionale  al  quadrato  della  dijìanz.a  del  corpo 
dal  detto  punto    :  fi  cerca  la  curva  defcritta  QlvIT . 

Soluzione. 

Sì  guidi  pel  dato  punto  P  una  retta  PS  nel  piano  della 
traiettoria,  e  lia  M  il  luogo  del  mobile  dopo  un  certo  tem- 
po /,  e  da  M  li  conduca  a  PS  come  alfe  l' ordinata  perpen- 
dicolare MN,  e  r  infinitamente  prollima  mn ,  fopra  cui  fi  ab- 


. féS  Sopra    la    forza 

baffi  il  perpendicolo  Mr .  Cliiamato  al  folito  ;v  ,7  refpcttiva- 
mentc  le  coordinate  ortogonali  PN  ,  MN,  u  il  raggio  vet- 
tore Pisi ,  cj)  r  angolo  MPS  ,  convien  riflettere  ,  che  il  cor- 
po, il  quale  fi  muove  per  la  curva  ^M  e  deicrive  nell'iftan- 
te  dt  r  archetto  infinitelimo  Mm  ,  può  confiderariì  come  a- 
nimato  da  due  moti  ,  uno  parallelo  all'  aicilTa  PYl  ,  1'  altro 
all'  ordinata  Ì^M^  percorrendo  col  primo  di  quelli  due  moti 
nello  '^d\o  iftante  dt  la  Mr  ovvero  dx  ^  col  fecondo  la  y/K, 
o  <//,  cioè  i  lati  del  rettangolo, di  cui  hìm  è  la  diagonale, 

dx 
la    velocità  del  primo    moto    farà  dunque  =   ,-   ,  la  velocità 

dy 
del  fecondo  =  -;-.  Ora  rifolvendo  la  forza  centrale  ,  che  fpin- 
dt 

gè  il  corpo  fecondo  ìsYP  ^  in  due  Z,  X -,  quella  parallela  alle 

afcilTc  5  queiìa  alle  ordinate,  è  manifefto  ,  che  dalla  forza  X 

dx 
viene  ritardata  la  velocità    ^,e  dalla  2"  viene  fminuita  la  vc- 

dt 

locità  --  56  tali  diminuzioni  iflantanee  di  velocità  (  prefo  dt 
dt 

—  ddx         — ddy       T,    ,     ,  X    ., 

per  coRante  )  fono  — ; —  ,  e  — , —  .  Perloche  il  noto  pnn- 
^  dt  dt 

cipio  Dinamico,  che  la  forza  acceleratrice  o  ritardatrice  mol- 
tiplicata   per    r   iftante    è    uguale    alla    variazione    iflantanea 

.   .„       ,      ,  .     .  — ddx       „ 

della  velocita,  fommmiltra  le  due  equazioni  — -,  -  =:A5 

-— ^-=:/.  Suppongali  in  oltre,  che   la  forza  centrale  in  una 

data  diftanza  r  dal  punto  P  lia=:R  ,    ficchè    rifulti  — ^  per 

*   ■  '.•'      ■  ■•■'        _  "■  Rr' COS.  (j) 

la  forza  in  M.  Quindi  è  evidente,  eflere  X= 


—  ddx  RrMen.  <|)       —ddy  ^     ^     r  i>   i 

=  — - —  ,  /  = = Se  pertanto  fi  mena  1  al- 

dt'  u^  dt^  ^ 

tro  raggio  vettore  Pw,e  colP  intervallo  PM  fi  defcrive  l'ar- 
chetto circolare  Mg-,  riefce  mg  :=.  dv  ,  Mg  =  vd(p ,  Mm^  = 
dx"" -j-dy- =  dv' -^Z'^dip^  .^V^  =  x- -\-y'' ;  e  quell'ultima  equa- 
zione 


, ,     xddx 
Ma  — r 
dt 


Centrifuga.  3^9 

zione  due  volte  diflercnziata  diventa   z/ddv '{- dv^  ■=■  xddx -\- 
yddjf  -j-  dx^  -f-  df  =  xddx  -\-yddy  -}-  dv'-  -\-  v'dt-^ ,  cioè  xddx 

xddx     yddy     vddz--Z>'dp' 
J^j'ddj^i.vddv-V'd piovvero    '^^r+    ^^.= jp 

Ix     -  Rr'  X  cof.  <p     —  Rr'  cos.  <p\      .  ,  ^  x  ^ 

— ~  — (  poiché    -  =  COS.  $  )  ; 

,  yddy  Rr'yfen.  (j)  Rr{'ix\.(i)\    .      .^y       r         . 

ed      ,     — = —  (  giacché  -=  fen.  $  )  . 

dt'  V  v  °  -v 

,,    xddx-\-yddy       — Rr^       vddv  —  V'df^ 

ficche jr_^-i=  = .- ,  ovvero 

dC^  V  dt 

= (  A  ).  Siccome  noi  fi  ha  -  =  tang.  (p , 

df^  %/'  X 

,     xdy — ydx           d(p  ■  s       ,  , 

e  differenziando =  ■ ,  cioè  xdy  — yax 

X^  COS.    Cp' 

=z  - ,  ed    è  =^Z' ,  perciò  fi  ha  xdy — ydx=::V'd:p  ,ov- 

COS.<|;'  cos.cp 

xdy      ydx 
vero  vd'pc:::  — =  dy  COS.  (f)  —  dxfcn.(p,c  queftaequazio- 

ne  differenziata  fi  cangia    in  ddy  cos.  (p  —  ddxkn.p  — 

dp  {dy  fen.  $  -\-  dx  cos.  (J>  j  =  fddp  -\-  dvdp  ,  oflìa  ddy  cof.  (p 

—  ddxkn.  (p~vdd(p  -i- dvdp  +  dp  (  dy  f^n.  <p  +  dx coL  (J)  )  ,    e  fé 

in  queffa  fi  foftituifce  il  valore  ricavato  dal  dilferenziare    l'e- 
quazione v^-=-X^  -\-y%  vale  a  dire  Z'dv=^ xdx -\-ydy  oppu- 

xdx      ydy 

re  dv  = 1 z=dx  coL  (p-4-dykn.(p  ,  ne  deriva 

V         'V 

ddy  cof.  cf  —  ddx  fen.  cp  =  Tdd(p  -f-  zdv  dp  •    Ora    effendofi    già 

.     .    ,,        —Rr'dt'kn.cp 
tro\ate  le  due  equazioni  ddy-=. ^ , 

—  Rr^dt^- co<^.^P   ^     .....      ,         .  ^      , 

ddx^=.  ^ ,  fé  li  moltiplica  la    prima  per   col.  cf)  la 

feconda  per  {<i.\-\.!p,  fottraendola  dalla  prima,  fi  ottiene 
ddy  cof.  (j)  —  ddx  fen.  ({:•:=  o  ;  e  quindi  'vddv  -I-  zdz'dp  =  o ,  e  quefta 
moltiplicata  per 7^,  ed  integrata  diventa  z-d4.=:c-dt,  ellendo 
e'  una  collante  arbitraria.  Prcfo  poi  di  qui  il  valore 

Aaa 


37°  Sopra    la    forza 

dt'z=- — ^  ,  e  furrogato  nell'  equazione  {  A  )  nafce 

ddv  —  Vd<p^  z= = porto  b—  —  .  Dun- 

que  (  bv  —  v^  )  d<p^=bddv  ,  oppure  d(p' = Per  in- 

vib-v) 

tegrale  di  queft'  ultima  equazione  fi  prenda — =:Td<p  , 

efTendo  T  una  funzione  variabile  da  definirli  ;  e  il  differenzia- 

,     ,    ,       bddv  bdv''  bdv'- 

le  farà  -^_-  __ .+    7^        =Tddcp^dTd^.  Sic- 

V{b~v)     V\b-v)       V{b  —  Tjy  ' 

come  pertanto  fi  è  trovato  'vdd'p'^idvd(p=xo ,  cioè 

ddcpzz:. ,  fé  fi  foltituifce  quefto  valore  nell'  equazio- 

^      ,.   .  bddv  bdv^  bdv'' 

ne  precedente,  efl^a  diviene ,-4 _ 

Z'ib-v)       u^{b-v)     V{b  —  vy 
—  zTdvdip 

■  -f-  dTd^  ,  ed  in  quefta  foftituendo  il  valore    af- 


V 

j.   ^  ,  bdv        ^         .  bddv  bdv'         bdv^ 

funto  di  Td(pz=: ),  fi  ottiene- -i-      

v(b~v  v{b  —  v)      z>\b-v)  V[b-vy 

—  zbdv"-  bddv     ,       bdv^  bdv'- 

= r— -  ^-+-dTd(p,  ovvero — , --l ; -.-j • 

V'(b-v)  V[b-v)  '  V'(b-v)      v{b  —  vy 

bddv  b^dv"-  ,^     ^   ,  bddv 

=  —, ,4— v=dTd<p.  Ma  fi  e  trovato 

V{b--V)    '  v'(b  —  vy  V[b  —  V) 

b^dv^ 
=  dp\  e. z=T'd(b\    Dunque  d(b' 4-T'd<p'=^dTd^  , 

v'(b-vy  .        ^  ; 

e  quindi  </$=—-——;  e  quefta  equazione  integrata  dà 

are.  tang.  T  =  (^  4- /3  ,  prefo  per  /3  un  angolo  coftante  da  deter- 
niinarfi.  Da  queft' integrale  fi  deduce  fubito  T  =  tang.  (/3 +  <|)  ) 

e  id(p  =  a(p  tang.  (  /3  -4-  *  )  = =  — ■  -J ,  e  nuo- 

v(b  —  v)       V        b  ~'V 

vamente  integrando  nafce  finalmente  —  log.  cos.  ((ì-\-(f') 
=  log.v~log.(b  —  v)-]-log.  e,  ovveramente  log.  e -j- ^^s- 


Centrijuga.  571 

COS.  (  a  ~j- Iti  )  =  log.  (  b  —  z>)  —  log.  z;  .  Dunque  per  ultimo 
paflando  dai  logaritmi  ai  numeri  ,  rifulta  e  coC.  (  ft -\- rp ) 

b  —  V  ,  b  .. 

= ,  e  conleguentemente  v=- ; .Ora 

-v  I  +f  COS.  (/3-f-(|)) 

quella  equazione  al  raggio  vettore  della  trajettoria  ricercata 
appartiene  notoriamente  ad  una  Sezione  Conica  di  cui  il  pun- 
to P  è  il  fuoco  ,  b  il  femiparametro  dell'  affé  principale,  e 
V  eccentricità  offia  la  diftanza  tra  il  centro  e  il  fuoco  divifa 
pel  femialle  principale  ,  ed  e  rifpettivamente  una  parabola  ,  un* 
ellilfe  ,  o  un'  iperbola  fecondo  i  tre  cali  ,  1°,  di  £•=  i  ,  2*. 
di  e  <  I  ,  3°.  di  t?  >  I  .  Il  che  era  ecc. 

70.  Rimane  ora  a  determinare  il  precifo  valore  delle  co- 

Ihuiti  arbitrarie  e',  /3 ,  e  introdotte  nelle  integrazioni .  A  tal 

efkttOjii  chiami  ?(-  la  velocità  del  mobile  nel  punto  M,e  ds 

ds 
r  archetto  Mm,  ficchè  fia  «=  -T-;e  fi  fupponga,che  il  cor- 

dt 

pò  da  principio  fia  flato  lanciato  dal  punto  dato  §i  poflo  ad 
una  diftanza  nota  /  dal  centro  P  della  forza  con  una  velo- 
cità iniziale  o  di  projezione  =  ^ ,  e  che  quivi  l'angolo  fatto 
dal  raggio  vettore  /  colla  direzione  della  proiezione,  o  colla 
tangente  della  curva  fìa  =  a  .  Con  ciò  è  manifeflo  ,   che  nel 

ri  Ci 

punto  iniziale   ^  fi  ha  -—    =  fen.  « ,  ds-=z  — :—  ;  ed    inol- 

ds  fen.  a 

ds  fdp  dp       ^kn.a      -_     ^  , 

tre  u  =  ■--=.—: =:^,onde— —  = ;; —  Ma  fi  e  tro- 

dt      dtkn.x  dt  j 

vato  c'z=~ — ;  dunque  foflituendo  i  valori  di  Z''=/%edi 

dp      bkn.  a  . 

T  = 7; — fi  ottiene  la  ricercata  collante  c'  =  rafen.a. 

dt  f 

71.  Per  ritrovare  l'altra  cofiante  /? ,  ofTervo,  che  l'equa- 
zione differenziale  Tdp-= — dàT= ^,  dove 

V(b-v)  V{b  —  V)dp 

'Vd<p         . 

—j—  efprime  la  tangente  dell'  angolo  fatto  dal  raggio  vettore 

coir  elemento  della  curva  ,  ovvero  colla  fua  tangente ,  ficchè 

A  a  a    ij 


37^  Sopra    la   Forza 

nel  punto  iniziale  g  diviene   — —  =  tang.  a,Z'r=/,  e  confe- 

guentemente  T= .  Laonde  are.  tang.  T 

(^-/Jtang.a 

/  b 

=  arc.    tang,  (  — ^ == /?  +  (;).  Se  pertanto   nel  det- 

(y— /Jtang.a       '     i    ^         ^ 

to  punto  ^  r  angolo  (p  diventa  uguale   ad  un  angolo  noto  A  , 

ne  deriva  il  valore  ricercato  di  /S  =  are.  tang.  ^ r- ì 

A                        e            ^                           \    ,           b  tati;?.  A   ^ 
—  £i  =  are.  tang.  (  - — -^ tang. /iijtr  i  +^, — -~ ) 

=  are.  tang.  ( — — 2 —  ) 

^  \{h  ~-f)  tang.  «  -j-  ^  tang.  l:ì  ^ 

72.  Per  ciò  che  riguarda  1'  eccentricità  e  ,  effendoll  tro- 
vata r  equazione  della  traiettoria  v= 7 Que- 

b  —  Tj  V 

fta  fomminiftra  e= :: ■  -,    e  pero  ,  diventando  nel 

punto  iniziale  gj.  della  curva  xr^/,    (^■=^C\  ,    nafee 
e=z(b — /)  :(/eof.(/S +  ^)). Siccome  poi  li  è  trovato  /S  +  A 

/         ^  ^ 

=  arc  (ee  ^  V(^lJl^-m!!^lLf3  )      '-■;>;  .'r-^';-:"'^  '  "" 
^  (^—/)  tang.  a  ^  *,  •  ■ 

=  arc.cof.(    .,,f    ~7     ru""'""     -^)•'  ^  ^"^""^^  cof.(/S  +  A} 
.     .•,        ^\/(^'  +  (^'-/)   tang.a-)^      J^,  ^   .^ „ 

=    -TTi— -    .,    V.T-^ TX  :  nfulta  finalmente     •    i 

\/(&'  +  (£'-/)^tang.  «^) 

t/(^'-f  (^'-/)'tang.«-) 

/tang.  « 

73.  Per  indagare  prefentemente  i  \'arj  accidenti  del  moto 
per  la  traiettoria  già  ritrovata,  incomincio  ad  ofl'ervare,  che 
la  precedente  equazione  V''dp:=c'dt    li  riduce  alP  altra 


Centrituga.  373 

l _.=:-c'  ,  nella  quale  efTendo       v'eicp  uguale    ali'  ajuoia 

dt  z  i 

MPm  della  curva,  fi  vede  torto  il  rapporto  cofiante  dell'ele- 
mento dell'  area  all'  iftante,  in  cui  e  dcfcritto  ,  e  ciò  fucce- 
dendo  in  tutti  gì'  iftanti  d' un  dato  tempo  qualunque ,  ne  di- 
fcende  immediatamente  il  feguente 

TEOREMA    I. 

he  aree  compre  fé  da  due  raggi  vettori  e  dall'  arco  della  tra- 
iettoria fono  proporzionali  al  tempo  ,  cui  il  mobile  con  fuma  a 
percorrer  queir  arco. 

74.  Guidata  la  tangente  MO,  e  ad  efFa  la  normale  PO  = 
/> ,  è  cofa  evidente,  che  1'  ajuoia  PMm  ha    per  valore  tanto 

-  V'dp=-c'dt ,  aurino- pds;  e  però  fi  ha  c''dtz=.pds  .  Ma 
2  22 

ds  _  e- 

M=-  ,  ovvero  udtz=^ds.  Dunque    c^dtzz-pudt  ^  G{fiaz<=:-  ,c 
dt  .  P 

quindi  il 

T  E  O  R  E  M  A    II. 

"La  'velocita  del  mobile  in  qualunque  punto  della  traiettoria 
e  in  ragione  inverfa  della  normale  condotta  dal  fuoco  alla  tan- 
gente della  curva  in  quel  punto  . 

75.  L'  equazione  v^d(p  =  c'dt  dà  — =-^  .  Ora  -j— efpri- 

at     V  Oft 

me  la  velocità  angolare  del  mobile  ;  ne  viene  adunque  il 

TEOREMA    ITI. 

La  velocita  angolare  del  corpo  nella  traiettoria  feguita  la 
ragione  inverfa  del  quadrato  della  fua  dijianz.a  dal  centro  del- 
la forza ,  ovvero  del  fuoco  . 

76.  Per  determinare  poi  la  mifiira  precifa  della  velocità  n 
del  corpo  in  qualunque  punto  delia  curva,  fi  confideri  ,  che 


A  a  a     iij 


374  Sopra   LA   FORZA 

ir    A       .       ^^'       dx'^-irdy 

eliendo  u'  =  ~-= ; ,  fi  ha  per  la  differenziazione 

dt'  di'-  ^ 

,         dxddx-^djddy  .  ,  ,    ^   .  ddx 

uau= 3  e  poiché  fi  e  trovato     ,- 

dt'  '       ^  dt' 

—  Rr'cof.  $      dd/       — R>-'fen.  cp     ^    ^        ,  .  ,.       , 

= ; 5  7  ,  =■ ; ,  le  fi  moltiphca  la  pri- 

v^  dt^  x;'  f  r 

ma  di  quede  equazioni  per  dx,  la  feconda  per  djf  ,   ne  deri- 

dxddx  4-  dyddj  ,         —  Rr^  (dxcoL(^-{-dykn.(ì)\ 

va ; ■  =  ndu  •=. ^ ■ — ' 

df-  .  ,  z;' 

= ; —  .  Laonde  integrando  \\  ottiene  u  ■=:. f-colr. 

V  °  x;       ' 

La  coftante  di  queft'  integrale    fi  ritrova    con  avvertire  ,  che 

quando  diviene  v=f,  la  velocità  u   fi  cangia  nella  velocità 

iniziale    o  di  proiezione  /j  ,  il  che    dà  coft.  =/&' ^ —  :   e 

quindi  u' =  ò' —  iRr^  ^ )) .  Ed  ecco  il  -  :^ 

TEOREMA     IV. 

La  mifura   ajfoluta  della   velocità   del    mobile  in  qualunque- 
punto  della  traiettoria  e  uguale  all'  ejprejjione 

/(/.^-aRr^CJ:-^)). 

76.  Ritrovata  1'  efprefiìone  della  velocità  in  qualfivoglia 
punto  della  curva  ,  è  facile  ora  il  paflaggio  a  determinare 
que'  punti,  ne'  quali  la  velocità  del  mobile  è  la  majfima  ,  o 
la  minima  di  tutte  le  altre.  Bafia  uguagliare  a  zero  il  diffe- 
renziale della  detta  efpreflìone  ,  e  da  ciò  deriva 

—  Rr'dv 

d./(^,^-.R.-r       l))= T^     =°'^'^- 

le   a  dire  —  ~z=:d.  -  =0.  Ma  già  fi  è  veduto  effèrc 


Centrifuga.  375 

7;:= .Per  confeguenza  farà<^.- 

I  -I-  e  cof.  (,3-f!f>)  °  V 

=  ^.(i:tl^^^^f̱^)=_,^,fen.C34-^)  =  o  •  Dal  che 
fi  deduce  tanto  (h~\-(pz=o,  quanto  /3-f-«t>  =  iSo".  Di  qui 

TEOREMA    V, 

ha  majfima  e  la  minima  udociù  del  mobile  nella  trajeita- 
ria  da  ejjo  per  cor  fa  corri  fpondono  alle  due  ejiremith  dell'  aj]e 
principale ,  ojjia  alle  due  affidi  ima  ,  e  [omma . 

77.  Se  un  altro  corpo  follecitato  verfo  il  punto  fifTo  Pda 
quella  fteila  forza  ,  che  accompagna  il  mobile  nella  traietto- 
ria ,  cafca  in  linea  retta  verfo  P  ,  e  giunto  ad  una  diftanza 
daP  , la  qual  iia  uguale  al  raggio  vettore  z; ,  acquilta  i\  i  una  ve- 

Iocità  =  ?/,  è  manifefto  che  farà  du'z=: ,  ed  eflendo  ii'dt 

.  ^     ,        —dv  '  — Kr^du 

=;  —  dX!  ^  cioè  rff= 5  nafcerà  ti'du'  :=^  ,  il  di  cui 

u'  XJ"- 

integrale  e  7/'  = f-cofl.  Perciò    fuppofto  ,  che    ad    una 

diftanza  nota  /  dal  centro  della    forza   la  velocità    u'  diventa 

uguale  ad  una  velocità  data  h\{\  deduce  coft.  ='/6=  — -^—  , 

e  confeguentemente  '//'  =  '/5' — iRr^  ( ),  ed 


li -y/ (^h^ -  ìKy  (^-  —  -)).    Da  ciò  apparifce  u"  =  u 


allorché 
h'  z=:ih,  ^•ale  a  dire  il 

TEOREMA     VI. 


Il  mobile  ha  in  ogni  punto  della  [uà  trajettoria  quella  t!  elo- 
dia che  arerebbe  un  altro  corpo  il  quale  fi  trwajje  alla  flejfia  di- 
ftaiix.a  dal  centro  della  forna ,  verfo  cui  aifcendejj'e  in  linea  ret- 
ta ,  jupponendo  femplicemente  ,  che  ejfo  abbia  avuto  una   volta 


J7<5  Sopra    LA    FORZA 

la  medeftma  velocita  del  primo  ad  uguale  dijìanna  dal  centro. 

yS.  Fingali  ora  ,  che  il  mobile  dal  punto  della  traietto- 
ria ,  in  cui  il  trova  ,  cafchi  lungo  il  raggio  vettore  verfo  il 
centro  della  forza,  e  venga  follecitato  dalla  fteffa  forza  cen- 
tripeta ,  la  quale  però  rimanga  colknte  per  tutta  la  caduta  : 
in  quello  fuppoflo  fi  fcorge  chiaramente  che  chiamato  z,  lo 
fpazio  dcfcntto  dal  corpo  nella  caduta  lungo  il  raggio  vetto- 
re V  verfo  il  centro,//'  la  velocità  da  elTo  acquiftata  alla  fi- 

Rr'dz. 
ns  di  tale  fnazio  ,  lì  ricava  l'equazione  u"du"z=:  - — —  ,eme- 

v' 

zRr^z 
diante  l'integrazione    — p-  — k"'  fenza  coftantc  da  aggiunger- 
li, giacché  lì  annullano  infieme  2,,ed  «'.Se  pertanto  ii  fup- 
pone  che  la  velocità  ?/'  acquiftata  dal  mobile  nella  caduta  ti» 
uguale  alla  velocità  u  del  medelìmo    nella  trajettoria  ,  tìcco- 

c'  e*       iBjt'z. 

me  !{=:-,  farà  parimente  //"  =—  =  ,  ed  efiendo  e*  =  Rr'h , 

P  p'  V' 

2X       6  '-bv'     ^.       .         .         ^ 

ne  vjene  —  =-  ,  ovvero  z=; .  Di  qui        m  .-  ,\-^ 

V'-      p'-  p'  ^  . 

'■    '      -   -■'         TEOREMA    VII.  '      ^^' 

Cafcando  verfo  il  centro  della  forx.a  da  qualunque  punto  del- 
la trajettoria  il  mobile  follecitato  dalla  forz.a  centrale  corrif- 
pondente  al  detto  punto ,  la  quale  però  rimanga  cofìante  per  tut- 
ta la  caduta ,  acquifìa  la  velocità ,  che  effo  aveva  in  quel  pun- 
to della  curva ,  dopo  efjìr  caduto  per  uno  fpax.io ,  che  è  quarto 
proporz^ionale  al  quadrato  della  normale  condotta  dal  centro  del- 
la forxa  fulla  tangente  della  trajettoria  nel  mentovato  punto , 
al  quadrato  del  raggio  vettore ,  ed  alla  quarta  parte  del  para- 
7netro  dell'  ajfe  principale. 

79.  Cada  ora  lo  ftefTo  corpo  verfo  il  centro  della  forza 
lungo  il  raggio  vettore,  e  lì  fupponga,  che  la  forza  non  ri- 
manga più  coftante  come  nel  Teor.  prec.  ;  ma  vari!  durante 
la  caduta  in   ragione  inverfa    del  quadrato  della    diftanza  dal 

centro  .  In  quefta  ipotefi  efTendo^ -la  forza  centripeta  nel 

principio 


Centrifuga.  377 

principio  della  caduta  ,  farà  e(Ta ,  fcorfo  lo  fpazio  2, ,  ovvero 

Rr' 

alla  diftanza  v  —  2-  dal  centro,  efprefla  da— .  Laon- 

^  (V  —  2:)' 

de  nominando  ?<"  la  velocità  acquiftata  nel  cadere  per  lo  fpa- 

-        .        Rr'dz,                                 .   .                    2Rr' 
ZIO  z,  il  ottiene =:u  du\  il  di  cui  integrale  e    

(V — z.y  °  -v-z. 

z^iti'"''  ~\~co{\.  E  poiché  li''  e  z,  fvanifcono  inficine,  proviene 

2  Ry  '                                                                  II 
cefi.  = ;  e  confeguenteniente  u"^r=z2Rr-( ) 

iRr^z.  e' 

.    Perlochè  fupponcndo  u'z=:u-=-,  cioè 


u 


ni  2 


v{v  —  Z.)  ^^  p 

e'      Rr'b  .    .  22:  b 


ne  deriva- ■■ — — —  =  — ;  e  quindi 


P         p"  (V  —  z,)v       p^ 

bv^  bv 

2:  = ■ —  =  ■ Dunque  il 

2/)"  4-  bv  2/)'  ^ 


TEOREMA    Vili. 

Un  corpo ,  chi  da  qualunque  punto  della  fua  trajettorìa  cade 
lungo  il  raggio  -vettore  z'erfo  il  centro  della  forza  ,  e  ziene 
follecitato  durante  la  fua  caduta  dalla  fìeffa  forza  variante  in 
ragione  duplicata  inverfa  della  dijìanza  dal  centro ,  acquifta  la 
Jiejfa  velocità,  che  compete  al  detto  punto  della  traiettoria  do- 
po aver  tra  fcorfo  uno  fpax.io ,  il  quale  fi  ha.  fé  dopo  aver  pre- 
fa  una  terza  proporzionale  al  raggio  vettore ,  e  alla  normale  fi 
piglia  una  quarta  proporzionale  al  doppio  di  quella  congiunto 
col  femiparaiiietro  ,  allo  ficffo  femiparametro  ed  al  raggio  vet- 
tore. 

80.  Per  ciò  chefpetta  al  tempo  impiegato  dal  mobile  a  cor- 
rere per  un  arco  qualunque  g^M  della  traiettoria  ,  balìa  ricorre- 

,,     ^         ,     ,        v'd^  v'dj>  iPMm 

re  alla  formolartr=  = =_ ,  dalla  qua- 

c'  hfkn.  X  hfkn.  x 

ì§,PM 

le  mediante   l' integrazione  fi  ricava  t  =z   —, fenza  coftan- 

hj-  len.  X 

te  perchè  fi  annullano  infieme  t,  e  P§_M . 

Bbb 


jyS  Sopra    la    forza 

8i.     Se  fi  vuole  l'efpreflìone  del  tempo  indipendentemente 

dall'  aja  ^PAl,fi  foftituifca  nell'equazione  dtz=^     ^     il  valo- 

^'  d<p 

re  dianzi  trovato  di  x»' ,  e  fi  avrà  dt  =  —  . 


è'    /•  d<p 

onde  integrando  nafcerà  t=  ^  1  — ; ; r  ,  ^   , Tv;"  * 

^  c^J       (i4-ecor.(/3-}-ct,))^ 

Per  ritrovare  il  valore  di  quefta  efprcdione  integrale  io  aflu- 

^  dp  Mkn((ì  +  (p) 

mo  quefla  equazione  /  >-— ^r-— — -r;  = -r-— — ■ — ■ 

y  (  I  +  e  cof.  (iì+^)y        I  +  e  cof.  (lì  -j-  <p) 

J_  A7  C '■ — ,  dalla  quale  mediante  la  difle- 

^       J        I-f-fCOf.(|i  +  <f)  ^        . 

renziazione  ritraggo 

]\/Mj)Cof.(/3  4-(|))(  i+e  coL((i~\-^))-\-Med(f)kn.((ì -]-((>)' 

1  -\~e  col".  (  [i-}-(p)  • 

=  (  riducendo  allo  fleflb  denomi- 


'  i-^eco(.(ii-{-<p) 

natore  ) 
Md-p  coi.  (  /3  --f-  0  )  4-  Ndp  -j-  Ned<p  cof;  (  /3  -[-  if  )  -|-  Med^ 


—  .  Laon- 


(i+fcof.(/3  +  ^);^       • 

àc  farà  . . .  ! 

Mi^  cof.  (  /3  -)-  (p  )  4-  M^(^  '     ■ 

-..  ■     '  .  -|-  Ncdp  cof.  (  (3  -|-  (p  )  -j-  -?^'^<l>  =  °  ■ 

1 
Di  qui  fi  raccoglie  M=  —  Nf,N — Nc''—i,N= 


I— (?' 


M  =  - ■.  Con  ciò  diventa 

I  — (?' 

b'ekiì.((ì  +  <p) 


"  c\i—e')(^\'^ecoL{(h  +  'p)) 
4.  ,   r _L___  .Ridotta  per  tal  modo  l'integrazio- 

ne  a  non  dipendere  fé  non  dalla  formola  J  __—-——-—  , 


Centrifuga.  379 

per  confcgiiire  il  valore  di  quefb  pongo  cof.  ((i-\~(p) 

=  — ^ — .;  e  però  fen.  (Iì  +  q>)=z=  —  ,    d(p  coù  (  (i  +  <p  ) 

i-i-x'-  i+x'- 

zdx(i — XX  )        ,             zdx  V       ,  r 

—  ,  d(p=  — j— .àicchè  fi  avrà  I -}^f  col. 


(i-\-xxy  i~\-xx 

I  -\~ e-\-(  1  —  e) XX 

j ;  e 

I  ~\~xx 

dp  ^  rdx 


.  I  -|- f -}- (  I  —  e) XX 

(/5 -+-'?>)  =   1 ;  e  quindi 

I  -^-xx  ^ 


I -j-ccof.(/S4->$)      ~~  J       1 


.    Ora 

^_^_j-(  1  ~-e)xx 

/xdx 
— ■ — foggiace  alle  no- 
I  — r-  C  —r—  (  I  —  (jXX 

te  regole  d'  integrazione  delle  frazioni  razionali  ,  e  tre  fono 
i  cali  che  poffono  occorrere . 


Caso         I. 
e  <   I 

zdx 


...  i 


+  e  +  (i—  e)xx- 


Sz.     In  quello  cafo  diventa    /  - 
.      ^       r  dx 2        )  .  I  +e  s 


^  1  -l-c"^ 


I  4-  f  ìxx 


^^■+. 


f 


dxyj{    -) 

r  -r  ( )  XX 


are.  ta 


+  • 


^:,v/(LZ:i^-ig±l)):,tang.i(.  +  cr)=.  ^^"-^^^^^     , 

j    •     t                            /     (i  —  e)x   >. 
ed    inoltre  2.arc.  tane,  f   —, ) 

'  Bbb    ij 


380  Sopra   la   Forza 

/i(i—e)x:\/(i—e')^ 
=  are.  tang.  (  -i )Ll ^  ) 

^  (i—eyxx       ' 


=  are.  tang.  ( — ^-^ :  )  =  are  tang.  — J^-^ --' 

^i — e'  —  (i — e^)xx^  i<-e-(i-e)xx 

'            ,                    2fen.(/S  +  (j))\/(i — e)  X 

=  are.  tang.  {  — — ^^     ^  >  v  ^ .  / — ^  \ 

=  are.  tang.  ( ^-^ — ZL\-1 ^  ) ,  Dunque  fi  avrà 

<''(!— Oy  'i  +  e  cof.  (/9  +  (j))       c^(i  -e'y-''^ 

,fen.(/3+(|))/(i-e'). 

g.  ( -r-^ )  e  per  confeguenza 

°  ^       e  +  cof.  (/S  +  O))       J       i'        .       & 


are.  tan_  . 


c'(i  — ^')(i  +ecof.  (/S4-(|>))      c'(i  — ^'j^  ' 

arc.tang.C^^^±.^^±#-^^^^)4-coft.  Sicché  fuppofto,  che 

nel  punto  ^  ,    da  cui  fi  vuol  cominciare  a  contare   il  tem- 

r         '           A-       .                 Z>Vien.  (/3+^) 
pò,  ila  $=<?,  fi  avrà  per  fine  /  = -r—- — r^ 

^Vfen.C/3  +  $)  ^'^ 

£•'(1— eV(i+ccof.(/3  +  cp))~'c^(i  —  e^)'^  '"^       ^   ,.;•.. 


are. 


fen.(/3+<?)\/(i-.f=). 


e  +  cof.  (^4-^)        ^  .  *  V     1 


'  ^^'0       '  Caso         II..         "'    •':;.'  /\/ •  / 

f  >  I  :     j  . 

^dx 
83.  In  quedo  fecondo  cafo  fi  fcnve 


I  +  e  +  (  i  —  e)xx 


Centrifuga.  3^1 

2dx  -icix:  (  1  +  g) 

^^  i+e-(e—i)xx~~         (e -  i)xx 

e+i  ■ 
2dx:(i+e)  dx:(i  +e) 

dx:{  i  +e)        _  .  ,     ^ 

-U .  Dunque  integrando  lì  avrà 

e  —  I 

J   i+e  +  [i-^)xx       j/(e'— I)     ^^      '        '^e+i' 

'.^^lo^.(\^l±2l±^ll^l^.),  e  fomtuito  per  x 

/i — cof.  (/3  +  <j))  .       /-•  i^X' 

il  fuo  valore  r/  — , — — — ^^ ,  nalce    /  ; ; —  = 

•^    i-\~QOÌ.{^^<p)  J  i-\-e-\-{i-e)XX 

I j^     v/fc:-i)/(i^cof.(/g^-t)))V(c'-i)V/(i-cof.(;gH-(?)))_ 

(moltiplicando  fopra  e  fotto  pel  numeratore) 

t  ,       g  +  cof.  ($  +  ^)^-  fen.  (/g  f-  0)  /(e'  -  i)      p^^^^^ 

V(e'  — 0  i+ecof.(/Sf  cp) 

^Vfen.(^  +  c};) 
che  nalce  tz=. -— 

b^  e  +  cof.  r^ +({))  + fen.  r/S  +  (i))/(^'-i)         ^ 

'    c\i—e'j'-^-  I  +  e  cof.  (/3  4- (p) 

Siccome  poi  fvanifce  t  allorché  (j)=^,  perciò  ne  deriva 

^^^  __  ^'gfen.(/3+^)    

*^°  "~cXi— ^')(i+^cof-(/S4-^)) 

^  ^'         lo^  ^  +  cof.  (/g  -f  ^)  4-  fen.  ((5  +^)  V^Ce'  —  i  ) 

Bbb     iij 


3^~  SOPRALAFORZA 

Dunque  fiirrogato  qucfto    valore  nell'  efpreffione    di  t  ,  nafcc 

tìnalmente   .=  -Ì!^  (  J^^L^^+É. ^"^•^^  +  ^>     ) 

c'(  1  -  e')     I  +  e  cof.  (lì  +  g)       i  i-  e  cof.  ([i  +  <p) 

_j ^_  _  j^     f  +  cof.  (f3  -i-  ({))  +  kn.jlì  ^-  (^)\/fc'  -  0 

~^  c'(i-  e'y-'  °^'  I  +  e  cof.  (,3  +  cp) 

_  __^1__1     . g  +  cof.  (/3+^)  +  fen.  (/3  +^)  /(g'  -  i) 
Caso         III-  ,       f 


84,  QLieft'  ultimo  cafo  non  può  trattarli  col  metodo  pre- 
cedente ,  come  apparifce  dal  valore  infinito  che  acquiltano  i 
coefficienti  indeterminati  M,  N.  Siccome  però 

1  -\~ coi  ( /3 -{- <p )  =  2  cof  -(0-\~(p)\  cosi  farà      ■  •  ■  ' ■ 

2 


-  .  tacendo   pertanto  -/S-j--  ^ 


e  perciò  6f:t)=2rfa)  ,  nafcef=:  —  /    ,  Ma  per  le   note 

ic-J   cof.  W* 

regole  d'  integrazione  de'  monomj  trigonometrici  fi  ha 

du)  I     fen.  w        2    fen.  w       fen.  «(14-2  cof  m'  )        ""  • 


/; 


-  +  -.--  = 


cof  «■*       5    cof  «^        3    cof  «  3  cof  «' 

Dunque  foftituendo  ne  verrà 

,  _  ^  .  ffil^/3:!lÌl(  x+_^_^ì(/S+^).   ,   ,oft.  La 

2C'  C0f.4:(^4-cj))' 

coftanre  fi  determina  ,  come  dianzi ,  con  ofTervarc  che  t  di- 
venta zero  allorché  (p  fi  cangia  in  ^;  ii  che  dà    cofh 

= . ^^ — ^    .     Perloche    n- 

^^'  cofi(^+^)'  ^       ._..,.„ 

fulta  ;=—   ^^"•T(/3  +  <t>)(i  +  2cof  l.(/3  +  ^j') 

2C'"  cof  i  (|S -f  $  j  ' 


Centrifuga.  585 

_^  b^  fen.l(/3+^)(  M-  2jCof.  \  ^  /3^|J^) 

85.     Si  può  altrimenti    ritrovare   il  valore  di  t  in    quello 
cafo  con  far  ufo  della  già  praticata  foflituzione  di 

cof.  (  jS  4- cf)  )  = ;  poiché  fi  avrà  dLz=. ,  ed 

i  +x^     '■  i-\-xx 

i-|-cof.(^  4- (!>;=:  — ; ,  e  perciò  ; —^ -r 

1     ,  r  r  d<p  I 

=:  -  dx(  1  +xx) .  Laonde    /  ,■ ^  =  -  x 

^  J  (i+cof.(yS-fcp))'        2 

I  fen.(^-fcf))  fen-C/S  +  cp)' 

-4-  -  a;'  1=  -— ;: r  H — v    -j-  coit. 

6  2(i  +  cof.(/3-f^))      6(i-|-cof.(/S  +  (^;)' 

_        fen.(a)  +  /g)  fen.(;8-Kp)(i-cof.(/g^-(p)')  ^ 

~2(i +cof.  (/9  +  '4>;)  6(i +cof.  (/S4-(j)))^ 

fen^/S  +  cfJ fen.(/3  +  'ì')(  i-cof.(/3+cf)) 

'~2(i+cof.(/3 +  $))"'"        6(  i+cof.  (/S  +  cf)))^        -t-co  . 

fen.(/S4-(I>)(2  +  cof.(/S-h(|)))  ^^    r>,  ,-    .     • 

=: — ■ . ^  ^ ^-4- coir.  JJa  ciò  li  ricava 

3(i  +  cof  (^  +  t))'         ^ 
d^ 


cV  l'i , 

'/^-Umì  (  ■>  -l_  rnf  l'/fl  .1.  tA  \ 

■\~  cefi.  ;  ed  eflendo 


(i4-cof.(,3  +  cf>))^ 

__£_    fcn.03  +  (|')(2-f  cof.  (/3-f-:p)) 
3<:='  (  I  +  cof.  (/S -+- (f'}  )' 

-^ft              ^'"     ^cn.03+^;(2+cof.f/3+^))     ^  ^    ,        e 

coir.  = .  ; ^^- r <■  ,  fé  ne  deduce  fi- 

b^     fen.f/S-i-(f)(2  +  cof.(/3  +  (j))  ) 

nalmente  t  =  —  . 

3C"  (1 +cof.(/e4-.4>)  )^ 

b'     fen.(/g+^)(2  +  cof.(/S+^))    ,  ,    .     ^ 
. ;^ ,  la  qual  elpreflione ,  per 

efTere  i  -f  cof.  (/3  +  ij;)  =  2  cof.  -  (  /3  +  $  )' ,  e  fen.  (/S  4-  (j>  ) 


384  Sopra   la   forza 

=  2  fen.  -  ( /S -f- $  )  cof.  -  (/3 -I- (^)  ,  equivale  manifeftamente  alla 

b'     fen.^(/S  +  cD)(n-2cof.i(^  +  cp)^) 
precedente  —  . 

2C'  ■  cof.  1  (,<3  +^)^ 

i  Scolio. 

D<z  ciggìnngafi  dopo  il  $.53  ^/j"//^  Memoria  precedente. 

Ne'  feguenti  Corollari  vengono  dimoftrati  i  Teoremi  da  me 
propofti  nel  I.  Volume  degli  Atti  della  noftra  Società  fopra  la 
difcefct  de'  Corpi  per  la  conveffìtà  delle  Curve .  Il  celebre  Sig. 
Abb.  Friji  nel  fecondo  tomo  delle  lue  Opere  ftampate  in  Mi- 
lano esponendo  alcuni  di  quefti  miei  Teoremi  fa  avvertire 
pag.  115.  una  difcrepanza  notabile  fra  le  formole  ,  che  egli 
ottiene  col  fuo  metodo  di  dimoftrare  ,  ed  i  miei  rifultati  . 
Ma  una  tal  difcrepanza  deriva  dal  principio  da  eflb  quivi 
adottato, che  la  mifura  afToluta  della  forza  centrifuga  ila  una 
lineetta  terza  proporzionale  al  diametro  del  cerchio  ofculato- 
re ,  e  all'  archetto  della' curva  deferirlo  in  un  dato  iftante  ; 
laddove  all'  oppollo  egli  è  incontraftabile ,  che  per  confegui- 
re  la  vera  mifura  della  forza  centrifuga  convien  fempre  pi- 
gliare una  terza  proporzionale  ,  non  al  diametro  del  cerchio 
ofculatore ,  ma  al  femidiametro  ,e  poi  all'  archetto  della  cur- 
va, che  è  quanto  dire  una  lineetta  doppia  di  quella, che  dal 
Ch.  Sig.  Abb.  Frifi  viene  propoila.  In  tatti  o  vuoili  conce- 
pire la  curva  come  poligona  infinitiiatera  ,  e  però  1'  azione 
della  forza  centrifuga  non  rigorofamente  continua ,  ma  inter- 
rotta da  un  iftante  all'  altro  ;  o  lì  vuole  immaginare  la  cur- 
va come  rigorofa  ,  e  quindi  continua  1'  azione  della  forza 
centrifuga  fenza  alcuna  interruzione  neppure  iftantanea  . 
Nel  primo  fuppoffo  la  mifura  della  forza  centrifuga  è  1'  im- 
pulfo  iftantaneo,  che  fa  percorrere  al  corpo  la  lineetta  com- 
prefa  fra  V  eftremità  del  latercolo  prolungato  della  curva  e 
r  eftremità  del  latercolo  contiguo,  e  quefta  Imeetta  nel  pre- 
fente  fuppofto  è  viabilmente  terza  proporzionale  al  femidia- 
metro 


Centrifuga.  3S5 

metro  del  cerchio  ofculacore  ,  e  all'  archetto  .  Nella  feconda 
ipotelì  della  curva  rigorofa  ,  e  dell'  azione  continua  della 
forza  centrifuga ,  la  quale  in  conleguenza  non  opera  per  im- 
pulli  iftantanei,  ma  con  matematica  continuità,  la  lineetta  com- 
prefa  fra  le  eftremità  della  tangente  della  curva  e  dell'  ar- 
chetto è  bensì  terza  proporzionale  al  diametro  del  cerchio 
ofculatore ,  e  all'  archetto;  ma  tal  lineetta  non  può  pili  pren- 
derli per  mifura  totale  della  forza  centrifuga  .  Imperciocché 
ella  viene  defcritta  in  virtìi  della  forza  centrifuga  ,  e  della 
fua  azione  continua  e  invariata  pel  dato  ifhmte  con  moto  e- 
quabilmente  accelerato,  e  perciò  non  ella  linea  femplicemen- 
te,ma  il  doppio  di  lei  dee  rapprefentare  l'effetto  intero  del- 
la forza  centrifuga  in  quell'  iftante  ,  cioè  la  velocità  genera- 
ta dalla  forza  nella  durata  dell'  ilhuite  .  Confeguentemente  an- 
che nel  fecondo  fuppoflo  la  mifura  totale  e  allbluta  della  for- 
za centrifuga  è  indubitatamente  il  doppio  di  quella,  che  dal 
Ch.  Sig.  Abb.  Fvifi  viene  allegnata. 

Dopo  ciò  farebbe  inutile  ,  che  io  qui  annoveraflì  a  quefto 
illuftre  Geometra  i  molti  e  grandi  afFurdi ,  che  derivano  dal 
kio  principio ,  effendo  perfuafo  ,  che  una  palleggerà  ritìedio- 
ne  full'  argomento  controverfo  baflerà  per  fargli  comprendere 
gì'  inconvenienti  del  fuo  ailunto. 


,/  it  ^1^    j.~;-'  •  •■;',ì;  Ì!^3--^> 


Tomo  11. 


Ccc 


386 


SOPIiA    LE    SEIilE 

Del  P.  Gregorio  Fontana  delle  Scuole  Pie  Pubbli- 
co Profeflbre  delle  Matematiche  fuperiori  nella  R.  Univer- 
fità  di  Pavia. 

A  R  T  I  C  O  L  O    I. 

Deir  ufo  del  Calcolo  Integrale  delle  equax.ioni   lineari  per 
fommare  alcune  ferie  trafcendenti . 

I  Moderni  Analisi  fi  fono  a  gara  efercitati  nel  perfeziona- 
re ed  eftendcre  la  teoria  delle  equazioni  difièrenziali  li- 
neari ,  proponendo  varj  metodi  più  o  m.eno  femplici  e  gene- 
rali per  aflegnare  i  loro  integrali  completi  ;  ed  è  già  noto  , 
che  uno  de'  metodi  più  ingegnolt  per  confeguir  queft'  intento 
è  quello  di  afìùmere  un  integrale  particolare  ,  e  di  ricavarne 
pofcia  mediante  gli  artifizi  ^  ripieghi ,  che  1'  Analifi  fommi- 
niftra  ,  la  vera  forma  dell'  integrale  completo.  Supponendo  io 
noti  pertanto  i  fondamenti  di  queflo  ramo  di  Calcolo  Inte- 
grale mi  reftringo  nel  I.  Articolo  di  quefla  Memoria  a  mo- 
ftrar  1'  ufo  ,  che  quindi  può  trarfi  per  rinvenire  la  fomma  di 
alcune  ferie  trafcendenti,  alcune  delie  quali  affoggettate  agi' 
ingegnofi  metodi  di  Leon.  Eulero ,  e  del  Sig.  Cav.  Lorgna  eiig- 
gerebbero  per  fommarfi  una  lunga  e  tortuofa  complicazfone  di 
calcolo  ,  ed  ancor  dopo  queflo  prefenterebbero  rifultati  affai 
comporti  ,  e  bifognofi  di  nuove  riduzioni  e  di  nuovi  artifizi 
per  veflire  una  forma  femplice  ed  elegante:  hìddove  all'  oppo- 
i\o  mercè  V  applicazione  della  predetta  teoria  fi  giugne  fpe- 
ditamente  e  direttamente  alla  fomma  delle  ferie  propofie  ,  e 
quefla  fempre  {i  prefenta  fenza  1'  ajuto  di  nuovi  ripieghi  ana- 
litici fotto  il  più  femplice  afpetto ,  cui  la  natura  della  quifiio- 
ne  permetta . 


Sopra     le     Serie.  387 

PROBLEMA    I. 

X*  X  x" 

Sommare  la  ferie  i  4- 1 -4 

1.2.3.4       1.2. 3. .-.8       1.2.3....12 

x'* 

I l-ecc.  =  S 

1.2.3.4....16 

Soluzione. 

Si  prenda  il  difleren/iale ,  confiderando  x  come  variabile, e 

,  ,  x^dx   ,        x''dx  x^^dx 

dx  coltante  ,    e  farà -f-  — ■ 

1.2.3        1.2. 3. ...7       1.2. 3... .11 

x"dx 

4- \~ecc.  =  dS .  Di  nuovo  visììCi  il  fecondo  diffe- 

1.2. 3. .,.15    '  ^  ° 

renziale  ,  che  farà  -J 4-  -      

1.2  1.2. 3. ...6         1.2. 3... .10 

x^'^dx' 

-4- ^  +  ecc.  ^^^j".  Si  pigli  ancora  il  differenziale  ter- 

1.2. 3.... 14  ^^ 

xdx'  x'dx'  x^dx'      ,       x"dx' 

ZO    _| L    .J ^  -Jr  ecc.  z=:d'S.¥ i- 

I  1.2.3.4.5        I.2.3--9        1.2.3....13 

x^dx^         x^dx* 

nalmente  Ci  prenda  anche  il  quarto  dx*  4 4- 

^  ^  1.2.3.4       1.2. 3....8 

x'^dx'*  ,  ,.      ,        x'^       ,         x^ 

+  — — ^  +  ecc.  =  dx'  (  I  4 . 

1.2.3....12  '^      '    1.2.3.4       I-2-3-...8 

^" 
! .  ^ecc.  )=.Sdx*  =  d'^S .  Ma  quefla  equazione  dif- 

1.2. 3. ...12  ^  T  -1 

ferenziale  di  quart'  ordine  ,  contenendo  in  ciafcun  termine  la 
wiriabile  S,q  i  fuoi  diffèrenzia'li  alla  fola  prima  dimenfione, 
è  un'  equazione  lineare  ,  e  però  un  fuo  integrale  particolare 
farà  Jr^e"'*,  effendo  m  una  collante  indeterminata,  ed  e  il 
numero,  che  ha  per  logaritmo  naturale  1'  unità  .  Per  trova- 
re le  quattro  collanti  arbitarie,  che  devono  entrare  nell'  in- 
tegrale completo^  (i  dilTerenzj  1"  equazione  Jr^e'"",  e  fìa 
d^  =  mdxe'"%  e  novamente  ddS  =  m'dx'-e"'\d'S^m'dx'e""' , 

C  e  e     ij 


33S  Sopra     le     Serie. 

d^Sz=m^dx^e""'=-Sdx''z=e'"''dx^  .  Dunque  m'^=:i   ,  la  qual 
equazione    ha  per    radici ,   w  =  i  ,  m'  =  —  i  ,  w"  =  y  —  i  , 
m"  =. —  V  "~  ^  ■  Laonde  l'integrale  completo  farà  Sz=Ae""' 
^_5,^'»'>--_f-Cr"''4-De'"'%  effendo  ^  ,  5  ,  C  ,  -D ,  le  quattro 
coftanti  da  determinarli  nella  maniera  feguente  .  Ellendo 
S  =  /le?"  4-  Be-"  4-  Ce"  *^  -  •  -j-  Z).—  "  »^  -  "  =  Ae"  -{■-  Be'  " 
4-  e  (  cof.  X  -f-  fen.  .V.  ^  —  i  )  -f-  D  (  cof.  x  — •  fen.  x.  '^  j-  i  ) 
=  /^e''  +  Bt?-''4-(C+D  )  cof.;c-|-(C  — D)fen.x.  ^  — I  ; 
ed  anche  dovendo  ellere  per  la  natura  della  propofta  ferie 
j"=  I  ,  quand':v  =  o,  ne  viene. 

1°.  /44-B4-(C  +  D)  =  i  . 
Inoltre  ,  effendo  xr=o  ,  dev'  eflere  dS-=o,  e  quindi 
^IxAe"  —  dxBe-  "  —  (C  +  D)dx  fen.  x  +  (C-  D)dx  cof.  x.  \/-  i  ; 
e  dividendo  per  dx ,  e  fatto  x  =  o,  ii  ha 

2".  A  —  B-^(C  —  D}\/ -—i=o 
Parimenti,  quando  x=^o,  dev'  effere  ddS  =  o  •   dunque  dif- 
ferenziando il  valore  ora  ritrovato  dì  dS  ,  &  pofcia   dividen- 
do per  dx' ,  e  fatto  x  =  o ,  il  ha 

3-°  A-}-B—(C~{-D)  =  o 
Così  anche,  dovendo  ellère  d'S=io  ,  differenziando  il  valo- 
re di  ddS ,  e  divifo  poi  per  dx' ,  e  fatto  x=.o  ^    fi  ottiene 

4.°  A  — B  —  (C  —  D)\/  —  1=0 
Da  quefle  quattro  equazioni 

i.'  A~\-B-\-(C-^D)=i 

-      2.'  A—B^'iC  —  D}\/ —i=o 

3."  A-}-B  —  (C-^D)  =  o 

4.-  ^ — B — (C  —  D)\/  —  1=0  ;  fi  ha  fubito  Ibm- 
mando  la  2."  e  la  4.'',  2/I — 2^=0  ,  e  quindi  A  =  B  ;  e 
fommando  la   i.**  e  la  3."  fi  ottiene  2^4" --^  =  ' '>  '^"*^^ 

^=5=-.  Dalla  2.'  poi  fi  ha  C  =  D,  che  foftituito  nella 
4 

I  I  1 

3.'  dà  C=zDr=::-  .  Diuique  finalmente  S  =:  -  e"  ~{- -  e- " 
4  4  4 

-| (^cof.  X  -j- kn.  x\/  —  i)  4"  "  ('-'O^-  ^  —  ^'^'^-  ■''^-  V  —  0 

e"  4-1        I 
= }--cof.  .v.  Il  che  era  ecc. 

^e"  2 


Sopra     le     Serie.  3S9 

PROBLEMA     II. 

x'  X*  X* 

Sommare  la  ferie  i  -l-  —  -j j 

•'  '    1.2       1.2.3.4       1.2.3.4.5.6 

x*  x'" 

4- ! Uecc.  =  S. 

1.2. 3.. ..8        1,2. 3. ...IO 

Soluzione. 

„  .         ,„     xdx  ,   x^dx  x'dx 

Pre(ì  i  difTereniiali  fi  ottiene  dS= : \- ^ 

I      '    1.2.3        1.2.3.4.5 

,  x'dx  ,       x'dx  x'dx' 

4- }-ecc.  ;  daS  =  dx^-i 

1.2.3.4.5.6.7   '    1.2.3. ...9  '      1-2  . 

-\ -] [-  ecc.  =  dx'  (1-4 H 

1.2.3.4       1.2.3.4.5.6  ^      '    1.2   '    1.2.3.4 

x^ 

H 1-  ecc.  )  =  Sdx''  .    Sicché  farà  come  dianzi  I'  in- 

'     1.2. 3... 6   '  ^ 

tegrale  particolare  dell'  equazione  lineare  di  fecond'  ordine 

ddS  =  Sdx'  efpreflTo  da  S^Ae'""  ;  onde  dS  =  Amdxc^''  , 

ddS=^Am'dx''e'"'=:iAe'"''dx^;  e  quindi  ;w' =  i  ,  ed  w=:  i  , 

w'  =  — I  .    Laonde  S  =l Ae" -\- Be- "    è  l'integrale    completo 

di  detta  equazione  .    Ma  quando  .t=:o  ,    diventa  J'  =  /i-{- 

B=i,    — =o=/i  —  B  ;    perciò  A  —  Bt=-  ;   e  però 
</.v  2 

1  I  e"  4-  I 

^yz^-f"-] — e^''= .  II  che  era  ecc. 

2  2  2^'  - 

PROBLEMA    IH. 

7'  7'  z"  z'^ 

Sommare  la  ferie   i  = 1 1 i 

•^  2.3   '   2. 3. ...7       2.3....11       2.3....15 

z" 

-1 l-ecc. 

2.3....19 


C  e  e    iij 


39°  Sopra     le     Serie. 

Soluzione. 

Piglifi  il  differenziale  quattro  volte ,  e  farà         -  -] — 

2.3         2. 3. ..7 

,     ^"dz.*    ,     z.''dz.'    , 

H \~ccc.  =  d*S=Sdz.*  .   Quindi    prefo 

2.3... II    '    2. 3. ..15  x^  r    ' 

S  =  Acm''-  per  integrale /(zmco/rfr^  dell'equazione  lineare 
d^S  =  Sdz,*,   lì  ottiene  ,  diftèrenziando ,  dS  =  Amdz.e'"'', 
ddS=:Am'dz.'e"'-,  d'S  =  Am'dz'e"'^-,  d'S=:Am'dz.'e'"^ 
=  Sdz.^  =  Adz.'e"'^  .    Perlochè  dividendo  per  Adz.'e"'' ,    fi  ha 
m^=2i ,  che  dà  quattro  radici  m=i  ,  m' =  -  1  ,  m"—\/-i, 
^'"  =  — \/  —  I.  Avremo  pertanto  l'integrale  completo  del- 
la predetta  equazione  efpreflo  da  Ae~  ^Be- "'--{- Ce~V^  -  ' 
-J-D^-"V^-"  =:S  .    Ora,    lìccome  allorché  z,  =  o  ,  nafce 

d^S 
S  =  o,  dS=o,  ddS=:o,  - — =1  ,  quindi  rifultano  le  fe- 

dz.^ 

guenti  equazioni 

1."  A-{~B-^C^Dz=o 

2."  A— B-\~C]J —i~~D\/ ^i=o-     . 

3."  A+-B  —  C  —  D=o 

j^^  A  —  B  —  C\/ —i~{-D\/^—i=-i 
Da  quefte  lì  ricavano  i  valori  delle  coftanti  arbitrarie  ;    im- 
perciocché    I.''-j-3.-'  =  2y4  4-2B  =  0   ;     2/-j-4.''  =  2^ iB 

=  1,  cioè  ^=:  — 5  =  -.  Parimenti   i."— 3/=  2C-J- 2-D  =  o; 

,4 
2."— '4-''  =  2C'/ —  I  —  iD^  —  1= — I,  vale  a  dire 

C=:  —  D=z .  Softituiti  quefl-i  valori  nell'  integra- 

4V/-I 

(,-          g-x          g~Y-  ■  ^-  -  r  -  « 

le  5  ne  deriva  S  z=^ • j- 


1 


4  4  4/-1  4'/ 
e'-  —  e-"  ^'       I 
fen.z..  Il  che  era  ecc. 


SopraleSerie.  391 

Scolio 

Si  arriva  a  quefla  ferie  nello  fciogliere  il  bel  Problema  Mec- 
canico, in  cui  ii  cerca  di  determinare  gli  accidenti  del  mo- 
to di  un  grave,  che  difcende  per  un  piano  inclinato  in  tan- 
to che  il  piano  fi  aggira  intorno  alla  linea  orizzontale ,  che 
ne   forma  la  fommità . 

PROBLEMA    IV. 


Sommare  la  ferie  i  -] •  -j \- 


v'f 


1.2.3.4.5  1.2. 3.... IO  1.2. 3.. ..IO 

+ 1-  ecc.  =  S . 

1.2. 3. .-.20 


V 


Soluzione. 

x^dx 


Mediante  la  differenziazione  nafcono  le  equazioni  </!=: 

1.2.3.4 

,       x^dx  x"^dx       ,        x^^dx      .  x^dx^ 

H -H -+- l-ecc.]ddSr= 

1.2.3....9       1.2. 3. ...14       1.2. 3. ...19  1.2.3 

x^dx''  x'^dx"^  x^^dx"^  x^dx' 

+ ?+ +- -,+  ecc.;^'J  = 

1.2.3....S       1.2. ...13   '    1.2.3....1S  '  1.2 

,     x''dx^         x"dx'      ,      x'''dx^  xdx*       x^dx* 

H ^-f H -fecc.;^*J'  = +  —    - 

1.2,... 7        1.2....12        1.2. .,.17  1  1.2. ...6 

,    x"dx'^  x''dx*      ,  x'dx'       x'°dx' 

H h 4-ecc.  ■,d'S  =  dx'^ -:-' 

1.2.. ..Il        1.2. ...16    '  1.2. ,..5      1.2... .10 

x"dx'                                         x^             x^° 
+ 4-  ^*^<^-  =  '""^^  (  I  4- -■- 

1.2... .15      '  '^  I.2....5  1.2. ...IO 

I  ^"  N  -  V  ■ 

+  — 4- ecc.) z=  Sdx' .  L'integrale  particolare  è  al  foli- 

I.2....15    '  ^  o  t 

to  S  =  /je""',  dal  che  fi  cava,  come   fopra   d'S :=  Am'dx'e'"" 
r=Sdx'  =:Ae""'dx'  ;  onde  m^-=zi.  Ora  V  equazione  w'  — 1  =  0 


39^                   SopraleS  e  R  I  E. 
ha  per  fattori  m  —  i  =  o  ,  w'  -j JL—  'm-\-  i  =o  , 

2 

w*  —  — ^  m-\-  I  z=o  ,  che  danno  mz=  i  ,m'  = *~ — 

2  4 

+  v/(:^'),."=-^'-V(-'±-^'). 

—  \/(~^"^^-^).  Dunque  ,  porto  7  ^  "^  V  ^n=-» ,  1'  inte- 
grale completo  della  equazione  lineare  d'S=S  dx^  farà  ^f""* 
+  Be'"'"  -;■  Ce'"""  +  De'"'""  +  Ee""'""  =  ^c-"  +  Be^'  _  v^  j)  x:4  +  «  y^  ».  v<-  » 

-j-EfC-'-  »^  j)*:4-v^  «.  ,r-.  ::=  Ae"  +  Be'^' -  y  '>•* 
(  cof  .V  \/«  4-  fen.  x\/n.\J  —\)-\-  Ce'-'  -  ^  '^"''^ 
(co{.x\/n  —  kn.x\/n.\/—i)-^De^-'-y'^''-'^     " 
(  cof.  x\/n-{-kn.x\/».\/—i)-\-Ee^-'-^'^'"'' 
(cof:xy/n  —  kiì.xi/n.\/  —  i  )=Ae''  +  (B'-{-C)e^'-^'^''-'X 
coCx\/n-}-(B  —  C)e(-'-^'^-'kn.x^n.\/  —  i 
'-{-(D-{-E)e<--'-V  n-.^cof.xx/n 
-\-(D  —  E  )e^-  '  -  »^  '>■■'*  fen.  at  j/».  y'  —  i  ,  cioè  porto 
B  +  C  =  F,B  — C  =  G,r>  +  E  =  H,D  — £  =  J,  nafcc 
S  =  Ae''~\-  Fé  ^'  -  v^0'':4  ^-of.  x\/n~[-  Ge^'  ~  V  ^>-^ 
fen.  X  yn.  y/  —  i  +  H^c-  >  -  v^  ^>-4  cof  x  yj n -^  le'-- '  -  v"  '^"'-^ 
kn.x'^n.y  —  I.  Si  ortervi  ora,  che  fatto  xz=.o,  diventa 

dS      ddS      d'S      d\S 
v3  =  i  ,-^=:--—  =  -;— = —  =0,  donde    fi   traggono    cm- 
dx      dx'-      dx'       dx'  ^^ 

que 


Sovra     le     Serie.  393 

que  equazioni  per  determinare  le  coftanti  arbitrarie  y^  ,  F  ,6^ , 
H,I.  In   fatti  in  tal   ipotefi  di  .v  =  o,  1'  equazione  J"=idà 
i'.  A~\-F-{~H=  i  .  Così  dS z=2  0  dà 

■^                                             -^  / 
Parimenti  ddS  =  o  dà  3°.  ^  -  -  F  +  C- —   \^ ».  V  —  i 

/  "^  ^ 

—  h/  ~  ''  -  —  J.  - — '~\i-n.\l — 1=0  .  Ma    lìccome   per 

4  2. 

ottenere  le  altre  due  equazioni  ,  che  refi-ano  ,  cioè  la  4.',  e 
la  5'.  il  calcolo  riefce  a(iai  lungo  e  tediolb ,  parmi  pili  elpc- 
■dientc  procedere  cos'i  :  Le  cinque  radici  dell'  equazione  , 

m'  —  i=;o  fono  I  ,<?-f/' V/ —  i  ,rt— i'y  —  I  ,/-|-^  V  ■  ' 
/-^  1/  -  I  ,  onde  r  integrale  completo  è  Ae"  +  Bc""  +  ''''^~  ' 

_j_  Q^„  _  u  v^  _  .  ^j_  p^/v,  +  g«  >^  _  •  _j_  £/h  +  ^»  ,^  -  .  _  Laonde 
fuppofto  .V  r=:  o  ,  fi  avranno  le  feguenti  equazioni 

3' Ai-  (.?+V  -  lyB  -.(«-V-  0'C+  ''/+V-0'-D+(/-<?V ■'^'■^  =  °  ' 

5".  j  f  (.'7  +  y  -  o's^  (^-^\/-irc-f/+V-o'-D+c/'-V-,i)'-E^=°  ' 

dalle  quali  li  otterranno  i  valori  delle  cinque  coftanti  arbitra- 
rie. Il  che  ecc 


Sommare  la  ferie  - —  4- 

i.z        1.2. 3. ...6    '    1.2. 3.. ..IO 

1.2.3. 


Tomo  IL  DdJ 


394  Sopra     lb     Sjerie. 

Soluzione. 


-..  ,-     ocdx         x^dx  x'dx  x'^dx 

Si  trova  aS= 1 + U —  -fece; 

I        1.2.3.4.5      1.2.3...9       1.2.3...13 

,,^        ,   ,    ,     x'^dx^    ,      x^dx""     ,      x'^dx'' 

ddS  =  dx  4 . U  ecc.  : 

1.2.3.4       1.2. 3... 8    '    1.2. 3. ..12    ' 

,  „      x^dx^    ,      xVx'  x"dx^ 

d'S=: }-- f-ecc;      ■•''"'- 

1.2.3        1.2. 3.. .7    '    1.2. 3. ...II    ' 

X'dx'*    ,       AT^^AT*  je'°^x* 

d'S  = H + 1-  ecc. 

1.2  i.2.3...(5        1.2. 3. ..IO 

=  dx*  (- 1 "—-  ~\ \~  ecc.  )  =  Sdx''  .    Ora  per 

^  1.2    '    1.2, 3.. .6    '    1.2... IO    '  ^  ^ 

r  indole  dell'  equazione  differenziale  lineare  di  quart' ordine 
d*S  =  Sdx* ,  lì  trova,  che  un  fuo  integrale  particolare  è 
S  =  Ae'"-^  ;    onde  dS=:Amdxe""'  ,    ddS  ■=  Am'dx'e""'  , 
d'Sz=.Am'dx'c""'  ,  d*S  —  Am''dx''e'"''z=.Sdx*=:Ae'"''dx*;  e  per- 
ciò m'^  —  1  =  0  ,  ovvero  {m^  —  i)(m'+i)  =  o,   e  confe- 
guentemente  mz=zi  ,  ;«'  =  —  r ,  w"  =  ^  —  i  ,  ni"  =:  —  j/  —  i  . 
Sicché  r  integrale  completo  dell'  equazione  d'*S  =  Sdx'^   è 
jie""'  4_  Be'""  4-  Ce™'"  +  De'"'""  =  Ae"  -f-  Be'  "  --[-  Q"  v^  -  ' 
'\-De~''  y^  ~  ^  .    Per    determinare    ora    le    coftanti    arbitrarie 
A  ,  B  ,  C  ,  D  il  ofiervi  ,  che  quando  ,r=o  ,  diventa 

dS  ddS  ^'^  T^  r  1 

Sz=o,  -— =  0,  - — ^=1  ,  -y-  =  o  .    Dunque  u  avranno  le 
dx  dx'  dx^ 

equazioni  feguenti 

I.'  yÌ  +  5+C4-D  =  o 

.2.'  /4  —  B  4- C\/ —  I  —  Z) y/ «— I  =  o 

^*  A-\~B  —  C  —  D—i 

V 

4.*  A—^B  —  Cy/  —  I  -^ D\f  —  1  =  0.  Sommando 
la  2.*  e  la  4."  fi  ha  lA  —  2B=:o,  cioè  A^^B;   e  fomman- 

1 
do  la  prima  e  la  3."  nafce  2A  +  zB:^  i ,  ovvero  A=^B^=^    . 


Sopra     lh     Serie.  395 

Porto  quefto  valore  nella   i."  fi  ha  C  +  I>  — ;  ma  dall' 


2 
I 


ultima  fi  ottiene  C  =  D  ;  dunque  C  =  D= .  Laonde 

II  I  I  ,  e"  -f  I 

4  4  4  4  4^" 

(cof.  AT-l-fen.x.  \/  —  I) (cof.x'  —  fen.  X".  ]/ —  i  ) 

4  4 

= col.  X .  Il  che  era  ecc. 

4e''  2 

PROBLEMA    VI. 

x'                  X*  '^^ 

Sommare  la  ferie  i  -] \~  - — ■ h 


1.2.3.4.5.6       1.2.3...9 


+ \~  ecc.  =:  S. 

1.2.?. ..12      ' 


•3- 

;  i 

Soluzione. 

„.  ,^      x^dx        x'dx  x^dx  x^'dx 

Si  trova  dS=z \-  4- 4- -;•  ecc.; 

1.2        1.2.3.4.5      I.2-3..8      1.2.3... II 

.,„      xdx'    ,    x^dx'-     ,      x'dx^-      ,      x'^'dx''      , 
adi  =3 \-  ecc.  ; 

I  1.2.3.4  1.2. 3.. .7     '      1.2. 3. ..IO 

j,  r       j   ,    .    ^"'^^'    ,      x^dx^      ,      at^'^a:^      , 

rf' J  =  dx^  -\ \-  ■ ~\ U  ecc.  = 

1.2.3         1.2. 3... 6       1.2. 3. ..9 

dx'  (  I  +  -^-  +  -^ \-  -^ I-  ecc.  )  =  Sdx'  .    Per- 

^       '    1.2.3        1.2. 3.. 6        i.2.3,..9    '  ^ 

ciò  pigliando    Sz=Ae""    per  integrale    particolare    dell'  equa- 
zione lineare   d'S=iSdx^  ,    fi    ha  dS  =  Amdxe"'"  , 
ddS^Am'dx'e""',  d'S  z=2  Am'dx'e""'=:  Sdx' =^Ae""'dx^  ;  ond'è 

5                1                     ,      — '4-V~3         '-      —  I— /~3 
n2^  =  I ,  ed  w  =  I  ,  ??/  =z: 1 ±  ,  m= ^- • 

2  2        _ 

Laonde  l'  integrale  completo  farà  S  =  Ae" 

Ddd    ij 


396  Sopra     le     Serie. 

(  cor.  '- V--^  —  ('^n.^-Y  .\/^  —i)=^Ae-'-\-{B-{~C)e'-''^--'X 

cof,^-|-(£  — Qf^-''^-fen.^'p./--i  .  Ora,  quando 
.v=;^o  diventa  S  =:  i  ,  dS  =  o,  ddS=o,  cioè 

z.°    .;__(-B-fC)   ,   (B-C)^/  5.V-i___^ 

3-    ^ ;- — ■ ■ — =o   .    Sottraggo 

la  3."  dalla  2/,  ed  ho  (B  —  C)  =  o.  Dalla  2.«  poi  ottengo 
^  =  (-^  );  e  dalla   i."  y4=i  — (B-fC),  ond'  è 

(■B  +  Q  21 

=  1  — (£  +  0,  cioè  (B4-0  =  -,   /i  =  -.    Dunque 

-  3  > 

J'  =  -f''-f -e^-'-^^^cof.'^'^-^.  Il  che  era  ecc. 
3  3  2 

v.h  'v.      PROBLEMA     VII. 

.  r  i . . .      ' 

Sommare  la  ferie  x-f 1 -1 

,   .     .       1.2.3.4         1.2. 3... 7         1.2. 3. ..IO 

-j-  ccc.  =  S.  • 

Soluzione. 

Prell  i  differenziali  fi  ha  dS  =  dx-\-'- — '-  -| '--- 

1.2.3         1.2. 3... 6 

I       >:'dx                                x'dx'         x'dx'  x'dx' 

-|-  --f-ecc.  ;  ddy= 1 \- 


^•2.3. ..9  1.2      '    1.2.3.4.5        1.2. 3... 8 

.  ,,  p       xdx'    ,    xUx'     ,      x'dx'      , 

4-ecc.  ;  d'S  = _J 1   ecc. 

i  1.2.3.4       1.2. 3. ..7  ,1 


Sopra     le     Serie.  397 

=  dx^  (  xA '- — —  A '- -1-  ecc.  )  =  Sdx* .  Avutafi  ora 

V  1.1.^.4        1.2.5...7  ^ 

r  equazione  differenziale  lineare  d^S=:Sdx'''  ,    pongafi 

S  =  Ae'"'   ,    onde    dS  z=.  Amdxc""   , 

ddS  =  Am'dx'e""' ,  d'S  =  Am'dx'e'"' ,  il  qua!  valore  fonituito 

neir  equazione  d'Sz^Sdx'  dà  Am'dx'e""  z=:Sdx' =^Ae"''dx'- , 

•    ,•       ,               •  X                  «      —  i+\/  3.\/  —  1 
e  quindi  m'  =  i  ,  cioè  mzz^.im  =  r_±_i ^ 

2 

—  I  —  \/  3.  V^  —  I 
»'/==  i '^^ .    Laonde    T  integrale  completo  delT 

equazione  d'S=zSdx'   farà  S  ^Ae""" -^-Bc"' •' -\-Ce"''"' =zAc^ 

-\-{B-^Q  c'^-  "^^  '  cof.  ^V^  ^(B  —  C)  c^-  ">■■  '  fen.  "^^  ./-  i  . 


2 

Ora  il   rifletta,  che  quando  x=:o,  S  =  o;  -- -=1  ;  ddSc=oi 

dx 

onde 

i.'  A^(B-[~C)z=zo. 

^.^^       (B-i-Q   ^   (B-.C)\/3.\/-i_^^^     - 

5.-  A     ^^  +  ^^     (i^-Qv/3.v/-i_^_ 
2  2 

p,       .  ...      (B  — g\/3./— I 

JJa  queita  terza  equazione  fi  ottiene    i_»_ji_I 

2 

=:^ ,  il  qual  valore  foftituito  nella  feconda  dà 

zA — '(B-j-Q^f,  ed  in  quefta  furrogando  il  valore 
A=:  —  (B-\-C)  cavato  dalla  prima,  li  ottiene  (B~\-C)z= 

—  -,  A=:-,  (B_C)/— 1=-^.  Laonde  S  =  -e' 

^3  {^3  ■  3 

—  -e-'"^'cof.''^^  4-  -^^c--)-  fen.''^''^  Il  che  era  eco 
3  -  V3  2 


Ddd    iij 


39S 


+ 


Sopra     le     Serie. 
PROBLEMA    Vili. 

Sommare  la  [cric \- J 

1.2  1.2.3.4.5  1.2. 3... .8 

-j-ecc.  =  5. 


S     o 


L       U      Z       1       O       N       E 


Pigliati  i  diflerenziali  nafcono  le  equazioni 

,„           ,      ,      atV.v    ,       x'dx       ,        x^°dx       , 
dS  =  xdx  -}- ] \~ -j-  ecc. 

1.2.3.4  1.2. 3. ...7  1.2. 3. ...IO 

,..        ,       ,    xhlx"  xUx"  x'-dx^ 

adi  =  dx^  -A 4- -4-  - — j-  ecc.  ; 

1.2.3        I-2-3— .6        1.2. 3.. ..9 

x''dx'    ,      x'dx^      ,     x^dx^ 
d'S  = 1 ■-] r4-ecc. 


-|-  ecc.  )  =  Sdx^ .   Trattili 


ora  r  equazione  differenziale  lineare  d^S-==.Sdx^  come  dianzi 
ponendo  S^-Ae'""-.,  iicchè  rifultera  1'  integrale  completo 


S  =  Ae-  -^(B-Ì-Qe^-"^--'  cof. 


+  (B_.g^c-'.;-x 


fen. .1/  —  I  .  Se  pertanto  fi  confiderà  ,  che   quando 

2 

ddS 

xzzzo,  diventa  S=o ^dS=o  , -i  5nafcono  le  tre  ieguen- 

dx^ 

ti  equazioni . 

i''.A-4-(B-\-C)=:o;  '.  .  , 

z'.A      ^^  +  ^^   1   ^^-^)t/'3-\/-^_,    '^ '"'T   " 
2  2 

^*.A — • ■ ■ ~ =  1  .  Dalla  z". 

fi   ottiene  A —  — ^^—  ==: — ^  L/ -".-L ,  che   farro- 


Sopra     le    Serie.  399 

gato  nella  3'.  dà  2^4  —  (B-f- C)=  1  ,  ed    in   quefta  foftituen- 
do  il  valore  della  prima  A  =  —  (B-\~C)  ,  fi  trova    per    fine 

(B-l-0=:  — -,^  =  -,(B  — C)v/  — i=—  -f-.   Dunque 
33  V3 

5=:-%-  — -,c— ^^cof.^^— -!    fC--i:'fen.^^  .    II    che 

3  3  2/3  * 

era  ecc. 

PROBLEMA     IX. 

Trovare  la  fomma  generale  dì  tutte  le  ferie  della  forma 
^       I         ^ I         ^ 

i.2.3....r       i.2.3....(r-i-n)       i.2.3....(r  +  in) 

-I Uecc.  =  S,  fupponendo  r  ,  n  numeri  interi 

^i.2.3....(r  +  3nj^  '  ^  -^^ 

affermativi . 

Soluzione. 
Crt/o  1".  n>r. 

Prefo  il    differenziale    ».'/'""'  di   detta    ferie  ,    fi    vede  facil- 

x'dx"  x'  "*■  "dx" 

mente  ,  che  nafcerà   d"S= f-^ ■        ' 

1.2.3....?-       i.2.^..,.{r  +  n) 

x'+^dx"       ,  ,     ,       X'        ,  x'^" 

A ■■ •  +  ecc.  =:  dx"  ( —  -A , 

'    i.2.3....(r  j- 2«)  ^  1.2.3. ...r       i.2.3-..(r  +  n) 


X 


r  4-  in 


-1 1- ecc.)  =  J'^^.v" .  Se  ora  per  la  nota  teoria 

'    i.2.3....(r+ 2«)  '' 

delle  equazioni  differenziali  lineari  ,  fi  affume  ST=:iAe""'  per 
integrale  particolare  dell'  equazione  lineare  d"S  =  Sdx''  ,  è 
chiaro  che  fì  avrà  d''S  =  Am''e'"''dx''=^Sdx"z=Aem''dx'',  d'  on- 
de fi  trae  m''=  i  .  Prefe  pertanto  le  n  radici  dell'  equazione 
m"=zi  le  quali  (effendo  n  pari)  fono  i,  — ij^z-j-i"/— i, 
a  —  b]/  —  I  ,f-{-g  \/  —  I ,/— i  \^  —  i  ì  ecc.  fi  otterrà  1'  in- 
tegrale completo  dell'  equazione  d''S=^Sdx'' ,  il  quale  farà  di 
quefta  forma  Ae' -^  Be  -  ' -\-  Ce""  ^  ^'K  -  •  4-  De'"  ~  ''"V  -  ' 
4-  Ee^"  +  «"v^  -  ■  4-  Fé  ^''  -  •s"»^  -  •  4-  ecc.  =  Ae"  +  Be'" 


40  0  Sopra     le     Sekìe. 

4-  (C  +  Dy  cof.  ^a;  -]-  (C  —  D)e''^  fen.  ^'a-.  /  - 1  +  (  £  +  F)<^  f" 
CQlg.x-\-{E  —  F)/ — •  I  .  fen. ^x -j-  ecc.    Per    determinare 
poi  le  coftanti  arbitrarie  A,  B,C,D^  ecc.  convien    rifolve- 
re  le  n  feguenti  equazioni 
i\yl4-B-4- C4-£> -f£4-F4-ecc.  =  o  , 

2'.A~B-\-(a  +  b)/  -i)C-\-(a-b\f  ~i)D  +  (f+gy/  -i)E 

4-  (/--£  ]/  —  i)F  +  ecc.  =  o  , 

^'.A  +  B  +  {a  +  b\/  -ly  C  \^(a-by/  -  ly  D  ,■  (f+g/  -  ly  E 

,  +  i/— ^  )/  —  1}  F  +  ecc.  =  o , 

4\A-B  +  (a  +  bi/  -lyC  +  ia-b^  -iyD^(f+g^  -lyE 

+  (/-<?V— OF  +  ecc.  =  o,      .        .      _ 
ecc.  .    I   ._ 


(r 


ly.  A±B  +(rf  +  ^v/  -  '^'^  +  ('' -hsj -  lyD -f  (/+^ v^-0'£ 

+  (/'-^V--0'F  +  ecc..=  i 


n'A--B-f-(a-{-b\/  —  ly-' C-\-(a  —  hy^  —  ly-'  D 

+  (/+<?/ -i)"-'£  +  r/-^/—ir-'F  +  ecc.=:o. 
QueRe  derivano  dall'  effere ,  quando  x=zo,  ancora  ^  =  0, 

iiS  =  o  ,({dS  z=o  ,scc...  --  =  i i^'-'J'  =  o,  ed  il  doppio 

fegno  nella  (r+i  )'  porto  al  B  ferve  pel  doppio  aafo  in  cui 
può  trovarli  r  di  pari  o  difpari  ,  cioè  e/Tendo  r  pari  vale  il 
fcgno  +  e  vale  il  fegno -quando  rè  difpari.  Se  in  luogo  d'ei- 
fere  n  pari ,  come  abbiamo  fuppofto ,  fofle  difpari ,  allora  man- 
cherà una  delle  due  radici  reali  ,  cioè  —  1  ;  e  perciò  farà 
B  =  o,  e  tutto  il  refto  farà  come  fopra ,  con  avvertire  però 
che  a,  b,  f,  g,  ecc.  non  faranno  più  quelli  di  prima. 


a/i 


Sopra     le     Serie.  40  i 

Cafo  li".  n=r. 

Si  aggiunga  alla  ferie  J"  1'  unità,  e  Ci  faccia  S'  =  S-\-i 

x'  x"  x^' 

_-:  I  a_  . i_ ^-ecc. 

'    i.2.3....r   '    1.2.5....Z/-       i.2.3....3r 

Di  qui  fi  deduce  d'S':=^dx'-A 1 ^ [-Qcc. 

^  i.2.3....r        1.2. 3.... ir 

x'  x^'  x^' 

•=.  dx''  (  i  4- 1 '- 1 ■ +  ecc.  )  =  S'dx\ 

^  1.2.3....}"        i.2.3....2r        1.2. 3. ...3.' 

Sicché  prendendo  Ai""  per  integrale  particola. e  dell'  equazio- 
ne d'S'^zS'dx"^ ,  ed  eflendo  d'S'=:Am'-e""'dx'=:Sdx'z=Ae""'dx', 
e  quindi  m' =  i  ,  fi  trovino  le  r  radici  di  queft'  ultima  equa- 
zione, c.he  faranno,  nel  fuppofto  di  r  pari,  i  ,- i  ,0; -:- ,3y'-i  , 
«  —  i'i\/~iiy-  +  S\/  —1  ^y  —  ^y—i  ,  ecc.  Laonde  l' integra- 
le completo  dell'  equazione  differenziale  farà  Ae"  ~\~  Bc  ~  " 

+  ecc.  =  ^e''4-B^-"-f  (C4-P)e'"'cof./5.v-f7(C  — r>)  \/  ~  i.e="'X 
fen.  /S.v  4-  (E  -4-  Fy^"  cof.  ^x-\-{E  —  F)\/  —  1.  e^"-'  fcn.  Ix  +  ecc. 
Siccome  per  fuppollo  x  =  o  ,  fi  ha  i'  =  i  ,  dS'  =;  o  ,  ddS  =  o  , 
...  d'~^  S  =  o^  quindi  fi  avranno  per  la  determinazione  del- 
le n  collanti  A.,  B,  C,  D,  E,  F,  ecc.  le  feguenti  n  equa- 
zioni 
i°.^_[-B^C-f-i5-|-£  +  F+ecc.  =  i 

i°.A-B  +  (ot  +  /5/-  OC  +  fa-^sZ-OD  +  C^-- J/-i)£ 
-j-f^v  —  ^]/  — i)F  +  ecc.  =  0  '         • 

3".  ^  4-  S  +  (:^  +  /5  /-  0^  C  -  (« -/S  /  -  i)'-  P  +  (;.  -f  ^  /  -  0=  £ 
>-)-(;•  —  è/ — i)'F-j-ecc.  =  0 

4°.  ^~£  -:■  («  -:-  /S  v/-  O'  C  -:-  (:(  -  /S  /-  i)'  D  -:-  ( j/  -;-  è/  -  i)'  £ 

.+  (7  —  ^  v''  —  i)^F-j-ecc.  =  0 
ecc. 


+  (?  — ^V  — 0"~'^  +  ecc.  =  o. 

Eee 


40  2  Sopra     le     Serie. 

Dunque  la  fomma  ricercata  S  =  S' — i  z^Ae" -{-Be-" — i 
+  (C  +  Z))r-  col".  /S.V+  (C  — DX'^-'  \/  —  1-  ien.  /3x 
4-  (E  4-  F)£->"'  cof.  ^x  4-  (£  —  F)  i/  —  I  .  e^"  fen.  èVv  -j-  ecc.  An- 
che qui  fi  avverta ,  che  nel  cafo  di  n  difpari  farà  B  =  o 


+ 


Alla  propella  ferie  S 


Cafo  IH.  }i<r. 

X'  X'  +  " 


,+ 


+ 


i.2.3....(r+ 2/7)       i.2.3....(r  +  3??) 
X'-" 


i.2.3...,r       1.2. 3... .(/  +  ») 

-fece,  fi  aggiungano  tanti 


termini  iniziali 


+ 


T 


i.2.3....(^  — «)       i.2.3....(r-2«) 


-^ — •    fino    a  che 

i.2.3....(r— 3»)  i.;.3..,..(r  — A«) 

r  efponente  r  —  7\n  di  x  diventa  <»  ,  oppure  =  »,  e  Ci  faccia 

J"      I  '  I  _    I . 


+  ■ 


+  ' 


+ 


I.2.3....(!^—  (A— I>/) 


X' 


r'  —  \* 


*  i-2.3..,.(r- 2«)       i.2.3....(r-«)       i.2.3....(r  — A;?) 


_1- 


+ 


i.2.3....(r —  m) 


i.2.3....(r  — «)       i.2.3....r       i.2.3....(}- +  «)       i.2.3....(r-:- 2»; 


+ 


X 


T  +  3n 


,+ 


X' 


r  +  4» 

-j- ecc.  =  J"  ..  Se  ora  fi 
i.2.3....(r-f  3«)       i.2.3....(j"-]-4») 
prende  della  ferie  J"'  il  dilferenziale  n."""° ,  fi  fcorge  facilnien- 

X'  -  ""dxi" 

te,  per  elTere  /  —  A??  <  »  ,  che  rifulta  d"S'=- ; — - 

^  I.2.3....(i'  —  /\>i) 

I _i L. 

■  ^i.2.3....(r-(A-i  j;z)^i.2.3....(r  — (A-2)«) 
x'  -  "dx"  X'  -  "dx"  x'dx" 

i.2.3....(r— 2»)       i.2.3....(r  — «)       i.2.3,...r 

x'  +  ''dx''                x'+"dx" 
I     , L.  _— — ~—  _i_  ecc. 


Sopra     le     Serie.  403 

y.r  —  K»                                           ^,r  — (\  —  i^n 
Jv"  /"  , 1-    - r  -4- 

~        *^i.2.3....(r-A«)^    i.2.3....(r-(A— 0«) 

J "^ h f  +     — ^— 

i,z.5....(r- 2«)       i.2.3....(r— 2»)  ^     i.2.3....r 

J_  '- -|- +  ecc.)  r  Sdx".  Confiderata 

i.2.3....{r  +  n)       i.i.^...(r+  2/1) 

pertanto  1'  equaxione  lineare  differenziale  di  ordine  /2.'^""' 
d'S'  =:S dx" ,  e  noto  dalla  teoria  di  tali  equazioni  ,    che  un 
fuo  integrale  particolare  farà  della  forma  S'  =  Aem"  ;  d'  on- 
de fi  raccoglie  d"S' =  Am''d'"''dx''  =  Sdx"  =  Ae'"''dx''  ,  e  quin- 
di m"=i  .  Trovate  le  »  radici  d>i!r  equazione  m"  =.  i  ,    le 
quali,  fuppofl:o  n  pari,  faranno   i  ,  —  1  ,  fJ-~\-vy  —  i  , 
ju  —  V  y  —  I  ,  <p-\~'x\/  —  I  ,  <p  —  oì\f  —  1  ,  ecc.  lì  avrà  l'in- 
tegrale completo  dell'  equazione  d"S'  =  S dx"  efpreflTo  da 
^e-  -j-  Be-  "4-  Ce'"'  +  ""  V  ~'-\-  De''"  -  "*  v^  -  •  -j-  Ee^"  -^  ■"•  r  -  ' 

Ae^"  +  B 
_j_  ff *-  - ."  v^  -  -  ^  ecc.  = }-  (C  4-  Dje'*"  cof.  ux 

4-  (C  —  I»  )  /  —  I .  e""  fen.  VX  4-  (E  -f  F)  e^"  cof.  a';v 

-j-  (E  —  F)y  —  i-e*"  fen.  &j.v  -f-  ecc.  Ora  ficcome  fi  ha 

J"'  =  o,  ^J"=:o,  ddS'  =  o,  ecc =  i  i rf"~'i"=o 

nel  cafo  di  :\;  =  o;  quindi  per  determinare  le  coftanti  A,  B, 
C  ,  D  ,  E  ,  F ,  ecc.  li  prefentano  da  rilblvere  le  n  feguenti 
equazioni . 
i.o  ^  ^s_|_ c 4- D  +  E-j-F 4- ecc....  =  0 

2.°  A-B  +  (u  +  vi/-i)C  +  (u-i\/-i)D  +  ((p  +  <^\/-i)E 

-|-(cp  — wy—  1)  F-\-  ecc....  =  o 
S."  A  +  B  +  (u  +  u\/ -lyC  +  (a - v^-iyD  +  (p  +  k/  -  i)=  E 

+  (cj)  — w  y  —  1)'-  F-}-ecc =  o 

4.°  A-B  +  (fj.-rv\/-iyc+(iJi~o\^-iyD+(<p+cc^-iyE 

+  (<p  —  co\/—iyF-{-QCC =  0 


E  e  e     ij 


404  Sopra     le     Serie.  , 

((r  -  A«)  +iy.A±B  +  (y.  +  vy/-  i)'-'"  C  +  (iJ.~u\/  -iy-^"D 

+  (^  +  <à\/ -iy-^"E  +  (<p-:o\/  -i y-^" F  +  ecc.  =  i 


\ 


+  (1'  +  «V  -i)"-'E4-(cf)-o;/-i)"-'F-j-ecc.=;o. 
Il  doppio  fegno  premeilb  al  B  nella  ((r  —  Am)4-  i)".  ferve  co- 
me nel  I."  calo,  cioè  vale  il  -\-  quando  (r  —  A«)  è  pari  ed 
il  —  quando  (r  —  7\j7)  è  difpari  .  Qui  pure  è  da  avvertirli, 
che  fé  «  farà  difpari,  diverrà  5  =  0  a  motivo  della  mancan- 
za della  radice  — •  1   nell'  equazione  w"  =  i  .  Dunque 

.y,r  —  MI  „r  —  (\  —  I J  » 

S-4 - J L- 

i.2.:^....(r  —  7M)         i.2.3....('r  — (A— l)«) 

x"--'"  X'-"  ,      Ae"'-\-B 

-j—  • -j—  ■ =  S'  =  — 

i.2.3....(r — m)       i.i.^....(r—  n)  e" 

4-  (C  4-  D)  e''"  col".  VX  4-  (C  —  D)e''-''\/  — ■  i .  fen .  vx 

-f-  (  E  -l-F  )  f*"  cof.  tó.-v4-  (  E  —  F)\/  —  i.e*"  fen.  w.v  -j-ecc. 

Ae'"  +  B 
Confeguentemente  la  fomma  ricercata  S  = 

e" 

■ecc ^ 


^....(r  — A«)        1.2. 5. ...(}•  — (A—  l)n) 

^r  —  2»  r  —  n 

+  (C  -]-  D)  ev-"  cof.  vx: 


i.z.^....Cr—  m)       i.2.^....(r  —  n) 
4-  (C  —  D)\/  —  I .  e''"  fen.  vx  -f  (E  +  F)  e^"  cof.  wx 
~\-(E  —  F)  y  — i.e^" kn.ojx-i-Qcc.  II  che  era  ecc. 

A  R  T  I  C  O  L  O    IL 

Della  fomma  dì  alarne  Serie  di  Simpfon ,  ed  altre  . 

II  celebre  Tommafo  Simpfon  ne'  fuoi  EJftjs  on  feveral  cu- 
rioHs  and  ufeful  Subjefis  i'n  Speculative  and  Mix'd  Mathema- 
ticks  facendo  ufo  del  Metodo  così  detto  degl'  Incrementi  ritro- 
va la  fomma  di  quelle  ferie  numeriche,  i  di  cui  termini  han- 
no per  numeratore  1'  unità  ,  e  per  denominatore  un  prodot- 


Sopra     le     Sekif.  40 5 

to  d'  un'  egual  moltitudine  di  numeri  naturali  confecutivi  , 
il  primo  de'  quali  in  ciafcun  termine  e  Tempre  il  fecondo  del 
termine  precedente .  Ma  un  metodo  piU  generale, per  confegui- 
re  lifiatte  fomme  anche  nel  cafo  che  i  numeratori  dei  termi- 
ni delle  ferie  fieno  le  poteftà  d'  un  qualche  numero  dotate 
d'  un  efponente  eguale  all'  ultimo  fattore  del  denominatore  di 
ciafcun  termine,  e  che  il  primo  fattore  del  denominatore  di 
qualunque  termine  fia  fempre  non  il  fecondo,  ma  il  terzo,  o 
il  quarto ,  o  il  quinto  ecc.  fattore  del  denominatore  del  ter- 
mine prollimo  precedente  ,  un  tal  metodo,  dilli,  ci  viene  fom- 
miniftrato  dalla  comune  Teoria  degl'  Integrali  replicati  ,  la 
quale  come  troppo  ovvia  e  familiare  agli  Analifli  non  ha  qui 
bifogno  di  elTere  poda  in  maggior  luce ,  baftando  folo  di  mo- 
flrarne  1'  applicazione  e  1'  ufo  ne'  feguenti  Problemi. 

PROBLEMA    I. 

x"  +  '  v"  +  * 

Sommare  la  ferie  S  = \- 


nCn+i  )       (n-f  i  )  (  n -j- 2  ) 

-\ -1 \-  ecc.  in  inf. 

(n  +  2)(n  +  3)^(n4-3)(n4-4) 

Soluzione. 

Differenziata  due  volte  1'  equazione  nell'  ipotefi  di  dx  co- 
flante,  nafce  ddS  =:idx^  {x"-' -{-x''-^x''  + ' -\-x" +  ' 

X"-'  ddS       x"-'dx 

-j_  x"  +  '  -{-  ecc.  )  =  dx'X •    Perlochc    —  = , 

I — X  dx         i—x 

dS        rx"  ~~  'dx 

ed  integrando  nella  detta  iootefì ,    —  =  /  ' •^A^ov- 

dx      J      x—x 

/x"  ~  'dx 
^  -\-Adx  ,  e  nuovamente  integrando  , 
I  —  .V 

r      rx"-'dx                          rx"-'dx 
fi  ottiene  S  =  j  dx  1  ~\-Ax-\-B~x  j  

J  J       l  —  X  J        \ —X 

/x"dx 
[~Ax-[-B.  Il  che  era  ecc. 
i—x  ' 

Eee     iij 


40'5  Sopra     le     Sekie. 

Corollario. 

Suppongafì  n  =  i,  e  fi  avrà  i  =  •— a.- log.  ( ■.  — •  .v) -f  ,r 
4-log.  (i  —- X) -±- Ax -\- B  ;  e  lìccome  dee  fvanire  S  allorché 

x=zo  ,  nafcerà  B=o  .    Inoltre  elTendo  —  =:  — lo-?,  fi  —  .r) 

-f- A  —  x-\~ -1 J_ecc.  :  e  però  annullandofi  — 

2    '     3    '    4    '  '      ^  dx 

inlìeme  con  x,  fi  otterrà  Ar=zo.  Laonde  la  ferie    —  J- iL 

1.2     '       2.3 

+ 1 \~  ecc.  in  inf.  ==  .r  —  ;i(r  log,  {i  —  x)  -j-  log. 

3-4       4-5 

I  —  X  II 

(i  — x)-~x-\-\o^.  ■.  Se  x=  I .  nafce 1 

{i—xf  '  1,2   '    2.3. 

H 1 4-ecc.=  i. 

Scolio 

Si  avverta  qui  attentamente,  che  nell'  ipoted  di  «=i  il 

^^  X^  AT^  DC^ 

valore  della  ferie  -^^ \~- — -{'- j [-ecc.  cioè 

1.2        2.3        3.4       4.J 

^-j-iog. contiene  un  logaritmo  d'  un  numero  ne?a- 

(  I  —  a:)"  ^ 

tivo  tutte  le  volte  che  x  è  un  intero  pari ,  ovvero  una  fra- 
zione fpuria ,  avente  un  pari  per  numeratore  e  un  difpari  per 
denominatore  .  Si  avverta  però  altresì  che  la  ferie  è  diver- 
gente allorché  .\->  i . 

'  P  R  O  B  L  E  M  A    IL  ' 

x'            X*             x^             x*" 
Sommare  la  ferie  S  = 1- -f-  -^^  -] f  ecc. 

.     .  i-2-i       2-3-4       3-4-5       4-?-ó 

m  inf. 


Sopra     le     Serie.  407 

Soluzione. 
Si  differenzi  1'  equazione,  e  fi  otterrà 


dS  =  dx(  —  +  --  H h h  ecc.  )  ;  fi  torni  a  differen- 

^  1.2       2.3       3.4       4.S  ^ 


X^        X'        x^ 


x-\-  —  -j-  ~  -h  ~  +  e'^c.  )  .   Si 

differenzi  la  terza  volta,  e  rilulterà  d^S  =  dx' (i  +  x +x' +  x' 

I                           d^S          dx 
^ecc.)=.dx'X ;  e  quindi    7-;= •  L'  inte 


X  dx''       1  —  X 


graie 


d'S 
di  quefia  equazione  fomminin:ra  - — =:- log.  (i-x)  lenza  coltan- 

dx' 

te, perchè,  porto  x  =  o,  fparifce  l'uno  e  l'altro  membro  del- 
la ceduazione.  MoIiJj->I:cando  poi  quefia  per  dx ,  ficchè  venga 

d'S 

■ —  =~-^.vlog.  (i  — .v)  ,  ed  integrando  di  nuovo  ,  fi  ottie- 

dx 

ds  r    ^^^^ 

ne   ■•-=  —  A' log.  (i  — ^)-|-  / =  —  .vlog.  (1  —  x) 

dx  J        \—x 

/^                  d,x 
+  /  (^dx '—^^z  —  x\o^.{x—x)^-x-ir\o%.{\-x)  , 

fcnza  cofiante  per  la  ragione  precedente ,  Sicché  moli-iplic?.n- 
do  per  dx  nafcerìi  dS  :=  xdx  +  dx  log.  (  i -  x)  -  xdx  log.  (  i -x)  , 

e  prefo  nuovamente  1'  integrale ,  fi  trova  i"  =  -  x' 

♦  I 

4-  X  log.  (i  —  ;v-)  —  X  —  log.  (i  —  x) x"  log.  (i  —  x) 

f  -  X'dx  I  ,  ,  ,  ^ 

4-1  — =-A-'4-.\-log.  (i  — x) — :s:--log.  (i  — .v) 

J  I  — X       2 

—  -  ;c"  log.  (i  —  x)  +  /  e  -  "dx  +  -  dx  —  '^    "^  )  =  ^'  x^ 
2  ^  ^  '  J  ^  2  2  l'X^      4 

.V I02.  (  I  — .v)4-xlog.(i  —x) ;i<rMcg.  (1  —x)^ 

11'"  2 

fenza  cofiante  per  la  detta  ragione .  Il  che  era  ecc. 


4^8  Sopra     le     Serie. 

Corollario. 

Supporto  x=i  ,  fi  ha  la  fomma  della  ferie  — (-  -— 

1.2,3  ^^l^A 

H 1 H \~  ecc.  = . 

3-4-5       4-5-6       5-<5.7  1-2.2 

PROBLEMA    III. 

^k"  "v  'y 

Sommare  la  ferie  S  = (- 1 

1.2.3.4       2.3.4.5       3.4-5-6 

'-}-  — —  +ecc. 

Soluzione. 

^^  oc"^  x^ 

Il  primo  differenziale    dà  dS=.dx( j ] 

V  1.2.3       2.3.4       3.4.5 

-]- )-ecc.  )  ,    cioè  Ja;  moltiplicato  nella  ferie  del  Pro- 

4.5.6  / 

lema  precedente;  ficchè  dS  =  dx(-x' j:— -log.  (i— ;»:) 

^•4  2  2 

-]~xlog.(i — x)^ x'iog.  (i — x}),  ed  integrando  provie- 

ne  St=z-x'  —  -x' 5clog.(i— ^)4-  /  —- \-  -x'v 

4  4  2        °  ^   '  y         I  —  -r  '    2     ^^ 

log.(i— ;c)-|-  /-!^ x'lo2.(i—x)-4-  I  —- 

y    I  — 'X        2.3  y  I  —  ;« 

1  ,        I  I  II 

:=  -^' X' Arlog.  (i  — ftr)4--;v-|--Iog.  (i — x) 

4  4  2        °  ^  '^"2       '2     ° 

*  III 

-|-  -  .vMog.(  I  — ;v) Ar= ;>c log.(  I  —x) 

2  422 


Sopra     l  a     StaiE.      ,  409 

I  ,1,1  1,1 

x'  log.  Ci  — x)-\ x'  -\ x'-A x~\~  — 

2.5  °  2.3.3  ^---S  2-3  2-3 

log.  ( I  —  a;)  =  (  - H ).?c^ x'-j-  -  x-Jr^  log.  ( i  —  ^ ; 

^4       2.3.3  ^-  ^         6 

Il  I 

• X  log.  ( I  x)-\ X'  log.  (  I  X) A,-'  log.  (l X  )  .    Il 

2  z  6 

che  ecc. 

Corollario. 


Pofta  Arm,  fi  ha  J-^r — ?^ f-       * 


1.2.3.4       2.3.4.5-       3-4-5-^ 

+  — ^-  +  ecc.=:=^  +  -i L^l==^tl±lJZlA±_' 

4-5-6-7                    4       i-3-3        12       6  2.2.3.3 
9  4-2  +  6—  ij I  f 

2.2.3.3         ""  1^2.3.3.* 

'^^       P  R  O  B  L  E  M  A     ly. 

x'                     X*  x' 

Sommare  la  fcris  S  = j- -{-  - 


x« 


1.2.3.4.5       2.3.4.5.6       3-4-5-6-7 


A „4-ecc.  in  inf. 

4-5-6.7-8 

Soluzione. 

li  differenziale  dell'  equazione  fomminiftra 

dS=idx( j 1 '- 1 l-ecc.  ),  che 

^  1.2.3.4       2-3-4-5       3-4-5-6       4-5-6-7 

pel  Probi,  prec.  è  z^dx(  —  x^ —x^-\--x-\-'  log- Ci --'<') 

^  ^  ^36  12       ^6'6°^' 

1  ,  ,1  I  >. 

.V  log.  (I  —  .v)  ~\--  X-  log.  (i  —  x) x^  log.  (  I  ^))' 

2  2  6 

1 1  5  I 

Dunque  integrando  farà  J"=  —  x^ ■  x^  4 x"-     ,• 

36.4  12.3      ^   6.Z  . 

Tomo  IL  Fff 


4IO 
I 

6 


Sopra     le     Serie, 


x^dx 


t  ri:  xdx       i  r-  x^dx 

+  .xlog.(,_.)+/^^--xMcg.(.-.)-/^— ^ 

t  r^~  x^ dx        I 

+  -x'iog.  (I— ;v)4- /-^ a-Mog.(i— x) 

^     I — X  4.36  3.12  2.6  6 

—  -  :v=  log.  (i  —  a:)  -f  -  ^'  log.  fi  —  x) xMog.  (i  —  ;vj 

4  6  24 

+  l(^Ldx+- — )-4-/ (-^^^^+-^^— --) 

J   ^       6         '    I— :v^       ^   ^4  4  i-x' 

/-•         I  I  1-6  dx  . 

+   /  f x'dx  —  -xdx  —  -dx-\- ) 

J   ^       6  6  6  '    i-x^ 

I 


J  1  l  ~—   rfX    V 

x^dx  A-  —  ^^'^^  H —  ^<^>:  +  —  ^^  —  * y  = 

'  24  24  24  .1— ^.. 


3.12 
I 


4.365  .^, i_ 


2.6 

I 

2.4 


4.24J 


4.24. 

I 

6 


+  ìtJ 


2.6  : 

f! 

I        < 

+    ( 

2.24- 


.^^ 


+ 


4  ^ 

I       "5    ^ 


+ 

+ 


^4; 
I      . 


log.( 


I  X)       .    \   '   " 


24J 

I        .    I 


25 


4-(-x  — -a;'-4-^A''  — -xOlog.(i--A;)=: — —  x-»  a 
^V6         46  24      '^  2.4.6.6 


Sopra     le     Su  rie.  411 

12  7  I  X        1         I  " 

i-  x'-A-  X' x4-( 4-  -X X' 

2.6.6  2.4.6  4.6  ^        24    '    6  4 

-j —  x' x^^  log.  (i  — x).  II  che  era  ecc. 

6  24 

C0ROLLAR.IO. 

I  I 

Pigliando  x=i   ne  viene  la    fomma ^ -I ' 

^  1-2. 3.4-5       2-3-4-5-6 

+   — i_   .  '  I   ecc.  =  -^ -^  +  -^ 

3.4.5.6.7   '    4.5.6.7.8  2.4.6.6        2.6.6        2.4.6 

I    I 

4.6        1.2.3.4.4' 

PROBLEMA    V. 


Sommare  la  ferie  S= 1 

1.2.3.4.5.6       2.3.4.5.6.7 

x^ 

H r,  -\-  ecc. 

^  3.4.5.ó.7.b^ 

Soluzione. 

Dal  differenziale  dell'  equazione  fé  ne  ha  queft'  altra 

dS  =  dx( '- 1 '- U \-  ecc.  )  ,  cioè  pel 

^  1.2.3.4.5   '    2.3.4.5.6   '    3.4-5-6-7 

Probi,   prec.  dS  =  dx(  — —  .v* —   ;c'4-— —  ^' 

^  2.4.6.6  2.6.6         '    2.4.6 

x)->rdx( {--x x^  +  -x' xO  log.  (i-x). 

4-0  ^      24      6         4  6  24 

5  13 

Dunque  integrando  fi  ha  i"  =  .v^ x* 

2.j^.6.6  z.^.6.6 

7  I  ,-x         i  I  ,     I       _^ 

+   — —  x' x'-\-(—  -\ X'  —  —x'A-  —  X* 

2.3.4.6  2.4.6  ^24       2.6  3.4  4-6 

Fff    ìj 


411  Sopra     le     Serie. 

x^  )  log.  (i  —  ,v) 

5.24 

I  I  I  I  I 

X  -\ x^  —  —  x^  -\-  —  a;*  — 


-}-    /  f/A:(- ;.  E  poi- 

che  1'  integrale  di  queft'  ultimo  termine  è  r=  —  x 
^  ^  24 

+  —  log.  (i  —a:) -x^ X log.  (I  —  X) 

24  4.6  2.6  2.0 

-i AT'H X'4 X-\ log.  (l— X) X* 

3.3.4  2.3.4  3.4  3-4  4-4-6 

j  I  I  I  1 

• x^  —  ■ x'- X —  —  log.  (i  — •'^)-l- ^' 

3.4.6  2.4.6  4.6  4.6  5-5-^4 

4^ .V'*  H x'  4- .r'-  4-  —  x  + Ics.  (i-x), 

4.5.24  3.5.24  2.5.24  5-24         5-24 

fé  quefto  11  aggiugue  agli  altri ,  rifulta 

.         7      7 
^_; i3_?        ^  2.3.4.6<5 

j_.      5       ?  2.4.6.6S        _j_ 


I 


2.4.6.6^     ,  I       /  ■      3-3-4 


;^t  _  ^  X* 


^4.5.5.65  .  i_?  3-4-6    5        . 

-    .      .      -,  ~  3-4-5-6S      ..  ^.r\, 

1     T  i_7 

^~   4.6    ^  ..  _     4.Ó    S    '-'■■>  .o-j-in    .' 

4.6    5  1^5  '^  2.6  S     '     ' 

H — ^ — Ix'  -\ — —Zx  + -^?iog.(i— ^; 

^•3-4   S  "    3-4   S  3-4   S 

17  17  I     ? 


2.4.6 
I 


2.4.6   S  4-'5   S  4-*^ 

I       ^ 

2.4.5.6! 


4-  -^l         -1-—?         +-^? 
2.4.5.63  4.5-6->  4-5-6^ 


Sopra     Liz     Serie.  4U 

^^  4.6^2.6  3-4  4-6  4-5-6' 

~~  z.4.5. 5. 6.6  3.4-4-5-^  2-3-3-40--6  2.4.5.6 

^4.5.6     ^^       4-6  i-6  3-4  4-6 

II  che  era  ecc. 

Corollario. 

Aflumendo  ,  come  dianzi  ,    x=z  i  ,    nafce  la   fomma  della 
I  III 

1.2.3.4.5-6  "^2.3-ì-5-6.7     3-4-5-6.7-S      4-5-6-7-8-9 

^    __i37       __       77         ,       .lii_ ?__j l_ 

2.4.5.5.6.'6       3.4-4-5-6       2.3.3.4.5-6       2-4-5-6       4-5-6 
I 

~~  I-2-3-4-5-5' 

Ecco  pertanto  il  feguente 

Fi-ofpetto  delle  Serie  dì  Simpfon. 

Serie  Somme 


1.1,1 


1 1 +ecc. 


I 


1.2   ■    2.3   •    3-4   '  ■  '-^ 

I        .        I       .        I  * 


.  _j j \-  ecc. 


1.2.3.    ■    2.3-4     ■    3-4-5  ^-^-^ 


1,1.1 


I 


— I 1- ecc = — 

1.2.3.4       2.3.4.5        3-4-5-6  1.2.3.3 

1.2.3.4.5^2.3.4.5.6^   3.4.5.6.7^  1.2.3.4.4 

1,1,1  _! 

-J -\- -ir  ecc.  = 

1.2.3.4.5.6  ^2.3.4.5.6.7  ^3.4.5-6-7-5  1-2-3-4-5-5 

I  I  I  ' 

j. i- -:-ecc.  =- — ■ -- 

1.2.3.4.5.6.7    2.3.4.5.6.7.8    3.4.5.6.7.8.9  1.2.3.4.5.6.6 

Fff    iij 


414  Sopra     le     Serie. 

Sene  Somme 


1.2.3.4.5.6.7.S  ~  2.3.4.5.6.7.8.9 
-] ; -|-ecc. 


3.4.5.6.7.55.9.10  1.2.3.4.5.6.7.7 

ecc.  ecc.  ecc. 

Dal  che  lì  vede  ,  che  la  fomma  di  ciafcuna  di  quefte  ferie 
non  è  ahro  che  il  primo  termine  ,  dove  in  luogo  dell'  ulti- 
mo fattore  del  denominatore  lì  ripete  il  penultimo. 

E'  cofa  per  altro  affai  rimarchevole ,  e  che  a  primo  afpet- 
to  fembra  impoffibile  ,  che  quefte  ferie  Simpfoniane  poffo- 
no  fommarli  con  una  femplice  fottrazione  aritmetica  della  fe- 
rie propofta  da  fé  medelìma  mutilata  del  fuo  primo  termine  . 
Un  tal  modo  di  operare  può  vederli  ne'  Teoremi  feguenti . 

Teoremi  fulle  ferie  di  Simpfon . 

Dalla  ferie   i -| [ 1 1 1 j [-ecc.  =  y 

2       3    '    4       5       6       7 

1  .    I        I        I        I        I        I 

togli  S  —  1=  — I r--| ! 1 h""^  ^^'-'  '  ^^   avrai 

2  3       4        5        6        7        S 

T  E  O  R  E  M  A    I. 


1.1^2.3^3.4^4.5^5.6^0.7^7.8^ 


ecc. 


Dalla    ferie    J"  =  —  -(-  i_   i_  -—    i_  1_  _1_  .—  _L- ecc.  =  r 
1.2        2.3        3.4       4.5        5.6 

togli  S~-  =:l__}--i  J^l p  1^  .^- 1_  4- ecc.  =  —  , 

1.2       2.3       3.4       4.5       5.6       6.7  Li- 

ed avrai  dividendo  per   2  , 

^  :  '     1.     L_    '  _ 

TEOREMA     IL  ^'    '   '^'l^  - 


1,1,1,1  I  I  I 


1.2.3        ^•3-4       3-4-5       4-5-'5       5.6.7      6.7.S      7.8. 9       1.2.2 


Sopra     le     Serie.  415 

I  I  I  I  I 

Dalla  ferie  S= \- 1 h f-ecc.=  — — ■ 

1.2.3        ^•3-4      3-4-5       4-5-6  ^-'-^ 

i  III  III 

toeli  S = + f-  +  ecc.  =  -  —  -  = , 

1.2.3       2.3.4      3-4-5      4-5-6  4      6       2.2.3 

ed  hai  dividendo  per  3 

TEOREMA     III. 

-]-  — -\~ -j 4-  -:■  ecc.  =  

1.2.3.4       2.3.4.5        3.4-5-6       4-5-6-7       5-6-7-S  ^-^--S-i 

III  I 

Dalia   ferie    J'=  4 4- f-ecc  = 

1.2.3.4      2.3.4.5      3-4-5-6  I-2.3-3 

,.    „  i  I  t  1  I 

tosh  J =: h 4-  — — ■  +  ecc.  =  , 

1.2.3.4      2.3.4.5      3-4-5-6      4-5-Ó.7  1.2. 3. 3-4 

ed  hai  dividendo  per  4 

TEOREMA     IV. 


/ 


III  I 

-] 4-  —  4- — '  4-  ecc.  : 


1.2.3.4.5       2.3.4.5.6       3-4-5.-6-7     4-5-<5-7-8  1.2.3.4.4 

i- ',■■<.•' 

Dalla  ferie  J  = ! 4- 1- « 

1.2.3.4.5       2-3-4-5-6      3-4-5-6-7      4-5-6.7-^ 

-j-ecc.  = 

1.2.3.4.4 

I  II  I 

togh  S' = ]- — + 


I-2-3-4-5       2.3.4.5.6       3-4-5-6-7       4-5-6-7-S 


-1 1-  ecc.  = 

'      .  /:  ^  e  ^     i 


I 


5.6.7.8.9  1.2.3.4.4.5 

ed  hai  dividendo   per  5 

.    TEOREMA    V. 


-] ; — \- — -  +ecc. 


5 


1.2.3.4.5.6       2.3.4.5.6.7       3. 4.5.6.7. S  1.2.3.4.5.5 


4i6                 Sopra     le     Serie. 
Dalla  ferie  S  = j — .  J- 


1.2.3.4.5.6       2.3.4.5.6.7       3.4.5.6.7.8 
1 


4.5.6.7.8.9              1.2.3.4.5.5 
togli  S —-  = ^ \ + 


1.2.3.4.5.6     2.3.4.5.6.7     3.4.5.6.7.8  '4.5.6.7.8.9 


>-|-ecc.= 


5.6.7.8.9.10  1.2.3.4.5.5.6 

ed  hai  dividendo  per  6 

TEOREMA     VI. 


3 


,  +  rvTTTT-o  +  -r:  T-T-  4- 


1.2.3.4.5.6.7     2.3.4.5.6.7.8     3.4.5.6.7.8.9     4.5.6.7.S.9.10 

-\-  ecc.= 


1 0....,..:       f.^..:.;       |..j_.r.' 


1.2.3.4.5.6.6 


Dalla  ferie  S=z -\ ^ -f 


1.2.3.4.5.6.7       2.3.4.5.6.7.8       3.4.5.6.7.8.9 
I 


-j-ecc.  =  —        "' 


1.2.3.4.5.6.5 

togli   S = f- 


1.2.3.4.5.6.7  2. 3.4.5.6. 7.8  3.4.5.6.7.8.9 

I  I 

4- (-  ecc.  =- 


4.5.6.7.8.9.10  1.2.3.4.5.6.6.7 

ed  hai  dividendo  per  7 

'  -     ~  •  1  i:lac. 
TEOREMA    VII.    ■•-■^  ^ 


+  .— .   -.-0-  +  .    .   ,.,c-.„+g^g^ 


1.2.3.4.5.6.7.8      2.3.4.5.6.7.8.9     3.4.5.6.7.8.9.10 

I 


1.2.3.4.5.6.7.7 

ecc.  ecc.  ecc. 


PROBLEMA 


SOPKA       LE      SfiKIE.  417 

PROBLEMA    VI. 

Sommare  la  ferie  S  = 1 i ! -—  +  ecc. 

1.2.3       3-4-5        5-6.7       7-8.9 

Soluzione. 


Il  primo  differenziale  dell'  equazione  fomminiftra 

1 1 1 l-ecc.  );  il  fecondo  dà 

1.2^3.4"  5.6^7.8~         ^ 

(^^               \^3              *\/iS               M' 
--j -} 1 l-ecc);  il  terzo  nrefenta 
13          5         7 

^'i'  =  <;;f'(i+.v'4-x'»+.-v*-l-ecc.  )= .  Ond'  è 

'  i  —  X- 

d'S  dx  idx    ^     Idx      .^  .   ^.   . 

= = h  .  Uuindi  integrando  naice 

dx'        I  —  x'        I  +  X       I  —  ,v 

,—  =;-  log.  (i  -[-  x) log.  (i  — x)  ,  fenza    colante  perchè 

aX'        2  2 

fvanifce  con  a;  1'  uno  e  1'  altro  membro  dell'  equazione .  Mol- 

j  j  n 

tiplico  ora  per  dx  ,  ed  ho    -r—  =z-  dx\oo:.(i  -i-x) 

dx        2  '       ' 

dx[og.(i — x) ,  il  di  cui  integrale  è  —  = -xIog.(i+J<r) 

2  dx       2 

/7  xdx        I      ,  N         r-  xdx       I      , 

___  __.v,og.(i_x)-y  ^^^=-xiog.(x+^) 

.V  -}-  -  log.  (i  -{-  x) X  log.  (i  -  .r)  ■;--;<•  +  -  log.  (i  —  x) 

=  (^  -  x~] —  )  log.  (i-j--^)  —  (  ~  X )  log.  (  I  —  x)  ,  fenza 

coftante  come  dianzi  .  Moltiplico  di  nuo\-o  per  dx   ,  ed  ot- 
tengo Sz=(^-  dx->r  -  xdx )  log.  (i  +  .v)  -{- (  -  dx  —  -  xdx ) 

log.  (i-x)  ;  e  quindi  integrando  ritrovo  S=.(-x-] — -"vOx 

^2  4      ' 

Jo/170  IL       .  Ggg 


4iS  &"opra     le     Serie. 

log.(H-^-)4-(-x Ar')log.(i-x)-  /    ^ ^  - 

,     /"  '-  xdx  —  7  ;v  Vx      ,1  I       .  . 

_j_  /  _.v  _     ;v=  )  log.  (i  — X) .v-|-  i  log.  (I  4-;>f)  —  ^;tf' 

^  i^_ -Iog.(i -f  ,v)_i  ;^_Ì  log.(i  — ;v)  + -X^ 
4  4  22  0 

^-^^_}_-  log.  (i  _^')  =  (__[- i  x+ -  ;cO  log.  (I  4- .V) 
4  4  424' 

—  (' xA —  :v')  log.  (  I  —  x) X.  Il  che  era  ecc. 

^424^°  2 

Corollario. 


Pongafi  Ar=  I  ,  e  farà  la   fomma  della  ferie 


1.2.3       3-4-5 


A 1 ! — \-  ecc.  =  log.  2 , 

PROBLEMA    VII. 


Sommare  la  ferie  S=- -1 f- 


1.2.3.4       3-4-5-6       5-6.7- 


H — ^ — -  +  ^<^<^- 
'  7.8.9,10  ' 


Soluzione. 

Il  differenziale  dell'  equazione  fomminiftra  quefl;'  altra 

dSr=idx(  A h  —,. h'^CC.  )  ,    cioè  pel 

^1.2.3^3.4.5^5.6.7^7.8.9^         ^' 

Frobl.  prec.  dS  ■=  dx  (-  ■^-  -  x  -\-  -  x'^  log.  (  i  -j-  x  ) 

42  4 

—  ^a;  ( .V  -}-  -  •'f'  )  log.  (i  —  .V  ) xdx .  Perlochè  inte- 


Sopra     le     Serie.  4^9 

grando  nafce  S  =  (-x-\--x' -\-  ^x')  log.  (  i  4"  '■^"  ) 


J  i+x  ^4  4  12 

log.  (i—x)  —J 


-  xdx  —  ',  x''dx  4-  ~  x^dx       I 


I  — X 


==  e  _  ;V  _|_  _  ;V^  _j_  _  .V'  )  log.  {l-{-X)—(-X  —  -X'+—X') 

^4  4  ii-^  ^4  4  '2 

II  1,1 

log.  (i  — ,v) A;-j--]og.  (i  4--^) — ■  -x^-  -\--x 

4  4  b  4 

—  -  lo2.  (i  -X-  x)  -~^-  x'-\-~x'  —  —xA log.  (i  -^-x) 

4     "         '  36  24  12  12 

J^  -x-\-l  log.  (i  _ .y)  —  -  A-^  —  -  a:  —     log.  (  I  —  .-v  ) 
44  b  4  4 

-] A-'+   Ì-;v^_|_-i.v^---l0g.  (l— X) X' 

36  24  12  12  4 

•4-  -  X'  —  —  .r^  )  log.  (i—x)  —  —  x^  Il  che  era  ecc. 
4  12      '^  12 

Corollario. 

.1 

Da  ciò  apparifce  che  la  fomma  della  ferie 


1.2. 


A \~ -4 V-  ecc.  =  -  log.  2 . 

^3.4.5.6^5.6.7.8^7.8.9.10^  3     °  12 

I  precedenti  Problemi  fono  più  che  baftanti  per  dare  un' 
adequata  idea  della  maniera  ,  che  dee  tenerli  per  determina- 
re la  fomma  delle  ferie  analoghe  alle  premefTe,  qualunque  ila 
nel  denominatore  d'un  dato  termine  quel  fattore,  che  pren- 
deil  per  primo  nel  terniine  fuffeguente . 


Ggg     ij 


420  Sopra     le     Serie. 

ARTICOLO    III. 

Delle  ferie  infinite  delle  poten-ze  intefe  de'  numeri 
naturali  co   [egni  alternanti. 

E'  proprietà  caratteriftica  di  tutte  le  ferie  infinite  diver- 
genti ,  i  di  cui  termini  vanno  vie  maggiormente  aumentan- 
doli di  valore  quanto  piìi  li  fcoftano  dal  primo ,  di  non  am- 
mettere fomma  propriamente  detta  ,  non  potendo  aflegnarli 
veruna  quantità,  a  cui  la  ferie  divergente  propofta  lia  pre- 
cifamente  eguale  ,  o  a  cui  il  valor  della  ferie  tanto  più  11 
avvicini  ,  e  ciò  oltre  ogni  data  differenza  ,  quanto  più  ter- 
mini Il  prendono  della  ferie  .  Ma  in  quella  vece  fi  'ricorre 
in  quelli  cali  alla  jmima  impropria  della  ferie,  vale  a  dire  a 
quella  quantità  o  funzione  ,  qualunque  ella  ila  ,  la  quale  , 
comunque  ineguale  al  valore  della  data  ferie,  genera  però  e 
produce  col  fuo  fvolgimento  mediante  i  confueti  artifizi  ana- 
litici la  ferie  medefima  .  Ad  una  tal  clafle  di  ferie  il  riferi- 
fcono  quelle  ,  che  vengono  formate  dalle  potenze  intere  de' 
numeri  naturali ,  prefe  co'  fegni  alternativi  ,  e  generalmente 
rapprefentate  da 

1" — 2''-l-3''  — 4"-f- 5"  —  6" -4- 7"  —  S'-J-p"  — ecc.  in  inf. , 
eflendo  n  un  numero  intero  allèrmarivo  qualunque  .  L'  Eule- 
ro nel  fuo  Calcolo  Dijferenx.iale  con  un  metodo  ingegnofo, 
ma  oltremodo  lungo  e  laboriofo,  determina  la  quantità  o  fra-' 
x.ione  generatrice  di  fifFatte  ferie  ,  e  giugne  a  confeguire  le 
forinole  feguenti  : 

I 

I-        I  — 2-J-3— 4-1-5  — 6-j-ecc =- 

4 

II.  I' —  -'  +  3' — 4' 4-  5'  —  6'-j-  ecc =0 

III.  i'_2H-3'  — 4'  +  5'  — 6'4-ecc. ^—"^ 

IV.  l4_24_[_^4___^4j^54_64^eCC =0 

\6 

V.  i^_2^-4-3^  — 4^4-5^  — ó'-j-ecc '"  ^^T 

VI.  i<^  — 2«4-3<=  — 4*-}-5'  — ó'=-|-ecc =0 


Sopra     le     Sekie.  421 

VII.    i'_2'_}_3'_4'4-5'  — 6'4-ecc =  — ~ 

'  '  256 

Vili.   i«  — 2«  +  3«  — 4'+5*  — 6*  +  ecc =  0 

7026 

IX.      I'  — 2*4-3'  — 4'  +  5'  —  6'  +  ecc =  1^^ 

'  '     '    ■'  '  1024 

ecc.  ecc.  ecc. 
Ma  quefto  gran  Geometra  dopo  aver  ritrovata  l'  efprefllone 
generale  della  fomma  d'  un  numero  qualunque  x  di  termini 
della  ferie  propofta  ,  ed  aver  offervato  ,  che  del  doppio  fe- 
gno  j^  ,  di  cui  trovali  affetta  la  detta  efpreffione  ,  dee  vale- 
re il  primo  ne'  caiì  di  x  difpari  ,  il  fecondo  in  quelli  di  x 
pari,  volendo  poi  farne  V  applicazione  al  cafo  di  x  infinito 
difcorre  cosi:  §luod  fi  ergo  (  Infl:.  Cale.  Dift".  p.  500)  x  fue- 
rit  numerus  infinitns  ,  quoniam  is  eft  mque  par  ncque  impar , 
h£c  confideratio  cejjare  debet ,  ac  proinde  in  fumma  termini  am- 
bigui funt  rejiciendi  :  unde  fequitur  ,  hujufmodi  ferierum  in 
infinitum  continuatarum  fummam  exprimi  per  folam  quantita- 
tem  conflantem  adjiciendam .  Non  pare  che  un  tale  ragiona- 
mento lìa  per  contentare  la  corrente  de'  Geometri ,  e  a  più 
d'  uno  certamente  fembrerà  fofpetto  e  precipitofo  .  Ecco  per- 
tanto due  dilièrenti  fempliciffime  dimoftrazioni  delle  formole 
predette . 

Bimofiraz.ione  I.  delle  Formole  Euleriane. 


Effendo   i — x  ^4- x- >— x^ -l- ecc.  ■= ,    fi  ha    differen- 

ziando  ,  e  dividendo  per  ^.v  ,  —  i  -f- 2.v — ^x^-\~4x' 

—  ^x'*-\-  ccc.=:: ,  e  moltiplicando  per— .x, 

(14-^)' 

I ."   X  —  2.V'-  -4-  zx'  —  4.V*  -4-  ecc.  = '- •(A) . 

Si  differenzi  parimenti    queft'  ultima    equazione  ,    e  fi  divida 
per  .V  ;  e  nafcerà   i  —  z\v  -4-  ^'-v'  —  4'A:'  -f"  5'-'^'*  — ^^^' 
1  IX  I  —  X 


(i^xy     (i+xy     (i+x) 


;  e  moltiplicando  per  x 
Ggg     iij 


4-2  Sopra     leSer 


I    E. 


2."  x-2\x'  4-  s'x'  -  4\x'  +  ^\x'  -  6\x'  +  ecc.  = '-^  .  (B) . 

òi  prenda  nuovamente  il  differenziai  di  queft'  ultima  equazio- 
ne, e  dividendo  per  dx  lì  lia   i  —  2^x-|- 3^^:^  —  4^^' 4- 5^^* 
,,    f    ,  l  —  IX         ^x(i~x)         l—J^X-\-XX 

—  6Kx'  -4-  ecc.  = ^-^ -'  = ^^-^^ —  •    on- 

(i+xy      (i+xy        (  i+xy 

de  moltiplicando  per  x ,  nafce 

x(i — 4a.-4-:va;)    ■ 
3.°    X— 2^x^4-3'^'— 4^A^* 4- ecc.  =    -^ — ■ -.(C) 

Differenzio  ora  quefta  equazione  ,    e  divido  per  dx  ,  ed   ot- 

I  —  4^''  4-  XX  —  ±x  4-  2XX 
tengo  I  —  2''.v4- 3'*x^  — 4'*;v*4-ecc.  =    ■ 

4.V  (i~j^x-i-xx)       (i  -  Sx  -;-  ^xx)(i  -i-  x)  -  4X  (i  -  4^;  -!-  xx) 

(i+xy      ~  (14-^)' 

I  l  l  x  -i-  1  l  x'  ■—  X'  ,   .    ,  • 

=   • —  :  e  moltiplicando  per  x, 

Xil-llXi-l  IX^-X^) 

4°  x-2'>x'-i-^\x'-4\x*A-^\x'-6'x--:.-icc.-  -.(D) 

(  I  -^xy 

Prendo  all'  ifreffo  modo  il  differenziale  di  queft'  ultima  equa- 
zione,  e  divido  per  dx ,  dal  che  ricavo 

I  -  1 1 .V  -;■  1 1 X-  - x'  -  iix  i-  2 2.r'  -  ^x' 
1-2  '.V  -i-  3  ^x^  -  A.Kx^  -:-ecc.  = — 

{i+xy 

5,v  (  I  —  I  Kr  -}-  I  I  x''  —  x^  ) 

{i+xy 
_  (  I  -22.V 4-  s^x'  —  4x'  )  (  i  +x)  —  'jx  4-  5 5'^'  +  ? 5^'  +  J^"' 

i  —  26x-Jr66x'—i6x'+x'  . 

■=. .  Quindi  moltiplicando  per.v, 

(14-^/  ^ 

ii  trae 

5.°.v — 2^v'-|-3^v=  — \'x''  -\-  5^.v'  —  6'.v^-(-eccc. 

.r  e  I  —  26A'  4-  6Ó.V'  —  2 6x^  -f  .v*  )        j-, 

_(i+.vr 
Profieguo  a  diflèrenziare  l'equazione  ora  ottenuta  ,    e  divido 
per  dx ,   I  —  2^x-\'  ^J'x''  —  4*;c'  -j-  5*.v'*  --  ecc. 


Sopra     le     Serie.  413 

I  _  26A:  4-  eòx"^  —  26:c'  4- ^*  —  26y  +  i32A:'  — ySx'  -i- 4^^ 

6x(  I  —  26x-\-66x'  —  26x^  -[-•^* 


(14-x)'  "^ 

(i-^ix-Jri9Sx'-io^x^+^x*Xi-'.x)-6x(i-i6x<-66x'-i6x^  i-  x*  ) 

~       '  (i+xy 

1  —  -^JX-^-  702X^ —  ^OIX'  +  ^JX*  —  X'  _  ,  ,    .     ,. 

= ,,      .    Laonde    moltipli- 

{i+xy  ^ 

cando  per  x,  fi  trova 

6°  X  —  2^x'-{-fx^ — 4*;>c* -|- ecc. 

.v'i  —  57x4-  302;!^'  — 302X'  4-  ^JX*  —  x^) 

=  (i-\-_xy]  ^    ^ 

Cosi  profeguendo  fempre  lì  arriva  a  ritrovare  quante  altre  fi 
vogliono  equazioni  analoghe  alle  precedenti.  Se  pertanto  nel- 
le equazioni  ritrovate  (A),  (B) ,  (Cj ,  (D) ,  (E),  (F)  ,  ecc.  Ci 
foftituifce  r  unità  in  vece  di  x,  elle  li  trasfonnano  nelle  fc- 
guenti  - 

I.  I  — 2-1-3— 4  +  5  — 6H-ecc =- 

4 

II.  I'  — 2^  +  3^  — 4'+5^  — 6^  +  ecc =  0 

III.  i^  — 2' +  3'  — 4' 4- 5^  —  6' 4-ecc =:_^ 

1 6 

IV.  I*  —  2^  +  3^  —  4^  -|-  5^  —  6^  +  ecc =  0 

V.  1^  —  2^  +  3^  — 4^4-5^  — 6-' -}-ecc =  - 

VI.  i«  _  i''  +  3^  —  4*  +  5*  —  6'  +ecc =  o 

VII.  I'— 2' +  3'  — 4' +  5^  — 6' -fece =—  ~ 

VIII     i«_2«-j-3*  — 4«-|-5«  — 6«-f  ecc =0 

IX.     1  '  —  2'  -f  3 '  >—  4'  4-  5 '  —  6"  4-  ecc =  ^^^ 

1024 

ecc.  ecc.  ecc. 
PafTo  ora  a  dimollrar  quello  fleiTo  in  una  maniera  forfè    più 
foddisfacente  col  mezzo  delle    ferie    infinite  de'  feni  e    cofeni 
degli  angoli  crefcenti  in  progredìone  aritmetica ,  e  a  tal  og- 
getto premetto  i  due  Lemmi  feguenti , 


4^4  Sopra     le     Serie. 

LEMMA        I. 

Effèndo  X  un  arco  qualunque   di  cerchio  defcritto  col  raggio 

i,  fi  ha  cof.  X  4-  cof.  2X4-  cof.  3x4-  cof.  4X  4-  ecc.  in  inf.  = 

2 

-      Dimostrazione. 

Pongafi  J'^r  cof.  AT-f-cof.  2Ar-l-cof.  3,v-[-cof.  4A;-|-ecc.  ,  e 
fi  moltiplichi  per  cof.  a-,  lìcchè  rifulti  J" cof.  x  =  cof.  x' 
-|-  cof  X  cof  IX  -f-  cof  X  cof  jAT  -j-  cof  .V  cof  ^x  -\-  ccc. .  Ma  fi 
fa  dalla  Trigonometria ,  che  il  prodotto  de'  cofeni  di  due  an- 
goli è  uguale  alla  metà  del  cofeno  della  fomma  di  detti  an- 
goli più  la  metà  del  cofeno  della  lor  differenza .  Dunque  ri- 
folvendo    ciafcun    prodotto    della  predetta  equazione   ne'  fuoi 

due  termini  equivalenti  ,  nafce  J'cof  «•=  -  (cof.  2;v-}- i  ) 

4-  -  (  cof.  z^-\-  cof  .v  )  -j —  (  cof.  4X  -}-  cof  ^x)-]-  ecc.  =  - 
2  1  2 

4-  -  cof.  X  4-  cof  2x  4-  cof  2X  V  cof.  4x  i-  ecc.  = •  -  cof  x  +  S. 

2  22 

Perlochè  farà  S  (i —coC  x)  =  -cof.X' ,  cioè  S=: . 

22  2 

Il  che  era  ecc. 

LEMMA         II. 

La  ferie  infinita  S=:fen.  x-[-fen.  2X-}~fen- 3x  +  f-'i- 4X 

ievì.  x 
-f-fen.  5x-f-ecc.  in  inf.  e  uguale  all'  efprejfione 


2(1  —  cof.  x) 
Dimostrazione. 

Si  moltiplichi  per  cof  x  la  ferie  propofta,  e  fi  avrà 
S  cof  X  =  fcn.  .V  cof.  X  -|-  fen.  ix  cof.  x  ~\-  fen.  ^x  cof  x 
'-}-fen.4A;cof  AT-i-fen.  5.rcof  AT-f-ecc.  .    Ora  dati  due  angoli 


Sopra     le     Serie.  425 

4)  ,    0  ,    per  la    teoria    delle    funzioni  angolari  Ci  fa  ,    erferc 

fen.  (f)  cof.  0  =  -  fen.  (<I)  +  ^)  4"  "  fen.  ((|>  —  6);  quindi  fp  ezzando 
z  2 

ciafcun    termine    della  predetta    equazione   in   due  ,     rifulterà 

Sco{.x  =  -(kn.  2X  ■{- o) -4-  -  (fen.  sx-ì--  fen.  :>^)-}--  (fen,  ^x 
2  222 

-}-  fen.  2X  )-{--(  fen.  ^x  ~\-  fen.  ^x)  -{-  ecc.  =  -  fen.  x  -\-  fen.  zx 
-}-  fen.  ^x  -f-  fen.  4^  -j"  ^'^"'  5'*^  "4"  ^<^c.  =  5" fen.  ;v  .  Laon  de 

trafponendo  farà  S  —  J"  cof.  ;v  =  -  fen.  a:  ,  e  confeguentemente 

2 

fen.jc 

o  =  -^ ^ — - .  11  che  era  ecc. 

2(1—  cof.  X) 

Ciò  premelfo  ,    il    dimoftrano  fpeditamente  i  fopraccennati 

Teoremi  nel  'modo  che  fegue . 

DìmoJiraz.ione  II.  delle  formole  Euleriane . 

N."     I. 

Si  difFerenzj  la  ferie  del  Lemma  II. ,  e  fi  divida  per  —  dx  ; 
<la  ciò  rifulta  • — cof.  x  —  2  cof.  2.?<:  —  3  cof.  jx  —  4cof.  4X 

—  5  cof.  ^x  —  6  cof.  6x  —  ecc.  in  inf= r-  ^ 

•^        2(1— cof.  x) 

=  — -, — ^  (M)  .    Sicché  prendendo  per  x  la  femicircon- 

fetenza,  &rà  cof. .v  =  —  i  ,  cof.  ax=:  i ,  cof.  ^x  =  —  i  , 
cof  4X=:  I  ,  cof.  5X  =  —  1  ,  Qcc.  ;  e  confeguentemente  la  fe- 
rie ritrovata  fi  converte  nella  i.'* 

»  —  2-|-3  —  4+5  —  6-j-  ecc =  - 


Tomo  IL  Hhh 


42  <5  Sopra     le     Serie. 

N.»     IL 

Si  difFerenz-j  due  volte  la  ferie  del  Lemma  I.,  e  fi  divida, 
il  rifultato  per  dx'' ;  e  li  ricaverà  — cof.  .v  —  z^cof.  i.v 

—  3'  cof.  jx— 4'^cof.  4.V  — 5^cof.  5X—  6'  cof.  6,x  — ecc.  =  0  (N). 
Dunque  prendendo  per  1'  arco  x  la  femicirconferenza  ne  de- 
riva r  equazione  II.'' 

i  =  -2^4-3^  — 4^+5^  — 6^  +  ecc =  0 

'  '         "  ^  ■  ■  -:'■     N'.  Ili 

Sì  prenda  dell'   equazione  (  M  )  'n°.  I.  il  fecondo  differen- 
ziale, e  quefto  fi  divida  per  — ^x''.  Ciò  fatto  nafcerà  l'equa- 
zione 
- —  cof.  X  —  2  '  cof  IX  —  3  '  cof  3.V  —  4'  cof  .\x 

—^  [  2  cof  ~  x^ 

—  5' cof  5X —  ecc.  = — T^^iO);   la 

8  fen.  v;v* 

quale  nel  fuppofto  di  x  eguale  alla  femicirconferenz,a  fi  can- 
gia nel  Teorema  III. 

I'  — 2'  +  3'— 4'-i-5'  — 6'  +  ecc =— ^ 

,:- ..' .,      N".   IV.      :■  .'. 

Allo  fteffo  modo  ,  fi  pigli  la  feconda  differenza  dell'  equa- 
zione (N)  n°.  II;  e  fi  divida  per  —  dx' ;  il  che  fornminiftra 
r  equazione  —  cof  x —  2*  cof  2X —  3*  cof  ^x  —  4*  cof  ^x 

—  5''cof  5X — 6*cof  6x — ecc =  o(P)  ,  e 

quella,  nella  fuppofizione  di  ,v=i8o',  diventa  la  formola  IV, 
I *  —  2*  +  3''  —  4"*  -f-  5''  —  ó'*  -j-  ecc :==  o 

N.'     V. 

Differenziata  due  volte  1'  equazione  (0)  del  n.°  Uh  e  di- 
vifa  per  —  ^.v' ,  i\  giugne  al  rifultato 

—  QoLx  —  2  '  cof  zx  —  3  ^  cof  ^x  —  4^  cof  a^x  —  5  ^  cof  5.V  . 


Sopra     le     Serie.  427 

2  fen.  1  x^-  -:-  1 3  cof.  -  at'  -;-  2  cof.  '  :><:♦ 
-6^cof.6^^ecc =  - ^-j— T^, 

(^)  ;  e  fé  in  quefta  fi  afTume  al  folito  x  uguale  alla  femipe- 
riferia ,  ci  li  prefenta  la  forinola  V. 

1^  —  2^  +  3'  — 4^4-5'  — 6^  +  ecc =- 

N.'     VI 

Prendendo  la  differenza  feconda  dell'  equazione  (  P  )  del 
n.IV.,c  dividendola  per  —  dx^- ,  fé  ne  ricava  V  equazione 

—  cof.  ;!c—  2*  cof  2A,' —  3*  cof  sx  —  4'  cof  4;>c —  5'  cof  5^: 

—  ó'^cof  6x  —  ecc =  o(R).  Queffa  poi   mediante 

la  foflituzione  della  femicirconferenza  in  luogo  di  x  lì  trasfor- 
ma nella  forinola  VI. 

i«  —  2*-|-3*  —  4*4-5^  —  6*4- ecc.  e =0 

Con  tal  procedere  rertano  prontamente  dimoftrati  tutti  i 
Teoremi  Euleriani  intorno  alle  ferie  delle  potenze  afTermati- 
ve  intere  de'  numeri  naturali  co'  fegni  alterni ,  potendo  gene- 
ralmente ftabilirlì,  che  le  ferie  delle  potenze  pari  hanno  per 
giianiità  generatrice  lo  zero  ,  e  le  ferie  delle  potenze  difpari 
hanno  per  grandezza  generatrice  un  numero  dato . 

Non  mi  tratterrò  qui  a  far  vedere ,  come  con  quefto  fteffo 
metodo  altri  Teoremi  analogi  agli  Euleriani  poflbno  dimoftrarlì 
intorno  alle  ferie  delle  potenze  de'  numeri  difpari  co'  fegni 
alterni  1"  —  3"+ 5"  —  7"-{-9" — ii"4-ecc.  ,  nelle  quali  all' 
oppofto  di  quelle  de'  numeri  naturali  generalmente  li  trove- 
rà che  le  impari  fono  generate  dal  z.ero ,  le  pari  da  un  nume- 
ro determinato. 

ARTICOLO    IV. 

Della  Somma  delle  Serie  de"  feni  e  cofeni  degli  angoli  proce- 
denti in  progrejfione  aritmetica  ,  e  delle  loro  potejìa  intere 
qualunque . 

Le  elegantiflime  ferie  de'  feni  e  cofeni  degli  angoli  crefcen- 
ti  in  progreflìone  aritmetica  ,  come  pure  delle  poteftà  intere 

H  h  h     ij 


4z8  Sopra     le     Serie. 

omologhe  dì  que'    fé  ai  e  cofeni  fono    fiate  con    motto    fìudlo» 
efiniinate  ed  illuflrate  da' celebri  Geometri  Etdsro ,  Dan.  Ber- 
noiilli ,  La  Grange^  D'  Alembert,  Bojfia ,  Lexell,  Lorena,  ed 
altri  parecchi  ;  e  ha.  i  differenti  metodi  meffi  in  opera  per  de- 
terminarne la  loro  fomma ,  ricavati  in  buona  parte  dalla    teo- 
ria delle  ferie    ricorrenti  ,    iì  diftingue  fopra  tutti  per   la  fa- 
cilità e  fpeditezza  quello  del  Sig.  Ab.  Bojfut  pubblicato  nelle 
Memorie  dell'   Accad.  delle  Scienze  dì    Parigi  ,    per    1'  anno 
1769  ,  il  quale  può  a  giufto  titolo  chiamarli  un  capo  d'opera 
di  femplicità  e  d'eleganza.  Ma  quefto  illuftre   Geometra  non 
conlìdera  la  progreffione  aritmetica  degli  angoli  fotto  la  forma 
più  generale ,  né   tampoco  (  ciò  che  più  importa  )  applica   il 
fuo  pregevoliflìmo  metodo  al  cafo  più   univerfale    delle  poten- 
ze de'feni  e  cofeni  affette  d'un  esponente  arbitrario ,  lafcian- 
do    defiderare    la    parte    più    intereilante    di    quella   ricerca  , 
cioè  r  efpolizione  generale  della  fomma  pel  cafo  mentovato  v 
così  pure  ne'  Supplementi  dell'  Enciclopedia ,   dove  quefta  ma- 
teria viene  ingegnofamente  trattata  in  un    diftinto    articolo  , 
dopo  efferll  aflegnata  la  fomma  per  le  due  o  tre  prime  pote- 
ftà,  Il  tralafcia  il  punto  più  preziofo  e  difficile ,  offia  il  cano- 
ne  per  tutte  le  poteftà  affermative  ed  intere  .  Non  è  manca- 
to  per  verità  chi    fi  è  fludiato  di  fupplire  a  quefta   mancan- 
za ,  ma  oltreché  il  metodo  a    tal    uopo    tenuto    fi    appoggia 
a  principi  rimoti,  e  poco  familiari,  i  quali  elìgono  una  lun- 
ga efpolizione  per  efl'er  ridotti  alla  comune  portata  ,  la   for- 
ma ffeffa  della  generale  efprelfione  della  fomma  richiefla   non 
fi  è  prefentata  fotto  un  afpetto  abbaflanza  luminofo  e  comodo 
per   non    aver  nulla  a  defiderare  di  più  (a)  .  In  viffa  di   ciò 
non  fembrerà  afiatto  inutile  un  ulterior  tentativo:  e  il   Let- 
tore intelligente  giudicherà  ,  fé  io  fia  riufcito  a  porre    tutta 
quefta  materia  fotto  un  punto  di  veduta  più  effefo  e  più  ge- 
nerale che  finora  non  ii  è  fatto, e  le  la  novità  de' due  ultimi 
Problemi,  e  de' quattro  Teoremi ,  che  terminano  quelV  Artico- 
lo ,  in  un  foggetto  da  tanti  altri  maneggiato  e  difcuflò  polfa 
meritare  qualche  indulgenza . 


(a)   Si    vegga    il    I.    Voi.    della  Soc.     to   in    tutta    la   fua    generalità    queflo- 
Italiana  dalla  pag.  ?6i   alla  pag.    t,6$  ,    Problema  dal  Sig.  Cav.  Loygna  . 


ove  è  flato  per  la  priQ^a  voJta  rifoiu- 


SOFKA       LE       S    il    K    l    l,  429 

PROBLEMA     I. 

Sommare  la  ferie  fen.  p  -\-  fen.  (  p  -[-  q  )  -f"  fen-  (  P  -}-  -4  ) 
+  fen.  (  p-}-  3q ) -j-  fen.  (  p  +  nq  )  =  S 

Soluzione. 


E'  noto,  eflere  J"  = 


2\/-i 

eCP  +  ?)V^-' ^-CP  +  ?)V^-'         e'^PH-  '3)1^-  •  _e-(P  +  »?)l^-  "^ 

"^  2^/  —  I  '  Z^-I 

eC  p  +  j?  )  v^  —  > f—  (  p  +  3?  )  v'  -  » 

"^  n/TTi  

f(p  +  "?;  v'  —  • e-  cp  +  '>ì)V  —  '        et  V  —^ 

^^=?v^-'_|_e3jv^ -. ^e"?»^-') 

e-  p  v^  _  t 

7 e  I  -f  r-?K'-'4-(?-'5»^-'  +  e-'5V^-' 4- e-"^v^-0- 

2  /  —  I  ^  ^ 

Ora  ficcome  le  quantità  rinchiufe  tra  le  parentefi  fono  evi- 
dentemente due  progreflìoni  geometriche  ,  delle  quali  confe- 
guentemente  fi  ha  la  fomma  con  moltiplicare  il  fecondo  ter- 
mine per  r  ultimo ,  fottrarre  il  quadrato  del  primo  termine , 
e  dividere    il    reiìduo    pel    fecondo    termine  meno  il  primo  ; 

perciò  farà  S  = (  — ) 

z^  —  i^e'iy-'—i        ' 

: ( )  ;   e    riducendo  allo  fteflb 

zj/  —  i^       e-iv'  -'—1         ^  ' 

denominatore  nafce  Sz: ( — ) 

2|/-i^       z-eiy^-'-e-'iy'  -'     ^ 

2y  —  I  ^  2  —  f?»^-'  —  t-?v^-'  ^ 

H  h  h     iij 


43^  Sopra     le     Serie. 

2   1/    —  I  ^      ^  ' 

len.  (p  +  nq)  —  fen.  {p  -:-  («  +  i)  ^  )  -:-  fen.  {q  —p)  -;-  fen.;? 

2  —  2  cof.  ^  . ,         ' 

rendo  pertanto  ai  noti  Teoremi  degli  angoli 

I.       fen.<z  +  fen.  ^=2  fen. -(^4--^)<^o^-"'(^  —  ^)  ' 

2  2 


Ricor- 


II.  fen.  a  —  fen.  b=zz  cof  -  (a-\-b)  fen.  -  (a  —  b) 

■2.  \  2.       . 

III.  cof  ^-f-cof  ^-^zcof  -  (<5:-}-^)cof  -  (<?  —  b) 

2  2 

IV.  cof  b  —  cof  ^  =  2  fen.  -{a-\~b)  fen.  -{a  —  b) 

2  2 

V.  I  —  cof  <5!  =  2  fen,  -«%  il  otterrà  facilmente 

2 

-  2  cof  (p  +  (»  +  i.)^)  fen.  \q  +  z  fen.  i  -y  cof  {p-\q) 


S  = 


4  fen-  T  ?' 
__cof(/>-|g)-cof  (/>  +  (>?  +  i)g)         -  ■ 

2  fen.   j  ^ 

kn.(p  +  \nq)kn.L(iJ^n)q 

= .  Il  che  era  ecc.- 

fen.  i  q 

PROBLEMA    II. 

Sommare  la  ferie  cof  p  -|-  cof  (  p  +  q  )  -{-  cof  (  p  -)-  2q  ) 
4-COf  (p+3q) -j-cof   (p-Ì-nq)=:S. 


Sopra     LE     Serie.  43 i 

Soluzione. 

La  dottrina  degli  angoli  fomminiftra  Sz=-ei'V  -' 

2 


^_3  e-(f+ 3?  )!/--« 

2 

U_  i  eCP  +  «  ?)  1^  -  »  _j_  i  e-  CP  +  "9)  l^  -  '  ::::^  i  e?  V^  -  '  (  I  +  f  ?  V^  -  • 
2  2  2 

^e=9v^--4_p3,v^-. _|_e"?v^-')_|-le-fv^-' 

(  I  -|_  e-  ?  v^  -  ■  ^  e-  '?  v^  -  '  +  e-  '?  *^  ~  ' +  e-'"J^  -") 

^iePK-'C _ 1)  ,,.     . 

2  ^  f  '  V    '  _  I  '  .        ' 

I  f— C  +  'J  ?  V'  —  1  I 

-j--'?~''^~'(    _  , -)  .  Fatta   pertanto  la  ri- 
duzione allo  fteflb  denominatore  fi  ottiene  fpeditamente 
J'  =  -efv<-«( i^  ) 

4.  -  e-  P  »^  -  '  r  ^ ^    ) 

'2  ^  2 e?v^-'  —  c?-3V^-«  '' 

^2  2  2. 

1  TI 

g-(P  +  (n+  ')  q)y  -  > ^rp  _  5)  y^  ~  I ^_  (p  _  9)  j^  -  r 

2  2  2 

cof.  0  +  ni])  —  cof.  (/'  +  (»+  i)  q)  —  cof.  (p  —  q)  +  cof.  /> 

2  —  a  cof.  q 


4Ì2.  Sopra     le     Serie. 

__  fen.  (p  +  (n+\)q){Qn.^^-  fen.  (/>  -  7  ^  )  fe"-  t  ? 

2  fen,  \  5' 

ifen.itf 
»  •' 

cof.  0  +  \  nq)  fen.  '-  (i  +  ») ?     ^i     u 

=  • T~, — •  Il  che  era  ecc. 

fen. -9 

CoROLL.     La  fomma  della  ferie  kn.p-\-kn.(p-\~q) 

-{- kn.  (p -\- zq) J^ÌQr\.{p-\-nq)  fta  alla  fomma  della 

ferie  cof  p  -j-  cof  {pJ^q)~^^coL{p-\^^q) +  cof  (p  +  nq), 

come  fta  kn.(p-^  -nq)  a  cof.  ( ;> -j- -  «^  )  ,   cioè  come 
2  2 

Ung.  (p -\- -  nq)  air  unità  .  Da  ciò  apparifce  ,    che  la  fomma 

de'  feni  degli  angoli  crefcenti  in  proporzione  aritmetica  ,  e 
continuati  per  quanti  termini  fi  vuole, può  efler  uguale  in  in- 
finiti cali  alla  fomma  de'  cofeni  corrifpondenti,  cioè  tutte  le 

volte  che  p^-nq^^^"  ,    ii  che  può  veriticarfi  in   infinite 
2 

maniere  .  Anzi  quelle  due  fomme  faranno  parimenti  uguali , 
allorché,  eflèndo  tt  la  femicirconferenza  del  cerchio  col  rag- 
gio  I,  1'  arco  p-\-~nq  avrà  uno  de'  feguenti  valori 
2 

~->  +  ~  3  H 3  H 3  ecc.  in  inf. 

4  4  4  4 

37r  JTT  IITT  IJTT 

5 , , ,  ecc.  in  inf. 

4444 

PROBLEMA    III. 

Sommare  la  ferie  S  =  fen.  p'  +  fen.  (p  -j-  q)'  4-  fen.  (p4-  iqY 
-jr  ^en-  (P  +  3^y -f  fen.  (p -f  nq)^ . 


Soluzione  . 


SoPKA     LE     Sekie.  433 

Soluzione. 

Pongali  efK-'=tf,  e'ì^-'  =  b;  i  Teoremi  noti  degli  an- 

a  —  a-\         a'-        ^~^    ,    » 

eoli  danno  kn.p^  =  (  — )=  =  —  -U f-  - 

°  ^  2  y  —  i  ^        -4       — 41 

ab  —  a-'b-'  .         a'b'    ,    a-'b"   ,    i 

s,„.^p+,r=^-— -).=.-  +  -— +. 

ay--a-'b-\        a-b*       a^'-b-'   ,    i 
fen.tf+=,)-  =  (-^^— p)-=-  +  ^^  +  - 

^    2^  — I      ^         -4  -4  - 

,ab"''a-'b-\         a'b'"    ,    a-'b-'"       i 

DunquQ  Sz=  —  la'(i-]-b'-^b*-{-b' 4-^=")        - '•     ' 

4 

—.  L  a-' (i -\- b-' +  b-'' +  b-' +  b-'-")  4-  ^  , 

4  - 

cioè  J  = rtV  ) a-'  ( )-\~ . 

Perlochè  ridotti  li  due  termini  binomiali   allo  fteffo  denomi- 

i+n       I         b"'  —  b'"  +  '  —  b~'+i. 

natore,  fi  avrà  J= au t-> } — l ; 

1  4^         2 — b-  —  b~  ' 

I  s-«     \  cof.  2f/'-:-(«-;- 1  )(/)-:■  7  cof.  i[p-q)  -  \  cof.  i{p-'.-nq)-  \  cof.  2/» 
—    —  j.  ^ , 

z  2  —  2  cof.  zq 

Il  che  era  ecc.  ' 

PROBLEMA    IV. 

Sommare  la  ferie  S  r=  cof.  p'-  -j-  cof.  (p  +  q)'  +  cof.  (p  4-2q)' 
+  cof.  (p  -f  3qj' 4-  cof.  CpH-  nq)''  • 

lii 


434  Sopra     le     Serie. 

Soluzione 

Ritenute  le  precedenti  foftituzioni ,  fi  fa  eflTere 

^2  4    '      4      '    2 

cof- (/'  +  '?)'  —  ( >= 1 \--     -.A 

-  4  42 

C0f.f/>  +  2(?r  =  ( V=: 1-- 

^24  42 

C0L{p-}-^qy  =  {    >= h +- 

2^4  42 

coL(p J^nqy  =  ( y= 1 U-.  Laon- 

2  4  42 

de  fcrivendo    ordinatamente    i    termini    fi  otterrà    S z=i 

2 

+ -«'(i+^^  +  Z'^-j-M 4-^-")  - 

4 

4 

2       '4     ^^^  — I      ^^2        y   b-'—i      ^ 


2       '  2  —  h"" — b 

w+ 1      ~  cof.  z{pvnq)+  \  cof.  i/»-  7  cof.  z{p<-{'n+  i)q)- 1  cof.  if/»-^) 

= 1 : } : •  • 

2  2  —  2  col.  zq  .  _  ..       ' 

Il  che  era  ecc. 

Coroll.  Se  la  fomma  trovata  fi  aggiugne  a  quella  del 
Problema  III.  fi  ha  il  rifultato  =«-!-  i  ,  come  appunto  ef- 
fer  dee,  poiché  il  quadrato  di  ciafcun  feno  aggiunto  al  qua- 
drato del  cofeno  corrifpondente  forma  il  quadrato  del  raggio, 
cioè  r  unità. 


Sopra     le     Serie.  43  5 

PROBLEMA     V. 

Sommare  la  ferie  S=:fen.  p' -}-fen.  (p-j-q)' 4-fen.  ('p  +  2q)» 
+  fen.  (p  -f  3q)' +  i"-"n-  (P  -}-  "4)'  • 

Soluzione. 


fen 


3'^ 


a-'  .,,!■ 


'    —  S  ^/  —  i        —  b  ^/  —  I 

aO  —  a-'b-\  a'b'  ^ab 

+  _S\/-i        -8/-I 

ab'—a-'b-'  .  a'b'  Z^b' 

^a-'b-'  g-'b-^ 

^g-'b-"           a-'b--'" 
Quindi  rifulta  J'  =  —  §-r:^  (i  J^  b' -}- b' -\- b" +  b'") 


a-' 


I  i  i     ij 


4S'5                  Sopra     le     Serie. 
+  §737^'+^+^^  +  ^' +  ^"^ 

sv/ - 1 ^    z.^  —  I  ''+ 8/ - 1 ^ 'j-rzrr  ) 

■+"  ^1         (  —. ) —  —7 ( ).   Riducendo 

Sy'— jv     b — I     ^       sy—i^b-'  —  I    ^ 

ora    allo  fteflb    denominatore    li  due  primi    termini  ,    e    così 

pure  i  due  altri  feparataraente  ,  ricaveremo  S  = 

_       a'        b'"  -  £>"+'  -£>-'-;-  I ,        a-'     b-'"  -  b^'"-'  -  ^'  +  i  n 

8^-1^      2^h'~~b-'     ^  ^  87^1  ^  ^—  ^'  —  b-  '       ^ 
,        3^       b'-b'^'-b-'  ■'r  i.       3^ -      b-"-'b"'-'~b^  i 

^  fen.  ^f/»  -:-  («  +  £)^)  -;•  i  fen.  7,^P  -  o'  ~  '  C--'.  -'P   -nq)  -  '-  fen.  3^ 

2  —2  .01.  ^^ 
7  fen.  {p  -:-  /;^)  -:-  '-  fen./^  -  ^  fen.  (/»  ^.-  i«  ^-  Q  g  )  -  ^  fen.  (/>-?) 

z  —  2  coi.  ^ 

Il  che  era  ecc.  ~  ■  .      ^  ' 

PROBLEMA    VI.      •      -  -.'..-Jè 


Sommare  la  ferie  S  =  cof.  p'  -|-  cof.  fp  +  q)'  +  ^of.  (p  +  zq)' 
+  cof.  (  p  4-  3q  )^ _[_  cof.  (  p  +  nq  )' . 

'       : .  ,  S      O      L      U      Z      I      O      N      E  .      ^ .      •,      1.  •  13' 


cor.  (,  .,, --("ilfrt' ).  =  ^-+ f  +  ^-^' +  ^-^ 

^,  ,,     .abU-a-'b-'         a'b'     ^ab'-       sa-'b-'    ,   ^'^-* 


Sopra      l  \ì     S  e  r  i  e.  437 

ab'+a-'b-\      a'b'      2ab'   ,    sa-'b''    ,   cr'b-* 
cof.tf  +  3tf=(  --—  ).  =  --  +  — 4-—-  +  -^ 

ab"ra-'b-\      a'b'"      -ìab"       ^a-'b'"     a-^b-'" 

cor.fr  +  «,).  =  (    -~  ).=_  +  - +^.^-. 

Sarà  perciò  J-= '^•(  i +i'+i'  +  6' +  '") 

^_Ì^-3/'i^^-3_|_^-«_|_^,-? +^-'") 

8          ^ 
+  f(i+^  +  ^'  +  ^' +  ^") 

-{-^^{i-^b-'+b-^^b-^ +  b-")^ 

=  -a'  ( ^  -  «    V ) 

8      ^    è'_  i       ^S         V    ^-3__i      / 


■r>,-r. 


I  A3n_/,3-.+  3_^-3^I  I  ^^-"'_l?'-'"-'-^>'4-lN 

3,^     A"  —  £,"  +  ■_ ^  -  -  4.  1  .         3.7 -  ■     b-"  —  b-"-'—b+  1  N 
■^S"^         z^b-b-'  ^"'~~8~^         2-b  —  b-'  ' 

__  7  cof.  3  (/>  +  «?)  +  T cof.  3/^  -  ^  cof.  3  (/>+  (»^ I  j^)  -  ;  coL-jip  - g) 

2  —  2  cof.  39 
,     j-  cof.  ip  +  ;?9)  -:•  '-  cof.  /^  -  7  cof.  (;>  -:-  («  +  i  )^  )  —  7  cof-  (p  -  ?) 

2  —  2  cof  q 
Il  che  era  ecc.  1 

PROBLEMA    VII.  ^ 

Sommare  la  'ferie  S  =  fen.  p*  -j-  fen.  f  p  +  q)*  +  ^s"-  CP  +  ^l)* 
+  fen.  (  p  +  3^  )4 +  fen.  C  p  4-  nq  )^ 


I  i  i     iij 


43  S  Sopra     le     Serie. 

"V  Soluzione. 


a  —  a-'  y <z*       0,0"      4a~'      a-*  ,    6 

2  j/  — I  ^         16       i6         i6    ~^ 

fu      >4     /  ab-a-'b-'  .      a'b''    j,a-b'     ^cr' 

^2|/  I^  l6  IO  I 


fen.  f/»  +  ^)'*  =  (  — >• V  =        -  3 ^: + +  — 

[6  1 6         1 6 


fen. 


ab'—a-'b-'.       a'b^       4a'b*       ^ar^b-'^ 


6  i6     ■       )    i6 


,    (T-'b-'         6 

^ 7k f~~l    -  *'■■ 

lo  ló 

^2(/  —  1       '  i6  i6  10 

a-'^b-"        6 


,_2« 


/  —I        ^         Tó  ló  16 


a-'b-'"         6 

-4 .. 

'  i6         '    l6 


Sarà  dunque  S  = -- a' (^i -{-b* -\-b^  ~\-b'^ +^'") 

^-^a-'(i-^b-'^^b-^J^b-'' +  b-'') 

—-a'(^i~{-b'-{-b*  +  b' +  ^")  '■" 

t  ,        -^  -'1     ,    fi 

—  ^-  =  (^i_[_£,-^_}_^-4_}_^-« 4-^"'")  i 

+  — — — -'  =  -  aU  -— )  J rt-  V  -— — j 

I          /,="  +  '_  I           I          ,  è-  =■-  -  =  —  I  .        6  («  +  i)        . 
a  (  —, ) «~   (    )  A — ^^ 

I  ^4._^,4-.  +  4_^-4  4.   j 

=  rt*  ( J 

I6         ^  2_/,4_3-+  -/ 


Sopra     le     Serie.  439 

I  ^  ^-1"  _  ^-4"-4  _ £,+  4-  I  I         Z,»_^'-«+'  -  &-^  +  I  . 

-;^-^(  ■ — ,^(,^-b-^ ''+  ~~T~ 

__  1  cof.  4(/'  +  «?)  -i-  r  cof-  4^-  7  cof.4(/'  •■■-  («  -  i  )?)  -  f  ^o^-  4(/'  -  '7) 

2  —  2C0f.  4^ 

\  cof.  iC/j  +  («  +  i)q)i- 1  cof.  2(p-q)-^  cof.  x{p\-nq)  -  \  cof  2/» 

2  —  2  cof.  iq 

*]~  -^~- — -  .  Il  che  era  ecc. 

PROBLEMA     Vili. 

Sommare  la  ferie  S  =  cof  p*  -}-  cof  (p ~\-  q)*  -j-  cof  (p  4-  iq  )* 
4-cof.  (p4-3q)* -^-cof  (p  +  nq)* 

Soluzione. 

Procedendo  fempre  come  dianzi ,  fi  ha  ,    , 

■^         ^        2       ''  ló   '^   16^^    ló     '     16     '    16 

^  2  '  16  16  16 

+       16       +16  ..    ,  ,       .      ,     • 

,al,'+a-'b-\        a'b"   ,   4«'^'«      4^'^'-* 

^  2  ■'  16  ló  16 

a-'b-^        6 

coL{p-\-sqy  =  (   >=-—  4-^  +  ^ — 

^  2  '^  16  ló  16 

^  2  IO  16  lo 

V     ~       16       ~  16 


44°  Sopra     le     Serie. 

Peiiochè  raccolti  i  termini  a  dovere ,  fé  ne  ricava 

S  =  -a*  (  i  ^  b'  -{-  P  -{-  b'^ +  &'"  ) 

-h  -  d-  ■♦  (  I  +  ^■"'  +  ^-  "  +  ^~  " -f  ^-  '"'  ) 

^-  a'(iJ^h'-i-b'-{-b' +^") 

4 

J^la-'(i-^b-'-l-b-'  ^b-' +  ^~") 

4 

,    3  ( »  +  I  )  I  b'"  +  ^—i        ,      I  ^-  t" -  4  _  j 

+  4^."T'^^T"^-+-r     ^    ^-^-i      ^+       8"' 
Dunque  riducendo  al  comune  denominatore  i  due  primi  ter- 
mini ,  non  meno  che  i  due  fuOèguenti,  rifulterà 

I         b''--b^"+*-b-'^  +  i.         1  b-'--b-''"-*-b^  +  i. 

__  7  cof.  4(p  +  «y)  H-  -i-  cof.  4p~i  cof.  4C;'  -i-  (n  ■;-  Qg)  -  f  cof.  ^(p-q) 

2 2  cof.  4'/' 

i-COf.  20  +K^)  +  i  cof.  2p—  [  cof  2f/'v(«+l)^)-7  cof  Z(p-q) 

2  —  2  cof  iq 
-j- ~ .  Il  che  era  ecc. 

PROBLEMA    IX. 

Sommare  la  ferie  ^5"=  fen.  p'"  -|-  fen.  (  p-l-q)'"  4-  fen.  ('p4-  2q)"* 

-|-fen.  (p4-  3q)"' +  fen.  (p^-  rq)'"  ;  pofto  /'  efponente  m 

(guale  ad  un  numero  qualunque  intero  affermativo . 


■>  --,<;■ 


V.-      -i 

Soluzione . 


Sopra     le     Serie.  441 

Soluzione. 

Cafo  I.  di  m  di  [pari. 

E'  noto  dalla  Trigonometria  Analitica,  e  dalla  teoria  del- 
le  funzioni  circolari ,  effere 

kn.mp     m{tn.(rn—z)p     m.m^i.Ccn.(m-^)p 
i.'  fen./''"  =  -t  — — —  ^ — — i  ■ 

^  l""-'  2'"-'  2'"-'.   1.2 

m.m-  i.m-z.  fen.  {m~6)p          m.m-  i.m-z.m-  j.-fen./» 
a"*-',  1.2.3  2""-  '.  1.2.3 

Tw.m—i     «'"-■* -d*-'"       m.m  —  i .m  —  2    <?"^^  - ^'-"' x 

2"—. 1.2^    2/  —  I    '        2"'-'.i.2.3  2v/  —  I    "^ 

m.m—i.m—z ,  <?  —  (t-\  „     ^ 

-4 —  (  - — ; 1;  in  quella  lormola  ,  come 

2-"- '.1.2. 3 ^z/  — i^         ^ 

nelle  funeguenti  ,    vagliono  i    legni    fuperiori    nell'  ipotefi  di 

jw=4A-|-i  ,    e  gì'  inferiori    nel   fuppofto    di  w  =  4A — i, 

eflendo  A  un  numero  intero  qualunque . 

2.0  fen.(;.-j-^r^±-;;^(--^_^        ) 

m     .oT-'b'"-^  —  a'-^-b'-'" 

m.m —  I     a"'-'*b"'-'*  —  ^4-"-^?,+  -™ 

m.m—  i.m  —  z    ^^-e^m-s — ^«_,«^«_m 

'''~7"-M.2.3"^         r7^=:i         ^ 

yw.  w — i.m — 2 <?^  —  a~^b~^ 

^         2'"-\i.2.3...~  ^      ;i/  — I      ^  ' 

3.'  fen.(^  +  2^r=:±-^,(— ^-^— ) 

T  ^;;;^.  (               z\l  —  i  ^ 

Tomo  IL    Kk^k    ' 


44  i  Sopra     le     Serie. 

m.m  —  I    a!"  -  "b"'"  -  '♦^  —  a''  -  '"b"-'  -  '"^ . 

2'"-  '.1.2^  z\/  —  I  ^ 

m.m  —i.m—z,  a'"  -  'b'^'"  -^'>  —  a^-  "'b'^^  - "' 

2"'-\l.2.3         ^  2/  I  '' 

m.m—i.m—z ab'' — a~^b~^  ^  ^    ., 

2'"-'.i.2.3 ^      zyj I      ^ 

I        a"b""  —  a-'"'b-"''^ 

•■•  ■  '      m       a'" -  'b'^'" ~'^  —  a'-  "'b''-'  -  '■•> .     ■  -  v^..    - 
^2'"-'^  ^\/ —  l  ^  •: 

m.m  —i.m—z    a'" -  ^b'^^"' -^^  —  «*  - ""//^^  - '"'>  -, 
'      ^ ( ) 

2""-'. 1.2. 3        ^  2^/—  I  ^ 

m.m—i.m—z ah'  —  a-'b-'^    ^ 

+ (  -. ) .  Dunque  raccoglien- 

2'"- ■.1.2. 3 '^21/  —  \      ^ 

do  i  termini  coirifpondenti  fi  ha 

2'"  /  —  I  ' 

^ (i  +  b-  '"  4-  b-  ''"' + Z'-  ^"^ . .:':'.  .':''4-  b-  ""  ) 

ma"'"'' 
+ (i  +  b'"-'  -\-  b<'"-'^  +  b'^'"-'^ +  b<''"-'^) 

2'»y'-I  '  I  ' 

+  ^i;«- M";i'  /i     I     ^,«-4     1     ^.r«.-4)     I    ^3C.»-4) I     ^rC».-4)^ 

2''V-I  •  ^-^  -T  ..     ■  V        - 

Z"  \/ -\   .   l.Z  '  1 

_  rrurn-i.m-z.a'»^  ^^  ^  ^_,  ^  ^^^_,^  ^  ^3^_,3 ^  ^.,_.,^ 

2'"l/  -  I.I.2.3 

.   m.m-\.m-z.a^~"'  ^  ,^      ,     ,  r<     ■,  7rr«  ^)\ 

~  z"'\J  -  1.1.2.3 


Sopra     le     Serie-  443 

,'^-'^-''^-^ ^(1+^;  +  ^'  +  ^- +  b') 

~  2"'\/  —1.1.2.3 

2"'  \/    —  I.I.2.3 

Dunque   i  =  ±-__^(_^^,,P— —    ) 

2"' /  —  1.1.2  ^  ^-'"-'•— I 

w./w  —  La'*-'"    ^  e  4  -  "■  )  e  -■  +  '  )  —  I 

^  a--^/— 1.1.2    ^  ^  4 -."__! 

m.m— i.m—i.a'"-^     /,..•+«  k  »'-<;;_  i 

^  2-"/   —   I. 1.2. 3  '^  ^"'-«_I 

w.?M  —  1  .wi  —  z.a^  -'"      i>  t  «  -  "■  )  e  >'  +  •  )  —  I 

± (  ) 

2»»y  —  1.1.2.3  ^'~'" — I 

»2.»2  —  I  .y»  —  2 (?      /)'  +  '  —  I 

^  2V— I-I-2.3 ^       b~i 

m.m — I.//2 — 1 rt~"     ^-'-'  — I         „.. 

■; f  )  .  Riducendo   ora 

2"'^' — 1.1.2.3 i>-' — I 

ciafcuna  coppia  di  termini  feparatatnente  al  comune   denomi- 
natore lì  confeguifce 

rt'"           b""  —  b'"'  +  "'  —  ^-""4.1  '.  , 

j-^-u  _        / ! )  V-        '    - 

2'»y/_l^  2 — b"" — b-""         ' 

(j-'"  b-  ""  —  b-  ""  -"'  —  b'"  +  I 

^  Wy/  _  I  ^  2—.b'"~b-'"  ^ 

'/m"'  -'       ^^  e  >"  -  o  —  ^  (  -•  +  I  )  e  ^  -  j)  _  ^«  -  -»  ^  I 
±-v-7 r( 


2''Y  —  1  2—/;"'-'—^=-"' 

Kkk    ij 


444  SopR-ALeSerie. 

2'"^/  1.1.2^  2 b'"-'>  —  b^ t*-™ 

^W.W I  .«^  -  '"  è-  '  C"  -  4)  _  ^-(r  +  i;  («  -4)  _  l^n.  _  4    r 

^  q; e JUI     ) 

^2"'-^—  1.1.2      ^  2— ^'"'-'^  ^+-«"  "^ 

?«.?w  -  I  .?w  -  2.a'"  -  '     ^  e  '"  -  *  )  —  èC'  +  ■K'»  -  «)  _  ^«  -  «  .   j 
qp  _ f-. J_     ) 

m.m—  i.m~  i.a^~'"     ^-'-c™- «^  — 5-C'-  + 'X'»-  «)_^'»-«4.  j 

-t (  _ _ ^  -  ) 

2™/  — 1.1.2.3  \!     •         2  — /&"•-'— /&*-" 

;w.?w — i.?w  —  2 rf     ^'■  — ^''+ '  —  1^- '  +  I 

2'"y'-I.I.2.3 ^  2-/^-3--  ^ 

;».w —  i.w  —  2 «"'     è" '■-5" '"'  —  54-  I 

2"/  — 1.1.2.3 2—/;  — 5-* 

1       fen.  w  ;>-:-}-(? ,  -  fen.  W('/'+  (r+ 1  )  ^)  -  fen.  m{p~q)  +  fen.  w/'  >. 

=  +  —  (  " ,: / 

2  "  ^  1  —  coi.  mq 

_  m     fen.  (m-i)(p i-rq)-  fen.  (m-i)  p-i-(r-^.-i)q)-  fen.  (w-2)(/>-g)+  fen.  (m-2)p^ 

+    ,mV  I  C0{.(m 2)<? 

W3.W-I      fen.  (m-j^yp^rq)-  l'en.  (w-4)(p-i-(r-:- 1)^)- fen.  (?w-4)(/ì-^)ì-  fen.  (m-4)p. 

"~2^.2^  1 — coi.  {'m  —  4)^ 

_  /72.w-i.m-2  .  iin.(m-6yj?i-rq)-  fen.  (,n-6XpHr+ 1  )^)-  fen.  (;/j-6)(/>-^y)-i-fen.  (?w-6JK 

+     ,„;_j_,  ,    V  I  —  cof  (r/2  —  6)  (/ 


m.m-i.m-2 .  fen.  (p'.-rq)-kn.(p  +  (rH-09)-fen.  (p -q)^.-ku. p  . 

+ ( J5 

3'". 1.2. 3 ^  I  — col.  q 

qui  vale  la  regola  d.ita  da    principio  in   ordine    ai   fegni  .  Il 

che  era  ecc. 

Cafo  IL  di  m  pari.  - 

La  dottrina  delle  Funzioni   circolari  ci   dà  I'  equazioni   fe- 
guenti 

cof  mp     m  cof  {m  —  z)p 
I.»  fen.  />"■  =  * X ^ '-^ 

m.m  —  I .  cof  {m  —  \)p      m.m  -  i.m-  2cof  (m  -  6)p 
± — — -T 


2"'-'. 1.2. 3 


Sopra     le     Serie.  445 


_m    (      ——  m 


+  -(  --— )cof.(w  — w)/.=±('  ■  ) 

2  2"'-"'.I.2.3 2, 

2  Z    . 1 iZ 

4-  m.m —  i.m —  z.( ) 

^  ^  2"'.I.2.3 

1  m.m  —  i.m  —  2 .  „     .         , 

-+-  -  e  )  ;  in  quella  lormola ,  co- 

2  z"'~  '  .1.2.3 

me  nelle  fuffeguenti ,  fi  adoprano  i  fegni  fuperiori  quando 
w  =  4A  ,  e  gì'    uifeciori  allorché  w  =  4A — 2  ,  prefo  per  A 
qualfivoglia  numero  intero  affermativo. 

col.m(pJr(l)^rnco[.(m — 2)(p-]-q) 

,  m.m-i.  cof.  {m-\)  (p  i-q)  _  ,  mm-  i-m-2.  cof.  (m -  6yp  ^- g) 

~  2'"—'. 1.2  '  2"~    '.1.2.3 

1  ,  m.m  —  \.m  —  2 a"'b'"  +cr-'"  b~"'  , 

4-  -   ( 11^  )=.  -\-  ( ) 

'    2  2"'- '.1.2.3 }        —  ^  i« 

+  w(  ■ ) 

+  ( X _  ) 

1.2  2"' 

m.m— \.m—z  ,  am-%"* -^ -X-a^~'"b^~'"  . 

+ (  - — ; 

1.2.3  2" 

,    \  ,  m.'fn— \.m  —  r.m— 7, 

H —   \ )• 

2  2'"-  '.1.2. 3. 4 ^ 

^•B- 1^  t e  "'  —  =  ;-|_^^ -»'3=  e  '  — '»  ) 

-w( ) 

2™ 
m.m—i    «•»-■♦/;'(    -4)   I  ^+-«5^(4--^) 

+ ( — ) 

—       1.2  2'" 

_  m.m-  !.?«  — 2     fl"-*^'  Cm-<  ).L-<?<-'»  /in  «-m  ) 

+  ^-TZ, —  ^ T"  ^ 

Kkk    iij 


44<5                 Sopra     le     Serie. 
I     Tn.m  —  1 .7n  —  2  . 
+  - (   -, ""■  ). 

2  2  "'~. 1.2. 3 

+  W( ^ ) 

2"» 

■     ^-TT-( — ^ 

m.m~  i.m  —  ->     a-^  -«a^c..,,  -<)  i  ,/  —mui^  —  m) 

+ ^(  ') 

1.2.3  ^'" 

l'm.m—i.m  —  z.m—i: -.•■•'• 

V  -|.-(  _ ? ^,         . 

2  2"^  -' .  1.2. 5.4 .    - .-    .>■   i  -•. 

5.'  fen.  (/-  +  r^) .  =  +  (  ^-A^l_l_  ) 

+  r/;  ( ) 

V  2"  ' 

1.2      ^  2"  ^ 

+  — —^ — ( — — — i;; )•••- 

\  /m.m—  i.m  — ■!....   .       _  ,_  .,         ,     • 

-i-  -  ( )  .    Dunque    diitnbuendo  ,    come 

2  V      2"  ~  '.  1.2.7... 

conviene ,  i  termini  delle  precedenti  equazioni ,  fi  giugne  al- 
la fomma 

a"  '                                            ■■."-•■, 

J"=  +  —       (i-j-^,'»-]-^,^"'  _j-£,f« -^-h"") 

±L^  ~-     (1  -I-  ^--  "»  -)-  ^-  =  '  -f-  Z'-  '" -\-b~  ""  ) 

_  WJ_-_^  Ci  _l  5".-'  .J_  ^K  '-— =J  +  ^,K^.-0  ....  _!_/,<'«-)) 


Sopra     le     Serie.  447 

—  Z'".l.l 

-~  2 '".1.2 

m.m-i.m-2.a'^-~^         ,      ,     ,  ^     ,>     ,,.     <,  /^r»,  «>\ 

2™.I.2.3  ^ 


m.m-i.m-i.a^-'» 


+ 


2 '".1.2.3 


(i  -i-  b"-'"  -:•  ^'-C*-'»)  -:•  ^'(«-«J j-  b'i^-m)) 


.  i  +  r .    m.m— i.m — 2 ^ 

+  C~rK  „„-.,,. ' )= 


Tw^?""""     ^('■+ OC»»— »j I         ma^~"'    ^C''  +  >x»  — OT.) — i 

±  — ( ) 

2".  1.2  t-"-* — I 

m.m  —  1  .^?''  -  "■     /,  e  ■■  +  >  )  (  4  -  »,  )  —  I 

2". 1.2  '^  h*-" — 1  ' 
m.w  —  i.m  —  i.a""  -«AC-^+ocm-*)  —  j 

2"». 1.2. 3  ^  l^-m-e j  / 

_  m.m — ^i—zM^-"*     tcr^- '  K«-w)__  I 
2"'. 1.2.3  è*-"» — I  ^ 

4- (   — : Ì.Perloche  n- 

'  2        ^  :" -'.1.2.3.4 

ducendo  quefti    termini  di  due  in    due  allo   fteflo   denomina- 
tore, lì  trova  rifuitarn^ 

'^a'"  .b'" — ^   c-^  +  o  —  ^-»»j_i 

""  —  2'"  ^  2 b"" b~  "^  ' 

(fm      l-r,n   /,  -  '"  C-  +  O  _  ^w  _|_  I 

—       2''    ^  Z^b^ b~"'  ^ 

_  ma" -"■  .b'^ "•-''>  —  /,(••  +  '  K  ,r, -  o  —  ^'  - „^  I 
'       jw       V  2 b"  ~  ^ b^  ""• 


448  S"  o  p  R  A     LE     Serie. 

2". 1.2         ^  2 — b""  *  —  b*~"'  ' 

+ ( ^ì 

2'".  1.2         ^  2  —  b'"~'^  —  b'^-m  / 

+  — ( ^  '  ^ 

2"'.I.2.3  ^ ^'»-* b^-r»  / 

_  m.m—  \.m—  2.3*" '"    è-  <'»  —  *->  —  ^C'  +  "H*  —  «;  —  /''"~ ^ 4- 1 


2'".!. 2. 3  ^  2 ■b^~^ b^-" 

i  +y ^    m.m—  \.m  —  i.m—  3 


1  -r  »  X      III. Ili  —  i.  /"  —  i.  /"  —  ^....  >.  - 

V.     2       "^^  2'"-'. 1.2. 3. 4....  '^ 

I    ^  cof.  ^wC/»  -:-  r^)  -  COL  m{p  -rfrn- 1  )^)  -  cof.  m{p~q)  +  cof.  mp  n 

^  2'"  ^  1  —  cof.  mq  ' 
?w  ,  cof.  {m-z){pA-rq)  ~  (io{.{m-^){lì^{r■^\)q)  -  coi.  (m-2)(p-q)+  cof  (m-z)p  ^ 

2'"^  I — cof(m  —  z)q 

,    m.m- 1     cof.  (m-4)f/'^-r9  )  -  cof  .(w-4)f/'+('r  + 1  )r/)-  cof.  (^-4)0-9)  +  cof.  (w-4>  . 

2"".  1.2^  I — cof.  (;?w  — 4)?  ' 

_  m.m- 1  .r/7-i    cof.  {m-6){p\-rqy  cof.  (yw-6)(/'+(r+ 1)^)-  cof  (m-6)(p-q)+  cof.  (w-6>  . 
2'".i.2.-'.  V  1  —  cof.  (m  —  6)q  ) 


•       •       •       .  v^^ 

I  -f- r .    m.w  —  \.m  —  z.m  —  3 
2      ''v  2"-'. 1.2. 3. 4. 

PROBLEMA    X.    „V  J  " 


^  I  4-r>^  /m.m—  i.m—i.m—s a    ti     u 

4-(  )(  — ).  11  che  era  ecc. 

'     V      ,  /V  ^m- •. 1.2.3. J. ' 


Sommare  la  ferie  S  =  cof.  p"*  4-  cof  (p  +  q)""  +  cof.  (p  -f  2q)"' 
+  cof.(p-|-3q)'" -[-cof.  (p-j-rq)"'. 


Soluzione  . 


Sopra     le     Serie.  449 

Soluzione. 

Cafo  I.  di  m  di  [pari 

Dall'  Analifi  Trigonometrica  ci  viene  fomminiftrato, 
-         ^  cof.  mp      m  cof.  (m~-2.)p  ,  m.m  -  i .  coi.  (m  -  4)/» 

J.*    col.  *•"  r= \-  — — 

2'""'  l"'"'  z"'"'  l.Z. 

m.m  ~  i.m  —  z.cof.  (m  —  6)p 
H 

2»»~'.I.2.3 

m.m — i.m  —  z.m  —  3 coup 

~r zz:, 

«Z"»  +  ^r-'"  ,  a'"-'  +  a^-"'  .     m.m  -  i 

2""  ^  2""  ^     2'". 1.2  .        _ 

w.w —  i.w—  2 
4- (a'"-^  -[-a^-'»  ) 

'  2"». 1.2. 3  VI/ 

m.m  —  i.m  —  2 

'  2-». 1.2. 3 V    -r        >  ^       .^ 

2.°    cof.  (/»-}-  ^  )""  = 

2  ..        .'* 

W  ,  ,  , 

W.W I 

2"". 1.2  ■.-.'.":         ^^ 

w.w — •  i.m 2 

'  2"». 1.2. 3         V  .        I 

m.m — i.m — z-m — 2 

H ^ (ab-\-a-^b-n- 

2"". 2. 3.4 . 

a'"b^'"  -\-a-'"  b-'"  ■■:  • 

S.'   C0L(p-\-2q)'"= ,  , 

2"'  , 

m 


Tomo  II  L 1 1 


45°  Sopra    li    Serie. 

,  m.m  —  I  , 

,  m.m—  i.m~z 

,  m.m—  i.m-i....    ,     , 


.    m 

2"  v^  l'.'a 5--s\,.-— -    ■'  — 

m  m  —  I 

_] (^OT-4  j3Cw-4)_L.rt4-OT/,3(1-»7}\ 

2"'.1.2 

^      ,  m.m  —  i.m—2^        ,,,,       ,^  ,     .       ,,,,       ,, 

2"'.I.2.3 

,  m.m—  i.m—  2...     .     ,  , 

'  2'».  1.2, 3...         ^  '  ^  ..,,; 

a'"  b""  A-a-'"b-''"    -  '        "      - 

^\  col  {pJ^rq)'"=z — ....:.    -  -•. 

m  'i    '  •  ■■!     Il  ■"    ''  ' 

'.  \ 

TYl  TYl  —  I  ■  ' 

^^    2"». 1.2     ^  ' 

YYi.'Yyi I   m  _.  i 

^  2'".!. 2. 3  ^  '       -  , 

.   m.m—i.m  —  2.m—j...,    ,        '    ''      "  e-    1  v       j- 
■      J- ^ L^(ab'4-a-'b-n  .   Sicché  ordi- 

'  2"'.I.2.3.4...  ' 

nando  per  ferie  diftinte  i  termini  corrifpondenti ,  nafce 
a 


J'zr:  —  (iJ^b"'-\-b""-^b"" -\-b"")' 

4- —     (i  a.  ^'W-}_^- '/»  4.^,-5»» j^h-''") 

mei"'  ~  * 


Sopra     le    Serie.  451 

2'" 

2'".I.2 

572  ??2  ■ — •  I   ^^      '^ 
4-    Hi : (i  4.  ^4-;;»  ^  l,K^~m)  _f.  ^J(4-m)  ....  ^  ^r(4-  «)  ^ 

2      .1.2 

m  YH  -^  l  771  —  Z  U"'~''' 

2 '".1.2.3 

,    m.m-i.m-z.a^-"' 
A l'i  +//- 


f 


2'".!. 2, 3 


—  (l  +t*-'"  +  èK«-w;  ^..  ^K«-/«)....  j.  ^'C^-wJ) 


,    m.m—i.m  —  2 a 

J^ ( ,  _j_  t    I    ^=  j_  ^3 I    ^r  ^ 

2"'. 1.2, 3 '  ' 

,   m.'/n — i.m — 2 <r"  ' 

+ {i^b-^-\-b-'  +  b-'  ....-\-b-') 

2"'.t.2.3 Vili  ■  / 

2'"  V         ^'"—  I  ^  ~^  ^«^  V        ^r-  ""^^^         ) 

ma'"-'  .b^'  +  '  Xra-^)_  I         ma^~"'  ,  U^'+  'X>-«) , 

-j-  (  — ) 

2'". 1.2  ^  b  '"~  "^  ——  I 

m.m — 1.^4-»»  j,C'-+ I  K4 -m  ; — j 

2"M.2        ^    ^              ^"'—  I                 ^ 
W.W. I.OT 2.^'''"^^^'^''+'  "^"'  -  ^  ^ I    ,. 

2"". 1.2.3  ^""^ I 

W.W I  .W 2.<7*  -  "»  ^C  -■  +  '  K  «  -  m   ) j 

a". 1.2.3  i)^-"»  — I  ^ 

m.m  —  \.m  —  2 a    ^ '-  '  +  '  ^  —  i  . 

"^  2'".I.23....  ^  ^—  i  * 

m.m  —  \.m—z cr^  .h~'~^  —  i  >. 

2™. 1.2. 3 ^     ^-' I      ^' 

Se  ora  ciafcuna  coppia  di  tali  termini  viene  portata  fotte  uà 


comune  denominatore ,  ne  rifulta 


Lll     ij 


E, 


45-  Sopra     le     Seri 

J^  =  —  (  — ! '^,         1  :   •  I 

2'"  ^  2. — •b'" b-""  ^ 

CT'»     b-'" — ^-c-'+O'"  —  b'"-4-i  

"^    2*  '^  2 b'" b~"'  ' 

J_ /  ::: 1 ^  '^  ^  \ 

"^         2"'       ^  Z^b'"-^ ^'  -  "»  ^ 

ma'"  ""'        A-''Cw-0_^('  +  iH^-'»)_  l,rn-  z  _j.  j 

^         2«         ^  2— ^'-'-^ b'-"  "    ^ 

m.m  -  I  .^"'  -  '^    ^^  C"  -  4  ) £,(  ■■  +  I  K ..  -  4  )     £,4  -  CT    [    I 

2"".  1.2  ^  2 b'"—*  b*  ~  ""' 

m.m  ~  i.a'^~"'    ^-  'C  '»-4)_^c  r  +  ■  )  (  4_^) ^^_4  _^  j 

2"'  .  I .  Z  ^  2  —  /^'"  -  "^  —  Z'*  -  "-'  ' 

m.m-  i.m-  i.a-"~^    y^'"-^>  —  b'-'  +  '^^  .-«)_^«-«  4-  i 
Jj~ / ) 

m.m- i.m- i..a^  -  >-'>     ^'•;«-m)  _^C'  + ■)(«  — w)_^w- if  _^  j 
w.m  —  i,ìn  —  2 <7    Z'  ■"  —  ^''  +  '  —  Z'~  ■  4- 1  v^ 

•    "^         ^.7  2.y.TTT       ^       2—.b—b-'      ^ 

m.m  — i.m  —  2 a~'   .b-'  —  b"'-'  —  i>-{-i 

+ ( ~i 7~r )  •  Sic- 

2 '".1.2.3....  2 — b  —  b 

che" fatte  le  debite  fofrituzioni,  ne  viene  finalmente 

I      cof.  m(p  -:-  r^)-  cof.  m(p  +  (r  +  i)q)-  cof.  m{p-q)  +  cof.  mp  . 

""  2  '■-  ^  1  —  cof.  mq  ^ 

m     coL{m-i)(p^.-Tq)-co^7yi-2)(p^-{r^.- 1 )^)-cof.  (m-zXp-g):-  cof.  (m-2)/> . 

'^T'^'y  i_cof.(w— 2)^  '^ 

'/;?.^«-  I  ,  coi(m-.\)(p-i-rq)-coL  (m-.^)(p-'.-(r-<- 1 )q)-  cof.  fw-4)('/'-y)-:-  cof.(«-2-4)/'  s 

2^.  1.2^  I  • —  co£  (m  —  4}^ 

^J2.r/7-i.//7-2     cof.  (m-6Xp^-rq)-  cof  (m-6)r/> i-(r-:- i)g)- cof  (w-ójf/'-  y)-:-  cof.  {m-6)p^ 

"'"  ~2  '- .  r.2^   ^  I  CO^-  (i^ <5j^ 

m.m-i.m-z  ...     cof  (/'+r(y')-cof  (/;-i-(r+i)(7  )- cof  ('p-'?)--  coLp  . 

■>  OT   I   ■»   ->  V  I  rof.  Il 


2'". 1.2. 3  .  .  .     ^  l cof  </ 

!IJ 


Il  che  era  ecc  '  ''  '  ' 


SopRaleSerie.  453 

Cafo  II.  di  m  pi.iri . 

In  quefla  fuppofiz.ione  dell'  efponente  m  pari  il  valore  di 
cof.  p"  non  dillcrifce  dal  precedente  fé  non  nell'  ultimo  ter- 
mine, il  quale  trovali  libero  da  cof.  /» ,  e  velie  quella  forma 

m.m — i.m  —  z....-^m4-i  ^  .         .  -, 

^ 1 ,   e  quello  termine    rimane  inal- 

2      .1.2.3  •   •  •   -i  ''^^ 

terabile  nell'  efprclìione  del  valore  della  potenza  w  di  qua- 
lunque altro  cofeno.  E'  dunque  baflantemente  chiaro,  che  il 
calcolo  da  farli  in  quello  cafo  non  è  punto  diverfo  dal  già 
fatto  nel  cafo  di  m  difpari  ,  avendo  fultanto  riguardo  ,  che 
nel  precedente  valore  della  fomma  S  in  vece  dell'  ultimo  ter- 
mine fi  dee  prendere  r -\- i   volte  la  frazione 

■ ,  il  che  da  la  ftella  fomma  già 

2"=. 1.2. 3 ^m 

trovata  J'  mutilata  dell'  ultimo  termine,  ed  accrefciuta  di 

m.m  —  i  .m — 2  . . . . -^  m-\- i.r-4- i.     ,,     , 

' ■ ■ .  Il  che  era  ecc. 

2"». 1.2. 3  . . . .  ^m 

PROBLEMA    XI. 

Prefo  <p  per  l'  arco  di  cerchio  defcritto  col  r aggio  :=z  i  ,  ed 
m ,  n  due  numeri  qualunque  0  pojìtiz'i  0  negativi  ;  cercujì  la 
fomma  S  =  m  fen.  m  (p  -(-  (  m  -}-  n  )  len.  (  m  -{-  n  )  $ 
-j-  (m  -{-  2n)  fen.  (  m  -)-  2n  )  cp  -j-  (  m  -|-  3n  )  fen.  (  m  -}-  3^  )  $  . . . 
-j-  (  m  -|-  rn  )  fen.  (  m  -\-vn)(p  ,  ejfendo  r  qualunque  intero  affer- 
mativo . 

SOLUZION£. 

Dal  Probi.  II.  fi  ha  cof  m  <$  -i-  cof  (m  ^  n)(p  +  cof.  (m  +  zn)  <p 

-j-  cof  (m  ~\-  ^n  )  <p  ~\- -j-  cof  (  m  -\-rn)(p 

cof.  (?w-|--^ra)(})fen.  i  (r-1- 1  )«4)        ^  .    ,.  ,      ,      • 

:^ ^ L^^ LZ—^ — -J — — 1.J1  .    Quuidi    prendendo    1 

kn.^n<p 

difierenziali  nafce  —  md^  fen.  mp  —  (m  -\-n)  dv  fen.  {m-\-n)p 
~{m  ^  zn)d;kn.  (m  -:■  zT[)(^-{m  +  yn)  dp  fen.  {m-{-  yn)^. . . 
—  (  m  -j-  r»  )  </$  fen.  (  m  -[-'■»)  1>  = 

Lll     iij 


454  Sopra     lh     Serie. 

—  ((^7 -}-  ~ rn)  d<t> ka.  (m  +  -  m)  (p  kn.  -  (r  +  i  ) -/Kp kn.  -  m 

^  Z  2  2  2 

—  .  ( r -|-  I  )  }id<p coL-(r+  i)n<p  cof.  (  w  +  -  r» )  cf;  fen . -  '/j<p 

2  2  2  2 

4-  - }id<p cof.  -  »4) cof.  (m+  -  rn)<p  fen.  -  (  r  +  i} «cp  )  : fen.  - «({)• , 

2-2-  2  Z  ^ 

e  dividendo  per  — df>,  ne  proviene  mkn.m<p 
*\-{m'\-n)  fen.  (  w _[-  « )  ^ _j_ ( ^ -j-  2« ) fen.  {m-\-rn)<p 
'\-lm-\-yn)ìc\-\.{m-\-yfi)(p  ...-À^{?ìi  +  rn)  fen.  (  w  ■>,  rn)(pz=. 

({m~\--rn)kn.{m-^-rn)<pkr\.-{r4-i) «* fen.  - np> 

^2  2  2  ■  2 

~ _  ( r  +  I  ) »  cof.  -  (  r -|-  I  ) «(^  cof  (  w 4-  -m)(pkn.-n(p 

2  2  2  2 

-j-  -  »  cof.  -  »>t>  cof.  (m  -|-  -  r»)  $  fen.  -  (  r  -f  i  )  «cp  )  :  fen.  -  »cp* , 

2  2  2  2  .  .  .  .  2 

Il  che  era  ecc. 

•  PROBLEMA     XII. 

Sommare  la  firie  S  =  m  cof.  nicp  -[-  (  m  -}-  n  )  cof  (  m  -(-  n  )  (?> 
-}-  (  m  -[-  zn  )  cof  (  m  -|-  20  )  (|)  -|-  (  ni  -j-  3n  )  cof  {m+  ■^n)  (p  ... 
-]-  (  m  -j-  rn  )  cof  {m-\-ì:n)(p  . 


Sol 


u     z      1      o      N      E 


II  Probi.  I.  foniminiftra  l'equazione  kn.m(p-\-kn.(m-\-n)p 

+  fen.  {m-\--in)(p-\-kx\.  (m+  ^7ì)(p  . .  .-{-fen.  {m-\-rn)<p=L 

kn.{m-\-\rn)<pkn.\{r-\-i)n^p  .      ,.^         . 

^ ; -,  la  quale  difierenziata  ,  e 

kn.\n!p  ^ 

divifa  per  d(p ^  diventa  mco(.mp~\~  {-m -\-n)coi.{m -\-n)  (p 

-}-  {m  +  2»)  cof  {/n  +  2«)  cp  -:•  (/w  -i-  yn)  cof  {m-.-  in)<p 

'-\-\m--\-rn)  cof  (  w -j- r;? ) c^  =: 

/  *  r  ^  I  J  .. 

(  (w  +  -r«)cof  (/"w+ -  r;2)cf)fen.- (r-Hi  )«(^fen. -«(j)  - 

2  2  2  2 

+  -(''+  O» cof. -(y-j-  i;»|)fen.  (OT4--^«)!|>fen. -/i|) 


Soi-KA     L£     Serie.  455 

n  cof.  -  n-^  fen.  (  w  -| —  r«  )  !|)  fen.  -  (  r  -}-  i  )  «{)  )  :  fen.  -  «$' , 


2  2 

Il  che  era  ecc. 


Corollario. 


Applicando  il  metodo  da  me  efpofto  in  quefti  due  ultimi 
Problemi  alle  ferie  quivi  fommate  ,  cioè  differenziando  le  me- 
delime,  egli  è  manifefto,  che  lì  otterrà  la  fomma  cos'i  de' fe- 
rii come  de'  cofeni  degli  angoli  aritmeticamente  crefcenti  , 
anche  quando  ciafcuno  di  effi  verrà  moltiplicato  pel  quadrato 
del  numero  moltiplice  dell'angolo.  E  cos'i  fempre  operando, 
iì  giungerà  fempre  a  determinare  la  fomma  di  lifiatte  ferie 
quand'  anche  ciafcun  feno  e  cofeno  venga  moltiplicato  per 
quallìvogUa  poteftà  intera  del  numero  moltiplice  dell'  angolo 
refpettivo  .  E  perciò  faranno  fempre  fommabili  le  due  ferie 
1°.  ?>/ fen.  W4)-]- (w -]-«)'' fen.  (w-]-«)  cp 

-\-{ni-\-  2«)''fen.(w-|-  ■!.7i)<p-\-{m-\-^nY  fen.  {m-\-i'n)(S;> 
..  ..-^{mArvnY  fen.  {mA^rn)^ 
II*.  w^cof.  ?W4) -j- (  w -|- «/ cof  {m-^n)<s;> 

4-  (w  4-  2»)"  cof.  (m  +  2»)  (p  +  (m  +  ^n  )*■  cof  (m  +  y/i)(p 

-{-(m-^r/t)"  coi  (m-\-ryi)  rp\  prefo  per  A  qualunque  nu- 
mero intero  affermativo  .  In  fatti  chiamata  S'  la  prima  di 
quefte  due  ferie,  S"  la  feconda  ,  fé  fi  prende  P  per  indicare 
la  fomma  già  trovata  di  fen.  w^p-j- fen.  (?w-|-«)cf) 

-j-  fen.  (m  +  zn)c(> fen.  {m -\-  rn)  (p -,  e  §i  per   denotare  la 

fomma  nota  di  coL  m(p -\- coi.  {m-\-n)<p  + coi  (m+  2n)(p  . . . 
-j- cof  ( /?2 -[- r«  )  (p  ,  fi  otterranno  i  feguenti  Teoremi. 

Cafo  I.  di  A  pari 

TEOREMA    P.  TEOREMA    II*. 

—  dp^  —  dP' 


K 


In  quefli  due  Teoremi  i  fegni  fuperiori  vagliono  per  tutti 
i   numeri  pari  divijibili  per  4  ,  gì'  inferiori  per  li  non   divi- 

fibili. 


4)6  Sopra     le     wSerie. 

Cafi  II.  di  A  difpari 
TEOREMA     IIP.  TEOREMA     IV». 


-=*^| 


S"=  + 


Pel  Teorema  3°.  vale  il  fegno  fuperiore  quando  il  numero 
A  è  della  forma  4»  —  1  ,  efTendo  n  qualunque  intero  a  co- 
minciare dall'  unità  ;  vale  poi  il  fegno  inferiore  allorché  A 
ha  la  forma  4»  -f-  i  ,  efTendo  n  qualunque  intero  ,  ed  an- 
che zero . 

Nel  Teorema  4°.  fi  adopra  il  fegno  fuperiore  tutte  le  vol- 
te che  A  è  =  4«4~*  ■>  efTendo  n  un  intero  qualunque  ,  ed 
anche  zero;  e  fi  ufa  il  fegno  inferiore  qualora  A  h=z^n-  i  , 
prefo  per  n  qualunque  intero,  efclufo  il  lero. 


NUOVA 


AfenvdeUa>Socktà^tféjiumxi.TomJIpa^:i2.s  FO.VTAA'A       Parte       I  FOJVJyiJVA  TTvn  // /' 


V^tta    I 


Itemi. LWl-  JocieiiL  J/àzA'an^  tJorrvJI. pa^:  /^ z FONTANA 


Parte    I 


R        P       CSI     O    N 


.Ztz  DE  rESARIS   V^^  I       FONTANA  .JÓmJI p.ùp.331 

Fur:  I  A 


■■■"1  J^/i^  ^'ccù:iiÙ't2li^uj:-.mJIp.ir-itz  DE  rE  SARIS   P."  I       /".'AT-^AH  X-'mJ/ p.1.7  Xil 


A 


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Ucm:  ds/lz  SocLsài ■^IzÙari^i^  Jorfz:f//x2.?i-^i      FC^TSTTANA 


Parte  1  eli 


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