DEL
ORTO BOTANICO E GIARDINO COLOMIALE
DI PALERMO
WOLLETTIN
DEL
R. ORTO BOTANICO E GIARDINO. COLONIALE
DI PALERMO
“PALERMO
- LureRIA EpIrRICE ANT. TanarcHi |
Corso Vittorio Emanuele, 875.
di
Re
SITE
Dee
BOLLETTINO
DEL
h, ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
DI PALERMO
ANNO X.
Fascicolo 1, 2, 3. Pali nnaio - Settembre 1911.
3 eta Sg n
=== ==>
tipi. mm a
A = i a <= == ——
— xe al ta a, da,
> Saper “e “= “== cagna
PAL
LiBRrERIA EpITRICE ANT. TRIMARCHI
Corso Vittorio n anal, 103]
1911
BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO
E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO
Si occupa di tutte le questioni che più interessano la Bo-
tanica agricola, specialmente siciliana, e la Botanica colo-
niale, rendendo conto delle esperienze e colture istituite
in questo R. Orto Botanico o nell’annesso Giardino Colo-
niale. Pubblica pure relazioni scientifiche relative a piante
qui coltivate od indigene, od illustranti collezioni del Museo
annesso all'Istituto Botanico. Comprende ancora una spe-
ciale rassegna della stampa coloniale agraria. Sovente
particolari lavori vengono aggiunti come appendici se-
parate dal testo.
Si pubblica a fascicoli trimestrali, formanti annual-
mente un volume di 200 a 300 pagine, con incisioni in-
tercalate nel testo e tavole staccate. Non sì vendono fa-
scicoli separati e gli abbonamenti sono annuali.
Prezzo di abbonamento all'anno XI. 1912.
In Italia î «i Miro.13 —
‘AU’ Eatero ..-._.-«. ‘a
Per le domande di abbonamento rivolgersi all’ Editore
Antonino Trimarchi , Corso Vittorio Emanuele, i
Num. 5375, Palermo.
SP
sa n
GENNAIO-SETTEMBRE 1911 «A
BOLLETTINO
DEL
R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
DI PALERMO
, . SOMMARIO :
: 1. Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua attività durante ;
l’ultimo quadriennio 1907-1910 (A. BoRrzi) 5 ; pae: a
Orobanche crenata, FORSKAL, e suoi danni in Sicilia (S. Strena)» 14
Note di Teratologia (C. TROPEA) . » 2
Le Querci della Flora Italiana. Haier descrittiva ae Bonzi) » 4l
Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua funzione in rapporto
> gr
Di
allo sviluppo dell’agricoltura coloniale (A. BORzÌ) . ” > Bf
. Intorno all’Arillo di Schotia latifolia, JacQ. (Nota anatomo-bio-
logica) (P. LA FLORESTA). . E ° » 83
. Altre piante a nettarii estranuziali id E. MATTEI) . x 90
. Panicum Bossi. Nuova Graminacea della Somalia Italiana (C.
TROPEA) . » 100 dl
. Sulla coltura delle Palme, iii delle specie di « Wa- :
shingtonia», a scopo industriale, in Sicilia (A. Borzì) . » 102 i
. Rassegna della Stampa Coloniale Agraria (G. E. MATTEI) » 119
Appendice. Semina anni MCMXI quae pro mutua commutatione è.
offeruntur
LisrerIA EpIrrtRrICE Ant. TRIMARCHI
Corso Vittorio Emanuele, B75
1911
Per ritardi incontrati nella tiratura delle Tavole che
ccompagnano il lavoro sulle Querci Italiane, del Pro-
ore Borzì, le rimanenti Tavole saranno distribuite
1 prossimo fascicolo quarto.
Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua attività
DURANTE L’ ULTIMO QUADRIENNIO (1907-1910)
RELAZIONE
alle LL. EE, i Ministri degli Esteri, dell’ sian e della Pubblioa Istruzione
del Direttore Prof. A. Bor
a poco più di quattro anni, fu istituito presso il R. Orto
Botanico di Palermo, un Giardino Coloniale in conformità alle esi-
genze delle odierne aspirazioni coloniali e come fine alla conoscen-
za del valore economico pratico e scientifico dei prodotti vegetali
di origine coloniale. Se la istituzione ufficiale di un campo di col-
tura delle piante coloniali ha così breve data, devesi però ricor-
dare che sin dalla fondazione dell’ Orto stesso il principio obbiet-
tivo dell’istituto fu appunto quello d’introdurre, coltivare, ' miglio-
rere e diffondere piante e prodotti vegetali d’importanza economi»
ca od industriale. Così il giardino venne a poco a poco ad arric-
chirsi di piante non solamente rare o nuove od importanti dal lato
Scientifico, ma ancora di specie utili alle industrie ed alla econo-
mia. A tal fine sin dal 1819 furono acquistate ed aggregate al-
l'Orto Botanico le cosi dette terre della Vigna del Gallo e col me-
desimo intento la Legge Prodittatoriale del 19 ottobre 1860 sta-
biliva, presso 1’ Orto medesimo, la istituzione di un sone speri-
| mentale e di acclimazione per le piante utili.
Se noi consideriamo che il còmpito essenziale di un giardino
coloniale è quello di promuovere la conoscenza delle produzioni ve-
| getali utili e caratteristiche dell’ agricoltura tropicale, mediante e-
lungo tempo 1’ Istituto Botanico di Palermo concretasse in sè di
fatto i caratteri di una istituzione botanico - agraria coloniale, di
modo ve la « Sezione coloniale » di recente istituita venne slosi ;
Le
4
vare in esso un copioso materiale di colture d’indole strettamente
coloniali, capaci di utili ammaestramenti.
nfatti 1’ Orto Botanico di Palermo, dalla sua fondazione ad
oggi è riuscito a divenire un attivo centro d’introduzione e diffu-
sione nel Mezzogiorno d’Europa di parecchie specie e varietà utili
all’agricoltura ed all’orticoltura. Basterebbe citare parecchie specie
di Agrumi e fra queste segnatamente il Mandarino, per dimostrare
quale sia stata nel passato l’influenza del nostro Istituto a prò della
frutticoltura locale.
Tale considerazione, se dimostra la opportunità della sede
scelta per la istituzione del Giardino Coloniale, dà altresì affida-
mento che questi sarà in grado di continuare cotesta benefica in-
fluenza, ed anche più efficacemente, per i cresciuti e migliorati mezzi
di cui dispone.
Infatti qualsiasi istituzione coloniale, deve necessariamente e-
stendere con intensità la sua azione anche alla regione ove essa ha
sede, ed anche il Giardino Coloniale di Palermo non può esimersene.
Ciò in questo caso è tanto più di vantaggio, in quanto che la que-
stione agraria meridionale abbisogna di grandi impulsi e di nuove
energie, richiedendosi una trasformazione, se non altro parziale,
delle attuali colture agrarie.
Perciò interessa esporre in succinto i principali risultati già ©
ottenuti nel nostro Giardino Coloniale, il quale, avvantaggiandosi
delle colture preesistenti nell’Orto Botanico, trovasi ora in grado
di porgere i proprii benefizi tanto alla agricoltura locale, quanto a
quella coloniale.
Già pubblicammo un elenco comprendente circa 900 specie, di
interesse economico coloniale qui coltivate : ora andremo segnalan-
do quelle che, nei trascorsi anni di coltura, diedero risultati più
incoraggianti.
Piante a Caoutchouc.
L’Orto Botanico di Palermo si è dedicato con particolare in-
teresse allo studio delle piante a Caoutchouc, nell’intento di assi-
curare alla Sicilia il conseguimento di un tale prodotto.
Fra le numerose specie coltivate menzioneremo :
Fieus elastica 0 Caoutchouc di Assam. È la specie sulla quale
l’Orto Botanico ha eseguito numerose ésperienze, constatando la
sua perfetta adattabilità al clima di Sicilia e la bontà del prodotto
ottenutone, per cui ne ha consigliato la coltura a scopo economico
industriale. Se ne hanno molti esemplari, di diversa forza, fra cui
interessano quelli ottenuti direttamente da seme.
Ficus Vogelii dell’Africa tropicale, ritenuta una delle specie a
Caoutchouc più importanti.
Nell’Orto Botanico di Palermo si coltivano pure numerose al-
tre specie di Ficus, sul cui valore come piante a Caoutchouc non
si hanno ancora dati esaurienti.
Manihot Glaziovii, o Caoutchouc di Ceara. Da consigliarsi per
le nostre colonie, ma non resistente al clima di Palermo.
Funtumia elastica. Caoutchouc di Lagos. Dell’ Africa tropi-
cale. Non resiste al clima di Palermo, ma assai raccomandabile per
le nostre Colonie africane,
Kompitsia elastica e Mascarenhasia arborescens. Liane a
Caoutchouc del POMIAGASOAT, resistenti al clima di Sicilia
Cryptostegia grandiflora o Caoutchouc di Lombiro, del Mada-
gascar. Interessante perchè perfettamente acclimatata a Palermo.
Euphorbia. Numerose specie, fra cui le Euphorbiae cactiformi
dell’Eritrea, pure resistenti a Palermo.
Parthenium argentatum, o Caoutchouc di Guayule, del Mes-
sico. Notevole ed importante, perchè, coltivandosi da parecchi an-
ni, ha mostrato di nulla soffrire dei nostri inverni, quindi ne è
consigliabile la coltura, essendo specie che preferisce luoghi ste-
rili, sassosi, aridi, e non esige alcuna irrigazione.
Fra le piante a Caoutchouc qui coltivate notiamo ancora :
Calotropis procera, Clastilloa elastica, Cecropia peltata, Hevea
brasiliensis, Melodinus scandens, Sarcostemma viminalis etc.
Piante a Gomme ed a Resine.
Fra le piante a Gomma ed a Resine abbiamo : Acacia Ge
| se specie), Agathis australis, Aloe (parecchie specie), Araucaria
i) (5 specie), Callitris quadrivalvis, Cedrela odorata, Cinnamomum
| Camphora e zeylanicum , Cycas circinalis, Dracaena i
Elacodendron australe e capense, Binealupius Globulos e viminalis,
Euphorbia (molte specie), Ficus (molte specie), Myroxylon son-
sonatense e toluiferum, Pistacia Lentiscus e Terebinthus, Ter-
minalia australis etc,
Cotoni.
L’Orto Botanico di Palermo ha iniziato colture razionali assai
estese di Cotoni, allo scopo di ottenere, mediante selezioni ed i-
bridazioni, razze di grande reddito, adattabili alla Sicilia, e pro-
babilmente resistenti senza irrigazione.
ià si sono conseguiti risultati molto soddisfacenti. Notevoli, fra
le diverse razze esperimentate, i cotoni arborescenti Caravonica di "AE
stralia, che hanno bene sopportato gli inverni di Palermo. Da se-
gnalarsi pure i cotoni Mitafifi (Egiziano) e Mississipi (Americano),
già acclimatati in Tunisia, e da questa regione introdotti in Sici-
lia. Interessanti altresì i prodotti ottenuti dalle colture selezionate
del cotone Siciliano Biancavilla, e gli ibridi ottenuti fra queste ed
altri cotoni esotici. In tutto sono stati oggetto di coltura circa 80
varietà o razze, come risulta dalle relazioni inviate al Ministero
di Agricoltura lo scorso anno.
Da ricordarsi l’alta quotazione che hanno ottenuti parecchie di
tali varietà alla Borsa dei Cotoni di Milano , in confronto con il
basso prezzo abituale dei Cotoni Siciliani.
Molte altre varietà di Cotoni sono attualmente oggetto di col-
tura, e fra queste parecchie provenienti da accurate selezioni e da
ibridazioni, mentre numerosi campi di prova sono istituiti in varie
parti della. Sicilia, al fine di esperimentarne la coltura sotto diffe-
renti condizioni di ambiente e dimostrarne la possibilità di colti-
vazioni in grande.
Tutto lascia sperare che l'iniziativa dell'Orto Botanico sarà
coronata da lieto successo.
i Piante tessili.
Numerose sono le piante tessili coltivate nell’ Orto Botanico
di Palermo. Fra le altre meritano particolare osservazione le seguenti:
Agave sisalana. Fibre di Sisal. Ha formato oggetto di par-
ticolari studii ed esperienze, da parte dell’Orto Botanico, consta-
tandosi la sua perfetta resistenza al nostro clima e la bontà dei
prodotti ottenuti : ciò è dimostrato dalle fibre grezze e lavorate di
Sisal, ottenute nell’Orto stesso. Perciò ne è consigliabile la col-
Pa
#
tè ; Z
tura in Sicilia, tanto più che si contenta di terreni mediocri e non
abbisogna di irrigazione.
Numerose altre specie di Agave sono coltivate in questo Orto,
resistendo perfettamente al nostro clima, ma non furono ancora
istituite esperienze sul valore industriale delle loro fibre. Da se-
gnalarsi l’ Agave Zapupa di recente introduzione dal Messico. -
Furcraea e Yueca. — Se ne coltivano parecchie specie, tutte
capaci di dare buone fibre tessili, e perfettamente acclimatate a
Palermo,
Sanseviera. — Piante pure a fibre di grande valore industriale.
Notevoli fra le altre una Sanseviera del Benadir, riconosciuta per
specie nuova, e la Sanseviera cylindrica dell’Eritrea, direttamente
introdotte dal nostro R. Orto Botanico.
Washingtonia filifera. — Palma originaria del Nord Ame-
rica, di rapido sviluppo e perfettamente resistente a Palermo, ove
pure fruttifica. Ha fibre tessili robuste e o sue foglie si prestano
per lavori di intreccio.
Musa Ensete. — Specie colossale dell’ Abissinia , producente
fibre tessili assai fine e pregiate. Alcuni esemplari posti in piena
terra, presentano, in soli due anni, dimensioni colossali, dimo-
strando una perfetta resistenza al nostro clima.
Fra le piante tessili e papirifere, coltivate nel R. Orto Bota-
nico, si possono ancora citare le seguenti : ZBoehmeria nivea,
Bombax Ceiba, Calotropis procera, Carludovica palmata , Cha-
maerops humilis, Chorisia insignis, Corchorus capsularis ed
olitorius, Cryptostegia grandiftora, Cyperus Papyrus , Daemia
extensa, Edgeworthia papyrifera, Eriodendron anfractuosum,
Grewia "Guola specie), Hibiscus (molte specie), Phormium te-
nax etc.
Piante tannanti.
Si coltivano parecchie specie di Caesalpina , di Acacia, di
Eucalyptus , ritenute fra le più importanti per l’ alta percentuale
| di tannino che contengono, assai superiore a quella presentata dal
Sommacco di Sicilia. Adattandosi bene al nostro. ‘clima, e dive--
nendo arborescenti, sarebbero a consigliarsi per imboschimenti | in
Sicilia.
Di particolare interesse è l’Eucalyptus diversicolor o Karri
Oltre a queste notiamo : Coriaria myrtifolia, Corynocarpus
laevigata , Diospyros (alcune specie), Enterolobium Timboiia,
Gardenia Thumbergia, Pistacia Lentiscus e Terebinthus, Ptero
lobium lacerans etc.
Piante tintoriali.
Fra le piante tintoriali notiamo : Acacia Catechu, Anogeissus
lejocarpa, Bixa Orellana, Calpurnia aurea, Coriaria myrtifolia,
Crozophora tinctoria, Indigofera cantoria: Lawsonia alba, Ri-
vina tinctoria, etc.
Piante da rimboschimenti.
Una questione vitale per la Sicilia è quella dei rimboschi-
menti. Ma per la sua posizione geografica e per le sue particolari
condizioni di clima e di terreni, la Sicilia male si presta ad un.
regime forestale uguale a quello usato nelle contrade più setten-
trionali. Qui occorrono particolari essenze, specialmente atte a re-
sistere alla siccità estiva. |
Perciò questo Orto Botanico ha istituito particolari studi di
esperimenti allo scopo di accertare quali sieno le essenze più con-
sigliabili per la Sicilia. Ha in modo particolare constatato come
bene si prestino diverse specie dei generi Acacia, Eucalyptus,
Casuarina, Grevillea. n.
Notevole a questo riguardo é il Myoporum serratum che ha
mostrato una resistenza meravigliosa, adattandosi specialmente alle
sabbie del littorale.
Da segnalarsi pure 1’ Acacia ia i le cui colture hanno dato
ottima prova, e nos è pure riuscita nei rimboschimenti delle lave
vesuviane.
Oltre a queste, come piante a legnami, coltivate nel R. Orto
Botanico , sono degne di menzione le seguenti : Acacia (circa 20
specie), Agathis australis , Anacardium occidentale, Anogeissus
lejocarpa, Araucaria (5 specie), Argania. Si n, Bambusa
(molte specie) , Casuarina (parecchie specie), Cedrela odorata @
sinensis, Corynocarpus laevigata, Diospyros (diverse specie), En
terolobium Timboia, Erythrina (parecchie specie) , Eucalyptus
(10 specie), Ficus (circa 30 specie), Grontliea Hilliana e robusta
9
Inga Feuillei, Jacaranda mimosaefolia, Laurus canariensis,
Olea chrysophylla, Parkinsonia aculeata, Persea gratissima ed
indica, Picconia excelsa, Pithecolobium pruinosum, Podocarpus
(diverse specie), Sapindus (più specie), Sophora secyndiflora e
tetraptera, Tarodium distichum e mucronatum, Vitex litoralis
ete
Piante industriali diverse.
Sono così numerose quelle coltivate nel R. Orto Botanico, che
troppo lungo sarebbe il volerle enumerare tutte. /Ne segnaliamo
solo alcune delle più importanti.
Pyrethrum cinerariaefolium. È la pianta della Razzia, ed i
prodotti ottenuti nel nostro Orto Botanico non sono affatto infe-
riori a quelli che provengono dalla Dalmazia. Se ne è consigliata
la coltura, resistendo perfettamente al nostro clima, ed adattandosi
a terreni aridi, sassosi, sterili, ove ogni altra coltura è difficile od
impossibile.
: Sapindus Mukorossi. — Albero perfettamente acclimatato a
Palermo. I suoi frutti contengono abbondante saponina, e si pre-
stano per usi economici ed industriali, come lo provano i suoi pro-
dotti, ottenuti da materiale fornito dall’ Orto Botanico e lavorato
dalla ditta Seyes.
Luffa acutangula. — Specie interessante ricavandosi dai suoi
. frutti le cosidette spugne vegetali.
Piante medicinali
Quantunque la coltura di queste piante oftra per la Sicilia un
interesse medioere, pure l’Orto Botanico ne possiede un buon nu-
mero. Notevoli sono le seguenti :
Aloe vera e specie affini. — Perfettamente resistenti al clima
di Sicilia, e capaci di un prodotto per nulla inferiore a quello che
sì ottiene dall’ Africa Orientale.
"i Strophanthus capensis. — Pure resistente a Palermo.
» anax quinquefolium o Ginseng. — Le colture qui istituite
10
hanno dato ottimi risultati, quindi è consigliabile, stante il grande
consumo che se ne fa delle loro radici nell’ Estremo Oriente, e
l’alto prezzo cui vengono pagate.
Fra le piante medicinali notiamo ancora : Cassia Fistula ed
altre specie, Cedrela odorata, Cerbera Odollam e Tanghin, Cin-
namomum Camphora e zeylanicum, Crescentia Cujete, Dorstenia
Contrajerva, Dracaena Draco, Erythroxylon Coca, Illicium a-
nisatum, Jatropha Curcus e multifida, Panax Ginseng, Phyllan-
thus Niruri, Pilocarpus pinnatifolius, Pimenta acris, Strychnos
Nuxr-vomica, Tamarindus indica, Vernonia anthelmintica ete.
Piante aromatiche.
Fra queste meritano segnalazione diverse specie di Piper, la
Canfora (Cinnamomum Camphora) , la Cannella (Cinnamomum
zeylanicam), il Cacao (Theobroma Cacao) ete.
Piante ad essenze.
Fra queste abbiamo : Acacia Farnesiana, Citrus (molte specie
e varietà), Erythroxylon Coca, Eucalyptus (diverse specie), Gar-
denia florida, Osmanthus fragrans , Pelargonium (parecchie
specie), Plumeria (diverse specie), Pogostemom Patchouly ete.
Caffè.
Mm
L’ Orto Botanico di Palermo ha pure intrapreso studii ed e-
sperienze sulle diverse razze di piante a Caffè , nella speranza di
ottenerne qualcuna adattabile alla Sicilia. Perciò ha intrapreso la
coltura di numerose varietà di provenienze diversissime ed ora ne
possiede una ricca collezione. Vi si notano la Coffea liberica , la
Coffea stenophylla e numerose varietà della Coffea arabica. Fra
queste alcune provengono dall’ Isola di Borbone, altre dalle mon-
tagne della Giammaica, altre infine dal Monte Kenya in Africa,
ove dicesi sopportino assai basse temperature. ;
e piante sono tuttora troppo piccole per esporle impunemente
ai nostri inverni, ma è sperabile, quando avranno raggiunto un
sufficiente grado di robustezza, possano bene adattarsi al clima di
]» ii
Sicilia.
Piante oleifere.
Fra queste notiamo : Aleurites cordata, Arachis hypogaea ,
Argania Sideroxylon , Benincasa cerifera, Carya olivaeformis,
Elais guineensis , Elaeodendron australe e capense, Guizotia
oleifera, Jatropha Curcas, Madia sativa, Sapindus Saponaria,
Sapium sebiferum, Theobroma Cacao, Unguadia speciosa etc.
Piante eduli.
Questa forse è la categoria più numerosa di piante introdotte
ed esperimentate nell’ Orto Botanico di Palermo. Passiamo sotto
silenzio le molte varietà di Agrumi, l’Anona Cherimolia, già en-
trata nelle comuni colture, 1° Ananas, i Banani etc.
Meritano particolare attenzione le seguenti :
Mangifera indica. — Numerose varietà provenienti dalle falde
dell’ Imalaja. È forse la più importante introduzione ottenuta
da questo Orto Botanico. Se ne hanno molte e forti piante che da
oltre quattro anni sopportano ottimamente il clima di Sicilia, quindi
è sperabile possano in breve divenire perfettamente acclimatate,
dotandosi così la Sicilia di un frutto tanto squisito e prezioso, in
sostituzione di altre colture meno redditive.
Persea gratissima. — Produce frutti eccellenti che maturano
perfettamente a Palermo.
Corynocarpus laevigata. — Frutti pure eduli.
Castanospermum australe. — Il Castagno d’ Australia , sop-
porta bene il nostro clima, ma gli individui qui in coltura non
hanno ancora fruttificato, pa pe giovani.
Carya olivaeformis. — È Pocan-Nut d'America, fruttificante
benissimo a Palermo.
Solanum muricatum. — Del Perù. Produce grossi fatti eduli,
del sapore dei meloni. Preziosa introduzione, essendosi mostrato
completamente adattabile al nostro clima : se ne fanno estese col-
12
ture alle Canarie, per l'esportazione dei frutti, quindi è sperabile
possa anche per la Sicilia divenire un buon prodotto economico.
Fra le piante a frutti o semi eduli, possiamo aggiungere :
Benthamia fragifera, Carica Papaya, Diospyros Kaki, Hovenia
dulcis; Psidium Guayava etc.
Piante feculifere o saccarifere.
Fra le piante feculifere o saccarifere annoveriamo : Alocasia
macrorhiza, Andropogon Sorghum, Canna indica, Cycas circi-
nalis e revoluta, Dioscorea (molte specie), Eleusine Coracana e
Tocussa, Eragrostis abyssinica, Ipomoea Batatas, Maranta a-
rundinacea , Pachyrhizus angulatus, Pueraria Thunbergiana,
Saccharum officinale, Vigna Catjang etc.
Fra queste vanno segnalate le colture selezionate di Orzo, e
specialmente quelle di Fave, che hanno dato risultati assai buoni,
essendosi ottenuti un reale miglioramento nella grossezza dei le-
gumi e dei semi,
Piante coloniali diverse.
» L’ Orto Botanico coltiva anche numerose piante direttamente
introdotte dall’Eritrea, dalla Somalia italiana e dal Messico. Vi si
ammirano specie utili industrialmente, specie di valore ornamentale
e specie di interesse scientifico. A , 7
Notiamo i (Crinum, i Cissus etc. dell’ Eritrea. Di questa re-
gione si ha pure il Ficus vasta, albero maestoso , perfettamente
acclimatato a Palermo, si hanno alcune Euphorbiae, fra cui inte-
ressante l’Euphorbia Schimperi etc. I
Del Benadir, ossia Somalia Italiana, si ha una Kigelia, un
Capparis e qualche altra specie : da segnalarsi uno Spondias , e
la Uvaria Denhardtii, entrambe a frutti eduli. Anche la Sanse-
viera rorida, nuova specie.
Numerose poi sono le specie del Messico, la cui enumerazione
riuscirebbe troppo lunga.
L’Orto Botanico di Palermo pubblica, fino dal 1897, un Bol-
lettino, a fascicoli trimestrali, il quale si occupa di tutte le que-
stioni che più interessano la Botanica agricola, specialmente Sici-
liana e la Botanica coloniale, come pure relazioni scientifiche re-
lative a piante qui coltivate od indigene od illustranti collezioni
(Ch:
i
Ro
Ù
;
i
;
E n RR E e i gt SI n
NA n
“i e SIA
13
possedute dall’Orto stesso. Con la istituzione del Giardino Coloniale,
questo Bollettino, fino dal 1907, è divenuto anche organo ufficiale
del Giardino stesso, e va rendendo conto delle esperienze e delle
colture intraprese in esso. Infatti in tutte le Annate fino ad oggi
pubblicate trovarono posto numerose relazioni sulle piante a Caout-
chouc , sul Sisal, sulle colture di Cotoni, sul Caffè e sopra tutte
le altre piante precedentemente citate.
Questa fugace rassegna dell’attività del Giardino Coloniale di
Palermo potrà io credo valere per dimostrare quale è 1’ attuale
tunzionamento di questa Istituzione, quale è l’indirizzo di studi che
essa vi propone nell’avvenire, sicché nei riguardi dell’ opera colo-
nizzatrice o di qualunque altra intrapresa agricola, che interessi il
mezzogiorno o anche le Colonie, possa nel campo pratico, coll’ e-
sempio e coll’autorità dell'esperienza, spiegarne un’azione benefica,
OROBANCHE CRENATA Forskat.
i e suoi danni in Sicilia.
Storia e prime notizie in proposito. — Le Oroban-
che furono certamente conosciute dagli antichi, però il nome Oro-
banche (Opofoy &yet; che strozza gli Orobi, ossia i Legumi)
pare fosse dato alle Cuscute, come rilevasi dalla frase : « Oroban-
che necat Fabas et Cicer, se circumplicando » in cui la parola
circumplicando può bensì riferirsi ad una Cuscuta, non mai ad
. una Orobanche. Si è voluto riconoscere \ Orobanche nel Cynomo-
rium di PLINIO, e forse vi si riferisce anche la pianta chiamata.
dai Greci \hzoc e dai latini Lupum : ciò che sarebbe confermato.
dal nome volgare che la Orobanche della fava conserva in Sicilia,
cioè Lupa. i A
Pare però che gli antichi autori confondessero fra loro le di-.
verse specie di Orobanche, non trovandosi in essi indicazioni ba-
stevoli per distinguerle. Così nè in RUELLIO, nè in MATTHIOLI nè
in altri autori a quelli contemporanei, si trova alcun cenno che
possa con certezza riferirsi all’Orobanche della fava. Forse a que
sta può ascriversi l’Orobanche da BauHnINIO (Pinar Theatri Bo
tanici, 1623, p. 87) chiamata Orobanche major caryophyllum olens
stante che i fiori dell’Orobanche della fava realmente odorano
garofano, ma un tale odore riscontrasi ancora nei fiori di altre
15
robanche, e dai sinonimi che porta lo stesso BauHINIO, e dalle
indicazioni che aggiunge di averla osservata sui generi (Genista,
Hieracium, Trifolium, Astragalus etc. appare evidente vi inclu-
desse anche altre specie. Invece si può dire con certezza che sì
riferiva a questa specie il CUPANI (Hortus catholicus. 1696. p. 160)
citando una Orobanche major Caryophyllum olens, imperocchè vi
aggiunge il nome Siciliano di Lupa di favi.
Ma le prime notizie sicure sui caratteri e sulla biologia della
Orobanche della fava, si debbono al MricHELI, il quale pubblicò in
Firenze, nel 1723, una Relazioae dell’erba detta dai Botanici O-
robanche e volgarmente Succiamele, Fiamma o Mal d'occhio.
Poco dopo, nel 1729, il BuxBAuM (Plantarum minus cogni-
tarum, Cent. III. 1729. p. 2. tab. II.) raffigurò con il nome di
Orobanche major thyrso florum specioso, una specie in cui è fa-
cile riconoscere la vera Orobanche della fava, che dice crescere in
Oriente, fra i ruderi dell'antica Calcedonia e nell’Isola di Proto.
Intanto Linneo, nelle sue Species Plantarum, pur citando la
monografia del MicHELI, non distinse l’Orobanche della fava, ma
la incluse, assieme alle altre specie affini, nella sua Orobanche
major.
L’Orobanche della fava fu però bene figurata dal SABBATI
(Hortus Romanus. Tom. III 1775. p. 3. tab. II) con il solito
nome di Orobanche major Caryophylum olens. Nello stesso anno
il FORSKAL (Flora Aegyptiaco-Arabica. 1775. p. 113) deserive, con
il nome di Orobanche crenata, una specie che dice crescere a
Cairo, e dalla descrizione, quantunque assai breve e deficiente,
sembra possibile riconoscere l’Orobanche della fava, come già opinò
il BecH. |
Pochi anni dopo, nel 1815, Aueusto PiraMo DE CANDOLLE
(Flore Francaise. Vol. VI. 1815. p. 393) descrisse una nuova
specie, con il nome di Orobanche speciosa, in cui si può facil-
mente riconoscere l’Orobanche della fava, In seguito LAPEYROUSE
(Histoire abrégee des Plantes des Pyrénées. Suppl. 1818, p. 87)
descrisse parimenti come nuova specie un’altra Orobanche, che
chiamò Orobanche pruinosa, nella quale si può pure riconoscere
l’Orobanche della fava. Però questi diversi autori non rilevarono
affatto il parassitismo di questa specie sulla fava, avendo veduto
e descritto saggi provenienti sopra altre nutrici. Un tale parassi-
tismo fu indicato più tardi dallo ScHuLTZ (in Ann. Gew. Regensb.
V. 1830. p. 500) che chiamò la specie Orobanche Viciae-Fabae.
In seguito il REUTER, nella monografia delle Orobancaceae (in
DE CanpoLLE, Prodromus. Vol. XI. 1847. p. 18) ritenne come
16
specie distinte Orobanche pruinosa ed Orobanche speciosa, collo-
cando fra le specie meno note, assai incerte, l’Orobanche crenata
del FORSKAL.
Da ultimo il Beck MANNAGETTA (Monographie der Gattung
Orobanche. In Biblioteca Botanica. Heft XIX. 1890. p. 225) ri-
conosce l’identità di tutte queste specie, riunendole in una sola,
cui conserva, per priorità il nome di Orobanche crenata.
Nomenclatura. — Da quanto si é detto in precedenza ri-
sulta che alla Orobanche della fava, spettano i seguenti nomi,
per ordine di priorità. Per ognuno si citano solo le opere di in-
teresse ea o quelle più propriamente riferentesi alla Flora»
Italiana o Sicula
a crenata. — ForsKAL, Flora Aeg. Arab. 1775. p.
LXVIII e p. 113, non VELL. — BECK von MANNAGETTA G. Ba
-Monogr. Gatt. Orobanche. In Biblioth. Botan. XIX. 1890. p. 225.
— BecuINOT, in FIORI e PAOLETTI, Flora Analitica d’Italia. Vol.
II. 1902. p. 480
Orobanche speciosa. — De CanpoLLE, Flor. Frane. Vol. VI
1815. p. 393, non DretRICH.— REUTER in DE CANDOLLE, Pro-
dromus. Vol. XI. 1847. p. 19. — CESATI, PASSERINI e GIBELLI,
Senpendo; della Flora Italiana. 1882. p. 331. — CARUEL in PAR-
LATORE, Flora Italiana, Vol. VI. 1383. p. 370. — ARCANGELI,
Compendio della Flora ARR 1892. p. 527. — Loyacono. Flo-
ra Sicula. Vol. IV. 1907. 160.
Orobanche pruinosa. — LAaPEYRoUSE, Abròg. des PI. Pyren.
Suppl. 1818, p. 87. — Gussone, Florae Siculae Prodromus. Vol.
II. 1828. p. 181 et Florae Su Synopsis. Vol. II. 1813. p. 134.
— BERTOLONI, Flora Italica. Tom. VI. 1844. p. 437.—REUTER in
DE CANDOLLE, Prodromus. XI. 1847. p. 19.
O TI Viciae - Fabae, ScHuLTZ, in Ann. Gewddisk Ro-
senb. 1830. p. 500.
Descrizione e Caratteri botanici. — L’ Orobanche
della fava è pianta annua, con bulbo basale piuttosto piccolo,
sviluppantesi in uno scapo semplice, robusto, eretto, alto fino a 70.
centimetri, incrassato, fistoloso, striato, di colore giallastro o ten
dente al ceruleo, raramente porporino, glanduloso-villoso, o qual-.
RM RR RR ILE MR SO go AAA e ent ee lat fg ein LIE E ca att nie Ple ei ren ii < Pe a e e e, 4,
pa r si i cars eater È
che volta glabrescente, ricoperto di squame, numerose in basso e rade
in alto. Le squame inferiori sono assai avvicinate, embriciate, larghe,
lanceolate, le superiori invece sono più o meno lontane fra loro,
strettamente lanceolato - lineari, assai acuminate, tutte poco o molto
glanduloso - pelose all’esterno, lunghe circa 3 centimetri. L’inflore-
scenza è una spiga terminale, cilindracea, multiflora , acuminata
all’apice o rotondata, in alto densiflora e sovente comosa, lassa in
basso, qualche volta totalmente lassiflora. I fiori sono numerosi,
sessili, bratteati, dapprima eretto - patenti, poi più decisamente pa-
tenti, lunghi da 2 a 3 centimetri, raramente più piccoli, potendo
ridursi a soli 15 millimetri. Le brattee sono simili alle squame su-
periori, strettamente lanceolato - lineari, lungamente acuminate, co-
piosamente glanduloso - pelose, spesso bianco - tomentose nel secco,
eguaglianti o superanti la lunghezza dei fiori stessi, le estreme
sovente sterili, ed allora comose all’ apice delle spighe. Il calice
poi è diviso fino alla base da ambo i lati, in modo da risultare
formato di due parti affatto libere fra loro, ovate o romboidali alla
base, profondamente ed inegualmente bifide o bidentate all’ apice,
con lacinie angustissime, lineari, lungamente acuminato - attenuate,
subulate o filiformi all’apice, raramente lanceolate, spesso munite
lateralmente da 1 a 3 denticoli, tri - plurinervie, divergenti, glan-
duloso - pelose o glabrescenti, eguaglianti in lunghezza il tubo della
corolla o raramente più brevi.
La corolla è relativamente assai grande, in basso ristretta e
tubulosa, ampliata e campanulata al disopra della inserzione degli
stami, bilabiata alla fauce, di color bianco o pallido, con eleganti
venature dicotome e ramose, cerulee o violacee, di rado purpurea,
dopo secca di consistenza cartacea e bruna, esternamente alquanto
glanduloso - pelosa o più sovente glabrescente : la linea dorsale e-
strema che essa forma è curva alla base, poi diritta ed in ultimo,
nel lembo, rivolta in alto, con 1’ apice sovente un poco mucrona-
to - uncinato. Il labbro superiore è intero o leggermente bilobo,
plicato - smarginato, con lobi grandi, larghi, subrotundi, patenti o
ricurvi : il labbro inferiore é trilobo, con lobo medio molto più
grande , di rado subeguale ai laterali, tutti assai grandi, roton-
dati ; ilobi poi di entrambi i labbri sono inegualmente plicato - cre-
spi al margine, o più sovente profondamente crenulato - denticulati.
Gli stami si trovano inseriti nel quarto inferiore della corolla, cioè
da 2 a 3 (raramente fino a 5) millimetri al disopra della sua base,
e sono in numero di 4, didinami, con i filamenti dilatati ed au-
ranziaci alla base, inferiormente assai pelosi come la sottostante
parte della corolla, in alto muniti di pochi o molti peli glandulosi,
per lo più brevi, raramente affatto glabri, e con le antere breve-
mente acuminate, sovente papilloso - pelose lungo la linea suturale,
nel secco pallidamente brune, bianche all’ apice. Il pistillo ha un
ovario oblungo - ovoideo, appena glanduloso - peloso presso lo stilo,
il quale è breve, lievemente curvato, poco o molto glanduloso - pe-
loso, e termina in uno stimma bilobo, con lobi emisferici, divari-
cati o confluenti, divisi da un solco trasversale, pallidamente vio-
lacei, carnei, gialli o bianchi. Il frutto è una capsula longitudi-
nalmente deiscente da ambo i lati, con le valve congiunte per
mezzo dello stilo persistente, piane ai lati.
Caratteristico è l’odore dei fiori, che si avvicina a quello dei
garofani.
Varietà. — Per l’ Orobanche della fava Beck von MANNA-
GETTA (Monographie der Gattung Orobanche. In Bibliotheca Bo-
tanica. Heft. XIX. 1890. p. 225) distingue due varietà principali,
cioè a) typica e B) Querini.
La prima viene suddivisa in sei forme diverse, cioè 1. typica,
2. lasiothrix, 3. angustisepala, 4. brachystachys, 5. abbreviata,
6. silvestris, mentre la seconda rimane monotipica. Questa ultima
viene indicata solo per la Transcaucasia, mentre le altre si trovano .
sparse quà e là con il tipo. Affine all’Orobanche della fava è 1'0-
robanche Tommasinii, del REICHENBACH, molto più ridotta in
tutte le sue parti, da alcuni ritenuta per semplice forma fisiologi-
ca, dovuta alla diversità di nutrice, vivendo sulle radici di Com-
poste e di Ombrellifere, anzichè su quelle di Leguminose.
Area Geografica. — L’Orobanche della fava è assai co-
mune in molti luoghi della regione mediterranea : dalla Spagna e
dal Marocco si estende, attraverso l'Europa meridionale, fino alla
Persia, trovandosi abbondantissima in Italia ed in Grecia : anche
in Egitto e nella Transcaucasia si incontra frequente. |
Le principali località ove è stata segnalata sono le seguenti.
Nella Spagna : in Catalogna, in Andalusia e nell’ex regno di Gra-
nata. Nella Francia meridionale, nelle Isole di Hyeres ed in Corsica.
In Austria: nel Tirolo, nella Croazia ed in Dalmazia. In Malta,
in Grecia, in Candia, in Cipro. In Turchia : presso Costantinopoli,
nelle regioni del Mar Caspio e nella Tauria. Nell’ Africa setten-
trionale : nel Marocco, in Algeria e nel basso Egitto. In Asia:
nella Siria, nell'Asia minore, e nella Transcaucasia.
pri
sua
Per l’Italia è indicata frequente in Liguria, in Toscana, nel
Lazio, nella Campania, nelle Puglie e nella Terra d’Otranto.
In Sicilia poi trovasi comunissima quasi ovunque, a Palermo,
Monreale, Messina, Siracusa, Girgenti etc.
Piante nutrici. — L’Orobanche della fava vive parassiti-
ca, principalmente, come indica il suo nome volgare, sulle radici
della Vicia Faba, ma fu pure riscontrata sulle radici di altre Le-
guminose, specialmente Viciee, cioè Vicia melanops, Ervum Lens,
Ervum Ervilia, Pisum sativum, Lathyrus Cicera, Lathyrus in-
conspicuus, Lathyrus angulatus, Cicer arietinum.
Fu pure indicata per parassita di alcune specie di T'rifolium
e di alcune specie di Lupinus.
Fuori delle Leguminose fu indicata per una Plantaginea, cioè
Plantago albicans, per alcune Ombrellifere , cioè Physocaulon
nodosus ed Anthriscus nemorosus, e per alcune Geraniacee, cioè
Pelargonium e Geranium, specialmente Geranium Robertianum.
Biologia. — L’Orobanche della fava, come tutte le altre
congeneri, presenta due fasi vitali ben distinte, cioè :
1.° Fase vegetativa, nella quale costituisce un corpo sotter-
raneo, bulbiforme, voluminoso, in cui immagazzena grande quan-
tità di alimenti sottratti alla pianta nutrice : in tale fase l’Oroban-
che esercita con grande intensità la sua azione parassitaria a de-
trimento della pianta su cui vive.
2.° Fase sessuale, nella quale sviluppa uno scapo e fusto e-
pigeo, che porta fiori e frutti: in essa la pianta consuma i mate-
riali precedentemente accumulati, e cessa quasi affatto ogni sua
relazione parassitaria con la pianta nutrice.
I semi di Orobanche hanno una struttura semplicissima. Il
loro embrione, piccolissimo, non presenta alcuna traccia di diffe-
renzazione in radichetta ed in fusticino, ed è affatto privo di co-
tiledoni : consiste in un gruppo di cellule isomorfe, circondato da
un tessuto contenente materiali di riserva. Quando, venuto a con-
tatto con una radice di fava, germina, sviluppa un corpo filiforme,
si
costituito da sole cellule .indifferenziate: ad una delle estremità vi
| persiste aderente il tegumento del seme, mentre la estremità op-
| posta si fissa alla radice della fava, andando rapidamente ingros-
sandosi. Cosi va formando una sorta di tubercolo, nel quale non
tardano a differenziarsi dei vasi, che si mettono in diretta comu-
nicazione con i vasi della radice della fava, per attingere da quella
i nutrimenti. È tanto intima l’unione dell’Orobanche con la radice
20
della nutrice, che riesce quasi impossibile stabilire dove cessi l'e-
pidermide dell’una o dove principi quella dell’altra.
Poco sopra il punto di sua inserzione 1’ Orobanche sviluppa
numerose fibre radicali, grosse e brevi, con le quali abbraccia la
radice della fava, e che, fissandosi nel terreno, costituiscono per
l’Orobanche il migliore sostegno per tenerla saldamente alc
alla nutrice.
Poco sopra al punto di suo congiungimento con la radice della
fava, si sviluppa una grossa gemma squamosa, della quale dovrà
trarre origine il forte fusto, che, attraversato il terreno, porta i
fiori alla luce. Generalmente per l’Orobanche della fava ciò avvie-
ne tre mesi dopo il germogliamento.
Lo sviluppo del fusto e dei fiori avviene in gran parte a spese
dei materiali accumulati nella precedente fase vegetativa.
Il fusto florale è grosso, cavo, e porta poche foglie squami-
formi. I suoi fiori sono grandi ed odorosi. Secondo lo KxnuTH
(Handbuch der Bliitenbiologie. Band. II. 1899. p. 211), per la
posizione sporgente dello stimma, non può venire in essi l’ auto-
impollinazione, ma è necessario il concorso di insetti, specialmente
di Api, attratte, oltre che all’ odore, dal miele secreto in abbon-
danza dal nettario, che trovasi situato attorno all’ovario. Tuttavia
crediamo che in qualche caso anche una autoimpollinazione possa
avvenire, forse prodotta dall’accartocciamento della corolla e ripie-
gamento dello stilo, quando il fiore avvizzisce, attesocchè per so-
lito in ogni spiga di fiori si trovano tutti gli ovarii abboniti.
Dopo una diecina di giorni dalla comparsa dello scapo fiori-
fero, i primi fiori, cioè i più bassi sono fecondati, e dopo altri
dieci giorni, circa, incominciano ad aprirsi i primi frutti. Così in
un mese dall’uscita dal terreno, l’Orobanche ha già maturato i suoi
semi, spargendoli tutti attorno per il terreno.
In questa fase florale 1’ Orobanche si è quasi resa indipen-
dente dalla nutrice. Infatti la fava, che dapprima sembrava avere.
poco sofferto dal parassita, e continuava a sviluppare fusti e foglie,
man mano incominciò a mostrare segni di deperimento : sovente
non riuscì neppure a svolgere i fiori, incominciò ad avvizzire, e
finì per disseccare. Così l’Orobanche resta padrona del terreno, @
può continuare il suo sviluppo indipendentemente, consumando le
sostanze accumulate in precedenza. Non è raro il caso di trovare
Orobanche senza alcuna pianta nutrice nelle loro vicinanze, perchè
queste ultime furono in precedenza distrutte. Da ciò deriva l’as-
serzione che in qualche caso le Orobanche possano vivere di vita
indipendente.
21
La vitalità poi degli scapi floriferi di Orobanche è tale che re-
cidendoli o strappandoli dal suolo, continuano a vivere, e possono
anche sviluppare semi atti a germinare, come avviene quando ,
strappate le piante dai coltivati, si abbandonano sullo stesso ter-
reno.
Secondo il GRIMALDI (Sul Orobanche delle Fave. In Nuovi
Annali di Agricoltura Siciliana. Anno IX. fase. III. 1898, p.152-167)
una sola pianta di Orobanche può produrre oltre ad un milione di
semi. Intatti i suoi semi hanno un diametro di mm. 0.8 ed un
grammo ne contiene circa 200.000. Siccome una pianta robusta
produce una cinquantina di capsule, che contengono parecchi gram-
mi di seme, non è esagerato il dire che da una sola pianta se ne
possa avere un milione e più.
I semi poi, per la loro piccolezza e leggerezza, vengono facil-
mente sparsi attorno al luogo di loro produzione, e per il loro co-
lore bruno si confondono subito con il terreno in modo da non
potersi più riconoscere. !
Un fatto importantissimo relativo alla biologia di questi semi
è quello che, dalle osservazioni concordi di molti autori, sembra
accertato, cioè che la loro germinazione non avviene se non giun-
gono a contatto con le radici della fava. È verosimile quindi che queste
radici emettano qualche sostanza atta a determinare la germina-
zione dei detti semi. Infatti il PASSERINI (Sopra lu durata di vi-
talità dei semi di Orobanche crenata. 1910) trovò che i semi di
Orobanche potevano in media restare otto anni nel terreno senza
germinare, ma tosto si mettevano in germinazione, appena veni-
vano seminate fave nello stesso terreno. Alcuni semi anzi persi-
Stettero in tale attesa fino a 14 anni.
La conoscenza di questi fatti ci permette di meglio stabilire
quali rimedii sieno più razionali per limitare lo sviluppo di questa
Orobanche.
Entità dei danni. — Se si considera l’importanza che ha
in Sicilia la coltura delle fave, si comprenderà facilmente di quanto
danno può riuscire un parassita così pernicioso quale è l’Orobanche.
Infatti le colture di fava in Sicilia iniziano la rotazione agra-
ria, riuscendo più che ogni altra pianta a fornire il terreno di a-
zoto, specialmente come sovescio, e forniscono abbondanti raccolti
i semi, i quali entrano in gran parte nell’alimentazione del popolo
Siciliano.
Quindi l’agricoltore dalle colture delle fave ritrae un duplice
vantaggio ; buoni raccolti in legumi od in semi, e miglioramento
22
del terreno. Ma, se sopraggiunge l’ Orobanche, i raccolti sono di
molto diminuiti, nella quantità e peggiorati nella qualità, e se l’in-
fezione è grave, sono addirittura nulli.
Da questo ne deriva che nei terreni maggiormente infetti li
coltura della fava riesce impossibile, e ia gio anche le
rotazioni agrarie ne scapitano. Prova ne è che i terreni non infe-
stati dall’Orobanche si locano e si colla a prezzo notevolmente
più elevato di quelli che ne sono infetti.
Rimedii proposti da diversi autori. — In presenza.
dei gravi danni che l’Orobanche apporta ai campi di fave, nume-
rosì autori cercarono quali potessero essere i rimedi più efficaci ad
ostacolarne lo sviluppo. >
Fu dapprima proposto di mischiare al terreno, in prossimità
delle fave seminate, del sale, oppure della cenere, ovvero dello zol-.
fo : fu pure proposto di intercalare, alle colture di fava alcune fila
di cece, o di senapa, o di frumento. Ma questi rimedii empirici
risultano affatto privi di efficacia, come era a prevedersi.
Il Losacono (Osservazioni sulle Orobanche, ed in ispecie su
quella parassita della Fava. Palermo 1880) trovò : 1.° Che 1’ a-
zione del sale è assolutamente locale, e perciò non produce che la
mortificazione di quell’organo o porzione di organo sul quale esso
viene in preciso contatto : 2.° Che questa azione locale non riesce.
a distruggere completamente i tessuti, se non quando è accompa-
gnata dall’azione dell’acqua e da quella della luce diretta dei raggi
solari. Perciò tale autore propone di recidere ciascun fusto di 0-
robanche, al suo primo apparire, gettandoli tosto nel fuoco. Così,
se non si salvano le fave del medesimo anno, si impedisce che
nuovi semi cadano nel terreno a danno delle successive colture.
La distruzione poi, col fuoco, delle Orobanche appena raccolte, si
| ritiene necessaria, continuando esse a vegetare anche dopo recise,
per cui possono ancora maturare frutti e semi.
Il CarurL (Sull’Orobanche della Fava. Firme 1894) crede
| miglior partito, massime quando |’ infezione è molto estesa, di a-
stenersi, per almeno due anni, dal coltivare fave nello stesso cam-
po e nel medesimo tempo di non coltivarvi altre Leguminose. In
‘tal modo ritiene che la maggior parte dei semi di Orobanche a
biano a perdere la facoltà germinativa. Però questo sarebbe pooo;
efficace, in seguito alle osservazioni del PassERINI, dalle quali. ri-
sulta che i semi di Orobanche della fava , (CORBErTARO la loro #
coltà germinativa per otto a dieci anni e
IN GRIMALDI _Pe Orobamche delle Fave, In Nuovi Annali
ORIENTE RIS I TA Sg o Hc
ROSIE 5 TESI RIZIE
di Agricoltura Siciliana. Anno IX. fasc. III. 1898, p. 152-167)
i è pure occupato molto di questa questione, senza però riuscire
a trovare un rimedio efficace. Egli anzi conclude che « nessun ri-
medio è noto per liberare con sicurezza e con poca spesa i terreni
fortemente infestati dall’Orobanche ». Consiglia egli pure la estir-
pazione della Orobanche , prima che si raccolga la fava, la quale
estirpazione, poco dispendiosa, dice riuscire « efficacissima ad im-
pedire che il terreno si infesti, ed a liberare i terreni poco infe-
stati »
Il VENTRI (Rimedio contro l’Orobanche delle Fave. In Nuovi
Annali di Agricoltura Siciliana. Anno X. fase. I. 1899. p. 53-57).
invece ritiene più pratico attenersi a speciali cure colturali. Egli
anzitutto insiste perchè si usi solo concime proveniente da centri
non infetti dall’Orobanche, per non diffondere i semi di questa con
gli stessi concimi: poi suggerisce di seminare la fava a formelle,
interponendo il semi fra due strati del detto concime, ed evitando
la rivoluzione delle zolle sovrapposte alle stesse formelle per col-
marle. In tal modo ritiene che le radici della fava , estendendosi
fra il concime, difficilmente arrivino agli strati del terreno conte-
| nenti semi di Orobanche, quindi l’infezione diviene assai più dif-
cile.
Il FANALES (Le Orobanche delle Fave. In Nuovi Annali di
Agricoltura Siciliana. Anno XVII. fasc. IV. 1906. p. 2 13 - 229)
tratta della medesima questione, suggerendo egli pure l’estirpazio-
ne dell’Orobanche, massime nei terreni ove l’infezione resta limi-
tata. Nei terreni poi fortemente infetti vorrebbe si seminassero per
più volte di seguito fave da sovescio, assai fitte, per indurre i se-
mi dell’Orobanche a nascere : sovesciando le fave assai per tempo
si distruggerebbero anche le Orobanche prima del loro completo.
sviluppo, e così il terreno dovrebbe restarne liberato, mentre con
lo stesso sovescio verrebbe disposto a ricevere colture di cereali.
Infine LOTRIONTE (Attenuazione dei danni delle Orobanche
nelle Fave. In Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana. Anno XIX.
fasc. II. 1908. p. 80-103) in seguito a molte osservazioni ed espe-
rienze, propone di seminare la fava assai profondamente, affinchè
le sue radici si estendano negli strati del terreno non inquinati
dai semi di Qeonancha operando in tal modo avrebbe avuto buoni
risultati.
Molti altri autori hanno trattato di questa questione, ma cre-
diamo inutile andare oltre nelle citazioni, tutti ripetendo le me-
desime cose, cioè sapone delle Orobanche e seminagione- pro-
fonda delle fave.
24
Nuove esperienze iniziate per impedire lo svilup-
od dell’Orobanche.— Tutti i rimedi fin qui proposti dagli au-
tori, come si è detto, si riducono a pratiche agrarie atte ad allon-
tanare dai campi di fava le Orobanche prima della loro fruttifica-
zione, ed a porre le fave stesse in condizioni tali che le loro ra-
dici non arrivino agli strati del terreno maggiormente infestati dai
semi di Orobanche, ma fin qui nessun rimedio fu proposto atto ad
uccidere i semi d'Orobanche esistenti nel terreno e così liberarne
definitivamente il terreno stesso.
Infatti, con le pratiche agrarie suddette, il terreno non resta
liberato dall’ Orobanche, ma i semi di questa, che persistono nel
terreno, rappresentano un pericolo costante per le successive col-
tivazioni di fave, sapendosi quanto dura a lungo il potere germi-
nativo dei semi di Orobanche. Anzi con le successive lavorazioni
agrarie, questi semi verranno sempre maggiormente mischiati e
diffusi nel terreno, per cui riuscirà vieppiù difficile di evitarne il
contatto con le pianticelle di fava.
Perciò risolsi di iniziare esperienze per trovare un metodo
pratico e sicuro atto ad uccidere i semi di Orobanche esistenti nel
terreno.
Scartato l’uso di sostanze tossiche, di dubbia efficacia stante
la durezza degli integumenti seminali delle Orobanche, mi attenni
ad un altro metodo. Mi basai cioè sul fatto, bene accertato, che
le Orobanche germinano solo quando i loro semi giungono a con-
tatto con le radici delle piante nutrici. Non è ancora bene stabilito
per quali cause ciò avvenga, ma quasi certamente dipende da par-
ticolari sostanze che le radici delle piante nutrici secernono durante
la loro vegetazione.
erciò, per mezzo delle stesse piantine e radici di fave, composi
estratti e gelatine, a vario grado di concentrazione, con le quali
bagnai il terreno, in cui aveva già mischiato numerosi semi di O-
robanche della fava. Queste gelatine furono pure somministrate in
terreni già infetti da diverso tempo dall’ Orobanche, nei quali si
era dovuto abbandonare la coltura delle fave, appunto per la grande
diffusione che ivi aveva assunto la stessa Orobanche. Il concetto
di questi esperimenti fu quello che nelle radici e nelle piantine
delle fave, ed in genere di tutte le altre Leguminose su cui vive.
parassita l’Orobanche, debbano contenersi sostanze speciali, certa-
mente a noi non ancora chimicamente note, le quali sole saranno
atte a promuovere l’istantanea germinazione dei semi dell’Oroban-
che. L’ intento dunque era quello di provocare mediante 1’ e--
stratto o la gelatina una sollecita germinazione degli stessi sem
26
seguita naturalmente dalla pronta morte delle pianticelle, che non
trovavano radici di fave cui aderire. Lo scopo si può dire raggiun-
to : infatti seminate dappoi nello stesso terreno fave, queste si svi-
lupparono normalmente, senza che neppure una sola Orobanche
venisse a molestarle.
A questo punto. sono le mie esperienze, e tutto lascia sperare
che con un tale metodo si potrà facilmente liberare dall’Orobanche
i campi che ne sono infetti. Mi limito per ora a questo semplice
accenno , giacché occorrono tuttavia replicate prove in terreni di-
versi per meglio stabilire la formula più esatta da adottarsi , e-di
queste, che pure ho già iniziato, in vasta scala renderò conto in
una successiva comunicazione che sarà seguito alla presente.
Distruzione dell’ Orobanche, mediante i suoi
naturali nemici.—Attualmente, massime negli Stati Uniti di
America, si è escogitato un nuovo metodo di lotta contro gli in-
setti nocivi e contro le piante infestanti, il quale metodo ha già
dato in molti casi ottimi risultati. Consiste nel ricercare i naturali
nemici degli insetti nocivi o delle piante infestanti, sieno altri in-
setti oppure crittogame, e favorirne in tutti i modi la loro molti-
plicazione, mettendoli in grado di distruggere la maggior possibile
quantità di detti insetti o di dette piante nocive. Un esito assai
soddisfacente si è avuto introducendo e moltiplicando i naturali
nemici di alcune Cocciniglie degli Agrumi, come pure quelli della
Diaspis del Gelso : parimenti nelle Isole Hawai èi è ottenuta la
distruzione di una pianta fortemente infestante, una specie di
Lantana, mediante l’introduzione di alcuni insetti che ne facevano
loro cibo.
Perciò è da pensare che , anche per l’ Orobanche della fava,
Possa essere possibile introdurre e propagare qualche parassita ,
insetto o crittogama , atto a distruggerla. Mancano però fin qui
notizie precise sopra qualsiasi parassita di questa pianta. Solo il
GRIMALDI (op. cit. p. 166) dice di aver osservato le larve di un
lepidottero a rosicchiarne le capsule e nota ancora esistere dei pic-
coli vermi (anguillule) che attaccano la base della stessa pianta :
però egli aggiunge che raramente questi ultimi arrivano a far mo-
rire la pianta stessa prima che fruttifichi: la loro azione quindi è
di poca importanza per il nostro scopo,
Sarebbe tuttavia necessario fare più minute indagini, massime
fuori di Sicilia, negli altri paesi ove questa Orobanche è frequente,
per riuscire a trovare qualche parassita di sicura efficacia. Pari-
menti si potrebbero rintracciare i parassiti propri di altre specie
26
di Orobanche, affini a questa, e tentare di assuefarli a vivere sulla
stessa. —
Mediante simili ricerche forse si potrebbe riuscire a qualcosa
di pratico, ma occorre lungo tempo per accertare la reale azione
ed efficacia di ogni parassita, mentre urge provvedere con pre-
stezza, stante la gravità dei danni che ogni anno produce questa
Orobanche in Sicilia. Per tale considerazione ritengo meglio atte-
nerci, almeno per ora, al metodo sopra esposto , cioè all’ inocula-
zione del terreno, mediante sostanze atte a promuovere una solle-
cita germinazione dei semi di Orobanche.
DorTtoR S. SIRENA.
NOTE DI TERATOLOGIA
Descrivo alcuni dei casi teratologici che in vari anni ho a-
vuto occasione di osservare, sembrandomi che taluni di essi potes-
sero interessare. L’elenco che segue è distribuito per categorie,
formate a seconda delle interpretazioni che ho creduto di dover dare
a ciascuno dei fatti osservati.
Atavismi.
1. Rosacee. Rosa sp. a calice fogliaceo. È un ramoscello
normale in tutte le sue parti: solo nel fiore si osserva che i cin-
que sepali hanno ripreso la forma di foglie, conservando la lacinia-
zione loro propria. —
Tale fatto appoggia l’ipotesi che la formazione del calice sia
dovuta ad una metamorfosi ascendente, intesa a dare ai sepali una
natura direttamente fogliacea, e non una discendenza dalla corolla
per sepalizzazione di petali.
Ad ogni modo quest’ultima ipotesi, da taluno sostenuta, non
trova egualmente ostacolo nel caso osservato, potendosi giungere
alla formazione di un organo (fisiologicamente parlando) per varie
vie e che quindi, se il calice ha normalmente origine dalle ultime
foglie del picca florale, può anche avverarsi ch’esso si origini
per sepalizzazione della corolla. i
Certo che morfologicamente è da accettare di inno la pri-
ma ipotesi, che è la più generale e che trova conforto nel caso os-
servato
2. Cucurbitacee. Cucurbita sp. con cirri parzialmente fo-
gliacei.
Il cirro ha una espansione fogliare da un lato : esso è com-
posto da quattro rami corrispondenti a quattro nervature di una
foglia. Ma le foglie delle Cucurbitacee hanno cinque nervature : la
quinta sarebbe appunto rappresentata dalla espansione fogliacea, la
quale completa la disposizione a cinque rami sul cirro medesimo.
conferma di ciò sta il fatto che, inferiormente al punto d’at-
tacco del lobo fogliare, il cirro mostra’ al microscopio cinque fasci
fibro vascolari, mentre che superiormente se ne trovano soltanto
quattro. È evidente che uno dei nervi abbia dato luogo alla espan-
sione fogliacea.
iò, nel mentre. conferma la natura fogliacea dei cirri, in qual-
che modo esclude che la formazione di essi possa essere dovuta a
peduncoli florali.
Ascidi fogliari.
3. Auranziacee. Citrus abyssinica, RiccoB. In un indivi-
duo coltivato in vaso ho riscontrato un bellissimo caso anomalo, in
una foglia terminante con ascidio.
La foglia è di forma normale » ma apicalmente porta una se-
conda fogliolina, molto più piccola, foggiata ad ascidio.
Siccome le foglie di Citrus sono articolate sopra un picciuolo
più o meno alato, può ritenersi che questa anomalia sia dovuta a
tendenza di ripetere in alto l’articolazione normale del picciuolo, e
che la fogliolina così formata bbia preso la forma di ascidio, pro-
babilmente per insufficienza di nutrizione.
4. Geraniacee. Pelargonium macranthum, SWEET. Gene-
ralmente gli ascidi si debbono a modificazioni di una sola foglia.
Nel caso presente sono due foglie che, avvicinate e saldate assie-
me per sinfisi nella regione del picciuolo, hanno dato luogo all’a-
| scidio. La formazione di questo è dovuto specialmente ad una
delle due foglie, rimasta più piccola, mentre l’altra si è svilup-
pata normalmente.
Il fatto che la foglia meno sviluppata ha dato luogo all’asci-
dio potrebbe far pensare che la sua origine si dovesse ad una de-
SR RIST a O a RE ; È 3
SARE 1 TORI AR Re SITA E RIA I LARIO, GER GI di ORIO RT 1 VIE NS IDENRO
‘29
ficienza di nutrizione, cosi come nella maggior parte delle. piante
carnivore le foglie sono foggiate ad ascidio.
5. Ulmacee. Ulmus campestris, Linn. In un ramoscello
tutte le singole foglie presentano i lobi basilari confluenti e sal-
dati, in modo da formare una sorta di imbuto ad ascidio. ;
In alcuni anzi, nel punto di saldatura si è costituito un nervo
suturale, forse dovuto alla fusione dei due nervi proprii dei lobi
basilari.
Virescenza.
6. Composite. Bellis perennis, Linn. In una calatide te-
ratologica i fiori del disco hanno preso molti caratteri dei fiori fem-
minei circostanti. La corolla da gialla é divenuta bianco - rossa-
stra (colore incompatibile col giallo): essa è spaccata e non tu-
bolosa. Il suo lembo ligulato invece di essere intero, come quello»
delle corolle esterne, è costantemente tripartito, mostzantosi quindi
tripetalo.
Quest'ultimo carattere decide per la natura tripetala delle co-
rolle circonferenziali delle Asteree, ottenuta mediante l’ aborto di
due petali interni. Sarebbe quindi da ritenersi che le Asteree fos-
sero derivate dalle Composite bilabiate.
7. Composite. Centaurea calcitrapa, Linn. Dalla cala-
tide anzi che uscirne i fiori, escono rami vegetativi, più o meno
abbreviati, con numerosissimi fillomi, i quali presentano tutti i
passaggi dalla forma delle vere brattee involucranti a quella delle
vere foglie vegetative.
8. Ombrellifere. Daucus sp. In due infiorescenze tutti
i fiorellini dell’ombrella presentano costantemente i petali sepaloi-
dei e meno sviluppati che normalmente
Fasciazione.
9. Composite. Felicia angustifolia, NeES. Sono due
rami che presentano un appiattimento lungo 5 mm. che si conti-
nua lateralmente in altre calatidi, le quali tuttavia nulla presentano
di anormale: le foglie cauline sono però più piccole e quasi in-
tiere. L'esame al microscopio conferma trattarsi di una fasciazione,
-10. Mirtacee. Melaleuca sp. Un ramo tripartito con fa-
sciazione evidentissima e molto appiattito. Una delle divisioni pre-
senta torsione elicoidale notevole. Mancano completamente le fo-
glie, delle quali non si scorge che l’inserzione.
11. Onagrariacee. Epilobium angustifolium, Linn.
Tanto il ramo, che le sue diramazioni sono fasciate. Nulla di anor-
male si osserva nei fiori e nelle foglie.
12. Ranuncolacee. Ranunculus bulbosus, Linn. Caule
enormemente fasciato e slargato, al punto da divenire di consistenza
fogliacea, misurando di larghezza 22 mm. ed appena uno di spes-
sore. Anche i peduncoli florali sono fortemente fasciati.
13. Rosacee. Brayera anthelmintica, KuNntH. Un esem-
plare proveniente dalla Colonia Eritrea presenta il fusto, largo al-
meno tre centimetri, appiattito, con foglie quasi rudimentali: in
alto ho notato un marcato.accenno a bipartizione. È un caso di
fasciazione non mai notato nel genere Brayera.
Sinfisi.
14. Cicadee. Cycas circinalis, Lin. In un cono maschile
molto ricco di fillomi ed assai compatto ho trovato numerose squa-
me più o meno saldate insieme, per le quali spesso la duplicità
era unicamente riconoscibile dal loro apice bipartito.
«Che si tratti di sinfisi è dimostrato specialmente dalla grande
compattezza di tanti organi in uno spazio cosà ristretto.
Anche la disposizione fillotassica conforta tale ipotesi, tanto più
| che la maggior parte delle squame anormali si trova alla base del
cono, dove la pressione degli organi laterali riesee maggiore.
Alcune poi sono appena visibili per una brevissima bipartizio-
ne apicale, si che possiamo ritenere come in altre, di origine pure
duplice, anche questa bipartizione sia scomparsa, in modo da non
potersi più distinguere dalle squame semplici, cioè formate in ori- 2 .
gine da un sol filloma.
Ciò può farci ritenere come in alcuni casi certe anomalie fil-
lotassiche pa procedere dalla sinfisi di due fillomi contigui.
15. Com posite. Tararacum sp. Sono due calatidi vici-
nissime all’ apice di unico scapo. Forse si tratta di due ione
scenze distinte, confluenti e saldate per gli scapi. :
31
16. Corilacee. Corylus Avellana, Linn. Saldatura dei
due lobi basilari in modo che il lembo risulta peltato : forse questa
disposizione dimostra la possibile origine di ascidi fogliari, cioé per
confluenza e saldatura dei lobi basilari e non tr infossamento del
lembo stesso.
17. Crocifere. Brassica sp. Sono due foglie i cui pic-
ciuoli crescono saldati intimamente fra loro per una certa lun
ghezza, per poi ritornare isolati e distinti.
18. Geraniacee. Pelargonium zonale, L’HerIT. Sono
due fiori saldati per la regione del peduncolo, ma nel resto liberi,
come lo dimostra la presenza di due talami distinti, ognuno con
androceo e gineceo separato.
Probabilmente questo caso di sinanzia è dovuto allo eccessivo
numero di fiori in una infiorescenza assai compatta, per cui alcuni
di essi ebbero nel loro primo sviluppo una parziale concrescenza
Le osservazioni fatte al microscopio mi hanno assicurato sulla
natura di tale concrescenza : i due fasci fibro-vascolari sono perfet-
tamente separati, fra loro ed individualizzati, immersi in un pa-
renchina ad elementi tondeggiati.
Ciò esclude in modo assoluto la possibilità di uno sdoppia-
mento
19. Leguminose. Soja hispida, MoencH. Un frutto di
questa specie presentava due carpidii perfettamente saldati fra loro.
Ho voluto aggiungere questo esempio ad altri già conosciuti, come
materiale in favore dell’ipotesi di discendenza delle Leguminose
monocarpidiate da tipi bicarpidiati.
20. Leguminose. Vicia Faba, Linn. Varie foglioline sal-
date fra loro a due o a tre per formare unica foglia con picciuolo
fasciato.
2. Lardizabalacee. Akebia quinata, Buoni Le foglie
di questa specie sono di solito formate da cinque foglioline, asa)
gamente picciuolate, partenti da un punto, in modo da assum
l’apparenza di foglie peltate.
In un individuo di questa specie ho potuto osservare una foglia
. nella quale due delle foglioline avevano i loro picciuoletti saldati.
A assieme, formando unico picciuolo. Trattasi certamente di una sin- >
fisi nè credo po esservi dubbio, come nei pretesi casi di sinfisi
in foglie semplici, potendosi ritenere si tratti di fillomi distinti,
soverchiamente avvicinati ; siamo di certo in presenza di due lobi
contigui di foglia composta saldati insieme nella regione dei loro
piccioletti. ;
In altra foglia dello stesso esemplare ho potuto osservare sei
foglioline invece di cinque: due di esse sono assai piccole, ma non
è a ritenersi che derivassero da uno sdoppiamento di sola una
fogliolina giacchè le due foglioline occupano una posizione diame-
tralmente opposta fra loro.
‘interpretazione di questo caso non è troppo facile : io ho
notato solo che una delle foglioline piccole, che dalla posizione e
forma del picciuolo parebbe essere la mediana, è anormale ed asim-
metrica, il che farebbe credere alla formazione di una fogliolina
soprannumeraria quasi compenso del mancato sviluppo di quella
normale,
22. Rosacee. Rosa sp. Sinfisi di foglioline, avvenuta in
modo che nel complesso la foglia assume forma di una foglia nor-
male nella quale per compressione si siano saldate le -singole fo-
glioline. i
Il contorno della foglia si mantiene quindi simile al normale;
con la differenza che le singole foglioline, anzi che essere libere,
sono saldate intimamente in un sol pezzo.
e stesse nervature decorrono indipendentemente fra loro.
23. Rubiacee. Rubia peregrina, Linn. Importante caso
di sinfisi nelle stipole che potrebbe dare una spiegazione in qual
che caso di foglie suprannumerarie. n
La saldatura delle stipole è tale di fatto da riuscire una buo-
na imitazione di foglie normalmente sviluppate.
Sdoppiamenti.
24. Asclepiadee. Asclepias syriaca, Linn. Bellissimo
caso si sdoppiamento, al quale prende parte quasi tutta la lamina
fogliare ; la nervatura mediana di fatto percorre breve tratto della
lamina e poi si biforca a piccolo angolo. In corrispondenza allo
sdoppiamento il margine fogliare assume una sinuosità per allar-
garsi di nuovo e formare poi il doppio lembo, corrispondente alle
due diramazioni della nervatura primaria.
La foglia assume dunque due apici disuguali, a forma di V.
33
25. Borraginee. Pulmonaria officinalis, Linn. Fiore
con ovario quasi doppio, cioè a 6 lobi, anziche a 4, mentre lo
stilo resta unico. Probabilmente ciò è dovuto allo sdoppiamento di
uno dei due carpidi componenti normalmente il detto ovario.
Potrebbe anche darsi si trattasse di una sinanzia di due fiori
distinti, ma dal complesso è da preferirsi la prima ipotesi.
26. Calicantacee. Calycanthus floridus, Linn. Sono fo-
glie duplicate e triplicate. Dal comportamento delle nervature di
queste foglie si arguisce doversi trattare di veri sdoppiamenti, cioè
di nervature secondarie che, acquistando forza da SOUREIRIO la
mediana, costituiscono apici equivalenti.
. Celtidee. Celtis australis, Lixx. Di foglie, tolte
na Nest ramo, presentano un duplice apice, con una delle punte
maggiore dell'altra. Per questo carattere sembra più verosimile
l’ipotesi che si tratti di un genuino sdoppiamento e non di sinfisi.
Come è noto le foglie di Celtis presentano, partenti dalla stessa
base, tre nervature primarie, o quasi di egual forza, di
cui la mediana termina nell’a
In una di queste foglie si resta quattro nervature e non tre
partenti dalla base; le due interne cortituiscono i due apici. Nel-
l’altra foglia pattino dalla base tre sole nervature, ma la mediana
tosto si biforca, restando però uno dei ‘rami più laterale e più de-
bole; queste due costituiscono i due apici, di cui uno più robusto
e mediano, l’altro più debole ed alquanto laterale.
Questo conferma in modo evidente trattarsi di sdoppiamento e
non di sinfisi.
28. Chenopodiacee. Atripler patula, Lixn. Foglie bi e
trilobate. I lobi corrispondono sempre alle nervature principali,
| derivanti dalla suddivisione di quella Sirena
29. Cucurbitacee. Coccinia palmata, Coax. In una foglia
| di questa specie ho rinvenuto una anomalia : essa presenta due
| apici distinti e la partizione del lembo si prolunga fin verso il
| picciuolo. Ciascuna metà ha un solo lobo laterale e non due. Ciò
| fa ritenere si tratti dell’ aborto del lobo mediano, forse per cau-
sa traumatica, con risultante di un falso (?) SIR ERIRA fo-
gliare,
30. Cupolifere. Castanea vesca, GAERTN, In questa. foglia
*
59
ho.
34
a bipartizione della nervatura mediana è accompagnata dalla forma-
zione di due lamine fogliari, separate fra loro fino al punto di se-
parazione della nervatura primaria. Nei casi precedenti invece i
due lobi risultanti rimanevano saldati.
31. Dipsacee. Dipsacus silvestris, MiLL. La nervatura me-
diana, a metà della sua lunghezza, si sdoppia in due, e dà luogo a due v
lobi separati, ciascuno dei quali presso l’apice si sdoppia ancora,
ottenendosi così una duplicazione ripetuta.
32. Felci. Chenopodium officinale, Lixn. In questo caso la
nervatura mediana sdoppiata dà luogo a due altri nervi, dei quali uno
solo si sdoppia ancora, in modo che in definitiva la foglia assume.
tre apici.
33. Gigliacee. Lachenalia pallida, Arr. Mentre l’infiore-
scenza di questa pianta è normalmente semplice, nelcaso da me 0s-
servato si avvera, ad una certa altezza dallo scapo, la produzione di
altri quattro rami o nuovi scapi, quasi di eguali dimensioni. È
supporsi che nel primo suo sviluppo lo scapo risultasse apicalmente
spezzato , per cui all’ ascella dei fillomi (brattee) immediatamente
sottostanti alla rottura, si svilupparono nuove gemme allo scopo
di reintegrare la parte asportata. i
34. Labiate. Salvia glutinosa, Linn. Due lobi, nella me-
desima foglia, quasi eguali, saldati fra loro, tranne che per gli
pici. Lo sdoppiamento della nervatura si verifica a metà circa della
sua lunghezza. di
In altro caso della stessa specie lo sdoppiamento si avverav
alla base, in modo che la foglia risultava con due nervature prin: ..
cipali. x i
%
85. Laurinee. Laurus nobilis, Linn. Notevole in quest
foglia la divergenza quasi ad angolo retto della nervatura latera
proveniente da sdoppiamento della primaria. La foglia assume quit
di un aspetto completamente asimmetrico.
36. Leguminose. Vicia Faba, Linn, Trattasi di una fo
portante all’apice una sola coppia di foglioline, ognuna profondameni
bilobata e terminante in mucrone: i loro lobi sono però asim
35
presenta al microscopio in sezione trasversale alcun indizio di fu-
\. sione; inoltre alla base del picciuolo stesso si trovano le due sti-
o normali, le quali avrebbero presentato qualche particolare
anomalo , ove si fosse trattato di un duplice picciuolo saldato per
sinfisi.
i Devesi quindi ritenere si tratti di un principio di sdoppia-
mento , raggiunto solo in parte, giacchè le due foglioline di cia-
; scuna coppia laterale si sono saldate assieme , simulando una fo-
gliolina biloba. Ciò è confermato dal fatto che ciascun lobo termina ,
con un brevissimo mucrone, mentre rappresenta con tutta proba-
bilità quello terminante le foglie normali di Vicia Faba.
37. Menispermacee.Cocculus laurifolius, D.C. Potrebbe
dirsi una foglia nella quale si sia parzialmente atrofizzato il nervo
mediano, giacchè esso non termina con alcuno dei due apici, ma
finisce nel seno formato da essi. In altri termini sono due nervi
primari che sì partono dal picciuolo con due apici corrispondenti.
38. Moracee, Morus alba, Linn. Fin dalla base il picciuolo
si sdoppia per dar luogo a due foglie, quasi del tutto libere fra loro,
tranne che. per breve tratto verso la base
39. Oleacee Olea europea, Linn. Le nervature secondarie
sono atrofiche : solo due nervature, di pari forza, danno luogo a
due lobi, con profondo seno divisorio.
40. Ranuncolacee, Ranunculus vluititai TEN.Ssono due
fiori quasi allo stesso livello in cima ad un solo asse fiorale. È dubbio
però se piuttosto che duplicazione si tratti che l’ un fiore termini
realmente l’asse primario, mentre l’ altro sia un fiore laterale svi-
luppatosi quasi allo stesso livello dell’altro. Sarebbero cioè due fiori
di due assi successivi confluenti ad una | medesima altezza.
In uno dei fiori notasi inoltre un sepalo trifido. Ciò tenderebbe
duale ad accrescere il numero degli organi.
Al. R osacee. pe avium, Hosnort. ‘Da un brachiblasto
Trattasi denti di un caso di Saponi SERI
a confermare lo sdoppiamento , ammettendo una tendenza eee, i
tamente raggiunto , an Snmnon cn ola: asa del vi mnenagi i è
: 86
con iipetizione parziale del brachiblasto , dal quale appunto pren-
dono origine i due nuovi peduncoletti. pi
42. Solanacee. Cestrum Parqui, L’HrRIT. Sdoppiamento®
fogliare con doppio apice. Sviluppo normale nelle nervature secon- ì
43. Ulmacee. Ulmus campestris, LINN. Le foglie tutte di un
intiero ramo tendono nella metà superiore a sdoppiarsi mercè la for-
mazione di due nervature quasi di egual forza; ma la scarsezza di
nervature nel lembo intermedio e specialmente la posizione laterale
di una delle nervature nella foglia superiore induce a credere si
tratti veramente di uno sdoppiamento, per cui una nervatura la-
terale è divenuta di egual forza della primaria. |
Ciò è confermato dalla fillotassi che non trovasi alterata. 3
Questi sdoppiamenti , tenendo conto dello sviluppo delle ner- i
vature mediane in opposizione alle secondarie, possono interpretarsi
quale una conseguenza di minore sviluppo di una parte della foglia
in confronto alle altre, donde una prominenza in corrispondenza
delle nervature principali. Si tratta quindi di una differenza di
sviluppo più che di una moltiplicazione vera e propria.
Riduzione del numero degli organi.
44. Euforbiacee. Ricinus communis, Linn. In un esem-
plare in piena terra ho potuto constatare la presenza di molti frutti
bicarpidiati e di conseguenza VIRA e non tricarpidiati o tri-
cocchi, come nel caso normale.
Seminai due anni or sono alcuni dei semi tolti da frutti bi
‘| carpidiati e ne nacquero piante a frutti bicarpidiati in numero
maggiore che nella pianta madre, mostrando come tale anomalia
si sarebbe potuta fissare per doi
A questo riguardo giova. aggiungere come altre Euforbiacee
portino normalmente frutti bicarpidiati , «come ad esempio i Mer-
curialis. i
45, Primu Ta acee. Primula Sa Hit. Fiore tetramero
anzi che pentamero con calice Fogliata: si
Aumento del numero degli organi.
46. Amarillidee, Crinum sp. Tntanpuibi so di pre
Gi;
1
3a
. 37
lificazione florale. In un fiore il perigonio si presentava composto
di sette fillomi petaloidei, il più esterno di essi è il più largo e
membranaceo : l’androceo formato di sei stami, ma lo stilo e lo
stimma avevano uno sviluppo minore dell’ usuale. Alla base del
primo filloma sorgeva un nuovo fiore, assai più piccolo, con ovario
normale, ma con perigonio ed androceo in parte abortivi. Ciò di-
mostra come all’ascella di ogni filloma, anche di quelli ni
possano sempre potenzialmente originarsi nuove gemme, capaci
dare origine a nuovi fiori.
47. Asclepiadee. Sfapelia sp. Vi notai un fiore, anzi che
pentamero, trimero. Nessun dàto autorizza a pensare ad una si-
nanzia di due fiori vicini. Probabilmente si tratta di una moltipli-
cazione delle parti fiorali.
. Composite. Corcopsis sp. Caso curiosissimo di proli-
ficazione florale di interpretazione assai dubbia.
Tutti i fiori della calatide hanno assunto uno sviluppo inso-
lito, con un lungo pedicello, sì che la calatide risulta trasformata
in un vero ombrello semplice.
I fiori interni si presentano semplici e tubulosi; quelli esterni
invece terminano ognuno in una nuova, piccola, incompleta cala-
tide, che nella parte superiore del suo pedicello porta a guisa di
brattea un filloma con 3-5 lobi, AdS, simile in tutto alle
corolle normali, ligulate.
Ciò potrebbe indicare come l’origine morfologica di tali corolle
| fosse monofilla, secondo le antiche vedute, ma forse è più esatto
il credere che il verticillo corollino sia stato spostato lateralmente
. in conseguenza della sua zigomorfia, mentre l’asse florale, per un
. eccesso di prolificazione, continuava il suo incremento, ripetendo la
formazione di una nuova calatide.
49. Gigliacee. /emerocallis hybrida, Horr. Presenza di
un fiore eptamero, anzi che esamero. È un caso di eteromeria florale
| per questa specie non ancora segnalato. Lo sviluppo dei sette fillomi
tepaloidei e dei sette stami è del tutto normale.
50. Iri dee. Crocus longiflorus, RAFIN. Fiore con otto tepali:
|. nel resto è normale. V°è una tendenza al passaggio dalla simmetria
trimera a quella pentamera.
5I. Rosacee. Rhodotypus kerrioides, SteB. et Zucc. Va
un carpidio sopranumerario , giacchè da quattro in due coppie
. decussate sono cinque, sebbene uno di essi assai ridotto.
Anche la relativa fillotassi trovasi alterata, passando necessa-
riamente alla quintonciale.
52. Rosacee. Cerasus avium, MoENcH. Si tratta di un
doppio pirenio, probabilmente proveniente da una sinanzia di due
fiori, con fusione incompleta dei rispettivi ovari.
Anomalie morfologiche.
53. Araliacee. Hedera Helix, Linn.Numerose foglie irregolaa-
mente lobate e partite. Una di esse presenta un lobo fogliare sul mar-
gine laterale della foglia, quasi fosse una piccola escrescenza. Penetra
in essa una delle nervature laterali biforcandosi a sua volta.
54. Cucurbitacee. Thladiantha dubia, NAauD. Offre un
caso di asimmetria fogliare.
Due foglie, tolte dallo stesso ramo, presentano uno dei lati
normalmente sviluppato e l’altro anormale, quasi abortivo, si che
la foglia risulta asimmetrica e curva verso il lato deficiente, come
avviene normalmente in qualche Begonia. Le cause, forse trauma-
tiche, di.tale anomalia sono dubbie, ma interessa segnalare come
siasi ripetuta in due foglie dello stesso ramo, ciò che potrebbe far
ritenere che la causa avesse agito sulla gemma, quando le singole
foglie si accingevano al loro sviluppo.
55. Crassulacee. Kalanchoa longiflora, Hort. I fiori di
questa specie sono normalmente tetrameri, cioè con quattro sepali,
quattro petali e quattro stami, e perfettamente actinomorfi.
L’esemplare anomalo in parola presenta due soli sepali nor-
mali e due petalizzati, di cui uno breve lesiniforme , l’ altro più
allungato liguliforme. Quest’ ultimo ha però contratto una breve
aderenza con il tubo corollino ed appunto in sua corrispondenza il
tubo stesso si mostra intaccato ed aperto, mentre il lembo è dive-
nuto un poco zigomorfo e gli stami didinami.
Questo caso di dialipetalia postuma incompleta può venire con-
siderato per chiarire in alcuni casi l’origine della zigomorfia e con-
seguentemente della didinamia.
39
56. Leguminose. Vicia Faba, Linn. In alcune culture
selezionate di Vicia Faba ho notato un individuo con fiori colo-
rati in violaceo, che in gran parte presentavano varie anomalie,
che descrivo
Un fiore con tre pezzi liberi di carena
» > con due vessilli
» >». con tre ali
» » con due vessilli e tre.ali
» » con vessillo bipartito
» >» con due vessilli uniti per la base e carena di tre
pezzi saldati assieme
» >» con carena di quattro pezzi, due liberi e due saldati
» » con due vessilli e carena di quattro pezzi tutti liberi.
Queste anomalie potrebbero confermare la supposizione che la
Vicia Faba derivi da specie a fiori colorati, sapendosi come spesso
le teratologie sieno accompagnate dalla ricomparsa di caratteri
atavici.
È glie laciniate: queste presentano tutti i gradi possibili di divergenza
nei loro lobi, alcuni tendono a dividersi profondamente fino ad as-
sumere il grado di foglie composte, altri tendendo ad abortire, in
modo che alcune foglie risultano asimmetriche e con un numero
minore di lobi. Queste anomalie trovano un riscontro con quanto
avviene normalmente in molte altre malvacee , come nel genere
ibiscus, assai affine ai Gossypium.
È questo il primo caso di Mrnana segnalato nei cotoni.
Anomalie nella fillotassi
glia ogni due nodi. ri
_ 59. Genzianacee. Erythraca Centaurium, ben Le foglie
57.Malvacee. Gossypium p ianum,Cav. Individuo a fo- -
58. Îuiorbiacee. Bucue sempervirens, Li . Foglie ora z
opposte, ora alterne. Questa anomalia è dovuta ad sro s una fo- 1,
a base sono a coppie: più in alto assumono | la fillotassi terna.
60. Labiute. Teucrits Chamaedrys, Linn. Fillotassi trifilla..
40
Anomalia fisiologiea.
61. Leguminose. Phaseolus lunatus, Liyn. Alcuni indi-
vidui di questa specie presentarono semi che iniziarono la loro ger-
minazione dentro il legume, e prima della loro completa maturazione,
forse a causa dell’ umidità atmosferica e dell’ abbondante vegeta-
zione circostante che abbia impedito una buona aerazione ai sudetti
legumi.
C. TROPEA,
Le Querci della Flora Italiana
Rassegna descrittiva
Da circa trent'anni vado raccogliendo documenti per la reda-
zione di una rassegna monografica delle Querci italiane. Una parte
del materiale proviene dalle mie stesse raccolte ed escursioni bo-
taniche. Il più importante contributo debbo però alle collezioni
dell’Istituto ed Orto Botanico di Palermo, le quali per opera prin-
cipalmente dei miei predecessori, VixcENZo TIinEO ed AGOSTINO
Toparo , sì sono considerevolmente accresciute di un materiale
| preziosissimo in fatto di Querci siciliane. Il TODARO specialmente,
attratto da particolare simpatia verso questo genere di piante, in-
viava a più riprese in varie parti dell’Isola abili raccoglitori, quali
i due CITARDA, il REINA, il BONAFEDE, e si mantenne per tanti
anni in continua relazione con intelligenti ed appassionati botano-
fili, fra cui basti citare il Dr. Minà PaLumBo di Castelbuono,
molto noto per le sue benemerenze verso la Flora siciliana. Il To-
|DARO ebbe anche il felice pensiero di introdurre e coltivare nel
Giardino Botanico e nel vicino Vivaio Comunale un grandissimo —
numero di Querci provenienti dalle diverse parti della Sicilia, sce-
gliendo le forme più singolari, sicchè oggi , dopo. circa cinquanta
o più anni, una ricca e variata collezione di magnifici alberi di
Querci completa le raccolte dell’ Erbario e porge allo studio di.
| questo genere una guida molto più sicura di quello che non po-
trebbe certamente essere apprestata da’ soli esemplari allo stato
Secco. so
Oltre a tutti questi vantaggi mi venne anche fatto di estendere
le mie osservazioni al materiale di altre parti d’Italia, proveniente
in particolare dagli Erbarii dei principali Istituti Botanici italiani,
tra i quali mi è caro di rammentare, con gratitudine verso i Col-
leghi direttori che m’hanno gentilmente favorito, quelli di Torino,
di Firenze, di Roma, di Napoli e di Catania.
Con tali mezzi lo studio intrapreso é da ritenere che sia riu-
scito abbastanza completo, avendo esso giovato a far conoscere una
certa quantità di forme o specie nuove o almeno non ancora se-
gnalate dentro i confini della Flora italiana, quali p. e. la Quercus
Toza, la Q. vulcanica, la Q. Auzandri, la @. Aucherii, la @.
Mirbeckii, ecc. Ma non credo che il lavoro possa dirsi egualmente
perfetto, per la natura stessa dell’argomento, che è certo uno dei
più difficili a causa dello straordinario, incredibile, potere di va-
riazione caratteristico ai rappresentanti di questo genere; la quale
particolarità, come sappiamo, trova appena riscontro in alcuni ge-
neri divenuti ormai classici sotto questo punto di vista, quali p. e,
Hieracium, Rosa, Rubus, ecc. Quando si può disporre, come nel
mio caso, di esemplari da erbario in tanta copia e di provenienze
le più disparate e rappresentanti un tipo di genere così eminente-
mente polimorfo, il lavoro di coordinazione delle differenti. forme
di entità sistematiche più piccole le difficoltà crescono e diventano
vieppiù insuperabili. Ho sperimentato che a voler procedere oltre
nel lavoro, qualunque forza di perseveranza non bastà a vincere
quel senso di stanchezza che invade la mente. Si va spesso innanzi
edificando con grande fatica per distruggere tosto il lavoro com-
piuto, appena entra in considerazione qualche nuovo elemento o
trascurato o finora ignoto. Epperò il mio studio è stato in tanti
anni interrotto da lunghe pause. Perla molta esperienza acquistata
mi è lecito affermare che il Genere Quercus rappresenta la perfetta
negazione del concetto di specie.
Quando, superate con immensa fatica le difficoltà accennate, sì
riuscisse a determinare le differenze fra le moltissime forme e a
graduare razionalmente i rapporti sistematici che intercedono fra
le medesime e a mettere un po’ di ordine nell’ immenso caos, il
risultato finale sarebbe quello che il tutto si troverà disposto in un nu-
mero straordinario di gruppi dipendenti gli uni dagli altri in ordine de-
crescente. Si avranno delle entità sistematiche di grado differente, sa-
43
ranno — passi la parola — specie massime, grandi, mediocri, pic-
cole, piccolissime, ecc. e certamente saranno in tanto numero che
il vocabolario non conterrà sufficienti termini per distinguerle e
graduarne il valore. Il caso delle specie Jourdaniane trova la sua
piena e massima esplicazione su questo campo.
Chi volesse procedere con criterii estremamente analitici non riu-
scirebbe giammai a compiere un lavoro buono e WHeGrO per le diffi-
coltà che vi si oppongono. Basti considerare che non è possibile in
certi gruppi p. e. in quello di Q. Robur, nel senso Linneano, trovare
due individui distinti dotati di una certa discreta somiglianza così
come può accadere e accade benissimo confrontando tra loro due
piante distinte di Draba o di Hier acium, poichè in quest’ ultimo
caso come termine di paragone entra un nnmero molto limitato di
parti, mentre nel primo l’attenzione va rivolta a una immensa e
numerosa massa di organi : si tratta, come sappiamo di migliaia
o milioni di foglie, di ramoscelli, di peduncoli, di frutti ecc. Ep-
però non può recare meraviglia di taluno, che elaborando una cer-
ta monografia quercologica con criteri infinitamente analitici, sia
riuscito a scoprire due differenti specie nei campioni conservati
in erbario e provenienti dallo stesso individuo.
Per accrescere valore a queste considerazioni debbo ricordare
che trovandomi in favorevoli circostanze di luogo, ho potuto stu-
diare gli individui di cinque generazioni di uno stesso albero; il
più vecchio dei quali conta un’età di circa 20 anni ed era già -
nuto a fruttificazione, il più giovane aveva 7 anni. Tutti offrivano
delle differenze notevolissime di diverso grado fra di loro e in con-
fronto coll’esemplare da cui provenivano, anche mettendo solamente
a confronto le foglie. Tali differenze avrebbero giustificato la co-
stituzione di qualche buona varietà. Le particolarità di questa 0s-
si servazione , molto ME formeranno più tardi oggetto, di una.
- | pubblicazione.
In questo mio tentativo ho, cercato di mantenermi sopra una
via di mezzo quanto ai criteri di delimitazione dei gruppi, così
detti, di specie, anzi preferendo piuttosto di non spingermi troppo »
gue nel lavoro analitico e limitare questo alla definizione delle
‘entità di ordine relativamente più elevato. Ho voluto, cioè, soffer- 3
marmi alle vette di più evidente risalto di questo immenso e multi n
forme rilievo che ci rappresenta, nei loro naturali vincoli e rap-
porti di variazione, il complesso delle forme caratteristiche del |
genere Quercus dentro i vasti limiti della loro sn a
buzione.
Limitando di tutto ata, immenso quadro i
di quanto rimane compreso dentro i confini della flora italiana, non
restano che poche vette di massimo risalto da percorrere e studiare
determinando i caratteri e le possibili variazioni del rilievo stesso
onde si abbia una idea completa delle condizioni di diffusione e dei rap-
porti che legano fra di loro le molte forme di Querci italiane. Tale
studio ci permette a prima giunta di aggruppare in 8 tipi distinti
tutte le forme di Querci nostrane, ogni tipo essendo suscettivo di
rappresentare e concretare nel suo insieme la fisionomia generale
di una stirpe di specie o una specie in un senso molto largo
Secondo il mio avviso, le stirpi delle Querci italiane si ridu-
cono alle seguenti : 1
1.° Q. RoBur, L. Sp. pl. ed. I, pag. 996. Stirpe eminente-
mente nordica; è pervenuta a noi divisa in due rami: quello della
Q. pedunculata, Ehr. e l’ altro della Q. sessiliflora. Sm. Que-
st’ultimo si è spinto ancor più dell’ altro verso l’estremo Mezzo-
giorno intensificando ivi vieppiù la sua diffusione ; soggetto alle
influenze del clima meridionale, si é quivi scisso in vari rami. No-
tevole fra questi è quello che comprende le forme conosciute col
nome di @. laruginosa, Lam. e l’altro che abbraccia le forme
della Q. Toza, Bosc. Il primo dei quali nello espandersi sopra
una vasta area di diffusione , ora da sè solo, ora mescolato ad
altri tipi dava origine ai gruppi distinti coi sie di Q. Tenoreana,
Bzì., Q. Cupaniana, Guss., Q. Ucriae, Brì., Q. vulcanica, Boiss.
ecc. e forse ancora ad altri; mentre l’altro, limitato sopra una pic-
cola estensione del territorio della Francia orientale e del Piemonte,.
è rimasto quasi indiviso
2.° Q. LUSITANICA , Webb. nel senso Decandolleano. Stirpe
soeridionalà cana dell’estremo lembo della penisola ispanica, | | °-°
del Nord d’Africa, estesa fino in Oriente; la sua area geografica
non comprende la Flora italiana, ma lambe appena i confini di
questa,, come è provato da’ rari esemplari rinvenuti in Sicilia, uno
dei quali nel mezzogiorno dell’isola, presso Sciacca. Però la influenza
del tipo precedente molto prevalente in questa regione si è resa
‘manifesta in essa, determinando delle variazioni che accusano evi-
denti affinità con taluna delle numerose forme della Q. giore
e particolarmente colla Q. Cupaniana, Guss.
3.° Q. coNFERTA, Kit. E il tipo di una sitio di ritengo
di origine caucasica 0 dell’ Asia centrale, ove ha per rappresentanti
più vicini la Q. macranthera, Fisch. del Caucaso, @Q. ata,
Bung. e la Q. mongolica, Fisch. della China e della Maio
la Q. dentata del Giappone. La @. conferta rappresenta il tipo
occidentale di tale gruppo di forme e, per il Banato e l'Ungheria, |
45
giunge sino a noi, in Terra di Lavoro ed in Calabria, toccando
quivi il limite estremo della sua distribuzione geografica. Non
varca nella sua forma originaria lo:stretto di. Messina, ma giunge
nella Sicilia coi caratteri della @Q. insularis, Bzì, che rilevano la
influenza esercitata in essa dalle forme doni nell’ Isola, cioè
le forme della comune @. lanuginosa.
4.° Q. ILEx, Linn. Stirpe propria del Mediterraneo, estesa
dal Portogallo all'estremo mar Nero, raggiunge nei confini della
nostra Flora il massimo d’inteènsità, elevandosi anche sui monti
helle esposizioni apriche della regione del Castagno.
5.° Q. SuBER, L.; tipo eminentemente meridionale, più spe-
cialmente della nine litorale e delle Isole delle parti centrali ed
occidentali del bacino del Mediterraneo ; non oltrepassa, verso o-
riente, le coste dell'Albania e comprende nella sua area geografica
anche l'Algeria. Come tipo relativamente poco esteso, si presenta
abbastanza omogeneo e solamente la possibilità di ibridismi con la
Q. Cerris o.con la Q. Ilex dà luogo a variazioni che rispondono
al carattere delle specie descritte coi nomi di Q. Pseudo - Suber,
Santi e di Q. Morisîi, Bzi. Dentro i confini della sua area geo-
grafica ed in contatto colla Q. Mirbeckii, Dur. fuori della nostra
Flora, in Algeria ha — origine un altro ibrido, la @. numi-
dica, descritta dal Tra
6.° Q. CERRIS, D = eminentemente austro-orientale della
regione collina e montana ; molto diffusa e dotata di un notevole
polimorfismo, si è scissa in rami di varie entità; tra cui il più im- |
portante è quello che comprende le forme della così detta Q. au-
striaca. È, secondo me, l’unico tipo di Quercia meridionale di ca-
rattere montano e meglio atto a vivere in località distanti dal
mare e sensibile al clima in tal grado che le foglie, pur dentro i
‘confini naturali della sua area geografica, cadono prestissimo al
sopraggiungere dell’autunno., Sotto questo punto di vista la Q. Ro-
‘| bur presenta una maggiore adattabilità alla regione avendo essa.
dato origine a tipi di forme a foglie più resistenti al clima inver-.
nale del mezzogiorno. Tuttavia non mancano dentro i confini della > : -
stessa stirpe esempi di forme meno sensibili al freddo, partecipanti a
dei caratteri delle altre querci mediterranee; ed uno di questi. è. -.
la Q. haliphloeas Guss, che va appena distinta dal Luo titolo di i
varietà.
(7° Q. coccrrera, L. Stirpe in modo inclini sui | i
del bacino mediterraneo; la sua area di diftusione è molto più estesa ci =.
di quella della Q. Suber poichè raggiunge l'estremo Oriente, de
rca a non pochi gruppi di sur di variazione asian uant
46
come lo dimostrano i nomi di @. Calliprinos, Well., di Q. Pseu-
dococcifera, Desf., di Q. rigida, Kotschy, ecc. La iù importante
fra queste è nelle distinta col nome di @Q. Awcherii, Jaub. e Sp.
originaria di qualche isola dell’arcipelago greco ed ora rinvenuta
nelle Sciare di -Marsala.
8.° Q. AEGyLOoPSs, L. Tipo di stirpe per s0oalledia orientale,
la sua area di dil'aîrosio è molto vasta e si estende fino agli e-
stremi confini orientali della Asia Minore , della Palestina, com-
prende tutta la Grecia, la Turchia, e lambe per pioesliseitio trattò
i confini orientali della nostra flora, specialmente gran parte della
pianura delle Puglie e la Terra d’Otranto. Estremamente variabile
dentro una così vasta area di diffusione questa stirpe ha dato o-
rigine a molti rampolli, di cui uno dei più importanti è quello che
abbraccia le forme già descritte coi nomi di @Q. Look, @. mace-
onica, Q. oophora, ece. e che possiamo benissimo indicare sotto
la collettiva denominazione di Q. Libani, Oliv. Questa singolare
derivazione giunge sino a noi, ma non con maggiore frequenza del
tipo originario, senza però oltrepassare i limiti indicati.
uantunque io abbia potuto disporre di grande.copia di ma-
teriale, non sono stato in grado di compiere un lavoro critico molto
esteso e profondo, come avrei desiderato, onde chiarire il valore di
tante e tante denominazioni di pretese specie, onde riboccano le
opere descrittive. Non v'è genere di piante ove la sinonimia non
offra tanta ricchezza e tanta materia al critico quanto il Genere
Quercus. Piuttosto che riferire dei sinonimi sulla fede altrui ho
preferito tacere limitandomi a citazioni esclusivamente di mia pro-
pria scienza nei casi in cui mi venne fatto io stesso di vedere ed
esaminare esemplari autentici.
Quanto poi alle citazioni delle località, ho voluto mantenermi
sulle generali; se avessi dovuto tener conto di tutti i luoghi di
provenienza dei moltissimi esemplari esaminati, sarebbe stato ne-
cessario sorpassare i ea di brevità Ssigiol cui mi sono proposto
di attenermi.
AI specierum.
n ‘Lebiolepiattni mihi. Styli breves apice dilatati. Toudioa +
maturi ligno anni inserti. Cupula squamis membranaceis vel.
tenuibus, brevibus, arcte adpressis tecta.
1° ROBUR. Folia membranacea vel SA coriacea, - A
sinnato-vel laciniato-lobata , laciniis. vel lobis apice obtn- n n
47
sis, vulgo autumno caduca, nonnunquam serius vel ante
novam frondescentiam.
a. Ramuli, foliaque juniora, saepius etiam adulta, aut glabra
vel glabrata, aut pube stellata plus minus densa cinerea
induta. Cupulae squamae arcte adpressae et eius oram
non superantes
b. Pedunculi fructiferi plus minus elongati et graciles
(formis hybridis exceptis). Glandes perfectae oblon-
gae cupula duplo - quadruplo longiores; squamae ma-
gna parte concretae et in zonis concentricis saepe e-
videnter dispositae.
c. Glabra, glabrescens vel parce pilosa. Petioli sub-
nulli vel brevissimi. Pedunculi fructiferi longis-
simi, graciles, penduli 1 @. peduneulata, EHRH.
cc. Plus minus pubescens vel tomentosa. Petioli e-
longati. Pedunculi fructiferi breves vel parce e-
longati, rigidi 2 Q. intermedia, BERENGER!
bb. Pedunculi fructiferi pleruamque abbreviati aut nulli,
vel petiolum aequantes. Glandes perfectae cupulam
subaequantes vel ea paullo vel duplo longiores, squa-
mae magna parte liberae sed arcte imbricatae.
d. Ramuli glabri vel glabriusculi, folia parce pube-
scentia vel glabrata .3 @. sessiliflora, SALISB.
da, Ramuli incano-tomentosi, folia supra sparsim pi-
losa vel glabrescentia, subtus pube nie: minus
densa cinerea vestita.
e. Folia plus minus profunde sinuato-vel laci-
niato-lobata.
f. Folia mediocria vel parva, sinuato-lobata,
subtus griseo - tomentosa, petiolis] dr
laminae longis e)
4Q. CIAO TEA Lam.
ff. Folia pe. minus ampla, protunde. laci-
st arnta ovato-oblonga vel alliphioi obici si
| ga, sinuato-pinnatifida, sinubus am-
pls. . 5 Q. Ucriae, Bor.
gg. Folia ovata vel obovata, lobato-pin- | i
natifida, eurton angustis.
ta moto
®
sedi esopi. basi [om i ;
mia, petiolis i _ + laminae
ongis
6 i ica, io i
HELDR
hh. Folia etiam adulta cinereo-to-
mentosa , basi rotundata , vel
1 E
o =
minae dani
QQ. Tenoreana,; Boni
ee. Folia lobis brevissimis, rotundatis.
î. Folia saepius ampla, obovata vel obovato-
orbicularia, basi cordata, petiolis — —-7
laminae longis .
* od'igitana Gus.
ii. Polla TOA oblonga vel elliptico-o-
bovata. basi cordata, petiolis + — 3
laminae longis 9 @. Mirbeckii, DurIEAU.
aa. Ramali foliaque juniora pube vel tomento Havescente vel
fulvo-ferrugineo, vel cinereo-fulvescente, plus minus per-
sistente indutae. Squamae cupulae laxe adpressae atque
eius oram superantes. x
b. Folia mediocria, tomento persistente flavescente, laci-
niato-lobata, laciniis angustis, petiolis 4+1—-4- lami-
nae longis . 10Q. Toza, Bosco.
bb. Folia saepius ili piai pae tel tomento cinereo - fulvo
vel ferrugineo.
«c. Ramuli foliaque juniora pube ferrugineo demum
evanescente, ni subnullis
; Q. conferta, KiraiB.
‘ Rasnali uo etiam adulta, dense cinereo-vel
fulvo- tomentosa, Lucas elongati
i 12 Q. insularis, Bora.
2° ILEX. Folia coriacea, persistentia , integra, dentata, vel
serrata, dentibus mucronatis, vel mucronato-spinosis.
a. Cortex nunquam suberosus. Ramuli dense tomentosi. Folia
nervis lateralibus vix prominentibus, margine integro vel
dentato-spinoso. Squamae cupulae breves, arcte adpressae.
b. Arbor cortice grosse sulcato-rimoso. Folia tomento albo,
subtus persistente, marginibus planis. 13 Q. Ilex, L.
ei pini AL Di PACS A va dee
bb
. Arbor cortice laevi vel parce rimoso. Folia juniora
subtus incano - tomentosa , adulta glabra vel glabre-
scentia, marginibus saepius calloso-plicatis
14 a. Auzandri, GREN et GopR.
aa. Cortex persia. Ramuli foliaque subtus incano-tomen-
tosa, mnervis lateralibus valde prominentibus, margine
serrato-mucronato. Squamae cupulae plus minus elonga-
tae, sublaxae.
b. Cortex crasse suberosus. Folia ovata. Squamae cupulae
aliquantulo patulae : 15 Q. Suber, L.
bb. Cortex tenuiter suberosus. Folia ovato - oblonga, vel
lanceolata. Squamae ur non patulae
; osti fi, Hong.
II. Sclerolepidium mihi. Styli lineares apice subulati. Fru-
ctus maturi ligno anni praecedentis inserti. Cupula squamis
crassis vel crassiusculis, ligneis, plus minus elongatis et ma-
gna Pea liberis tecta.
1° CALLIPRINOS. Stio cupulae mediocres. vel breves,
sat crassiusculae, plus minus abbreviatae, laxe imbrica- .
tae, parce: patentes. Folia parva , coriacea , persistentia, *
integra vel spinoso-dentata.
a. Arbor vel fratex, ramulis pubescentibus vel incano - to-
mentosis, demum plus minus glabrescentibus. Folia etiam
. subtus glabra. © —« e 0 . 17 Q. ceoccifera, L.
aa, Arbor mediocris, ramulis dense ferrugineo-tomentosis, to-
mento na ag foliorum pagina inferiore .
; 8Q. Aucherii, JAUB. et èfivai
2° AEGILOPS. Squamae cupulae magnae, validae, Signo. fe-
re planae, valde elongltae , plus minus patentes. Folia
ampla vel mediocria , coriacea , membranacea, autumno,
tarde decidua. i
aa. Folia ampla, subtus incano-tomentosa, wr vel ovato-lan-
ceolata, grosse dentato- lobata, petiolis + laminae longis.
Squamae cupulae ge Pg agrao patentes vel re-
flexae : 4 Q. Aegylops, L
a. Folia mediocria vel parva, glabra, ovata vel oblongo - lan-
ceolata, crenato-serrata, dentibus longe IGioneB, Lang
50 i
lis brevibus. Squamae cupulae breves, crassae, ovatae vel
lanceolatae i ; i : 20 Q. Libani, OLIV.
3° CERRIS. Squamae cupulae angustae, longe cylindraceae,
varie contortae, saepe reflexae. Folia mediocria, membra-
nacea vel coriaceo-membranacea.
a. Cortex profunde sulcato-rimosus, nondum suberosus. Folia
membranacea, autumno decidua, oblonga , varie sinuato-
piunatifida, scabrida vel subtus cinereo- -pubescentia. Sti
pulae persistentes . i 21 Q. Cerris, L.
aa, Cortex parum livel Fal ovata, oblonga vel sinuato-
dentata vel grosse serrata, vere anni seguentis decidua,
subtus incano-tomentosa. dici deciduae .
. . Pseudo-Suber, Sani
.° Quereus peduneulata , EuRH. Arbor. n. 77. Arbor in-
Si cortice griseo, primum laevi, demum sublongitudinaliter
nec profunde rimoso; ramis patulis, ramulis glabris vel cite
glabratis ; gemmis globosis vel breviter ovatis; foliis junioribus
subtus parce pilosis vel glabris aut glabrescentibus, subsessilibus
aut brevissime petiolatis, obovatis vel oblongo-obovatis, basi cor-
dato-auriculatis, auriculis refleris, sinuato-lobatis, lobis utrin-
que 4-5, obtusis, integris vel uno alterove dente obtuso insculptis,
sinu lato obtuso sejunctis ; fructibus geminis vel paucis pedun-
culo longissimo, gracile, pendulo, suffultis; glande perfecta 0-
blonga, cupula duplo, quadruplo longiore, squamis magna parte
| concretis et in zonis concentricis saepe evidenter dispositis. Q.
RoBur, L. Sp. La ed. I. p. 996, pro parte. Q. brutia, TEN. FI.
Du V. p. 259
Icox. soa tion! FI. Germ XII, tab. 548. — KorscHy,
Eichen Eur. tab. 27.
|. HaB.: Frequente in pianura, più spesso nel Nord, in tutta
la Penisoli, formante qua e là dei boschi. Apr. Magg
. VARIAT: a. M acrophylla, BeR.! Foliis valde amplis.— —
b. parvifolia, Bhr.! Foliis multo minoribus quam in typo.—
0, malacophylla, ScHur. Oest. Bot. Zeit. 1860. p. 161. Foliis
valde amplis atque mollibus.—d. coriacea, BrcHst. Forstb.
5° ed. p. 211. Foliîs fere coriaceis.—e. eatensa, ScHur. En.
pl. Trans. p. 609. Foliis amplis, junioribus parce glutinosis ;
fructibus magnis.—f. sublyrata, Ber.! Foliis profunde lo-
batis.—g. heterophylla, Borzi, FI. for. p. 156. Foliis in
eodem ramulo nonnullis integris, aliis 2-3-lobatis vel ut in typo.—
5I
h. rosacea, Becgss. l. c. p. 333. Zoliis varie incisis vel la-
ciniatis.—i. salicifolia, Hort. Foliis haud lobatis.—;). Fen-
nessi, HoRrT. Foliis modice sed ample lobatis.—k. fastigia-
ta, LAMK. Dict. I. p. 725. Ramis adscendentibus comam elon-
gatam pyramidalem efformantibus.—1. pendula, Loup. Arb.
1732. Ramis pendentibus.—m. purpurascens, D.C. FI. Fr. suppl.
p. 351. Ramis atque foliis junioribus purpurascentibus.—n. 0-
paca, ScHur. l. o. p. 610. Foliîs opacis purpureo-nervosis. —
o. variegata, ExpL. Gen. suppl. IV. p. 24. Foliîs albo-va-
riegatis. —p. microbalana, ScHur. l. c. Glandibus parvis,
cylindraceis. — qa. sphaerobalana, ScHuR. l. c. Glandibus
brevibus, rotundatis.—r. subglobosa, SCHUR. lc. Glandibus
pyriformibus.—s. macrobalana, ScHuRr. l. c. Glandibus e-
longatis valde majoribus quam in typo.—t. longepedune w-
lata, LascH. Bot. Zeit. 1857. p. 409. Pedunculis valde elonga-
tis atque gracilioribus.
8. Thomasii, TEN. FI. Nap. V. p. 259. Ramis foliisque
junioribus, saepe etiam certa pubescentibus vel velutinis. Q.
Haas, KorscHy. Eich. Eur. t. 2.
Icon. TENORE, FI. Ada dal 198. —KoTSscHY, Eichen Eur.
tab. 2.
HaB.: Piuttosto rara nelle parti più meridionali della Pe-
nisola. Apr.
«|. VARIAT: a. pendulina, KIT.! Foliis atque ramulis, e-
tiam adultis, dense pilosis ; pedunculis valde elongatis fere gla-
bris. Q. filipendula, VugoT. Q. australis, HEUFF.—b. pilosa,
ScHuR. En. pl. tr. p. 610. Foliis atque ramulis adultis pube-
scentibus ; pedunculis mediocribus, pubescent
2.° Quercus intermedia, BéRENGER hb.! Ramulis, pellet;
foliisque etiam adultis pubescentibus vel parce tomentosis; foliis
auriculis basi planis vel una alterave reflexis ; petiolo 1-10 min.
longo ; fructibus sessilibus, vel pedunculo breve vel plus minus
elongato rigido suffultis. Caetera ut in arnraa Q. peduneu-
lata X sessiliflora, AUCT. Re: I
Icon, Icon nostra, tab.
Has.: Rarissima nel Gana (BÈRENGER !) e nel Napo-
letano (TENORE !).
Osserv. È senza dubbio una forma ibrida, abbastanza varia-
bile, ma dentro i limiti delle specie progenitrici alquanto ben de-
finita. Ne ho osservato esemplari nell’Erbario del BERENGER, e
52
venienti dall’Italia Settentrionale, ed un saggio in quello di TE-
NORE, senza località e senza nome.
VARIAT : a. sessilis, BER.! Glandibus omnino sessilibus.
Q. hybrida, BecHsT. Forstb. 5° ed. p. 211. Nel Veneto (BÈR.!)—
b. brevipes, HEUFr. En. pl. Banat. G/andibus breviter pe-
dunculatis. Q. hungarica, KIT. Add. p. 49
3.°— Quercus sessiliflora, SALISB. Prodr. p. 392. Arbor me-
diocris, cortice fuscescente, profunde irregulariter rimoso ; ramis
patulis, ramulis glabris vel glabriusculis ; gemmis ovatis vel
ovato-oblongis ; foliis parce pubescentibus vel glabratis, sat am-
plis vel mediocribus, plus minus longiuscule petiolatis, basi cor-
data vel saepius rotundata vel cuneata, obovatis vel obovato-
oblongis, sinuato-lobatis, lobis latis rotundatis, integris vel uno
alterove lobulo obtuso insculptis ; fructibus solitarii vel 2-3, ses-
silibus vel pedunculo abbreviato rigido suffultis.
Icox. ReIcn., Icon. Fl. Germ. XII. tab. 644. — KoTSscHY,
Eichen Europ. tab. 32. 3
SrazionE: Sporadica o formante boschi nelle parti più elevate
dei monti, in tutta la Penisola: rara in Sicilia. Apr. Magg
VARIAT: a. parvifolia, BER.! Foliis multo minoribus
quam in typo.—b. sublolata, BeR.! Foliis modice atque bre-
-viter lobatis.—c. lobatissima, BER.! Foliis profunde multi-
lobatis. — d. crispata, BER.! Foliis lobis sinuato-angulosis
atque crispatis.—e. macrophylla, Bèr.! Foliis valde am-
plis. hi Esculus, Bert. FI. It. X. p. 215.
8 Virgiliana, TEN. Flor. Nap. V. p. 262. Ramulis disavi
nervo medio, subtus, dense pilosis.
HaB. : Più dogane sui monti del moda ed in
Sicilia.
VARIAT: a. purpurea, Borzi. Ramulis, foliisque junio-
ribus, purpurascentibus. Rarissima sulle Madonie, in Sicilia.
Minà). ua
/4.°— Querens lanuginosa, Lam. Enc: I. p. 709, pro var. Q.
Ro b uris. Arbor vel arbuscula, ramulis incano - tomentosis ;
foliis mediocribus, supra spursim pilosis vel glabrescentibus, sub-
tus plus minus dense cinereo-tomentosis, longe petiolatis, petiolo
1—-& longitudinis laminae, utrinque circiter 3-6 nervosis, ovato-
oblongis, sinuato-lobatis, lobis regularibis, obtusis vel rarius a
cutis, integris vel breviter sinuato-dentatis ; peri siii
vel brevissime pedunculatis. Q. pubescens, AuCT. !
53
Icon. KorscHy, Eichen Eur. tab. 34.
HaB. : Molto comune nei boschi fra 300 e 1500 m. in tutta
la Penisola, specialmente nel Mezzogiorno e nelle Isole. Apr.
Mage.
VARIAT : a. microphylla, Borzi. Foliis multo minori-
bus quam in typo, 2-5 centm. longis, obovato-oblongis, lobis den-
tatis. Veronese (GoIRAN !). — b. Gasparrinii, Borzi. Foltis
parvis, 3-5 centm. longis, obovatis, brevissime sinuato-lobatis,
petiolo valde brevi. Basilicata (GASPARRINI !). — c. Nicotrae,
Borzi. Foliis parvis, 3-6 centm. longis, coriaceo-membranaceis,
tarde caducîs,. brevissime sinuato-lobatis , floccoso-tomentosis :
glandibus parvis (1). Sardegna (NIcOTRA !). — d. laciniosa,
Borzi. Foliis mediocribus, laciniato-lobatis, dense tomentosis,
tomento in sicco flavescente } glandibus parum majoribus quam
in typo. Etna (Bivona!). — e. pinnatifida, Borzì. Foliis
mediocribus, profunde laciniatis, laciniis dentato-lobatis ; glan-
dibus mediocribus. Etna (BIvona!). — f. macrophylla,
Borzi. Foliis aliquanto majoribus quam in typo, lobis an-
gustis, dentato-lobulatis : glandibus parvis. Sicilia (Toparo !).
— &. Todaroana, Borzì. Foliis mediocribus, glabrescentibus,
coriaceo-membranaceis, lobis integris, oblongo-rotundatis ; frueti-
bus numerosioribus in ‘apice pedunculi brevis, rigidi. Nei boschi
di Mirto (Toparo !). — h. glabrescens, Borzi. Foliis medio-
cribus, ellipticis, cordatis, glabrescentibus, praeter nervo medio,
lobis integris. Sicilia (MIxA!). —i. microbalana, Borzi.
Glandibus parvis, angustis, brevibus. Con la specie. — j. cra-
taegina, Borzi. Foliis mediocribus vel parvis, ovato-lanceolatis,
lobis oblongis dentato-lobulatis, sinubus angustis. Sicilia (Mixà!).
— k. Proteus, Bonrzi. Foliis valde variabilibus, ovatis, oblon-
gis, ellipticis, lobis atque sinubus irregularibus, saepe late re-
pando-crenatis. Messinese! — 1. brachyp hylIa, KorscHYy,
Foliis brevibus, parce lobatis. Sardegna (NicoTRA !) — m. su d-
crenata, Borzì. Foliis parvibus, brevissime atque parce lobatis,
Sull’Appennino Modenese e sui monti della Sicilia! — n. purpu-
rascens, Borzi. Foliis parvibus, subtus pubescentibus în nervo
mediano, atque purpurascentibus. Sicilia !
(1) Per la consistenza delle foglie, le brevi divisioni del contorno,
la maniera come cade il tomento dalla pagina inferiore delle 10608;
dimostra un certo SNivili nn iito con la Quercus Mirbeckii.
È SER 7 5 vat Fan PIRENEI ne RARA
D4
5.° Quercus Ueriae, Borzi. Arbor exrcelsa, cortice laeviter
unde atque regulariter rimoso, coma ampla, ramulis
etiam adultis dense cinereo-tomentosis ; foliis tarde deciduis, am-
plis, junioribus tomentosis, demum supra glabrescentibus, sub-
tus in nervo medio tantum pilosis, petiola L_ +. lngitudi-
nis laminae, ovato-oblongis vel elliptico oblongis, sinuato-pinna-
tifidis, lamina basi in lobos duos rotundatos, inaequales, con-
tracta, laciniis triangularibus, obtusis, integris vel raro sub a-
pice emarginatis, sinubus amplis. Q. vulcanica nebrodensis, BoRrzi
in Boll. R. Orto Botanico di Palermo. Vol. IV. p. 47
Icon. Icon nostra, tab. 2
HaB. : Rarissima nei boschi di Valdemone ! in Sicilia, e col-
tivata nel R. Orto Botanico di Palermo!
Osserv. La Q. Ucriae è senza dubbio una forma che merita
un posto distinto dalle altre del medesimo gruppo. Un magnifico
esemplare di essa si trova coltivato nell’Orto Botanico di Palermo,
e proviene senza dubbio da semi raccolti in Val Demone (Prov. di
Messina) ed inviati al Prof. TopARO da qualche corrispondente,
o fatti raccogliere probabilmente dal CrrarpA. Ho sempre con
grande interesse rivolto la mia attenzione a quest’albero, il cui
portamento gli dà un carattere a prima vista molto singolare. La
stessa scorza del tronco mostra una notevole differenza rispetto a
quella delle altre specie del gruppo delle Roveri, quanto alla scre-
polatura sottile e regolare. La chioma è ampia, maestosa e le grandi
foglie gli danno un aspetto molto caratteristico. Si aggiunge a ciò
il fatto che le foglie stesse non cadono che molto tardi, quasi al
principio della primavera, quando cominciano a svolgersi le nuove;
anzi talora le foglie vecchie, incartapecorite e giallastre, persistono
in parte fino al principio della estate. I ramoscelli sono coperti di
un tomento denso di color cenerognolo, il quale persiste anche a
tarda età; non così le foglie, le quali conservano la stessa pelurie
solamente al di sotto e lungo i nervi principali. È caratteristica per
le foglie la forma molto allungata; possono raggiungere una lun-
ghezza di 12-15 centim., non compresa la lunghezza del picciuolo,
il quale misura da 15 a 18 mm. Il contorno della lamina presenta
delle insenature molto larghe ed vai non iui) PESA
determinanti la formazione di lacinie che si r verso
e terminano in una estremità tondeggiante ; pda volta qualche
lacinia si divide in due lievi lobi angolosi. I frutti rispondono nei
caratteri generali a quelli delle altre forme del tipo Rovere; nel-
l’esemplare di cui è parola appariscono raccolti in parecchi sopra
un comune peduncolo ascellare, lungo 2-4 centm., ed abbastanza
55
robusto. Le ghiande superano una volta la profondità della cupola.
Ho voluto distinguere col nome di Q. Ucriae questa forma in o-
nore del Botanico Siciliano Frate BERNARDINO DA UcRIA, che fu
il primo a divulgare e ad applicare il Sistema Linneano allo stu-
dio delle piante della flora Siciliana.
- Quercus. vuleanica, Borss. et HELDR. ex KorscHY, Eich.
Eur. t. 18. Arbor mediocris, ramulis incano-tomentosis ; foliis
plus minus amplis, adultis subtus, nervo medio excepto, glabre-
scentibus, petiolo elongato 5 ——g longitudinis laminae, ovatis
vel obovatis, basi angustatis vel subcuneiformibus, profunde at-
que irregulariter pinnatifidis , sinubus angustis. Borzi.in Boll.
Orto Botanico di Palermo, Vol. IV. p. 47. Q. appenninà,
TINnEO !
HaB. Rara nei boschi di Calabria e della Sicilia.
a typica; Borzi l. c. Ramulis glabrescentibus ; foliis si-
nuato-pinnatifidis, sinubus valde angustis.
Icon. KorscHy, Eichen Europ. tab. 18, 37.
Hag., In Calabria (CARDINALE !).
f pinnatifida, Borzi l. c. Ramulis dense cinereo - to-
mentosis; foliis ovatis, profunde pinnatifidis, laciniis angustis,
sub-irregulariter lobato-dentatis, sinubus angustis, supra sparse
stellato-pilosis, subtus plus minus lomentorta. Q. Minae ; posi
cono, Fl. Sic. IV. p. 372.
Icon. Icon nostra, tab. 3.
HaB.: Sulle Madonie (MIxA!).
. cerriformis, Borzì. Ramulis cinereo-tomentosis } fo-
liis pen lutioribus, irregularibus, nn vel emarginatis.
: Sulle Madonie (MiA !).
o Rv. Alle considerazioni svolte nella mia nota, inserita nel
IV. vol. del Boll. del R. Orto Botanico di Palermo, p. 43 e seg.,
intorno alla Q. vulcanica, debbo aggiungere che -Tigonio di un
saggio proveniente dai boschi di Calabria, ed il confronto con gli
esemplari autentici originarii, della Grecia, permettono ora di'sta-
bilire in modo sicuro il valore ed i limiti di variazione di questa
specie dentro i confini della nostra flora. Come carattere tipico di
essa rimane la quasi perfetta glabrescenza dei ramoscelli, l'ampiezza
della lamina fogliare, anch’essa glabrescente, e che si restringe
quasi a cuneo verso la base, mentre il contorno diviene in vario
grado pennatofesso, Tuttavia il vario grado di persistenza del to-
mento sui ramoscelli e sulle foglie, il maggiore o minore grado di
divisione del contorno segnano delle differenze che confermano anche
56
in questa specie il grande poliformismo e la influenza che essa ha
subìto nella sua area di distribuzione geografica dalla comune Q. la-
nuginosa. La var. ambigua, a questo proposito, è una prova dei
molti punti di contatto di essa con quest’ultima specie, e quasi si
confonde con le forme macrofille della stessa Q. lanuginosa.
7.° Quercus Tenoreana, Borzì. Arbor mediocris, ramulis in-
cano-tomentosis; foliis amplis, etiam adultis, praecipue subtus,
cinereo-tomentosis, petiolo brevi LL longitudinis laminae ,
obovatis vel obovato - oblongis, basi rotundatis vel fere cordatis ,
atnuoto: -pinnatifidis vel sinuato-lobatisi sinubus angustis , regu-
s, laciniis oblongis , obtusis , integris vel sinuato-lobatis.
Q. Dalechampii, TEN. Ind. Sem. H. B. Neapol. pro p.! Q. Vir-
giliana, TEN. Syll. p. 469, pro p.! Q. amplifolia, dis pro p.!
HaB. Abbastanza fioguante nelle parti meridionali della Pe-
nisola , fino alla Calabria, ed a Capo d’ Orlando in Sicilia (To-
DARO NI
B breviloba, Borzi. Foliis subtus fere glabrescentibus ,
nervo medio excepto, breviter obovatis, sinubus minus profundis,
atque laciniis brevibus, sinuato-lobatis
AB. Sulle Madonie in Sicilia (Minà!) ed a Monte Cassino !
«canescens, Borzi. Ramulis foliisque tomentosis, lobis
brevibus, fere integris vel subermaginatis.
Hap.: Sulle Madonie (MINA !).
Osserv. Sono state tracciate abbastanza bene le differenze fra
questa specie e la Q. vulcanica ; tuttavia rimane evidente che si
tratta di forme molto affini, appartenenti senza dubbio alla mede-
sima stirpe, la quale si è trovata variamente influenzata da altre
forme diffuse entro la stessa area geografica, quali la Q. lanugi-
nosa da una parte, e la Q. conferta dall’altra. Specialmente que-
st’ultima ha dovuto esercitare una spiccata influenza sui caratteri
della Q. Tenoreana, per esempio nelle parti meridionali della Pe-
nisola, e nella provincia di Caserta, dove la 2. conferta cresce as-
sociata molto frequentemente con parecchie altre forme o varietà
della Q. Zanuginosa, da ritenersi possibile una origine ibrida della
specie di cui è parola. Taluni esemplari della Q. Dalechampii, TEN.
esaminati da me stesso nell’erbario di TENORE, oftrono tratti evi-
dentissimi di affinità con la Q. conferta; altri se ne allontanano e
mostrano di essere estranei anche alla stessa specie Tenoreana. Essi
si accostano o si confondono con le forme a grandi foglie della
57
Q. lanuginosa. Sicchè la denominazione primitiva di @. Dale-
champii, non essendo in modo preciso applicabile per distinguere
l’insieme delle forme che per i caratteri indicati si distinguono
dalla Q. lanuginosa e dalla Q. vulcanica, come anche da altre
Querci provenienti dal medesimo tipo delle Roveri, mi è parso con-
veniente assumere la denominazione di @. Tenoreana nel senso
espresso.
8. Quercus cenno Guss, Syn. FI. Sic. II. p. 606. Arbor
mediocris, ramulis incano - tomentosis, foliis saepius amplis,
petiolo brevi + —-1ongitudinis laminae, obovatis vel obovato-
orbicularibus, basi cordatis, utrinque circiter 5-6 nervosis, lobis
brevissimis arcuato-rotundatis, integris, subtus opacis vel sub-
glaucescentibus.
Icon. Icon nostra, tab. 5.
HaB. Nei boschi montani in Sicilia, piuttosto frequente. Magg.
Bf amplifolia, Guss. 1. c. p. 607 ex p. Foliis amplioribus .
HaB. Con la specie.
v. elliptica, BoRzì. Foliis minoribus quam in typo,
elliptico-obovatis, laeviter sinuato-lobatis.
HaB. Con la specie.
è. petiolaris, Borzi. Zoliîs sat amplis, profundius
lobatis, petiolo longiori, + longitudinis laminae.
HaB. Presso Palermo (Tino !)
9. Quereus Mirbeckii, DuriEo in DucH. Rev. Bot. II. p.
426. var. Sicula, Borzi. Arbor excelsa, cortice fusco rimoso,
ramulis glabrescentbils ; foliis cinereo - membranaceis, vere an-
nis sequentis deciduis, adultis glabris, subtus pallide cinereo-
ar vel fere glaucescentibus, mediocribus, petiolo elongato
+-+ longitudinis laminae, oblongis vel elliptico- -obovatis, basi
cordatis, utrinque 8-9 nervosis, regulariter crenato - lobatis, lo-
bis subaequalibus, brevissimis, rotundatis.
Icon. Icon nostra, tab. 6.
Hap. Rarissima in Sicilia. Apr.
Osserv. La vera Q. Mirbeckii, DurIEU, dell'Algeria, non e-
siste in Sicilia nè altrove, entro i confini della Flora Italiana. La
forma da me rinvenuta nell’Erbario Palermitano differisce dal ti-
po africano, per il numero dei lobi che ne è alquanto inferiore e
58:
corrisponde alquanto bene ad una forma proveniente dall’ Algeria,
raccolta dal TRABUT, e considerata come varietà paucinervis.
Si ha con ciò una tendenza ad avvicinarsi al tipo delle Ro-
boroidi meridionali, aventi per stipite la @Q. lanuginosa. Special-
mente manifeste sono le affinità con la Q. Oupaniana, dove la
lamina fogliare presenta pure spiccata alla base la conformazione
cuoriforme, la pagina inferiore tende, specialmente nelle forme gla-
brescenti, ad età avanzata, ad assumere una tinta glauca opaca,
ed il contorno presenta lievissime lobature tondeggianti. È da ri-
tenere che il tipo della Q. Mirbeckii, abbastanza puro nell'Africa
settentrionale, passando in Sicilia, abbia subito le influenze delle
altre forme di Roburoidi predominanti, quasi da confondervisi. Di
ciò mi convincono talune forme quasi di passaggio notate tra la
Q. Mirbeckii siciliana, la Q. Cupaniana e la stessa Q. lanu-
ginosa.
10. Quercus Toza, Bosc. Journ. Hist. Nat. II. p. 155. Arbor
mediocris, radicibus stoloniferis, cortice nigricante profunde ri-
moso, ramulis flavo-vel fulvo-tomentosis ; foliis etiam adultis
E flavescente, persistente, lea, petiolo elongato,
1
i-i longitudinis laminae , ovatis vel obovatis , laciniato - lo-
batis, laciniis angustis, profundis, integris vel saepe sinuato-an-
gulatis, sinubus latis, saepe irregularibus ; squamis cupulae
lare adpressis, atque marginem superantibus. Q. Tauzin, PÈRS.
Euch. II. p. 571. Borziì in Boll. d. R. Ort. Bot. d. Palermo. Vol.
IV. p. 40. Q. padebign bla, CoLLa, hb. ped. !
Icon. Bosc, Journ. Nat. Hist. tab. 32 f. 3.—Lamcx. Ill. tab.
779.—LaAGUNA, FI. For. ua tab. 31,.—KorscHY, Eichen Europ.
tab. 22.
HaB. Sui colli PC. solatt; del Piemonte, in Val di Susa ed
altrove.
B brachyloba, Borzi l. c. p. 43. Foliis parviusculis,
non ultra 5 centim. longis, lobis brevibus, triangularibus, suerte;
sime integris, ad apicem obtuse mucronulatis.
HaB. Alla Sacra di San isa) in Val di Susa (FONTANA).
. glabrescens, Borzi I. c. p. 48. Foliis mediocribus,
mae lobatis , lobis angustis , a irregulariter angulato-
dentatis, supra glabris, subtus, ad nervos, dense pallide luteo-
entosis, coeterum glabratis.
Has. In Val di Susa presso Brun (MaTTIROLO e FERRARI !).
59
11. Quercus conferta, Kir. in Schult. Ostr. FI. I. p. 619,
Arbor magna, ramulis foliisque junioribus pube ferruginea de-
mum evanescente; foliis amplis (10-20 centm. longis, 6-12 centm.
latis), petiolo brevi (3-10 mm.) vel subnullo, obovatis vel obovato-
oblongis, basi cordatis, utrinque 5-10 lobatis, lobis profundis,
apice rotundatis, integris vel anguloso-lobulatis; squamis cupu-
lae lare adpressis, ultra marginem productis. Quercus Farnetto,
TEN. Cat. H. Neap. 1819. p. 65 et in hb.!
Icon. ReIcH. Icon. FI. Germ. XII. tab. 646.—KorscHy. Ei-
chen Eur. tab.
HaB. In tutta la parte meridionale della Penisola , formando
boschi spesso associata al Cerro od alla Rovere, dal Lazio e dal
. Gargano, in giù fino in Calabria ed in Sicilia presso Taor-
tima Apr.
VARIAT. a. minor, Ten. ! Foliis minoribus quam in typo.—
b. sublobata, Borzi. Polis lobis brevissimis, rotundis, inte-
gris vel fere integris.—c. cerrioides, Borzi. Foltis lobis an-
sin atque profundis, irregulariter anguloso-dentatis.
12. Quercus insularis, Borzi. Arbor mediocris, ramulis, fo-
liîsque plus minus dense fulvo-vel cinerescenti-tomentosis; foliis
majusculis (9-15 centm. longis, 5-7 centm. latis), petiolo elon-
gato (12-18 mm.), basi cordatis, obovatis vel obovato-ellipticis,
sinuato-lobatis vel pinnatifidis, laciniis valde adproximatis; cu-
pulae squamis infimis incrassatis. Coetera ut in praecedenti.
Q. vulcanica a typica, Borzi in Boll. d. R. Ort. Botan -
lermo. vol. IV. p. 47. Q. apennina, Tinto !
Icon. Icon nostra, tab. 7.
HaB. Forma propria della Sicilia.
Bf subcinerascens, Borzi. £olzis mediocribus, tomento
cinereo- Chan subtus persistente.
Ha8.: Sulle Madonie in Sicilia (MINA).
Gastrv. La Q. conferta, Krr. verso il Nord della Penisola
non si estende al di là della provincia di Roma e nella direzione
di Sud non va oltre allo stretto di Messina. Un solo esemplare è
stato trovato presso Taormina (Monte Veneretta !) oggi scomparso.
Anche in Calabria apparisce rara e non forma giammai boschi di
qualche estensione. In Sicilia essa sembra venga sostituita dalla
Q. insularis, la cui affinità con essa è resa evidente anzitutto dalla
struttura e disposizione delle squame delle cupule delle ghiande,
dal tipo di conformazione delle foglie e dalla tendenza della pelu-
rie, che riveste i ramoscelli, i picciuoli ete., n assumere una tinta
fulva. Per possibili ibridazioni con talune delle numerose forme
meridionali della Q. lanuginosa sarà molto verosimilmente deri-
vato il tipo subcinerascens, dove il tomento ha un colorito grigio
ed è persistente più a lungo che nel tipo. La @. insularis perciò
è da considerarsi come il rappresentante insulare e più meridionale
della Q. conferta, influenzato più o meno dalla prevalente diftu-
sione in queste regioni della Q. Zanuginosa.
13. Quercus Ilex, Lrxx. Sp. pl. ed. I. p. 995. Arbor medio-
cris vel arbuscula, trunco recto , cortice cinereo, grosse rimoso,
nunquam suberoso; foliis mediocribus vel parvis, junioribus ve-
lutino-incanis, adultis supra glabrescentibus subtus dense incano-
tomentosis, ovatis, oblongis lanceolatisve, integris vel dentato-
spinosis, utrinque 6-10-nervosis, nervis haud vel vix prominu-
lis; squamiz cupulae brevibus, membranaceis, plus minus arcte
Icox. RercH., Icon. Fl. Germ. XII. n. 1307. — KorscHr,
Eichen Eur. tab
HaB. Sui colli aridi solatii della Regione dell’ Olivo , fino a
quella del Castagno, sporadica o formante boschi, in tutta la Pe-
nisola, nelle Isole maggiori ed in alcune delle minori. Apr. Giugn.
VARIAT. a. Latifolia, Lopp. Cat. Foliis latioribus quam
in typo, ovatis vel elliptico-oblongis (4-8 centm. latis, 9-12 centm.
longis); fructibus tune sessilibus, tune pedunculatis.— b. sali-
cifolia, Hort. Foliis magnitudine varia, integris vel denta-
tis, 4-6-ties longioribus quam latioribus, margine undulatis vel
planis.— c. parvifolia, Borzi. Foliis ovatis vel fere rotundatis,
valde parvis, integris vel dentatis (1-2 centm. longis), — d. a qu i-
folia, D.C. Prodr. p. 39. Foliis utrinque parce pilosis vel
fere glabrescentibus. — e. polycarpa, Ten. Syll. p. 472,
Foliis variabilibus, fructibus dense glomeratis, plus minus longe
pedunculatis.— ft. subocculta, TEN. l. c. Glandibus rotun-
datis vel ovoideis, marima parte in cupula inclusis.— g. br a-
chycalyx, Borzi. Cupulis valde abbreviatis.— h. microba-
lana, Borzi. Glandibus valde parvis.— i. cylindrocarpa,
Borzi. Glandibus magnis, apice non attenuatis. — j. conocar-
pa, Borzi. Glandibus magnis, apice valde attenuatis.
14. Quercus Auzandri, Grex. et Gopr. Il. Fr. II. p. 119.
A praecedente differt cortice laevi vel parce rimoso, foliis subtus
incano-tomentosis, adultis glabris vel glabrescentibus, marginibus
61
saepius calloso - plicatis. Q. Ilex X coccifera? @Q. soluntina, Tix.
in an. !
Icon. Icon nostra tab. 8.
HaB. Presso Solunto, nei dintorni di Palermo (Tino !).
Osserv. La Q. Auzandri, Gr. et GoDR. è per la prima volta
segnalata nei confini della nostra Flora. Gli esemplari autentici,
provenienti dalla località originale, confrontati con quelli raccolti
dal TineEo a Solunto, non lasciano alcun dubbio sulla identificazione.
Dal Tineo, che ne intuì subito le differenze, è stata indicata con
il nome di Q. soluntina, come lo dimostrano i cartellini di pugno
di lui che accompagnano gli esemplari della suddetta località. Resta
da vedere se questa forma è abbastanza distinta per meritare la
considerazione di specie. Certamente al primo aspetto essa rimane
ben differenziata dalla Q. Ilex, a cui moltissimo somiglia per la
struttura delle cupule. La pelurie però che riveste le squame è più
fine e prende quasi un aspetto argentino, come succede nelle squame
delle cupule di @Q. coccifera. A quest’ultima la Q. Auzandri mol-
tissimo poi si accosta per l’aspetto delle foglie, tanto da giustifi-
care il posto attribuito dal DE CANDOLLE alla detta Q. Auzandri
fra le molte varietà della @Q. coccifera. Tenendo conto delle affi-
nità con la @Q. Ilex con quest’ultima specie, si può dire che la
Q. Auzandri rappresenti un tipo intermedio tra l’ una e l’ altra,
molto verosimilmente una forma ibrida delle medesime.
15. Quereus Suber, Linx. Sp. pl. ed I° p. 995. Arbor me-
diocris, trunco crasso, cortice valde fungoso-suberoso, profunde
sulcato , tarda aetate extus nigricante ; foliis parvis vel medio-
cribus, ovalie vel ovato-oblongis, subtus stellato-velutinis, încanis,
serrato-mucronatis, raro integris, utrinque 3-5 nervosis, nervi- -
bus prominentibus ; squamis cupulae e basi ovata plus minus
elongatis, superioribus aliquanto laxis
Icon. CLusius, Hist. Plant. I. — Korsont, Eichen Europ.
tab. 33.
HaB. Frequente nella regione marittima di tutta la Penisola,
ed anche sui colli e sui monti, fino a 1200 m. nelle grandi Isole,
formante boschi di grande importanza. Apr. Magg. i
VARIAT. a. integrifolia, Borzì. Foliis fere rotundatis,
integris vel obsolete-serratis. — b. crinita, Borzi. Squamis
cupulae elongatis, linearibus, extus refleris. — ce. serotina,
Borzi. Fructibus serius (saepe autumno secundi anni) mature-
scentibus. Q. occidentalis, Gav. — d. brachylepis, Borzi.
62
Squamis cupulae valde brevis, imbricatis. — e. microcarpa,
Borzi. Cupulis brevissimis, glandibus parvis.
B. Bivoniana, Guss. FI. Sic. Syn. II. p. 604. Foliis ir-
regulariter laciniato-lobatis.
AB. In Sicilia, sparsa.
16. Quereus Morisii, Borzi in N. Giorn. Bot. Ital. Vol.
XIII. p. 10. Arbor mediocris, cortice tenuiter suberoso, grosse
atque profunde sulcato-rimoso ; foliis ovato-oblongis vel lanceo-
latis; squamis cupulae parum STRA quam in praecedente,
nondum refleris. Coetera ut in Q. Suber. Q. Ilex Xx Suber,
< Him. Sporadica nei boschi di Leccio e di Sughero in Sar-
degna, Sicilia (Ficuzza!) ed a Lipari! Apr.
Osserv. La Q. Morisii, come ‘già feci osservare (BoRziì,
L’Ilixi-Suergiu o Quercus Morisii, in Nuovo Giornale Botanico
Italiano. Vol. XIII. p. 10) occupa un posto intermedio fra la Q. Ilex
e la Q. Suber, da giustificare il sospetto che si tratti di una forma
ibrida, originata dalle dette due specie. I caratteri anatomici della
scorza confermano tale giudizio, meglio di quelli dedotti dalle foglie
e dai frutti, per i quali taluni individui riescono difficilmente di-
stinguibili a prima vista dalla Q. Suder.
17. Quereus eoceifera, Linn. Sp. plant. ed. I. p. 995. Arbor
vel arbuscula, cortice non suberoso, ramulis novellis incano-to-
mentosis vel pubescentibus, adultis glabris ; foliis lucidis laevi-
bus omnino glabrescentibus, plus minus rigidis vel coriaceis, 0-
vatis, ellipticis, marginibus undulato-spinosis; squamis cupulae
induratis, plus minus elongatis, praesertim PRA reflexis
vel erectis.
Icon. LABILLARD., Icon. dec. V. tab. 6 f. 2.—JAUB. et SPACH.
Hl.-tab. 69. sioni Eichen Eur. tab. b,
B. Non rara in tutta la Regione dell'Olivo, sui colli aridi
solatii ed anche a poca distanza dal mare, in tutta la Penisola e
nelle Isole maggiori. Apr. Magg.
VARIAT. a. integrifolia, Borss. FI. Or. IV. p. 1169.
Foliis integris vel subintegris. Nella Sicilia meridionale !—b. C a /-
liprinos, WEBB., Iter. hisp. p. 15. oliîs majusculis atque
planis ; squamis cupulae erectis. Nella Sicilia occidentale! — c.
pseudo-coccifera, Desr. FI. Atl. II. p. 349. Squamis
cupulae plus minus reflexis. Colla specie. — d. rigida, D.C.
Prodr. XVI. p. 56. Zoliis parvis, rigidis, valde spinescentibus.
Marsala !
18. Quercus Ancherii, JAuB. et SpacH. Il. PI. Or. I. p. 113.
Arbuscula vel frutex, ramulis dense ferrugineo-tomentosis; foliis
ovatis vel ellipticis, coriaceis, basi cordatis vel rotundatis, den-
tato-spinosis, subtus parce pallide fulvo-tomentosis ; squamis
cupulae ovatis, ID superioribus gradatim angustioribus,
plus minus lari
Icon. JAUB. d SPacH., l. c. tab. 58.
HaB. Nelle Sciare di Minigla (Tineo !) molto rara
Osserv. Considero questa forma come specie distinta dalla
Q. coccifera, L., seguendo l’opinione di DE CANDOLLE; però è
da notare che i soli caratteri differenziali degni di nota risiedono
nell’abbondante tomento fulvo-ferrugineo che investe permanente
temente i ramoscelli ed anche la pagina inferiore delle foglie.
19. Querens Libani, OLIv. Voy. t. 32. Arbor mediocris, cor-
tice fuscescente minute et profunde rimoso, ramulis junioribus
pube minutissima velutina, deinde glabratis ; foliis glabris,, supra
lucidis, subtus pallidioribus, petiolo brevi vel plus minus elon-_
gato, ovatis vel ovato-lanceolatis, basi rotundatis, regulariter den-
tato-vel crenato serratis, dentibus plus minus longe mucrongtis;
squamis cupulae brevibus, crassis, ovatis vel ra
lare erectis, vel subrecurvis. Q. macedonica, D.C. Prodr. XVI.
p. 50. Q. Look, KorscHy, Eich, Eur. t. 23!
Icon. KorscHy, Eichen Eur. tab. 5, 21, 26.—LonGo in Bol-
FUR del Naturalista. XI. 1888. tab. I. Boizi in Malpighia.
IL. tab. 11.
"n Nelle dit ove forma boschi, o sparsa. quà e la
Apr. Magg.
Osserv. Per la storia della ssopatia di questa specie dentro
‘ confini della nostra Flora, e del suo valore sistematico, debbo. » i
ricordare i lavori di A. LonGo, il mio, quelli del D.r MARTELLI
e del MATTEI. Mi sia ora permesso di aggiungere che già fin dal Ni
1865, e a varie riprese fino al 1871, AcHILLE BRUNI inviava saggi ;
di questa specie al Prof. AGOSTINO TODARO ed anche semi. I primi
si conservano nell’Erbario dell'Orto Botanico di Palermo e dagli © ©
ultimi si sono ottenute delle piante che oggi offrono dimensioni e
forme arboree eleganti. I saggi dell’erbario portano la sola indica- ca
zione del nome ded « Fragno » con 2A at di « Scano mar
64
i gularis ! ». Il confronto poi dei saggi italiani con quelli provenienti
dall’Albania non lascia, come già dissi, alcun dubbio sulla identi-
ficazione di questa specie con la Q. macedonica, A.D.C.; oltre ai
saggi autentici raccolti dal GrRIsEBACH in Albania, e riferiti da
questi alla Q. Aegylops, L., ho potuto esaminare quelli provenienti
dalle collezioni del D.r BALDACCI, fatte nel Montenegro ed in Serbia,
e la identità è perfetta. Lo stesso dicasi quanto ai saggi provenienti
da altre parti dell’Oriente, particolarmente dalla Siria, dall’Arme-
nia, dalla Palestina ete. Si tratta evidentemente di una stirpe molto
estesa, la cui area di diffusione comprende verso lo estremo nord
ed occidente gli Stati Balcanici, 1'Epiro, 1’ Albania e le Puglie, e
così essa presenta una infinità di forme di variazioni, che si tro-
vano descritte come altrettanti tipi specifici distinti, come lo atte-
stano i nomi di Q. Look, Kry., Q. Brautii, LixpL., Q. 00phora,
Kry., Q. regia, LixpL., Q. sdibonita; A.D.C., Q ostriaefolia,
-BorB. ete. Volendo, a rigore di norme sistematiche, comprendere
sotto unica denominazione tutti cotesti nomi e tutte coteste forme,
sarà bene adottare quello di Q. Libani, OLIV., che ha diritto alla
priorità.
20. Querens Aegylops, Linn. Sp. pl. ed. I. p. 996. Arbor
| saepe ingens, trunco erecto cortice griseo-fuscescente, profunde
rimoso, ramulis tomentosis, tomento incano-griseo ; foliis amplis,
ovatis vel ovato - lanceotatis, petiolo circiter 1-3 longitudinis la- i
minae, basi cordatis vel rotundatis, grosse dentato-lobatis; squa-
mis cupulae crassis, lignosis plus minus elongatis et saxo su-
perpositis, tarde Pedbnstoi vel reflex
Icon. KorscHy, Eichen Europ. uti 4,19; 16; 90.
Has. Verso l’ estrema punta della terra d'Otranto , scoperta
dal BrunI nel 1861. Apr. Magg.
v. Stirpe estremamente variabile per il contorno delle
foglie. variamente frastagliato, per la &rossezza delle ghiande e
per la lunghezza e direzione delle squame di queste. Per quanto
poco estesa dentro la flora italiana, anche da noi si notano piccole
variazioni, specialmente per quello che riguarda le fine e.
21. Quercus Cerris, Linn. Sp. pl. dd. I. p. 997. Arbor cortice
grosse sulcato - rimoso , nondum suberoso; foliis membranaceis ,
caducis, oblongis, vario modo sinuato-pinnatifidis, pubescentibus
aut fere scabridis, vel subtus incano - tomentosis, basi truncatis
vel cuneatis; stipulis setaceis, linearibus, persistenitibue.
Icon. ReIicH. Icon. Fl. Germ. XII. n. 1816.
HaB. Sporadico o formante boschi da solo, da 400 a 1500
m., ed anche più in basso, in tutta la Penisola ed in Sicilia, Apr.
Magg.
B. austriaca, WiLLD. Sp. pl. IV. p. 454. Foliis oblongo
lanceolatis, utrinque 5-6 nervosis, lobato-dentatis, lobis triangu-
laribus, obtusis acutisve, integris, parum inaequalibus, sinubus
amplis, basi angustatis.
Icon. Korsony, Eichen Eur. tab. 20.
HaB. Con la Specie.
. Gussonei, Borzi. Foliis oblongis vel elliptico - lanceo-
latis, subtus incano-cinereis, utrinque 9-10-nervosis, dentato-lo-
batis, lobis regularibus, integris vel parce denticulatis, basi ro-
tundatis vel cordatis. Q. Haliphleos, Guss. Syn. p. 605 et hb!
Has. Sui monti della Sicilia, alla Ficuzza (Tino ! Toparo!
LANZA !). l
è. roburoides, Borzi. Foliis obovatis vel ellipticis, ner-
vis lateralibus utrinque 4-5, sinuato-lobatis, lobis rotundatis,
longe petiolatis ; glandibus mediocribus cupulam acquantibus ;
squamis cupulae marginalibus liberis, filiformibus, erectis, coe-
teris RES basi arcte adnatis.
on. Icon nostra tab. 9.
dla Nei boschi di Gioja Tauro in Calabria (CARDINALE).
Osserv. Fra le numerose forme di variazione del Cerro va in
modo particolare notata la var. roburoides, che ho ricevuto da
Calabria, col nome di Escolo selvaggio. Ciò è anzitutto prova della
grande rassomiglianza di questa forma con la Rovere, come risulta
dalla descrizione. Notevole è il fatto che le cupole peste e due
sorta di squame, quelle superiori molto sottili, meno l
quello che si osserva nel Cerro comune, e diritte; le altre sono
ancora più corte e saldate in gran parte con la cupe La quale
circostanza avvalora il sospetto che questa forma abbia un'origine
ibrida colla influenza di alcuna delle numerose forme della 9: gen. A
siliflora o della Q. arde desta
22. Quereus Psendo-Suber, SANTI, Viaggio al Monte din #
p. 156. Arbor sat magna, trunco erecto, cortice parce
foliis ovato-oblongis vel lanceolatis, sinuato - dentatis vel grosse ; di
serratis, dentibus mucronatis, coriaceo-membranaceis, vere annis
| sequentis deciduis, subtus incano-tomentosis } atipuble, caducis. Luo =
chi D Fontanesii, Gora, ! Q hispanica, mi ai . - o
Icon. SANTI, Viaggio tab. 3. — KorscHy, Eichen Europ.
tab. 35.
HaB. Sporadico sui colli sterili della Regione dell’ Olivo , in
tutta la Penisola ed in Sicilia. Apr.
8. castanophylla, Borzi. oliis majoribus, oblongo-
lanceolatis, sinuato-dentatis. Q. pseudo-austriaca, LoJsacono, FI.
ic. IV. p. 380.
HaB. Sulle Madonie, in Sicilia (MINA !).
OsseRv. È specie variabilissima come tutte le Querci. Le de-
nominazioni di Q. Fontanesii, Guss., Q. pseudo-cerris, LOJACON.
(non Borssrer !), Q. hispanica, LAMK., vi sono sinonime. Nella
, var. castanophylla si ha una forma di variazione ben distinta che
fa pensare alla Q. Afares, Pom., per la grande rassomiglianza.
L’esemplare siciliano, raccolto a Vamos sulle Madonie, dal MINA,
presenta però una scorza suberosa simile a quella della Q. Pseudo-
. suber; il che basta a distinguerla sufficientemente dalla specie a-
fricana sudetta, ma la forma più allungata e la maggiore lunghezza
delle foglie, non giustifica punto la costituzione di una nuova specie,
come ha fatto il Signor LoJaAcoNO, tanto più che l'esemplare citato
manca di frutti. Il confronto anatomico dei rami e delle foglie
nemmeno giustifica tale giudizio. Va in ultimo notato che in talune
forme veramente montane della Q. Pseudo-suber le foglie cadono
al principio dell’inverno, mentre in inverni miti ed in località n
basse la caduta delle foglie è più tardiva.
: A. Borzi
Il Giardino Coioniale di Palermo
e la sua funzione in rapporto allo sviluppo
dell’agricoltura coloniale.
Relazione alle LL. EE. î Ministri
dell’Istruzione, dell’ Agricoltura e degli affari Esteri.
Quantunque la istituzione ufficiale del Giardino Coloniale di
Palermo risalga al 1907 ed è perciò troppo breve il tempo onde
potere apprezzare i frutti della sua attività e riconoscerne la im-
portanza come organo utile allo sviluppo dell’agricoltura nelle Co-
lonie italiane, tuttavia è da osservare che esso sin dal suo sorgere
si è interamente avvantaggiato delle tradizioni e sopratutto della
operosità secolare e delle particolari condizioni dell'Orto Botanico,
del quale è parte integrante, anzi si può dire, ne rappresenta una
perfetta continuazione nel campo pratico.
Difatti quest’ultimo istituto, sebbene sorto con un indirizzo ben -
differente da quello proprio ad uno stabilimento agricolo d’ accli-
‘mazione, è riuscito a divenire nei trascorsi centoventi anni della.
sua esistenza un attivissimo centro d’introduzione e di diffusione,
nel mezzogiorno d’ Europa, di parecchie specie e varietà utili alla
agricoltura e all’orticoltura. Basterebbe solamente citare gli Agrumi,
e tra questi specialmente il Manderino, per dimostrare quale in-
fluenza abbia nel passato esercitato il nostro Istituto Botanico. dl
pro’ della frutticoltura iatale a ignaa ca |
68
Ma oltre ai vantaggi di una siffatta secolare preparazione , il
Giardino Coloniale di Palermo gode il particalare significantissimo
benefizio di potere esplicare la sua azione in un ambiente, che per
condizione di natura, per posizione geografica e per Unido spe-
ciali alla regione stessa e ai suoi abitanti è del tutto idoneo a di-
| venire un grande focolare di attività tanto nei rapporti coll’ agri-
coltura coloniale, quanto in ordine ad interessi scientifici e pratici
più generali di quelli che possono riflettere la sola nazione italiana.
| Notevole è particolarmente il vantaggio della sua ubicazione e
posizione in una Città del Mezzogiorno, dal clima tanto celebrato per
la sua mitezza e per il regolare decorso delle stagioni; le quali
condizioni ci richiamano a luoghi più vicino dell’ equatore. I dati
metereologici, registrati per una serie di molti anni, ci dimostrano
che la temperatura di Palermo, e specialmente della regione ove
sorge l’Orto Botanico, non discende mai durante il mese più freddo
al di sotto di 12° ©. in media. Si può dire che in grazia del Monte
Pellegrino, che ripara il giardino dalla parte di settentrione, le con-
dizioni della temperatura sono migliori di quelle'di altre parti della
città di Palermo , a segno che é ‘stato possibile per parecchi anni
di coltivare e conservare all’aperto durante l'inverno dei forti esem-
plari di Coffea arabica. Le minime temperature invernali indicate
per il clima di Palermo raggiungono una durata molto breve e
fugace dentro il recinto dell’ Orto Botanico, sicchè la massa della
vegetazione offre all’ ammirazione del visitatore nelle sue linee
generali il rigoglio e la verità delle forme carniteriatiche della più
parte dei paesi tropicali.
Non meno evidenti ragioni di opportunità dimostrano i vantaggi
della sede scelta per la istituzione del Giardino Coloniale. Difatti
per molte considerazioni d’ indole geografica e botanica, si può in
complesso affermare che tutta la Sicilia possiede un terreno oltre-
modo fecondo allo sviluppo dell’ agricoltura coloniale. Posta a poca
| distanza dai confini della zona tropicale, le sue più importanti col-
ture agrarie ne risentono la influenza e palesano attitudini mera-
vigliose di adattamento alle mutate e mutevoli esigenze delle in-
| dustrie moderne e del commercio , tali da potere imporre quella
desiderata trasformazione delle attuali colture che in altri paesi di
Europa sarebbe vano lo sperare e da effettuarle sotto gli auspici
di una istituzione scientifico-sperimentale quale è appunto il Giar-
dino Coloniale.
A così eccellenti condizioni si aggiungono le felici dinpetiaioi a
del carattere della popolazione agricola del paese, per cui l’ambiente
stesso, psichico e morale, riesce del tutto favorevole allo sviluppo
; ‘69
e alla educazione di qualità agricole coloniali , meglio che altrove
in paesi ugualmente favoriti da clima o da una intelligente orga- .
nizzazione sociale. Una istituzione scientifica con intenti pratici,
come quella di cui è parola, può di certo rigogliosamente prosperare
e rendersi -apportatrice di benefizii, là dove trovi nello spirito delle
popolazioni un substrato favorevole di preparazione e risponda na-
turalmente ‘alle aspirazioni del paese.
È certo che qualunque nuova istituzione che interessi la coltura
specialmente se d’ indole pratica agraria, la sua azione con maggiore
intensità e più immediatamente è destinata a esercitarsi nell’ àm-
bito della regione ov’ essa ha sede.
Ed il vantaggio è in realtà notevole, poichè la questione agraria
meridionale non concerne semplicemente interessi economici ristretti
ad una data regiòne italiana, ma essa riveste un carattere politico
sociale molto spiccato, dalla cui soluzione dipende la sicurtà e la
grandezza della Patria.
; A tal riguardo non occorrono molte parole per dint che
l'agricoltura del Mezzogiorno richiede grandi impulsi e nuove ener-
gie. Dinanzi a noi s’° impongono, come è noto, gravi problemi, ed
il più urgente è certo quello di conquistare a profitto dell’agricol-
tura nuovi terreni, estendendo il dominio di questa su quelle di-
sgraziate plaghe. isicnita e-brulle che occupano nel mezzogiorno
immense estensioni di territorio.
ltre a ciò è necessario iniziare una razionale trasformazione
delle colture esistenti, in modo che le nuove fanzionino come ele-
menti regolatori e moderatori delle condizioni economiche agrarie
della regione, si che la produzione normale risponda alle e
del commercio mondiale e a quelle dell’industria moderna.
Quanto ai terreni incolti, son convinto che non si tratti di una
quistione da risolvere solamente coi sussidii dell’agricoltura o della
| Selvicoltura, poichè è necessario il concorso di altre attività, p. e.
| opere di sistemazione dei bacini fluviali, arginazione delle sponde
dei torrenti, rinsaldamento delle pendici scoscese dei monti e colli,
| e simili. Tuttavia è sempre impellente la necessità d’intraprendere
| tentativi di coltivazioni, le quali, qualunque esse siano varranno, —
se non altro, a rivestire il terreno di vegetali e prioni a nani
«che cosa di più importante nell’ avvenire. Occorre ricercare ,
“diare, porre a profitto la flora dei paesi tropicali e sairopitr; :
| Quali si trovano soggetti per natura a un clima molto secco e possono
* fornirci copioso materiale adatto al bonificamento dei terreni incolti.
Non poche sono ivi le erbe e più specialmente i frutici e gli pre
Seen di un eccezionale "- di adattamento. alla secchezza ©
0 cy
loro caratteri xerofili vanno determinati e riconosciuti per mezzo
dell’esperienza e quindi messi a profitto. Non sarà mai troppo l’in-
sistere sul principio che 1’ eccessiva e prolungata secchezza costi-
tuisce per noi il più grave ostacolo alla estensione delle colture
agrarie e che non sia possibile pensare al ripopolamento e imbo-
schimento dei denudati aridi colli e delle sterminate distese di terra
abbandonate dall’agricoltura, senza una guida sperimentale. A. volere
fare nel nostro Mezzggiorno della selvicoltura sul serio , bisogna
quasi interamente mettere da parte le regole apprese a scuola o nei
trattati, poichè a nulla esse giovano quaggiù, dove la selvicoltura
è una disciplina di là da venire e occorre costituire i suoi fonda-
menti colla scorta di lunghi studi fondamentali.
La quistione della coltura dei terreni incolti è di così grande
importanza per l’ avvenire economico agrario delle provincie meri-
dionali che essa sola basterebbe a giudicare la ricerca e 1’ attua-
zione di eccezionali e straordinari mezzi diretti ad agevolarne la
soluzione. E però io son convinto che l’opera del Giardino Coloniale
di Palermo possa anche in ciò riuscire molto utile colla introdu-
zione di specie esotiche e di interesse. forestale, capaci di adattarsi
al clima dell’ Italia meridionale e della Sicilia. Che tale funzione
possa essere con profitto esercitata dal nostro Istituto, in mancanza
di Orti forestali sperimentali, è dimostrato dagli studi da esso in-
trapresi è anche condotti a compimento con esito favorevole sulla
coltura dell’Acacia horrida allo scopo di rinsaldare le pendici sco-
scese dei colli (Vedi: Boll. del R. Orto Bot. di Palermo, Vol. V.
pagina 159) e i molti altri tuttora in corso sulle Casuarine e sul
Mjoporum serratum dell'Australia, e sull’ Halimodendron argen-
— teum delle steppe caspiche, per la coltura delle sabbie litoranee.
Molte e gravi considerazioni sullo stato dell’agricoltura meri-
dionale in rapporto colle condizioni del commercio mondiale e colle
esigenze della industria moderna, confermano la necessità di una
trasformazione, se non altro sine delle attuali colture agrarie.
Ciò vuol dire infondere nuovi giovanili vigori alla vecchia e clas-
sica nostra agricoltura che vive di un passato di tradizioni e di
ratica; si comprende che tale trasformazione non possa essere
completa, e non lo sarà mai così da comprendere tutte le attuali.
colture del mezzogiorno, giacchè fra queste ve ne sono di quelle.
che per propria natura presentano una grande resistenza e bisogna
proteggerle ed accrescere il loro valore economico , tali sono p. e.
la coltura della vite, dell’olivo, del frumento, ece. Una più estesa
trasformazione richiede invece la coltura degli Agrumi, la quale si
esercita sui terreni pingui ed irrigui, che potrebbero benissimo con-
ai
farsi a coltivazioni di carattere tropicale e subtropicale più reddi-
tizie degli stessi Agrumi. Tale sostituzione dovrebbe avere lo scopo
di contenere nei suoi giusti rapporti colle esigenze del commercio
e delle industrie la produzione agrumaria, giacchè è dimostrato,
che se anche fosse possibile la esportazione del prodotto sotto una
forma chimica qualunque (p. e. quella di acido citrico o di citrato
di calce) si renderà sempre indispensabile, ai fini dell’ economia,
una razionale limitazione della cultura agramaria. Quando si pensa
alla grande estensione che occupano in Sicilia e nelle Calabrie i
terreni coltivati di Agrumi, alla loro feracità ed esposizione ad un
clima caldo, siffatto problema acquista un’importanza straordinaria
ed esso solo basta e merita una particolare considerazione fra i
molti provvedimenti da invocare in favore dell’agricoltura del Mez-
zogiorno.
Il dubbio, se al progresso dell’agricoltura coloniale fossero solo
sufficienti delle modeste istituzioni locali organizzate nelle colonie
sotto forma di campi sperimentali, è risoluto ora dall’esempio delle
altre nazioni coloniali ed io non intendo insistere di più sulla ne-
cessità che qualunque sia il sistema che si voglia attuare esso debba
sempre far capo ad un centro speciale scientifico dotato di autorità
e di larghi mezzi di studio , il quale raccolga e coordini ogni co-
noscenza utile al colonista e la renda capace di attuazione. Questo
non potrebbe conseguirsi fuori delle normali vie del commercio
scientifico e quindi lungi dalla madre patria appunto per tutte quelle
ragioni di opportunità e di comodo che sono necessarie al progresso
della scienza. Tali motivi sono così impellenti che persino si è cer-
cato di vincere, nella istallazione di giardini coloniali fuori d’Italia,
le grandi difficoltà del clima mediante un copioso corredo di serre
e simili costruzioni destinate a conservare le piante in ambiente
artificialmente riscaldato e ciò con immenso. stipendio e cure pa-
zienti infinite.
Ammesso dunque questo principio , il. Giardino prc di
Palermo deve in modo particolare volgere la sua attività all’intro-
duzione, allo studio e alla coltura dei prode vegntali di oltreminito
al fine di riconoscerne o det i
nomica. Qualunque sia la provenienza. di essi non importa, purchè
l’utilità venga dimostrata e sperimentata tanto nei rapporti diretti
coll’ agricoltura o selvicoltura della madre on uenii a van-
taggio dei nostri possedimenti coloniali.
Il numero dei vegetali utili cresce tutti i giorni aumentando
continuamente i bisogni delle industrie e così anche i mezzi di rac-
na e di ricerca sono in continuo procreare. mediante le. agi d-
72
esplorazioni scientifiche. La importanza perciò del nuovo Istituto e
i vantaggi che potrà esso recare al paese dipendono dai mezzi di
cui esso disporrà al fine di accrescere le vie d’introduzione dei pro-
dotti e quelli indispensabili allo studio. È appunto per questo che
l’opera del Governo si rende necessaria sotto tutte le forme mate-
riali e morali, dirette a procacciare e facilitare la ricerca di siffatti
mezzi e ad accrescere le fonti dell’attività del nuovo Istituto.
aa
A dare una dimostrazione pratica di tali vantaggi basta ripor-
tare il nome di parecchie piante di origine coloniale e di importanza
economica, coltivate nel Giardino Coloniale, liberamente all’aperto
ed in piena terra, senza bisogno di ripari invernali, avvertendo
che un elenco più completo porterebbe tale cifra oltre il migliaio,
molte delle quali rivelano attitudini di una rigogliosa vegetazione,
quasi alle medesime condizioni dei paesi di origine.
Piante a legnami.—Acacia (17 specie), Agathis australis, Ana-
cardium occidentale, Anogeissus leiocarpa, Araucaria ‘(5 specie),
Argania Sideroxylon, Bambusa (molte specie), Casuarina (diverse
specie), Cedrela odorata e sinensis, Corynocarpus laevigata, Dio-
spyros (diverse specie), Enterolobium Timboua, Erythrina (diverse
specie), Eucalyptus (8 specie), Ficus (20 specie), Grevillea Hilliana
e robusta, Inga Feuillei, Jacaranda mimosaefolia , Laurus cana-
riensis, Olea chrysophylla, Parchinsonia aculeata, Persea gratissima
ed indica, Picconia excelsa, Pithecolobium pruinosum, Podocarpus
(tre specie), Sapindus (più specie), Sophora secundiflora e tetraptera,
Taxodium distichum e mucronatum, Vitex litoralis, etc.
Piante tessili e papirifere.—Agave {11 specie), Bombax Ceyba,
Calotropis procera, Carludovica palmata, Chamaerops humilis, Cho-
risia insignis, Corchorus capsularis ed olitorius, Cryptostegia gran-
diflora , Cyperus Papyrus, Daemia extensa, edgeworthia papy-
rifera , Eriodendron infrartevetoi | Parona (7 specie), Grewia
(civense specie), Musa Ensete, Phomnidai tenax, Sanseviera (4 specie),
ucca (diverse specie), etc.
Piante tannanti. — Acacia (5 specie), Caesalpinia coriaria ed
altre specie, Corynocarpus laevigata, Diospyros (più specie), Ente-
rolobium Timboua, Eucalyptus occidentalis Gardenia Thumbergia,
Pterolobium lacerans, etc.
,
73
Piante tintoriali.—Acacia Catecha, Anogeissus leiocarpa, Bixa
Orellana, Capurnia aurea, Crozophora tinctoria, Indigofera tinetoria,
Lawsonia alba, Rivina tinctoria.
Piante a Gomme, Resine etc. — Acacia (6 specie), Agathis
australis, Aloe (7 specie), Araucaria (5 specie), Callitris quadrivalvis,
Cedrela odorata, Cinnamomum Camphora e zeylanicum, Cycas cir-
cinalis, Dracaena Draco, Elaeodendron australe e capense, Euca-
Iyptus Globulus e viminalis, Euphorbia (9 specie), Ficus (7 specie),
Myroxylon sonsonatense e toluiferum, Terminalia australis, ete.
Piante a Caoutehoue. — Calotropis procera, Castilloa elastica,
Cecropia peltata, Cryptostegia grandiflora, Euphorbia (3 specie).
Ficus (7 specie), Funtumia elastica, Hevea brasiliensis, Kompitsia
elastica, Manihot Glaziovii, Mascarenhasia elastica, Melodinus scan-
dens, Parthenium argentatum, Sarcostemma viminalis, ete.
Piante ad essenze. — Acacia Farnesiana, Erythroxylon Coca,
Eucalyptus (3 specie), Gardenia florida, Osmanthus fragrans, Pelar-
gonium (4 specie), Plumeria (9 specie), Pogostemon Patchouly, etc.
Piante oleifere. — Aleurites cordata, Argania Sideroxylon, Be-
nincasa cerifera, Carya olivaeformis, Elaeis guineensis , Elaeoden-
dron australe e capense, Guizotia oleifera, Jatropha Curcas, Madia
sativa, Sapindus Saponaria, Sapium sebiferum, Theobroma Cacao,
Unguadia speciosa, etc.
Piante medicinali. — Aloe (11 specie), Cassia (5 specie), Ce-
drela odorata; Cerbera Odollam e Tanghin, Cinnamomum Camphora
e zeylanicum, Coffea arabica e liberica, Crescentia Cuiete, Dorstenia
Contrajerva, Dracaena Draco, Erythroxylon Coca, Illicium anisatum
Jatropha Curcas e multifida, Panax Ginseng, Pyllanthus Niruri,
Pilocarpus pinnatifolius, Pimenta acris, Strophanthus campensis,
| Strychnos Nux-vomica , Tamarindus indica, Vernonia anthelmin-
tica, etc.
Piante a frutti 0 semi eduli. — Ananas sativa, Anona Cheri-
molia . Benthamia fragifera , Carica Papaya, Carya olivaeformis,
Castanospermum australe, Diospyros Kaki, Hovenia dulcis, Mangi-
fera indica, Musa sapientium , Persea gratissima , Psidium Gua-
yava, ete.o s i
PE GITA RI 0 I API AI,
RE ERI RG
74
Piante feculifere o saccarifere. — Alocasia macrorhiza , An-
dropogon Surghum, Canna indica, Cycas circinalis e revoluta, Dio-
scorea (5 specie), Eleusine Coracana e Tocussa; Eragrostis abyssinica,
Ipomoea Batatas, Marantha arundinacea, Pachyrhizus angulatus,
Pueraria Thunbergiana, Saccharum officinale, Vigna Catjang, etc.
Tacendo degli studi intrapresi sulla coltura dei Banani , sui
Mangos, sulla Pec-Nut, sulle Anone, sul Ginseng, sulla Noce Avo-
cata, ecc., parmi di qualche interesse soffermarmi fugacemente sui
risultati delle esperienze di coltivazione delle piante a Caoutchouc,
del Sisal e del Cotone.
Quanto alle prime é superfluo il dire qual porto importantis-
simo occupa la gomma elastica tra i prodotti industriali moderni:
le applicazioni di essa, si sa, divengono tutti i giorni vieppiù estese
e la produzione non basta alla richiesta. Di qui la convenienza di
tentare la coltura anche in Sicilia. Ma questo tentativo non poteva
riuscire per la maggiore parte delle specie produttive di gomma
elastica, essendo esse proprie di climi tropicali; però una sola specie
particolarmente dava qualche affidamento di riuscita, cioè il Ficus
elastica, la pianta classica del Caoutchouc originaria delle regioni
orientali dall’ Imalaia ed in genere delle contrade relativamente
più temperate delle provincie nord-orientali dell’India. Questa spe-
cie, già sin dai primi decenni del secolo passato, era stata introdotta
nei giardini di Palermo, mostrandosi perfettamente atta a prospe-
rare all’aperto ed in condizioni di un rigoglio meraviglioso come
lo attestono i robusti individui che si ammirano in molte ville ed
anche nello stesso Orto Botanico.
Intorno a tale specie perciò si iniziarono numerose esperienze
per constatare se anche da noi fosse atta a produrre della gomma
elastica ed in tale quantità da potere rappresentare un reddito ri-
levante e degno di considerazione , tanto più che da alcuni erasi
manifestato il dubbio che questa specie, coltivata in regioni meno
calde dei paesi di origine e delle contrade tropicali, fosse deficiente
di un tale prezioso prodotto. Le analisi. chimiche a tal uopo ese-
guite da competenti laboratori e il giudizio dato specialmente.
dalla Ditta PrreLLI e C. di Milano, seguito dalla elaborazione del
prodotto stesso, eliminarono tosto tale dubbio, confermando piena-
mente il fatto che in Sicilia il Ficus elastica contiene nel suo la-
tice del Caoutehouc, che per abbondanza e per qualità tecnica non
è affatto inferiore a quello proveniente dai paesi asiatici.
Ad avvalorare la convinzione che questa pianta possa trovare
nel clima di Sicilia condizioni convenienti alla. sua cultura non
dissimili da quelle della regione siga at basti ricordare che
75
le esperienze di cultura o di propagazione sono riuscite in’ modo
completo e le nuove piantagioni istituite da quattro anni conten-
gono esemplari dell’altezza di quattro metri sopra un diametro di
circa 10 centimetri.
Al fine di mostrare la possibilità di un conveniente tornaconto
si sono associate alle piantagioni di Ficus alcune temporanee col-
tivazioni di piante erbacee e altre, e fra queste va segnato il Ba-
nano ; e tutto ciò con ana fino a questo momento abbastanza
dnliiioati.
uanto alle analisi il Caoutchouc contenuto nel latice di Ficus
risultò dal 19,25 al 35,75 °/, e nel coagulato dal 57,79 %, all’88,15 %,
dipendendo tale quantitativo dalle stagioni e dall’altezza dell’albero
da cui proveniva il campione esaminato, così come lo dimostrano
le seguenti cifre :
Altezza Caoutchouc %,
della incisione
da terra nel coagulato
m. 0,50 86, 50 a 88, 15
» 1,00 82,25
2.00." 79,50 a 79, 80
» 4,00 57,79
Le resine furono trovate assai scarse : ad esempio nel coagu-
| lato del campione prelevato il 30 Novembre 1905, si ebbe
Fuesima mentra... (Li 19.000,
: Uabatehong #.-, >... 89,60%,
Weneri.: c.ca i
Confrontando poi i nostri dati con “quelli ottenuti in n altri paesi, 0;
si trovò una perfetta concordanza: ad esempio il ircriplesti di
- Caoutchouc riscontrato nel latice fu il ‘stage
Algeria Giava Borneo
Palermo
(Girard) (Warburg) | (Henriques)
19,25 10,00
a 17,3 a 40,00
35,75 30,00
Da tutto ciò si deduce che la possibilità di coltivare il Ficus
elastica in Sicilia come pianta di interesse economico industriale
non manca di serio fondamento. ù
Un'altra pianta di valore industriale è stata anche oggetto di
studii ed esperienze nel Giardino Coloniale, ed è 1’ Agave Sisalana.
Infatti questa specie merita una particolare considerazione perchè
perfettamente rustica sotto il clima della Sicilia e capace di dare
un'eccellente prodotto in fibre tessili, per nulla inferiore a quello
proveniente dalle colture dei paesi estra-europei, così come lo di-
mostrano i giudizi di persone autorevoli e i saggi di lavorazione
eseguiti dalla Società « Tele, Olone e Canapacci » di Palermo.
Il suo sviluppo è sotto il clima di Palermo normale ed anche ab-
bastanza rapido; però se le piante non raggiungono così presto le
grandi dimensioni segnalate in altri climi ciò non è da attribuirsi
a difetto, giacchè il quantitativo delle fibre rappresenta una cifra
molto rilevante in confronto ai dati che si hanno dalle colture
eseguite in altri paesi, così come lo dimostra il seguente quadro :
Palermo : . ; i 3.6—6.1 per. ceuto
Francia (Riagelmann) . ì 2.8—3.0
. Algeria (Trabut) . —. (Lx > Beda
Eritrea (Senni) . : i 14-2.6 »
. Africa Or. Ted. (Braun) i 2.4-—3.0. _»
| Maurizio (Bonann). ù i 4.1-4.2 »
Indie Or. (Gammie) . : 2.4-3.8. »
Giava (Treub) . ; i 3.0 »
Hawai (Coulter) . , i 2.3—3.3. >»
Bahama (Coulter) . : . 3.0—5.0 »
Yucatan (Trop. Agr.) . È 4.0 »
Queensland (Queensl. Agr.) . 4.0 »
New Sonth Wales (Queensl. Agr.) 3.3 »
cli ei,
77
Tenendo conto delle scarse esigenze della cultura dell’ Agave
Sisalana, potendo essa prosperare in terreni sterili ed incolti, i
quali rappresentano nel mezzogiorno delle’ estensioni rilevanti, è
da concludere che i risultati esposti meritano molta considerazione.
Ricorderò in ultimo che la quistione cotoniera è stata anche
oggetto di particolare attenzione da parte del nostro Giardino Co-
loniale e continuano ancora ad essere essa rivolte le maggiori cure.
La coltivazione del cotone in Sicilia, per quanto risalga ad
antica data, non presenta oggi un gran interesse tenuto conto
della limitata estensione delle attuali culture cotoniere e della qua-
lità delle razze coltivate. Le esperienze colturali iniziate dal pro-
fessore TobARO del R. Orto Botanico di Palermo, dal 1868 al 1888
furono ispirate al puro interesse scientifico coll’intento di studiare
il limite delle specie botaniche del genere Gossypium. Oltre a ciò,
non si aveva a quel tempo alcuna nozione intorno alla possibilità
di creare nuove razze per selezione, ibridazione, ecc., sebbene fosse
riconosciuto impellente il bisogno di potere sostituire alle varietà
di cotone allora coltivate in Sicilia nuove razze di redditizie e nel
tempo stesso resistenti al clima dell’Isola. Uno studio attento
delle condizioni climatiche e meteorologiche in generale della Si-
.cilia in confronto con quelle delle regioni dell'America settentrio-
nale, ove il Cotone forma oggetto di estesa coltura, porgeva ba-
stevole materia onde intraprendere tentativi di coltivazione anche
di razze non ancora esperimentate sotto il clima siciliano; mentre
d’altra parte, tenendo conto dei progressi compiutisi in dedi al
miglioramento delle razze mediante il grande impulso dato a questa
parte della biologia agricola dai cotonicoltori americani, il Giardino
Coloniale di Palermo pensò di potersi frapporre un piano di ricerche
a eseguire e di iniziarne l’attuazione.
Quando ai risultati di tali esperienze dirò che esse, compren-
dono non solamente alcune varietà esotiche, quali il Mit-Afifi e
l’Abassy dell’Egitto ed il Missisipì dell'America, ma anche il Bian-
cavilla, antica razza di cotone siciliano e la migliore fra quelle at-
tualmente coltivate.
I risultati di tali prove sono abbastanza incoraggianti. Molte
altre varietà e forme sono attualmente oggetto di coltura; e fra
queste parecchie provenienti da un’accurata selezione secondo il
metodo del pedigrée e da ibridazioni, mentre molti campi di prova
sono stati istituiti in varie parti della Sicilia al fine di sperimen-
tare la coltura sotto difterenti condizioni di ambiente e dimostrare
i la possibilità di coltivazioni in grande.
Finora abbiamo esaminato la funzione del Giardino Coloniale
da un solo lato, quello cioè, che gli conferisce il carattere di un
Istituto di coltura e di studio dei prodotti agricoli di origine co-
loniale. Però di leggieri si comprende che esso assurge alla im-
portanza di un campo sperimentale e dimostrativo qualora si vo-
lesse trar vantaggio dalle sue condizioni a beneficio dell’ insegna-
mento; di un insegnamento, s’intende, tecnico speciale, adatto a
infondere le conoscenze sulle colture di carattere tropicale.
Quest’altro indirizzo da introdurre nella nostra scuola agraria
è una logica conseguenza dell’odierno attivissimo movimento de-
terminato dal bisogno di sviluppare l’agricoltura nelle colonie,
della qual cosa ci danno ragione le molte scuole agrarie coloniali
sorte all'Estero in questi ultimi anni ed alcune di esse istituite
con grande lusso di mezzi e frequentate da numerosi allievi.
Forse si dirà che l’Italia, quanto a estensione di territorii co-
loniali è in condizioni inferiori ad altre Nazioni e non valga perciò
la pena di dare uno sviluppo considerevole al suo insegnamento
agrario nel senso di estenderlo molto al di là dai limiti propri al
dominio della vecchia classica nostra agricoltura. Questa obbie-
zione non ha una grande importanza ; anzi, io credo, che se anche
si volesse fare astrazione agli interessi particolari dell’ Agricoltura
dei possedimenti italiani dell’Africa, basterebbe solamente conside-
rare ciò che l’Italia rappresenta nel movimento dell'emigrazione
rispetto agli altri Stati dell'Europa, per riconoscere 1’ opportunità
di un insegnamento agrario coloniale.
A questo proposito va ricordato che sono appunto le più belle
e le più feraci e agricole provincie italiane quelle che pagano il
più forte tributo alla emigrazione e ogni anno migliaia tra i mi-
gliori e più laboriosi strumenti della ricchezza nazionale, resi inerti
dal disagio economico, disertano le campagne e vanno a sacrifi-
carsi in lontane regioni al bene altrui. Quali felici disposizioni
del temperamento e quanta laboriosità porta seco questa folla di a-
gricoltori lo sappiamo. Molti di essi si dirigono verso le regioni
più calde della terra ove per sè stessa la natura spiega con mag-
giore intensità che nei paesi temperati le sue energie produttive e
può quindi ivi l’esercizio dell’agricoltura offrir loro largo campo
di svolgere quelle attività che sono consone alla loro educazione.
E maggiore sarebbe il numero di quelli che ne seguirebbero lo
esempio se le vie dell’emigrazione verso i differenti paesi.
79
egualmente agevoli: sicchè la più”grande parte degli agricoltori
emigranti è costretta a dirigersi verso le grandi città e i centri
più popolosi e mutar mestiere pur di vivere.
Pur restringendo ogni considerazione ai rapporti della popo-
lazione agricola siciliana coi paesi dell’Africa settentrionale deter-
minati dalla emigrazione, la quistione acquista un importanza ee-
cezionale. Bisogna a questo proposito ricordarsi che nella sola Tunisia
si trovano dispersi non meno di 120000 siciliani, mentre i francesi
non superano la cifra 5000. Ma la o è ancor più ri-
levante considerando le pastun morali del nostro contadino. L’I-
talia — afferma il FiscHER — possiede nella Sicilia una stoffa di
colonizzatori di prim'ordine, la quale non soffre comparazione con
alcun’ altra gente e può mettere radici sopra ogni terra e prospe-
rare sotto ogni cielo. È un fatto da tutti riconosciuto che i sici-
liani sono più laboriosi e sobri e superano i francesi e qualunque
altra gente come colonizzatori. Però — come. scrive il SAURIN a
proposito dell’ opera colonizzatrice francese in Tunisia - «il sici-
liano offre lo spettacolo di una cultura rudimentale, mentre il
francese sa valersi dei sussidii della moderna agricoltura». Ora
non v’è dubbio che in vista di tali vantaggi e delle particolari
relazioni geografiche e anche storiche che esistono fra la Sicilia e
i paesi situati lungo la costa settentrionale africana, a partire dalla
Tunisia fino alla Tripolitania e Cirenaica, nessuna forza potrà nel-
l’ avvenire arrestare la influenza del colono siciliano in quelle
parti (1). Ma questa espansione coloniale va regolata, illuminata,
sorretta dai benefici di una istruzione che renda possibile la tra-
sformazione del lavoro dei figli della nostra Isola in opera di ci
viltà e progresso.
Certamente una scuola agraria coloniale non può a priori ri-
promettersi l’ immediato vantaggio di attrarre a sè e di dare una
educazione tecnica speciale completa alla grande massa dei nostri
coloni emigranti. Ciò è possibile solo quando le condizioni di per-
fezionamento civile, alle quali sarà pervenuto il nostro contadino
col concorso di ue mezzi di educazione, avranno reso fecondo. il
substrato della sua coscieuza di cittadino. D'altronde, anche con-
siderate le condizioni di distribuzione della nostra popolazione agri-
cola, sarebbe vano sperare che la istruzione agraria possa eserci-
tare effetti utili, rapidi e immediati sulla grande massa di essa.
(1; V. O. BrrtaccHi, La Sicilia nel Mediterraneo. Palermo 1900,
e E EE ge ge STRO
\
80
Tuttavia, bisogna tener conto iù prima linea delle felici disposi-
zioni del talento meridionale e di una possibile benevola influenza
capace di manifestarsi indirettamente e col tempo, allo stesso ti-
tolo come riconosciamo palesi i vantaggi dei cresciuti mezzi di
diffasione della istruzione agraria e specialmente delle scuole pra-
tiche di agricoltura. Epperò son convinto che una scuola agraria
coloniale debba riuscire di grande pratica utilità come preparazione -
di quel substrato di cognizioni necessarie a coloro che abbiano in
generale interessi agricoli da esercitare fuori d’Italia, si che l’ope-
ra del colono italiano sotto qualunque clima esplicasi , pur lungi
dalla diretta influenza politica della madre patria, possa rispondere
ai progressi della civiltà e onori il nome italiano.
Quali debbano essere le funzioni di questa scuola, i limiti
dell’insegnamento da impartirsi e i rapporti di essa coll’attuale in-
segnamento agrario è facile precisarlo considerando il carattere
proprio alla nostra agricoltura al quale si appoggia tutta la orga-
nizzazione dell’attuale istruzione agraria. Epperò va ricordato che
l’ agricoltura italiana partecipa manifestamente della natura meri-
dionale; le colture che le sono caratteristiche seguono il passaggio
tra quelle proprie dei paesi temperati e quelle delle regioni tropicali.
Anzi la Sicilia, e una parte del mezzogiorno della Penisola, ap-
partengono botanicamente al dominio della flora subtropicale. Il
che conferisce alle nostre coltivazioni una ricchezza e varietà che
non trovano riscontro nei paesi d’ oltre Alpe; basta ad esempio
ricordare la coltura degli Agrumi, del Carrubo , del Sommacco.
della Anona, del Cotone, dei Banani, ecc.
- È facile immaginarsi come debba rappresentarsi complesso il
problema della istruzione agraria coloniale nei paesi pit nordici
d’Italia, tali l'Olanda, l'Inghilterra, la Germania. ecc. dove la lo-
cale vecchia agricoltura si riduce all’ esercizio di pochi particolari
colture, per lo più cereali, qualche pianta da frutta e a quella di
alcune specie forestali indigene. Non può quindi meravigliare se
di fronte a tali condizioni l'agricoltura coloniale in quei paesi ha
raggiunto. così alto grado di perfezione e specialmente estensione
da divenire adore una scienza affatto nuova. E così tutto il
sistema agrario coloniale di quei paesi esige uno sviluppo più gran-
dioso e mezzi di esplicazione efficacissimi e svariati tali da richia-
mare tutte le cure e le preoccupazioni dei Governi, di Enti am-
ministrativi, di associazioni private, ecc
Ma per fortuna ben altre e più tuvoreveli condizioni offre la
nostra agricoltura locale, di cui gli effetti si rivelano nell’ educa-
zione agraria più vasta dpi svariata a cui provvedono le diverse
sI
nostre scuole agrarie di qualunque grado e specie esse sieno. Con
ciò è reso più agevole il nostro compito e basta sapere con oppor-
tunità profittare dei mezzi di cui dispone attualmente 1’ insegna-
mento agrario ufficiale, coll’aggiunta di quel poco riconosciuto di
carettere speciale e adatto al fine di una cultura agraria coloniale
per riuscir a dar vita a un'istituzione utile e confacente allo scopo
senza gravi dispendii da parte dello Stato e corrispondente alle
esigenze della cultura nazionale. È
È mio parere dunque che la organizzazione di una scuola
pratica d’agricultura tropicale ad uso dei nostri coloni non può ri-
chiedere grandi mezzi di organizzazione molto al di là di quelli
propri ai nostri istituti d’istruzione agraria; ma solo la istituzione
di alcuni corsi speciali complementari.
Se il compito si riducesse a qualche cosa di elementarismo
e pratico per attirare unicamente i coloni emigranti e mostrar loro
quali sono i prodotti agricoli coloniali di maggiore utilità , come
questi vengono coltivati, raccolti, preparati ecc. basterebbero dei
semplici corsi dimostativi, forse temporanei, come sono quelli im-
partiti dalle così dette scuole d’innesto 0 p. e. quelli istituti dalla
Francia nei suoi possedimenti dell’ Africa per insegnare i coloni
la estrazione, preparazione , ecc. del Caoutchouc. Sono certo che
se a un nostro contadino, intelligente e laborioso com’ è, si mo-
strassero delle colture; p. e. di Caffè, anche di piccolissima esten-
sione, e avesse egli l'occasione di vedere come esse sono impiantate,
governate, ecc., quali sono e come si presentano le malattie a cui
è soggetta questa pianta nei luoghi ov'è coltivata, come si raccol-
gono e si preparano i frutti, si aprirebbe a lui un nuovo campo
di vedute pratiche a cui potrebbe, vedendo, ispirare i suoi piani
d’intraprese, qualora fosse obbligato ad abbandonare i suoi agru-
meti e le vigne per recarsi nei paesi d’ oltre mare. To credo che
la corrente della emigrazione della nostra popolazione agricola, se
fosse guidata da siffatti lumi, troverebbe più vasto il campo d’e-
spansione, e ciò con maggior profitto e col vantaggio di una sicura
prevalenza sui coloni di altri paesi perle eccelleriti sue qualità morali.
Ma questo solo non può essere il fine di un’istruzione agraria
coloniale completa adatta a spandere i suoi lumi su questi umili
strumenti della ricchezza delle nazioni. È necessaria perciò una
scuola che accolga coloro che volessero acquistare una coltura spe-
ciale più elevata, atta a giovare di complemento a quelle cogni-
zioni apprese negli altri Istituti agrarii nel Regno. Si tratterebbe i
dunque di un corso complementare nel vero senso della parola, il
quale potrebbe benissimo impartirsi in un solo anno da dedicarsi
allo svolgimento di poche materie strettamente particolari e guidato
da un indirizzo pratico in tutto ciò che possa compartirsi colla
natura delle materie stesse.
‘Se dunque, come abbiamo visto , le odierne condizioni poli-
tiche, sociali, ed economiche dimostrano la convenienza che anche
fra noi cresca e svolga la sua attività un’ istituzione che giovi a
diffondere le conoscenze sulle produzioni agricole d’ oltre mare e
volga 1’ attenzione dell’ agricoltore verso nuove fonti di ricchezze
disperse in lontane contrade, poste direttamente o indirettamente
sotto la influenza politica e commerciale dell’Italia, illumini e in-
coraggi l’opera colonizzatrice o qualunque altra intrapresa del no-
stro agricoltore all'Estero; se, dico, è necessario allargare il campo
della istruzione agraria comprendendovi anche lo studio dell’ agri-
coltura tropicale, al nostro Giardino Coloniale, come centro di at-
tività. pratica e sperimentale, rimane certamente affidata una parte
molto importante. Grande è poi nel tempo stesso il vantaggio di
una posizione geografica così favorevole allo sviluppo di coltiva-
zioni di origine tropicale, nella quale ha sede il nuovo Istituto, e
basta a questo proposito considerare a quali ingenti sacrifici e a
quante difficoltà si trovano esposte simili istituzioni fuori d’ Italia
a causa della inclemenza del clima. Tutto ciò rappresenta, ripeto,
un vero beneficio, capace di assicurare all’ Istituto una vita pro-
e mubcna al paese, tanto più se esso potrà interamente
esplicare la sua azione e abbracciare nell’ambito delle sue funzioni
anche lo studio di problemi che interessano la introduzione e la
conoscenza di nuove colture d’importanza economica-industriale nel
Mezzogiorno.
A. Borzi.
Intorno all’Arillo di Schotia latifolia, JAcQ.
(Nota anatomo-biologica)
La Schotia latifolia, JAcQ. è una leguminosa arborescente di
media altezza, indigena dal Capo di Buona Speranza, che porta a
maturazione semi con arillo voluminoso, giallo, di consistenza car-
nosa, il quale , strofinato fra le mani, diventa fortemente attacca-
. ticcio. Siffatta formazione conferisce senza dubbio qualcosa di ca-
ratteristico ed interessante alla biologia della disseminazione. Di-
fatti, se importante deve ritenersi lo studio delle proprietà del
seme di conservarsi più o meno lungamente allo stato di riposo, e
di resistere alle influenze esterne, ancora importante è la conside-
razione degli svariatissimi apparati annessi che hanno per fine la
distribuzione della specie a distanza. Sotto questo riguardo l’arillo
di $. latifolia, JAcQ, che presentasi come una formazione del tutto
| distinta dalla testa sessuale, costituisce un vero apparato biologico
rispondente ad una funzione vessillare di adescamento in maniera
eccellente
Or è lo studio delle attribuzioni biologiche, unito a quello
delle particolarità anatomiche del detto arillo ciò che forma argo-
mento della presente nota.
L’esemplare di Schotia , che cresce in questo R. Orto Bota-
| Rico, copresi ogni anno a Primavera di molti fiori, rossi e vistosi,
84
i quali, forse per mancanza di pronubi, abboniscono pochi semi.
I legumi che contengono ordinariamente un solo seme maturo,
giacchè gli altri ovuli abortiscono durante lo sviluppo, sono de-
pressi, con forma largamente ellittica e margini suturali robusti
e taglienti. La sutura dorsale è molto larga nella SOIGRA media-
na e gradatamente si attenua verso le estremità; inoltre è é percorsa
da due piecoli rialzi longitudinali.
La satura ventrale invece è più sottile ed uniformemente larga
in tutto il suo percorso, presentando anch’essa un breve rialzo, En-
trambe le suture convergono all’ apice in una sorta di appendice
sporgente, avanzo della base dello stilo. Le valve sono dure , co-
riacee, con superficie esterna ruvida al tatto e colorito fulvo cupo.
Esse, in corrispondenza all’area seminale, si sollevano in modo da
riprodurre fedelmente 1’ impressione del seme; mentre in tutta la
rimanente parte combaciano l’una all’altra. I peduncoli che sosten-
gono i legumi sono rigidi ed eretti tanto da non rompersi anche
sotto l’azione dei venti forti.
I caratteri normali dei semi si possono già ritrovare nei legu-
mi che abbiano appena raggiunto un terzo delle dimensioni defini-
tive. Il tegumento in allora appare bianco e tenero ed il funicolo
rivelasi circondato esternamente da una specie di manicotto giallo
carnoso ancora poco attaccaticcio. A compiuta maturità il segmento
cambia colore, diviene fulvo, liscio e durissimo ; l’arillo cresce di
dimensioni conformandosi a cupola ed assume cobirita vivace e pro-
prietà di attaccarsi agli oggetti con cui viene a contatto. A ciò si
riferiscono le indicazioni di each seed sitting in a cuplike, yellow,
fleshy arillus, date per la specie da HARVEY e SONDER (1); di
semina arillata trigono globosa nec quadrato compressa di WAL-
PERS (2), di semina compressa fumniculo in arillum cupula-
tum - carnosum expanso date da BENTHAM e HookER (3) ; di
s. kreisfirmig, ohne Ntihrgewebe; Funiculus meist in einen be-
cherfirmigen, fleischigen Arillus ausgewachsen, date da ENGLER e
PRANTL (4)
(1) Harver W. H. and Sonper Ort. Wink. , Flora capensis.
Vol. II. Dublin (1861 62) p. 2753-74.
(2) WaLpprs Gur. GeRrABD, Animadversiones criticae in Legu-
minosas Capensis gp Berolinensis-Halis. p. 12.
(3) gperca G. T_HoocKER J. D., Genera Plantarum. Vol. I
Para.-H,
(4) prua ET PrantL R., Naturl. Pflanz. f. Teil III. Abth. 3
(1894) p. 95-96.
®
To
Lg, Jane a 00
Il seme liberato dall’arillo, presentasi liscio con margini arroton-
dati, durissimo e di colorito fulvo-cupo. Il micropilo, il chilario ed
i tubercoli gemini sono ben distinti e molto ravvicinati, costituendo
una regione pochissimo estesa clîe rimane, insieme con un’area circo-
stante depressa, nascosta interamente dall’arillo. Il segmento se-
minale, robusto e spesso, riportasi per i suoi caratteri fondamentali
di costituzione a quello delle leguminose in genere. Vi riscontria-
mo difatti i tre strati tipici osservati da MATTIROLO e Busca-
LIONI (1) e cioè : lo strato delle cellule malpighiane, lo strato delle
cellule a colonna e lo strato profondo. Nello strato delle cellule
malpighiane troviamo molto sviluppate la cera e le membrane di
riyestimento. Scarso è anche il quantitativo di acqua contenuto nei
cotiledoni tanto che, avendo tenuto dei semi parecchi giorni in am-
biente a temperatura di 45°, la perdita di peso subita non andò
oltre i 5 centigrammi. Dopo tale prova non era andata perduta la
facoltà germinativa.
L’arillo di Schotia latifolia, JACQ. è un arillo funicolare tipi-
co, stando alla classificazione di PFEIFFER (typischen funicular
Arillen) (2) e come tale proviene da escrescenza uniforme del pa-
renchima del Funicolo che si applica sul segmento senza contrarre
con esso aderenza. L’esame di un taglio trasversale iu uno stadio
giovaniie ce lo mostra, prescindendo dalla regione conduttrice fu-
nicolare, costituito di un tessuto di cellule più 0 meno ellittiche le
cui cavità contengono, in seno ad una sostanza fondamentale fine-
mente granulosa di natura albuminoide, delle gocciolette molto ri-
frangenti di aspetto oleoso, colorate in giallo. Queste gocciolette sono
costituite di un liquido omogeneo contenuto in un otricolo sottilis-
simo di sostanza proteinica. Esso diffondesi rapidamente nel liquido
(1) MartIRoLo 0. e BuscaLioni L.. Ricerche anatomo - fisiolo-
giche sui tegumenti seminali delle Papilionacee. Torino (C. ctr
1892.
(2) PrEIFFER A. , Die Arillargebilde der Pflanzensamen (mit 1
Taf.). Botanische rici fiir Systematik Pflanzengeschichte und —
Pflanzengeographie h. v. A. Engler (Leipzig 1890) p. 511.
DAHMEN M,, Kisa physiologische Untersuchungen iber
den Funiculus der Samen (Inaug. Diss.) (Pringsheims Jahrbiicher fir
sterco dite Botanik.) Bd. te Heft. 3. Erlangen 1891.
|. Ref. Bot. C. BI. (1892). Bd. LI. p. 389-90 =
» in lr ’s Jahrb. Ba XXI. Hoft. 3 e Bd. XXX. 8
(roi fee i e ei a tr Ae iii Le on are ai n A e A A
SPRINAIE EPICA MA N 3 “go è S x
PARI
di osservazione (oleole, glicerina, acqua) impartendo a questo una.
tinta gialla caratteristica. Per il suo comportamento in presenza di
Percloruro di Ferro, Acido Osmico, Violetto di Anilina di HAu-
STEIN (1) rivelasi costituito in massima parte di sostanze tanniche.
Evidentemente quelle gocciolette rappresentano particolari ciste tan-
nifere che, nel caso in considerazione, trarrebbero origine in seno
al protoplasma cellulare conformemente alle vedute di BERTHOLD,
KLERCKER, MoLLER ed altri (2). Dapprima sono numerose e pic-
colissime ; di poi confluiscono insieme fino a ridursi ad una vacuola
unica che occupa quasi la massima parte del lume eellulare.
Nelle regioni centrali dell’arillo tale fusione ha luogo molto
tardi per cui ci vien dato osservare le cistidi ben distinte in tutte
le epoche. Mentre nell’interno delle cellule avverasi la cennata fu-
sione, le pareti subiscono una metamorfosi chimica in gomma o so-
stanza affine così da conferire a tutto l’arillo quel carattere col-
lascente che è fra le proprietà sue più caratteristiche. La trasfor-
mazione chimica in gomma si inizia nelle lamelle interne ed a poco
a poco estendesi a tutto lo spessore della membrana riducendola
ad un sottile straterello appena percettibile. Non interessa le mem-
brane delle cellule epidermiche e di alcuni strati ad essi sottostanti.
Riesce sorprendente la quantità di tannino contenuta negli aril-
li in questione. Basta difatti tenerne uno per alcuni giorni im-
merso in un volume di quattro o cinque litri di acqua perchè que-
sta si colori intensamente in giallo d’oro. Una piccolissima parte
di liquido diluita ancora e trattata con percloruro ferrico od acido
osmico annerisce. L’arillo, oltre le proprietà fisico-chimiche accen-
nate ha anche di caratteri organolettici propri : esso è di sapore
amaro, di quell’amaro che ricorda i cotiledoni dei semi di Lupino
(1) PouLsen-PoLi, Microchimica vegetale (1881) p. 42-43.
BeHRENS W., Tab. z. Geb. Mikroskopisch. Arb. (1892) p. 139.
(2) BerrHoLD G., Studien inber Protoplasma-mechanik. Leipzig
1886 p. 56. Ref. I. B. Jahb. 1886, 1 abth. n.° 2, 16, 24, 25, 52, 66,
94, 96.
KLERCKER Jonw. , Studien iber die Gerbstoffvakuden. Tilbinger
Inaug-Dissert. 1
MoLLER H., Anatomische Untersuchungen iber das-Verkommen
der Gerbsiure. e d. D. b. Gessell. Bd. VI. p. LXVI
Pistone, Di alcune cisti tannifere. Nuovo Giornale Botanico ita-
liano. Vol. II. (1895) p. 62-69.
87
(Lupinus) (1). Da ciò è permesso congetturare che insieme col
tannino si trovino presenti particolari alcaloidi, glucosidi, cui spetta
probabilmente il colorito giallo caratteristico accennato.
tabiliti sommariamente i fatti fondamentali in ordine alla ori-
gine, sviluppo e anatomia degli arilli, prendiamone in considera-
zione le funzioni biologiche. Per procedere ad una disamina ac-
curata dei rapporti che intercedono fra i caratteri di esso e le con-
dizioni dell'ambiente, è necessario rivolgere l’attenzione al modo di
comportarsi delle diverse parti del legume, quando questo è giunto
a maturità.
Anzitutto conviene osservare che la deiscenza dei legumi ha
luogo molto tardi e non per divaricamento delle valve secondo la
sutura ventrale, com’é il caso comune alla maggior parte delle Le-
guminose ; ma per rottura delle valve stesse in vicinanza dei mar-
gini suturali. Cosichè questi ultimi restano intieri comportandosi
come formazioni rigide dure ed indipendenti. Per intendere bene
questo meccanismo giova ricordare che alla parte interna delle valve
esiste una zona robusta o di rinforzo costituita da parecchi strati di
elementi corti con membrane molto spesse e fortemente sclerificate.
Esso nella regione dei margini suturali (ventrale e dorsale) diventa
più spessa e conserva la sua continuità anche in corrispondenza
all'angolo descritto dai margini medesimi così da renderne impos-
sibile il divaricamento. Però questa zona di rinforzo situata ai mar-
gini non ha relazione alcuna con quella che trovasi alla faccia in-
terna delle valve, dappoichè esiste fra esse una interruzione ove
trovasi interposto un tessuto ad elementi larghi e membrane sot-
tili. Siffatta interruzione rappresenta una regione di minore resi-
stenza costretta a lacerarsi sotto la trazione esercitata dalle parti
necrotizzate delle valve. Il distacco di queste è preceduto da con-
torcimenti e dall’aprirsi di fenditure irregolari a traverso cui spicca
sul fondo fulvo del segmento seminale e delle valve il giallo-vivace
ell’ar
0.
Allorchè la separazione delle valve è completa e non reno
che i due margini suturali che circoscrivono il: seme a guisa di
(1) Davis., Uber die Alkaloide der Samen von Lupinus albus
und Lupinus sagoustifoline, Ref. Bot. Cent. BI. Bd. LXIX. 1897, pa-
gina 454, È,
HusEMaNN A., HiL6er A., Husemann Thn., Die Piianzenstoffe.
Bd. II, (1884) p. 1031-33.
telaio la funzione vessillare dell’arillo raggiunge uno scopo più ele-
vato. L’arillo in allora mostrasi come un eccellente apparato di
richiamo o adescamento che non può sfuggire all’attenzione degli
animali i quali non potranno essere rappresentati in questo caso che
dagli uccelli. Stante la esiguità relativa di semi maturati nell’esem-
plare esistente in questo R. Orto Botanico, non mi venne dato sor-
prendere uccelli sulla pianta in cerca di semi. Non pertanto, da
| alcuni fatti sperimentali credo possa argomentarsi che sia quella
accennata la funzione biologica degli arilli.
Sotto il clima di Palermo mi sono accorto che i semi possono
conservarsi per parecchi anni consecutivi sulla pianta cadendo in
seguito a raffiche violentissime di vento. Ciò dipende dalla robu-
stezza del peduncolo , dalla rigidità dei margini suturali, e dal modo
saldo di attaccarsi dei semi al funicolo. Però questo dimostra come
sia necessario l’intervento di agenti esterni per determinare il' di-
stacco quando non vi concorrano altre cause. Fra le proprietà del-
l’arillo ricordiamo la sua igroscopicità ; tenuto in ambiente umido
diviene molle, vischioso, grosso, capace di attaccarsi tenacemente agli
oggetti con cui venga a contatto. È da supporre che queste condi-
zioni si verifichino in natura essendo la Schotia una pianta
boschiva.
Dopo ciò due ipotesi ci permettiamo fare intorno al modo se-
condo cui effettuasi la disseminazione della specie : o che determi-
nati uccelli indigeni del Capo di Buona Speranza, allettati dal co-
lore dell’arillo corrano alla sua volta, lo distacchino e trovandolo
collascente non atto alla deglutizione, lo lascino cadere unito o se-
parato dal seme; o che ingoino addirittura il seme operandone in-
consciamente la diffusione per mezzo degli escrementi. Questa ul-
tima ipotesi potrebbe trovare valido appoggio nella consistenza del
segmento seminale e della regione chilariale ; però merita conferma
sperimentale ; tanto più che non trova PRETE nei casi di analoga
disseminazione citati dagli autori, essendo i semi piccoli (Lespe-
deza, Pitecolobium, Prosopis, specie di Inga, Pahudia) (1) a ciò
meglio adatti. D'altra parte i semi non ancora perfettamente ma-
turi vengono dai Caffri e dagli Ottentotti (2) mangiati ; il che di-
mostra che non contengono sostanze velenose.
0) Dda i Li è pi 96.
( » Li. è. p. 488.
ATTI È c. p. 534 e seg. i
Hur& E., Die Verbreitung d. Pflanzen durch die Exremente d.
/
89
Ma altre funzioni potrebbero attribuirsi all’arillo. Ed anzitutto
quella voluta da TscHIRTCH (1) per molte Leguminose tropicali con-
tenenti tannino, che consiste nel provvedere alla conservazione dei
semi fino alla germinazione ed alla sicurezza delle piantine durante
i primi stadi di sviluppo, funzionando come sostanza asettica e buona
a tenere lontani gli animali. L’arillo di semi posti a germinare,
sotto l’influenza dell’umidità si gonfia lasciando diffondere tut-
t'attorno grande copia di sostanza gialla che imbratta il terreno ;
in seguito esso si rammollisce e disfà al suolo. Questo avviene
molto tempo prima che l'embrione si svolga. Alle superiori at-
tribuzioni biologiche dell’arillo possiamo anche associare quella di
fare attaccare i semi al terreno (KLEBS) (2) quantunque essa me-
riti valida conferma.
Dai fatti osservati concludiamo che nei semi di Schotia lati-
folia, JacQ. l’arillo, per la sua vistosità e per i suoi caratteri par-
ticolari, rappresenta un apparato biologico di molta importanza atto
ad adescare determinate specie di uccelli per promuovere la dis-
seminazione a distanza, fissare i semi al suolo e proteggere le pian-
tine durante i primi stadi di sviluppo.
P. LA FLORESTA.
Thiere I. Pare naturwissenschaftl. Vostrige herausgeg. V.
E. Huth., Bd. III 8° 35 pp.—-Berlin 1889. — Ref. B. C. B. prugne
Bd. 38 p. 774.
(1) TscuIrscH A., Sitz. ber. Preuss. Akad. d. Wissenschaf; 2.
FEIFFER. L. c. p. 535. sa
(2) SrrasBuRGER, NoLbu., Sour. Trattato di Botanica. Trad. oi i
VETTA, p. 80, le
Altre piante a nettarii estranuziali.
1. Aracee.
Il DELPINO, nella sua classica opera sui nettarii estranuziali (1),
non conosceva alcuna ‘specie di Aracee che ne fosse provvista. In
seguito il BARONI (2), dietro le indicazioni del BECCARI, segnalò
incidentalmente la presenza di nettarii estranuziali sulle foglie di
un Arisaema, precisamente negli angoli basilari dei segmenti, sup-
ponendo però a torto che potessero avere rapporti con la impolli-
nazione dei fiori di tale specie.
Ora posso segnalare due altre Aracee provviste di nettarii e-
stranuziali, da me recentemente riscontrate nell’Orto Botanico di
Palermo.
La prima specie è il Philodendron cuspidatum, C. KocH et
BoucHÈ, del Messico e del Panama. Alla base di ogni catafillo,
per ciascun lato, presenta una serie di due, tre o più foveole se-
cernenti, situate lungo una linea orizzontale, ed appena incavate
nella restante superficie, si che riesce difficile distinguerle senza
un accurato e minuzioso esame: la loro secrezione è fugace, limi-
(1) DeLpino F., Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale. In
Memorie della R. Accademia delle Scienze di Bologna. Ser. IV.
Tom. IX. 1888.
(2) BaronI E., Osservazioni sopra alcune Aracee cinesi. In Nuovo
Giornale Botanico Italiano. Nuova serie. Vol, IV. 1897. p
91
tata nei primi periodi di sviluppo, e l’accesso delle formiche è pure
piuttosto scarso.
a seconda specie è il Philodendron Lindeni, ScHOTT, della
Colombia. In questa specie la funzione mirmecofila è assai più e-
saltata. In ogni catafillo si hanno numerosi nettarii, irregolarmente
sparsi: sono in forma di foveole ellittiche, cinte da un orlo di co-
lore rossastro, e lunghe da uno a due millimetri: in un solo cata-
lo ne ho contate più di ottanta. Analoghi nettarii, quantunque
più scarsi, si trovano sui picciuoli fogliari. Questi nettarii secer-
nano abbondantemente allo stato giovanile, e sono visitati in grande
abbondanza da formiche.
dunque anche alfune Aracee si debbono includere fra le specie
mirmecofile, e forse numerose altre si riscontrerebbero di tali, stu-
diandole viventi nei loro paesi di origine.
2. Acantacee.
Il DELPINO pure non conosceva alcuna Acantacea a nettarii
estranuziali. Più tardi il BuRcK (1) ebbe a constatarne nella TRun-
bergia grandiflora : in detta specie io pure li osservai, indipen-
deritemente, e ne pubblicai un cenno (2), credendoli non ancora
descritti. In seguito, rivedendo alcune collezioni dell’ Eritrea, ebbi
modo di accertare la presenza di nettarii in altre Acantacee (3),
cioè in alcune specie del genere Barleria : questi nettarii sono si-
tuati specialmente sulle brattee e sulle bratteole.
(ed e E SERRE
Ora a queste Acantacee mirmecofile posso aggiungere un’altra
Specie pure mirmecofila, ‘osservata nel R. Orto Botanico di Palermo,
e spettante alla medesima famiglia. È la Aphelandra tetragona,
NES, della Colombia. Questa specie porta lunghe infiorescenze a
(1) Burok W., Beitraege zur' Kennatniss der myrmecophilen
Ptlanzen und der Bedeutung der extranuptialen Nectarien. In A4n-
nales du Jardin Botanique de Buitenzorg. Vol. X. 1891. p. 99.
(2) MarTEI G. E., Osservazioni biologiche sulla Yhunbergia gran
ce In Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Vol. V. ‘1006;
p. 127
6) i MartEI G. E., Altre Acantacee a nettarii estranuziali. In
Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo.
Vol. VIII. 1909. p. 197. — MartEI G. E., Esaltazione della funzione
mirmecofila nella regione Etiopica. In Bollettino del R. Orto nico
e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. TX. 1910. Append. II.
92
spiga, con larghe brattee, disposte, prima dell’antesi, in una com-
pressa piramide tetragona: ciascuna brattea, sul suo dorso, pre-
senta due aree mellifere, abbondantemente secernenti, e molto vi-
sitate dalle formiche.
Adunque nelle Acantacee abbiamo già tre tipi a nettarii estra-
nuziali, cioè T'hunbegia, delle Indie Orientali, Barleria, della Re-
gione Etiopica, Aphelandra dell’ America tropicale : perciò questa
famiglia viene definitivamente inclusa fra quelle formicarie.
Ma la presenza di nettarii estranuziali nelle Acantacee può ve-
nire a conferma di una ipotesi già azzardata sulla filogenesi delle
Rinantacee. Come è noto”le Rinantacee furono fin qui ascritte alle
Scrofulariacee, benchè se ne differenzino per diversi ed importanti
caratteri: tuttavia il DeLPINO (1), riprendendo una supposizione di
Antonio Lorenzo DE JussIEU, dimostrò, con molti e decisivi ar-
gomenti di morfologia comparata, come le Rinantacee si dovessero
ritenere per una stirpe procedente dalle Acantacee, avviata al pa-
rassitismo , da cui in ultimo sarebbero derivate le Orobancacee.
Però fin quì nessuno ha preso in seria considerazione questa ipo-
tesi, e si continua a ritenere le Rinantacee come vere Scrofulariacee.
Anche il BELLINI (2), pur ammettendo le Rinantacee come sotto-
famiglia distinta dalle Scrofulariacee vere, fa procedere quella da
questa e non dalle Acantacee.
A risolvere la questione, ed a stabilire in modo definitivo la
vera posizione delle Rinantacee, si aggiunge il criterio della pre-
senza di nettarii estranuziali. Già precedentemente il RATHAY (3)
aveva segnalato la presenza di nettarii estranuziali nelle brattee
fiorali di alcuni Melampyrum : orbene questi nettarii, per posizione
e per forma, sono perfettamente omologhi a quelli recentemente
scoperti di Aphelandra, e specialmente a quelli di Barleria. Ciò
è argomento di grande importanza, non essendo nota fin qui alcuna
Scrofulariacea con nettarii estranuziali.
Perciò mi sembra sufficientemente confermata l’ipotesi che le
(1) DeLPiNno F., Rinantacee. In Applicazione di nuovi eriterii per
la classificazione delle piante. Quarta memoria. In Memorie della R.
Accademia delle Scienze di Bologna. Ser. V. Tom. III. 1593, p. 217.
(2) BeLLINI R., Criteri per una nuova classificazione delle Per-
sonate. In Pigoreà; Annali di Botanica. Vol. VI. 1908.
(3) RarHay Em., Ueber nectar-absonderude Trichome einiger
Melampyrumarten. în Sitzungsberichte der kaiserl. Ah
Wissenschaften. Band. LXXXI. Wien 1880, p. 55
93
Rinantacee, e di conseguenza le Orobancacee, derivino da qualche
stirpe di Acantacea, non lontana dalle Barleriee e dalle Afelandree
degli autori. Credo di conseguenza sostenibile il seguente schema
filogenetico.
Solanacee
Scrofulariacee
Bignoniacee Acantacee Gesneriacee
Rinantacee Verbenacee
Orobancacee {Labiate
Ammessa questa filogenesi, dovremo necessariamente nelle o-
pere fitografiche allontanare le Rinantacee dalle Scrofulariacee vere,
interponendole invece fra le Acantacee e le Orobancacee.
3. Buettneriacee.
Il DeLPINO non conosceva alcuna Buéttneriacea fornita di net-
tarii estranuziali, nè, che sia a mia conoscenza, alcuna indicazione
in proposito trovasi in autori posteriori.
Tuttavia ho potuto osservarne di bellissimi in una specie col-
tivata nel R. Orto Botanico di Palermo: questa è la Buéttneria
cordata, Lam. del Perù, interessante altresì per lo spiccato mimi-
smo dei suoi fiori con quelli di aleune Asclepiadee. Le foglie por-
tano nella pagina inferiore, e precisamente sul nervo mediano, in
vicinanza al picciuolo, una larga areola mellifera, ellittica, alquanto
tinta-di roseo: la secrezione é abbondante e vi accorrono numerose —
formiche. L'esistenza di questi nettarii non era sfuggita al CAvA-
NILLES (1): egli così infatti ne parla: « Folia.... nervo principali |
protuberante atque glandula saepius rubra prope petiolum notato »; i, s
e li figura esattamente nella tav. 150 della sua opera.
%
‘© (1) Cavaninues A. T., Quinta dissertatio botanica, Parisii, 1788.
Questi nettarii per posizione e per forma sono identici a quelli
di alcune Malvacee, specialmente di Hibiscus. Ciò dimostra esistere
stretta parentela fra le Buèttneriacee e le Malvacee, dalle quali
forse direttamente ebbero origine, e non dalle Sterculiacee, come
propendono a ritenere gli autori più recenti.
4. Poligalacee.
Il DELPINO non ha citato alcuna Poligalacea presentante net-
tarii estranuziali : forse gli erano sfuggite alcune frasi del MIQUEL,
riferentesi alle glandole fogliari di diverse specie di Xanthophyllum,
Poligalacee arboree della Malesia. Piacemi quindi qui riportare le
dette frasi, aggiungendo quanto ho potuto osservare in diversi saggi
di tali specie, conservati negli Erbarii del R. Orto Botanico di
Palermo. Premetto che, mentre il MIiqueL fu accuratissimo nel
rilevare e descrivere le glandole esistenti sulle foglie delle specie
da lui studiate, autori posteriori, come il KING (in Annals of the
Royal Botanic Garden of Calcutta. Vol. V. 1896. p. 136 e seg.)
ed il CropaT (in Bulletin de V Herbier Boissier. Tom. IV. 1896
254 e seg.), che pure descrissero numerose altre specie di Xar- .
thophyllum, trascurano ogni accenno riguardo ai loro nettarii. In-
vece KooRDERS, negli Icones Bogorenses (tasc. 1°, 1897, tab. 2, e
fasc. 4°, 1901, tab. 79), ne parla ed ancora ne dà buone figure.
Le specie di Xanthophyllum che si possono considerare for-
nite di nettarii estranuziali sono fin qui le seguenti :
Xanthophyllum acuminatissimum, Mio. Di Giava. Il MrqueL
n Annales Musei Botanici Lugduno-Batavi. Vol. I. 1863-84,
276) così si esprime: « Folia basi subtus eglandulosa, sed su-
ai ipsa ad petioli insertionem vix non subglandulosa ». Pare
quindi possa presentare deboli nettarii, ma non ne ho veduto alcun
saggio.
XanthophyWlum sumatranum, Mro. Di Sumatra. Il MiqueL
(I. c. p. 275) così ne parla: « Folia prope basin (haud semper)
nune utrinque nunc altero tantum latere glandula impressa notata,
basi ipsa ad petioli insertionem in superficie glandulosa ». Di que-
sta pure non ho veduto alcun saggio.
Xanthophyllum flavescens, RoxB. Delle Indie e della Malesia.
DI MiguEL (1. c. p. 272), prsagiana questa specie allo Xantho-
phylum affine, aggiunge: « . . . differt glandulis magis manife-
stis ». Anche PHooKER (in Flora 0f-British India, Part. I. 1872,
p. 209) per questa specie dice: « Leaves and more or less scat-
tered perforated glands (which are sometimes absent) at the axils
of the nerves or elsewhere ». Anche di questa non ho veduto al-
cun saggio.
XanthophyUum paniculatum, BLum. Di Sumatra. Il MIQqUEL
(in Slorae Indiae-Batavae, supplementum primum, 1860, p. 393)
così si esprime : « Folia a basi acuta, subtus utrinque nune con-
cavo glandulosa ». Di questa specie non ho veduto saggio, ma deve
essere assai affine alla seguente, propendendo alcuni autori a riu-
nirle entrambe. i
Xanthophyllum exrcelsum, BLum. Di Giava. Il MroueL (in
Annales etc. p. 273) dice : « Folia e basi acuta subtus utrinque
ima, passim secus petioli apicem impresso-glandulosa ». KOORDERS
e VALETON (l. c. tab. 2), facendone, forse impropriamente, una
varietà dello Xanthophyllum affine, aggiungono : « Folia glandu-
lis nullis vel 1-2 ima basi laminae vel (in omnibus speciminibus
e Java centrali) in apice petioli ». Di questa specie ho esaminato
un saggio di Giava, distribuito dallo stesso MiqueL : in esso le
foglie presentano, con grande costanza, due nettarii alla base della
lamina, costituiti da foveole ellittiche con margine incrassato, e per
solito non perfettamente opposte: si osserva pure qualche altra
glandulaemellifera sparsa per la lamina stessa.
Xanthophyllum adenopodum, Mio. Di Sumatra. Il MiqueL
(in Flora etc. p. 393) dice: « Folia infra basin vel in ipso pe-
tiolo utrinque Furie prominente concavata aucta». Ed in se-
guito (in Annales etc. p. 277) aggiunge : « Petioli plerunque n°
utrinque glandula pezizaeformi instructi, vel his deficientibus
folii ima basi saepe glandula unica extat». Si tratta adunque di
una localizzazione alquanto diversa che negli altri XanthophyUlum,
cioè di nettarii bene individualizzati sul picciuolo : tali appunto
sono figurati da KoorDERS e VALETON (l. c. tab. 2), i quali, forse
‘a torto, propendono a ritenere anche questa specie per varietà dello.
pda e
Xanthophyllum affine : io però non ne ho veduto alcun saggio. -
Xanthophyllum longifolium, Mra. Di Giava. Da di au- 2°
tori ritenuto per semplice varietà dello Xanthophyllum vitellinum; |
quantunque si presenti abbastanza diverso. Ne ho veduto un saggio
di Giava, distribuito dallo stesso MIQUEL: in esso le polini Lat . _
sentano alla base della lamina, per solito, quattro nettarii, due
per lato, ellittici, con orlo rialzato : non ho veduto alcun altro net-
tario nel resto della lamina stessa. -
,
Xanthophyllum vitellinum, BLum. Di Giava. Di esso il MI-
QUEL (in Flora Indiae-Batavae. Tom. I. pars 2. 1859, p. 129)
dice : « Folia basi saepe utrinque poroso-glandulosa », ed in seguito
(in Annales etc. p. 272) aggiunge: « Folia prope basin vulgo
utrinque glandula concava instructa ». Anche il VALETON (l. c.
tab. 79) così si esprime: « Folia instructa nectariis oblongis paucis
raro deficientibus subtus varie dispersis saepe ad basin nervorum
inferioruam, nunquam in petiolo ». Di questa specie ho esaminato
saggi di Giava, distribuiti dallo stesso MIQUEL, ed ho constatato
la costante presenza di 2 a 4 nettarii alla base della lamina, come
pure la presenza di altri nettarii sparsi per tutta la foglia: anzi
in alcune foglie questi ultimi sono assai numerosi, avendone con-
tati fino a 16. È adunque una specie dotata di grande potenza mel-
lifera.
Xanthophyllum adenotum, M1Q. Di Sumatra. Il MrquEL (in
Florae etc. supplementum. p. 393) dice: « Folia e basi biauricu-
latim rotundata antice concavata postice convexa utrinque glandu-
losa, nunc dorso utrinque concavo-glandulosa », ed in seguito (in
Annales etc. p. 275) aggiunge : « Folia subtus haud raro utrinque
glandula ua parva instructa ». Di questa specie non ho ve-
duto alcun saggio.
Xanthophyllum cordatum, BLum. Di Borneo. Il MiquEL (in
Annales etc. p. 274) dice: « Folia e basi leviter cordata, subtus-
que prope eam subglandulose obducta », ed aggiunge : « Folia sub-
tus supra petioli insertionem obiter glandulose obducta (accedente
raro glandula vera concava). Di questa specie ho veduto una sola
foglia, di Borneo, distribuita dal KortHALS. Presenta poco al dis-
sopra della base, cioè presso la prima coppia di nervature secon-
darie (escluse quelle basilari), due nettarii abbastanza cospicui, in-
sidenti sui nervi stessi e non ascellari a quelli. Qualche altra 0
la, meno cospicua si trova sparsa per la lamina.
-Xanfnophgilun affine, KortH. Di Borneo. Di questa specie
‘il MrQquEL (in Annales ete. p. 271) dice: « Folia ad petioli inser-
tionem subtus vulgo glanduloso-depressa passimque supra basin u-
trinque vel uno latere glandula concava distineta munita ». KooR-
- DERS et VALETON (l. c. tab. 2) confermano : « Folia poris glandu-
A lee Ma it ripe
- 97
losis ad petioli insertionem utrinque vel uno latere vel in apice
petioli instructa vel peris plane destituta ». Ne ho esaminato un
saggio di Borneo, distribuito dallo stesso KORTHALS: in esso si
hanno per ogni foglia due nettarii, assai più grandi che in tutte
le altre specie congeneri, sotto forma di foveole ellittiche, lunghe
a 2 a 3 millimetri, con ampio margine incrassato, crateriforme :
questi‘ due nettarii sono situati più in alto che nelle altre specie,
Gioè presso la seconda coppia di nervature secondarie: altri net-
tarii, più piccoli, e rotondi, in numero variabile, circa da 2 a 6,
sono sparsi per tutta la lamina. È quindi questa una delle specie
meglio dotate in fatto di nettarii.
Xanthophyllum glandulosum, MERRILL. Delle Filippine. Non
conosco la descrizione data dal MERRILL (in Philipp. Gov. Lab.
Bur. Bull. XXXY. p. 34) per questa specie, nè ho veduto alcun
saggio: però dal fome è verosimile sia abbondantemente fornita di
nettarii.
XanthophyUum Macintyrii, MUELL. È l’unica specie del ge-
nere nativa dell'Australia. FERDINANDO MUELLER (in Fragmenta
Phytographiae Australiae, Vol. V. 1865. p. 57) così dice per essa:
« Foliis basin versus saepe 1-2 glandulosis, petiolis eglandulosis »,
ed aggiunge: « Glandulae in pagina foliorum infera conspicuae,
interdum plures et tune in parte etiam supera foliis obviae ». i
questa specie ho potuto esaminare saggi distribuiti dallo stesso
MUELLER : in essi si osserva, presso ogni foglia, la presenza di
areole glandulose, ma il loro numero e la loro posizione è estre-
mamente variabile : per solito sono in numero di 5. a 6 e si tro-
vano di preferenza presso le nervature secondarie, ove queste sì
biforcano : il massimo numero che ho riscontrato in una toglia è
di 8 glandole, ma sovente se ne hanno molto meno, qualche volta
una sola ed anche, in alcune foglie, mancano completamente.
Probabilmente anche altre specie di Xanthophyllum presentano
omologhi nettarii, ma dalle descrizioni degli autori non ho potuto
rilevare altre notizie in proposito, ad eccezione delle predette.
Resta quindi accertato che anche le Poligalacee, almeno per
alcune specie di XanthophyMlum, delle Indie, della Malesia e del:
l'Australia, si debbono includere fra le piante mirmecofile,
5. Artocarpee.
Il DELPINO non conosceva ne specie di Ficus fornita di
nettari estranuziali. A. MIRABELLA (1) ne riscontrò in diverse spe-
cie, coltivate nel R. Orto ani di Palermo, facendone un accu-
rato studio. A queste specie io stesso (2) aggiunsi il Ficus vasta,
FoRSK., di cui uno splendido e robusto individuo cresce nello stesso .
nostro Orto Botanico : questa specie presenta sul dorso del nervo
‘mediano delle foglie, e precisamente verso la sua base, un area
circolare, che spicca assai per la sua lucentezza, e che secerne ab-
bondantemente, in modo da attirare numerose formic
a, avendo esaminato la ricca collezione di Ficus, del Indie
e della Malesia, che si conserva negli Erbarii del R. Orto Bota-
nico di Palermo, credo opportuno segnalare qualche altra specie,
parimenti fornita di nettarii estranuziali. Presso le diverse specie
questi nettarii possono occupare diverse posizioni. Anzitutto in al-
cune specie si hanno alla base della lamina, lateralmente alla nervatu-
ra mediana, due nettarii, cioé uno per lato: ne ho osservati ne
Ficus asperior, MrQ., nel Ficus aurantiaca, GRIFF. ete. In altre
specie, a foglie con lamina asimmetrica, si ha nella stessa posizio-
ne un solo nettario, restando soppresse quello che avrebbe dovuto
trovarsi dal lato più stretto della lamina: ciò osservasi nei Ficus
uniglandulosa, WaALL., Ficus rostrata, LAMK., Ficus gibbosa,
BLUM., Ficus celebica, BLUM., etc. In una specie a foglie assai
irregolari, cioè Ficus begoniaefolia, BLUM., o Ficus semicordata,
MrQ., varia la posizione ed il numero dei nettarii, alla base della
lamina, potendosene avere un solo, due, tre ed anche più, per so-
lito tutti, od in prevalenza, da un sol lato, cioè dal lato più largo
della lamina stessa. Infine in altre specie, come Ficus benga-
lensis, L., Ficus Neumanni, CeLs., etc. si ha un sol nettario
sulla nervatura mediana della foglia stessa, omologo a quello già
segnalato per il Ficus vasta.
Pare altresi che alcune specie di Ficus abbiano a presentare
(1) MiraBELLa A., I nettarii estranuziali nelle varie specie di
Ficus., In Nuovo Giornale Botanico Italiano. Nuova serie. Vol. II.
1895. p. 340
(2) MarTEI G. E., Esaltazione della funzione mirmecofila nella
regione Etiopica. In Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Co-
loniale di det Vol, IX. 1910. TT II,
E te RN at OR La e A E rr SR I PER A RUTH Lar
nei loro rami, cavità adattabili a domicilii di formiche: già nel
Ficus myriocarpa, MiQ., i rami superiori sono. rigonfiati, clavi-
formi e ripieni di un tessuto leggerissimo, lacunoso, a somiglianza
delle spine di certe Acaciae. Ma è specialmente nel Ficus irregu-
laris, M1Q., di Celebes, che i rami presentano forti ingrossamenti
adibiti, con ogni verosomiglianza, a domicilii di formiche. Nel saggio
da me esaminato queste cavità erano vuote, e presentavano un foro
di entrata, largo pochi millimetri, ma lungo più di un centimetro,
forse praticato dalle formiche stesse.
G. E. MATTEI.
INSIIINAEINIINIINIINAIAINANI I
SG DO<AT » (© ©) + ©
PORTONI LSZNISDEINLSZIÒISZNGNLNZAIN
Panicum Bossii
Nuova Graminacea della Somalia Italiana.
Mentre elaboravo lo studio sui nettari estranuziali di Eragro-
stis esaminando, assieme col collega prof. MATTEI, le Graminacee
raccolte nella Somalia italiana dal dott. CEsarE MACALUSO, per
ricercare se eventualmente portassero nettari, fermai la mia atten-
zione sopra una specie di Panicum, che presentava ai nodi anelli
colorati, nel dubbio che si trattasse di nettari estranuziali, ipotesi
che dovetti scartare giacchè le piante vive, ottenute dai semi rac-
colti, non presentavano alcuna secrezione zuccherina.
Restava intanto non identificata quale specie di Panicum
fosse, non potendosi essa riferire ad alcuna di quelle già note.
Tuttavia per un pò di tendenza avversa a fare nuove specie,
ne misi da parte i vari esemplari e vi sarebbero ancora rimasti se
non fosse venuto a Palermo il celebre agrostologo HACKEL, che,
esaminato questo Parnicum, ritenne anche egli trattarsi di una specie
nuova, affine al P. coloratum, L. Tanto autorevole parere mi inco-
raggiò a pubblicare la presente nota, tanto più che mi si offriva
grata occasione di poter fare atto di omaggio al sommo clinico
prof. Lurer MARIA Bossi della R. Università di Genova, come a
Colui che con la sua dottrina ha saputo ridare alla mia compagna
la perduta salute, fonte prima d’ogni benessere.
Panieum Bossii, nov.sp. Annunm, non caespitosum nec stolo-
niferum, culmo erecto simplici vel superne ramoso , ad nodos su-
bincrassatos annulo brunneo praedito, foliis glabrescentibus, late
linearibus, acuminatis, planis, basi ciliato-denticulatis, vagina sparse
tuberculata, paniculae amplae erectae, sublaxae, ramis solitariis vix
patentibus, capillaribus, spiculis pallide virentibus, stricte pedi-
cellatis ovatis acutiusculis, gluma inferiori brevissima obtusa, su-
periori acuta, obsolete 5-nervia ut glumella floris neutri, flore
hermaphrodito ovato vix acuto coriaceo laevi flavescente.
In Goscia apud Giumbo (Benadir) dott. C. MacaLUSO, 1907.
La specie é affine al Panicum coloratum, L., e ricorda anche
qualche forma del Panicum repens, L., ma ne differisce principal-
mente per essere pianta annua e non perenne, non stolonifera, per
le pannocchie più allungate, con spighette non colorate, alquanto
acute, per le glumelle includenti i semi giallastre e non bianche e
per altri caratteri ancora, che risaltano dal -confronto delle de-
scrizioni.
Palermo 6 Gennaio 1912. î
C. TROPEA
_____ ——_—_r—T— rc css,
3
FSIFFTFIRTLTZTTTZ< FrIFITTEOE
MNM SISSNNINSANAN AMS ASSLAI III LAICA ISIDE
Sulla coltura delle Palme,
particolarmente delle specie di « Washingtonia»,
a scopo industriale, in Sicilia.
In molte occasioni ho fatto rilevare che nell’attuale movimento
di rinnovazione delle colture agrarie, dovuto alle mutate e mute-
voli esigenze delle industrie, bisogna tener conto delle particolari
caratteristiche differenze di clima fra le regioni del Nord e quelle
del Sud - d’ Italia , sicchè egualmente differenti debbono essere le
colture appropriate alle dette regioni, a meno che non si tratti di
piante suscettive di prosperare dentro limiti geografici abbastanza
estesi, quali p. e. sono in generale i Cereali. Per questa ragione
le provincie nordiche italiane appartengono, botanicamente parlando,
alla regione dell’ Europa centrale, mentre quelle meridionali spet-
tano alla regione Mediterranea e partecipano anche alquanto dei
caratteri propri alla flora subtropicale. Da ciò segue, che in mas-
sima parte le piante del settentrione possono vegetare sotto il clima
del Mezzogiorno , mentre queste ultime difficilmente si adattano a
latitudini più elevate, in modo che la vegetazione dei paesi meri-
dionali presenta in sè tanta mai dovizie di forme e tanto rigoglio
quanto certamente, e con spiccato contrasto, non offre quella delle
provincie d’ oltre Alpi. E così che per tanta copia di produzioni
agricole e per tante attitudini ad accrescere e a migliorare questa,
il mezzogiorno si può dire, rappresenta in massima parte l’immenso
108
e svariato emporio delle ricchezze vegetali di cui alimenta l’ atti-
vità economica di ogni paese civile.
Insistendo su questi concetti ai quali, come è noto, tende a
ispirarsi l’opera di questo Giardino Coloniale, mi permetto qui di
esporre alcune considerazioni intorno alla possibile coltura delle
Palme nel Mezzogiorno d’Italia, unicamente a scopo economico-
industriale. Si tratta, come si vede, di una nuova direzione da
are alla coltura di questi superbi rappresentanti del mondo ve-
getale, che formano il più bello ornamento delle nostre ville in
tutte le parti più temperate d’Italia ed anche del Bacino del Me-
diterraneo, in modo che i loro prodotti possono trovare una imme-
diata applicazione a varie industrie, come precisamente accade di
quasi tutti quelli che provengono dalle regioni tropicali dell’Asia,
dell’Africa e dell’ America, ove tali speciali vegetali sono indigene.
Per potere, in modo completo, trattare questo argomento, biso:
gna anzitutto dire quali specie propriamente crescono nei nostri.
climi, ed in condizioni tali da rendersi atte a una coltura in grande
ed a scopo industriale.
Il numero di tali specie non è veramente molto elevato quan-
tunque non poche sieno' quelle che sotto il cielo meridionale sono
suscettive di crescere all’aperto senza ripari invernali.
Dalla nostra considerazione dobbiamo escludere la Palma di
San Pier Martire o Chamaerops humilis, L. e quella del Datte-
ro, o Phoenix dactylifera, L.
Là prima com'è noto, cresce selvatica da noi come in moltis-
simi altri luoghi della regione mediterranea, da per tutto nei colli
sterili e solatii non molto distanti dal mare. È l’unica specie di
Palma che si allontana naturalmente dalla Regione caratteristica
alla famiglia a cui essa appartiene e che si spinge più a Nord
delle altre. Delle sue applicazioni economico-industriali sappiamo
abbastanza (1). Le sue foglie servono a molteplici usi, principal-
mente a preparare il così detto crine vegetale, a confezionare scope,
ventole, cestini, stuoje, ecc. In Sicilia tale industria potrebbe avere
un maggiore incremento, mentre oggi viene esercitata in maniera
affatto primitiva e non rende che scarsi guadagni, non così, io
(1) Dr. S. Sirena, La Chamaerops humilis. In Boll. d. R. Orto
Botanico e Giard. Coloniale di Palermo, Ann. IX, Fasc. 40-H. Ju-
MELLE, Les ressources Agricoles e Forestières Francaises, Marseille,
1907, pag. 37.
credo, se fosse incoraggiata e si tentasse di diffondere la pianta
per mezzo della coltura, mentre la sua diffusione trova ostacolo a
estendersi, nel pascolo, ed anche nella avidità della raccolta. Trat-
tandosi di una pianta di luoghi sterili, la coltura non dovrebbe esigere
grandi cure e dispendii. D’ altra parte l’ attitudine a crescere «in
Inoghi scoscesi ed aperti potrebbe rendere questa pianta molto
utile dal punto di vista forestale, per le pratiche di rinsaldamento
dei pendii mobili e sterili.
Quanto alla Palma del Dattero , non sarebbe il caso di par-
larne , giacchè la principale risorsa economiea della quale essa è
suscettiva dipende dalla produzione di frutti maturi, la quale con-
dizione non si avvera mai sotto il nostro clima. Però i frutti ,
particolarmente sotto il clima di Palermo, e nelle parti meridionali
della Sicilia, raggiungono solo una completa maturità fisiologica
«Colla produzione di semi capaci di germinare , mentre la polpa,
sviluppatasi anche régolarmente, rimane di un sapore stitico , si-
mile a quello delle sorbe immature, e perciò immangiabile. Tutta-
via i frutti stessi, come appunto presso le sorbe, per effetto di un
certo grado di fermentazione , possono perdere siffatta proprietà e
divenire mangerecci; ma allora mancano di quella piacevole dol-
cezza propria di quelli provenienti dai naturali centri di produzione.
Non credo quindi che sia da ritenersi possibile la coltura di que-
sta specie allo scopo indicato. Ma vi è forse da sperare, colla in-
troduzione di razze a fruttificazione precoce, quali quelle che sono
escritte come provenienti da alcune regioni del Sahara tunisino (1),
e in seguito a razionale e prolungato lavoro di selezione, che si
possa dare alla coltura della Palma del Dattero anche questo in-
dirizzo. Ed io non so a questo proposito se il problema della pro-
duzione di datteri maturi sotto il clima della Sicilia sia già stato
tentato e risoluto alcuni secoli fa per opera degli Arabi, col tra-
sportar dai loro paesi e introdurre da noi dei ‘soggetti dotati di
tale adattabilità, oppure dai successori di questi popoli , poichè le
cronache siciliane dei secoli XIII e XIV ricordano estese pianta-
gioni di Datteri nell’agro Palermitano e si conoscono persino con-
tratti di vendita dei frutti stessi. La qual cosa non potendo attri-
buirsi a forti variazioni del clima locale, ci fa pensare appunto
(1) Kearney Ta. H., Date varieties und Date culture in Tunis.
gton 1906
In Bulletin n. 92 of the U. S. Department of Agriculture. Washin-
SE; ALS Ti, s
alla esistenza di varietà a fruttificazione precoce ben note in quel
tempo e che forse oggi sono state abbandonate dai coltivatori, nei
paesi dove il Dattero forma oggetto di coltura , probabilmente
a causa della prevalenza di altre varietà più pregiate nel commercio.
La facilità colla quale il Dattero si propaga da noi e la pos-
sibilità di ottenere nel corso di 10 anni un bellissimo albero dallo
stipite -di uno a due metri di altezza, nei terreni profondi ed ir-
rigui, ci fa pensare ad una probabile applicazione delle foglie e
dei picciuoli, che, sfilacciati o sfibrati, potrebbero fornire della buona
materia tessile per cordami o altro, come avviene in altri paesi.
Fatta dunque astrazione delle due precedenti specie di Palme,
resta da segnalarne altre di origine esotica, atte a grescere all’ a-
perto nei nostri climi, ove formano oggetto della coltura orna-
mentale e non sono prive di attitudini di valore economico - indu-
striale
Esse sono le seguenti, tutte coltivate all’aperto nel nostro R.
Orto Botanico e Giardino Coloniale (1).
Phoenix canariensis, NAuD.—Isole Canarie.
reclinata, JAcQ.—Africa tropica.
Trachycarpus excelsa, WENDL.—Giappone.
» Fortunei, WeENDL.—China.
Rhapis flabelliformis, Arr.—China.
Livistona australis, MART. =
» chinensis, MART.—Giappon
Washingtonia filifera, WENDL. cati settentr.
» robusta, WENDL.—America settentr.
Brahea calcarea, LieBm.—Messico.
abal Adansonii, GUERN.—America settentr.
» Blackburniana, GLaz.—Isole Bermude.
» Palmetto, Loon.—America settentr.
» princeps, Horr.—Isole Bermude.
Howea Belmoreana, Becc.—Isole Lord Howe.
» Forsteriana, Becc.—Isole Lord Howe.
Archontophoenix Cunninghamiana, Wespi,—Anstrlia,
Cocos australis, MART.—Australia,
» coronata, MART.—Brasile.
osa, MART. — Brasile.
Li spectabilis, BoxpL. —Chili.
(1) TeRRAccIANO A., Le Palme coltivate nel R. Orto Botanico |
di Palermo. In Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo, Anno. be:
lia 163,
n'a
Le mie esperienze ed osservazioni in proposito si riferiscono
finora alle specie del genere Washingtonia e specialmente alla W.
filifera, WENDL., di cui alcuni prodotti sono stati da questo Giar-
dino Coloniale presentati alla Esposizione Orticola Internazionale di
Firenze del Maggio 1911.
Le Washingtonia sono specie originarie del versante Pacifico
dell'America Settentrionale, dalla California al Messico, ove tro-
vansi attualmente localizzate in pochi distretti, ed in via di estin-
zione. Le divérse forme coltivate si possono ascrivere a due tipi
principali, cloè W. filifera con una var. microsperma e W. robusta
‘con una var. gracilis : dovrebbesi aggiungere anche W. Sonorae,
ma questa è stata ritenuta fin qui dubbia.
eta
Washingtonia filifera, WenpL. (=W. filamentosa, KUNTZ.
Pritchardia filamentosa, WENDL.= Pr. filifera, Linp.= Brahea
filamentosa, HoRt.) (1). i
| Di questa specie non si conosce fin qui il luogo preciso di 0-
rigine. Pare che a più ripresa ne sieno stati introdotti in Europa
i semi. Infatti LinpEN afferma di averne ricevuto nell’Ottobre 1869,
senza però citarne la provenienza : ciò verrebbe confermato dalla
circostanza che nelle esposizioni di Gand (1873), di Vienna (1873)
e di Firenze (1874) figurarono esemplari di tale specie, che desta-
rono molto entusiasmo in chi li vide : perciò dovevano essere ab-
bastanza robusti. Altri semi dicesi fossero inviati da RoEZL pro-
venienti dall’Arizona: ciò dovette essere nel 1872, epoca del viag-
gio di RoEZL in America: quindi da «questi semi non potevano
provenire gli esemplari presentati nelle suddette esposizioni. Nel
1875 VEIrcH la presentò alla Società Reale di Londra : lo stesso
anno Haace et ScamIpT di Erfurt l’offrirono nel loro catalogo, e
l’anno seguente (1876) LiNDEN pure l’incluse nel suo Catalogo.
(1) Per molte notizie botaniche, storiche ed economiche , sopra
questa Palma, e le altre congeneri, v si: Beccari 0., Le Palme
americane della tribù delle Corypheae. In Webbia, vol. IT. 1907.
107
Gli esemplari portati dal LixpeNn all’ esposizione di Firenze
(1874), secondo BeccARI, furono distribuiti nel Giardino Corsi a
Sesto Fiorentino, nel Giardino: RicasoLI a Port’Ercole e nel Giar-
dino PARRAVICINO a Viareggio : venuti da poco in fiore furono ri-
conosciuti come appartenenti ad una varietà cui fu assegnato il
nome di microsperma.
rto Botanico di Palermo poi ne ricevette semi verso il
1874, pare da Parigi, e questi probabilmente provenivano dalle
raccolte fatte due anni prima dal RoezL. Infatti, venuti a fiore, si
rivelarono come appartenenti alla vera specie, e non alla var. mi-
crosperma, cui appartenevano gli esemplari distribuiti dal LINDEN.
Tutti gli individui, ora adulti e fioriferi, esistenti nelle diverse
ville pubbliche e private di Palermo, provengono da semi o pian-
tine distribuite in tale epoca, quindi contano ora 36 anni di età (1).
a Washingtonia filifera è forse la palma più rustica di
quante si coltivano a Palermo. Essa sopporta fino a 4 o 5 gradi
sotto zero senza soffrire, purchè queste minime temperature non si
ripetino troppo di frequente. Vegeta rigogliosa, oltre che in Sicilia,
a Napoli, a Roma, a Port’Ercole, a Sesto Fiorentino, all’Elba, a
Viareggio; però non ha potuto resistere a Sanmezzano nel Valdarno
superiore. Coltivasi pure con frequenza nella Riviera a San Remo,
a Nizza, a Cannes: in tutti questi paesi fiorisce e fruttifica senza
alcun riparo. Trovasi anche a Lisbona ed in altre località della
regione mediterranea. Fino dal 1877 AnpRÉ (2), riferendo come
questa specie aveva bene resistito nel dipartimento di Gard, ag-
giungeva : « Si le climat du dèpartement du Gard convient ainsi
à cette belle plante, que dire de celui de la Mediterrannèe ? Hye-
res, Cannes, Nices, toute la Corniche, la Riviera, le lacs de la
Haute Italie l’auront bientòt cultivé en grand». Siò si è avverato.
(1) OsrineLLI V., Fruttificazione della Washingtonia filifera. In
| Bullettino della R. Società Toscana di Orticoltura. Anno XVII 1873.
153.
OstinELLI V., Sulla fioritura e fruttiflcazione della Washingionia
filifera. In Bullettino della R. Società Toscana di Orti Anno
XX. 1895. A <<
(2) AnD , Le diana filifera, Linden. In 1° Mlustration
i Horticole. tar Va 1877. p.
SPRENGEL (1), confermando la rusticità di questa specie, aggiunge :
« È ben probabile che qui in Italia abbia ritrovato tutte quelle
condizioni che si riscontrano nella patria sua, la California. È ru-
stica ovunque vive bene l’olivo. Non soffre nell’ inverno, ma un
freddo al di là di 5 gradi sotto zero le torna fatale, quando si ri-
peta spesso.
Cresce in qualunque qualità di terreno, anche nelle sabbie delle
dune, ma molto più rigogliosa e sollecita nella buona terra argil-
losa, ricca di sostanze nutritive. Nell’estate richiede molta acqua,
e si può dire che non ne riceve mai troppo. Non prova bene al-
l'ombra, ma bensì a pieno sole ». OSTINELLI (2) pure dice che le
piante, di questa specie, collocate isolate, a pieno sole, restano
più basse ma sviluppano un tronco assai robusto, mentre quelle
piantate a gruppi od in posizione ombreggiata, hanno la tendenza
di alzarsi di più, ma con tronco più debole e sottile. Anzi aggiunge
che le piante coltivate in terreno frollo, leggero e sabbioso, si fanno
più alte ma restano deboli ed affilate, mentre quelle coltivate in
un suolo forte e compatto, restano più sn ma prendono una
straordinaria robustezza.
La rapidità di accrescimento poi di A specie è straordi-
naria. Pucci (3) narra che piantine seminate in Marzo, avevano in.
Agosto già tre foglie ed in Novembre incominciavano a caratteriz-
zarsi. Si hanno notizie di individui che a due soli anni presenta-
vano m. 0. 70 di altezza, a 6 anni m. 3.60, ad 11 anni m..5.
ed a 14 anni m. 8.00. Nessuna altra palma può vantare un accre-
scimento tanto rapido. A questo proposito ROBERTSON PROScHOWw-
SKY (4) dice: « Les Washingtonia aprés leur germination se dé-
veloppent avec une grande rapiditè, ce qui est trés rarement le
cas avec les Palmiers qui, méme dans les meilleures conditions,
ont une creissance trés lente pendant les primiéres années de leur
existence ». OSTINELLI ritiene che la Washingtonia filifera abbia
(1) SpreNGEL C., Orniamo con Palme i nostri Giardini. In Bol-
pp della -R:-Boeielà Tossana: di; Geflcottra: Rpno-MIV: 1990.
«812.
(2) OSTINELLI V. 1. c.
(3) Pucci A., La Pritchardia ng “= Bollettino della hh.
Società Toscana di Orticoltura. Anno VI. si
(4) Rosertson Proscnowsgy A., Les i sur la Cote-d’A»
ur et leur résistance au froid. In Bulletin de la Société Nationale
di Aeclimatation de France. Paris 1907,
109
una media di accrescimento di 45 centm. per anno. Anche Rica-
SOLI (1), constatò un accrescimento di 42 centm. in un solo anno.
Dopo circa una ventina di anni dalla semina la Washingtonia
filifera viene a fiorire : infatti a Cannes fiori dopo 17 anni, al
Giardino Garibaldi di Palermo dopo 18 anni, all’Orto Botanico di
Palermo dopo 19 anni: a Viareggio, forse perchè clima meno caldo,
ritardò di più fiorendo solo dopo 26 anni. Quando incomincia a
fiorire ha raggiunto in media l’altezza da 10 ad 11 metri.
Quanto dicono gli autori sulla rapidità di accrescimento della
Washingtonia filifera resta pienamente confermato da osservazioni
fatte in Palermo, tanto su di un esemplare cresciuto nel villino
PANTALEO, quanto su quelli coltivati nel nostro R. Orto Botanico.
ala
Verso la fine dell’inverno del 1910 un magnifico esemplare di
Washingtonia filifera, H. WENDL., nel villino PANTALEO in Pa-
lermo , accusava segni di deperimento. L’ attività della gemma
fogliare si era improvvisamente arrestata, e le foglie si erano a
poco a poco ingiallite e completamente disseccate. La pianta ri-
mase tutta l’estate fino all'inverno intatta al suo posto colle ampie
sue foglie abbandonate in giù e morte, come se fossero incartape-
corite, e cingenti la sommità del tronco, che avea conservato, in
ciano la medesima rigidezza e lo stesso vigore di prima.
r la cortesia del proprietario del Villino, questo bellissimo
Selibtare venne messo a mia disposizione e, divelto nel mese di
gennaio di quest'anno dalle radici, il suo tronco, tagliato in seg-
menti di circa 2 metri di lunghezza l’uno, figura oggi nel Museo
di questo Istituto Botanico, rappresenta un materiale prezioso per
lo‘studio di molte quistioni, che riflettono la morfologia interna ed
anche la fisiologia e la biologia dello stipite delle Palme in gene-
rale. Ed infatti molto difficilmente, sotto i nostri climi, si può a-
vere la fortuna di disporre di un tronco di Palma che misuri una
altezza di 14 metri sopra un diametro alla base di m. 1,08 e che
sì offre intatto in ogni sua parte, quasi come se Loss stato reciso ni
nella sua piena attività. Sa
(1) Ricasoi V., Coltivazione all'aria aperta di piante tropicali. -
110
La Washingtonia fllifera del Villino PANTALEO in Palermo,
° possiamo dire, rappresentava uno dei più belli soggetti ornamen-
tali fra quelli che oftrono i Giardini della Città, ammirevolissimo
sotto ogni riguardo, specialmente per le dimensioni e per la rego-
larità del portamento. Tutta la pianta, compresa la chioma, rag-
giungeva un’altezza di m. 14, di cui circa 12,50 spettavano al
tronco; questo innalzavasi dritto, con una rigorosa verticalità, non
ostante che fosse cresciuto a circa 4 metri di distanza dall’edificio
del proprietario del Villino, assumendo la forma di una massiccia
e regolarissima colonna, che, partendosi da una base perfettamente
circolare e del diametro di m. 1,08, veniva gradatamente restrin-
gendosi per raggiungere in alto lo spessore di m. . La super-
ficie dello stipite, nuda perfettamente di foglie e coperta di una
scorza grigia brunastra, da potersi dire quasi liscia per la poca
profondità delle screpolature, dava al tronco stesso un aspetto
quanto mai caratteristico.
Il detto esemplare, proveniva dai primissimi semi di Washing-
tonia filifera introdotti in Sicilia per opera dell’Orto Botanico di
alermo. Ciò seguiva l’anno 1874.
L’esemplare di Washingtonia filifera del Villino PANTALEO,
contava quindi, al momento in cui veniva improvvisamente a dis-
seccare, un’età di 36 anni; ma sia che le piantine fossero state
messe di buon’ora in piena terra, sia che esse avessero trovato
eccellenti condizioni di terreno, il loro sviluppo era stato rapidis-
simo superando in vigore nei primi vent’anni gli altri esemplari
coltivati in Palermo, pur aventi la medesima età.
È però da osservare, a proposito della vegetazione di questa
pianta in generale, che essa è da noi la Palma più rustica di tutte
quante si coltivano e forse anche della stessa Phoenix dactylifera,
la quale, com’è noto, sotto il clima della Sicilia non porta frutti
carpologicamente maturi. Nemmeno le specie di Sabal, di Livi-
stona, Trachycarpus, reggono al confronto colla Washingtonia
per la rapidità di crescimento e per le pochissime esigenze che
offre la coltura di essa. Il medesimo forse può dirsi per altre lo-
calità della regione mediterranea, dove pure questa stessa specie
cresce rigogliosa e porta a maturazione i frutti, tali Napoli, Roma,
Viareggio, Port’Ercole, in Maremma Toscana, Sesto Fiorentino,
all'Isola d'Elba, nella Liguria, ecc. In generale si può dire che la Wa-
shingtonia filifera vegeta benissimo in tutte le parti della Regione
dell’Olivo, e che è suscettiva di sopportare senza soffrire una tem-
peratura persino di 4°—5°
Confrontando 1 ‘gica di cui è ST non si riscontrano
111
profonde differenze tanto nello sviluppo, quanto nel portamento
cogli altri creseiuti nei giardini di Palermo : si può dire che l’al-
tezza del tronco varia in essi dai 9 agli 11 metri e il diametro
della base, ad 1,50 m. d’altezza dal suolo, oscilla da 1,05 a 1,27 m.
Gli esemplari più grossi sono quelli dell’ Orto Botanico che mi-
surano in diametro m. 1, 27, per quanto l’ altezza sia di qualche
metro inferiore a quella del saggio del Villino PANTALEO.
Ragguagliando per approssimazione il volume medio del tronco
di tutti cotesti esemplari coltivati e cresciuti sotto il clima di Pa-
lermo a metri cubi 8,500 si ha che in 36 anni lo stipite si è in
media annualmente accresciuto di una quantità di materiale, spet-
tante ai tessuti, di m. 0,236 all’anno. La quale cifra è veramente
enorme specialmente se si tien conto del fatto che nei primi anni
della vita della Palma l’ accrescimento è lentissimo ; talchè , de-
traendo circa 10 anni, il numero di anni di massima produzione
legnosa si riduce a 26 e la produzione annuale quindi si eleva a
me. 0,326, la quale cifra si avvicina a quella del volume che il
tronco dei comuni alberi indigeni raggiunge solo dopo 50 anni di
vegetazione (1).
Sa
Altra specie di Washingtonia affine alla W. filifera è la se-
guente :
Washingtonia robusta, WenpL. (W. filifera, WATSON non
WENDL.). — Questa specie è originaria del Palm Canon, sul li-
mitare N. O. del Colorado Desert in California, ove preferisce il
fondo delle vallate, vegetando fra le roccie, in modo però che le
radici possano arrivare a procurarsi abbondante umidità dall’acqua
e scorre nei torrenti. Tale regione fu dapprima indicata come
patria della Washingtonia filifera, essendosi scambiata 1’ una spe-
cie per l’altra: infatti, come attesta il BeccaRI, tutte le Palme
coltivate in California con il nome di W, filifera spettano invece
alla W. robusta, perciò vanno corrette le notizie relative. Il WiL-
(1) Ecco a tal proposito alcini dati :
Abete bianco di 50 anni d’ età . . Volume del fusto me. 1,
ab Larice i d » » È » , si
Pino silvestre’ Ai » » » »
Faggio » » » BRIT > 0,
112
LIAMS (1) nel 1876 ne vide in California esemplari coltivati alti
oltre 8 metri, ritenuti appunto a torto per W. filifera (Brahea
filamentosa). Introdotta in Europa poco avanti il 1883, fu primie-
ramente posseduta dallo stabilimento VAN HauTtTE di Gand e di-
stribuita con il nome di W. filifera : riconosciuta però pr
venne dal WENDLAND (2) descritta con il nome di W. robus
L’Orto Botanico di Palermo la ricevette solo nel 1886, SR
Stabilimento MERCATELLI di Firenze.
Per rusticità e per rapidità di accrescimento è paragonabile
alla W. filifera. Coltivasi infatti nelle medesime regioni ove pro-
spera quest’ultima, ed anche ad Intra, ove il BECALLI (3) ha po-
tuto esperimentarne la perfetta resistenza : egli in ventun mesi
ottenne piante alte un metro con quattro foglie ben caratterizzate.
A questo proposito lo SPRENGEL (4) dice: « È rustica, bellissima,
di rapida e compatta vegetazione : insomma l’ideale di una palma
adattata per la estesa coltura nell'Europa mediterranea ». Ed a
conferma aggiunge : « In un piccolo giardino, sulla riva del mare,
vicino a Napoli, nel 1884 ne feci piantare circa 30 esemplari di
un anno, che erano stati coltivati in quello stesso giardino, in va-
setti, provenienti da semi. Chi le vedesse adesso (1889) forse non
potrebbe credere che tali magnifiche palme abbiano potuto rag-
giungere quella considerevole altezza e così grande eleganza in 4
o 5 anni di età. Il terreno del mio giardino è costituito da sabbia
della vicina marina e da cenere vulcanica, mescolata con un poco
di concime sparsosi nelle annate precedenti da un colono che vi
coltivava cavoli e pomodoro. È vero bensì che io vi feci spesso
spargere del concime liquido e che cuoprì la superficie del terreno
intorno alle palme con sterco vaccino, ma questo era poi tutto.
Dell’acqua non ne ebbero in tutta la stagione calda che ben poca.
Il giardino è esposto a tutte le furie dei turbini sciroccali e set-
tentrionali. Nessun vento, nessuna burrasca gli è risparmiata. Gli
(1) WILLIAMS se fan filamentosa in California In Gardener's
Chroniche, 1876. p.
(2) WENDLAND “i. , Washingtonia robusta, nuova Palma da Te-
pidario. In Bollettino della R. Società Tolbana di Orticultura. Anno
VIII. 1 sE LIL
(8) BncaLLi A.; Piante raccomandabili ( Washingtonia robusta).
In petra della R. Società Toscana di Orticoltura. Anno XII.
1887. p. 117.
(4) SPRENGEL C. l. c.
113
inverni ultimi furono particolarmente terribili : si ebbero burrasche
furiose, pioggie torrenziali, neve, grandine e gelo abbondanti. Ma
le mie piccole palme, senza alcun riparo, gloriosamente hanno vinto
ogni contrario elemento, ed oggi la più sfrenata burrasca non le
danneggia quasi affatto. Non posso perciò abbastanza raccomandare
questa palma : essa è per noi un vero gioiello. Sono sicuro che
essa supererà qualsiasi ostacolo, e che presto la vedremo piantare
anche nella aperta campagna».
A Palermo tuttavia è molto meno diffusa della W. filifera.
OSTINELLI (1) descrive il forte esemplare che esiste alla Villa
TRaBIA. L’esemplare più forte posseduto dal nostro Orto Botanico
presenta le seguenti dimensioni :
Altezza del tronco: m. 9.50.
Circonferenza del tronco presso terra: m. 2,42
Circonferenza del tronco ad un metro dal suolo: m. 1,60
Numero delle foglie : 60. i
*
* *
Un'ultima specie di Washingtonia è la seguente :
Washingtonia sonorae, Warsox.—Specie ritrovata nello stato
di Sonora a Guayamas, sulle rive del Golto di California, ove però
pare esista solo coltivata. Il BeccARI la ritiene dubbia, e forse da
aversi come varietà della W. robusta.
Nell’Orto Botanico di Palermo se ne ha un esemplare, rice-
vuto nel 1898 dallo stabilimento SPRENGEL di Napoli. Piantato in
piena terra nel 1902, presenta attualmente le seguenti dimensioni:
Altezza del tronco: m. 3,50.
Circonferenza alla base: m. 2,60.
Circonferenza ad un metro da terra: m. 1,90.
Numero delle foglie : 38.
*
EE
A bpllcisioni. economiche.—Gli indiani che abitavano Ia regione
ove crescono le diverse specie di Washingtonia, utilizzavano queste
P
(1) OsrineLLi V, 1, e,
114
per diversi scopi, come riferisce il PARISH (1). Anzitutto con le
foglie ricoprivano le loro capanne e specialmente i granai che loro
servivano per conservare i semi di cui si nutrivano: con le fibre
facevano cordami ed intessevano canestri. Ma l’ utile maggiore lo
ricavavano dai frutti, per cui ogni selva di Washingtonia era pro-
prietà di una tribù particolare, alla quale spettava il diritto esclu-
sivo di raccoglierne i frutti. Questi venivano usati freschi, come
alimento, ed anche disseccati per conservarli. Gli indiani usavano
pure triturare questi frutti, assieme ad acqua, entro un mortajo di
pietra, per ottenerne una pasta molle, ricca di sostanze zuccherine.
I semi poi, triturati separatamente, erano convertiti in una sorta
di farina, con la quale, impastata e cotta, veniva fatta una sorta
di pane: secondo il PALMER (2) questi semi avrebbero qualità ana-
loghe a quelli di Cacao.
Ad analoghi usi possono venire adibite le specie di Washing-
tonia coltivate in Sicilia, presentando queste il vantaggio di una
grande rapidità di accrescimento. Crediamo che con il loro legno
si potranno fare assiccelle per stuoje e per tramezzi murati, mentre
i loro picciuoli possono servire per coperture.
Oltre al loro cavolo, che è squisito a mangiarsi, dal loro tronco
se ne può ricavare abbondante amido, o sagu, come fu possibile
accertare da un prova qui eseguita.
I loro frutti, assai abbondanti, potranno divenire articolo di
consumo locale, massime come alimentazione degli animali , e dai
semi se ne potrà ricavare una sorta di succedaneo al caffè.
. Allo scopo di stabilire il valore economico ed industriale dei
diversi prodotti ricavabili dalla Washingtonia filifera, farono in-
trapresi studii ed esperienze in questo R. Orto Botanico e Giar-
dino Coloniale. I prodotti ottenuti figuravano nell’Esposizione Or-
ticola Internazionale di Firenze, dello scorso anno. Essi sono :
1. Fibre grezze, atte ad essere utilizzate per molteplici lavori :
presentano grande resistenza ed una sufficiente bianchezza
2. Lavori eseguiti con le foglie, specialmente cappelli da Si-
(1) PARISH S. B., A contribution toward a knowledge of the ge-
nus Washingtonia . n Botanical Gazette. XLIV. 1907. p. 428.
ParIsH S. B., The flowers of Waskhingtonia. In Botinica! Gaz-
zette. XLVI. 1908. p. 144.
(2) PALMER E., Use of Palm fruit as food by Cocupah Indians.
In American Naturalist. XII. 1878. p. 598,
115
gnora : per colorito e per leggerezza possono stare a confronto con
quelli fabbricati. con altre piante.
Germogli conservate sotto aceto.
4. Semi torrefatti, costituenti un buon surrogato del caffè.
*
* *
Uno però dei prodotti di maggiore importanza, ricavabile dalla
Washingtonia, è quello del legname, che acquista un vero valore
economico ed industriale, se si considera la rapidità con cui que-
sta Palma può formare tronchi grossissimi.
A questo proposito abbiamo creduto opportuno fare un più
dettagliato studio dei caratteri, tanto microscopici , quanto fisici,
che presenta il legno di Washingtonia.
Caratteri microscopici.—Come in tutte le altre Palme, anche
in questa il legno è costituito da una quantità di fasci, sparsi in
seno ad un parenchima di cellule quasi isodiametriche. L’ adden-
samento dei primi, prevalentemente nella regione periferica dello
stipite, fa sì che in questa regione il legno si presenti più com-
patto e. duro che non verso la regione centrale.
I fasci sono costituiti da un abbondante astuccio di fibre, da
due o tre grossi vasi, da poche trachee e da un esiguo gruppetto
di elementi liberiani, che, a disseccamento completo , scompaiono.
Le fibre dunque costituiscono in totale la grande massa del legno.
Colle solite reazioni microchimiche esse si rivelano fortemente
impregnate di lignina , mentre lo spessore delle loro pareti è tale
da obliterare quasi totalmente il lume.
Sottoposte al processo di macerazione dello Schultze esse per-
dono la lignina e riacquistano i caratteri microchimici delle ordi-
narie pareti cellulosiche. Con questo processo si mettono anche bene
in evidenza le caratteristiche finissime striature che ne percorrono
longitudinalmente le pareti. 3 i
I grossi vasi sono delle tracheidi a parete areolata 0 scalari-
forme. ì
Le cellule del parenchima hanno invece pareti sottili, abbon-
dantemente perforate come quelle del midollo di sambuco. Sono ,
come si è detto, quasi isodiametriche, meno che in prossimità dei
fasci, dove sono allungate trasversalmente. Ampii meati , pieni di
aria a completo disseccamento esistono fra di loro, e ciò concorre
a dare una consistenza quasi spugnosa: alle regioni dello stipite
dove i fasci sono meno fitti, cioè verso il centro. Colle reazioni
116
microchimiche mostrano una modificazione della originaria natura
cellulosica dovuta al disseccamento e cioè un leggero grado di li-
gniticazione, alterato dalla presenza di tracce di suberificazione.
Caratteri fisici ed applicazioni.— Il legno della Washingtonia
filifera allo stato fresco è bianco-chiaro, mentre in seguito al dissecca-
mento diventa di color giallo-bruno, simile a quello del legno della
quercia Rovere. Non presenta lucentezza di sorta, essendo le superfici
di taglio molto scabre, data la disposizione sparsa dei fasci fibro-
vascolari, i quali restano fra loro separati dal parenchima. Desti-
tuito è anche di odori e di sapori speciali. Per il fatto che i fasci
decorrono in tutte le direzioni, benché prevalentemente in quella
longitudinale, esso é anche poco fissile in quest’ ultima direzione ;
ma essendo, d’altra parte, i suoi costituenti, allo stato secco, molto
teneri esso si presta invece assai bene al taglio con lame acutis-
sime, ottenendosene facilmente delle strisce tanto longitudinali che
trasversali
La resistenza al taglio ossia la « durezza » del legno é tuttavia
maggiore, come è naturale, nella direzione trasversale.
Il peso specifico ammonta a circa 0,19 cioè notevolmente in-
feriore a quello non solo dei legni comuni da ardere e da opera,
la cui densità oscilla, come è noto, da a. 0, 43 (legno da matite)
a 1,39 (Pockholz) ma anche a quella dei così detti Legni sugheri
che presentano un peso specifico non più basso di 0,21 secondo
le indicazioni del Wiesner (1). Con ciò si ha un grado di legge-
rezza (circa 0,15) che rasenta quello del Sughero. Ma in confronto
a questo offre il vantaggio di presentarsi in blocchi di un volume
considerevole da potere giovare ad applicazioni più estese di quello
che avviene per lo stesso sughero, specialmente in quei casi in cui
sono richieste delle masse voluminose di materia per formare dai
galleggianti e simili.
Oltre a ciò, date le proprietà fisiche , su accennate , di varie
altre applicazioni esso potrà essere oggetto , in vista delle sempre
crescenti esigenze delle industrie; applicazioni cui non possono in
alcuna guisa prestarsi i comuni iagsa; ed anche lo stesso sughero
per il prezzo e per altre convenienze. A quest’ultimo proposito va
ricordata la circostanza della possibilità che esso, ridotto in minuta
poltiglia mediante appositi disposizioni meccaniche, porga il mezzo
(1) Die Rohstoffe des Pflanzenreiches — Leipzig , 1908, Vol. 2°,
pag. 1021,
117
di prendere delle forme adatte a foggiare dei fondi di cappelli leg-
gerissimi o altri oggetti d’importanza industria
Per quanto poi non riesce possibile va una buona pulitura
al legno e la superficie di esso si conserva sempre scabrosa, tutta-
via non mancheranno delle speciali applicazioni in cui il legno
stesso potrà riconoscersi utile. Il ridurlo specialmente in lamine
mediante strumenti da taglio a lama larga e la possibilità di sot-
toporlo a forti compressioni, rappresentano delle condizioni da cui
potrà trarre partito la industria della confezione di varie oggetti,
quali, p. e. scatole, giocattoli, ecc.
Se poi si potrà impregnare la massa del legno di qualche so-
stanza liquida conservativa e spalmare la superficie con vernici o
simili materie da togliere quella caratteristica scabrosità e rozzezza
che presenta la superficie medesima, si avrà il mezzo di estendere
ancor più le applicazioni. Ed una di queste a me sembra molto
raccomandabile quella della confezione di assicelle per tendine mo-
bili e giranti da riparare dalla troppa luce le finestre.
*
* *
Perciò riteniamo conveniente incoraggiare colture estese di
Washingtonia, utilizzandola anche come pianta da rimboschimenti.
Non abbiamo ancora dati sufficienti per fare un calcolo sulle spese
colturali occorrenti in rapporto ai redditi ottenibili, ma la loro ra-
pidità di sviluppo, ed i molti usi cui si prestano, ci danno affida-
mento sufficiente sulla possibilità e sulla convenienza di adibire le
diverse specie di Washingtonia e massime la W. filifera per col-
ture economiche, introducendole nella aperta campagna, come già
aveva preveduto lo SPRENGEL,
A. Borzi.
Rassegna della Stampa Coloniale Agraria.
L'acclimazione del « Ficus elastica » in Sicilia. —Siamo lieti
constatare che le esperienze eseguite nel nostro R. Orto Botanico
e Giardino Coloniale sulla possibilità di fare in Sicilia colture di
Ficus elastica a scopo industriale , incominciano ad essere prese
in considerazione : non solo si riconosce 1’ opportunità di iniziare
simili colture in Sicilia, ma ancora si aggiunge potersene eseguire
nella Calabria meridionale, in Sardegna, in Tunisia, in Algeria ed
in generale in tutta la regione Mediterranea. Ciò diciamo a pro-
posito di un rapporto del Signor G. EnGELHARD, Console Gene-
rale di Francia, pubblicato nell’ Agriculture Pratique des Pays
Chauds (XI ann. 1911. p, 155). Egli constata come le esperienze,
eseguite per iniziativa del nostro Orto Botanico, sopra due specie
di Ficus, coltivate a Palermo, cioè il Ficus magnolioides, Borzi,
ed il Ficus elastica, RoxB., mentre hanno confermato che il primo
ha un latice assai povero di Caoutchouc, hanno posto in evidenza
.l’ abbondanza del Caoutchouc nel latice del secondo , quantunque
da alcuni si ritenesse che nella nostra regione fosse poco produt-
tivo. Perciò, considerando ia prima specie solo di valore ornamen-
tale, giustamente egli. conclude essere opportuno di iniziare con la
“seconda specie, cioè con il vero Ficus elastica, estese piantagioni
a scopo industriale. Infatti rileva come il Ficus elastica si è com-
pletamente acclimatato in Sicilia, e comè la sua coltura sia delle
120
più semplici, esigendo un trattamento simile a quello che si pra-
tica per gli Agrumi, e soi bene anche la siccità. Ritiene
pure che, facendosene colture éstese , la sua acclimatazione possa
venire completata, migliorandosene il prodotto, per qualità e per
quantità, quantunque anche come fu riscontrato attualmente , sia
assai buono e lasci sufficiente margine a guadagni.
Questa relazione dell’ ENGELHARDT è importante, perchè con-
ferma quanto fu più volte asserito in questo Bollettino , nè può
ritenersi sospetta essendo egli residente a Palermo, quindi in grado
di aver controllato di persona i fatti cui allude, e di avere osser-
vato come procede la vegetazione del Ficus elastica in Sicilia ,
visitandone le colture ed esaminandone i prodotti.
G. E. MATTEI.
PI
DIARI: OR? *IRIGRE SO)
Vo. APPENDICE 1911.
BOLLETTINO DELA. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO
SEMINA ANNI MCOMXI
QUAE
PRO MUTUA COMMUTATIONE OFFERUNTUR
A GIARDINO BOTANICO E COLONIALE
DI PALERMO
SEMINA ANNI MCMXI
QUAE
PRO MUTUA COMMUTATIONE OFFERUNTUR ®
Cryptogamae.
Equisetaceae.
1 Equisetum * ramosissimum
Desf. Europa omnis.
Filicaceae.
2 Adiantum aethiopicum Linn.
Africa, America,
3 —var. glanduliferum
Knze
4 amabile Hort.
(1) Plantae siculae sub hoc signo * indicantur.
5 Adiantum * capillus - Veneris
D
PI
Linn, Eur. omn., Asia,
concinnum H. B. et K. Ame-
rica trop.
cuneatum L. et F. Brasilia.
—var. deflexum Hort.
—var.elegantissimum Hort.
— var. variegatum Hort.
Cunninghamii Hook. N. Ze-
anda.
decorum Ho r t.Ha]l].Brasi-
lia
devonianum Hort.
diaphanus Blu m. Chin. Ma-
laya.
dolabriforme Hook. Brasi-
lia.
18Adiantum excisam Knz e.Chili
19
$
21 fragrantissimum Moore
(hybr. ex hort. Hender-
son).
—var. laciniatum Hort.
gracillimum Hort
grandipes Hort.
hispidulum Sw. Asia, Au-
stralia, Africa coi merid.
leiriziolà. Hort
lapsonianum Hort.
Legrandi H ort.
lueddemannianum Hort.
macrophyllum Sw. Mexico
et India occ.
Moori Hort.
mundulum (—A. cuneatum
X A. Pacotti, ex Gard.
Chr. 1888. II. p. 388).
SoS
26
SEN
88
38 nigrum Hort.
84 Pacotti Hort.
85 peruvianum Kltz. Peruvia.
36 polyphyllum Willd. Colum-
bia, Peruvia.
387 -—var cardiochlaena Knze.
88 pubescens Radd. Brasilia.
39 pulverulentum Linn. India
40 setulosum J. Sm. Asia, Au-
stralia
41 tenerum Sw. Pera India
occ., Peru
42 tetraphyllum Wi i 1 ld. Vene-
zuela.
trapeziforme Lin n. Messico,
India occ., America centr.
venustum Don. Afghanista-
45
46
Jamaica.
47 Alsophila australis Br. Austr.
48 excelsa R. Br. Ins. linoy
49 SO * aculeatu
- hastulatum (Ten.)
Wilesianum Hook, Mexico,
Dig ga
50 Aspidium augescens Lin n.
Jamaica,
caespitosum Hort.
decompositam Hort.
| falcatum 8 m. Asia centr.
51
apon
*Filix- Sidia Bernh. Eu-
ropa
Fortunei Hort.
grandifolium Mett. Nepal.
immersumH o o k. India,Java
princeps Hort.
rigidum Desv. var. palli-
dum Hook. Reg.medit.,
Asia min.
60 verminium, Hor
61 Asplenium*Adiantum-nigrum
Linn. Europa omn.,
Asia, A dia,
australe Brack. Australia.
*Ceterach Linn. Europa,
usque ad Himalayas.
diversifolium B1. Java.
fabianum Hu mb. Austral.
Nidus Linn. var. australa-
sicum (Hook.) Austra-
lia.
obtusatum Forst. var. obli-
quum Hook. Nova Ze-
landa, etc.
*Tricomanes Linn. Europa
AI
Nel
62
63
omn., etc.
69 umbrosum J. $ m. Ind., Ma-
laya
ya.
virescens Mett. Japonia.
viviparum Pre sl. Mauritius
r(
q1
(ce)
et Bourbon.
72 Blechnum brasiliense Desv.
Brasilia
73 cartilagineum Sw. Australia.
74 glandulosum Hort.
75 Cheilanthes*fragrans Webb.
76 et Bert. Reg. medit., Asia.
77 Craspedaria serpens F è e. Ind.
78 Cyathea arborea Sm. India.
79 dealbata Sm. Nov. Zelanda,
80 medullaris Sw. Sumatra et
Java,
81 Goniophlebium glaucophyllum
Knze, India occ., Co-
umb.
82 Goniopteris fraxinifolia Swz.
m. tropp.
83 Gymnogramme argenteaMett.
Peruvia.
84 calomelanos Kaulf. var.
chrysophylla Ka ulf.
Africa trop.
85 Matthewsii Hook, Peruvia.
86 schizophylla Hort.
87 sulphurea Desv. India oce.
88 tartarea Desv. var. pallidi-
pes Hook Peruvia, Me-
xico
89 Hypolepis tenuifolia Bern h.
alia
90 Lage Gilles Hook. Me-
91 dra L; abill. Nov. Caled.
92 Nephrolepis bostonensisH o r t.
cordifolia Pres]. Mexico,
Peruvia.
94 exaltata Schott, Japonia,
95. furcata Hort.
96 hirsuta Hort.
97 philippinensis Hort.
98 tuberculata Hort. G all.
99 Osmunda regalis Linn. Eur.
100 veg ser AlcicorneD e s v.
Australia.
101 OTT aureum x inn.
xico.
102 echo Hook. Poly-
co “
x
nesi
103 dia Knze, Ins. Philip-
in
pinae.
104 irioides Lam. N. India et
Australia, Africa occ.
105 pustulatum Forst.Austra-
lia.
106. *vulgareL i n n.Europa, etc.
107 Pteris aquilina Linn. Eur.
108. #cretica Li n n. Asia, Africa,
America centr. merid.,
Europ.
109 zican "atei var.fol. albo-li»
s Hort.
110 destplii Hook. Ins. San-
dwich.
11
fd
longifolia Linn. Europa
rarior, Asia, Africa, Ind.
112 pedata Linn. Am. trop.
113 quadriaurita Retz. var. ar-
gyraea (Mo ore) Austra-
114 serrulata Lin n. China, Ja-
ponia, etc.
115 Scolopendrium * officinaram
Europa, Japonia, A-
merica N.
116 * Tre manie Sw. Europa
117 Viene germani
Willd. Cosmop. RE
Lycopodiaceae.
118 Selaginella caulescens Spr.
a Gibs. Am.
p.
119 emmeliana Hort.
120 Martensii Spr. Brasilia.
121 —var. fol. variegatis.
122 umbrosa Lemair. Brasi-
ia È
123 uncinata Spr. Am. trop.
124 —var. arborescens Hort.
Am. trop.
125 Veitchii Hort.
| Matsiliaceae.
Eragrae. Drammondi A. Br. 1:
127 ira randa Lgs A-c
128 Marsilia quadrifolia Linn.
Europa , Asia, America
Salviniaceae.
129 Azolla carolinianaW i 111d.Ex
181 Salvinia auriculata A ub ki
uiana, Cuba.
Gymnospermae.
Conifetae.
132 Abies cephalonica Link,
raecia.
| 138 Callitris quadrivalvis Vent.
St Afric. bor.
134 robusta R. Br. Austral.
135 Cephalotaxus drupaceus
Sieb.etZucc.Japonia.
136 follicularis Hort.
137 Fortunei Hook. China bor.
138 Cupressus Benthamii Endl.
Mexico.
189 fragilis Hort. Mexico,
140 funebris Endl. China.
141 Cupressus glauca La m. Ind.
142 —var. pendula (Herit.).
Ind. or. penins.
143 macrocarpa Hartw. Cali-
fornia.
144 sempervirens Linn. Europa
(nat.)
145 —var. SE Patt
Hort. Flor.
146. —var. horizontalis Parl..
Asia
147 Cupressus sempervirens f.
expansa Ho
148 —var. pyramidalis Targ.
149 Smithii Hort.
150 thurifera H. B. K. Mexic.
151. torulosa Don. Himalaya.
152 Frenela rhomboidea Endl.
Nova Hollanda.
153 Juniperus chinensis Linn.
China
154 virginiana Linn. America
or.
155 Pinus brutia T e n. Ital. mer.
156 canariensis S m. Ins.Canar.
157 *halepensis Mill. Reg. me-
16.
158 —var. paroliniana Hort.
159 —var Salzmanni Hor
160 nari Poir. a sante
s Asi
161 arena OX i "a Himal
162. Markusii Hort
163. Pinaster Solan a Reg.
medit |
164 Pinea Linn. Reg. medit.
165 —var. fragilis Parl.
166 pyrenaica La peyr. Europa
austr. et or.
167 Sequoia sempervirensE n dl.
California.
168 Taxodium mucronatum Te n.
Messico.
169 Taxus baccata Lin n. Europa
et Asia sept.
170 —var. elegantissima Hort.
171 Thuja gigantea N utt. Amer
bor. occ
172 occidentalis Linn. Am.
bor., Sibiria.
173 —var. maldensisQuetier.
174 orientalis Linn. China.
Japon.
175 —var. aurea Hort
176. var. pyramidalis Ten.
Monocotyleae.
Allismaceae.
177 Alisma parnassifoliumBa s sì,
Europa.
178 *Plantago Linn. Europa,
Asia, Am. et Ocean. bor.
e
179 —var. arcuatum Mich.
180 —var. lanceolatum Sch.
181 ranunculoidesLinn.Europa.
182 Sagittaria lancifolia Linn.
America.
183 sagittifolia Linn. Europa,
Amer. bor.
Amatyilidaceae.
184 Agave caespitosaT od.Mexico.
185 horrida Lem. Mexico.
186 e Tod. Hab. ?
187 marmorata Roezl. Mexico
188 erat S. Dyck.
Mexico.
189 polyacantha Haw. Messico.
190 Rovelliana Tod. Hab?
191 car Perr. Yucat.
192 Alsroemeri haemantha
z. et Pav. Chili
198 enon Linn. Peruvia,
Chili
194 Amaryllis puerssiag Linn.
rom. b.
195 —var. major H. Pa
196Clivia nobilisLindl. fe sus
197 Cooperia Drummondi H e r b.
Texas.
198 Crinum asiaticum Linn.As.
trop.
199 longifoliumTh u n b.As.trop.
200 Cyrtanthus angustifolius
lt. A ei.
201 pnt elegans Tod. Me-
ico.
202 i coccineusL i n n.
a
208 Hippeastrum vittatumH e r b.
eruvia
204Hypoxis sati nn.Am.sept.
205 villosa Linn. Afr. austr.
206 Leucojum autumnale Li nn.
medit.
207 Narcissus serotina Lin n.
Europa.
208 *Tazzetta Linn. Eur., Asia.
209 Pancratium illyricum Linn.
medit., Am
211 vole tuberosa Lin n.
Mexico,
212Sternbergia luteaG a w 1.Re g.
med,
213 Zephyranthes candida H e r b.
Reg. Argentina.
° 214 coccinea Hort
215 longifolia Hem s1. Mexico.
216 robusta Hort.
217 rosea Lindl. Cuba.
220 verecunda H e r b. - Mexico.
flraceae.
221 Acorus gramineus Ait. se
pon.
222 Ambrosinia *Bassi Linn. Eu:
topa.
223 doi Iv, ia Lin-
en, Columbia.
224 MA dedi ipo? arg.Reg.
medit.
225 Arum *italicamM il].Europa,
Reg. medit.
226 macrophyllum Hort.
227 Dieffenbachia picta Schot.
Brasil.
228 Richardia africana K t h.
ob. b. Spei.
229 —var. robusta H o rt.
Bromeliaceae.
e €
230 Acanthostachys vienna
Link. Brasili
251 Aechmaea coelestis È Morr.
America trop.
282 enna Bak. Amer.
Top.
288 Billbergia irta Hort.
234 fasciata Ho
modesta Hor na
236 speciosa Thnbg. Brasilia.
‘ 237 zebrina Lindl. Brasilia.
238 Dyckia brevifolia Bak. Bra-
silia.
259 frigida Hook. Bras.
240 rariflora Schltz. fil. Bra-
silia.
—var. remotiflora Otto e
Dietr. Uraguay.
242 sulphurea C. Koch. Reg.
rgentina.
245 Pitcairnia bromeliaefolia
erit. Ind. occid.
244 imbionta Regel. Mexico.
1945 Kaw agi a Sahut. Me-
2A4I
246 ge Schiew. Brasi-
ia.
247 xanthocalyx Mart. Brasi-
lia. i
Commelinaceae.
248 Aneilema Forskolei K th. A-
inia.
249Commelina vegvivadal i inn.
Africa trop.
250 coelestis Willd. Mexico.
251 communis Lin n. China.
292 pond Linn. Reg.
TOP.
253 n B t h. Mexico.
254 tuberosa Linn. Mexico.
255 Rhaeo discolor H a n c. Me-
xico.
256 Tinantia ran Schiedw.
merica trop.
obtradescantia nudicaulisH o r t.
b
258. pilosa Linn. Amer. bor.
259 virginiana Linn. America
ea E
260 Carex*divisa H u d s.Reg.bor.
emp.
echinata M u rr.Reg.temp. "
Australia
ton 60 o od. Europa,
Prom. b. Spei.
follicularia vi, inn. Am.
bor
*hispida G a u d. Helvet.
japonica T h bg. Japon.
. laevigata Sm. Europa.
multiflora M u hl. Europ.
*muricata Lin n. Europa
centr. sept., Kurdistan,
Novo Mexico.
nigricans K i t. Europa. i
*pendula H ud ara me-
rid. et Reg. medi
26
o
271 Carex remota Lin n. Europa.
272 sylvatica Huds. Europa.
Japonia, Nova Hollanda,
Ind. occ., Bras., Prom.
b. Spei, Europa.
274 Cyperus alternifolius Lin n.
Ins. Borbonia.
distachyus A 11, Cosmop.
trop.
flabelliformis Ro t t b.Abys-
sinia.
glomeratus Linn. Europa,
sia temp.
laevigatus Linn. Cosmop.
rop.
*longus Lin n. Europ. me-
rid. et Reg. medit., Asia
orient.
maritimus Poir. Afr. or.
*Papyrus Lin n. Sicilia, A-
frica or. et occid.
planifolius Ric h. Ind. occ.
Preslii Par]. Reg. medit
tn! Wil]d. Chilì bor, SI
281
Mex
285 Eleocharis "Je: cd Br. Reg.
mp.
286 Kyllingia brio Rottb.
, Ind. or. et
0ce.; a merid,
287 Schoenus * nigricans Lin n.
Europ.omn.; Africa extra-
trop., Amer. (Florida et
Pensylv.).
288 Scirpus *lacustris Lin n.Eu-
—var. zebrinus Hort.
Holoschoenus Lin n. Euro-
pa omnis, Asia or.
*- var. Parlatoris (Bi v.)
Sicilia.
nodosus R ott. Prom. b.
Spei, Chili, Nova Zelan.
289
290
291
cai
298Scirpus proliferR ott. Prom.
b. Spei, Nov. Hollanda.
294 *setaceus Li inn.
Asia, Europa.
Austr.,
PDioscoreacene.
295 a alata Linn, Asia
tro
bulbifera Linn. Ind. or.,
Nova Hollanda.
cayennensis L a m. Cayenn.
decaisneana Carr. China.
divaricata Blanco. Ins.
Phylipp.
japonica T h b n° Japonia,
macroura H a fr.
TOP.
rupicola K u n t h.Africa au-
str.
sativa Linn. Reg. trop.
sinuata V ell. Brasilia.
varifolia Ku nz. Brasilia.
806 Tamnus communis Lin n.
Europa, Asia, Afr. me-
it.
Graminaceae.
307Agropyrum *junceumB e a uv.
Europa medit. et merid.,.
Caucasus, Africa bor.
308. obtusiflorum R. et S. Batav.
809 strictum Reich. Europa. -
810 villosum Link. Europa,
Oriens i
811 net alba Linn. Euro- i
312 legis mi h or. - Boropa,
313 Agrostis nebulosa B o i s s.
Hispania.
314 olivetorum Gren. Godr.
Gallia.
315 *verticillata Vill. Europa.
316 Aira caryophyllea Lin n.Eur.
med. et austr., Africa
317 —*var. Cupaniana (Guss).
Gallia, Italia.
318 Ampelodesmos * tenax L k
Reg. medit. occ., Africa
or.
319 Ammophila * arundinacea.
H t. Europa, Am.
bor
320AndropogonTichaem umLinn.
Ger
321 lira Parl. Sici-
lia
322 afitiotas Hort.
328 Torreyanus Steud. Amer.
324 Anthistiria giganteaC a v.Ins.
ouzon.
325 prgn aristatum
iss. siva austr. et
, Afrie
326 ‘orata Lag. din, Lu-
isp.
327 es pico enti Beauv.
ropa, Ori
328 arndinaria Stmoni Riv.
Sega
329 po variegatis H o r t.
330 Arandinala ptgsspnnto rin.
331 Arno "Donax Linn. Reg.
332
395
—var. a Vasluonti Hort.
*pliniana Turr. var. mau-
ritanica (De sf.) Sicilia,
etica, Africa bor.
Bae
334 Asperella Pin Humb.
Orien
335 Avena batta Brot. Reg.
medit.,Asia min,, Arabia,
n 8 nt
886 Avena brevis Roth. Euro-
pa.
*fatua Lin n. Europa med.
337
et australis, Africa bor.,
Abyss. et Prom. b. Spei,
America (n.).
338 nuda Lin n. Europa aùstr.
399 planiculmis Schrad. Eur.,
Asia bor.
340 sativa Linn. (Culta)
341 sempervirens Vill. Europa,
bor
s. bor.
342 *sterilis Linn.Reg. medit.
343 Boissiera Pumilio Stapf.
ersia.
344 Brachypodium *distachyumR.
a merid. et
medit., Abyssinia, Aff-
ghanistan.
345 *pinnatum Beau v. Reg.
medit.
346 ramosum R. et S. var. Bois-
sieri (N y m.). Hispania. x
*sylvaticam Beauv. Eur.,
347
riens.
348 Briza geniculata T h u n b.
Africa austr.
349
50
gracilis Hort.
*maxima Lin n.Europa me-
rid., Africa, Asia oce.,
ustralia.
—var. rufa Steud.
media Lin n. Europa med.
et merid., Asia med. et
Sibiria
353 virens Hc ort.
(0)
351
352
354 Bromus arvensis Linn. Eu-
ropa, Asia occ.
355
Oriens, Aegypt.
giganteus Linn. PARdA
Sibiria.
356
397
brachystachysHornung. 5.
*macrostachys D e s f. Euro- cd
merid.
*madritensis:L:i:n n, Regi Li
medit.
La
359 Bromus *maximus D e s f. Eu-
ropa merid. var. Gus-
sonii (P arl.). Reg. me-
dit. or.
360 *mollis Linn. Europa omn.,
Asia occ., Africa bor.
361 patulus Mert. et Koch.
Europa, Oriens.
362 racemosus Li n n. Ualiforn.
363 rubens Linn. Reg. me-
dit.
364 secalinus Linn. Reg. me-
©. dit., Asia bor.
365 *tectoroni Linn. Europa,
iens, Asia bor.
366 Cenchrus echinatus Lin n.
Cosmop. trop.
367 spinifex Linn. Cosmop.
368 tribuloides Li n n. Am. bor.
369 Chloris ni Kunth.
Afric.
370 meccana ini ochst. Aegypt.
Arab.
371 petraea Sw. Reg. trop.
372 polydactyla Sw. Americ.
È austr
373 radiata Sw. Amer. trop.
874 Coix arundinacea N e e.s.Am.
austr
str.
375 *lacryma Lin n. Sicil. Ind.
niger cucullatumL i nn.
min.
377 Corgnphora canescen
uv. Europ. und
378 pa schonoide Lam
Top.
379 Oynodon Dadi Pers.Co-
mop.
380 Datel Ccaporazzzo Linn.
Europa om
381 prat s chrad.
Oriens.
382 ara *sicula Du m.Eu-
368 Deschampsia caespitosa B e-
a uv. Europa, Asia, Ta-
smania. ic aa
384 Diarrhena americana B e a u v.
Amer. bor.
885 Digitaria sanguinalis Wi g g.
urop.
386 Eleusine coracana Ga ertn.
pt.; Ind. or., Am.
387 oligostachyaLink.Brasilia,
388. rigida Spreng. Hab?
389 Tocussa Fresen. Abyss.
890 Eragrostis abyssinica Li n k.
Abyss.
391 amabilis Wight. Ind.
or.
Barrelieri D e s v. Eur.med.
caroliniana Scribn, Amer.
392
393
megastachya Link. Reg.
medit. cosmop.
nigra Nees. Ind. or.
poecides B e a u v. Reg.
medit.
peruviana J a c q. Peruy,
pilosa B e a u v. Reg. medit.
senegalensis Ne es. Afr.
394
395
396
397
398
399
rop.
400Erianthus *RavennaeB e a u v.
g. medit., Asia occ.,
Africa bor., Jamaica
401. --var. Maddeni Hort.
402 —var, violacea H'ort.
403Festuca ampla H'a c k. Hispan.
404 bromoides Lin n.Reg. temp.
405 Vione Pers. Europa, 0-
406 drtonieninà schers.Reg.
roca ti inn. Europa, Asia
dini Vine ù
van = pica > de
407
i liguetinà sn vA, Italia:
mis Linn. Europa, A-
ca; Asia trop.
DA Li, nn. 6 temp.
4183. srigiae Kan eli. Poropa! ©
Mona det
ai
414 Festuca spadicea Linn. Eu-
a austr., Reg. Himal.
415 tenuiflora Schrad. Reg.
medit.
416 vivipara S m. Reg. medit.
417 Gaudinia gar Beauv
eg.
418Glyceria aqui di ahlenb.
Reg. bor
419 distans w e h ve en legione:
420 Gynerium argenteum N. ab
E. Brasilia.
421 Heleochloa alopecuroides
s t. Reg. medit.
422 Heteropogon * hirtus Pers.
uropa omnis, Afr. bor.
trop. et ano As. or.,
Amer
423 Holcus lanato Linn.Hisp.,
Lus
424 an distichén Linn:
Cult.
15) nido Linn.(Cult.).
426 jubatumLinn.America bor.
427 *maritimum W it h.Europa,
0. Africa bor., Oriens.
428 *murinum Linn. Europa
bor. temp.
429 nodosum Lin n. Reg. bor.
temp.
430 tetrastichon L inn. (Culta).
431 —var. Gervasi Hort. Pa-
norm.,
432 - var. intermedium Hort.
Panorm
433 —var. subcernuum Hort,
Panorm.
434 —var. Todari Hort, Pa-
norm.
435 —var. caerulescens
486 Zeocriton Linn. (Cult.).
487 Koeleria hirsuta G a u d. Eur.
438 phleoides W il1d. var.gran-
diflora Bois s. Syria.
439 Lagurus *ovatusLi n n.Europ.
austr., Africa bor.
440 Lasiochloa adscendens K t h,
Africa austr.
= Da
441 Lamarkia *aurea M n ch. Eu-
ropa austr., Abyss., Ca-
rnia.
442 Lepturus *incurvatus T rin.
Reg. bor. austr.
443 san multiflorum La m.
ia.
444 celo Michx, Am.
bor
445 *Doeddii Linn. Europa,
Asia, America.
446 rigidum Gaud. Europa.
447 temulentum Lin n. Europa,
Asia, America, Nova Hol-
anda.
448 Melica altissima Lin n. Eu-
ropa austr., Asia bor.
449 *ciliata Lin n. Europa, a:
extratr. occ., Afr.
450 *—var., La a ab da
Sicilia, Orien
451. minuta È inn. Dia au-
str,
452 DR bromoides Du m.
ia
458Miscanthus sinensisA nders.
455
456 .Monerma cylindrica C o s s.
r. bor.
457 Muhlenbergia alpestris T ri n.
Sibiria.
458 gymmnostyla Nees. ex h.
Vratisl.
459 Oryza sativa Lin n. Italia
(culta), Asia, America, A-
rica,
460 —var. aristata Hort.
461 Oryzopsis *miliacea Lin n.
rar. Thomasii (Du b y).
Corsica, Sicilia, Italia,
Graecia
462 paradoxa N utt. Europa.
463 Panicum coloratum Linn.
Afi
fr. bor., Austr., Amer.
sept.
464 *compressum Biv. Sicilia,
465 Panicum maximum J a c q.
Geront. trop.
466 plicatum L a m. Ind. or.,Ins.
Mascar, var. fol. arg. va-
rieg.
467 repens Linn. Reg. Calid.
468 virgatum Linn. Amer.
bor.
469 sg dilatatum Poir.
ra
ia.
470 Parioli n, R.
Br NHL;
Pr. -b: Sin
—var. Thouarsii Hort.
hirsutum Ne e s. Brasilia.
latifolium Spr. Reg. Arg.
longistylumH ochst.Abys-
471
472
473
474
ia.
475 macrurum T rin. Prom. b.
pei.
476 Phalaris #caerulescens D e s f.
eg. medit.
477 minor Retz. Graecia, 0-
riens.
478 “tuberosa Linn. Reg. me-
dit.
479 Phleum asperum Jacq. Eu-
“nigi Asia, America,
Nov I,
481 Poa abyasinic Jacq. Abys-
‘482 Sac Li inn. Cosmop.
483 compressa Linn. Reg. bor.
temp.
484 Polypogon monspeliensis
nt s f. Europa austr.,
eg austr., Chili.
a *fasciculataH c k 1.
Reg. medit., Africa or. et
capensis, Avierica trop.
et subtr
486 Secale dervta Linn. Oriens.
. 487 Setaria aureo-mirabilis A.B r.
Asia tro
488 frumentacea Hort.
cl il —
489 Setaria glauca B e a u v.Eur.,
Asia temp.
japonica Py naert. Ja-
pon.
491 italica Beau v. Reg. trop.
et subtrop. (Culta).
longiseta Beau v. Africa
trop.
macrostachya H. B.K.Austr.
trop.
E H. B. K. Co-
“verita Beauv. Co-
mop.
496 Gorghiat re Pers.
eg. calid.
497 vulgare P. ers. Reg. trop.
et subtrop. (cult. pl.var.).
—var. comuum Willd.ex
Massaua.
499 Sporobolus indicus R.Br o w.
498
Austral,
500 rp ara rin.
it Top.
501Stipa Calamagrosi Whlbg.
Europa austr.
502 papposs N. ab E. Montevi-
deo
503
504
peli Linn. Europ.
*tortilis De sf. Europa
austr., Afr. bor., Prom.b.
Spei.
505 tortuosa D e s v. Chili.
506 Tricholaena rosea N e e s.
Afr. trop.
507 one lcnemgr H. B. K.
508 Tripincum i dti inno
Am -
509 ed pratense Per sEu- x
S1OTriticum \abyssinicumS teu ca
; Abyss.
511 bicorne Forsk. Aegypt.;
| Syria.
512 *cylindricumQ© es.Pass. et
ct Gib: Rarope. «| “’
- 532. —var; fol. a
BISTriticum dicoccamS echrank.
Europa.
macrochaeta H o r t.
monococcum Linn. Taur.
Cauc.
*ovatumR a s p. Reg. medit.
polonicam Linn, (Cult.).
Spelta Linn. Cult.).
triunciale R a s p. Europa.
*ventricosum Ces. Pass.
et Gib. Europa.
*villosum Beau v. Europa
austr.; Asia or., etc.
vulgare Vill. (Cult...
—var. compactum(H o s t.).
—var. Thaoudor R e u t. 0-
riens.
525 —var. turgidum (Linn...
526 Ventenata macra Balans.
As. ‘minor
514
515
516
517.
518
519
520
527 Zea Da Li inn. Paraguay.
Ubicumque culta.
528 —var. cryptosperma
naf.
(Bo
529 —var. foveolata Hort.
Haemodoraceae.
530 Liriope spicata L o ur.
China, Cochinchina.
531 Jaburan Lodd. Japonia.
ureo-marginatis.
5330phiopogon neri on.
al.
534 japonicus Ker. Japonia,
China, Himalaya.
585Sanseviera guineensisWil1d.
Guinea, Abyssinia,
Yemen.
536 javanica B lum.Java,Prom.
b. Spe
pel
587 rorida Lanza, Somalia.
538 zeylanica Willd. Zeylon.
eo.
Itidaceae.
589 Antholyza aethiopica Lin n.
rom. pei.
540 —var.praealta (Del. in R e-
doutè).
541 *bicolor Ga s pa r. Prom. b.
Spei, E nunc apud nos
indigen
542 Babiana a asiaaiztolia Sweet.
Africa austr.
punctata K latt. Prom. b.
Spei.
(6)
54
544. rubro-cyanea K e r-Gaw1.
Prom. b. Spei.
stricta K er-Ga wl. Prom.
. Spei.
—var. albiflora Hort.
—var. purpurea H or t.
sulphurea: K e r. Africa
austr
549 ariana Lari M o-
ench. Chi
550 Cypella Hebertii I e r b.Bra-
silia
551 Freesia Leichtlini Riratt
Prom. b. Spei.
552 refracta Klatt. Prom. b.
pel
553. —var. suda Hort.
554 —var. odorata Eckl.
555 Gladiolus angustus Linn.
Prom. b. Spei.
ica Mill. Reg.
Goivili 3 weet. Hab?
gandavensis V. Houtt.
H
ybr.
psitacinus H o o k. Africa
austr.
ramosus Pax t. Hybr.
*segetum K e r-G a w 1.Reg,
medit,
562 tristis Li nn. Prom. b.Spei.
563 Homeria collinaV e n t.Prom.
b. Spei.
561
564Homeria collina var.ochroleuca
Delirb..L.0.
565 Iris *alata Poir. Europa
austr.
566 caucasica H o f f m. Reg.
aucas.
567 dichotoma Pall. Dahuria.
568. foetidissima Linn. Eu-
569 lutescens La m. var. Statel-
lae Tod. Hort. Pan
570. neglecta Parl. Hab?
571 pallida La m.Europa merild.,
Oriens.
572 pseudo-Acorus Lin n. Eu-
. ropa tota, Syria. Africa
Asia bor
574 virginica Linn. America
b
573 pumila Linn, Europa,
or.
575 *Xyphium Linn. Algeria,
Hisp., Sicilia, Italia.
576Ixia monadelphaD e l ar.Prom.
b. S
pei.
577 maculata Linn. Prom. b.
pei.
578 scariosa Thunb. Africa
austr.
579 —var. albiflora Hort.
580 —var. atropurpurea H o r t.
581 Lapeirousea cruenta Ln dl.
Prom. b. Spei.
582 juncea Pour, Prom. b.
Spei.
583 Melasphaerula gramineaK e r.
a Prom. b. Spei.
| 584 Moraea irioides Linn. Afr.
austr.
. 585 sicula Tod. Sicilia. —
586 sisyrinchium Ker-Gawl1.
eg. medit:, Oriens, Af-
ghan. :
587 Pardanthus chinensis K e r-°
ina.
. Reg. medit., Gallia
589 —var. grandiflora (Ti n.)
Ital.
590 candida Ten. Prom. b.
Spei.
591 Columnae S e b. et Ma ur.
e-. medit.
592 cruciata E ck]l. Prom. b.
pei.
598 *Linaresii Pa rl. Ital.,
Graecia.
594 longifolia Ba k. Africa au- |.
str.
595 purpurascens T e n. Reg me-
dit.
596 rosea E c k1l. Prom. b. Spei.
597 Sisyrinchium californicum
nd. California.
598 chilensis Hook. America
trop.
599 Sparaxis es Ker. (pl.
var.). Prom! b. Spei.
600 pri Ke e r. (pl. var.).
Prom. b. Spei.
601 tricolor Ker. (pl. vari).
Prom. b. Spei.
602 Tritonia crocata K e r. (pl.
var.). Prom. b. Spei.
608 sar arie Ker-Gawl.
Prom. b. Spéi.
Juncaceae.
604 Juncus *acutus Linn. Eu-
ropa, Africa bor.
608 Juncus glaucus E h r h. Eu-
ropa.
609 cune singgaina Ehrh.
t trop.
610 sabot Forsk. Reg.
m
Reg.
e
611 supinus o o en ch. Europ.
Am.
612Prionium PalmitaM{ e y.Prom.
b. Spei.
duncaginaceae.
6183Triglochin *laxiflorum G u s s.
Sicilia, Corsica.
Liliaceae.
614 Acrospyra asphodeloides
Welw. Prom. b. Spei,
615 Agapanthus umbellatus
L’H eri t. Prom. b.Spei.
616 -—var. albiflorus Hort.
617Albuca altissima J a c q.Prom.
b. Spei.
618 —var. cornuta (DC.).
619 aurea Jac q.Prom. b. Spei.
620 fastigiata Dryand. Prom.
b. Spei.
621 tenuifolia Bak. Afr. austr.
622Allium Ampeloprasum Linn.
Europa austr., Africa
bor., Oriens.
623 carinatum Lin n. Europa.
624 chamaemoly Lin n. Reg.
medit.
625 cilicicam Boiss. Asia min.
6 maritimum Torr. Califor.
627
neapolitanum C y r. Reg.
medit.
— 648
628Allium nigrum Linn.Europ.,
Oriens.
odorum Lin n. Sibiria.
oleraceum I\ in n. Europa.
Pallasii M urr. Sibiria.
Quirino Linn. Reg. me-
629
630
631
632
ae Lin n.Asia min.,
uropa.
siculum U cr. Sicilia.
*subhirsatum Linn. Eur.
ustr., Africa bor.
triquetrum Linn. Europa
occ. et Africa bor.
*vernale T i n.Europa austr.,
Asia min.
violaceum Willd. Europ.
639 Aloe abyssinica La m. Abys-
synia.
640 arborescens Mill. Prom.
pei.
Dana Va tana choeu 1
Prom Spei.
Borziana A. Terr. Abyssi-
641
642
bievilolia Ha w. Prom. b.
Spei.
644 caesiaSalm-Dych.Prom.
dig. ba Spot.
645
echinata Wil esi Prom. b.
Spe
pel
sicnana. Tod. Hott. Pan.
ferox Mill. Prom. b.
. b. Spei.
humilis Ha w. Prom. b.
Spei.
latifolia Ha w. Prom. b.
Spei.
macrocarpa T o d. Hort.
an.
obscura M il]. Prom. b.Spei.
654 —wvar. intermedia H or t.
655 —var. maculata D e s f.
656. —var. picta Thnbg.
p È
commutata T o d. Hort. Pan.
Spei.
frutescens Salm-Dych.
Pi
DE ai Rage a | ESP ET een ae rom O a a) e Pia PT Ad
i 679 Asparagus *,
657 Aloe Paxii Terr. fil. Hort.
Pan.
658 percrassa T o d. Hort. Pan.
659 Salmdyckiana Schult.
Prom. b. Spei.
660 Saponaria Haw. Prom. b.
pol
661 Soliimperi Tod. segg
662 spinosissima H o
663 striata Haw. Sn b.
Spei.
664 sulcata Salm.-Dyck. Pr.
. Sp.
665 supralaevis H a w. Prom. b.
pei. d
666 Todari Borzì, Hort. Pan.
667 Ucriae T e rr. Hort. Pan.
668 vera Linn. Prom. b
Spei.
669 Prom. b.
virens Haw.,.
Spei.
670 spoEmani Liliago Linn.
Europa, Africa bor.
671 Apicra asa Hort.Prom.
b. Spei.
672 pentagona Willd. Prom.
. Spei.
673 virens Haw. Prom. b.
Spei.
674 Anthericum Liliago Lin n.
Europa, Africa bor.
675 ana rip Hort.Prom.
676 pico W.illd. Prom.
b. Spei.
co 677 torquata Hort. Hab?
678 Arthropodium paniculatum
R. Br. Australia.
Linn.
Reg. medit.
680. medeoloides Th nb g.Prom.
È . Spei.
681 *officinalis Linn. Europa
merid. et media, Asia,
Africa bor.
682 Sprengerii Regel. Hort.
Damm.
irta ela a
Rd
— 16 —
VIETA VARONE ENTRE ZA ®
683Asphodeline*luteaR c h b.Reg*
medit. or., Algeria.
684 Asphodelus *fistulosus Lin n,
Reg. medit.
685 fuer da V iv. Reg. me-
.; Ins. Canariae.
—var. ramosus Li n n. Eu-
ropa austr.
687 Bloomeria gracilis Borzi.
Hort. Pan
686
688 Brodiaea congesta S. W a ts.
America bor. occ.
689 capitellata Hort.
690 grandiflora S m. Am. bor.
occ.
691 laxa S. Wats. America
bor.
692 pediatria S. Wats.
Californi
693 terrestris K | e L1 log g. Cali-
fornia.
694Bulbine annua Willd. A-
frica austr.
695 alooides Willd. Prom. b.
Spei.
696 frutéscens Willd. Prom.
» Spéis: 4.
697Bulbinopsis semibarbataB o r-
zì, Nova Holl.
698 Calliproa albida Borzì, N.
Holl.
699 Camassia Fraseri Torr. A-
merica bor. or.
700 Chlorophytum nepalense
. Reg. Himal.
701 —var. foliis variegatis,
ort.
02 Markayanum Hort. Hab?.
703 apri *ontummalali inn.
ropa.
704 utestini S te e v. Reg. medit.
705 Cupani Guss. Reg. medit.
706 Convallaria majalis Linn.
Europa, Asia, Am. bor.
707 Cordyline congesta Steud.
Australia. i
708 stricta End]. Aus
_ 709 e Nov. Za.
—
‘710 pugr Lapp Medic, Grae-
. min., Persia, etc.
11 Dasglizion ib
Ho Mexic.
712 aa Host
713 Dianella coerulea Sim. var.
aa (Kth.). Ta-
mania.
714 nni R. Br. Austr.
715 laevis Hook. Austr.
716 Dracaena Draco Linn. Ind.
or., Ins. Canar.
TW —var. ima Hort.
Pa
718 ambrncaifer Jacq. Java,
Mau
719 Drimia dl Jacq. Prom.
pel
720 A alia v.
Mexico.
721 Eucomis punctata A i t.Prom.
b. Spei.
722 Funkia ovata S pr. Japonia.
723 Gasteria acinacifolia H a w.
Prom. b. Spei.
—var. dexstrorsa SI ort.
— var. venusta H a
brachiphylla Haw. suna
pei.
astipiana H a w, Prom. b.
Spei.
nigricans Duval. Prom.
b. pei. i
obtusifolia H a w. Prom. b.
Spei.
scaberrima Hor t.
subnigricans Ha w. Prom.
È ù
732. trigona Ha w. Prom, b.
pei. .
733 Geitonoplesium cymosum A.
n. Australia, Ins,
Pacif.
734 Haworthia attenuata H a w.
Prom. b. Spei.
735 —var. clariperla (Haw.).
736 cym ene Schrad.
Spei.
787 Haworthia denticulata Ha w.
Prom. b. Spei.
fasciata Willd. Prom. b.
Spei.
api Ha w. Prom. b.
hybrida Haw. Prom. b.
Spei.
Krausei B a k e r. Prom. b.
margaritifera Ha w., Prom.
—var. granata (Ha w.).
—var. semimargaritifera
Haw.).
parva Haw. Prom. b.
Spei.
Radula Ha w. Prom. b..
pei.
Reinwardtii H a w. Prom.
b. Spei.
rigida H a w. Prom. b. Spei.
rugosa B a k. Prom. b. Spei.
subfasciata B a k e r. Prom.
b. Spei.
subulata glia, Dyck.
Prom. b. Spe
tessellata Ha w. < Pani b.
pei.
753 Hemerocallis Dumortieri
orr n.
754 hybridaHort.v.aurantiaca.
755 Hyacinthus amethystinus
Linn.Hisp., Gallia me-
rid., Croatia, Bosnia.
756 —var. albiflorus Hort.
757 *dubius Guss. Italia, Si--
cilia, Dalm.; Graecia,
Creta, Africa bor.
758 operculatus Hort. )
759 orientalis Linn. Reg. me- .
dit. .
760 *romanus Linn. Reg. me-
dit., o;
761 Webbianus Ny y m. Italia.
762 a coeva Mnch.
b. Spei.
763 Lachenalia Cami Leicht]1.
ab?
764 contaminata Ai t. Prom. b:
pei,
(65 isopetala Jac q. Prom. b.
pei.
166 pallida Ait. Prom. b. Spei.
767 regeliana Spreng. Hybr.
768 tricolor Jacq. Prom. b.
169 —var. fol. immaculatis
Hort.
770 Lilium candidum Li n n. Eu-
ropa austr., Transcauc.,
yria.
ql Ponta CEE Linn..
il. Prom. b. Spei.
772 i sailor R. Grah.Reg.
rgentina.
©7138 —var. conspicua Baker.
774 —var. violacea Kunth.
775 Muscari albovirens (Botryan-
thus albovirens To d. N.
gen. 72). H. Pan.
76 Argaei Hort. Graecia?
17% armeniacum Leitch. As.
min.
778 botr srpoides Mill. Europa,
riens
179 breviscapum Tod. H. Pan.
180. comosum Mill. Europa
merid., Africa borealis,
Asia occ
781 compactum Baker, Eu-
ropa.
782 dilutum Bak. Hab? i
183 graecum Boiss. Graecia.
784 moschatum Willd. Asia.
in.
785 neglectum Guss. Europa
merid., Africa bor., Asia
min.
186 pallens Fisch. Reg. Cauc.
187 racemosum Mill. Byzan-
tium, Asia min.
188. — var. atlanticum (Bois s).
789 —var. commutatum Hort.
iui AV
790 ve Ziptgtazo Ba:
r, Persia, Reg. Cauc,
791 Sera Hort.
792 Nolina recurvata H e m sl.
cagare Gallia merid.,
America, Africa,
793 Ornitbgatm caudatum
. Prom. b. Spei,
(94 comosum fE inn. Europa
medit. or
. LI (4
795 —var. contortum (T e n.).
Neap
796 graminifoliumT h b g.Prom.
Spei.
(97 longibracteatum Jacq.
rom. b. Spei.
798. montanum T e n. Europa
austr., Oriens.
799 —var. byzantinum
ng. Oriens.
800 nanum Sibth. Graecia,
Asia min. i
801. narbonensis Lin n. Reg.
medit.
802 neglectum Parl. Europa.
803 orthophyllum Te n. Italia.
804 contorna vg o dr. Gallia
805 sclloides Jacq. Prom. b.
Spe
pei
806 “tenuifolium Guss. Gallia
erid., Italia, Sicilia,
TOraboli
807 thyrsoides Jacq. Prom. b.
Spei.
808 umbellatum Linn. Europa
et Reg. medit., Africa.
bor., America boe.
809 Phiormium tenax F orst. N.
810 Polygonatum officinale Al I
ropa, Caucas., Altai.
811 Rohden japonica Roth, Ja-
ponia
812 —var. cla variegatis. salt
813 Ruscus * aculeatus Linn.
Africa bor., Asia occ.,
Europa medit. et austr.
814 Ruscus hypoglossum Lin n.
Reg. medit., Bithynia.
815 hypophyllum Li inn. Reg.
cene Africa bor., Asia
go
816 Scilla ali Linn. Eu-
ropa, Africa bor., Asia
occ
817 algeriensis Hort. .
818 bifolia Linn.Europa, Asia
min.
819 Bruni Hort.
820 *Cupani Guss. Sicilia.
821 festalis Salisb. Europa
occ. et merid.
822 —a. albiflora Hort.
828 —b. nutans $ m.
824 Filangeri (Tin.).
825 CRT Webb. Ins.
826 begins Mill. Europa
austr., Lusit., Hisp., Ita-
lia, Gallia,
— var. campanulata (P arl.)
_ 828 intermedia Gus s. Sardinia,
Africa trop.
829 italica Linn. Italia, Gal-
lia merid., Helvetia, Ba-
dena.
830 lingulata Po.i ir. Africa
austr,
831 lusitanica Linn. Lusitan.
832 *peruviana Lin n. Sardinia,
Corsica, Sa Italia,
ica
839 —*var. RA (Gu ss.) Si-
cilia
8984 —*var. Clusii Park) Sici- -
lia.
885 —*var. elongata (Parl.)
Sicilia. -
836 —*var. Hughii (T in.) Ins,
Maretimo (Sicilia).
837 sicula (Tin.).
8838 Semele reo Kunth.
In nar.
839 Smilax aspera Lin n. Eur.,
riens.
pu
840 a = Hook. China
841 Tulipa olveta Herb. Eu-
ropa.
842 “az ai
r, Reg. Himal.
843 za pipe Baker,
Prom. b. Spei.
844 haemorrhoidalis Steinh.
Prom. b. Spei.
845 Scilla Steinh. Prom. b.
Spei.
846 gore viridifolia Jacq.
Prom. b. Spe
pel
847 Yucca aloifolia Linn. (pl.
var.) India occ., Mexico
ad Guia bor.
Otchidaceae.
848 Aceras *anthropophora R. Br.
uropa.
849 Habenaria intacta Bt h. Eu-
ropa, Africa austr.
850 DR *abortivuam Sw.
ropa med. et merid.,
Îlpett, As. minor. i
851 ao *lutea C a v. Reg. me-
852 ca Hoglan
von. Europa austr.
853 *longicruris Lk.Reg.medit.,
. Algeria occ.
854 *tridentata Scop. var.
lactea (La m.). Europa
merid., Africa bor. n
855 Serapias *lingua Linn. Eu-
ropa austr. 3
856 —var. albiflora.
Musaceae.
857 Canna flaccida Rosc. Ame-
rica bor.
858 indica Linn, Cosmop.
trop.
859 dg n uiz. et Pav.
Per
860 maccoplila Hort. Amer.
861 dc pb Linn. Abyss.
862 Strelitzia Augusta Banks.
Prom. b. Spei.
Pailmae.
863 “=Fopntoplonia verrai
m/s i H. Wendl], Au-
864 Cz oblongata
art. Brasilia.
865 Chamaerops *humilis Lin n.
(p 1. var.) Hisp., Italia,
ica bor
866 Cocos australia Mart. Au-
stralia
867 coronata M art. Brasilia.
871 Howea Forsteriana Becc.
Ins. Lord Ho
872 Jubaea spectabilis H. B. et K.
Chili.
i) 873 Livistona australis Mart.
Australia.
874 chinensis R. Br. China et
aponia
875 Phoenix canariensis(Hort.).
Bece. Ins. Canariae.
n 19
876 Phoenix dactylifera Linn.
877 reclinata Jacq. Afr. or. et
occ.
878 Sabal Adansonii Guerns.
Carolina merid., Georgia,
Florida.
blackaurniana-Glaz. Ind.
879
880 Palmetto Loo È Amer. bor,
881 princeps Hor
882. umbraculifera + art. Ind.
occ., Mexico,
883 Trachycarpus excelsus Gay.
Japonia,
884 Fortunei G a y. China.
885 Washingtonia filifera H.
end, America bor.
et. occ.
886 robusta H. Wendl, Ame-
rica bor. et occ.
Pontedetiaceae.
887 Pontederia loureiriazi Sch.
Cochinchina.
Restiaceae.
888 Elegia deusta K th. Prom.b. i
Spei.
Scitaminaceae,
889 Alpinia calcarata Rose. Ind.
or.
890 Hedychium coronarium
o e n.
891 coccineum Boch. H am.
Nepal.
892 gardnerianum Gri ff. Ind.
or.
893 Roxburghii B1. Java,
894 villosum Wall. Ind. or.
895 Thalia dealbata F ras. Ame-
rica sept.
Typhaceae.
896 Typha latifoliaL in n.Europa,
sia, Africa bor., Ameri-
or. et media.
896 stenophylla F. ht gna,
Italia bor., Asi
897 Shutfleworthii Ko o ch et
Sond. Europa centr. et
Reg. dunubialis.
Dicotyleae.
ficahthaceae.
898 SA Nati go Poir.
ri
899 doll Lin n. Europa au-
str
C)
= Wa
900 Anisacanthus virgularis N.
ab E. Nova Hispania,
Mexico, Ins. Canariae,
901 —var. mirettianus Hort.
902 Barleria ventricosa Hochst.
inia.
903 Daedalacanthus nervosus
ders. Ind. Or,
904 Dianthera nodosa Benth.
t Hook. lnd. or.
905 tolo etimo
(o)
906 Fittonia fo, Hort.
907 dla sagra
t. Abyssinia.
908 J i obinia Za Bth. et
Hook asilia,
909 superba Hort.
910 velutina Hort.
9l1Justicia furcata Jacq. Me-
xico.
912 simplex D. Don. Asia et
trop
Afr.
913 Mackaya bella Harv. Bra-
silia.
914 Ruellia amoena Nees. Au-
stralia
915 geinividiione H. B. K. Amer.
trop.
916 lactea Cav. Mexie.
917 rosea Hemsl. Mexico.
918 solitaria V ell. Brasilia.
919. speciosa Mart.
920 squarrosa Fenzl America
trop. ;
921 ur L - nn. Am. bor.,
In
922 Toner dea Borzì,
Hort. Pan
923. erecta ii Wall.
Afr.
oc
924 —var. albiflora Hort.
925 reticalata Hochst. Abys-
sinia.
Amatantaceae.
926 Achyranthes *argentea Lam.
var.virgata Moq.Tand.
Abyssinia, Nubia, Arabia,
Sicilia, Sardinia, Gibralt.,
Aegypt. Porto Rico, Ja-
va, etc
927 lappacea Willd. Java.
928 Acnida tamaricina A. Gra y.
Am. bor.
929 ri lanata Juss. Asia
rop., Arabia.
930 Altman E° R. Br. Ind,
not dev
981 dui sessilis R. Br.
Reg. tro
932 Amarantus atropurpureus
Roxb. Ind. Or.
bullatus Hort.
Blitum Linn. Reg. temp.
938
984
et. trop.
brasiliensis Moq. Bras.
caudatus Linn. Oriens.,
Africa trop., India o-
rient.
995
936
Cararu, Jacq. Hab.?
canariensis Bess. Insul.
Canar
deflexus Linn. Europ.
emarginatus Salzm. Reg.
trop.
frumentaceus Buch. Am.
or. ;
gangeticus Linn. Reg.
trop.
—var. tricolor (Linn.).
hypochondriacus Lin n. A-
merica
- 945 melancholicus Linn. China,
Japonia, pigri etc.
946
- paniculatus (Linn). M
ni India or. “China,
a bor.
947 a ve Am. bor.
— 2 —
948 Amarantus retroflexusLi nn.
m. bor.
949. salicifolius Hort. Ins, Phi-
lipp.
950 sanguineus Vell. Bras.
951. viridis Linn. Reg. trop.
952 Amblogyne polygonoides
Rafin . bor.
959 Celosia argentea ta inn. Co-
smMop.
954 cristata Li inn. India or. x
Bombay, Japonia.
955 plumosa Hort. Hab?
956 TA CAT Mocq.
957 Proelichia: ‘oriana Mocq.
Am. bor., Ind. occ
958. gracilis Moq. atiarifà bor.
959 Gomphrena decumbens
Jacq. Mexico, Bolivia,
ete.
960 globosa Linn. (pl. var.)
LS or., China, Japonia,
Bra
961 Finagran K lotsch. Me-
962 Pupalia sia Mocq.
Asia merid., Afr. or. et
austr. pa dia Hispa-
963 Patanthem brasiliana Mocq.
rasilia, Mexico, Java.
964 pit Moqg. America
trop.
965. polygonoides M 0q. Amer.
trop.
Ampelidaceae.
966 Ampelopsis heterophylla
Zucoe. China,
Mong., Japonia. .
967 japonica Hort. Japonia.
968 Cissus antarctica Vent. Au-
stralia extratrop. or.
969 oblonga Planch. Austral.
970 penna Linn. Afr.
971 Parthonocisn quinquefolia
n.) Planch. Ame-
rica i et centr. ex-
tratrop.
972 Vitis Henryana Wall.
Ind. or.
Anacatdiaceae.
973 sign «nona Desf. Reg
974 iaia Linn. Reg. me-
it. omn., Insul. Cana-
rie.
975 *Terebinthus Li n n. Europ.
merid., Reg. medit. praes
or. et. ins
976 na . inn. Be. medit.,
977 nn Solandri E n gl.
Australia
978 Rhus *coriaria Linn. Reg.
medit., Persia.
979 ann) inn. Reg. medit.,
Orie
980 lartignia SE inn. Prom. b.
i Spei.
981 lucida Linn. Africa au-
str.
982 pentaphyllus Des f. Reg.
it.
983 sylvestris Sieb. et Zuce.
Japon.
984 Toxicodendron Lin n. Japo-
| nia e Nippon, America
bor
985 nadalatà Jacq. Prom. b.
Spei.
986 Schinus dependes Ort. Bra-
silla.
987 molle Linn. Peruvia, Bra-
silia, Uruguay, etc.
fAilnonaceae.
988 Anona Cherimolia Mill.
America (?)
Apocynaceae.
990 Acokanthera venenata Don.
rom.
991 Guaclue rg
a bor.
992 Mandevillee SR
. Reg. Argentina.
993 Nerium odorum Ait. India
bor.
994 Oleander Linn. Reg. me-
dit., Asia minor. occ. ,
cinbia Africa or.
995 Ochrosia elliptica La bill.
N. Caled.
996 macrocarpa Hort. Hab?
997 Plumeria acutifolia Poir.
998 Rauwolfia canescens Linn.
nd. occ.
999 Vallesia cymbaefolia Hort.
ova Hispania.
1000 Vinca rosea Linn. Java,
India or. et Philipp.,
e Mexico, Guya-
na,
1001 —var. “aci Hort.
1002 —var. arernd Hort.
filtaliaceae.
1003 Acanthopanax aculeatum
Seem. As. trop.
1004 Aralia dactylifolia Hort.
1005 leorana C. Ko c h. America
bor
1006 spinosa Linn. Amer. bor.
1007 Cussonia triptera Colla
Afr. austr.
1008 pedunculatum Benth.
America merid.
1009 Fatsia japonica Dcene. et
anch. Japonia.
1010 —var. fol. variegatis.
1011 Gilibertia cuneata March.
rasilia.
1012 Hedera *Helix Linn. Euro-
pa, Ins. Can., India bor.,
etc. 7
1013 —var. fol. variegatisH ort.
1014 Heptapleurus rigidum S e-
ava.
1015 steltzerianum Hort.
1016 para Seem. Ind..
"1017 Orcopazaa pedunculatum
1018 Parri rotundifoliaT e n.
x Hort. neapol. 1845.
fltistolochiaceae.
1019 Aristolochia iaia
art. Bras
1020 Bodamae. Din i &
racia
1021 elegans Mast. Brasilia.
1022 fimbriata Cha m. Brasilia
1023 KaempferiW i11d.Japonia.
1024 Pistolochia Lin n,Reg.me-
dit. occ,
fAsciepiadaceaeéè.
1025 Amsonia Free
. Amer. trop.
1026 Araujia are Brot.
Peruvia.
1027 megabotamia Do n. Bras.
1028 Asclepias angustifolia
Schveig. Mexico.
1029 curassavica Linn. ex An-
as Subsp. in hort.
one trop.
1030 linifolia. Lag. Mexico.
1031 mexicana Cav. Calif., Me-
1032 Cryptostegia grandiflora
. Afr. trop., Ma-
da ag.
1033 Cynanchum purpurascens
orr. Japon.
Pa extensa R. Br. Afr.
1035 Gonciobus niger R. Br.
Syr
1086 dslaztisni *fruticosus
ex Arabia cult.
et subsp. in hortis.
1037.Oxypetalum capitatum
rt. Brasilia.
1038 solanoides Hook. Reg.
Argentina
1039 SI *srmeca iti n. Bi-
si Iberia, Syria, Ita-
lia
austr.
È 1040 Stapotia ambigua Mass.
ode ì.
Spe
1041 ice T 04, Prom. b.
pei.
1042 sn Tod. dar b.
Spe
1043 bicolor Hort.
1044 bufonia Jac q Prom,
b. Spei.
1045. clypeata Hort. i
1046 ciliolata Tod. Prom. bi
Spei. ;
1047 ua conspurcata
1048
1049
1063
1064
1065
. Prom. b. Spei.
dvi H ort.
Hamburyana H o rt.
luxurians H o rt.
maculata J a c q. Prom.
marmorata Ja c q. Prom.
b. Spei.
mixta M a s s. Prom. b.
Spei.
mirabilis Hort.
mutabilis Ja c q. Prom.
pei
Dotiialia Jacq. Prom.
b. Spei.
parvipunctata Tod. Prom.
. Spei.
Pica Donn. Prom. b.
Spei.
rectiflora Hort.
rugosa Jacq. Prom. b.
Spei.
scutellata Tod. Prom. b.
pel
trifida T od. Prom. b.
‘ Spe
pel
TR Donn. Prom. b.
pei.
variegata Linn. Prom.
b. Spei
p
verrucosa M a s s. Prom.
. pel.
1066 Vincetoxicum officinale
Moench. Europa,
aucas.
Reg. C
1067 japonicus C. Morr.
Japon.
Begoniaceae.
1068 Begonia Dregei Otto et
1069 Evansiana Andr. Japon.
Dietr. Bras.
a). ag
1071
1072
1083
1084
1085
1086
1087
1088
1089
1070 Begonia foliosa H.B.K. Nova
G t.
Lepidotoe Li e bm. Me-
xico.
maculata R a d d i, Bra-
silia
nelumbifolia C h a m. et
chlecht. Mexico.
ricinifolia A. Dietr.
Brasilia.
rubro-setulosa A. DC.
Brasilia
Sandersii H o r t. Hab?
Schmidtiana Regel.
Brasilia
semperflorens L k. et
O t t. Brasilia med. et
austr.
—var. albiflora Hort.
—var. erfordiana Hort.
Betbetidaceae.
1081 Berberis africana H e b e n-’
Africa austr.
1082 aprirmi Pursh.
. bor.
visita p C. India O-
siii Roxb. Reg.
mal.
Pescia Lind E Mexico.
japonica R. Br. Japonia.
nervosa Pursh. Am. bor.
. Mexic.
occ.
tenuifolia Lind]l
garis Linn. Europa,
1
vul
È
g: 1104 Alkanna Mica DCO. Euro-
ii pra
Bignoniaceae.
1090 Bignonia tweediana Lndl.
Brasilia.
1091 Catalpa Taggza Walt.
America bor.
1092 KaempieriS ieb. eZ ucc.
Japonia.
1093J sei mimosaefoliaD o n.
lia, Am. austr.
1094 du da variabilis Bata-
i China.
1095 Pithecoctenium muricatum
Loc. Brasilia, Am. trop.
"1096 cordifolium Mart. Bras.
1097 Tecoma radicans Juss. A-
pt.
1098 —var. grandiflora Hort.
1099. serratifolia G. Don. Ins.
Carib.
1100 stans Juss. Mexico, Ame-
rica.
1101 — var. velutina D C.
Bixaceae,.
1102 a a Linn. Amer.
1108 Liu africana Linn.
rom, b. Spei
Botraginaceae.
A pa.
1105 rosea Link. Oriens.
1106 Anchusa capensis Thu nb.
1107 officinalis Linn. Europ.
1108 Asperugo procumbensL i n n,
Europ., Oriens.
1109 Borrago * officinalis Linn,
Europa austr., Afr. bor.
1110 Cerinthe no Linn. Euro-
pa, min
lill minor Li. inn. Europa , A-
sia min
1112 Cordia aagitioha Roem.
et Schult. India occ.
1113 Francisci Grae f. Hort.Ca-
sert.
1114 Myxa Linn. Malabar.
1115 Cynoglossum * Columnae
Bi v. Ital. merid.,Sicilia,
Gissi, Reg. danub.
1116 cheirifolium Linn. Reg.
med, occ.
1117 clandestinum Desf, Reg.
Medi
edit.
1118 Heynei Do n. Ind. Or.
1119 lanceolatam Hochst.
Abyss.
1120 officinale Linn. Europa,
Oriens. i
1121 * pictum Ait. Europa au-
str. medit,
1122 Wallichii Don. Reg. Hi-
mal.
1123 Echium arenarium Guss.
eg. med.
1124 calycinum Viv. 6: me-
dit.
1125 ni Jacq. ea 0a-
1126 station Li inn. Europa,
1127 apanne wi illd. Hisp.
mer., Italia ins., Africa
bor. !
1128 *plantagineum Lin ii
medit., Europa centr. et
gl. mer. occ.
1129 nn laevis Bet Sas
1130 sisi 3. Linn. In-
1131 tivi strietum Phil.
ili.
1132 Heliophytum indicomisi inn.
Re
eg. Argentina
1133 Heliotropium * europaeum,
inn. Europa austr. et
1184 curassavicum Linn. Co-
smop. trop.
1135 indicumLin n.Geront.trop.
1136 peruvianum Linn. Peru-
1187 Hemizonia corymbosa T o rr.
ray. California.
permum arvense
Linn. Europ., Oriens.
1139 purpureo-caeruleum Lin n.
“40
11381
urop., Oriens.
1140 Myosotis sylvatica Hoffm.
ar. alpestris (Sch m.).
Europa.
1141 pura alba D. C. Europ.,
Ori
1142 decumbens oench.Reg.
me
1143 forces ri isch. Europ.,
1144 persa amplexicaulis
ispan.
1145 ca Much. Lusit.,
, Gall., Ital.
1146 Spmphy tom asperrimum
Do n. Reg. Caucas.
1147 ra Boiss. Eu-
ropa,
officinale Li nn. Europa,
Sibiria, Bithynia.
— var. boemicumF. W.S$ c h-
midt
1150 orientale Linn. Byzant.
1151 tamaicense St ev. Ross.
1152 Tournefortia fruticosa O r-
g. Mexico.
1158 hirsutissima Linn. Ame-
ica bor
1148
1149
zo DE a
1154 Tournefortia messerschmidia
Can
1155 Trachystemon orientale D.
n. Asia minor.
Cactaceae.
1156 Cereus alacriportanusP f e i f.
Bras.
1157
1158
1159
1160
Bomplandi Parm. Bras.
Martini Hort.
monacantus Ho i
colubrinus = t ve 0. id
cactus). Hab ?
1161 Curtisii O t 1 o. N. Gra-
nat.
Engelmanni Parry. Ca-
lifornia.
Ehrenbergii Pfeiff.
chinoc.) Mexico.
euphorbioides H a w. (Pi-
locereus). Amer. austr.
Eyriesii Hort. Berol.
1162
1163 (E-
1164
1165
eg. Argent.
1166 FaconostleH o r t.(Echinoc.).
Hab?
1167
1168
Jamacaru D C. Brasilia.
Lagermanni Hort. (Echi-
nopsis).
Martianus Zuec.
xico.
monacanthus Hort. Hab?
nigerrimus Link. (Echi-
nopsis) Chilì.
pentalophus D C.(Echinoc.)»
Mexico.
. leptacanthus
piega Hort.Berol.
Hab?
1169 Me-
1170
1171
1172
1173
1174
Poselgeri L e m.{Echinocs).
Hab?
procumbens Engel. (E-
chinoc.) Mexico.
1177 scs speciosus Sweet (E-
nocer.). Amer. austr..
1178 cabrepandu Haw. Ind.
1179 “tren Salm-Dyck.
(Pilocereus) Hab?
tortuosus Forbes. Reg.
Argent.
Zuccarini Pfeiff.
nopsis) Mexico.
1182 Echinocactus aulacagonus
e cult. in hortis, ex
1180
1181 (Echi-
Mexico,
1183 rea Lem, Me-
1184 iti ii \
1185 —var. retina, Pfeif.
Merxic.
bocasana Paselg. Texas.
Bockii Forst. Mexico.
centricirrhaL em.
1186
1187
1188
1189
1190 Foersteri Muehlenp f.
Mexico.
1191 glauca Dietr. Mexico.
1192 longimamma D C. Mexico.
1198 —var. compacta Hor t,
1194 —var. congesta Hort.
1195 —var. giganthomele Hort.
1196 —var. globosa Hort.
1197
megacantha Salm.Dyck.
exico.
minima Reichb. Me-
xico.
rsa S. D. Culta in
hortis.
—var. major.
Neumanniana IL e m. Me-
xico.
pusilla Sweet. Hab?
rhodacantha Sal m-D y ck.
1201
1202
exico.
1204 rhodantha Link.etOtt.
Mexico.
1205. uberiformis Z u e e, Mexe.
1206 Opuntia Amyclaea Tenor.
Mexie,
1207 Upiintli anacantha H o r t.
Hab ?
Cholquensis H o r t
IA Eng sta m. Am,
Dilleni 5 a w. America au-
strali
| #Ficus- indica Mill. (pl.
glaucophylla Wendl.
Mexico
—var. laevior
hyptiacantha H or t.
intermedia A. Gra y.Am.
Lemaireana Consol.
92
ab?
leucotricha D C. Mexico.
monacantha H a w. Amer.
austr.
— vas. prolifera H or t. A-
merica austr.
e Haw. Amer.
cda Engelm. A-
. bor. occ.
pleno H aw. America
dinda te alm-Dyek.
Mexico. 1
— var. elongata H or t.
Rafinesqui Engelm. A-
mer. bor. occ.
stricta H a w. America
“ austr.
—var. altera Hort.
tomentosa Salm-Dyc.k.
Am. austr.
Tuna Mill. Amer. austr.
vulgaris Mill. America
Dot...
1281 Lio Pugni HookeriW al P
ina Ripeti adi Sal mi
Dych. Hab? 3
1293 sa Pieiff. Brasio
lia, a
Galycanthaceae.
1234 Calycanthus occidentalis
ok. et Arn. Califor-
1295 Chimonanthus fragrans
ndl.Japonia, China,
Calyceteae.
1236 Acycarpha tribuloides J u s s.
Campanuùlaceae.
1237 Adenophora Lamarcki
ch. Sibiria.
1238 marsupiifolia Fisc h, De
hur.
1239 trachelioides Maxim,
China
1240 Campanula elegans Ro e m,
chult. Sibir.
*Erinus Linn. Reg. me-
dit.
medium Linn. Europa
austr.
punctata L a m. Sibir. Ja-
1241
1242
1243
pon.
1244 pyramidalis Linn. Eu-
ropa.
Rapunculus Linn. Euro-
pa, Oriens, Afr.. si Asia
bor.
1245
1246 inni Si it et Sm.
talia, Gra
1247 ciaoo ale Benth,
Reg. Himal.
Blas ia
1248 Michauxia fregi
L’Hèrit. Asia min,,
Syria.
1249 Specularia falcata A. D C.
Reg. medi
1250 speculum A. DC. Europ.,
Reg. medit.
1251 Trachelium * caeruleum
Linn. Italia cont. et
Ins., Afr. bor
1252 Wehlbnbergia nutabunda
D C. Baetic., Sard., Sici-
lia, Calabr.
1258. lobelioides Link. Insul.
Madeira, Canariae.
x
Cannabinaceae.
1254 roma *sativa Li n n.Per-
, Italia (culta).
1255 sovr, gigantea Hort.
Ca ppatidaceae.
1256 ngi nio *spinosa Li n n. Si-
cilia, etc
rupestris Sibt. et S m.
Italia, Graecia, Hisp.
merid., Dalm.
1257
1258 Cleome attiodicra Ho rt,
1259 candelabrum Sims. Hab?
fugax S chrad. Hab?
gigantea Linn. Amer.
austr.
graveolens R a f. Amer.
bor.
juncea Sparm. Hab?
muricata Edge w. India.
or.
1265 Cleome pungens Willd.
iz austr
:1266 speciosa R a f. America
or.
1267 trachelasperma Hor
1268 Gynandropsis pentaphylla
D.C. Cosmop. trop.
Caprifoliaceae.
1269 Lonicera brachypoda D. C.
Japon.
1270 #canescens Schusb. Si-
cilia, Maroccus.
1271 Caprifolium Linn. Europ.
austr.
1272 chinensis Hort. Reg.
im.
1273 chrysantha Turcez. Sibi-
ria.
1274 fragrans Hort.
1275 gibbosa Willd. Mexie.
1276 grata Ait. Am. bor.
1277 *implexa A it, Reg. me-
it.
1278 involucrata Banks, A-
merica bor.
1279 Japonica Th b g. Reg. Hi-
mal.
1280 orientalis La m. Reg. Hi-
mal.
1281 punicea H o r t.
1282 Dr rn Regel. Reg.
| Am
HA i Linn. Sibiria.
1283
1284 Sambucus Ebulus Li n n.
i Europa, Caucasus.
1285 nigra Linn. Europa, Asia
bor.
1286 Sy Penice microphyl-
1 lus H. B. et K. Mexico.
i; 1287 racemosus “ chx. Ame-
rica bor.
1288 Viburnum Hartwegi B t h.
Mexico, sopra
‘ 1289 edule Hor
1290 lantanoides Di ichx.Ame-
ica bor
1291 Slocaticizi ste er-Gawl.
Reg. Himal., China.
1292 Tauricum Hort
1293 *Tinus Lin n. Europa au-
str. occ., Africa bor.
Catyophyllaceae.
1294 Arenaria graminifolia S c h-
ra “ Hung., Transsylv.,
Ross. austr., Sibiria.
Fisse (G u ss). Eu-
Afr. bor., Asia mi-
1295
1296 cia Vahl. Hisp.
et Ital. austr., Afr. bor.,
Ins. Canariae.
1297 serpyllifolia Linn. Euro-
pa, Asia min.
1298 Cerastium arvense Li n n.
Reg. temp. bor.
brachypetalum D e s f. Eu-
ropa, Reg. medit.
preverazia Thuill.Reg.
mp. et subtropical.
chlorifolium Fisch. et
y. As. Min.
grandifloram Waldst.
et n it. Europa or., Reg.
1302
Cau
1303 dii Hort.
1304
Asi
1305 Corrigioa gun Linn. .
ropa. s.
1306 Diktithia armeria r# inn
Europa, Cancas.
1307 barbatus Linn. n. Europa. ;
PRE inn. gira Li
1308 Dianthus Caryophyllus
. Europa, Asia
min.
Carthusianum Linn. Eu-
r . min.
chinensis Lin n. China,
hirtus Will. (tallia, Tau-
ria.
plumarius Linn. Europa
med. praes. or
1309
1310
1311
1512
1313 polymorphus Bi e b. Reg.
Cauc.
1314 rupicolus Bi v. Sicilia, I-
tal. merid.
1315 squarrosus Bie b. Tauria.
1316 Sternbergii Sibth. Tau-
ria.
1817 Gypsophila altissima Lin n.
Sibiria
1318 elegans Bieb. Asia min.
1319 paniculata Lin n. Europ.,
Asia bor.
1320 Hiolostnm umbellatum
. Euro
1821 Lychnis luabica Fisch.
China.
1322 Coeli - rosa Desr. Reg.
medit.
1323
1324
—var. oculata (Ba c k h.).
corsica Loisel. Corsica,
Pyren
yren.
dioica Lin n. Europa.
divaricata Reichb. Sici-
lia, Hisp.
fulgens Fisch. Sibir.
Flos-Jovis De sr. Helv.
merid., La bor., By-
zanth.
1325
1326
1327
1328
1329 Githago Sco p. Europa,
Sibiria, Graecia, Anat.,
Pers., ete
1330 macrocarpa Bois s. Reg.
medit.
1381 rubrum Hort.
1332 tristis Bu n g. Sibir.
1333
vespertina Si btr. Reg.
medit.
13954 ian pica Linn.
; Asia bor
1335 Polsestibrall'opoi iffae La ma
Ins. Teneriffa.
1356 Polyearpon Toei ua
medit. et
Europa sibinie; pn cosm.
1337 bd hispanica Li n n.Reg.
ledit., Caucas.
1338 Sagiinai uiritia D. Don.
Eu
uropa.
1339 ugo cerastioides
eg. Casp.
1340 officinalis L inn. Europa,
sia occ
1341 persica Boiss. Persia.
1342 rai Li inn. Europa,
Asi ;, Sibiria
13453 Silene Luni Willd. Eu-
rop. austr.
1344 Armeria Linn. Eur. austr.
1345 colorata Poir. Reg. me-
dit.
1346 Cucubalus Wibel. Eu-
\ ropa, afr. bor.
1347 damascena Boiss. Pa-
laest.
1348 Dilleniana Sc hott. Gal-
ia.
1349 distica Wiltd. Reg. med.
occ.
1350 gna Hook. Am.
bor.
1351 one Si ims. Reg. Cau-
cas.
1852 *fruticosa L in n. Graecia,
Sicilia.
1353 *fuscata L k. Lusit., Hisp.
et Italia seggi Afr.,
bor., Syria da,
1354 gallica Linn. Hindi A-
frica bor.
1355 pui Bor y et
u b. Graeci
1356 aa Gmel, Europ.
1357 lydia Boiss. As. min
1358
macrodonta B oi ss. Gra ; ;
cia. .
1359 Silene muscipula Linn.
Reg. medit.
nocturna Lin n. Reg.
medit., Africa bor., Asia
occ.
1361 odontopetala Fe nz1. As.
min., Syria.
1362 orientalis Mill. Oriens.
1363. pauciflora K it. Europ.
1364 pendula Linn. Lusit.,
Hisp., Italia, Creta et
1365.
myrne.
ro Linn.Eu-
a.
1366 ten Frivald. Ba-
nat.
rubella Linn. Reg. me-
dit., Mesopot.
Sartorii Boiss.
Cyclad.
saxifraga Linn. Europa.
70 Jacq. Reg. me-
1367
1368 Insul.
1369
1370
1371 iù Linn. Europa
austr.
1372 vesiculifera J. G ay. Ci-
licia.
1373 viscosa Pers. Europ., As.
bor
1974 Stllria Hague Linn. Or-
bis . fere omnis.
1375. Li - spa ol cria)
Ss Ss. specie.
1376 Spergaari cani Presl.
ropa.
1977 unica prolifera Sc o p. Eu-
rop., Reg. Caucas.
Casùuatinaceae.
1378 cporrora distyla Vent.
7 tral.
i 1879 btziota Ait. Austral.
1380 torulosa A it; Austral.
CI PT
Celastraceae.
1381 Celastrus lucidus Lin n.
Spei.
1382 scandens Linn. America
sept.
pei) australeV e n t.
Nova Hollanda.
1384 east At et Z ey h,
Prom. b. Spei.
1385 ilivifotium Ten. Hab?
1386Euonymus americanusL i n n,
Am. sept.
1387 europaeus Linn. Europa.
1388. fimbriatus Wall. Reg.
Himal.
1389 japonicus Lin n. fil. Ja-
; onia.
1390 —var. fol. variegatis.
Chenopodiaceae.
1391 Atriplex confertiflora S.
Am. bor. occ.
hortensis Lin n. Cosmop.
(Cult.).
nitens Sc h k. Europ., O-
riens.
rosea Lin n. Buropa , Si-
biria, Asia.
sibirica Li n n. Sibiria.
SpoRgiona + F.Muell
Australia
1397 Basella rabra i i n n. Asia
et Africa i
1398 —var. alba pa fa sal. Chi-
1392
1393
1994
1395
1396
pa Afr. È bor.,
1400 maritima Lin n. Reg. Me
dit.
1401 Chenopodium album Li n n.
Omnis terr. orbis.
1402 ambrosioides Linn. Am.
bor. et trop., Europa au-
str., Afr. bor. et austr.,
India or.
1403 Botrys Linn. Europa.
1404 Bonus-Henricus Lin n.Eu-
ropa.
1405 foetidum Schrad. Reg.
tro
1406 ne Linn. Orbis terr.
fere omnis,
1407 opulifoliuam Schrad.
Reg. bor.
1408 QuinoaW illd.Am. austr.
1409 viride Linn. Omn. terr.
orb.
1410 vulvaria Linn. Europa,
Asia
34ll mne Li inn. Europ.,
As.
1412 diego hyssopifolium
Linn. Europa, Am
bor.
1413 Kochia arenaria R ot h.
Austr., Asia occ.
1414 scoparia Schr ad. Euro-
pa, Asia bor.
1415 Ofaiston paucifoliumB a fi n.
Am. bor.
1416 Salsola Kali Linn. Reg.
bor. et austr. temp.
1417 rosacea Linn. As. med.
Sibir.
1418 Spinacia oleraceaL i n n.Ubi-
que cult.
1419 Teloxis aristata M 0q. Am,
or.
Cistaceae.
1420 Cistus cyprius Lam. Ins.
Cyprus.
e pa
LI
1421 Cistus monspeliensis Li n n.
Reg. it. 0c
medit. o
1422 ladanifer Linn. Reg.
Medit. occ.
1423 parviflorus La m. Reg.
medit. occ.
1424 polimorphus Wilk. Reg.
medit.
1425 populifolius Lin n. Li)
medit. occ.
1426 purpureus La m. Oriens.
1427 *salvifolius Li n n.Europa,
Afr. bor., Reg. medit.,
Persia.
1428. vaginatus A it. Teneriff.
1429 Helianthemum Fumana
ill. Reg. medit.
1430 guttatum Mill. Europa
medit. et austr., Africa
bor., Syria.
1181 halimifolium Pers. Reg.
medit.
1432 ledifolium Mill. Europa
austr.
1483 niloticeum Moench. Eu-
ropa et Africa bor., Reg.
medit. Caucasus, Persia
Armenia.
variabile Sp ac h. Reg.
medit.
Combretaceae.
1485 agi lejocarpa .G. et
P. Senegal, etc.
Compositae.
1486 Achillea asplenifolia V e n t.
America bor.
1438 Achillea Ageratum Linn,
Europa.
alpina Linn. Europa.
lanata S pr. Podolia.
magna Lin n. Europa.
millefolinm Ledeb. Eu-
ropa, Asia min.
Ptarmica Lin n. Reg. bor.
temp.
rosea Waldst. Hungar.
sulphurea Boiss. Syria.
n Pi sari utt.
a bor.
1447 era liiearifoltà T guri
et Gray. Texas.
1448 Alfredia cernua Ca s s.Sibir.
1449 Ambrosia artemisioides
yen, Peruv.
1450 bidentata Michx.Am.bor.
1451 maritima Linn. Europa,
riens.
1452 Amellus annuus Willd.
Africa austr.
1453 Ammobium alatum R. B r.
Nova Hollanda.
1454 Anacyclus tant DO.
Afr. bor., Oriens.
1455 Anaphalis margaritaceno
enth, Am.
1456 Andryala integrifolia Li inn.
Reg. Medit.
1457 varia Lowe, Reg. Med.
458 —var. candicans Hort.
1459 Anthemis arvensis Lin n.
Europa.
austriaca Jacq. Ital. bor.,
Reg. danub., Caucasus.
Cotula Linn. Europa,
Africa bor., Oriens.
peregrina Lin n. Italia,
Graecia, Asia min.
tinetoria Linn. Europa,
1463
Oriens.
1464 Aplopappus rubiginosus
orr.etGray.Amer.
: bor.
1465 Aretium majus Bèr.n h.
Europa,
1466 Arctium nemorosùs L'ej -
ro
1477 Arctotheca repens 5 W end].
Africa austr.
1458 ag e stoechadifolia
Africa austr.
1469 Arvezzisie annua Lin n. A:
1470
1471
g. m
Drasungilofffi inn. non. a
Oriens.
1472
1473
fragrans Hor
mutellina Vil i. Europ.
1474 Aster duna Linn.Europa,
riens.
azureus Lindl. Am. sept.
junceus A it. Am. bor.
laevis Linn. Am. sept.
sino La m. Amer.
sept.
Novi Belgii Linn. Am.
sept.
scaberrimus Less. Me-
xico.
sericeus Vent. America
sept. x
sibiricus Lin n: Sibiria.
. bor. occ.
1493 Asterothrix asperrima0 a s s.
riens.
1484Baccharis restò Linn.
1485 vin D C. Chili.
1486 rosmarinifolia H 0 0 k.Chili.
1487 Barnadesia rosea Lindl.
austr.
1488 quer “annua Linn. Reg.
it.
1489 Lan Linn. A. pleno)
Europa,
Asia
1490 Berlandiera boni D.C. Am.
bo
f;
1491 Bidens bipinnata Lin n.
Re
g. È
| 1492 cerrita Linn. Reg. bor.
temp.
14983 Bidens chilensis D.C. Chili.
1494 grandiflora Balb. Amer.
i austr.
1495 pilosa Linn. Am. austr.
India occ. —
—var. leucantha (Willd.)
quadriseta H o c h st. Afr.
trop., Sibir.
tripartita Linn. Europ.
Warzewictiana Regel.
1496
1497
1498
1499
Guatem.
1500 Blumea longifolia Ho r t.
1501 Brachycome o
1502 Cacalia cunveoleno Ginak.
1503 Blumea SERRA D.C.
Reg. Himal.
1504 Borrichia bidentata Hort.
1505 Calendula *arvensis Lin n.
ig Ins. Can., 0-
rien
1506 visi Des f. Reg.
medit.
bicoior Raf. Europa O-
rie
1508. cristagallis Viv. Reg.
1509
1510
1511
1512
med,
fulgida Ra f. Sicilia.
maritima G u s s. Sicilia.
olgarbiensis Hor t.
officinalis L i n n. (fl. pleno)
Europa austr. -
palaestinaB o iss.Palestin.,
Mesopot.
*stellana Ca v. Sicilia, Afr,
1513
1514
bor.
1515 suffruticosa Vah]1. Reg.
i medit.
1516 tripterocarpa Rupr. Me-
sopo
1617 Caltisteplus hortensisC o 8 s.
Sibiria.
1518 divi Ti osià Adans.
Reg. medit., Caucas.
1519 Carduncellus *caeruleus
ess. Afr. bor.
1520 Carduncellus lampedusanus
Lojac. Lopadusa. i
1521 Carlina lanata Lin n. Reg.
1522 Carthamus lanatus Linn.
uropa austr., Asia mi-
nor. +
1523 flavescensWilld.As.min., |
yria.
1524 leucanthus Hort.
1525 tinctorius Linn.Indiaor.,
egypt.
1526 Catananche coerulea Lin n.
Reg. medit.
1527 lutea Linn. Reg. medit.
1528 Doe turbinata Pers. Afr.
ustr.
1529 Cai argentea Linn, -
Reg. medit.
atropurpurea W a l a st. et
Kit. Hungar.
Calcitrapa Linn. Europa.
1530
1531
Afr. bor.
cerinthifolia Si bth.etSm, —
aecia,
*Cineraria Linn. Europa.
Afr. bor
Crocodylium Li nn. Syria.
Cyanus Linn. Europa,
Reg. Caucas. è
depressa B i e b.Reg. Cauc. —
eriophora Linn. Gall.,
lusit.
jacea Linn. Europ. medit. |
Margherita Ho rt.
comes Linn, Eur.
ta Hort.
pulchra DC. India or.
romana Linn. Italia
sempervirens Lin n. Lu-
sit., Italia. n
sicula Lin n. Sicilia.
Schouwii D C. Sicilia.
*sphaerocephala Linn.
Europa medit.
spuria Kern. Austria.
1550 Centaurea tauromeritana
ss. Sicilia.
1551 verbascifolia Vahl. Ara-
ia.
1552 Cephalophora aromatica
Sc lì.
1553 Chardinia xeranthemoides
s f. Asia min., Per-
1554 Chariois heterophylla Cass.
Africa austr.
1555 Chondrilla brevirostris
Fisch. etMey,. Sibir.
alt.
1656 lo Linn, Europ., As.
edit.
1557 Chrysocoma Coma-aurea
. Africa austr.
1558 Chryoitiialioi carinatum
Schousb. Afr. bor.
1559 caucasicum Per 8 i
auc.
1560 cinerariaefolium V i s. Dal-
matia
1571 Mokticuni Wi illd. Reg.
Cauc., Persia.
1562 corymbosum Linn. Eu-
ropa, Afr. bor., Caucas.
1563 disciforme C.A.M e y. Reg.
Medit,
1564 fasciculatum
1565 flosculosum Linn. Reg.
medit.
1566 Fruticosum Vell. Brasil.
1597 marginatum Hort,
1568 paludosum Poir. Afr. bor.
È 1569 Parthenium Bern h.
3 Europa.
1570 persicum Boiss. Persia.
1571 praealtum Y ent. Asia
. 159 Sven Linn. Europa,
ui . bor., Asia occ.
Oéborion Tityhok Linn.
Europa, Oriens.
— 26-==°
1575 Cladanthus arabicus Cass.
Arab
1576 proliferus DC. Afr. bor.
1577 macranthus Hort.
1578 niveus Presl. Europ.
1579 coni ia Roth. I-
1580 Willa H ne Reg. Hi-
mal.
1581 copra chilensis S pr. Gu-
ian
1582 ai Less. Afr. au-
stralis.
1583 scabra Lin n. Ind. or.
1584 Coreopsis Atkisoniana
Oort.
1595 aurantiaca Hort. Hab?
1586 auriculata Linn. Amer.
1587 bicolor Bosse. Hab?
1588 coronata Hook. Texas.
1589 Drummondi To rr. et
Gray. Toxas.
1590 grandiflora Nutt. Amer,
bor.
1591 emana Linn. America
1592 tinotorià Nut t. America
sept.
1593 Tripteris Linn. America
bor.
1594 ren filifolium Nutt.
Cosm
1595Cosmos pinza c av.Am,
xico.
1596 candatos E. B. K. India
1597 Cana *hiemalis Biv. v. Reg.
me x
1598 rubra tun Ital. Graec.
ruta *vulgarisC a s s.Reg.
it.
6C00 Cryiostemma calendula-
R. Br. Prom, Me.
tel
1601 e ai RO Linn,
Reg. medit, —
LA
1602 Lgar ea Des tf. Me-
1603 Yuarezii, Hort. Mexico.
1604 Dimorphotheca pluvialisM o-
en &
1605 Echinops cornigerus DC.
India or.
1606 exaltatus Sc hrad. Hun-
garia.
1607 persicus Sl e v. Reg. Cauos
1608 aa purpurea M o e n-
. Am. bor
1609 Relipta alba sa assk. Co-
mopol.
1610 tomilia Lara D C. Asia
trop.
1611 Cipe: foetida Hemsl].
xico.
1612 ipa album Linn.
Amer. bor.
1613 ar (Lem.)H.P an.
Mexic
solai H. B. et
K. Mexico
cannabinum Li n n. Eur.,
Asia bor.
coelestinum Linn. Amer.
bor., Ind. occ.
cordatum Walt. Hab?
Haageanum Regel. Hab?
janthinum H e m sl. Me-
xico.
lucidum Orte g. Mexico.
macrophyllum Linn. Am.
1614
1615
1616
1617
1618
1619
1620
1621
trop.
1622 poca lino Klatt.
Mexi
1623 pajiolese M 00q: et Sess,
exico.
1624 profu .
1625 Felicia angustifolia Nees.
frica austr.
1626 aria Cass. Africa au-
1627 Filago pa in n.Europa,
a bor., Oriens.
1628 “zia Lin n.Europa,
1629 Filago gallica var. prostrata
uct.
1630 Flaveria Contrayerva Pers.
m. trop.
1631 repanda La g. Texas, Mex.
1632 Gaillardia aristata $ resl.
A
m. sept.
1633 lanceolata Michx. Amer.
bor
1634 palchella Fouger. Amer.
1635 —var. CE ort.).
1636. - var. picta (Sweet).
1637 Galinsoga brachystefana
egel. Ha
1638 hybrida Hort.
1639Gazania pinnataL e s s.Prom.
. Spei.
1640 montana Hort.
1641 detto glabram Linn.
ropa.
1642 Gaga uliginosum
n. Europ., Asia bor.
1643 sala Linn. Afr.
austr.
1644 Grindelia humilis Hook.
1645
alif.
inuloides Willd. Amer.
« 000.
1646 robusta N utt. Calif.
1647 squarrosa Dunal. Am.
bor. occ. i
,1648 Guizotia abyssinicaC a s s.A-
1649 Gutierezia gymnospermoides
Gray, Amer. bor.
1650 Gynura aurantiaca DC. Jar
va.
1651 Helenium microcephalum
Mexico
1652 Helianthus annuus Linn.
Am. sept.
1653 argophyllus T,orr. et
Gray, Texas.
1654 canus Hort
1655 cucumerifolius Torr. A-
mer. bor.
1656 Helianthus decapitatus
Linn. Amer. bor.
1657 divaricatus Linn.Am.bor.
1658 Se DC. Amer. bor.
1659 una pin
D
: medit., Oriens
1660 ivaciba tota Wil l d. Au-
stralia.
1661 decurrens, Muell. Austr.
diosmaefolium Sweet.
Austral.
lanatum DC. Asia min.
*rupestre D C. Reg. medit.
*saxatile M o r is. Sardinia.
1666 Helipterum roseum Benth.
ai
ustral.
1667Helmintia echioidesGa e r tn.
uropa.
1668 Hieracium crinutumS i b t h.
S m. Sic. As. min.
1669 DR pro Jacq. Me-
1670 ia elegane S m. Austr.
1671 Hyoseris radiata Linn.
Reg. medi
1672 Frpochaei laevigate
Be . Hook. Afr.
bor., > Sio 0.
1673 Inula *graveolens D e s f.
Reg. medit.
1674 macrocephala B o is s.
riens.
1685. montana Linn. Europa
austr.
1676 viscosa A it. Reg. medit.
1677 Iva santhifolia Nutt. Am.
È,
1678Jurinea alata Cass. Reg.
Caucas.
1679 spectabilis Fisch. et.
M e y. Reg. Caue.
1680 Koelpinia linearisP a l 1.Asia
occ. et bor.
1681 Krigia caroliniana Nutt.
er. bor.
1683 Lactuca quercina Li n n.
Europa, Reg. Cauc.
oleifera Hort
saligna Linn. Europa,
Africa bor. occ.
Scariola Lin n. Europ.,
Oriens.
virosa Lin n. Europa, A-
1684
1685
1686
1677
sia bor.
1678 Lapsana communis Lin n.
uropà, Oriens, Asia
min.
1679 Lasthenia glabrata Lindl.
Calif.
1680 obtusifolia Ca ss. Chili.
1681 Laya platyglossa A. Gray.
Calif.
1682 sur gigantea K el -
log g. California.
1683 Brico A. Gray. Cali-
fornia.
open texanaA.Gray.
si iena en Gaertn.
medit.
8
1686 Madia ne D.Don.Am.
bor. oc
1687 iii Torr.etGray.
ca bor. occ,
1689 = ‘Mc olin. Am. bor.
1688 Matricaria maritima Linn.
urop.
1690 nigellaefolia DC. Afr.
Austr.
1691 Oreades Boiss. Syria.
1692 Melitella pusillaS o mmier.
Ins. Malta.
1693 Micropus bombycinus L'a g.
Reg. Medit.
1694 supinus Linn.Reg. Medit.
1695 Mikania scandens Wil 7 d.
Amer. calid.
1696 Moniadat bipinnatifida C.
K
1698 Palafoxia texana D 0. Texas,
1699 Pallenis *spinosa C a s s.
. med., Oriens.
1700 Pezezia multifida H o rt.
1701 Picridium vulgare D e s f.
edit.
1702 ua ione Poitr.
1703 Pluchea Dicci DC. A-
1704 adorata n” ass. Amer. au-
1705 Paictenico ni
ent h. Mexico.
1706 Podalepis affinis So nd.
Austral.
1707 dara “Anita Jacq.
1708 Riad ic
AI edit.
1799 *—var. polymorphus(D C.).
1710 —*var.tubaeformis(T e n.).
171} setacea Ho
1712Rodigia sommutataS preng.
Graecia.
1713 stellatus Gaertn. Reg.
medit., Oriens.
1714 Hudbeckik amplexicaulis
Vahl, America sept.,
Maio: i
americana H o rt. Hab?
fulgida A it. Am. bor.
laciniata Linn. America
1715
1716
1717
1718 nasali Bert. Amer.
bor.
Maximiliana H o rt. Amer,
bor.
purpurea Linn. America
bor.
speciosa Wender, Amer.
bor.
subtomentosa Pursh. A-
mer. bor.
1723 Sanvitalia procumbensL a m.
xico
1724 Scorsonera angustifolia
nn. Europa austr.
1725 Scorzonera laciniata Li nn.
medit., Caucas.
1726 Hegivalu hispenicue Linn.
Reg. medit.
1727 Senecio aetnensis J a n.
Italia.
1728 Anteuphorbium $ c h. Afr.
austr. i
bicolor T o d. Italia, Grae-
cia.
*candidus D C. Sicilia.
cruenthus D O. Ins. Canar.
or Vahl.Reg.
me
Doria ti in n.Europa austr.,
Oriens
elegans "È inn. Afr. austr.
3 Bert. Europ.,
Ori
graniti Less. Me-
nidicia Forsk. Arabia.
japonicus S c h, Japonia.
Kaempferi DC. Japonia.
kleincides O liv. Africa
trop.
RENDE Bieb. Eu-
rop. or., Reg. Caucas.
“iaia liceo (Tin.). Ins.
Vulcanus.
maritimus Linn.Afr. au-
str.
odorus S c h. Arabia.
Petasites D C. America
austr.
scandens Willd. Reg.
imal.
subscandens Ho chst.
Abyss.
*vulgaris Lin n. Europa,
(cosmop., inquil.).
1749 Siegesbeckia flosculosa
’ Hèrit. Peruvia.
1750 orientalis Li n n. Cosmop.
trop.
1751 Silphium integrifolium
x. Am. bor.
1752Silybum marianumGa ertn.
Europa.
1753 Solidago ellyptica A it.Ame-
rica bor
1)54 macrophylla Herb. Am.
or.
1755 sempervirens Linn. Am.
sept.
1756 serotina A it. Amer. sept.
1727 sparsiflora A. Gray. A-
mer. bor. occid.
1758 Sonchus fruticosum Linn.
Ins. Madeira.
1669 maritimus Li n n. Europa»
Reg. medit.
1760 *oleraceus Lin n. Comu:
pol.
1761 Spilanthes Acmella M urr.
Cosm. trop. et subtrop.
1862 Stevia ovata L Mexic.
4 purpurea Pers. Mexic.
1765 3 ee nodiflora
Gaertn. Amer. trop.
1766 Vagetoe ul Linn. Me-
1767 Lala var. fl. pleno
(Hor t.).
_ Linn. America
rop.
ant isa B. K. Ecla-
dor
1770 patala Linn. Mexico.
Ma ata Bart]. Mexico.
1772 i: vulgare Linn.
‘ Europa, Asia bor.
1773 Taraxacum officinaleW ig g
Reg. bor. et austr.
temp.
. 1764 serotinum Poir. Eur. or.
— 1775 Tarchonanthus camphoratus
i ica or. et
austr,
1776 drag nu A.
di . bor. occ.
1777 Tithonia see A.
ay. Mexic.
i 1778 Tia D es f. Mexico.
1792.
1)79 Tragopogon pratensisLin n.
Europ.,.As. min,
1780 Tridax trilobata Hems].
Mexico.
1781 Trincia tuberosa D C. Reg.
medit.
1782 Uropappus ClevelandiH o r t.
1783 Urospermum picroides F.W.
Schmidt. Europa
austr.
1784 verbesina alata Linn. Am.
tro
p.
1785 crocata Less. Mexico.
1786 encelioides Bth. etHook.
America bor. occ.
1787 virginica Linn. America
t
sept.
1788 Vernonia altissima Nutt.
Am. trop.
ripe Michx. A---
meric r.
andbelmintic Willd.
1789
1790
erge HiBiet Ki
Nova Granata.
eminens Bisch. Africa
1791
Or. ;
1798 fasciculata Michx. Am.
sept.
1794 profuga De Not. Ame-
rica. .
1795 Volutarella Lippii Cass.
Amer. austr., Ins. Cana-
riae. ;
1896 Xantium spinosum Linn.
Cosmopol.
1797 Strumarium Linn. Co-
smopol. 3
1408 xanchocepiaom cr o
cides Benth. et@@@0
H o 0 k, Mexie.
1799 Zacintha verrucosa Ga er n.
1800 gi ars Jacq. Me-
1801 hybrida Hort. Am. austr.
1802. Base Rgl. America
trop.
1803 Zinnia pauciflora Li n n.
merica,
1804 verticillata Andr. Me-
xico
Convoivulaceae.
1805 Argyraea splendensS w e e t.
India occ.
1806 ra ug A.Gray.
1807 Gunvol vita altheoides
inn. Reg. medit.
1808 farinosus Lin n. Africa.
trop.
Hermanniae L’Hèrit.
Peruvia.
mauritanicus Boiss. Afr.
bor
1809
1810
pentapetaloides Lin n.
Europa austr., Asia min.
rhynchospermumHochst.
1811
1812
1813 sabatius Vis. Ins. Cana-
rie.
1814 siculus Linn. Reg. me-
dit
1815 *tricolor Linn. Europa
medit.
1816 undulatus c av. . Reg. me-
dit.
1817010 ta®Epichyum Murr.
ropa, Asia bor,
1818 Dichondr repens Forst.
eg. trop. et subtr.
1819 Evolvulus alsinoides Li n n.
eg. trop. et subtr.
1820 Ipomoea Aitoni Lindl, A-
frica austr.
1821 atropurpurea Hort.
1822 blepharosepala Hochst.
Abyssinia,
1828 coccinea Lin n. Amer.
1824 Ipomoea cordata Hort.
1825 coerulea Ho r t.
1826 curassavica Balb. Hab?
1827 dissecta Willd. Geront.
rop.
1828 "n Linn. Amer.
1829 been Jacq. Amphig.
trop.
1830
1831
—var. isiperballa (Hort.).
hispida Parodi, Para-
guai.
kermesina H o r t.
leucantha Jacq. Am, au-
stral
1832
1893
montana H o rt.
palmata Forsk. Aegypt.
Pe Riedel. Bra-
1834
1835
1836
1837
1838
nl. Hort.
rubro-caerulea H o o k. Me-
xico.
sibirica Pers. Reg. Hi-
mal., Asia min.
superba Schrank. A-
erica
triloba Cav. Java.
1839
1840
1841
1842 E Linn. Ins. St.
Cruci
1843 zebrina > err. Afr. trop.
1844 Nolana prostrata Lin n.
eruvia.
1845Quamoclit coccineaM o enc h.
exico.
1846 vulgaris Choisy. Ame-
Cornaceae.
1847 Cornus alba Lin n. Sibir.
1848. candidissima M ill. Amer.
Or.
1849 capitata W alt. Himalaya.
1850 Cornus fastigiata Michx.
. bor.
1851 sanguinea Linn. Europa
s. bor.
1852 stricta La m. America bor.
Ctassuiaceae.
1853 Arta apolina H o r t.
1854 fruticosa Hort.
1855 Direi Baker, Mexico
1856 Grusoni Hort.
1857 Hookeri Hort.
1858 imbricata Déleuil. Me-
xico.
1859 macrophylla Hort.
1860 magnifica Hort.
1861 minor Pall]. Sibiria.
1862 mirabilis Hort.
1863 mutabilis Hort.
1864 navicularis H or t.
1865 nivalis Hort
1866 pachyphyton B aker, Me-
xico.
1867 pulverulenta Ba ke r, Ca-
lif,
1868 quitensis Dak. Ecuador.
1 usa Baker, Mexico.
1870 roseata Baker, Mexico.
1871 ScheidekeriH ort.Schm t.
Mexico.
1872 Selstrianum Hor E:
1873 secunda Bake t; Mexico.
4 Uchri Hor bt.
Uhinchi Hor a
1880 arc pepe Wendl.
Prom. b. Spei.
1881 nta i Soland) AÎt.
. b. Spei.
1882 sosia (Soland.)
Ait. Prom. b. Spei.
1883 perfoliata Lin n. Afr.
austr.
1884 Kalanchoe cassiopega H o rt.
1885 coccinea Welw. Africa
trop.
1886 crenata Ha w. Africa
trop.
1887 glaucescens Britt. Africa
trop.
1888 integrifolia Ha w. Prom.
. Spei.
1889 marmorata $ c hw. Abys-
sinia.
1890 Welwitschii Britten,
Afr. trop.
1891 Sedum Aizoon Lin n. Si-
bir
1892 album Linn. Eur., Asia
bor. î
1893 altissimum Poir. Europ.
1794 coeruleum V a h. Reg.
medit,
1895 don roidee Moc.etSess.
i ex
1896 asa A11. Reg. me-
dit.
1897 roseum Sco p. Europa.
1898 spectabile Bor. Japon.
1899 Selskianum Regel. Amu-
rens.
1900 Stalii Hort.
1901 *stellatum Linn. Europa
1902 Sempervivum canariense. È
Linn. Insul. Canariae.
1903 ciliatum Willd. Ins
Canar
| 1904 Decorimi Bosh
| _‘Î905 cena Haw. Insul.
906 fini H a w. Insul.
1907 Sempervivum glutinosum
Ait. Ins. Madeir.
1908 Joungianum W e b b, Ins.
1909 Tillaea muscosa Lin n.
Europa, Africa bor.
Cruùuciferae.
1910 Alyssum campestre Li n n.
uropa, Oriens.
1911 incanum Lin n. Europa,
ibiria.
1912 leucadeum Guss. Ital.
1913 murale Hort.
1914 Arabis albida: Stev. Reg.
Medit
1915 bellidifolia Jacq. Europ.
1916 blepharophylla Hook.
Calif.
1917 Gerandi Bess. Europ.
1918 hirsuta Sc op. Europa, O-
| riens, America bor.
1919 muralis Bert. Graecia.
1920 pendula Linn. Am. bor.
1921 Aubrietia e Boiss.
Orien
1922 delia DC. Italia, (trae-
; As. min.
1923 Bacharoa arcuata Reichb.
Europa, Asia min.
1925 vulgaris R. Br. SRrona,
temp.
1926 Biscutella cichoriifolia L o i-
i . Pyren.
1927 ciliata D C. Hispania,
1928 *didyma Linn. Reg. me-
dit., Persia.
1929 laevigata Linn. Reg. me-
dit. ai
1930 Brassica alba Boiss. Eu-
ropa oriens. (Culta).
19381 arborea Hort.
1932 campestris Linn. Orb.
vet. (Cosmop. Cult.).
1988. cernua H o r t. Hab?
1934 dissecta Boiss. Hispania.
1985 fruticulosa C y r. Italia,
Reg. medit.
1936 insularis M o r i s, Sardinia
1987 juncea Coss. Asia temp.
et trop.
1938. nigra Koch. Orb. vet..
(Cosmop. cult.)
1939 oleracea Lin n. Cosmop.
(culta).
1940 pubescens Linn. Europa
austr.
1941 *rupestris Ra f. Sicilia.
1942 Braya supina Koch. Eur.
È.
1943 Cakile maritima S c o p. Eu-
ropa, Africa bor., Amer.
bor
1944 Camelina sativa Crantz.
Europa, Asia temp.
1945 splvestis E allr. Europa.
1946 Gepeelia Bus pastoris
. Reg. temp.
1947 prcazbene Fries. Reg.
mp.
1948 dali Caegapgiisolie,
Pers. Am.
1949 hirsuta n inn. fida.
Reg. temp. et subtr.
1950 richocarpa H oghst. A-
byss “é
1951 Carpi Vellao D@. His
1952 Chairanttua alpinus Linn. |
4x3 2 Scardinav.
orens Schousb. /a
O 0 PER VETERE e I
1956 Clypeola J IR Linn.
R
1957 ud pas Desf,.
Lusit., Afr. bor
1958 glastifolia Lin n. Europa.
1959Crambe abyssinicaH o c h s t.
Afr. trop.
1960 Diplotaxis scaposa D C. Ins.
edus.
1961 erucoides D C. Reg. medit.
1962 muralis D C. Europ.
1963 pu Presl. Aegypt.,
1964 tshulfolia. DC. Reg. Me-
dit
1965 viminea DC. Reg. Medit.
1966 virgata D C. Hispan., Afr.
bor.
1967 Draba aizoides Linn. Eu-
ropa,
1968 Eruca cappadocica R e u t.
s. min.
1969 orthosepala Lange Hisp.
1970 piedini arabicum
m p. Reg. medit.
1971 Lita cuspidatum D C.
Graecia, Asia minor.,
ersia.
1972 Marschallianum Andr.
ibiria
1973 ochroleucum DC. Hispa-
i nia.
1974 Perofskianum Fisch. et
e des Cauc., Af-
1975 Puolidinm syriacum B.Dr
Ì Reg. Caspi
._ 1976 Farsetia ocata R. Br.
Europ. austr., Oriens.
1677 Golbachia laevigata DC,Asia
min., Persia, India.
1978 ia amplexicaulis
. Afr. austr.
1979 Hospblis afarstine Linn.
i a) vaga: min.
1980 nivea
i La zen pubescens ©.
3 A. Mey. Sibir.
1982 Iberis amara Linn. Euro-
pa
1983 coronaria H o rt.
1084 esperidifolia H o rt.
1985 aci Linn. Europ.
1986 Rist Linn. Eu-
rop. Austr.
1987 Tiùtis alpina A11. Italia.
1988 littoralis S t e v. Taur.
1989 lusitanica Bro t. Lusit.
1990 praecox Kit. Europa.
‘ 1991 tinctoria Lin n. Europ.,
Oriens.
1992 Lepidium Draba Linn. Eu-
ropa, Oriens.
1993 ruderale Lin n. Europa,
Oriens.
1904 sativum Linn. Oriens.
1995 virginicum Linn.America
or.
1996 Lunaria biennis Moenc h.
uropa.
1997 Malcolmia africana R. Br.
uropa anstr., Oriens.
1998 littorea R. Br. Reg. me-
dit.
1999 mongolica da a xi m, Mon-
golia.
2000 re R. Br. Reg. me-
2001 sun *incana R. Br.
. var.) Reg. medit.
Ho
2004 tricuspidata R. Br. Reg.
medit.
2005 Moricandia arvensis D 0.
Europa, Reg. medit.
2006 cori none: Less. Reg.
Cau i
2007 i ‘perfolitialii in n.
Europa, Oriens.
2008 Notoceros orga R.Br.
Reg. M
2009 Cedo seppi Hort.
2010 Raphanus Landra Morett.
ia.
2011 maritimus S m. Europa occ.
2012 Raphanistrum Linn. Eu-
ropa.
2013 sativus Linn. Europa.
2014 Rapistrum Linnaeanum
iss. Europ. austr.
2015 perenne All. Europ.
2016 Senebiera multifida Lin n.
osmo
2017 Siiapis ME: ochst.
Afr. trop.
2018 apula Te n. Europ. austr.
2019 turgida Delil. Aegypt.
2020 Sisymbrium *alliaria Sco p.
cea Oriens, Reg.
2021 Sophia. bi in n. Reg. temp.
2022 *thalianum G a y. Reg.
emp.
3023 Soccowia balearica Medic.
eg. medit.
2024 Vesicaria utriculata DC.
Europa,
Cucutrbitaceae.
2025 Benincasa cerifera sa avi,
sia et Afric
2026 Citrullus Gio 5 c h-
ra rica calid.
2027 Coccinia DS Cogn. A-
frica
rica
2028 Cucumis ui hrenb.
Arabia,, Africa trop.
2029 flexuosa Lin n. Geront.
trop.
2080. sativus Linn. India or.
2031 Cucurbita coronata Hort.
2032
maxima Duchesne. As.
trop., Abyss.
2083. moschata Duchesne.
Asia trop.
2034 veglia o Linn. (pl
. trop., Oriens.
2035 Cyelanchee ‘axpledena
Naud. N. Granata.
2036 i i chrad. Mexico.
2037 —var. edulis (Hort.}.
2088 Ecballium Elaterium A. Ri-
ch. Reg. medit.
2089 Lagenaria vulgaris S e r.
(pl. var.) Reg. trop. et
tubtrop.
2040 Luffa acutangula R o x b,
Reg. trop.
2041 striata Schrad. Afr.
trop.
2042 Momordica CharantiaL i n n.
India or.
20483 Sycios angulata Lin n.Am.
bor
2044 Thladiantha dubia Na ud.
2045 Trichosanthes anguinea
Linn. Asia trop.
2046 cucumerina H o r t. Japon.
Cupuùlifetae.
2047 Quercus Cerris Lin n. Eu-
ropa, Oriens.
Ilex Linn. Reg.
Oriens.
medit.,
2049 —var. Fordii (Carr.).
2050 —var. macrocarpa G us s.).
2051 —var. parviflora H or t.
2052 —var. pyramidalis Hor t.
2053 incana Ro xb. Reg. Hi-.
lanuginosa La m. (non
n). Reg. medit.
2055 pedunculata Willd. Reg.
medit. et austr., Enropa,
riens.
2056 —var. brutia (T e n.).
2057 Quercus polymorpa Ch m s s.
et. e c h t. Mexic.
2058 pseudo-Suber S a n ti, Reg.
medit , Europa , Oriens.
2059 sessilifora Blume. Ja-
pon.
2060 sicula Borzì, Hort. Pan.
2061 Suber Linn. Reg. medit.
et Oriens.
2062 tomentosa Willd.Mexic.
2063 Toza Bosc. Europa austr.
2064 virginiana Mill. America
Pipsacaceae.
2065 Cephalaria alpina Schrad.
Europa.
2066 a R. et S. Bana-
2067 Dirac fullonam Linn.
a, Reg. Cauc.
2068 splvestris M ill. Europa,
riens
2069 Scabiosa PISTA Wulf.
Europa aus
2070 brachyata Sibth. et
S m. Europ. austr., As.
min
2071 Columbaria Lin n.Europa,
Asia bor., etc.
2072 cretica Linn. Ins. Creta,
Sicilia.
2073 dra Linn. Graec.,
As.
2074 limonifolie Vahl. Sicilia.
2075 maritima Li nn. Reg. me-
i dit., Ins. Canariae.
2076 —var. grandiflora (Sco p).
2077 orientalis Lag. Oriens.
2078 palaestina Linn. Asia
°_° min., Persia.
2079
prolifera Linn. Syria,
Ins, Cypras.
4:
2080 Scabiosa stellata Lin n,
edit. occ.
2081 Succisa Lin n. Europa,
Asia bor. trop.
Ebenaceae.
2082 Diospyros Ebenum H oe n.
India or., Himal.
Eliaeagnaceae.
2083 Fineagnus angritilià
nn. Europa, As. bor.
2084 latifolia Linn. Asia trop.
2085 multiflora T h b g. Japonia.
2086 umbellata Th bg. Japon.
Eticaceae.
2087 Arbutus Andrachne Li n n.
Reg. medit. or.
2088 canariensis Duha m. Ins.
anariae,
2089 *Unedo Lin n.Reg.medit.,
ibern, ci
2090 Erica peduncularisS al is b.
Prom. b. Spei.
2091 strieta Don. Prom. *
Spei.
Euphorbiaceae.
2092 Alkornea ilicifolia M u ell.
Australia.
2093 Breynia patens H o rt.
2094 Buxus balearica L a m. Ins.
Bal., Sard.
Fortunei Carr.
2095 China.
2096 japonica Muell. Japo-
nia.
2097 sempervirens Lin Eu-
ropa., Oriens., A
. fol. aureo-variegatis.
2100 Croton biagi aa
eg. Mexico, Cuba.
2101 Gitrosopiv a ici uss.
Afr.
2102 fonte cupa oiss.
yria
2103 biglandalose Des £ Grae-
cia, Asia min.
*Bivonae s t eud. Africa
bor.,
2104
2105
Canar.
2106 ceratocarpa Tenor. Sici-
lia
1a,
2107 Mermenzi; Linn. Reg.
2108 dense Linn. Reg.
m
2109 Lon Mi ichx. America
bo
ni:
2110 helioscopia Linn. Europa
t Asia
e or.
2111 heterophylla Linn. Am.
2112 Ipecacuana Linn. Amer,
or.
Lathyris Lin n. Europa
austr.
maculata Linn. America
bor.
2113
2114
dalarivn Li ron. ins *
a pp
2119
2115Euphorbia marginataP u r sh.
Amer. bor.
melitensis P arl. Melita.
Ornithopus Ja cq. Prom.
2116
2117
ei.
peploidesG o u a n. Europa
. medit., Africa bor.
PeplusLin n. Europa, Asia
min.
2118
2120
2121
Pinea Linn. Reg. Medit.
piscatoria A it. Insul. Ma-
der.
platiphylla Lin n. Euro-°
pa.
2123 prostrata A it.America bo-
realis.
Regis-Jubae W e b b. et
erth. Ins. Teneriff.
2125 spinosa Lin n. Europ. au-
str.
2126 phi Hoppe, Balma-
2127 etero Leschenaultii
m. Ins. Malaja.
2128 laica aconitifolia Mi 11.
America trop.
2129 urens Linn. America
rop.
2130 Mallotus japonicus M uell,
pon.
2191 Mercurialis * annua Linn.
uropa, Afr. bor.
DE)
2132 perennis Li nn. Reg. med.
occ.
2133 Phyllanthus angustifolius |
Sw. Ind. occ.
2134
1135 montanus Sw. Jamaica.
2136 Ricinus *communis Lin n.
—var. elongatus(Steud.). si
eg. trop. et subtrop., i
apud nos indigenatus.
2137 —var. africanus (Mill.).
2188. —var. arboreus (Hort.).
2139 —var. sanguineus(Hort.).
2140 zanzibarensis Hort.
Ficoidaceae,
2141 Mesembryanthemum angu-
stum m. b.
Spei.
2142 blandam Haw. Prom. b.
Ss
e
2148 . flor. ro
2144 cina Sa n m - -D yck.
Prom. b. Spei.
2145 —var. crassum Hort.
2146 cordifolium Linn. Prom.
b. Spei.
2147 conspicuum Ha w. Prom.
. Spe.
2148 cultratum Salm.-Dyck.
Prom. b. Spei..
2149. curviflorum a Prom.
b. Spei.
2150 depressum : a w. Prom.
pei.
2151 difforme Linn. Prom. b.
Spei.
2152 detlexum Ait. Prom. b.
Spei.
2153 Ecklonia Sal m- Dyck.
Prom. b. Spe
2154 geminatum Haw. Prom.
pel
2155 heteropetalum Haw. Bi
pel
. 2156 inaliifioni Ha w. Prom. b.
i
por:
2157 linguiforme Linn. Prom.
b. Spei
2158 —var. latum Ho rt.
2159 pe penna Ha w.Prom.b.
Spei.
2160 spectabile Hort.
2161 subincanum Ha w. Prosa,
b i
-D
S pei.
: 2162 tricolor Steud, Prom. b.
pei.
2163 uncatum Linn. Prom. b.
Spei.
2164 spraa Portulacastrum
Linn. Reg. trop.
2165 Tenore erystallina
L’Herit. Peruvia.
2166 echinata A it. Afric. au-
È stral.
2167 expansa M ur r. Australia.
Gehtianaceae.
2168 SR, PA Pers.
Reg.
2169 ‘rlchella v e rs. Europa,
Asia temp.
2170 Lisnanthemum nymphaeoi-
offmg.et Link.
vata a, Asia bor.
2171 Villarsia ovata Vent. Afr.
austr.
Getaniaceae.
2172 Erodium cicutarium
L :
2173 gruinum Soland. Euro-
pa austr., Oriens. | |}. |
2174 malacoides Willd. Reg. ©
medit., Oriens. 0
2185 atei Li inn. Reg. a:
._ medit. TRE
2176 parvulum Hort.
2177 Salzmanni Hort.
2178Geranium abortivumD eN o t .
Reg. medit. ni
179 batrachioides Cav. Raro so
"1 pa. 12
— 2180 moli Linn. Am. o
2181 Geranium cinereum Cav.
Mont. Pyren
2182 *molle Li n n. Europa, Afr.
bor., Asia centr.
2183 pratense Linn. Europa,
Asia bor.
2184 sanguineum Linn. Eur.,
Oriens.
2185 striatum Lin n. Europ.
t
austr.
2186 tuberosum Linn. Reg.
Medit.
2187 villosum Andr. Hab?
2188 WallichianumD.D o n. Reg.
Himal.
2189 Impatiens amphorata
dgew. Reg. Himal.
2190 pena Linn. Asia
Top.
2191 pae Lindl]. Reg.
Himal.
2192 parviflora D. C. Turkest.,
Sibiria
2193 Roylei W a ] p. Reg.Himal.
2194 scabrida D.C. Reg. Himal.
2195 Limnanthes Douglasii R. Br.
m. bor. occ.
2196 Oxalis asinina Jac q. (bulb).
Prom. b. Spei.
2197 acetosella Lin n.Reg. bor.
temp. ,
2198 Andrieuxii Hort.
2199 Bowei Lind]l. Prom. b.
Spei. Pi
2200 brasiliensis Lo dd. (bulb).
Brasilia.
2201 carnosa Molin. Chili.
catharinensis H o r t. Hab?
2203 *cernua Thbg. (bulb.).
Prom. b. Spei; nune apud
nos indigenata et late
diffusa.
2204 compressa Li nn. (bulb).
Prom. b. $
2205 ei Tod. (bulb). Afe
2206 Copper To d. (bulb).Afr.
ustral,
2207 Oxalis ia Linn.
eg.
2208. —var. empoli orti)
Reg. trop.
2209 A DOC. Ins. Ma-
scar.
2210 puro n acq. (bulb).
Afr.
2211 ion 3 acq. Africa
austr.
2212 flava Lin n. (bulb). Prom.
b. Spei.
2213 floribunda L eh m. Brasi-
ia.
2214 —var. albiflora (Hort.).
2215 hirta Linn. (bulb.) Afr.
austral.
2216 incarnata Linn. Prom. b.
Spei.
2217 ipa Tod. (bulb).
Hort. -
2218 Prato B ert. Chilì.
2219 crd dns Lin n. a
om. b. Spei
2220 parpurata Jac È (bulb).
Prom. b. Spe
2221 Regnellii Miq. » Brasilia.
2222 pepe Cav. (bulb).
Mex
2228 variabilia Jac ‘a (bulb).
Prom. b. S
2224 valdensis Hor %
2225 Pelargonium acerifolium
L’ Hèrit. Prom. b.Spei.
2226 iii Wend].
. b. Spei.
2227 custa Jacq. Reg.
2228 dii Ait. Prom. b.
pei.
2229 crenatum Li n k. Prom. b.
i Spe.
2230. cucullatum A i t. Prom, b. |
Spei.
2231 decipiens Hort.
2232 ficifolium Hoffmgg.
Prom. b. Spei
3 Pelargonium iragnsa
Pers. Prom. b. Spei.
2234 gibbosum L’ Hi èrit.
rom. b. Spei.
2235 inquinans A it. Prom. b.
Spei.
2236 jatrophaefolium DC. Prom.
. Spei.
2237 leucanthum Hort.
2238 macranthum Hort.
Si 2239 malvaefolium Jacq. Prom.
2240 multibracteatumHochst.
n. Abyss.
‘2241 papilionaceum A it. Prom.
b. Spei.
2242 peltatum Ait. Prom. b.
s Spei.
_ ‘2243 quercifolium L'Herit.
2244 quinatum Sims. Prom. b.
Dper
2245 Radula L’Herit. Prom.
b. Spei.
2246 —var. roseum (Willd.).
2247 raduloides Hort.
2248 scandens Eh rb. Prom. b..
Spei.
2249 scutatum Sweet. Prom.
b. Spei.
elia Ehrh.Prom.
b. Spei
2958 terebinthaceum Harv.
Promi b.-8
a Prom. b. Spei.
; 2056 Tropacoium majus Linn.
de Nova Granata,
— 2258 peregrinum Linn. N.
Granat.
Griatin Jacq. Prom. b.
is)
pei.
2252 tomentosum 7 a c q. Prom.
pei.
2954 adtitolicmo L'Hèrit.Prom.
_b. Spei.
2255 zonale L’ Hèrit, (pl. var).
2287 ria ort.Veitch.
Giokaisriaeat
2259 Globularia Alypùm Linn.
eg. m 4
2260 salicina Linn. Ins. Ma-
deira.
Halotaceae.
2261 Gunnera bracteosa St e u d.
Clili,
Hamamelidaceae.
2262 Parrotia Persica 0. A. Me y.
ersia, Reg. Cauc.
Hydrophyllaceae.
2263 Nemophila corone Fisch.
2264 maculata Benth nia» n
2265. pluclvieo Barton. S
chx. Am. bor. —
2967 congesta Hook. ' Tora.
2268 hastaefolia Hort.
2269 Re >. ham. Ame -
rica bo: >
2270 tacita Ben th Cali È
. bor. occ.
2266 Phacelia bipinnatifida.
‘Mi
pu riscida Torr Clifomi. —
2272 Phacelia WhitlaviaA.Gray.
California.
2273 Se caracassana H. B.
K. Venezuela, Me-
xico.
Flypeticaceae.
2274 Hypericum androsaemum
Linn. Europa, Asia
min.
2275 Desetangsii Lamott.
3 Hab ?
2276 elatum Ait. Am. bor.
2277 hirsutum Linn. Europa,
‘ Asia bor.
2278 lanuginosum La m. Asia
vd; ia.
2279 Oxyron Hort. Hab?
2280 perforatum Lin n. Europa,
As. et Am. bor.
2281 pulchellam Willd. Eu-
ropa.
quadrangulatum Li n n,
Europa.
Jlicinaceae.
22883 Ilex aquifolium Lin n. Eu-
ropa, Asia o
Iliecebtraceae.
2284 Paronychia *argentea La m.
Reg. medit.
2298 ua Benth. Borea,
2285 Paronychia arabica D 0.
., Arab., Aegypt.
2286 bonariensis DC. Reg.
Arg.
2287 tia Lam. Reg. me-
2288 Vi Lam. Reg. me-
il:
2289 Scleranthus annuus Lin n.
uropa, As. tem
dugiandaceae.
— 2290 Carya olivaeformis Nutt.
m. bor. 2)
2291 Juglans nigra Linn. Am.
or. “Se
2292 regia Linn. Asia occ., Hi- —
mal
La blaind
2298 Ajuga *Iva Schreb. Reg.
medit. Sa
2204 *reptans Lin n. Europa.
2295 nero coerulea Linn.
Si a
2296 Ballota siena Benth.o
raecia, Asia min. ig
2297. hirsuta Bent h.Hisp., Afr. 2
bor. CA
2299 sati $ Sie ber. Syria. 5;
2300 Dphiia irta B th.
2901 Oolamintha "iiopdium
J g. bor., 0-
2302 Calamintha nepeta Savi,
Europa, Afr. bor., Oriens.
2303 renda aromaticus B th. In-
2304 ue B t h. India or.,
Africa austr.
lanuginosus Hochst.
i Abyssinia.
2306 shirensis G ii r k. Afr. trop.
2307 spicatus B th. India or.
2308 Verschaffeltii Le m. Java.
2309 Dracocephalum maldavicum
Linn. Europ., Asia
230
Ot
bor.
2310 Elscholtia cristata Willd.
p., Am. bor.
2311 Galeopsis pyrenaica Bart],
Europa atistr
2312 speciosa Hort.
2313 Tetrahit Linn. Europa,
sia bor.
2314 Hyssopus officinalis Li n n.
Europa, As. temp.
2315 Jug hispida Pursh.
. bor
2316 lalla: peltataF i s ch.
y. Reg. Caucas,,
Pers.
2317 Lamium * amplexicaule
Linn. Europa, Asia
bor.
2318 ssa abrothanoides
x nsul. Canar.
— 2319 dalai Lin n. ra me-
dit. occ
2320 Spica Cav. Reg. medit.
2321 stresa Linn. Reg. Me-
2322 ui Leonurus R. Br.
Prom. b. Spei.
| 2328 Leonurus Cardiaca L i n n.
i Reg. bor. temp.
- 2524 marrubiastramLin n.Eur.,
23 Asia trop.
2325 sibirieus Lin n. Sibiria,
; China,
2326 tataricus Li nn. Asia med.
a ‘Bi ae
2327 Leucas martinicensis R. B r.
2328 prc anisatus B t h.
er. bor. occ.
2329 ai Benth. As.
2330 Fyoogaa *feuropaeus Lin n.
Europa, Asia bor
2991 —var. enthaefolius a b).
Gallia.
0332 esa supinum Linn.
a austr.
2393 —var. ante (Bois s).
2334 vulgare Linn. Europa,
Asia, Africa bor.
2335 Melissa officinalis Lin n.
medit., Oriens.
2336 Mentha piperita Linn. Eu-
ropa, Asia et Africa bor.
2357 rotundifolia H u d s.Europa,
Asia, Afr. bor.
2338 —var. gg
(
2339 »Pulegiom Linn. Europa,
Africa et Asia bor.
2340 Coi Linn. Reg.
bor. temp.
2541 viridis ti inn.Europa,Asia,
Africa bor.
2342 Micromeria approximata
chb. Europa medit.
2343 ina Ben th. Ital. me-
, Sicilia, Oriens.
2344 Motucl dio bian,
ropa austr., Syria.
2345 Monarda BradburianaB eck.
2346 ie "È erv.. sa
2347 ocimoides
2348 mega x u na ti Am.
2349 stri ioni st inn. Pa
2351 nuda Lin n.Europa austr.,.
Oriens.
2552 Ocimum Basilcom Linn
2358 Ocimum var. Basilicum bul»
atum Hort.
2354 —var.microphyllumH or t.
23855 canum Sims. Africa et
Asia trop.
carnosum Link.et Ott.
cop:
SRI, Linn. Ind.
SO A. Br. Abyss.
micranthum Willd.Am.
bor. et austr.
2360 sanctum Linn. Geront.
g. trop.
2361 viride Willd.«Afr. trop.
2362 ru Majorana Linn.
ropa.
2363 Si Linn. Europa,
As. bor.
2964 Perilla arguta B t h. China.
2365 Pezeria multifida Lin n.
2366 Phlomis armeniaca W illd.
Asia min.
americana Hort
sogno la Boiss. Sy-
2367
2368
2369, terraginea Ten. foglia,
Gra
2370 na hi inn. Hisp.,
Lusit.
Russelliana Hort.
tuberosa Linn. Europa
austr., ds or. et bor.
2378 viscosa Po r. Syria.
2374 Physostegia dia
utt. Am. bor.
2375 virginiana Bent h. Am.
b
or.
2376 Plectranthus hadiense
Schw. Abyss.
2377 glaucocalyxMa x i m. Reg.
Amur. i
2378 longiflorus Bth. Mada-
gase.
2379 parviflorus Willd.Austra-
lia, Insul. Pacif,
— 582 —
2380 Prasium ata: usLin n. Reg.
medit. temp.
2881 er limita Linn.
Europa, Africa bor., 0-
riens.
2382 *vulgaris Linn. Reg.
emp.
2383Rosmarinus*officinalisLi nn.
edit.
2384 Salvia albida Ja c q. Asia
min.
25325 acaulis Hort
2386 amarissima Orteg. Me-
2387 Baumgartenii Hort.
2388 bicolor L a m. Reg. Medit.
occ.
‘ 2889 canariensis Li nn. Ins.
ariae.
2390. Candelabrum Boi ss. Hi-
spania.
2391 ceratophylloides Lin n.
Sicil., Aegypt.
2392 clandestina Lin n. Reg.
; edit.
2393 cleistogama Hort.
2394 coccinea Juss. Am. bor. |
rop. È
2395 controversa Tenor. Reg
Medi 2
2396 iubincosa B t h. Texas, Me-.
xico. da
2397 filamentosa Tausch.
Am. bor. 2:
2398 glutinosa Linn. Europa —
austr., Oriens, Reg. H
mal. |
2399 Grahami Bent h. Mexic.
2400. grandiflora Etling. A
Minor.
2401 hispanica Linn. Amer.
trop. 5:
2402 HorminumLinn.Reg.med. -
2403 —var. bract. albis Hor t.--
2404 - var. bract. roseis Hort.
2405 -— var.bract.violaceisH 0 rt.
2406 Janthina Ottoet Da ietr.
Mexie.
Mu g
2407 Salvia interruptaSchousb.
Marocc.
2408 pr Thunb. Ja-
2409 Lie Brouss. Am.
or., Mexico.
‘2410 laterifliora Hort.
2411 se Linn. America
2419 ACE Te n. Hab?
2413 mexicana Linn. Mexico.
2414. officinalis Lin n. Reg.
dit
udali Vabhl. Eur. or.
porpyrocalyx Baker.
Madagase.
pratensis Linn. Europa.
regeliana Trautv. Cau-
casus
ringens Sibth. et Sm.
2415
2416
2417
2418
2419
raecila,
roemeriana Scheel. Te-
2420
xas, Mexico.
24121 Sclarea Linn.Reg medit.,
Oriens.
2422 pitt Ker.etGawl.
2423. iaia V ahl. Mexico.
2424 triloba Linn. Europa, 0-
a
verbenaca Lin n. Europ.,
ens.
2426 viscosa Jacq. Italia.
2427 Satureja hortensis Lin n.
eg. Medit., Oriens.
2428 Scutellaria sihida Linn.
tr., Reg.
baicalensis G e o r g. abi:
ria, Asia or.
a Tn Maxim. Ja-
on.
grericaat Linn. Reg.
bor.
mp.
Rn Linn. America
Or.
TR
2484 Scutellaria orientalis L i n n.
uropa austr., Oriens.
2435 *peregrina Linn. Europa
austr., Orien
2436 Tournefortii B t h. Persia,
Reg. Cauc.
2487 Ventenati Linn. Nov.
G
ran.
2488 Sideritis montana Lin n.
R medit.
2439 romana Lin n. Reg. me-
it.
2440 spinosa La m. Africa au-
str.
2441 Sphacele, subhastataB enth.
2442 Stachys annua Linn. Eu-
rop., Reg. Cauc.
2443 Bethonica B th. Fnzops:
Asia min
2444 Mialliesii N o è, Alger.
2445 sylvestris Hort.
2446 Teucrium Botrys Linn.
Europ., Afr. bor.
Chamaedrys Linn. Eu-
ropa, Asia bor
2447
2448 flavum Linn. Reg. me-
dit.
2449 *fruticans Lin n. Reg. me-
dit. occ.
2450 Sabpoioata Linn. Euro-
pa.
Laùuraceae.
_ 2A4A5I a cose Linn. Reg - n
2452 copi Borzi.
2453 tea ‘lucidaB lume Iava.
2454 pre indica hi pr Jos: Ca-
Hort. > ;
— 2476
Legùuminosae.
2455 Acacia armata R.. Br. Au-
strali
Bi yisnoa F. Muell. Au-
stralia
Cavenia B ert. Ind. or.
Cebil Griseb. Reg. Ar-
gent.
cyanophylla Lindl. Au-
str.
—var. latifolia Hort.
La A.Cunn. Austra-
2459
2460
2461
ibiza R. Br. Austra-
lia
decirena Willd. Austra-
lia.
elata A. Cunn. Austra-
lia.
2465 falcata Willd. Austra-
ia.
gsnaa Willd. Reg.
tro
246T gcoptora B th. Austra-
2468 i Willd. Ins.
Mase.
2469 n Willd. Prom. b.
ant Willd. Austra-
ia.
Martii Be n th. Brasilia.
melanoxylon R. Br. Au-
trali
stralia..
73. —var. latifolia Hort.
24
2474 pps Willd. Au-
stra
2475 perolia Cunn. Austra-
--var. angustifolia H o r t.
2477 — var. Persone, Sehle-
2478 Au-
iui F. Muell,
stralia.
pe 3
2481
2479 Acacia pycnantha Benth.
Australia.
2480 cera Bth. Austra-
solide A. Cun n. Austra-
lia
2482 siii Lindl. Austra-
lia.
salicifolia Hor t.
saligna Vendl. Austra-
lia.
spadigera C h. etSchb.
i ssne A.Cunn. Au-
stenogi A.Cunn. Au-
ralia
Li. Willd. Au-
strali
2489Adenocarpus intermediusDC.
uropa, Oriens.
2490 foliolosus D C. Insul. Ca-
nariae.
2491 Aeschynomene indicaLi n n.
nd. Or.
2462AlbizziaJulibrissinDurazz.
sia, To
—var. speciosa (H or t.).
Lebbek Bent h. Geront.
2498
2494
trop. .
lophanthaB e n th. Austra-
lia.
2496 procera Bt h. Asia trop.
2497 Amorpha canescens N utt.
2495
2598 californica N u t t. Califor-
nia.
elata Bouchè, Hab?
fruticosa Linn. Americ.
2499
2500
sept.
herbacea Wa lt. America
sept.
SEIT monoica E11.
2501
2502
2503 ivi *foetida Linn.
eg. medit., Oriens.
2504Anthyllis*tetraphyllaL i inn.
la a Vulneraria Lin n.
ropa, Oriens, Abyss.
2506 Arnchys hypo ogaea Linn.
cult.
2507 Astral aloperamida
Sibir., Helv.,
RISO
2508 boeticus Linn. Reg. me-
dit.
2509 chlorostachys Lind].Reg.
imal.
2510 excapus Lin n. Europa.
2511 falcatus Lam. Reg. Cau-
cas, Sibir.
2512 frigidus A. Gray. Am.
bor.
2513 galegiformis Linn. Reg.
Caucas.
2514 hamosus Lin n. Reg. me-
dit., India Orient., Trans-
cauc.
2515 sesameus Lin n. Reg. me-
dit
2516 bri barbata Baker.
. Or., Malaya.
2517 Bauhinia montana H ort.
2518 porrecta Sw. I
2519 pe Gili Wa a i l.
2520 into Di om b. Nova
Gra
2521 Cajanne din Sprengl.
2522 Oalgcotome *infesta Guss.
alm.
2523 Camavalia ensiformis D C.
trop.
> P; la
2624 Corana Chambagu Lam.
2525 Lisio Lam. Sibiria
alt.
2526 Hedowskii DC. Sibiria.
2527 soforaefolia Tausch.
Hab ?
5 a Poir
Si
2529 aaa: iù Deli cz
Aegypt.
2530 Cassia bicapsularis Linn,
. trop,
2531 Chamaecrista Linn. Reg.
bor. et austr.
2532 coquimbensis Vo g. Chili.
2533 floribunda Hort.
2534 glauca La m. Asia trop.,
Australia. ;
2525 laevigata Willd. Cosmop.
trop.
2536 marginata Rox b. Ind.
Or.
2537 mexicana Jacq. Amer.
trop.
2588 morilandica Linn. Am.
bor.
2539 nictitans Linn. America
2540 Relevant Hassk.
ava.
2541 Siamea La m. India or.,
Malaya.
2542 Sophorae Linn. Geront.
trop.
2543 stipulacea Ait. Chili.
2544 Tora Linn. Cosmopol.
trop.
2545 Ceratonia *siliqua Lin n.
Europa austr., Oriens.
2546 Cercis Siliquastrum Linn.
Europa, Oriens.
2547 —var. fol. variegatis.
2548 fiecei nali Matt. "a
2549 uu Griseb. Cuba,
. 2550 dra Linn. Reg.
2551 su cretica Li nur EA
n min.
2552 i ina: Europa i
2553 peg Linn. Reg. Me
6 ;
2554 niodiana Scop. ne eno.
2555 orientale Mill. As. min.
2556 acorpioides | Koch. TAO
ersia.
Si
2557 Coronilla *valentina Linn.
Europa austr.
2558 Crotalaria incana Lin n.
m. trop. ;
2559 isus canadensis Hort.
2560 0 La m. Reg. med.
ce.
2561 osi Link. Europ.
2562 triflorus L’Hèri t. Europ.
2563 Desmanthus brachylobus
Benth. Am. bor.
2564 Desmodium canadense D C.
America bor.
2565 Cephalothes Wall. As.
trop.
2566 elatum D C. Mexico.
2567 floribundum G. Do n. Reg.
Himal. +»
2568 ole Boatt.
2569 scalpo D C. "i Africa
TOP.
2570 Doliches cubensis Hort.
2573 Lablab Linn. Reg. trop.
2574 —var. albiflorus Serin g.
2575 nankinense Hort.
2576 ornatus Hort.
° sesquipedalis Linn. Am.
2578 Pinens Linn. Cosmop.
2579 Dorseniam rectum $ e r.Reg.
2580 ersibrina Crista-galliL i n n.
2681 —var. Lai M- Pao
2582 insignis Tod. Hort. Pan.
‘2583 viarum Tod. Hort. Pan.
i picta T o d. Hort.
2585 tra oicinals Li inn.Eu-
rOpa, a occ
2586 Genista vii DC.Actna.
2587 attleyana Hort. Hab?
2588 ephedroides DC. Insul.
Sardinia, Sicilia.
2589 Genista florida L in n. Reg.
med. occ.
2590 stilosa G. Do n. Lusita-
2591 Gleditschia caspica D e s f.
eg. caspica.
2592 triacanthos Linn.America
or.
2593 mes SojaSie bet Zucc.
rOp:
2594 Giyeprriza echinata L in n.
uropa austr., Oriens.
2595 Halimodeniton argenteum
Fisch. Reg. cauc., Per-
sia, Asia bor.
2596 Hedysarum *coronarium
nn. A
2597 sibiricas Poir. Sibir.
2578 tauricum Pall. Tauria
2599 Hippocrepis unisiliquosa
Linn. Reg. medit.
2600 Hosackia Pursiana B t h.
America bor.
1601 Hymenocarpus * circinnatus
a sa caz Ital.cont.,
Hi
2602 Indigoera Gorandion R.
m. Reg. Hi-
mal.
2608. macrophyllo Schum.
Afr. trop.
2604 par Roxb. Reg.
2605 lugo duloie Mart. Brasi-
2606 Labornim anagyroides M e-
dic. Eor
Topa,
2607 lindo abyssinicasHort.
2608 Aphaca Linn. Europa,
i -Qriens.
2609 amphycarpos Linn. Eu-
Top.
2610 dp era Linn. Reg.
e
2611 la Parl. Sicil.
2612 hirsutus Linn. pasta »
Oriens.
2618 Lathyrus latifolius Linn.
. Europa.
2614 mexicanus Wender.
exic.
2615 Nissolia Linn. Oriens.
2616 odoratus Linn. Ital.
2617 sylvestris Linn. Europ.
2618 sia edi inn. Reg.
Medit.
2619 Leucaena sine) Benth.
2620 Lotus angustissimus Lin n.
u ri
2621 corniculatus Linn. Ge-
ront. temp.
2622 coronillaefolius W e b b.
Ins. Cap. Virid.
2623 *edulis Linn. Reg. medit.
2624 *ornithopodioides Lin n.
Reg. medit.
2625 tenuifolivs Presl. Sicil.
2626 TetragonolobusLiù n.Reg.
medit.
2627. uliginosus Schkuhr.
urop., Reg. Medit.
2628 ue asa Di inn.Euro-
pa
È: 2629 Soserant Li inn. Reg.
Medit
2630 digitatos Forsk. (L.
sentini Gus s.), Sca
2631 hirsutus Linn. Reg.m
dit.
2632 Lysiloma latisiliqua Bt h.A-
da mer. bor., India occ. |
2633 Medicago *arborea L i n n.
Italia, Graecia.
Aschersoniana U r ba n.
Afr. b i
TA Air. DOT.
‘635 BlancheanaBoiss. Sirya.
2636 denticulata Willd. Ge-
- ront. reg. temp. et bor.
elegans Jac q. Europa.
*Helix Willd,Reg. medit.
ausrr,
lappacea D e s r. Reg. me-
dit,
hispida Gaertn. Europa
2641 DIE: mollissima R o t h.
2642 murex ‘Willa. Reg. me-
dit
2648 similia Guss. Reg.
medit.
2644 *orbicularis A 11. Reg.
medit., Abyssinia.
2645 goa Linn. Europa, 0-
2646 iii Bert. Reg.
medit
2647 tornata Mi ill, Europa au-
stralis.
2648 —var. minor Hort.
2649 *truncatula Ga ert n. Eu-
2650 —var. murex Willd.
2651 —var. tribuloides De s r.
2652 Melilotus dentata Pers.
Europ., As. bor.
2653 indica A11. Europa, Asia
or.
2654 italica La m. Reg. Medit.
2655 leucantha Koch. Europ.
2656 officinalis La m. Europ.,
; Asia bor.
2657 sulcata Dest. Reg me-
dit.
2658 Mimosa acanthocarpa Po ir.
exico
2659 pudica Li inn. Rresilia,
2660 Fpoeueiati) irott. A
2661Onobeyc Caput-galliL dr
medit., Caue. Zi
2662 sativa La m. Europa, de i
et-hbor.
RO 5 e ei i
40009 U c sei asia
.
2664 breviflora 7. Di Reg: me
dit
2665 bicina ino Europ,
. bor. (E,
2666 “RL Desf. Reg: me o
dit. occ
266 poringens È s al: z m. mi Mae È 3
“i
2668 Ononis praecox Bia n c. Si-
cil.
2669 podi Ser. Reg. Medi-
2670 “eta * compressus
inn. Reg. medit.
2671 dpr tuberosus
pre . India
2672 Parkinson stulenta L re nn.
» trop.
2673 ti anice
Benth. Aus
2674 Petteria aremoniaoa Pi esl.
2675 Phasaolu a Hort.
2676 us Schrank. Bra-
2677 erectus Fisch. Hab?
2678 gonospermus Savi, Reg.
tro
Op.
2679 lunatus Lin n. Reg. trop.
(Cult.). .
2680 multiflorus W.illd. Me-
xico.
2681 —var. coccineus.
2682 Mungo Linn. Reg. trop.
2683 niger Hort.
2684 oryzoides H o rt.
2685 Ricciardianus T e n. Hab ?
2686 umbrinus Hort.
2687 viridis Hort.
2688 vulgaris Linn. (pl. var.)
Cultus.
2689 Wigthianus R. Gra h.Re-.
trop.
2690 zebra Hort.
2691 Piptadenia Laser Linn.
«©g. Argen
2692 gar “ion si ieb. Reg.
s Oriens.
2798 Pre Schrank. Ae-
BYPt.
2694 Pithecolohitii pruinosum
Benth. Australia.
2695 Pocokia eretica Sering.
2696 Prosopis juliflora D C. Am.
trop.
2697 —var. spirocarpa Hor t.
2698 dini nu tetragonolobus
. Maurit.
2699 Poonilba *tticor Linn.
Reg. medit., Arabia.
2700 macrostachys D C. Calif.
2701 Rhynchosia lineata Bent h.
Brasilia.
2002 minima D C. Cosmop. trop.
et subtrop. .
2703 phaseoloides D C. America
or.
2704 pubescens D C. Abyssinia.
2705 Robinia Pseudacacia Li n n.
(pl. var.) Am. bor.
206 macrophylla Spreng.
Brasili
2707 Schotia latifolie) a c q.Prom.
2708 cosidlune muricata Lin n.
Reg. medit.
2709 a Linn. Reg.
2710 Cas bi inn. Reg. me-
it.
2711 distri Linn. Reg.
2712 seuriger gaeta DO.
ropa austr.
2713 Saia nr Poir.
In or., Malaya, Austra-
2714 Soplsra flavescens A i t. Si-
bir.
2715 japonica Linn. Japonia,
ina.
2716. secundiflora La g. Me-
xico,-.
2717 —var. fl. lilacinis Hort.
2718 tomentosa Lin n. Reg. ca-
2719 Sparto *junceum Linn.
Geront. Reg. temp.
220 Sika frutescens R.
r. Afr. austr.
2721 Swainsonia greyana Lindl.
Australia.
2722 lessertiaefolia D C. Austra-
lia
2723 Osborai F.Muell. Au-
2724 “Ape biflora D C. Hab?
2725 Trifolium *agrarium Linn.
uropa, Afr. bor.
2726 Alexandrinum Linn. Ae-
2727 *angustifoliumL i n n. Reg.
medit., Oriens
2028 *arvense Lin n. Europa,
Asia et Africa bor., 0-
riens.
2729 cernuum Brot. Lusit.
230 *Cherleri Li n n. Reg. me-
it.
2091 fragiferum Linn. Europ.,
Oriens.
2732 filiforme Linn. Europ.,
Reg. Cauc.
2733. *glomeratum Linn. Reg
medit., Afr. bor
2734 ppabiani Linn. Reg.
medit.
2735 vera Bieb. Europ.,
austr, As. min.
2736 . Michelianum Savi. Eu-
rop. austr.
2737 nigrescens Vi v. Europa
merid. |
2738 pannonicum J a c q. Europ.,
Oriens.
2739 PerreymondiGren.Godr.
Hispan.
2740 *pratense Linn. Asia
temp.
2741 purpureum Loisel. Eu-
ropa, Oriens, Asia bor.
2742 *resupinatum Linn. Eu-
ropa oce., Reg. mèdit.
2748 *scabrum Lin n. Reg.
i medit
2044 *ivelizion Linn. Reg.
medit., Oriens.
susa: Br
2745 baigunien *subterraneum
n. Reg. medit., O-
2746 ‘tomentoenm Linn. Reg.
2747 dei CallicerasF i isch.
Re
auc.
2748 coerulea Ser. Europa or..
Reg. Caucas.
2749 cretica Boiss. As. min.
2750 Foenum-graecum Lin n.
Europa, Oriens.
paniculata Lin n. Europa
austr., As. min.
polycerata Linn. Reg.
Medit., Oriens.
2754 Vicia atropurpurea Des f.
Algeria.
bicolor Willd. Hab ?
Bivonae Ra fi n. Sicil.
calcarata De sf. Reg. Me-
dit., Persia.
cornigera Chau b. Gallia.
fulgens Battand. Afr.
252
2753
bor.
de Sco p. Europa,
Orien
laeta 0. es. Graec., Sicil.
sega Linn. Europ.,
As.
lutea Li: nn. Reg. Medit.
macrantha H o r t.
ie Linn. Pi
it.
—var. partatifolie J acq. ia
| nissoliana Linn. Europ.
Orobus Linn. ico me-
dit
peregrina Linn. Reg.) ste =
dit., Oriens Hugo
picta Fiseh or Mero
Armeni di
pali Bertol. » n
talia o
sativa bia. Europa, be...
. bor., Oriens. fi
—var. aere Dos: -
bee . D
2774 Vicia sparsiflora T e n o r. I-
talia,
2775 striata Bieb. Europa au-
2776 uniiuga A. Br. Sibir.
2007 ‘tricolor Seb. et Maur.
Europ. austr.
2778 Vigna retusa W alp. Co-
trop.
2779 sinensis Hort.
2780 villosa Hort.
Linaceae.
2781 Linum africannm Linn.
. austr.
2782 spinum Linn. Europ.,
2183 PRAIA Huds. Eu-
ropa, Afr. bor
2784 arboreum Lin n. Creta.
2785. corymbiferam Desf. Afr.
r.
decumbens D e s f. Tuni-
1: 818
—var. grandiflorum.
fla
grandiflorum Desf. Al-
=var. rubrum H ort.
humile H o.r t.
Lewisii Pursh. Amer.
monadelphum Hort.
pallescens Bu n g. Sib.
Altaic
perenne Linn. Reg. bor.
temp.
2198
2799
pyrenaicum Hort.
regale Hort
— We
2800 Linum nervosum Waldst.
t Kit. Europ. austr.,
Oriens.
2801 sibiricam Hort.
2802 strictum Linn.Reg. med.,
Oriens.
2803 tenue D e s f. Hispan., Afr.
bor
2804
usitatissimum Lin n.Eur.,
iens,
Lobeliaceae.
2805 Lobelia bicolor H or t.
2806 Erinus Lin n. Prom. b.
Spei.
2807 inflata L ; nn. Am. bor.
2808. laxiflora H. B. et K. Me-
xico.
2809 sessilifolia La mk.As. bor.
2810. triquetra Linn. Afr. au-
stri
Loganiaceae.
2811 B: panda aa Walti
.; Burma
2812 a Fresen. A-
byssinia,
2818Chilianthus oleaceusB u r c h.
frica austr. 1
Lytrhtarìaceae.
2814 Cuphea lanceolata Ait. Me-
xi
.
2815 Cuphea Llavea Lindl.
exic.
2816 procumbens Orte g. Cuba.
2817 viscosissima Jacq. Amer.
or.
2318 Lythrum hyssopifolium
Cosmop. temp.
ira Linn.Reg. trop.
temp., Austral.
2820 Nesaea myrtifolia Desf.
bin
2819
2821 salicifolia H. B. et K. Am.
2822 syphilitica Ste ud. Mexic.
2823 Olynia cymosa Thunb.
Afr. austr.
2824 Sonneratia acida Li n n.
nd. or., Malaya.
Magnoliaceae.
a tulipiferaL i nn,
bor, China.
PS Magnolia grandiflora L i n n.
(pl. var.) Am. bor.
Maipighiaceae.
2827Banisteria argentea$ pre ng.
mer. austr.
2828 “rd raidue D C. Me-
| 2929 Heteroptoris luena lla
rica austr.
2830Hiptage tudsbita aertn.
Asia trop.
sal Li
Malvaceae.
2831 Abutilon angulatum Mast.
Africa trop.
Avicennae Ga e rt n. Ge-
ront. trop.
crispum Sweet. Reg.
2832
2833
rop.
hirtum Do n. Reg. trop.
indicam Sweet. Reg.
trop.
molle Sw e e t. Peruvia.
2837 mollissimum Sweet. Pe-
via.
2888 permolle Sweet. Cuba,
Florid.
2839 reflexum Sweet. Me-
xico.
2840 semicrenatum Hort.
2841 sonneratianum Sweet.
Africa austr.
2842 Althaea rosea C a v. Oriens.
2843 sulphurea B o i s s. Persia, _
Affgh.
2844 Anoda hastata C a v. Mexico,
India occ.
2845 Sensi Medic. Me-
2846 Wrightii A. Gray. N. Me-
xico
2847 Callizhoe digitata. Nutt.
Amer. bor
2848Gossypium o herbaseumdi n n. È
Asia trop. a
2949 hirsutum da nn. lrn Li; o
rop.
. 2850 ce Ro ox bi Asia
2851 Hibiscuo Abelmosehuski i n n i? -
Geront. trop. n
2852 argentinus Hor mo i
2858 bluinensis Hort. Hab n
2854. via: nn. Geront. 3
rop. al.
2855. Dongo No rt Ei
2856 Hibiscus esculentus Lin n.
Cosmop. trop.
2857 filuminensis V ell. Brasil.
2858 age Baill. Ma-
2859 betrophy ll Vent. Au-
‘2860
2861
ig Dehn. Hab.
liliiforus Cav. Ins. Ma-
scar.
Manihot Linn.
trop.
mexicanum Hort
mutabilis Lin n. China.
—var. albifloras H or t.
—var. fl. pleno Hort,
—var. tricolor H o r t.
Parkeri Baker, Madag.
Geront.
2869 Rosa-sinensis Linn. Ge-
ront. trop.
2870 Sabdariffa Linn. Geront.
a trop.
2871 syriacus Lin n. (pl. var.)
Geront. Calid.
Trionum Linn. Geront.
2873 vitifolius Linn. Geront.
trop.
2874Kosteletkya hastata Presl.
exico.
2875 Kitaibelia vitifolia Willd.
Slavon.
2876 Lagunaria Patersoni Do n.
Australia.
2877 Lavatera arborea Lin n.Eu-
ropa occ., Africa.
misirgeatiitore Kellong.
alifornia.
287:
(e 0)
2879
2880 phoenicea V e n t. Insul.
Madera. £
2881
2882
Sieberi H o rt. Hab ?
si Linn. die me-
2883 Nato ninna Cav. Hisp. Ù
2884 oi Za Linn. Eu-
ro
Li
Olbia Linn. Reg. medit.
e
2885 Malva silvestris Lin n.
uropa As. temp.
2866 Malvastrum capenseG a rc k.
r. austr.
2887 glossularioides G a r c k.
Africa austr.
2888 virgatum A. Gray. Africa
austr.
2889 Malvaviscum mollis D C.Me-
xico.
2890 co Pda oench.
2891 Pachira squat Aubl.
2992 ii ‘malvasolia Cav.
Burma.
2893 ana hastata C a v. Bra-
silia.
2894 —var. cleistocalyx F. M u-
Là:
29895 praemorsa Ca v. Afr. au-
286 ne Hochst.
Abyssi
2897 pena E B K. Vene-
uel.
2898 info Cav. Amer. au-
2999 Sida “nin ict Linn.
Cosm. trop.
2900 corchorifolia Tenor.
»
2901 intricata F. Muell. Au-
str.
rhombifoliaLi n n.Amphig.
trop.
spinosa Linn. Amphig.
2902
2903
trop.
triloba C a v. Africa austra-
is.
2905 virgata Hook. Australia.
2906 Sphaeralcea angustifolia
on. Mexico,
2904
Meiasiomaceae.
pre
2907 Centradenia rosea Lindl.
exic.
TMeliaceae.
2908 Melia arguta DC. Moluce.
2909 Azadirachta Lin n.Ind. or.
2910 Azederach Lin n. Reg.
Himal.
2911 —var. sempervirens
(Sweet.)
2912 . fioribunda Carr. Hab?
Myoporinaceae.
2913 Myoporum punctulatum
chlecht. Australia.
2914 serratum R. Br. Austral.
Mytitaceae.
2915 Callistemon coccineus F.
M uell. Austral.
2916 fulgens Hort
2917 lanceolatum Sweet. Au-
stralia,
2918 linearis D C. Australia.
2919 lophanthus Sweet, Au-
i > bralia
2920 phoeniceus Lindl. Au-
stral,
- 2921 rugosus DC. Australia.
2922 Eucalyptus amygdalina L a-
bill. Australia.
2923 rr F.Muell. Au-
2924 Giobtu La bill. Austra-
2925 Ban Endl. Au-
str
2926. sieverina F. Muell. Au-
stralia.
2927 viminalis S m. Australia.
2928 Eugenia littoralis Panc h,
Nova Caledonia.
2929 supraxillarisi Spreng.
Brasilia.
2930 ignara laevigatumF.
1. Australia.
29831 Melato armillaris S m.
ia.
2932 ui Sm. Australis.
83 thymifolia Sm. Austra-
lia. a
2934 Myrtus communis Lin n.
2935 —var. baetica (Mil1).
-2936 —var. fructis albis.
2937 —var. lusitanica (Wil1d).
2988 - var. romana (H ffms g).
2939 —var. tarentina (Mi1]1).
2940 Psidium cuneifolium T e n.
Hab?
2941 pyriferum Linn. Am.
trop.
2942 dichotomum W eiu m.Bra-
(i
N yciaginaceae.
2048 Boehraavia pra dra
i Amer. bor, India occ. ic
2944 cigno dichotoma L i. nn. i
asi o
2945 Foe Lino da vi o
2946 Mirabilis longiflora Linn.
Mexico.
2947 Oxybaphus nyctagineus
bor.
2948 violaceus Chois si, Peru-
via.
9949 viscosus L’Hèrit. Peru-
via.
Nymphaeaceae.
2950) garan luteam Willd.
America bor., India occ.
2951 Nuphar ua Sibth. et
S m. Reg. bor. temp.
2952 Nymphaca chromatella
Ho
2953 su »” illd. Asia
Africa trop.
Olacineae.
2954 Villaresia citrifolia Borziì,
Hort. Pa
an.
2955 emarginataRuiz. et Pav.
Oleaceae.
2956 Fontanesia * LA
La
bil 1. Bieilia, Asia
min., Syria.
2957 Polia angustifolius
; Vahl. Tauria.
2958 excelsior Linn. Europa,
Asia bor., Oriens..
2959 Fraxinus #Ornus L i n n.
g. medit., Oriens.
2960 potamophyla H ard.Amer.
bor
2O6I iu ibanche Lam. America
bor.
Prom.
2963 fruticans Lin n. Reg. me-
dit., Oriens.
2964 humile Linn. Asia trop.
2965 nudifloram Li nd1. China.
2966. Reevesii H o rt
2967 simplicifolium F orst.Au-
str., Ins. Paci
2968 suavissimum Lin im. Au-
2962 Jasminum capense T h b g.
pei.
2969 subulatum Hor t.
2970 trinerve Wall. Java.
2971 Ligustrum coriaceumH o r t.
2972 compactum Humbo]1d.
et Bompland. Amer.
‘trop. - Pi
2983 buxifolium Ho rt. Hab?
2974 foliosum H ort. )
2975 grandiflorum Hort.Hab? ì
2976 Ibota Sie b. Japonia. È
92977 ovalifoliam Hsck. Japo- ;
nia.
2978 —var. Sieboldii H or t.
2979 Quihoui Carr. China.
2980 robustum Blum. India
2981 sinensis Lour. China.
È
vulgare Linn. Europa. —
2983 Notelaea excelsa W e bb. et |
. Ins. Canariae. | —
2984 Olea SON LamiIns.
Mascar., Africa viento ss
2985 AREE sati inn. A
2986 Lon Linn. Reg. meli -
Oriens -
1987 fioribunda B th. Insul.
Salom
2988 speciosa Ho
2989 Phillyraea sedia
Linn. Reg. medit.
2990 Phillyrea latifolia Lin n.
Reg. medit.
2991 *media Linn. Reg. me-
2992 Syringa vulgaris Lin n.
Transsylv.
Onagratiaceae.
2993 Cagno Lane Pursh.A,
06;
2994 legame D ou "i Am. bor.
2995 Epilobiom latifoliumLin n.
Reg. bor. Arct.
2996 tetragonum Linn. Eu-
ropa.
2997 spia concinnum F i-
t Mey. Califor-
2998 Ùe Vino Linn. Ame-
rica bor.
2999 Lindheimeri Engelm.
Texas.
3000 parviflora Dou gl. Amer.
bor. occ.
3001 tripetala C a v. Mexico.
3002Lopezia coronata A n d r.Me-
xic
o.
3003 racemosa Ca v. Mexico.
8004 Oenothera amoena L e h m.
Am. bor
. bor.
3005 ammophyla Hort.
3006 biennis Linn. America
3007 cruciata De Vries, Hort.
A; i Su
7 | mst.
8008 demissa Hort.
8009 densiflora Lindl. Calif.
8010 Douglasii Hort.
3011 Drummondi H o o k. Ame-
rica bor. occ.
3012 gigas De ot ries, Hort.
Amst..
3018 Oenothera glauca Midix.
m. bor.
3014 Lamarkiana Hort.
3015 missouriensis Si ms. Am.
Or. 0cc.
8016 nanella De V rie s, Hort.
Amst.
3017 odorata Jacq. Chilì.
3018 purpurea Curt. Am. bor.
3019 Romanzowii Ledeb. A-
merica bor.
3020 rosea A it. Am. sept., Pe-
ruvia.
8021 rubrinervis De Vries,
Hort. Amst.
8022. Simsiana Ser. Mexic.
8023 stricta Ledeb. Hab?
83024 taraxacifolia Hort.
3025 tetraptera C a v. Mexico.
8026 triloba N utt. Am. bor.
C.
3027 viminea Do u gl. Calif.
Papavetaceae.
3028 Argemone Barclayana
enry.; Mexico.
3029 mexicana Lin n. America
- bor,, Mexico. i
3030 —var. albiflora pioli
3031 sn Sweet. Mo
3032 SE Link. ot Ott. ji
Mexico LE
8033 Bocconia silania: wild x i
China, Japonia. ni.
9086 groups Li nn Me -
085 Chliona Franchetti
.-Hoa
8096 cinta Mill. Euro:
pa
8087 i9 ed Linn. urp,
8088 Corydalis densiflora P r e s 1.
E ;
3039 gno Pursh. Amer.
bor
3040 lutea D. C. Europa
3041 seen mana
C . California.
3042 crocea BI th. California.
3043 Fumaria abyssinica
H r. Abyssinia.
3044 capreolata Lin n. Europa,
Africa bor.
3045 megalocarpa Boiss. et
Spran. Graecia, Sy-
ria.
8046 officinalis Lin n. Geront.
temp.
3047 parviflora La m. Geront.
trop.
3048 Glaucium elegans F. et M.
Persia.
3049 tavum Crantz. Europa,
Reg. medit.
3050 luteum Crantz. Europa,
. Reg. medit.
3051 quei Heldr. (rae-
3052 dn Sibth. et du
Europa, Reg. medit.
8053 squamigerum K a r.etK it.
; As, centr.
3054 Hypecoum grandifloram
th. Reg. medit. et
Caucas.
3055 pendulum Linn. Europ.
Oriens.
3056 procumbens Lin n. Reg.
medit., Ma
8057 Meconopsis cambrica V i g .
uropa.
3058 Papaver pic Linn.
| Europ., Orien
3059 atlanticumBoiss.Afr.bor.
3060 dubium Linn. Europa.
3061 Heldreichii Boiss. As.
min.
3062 hybridum Linn. Europa,
Syri
a; etc,
3065 somniferum Lin n. Grae-
cia, Oriens.
3066 Roemeria hybrida D C., Eu-
ropa, Africa bor.
Passifioraceae.
3067 gerani amabilis Hook.
Bras
3068 captari Linn. Am.
tro
306 boeralea Linn. Brasil.
3070 foetida Lin n. Brasilia.
3071 gracilis Jac q. Brasil.
3072 palmata Hort.
8073 Vasconcellosia hastata C a-
ruel. Brasilia.
o o
Pedalinaceae.
3074 Martynia annua Linn.
America bor.
3075 pn proboscideaG l o x.
. bor.
3076 cantico am.etSchlect.
exico
3077Sesamum inni i nn.Ind.
or.
8078 laciniatum Klein. India
or.
Phytolaccaceae.
3079 Phytolacca dioica Lin n.
Japon.
3080 octandra Linn. Japon.
3081 violacea Hort.
3082 Rivina aurantiaca W.arsz.
. austr. :
3083 humilis Linn. America
trop.
3084 —var. brasiliensisN o cca.
3085 —var. laevis Linn
8086 —var. purpurascens Sc h-
ra
3087 octandra Linn. Amer.
trop.
3088. tinctoria H a w. Venez.
Walkeri Hort.
Pipetaceae.
#00 Houttinia cordata T h n b.
Himal,, China, Ja-
pon. ù
3091 e, RO HB
enez
3092. uroca n Bi et Mey.
Brasilia.
| 3093 Piper geniculatum Swe e t.
Ind. or.
3094 Saururus cernuus Li n n. A-
ica bo
merica .
3095 minimus Hort,
Pittosporaceae.
3096Pittosporum eriocarpum R o-
Himal.
Pegi, ro
3097 Pittosporum heterophyllum
Hort.
3098 neegherrense W i g h t. et
rn. India or
3099. undulatum V e n t. Austra-
ia.
3100 viridiflorum $ i m s. Prom.
b. Spei
Pianiaginaceae.
3101 Plantago albicans Lin n.
Reg. medit.
3102 amplexicaulis C a v. Reg.
Medit., Oriens.
3103 arenaria Waldst. et
K it. Europa, Asia min.
3104 Coronopus Li n n. Europa,
* , Australia.
3105 Cynops Lin n. Europa,
Sibiria.
i
3106 gentianoides S m. As. min.
3107 Graeca Boiss. Oriens.
3108. Lagopus Linn. Reg. me-
dit., Oriens.
3109 lanceolata Li n n. Europa,
Asia bor.
3110 —var. romana Hort.
3111 major Lin n. Europa, Am.
bor., Asia
3112 Brera “R am. Reg. Ar-
3113 pategniica dia6 9: Amber. i
et austr. sà
3114. Psyllium Lin n. Reg. me- o
tg Oriens, sg occ.
3115 a Li inn. Amer.
bor.
Pliatanaceae.
8116 Platanus occidentalisL i n n.
Amer. bor.
3117 orientalis Lin n. Europa
austr., Oriens.
Piumbaginaceae.
3118 Armeria australis Boiss.
Hispania.
3119 splendens Boiss. Hispa-
nia.
3120Ceratostigma plumbaginoides
un fé ina.
8121 Griffitii C. B. C1k. Reg. i
Hima
3122 Prcmbagò. aggio Thbg.
rom. pei
8123 europaea Di inn. Europa
austr., Caucas.
3124 siitvus nà Ledeb. Sibir.
Alt.
3125 scandens Linn. America
trop.
3126 zeylanica Linn. Geront.
trop.
3127 —var. albiflora Hort.
3128 Statice cancellata Bern bh.
Dalm., Graecia.
3129 cordata Lin n. fmi me-
dit.
3130 elata Fisch. ‘Sibîria,
3131
nar.
Gmelini Willd. Reg.
Caucas., Sibiria.
latifolia S m. Bulgar., Ros-
sia, Reg. Cauc. .
Am. bor.
fruticans W e b b. Ins. Ca-
limonium Linn. Europa,
Li i
8135 Statice longifolia Thumb.
A
8136 scoparia Ho vr t.
8187 tatarica Lin n. Eur. austr.,
Reg.
8138 tomentella Boi s s. Rossia
austr
Polemotniaceae.
8189 Cobaea scandens C a v. Me-
xico. l
3140 Collomia coccinea L e h m.
ll,
8141 grandiflora Dougl. Am.
bor. occ.
3142 Gilia n ra Steud,
Californ
3148 e Bent h. Ca-
iforn. |
3144 aggregata S pren g. Am.
bor. occ.
3145 capitata Sims. Amer.
bor.
3146 densiflora Benth. Calif.
3147 grandiflora A. Gray. Ca-
BL:
3148 incospicua H or t.
93149 Liebmanni G. Don. Ca-
lifornia.
3150 laciniata Ruiz. et Pav.
Peruv., Chili.
8151 multicaule B th. Califor-
ni
3152 sco Fi isch. et
Meg.
8153 tricolor B t da California.
3154 virgata Ste ud. Califor-
nia.
3155 Phlox Drummondi H 0 0 k.
exas.
8156 paniculata Linn. Amer.
o di 00 :
Poliygalaceae.
3157 Polygala dalmatiana Hort.
8158 grandiflora Walt. Am.
bor
3159 lafrtiiolia Linn. Prom.
b. Spei.
3160 virgata Thunb. Africa
austr.
Polygonaceae.
3161 Coccoloba laurifolia Jac q.
m. trop.
3162 Emex sig case Ca mp d.Eu-
, Africa bor.
3163 Fagopyra esculentum M o-
c h. Europa, Asia
3164 coli Gaert. Eur,,
Asia bor.
3165 Muehlenbeckia complexa
Meissn. Nova Zelan-
da.
3166 prakgs Ade Meissn. In-
sul Salam
3167 ? Velvendula osare
inn. Reg. bor. temp.
3168 iajonizai Meissn.
» var. fol. variegatis.
3169 tomentosum Willd. Ge-
ront. trop. i
iineoa * Acetosa Linn.
Asia bor.
ropa, «
8171 abyasiniona Jacq. Abys-
sinia
i 3172 alismaeioliu Frees. Afr.
Feste Hort.
Brownii C am pd. Austral.
bucephalophoras Linn.
“Reg. medit.o © ©
.m
8173
8174
— 8175
LL B@ti
3185
3195 pra za Ho ch Brasi- vii
3176 Rumex conglomeratus
Murr. Europa merid.,
Asia occ.
3177 cordifolius Hornem.
urop., As.
3178 crispus Lin n. Hagoni As.
bor
3179 PERITI Campd., Am.
austr.
8180 divaricatus Linn. Reg.
medit.
hamatus Hor
o Spreng. A-
3181
3182
iano Linn. Amer.
bor.
orientalis Bern h.Graecia,
Asia min., Syria.
-—var. graecus (Boi s s).
Patientia Linn. Europa
3183
3184
3186
3187
3188. pulcher Linn. Europa,
Oriens.
purpurea Link. Hab?
scutatus Li n n. Europa,
Oriens.
3189
3190
Portulacaceae.
3191 agi compréssa. <.< 0»
ad. Obi
3192 ovini Lindl. Chili. %
3193 Menziesii as orr. et Gr ra ay. para
Am. bor.
3194 Portulaca folionaE, e rG a bian
Africa tro
Rea
lia i:
3196 marginata H. B. ni Das | i
3197 nana Hort. Brasi- ©
3198Portulaca oleraceaL in n.Reg.
calid.
5199 pis Linn. Am. bor. et
3200 Pa e ngelm. Am. bor.
3201 ri Brig. Vene-
zuela.
3202 Talinnm patens W illd.Am.
trop.
8203 crassifolium Willd. Am.
trop.
3204 purpureum Fisc h. Hab?
8205 i. Willd. Am.
3206 Trisha Portulacastrum
nn: America trop.
Primulaceae.
3207 Anagallis arvensis Lin n.
uropa, Asia temp.
3208 ?
3209 repens Pomel, Alger.
3: linifolia Lin n. Europ.
3211 Cyclamen Coum M il1.Grae-
s cia; Oriens.
3212 graecum Link. Graecia.
3213 hederaefolium A ito n. Eu-
“ ropa.
3214 vernum Reic h. Reg. me-
dit.
3215 Lysimachia Ephemerum
Li uropa.
3216 Primula elatior Hill. Eu-
DD
(de
o
ropa.
3217 sinensis Sa b. China.
RI, O
Proteaceae.
8218Grevillea hilliana F. Muell.
stralia.
robusta A. Cunn. Au-
stralia.
3219
Punicaceae.
83220Punica GranatumL i n n.Eu-
‘ropa austr., Ins. Maurit.
Ranùunculaceae.
3221 Actaea Ringgit Linn.
Europa, Sibiria. »
3222 piana Li inn. Reg. bor.
mp.
3223 Fa te *autumnalis Lin n.
Europa, Oriens.
3224 aestivalis Linn. Europ.
Oriens.
8225 vernalis Lin n. Eur., As.
0%
3226 nego ® prgn inn.
eg. ; Oriens.
3227 Lai Di inn. Europa
- ete.
2228 narcissiflora Linn. Eur.
riens.
3229 Vo ea Linn. America
3230 Auiegia canadense Li n n.
Amer. bor.
3231 grata M oly, Europa.
8232. sibirica La m. Sibiria.
3233 vulgaris Linn. Europa,
Ori
3234 agri rari Linn.
a (Koch...
3235 —var. nea (Bmg...
3236 Clematis recta Linn. Eur.
austr.
3237 Vitalba Linn. Europa,
Afr. bor., Caucasus.
3238 gp Li inn.Europa or.,
, Persia.
3239 Delpiniam NARA Linn.
. var.) Europa austr.
Pe er DC. Reg.
mediterr.
Consolida Lin n. Europa,
Asia bor.
elatum Linn.Europa,Reg.
3240
3241
3242
imal.
3243 ea Linn. Europa
ustr., Oriens.
3244 Staphisagria Linn. Reg.
medit
3245 Ermnthis isranila Salisb.
pa.
3246 rca viridis Linn.
ia merid.
—var. Bocconi Te n. Sici-
lia.
è 3248Isopyrum fumarioidesL in n.
Europa, Asia bor.
3249 Knowtonia gu IA
Sims. Afr. aus
3250 Myosurus minimus di inn.
3247
mer. bor.
8251 Nigella arvensis L i n n.Reg.
Medit., Oriens
3252 Bungei H ort.
3253 coarctata G m e L Europ.
3254 corniculata D.C. Oriens.
3255 cristata Hort.
3256 damascena Lin n. Reg.
Medit.
3257 Garidella Spenn. Eu-
a.
8258 hispanica Linn. Hispan.,
. bor.
3259 orientalis Linn. Oriens.
3260
sativa Linn. Reg. Me-
dit.
ur
var. Russi Bi v Fuadpa
merid., Asia occ.
3262 Ranunculus asiaticusL i n n.
(pl. var.) Oriens.
83263 aconitifolius Linn. Eu-
ropa.
3264 artoceros H o r t.
3265 arvensis Linn. Europà,
As. bor.
3266 bullatus Linn. Europa,
Persia
3267
queen ica Linn. Europa,
ibiria.
castellanus Boiss. et
u t. Hispania.
caucasicus Bie b. Reg.
Caucas.
Chius D.C. Eur. austr.,As.
min
cornutus D.C. Syria.
falcatus Linn. Europa,
Reg. Himal.
illyricus Lin n. Europa
austr., Reg. Caucas.
incrassatus Gu ss. Ital.
merid., Sicil.
lanuginosum Lin n. Euro-
pa, Reg. Caucas.
3276 lomatocarpus Fisc h. et
M e y. Oriens.
8277 millefoliatus Va hl. Reg.
medit.
3278 *muricatus Lin n. Europa,
Oriens
3279 nitidus Hort.
e. Linn. Reg.
ci Linn. Reg.
Cauc., Europa, As. min.
pone Linn. Reg. bor.
tem
sssdons I rantz. Europa,
Asia, Africa bor.
serbicus V i s. Banat.
suberosus H o r n. Amer.
bor.
Ri
‘8286 Ranunculus umbrosus T e n.
Ital. merid.
8287 Thalictruam ambiguum
Hort.
3288 appendiculatum Hort.
3289 asplenifolium Hort.
3290 baicalense Turcz. Sibiria
baic.
9291 carolinianum Hort.
8292 commutatum Mey. 0-
riens.
3293 Cornuti Linn. America
bor.
8294 corynellum D.C. America
bor.
3295 diffusum Hort.
3296 crassifolium Hort.
2297 dioicum Linn. America
or.
3298 elatum Jacq. Europ.
3299 flavum Lin n. Europa,
As. bor.
3300 flexuosum Bern h. Euro-
pa.
3301. lacero-stipellatum Hort.
83802 majus Dum. Hab?
3308 minus Lin n. Europa, As.
et Afr. bor.
8304 nigricans Rchb. Euro-
pa.
8305. polygamum H o rt.
8806 pyrrhocarpum Ckodi,
Hab ?
8807 purpurascens H o r t.
8308 Schweiggeri S pren g. Eu-
FOpa:
3809 simplex Linn. VID,
Asia bor.
3310 spurium Hort.
Resedaceae.
3311 Caylusea abyssinica Fisc h.
et M ey. Abyss.
3812 Reseda abyssinica F reset.
NEGA
8313. * alba Linn. Europa,
Oriens.
8814 odorata Lin n. Africa bor. .
Rbhamnaceae.
3315 Paliurus aculeatus La m.
Europa austr., Asia occ.
3816 Pomaderris apetala La bill.
Australia.
3317 subrepanda F. Muell.
Australia.
8318 Rhamnus Alaternus Linn.
Reg. med.
3819 dahurica Pall. Ind. or.,
Asia bor.
3820 Frangula Linn. Europa,
| Asia et Afr. bor.
3330 glabra Hort.
8331. saxatilis Jac q, Europa au-
str.
3382 spathulaefolia F. et M.
aucasus. ;
3883. tinctoria Waldst.etKit.
Burop. or., As. min,
3384 Zizyphus chinensis L a m.
ù ina.
3835 Jujuba Lam. Ind. or., Ma-
laya.
8836 sativa Gaert n. Reg. me-
. dit., Asia temp.
Rosaceae.
3337 Acaena prin Lin DE i
gent .
3338 detti PRESTA Linn...
Reg. bor. temp.
8339 Agrimonia leucantha K ze.
Hab. ?
3340 odorata Mill. Europa.
6341 Cotoneaster bacillarisW all.
Himal.
3342 horizontalis D cne. China.
3343 pannosa Hort.
3344 Crataegus dani Linn.
Asia ;, Persia.
5345 crenulata Ri o x b. Reg. Hi-
mal.
3346 Crus-galli Li n n. America
bor.
3347 melanocarpa Bieb. 0-
riens.
3348 mexicana Moc. et Sess.
Mexico.
3349 monogyna Jacq. Reg.
dit.
3350 nigra W. et K. Hung.
3351. Oxyacantha Linn. (pl.
var). Europa, Asia temp.
3352 Pyracantha Medic. Eu-
ropa,
3358 Se Poir. Reg. me-
Saaliricbotza japonicaL ind1l.
apon., China.
3355 Rxochorda grandiflora
1. China.
3356 Gin Rc F.Gmel.Am.
bor
3357 coccineum Sibth. et Sm.
Graec., Asia min.
3358 macrophyliumWilld.Am.
bor. occ.
3359 nivalis Hort.
3360 rivale Linn. Reg. bor.
temp.
3361 pyrenaicuam Mill. Mont.
Pyren.
8362 strictum Ait. Reg. temp.
Ti
8363. *urbanum Linn. Reg
temp. bor., Austr., Nova
Zelanda,
3364 Margyrocarpus setosus Ruiz.
et Pav. Am, austr.
MIL
3365 Neillia opulifolia B t h. et
ook. America bor.
3366 Torreyi S. Wats. Am.
Or. occ.
3367 Photinia serrulata Lindl.
apon., 4
3368 Potentilla BuccaamaC1 e m.
Bithyn.
Donibeyi Nestl. Chili.
glandulosa Lindl. Am.
bor. occ.
Hookeriana Le hm. Am.
bor.
nepalensis H o o k. Reg.
3369
3370
3371
3372
“dl
Ro
33 pulcherrima Hort.
3374 Poterium polygamum W. et
. Europa, Oriens.
3375 spinosum Lin n. Syria.
3376 Prunus armeniaca Lin n.
Reg. Cauc.
avium Lin n. Europa.
Cerasus Linn. Europa,
Oriens.
Chamaecerasus Ja c q. Eu-
ropa austr., Asia min.
spinosa L in n. Europa, A-
frica bor., Oriens.
9381 Quillaja Saponaria M ol i n.
Chili.
3382 Raphiolepis indica Lin dl.
ina.
3383 —var. rubra (Lindl.).
3384 japonica Sie b. et Zucc.
3 Japon.
3385 ovata Briot. Japon.
3886Rhodotypus kerrioides $ i e b.
et Zucc. Japonia. se
3387 Rosa canina Li n n. Europa,
As. temp. SATTA
—Gaisiencninibia( eta ni o
damascena Mill. Oriens. |
pone Linn. mene
3388
8389
3390
Orien
3391 ferox Biob. Asia min.,
Persia i
indica Linn. gl e)
Ind. mn 3
3392
3393 Rosa Leucantha H o r t.
83994 mollissima Willd. Euro-
pa.
3395 moschata er m. Oriens.
_ 8896 multiflora Tn bg. Japon.,
ina.
3397 rugosa T h n b. Japonia.
3398 sempervirens Linn. Eur,,
Oriens, Ind. or.
3399 Silverhielmii Schrenk.
Rossia.
3400 Rubus fruticosus Lin n.Eu-
ropa.
3401 Spiraea cantoniensis L o u r.
8402 Douglasii H o o k. Am. bor.
3403 media F. Sc hm. Asia
bor
8404 salita Krch. et Bo u-
c h è, Sibir
8405 multiflora Za ob el, Hab?
8406 . VanhoutteiZ a b e 1.Hybrid.
ort.
3407 Stranvaesia glaucescens
i . Reg. Himal.
Rubiaceae.
8408 Asperula azorica Hort.
3409 orientalisBoiss. As.min.,
Reg. Caucas.
3410 Coffea IRA Linn. Arab.
et Afr.
3411 Crucianella pla
Linn. Europa, Asia
3412 maritima Linn. Reg. me-
dit. .
8413 Crusea Rubra Bartl. Me-
8414 Galium cinereum A 11. Eu-
ropa austr.
3415. *murale A 11. Reg. medit.
8416 nebulosum Hort.
uia
3417 Galium tricorne Stokes.
urop., Oriens.
3418 oneri Soland. N.
3419 Fnmelia pate Jacq. Am.
Top.
3420 a indica Linn. Asia,
Australia trop.
3421 Paederia foetida L i n n.
Ì , Malaya.
3422Putoria Sahel Pers.Reg.
medit
3423 Toadeiciia latifolia Pers.
Am. centr.
3424 Rubia *peregrina Lin n.
uropa, Reg. medit.
3425 tinctoria L.in n. Europa
austr., Oriens.
3426 Sherardia arvensis Lin n.
uropa.
3427 Spermacoce tenuior Li n n.
America trop.
Rutaceae.
3428 Amyris maritima Jac q.
m, trop.
3429 Citrus AurantiumLi n n.As.
rop.
—var. canaliculata S a v.
3431 —var. dulcis Sa v
3432 —var. ellyptica Risso.
3433 —var. limettaeformis R.
et Pav.
3434 —var. nicaensis R. et P.
3435. —var. oblonga R. et P.
3436 —var. pyriformis R. et P.
3437. Bigaradia Loisel, Eur.
austr.
3438 — var. Consolei Riccob.
8439 —var. crispifolia R. et P.
ar. dulcis R. et P.
3441 —var. itheophylla R. et P.
8442 —var. listata Riccob.
8443 Citrus Aurantium var. fa-
ciata R. et P.
3444 —var. foetifera R. et P.
8445 —var. salicifolia R. et P.
8446 Decumana Loisel. Asia
trop.
3447 —var, Borzii Riccob.
8448 —var. Chadock Riccob.
3449 --var. maxima Riccob
3450 - var. Pompelmos R. et P
3451 —var. Todari Riccob
3452 deliciosa T e n. China?
3453 Limetta Risso, var. Me-
larosa Risso
3454 Limonum Risso, As.trop.
3455 —var. abyssinicaRiccob.
3456 —var. aurantiaca S a v
3457 —var. Cajetana Risso
34 —var. canaliculata Risso.
3459 —var. dulcis Presl.
3460 —var. ellyptica Riccob.
3461 —var. striata Risso.
3462 —var. semperflorens Ri c-
cob.
3463 --var. Terraccianoi R i c-
3464 —var. vulgaris R. et P.
3465 Medica Linn. var. flo-
rentina Risso. Asia
merid.
8466 trifoliata Linn. Asia
trop.
3467 rpg excavata Burm.
Ind. or., Malaya.
3468 Giyoosni trifoliata Spr.
Jav
3469 Melicope ternata Forst.
Den Murray exotia Linn.Asia,
3471 Phitotheca ui R chb.
Sydne
3472 Ptelea siilolinta Linn. Am.
bor.
3473 Ruta bracteosa D. C. Eur.
austr.
8474 chilepensis Lin n, Reg.
| Medi
t.
Poi {fe
8475 Ruta graveolens Lin n.
uropa.
3476 Tribulus terrestris Li n n.
mphig. trop.
3477 Zanthoxylon alatumSteud.
Pro Spei.
3478 americanum Mill. Am.
sept.
3479 Bungei Planch. China.
3480 pterota H. B. et K. India
Salicaceae.
3481 Populus ass Linn.Europa,
As.
3482 Salix “podiclltaD e s f.Reg.
Santalaceae.
9483 Osyris alba Linn. Reg.
medit.
Sapindaceae.
3484 Se — Linn. ni 0 :
So tp Li > Oriani N
—var.o obtusifolium(Si i db desi v
O et Sm).
8487 Hookeri Micq. Oriens.
3488 italum Lauth. var. nea-
Ri Ten. Italia
erid,
3489 Acer Lobelii T e n. Europa,
Oriens.
3490 monspessulanum Lin n.
Europa austr.
oblongum Wall. Himal.
pseudo-Platanus Lin n.
Europa, Oriens.
—var. purpureum Hort.
trifidum Hook.etHarn.
China.
3495 villosum W all. Himal.
8496 Aesculus glabra Will. Am.
bor. ”
3497 Hippocastanum Linn.
3498 Caidicipermuin coluteoides
n. B. suna America au-
str.
8499 ‘Halicacabum Linn. Reg.
trop.
3500 hirsutumW illd.Afric.occ.
3501 velutinam Hook. et Am.
rasilia.
3502 Cupania tenax B th. Nov.
and.
3503 Dodonaea triquetraW e n dl.
Australia.
3504 viscosa Jac q. Cosmop.
trop. et subtrop.
3505 Koelreuteria paniculata L a-
x m. ina.
3506 Negundo aceroides M nc h.
Amer. bor.
3507 —var. fol. variegatisH o rt.
3508 californicum Torr.
Gray, America bor.
occ.
3509 Sapindus manatensis S h u t-
tle w, Am. bor
3510 Mukorossi Ga er tn. Asia
trop.
3611 —var. carinatum Radl-
3512 Stpbyic trifoliaLinn.Am.
8513: Tnguadi speciosa End].
A
Sapotaceae.
3514 Bumelia lycioides Willd
Am. bor.
5515 tenax Willd. Madagasc.
Saxiftagaceae.
3516 Deutzia scabra Thbg. Ja-
ponia.
3517 Heuchera cylindricaD a u gl.
m. bor. occ.
coulescens Pursh.Am.bor.
divaricata Frisch.Am.bor.
hispida Pursh. America
bor.
pilosissima Fisch. et
Mey. Calif.
sanguinea Engln. N.
8518
3519
3520
3521
3522
ico,
meta Michx. America
3523
3524 Rydrange platanifolia
Ho
3525 tata coronarius
n. Europa austr.
3526 —a. nanus Mill.
‘3527 —b speciosus Hort.
3928 —e. Zeyeri Schradl.
3529 ago Lindl. Ca-
3530 —var. ii Lange.
3531 grandifloras Willd. Am.
bor.
‘8532 hirsutus Nutt. Am. bor.
3533
Lewisii Purs h. America
bor.’
pubescens H o r t.
3595 verrucosus Sc hrad. Eur.
austr. :
3536 Ribes aureum Pursh. Am.
r. occ, :
3537 Ribes fasciculatum Si e Db.
cc. China, Japon.
3538 —var. chinense.
3539 floribandum Hort. Hab?
3540 Saxifraga crassifolia Lin n.
Sibiria.
3541 sarmentosa Lin n. China,
3542 tridactylites Lin n. Eu-
ropa, Oriens.
3548 Tolmiea Menziesii T o r r.
et Gray. Am. bor. occ.
Sctophulatiaceae.
3544 Alonsoa caulialata Ruiz.
V
et
| 3545 Antirrhinum Warscewiczii
Regel. Peruv.
3546 Asarina Linn. Europa
austr.
3547 *majus Linn, Reg. 1 me-
it.
3548 *Orontium Linn. Europa,
s. min., Afr. bor.
3549 Rhodium Boiss. Madr.
3550 rupestrem Hort. Odessa.
3551 *sicualum Mill. Sicilia.
3552 uglve Soragna; Linn. Eu-
, Afr. bor.
3553 »vis sa Linn. Europa.
e sasirrezon scabiosaefolia $ i-
. Peruvia.
chelidoniaefolia HB.h
Ecuador. i
3556 Celsia betonicaefolia D e s f.
3555
Afr. bor.
3557 tortica Linn. Reg. me-
3558 consi bicolor B t h. Cali-
forn
3559 Digitale ambigua Murr.
Europ., As. occ.
3560. purpurea Linn. Europa
RT
3561 sana officinalis Linn,
3562 allori 'Iucida Linn. Afr.
trop. et austr.
3563 Linaria bipartita Willd.
Afr. occ.
3564 capraria Moris. et De
‘o t. Ins. Caprar.
3565 Cymbalaria Mill. Euro-
pa.
3566 spie: Mill. Dalmat.,
Ori
3567 baterophlia Desf. Reg.
3068 Te D esf. Reg. me-
dit
3569 repens Mill. Europ.
8570 -tristis Mill. Hispania.
3571 .viscida Mo enc bh. Europ.,
ir. bor.
3572 vulgaris Mil]l.Reg.medit.,
cas.
3573 Maurandia antirrhiniflora
exas
um 3
3574 scandens D o n. Mexico.
3575 serieta Jacq. Me-
xico
3576 os -ragosns A our. Reg.
, Chin
2577 Mint lutens Li inn.Am.
3578 fui ini Lehm.
Afric. austr.
3579 Ti E. Mey. Afr.
ui
s560Panownia imperiatis Ss. SIAE
Japonia Di
3581 Penstemon ‘Cobaea N uti
America AO0GE: LE
3582 Scrophularia acquatica E >
Linn. Europa, Caucas. e
3583 canescens Bong. Sibiria
alt.
3584 parer Linn. Reg. bor.
3585 peegin Linn. Regan
it.
3586 Verbascum macrurum T e n.
. mer.
3587 phlomoides Lin n.Europa,
Asia min.
3588 *sinuatum Linn. Reg.
edit., Oriens.
3589 Thapsus Lin n. Europa,0-
riens.
3590 Veronica abyssinica Fre -
ì . Abyss.
3591 agrestis Linn. Europa.
3592 prezzss Lindl. Hybr.
hor
3593 ASA Linn. Pea bor.
temp.
3594 Beccabunga Linn. Reg.
bor. temp.
3595 caucasica Bieb. Reg.
Caucas.
3596 ceratocarpa C. A. Mey.
Reg. Casp.
3597 Cymbalaria Bodar d.Reg.
medit., Asia min.
3598 didyma T en. Europa, A-
frica.
3599 *hederaefolia Li n n. Euro-
pa, Oriens, Africa bor.
3600 longifolia Lin n. Europa,
Asia min., Sibiria.
3601 *panormitana T i n. Sicilia.
3602 spuria Linn. Europa.
3603 Zaluzianskya capensis W al-
prs. Prom. b. Spei.
Selaginaceae.
3604 Dischisma arenarium Africa
austr.
3605 Hebenstreitia comosa
st. Afr. austr.
3606 dentata Li n n. Africa bor.
et austr.
3607 virgata E. Mey. Africa
suste
Simatrubaceae.
3608 iron glandulosa D e sf.
Chin
3609 Gud: iii Linn.
Reg. medit.
Solanaceae.
3610 Atropa *Belladonna L i n n.
ropa, Oriens, Ind. or.
3611 Browallia Czerwinskiana
or
5612 demissa Linn. Am. au-
str.
3613 viscosa H. B. et K. Am.
austr.
3614 —var. grandiflora Hor t.
3615 Capsicum abyssinicum A.
. Abyssinica
3616 annuum Li inn. Reg. trop.
3617 cerasiforme Link. Hab?
3618 Chili Hocst. Afr. trop.
3619 corniculatum Li n n. Reg.
rop.
3620 pregno Linn, Reg.
rop.
3621 n DC. Reg. trop.
3622 Cestrum aurantiacum
Lindl. Guatim.
3623 elegans Schlecht. Me-
xico.
3624 Endlicheri Mi ers. Peru-
via.
3625 fasciculatum Medi c. Me-
xico.
3626 foetidum Medic. Reg.
medit. )
53627 Hugelii Hor
13628 ran i Soxiaekt
Isul.
NEPI RR
È E tini iene ; Me
5629 saga roseum H. B. K.
3630 salicifolia Jacq. Vene-
uela.
3631 ini Jacq. Hab?
8632 Warszewiczii Klotzsch.
America trop.
3633 Cyphomandra betacea
endt. Amer. austr.
3634 Datura arborea Lin n. Am.
austr.
alba Nees. var. africana
Matt. Africa trop.
Bertoloni P ar]. Reg. me-
dit.
cornigera Hook. Mexico.
dubia Bianec. Sicil.
ferox Linn. China
fruticosa Horn.
tro
inermis Jacq. Abyss.
laevis Lin n. Reg. med.
va Linn. America
TOP.
quercia H. B. K. Me-
‘xic
iti inn.Cosmop.
tro
P.
8646 Tatula Linn. Cosmop.
D
P.
versicolor Lagerh. Equa-
364
-]
tore.
8648Dunalia inermisB o r zì, Hort.
an.
8649 Hyosciamus albusL i n n.Eu-
ropa, Oriens.
8650 pallidus Waldst.et Kit.
Europa, Reg. Himal.
- 8651 reticulatus Linn. Asia
minatAegypt.
3652 Jochrom inea Scheid.
Mex
3658 iero afra Linn. Reg.
medit.
8654 chinensis Mill. China.
- 8655 Requieni Du n. Hab?
8656 ruthenicum M ur r, Oriens.
3657 Lycopersicum pyriforme
Du n. Amer. austr.
3658 Mandragora autunnalis
ertol. Reg. Melit.
3659 Nicandra physaloides
tn. Peruvia
3660 Nicotiana affinis H o r t. Bra-
silia.
. 83661 auriculata Bertol. Sar-
8662 cerinthoides H o rt.
3663 chinensis Fisc h., China.
glauca R. Grah. Reg.
A
rg.
grandiflora H o r t.
Langsdorfii Schrank.
Brasil.
longiflora C a v. Chili.
pont Agardbh. Am.
uso Pursh. Am.
bor. occ.
rustica Lin n. Mexico.
suaveolens L e h m. Au-
stral.
Tabacum Linn. America
austr.
8673 —var. grandiflora (H or t).
8674 Nierenbergia gracilisH o o k.
Reg. ent.
3675Petunia nin uss.
eg. Argen
3676 Physalis snguata Linn.
Reg. Cau
8677 curassavica Di id: Vene:
zuela.
3678. Francheti Hort.
3679. peruviana Linn. Reg. ca-
lid.
3680 uzian rhomboidea Mio.
eg. Argent.
8681 Pirito pinnatus R u i-
t «Pav. Chili.
3682 Solanum amazonum K er.
a wl. Mexico.
3683 auriculatum Ait. Asia
tropic.
3684 Solanum Besseri W einm.
Cosmopol.
3685 capsicastrum Lin k. Bras.
3686 citrullifolium Willd. N.
ranat.
3687 cyananthum D u n. Brasi-
ia.
3688 diphyllum Li nn. America
trop.
3689 Dombeyi Du n. Peruvia.
3690 Gilo Radd. Hab?
3691 glaucescens Zucc, Me-
xico.
3692 glutinosum Dun. Mexico.
3693 Hendersonii Hort.
36594 jasminoides P a xt. Bras.
3695 ana Ten. Asia et A-
3696 macrophyllum Hort. Me-
xico.
3697 menphiticum G m el. 0-
riens.
3698 minimum Hort.
3699 Melangena Linn.Cosmop.
trop.
3700 nigrum Linn. Cosmopol.
3701 —var. miniatam Bernh.
3702. nin Speg. Reg. Ar-
gen
3703 ii Linn.
Amphig.
3704 pyracanthum Jac q. Afr.
trop.
8705 cerca Schum.
trop.
3706 Sedortianom Andr.Am.
rop.
3007 aa inn.Geront.
8708 ternatum Ruiz. et Pav.
Peruvia
3709 intgnatenari Cav. Mexico.
8710 musica Linn. Am
BUI nea somnifera D u n.
eg. medit., Oriens.
3712 —var. Moriboii Du un.
Staphyleaceaè.
3713 Staphylea trifoliata Liu n.
Am. hor.
Stetrculiaceae. ,
3714 Abroma augusta Li n n. As.
trop.
3715 Brachychiton acerifolius F.
Mu ustralia.
3716 van Prodi,
3 popul
eus (R. Br.) Au-
vs
3717 vepenz platanifolia Linn.
l. China, Japonia.
3718 nici candicans A it.
Africa austr.
3719 conglomerata Eckl. et
eyl. Afr. austr. i
3720 denudata Lin n. Africa au-
str.
8721 venosa Thunb. Afric.
. austr. S
3722 Melhania macrophylla Vis.
ab? di
8723 Sterculia nobilis Smith.
Ind. or
Stytacaceae.
3724 Styrax oficinalo Linn. Eu- ”
ropa austr., Asia min. ;
al
Tamaticaceae.
3725 Tamarix chinensis Lo u r.
China
3726 gallica Linn. Europa, As.,
Afr.
Tetnsttoemiaceae.
3727 Visnea Mocanera L i n n. Ins.
Canariae,
Thymeliaceae.
3728 Daphne Gnidium Linn.
Reg. medit.
Tiliaceae.
8729 Aristotelia MacquiL’H èrit.
Chilì.
83730 sg cordata Lam.
8731 Ooraliarai capsularisL i n n.
osmop. trop. \
8732 olitorius Linn. Cosmop.
n TOp.
8733 textilis Hort.
8734 CRE Lin n. Geront.
rop.
nia arborescens R. Br.
Nov. Zelan
8736 Grewia asiatica Li inn, Ind.
.
3737 Grewia flava D. C. Prom. b.
Spei.
37938 nitida Juss. China.
3739 occidentalis Lin n. Africa.
3740 oppositifolia B uc. Ham.
imal., Africa or.
3741 populifolia Vah L Abys-
nia.
3742 Bperimenità acerifoliaH or t.
3748 africana Lin n, Prom. b.
Spei.
3744 palmata E. Mey. Africa
austr,
3745 Tilia platyphylla Sco p.
uropa.
3746 tomentosa M nc h. var. ar-
ea (D C.) Europa.
8747 vulgaris Heyne. Europa,
8748 Triumfetta rhomboidea .
Jacq. Africa trop.
Umbellifetae.
8749 Apium graveolens Li n n.
Europ., Oriens., Ind. bor.
occ., if.
8750 nodiflorum Reich. Eu-
ropa.
3751Athamanta*siculaL i n n.Ital.
rent cegioa oth «Reg.
3753 rin Bie b. Eur. austr.,
3754 Bovlein tendhé Spreng, ‘
he Sapiena fruticosum
n. Reg. mediti >
3756. quonit <a in n. e
8757 prtractam ‘fofta «i
k. Reg. medit. occ. ©
8758 rotundifliom Linn. Pa di
pa, pa, Reg. bor. occ,
3759 Bupleurum gres
rop. austr.
3760 Carum Carvi Li ittn., Bur,
Oriens.
3761 copticum Bth. et Hook.
Europa, Africa bor.
3762 Petroselinum B. et G. Ge-
ront. cult.
8763 —var. laciniatum.
‘3764 Caucalis nodosa S c o p. Fu-
ropa.
8765 Cicuta virosa Lin n.Europa,
Asia bor., Am. bor.
3766 sta sati Linn.
ropa.
3767 coin *sativumLi n n.
Europa. . 3
8768Crithmum*maritimumLinn.
Europa.
3769 Daucus Rina Linn.Eur,,
3770 Gingidinm Linn. Europa,
ica bor
BO maximus di e s f. Reg. me-
de
, Oriens.
3772 Eryngium*campestre Lin n.
- Europa.
87738 ebracteatum La m. Brasi-
‘lia.
8774 *maritimum Linn. Eur.,
ia ;
8775 ochroleucam Hort.
8776 panduraefolia Hort.
377 Sanguisorba Cham. et
Sehlecht. Brasil.
8778 serra Cham. et Schle-
cht.
-8779Ferula*communisLi n n.Reg.
medit,
8780. gigantea Hort. Hab?
8781 *glauca Lin n. Europa au-
8782 neapolitana Ten. Ital. me-
rid.
8783 tingitana Linn. Syria;Afr-
p.
3784 Foeniculum anisatumH or $
3785 vulgare Mill. Europa.
3786 Heracleum cordifolium
esl. Sicil.
2787 Heteromorpha arborescens
ham. et Schlecht.
Prom. b. Spei. E
3788 Sarrina sicula D C.Reg.
me
3789 Oonanthe SR Linn.
ropa austr., SE bor.
3790 Gata maritima Ko
Reg. medi
5791 Pelcsdnanio grevolni A
Benth. et Hook.Eur. È
et As. trop. -
3792 hispanicum End].Hispan. |
3799 dirai = ro Ber.
o l.
3794 Piseoti srtiiata Koch.
ropa m
3195 Scandix Bilsniso Reut. Si-
cilia,
3796 brachycarpa Guss, Sicilia,
yria.
3797 RT C. A. Mey.
3798 Pesto Venicia Linn. Eu-
ropa, Oriens.
pa,
3799 Seseli *Bocconi Guss. Sici- =
lia,
3800 Smyrnium OlusatrumL in IL
Eu Toni, Reg. medit.
8801 Thapsia * garganica Linn
Reg. m
3802 Tordgliom opulum Linn
3803 sg re oir, Insdl.
Cypr.
Urticaceae.
3804 Boehmeria cylindrica Sw
America bor. et austti
| 3825
3805 Boehmeria macrophylla
D. Don. Reg. Himal.,
Burma.
3806 nivea.Ca nd. Asia trop.
8807 Celtis australis Linn. Eu-
ropa, Asia temp., Ind.
or,
3808 latifolia Planch. N. Gui-
nea.
8809. occidentalis Linn. Amer.
bor
3810 spinosa S pre ng. Brasilia.
3811Dorstenia argentea H o o k.
Brasilia.
3812 Contrayerva Linn. Amer.
trop. .
3815 maculata L e m. Mexico.
3814 Ficus altissima Blu m. Reg.
Himal
—var. laccifera Hort.
benjamina Linn. Asia
bor., a
capensis Thnb. Africa
austr.
3815
3816
citrifolia Hort. Mexico.
erecta T h nb. Reg. Hi-
mal., China.
glabella Blu m. Reg. Hi-
mal.
pete orzì.Hort.
3822
popoli Vahl. Ara-
bia.
3823 religiosa. Linn. India o-
rient.
3824
Sycomorus Linn. Asia
£
3826Forskolea angustifoliaS. et Z.
i Ins. Teneri
3827 Girardinia danpidata edd.
hina.
3828 Sonne japonicus Si e b.
et Zuce. Japonia.
3829 Maclura aurantiaca N utt.
Amer. bor.
83830 Morus alba Lin n. Asia
temp
rubiginosaD e s f.Australia..
3881Morus nigra Lin n.As.temp.
8832 Parietaria officinalis Li n n.
Europa austr., Oriens.
3833 Ulmus campestrisL i n n.Eu-
ro Oriens.
8834 oxoniensis H or t.
8835 Urtica atrovirens R e q. Eu-
ropa
3836 -—var. grandidentata M o-
Ts
8837 dioica Linn. Reg. temp.
bor.
3838. membranacea Poir. Reg.
medit
3899 -—-var. neglecta Guss.
3840 morifolia Poir. Ins. Ca-
nariae.
3841 *pilulifera Linn.var. ba-
earica.
3842 urens Linn. Geront,
temp
Valerianaceae.
3843 Centranthus nervosus M o-
i lors., Sard,
3844 ruber D C. Europa.
3845 Fedia CornucopiaeGa er t n.
Reg. medit.
3846 —var. scorpioides. Dufr.
3847 Valeriana officinalis.Li n n. >
Europa, As. bor. >
sr reed acuriculata DO, i
8849. coronata D Cc. Europa: i
8850 eriocarpa Des v. saga “%
Africa bor.
3851 hamata DC. Reg. medit..
3852 truncata Betceke, Europa.
austr., Oriens.
3853 vesicaria Moench. Reg:
medit., Persia,
Vetbenaceae.
3854 Callicarpa americanaL i n n.
Am. bor.
3855 arborea Roxb . As. trop
3856 cana Linn. As. trop.,
Austr.
3857 longifolia La m. Malaya,
Austr.
3858 .japonica Th bg. Japonia.
3859 Reewesii Wall. China.
3860 Caryopteris Mostacantha
Sch hi
3861 Citharexylon setibulatio
H. B. K. Peruv.
3862 Clerodendron splendens
n. Africa trop.
3863 Duranta brachypoda T o d.
Hort. Pan.
3864
3865
glauca Hort.
integrifolia T o d. Hort.
Pan
3866 miafoplizità Willd. Am,
trop.
3867 Mutisii Linn. America
trop.
3868 stenostachya T o d. Hort.
Pan.
3869 prega Tod. Hort.
3870 Lantana alba Mill. Amer.
ustr.
3871
3872
-—var. grandiflora.
corymbosa Linn. India
occ.
3873. crocea Ia c q. Ind. occ.
3874 indica Roxb. Asia, Afr.
trop.
3875 Kisi A. Rich. Abyssinia.
3876 mixta Linn. India occ.
3877 Morettiana Lin n.Ind.oce.
3878 multicolor Le m. Mexic.
3879 pulcherrima Hort.
purpurea Horne m. Am,
austr,
3881 Lantana nivea Sil e n. oa
3882
3883
3884
Badola Sweet, India occ.
rosea R a f. Hab?
pod ce Jacq. Africa
3885
3886
3887
3888
au
= "W all. India or.
tiliaefolia Cham. Brasil
trifolia Linn. ds trop.
undulata Linn. America
trop.
3889 Lippia asperifolia Ric h.
m. a i
3890. chamaedrifolia Steud.
rasilia.
3891 citriodora H. B. K. Am.
austr.
3892 Shuthelwortia pulchella
Meiss. Mexie.
3893 Stachytarpheta mutabilis
ah1. Venezuela.
3894 jamaicensis Wahl. Hob?
3895 umbrosa Hort.
3896 Verbena Aubletia J a c q.
m. bor.
3897 angustifolia Michx. A-
3898
3899
erinoides L a m. Peruvia.
hybrida Hort. Hybridum
hortense.
3900 officinalis Li n n. Amphig.
tem
paniculata La m. Amer.
bo
‘po
stricta Vent. Amer. bor.
tenera Spreng. Reg.
t
ent.
venosa Gill. et Hook.
Reg. Argent.
3905 Vitex *Agnus-castus Lin n.
Europa merid., Oriens.
3906 littoralisi Cunn. Nov.
Zel
Violilaceae.
3907 Viola odorata Li n n.Europa,
di . bor.
3908 —var. albiflora H or t.
—var. neapolitana H o r t.
3910 persicifolia Ro th. Europa.
3911 pravissima Hort.
3912 sylvestris La m. Europa,
5 sia tem
3913 suavissima J ord.
su hr
3914Viola tricolor Lin n. Europa,
ia, America bor.
Zigophyliiaceae.
3917 Fagonia cretica Linn. Eur.
austr., Oriens, Afr. bor.,
Am. bor. et austr.
Antoninus Borzì
BOTANICES PROFESSOR ET HORTI PRAEFECTUS.
A. Baldacci D.r
HORTI SUDIRECTOR
C. Tropea D.r
HORTI ADSISTENS
G. E. Mattei
HORTI CONSERVATOR
V. Riccobono
HORTULANUS PRIMARIUS
A. Riccobono
HORTI COLONIALIS
HORTULANUS PRIMARIUS
a
Peli o n,
raf r o
Pubblicazioni del R. Istituto Botanico di Palermo :
CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE
Dirette dal Prof. A. Borziì.
Comprendono lavori di particolare interesse scienti
fico, specialmente relativi ad argomenti di Biologia e di
Fisiologia vegetale.
Si pubblicano in tempi non determinati, a fascicoli
in 8°, con tavole.
2)
o
$
7
Vol. I. (esaurito) x
» II. in 8° fasc. I-II pp. 1-316. tav. I-XIX L. 28
» III » > di-Ll » 4-993. » 1A »
»_ IV, » So cè 1996,» LV 23
» V. (sotto stampa).
È ©
._ Per acquisti rivolgersi all’Editore Antonino Trimarchi.
Corso Vittorio Emanuele N. 375, Palermo.
Balletto del R. Orto Botanico e Grardino Coonile di Palermo.
Sono in vendita le annate arretrate, I-VIII, al prezzo 2
di Lire 10 ognuna (L. 12 per l'Estero), escluso il fasc. 1-2 - A,
dell’anno II, esaurito, di cui si curerà la das
; ia Corso Vittorio Emanuele N 375. Palermo.
i ‘La partie commerciale très developpès est in telligibile pour tout le si
STUDII ALGOLOGICI
Saggio di ricerche sulla Biologia delle Alghe
per il Prof, A. Borzi.
Wasc. din # pp IVI? 1-120. tav 1-9 Li 864
» IT. » 4° pp. I-VIII. 121-399. tav. 10 —31 L. 65 —
> III. Phaeophyceae et Cyanophyeeace — con molte tavole
(in corso di pubblicazione).
Per acquisti rivolgersi all Editore Antonino Trimarchi.
| Corso Vittorio Emanuele N. 375. Palermo.
JOURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE.
Fondé par J. VILBOUCHEVITCH
164. Rue Jeanne -d'Aro. Paris (XIII)
i]
ABONNEMENTS, PARTANT DU 1°" JANVIER: Un an 20 fr.
Le Journal d' Agriculture Tropicale, mensuel, illustré, s'oceupe 3
de toutes le questions d’actualité qui peuvent intéresser les agri-
culteurs des pays chauds. >
Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une
<—. revue complete des pubblications nouvelles (3 pp. de petite texte). | a
monde et toujours interessante. Nombreux collaborateurs dans les 3. "a
colonies frangaises, anglaises et hollandaises, ainsi qu’ en Australie
et dans les deux Ameriques. — Articles inedits sur les cultures n x
potagères et les fruits, dans chaque numèro. Collaboration speciale :
pour les insectes nuisibles,
Numero specimen gratis sur demande,
BOLLETTINO |
DEL
A. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIAL
DI PALERMO
ANNO X. o Gue
x } ; 3
Fascicolo 4° Ottobre- Dicembre 1911. |
BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO
E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO
Si occupa di tutte le questioni che più interessano la Bo-
tanica agricola; specialmente siciliana, e la Botanica colo-
niale, rendendo conto delle esperienze e colture istituite
in questo R. Orto Botanico o nell’annesso Giardino Colo-
niale. Pubblica pure relazioni scientifiche relative.a piante
AS qui coltivate od indigene, od illustranti collezioni del Museo
‘annesso all’ Istituto Botanico. Comprende ancora una spe-
ciale. rassegna. della stampa coloniale agraria. Sovente
particolari lavori vengono ABgiInb come appendici se-
PALRIO dal testo.
BI pubblica a fascicoli trimestrali, formanti annual-
mente un’ volume di 200 a 300 pagine, con «incisioni in-
wa > tercalate nel testo. e tavole staccate. Non si vendono fa- > È:
SS vi cà e sa abbonamenti sono annuali. na
da Pre di abbonamento all'anno XI. 1912. > DI
e ‘tale ie
de ua Al Estero _ AS i va SARE |
; Ss Peri 6 Daespde ‘di AP Csa all Editore + "i
|. ’1Antonino Trimarchi , - Corso: Vittorio, Emanuele; è,
so di Palermo...
Per ritardi incontrati nella tiratura delle Tavole che
accompagnano il lavoro sulle Querci Italiane del Pro-
fessore Borzi, le rimanenti Tavole saranno distribuite
nel prossimo fascicolo.
LARIO ER
mg
OTTOBRE - DICEMBRE 1911.
Vol. X.
BOLLETTINO
A. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
DI PALERMO
SOMMARIO :
11. Il Giardino Coloniale di Palermo e la colonizzazione
della Libia (G. SCHWEINFURTH) :
12. Nuova specie di Abutilon della Somalia italiana: /4b.
Agnesae (A. BoRzÌ) .
13. Intorno alla biologia della disseminazione nelle specie
di Datura (A. BoRzt)
14. Osservazioni sull’Oxalis cernua, Thunb. (F. SA
15. Rassegna della stampa coloniale agraria (G. E. MarTPI)
16. Indice del Volume X . È 1
PALERMO
Rae EprrrIce ANT. TRIMARCHI
s Corso V ittorio Emanuele, 875
1911
Il Giardino Coloniale di Palermo
e la colonizzazione della Libia
Dopo la recente conquista della Libia , il Giardino Coloniale ,
di Palermo accresce la sua importanza, imperocchè diviene neces-
sariamente la sede più appropriata per quegli studii e per quegli
esperimenti di pratica coloniale, che maggiormente sono diretti a
ar risorgere, dallo stato di alibandeno in cui si trovano, le mi-
gliori colture nei muovi territorii italiani. A questo dpetalo siamo
leti di pubblicare la seguente lettera del celebre africanista GroRGIO
SCHWEINFURTH , diretta al Prot. Borzi, in cui appunto si trat-
teggia quale dovrà essere l’ importanza del nostro Giardino Colo-
niale, quale la sua missione e le sue attribuzioni, nei rapporti con
la Libia. i
I rapporti geografici e le tradizioni storiche fra la Sicilia e
le nuove Provincie Italiane, avvalorano sempre più l’opera del no-
stro Giardino Coloniale, e questa lettera ne è la nigi $i .
Ds febbraio tore. Li.
Caro Signore,
Ho letto col più vivo interesse le informazioni che avete avuto. È
la bontà di darmi sul progetto d’ ingrandimento del vostro Giar-
dino Coloniale, che fino ad oggi per 5 anni non è stato che un’annesso
amici eccone
di quel ea Giardino Botanico di Bard i di 0 cui Lc mi > 3
122
sono tanto cari, quanto le persone che vi hanno lavorato da ren-
dermelo cosi famigliare.
Capisco benissimo l’ importanza che un simile Stabilimento
avrà per l’avvenire agricolo delle colonie Italiane, e mi permette-
rete di farvi in proposito, secondo il mio giudizio, alcune osser-
vazioni, che vi prego di accettare colla Vostra benevolenza abituale.
Senza dubbio è la Sicilia, che grazie alla sua posizione geografica
e per la natura del suolo offre a un tale stabilimento delle condi-
zioni eccezionalmente favorevoli, che nessuna regione d’Italia può
offrire. In quanto alle condizioni del suo suolo e del clima non ho
che ricordare gli esempi di rigoglio tropicale che offrivano alcune
piante del Vostro giardino, coltivate e curate come esperimento, per
essere convinto che sarebbe li, nella Conca d’Oro, che si ritroverà la
terra promessa, dove, si potranno meglio che altrove, provare i
meriti delle singole piante di qualità e produzione problematica.
Il prodotto più vantaggioso della nostra epoca è senza dubbio
il Cotone, poichè il compratore non manca mai. M’immagino dun-
que che vi dedicherete principalmente alla coltura del medesimo,
e mi auguro che ricominciando ciò che i vostri predecessori hanno
lasciato incompiuto in sèguito alle diverse ragioni delle singole e-
poche, voi ne ricaverete dei risultati veri e soddisfacenti (1).. La Si-
cilia deve prestarsi, e se non alle grandi piantagioni del Cotone,
r lo meno a un’eccellente campo di prova, ciò che le esperienze
colturali del vostro predecessore, Todaro (iniziate dal 1868 al 1878)
ma ispirate piuttosto al puro interesse scientifico credo, abbiano
costatato a sufficienza. La mancanza in Sicilia di grandi e estese
iantagioni di detto prodotto, servirà a rendere le prove più sicure
e incontestabili, sopratutto per la purezza e la scelta delle semenze,
l’ ibridazione accidentale, tanto nociva in Egitto, potrà DI facil-
mente essere scartata.
Il Cotone di qualità superiore, fino ad oggi non è stato colti-
vato che nelle regioni subtropicali, i paesi della zona del tropico,
propriamente detto non offrendo che del Cotone d’un valore mediocre.
Senza dubbio però arriverà un giorno in cui si potrà rimediare a
questa deficenza, potendosi infine trovare, o meglio scoprire , sia
(1 Di questi esperimenti di coltura del Cotone a scopo pratico
il Giardino Coloniale di Palermo se ne occupa appunto da circa 5
anni e i risultati eccellenti ottenuti formano oggetto di varie Rela-
zioni pubblicate dal Ministero d’Agricoltura. N. d. R.
123
per selezione, sia per ibridazione curata, una specie di cotone su-
periore e confacente anche alla coltivazione in paesi caldi e umidi.
Il Giardino Coloniale, colle sue serre, e mercé i diversi mezzi
di coltivazione artificiale potrà risolvere questo grande problema
dell'Agricoltura tropicale, e l’Italia vi è direttamente interessata.
E infatti il littorale della Libia d’ Italia appartiene regionalmente
alla zona la più atta alla coltura delle migliori qualità di cotone,
ma l’acqua che è indispensabile all’ irrigazione , manca ; o per lo
meno mancano colà ancora dei serbatoi da raccogliere l’acqua plu-
viale.
L'Italia possiede altrove, nell’Eritrea e sopratutto in Somalia
(Vallata dell’Ouebi) terreni atti alla coltura del Cotone, coltura che
si potrebbe fare sù larghissima scala. L’ irrigazione artificiale vi
sarà effettuata più facilmente, ma le sopra menzionate colonie ri-
siedono nell'interno dei tropici, di modochè ancora non esiste quella
qualità di cotone superiore, che ivi darebbe splendidi risultati.
Il litorale dell’Africa del Nord, che appartiene oggi all'Italia
per un’estensione di km. 1820, non si presta a estesissime intra-
prese di coltivazione agricola, ma dovrebbero essere i piccoli pro-
prietari e affittaioli che lavorando la terra coi propri mezzi e colle
loro mani renderanno apprezzata la nuova Libia d’ Italia. Su una
estensione immensa di terra il colono (se domani saranno 1000,
saranno un milione nell’anno 2000) troverà un campo prospero,
benché ristretto, onde farvi valere la sua meravigliosa attività e
la sua iniziativa personale. Il siciliano, probabilmente vi occuperà
il 1° posto, la sua riputazione in Africa essendo ormai stabilita e
la sua opera apprezzata, come lavoratore intelligente e infaticabile.
In Eritrea quei pochi Siciliani che vi si trovarono all’ epoca del--
l'impresa per cura del Barone Franchetti, hanno sorpassato con
successo gli altri coloni che le singole provincie Italiane avevano . a
mandato.
sia stato fatto fino ad oggi, onde procurare una scelta incompara- —
.
bile di semenze, come pure di rizomi
Culieaigrà
124
L’indigeno si applica e si applicherà sempre di preferenza alla col-
tura del Dattero e dei cereali, primo frai quali l’orzo e in secondo
luogo il frumento, penniseto e granone. L’ Algeria, come pure la
Tunisia, hanno raggiunto in queste colture un’alto grado di pe
zionamento , e si possono prendere a modello. L’ esperienza c’ è ,
non vi è che seguirla.
Dopo il Dattero e l’Olivo, restano ancora in gran numero le frutta,
che nella regione in quistione esigono una speciale. attenzione,
degli studi profondi, e degli esperimenti da fare, ai quali i fran-
cesi nell’Africa Settentrionale non vi si sono sufficientemente perfe-
zionati. Per esempio il Mandorlo i di cui meravigliosi risultati ottenuti
a Homs, a Misurata e altrove, renderebbero gelosi anche i Siracu-
siani (1). Detta coltura assai rimunerativa, come dichiarò altra volta
il defunto Hans Banks, costituisce nella Libia litorale una specia-
lità dei Maltesi stabiliti nel paese. Fra le produzioni di cui si fa
sempre gran consumo, vanno annoverate le frutta secche (fichi,
pesche, uva passa dd) che sono di grande importanza. Per ciò
che concerne l’esportazione invernale per 1’ Europa (prodotti di pri-
mizia) le Patate e le Cipolle avranno buona fortuna. Non bisogna
dimenticare le frutta fresche e gli agrumi precoci di qualità spe-
ciali (per esempio il famoso « Washington navel » che incomincia
a maturare in novembre) tali che la Sicilia non potrà produrne
tanto presto.
Per uno Stabilimento , che ha per fine la conoscenza del va-
lore economico pratico e scientifico dei prodotti vegetali di origine
coloniale, il mettersi in rapporto diretto coi singoli centri coloniali e
colle imprese agricole, il mantenere relazioni attive e amichevoli, a
parere mio, è un’obbligo sacro e imperioso, di grandissima impor-
tanza, quantunque fino ad oggi la Francia e la Germania non ne
abbiano abbastanza tenuto conto.
Da per tutto, l’agricoltore è ritenuto come il tipo del conser-
vatore, ma l’agricoltura in sè stessa, tale e quale si presenta nella
storia dei popoli, é tutt’affatto cosmopolita e avida d’ innovazioni.
Esiste una sorta di libero scambio attraverso i secoli, e che con- -
tinua ad esistere ai nostri giorni, anzi s’è accentuato maggiormente,
Vo
nel nostro secolo, secolo del gran movimento, ove i trasporti sono
‘facili e celeri. I popoli si nutrono e si sostengono a vicenda e s’i-
struiscono scambievolmente, dandosi l’un l’altro ciò che hanno di me-
(1) I migliori mandorleti sono di fatti nella Provincia di Sira-
cusa. N. d. R.
®
125
glio. Si tratta di passare in rivista i successi ottenuti dalle altre nazioni
che già trovansi sulla via del progresso agricolo, sorvegliando con oc-
chio attento i risultati ottenuti nello studio dei varii problemi economi-
ci ed agrarii nelle differenti parti del globo. La speciale letteratura
che è così diffusa, non è sufficiente al raggiungimento di tale scopo;
sarà dunque necessario avere rapporti diretti coi centri esteri, mercé
un’assidua corrispondenza, anche per mezzo di agenti in missione
permanente, in tal modo si seguirà ogni progresso, avendo libera
scelta per l’adattazione locale di ciò che più converrà. Fra i paesi
ove l’agricoltura prospera e progredisce ve ne sono diversi che per
l’analogia del loro clima e delle condizioni del suolo, possono of-
frire, alle intraprese della Libia, esempi eccellenti, e servire di mo-
dello a delle gestioni razionali. Dall’Africa del Sud, dall'Australia
ed anche dal Messico, vi è molto da imparare, e che l’ ubiquità
dell’Italiano fornirà provetti coloni, potendo servire quali interpreti
per la Libia, e divenire degl’istruttori per l’applicazione di nuovi
metodi. Sarà per essi un nobile scopo quello di trasmettere e di
realizzare a profitto della nuova Africa Italiana questi benefici co-
loniali, che il vecchio mondo ha saputo assicurare a paesi così lon-
tani, ed i coloni faranno risorgere l’ antica civiltà in quelle re-
gioni abbandonate da si lungo tempo.
Ma è sopratutto nel Nuovo Mondo, nell'America del Nord, ove
attualmente si trova il centro degli alti studi d’agricoltura coloniale, la
scuola per eccellenza per i bisogni delle colonie Italiane, a cui biso-
gua rivolgersi, sopratutto sin da quando colà si occupano del « dry
farming » (coltura nei paesi secchi e sprovvisti di piogge). Voi co-
noscete i successi ottenuti nel Colorado, nell’Arizona, nella California
meridionale, e altrove negli Stati Uniti, grazie all’attività di que-
t’ eccellente istituzione , che sotto il nome di « plant industry »
è un dipartimento speciale del Ministero d’agricoltura di Washing-
ton. Tutti i paesi aridi del vecchio mondo, ove la natura è più o
meno desertica, sono stati sperimentati per offrire alle nuove colture
dell'America la « fin-fieur » dei loro prodotti. Dall’Algeria e dalla
Soria, fino alla Persia ed alla Cina, dette contrade sono state per-
corse dagli agenti di Washington, a profitto del « dry farming »
americano; e già là si sono ottenute le migliori qualità di Datteri,
Olive, Fichi etc.; in tutti i diversi rami dell’agricoltura i risultati
cominciano ad essere stupefacenti, e pare che il commercio amori:
cano finirà col non avere più di bisogno della produzione del vec- |
chio mondo.
È dunque facile capire a quale alto grado di utilità pubblica
potrà elevarsi il giardino coloniale di Palermo, ee come.
126 i
scuola pratica d’agricoltura tropicale e subtropicale, se dei mezzi
sufficienti gli venissero accordati dal Governo.
Colla luce che propagherà, potrà diventare un vero centro di
espansione sul campo della coltivazione, un vero centro di riunione
e di emulazione per tutti i coltivatori coloni, un potente aiuto allo
sviluppo coloniale ed alla prosperità del paese
Permettetemi di ricordarvi alla fine un fatto speciale nella storia
dell’orticoltura, che all’ora presente potrà interessare l’Italia. Fra
le diverse località della Libia ove il soldato Italiano ha dato e dà
prova del suo valore, vi è una regione che dev'essere cara all’or-
ticultore, è Derna, in Cirenaica.
Son oggi quasi 2 secoli che un viaggiatore francese (RANGER,
vi scoperse la Reseda dei nostri giardini, e la introdusse in Europa.
Il GRANGER inviò le semenze della Reseda odorata colte nella grande
Vallata di Derna, al giardino delle piante a Parigi ed è di là che
questa pianticella s'è sparsa in Europa durante la prima metà del
secolo 18°. Il D.r TAUBERT nel 1887 fu il primo botanico che dopo
il GRANGER fece conoscenza della località, e portò all’erbario BOISSIER
a Ginevra degli « specimen » autentici. E grazie alle ricerche di
ASCHERSON che questo fatto interessante ha potuto essere assicurato
alla storia della Flora Tripolitana.
IL suo dev.mo
G. SCHWEINFURTH
AU’Illustrissimo Signore
Signor Professore A. Borzì
Palermo.
Nuova specie di “ Abutilon ,, della Somalia italiana:
A. Agnesae, Borzi.
Nel 1907 il Dr. Cesare MacaLUSO, già Direttore dei servizii
agrari al Benadir, inviava a questo Giardino Coloniale una prima
collezione di piante da lui raccolte nella Somalia Italiana meridio-
nale e nell’anno successivo una seconda, insieme a un grande nu-
mero di semi e di piante vive. Dalla coltura di queste e dei semi
stessi si è ottenuto un materiale di studio che può dirsi piuttosto
importante, poichè si riferisce alla Flora di una regione botanica-
mente ancora poco conosciuta. In una breve preliminare Relazio-
ne (1) inviata a S. E. il Ministro degli Esteri, è stato da me fatto
cenno intorno al valore scientifico di tali collezioni. Più tardi circa
200 specie vennero studiate ed identificate dal Prof. MATTEI, ajuto —
presso questo Istituto Botanico (2). Una muova specie di Sanse- |
(1) Borzi A., Sulla Flora della Somalia palate Italiana. In
Bollettino del R. a Botanico e Giardino Coloniale di Palermo Ri
Vol. VII, 1908, ul
(2) MATTEI G. > Contribuzioni alla fiala della Somalia [talia-
na: Centuria Prima e Seconda. In Bollettino del R. Orto Botanico e
rdino Coloniale di Palermo. Vol. VII, 1908, p. 85 et 165.
128
verinia fa illustrata dal Dr. LANZA (1); i nettarii estranuziali del-
l’Adenia venenata (2) furono oggetto di studio da parte del Dot-
tor TROPEA, Assistente presso l’Orto Botanico; una nuova specie
di Panicum fa anche da quest’ ultimo pubblicata (3), mentre il
Sig. DE STEFANI, riferiva sui. cecidii da lui rinvenuti sullo stesso
materiale delle raccolte del MacaLUSO (4).
Tuttavia parecchie specie ‘inviate dal MAcALUSO rimangono an-
cora inedite, sia perchè insufficienti i saggi che le rappresentano,
sia per la mancanza di materiali di confronto e particolarmente di
libri, di cui la nostra Biblioteca non era fornita al tempo in cui fu-
rono intrapresi i nostri studii di identificazione delle collezioni bo-
taniche di cui è parola. Di tali specie non per tanto, quando fu
possibile, si è cercato conservare dei buoni e completi esemplari
colla coltura , riprendendone lo studio al momento opportuno. In
questo caso appunto trovasi la specie del Genere ABUTILON, la
quale forma ora oggetto della presente nota. Essa è rappresentata
da alcuni\ saggi raccolti dal Dr. MacaLUSO il 22 Agosto del 1907
nella pianura della Goscia e da altri esemplari provenienti dalle
colture di questo Giardino Coloniale. I primi portano il N. 117
bis della collezione MACALUSO e vi è notato che la pianta è cono-
sciuta dagli indigeni col nome di Balambal. Però è da osser-
vare che questo nome in Somalia ricorre molto spesso per indicare
piante affatto diverse sistematicamente, ma che soltanto concordano
nel carattere di essere coperte di un tomento bianchiccio molto
denso. Così fra le piante del MACALUSO questo nome si ripete per
altre specie non solamente dello stesso genere Abutilon, ma anche
per parecchi Solanum , alcune Convolvulacee (Astrochlaena) ecc.
Cotesto fatto trova pieno riscontro anche presso il volgo dei nostri
(1) Lanza D., Sanseverinia rorida, nova species somalensis. In
Bollettino del R. “Ola Botanico e Fiardino Coloniale di Palermo.
Vol. XI, 1910, p. 215.
(2) Tropea C., Nettarii estranuziali nelle foglie di Adenia vene-
nata, Forsk. In Annali di Botanica. Vol. X, 1912, p. 5.
(8) Tropea C., Panicum Bossii, nuova Graminacea della Soma-
lia Italiana. In Bollettino del È Orto Botanico e Giardino Coloniale
di Palermo. Vol. X, 1911, p.
(4) De SreranI T., I primi Sipresiii della Somalia Italiana. In
Marcellia. Vol. VIII. 1908
‘#
129
paesi, dove un medesimo appellativo serve a indicare differenti
specie di piante, purchè esse concordino in qualche carattere pe-
culiare molto appariscente.
Questo nuovo rappresentante della Flora della Somalia Ita-
liana, come da un esame sommario si rileva, appartiene alla. Se-
zione Cephalabutilon del BAKER ealla Sottosezione di questa
delle Axilliflorae, dovendosi ritenere molto vicino ad: Abutilon
Avicennae, GAERTN., A. indicum, Swet. ed A. hirtum, SwET.,
differenziandosi però da tutte e tre per un complesso di caratteri
abbastanza rilevanti, come si vedrà, mentre si allontana moltissi- ©
mo da tutte le altre specie Africane e Asiatiche del medesimo.
gruppo. È da notarsi ancora che l’A. Avicennae, GAERTN., abba-
stanza frequente nella Regione Mediterranea, non è stato finora
riscontrato nell’ Africa tropicale, mentre l'A. indicum, Sw., pur
crescendo anche in Africa, è molto comune nell'Asia, dune si e-
stende sino nell’Australia; l'A. hirtum, Sw. è poi una pianta quasi
cosmopolita , almeno così sembra , essendo stato notato in quasi
tutti i paesi tropicali della terra. Anche queste ultime specie com-
prendono parecchie varietà geografiche, ma nel confronto colla no-
stra pianta noi ci atteniamo alle desèrizioni e ai caratteri dei saggi
africani, per-la provenienza della nostra specie.
rattandosi, come meglio vedremo, di una specie ancora non
conosciuta dai botanici, sono lieto di poterla intitolare dal nome
del Comm. Gracomo AGnESA, Direttore Centrale degli Affari Co-
loniali presso il Ministero degli Esteri, come piccolo tributo di
ammirazione per l’opera sua intelligente, che con tanto amore egli
spende a prò delle Colonie Italiane e come riverente omagiio per-
sonale. ‘.
Eccone la descrizione :
Abuition Agnesae, n. Sp.
loi. herbaceus. Radix elongata, lateraliter fibrosa. Cau- sia
lis teres, erectus, simplex, molliter velutino-tomentoso, canescens. |
Folia alterna, petiolata; petioli longi, teretes, supra leviter ca- i
naliculati, ut canles, tomentosi ; stipulae lineares v. subulatae, |
caducae; Tonia modice ampla, ‘poaloaibostrnda; profunde. cor-
data, sinu basali angusto, apice acuminata, non cuspidata, le
viter serrato-dentata, dense hirsuto-:tomentosa ,, pallide virescentia —
praecipue subtus, palmato 7-9 nervia, nervis via _prominulis. I
Flores satis ampli , axillares, soltiarii,. longe pedunculati ; mei...
dunculi petiolo duplo v. ultra longiores, continenti fi fere palio %
130
articulati, ut caules tomentosi; alabastra globosa; calyx velutino-
tomentosus, albescens, quinquelobus, lobis trinerviis, ovatis, a-
cutis, apiculatis; corolla flava, calice duplo longior, petalis ob-
cordatis; columna staminea et stigmata, capitata, petalis breviora.
Fructus 20 et ultra-carpidiatus, medio umbilicatus, calyce via
longior; carpidia compressa, papyracea, nigrescentia, rotundata,
angulo esterno rostrato, rostro brevi, recto, eatus copiose griseo-
lanata, semina în quoque loculo 3, reniformia, atra, laevigata,
linea ventrali tantum fulvo-barbata.
Caules ad cm. 30 longi ; stipulae 4-5 mm. longae ; petioli
3-5 cm. longi; foliorum perfecte evolutorum lamina a petiolo
ad apicem 6-7 cm. longa tantundenque lata; pedunculi floriferi
5-6 cm. fructiferi 6-8 longi, articulatio 5 mm. intra calycem
sita; calyx floriger 1 cm., fructifer 1,5 longus; calycis lobi 5
mm. longi atque tantundem basi lati; fructus 1-1,5 cm. longus;
carpidia 1 cm. longa, 5 mm. lata, 1 mm. crassa; rostrum 1 mm.
ongum; semina 2 mm. longa et lata.
Volendo precisare le affinità di questa specie dirò che essa ha
molta somiglianza coll’ A. Avicennae, GAERTN. per essere una.
pianta annuale ed erbacea, a fusto semplice o poco ramoso e velu-
tino-tomentoso; per i fiori ascellari, solitarii , gialli e per i carpi-
dii nerastri, rostrati. Tuttavia lo stesso A. Awvicennae si allontana
dall'A. Agnesae per le foglie con lamina rotondata, cuoriforme
alla base, a lobi ravvicinati e lateralmente ricoprentisi, lungamente
cuspidata all’apice, irregolarmente e grossolanamente crenate al
margine , densamente tomentoso-fioccose ; per i peduncoli sempre
assai più corti del corrispondente picciuolo, per i fiori a calice
tomentoso-villoso profondamente 5 fesso, a lobi lanceolati , per il
frutto di 10 a 15 carpidii, superante del li il calice, per i car-
pidii relativamente grandi a rostro assai lungo , esternamente vil-
losi e a semi fortemente papillosi.
. Agnesae è inoltre affine coll’ A. indicum per avere il
ciali ira per i fiori gialli, ascellari, solitarii, per
il calice quinquelobato a lobi ovato-triangolari e per i carpidii a
rostro piuttosto breve. Però 1.4. indicum è diverso dalla nostra
specie per i seguenti caratteri: pianta perenne , legnosa, a caule
molto ramificato, stipole quasi falcate, foglie ovali, cuoriformi alla
base a lobi così stretti che quasi si toccano, cuspidate all’ apice,
disugualmente e profondamente dentate e mollemente velutino - to-
mentose; peduncoli florali appena eguaglianti il corrispondente pic-
ciuolo; fruttificazioni composte di 15 a 20 carpidii , superanti del
181
doppio il calice, carpidii piuttosto grandi , di color scuro , ester-
namente irsuti; semi papillosi.
Quanto all’A. hirtum differisce dall’A. Agnesae per i seguenti
caratteri : caule glanduloso - vischioso, perenne e lignescente alla
base; stipole lanceolate, lamina fogliare pur essa lanceolata, cuo-
riforme e con seno ampio alla ‘base, quasi cuspidata all'apice, dop-
piamente ed irregolarmente dentata al margine , irsuto-scabra e
quasi glandulosa; fiori in ultimo sovente racemosi con pedunculi
più brevi del corrispondente picciuolo; calice rossiccio-tomentoso,
a lobi largamente ovati; fruttificazioni di 25 o più carpidii di me-
diocre grandezza, pallidi, con rostro brevissimo, esternamente pu-
bescenti e a semi leggermente papillosi.
Da quanto si è detto, questo nuovo rappresentate della Flora
della Somalia Italiana è nettamente contraddistinto dalle altre spe-
cie affini dello stesso genere Abutilon.
A. Borzi
Spiegazione della tavola X.
Fig. 1. Ramo fiorent
>» 2. Una atei
» 3. Carpidio maturo isolato
NB. Tutte le figure Sipprniià la pianta o le parti di essa
in grandezza naturale.
== IERRICARIIAEAARRE DITTITTTTT<y TT VYWVYW_.X.€ EE KES,-EFE-.<:
AGILE NINE SISI II TIE IGO SLILITERA ini prvRr pro
LLLTSSSSSLDISNSINAINMNAA AMATA TAMA SAAISIMS SISSI LIPISSFLIISLISIFI
=—====*T*--—=-*--=--«********************=*<*<*<**""**E-<
Intorno alla biologia della disseminazione
nelle specie di < Datura ».
Questa nota trae argomento da osservazioni intorno. alla dis-
seminazione di alcune specie del Genere Datura. Esse dimostrano
che in molti casi i caratteri biologici apprestano an materiale mol-
to utile alla sistematica, anzi non di rado chiariscono, illustrano e
recisano nettamente il valore di caratteri, dei quali la sistematica
stessa si avvale, come fondamento di graduazioni delle affinità na-
turali delle specie e che altrimenti rimarrebbero come nuda e ste-
rile formula. Il genere Datura, quantunque non molto esteso nei
suoi confini, è però sotto questo riguardo molto istruttivo, poichè,
come si vedrà, esso comprende tre naturali stirpi biologiche, con-
siderate le specie che vi appartengono dal punto di vista del
meccanismo a minazione, i quali ppi poi rispondono
anche a criterii sistematici ben determinati e per sè stessi natura-
lissimi.
Una perfetta uniformità offre, come è noto, il tipo biologico
florale al quale appartengono le specie del genere Datura: in tutte
il considerevole sviluppo del tubo corollino, rende necessario l’in-
tervento di pronubi dotati di una lunga proboscide, quali sono p.e.
138
le Sfingidi (1); qualche specie, come la Datura sanguinea, secondo
il LAGERHEIM (2), possiede anche degli adattamenti ornitofili (3).
Però quanto alla biologia della disseminazione, non esiste la
medesima uniformità e comprendendo dentro i limiti del Genere
Datura, secondo il concetto del DunaL (4), anche il vecchio ge-
nere Persooniano Brugmansia , tutte le specie possono TE
mente distribuirsi in due differenti gruppi così contraddistinti
I.° Gruppo: Brugmansia, Frutti penduli, indeiscenti,
marcescenti, a disseminazione anemocora. Specie perenni, fruti-
cose, macrobiocarpiche.
Come è stato benissimo rilevato dal LAGERHEIM, nel citato la-
voro, in questo gruppo di specie la caratteristica capsula assume
ei caratteri che la ravvicinano al tipo della bacca per un certo
grado di carnosità delle pareti. Però, a maturazione inoltrata, que-
ste a poco a poco disseccano e pigliano una consistenza membra -
naceo-coriacea o piuttosto quasi coriacea. In tali condizioni i frutti
persistono per molto tempo sospesi alla pianta e infine, o marci-
scono, come nella Datura sanguinea, oppure lentamente si strac-
ciano e si disfanno sotto l’azione delle intemperie. Nella Datura
cornigera quei rari frutti che vengono a maturare nell’Orto Bota-
nico di Palermo, restano attaccati ai rami, pendendo da questi
per oltre un anno, e soltanto sotto la prolungata azione delle piogge
invernali, essi si lacerano e lentamente si disfanno. La macrobio-
carpia in questi casi evidentemente costituisce un mezzo idoneo
ad assicurare la disseminazione sotto la influenza di determinate
condizioni dell'ambiente favorevoli al fenomeno. Tenendo conto
della circostanza che tutte le specie di questo gruppo ‘sono carat-
(1) L. ScortI, in Annali di Botanica, Vol. V, fasc.
-. (2) G. LaGERHEIM, Monogra begli >
Gattung Brugmansia, Pers. in ENGLER'S Bot. Jahr. Vol. XX -
Fasc. 5.
(8) Faccio osservare che questa specie di Datura, dai aloe vi.
stosi dei fiori, matura regolarmente i frutti nel Giardino Botanico
di Palermo, dove ha per pronubi della impollinazione delle Sfingi
(4) De CanpoLLe, Prodr. syst. nat. veg. Vol. XIII, Sect, LA
pag. 538.
ee
teris:iche di elimi molto caldi, soggetti a periodi di forti acquaz-
zoni, si comprende la efficacia di tali disposizioni.
Disfacendosi le pareti del frutto, i semi divenuti liberi pos-
sono essere facilmente dispersi dal vento, favoriti in ciò, ora da
appendici aliformi, ora dalla particolare loro struttura e leggerezza.
Il così detto testa infatti, in molti casi, costituisce. una sorta di
mantello, spesso è di consistenza sugherosa.
Restando i frutti appesi lungamente ai rami, può anche, se-
condo le osservazioni del LAGERHEIM, aver luogo una dissemina-
zione endozoica, per mezzo di Uccelli e Chirotteri, i quali frequen-
temente vi si aggirano intorno e li perforano beccandoli o mor-
- dendoli.
II° Gruppo: Eudatura. Frutti capsulari eretti 0 curvi
in giù, secchi, deiscenti per più o meno lungo tratto in alto.
Specie annue eubiocarpiche.
Questo gruppo è benissimo caratterizzato per molte altre par-
ticolarità oltre a quelle su indicate. Ciò basterebbe, a mio credere,
a giustificare la restituzione alla dignità generica dell’antico Genere
Brugmansia, poichè in tal caso i criteri, biologici rispondono a
reali importanti caratteristiche cari con ciò non resta che
accettare la definizione proposta dal LAGERHEIM
Presso le specie della Sezione che si Eudatura, è infatti
da notare che i fiori sono sempre eretti; e, salvo qualche rarissimo
caso (p. e. D. ceratocaula, ORTEG.), il babo corollino non raggiunge
giammai quelle dimensioni così vistose come nelle specie del gruppo
precedente. Esse sono piante distintamente sfingofile ; i fiori quindi
di preferenza si aprono verso l’ora del tramonto ed allora essi tra-
mandono un gradevole intenso odore (1).
Oltre a ciò, è da notare che questo gruppo comprende delle piante
erbacee di durata annuale, molto diffuse nei luoghi sterili, nei ter-
reni ordinariamente smossi, o abbandonati, o spesso sabbiosi, e
compiono la loro vegetazione durante il periodo della massima sec-
ezza. Allora maturano le loro capsule e segue la disseminazione;
di modo che i semi non rimangono molto a lungo allo stato di ri-
poso e la loro Lasa s’inizia appena chiuso il periodo delle
piogge. : o Di
(1) Ho di ili osservato come agente della impollinazione
la SERGE Convolvuli. és
135.
Particolarmente, dal punto di vista della disseminazione si ha
un eccellente criterio per scindere questo gruppo in due distinte
sezioni di un valore, anche del tutto naturale sistematico. Esse
SONO :
I.® Sezione: Stramonium. Le capsule, completamente secche
a maturità, deiscono regolarmente in alto, dividendosi in quattro
distinte, ma brevi, valve.
La posizione dei frutti @ perfettamente eretta, verticale, in
modo che la disseminazione si compie per impulso del vento, il
quale agitando i rami, provoca l’uscita e il lancio dei semi a una
certa distanza dalla pianta madre. Certamente tale distanza deve
essere piuttosto breve, tanto più che i rami sono rigidi o almeno
privi di una sufficiente flessibilità; le stesse capsule sono sessili o
fornite di un peduncolo del resto molto corto e assai robusto. Però
è da considerare che un certo impulso, da determinare un discreto
allontanamento dalla pianta madre può accidentalmente avvenire
per effetto di scosse provocate dal passaggio di animali vaganti, .
coll’impigliarsi questi tra i rami e urtando contro le capsule e par-
ticolarmente contro i robusti aculei, di cui quasi tutti i frutti delle
specie di questo gruppo, sono rivestiti. Questo caso, come ho po-
tuto direttamente costatare, è abbastanza frequente nella D. fe-
rox, specie molto comune_in Sicilia, tra i campi e lungo le vie di
campagna molto battute da buoi e altri animali. Essa cresce du-
rante la estate e comincia a fiorire verso i primi di settembre; le
capsule sono già mature e deiscenti in ottobre. Allora ha luogo la
disseminazione e i semi rimangono allo stato di riposo per tutta la
durata del periodo delle piogge e germinano in principio della
estate.
I semi di tutte le specie appartenenti a questa Sezione ‘sòno. i
tondi e schiacciati dai due lati, da prendere quasi la forma di uno | =
disco a margini turgidi o tondeggianti. Hanno una tinta nericcia
più o meno opaca e sono lisci o lievissimamente granulosi. Pre-
sentano da un lato, verso l’alto, sul margine la traccia di una @-
sigua fossetta di color grigio corrispondente alla inserzione del fa
nicolo e nel tempo Stesso alla posizione del micropilo. Del resto
null’altro di notevole offre la loro struttura, nessuna produzione di +
| carattere appendicolare che possa corrispondere a un modo di dis-
seminazione per mezzo di animali sonici il caso An ri del
.* Sezione : Metel. L ial stteri di questo span |
21 consiste nella spiccata mirmecoria di tutte le specie. che vi i appar: -
ro In armonia a questo carattere, le us te
136
pesse e carnose in principio di maturazione e nel tempo stesso
allora erette, divengono a maturità compiuta secche, si curvano in.
giù sul loro breve e robusto peduncolo, e infine si spezzano irre-
golarmente in frammenti di differente grandezza, in modo che i
semi, caduti immediatamente sotto la pianta madre, vengono poi
dispersi e trasportati a maggiore distanza dalle Formiche. Si tratta
unque di una stirpe biologica distintissima dalla precedente e per
eccellenza mirmecora, tenendo appunto conto dei caratteri della dis-
seminazione.
Per intenderci sulla estensione da dare a questo gruppo, dirò
che esso sistematicamente comprende le due sezioni del Genere
Datura distinte dal BERNHARDI nella sua nota Monografia (1) e
dal DunAL coi nomi di Dutra e Ceratocaulis. Dal punto di vista
sistematico si potranno tenere distinti questi due gruppi per il
atto che le specie riferite alla sezione o sottogenere Dutra pos-
siedono un calice che si circoncide trasversalmente prima della
fioritura, mentre nell’altro gruppo il calice persiste sotto forma di
una spata, a somiglianza delle Brugmansia, e solamente si apre
nel senso longitudinale per dar passaggio al fiore. Il carattere di
bacca attribuito dal WETTSTEIN nella Monografia delle Solanacee
delle Planzenfamilien (2) ai frutti dell’unica specie di quest’ul-
timo gruppo, la D. ceratocaula, ORTEG. non regge, perché, secondo
le mie osservazioni, il frutto presenta a completa maturità i ca-
ratteri di una capsula deiscente irregolarmente. Essa è liscia al-
l’esterno, verde e leggermente carnosa in principio di sviluppo;
la quale circostanza può solo giustificare l’asserto del chiarissimo
_ autore.
° Come tipo di questa sezione, assumo la Datura Metel e tanto
questa specie, che cresce inselvatichita in Sicilia, quanto la Datura
alba, proveniente da semi raccolti nella Somalia, sono state oggetto
delle mie osservazioni. Le altre specie, riferentisi allo stesso tipo,
sono state studiate sul secco; cioè la D. ceratocaula, e la D. fa-
stuosa.
La mirmecoria di tutte saga specie merita per un momento
la nostra attenzione.
È in generale da osservare > che il fenomeno della mirmecoria
(1) In Linnaea, VII, litt. 115-144,
(2) ENGLER e PRANTI, vol. IV. 3 B, p. 27.
137
comprende, giusta la definizione data dal SERNANDER (1) il com-
plesso di tutti quegli adattamenti intesi ad assicurare la dissemi-
nazione di frutti o di semi per mezzo delle Formiche. Un impor-
tantissimo contributo di osservazioni originali è stato apportato da
questo Autore alla conoscenza di siffatti meravigliosi rapporti fra
piante e animali. Egli ha in modo particolare il merito di avere
chiarito, colla prova sperimentale, e spiegato il signiticato biolo-
gico di tutte quelle produzioni proprie di molti semi, conosciute
coi nomi di arzllo, strofiolo e caruncola, dimostrandone la impor-
tanza come organi di adescamento per le Formiche ; e ciò partico-
larmente nel caso in cui esse presentano una Sodisisteist carnosa.
Alla quale ultima particolarità si aggiunge spesso quella di conte-
nere all’interno dei loro tessuti una materia oleosa capace di eser-
citare una forte attrattiva su questi animali; d’onde il nome di
eleiosomi proposto dal SERNANDER per indicare tali organi di ade-
scamento. ?
Forse è da osservare a proposito del’ significato particolare di
questa parola, chela materia che forma oggetto di attrattiva per
queste piccole bestie non è sempre dell’olio; qualche volta può
essere dello zucchero e anche dell’amido, come è il caso nei semi
di Datura della sezione Metel, come ora si dirà. Le Formiche sono,
come è noto, degli animali molto ghiotti e ricercano, appetiscono
qualunque sorta di alimento. Una denominazione più generale si
potrebbe io credo riconoscere opportuna e forse la parola epagogo
(dal greco èrajoyhg, attrattivo) avrebbe un signi più rispon-
dente al concetto.
Comunque sia, il lavoro del SERNANDER è il più completo che -
si abbia sulla funzione disseminativa per mezzo di Formiche e
quantunque ristretto alle piante della Flora europea, esso contiene
i fondamenti generali di una monografia di tutti i vegetali mirme-
| corici e può servire di punto di partenza a più estese osservazioni.
Specialmente la vegetazione dei paesi meridionali, come 1’ egregio |
‘Autore nota, può offrire molta materia di studio su tale argomento; E,
| ne sono prova le specie di Datura delle quali è qui parola. — i34
Riferendoci appunto a queste, la spiccata mirmecoria come si ;
| è detto, risulta dalla posizione delle capsule, che, a compiuta ma-
| turazione, sono rivolte in giù, verso il terreno. I semi non è ne- 000°
cessario che cadano a pochi per volta e a intervalli, così come ac-
. cade quando l’agente principale della dispersione è l'impulso che a
(1) R. SERNANDER, Ertwwrfeiner Monographie der curopichn
riesi Stockholm-Uppsala, A Pali.
188.
essi ricevono sotto forme di scosse, da parte specialmente del vento,
così come si osserva nelle specie della sezione Stramonium
Per questa ragione la irregolare maniera di aprirsi delle cap-
sule nelle D. Metel, alba ecc. in frammenti talora molto grandi a
partire dall’apice, permette che le capsule stesse si svuotino piut-
tosto rapidamente. I semi pervenuti a terra sotto la massa degli
. organi vegetanti della pianta, possono ben presto allontanarsi tra-
sportati dalle Formiche.
Essi sono un po’ più ssi di quelli delle specie del prece-
dente gruppo, poichè misurano un diametro massimo di 5 mm.,
mentre negli altri si hanno dimensioni che non superano i 3 mm.
La loro forma, nelle D. Metel, alba, ceratocaula e fastuosa, si
potrebbe dire brevemente reniforme, od ovale-acuta e fortemente
depressa o concava da un lato, colle facce piane, o tondeggianti,
oppure turgide, salvo nella regione corrispondente alla incavatura
sino alla parte che termina in punta, ove si ha la traccia di una
scannellatura più o meno profonda. La punta corrisponde alla po-
sizione della radicula e quindi alla regione micropilare, dalla quale
precisamente si parte e scorre in giù, lungo il dorso del seme, la
detta scannellatura.
Questa, nei semi delle specie della sezione Stramonium, è
rappresentata da quella esigua fossetta laterale sul cui fondo sbocca
l’apertura micropilare; il considerevole sviluppo che essa prende nelle
specie mirmecore del gruppo di cui ci occupiamo, potrebbe essere preso
‘anche come criterio sistematico distintivo dei detti due gruppi. Tale
| carattere però è sempre in dipendenza delle differenze biologiche che
intercedono fra le specie dei gruppi stessi. Difatti l’estesa fossetta
dorsale dei semi di D. Metel, alba, ecc. corrisponde alla inserzione
di un eleiosoma molto sviluppato, che riveste, non soltanto le pa-
reti della fossetta, ma sporge dai margini di questa e si solleva
per gran tratto al di sopra della estremità micropilare e in taluni
casi anche abbraccia per oltre una metà il contorno trasversale del
seme. Tutta la massa dell’organo è di consistenza carnosa e prende
un colorito bianchiccio che facilmente risalta sulla. superficie del
«seme; la cui tinta varia dal bruno chiaro al nericcio e presenta alla
superficie sui rilievi irregolari come sporgenze O) tubercoli (O) croate
minutissime.
Nei semi allo stato secco Veleiosoma in apparenza manca, ma
tenendo a lungo i semi stessi nell’acqua, esso prende a poco a poco
to. Per questa circostanza la presenza di quest’organo è finora
CI
sfuggita alla considerazione degli autori, nonostante il volume con-
siderevole che esso presenta.
Studiando la struttura dell’eleiosoma, si rileva anzitutto una
grande omogeneità. Esso è composto da una massa continua di pa-
renchima a cellule tendenti a disporsi in serie o strati paralleli.
Verso il centro le cellule offrono una disposizione meno regolare,
sono quivi più piccole e divengono sempre più grandi verso la pe-
riferia. L’ultimo strato superficiale, a mo’ di una sorta di epider-
mide, è costituito da elementi alquanto convessi verso lo esterno.
In tutto le pareti cellulari sono sottili, di trasparenza vitrea e in
uno stato di tensione notevole a causa dell’abbondante liquido con-
tenuto nella cavità. Caratteristica è però la grande copia di amido
che le cellule racchiudono. Questa materia si addensa in tutta la
cavità; i granuli sono tondi, e non mostrano notevoli differenze
di grandezza; misurano da 4 a 7 micr. in diametro. Nessuna
traccia di altra sostanza organica ho potuto costatare ; specialmente
l’olio vi è completamente assente.
È di qualche interesse il precisare il valore morfologico degli
eleiosomi. Bene opportunamente il SERNANDER faceva rilevare la
confusione che esiste negli autori circa al significato delle denomi-
nazioni arillo, caruncola e strofiolo.
In sostanza si tratta di produzioni appendicolari di struttura
parenchimatica, dipendenti da segmentazione di gruppi più o meno —
estesi di cellule provenienti dagli strati superficiali del tegumento .
seminale ; il quale processo si effettua a una distanza più o meno
variabile dal punto d’inserzione dell’ovolo e può anche procedere
a dirittura dalla base del funicolo. Dal maggiore o minore grado
di sviluppo che assumono tali produzioni, e dalla posizione loro,
derivano svariate disposizioni e forme, il cui valore biologico resta
in molti casi ancora da chiarire. Nelle specie di Datura di cui è
parola, l’eleiosoma proviene in particolare da un piccolo gruppo di
elementi dello strato superficiale dell’integumento dell’ovolo, i quali
in seguito a reiterate segmentazioni, vanno a costituire la massa
dell’organo. Il centro evolutivo é posto fai la linea dorsale del-
l’ovolo e propriamente al punto dove cessa il così detto rafe e si
stacca il funicolo. L’ovolo è, come sappiamo, distintamente anfitropo
e l’apertura del micropilo viene a corrispondere lateralmente e a
una certa distanza dal punto” d’inserzione del fanicolo, in modo che
l’eleiosoma si svolge quasi allo stesso livello dell’apertura micropi-
lare. Si può dire che questo prenda origine alla sommità del rafe ©
0 forse meglio da quella porzione di fanicolo che percorre il dorso ;
dell’ovolo nemo con | questo concrescente. In sogni modo il centro —
,
di formazione é costituito da pochi elementi, i. quali si dividono
prima tangenzialmente e quindi per ripetute scissioni radiali, con-
tinuano ad accrescersi. Ne deriva quindi una sporgenza mammel-
lonare, che si stacca da una sola parte di perimetro dell’integu-
mento e poco a poco continuando a crescere si estende in giù e ai .
lati per un certo tratto e infine assume i caratteri su descritti. In
tutti i casi,-la base del funicolo rimane libera ed esclusa dal pro-
cesso formativo.
Per effetto di tale modo di formazione, gli elementi dello strato
superficiale dell’ovolo, soggetti a siffatto svolgimento, rimangono
esclusi dal prendere parte alla formazione del tegumento seminale.
Epperò il tegumento stesso presenta nel punto corrispondente alla
inserzione dell’eleiosoma una soluzione di continuità, nel seme ma-
turo, che riveste il carattere di una depressione in forma di scannel
latura, precisamente quella che abbiamo notato sulla regione dor-
sale del seme. E di fatti le cellule superficiali del tegumento ovu-
lare destinate a costituire in definitivo lo spermoderma, si accre-
scono alquanto in volume, ma non subiscono alcuna segmentazione
tangenziale, divengono molto grandi, assai convesse al di fuori e
cinte in ultimo di robuste pareti, costituiscono intorno al seme un
integumento molto compatto e solido.
L'ufficio biologico dell’eleiosoma dei semi di Datura, come or-
gano di allettamento per le formiche non ha bisogno di una diretta
dimostrazione sperimentale, poichè nelle mie osservazioni ho fre-
quentemente sorpreso individui di Aphaenogaster.barbara e di La-
sius niger in atto di trascinare a parecchi metri di distanza dei
semi provvisti di eleiosoma, ed ho potuto anche costatare con quanta
attività queste sorta di Formiche si aggirano intorno ai cespugli di
Datura Metel e alba, mentre lasciano in disparte i semi di Datura
(eroe, i cui semi mancano di eleiosoma.
A. Borzì.
RENGER
sa
NI
n
Br
®-
È
‘TIZI OY "9/N2715 “IENA
(*
PR;
L,
\k
*erog ‘27025 va
UE
Reg
gp
liceo
bio ce ferri
Spiegazione della Tavola XI.
È Datura alba, L.
Fig. 1. — Una capsula matura in atto di rompersi cdi denis
abbandonando i semi sul terreno.
bd Un seme isolato con eleiosoma €)
sb, tà stesso seme senza eleiosoma 4)- se
È «+» 4. — Ovolo fecondato, p; traccia del tubo pollinico, sn; nio — — |
Lea >. pilo, f; base del funicolo, g ; area formativa dell’eleio-. ,
a soma, e; usa dell’integumento destinata a costi-
> ; tuire lo lo etrat no solido dal + gu va dal seme (ee 7)
Me
di
— Lo stadio della figura TA più ingrandito. e)
» 6, — ‘Lo stadio precedente visto. dal dorso (3)
> T— Sezione lungo il tegumento E un seme miaturo © co
5 | ada anche l’eleiosoma (È
— Sezione longitudinale di un Se
luppato, come nella II |
dito. (> . =
‘figura data dallo stesso), quale Linxgo la riporta, è la seguente :
Osservazioni sull’Oxalis cernua, Tuuss.
I, NOTIZIE STORICHE.
L’Oxralis cernua, THUNB. è ormai, dopo poco più di un secolo dalla
sua introduzione in Europa, una delle piante più comuni per tutto
il bacino del Mediterraneo, anzi in alcune località da febbraio ad
aprile prende addirittura il sopravvento su le altre specie. Se fos-
simo sicuri dell’esattezza della citazione di LINNEO (1), potremmo
dire che il BURMANN (2) sia stato l’autore che primo abbia fatto men-
zione di questa specie. La frase del BURMANN _(opntocale alla
_ « Oxalis bulbosa, pentaphylla et exaphylla, floribus magnis luteis ».
| edizione con la frase: « Foliola obcordata, biloba, s. semibifida,
obtusa, cn tenera. Flos flavissimus ». Adunque Linneo nel-
Ora le foglie di O. cernua ‘non sono divise in cinque 0 sei foglio-
. line; Linneo se ne accorse e sin dalla prima edizione delle sue
Ypecies Plantarum defini quest’ Oralis con la frase: « Scapo um-
bellifero, foliis ternatis, bipartitis »; e meglio ancora nella seconda 3
IC LinxEO C., Bawoize Plantare, ed. 1è HA pi 484; ed. ga 1762-63, 3
p. 6:
LÌ Bonsasti J., Rar. Afr. Plant. Dee. tert. p. 80, t. XXIX.
148
l'epiteto di pentaphylla et eraphylla del BURMANN non scorse dif-
ficoltà per connettere la specie del BURMANN alla propria che egli
chiamò Oralis pes-caprae. E forse Linneo non aveva torto ne
riunire in una l’Oxralis del BURMANN e la sua Qwalis in quanto
che, se si toglie quella differenza nei caratteri della foglia, tutto
quanto dice il BURMANN ben si attaglia alla specie linneana. Anzi
la sinonimia che egli cita da SHERARD: « Trifolium acetosum a-
fricanum » e da WITSEN: « Acetosa africana trifoliata », fa sup-
porre che la pianta da lui descritta fosse davvero trifoliolata e che,
come pensa il RIPPA (1), egli ne abbia improntato la descrizione
non dal vivo, ma dalla figura la quale erroneamente la rappresen-
tava pentaphylla et exaphylla. Pertanto qualche dubbio resta an-
cora intorno all’identificazione dell’ Oralis del BURMANN con quella
di Linneo. Per lungo tempo anzi, non ostante l'autorità del grande
Naturalista, se ne fecero due specie distinte. Il JAcQUIN (2) fu il
primo ad accogliere un’O. Burmanni distinta dalla O. pes-caprae
di Linneo, fondandosi appunto su le differenze fogliari. Egli mutuò
la descrizione dal BURMANN stesso ed infine aggiunse questa osser-
vazione : « LINNAEUS cum Oxalide cernua coniunxit, a qua videtur
ob folia quam maxime diversa ». Fra gli altri anche il DE Cax-
DOLLE nel Prodromus (3) accetta VO. Burmanni di JACQUIN;
tuttavia bisogna dire che, contrariamente all’asserzione del RIPPA (4),
prima dell’HaRvEY e SONDER (5) già anche EcKLON e ZEYHER (6)
l’avevano riunita alla O. cernua.
i a una confusione ben maggiore e più ‘grave si fece in seguito
| intorno alla specie linneana. Come abbiamo già detto, LunnEO alla
|. nostra Ozalis diede il nome di 0. pes-caprae e la frase datane
nella 1* ediz. delle sue Species Plantarum egli precisò meglio nella
2* ediz., talchè non può sorgere dubbio sull’ identità dell’ Oxralis
da lui dencciila e quella nostra. Intanto nel 1781 vedeva la luce
una dissertazione sulle Oralidacee SOPRA dal THUNBERG a:
(1) Rippa G., Ulteriori osservazioni sulla Oratis cernua. ti n Bot: ea
lettino del R. Orto Botanico di Napoli, Tom. II, 1904, p. IT
(2) Jacquix Nic. Jos., Oralis. Monogr. 1794 p. dl.
(3) DE CANDOLLE A. P., Prodromus, 1824 vol. I. pe 695.
(4) Op. cit.
(5) Harvey et SONDER, Zio sea, 1859-60, Vol. 1 pi 948,
(6) EckLoxn et ZevHER, Enumeratio Plantarum Aftigne. Austra- 20 z
lis extratropicae, 1836, p. 84. fel
(7) TAUNBERG C. Pi; Dissertatio de Sosa 1781 n pa
= DSa
In quella memoria vengono descritte altre specie di Oralis, fra
cui una acaule, con fiori eretti e purpureo -cerulei, alla quale
l’autore riferiva 1’ O. pes-caprae, LINN., ed appropriava il nome di
O. caprina, chiamando O. cernua la vera O. pes-caprae di Lax-
NEO. Non si tratta qui dunque di un semplice cambio e sostitu-
zione di nomi, ma di una vera e propria confusione di specie, poichè
pel THUNBERG 10. pes-caprae di LinNnEO non corrisponde all’O
cernua, ma all’O. caprina.
Sino a quell’epoca gli autori erano stati. concordi nel nome
linneano, così WANNMAN (1), MuRrRAY (2), REIcHARD (8). Ma com-
parsa la sopradetta dissertazione, gli autori non si accorsero della
sostituzione di nomi e di specie ivi commessa, e continuarono nella
confusione ingenerata dal THuNBERG. Quel che è strano, financo
il MURRAY, l’autore della XIII edizione del Systema Vegetabilium,
ove aveva accettato la specie definita da LixnEo, nella XIV edi-
zione (1784) menziona l’O. caprina e come sinonimo l°0. pes-ca-
prae; poi menziona l’O. cernua citando il THUNBERG e non citando
Linneo. Cosicchè anche per MurRAY 10, pes-caprae era identica
con l’0. caprina e non con la cernua !
Finalmente il JACQUIN (4) si accorge dell'errore del THUNBERG
e dice chiaramente che 1’0. cernua non è che VO. pes-caprae di
LINNEO ; tuttavia accetta la nomenclatura del THUNBERG, con questo
però di Ai che ormai in JACQUIN c’è soltanto sostituzione —
di nomi, non confusione di specie.
An the il SAvIGNY, nel suo articolo dell’ Encyclopédie Métho-
dique (5) vide chiaro nella cosa; anzi, identificata 1'O. cernua,
THUNB. con 1°O. pes-caprae, LaNy. dice di ignorare per qual ra-
gione il THUNBERG abbia fatto tale sostituzione di nomi
Dopo questa fortunata constatazione di JACQUIN e di SAVIGNY
ci si aspetterebbe che o si ritornasse alla nomenclatura linneana o
per lo meno che, accettata la sostituzione di nomi fatta dal THUN-
BERG, sì cessasse dalla confusione delle specie e non si facesse più
nti % CARL, Heng. Wannman., Flora capensis. In CAR. TANA
Amoenitates Academicae, 1760, vol. V p. 366.
(2) Murray, Épicona Veget. Ed. XIII. 1774, p.
| (3) Car. LinnaEI, Systema Sai i Editio novissima ste. cu-
rante Lol: REICHARD. vol.
(4) Op. cit. n. 16, t. 6, ic
(5) DARAROK-d: B., Enc. Méth. 1796, tom. IV. p. 685.
145
lO. pes-caprae sinonima dell’ 0. caprina. Ebbene il WILLDE-
NOW (1) nell’edizione delle Species Plantarum da lui curata, stam-
pata 5 anni dopo l’opera del JAcQUIN e 8 anni dopo l’articolo del-
l’Encyclopéedie Méthodique ritorna all’errore del THUNBERG con la
relativa confusione delle specie. E diré che cita il JAcQUIN! Lo
stesso fa ArroN (2), lo stesso DE CANDOLLE (3), lo stesso DIe-
TRICH (4) e così via fino ai nostri giorni. Il DE CANDOLLE anzi
ha fatto qualche cosa di più grave, perchè ha distiito un’ 0. ca-
prina a scapo ombellifero, 2-4 floro, a fiori eretti e ceruleo-incar-
nati (come vedesi l’O. caprina di THUNBERG), attribuendola a
LINNEO ; un’O. cernua (cci caratteri dell'O. pes-caprae, L.) attri-"
Iioidola (giustamente in quanto al nome) al TAUNBERG, ed un’0.
pes-caprae, SAv, identica alla cernua. Cosiechè dopo DE CANDOLLE
si ha un’O. pes-caprae, L. ed un’O. pes-caprae, Sav.; ed anche
quest’errore si è continuato negli Autori successivi, pi es. DIE-
TRICH ed EncLER. Inoltre 1’ 0. pes-caprae , Linn. è stata col- |
tivata negli Orti botanici sotto il nome di 0. caprina (JAcQUIN,
DE CANDOLLE, ete.). Riassumendo, si può tare il seguente quadro
che dà un saggio «ella confusione ingenerata primamente dal
THUNBERG :
. pes-caprae, L. — O. cernua, VHUNB.
(0)
0. pes-caprae, L. — 0. caprina, THusB.
O. pes-caprae, Sav. — 0. cpl THUNB.
O. caprina, L. — 0. caprina, THUNB
O. caprina, HorTt. — 0. cernua, ri (5)
Nè qui è tutto. Difatti nel 1824 il Viviani pubblicò il suo
Florae lybicae specimen ove, tra le altre piante mandategli da
DELLA- CELLA, descriveva una nuova Owxalis sotto il nome di 0.
lybica. Ma V° 0. lybica, Viv. non è altro chel’O. cernua, THUNB.,
come é facile convincersi già dalla stessa descrizione del VIVIANI.
(1) CAR. LinnÉ, Species Plantarum ete. eur. n Lup. Winupe-
NOW, 1789, Tomo II. p. 787.
(2) POSE W. ,Hortus Kewensis. London 1811, Vol. IL
(3) Op. cit.
(4) Dabavà D., Synopsis Plantarum 1840, CE: 2 p. 1607.
(5) In seguito vi furono autori (ate Munsy, Loya-
CONO, etc.) che usarono la denominazione di O. cernua, LINN.
il Riepa (Su di un’Oxalis spontanea nell’Orto Botanico di Napoli)
| crede che l’Oratis Sarai SCHLCHT, sia nient ‘altro che l’O. cer-
nua, THUNB
Ogni dubbio poi cessa dal tutto se si pensa che ZuccARINI (1)
ebbe agio di confrontare in presenza dello stesso VIVIANI l’ esem-
plare di DELLA-CELLA, conchiudendone che 1°0. lybica, Viv. non
differisce dall’O. cernua, THUNB. Io poi ho potuto esaminare nel-
‘l’Erbario del nostro Orto Botanico gli esemplari raccolti da RE- -
VERCHON nel 1882 a Creta ed in Corsica e che egli indica appunto
col nome di O. Iybica, Viv.; or quegli esemplari non appartengono
ad altra Oralis che alla cernua. Tutti gli autori invero sono d’ac-
cordo nell’identificare 1° O. Zybica, Viv. con 1° O. cernua, THUNB.,
se si eccettua il RipPA (2) che nutre un lievissimo dabbia, del
quale io veramente non so rendermi conto, data la chiarezza dei
caratteri più importanti riferiti dal ViviANI nella sua descrizione.
Cosicchè, essendo una e medesima specie 1’0. Iybica, Viv. e 10.
cernua, THUNB.; si è aggiunto un altro nome ai numerosi che si
avevano per indicare la stessa specie. Ma il più grave è che il Go-
DRON (3) descrive un’Oxralis raccolta in Corsica che egli dà come
O. lybica, Viv., la quale però pei caratteri, che egli ne riporta,
molto probabilmente va riferita all’O. compressa. Pertanto la deno-
minazione del Viviani è altra fonte di confusione.
Così stavan le cose, quando il BaLL (4) nel 1878 credette di
poter asserire che 1’ O. sericea, LIxN. FIL. (sic) e O. compressa,
JAcQ. (sic) (5) non sono che l’una la forma mesostila ; 1’ altra la
torma longistila dell'O. cernua, THUNB., cosicchè queste tre forme
costituiscono una sola specie. Noi destano ritornare in un para-
grafo speciale sul trimorfismo di O. cernua, e perciò ci basti per
ora di affermare che il BALL è stato non molto felice e che il suo
asserto non è valso ad altro che ad aumentare la lista dei nomi
con cui lO. cernua viene designata e delle specie con le quali viene
confusa.
Da Junta abbiamo detto resta assodato che il nome specifico
di caprina appartiene a THUNBERG e non a LiNNEO, quello di pes-
caprae appartiene a LINNEO e non a Savieny, che 1°0. caprina,
THUNB. è è specie ben distinta dall’O. pes-caprae, Linn., la. quale
1) Zuccarini F. b., Nachirag zu der ce Monograi der Ameri-
Hail Oxalis-Arten. Minchen 1831
‘(2) Op. cit.
(3) GRENIER et Gopnos, Flore de' France, 1848. seggi III. p. 326.
(4) Bank J., Specilegium Florae Maroccanae 1878,
(5) Queste du dora erano state create anch'esse dal Ranco
= 147
invece è la stessa cosa con 1’ O. cernua, THuNB. Posto ciò, per la
legge di priorità, dovrebbe abolirsi il nome di 0. cernua e rimet-
tersi in onore l’altro di O. pes-caprae, LINN., anteriore a quello;
ma il nome specifico thunbergiano ha preso talmente il soprav-
vento su quello linneano che noi stessi abbiamo. creduto conveniente
di lasciare, in quanto al nome, le cose nel loro stato. Però dopo
gli esperimenti dell’HiLpEBRAND, dopo gli esperimenti e le memo-
rie del RIPPA, dopo il presente mio lavoro, è lecito sperare che
cessi intorno all’ O. cernua , THUNB. la deplorevole confusione
che per opera del TRUNBERG si é fatta, ma che per merito del
JACQUIN e del Savieny si sarebbe dovuta già da gran tempo
eliminare.
sa
La patria d’origine dell'O. cernua, THUNB. è il Capo di Buona
Speranza. A quanto noi diciamo soltanto Linneo parrebbe che
contradica ; difatti egli afferma nelle sue Species Plantarum che
quest’ Oxalis € originaria dell'Etiopia. Ma tale contradizione cre-
diamo sia soltanto apparente. Difatti il WANNMAN (1) scolaro di
LINNEO e che scrisse nel 1759, cioè molti anni prima della disser-
tazione del THUNBERG, e che quindi come unica fonte ebbe forse
soltanto il suo Maestro, nell'elenco che egli ci dà delle piante ca-
pensi descritte nelle Species Plantarum comprende anche 10. pes-
caprae, che poi, come abbiamo detto, fu dal THUNBERG chiamata
O.cernua. È chiaro dunque che pel WANNMAN e perciò anche per
LINNEO (2), la parola Etiopia girava più ampia che non adesso, in-
| tendendo, forse, in generale tutta la parte inferiore dell’ Africa o
tutta l’Atrica addirittura ; il che sembrerà ancor meno inverosimile
se sì pensa Sn non raro in Linneo di indicare le località con
una parola generi
Ma il Wale ®) che scrisse dopo il Tuosnno, scopri en
(1) O TRES
(2) Le "sai Academicae sono ‘qualche cosa di più che ui
semplici tesi di laurea composte sotto la direzione di Linneo, perchè 3
il Maestro vi pigliava talora talmente parte che in seguito le ebbe:
a considerare quale cosa propria, come appare da varie citazioni che
egli ne fa siccome a suoi scritti.
(8) Virman re Summa Plantarum, Mediolani 170, P. 198.
148 ;
la- contradizione e, ignorando molto probabilmente il lavoro del
WANNMAN, non seppe decidersi e nell’indicazione dell’ Habitat mise
dei semplici puntini. In tempi posteriori lo ScHWEINFURTH (1)
scrisse che IO. cernua è originaria dal Giappone, ma ciò deve
credersi semplicemente un lapsus calami. Quando poi si riconobbe
che VO. Iybica, Viv. non era altro che 1’ 0. cernua, THUXB., la
quale era inoltre così diffusa nel Nord-Ovest dell’Africa, fuvvi chi
la credette (CHRIST, CRUGNOLA) indigena anche per 1’ Africa setten-
trionale; su questo punto dovrema ritornare fra poco.
Il primo autore che accenni alla coltivazione dell’ O. cernua
nel nostro continente è il JAcQUIN (2) il quale dice che già si col-
tivava, sotto il nome di 0. caprina, nell’Orto. di Kew e in molti
altri Orti dell'Europa. Certamente, numerosi essendo gli Orti che
la possedevano, l’introduzione doveva datarne da molto prima, e
l’ArroNn (3) difatti per l'Orto di Kew assegna l’anno 1757,
Nel 1796 compare l’articolo del SaAviGnY_ nell’ Encyclopédie
Méthodique, nel quale dice che égli aveva studiato gli esemplari
in sicco dell’erbario di LAMARCK, ma quegli esemplari erano stati
presi viventi dal Jardin des Plantes, il che significa che nel Jar-
din des Plantes l'introduzione non fu posteriore al 1796.
In quanto al nostro Orto Botanico possediamo con certezza la
data d’introduzione dell'O. cernua, THUNB., che va dal 1790 al
1796. Difatti Fra BERNARDINO DA UcRIA nel suo Mortus R. Pa-
normitanus (1789) non fa menzione della nostra Oxalis e. pari-
menti G. Tixeo nel suo Index Plantarum Horti Botanici Acade-
miae R. Panormitanae del 1790 come nella Synopsis dello stesso
. anno; però la Synopsis Plantarum Horti Botanici Academiae
R. Ponormilandi del 1796 porta non solo l’O. pes-caprae, ma
financo la varietà flore pleno, onde pare.che il TinEo sia stato il
primo che abbia posto attenzione alla nuova forma. E qui vorrò
osservare che, come il nostro Orto non fu tra gli ultimi ad arricchirsi
della nuova pianta, ebbe ancora il merito di conservare a lungo,
in quanto al nome, la bella tradizione linneana; soltanto nel 1827
il Tineo figlio (4) accoglie la nomenclatura thumbergiana.
(D "ue, G, Florae. Sardoae Compendium, 1884 p. 157.
(2 Op. e
(3) Op. Fa L’Arron ci fa sapere anche che fu il sa ad in-
trodurla nell’Orto di Kew.
(4) Tinro V., Catalogus Plantarum Horti R. Panormitani, 1827.
ETA
Per l’ Orto Botanico di Napoli VO. cernua fu segnalata da
TENORE (1) nel 1813 e parimenti per Napoli dallo STELLATI (2)
nel 1818; .nel 1821 Gussone (3) la notò pel R. Orto di FRANCESCO
DI Bosone a Boccadifalco presso Palermo.
Fin qui lO. cernua, THUNB. non è apparsa negli Autori che
come coltivata, ma nel 1824 il Viviani (4) la segnala come spon-
tanea nella Cirenaica sull’esemplare ivi raccolto da DELLA-CELLA
nel 1817. Al qual proposito è utile ricordare il dubbio di AscHER-
son rilevato da DURAND e BARATTE (5), che, cioè, l'indicazione di
DELLA-CELLA di aver raccolto quell’esemplare nei prati della Ci-
renaica non sia esatta e che invece egli l’abbia dovuto raccogliere
presso Tripoli, poichè l’ O. cernua in Cirenaica «....... .. auralt
sùrement été observée par des nombreux voyageurs qui y ont her-
borisé ».
Dunque l’O. cernua apparrebbe come spontanea nel 1817;
nel 1853 il GrEcH-DeLICATA pubblicava la sua Flora Malilimie
nella quale è detto che questa specie era spontanea a Malta fin dal
1811. Perciò la prima osservazione dell'O. cernua come naturaliz-
zata cade nel 1811. La notizia data da GRECH - DELICATA ci mette
in grado di spiegare come mai l’O. cernua siasi resa indigena anche
nella Tripolitania e nelle regioni limitrofe. Malta, a nostro parere,
come punto d’approdo di navi inglesi provenienti dal Capo di Buona
Speranza, fu la prima località d’introduzione inconsapevole dell'O.
cernua che, incontrandovi ottime condizioni di vita, vi si rese tosto
spontanea ; e Malta fu poi il centro d’irradiazione per la Tripoli-
tania e per altre località del bacino Mediterraneo.
Nel 1826 KELAART (6) nota lO. cernua a Gibilterra. Dal
(1) TENORE Di, Catalogus Plantarum Horti regi Nenpaitani nd
“ annum 1813.
(2) SteLLATUS V., Catalogus Plant. quae i in Horo: Botanico ad
usum Collegii Modice Unicargia! coluntur. Napoli 1816. —
(3) Gussone G., Catalogus Plantaru im quae. asservantur i in sa
. Horto Serenissimi Fusi Borbonii etc. Napoli 1821.
(4) Viviani D., Florae lybicae Specimen, 1824 p. 24-25.
(5) DuranDp et BaratTE., Florae lybicae ge 1010" sa
(6) KeLaart EL, Flora sloua London 1
x
\
pd
1836 al 1837 Marcot (1) la raccolse nei luoghi coltivati di Zacinto.
Nello stesso anno 1887 viene una nuova segnalazione da parte di
MoRIs (2) per la Sardegna, il quale scriveva : « Stirps (O. cernua)
perennis, promontorii Bonae Spei indigena, circa Orri vulgata et
spontanea facta est ».
Il TORNABENE (83) è stato il primo ad indicare 10. cernua
come spontanea per la Sicilia, dicendo che nel suo Orto è « siffat-
tamente diffusa che pare indigena e doversi tenere a vile »; però
l'osservazione, rimasta inedita fino al 1872, era stata già fatta dal
PARLATORE (4) il quale così narra la prima diffusione dell'O. cer.
nua: «To ben rammento quando di questa specie non era nem-
meno una pianta vicino a Palermo, e sono anzi stato testimone del
modo come essa vi si è introdotta ed estesa, avendo veduto but-
tare dal R. Orto Botanico una carretta di spurgo, nel quale erano
alcune piante di questa Oralis, nel vicino piano di S. Erasmo..
Ciò fu verso l’anno 1836. L’anno di poi cominciai a trovare quella
pianta nel detto piano di S. Erasmo, poi al vicino ponte dell’Am-
miraglio, poi nei campi vicini e così di seguito lasciata Palermo
nell’anno 1840 e tornatovi nel 1848, nel 1845, nel 1848 e nel 1868,
la vidi estesa per molte parti di Sicilia ».
Nel 1840 questa specie viene introdotta nella colonia di ADE-
LAIDE (5) nell’Australia del Sud, come pianta ornamentale e tosto
comincia a naturalizzarsi, tanto che il Prof. DeLPINO (6) mel 1880
potè scrivere : «....... ingombra i giardini e minaccia i campi di
frumento. Si moltiplica per bulbilli e non vedesi modo di liberar-
sene. Eppure i primi bulbilli si vendevano, dicesi, 2 scellini e più
ciascuno. Disgraziato acquisto! ».
Nel 1847 l’ O. cernua viene notata dal MunBY To per |’ Al-
geria, dove fu scorta «sui margini della strada a El-Biar, proba-
. (1) Boissier E., Flora Orientalis, 1867, L I, p. 867.
(2) MoriseG. G., Flora Sardoa, 1837, Vol. . p. 962.
- (3) TORNABENE F,, Sopra alcuni fatti di Ancionià © e Fisiologia > a
vegetale. Memoria 3 ‘1888
(4) ParLatoORE F., Flora Saloni 18%, Vol..V, p. 258.
anno
di va Flore SAlgie 1847 pi 45.
x: Dalla e Wiener Itustrirte Gart n Zeitung» * october 1508, I
ss
pre Duo Py In Annuario Scientifico Industriale A Treves, da
$
151
bilmente scappata da un giardino ». Ma nella 2* edizione (1866)
è detta subspontanea.
Nel 1848 cadrebbe la constatazione di GRENIER e GODRON (1),
(0 meglio di GopRon, essendo questi l’autore del paragrafo con-
cernente le OxraZis) per la Corsica; ma, come abbiamo già in
precedenza osservato, 1’ O. lybica del Gopron, raccolta a La Cha-
pelle des Grecs presso Ajaccio, è ben altra dall’ O. 2ybica, VIV.,
alla quale egli l’aveva identificato, dovendo essa piuttosto riferirsi
all’O. compress
Nel 1851 iL ade (2) indica VO. cernua per la Spagna a
Barcellona ; nel 1852 il BoLLE (3) la raccolse nelle Canarie. Nella
Géographie Botanique, pubblicata nel 1855, il DE CANDOLLE figlio
constata come già lO. cernua siasi propagata in numerose regioni del
bacino mediterraneo, fondandosi su la fede dei varii autori che noi
già conosciamo, aggiungendone qualche altro : HELDREICH per Mes-
sina, WEBB per Barcellona. Nello stesso anno 1855 lO. cernua
è raccolta da KorscHYy (4) a Smirne e trovata a Cannes dal THURET,
come ne fa fede il Burnar (5). Nel 1858 lo ScHWEINFURTH (6)
la ritrova in Sardegna nella medesima località citata dal MoRIS e
nel 1859-60 Lowe (7) la segnala a Madera. La lora ‘capensis
di Harvey e SoNDER, comparsa nel 1859, dice questa specie assai
«comune attorno a Uepeto wa, nei an coltivati, anche con la va-
| rietà a fiore doppio.
la Catalogna; due anni dopo nel 1866, MavRIZIO BoNNET (9) ne.
| constata la presenza a Hyères, a Nizza, a Villafranca, in altre lo-
| calità, e sulla fede di Arpoixo dice che trovasi anche a Mentone.
Nel 1867 PASQUALE (10) la dice e nell’ nia: Botanico di
+: A i. cit. i
2) Lance I., Pogillus Plantarum Hispanicaron. eto. Last
(8) Curist H., Spiciligium. Canarienso, i x 99.
| (4) Borssrer., Op. cit. e
(5) Burnar E., Flore des Alpes maritimes, 1 1996, V. IL
- (6) BarbbY G, Florae Sardone Compendium, ra pi 175.
ne i er M., In Bulletin. de ta Société. Bota: Botanique de France, >
; IOE Pisavane ‘@. na -Oetalen de R Orto. Botanico
” li, 1 DE
Nel 1864 lO, cernua è notata da Cosra y Cuxart (8) per — -
152
Napoli e l’anno appresso la osserva naturalizzata presso Portici.
Nella sua breve nota dice: « Questa erba perenne ossalidacea dà
belli fiori che adornano i prati artificiali dei nostri giardini ; spon-
tanea da molti anni pei giardini e parchi è stata da me osservata
nei luoghi sassosi del Granatello di Portici» (1). L’OLIVER (2)
nello stesso anno (1868) constaterebbe un fatto importante, perchè
narra di aver visto un saggio frammentario di O. cernua fiorito
nel Giardino Botanico di Kew da semi che si dicevano spediti dal
BARTER dall'Africa tropicale, ma lo stesso OLIVER dichiara che per
qualche errore di coltivazione « this species cannot be finally accep-
ted as tropical african ».
Nel 1869 il FasQqUALE (3) torna a confermare la presenza della
nostra Oxralis a Portici dicendo : «..... ex hortis aufuga nunc na-
scitur sponte in ruderatis maritimis, Portici al Granatello, abun-
ns in viridariis ». Nel 1872 De MarsILLY (4) la indica per la
Corsica a Bastia ed aggiunge di non averne osservato alcuna ca-
psula, propagandosi ‘essa piuttosto per bulbilli.
Importante è la pubblicazione del vol. V della Flora Italica
del PARLATORE, comparso nel 1872. In esso si tratta a lungo del-
lO. cernua e particolarmente del modo come si è andata natura-
lizzando in Sicilia, il che abbiamo noi riferito. Sono indicate anche
| nuove località della regione mediterranea, cioè l’ isola di Zante e
l'Egitto.
Nel 1876 GuBLER (5) indica 1'O. cernua presso Tolone. Nel
1878 il BaLL (6)la trova naturalizzata presso Tangeri nel Marocco e
dice che esiste pure alle Canarie, a Madera ed in altre località che
noi già conosciamo. Nello stesso anno KRAaUSE (7) la raccoglie a
fiore doppio nell’ Oasi di Tripoli. Nell’ anno 1880 WiILLKoMM e
LANGE (8) recon è medesima specie come naturalizzata in
(1) PasquaLe G. A., Nota su di alcune piante da pochi anni
i nALOrAIIAIRA in Piosinsia di Napoli, 1868.
(2) OLIVER D., Flora of Tropical Africa, Vol. I, 1868, p. 296.
8) PASQUALE a. A., Flora vesuviana, 1869, p.
(4) DE paid L. J. A., Catalogue des plantes "“paucnlaleo de
la Corse, 1
(5) Gessi: In Bull. Soc. Bot. de France XXIV. 1877.
(6) Bark J., Spicilegium Florae Maroccanae, 1878, p. 388.89.
(7) DurAND et BARATTE, op. cit. de
18) WILLKOMM et Lawdz, Prodromns Florae Hiwpanicne,. sare i
Vol. III, p. 521, °.
RI
È 153
varie località della Spagna : ad Ayamonte, Siviglia, Cadice, Malaga
ed Almeria. Così pure la dicono naturalizzata alle Baleari ed in
Portogallo. Ne citano anche un nome volgare « Matapan », e que-
sto prova la sua abbondanza. Più precisamente per le isole Ba-
leari BARCELÒ y ComBIS (1) la indica in Majorca: a Palma, Por-
topi, la Bona-Nova, Sòller; in Minorca: Mahon. MarÈs e ViGI-
NEIX (2) dicono. lo stesso di BarceLò y ComBis. Ancora nel
1880, C. e W. BarBEv (3) trovano lO. cernua naturalizzata all’isola
di Cipro. Qui è importante notare che nel 1865 UnGER e Kor-
ScHY nella loro Die Insel Cypern non parlano dell’ O. cernua,
cosicchè la sua introduzione in quell’isola va lungo quei quindici
anni. Nello stesso anno FREUND (4) la raccoglie un’altra volta a fiore
doppio nell’Oasi di Tripoli e STECKER a fiore semplice (4).
Nel 1881 PasQquaLE (5) conferma il naturalizzarsi di questa
specie a Napoli; dice infatti: « È diffasa abbondantemente. nel
suolo dell’Orto Botanico di Napoli, nel R. Parco di Portici e tal-
volta si vede selvaggia al Granatello ». Nel 1882 REvERCHON (6)
raccoglie la nostra Oralis a Creta e nel 1884 HerMANN Ross (7)
a Lampedusa. Nello stesso anno AscHERSON (8) dice che essa
fu ritrovata ad Orri nel 1858 da ScHWEINFURTH, constatando in
pari tempo come si è andata propagando in ‘altre località della Sar-
degna, Egli dice: « A prèsent elle est très répandue è Cagliari,
dans les promenades, dans les terrains cultivés, au pied des haies
d’Opuntia ete. M. MagNUS l’a trouvée à Alghero, où elle formait
un tapis vert sous les oliviers ».
Noi abbiamo già citato sotto l’anno 1852 il BoLLE dal CHRIST
per le isole Canarie ; giunti a questo punto crediamo bene ripor-
tare per esteso le parole del CHRIST stesso, pigliandole dallo Spi-
cilegium Canariense , comparso nel 1887, anche perchè l’autore.
quivi accenna al Marocco ed alla sua opinione che?’0. cernua ab-
(1) D. gui BarceLò y ComBis, Flora de las Islas Balé-
ares, 1879-81,
(2) Îi- si Vimeili. Catalogue raisonné a Plantes Valles: 2. 2 i
laires des Iles Baléares, 1880.
(3) BarBEy C. et W., PR au Levant ete. 1890,
(4) DURAND et BARATTES, o
P. È 5;
(5) PasquaLe G. A., No sa bo relative alle provincie <<
meridionali d’Italia, 1881,
(6) De Hatacsy E., Gonapectu Florae Graecae, 1901, Vol. L
p. 308-309.
(7) HerManN Ross., Eine botanische Sodio nach der Inseln
Lampedusa und Limosa
ia BarBEY G., Florae Sardose Compendio 106. p. 175
154
bia un altro indigenato oltre a quello del Capo di Buona Speranza.
Ecco pertanto le parole del CHRIST: « pr. Orotavam Teneritfae l.
ASKEN. floribus subduplicibus; ad viam inter Laguman et S. Cru-
cem (BoLLE). Eadem copiosa in agro Tingitano floribus simpli-
cibus ! et in incultis circa oppid. Calpense! Planta capensis aut
introducta aut secuudam stationem atlanticam inhabitans ».
Nel 1887 AscHERSON e SCHWEINFURTH (1) danno indicazioni
precise per l'Egitto, cioè : Alessandria, Cairo, Esneh. BATTANDIER
e TRABUT (2) nel 1888 constatano 1° 0. cernua « très commun près
d’Alger ». Nello stesso anno TORNABENE(3) nota come essa « è di-
venuta infesta in tutti i luoghi pingui e coltivati di Sicilia», ed
il LoJacono (4) dice: « Introdotta e resa oggi la pianta più co-
mune ed infesta nell’agro palermitano ed altrove». Nel 1889 è no-
tata da GeLMi (5) in Corfù «non rada nelle siepi umide vicino alla
città ». Parimenti nel 1889 l’ARMITAGE (6) riconosce come a Malta
questa specie fa concorrenza a tutte le altre indigene ; nel 1893 fu
raccolta nell’ Attica da HAUSSKNECHT (7); nel 1894 “Hocareuti-
NER (8) ne osserva la propagazione in Algeria; nel 1895 il NIco-
TRA (9) la indica a Sassari.
L’anno seguente BURNAT (10) dice dell'O. cernua: « Aujour-
d’hui | 0. cernua se recontre près d’Ospedaletti, Bordighera et
Ventimiglia; il est assez fréquent entre Menton et Cannes, sur-
tout dans les lieux cultivés, sous les oliviers et souvent fort loin
des dfn et des habitations ». Nello stesso anno 1896 BoNNET
(1) ren et SCHWEINFURTH ; Illustration de la Flore d’ E-
gypte, 1887, p.
2) sno et Trasut, Flore de l’Algérie, 1888.
(3) ToRNABENE F., Flora Sicula, 1898, p. 179. .
(4) LoJaconO Pozmro M., Flora Sicula, 1888, Vol. I; p. 215.
15) GELMI E,, Contributo alla Flora dell'Isola di Corfù. In Bel.
Soc. Bot. It. 1889,
(6) ARMITAGE Ho. i ippindi della Flora dell’ Ne di Malta. In
It. 1889.
5 Nuovo Giorn. Bot.
iu De p HaLcsy. B.; Conspetus ‘Florae Graecae, 1901 Vol... I.
8.
(8) Uccidi P. B; (79 la Sud - Oranais, in Annuaire a
SA et du Jardin Baanigi ue de Genève 1894, p. 176.
i (9) Nicotra L., Osservazioni antobiologiche sull’ Soda cernua.
In Bull. Ste Bot. It. 1895, p. 256,
(10; BurnaT E., xo du >
155
e BARATTE (1) ne danno l’ habitat per la Tunisia: « Champs,
moissons , pàturages , bords des chemins: Carthage, La Marsa,
Tunis, La Manouba ». Ancora nel 1896 SoMmmIER (2) dice che a
Lampedusa è una vera peste anche lontano dalle colture. Partico-
larità importante, le piante a fiore semplice erano scarse in con-
fronto di quelle a fiore pieno.
Nel 1897 GreREMIccA e Rippa (3) indicano lO. cernua di
Procida e. Vivara. Nel 1898 PaLANZA (4) la segnala « presso Bi-
tonto, lungo la via di Modugno, al margine di un culto e sul muro
a secco contiguo nel fango calcareo rigettatovi dalla strada». Ed
aggiunge: « Si è inselvatichita in Calabria e presso Napoli, dove
io pure dal 1870 al 1894 ho potuto osservare il progresso della sua
diffusione ». Nello stesso anno il Zoppa (5) la indica per il Capo
Peloro in Sicilia, dove però, egli dice, era cominciata a diffondersi
un vent'anni prima.
La Flora analitica di FriorI e PaoLETTI (6) riunisce 1’0.
Burmanni alla O. cernua di cui vien detto: «Originaria dei
Capo di Buona Speranza, inselvatichita nei luoghi coltivati e lungo
le siepi della regione medit. e submont. nel Nizz. Lig. occ. ete.,
Napoli, Puglie, Cal. Sic., Malta, Sard. e Cors. Fat Eur. Mesià:
As. Occ. Afr. bor, Can. Mad.) ». 5
Nel 1901 De HaLacsy (7) nel suo Conspectus Florae Graecae. |
dice : « Indigena in Prom. B. S., nunc multis-locis inquilina ; Cor- os
eyra: pr. urbem (SAGB.); Cisa (Barn.); Zante (WEISS); At
tica: in hortis neglectis Athenarum, ari in herbosis horti 4
tanici (HAuUSSK.); Creta: pr. Kissamos, Canea, Platania, Re- 0
VERCH.) ». A “i.
- (1) Boxner et BARATTE., Catalogue raisonné des Plantes va
sculaire de la Tunisie, 1896, p. 81. *
(2) Sommrer S., Le Isole Pelagie. In Bollettino del R Orto Da.
di Palermo, 1896, Vol; V. p. 82, so
(3) GEREMICCA e Rippra, La Flora di Procida. e Vivara È
della Soc, di Naturalisti, 1597. si
(4) Paranza A., Nuove Osservazioni botaniche i in Terra di ani
în Bull. Soc. Bot. It. 1898, p. 197.
(5) ZopDpa., Di due specie di juta esotiche inelvatichite presso
Messina; ; in Bollettino del Naturalista, l' Re
; (6) Fiori e PaoLETTI, Flora analitica d’ Ftalia, 190002, Vol sa 5
(DE HaLacsy E., op. cit. -
Poichè il DE HaLacsy si fonda su la fede di altri autori, nelle
località da lui riportate l’O. cernua naturalmente fu osservata spon-
tanea prima del 1901; però io non ho potuto rintracciare le date
che per HAUSSKNECHT e per REVERCHON, ciascuno dei quali è stato
già citato a suo luogo.
Nel 1908 BeNITO Vicroso nelle sue Plantas de Andalucia di-
ceva dell’O. cernua: « Una de las plantas màs abundantes en ri-
bazos y campos cultivados » (1) dandone il nome volgare di Om-
bliguillos; e l’anno appresso ConcALo SAMPATO a nel suo «fig:
da flora portugheza : « Aclimatada e expon , des ouro
littoral as Algarve ». Lo stesso SAMPAIO _ “n = 909 l'aveva
notato per Odemira, nei campi e sui margini delle strade. Il Sac-
CARDO (4) nulla aggiunge di nuovo a quanto noi già sappiamo.
Finalmente nel 1910 il DuRranD e BARATTE (5) dopo avere
accennato ai nomi di coloro che l’avevano trovata successivamente
nell’Oasi di Tripoli, sia a fiore doppio sia a fiore semplice, e dopo
avere accennato al dubbio di AscHERSON che il DELLA-CELLA a-
vesse raccolto nel 1817 il suo esemplare presso Tripoli e non in
Cirenaica, conchiudono: « Originaire du Cap cette espèce est natura-
lisée sur la majeure partie du littoral méditerranéen ».
Riassumendo le precedenti citazioni, si possono così elencare
le date in cui per la prima volta è stata constatata naturalizzata
O. cernua nelle diverse regioni già menzionate.
1811 Malta (GRECH-DELICATA)
1817 Cirenaica o Tripolitania? (DELLA-CELLA) da VIVIANI
i Dea Gibilterra (KELAART)
- Palermo (PARLATORE) —.
ui Zacinto (MaRGOT) da BoIssiER
(1) Benito Vicroso, Plantas de Andalucia. In Boletin de la So-
ciedad Aragonesa de Ciencias Naturales 1
(2) CoxgaLo Samparo, Prodromo da Flora portugheza. In Ax-
naes Scientificos da Accidemia Polytechnica do Porto. Coimbra 1909.
(3) CoxcaLo Samparo., Flora vascular de Odemira. In Buletin
da Sociedade Broteriana. Gotta 1908-09.
(4) Saccarpo P. A., Cronologia della Flora Italiana, 1909,
197. i
(5) DuranD et Bani. op. cit,
)
1837 Sardegna ad Orri (MoRIS)
- 1838 Catania (TORNABENE)
1840 Australia i (Wiener #1. Garten- SI
1847 Algeria (MunBY)
1851 Spagna a Barcellona. (LANGE)
1852 Canarie (BoLLE) da CHRIST
1855 Messina (HELDREICH) da DE CANDOLLE
1855 Smirne (KoTscHy) da BoISssIiER
1855 Cannes .(THURET) da BURNAT
1859-60 Madera (LOWE)
1864 Catalogna (CostA y CUXART)
1866 Hyères, Nizza, Villafr., Mentone (M. BONNET)
1867 Napoli (PASQUALE)
1867 Portici (PASQUALE)
1872 Corsica a Bastia (MARSILLY) .
1872 Zante, Egitto | (PARLATORE)
1876 Tolone (GUBLER) +
- 1878 Marocco
(BALL)
1878 Oasi di Tripoli, var. a fl. pl. (KrausE)da DURAND eBARATTE
1878 Sicilia al Capo Peloro (ZOpDA)
1880 Spagna ad Ayamonte, Siviglia
‘. Cadice, Malaga, Almeria (WILLKOMM e LANGE)
1880 Baleari e Portogallo (WILLKOMM e LANGE)
1880 Cipro (C. e W. BARBEY) 5
1880 Oasi di Tripoli, var. fl. pl. (FreuND)daDURAND eBARATTE
— 1880 Oasì di Tripoli, var. a fiore
1898 Puglie e Calabria (PALANZA)
> 1896 Ospedaletto, Bordighera (BUrNAT) co:
1896 Tunisia a Carthage, La Marsa,
semplice (STECKER) da DURAND e BARATTE
1882 Creta (RevercHoN) da DE HALAcSY
1884 Lampedusa (Ross) de
1884 Cagliari (AscHERSON) da BanBEY_ 4
1884 Sardegna ad Alghero" (MaGNts) da BarBey -
1887 Egitto: Alessandria, Cairo, tti
(= Eeneh (ASCHERSON è Sonne) CA
(HaussgNEcaT) da DE
(NicoTRA) —
. Tunis, La Manouba (Bonnet e BARATTE).
1897 Procida e Vivara | (GRREMICCA @ RIPA)
1900-02 Nizz. Lig. occ. Napoli, Pu-
glie, Cal. Sic. Sard, Cors. I- È È
noltre naturalizzata in Eur. >
merid. As. occ. Afr. bor. (Fiori e PaoLETTI) (1)
1901 Corcira (SAGB.) da De HaLacsy
1908 Andalusia (BENITO VICIOSO)
1908-09 Portogallo ad Odemira (SAMPAIO)
1909 Portogallo, dal Douro litorale
ad Algarve (SAMPAIO)
II. MORFOLOGIA DELL? « O. CERNUA »
L’0. cernua, THUNB. è una pianta vivace rizomatosa , sub-
caulescente. La parte sotterranea si approfonda a fittone e per Dress
tratto, mandando dei filamenti radicali brunicci, mentre essa è te-
nera, succosa e bianchiccia, e. spesso, nella porzione meno uve
di un colore rosso vinoso. All’apice esterno il rizoma può portare
un cespuglio di foglie quasi radicali all’ascella delle quali nascono
degli scapi fiorali che in buonissima parte muoiono appena abboz-
zati, sicchè frugando alla base delle foglie, se ne rinvengono i re-
sidui sotto apparenza di squamette disseccate. Ma molto spesso il
rizoma si continua in un caule di notevole lunghezza, strisciante
ed emettente delle numerose foglie alternate, oltre alla rosetta ter-
minale. Talvolta il caule strisciante è così lungo che su di esso sì
riscontrano non una, ma parecchie rosette di foglie, l’una distante
dall’altra, dove si formano degli scapi fiorali proprii. Sul rizoma si
sviluppano numerosi bulbilli bianehi, ricoperti di triplice involuero,
uno esterno pellicolare, che in seguito acquista color rosso vinoso,
uno medio sottile, tenero, che in seguito dissecca e quindi sembra
riassorbito, ed uno interno duro, di consistenza come pergamena-
cea, che forma per tal modo valido riparo al germoglio durante la
stagione invernale e che, disseccando, diviene rosso-scuro.
oglie sono ternate e lungamente picciuolate. Nel picciuolo
si distingue una porzione stipolata bianchiccia, argentea e mem-
branacea ai margini sottili corrispondenti alle stipole, compressa;
su di essa si articola la. seconda porzione, cilindrica, di un verde
piuttosto carico e quasi uniforme per tutta la sua lunghezza. Le
foglioline, e esse stesse al ‘picciuolo per un cortissimo
(1) Sebbene Fiori e Paoletti non accennino a nuove località, l'ab- ; 5
biamo voluto comprendere nell'elenco perchè essi riassumono tutte
se regioni italiane dove l’O. cernua è onianta:
sei
picciuoletto fornito, dal lato interno, di piccolissime callosità rossicce,
sono obcordato-bilobe, leggermente ciliate, verdi su la pagina su-
periore glabra e con piccole macchiettine rosso mattone scuro sparse
irregolarmente qua e là; di un verde un po’ sbiadito su la pagina
inferiore ricoperta di peluzzi delicati e lunghetti ; la fogliolina ter-
minale è un po’ più grandetta delle laterali, a lobi quasi eguali,
mentre nelle altre due il lobo confinante col picciuolo è più piccolo
del compagno ; raramente accade il contrario. Sulla pagina supe-
riore della fogliolina terminale si osserva un solco mediano che
decorre dalla smarginatura al cuscinetto rossiccio di articolazione,
e sei altri solchi che dai due lati (tre per ciascuno) si dipartono
dal primo a disposizione pennata; il paio più basso è meno distinto.
A tutti questi solchi corrispondono altrettanti nervi rilevati su la
pagina inferiore. Lo stesso si osserva nelle due foglioline laterali,
senonchè accade spesso che nel lobo più lungo, essendo meno ar-
rotondato, il solco e corrispondente nervo inferiore decorrono lungo
il margine o non si presentano addirittura.
Lo scapo fiorale nasce, come abbiamo detto, all’ ascella delle
foglie. Completamente sviluppato, il che avviene quando i fiori
sono pervenuti all’apertura, esso è più lungo delle foglie, ma in
misura diversa, cosicchè da scapi quasi eguali in lunghezza alle
foglie, si arriva ad altri che ne sono il doppio e più. Con la lun-
| ghezza dello scapo varia anche il diametro che alla base oscilla da
due a quattro millimetri e va gradatamente diminuendo a mano a
mano che ci si avvicina all’infiorescenza. Succulemtto, non glabro, >» ©
come è stato descritto financo dal PARLATORE , porta delicati pe- ea
luzzi orizzontali, più numerosi verso le regioni superiori, che si
| Scorgono benissimo guardando contro luce. Il colore è un verde
assai meno intenso di quello delle foglie, specialmente verso la re-
gione inferiore dove la colorazione si attenua e sfuma nel verde
più sbiadito ; la base di inserzione è specialmente scolorata, main
| gompenso può assumere talora aspetto leggermente vinoso. In se-
guito noi vedremo come quest’ultimo carattere, esteso anche alla
base delle foglie e ad altre parti della pianta possa acquistare - spe-.
ciale importanza per la diagnosi delle torme-e delle. varietà della 5 È
| nostra Owalis. All’apice dello scapo sta una cima che simala na =; Di
ombrella, portante da 6 a 20 fiori lungamente pedicellati se aperti.
O vicini ad aprirsi e che sbocciano a gruppi successivamente. sr
| scapo florale possiede una porzione basale, lunga quasi un cm. ed
articolata, sulla quale si impianta, pure articolandosi, la restante ©
porzione ; perciò lo scapo fiorale di 0. cernua è SEPIEE arti- È 27.
| golato, unico esempio di tale struttura,
i
:
p1
‘— 160
La radice può essere da anche di radici tirauti, bianchi
tenere, succulentissime, che, disseccando, si contraggono e tirano
a sè i bulbilli i quali per tal guisa, pur se formati in punti ina-
datti, verranno a trovarsi alla profondità loro conveniente.
Diremo infine che le dimensioni di tutta la pianta, e quindi
delle sue parti, sono assai varie, anche confrontando individui a
sviluppo completo, e ciò senza cause ben note. Certamente la sta-
zione vi avrà grande influenza, affettando per solito gl’individui
cresciuti in luoghi sterili un certo nanismo; ma d’altra parte sì
vedono frequentemente individui simili venuti in ottimo terreno.
In generale, negli individui rimpiccioliti non solo le foglie e gli
scapi sono ridotti di dimensioni, ma anche i fiori; però anche qui
si osserva un contrasto analogo al precedente, cioè di grandi fiori
sopra individui piccoli e viceversa.
All’ascella delle foglie, come abbiamo detto, nascono gli scapi.
Essi, cavi internamente, hanno varia lunghezza; ad ogni modo,
a fiori sbocciati, superano sempre le foglie, di cui possono essere
il doppio e più. All’apice lo scapo porta una cima (che, come di-
cevamo, simula un’ombrella), essa pure varia pel numero dei fiori
che va da 6 a 20, rarissimamente verificandosi un numero inferiore
alla inegr cifra, più frequentemente uno superante la seconda.
. con pedicelli lunghi e pubescenti, sono ripiegati in
basso (mud) in un primo tempo; quando stanno per isbocciare e
quando sono già sbocciati, essi sono eretti. La loro organizzazione
manifesta spiccatamente il carattere pentamerico delle Dicotiledoni; ,
il calice quindi è formato di cinque sepali, di altrettanti la corolla,
gli stami sono dieci in due aggruppamenti pentamerici, il gineceo
ha ovario pentaloculare con cinque stili curvati all’esterno e ter-
minanti ciascuno con uno stimma slargato e papilloso.
sepali, che in boccio hanno estivazione embriciata ;s sono 0-
vato-lanceolati con apice ottusetto e fornito di piccola callosità ros-.
siccia, liberi, un po’ convessi all’esterno dove sono pelosetti e di
un verde sbiadito.
3 petali, ad estivazione contorta, sono bovti obliquamente,
rane all'apice dove si notano leggerissime smerlature ir-
regolari, forniti di unghia al di sopra della quale sono connati per
161
breve tratto, gialli, pelosetti sulla faccia esterna, lunghi il doppio
o il triplo dei sepali.
I dieci stami sono distribuiti, come abbiamo detto, in due ag-
gruppamenti pentamerici. I cinque stami di uno di questi gruppi
sono un po’ più brevi dei sepali ed alternati coi cinque dell’altro
gruppo; alla loro volta un po’ più lunghi dei sepali e forniti di
dente diretto in fuori; tutti poi hanno filamenti bianchi, piuttosto
appiattiti, connati alla base, dove si trovano dei nettarii special-
mente ben costituiti in corrispondenza degli stami lunghi. Le an-
tere si inseriscono pel dorso, sono introrse, ellissoidali, smarginate
all’apice ed alla base, longitudinalmente deiscenti, eguali quelle
dell’uno e dell’altro aggruppamento, gialle, con granelli pollinici
pur essi gialli e quasi uguali, un po” più piccoli essendo quelli degli
| stami brevi.
Il gineceo sta impiantato sopra un ginoforo corto, su cui anche
gli stami sono inseriti facendo corona al primo ; l’ovario, pentalo-
culare, è verdiccio, con numerosi ovuli pendenti, anatropi, attac-
cati all'angolo interno ; con cinque spigoli in corrispondenza dei
cinque stili liberi, bianchicci, incurvati all’infuori, più brevi degli
stami corti, terminati in stimmi slargati, papillosi, verdicei, opposti
ai petali, con due stami fra mezzo, uno corto ed uno lungo.
Dicevo che nell’O. cernua gli stami sono distribuiti in due
aggruppamenti pentamerici, però gli Autori unanimemente riten-
gono chè gli stami formano non due semplici aggruppamenti pen-
tamerici, come noi ci siamo espressi, ma addirittura due verticilli.
vi È ® . . . . . - . i .
Ciononostante bisogna dire che i filamenti dei dieci stami, connati
alla base, sono disposti su la medesima ed unica circonferenza in-
torno al gineceo, cosicchè in realtà non ci sono nè stami esterni
né stami interni, e perciò nè verticillo esterno nè verticillo inter-
no, cioè non distribuzione in verticilli, ma, a quanto appare, unico |
verticillo di dieci stami. Vero è che le antere degli stami lunghi
cadono a strapiombo sull’ovario (mentre i filamenti degli stami
brevi rasentano la superficie laterale dell’ovario e possiedono antere
; pueervano la medesima direzione), ma questo fatto è unicamente
. dovuto a ciò che i filamenti degli stami a: col | procedere lo<
%
sviluppo del fiore, s’incurvano verso l’asse fiorale, sino al punto
di simulare l’esistenza, per chi. guarda soltanto le antere, di un
verticillo interno ; in realtà, come, sopra dicevamo, le basi di tuttii.
amenti sono impiantate su la medesima ed unica circonferenza.
E perciò noi abbiamo parlato di due aggruppamenti ,. e non ver-
ticilli, ea intendendo lasciare sea pre la 333
Stione,
III. CLEISTOGAMIA.
L'ABBADO (1) nella sua bella monografia intorno alle piante
cleistogame cita anche 1° 0. cernua la quale, a quanto egli dice,
sarebbe inoltre cleistanterica. Si fonda egli su |’ autorità del NI-
COTRA (2), che è stato l’unico o quasi che abbia affermato la clei-
stogamia di questa specie. In verità, anche il MATTEI (3) vi ac-
cenna, ma per dire che normalmente non si riscontrano fiori clei-
stogami in tale Ossalidacea e rimettendosi a quanto asserisce il
Nicotra di avere osservato. Se poi anche il Rippa ha ammesso
l’esistenza di fiori cleistogami in 0. cernua, non è per averne visto
in realtà, ma per ragioni teoriche, per ispiegare cioè con la cleisto-
gamia dapprincipio la origine di una capsula rinvenuta dal Nico-
TRA e in seguito le due forme, come vedremo, da lui scoperte. Noi
diremo nel paragrafo seguente che cosa fosse la capsula del NIcOTRA.
In quanto al NicorRA stesso sembra dalla nota a cui allude 1’ AB-
| BabO, che egli giudichi della cleistogamia di un fiore fondandosi
soltanto su criteri morfologici. Ma una nozione puramente morfo-
logica della cleistogamia non ci sembra corrispondere nè ‘al signifi-
cato etimologico della parola nè, oltracciò, alle varie modalità con
cui ci si presenta la struttura dei fiori sia normali che cleistogami.
Vero è che il DARWIN (4) dice che nei fiori cleistogami si hanno
riduzioni e modificazioni più o meno considerevoli e, fra altro, i
granelli pollinici, che si formano soltanto in piccol numero, hanno
membrana trasparente meravigliosamente sottile e rimangono nel
sacco dove germogliano, cacciando fuori i relativi tubi che si por-
tano su gli stimmi e di là agli ovuli (cleistanteria); ma il DAR-
WIN stesso già accenna a certe altre particolarità e molti Autori
in seguito hanno portato una ricca suppellettile di fatti pei quali
viene scosso il fondamento morfologico della cleistogamia. Così si
(l) ABBADO Mi, La Cleistogamia. In Atti della Soc. It. di Scienze
Nat. e del Museo Civico «i St. Nat. in Milano; Vol. XLVIII fase. 2°,
settembre dr
(2) Nicotra L., Osservazioni Antobiologiche sull’ O. cernua. In
Bull. della su Bot. It. 1895.
(3) MatTEI G. E. Il caso dell'On alis nen In Rivista di teaita, i
Matematica e nali Naturali, a. IX, Febbr. 1908, n. 98.
(4) Darwin C., Le diverse forme dei for etc. Trad. Hb; per Ca-
NESTRINI è MoscHEN, Torino iti RARO
»
è potuto riconoscere cle morfologicamente la clan oscilla
con una varietà straordinaria di attuazioni tra i limiti di un fiore
perfettamente adattato alla più rigorosa autogamia e di un fiore
perfettamente normale coi relativi adattamenti alla fecondazione
incrociata. A questo proposito ecco quel che dice ABBADO : « Par-
tendo dai fiori in cui la cleistogamia si manifesta colle modifica-
zioni più accentuate, quali una riduzione notevole d’organi, la clei-
stanteria etc., noi passiamo per tutta una serie di gradi che ci portano
man mano a quei fiori che non presentano modificazione alcuna di
parti, ma solo la permanente chiusura del perianzio, e poi ad altri
ancora che si fecondano bensì autogamicamente a porte chiuse, ma
ciò fanno nei primi stadii dello sviluppo e poi si aprono regolar-
mente, presentando una corolla o un perigonio colorato ed emanando
anche dei profumi» (1). Questi ultimi fiori, che rappresentano il
passaggio immediato ai fiori casmogami, appartengono a Phajus
villosus, Stellaria media, Trapa natans, Campanula uniffora,
etc. etc.
Vi sono poi fiori perfettamente costrutti per la Stanrogamia;
ma che rimangono sempre chiusi, e nei quali quindi la feconda-
zione è autogama. Il BuRck (2) ne cita numerosi e financo degli
interi generi (nelle Anonacee). Così in Myrmecodia tuberosa la
corolla resta chiusa per la concrescenza dei quattro petali, ma la
secrezione del nettare è normale e, oltracciò, evvi un certo grado di
proteroginia e in un primo momento ercogamia. Ciononostante la
fecondazione è autogama ed avviene quando i petali allungandosi
| trasportano in alto gli stami con essa connati, cosicchè il. polline,
dalle antere già aperte, viene a cadere su le papille stimmatiche.
Tutti i caratteri dunque dei fiori casmogani adattati alla ete-
rogamia (emissione di odori, apparato vessillare, produzione di
nettare, nettarostegi, dia casmanteria etc.) si riscontrano in
modo più o meno perfetto, o perfetto addirittura, nei fiori cleisto-
gami. D'altra parte, a tacere della mancanza di colori vivaci e di
| ©dori, anche caratteri proprii dei fiori cleistogami si riscontrano in
quelli casmogami. Così la cleistanteria, che parrebbe l’espressione
più forte della cleistogamia, é statà osservata da R. BRowx
1) loc. cit.
(2) Burck W., Ueber Kleistogamie in veiterem Sinne und dea
Knight-Darwin ’sche Gesetz. In Ann. du Jardin na de aan;
1890, Vol. III. p. 125.
nei fiori casmogami di Asclepias , da DARWIN in fiori semimo- Li
struosi di Malaris paludosa e Aceras anthropophora e nei fiori
normali di Neottia nidus-avis, da GOEBEL in fiori, ancora ca-
smogami, di Viola silvatica e V. biflora. Inoltre GorBEL ha
dimostrato errate le condizioni istologico-meccaniche della cleistan-
teria ritrovate dal LERCLERC DU SABLON negando. che vi siano
differenze istologiche tra le antere dei fiori normali e dei cleisto-
gami.
Prescindendo anche dalla summentovata idenblià istologica, non
avevamo dunque torto nell’affermare che il concetto morfologico
non può essere scelto a criterio unico della cleistogamia, senza dire
che esso concetto, come già avvertivamo, non soddisfa punto al-
l’esteso significato che alla parola proviene dalla sua etimologia
(x\etotà< e Yap) come non soddisfa all’eventuale valore funzionale .
del fenomeno. Col criterio morfologico quindi deve andarne con-
giunto un altro, quello cioè dell’autogamia. Autogamia dunque e
cleistanzia (il criterio morfologico è soddisfatto pur se le mòdifica-
zioni si limitano alla semplice chiusura, anche per il solo periodo
antecedente alla fecondazione) sono essenziali alla nozione di clei-
stogamia e devono coesistere nel medesimo fiore. Allora il fiore
potrà dirsi con tutta coscienza cleistogamo. Invece tutte quelle spe-
cie (1) che portano fiori sempre chiusi, ma a struttura adattata
all’eterogamia, e in cui la fecondazione avviene per mezzo di pro-
nubi (calabroni, colibri, etc.) che rodono o violentemente scostano
le parti del perianzio, non possono affatto chiamarsi cleistogame.
Ma l’autogamia è un « posteriori. Noi l’autogamia in un fiore’
rimasto chiuso non possiamo che indurla, indurla cioè dalla sua
fertilità. Ne viene che un fiore cleistogamo dev'essere sempre fer-
tile, onde un fiore non fertile non sarà mai cleistogamo, sebbene
sia rimasto, sino a secchezza, ermeticamente chiuso. Questa condi-
zione sppeo dimostra la mancanza di fiori cleistogami in O. cer-
nua. Vero è, come nota il NicorRAa, che molti fiori di questa
specie restano chiusi e rudimentali, ma essi sono sempre sterili
(vedremo, come abbiamo detto, nel paragrafo seguente che cosa fosse
la capsula del NicorRra). Inoltre il carattere rudimentario di cotali
fiori non presenta nulla di morfologicamente anormale ; voglio dire
che essi sono rudimentali non per sopravvenute Allizioni nello
(1) Persia cielstontiti dat molte Dina (MuLLER F.),
sentiana Andrewisii (RoBERTSON e WEBB), in un Philodendron, Ara-
cea descritta da H, G. ini
sviluppo, ma soltanto perchè lo sviluppo si arresta ad un dato i-
stante, conservando il fiore i caratteri morfologici normali che allo
stadio raggiunto gli competono. Questo fatto della costituzione nor-
male di cotali fiori, unito all’altro che essi si hanno quasi soltanto
nelle infiorescenze ricche di bottoni, dimostra che unica cansa del
mancato sbocciamento di tanti fiori in O. cernua sia l’insufficiente
nutrizione.
E qui cade acconcio notare come 10. cernua con questi suoi
fiori, che per deficiente nutrizione non vengono ad apertura senza
con ciò potersi chiamare cleistogami a causa della loro sterilità, sia
una specie (e non è l’unica), che dà un forte colpo alla teoria che
il GOEBEL ha emesso intorno alla cleistogamia. Quale tentativo
antifinalista la semplificazione del GorBEL è geniale. Distrugge egli 3
le differenze morfologiche ed istologiche tra le :due specie di tiori,
«quelli ordinarii ed i cleistogami; dimostra, oltre a ciò, come par-
‘ ticolarità proprie dell’una specie di fiori si riscontrano con
giore o minor frequenza nell’altra, nega quindi gli adattamenti e
per tal guisa gli è facile di escludere fattori cleistogamici più o
meno riducibili in categorie finalistiche, unico fattore per lui es-
sendo invece la deficienza di nutrizione. Che se talvolta adatta-
dee cleistogamici pare che si presentino, quelli non sono adat-
enti, ma semplici fatti di correlazione. Che se al GOEBEL sì
i (ultimo resto di finalismo nella cleistogamia) comparire i .
fiori cleistogami a fine di produrre i semi che i fiori casmogami
non avevano potuto dare, egli risponde che è precisamente il con-
trario, cioè che i fiori casmogami non producono semi, soltanto per
questa causa che i fiori cleistogami ne avevano già prodotto tanti.
da avere esaurito le sostanze plastiche! Con ciò egli é costretto ad
ammettere (e lo ammette di fatto) che nelle piante fornite di en-
trambe le specie di fiori, primi a comparire son sempre i cleisto-
gami, anche quando succede (apparentemente secondo lui) il con-
trario, essendoché i fiori casmogami che precedono i fiori cleisto-
gami in un dato anno. erano stati prodotti nell’anno precedente — *
ca i fiori cleiatogami, passando in boccio la cattiva nt he -—_.
23 » de con questo apedichte il "Gonsni. non n scioglie, se .
cs vendo noi, la difficoltà, perchè vero è che in questo caso i i fiori Ca
i sì ai eviluppano dopo quelli cleistogami, ma
dell'ano precedente ; invece rispetto. a quelli dato stesso annò si
i sviluppano con antecedenza, cosicchè se questi fiori cleistogami Se
| capaci di produrre semi, a fortiori dovrebbero esserlo i casm
| che li trani ari le sostanze snade sono ancora intatte! Sr -
ca
Ma se geniale è la semplificazione antiteleologica del GoEBEL
il quale curò di confortarla anche con esperimenti, non è tale da
potere assurgere a teoria generale, come è lecito dedurre dal nu-
mero di bocci di O. cernua che, appunto per deficiente nutrizione,
cadono prima di aprirsi senza produrre semi, fatto del resto non
particolare alla nostra Oxralis. D’ altra parte la fecondazione in
boccio con successiva apertura del fiore dopo compiuta l’autogamia,
è pure contro la teoria del GoEBEL; difatti nel caso in discorso non
si può parlare di deficienza di nutrizione, poichè in realtà il fiore
viene al completo sviluppo -con corolla o perigonio vivace e financo
con emissione di odore; ma, ripetiamo, soltanto dopo avvenuta la
fecondazione autogama, il che dà ai fiori con fecondazione in boccio
‘la natura di veri cleistogami. Aggiungo ancora che tutti gli espe-
rimenti, da me fatti sotto altro intendimento e di cui parlerò in
seguito, inducevano o nell'intera pianta di O. cernua o nella sola
infiorescenza. o in un fiore isolato una vera denutrizione; eppure
i fiori (quelli che avevano raggiunto un certo sviluppo, poichè i
baltoni più piccoli finivano col perire) venivano a sbocciare lo
stesso, sebbene (tale era la denutrizione) sempre diminuiti. nelle
dimensioni, talora come in miniatura.
Nè più accettabile (sia detto qui per completare le nostre idee)
appare la teoria del Burog (1), che considera la cleistogamia come
una mutazione, potendo sopravvenire il fenomeno, come bene 0s-
serva il Loew e la generalità dei Botanici , sotto la semplice
‘azione di un fattore disposto dall’uomo : luce, temperatura, nutri-
zione, assenza di pronubi, ete.; dipendendo, in altri termini, il fe-.
— nomeno da variazioni dovute alle condizioni ambientali, al cessar
— delle quali cessa esso pure. Or un'ipotesi che ha il vantaggio di pre-
| scindere dai fattori e di dare del fenomeno, per così dire, una
teoria generale, è quella di considerarlo come una pedogenesi ve-
getale, complicata per l’ermafroditismo dall’ aut togamia, corrispon-
dente alla pedogenesi negli animali. Questa ipotesi, secondo noi,
getta una grande luce su la nozione in genere. della: cleistogamia
‘e sul suo sro funzionale.
ni BurcK Wii Die ilotation als ea der Kicitogamie. Mn
Recueil des Travaux gia pendii vol. II 1806.
167
IV. TRIMORFISMO,
Il primo che abbia parlato del trimorfismo dell’ O. cernua é
stato, contrariamente a quanto asserisce il Rippa (1), FEDERICO
HILDEBRAND (2).
Egli, fra altro, dà un elenco di Ossalidacee delle quali aveva
visto soltanto due forme nei varii Erbarii da lui esaminati, ma di
cui, egli dice, senza dubbio si troverà.la terza forma osservando
un maggior numero di esemplari. In questo elenco è compresa ap-
punto anche 1’O. cernua che all'Autore si era presentata nell’Er-
bario di Berlino in due esemplari longistili e tre brevistili. Questo
nel 1865; ma nel 1887 l’HiLDEBRAND (3) già diceva di aver tro-
vato di recente a Kew tutte e tre le forme insieme.
Come già sappiamo, il BaLL nel 1878 credette di aver ritro-
vato la forma mesostila di O. cernua nell’O. sericea e la longi-
stila nell’O. compressa. Ma l’HIiLDEBRAND (4) già da molto prima,
sin dal 1865, aveva riconosciuto che 1’ 0. sericea è una specie a
sè anch’essa trimorfa, di cui egli aveva visto le tre forme (1 indi-
viduo brevistilo, 2 mesostili, 2 longistili) nell’Erbario di Monaco,
e d’altra parte gli esperimenti di fecondazione con esito negativo,
fatti dallo stesso HILDEBRAND (5), di O. compressa con polline di
O. cernua e di questa con polline di O. compressa avevano già
‘. dimostrato che queste due forme appartengono a due specie di-
stinte. Le. medesime esperienze io ho ripetuto riuscendo a confer-
mare quanto l’Hi.DEBRAND aveva detto, cioè che in tali feconda-
zioni non si ottiene che un semplice abbozzo del frutto, «senza ab-
bonimento di semi. Così per i fatti acquisiti già dell’HILDEBRAND.
sì sarebbe potuto riconoscere l’errore del BALL; ma più importante.
ancora è la scoperta che ha fatto il: RipPa (6), la scoperta cioè,
(1) Rippa G., Osservazioni i Biologiche sall’Owalis ema Teoxn.
In Bullett. dell'Orto Bot. della R. Un. di Napoli, 1900, p. ST. °°
(2) HrupEBRAND F., Ueber den Trimorphismus der ce aten in der
Gattung Oxalis. In Monatsber. der Akademie der Wiss. zu Berlin, a
p. 358.
gsweise der Oxalisarten. In ica Zeit.
. (4) Ueber den Trimorphismu
(5) spira iber die mera etc.
(6) L
(8) Inex, Experimente in ber die esschiochliche, Fortpianzun a È
168
in un prato dell'Orto Botanico di Napoli, di una forma mesostila
e di una longistila che già pei caratteri e poi per gli esperimenti
di fecondazione compiuti dal ‘RIPPA stesso con esito positivo si
dimostrano essere le altre due forme dell'O. cernua , TAUNB
Entrambe quelle forme sono meno robuste della forma micro-
crostila, con rizoma piccolo, poco profondo; hanno poche foglie in
unica rosetta a livello del suolo, assai compatta; le foglioline sono
più piccole ed alquanto carnose, meno profondamente obcordate e, in
particolare per la forma mesostila, acutamente cuneiformi alla base,
quasi glabre nella pagina superiore ed un poco peloso-sericee nella
inferiore, sopra di colore verde intenso, sotto di colore pallido vol-
gente al porporino , mentre nella forma longistila sono più roton-
date, glabre nella pagina superiore ed un poco pelose nella infe-
riore, sopra di colore verde intenso, sotto di colore pallido, bian-
castro. In entrambe le forme gli scapi sono pochi, gracili, con fiori
‘da due a cinque per ogni ombrella nella mesostila, con due o tre
fiori o qualche volta uniflori nella longistila; le corolle sono più
piccole che nella forma microstila, (e quindi anche i petali), e più
. piccole nella longistila che nella mesostila. La gracilità delle due
forme ultimamente rinvenute è stata osservata anche dal RIPPA
nella nota preventiva (1) con cui le annunziava; anzi per lui è una
delle caratteristiche differenze per le quali le due forme si distin-
guono dalla microstila.
In una nota successiva poi il Rippa (2) scriveva: «Nella
forma mesostila le foglioline, di colorito verde intenso, imm carnose e
° raccorciate, rispetto alla forma precedente (la microstila) non sono
macchiettate di rosso se non alla sola base. Quivi si osservano non
delle macchioline diftormi, ma piccole zone rossastre, raggruppate
in modo da formare qualche volta un vero triangol6 col vertice in
alto. Le infiorescenze, per solito più gracili di quelle microstili,
portano pochi fiori. Questi hanno una corolla più piccola di quella
della forma microstila, di colorito giallo pallido con delle piccole
venuzze verdastre. Degli stami, i 5 più lunghi s° incurvano in
da li fra pa stili. e gli stimmi. Il gira è
) Rippa G., Osser rvazioni Lola sull’ Oralis a THUNB.
In Lu DI Orto Bot. della R. Un. di Napoli, 190,
(2) Ripra G. Osservazioni biologiche sull’ 0. cernua, ua In
Bollettino della Società di Naturalisti in Ze Anno A vol. a,
p. 230, 1902.
”
più lungo —
degli stami brevi, ma più corto di quelli lunghi. Gli stili sovrat-
tutto in basso, hanno dei peluzzi i quali, accostandosi allo stimma,
diventano glandolosi. Gli stimmi si terminano con papille discre-
tamente robuste e ramificate. La cassula è come quella della pre-
cedente (Za microstila), ma contiene un numero maggiore di semi.
Della forma longistila dirò soltanto che è molto simile alla meso-
stila. Ma, a parte la lunghezza stilare, la differenza maggiore fra
queste due forme s'incontra nella lunghezza delle papille stimmali,
le quali, benchè meno numerose, sono più lunghe di quelle me-
sostili e quasi dicotomicamente divise. Le cassule sono nettamente
tetragone e contengono maggior numero di semi ».
Per riconoscere tutta 1” importanza della scoperta del Rippa
bisogna ricordare che in tutto il bacino del Mediterraneo non è
diffasa che la forma microstila soltanto e che inoltre 1’ Orto Bota-
nico di Napoli non ha avuto affatto (a quanto lo stesso RiPPA ci
fa sapere) comunicazioni di sorta coi luoghi di origine dell’0. cer-
nua dove è presumibile si presenti sotto le tre forme. Quindi (e
qui è tutta l’importanza della scoperta) le due forme mancanti rin-
venute dal RipPa ‘hanno, come egli ammette escludendo in modo
assoluto l’ipotesi dell’ introduzione , origine locale per derivazione
dalla forma microstila. Il RiPPa al proposito. (esclusa nel modo
più assoluto, come abbiamo visto, quella dell’introduzione diretta)
ha stabilito due altre ipotesi delle quali l’una deriva le forme me-
sostila e longistila da fecondazione legittima della forma brevistila
con altre specie affini, l’ altra da fiori cleistogami. La prima di
queste due ultime ipotesi viene esclusa perchè le forme rinvenute
dal Rippa dovrebbero presentare caratteri d’ ibridismo e tali ca-
ratteri non presentano (1). Non resta che la seconda ipotesi alla
quale il RIpPA si attiene anche dopo aver egli intuito la. possibi-
- lità in natura di produzione di semi da parte di fiori casmogami
per tecondazione della forma microstila con sè stessa. Cosicchè,
| fallita la prima ragione (la capsula del NicoTRA) per ammettere in
O. cernua l’esistenza di fiori cleistogami,. ne è sopravvenuta una
altra, cioé quella di dover spiegare 1’ origine delle due forme im-o
provvisamente comparse. Ma noi abbiamo visto che VO. cernua, 4
THUNB. non possiede fiori. cleistogami; quindi noi escludiamo an-
che l’ultima ipotesi dal RIPPa formulata intorno all’ las delle
due forme da lui rinvenute.
(1) Rirpa G., Oss. biol. ete. In BudZ, Orto Bot. ete. p. 57,1900,
Molta luce parrebbero gettare su la questione le osservazioni
dell’HILDEBRAND (1). Egli ha osservato che alcune specie di 0.
alis trimorfe, prima sterili perchè esistenti in forme isolate, ad
un tratto cominciarono a fruttificare, ottenendosi poi dai semi
raccolti rate prnaniat alle forme mancanti.
Cos wiei, che esisteva, come 10. cernua, THONB.,
soltanto alla su microstila e non aveva dato a DARWIN nes-
sun seme, all’HiLDEBRAND cominciò col dare degli abbozzi di frutto
‘che ingrossavano un po’ e poi finivano col morire prima che aves-
sero potuto abbonire alcun seme; poi una capsula gli diede un se-
me che andò smarrito per lo scatto con cui uscì dal suo involucro;
finalmente nell’ottobre del 1884 }'HILDEBRAND fu più fortunato a-
vendo ottenuto una capsula con tre semi; un’altra capsula con 1
seme maturò al prineipio dell’ anno successivo (1885), mentre al
nuovo autunno l'Autore raccolse un 3-4 capsule contenenti 1-3 se-
mi perfetti. Or i semi raccolti nell’Ottobre del 11884e nel gennaio
del 1885 diedero due piante microstili (cioè la forma genitrice) e
due mesostili. Dall’O. lobata, di cui coltivava soltanto la forma
mesostila, potè l’HILDEBRAND raccogliere, in singoli fiori, delle ca-
psule contenenti esse pure da 1 a 3 semi che diedero le tre for-
me (2). Parimenti, molto appresso, il medesimo Autore (8) men-
zionò il caso dell'O. Deppei che si è presentata sempre nella for-
ma brevistila e che, non ostante la sua sterilità, all'Autore aveva
prodotto delle capsule. Ebbene raccolti 1’ HILDEBRAND i semi e mes-
sili in terreno, essi germogliarono tosto e il primo discendente che
venne a fioritura, fu mesostilo. Fecondando egli 1’ antica forma
microstila con la nuova mesostila, allegarono ottimamente dei frutti
e il primo discendente dei semi raccolti, venuto a fiorire, presentò
la forma longistila
r per le foro dell’O. cernua scoperte dal Ripa non po-
trebbe addursi una spiegazione di questa fatta? Ma, anzitutto; lO.
cernua, THUNB. produce delle capsule ?
Il primo, a quia io sappia, che abbia fatto menzione della
capsula di O. cernua è é stato i; RANGRE (4). Egli dice. che le Da
(1) Hi.pesranp P. o etc. p. 4.
(2) HiLbEBRAND F. Ibidem p.
13) Id. Einige weitere B bobazhit tungen und Hope en au 0
xalis-Arten. In Botanisches Centratblatt, Bd. LXXIX, 1899. Le l.
(4) loc
+ Cla
£ 171
capsule sono oblunghe, cilindriche, oscuramente pentagone. Questi
caratteri sono relativamente molto esatti, ma, essendo incompleti,
ci lasciano in dubbio, se non per la pianta a cui riferirle, per lo
meno su la loro natura, cioè se provenienti da fecondazione omo-
morfa o da fecondazione per incrocio di forme diverse; resta anche
il dubbio, non infondato, che il SAvIGNY con la parola capsula non
abbia indicato l’ovario persistente per alquanti giorni anche dopo
caduta la corolla. Fatto sta però che l’ osservazione del SavIGNnY
rimase per lungo tempo isolata ed anche ignorata, perchè difatti
nessun autore vi ha accennato, anzi si è detto sempre che
cernua siasi propagata così intensivamente e così largamente per
tutto il bacino del Mediterraneo soltanto per via agamica, col sus-
sidio cioé dei numerosi bulbilli da essa prodotti. *
In quanto al TORNABENE (1), che descrisse la capsula di
O. cernua, è da dire che egli ha giuocato di fantasia, poichè nes-
suno dei caratteri che egli dà, e della capsula e del seme, corri- -
sponde al vero, onde é da pensare che il RippA (2) sia nel giu-
sto quando afferma che « il Tornabene, per rendere più completa
la sua descrizione, abbia ideato i caratteri del frutto ».
Nel 1848 il Goprox (33) afferma di aver visto la capsula di
0. Iybica, ma noi già sappiamo che l'O. Iybica del Goprox è 1° 0.
compressa. Un'altra menzione della capsula di O. cernua vien
fatta nel 1880 da WiLLKomm e LANGE (4); però anche la descri-
zione di questi autori ci lascia assai perplessi perchè, come quella
del SavianY, accennata con caratteri affatto generali. Nel 1900-
vi accennano ancora FroRI e PAOLETTI (5); ma l’aver essi detto
che la capsula é a logge polisperme, senz’altra aggiunta , fa sup-
| porre anche qui e con ma gior ragione che gli Autori intendano
dell’ovario che persiste, come abbiamo detto, per alcun tempo dopo
la caduta dei petali; in questo caso sarebbe giusta la denomina-
|. zione di logge polisperme. Potrebbe ancor darsi però che FiorIe
PAOLETTI conoscessero già la scoperta del Rippa e le capsule da
| Questo autore ottenute per incrocio delle forme, capsule. che son ©
RIE
ga,
I ee
(1) ld F., Flora Aetnea, Vol. I p. 245, 1889,
(2) Rippa G., Osserv. biolog. sull’ Oxratis cernua. In Boll. sella:
80c. di Nat. in Napoli, a. XVI, vol. XVI R 280, 1
(8) Op.
(4) nu
(5) Op. cit.
> tutte a logge polisparme; anche quelle della forma. pula In 37
«questo caso quanto dicono della capsula FIioRI e PAOLETTI, non
avrebbe per noi importanza.
Di fronte al SavienY ed al WILLKoOMM e LANGE, ai quali è
da prestare piena fede, ma dinanzi alla cui descrizione si rimane,
per quel che abbiamo detto , assai dubbiosi, stanno i moltissimi
Autori che della capsula di 0. cernua tacciono completamente (il
che significa che essi non l’hanno visto) e i non pochi altri che
apertamente dichiarano di non averla potuto vedere. Per tutti val-
ga il PARLATORE (1). Cosichè ne venne in ciascuno (anche perché
si riconobbe la natura trimorfa della specie) la convinzione della
assoluta steritità dell'O. cernua. Ed era così radicata e così forte
questa convinzione che quando il NicorRA scoprì a Sassari quel-
l’unica capsula, nè il NicoTRA stesso nè il RIPPA seppero pensare
ad una fecondazione autogama od omomorfa, ma soltanto alla pro-
duzione di fiori cleistogami; anzi questa fu dapprincipio l’unica ra-
gione per ammettere in O. cernua l’esistenza di tali fiori. Ma in
seguito il RipPA (2) fece esperienze di fecondazione omomorfa con
esito positivo in quanto che fra molte fecondazioni qualcuna riuscì
fertile. Soltanto allora egli intuì la possibilità del fatto anche in
natura ed emise quindi una seconda ipotesi per ispiegare l'origine
della capsula del NicoTRA, cioè la fecondazione della forma micro-
stila con sè stessa.
Or la possibilità intuita dal Rippa ha piena rispondenza nella
realtà. Difatti lungo le osservazioni da me fatte quest'anno su 1’ 0.
cernua, ho avuto la grata sorpresa di scoprire come questa specie,
nella forma microstila sotto la quale si è sempre presentata per
tutto il bacino del Mediterraneo, eccetto negli ultimi tempi nei prati
dell'Orto Botanico di Napoli, sia tutt'altro che sterile. Le sue ca-
psule sono molto numerose, però è da dire che nè tutte le piante
nè tutti gli scapi di una singola pianta, nè in generale, tutti i
fiori che compongono una cima, sono fertili; voglio dire che molte
| piante, almeno nell’istante in cui vengono osservate, si manifestano.
completamente sterili, in quanto che non si discopre in esse nes-
sun frutto, e molte altre ancora presentano ombrelle le quali pos-
siedono capsule più o meno numerose; non è raro il caso che
in un’ombrella si formi una sola capesla, come anche é abbastanza
frequente il caso che tutti i fiori dell’ombrella siano stati seguiti
- (1) Op. cit.
(2) RipPa G. loc. cit.
173
da altrettanti frutti. In altre parole, per darne un’idea più con-
creta, la frequenza delle capsule è tale che in un’ora in un terreno
coperto dall’O. cernua se ne può raccogliere qualche centinaio per-
fettamente mature, lasciando indietro le molte allegate, ma che per
la maturazione devono ancora attendere. Però deve badarsi al pe-
riodo di vegetazione in cui si fa la raccolta. Io rammento che per
tutto gennaio, sebbene l’O. cernua fosse abbastanza fiorita, non
mi venne fatto di raccogliere nessuna capsula; soltanto dentro la
prima decade di febbraio mi fu possibile raccoglierné tre alla Real
Favorita, di cui una sola con frutto già maturo ; in seguito ai pri-
mi di Marzo ne raccolsi altre due nel nostro Orto Botanico; nu-
merosi divennero poi i frutti all’inizio della seconda quindicina
di questo mese ; alla fine del mese la produzione delle capsule a-
veva raggiunto un limite che poi in aprile non fu superato di
molto. Or la precoce fioritura dell'O. cernua, come abbiamo detto,
e la tardiva produzione dei frutti, io credo sia stata in parte la
causa, almeno negli ultimi tempi (1), per cui sino alle presenti
mie osservazioni non si sia discoperta la capsula di questa specie,
la quale anzi è stata ritenuta perfettamente sterile e propagantesi
per via agamica. Dunque, ora possiamo dirlo senz'altro, la capsula
del NicorRra non era che una delle tante capsule che la forma mi-
crostila dell'O. cernua produce così abbondantemente per autofe-
condazione, cioè per fecondazione di fiori microstili con polline
fiori della stessa forma. Se non fosse stato per il preconcetto della
sterilità dell'O. cernua, THUNR. il NicorRA sicuramente avrebbe
completato le sue osservazioni su la capsula da lui rinvenuta e si
sarebbe accorto che quella capsula non poteva provenire da un fiore
cleistogamo. Difatti nel frutto di O. cernua, THUNB., eccetto i pe-
tali, sono persistenti tutte le parti fiorali: i sepali, i due ordini
di cuni - gli stili; cosicchè si riconosce tosto la natura casmogama
del fiore da cui esso proviene. Però io, che ho avuto agio di com-
piere al proposito osservazioni più estese, ho potuto convincermi
della natura casmogama dei fiori da cui provenivano le capsule,
per un’altra via non meno sicura; il confronto cioè dei varii stadii
della formazione delle —- i ali possono Segui, con gra-
(1) Dico almeno negli ultimi tempi perchè non € certo che l’O.
cernua avesse prodotto dei frutti al principio del suo isolamento in
Europa; anzi tutto lascia supporre che essa sia stata e si sia con-
servata completamente sterile sino a qualche vent'anni fa.
%
174
duale passaggio, da fiori che ancora portano i petali fino al frutto
perfettamente maturo che ha lanciato e continua a lanciare i suoi
semi. —
La forma microstila dunque di 0. cernua, THUNB. non è ste-
rile anche se isolata dalle altre due forme che completano la specie.
In qualunque luogo (Real Favorita, Giardino Inglese, Orto Bota-
nico, Giardino d’Acclimatazione) ne ho ricercato il frutto, l’ho ri-
trovato e sempre coi medesimi caratteri.
Come sopra dicevo, se si eccettuano i petali, tutte le parti
che costituiscono il fiore, sono persistenti nel frutto di O. cernua,
THuNB. La capsula, isolata dal resto del frutto, ha forma oscura-
| mente pentagonale bruscamente restringentesi in alto dove s°inse-
riscono gli stili. Questi, da incurvati verso l’esterno che erano nel
fiore, nella maturità del frutto si raddrizzano dando a questo l’ap-
parenza di una lunghezza che non ha. La lunghezza media del
frutto, dalla base dell’antico. talamo del fiore alla estremità degli
stili raddrizzati è di 7 mm.; frequenti sono lunghezze. minori co-
me anche lunghezze agi financo di 11 mm. Il colore del
‘ frutto è verde, anche dopo venuto a secchezza; solo gli stili sono
giallicci. La capsula é longitudinalmente deiscente e i semi, ros-
sicci, ricoperti di minutissimi bitorzoletti disposti in serie parallele
che danno l’idea di successive creste ed avvallamenti, ne fuorescono
con iscatto in virti di un involucro che li riveste a guisa di arillo,
Ma i semi sono scarsissimi anche nelle capsule più lunghe; essi
‘ vanno da 1 a 3; in casi veramente rari se ne riscontrano 4 o 5;
soltanto una volta ne ho contati 7 nella stessa capsula. Conseguenza
in parte di questo scarso numero di semi è che la capsula non è
mai perfettamente diritta. Difatti, poichè i semi alligano in così
piccol numero e tutti da un medesimo lato della capsula, questa si —
accresce maggiormente da tal lato, mentre dal lato opposto l’ac-
crescimento si arresta o, comunque, è meno pronunciato ; ; ne viene
la nota curva d’accrescimento con la concavità dal lato dove l’ac-
crescimento è minore o nullo. Questo carattere è così generale che
già, poco dopo caduta la corolla, si può prevedere quali dei fiori
daranno luogo a frutto ; basta osservare l’ovario : se questo accenna
ad incurvarsi, esso porterà ad una capsula.
Giunti a questo punto e riconosciuto che 10. cernua, THUNB.
presenta un caso identico a quelli osservati dall’HILDEBRAND, cioè
di una specie polimorfa che pur è cessata di essere sterile in una
delle sue forme sotto la quale si è sempre presentata, ritorneremo
alla questione che avevamo già posta, se, cioè, le due forme (la
mesostila e la longistila) scoperte dal Rrppa non debbano la loro
origine ai semi prodotti dalla forma microstila dell'O. cernua , a-
nalogamente ai casi osservati, come dicevamo , dall’ HILDEBRAND;
in cui una sola delle forme esistenti in un dato luogo, ha inte-
grato la specie producendo per autofecondazione le forme mancanti.
Questa ipotesi, per quanto spontanea essa nasca e confortata essa
sembri da esempii precedenti, abbiamo noi ragione di escludere.
Difatti, almeno venti anni fa il Sig. A. RiccoBono, Giardiniere
nel nostro Orto, raccolse delle capsule: di O. cernua , THUNB.
senza darvi importanza, e così fece per alcuni anni di seguito,
anzi egli iscrisse i semi di questa specie nel Catalogo del semen-
zaio dell’ Orto. Egli ebbe a dichiararmi tutto ciò quando io
caso, trovandomi ad avere in mano un mucchietto di frutti dell’ O.
cernua, glieli mostrai dicendogli in tono di scherzo se avesse vi-
sto mai di quella roba. Egli però negli ultimi tempi ha tralasciato
di far la raccolta delle capsule di O. cernua, nè possiede più dei
semi precedentemente raccolti. Or il Signor RIccoBONO, che io co-
nosco per persona seriissima, merita piena fede ; perciò possiamo -
esser certi che nell’Orto Botanico di Palermo VO. cernua, THUNB.
fruttifica da un ventennio e più. Ma se dai semi così prodotti trag-
gono origine le forme mancanti (la mesostila e la longistila) del-
lO. ceruua, come mai nel nostro Orto non si sono ancora esse
presentate ? Dunque poichè per così lungo spazio di anni e dietro
così abbondante produzione di semi, non sono ancora comparse nel
nostro Orto la forma mesostila e longistila di O. cernua, bisogna
dire che questi semi non sono capaci di produrre le menzionate
due forme. Esempio del resto non primo, poichè anche |’ HtLpE-
BRAND ne ha citato qualche altro. Ed allora, per risolvere la que-
stione, bisogna ricorrere ad un’altra ipotesi.
Al proposito ricordiamo come dalla descrizione del RiPPa ap-
pare che la forma mesostila e longistila sono delle forme li
rispetto alla brevistila.
Ciò abbiamo potuto noi confermare avendo avuto occasione di
esaminare anche esemplari delle due prime forme, cortesemente dal
RiPPA spediti, dietro richiesta, al nostro Orto, essendoci anche
sembrato esser la longistila alla sua volta in certo modo meno
robusta della mesostila. Ebbene noi diciamo che la brevistila.
to
longistila. Cotesta conclusione, nata dal considerare il’ diverso
vigore delle tre forme e a cui fui costretto dalla necessità di esclu-
dere le altre ipotesi, certamente più comuni e meno difficili ad es-
sere accettate se contro di esse non print i fatti, venne ino
seguito avvalorata dai fiori di O. cernua che raccolsi alla Favorita
e che per un caso fortunato mi vennero sottomano. Ignorando la
importanza dei fiori che io raccoglievo, non badai a raccogliere an-
che Je piante; però dall’altezza e dalla grossezza degli scapi e dalla
lunghezza e grandezza delle foglie, come dalla ricchezza in fiori
di ciascuna cima, non mi resta dubbio che il corpo vegetativo di
quelle piante non appartenesse alla forma brevistila. Disgraziata-
mente io non potei tornare sul luogo che otto giorni dopo, e non
trovai più nulla, perchè, essendo quello un coltivato a fave, si era
fatta la sarchiatura ed il luoto era ripulito.
Or quei fiori, raccolti alla Favorita tutti dentro uno spazio di
pochi metri quadrati, erano avvizziti (il grado di avvizzimento era
vario) prima che si fossero aperti, come dimostravano le tracce
dell’estivazione contorta ancora evidenti; però presentavano le di-
mensioni, varie esse pure, sotto le quali nel fiore ordinario non
. ancora sbocciato la brevistilia è già dichiarata , anzi i più grandi
iungevano o quasi la misura di quelli aperti. Ebbene, aprendo
ed osservando ‘essi fiori, potei riconoscere che i più piccoli erano
longistili, quelli di lunghezza mediocre erano mesostili e i più grandi
ancora presentavano una terza forma (quarta rispetto alla brevistila)
nella quale il ciclo degli stami inferiori si trovava al medesimo li-.
vello degli stili (1). La corrispondenza tra le dimensioni dei fiori
il morfismo sessuale era così pertetto che io potevo prevedere
il carattere del fiore prima di aprirlo ® Or questi fiori in un punto
della base del talamo, interno alla corolla, presentavano una mac-
chiolina giallo scura che penetrava nei tessuti. Sicuramente quella
era la sede di un qualche fungo che indeboliva lo sviluppo del
fiore e ne operava così la riversione della forma. Che poi del resto
in quel caso si trattasse di un fenomeno d’indebolimento , lo di-
‘mostrava il fatto che i fiori non erano potuti giungere ad apertura
e gli scapi un po’ giallicci, onde è da supporre che il male avesse
attaccato non soltanto i singoli fiori, ma l’intera pianta. Anche il
(1) Si capisce di leggieri che tal morfismo sessuale non poteva
presentare nei fiori in parola i rapporti precisi e regolari che nei
fiori normali. Per es. in generale la longistilia era data , oltrechè
dalla lunghezza degli stili, dall’ovario clorotico e lungo sit dell’or-
dinario. Aggiungiamo che tutti i flori mierostili normali dell’ O. cer-
nua passano, più o meno decisamente, nella cosidetta quarta forma
nell’ultimo pena del loro sviluppo, people cioè sta per cadere la
corolla.
17
Prof. MATTEI ebbe ad osservare i fiori in discorso, venendo e-
gli pure alla supposizione che quella macchia fosse di natura fun-
gina. Intanto questo punto, cioè della natura delle macchie, non potè
esser chiarito per aver trovato ; come ho detto, ripulito il dp
dove crescevano le Oralis in quessione.
Allora io mi accinsi ad alcuni esperimenti per tentare di pro-
vocare artificialmente (per via d’indebolimento, s'intende) la river-
sione della forma microstila nelle altre due. Così staccai dalle piante
madri un mazzolino di scapi e li misi in acqua soltanto. I primi
fiori, quelli cioè provenienti dai bottoni più grossi, sbocciarono
senza offrire nulla di anormale nemmeno nella grandezza. In seguito
. ogni giorno sbocciarono nuovi fiori, ma a misura che più piccoli
erano i bottoni da cui provenivano, più piccoli erano anche i fiori,
alcuni anzi erano dei fiori di O. cernua in miniatura ; tuttavia il
| morfismo sessuale rimase sempre lo stesso. I bottoni poi più pic-
coli perirono prima di aprirsi.
In una seconda esperienza, profittando del grande vigore della
specie e della grande resistenza che essa offre al disseccamento,
raccolsi altri scapi florali e li riposi all’ ombra all’aria aperta ;
questa esperienza le cose procedettero come nella prima, ar
che i bottoni, periti prima di giungere all’ apertura , furono più
numerosi. Più felice fui raccogliendo e mettendo all’ ombra le in-
tere piante; in questo caso i bottoni più grossi si aprirono senz’al-
tro di anormale che le minori dimensioni del fiore, ma dei bottoni
più piccoli, che furono capaci di pervenire all’apertura, qualcuno
sì dimostrò decisamente mesostilo. Dopo queste prime prove pen-
sai di operare sul fiore senza rimuovere la pianta dal suolo. Feci
perciò un taglio sul talamo da un sol lato in piccoli bottoni, tali
che la brevistilia non fosse ancora dichiarata; il taglio cicatrizzava
ed i bottoni si ripiegavano dal lato della cicatrice, certamente ef-
fetto di accrescimento ineguale nei due lati, in quello del taglio e
nel suo opposto. I fiori che ne provennero, furono sempre più pic-
coli dei normali, alcuni anzi molto più piccoli, e gli stami poi dal
lato del taglio erano brevissimi, specialmente quelli del ciclo degli —
stami corti. Certamente il risultato qui non era &fRivoco potendosi a =}
riferire, oltre che all’indebolimento dovuto al taglio dei fasci che
arrestò la libera circolazione della sostanza nutritizia , anche alla
ragione meccanica della pressione dovuta al ripiegamento del bot-
tone e del fiore sul lato operato. Per evitare questa causa mecca-
nica io, invece che tagli unilaterali, operai due tagli simmetrici,
ma il traumatismo era troppo violento per permettere lo sviluppo
di fiori regolari. Allora ricorsi alle punture fatte sul talamo in cor-
rispondenza degli stami brevi, Cosi, interrompendo il fascio con-
duttore, la sostanza nutritizia non poteva loro giungere che per la
via della diffusione tra cellula e cellula. In quest’ ultimo modo di
esperimentare mancò completamente il ripiegamento lamentato nella
esperienza precedente e gli stami brevi si presentarono più o meno
raccorciati; talvolta i filamenti erano così piccoli che le antere sem-
bravano sessili. Notevole che il filamento non presentò mai altra
anormalità che la minor lunghezza, segno questo che la puntura
era sempre caduta sotto di esso; nè le antere apparivano atrofiche
rispetto a quelle degli stami normalmente sviluppati. Così potei ri-
conoscere come una diminuzione di nutrimento , cioè una causa
debilitante, abbia dato una forma che si potrebbe chiamare me-
sostila. Sarebbe stato interessante procedere alla impollinazione dei
fiori ordinarii col polline degli stami brevi così ridotti, per osser-
vare se all'apparenza di mesostilia acquistata dai fiori operati cor-
| rispondesse l’efficacia della fecondazione, ma ciò allora io tralasciai
di/fare. Ad ogni modo, anche non dando altro valore ai miei e-
sperimenti che quello di semplici tentativi e pur considerando co-
me patologici i fiori mesostili e longistili rinvenuti alla Favorita,
io non posso non esprimere la convinzione, posto tutto quanto pre-
, che un indebolimento nella forma brevistila porti alla pro-
Fassi delle altre due forme. In natura ciò accadrà per cause pa-
tologiche, come è stato pel caso dei fiori raccolti alla Real Favorita,
ma accadrà anche per cause fisiologiche , perchè una riproduzione
mica prolungata arreca, come é assodato, lo spossamento della
stirpe. Dunque l'improvviso insorgere delle altre due forme nel-
l'Orto Botanico di Napoli si spiega per l’indebolimento più o me-
no pronunciato della forma brevistila, indebolimento indotto , se-
condo noi, dalla prolungata propagazione vegetativa , più che da
sfavorevoli condizioni di vita. Certamente, poichè il seme della for-
ma microstila si dimostra, come abbiamo visto, incapace a produrre
le forme mancanti, bisogna pensare che l’indebolimento agisca al-
terando nel corpo vegetativo i rapporti delle forme latenti, perciò
anche nel bulbillo; quindi, secondo noi, sono stati dei bulbilli della
orma microstila, modificati dall’indebolimento, che hanno dato le
altre due forme.
Naturalmente non è qui il caso di entrare a discutere le nu-
merose questioni (sull’ereditarietà, sul valore funzionale della pro-
pagazione agamica etc.) che questa mia conclusione trascina seco.
Per chiudere questo paragrafo sul trimorfismo dell'O. cernua di-
179
remo che il RIPA (1), e l’avevamo già accennato, eseguì esperi-
menti di fecondazione per incrocio tra le tre forme, e questa anzi
fu la dimostrazione più sicura che la forma mesostila e longistila
da lui scoperte fossero appunto le forme mancanti dell’
Or le capsule della forma microstila, di cui parla il RIiPPA, sono
appunto quelle ottenute per fecondazione col polline di fiori longi-
stili e mesostili, tanto che egli sin nelle sue ultime memorie insiste
nel dire che lO. cernua, THUNB. siasi cotanto propagata unica-
mente col sussidio dei bulbilli. Per queste esperienze d’incrocio il
RipPA crede di potere affermare che la forma microstila abbia ca-
rattere eminentemente maschile e la mesostila eminentemente fem-
minile. Anche il DARWIN (2) fa analoga distinzione per Lythrum
salicaria e forse non a torto; ma in quanto all’O. cerrua, pur
considerando i risultati delle esperienze del RIPPA, riteniamo che
valga anche per essa quel che l’HiLpeBRAND disse per le Owralis
trimorfe in generale, che cioè, « bei niherer Beobachtung sehen
wir, dass in jeder der 3 Formen zugleich minnliche und weibliche
Organe gut ausgebildet sind. Ware di kurzgriffige Form mànn-
lich, so missten die Narben verkiimmert sein, was durchaus nicht
der Fall ist-wire anf der anderen Seite die langgrifflige Form nur
Weiblich, so miisste der Pollen schlecht und wirkungslos sein, und
auch dim entspricht der Sachverhalt nicht der Vermuthungen Lin-
dley’s und Zuccarini’s (3). » LInpLEY, come del resto scorgesi dal
passo citato, contrariamente al DARWIN per Lythrum salicaria ed al
RipPA per l’O. cernua, credeva femminile la forma longistila delle
Oxalis trimorfe; ZuccanINI credeva, oltracciò, che la forma meso-
stila fosse sona Quanto può talora lo spirito di classificazione
dell’uomo !.
(1) Rippa G., Osservazioni biologiche sulla O. cern Hi,
In Bollettino dell'Orto Botanico della R. Università di Napoli; 190) pt.
— Osservazioni biologiche su l’Oralis cernua. In Bollettino della So-
cietà di Naturalisti in Napoli, 1902, p. 230.
(2) DARWIN C., Le varie forme dei fiori ete. p. 112 i
(8) Bra F., Ueber den Trimorphismus der Blitten inder |
"Gattung Oralis. In Monatsbericht. der Akademie der gprs do Sa
370,
su Dem 1866 p.
V. LE VARIETÀ DI 0. cernua, THUNB.
La prima varietà di O. cernua, THUNB. che sia stata indicata
é quella a fiore doppio e l’Autore che per primo la notò fu, a
quanto io sappia, G. Tineo. La sua Syropsis appunto, nell’ edi-
zione del 1796, sotto l’indicazione, a stampa, della forma ordinaria
di O. pes-caprae ne porta un’altra manoscritta di 0. pes-capraé
« flore pleno ». Nell’edizione del 1802 il manoscritto è sostituito
da un’indicazione a stampa.
In seguito questa varietà si riscontra menzionata spesso dagli
Autori e per luoghi anche lontani fra loro. Ma col tempo furono
segnalate altre varietà : la Namaquana dall’ HARVEY e SONDER (1),
l’etnea dal TORNABENE (2), la maculata dal Rippa (3). I carat-
teri che il TORNABENE riferisce della sua varietà mostrano come
essa non sia altro che VO. cernua che frequentissimamente si pre-
senta sotto individui rimpiccioliti a causa forse della stazione. La
varietà del TORNABENE dunque, secondo noi, é una delle frequenti
sviste di questo Autore. Della varietà da loro scoperta HARVEY e
SoNpER danno i seguenti caratteri : smaller, stemless, leaflets ob-
cordate, sub-bilobed, below hallaw-dotted, sub-pilose; scapes 2-3
flowered; pedicels glabrescont, = inch long; flowers smaller.
‘ Naturalmente noi, non avendo mezzo alcuno di controllare se
la Namaquana sia o no una vera varietà dell'O. cernua, THUNB.,
ci rimettiamo completamente ai due Autori che 1’ hanno scoperta.
La varietà del namaguana è una varietà locale, non essendosi mai
altrove riscontrata oltre al luogo dove fu rinvenuta da HARVEY e
SONDER.
Invece la varietà a fiore doppio è diffusissima, appunto ritro-
‘ vandosi (oltre che al Capo di Buona Speranza) per es. in Sicilia
ed a Madera, già fuori del nostro bacino mediterraneo.
Una grandissima rassomiglianza corre tra questa varietà e
quella maculata scoperta a Napoli dal RippA e così da lui chia-
mata per avere l’apice dei sepali macchiato di un rosso scuro 0
(1) Harvey e SONDER, Flora capensis, 1859-60.
(2) TornABENE F., Flora Aetnea Vol. I. p. 245.
(3) Rippa G., Su di un probabile disagi dell’ Oxcalis cermua,
TaunB. Nota Pa In Bollettino rag Società di Naturalisti in
Nene anno VIV, . XIV, p. 1, 1900,
u di un dai spontanea 0; Botaulco di Napoli. Ibim
di anno XIX, vol. XIX p. 171, 1905.
181
porporino. Infatti la parte basale in queste due varietà è identica,
eccetto forse la grossezza degli scapi e dei picciuoli delle foglie che
è maggiore in O. cernua var. fl. pl. Foglie e scapi poi sono in-
tensamente colorati in verde in entrambe le varietà ; le brattee fio-
rali ed i sepali hanno gli apici colorati in rosso scuro, come in
rosso scuro sono colorati i cuscinetti di articolazione delle foglioline
le quali presentano le caratteristiche macchie rossicce. Inoltre si ha
ancora rassomiglianza fra 10. maculata, RipP. e la varietà a fiore
doppio, nell’abbondanza delle pelurie. Si aggiunga la colorazione
rosso scura o vinosa abbondante nei petali esterni della varietà a
fiore doppio, e ridotta a semplici venuzze in quelli più interni, co-
lorazione che trova perfetto riscontro nelle infiltrazioni vinose ben
evidenti nei petali della varietà maculata del Rippa. Insomma in
tutto il corpo vegetativo, come financo nella colorazione dei petali,
delle due dette varietà corre, starei per dire, identità perfetta. U-
nica differenza quindi, astraendo dalla maggiore robustezza della
varietà a fiore doppio, è data dalla presenza in 0. maculata, RIPPA,
degli organi sessuali : stami e gineceo, che invece sono abortiti
nell’altra varietà. E qui dirò che mentre il RIPPA nella nota pre-
ventiva (1), con la quale annunziava la forma da lui scoperta,
pinava che essa fosse un discendente» illegittimo dell’ O. cernua,
THAUNB., in una memoria successiva (2) la elevò alla dignità di
una specie a parte trimorfa e triplostaurogama. Ma noi, per tutto
quanto abbiamo detto su la perfetta somiglianza dalla varietà a
fiore doppio e dell’Oralis del RIPA, crediamo che anche questa
sia una varietà dell’O. cernua allo stesso titolo della pleniflora.
Aggiungiamo che questa nostra convinzione trova appoggio in
una forma da noi osservata nell’Orto Botanico di Palermo dove è
coltivata col nome di 0. canescens (3) e che a prima giunta si scam-
bierebbe con 1’ 0. maculata del Rippa. Difatti, come quest’ Oralis,
ha essa fiori mesostili e sepali macchiati di rosso all’apice, ma di
tm rosso più sbiadito. Però tolte queste somiglianze, pur considere-
voli, vi sono tra le due forme, quella del RIPPA e quella da me no-
tata nel nostro Orto, tali differenze che, se non fosse ia la can i
(1) Già cit.
(2) Già cit.
(3) S'’intende che 1’O. canescens di cui qui parliamo 1 non ha ‘nulla
O da da con ]l SS canescens Jacq.
189. -
$ ratteristica colorazione dei sepali, quest’ultima Oxalis non richiame-
rebbe atfatto alla memoria 10. maculata, RIPPA
Anzitutto la colorazione verde degli scapi e delle foglie è in
quest’ Oxralis meno carica che in quella del RrpPA, somigliando per
questa parte la prima piuttosto alla forma niro dell'O. cernua
a cui si avvicina anche per la colorazione delle radici e delle basi
delle foglie e basi degli scapi. Inoltre i cuscinetti d’articolazione
delle foglioline nell’Oxralis palermitana mancano della colorazione
rossiccia, intensa invece nell’O. maculata, RipPA. In quanto alla di-
stribuzione ed alla quantità della pelurie l’ Oralis da me notata ha
perfetta somiglianza con la forma brevistila dell'O. cernua, con la
quale concorda anche pel colore giallo puro dei petali, non incon-
trandovisi che qualche volta una infiltrazione vinosa sfumatissima,
impercettibile. A tutto ciò si aggiunga che quell’unico carattere,
oltre alla mesostilia, pel quale l’Oxalis da me notata a Palermo,
richiama tosto alla memoria 10. maculata del RipPA, cioè la co-
lorazione rossiccia dell’apice dei sepali, è anche abbastanza atte-
nuato in quanto che, come abbiamo già osservato, questa colora-
zione nella prima è molto sbiadita.
Come vedesi, dunque, grandissima somiglianza corre tra lO.
maculata del RipPa e la varietà a fiore doppio; grandissima ne
corre tra la forma brevistila dell'O. cernua e la forma a sepali
dall’apice rossiccio da me notata a Palermo; somiglianza (mesosti-
lia e apice dei sepali colorati in rosso) corre infine tra quest’ultima
alis e 10. maculata del Rippa. Evvi dunque un passaggio gra-
duale tra tutte queste varie forme e parrebbe che la forma micro-
stila dell'O. cernua, THUNB. sia il primo termine di una serie che
va a finire nella varietà a fiore doppio attraverso l’ 0. maculata
da me rinvenuta a Palermo (adesso si Capadca sata io chiami
maculata quell’Oxralis che nel nostro Orto è stata sin’ oggi colti-
vata col nome di O. canescens) e l'O. maculata del Rippa. Con
ciò non intendo che 1° 0. cernua nelle sue variazioni individuali
abbia compiuto realmente questo passaggio graduale, essendo molto
probabilmente comparse le varietà l'una indipendentemente dall’altra;
cosicchè la gradazione che oggi si osserva più che darci la crono-
logia, per così dire, della comparsa delle tre varietà, serve soltanto
a chiarire la natura delle forme che noi consideriamo come varietà
dell'O. cernua, assicurandoci che esse sono realmente varietà, anche
saltuarie, dell’Oxralis summentovata. E proprio in questo sta la
massima importanza dell'O. maculata di Palermo, che colma la
grande lacuna intercedente tra 1’O. cernua e la varietà maculata
del RipPA, simulando così nna nave successiva derivazione fi-
183
logenetica, mentre tale derivazione, secondo tutte le probabilità,
non è che saltuaria.
A proposito della colorazione rossiccia che così frequente s’in-
contra nell’O. cernua (forme e varietà) io ho detto nel paragrat
riguardante la morfologia di questa specie,” come tale colorazione,
secondo il suo modo di distribuirsi e secondo l’intensità che essa
assume, sia un carattere differenziale delle diverse forme e va-
rietà (1). Quanto abbiamo detto qua e là dimostra appunto la verità
di questo carattere differenziale; per completare adesso quanto già
è stato detto, osserveremo che le radici della forma mesostila e
longistila sono, per l’intensità, identicamente colorate. che quelle
della forma microstila, ma le foglie e gli scapi colorati alla base
in rosso vinoso sono più numerosi nella, forma mesostile. che non
nella brevistila, e nella longistila più numerosi che non nella me-
sostila (nella longistila sfuggono alla colorazione vinosa forse sol-
tanto le basi delle foglie più interne). Le radici poi e tutta la parte
basale dell'O. maculata di Palermo rassomigliano, e per l’esten-
sione e per la debolezza del colore vinoso, alle corrispondenti parti
della forma microstila dell'O. cernua y invece le medesime parti
nell’O. maculata, RipPa e nella varietà a fiore doppio sono inten-
samente colorate (radice e base di ciascuna foglia e di ciascuno
scapo), specialmente nell’ultima. Anzi la colorazione vinosa della
radice e parte basale è così caratteristica nella variétà a fiore doppio
che se si pigliano tutte le altre forme (meno l’O. maculata del
RIPPA), e questa varietà, nascondendo tutte le altre parti meno le
basi, dalla semplice ispezione di queste si riconosce subito la va-
rietà a fiore doppio. Difficile invece riesce riconoscerla per tal modo
dall’O. maculata del Rippa per la somiglianza di colorazione che
abbiamo detto, non sempre sovvenendo la differenza - di masala
che già sappiamo, dei picciuoli e degli scapi.
Possiamo così riassumere il vario modo di distribuirsi di. tale ni
colorazione rosso vinosa nelle forme e varietà di 0. cernua.
Forma microstila : radice principale Liimbii verso o l'iotee- e
mo superiore, talora colorazione vinosa as:
(1) Questa colorazione rosso vinosa o rosso porporina che voglia
dirsi, è frequente nella famiglia delle Oxalidacee ; in alcune specie
| Poi acquista una intensità ed una estensione straordinaria, come in
O. tropaeoloides e O. lasiandra ;
sai sbiadita, poche foglie e pochi scapi
-presentanti alla loro base una debole co-
lorazione vinosa; cuscinetti d’articolazione
delle foglioline rossicci; foglioline con mac-
echioline rossicce informi sparse qua e là.
Forma mesostila : radice come sopra, foglie e scapi colorati
alla base più numerosi; cuscinetti d’ ar-
ticolazione delle foglioline come sopra; fo-
glioline prive di macchie rossicce, eccetto
alla base dove esse formano come un trian-
golo col vertice in alto.
Forma macrostila : radice come sopra; foglie e scapi colorati
alla base ancor più numerosi ; cuscinetti
| di articolazione delle foglioline STO sopra ;
foglioline come sopra per la forma meso-
s
Oralis maculata (di Palermo): radice e base degli scapi e
; delle foglie come sopra per la forma mi-
crostila ; cuscinetti di articolazione non
rossicci, foglioline senza macchie rossicce;
apice dei sepali in rosso mattone sbiadito.
Owalis maculata, RipPA: radice rossiccia, le basi delle foglie
e degli scapi tutti colorate in rosso vinoso
intenso ; cuscinetti d’articolazione lo stesso;
SATA su le foglioline, apice dei sepali
° in rosso scuro; petali con infiltrazioni vi-
nose.
Varietà a fiore miti Radice, basi delle foglie e degli scapi,
come sopra, ma più intensamente; cusci-
netti d’articolazione rosso scuro, foglioline
| con macchie rossicce scure piuttosto ampie,
apice dei sepali in rosso scuro; petali e-
sterni con ampie strisce rosso vinose 0
rosso porporine e scure, petali interni con
infiltrazioni vinose più o meno forti, più o
meno nare
CONCLUSIONI.
1° Possiamo ben dire che, tra le piante trimorfe, quello del-
lO. cernua, THUNB. è un caso classico
Come già sappiamo, il SAvIGNY è l’unico degli antichi Autori
che abbia fatto menzione della capsula di O. cernua; però abbiamo
accennato al dubbio che egli avesse visto delle capsule ottenute per
incrocio o che avesse indicato come capsula l’ovario persistente per
alquanto tempo anche dopo la caduta dei petali. Tutto ciò sem-
rerà più verosimile ove si pensi che dopo il SAvIGNY nessuno dei
numerosi Autori, anche coscienziosi, che ebbero occasione di par-
lare dell’O. cernua, accennò mai alla capsula, anzi ve ne sono pa-
recchi che espressamente dicono di non aver potuto trovarla (1).
Onde non temiamo di affermare che 1’O. cernua, THUNB. sia stata
realmente sterile sino agli ultimi anni, conformemente del resto alla
natura trimorfa della specie ed al comportamento di altre consorelle.
Ma un caso classico, come dicevamo, resterà quello dell’O. cernua
perchè è stata la specie che più a lungo ha conservato quell’equi-
librio interno pel quale una forma isolata di una specie polimorfa
persiste nell’ inefficacia della fecondazione autogama. Esempio
perciò tanto più splendido per dimostrare la potente azione rever-
siva che l’isolamento esercita su le specie polimorfe. Su questo
punto però adesso non vogliamo addentrarci perchè speriamo di
raccogliere altro materiale per potere esprimere, anche col sussidio
i quanto sin’oggi si è appreso sull’argomento, alcune nostre con-
siderazioni generali sul polimorfismo
L’O. cernua, THUNB. non produce fiori cleistogami.
3° L’O. maculata del RirPA non é una specie distinta, ma
una varietà dell'O, cernua, THUNB. molto progginà a quella a fiore
doppio.
4° Negli ultimi tempi lO. cernua, THuxB. ha snanti un
nuovo e potente mezzo di diffusione, cioè quello per semi. -
Dot. FRaNcESCO RaPPa
(1) Veramente vi sario il TORNABENE che ha descritto la ca-
sula di O. cernua, THUNB., ma noi abbiamo visto come egli in ciò
avesse giocato di fantasia; WiLLKOMM e Lange poi, per quel che
dicono della capsula, appartengono al nostro tempo (1850).
Rassegna delia stampa coloniale agraria.
Boschi e piante legnose dell’Eritrea (1). — Il Prof. ADRIANO
FrorI fu nel 1909 in Eritrea, per incarico del Ministero degli Af-
fari Esteri, visitando a lungo tutta la Colonia, con l’obiettivo prin-
cipale di riconoscerne le reali condizioni dal punto di vista bota-
nico forestale. Ora pubblica, in grosso volume, la relazione dei ri-
sultati ottenuti in c'etta esplorazione, risultati non solo di interesse I
scientifico, ma ancora di reale utilità pratica. 1a
In una prima parte l'Autore tratta della tutela forestale nella
Colonia Eritrea, esaminando quali furono le cause che condussero
al diboscamento della regione, e quali cause si opposero e si op--
pongono alla naturale riproduzione degli alberi. Le cause prime. —
del diboscamento furono le operazioni guerresche , e, ritornata la
pace, il bisogno di cercare aree nuove e sempre più estese da met-
tere a coltura. Fra le cause poi che si opposero e si oppongono |
alla naturale riproduzione degli alberi va considerato anzitutto il
modo estensivo di coltura praticato dagli indigeni, senza concimazione, —
richiedente lunghi periodi di riposo, per cui vengono successiva-
mente poste a coltura nuove superfici : a tal fine se ne ottiene =
(1) FioRI ADR., Boschi e piante li dell’ Eritrea. Edizione
| dell’Istituto Agicato Coloniale Italiano. Firenzel 912, > p. 177 ill.
| diboscamento incendiando tutta la vegetazione che vi cresce, ed
appunto così furono distrutti i migliori boschi della Colonia. Un’al-
| tra causa di grave momento devesi ricercare nella pastorizia, causa
l'allevamento brado del bestiame: gli indigeni, considerando il be-
stiame come la loro maggiore ricchezza, fanno il possibile per au-
mentarne la quantità, ma poi nulla tentano per aumentare la pro-
duzione foraggiera. Ne deriva che le erbe sono divorate prima che
abbiano potuto sviluppare fiori e frutti, si che. la vegetazione er-
bacea isterilisce, mentre le acque, colà violentissime, compiono l’o-
pera di distruzione, asportando il terreno, denudando le roccie. Ma,
venuta meno la vegetazione erbacea, il bestiame si rivolge a quella
arborescente : i giovani alberi sono mutilati, le piccole piante bo-
schive strappate e distrutte: a compiere la rovina i pastori abbat-
tono, nei periodi di siccità, tutti gli alberi verdeggianti che incon-
trano, per dare agio al bestiame di pascolarne le foglie ed i teneri
rami. Anche la necessità di avere legname si aggiunge alle cause
predette : dapprima se ne fece gran consumo per la costruzione
dei presidii militari mobili, ed anche ora molto se ne richiede per
la costruzione delle case a tipo abissino. Parimenti enorme è il
consumo richiesto per il funzionamento delle caldaie a vapore, u-
sate in alcune industrie, come per le miniere aurifere o per le of-
ficine elettriche, e delle fornaci da mattoni e da calci.
Il FrorI passa quindi a trattare dei provvedimenti da adot-
tarsi per una efficacie tutela dei boschi, rilevando come quelli ora
‘in vigore sono insufficienti, sia perchè tardivamente escogitati ed
applicati, sia perchè manca il personale tecnicamente adatto a farli -
eseguire. Egli quindi insiste sulle seguenti proposte :
1° Istituzione di un ufficio di ispezione fore-
stale, con Sede in Asmara, ed alla dipendenza diretta del Gover-
natore, affidato a persona competente ed attiva.
2.° — Istituzione di un corpo di aio di guardie
forestali, parte bianche e parte indigene.
3.° — Impianto di vivai forestali, capaci. di fornire i
‘ tutte le atta necessarie be: i lavori di rimboschimenti da ini-o ;
ziarsi.
RARO in tutte le località ‘adatte, usato.
non solo le essenze indigene, ma anche quelle essenze esotiche che
hanno già dato buona prove in qualche paaagroo attorno “>
DS
188. i
abitati : ad esempio diverse specie di Ewcalyptus , diverse specie
di 3 d'Australia, tutte le Casuarinae, lo Schinus molle ete.
—Tmpianto di parchi ad uso d’arboreto e pian-
di d’alberi presso gli abitati. Questi, oltre che per il comodo
e l’estetica dei villaggi, avrebbero ancora valore esperimentale per
l’ acclimatazione delle essenze esotiche , allo scopo di moltiplicare
dappoi nei vivai quelle solo che presentassero affidamento di mi-
gliore riuscita. Gli inglesi nelle loro colonie vanno piantando al-
beri ovunque ed in tutti i modi, mentre in Eritrea ben poco si è
fatto in proposito : tuttavia qua e là si notano promettenti esem-
plarf-di Parkinsonia aculeata, di Poinciana regia, di Jacaranda,
di Pithecolobium dulce, e di altre essenze, le quali tutte dimo-
strano come molte specie esotiche potrebbero prosperare in Colonia.
Infine l'Autore tratta della designazione e delimitazione dei
boschi da dichiararsi riservati con divieto di pascolo, e delle aree
parimenti da vincolare, perchè adatte a rimboschirsi : speciale ri-
guardo dovrà usarsi nell’ accordare ulteriori concessioni agrarie,
massime per colture cotoniere, allo scopo di impedire la distruzione
| delle boscaglie che tuttora vi persistono. Così pure si dovrà op-
porre un divieto assoluto all’impianto di nuove caldaie, alimentate
con legna, curando anzi, con facilitazioni di trasporto, la sostitu-
zione del petrolio 0 del carbon fossile alla legna, in quelle già e-
sistenti..
Nella seconda parte di quest'opera il FroRI tratta dei caratteri
che presenta la vegetazione arborescente dell’Eritrea. Dopo averci
fatto assistere, in modo mirabile e smagliante, alla successione dei
paesaggi botanici che si incontrano, procedendo dalle infuocate ed
aride spiaggie del Mar Rosso, fino alle regioni più interne della. %
Colonia, ricche di lussureggiante vegetazione, viene a trattare mi-.
nutamente delle zone climatiche e delle zone di vegetazione della -
Eritrea, corredando di molti dati statistici tale importante studio.
Sono brevi ma sufficienti nozioni fitogeografiche, opportunissime @
prospettare una figurazione chiara ed esatta delle diverse zone ve-._
getali della Colonia, come pure dei tipi di piante arboree che vi
sono caratteristici, ed atte a fornire utili indicazioni intorno alle
iR
- specie ed alle associazioni vegetali, delle quali riuscirà opportuno
promuovere lo sviluppo. L’ Autore riconosce nell’ Eritrea quattro
zone di vegetazione, cioè :
1.° — Zona del Sambar e del Bassopiano sudanico,
dal mare fino a 600 metri di altitudine, comprendente la sottozona
marittima, quella della Dankalia interna, quella del Bassopiano o-
rientale od Eritreo, e quella del Bassopiano occidentale o Sudanico.
2.° — Zona della Quolla, da 600 a 1700 metri di alti-
tudine, comprendente la sottozona delle Pendici orientali od Eri-
tree, e quella delle Pendici occidentali o Sudaniche.
— Zona della Voina-Degà, da 1700 a 2400 metri
di altitudine, comprendente la sottozona marginale dell’ Altipiano,
e quella dell’Altipiano propriamente detto.
4.° — Zona della Degà, da 2400 a 3700 metri di altitu-
| dine : quest’ultima è appena accennata nell’Eritrea e con caratteri
di transizione.
Per ognuna di queste zone e sottozone il FroRI tratta a lungo
delle principali piante legnose che vi crescono e degli adattamenti
biologici che presentano, procedendo da ultimo ad interessanti
confronti fra la flora dell’Eritrea e quella delle finitime regioni bo-
taniche, dai quali emerge che nell’Eritrea confluiscono le flore di
due provincie o dominii di vegetazione, cioè quello Abissinico e
quello Sudanico. Tuttavia la prevalenza è del dominio Abissinico,
essendo il maggior numero delle specie di tale regione limitato alla
zona che include l’Abissinia, 1’ Eritrea, e la vicina costa Arabica,
| né oltrepassando tali confini.
Nella terza parte dell’opera il Fiori ci presenta il Catalogo ;
delle Piante legnose dell’Eritrea : ma non è un semplice elenco,
| bensì sono aggiunte chiarissime diagnosi, accompagnate da brevi
| ma sufficienti notizie storiche e fitogeografiche : nitide illustrazioni
. ne facilitano il riconoscimento. Questa enumerazione, che forma la
parte maggiore dell’opera, si presenta tosto di sommo ‘vantaggio,
tanto a chi perlustri, come raccoglitore e naturalista, quelle regioni,
che rappresentano ancora un ricco campo di ricerche, quanto al-
l’agricoltore ed ‘al tecnico, che limitano la loro attenzione partico-
larmente a quelle specie che offrono possibilità di pratiche appli-
‘cazioni, e che fra le specie legnose Eritree si annoverano in così
7 dettagliatamente l'esame
Sa ci ll adenizoni di meglio dea le è pricipali cressisciate #3
della Flora Eritrea. Premettiamo che questo Catalogo contempla
solo le piante legnose, ma l’aggiunta di quelle erbacee non può di
molto cambiare le relative conclusioni : in esso sono annoverate 84
famiglie, comprendenti complessivamente 245 generi e 477 specie.
_ Le famiglie più numerose sono: Leguminose con 72 specie, Acan-
tacee con 29 specie, Euforbiacee con 24 specie, Labiate, Solanacee,
Malvacee e Capparidee con 17 specie ognuna, Gigliacee con 16
specie ; tutte le altre ne hanno un numero minore. I generi più
ricchi di specie sono: Acacia con 18 specie, Solanum con 15 spe-
cie, Cissus e Barleria con 11 specie ognuno, Ficus ed Euphorbia
con 10 specie ognuno, Grewia con 9 specie, Aloe e Loranthus con
8 specie ognuno, Commiphora, Hibiscus, Combretum con 7 specie
ognuno : tutti gli altri ne hanno un numero minore. Le principali
specie endemiche dell’ Eritrea sono le seguenti: Oxytenanthera
Borzii, MATTEI, Hyphaene dankaliensis, Becc., Hyphaene nodu-
laria, Becc., Aloe puberula, BERGER, Aloe percrassa, Ton., Aloe
macrocarpa, Ton., Aloe Schoelleri, Scawr., Loranthus Sennii,
MATTEI, Arceutobium Juniperi-procerae, CHIOVEND., Gyrocarpus
Hababensis, CHIOVEND., Maerua Lanzae, FroRI, Rhynchosia Ery-
thraeae, SCHWF., Commiphora samharensis, Scawr., Euphorbia
Thi, ScHwr., Euphorbia triacantha, EHRENB., Euphorbia infesta,
Pax., Pistacia falcata, Becc., Pappia Radlkoferi, ScHwF., Rha-
mnus Deflersii, ScHwr., Hibiscus teramnensis, Pax., Melhania
Steudneri, Scuwr., Weihea Salvago-Raggii, Carovenn., Jasmi-
num bogosense, Becc., Cordia Zedambae, MarTELL., Heliotro-
pium abyssinicum, VATKE, Coleus ghindanus, Scawr., Coleus
Penzigii, Scuwr., Stachys bizensis, ScHwr., Blepharis brevici-
liata, FioRrI, Crossandra Johanninae, FIORI, Barleria Steudneri,
CLARK, Rhinacanthus Chiovendae, Fiori, Plectronia bogosensis,
MARTELL., Pavetta kerenensis, Becc. Notiamo tuttavia che questo
numero di endemismi sarebbe di molto aumentato qualora fossero
considerate come entità specificamente distinte molte forme, che il
FiorI ha ritenuto per varietà locali di specie ad area più estesa.
Inoltre si potrebbero considerare pure come endemiche molte specie
che non furono enumerate come tali, solo perchè escono alquanto
dai confini politici nella nostra Colonia, penetrando qualche poco
in Abissinia. In tal modo il numero degli endemismi Eritrei ver-
rebbe agevolmente almeno quintuplicato.
Sappiamo poi che è iaia del FioRrI di estendere le sue in-.
191
vestigazioni anche alle piante dei pascoli e dei prati Eritrei, per
cui attendiamo presto una nuova pubblicazione che faccia degno
seguito alla presente, per completare la conoscenza scientifica e te-
cnologica della Flora Eritrea.
sx
La Flora della Libia (1). — La recente conquista della Libia
per opera dell’Italia ha richiamata l’attenzione dei botanici e degli
agricoltori sulle attuali conoscenze floristiche delle regioni. aperte
alla nostra colonizzazione. Ciò tanto per il desiderio di conoscere
quali sono le produzioni naturali di quei paesi e l’utilizzazione che
se ne potrebbe ritrarre, quanto per potere, dalla conoscenza della
flora indigena, ritrarre norme atte a stabilire quali potranno essere
le colture che più vi si adattano.
Benchè la Libia sia rimasta fin quì quasi totalmente chiusa
all’espansione colonizzatrice e civilizzatrice dei popoli civili, tuttavia
le conoscenze che abbiamo della sua flora sono più complete di
quello che potrebbesi supporre. Diversi peregrinatori che vi pene-
trarono, riportarono, a diverse riprese, ricche raccolte di piante,
le quali furono illustrate da distinti specialisti. Così si ebbero le
raccolte del DeLLA CELLA, pubblicate dal ViviaNnI, quelle del Da-
veAU, del LETOURNEUX e di-altri, che diedero occasione al Cosson
di farne importanti pubblicazioni, quelle del RoHLFS e dello ScH-
WEINFURTH, illustrate dall’AscHersoN ed altre parecchie. Però le
raccolte più complete furono quelle riportate dal TAUBERT, che di-
morò a lungo in Tripolitania ed in Cirenaica, per incarico del
BARBEY. Queste ultime raccolte specialmente furono utilizzate da
Duranp e da BarrATTE nella compilazione del loro Florae Li-
bycae Prodromus, che può considerarsi fin qui l'opera floristica
più completa concernente la Libia, e che necessariamente dovrà — _
essere consultata da chiunque desidera farsi un concetto esatir aaa ir
ok di detta regione. Appunto da tale opera ricaviamo i scruenti | ©
(1) Duranp ErN. et BaRRATTE G., Florae Libycae Prodromus ou
Sega sia des piante: de Tripolitaine. Genéve, Romet, 1910.
dati statistici, utilizzando ancora un importante studio, testè pub-
blicate dal Prof. Borzi (1) sullo stesso argomento. Ci limitiamo
però alle sole fanerogame, essendo le nostre conoscenze relative
alla flora crittogamica della Libia ancora troppo incomplete: esclu-
diamo pure da. questo studio la flora del Fezzan e quella della Mar-
marica, che meno ci interessano, mentre esamineremo separatamente —
la flora della Tripolitania e quella della Cirenaica, che presentano
sufficenti diversità per giustificare il doversi ritenere distinte.
Nella Tripolitania propriamente detta furono fin quì riscontrate
623 specie vegetali, con 331 generi, appartenenti a 70 famiglie.
Le famiglie meglio rappresentate sono: Composte con 80 specie,
Leguminose con 66 specie, Graminacee con 64 specie. Ogni altra
famiglia ne presenta un numero minore. Riguardo alla loro distri-
buzione, di queste 623 specie sole 12 sono endemiche della Tri-
politania, mentre ben 374 si trovano anche in Italia. Le specie
endemiche sono: Silene articulata, S. cryptantha, Paronychia
tripolitana, Pituranthos Rohlfsianus, Helosciadium radiatum,
Perralderia Garamantum, Anthemis glareosa, Phelypaea compacta,
Anabasis gracilis, Iris 8 ih tica, Muscari stenanthum, Vulpia Le-
tourneurii.
Nella Gres poi furono fin quì riscontrate 813 specie ve-
getali, con 368 generi, appartenenti ad 84 famiglie. Le famiglie -
meglio rappresentate sono: Graminacee con 85 specie, Leguminose
con 80 specie, Composte con 72 specie. Ogni altra famiglia ne pre-
senta un numero minore. Per la loro distribuzione, di queste 813
specie ben 50 sono endemiche della Cirenaica, mentre 532 si tro-
vano anche in Italia. Le specie endemiche sono : Hypecoum aequi-
lobum, Diplotawis cyrenaica, Sinapis cyrenaica, Reseda odorata,
R. Petrovichiana, Viola scorpiuroides, V. in u.narica, Polygala
| Aschersoniana, Tunica Davaeana, T. cyrenaica, Silene cyrenaica,
Telephium Barbeyanum, Hypericum Decaisneanum, Rhamnus
libyca, Ononis cyrenaica, On. calycina, Astragalus Taubertianun,
Astr. cyrenaicus, Sedum bracteatum, Pituranthos denudatus,
.(1) Borzì A., Dati statistici riassuntivi sulla flora della Libia
in confronto a quella Siciliana. Pubblicazione del Ministero degli
Affari Esteri. Roma 1912,
193
Athamanta Della-Cellae, T'hapsia Silphium, Ferula marmarica,
Asperula cyrenaica, Anthemis Tauberti, Anth. cyrenaica, Senecio
cyrenaicus, Echinopus cyrenaicus, Lactuca Haimanniana, Cy-
clamen Rohlfsianum, Onosma cyrenaica, Linaria angustifolia,
Eufragia Vivianii, Orobanche desertorum, Or. cyrenaica, Micro -
meria conferta, Nepeta Vivianii, Stachys rosea, Teucrium Bar-
beyanum, T'. Davatanum, Statice cyrenaica, Plantago cyrenaica,
PI. crassipes, Polygonum induratum, Orchis cyrenaica, Ornitho-
galum Barba-caprae, Allium Ruhmerianum, Romulea dba
Cynosurus junceus, Poa cyrenaica.
Da uno sguatdo complessivo poi alla flora indigena della Libia,
emerge che le condizioni di vegetazione della Tripolitania e della
Cirenaica sono assai somiglianti a quelle dell’Italia meridionale e
specialmente della Sicilia. Però la Tripolitania propriamente detta,
infr enzata dalla vicinanza dei deserti Libico e Sabarico, comprende
tipi prevalentemente xerofili e scarseggia di essenze boschive: la
Cirenaica invece, maggiormente influenzata dalla vicinanza del Me-
diterraneo, scarseggia di tipi xerofili, mentre abbonda di essenze
- boschive. Ne deriva che la Cirenaica offre una vegetazione mag-
giormente affine alla nostra di quella della Tripolitania, e possiamo
da questo dedurre che le nostre colture potranno adattarsi bene ad
entrambe le regioni, ma troveranno condizioni più propizie per il
loro sviluppo iu Cirenaica che non nella Tripolitania propria-
mente detta. —
s'e -
La flora delle arene marittime in rapporto ii ari
€ rimboschimento delle dune (1).--Un esperto cultore dell’agraria
coloniale fu il Dottor PEHR OLsson-SEFFER: egli, svedese di na-
scita, dopo avere viaggiato a lungo, a scopo di istruzione, per molti
paesi tropicali, fini per istabilirsi al Messico, organizzando g:diri.c
gendo Seportanti puastagioni di Caoutchouc: fu colà che, gini ;
#
(1) OLsson-SeFrER P., Genesis and Development ot Sand For-
mation on Marine Coast. The Sand Strand Flora of Marine Conti:
Pubblication of Augustana rice i Rock Island 1910,
mesi or sono, venne barbaramente trucidato in una insurrezione di
rivoluzionarii, mentre pacificamente recavasi in ferrovia a visitare
le proprie colture. Fra i molti lavori di botanita e di pratica co-
loniale che l’OLsson-SEFFER ha pubblicato, uno, forse l’ultimo, ci
interessa in modo particolare, perchè tratta della flora delle arene
marittime e conseguentemente delle colture e dei rimboschimenti
delle medesime, massime in rapporto alla fissazione delle dune.
Nella prima parte 1’ Autore tratta della genesi e dello sviluppo
delle formazioni arenose lungo le coste, cioè delle spiaggie arenose,
delle dune propriamente dette e dei campi arenosi situati in vici-
nanza delle stesse coste, rilevando da ultimo quali sono le condi-
zioni di vita che trovano colà le piante. Nella seconda parte l’ Au-
‘tore studia separatamente e minutamente le principali caratteristiche, -
dal lato della vegetazione, delle formazioni arenose marittime delle
principali regioni del globo. Vengono successivamente illustrate le
coste del Mar Baltico, le spiaggie del Golfo di Finlandia, le Isole
del Baltico, le coste occidentali della Russia, le coste settentrionali
della Germania, le coste meridionali della Svezia, le coste occiden-
tali della Danimarca nel Mare del Nord, le dune arenose dell’O-
landa, la Scozia, le coste europee dell'Atlantico, presso Plymouth
in Inghilterra, e le coste occidentali della Francia, le formazioni
arenose delle coste occidentali d'Australia, le dune dell’Australia
meridionale, le spiaggie arenose presso Sydney, le arene mobili del
Queensland, la Nuova Zelanda, le Isole Hawai, le coste dell’O-
ceano Pacifico nell'America settentrionale, la Baja di Monterey,
il Sud della California, il Messico e l'America centrale, le coste
occidentali di Chiapas, le formazioni arenose di Vera Cruz etc.
Bellissime illustrazioni, riprodotte da fotografie, ci presentano l’a-
spetto delle diverse dune o formazioni marittime di cui l’Autore
va trattando, e dei diversi tentativi fatti per fissarle, con Pinus,
con Ammophila e con altre piante appropriate. 2
Infine l’OLsson-SEFFER dà un elenco abbastanza completo delle
principali specie fanerogamiche che concorrono a formare la vege-
tazione delle coste marittime. Siccome per la maggior parte queste
piante presentano caratteri particolari di adattamento e di resistenza,
che le rendono atte a vivere nelle dune, a fissarle, e ad iniziarne
il rimboschimento, crediamo utile riportare l’elenco di quelle che
x
riteniamo più appropriate per le nostre regioni: ciò è di grande.
interesse non solo considerando l’enorme sviluppo di coste marit-
195
time che presenta l’Italia e la loro improduttività, ma ancora l’e-
stensione di nuove coste, occupate da dune; che abbiamo aggiunto
con l’annessione della Tripolitania e della Cirenaica.
Della famiglia delle Ranuncolacee non troviamo alcuna specie
utilizzabile sotto questo aspetto. Delle Dilleniacee sono citate tre
specie del genere Candollea, cioè O. glaberrima, StEUD., C. Hue-
gelii, ENDL. e O. pedunculata, R. BR., tutte delle formazioni a-
renarie dell'Australia : della stessa famiglia si ha. pure 1’ Hibbertia
grossulariaefolia, SALISB. parimenti dell'Australia : sono tutti ar-
busti o frutici ma difficilmente potrebbero attecchire anche da noi.
Parecchie sono le Crocifere marittime, ma nessuna ci sembra adatta
al nostro scopo, così pur dicasi delle Violacee. Delle Pittosporacee
invece abbiamo la Bursaria spinosa, Cav., il Pittosporum cras-
sifolium, A. CUNN. ed il Pittosporum umbellatum, BANKS. et SoL.
dell’Australia, di Tasmania e della Nuova Zelanda, arbusti utiliz-
zabili anche da noi. Delle Frankeniacee, alcune specie suffrutescenti,
possono pure servire allo stesso scopo, sopratutto la Frankenia
grandiflora, C. et S. di California e del Messico. Specie poco im-
- portanti a tale riguardo sono quelle marittime appartenenti alle
Cariofillee, alle Portulacee, alle Tigliacee; alle Linacee ed alle Zi-
gofillacee. Forse qualche valore può avere la Correa alba, ANDR.
piccolo frutice dell’ Australia meridionale, spettante alla famiglia
delle Rutacee. Alle Ramnacee appartiene il Ceanothus thyrsiflorus,
Eson. arbusto di California, e la Discaria Toumaton, RAOUL,
“lella Nuova Zelanda, che certamente riuscirebbero anche da noi.
| Alle Anacardiacee poi appartiene il Corynocarpus laevigatus, FoRST.
pure della zona costiera della Nuova Zelanda, il quale ha già dato
| buona prova di perfetta resistenza in Sicilia. Molte sono le Legu-
minose che crescono nelle arene marittime : fra quelle di maggior
Valore troviamo diverse specie di Acacia, e principalmente Ac. re-
| finodes, ScRLECHT, Ac. salicina, LinpL., Ac. pycnantha, BENTA.,
tutte dell’Australia, resistenti pure da noi. Altre Leguminose, fru-
| tici od arbusti, analogamente utilizzabili sono : Crotalaria Cun-
ninghamii, R. Br. dell'Australia, Gastrolobium spinosum, BENTH.
pure dell’Australia, Genista monosperma, Lam. della Regione Me-
| diterranea, Lupinus arboreus, Sims. di California, Oxylobium cal-
listachys, BENTR. ed Ox. reticulatum, MEISSN. entrambi dell’Au-
| Stralia, Ulex europaeus, L. della Regione Mediterranea e qualche
| Altro. Poche sono le Rosacee marittime di qualche importanza :
più di tutte interessa 1’ Adenostoma fasciculatum, H. et A., ar-
busto sempreverde caratteristico delle dune di California. Nessuna
specie interessante trovasi appartenente alle Crassulacee nè alle
Haloragee ; fra le Rhizoforacee abbiamo la Rhizophora mangle, L.
albero trampoliere, frequente in tutte le coste tropicali, ma non
abattabile alle nostre regioni. Parecchie invece sono le Mirtacee
marittime che potrebbero pure essere utilizzate in Sicilia: fra
queste possiamo citare la Cw/ythrix aurea, LinpL., la Kunzea po-
mtfera, F. MUuELL., i Leptospermum laevigatum, F. MUELL.,
L. scoparium, Forst. e L. myrtifolium, SieB., le Melaleuca
parviflora, REICH. e. M. ericifolia ; SMITH. etc. tutte Mir-
tacee dell’ Australia : aggiungasi la Metrosideros tomentosa, A.
RicH. della Nuova Zelanda: quasi tutte queste specie sono
resistenti anche in Sicilia. Nessuna specie di qualche valore per
lo scopo che ci occupa, trovasi nelle famiglie delle Onagrariacee,
delle Aizoacee, delle Ombrellifere, salvo forse l’ Angelica rosaefolia,
Hooxk., specie suffruticosa della Nuova Zelanda, appartenente ap-
punto alle Ombrellifere. Più importante é il Pseudopanax Lessonii,
C. KocH., piccolo albero della Nuova Zelanda, appartenente alle
© Araliacee. Fra le Rubiacee abbiamo due frutici, la Coprosma
acerosa, A. Cunn. e la C. Baneri, EnDpL. entrambi della Nuova
Zelanda. Le Valerianacee e le Campanulacee non presentano al-
cuna specie utilizzabile, e poche le Composte, benchè queste ultime
comprendino numerose specie marittime. Forse potremo citare alcune
Artemisiae , parecchi Aster e principalmente Ast. amxillaris
J. MUELL., Ast. glutinosus, BENTH., Ast. ramulosus, BENTH.,
Ast. Salandri, Hook. dell'Australia e della Nuova Zelanda: ag-
giungasi Baccharis pilularis, D. C. arbusto di California, Calo-
cephalus Brownii, F. MUELL. arbusto dell’ Australia; Cassinia
fulvida, Hoog. e C. retorta, A. CunN, arbusti entrambi della
Nuova Zelanda: forse ancora potremo includervi alcune specie d!
Corethrogyne e di EriophyUlum della California, e qualche altra.
Delle Ericacee abbiamo la Cyathodes acerosa, R. BR. ed i Lew-
copogon margarodes, R. Br. e L. Richei, R. BR. arbusti dell’Au-
stralia. Poco importanti sono le Plumbaginacee, quantunque qualche i
specie di Statice forse potrebbe prestarsi a questo scopo, di nes-
suna importanza poi sono le Primulacee. Delle Apocinee abbiamo
l’Alyria burifolia, R. Br., piccolo frutice dell’ Australia. Nessuna
specie utilizzabile trovasi inclusa nelle Loganiacee, Genzianacee,
Idrofillacee, Borraginacee. Delle Convolvulacee forse potrebbe pre-
starsi l’Ipomoea Pes-caprae, ROTH. frequente nelle regioni tropi-
cali, stante i suoi stoloni lunghi fino 40 metri, ma sembra non
resista al clima mediterraneo. Poco importante pure è la Nicotiana.
glauca, GRAHAN., Solanacea dell’Argentina, naturalizzatasi lungo
le coste dell'Australia, e segnalata anche per quelle della Tripoli-
tania. Nessuna Scrofulariacea ha interesse a questo proposito. Delle
Verbenacee abbiamo l’ Avicennia officinalis, L. comune in tutte
le coste dei paesi tropicali, ma non resistente da noi, e la. Vitex
trifolia, L. pure frequente in Asia ed in Australia: aggiungiamo
la Vitex litoralis, A. Cunx. della Nuova Zelanda, non elencata da
OLSsoN-SEFFER, che ha mostrato una perfetta resistenza in Sicilia.
Importantissime poi sono le Mioporinee, specialmente Myoporum
viscosum, R. Br., M. serratum, R. Br. e M. laetum, Forsr.,
dell'Australia, di Tasmania e della Nuova Zelanda, i quali già
‘hanno dato buona prova nei rimboschimenti littoranei della Sicilia,
Della Labiate indichiamo solo la Westringia rosmariniformis, SM.
piccolo frutice dell'Australia. Nessuna specie di Plantaginacee nè
di Nictaginacee ha importanza. Delle Proteacee abbiamo la Ban-
ksia marginata, Cav. ed altre specie congeneri dell’ Australia. Delle
Chenopodiacee troviamo la Rhagodia Billardieri, R. Br. d’Ame-
‘ rica e dell’ Australia, alcune Salicorniae e la Batis maritima, L.
delle Antille e delle Isole Hawai, elevata a tipo di una nuova fa-
miglia, quella delle Batidee. Poco interesse hanno le Poligonacee,
benchè contino ‘parecchie specie marittime, mentre delle Timeleacee
troviamo la Pimelea arenaria, A. CuNN. e la P. prostrata, WILLD.,
entrambe della Nuova Zelanda, e la . serpyllifolia, ] R. Br. del-
l'Australia, arbusti assai importanti, specialmente il primo per i
suoi lunghissimi stoloni cordiformi, radicanti alle estremità. Delle
Euforbiacee abbiamo l’Adriana tomentosa, GAUDICH. e le Beyera i.
opaca, F. MurLL. e B. viscosa, Mio. tutte dell’ Australia. Delle. n
Miricacee interessa la Myrica californica, CHAM. appunto di Ca-l o
lifornia, e delle Casuarinee la Casuarina quadrivalvis, LABILL.
ed altre specie congeneri dell'Australia. Fra le Cupulifere abbiamo È -
la Quercus agrifolia, Nèe, delle dune di California. Alle Salica- de
ee appartengono molte specie di Salix, per massima. parte Europee, so
pure adattabili alle arene marittime. Delle Conifere possiamo citare
| la Callitris robusta, R. Br. dell'Australia, il Pinus maritima, —
. Lam. che ha dato ottimi risultati nei rimboschimenti delle de,
198
in Francia, ed il Pinus radiata, Don. delle dane di California.
Poco importanti per il nostro scopo sono le Monocotiledoni, se si
eccettua qualche Ciperacea e qualche Graminacea, in vista delle
loro profonde radici e dei loro lunghissimi stoloni: alla prima di
queste famiglie spettano diverse sorta di Carex e specialmente lo
Scirpus frondosus, BANKS et Sor. della N uova Zelanda : alla se-
conda l’Ammophila arenaria, Link e | Elymus arenarius, L.
entrambi già utilizzati per fissare le dune, più parecchie altre specie
di minor valore. -
Da questa ristretta compilazione si rileva quante possono es-
sere le piante utilizzabili per i rimboschimenti delle formazioni a-
renose marittime e delle dune: molte di esse sono indigene del-
l’Australia, e questo ci dà affidamento sulla possibilità di acclima-
tarle anche da noi, sapendo come appunto la maggior parte delle
piante australiane vegeta bene in Sicilia.
aa
‘Le colture cotoniere nell'Africa Settentrionale (1). — Recen-
temente alla Camera Francese il Ministro di Agricoltura, rispon-
dendo ad una interrogazione rivoltagli in proposito, ebbe occasione
di dare minuziose informazioni sullo stato presente delle colture
cotoniere nell’Algeria e nella Tunisia. Siccome le colture di Co-
toni in Sicilia sono esposte a condizioni quasi identiche di clima e
di terreno, che quelle dell’Africa settentrionale, crediamo interes-
sante dare un riassunto particolareggiato della predetta relazione,
tanto più che le conclusioni coincidono ‘mirabilmente con i ri-
sultati ottenuti nelle colture esperimentali del nostro Giardino Co-
loniale.
La questione della coltura del Cotone nell'Africa settentrionale
può essere esaminata sotto due aspetti: 1° al punto di vista pu-
ramente colturale : 2° al punto di vista strettamente commerciale.
Pane
(1) GuirLocHon L., Le Cotonnier en Afrique du Nord. In Jour-
nal de la Societé Nationale d° Horticolture de France. 4* Ser. Tom.
XIII. 1912, p. 207. $
Colturalmente risulta, in modo generale, e specialmente nelle
regioni marittime, che i tipi egiziani si comportano meglio degli
americani, resistono meglio alle temperature elevate durante i mesi
estivi, e sono sovratutto preferibili quando la coltura è fatta senza
irrigazione, dovendo le piante vivere e prosperare solo mediante
l’acqua immagazzinata nel suolo in seguito alle pioggie dell’inverno
precedente. Riguardo ai tipi americani, questi danno buoni risul-
tati nelle colture irrigue o miste. Dalle esperienze fatte risulta che,
per i tipi egiziani, le razze migliori sono il Mitafifi ed il Janno-
vitch, mentre, per i tipi americani, é il Mississipi.
La natura del suolo ha pure azione in proposito. Al Cotone
infatti abbisognano terre profonde, di preferenza siliceo - argillose,
suscettibili di ricevere una concimazione di 250 a 300 quintali di
concime per ettaro.
La coltura irrigua richiede una lavorazione di circa 30 a 35
centimetri di profondità, eseguita in Novembre. In Gennajo spar-
gimento del concime, e nuova lavorazione incrociata con la prima.
Il concime minerale più usato è il superfosfato, che viene distri-
buito in Marzo, su tutta la superficie, in ragione di 850 chilo-
grammi per ettaro, seguito da una erpicatura. Allora il terreno è
assai morbido e pronto a ricevere la sementa. Si semina dal 10 al
20 Aprile, secondo l'esposizione e la natura più o meno argillosa
e fredda del suolo. Si ha maggior vantaggio a ritardare la semina
fino a quando la terra è relativamente riscaldata, piuttosto che an-
ticiparla in seguito ad una pioggia primaverile fredda. I semi sono
collocati in buche distanti. fra loro 80 centimetri, sul versante.
sud degli argini, i quali sono allineati da Est ad Ovest, e distano
| fra loro di un metro. Questa disposizione affretta sensibilmente la
germinazione. Da tre a sei semi sono disposti in ciascuna buca, e
quando le giovani piante hanno due foglie al dissopra dei cotile- i
doni si procede al loro dirado, lasciandone una sola o raramente x
due. Durante la vegetazione viene data una irrigazione ogni quin- « ci =.
dici a venti giorni, seguita da una ‘erpicatura, ripetuta fino a tanto di
che è possibile passare fra le linee. Allorquando le capsule alla base
della pianta incominciano ad ingrossare e stanno per aprirsi, le ir--
rigazioni sono date più raramente, fino all’Ottobre, epoca in cui le
prime pioggie autunnali e l'abbassamento di temperatura le rendono |
inutili.
La coltura mista differisce da quella irrigua, solo in quanto | A
che le irrigazioni sono sospese quando la piarta è
fioritura. Questa coltura viene praticata nei terreni naturalmente
umidi, ove un eccesso di irrigazione determinerebbe uno sviluppo
eccessivo di fogliame, a detrimento della fioritura e della fruttifi-
cazione. Parimenti con la soppressione di qualche irrigazione sul
principio della vegetazione, si può ridurre di qualche settimana il
| periodo che passa dalla sortita dei cotiledoni allo stato di pianti-
cella bene radicata e vegetante normalmente.
La coltura a secco infine si pratica secondo le regole del Dry
. Farming. Consiste in un lavoro di aratura eseguito in Ottobre e
seguito da una erpicatura : un lavoro analogo si ripete in Gennajo
o Febbrajo, e con questi l’acqua di pioggia resta immagazzinata
- nel terreno, mentre con frequenti erpicature durante la vegetazione,
si impedisce che quest’acqua si evapori troppo rapidamente. Così
le piante non abbisognano di alcuna irrigazione durante l’estate. Però
| per la coltura a secco del Cotone è indispensabile disporre di un
terreno che conservi facilmente l'umidità e di essere in una re-
gione del littorale, ove le piante usufruiscono di un grado igrome-
. trico dell’atmosfera assai elevato, il liga impedisce una loro troppo
| attiva traspirazione. .
La raccolta si eseguisce dalla fine di Luglio a Novembre e
Dicembre. Occorre raccogliere solo quando le capsule sono bene
aperte, e la bambagia sta uscendo, ma non bisogna ritardare oltre
perchè il vento d’estate, la pioggia d’autunno, facendo cadere la
bambagia, la renderebbero inservibile, macchiandola di terra. Ese-
guita la raccolta, la bambagia viene collocata per qualche giorno
in un luogo nani ma non umido, per farla maturare ie
tamente.
Dopo eseguito il sicula il coltivatore cerca di Gsliocaso nel
‘miglior modo. Siccome i prezzi del Cotone sono soggetti a specu-
lazioni di borsa, i diversi piccoli coltivatori hanno tutto l’interesse
di riunirsi in cooperative per presentare tutto il loro. prodotto in .
un unico lotto : così, in considerazione della quantità, questo vien.
preso in maggiore considerazione, e pagato il suo real valore. Esi-
stono ancora delle officine, provviste di sgranatrici, che acquistono
dai coltivatori il cotone appena raccolto, al prezzo in corso, e lo
conservono in magazzeno per rivenderlo al momento del rialzo.
La sgranatura viene eseguita per mezzo di macchine, di cui è ri- °°
tenuta meglio adatta la Mac CarTHY GyN. La bambagia poi viene
giunta in piena
i +
compressa in balle, per mezzo di una pressa idraulica. Ciascuna
balla deve essere composta di un prodotto omogeneo: ciò è di
importanza capitale, massime per i paesi che presentano per la
prima volta i loro prodotti sui mercati: si tratta infatti di creare
un tipo commerciale il quale indichi a ciascuno l’origine ed il va-
lore medio del prodotto. Come oggi si hanno i tipi Sea Island,
Mississipi, Upland, Nubari, Yannowich, Mitafifi, Jumel ed altri,
ben noti ai commercianti, si POSERO avere in seguito i tipi Al-
Pro Tunisino ‘ete.
I prezzi di vendita sono estremamente variabili : ini anni
or sono erano assai elevati, ma ora hanno subito un forte ribasso.
Ai corsi attuali, secondo le colture eseguite, si è ottenuto in Al-
geria, per un ettaro di Cotone un utile netto di 600 franchi per le
colture irrigue e di 400 e 500 franchi per quelle miste od a secco,
Il prodotto diede un minimo di 8 a 10 quintali di Cotone con semi,
corrispondente a circa 250 a 350 chilogrammi di pura bambagia,
con un costo colturale di 350 a 500 franchi pure per ettaro. Le
Spese però di coltura sono assai variabili secondo la regione, la
qualità del terreno, ed anche l’abilità del coltivatore.
Da queste considerazioni emerge, come conclude il GUILLO-
CHon, che la coltura del Cotone può essere incoraggiata in Algeria
ed in Tunisia, senza tema di gravi perdite per i coloni, imperocchè
| Se questa coltivazione non risulta più utile, causa il ribasso dei
prezzi, basta sospenderne la semina, trattandosi di pianta annua.
on è, come per la vite, per cui il proprietario. deve immobiliz-
zare un forte capitale, di modo ‘che il danno eui va incontro è è più
forte e di maggiore durata.
Ciò dà ragione dell’estensione che va assumendo la coltura del
Cotone nell’Africa settentrionale. Infatti in Algeria i primi esperi-.
menti veramente serii furono eseguiti nel 1906, e già pel 1910 Mi
avevano 533 ettari coltivati a Cotone, di cui 410 per la regione di È o.
Orleansville, con una produzione di oltre 7.000 quintali, cioè ini
media da 13 a 14 quintali per ettaro. Nel 1911 gli ettari a coltura
cotoniera erano saliti a 779. Nella Tunisia la superficie a Cotone ea
è molto minore, essendosi colà iniziate ‘solo più tardi le esperienze
relative.
e
Per la protezione della flora italiana (1).—La questione della
protezione delle piante indigene viene ora risollevata dal PAMPANINI,
ed è confortante il vederla bene accolta. L’ Autore premette che,
se il rimboschimento è suggerito da considerazioni d’ indole quasi
esclusivamente economica, la protezione delle produzioni naturali
risponde a necessità d’indole scientifica od estetica, perciò è un
indizio di più elevata civiltà od almeno della coscienza di essa.
Egli riferisce quanto hanno fatto altre nazioni, specialmente gli Stati
Uniti d'America, per la protezione delle produzioni naturali: tratta
dei ParchiNazionali colà istituiti e dei provvedimenti presi in altri
paesi, specialmente per proteggere la fauna. Riferisce anche del
Parco Nazionale che la Svizzera ha stabilito nella Valle Cluoza e
della protezione speciale accordata a diverse piante rare in alcuni
stati Europei.
Ciò premesso il PAMPANINI esamina quanto si è fatto in Italia,
dalla prima proposta del MamTIROLO nel 1882, fino ad oggi: ri-
corda le proposte del GriinwALD, dello SPRENGEL, del LENTICCHIA,
la costituzione della Pro-montibus avente per iscopo i rimboschi-
menti, ed infine la proposta dell'On. Rosapa per la difesa del pae-
saggio. Interessanti sono le notizie che riporta su quanto si è fatto
per proteggere in Sicilia il Papiro da una completa distruzione e
così pure per proteggere lo storico Castagno dei Cento Cavalli sul-
l'Etna. Riferisce infine sul progetto del WiL©zEK di dichiarare Parco
Nazionale la Valle di Livigno, finitima al Parco Nazionale Svizzero
di Val Cluoza.
L'Autore poi passa ad esaminare quali sono le cause di distru-
zione della flora. Anzitutto la passione per i fiori spontanei fa BEE
che gran copia ne affluisca sui mercati: ricercatissimi sono i ful- >
gidi fiori delle Alpi, i Rododendri, l’Edelweiss, le Artemisie. I tu-
risti ed i villeggianti ne raccolgono in quantità, 0, facendone a-
{1) PaMpPANINI R., Per la protezione della Flora Italiana. Rela-.
zione presentata alla Riunione gi delta Società Botanica Italiana
in Roma. Feronda 1911,
DI
>
RIO a SATO 8
cib x
SEO
cquisto, ne eccitano la raccolta per opera delle guide o degli abi-
tanti del luogo. Però il commercio dei fiori alpini diventa realmente
dannoso quando si tratta di fiori secchi. Tali sono l’Edelweiss e
l’Eryngium alpinum. È enorme la quantità che se ne raccoglie
sulle nostre Alpi, per mandarsi in Austria ed in Germania, mas-
sime del primo: un sol raccoglitore, sulle Alpi Venete, ne accu-
mula ogni anno da sei a sette quintali! Dopo ciò non è a mera-
vigliarsi se in molte località l’Edelweiss è già scomparso.
Un'altra causa di distruzione di alcune piante è la raccolta
che se ne fa a scopo industriale, per la fabbricazione di medicinali,
e sopratutto di liquori : le specie utilizzate sono poche, ma la loro
raccolta è enorme. Si tratta specialmente dell’Arnica, dell’ Aconito,
: della Belladonna, del Veratro, della Genziana. Quest'ultima, oltre.
che per usi medicinali, viene impiegata per la fabbricazione del-
_ ‘Amaro di Udine. Al Monte Velino un incettatore di radici di Gen-
- ziana in poco tempo ne mandò in Francia oltre un migliaio di quin-
i tali, per cui in tale località la Genziana restò distrutta : dalla Valle
Varaita pure un altro incettatore continuò per più anni a spedire
ogni anno due vagoni di radici di Genziana, fino a tanto che colà
| pure la specie non fu distrutta. Per la fabbricazione dei liquori
L | sono pure ricercate alcune specie alpine di Artemisia e di Achillea:
in Valle d'Aosta a tale fine ‘un incettatore raduna ogni anno circa
_ quaranta quintali di Artemisia spicata, ed altri molti di Artemisia
| valesiaca, di Art. mutellina, di Art. glacialis, di Achillea Herba-
rota, di Viola calcarata e di altre specie. Se si considera che sono.
piante alte appena un decimetro, si può farsi un idea dell’entità
della distruzione !
Così pure la raccolta di piante, per essere salGvato nei giar
| dini, massime-per inviarsi a tale scopo in Inghilterra, può arrecare
deo eseguita senza alcuna regola, esige un consumo inutile di munmterosi —
«. individui sopra ben pochi atti ad attecchire. n PAMPANINI porta ;
| diversi esempii di razzie di piante alpine rarissime, a migliaia e
migliaia, eseguite sulle nostre Alpi per incarico di orticultori stra--
| Nieri. Spesso il danno è aggravato dal fatto che certi orticultori,
ci evitare qualche importuno concorrente, pus tutti n. esem- |
Plari che non possono asportare.
serii danni. Si tratta per solito di specie rare e la loro raccolta, ©
quando trattasi di piante rare, al fine di elevarne il prezzo, eper
| Anche con la raccolta di Exsiccata per Erbarii, possono 4 veri Xi ; -
ficarsi gravi danni alla tlora locale, perchè trattasi sovente di piante
assai rare: ciò avviene specialmente per opera dei centuriatori, che
raccolgono a scopo di vendita. Stazioni di piante rarissime possono
essere devastate da troppo ampie raccolte, e la specie é talvolta
completamente distrutta, per aumentare il valore degli esemplari
preparati. Ciò alcune volte fu accertato : ad ogni modo numerosi
sono gli esempii di colonie di grande importanza scientifica distrutte
dalle devastazioni dei raccoglitori. Attualmente; come constata il
PAMPANINI, in Italia i raccoglitori botanici sono assai scarsi ed i
‘loro nomi danno affidamento che non commetteranno atti vandalici
per la nostra flora: tuttavia il pericolo permane : infatti raccogli-
tori stranieri, scesi appositamente in Italia o dimorantivi, per in-
carico di Società estere commercianti in exsiccata, fanno razzia
delle nostre piante più rare, che sono anche le meglio pagate, e
sovente temo non sia facile accertare il vero raccoglitore, se essi
hanno avuto l’avvedutezza di far figurare un altro nome.
Queste, ed altre minori, sono le cause che maggiormente mi-
nacciano la nostra flora, perciò il PAMPANINI passa ad esaminare i
mezzi più acconci di protezione. Anzitutto la costituzione di Giardini
Alpini in pratica non diede quei risultati che era sperabile, e nep-
pure le seminagioni artificiali : la semplice propaganda per la difesa
. della flora, è pure mezzo di protezione assai debole, non avendo
‘ azione contro i raccoglitori a scopo di lucro : per questi non possono
. avere effetto che provvedimenti legislativi.
‘Perciò l'Autore propone che la Società Botanica Italiana facoia
pratiche affinchè alla legge per la difesa. del paesaggio, proposta
dall’On. Rosapi, sia dato un significato più esteso in modo che
1)
consideri - i monumenti naturali anche sotto il loro aspetto scientifico,
così che anche la flora vi trovi protezione. Frattanto si dovrebbe “A
studiare la possibilità di istituire riserve botaniche per le specie
più notevoli nelle riserve di caccia reali, e fare pratiche affinchè
la istituzione del Parco Nazionale nella Valle di Livigno serva ef- |
ficacemente anche alla difesa ed allo studio della flora.
Siamo poi lieti di’ constatare come questa relazione del PAM- © Dr
PANINI sia stata ovunque bene accolta. Molte associazioni scienti- |
fiche e sportive vi hanno aderito, come pure cospicue. personalità
italiane e straniere : diversi comuni si sono offerti di cooperare va-
lidamente alla protezione delle piante più minacciate del loro ter- n
205.
ritorio : infine parecchi presidii militari di confine hanno emanato
| disposizioni atte a risparmiare i Rododendri (ed altre piante sovente
usate per far fuoco) e nello stesso tempo atte ad ottenere tosto la
segnalazione di qualsiasi vorace raccoglitore che si presentasse in quei
paraggi. Ciò è già molto e speriamo che finalmente si raggiunga
una efficace protezione delle nostre più rare piante, tanto minac-
ciate di distruzione.
G. E. MATTEI
SIRENA S. — Orobanche «
‘. TroPEA C. — Note di teratologia .
Indice del Bollettino del R. Orto Botanico e Giar-
dino Coloniale di Palermo. Anno X. 1911.
Borzi A. — Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua attività
durante l’ultimo quadriennio 1807-1910 &
>» » + Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua funzione
in rapporto allo sviluppo dell’agricoltura coloniale » 67
— Intorno alla biologia della disseminazione nelle spe-
cie di Datura ; » 132
» » — Le Querci della Flora Tialinnà; rassegna tan
: | tiva
» » — Nuova specio di Abutilon della e, Tialiaa&
Ab. Agnesa
» >» — Sulla na delle Palaia: particolarmente delle
specie di Washingtonia a scopo industriale in Sici-
lia » I02.
La FLorEstA P., — iaia all’ safilo di Schotia 'Igtifolia : “a. 88
MarteI G. E. — Altre piante a nettarii estranuziali . i 90
» — Rassegna della stampa coloniale agraria » » 186.
ui F. - deine sull’Oxralis cernua s.i-- #° 192
Scuweeunti G. — Il Giardino Coloniale di Palermo e la colo-
nizzazione della Libia . sa
> » — Panicum Bossii, nuova diamine della Somalia
italiana
.
crenata e suoi danili in Sicilia i ® 14 ;
Pa
SH
A È, i
I DI La
ARE
CONTRIBUZIONI . ALLA BIOLOGIA VEGETALE |
. Dirette dal Prof. Ai Borziì.
«_— Comprendono lavori di particolare interesse scienti- |
| fico, specialmente relativi ad TRENI di Biologia &di-»
Fisiologia vegetale.
È Si pubblicano in tempi non determinati, a fascicoli cai
* E con tavole. , \ co ; DA
Vol. I. (esaurito) mes
«»* H. in 8°fase. I-II pp. 1-316, tav. T-XIX L. 28
* IL + IND <»--1,998, «DX». 30
IV et ae EVI
Vi (sotto stampa). i AS
Per acquisti limolzoraì all’ Editore Antonino Trimarchi. SRI
. Corso Vittorio Emanuele N. 375, Palermo. i & = e
E Sio in Vendita: le anale: dttotinta;. na dal prezzo
La 10. ‘ognuna Un: 12 ica Seni. il fasc. A
OSTUDII ALGOLOGICI
| Saggio 3 ticoralio sulla Biologia. ‘delle Alghe
per il Prof. A, Borzi. -
- Poge, 1 in:4° pp: VIN. 1:190. tav. 1 9 L Theta
(> ». II. » 4° pp. LVII. 121-399. tav. 10—31 L. 65
a ».-< Db, | Phaeophyceae et Cy SISDRYEORE: — con gi tavole
LL (in corso d pubblicazione).
4
dea aiuti rivolg ersi all’ Editore Antonino Trimarchi..
o: Viana, Emanuele N. 375. Palermo,
cosi Tuo Tonno are Paris came)
{RC La Du der Soi 3 oa > £ fi -
BOLLETTINO
DEL
R.ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
C
uaee sr
dich
Pipes? Flea ai —
DI PALERMO
ANNO XI.
PALERMO
geni «1 EDITRICE ANT. TRINAROAI
Vittorio 1 Emanuele, 875
1912.
BOLLETTINO
a DEL È i
- RLORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
o | DI PALERMO
ANNO-XI.
| Fascicolo i, 2, 3. Gennaio - Settembre 1912.
purnsat
1
- mo 19)
|» scicoli separati e gli abbonamenti sono annuali.
BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO
E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO —
Si occupa di tutte le questioni che più interessano la Bo- |
tanica agricola, specialmente siciliana, e la Botanica colo-
niale, rendeudo conto «elle esperienze e colture istituite
in questo R. Orto Botanico o nell’annesso Giardino Colo-
niale. Pubblica pure relazioni scientifiche relative a piante
qui coltivate od indigene, od illustranti collezioni del Museo
‘ annesso all'Istituto Botanico. Comprende ancora una spe-
— ciale rassegna della stampa coloniale agraria. Sovente.
particolari lavori vengono ‘aggiunti come appendici se-
parate dal testo. i
Si pubblica a ‘fassicoti trimestrali , formanti annual-
mente un volume di 200 a 300 pagine, con incisioni in-
| tercalate nel testo e tavole staccate, Non si vendono fa-
Prezzo di abbonamento all'anno XII 1918 i
Im Italia . du si ra > |
| AIl Estero | I ui di
zo. x
er Per le AA di SATA IAA all Editore È
Antonino Trimarchi , - Corso. Ron, Rmanuel
Num. 375, + Palermo: - Sol
fi N.1,93. GENNAIO - SETTEMBRE 1912 ‘Vol. XI.
BOLLETTINO
DEL
h. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
DI PALERMO
SOMMARIO:
l. La Batata o Patata dolce (G. E. MATTEI) . . . ». pag. 3
2. Aloe Riccoboni, xov. sp. (A. Borzì) i » 18
3. Una pianta frangivento esperimentata in Libia (La DIREZIONE) » 37
4. Sulla coltura del Dattero come Pianta da frutta in Sicilia
(A. Borzì) : : : î 4 ». 40
5. Alcune note su varii cecidii (T. De STEFANI) ; » 61
6. Sulla presenza della Formaldeide nei succhi delle Lina: verdi
\F. ANGELICO e G. CATALANO) . . » TD
©. L'Icerya purchasi, Mostr. negli sv di soli
(T. DE STEFANI) . i Î » 81
S. Corso di culture coloniali tenuto presso il R. Giardino Colo-
niale di Palermo durante l’anno 1912— Relazione (A. Borzì) » 88
°. Sulla utilità di una Stazione di Cotonicultura (C. Tropra) » DI
+ Intorno ad un caso patologico di « Acaropsomi » (G. CATALANO) » 131
ll. Notizie su alcuni zoocecidii della Libia (T. DE STEFANI) . » 144
Appendice
È d Semina anni MCMXIII quae pro mutua commutatione offeruntur.
Q.his Per una cl a . 4 1- 1.: nr PRI t Ri (F RapPa) A 21 3%
spiciali
PALERMO
LIBRERIA EDITRICE ANT. TRIMARCHI
Corso Vitt. Emanuele, 375
1912
Ran titti Watt snoeainos lirici sno attinenti)
»è so. so. +0. ‘vo. +0. so. so. *°
grin pg Tagan gg goa nnt gagprgrema agg ogni aggagypegginnasenannaggag paesi
La Batata o Patata dolce.
(Batatas edulis, CHOIS.).
Comunemente coltivata in tutti i paesi tropicali o subtropi-
cali del globo è la Patata dolce (Batatas edulis, CHOIS.), 0 Sweet
Potato degli inglesi, Convolvulacea le cui radici laterali , avven-
tizie, si ingrossano, diventano tuberiformi, farinose, rucnlstrine, e
servono di gradito alimento. Raramente fiorisce, ed ancor più di
rado viene moltiplicata per seme, preferendosi propagarla per pol-
. loni o per tubercoli.
Se ne conoscono molte varietà, differenziate per la forma “
il colore dei tuberi e per la forma delle foglie.
I. — Origine e storia.
Grande incertezza esiste sulla origine di questa specie : fin quì
pda probabile una sua derivazione da altra specie congenere.
#
200 CHorsy I. Da, Cenvolsalacene.: Ri Ds Caxpote, Prodromus ;
is Naturalis Regni Vegetabilis, V ol, IL. 1845. a 388.
| non si è trovata spontanea in alcuna parte del globo. Ciò farebbe
Intanto il genere Batatas, costituito da CROISY (1) è mal = :
i
finito, presenta caratteri poco costanti, e fu distinto forse più dal-
l’aspetto che da vere note differenziali: il carattere dell’ovario qua-
driloculare, per la presenza di falsi setti, interposti fra gli ovuli,
sovente manca od è appena accennato, mentre ritrovasi in altre
specie di Ipomaea, non avvicinabili a Batatas: lo stesso CHOISY
ha escluso da tale genere specie che evidentemente vi apparten-
gono, mentre ne ha incluso altre che con ogni verosimiglianza non
vi spettano.
Gli autori moderni lun soppresso il genere Batatas, collo-
candone le diverse specie in Ipomoea, in Pharbites ed in Merre-
mia. Tuttavia, considerando che parecchie specie presentano in
realtà una evidente parentela con la Batatas edulis, queste po-
tranno ancora essere aggruppate come genere distinto , in vista
delle deduzioni filogenetiche e fitogeografiche cui danno luogo. Que-
ste specie, circa venti, sono tutte americane, e precisamente del-
l'America tropica, regione Caribea, Brasile etc., ad eccezione di
due che si riscontrano altresì fuori del Continente Americano.
Ciò rende probabile l’ipotesi che la Batatas edulis sia di ori-
gine americana. Non essendosi poi trovata in alcuna parte allo
stato spontaneo, può darsi abbia subito profonde modificazioni causa
la coltura, per cui non riesca ora facile riconoscerne il tipo primitivo.
Secondo Asa GRAY (1) la specie che potrebbesi ritenere corrispon-
dente alla forma spontanea della Batatas edulis, sarebbe l’Ipomaea
fastigiata, Sweet, delle Isole . Caribee, Gujana e Brasile, specie
che CHoIsy non poneva nel genere Batatas ! L’Ipomoea fastigiata,
SwEET é indicata ancora per le Indie orientali, ma tanto il MI-
QUEL (2), quanto 1’ HooKER (3), asseriscono essere ivi stata intro-
dotta dall'America. Ora non so trovare uno scopo che giustifichì
questa introduzione, ma piuttosto ritengo si tratti di un ritorno
atavico della Batata al suo tipo primitivo, dopo essere sfuggita
dalle colture. Ciò comproverebbe la derivazione della Butatas edu-
lis da tale specie. Sarebbe interessante appurare da quali fonti il
M1QuEL ritrasse la notizia dell’introduzione nelle Indie dell’Ipomoea
fastigiata (« Warme gewesten van Amerika, thans in Zuid-Azié
verspreid »), ed anche poter comparare saggi dici di questa spe- co
(1) e ASA, Synoptical Flora of North America. Vol. II. part. L ;
1858. p.
(2) sui I. A. G., Flora Indiae Batavae. Vol. II. 1856. p. 616.
(8) Hoors I. D., Flora of British India, Vol. IV. 1985. p. 202.
5
cie con saggi americani, per constatare se presentano differenze,
forse dovute alla persistenza di qualche carattere colturale.
Comunque sia questa questione, non facile a risolversi, un
fatto è certissimo, quello cioè dell’ esistenza della Batatas uil
diffusamente coltivata, in parecchie varietà, nell’ America tropicale,
al momento della scoperta di questo continente. Quando CRISTO-
Foro CoLomBo approdò all’Isola di Cuba ebbe offerto dagli indigeni
delle « batatas que son rayzes dulces », ed al ritorno, quando Co-
LOMBO comparve davanti alla regina ISABELLA, le presentò, fra i
diversi prodotti del suolo americano, anche delle Batate. Ciò & ri-
ferito dal GOMARA (1), forse il primo autore che trattò delle piante
utili del nuovo mondo. Ovrepo (2) nel 1514 trovò le Batate ab-
bondantemente coltivate a San Domingo, ed egli stesso, al suo ri-
torno in Europa, le introdusse ad Avila, in Ispagna.
PIGAFETTA (3), che accompagnò MAGELLANO nel viaggio at-
torno al globo, ricorda pure di aver trovato le Batate copiosamente
coltivate al Brasile, nel 1512, aggiungendo che « nel mangiare si
assomigliano al sapore delle castagne, e sono lunghe come i navoni ».
Intanto coloro che ritornavano dall'America aggiungevano no-
tizie sempre più precise attorno alle Batate. Il CLUSIO (4) ne de-
scrive tre varietà ben distinte, il NIEREMBERG (5) dice che al Mes-
sico se ne coltivavano .cinque varietà. Interessanti notizie ne dà
pure il MaRcGRAV (6), ]l quale aveva trovato le Batate, abbon-
dantemente coltivate al Brasile. Questo autore accenna alla varia-
bilità che si osserva nelle loro radici, alcune allungate , altre ro-
tonde, altre di diversa figura : le più frequenti che vide erano e-
sternamente giallastre ed internamente bianche, e, spezzate , la-
| Sciavano uscire una sorta di latice : altre erano rosse, anche inter-
. LoPEZ DE GOMARA Fr., Historia de Mexico. Anvers” 1554.
i * ) De Oviebo v VaLDEs G. F., Historia genera y natural de
| las Indias. Toledo 1526. p. 46 x
i (8) Pioar "RETTA A., Primo vingsio intorno al globo imzionnto:
DD CLusIUs i, Rariorum plantarum historia. 1601. p. 77. SA
Chea 64. E. Historia naturae maxime peregrinae. Ant- o
sen 1635. p. 66.
_ (6) Marcaray mA Historia rerum naturalium Brasiliae. er
3 Batavorum 1648. p. 1
6
namente, e, cotte, tingevano le mani in azzurro: tagliate con un
coltello questo anneriva. Il MAROGRAV osservò ancora come per mol-
tiplicarle gli indigeni usavano farne piccole talee che tosto radica-
vano. Dice che, cotte sotto le ceneri, acquistavano un ottimo sa-
pore, per cui erano preferibili alle rape: aggiunge infine che i bra-
siliani usavano pestare le radici e macerarle in poca acqua, per cui
tosto fermentavano, costituendo in tal modo una gradevole bevanda
alcoolica.
In seguito tutti gli autori, che trattarono delle produzioni na-
turali dell’ America, continuarono a confermare colà l’indigenato della
Batata. Così lo SLOANE (1) la cita per l'Isola Giammaica, la ME-
RIAN (2) per il Surinam, il FEUILLEÉ (8) per il Perù, il CATESBY (4)
per la Carolina, I HueHES (5) per le Isole Barbados etc.
Da tutte queste relazioni non può restar dubbio alcuno che la
Batatas edulis trovavasi abbondantemente coltivata sul Continente
americano, prima della sua scoperta. E che la coltura vi fosse e-
stesamente praticata da tempo antico si può dedurre dall’esistervi
colà parecchie varietà ben distinte e dall’aversi molti nomi indigeni
presso le diverse tribù che la coltivavano, nomi che non solo in-
dicavano la specie, ma ancora, a quanto pare, le diverse varietà.
Il nome più diffuso pare fosse quello di Batatas o Patatas, ricor-
dato da tutti i primi visitatori dell'America, dal qual nome derivò
poi il nome di Patata, erroneamente trasferito al Pomo di terra.
Alle Antille la Batata era ancora chiamata Ajes od Haias, secondo
CLusio e SLOANE : quest’ultimo autore ricorda ancora il nome
Mawandres ed il DEScOURTILZ aggiunge il nome Maby. Al Mes-
sico, pure secondo CLUSIO, era chiamata Camotes od Amotes, nome
che si avvicina al nome Cacamotie ricordato da HumBoLDT. Nel-
l’Equatore, secondo il SEEMAN, veniva chiamata Cumar. Asa GRAY
ricorda i nomi di Ahe, Yeti ed Hetich.
(1) SLoane H., Catalogus plantarum quae in Insula Jamaica
sponte proveniunt vel vulgo coluntur. Londini 1698. p. bi
(2) Merian M. S., Insectes de Surinam., 1705. p. 41.
3) FeuiLLEÈ L., Histoire des Plantes medicinales du Perou et
du Chily. III 1725. p. 16.
(4) Caressy M., Natural History of Carolina, Florida and the
Bahama Islands. II. 1731. p. 60.
:5) Hue®mes G., The natural history of Barbados. London 1750.
p. 228, i
7
Questi nomi si avvicinano al nome brasiliano di Jetica, riferito
da MARcGRAYV: quest’ultimo autore ha ancora i nomi di Omenapo
Yeima e di Quinquoa Quiamputo. Al Perù poi secondo il Ge-
RARDE ed il NIEREMBERY chiamavasi Apichu e Skirret. L’esi-
stenza di tanti nomi diversi conferma l’antico indigenato della Ba-
tata in America.
D'altra parte nessuna notizia in Europa si aveva della Batata
prima della scoperta dell’America. Il primo ad introdurla ed a col-
tivarla in Ispagna, ad Avila, nel 1523, fu l’OvIeDo, come si disse
in precedenza. Questa coltura però si and6 rapidamente estendendo.
Infatti MoxaRDO (1), pochi anni dopo, riferisce che a Malaga ogni
anno se ne caricavano da dieci a dodici navi (caravelle) per por-
tarle a Siviglia (Hispalim). Ciò è confermato da CLusro, il quale
rileva come a Malaga si coltivava in abbondanza: pare che buona
parte del prodotto venisse portato in Inghilterra: infatti CLUSIO
stesso aggiunge di averne veduto offerte a Londra, nel 1581, e di
averne comprato per portarle a Vienna, ma vi giunsero corrotte.
Da quell’epoca la coltura delle Batate si diffuse in tutta l'Europa
meridionale, passando ancora ai paesi d'Oriente. Ciò é attestato dal
RumpHIUS (2) per le Indie orientali: infatti tale autore dice: « Com-
munis opinio est Batattas primum per Castilienses ex Americanis
regionibus in Manilhas, inde in Moluccas, ac per Portugallos in
reliquas porro Indiae Orientalis regiones fuisse introduetas, quod
nomen etiam testatur apud omnes fere Orientales populos qui Ba-
tattas colunt ». Anche il BLAnco (3) per le Filippine dice : « El
P. Antonio Mozo en su apreciable libro de Misiones de Padres
Agustinos Calzados de Filipinas afirma que la semilla del Camote
ha venido de Nueva Espana ».
A questo punto però dobbiamo rilevare che non tutti gli au-
tori escludono un antico indigenato della Batata nelle Indie Orien-
tali. CHOISY. (4) ad esempio dice tassativamente per questa specie:
« Ex India Orientali nata, fere nbique in tropicis regionibus culta
(1) MonaRDUS N., Historia medicinal de las cosas que se traen
de nuestras Indias Condino Sevilla 1569, p. 84.
(2) Rumpuius G. E., Herbarinm Amboinense. Tom. V. 1750. p. 367
b. 130,
(3) BLanco M., Flora de Filipinas. Manila 1837. p. 93.
(4; CHmorsy I. D., Convolvulaceae. In DE CANDOLLE; Prodromus
Systematis Naturalis Regni Vegetabilis. Vol. IX. 1845. p. 388.
8
ob radicem tuberosam edulem ». Ora questa asserzione merita di
essere presa in seria considerazione. Anche ammesso un indigenato
della Batata in America non si può a priori escludere la sua spon-
taneità in qualche regione del mondo antico. Come osserva AL-
Fonso DE CANDOLLE (1), le Convolvulacee sono una delle rare
famiglie di Dicotiledoni, nelle quali alcune specie hanno un’area,
o estensione geografica, estesissima ed anche divisa fra continenti
lontani. Nello stesso genere Batatas due specie seguono una tale
bizzarra distribuzione.
za tener calcolo di diversi autori che accennano vagamente
sll'enistenio della Batata nelle Indie, senza dire se spontanea o
coltivata, troviamo il RUMPHIUS, precedentemente citato, il quale,
|_pur accogliendo la tradizione di una antica introduzione di tale
specie per opera degli Spagnuoli e dei Portoghesi, non manca di
aggiungere : « Caussa tamen dubitandi superest, quam hodie adeo
vulgaris sit, immo in locis, quos nulli unquam inhabitarunt Por-
tugalli vel Hispani, uti hic in Amboina, apud saevos Alphorenses
in remotis Boeronis montibus habitantes, item in Java et Baleya,
ubi Batattas ubique reperitur, immo in multis locis, quos nun-
quam frequentarunt vel inhabitarunt Europaei ».
Anche il BLANCO, pur precedentemente citato, dopo avere ri-
portato l’asserzione del Padre ANTONIO Mozo sull’ origine ameri-
cana della Batata, aggiunge: « No obstante este testimonio que es
de mucho peso, es mas creible que son indigenas muchas varie-
dades de Camote conocidas en las islas y las que seria largo de
contar y describir pues pasan de treinta. Todos estos Camotes tie-
nen sus nomres propios entre los indios ».
LFONSO DE CANDOLLE poi dice, sulla fede di D’ HERVEY
SAINT DENIS, che l’Enciclopedia Cinese di Agricoltura parla della
Batata, distinguendone diverse varietà, ed aggiunge che il BRET-
SCHNEIDER ha constatato come tale specie trovasi descritta per la.
prima volta in un libro del secondo o terzo secolo della nostra era.
Ciò farebbe ritenere, se trattasi realmente della Batata, che questa
| fosse stata introdotta in Cina, da altra regione, in un’ epoca assai
anteriore alla scoperta AR
Però l’esistenza di nomi indigeni in Asia porta poca luce in
proposito.
n
(1) De CanpoLLe ALr., L’Origine delle piante coltivate, Milano
1888. p. 73, -
9
Il RAEEDE (1) cita i nomi Cananga e Kappa-kelangu : il
RumpHIUS il nome Udi Castela, con diversi altri affissi, nome che
ricorda certamente l’origine spagnuola (Castigliana) di tali tuberi.
Il THUNBERG per il Giappone ha il nome di Zmo, ed il Lou-
REIRO il nome Hoan-xy per la Cocincina : il BRETSCHNEIDER poi
il nome Kan-chu per la Cina. Il RoxBUuRGH (2) ha due nomi
Lal-shukur-kunda-aloo e Suffet-shukur-kunda-aloo, evidentemente
composti per indicare le qualità di questi tuberi e non di antica
origine. Il WATT raccoglie un buon numero di nomi, la maggior
parte però riferentesi alle qualità zuccherine di questi tuberi : fra
gli altri sono da rilevarsi i seguenti: Boga, Chelagada, Genasu,
Kazwan, Ranga etc. Ritengo però si riferiscano ad altri tuberi e
non alla Batata. Il BirpwooD cita un nome Hindustan: Penda-
loo, ed il PimpINGTON un nome Sanscrito: Ruktaloo. Quest'ultimo
sarebbe il documento linguistico di maggior valore per confermare
un antico indigenato della Batata nelle Indie Orientali : secondo
PicTET, citato da ALFONSO DE CANDOLLE questo è un nome ben-
gali, composto dal sanscrito Rutka, più Alu, nome dell’ Amorpho-
phallus campanulatus: si aggiunge però che nei moderni dialetti
viene usato per indicare l’Igname ed il Pomo di terra.
‘altra parte è nota la facilità che hanno le popolazioni indi-
gene di applicare a specie diverse nomi che prima si riferivano ad
altre specie, ed ancora di crearne di nuovi. Non si potrebbe altri-
menti spiegare ad esempio 1’ esistenza nell’ Africa centrale di di-
versi nomi per la Batata, come Dankali, Doukali, Kiasi, Kin-
dolo, Kimhella, Kitaiti, Kitetta, Mankutu, Schumbalino, Veea-
zee etc. mentre tutto induce a credere che colà non vi sia mai
stata spontanea.
Per le Indie orientali però e per la Cina gli argomenti sopra
riportati sono di maggior valore, e meritano di essere tenuti in
| debita considerazione. Può darsi che le citazioni delle antiche En-
ciclopedie chinesi si riferiscano a qualche specie di Igname (Dio-
scorea): però l'autorità del BRETSCHNEIDER farebbe escludere un
tale scambio. Più facile è ritenere che qualche altra Convolvula-
cea, a radici tuberose, abbia potuto servire di alimento in qualche ©
paese del vecchio mondo, e che in seguito, con l’introduzione della
| (1) Rneepe H. A., Hortus Indicus Malabaricus. Vol. VII. 1688.
DI ;
(2) Roxsure® W., Flora Indica, Vol. I. 1882. p. 483.
10
Batata, si sia fatto confusione fra le varie specie, scambiandone i
nomi e falsandone l’indigenato.
Tuttavia non è da escludersi a primo aspetto 1’ opinione del
MEYER (1) che riteneva esistessero due specie di Batate, cioè una
asiatica ed una americana. Però tale autore erroneamente riferisce
la specie asiatica alla vera Batatas edulis, descrivendo per distinta
quella americana, con il nome di Ipomoea Catesbaei: sarebbe stato
più giusto il ritenere l’ opposto. Anche ALFonso DE CANDOLLE
crede che la Batata descritta dal ROxBURGH si differenzii da quella
americana. Aggiungasi che il THUNBERG (2) descrive la specie del
Giappone, come nuova, con il nome di Convolvulus edulis , ag-
giungendo che differisce per diversi caratteri dalla vera Batata.
Parimenti conviene ricordare che il LouREIRO (3) descrive una
specie assai affine alla Batata, originaria del Siam, che chiama im-
propriamente Ipomoea tuberosa: questa specie in seguito è ripor-
tata dal Don (4) con il nome di Batatas Loureiroi.
Una specie poi che facilmente può essere stata confusa con la
vera Batata 6 la Ipomoea mammosa, Cnors. di Amboina e della
Cocincina. Di essa lo stesso LOUREIRO dice: « Tubera pallide fusca,
pilosa, ovato-oblonga, saepe acuminata, intus alba, edulia, substan-
tiae tenacioris, nec ita dulcis ut Batatae, et tamen apud indigenos
magis aestimantur et carius venduntur ».
Riguardo all’indigenato della Batata nel vecchio mondo si ag-
giunge un fatto degno di considerazione. Quando il Cook nel suo
viaggio attorno al globo, approdò, nel 1769, a Tahiti, e, nel
1770, alla Nuova Zelanda, trovò in tali Sale abbondante-
"mente coltivata una Camini simile alla Batata. Questa fu
distinta dal FoRSTER (5) con il nome di Convolvulus chrysorhizus.
Gli autori moderni sono incerti sul valore reale di questa pianta.
L’HoOKER (6) crede possa considerarsi per una varietà della vera
(1) MevER G. F, Primitiae florae Essequensis. 1818. p. 103.
(2) TaAuUNBERG C. P., Flora Japonica. 1784. p. 84.
(3) LouREIRO J., Fora Cochinchinensis. Tom. I. Berolini 1793.
p. 138
(4) Dox G., Genota) History of the Dichlamydeous Plants. Vol.
IV. 1838. p. 262.
(5) ga G., De plantis esculentis insularum Oceani austra-
lis. 1786.
(6) iii I. D., Handbook of the New Zealand Flora: 1867.
p. 760.
11
Batata: il CHoIsy invece propende ad identificarla con l’ Ipomoea
mammosa. Ciò però che complica la questione è l’esistenza di nomi
indigeni, quali Kumara alla Nuova Zelanda ed Umara a Tahiti,
straordinariamente somiglianti, come ha fatto notare il SEEMANN (1),
SI al nome dato alla Batata dagli indigeni dell'Equatore, il qual nome
è Cumar. Questa circostanza, come pure l’esser menzionata la Ba-
tata nell'antica Enciclopedia Chinese, ha fatto pensare ad ALFONSO
DE CANDOLLE all’esistenza di antiche comunicazioni fra 1’ America,
le Isole australi, ‘e l’Asia, anteriori alla scoperta dell’America
stessa, e questa ipotesi è abbastanza probabile. In tal caso bisogna
ammettere che la Batatas edulis, genuina, sia stata portata dal-
l’America alle regioni più orientali del vecchio mondo, almeno un
quindici o venti secoli or sono; stante le profonde modificazioni che
ha presentato. Infatti, ammesso che la Batatas edulis sia una forma
| ottenuta con la coltura, e derivata dalla Batatas fastigiata, alla
sua volta, nei nuovi territorii in cui fu portata si sarebbe frazio-
. nata in altre forme, come Batatas chrysorhiza, Batatas Loure-
roî, etc.
sa
Per quanto riguarda l’Italia si hanno notizie abbastanza pre-
ise circa l'introduzione della Batata e la sua coltura. i
GrovannI TaRrGIONI-TOzzETTI (2) ricorda che FERDINANDO II
o Toscana introdusse nel 1630 le Batate a Firenze, facendole col-
_ tivare nel Giardino dei Semplici ed in quello di Boboli, e questo
.@ il primo dato sicuro che abbiamo della loro introduzione in I
Il CasmIGLIONI registra poi la data della loro introduzione a Milano,
«che fu nel 1732. GiuLi e XUAREZ poco dopo, cioè nel 1768, la
4a
introdusse a Padova nel 1812.
| L’introduzione poi della Batata in | Sicilia risata » 1824, nel
ib anno fu introdotta nel giardino reale di a:
cera come ricorda il GASPARRINI Le
A) "RSI B., Flora Vitiensis. 1865-28. D 170. È
, fisica della Toscana. Firenze 1754. p. 121.
* scienze, AI NOIR DE
1828, * 261. 1
coltivarono nell’Orto Vaticano-Indico a Roma. Il Boxao infine a R
(2) TARGIONI-TOZZETTI G., Prodromo della” “erogata e della We S
sgh GASPARRINI Sd Sulla coltivazione della Batata. dolce in ni Li _
II. — (Caratteri botanici.
Moltiplicandosi la Batata quasi esclusivamente per via agamica,
cioé per talee, le piante mancano di radici normali, ma sono prov-
viste solo di radici avventizie, le quali nascono numerose ai lati di
ciascun nodo del fusto : altre ne nascono pure quà e là sui tu-
bercoli. Queste radici sono filiformi, assai lunghe, bianche o gial-
lognole. I tuberi sono sferici od allungati, lisci o con venature re-
ticolate prominenti, cilindrici o più o meno angolosi: presentano -
larghe lenticelle, da cui sovente sorgono nuove gemme. Il colore
dei tuberi è assai variabile, bianco, giallastro, dorato o bronzato,
roseo, porporino o bruno: internamente per solito sono bianchi o
rosei. Secernono un latice abbondante, appena tagliati, e la loro
carne è piuttosto solida.
_ Il caule della Batata è assai variabile in lunghezza ed in gros-
sezza : in alcune varietà non raggiunge l’altezza di mezzo metro.
mentre in altre oltrepassa i sei metri, gareggiando con i tralci
delle viti. Può essere di color verde, ma più soventé è porporino,
massime nelle varietà a tuberi colorati. Presenta abbondanti len-
ticelle, e fitta peluria da giovane, che va sparendo con l’età a-
dulta. i
Le foglie sono cordate, astate, intere, leggermente o profon-
damente lobate od incise. I loro apici come pure i lobi possono
essere ottusi od acuti, prolungati sovente in una corta punta lin-
guiforme : la base è per solito cuoriforme o troncata ed il margine
intero. Sovente nella medesima varietà si hanno due sorta di foglie,
cioè nei rami sviluppati per primi si hanno foglie intere, semplice-
mente cordate, e nei rami successivi foglie astate, lobate o profon-
damente incise. La grandezza delle foglie varia pure secondo la
varietà, l’età del ramo da cui provengono e lo stato di nutrizione
della pianta. La loro nervatura è palmata e presentasi prominente
nella pagina inferiore. Le foglie sono glabre o presentano peli sem-
plici, poco numerosi. Il loro colore varia dal verde vivo al porpo-
rino ed al bruno, e sono più pallide nella pagina inferiore. Il pic-
ciuolo per solito è assai più lungo della lamina, superiormente
solcato, ed in prossimità sla lamina na presenta una ene i
nettarifera estranuziale.
I fiori sono piuttosto grandi, riuniti in cime fail per.
solito di 3 a 4, portate da peduncoli lunghi, eguaglianti o supe-
ranti il picciuolo della foglia ascellante, con pedicelli assai brevi. —
Il loro calice, glabro o raramente irsuto, consta di 5 sepali, liberi,
13
subcoriacei, ovali od oblunghi, bruscamente acuminati o subtron-
cati, mucronati, gli esterni alquanto più brevi: misurano circa un
quarto od un quinto della corolla. Questa è grande, largamente
campanulata, con tubo dapprima cilindrico poi ventricoso, ed è di
colore roseo 0 porporino, raramente bianca. Gli stami sono inclusi,
ed il pistillo presenta un ovario glabro od ispido, a quattro loggie,
mediante l’aggiunta di un tramezzo secondario, qualche volta in-
completo, con 4 ovuli.
Il frutto infine è una capsula quadriloculare, irregolarmente
deiscente per valve, contenente 4 semi glabri, eccetto una linea
laterale brevemente puberula.
III. — Coltivazione.
La Batata esige un clima uniforme e subtropicale: quantunque
cresca ancora discretamente ad altitudini elevate, riesce meglio, e
dà un prodotto più remunerativo, nelle terre basse ed assai calde:
tuttavia ha dato prova di buon adattamento anche in località tem-
perate e quasi fredde, come nel Veneto, ove la sua coltura ha as-
sunto estese proporzioni. Devesi aggiungere che la Batata non teme
affatto i venti salati, per cui può venire coltivata con successo in
vicinanza del mare.
Il terreno più appropriato a questa coltura è quello di allu-
vione, cioè siliceo-argilloso, purchè l’argilla non vi si trovi in troppa
prevalenza : conviene però si conservi sempre piuttosto asciutto,
potendo un eccesso di umidità far guastare i tuberi prima della
raccolta. Il terreno deve essere minutamente lavorato, ma non troppo
profondo : con una lavorazione eccedente i 35 centimetri si ha un
eccesso di sviluppo di radici grosse e filamentose, a detrimento dei
| tuberi, e questi pure risultano troppo allungati, per cui aumentano
le difficoltà di estrarli dalla terra, Il terreno deve essere anche
convenientemente ed abbondantemente concimato : i concimi vege-
tali sono i più appropriati per questa coltura: è quindi buona
pratica il sotterramento delle erbe che aerea vi crescevano,
©d anche qualche sovescio, eseguito al momento opportuno. Fra i
. diversi principii fertilizzanti la Batata si avvantaggia specialmente
. dei concimi potassici, e questi conviene sieno somministrati assieme
ad una sufficiente quantità di letame: si è ottenuto un ottimo pro- |
| dotto usando una concimazione di due parti di letame ed una parte |
di Kainite. Anche i panelli di seme di Cotone, rimasti dopo l’estra-
|’ zione dell’olio, sono stati usati con vantaggio nella concimazione
della Batata
,
1a
La Batata si può propagare tanto per mezzo di polloni, quanto
per mezzo di talee,
a propagazione per polloni è di più sicura riuscita, perchè
si staccano dalla pianta madre quando hanno già qualche radichetta,
collocandosi senz'altro a dimora stabile. Per ottenere polloni bene
sviluppati nei primi giorni di Aprile (epoca propizia per iniziarne
la piantagione da noi), conviene sotterrare i tuberi di Batata nel
mese di Febbrajo, in un luogo bene esposto a sud, o meglio, se si
teme qualche freddo tardivo, in un cassone vetrato, sopra un letto
caldo. I tuberi vanno ricoperti con circa 15 centm. di terra bene
vagliata, ed innaffiati sovente ma non troppo. Dopo una quindicina
di giorni la vegetazione incomincia a mostrarsi e quando i fusti
hanno raggiunto i venti centm. sono tagliati rasente terra: per so-
lito nei nodi inferiori portano piccole radici, le quali assicurano il
loro attecchimento. Dopo il primo taglio la vegetazione continua e
si presentano nuovi fusti, che pure possono essere utilizzati: così
si può continuare il tulle ed il ripianto fino alla metà di Giugno.
In tal modo bastano pochi tuberi per eseguire una piantagione di
100 metri quadrati.
talee invece si tagliano dai fusti in piena vegetazione, for-
mandole della lunghezza di circa 30 centm. e vanno per metà in-
terrate, cioé per circa 15 centm. Queste radicano prontamente,
anche se il tempo è piuttosto asciutto, anzi una soverchia umidità
può farle marcire, ed, appena radicate, continuano a sviluppassi
con grande vigore.
Tanto per la piantagione dei polloni, quanto per quella delle
talee il terreno deve essere sistemato a piccoli argini, distanti 60
centm. l’uno dall’altro: la piantagione si fa sopra gli argini stessi,
collocando tanto i polloni, che le talee, alla distanza di 30 centm.
in unica fila. Eseguita la piantagione è necessario procedere ad una
prima irrigazione : in seguito le irrigazioni vanno ripetute ogni
quindici giorni, avendo cura di mantenere il terreno pulito dalle
cattive erbe, le quali possono essere sotterrate sul posto. A questo
scopo, appena i fusti incominciano a svilupparsi, conviene eseguire
una sarchiatura, avendo cura di non staccare le foglie: una seconda
sarchiatura può essere necessaria, per interrare i tubercoli, se qual-
che forte pioggia li ha scoperti, appianando gli argini. Una pratica —
utile è quella di mantenere i tralci sollevati da terra, per impedire Do
che emettano radici ai loro nodi, altrimenti ne verrebbe detrimento
al normale sviluppo dei tuberi. Sovente, se la stagione fu propizia,
la vegetazione diviene oltremodo rigogliosa, per cui, in Agosto, con-
15
viene falciare i tralci, un poco però alto da terra: ciò può eseguirsi
senza pericolo di compromettere il raccolto.
Il completo sviluppo dei tuberi è raggiunto, nei paesi caldi,
circa tre mesi dopo la loro piantagione: da noi è un poco più lento,
e conviene attendere fino all’Ottobre per farne la raccolta. L’estra-
zione dei tuberi poi deve essere eseguita con molta cura per non
ammaccarli o tagliarli : essendo questi di assai difficile conserva-
zione, basta una piccola lesione per farli guastare subito. Per bene
conservarli è necessario asciugarli dapprima al sole, poi avvolgerli
ad uno ad uno con paglia, o meglio stoppa, bene asciutta, e col-
locarli in casse o botti che si ripongono in locali la cui tempera-
tura non discenda a meno di 8 gradi.
Se la coltura fu eseguita in modo appropriato è facile avere
tuberi grossissimi, anche del peso di un chilogramma. Però nelle
condizioni ordinarie e nei nostri paesi si calcola in media a mezzo
chilogramma il prodotto di ciascuna pianta : per cui un ettaro di
terreno dà un prodotto dai 180 ai 200 quintali di tuberi. Il loro
prezzo va soggetto a grandi oscillazioni, non solo secondo lo stato
di loro secchezza, imperocchè asciugandosi perdono molto di peso,
ma ancora secondo l’abbondanza o deficienza di altri prodotti agra-
| rii, massime delle frutta. Generalmente si vendono da 9 a 14 lire
al quintale, ma non è raro raggiungano e sorpassino le 20 lire:
ne consegue che il reddito di un ettaro di terreno a Batate può
an da un minimo di 1620 lire ad un massimo di 4000 lire:
ben s’intende che da queste cifre debbonsi togliere tutte le spese
colturali: resta tuttavia sempre un utile difficilmente Aa
con altre colture.
IV. — Utilizzazione.
| Le Batate si coltivano specialmente come alimento, costituendo È
PA loro tuberi uno dei cibi più graditi per gli abitanti dei paesi
caldi: si mangiano per solito cotte: al Brasile, con la loro fermen-
| ‘tazione, se ne ottiene una bevanda alcolica. Servono Nea ape
he!
. l'estrazione dell’ amido e dello zucchero , e specialmente
| sciroppi dolci : possono anche impiegarsi per la distillazione a
. l’alcool. Anche i loro fusti possono avere qualche utilizzazione :
quelli più giovani e teneri, tagliati a striscie, costituiscono, a quanto Si
| dicesi, un’ eccellente insalata, e bolliti si possono usare come le-
gume: quelli più duri e liginosi sono un eccellente foraggio per il
bestiame : specialmente gli equini ed i bovini ne sono avidi, 000°
“Fia quì non si hanno colture di Batata a a none sauna, cei
16
è prevedibile possano sorgerne, specialmente per 1’ estrazione del-
l’amido : infatti questo è contenuto nei tuberi nella proporzione del
15 al 30 per cento e la sua estrazione è facilissima: qualche ten-
tativo fu eseguito in proposito, ponendosi in commercio il prodotto
con il nome di Arrowroot del Brasile, ma pare non abbia avuto
seguito. Le Batate contengono anche circa il 12 per cento di zuc-
chero di canna, ma la sua estrazione non è facile, trovandosi ac-
‘compagnato da circa il 7 per cento di glucosio , il quale, non es-
sendo cristallizzabile, impedisce pure alla maggior parte dello zuc-
chero di canna di cristallizzare. Al contrario, stante appunto la
presenza di forti quantità di amido, di glucosio e di saccarosio, i
tuberi di Batata si presentano molto adatti per la manifattura del-
l’alcool, per cui la loro coltura intensiva potrebbe dar luogo a
qualche industria di tal genere,
G. E. MATTEI
BIBLIOGRAFIA
GasPARRINI G., Sulla coltivazione della Batata dolce in Sicilia. In
Giornale di Scienze, lettere ed arti per la Sicilia. Tom. XXIV.
1828. p. 261.
TarGioNI Tozzetti A., Cenni storici sulla introduzione di varie piante
nell’agricoltura da orticoltura toscana. Firenze 1853. Ristam-
pato per cura del Dott. E. BaroNI. Firenze 1899. p. 40.
SagoT P., Sur la culture du Convolvulus Batatas. In Jvurnal de la
Societé d’Horticulture de France. 2° Ser. Vol. V. 1871. p. 450.
GuiLuion-MaxciLLI E., Il Convolvulus Batatas. In Bollettino della
R. Società PIO di Orticoltura. Anno I. 1876. p. 340.
Dr CaxpoLre A., L'origine delle piante coltivate. Milano 1883.
p. 68.
ALroxso Spagna F., Convolvutus Batatas, coltivato nel Giardino di
Acclimazione in Palermo, In Atti della Società di Acclimazione
17
e Agricoltura în Sicilia. N. ser. Ann. XXV. Palermo 1885.
p. 117.
RiccoBono A., Coltura della Patata dolce in Sicilia. In Bollettino
lella Società Orticola di Mutuo Soccorso in Palermo. Anno VII.
1909. p. 55.
GrortH B. H., The Sweet Potato. In Contributions from the Botanical
Laboratory of the University of Pennsylvania. Vol. IV. n. I.
1911.
ALOE RICCOBONII xov. sp.
A
Da due anni è venuta a fiorire nel nostro R. Orto Botanico
una specie di A/oe che per diversi caratteri si differenzia da tutte
le altre qui coltivate, ed anche, studiata con la monografia del
BERGER, comparsa nel Pftanzenreich dell’ ENGLER, non è identi-
| ficabile con alcuna delle specie ivi descritte. Si avvicina all’ Aloe
| cernua del Toparo, ritenuta corrispondente ad Aloe capitata, BAK.
e forse può soigicerarei ibrida fra questa e 1’ Aloe arborescens,
MILL,
- Tattavia, nulla conoscendo della sua vera origine , crediamo
opportuno descriverla come entità a parte, seguendo in ciò l’uso
degli autori che si occuparono di Aloe. Perciò la chiamiamo Aloe
Riccobonii dedicandola al signor Vincenzo RiccoBono , Capo Giar- zu
diniere del nostro R. Orto Botanico, il Besa pr primo richiamò —
| l’attenzione sopra questa nuova de i
Eccone la descrizione :
Aloe Riccobonii, nov. sp. — — Osalis brevi, Sapia erectus, ad 80:
cm. altus. Folia ca, 25, dense rosulata, patentia, demum recurva, an-
guste lanceolata , sensim et longe acuminata , in aculeum termi- - =
nantia, 50 re, longa et 6 centm. lata, carnosa, supra plana, S
apice versus tantum subcanaliculata, sube Gava obscure
viridia, ad margines aculeis deltoideis repando uncinati, Alavescon- ni =
19
tibus, apice rubescentibus, 2-3 mm. longis, 12-15 mm. distantibus,
armata, linea marginali infra aculeos pallidiora vix cornea. Inflo-
rescentiae, ca. 60 centm. altae, scapus simplex vel 2-8 partitus, |
validus, ancipiter subcompressus, ramis erecto-patentibus, bracteis
vacuis parvis, late triangularibus , 7-nervosis, instructis. Racemi
ca. 10 centm. longi, truncati, floribus capitatis omnibus nutantibus,
pallide luteis. Bracteae florales 8-9 mm. longae, ovato-lanceolatae,
obtusae, 5-nerviae , scariosae. Pedicelli 12 mm. longi, stricte pa-
tentes. Perigonium, vix basi stipitatum, ca. 33-35 mm. longum,
supra ovarium leviter angustatum , et faucem versus ampliatum,
segmentis basi breviter connatis, apice non revolutis, obtusis, in-
terioribus latioribus. Genitalia ca. per 8 mm. exserta: antherae
aurantiacae a stylo demum longe superatae. Capsula .....
n Horto Botanico Panormitano culta.
Questa specie, come si è detto, è intermedia fra 1’ Aloe ca-
pitata, BAK. e 1’ Aloe arborescens, MILL. e forse ibrida fra di
esse. Differisce dall’ Aloe capitata, BAK. (= Al. cernua, TODAR.)
per le foglie acute all’apice e terminanti in unico aculeo (non ot-
tuse, con 4-6 aculei), più oscuramente verdi, con la linea margi-
nale cornea appena distinta, per i denti più distanti e più decisa-
mente uncinati. I racemi sono più lunghi, con fiori a pedicelli
più brevi ed a perigonio più lungo, con segmenti non revoluti al-
| l’apice. Differisce dall’ Aloe arborescens, MiLL. per il fusto breve e
meno robusto, per gli aculei colorati in giallo ed un poco rosseg-
gianti all'apice, per l’infiorescenza troncata, con brattee assai più — ©
brevi, per il colore dei fiori giallo-canarino (non aranciato nè rosso).
N perigonio è più corto, con segmenti un DE connati alla”
. (non completamente liberi). LL
ni . far meglio risaltare queste differenze e rendete più acne
| come l’Aloe Riccobonii occupi una posizione quasi intermedia
le due predette specie, giova riportare le principali misure prese
_ su entrambe, confrontandole con quelle che rana la ininicno Losa Ù
ò Sd risulta dal ar sini i Li
Aloe Aloe Aloe
capitata | Riccobonii |arborescens
Altezza del caule. ...... 60 cm. 30 cm. 3-4 m.
Numero delle foglie . . . . . 20-25 _ 25 30-35
Lunghezza delle foglie. . . . { 25-30 cm. { 50 cm. 65 cm.
Larghezza delle foglie . .. . | 5-7 cm. 6 cm. 4-5 em.
Lunghezza degli aculei . . . | 2-3 mm. | 2-3 mm. | 3-5 mm.
Distanza degli aculei Rae 5-10 mm. [12-15 mm.f{ 20 mm.
Altezza dello scapo fiorifero . | 60 cm. 50 cm. 50 cm.
Lunghezza del racemo. ...{ 5-6 cm. 10 cm. | 20-30 cm.
Lunghezza delle brattee . . . | 5-6 mm. | 8-9 mm. | 15-18 mm.
Lunghezza dei pedicelli . . . {| 25 mm. 22 mm. 25 mm.
Lunghezza dei perigonii. . . | 25 mm. {33-35 mm. { 40-43 mm.
Da questo confronto appare vieppiù probabile l’origine ibrida
dell Aloe Riccobonii, per eventuale incrocio dell’ Aloe capitata, BAK.
con l’Aloe arborescens, MiLL. ed una conferma dell’ esser questa
una forma ibrida può aversi nel fatto che nel nostro Orto Botanico
non ha maturato alcuna capsula, quantunque abbondantemente fio-
rita per due anni di seguito , visitata con, frequenza da api, ed
anche impollinata artificialmente, tanto col proprio polline quanto
con quello dei presunti genitori.
A. Borziì.
LA
Pi
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I.
1. Pianta intera di Aloe Riccobonii, nov. sp., assai impiccolita.
2. 3. 4. Foglia - gr. nat.
5. Fiore - gr. nat. i
6. Fiore privo del perigonio - ingrand.
7. Pistillo - ingrand.
Per una classificazione naturale dei
Mesembrianfemi.
Il GoeTHE è l’autore di due ipotesi singolarissime le quali
nella mia mente, forse per la loro stessa singolarità, sono perfet-
tamente associate, per guisa che il ricordo dell’una richiama im-
mediatamente ed infallibilmente l’altra: quella della natura seg-
mentale del cranio e quella che considera i membri dei varii ver-
ticilli florali come trasformazioni fogliari. Veramente, in quanto alla
prima ipotesi, nello stato degli studii anatomici al tempo del grande
filosofo naturalista si richiedeva ‘la potenza del genio per divinare
quello che oggi appare sostanzialmente vero, sebbene ancora abbia
bisogno di ulteriore illustrazione; in quanto alla seconda ipotesi, fu
anch’essa intuizione del genio, ma anche a quei tempi potevasi.
facilmente intuire. E invero, mentre la segmentazione del cranio è
stata oscurata dalle seine modificazioni indotte sovrattutto da-
gli importanti organi di senso che si sono costituiti nella regione i
anteriore del corpo dei vertebrati, difficilissimo riuscendo così il
rintracciarla, dovendo ricorrere all’uopo a delicati e squisiti criterii |
| di anatomia ed embriologia, la natura fillomica invece delle diverse
formazioni florali è ancora evidente sia per quel che ci si presenta
nelle condizioni normali sia, e non meno, per i fatti di anomalie.
. Ori Mesembriantemi sono un esempio assai splendido di tali
Metamorfosi florali, anzi ci dicono qualche cosa di più, cioè che
compiutasi la metamorfosi in un senso, essa può ripetersi nel senso
opposto, o meglio che oltre alla metamorfosi centripeta può esisterne
un’altra centrifuga. Per riuscire più chiaro che sia possibile ri-
corderò che l’essenza dell’ ipotesi del GOETHE consiste in ciò che
dei verticilli fogliari si sono trasformati in organi di protezione o
in organi a funzione vessillare divenendo gl’involucri esterni del
fiore, altri verticilli si sono modificati in stami ed altri ancora sono
divenuti carpidii. (1) Or ammettendo come vera cotesta derivazione
(e non potrebbe mettersi in dubbio senza rinunziare al più alto
grado di sintesi raggiunto dalla morfologia botanica) quanto os-
servasi nel fiore dei Mesembriantemi ci induce a pensare che essi
non solo hanno subito le modificazioni in parola, in senso tanto
centripeto quanto centrifugo, come dicevamo, ma che hanno sor-
passato la stessa metamorfosi goethiana.
È un fatto. molto curioso e da notare che gli stami di molte
specie di Mesembriantemi sono colorati, e colorati identicamente
alla corolla: se la corolla è aranciata, anche gli stami sono aran-
ciati; se la corolla è porporina, anche gli stami sono porporini e
così via. Nasce spontanea l’idea che originariamente la funzione
vessillare fosse compiuta dagli stami contemporaneamente alla fun-
zione sessuale; in seguito avvenne una divisione di lavoro: i ver-
ticilli più esterni perdettero il potere sessuale e ritennero soltanto
la funzione vessillare. Un'altra trasformazione, e questa volta con
direzione non centrifuga, ma centripeta, e con la quale appunto
| 81 supera la metamorfosi goethiana, si presenta nel genere Me-
sembrianthemum, in quanto che con un’ altra divisione di lavoro
gli stami abbandonarono una terza funzione da essi adempiuta, la
funzione di richiamo nutritizio col polline offerto ai pronubi, tra-
sformandosi i più interni in nettarii. Su questo punto ritorneremo
in seguito ; per ora insisteremo sulla evoluzione centrifuga seguita
dagli stami, cioè su la loro metamorfosi petaloidea.
Invero quasi tutti i Mesembriantemi, specialmente quelli che
noi vedremo appartenere alle sezioni meno evolute, offrono tra pe-
tali e stami tutte le gradazioni possibili. Nel M. splendens, si
es., in cui l’analogia tra stami e petali: si manifesta già pe
modo identico di disporsi dei verticilli tutti connati fra loro (quali
dei petali e quelli degli stami), ai primi verticilli (quelli dei petali)
(1) Questa è la parte o ci fatato dell’ ipotesi quae la.
quale, come si sa, è molto più vasta, abbracciando tutte » Mulo
zioni di natura las
23
si succedono alcuni altri che comprendono stami, ma questi stami
sono a filamento piuttosto largo e lunghi o quasi quanto i petali ;
le loro antere sono bianchicce e sterili. Seguono a questi verticilli
altri ancora, ormai sempre. di stami, ma i filamenti sono più stretti
e più corti e le antere sono meglio costituite; altri verticilli si
susseguono i cui stami si presentano, pel rispetto sessuale, in mi-
gliori condizioni ancora, e così via sino a verticilli di stami per-
fetti con antere gialle e compiutamente fertili. In altri Mesembrian-
temi, che sarebbe troppo lungo enumerare, o si presentano le me-
desime condizioni ovvero si hanno verticilli intermedi di stami
ridotti al semplice filamento. Questi fatti, apparentemente, si po-
trebbero interpretare in due modi: o che i petali si siano trasfor-
mati in stami o che, viceversa, gli stami si siano trasformati in
petali. È vera la seconda ipotesi, primo perché abbiamo, come già
si è detto, senza però ancora dimostrarlo, anche nel genere Mesem-
brianthemum un altro esempio del potere di trasformarsi che gli
stami possiedono (origine dei nettarii), e poi sopratutto perchè nelle
succitate forme (M. splendens, ete.) i petali anche più esterni pre-
sentano nell’apice bidentato la traccia dell’antica antera.
Diciamo subito che cotal metamorfosi petaloidea degli stami
ha per noi il massimo interesse. Cotale metamorfosi difatti ci mette
in grado di apprezzare l’età relativamente recente della sezione dei
Linguiformi. E invero nel fiore del M. linguiforme, M. cultra-
tum, M. depressum, ete., i quali poi in sostanza non sono che.
varietà di un’unica specie, la costituzione dell’ apparato florale è
ben definita con le netta distinzione tra stami e petali: ormai tra
questi fillomi non è dato più scorgere alcun passaggio, ed anche
| l’apice dei petali non presenta più il solito carattere di bidentato,
| comune alle forme primitive.
La sezione dei Linguiformi dunque comprende le forme più
la
mostra conclusione. Piante desertiche o comunque xerofile tutti i
| aggiunto il massimo grado di adattamento all’ambiente in quanto.
| che il caule si è è raccorciato e reso molto carnoso, e ingrossate i.
- perfettamente carnose son divenute le foglie, perdendo. affatto la
| pianta il carattere fruticoso o subfruticoso delle specie delle altre
; Sezioni in generale. Si aggiunga ancora la maravigliosa complica- 3
o raggiunge la più alta espressione evolutiva dell'intero genere, come
| meglio vedremo nel prossimo nostro lavoro sula disseminazione nei
Mesembrian temi
| Fecenti, le più evolute. Ma altri fatti ancora giustificano questa. 0
Mesembriantemi, quelli compresi nella summentovata sezione hanno anti
| zione nella capsula dei Linguiformi, nei quali la sua. struttura
24
Appare dunque chiaro che la sezione dei Linguiformi com-
prende, come dicevamo, le forme più recenti e più evolute. Asso-
dare questo punto era per noi di importanza fondamentale.
Difatti le specie comprese nella sezione dei Linguiformi hanno
fiori senza nettarii; dunque le forme più evolute sono quelle senza
nettarii. In questa conclusione consiste l’importanza fondamentale
del punto sopra assodato, cioè che le forme della sezione dei Lin-
guiformi sono le più recenti e le più evolute (1).
opo aver conchiuso che le forme più evolute sono quelle prive
di nettarii, passiamo ad altre considerazioni che ci chiariranno come
lo sviluppo dei nettarii dei Mesembriantemi ci dà anche lo sviluppo
filogenetico del genere e come quindi essi nettarii ci offrono un
criterio singolarissimo per una classificazione naturale delle specie
del genere in discorso.
E anzitutto osserviamo che oltre alle specie (le più evolute)
che non possiedono nettarii, ve ne sono di quelle che hanno un
nettario unico, a forma di poligono pentagono più o meno regolare,
interno all’androceo, coi lati alterni alle logge dell’ovario; altre
specie ancora hanno cinque o sei gruppi nettarici corrispondenti
alle logge ovariche. Or è facile dimostrare, quando si hanno cinque
gruppi nettarici , che il nettario così costituito non è che il net-
tario unico pentagonale frazionato in cinque pezzi ; cosicchè le spe-
cie possedenti un tale nettario sono posteriori alle specie con net-
tario nnico intero. Che tali specie siano posteriori a quelle con
nettario unico intero parrebbe legittimo dedurlo da quanto abbiamo
detto sopra, poichè se le specie più recenti ed evolute (quella com-
nella sezione dei Linguiformi) sono quelle prive di nettarii,
si potrebbe credere senz’altro che le specie a nettario frazionato
siano un passaggio intermedio per arrivare dalle specie a nettario
intero a quelle prive di nettario. Tutto ciò è vero, ma noi potremo
dimostrare ancora per altra via che le forme a nettario frazionato
sono in realtà forme intermediarie. A questo scopo richiamiamo
l’attenzione su un fatto generale che si osserva nel genere Mesem-
(1) In verità i Linguiformi sono i Mesembriantemi di più elevata
organizzazione che si trovino coltivati nell’Orto Botanico di Palermo;
non si può escludere però che qualche altra sezione, per es. gli Sfe-
roidei, non rappresenti un grado superiore di evoluzione; tuttavia,
evidentemente, ciò nulla toglie alle considerazioni che abbiamo fatte.
Vedasi anche quanto diciamo a pag. 34, in commento alla nustra clas-
sificazione,
25
brianthemum , la tendenza cioè a fondere le due metà pros-
sime di due organi contigui uguali. Ciò appare evidente nella
costituzione delle valve della capsula. Queste difatti non sono
semplici, ma risultano dalla fusione di due mezze valve, apparte-
nenti l’una ad una loggia, l’altra alla loggia collaterale. Allora tutti
gli organi che nelle valve così composte si riscontrano dall’un lato
e dall’altro della linea mediana non sono che gli organi simmetrici
appartenenti alle pareti esterne di due logge contigue. Che poi
valve sopradette siano delle valve composte si dimostra con la mas-
sima evidenza seguendone lo sviluppo (1)
Detto ciò, ritorniamo alla disposizione dei nettarii. Essi, come
abbiamo visto, o costituiscono un unico pentagono interno all’ an-
droceo, coi lati alterni alle logge, o si presentano in cinque gruppi
_mettarici corrispondenti alle logge stesse. Naturalmente nel primo
caso, essendo i lati del poligono nettarico alternati con le logge,
i vertici saranno opposti, cioè corrispondenti alle logge. Se si im-
magina dunque che i bottoncini nettarici dei punti di mezzo dei
lati si riducano e scompaiano, si avranno i cinque tipici gruppi
nettarici di cui sopra. Già con questa semplice considerazione ci
appare che ciascuno dei cinque gruppi nettarici è costituito delle
due metà, convergenti al vertice, di due lati contigui dell’ unico
primitivo nettario pentagonale.
he se poi riflettesi alla tendenza che noi, con lo studio delle
(1) Si potrebbe pensare che in tutte le capsule loculicide si abbia
appunto tale fusione delle metà contigue dei carpidii, e che quindi
essa non costituisca una proprietà esclusiva dei Mesembriantemi. Noi
diciamo che l’essere estesa tale proprietà anche ad altri gruppi ve-
getali non menoma l’importanza ‘della conseguenza che noi ne trag-
ghiamo, cioé della fusione anche delle metà contigue dei lati pel
poligono nettarico, anzi, se é possibile, l’avvalora, permettendoci di
scorgere in quest’ultima fusione l’espressione particolare di un fatto
| generale nel regno vegetale. Potremmo aggiungere che nelle capsule
loculicide di Mesembrianthemum non sempre esistono i veri setti
loggiali., essendo anzi frequente il caso di capsule uniloculari,
il che fa riconoscere come nei Mesembriantemi, contrariamente a
quanto succede in altri gruppi vegetali, la fusione delle mezze valve
Lg formare una valva composta sia avvenuta indipendentemente
| formazione dei setti, ed ha quindi tutto il valore di un fatto
sui generis, che spiega anche la fusione nettarica. E superfluo poi
notare col DeLFINO che la fusione carpidiale è un fatto mantaione
26
valve della capsula, abbiamo sorpreso nei Mesembriantemi, la ten-
denza cioè alla fusione delle metà contigue di due organi eguali
er formare un organo unico, questa conclusione riceverà nuova e
splendida conferma. Nè qui è tutto. Esistono difatti delle forme in
cui il nettario non è costituito ancora stabilmente. Bellissimo e
sempio ce ne offre il M. barbatum. Questa specie mi si è presen-
tata in tre varietà: una che cresceva in pieno suolo e che dalla
relativa piccolezza delle foglie e dall’abbondanza delle spine e dalla
apparente rustichezza, può ritenersi come una forma selvatica (1);
un’altra aveva aspetto più ingentilito, ma per la grandezza delle
foglie, che erano uguali a quelle della varietà precedente, appariva
una forma immediatamente derivata dalla selvatica; una terza in-
fine coltivata in vaso come la precedente si poteva considerare come
la forma perfettamente ingentilita. Dunque di queste tre forme,
sotto cui si è presentato al mio studio il M. barbatum, la prima
è la più antica, l’ultima la più recente.
Or nella forma più recente, la terza, il nettario a prima giunta
appare sotto l’aspetto di un pentagono intero ; però con osservazione
minuta si discoprono due caratteri: 1° i vertici del poligono sono
arrotondati ed ivi la superficie è più ampia della linea del
(segno di avvenuta fusione); 2° nel centro di quattro lati si discerue
un sottilissimo diastema, ampio al più, o anche minore, come un
bottoncino nettarico. Nel quinto lato invece evvi spessissimo con-
tinuità perfetta tra i bottoncini nettarici che lo costituiscono. Ma
anche» non di rado il quinto lato è diviso esso pure, ed allora i
cinque gruppi nettarici possono trovarsi ad una distanza reciproca
discreta.
Osservando poi la seconda forma, la forma un po’ meno in-
gentilita della precedente, si discopre che frequentemente sono
due i lati i cui bottoncini nettarici formano una linea continua ;
osservando infine la forma selvatica, si discopre 1’ ancor maggiore
instabilità del nettario. Ora occorrono fiori il cui nettario sembra
costituire un poligono peatagono intero, ora fiori in cui il penta-
gono è spezzato in un sol lato, o in due, o in più; ora, caso op-_ vd
posto al primo, fiori coi cinque gruppi nettarici caratteristici. In.
ogni caso e per tutte e tre le a quando i lati non sono SA
(1) Usiamo la parola selvatica per questa varietà perché riteniamo
si avvicini più delle altre forme al tipo spontaneo, avvertendo che
nel nostro Orto certamente trovasi introdotta e non indigena.
27
spezzati e nella forma selvatica spesso anche quando i lati sono
‘spezzati, i vertici non presentano l’ arrotondamento caratteristico
dei singoli pezzi dei nettarii pentameri, ma sono ancora a punta
acuta.
È chiaro dunque, anche per quest'altra via, che il nettario
distribuito in cinque gruppi è posteriore al nettario a pentagono
intero ; il primo ha origine dal frazionamento del pentagono, e non
basta, ma dalla successiva fusione dei residui contigui dei suoi lati,
come è dimostrato da ciò che il vertice appuntito, punto d’incontro
dei due lati contigui, si è arrotondato, acquistando ivi il nettario,
nella maggior parte dei casi, più ampia superficie.
Infine se poniamo attenzione a quel principio generale che la lo-
calizzazione di una funzione importa perfezionamento e quindi evo-
luzione, ci convinceremo ancora una volta che le forme a nettario
frazionato sono più recenti di quelle a nettario intero poligonale.
Tutto quanto abbiamo detto per i nettarii pentameri vale per
quelli distribuiti in sei pezzi. Anche in questo caso i gruppi net-
tarici sono corrispondenti alle logge, e tutto giustificherebbe. l’af-
fermazione che un nettario esamero derivi da un nettario intero
esagonale, alla stessa guisa che un nettario peniaeno trae origine
«da un nettario intero pentagonale. L’induzione è legittima, però le
cose sono parecchio complicate dall’esistenza di una forma instabile,
in quanto alla costituzione del nettario, e che presenta nettarii pen- -;
‘tameri, esameri ed eptameri. In verità io discoprii questa forma nel
nostro Orto in fine di fioritura, tanto che io non potei averne che
| Rettario pentamero, ma anche un ovario pentamero con apparato |
stilare pure pentamero. Pertanto erano numerosi i frutti ancora -
succulenti e numerosi anche quelli trasformati in capsula ; orbene
che i gruppi nettarici nel genere Mesembrianthemum sono opposti
| alle logge, che, come alla pentameria dell’ ovario corrispondeva e.
| pentameria del nettario, così al carattere seppero. se ira,
dell’ovario nel frutto e nella capsula p .
solo due fiori, i quali furono gli ultimi; entrambi presentarono un
- di questi frutti e di queste capsule alcuni erano, in quanto all’o-
vario, con carattere, oltrechè pentamero, anche esamero ed cepta-o Lo
| mero,; dal che è lecito arguire, anche per quella legge. generale I
“ desse il carattere esamerico ed eptamerico del ‘nettario.. ta
Poichè dunque esistono forme più 0 meno antiche a carattere Li
pentamerico e poichè vediamo comparire questo carattere anche ino 0°
3 forme nelle quali per altro verso l’esameria si è abbastanza stabi.
. bilita, il carattere pentamerico in tali forme parrebbe dovuto a
sua ea. cosicchè parrebbe che dal tronco comune catad 5
28
di nettario intero pentagonale ne sia venuto per mutazione l’uno
e l’altro tipo : il pentamerico e l’esamerico ; mutazione che si ren-
derebbe manifesta, se ancor fosse necessario, dalla più ampia oscil-
lazione verso il carattere eptamerico e dalla possibilità che nettarii
esameri si manifestino in forme decisamente pentameriche, come
è stato il caso per due singoli fiori di M. intonsum.
Da quanto precede appar chiaro che le forme primitive del
genere Mesembrianthemum sono quelle a nettario intero pentago-
nale; vengono poi quelle a nettario frazionato coi pezzi nettarici
corrispondenti alle logge; succedono infine le forme puramente a
polline.
Noi ancora non abbiamo accennato ad una importantissima par
ticolarità riguardante la costituzione dei nettarii. Già incidental-
mente ci è più volte occorso di usare la parola bottoncini per in-
dicare le unità prime costituenti sia i nettarii a poligono intero sia
i nettarii frazionati. Con ciò si poteva capire che i nettarii di cui
parlavamo siano rilevati a guisa di creste più o meno alte, di spes-
sore più o meno grande. In verità hanno maggior frequenza i net-
tarii rilevati; però si hanno anche nettarii infossati. È bene pre-
mettere subito che tali nettarii non sono mai interi, non costitui-
scono cioè una doccia continua, ma compaiono sotto forma di con-
che isolate; si può così prevedere che, dato il principio della lo-
calizzazione di funzione, le forme in possesso di tali nettarii sono
relativamente recenti; le forme di passaggio poi ci potrebbero di-
mostrare che esse traggono origini da altre a nettarii rilevati.
Utile esempio dimostrativo. di quanto diciamo è il M.
in cui si hanno cinque nettaroconche, con le superficie secernenti,
collegate fra loro da una sottile e bassa cresta, la quale sembra di
aver perduto il potere di secrezione.
Sotto questo riguardo sono pure notevoli altre specie, come il
M. rhomboideum ed il M. Lehmanni, l'uno con cinque pezzi nettarici,
l’altro con sei; ma tali pezzi nettarici non sono ancora decisamente
fondi nè sono più, d’ altra parte, decisamente rilevati. Il che fa
riconoscere, contrariamente al caso del M. splendens, che l’evolu-
zione può seguire, oltrechè in un primo tempo, quando cioé il nèt-
tario è ancora a poligono intero, anche in un secondo tempo, cioè
29
solamente quando il nettario unico intero si è già frazionato in un
certo numero di pezzi (1).
on si creda però che le specie a nettaroconche rappresentino
le forme tra le più evolute. Difatti il corpo vegetativo porta segni
evidenti di organizzazione poco avanzata sia nella natura fruticosa
o subfruticosa del caule, sia nella condizione espansa della lamina
fogliare, come accade, per es., nel M. cordifolium. Parrebbe dun-
que o che la trasformazione in conche dei nettarii crestiformi sia
stata assai rapida e seguita da un arresto generale dell'evoluzione
oppure che la trasformazione sia stata lenta, ma limitata soltanto
o quasi agli organi della riproduzione, cioé alla regione fiorale. Così
sì spiegherebbe il contrasto tra gli evidenti caratteri di progresso
che si riscontrano nella struttura del fiore, o, più strettamente
parlando , del nettario, e i caratteri di antichità del corpo vege-
tativo. Così inoltre si spiegherebbe come mai nel M. splendens la
metamorfosi petaloidea degli stami sia ancora, come sappiamo,
tutt'altro che definita
Aggiungiamo infine che mentre i nettarii rilevati non si fra-
zionano in meno di cinque pezzi, i nettarii fondi possono presen-
tare anche soltanto quattro nettaroconche , come ne è esempio il
M. cordifolium. Si noti però che anche le forme a nettarii fondi
hanno le superficie secernenti, in questo caso le nettaroconche, —
(1) In seguito abbiamo riscontrato un’altra specie somigliantissima
al M. blandum, però a fiori bianchi invece che porporini. Ivi il net-
tario é intero, ma i cinque lati del poligono sotto la pressione dei
cinque margini rilevati delle logge sono divenuti convessi (con la
‘convessità all’esterno); i caratteri della superficie secernente sono
identici a quelli del Mi. Lehmanni, eccetto, s'intende il fraziona-
mento , cosicché il ping di cotesta se accenna. ad una
in
nettario
forme e quello a pera paterna nel primo tempo. A ggiun-
geremo che tutte queste specie da noi citate, o che avremmo potuto "i
citare , come intermediarie , si manifestano per tali ancora per un
altro sare per la Îivesiatuta cioé costituitasi lungo il margine
d’inserzione degli stami, onde, sebbene la superficie secernente, sia Re
continua sia frazionata, non siasi ancora decisamente infossata, pu
viene a trovarsi già in una incavatura, ricoperta come è dalla due
staminale. Ed ancora é degno di osservarsi che mentre il nettario
veramente crestiforme ha un colore verde o verde ut in ser
sd la superficie secernente é union,
80
corrispondenti alle logge, alludendo, evidentemente, anche con ciò
alla loro primitiva affinità con le forme a nettarii rilevati.
: Ancora un altro caratterè importantissimo può servirci di guida
per discoprire la linea filogenetica seguita dal genere Mesembrian-
themum nella sua evoluzione. Ma prima di addentrarci ad esporre
questo nuovo carattere è necessario che noi rispondiamo ad un’al-
tra questione: donde traggono origine i nettarii nel genere Me-
sembrianthemum? Da quali elementi provengono ? Fortunatamente
le forme esistenti ci mettono in grado di rispondere a tale questione:
i nettarii, come avevamo già ammesso in principio, senza ancora
dimostrarlo, sono nient’altro che stami trasformati.
Si consideri dapprincipio un Mesembriantemo a nettario pen-
tagonale intero. Si riconosce tosto che il suo nettario è interno al-
l’androceo, e le disposizioni che valgono per un tale M. valgono
per tutti gli altri a 6nettario unico intero. Queste forme ci si sono
appalesate, come già sappiamo, per le più antiche. Ritorniamo ora
all'esempio citato del M. barbatum. Come abbiamo visto, qui il
nettario manifesta il carattere primitivo della specie, e in pari tempo |
il lavoro dell’evoluzione a cui soggiace, per mezzo delle sue 0-
scillazioni morfologiche. Abbiamo visto anzi che tre sono le forme
sotto cui ci si presenta il M. barbatum ed in tutte e tre le forme
il nettario non è ancora stabilmente costituito nei suoi caratteri.
Nella forma selvatica il nettario lascia riconoscere nel modo più
evidente la sua derivazione da un nettario primitivo a pentagono
intero. I suoi cinque pezzi, come già sappiamo, sono pochissimo
distinti e si può dire che in generale soltanto uno dei cinque lati
del poligono primitivo è scisso nel mezzo ; degli altri ora tutti ap-
paiono continui, ora questo o quello appaiono spezzati nel punto
di mezzo. La forma intermedia somiglia molto alla selvatica anche — 5:
per questa estrema variabilità del | nettario, senonchè i lati interrotti
sono più numerosi e molto raro è il caso che il poligono sia spez-
zato in un lato solo, sebbene per lo meno due pezzi debbano es-
sere sempre fusi o trovarsi ravvicinati sin quasi alla completa fo-..
sione ; le distanze poi tra i i pezzi isolati sono più o meno piccole,
anche qui manifestandosi il carattere oscillante del nettario ; difatti
| talvolta i pezzi sono ben distinti fra loro, tal’altra sono molto rav-.
vicinati per guisa che soltanto l’occhio esercitato e con assai at-
tenzione può distinguerli fra loro. Nella forma ingentilita la distin-
zione fra i pezzi nettarici, già relativamente assai progredita nella
forma intermedia, si accentua. sempre più, sebbene nemmeno qui
manchino i caratteri d’oscillanza. Tutto quanto abbiamo detto di-
mostra all’evidenza la primitività del M, barbatum, comecchè i ca-
31
ratteri del nettario non sono definitivamente fissati, ma ancora pros-
simi alla forma primitiva pentagonale, tuttora facilmente ricono-
scibile nella continuità perfetta di un numero più o meno grande
di lati o nella più o meno piccola distanza dei pezzi costituitisi.
Ebbene anche quì il nettario è interno all’androceo, nè, oltracciò,
negli intervalli, quando esistono, tra i pezzi nettarici si scorge
null’ altro di nuovo : in corrispondenza di questi intervalli la su-
perficie dell’ovario é nuda.
"Se pertanto osserviamo il M. intonsum ci colpirà il fatto che
ì cinque pezzi del nettario sono riuniti da cinque piccole serie di
stami i quali sono impiantati su la medesima linea chiusa in cui
possono immaginarsi inseriti i cinque pezzi nettarici; in altri ter-
mini, se si immagina continuata la linea di un qualsiasi pezzo net-
tarico, essa passerà per la linea degli stami che sono a contatto;
insomma la linea dei pezzi nettarici e quella delle serie staminali
è un’unica linea, che costituisce una linea chiusa ed interna all’an-
droceo, come nel caso del nettario pentagonale intero ; l’unica dif-
ferenza è questa che nell’ultimo caso la linea è ricoperta in modo
continuo da bottoncini nettarici, nel caso invece del M. intonsum
la linea è ricoperta alternativamente da bottoncini nettarici e da
filamenti staminali. Dal che si riconosce tosto come gli stami non
siano che i vicarianti dei bottoni nettarici. Quel che abbiamo detto
per il M. intonsum vale anche per il M. Thunbergii ed altri an-
cora. È evidente che se nettarii e stami si sostituiscono, essi non
sono che formazioni omologhe, cioè i nettarii non sono che degli
. Stami trasformati.
Pertanto sorge spontanea la domanda : la presenza degli stami
nei tratti internettarici è un carattere primitivo o posteriore? Di-
fatti potrebbe supporsi che la trasformazione siasi iniziata nei punti
e "i, ne i vertici del poligono nettarico e che siasi
tarico intero. In questo caso la presenza degli stami nei segmenti
rattere primitivo, anche le forme, dove tal carattere si presenta,
ella trasformazione nettarica del vera staminale interno, |
| di linea internettarici imprimerebbe una nota di primitività ‘alle
- forme nelle quali si manifesta, cioè sarebbe essa stessa un carat-
tere primitivo. Or noi dina che tutto quanto è stato preceden- ©
temente appreso ci rende facile di rispondere alla questione. Di
— fatti se la presenza degli stami in quei detti segmenti fosse un ca- x g -
sarebbero primitive ed anteriori alle forme a nettario poligonale iu-
Lo tero; difatti tal nettario non rappresenterebbe che l’ultimo termine
“*
a poco fino alla completa comparsa dell’ intera linea * ) i
(verticillo) degli stami con la relativa comparsa del poligono net. a
32
Però noi abbiamo visto che il nettario poligonale intero im-
prime alle forme che lo possiedono, un evidente carattere di origi-
narietà. Abbiamo visto difatti che i pezzi nettarici nelle forme a
nettario non intero risultano dalla fusione di due mezzi lati conti-
gui, fusione che è l’espressione di un fatto non primitivo, ma so-
pravvenuto. Dunque, è bene ripeterlo, le forme a nettario spezzato
sono più recenti di quelle a nettario poligonale intero ; quindi quelle
forme che presentano gli stami negli spazii sci sono Si-
curamente posteriori alle altre a nettario poligonale intero. Noi anzi
possiamo dire di più; possiamo dire cioè, che tali forme sono anche
più recenti. che le corrispondenti coi segmenti internettarici privi
di stami. Difatti noi abbiamo avuto occasione di osservare che il
M. barbatum è una forma primitiva, per come manifesta l’oscillanza
dei caratteri del suo nettario che non è pentagonale nè ancora son
chiari e bell’e costituiti i cinque pezzi nettarici. Orbene il M. bar-
batum tra i segmenti internettarici, quando esistono, non. porta,
come sappiamo, stami. Per converso gli stami internettarici com-
paiono nelle forme il cui nettario spezzato ha acquistato carattere
di stabilità, cioè in quelle forme che l’evoluzione ha per più lungo
tempo tormentate; ciò val quanto dire che tali forme sono, come
già affermavamo, più recenti. In un solo caso potremmo dire che
. le forme con stami internettarici sono primitive, nel caso cioè che
i pezzi nettarici fossero alterni alle logge ovariche e gli stami in-
ternettarici opposti alle logge. Allora la trasformazione comparirebbe
nei punti di mezzo dei futuri lati del poligono nettarico, fino a che
a poco a poco venisse a costituirsi effettivamente questo poligono.
Poi per riassorbimento dei bottoncini nettarici in corrispondenza
dei centri dei lati e per la fusione dei mezzi lati contigui si sareb-
bero avuti gli attuali nettarii polimeri senza stami internettarici, i
quali quindi anche in questa ipotesi si dimostrerebbero per più
recenti, cioè più recenti dei nettarii interi. Ma tale disposizione, det
pezzi nettarici (di pezzi nettarici cioè alterni alle logge) manca
fatto, come manca affatto la conseguente disposizione di serie di
staîni internettarici corrispondenti alle logge; quindi deve imma-
ginarsi che l’evoluzione sia andata dal nettario poligonale intero al
poligono spezzato ; da questo, per crescenza di stami internetta-
rici, alle forme come il M. intonsum o il M. Thunbergii.
Ma se è vero che stami e bottoncini nettarici (noi qui prescin-
diamo dalla questione se i bottoncini nettarici siano dei singoli
stami oppure dei gruppi di stami) sono organi omologhi e derivati
| i secondi dai primi, e se l’evoluzione è andata, come tutto ci dice,
nel senso che noi abbiamo esposto, la presenza degli stami inter-
.
33
nettarici ci apparisce come una reversione. Pertanto le forme più
elevate del genere Mesembrianthemum, come sono i Linguiformi
con le varietà cultratum, depressum, ete., non possiedono nettarii;
bisogna dunque dire che quì la reversione è stata totale. Ne viene
che l’evoluzione nei Mesembriantemi procede parallela ad un’invo-
luzione ; si ha in essi una doppia linea: una linea progressiva,
ascendente, che culmina nella capsula maravigliosamente compli-
cata della sezione dei Linguiformi e nel perfetto adattamento al-
l’ambiente del corpo vegetativo delle forme comprese in questa se-
zione ; ed una linea regressiva che, per riacquisto di un carattere
atavico (mancanza di nettarii) discende sino alla completa perdita
di un differenziamento organico, espressione di nna divisione di la-
voro, cioè di perfezionamento.
Anche qui dunque, nella presenza cioè degli stami internet-
tarici, noi possediamo un criterio ancora per riconoscere la linea
filogenetica che si sviluppa nel genere Mesembrianthemum.
Riassumendo possiamo stabilire nel seguente schema la deri-
vazione filogenetica delle forme comprese nel genere Mesembrian-
themum : le forme primitive sono quelle a nettario unico intero
pentagonale a bottoncini rilevati; da questo tronco comune si di-
partirono quelle a nettario frazionato ; anteriormente e posterior-
mente al frazionamento del primitivo nettario pentagonale si costi-
tuirono le forme a nettarii fondi, cosicchè questi hanno doppia o-
rigine : o provengono, cioé, direttamente dalle forme primitive a
nettario unico intero pentagonale, o, costituitesi in un secondo tempo,
derivano le loro nettaroconche da altrettanti corrispondenti gruppi
nettarici rilevati. Ma, mentre le forme a nettario frazionato segui-
vano la linea che le conduceva verso la trasformazione in nettaro-
conche dei loro gruppi nettarici crestiformi, un’altra linea si dipar-
tiva da esse verso le forme anettariche con lintermediazio delle
forme a stami internettarici.
Tra i Mesembriantemi dunque, dentro i limiti del genere,
può stabilire il seguente albero genealogico :
34
Forme a nettario unico pentagonale crestiforme
Forme a gruppi nettarici crestiformi Forme a nettaroconche
(costituitesi in un primo te
Forme a nettaroconche . Forme a gruppi nettarici rilevati
(costituitesi in un secondo tempo) con stami internettarici
Forme anettariche
Ora questo schema filogenetico, oltrechè interessante per sé
stesso, è anche importante perchè ci mette in grado di abbozzare
già sin da ora una classificazione naturale delle specie costituenti
il genere Mesembrianthemum.
Questa classificazione, nelle sue grandi linee, è la seguente:
Olonettarii
(a nettario unico intero
pentagonale)
Adiastemoni
o nettarii rilevati 5
o’di cresta) (senza stami internet-
tarici)
a mo
Meronettarii
(a nettario frazionato)
Diastemoni
i ua | (con stami internettarici)
É _ —Adetoconchi
(a nettaroconche isolate)
Coilomorfi |
(a nettarii fondi) \
Detoconchi
(a nettaroconche riunite
da sottile cresta non secernente)
35
Come tosto scorgesi, i caratteri morfologici si sono sovrapposti
ai caratteri filogenetici e la sezione delle forme a nettaroconche
abbraccia specie che, secondo il nostro schema filogenetico, sareb-
bero molto lontane comecchè alcune derivano direttamente da forme
‘primitive a nettario unico intero pentagonale ed altre da forme a
nettario già frazionato. I Meronettarii poi avremmo potuto dividere
in Pentanettarii ed Esanettarii, e forse anche in Eptanettarii etc.
se avessimo conosciuto maggior numero di specie. Difatti il carat-
tere pentamerico ed esamerico, per le forme da noi conosciute, è
fortemente stabilito, ma ciò certamente nelle attuali condizioni di
cultura in cui si trovano nel nostro Orto. i potrà garentire in-
vece che mutate tali condizioni, non varii anche, per la stessa specie,
il numero dei pezzi nettarici ? L’incostanza dei membri nettarici è
frequente in tutti i gruppi vegetali; l’abbiamo sorpreso, e già lo.
sappiamo, anche negli stessi Mesembriantemi; perciò non abbiamo
creduto trarre partito da un tal carattere diagnostico
Aggiungiamo che a causa del numero EST scarso di
forme a noi note, non possiamo per il momento condurre più in-
nanzi la classificazione ; ciò non menoma l’importanza dei criterii
da noi esposti, perchè essi si fondano su l’osservazione di un suf-
ficiente numero di forme, nè quelle che saranno da noi in appresso
conosciute altereranno il valore della sintesi attuale. Indubbiamente
lo studio di altre forme non avrà altra efficacia sui criterii da noi
svolti che di estenderne l’applicazione. Troveremo, ne siamo si-
curi, altri criterii; ma questi non saranno in contrasto con quelli
acquisiti, bensì li integreranno per rendere possibile la costituzione
dei gruppi inferiori sovrastanti immediatamente alle specie; per
completare, cioè, la classificazione naturale per ora fermatasi ai
gruppi generalissimi. Tra questi nuovi criterii saranno importanti
quelli che verranno offerti dalla morfologia della capsula. Il numero
delle capsule che noi possediamo non ci permette in questo mo-
mento una coordinazione superiore delle differenze e delle somi-
glianze che vi abbiamo colte ; tali sono però queste differenze mor-
fologiche e tali le somiglianze e staremmo per dire i segni delle
affinità, che sin da ora possiamo dire che la conoscenza più larga
della morfologia della capsula promette di portare molto innanzi — o:
questa prima approssimazione di classificazione naturale di un ge-
nere vegetale Co, come il VONDER ie a chiamare i i gr
= sembriantemi
E Foglio infine aggiungere che dell'altariore rimango
mento del gruppo, che noi ci ripromettiamo di fare, avverranno
dei grandi spostamenti, come sin da adesso saremmo in grado di p:
86
dimostrare ;} tuttavia sin da ora siamo anche in grado di dire che
più di un aggrappamento delle precedenti classificazioni (di HAWORT,
di SALM-Dyck, di BERGER) resterà nella nuova allo stesso modo
ed al medesimo titolo che parecchi dei gruppi dell’ artificialissima
classificazione linneana sono permasi nelle posteriori classificazioni
naturali (1).
*
* *
Avevamo consegnato le carte al tipografo quando è venuto a
fioritura il M. spectabile, che è quanto di più bello avremmo po-
tuto artenderci in conferma della nostra derivazione filogenetica.
L’ovario di questa specie è pentaloculare ed il nettario è continuo,
senonchè in corrispondenza delle logge si solleva nelle creste ca-
ratteristiche del nettario lofomorfo frazionato e alternativamente
alle logge stesse si abbassa in cinque striscioline a livello o quasi
della superficie dell’ovario. Così si riconosce in fatto che i punti
corrispondenti alle logge ed i punti alle logge alterni hanno poten-
zialità diverse rispetto alla superficie secernente; che nei primi
coteste potenzialità portano ancora alla formazione normale delle
creste nettariche e che nei secondi quelle di tal carattere vanno
attenuandosi, altre insorgendone in contrasto (forse risveglio delle
potenzialità ataviche che porteranno alla produzione degli stami in-
ternettarici); donde 1’ atrofizzazione della superficie secernente in
questi ultimi punti, atrofizzazione contemplata dalla mente negli
altri Mesembriantemi, ma vista in atto nel M. spectabile.
DoTrT. Francesco RAPPA.
fio Ciò vale a dimostrare che anche il carattere diagnostico su cui
le antiche classificazioni si fondano e che è essenzialme
dalla natura delle foglie, per quanto labile possa sembrare, ha rela-
tivamente un certo valore, e che esso può venire utilmente impie-
gato, in sott’ordine agli altri, anche nella nuova classificazione per
la costituzione dei gruppi inferiori,
hà amò mama mama AMA AMA Amb ARA, ARA AR, Ama si
O @ARTITAAROICAITAORITLRLTICOROO dI
re—=veeT"vee— re" er—__—”rrvyW rr meg -e e eee 1
Una Pianta frangivento esperimentata in Libia
Da quasi un trentennio il Prof. AxroNINO BORzÌ, daiiore di
questo R. Orto Botanico e Giardino Coloniale, ha richiamato l’at-
tenzione sull’importanza che presenta il Myoporum serratum, R.BR.,
come pianta per la coltura dei terreni aridi delle parti più calde
d’Italia, e specialmente di Sicilia. Egli lo ha sovente raccomandato
alle locali autorità forestali, ed appunto, dietro suo suggerimento,
ne furono eseguite estese piantagioni nel Messinese, in Provincia
| di Trapani, e specialmente sulla spiaggia arenosa della così detta
Praja, nei dintorni di Catania, con risultati pienamente soddi-
acenti
Infatti si tratta di un arboscello veramente prezioso a causa
del suo straordinario potere di resistenza e di adattamento alla pro-
lungata secchezza, da costituire un materiale di primaria importanza
nei casi di colture destinate a preparare od assicurare il rinsalda-
mento delle spiaggie marittime, delle dune, dei terreni mobili e
scoscesi, ed anche da usarsi come frangivento per riparare o di-
fendere le coltivazioni agrarie dalla veemenza dei venti dominanti,
mentre il valore ornamentale di questo arboscello è ben degno di
een formando esso folte ‘macchie di un bel verde, anche
38
d’estate, di elegantissimo effetto. A tutti questi pregi si unisce
quello di una meravigliosa rapidità di accrescimento, quale, si può
dire, non si ha esempio in altre piante legnose coltivate od indi-
gene del Mezzogiorno, senza dire poi della grande facilità di pro-
pagazione.
Il Myoporum serratum, R. BR., originario delle regioni austro-
. occidentali d’ Australia, fu introdotto in Sicilia nel 1821, dapprima
coltivato nel Real Giardino di Boccadifalco, poi nel nostro Orto
Botanico : passò in seguito nella coltura ornamentale, diffondendosi
nei aa pubblici e privati, specialmente di Messina e di Tra-
pani. Causa poi le colture a scopo di rinsaldamento dei terreni li-
pia si è andato naturalizzando lungo la costa occidentale del-
l’Isola, da Sciacca fino oltre Trapani, di modo che ora abbonda
colà nei luoghi sterili e sassosi, sulle ghiaie e nei greti abbandonati
dei torrenti, in mezzo agli estesi banchi di calcare tufaceo, così
frequenti in quelle parti, lungo gli argini ed i terrapieni delle
strade di campagna-e della ferrovia etc. La sua diffusione colà è
tale, che ha ricevuto anche un nome volgare proprio, quello di
Manopera o Miopera, evidente storpiatura dialettale del suo nome
tecnico. Anche in altre parti dell’Isola incomincia a diffondersi,
specialmente fra Castellamare del Golfo e Balestrate, ove la Società
delle Ferrovie sicule-occidentali ne eseguì estese piantagioni.
In seguito alla naturalizzazione di questa specie, lungo la costa
occidentale di Sicilia, il Prof. A. BRUTTINI, alcuni anni or sono,
in un suo lavoro, comparso nel Bollettino della R. Società To-
scana di Orticoltura (Anno XXVII, 1902, p. 199) ne segnalava
l’importanza, raccomandandone la coltura. Più estesamente ne trattò
il Prof. Borzi, nel Bollettino di questo stesso Orto Botanico e
Giardino Coloniale (Vol. VIII, 1909, p. 3), facendone rilevare tutta
l’importanza che se ne può ritrarre, non solo come pianta adatta
a fissare e rimboschire i terreni aridi e mobili ma ancora come
pianta frangivento. Anzi, per consiglio dello stesso Prof. Borzi, il
Dottor. B. RoccHETTI ne fece un accurato studio istologico, inse-
rito nel medesimo Bollettino (Vol. VIII, 1909, p. 11), dal quale
studio emergono tutte le particolarità di struttura per cui Der
specie può adattarsi ai luoghi più aridi e secchi.
I feliei risultati ottenuti in Sicilia con la colti del Myopo-
rum, trovarono un eco in Tunisia, ove tale specie, di recente in-
trodotta, fu usata come frangivento nella stazione balneare di
Saint- Geral; con ottima riuscita. Ne dà notizie il TRUELLE nel
Bulletin de la Societé d’ Horticulture de Punisie (Ann, IX, n. 47,
1910, p. 286), il quale consiglia appunto di Lacod Myoporum
39
in tutti i terreni aridi, come frangivento, per difendere le altre
colture e per impedire l’avanzarsi delle dune, insistendo sulla uti-
lità che se ne può ritrarre nelle arene rame stante che ben
si adatta a terreni con infiltrazioni di acqua salm
Il Prof. ADRIANO FIORI poi, nel Bollettino della Società Bo-
tanica Italiana (Febbrajo 1912, p. 22), mentre rileva come il Myo-
porum serratum, R. Br. sì è perfettamente naturalizzato in Sicilia,
e ne fa notare Limiporeni culturale, aggiunge che questa specie
« acquista in questo momento un interesse maggiore, perchè può
facilitare il problema della fissazione e successiva coltura delle dune
mobili della Tripolitania, nella quale regione, sia per il clima, sia
per la natura del suolo, dovrà trovare condizioni singolarmente fa-
vorevoli di sviluppo ». Ad analoghe conclusioni viene il Prof. BRUT-
TINI in un recentissimo articolo , inserito nell’ Agricoltura Colo-
niale (Anno VI,1912, p. 331): egli infatti insiste sull’ utilità che
il Myoporum ana ; R. BR. può presentare in Libia come
pianta frangivento, specialmente per arrestare l’azione deleteria del
ibli.
Ora siamo lieti di constatare che appunto un esperimento in
proposito, con il Myoporum, è già stato eseguito, con ottima riu-
scita, in Tripolitania, per cura del nostro Giardino Coloniale.
| Questo esperimento fu eseguito alcuni mesi or sono sulla spiag-
gia di Bucamez (Tripolitania occidentale) nelle dune mobili attor-
nianti l'ospedale di campo. Trattasi di vere sabbie infiltrate, ad
un metro di profondità, da acqua prevalentemente salmastra, ove
non può svilupparsi quasi alcuna vegetazione. Parecchie diecine di
piante di Myoporum, alte oltre un metro e mezzo, provenienti dal
nostro Giardino Coloniale, furono colà piantate, subito dopo l’oc-
cupazione italiana della detta spiaggia, e tosto attecchirono, mo-
strando una perfetta resistenza a quelle condizioni ben poco favo-
revoli di terreno e di clima. Siamo poi informati che la vegetazione
delle dette piante è continuata normalmente, malgrado la stagione È
estiva, di modo che attualmente sono le uniche piante verdi La oa
| su quella spiaggia.
Ciò conferma esperimentalmente quanto avevano supposto il
FroRrI ed il BRUTTINI, cioè l’importanza che può assumere il Myo-
| porum serratum, R. BR., come pianta frangivento in Libia.
La DIREZIONE
Ttliimanon ra mmm sv tira rmenmtani cere ami vi PNT rire amen prints speci ton a INIT mp
do »- so.
prpernmani RR
ai nt SOTUTIIIOITI ha uggpion Sesta ARTE dla MUTU PE sa ni
Sulla coltura del Dattero
come pianta da frutta in Sicilia.
In un mio recente scritto (1), a proposito della coltivazione
delle Palme a scopo industriale in Sicilia, facevo osservare che la
Palma dattilifera, quantunque atta a produrre frutti /isiologica-
mente maturi e semi dotati perciò della facoltà di germogliare fa-
cilmente sotto il clima della nostra Isola e anche in molti paesi
della regione mediterranea, non ha alcun valore come pianta frut-
tifera, poichè la polpa de’ frutti, sebbene per lo più completamente
iluppata, non raggiunge quel perfetto grado di maturità, come
nei datteri provenienti dai naturali centri di produzione. Ed ag-
giungevo che il problema della produzione di Datteri perfettamente
commestibili sotto il clima della Sicilia, era stato forse risoluto
dagli Arabi, ai quali, com'è noto, si deve la introduzione di questa
magnifica pianta in Sicilia ed anche in Ispagna. Difatti le cronache
siciliane dei secoli XII e XIII ricordano estesi palmeti nell’agro
palermitano, particolarmente nella pianura di S. Giovanni dei Le-
: (1) Borzi A., Sulla coltura delle Palme, particolarmente delle
specie di Washingtonia, a scopo industriale in Sicilia. In Bollettino
del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. X. 1911,
p. 102.
41
prosi e si conoscono persino originali di contratti per la vendita
dei frutti, che venivano stipolati in quei tempi (1).
Questo argomento merita una particolare e più estesa tratta-
zione, poiché, è chiaro, qualora fosse possibile la coltivazione del
Dattero come pianta da frutto, specialmente nelle parti più calde
della Penisola e nelle grandi Isole, sarebbe certamente cosa molto
vantaggiosa per la frutticoltura nazionale.
Di tale possibilità ci dànno ragione i frequenti accenni di al-
cuni orticoltori intorno a individui di Palma dattilifera coltivati in
Liguria o sotto il clima del mezzogiorno della Francia e atti a pro-
durre frutti più o meno commestibili per incipiente o quasi com-
pleto stato di maturità, anche se vogliamo fare astrazione da con-
siderazioni teoriche e dalla applicazione dei principii di selezione,
delle mutazioni, ecc. che come sappiamo rappresentano un fattore
importantissimo del perfezionamento delle razze vegetali e special-
mente delle varietà da frutta
Ho voluto esaminare tale problema prendendo le mosse da
dati di fatto raccolti in molti anni di osservazione e di esperienza
e considerarne la possibilità della soluzione dal punto di vista
pratico,
È questo appunto lo scopo della presente nota.
Senza dubbio, fra tutte le specie della famiglia delle Palme,
in particolare del-genere Phoenix, attualmente coltivate da noi e
in tutta la regione del Mediterraneo all’aperto, la Phoenix dacty-
lifera, o Palma del Dattero, è la più antica, la prima a essere
stata introdotta e, come dissi, la sua coltura, prima in Sicilia, poi
in Ispagna, è dovuta agli Arabi. Questo popolo, ormai tanto deca-
duto o almeno così restio a seguire i progressi della civiltà moderna,
ebbe grande parte nello sviluppo dell’agricoltura Siciliana e sì è
reso in ciò per molti riguardi benemerito colla introduzione di pa-
recchie piante utili e delle relative norme di coltura. Se, come i
ricordi storici accennati dimostrano, Palme dattilifere erano già da
secoli coltivate nei dintorni di Palermo, ed ora nessuna traccia e-
siste di tale coltivazione, il fatto non può di certo attribuirsi a va-
riazioni del clima locale. Conoscitori profondi della coltura e di
‘((1) Notasi tuttavia che gli Arabi davano ai Datteri di Spagna e
di Sicilia il nome di Datferi acidi: ciò farebbe ritenere non conse-
| guissero neppure allora completamente la loro maturazione. Vedasi:
Cusa S., La Palma nella poesia, nella scienza e pu storia sicilia-
| na. In Archivio storico Siciliano. Anno I. 1873, p. 857.
42
tutte le varietà o razze domestiche del Dattero da secoli e secoli
coltivate nei territori da loro occupati, specialmente nella vicina
costa del settentrione d’Africa, gli Arabi non potevano ignorare la
esistenza di tipi a maturazione precoce dei frutti, opportunemente
ottenuti per selezione, e quindi ne dovettero tentare con successo
la introduzione in Sicilia. Appunto di tali tipi, come si dirà, forse
resta ancora qualche testimone in rari esemplari qua e là segna-
lati in taluni giardini dei dintorni della Città, e se precisamente non
ne sono i veri rappresentanti, la loro considerazione è molto i-
struttiva.
Il carattere di una precoce maturazione dei frutti, va anzitutto
notato, conferisce alla Palma del Dattero la proprietà che essa possa
coltivarsi sotto il clima mite della Sicilia come pianta da frutto.
Essa dunque rappresenta condizioni delle più importanti che dob-
biamo attentamente esaminare, prendendo le mosse dalla conside-
razione dello stato di vegetazione della pianta durante il periodo
della maturazione normale in rapporto colla temperatura dei luoghi
dentro i limiti della naturale area di coltura della pianta stessa.
noto che la Palma del Dattero, come pianta economica, u-
tile, cioè principalmente per la produzione dei frutti vegeta den-
tro i confini di una vasta zona dal clima secco di carattere tro-
picale o subtropicale, estesa da oriente a occidente dalle Canarie
all’India, e compresa fra il 15° e il 35° di lat. N. e il 18° di long.
Ovest e il 75° long. Est del merid. di Greenvich. Ma essa può
anche vivere oltre tali limiti, come si vede in tutti i paesi marit-
timi della regione Mediterranea ed anche in luoghi distanti dal
mare, senza però che i frutti raggiungano una maturità normale, ed
ove può persino sopportare una temperatura invernale di—8° C. come
in molti luoghi della Toscana, in Liguria, nel Mezzogiorno della
Francia ecc. Poco oltre il 44° di lat. N., si può dire che il Dat-
tero raggiunga il limite massimo di diffusione verso il Nord; ma
occorre che le piante vengano riparate dal freddo invernale e dif-
ficilmente a quegli estremi esse fioriscono. In sostanza la Palma
del Dattero si comporta come molti alberi, p. e. il Castagno, il
Noce, ecc. i quali sono suscettivi di estendersi e vivere oltre la
normale loro zona di coltura, senza mai ager frutti perfetta-
mente maturi o anche senza fiorire.
Il Dattero, dentro la sua naturale zona di coltura, matura i
frutti nel corso dell’annata stessa della fioritura ; il periodo di ma-
turazione comprende in media circa 7 mesi, con un maximum di
10 mesi nelle varietà a maturazione tardiva, e un minimum di 5
mesi in quelle a maturazione precoce. Nelle uni ordinarie,
43
la fioritura s’inizia in primavera e secondo i climi, anche fin dagli
ultimi di Febbrajo o nei primi di Marzo, come in Egitto. In altre
parti del settentrione d’Africa, p. e. in Tunisia, nella Libia ecc.
i Datteri fioriscono in Aprile o un pò più tardi, come in Cire-
naica, specialmente nelle parti più esposte a Nord (1).
e condizioni di temperatura normali necessarie alla produzione
di frutti maturi sono state largamente discusse e con precisione
indicate da ALF. De CANDOLLE e anche confermate dalla espe-
rienza di molti autori che si sono occupati della vegetazione del
Dattero nei centri naturali di coltura. Secondo il DE CANDOLLE (2)
per una conveniente normale maturazione dei frutti richiedesi una
‘media temperatura annuale di 18,5 a 19° C. mentre una media di
15°,3 è sufficiente perchè la pianta possa vegetare in un dato paese.
In tal modo potremmo a priori spiegarci come in tutto il bacino
del Mediterraneo, compresa la Sicilia, le parti settentrionali del-
l’Algeria e della Tunisia, le coste della Siria, dell’ Asia Minore, ecc.
dove la coltura del Dattero non incontra alcuna difficoltà di clima,
la maturazione non può essere completa poichè ivi le medie delle
temperatura annue non raggiungono perfettamente quelle cifre o
tutto al più le rasentano.
Riferendoci in particolare alla Sicilia è da osservare, che se i
dati ammessi fossero perfettamente esatti, una grande parte dell’I-
sola stessa potrebbe benissimo essere sede della coltivazione del
Dattero a scopo economico. Infatti, mentre a Palermo la media
temperatura annuale è di 17°, 3, e a Siracusa di 17°, 9, a Scicli
essa si eleva a 18°, 6, a Catania 18°, 5, e di poco sorpassa Ò
18° a Porto lapo, a Riposto, a Noto e ad Acireale (83).
in condizioni molto più favorevoli si dovrebbe trovare a iu
dove la temperatura media annuale, secondo il RosTER, è calcolata
” )
| (1) Le Palme da Datteri fioriscono sulle coste della Tripolitania
in Aprile, mentre nel Fezzan sono già fiorite alla prima quindicina
di Marzo. Nell’oasi di Sinah ed in Egitto, secondo DeLILE, la fiori-
tura avviene nella seconda metà di Febbrajo : in quest’ultima regione
1: precoci maturano in Luglio ed i tardivi in n Dicembre, cioé i primi
“ian De CanpoLte ALPH., Geographie Botanique raisonnée. Don: -
® Rosrak G., Clinisiologia dell'Italia Torino 1900 s° 901
Li
‘4
Ma tali cifre, non hanno in realtà altro valore che quello di
dimostrare che le condizioni del clima della Sicilia . si accostano
molto all’optimum richiesto per la maturazione completa normale
del Dattero, anzi le rasentano, e che quindi il problema della col-
tura di questa pianta allo scopo indicato presenta da noi, special-
mente nelle parti più calde dell’Isola, molte probabilità di soluzione
qualora fosse illuminato da’ criterii di una razionale scelta di tipi
o varietà facilmente adattabili al nostro clima, come poi meglio si
dirà. Cotesta grande approssimazione all’optimum è U’ altra parte
pienamente confermata dai non rari casi di mediocre e quasi com-
pleta maturazione di Datteri segnalata in molte parti della Sicilia,
specialmente nel Mezzogiorno (1).
Tuttavia possiamo dire, nonostante cotesta grande concordanza
delle temperature medie annuali colle cifre indicate dal DE CAN-
DOLLE e i casi eccezionali di maturazione ricordati, il Dattero non
raggiunge giammai in Sicilia quel grado di maturazione carpologica
normale sufficiente richiesto dalle esigenze del commercio. Il che
dipende realmente dal fatto che la influenza esercitata dal calore
sulla maturazione dei frutti non può estendersi al di là del periodo
che decorre dallo inizio della fioritura alla raccolta: sono appunto
le temperature comprese dentro questo periodo quelle che unica-
mente influiscono sul completo sviluppo dei frutti. Epperò occorre
tener conto delle somme di calore che viene usufruito dalla pianta
durante quell’epoca, la quale, come abbiamo detto, comprende un
decorso massimo di 10 mesi e uno minimo di 5, cioè in media
150-300 giorni.
Secondo il De CANpOLLE la somma di calore indispensabile
alla normale maturazione dei Datteri importa 5100° C. o una cifra
presso a poco non inferiore a questa; il che suppone una tempe-
ratura giornaliera non inferiore a 18° C. dal momento in cui s' i-
nizia la fioritura fino alla raccolta dei frutti. E poiché nella su-
‘detta somma bisogna considerare che le temperature giornaliere
vanno sempre più elevandosi nel corso del periodo estivo e a grado
a grado descrescono coll’avvicinarsi dell'autunno, così come espres-
(1) Mi è stato a questo proposito assicurato che a Scicli, a Flo-
ridia, a Terranova, questi casi non sono rari e che per ottenere re-
golarmente ogni anno Datteri maturi ivi si sogliono piantare gli in-
dividui di Palma dattilifera in località solatie e a ridosso di qualche
muraglia che viene accuratamente imbiancata a ciò n possa riflettere
maggior copia di calore,
a
ero e
15
sione grafica del fenomeno si avrà una curva i cui estremi limiti
più bassi posti alla estremità di una medesima orizzontale corri-
spondono ai 18° C., cioè alle temperature iniziali e finali del pe-
riodo di maturazione.
Come dimostrazione, riferisco le somme di calore rilevate dagli
autori nei centri di coltura del Dattero più noti in Africa setten-
trionale durante il periodo della maturazione :
Gabéès (Tunisia) . ‘ i » 5023 C.
Biskra (Algeria) 5292 C
Gafsa (Tunisia) 5352 C
Tangourt (Algeria) v 5597 C
Kebili (Tunisia) . È + è 5725 C.
Nefta (Tunisia) . é ì . 5726 C.
Tozer (Tunisia) . i e é 5758 C.
Tali dati valgono principalmente per le varietà con frutti a
maturazione normale dentro un periodo di non oltre sette mesi,
il quale decorre dall’Aprile a Ottobre ed anche eccezionalmente
si protrae fino a Dicembre o Gennajo. Vi sono però delle varietà
a maturazione precoce, il cui periodo è alquanto più breve ed e-
sige una somma di calore che va dai 4 circa fino ai 4800° C.
Esse formano oggetto di coltura specialmente nelle parti più set-.
tentrionali dell'Algeria.
ettendo a confronto le sudette somme di temperatura neces-
sarie alla maturazione normale del Dattero nei paesi su accennati
con quelle che si verificano nel corrispondente periodo di matura-
zione in Sicilia, si hanno dei risultati abbastanza istruttivi.
Riterendomi in modo particolare alla vegetazione della Palma ‘
del Dattero in Palermo, è da osservare che la fioritura s’inizia ordi- —
nariamente nella prima quindicina del mese di Maggio e, secondo
le annate, ora nella prima decade, ora dopo il 15 dello stesso mese.
Precisamente a quell’epoca la media temperatura giornaliera rag-
giunge i 18° C. richiesti. Seguita la fecondazione, i frutti abboni-
| scono e regolarmente si accrescono e raggiungono le. dimensioni
ordinarie normali proprie dello stato di maturità e o caratteristiche |
46
alle varietà a cui appartengono (1), verso la fine dell’autunno o
per lo più negli ultimi di Ottobre. Generalmente essi persistono
in tali condizioni durante l’inverno. La polpa assume allo esterno
una tinta che dal rosso passa a rossiccio-bruno, senza però che di-
venga morbida e succosa, conservando un sapore stitico sgradevole
simile a quello che prendono le sorbe immature.
Raccolte e conservate in luogo secco e caldo, s’inizia un certo
rado di maturazione, che però non conferisce mai al frutto quel
delicato sapore dolce proprio dei datteri provenienti dai centri na-
turali di coltura; trattasi piuttosto di una vera fermentazione quale
appunto si effettua p. e. nelle Nespole, nelle Sorbe, ecc. Per lo
più rimangono attaccati ai loro grappoli in tale stato di immaturità
fino al sopraggiungere della primavera e allora cominciano a cadere
sul terreno oppure, secondo le condizioni della stagione e la espo-
sizione, la caduta ha luogo molto presto o tardi, in principio della
Tenendo conto della epoca in cui la media temperatura gior-
naliera, trascorsa la fioritura raggiunge di nuovo il termine 18°
sotto il clima di Palermo, si vede che il periodo di sviluppo delle
fruttificazioni si arresta alla prima quindicina di Ottobre; per lo
più non va oltre alla pra decade. La somma di calore corrispon-
dente a questo periodo è stato da me calcolata prendendo come
base le osservazioni termometriche relative al quinquennio 1891-1895
e si sono ottenute le seguenti medie :
1891
"Maggio e LA
Giugno . - , ; 679,50
dum << . .;-- 810,08
> en 80908 3617,87
23 Settetibro «.°. ——»; ‘718,50.
Otto >. 818,09
n Nell’Orto Botanico di Palermo si coltivano diverse varietà di
Phoenix dactylifera, e più propriamente le seguenti : cylindrocarpa,
00007 Pa KCYCAnPl, PMICERETRO, TRAI pa sylvestris. Fra le altre
specie, dello stesso genere, che vi. i fioriscono e fruttificano, si notano
Ph. reclinata, JacQ., Ph. syluestris, RoxB., Ph. canariensis, ANDR.,
Ph. humilis, RoyLE., Ph. rupicola, ANDERS., Ph. farinifera, RoxB.,
Ph. robusta, Hook + Wed > TERRACCIANO A., Le Palme coltivate nel
R. Orto Botanivo di Palio: Di Bollettino del R. Orto Botanico di
Palermo. Vol, I. 1897. p. 163,
4T
1892
Maggio è ; é 285,66
Giugno i ; . 678,00
Luglio . ì Ù i 814,99 5
Agosto . e ; è 808, 48 3607,73
Settembre . i i 699,60
Ottobre. i t 4 321,00
1893
Maggio 300,08
Giugno 690,30
Luglio , x i 713,75
Agosto . ; i é 805,07 3604,64
Settembre 783,90
Ottobre. 331,54
1894
Maggio 293,26
Giugno 672,00
Luglio . i i 815,30
Agosto . 4 4 i 810,34 3717,51
Settembre . i i 783,60
Ottobre. 4 i s 343,01
1895
Maggio . i i 289,38
Giugno è : x 984,90
Luglio . . ca 817,16
Agosto . signi i 797,94 3665, 64
Settembre . i 5 Mo DI
Ottobre 349,06
La media quindi generale relativa al quinquennio 1891-95 ri-
sulta di 3642°,67 C. cifra che si accosta a E icraeo data dal Da SA
| DOLLE per Palermo e che importa 36509, >
. Considerando ora attentamente le medie dei singoli. anni, si
nota che il termine medio di 3642° 64 può essere talora sorpas-
Sato, come avvenne nel 1894, in cui si ebbe una somma di sui
48
di 3717 (1). In generale si può dire senza tema di errare, che in al-
cune parti più calde dell’Isola la sudetta media della somma di
calore necessario alla maturazione dei Datteri si mantenga alquanto
più alta, da raggiungere o rasentare appena i 3800° fino ai 3900°.
Ed in ciò la Sicilia sembra si trovi in condizioni più vantaggiose
di molte località dell'Algeria, come Setif, Orano, Fort-National ecc.
e della stessa città di Tunisi e anche di Madera, dove le medie
di calore non raggiungono la somma indicata per la Sicilia.
a tutto ciò possiamo trarre la conseguenza che se il clima
della Sicilia non risponde interamente alle condizioni richieste per
una normale maturazione delle più importanti varietà di Dattero,
esso vi si accosta molto e mediante una razionale scelta delle va-
rietà o di tipi noti per la loro singolare precocità, coltivate con cura
e accuratamente propagate e conservate mediante riproduzione per
mezzo di rampolli, si potrà ottenere il vantaggio di annoverare que-
sta pianta fra quelle produttrici, di eccellenti frutta nel nostro
clima (2).
Se la coltura di tipi a maturazione precoce può essere il mezzo
di diffondere la coltura del Dattero nelle parti meridionali dell’ I-
talia, allo stesso risultato, son certo, si potrà giungere introducendo
nella coltura razze di Dattero a maturazione tardiva e atte a sop-
portare il clima invernale durante il periodo della maturazione, nel
senso che l’inverno, ritardando o arrestando lo sviluppo dei frutti,
permetta che la maturazione si completi al sopraggiungere dell’ e-
state. In una parola, trattasi della coltura di tipi a maturazione
ritardata e protratta fino al secondo anno dalla fioritura.
(1) Alla somma più elevata di calore che si ha in alcune annate,
verosimilmente è dovuto il fatto che in alcune località della Provenza
qualche volta, come nota il MARTIN, citato dal De Canponue, i Dat-
teri maturano, mentre altre volte la loro maturazione resta incom-
pleta. Alla medesima causa dovrà ascriversi il fatto che al nord della
catena dell’Atlante, nell’ Africa settentrionale, come rileva il DE
CaxpoLLe, i Datteri maturano solo in alcune annata.
(2) In Algeria ed in Tunisia si trovano diverse varietà di Dat-
teri a maturazione assai precoce: sono conosciute con il nome arabo
di Es-Sifia ossia Datteri d'Estate, e servono per il consumo locale,
non prestandosi all'esportazione. Anzi una di queste varietà fu in-
dicata come adatta al clima della Provenza: vedasi De Lannoy, Un
Dattier propre è la Region Mediterraneenne. In Revwe Horticole,
1877. p. 32,
49
La possibilità di coltivare delle varietà dotate di tali attitu-
dini é in pratica dimostrata dalla esistenza di alcuni esemplari in
Palermo di Phoenix dactylifera, che ho avuto occasione di osser-
vare nel corso della estate dell’anno passato. I frutti prodotti da
essi in alcun modo non differiscono per colore, per dolcezza e per
delicato gusto da quelli provenienti dall’Africa settentrionale. Essi
sono forniti di semi; il che dimostra anche una perfetta maturità
fisiologica.
Il fenomeno di una maturazione tardiva potrebbe avere il si-
gnificato di un fatto accidentale dovuto forse alla mitezza del clima
ed esposizione bene adatta. In tal modo potremmo spiegarci certo
tutti quei casi di maturazione di tanto in tanto segnalati dagli
autori in varie parti del Bacino del Mediterraneo, e persino nel
mezzogiorno della Francia (1); ma negli esemplari di Dattero da
me osservati si tratta di un fenomeno del tutto normale che si ri- ‘
pete costantemente ogni anno nei medesimi individui. Bisognerebbe
perciò curare la propagazione e la diffusione di questi; si avrebbe
anche allora il vantaggio di una produzione di Datteri in epoca in
cui questi frutti non sono ancora in commercio.
n terzo caso che dimostra la possibilità di produrre datteri
(1) È noto come ad Elche in Ispagna (lat. 39, 44) i Datteri ma-
turino completamente, si che ne esiste una piantagione di oltre 35.000
gioni più settentrionali, quà e là sono segnalati casi di maturazioni
di Datteri con frutti a polpa commestibile. DE CaNDOLLE cita un
antico viaggiatore che passando per Barcellona (Spagna) ne trovò di
eccellenti maturati attorno a Luca città. In Provenza a Saint-Tropez,
secondo MARTIN, i Datteri sovente maturano, richiedendo però un
periodo di 14 a 15 mesi Lù fioritura. A Cannes, secondo ROBERT-.
frese niao, esiste un albero che ogni anno ne produce di as- -
sai grossi, e ben maturi, quantunque di sapore inferiore a quelli
d’Africa : sono per solito senza nocciolo. Il MaRrtINS asserisce che
alle Baleari pure maturano, ma Mares e VIGINEIX, nella loro Flora
i di tali Isole (p. 284) dichiarano che colà i Datteri « ne murissent.
| pas completement leurs fruits ». Fu parimenti segnalata per l'Isola
di Cefalonia, e DE Ca NDOLLE ne riporta la notizia, una Palma ma-
turante completamente i Datteri, ma HELDREICA, nella Flora di tale.
Tsola (p. 67), dice esplicitamente per questa specie : « rarius na i
ructus non maturans ». Da ciò devesi ritenere che ioni matura
| zioni sono irregolari < e ‘sovente non iaicgena
50
perfettamente e normalmente maturi sotto il nostro clima, ed anche
in altri luoghi del Mediterraneo, dotati in una temperatura molto
più mite della nostra, ci è dato da alcune forme possibilmente i-
bride che formano oggetto di coltura qua e là nei giardini.
Veramente straordinaria è la facilità colla quale la Palma del —
Dattero può dar luogo a ibridi mediante inerociamento con altre
specie dello stesso genere. Non poche forme di tale origine sono
state spesso descritte dagli orticoltori. La ibridazione ha luogo di
solito spontaneamente nei giardini ove spesso trovansi in coltura
associate parecchie specie : basta all’uopo che la fioritura si effet-
tui allo spesso tempo. Così frequenti sono gli ibridi fra la Phoe-
nix dactylifera e la Ph. canariensis ed anche quelli colla P. sy2-
vestris e colla Ph. reclinata (1).
Poichè le specie del genere Phoenix sono tutte dioiche, così
accade che gli ibridi provengono dalle varie combinazioni che pos-
sono effettuarsi fra gli individui dell’uno e dell’altro sesso. Si hanno
p. e. ibridi derivati dalla fecondazione di individui femminili di
Ph. dactylifera da parte di individui maschili di altre specie;
oppure viceversa. Ma possono anche avverarsi e combinazioni
complicate a segno da prendere origine degli ibridi di tre specie
distinte dal tipo P. dactylifera, P. canariensis, P. reclinata.
AI) Già avemmo occasione di segnalare la esistenza in Palermo
di un ibrido autentico fra Phoenix dactylifera e Ph. canariensis, ot-
tenuto dal Sig. E. KUNTZMANN nella Villa WarrakeRr. Vedasi Borzi A.,
Diagnosi di specie ven o critiche. In Bollettino del R. Orto Bota-
nico di Palermo. Vol. I. 1897. p. 49.—Sulla facilità poi con cui avven-
gono ibridazioni -_. nelle specie del gen. Phoenix, coltivate nei
giardini, vedansi: RicasoLI V., Coltivazione all’aria aperta di piante
tropicali e subtropicali. In Bolletti no della R. Società Toscana di Or-
ticoltura. Anno XV. 1890. p. 16.—AnpRÈ Ep., Les Palmies hybrides
en Provence. In Revue Horticole. 1892. p. 562.—NaupIn CH, Quelques
observations sur la fecondation des Palmiers du genre Phoenix. In
Revue generale de Botanique V. 1893. p. 97.—RostER G., Una visita
ai piace della Riviera da San Remo a Cannes. In Bollettino della
Società Toscana di Orticoltura. Anno XXVIII. 1903. p. 6.—CHa-
Baub B., Les jardins de la Cote-d’Azur. Toulon 1919. p. 45.—Ricor-
dasi anche che verso gli anni 1879 e 1880 le case orticole HAAGE et ScH-
mipr di Erfurt e GoperRoy LeBEUF di Parigi, posero in vendita nu-
merose piantine di Phoenix, ottenute mediante impollinazioni arti-
ficiali. Forse da queste derivano parecchi degli ibridi attualmente
segnalati nelle colture.
51
Tutto ciò dimostra la grande facilità, alla quale ho accennato,
di prodotti ibridi in questo genere di piante. I nomi di Phoenix
hybrida (1), Ph. Mariposae (2), Ph. Simoni (3), e altri ancora
che per brevità si tacciono, rispondono a tali prodotti.
Importante è la considerazione degli ibridi, specialmente di
quelli prodotti mediante incrociamento con specie proprie di climi
piuttosto temperati, quali p. e. la Phoenix canariensis e la Ph
reclinata, poichè tali forme ci offrono la positiva certezza di otte-
nere dei tipi adatti alla produzione di frutti in climi molto temperati,
come la esperienza dimostra.
Interessa a questo proposito osservare che dopo la Ph. da-
ctylifera, la prima a essere introdotta nei nostri giardini e in tutti
quelli del mezzogiorno d’Europa è stata la Ph. Canariensis ; ciò
segui in un’epoca relativamente molto vicina, cioè precisamente
verso il 1868
Secondo il RosTER, i primi semi, provenienti da uno stabili-
mento orticolo di Gand, furono messi in coltura dal Sig. VIGIER
nella sua villa presso Nizza, mentre secondo il CHABAUD i semi
stessi vennero posti in commercio dal Sig. SCHENKEL nell’anno
1871 (4).
Da quel tempo in poi la Ph. Canariensis si diffuse rapida-
mente nei giardini di tutto il mezzogiorno d’Europa, ovunque molto
apprezzata per il rapido suo sviluppo, per la eleganza del porta-
‘mento, da rivaleggiare colla stessa P. dactylifera, e sopratutto per
la grande resistenza e adattabilità a climi piuttosto freddi, di lo-
calità distanti dal mare. Essa è divenuta nel corso di pochi anni
la Palma più comune nella coltura ornamentale, favorita in ciò
anche dalla facilità di propagarsi per mezzo di semi, prodotti in
grandissima copia.
_—
(1) AnpRé Ep., Sur une Palmier hybride. In Revue Horticole,
i (2) SAUVAIGO Em., Les cultures sur le littoral de la Mediterranée.
Paris 1874. i
8) TraBuT L., Arboriculture et cultures ornementales è en Algerie.
In Revue Hortie nel de l’Algerie. Tom. IV. 1900. p. i
(4) Secondo una nota nella Revue Horticole, 1882 Ù 21, i primi
semi di Phoenix canariensis furono posti in vendita dallo stabili-
mento VerscHAFFELT di Gand, con il nome di Ph. fenuis. Il San-
VAIGO poi porta al 1864 l’epoca in cui es specie fu introdotta
nella villa VicieR presso Nizza.
52
E’ inoltre da osservare che la P. Canariensis fiorisce alla stessa
epoca della Palma del Dattero; sicchè crescendo essa sovente as-
sociata a quest’ultima specie allo stesso scopo decorativo, per la
grande facilità colla quale può effettuarsi la reciproca fecondazione
fra individui delle dette due specie, ne sono sorte non poche forme
indubbiamente ibride, atte anche a conservarsi e propagarsi sia
sotto l’ influenza di nuovi incrociamenti, sia per effetto della mol-
tiplicazione per mezzo di quei rampolli che spuntano ordinariamente
alla base dello stipite. La spontanea ibridazione è sommamente a-
gevolata dalla copiosissima produzione di fiori specialmente di pol-
line, che il vento disperde in grandi nembi polverosi. Essa diviene
sovente la regola quando dentro lo stesso recinto esistono individui
di P. dactylifera di un sesso, distinti da individui di P. Cana-
riensis dell’altro sesso.
L'atto fecondativo diviene completo; i semi abboniscono rego-
larmente e sono atti a germogliare, appena posti in condizioni fa-
vorevoli. Il fatto che almeno nelle parti più calde del Bacino del
editerraneo, ordinariamente una pianta di P. Canariensis nel
corso di circa 8.a 10 anni diviene atta a fiorire, permette di se-
guire fino a completo sviluppo i nuovi individui ibridi e di rile-
vare anzitutto che essi rimangono sterili se non vengono impol-
linati.
In tal caso i frutti sviluppano soltanto la polpa e il seme vi
resta allo stato rudimentale. Però la impollinazione può regolarmente
avvenire e specialmente quando nessun ostacolo vi si oppone e gli
di essa sono in tutti i casi positivi, sia che i fiori femminei
vengano fecondati col polline di uno dei genitori, sia che essa abbia
luogo per mezzo del polline di distinti individui maschili della me-
desima forma ibrida.
Ripetendosi questo processo per varie generazioni, è facile com-
prendere quale immensa confusione di caratteri ne deriva dando
luogo a indefinibili stadi di transazioni da una specie all’altra; a
ciò si aggiunge ancora la tendenza spiccata in tutte le gradazioni
che le forme ibride mostrano di ritornare ai caratteri dei proge-
nitori.
Molti anni di osservazione sopra un immenso materiale di forme
coltivate nei giardini di Palermo e di altre parti del Mediterraneo
mi confermano vieppiù nel concetto che solamente i vecchi esem-
plari di PA. dactylifera, provenienti da colture anteriori alla in-
troduzione del P. Canariensis, offrono caratteri di purezza, a meno
che non si tratti di forme che per speciali condizioni locali avranno
53
potuto mantenersi lontane da qualunque influenza di soggetti di
P. Canariensis.
d accrescere questo stato di confusione va rilevato che anche
altre specie di Phoenix sono suscettive di dar luogo ad ibridi per
incrociamento colla Palma dattilifera o colla stessa P. Camariensis.
Cito fra queste specialmente la PA. reclinata, JAcQ. e la Ph. syl-
vestris, RoxB., ambedue però non così frequentemente diffuse nella
Sao ornamentale come la Palma dattilifera e quella delle Ca-
‘Gli ibridi di vario grado della prima specie colla P. cana-
riensis o colla P. dactylifera dovranno probabilmente corrispon-
dere ai nomi di P. senegalensis, P. leonensis, ed altri molto dif-
fusi nel commercio orticolo.
Un ibrido sicuro della P. reclinata colla Ph. Canariensis, è
stato da me osservato nel villino del Sig. A. GIAMBALVO, presso
l'Orto Botanico. Esso è stato prodotto artificialmente dal giardiniere
MARIANO MINNECI, circa 15 anni fa, spargendo il polline di P. re-
clinata sopra un esemplare femmineo di P. Canariensis. Attual-
mente l’ibrido prodotto fiorisce ogni anno e produce fiori femminei
che il detto Sig. MinNnECcI suole regolarmente fecondare mediante
il polline dello stesso esemplare mascolino di P. reclinata. Il risul-
tato dell’impollinazione è soltanto parzialmente positivo. Alcuni
frutti nel medesimo spadice rimangono sterili; altri contengono
semi atti a germogliare. In ambo i casi si sviluppa una polpa ,
per quanto scarsa, ma sempre dolce e commestibile. I frutti sono
un pò più grossi di quelli della P. canariensis e dello stesso
colore. Anche nel portamento la pianta non differisce da questa,
salvo che i picciuoli non sono così robusti, e rilevati in basso nè
forniti lateralmente di dense e valide lacinie spiniformi come in
quest’ ultima specie, ma piuttosto si accostano a quelli della PA.
reclinata.
Data la spiccatissima tendenza alla formazione d’ibridi fra le
varie specie del genere Phoenix e le straordinarie complicazioni
nei caratteri degli individui che ne derivano, riesce molto difficile
il risalire alla origine di molte forme coltivate e chiarire il signi-.
ficato di tanti nomi diftusi nel commercio orticolo, Il criterio della
sterilità non è sempre sicuro per spiegare l’origine, poichè un i- |
brido riesce ad essere accidentalmente fecondato anche col polline
di uno dei suoi progenitori o con quello di un’individuo della stessa
razza, ed è in grado di abbonire. La mancanza di un atto fecon-
dativo sembra non abbia molta influenza sulla produzione della polpa,
almeno nelle forme ibride, poiché nei i paesi dove. la coltura del
dA
Dattero è abituale, la impollinazione è riconosciuta indispensabile
e costituisce, come sappiamo, quella pratica che somiglia alla ca-
prificazione del Fico domestico (1
Per queste considerazioni, io non oso tentare di spiegare l’o-
rigine di tante forme indubbiamente ibride e indicarne il valore
sistematico; ma soffermandomi a rilevare il valore della polpa e
(1) Varie sono le opinioni degli autori intorno alla necessità che
avvenga la impollinazione, e quindi un atto fecondativo, perché la
polpa dei frutti prenda uno sviluppo normale. La pratica della ca-
prificazione su citata, eseguita con molta cura dagli Arabi nel Dat-
tero comune, proverebbe tale necessità, come dinanzi ho detto. Però
mi nasce qualche dubbio sulla interpretazione di tale processo, per
quanto secolare, nei rapporti colla produzione di una polpa abbon-
dante. In Sicilia ho sempre notato che mancando la impollinazione,
per assenza di piante maschili, nulla si oppone alla formazione di
frutti ben polposi; essi naturalmente sono privi di semi, e per questo
caragtere appariscono un pò più piccoli di quelli che riescono a es-
sere impollinati. Restando inalterato lo spessore dell’inviluppo pol-
poso, i frutti fecondi e contenenti semi, presentano un volume mag-
giore di quelli che sono rimasti sterili, poichè al volume della polpa
si aggiunge quello del seme stesso. Di ciò possiamo benissimo assi-
cui trovansi gli organi sessuali nel fiore. Il fatto di frutta carnose
senza noccioli segnalato nelle Arance, Nespole, nell’Uva ecc. é a que-
sto proposito molto istruttivo ed è stato dagli autori diversamente
interpretato, e ritengo del tutto inopportuno lo insistervi. Vedasi a
questo proposito : ROBERTSON PROScHOWSKY A., A propos des Dattes
sans noyaux et de l’utilità, de la fecondation artificielle du Dattier.
In Journal d’ Agriculture Tropicale. N. 94. 1909. p. 126. Rivibre CH.,
Les Dattes sans noyaux. Idem. N. 98. 1909. p. 228.—RoBeERTSON Pro:
scHOWsHY A., Encore les Dattes sans noyaux. Idem, N. 100. 1909.
p. 318. Questi autori concordano nel ritenere non necessaria la fe-
condazione per ottenere un discreto sviluppo della polpa del frutto.
nei Datteri, ma non del nocciolo, nd
55
del suo sviluppo anche in quelle stesse provenienti specialmente
dal concorso della Palma dattilifera, con altre specie, credo conve-
niente segnalare il vantaggio che potrebbe trarsi in frutticoltura dalla
creazione di ibridi in tal sorta con soggetti opportunamente scelti
fra le specie più resistenti al clima mite del-nostro paese e della
regione mediterranea. A tale scopo soddisfano in modo particolare
la P. Canariensis e la P. reclinata. Quest'ultima, quantunque
propria dell’Africa equatoriale, è dotata di una grande elasticità
come dice il BECCARI, « nello adattarsi a varii climi e a differenti
nature di suolo » e può quindi benissimo sopportare i nostri climi,
dove essa in fatto cresce rigogliosa e fruttifica abbondantemente.
Di siffatte forme spontaneamente sorte nei nostri giardini, due me-
ritano particolare menzione come rispondenti allo scopo di una col-
tura razionale del Dattero come pianta da frutta, e sono la così
detta Phoenix melanocarpa e la Phoenir microcarpa.
ella Phoenix melanocarpa e della sua importanza come specie
atta a produrre frutta commestibili sotto il clima mite della regione
mediterranea si ha notizia fin dal 1893 in una comunicazione fatta
dal Signor Léon Dru alla Società Nazionale d’Agricoltura della
Francia. La scoperta è dovuta al D.r SAuvaIGO che segnalava la
presenza di questo tipo nella Villa HENRY DE CESSOLE, a Nizza (1).
I primi frutti furono inviati al NAUDIN, Direttore della villa TAURET
ad Antibes, e, presentati alla Società di Agricoltura di Nizza, de-
stavano un grande interesse per la squisitezza del gusto e come
prova della possibilità di coltivare sotto un clima abbastanza tem-
perato una sorta di Dattero a frutti commestibili. Dallo stesso
NAUDIN ne furono distribuiti largamente i semi in Francia, in Al-
geria, in America, ovunque parve a lui fossero le condizioni di
clima favorevoli alla coltura della pianta. Anche a Palermo ne sono
pervenuti e oggi si conoscono non pochi esemplari di questo bel-
lissimo tipo di Dattero in alcuni giardini della Città. Il Marchese
A. DE GREGORIO pure allevò un individuo, da seme originale, ma
questo risultò maschile (2).
(1) SauvarGo Em., Le Phoenix melanocarpa de la Villa Renty de
Cessole. Orleans 1896.
(2) De GrEGORIO A., Sulla Phoenix melanocarpa. In Nuovi »
nali di Agricoltura Siciliana. Vol XIX. 1908. p. 112. L’autore nota
la precocità di fioritura, ma nulla dice se le antere contenevano pol-
line : giova ricordare che gli esemplari maschili ottenuti in Algeria
di Phoenix Simoni (ibrido tra Ph. reclinata e Ph, canariensis ) hanno
Presentato costantemente le antere sterili,
56
Io stesso ho avuto occasione di osservarne un individuo della
età di 13 a 15 anni in una villa a Bagheria, nei dintorni di Pa-
lermo. Esso era già in piena fruttificazione verso la fine del mese
di Luglio; gli abbondanti e voluminosi grappoli facevano bella
mostra di sè coi loro frutti copiosi, di una tinta dalle gradazioni
dal rosso al rosso-vinoso, al nero, secondo lo stato di maturazione.
Sulla stessa pianta, e alquanto in alto, scorgevansi i grappoli delle _
fruttificazioni ancora immature dell’annata stessa. Sicchè risulta
evidente che la Ph. melanocarpa rappresenta un tipo di Dattero
a maturazione biennale, cioè, i frutti divengono maturi l’anno dopo
la fioritura, particolarmente nella estate dell’anno seguente. La tinta
nera della buccia è caratteristico dello stato di perfetta maturità.
Questa comincia a manifestarsi a chiazze sul fondo rosso-vinoso
della superficie del frutto non ancora perfettamente maturo. Le
chiazze a poco a poco s’ingrandiscono e quindi tutta la superficie
prende una tinta nera. Raccogliendo i frutti al primo apparire delle
dette chiazze, nel corso di una giornata o poco più essi maturano.
Questa pratica è in tutti i casi da consigliarsi, sia perchè in tal
guisa si può convenientemente provvedere alla conservazione ed
anche spedizione, sia alla difesa contro insetti specialmente le vespe
che avidi del dolciume della polpa deturpano i frutti stessi.
I frutti della P. melanocarpa a completa maturità presentano
una forma ovale ellittica e misurano una lunghezza di mm. 40-42
sopra una larghezza di mm. 23-25.
ell’esemplare da me esaminato essi non mostravano traccia
di semi o tutto al più questi erano ridotti ad un esile rudimento.
Ciò devesi attribuire all’assenza di altri individui maschili tanto
della stessa varietà, quanto di altre specie di Phoenix
L’esemplare, nonostante che fosse relativamente sind. ap-
pariva molto vigoroso e di dimensioni che difficilmente sotto il
clima di Palermo raggiunge la Palma del Dattero comune alla stessa
età. Lo stipite misurava un’altezza di metri tre sino alla base della
chioma con un diametro di 70 cm. vale a dire esso possedeva quasi
la medesima robustezza caratteristica della Ph. canariensis ; Vin-
sieme però prendeva l’aspetto del fusto dalla P. dactylifera Rs
le basi dei picciuoli non così sporgenti come nella precedente specie.
Nelle foglie notavasi ancora una grande somiglianza colla P. dac-
tylifera, salvo una maggiore lunghezza e morbidezza nelle lacinie
e una lievissima scompostezza senza alcuna tendenza nella fronda
intiera a divenire reclinata. Notevole è la presenza di brevi lacinie
spiniformi, rigide, molto ravvicinate verso la ‘base del picciuolo,
così come presso a poco si osserva nel Dattero delle Canarie,
57
Ritengo assai difficile qualunque giudizio sulla origine e sul
valore sistematico di questo tipo di Phoenix.
Trattasi di una razza ibrida, oppure di un tipo affatto auto-
nomo proveniente da qualche mutazione del comune Dattero ?
Nulla prova la sua origine ibrida, poichè il criterio della ste-
rilità degli ibridi presso il genere Phoenix è come vedemmo molto
fallace : basta che un preteso ibrido o un ibrido certo proveniente
da inerociamento artificiale fra due specie, venga fecondato perchè
produca dei frutti provvisti di semi. In tali condizioni erano ap-
punto i frutti dell'esemplare di Phoenix melanocarpa di cui i semi
furono distribuiti dal NAUDIN, appena avvenuta la scoperta di questo
tipo nei giardini di Nizza. Secondo lo stesso NAUDIN, è possibile
che esso provenga da ibridazione e il chiaro Autore suppone che i
progenitori sieno il comune Dattero e la P. reclinata (Ph. sene-
galensis}, oppure, meglio, anzicchè quest’ultima specie, la Ph. Ca-
nariensis, e come titolo di parentela egli riferisce alcuni caratteri,
che invero a me non sembrano abbastanza costanti e sicuri. Il co-
lorito rosso corallo dei frutti, che diventa rosso-vinoso più tardi e
in ultimo nero, non è punto un carattere distintivo delle fruttifi-
cazioni della Ph. reclinata (P. senegalensis), come afferma il SAU-
vAIGO, nè tanto meno quello della maturazione biennale. Ciò può
dipendere da ragioni di clima, poichè in Sicilia detta specie ma-
tura i frutti, regolarmente dentro lo stesso anno della fioritura.
Siechè anche questo probabile punto di contatto tra la Ph. mela-
nocarpa e la Ph. reclinata non ha alcun fondamento.
Quanto alla possibilità che la detta forma rappresenti una qua-
lunque distinta variazione delle Ph. dactylifera o meglio una mu-
tazione, nel senso del De VrIES, dovuta a condizioni di clima o
di coltura fuori della caratteristi zona di diffusione del Dattero,
non sarei del tutto. alieno ad ammetterla. Notevole è il fatto che
dopo la introduzione fatta di questa forma nei giardini del Mez-
zogiorno d'Europa per mezzo di semi, essa si è conservata e mostra
di conservarsi collo stesso processo propagativo. Ho motivo di ri-
tenere che gli individui di P. melanocarpa esistenti nelle ville di
Palermo provengano da semi inviati dalla Riviera negli anni suc-
| cessivi alla scoperta della detta forma; da noi essa è propagata.
nello stesso modo.
La produzione di polloni alla base dello stipite non sembra
un fenomeno molto frequente nella P. melarnocarpa. Anche se rari,
i detti rampolli dovrebbero essere conservati per servirsene come
mezzo di propagazione. Con ciò si avrebbe il vantaggio di potere
assicurare la conservazione del: tipo ed anche di migliorarne le qua-
58
lità, come si pratica nella coltivazione della Palma del Dattero co-
mune. Se rara è la produzione dei detti polloni, a me sembra pos-
sibile e renderla più frequente mediante il capitozzamento del fusto
coll’asportazione della chioma. Occorrono allora delle particolari cure
per assicurare la emissione di nuovi polloni col circondare di terra
la base dello stipite e inaffiando frequentemente la pianta. Con
questo processo anche nel Dattero comune si provoca e si affretta
la formazione di polloni a vantaggio della propagazione agamica
deMa pianta.
Il tipo di Dattero a frutti commestibili, che viene ora da me
indicato col nome provvisorio di P. microcarpa, mi è stato segna-
lato dal Prof. Bonanno - Zuccaro. Esso ci richiama piuttosto alla
P. Canariensis, a frutti più grossi più dell’ordinario, fino a 30
mm. di lunghezza, dello stesso colorito e del medesimo gusto dei
Datteri e maturanti come questi verso la fine dell’autunno della
stessa annata della fioritura. Una leggera rassomiglianza colla Ph.
dactylifera è data dallo stipite, lanciato, ma privo di polloni alla
sua base, come accade nella tipica Ph. Canariensis. ques
forma si conoscono due soli individui femminei coltivati, nella villa
di detto Prof. a Cefalù, del tutto isolati, sicchè essi rimangono ste-
rili per mancata fecondazione.
È da deplorarsi che per la mancanza di semi e per assenza
di polloni alla base dello stipite non esista alcun mezzo di propa-
gare e diffondere questa interessante forma, la quale quantunque
presenti frutti piuttosto piccoli, sarebbe certamente bene accetta nel
commercio.
In conclusione, la coltura della Palma del Dattero in Sicilia
e più particolarmente nelle regioni più meridionali dell’Isola per lo
scopo della produzione di frutti maturi, commestibili atti al con-
sumo offre la possibilità di favorevole successo, qualora fosse su-
bordinata a particolari condizioni nella scelta di varietà idonee a
superare, durante il periodo che decorre alla fioritura alla matura-
zione, le difficoltà relativamente non molto notevoli del clima. Tale
scopo, potrebbe benissimo essere raggiunto: »
1° Colla introduzione e coltura di razze a maturazione precoce.
Queste esigendo una somma di calore inferiore a quella richiesta dalla
maturazione delle varietà più comuni, presentano le più sicure ga-
renzie di adattamento. Infatti essendo la somma di calore necessaria
alla maturazione delle varietà comuni calcolata a un minimum di
5100° C. e non superando quella utile per la maturazione di alcune
varietà precoci la cifra di 4080°, non sarà difficile il coltivare con
59
pieno successo alcuna di queste sotto il clima della Sicilia dove,
come abbiamo già detto, la somma della temperatura, corrispon-
denti al medesimo periodo, importano una cifra che oscilla fra
e 3800°
Si può anche raggiungere lo stesso effetto coltivando delle va-
rietà molto tardive e nel tempo stesso atte a superare le basse tem-
perature del nostro clima invernale conservando intatti durante
quel periodo i frutti attaccati ai relativi spadici per completarne la
maturazione alla fine della primavera o durante la estate dell’anno
seguente. Con ciò si otterrebbe il lrn di potere diffondere
nel mercato dei Datteri maturi in un’epoca in cui ancora mancano
quelli di provenienza dall'Africa settentrionale (1).
. 2° Diffondendo la coltura del tipo conosciuto col nome di
Phoenix melanocarpa, NAUDIN, procurandone la propagazione per
mezzo di polloni, ottenuti in quantità con tutti quei mezzi di cui
la pratica orticola dispone, evitando con ogni cura la propagazione
per mezzo di semi. Con ciò si avrebbero piante atte a produr frutta
in poco tempo rimanendo costante il tipo nei suoi caratteri origi-
nali, così come si pratica nelle coltivazioni del Dattero comune al
fine di evitare lo svaligiamento della razza e affrettare la produ-
zione dei frutti in quelle varietà riconosciute molto pregevoli ai
fini del consumo e del commercio.
Il dubbio che a causa del colore nero dei frutti questo tipo
non potrebbe interamente riscuotere le simpatie dei consumatori,
non credo abbia molto valore. Ritengo che sarà agevole vincere le
possibili difficoltà provenienti da tale condizione, tanto più che la
squisitezza della polpa dei frutti costituisce per sé stesso un carat-
tere molto importante facilmente apprezzabile dai più. Oltre a ciò
maturando i frutti sin dal principio della estate non è lieve il van-
taggio. L’abitudine potrà del resto giovare meglio che altro alla
-
(1) Il numero delle varietà di Datteri coltivate nell’ Africa set-
tentrionale è grandissimo, ma difficile a stabilirsi, venendo distinte
con nomi diversi secondo le località. Cosson e JAMIN ne indicano 78
per la sola oasi di Ziban (Algeria), PARIS 35 per la nun del Fi-
| guig (Algeria), e KEARNEY 49 per la Tunisia. Secondo KRAUSE se ne
| hanno 34 a Tripoli, secondo Rrcmarpson 40 a Ghadames , secondo
VoceL 87 a Mourzouk e secondo RonLrs 30 a Sokna. Secondo lo
stesso RonLFS poi il numero delle varietà di Datteri coltivate nel
Fezzan salirebbe alla cifra enorme di ben trecento! Cosi il Fezzan
risulterebbe la vera patria del Dattero. a
ps
60
diffusione di questa nuova qualità di datteri, così come l'esempio
di altre sorta di frutti di recente introduzione ce lo prova.
Non occorre aggiungere che la facile adattabilità di questo
tipo di Palma al clima più mite di altre parti del Mediterraneo ac-
cresce vieppiù la convenienza di assicurarne la diffusione, così come
è stato rilevato da molti autori.
3° Procurando, per mezzo di ibridazioni, seguite da opportune
razionali pratiche di selezione e di coltura, di ottenere delle razze
o varietà suscettive di piena adattabilità al nostro c
Dati i progressi che va tutto di compiendo l’arte dello alleva-
mento delle piante, non manca certamente a noi il mezzo di rag-
giungere tale scopo. Lo straordinario potere di variazione che pos-
siede per sè stessa la pianta del Dattero, per cui, come sappiamo,
allo stato attuale si contano a centinaja le varietà coltivate, e la
facilità colla quale si effettuano delle ibridazioni in tutte le specie
del genere Phoenix, si hanno elementi preziosissimi da cui potrà
trarre profitto il frutticultore illuminato. Importante soggetto per
la creazione d’ibridi allo scopo espresso sarà certamente sempre la
Ph. Canariensis, specie che come si disse, si estende al di la della
zona calda e secca, propria alla P. dactylifera raggiungendo lati-
tudini, dove il clima invernale può talora segnare delle tempera-
ture più basse di 10° C. La- scelta di una buona varietà del Dat-
tero comune al fine di costituire dei soggetti ibridi profittando dei
vantaggi che offre la P. Canariensis, agevolerà il compito del frut-
ticoltore, quando egli impiegherà cure razionali e vigorose atte a
difendere le nuove generazioni contro le cause di tralignamento, a
conservarle e a migliorarle, mediante i lumi della selezione.
Considerando che il Dattero delle Canarie diviene idoneo alla
ropagazione in pochi anni, spesso in 8 o 10, almeno sotto il clima
della Sicilia, la soluzione del problema non esige che una vigile
e paziente aspettazione non molta lunga, forse più breve di quella
di cui ci porge esempio. la storia di molte comuni varietà di
i A. Borzi.
TESSERE
Alcune note su varii cecidii.
I. — Cecidii non ancora indicati dalla Sicilia.
l. Acer campestre, L. — Sulle nervature della facce superiore
delle foglie sollevamenti da 2 a 4 mm. di diametro, sferici,
isolati o riuniti in gruppetti specialmente alla base del picciolo
là dove comincia l'espansione fogliare; la loro superficie è ora gla-
bra e di color verde o rosso, ora rivestita da peli più o meno
serrati brunastri. Ostiolo ipofillo circondato da peli biancastri.
Comune al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. —E-
riophyes macrochelus, NAL. (Acaro eriophyidae).
2. Acer campestre, L. — Sulla faccia superiore delle foglie,
piccolissimi sollevamenti di appena 1 mm. di diametro, gla-
bri, verdi in principio, rossi più tardi. Ostiolo ipofillo ostrui-
to da fitti peli bianchi. Ordinariamente si ritrovano numerosi
sulla pagina superiore, ben di rado anche sulla pagina inferiore.
Comune al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. —E-
riophyes tele sdea. Nar. (Acaro erio-
phyidae).
3. Acer campestre, L. — Lembo fogliare normale, senza trac-
62
cia di deformazione, portante sul dorso macchie di peli bre-
vissimi in forma di fungo, lucidi, bianchi in principio, rossi 0
bruni più tardi; raramente situati alle ascelle delle foglie.
Frequente. al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. —
? Eriophyes macrochelus var. erinea, TROTT.
(Acaro eriophyidae).
(SI
. Acer campestre, L. — Sul lembo inferiore in nessun modo
deformato, alle ascelle delle nervature principali, piccoli am-
massi ferruginei di peli lunghi, revoluti, di ugual diametro
nel loro percorso. Raro al Bosco Dragonara sulle Madonie
in agosto.—? Phyllocoptes acericola, NaL. (Acaro
eriophyidae).
5. Acer pseudoplatanus, L.—Sullembo fogliare galla in forma
. di pustula comparente su l’una e l’altra pagina, decolorata,
rotonda da 4 a 7 mm. di diametro, con camera larvala centrale.
| Una galla simile è già nota dalle foglie dell’ Acer campestre.
Rara al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. — C'e-
cidomyinae(Dittero cecidomidae).
6. Acer pseudoplatanus, L.—Alla faccia superiore delle foglie,
piccoli sollevamenti corniculati da 2 a 3 mm. di altezza e 2 di
diametro trasversale; ostiolo ipofillo riccamente ostruito di pe-
li bianchi, cinerini o ferruginei secondo l’età del cecidio. Fre-
quente al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto.—E-
riophyes macrorrhynchus, Na. (Acaro erio-
.
phyidae
7.Acer pseudoplatanus, L.—Ammassi di peli brevissimi, ad e-
stremità clavata in forma di fungo sul dorso della foglia, si-
tuati in una depressione anche alle ascelle delle nervature a
cui corrisponde, alla parte opposta, una elevazione ben mar-
SS circoscritta, nuda e decolorata. Poco frequente al Bosco.
Dragonara sulle Madonie in agosto. — Eriophyidae
(Acaro eriophyidae).
Osservazione : Questa deformazione dal TROTTER, è stata riportata.
come una varietà dell’ Erioph. macrochelus che chiamò var.
rinea,
8. Acer pseundoplatanus, L. — Sul dorso delle foglie, che non
presenta nessuna deformazione ma solo un leggiero imbruni-
63
mento trasparente sulla pagina superiore, ammassi laminari
di peli anormali, brevissimi , vellutati , in forma di fungo,
da principio verdi, più tardi rossi, a completa maturità bruni.
Comune al Bosco Dragonara sulle Madonie în agosto. —
?Eriophyes macrochelus var. erinea i TROTT:
9. Fagus silvatica, L. — Sul dorso della foglia, ammassi di
peli corti, formanti delle macchie laminari più o meno estese,
bianche in principio, brune più tardi. Comune al Bosco Dra-
gonara sulle Madonie in agosto. — Eriophyes nervi-
sequus var. naculifer, TroTT. (Acaro eriophyidae).
10. Fagussilvatica, L. — Sulla pagina superiore, peli corti,
SA; clavati, disposti lungo le nervature. Raro al Bosco Dra-
gonara sulle Madonie în agosto. -Eriophyes nervise-
quus CAN. (Acaro eriophyidae),
11. Fagus silvatica, L. — Piccolo cecidio in vicinanza della
nervatura mediana, comparente su l’una e l’altra pagina fo-
gliare, sulla superiore come cespuglietti di lunghi peli, setacei,
raggianti, ferruginosi, inseriti sopra una piccola galla unilo-
culare, comparente sul dorso della foglia in un piccolissimo
disco di appena 1 mm. di diametro, perfettamente glabra e di
color gialliccio. Raro al Bosco Dragonara sulle Madonie in
agosto. -O Ligotrophus sp. (Dittero cecidomyidae).
Osservazione : Questo cecidio potrebbe essere uguale a quello dello
stesso substrato indicato dall'Asia, ma è almeno di metà più
piccolo. }
12. Lactuca saligna, L.—Marcata ipertrofia del fusto, ovoidale
o fusiforme, spesso avente una lunghezza di 3 a 9 Cent. e
i un diametro da 5 mm. a 2 ‘|, Cent. — Timaspis
phoenixopodos, Myr. (Imenottero cynipidae). i
Osservazione: Noto questa galla perchè conosciuta solamente dalla
actuca viminea, L. e ritenuta rara; io invece 1’ ho trovata
frequente in contrada Favare sul versante orientale delle Mado-
nie in agosto.
13. Populus nigra, L. — Margini fogliari involuti, più o meno —
ipertrofizzati e ripiegati sulla pagina superiore, sulla quale di-
versi esemplari del cecidozoo si tengono accanto al rotolamento
succhiando nel parenchima fogliare. Comune in està lungo i
64
bordi del torrente Bracco allo Zucco. -- Rhinocoia spe-
ciosa, FLOR. (Emittero psyllidae).
14. Populus nigra, L. — Noto ora su questo substrato un’al-
terazione del cecidio di Penphigus spirothecae, il quale anzic-
chè trovarsi sul picciolo della foglia dove il suo arrotolamento
a spirale è così bene evidente, si trova collocato dentro il
lembo sulla nervatura mediana e potrebbe credersi una defor-
mazione del cecidio di Penphigus marsupialis, ma |’ esame
degli insetti e la forma speciale del cecidio mi hanno dimo-
strato trattarsi di una aberrazione del WERSE di Penph. spiro-
hecae. Q taformainisiti indica benela sp pirale or-
dinaria che non potè raggiungere, forse perchè non in sede e la fo-
glia non ha subito nessuna torsione, ma l’ipertrofia si è sol-
levata in due lobi semisferici sul dorso della foglia e senza
comunicazione sulla parte opposta. In settembre un solo e-
semplare sui pioppi, lungo un torrentello di contrada Sali-
nella presso S. Ninfa (Trapani).
15. Rosa canina, L. — Galla sferica, del diametro da 5 a 20
mm. Diversi esemplari spesso riuniti insieme in varia foggia,
ordinariamente ricoperti di sparsi aculei più o meno lunghi,
spesso anche perfettamente glabri, mai pelosi o capelluti, di
color rossastro, portante all’interno una o più camere larvali.
Frequente sulle Madonie in agosto e settembre, specialmente
sui rachitici cespuglietti in contrada Santotiero.—Rhodites
ayri, Sci. (Imenottero cynipidae).
Osservazione: Dalle galle di questa RAodites ho ottenuto i se-
guenti insetti:
Torymus aa 5 10°, 29—60.
» is 17—100,
» regius 2,14—10°,
Pteromalus Rudowi, D. T. 26—9, 29—6°, 8— 3°.
Tetrastichus atratulus 8—3°, 29 — 60, 2-10.
Tetrastichus nigriceps n. sp. È (1) 290.
Euritoma rosae 5—10°, 29—6°, 8—3°.
(1) Corpo intieramente di color giallo , corsaletto mica
bruno, capo nero. Corpo esilissimo.
Hemiteles luteolator 15—5°, 29—6°.
Hemiteles sp? 4—5°
Sebbene avessi raccolto molti esemplari di questa galla, pure da
essi non ho ottenuto che due femmine solamente del cecidozoo,
invece ottenni numerosissimi i parassiti sopra nominati.
16. Salvia Sclarea, L. — Sul lembo fogliare, ciuffi di lunghis-
simi peli bianchi, specialmente pronunciati sulla pagina su-
periore, lanosi, fitti, ammassati in macchiette circolari, pluri-
cellulari, sottili, inseriti sopra un piccolo corpo duro (ipertro-
fia del lembo) nascosto dai peli e solo sensibile al tatto.
Questa produzione non credo possa riferirsi a quella dell’ Erio-
pyes Salviae, Nal. indicata da Salvia pratensis, e Sal. silve-
stris, dubbiosamente dalla stessa Salvia Sclarea, da Salvia au-
striaca, Sal. clandestina, Sal. nemorosa, Sal. Verbenaca,
e dalla varietà praecow. In quanto riguarda la Salv. Verbe-
naca la produzione anormale dei peli ne differisce grande-
mente sia per la loro conformazione, essendo quì i peli molto
brevi e testati e la foglia della Salvia Sclarea non presen-
tando, per quanto possa essere ricca di peli ipertrofici e di
macchie confluenti, estroflessione alcuna. Frequenti sui bordi
del torrentello nell'ex feudo Aquila presso Gangi, in giugno. —
Eriophyes sp.? (Acaro eriophyide).
17. Silenè inflata, Sm. — Internodii terminali raccorciati, fo-
glie e infiorescenza ravvicinate in un ammasso morbido e de-
formato. Comune sui monti di Renda in ottobre.—A phi s
cucubali, Pas. (Hemiptero aphidide).
18. Tamarix africana, Poir. —- Piccola galla dell’infiorescenza,
della grossezza di un piccolo grano di pisello, sferica, risul-
tante -dall’ipertrofia e dalla saldatura delle tre logge dell’o-
vario, glabra, di color cinereo, un po’ appuntita in alto e qui,
per lo spesso, leggermente rosea. Trasformazione del cecido-
zoo dentro la galla, il quale ne vien fuori verso i primi di
giugno bucando la camera larvale su uno dei lati. Questo ce-
cidozoo è animato da un movimento di scatto dentro la galla
stessa in modo da farla saltare anche per la lunghezza di un
| metro, È singolare il fatto, allorché in maggio, battendo un Y'ama-
#
66 | 3
rix cadono nell’ombrello un buon numero di queste galle, allora si
resta gaiamente impressionati del loro continuo saltellamento.
Comune sui Tamarix lungo tutti i torrenti del territorio di
Resuttano e di Gangi, in maggio e giugno. —Nano phies
pallidus, OLIv. (Coleottero curculionidae).
Osservazione : Da questa galla ho ottenuto il seguente parassita:
Pteromalus picipes, Ns. 7—6°,
19. Tamarix africana, Poir.— Piccolo cecidio dell’infiorascenza
in forma di carcioffo, scaglie allungate e addossate. Raro nello
ex feudo lrosa presso Resuttano in maggio. --C ecidomi-
dae? (Dittero cecidomidae).
II, — Un cecidio inedito.
SAI |
| Fig. I. — Foglia di Cynara Cardunculus molto ridotta, portante in
g. diversi cecidii del 7y/lenchus dipsaci
67
Cynara Cardunculus, L.—Su tutte le parti aeree della
pianta, specialmente sulle foglie, ipertrofie molto sentite
della grossezza media di un avellana, di consistenza spugnosa,
di forma variabilissima, ricoperte abbondantemente di peli
bianchi e comparenti da un lato e l’ altro delle foglie; più
sviluppate sul lato dorsale; camera interna irregolare, divisa
da vacuoli e da setti tra cui abitano numerosi esemplari di
un piccolo verme.
Fig. II.—Un tratto di una foglia di Cynara Cardunculus in ng
lenchus.
za naturale portante in g. diversi cecidii del 7'y
Questa galla l’ho trovato Conviene da marzo a giugno in con-
trada Corvo presso Gangi e lungo la mulattiera dell’ex feudo
Casagiordano ed Albuchia. Le lacinie fogliari specialmente
ne sono Soana fornite e la galla si produce sempre sulle
nervature e sulle coste fogliari; quelle del lembo poi sono le
più grosse e si rinvengono tanto su uno che l’altro lato di
esso; sulle foglie sono più frequentemente collocate verso l’e-
stremità delle lacinie e nel loro sviluppo complicano non solo
il lembo ma anche gli aculei i quali, acquistando uno sviluppo
anormale, vengono a rassomigliare alla testa di un uocelletto
dal becco adunco. Voler descrivere tutte queste varie forme,
che suole acquistare il cecidio, non è possibile, preferisco dare
invece qualche figura che più verosimilmente dà l’idea di tali
varie deformazioni.
@
La sezione mediana di questa galla ci presenta una cavità di forma
irregolare e circoscritta da pareti carnosette intermezzata, co- -
me ho detto, da setti e pieghe, che formano dei vacuoli più o
meno grandi, dove i vermi, per lo più numerosi, si tengono
ammucchiati in piccoli gomitoli e dove sono sparse numerose
uova.
Fig. III. — Un aculeo ipertrofizzato di Cynara Cardunculus in gran-
dezza naturale.
L’elminto autore di queste deformazioni potrebbe essere lo stesso
Tylenchus indicato dal TrÒomas (Ein neues Helmintho-
cecidium der Blaetter von Cirsium und Carduus, in Weimar
Mitt. bot. Ver. 1896) e dal KteFFER (Synopsis des Zoocecidies
d'Europe. in Ann. Soc. Ent. 1901); ma nè 1’ uno nè l’ altro
autore indicano la specie; il cecidio da loro descritto poi, men-
tre nel suo sviluppo non acquistando due o tre volte lo spes-
sore della foglia differisce non poco da quello da me oggi il-
Itistrato, il quale è molto prodotto e come ho detto, della gros-
sezza di una avellana in media. Tale nuovo cecidio va rife-
rito al Tylenchus dipsaci, KUHN. come, per i numerosi esem-
plari del verme in tutti gli stadii di suo sviluppo di cui sono
venuto in possesso, ho potuto determinare.
II. — Cecidii dell’Italia continentale.
Abies pectinata, DC. — Alla base delle foglie si ha una forte
ipertrofia della grossezza di un pisello, subsferica, provvista di una
cavità interna molto angusta, irregolare, circoscritta da pareti
carnosette e racchiudente una larva di color rosso-giallo; que-
sto cecidio, in un punto della sua circonferenza, corrispondente
al lato dorsale della fogliolina, presenta una piega a margini
rotondati e strettamente combacianti, la. quale è in diretta
comunicazione con la camera larvale.
EscHERICH e WimmER nel 1903 hanno reso nota un’altra ipertro-
69
fia della base delle foglie di questa stessa pianta, ma essa
non può riferirsi a questa che io descrivo perchè la deforma-
zione indicata da questi autori è notata come una leggiera i-
pertrofia, mentre questa che io illustro é ben pronunziata e
apparente.
Fig. IV.—-Ramo di Abies pectinata con galle alla base delle foglie.
To ho avuto un buon numero di questi cecidii raccolti in epoche
diverse dell’anno e quindi in vario grado di sviluppo, _ e da
forma semplicemente bifida della spatula, mentre dalla forma
cilindrica del suo corpo può riferirsi al genere Contarinia.
Non essendomi stato possibile in parecchi anni ottenere da queste
70
galle l’insetto adulto, non posso su di esso dare altre notizie;
mi limito a dire qualche cosa del parassita. La larva di
questo parassita nei primi di marzo esce per la fenditura in
forma di piega della galla, a cui ho accennato e che si diva-
rica naturalmente per lasciare libero il passaggio, e va ad in-
crisalidarsi nel terreno da dove esce allo stato perfetto nel
corso del mese di aprile e tra i primi di maggio: io ne ho
ottenuto un buon numero il 9, 13, 14, 18 e 20 aprile e poi
ancora nei primi giorni di maggio.
Anche la larva del cecidozoo va per la stessa via ad incrisalidarsi
nel terreno, e se non la differisce da quella del parassita il
colorito rosso-uovo, chè le due larve sono di colorito agon.
se ne allontana grandemente per la sua forma allungata e
lindrica misurando essa 5 mm. X 14‘/, mentre quella Caressa
è di forma ovale, molto piccola, appena 1 '/ mm.X ‘|, e as-
sottigliata verso la sua parte posteriore. Comune nei Boschi
di Serra S. Bruno
IV. — (ecidii esotici, )
Carissa edulis, Vahl.—Galla dei giovani rami, simile in. gros-
sezza e nella forma a quella che la Perrisia rufescens produce
sui rametti della Phyllirea variabilis e che come quella è
causata da un Cecidomydae. Zaulot, Sett. 1907. — ? Per-
risia.
Celtis mississipiensis, : Bosc.—-Le identiche galle descritte
dal TROTTER, per lo stesso substrato e dovute all’omottero Pa-
chypsylla celtidis-cucurbitae, Riley (Marcellia, Vol. II, p. 66,
n. 10). America settentrionale, lungo cs Mississipì.
Celtisocci d entalis, L.-Galle simili a quelle superiormente
indicate, ne diflevisoona per avere maggiore dimensioni e per-
ché l’apertura dell’infossamento sulla pagina inferiore non è
provvista del cercine robusto e di color più chiaro che si tro-
va in quelle. America.—Pachypsylla sp.
Celtis occidentalis, L. — - Pioeoliazime pustolette fogliari
gialle, portanti un minimo tubercoletto nel mezzo sulle due
superficie dell’ una e l’altra pagina. America. — Cec i-
domyidae.
Osservazione. Queste galle sono forse ag a quelle notate dal
ROTTER, in Marceltia, Nob. iL, * 66, n.
71
Celtis reticulata, Torr. — Ispessimento fogliare brunastro, da
5-7 mm. di ARTI appariscente su ambedue le pagine,
sull’inferiore vn po’ più che SA superiore e quivi infossato
a scodella. Arizona. —? Coc
Cinnamomum zeylanicum, Breyn. — Galle epifille, coniche
perfettamente levigate, alte appena tre millimetri, loro dia-
metro alla base uguale a quello dell’altezza; sul dorso della
foglia corrisponde ad esse una piccola pustola con piccolissimo
tubercolo nel centro. Camera larvale grande circoscritta da
pareti sottili. Ceylon.—Ento mocecidio.
Cinnamomum zeylanicum, Breyn. — Galla ipofilla, della
grossezza di un grano di pepe, superficie ruvida, con camera
interna ripiena di lunghi peli, acuminati, unicellulari; ad essa,
sulla pagina superiore, corrisponde una piccola pustola con un
piccolissimo tubercolo nel centro. Ceylon. — Eriopyidae.
Drimys Winteri, Forst. — Piccolo sollevamento ipertrofico sul
dorso del nervo mediano, con foro d’uscita nel centro a i
chiari, cavità interna piccolissima. Stretto di Magellano. —
Entomocecidio
Eragrostis sp. — Piccoli sollevamenti spoliformi, lunghi nel
senso verticale, di appena '/, mm. con un diametro trasverso
di ‘/,, allineati sull’esile stelo, portante un’apertura centrale
crateriforme aperta dal cecidozoo al momento dell’uscita, con-
tornata di fini peli sericei. Nell’ interno di questa deformazio-
ne si trovano diverse camere larvali a pareti levigate e luci-
dissime scavate nel midollo e corrispondenti ‘ognuna ad un
sollevamento della superficie. Dentro una di queste camere ho.
trovato la spoglia larvale di un imenottero, ma dubito possa
trattarsi del cecidozoo. Somalia italiana. — Entomoce-
cidio. ”
Imbricaria petiolaris, A. D. C.—Ipertrofie lentiformi sul lembo
fogliare pronunziate maggiormente or su l’ una or su l’altra
pagina, dal lato dove il sollevamento è maggiore questo é co-
niforme alto circa due millimetri, con un diametro alla base di tre
e provvisto di un’apertura crateriforme i cui bordi sono provvi-
sti di quattro raggi disposti simmetricamente a stella, addos-
sati sulle pareti declivi del cono, sulla parte opposta invece il
72
cecidio si presenta in forma di piccola lente con un piccolo
cono nel centro. Port Louis. -Entomocecidio.
Mirochlaena flavescens, Garche — Piccoli e numerosi solle-
vamenti conici sul lembo fogliare, sulla pagina inferiore più
pronunziata che sulla superiore, qui la parte superiore del co-
no è rivestita di peli giallicci disposti a ciuffo; apertura n
filla in forma di piccola fessura. Indie Orientali — Erio
phyida
Medicago truncatula, Gaertn — Galla dei:rametti, fusiforme,
centrale o laterale, di color verde gialliccio, lunga 5 - 7 mm.,
con un diametro massimo di 2-3, pareti carnosette a super-
ficie ruvida, racchiudente una larga camera larvale. Dentro
questo cecidio non ho trovato che due parassiti disseccati
e in parte guasti, un Pteromalus ed un Pezomachus. Tu-
nisi, luoghi arenosi presso Gafsa, marzo 1908. — En-
tomocecidio
Pianta sconosciuta — Numerosi sollevamenti di color rosso
venoso e di varia dimensione, non più grossi da 4-5
sparsi sulla pagina inferiore della foglia, concrescenti od iso-
lati, per lo più pressati tra di loro, a superficie muscosa, cioè
rivestita di peli brevi e fitti; a queste escrescenze, sulla pa-
gina inferiore, corrisponde un largo infossamento nudo. io
Janerio.-Eriophyidae.
V. — (eeidii teratologici.
Cynips tinctoria-nostra e Cyn. Stefanii. — Se
date deformazioni, causate da alcuni animali o da funghi 0
da batteri sulle piante, costituiscono una produzione patologica
di queste, avviene anche il caso che queste produzioni pos-
sano, per le stesse cause, allontanarsi dallo sviluppo normale
e costituire un caso teratologico proprio.Io ho già registrato
aleuni di questi casi (1) ed oggi posso illustrarne altri
più singolari.
(1) De SreranI T. — Note intorno ad alcuni zoocecidii della
Quercus robur e della Quercus suber. In Nat. Sic. Ann. TI. N. 8.
pag. 170,1
73
Fra il consociamento di specie diverse di galle di Cynips mi pare
notevole quello della galla di Cyrips tinctoria-nostra con una di
Cyn. Stefanii che si sono sviluppate sulla stessa gemma di un ra-
metto di Quercus pubescens; qui, se il loro sviluppo fosse
proceduto con indipendenza una dall’ altra, si avrebbe potuto
avere un caso teratologico dipendente da uno sviluppo anormale
per insufficienza di elementi nutritizii del substrato, o per la
morte precoce del cecidozoo o per un caso traumatico qualun-
que, ma la separazione delle due galle sarebbe stata sempre
distinta; nel caso che vengo a citare invece la cosa è ben
diversa mentre le due galle sono ben sviluppate ma intima-
mente l’una attaccata all’altra.
Dall’intimità con la quale sono unite le due galle risalta subito
il fatto biologico che la Cyn. tinctoria - nostra sia stata la
prima a deporre il suo uovo nel substrato, mentre la Cyn.
Stefanii l'avrà deposto più tardi; d'altronde ciò è ovvio
mentre è saputo che la Cyn. tinctoria-nostra vola sin dal me-
se di ottobre, mentre la Cyn. Stefaniî comparisce in dicembre;
ma astrazion facendo da questa conoscenza ed esaminando so-
lamente il fatto teratologico, si giunge precisamente allo stesso
risultato. La Cyn. tinetoria-nostra mostra chiaramente che essa
parte direttamente dalla gemma, il suo sviluppo è normale, men-
tre l’altra si diparte da un punto del rigonfiamento della pri-
ma alla quale è saldata per la base della sua espansione e
manca completamente del picciolo.
In generale le due galle son ben sviluppate, ma a me pare chiaro
che in dicembre , allorchè la Cyn. Stefanii giunse ad inqui-
nare la gemma del substrato, questa lo era stata già dalla
Cyn. tinctoria - nostra e di più che lo sviluppo della sua
galla era iniziato, così che la Cyn. Stefanii dovette deporre il
suo uovo sugli elementi gallari in via di sviluppo della prima;
se così non fosse stato e se le due specie avessero avuto sulla
gemma stessa sede diversa, tanto l’una che l’ altra si sareb-
bero svolte separatamente.
Intanto da queste due galle ottenni a tempo opportuno i due ce-
cidozoi.
iis tinctoria- nostra e Cyn. {gi tenia Uso degli
accoppiamenti più singolari di galle diverse è quello os-
servato sopra un altro rametto di. Quercus pubescens alla
cui estremità si trova un gruppo di cinque galle di cui quat-
tro sono della Cyn. tinctoria - nostra accoppiate sin dal pe-
74
duncolo e parte dell’ ingrossamento sferoidale due a due,
mentre la quinta è intimamente immedesimata con un’ altra
galla di Cyn. lignicola così che questa costituisce più dei due
terzi dell’altra, mentre l’altro terzo che forma la Cym. tinctoria-
nostra pare uscire dagli elementi di quella a cui è sottoposta.
In questo strano accoppiamento manca naturalmente il pedun-
colo della galla diCyn.tinctoria-nostra e lo sferoide è attaccato al
rametto come nella galla di Cyn. lignicola, e questa, mentre pare
che abbia avuto il sopravvento su l’altra perchè gli elementi
gallari sono più sviluppati, è stata poi quella che non ha dato
il cecidozoo mentre ho ottenuto l’insetto perfetto della Cyn.
tinctoria - nostra.
-
a at FEFETIEA
dai Vidi pi Se Tage: e Meri REST PRATI calli pene lle” IUPre, "e
Rhodites rosae e Rhod. eglanteriae. — Anche le galle
di queste due specie ho trovato consociate assieme, due esem-
plari della piccola galla sferica della Rhod. eglanteriae sono
inserite sul corpo di quella della Rhod. rosae, incastrate tra i
filamenti della capelluta galla.
Osservazione — Questi casi di consociazione come si’ vede, so-
no relativamente frequenti e valgono a provare che varie
specie almeno di cinipidi, depongono il loro uovo anche
su quelle parti di una pianta che erano già inquinate da altra
specie, e dimostrano ancora che gli elementi di una galla
sono adatti a poter servire da substrato a galle appartenenti
ad insetri di specie diversa.
Troposio DE STEFANI PEREZ.
OE PESO ENT IO VT, CO
Sulla presenza della Formaldeide nei succhi
delle piante verdi.
Si sa che l’attività specifica dei protoplasmi nelle singole spe-
cie vegetali conduce alla formazione di un numero pressocchè in-
finito di sostanze organiche, gran parte delle quali sono tutt'ora
incognite od imperfettamente conosciute dalla Chimica. È certo
però, che ad onta di siffatta specificità, per la quale due specie
vegetali, anche molto vicine, possono differire profondamente per le
qualità chimiche dei prodotti della loro attività, il processo della
assimilazione, ossia, come s'intende in Botanica, la sintesi delle
Sossanze organiche ternarie, si compie sostanzialmente in modo i-
dentico in tutti i vegetali provvisti di pigmento verde ed esposti
in condizioni normali alla luce; talchè l’amido, che è appunto la
prima e più importante sostanza organica prodotta nel processo
assimilativo si trova sempre nelle foglie di quasi tutte le piante
clorofillate, salvo le poche eccezioni a tutti note (Allium, Musae, ecc).
Nel tessuto verde delle piante e per eccellenza nelle cellule
| piene di corpi clorofillacci delle foglie, nelle quali affluiscono per
diverse vie e vengono a trovarsi in contatto l’acqua e l’anidride
76
carbonica, si operano lentamente e silenziosamente le prime rea-
zioni chimiche, senza dubbio identiche in tutti i vegetali, data la
comunanza della energia, luce e calore solare, delle materie prime,
anidride carbonica ed acqua e della clorofilla, messe a disposizione
delle piante.
Si ritiene generalmente che il fenomeno di sintesi chimica che
mette capo all’amido partendo dalla CO, e dall’H,0 proceda per
appa, e l’ipotesi fondamentale , che più d’ ogni altra è accettata
é quella del BaveR, per la quale, in presenza di acqua, l’anidride
ina dia origine all’aldeide ass
CO, +H,0=H,C0 +0,
la quale polimerizzandosi fornisca l’amido.
Ì malgrado la semplicità dell’attraente reazione, essa non
ha potuto acquistare il valore di un fatto acquisito per la grande
difficoltà di rivelare direttamente in seno ai succhi vegetali tale
sostanza, che senza dubbio deve trovarsi in tracce assolutamente
minime.
Riguardo all’ipotesi su detta, le ricerche sino ad oggi compiute,
esaminano il problema sotto punti di vista diversi e cioè : o pro-
duzione di amido da soluzione contenente formaldeide, o formazio-
ne di aldeide formica da soluzione acquosa di acido carbonico, 0
ricerche direttamente eseguite su succhi di piante per caratterizzare
questa aldeide.
Al primo gruppo di ricerche va annoverata l’esperienza del
BUTLEROW (1), il quale riuscì a trasformare l’aldeide formica in
idrato di carbonio facendo agire su di essa l’acqua di calce.
Ancora più dimostrative sono le esperienze di W. LoEB (2), il
quale ha potuto ottenere per mezzo dell’effluvio elettrico aldeide
formica ed acqua ossigenata da soluzioni acquose di anidride car-
bonica
L’: acqua ossigenata ST piante darebbe origine allo sviluppo
di ossigeno.
H,C0, + ;H,CO0=H,C0 + ,HO,
(1) Ann. der Chemie n. Pharmacie, 12 B., . 295
(2) Zeitschrift f. reactochemie, V, II, sù "748 e 12 pag. 592.
77
D'altra parte il Loew è riuscito a far vivere della alghe
(Spyrogira majuscola) ed a dimostrare la formazione dell’amido in
assenza di luce ed anidride carbonica ma in presenza del composto
bisolfitico della formaldeide. Ad eguale risultato, variando le con-
dizioni di esperienza arrivano BOKORNY BOUILHAC e GIUSTINIANI (1).
erò sebbene queste esperienze fossero abbastanza dimostra-
tive, mancavano le ricerche dirette, atte a sorprendere l’aldeide
formica nel momento della sua formazione. Su questo campo vari
sperimentatori si sono occupati.
Tra questi uno che maggiormente ha studiato tale argomento
è il PoLLACCI, il quale in varie memorie pubblicate negli atti del-
l’Istituto Botanico di Pavia (Nuova Serie, Vol. 72) e nei Rendi-
conti dell’Accademia dei Lincei (V. 16 I, 1907) espone un cumulo
di belle esperienze dalle quali ha creduto di poter concludere per
la presenza della formaldeide.
In data più recente abbiamo le ricerche di USHER e PRIEST-
LEY (2) i quali lavorando sulle alghe marine (Ulva enteromorpha),
poste prima in acqua bollente, per evitare che 1’ aldeide formi-
ca potesse modificarsi nell’assimilazione e poi esponendole al sole,
in soluzione acquosa di acido carbonico, ebbero un distillato che
dava delle reazioni che ritennero dovute alla formaldeide.
Però PLANCHER e RavENNA (8), ripetendo le sr del
POLLACCI non ottennero alcuna reazione sicura che potesse dimo-
strare la presenza dell’aldeide formica , concludendo na che,
pur non avendo alcuna prova positiva, l’ipotesi del BayER non
potesse essere abbandonata in mancanza di altre più plausibili. Essi
credono che, ammessa la produzione di tale aldeide, questa, appena
formata, si leghi con qualcuno dei componenti delle cellule cloro-
filliane, in modo da perdere completamente le sue caratteristiche,
ovvero che appena formata si polimerizzi.
Recentemente poi il CurtIUS e FRANZEN (4), continuando delle
ricerche già fatte precedentemente e lavorando su Kg. 1500 di fo-
glie di carpino, non preoccupandosi delle reazioni colorate, giacchè
queste possono essere comuni ad altre sostanze, le distillano a va-
(1) C. R. t. CKXXV (1902) p. 1369 e C. R. XXXVI (1908) p. 1165.
* Proceed. Rov. soc. London, Sevie B, V, 77, p. 369 e V. 78.
p na
ai Rend. Acc. Lincei, 1904 V, XIII, 2* p. 459 La
(4) Berlin. Berichte, 45. 1715 - 1718,
78
por d’ acqua e seguendo poi un processo di purificazione con
acqua di barite per fissare gli acidi volatili ossidano il nuovo di-
stillato con ossido d’argento ed arrivano ad ottenere acido formico
che dosano nel rapporto di gr. 0,0008613 per Kg. Naturalmente
le ricerche del CuRTIUS sono molto interessanti, ma l’applicazione
di un reattivo squisitissimo e specifico per l’aldeide formica alla
ricerca di tale sostanza nei succhi delle foglie doveva rivestire una
importanza massima per la risoluzione del problema.
questo scopo si presta bene il principio attivo glicosidico
dell’ Atractylis gummifera del quale uno di noi (1) sin dallo scorso
anno, a proposito della ricerca di questo veleno ne aveva posto in
rilievo la sensibilità di fronte all’aldeide formica, tanto da riser-
barsi l’impiego di tale sostanza glicosidica alla ricerca. dell’aldeide
formica nelle piante. Nella su detta memoria sta scritto che la
sensibilità è tale da render evidentissima la reazione anche con una
soluzione contenente 3 gocce di una soluzione di formaldeide al
0 °|, in un litro di acqua.
Il modo di operare è semplicissimo.
Tracce di atractilina si trattano con due o tre gocce di acido
solforico concentrato; in tal modo nei punti di contatto il glucosi-
e bianco, assume colorazione gialla. Or facendo arrivare una goc-
cia di liquido contenente tracce di aldeide formica, nel punto di
contatto appare, dopo alcuni secondi, una colorazione violetta con
essi azzurrognoli, i quali sono più o meno intensi a seconda
della quantità di formalde ide.
La reazione è specifica, giacchè allo stesso trattamento sono
state sottoposte moltissime aldeidi ed anche altre sostanze svaria-
tissime senza che nessuna avesse fornito reazione simile.
Le nostre esperienze sulle piante sono state numerosissime,
confortate sempre da prove di controllo con soluzioni nine
di aldeide formica (una goccia di soluz. di formalina al 40 gi
un litro d’acqua). È superfluo accennare che la stessa dici
sensibilità del reattivo ci ha costretto ad operare con grande cau-
tela, specialmente lavorando sui succhi spremuti dalle foglie,
dove la miscela di sostanze di cui consta, poteva lasciare ambiguo
l'apprezzamento. Per tal ragione noi siamo ricorsi a tuttii mezzi
possibili per ottenere una parziale purificazione del Zisa come
filtrazione per amianto calcinat ecc.,e credu-
DD
x
(1) Gazz. Chimica anno 1911. V, 1° pag.
79
to indispensabile far seguire per ciascuna specie esaminata, al saggi
diretto del succo spremuto dalle foglie, quelle del distillato del
succo stesso.
Le molte osservazioni, che continuano tutt’ora, eseguite con
tutti i metodi e sempre con opportuni confronti, su parecchie spe-
cie di piante appartenenti a famiglie svariatissime (Leguminose,
“A nictaginee, graminacee, ecc.) ci permettono di asserire
Che NEI SUCCHI FOGLIARI DELLE PIANTE VERDI ESISTE L’ALDEIDE
FORMICA.
Quel che però importava a noi di confermare inoltre con ogni
certezza, si era che la presenza dell’aldeide formica nei succhi dei
tessuti verdi non è, come si potrebbe anche supporre, devo-
luta ad una attività posteriore del protoplasma vegetale, ma è in-
vece realmente connessa coi fenomeni della funzione clorofilliana ,
appunto nel senso fin qui ammesso dall’ipotesi del BAYER.
Le nostre ricerche sono state fin dall’inizio dirette a questo
scopo, e, benchè tutt’ora esse siano limitate, sono sufficienti tutta-
via a concludere su questo punto importantissimo.
Quanto si sa intorno all’azione della luce sui corpi clorofillini e
sulla funzione della clorofilla stessa, quali fattori indispensabili
della fabbricazione dell’amido, dovrebbe valere senza dubbio anche
per quel che riguarda la formazione dell’aldeide formica ove que-
sta fosse realmente la sostanza intermediaria tra H,0 ed CO, e
l’ amido , come vuole l’ ipotesi fin qui ammessa. Cosicchè , nè le
piante clorofillate di nottetempo o state sottratte sperimentalmente
all’azione della luce, nè le piante parassite prive di clorofilla do-
vrebbero contenere aldeide formica. Infatti le nostre osservazioni
sui succhi e i distillati di piante tenute per 24 o più ore al buio
e quelle su alcune specie di funghi sono state assolutamente ne-
gative al riguardo dell’aldeide formica
Ci sembra quindi sufficientemente ir, fin da ora che
la formazione dell’aldeide formica in seno alle cellule verdi dipende
dagli stessi fattori da cui dipende la formazione dell’ amido , cioè
dalla clorofilla e dalla luce, restando così accertata l’ intima rela-
zione che v’ha tra la sua presenza ed i fenomeni della fotosintesi.
Queste esperienze, come ognun vede sono ancora allo stato
iniziale, ed è nostro intendimento proseguirle su moltissime piante
nelle più svariate condizioni ed in epoche diverse.
Le attuali si riferiscono a ricerche fatte nello scorso mese di
Settembre e parte di Ottobre, e sebbene il numero delle piante sia
80
limitato, pure le prove sono state numerosissime. Il seguente e-
lenco dà il criterio del lavoro compiuto fino ad oggi.
A. — Piante esposte normalmente alla luce delle quali è stato
sperimentato, con risultato positivo, il succo fogliare direttamente
(alle ore 16) ed il suo distillato :
Lupinus albus
Securigera Coronilla
Lathyrus Gorgoni
Helianthus annuus
Mirabilis Jalapa
ebia quinata
Zea mays
Dolichos albiflorus
Mesembrianthemum cordifolium
Tropaelum Mayus
Lavatera Olbia
B — Piante tenute per 24 ore al buio, i cui succhi fogliari
e distillati hanno dato reazione negativa :
Lupinus albus
Securigera Coronilla
Lathyrus Gorgoni sa
Mirabilis Jalapa
Dolichos albiftorus
Lavatera Olbia
C — Parassiti esaminati con succhi e distillati a reazione
costantemente negativa :
Psalliota campestris
Olii sp.
Coprinus sp.
Istituti Farmaceutico e Botanico della R. Università di Palermo.
F. Angelico e G. Catalano.
L’Icerya purchasi, Mostr. negli agrumeti
di Bagheria.
Questa dannosissima cocciniglia di importazione straniera ,
già nota per gli agrumeti del messinese e di Catania, è stata an-
che notata recentissimamente negli agrumeti di Bagheria. Come
si vede essa marcia a passi velocissimi e sarebbe bene che gli a-
grumicultori pensassero a difendersi da essa, mentre la sua straor-
dinaria moltiplicazione può renderla molto perniciosa; basta dire
e essa nel nostro clima compie sino a quattro generazioni all’an-
no ed ogni volta depone da 400 a 600 uova.
Questa specie di origine australiana è a noi pervenuta o dalla
America o dal Portogallo e la prima volta fu avvertita nel Napo-
litano, da dove la sua marcia si estese in Sicilia e pare che vada
guadagnando terreno ogni giorno di più.
Nell’agro di Bagheria è stata osservata in contrada San Lorenzo,
Ciancardo ed anche in contrada Solanto, dove alcune piante di
manderini sono di già morte e non poche giovani piante di limo-
ni sono in via di disseccamento.
Questo fatto del deperimento degli alberi in Bagheria ci am-
monisce non solo della temibilità di questo insetto, ma anche del
fatto che la sua introduzione in quegli agrumeti deva datare da
qualche tempo, perché in caso diverso le condizioni delle piante
invase non potrebbero essere nel grave stato in cui si trovano ;
82
or chi ci dice che la cocciniglia non si sia “ata oggi in altri a-
grumeti, anche in quelli del vicino agro palermitano e monrea-
lese ?
La propagazione di questa specie è resa anche più facile da
un altro fattore, da quello cioè che essa vive su, diverse piante,
come sulla vite, sui peri, su diverse piante erbacee e su altre a
mezzo delle quali può essere facilmente trasportata da un luogo a
l’altro.
La specie non può in nessun modo confondersi con nessuna
delle cocciniglie che da tempo vivono sui nostri agrumi, essa ne
è ben distinta, sia per la sua statura maggiore, sia per un sacco
ovigero conca e solcato longitudinalmente, che porta alla
sua parte posteriore.
Foiuia nae contro tale insetto si conosce un parassita
predatore che lo distrugge facilmente in tutti gli stadii del suo
sviluppo, cioè in quello di uovo, di larva e di insetto adul
Questo tale benefico parassita è un altro insettuccio, un co-
leotterino anche esso australiano ma di già introdotto in Italia ed
anche in tutti quei paesi dove 6 stata introdotta l’Icerya purcha-
si e dovunque ha apportato dei grandissimi beneficii. Or rierini
insetto, che chiamasi Novius cardinalis, è quello che gli
micultori devono procurarsi se non vogliono vedere perduti i loro
limoneti ed in genere i loro frutteti; si rivolgano essi al Governo
e probabilmente i loro voti saranno soddisfatti.
TroposIo DE STEFANI PEREZ.
TETOqMNMUZEZEEZZ"Z<Z
lin
Corso di culture coloniali
tenuto presso il R. Giardino Coloniale di Palermo
durante l’anno 1912. — Relazione.
Eccellenza I
In una mia precedente Relazione accennando alle funzioni del
Giardino Coloniale di Palermo, ebbi l’onore di richiamare l’attenzione
sulla importanza di questo Istituto pur considerato come campo dimo-
strativo a vantaggio di coloro che volessero attingere cognizioni prati-
| che e tecniche sulle culture e sui prodotti agricoli di carattere tropi-
cale, senza che esso venga meno al suo compito principale dello studio
scientifico e pratico dei prodotti vegetali di origine coloniale. Ed a que-
sto proposito parvemi opportuno insistere sui benefici di siffatto inse-
gnamento nei rapporti con la emigrazione dei contadini, particolar-
mente di quelli del Mezzogiorno, come i più abituati e adatti a soppor-
tare il clima dei paesi tropicali. Sono appunto—notavo—le più feraci
provincie meridionali quelle che annualmente pagano il più forte tri-
buto alla emigrazione e quasi il 45 ° di coloro che abbandonano la
-. Patria in cerca di fortuna in lontane regioni, è rappresentato da umili
lavoratori della terra, veri coloni. Quali eccellenti disposizioni del
temperamento, quanta laboriosità e quanto spirito di sacrificio porta”
84
seco questa folla di agricoltori non occorre dirlo; ed è pure evi-
dente quali sono i frutti di tanta laboriosità e quanto non sareb-
bero più copiosi ancora se questa gente, oltre alle cognizioni pra-
tiche dell’agricoltura della Madre Patria, possedesse la nozione
delle culture agrarie proprie delle regioni estraeuropee, donde pro-
vengono i prodotti più importanti nelle industrie e nel commercio
mondiale. Ma purtroppo, come vediamo, la maggior parte dei con-
tadini emigranti è costretta a dirigersi verso le grandi città e i
centri più popolosi e mutar mestiere pur di vivere, e solo circa il
3%»: secondo i calcoli del Senatore Conte Faina, riesce a conser-
vare le abitudini tradizionali di famiglia. Non v’ ha dubbio che
saggio provvedimento, in materia di emigrazione, sia sempre quello
di sapere indirizzare con oculata opportunità la corrente emigra-
toria in modo che essa trovi facili e rapide le vie per giungere
alla meta. E il mezzo più idoneo a ciò è certamente quello di il-
luminare vieppiù la mente del contadino emigrante, allargare il
campo delle cognizioni che egli praticamente e per tradizione pos-
siede, onde offrire nuove e più svariate risorse alla sua innata o-
perosità.
Pur restringendo ora la nostra considerazione ai rapporti del-
la popolazione agricola meridionale e specialmente siciliana, coi paesi
dell’Africa settentrionale, ed in generale soffermandoci a conside-
rare la questione sell'intafonià del probblema della colonizzazione
e dello sviluppo agricolo delle Colonie italiane, lo argomento as-
surge ad una importanza eccezionale. È siperiino a questo prop0-
pa ricordare che nella sola Tunisia si trovano dispersi non meno
i 120000 siciliani e che principalmente all'opera loro industre ed
indire e alle loro meravigliose qualità di coloni devesi il pro-
gresso nelle condizioni dell’agricoltura di quel paese in quest’ulti-
mo ventennio. Sebbene, come è stato spesso osservato da coloro
che si sono occupati dell’opera colonizzatrice della Francia nell’A-
frica settentrionale, il contadino siciliano offra lo spettacolo di una
cultura rudimentale e quasi primitiva, mentre l’agricoltore francese
sa valersi dei sussidii della moderna agricoltura, tuttavia il primo
di gran lunga prevale su quest’ultimo per le sue qualità di colo-
nizzatore che lo rendono senza paragone, come dice il Fischer, su-
periore a qualunque altra gente ed atto a mettere radici sopra ogni
terra e prosperare sotto ogni cielo e divenire, come lo Schwein-
furth predice, il primo coltivatore del mondo.
In fatto di insegnamento agricolo-coloniale per contadini non
bisogna però esagerare, Si tratta di qualche cosa di molto sem-
e
plice, di carattere tecnico, pratico, elementarissimo, da limitafsi a
pure dimostrazioni, seguite da materiali applicazioni delle norme
particolari di cultura e di raccolta dei prodotti coloniali. Basta poter
disporre, a tal uopo,. di un campo atto a coltivazioni all’ aperto e
di materiale dimostrativo sufficiente per dare una idea dei processi
di raccolta e di tutti quegli espedienti meccanici che si riferiscono,
tanto alla raccolta stessa, quanto alla preparazione, spedizione, ecc.
dei Pra
ando possono dunque effettuarsi tali condizioni, senza dover
Lio con le difficoltà del clima, come è il caso del Giardino Co-
loniale di Palermo, la organizzazione di una siffatta scuola pratica
elementare di agricoltura coloniale non offre alcuna difficoltà. Essa
potrebbe anche ridursi ad una serie di corsi temporanei riferentisi
alle principali culture coloniali.
ella mia Relazione dianzi accennata, insistendo appunto su
tale argomento, facevo osservare che se ad un contadino siciliano,
per quanto digiuno di ogni più elementare coltura, si mostrassero
delle piantagioni, p. es. di Caffè, anche poco estese, ed avesse
egli occasione di vedere come sono eseguite, governate, ecc., quali
sono e come si presentano le malattie cui questa pianta è soggetta
nei luoghi dove è coltivata, come si raccolgono e si preparano i
frutti, si aprirebbe un nuovo orizzonte di vedute pratiche, al quale
egli potrebbe con grande profitto ispirare i suoi piani di intraprese
agricole, qualora fosse costretto ad abbandonare i suoi agrumeti,
le sue vigne per recarsi nei paesi d’oltre mare. E tanto più grande
sarebbe questo vantaggio per lui stesso ed anche per la Patria no-
stra se egli potesse esplicare le sue eccellenti qualità di agricoltore
nelle nostre stesse Colonie.
Con questi intenti e previa intesa con S. E. il Ministro
dell’ Agricoltura veniva iniziato st ps Giardino Coloniale
ai primi di Aprile dello scorso anno corso pratico tri-
mestrale di culture coloniali. n Successo Sie sia fin
d’ora detto, porge la più evidente di
di una piccola scuola coloniale per coloni nel senso espresso, non offre, |
come ho affermato, difficoltà e può dare risultati pratici veramente in-
sperati e meravigliosi, qualora fosse assicurato il mezzo onde accre-
scere l'affluenza dei frequentatori, specialmente dei veri rappresen-
tanti della classe dei lavoratori della campagna. Per raggiungere que, i
Sto scopo ho pensato che fosse opportuna la instituzione di borse di...
frequenza da distribuire ai coloni frequentatori rappresentante da
Una modesta somma destinata a compenso delle spese di viaggio
86
e di permanenza in città, calcolando ad un minimo di L. 250 l’im-
porto di ciascuna borsa. Mi sono all’uopo rivolto ai principali Enti
amministrativi dell’Isola, a varii Istituti di credito, a qualche Mu-
nicipio, alle Camere di Commercio, ma purtroppo 1’ appello non
ebbe un esito molto fortunato. Tuttavia, mentre pochi furono i co-
loni sussidiati presenti al Corso, molto notevole fu invece la fre-
quenza da parte di contadini militari appartenenti alle varie armi
del Presidio di Palermo. E mi è gradito a questo riguardo di e-
sternare i sensi della più alta gratitudine a S. E. il Generale Co-
mandante il XII Corpo d’Armata per avere permesso che oltre una
settantina di soldati prendesse parte al Corso ed alle esercitazioni,
anzi concedendo talora delle ore straordinarie per agevolarne lo
svolgimento.
La presenza di contadini appartenenti all’ Esercito porge occa-
sione ad alcune considerazioni di grande importanza in quanto che
esse mettono in luce una nuova attività del nostro soldato, desti-
nata ad aggiungere alle tante corone d’alloro, conquistate sui cam-
pi di battaglia, un nuovo serto a suggello di conquista forse non
meno ammirevole, se anche egli in luogo del proprio sangue ver-
serà sulle terre conquistate l’intelligente opera delle sue braccia,
coprendo col suo sudore le fertili plaghe già irrorate di vermiglio.
Molto, assai più che non si creda, possiamo noi aspettarci dal
nostro soldato nel campo dell’ Agricoltura, senza che esso venga
meno ai suoi doveri; le sue attitudini al lavoro, ben guidate da
una ferrea disciplina, 1’ entusiasmo che egli sa mettere quando
nella propria iniziativa può sperare di divenire fattore del benes-
sere economico e morale di sè e della Patria, la coscienza infine
della propria alta missione, costituiscono quell’ insieme di fattori
materiali e morali che bastano a farlo assurgere vieppiù a dignità
col renderlo compartecipe di ancor ben altre vittorie nei vasti do-
minii dell’agricoltura, delle industrie e dei commerci.
Nè devesi pensare che le normali occupazioni del soldato in
tempo di pace non gli diano agio di dedicare una parte della gior-
nata ai lavori agricoli, se si tien conto che, perfino in piena guerra,
nelle incerte tregue, a poche miglia dal nemico, esso ha saputo
instituire delle villette, dei piccoli campi, pur mancando degli stru-
menti essenziali, in tutto agendo sotto 1’ impulso di quell’ amore
la terra innato nei nostri contadini, e guidato dal bisogno di
rendere fattiva la propria energia. Or quando si consideri che il
maggior numero dei nostri soldati è nato contadino e che l'obbligo
di leva non è che temporanea interruzione ai lavori campestri,
quando si ricordi come egli cerchi in tutti i modi di manifestare
Pd
x
87
questa passione, non riesce più strano il segnalare l’assiduità, l’at-
tenzione, l’interessamento grandissimo col quale i militari, allievi
del Corso di agricoltura coloniale hanno frequentato le singole le-
zioni. V’era in fatto nel loro sguardo l’avidità di imparare, di as-
similare, di ricordare e l’evidente desiderio di mettere in pratica
le nuove cognizioni, come del resto poterono dimostrare nelle in-
terrogazioni loro rivolte dall’Insegnante.
trar profitto di tutte queste eccellenti qualità del soldato a-
gricoltore, ora specialmente che comincia saldamente ad affermarsi
la potenza coloniale italiana, il coordinarle a vantaggio dello svi-
luppo agricolo dei nuovi possedimenti, di pieno accordo con altri
fattori economici, sembra opera del tutto opportuna e saggia ; re-
sta soltanto il problema del potere armonicamente conciliare i do-
veri delle armi con le funzioni di colonizzatore affidate al soldato;
la qual cosa non ci sembra del tutto impossibile quando l’ inse-
gnamento agrario per militari fosse spogliato di ogni superflua ve-
ste dottrinaria ed impartito con geniale senso di pratica opportu-
nità ai fini espressi.
Il Corso di culture coloniali è stato appunto ispirato a tali
concetti. Con esso si è ottenuta una prova della utilità di un in-
segnamento esclusivamente elementare e pratico, sostituendo alla
esposizione orale corredata più o meno da figure e tabelle dimo-
strative, ossia a simboli più che a vere dimostrazioni, la natura
in tutta la sua realtà. Vi sono in fatto nell’ arte dell’ agricoltore
tante piccole cure, tanti particolari, i quali nella teoria sembrano
del tutto trascurabili e sfuggono facilmente dalla memoria, mentre
invece si rivelano nella loro reale importanza ed entrano agevol-
mente nel patrimonio delle cognizioni del contadino, quando que-
sto ne fa la pratica applicazione là, sui campi aperti, sotto il sole,
con gli strumenti del lavoro fra le mani.
Seguendo questi criteri nel corso di culture coloniali gli al-
lievi stessi hanno eseguito le varie coltivazioni ; essi stessi hanno
preparato il terreno, dissodandolo e sistemandolo, essi hanno scelto
la semente- e praticata la semina, ecc. ecc., acquistando così dal
IA , ,
fatto compiuto la perfetta cognizione della pratica.
Cosicchè ogni lezione è stata divisa in due periodi: nel pri-
mo l’Insegnante ha esposto in forma semplice e chiara le norme
culturali relative ad una data piantagione; nel secondo gli allievi
anno da sè stessi eseguito le pratiche indicate, rispondendo a
tutte le domande loro rivolte dall’Insegnante per assicurarsi della
88°
efficacia so metodo. È stato quindi necessario di scelta delle
culture tener conto della stagione, rinunziando a qualsiasi ordine
che non sia Feto quello imposto dalla natura.
Gli argomenti che si sono svolti sono i seguenti :
Caffè — Terreno — Diboscamento — Modo di seguirlo — Cli-
ma — Propagazione -- Vivaio — Preparazione del terreno — Tra-
pianto — Sarchiature — Cimatura — Concimi — Culture intercalari
— Nemici del Caffè — Raccolta — Spolpatura — Fermantazione e
lavaggio — Decorticazione — Scelta — Asciugamento — Insaccatura.
Cacao — Varietà più importanti — Terreno — Clima — Pro-
pagazione — Impianto — Alberi portaombre — Sarchiature — Conci-
mi — Nemici del Cacao — Raccolta — Disseccamento — Passaggi
graduali dal seme di Cacao alla cioccolata — Prodotti secondarii.
The — Terreno — Clima — Propagazione—Piantagione—Cul-
tura — Raccolta — Preparazione del The — Essiccamento — Rulla-
tura -- Fermentazione — Scelta — Imballaggio.
Canna da zucchero — Terreno — Clima — Propagazione
— Impianto — Cultura — Raccolta — Concimi — Preparazione dello
Zucchero.
Manioca — Terreno — Clima — Cultura — Raccolta — Pre-
parazione — Farina di Manioca — Fecola — Tapioca, ecc.
Banano — Terreno e Clima — Propagazione — Preparazione
del terreno — Trapianto — Cultura — Raccolta — Prodotti secon-
darii.
Dattero — Terreno — Clima — Propagazione — Impollina-
zione artificiale — Raccolta del frutto — Scelta — Imballagio — Pro-
dotti secondarii : essenze, vino di Palma, surrogati di caffè, man-
gimi per cammelli, legname da costruzione, cavolo di Palma, ecc.
Arachide — Clima — Terreno -— Cultura — Raccolta — Va-
rietà commerciali — greca ed esportazione.
Ricino — Deal — Clima — Propagazione — Raccolta — E-
strazione dell’olio,
89
Ficus da gomma elastica — Caratteri della pianta —
Esigenze per clima e terreno — Estrazione del caucciù.
Cenni su altre piante a caucciù.
Bambù — Terreno — Clima — Propagazione — Sarchiature
— Taglio — Utilizzazioni svariate e prodotti accessorii.
Cotone — Varii tipi di Cotone — Esigenze di essi per climi,
terreni, e concimazioni — Scelta e disinfezione del seme — Prepa-
razione del terreno — Semina — Sarchiature -. Cimatura — Raccol-
to — Sgranatura — Macchine adatte — Proprietà tecniche delle. fi-
bre — Esercitazione sul riconoscimento — Stima del valore — Pro-
dotti secondarii : l’olio di cotone — La farina di Cotone — Prodotti
accessorii per. la fabbricazione della carta e di utensili varii.
Sisalana — Terreni e climi adatti — Propagazioni (bulbi e
rigetti) — Impianto della cultura — Lavori culturali — Raccolto
delle foglie — Sfibratura a mano ed a macchina — Prodotti acces-
sorii.
Musa tessile — Clima — Terreno — Propagazione— Estra-
zione delle fibre — Essiccamento — Imballagio — Prodotti acces-
sorii.
Alfa, — Terreno — Clima — Utilizzazione — Propagazione —
Raccolta del prodotto — Metodo algerino, spagnolo, francese, arabo
— Vantaggi. ed inconvenienti — Scelta delle foglie — Essiccamento
—Imbiancatura — Imballagio — Patt diversi.
Per ciascuna delle culture l’Insegnante ha indicato il torna-
conto culturale
Sempre tenendo di mira la praticità del corso si sono svolti
anche argomenti di indole generale, trattandone incidentalmente ,
ma in modò completo per quanto elementare, onde facilmente re-
stassero impressi nella mente degli allievi.
Così, ad esempio, si è avuto campo di esporre un confronto
fra le condizioni di clima nelle nostre Colonie e della Sicilia, di
studiare i principali costituenti del suolo agrario, soffermandosi
sulle loro proprietà fisico-meccaniche, quali la. leggerezza, il potere
igroscopico, ecc. Dei concimi si è dimostrata la efficacia generale
‘ed in special modo l’effetto di ciascun elemento fertilizzante. A
tal fine si instituì dagli stessi allievi un esteso campo dimostrati-
vo, diviso in tante parcelle diversamente concimate, campo
allo stesso tempo servì ad esercitare i giovani dla coltivazione
del cotone,
90
A proposito della necessità di arricchire il suolo mediante le
concimazioni si è trattato delle rotazioni agrarie, facendone risal-
l’importanza insieme con i Sngiotca generici che le regolano.
Sempre sotto forma incidentale si è trattato del drenaggio in
rapporto alla impermeabilità del suolo e col potere assorbente e la
lunghezza delle radici.
Per la utilizzazione dei terreni aridi, oltre alla designazione
delle culture adatte (Sisalana, Alfa, ecc.) si è esposto ‘in termini
elementari la maniera speciale di lavorazione (dry farming) ed in
casi di possibilità di irrigazione gli altri metodi normali di attin-
gere acqua e le particolari disposizioni del terreno inerenti a tale
pratica.
Per ogni cultura si sono descritti gli strumenti più adatti e
le macchine industriali, facendo risaltare la importanza delle cul-
‘ture meccaniche.
Profittando delle esperienze di selezione che vengono eseguite
secondo metodi razionali moderni per il miglioramento dei prodotti
agricoli si è voluto dare una idea anche di questo importante fat-
tore del tornaconto in agricoltura mostrando ai frequentatori del
corso i risultati di tali pratiche che formano da alcuni anni oggetto
di studio da parte del Giardino Coloniale. E si è anche a questo
medesimo fine messa in rilievo la importanza della ibridazione.
Il tutto, giova ripeterlo, è stato esposto in maniera semplice,
chiara, senza alcuna pretesa cattedratica, in modo da rendere ac-
cessibile la materia dell’insegnamento alle menti poco sviluppate
dei contadini. E che lo scopo è stato raggiunto lo dimostrano
tanto le risposte stesse degli allievi alle varie questioni loro rivolte
dall’Insegnante, quanto la pratica da essi dimostrata nella esecu-
zione dei lavori ad essi affidati subito dopo la lezione.
mio dovere in ultimo segnalare a V. E. la parte presa dal
personale di questo Istituto nello svolgimento del Corso e special- |
mente dal Dott. C. Tropea, che ha con zelo interpretato ed eseguito
il programma su esposto, coadiuvato in particolare dal Capo Colti-
vatore di questo Giardino Coloniale.
Prego V. E. a voler prendere in esame le considerazioni e-
sposte ed i risultati di questo primo esperimento i quali costitui-
scono una lusinghiera promessa che una siffatta istituzione possa
rendere preziosi frutti a vantaggio dei nostri coloni e dell’azione
colonizzatrice degli agricoltori emigranti.
Pror. A. Borzi
Direttore del R. Giardino Botanico e Coloniale
di Palermo.
SULLA UTILITA’ DI UNA STAZIONE
DI COTONICULTURA
Generalità sulla Cotonicultura.
Il cotone, è noto, rappresenta un prodotto della maggiore im-
portanza per il consumo sempre crescente, date le numerose uti-
lizzazioni nei vari campi dell’industria tessile.
Sono milioni di balle che attraversano mari e continenti, as-
sorbite dalla continua richiesta, che va aumentando in modo spro-
‘porzionato alla produzione, donde i prezzi quotati salgono ogni
anno, mostrando sempre più evidente la necessità di estenderne le
coltivazioni in tutte le regioni della terra, dove il clima lo con-
| senta.
L’Italia, purtroppo, è tributaria verso gli Stati Uniti, le Indie
Inglesi, Ceylon, l’Egitto, la Turchia Asiatica, ecc. ecc. per parec-
chie centinaia di milioni ogni anno, giacchè essa importa da que-
sti Stati per circa due milioni di quintali di cotoni in bioccoli,
cascami, ovatte, senza calcolare i manufatti.
_ Chi sfogli un pò attentamente uno dei fascicoli di Statistica
e Commercio speciale di Importazione ed Esportazione del Mini-
stero delle Finanze e si soffermi su tutti i prodotti del cotone, sia delle
fibre, che del seme, non può provare che una impressione spiacevole
confrontando la forte importazione di tale materia con la esporta-
zione minima, che, di certo, data la sua esiguità, non può rap-
92
presentare altro che il ritorno di merci avariate o non rispondenti
ai campioni contrattati.
ico impressione spiacevole, giacchè buona parte di questo
prodotto potrebbe ottenersi nelle nostre provincie, specialmente
meridionali, le quali, per clima e terreno, non sono certo
inferiori al Texas, per esempio, dove pure esistono estesis-
sime piantagioni di cotone. Anzi è da pensare che l’ambiente a-
gronomico dell’Italia meridionale rappresenta un miglioramento in
confronto a quello del Texas, se si consideri che colà la pianta del
cotone non sopporta mai i rigori dell’inverno, costringendo alla
cultura di razze annuali, mentre da noi vegeta per molti anni il
Cotone Caravonica, cotone arboreo, superando felicemente il pe-
riodo dei mesi più i.
Il nostro industriale è quindi gravato delle spese di trasporto
per lunghi viaggi, della dogana e, per l’olio di cotone, di una so-
pratassa, pari alla tassa interna di fabbricazione (1)!
Ed a proposito dell’olio di cotone non è a credere che questo
prodotto venga importato su piccole quantità, anzi essa va crescen-
do in modo assai notevole, ad onta degli sforzi fatti dagli olivi-
coltori.
Così nei primi dieci mesi del 1910 la importazione di olio di
cotone toccò i 25.092 quintali per un valore di Lire 2.509.200,
mentre che nel corrispondente periodo per il 1911 e 1912 aumen-
tò rispettivamente a Q.li 106.792 e 158.341 per un ammontare di
lire 9.290.904 e 13.775.667.
In tre,anni l’importazione si è più che sestuplata !
Tutto questo prodotto si potrebbe ricavarlo da semi di produ-
zione nazionale, se tutte le regioni atte, divenissero cotonifere.
Oggi, ripeto, non esiste un solo mulino in tutta Italia, che
produca olio di cotone, nè potrà essere impiantata una tale indu-
stria fino a che le condizioni della cotonicultura nel nostro Mez-
zogiorno non saranno mutate radicalmente.
1) L'olio di cotone paga alla dogana L. 24 per quintale, oltre
a L. 14 come sopratassa, mentre una industria che si stabilisse in
Italia (per ora non ne esiste neppure sari pagherebbe soltanto L. 14
per quintale di olio, come tassa interna di fabbricazione.
a la mancanza di seme e le spese eccessive per acquistarne
dall'intero impediranno ancora lo sviluppo di questa industria, fino
a che la erge nazionale non avrà raggiunto l’importanza c.
potrebbe av
CAR
93
Epperò ritengo necessaria la istituzione di una Stazione di
Cotonicoltura, la quale studi praticamente il modo di rendere sem-
pre più redditizia la coltivazione del cotone e indaghi le regioni
nelle quali tale coltivazione sia possibile, affrontando allo stesso
tempo tutti i problemi relativi alle esigenze biologiche di questa
pianta, ai metodi di selezione ed ibridazione, ecc., come esporrò
più dettagliatamente in appresso.
Il Cotone nella rotazione biennale.
Ma la coltivazione del cotone non ha solo interesse quanto al
prodotto ed alle industrie derivate : essa ha inoltre meriti speciali _
nei riguardi dell’agricoltura in genere, poichè, rappresentando una
cultura di rinnovo, con le continue cure di cui abbisogna e spe-
cialmente con le numerose sarchiature, prepara ottimamente il ter-
reno per una successiva cultura frumentaria, assieme alla quale
essa costituisce la comune rotazione biennale nelle culture intensi-
ve, tanto comune in quelle regioni della Sicilia dove la Oroban-
che fa strage delle coltivazioni a leguminose e specialmente della
fava.
Le ripetute lavorazioni del terreno prima della semina, e dopo
fino alla fioritura, le concimazioni che, solo in parte sono assorbi-
te dal cotone, fanno si che il terreno resta ricco di sostanze ferti-
lizzanti, soffice, fresco, dimodochè la resa in frumento sarà miglio-
re di quella che si sarebbe ottenuta dopo una cultura con legu-
minose.
Vi sarebbe da osservare questo che le leguminose, per mezzo
dei batteri nitrificanti annidati nei tubercoli radicali, inducono nel
terreno una grande quantità di azoto atmosferico, mentre questo
non avviene per il Cotone. Ma a tale obiezione si può rispondere
se il cotone non cede azoto al terreno è anche vero che ne
distoglie ben poco , tanto che esso soffre in terreni troppo ricchi
di azoto e preferisce, allo scopo del tornaconto culturale, le con-
cimazioni fosfatiche e potassiche.
ogni modo, indipendentemente da qualsiasi ogunidarzzione
resta un fatto essenziale, del massimo interesse, ed è la continua
estensione della Orobanche sulle coltivazioni di fave e quindi la
necessità di sostituire questa cultura, purtroppo destinata a spa-
rire. Epperò la introduzione del Cotone, dove ancora, potendolo,
non si faccia, è una ineluttabile necessità, più o meno immediata,
certo però a scadenza non molto lontana. Del resto, quando la co-
tonicultura avrà raggiunto una adeguata estensione, . di ai che
od
sia possibile l’impianto di oleifici, noi potremo trovare nel panello
di farina di cotone un mangime, specialmente per ovini e bovini,
certo più nutriente che non siano le fave, se non altro per le alte
proporzioni di proteina, che induce una secrezione lattea più ab-
bondante, più densa ed agevola l’aumento in peso degli animali
cui è dato come mangime.
Quanto alle malattie cui è sottoposto il Cotone v'è subito da
far notare che finora, per fortuna, le nostre coltivazioni ne sono
esenti, se si eccettui un pò di pece nelle giovani pianticelle, che
ho potuto osservare soltanto in luoghi acquitrinosi od in terreni
poco permeabili dopo piogge insistenti e cielo coperto per molti
giorni. Questo pericolo è facile però a scongiurarsi, quando i la-
vori di drenaggio siano fatti con senno ed in tempo opportuno.
Epperò sarà sufficiente una accurata disinfezione del seme
quando esso provenga da località infette, anzi sarebbe opportuno
specialmente per evitare la lirodiaiode del verme delle cas-
sule che, per l’importazione del seme americano, si impo-
nesse di rilasciare da persona competente un certificato che atte-
stasse la immunità della regione, donde proviene il seme, verso
questo tristissimo parassita, similmente a quanto si fa per opporre
un argine alla diffusione della fillossera delle viti. I danni arreca-
ti alle coltivazioni di cotone dell’ America dovrebbero darci l'energia
di un simile provvedimento, se si consideri che la diffusione di
campi a cotone procede colà non la incredibile velocità di un chi-
| lometro di raggio al giorno. Minaccia invero che deve occupare
tutta la nostra attenzione.
I cotoni attualmente coltivati in Sicilia.
Fin dal tempo del dominio arabo, la Sicilia ha coltivato coto-
ni, ora più, ora meno estesamente, a seconda dei prezzi fatti sul
mercato; ma una cultura, nel vero senso della parola, intesa cioè
a ritrarre un utile diretto, lo abbiamo solo durante il periodo della
guerra di successione americana, quando cioè i prezzi raggiunsero
le 750 lire per quintale. Eccetto questo periodo il cotone viene
coltivato al solo scopo di far riposare il terreno e quindi l’agricol-
tore non fa calcolo sul prodotto che come un puro rimborso delle
spese di lavorazione e non come un guadagno
Ciò è dovuto, evidentemente, a numerose cause, le quali ten-
dono a ridurre sempre più il tornaconto culturale, dato l’attuale
stato della cotonicultura.—Esse possono distinguersi in due gruppi:
a) maggiori spese culturali,
95
b) minore valore del prodotto,
le quali si potrebbero risolvere ove il nostro agricoltore fosse edu-
cato a questa cultura in modo razionale, applicando le culture mec-
caniche, i cui vantaggi economici non intendo certo di mettere in
evidenza in queste pagine, e ricorrendo alla quiz alla ibrida-
zione di buone razze con tipi acclimatati, ec
i tutto ciò, nulla. Dalla introduzione del cotone ad oggi non
si sono coltivati altro che due soli tipi, erbacei, annuali, che, a se-
conda delle località prendono nomi diversi. Così l’ Americano, il
Biancorizzo, il Biancavilla, il Cotone di Pachino, ecc., sono tutti da
riferirsi a due tipi soltanto: il Gossypium herbaceum L. edil G. hirsu-
tum(1). Difatto sui mercati dove si vende attualmente il cotone sici-
liano, come per esempio Genova, non troviamo denominazione di razze
ma di città, di luoghi e i prezzi variano su questa base. Per esempio
il cotone di Sciacca vale circa 20 lire il quintale più che quello
di Terranova e 5 meno che quello di Pachino. Tuttavia scienti-
ficamente essi devono ascriversi ai due predetti.
Le caratteristiche generali mutano poco in tutte queste pro-
venienze, così come i prezzi e la produttività.
In media si può dire che un Ea. di terra produce da 7 a 9
quintali di cotone, dei quali il 32%; è dato dal cotone in bioccoli
ed il 66°; dal seme: con il 2°/, di perdita nella sgranatura.
Il valore del seme oscilla intorno alle 10 lire per quintale, mentre
per la bambagia varia fra 114 e 140, sebbene però assai di rado
si tocchi questo limite massimo.
Un ettaro di terra rende quindi nelle attuali condizioni e nella
migliore ipotesi
Q.li 3 bambagia a L. 130 L. 390
Q.li 6 semi a-L.- 40 » 60
L.
dalle quali, detraendo le spese di cultura e di concimazione, resta
n poca cosa.
Il reddito quindi dei cotoni oggi coltivati in Sicilia, anche
nelle buone annate, copre appena le spese di cultura.
Dal punto di vista biologico il cotone siciliano ha in suo fa-
vore una buona resistenza alla secchezza, per cui difficilmente sof
fre l’estate di quest’Isola, ma difetta per essere alquanto tardivo —
nella maturazione. Questo, per lo meno, in alcune contrade. - ©
(1) Il G. herbaceum si coltiva specialmente in terreni asciutti, il
G. Mii in quelli umidi,
Dove si coltiva attualmente il cotone.
Dell’Italia meridionale solo la Sicilia, si può dire, conserva
ancora estensioni notevoli coltivate a Cotone, certamente perchè il
suo clima vi si addice in modo speciale, tuttavia tale coltivazione
si può dirla localizzata nella estesa pianura di Terranova e nei
pressi di Sciacca, specialmente a nord e verso Menfi. Piccole, seb-
bene numerose culture, in provincia di Catania e di Siracusa (Pa-
chino, Comiso, Vittoria) ed in quella di Trapani (Favignana).
In tutte queste località il Cotone viene coltivato senza irrigazione,
eccetto a Vittoria, a Dirillo, ed a Catania, dove è possibile irriga-
re le culture abbondantemente. I terreni sono tutti a livello del
mare e pianeggianti, tranne che quelli presso Sciacca che si tro-
vano quasi sempre in declivio ed a poco più che cento metri di
elevazione. i
Si tratta sempre di terreni di alluvione recente, freschi (Ter-
ranova) o appena compatti (Sciacca) o argillosi (pianura di Catania),
sempre profondi, da un minimo di 60 cm, a 10-12 metri ed an-
che e (Terranova).
elta del Simeto, dove s’avrebbe un terreno ideale per la
diri del cotone, non vi ho visto mai alcuna piantagione,
mentre che nella circostante piana di Catania si trovano ad ogni
passo piccolissimi appezzamenti di terra con Cotone. Vere curio-
sità, più che culture
a eccessiva dna di argilla che costituisce il terreno ob-
bliga però l’agricoltore all’uso di numerose irrigazioni, per impedi-
re che il calore estivo produca crepacci troppo profondi; rimedio
unico, quando non si sia lavorato il terreno a tempo e profonda-
mente o si lesini sui lavori di sarchiatura, ma dannoso alla ma-
turazione del prodotto, onde, nella pianura di Catania, il raccolto
seguita ancora nel febbraio, mentre per la fine di ottobre esso
dovrebbe essere oct pletati. sia perchè solo così è possibile semi-
nare il frumento, sia perchè nei mesi invernali le piogge danneg-
giano il Cotone, buttandone a terra le cassule e sporcandole, ovvero
lasciandole in uno stato di maturazione incompleto, che deteriora
tecnicamente il valore del prodotto.
In complesso la Sicilia produce annualmente circa 40.000 quin-
tali di Cotone, che la cattiva organizzazione dei produttori fa di-
sperdere attraverso alle tante mani di sensali, più o meno all’in‘
grosso ma sempre speculatori. I tre quarti del prodotto sono dati dal
tratto Licata-Vittoria, il resto da Sciacca, Menfi, ece.; essendo
trascurabili le altre coltivazioni,
Dove estendere le culture cotoniere
Quando l’America, per ragioni politiche, non potè lanciare sul
mercato le migliaia di balle di cotone , che le davano la assoluta
supremazia in questo importante commercio, la Sicilia iniziò una
vera e propria coltura estesa a molte migliaia di ettari, coltura
, per i prezzi elevatissimi del cotone, dava un tornaconto non
Dia tale da compensare il lavoro e le spese culturali, per
quanto insane ed irrazionali potessaro essere le pratiche usate,
e che si sono andate fin oggi ereditando attraverso alle colture
residuali, divenute minime, a causa della ripresa concorrenza del-
l'America, dove è possibile produrre cotoni a prezzi bassi sia per
l'applicazione delle colture meccaniche, sia pel sistema, per quanto
condannabile, di sfruttamento delle terre vergini.
Ma un nuovo flagello va oggi devastando le colture america-
ne, in modo che, ridotta la quantità del prodotto, ne viene sen-
sibilmente elevato il prezzo a causa di una maggiore richiesta.
L’enorme danno è dovuto ad un insetto, il Punteruolo del Co-
tone o Anthonomus grandis, detto dagli Americani Mexican - Cot-
ton - Bool - Weevil. Originario del Messico, fu importato negli Sta-
ti Uniti verso il 1892 e da quell’epoca è andato sempre più dif-
fondendosi, invadendo dapprima il Texas, poi estendendosi negli
Stati di Arkansas, Louisiana: e Missisipi.
La sua diffusione progredisce annualmente in proporzione ve-
ramente allarmanti e cioè di oltre 32 mila ettari, calcolandosi il
anno ad oltre 250 milioni di lire.
La rapidità di sviluppo di questo insetto si deve al fatto che
ogni femmina depone più di 200 uova, per cui, avendosi almeno
5 generazioni all’anno, può calcolarsi la discendenza di una sola
| coppia in un anno ad almeno 200 milioni di individui.
Stante questa enorme moltiplicazione fin qui non si sono tro-
vati rimedi pratici, intesi a difendersi da un tale insetto ed il Go-
verno americano è giustamente preoccupato, come lo sono altri
Governi, nei quali la cultura del Cotone ha estenzione importante,
iò basta a spiegare come la quantità del cotone prodotto in A-
| merica vada scemando, mentre la richiesta aumenta fortemente con
relativo rialzo nei prezzi. ;
onde la necessità di estendere tale coltura al fuori della
Sicilia, ed in tutte quelle plaghe d’Italia nelle quali vi fossero a-
datte condizioni, per simile coltivazione.
Che cosa abbia di bisogno il Cotone ce lo dicono le condi-.
zioni climatiche nelle quali si trovano le regioni dove la cultura è
98
più estesa. Terre sufficientemente leggere, possibilmente con poco
calcare : temperatura media dai 10° ai 30°: sole, sole assai: umi-
do nel primo periodo, ossia fino a fioritura, secco nel secondo, dalla
fruttificazione fino a maturità delle capsule. Da ciò emerge che la
cultura del Cotone può assumere una estenzione di molto maggio-
re, giacchè numerose plaghe ritenute inette a simile coltivazione
potrebbero essere adatte e dare, se non ottimi, buoni risultati.
ED IN ITALIA, A PARTE LE ÎSOLE, COME LA SICILIA E LA
SARDEGNA, NELLE QUALI NON V’HA BÌSOGNO DI ESPERIMENTO PER
AFFERMARE CHE LA COLTURA DEL COTONE ATTECCHISCA BENE, Vi
sono molte altre regioni nelle quali è presumibile che il Cotone
dovesse vegetare bene, se si confrontino le condizioni climatiche
di esse con quelle di altre regioni dell'Europa, anche più setten-
trionali, anche più fredde, nelle quali esiste la coltura e dove si
compiono studi per il miglioramento delle razze, per una più com-
pleta acclimazione, basata sulla selezione del seme, sia nei ri-
guardi dei caratteri propri, considerati dal punto di vista tecnico,
sia nei riguardi della loro provenienza.
a in tali pratiche il concetto fondamentale è quello di sag-
giare razze provenienti da condizioni affini alla regione nella quale
si vuole introdurre la cultura : l’acclimazione influisce fortemente
sulle forme di Cotoni, sulle qualità tecniche, sulla produttività, sulla
resistenza, onde può accadere che, introducendo semi provenienti
da regioni molto calde le piantine abbiano a soffrire pel brusco
passaggio, ottenendosi così un risultato negativo dallo esperimento,
mentre che, tenendo conto di questo principio, sarà molto più pro-
babile che l’esperimento riesca bene.
Ho potuto notare ad esempio che i Cotoni provenienti da
culture fatte in Tunisia si acclimatano immediatamente in Sicilia,
mentre quelli provenienti dall'Australia o dalle Indie, specie se di
latitudini elevate, subiscono fin dal primo anno profondi mutamenti.
Non mi sembrerebbe quindi troppo esatto il tentare nelle Ca-
labrie o nelle Puglie la coltura con semi di cotoni di provenienza
americana, od indiana, od australiana, bensì crederei dover ricor-
rere a semi coltivati a lungo in altre regioni, più affini per clima,
onde evitare le possibili degenerazioni tanto dannose, sia perchè
fanno perdere del tempo e dei danari, sia perchè tendono a conclu-
sioni errate sulla possibilità o meno di introdurre la cotonicultura
in determinate regioni.
artendo da questo punto di vista credo opportuno fare un
li fra la Bulgaria e la nostra Italia, servendomi dei dati
meteorologici e climatici comunicati gentilmente dal Dott. Dospensky,
9”
Direttore della Stazione Agronomica di Stato in Sadovo, e, per
l’Italia, dei dati forniti dal Dott. Roster nella sua pregevole pub-
blicazione « Climatologia dell’Italia » (1).
Vediamo dapprima i dati riguardanti le temperature medie
mensili della Bulgaria. Essi risultano da osservazioni fatte dagli
anni 1902 a 1909 ed esposti secondo le medie mensili.
Notevole il fatto che nel febbrajo 1909 la temperatura media
scese di 4°, 1’ al sotto di 0°.
La temperatura media annuale, durante questo periodo di 7
anni si è aggirata attorno agli 11°, 8°, con una media minima di
— 0,42 in gennaio ed una media massima di 23, 63, in luglio.
medie mensili un poligono troveremmo che esso è notevol-
mente simmetrico e che la massima altezza viene raggiunta nel luglio.
Inoltre la linea di media annuale taglia la curva quasi a metà al-
tezza, vale a dire che la temperatura media annuale rappresenta
non solo una media numerica, bensi una temperatura, attorno alla
quale, di poco oscillano i singoli valori medi mensili.
Nella tabella seguente sono esposti i dati relativi.
| (1) Unione Tip. Ed. Torino 1909.
Temperature medie mensili in Sadovo, in C°.
Mese 1902-8| 1903-4| 1904 5| 1905-6| 1906-7| 1907-8|1908-9 |Media mensile
Settembre 16,4 | 15,7| 16,8| 13,0 16,1| 15,5| 15,60
Ottobre | 10,8| 9,1|10,3| 9,7] 9,6| 94/121} 10,14
Novembre |--0,5| 6,6| 1,9| 6,6| 49| 45| 3,3] 8,90
Dicembre | 0,9] 1,38|--0,3/--0,1| 0,1| 08| 21| 0,67
Gennaio 0,4| 2,1|/—4,3| 1,9|/—2,7| 1,5|—1,9| --0,42
Febbraio | 5,5| 5,1| 14| 5,4| 12| 76|-41| 3,16
Marzo ovvi del ati ol er) 6 ga
Aprile. |14,5]|14,2|14,1|140|143|15,0|13,7| 14,26
Maggio |17,1| 18,38|18,2|179|204|219|17,7| 18,79
Giugno | 20,7|22,5|22,5| 22,2|23,8|224|21,9| 22,29
Luglio |23,8|23,4|23,4|22,6|23,8|241|250| 23,63
Agosto |22,1| 19,9] 22,1|19,8|189|229|25,5| 21,60
Medie annali| 11,36 | 12,16 | 11,21 | 12,16 | 10,82 | 12,73 | 11,44| 11,84 Media
generale
Nella tabella seguente sono esposti i dati riguardanti le pre-
cipitazioni atmosferiche in Sadovo, durante gli anni 1902 a 1909,
mese per mese: nell’ultima riga v'è indicata la somma annuale di
pioggia in mm. ed in fine la media per anno durante il periodo
al quale si riferiscono i dati ottenuti.
II
Precipitazione atmosferiche in Sadovo in mm.
Mese 1902-3| 1903-4| 1904-5| 1905-6| 1906-7|1907-8]1908-9] Media
Settembre | — |23,6| 76,7| 18,3] 26,2| 1,4] 66,6| 35,46
Ottobre | 36,5 |126,7| 93,2| 61,2| 21,6| 8,8|10,1| 43,59
Novembre | 73,6 | 95,4| 22,4| 34,2| 65,9| 45,6| 80,1] .59,60
Dicembre | 19,0 | 59,6| 58,5 | 15,7| 67,4| 51,4| 47,0| 45,51
Gennaio | 49,1| 47,8] 25,0 [103,0] 22,2| 19,6 [100,3 | 52,01
Febbraio | 25,1| 62,9| 12,4| 27,0] 35,8| 17,2] 67,1] 35,35
Marzo [257,0] 88,8] 42,4] 29,0| 52,2| 69,1] 55,8| 84,90
Aprile 48;1 | 11,8) 30,7 | 95,0| 21,6 | 12,3| 33,2| 36,10
Maggio | 68,5 |121,2| 89,0|103,0| 14,1| 14,1] 38,1| 64,00
Giugno |111,9| 13,0| 80,8| 38,6] 20,3| 44,4| 30,6| 47,08
Luglio 19;4 | 27,5| 76,6| 50,6| 30,1] 9,1|40,1| 48,78
Agosto | 8,1|36,2| — |75,4|59,8| 0,2|27,6| 34,55
Somma |716,8 547,7 | 601,9 | 487,2 | 291,2|596,6| 557,9
714,5
Allo scopo di fare dei confronti con le varie regioni d’Italia.
riporto i singoli dati ad esse relative :
II
Temperatura Pioggia
REGIONI hi ; 2 in
Ravenna 5 Gennaio | Luglio mm.
Piemonte . è <P ILBI 1,12 | 22,69 952,8
Lombardia. è | bi90 1,02 | 22,70 |! 1156,8
Veneto
Zona marittima. «oa 2,46 24,01 899
» interna . i 11,85 1,36 22,45 | 1420,6
Emilia
Zona marittima. <d: 49;0 2,67 | 24,7 777,5
» interna . IRSA 1,26 23,80 851,2
Liguria ; ; .- | 15,64 8,22 24, 1189
Toscana
Zona marittima. v{ 14,8 6,60 | 23,96 923,2
» interna . 119,22 4,03 23,24 |. 1262,8
Marc.
Zona marittima 14,46 4,91 24,80 698,5
» interna 11,73 2,33 19,80 1066,5
Umbria i ; 1A: ABI 4,73 | 23,90 960
Lazio
Zona marittima. 4. 40,40 7,67 | 24,30 804
i Bi 13,03 4,78 | 22,35 855,5
Abruzzi /
Zona marittima. - | 14,50 5,40 | 24,13 665
» interna , 1,3% 1,83 | 21,20 849,8
Campania
Zona marittima. «E 46016 8,76 | 24,12 918
» interna . ; 13,33 5,66 21,90 | 1441,3
Puglie
Versante adriatico .| 15,30 7,04 | 24,68 | 714,3
» joni è .- | 16,88 7,61 24,98
Basilicata 12,97 4,45 | 22,65 712,3.
Calabria
Zona tirrenica . 17,60 | 11,85 | 24,65 | 709,5
» jonica 15,50 7,55 | 24,85 | 1019,5
» int 14,6 5,9 24,6 1362,3
Sicilia
Zona marittima. 448,98. ILAS | 20,01 600,5
Interna . 15,53 7,11 | 24,86 623,1
egna
Zona marittima. .| 16,85 | 10,23 | 24,43 | 488,6
i interna . 15;50 | 9,06 |. 24,26 736
Nella tavola che segue sono segnati questi dati, divisi per
zone, e vi sono aggiunte le temperature minima e massima asso-
lute, in confronto a quelle della Bulgaria,
103
IV.
ZONE di ci media er estreme aio Pioggia
Anno | Gennaio | Luglio Minima Massima | mm
I. Zona Padana
Piemonte 11,982) 1,°12|22,°69| —11,°12] 34,948 | 952,3
Lombardia 11; 93/1, 02 22, #0} —10, 02] 35, 00 |1156,8
Veneto . 11, 85] 1, 36/22, 45] —12, 80] 36, 03 |1420,6
Emilia i 12, 71] 1, 26|23, 80| —14, 34| 37, 32 | 851,2
Medie 12, 08/1, 19|/22, 91] —12, 07| 37, 71 |1095,2
Il. Zona peninsulare interna
Toscana . 13,922] 4,03] 23,24 — 9,72] 35,64 {1262,8
Marche 11, 73| 2,33] 22,19) —10,30| 36,43 |1066,5
Umbria 13, 70| 4,73) 23,90| —10,55| 36,30 |960,0
Lazio 13, 03] 4,78) 22,35] — 5,90| 34,23 | 855.0
Abruzzi 11, 37) 1,83] 21,20| —13,05| 33,25 |849,8
Campania 13, 33) 5,66) 21,90] —10,30| 36,16 |1441,3
Basilicata 12, 97) 4,45 29, 65) — 8,60| 38, 112,
Calabrie . i 14, 5,87| 24,63 5, 39,90 |l362,3
Medie 13, 00] 4,21] 22,75] — 9,17) 36,80 |l063,7
Ill. Zona marittima adriatica
Costa del Veneto 13,20] 2,46| 24,01] — 9,10| 35,13 |899,3
» dell’Emilia 13,60] 2,67] 24,70] — 9.63| 38,83 | 777,5
» - delle Marche 14,46] 4,91| 24,80] — 5,40| 37,82 |698,5
degli Abruzzi 14,50] 5,40| 24,13| — 7,20| 35,05 | 665,0
» delle Puglie 15,30] 7,04] 24,68] — 4,95) 40,70 714,3
Medie 14,21) 4,49] 24,47 7,25) 37,50 | 750,9
IV. Zona maritt. mediterranea
Costa della Liguria 15,64| 8,20| 24,04] — 4,13] 33,18 [1189,0
>» della Toscana 14,82] 6,60] 23,96| — 6,16| 36,20 | 923,2
» del Lazio 15,48] 7,67| 24,30 — 6,00] 35,46 | 804,4
» della Campani ,15| 8,76| 24,12 — 4,30| 37,60 | 918,0
» Tirr. della Calab 17,60| 11,85| 24,65] — 1,45] 36,40 | 709,5
» Jon. della Calabria. | 15,50| 7,55] 24,85| — 4,70) 35,10 |1019,5
» Jonica delle Puglie. | 15,88 _7,61| 24,98j — 3,13) 36,75 |550,5
Medie . | 15,86 8,29] 24,41] — 4,28] 35,76 |873,4
V. Zona insulare
niche; n interna. .DBi. 7,71) 24,56} — 2, ,56 | 623,1
marittima . | 18,23] 11,43] 26,01] — 0,98 40,37 |600,5
Sardegna pn interna. | 15,50] 9,06) 24,26| — 5,25) 39,16 | 736,0
- » marittima. | 16,85| 10,23] 24,43} — 2,00] 37,20 |488.6
tools minori . 16, 9,00] 23,86] — 1,60| 32,26 |557,8
Medio 16,42) 9,49] 24,70] — 2,42) 37,50 | 601,2
Sadovo (Bulgaria) . . | 11,84|--0,42] 23.63] — 4,1| 25,6 |5507,9
104
In Bulgaria si coltiva il Cotone su di una estensione di pa-
recchie centinaia di Ettari, eseguendone la semina nella seconda
metà di aprile o nei primi di maggio, per farne il raccolto fra set-
tembre e novembre, vale a dire in un periodo di circa quattro
mesi. ;
La varietà indigena è detta Haskovo, e dà una mediocre pro-
duttività.
Ma la Stazione di Sadovo va tentando ora l’acclimatazione di
altre razze, ed attualmente ve ne sono in esperimento una quin-
dicina, i cui risultati sono riassunti nella seguente tabella :
ve
È Reddito cotone grezzo as
VARIETA (seme e filo) per Ea in SO,
Chilogrammi 282
1904| 1905] 1906| 1907| 1908| 1909| 1910
1. Cotone indigeno Haskovo. | 930| 890|1200|1140| 510) 440] 900| 800
2. Del Turkestan ; . |1000| 920| 850|1200| 540] 490| 705| 815
3. Del Texas, È . | '740) 720| 970|1120| 460] 500| 567| 725
è gg 389| 380 560) 443
b. Rol. i ‘ ; 464| 500| 560] 508
6. Malla:citit ‘©. è ; 434| 510| 600] 536
7. Di Brama (Macedonia) . 368| 560| 60| 329
8. Di seres (Macedonia) . 369| 530| 567| 488
9. Cotone a capsule rotonde. 499| 510| 600| 536
10. Noubari. i ; È 520| 317| 418
11 Abiti. 520| 160] 340
e. As i ; È 530] 115| 323
18: AB6, 0; - | 470] 88] 276
14. Jvanovic N. 1 ; . 270| 470) 158
16. Jvanovio N. <““.° 470) 90| 280
105
Dai precedenti dati si traggono alcune importanti osservazioni :
1° La durata del ciclo vitale del Cotone in Bulgaria è ridotta
a poco più che quattro mesi: esso si inizia con una temperatura
di 12° - 14° e termina quando la temperatura scende ai 3° o. 4°.
(Tab. I). La temperatura media annuale è appena 11°.81.
2° Le precipitazioni atmosferiche sono abbastanza scarse, aven-
dosi in un anno in media appena 557,9 mm. di pioggia. Notevole
inoltre che la distribuzione di tali piogge, avviene quasi egualmente
in tutti i mesi, e se mai la scarsezza maggiore è nel periodo della
semina e minore in quello della vegetazione. (Tab. II).
3° Delle varie regioni d’Italia ve ne sono alcune con tempe-
ratura media annuale vicina a quella della Bulgaria: la maggior
parte hanno però una media notevolmente superiore. (Tab. III).
elle cinque zone climatiche italiane, nessuna ha media
temperatura annuale inferiore alla Bulgaria. (Tab. IV).
5° La quantità d’acqua che in media cade nelle Singole zone
è superiore a quella della Bulgaria: in certe plaghe é molto mag-
giore.
6° La media delle temperature in gennaio è sempre sopra 0°,
mentre in Bulgaria scende sotto 0°
7° La media di t temperatura in luglio è vicina a quella della
Bulgaria.
8° Le temperature minime assolute delle cinque zone italiane
è superiore per la zona insulare e la zona marittima mediterranea,
inferiore per le altre tre zone. Notevole però il fatto che.
9° le temperature massime assolute sono ben maggiori di circa
dieci gradi di quelle della Bulgaria, segno che se in Italia vi sono
giorni dell'inverno assai più freddi, l’estate è però molto più calda.
Dall’insieme delle predette osservazioni si conclude che. delle
zone italiane la maggior parte godono di condizioni climatiche mi-
gliori che non la Bulgaria. Che se la minima temperatura assoluta
€ talvolta inferiore essa non può influire su una possi
sione delle culture cotoniere , giacchè esse si avverano in. un pe-
riodo nel quale non si i il cotone, al quale invece le predette
zone possono fornire a suo tempo una maggiore quantità di calore
ed una. temperatura più elevata, come lo dimostra il confronto fra
le varie temperature massime assolute.
È quindi da tentare la acclimazione di razze di cotone in
tutta la zona marittima mediterranea, la quale del resto comprende
tutta la. costa della Liguria, «della Toscana, del Lazio, della
Campania; la costa jonica delle Puglie e della Calabria, e-di que-
st’ultima anche la tirrenica.
106
In questa zona le condizioni climatiche sono al certo molto
più adatte alla cotonicultura che non quelle della Bulgaria, dove
pure esistono culture alquanto estese e dove si vanno facendo e-
sperimenti per una maggiore diffusione.
Nella tab. V. sono infatti elencati i vari tipi colà esperimen-
tati, con risultati abbastanza soddisfacenti. È quindi a sperarsi
che, ove si dovessero iniziare in queste zone delle culture di Co-
tone, si dovesse servirsi di semi provenienti dalla Bulgaria o dal
Turkestan, o da altre regioni a condizioni climatiche affini; onde
il cambiamento di ambiente sia almeno favorito dalle migliorate
condizioni ed assieme all’acclimatazione sia possibile eseguire una
continua e diligente selezione, mercè la quale, si potranno in breve
tempo ottenere razze buone sia per la qualità delle fibre che per
la produttività.
Le attuali condizioni della Cotonicoltura in Sicilia.
Si potrebbe dirle con una sola parola : negative
La lavorazione del terreno si riduce ad una raschiatura, fat-
ta più o meno bene e per numerose volte, giungendo ad una pro-
fondità di 10 a 12 cm
Lo strumento usato allo scopo è l’aratro a chiodo co-
stituito da una punta di metallo, che ricopre l’estremità di un’a-
sta di legno, attaccata ad un paio di buoi, o di muli.
Questo lavoro di aratura viene fatto in qualche regione ben
sette volte, allo scopo di sminuzzare la terra, di renderla permea-
bile alla pioggia ed alla umidità atmosferica. Nulla si conosce de-
gli aratri moderni, del loro significato, del loro uso. Il cotonicultore sici-
liano ignora quanto beneficio possa arrecare il rovesciamento della
terra e crede che la lavorazione consista in uno sminuzzamento più
o meno perfetto degli ammassi di terra, che le piogge e le radici
producono. Inoltre egli arresta la profondità della lavorazione ai
- 12 centimetri, nè può fare altrimenti, fino a che non avrà impa-
rato ad adoperare altri strumenti. Ciò è troppo poco per una pian-
ta che vuole terreni morbidi e permeabili.
All’inizio della stagione scarsa di piogge il cotonicultore sici-
liano passa sul terreno arato con uno strumento, un non so che
fra il rullo rompizolle e l’erpice, che viene chiamato « tavolone ».
Esso consiste di una tavola, lunga circa un metro e mezzo e larga
quaranta centimetri, alla quale si attaccano, per la estremità, due
catene tirate da muli. Questo « tavolone » passando sul terreno,
rompe le zolle più grandi, ammassa superficialmente il terreno e
107
vi forma un crosta dura, la quale, con la siccità, dovrà produrre
uno strato impermeabile, necessario a proteggere l’acqua, imma-
gazzinatasi nel terreno, da una possibile evaporazione. Sul « tavo-
lone » posano uno od anche due uomini, allo scopo di aumentare
la pressione sul terreno; ai due uomini si aggiunge un sacco pie-
no di terra. Strano invero questo metodo: mentre dapprima si è
lavorato per ottenere un terreno alquanto soffice, ora si distrugge
l’effetto di tale lavoro col passaggio del « tavolone » ! Fatiche, da-
naro e tempo sprecato!
Talvolta, a seconda delle circostanze, invece del « tavolone »
viene adoperata la frasca: si tratta di un ammasso di ramoscelli
con foglie secche e consistenti, che viene al solito tirato dai muli
e passando sul terreno sminuzza le piccole zolle, polverizzando il
terreno. ; i
Si tratta di dover rinunciare agli erpici, solo perchè essi co-
stano qualche lira, e si preferisce guastare una parte del lavoro
fatto! L’erpice nello sminuzzare il terreno lo alleggerisce ancora,
mentre il « tavolone » lo sminuzza perchè lo schiaccia, ma ammas-
sa il terreno; cosa tanto più dannosa, in quanto la profondità di
lavorazione è minima (1).
Dopo il passaggio del « tavolone », il terreno viene lasciato a
riposo fino al momento della semina. Allora si passa ancora una
volta con l’aratro a chiodo, onde rimuovere il terreno e poi si
sparge il seme a volata (fig. 4). Anche questa pratica è molto dan-
nosa alla buona riuscita della cultura. Basti pensare alle spese
necessarie per lo acquisto di oltre un quintale di seme per
ogni ettara di terra, tale è l'abbondanza con la quale si esegue la
semina nei terreni siciliani. A questo svantaggio se ne aggiunge
un altro, dovuto alla irregolarità, con la quale vengono a crescere
le singole piantine, in modo che non è possibile eseguire alcuna
opera successiva, senza l’impiego di mano d’opera costosa ab-
| bondante.
Nei campi sperimentali privati mi è stato possibile eseguire ;
una cultura con criteri razionali. Il terreno, dapprima zappato pro-
fondamente ed a varie riprese, è stato preparato per la semina, di-.
sponendolo in solchi distanti 80 cm. fra loro ed ops lg
semina in fossette, distanziate di circa quaranta centim :
Non sto a ona qui sulla utilità della semina a tosuette
(1) Tali pratiche sono in manifesta opposizione con i moderni
metodi di culture per terreni aridi (dry E
-108
la quale, allineando le colture, ne rende possibili le sarchiature
successive con discreta rapidità, facilitandone il lavoro. Ma la mag-
giore utilità di tale pratica consiste nel fatto, che si rende in tal
modo possibile una selezione fisiologica, che non potrebbe farsi in
altro modo. i
Quando noi posiamo 7-8 semi nella medesima fossetta, abbia-
mo accertato la regolarità della cultura, giacchè, nel peggiore dei
casi, uno dei semi darà luogo alla piantina. In ogni modo la loro
concrescenza permetterà al debole seme di spaccare il terreno e di
germinare, senza temere di marcire.
a generalmente la maggior parte dei semi dà luogo alle pian-
tine ed il diradamento successivo permetterà di eseguire quella se-
lezione fisiologica, che nè l’occhio del più valente sperimentatore,
nè la bilancia possono in alcun modo distinguere.
— Sono gli ovoli della stessa madre che, pur identici fra loro,
daranno poi figliuoli la cui resistenza alle malattie ;, la cui robu-
stezza sarà ben diversa.
La semina a spaglio , usata in Sicilia, dà invece svantaggi
enormi; la vicinanza delle piantine le fa crescere talmente rachiti-
che , che esse, nel loro massimo sviluppo, non giungono che a
25-30 cm. di altezza, con 5 - 6 capsule per pianta.
E di tali appezzamenti estremamente nani abbiamo molti e-
sempi nella stessa pianura.
Ora tale scarsa vegetazione, più che alla mancanza di conci-
me, si deve alla scarsezza di sole, alla povertà del terreno, essen-
do le piante talmente vicine da farsi ombra una con l’altra, to-
gliendosi uno dei più essenziali elementi che è la luce.
no sviluppo maggiore assumono le piantine là dove l’acqua
di irrigazione permette di accelerarne la vegetazione. Così ‘a Dirillo,
presso Terranova, il Cotone viene alto abbastanza, come può mo-
strarlo l’unita fotografia ma la ricchezza di vegetazione non corri-
sponde poi a vantaggi adeguati, per la tarda maturazione del pro-
dotto e per la minore bontà di esso.
Peggio ancora è per la piana di Catania. doye dell’irrigazione
si fa abuso, non tanto per i benefici che se ne vorrebbero ricava-
re, quanto per sostituirla alle sarchiature onde impedire che la
creta spacchi: la ricchezza dell’acqua, che taglia tutta la piana ab-
bondantemente dà a quel po’ di Cotone un aspetto lussureggiante!
Pura apparenza e non altro: l’acqua aumenta la vegetazione, ma
ritarda talmente la maturazione del prodotto, che questo viene ad
essere raccolto di solito fra il gennaio ed il febbraio, ossia -ben
3-4 mesi più tardi. In tal modo non è più possibile seminare il
109
frumento pel nuovo anno. E così il tornaconto culturale subisce
un notevole ribasso e la cotonicultura perde giornalmente terreno.
a maggiore, che può dare una visita sui luoghi, è data
dallo spettacolo desolante delle immense pianure, tenute senza al-
cuna vegetazione piuttosto che a cotone! Pianure profonde diecine
di metri e di natura alluvionale! culla preferita dalla pianta del
Cotone !
E da Terranova a Biscari, a Dirillo, a Vittoria, a Noto, Pa-
chino, Melilli... fin su a Catania, immense estensioni di terreno
aspettano di essere utilizzate con questa cultura.
sta
Questa condizione di cose diventa tanto più dolorosa, quanto
maggiore è la differenza fra quello che si fa e quel che si dovreb-
e fare: le culture eseguite con pratiche razionali nelle vicinanze
di Palermo, in terreni pessimi, senza irrigazione, hanno dato ri-
sultati veramente stupefacenti.
ui le piante, in un clima meno adatto che non sia quello
della piana di Terranova, in un terreno argilloso compatto, suscet-
tibile a spaccare profondamente durante la stagione estiva raggiun-
gono un’altezza media di m. 1.50, pur non essendo state mai ir-
rigate, e portano a maturità, entro il novembre, da 80 a 100 ca-
psule per ciascuna pianta, mentre là dove terra e clima sono mi-
gliori abbiamo le piantine da 5 a 6 capsule, alte non più di 30 cm,
E tutto ci è dovuto:
1° alla lavorazione del terreno;
2° al metodo di semina;
3° ai lavori di sarchiatura;
4° alla selezione del seme;
5° alla concimazione.
La necessità quindi di diffondere queste conoscenze s'impone.
Per quanto le numerose conferenze tenute abbiano fatto presa
su molti, ho creduto utile pubblicare una Guida pratica
coltivazione del Cotone, che ho affidato ai tipi dell’Hoepli. Il ma.
| nualetto, premiato con medaglia d’argento alla Esposizione orticola
di Firenze, è già per le mani di molti agricoltori. |
Ma ce ne sono pure moltissimi, ai quali non è dato di saper
leggere, e che pure sono i veri padroni del terreno: alludo alla
sterminata falange dei piccoli mezzadri, ai ns non giunge né la
Guida, né la voce del conferenziere.
È sempre lo stesso il quadro pense di questo buon. la-
.
110
. voratore, che sa dare alla terra tutte le sue forze materiali, geloso
custode di quel fardello Ci precetti trasmessogli ereditariamente dai
suoi avi e che costituisce tutta la scienza agraria. Esso non può
così intendere la debole eco, che da lontano gli giunge dei giorna-
lieri progressi della scienza, avviuto in quelle cerchie di azioni per
le quali la consuetudine è l’unico incentivo ad agire, il ricordo è
la base della speranza, la morigeratezza il piedistallo del tornaconto.
Ma da questo ciclo di idee, del quale è imbevuto, nessuno lo
smuove e se pure la frase calda e suggestiva di valente oratore
riesce a lanciare un guizzo di luce in questo cervello ipnotizzato,
essa dura poche ore e la diffidenza sopravviene ed il timore d’es-
sere guidato per la via dello sfruttamento lo rende sospettoso ad
oltranza, paralizzandone l’iniziato risveglio.
Da un lato l’attaccamento alle colture ataviche ed ai metodi
usati, dall’altro il timore prodottogli dall’ignoranza, fanno del con-
tadino siciliano un massiccio che non si riesce a smuovere: solo
l'esempio, il tipo di confronto, l’esperimento fatto sotto i suoi oc-
chi può e riesce: in tal caso si dissipano timori e diffidenze e su-
bentra un entusiasmo che non distingue nè età, nè sesso.
In qualche tratto di terra, nel quale per la cortesia di alcuni
proprietari è stato possibile impiantare la. coltura del Cotone
con metodi razionali, il risultato sui contadini è stato meraviglioso:
essi hanno capito che si parla loro sul serio, che è il loro interes-
se quello che vien perorato, ed ascoltano pensosi, per fare poi una
serie di domande, per chiedere mille schiarimenti. Vi è qualcosa
d’incerto nel loro sguardo : è quel senso di chi vede e dubita
di vedere realmente, di chi Da e teme di sognare: tanto ina-
spettato è il risultato degli esperimenti ai quali assistono. E questo
passaggio rappresenta il tempo che deve distruggere per riedificare!
Il confronto fra le condizioni della cotonicoltura in Sicilia ed
i risultati ottenuti fa emergere a chiare note quanto si debba e sì
possa fare in favore di questa importante cultura; urge quindi che
tali risultati, i quali dànno la certezza d’ un avvenire agricolo e-
conomico del più grande interesse, siano conosciuti; urge che.
campi dimostrativi sorgano, allo scopo di mostrare quali benefici
effetti possa arrecare una cultura razionale, e come il rendimento
attuale sia ben misera cosa al confronto di quello che potrebbe essere.
Purtroppo si tratta di dover rinnovare completamente tutta la
cultura, dalla semina al raccolto, dai metodi di selezione a quelli
di sgranellatura: vi è tutto un cumulo di errori trasmessi eredi-
tariamente, ai quali è necessario porre rimedio energico e pronto:
il risveglio, verificatosi oggi in Sicilia, se non € lasciato sopire
111
con una lunga aspettativa, darà pronti ed inaspettati risultati: tutto
concorre in questo momento a favorire una azione da parte del
Governo ed a renderla proficua : ma non si deve perdere. tempo
L’agricoltore del nostro Mezzogiorno non ha bisogno di campi
sperimentali, ogni siciliano sa che nelle sue pianure, vicine al ma-
re, il Cotone prospera benissimo; egli ha solo il bisogno di sapere
come debba coltivarlo; egli ha bisogno di campi dimostrativi, ad
un tempo guida ed esempio: campi, che non solo mostrino quali
norme debba seguire per una cultura razionale, bensi quali varietà
egli possa sostituire alle attuali, quali criteri debba seguire nella
selezione del seme, nella scelta del concime, nella lavorazione del
| terreno. :
Programma della Stazione di Cotonicultura.
Le considerazioni fatte rendono all’evidenza la necessità di
istituire una Stazione che miri esclusivamente a migliorare e dif-
fondere la cultura dei Cotoni, lavoro questo che assorbe molta at-
tività, giacchè essa dovrebbe eseguire e sorvegliare tutte le prati-
che culturali da marzo a novembre, restando così solo tre mesi da
dedicare alio studio tecnico dei prodotii ottenuti.
onformemente ai suoi fini, la Stazione dovrebbe avere :
1° Campi sperimentali
2° Campi dimostrativi.
Nei primi andrebbero eseguiti esperimenti di selezione, acclimata-
zione, ecc., mentre nei secondi, per i quali la Stazione non avreb-
be che ad esercitare una sorveglianza direttiva, si penserebbe a
diffondere i risultati ottenuti, distribuendo ai privati, che accettas-
sero l’impianto del campo, il seme e sussidiandone in qualche mo-
do i lavori.
Scopi dei CAMPI SPERIMENTALI dovrebbero essere i seguenti :
r
1. Selezione del seme
a) n Formazione delle pure, ris{ i genze
4
Formazione di ibridi
. Acclimazione di nuove razze,
112
5. Studio delle proprietà te niche delle fibre
6. Studio dei concimi
7. Studi sulle malattie
8. Rotazioni agrarie
Sen
b)
LI
c) \ 9. Prodotti accessori
È 10. Progetti industriali
d ) 11. Ricerca delle Regioni potenzialmente cotonifere
esto lavoro si dovrebbe svolgere nei campi e coi soli mezzi
della Stazione, poichè l’agricoltore non dovrebbe essere informato
degli esperimenti che a risultati sicuri.
CAMPI DIMOSTRATIVI sarebbero invece istituiti presso i singoli
. agricoltori e dovrebbero avere i seguenti scopi :
iffondere le buone norme di una cultura razionale, con la
introduzione delle culture meccaniche, della selezione, dei concimi,
ius norme per combattere le malattie,
. Introdurre le razze adatte ai sooreiti ed ai climi, a massi-
mo eri
3. Indicare il valore del prodotto e le più convenienti Case
industriali che ne potrebbero tare acquisto.
tazione avrebbe inoltre l’ ufficio di Consulenza e di pro-
paganda, sia col rispondere a tutti i quesiti che si potessero espri-
mere sulla cotonicultura, sia diffondendone la conoscenza per mez-
zo di conferenze.
CAMPI SPERIMENTALI
Selezione, formazione di razze pure e di ibridi,
acclimazione di nuove razze
Chi osservi attentamente una ad una le pina di cotone in
una qualsiasi coltivazione, troverà che non tutte si possono rife-
rire al medesimo tipo, sebbene l’ agricoltore sostenga di aver se-
minato una sola ‘specie. V’è, in fatto, fra una pianta e l’altra qual-
che differenza, nella statura, nel colore dei fiori, ecc., che talvolta
è poco appariscente, come per la lunghezza delle fibre, la loro re-
sistenza alla trazione e così via.
ueste diversità vengono a dare alle varie piante risultati dif-
ferenti quanto alla qualità ed alla quantità del prodotto, per cui
118
si ricorre a quella pratica, la selezione, che tende a fare scompa-
rire le forme più basse e moltiplicare le migliori.
alla maggiore o minore omogeneità delle piante di una data
cultura si può giudicare quindi della maggiore o minore cura de-
dicata nella scelta del seme.
Tuttavia per quanta abilità si possa avere nell’applicare i co-
muni metodi, la differenza fra le varie piante non assume mai un
valore trascurabile, non solo, ma la omogeneità relativa tende sem-
pre a scomparire
Questo inconveniente è dovuto molto probabilmente alla facilità
con la quale si avverano nei cotoni le nozze incrociate, epperò nei
semi già selezionati si vengono a trovare delle tendenze a volte
poco propizie, poichè essi possono provenire da ovuli fecondati con
polline di piante mediocri o del tutto scartate, e quindi contenere
i germi di degenerazione che, per atavismo, ripristinando le forme
progenitrici, renderanno vana ogni opera di selezione, s’essa non
sarà praticata continuamente.
nde le differenze, ossia le degenerazioni (ch’io non chiamerei
variazioni, perché hanno ben altra origine) si avverano sempre
quando non si eviti la staurogamia. Epperò tali difetti si riscon-
trano sia col metodo del WEBBER, tanto usato in America, sia con
quello più comune da noi della scelta del migliore, sia con le
schede a punti o con le schede a descrizione, le quali ultime of-
frono gravi difficoltà nella pratica applicazione, l’una per l’apprez-
zamento dei singoli caratteri che risente molto della personalità
dell’operatore, l’altra perchè richiede lavoro eccessivo per un agri-
coltore e non sempre adatto alla sua indole.
Tali metodi selettivi hanno inoltre efficacia localizzata, tem-
poranea e limitata.
ALIZZATA, in quanto che il seme selezionato per un cam
A, posto in altro, B, sia pure affine, per clima e terreno, non
conserva le modificazioni requisite, tanto che se ne deve ricomin-
ciare la selezione. i
Questo inconveniente nuoce molto ad una rapida diffusione di
buone razze, giacchè l’opera del tecnico non allarga i suoi frutti
al di là dei confini della propria azienda e quindi il vantaggio che
egli ricava non è estensibile oltre detti limiti.
Il commercio dei semi selezionati di Cotone diviene quindi un
assurdo col danno dello stesso agricoltore. Questi, di fatto, solo.
dopo alcuni anni, potrà contare sopra un prodotto che risponda.
approssimativamente ad alcuni dati prefissi; senza considerare che
per raggiungere lo scopo può volervi un tempo a volte troppo lungo,
\ 1a
piso per grandi tenute, dove alla: scelta della razza da
coltivare v° è da aggiungere il tempo necessario per produrre quella
quantità di seme che sia sufficiente per tutta la estensione.
TEMPORANEA, giacchè l’efficacia di simili metodi selettivi
ha breve durata e, a rigor di termini, è valida per un solo anno,
essendo ‘necessario che l’opera del tecnico sorvegli e diriga di
continuo l’andamento della coltura. Ciò provoca un dispendio per
l'agricoltore, non certo trascurabile, poichè il lavoro si estende a
tutto il raccolto, dovendosi, anno per anno, nei singoli prodotti,
distinguere il seme da semina, e questo ini vuole molte setti-
mane di molti nomini quando si tratti di culture di qualche esten-
sione.
Lavoro imperfetto, se affidato in mani poco esperte o troppo
costoso se eseguito da pratici, che sappiano qualcosa più di un
modesto contadino.
Tale difetto mostra all'evidenza come sia fittizio il risultato
che si ottiene con la comune selezione, anche quando, alla scelta
delle buone piante s’accompagna la distruzione delle cattive, pra-
tica questa ch’io ebbi anni or sono a consigliare nella mia Guida
per la coltivazione del Cotone e che anche altri, in seguito,
‘hanno messo in evidenza in recenti pubblicazioni, sebbene sotto
forma di proposta nuova.
LimrraTa, in quanto detta efficacia può esercitarsi entro limi-
ti assai ristretti, perchè ammette la coesistenza di molte piante che
presentino i caratteri voluti.
a ragione di questo inconveniente sta nel fatto che la selezio-
ne, nei metodi citati, si riferisce solo ad alcuni caratteri, tra-
scurando quasi del tutto gli altri o, per lo meno, ponendoli in
secondo ordine.
Il risultato quindi di tali selezioni è aftificioso e non natura-
le, per lo meno quando si parli di Cotoni. Così per esempio, non
sarà mai possibile ottenere da un Cotone a fibre corte, uno a fibre
lunghe o indurre una spiccata resistenza al vento, alla siccità, ecc.
reare, in altri termini, un tipo di cotone con determinate
esigenze, non può essere compito dei comuni metodi selettivi.
Sa
Non nego che tali metodi abbiano qualche utilità per la coto-
nieultura: solo affermo che a tali vantaggi s’uniscono i difetti che
omesso in evidenza e principalmente quello di non essere acces-
sibili. all’agricoltore, se si eccettui la comune scelta del migliore;
115
fatta troppo empiricamente e con scarsa utilità. Essendo quindi la
selezione còmpito di Istituti adatti, a me pare sia da preferirsi quel
metodo, ben noto col nome di pedigrèe, i cui risultati nel campo
della botanica agraria sono stati della maggiore utilità pratica.
a importanza della selezione genealogica ci viene dimostrata
all'evidenza dall’interesse che la Svezia ha preso per essa: basti pen-
sare al benemerito Istituto di Svalòf, che ha radiato tanta luce
nel campo della agricoltura, arricchendo «terminate plaghe incol-
te con la creazione di tipi adatti alle eccezionali condizioni am-
bientali. L'Istituto riceve annualmente parecchie diecine di. mi-
gliaia di lire, specialmente da privati, da Case interessate, delle
quali cerca risolvere i quesiti, ed ha a sua disposizione, oltre al nu-
meroso personale, vasti terreni per studi sperimentali, una ricca
biblioteca, un museo con i quadri di discendenza, una collezione
dei più perfezionati e moderni strumenti di selezione ed indagine
scientifica.
Come risultati basterebbe citare la diffusione della coltiva-
zione dell’orzo nelle più settentrionali regioni della Svezia. Quivi
“ per merito dell’Istituto di Sval6f si hanno oggi centinaia di chi:
lometri quadrati coltivati con questa graminacea, là dove, fino a
pochi anni or sono, tale coltura non aveva mai potuto attecchire.
Ed in questo Istituto tutto il lavoro di selezione, è fondato
sul pedigrèe. Esso, fondamentalmente, si basa sull’isolamento delle
piante, onde evitare la staurogamia e sulla scelta di un solo se-
me che appartenga a pianta, i cui caratteri rispondano ai deside-
rata dell’agricoltore. Detto seme dev'essere coltivato a parte, lon-
tano dalle altre piante, onde evitare possibili incroci. Ove ciò, per
ragioni di spazio, non sia possibile, sarà necessario rinchiudere
la pianta entro una gabbia di rete metallica sostenuta da 4 pali,
onde evitare le visite di insetti, che potrebbero danneggiare l’ e-
sperimento, impollinando i fiori con polline sei da piante da
vicine. :
La rete metallica non a il passaggio dell’aria e della
luce, che in modo trascurabile e quindi per nulla nuoce alla
Anzi che ricorrere alla costruzione d una simile alia spe-
| cialmente se si tratta di piante ad impollinazione anemofila si deve ui
| avvolgerne i fiori, prima di sbocciare, con carta pergamenata, fino
a che non si vedrà che il fiore è stato fecondato dal proprio pol-
‘line. Allora può togliersi la carta, giacchè è evitata ormai la pos-
sibilità di qualsiasi incrocio. Nei-cotoni, dove la autofecondazione -
ad a semi freli, questo rana non offre alcuna pratica
‘116
difficoltà anche in rapporto alla biologia della impollinazione, di
modo che il frutto che si andrà a tormare conterrà certamente semi
fertili ed atti perciò a produrre nuove piante.
Le piante ottenute da quest’ unico seme, se si impedio la
fecondazione con polline estraneo, conservano, per lungo tempo,
le caratteristiche fondamentali della pianta madre, anche cambiando
ambiente, salvo che non si facciano subire dei passaggi assai con-
trastati in tutti i singoli caratteri di un ambiente agronomico.
Inoltre è possibile fissare in questo modo qualsiasi tipo, an-
che se esso presenti dei caratteri eccezionali. Così per esempio in
‘un campo di molti ettari di terra esposti a venti fortissimi è fa-
cile notare la presenza di qualche pianta che mostra di non sof-
frirne, ovvero in una estesa piantagione priva di irrigazione di-
scernere fra le. migliaia di piante una che mostri eccellente sviluppo
ad onta della scarsezza d’ acqua, ovvero ancora fra le piante ac- -
climatate di corta fibra trovarne alcune o magari una sola cassula
che presenti fibre lunghe, e così via. Ebbene, raccogliendo questo
seme, dopo aver isolata la pianta, noi avremo formato una razza,
| che potremo fissare per lungo tempo con tutte le sue proprietà.
La importanza di una simile selezione risulta evidente a prima
‘ vista, se si ha un pò di pratica della cotonicultura. Ad ogni modo,
siccome chi scrive non si dirige solo ai competenti, è bene illu-
strare questo concetto con un esempio pratico, perchè se ne possa
intendere da tutti la importanza.
noto che in Sicilia si coltiva il cotone Biancavilla da mol-
tissimi anni. Le caratteristiche di questo cotone sono :
produttività : buona
lunghezza fibre : 14-16 mm.
resistenza alla secchezza
precocità : scarsa
Tutte le piante, più o meno, presentano i su detti caratteri
in modo abbastanza costante (1), tuttavia, osservando attentamente, .
non sarà difficile trovare qualche pianta di Biancavilla più pre-
coce, ovvero con fibre più lunghe. Ora se si raccogliessero questi
semi per coltivarli separatamente si avrebbe un tipo più precoce 0
© (1) Altri caratteri, come: sviluppo, direzione dei rami, colore delle
‘fibre, ecc. sono invece variabilissimi.
117
più pregiato, sempre che si utilizzasse per ciascun caso un solo seme,
S'intende che ogni pianta è stata prima isolata, di modo che detto
seme non proviene da incrocio staurogamico. Ma se noi invece racco-
gliessimo tutte assieme le migliori cassule, le più grandi, e ne facessimo
unica cultura, avverrebbe questo che, entrando in giuoco le poten-
zialità di ciascuna pianta, dal punto di vista ereditario, si otter-
rebbe sempre una media su per giù uguale a quella dell’ intiero
campo e, ad ogni modo, ove pure vi fosse un miglioramento, esso
sarebbe di effetto transitorio.
tenendo conto che appunto la lunghezza della fibre è il
maggiore pregio per i cotoni dal punto di vista commerciale , lo
sperimentatore che volesse applicare il metodo di selezione genea-
logico ai suoi campi dovrebbe aver di mira la attenta osservazione
di quelle piante che tendono ad avere fibre più lunghe. In tal caso
non riuscirà difficile di trovarne una che abbia magari una cas-
sula, i cui semi sono rivestiti di peli eccezionalmente lunghi, per
cui detto prodotto viene a rappresentare un notevole miglioramento
di fronte alla massa coltivata. Ma in un campo per quanto esteso
non sarà possibile trovare quella quantità di semi che presentano
fibre lunghe in egual misura e quindi tutto il lavoro si risolve a
poche piante, delle quali ve ne sarà una che eccelle sulle altre,
Così per essere concreto potremo trovare semi con fibre lunghe
30 mm. Ebbene, se questo seme, unico, viene coltivato lontano
da possibili ibridazioni, si otterrà una razza di Biancavilla a fibre
lunghe mm. 30 come carattere costante e questa proprietà non si
modificherà che solo in seguito alla ibridazione. Onde basterà stare
attenti nell’ impedire tale mescolanza per produrre in pochi anni
un numero sufficiente di semi selezionati , i quali conserveranno
questo carattere in modo sicuro e duraturo.
Non si tratta di influire sui caratteri della pianta con mezzi
estranei, ma di moltiplicare solo quell’esemplare che possegga una
qualche proprietà in modo eccellente, e tale che Ligma dare sicuro
damento di ottima riuscita.
In tal modo è tacile immaginare come si possa provvedere
anche per gli altri caratteri, quali la omogeneità di lunghezza delle
fibre, la lororesistenza alla trazione, alla torsione, e così via.
Così sarà possibile istituire il commercio del seme selezionato
di cotone, di modo che il coltivatore non avrà anche a chiedere,
ad esempio , semi adatti per terreni seccagnoli, ovvero resistenti
al vento, ovvero precocissimi, e così di seguito.
aturalmente questo método di selezione non ARE es-
Sere attuato con profitto che da istituzioni adatte e non del. pri-.
118
vato, salvo che questi non disponga di un personale adatto. Ad
ogni modo esso non richiede che del tempo, ma poca cura, se si
ha modo di tenere ben lontane le piante selezionate da quelle della
grande coltura, lavoro questo, del resto, comune anche agli altri
metodi di selezione.
a ragione che mi spinge maggiormente a pensare che
appunto dal pedigrèe la cotonicultura potrà ricavare grandi van-
taggi a preferenza di altri sistemi, è fondamentalmente basata sul
fatto che al giorno d’oggi non esistono più razze pure di cotoni e
ciò per le estensioni delle culture, la diversità dei tipi e la faci-
lità con la quale, anche naturalmente, si avverano incroci fra va-
rie razze e ancora per lo scambio continuo di semi in tutte le parti
dove essi si coltivano. Ciò premesso i tipi coltivati non hanno nei
loro nomi alcun’altta cosa che una convenzione: il nome quindi
non rappresenta una specie dal punto di vista botanico, ma un
ibrido di ibridi, che în determinati ambienti, conserva una certa
costanza per alcuni caratteri, sempre pronto però a subire grandi
modificazioni, appena si avverino condizioni meteorologiche un po’
diverse da quelle normali, ovvero appena si tenti di estenderne la
coltivazione in altri terreni od in altre regioni.
Che i cotoni di oggi non siano che ibridi multipli mi viene
confermato anche dalla variabilità dei caratteri stessi, non solo, ma
alle differenze che un dato campo di cultura presenta fra un
anno e l’altro, di modo che è possibile ad esempio di «Taccogliere
seme vestito proveniente da seme nudo.
Tale variabilità ammette una incostanza che non certo gio-
va ai fini di una razionale coltivazione, e danneggia il preventivo
dell’agricoltore, poichè influisce anche sulle proprietà tecniche delle
stesse fibre e sulla resistenza alle malattie, sia crittogamiche che di
origine animale.
Or quando nella selezione coi metodi comunemente usati si
conserva sempre un certo numero di piante e non si parte da un
solo seme si avvera questo fatto che le varie piante conservano
sempre, sia pure allo stato latente, un certo numero di caratteri
atavici, derivanti dalla loro essenza di ibrido, per cui alla prima
circostanza detti caratteri entrano in giuoco e molto spesso col
danno dell’agricoltore, giacchè sono appunto le forme più rustiche
quelle che meglio si conservano, mentre tutti i raffinamenti del-
l’arte della selezione tendono sempre a sfuggire specialmente quan-
do contrastano con le condizioni ambientali.
Le predette considerazioni mi fanno ancora spiegare perchè
gli ibridi che si vanno oggi facendo artificialmente dei cotoni non:
119
abbiano fin ora dato buoni risultati. Giacchè è noto che al secon-
do anno od al massimo al terzo, l’ibrido formato degenera nelle for-
me progenitrici, di modo che il connubio risulta semplicemente
superficiale e non duraturo.
Anche per questo fattore di acclimazione, la ibridazione, sarà
necessario prima di metterlo in pratica di attendere che la sele-
zione genealogica abbia fatto rifare agli attuali cotoni la strada in-
versa, ritornandoli ai tipi puri, con tutte le loro caratteristiche.
e noi confrontiamo per esempio una pianta di girasole colti-
vata in Sicilia ed .una della stessa ‘specie coltivata in Toscana, po-
tremo trovare una differenza nella statura, ma il botanico identi-
ficherà che entrambe appartengono alla stessa specie, e quindi che
i caratteri morfologici si sono mantenuti costanti.
a per una stessa massa di seme di cotone coltivato parte in
Sicilia e parte nelle Puglie, per esempio, si otterranno due diverse
qualità, due diversi tipi, tali che indurranno nella classificazione
diversa dei due prodotti, non solo al punto di vista commerciale
ma anche da quello botanico.
E’ necessario quindi, a mio parere, ove si voglia indirizzare
la cotonicultura in modo re verso una razionale meta, di
raggiungere, fra gli altri scopi:
1° LA FORMAZIONE DI RAZZE PURE, applicando il metodo
di selezione genealogico. Il numero di razze potrebbe essere de-
terminato dai principali fattori climatici: numero di calorie, ve-
locità dei venti, condizioni igroscopiche e di irrigabilità, ecc., che por-
terebbero, rispettivamente, alla formazione di tipi più o meno pre-
coci o resistenti al vento ted alla siccità, ecc.
2° LA SUCCESSIVA FORMAZIONE DI IBRIDI, allo scopo
di abbinare le caratteristiche dei tipi puri, onde avere, a mo’ d’e-
sempio, una razza che resistesse alla siccità ed al vento.
LA CONSEGUENTE SELEZIONE con la scelta del più forte,
onde evitare le malattie ed accrescere il prodotto. Al propo-
sito mi piace di confermare ancora una volta come il miglior mo-
do di difendere il cotone dalle malattie sia quello di irrobustire la
elenchi sempre più numerosi delle malattie cui è sottoposto il co-
tone, quasi mai indicandone i rimedi. Tutte cose che non interes-
sano l’agricoltore, cui più che la diagnosi preme la cura: poco im-
porta sapere il nome di un parassita, quando non si sappia il
modo di combatterlo. E le curiosità della scienza sono in tal caso
in contrasto con la pratica,
120:
La scelta del più forte sarebbe compito dell’agricoltore; lavo-
ro semplice, agevole che non domanda spese speciali. La purifica-
zione delle razze e loro ibridazione (1) dovrebbe riguardare invece
adatti istituti e potrebb’essere appunto uno degli scopi cui dovrebbe
mirare quella Stazione di cotonicultura che da tanto tempo si sa-
rebbe dovuto istituire in Sicilia.
ormate le razze pure ed assegnati loro i nomi srscifici ver-
rebbe di conseguenza la nomenclatura degli ibridi con la unione
dei nomi delle forme progenitrici, ovviandosi in tal modo a quel
caos terminologico che impera atttalmente sulla denominazione delle
infinite forme di cotone.
Studio delle proprietà tecniche delle fibre,
dei concimi, delle malattie, e rotazioni.
E’ noto che il maggior valore di un Cotone è dato dalle pro-
prietà tecniche delle sue fibre, ma 6 altrettanto noto come esse
siano trascurate o sconosciute dagli agricoltori, pur entrando nel
dominio di quei caratteri modificabili, che appunto perciò, devono
essere oggetto di studi attenti, onde svelarne le leggi che regolano
le loro modificazioni in rapporto all'ambiente, al clima, alla cul- .
tura.
E’ necessario quindi lo studio dei caratteri che influiscono sul
e commerciale delle fibre, epperò sarà d’uopo esaminare :
. Le variazioni nella lunghezza delle fibre d’una stessa
ui i
2°. Le variazioni nella lunghezza delle fibre d’uno stesso
seme. LE
3°. Le variazioni di diametro delle fibre nella stessa cassula.
4°. Le variazioni di diametro delle fibre nello stesso seme.
5°. La omogeneità della fibra nella sua struttura intima.
6°. La superficie di rottura (che, dalla forma, può darci una
buona indicazione della rstranato più o meno completa della
fibra ls,
. La tenacità e la elasticità delle fibre.
(1) Sarebbe errore il Riina che ibridare tipi\puri, due a due,
varrebbe ritornare nelle attuali condizioni, giacchè i cotoni coltivati
sono ibridi multipli, non st ma non si conosce quali siano le for-
me progenitrici,
(121
8°. Il colore e la lucentezza delle fibre.
Siccome tali caratteri p-ssono modificarsi e quindi migliorarsi
con adatte concimazioni ovvero con la selezione, riesce evidente
la utilità di tali osservazioni, che non si può chiedere certo sia-
no fatte dagli agricoltori che, generalmente, sono modesti con- .
tadini.
Soltanto in questo modo sarà possibile la scelta di concimi
opportuni, giacchè di solito, l’agricoltore si lascia guidare soltanto
dall’ aspetto esteriore della vegetazione e trascura gli effetti sul
valore commerciale del prodotto, appunto perchè questo non è con-
trollabile facilmente.
Così, per esempio, egli preferirà la concimazione azotata, per-
chè, dando più rigoglio di vegetazione, rende l’illusione di una
piantagione ottima; ma se egli sapesse che appunto l'eccesso di
azoto protrae la maturazione del prodotto, e lo rende impuro, di-
minuendone il tornaconto, non esiterebbe a risparmiare le spese
e i dann
luglio lo studio dei concimi, riflettendo gli effetti su tutta
la vegetazione, potrebbe venire in sussidio della terapia vegetale,
in modo veramente razionale, ossia prevedendo le malattie col ren-
dere robusta la pianta. E forse questo è l’unico rimedio per tutti i
| mali del cotone. L’esperienza insegni : là dove per molti anni si
coltiva continuamente cotone, senza ch’esso faccia parte di alcuna
rotazione agraria, di modo che il terreno esaurisce le sue forze
fertilizzanti, noi lo vediamo attaccato da numerosi parassiti, fra le
diverse centinaia, mentre dove la cultura non é continua le ma-
lattie si riscontrano raramente.
osì pure, per alcune sofferenze, come la comune pece, credo
possa giovare una energica zappettatura 0, potendo, una buona
irrigazione. In alcuni casi ho potuto appunto conoscere il vantaggio
di un simile trattamento, il cui effetto è quasi immediato, pur se-
guitando a permanere la causa del male, che è appunto la nebbia
o il terreno troppo umido e poco permeabile.
Tanto ho detto per accennare ad alcuni degli scopi cui dovreb-
| be mirare la Stazione, certo però che, con lo estendersi delle cul-
ture, si renderebbe necessario un più efficace intervento di tecnici,
sia per la ricerca di terreni che, con qualche correttivo, si adat-
tassero a culture di cotone, sia ancora dei rimedii, direi profilat-
tici, da consigliarsi, onde evitare le infezioni.
Sempre allo scopo di rafforzare le piante di cotone, sarà neces-
saria la ricerca di adatte rotazioni agrarie, le quali giovino ‘in
qualche modo sia sul rendimento complessivo, sia sul miglioramen-
122
to del prodotto nelle sue qualità tecniche e ancora come mezzo
per combattere alcuni parassiti e specialmente quelli che, infettan-
do il terreno, non se ne allontanano se non con l’uso di rotazioni
complesse.
Prodotti accessori e studio
dei relativi progetti industriali
Il miglioramento della produttività e qualità del prodotto non
è sufficiente a dare la massima estensione alle coltivazioni di Co-
tone: è necessario che il valore del prodotto non sia rappresentato
dalle sole fibre, ma ancora si cerchi di utilizzare i fusti (che se
non altro serviranno a pagare le spese di estirpazione), le radici
(che in farmacia trovano largo smercio), i semi, specialmente que-
sti, dai quali l’agricoltore dell’ America può ricavare tutte le spese
di cultura e quindi per esso il raccolto di cotone in bioccoli rap-
presenta un utile netto.
Il cotone che attualmente si coltiva in Sicilia è, per esem-
pio, disadatto alla estrazione dell’olio, e quindi della farina (icui
panelli sono tanto ricercati), delle bucce, ecc., perchè esso, dopo
la sgranatura, conserva ancora tale quantità di peluria, aderente .
al tegumento , che oppone insormontabile ostacolo alla estrazione
ora
se, per citare un esempio, vi fosse una Stazione di coto-
zicultura dove l’agricoltore potesse chiedere consigli, sarebbe fa-
cile far conoscere che in America, in Germania, ecc. si costrui-
scono speciali macchine, dette Linter, le quali servono appunto a
questo scopo. Esse ripuliscono il seme completamente di modo
che, con l’impianto di mulini per olio, sarà facile utilizzare il seme
accrescendone il valore e quindi aumentando il tornaconto del co-
tonicultore. Una Linter che lavori 7 quintali di seme al giorno
non costa più di 2200 lire, posta in Italia, ed il suo funziona-
mento viene pagato dal ricavato in fibre dl 6%), le quali vengo-
no utilizzate per la fabbricazione della carta. È vero sì che i
seme viene a perdere il 6°/, dal suo peso, ma aumenta il 25 °/o del
suo valore, epperò l’utile definitivo di tali impianti è di oltre il
19 °| sul prezzo del seme. i
Lo stesso può dirsi per le sgranatrici. Attualmente noi ab-
biamo sgranatrici a Sciacca e a Terranova. Esse lavorano tutto il
prodotto siciliano, facendone pagare la sgranatura L. 10 per ogni
quintale, mentre la spesa reale non supera L. 1 al quintale.
123
È una industria, che ha certo bisogno del suo guadagno, ma,
organizzata come è attualmente, mi sembra un ostacolo alla dif-
fusione della cotonicultura.
è le stesse sgranatrici rispondono alle esigenze moderne,
poichè strappano la fibra e quindi ne diminuiscono la lunghezza.
Cosa questa che influisce notevolmente sul valore del prodotto.
Una sgranatrice a mano, con 12 seghe, lavora circa 1 quin-
tale al giorno, e non costa che 350 lire, spesa che potrebbe es-
sere sostenuta dal cotonicultore. Così, possedendo ognuno la pro-
pria sgranatrice si andrebbe incontro a risparmi notevoli, non solo
delle L. 10 per quintale, ma, ed è quel che più interessa, di tut-
te le spese di doppio trasporto, fra magazzino e sgranatrice, e di
mediazione, ecc.
er mostrare la importanza di una simile innovazione credo
meglio d’ ogni altro di elencare le spese cui è sottoposto 1 can-
taro (1) di cotone prima di essere venduto :
Mediazione . i i ; é . L. 0,40
Trasporto alla sgranatura ; ; ; < ‘30,90
Sgranatura ; ; . »10,00
Trasporto dai: magazzino e; pressa 3 È +.» 076
Diritto di consegna al magazziniere i i . » 0,50
Spese per pressa . E F * i i . » 0,65
Tela per imballare PSE : E ci ya
Corda per legare le balle i bea ; . o» 0,26
Trasporto dalla pressa al magazzino i ; + ®-0,10)
Trasporto bordo . é P î i 1,
Assistenza imbarco . i ‘ i È . . » 0,40
Tara Kg. 1,200 circa. ò ì ; «4» 2,00
Totale L.16.40°
Se invece il cotonicultore possedesse la sua sgranatrice (2) e-
gli andrebbe incontro alle aa spese per cantaro :
Sgranatura . : È 1.00
Trasporto alla I, s : i «i. > Db
Diritto di consegna del again | i . » 0.50.
Spese per pressa . CIS
Tela e corda . i ; ; A Lu {i SL
Ka Un cantaro, misura siciliana, è 110 rotoli. Ogni rotolo è 800
a legni dati ebbi a conoscere enne mia permanenza a Terranova.
124
Trasporto imbarco bordo e assistenza . .. —. ‘> 0.80
Tara : i : . i : : #00
?
Se si considera che un cantaro di cotone rende all’agricoltore
circa 40 lire, riesce evidente il significato di una economia di quasi
10 lire, ossia un aumento nel tornaconto del 25%. E tutto ciò,
senza calcolare l'aumento di produzione e di valore che la Stazio-
ne riuscirebbe ad ottenere, con l’impianto dei campi dimostrativi
Le stesse considerazioni valgono per la industria dell’olio di
cotone. Essa non ha attecchito non solo per la tassa interna di fab-
bricazione, non solo per la mancanza di Linters, ma anche per-
ché il problema non è stato posto in modo conveniente 0 per lo
meno non ha richiamato l’attenzione dei capitalisti.
La cotonicultura e le industrie derivate sono da paragonarsi
agli anelli di una catena, che si sorreggono l’un l’altro: ‘basta‘che
uno solo venga a mancare per depreziare l’intiero, epperò è neces-
sario di coordinare l’agricoltura con le industrie, perchè entrambe
se. ne avvantaggino notevolmente. Così sarà possibile vincere la
concorrenza, sia per la materia prima che per i manufatti, per i
quali si avrebbe una immediata utilità, a parte ogni altra consi-
derazione, con la soppressione delle imposte doganali.
IMITA Regioni potenzialmente cotonifere.
Scopo. ‘non ultimo della Stasi: dovrebbe essere quello di
studiare ed accertare in quali regioni fosse possibile anda la
agg ie fuori della Madre Patria.
ibia, ad esempio, è una Colonia della quad poco ho in-
teso parlare quanto alla possibilità di coltivarvi cotoni, forse per-
ché, mi consta, che alcuni tentativi fatti non vi abbiano attecchi-
to. Non certo per caùsa del terreno o del clima, ma per ignoran-
za di coloro che ne hanno: scelto i tipi fra quelli erbacei, a svi-
luppo scarso nel sistema radicale. Tuttavia qua e là si trovano.
piante abbandonate, con numerosi rami laterali, veri tronchi, le
cui radici si approfondano: oltre due ‘metri nel suolo.
a, se appena si ponga mente ‘ad alcune considerazioni di
fatto, il problema della cotonicultura in Libia prende un aspetto
tutt’affatto differente.
Il clima della Tripolitania, in confronto con quello siciliano
presenta delle caratteristiche, che, nei riguardi della cotonicultura
sì possono riassumere nel seguente modo :
1° Una maggiore durata di giorni caldi.
2° Una maggiore elevazione della temperatura.
3° Un’atmosfera più umida, specialmente durante le ore
della notte.
Queste tre condizioni evidentemente mettono le terre libiche
in posizione avvantaggiata di fronte alle terre siciliane, quanto
alla cotonicultura, giacchè per la maggior durata del periodo di
caldo sarà possibile coltivare razze meno precoci di quanto si è
costretti a fare col clima siciliano, dando così la preferenza a quel-
le più produttive e di fire più pregiate. La elevata temperatura
durante il giorno e la umidità notturna sono le condizioni di clima
per eccellenza ottimi a riguardo della cotonicultura, specialmente
là dove manca l’acqua di irrigazione e le piogge scarseggiano.
A queste tre condizioni favorevoli per la Libia si oppone però
una contraria: cioè la minore quantità di pioggia, senza conside-
rare che essa viene a cadere in un periodo di tempo ristretto a
poche settimane, al quale seguono molti mesi di siccità.
Tale condizione compromette realinente, a mio parere, la ger-
minazione del seme ed in seguito anche la vita della pianta, giac-
chè, come è noto, il cotone erbaceo ha accrescimento assai lento
per cui le radici per alcuni mesi stanno a fior di terra e solo quan-
‘ do le piante hanno raggiunto i 20 - 25 centimetri la radice si sarà
approfondita di circa altrettanto, per non oltrepassare mai i 40
centimetri.
Questa considerazione è della maggiore importanza al ar-
do della adattabilità delle terre libiche non irrigue alla coltivazione
del cotone, salvo che non si ricorra alla escavazione di pozzi, alla
sistemazione del terreno per la relativa irrigazione, allo impianto
i macchinari, che pretendono sempre la esistenza della grande
coltura, se. nen sì vuole ammortizzare un ingente capitale. a ren-
0.
Il cotone arboreo ha inveceuna lunga durata, onde le
spese d’impianto, una volta fatte, non si debbono più ripetere per
un periodo di anni abbastanza lungo.
Ciò rappresenta una economia non indifferente, pur non con-
siderando che in tal modo sarà possibile alla stessa famiglia colo-
nica di coltivare una maggiore estensione di terreno.
Il cotone arboreo rappresenta inoltre una economia dal punto
di vista dei lavori agricoli : le sarchiature che debbonsi ripetere
tanto frequentemente nei cotoni erbacei, a lento accrescimento pos-
sono ridursi in numero nello impianto della cultura arborea e tra-
scurarsi completamente appena le piante, in pochi mesi, | avranno
126
raggiunto l’altezza di un metro. Allora la pianta del cotone si è
rinforzata e non teme più la concorrenza delle erbe che crescono
al suo lato.
Il cotone arboreo, è molto più produttivo di quello erbaceo.
Del Caravonica Wool, per esempio, è possibile raccogliere ben più
di 25 quintali di prodotto per ettara, quando esso, come vedremo,
giunge a completata maturazione. Detto prodotto ha inoltre eccel-
lenti proprietà tecniche, fibre bianco - sericee, lunghe mm. 45 a
che vengono quotate oltre 350 lire quintale, mentre i cotoni a fi-
bre più corte, come quelli coltivati in Sicilia, non oltrepassano le
140 lire quintale con una media di produttività per ettaro di quin-
tali 8-9.
Il cotone arboreo ha un sistema radicale molto profondo. —
Il rapido accrescimento e la profondità di oltre m. 1,50 alla quale
giungono le radici, permette a questa pianta di andare a trovare
quell’acqua esistente nel sottosuolo senza lo impianto di alcuna pom- .
pa, sempre quando, come ho premesso, si tratti di terreni che a
detta profondità presentino uno strato umido. E di tali terreni
abbiamo grandi estensioni in Cirenaica ed in Tripolitania.
n tal modo si economizzerebbe anche nei lavori di sistema-
zione del terreno, indispensabili quando si voglia eseguire una
cultura irrigua, raggiungendo egualmente lo scopo di dare alla
pianta del cotone quella quantità di acque che necessita al suo
sviluppo completo
oltre la sità alla quale giunge la radice stabilisce la
pianta al terreno in modo più solido per cui è prevista anche una
‘maggiore resistenza al vento, ad un fattore cioè della maggiore.
importanza in una regione come quella considerata.
Io ho più volte espressa la mia poca simpatia per il cotone
Caravonica in Sicilia e sembrerebbe strana la preferenza di oggi
a chi non consideri le condizioni di clima della Libia.
Il cotone Caravonica, di fatto, ha un periodo di vegetazione
troppo lungo per il clima siciliano, e quindi il raccolto, anche
nelle migliori annate, non può farsi prima-dell’ottobre, ossia quan-
do l’inizio delle pioggie guasta il prodotto, sia bagnandolo, sia
parzialmente facendolo cadere a terra. Ora il cotone sporco o ba-
gnato perde quasi tutto il suo valore, perchè alla sgranatura si
rompe, come avviene di tutte le fibre immature.
Ma per la Libia le cose stanno diversamente: la maggiore
durata della stagione calda permette un limite più esteso nella u-.
tilizzazione del prodotto, inoltre la maggiore temperatura ossia il
maggior numero di calorie, la intensità della luce assai più forte,
‘
127
dovranno certamente dare a questa pianta una precocità che non
ha nei nostri terreni e quindi il raccolto sarà completato prima del
periodo delle pioggie.
Resta a risolvere il problema della semina. Essa offrirebbe
gli stessi pericoli per i cotoni arborei, se non fosse possibile ri-
correre ad un espediente il cui risultato è della maggiore sicurez-
za. L'impianto cioè di un vivaio irriguo, o semplicemente innaf-
fiabile a mano. Il seme potrebbe ‘essere affidato al terreno verso la
fine del febbraio, a fine marzo il trapianto in sito darebbe la mag-
giore assicurazione di aver posto le piante nella condizione di com-
pletare lo sviluppo.
Da quanto ho detto emerge la atilità di una Stazione di coto-
nicultura anche fuori dei confini della Madre Patria. Certo che,
nel progetto modestissimo ch’io sto per formulare, lo svolgersi di
tante attività costituirebbe uno sforzo inadeguato; ma non impos-
sibile, specialmente quando si sappiano utilizzare tutti i mezzi di
cui può disporre una Istituzione governativa.
Quanto ho detto relativamente ad un esempio per la Libia,
potrebbe ripetersi in altre circostanze per la Somalia italiana, seb-
bène, data la distanza e quindi le spese di viaggio alquanto in-
genti, tale parte del programma dovrebbe rappresentare una spe-
ranza per l’avvenire, quando accreditatasi presso il Governo una
simile istituzione fosse possibile disporre di più ampi mezzi finanziari.
CAMPI DIMOSTRA TIVI
Alla Stazione, come ho detto, dovrebbero essere annessi dei
campi, da istituirsi presso i privati, non allo scopo di fare espe-
rimenti, ma esclusivamente per diffondere i risultati ottenuti nei
campi sperimentali. Agli agricoltori bisogna mostrar fatti e non
parole e i fatti si ottengono dopo l’ esperimento, pratica e non
teoria e la pratica non si insegna con le conterenze o le pubblica-
zioni, ma con l’esempio.
Un solo campo che vada bene riesce più efficace ai fini della
propaganda che molte prove delle quali fallisca magari una sola.
L'attività dei campi dimostrativi si dovrebbe esplicare in senso
puramente pratico e senza alcuna pretesa.
Essa potrebbe riassumersi nei seguenti scopi, che sono ap-
punto quelli che maggiormente interessano l’agricoltore.
La cultura razionale.
Troppo lungo sarebbe l’esporre quanto dovrebbe svolgere una
Stazione di Cotonicultura in Sicilia, epperò rimando al Capitolo V,
la cultura propriamente detta, della mia Guida pratica per la
coltivazione del cotone.
Poichè, tanto in Sicilia, dove la cultura esiste, tanto dove il
Cotone dovrebbe essere introdotto, si tratta sempre di dover dif-
fondere, sfortunatamente, le più elementari norme di una cultura
razionale : la preparazione del terreno, la semina, le sarchiature e
gli strumenti agricoli più adatti, la cimatura, il raccolto , il mo-
do di apprezzarne il valore commerciale, ecc., sono tutte pratiche
non meno interessanti di quelle per una opportuna correzione del
terreno, sia con l'applicazione di concimi, o con la scelta di adatti
aratri, 0 coi lavori di drenaggio, ovvero ancora con l’applicazione
di quel sistema che impropriamente è detto americano, il dry far-
ming, e che spesse volte dà risultati veramente eccellenti.
Bisogna insegnare passo a passo il modo di coltivare il cotone
e questo sì può raggiungere solo con una assistenza continua.
L’agricoltore dovrebbe avere il seme già sperimentalmente
trovato adatto ai terreni nei quali dovrà coltivarlo, senza dubbio
‘ nella riuscita, salvo, s’intende, si avverino stagioni eccezional-
mente avverse.
L'esperienza fatta mi autorizza ad insistere sempre su questo
concetto. Di fatto fin da quando, or son cinque anni, fui incari-
cato dalla Direzione del Giardino Coloniale di Palermo di iniziare
esperimenti e propaganda di cotonicultura, fu mio primo pensiero
quello di coltivare a Palermo, nei terreni del'Giardino, uva gran
quantità di differenti razze di cotone, ben 108, onde eliminare su-
bito quelle che non rispondevano agli scopi prefissi e dovetti così
soffermare la mia attenzione su due tipi principalmente, l’egiziano
@ l’americano Mississipì, come quelli che meglio risponde-
vano alle esigenze del clima siciliano.
o dopo il secondo anno di esperimenti credetti opportuno
di vi questi due tipi nei campi privati: il primo per terreni
asciutti, il secondo per terre fresche e leggere: l’uno a periodo di
vegetazione marzo - novembre, l’altro marzo - ottobre. Da allora,
in successive escursioni, potei stabilire ben 62 campi sparsi per
l'Isola, ma sia per la mancanza di mezzi opportuni, giacchè il mo-
desto contributo del Ministero d’Agricoltura al Giardino Coloniale,
appena 2000 lire l’anno, è assorbito dagli esperimenti, sia perchè
le mie occupazioni per l'insegnamento di agricoltura coloniale, ei
129
miei doveri di assistente e di insegnante in questa Università non
mi permettevano di allontanarmi spesso, sia ancora perchè sarei
andato incontro a dispendi eccedenti le mie modeste forze, fui co-
stretto a non estendere l’opera iniziata, che certamente sarebbe
riuscita completamente allo scopo, se non vi si fossero opposte le
condizioni predette.
Allora proprio vagheggiavo nella mia mente la istituzione di
una Stazione di Cotonicultura che, esentandomi da ogni altro la-
voro, mi permettesse di dedicare ogni cura ed entusiasmo allo
incremento di simile coltivazione, nella quale ho piena fede quanto
ai risultati pratici.
urante le escursioni fatte, nelle quali ho avuto occasione di
conoscere a fondo i bisogni del cotonicultore siciliano, mi sono po-
tuto convincere sempre più di quanto sia dannoso il richiedere dal
modesto agricoltore una attività che, almeno pel momento, urta
contro il più elementare senso di praticità, intendo dire una coo-
perazione negli Studi sperimentali.
Ricordo di aver avvicinato qualcuno a Vittoria, di coloro che
furono invitati dall'Istituto Agricolo Coloniale di Firenze a fare
esperimenti, e di averne inteso accettare con poco entusiasmo i
metodi usati da questo Istituto, nello studio della cotonicultura.
Di fatto esso ebbe ad inviare a ciascun agricoltore molti
pacchetti di semi, contraddistinti da numeri e non con la desi-
gnazione del nome, dando ogni istruzione per prelevare dati
sperimentali in appositi quadri, pieni di moltissime domande, alle
quali la massa degli agricoltori non poteva rispondere se non de-
dicando tutto il suo tempo negli esperimenti, pur ammettendo che
ne possedesse la necessaria attitudine.
Questo lavoro, mi dicevano gli sgriolton non è adatto
per noi: essi non potevano distrarsi troppo per segnare, pianta
per pianta, il giorno della germinazione, della fioritura, il colore
dei fiori, il numero dei rami, ecc.. ecc
Il fatto dava ragione agli agricoltori: le numerose specie, 10
o 12 circa, affidate ad unico contadino, dinotavano l’ incertezza
nella scelta, appunto perchè l’Istituto, non avendo compiuto studi
sperimentali in Sicilia, doveva iniziarli ora, ma . . . . . non as-
sieme agli agricoltori. Questo è stato il suo torto, che del resto
più che dipendere da volontà di uomini è inerente alla sede dell’I-
stituto. Il Cotone non è mai cresciuto nè potrà mai crescere sotto
il cielo di Firenze, salvo che nelle serre. Ma in questo ambiente
artificiale non si può parlare di culture, quando si Vota ricavare
un qualsiasi risultato pratico.
130
Il programma da me esposto delimita certamente le linee ge-
nerali di una. Stazione, senza entrare in dettagli che andrebbero
certo a discapito della chiarezza e, ad ogni modo, fuori dei limiti
propostimi nella presente pubblicazione
conferma tuttavia della necessità di tale Istituzione , oltre
alle considerazioni già fatte, esiste un voto emesso dal Consiglio
Superiore dell'Agricoltura, inspirato appunto dai desideri espressi
precedentemente di venire in aiuto cioè della diffusione della co-
tonicultura.
Questo voto ebbe però il torto di restare allo stato di deside-
rio, forse perchè non vi fu alcuno che insistette notevolmente nel
metterne in evidenza una opportuna attuazione. Nè certo starei oggi
a scriverne io, se non mi ci trovassi spinto dalle insistenze di
molti proprietari ed agricoltori , ed incoraggiato da persone auto-
revoli e competenti.
Pror. C. TROPEA
sa, s nta AIN PISA AL
Intorno ad un caso patologico di « Acaropsomi ».
Fra le piante della Somalia italiana meridionale illustrate al-
«cuni anni fa dal Prof. MarTEI (1) richiamava la mia attenzione
una bella Convolvulacea, la Ipomoea Macalusoi, descritta dall’ Au-
tore come specie nuova, la quale presentava nella pagina inferiore
delle foglie delle minutissime formazioni glandulari in forma di
punteggiature di color bruno (2).
La detta specie, introdotta fin da quell’ epoca per mezzo di
semi nel R. Giardino Botanico e Coloniale di Palermo e quivi
largamente coltivata tanto all’ aperto che in serra, mi forniva co-
‘pioso materiale di studio intorno alle dette interessanti formazioni
glandalari. Queste, distinguibili ad occhio nudo, ma meglio ancora
con una ordinaria lente d’ ingrandimento, appaiono uniformemente
distribuite sulla superficie inferiore delle foglie, ma tuttavia non
molto fitte, potendosene contare non più che una dozzina nello.
spazio di circa 1 em. quadrato. Più rade ancora vedonsi sulla
| pagina superiore. Nelle foglie ancora giovani, in armonia alle mi- ;
nori dimensioni ELA im siffatte punteggiature appariscono più |
ravvicinate. é
Sottoponendo una foglia adulta ad un debole ingrandimento
a) Nel Boll. del R. Orto ntanisi e Giardino Goito di Pa-
di lermo, anno VII, 1908, p. 85.
(2) Vedi la damolilana della specie nell’Op. cit. p. 105.
132
del microscopio si rileva che le formazioni di cui
LI
è parola non
sono che piccoli corpi d’ origine tricomatica, di forma rotonda od
appena ellittica, sorgenti in fondo ad altrettante fossette scavate
nell’epidermide fogliare.
Anche i sepali presentano analoghe formazioni tanto sulla
faccia esterna che su quella interna; in quest’ ultima regione però,
anziché essere uniformemente distribuite, formano dei gruppi più
o meno numerosi ciascuno dei quali giace entro una fossetta co-
mune, assai più grande di aa fogliari e visibile nettamente
ad occhio nudo.
osservazione dei tricomi fogliari fatta su spellature sottopo-
ste a conveniente ingrandimento rileva la loro costituzione pluri-
cellulare, essendo ciascuno di essi formato da oltre 20 elementi,
(Fig. 1); nelle sezioni trasversali tali cellule appaiono di forma al-
lungata e disposte come le stecche di un ventaglio attorno ad una
cellula basale comune (Fig. 2); talchè la forma complessiva che ha
nello spazio l’intero tricoma ricorda quella di un bottone di orolo-
gio. La cellula basale poggia su di un gruppo di 3-4 cellule del
tessuto sottostante alquanto diverse dalle altre.
na consimile organizzazione hanno anche i tricomi dei se-
pali pe 3).
Le membrane cellulari sono interamente cellulosiche e soltanto
quelle esterne delle cellule periferiche e quelle superiori mostrano
una leggera cuticola. La cellula basale, che fa parte dello strato
epidermico sottostante, è priva di contenuto, mentre le cellule det;
133
tricomi hanno protoplasma abbondante e nuclei grossi. In mezzo a
numerose granulazioni proteiche e terziarie spiccano per la loro ri-
frangenza delle gocce di una materia grassa.
In sezioni trasversali osservate a secco mi fu dato di osservare
attorno al corpo del tricoma una sorta di aureola nebbiosa, eviden-
temente dovuta a qualche liquido più o meno vischioso sfuggito dal
tricoma stesso. Po'chè tale carattere compare nella osservazione in
condizioni simili di tessuti nettariferi, ed é indizio della presenza
di sostanze zuccherine, volli sottoporre dei pezzetti di foglia alla
reazione di FEHLING, la quale diede assai chiaramente la conferma
del carattere intravisto. Le prove poi eseguite con la stessa rea-
zione su sole spellature della pagina inferiore delle foglie e l’uso
del metudo di LiproRrss (1) assicurarono che la secrezione zucche-
rina proveniva appunto dai tricomi.
uesti dunque non sono che glandule nettarifere, ossia veri
nettarii estranuziali, nei quali tuttavia manca lo spazio collettore
del secrèto. Appartengono perciò al tipo delle glandule epider-
miche ib descritte dal De Bary; infatti il nettare si
raccoglie, allorchè il tricoma
è interamente sviluppato, nello
spazio compreso tra le pareti
cellulari esterne e la cuticola,
la quale fa equilibrio per un
pò alla pressione del liquido che
si accumula al disotto, ma poi
si spezza e lascia in libertà il
Fig. 3 nettare. Quest'ultimo, colando
lungo le pareti esterne del tricoma, può raccogliersi nella foveola
sottostanfe. Nella faccia interna dei sepali il maggior numero di
siffatti tricomi ed il loro aggruppamento in grandi foveole comuni
rende la funzione nettarifera assai più esaltata; quivi infatti, più
che altrove, Je reazioni eseguite col liquido di FEHLING ma
dal copioso precipitato rosso ottenuto una straordinaria abbond
di materia zuccherina.
Sulle foglie di alcuni esemplari della Ipomoea in discorso, col-
tivati, per precauzione, dentro una serra erano state osservate fin
dai primi tempi del loro sviluppo, delle piccole escrescenze carnose,
bianche, delle quali viceversa non si vedeva traccia negli individui
coltivati a piena aria. Il fatto, benchè notato con una certa curio-
(1) Vedi in proposito: SrtRASBURGER, Botanische Practicum, 1902
pas 152.
134
sità, non fu oggetto di speciale considerazione e per un pezzo andò
dimenticato. Essendosi però nel frattempo ottenuti nuovi individui
dentro un’altra serra, sempre da semi originali, la ric»mparsa dello
strano carattere anche nelle loro foglie destò il più vivo interesse,
poichè non si poteva vedere, ad un esame superficiale, la ragione
di siffatto comportamento degli individui tenuti in serra, mentre gli
altri coltivati a piena aria seguitavano a non mostrar nulla di simile.
Le notate escrescenze, in forma di piccole sferette o di baston-
cini alti al più 1 mm. appaiono nella pagina inferiore delle foglie
prodotte a mano a mano all’ apice dei rami dei detti esemplari.
Per il loro aspetto carnoso, il colore bianco-latteo e per la loro suc-
culenza ricordano nell’insieme certe formazioni destinate a servir di
pasto alle formiche, note appunto col nome di fruttini da for-
miche, delle quali sono stati descritti numerosi esempi in svariati
vegetali.
Un attento esame delle condizioni con le quali si presentano,
però, e meglio ancora lo studio microscopico delle foglie, rivela ben
presto il loro carattere di formazioni patologiche.
Le foglie molto giovani sono affatto normali e così rimangono
finchè raggiungono una certa grandezza. In seguito le descritte
escrescenze cominciano ad apparire qua e là, sporadicamente, dap-
prima molto piccole, poi più grandi e numerose. Infine il carattere
si accentua assai più, le escrescenze raggiungono le dimensioni mas-
sime e diventano fittissime al punto da coprire qualche volta l’in-
tera superficie inferiore della foglia. Questa in tale stato si manifesta
al tatto umidiccia per via dalla facilità con la quale le escrescenze
si schiacciano al minimo urto, liberando il liquido di cui son turgide.
Fino a questo punto le foglie così affette e tutt'ora piuttosto
giovani non manifestano alcun segno di deperimento ; il colorito
verde si mantiene cupo ed uniforme e sembra che per il resto esse
funzionino regolarmente. Soltanto in sèguito, divenendo adulte, co-
minciano ad impallidire, si formano qua e là sulla loro superficie
delle chiazze gialle, i margini si accartocciano ed infine cadono
del tutto secche al suolo.
Esaminando più da vicino come procedono le cose con l’aiuto
del microscopio si rileva che le escrescenze sono dovute all'opera di È
piccoli acari del genere Laelaps (1) dei quali si trova una numerosa co-
lonia fin nelle foglie molto giovani ed ancora del tutto normali. Quivi,
come numerose e prolungate osservazioni poterono farmi stabilire, que-
(1) Debbo alla cortesia del chiar.mo Prof. T. De Sreran: la de-
terminazione della specie riscontrata: L. vepallidus, Kocn. A lui.
i
rinnovo qui i miei ringraziamenti.
155
sti animaletti assalgono i tricomi nettariferi che sono assai precoci nel
raggiungere lo sviluppo completo, e producono con le loro punture
piccole lesioni sulla cuticola, dalle quali geme immediatamente ;
liquido zuccherino, tosto utilizzato dall’animale. Lo straterello cu-
ticolare, così lacerato, finisce in seguito per dissolversi del tutto,
forse attaccato da qualche fermento, e lascia il tricoma affatto nudo.
Questo allora subisce una rapida ipertrofia che consiste dapprima
in un allungamento dei suoi elementi cellulari nel. senso longitu-
dinale (Fig. 4) e poscia in una segmentazione tumultuaria, dalla
quale traggono origine in definitivo le escrescenze carnose. Allo
i stato di completo sviluppo queste sono
delle masse di cellule ampie, senza
spazi intercellulari, con pareti delica-
tissime, senza alcun differenziamento
nello strato periferico e ricche tutte
egualmente di un contenuto acquoso,
in cui si agitano innumerevoli gra-
nuli proteici e che tiene in sospen-
sione delle grosse gocce di sostanze
oleose. Alla costituzione di tali corpi
cellulari prende anche parte un pò
del tessuto fogliare sottostante al tri-
coma (V. fig. 5). La fig. 6 rappre-
Fig. 5
senta una sezione longitudinale di uno di tali corpi dopo trattamento
con acqua di JAVELLE.
Sottoposto il liquido raccolto direttamente da numerosi corpu-
136
scoli alla reazione di FEHLIXG si potè constatarne la evidente na-
tura zuccherina dal copioso precipitato rosso ottenuto.
elle foglie già abbondantemente provviste di siffatte forma-
zioni si trovano, oltre alle forme adulte dell’acaro, anche le ninfe
e le ova, depositate specialmente in vicinanza delle escrescenze
stesse; il che fa ritenere che queste ultime possano servir di pasto
alla discendenza dell’animale, dimostrandosi in ciò molto adatte, data
la loro natura zuccherina e la loro ricchezza di contenuto alimen-
tare. Per questa ragione e per l’insieme dei caratteri fin qui de-
scritti, che ricordano in gran parte quelli delle formazioni da for-
miche (perl-driisen, futtkòrper, food-bodies, ecc. degli Autori) le
escritte escrescen -
ze, sebbene si ri-
feriscano ad un caso
patologico, posso-
no riguardarsi co-
me analoghi corpu-
stinati agli acari.
siffatte formazioni,
che chiama acaro-
psomi , dice di
non conoscersene
Figo 0. tutt'ora alcun e-
sempio nel regno dei vegetali, cosicché il presente in realtà sarebbe
il primo ad essere descritto.
Le larve dell’acaro effettivamente possono trarre profitto da
tali corpuscoli dovuti all’opera dei genitori, poichè, come si è
detto, essi sono molto adatti a servire loro di alimento ; però essi
rimangono intatti e quasi normali soltanto per un certo tempo,
giacché in séguito degenerano, diventando bruni e vizzi e dissec-
cando infine completamente. Esaminati al microscopio in tale stato
si trovano invasi da un fungo, il quale, sviluppandosi rapidamente
1) Ueber die Perldrissen des Weinstockes und anderer Pflanzen,
negli Atti del Congresso Botanico Internazionale, 1892, pag. 9.
invade in breve anche il resto della foglia ed è causa del suo de-
perire e della sua caduta. Evidentemente le escrescenze, per il
loro carattere ipertrofico sono facile preda del parassita, il quale
trova in esse, grazie alla natura chimica del loro contenuto, un
eccellente terreno di sviluppo. L’affievolita vitalità della parte poi
in seguito all’ipertrofia permette al parassita di estendere la sua
azione nefasta su l’intera foglia, che allora comincia a deperire e
finisce poi per seccare del tutto.
Il danno che pertanto deriva alla pianta non è dunque da im-
putare direttamente all'opera sfruttatrice degli acari, come lo di-
mostra il fatto già rilevato che le foglie anche abbondantemente
coperte di acaropsomi non dànno segno di deperimento, bensi al-
l’azione successiva del fungo. Certamente se si potesse escludere
l’opera nefasta di quest’ultimo le foglie persisterebbero più a lungo,
presentando quasi in maniera normale il carattere loro impartito
dall’opera degli acari. Per altro non sembra che questi ultimi pos-
sano opporsi al danno che deriva a loro ed alla loro discendenza,
epperò anche alla pianta stessa dall’opera del parassita, così che
l’utilità loro attribuita verso la pianta ospite, col considerarli quali
benefici distruttori di germi e di parassiti, in questo caso non si
palesa affatto (1).
i può dunque concludere che le escrescenze fogliari degli.
esemplari di Ipomoea Macalusoî coltivati in serra sono bensì un
prodotto patologico proveniente da alterazioni dei tricomi nettari-
feri, del quale tuttavia la pianta non risente direttamente danno.
Il complesso dei caratteri chim'ci e morfologici fin qui descritti
giustifica, ad onta della origine patologica, la loro interpretazione
come corpuscoli alimentari destinati agli acari, ossia, accettando
la denominazione del PENZIG, come acaropsomi.
suprriuo infine accennare che nelle piante di Ipomoea te-
nute a piena aria tali produzioni non compaiono, perchè quivi gli
acari non resistono all’azione diretta degli agenti atmosferici
Volendo trattare del probabile significato biologico del caso
descritto è necessario premettere alcune considerazioni sulla fun-
zione delle glandule nettarifere che si trovano sulle foglie della
Ipomoea Macalusoi e sulla parte che gli animali, cui tali glandule
sembrano destinate, esercitano nell'economia del vegetale
Il caso di formazioni tricomatiche che segragano zucchero non
(1) Vedi pag. 140.
138
è certamente raro nel regno vegetale, e quantunque tali organi si
distinguano per caratteri morfologici dai nettari estranuziali pro-
priamente detti, pure vanno compresi fra questi ultimi, riguardo
alla loro funzione.
È accertato che a causa delle secrezioni zucchérine tali organi
richiamano sulle piante che ne sono provviste un gran numero di
animaletti, per lo più formiche od altri insetti; e che la loro pre-
‘ senza sui vegetali non sia puramente accidentale, ma dovuta ap-
punto al nettare dei nettari estranuziali, lo dimostrano innumere-
voli osservazioni anche di antica data, le quali fanno fede che gli
insetti od altri animaletti aecorrono su tali piante per trarre pro-
fitto del nettare come cibo.
Si è voluto ricercare quale ufficio possono èsercitare questi a-
nimali, così attratti dalle piante, specialmente al riguardo del van-
taggio di queste ultime; e specialmente per le formiche, si è ve-
nuti ad importanti conclusioni, poichè si è potuto attribuire ad
esse una funzione di protezione verso le piante che visitano, con-
tro gli attacchi di altri animali nocivi, come bruchi, coleotteri,
ecc. Sono troppo note a tal bropisio le idee di DeLPINO, di
BeLT e di moltissimi altri Autori perchè metta conto di parlarne
qui espressamente. Esse, mettendo in rilievo sopratutto l'utilità
che le piante ricavano dalla presenza sul Joro corpo delle formiche,
danno agli organi che servono ad attrarle, cioè ai nettari estranu-
ziali o a simili formazioni un importantissimo significato biologico
e dimostrano la diffusione e l’efticacia con la quale si compie per
mezzo di tali organi la funzione mirmecofita specie in ir
tropicali (1).
Però, se i nettari estranuziali giovano realmente in tal modo
indiretto alle piante che ne sono fornite, non è meno vero che
essì -possono attrarre similmente anche animali nocivi o per lo me-
no incapaci di giovare in alcun modo alle piante; le stesse formi-
che anzi sono state riconosciute nefaste in molti casi, come ad es.
‘quando invadono i fiori e ne sfruttano i nettari destinati ai pro-
nubi. Molto opportunamente il KERNER a tal proposito ritiene
che i nettari estranuziali Peano anche servire a distrarre da
(1) E impossibile, nè è del resto il caso, riferire tutta la ricca
letteratura sull’ ani Vedi, per tutte, le classiche Memorie di
DeLPINo « Funzione Mirmecofila nel Regno Vegetale, Volumi 1,
II, III, nelle Pater della R. Accademia delle Scienze, serie IV,
tomo VII, VII e X, Bologna, 1836, 1888, 1859.
139
quelli fiorali certi animaletti, tra i quali anche le formiche, che
nessun giovamento ed anzi danno potrebbero recare alle piante (1).
In realtà le ipotesi sostenute intorno all’ufficio esercitato da
quelle specie di animaletti che sfruttano i nettari estranuziali o
altre secrezioni vegetali, sono piuttosto numerose, nè qui é il caso
di ricordarle tutte; ma ciò vale a dare una idea della difficoltà di
stabilire un principio generale sulla pretesa funzione di utilità at-
tribuita comunemente a tali animali verso le piante e che le que-
stioni relative vanno piuttosto risolte con osservazioni accurate fatte
caso per caso.
Così, ad es. il RarHAY, nel 1879 (2) descrivendo dei tri-
comi nettariferi in alcune specie di Melampyrum, in seguito a
minuziose osservazioni dichiarava di non potere applicare al caso
di quelle specie nè le idee delpiniane, nè le spiegazione del KER-
NER, e di non aver potuto trovare il vero scopo cui servono in
queste piante siffatte formazioni nettarifere.
Ancora più problematico è il vantaggio che recano alle pian-
te gli acari. Questi piccoli artropodi, como è noto, non soltanto
vengono qualche volta attratti temporaneamente sui vegetali da
secrezioni adatte al loro nutrimento, ma anche, e più spesso, si
stabiliscono definitivamente sugli organi delle piante in determi-
nati punti, dove trovano al tempo stesso cibo ed alloggio (acari
filtobii). Sono piuttosto comuni gli esempi di piante abitate in sif-
fatta guisa dagli acari e le produzioni morfologiche destinate ad
albergarli (acarodomazi e simili) sembra che costituiscano in esse
un carattere del tutto normale
E° stato escluso, e con ragione, che gli acari possano rendere
un servizio diretto alla pianta col fornirla di materiali mutritizii
capaci di essere assorbiti, per mezzo dei loro escrementi. (3) In-
1) Die Schutzmittel der Bluthen gegen unberufene Giste, 2
Abfinze, pag. 56 e 57. Intorno all’azione nefasta delle formiche ver-
sì le piante vedi fra l’altro: F. DeLpino: Sugli artropodi fillobi.
(2) Ueber nectarabsondernde ode einiger Maluzipgriniziei
in Sitzb. der K.. Akad. der Wissensc h., B. LIA I Abth., aos
:3) Vedi, ad es. Ross H. : Sugli domazi di
nelle Qontribuzioni alla Biologia Vegetale, Vol 1, Palermo, 1893,
. pag. 10; O. PenziG e C. CniasrerA: Contributo alla conoscen-
za delle piante acarofile, in Malpighia, anno XVII, Vol. XVII, 1908
pag. 41; B. RoccuettI: Ricerche sugli acarodomazi, nelle Con-
tribuz. alla Biol. sega Vol. IV, fasc. hi 1905, Palermo, ecc. ecc.
140
nanzi tutto, nei casi piuttosto rari di assorbimento da parte degli
organi aerei dei vegetali si riscontrano sempre modificazioni tali
da permettere siffatta tunzione accessoria, come mancanza di cuti-
cola e sottigliezza delle membrane cellulari, ecc. mentre fin’ora
nulla di simile si è mai riscontrato nelle regioni fogliari abitate
dagli acari. i
Il LuxpsTtROEM (1) ritiene che il beneticio degli acari
verso la pianta che abitano possa consistere nella ripulitura delle
foglie dalle materie ingombranti o nocive, come spore di parassiti,
delle quali gli acari sarebbero efficaci consumatori. L’ipotes', assai
geniale, è tuttavia contradetta da numerosi fatti, non ultimo quel-
lo che gli acari stessi sono produttori di materie inutili e dan-
nose, giacchè i loro escrementi, che, come si è detto, non posso-
no essere assorbiti dalle foglie, richiamano, imputridendo , su
queste, numerosi germi e batteri, certamente nocivi. Non mancano
d’altra parte osservazioni nelle quali siffatto preteso ufficio ripuli-
tore degli acari non si palesa sita il caso poi della Ipomoea
Macalusoi da me descritto, come si è visto, pur non potendosi a-
scrivere ad acarofilia propriamente detta, non conforta neppure la
ipotesi del LunpsTROEM giacché gli acari che ne popolano le
foglie, sulle quali determinano la comparsa di un carattere di in-
discutibile loro utilità diretta ed indiretta, son si dimostrano ca-
paci di evitare la distruzione dell’opera loro ed il conseguente
danno della pianta da parte di un fungo!
are dunque in ogni caso assai problematico il vantaggio
che siffatti animaletti recano alle piante che li accolgono; mentre
in verità, la precipua natura dei rapporti tra Animali e Piante
consiste essenzialmente in un vero e proprio parassitismo dei pri-
| mi rispetto alle seconde, voluto ciò dalla imprescrittibile condizio-
ne naturale degli uni, i quali, per provvedere alla conservazione
individuale debbono necessariamente esercitare un’azione di conti-
nuo sfruttamento dei prodotti delle altre. Per tal modo gli ani-.
mali riescono senza dubbio degli efficaci fattori di modificazioni
e deformazioni del corpo vegetale, ed il BeccaRI (2) ben a ra-
attribuisce loro la stessa influenza modificatrice sulle piante o sui
loro singoli organi di quanto si ammette ne abbiano gli agenti fi-
sici dell'ambiente, quali l'umidità, il calore, la luce ecc. L’opera
(1) Prlanzenbiologische Studien. II Die Anpassungen der Pflan-
zen an Thiere, Upsala 1887, in Nova Acta Reg. Soc. Sc., Upsala,
serie III
(2) O. Beccari: Malesia, Vol. II, Genova, 1884, pag. 60.
‘
i 141
degli animali può dunque spiegare l’origine di certi caratteri, al-
trimenti inesplicabili, che si riscontrano sui vegetali, ed in questo
ordine di idee rientra appunto la genesi di svariate formazioni ve-
getali, quali, per es., gli organi formicarii, le galle, gli acarodo-
mazii, ecc. Il BECCARI, a proposito dei nettari estranuziali ammette
che in origine le formiche avventandosi violentemente sugli orga-
ni vegetali, specie in punti dove si hanno speciali accumulazioni
di sostanze zuccherine, abbiano ivi determinato delle lesioni; in
séguito, in causa della selezione, la produzione zuccherina potrà
essere andata'aumentando e la trasudazione delle parti ripetuta-
mente lese essersi resa ereditaria, dando origine all’accumulamen-
to del nèttare in organi speciali (1)
Questa ipotesi. semplice e chiara ed in perfetta armonia coi fatti
che ci è dato di osservare, non è tuttavia accettata dal DELPINO
(2), il quale propende a ritenere inesplicabile l'origine dei nettari
estranuziali. Le sue obbiezioni però, non sostanziali, riguardano
piuttosto la difficoltà che si palesa nell’applicazione della teoria
beccariana ai casi di nettari estranuziali assai bene organizzati,
date le imperfette conoscenze, che si hanno anche tutt’ ora, sulla
storia del loro sviluppo.
Egli stesso poi, invocando delle cause intrinseche per spie-
garne l’origine, e prima fra esse la infinita plasticità del tessuto
vegetale, rende in qualche modo ragione del perchè tali organi
possano raggiungere talvolta meravigliose e complicate strutture,
pur avendo una origine quasi accidentale.
Una questione simile si dibatte anche intorno alla origine de-
gli acarodomazii. Sono essi organi automorfici o metamorfici o pro-
duzioni di carattere patologico? Il DeLPINO li considera quali
nettari estranuziali metamorfizzati ; ma PENZIG e CHIABRERA,
Ross ed altri pur riconoscendo che in qualche caso possano avere
siffatta origine, ritengono che nella generalità dei casi la genesi
loro debba essere diversa.
Il LUNDSTROEM (3), con osservazioni ed esperienze dirette ha
potuto concludere che tali organi debbono lo loro origine all’azio-
ne diretta degli acari, ma che possono una volta formatisi conser-
varsi e riprodursi per forza di eredità. La questione merita certa-
mente maggiori lumi perchè non mancano osservazioni contradit-
.
(1) Op. cit., pagg. 29-80.
(2) Funzione mirmecofila, ecc. Vol. III, pag. 20.
(3) Op. cit.
142
torie, tra le quali la inconstante presenza o addirittura la man-
canza di siffatti organi in individui di una stessa specie di rico-
nosciuta acarofilia, o magari nei vari organi di uno stesso indivi-
duo. D'altra parte si dànno dei vegetali provvisti di formazioni
simili ad acarodomazi e che viceversa non albergano alcun ani-
maletto. E da ritenere però come assai probabile che gli acari
stessi contribuiscano attivamente alla produzione del carattere o
semplicemente alla sua accentuazione, dato che esso possa ormai
apparire anche spontaneamente, per atavismo, concorrendo così
alla sua fissazione attraverso le generazioni.
Il caso patologico di acaropsomi da me descritto nella Zpomoea
Macalusoi pone sul tappeto una questione simile al riguardo della
origine di certi altri piccoli organi vegetali ricercati dalle formiche
quali sono i così detti fruttini o corpuscoli da formiche o. mir-
mecopsomi, come li chiama il PENZIG.
La detta specie di Ipomoea per i suoi caratteri rientra senza
dubbio nel novero delle piante mirmecofile. E’ mio debito però
avvertire che non ho elementi sufficienti per attribuire a questa
designazione della pianta il significato della funzione protettiva
del concetto delpiniano. E’ certo che nel paese di origine essa può
attrarre coi suoi tricomi nettariferi le formiche, e trarre, forse,
dalla presenza di questi insetti sui suoi organi, un qualche van-
taggio per la sua conservazione individuale; ma su ciò nulla posso
dire con certezza, non avendo notizia di osservazioni in tal senso
fatte nel luogo di origine, nè potendo le piante acclimate nel Giar-
dino di Palermo costituire materiale adatto a simili osservazioni.
Checché ne sia dunque della funzione mirmecofila in questa pianta,
il caso degli acaropsomi degli esemplari coltivati in serra, fa rite-
nere che anche i fruttini da formiche possano avere una analoga
natura originaria patologica, ammettendo naturalmente l’opera di
animali differenti dagli acari e probabilmente quella delle stesse
formiche. Nel caso descritto, gli acari, attratti sulle foglie della
Ipomoea dalla presenza di un cibo abbondante e facilmente ac-
cessibile, hanno prodotto sulle foglie stesse con la loro opera atti-
va modificazioni ee novo per vantaggio della loro discendenza ;
parimenti, seguendo i concetti del BeccaRI, dianzi esposti a pro-
posito dei nettari estranuziali, si può ritenere che le formiche at-
tratte in origine sui vegetali dalla presenza di speciali accumuli di
sostanze zuccherine o proteiche o grasse o comunque adatte al lo-
ro nutrimento, avranno prodotto mediante punture e luceratara;
delle ipertrofie, resesi in séguito ereditarie.
A maggior conforto di siffatta interpretazione è da accennare
145
che lo stesso DELPINO (1) rigettando l’ipotesi del BECCARI sul-
l’origine dei nettari estranuziali, ritiene appunto che le punture
degli insetti possano produrre delle ipertrofie, le quali, benchè
egli non lo ammetta, sono senza dubbio suscettibili, in sèguito al-
l’azione prolungata della stessa causa formativa, di comparire poi
anche spontaneamente, come carattere ereditario. i
n molti casi dove la presenza dei corpuscoli da formiche ap-
pare del tutto normale e costante siffatto processo Lira do-
vette verificarsi in epoca piuttosto remota.
lia spiegazione della natura originaria di queste formazioni
vegetali, come a quella dei nettari estranuziali, degli acarodomazi,
delle galle, ecc. basta dunque, come si è visto, soltanto la consi-
derazione dell’azione esercitata originariamente da corrispondenti
animaletti sui tessuti eminentemente plastici dei vegetali; nè nella
ricerca di tale origine è assolutamente necessario introdurre il con-
cetto dello scopo utilitario da parte della pianta, non potendosi mai
stabilire a priori quale parte spetti agli animali nella funzione
della conservazione della specie vegetale. E’ bensì vero, come nu-
merosi lavori di illustri Biologi fanno fede, che le formiche rie-
scono, per le loro attitudini sp: ciali, per i loro istinti bellicosi e
per la loro meravigliosa organizzazione sociale, delle efficaci pro-
tettrici delle specie vegetali, sulle quali soggiornano temporanea-
mente o definitivamente (piante a nettari e a fruttini e piante for
micarie), talchè facendo adesione alle idee primi-ramnte esposte
d ELPINO, si può parlare realmente di una funzione mirmeco-
fila, duacialttenio in piante di paesi tropicali; ma è certamente
erroneo il concetto, pur tanto diffuso tra taluni Biologi, che gli or-
gani, per i quali questi insetti accorrono sulle piante e che per tal
modo riescono indirettamente utili a queste. vengano prodotti « spon-
taneamente » dalle piante stesse, quasi che queste fossero «conscie»
della utilità che ne dovranno ricavare. A rigor di fatti si può conclu-
dere soltanto che essi non sono che delle originarie reazioni o de-
formazioni del protoplasma vegetale, divenute per l’azione prolun-
gata della stessa causa formativa, ereditarie e costanti.
Palermo, Dicembre 1 912. ni
G. CATALANO
(1) Funzione mirmecofila, ecc. Vol. II, pag. 20.
0 DIDE DEI a
n Sax pini NI N init ANI
LIAN N
Notizie su alcuni zoocecidii della Libia
Tra le recenti raccolte di piante fatte dal PRroF. ANTONINO
Borzi, Direttore di questo R. Istituto botanico, nel suo viaggio
in Libia, mi è stato dato di trovare alcuni zoocecidii che credo
bene di illustrare, sia perchè di quella nostra colonia si conosce
ben poco delle affezioni teratologiche della' sua flora , sia perché
di queste venute in mio possesso alcune non sono neanco note da
altre regioni del nord Africa. A questi cecidii aggiungo anche
quelli che. il Dorr. MarTEI ha trovato nell’erbario raccolto, pure
in Libia, dal Sie. G. CrociveRa, e che ha voluto gentilmente
donarmi.
| Scorrendo l’importante lavoro del Dott. C. Hovarp « Les
Zoocecidies du nord de l’Afrique (1) », dalla Libia non ne trovo
notati che solamente due, cioè, un er della Pistacia atlantica,
Desr. dovuto al Pemphigus utricularius, Pass. e quello di un
Cynipide su Acacia fistula, SCHWEINFURT..
Del primo di questi cecidii gli indigeni si servono per la con-
cia delle pelli di capra, che impiegano come otri pel trasporto . è
dell’acqua e che usano anche nella tintoria; in Libia, giusta quanto
ne dice il Dort. TROTTER (2), chiamano queste deformazioni se
4
(1) Annales de la Société Entomologique de France-Vol. LXXXI,
1912.
(2) Fra
studii agrologici sulla Libia - Ve E ui zona di ‘des
nchi S., Tucci F., De Cillis E., Trotter A.- Ricerche ® ——
145
afs el batum. Il secondo cecidio si rende molto caratteristico pel
fatto che la larva di un insetto alla base delle spine stipolari for-
ma una galla sferica del diametro di circa 20 mill.; quando l’in-
setto ha abbandonato la sua dimora, dopo aver praticato in essa
il foro di uscita, la parte tubulosa della spina diviene uno stru-
mento musicale da dove il vento fa uscire dei suoni uguali a quelli
di una zampogna; per questo gli indigeni chiamano questa pianta
sofaàr, cioè flauto.
Il TROTTER (1. c.) indica altre poche deformazioni di entomi
sulle piante della Tripolitania e cioè i germogli atrofizzati e le fo-
glie piccole e accartocciate dell’Amygdalus communis, L., causate
dall’Aphis persicae, BovERr, le deformazioni prodotte dalla Schi-
zoneura lanigera, HAUSM. su Pirus malus, L., l’accartocciamento
delle foglie di Punica granatum, L., per opera dell’ Eriophes gra-
nati, CAN. e le galle già citate di Pemphigus utricularius, Pass.
Come si vede il materiale cecidogeno che si conosce di quella
regione, la meno studiata di tutta l'Africa del bacino mediterraneo,
è assai povero, né quanto io posso aggiungervi oggi ne aumenta
di molto il numero; ma appunto per la povertà delle nostre cono-
scenze dobbiamo far tesoro di ogni notizia onde contribuire ad ac-
crescerne le cognizioni.
A. Zoocecidii della Flora libica.
I. Artemisia Herba-alba, Asso. — Galle sferiche , rivestite
di lunghi peli morbidi, cotonosi, bianchi o ferruginei, che cir-
condano diverse camere larvali a pareti piuttosto sottili ; spesso
diversi esemplari sono agglomerati insieme formando una massa
più o meno grande; altra volta sono isolate attaccate su un lato
dei rametti i quali vengono circondati quando le galle si ammas-
sano. :
Questo cecidio dovuto alla cecidomide Khopalomyia Navasi, -
e era già noto dall’Algeria, dalla Tunisia, dalla Siria e dalla
a.
Il Viviani fu il primo a conoscere e figurare tale deforma- |
zione, assegnandole per substrato la. sua Artemisia. pyromacha, .
che poi non è altro che l'Art. Herba-alba (1). 20:
iii ire
a (1) Viviani D. — Flora Libycae Specimen sive plantarum enu-
| Meratio cyrenaicum, pentapolim, magnae syrteos desertum et regio-
| nem tripolitan um incolentium—1824. Genuae.
146
Cirenaica e dintorni di AE ed Ott.
1912. (Leg. Pror. BoRzi).
II. Altro cecidio di questo stesso substrato non saprei rife-
rirlo a nessuno di quelli già noti; esso è cilindrico con 40 5 mill.
di lunghezza su 2 di larghezza, attaccato al rametto largamente
per la sua base; le sue pareti sono finamente pelose, guarnite di
alcune brattee; la cavità larvale è ampia, allungata e con pareti
sottili.
Nell’interno di alcune di queste galle, che ho avuto secche,
ho trovato un bozzoletto setaceo, ciò mi fa sospettare che esse ap-
partengano a qualche microlepidottero.
Dintorni di Tripoli e Cirenaica— Sett. e Ott.
1912 (Leg. Pror. BoRzi}).
III. Altra alterazione che riscontro su questa pianta è quella
sui giovanissimi rami che presentano l’ estremità ripiegata ver-
so il basso, con le foglioline aggravigliate e formanti un ammas-
so subsferico e compatto. Tale deformazione, sebbene non vi abbia
rinvenuto cecidozoo alcuno o resti di esso, secondo me, va riferita
ad un Aphididae
Dintorni di Tripoli — Sett. 1912 (Leg. PROF.
BoRz}).
IV. Ancora un’altra alterazione di questa Artemisia si. pro-.
duce sui gambi fiorali, dove si riscontra numerosa anche sopra un
solo rametto, ora riunita in gruppetti, ora isolata. Essa consiste
nella alterazione delle gemme fiorali in forma di cecidio subsferico,
grosso in media come un’avellana, attaccato al supporto per una
piccola porzione della sua base, coperto di numerose foglioline nor-
mali nella sua metà inferiore, mentre sulla porzione superiore le
foglioline sono rivestite di fina e fitta pelurie argentina.
Questa diversa rivestitura ricopre un rigonfiamento da 2-3
mill. di diametro trasversale con una lunghezza di 4 mill. che con
pareti sottili e carnosette racchiude un’ampia camera larvale, su-
periormente aperta, ma ostruita da fitti e lunghi peli cotonosi ed
argentini.
Ogni cecidio non contiene che una camera larvale ed una s0-
la larva gialliccia, lunga poco meno di 2 mill. in forma di
barilotto, turgida, più assottigliata posteriormente, di 14 segmenti,
ognuno adorno sui lati di alcune setole lunghe e ricurve ed altre
brevi e diritte; tali peli si osservano pure sul dorso dei primi due
e
4
es:
1a
Ta pet a Mi
ela La
tia a
fata v> tolto
147
segmenti, mentre il dorso di tutti gli altri 8 nudo; la testa, poco
differenziata, è leggermente chitinosa.
i questa larva, che riferisco ad una Cecidomyidae, darò una
più completa ed esatta descrizione allorchè essa, acquistando la
sua maturità, metterà in mostra altri caratteri distintivi che an-
cora non sono apparsi.
Ain-Zara — 30 Nov. 1912 (Leg. G. CRocIvERA).
V. Artemisia campestris, L. — Piccola galla subsferica del-
l’inflorescenza, da 3 a 5 mill. di diametro, depressa superiormente;
altre volte in forma di cono rovesciato o schiacciata in forma di
disco, con la superficie, almeno allo stato secco, radiata da profondi
solchi. Camera larvale piccola; foro d’uscita centrale dove ho trovato
incagliata la spoglia ninfale di una Cecidomyidae.
Dintorni di Tripoli — Sett. 1912 e Pror.
Borz}).
Questa galla é stata di già indicata dall’ HovARD ( c.) per
l'Algeria e la Tunisia.
VI. Erodium hirtum, WiLup. — Sulle radici, rigonfiamento
della grossezza di un’avellana, a superficie liscia, di forma per-
fettamente sferica, a vacuoli interni irregolari, consistenza spugno-
sa. Anguillulidae.
Dintorni di Bengasi 1883 (Leg. RUHMER.)
VII. Ficus carica, L. — Piccola galla sferica, risultante dal-
l’ipertrofia del seme dei siconi a fico e dovuto alla Blasto-
phaga grossorum, GRAV.
Tripoli 191
VII. Helianthemum Lippii, PERS. — Agglomerazione di pic-
cole foglie, velate, apparentemente dipendente da clorantia e da
cladomania. ? Eriophyes rosalia, NAL. I:
Presso la località di Tarhuna Capaci — Genn, 1918
(Leg. G. OrociveRA). |
IX, Helichrysum conglobatum, STEUD. — Galla fusiforme
delle radici, a superficie rugosa, con grande camera larvale limi-
tata da pareti carnosette. Lung. 10 mill., con un diametro tra-
__Sversale di circa 6 mill.
Questa galla, che ho avuto in un solo esemplare e dove non
| ho riscontrato cecidozoo alcuno, dalla sua facies potrebbe essere
. attribuita ad un Lepidottero.
148
Dintorni di Tripoli—Novembre 1912 (Leg. Crocr-
VERA).
Non indicata da nessuna località del nord Africa.
X. Fumaria agraria, LAG. — Ipertrofie radicali, sferiche e-
subsferiche, della grossezza di un pisello, a superficie scabra e
contenenti all’interno piccoli vacuoli occupati da un piccolissimo
verme — Anguillulidae.
Tarhuna (Tripolitania) — Genn. 1913 (Leg. G. CROCIVERA).
XI. Micromeria conferta, Cass. — Cecidio in forma di picco-
lo carcioffo all’estremità dei giovani rami, foglioline slargate alla
base—Un solo esemplare. Entomocecidio.
Dintorni di Derna — Ott. 1912 (Leg. Borzi).
XII. Ononis falcata, Viv. — Baccelli ipertrofici, pur conser-
vando la forma ordinaria, di color verde, contenenti un’ampia ca-
mera larvale dove ho trovato la ninfa d’una cecidomide disseccata
che per la dentellatura della armatura cervicale e per la presenza
di quella frontale e sternale, riferisco ad un’Asphondylia.
eformazione non indicata da nessuna regione del nord Africa.
Dintorni di Tripoli — Novembre 1912 (Leg. G.
CROCIVERA).
XIII. Retana Raetam, WEBB.— Rigonfiamento fusiforme dei
rami, della lunghezza di 15 mill. su 405. di diametro trasversale;
con una camera larvale ampia, allungata per quanto si estende
l’ipertrofia e circoscritta da sottili pareti. In essa non ho trovato
che la spoglia di pupa di un dittero attaccata al bordo interno del
bucolino di uscita. Probabilmente tale galla è dovuta ad un Mu-
scidae.
Dintorni di Tripoli. Novembre 1912 (Leg. CROCI-
VERA).
Anche questa galla non era stata indicata da nessuna regione
dell’Africa del nord.
XIV. Rubia tinctorum, L.—Ipertrofie radicali, della grossezza
da 1 a 6 mill. di forma varia, per lo più irregolari, situate ora
su un solo lato delle radichette, ora complicanti tutto il contorno
e la parte legnosa, contenenti all’interno una o più camere cilin-
149
driche od irregolari, separate da spesse pareti e provviste da buco-
lini rotondi d’uscita. — Helmintocecidio ?
Località di Tarhuna (Tripoli) — Gennaio 1913 (Leg. CROCIVERA).
‘ Anche questa deformazione non era stata indicata dal nord
Africa.
XV. Salicornia fruticosa, L. — 1 noti cecidi della Baldra-
tia salicorniae Kieff., consistenti nell’ipertrofia di alcuni interno-
dii spesso colorati in rosso.
Paludi di Tagiura.— Settembre 1912 (Leg. Borz]).
XVI. Sonchus maritimus, L. — Pustolette irregolari e tu-
bercoli subsferici sul lembo togliare, rilevati sulle due pagine e
più pronunziati su quella dorsale, di 3-5 mill. di diametro, conici
o di altra forma, con ustiolo ipo o epifillo che immette in un’am-
pia cavità a pareti carnosette e lisce. — Eriophyes sonchi (NAL).
Paludi di Ain-Zara —Settembre ed ottobre 1912 (Leg.
Borzi).
XVII. Tamarir articulata, Vani. — Galla attribuita al
microlepidottero Pamene pharaonana, Kok. e intorno alla qua-
le riporto quasi per intero quanto ne dice l’Hovarp. (1. c.) per il
Marocco, l'Algeria e l'Egitto.
Sui rami, e più spesso alla loro estremità, escrescenze irrego-
lari di color hei verdastro, della grossezza di un pisello o di
quella d’una noce; tessuto spugnoso racchiudente diverse cavità.
Galle valifamnenie chiamate Tahaont ed usate nel Vafilet per la
| concia delle pelli. La farfalla che dà luogo a queste ipertrofie si
ritrova in Bitinia, Egitto ed Arabia.
La bibliografia di questo cecidio, dice 1’ HovaRrD è delle più
imbrogliate.
Nel 1858, dopo di aver descritto la sua Pamene pharaonana
trovata in una galla di questa forma, KOLLAR indica una ceci-
domia nuova (Cecidomyia tamaricis), di cui dà la diagnosi, come
. il vero autore della galla (1858). Un anno dopo, in una nota
| Che termina la sua memoria del 1859, FRAUENFELD cita l’osser
vazione di KOLLAR, ma egli mantiene la sua Grapholitha notata
a pag. 321 come capace di produrre il cecidio (1). BERGENSTAMM
i (1) FRAUENFELD G. von — Ueber exotische Pflanzenauswiichse
nave von Insecten—Wien, Verh. zool. bot. Ges. t. 9.
150
e P. Low pr FRANK (1896), KERTESZ (1902) citano le indi-
cazioni del KOLL
Per Winnie (io il lepidottero ed il dittero osservati da
KOLLAR sono dei parassiti della galla, di cui il vero autore sareb-
be un Phytoptus.
Oggi però si ammette con sicurezza che la galla del 7laia o
Tamarix articulata, indicata al Marocco e nell’ estremo sud del-
l’Algeria sotto il nome di Takaout o d’ Adzba, è ben dovuta a
Pamene pharaonana. La sua ricchezza in vino gallico la fa im-
piegare per la concia del cuoio, ed ogni anno viene esportata in
grande quantità nel ell, a Ylemcen specialmente, dove è vendu-
ta da 45 a 50 franchi i cento chilogrammi. Così si è pensato, do-
po lungo tempo, a fare prosperare in quest’ultima regione l'albero
e la sua galla. Nel 1894 Leroy riferiva nel Bollettin de la So-
ciété national d’acclimatation, i saggi di introduzione del Z'ama-
rix articulata nel Tell e scriveva: « Quest’albero produce al Ma-
rocco una galla chiamata Yacahout, usata nella fabbricazione del
cuoio marocchino. Le piante che noi possediamo non hanno an.
cora prodotto delle galle. Noi abbiamo provato senza successo di
propagare il Cynips della galla di quercia. Lo stesso tentativo
fatto con galle fresche di Yacahout daranno probabilmente migliori
risultati ». TRABUT e MARÉS, nel 1906 hanno costatato che «il
Tamarix articulata è stato, dopo qualche anno, acclimatato nel
Tell, sul littorale, dove vegeta ‘benissimo. Ma i tentativi di intro-
duzione dell’insetto produttore della galla sono falliti ». Infine, nel
1910, TRaBUT segnala che anche la galla comincia a comparire sul
Tlaia della proprietà del Sig. DELOUPY a Saint-Denis-du-Sig.
Come si vede, questa è una galla da cui può trarsi molto
profitto in Tripolitania dove, a giudicare dai numerosi esemplari
che ritrovo sui rametti di Tamarix articulata raccolti dal Sig.
G. CrocIvERA in novembre 1912, nei dintorni di Ain-
Zara, deve essere molto comune e forse di essa gli indigeni,
sl Marocco, in Algeria, nell’Egitto, si servono perla concia
delle pelli; d’altronde, siccome in Tripolitania questo Yamarix ve-
geta benissimo e in molte località, se ne potrebbe tentare la diffusione
con sicuro successo, tanto più che l’insetto autore della galla vi
si trova e nulla si oppone ad una sua maggiore diffusione; così,
tale pianta, che oltre a questa galla della Pamene pharaonana,
produce anche quella dell’altro microlepidottero Amphipalpis oli-
veriella, RAG. anche essa ricca di tannino e che probabilmente,
sebbene non accertata, deve trovarsi sui tamarici della Tripolita-
nia e di tutta la Libia, come si trova su quelli di altre regioni
151
dell’Africa del nord, unite alle altre galle della Pistacia atlantica
prodottevi dal Pemphigus utricularius, possono benissimo costi-
tuire un discreto campo di sfruttamento.
XVIII. Vitis vinifera, L. — Il noto erineo delle foglie do-
vuto all’Eriophyes vitis, LANDOIS.
Tripoli. — Settembre 1912 (Leg. Prof. BoRrzi).
B.--Eleneo dei zoocecidii conosciuti sin’oggi dalla Libia.
1. Acacia fistula
2. Amygdalus communis
3. Artemisia Herba-alba
4
. » »
5. » >
6. » »
€. Artemisia campestris
8. Erodium hirtum
9. Ficus carica
10. Fumaria agraria
11. Helianthemum Lippii
12. Helichrysum conglobatum
13. Micromeria conferta
14. Ononis falcata
15. Pirus malus
16. Pistacia atlantica
17. Punica granatum
18. Retama Raetam
19. Rubia tinctorum
20. Salicornia fruticosa
21. Sonchus maritimus
22. Tamarir articulata
23. Vitis vinifera
Palermo, gennaio 19183.
Cynipidae
Aphis persicae, BoYER.
Rhopalomyia Navasi, Tav.
! Lepidottero.
? Aphididae.
Cecidomyidae.
Cecidomyidae.
Anguillulidae
Blastophaga grossorum, GRAV.
Anguillulidae
? Eriophyes rosalia, NAL.
Lepidottero
Entomocecidio
Asphondylia sp.
Schizoneura lanigera, Hausw.
Pemphigus utricularius, Pass.
Eriophyes granati, CAN.
Muscidae.
Helmintocecidio ?
Baldratia salicorniae, KIEFF.
Eriophyes sonchi, NAL. i
Pamene pharaonana, KoEeF.
Eriophyes vitis, LANDOTS.
T, DE STEFANI
4 *Q0[L IX ‘194 ‘0U49;v] 1p pvc
ing)
; Knz
. 4 amabile Hort.
PWVot. XI.. APPENDICE 1919.
BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO
SEMINA ANNI MCMXII
QUAL -
PRO MUTUA COMMUTATIONE OFFERUNTUR ©
RM
Cryptogamae.
E@uisetaceae.
1 Equisetum * ramosissimum
e s f. Europa omnis.
Filicaceae.
2 Adiantum aethiopicum Li n n.
i ica, America,
3 - var. glanduliferum
r—————————é T—_—mmÉy
-(1) Plantae siculae sub hoc signo * indicantur.
5 meta zero Veneris
L «I
. Eur. omn., Asia,
Africa. America.
cennn Linn. var. cilia-
m (B1.) Java.
stili Chaulf. Chili.
concinnum H. B. et K. Ame-
crispulum Hort.
cuneatum L. et F. Brasilia..
—var. deflexum Hort.
—var.elegantissimum Hort,
variegatum Hort.
decoram Hort. Ha]].Brasi-
lia
devcatiana Bort,.
diaphanus B 1, Java.
dolabriforme H o o k. Brasi-
lia
excisum Knze. Chili.
—var. multifdum Hort..
20 Adiantum falcatum S w.Mexic.
21 ita Mo
(hybr. ex hort. Hender-
son).
—var. laciniatum Hort.
gracillimum Hort.
grandipes Hort.
SR Sw. Asia, Austr.
sr merid.
26 ina Ho
27 lapsonianum Ho ont
28 Legrandi Hort.
29 lueddemannianum Hort.
30 macrophyllum S w. Mexico
et India occ.
81 Moori Hort.
32 mundulum ( — A. cuneatum
Xx A. Pacotti, ex Gard.
Chr. 1883. II. p. 388).
88 nigrum Sloane, India.
34 Pacotti Hort.
35
pedatum Linn. America,
sia.
peruvianum Kltz. Peruvia.
polyphyllum W i 11 d. Colum-
i bia, da via.
pube Radd. Brasilia.
sit Linn. India.
setulosum J. S.m. Asia, Au-
strali ia.
tenerum Sw. Mexico, India
occ.; Peruvia.
India occ., Amer. centr.
venustum Do Sa Afghanista-
nia, Himalaya.
fi
Jamaica
45 Alsophila. sustralià Br. Austr.
46 excelsa Mart. Brasil.
47 Aspidium * aculeatum Sw,
- var. hastulatum (T e n.}
Italia.
48 augescens Linn. Jamaica.
49 caespitosum Hort
50. falcatum: Sw. Asia I. Na-
.: Japonia.
trapeziforme Li n n. Mexico,
4 Wilesianum Ho o k. Mexico, ,
va. 33
“ca Genie fraxinifolia Su WE
Am. trop.
51 Aspidium * Filix-foemina
Bernh. Europa.
ortunei H or t.
grandifolium M e tt. Nepal.
immersum H o o k. India,Java
princeps H o r t.
rigidum Des v. var. palli-
dum H 0 o k. Reg.medit.,
muoaioa ti
DT DI LI
min. ;
57 Asplenium *Adiantum-nigrum
Linn. Europa omn.,
Asia, Africa.
australe Br a c k. Australia.
#Ceterach Lin n. Europa,
usque ad Himalayas.
58
59
60 diversifolium B1l. Java
61 fabianum Ho mb. Austral.
62 Nidus Linn. var. australa- — 5:
sicum (H 0 0 k.) Austra- x
ia.
63 obtusatam Fors t. var. obli-
quam Hook. Nova Ze-
landa, ete.
64 *Tricomanes Linn. Europa.
omn., etc.
65 umbrosum J. Sm. Madeira.
66 virescens Me tt. Japonia. —
67 viviparum Pres 1.Mauritius
E et Bourbon.
68 sagre segno Desv.
Bras
69. eresse Sw. Australia.
70 0 S w.Amer, centr. -
rid.
TI Chatantie dici Web b. ì
e rt. Reg. medit.;
72 li Lia Sw. Nov.
Zelanda. .
73. medullaris Sw. Sumatra et |
75 LI RE argentea
. Peruvia. -
76 atomo Kaulf. var.
ysophylla Kau lf
Udi ei Ho 106 Peruvia»
78 prcenne schizophylla
Tit,
79 cpr Desv. India occ.
80. tar Desv. var. pallidi-
su Hook. Peruvia, Me-
81 “an tenuifolia Bern bh.
Australia
82 Nephrodium endiani Hook.
America trop.
83 —var. bipinnatifidum Hort.
84 Nephrolpis cordifolia Presl.
ico, Peruvia.
85 dini Schott. Japonia.
86 patens Hort.
87 philippinensis Hort.
83. tuberosa Pz. Cosmop. trop.
89 Osmunda regalis Linn. Eur.
90 i Alcicorne Desv.
ustr
91 Palgpelia: a aureum si inn.
Mexico.
92 n Hook. Poly-
93 laiaiiocm Jacq. Brasil.
94 grandifolium Sw. Australia.
95 glaucum Knze, Ins. Philip-
pinae.
iriodes La m. N. India et
Australia, Africa occ.
Di cruna Forst. Au-
È 96
98 Sane inn. Europa etc.
99 Pteris aquilina Linn. Eur.
100 *cretica Lin n. Asia, Africa,
America centr. merid.,
Europa
—var.fol.albo-lineatisH o rt.
i — var. cristata Hort.
108 peri cea Hook. Ins. San-
101
e ich.
> ongbiia Linn. Europa
est Asia, Africa, Ind.
105. n Linn. Am. trop.
x 106 quadriaurita Retz. var. ar-
gyrea (Moore) Anstra-
lia.
107 Pteris capiag Linn.China,
nia
108. tremula Br. "No Holland.
109 Venzetti H or
110 Scolopendrium * Pics
Sw. Europa, Japonia, A-
ca N.
111Strutiopteris germanica Wil]d.
uropa, Asia, America.
Lycopodiaceae.
112 Selaginella emmeliana Van.
Mexico, Equat.
113 Martensii Spr. Brasilia
114 —-var. fol. variegatis.
115 uncinata Spr. Am. trop.
116
-—-var, arborescens H or t.
m. trop. è
Matsiliaceae.
117 Marsilia Drummondi A. Bri
ustr. occ.
118 hiliuni Linn. De 10
rica.
119 i Lai ian, a.
a, America bol
| Salviniaceae
120 Azolla mele Will raxa a
a bor. et centr.
os indigenata. —
CIR, Aliculoides a mk Amer.
122 risa cane A u bI
Gymnospermae.
Conifetae.
128 Callitris quadrivalvis Vent.
Afric. bor.
124 Cephalotaxus drupaceus
et Zucc.Japonia.
125 ilicaar Hort.
126 Fortunei Hook. China bor.
127 ie Benthamli End].
fragilis Hort, Mexico.
funebris End]. China.
glauca Lam
—var. peribiiià LI erit).
Ind. or. pen
Jondura Hor x
macrocarpa Hart w. Cali-
ornia.
sempervirens Linn. Europa
nat).
—var. globulifera Par].
135
Asia, Creta
136 —f. expansa Hort
137 —var. 1 rota T arg
138 Smithii Hor
139 torulosa de > OR
140 Frenela rhomboidea E ndl.
Nova Hollanda.
141 Juniperus virginiana Linn.
merica »
142 Pinus brutia Ten. Europa
austr..
canariensis S m, Ins. Uosiay.
*halepensis Mil]. Reg. me-
dit
145 -— var, paroliniana Hort.
146 var. prolifera Hort,
147 *Laricio Po ir.Europ. austr.
et or., Asia occ
148 Pinus Pinea Linn. Reg.
Medit
149 —var. imgilo Parl
150 pyrenaica Lapeyr. Europa
151
. austr. et or.
Salzmanni Dun. Europa
austr
152 Sequoja sempervirens Endl.
aliforni
153 Taxodium mucronatum T e n.
Mexic
154 Taxus baccata Lin n. Europa
et Asia sept.
155 —var. elegantissimaHort.
156 Thuja gigantea N utt. Amer.
occ.
occidentalis Lin n. Am.
or., Sibiria.
orientalis Lin n. China,
157 -
Japon.
169 —var. aurea Hort.
160 —var. intermedia Hort.
161 —var. pendula Hort.
162. —var. pyramidalis Ten.
Monocotyleae.
filismaceae.
169 Alisma « parnassifliumBa ssi, 5
ropa. 5
164 ‘Diigo Linn. diciupii
Asia, Am. et Ocean. bor
‘et austr. SE
165 —var. arcuatum Mich.
166 —var. lanceolatum Sch.
168 Sagittaria sont Linn.
169 agiWifolia ia Europa, .
Amer. i
167 ranunculoidesLinn. Europa. Ln
Armatyliidaceae.
170 Agave caespitosa Tod.
Mexico.
tro!
172
173
174
horrida Lem. Mexico,
longisepala Tod. Hab ?
mar
micracantha S. Dyck.
Mexico
175 sisalana Perr. Yucat.
u
176 Aleircomeria haemantha
itz. et Pav. Chili.
177 Peregrina Linn. Peruvia,
Chili.
178 cpl Belladonna Linn.
. b. Spei.
179.Ctivia: nobilia Lindl. Afr.
austr.
180 Cooperia Drummondi H er b.
exas.
181 Crinum asiaticum Linn. As.
rop
182 Mito inn Vent.
Am. trop.
183 armani coccineusLi n n.
. austr.
184 ini vittatumH er b.
Peruvia.
185 Hypoxis erecta Linn. Am.
186 villosa Linn Afr. austr.
187Leucojum autumnale Loi n n.
medit.
eg. me
SE cit Narcissus serotina Li n n.
Europa.
a 189 Pancratiam illyricum Li n n.
: medit., America bor.
: 191 Polyanthes tuberosa Li inn.
Mexico,
morata Roez]1. Mexico.
192 Zephyranthes candida Herb.
tina
193
194
195
196
coccinea Hort.
sulphurea Hort.
texana Herb Texas.
verecunda Herb. Mexico.
fAltaceae.
197 Acorus gramineus A i t. Ja-
pon.
198 Ambrosinia * Bassi Linn.
uropa.
199 Anthurium magnificum Li n-
den, Columbia.
200 Arisar um*valgare Targ.Reg.
me
201 eta Mill.Europa,
Reg. medi
202 Dieffenbachia ble Schot.
rasil.
208 Pinellia tuberifera Ten. Ja-
on
pon.
204 Richardia africana Kt h.
rom. b. Spei.
Bromeliaceae.
205 Acanthostachys srobilaces
Link. Brasi ;
206 Aechmaea contati È. ” Orr.
Ameri
207 veneta B xk: Amer.
trop.
208 Billbergia. modesta Hort. © di
209. speciosa T h n b g. Brasilia.
210 zebrina Lindl. Brasilia.
211 Dyckia brevifolia Ba k. Bra-
e
212 Dyckia rariflora Sc h]1t z. fil.
silia.
213 — var. zine Otto
r. Uraguay.
214 rada 0. Koch, Reg.
Argentina
215 Kawnskiana Sahut. Me-
xico
216Pitcairnia recurvata C:K och.
Brasilia
217 porge Schiew. Brasi-
218 canton Mart. Brasi-
lia
Commelinaceae.
219 Aneilema Forskolei Kt h. A-
yssinia.
220 Commelina bengalensisLi inn.
Africa trop.
221 coelestis Willd. Mexico.
communis Linn. China.
223 graminifolia H.B.K. Mexico
224 nudiflora Linn. Reg.
iv
trop.
225 scabra Bth. Mexico.
226 tuberosa Linn. Mexico.
227 wa nasa, Hanc. Me-
cin Tinantia fugax Schiedw.
America trop.
229 Tradescantia nudicaulis
230 pilosa Linn. America bor.
231 virginiana Linn America
bor.
Cyperaceae.
232 Carex*divisa H u d s.Reg. bor.
mp. .
238 Carex*extensa Go o d.Europa,
Prom. b. Spei.
234 *hispida 6 a ud. Helvet.
235 japonica T h b g. Japon.
236 laevigata S m. Europa.
237 multifiora Muhl. Europ.
298 *muricata Lin n. Europa
centr. sept., Kurdistan,
o.
239 nigricans Kit. Europa.
240 *pendula Huds., Europa
merid. et Reg. medit.
241 remota Linn. Europa.
242 sylvatica Huds. Europa.
243 Cladium*germanicum Schr.
Reg. temp. et subtrop.,
g. tem
ira Nova Hollanda, —
d.
Ind. oce., Bras., Prom.
b. Spei, Babi
244 Cyperus alternifolius Linn.
ns. Borbonia
245 distachyus All.
trop. Li
216 “guasto Hinx Cosmop. De
247 a Rottb..A4:=
byssinia
248 glomeratus Lin n. Europa;
Asia temp. de
249 laevigatus Linn. Cosm..
lid
calid. -
250 maritimus Poir. Afr. or.
251 seven Hochst. co
252 “gna L'in die A-
frica or. et occid. ;
253. planifolius Rich. Ind. ‘060,
| 254 Preslii Parl. Reg. medit.
255 vegetus Willd, Chilì bor.,
Mexico
256. ii ont Rab Reg.
t tro
p. et trop. x
257 an n nigra Linn.
Europ. omn., Africa extra
trop., Amer. pri S,
ensylv.).
fa sui pros
di LAT A I
Cosmop.
— 258 Scirpus *lacustris Lin n. Eu-
entr., Asia bor. et
Japonia, Australia, Amer.
sept. et centr.
259 —var zebrinus Hort.
| 260 HoloschoenusLi n n. Europa
omnis, Asia or.
261 *—var. Parlatoris (Biv.)
Sicilia.
262 nodosus Rottb. Prom. b.
3 pei, Chili, Nova Zelan.
ì 263 prolifer Rott rom. b.
DI Spei, Nov. Hollanda..
Dioscoreaceae.
vi: 264 Dioscorea alata Linn. Asia
£ tro
_ 265 bonsriensis Ten. Reg. Ar-
i senti
v 266 bulbifera. Li inn... Ind. or,
Nova Hollanda.
decaisneana Carr. Caio
divaricata Blanco, Ins.
“are,
a Thbg.Japonia.
opposti Griseb. Bra-
pentpii Linn. Asia
FOp.
| apici Kunth. Africa au-
_ 293 oa Vell. Brasilia.
274 villosa Linn. Am. bor
275 iui communis Linn.
4 Europa, Asia, Africa
med.
Gia minaceae.
an Seripogon spent Beauv.
; trop. ;
271 Agropyram?i unceumBe a u v.
ropa medit. et merid,,
Srgiioni Africa bor.
e
278 Agrapyrum obtusiflorum R.
atav.
279 villosum Thor. Europa.
280 pp alba Lin n. Europa,
Asi
281 Pros T hor. Europa.
nebulosa Boiss. fc
olivetoram Gren. Godr
Gallia
*verticillata Vill. Europa.
285 Aira caryophylleaL i n n. Eur.
med. et aust.,Atrica bor.,
Abyss., Prom. b. Spei
Amer. (n.).
286 —*var. Cupaniana (Gus s).
Gallia, Italia.
287 Guss. Europa.
interme
288 Airopsis siga; DOC. Eu-
Topo
289 «un *.tenax Lk.
Reg. med.oce., Africa bor.
opinog me cena ig ssd
Host. Europa, Am. bor.
d *distachyonLinn.
Reg. medit.
Ischaenum Linn. Geront.
* panormitanus Parl. Si-
291 A
cilia.
strictus Roxb. Asia trop.
TorreyanusS t e u d.Am.bor..
296 pregi iigio Cav.
297 pae a; uh Biv.
med.
eg.
298 *odoratum Linn. ueog
Asia, Africa trop.
209 *ovatum Lag. Sicilia, Luo ;
sit., Hisp. -
300 Puelli L ec cet Lamot.Eu-
301 ci "pic venti Bea auv.
ropa, Orien
302 aa bulbosum
Presl. Euro
303 Arundinaria Simoni Riv.
A do a
i ina.
304 Aru a epalnsiPri n
; India or.
305 Arundo *Donax Linn. Reg.
l edit.
306 —var. fol. variegatis H ort.
307 *pliniana Turr. var. mau-
Sd (Desf.) Sicilia,
a, Africa bor.
308 Seporla Hat Humb.
Ori
309 Avena lalicia Brot.. Reg.
medit., Asia min.,Arabia,
brevis Roth. Europa
*fatua.Linn. Europa med.
et australis, Africa bor.,
Abyss. et Prom. b. Spei,
America (n.).
montana Vill. Mont. Pyr.
nuda Linn. Europa austr.
Janna Schreb. Europa
310
311
315 Li. Schrad. Îne. ci
Asia bor.
316 sativa Linn. (Cult.).
817 *sterilis Linn. Reg. medit.
318 naso n sai Stapf.
319 Brackypodiun * distachyum
R. et S. Europa merid.
et mei. s Abyssinia, Aff-
anistan.
320 *pinnatum Beauv. Reg.
it.
321 ramosum R. et S. var.
e (Nym.). Hi-
span
322 “spivaticum Beauv. Eur.,
Oriens
323 Briza genicalata Thunb.
ica austr.
na gig acida Low Giuli,
325 “lu Linn. Europa
merid., Africa, Asia occ.,
Australia.
—var. rufa Steud.
327 media Linn. Europa med.
et merid., Asia med. et
Sibiria.
pg >
328 Briza “ia Linn. Orbis *
vetus
829 Bromus arvensis Lian Eu- È
ropa, Asia occ. “ad
330 adoensis Hochst. Abys-
sinia.
brachystachys Horn. 0-
riens, Egypt.
condensatus H a c k. Europa.
*macrostachys D e s f. Euro-
pa meri
*#madritensis Linn. Reg.
medit.
* maximus Desf. Europa
merid. var. Gussonii
(Parl.). Reg. medit. or.
*mollis Linn. Europa D.
omn., Asia occ., Africa
purgans L i n n.America bor.
racemosus Lin n. Californ.
*rubens Li n n. Reg. medit.
*scoparius Linn. Europa
austr. 4
sa Linn. Reg. me- cl)
dit., Asia bor. «ol
squarrosus Lin n. Europa
austr., Asia occ., Africa
bor.
843 *tectorum Linn. Europa,
Oriens, Asia bor.
344 Chaeturus fasciculatusL i n n.
Hispan
345 Cenchrus tribuloides Linn.
America bor. ;
346 Chloris eni Kunth. A-
frica
isticopgila Lag. Am.
aust: i
a Ù Hochet Arabia.
a Sw. Reg. trop.
plsstnchya W.Am.austr.
351 radia . W. Amer. austr.
352 segni H. B. K. Mexico.
353 Chloridopsis Blauchardiana
349
350
Hort. Tabor.
854 Coix arundinacea N e e sAm
austr.
855 Coix *Lacryma Linn. Sicil.
I
nd.
356 Cornucopia
uinn
357 Corynephorus canescens
eau v. Europ. austr.
358 Crypsis aculeata A i t. Geront.
cucullatum
i in.
rop.
359 pa Lam. Europa
360 Crnodn Dali Pers. Co-
mMop.
361 Aschorsonian Schrad.
362 Daofylia *gomerta Linn.
ropa
363 Demazeria siviacsa N
ear
364 *sicula Dum. Hora.
365 page caespitosa B e-
u v. Europa, Asia, Ta-
smania, America.
366 juncea Bea uv. Europa,
America bor.
367 Digitaria sanguinalis Wi gg.
uropa,
368 *Echinaria dava Desf.
eg. me
369 Eleusine coracana Gaertn.
Aegypt., Ind. or., Am.
| indica Gaertn. Cosmop.
rop. et subtrop.
rigida Spreng.
tristachya Schrank. Reg.
Argent.
374 Eragrostis abyssinica Link.
yssin,
i e Wight. India
Bareei Des f. Europa
merid.
caroliniana Scribn. Amer,
bor.
megastachya Link. Reg.
medit. cosmop.
poeoides Bea uv. Reg.
medit,
oligostachya L i n k.Brasilia.
380 maior peruviana Jacq.
Per
381 senegueni Nees. Africa
Top.
382 ia thus *RavennaeBe a u y.
Reg. medit., Asia occ.,
Africa bor., Jamaica.
398 —var. Maddeni Hort.
884 —var. violacea Hort.
385 Festuca ampla H a c k.Hispan.
386. *ciliata Pers. Europa, O-
riens.
dertoniensisA s ch ers.Reg.
medit
elatior Linn. Europa, Asia
387
gigantea Vill. pegno pa
laxa Hort. Alpes a
or. 1
391 ligustica Bert. Italia.
392 ovina Linn. Reg. temp.
388
389
390
393 »rigida K unth. Europa
bor
austr., Afr.
394 spadicea LI inn. Rufopà
austr., Reg. Himal.
395 spectabilis Ja n. Italia sept.,
Tyrolia, Austr. or.
396 tenuiflora Schrad. Reg.
medit.
397 uniglumis Du m. Europa.
398. vivipara S m. Reg. med.
399 Gynerium SEA N. ab
rasilia.
400 Heteropogon *hirtus Pers.
Europa omnis, Afr. bor
ft et nia As. or, i
Am
401 Holcus clanatuo Lin ni,
La
usit
402 molli Ciad
opa.
408 Hordeum distichon Linn.
(Cult.). Li i
404 gere $ ; sE Reg. me-
-Giby
405 “nation Wi it clerge,
Afri r
406 Hordeum *murinum Linn.
uropa bor. temp.
407 cirie Linn. Reg. bor.
mp.
408 ria Linn. (Culta).
409 —var. nigrum Willd.
410 —var. pallidum Auct.
411 —var. Todari Borziì.
412 —var. SA Jacq.
413 Zeocriton Lin n. (Cult.).
414 Eeoeteria. phleoide Willd.
Syr
yri
415 ape "orti inn.Europ.
; Africa bor,
416 Less Meiten Mnch. Eu-
ropa austr., Abyss., Ca-
liforni
417 Lepturus Sie Trin.
eg. bor. austr.
so user "IN Michx.
419 rta Lam. Gallia.
420 *perenne Linn. Europa,
Asia, America.
421 temuletum Linn. Europa,
“nes America, Novaliol:
422 Pigna Buen Loeff].
Reg. medit.
423 Melica altissima Bi inn. Eu-
ropa austr., Asia bor.
424 “*ciliata Linn.Europa, Asia
extratr. occ., Afr. bor.
425 gra Linn. "ito au-
426 tanti bromoides Du m.
Gallia.
427Miscanthus sinensisAnders.
ina, Japonia, ete
428 —var. fol. variegatis
429 —var. fol. zebrinis.
DE i
430 -— irora Cass.
481 nic alpestris Trin.
= =
433 Oryza sativa Lin n. Italia
de Asia, America, A-
434 Orsa *miliacea Linn.
var. Thomasii (Duby
Corsica, Sicilia, Wii:
Graecia.
435 paradoxa N u tt. Europa.
436 Panicum bulbosum H. B. K.
exico
437 co Linn. Africa
bor., Austr., Mirnioa
sept.
438 *compressum Biv. Sicilia.
439 maximum Jacq. Geront.
trop.
440 inner Lam. Ind. or,,Ins.
ar
repe nn. Reg. Calid.
442 sr dlsoni Poir.
ia.
443 Poni compressum R.
Br. Ind. or., N. Holl.,
Pr. b. Spei.
444 latifolium Spr. Reg. Arg.
445 airone ochst.Abys-
nia.
446 macrurum iù Prom. b.
Spe
pel
447° spicatobi Roem. Reg.
trop.
448 Phalaris *caerulescens Des f..
Reg. medit.
449 minor - e tz. Graecia, 0-
450 "See Linn. Reg. me- -
dit
451 Pio asperum Yroa. DE 2
ropa, Oriens.
452 Phragmites communis Lin n.
Europa, Asia, America,
Ho
453 Poa sbyasinica Jacq.Abys-.
454 ua Li inn. Cosmop.
455 Chaixi Vill, Europa, Cauo.
456 Deore monspeliensis
Sala: austr.,
* or. austr., Chili.
457 FEAR ck].
medit., Africa or. et
us America trop.
et subtr.
458 Secale cereale Lin n. Oriens.
459 Setaria frumentacea H ort.
460 japonica Pynaert. Ja-
pon.
italica Bea uv. Reg. trop.
et subtrop. (Culta).
Mngiseta Beau v. Africa
46
n
462
nop.
463 Ex H.B.K. Austr.
tro
op.
+ 464 purpurascens H. B. K. Co-
smop.
465 RR Beauv. Co-
mop.
466 Sorghum halepense Pers,
Reg. calid.
467 vulgare Pers. Reg. trop.
et subtrop. (cult. pl.var.).
468 —var, cernuum Willd, ex
assaua,
469 pete: PIGN R.Brow.
Aus
470 Stenciphran glabrumTrin.
Littor.
471 Stipa ut Whlbg.
Europa austr.
472 gigantea Link. Lusitania.
473 Papposa N. ab E. Montevi-
deo.
474 pennata Linn. Europa.
475 *tortilis Desf. Europa.
austr., Afr. bor., Prom.b.
pei.
476 Tricholaena rosea N e es, A-
frica austr.
477 Triodia pulchella H. B. K.
exico.
478 Tripsacum dactyloides L i n n,
_ Am. sept.
&19 Trisetum pratense Pers. Eu-
ro
pa,
_ll —
480 Triticum abyssinicamSteud
Abyssinia.
Aucheri Parl. Italia,
bicorne Forsk. Aegypt.,
481
482
yria.
*cylindricum Ces. Pass.et
Gib. Europa.
dicoccum Schrank. Eu-
483
484
ropa.
macrachaetus R i c h t.Gallia
merid.
monococcum Lin n. Taur.
Cauc.
*ovatum Ras p. Reg. medit,
polonicum Linn. (Cult.).
Spelta Linn. (Cult.).
speltoides H o r t.
triticoides Hort.
*ventricosum Ces. Pass.
Gib. Europa.
*villosum Bea uv. Europa
austr., Asia or., etc.
vulgare Vill. (Cult.).
— var. compactum (Host.).
Europa austr., Sibiria.
499 Zea Mays Linn. Piet
ubicumque culta.
500 —var. cryptosperma
(Ronaf.).
501 —var. fol. variegatis.
502 —var. foveolata (Hort.),
503 —var. oryzoides (a ort.).
504 —var. rubra (Hort.)
505 —var. saccharata (Hor t.).
506 —var. translucens (Hort.,).
HaemodoraGeae.
507 Liriope spicata Lour.
China, Cochinchina,
508 Liriope Jaburan Lo dd. Ja-
509 —var. fol. aureo-marginatis.
e intermediumDon,
epal.
bll pinne Ker. Japonia,
a, Himalaya.
LI i uineemaisW illd.
a, Abyssinia,
- Vle =
5153 ua Ww illd. Zeylan.
Itidaceae.
514 Antholyza aethiopica Lin n.
Prom. b. Spei.
—var. praealta (D e 1. in Re-
outè).
516 *bicolor Gaspar. Prom. b.
pei, ot nunc apud nos
515
indigenata.
517 Babiana I toa weet.
518. Lite Klatt. Prom. b.
519 raro vana Ker-Gaw =
. b. Spei.
520 uve K er-Gawl. Prom,
b. Spei.
521 —var. albiflora Hort.
_ 522 —var. purpurea Hort.
528 tarame punctata Mo-
; a.
524 a ta la t «bui:
b. Spei.
—var. albiflora Hort.
526 —var. odorata Eckl..
527 Gladiolus byzanthinus Mi]ll.
525
eg. medit.
528 Colvilli Sweet. Hab?
529 gandavensis V. H outt.
Hybr.
I
. 549
530 Gladiolus psitacinus H o o k.
Africa austr.
5381 ramosus Paxt. Hybr.
532 Sgt: Ker-Gawl. Reg.
medit
533 tristis ti inn. Prom. b.Spei.
584 Homeria collina V e n t.Prom.
535 —var. ochroleuca Salisb.
536 Iris * alata Poir. Europa
, Afr. bor. ;
dichotoma Pall. Dahuria. À
foetidissima Linn. Eu-
ropa centr. et merid., gi
As. oce., Ins. Fortunatae.
neglecta Parl. Hab?
pallida La m. Europa me-
rid., Oriens.
pseudo-Acorus Linn. Eu-
ropa tota, Syria, Africa
bor.
pumila Linn. Europa,
Asia bor. 3
*sicula T o d. (Moraea sicula
Tod.) Sicilia. È
virginica Lin n. America
Or.
#
è. IO COTTE
pesto Melia Recgie, Pata
ve,
di
#Xyphium Lin n. Algeria,
--- -Hisp.; RR ria ®
546 Ixia maculata Linn. Prom. 2
pei.
547 paia D. elar. Prom.
b ;
. Spei.
548 scariosa Thunb. Africa
austr.
—var. albiflora Hort.
550 —var. atropurpurea Hort.
551 Lapeirousea cruenta Ln dl.
| Prom. b. Spei. i
552 Juncea Pour. Prom. bero;
pei È
553 Melasphaerula graminea Ker.
Prom. b. Spei. #
554 ent nine pr Linn. Afr.
55 Padani chinensis K e r-
wl. China.
556 Romulea *Bulbocodium SS, et
candida T e n. Prom. b
Spei.
Columnae $S e b. et Ma ur.
Reg. medit.
eruciata E c k 1. Prom. b.
pei.
ligustica Pa rl. Italia.
ea Paxil. ltal,
Gra
ongitlia B ak. Africa au-
aan Ten. Reg.me-
ramiflora Ten. Reg. med.
rosea Ec kl]. Prom. b. Spei.
266 Sisyrinchium californicum
ryand. California.
567 Sparaxis bulbifera Ke r. (pl
var.). Prom. Spei.
568. grandiflora K e r. (pl. var.).
Prom. b. Spei.
569 tricolor K er. (pl. var.).
Prom. b. Spei.
570 Migonaa cn Ker. (pl.
- ar.). . b. Spei.
ba “are “a dii Prom.
b. Spei.
572 fenestrata Ker-Gawl.
rom. b. Spei.
duncaceae.
573 Juncus *acutus Linn. Eu-
ropa, Africa bor.
574 -—var. multibracteatus
(Sard., S
576 glaucus Eh rh. Europa. .
Zu Dj
577 Juncus Sai Ehrh.
578 sablosoe F Fors > pg
579 ip: so oench. Eu-
580 n: nivea DC. Europa
me
581 Brioni PalmitaM e y.Prom.
b. Spei.
duncaginaceae.
582 Triglochin *laxiflorum Gu ss.
icilia, Corsica.
Liliaceae.
#
588 Acrospyra asphodeloides
w. Prom. b.
584 Agapanthus umbellatus
i t. Prom. b. Spei.
—var. albiflorus Hort.
586 Albuca altissima] a c i .Prom.
Spei.
—var. cornuta Di Cc. ).
aurea Jac q. Prom. b. Spei.
fastigiata” Dryan d. Prom.
b. Spe
587
588
pol
590 tenuifolia B ak. Afr. austr.
591 Allium Ampeloprasum Li n n.
uropa austr., Africa
‘iens.
snverie Guss. Ital. me-
rid.
carinatum Linn. Europa.
chamaemoly Linn. Reg.
medit.
cilicieam Boiss. ba min.
masitnaia È o r bi Lime
597 Allium neapolitanum C y r.
Reg. medit.
598 oleraceum Linn. Europa.
599 roseum *Linn. Reg. medit.
600 rotundum Linn. Asia min.
Europa.
601 sphaerocephalum Linn,
Europa.
602 *subhirsatum Linn. Eur.
austr.,. Africa bor.
603 triquetrum Linn. Europa
604 AN -Europa austr.,
Asia min
605 Aloe abyasinice Lam. Abys-
synia
606 sa botnaeni Mill. Prom.
+ Spei.
607 Baumialkx gli Prom. b.
Spei.
608 baumangivatensis$ c hoe ul.
Prom. b. Spei.
609 Borziana A. Terr, Abys-
sinia.
610 brevifolia Haw. Prom. b.
Spei.
611 caesia re Dyck Prom.
b. Spe
612 vic Willa. Prom. b.
Spei.
613 elegans Tod. Hab?
614 ferox Mill. Prom. b. Spei.
615 frutescens Salm- Dyck.
m. b. Spei.
616 Grenii Bak. Prom. b. Spei.
617 heteracantha Bak. Pr. db.
Spei.
618. humilis Haw. TRES b.
; pel. :
619 latitolia Haw. Prom. DI
Spei.
macrocarpa Tod. H. Pan.
620
621 obscura Mill. Prom. b.
Ss
pei
622 — var. intermedia Hort.
623 — var. maculata Desf.
624 — var. piceta Thnbg.
625 Paxii Terr.fil. Hort.Pan,
Sul, a
626 Aloe percrasssa Tod. Hort.
Pa
an.
627 Saponaria Haw. Prom. b.
Spei.
628 Schimperi Tod. Abyssin.
629 spinosissima Hort.
630 striata Haw. Prom. b.
Spei.
631 soccotrina DC. Prom. b.
Spei.
P
632 supralaevisHaw. Prom. bi
Spei.
633 Todari Borzì, Hort. Pan.
634 Ucriae Terr. gf. H. Pan.
635 umbellata DC. Prom. b.
Spei.
636 virens Haw. Prom. b.
pei.
6:37 Aprica concinna Hort.Prom.
b. Spe
638 iassante Willd. Prom.
b.
Spei.
639 torquata Hort. Hab?
640 Arthropodium paniculatum
R. ustralia.
641 Asparagus thcutifolius Linn.
Reg. medit.
642 sicotne Linn. Reg. sii
643 medeoloides Thnbg. Prom..
b. Spe
pel
644 *officinalia. Linn. Farogli
merid. et media, Asia, —
Africa bor. i
645 ian Bak . Africa
ug Regel. Hort.>
Damm. -
647 Asphodeline *lutea Rch b.
na
Reg. it. or., Algeria.
648 Asphodel us stai Lin.
medit.
649 i Viv. Reg. me- si
dit., Ins. Canariae. -
6590 — var. mon Linn.Eu.
651 = Talora i seit Borzil.
; Hort. Pan, Sii
653
# 675 Dasylirion gla g
E VETTE
652 Brodiaea congesta S. Wats.
America bor. occ.
capitellata Hort.
laxa S. fa ats.
654 America
bor.
655 pedonculai S.Wats. Ca-
liforn
656 pieyntiina S. Wats. Ca-
li
657 Bulbine: annua Willd. A-
rica austr.
658 aloides Willd. Prom. b.
pei.
659 Bulbinopsis semibarbata B o r-
zì, Nova Holl.
660 Calliproa albida Borzì, N.
Holl.
661 “acre Fraseri Torr.
ca bor. ot;
A
662 Miociri
eg.
Bak.
mal.
663 dl variegatis.
Ho
664 di Hort. Hab?
665 Sterbergianum Steud. A-
rica austr.
666 Colchicum *autumnaleLi n n.
Europa.
667 *montanum Linn. Reg.
medit.
Sesta majalis Linn.
ropa. Asia, Am. bor.
669 cantano sinti Ku n-
+ Brasil.
670 Res Steud. Nova Ze-
lan
671 stricta Endl. Australia.
672 terminalisKth, Asia trop.,
Austral.
si = Veitchii Regel. Nov. Zel.
4Danae Laurus Medic. Grae-
cia, As. min., Persia, etc.
laucophyllum
ook, e -
- 676 Dianella coerulea Si
var-
era (Kt st ) Ta.
; ia 677 iv R..B.r. Australia,
‘678 Dianella laevis Hook. Au-
stralia.
679 Dracaena Draco Linn, Ind.
or., Ins. Canar.
680 — var. È carine Hort.
681 Drimia. cla Jacq. Prom.
b. Spe
682 Echeandia ciali C.
Mexico
683 Eucomis punctata Ai "i Prom
b.
pei.
684 Gasteria prepleta Haw
Prom. b. Spei.
685. — var. dexstrorsa Hort.
686 — var. venusta Haw.
687 brachiphylla Haw. Prom.
b. Spei.
688 carinata Duval. Prom.b.
pei.
6389 decipiens Haw. Prom. b.
Spei,
690 guttata Haw. Prom. b.
Spei.
691 multipunctata Hort.Hab?
692 obtusifolia Ha w. Prom. b.
Spei.
693 scaberrima Haw. Prom. b.
pel
694 subnigricans Haw. Prom.
b. Spei.
695 trigona Haw. Prom. b.
Spei.
696 VeZIca Ra Prom. b.
pei.
697 Geitonoplesium cymosum A.
Gunn. Australia, Ins.
Pacif.
698 Haworthia attenuata Haw.
Prom. b. Spei.
— var. clariperla (Haw. È
coarctata Haw. Prom. b.
Spei.
fasciata H a w . Prom. b.
Spei.
foliosa Ha w. Prom. b. Spei.
hybrida Haw. Prom. b.
Bpei.
704 panico Krausei Baker.
rom. b. Spei.
infanzia Haw. Prom.
b. Spei
— var. srioata ( W-)a
ar. semimargaritifera
(Haw.),
parva Haw.
Prom. b.
Spei.
planifolia Ha w. Prom. n.
pei.
Radula Haw. Prom. b,
Spei.
Reinwardtii Ha w. Prom. b.
pei.
rigida Haw. Prom. b. Spei.
sa Bak. Prom. b. Spei.
subfasciata Baker. Prom.
b. Spei.
subulata Haw. Prom. b.
Spei
pei
tessellata Ha w. Prom. b.
pei.
717 Hemerocallis Dumortieri
718 hybrida Hort. v. auran-
tiaca Hort. Lorenz.
719 Hyacinthus amethystinus
inn. Hisp., (tallia me-
rid., Croatia, Bosnia.
720 — var. albiflorus Hort.
721 *dubius Guss. Italia, Si-
cilia, Dalm., Graecia,
Creta, Africa bor.
722 operculatusLapeyr. Reg.
med., Cypros.
723 orientalis Linn. Reg. me-
dit.
724 *romanus Linn. Reg. me-
dit., Cypros.
725 Webbianus Nym. Italia,
726 aisi cn sn Mnch.
Pro LS
727 Lachausbie dae I, eichtl,
728 contaminata Ait. Deda: b.
Spei.
Cai: a
755
729 Lachenalia hyacinthoides
Ja Prom. b. Spei.
isopetala Jacq. Prom. b.
Spei.
orchioides A it. Prom. b.
pei.
pallida Ait. Prom.b. Spei. a
regeliana Spreng. Hybr.
tricolor Jacq. Prom. b.
immaculatis
bi
736 Lilium longiflorum Enbg.
apon ina.
737 Massonia anguitifolia Linn.
fil. Prom. b. Spei.
738 Metonica Plantii Lond.
rom. b. Spei.
739 Milla uniflora R. Gra h. Reg.
& È
rgentina.
740 - var. conspicua Baker, i
741 — var. violacea Kunth 7
742 Muscari albovirens (Botryan-
thus albovirens Tod.
Argaei H è
botryoides Mill.
Oriens.
breviscapum Tod. H. Pan.
comosum Mill. Europa
merid., Africa borealis,
Europa,
Pi
Asia occ, =
dilutum Bak. Hab? È I
graecum Boiss. Graecia. |
gps Guss. Europa
merid., Africa bor., Asia
min
pallens Fi isch. Reg. Caue.
racemosum Mill. Byzan-
tium, Asia min.
— var. stlanticim(Boi iss).
— vas. commutatum H o rt.
Szowitzianum Baker, Per-
756 Nolina recurvata B e m s 1.
Mexico, Gallia merid., |
America, «
$ | 757 Nothoscordum fragrans Bth.
ra: America, Africa.
| ‘58 Ornithogalum caudatum
c q. Prom. b. Spei.
comosum Linn. Europa
medit. or.
—var. contortum (T e n.).
di 759
760
cap.
761 graminifoliumT h b g.Prom.
. Spei.
7162 longibracteatum Jac q.
Prom. b. Spei.
montanum T e n. Europa
austr., Oriens.
nanum Sibth. Graecia,
763
sia mi
narbonensis Linn Reg.
medit
neglectum Parl. Europa.
orthophyllum T e n. Italia.
paterfamilias G o d r. Gallia
merild.,
scilloides Ja c q. Prom. b.
pei.
*tenuifolium Guss. Gallia
sro , Italia, Sicilia,
Gra dia;
dirsi Jacq. Prom. b.
italian Linn. Europa
et Reg. medit., Africa
bor., America
773 Phormium tenax Forst. N.
Zeland. ;
TA Srl reta officinale A 11.
È ropa, Caucas., Altai.
T6 Rohdea Japonica Roth. Ja-
poma
716 —var. fol. variegatis.
777 Ruscus * aculeatus Lin n.
Africa bor., Asia occ. È
SE Europa medit. et austr.
718 hypoglossum Linn. Reg.
medit , Africa bor., Asia
906%; Madeira.
Le
780 Scilla autumnalis Linn, Eu-
ropa, Africa bor., Asia
occ.
781 algeriensis Hort.
782 bifolia Lin n. Europa, Asia
min.
783 Bruni Tod. Europa, Asia
occ,
784 *Cupani G uss. Sicilia.
785 festalis Salisb. Europa
cc. et merid
786 —a. albiflora Hort
787 —b. nutans Sm
788 Filangeri (Ti n.).
789 hispanica Mill. Europa
austr., Lusit., Hisp., Ita-
lia, Gallia.
790 intermedia G u s s. Sardinia,
Africa tro
791 italica Linn. Italia, Gal-
lia merid., Helvetia, Ba-
dena.
792 lusitanica Lin n. Lusitan.
798. *peruviana Li n n. Sardinia,
Corsica, Sicilia, Italia,
frica bor.
794 —*var. candida (Guss.)
Sicilia
795 — *var. Olusti Parl .) Si-
cilia
796 = pg. elongata ( Parl. )
Sicilia
797 -*var. Hunghi (Rin).
s. Maretimo Ala):
798 dali (Tir in. a
799 Semele androgyna Kun th. L-
Ins, Canar.
800 Smilax cugri Linn. Eur.
50 Trier irta Hook: China a
802 Lin ipivesit Herb. Bac + i -
Sin
du
— 18—-.
805 Urginea Scilla Steinh.
Prom. b. i
806 Veltheimia viridifolia Jacq.
rom. b. Spei.
807 - *var. undulata Moench.
808 Yucca aloifolia Linn. (pl.
var.) India occ., Mexico
ad Carol. bor.
Otchidaceae.
809 Aceras *anthropophora R. Br.
810 Habenaria intacta Bth. Eu-
ropa, Africa austr.
811 Limodorum *abortivam Sw.
n med. et merid.,
Algeria, Asia minor.
812 Orchis Ulongibrac teata
ivon. Europa austr.
813. *longicruris L k. Reg. med.,
Igeria occ.
814 *provincialisi Balb. Reg.
medit., Africa bor,
815 *tridentata Scop. var.
Lr (Lam.) Europa
erid., Africa bor,
816 Serapias ;iigne Linn. Eu-
ropa austr
817 — var. albiflora.
Musacene.
818 age flaccida Rose. . Ame-
ca bor.
819 tina Linn. Cosmop.
820 uni Ruiz. et Pav.
Peruvia.
821 macrophylia Hort. Amer.
trop.
822 Musa Ensete Linn. Abys-
sinia.
Palmae.
823 Archonthophoenix Cunnin-
mii H. Wendl.
Australia.
824 pred spa Liebm.
825 Chamasdora oblongata
art. Brasilia.
826 Cameron *humilis Lin n.
ar.) Hisp., Italia,
si ica oa or.
827 Cocos australis Mart. Au-
stralia.
828 flexuosa Mart. Brasilia.
829 Jubaea spectabilis H. B. et K
Chilì
111.
8380 Howea forsteriana Becc.
Lord Howe.
831 Livatunà pres Mart.
Australia.
882 chinensis R. Br. China et
ponla.
833 Phoenix canariensis (H ort.)
ecc. Ins. Canariae.
834 dactylifera Linn. (pl. var.)
- bor , Arabia, Per-
835 rinata ter. Afr. or. et —“’
836 stai Adani Guerns.
Car
na merid., Georgia; |
Flo ne .
8387 blackburniana Glaz. Ind.
OCG: 1
838 Palmetto Loo È Amer. bor. .
839 princeps Ho
840 vmbracadifr si art. Ind.
, Mex .
841 Trachyoarpus oxcelsus Ga ve
842 Trachycarpus Fortunei Gay.
ina.
843 Washingtonia filifera H.
end.-America bor.
et occ.
844 robusta H. Wendl. Ame-
rica bor. etffocc.
Pontedetiaceae.
845 Pontederia loureiriana S c h.
Cochinchina.
Restiaceae.
846 Elegia deusta Kth. Prom.
ei.
Scitaminaceae.
847 vg o Rosc.India
848 Giobba Sii Hook.
Siam.
i 849 Hedychium coronarium
i Koen. Ind.or.
_ 850 coccineum Boch Ham.
Nepal
bo. Nepal.
851 gardnerianum Grif f. Ind,
i ; or. i
852 Thalia dealbata Fras.Ame-
rica sept.
Typhaceae.
853 Typha latifolia Linn.
ropa, Asia, Africa bor.,
America bor. et media,
854 stenophylla F. et M. Rossia,
Italia bor., Asia.
855 Shuttleworthii Koch. et
Sond. Europa centr. et
Reg. Danubialis.
Dicotylaeae.
flcanthaceae.
856 Acanthus longifolius Poir.
uropa merid.
857. mollis Linn. Europa au-
858 Anisacanthus virgularis N.
ab E. Nova Hispania,
Mexico, Ins. -Canariae,
etc
859 — var. morettianus Hort..
860 Barleria ventricosa Hochst.
i Abyssinia.
861 Dianthera nodosa Benth.
ok. Ind. or.
862 Fittonia argentea Hort,
863 Hypoester paniculata
Hochst. Abyssinia.
864 Jacobinia pohliana Bth. et
H Brasilia.
865Justicia furcata Jacq. Me-
ico. _
866 Mackaya bella Harv, Bra
silia, i
e -
867 Ruellia amoena Nees. Au-
stralia.
geminiflora H. B. K. Amer.
tro
i p.
869 lactea Cav. Mexico.
870 rosea Hemsl]1. Mexico.
871 solitaria Vell. Brasilia.
872 squarrosa Fenzl. America
tro ;
p.
‘878 strepens ai inn. Am. bor,,
India or.
874 Thwabengia elegans Borzì,
Hort. Pan
‘875 erecta cia Wall.
Afr. trop. occ.
876 — ver. albiflora Hort.
877 pesco Hochst. Abys-
Amatantaceae.
878 Achyranthes *argentea Lam.
var.virgata Mo q.Tand.
Abyssinia, Nubia, Arabia,
‘Sicilia, Sardinia, Gibalt.,
Pig Porto Rico, sa
; , etc.
879 longifolia Hort, Tockio.
880 Acnida grane A.Gray.
Am
881 Amarantus sroparparens
Rox i rs
882 E Linn. | Reg. tomi.
trop.
PE Moq. Bras..
caudatus Linn. Oriens,
Africa trop., India o-
3 rient.
canariensis Bess. Insul.
LE
885
| 1886 dolenti Lin Europa.
887 dusii Hort. Saigon.
888 emarginatus Salzm . Reg.
trop.
910 rota Griseb. Reg. »
912 Telanthera brasiliana Moc
Bras
889 Amaranthus frumentaceus
Buch. Ami bor.
890 gra Linn. Reg.
tro
P.
891 — var. tricolor (Linn.).
892 hypochondriacus Linn .A-
merica bor.
898 melancholicas Linn. Chi-
na, Japonia, Brasilia,
ete.
894 paniculatus (Linn) Moq.
gi d. India or., China,
America bor.
895 patulus Bert. Am. bor.
in Europ. alien.
896 retroflexus Linn. Am
r
DD
Ne,
JI
or. 3
salicifolius H o r t . Ins. Phi-
lipp
898 spinosus Lin. Reg. trop.
viridis Linn. Reg. trop.
900 Amblogyne polygonoides
afin. Am. bor.
901 Celosia argentea Linn. Co-
smop. trop. CSA
902 cristata Linn. India or.;
Bombay, Japonia.
7 plumosa Hort. Hab
trievna Linn. Am. trop.
DA Froelichia floridana M 0 © q
Am. bor., Ind. occ. . —
906 gracilis M o q. America bar, i
%7 Gomphrena decumbens
n acq. Mexico, Bolivia,
&
No)
908 "e Linn. (pl. var.)..
India or., China, Japonia
Brasilia
909 Haagoane K10 tasch Me
gen
911 Pupalia ia Mocqg.
ia merid., Afr. or. et
austr. iù Guinea, Hispa-
ilia, Mexico, Jar
Ampelidaceae.
913 Ampelopsis heterophylla
ieb. et Zucc. Chi-
na, Mong., Japonia.
914 “grani Rutarutica Vent. Au-
ralia exstratrop. or.
915 Partono quinquefolia
.)Planch. A-
merica de et centr.
extratrop.
916 Vitis vinifera Linn. Oriens,
India bor. occ.
917 Henryana Wall. India o-
rient.
Anacatdiaceae.
518 peluria laevigatus
. Nov. Zel.
919 Muali iù DA inn,
eg. medit. omn, Insul.
Canarie, »
920. *Terebinthus Lin n. Europ.
RA saggi sorsi
praes. or.
921 Dijogsaiom SA Engl.
> Australia.
| 922 Rhus *coriaria Linn. Reg.
i medit., Persia. i
923 laevigata Linnn. Prom.
se b. Spei.
924 lucida Linn. Africa au-
str.
825 pentaphyllus Resf. Reg.
826 sylvestrisSieb.et Zucc.
ii) AJapon, i
927 Rhus Toxicodendron Linn.
Japonia e Nippon, Ame-
rica bor
928 cdi Jacq. Prom. b.
Spei.
929 gr dependens Ort. Bra-
930 pesto L inn. Peruvia, Bra-
silia, Uruguay, e
931 terebinthifolius Raddi,
Brasil.
Anonaceae.
9832 Anona Cherimolia Mill.
eruvia, Nova Granata.
983 squamosa Linn. Ind.or.,
America ?)
fAipocynacCeae.
934 Acokanthera venenata Don.
Prom. b. Spei.
635 cinta ceapo cannabinum
. America bor.
936 Mandorle suaveolens si
]. Reg. Argentina.
937 eda crat AI, Rullo.
bor. n
838 Oleander Li n n. LE me-l ne
dit. Asia min minor. 000.
danbia, Aftica ‘or. Do
989 Ochrosia nia PE) (5
. Caled. ;
940 macrocarpa’ H o rt. Hab?
dl rg posa Pouir.
Am
941 bioor Ri sa pe Amer.
943 bere et P. . austr.
944 iricolor R. st s P. Peruvia.
945 Vallesia cymbaefolia Hort.
ova Hispania.
946 Vinca rosea Linn. Java,
India or. et Philipp.,
Brasilia, Mexico, Guya-
na, etc.
947 — var. albiflora Hort.
948 — var. immaculata Hort.
flraliaceae,
949 Acanthopanax aculeatum
em. Asia trop.
950 Aralia dactylifolia Hort.
_ 951 spinosa Linn. Amer. bor.
952 Cussonia triptera Colla
Africa austr.
953 Postegiani pedunculatum
th. America me-
rid.
954 Fatsia Jjaponica Dcene. et
9 :
956 Gilibertia ca March.
Brasilia.
957 Hedera *Helix Linn. Eu-
ropa, Ins. Can., India
bor., ete.
356Meptapleurum rigidum$ e e m.
Jav
959 ia Hort.
960 ca Seem. Ind.
961 a rotundifolia Tono
L i
ex Hort. neapo
Aristolochiaceae.
962 Aristolochia brasiliensis
art, Brasilia,
963 Aristolochia mes Ding IL
Thra
964 elegans M. ast. Brasilia.
965 Kaempferi Willd.Japonia.
966 Pistolochia Linn. Reg.
medit, occ,
flscie piadaceae.
967 Araujia sericifera Brot.
eruvia.
968 megapotamia D on. Bras.
969 Asclepias angustifolia
Schveig. Mexico.
970 curassavica Linn. ex An-
tillis subsp. in hort.
regione trop
971 mexicana Cav. abb, Me-
xico.
972 ara niger R. Br.
Syr
973 Gemphocarpis *fruticosus
Re Br Arabia cult.
sp. in hortis.
et su
974 Oxypetalum solanoides Hook.
Reg.
975 Periploca *graeca Lin n .Bi-
rina sg Syria, Ita-.
lia
976 Pea * it. Reg. Medit. i
Ins. Can
ar.
977 Stapelia atrata Tod. Prom. sr
pei.
978 \iosior Hott.
979 bufoniaJacq. Prom. bic
Spei.
‘980. ciliolata T o d. Tom b. Spei.
981 clypeata Hort
982 conspuronta Wi11d. a :
983
984
- 985 hybrida Hort
986
maculata Jacq. Prom. bi
Spei,
987 Stapelia marmorata Jac q.
Prom. b. Spei.
988 mirabilis Hort.
989 mixta Mass. Prom. b.
Spei
pei.
990 parvipunctata T o d . Prom-
b. Spei.
991 picta Donn. Prom. b.
Spei.
992. rectiflora Hort.
993 rugosa Jacq. Prom. b.
Spei
pei.
994 trifida Tod. Prom. b.
pei.
995. variegata Linn . Prom, b.
Spei.
996 verrucosa Mass. Prom. b.
pei.
997 Vincetoxicum officinale
c h . Europa, Reg.
Jaucas. i
998. purpurascens C. Morr.
aponia,
Begoniaceae.
| 999 Begonia nelumbifolia C ha m.
È t Schlecht. Mexico.
1000 ricinifolia A. Dietr. Bra-
‘ silia
rubro-setulosa A. DC. Bra-
silia. i
Sandersii Hort. Hab?
semperflorens Lh.etOtt.
Brasilia med. et austr.
— var. albifora Hort.
— var. erfordiana Hort.
Schmidtiana Regel.Bra-
"i silia, n)
“ap
Betbetidaceae.
1007 Berberis africana He ben -
. rica austr.
1008 aquifolia Pursh. Amer.
1009 aristata D C. India orient.
1010 era Roxb. Reg. Hi-
1011 box Lam. Reg ma-
gel
1012 Ja bubiion R. Br. Japonia.
1013 nervosa Pursh. Am. bor.
1014 sinensis Desf. China.
1015 spicata Hort.
1016 vulgaris Linn. Europa,
Asia. i
1017 Nandina domestica T h u n b.
On, ina.
Bignoniaceae.
1018 n ento L n d L
1019 Catipa e Walt.
"g
1020 e C.A.Me y. China.
1021 gprs Sie bet Zucec.
1022 J; nd PES Don
Brasilia, Am. austr.
1023 Pithecoctenium muricatum
+ ia, Am. trop.
2024 condifotiami Ma, rt. Bras,
1025 Tecoma radicans Juss. A-
merica sept.
1026 serratifolia G. Don. Ins.
LI
1027 Tecoma stans J u s s.Mexico,
America. :
1028 — var. velutina DC.
Bixaceae.
1029 Kigellaria africana Linn.
Botaginaceae.
1080 Alkanna lutea DC. Europa.
1031 tinctoria Taussch, 0-
riens.
1032 Anchusa capensis Thub.
Africa austr.
1033 italica Retz. Bea. Me-
4 dit.
1034 officinalis Linn. Europ.
1035 Asperugo procumbens Linn.
Europ. Oriens.
1036 Borrago *officinalis Linn.
Europa austr., Afr. bor
1087 Cerinthe major Linn. Eu-
ropa, Asia .
1088 Cordia francisci Graef.
Hort. Casert.
1039 Cynogioseum *Columnae
. Ital. merid., Si-
cia, Graecia, ieg da-
pipi Desf. Reg.
Medit.
Heynei Don. Ind. Or.
*pictum Ait. data au-
str. medit.
Wallichii Do on. Reg. Hi-
mal.
1044 Echium calicinum Viv.
Reg. medit.
— fia
1045 Echium fastuosum Jac ii
Ins riae.
1046 *italicum Linn.
Reg. medit.
1047 *maritimum Willd. Hisp.
Europa,
mer., Italia ins., Africa
or.
1048 *plantagineum Li n n. Reg.
medit., Europa centr. et
Angl. mer. occ.
1049 CIA laevis Roxb. Asia
ustralia trop.
1050 cit Linn. India
1051 Bientina indicum Li n n.
Reg. Argentina.
1052 Heliotropium *europaeum
vi inn. Europa austr.
t Reg. medit.
1053 Ravel Gus s. Sic. Graec.
1054 curassavicum Linn. Co-
smop. trop.
1055 peruvianum Linn. Pe-
ruvia.
1056 Riina barbigera A .
ay, Am. po occ.
1057 Litbospermi arven
n. Europ. Giuni
1058 sr Linn.
Europ., Oriens.
1059 Myosotis spie
Schultz. Reg. bor.
1060 intermedia Link.ex
chultz, Europ., As.
bor., Oriens.
1061 sylvatica Hoffm. v. al
pestris (Schm.) Europa.
1062 Nonnea alba D. C. Europ.,
Oriens.
1063 decumbens Moench.
Reg. medit. occ.
1064 flavescens Fisc h. Europ.,
Oriens.
1065 rosea Link g. Cauc.
10660mphalodes linifolia "Mo ench.
Lusit., Hisp., Gall., Ital.
1067 PHRDAGNDE puri -
on. Reg. Caucas.
€ Ag
Pri ain
SEE AR
CIANO dI
PIO E
ie di:
i do Ae -
1068SymphytumofficinaleLi n n.
Europa, Sibiria, Bithy-
nia.
1068 — var. bohemicum F. W.
1069 tanaicense Stev. Ross.
1070 rara fruticosa O r -
Mexico.
1071 iris Linn, A-
1072 Mestrschmidia Sweet.
Ins. Can
1073 RE orientale D .
on, Asia min.
Cactaceae.
1074 Cereus atropurpureus H or t.
Hab ?
1075 Bomplandi Parm. ex
iff. Brasilia.
cirrhiferus La bo ur. (E-
chinopsis) Mexie.
Duvalli Hort. Hab?
(Echinopsis).
Eyriesii Hort.Berol].
Reg. Argent.
Forbesii Hort. Berol.
ex Foerst. Hab?
pn Monv. ex
Lem.
Jamacaru Di (Agr Brasilia,
— var. cyaneus Hort.
labouretianus > ons..
Mexi
xico.
Spore H or t.(Echi-
nopsis) Mexico.
si "H ort. Hab?
multiplex Ho rt.Berol.
ex Pfeiff. Bras.
nigerrimus Link. (Echi-
nopsis) Chili,
1108
1089 Cereus ri na Mill.
m.
na Engelm.
(Echinopsis) Texas.
subrepandus Ha w. Ind.
tortuosus Forbes. Reg.
rgent.
validus Haw. Am. austr.
Zuccarini Pfeiff .(Echi-
nop.) Mexico.
1095 Echinocactus aulacogonus
em. cult.in hortis, ex
1098
1094
exico.
1096 electracanthus Lem.
Mexico
1097 Epiphyllum truncatum
aw. Brasilia.
1098Mammillaria anguinea 0 t t.0,
exico.
Bockii Forst. Mexico.
celsiana Lem. Mexic.
coronaria Ha w. Mexico.
elongata Memsl. Me-
109
1100
1101
1102
o
xico.
1103 Foersteri Muehlenpf.
1104
1105
1106
1107
glauca Dietr. Mexico.
minima Reich b: e
monclava Hor È: Hab ?
multiceps S. ni Culta in
hortis
1109
1110
IL
1112
— var. major dia 2
preoa Schei dw. Me-
Neumanniana Cia: Me-
xico. i
pusilla Sweet. Amer.
rhodaca: nthaSalmDyck.
Mexico. i
1113
1114
1115
1116 sspioringize rbodantha
. et Ott. Mexico.
1117 var. i Hort.
1118 seîtziana Mart. Mexico.
1119 stella aurata Mart. Me-
xico.
1120 one Salm-Dyck. Me-
1121 alive Pro tt
. Mexic
1122 zuccariniana Mart. Me-
1123 Opuntn amyclea Tenor.
Mex
1124 nad Spreng.
Hab?
1125 balearica Hort.
1126 decumbens Sal-Dyck.
Mezrie.
1127 DilleniHaw. America au-
stralis.
1128. *Ficus - indica Mill. (pl
1129 o. Wend]l.
Mexi
1180 Loi Conso i
1138 leucotricha DC. Mexico.
1133 - gessi: scudi Amer.
ustr.
1193 — “= prolifera Hort.
i America austr.
1134 sfinge Haw. Amer:
1135 ccientati» & n e elm.
er.
1136 psendo Tuna al tivi
Mexicò
1137 robusta Ww endl. Mexic.
1138 stricta Ha w. América
austr.
1139 tomentosa SalmDyek.
Am. austr.
1140 Tuna Mill. Amer. austr.
1141 vulgaris Mill. America
bor,
ii
È
1154 pacita Lam. Sibir., hi
1142 Rhipsalis ripete Salm-
ych.
1143 ar Haw. Ind.
1144 eta Pfeiff. Bra-
silia
1145 Warmingiana K. Schum.
rasil.
Calycanthaceae.
1146 capta occidentalis
; rn. Califor.
1147 Chimonantu fragrans .
ndl.Japonia, China.
Campanuiaceae.
1148 ORALI i Lamarcki
Fisch. Sibiria.
1149 marsupio Fisch.
1150 tnclii de Maxim.
Chin
ek Cucapaii elegans Roe m.
et Schult. Sibiria.
1152 rig Li inn. Reg. me
1153 medi Linn. Europa,
1155 lin Linn. Euro-.
pa, Oriens, Afr. et Asia
bor.
1156 a Sì sà t te et Sm.
, Gra
1157 Cstonopsi va Bth.
Reg. Himal.
1158 Trachelium *caeruleam -
Linn. Italia cont. et
Ins., Afr. bor.
Cannabihaceae.
1159 Cannabis #sativa Linn.
Persia, Italia (culta).
1160 — var. gigantea Hort.
Cappatidaceae.
1161 raga rupestris Sibt.
t Sm. Italia, Graecia,
Hisp. merid., Dalm.
1162 Cleome arborea H. B. K.
enezuela.
1163 fugax Schrad. Hab?
1164 gigantea Linn. Amer.
austr.
graveolens Raf. Amer.
bor.
juncea Sparm. Hab?
muricata Edgew. India
or
serrata Jacq. Ind oc-
cid.
speciosa Raf. America
bo.
TL,
speciosissima D e p pe, Me-
xico,
spinosa Jacq. Am. amstr.
trachysperma Hort,
1493 die Faggi pentaphylla
Cosmop. trop.
RI --
Caprifoliaceae.
1174 Lonicera *canescens S © h u-
Sicilia, Maroccus.
chrysantha Turcz. Sibi-
ria.
1176 gibbosa Willd. Mexico.
1177 grata Ait. r bor.
1178 *implexa Ait. gra me-
dit.
1179 A-
involucrata Banks.
merica bor.
japoniea Thbg. Reg. Hi-
mal.
lima Lam. Himal.
Ruprectxii Regel. Ame-
rica.
rica Linn. Sibiria.
1184 Sn Ebulus Linn.
Europa, Caucasus.
1185 ge L veg n. Europa, A-
1186 Symphorinrpn microphyl-
lus H. B. et K. Mexico.
1187 racemosus ite: Ame-
‘rica bor
1188 ignis Hartwegi Bth.
uatemala.
1189 lontani Michx. A-
er. bor.
1190 di e e r-G awl.
. Himal., China.
1191 pranifoliam dei nn. Am.
1192 n Hort.
1193 *Tinus. Linn.-Europa 4 be
| str. occ., Africa bor. -
Caryophyliaceae.
1194 Arenaria o. Sch-
ra ung., Iicrienti di vi
Ross. austr. Sibiria.
1195 a (Gus.) Eu-
ropa, Afr. bor., Asia
minor.
1196 erre Vahl. Hisp.
t Ital. austr. ip Ade. bor.,
Ins . Can
1197 serpyiioia L Li inn. Euro-
pa, Asia
1198 Cerastium arvense Linn.
Reg. temp. bor.
1199 brachypetalum Desf.Eu-
ropa, Reg. medit.
1200 Rc Fisch.et
. As. min
1201 Lia 41 iù mi bl;
eg. temp. et subtro- .
cal. "
pica
1202 oblongifolius Hor 4.
1203 Dianthus barbatus Linn.
-. Europa.
12904 banaticus He uff. ex
Griseb, Banatus
1205. Caryophyllus Linn. Eu-
i ropa, Asia min.
1206 Carthusianum Linn. Eu-
1208 iveni Pia Europa
med. p
1209 polomorpha Bi ie b. Reg.
Cau
1210 rupicoae Bi vo Sicilia, I.
merid.
1211 Oypeohi altissima Lin n.
iria
1212 Sarai B ieb. Asiamin.
1214 Lychnis Bungeana Fisc h.
1221 fulgens Fisch. Sibiria.
austr. :
1237 colo dla Pata Regia
1215 Lychnis Coeli-rosa Desr.
Reg. medit.
1216 corsica Loisel. Obrsinli
ren
yren.
1217 dioica Linn. Europa. —
1218 divaricata Reichb. Sici-
p.
1219 Flos-Jovis Desr. Helv.
merid., Ital. bor., By-
zanth. £
1220. Fortunei Hort.
1222 Githago Scop. Europa,
Sibiria, Graecia, Anat.,
Pers. etc.
1223 lapponica Hort.Hamb.
1224 macrocarpa Boiss. Reg.
di de
medit.
1225 rubrum Hort.
1226 vespertina Sibth. Reg.
medit.
1227 Viscaria Linn. Europa A- ;
1228 Palyenpa TeneriffaeLa m.
. Tenerifta.
1229 Polpeapon “totraplhiylicim _
eg. medit.
Dica omnis. fere cosm.
1230 Sagina maritima D. Do n
Euro
1251 na ‘officinalis Li n
uropa, Asia occ.
1232 ISS Linn. Europ
austr.
1233 persica Bo 1588. Persia.
1234 Vaccaria Linn. Europa,
Asia minor., pera”
1235 ]—» sun Linn
1236 ipa wi La Europa
1238 Cucubalus ica i 7 el. Eu
ropa, ‘Afr. i
1239 distica Will vs Reg mi
i 0Cee;
1240 Silene gina Hook.
m. bor. o
1241 *fruticosa Li. inn. Graecia,
Sicilia
1242 *fuscata LE Lusit., Hisp.
et Italia austr., Afr.
bor., Syria.
1243 *gallica Linn. Europa,
Africa bor.
1244 lydia Boiss. Asia min.
1245 macrodonta Boiss, Grae-
cia.
1246 muscipula Linn. Reg.
medit.
1247 nocturna Linn. Reg.
medit., Africa bor., Asia
occ.
1:48 odontopetala Fenzl. As.
min., Syria.
1249 orientalis Mill. Oriens.
1250 pauciflora Kit. Europ.
1251 pendula Linn. Lusit.,
Hisp., Italia, Creta, et
Smyrne.
1252 quinquevulnera Linn.
uropa.
1253 Roemeri Frivald. Ba-
nat.
1254 Sartorii Boiss. Insul. Cy-
clad.
1255 saxifraga Linn. Europa.
1256 vesiculifera I. Gay. Ci-
icia
390; viscosa LP ers. Europa, A-
a b
or
1258 ati “nvtie Linn. Or-
bis. terr. fere omnis.
1259 — var. apetala (Ucria)
oiss, Cum specie.
1260 a Sara; rubra Presl.
1261 rapuia Da ebell. Eu-
TOpa,
1262 Tunica prolifera S co p
Europa, Reg. Caucas. |.
Casuatrinaceae.
1263 Casuarina distyla Vent.
Austral. ;
1264 stricta Ait. Austral.
1265 torulosa Ait. Austral.
Celastraceae.
1266 ina lucidus Linn.
. b. Spei.
1267 scanon Linn. America
15 actendro australe V e nt.
No ollanda.
1269 capeno Pur et Zeyh.
1270 Paris americanus Lin.
Am. sept.
1271 europaeus Linn. Europa.
1272 gratia Wall. 126,
Him
1273 n Linn. fil.Ja-
1274 — var. fol, variegatis.
Chenopodiaceae.
1275 Atriplex colotheca Fries.
i uecia. i so
1276 confertiflora S. Wats.
i Am. bor. occ.
1277 hortensis Linn. Cosmop.
1278 nitens Schk. Europ., 0-
ee ri
1279 Atriplex semibaccata R. Br.
Austral.
1280 sibirica Linn. Sibiria.
1281 gn F.Muell.
ustral.
1282 Basel rubra “n inn. Asia
t Africa t:
1283 -- var. alba Li inn.) Chi-
na, Japonia
1284 Beta vulgaris la nn. Euro-
pa, Afr. bor., Oriens.
2285 maritima Linn. Reg. me-
dit
1286 Chenopium album Linn.
nis terr. orbis.
1287 ambrosidoides Linn.Am.
bor. et trop., Europa au-
str., Afr. bor. et austr.,
1288 Bonus-Henrieus Li n n. Eu-
ropa.
1289 capitatum Aschers. Reg
bor. et austr.
1290 foetidam'Schrad. fe
trop.
1291 are È inn. Orbis terr.
fer
1292 colin "i chrad.
Reg.
1293 Quinoa w in d. Am. au-
Ù str.
1294 rec Linn. Europa,
a bor.
1295 Crrieporini deg:
inn. Europa, Am
bor.
1296 aa tamnoides Bi e b.
1297 Kochia arenaria R ot us.
, Asia occ.
1298 ani +Europa, —
Asia bor.
1299 Salsola Kali:binn. Reg.
bor. ot ‘austr. temp.
1300 rosacea Linn. As. med.,
Sibir.
Da Spidacia òleràcea Linn.
Ubique cult,
a
1302 Teloxis aristata Moqg. Am.
Cistaceae.
1303 Cistus cyprius Lam. Ins.
Cyprus.
ladaniferus Linn.
medit. occ.
monspeliensis Linn. Reg.
medit. occ.
terna Lam. Reg.
Reg.
e
pensa W ilk. Reg.
medit
derigiifttca Linn. Reg.
medit. occ
purpureus Lam. Oriens.
*salvifolius Lin n.Europa,
Afr. bor., Reg. medit.,
1810
Persia.
1311 vaginatus Ait. Teneriff.
1812 a canum
. As. min.
1313 bi: Mi i]. Reg. med.
1314 guttatuam Mill. Europa
medit. et austr., Africa
bor., Syria.
1315 halimifolium Pers.
medit.
1316 .ledifolium. Mill. Europa
austr.
1317 niloticam Moench. Eu-
topa et Africa bor.,
essi iaia Persia,
1318 Serro 8 pach. Reg.
inedit
Regi:
Compositae.
1319 Achillea ageratum Linn.
uropa.
lanata Spr. Podolia.
magna Linn. Europa.
millefoliuam Ledeb. Eu-
ropa, Asia min.
n Linn. Europ.,
Orie
a Linn. Reg. bor.
| temp.
25 rosea Waldst. Hungar.
1326 Aetinomeris squarrosa N u tt.
America bor. occ.
1327 tetraptera D C. Mexico.
1828 Actinella linearifolia Torr.
. Texas.
1329 Ambrosia artemisioides
Meyen. Peruv.
1330 bidentata Michx. Am.
bor.
1931 maritima Linn. Europa;
riens.
1332 trifida Linn. Amer. bor.
1333 Amellus annuus Willd.
Africa austr.
1334 Ammobium alatum R. Br.
Nova Hollanda.
1335 Anacyclus Pyretrum DC.
Africa bor., Oriens.
1336 Anthemis arvensis Linn.
Eu
ropa.
aetnensis Schouw.
Mont. Aetna.
austriaca Jacq. Ital.
1337
1838
1399 Biebrseinian L.Koch.
1340 enni Willd.Eo
ropa austr.
on ; Reg. danub., Cauca-
1841 Anthemis Cotula Linm.
Europa, Afr. bor., Oriens.
1342 palaestina Reut. As.
min., Syria.
1343 peregrina Linn.
Graecia, Asia min.
1344 perse Linn. Europa;
1345 Aplopappae rubiginosus
To tGray. Amer.
Or.
1346. e pren repens Wendl,
Africa austr.
1347 Arctotis Joi
rg. Africa austr.
1348 Arnica longifolia Eaton.
Am. bor. occ.
1349 Artemisia annua Linn.
ia bor., Oriens.
Absinthium Linn.
1350 Eu-
rop.
*arborescens Li n n. Italia,
1351
Oriens, Reg. medit.
1352 camphorata Vill. Europa
austr.
1353 Dracunculus Lin n.
i Europa, Oriens.
1354 mutellina Vill. Europ.
1355. pontica Linn. Europa,
Reg. Cauc., Song.
1356 Stelleriana Bess. Am.
»f tschatha.
1857 vulgaris Linn. Europa,
Asia, Afr., Amer. -
1358 Aster azureus Lind t. Am.
i sept.
1359 filifolius Vent. Afr. au-
1869 "Sai Hort. ex ni:
Heynh. Hab?
1361 junceus Ait. Am. bor.
1362 laevis Linn. Am, sept.
1363 Novi Belgiù Linn. Am.
sept. $
1364 scaberrinus Less. Me
xico. ;
Bi
+ 1565Aster sericeusV e n t.America
sept.
1366 sibiricas Linn. Sibiria,
Am. bor. occ.
1367 Baccharis halimifolia Lin n.
Am. bor.
1368 pigmaea DC. Chili.
1369 Scossa Hook,
1370 Bellis duci Linn. Reg.
medit.
1871 Pra Linn.(fl. pleno)
ropa, Asi
1372 Bellium bellidioides Linn.
Reg. medit
1373 Bidene bipinmata Linn.
eg. trop.
1374 cernua ” inn. Reg. bor.
tem
pil
1375 connata Mnhl. Am, bor.
1376 Nova-Caledoniae Forst.
N. Kebrid.
1377 pilosa Linn. Am. austr.,
Ind. occ.
1378 quadriseta Hochst, Afr.
trop., Sibi
1379 tripartita Linn. Europ.
—-+ frutescens D C.
sor:
sedi *arvensis Linn.
e Ins. Can., 0-
1382 PIRA D'esf. Reg.
medit
1383 nr R af. Europa, O-
1384 ristagalli Viy. Reg.
1385 lg Raf. Sicilia.
1886 maritima Guss. Sicilia.
1387 alifatici Host...
1388 officinalis Lin n. (fi. pleno)
Europa austr.
1389 gras Cav. Sicilia, A-
fr,
1390. velico Vahl. Reg.
medit.
1391 Callistephus | e Oss.
China, i
1392 Carduncellus Sonica
Afr. bor.
1393 Carduus* corymbosus T e n.
ia infer.
1394 lampedusanus Lojac.
Insul. Lopadusa.
1395 pychnocephalus Linn.
Eur dn Reg. medit.,
Ori
1396 Giuse. i Linn. Reg.
medit.
1897 Carthamus flavescens
. Asia min., Sy-
ria.
1898 glaucus Bi eb. Asia, Per-
sia.
1399 lanatus Linn. Europ.
austr., Asia min.
1400 leucanthus Hort.
1401 leucocaulus S. et S m. Ar-
chip.
1402 ISIPRA Linn. India
egyPpt.
1403 Guiindi coerulea Linn.
medit.
g.
1404 lutea Linn. Reg. medit.
1405 pressi segore Pers. Afr.
1406 Contare atropurpurea
st.etKit.Hun-
1407 Ca Linn. Europa, —
Afr. bor. Si:
1408 cerinthifolia Sibth. et
m. Graecia.
1409 *Cineraria Lin n. Europa,
Afr. bor.
1410 Crocodylium Linn. Sy
ria.
1411 Cyanus Linn. Europa,
1 Reg. Caucas.
1412 dealbata Willd. Asia
Persia. 0
1413 eryophora Linn. Gallia,
Lusit.
1414 Centaurea eriospata Linn.
ia, î
1415 jacea Linn. Europa med.
1416 melitensis Linn. Europa
austr
1417 romana Linn. Italia.
1418 pulcherrima Willd.
Caucas.
1419 scabiosa Linn. Europa.
1420 sempervirens Linn. Ita-
lia, Lusit.
1421 sicula Linn, Sicilia.
1422 *sphaerocephala Linn.
Europa medit.
1423 tauromeritana Guss, $Si-
cilia.
1424 it eran Vahl. Ara-
1425 Cephalophor aromatica
Schrad. Chilì.
1426 seria xeranthemoides
. Asia min. , Per-
1427 Chars heterophylla Cass.
rica austr.
1428 Chegancoma Coma-aurea
. Africa austr.
. 1429 Clover carinatum
Schousb
1480 caucasicuam Pers. Reg.
Cauc.
14381 cinerariaefolium V is. Dal-
matia
coccineum Willd. Reg.
Cauc., Persi
Vicioniia Li: inn.Europa
i austr.
1434 corymbosum Linn. Eu-
ropa, Afr. bor., Caucas.
1435 decaisneanum Pers. Hab?
1486 disciforme C. A. Wey.
Reg. med.
fascicualatum Hort.
fruticosum Vell. Brasil.
indicum Linn. China i
Japonia.
marginatum Hort.
paludosum Pò ir, Afr, bor.
1442 Chrysanthemum Partenium
rnh a
1443 persicum Boiss. Persia.
1444 prealtum Vent, Asia
min., Persia.
1445 segetum Linn. Europa,
Afr. bor., Asia occ.
1446 viscosum Desf. Reg.
medit
1447 Cichorium Endivia Linn,
Europa, Oriens
1448 mister Linn. ca:
Ori
1449 Cradetichue proliferus D C.
Afr. bor.
1450 Cnicus aracnoideus Bieb.
1451 benedictus Hort.
1452 niveus C. Presl, Eu-
ropa.
1453 scabrum Hort
1454 syriacus Roth. Italia,
Oriens.
1455 Valenowskyi Hort.
1456 Wallichi Hook. Reg. Hi-
mal.
1457 Conyza *chilensis S pr. Gu-
1458 ivaefolia Less. Afr. au-
stralis.
1459 Coreopsis Atkisoniana
Hort.
1460 aurantiaca Hort. Hab ?
1461 samitiraraze Linn. Amer.
bor.
1462 bicolor Syteno Hab?
1463 coronata Hook. Texas.
1464 Drummondi Til: et
Gray, Texas.
1465 grandiflora Nutt. Amer..
bor.
1466 lanceolata Linn. America»
bor. N
1467 "nr Nutt. “Îmaticaa
1468 Tipi Linn. America
1469 Cosmidium filifolium N utt.
- Cosmop.
1470 ——- bipinnatus Cav.Am.
exico.
1471 Cota “obétbniopifolia Linn.
ropa, Africa.
1472 Orepis are Linn. Asia.
1473 buxifolia Linn. Sicilia.
1474 hyemalis Biv. Afr. bor.
1475 rubra Linn. Ital. Graec.
1476 ppi *vulgarisC ass.Reg.
it.
1477 Criptostemi percorri
ce . Prom. b.
Spei.
1478 Cynara Cardunculus Linn.
Reg. medit.
1479 Dahlia variabilis Desf.
Mexico.
1480 apre pluvialis M o-
. Prom. b. Spei.
1481 Deha eli Moen-
ch. Amer. bo
1482 Echinops comigern DC.
India
1483 crt 8 chrad. Hun-
gari
1484 dosi Stev. Reg. Canc.
1485 van alba Hassk. Co-
mopol. trop.
1486 Famila sonchifolia D C. Asia
trop.
1487 Eupatorium album Linn.
mer.
1488 aromaticam Linn. Am.
bor.
1489 atrorubens (Le m.) H.Pan.
calaminthaefolium H. Bet
K. Mexico. i
Asia bor
coelestinum Linn. Amer.
bor.,
csv w al a, Hab?
Vanni de Hab?
janthinum Hemsl, Me-
x1C00,
cannabinum Linn. Eur.,
1496 Eupatorium lucidumOrte g.
exico.
1497 macrophyllum Lin n. Am.
rop.
1498 megalophyllum Klatt.
exico.
1499 o tt Mocq. et Sess.
rina
1500 olaceum 3% af. Hab?
1501 ia abeti Gaertn.
eg. medit
1502 Felicia ETA Nees.
rica austr.
1503 cr Cass. Africa
1504 Filago ia Linn.Europa,
Asia bor., Oriens.
1505 *germanicaL in n. Europa,
riens.
1506 Flaveria Contrayerva Pers.
Am. trop.
1507 repanda La g. Texas, Mex.
1508 Gaillardia lanceolata M i-
ch x. Amer. bor.
1509 pulchella Fouger. Amer.
sept.
1510 —var. picta (Sweet).
1511 sorta *tomentosa
nch. Reg. medit.
1512 SA pinnatal, e ss.Prom.
b. S
pei.
1513 Geropogon glabrum Linn.
uropa.
1514 Sangue nio undulatum
Linn. Africa austr.
1515 Grindelia glutinosa Dun.
r. bor. occ.
ne Hook. Calif.
pie D C. Am. bor.
1516
1517
1518
1519
fot Nutt. California.
squarrosa Dunal. Am.
bor. occ.
1520 Guizotia abyssinica Ca ss.
ica trop.
1521 Gynura aurantiacaD C.Java:
1522 Helenium microcephalum
D C, Mexico
, .
1523 Helianthus annuus Linn.
m. sept.
1524 canus Hort
1525 cucumerifolius Torr.
mer. bor
garde Spreng.
A-
1526
orali. D C. Amer. bor.
ce.
parviiora Bernh. A-
r. bor.
1529 sc angustifolium
.- Reg. medit., Oriens,
bracteatum Willd. Au-
stralia.
decurrens, Muell. Austr.
diosmaefolium Sweet.
Austral.
lanatum D C. Asia min.
orientaleG a e r t n.Archip.,
Asia minor.
*rupestre D C. Reg. medit.
1536 *saxatile Moris. Sardinia.
1537 Helipterm roseum Bth.
Austra
1538 Helmintia i n.
Europa.
1639 Hieracium crinitum Sibth.
et S m. Sic., As. min.
1540 Humea elegans 8 m. ssnnag
1541 Hyoseris radiata Li
Reg. medit.
1542 Hypochaeris *aetnensisB t h,
et Hook. Sicilia.
1543 laevigata Bth. Hook.
Afr. bor., Sic.
1544 Hysterionica linearifolia
rasili
ak.
1545 irà purpurea DOC.
Mex
1546 Inula riimoids Linn.
eg. .
1547 ini Desf. Reg.
medit.
1548 montana Linn. Europa
austr.
1549 obtusifolia Kern, Reg
imal,
1550 Inula viscosaA i t.Reg.medit.
1551 Iva xanthifolia Nutt. Am.
Or.
1552 Jurinea alata Cass. Reg.
aucas.
1553 Koelpinia linearis Pa ll.Asia
occ. et bor.
1554 Lactuca quercina Linn.
1555
1556 saligna Lin n. Europa,
Africa bor. occ.
1557 Scariola Linn. Europ., 0-
riens.
1558 virosa Linn. Europa, A-
sia bor.
1559 Lagascaea mollis C a v.Cuba.
1560 Lapsana communis Linn,
ig Oriens, Asia
1561 ini gabrata Lind Ì
Calif.
1562 obtusifolia Cass. Chili.
1563 Laya SQ da ook. et
Arn. A occ
1564 gulardiides Ho ook et
Ar r. bor. occ.
1565 Leontodon Salani Ball.
Reg.
1566 linilaipom ua Gray.
exas.
1567 08 gen Gaertn.
m
Reg.
1568 Madia cigno Fi Don. Am.
1569 saliva La Am. bor.
OCC,
‘1570 Matricaria africana Berg.
Africa austr.
1571 prg DO. dall
<<
a Linn. Europa
sai DC. Africa
austr.
i Baiss. Syria. |
1575 Militella pusillaSommier,
Ita,
#4
1576 Micropus ‘na Lag.
eg.
1577 Mikania ai Willd.
Amer. calid.
1578 Montanoa bipinnatifida 0.
Koch. Mexico.
1579 Obeliscaria pulcherrima D C.
Am. bor. occ.
1580 TROIA maritimum
Sch. Reg. medit.
1581 Onopordon macranthum
houb. Reg. medit.
1582 Palafoxia texana D C.
Texas.
1583 Pallenis * spinosa Cass.
‘ Reg. med., Oriens.
1584 Picridium nam Desf.
medit.
Reg.
1585 Picris e Bert. Eu-
ropa
1586 Caen Dioscorii DOC. A-
TOp.
pui odorata Die Amer. au-
1588 Podiélianitm paniculatum
nth. Mexico
1589 Psiadia glutinosa Jacq.
; ns. Maurit.
1590 Pulicaria disenterica G a-
ertn. Eu 3
| 1591 Rhagadiolus Hedypnoides
A11. Reg. medit.
1592 e Gaertn. Reg.
it.
1593 Rodigia commutataSpren 8g
Graecia.
1594 Rudbeckia. mapierionalis
Vahl. Amer., Mexico.
americana Hort. Hab?
fulgida Ait. Am. bor.
1595
1596
1597 laciniata Linn. America
bor.
1598 lanceolata Bert. Amer.
r.
1599
purpurea Linn. America
bor.
1600 speciosa Wender. Amer.
bo:
T,
1601 a subtomentosa
1602 Suntlin rosmarinifolia
n. Europa austr.
1603 vividis wi illd. Europa
austr.
1604 Sanvitalia procumbens La m-
xico,
1605 Scorzonera angustifolia
inn. Europa austr.
1606 laciniata Linn. Reg.
it., Caucas.
1607 Sostieni tania Linn.
Reg. medit.
1608 mio aetnensis J a n. Ita-
1609 Antenphobium Sch. A-
frica au
bicolor To a Italia, Grae-
cia.
*candidus D C. Sicilia.
Cineraria D C. Reg. medit.
1610
1611
1612
1613
1614 “dlphinitl Vahl. Reg.
Oriens.
elegans Linn. Africa
austr.
grandifolius Less. Mezioni
hadiensis Forsk. Arabia.
japonicus Sch. Japonia.
1620 Kaempferi DC. Japonia.
1621 Kleinia Less. Ins. Canar.
do
maritimus Linn. Afr.
austr,
odorus Sch. Arabia.
drei DOC. America :
aus
scondon Willd. Reg.
LR
"Sr
Mi per PR RNA E ae n
a DC. Insulae Ca-
Doria È in n.Europ. austr.,
kleinioides Oliv. Africa
trop.
*Mandraliscae (Tin.) Ins.
ulcanu
ima
sia Hochst.
A A
1629 Senecio *vulgaris Linn.
Europa,(cosmop. inquil.)
1630 Siegesbeckia flosculosa
L’Hèrit. Peruvia.
1631 orientalis Linn. Cosmop.
trop.
1632 Silphium integrifolium
x. Am. bor.
1633 trifoliatum Linn. Amer.
À Or.
nda marianumGaertn.
ropa.
1635 solita» ellyptica Ait. A-
a bor
1636 macrophyila H erb. Am.
bor
1637 PRAIA Linn. Am.
sept.
serotina A it. Amer. sept.
o A. Gray.
er. bor. occid.
1640 Sica fraticosus Lin n.
ns. Madeira
1641 maritimus Lin n. Europa,
Reg. medit.
1642 *oleraceus Linn. Cosmo-
1638
1639
pol.
1643 “tenerrimus Linn. Reg.
, medit.
1644 Spilanthes Acmella Murr.
Cosm. trop. et subtrop.
1645 Stevia pilosa La g. Mexic.
1646 Tagetes erecta Linn, Me-
xico.
1647 n H. B. K. Ecua-
dor. trop.
1648 pati riga n. Mexico,
1649 signata Bart]. Mexico.
dg Tanacetum vulgare Linn.
| Europa, Asia bor.
1651 Taraxacum officinale Wigg.
Reg. bor. et austr. temp.
1652 sione Poir. Euro-
pa
tc 1658 Tarchonanthns camphoratus
du i Africa or. et
inn
austr.
1654 Thelesperma filifolium A.
Gray. Am. bor. occ.
1655 Tithonia tagoliliore Desf.
Mexico.
1656 diversifolia D C. America.
1657 don pratense Li n n.
, Sicilia.
1658 Trincia Lasa DC. Reg.
medit
1659 ida *Dalechampi
F. Schmidt. Eu-
ropa austr.
picroides F.W.Schmidt.
Europa austr.
1661 Verbesina alata Linn. Am.
1660
trop.
1662 crocata Less. Mexico.
1663 encelioidesB th. et Hook.
America bor. occ.
1664 virginica Linn. America
sept.
1665 Vernonia altissima Nutt.
m. trop.
1666 angustifolia Michx. A-
È.
1667 anthelmintica Willd.
Himal.
16683 baccharioides H. B. et K.
Nov va ranata.
eminens Bi isch. Africa
bor.
fasciculata Michx. Am.
—b eNot. America.
n 2 Veluiinila Lippii Cass.
26] er. austr., Ins. Cana-
1673 Santi ‘spinosum Lin n.
mopol.
1674 ra verrucosaG aer tn.
Europa
ESS è clegana 3 acq. ate <a
1676 Haageona ber America
rop.
1677 parve Linn. America.
Convolyrùulaceae.
1678 Argyraea splenden weet.
Indi
1679 Convolvalus SERATA
inn. medi
*arvensis Lin n.Gerontog.
eg. temp.
rs Linn. Europa,
Orien
rinosna Linn. Africa
t0p.
a Thnbg. Africa
persicus Linn. Persia.
Scammonia Linn. Asia
sabatius Vis. Ins. Cana-
siculus Linn. Reg. me-
dit
1689 *tricolor Linn. Europa
medit.
1690 ina Murr.
ropa, Asia bor
1691 Didionia repens Fo orst.
Reg. trop. et subtr.
-1692 Evolvulus alsinoides Linn.
Reg. trop. et subtr.
1693 Ipomoea Aitoni Lindl. A-
) frica austr.
1654 ia (ana gga Hochst.
1695 asan Linn. delia
calid i
curassavica Balb. Hab.?
glaucifolia Linn. Amer.
rop. i
hederacea Jac q. Amphig.
trop. ;
austr.
mauritanicus Boiss. Afr.
1721 Cotyledon agavoides B
1699 Ipomoea hederacea Ja cq
—var.imperialis(Hort.).
Kermesina Hort
lacunosa Linn.Amer. bor.
Leari Pa xt. Am. trop.
leucantha Jacq. Am. au-
stral.
montana Moric, Hab?
obscura Hassk. Java.
palmata Forsk.Aegyptus.
Roxburghi Hort.
rubro-caerulea Hook. Me. |
xico.
sibirica Pe ers. Reg. Hi-
mal., a min,
superba deh rank. fa
merica.
tricolor C a v. Hab? ,
; Sten Linn. Ins. St.
%
Cru
1713 Nolana "dn Lindl.
Chili.
1714 prostrata Lin n. Peruvia.
1715 Quamoclit coccinea Much.
exico. +
Cornaceae.
1716 Cornus sgerirare Mi
Amer.:
1017
1718
capitata Wa 1 t. Himalay
fastigiata Michx. Am
bor.
sanguinea Linn: ‘Europa,
“ec bor,
stricta La m. America bor.
1719
1720
Crassùulaceae. ©
Mexico
1722 Cotyledon apolina Hort.
1723. californica Baker, Am.
1724 Dica Ba k. Mexico.
1725 glauca Baker. Mexico.
1726 Grusoni Hort.
1727 imbricata Dele uil. Me-
xico.
1728 magnifica Hort.
1729 minor Pall. Sibiria.
1730 mirabilis Hort.
1731 mutabilis Hort. Hab?
1732 pachyphyton B a k e r, Me-
xico,
1733 ea Baker, Me-
co.
1734 li B ak. Ecuador.
1735 retusa Baker, Mexico.
1736 roseata Baker, Mexico.
1737 Scheidekeri Hort.
Schmt. Mexico.
1738 Uhinchi Hort.
1739 Umbilicus Li n n. Europa,
Asia min.
1740 vulgaris Cons. Hab?
1741 Crassula canescens R o e m.
3 isla Prom. b.
1742 ua È endl. Prom.
b. Spe
1743 robicunda E. Mey. Afri-
se krlaciio< diana Hort.
i coccinea Welw. Africa
trop.
1746 crenata Haw. Africa
- trop.
| I747 glaucescens Brit t.Africa
:. p.
1748 integerrima L a n g. Prom.
b. Spei
1749 kewensis Hort. Hab?.
1750 marmorata Sc hw. Abys-
è» sinia.
1751 rotundifolia H a w. Prom.
bd.
pei.
1752 Welwitschii aa
Afr, trop
753 una coccinea D C. Prom.
b. Spei.
1754 Sellia altissimum Poir.
urop.
1755 coeruleum Vah. Reg.
medit.
1756 erre AI. ‘ago me-
1757 pa ia Bor. Japon.
1758 Selskianum Regel. Reg.
Amurens
1759 *stellatum ti in n. Europa
austr
1760 Sempervivum canariense
inn. Insul. Canariae.
1761 ciliatum Willd, Insul.
Canar
1762 decoram Hort.
1763 3 Haw. Insul.
anariae
1764 cisanteum H a w. Insul.
Cana
1765 siii Ait. Ins.
adeir.
1766 Tillaea muscosa Linn.
ropa, Africa bor.
Crtucifertae.
1767 Alyssum incanum Linn.
Europa, Sibiria.
1768 minimum Wi il l d. Eu-
ropa, Oriens.
1769 mutabile Vent. Italia.
1770 maritimum La m. Europa.
| 1771 Anastatica hierocuntica
inn. Oriens,
1772 Arabo albida Ste v. Reg.
1773 bepharoplylla Hook. Ca-
1774 pedata 1 Li inn. dinero
1775 Aubriotia antilibaniBo iss.
1776 Aubrietia deltoidea D C. I-
talia, Graecia, As. min.
1777 cichoriifolia Lois el. Py-
1778 Barbara arcuata Reichb.
; Asia min.
1779 volgari R. B r. Europa.
mp.
1780 ina ciliataDC.Hispan.
1781. *didyma Linn. Reg. me-
dit., Per
1782 Brassica alba Boiss. Eu-
et. (Cosmop. cult.).
cernua Hort. Hab?
dissecta B o i s s, Hispania.
fruticulosa C y r. Italia,
Reg. medit.
1787 insularis Moris, Sardi-
juncea Coss. Asia.
nigra Koch. Orb. vet.
(Cosmop. culta).
1790 Braya supina Koch. Eu-
1788
1789
ropa bor.
1791 Bunias Erucago Linn. Eu-
ropa austr.
1792 Cakile maritima S c o p. Eu-
ropa, Africa bor., Amer.
bor.
1798 Calepina irregulare Hort.
1794 SA sativa Crantz.
ropa, Asia temp.
1795 Capita ae - pastoris
c. Reg. temp.
1796. procmbena Fries. Reg.
mp.
1797 Caiemine hirsuta Linn.
p., Reg. sica: et
1798. dci Hochst, A-
yssinia.
1799 Carriptera Vellae DC. Hi-
spania.
1800 Cheiranthus alpinus Linn.
Scardinav. .
sa 40 si
1819 ochroleucumD C. Hispania.
1801 Cheiranthus Cheiri Li n n.
Europa.
1802 scoparius Brou ss. Insul.
Canariae.
1803 arrrsrionia Schousb.
aroc
1804 Clypeola Jonthlaspil. i inn.
Reg. med.
1805 cgrnvan acaulis Desf.
or.
inn. Europa
1807 Coluteocarpus reticulatus
Boiss. Asia min. Sa
1808 Crambe abyssinicaH o c h st. -
Africa tr “a
1809 Diplotaxis endcoiai DO.
edit.
muralis D C. Europa.
persi Presl. Aegypt. di
rab.
Ti
1806 lu Li
1810
1811
1812
Sarge D C. Reg. me-
dit
1813
1814
viminea D C. Reg. medit.
virgata D C. Hispania, A-
fr. bor. a
1815 Eruca cappadocica Reut. |
1816 Erucaria aleppicaGaertn.
raecia, Oriens. i
1817 capra arabicum
m p. Reg. medit.
1818 Peysimon cuspidatum D 0.
G a, Asia minor.,
Pani.
1820 Euclidium syriacum RsBre:
Reg. Caspic
1821 Farsetia elypoata R. B r.
1823 Fmanophys pubescens
C. A; Mey. Sibiria..
1824 Iberis amara Linn.
ropa.
1825 hesperidifolia Hort. veti
1826 pinnata cina pv
austr.
1827 Iberi sven Linn.
ropa austr.
1828 lm: siva. All. Italia.
1829 japonica Miq. Japonia.
latisiliqua Stev. Asia,
Persia.
praecox K it. Europa.
tinctoria Linn. Europ.,
1830
1831
1832
Oriens.
1833 Koniga Libica R. Br. Afri- -
ca bor.
1834 Lepidium Draba Linn. Eu-
ropa, Oriens.
reticulatum Hort.
ruderale Linn. Europa,
Oriens.
sativam Lin n. Oriens.
virginicum Linn. Ame-
rica bor.
1835
1896
1839 Lunaria annua Linn. var.
biennis (Moench). Eu-
ropa.
1840 caio mongolica Ma-
ongolia.
1841 siii R. Br. Reg. me-
dit
1842 Matthiola *incana R. Br.
1844 tricuspidata R.
medit.
1845 Moricandia arvensis D C.
ropa, Reg. medit
1846 Myagrum polfotiatanmi. i inn.
Europa, Orien
1847 Ochtediam PESTE C.
Syria, aegyp.
1848 Raphanus sar Morett.
Italia
1849 sativus # in n. Europa.
1850 I Linnaeanum
Boiss. Europ. austr.
1851 Senebiera mule Linn.
i Cosmop.
1852 Sinapis abyssinica Hochst.
1853 apula Ten. Europa austr.
1854 turgida Delil. Aegypt.
fl so
1855 Sisymbrium *Alliaria S co p.
Europa, Oriens, Reg.
Himal.
1856 *officinalis Sco p.Afr. bor.,
Europa.
(857 pinnatifidum DOC. Europa.
1858 fpionnià Linn. Eu-
ropa austr., As. minor.
1859 fl ” ort
1860 Sophia Linn. fee. temp.
1861 *thalianumG a y.Reg.temp.
a Succowia balearica Medic.
Reg. medit.
1863 Streptanthus petiolare A.
Di
—
ray. Amer. bor.
1864 Vesicaria utriculata D C. Eu-
ropa
Cucurbitaceae.
1865 Beninoase cerifera Savi,
t Africa trop.
1866 Gitenlue Corser Sch-
Africa calid.
1867 Coccinia palmata Cogn. A-
str.
1868 gigia dipsaceusE h r e nb.
Arabia, Africa trop.
1869 Dudain Lin n. Africa trop.
1870 sativus Linn. India or.
1871 Cucurbita coronata Hort.
87 ima Duchesne. As.
. tfop., Abyss.
1873 non Dash enne:
Top.
1874 Pep nf (pl. var i
; Oriens.
1875 Si ao sagiiolane, i
Naud. N. Granata.
1876 pedata Schrad. Mexico.
1877 —var. edulis (Hort.).
1878 Ecballinm Elaterium A. ina
ch. Reg. medit.
1879 IE lobata Turr.
t Gray. Am. bor. occ.
1880 ce vulgaris Ser.
(pl. var.) Reg. trop. et
‘subi ro
1881 Lufta scatena gala Rokb,
Reg. trop.
1882 ‘Aegyptiaca Mill. Gerant.
trop.
1883 striataSchrad. Afr. trop.
1884 Melothria scàbra Na ud.
Mexico.
1885 Momordica CharantiaLi n n.
India or.
1886 Sycios angulata Linn. Am.‘
bor.
Cupuliferae.
1887 Quercus Cerris Linn. Eu-
1888 Ilex Linn. Reg. medit.,
Oriens
ens.
1889 —var. Fordii (Carri).
1892 —var. pyràmidalis Hort.
1893 \incana Roxb. Reg. Himal.
1894 lanuginosa Lam. (non
Don). Reg. medit.
1895. pedunculata Willd. Reg.
medit. et austr., Europa;
Oriens.
18596 —var. brutia (Ten.).
1597 polymorphà Chmss. et
Schlecht. Mexie.
1888 pseudo-Suber Santi, Reg.
medit., Europa, Oriens.
1899 susilifiora Blume. Ja
pon.
1900 sicula Borzi, Hort. Pan.
1901 Suber Linn, Reg. medît.
et Oriens,
1902 Toza Bose. Europa austr.
1908 . virginiana Mi 11. America
bor,
Dipsacaceae.
1904 Cephalaria alpina Séhrad.
uropa.
1905 corniculata R. et S. Ba-
natus.
1906 leucantha Schrad. Hi-
spania.
1097 ustulata Ra è m. Hispania.
1908 Dipsacus fullonum Lin n.
Europa, spet bai:
1909 laciniatus H o :
1910 spira da Mil + afopà,
Ori
“
. 191 Raidiioia o Sibth.
et Sm. Europa àustr.,
Asia.
1912 cretica Lin n. Ins. Cretà,
Sicilia
1913 integrifolia Linn. Graec., —
As.
min.
1914 limonifolia Vahl. Sicilia.
1915 îaritima Liù n. Reg. me-
dit., Ins. Canariaè.
1916 palaestina ce, n. Asia
min., Persi
1917 prolifera tai Syria,
Ins. Cypras. Di
1918 stellata Li nn. Rep. mo-
dit. occ. e
Ebenaceae.
1919 Diospyros Ebenum Mo en.
India or., Himal.
Eineagnaceae.
1920 Elaeagnus angustifolia
inn. Europa, As. bor.
1921 multiflora T h b g. Japonia.
Eticaceae.
1922 Arbutus Andrachne Linn.
edit. or.
- 1928. canariensis Duham. Ins.
anariae.
1924 *Unedo Linu.Reg.medit.,
Hibern.
1925 Erica peduncularis Salisb.
Prom. b. Spei.
1926. stricta Don. Prom. b:
Spei
Eùuphnorbiaceae.
1927 Adelia acidonton Lin n. Ja-
maica.
1928 Alkornea ilicifolia M uell.
Australia
1929 Buxus balearica Lam. Ins.
., Sard.
1980 Fortunei Carr. China.
1981 sempervirens Linn. Eu-
| egatis.
1994 ra Segliione
eg. Mexico, Cuba.
1935 di spinosa Ten.
Brasilia,
ai cdang
1959
1936 CE, gle Boiss.
1937 ui SA es 4 Grae-
cia, Asia min.
*Bivonae Steud. Africa
bor., Sicilia.
1938
1939 canariensis Linn. Ins.
anar,
1940 ceratocarpa Ten. Sicilia,
1941 Chamaesyce Linn. Reg.
medit.
1942 CharaciasLin n.Reg. med.
occ.
1943
1944"
1945
colletioides Bth. Mexico.
.coralloides Linn. Italia.
dendroides Linn. Reg,
medit.
1946 helioscopia Lin n. Europa
et Asia bor.
1947 Lagascae Spreng. Sardi-
nia.
Lathyris Linn. Europa
austr
sincatata Linn. America
bor.
marginata Pursh. Amer.
bor.
1948
1949
1950
1951 mauritanica Linn. Africa
austr.
mg Parl. Melita
g. medit.
1952
edit., Africa bor.
Peplus Linn. Europa, A-
sia min.
pinea Linn. do: medit.
platiphyila L in n. Euro-
realis.
Regis-Jubao Webb. et
Berth. Ins. Teneriff.
1960 So Hoppo, Dalma- -
1961 Homaanthns Leschenaultii
Blum. Ins. Malaja,
agiata Gouan. Europa
EN
Dia A it. Insul. Ma--
prostrata A i t.America bo-
ud di
: 1962J votiva aconitifolia Mill.
America trop.
‘1963 podagrica Ho ok. Panama.
1964 urens Linn. America
trop.
1965 Mallotus ‘asili Muell.
1966 Maloutislis *annua Linn.
uropa, Afr.
1967 SA sngustii
Sw. Ind.
1968 —var. eten teud.).
1969 grandifolius Linn. Amer.
al
1970 montanus Sw. Jamaica.
1972 —var. africanus (Mill.).
973 var. arboreus (Hort.).
1974 —var. sanguineusiHort.).
1975 —var. tunicensis (Desf.).
1976 Securinega ramiflora
uell. Asia or.
Ficoidaceae.
1977 Necembevantbemom blan-
j do aw. Prom. b.
1978 —var. #0 roseis.
1979 Snai Salm-D yek.
b. Spei,
1980 cortili Lin n . Prom.
1981 croata inn. Sicilia,
Graec
1982 tra Salm-Dyok.
rom. b. Spei.
1983 curvifioram Ha w. Prom.
- b. Spei.
1984 depressum Haw. Prom.
b. Spei, ui
inca cinta Ait. Africa au-
g. medit.
i 2002 pulchella P ers. + Buropa,
2004 ope ovata Vent. Afr
ustr.
1985 Mesembryanthemum diffor-
meL inn. Prom. b. Spei.
1986 Ecklonis Salm-Dyck.
Prom. b. Spei.
1987 geminatum Haw. Prom.
b. Spei.
pe -
1988 heteropetalum H aw.Prom.
Spei.
1989 inclaudens Ha w. Prom.
ei.
1990 linguiforme Linn. Prom.
b. $
pei.
1991 —var. latuoam Hort.
1992 denza Linn.
om. b. Spei
1593 spectabile Hort.
1994 subincanum H a w. Prom.
b. Spei: —.
1995 tricolor Steud. Prom. b.
Spei. 7 x
1996 uncatum Linn. Prom. b.
pei. i
1997 Sesuvium ipa to
inn. Reg. trop.
1998 sorepan Sunia
2 rit. Peruvia.
ral.
2000 dia M urr. Australia.
Gehtianaceae. -
2001 Erythraea n Pei
Hiiole dall’ lor.
Getaniaceae.
2005 Erodium alsiniflorum D e-
lile Hab?
2006 cicutarium L’Hèrit.Reg.
medit , Asia med.
EE Soland, Euro
pa austr., Orlens.
2008 ini Linn. Reg.
2007
medit.
2009 semenovii Regel. Asia
centr.
2010 Geranium abortivamDeNot.
Reg. medit. |
batrachioides Cav. Euro-
pa.
carolinianum Linn. A-
cinereum D C. Mont. Pyr.
*molle Linn. Europa,
Afr. bor., Asia centr.
pratense SÈ nn. Europa,
Asi
Neri Linn. Reg.
bor. temp.
Pene Linn. Eur,
rata Linn. Europa
ustr.
taberosum Linn. Reg.
2020 lio Balsamina Linn.
sia trop.
. 2021 glandulifera A r n. Zeylan.
A Roylei Walp. Reg. Hi-
mal.
‘2028 Ti ngi 0a) R. Br.
or.
2024 Oxalis asinina Ja a cq. (bulb).
i bi
— 2044
2026 Oxalis Bowei Lin d. Prom.
pei.
carnosa Molin. Chili.
*cernua T h b g. (bulb).
b. Spei; nunc apud
nos indigenata et late
diffusa.
compressa Linn.
2027
2028
(bulb).
., Prom. b. Spei.
Consolei T o d. (bulb). Afr.
austr. »
Coppoleri To d. \bulb).
Afr. austr.
corniculata Linn. Reg.
trop.
var.tropaeoloides(H or t.)
Reg. trop.
paga DC. Ins. Ma-
fabaefolia : acq. (bulb).
Afr. aus
floribunda > e h m. Brasi-
lia.
—var. albiflora (Hort.}
hirta Lin n. (bulb). Afr.
austral.
incarnata Lin n. Prom.
b. Spei.
Majoranae T o d. (bulb).
Hort. Pan
micrantha B ert. Chili.
rg Lin n. Vrdk
Prom. b. S
Regnellii Mid nia silia.
PONT e av. (alb). -
2043
Me
2045 variailia Jacq. - (bulb)..
b. $
i ma. pei.
2046 Pelargoniom acerifolium | >
è ri t.Prom. b. case ù
7 ‘amplissimum Wendl.
Prom. b. Spei.
. Cr Jacq. Hel:
ustr. i
capitatum ai Dai. b.
pei
crenatum Link. Prom. b.
DS)
2051 Pelargoniani decipiensHort.
2052
2053
2054
2070
ficifoliuam Hoffmgg.
*Prom. b. Spei.
formosissimum Pers.
rom. b. i.
gibbosum L’ H è èrit.
Prom. b. Spe
graveolens L’Hèrit.
Prom. b. Spei.
presti D C.Prom.
b. Spei
ma nia
rit.
pete J a q. Prom.
b.
“iii ochst.
Abyss.
; papilionaceum A i t. Prom.
. Spei.
peltatum Ait. Prom. b..
pei.
quercifolium L’Hèrit.
Spei.
anta Sims. Prom. b.
Radu L Hi è rit. Prom.
b. Spei.
--var. roseum (Willd.)
scandens Ehr b. Prom. b.
Spei.
stenopetalumE h r h.Prom.
. Spei.
ternatum Jac q. Prom.b.
S
pei.
tomentosum Jacq. Pansa.
S
2071
. Prom. b. Spei.
2072 Tropaeolum majus Linn.
Peruvia
2078 lobbianumH ort.Veitch.
Nova Granata.
2074 peregrinum Linn. N.
Granat.
b. Spei. 1
vitifolium L’Hèrit.Prom.
ei.
b. Spei
zonale I rara (pl. var).
SP gr
Giobùulatriaceae.
2075 Globularia Alypum Linn. ;
Reg. medit.
mila > inn. Ins.
deira
HFaloraceae.
Teti È PIA
a DL a Rat
2077 Gunnera bracteosa Steud.
Hydrophyliaceae.
2078 Nemophila atomariaFisch.
Am. bor. occ. ur
2079 maculata Benth. Califor-
nia. SA
2080 artnnig DI arton.
Am
2081 Phaceia bipinpatifca
x. Am. bor.
2082.
2083
2084
2085
ia. ; »
2088 Wigandia caracassana H. i
saggia Hook. Texas.
hastaefolia Hort. Da
malvaefolia Li ham. Ame
rica bor
nn: ELE Amer.
Or.
viscida RO, Califor nia
Whitlavia A. Gray. Ca
t K. Venezuela, Le
| xico,
Hypeticaceae.
2089 Hypericum androsaemum
Linn. Europa, Asia
2090 canescens Trev.Lusitania.
2091 Desetangsii Lamott.
Hab ?
2092 elatum Ait. Am. bor.
2098 hircinum Linn. Europa,
Asia bor.
2094 perforatum Lin n. Europa,
As. et Am. bor.
2095 quadrangulatum Linn.
Europa.
Ilicinaceae.
2096 Ilex da Linn. Eu-
Topa,
Iliecebraceae.
2097 Herniaria hirsuta M ill.
| 2099 arabica DC. Sy, Arab.,
Aegypt.
2100 bonariensis DC. Reg. Arg.
ar sr Lam. Reg. me-
i 2102 Belerandhus annuus Linn.
2 Europa, As. temp.
dugiandaceae.
2103 aias cremano Nutt.
2104 Jaglan nigra Linn. Am.
bor
2105 regia da nn. Asia occ.,
imal.
Labiatae.
2106 Ajuga vr Schreb. Reg.
2107 esca Linn. Europa.
2108 Ballota acetabulosa B e n t h.
Graecia, Asia min.
2109 hirsuta Benth. Hisp.,
r. bor.
2110 hispanica Benth. Europa
austr.
2111 saxatilis Sieber. Syria,
se iniabi
2112 Fabri origanifolium
L'Hèri ns. Canar.
2113 Blephilia hirsuta Bth.
Ameri
2114 Valamintha è Clinopodium
DI ent h. Reg. bor., 0-
2115 pepe Seri, Europa, Afr.
2116 Colene thinensisti ort.Hab?
2117 lanuginosus Hochst
Abyssinia.
2118 Persooni Bth. Madaga-
scar.
2119 shirensis Gurk. Africa
‘trop.
2120 spicatus Bth. India or.
2121 Verschaffeltii Lem. Java.
2122 siericcntoa maldavica
n. Europ., Asia bor.
2123 Plscholtia cristata Willd.
op, Am. ;
2124 Galeopsis pyrenaica Bart].
uropa austr.
2125 Tetrahit Linn. Europa,
Asia bor.
2126 prc hispida Pursh.
America bor.
2127 Hivigar ‘officinalis Linn.
uropa, As. temp.
2128 Lallemantia peltata Fisc bh.
. Reg. Caucas.,
Pers
sia.
2129 Lamium * amplexicaule
Linn. Europa, Asia
bor.
2130 Lavandula multifida Linn,
Reg. medit. occ.
2131 Spica Cav. Reg. medit.
2132 Stoechas Lin n. Reg. me-
dit.
2183 Leonotis Leonurus R. Br.
Prom. b. Spei.
2134 Leonurus Cardiaca Linn.
eg. bor. temp.
2185 ibirion Linn. Sibiria,
2136 Fasce Linn. Asia med.
2137 Leucas indica R. Br. India
orient.
2138 Lophanthus anisatus Bth.
me T. 0cc.
2139 rugosus Fisch. et Mey.
Chi
na.
2140 sinensis Hort. Hab?
2141 Lycopus *europaeus Linn.
uropa, Asi
pa, r.
2142 Marrubium supinum Linn.
Europa austr.
2143 propinquus Fisch. et
ey. Reg. Cauc., Persia.
2144 vulgare Linn. Dei,
Asia, Africa bor.
2145 Molisse officinalis Linn.
Reg. medit., Oriens.
Asia, Afr. ;
2149 —var. macrostachya
(Ten.).
. 2150 *sylvestris Linn. Reg.
bor. temp.
2146 Mentha Mirennae Mattei.
Insul. Tenus
*Pulegium Lin n.Europa,
Africa et Asia bor.
rotundifoliaH u d s.Europa,
or
2I4T
2148
2151 viridis Lin n.Europa, Asini
Africa bor
2152 Micromeria a pprcsignali
Europa medit.
2153 *graeca Bent h. Ital. me-
rid., Sicilia, Oriens.
2154 Molucella spinosa L it nn.
Europa austr., S
2155 Monarda camaliot ec ck.
Am. bor
2156 Abe N utt. Am. bor.
occ.
2157 Mosla japonica Maxim.
apon
2158 ocimoides Buc-Ha m.
Chin £
2159 Maps Catari Linn. Eu
ropa, Oriens, Himal.
2160 camphorata Boiss. Grae- -
cia. i i:
2161 nuda Lin n.Europa austr.,. .
riens. È
2162 ucranica Linn. Europa —
oce., Asia bor.
2163 Give Basilicam Linn.
Asia occ. trop.
2164 —var. bullatum Hor t.
2165 —var. faninum Hort.
2166 —var. microphyllumHort.
2167 carnosum Link. et Ot
America trop
2168 Rn Linn. Ind
2169 si Willd. Ari
bor. et austr.
2170 sanctum Linn. Geront.
reg. trop.
2171 Origanum DictamnusL i n n.
reta.
2172 Majorana Linn. Europa.
2173 vulgare Linn. Europa,
Asia. bor.
2174 Ortosiphon tomentosus B t h.
ndi ient.
| ‘2175 Perilla arguta Bth. China.
«2176 ocymoides Linn, India
or.
217% Pezeria multifida Linn.
ina.
2178 Phlomis armeniaca Willd.
ia min.
2179 americana Hort.
2180 chrysophylla Boiss. Sy-
ria.
2181 ferruginea Ten. Italia,
Graeci
ecia.
2182 purpurea Linn. Hisp.,
Lusit.
2183 tuberosa Linn. Europa
austr., Asia or. et bor.
2184 ‘viscosa Poir. Syria.
2185 Physostegia via
2186 virginiana Benth. Am.
=
2187 Plectranthus hadiense
CA Jeae,
2188 sd ig axinn.
Reg. Am
2189 Prasium ‘aj Linn.Reg.
medit. tem
2190 Prunella Diciniaie Linn.
Europa, Africa bor., 0-
; riens.
2191 sd Linn. Reg.
2192 Rosmarinus*ofteinalisl inn.
eg. a
2198 Salvia amarissima Orteg.
Mexico.
2194 geom Linn. a;
x 2195 diidicibiia Linn.
Sicilia, Aegypt.
22
2196 Salvia cleistogama DeBory
et Paul. Afric. austr.
2197. clandestina Linn. Reg.
medit
si
2198 coccinea Juss. Am. bor.
°. trop.
2199 controversa Ten. Reg.
medit.
2200 farinacea Bth. Texas, Me-
xico.
2201 filamentosa Tausch. Am.
Or.
2202 glutinosa Linn. Europa
austr., Oriens, Reg. Hi-
mal.
2203 laici Benth. Mexic.
2204 Horminum Linn. Reg.
medit.
—var. bract. albis Hort.
2206 —var. bract. roseisHort.
2207 —var.bract.violaceisHort.
2208 Janthina Otto et Dietr.
" Mexic.
2209 rita Schousb. Ma-
occ.
2210 ca Thunb. Japon.
2211 lyrata Linn. America
bor.
2212 esa Linn. Reg.
2213 plpstacha Orteg. Me-
2214 ds Linn. Europa.
2215 regeliana Trautv. Cau-
Casus. ca
rigens Sibth. et Sm.
©
raecia
2217 roemeriana Scheel. Te- sE
. xas, Mexico. i
2218. Sclarea Lina. Reg, me-
. — dit., Orie
2219 splendens Ker. et Gael
—J}
Brasilia.
2220 rin Linn. Europa, 0-
2221 | —var. » verbo
(Bro
2222 viscosa 7, ned: Italia. L
2223 Satureja hortensis Linn.
Reg. med., Oriens.
2224 juliana ADS Reg. med.
2225 Scutellaria albida Lin n.
Europa or., Oriens.
2226 baicalensis Georg. Sibi-
ria, Asia or.
2227 dependens Maxim. Ja-
pon.
golericulata Linn. Reg.
bor. temp.
lateriflora Linn. America
bor.
orientalis Linn. Europa
ust., Oriens.
* peregrina Linn. Euro-
pa austr. Oriens
Tournefortii Bth. Persia,
eg. Cauc.
2258 Sideritis montana Linn.
Reg. medit.
2234 romana Linn. Reg. me-
dit.
2235 Sphacele subhastata Bth.
Chili
ilì.
2236 Stachys Bethonica Bth..
uropa, Asia min.
2287 Mialliesii Noé. Algeria.
2238 sylvatica Linn. Europa.
2239 ar Chamaedrys Linn.
uropa, Asia bor.
2240 favam Linn. Reg. me-
2241 Sato Linn. Reg.
medit, occ.
2242 Scorodonia Lin n. Europa.
2243 Thymus Mania Linn.
austr.
2244 Zisipiaat capitata Linn.
Reg. medit., Oriens.
Lauraceae.
2245 Cinnamomum Camphora
ees. et Ebern.
China, Japon
2246 Laurus nobili Li inn. Reg.
Hort.
2247 lttsontalia i Borziì.
Pan
2248 Uda lucida BI ume.Iava.
2249 Persea indica Spr. Ins. Ca-
nariae.
Leguminosae.
2250 Acacia Cavenia Bert. Ind.
or,
2251 Cebil Griseb. Reg. Ar-
gent.
cyanophylla Lindl.
str
—var. latifolia Hort.
farnesiana Willd. Reg.
trop. i
horrida Willd. Prom. b.
ia.
Martii Benth. Brasilia.
melanoxylon R. Br. Au-
stralia.
neriifolia Cunn.
li
ia.
— var. angustifolia Hor t.
—var. ciopunnate 9 chle-
e
Au-.
cyclops A. Cu n n. Austra-
lia
falcata Willd, Australia. i
Spei.
longifolia Willd. Austra-
AuBirsr,
2264 Acacia x: F. Muell.
Aust
2265 ia B enth. Au-
stralia.
2266
rostellifera Bth. Austra-
lia
salicifolia Hort.
saligna Vendl. Austra-
lia
stonophila A. Cunn.
da Wi illd. Au-
stralia
2271 Adenanthera pavonina
Linn. Asia trop.
129272 Alana intermedius
DC. Europa, Oriens.
2273 foliolosus DC. Insul. Ca-
nariae.
2274 Aeschynomene indica Linn.
nd. Or.
2275 AlbizziaJulibrissinDurazz.
Asia, Afr. trop
—var. speciosa (Hort.).
lophantha Benth. Au-
2276
stralia.
2278 procera Bth. Asia trop.
2279 Alhagi camelorum - isch.
Oriens, Asia c
2280 Amorpha canescens pra utt.
m. sept
2281 californica Nutt. Califor-
2282
2288
elata Bouchè, Hab ?
fruticosa Linn. Ameriec.
t
sept.
2284 herbacea Walt. America
sept.
2255 SR vega monoica El].
2286 Anagy de Linn.
g. medit., etcega
2287 Anthyllis*t
inn
Reg. medit.
2288 Vulneraria Linn. Europa,
Oriens, Abyss.
2289 Arachys hypogaea Li n n.
Reg. trop. cult.
— gi
2290 Astragalus alopecuroides
Linn. Sibiria, Helvetia.
2291 boeticus Linn. Reg. me-
dit
2292 storozbachyi Lind]. Reg.
Himal.
excapus Linn. Europa.
falcatus La m. Reg. Cauc.,
Sibiria. ,
frigidus A. Gray. Ame-
rica bor.
galegiformis Linn. Reg.
2293
229
f=<
2295
2296
ucas.
hamosus Linn. Reg. me-
dit., India Orient., Trans-
cauc.
sesameus Linn. Reg.
medit.
2297
2298
2299 Bauhinia montana Hort.
porrecta Sw. India
2301 Biserrula Pelecinus iu inn.
it.
8.
2302 Caesalpinia tinetoriaD o m b.
N
2308 Cajanus => S prengl.
dia
2304 Calyotome ‘*infesta Guss.
Sicilia, Dalm.
2305 Carugana ‘Chambagi Lam.
2306 alia Lam. Sibiria
‘alt,
2807 Redowskii D C. Sibiria.
2808 soforaefolia Tausch.
Hab ?
2309 pren Poir
Sibir
2310 Cassia susa Sim. Au-
stralia.
2811 bicapsularis Linn. Ame-
op.
Chamaecrista Linn. Reg.
bor. et austr.
3 clausseni Bth. Brasilia.
laevigata Wil1d. Cosmop.
trop.
marginata Roxbg. India
T,
2316 Cassia mexicanaJ a c q.Amer.
trop.
2317 . morylandica Li nn. Amer.
2318 nictitans Linn. America
2319
2320
ReimwardtiiH a s s k.Java.
Sophorae Linn. Geront.
trop.
2321 stipulacea A it. Chili.
2322 riu *siliqua Linn.
austr., Oriens.
2323 da } perni Linn.
Europa, Oriens.
2324 —var. fol. variegatis.
2325 toa > Matt. A-
2326 Ternatea Li inn. Reg.
trop.
2327 Coronilla cretica Lin n.
Eur, or., Asia min.
Emerus Linn. Europa
austr.
montana $ co p. Reg. Cauc.
2328
2329
2
2331
2
mi sia
*valentina Linn. Europa
2332
: austr.
2333 Crotalaria incana Linn.
m.ttop.
2534 Cytisus canadensis Hor t.
2385 candicans La m. Reg. med.
occ.
2336 scoparius Link, Europ.
2337 tie ano Roxbg.
2888 Dalea ua Willd.
merica bor.
2339 Desmanthus brachylobus
Bth. Amer. bor.
2340 virgatus. LR 11d. Amer.
oce.
bor.
2341 Dosmodium canadene DO.
Am
2542 cepbatote w all. Asia
U'Op.
2345 al DC. Mexico.
2344 Desmodium floribundum G.
n Himal
2345 morylandicum Boatt.
Amer. bor.
2346 Dolichos albus Mattei. So-
malia.
2347 Lablab Linn. Reg. trop.
- var. albiflorus Sering.
2349 ann saio Linn. Am.
è
o)
ustr.
2350 ea rectum$S e r.Reg.
medit.
2351 ivi Crista-galli Linn.
Brasilia.
—var. laurifolia H. Pan.
insignis Tod. Hort. Pan.
viarum Tod. Hort. Pan.
—var. picta Tod. Hort.
P
2352
2953
2354
2355
an.
2356 Galega bStiggrerna a inn.
;, Asia 0 c.
2357 dui .à.. » C. Aet-
attleyana Hort. Hab?
ephedroides D C. Insul.
Sardinia, Sicilia.
florida Linn. Reg. med.
2358
2359
2360
occ. Se
2361 stilosa G. Don. Lusita-
nia. ; 198
2862 Gleditschia se rviga Desf.
eg. caspic
2363 triacanthos Li inn. Ame-
rica b
2364 SIR, So Sieb. et
. Asia trop.
2365 Halimodendron argenteum
‘ Reg. gaue)
Persi ws bor.
2966 Hardenbergia comptoniana
Australia. i
2367 Hedysarum *coronerium
Linn. Italia.
2368 sibiricum Poir. Sibir.
pu pda unisiliquosa
. Reg. medit.
2370 Hornkia Pursiana Bth.
ca bor.
2371 Hymenocarpus *circinnatus
a vi. Sicilia, Ital. cont.,
Hisp., etc.
2372 Indigofera Gerardiana R.
Gra g. i-
mal.
2373 polstella Roxb. Reg. Hi-.
mal.
2374 Laburnum anagyroides M e-
dic. Europa
2375 Lathyrus Agliana Linn.
Europa, Oriens.
2376 Clymenum Linn. Reg.
medit.
2377 Gorgoni Parl. Sicilia.
2378. latifolius Linn. Europa.
2379 mexicanus Wender.
‘Mexico.
2380. Nissolia Linn. Oriens.
2381 odoratus Linn. Italia.
. 2582 setifolius Linn. Europa
austr.
2383 sylvestris Linn. Europa.
2384 Lens esculenta Moench.
Oriens.
2385 Leucaena glauca Benth.
Reg. trop.
2386 Lotus angustifolius Linn.
uropa, Oriens. .
2387 arabicus Linn. Africa
n b î a
or., Arabia.
2388. coninbricensis B ro t. Reg.
me
trop.
*edulis Linn. Reg. me-
o dit.
| 2391 Jacobaeus Linn. Ins.
4 Cap. Virid.
“ornithopodioides Linn.
parviflorus Desf. Reg.
| med.
purpureus Webb. Ins.
Cap. Virid
Requieni Mauri, Italia.
; tenuifolius P resl. Sicilia,
,
corniculatusL i n n.Geront. .
E
2597 Lotus TetragonolobusLi n n.
eg. medit.
2398 Lourea VespertilionisD e s v.
Reg. trop.
2399 Lupinus * albus Linn. Eu-
ropa austr.
2400 angustifolius Linn. Reg.
medit.
2401 digitatus Forsk. (L.-Co-
sentini Guss.), Sicilia.
2402 Le Linn. Reg. me-
2403 Losine latisiliqua Bth.
Amer. b
r. bor., India occ
2404 Modicago *arborea Lin n.
Italia, Graecia.
2405 Aschersoniana Urban.
Africa
2406 Blancheana B oiss. Syria.
2407 pain ig Willd. Ge-
ront. reg. temp. et bor.
2408 istoni D wr nia
;, Asia
2409 ar D C. mus. ail:
2410 elegans Jacq. Europa.
2411 *Helix Willd. Reg. me-
dit.
2412 Nene Gaertn. Europa
2413 Escl Desr. Reg. me-
dit
2414 Dollinina Roth. Europa,
Oriens.
2415 nr Guess Reg.
2416 obici All Hog:
, Abyssinia.
m
2417 sativa “ inn. . Europa , 0-
riens.
2418 mv B ert. n
m
2419 ei Mi LI, Europa au-
stralis
2 —var. tniao» Hort. i
2421 *truncatula Ga er tn. Eu-
o »
24292 —var. murex Will.
2423 -var. tribuloides Desr.
2424 Melilotus alba De r s. Euro-
pa, Asia.
2425 dentata Pers. Europ.,
As. bor
2426 elegans Salm. Reg. med.
2427 gracilis DC. Reg. medit.,
Asia min.
2428 ron A11. Europa, Asia
2429 ua Lag. Reg. medit.
2430 leucantha Koch, Europ.
2431 officinalis La m. Europ.,
As. bor.
2452 sulcata Destf. Reg. me-
dit
24:33 Mimosa * Cav. Me-
2434 Lù Linn. Brasilia.
2435 pra Pirott Ar-
beh
2436 urina Caput i m.
‘ Reg. med., Cau
2437 sativa «ta sui Asia
or. et bor
24:38 Ononis La DC. Reg.
medit
2459 porrigens Salzm. Maroce.
2440 *pendula De sf. Reg. me-
dit. occ
2441 praecox B ianch. Sicilia.
2442 mato Ser. Reg. Medi-
2443 Ornihops * compressus
reg. medit.
2444 Palin aculeata Linn.
\m. trop.
2445 a Reigaa Presl.
2446 Phessstas pete Linn.
Reg. trop.
2447 gonospermus Savi, Reg.
trop.
2448 lunatus Linn. Reg. trop.
(Cult.).
2449 multifloras Willd. Me-
- xico,
2450 —var. albus.
2451 - var. coccineus,
08.
> 2A4AT4 sabina LI inn. Reg.
2452 Phaseolus multiflor
Will var. lividuai
2453 —var. di
2454 oryzoides Hor t.
2455 Ricciardianus Ten. Hab?
2456 vulgaris Linn. (pl. var.).
Cultus. È
2457 Wigthianus R. Grah.Reg.
trop.
2457 Pisum elatius Bie b. Reg.
med., Oriens.
2458 Jomardi Schrank. Ae-
2459 Pithecolobium pruinosum
enth. Australia.
2460 go Have Sering.
Cre
2461 Prosopis jultfiora DC. Am.
Top.
2462 Sri Lorentz.Reg.
Argent.
2463 Psoralea *bituminosa Linn.
Reg. med., Arabia.
2464 acaulis Stev. Reg. Cauc.
2465 re go D C. Califor-
2466 Risynekosia Caribaea DC.
Am , Ind. oce., Afr.
trop.
2487 lineata Benth. Brasilia. —
2468 sro DC. Cosmop.
rop. et subtrop. i
2469 aa DOC. America i
bor.
2470 Robinia Paeudacasil A inn
(pl. var.) Am. bor.
2471 macrophylla Spreng.
2472 Schotia latifolia Jacq.-
Prom. b. Spei.
2473 eee a Lin n.
me
2475 Li Linn. he
medi
2476 Securi inegà Coronilla DO.
uropa austr.
2477 Sesbania grandiflora Poir.
. or.; Malaya, Austra-
2478 adi japonica Linn.
Japonia, China.
2479 secundiflora La g. Mexico.
* 2480 tomentosa Linn. Reg.
calid.
2481 Spartium *junceum Linn.
Geront. Reg. temp.
2482 Sutherlandia frutescens R.
fi
2483 Swainsonia atrococcinea
Hort. Hab?
2484 Trifolium *agrarium Linn.
Europa, Afr. bor.
*angustifolium Li n n.Reg.
medit., Oriens.
*arvense Linn. Europa,
Asia et Africa bor., 0-
riens.
cernuum B ro t. Lusitania.
*Cherleri Linn. Reg. me-
dit.
2485
2486
filiforme si inn. Europa,
Reg. C
asa Linn. Reg.
medit., Afr. bor.
lappaceum Linn. Reg.
m
ubi Bie ed. ia *”
anstr., As. m
Michelianum “a avi, Eu-
ropa, australis.
Mirennae Mattei, Ins.
enus.,
dara Viv. Europa
rid.
Porremondi Gi Gren.Godr.
Hispa;
pan
La ti inn. Asia
mm
pirparta Loisel. Eu-
| ropa, Oriens, Asia bor.
repens Li n n. Geront. bor.
t
temp.
*resupinatum Linn. Eu-
ropa occ., Reg. medit..
= DD —
2501 Trifolium *scabrum Linn.
eg. medit.
2502 *stellatum Lin n. Reg.
2508
2504 O Linn. Reg.
medit
2505 Prison coerulea Ser.
ropa or., Reg. Caucas.
2506 dùltana Fisch. Reg.
Cauca
2507 cretica È 0iss.
nor.
2508. Foenum-graecum Linn.
Europa, Oriens.
2509 lorde Linn. Reg.
med., Oriens.
2510 Uraria Lagopus DC. Reg.
Asia mi-
2611 Vu asropurpuma Desf.
2512 bin Wi illd. Hab?
Bivonae Rafin. Sicil.
cornigera Chaub. Gallia.
faba Linn. Hab?
--var, pliniana.T r a b. Alg.
fulgens Batt. Africa bor.
granditlora Sco p. Europa,
Oiens.
laeta Ces. Graec., Sicil.
lactea Linn. Reg. medit.
macrantha Hort. Hab?
narbonensis Lin n. DR:
medit.
—var. serratifolia Jacq.
Orobus Linn. Reg. me-
dit.
peregrina 0 nn. Reg.
med.,
dea: dui ol, I-
talia.
sativa Linn. Haropa,
tricolor Seb.
| Europ. austr.
2531 is Catiang Walp. Co-
p. trop.
2532 giaba 8 avi, Cosmop.
TOp.
2538 rubra Hort.
Linaceae.
2584 Linum africanum Linn.
Africa austr.
2535 angustifolium Huds. Eu-
corymbiferam Desf. Afr.
bor.
AREA Desf. Tuni-
sia,
—var. grandiflorum.
flavum Linn. Europ. au-
u
Lewisii Pursh. Amer.
bor.
nervosum Walldt. et
Wit. Europa austr., 0-
riens.
pallescens Bu n g. Sibir.
ltai
Altaic.
2545 perenne Linn. Reg. bor.
temp.
2546 regale Hort.
2547 strietum Linn. Reg.
med., Oriens.
2548 usitatissimum Linn.Eur.,
riens.
Lobeliiaceae.
2549 Lobelia Cliffortiana Linn.
America trop.
2550 Lobelia Erinus Linn.Prom.
b. Spei
2551 inflata Linn. Am. bor.
2552 laxiflora G. B. et K. Me-
2553 sessilifolia La m. Asia bor.
2554 triquetra Linn. Africa
austr
Loganiaceae.
2555 Buddleja paniculata Walt.
imal., Burma.
2556 polystachya Fresen. A-
yssinia.
2557 Chilianthus oleaceus Burch.
ica austr.
Lythtariaceae.
2558 Cuphea lanceolata A i t. Me-
—var. Zimapani E. Morr..
Llavea Lindl. Mexic.
strigulosa H. B. K. Ame-
rica austr. da
2562 sian Jacq.Amer.
2563 Lythram hyssopifolium
. Cosmop. trop.
trop. temp., Austral.
— 2565 srggrons (RIDE Desf.
2566 tica H. B..K. Ame
2567 Olynia ‘eymos Thubg.
Africa austr. Lx;
2568 Sonneratia acida Linn. |©©@©"©
Sade 00} sa i
Tagnoliaceae.
2569 Liriodendron tulipiferaLinn.
m. bor., ina.
2570 Magnolia grandiflora Linn.
ar.) Am. bor.
Maipighiaceae.
2571 Bannisteria argentea
preng. Am. Austr.
2572 Galphimia glauca Cav. Me-
xico.
2573 Hiraea macroptera DC. Me-
xico.
2574 Hiptage MadablotaGaertn.
Asia trop.
Malvaceae.
2575 Abutilon hirtum Do n. Reg.
tro
Op.
2576 indieum Sweet. Reg.
trop.
molle Sweet. Peruvia.
Ring Sweet. Pe-
ruvi
pacino Sweet. Cuba,
id.
ori
semicrenatum Hort.
nneratianum Sweet.
Africa austr.
| 2582 Althaea rosea Cav. Oriens.
| 2583 sulphurea Boiss. Persia,
2E81
sen. pe
2584 Anoda hastata Cav. Mexi-
co. Indi
2585 lavateroides Medic. Me-
xico.
2586 Wrightii A. Gra y. N. Me-
xico.
2587 ua digitata Nutt.
er. bor. occ
2588 iui A. deay: Am. bor.
i occ.
2589 Chorisia speciosa St. Hill],
2590 gii barbadense
nn. Reg. trop.
2591 rent Linn. Asia
rop.
2592 alii Roxb. Asia
trop.
2598 Hibiscus AbelmoschusLinn.
Geront.
2594 cannabinus Li. in n, Geront.
tro
2595
2596
Op.
Douglasii Hort.
esculentus Li n n. Cosmop.
2597
2598
trop.
gossypinus Baill. Madag.
heterophyllus Vell. Bra-
silia.
immutabilis Dehn. Hab?
liliifloruas Cav. Ins. Ma-
2599
2600
scar.
Manihot Lin n. Geront.
trop.
mutabilis Linn. China.
—var. albiflorus Hort.
—var. fl. pleno Hort..
—var. tricolor Hort.
Parkeri Baker. Madag.
Rosa-sinensis Linn. Ge-
trop.
. (pl. var.).
2609 Trionum Linn. Geront.
trop. i
2610 vitifolius Linn. Geront.
trop.
2611 Kosteletzkya hastata Pr es 1.
M: xico.
2612 Fa vitifolia Willd»
2618:Lagunaria Patersoni Don.
Australi
2614.Lavatera uni Li inn. Eu-
2615
2616 phoenicea V:en.t. Insul.
Madera.
2617
2618.
sieberi Hort. Hab?
FIAT Linn. Reg.
2619 Mano Li Cav. Hisp.,
. bor
2620 Malta ario Linn.
Europa
2621. silvestris Linn. Europa
s. temp.
2622 Malvastrum capenseGa r ck.
Afr. austr.
2623 glossularioides Garc k.
Africa austr.
2624 Limense Ball. Peruvia.
2625 virgatum A. Gray. Afri-
ca austr,
2626 Malvaviscum mollis D C. Me-
xico.
2627 gina multifida Moench.
het;
20 Paci sg Aubl.
a en Cav.
urna.
2630 ia hastata Cav. Bra-
sili
1631 praemorsa Cav. Afr, au-
2632: PONE Hochst.
Abyssinia.
2633 goa H. B. K. Vene-
2634 init Cav. Amer. an-
2635 Sida corchorifolia Ten.
Hab?
2636 intricata F. Muell. Au-
stralia.
L'e
2637 Sida rhombifolia Lin n. Am-
phig. trop.
2638 triloba Cav. Africa au-
stralis.
2639 virgata Hook. Australia.
2640 Sphaeralcea umbellata G.
Don. Mexico.
Melastomaceae.
2641 Centradenia rosea Lind]l.
Mexico.
Meliaceae.
2642 Melia arguta D C. Molucc.
64: Sendo Linn. Ind.
2644 ni Linn. Reg.
Himal.
2645 —var. sempervirens
(Sweet
2646 floribunda Carr. Hab?
Myoporinaceae.
2647 Myoporum punctulatum
Schlecht. Australia. —
2648 montanum R. Br. Austra-
ia.
Mytsinaceae.
2649 Ardisia colorata Rox b. In-
dia or
Myttaceae.
2650 Callistemon coccineus F.
2651 fulgens Hort.
26 linearis DC. Australia.
2653 pallidus DC. Australia.
2654 phoeniceus Lindl. Au-
IS
(io)
stral.
2655 Eucalyptus diversifolia F.
M u ell. Australia.
2656 + Labill. Au-
ralia
2657 ccidntat Endl. Au-
2658 Deta Sm. Australia.
2659 Eugenia littoralis Panch.
Nova Caledonia.
2660 supraxillaris Spreng.
rasilia.
2661 Leptospermum laevigatum
F. Muell. Australia.
2662 Melaleuca armillaris S m.
| stralia.
2663 linearifolia Sm. Australis.
nua thymifolia Sm. Australia.
. lusitanica (Willd).
‘09% —var. romana (Hffmsg).
2670 —var. tarentina (Mil11),
SRI ra
2671 Psidium cuneifolium Ten.
ab ?
2672 pyriferum Linn. America
trop.
Nyctaginaceae.
2673 Mirabilis dichotoma ‘Lin n.
Mexico.
2674 divaricata Lome, Insaul.
adera.
2675 Jalapa Lin n. (pl. var.)
Amer. trop.
2676 longifiora Linn. Mexico.
2677 Oxybaphus violaceus
hois. Peruvia.
Nymphaeaceae.
2678 Nuphar luteum Stbth. et
Sm. Reg. bor. temp.
2679 Ryaiphabe stellata; Willd.
Asia, Africa trop.
Olacineae.
2680 Villaresia citrifolia Borzì,
ort. Pan.
Olieaceae.
2681 Fontanesia * phillyraeoides
ill. Sicilia, Asia
min., Syria.
2682 —var. Fortunei Carr.
2683 Fraxinus angustifolius
ah]. Tauria.
2684 excelsior Linn. Europa,
Asia bor., Oriens.
2685 *Ornus ind Reg. me-
dit., Oriens.
2686 Jasminum ion Thbg.
rom
2687 fruticans Dina Reg. me-
dit., Orie
2688 nudidioratà ù i nn. China.
2689 simplicifolium Forst.
A
2690 trinerve Wall. Java.
2691 Ligustrum coriaceum H ort.
2 compactum Humbold.
et Bompland. Amer.
trop.
buxifolium Hort. Hab?
n Hort.
ifloram Hort. Hab?
Milesi Vis. Eu-
r
opa.
ovalifolium Hsck. Japo-
nia.
—var. Sieboldti Hort.
Quihoui Carr. China.
robustum Blum. India
sinensis Lou r. China.
vulgare Lin n. Europa.
2703 Gurroa iper Webb. et
Bert. Ins. Canariae,
2704 Olea sunajù Lam.
Ins. Mascar., Africa trop.
2705 capensis Linn. Africa
austr,
un 00
2706 Olea europaea Linn. Reg.
med., Oriens.
2707 floribunda Bth. Insul.
alom
2708 speciosa Ho 5
2709 zan Ana angustifolia
. medit.
2710 latifolia Linn. Reg. me-
dit
2711 *media Linn. Reg. me-
2712 spring vulgaris Linn.
Transsylv.
Onagtariaceae.
2713 Clarkia elegans Dougl.
Am. bor. occ.
2714 pulchella Pursh. Amer.
bor. occ.
2715 Epilobium latifolium Linn.
or. Arct.
fra t
2716 tetragonum Linn. Euro-
pa.
2717 “rn concinnum
t Mey. Cali-
Hitala
2718 Gaura biennis Linn. Ame-
a bor.
2719 Lindheimeri Engelm.
exns. i
2720 parvitliora Dougl. Amer.
bor. occ.
2721 tripetala Ca v. Mexico.
2722 Lopezia coronata Andr.
Mexico
2723 Oenothera amoena Le hm. 0 |
m. bor.
2724 acaulis Cav. Chili.
2725 ammophila Hort.
2726 ‘argentea Hort.
2721
T.
E
ne:
;
Vla
di
; N
biennis Linn. America
bo
2728 Oenothera densifloraL ind].
California
2729 bei. Hook. Ame-
rica bor. occ
2730 gigas Hort. Hab?
2731 glauca Mischaux. Am,
bor.
2732 laevifolia Ser. Amer. bor.
233 missaurensis ski ims. Ame-
rica bor. occ.
2734 odorata Jacq. Chili.
2735 purpurea Curt. Amer.
bor.
2736 rhyzocarpa Spreng. A-
mer. bor. occ.
2737 Romanzowii Lede b. A-
merica
2738 rosea Ait. La sept., Pe-
ruvia.
239 rubrinervis De Vries,
Hort. Amst.
2740 simsiana Ser, Mexico
2741 striata Ledeb. Hab?
2742 tetraptera Cav. Mexico.
2743 viminea Dougl. Calit.
Papayvertaceae.
2744 Argemone platyceros Li n k.
et Ott. Mexico.
2745 Bocconia cordata W illd.
China, Japonia.
2746 frutescens Linn. Mexico,
Peruvia.
2747 Chelidonium Franchetti
orti.
2748 laciniatus Mill. Europa.
2749 majus Linn. Europa, As.
> IR:
| 2750 Corydalis glauca Pursh.
Amer. bor.
2751 Eschscholzia californica
Cham. California.
2752 crocea Bth, California,
dA e
2759 Fumaria ci Linn.
, Africa bor.
2754 oticioaia Linn. Geront.
mp.
2755 ri La m. Geront.
trop.
2756 Glaucium flavum Crantz.
Reg. med.
2757 luteum Crantz. Europa,
Reg. medit.
rubrum Sibth. et Sm.
Europa, Reg. medit.
Serpieri Held r. Graecia.
squamigerumK ar. etK.it.
Asia centr.
2761 Hypecoum grandiflorum
Benth. Reg. medit. et
2758
2709
2760
Cau
2762 ni Linn. Reg.
medit., Arabia.
2763 Meconopsis cambrica V i g.
Europa.
2764 ur argemone Lin n.
Oriens.
2765 ie Boiss. Afr.
2766
2767
dubium Linn. Europa.
Heldreichii Boiss. Asia
min.
hybridum Linn. Europa,
Syria, etc.
nudicaule Lin n. Reg.
2768
arct.
pavoninumM e y. Afgham.,
Turkestan. i
pinnatifidumM or is, Ital.,
Sard. i i
*#Rhoeas Linn. Europa,
| Oriens, Afr. bor.
2773 somniferum Linn.
Grae-
cia, Oriens.
2774 Roemeria refracta DC. Tau-
Passifloraceae.
2775 Passiflora amabilis Hook.
Brasilia
again: Linn. Amer.
TOp,
edulis Sims. Brasilia.
foetida Linn. Brasilia.
gracilis Jacq. Brasil.
suberosa Linn. Amer.
trop.
2781 Vasconcellosia hastata C a-
silia.
Pedalinaceae.
2182 sati annua Linn. A-
Ri
2783 cc Glox. Am.
bor.
2784 sega sn Li inn.
d.
Phytolaccaceae.
2735 Phytolacca dioica Linn.
Japon.
2886 octandra Linn. Japon.
2787 Rivina aurantiaca Warsz.
m. austr.?
2728 humilis Linn. America
tro
2789
2790
—var. brasiliensis Nocca.
—var, laevis Linn.
rai Fin
2791 Rivina humilis Lin n.—var.
urpurascens Schrad.
2192 ta Linn. Amer.
trop.
2793 tinctoria Ha w. Venezuela.
Piperaceae.
2794 Houttinia cordata Th n b.
Reg. Himal., China, Ja-
pon.
2795 rana amplexifolia A.
tric. Jamaica.
2796 bind H. B. K. Vene-
2797 magnolia A. Die-
trich. America trop.
2798 urocarpa Fisc h. et Mey.
rasilia. t.
2799 Piper geniculatum Sweet.
Ind
2800 Saururus cernuus Linn.
America bor.
Pittosporaceae.
2801 Pittosporum igrcenago: Ro-
yle. Reg. Him
2802 neegherrense Wi pe t. et
A rn. India or. i
2803 ara Vent. Austra-
2804 assi Sims. Prom.
b. Spei. i
Piantaginaceae.
2805 Plantago amplexicaulis
v. Reg. medit., O-
riens.
arenaria Waldst. et
Kit. Europa, Asia min.
2807 Coronopus Linn. Europa,
Afr. bor., Australia.
2808. Cynops Linn. Europa,
Sibiria.
raeca Boiss. Oriens.
2810 Lagopus Linn. Reg. me-
dit., Oriens.
2811 lanceolata Linn. Europa,
Asia bor.
2812 major Linn. Europa, Am.
bor., Asia.
2813 Myosurus Lam. Reg. Ar-
gent.
2814 patagonica Jacq. Amer.
bor. et austr.
2815 Psyllium Linn. Reg. me-
dit., Re Ind. occ.
bor
2716 serraria Linn. Reg. me-
dit.
2817 virginica Linn. Amer.
bor.
Platanaceae.
2818 Platanus occidentalis Li n n.
Amer. bor.
2819 orientalis Linn. Europa»
austr., Oriens.
Pilumbaginaceae.
2820 Armeria canescens Boiss.
atia.
splendens Boi ss.
2821 Hispa-
nia.
2822 Ceratostigma plumbaginoides
ung. Wa.
2823 Plumbago capensis T h b g.
Prom. b. Spei.
2824 europaea Linn. Europa
austr., Caucas.
micrantha Led e b. Sibiria
altaic
scandens Linn. America
zeylanica Linn. Geront.
trop.
2828 Statice cordata Li nn. Reg.
medit
elata Fi isch. Sibiria.
Gmellini Willd. Reg.
2829
auc.
latifolia Sm. Bulgaria,
2831
Ross., Reg. Caue.
2832 limonium Linn. Europa;.
Am. bor.
2883 longifolia Thumb. Afr.
austr.
2234 macrophylla o ouss.
Insul. Can
2835 ri Ai i ni Insul. Ca-
2836 ic Linn. Reg.
Cauc., Asia med. |
28387 Suworowii Regel. Asia»
centr. 10
28388 tatarica Linn. Eur. austr.,
g. Caue
2839 tomentella B oiss. Rossia
austr.
Polemoniaceae.
2840 Cobaea scandens Ca v. Me-
xico.
2841 Gilia androsacea St eud.
Californi
2842 capitata Sims. Amer.
bor.
2843 densiflora Benth. Calif.
2844 grandiflora A. Gray. Ca-
lif.
2845 laciniata R. et Pav. Peru-
via, Chili.
2846 Liebmanni G. Don. Cali-
2847 miei Fi isch. et
Mey,
2848 nivalis sera or +
2349 parviflora S pren g. Amer.
bor. occ.
2850 tricolor Bth. California.
2851 eo Steud. Califor-
256 Losalia coccinea G. Do n.
Mexi
2853 Phlox eni Hook.
Texas
Polygalaceae.
2854 Polygala dalmatiana Hort.
2855 giro Linn. Prom.
Spei
2856 ni grassie
2857 tima Thunb. Africa
austr.
Poliygonaceae.
2858 Coccoloba laurifolia Jacq.
m. trop.
2859 Emex *spinosa C a m pd. Eu-
ropa, Africa bor.
2860 Fagopyrum esculentum M o-
. Europa, Asia
min.
2861 tataricum Gaert. Eur.,
Asia bor.
2862 Muehlenbeckia complexa
Meissn. Nova Zelan-
da.
2863 platyclados Meissn. In-
sul. Salam
2864 Deizivania Canvolvalià
. Reg. bor. temp.
2865 perfolixtia Lin n. India
r., Malaya.
2866 tomentosus Willd. Ge-
ront. trop.
2867 Rumex * Acetosa Linn.
Europa, Asia bor.
2868 alismaefolius Frees. Afr.
austr.
2869 australis Hort.
2870 PErownii Campd. Austral.
2871 bucephalophorus Linn.
Reg. medit.
2872 conglomeratus Murr.
Europa merid., Asia occ.
2873 cordifolius Hornem.
Europ., As. bor.
2874 crispus Linn. Europa,
As. bor.
2875 cuneifolius Ca m pd. Am.
iI
austr.
divaricatas Linn. Reg.
dit.
me
orientalis Bernh. Grae-
cia, Asia min., Syria.
2878 —var. graecus B oiss.)
î
2879 Rumex Patientia Linn.
Europa austr., Oriens.
2880 pomatus Hort
2881 pulcher Linn. Europa,
Oriens.
2882 purpurea Link. Hab?
2883 scutatus Linn. Europa,
Oriens.
2884 vesicarius Lin n. Graecia,
Africa or.
(|
Portùlacaceae.
2885 Calandrinia grandiflora
2886 La a et Gray.
. bor. occid.
2887 bosigian alito ook.
Brasilia
2888 PRCHINIA H. B. K. Vene-
zuela.
2889 mucronata Hort. Brasi-
lia.
2890 oleracea Linn. Reg. ca-
lid.
2891 pilosa Linn. Am. bor. et
austr
2892 retusa Engelm. America
r. occ.
2893 rostellata Brign. Vene-
zuela. i
2894 Talinum patens Willd.
Am. trop.
2895 crassifolium Willd. Am.
trop.
2896 purpureum Fisch. Hab?
2897 triangulare Willd. Am.
trop.
Primulaceae.
2898 Anagallis arvensis Linn.
Europa, Asia temp.
2899 —var. caerulea Lam.
00 —var. latifolia Linn.
2901 —var. monelli Bieb.
2 repens j er.
2908 Cyclamen hederaefolium
i uropa.
2904 vernum Reic
medit.
2905 Lysimachia vulgaris Lin n.
Europa, Asia bor
2906 Primula elatior Hi Il. Eu-
TOpa.
2907 Palinuri Cyrill. Ital.
merid.
2908 sinensis Sab. China.
2909 Samolus Valerandi Lin n.
Reg. trop
Proteaceae.
2910 Grevillea robusta A. Cc unn.
‘ Australia. i
PunicaGeae.
92911 Punica Granatum Linn.
uropa austr., Ins. Mau-
rit.
Renutncuùlaceae.
| 2912 Adònis *autumnalis Linn.
uropa, Oriens.
2913. aestivalis Linn. Europ:,
rlensi.
2914. dentata Delile, Europa,
r. bor.
2915 Anemone *coronaria Linn.
Reg: medit., Oriens.
2916. Hortensis Linn. Europa
etc.
2917 virginiana Linn. America
bor
2918 Aquilegia vulgaris Linn.
Europa, Oriens.
2919 Clematis recta Linn. Eur.
austr.
2920. Vitalba Linn. Europa.;
Afr. bor., Caucasus.
2921 Daiplinia ‘Ainois Linn.
(pl. var.) Europa austr.
Consolida Lin n. Europa,
Asia bor.
2923 cardiopetalum DC. Reg.
med,
[ii
2924 peregrinum Li n n. Europa
austr., Orien
2925 Staphisagria Li inn. Reg.
medit,
2926 triste Fisch. Davuria,
Siber.
2927 Eranthis hyemalis Salisb.
ropa.
2928 Helleborus viridis Linn.
Italia merid.
2929 —var. Bocconi Ten. Sici-
lia
2930 Ieegyrutn grip: inn.
Europa, Asi
2931 Myosurus minimus ag inn.
Amer. bor.
2932 Nigella: arvensis Linn.
Reg. med., Oriens.
2933 coarctata Gmieil. Europa:
2934. corniculata DC. Oriens.
2935 puzicezna Linn. Reg.
2936 Garidella Speinn. Euro-
pa.
2987 hispanica Linn. Hispania;
Africa bor.
2988 sativa Linn. Reg. medit.
2939 Paeonia *corallina Retz.
var. Russi Biv. Europa
merid., Asia; oct;
2940 Ranunculus asiaticus Li n n.
(pl. var.) Oriens.
2941 arvensis Linn. Europ.,
As. bor.
2942 bullatus Linn. Europa,
ersia.
2943 castellanus Boiss. et
eut. Hispania.
2944 Chius DC. Eur. austr.,
As, min.
2945 cornutus DC. Syria.
2946 falcatus IE Europa,
Reg. Him
2947 illyricus Li: nn. Europa
austr., Reg. Caucas.
2948 incrassatus Guss. Ital.
merid., Sicil.
2949 lanuginosum Linn. Eu-
ropa, Reg. Caucas.
2950 ARE: x isch. et
ey. Ori
2951 ORTA % ahL Reg.
medi
È
2952 Vai Linpn.FKuropa,
Orien
2958 ii Linn. Reg.
medit.
2954 polyanthemus Linn. Reg.
Cauc., Europa, As. min. .
2955 repens Linn. Reg. bor.
temp.
2956 sardous Crantz. Europa, —
Asia, Africa bor
2957 Ranunculus trachycarpus
si sch. et :Me y. O-
2958 as Ten. Ital. me-
rid.
2959 Thalictrum ambiguumHort.
Turez. Sibiria baic.
baicalense Turcz.Sibiria.
carolinianum Hort.
commutatum Mey. 0-
rien
2960
2961
deli Linn. America
bor.
dioicum Linn. America
Or.
flavum Linn. Europa,
Asia bor.
foetidum Linn. Europa,
Sibiria.
majus Dum, Hab?
minus Linn. Europa; As.
et Afr. bor
9 \nigricansiRchb. Europa.
2970 . pyrrhocarpum Ckodi,
Hab ?
2971
Schweiggeri.S pren g.
Europa.
Resedaceae.
2972 Reseda Snia Fresen.
Abyss
2973 *alba Li inn. Europa, 0-
riens.
2974 canescens A. S. Hil. A-
| 2975 odorata Linn.Africa bor.
Le, pa
Rbhamnaceae.
2076 Paliurus serena: Lam.
Europa austr., Asia occ.
2977 Pomaderris cana Labill.
ralia
2978 Ssotosten F. M uell.
Australia.
2979 aggveri Alaternus Linn.
eg.
2980 sabina Pall. Ind. or.,
Asia bor.
Frangula Linn. Europa,
Asia et Afr. bor.
pages Jacq. Europa
2981
2982
2983 spaini ‘F. et M.
Cau
casu
2984 Gneo A Lada etKit.
Europa or., As. min.
2985 Zizyphus Jujuba La m. Ind.
or.;‘Malaya
2986 Rag Wi illd. Africa
trop. et Amer.
2987 sativa Gaertn. Reg.
‘medit., Asia temp.
’Rosaceae.
2988 Acaena mispapiglie Li indl
eg. Argen i
2989 A Eupesoris Linn.
pa.
2992 Cotoneaster bacillaris Walp.
Reg. Himal.
2993 horizontalis D.e n e. China,
2994 pannosa Hort,
pat gra
2995 Crataegus Azarolus Linn.
Asia min., Persia.
2996 Crus-galli ti inn. America
2997
2998
melanocarpa Bi e b. Oriens.
monogyna Jacq. Reg.
medit. i
nigra W. et K. Hung.
Oxyacantha Linn. (pl.
var.) Europa, Asia temp.
Pyracantha Medic. Eu-
ropa.
3102 triloba Poir. Reg. medit.
3108 cara Japonica Lindl.
Japon., China.
3104 Bxochorda grandiflora
. China.
3105 Geum Ere F. Gmel.
Am. bor.
st Sibth.etSm.
gua ug i
Hi
macrophollm wi vid,
Am. bor.
2999
3000
3101
8106
3107
3108
3109 rivale Linn. > bor.
temp.
3110 pyrenaicum Mill. Mont.
È
yren.
8 111 strictum Ait. Reg. temp.
bor.
3112 *urbanum Linn. Reg.
temp. bor., hub , Nova
anda.
3113 Margyrocarpu setosus R.
av. Amer. austr.
3114Neillia piano Bth. et
ok. America bor.
3115 Torreyi S. Wats. Am.
bor. occ.
3116 Photinia aectvara Lindl.
Japon., i
3117 Potentilla Dombei Nestl.
Chili.
3118 gsm Lindl. Am.
3119 arie Lehm. a
bor
3148
3120 Potentilla nepalensis Ho o k.
Reg. Himal.
3121 Poterium polygamum W. ot
Europa, Oriens.
5122 spinosum Linn. Syria.
3123 Prunus armeniaca Linn.
Reg. Cauc.
avium Lin n. Europa.
Cerasus Linn. Europa,
Oriens.
Chamaecerasus J a c q. Eu-
ropa austr., Asia min.
domestica Lin n. Tani
eg. Cauc.
daro Linn. Europa
3124
3125
3126
3127
3128
3129 spinosa si inn. Europa,
Africa bor., Oriens.
3150 Pyrus Sorbus G aertn. Eu-
ropa, Africa trop.
9131 Raphiolepis indica Lindl.
China.
3182 —var. rubra (Lindl.).
3133 japonica Sieb. et Zucc.
apon.
8134 Rhodotypus kerrioides$ i e b.
cc. Japonia.
3135 Rosa arvensis H u d s. Eu-
ropa.
canina Linn. Europa, As.
temp. L
3137 damascena Mill. Oriens. A
3188 ferox Bieb. Asia min., 60
Persia. -_D
3139 gallica Linn. Europa; i
Reg. Caucas.
3140. glauca Vill. Europa.
3141 indica 1a: inn. (pl. var.)
Ind. or., Chin:
mollica Willd. Euro-
3142
dealizfiore Tnbg. Japon., |
China si
inonchati Herm. Oriens.
sempervirens Linn. Eur.; —
Oriens, Ind.
silverhielmii Sc h renk.
Rossia
3144
3145
3146
8147 Rubus fruticosus Linn.
Europa.
3148 Spiraea Douglasii H 0 ok.
America bor. i
3149 media F. Sch m. Asia
b
or.
3150 mollis C. Krch. et Bo u-
chè, Sibiria.
3151 multiflora Zabel. Hab?
8152 Vanhouttei Zabel. Hy-
brid hort
3153 adeor glaucescens
l. Reg. Himal.
Rubiaceae.
8154 Asperula azorica Hort.
3155 e Boiss. As.
, Reg. Caucas.
3156 Coffea nssivi Linn. Arab.
et Afr. trop.
3157 Crucianella aegyptiaca
inn. Europa, Asia
3158 maritima Linn. Reg. me-
dit.
3159 e dala Bart]. Reg.
3160 "Frag by ivi Linn.
Reg. bor. temp.
3161 cinereum AI1l. Europa
austr.
3162 *murale All. Reg. medit.
3163 nebulosum Boiss. Grae-
cia, Asia min.
3164 orientalis Boiss. Graecia,
Asia min.
8165 saccharatum A 11. Reg.
medit.
3166 ric tokes, Europa,
Ori
3167 Hamalio. sla Jacq.Am.
3168 Laren indica Lin n. Asia,
Australia trop.
3169 ui foetida Linn.
India or., Mala
3170 Psichotria emetica Li inn.
N. Granat.
3171 Rondeletia amoena H e m sl.
1)
exico.
3172 Rubia * peregrina Linn.
Europa, Reg. medit.
3173 sonia Linn. Europa
Oriens.
3174 en arvensis Linn.
Europa.
3175 Spermacoce tenuior Lin n.
America trop.
8176 Vaillantia * muralis Linn.
uropa austr.
Rutaceae.
8177 Citrus Aurantium Linn.
As. trop.
8178 —var. canaliculata Sav.
3179 —var. dulcis Sav.
—var. ellyptica Risso.
3181 —var. limettaeformis R.
et Pav.
3182. —var. nicaensis R. et P.
3183. —var. oblonga R. et P.
3184 var. pyriformis R. etP.
3185 Bigaradia Loisel. Eur.
(St)
[en
s
so
austr.
3186 —var. Consolei Ricco b.
8187 —var. crispifolia R. et P.
3189 —var. itheophylla R. et P.
8190 - var. listata Riccob.
8191 —var. fasciata R. et P.
8192 —var. foetifera R. et P.
2193 —var. salicifrlia R. et P.
8194 Decumana Loisel. Asia
trop.
3195 —var. Borzii Riccob.
3196 Citrus —var. Chadock Ri c-
cob.
3197 —var. Pompelmos R. et P.
3198 —var. Todari Ricco b.
3199 deliciosa T e n. China ?
3200 Limetta Risso, var. Me-
larosa Risso
3201 Limonum Risso, As.
trop.
3202 —var. abyssinica Ricco b.
3208 —var. aurantiaca Sa v.
3204 —var. Cajetana Risso.
3205 —var. canaliculata Risso.
3206 —var. dulcis Presl.
3207 —var. ellyptica Riccob.
3208 —var. striata Risso
3209 —wvar. semperflorens Ri c-
co b.
3210 —var. Terraccianoi Ri c-
cob.
3211 --var. vulgaris R. et P.
3212 Medica Liun. var. flo-
rentina Risso. Asia
merid.
3213 trifoliata Linn. Asia
rop.
3214 Clausena excavata Burm.
Ind. or., Malaya.
3215 sc trifoliata Spr.
3216 Marra exotica Linn.
Asia, Austr. trop.
3217 Ptelea ifotiita Linn. Am.
bor.
3218 Ruta bracteosa DC. Europa
austr.
3219 chilepensis Linn. Reg.
med.
ico tica Linn.
rop
3221 Zan Kas Stend.
. Spei.
3222 ftt oe Mill. Am.
Pin
3223 Bungei Planeh. China.
3224 terota' H. B. et K. India
occ, 3
Salicaceae.
3225 Populus alba Lin n. Euro-
ropa, As. bor.
3226 Salix*pedicellata D e s f.
eg. bor. occ.
Sapindaceae.
3227 Acer campestre Linn. 0-
riens.
creticum Lin n. Oriens.
—var. obtusifolium (Sib-
th. et S m).
HookeriM ic q. Oriens.
italum Lauth
politanum Ten.
merid.
monspessulanum Linn.
Europa austr.
oblonguam Wall. Himal.
pseudo-Platanus Lin n.
trifidum H o ok.etHarn.
China.
3237 villosuam Wall. Himal.
3238 Aesculus glabra Will. Am.
bor
3239 Cardiospermum Holicacabum
. Reg. trop.
3240 birnot Willd. gf
3241 Divisa triquetra Wen dl.
ustralia. È
3242 Koelreuteria paniculata La-
x m. China. i
3243 Negundo aceroides Munch. |
A mr, 3
3244 clio aceroides M'u
‘+ fol. nino
dn "i
3245 californicum Torr. et
ray; America: bor;
oce.
3246: Sapindus manatensis Sh u t-
lew. Am. bor.
3247 Mukorossi Gaertn. Asia
trop.
3248. —var. carinatum Ra dl-
3249 Beeriivica trifolia Linn.
Am. bor
3250 Unpibiadia speciosa Endl.
Sa potaceae.
3251 Bumelia lycioides Willd.
Am. bor.
3252 tenax Willd. Madagase.
Saxiftagaceae.
3253 Deutzia scabra Thbg. Ja-
ponia.
3254 Heuchera hispida Pursh.
merica bor.
3255 pilosissima Fisch. et
Me y. Calif.
3256 pena Engln. N.
Mex
3257 da » ichx. America
bor,
3258 Hydrangea platanifolia
ort.
8259 Philadelphus coronarius
Linn. Europa austr.
3260
< —a. nanus M ill.
— 8261 >». speciosus Hort.
3282 ("vi
3262 Philadelphus coronarius
i eyeri
Schrad,
3269 gordonianus Lindl. Ca-
ifornia
3264 —var. condifotita Lange.
3265 grandiflorus Willd. Am.
bor
3266
3267
32
alicini Nutt. Am. bor.
pubescens Hort
verrucosus Sc wi rad. Eur.
austr.
53269 Ribes aureum Pursh.
Am. bor. occ
3270 lipari Si ieb. et
3273 Saxifraga crassifolia Linn.
ibiria.
3274 sarmentosa Li nn. China,
aponia.
Sctophuùulatiaceae.
3275 Alonsoa caulialata R. et
3276 koiadri R eg el. Pe-
3277 sacinbimam *majus Linn.
medit.
3278 ‘Orma Linn. Europa,
min., Afr. bor.
3279 rupestre Bo i ss. Hispania.
3280 *siculum M ill. Sicilia.
8281 Bartsia *Trixago Lin n.
Europa, Afr. bor.
iscosa Linn. PESA
3283 Calceolaria scabiosaefolia S i-
ms. Peruvia.
3284 chelidoniaefolia H. B. K.
8285 Celsia *cretica Linn. Reg.
it.
3286 Celsia betonicaefolia Des f.
rica
3287 Chelone Lyonii Pursbh.
mer. bor.
3288 Collinsia bartiaefolia B th.
California
3289 Digitalis ambigua Murr.
sin Asia occ.
3290 pur a Linn. Europa.
3291 Coni “oil Linn.
Eur
FOpa.
3292 goa lucida Linn. Afr.
rop. et austr.
3293 SE albifrons S pren g.
rica bor., Oriens.
3294 alsinaefolia Spreng.
; Sard., Corsia.
3295 bipartita Willd. Africa
bor. occ.
3296 capraria Mor. et DeNot.
sul. Caprarie.
3297 Cymbalaria Mill. Europa.
3298 dalmatica Mill. Dalmat.,
Orien
3299 gens Mill. Europa,
Asi
3300 PRTRUIAON Desf. Reg.
medit.
3301 macedonica Griseb. Ma-
ced.
Pere
3302 parpire Mill. Europa
| austr,
3303 sibhorpiana Boiss. Grae-
3304 »reflcra Desf. Rel: me-
dit
3305 «epena Mill. Europa.
3306 tristis Mill. Hispania.
3307 viscida Moenc h. Europa,
Africa bor.
3308 vulgaris Mill. Reg. me-
dit., Caucas.
3309 Mecsalia anthirrhiniflora
Hum exas.
8310 scandens Don. Mexico.
3311 Nemesia floribunda Lehm.
Afric. austr.
sin PR
8312 Nemesia tana E. Mey.
Africa
5313 Paulownia “impera S. et
apon
3314 Porsternoi Cobsea Nutt.
America bor. occ.
8815 Scrophularia acquaticaLinn.
Europa, Caucas.
8316 conica Linn. Europa,
Afr. bor
3317 ip LL Reg. bor.
mp.
3318 . alc Linn. Reg.
medit
3319 Verbasclnà PES Linn.
3321 Misna Linn. Fon
riens.
3822 Veronica arvensis Linn.
Europa, Asia et Africa
3323 agrestis Linn. Europa.
3324 Anagallis Lin n. Reg. bor.
temp.
3325 Beccabunga Linn. Reg.
bor. temp.
3326 Cymbalaria Bo dard. Reg.
medit., Asia min.
3327 *didyma Ten. Europa,
Africa.
3328 *hederaefolia Lin n. Euro-
pa, Oriens, Africa bor.
3329 *panormitana Ti n. Sicilia.
3330 speciosa R. Cunn. Nova
Zelanda.
prs. Prom. b. Spei.
Selaginaceae.
3333 Hebenstreitia comosa Ho c-
; a austr.
8334 dentata Linn. Africa bor.
et austr
3335 virgata E. Mey. Africa
austr
Simatùbaceae.
3336 Ailanthus glandulosa Des f.
ina.
3387 Cneorum tricoccum Linn.
Reg. medit
Solanaceae.
3388 sil *Belladonna Linn.
uropa, Oriens, Ind. or.
3339 AU vre Czerwinskiana
3340 divo si inn. Am. austr.
3841 viscosa H. B. et K. Am.
n; austr.
8842 —var. grandiflora Hort.
8848 Capsicum abyssinicum A.
— Rich. Abyssinica.
3344 annuum Linn. Reg. trop.
3345 conicum Hort.
6 cerasiforme Link. Hab?
3847 Chili Hocst. Afr. trop.
po
3350 Cestrum Abelii Hort.
3351 De ns Schlecht. Me-
3352 Bi dlichiai Miers. Peru-
via.
3353 fasciculatum Medic. Me-
xico.
3854 foetidum Medic. Reg.
medit.
3355 Hugelii Hort.
3356 Regelii Planc h. Guatim,
3357 Schotti Sendt. Brasilia.
3358 Warszewiezii Klotzsch.
America trop.
3359 Cyphomandra betacea S e n-
dt. America austr.
3360 Datura alba Nees. var. a-
fricana Matt. Africa
tro
Op.
3361 Bertoloni Par]. Reg. me-
dit
3362 PREC Hook. Mexico.
3363 dubia Bianc. Sicil.
3364 ferox Linn. China.
3365 inermis Jacq. Abyss.
3366 laevis Linn. Reg. med.
3367. Leichkardtii F. Muell.
Australia.
3368 metel Linn. America
trop.
3369 quercifolia H. B. K. Me-
xico.
3870 "i Linn. Co-
3971 Tatala Li inn. Cosmop..
trop.
3372 e Lag 05h; E
3373 wr Mord. Amer. Si
8874 Panis inermis Borzì,
Hort. Pan.
38375 Hyosciamus peo Linn.
uropa, Ori
3376 sggverra coccinea vg cheid.
3377 Lycium sia sp Reg.
medit,
3378 Lycium RequieniD u n. Hab ?
3379 ruthenicum M u rr. Oriens.
Csi papera pyritforme
n. Amer. austr.
3381 Nicand i
. Peruv
3582 Sea wr Hor _
Brasilia.
auriculata B e r t. Sardin.
chinensis Fisch. China,
glauca R. Grabh. Reg.
A
3383
3384
3385
rg.
longiflora Ca v. Chili.
rustica Linn. Mexico.
suaveolens Le hm.Austral.
silvestris Speg. et Com.
Reg. Argent.
Tabacum Linn. America
austr.
—var diflora (Hort).
3392 Nierenbergia frutescensD ur.
3387
3388
3389
3390
Chili.
3393 Petunia sylagialfioni uss.
g. Argent
3394 Physalis sngalata Linn.
Reg. Cau
3395 curassavica Li inn. Vene-
zuela.
Franchetti Most. Japon.
peruviana Linn. Reg.
3396
3398 phyladelphica Lam. Amer.
3 "78
3399 tesa rhomboidea M i e-
g. Argent.
3400 Sapigioris sinuata Ruitz.
et . Chili.
3401 RT pinnatus Rui-
Pav. Chi
3402 Solanum amazonum K er.
Gawl. Mexie.
3408 auriculatum Ait. Asia
tropic.
3404 capsicastrum Link. Bras.
3405 cyananthum Dun. Brasi-
ia,
3406 diphyllum Linn. America
trop.
a pad
3407 Solanum Dombeyi D u n.
Peruvia.
dulcamara Lin n. Europa,
Africa bor.
Gilo Radd. Hab?
glutinosum D u n. Mexico.
Hendersonii Hort.
jasminoides Pax t. Bras.
Lobelii Ten. Asia et A-
frica.
macrophyllum Hort. Me-
3408
xico.
tea Linpn,Cosmop.
tro
nigrum Linn. Cosmopol.
—var. miniatum Bernbh.
platense Sp eg. Reg. Ar-
nt.
gen
pseudo-Capsicum Linn.
mphig.
RA Jacq. Atr.
ig H. Wend].
Brasilia.
*sodomaeumL i n n. Geront.
calid.
ternatum Ruiz. et Pav.
eruvia.
tuberosum Linn. Am.
austr.
zuccagnianum D u n. Hab?
3426 Withania somnifera D ù n.
Reg. medit.; Oriens.
3427 —var. Miziongi Dun.
Sterculiaceae.
3428 Brachychiton acerifolius F.
M u ell. Australia.
3429 diversifolius Don. var.
populneus (R. Br.) Au-
stralia. 1
3430 Firmiana platanifolia Li dini
fil. China, Janons-
3431 Hermannia candicans Ait.
Africa austr.
3432 conglomerata Ec kl].
eyl. Afr. austr.
3433 micans Schrad. Africa
et
austr
8434 venosa T hunb. Afrie.
tr.
3435 Molbania macrophylla Vis.
Hab ?
3436 Sterculia A Smith.
Ind.
Styracaceae.
3437 Styrax officinale Lin n. Eu-
ropa austr., Asia min.
Tamaticaceae.
3438 Tamarix africana Poi r.
eg. medit.
3439 chinensis Lour. China.
3440 gallica Li n n. Europa, As.,
Afr.
Ternsiroemiaceae.
3441 Visnea Mocanera Linn.
Ins. Canariae.
— 75 —
8456
Thymeleaceae.
3442 Daphne Gnidium Linn.
eg. medit.
Tiliaceae.
3449 Aristotelia Macqui L’ H è -
rit. Chili.
3444 Buettnera cordata La m.
eruv.
3445 Corchorus capsularis Linn.
osmop. trop.
3446 crenatus Hort. Hab?
B44T rc Linn. Cosmop.
3448 NE Linn. Geront.
ro
3449 Bata arborescens R. Br.
N. Zelan
3450 lata: RENSELA Linn. Ind.
3451 Paesi DC. Prom. b. Spei.
malococca Lin n. Insul.
icor
li 01 Si
nitida Juss. China. o
occidentalis Lin n. Africa.
oppositifolia Buc. da am.
®
imal.,
popolifoie Vv a 3) i by
3457 Sparmannia cri Linn.
Prom.
— 3458 plat Ney Africa
3459 Tilia de ETA Sco hi
Euro
ropa.
3460 tomentosa Mnch. var. ar-
| gentea a (DC.) rg
a | A
3461 Tilia i Heyne. Eu-
3462 duna rhomboidea
Jacq. Africa trop.
Umbelliferae.
3463 Apium graveolens Lin n.
ropa, Oriens, Ind. bor.
occ.
3464 nodiflorum Reich. Euro-
pa.
83465 Athamanta * sicula Linn.
tal.
3466 Bifora Biebersteinii Hort.
3467 radia i ropa
aust T.,
Orie
3468 testiculata Ro » ca Reg.
3469 Bowlesia tenera Spreng.
rasilia.
3470 Bupleurum Odontites Li n n.
eg. medit.
3471 protractum Hoffm. et
Lk. Reg. medit. occ.
3472 semicompositum Lin n.
Europa austr.
3473 Carum Amen B. et
. cult.
sid Caccniie pin Scop. Eu-
ropa.
3475 Conium *m lat Linn
Europa.
3476 Coriandrum*sativum Linn.
Europa.
3477 melphitensis Ten. et
uss. Italia.
3478Crithmum*maritimumLinn.
uropa.
3479 Cuminum cyminum Linn.
Reg. medit.
3480 Daucus australis Po e p.
Chili. i
3481 Daucus Carota Lin n. Euro-
pa, Orien
3482 maximus Dan f. Reg. me-
, Oriens.
3489 crsagion ametistinum
n. Europa.
3484 i Linn. Euro-
3485 ebracteatum Lam. Brasi-
lia.
3486 *maritimum Linn. Eur,,
Asia min
3487 "n Hotrt.
3488 sanguisorba Ch. et Sch.
Brasilia.
3489 serra Cham. et Schle-
ch t. Brasilia.
3490 Ferula Sosdgioniie Linn.
Reg. medit.
3491 gigantea Hort. Hab?
3492 *glauca Linn. Europa
austr.
3493 neapolitana Ten. Ital.
merid.
3494 Foeniculum vulgare M ill
E
uropa.
3495 Heracleum Mantegazzianum
3 et Lev
Caucas.
3496 Heteromorpha arborescens
Cham. et Schlecht.
Prom. b. Spei.
3497 agora sicula DC. Reg.
3498 M veti» domata Scop.
3499 dui sivbclona Linn.
Europa austr., Afr. bor.
3500 Peucedanum hispanicum
End]. Hispania. —
8501 Pimpinella anisum Linn.
Graecia. i
3502 Gussonii Bert. Italia.
3505 anti are Koch.
med,
3504 Loi i Reut.
Sicilia,
RR dee ita pi e Pe
3505 Scandix Pecten-Veneris
Linn. Europa, Oriens.
3506 Seseli *Bocconi Guss. Si-
cilia.
3507 cn Olusatrum Lin n,
a, Reg. medit.
3508 Thapsia * rgaic Linn.
Reg. m
3509 Tordylium su Linn.
Reg. medit.
Utrticaceae.
3510 Boehmeria macrophylla D.
on. Reg. Himal.,
Burma
3511 nivea Cand. Asia trop.
3512 Celtis australis Linn. Eu-
rs, Asia temp., Ind.
3513 ii Planch. N. Gui-
3514 Seta Linn. Amer.
o,
3515 spinosa Spreng.Brasilia.
3516 Dorstenia argentea H o ok.
rasilia.
3517 Contrayerva Lin n. Amer.
rop.
3518 maculata Lem. Mexico.
3519 Ficus altissima Blum.
eg. Himal.
bengalensis Linn. India
or.
benjamina Linn. Asia
bor., Malaya.
capensis Thnbg. Africa
austr.
citrifolia Hort. Mexico.
3524 erecta Thnbg. Reg. Hi-
mal., China.
3525 glabella Blum. Reg. Hi-
mal,
3526 Ficus magnolioides Borziì,
Hort. Pan.
3527 populifolia Vahl. Arabia.
3528 quercifolia Roxbg. Bur-
, Malay.
3529 religiosa Linn. India o-
rient.
rubiginosa Desf. Austra-
lia.
Sycomorus Linn. Asia
3530
3531
bor.
8532 Forskolea angustifoliaRe tz.
Ins. Teneriff.
3533 Humulus japonicus Sie b.
et Zucc. Japonia.
3534 Morus alba Linn. Asia
3535 nig n. Asia temp.
3536 Parietaria officinalis Linn.
E austr., Oriens.
3537 Ulmus campestris Linn.
Europa, Oriens.
3038 ago Jacq. Asia
mp.
3539 iii atrovirens Re q. Eu-
ro
pa.
— var. grandidentata (M o-
40
ris).
3541 dioica Linn. Reg. temp.
bor.
3542 membranacea Poir. Reg.
medit.
3543 *pilulifera Linn. var. ba-
learica Linn. Ins. Ba-
lear., Sicilia.
3544 urens Linn. Geront.
temp.
Valetrianaceae.
3545 Centranthus nervosus M o-
, Cors., S
3546 ruber DC. Earops.
3547 Fedia Cornucopiae Gaertn.
eg. medit.
3548 Valeriana officinalis Linn.
Europa, As. bor.
3549 Valerianella auriculata D C.
ispania.
coronata DC. Europa.
eriocarpa D e s v. Europa,
Africa bor
hamata D c. Reg. medit.
truncata Betcke, Euro-
pa austr., Oriens.
vesicaria Moench. Reg.
medit., Persia.
3550
Verbenaceae.
3955 Callicarpa americana Linn.
Am. bor.
3556 arborea Roxb. As. trop.
3557 cana Linn. As. trop.,
Austr.
japonica Thbg. Japonia.
Reewesii Wall. China.
13560 i a H.
B. K. Per
3561 Clerodendron spindon
Don. Africa
3962 tricotomum T e un x Ja-
poi
3563 Duranta | brachypoda Tod.
Hort. Pan.
3564 integrifolia Tod. Hort.
an.
3565 Mutisii Linn. America
tro
3566 stenostachya È od. Hort.
3567 ri Tod. Hort. Pan.
3568 Lantana alba Mill. Amer.
. austr.
3569 corymbosa Linn. India
3570 crocea Ja cq. India oce,
3592
5971 Lantana glutinosa Poep. DI
Brasi
rasil. ;
Kisi A. Rich. Abyssinia.
leucantha Hort. Asia.
nivea Vent. Am. trop.
purpurea Horn. Amer.
austr.
Radula Sweet. India
rosea Raf. Hab?
speciosa H o rt.
salvifolia Jacq. Africa
austr.
scabra W all. India or.
trifolia Linn. America
trop.
undulata Linn. America.
trop.
urticaefolia Mill. Mexico.
3584 Lippia asperifolia Ric h.
Am. austr.
3585 chamaedrifolia Ste ud.
i rasilia.
3586 se H. B. K. Am.
3587 ada pulchella
eiss. Mexic
2058 Stachyltarpheta mutebilia
Wahl. Venezuela.
3589 Verbena Lo Jacq.o
m. bor.
erinoides L a m. Peruvia.
hybrida Hort. Hybridum
hortense, È
officinalis Linn. Apia
30990
3591
Jemp.
tenera S i; reng. Reg.
rgent
tricolor v ent. Amer.
venosa Gill. et Ho
3597 ina Cunn
SRL, ppi
3599 Viola sylvestris Lam. Eu-
ropa, Asia temp.
3600 tricolor Linn. Europa,
Violaceae. As., America bor.
3598 Viola odorata Linn. Euro-
pa, Afr., As. bor.
Antoninus Borzì
BOTANICES PROFESSOR ET HORTI PRAEFECTUS.
A. Baldacci D.r G. E. Mattei
HORTI SUDIRECTOR HORTI CONSERVATOR
C. Tropea D.r V. Riccobono
HORTI ADSISTENS HORTULANUS PRIMARIUS
A. Riccobono
HORTI COLONIALIS
HORTULANUS PRIMARIUS
. Pubblicazioni del R. Istitato Botanico di Palermo :
— CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE
Dirette dal Prof. A. Borzì.
| Fisiologia vegetale.
Si pubblicano in moi non determinati ; a fascicoli
in 8°, con tavole.
fe «Mok I (esaurito). e a
“0 » II in 8° fasc. DIMMI pp. 1-316. tav. ‘(I-XIX L: 28
de > Ul.e 0 Ti > 3-99. >; (PAR a DI
Dr iae SRIL LOS
3; <». V. (sotto stampa).
Per acquisti rivolgersi all’ Editore Antonino Tri n
Corso. Vittorio. Emanuele N. 375, Palermo,
Comprendono lavori di particolare interesse scienti-
fico, specialmente relativi ad argomenti di Biologia e di
*:
®
i È “De Tiiirpiad: d'AgriaittÙre Tropicale, mensuel, illustré, s ’occupe.
Si de toutes le questions d’actualité cui penvent i intéresser les hdi
: as ‘colonies frangaises, anglaises et ‘hollandaises, ainsi qu’ en Austra!
e, dans. les denx. Ameriques, — Articles. inedits sur les cultures
è pour. les insectes an #0p io Re ox
STUDII ALGOLOGICI
Saggio di ricerche sulla Biològia delle ine
per il Prof. A. Borzi.
Fasc. L in 4° pp. I-VIII. 1-120. tav. 1- 9 L. 29 —
» H. >» 4° pp. I-VIII. 121-399. tav. 10 —31. L. 65 a
+» II. Phaeophyceae et Cyanophyceae — con molte tavole
(in corso di pubblicazione). DE
Per acquisti rivolgersi all’ Editore Antonino Trimarchi.
Corso Vittorio Emanuele N. 375. Palermo.
Ì
J OURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE
Fondé par di VILBOVOHEVITOR
164. ou Jeanne - d’ se Paris (ZIII*)
PO vuo {ENTS, PARTANT DU le" sANVIER: Un an 20 fr. ©
2 ch a
ai A
culteurs des pays chauds.
su Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits ott une
revue ci mplete des ubbli tions nouvelles (4 pp. de petite texte)
> potagòres e et les fruits, dans chaque n numéro. Collaboration speci
N umero > specimen grati sur > demande.
OLLETTINO
R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO
E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO
Si occupa di tutte Je questioni che più interessano la Bo-
tanica agricola, specialmente siciliana, e la Botanica colo-
niale, rendendo conto delle esperienze e colture istituite
in questo R. Orto Botanico o nell’annesso Giardino, Colo-
niale. Pubblica pure relazioni scientifiche relative a piante
. (qui coltivate od indigene, od illustranti collezioni del Museo
| annesso ‘all'Istituto Botanico. Comprende ancora una spe-
ciale rassegna della stampa coloniale agraria. Sovente
particolari lavori vengono SEGR come SPREA se-
parate dal testo.
Si pubblica a fascicoli trimestrali, formanti annual-
mente un volume di 200 a 300 pagine , con incisioni in-
tercalate nel testo e tavole staccate. Non si vendono ia
seicoli SERARAT:» e gli | abbonamenti sono RIORE
-» Prezzo di uit: if XII. 1918
“a Italia i o ao i re is
All Ratoro (0-0 44
Per le ana FE PRA Wiieoni? all’ Editore ;
| Antonino Trimarchi , | Corso Vittorio Emanuele, .
1 Num. (370, Palermo.
up: Sa
BONS eagiio di
N. 4. pirla DICEMBBE sit Vol. XI
BOLLETTINO
DEL
h. ORTO BOTANICO È GIARDINO COLONIALE
DI PALERMO
SOMMARIO :
13. Corso pratico di Colture Coloniali (A. Borzi) . ‘ . pag. 3
14. Intorno alla struttura delle radici di Chamaedorea (G. CATA-
LANO) * ; 168
15. Sulla presenza della Formaldeide nei succhi delle piante | (F.
ANGELICO ‘e G. CATALANO) . ' ‘ F » 165
16. Qualche pensiero sull’Adinamandria (F. RAPPrA) . . >» 171
17. I rapporti fitogeografici fra Creta e la Cirenaica (A. BaLDACCI)» 198
18. Rassegna della stampa coloniale agraria (G. E. MATTEI) . » 202
19. Aggiunte alla Flora della Libia (A. Borzì e G. E. MATTEI) >» 234
20. Indice del vol. XI . . i A . . È » 243
Appendice :
Flora Melitensis nova (S. SommieR ed A. CARUANA GATTO).
PALERMO
LIBRERIA EDITRICE ANT. TRIMARCHI
Corso Vittorio Emanuele, 875
1912
Corso pratico trimestrale di Colture coloniali presso
il R. Giardino Coloniale di Palermo.
Col 30 giugno si è chiuso il corso trimestrale «di colture: eo-
loniali iniziatosi il 1° Aprile.
Il corso di quest’ anno differisce col precedente fondamental-
mente per la scelta e pel numero degli allievi, giacchè sia il me-
todo d’ insegnamento, sia la materia svolta sono presso a poco gli»
Stessi ; nè sarebbe stato ragionevole ‘apportare delle innovazioni,
se .sì tien conto del. profitto che la maggior parte degli allievi ebbe' -
a riportare. cadi
La concessione di sette borse di studio, delle quali due elargite
dal. Ministero dell'Agricoltura e cinque dalla Direzione del
di Sicilia, mi hanno permesso di eseguire una scelta di ‘allievi,
con criterii che non sarebbe stato possibile attuare senza. l’aiuto .
dei sussidi di cui ho potuto disporre. -
Dette borse di fatto sono state attribuite a contadini agricol-
tori, i quali passano tutta la loro vita nella campagna; nel lieto
miraggio di una colonizzazione fatta con criterio di previgenza, più
che per necessità di emigrare oltre i confini della Patria. .
La concessione delle borse di studio dà una. responsabilità mo-
rale agli stessi allievi, i quali non possono esimersi da tutti i la-
vori che fossero richiesti, come sarebbe possibile ove essi non ri-
cevessero un qualche compenso. I sette contadini perciò non solo
hanno assistito alle lezioni con la più assoluta frequenza, ma hanno
preso parte a tutti i lavori nei terreni del Giardino Coloniale, oc-
cupandosi per sette ore al giorno nelle varie pratiche di una ra-
zionale agricoltura, estendendosi in tal modo il beneficio di un in-
segnamento che, limitato nel numero dei mesi, e privo di alcun
sussidio di conoscenze al di fuori di quelle impartite durante l’ora
di lezione, avrebbe certo nel suo attivo una messe di risultati che
al confronto appare scarsa e quindi poco proficua.
L’impianto dei vivai di Sisal, di Cotone arboreo, ecc., il tra-
pianto, la selezione dei semi, le ibridazioni, le modalità varie d’in-
nesto, la conoscenza di strumenti moderni applicati alla meccanica
agraria, sarebbe stato eccessiva pretesa volerli ottenere con le sole
ore di insegnamento, destinate alla parte teorica, che per quanto
semplificata e resa accessibile alle più modeste intelligenze, lascia
° sempre debole traccia se non è ribadita continuamente dalla pra-
tica esecuzione delle norme acquisite.
Dei sette contadini cinque sono uomini maturi (Cefalia Anto-
nino, Pollina Ignazio , Spadafora Giovanni - Mazzola Giovanni e
Mazzola Gaetano), due sono giovani sui 22 anni : (Salvatore Fer-
rara e Vincenzo rso).
Antonino Cefalia è conoscitore della lingua araba, per aver
lavorato da agricoltore per ben 11 anni in Tunisia, dove il con-
tatto con gli arabi lo ha istruito sulla loro lingua. Questa speciale
sua condizione me lo fa additare come un agricoltore che potrebbe
utilmente essere impiegato come mezzo di propaganda nella
nuova Colonia.
Salvatore Ferrara è licenziato dalla Scuola Agraria di Castel-
nuovo presso Palermo , ed è il solo che abbia delle cognizioni di
elementare agricoltura.
Debbo subito far notare che il profitto degli altri allievi in
confronto al giovane Ferrara non è stato per nulla inferiore, come.
arebbe a supporre la mancanza di cognizioni teoriche precedenti,
il che avvalora sempre più la utilità del corso, in quanto che
il criterio di insegnamento risponde allo scopo della piccola scuola,
fatta per coloro che nulla sanno al di fuori delle ataviche cono-
scenze di una agricoltura ristrettissima e localizzata alla regione
nativa.
Tale niet è della maggior importanza, giacchè mo-
stra come la piccola scuola sia davvero sufficiente a sè stessa e
DI
° 155
risponda allo scopo di presentare allo sguardo dell’agricoltore tutto
l’orizzonte agricolo di una possibile colonizzazione, nella quale la co-
noscenza delle pratiche relative alla colture seminative non è solo
sufficiente, trattandosi spesso di dover utilizzare terreni da tempo
abbandonati o del tutto vergini, talora di disboscare, talora di sfrut-
tare le risorse naturali, il cui pregio, il cui valore commerciale è
quasi sempre ignoto a chi sconosce la vegetazione propria alle terre
di paesi caldi.
Nessuno quasi dei nostri contadini sa ad esempio che la Gom-
ma Elastica si estrae da piante: e tanto più ignora le piante che
lo prolucono, nè ha mai avuto occasione di vederne alcuna o di
saper il modo di estrarre il latice caucciuifero. Egualmente può dirsi
per il Cacao, pel Caffè, per la Manioca, per l’Arachide, ecc. ecc.
Le speciali condizioni di clima di Palermo, dove la flora ren-
de completo l’aspetto della vegetazione subtropicale e, per alcune
piante, tropicale, rendono ii Giardino Coloniale una palestra invi-
diabile, nella quale fuori delle serre, epperò in ambiente naturale,
le esercitazioni di agricoltura coloniale assumono un valore essen-
zialmente pratico e dimostrativo.
Il Giardino Coloniale è un lembo di colonia trasportato nei
confini della Madre Patria, un campo sperimentale per coltivazioni
proprie di paesi caldi, dove, tagliando le acque di irrigazione è
possibile riprodurre esattamente le condizioni di siccità del terreno,
spesso lamentate nei nostri possedimenti africani, mostrando allo
stesso tempo come sia possibile utilizzare terreni aridi e sterili
con adatte colture, e designando mano a mano le coltivazioni che
| sì addicono per maggiore tornaconto culturale , nelle successive
modificazioni dell’ ambiente agronomico , sia cioè per terreni più
ricchi, o artificialmente fertilizzati, sia per terreni più umidi od
irrigati. In tal modo l’allievo, al quale è stato anche insegnato come
si proceda ad una elementare analisi del terreno onde riconoscerne
quantitativamente i principali componenti, sarà al caso di scegliere
con saggezza le coltivazioni più adatte a quelle condizioni di ter-
reno e di clima che andrà a ritrovare in un domani, nel ‘quale >
la sua opera di colonizzatore dovesse svolgersi sotto la responsa- ©
bilità della propria iniziativa, anzi che perpetuarsi soltanto come 0-
perosa ed intelligente mano d’opera da servire agli Lacegi
di terreni e di vite umane.
Anche da questo aspetto sociale Db scopo del corso è enco-
miabile.
Oltre ai sette donata agricoltori sono stati presenti al corso
circa una diecina di Soldati, assai meno dello scorso anno, nel quale
raggiunsero il numero di 75.
I militari agricoltori del Presidio di Palermo furono scelti fra
i più diligenti alle conterenze domenicali ed inviati a questo Giar-
dino dietro accordi da me presi con S. E. il Comandante del XII°
Corpo d’Armata, che ben volentieri acconsenti che ‘alcuni fra i
militari agricoltori del nostro Presidio prendessero parte alle lezioni
ed alle esercitazioni di colture coloniali.
Tale consenso ha un valore della maggiore importanza morale,
giacchè dimostra chiaramente come il concetto di istruire i nostri
militari, od. almeno quelli che appartengono a famiglie di contadini
‘ e che ritorneranno alle terre dopo adempiuto l'obbligo di leva, sia
ormai accettato ufficialmente.
Né poteva essere diversamente, poichè anche coloro i quali
siano militaristi intransigenti, debbono convenire che se nelle molte
‘migliaia di soldati alcuni pochi, nelle ore di riposo, alternano le
loro occupazioni con lavori di campagna, non può certo influire
questa piccola massa a modificare il concetto di disciplina o di do-
veri che forma la caratteristica del nostro soldato, mentre che il
beneficio che quei pochi possono arrecare nelle. terre conquistate,
col divulgare per mezzo dei proprii lavori, le nozioni di agricoltura
coloniale è assai più notevole di quel che a prima vista potrebbe
sembrare.
Gli antichi Romani, la cui opera di civilizzazione non sop-
| porta confronti attraverso alla’ storia dei popoli, intendevano la
colonizzazione in questo modo , cioè che appunto i soldati con-
| quistatori dovevano costituire il nucleo centrale nella nuova terra,
«attorno al quale. irradiandosi la luce di civile progresso, doveva
diradarsi gradualmente l’atmosfera nebbiosa del selvaggio vinto.
L'impianto dei giardinetti, le cure prodigate dai nostri soldati
‘| pur mentre tervevano i lavori di battaglia nelle oasi di Libia, si-
gnificano che questo sentimento di amore verso la. terra, questa
| soddisfazione di ammirare il frutto del proprio sudore, è talmente
‘innato nell’animo dei nostri contadini, che anche sotto le rigide
spoglie di guerriero trovano modo di esplicarsi. Ora, se si consi-
deri. ciò, riesce chiaro che il corso di colture coloniali non serva
in aleun modo a distrarre il militare dalle sue occupazioni, ma &
meglio guidare quei lavori che egli ha già dimostrato di voler
compiere indipendentemente da qualsiasi ingentivo esteriore.
Una differenza apporterebbe quindi la frequenza da parte di
alcuni militari alle lezioni di colture coloniali, quella cioé di mo- >;
care l’indirizzo dei loro campicelli, nei quali, anzi che ripetere
157
la medesima agricoltura conosciuta nella loro regione nativa, si so-
stituissero altre coltivazioni nuove per loro, ma che per le ‘adatte
condizioni di clima potrebbero attecchire ottimamente, mettendo in
evidenza i vantaggi delle terre coloniali peri nuovi prodotti, di cui
sono capaci, per la maggiore resa economica, ecc
Io ho visto, in Libia, alcuni di questi casbpicelii meraviglio-
samente curati, in tutti i dettagli, tatti pochi giorni dopo che il
vessillo nazionale aveva decretato il possesso di quelle plaghe, ho
visto splendere la esuberante vegetazione, ricca di colori, di profumi,
di messe ed ho sempre pensato che se a fianco alla piantina di a-
grume o di frumento si trovasse una di banano o di arachide, ecc.
si potrebbero risparmiare tante lunghe ricerche, sempre dispendiose,
e l’opera del militare agricoltore rendersi benemerita anche nei rap-
porti con la botanica sperimentale, quale l’acclimazione di nuove
specie.
Guidato da tali principi, chiesi al Comando di Palermo che
nello scegliere i militari da inviare al corso limitasse il numero a
non più di dodici, ma che possibilmente fosse ad essi assicurato il
modo di frequentare le lezioni con quella assiduità che è sempre
intimamente legata alla frequenza.
Pochi e buoni, fanno assai più che molti mediocri. E l'indole
dei corso non permette che il numero degli allievi sia troppo
grande, ;
È necessario di fatto tener presente una condizione essen-
zialissima, quella cioè della cultura degli allievi, molto mediocre,
quando non si tratti di analfabeti, epperò considerare che le no-
zioni da impartirsi devono non solo essere chiarite durante la lezione,
ma direttamente assimilate dagli allievi, i quali non potendosi ser-
vire nè di libri, nè di appunti, sono costretti a ritenere ed affi-
dare alla memoria tutto il corredo di conoscenze che si vuol im-
partire,
Epperò le leioni > sono state tenute sotto Vest di conversa-
zione, nella quale gli allievi, rispondendo, non solo assieuravano
il discente di aver appreso esattamente i concetti svolti, ma rat-
fermavano nella memoria gli stessi concetti, abituandosi con l'ordine
nella esposizione all ‘ordine nella esecuzione. i
Il programma svolto può sintetizzarsi nel modo seguente
Cattà— Terreno —Diboscamento -Modo di Miei
Vivaio ione del terreno —Trapianto—Sar-
di - Cimatura — Concimi Culture intercalari — Nemici del
Caffè —Raccolta—Spolpatura spire nebbazione e lavengioo40
CAZIONE Scelta À neaccatnra
va VIIÙ AZIULA UL
Cacao — Varietà più importanti —Terreno — Clima—Propa-
gazione—Impianto—Alberi portaombre—-Sarchiature — Concimi —
Nemici del Cacao —Raccolta — Disseccamento — Passaggi graduali
dal seme di Cacao alla cioccolata—Prodotti secondarii.
'Thè—Terreno—Clima—Propagazione— Piantagione — Cultura
— Raccolta —Preparazione del The — Essiccamento — Rullatura—
Fermentazione—Scelta— Imballaggio.
Canna da zucchero — Terreno—Clima — Propagazione—
Impianto—Cultura—Raccolta — Concimi—Preparazione dello Zue-
chero.
Manioca—Terreno—Clima — Cultura—Raccolta — Prepara-
zione— Farina di Manioca— Fecola—Tapioca, ecc.
anano—Terreno e Clima — Propagazione — Preparazione
del terreno — Trapianto — Cultura — Raccolta — Prodotti secon-
darii.
Dattero Terreno —Clima-. Propagazione — rappliirenea
artificiale—Raccolta del frutto — Scelta — Imballagio — Prodot E
secondarii : essenze, vino di Palma , surrogati di caffè, mangimi
per cammelli, legname da va, cavolo di Palma, ecc.
A solita ie Vedo deri — Raccolta — Varietà
PAPER i roberizione ed esportazione.
Monia Tenente Pepe cazione — Baclolta: RO
zione dell’olio.
Ficus di gomma sinstion — Caratteri della pianta —
: Esigenze per clima. e terreno —Estrazione del caucciù.
Cenni su altre da a caucciù.
bi. + rio: — Clima — Propagazione — . Sarchiature
Po - Taglio—Ulilizzazioni svariate e snediot: accessorii. SR
*
Cotone —Varii tipi di Cotone— Esigenze di essi per climi,
terreni e concimazioni--Scelta e disinfezione del seme — Prepara-
zione del terreno —Semina—Sarchiature— Cimatura — Raccolto —
Sgranatura — Macchine adatte — Proprietà tecniche delle fibre —
Esercitazione sul riconoscimento — Stima del valore — Prodotti
secondarii : 1’ olio di cotone —La farina di Cotone — Prodotti ac-
cessorii per la fabbricazione della carta e di utensili varii.
Sisalana — Terreni e climi adatti — Propagazioni (bulbi e
rigetti)—Impianto della cultura—Lavori culturali— Raccolto delle
foglie—Sfibratura a mano ed a macchina—Prodotti accessorii.
Musa tessile — Clima — Terreno — Propagazione— Estra-
zione delle fibre—Essiccamento— Imballagio — Prodotti accessorii.
Alfa-Terreno—Clima—Utilizzazione— Propagazione — Rac-
colta del prodotto — Metodo algerino , spagnolo , francese , arabo
—Vantaggi ed inconvenienti —Scelta delle foglie— Essiccamento—
Imbiancatura—Imballagio— Metodi diversi.
Per ciascuna delle colture 1° Tassista ha indicato il torna-
conto culturale.
Sempre tenendo di mira la praticità del corso sì sono svolti
anche argomenti di indole generale, trattandone incidentalmente ,
ma in modo completo per quanto elementare, onde facilmente re-
stassero impressi nella mente degli allievi.
Così, ad esempio, si è avuto campo di esporre un confronto
fra le condizioni di clima nelle nostre Colonie e della Sicilia , di
studiare i principali costituenti del suolo agrario , *nllibinsa dosi
sulle toro proprietà fisico-meccaniche, quali la leggerezza, il potere
igroscopico, ecc.; dei concimi si è dimostrata la efficacia generale i
ed in special su6de l’ effetto di ciascun elemento fertilizzante. è
tal fine si instituì dagli stessi allievi un esteso campo dimostrati- —.
vo, diviso in tante parcelle diversamente concimate, campo che
allo stesso tempo servi ad esercitare i iti nella ‘ivizione cc
- del cotone,
A. proposito della necessità di arricchire il ui mediante le
concimazioni si è trattato delle rotazioni agrarie, facendone risal-
tare l’ importanza insieme con i concetti generici che le regolano.
Sempre sotto forma incidentale si è trattato del drenaggio in
e e et
rapporto alla impermeabilità del sottosuolo e col potere assorbente
e la lunghezza delle radici.
Per la utilizzazione dei terreni aridi , Oltre alla designazione
delle colture adatte (Sisalana, Alfa, ecc.) si è esposto in termini
elementari la maniera speciale di lavorazione (Dry farming) ed, in
casi di possibilità di irrigazione, gli altri metodi normali d iattin-
gere acqua e le particolari disposizioni del terreno inerenti a tale
pratica.
Per ogni cultura si sono descritti gli strumenti più adatti e
le macchine industriali facendo risaltare la importanza delle cul-
ture meccaniche,
Profittando delle esperienze di selezione che vengono eseguite
secondo metodi razionali moderni per il miglioramento dei prodotti
agricoli si è voluto dare una idea anche di questo importante fat-
tore del tornaconto in agricoltura mostrando ai frequentatori del
corso;1 risultati di tali pratiche che formano da alcuni anni oggetto
di studio da parte del Giardino Coloniale. E si è anche a questo
medesimo fine messa in rilievo la importanza. della ibridazione.
Il tutto, giova ripeterlo, è stato esposto in maniera semplice,
chiara, senza alcuna. pretesa cattedratica, in modo da rendere ac-
cessibile la materia dell’ insegnamento alle menti poco sviluppate -
dei contadini. E che lo scopo è stato raggiunto lo dimostrano
tanto le risposte stesse degli allievi alle varie quistioni. loro, rivolte
dall’ Insegnante, quanto la pratica da essi dimostrata nella 'esecu-:
zione dei lavori loro affidati subito dopo la lezione.
Le lezioni furono eseguite quasi sempre all’aperto, per avere
così nelle vicine colture. il modo di chiarire agli allievi molti dei
concetti che si venivano esponendo e che potevano riuscire oscuri
alle loro menti se espressi nei limiti della esposizione didattica.
In tal modo unendo la teoria alla pratica del campo si è cer-
cato di ottenere dal corso tutti quei frutti di praticità necessarii |
per renderlo effettivamente utile e per raggiungere i fini che esposi
nella mia precedente Relazione e che fin dallo scorso anno furono.
abbozzati.
Nel chiudere la presente Relazione sento il dovere di chiedere |
una più larga misura nella istituzione di borse di frequenza per
gli allievi, in modo che il contributo abbia a significare coi fatti,
come le finalità di questa scuola siano riuscite consoni ai criterii |
che indussero S. E. il Ministro dell’ Agricoltura ad. accettare la.
proposta da me fatta, due anni or sono, di istituire il detto corso.
161
A giustificare la richiesta di maggiori aiuti, faccio notare che
le borse di studio di lire 250 ciascuna sono sufficienti per quei
contadini che dimorano nelle immediate vicinanze di Palermo , in
modo tale che sia per essi possibile pernottare nella propria abitazio-
ne. Ma per coloro che trovansi fuori Palermo l’ esperienza ha di-
mostrato che tale sussidio non basta a sopperire alle spese di viaggio,
alloggio e vitto, durante tre mesi, in una città che offre dispendi © —
assai maggiori dai piccoli centri.
Si potrebbe osservare che anche l’agricoltore deve contribuire
con qualche sacrificio personale, poichè la frequenza alla scuola ri-
donda a suo interesse, ma, se si pensi che appunto nei mesi di
aprile, maggio e giugno fervono i lavori di campagna più che in
altri periodi dell’anno e se si tien conto che per la natura delle
coltivazioni che vengono svolte nel corso non è possibile, o per lo
meno non sarebbe opportuno anticipare o posticipare l’epoca della
scuola, riesce gii abbastanza evidente la compartecipazione dello
stesso agricoltore agli sforzi che si fanno per il suo miglioramento
morale tendente ad avviarlo ad un sano criterio di colonizzazione,
La necessità di permettere a coloro che risiedono lungi da Pa-
lermo di profittare della piccola scuola riesce evidente anche ove
si consideri che ciascuno di questi contadini, ritornando in paese,
ripetendo le cose apprese durante la frequenza al corso, stabilirà
intorno a se un piccolo centro di propaganda e l’idea di acquistare
delle conoscenze di agricoltura coloniale prima di decidersi ad emi-
grare si farà strada sempre più larga e profonda, mentre che li-
mitando l’azione di propaganda ai contadini del circondario di Pa
[ormo essa sortirà certo effetti minori.
dimostrare tale necessità potrei ricordare molti casi nei
quali ho dovuto lamentare la più profonda ignoranza di conoscenza
dell’ ambiente. agrario dei paesi caldi: basti citare la richiesta
fatta dai soldati della Libia di semi di Castagno, ed altre specie
di luoghi montuosi e freddi, da coltivare in quelle regioni, per
affermare nel modo più soin come la colonizzazione fatta senza
il sussidio di preventive conoscenze di agricoltura coloniale possa
esser causa di errori , si dissesti , il più delle volte irreparabili,
che contribuiscono a discreditare le condizioni di fertilità e il van-
taggio di una profiqua utilizzazione dei nuovi possedimenti africani.
Colui che va in colonia crede di trovar la terra promessa solo
da un punto di vista e cioè da quello di una resa eccessivamente
superiore dei terreni in confronto alla resa comune alle terre del
paese natio, e non pensa invece che mutando ambiente bisogna
anche mutare le colture, e praticare quelle che, atte alle condizioni
162
agronomiche locali, diano il maggior tornaconto all’ intraprenditore
di lavori agricoli.
Io fido assai che le considerazioni premesse indurranno a
migliorare 1’ entità .delle borse di frequenza ed accrescerne il -
numero, portando ciascuna almeno alla cifra di L. ;
Faccio noto in ultimo che anche quest’ anno il corso è*stato
impartito dal dott. Calcedonio Tropea, in maniera encomiabile.
Palermo, 10 luglio 1913.
Prot. A. Borzì
Direttore del R. Giardino Coloniale di Palermo.
N iN Von n Vai # ZA RA aa % aan a Valdi
DA N
Intorno alla struttura delle radici
di « Chamaedorea elatior »
Nel mio lavoro sulla struttura delle radici delle Palme (1) ve-
niva brevemente riferita anche quella delle radici di alcune specie
di Chamaedorea, a sostegno della tesi ivi svolta della analogia
strutturale tra radici e stipite.
ra il chiar. Prof. PirorTA mi scrive facendomi rilevare che
la struttura rappresentata dalla fig. 9 della tav. II, descritta nella
Spiegazione come appartenente ad una grossa radice di Chamae-
dorea elatior, non corrisponde a quella da lui riscontrata nelle ra-
dici di questa pianta.
Avendo voluto pertanto eseguire una rigorosa revisione del
materiale, debbo dichiarare di essere incorso a suo tempo in un
accidentale ed involontario errore.
La detta figura non appartiene effettivamente né ad una Cha.
maedorea elatior, nè ad altra Palma, bensi —come ho potuto ora
(1) G. CaraLano — Morfologia interna delle radici di alcune Palme
e Pandanacee, in Annali di Botanica, Vol. X, fasc. 2°, 1912
164
accertare dopo lunga e difficile inchiesta—ad una radice di Ficus
magnolivides, a suo tempo in corso di studio, e di cui un prepa-
rato venne per meno accidente contrassegnato con un cartellino
destinato alla Chamaedorea.
Lo scambio, del tutto fortuito, restò poscia sufficientemente
mascherato dal fatto che non è raro riscontrare nelle radici delle
Palme in genere dei cambiamenti di struttura talvolta molto no-
tevoli a seconda dell’età del materiale e della regione che si prende
in esame. Ed infatti la detta struttura, come si rileva dal testo
(p. 84) venne considerata come apparentemente raggiata, attribuendo
tale modificazione allo stato adulto della radice.
Alle radici delle Chamaedoreae compete quindi soltanto la
struttura rappresentata nella fig. 10 della stessa tav. II. Essa è
comune tanto alla Ch. elatior, quanto ad altre specie, ed è simile
a quella delle edi Palme, presentando un mantello periferico più
o meno ricco di gruppi legnosi addensati e fusi tra loro e dei gruppi
sparsi in seno al midollo.
rof. PirorTA rinnovo qui pubblicamente i miei ringrazia-
mente per avermi cortesemente fatto accorto dell’errore.
DoTrT. G. CATALANO
CET ARS RIINA O GT e E ee I
Bafffmee me sp Dic a an:
n AIA SAR
Sulla presenza della Formaldeide nei succhi
delle piante verdi.
NOTA
di F. Angelico e G. Catalano
Nel nostro precedente lavoro sullo stesso argomento (1) veniva
esposto un breve saggio di esperienze intorno all’accertamento di-
retto della presenza della aldeide formica in seno ai succhi verdi
delle foglie liberamente assimilanti alla luce in condizioni normali.
La determinazione di tale sostanza, mediante una reazione capace
di svelarla direttamente veniva ad assumere, come dicevamo, una
speciale importanza, perchè la sua presenza nei succhi dei paren-
chimi assimilatori era stata fino allora più ammessa in via di ipo-.
tesi che stabilita in linea di fatto.
In realtà i numerosi tentativi(2) compiuti intorno a questo genere
di ricerche lasciavano assai dubbiosi sopratutto per la insufficienza
dei metodi tecnici seguiti e per la difficoltà di avere un reattivo
che con l'assoluta specificità riunisse le doti di una massima sen-
sibilità e prontezza di azione, dovendo esso venire applicato a un
materiale, quale il succo fogliare, non solo assai complesso d
(1) Gazzetta Chimica. Anno 43. P. I.
(2) Vedi la Bibliografia nel lavoro sopra citato.
o e n E gl i E ai LA Ieri Mione o Ie fio “ie et sare CES Nn gi 3 ++ + dr fin She)
‘ 166
punto di vista chimico, ma nel quale d’altra parte l’oggetto della ricerca
come si può ben presumere, trovasi in tracce assolutamente minime.
Tale reattivo ci fu dato dal principio attivo delle radici di
Atractylis gummifera (atractilina) di cui uno di noi si è già
occupato dal punto di vista chimieo (1); e l’applicazione di esso
alla ricerca della formaldeide nei succhi verdi delle piante, confor-
tata naturalmente da ogni sorta di controllo e di verifica rigorosa,
diede risultati positivi.
L’argomento tuttavia merita altri studi, e come ci ripromet-
tevamo nel lavoro dianzi citato, abbiamo prosegtiito le ricerche,
che riassumiamo nella presente nota.
Le attuali esperienze non esauriscono, ben inteso, l'argomento,
restando ancora grandissimo il numero delle piante sulle quali dovrà
portarsi l’indagine analitica, ma pur, nel limitato numero di esempi
cui si riferiscono, prospettano per la prima volta talune questioni
intimamente connesse alla relazione che la presenza della formal.
deide nelle piante ha con i fenomeni dell’ assimilazione in generale.
È nostro debito avvertire che esse vennero appena sfiorate,
opponendosi ad una completa disamina dell’argomento non poche
difficoltà di vario genere in rapporto specialmente all’ apprezza-
mento delle eventuali variazioni alle quali va soggetto il contenuto
in formaldeide nel succo fogliare in piante sottoposte sperimen-
talmente a svariate condizioni di vita.
| Per queste ragioni, avendo voluto accingerci ad uno studio si-
stematico della questione nelle varie condizioni di vita delle piante ed
anche nell’intendimento di offrire agli studiosi il modo di estendere
eventualmente le ricerche sull’importantissimo argomento, ci siamo
curati di eseguire le ricerche oltre, che con l’atractilina, con un
metodo assai più alla portata di tutti, suggerito e descritto da S. B.
Schryver (2) « Uber di photochemische Bildung von formaldehyd
in griinen Pflanzen » e che consiste nel trattare 10 ce. di soluzione
contenente la tormaldeide libera con 2 cc. di soluzione recente di
ct.) di fenilidrazina all’ 1 °%,, poi con 1 cc. di soluzione al
°, di ferricianuro di potassio e finalmente con 5 ce. di acido clori.
dn concentrato. Si ha in tal modo una bella colorazione rosso
fuxina. La reazione è sensibilissima e, secondo 1’ autore fino alla
diluizione dell’ 1 '/,00090-
Oltre a ciò abbiamo abbandonato completamente l’uso dei
succhi fogliari grezzi o parzialmente purificati per attenerci di
o Angelico—Gazzetta Clinica 1911, p. Ia.
(2) Pharm. Zeit. 1910 pag. 397.
i Asti MA
n SIE ene
167
preferenza ai distillati da essi forniti i quali, sebbene non puri, pre-
sentano. il vantaggio di essere incolori ed inoltre di accumulare
in generale nelle prime goccie la maggior quantità della formal-
deide,
È stata poi nostra cura, specialmente quando ci occorreva di
confrontare due o più saggi, di adoperare sempre identiche quan-
tità di materiale e di reattivo rigorosamente misurato.
Con queste ed altre cautele che la pratica ci potè suggerire siamo
riusciti a rendere paragonabili i risultati delle reazioni offerte da
differenti saggi, provenienti da piante tenute sperimentalmente in
varie condizioni. Ed eftettivamente ci fu dato di apprezzare in molti
casi delle notevolissime ditterenze, tanto nella intensità delle colo-
razioni, quanto nell’andamento delle reazioni stesse.
nostro intendimento continuare su questi studi, non appena
condizioni di opportunità e circostanze di tempo ce lo permette-
ranno. Il presente lavoro, ripetiamo, non è che una continuazione
per il cui svolgimento completo occorreranno lunghe e pazienti in-
dagini.
Ci sia permesso tuttavia di esporre i risultati attuali dello studio
fin qui compiuto, limitatamente ai fatti positivamente accertati,
astenendoci da qualsiasi interpretazione degli stessi.
Il modo di operare è semplicissimo. Le foglie raccolte ven-
gono triturate in mortaio e poscia torchiate. Il succo che, a secondo
i casi, è carico o no di clorofilla, vien posto a distillare ed in tal
modo ordinariamente nelle e goccie del distillato si ha la for-
maldeide,
Impiegando invece l’ dacia si opera, stemperando quite
centigrammo di glicoside in poche gocce di acido solforico concen-
trato ed al liquido giallognolo si aggiunge qualche goccia del di-
stillato del succo fogliare. Dopo alcuni secondi si osserva una co-
lorazione violetta con riflessi VETO nel caso della presenza
della formaldeide.
Variazioni del contenuto in formaldeide nelle varie specie
di piante. —È necessario anzitutto dichiarare che delle varie specie
di piante (oltre 50) i cui succhi fogliari furono sottoposti ad esame,
non in tutte ci fu dato di constatare la medesima intensità di rea-
zione a parità di condizioni (ora, giornata, temperatura ra, ecc.). Nella
maggior parte delle piante esaminate (Stelleria media, Sisymbrium
officinalis, Fumaria sp., Antirrhinum siculum, Ligustrum robu-
stum, Parietaria officinalis, Urtica divica,ece.) le prime gocce del
distillato dei relativi succhi fogliari forniscono una reazione di color
roseo piuttosto pallido, corrispondente all’ incirca a quella che si
168
ottiene con un saggio di formaldeide diluita verso l’1 per 1
La massima intensità di colorito venne riscontrata nel. distillato
delle foglie di Datura cornigera e alba, e in quello di Vinca major
la minima, cioè più debole della media, in quello di Zea. Mas
Musa Ensete, ed assolutamente impercettibile, se non del tutto
negativa in quello di Chenopodium murale.
Naturalmente le prove venivano condotte su quantità perfet-
tamente eguali di distillato facendo uso di reattivo rigorosamente
ed egualmente per tutte dosato, ad evitare che le variazioni di in-
tensità potessero imputarsi a cause estranee relative alla tecnica
del procedimento.
Analoghe differenze vennero anche riscontrate già a suo tempo
ed ora verificate col metodo dell’atractilina; la reazione riesce di
massima intensità e rapidità col succo di Mirabilis Jalapa, Doli-
chos albus, Lupinus albus, ecc., minima o del tutto negativa con
quello di Helianthus annus. bia fra le varie specie vegetali
vi é un diverso comportamento di fronte ai reattivi dell’ aldeide
formica, e siffatte variazioni stanno evidentemente in rapporto con
unasdifferenza di concentrazione di tal sostanza nei varii succhi.
Se ciò proceda da particolare modalità con la quale si esplica in
ogni singola specie vegetale l’attività assimilatrice, appare assai
probabile; ma è anche possibile che dei fenomeni chimici secon-
dari di oscura natura intervengano a modificare variamente l’ori-
ginario contenuto in formaldeide. Tuttavia riteniamo che nei pochi
casi riscontrati di reazione apparentemente negativa, riguardanti
piante verdi, liberamente esposte al sole, si tratti probabilmente,
anzichè di vera assenza di aldeide formica, di uno stato di estrema
diluizione in cui tale sostanza trovasi nella specie esaminata, talchè
riesce impossibile apprezzarne la presenza ; ovvero di una massima
suscettibilità di trasformazione nei successivi composti organici che
fanno capo all’amido, di modo che non se ne trovi più traccia ap-
prezzabile prima del tempo strettamente necessario che va impiegato
alla estrazione del succo dalle foglie.
Influenza dell’ora sulla intensità di produzione della for-
maldeide.—Come si è detto, le variazioni sulla intensità delle rea-
zioni fornite dalle varie piante vennero constatate su soggetti rac-
colti a parità il più possibile rigorosa di condizioni ‘esterne, e cioè
nello stesso giorno, alla stessa ora, esposti egu inline ai raggi
solari, ecc.
L'ora in cui le piante vengono raccolte ha una particolare im-
portanza nel determinare variazioni sul contenuto di formaldeide,
come ci tu dato di accertare ripetute volte. In generale la massima
169
intensità di colorito nelle reazioni, e cioè la massima concentrazione
di formaldeide venne riscontrata su piante raccolte verso le ore
14-15, cioè nel periodo di massimo riscaldamento giornaliero.
Le reazioni scemano invece rapidamente di intensità nelle suc-
cessive ore pomeridiane ; così il succo delle foglie di Datura cor-
nigera raccolte alle 17,30 non dà che una reazione debolissima,
quasi negativa.
Anche nelle prime ore antimeridiane si ottengono spesso rea-
zioni debolissime o quasi negative e talvolta anche quando già la
pianta è pienamente illuminata dai raggi solari. Così nelle foglie
di Celastrus lucidus raccolte alle 8 (in un giorno di Maggio) il succo
non contiene ancora formaldeide.
Viceversa per talune piante non ci è stato dato riscontrare
differenze; ad es. i succhi fogliari di Zea Mas danno reazioni de-
bolissime, ma perfettamente eguali, tanto se le foglie vengono rac-
colto alle 9,30 quanto se alle 15,30. Lo stesso può dirsi per altre
specie come Cercis siliquastrum, Ailanthus glandulosa,, ecc. Come
si vede, anche su questo punto regna una grande variabilità nel
comportamento delle singole specie vegetali, nè può dirsi quindi
fin'ora se per tutte sussista una regola generale al riguardo "delle
variazioni di intensità del lavorio assimilativo durante le ore del
giorno ; tanto più che siffatta intensità è probabilmente influenzata
anche da numerosi altri fattori, quali la temperatura, lo stato del-
l’aria, la luminosità del cielo, la stagione e così via, dei quali è
sommamente difficile, come Han si comprende, tenere contempora-
neamente stretto conto.
Variazioni relative alle diverse qualità dei succhi che si
possono estrarre dalle piante. — L’estrazione del succo fogliare
fatta a mezzo di un apposito torchio a vite, previa triturazione
delle foglie, fornisce, salvo il caso di foglie provviste di speciali so-
stanze coloranti, un liquido denso. intensamente verde, dalla. ‘cui
distillatzione si ottiene un liquido quasi sempre limpido di odore
caratteristico, per lo più sgradevole. In questi distillati e special- i
deide.
mente nelle prime gocce va operata la ricerca della. formal L
Se le foglie non si sottopongono. previamente A temine: -
malgrado ogni energica pressione del torchio, non sprigionan
un succo brunastro o chiaro, poco denso e privo di clorofilla; n
liquido non proviene. ‘manifestamente dallo stritolamento delle cel-
lule verdi, ma ha altra origine. Infatti, osservando. dopo l’opera-
zione il tufo si può constatare che la parte verde dello foglie è ©
pressocchè intatta e tuttora ricca di contenuto acquoso. Il caso si
*
170
verifica specialmente in piante a foglie ricche di parenchimi non
verdi o di contenuto mucilagginoso , come in parecchie Malvacee.
Però anche le piante che cedono facilmente in seguito a smi-
nuzzamento delle foglie un succo densamente verde, dopo una pro-
lungata ed energica azione del torchio forniscono come ultimo re-
siduo un liquido rosso-bruno, senza clorofilla e molto meno denso
delle prime porzioni.
Cosicchè il liquido che si ottiene dalla torchiatura delle foglie
triturate non è costituito dal solo contenuto delle cellule verdi del
parenchima assimilatore, main realtà da una miscela di vari succhi
differenti provenienti dai varì parenchimi di cui risulta composta
la foglia.
Data siffatta differenza appariva molto interessante lo studio
del comportamento dei singoli componenti della miscela, presi iso-
latamente, di fronte ai reattivi della formaldeide. Abbiamo potuto
accertare in alcuni casi che la presenza di questa sostanza si li-
mita esclusivamente ai succhi provenienti dai parenchimi assimila-
tori, cioè a quelli molto densi e decisamente verdi, nei quali è
vee quasi tutta la clorofilla contenuta nelle foglie. Praticamente
non è possibile apprezzare delle differenze tra le reazioni fornite
dalla miscela dei vari liquidi e dal liquido contenente la clorofilla
preso isolatamente, e ciò perchè la differenza di diluizione è asso-
lutamente minima. Invece molto istruttivo è il confronto con il
liquido senza clorofilla, ottenuto senza preventiva triturazione delle
foglie. Ad es. le foglie di Acanthus mollis non triturate forniscono
al torchio un liquido mucilagginoso, filante, rosso-brunastro, il cui
distillato non dà reazione di sorta. Se si distilla invece il tufo
rimasto indietro insieme ad un pò di acqua, si ottiene la caratte-
ristica reazione, per quanto debole.
Parimenti da una miscela di foglie di Parietaria, Urtica, Vinca,
Fumaria, ecc. i cui succhi dànno positiva, si ottiene al torchio qua-
dora non vengano previamente triturate, un liquido rossastro poco
denso, senza clorofilla, il cui distillato dà reazione negativa.
Benchè, come è naturale, necessiti su questo argomento mol
tiplicare le prove e gli esempi, pare tale fatto potrebbe trovare
una sufficiente spiegazione nell’ipotesi espressa da Plancher e Ra-
‘venna (1) che la formaldeide si trova legata alla clorofilla.
Da questo prodotto di addizione la formaldeide poi verrebbe
staccata o per la distillazione, od operando direttamente sui succhi
per azione dell’acido solforico, impiegando come reattivo l’atrattilina.
| (1) Rend. Acc. Lincei [5] 13 II. 459. 465. :
e Ara
ali
eni
Merlttnrvarranorivatbintidettà abltaatibbatlio;s split DUO mtb ptt
{praigponni rn osi gpaggigreoe "ipsggggpin rtbgaiza;nepnnnn Ma Ti MUTO pp
ncstfltttt2ctHrerm OCIAILAGIIRIO
pico
cat attrazioni “|
gip
sp, ene |
Qualche pensiero sull’ « Adinamandria »
Come in altri campi, così per la biologia florale tocca agli Ita-
liani la gloria di avere iniziato le scoperte e di avere per tal guisa
aperto la via agli osservatori. Già poco meno di un secolo prima
di K6LREUTER, PaoLo BoccoxE sapeva della partecipazione degli
agenti esterni nell’opera dell’impollinazione, mentre, su per giù al
tempo del Boccone, AnToNIO MicBELI scopriva il mirabile modo
onde si compie 1 dini illiiione in Vallisneria spiralis. Ma, seb-
bene l’osservazione avesse dimostrato a questi due osservatori ita-
liani la presenza di fiori diversi e financo di individui diversi nel
fenomeno dell’impollinazione, pure non sorse allora, nè poteva sor-
gere, il concetto funzionale della fecondazione incrociata. KòLREUTER
distinse chiaramente un’auto-impollinazione da una impollinazione
straniera, quantunque per quest’ultima non avesse creato un voca-
. bolo a parte; del resto non ne intuì il significato nemmeno dal
lungi. Un pigna si ebbe in SPRENGEL, in quanto che dicendo
che la natura per la frequenza della dicogamia e perl’esistenza di
molte specie a fiori unissessuali manifestava la volontà che alcuni
fiori non fossero fecondati dal proprio polline, veniva a significare,
come giustamente crede il Loew, la necessità della fecondazione
incrociata. Se invece che una tale interpretazione. metafisica, del
resto conforme al pensiero filosofico del tempo, avesse dato lo
SPRENGEL ai fatti da lui osservati un significato pretiamente a.
172
turalistico, egli si sarebbe certamente avvicinato di più alla realtà
e forse avrebbe stabilito 60 anni prima di.-Darwix il valore fun-
zionale dell’allogamia.
Se SPRENGEL rappresenta un progresso su K6LREUTER, KNIGHT
lo rappresenta su di lui quando formola la seguente legge :. Nes-
suna pianta si autofeconda per molte generazioni di seguito.
Finalmente il DARWIN raggiunge il centro della realtà dando ai fe-
nomeni allogamici un valore funzionale fondamentale.
Il K6LREUTER era venuto alla distinzione della impollinazione
col proprio polline da una impollinazione col polline straniero pel
fatto dell’esistenza di fiori unisessuali e per la scoperta che egli
di organi sessuali non maturano contemporaneamente. Questi me-
desimi fatti, dei quali gli ultimi farono da lui compresi sotto il
nome di Dicogamia, portarono anche lo SPRENGEL alla medesima
distinzione ; se non che un fatto nuovo egli ebbe a scoprire ope
rando l’impollinazione artificiale di Hemerocallis fulva. Difatti da
questa impollinazione egli non ottenne frutto, onde emise l’ipotesi
che anche presso le piante omogame può l’impollinazione essere senza
successo.
Fu dunque lo SPRENGEL lo scopritore di un nuovo fenomeno
che in seguito si riconobbe avere una ben grande estensione e che
il DEeLPINO designò col nome di Adinamandria. Evidentemente il
nome creato dal DeLPINO è abbastanza inadatto perchè pregiudica
la natura di un fenomeno sul quale si è stati completamente al
buio. E invero Adinamandria vorrebbe dire l'impotenza dell’ele-
mento maschile alla fecondazione, quasicchè il fenomeno dipendesse
soltanto dal polline; ma questa univoca dipendenza appunto è quel
che ancora resta a dimostrare! In altri termini non si è potùto dire
finora se il fenomeno dipenda soltanto da un germe piuttosto cle
dall’altro o da entrambi insieme ovvero da cause ad essi estranee
ma che su essi estendono la loro azione; di qui l’inopportunità di
un vocabolo che ha tutta l’aria di aver denise la questione. Ol-
tracciò notiamo che la parola ha pel DELPINO un significato gene-
rale, comprendendo anche i casi di sterilità nell’incrocio; in ta!
caso difatti le nozze sono ancora omocline perchè, trattandosi di
individui che si sono propagati agamicamente, costituiscono tutti
insieme un unico individuo, ‘l'individuo fisiologico. Senonchè lo
KxUuTH, alla stessa guisa che all’autogamia è opposta l’allogamia,
ha voluto opporre alla sterilità successiva all’autogamia una steri-
lità successiva all’allogamia, non tenendo conto della concezione
dell’ individuo fisiologico : la prima chiamò autosterilità (Selbstste-
173
rilitàit), la seconda RIA per il che l’antica parola del-
piniana venne ad assumere un significato particolare.
Ma alla nomenclatura dello KNUTH si può fare, come è chiaro,
la medesima obbiezione che a quella di DeLPINO ed un’altra in
più, perchè l’uso di due vocaboli distinti per indicare un fenomeno
che prima appariva unico, importa la sostanziale differenza del
fenomeno quando segue all’autogamia e quando segue all’allogamia;
il che non è ancora dimostrato, anche astraendo dalla concezione
dell’individuo fisiologico. Il torto dello KNUTH poi appare ancora
maggiore se si pensa che l’avere adoperato un vocabolo particolare,
creato già dal DARWIN, per la sterilità nell’autogamia e l’aver ri-
serbato il vocabolo delpiniano per indicare l’allogamia sterile, fa-
rebbe mostra di significare che nell’allogamia sterile si abbia dav-
vero l’impotenza pollinica; il che se si affermasse, sarebbe pure
un’affermazione gratuita. Data dunque l’ignoranza che si è avuta
intorno alla vera natura dei fenomeni in discorso, si sarebbe do-
vuto sempre ricorrere ad un vocabolo unico, come aveva fatto il
DeLPINO, ma più discreto che non la parola delpiniana affinchè
non si pregiudicassero le cose nella loro realtà. E se io ho dato al
mio lavoro il titolo che porta in fronte, é stato soltanto per amore
di brevità; vedremo in seguito quale sarà, secondo noi, il vocabolo
più Sion valloni desunto da una intuizione dei fatti che sembra
risponda alla realtà.
sta
Lo studio che sinora si è compiuto intorno ai fatti in discorso
è monco quanto altri mai e la ricerca non ha mirato a penetrare
nell’intimo del loro essere, ma si è contentata di girare intorno ad
essi, mantenendosi a debita distanza. Così piuttosto che ricorrere
all’esame istologico e citologico dei due germi e loro annessi, piut-
tosto che esaminare il potere germinativo del granello pollinico
anche in soluzioni artificiali e l’importanza della sua parete, piut-
tosto che curare di riconoscere le fasi che il polline adinamandro
attraversa su lo stimma mettendole anche in confronto con quelle.
del polline efficace (studio importantissimo specialmente nei casi di
autosterilità perchè allora uno stesso polline è ‘adinamandro n
efficace insieme); insomma piuttosto che ua
germi, si sono andate frugando le circostanze più esterne ai fatti
ovvero si è voluto trovare un nesso tra l’esistenza dei fatti ed i
caratteri esteriori delle specie che ne sono affette. Così secondo
H. MiLLER e I. LuBBOCK sono autosterili peilirstoo le specie
174
a grandi fiori o vivacemente colorati; invece nei fiori piccoli l’au-
togamia è fertile. Però il DarwIN, che conferma l’autofertilità dei
piccoli fiori, nega il nesso rigoroso che il MiLLER ed il LUuBBOCK
avevano voluto riconoscere tra grandezza dei fiori e vivacità dei
loro colori da una parte e l’autosterilità dall’altra ; cita ad esempio
l’Ipomaea, l Adonis ed altre specie.
o KNUTH riconosce un rapporto diretto tra }’autosterilità e
la riproduzione vegetativa, ma questo rapporto è vero soltanto in
parte. Difatti se è vero che piante fornite di ricca e facile riprodu-
zione vegetativa (o per stoloni o per bulbi o per rizomi o per bul-
billi ete.) sono autosterili, come Ranunculus Ficaria (gemme a-
scellari che si trasformano in bulbilli epigei), Lilium bulbiferum,
Hemerocallis fulva ete., vi sono anche piante a rapida ed abbon-
dante riproduzione vegetativa, eppure autofertili come il Convol-
vulus arvensis, l'’Oxalis corniculata, 1’ Ajuga reptans, etc.
Se si volesse frugare in fondo a tutti questi rapporti che si son
voluti stabilire tra autogamia fertile o sterile e i fattori che abbiamo
detto, si troverebbe la preoccupazione biologica come forza ispiratri-
ce, cioè la pretesa di interpretare finalisticamente un fenomeno che
in sostanza è indipendente da adattamenti o da necessità della
pianta.
Cotale preoccupazione non si è limitata a stabilire i sopradetti
rapporti, ma altri ancora ne sono stati trovati sotto la sua influenza.
Così KIRCHNER per le Leguminose ‘ha riconosciuto il nesso che
corre tra autogamia e durata della vita, in quanto che maggiore è
la durata della vita e più frequente è l’autosterilità, conforme alla
spiegazione data dal DARWIN per la frequenza della dioicità tra
gli alberi e la rarità della stessa notata dal LEco@ nelle piante
annue. Ma le cifre risultanti dalle osservazioni e dalle esperienze,
a detta stessa del Ponzo, il quale non è alieno dal dare a questo
ed agli altri fattori, specialmente se riuniti assieme, un valore per
quanto relativo, non dimostrano decisamente che l’essere le piante
perenni od annue basti a spiegare la loro autosterilità od autofer-
tilità. Lo stesso dicasi dell'abbondanza dei semi, della forma dei
fiori (actinomorfia e zigomorfia, dialipetalia e gamopetalia) della
loro durata, del loro colore (se giallo, se rosso, se bianco etc.),
della produzione del nettare e simili fattori che darebbero ai feno-
meni di autofertilità o di autosterilità un certo' tal quale carattere
finalistico. re;
olto maggiore importanza invece pare che abbiano quei fat-
tori che agiscono dal di fuori più che dall'interno della pianta,
eco dl ii i a Cai el ita e e e ale St
n oa "a È ae ci de er :
175
quei fattori quindi che danno un’apparenza di stiracchiatura alla
interpretazione teleologica o la rendono addirittura impossibile ;
quali sarebbero l’epoca di fioritura, la stazione, l'altitudine, la la-
titudine. Questi ultimi.rapporti però secondo il Ponzo non tutti
hanno un valore per i termini che stanno di fronte, ma per un
agente che li accompagna e che è rappresentato dagli insetti. La
vera correlazione, secondo il Ponzo, sta fra la frequenza delle vi-
site degli insetti e l’efficacia dell’autogamia, cosicchè specie molto
visitate sono autosterili e al contrario specie che scarseggiano di
visite sono autofertili. Nè questo fatto (è merito del Ponzo stesso
l’averlo rilevato) ha un qualsiasi valore finalistico, perocchè non è
la pianta frequentemente visitata che rinuncia all’autofertilità di
cui non ha bisogno, ma son piuttosto le frequenti visite che ren-
dono lo stimma adusato al polline straniero e lo rendono insensi-
bile alla primitiva azione stimolante del proprio polline; nei fiori
invece a scarse visite il proprio polline non subisce il contrasto
del polline straniero nè d’altra parte lo stimma può adusarsi ad
uno stimolo che non ha modo d’esercitarsi o almeno d’esercitarsi
con energia. Or se la causa delle cause é, secondo il Ponzo, la
maggiore o minore frequenza delle visite dei pronubi, gli altri fat-
tori sono in relazione a quest’ultimo dei pronubi : essi concorrono
all’autosterilità ed all’autofertilità in quanto concorrono a favorire
o no la frequenza delle visite. La frequenza poi delle visite agisce,
come dicevamo, in quanto che essa nello stimma eccita, se grande,
la sensibilità pel polline straniero, persistendo al contrario l’abitu-
dine e la sensibilità pel proprio polline ove le visite degli insetti
manchino o sieno rare.
Certamente tutti questi rapporti in generale o esprimono, come
è detto, la preoccupazione biologica, senza della quale forse non
si sarebbero scoperti, o comunque dimostrano l’azione che le con-
dizioni esterne esercitano sul plasma germinale, ma non vanno
oltre. Anche il Darwin ammise la dipendenza, talora veramente
grande, del plasma germinale dall’ambiente, ran gna de
di stabilire in qualche modo la natura dei rapporti tra le
due specie di germi per dedurne » condizione dalla ferito della
sterilità della pianta. Un primo. di questi.
rapporti intimi fu fatto dal DARWIN con l’ammettere una certa.
incompatibilità tra gli elementi sessuali nel caso di sterilità nel-
l’autogamia o nell’unione illegittima delle piante eterostili. Eviden-
temente le parole del DARWIN non sciolgono la questione perché
non danno idea determinata della causa efficiente del fenomeno;
e invero cotesta ran tra gli gens sessuali vos —
L'A i
concetto molto vago che non permette una precisa ideazione dei
atti,
- Più ‘determinata e precisa è invece l’altra ipotesi del DARWIN,
secondo la quale è necessario, affinchè si abbia la fusione dei germi,
che esista una certa differenza fra essi. Fra tutti gli individui della
medesima specie si ha sempre una certa differenza, che si riflette
anche sul germe, tale da permettere la reciproca azione degli ele- -
menti sessuali; se manca tale differenza germinale, manca anche
è
l’unione sessuale.
Certo l’ipotesi del DARWIN, oltrechè ingegnosa, è seducente,
anche perché sinora è l’unica che abbia tentato di colpire i fatti
nel loro intimo; tuttavia quando si cerca di determinare dove stia
riposta cotale differenza, si rimane perplessi e si sente tutta la
lacuna che ancora esiste nelle ricerche. Difatti se gli elementi ses-
suali, oosfera ed anterozoide, fossero sin da principio ad immediato
contatto, allora potrebbe dirsi che i caratteri che costituiscono la
differenza devono essere localizzati nei due germi, sebbene poi reste-
rebbe ancora da risolvere la questione della natura di tali caratteri;
ma tra oosfera ed anterozoide è interposto lo stilo col suo stimma
e la parete pollinica. Anzi v’ha di più, perchè la cellula costituente
il granello pollinico non è l’anterozoide, ma l'equivalente della spora
delle Pteridofite. Perciò nel primo momento, quando cioè devono
compiersi le prime reazioni, i termini che si stanno di fronte non
sono l’oosfera e l’anterozoide, il quale già ancora non s’è formato,
ma piuttosto lo stimma e la parete pollinica. Parrebbe dunque che
la differenza supposta dal DarwIN dovesse localizzarsi nello stimma
e nella parete pollinica. Ma qui, ripetiamo di nuovo, si riconosce
quanto scarse sono state le ricerche e come lontane dal punto intorno
‘a cui sarebbero dovute versare. Si sono ricercate difatti, come dice-
vamo, le circostanze esterne, non si è esaminato quello che succede
nei casi di sterilità nell’ovulo, nel tessuto stilare e stimmatico e nel
granello pollinico. Si ha soltanto qualche osservazione isolata. Si sa
per es. che in certi casi di autosterilità lo stimma uccide il polline
del proprio fiore ovvero che è il polline il quale, cadendo su lo stimma, |
uccide il fiore se lo stimma non è quello estraneo; si sa anche per
Eschscholltzia che il polline proprio non sviluppa abbastanza il tubo
pollinico; ma'da questi pochi fatti nessuno saprebbe risalire alla
sopradetta ipotesi darwiniana. Per contrario quei rapporti tra fattori
esterni e l’autogamia fertile o sterile, i quali per la conoscenza dei
fenomeni hanno, come dicevamo, ben maggiore importanza che non
le correlazioni stabilite per la preoccupazione biologica, rendono
assai difficile l'interpretazione d dei fatti alla stregua dell’ipotesi del
177
DARWIN. E invero non si saprebbe dire perchè tra le specie pri-
maverili si dovrebbe riscontrare una differenza sessuale molto più
frequentemente che in quelle estive, perchè molto più frequentemente
nelle piante rupestri e dei luoghi aridi che non in quelle di stazioni
pingui, perchè soltanto in un primo tempo del periodo vegetativo
di una data specie e non per tutto il periodo, compresa la sua
ultrà parte e così via.
Nè le altre poche conoscenze di fatto che abbiamo intorno allo
argomento parlano molto a favore dell’ipotesi del DaRrwIN. Così
l’Eschscholtzia, completamente sterile nel Brasile, trasportata in In-
ghilterra divenne in parte autofertile sin dalla prima generazione e
più autofertile ancora nella seguente generazione; lo stesso avvenne
secondo DARWIN e F. MiiLLER anche per Adutilon Darwini, che
però nel luogo d’origine è semplicemente autosterile. Col ritorno in
patria le piante divenute autofertili in Inghilterra ridivennero sterili
sin dalla prima generazione. In che modo accordare questi repentini
cambiamenti con l’ipotesi delle differenze sessuali del DARWIN?
Come spiegare che germi i quali sarebbero stati molto simili fra
loro divengono molto differenti o viceversa che germi molto differenti
divengono molto simili col semplice passaggio da un luogo ad un
altro? E resta ancora una difficoltà formidabile. Perchè difatti
l’ibridismo è tanto più facile quanto più affini sono le specie, cioè
quanto maggiori si dovrebbero presumere le somiglianze? Lo stesso
DaRrWIN riconobbe la forza di questa difficoltà e modestamente
conclude di non saper dire perchè da una parte è necessario che gli
elementi sessuali siano differenti per essere fertili, e perchè dall’altra
questa differenza, se va ancor oltre, reca uno svantaggio.
L’ipotesi del DARW IN dunque, l’unica che per ora si sia avuta
come tentativo di spiegare l’adinamandria ricercandone le cause
nell’intimo del germe, non basta a togliere il velo ricoprente i fatti
che vi si riferiscono. Perciò noi stabiliremo una nuova ipotesi che a
prima giunta parrebbe essenzialmente diversa da quella del di
ma che poi si ricamoncarà esser quella stessa del sommo Naturalis ista,
alla quale però si è dato un contenuto preciso. Perchè. veramente. Si
l’ipotesi lst della differenza tra gli elementi ‘sessuali. sx
chè sia efficace l’impollinazione non è più quel vago mistico don:
cetto dell’incompatibilità tra i due germi nei casi di sterilità; manca
tuttavia della necessaria precisione; non si saprebbe. difatti dire,
come abbiamo visto, in che cosa consista cotesta differenza tra gli
elementi sessuali; la mia ipotesi invece, sebbene sia una concezione
affatto diversa da quella del DARWIN, riesce a precisare la diffe-
renza ammessa dal DARWIN e quindi ricade in ultimo nell'ipotesi.
NSA 3 ABETI Gre = cf e E TR
lat A erre, =
178
darwiniana. Ma prima di enunciare la mia ipotesi sarà bene rife-
rirmi a certi fatti di comune conoscenza.
Se si considera il fatto che da un piccolo seme di una frazione
di milligrammo può derivare un albero producente molti chilogram-
mi di semi e prima dei semi una quantità straordinaria di fiori e
quindi di ovuli e di granelli pollinici e quindi ancora di germe
femineo e di germe maschile, ci si persuade tosto come il germe
nel vegetale subisce un processo di costruzione. Il germ + può dirsi
completo nell’istante in cui l’anterozoide si è fuso con l’oosfera, ma
è una quantità infinitamente piccola. L’oosfera fecondata per suc-
cessive divisioni forma l’embrione; dall’ embrione, sotto opportune
condizioni che fanno germogliare il seme che lo contiene, viene a
formarsi la pianta dove l’infinitesima quantità di germe costituita
dall’oosfera tecondata, si è dispersa per un corpo vegetativo infi-
nitamente grande in suo confronto; su questo corpo vegetativo, in
alcuni suoi punti, ricomparirà il germe, ma in una quantità straor-
dinariamente grande rispetto alla infinitesima quantità di germe
rappresentata dall’ cosfera fecondata. È chiaro dunque che se il
germe, facendo astrazione da una genealogia cellulare e da una
particolare via germinativa (Aeimbahn) così scarso all’ inizio, di-
| viene ad un certo punto della vita della pianta in quantità così
grande, nella pianta esiste, per così dire, un laboratorio del germe:
la quantità infinitesima di germe non potrebbe divenire quella
straordinaria quantità che di fatto diviene, senza che nella pianta
non se ne avesse una vera fabbrica. Se poi consideriamo la pianta
non nel momento che si sviluppa dal seme, ma allo stato adulto
e nel periodo di riposo, quando è dispogliata financo delle sue
foglie, e pensiamo che essa a primavera fiorirà con conseguente.
grande formazione di germe, apparirà in modo forse ancor più evi-
‘dente come il germe nel corpo vegetale subisca addirittura un
processo di costruzione, come la pianta fabbrichi il germe da ele-
menti che non sono germe. Si pensi ancora a quegli alberi che.
con la potatura vengono ridotti al semplice tronco, dal quale tut-
tavia al risveglio primaverile si avrà quel gran rigoglio di fronde.
e quella gran produzione di fiori; si pensi ai varii mezzi di ripro-
duzione vegetativa (bulbi, bulbilli, gemme, stoloni, una semplice
foglia, ete.), riproduzione senza germe iniziale (nel senso che lo
abbiamo preso noi di - cosfera ed anterozoide fusi assieme) dalla.
quale tuttavia deriverà tanto germe, si pensi ai varii mezzi di ri-
produzione artificiale , con cui, in ultima analisi, da un semplice
complesso di cellule nia si formerà, come nella riproduzione —
vegetativa naturale, una quantità indefinita di germe, ed apparirà
fi
179
ancora come la pianta davvero costruisca il suo germe, e comé lo
costruisca dal suo soma, indipendentemente da una particolare via
germinativa ; è il soma che la pianta trasforma in germe ; questo
è quello che emerge dall’ osservazione dei fatti, come allorchè un
semplice pezzetto di foglia di Begonia si trasforma in una pianta
che fiorisce e fruttifica ; e questo significa che il germe subisce un
processo più o meno lento, più o meno rapido di costruzione.
Importantissimo è quello che nelle piante pu6 ancora verifi-
carsi. Se per es. si decapita un Chelidonium majus quando ha
già prodotto i bottoni florali, si forma un nuovo asse sul prolun-
gamento di quello reciso e questo nuovo asse produrrà dei fiori e
quindi del germe. Così in mille altre piante recidendo le tenere
cime su cui, se già non lo fossero, presto o tardi sarebbero spun-
tati i fiori, altre ne nascono che daranno fiori e germe. Se intanto
esistesse una via germinativa,.la decapitazione della pianta do-
vrebbe portare alla mancanza di fiori per l’ individuo decapitato,
perchè con la decapitazione, specialmente quando essa si compie
allorchè sono spuntati i bottoni florali, si verrebbero ad asportare
le cellule che formano la catena ur la quale cammina il germe.
La medesima conseguenza potrebbe trarsi da tanti altri fatti, com-
presi quelli a cui noi abbiamo accennato più su. Ma ci sia-o no
una via germinativa, quello che in ogni caso è fuori di qualsiasi
contestazione è che la pianta da una particella infinitesima di germe
o addirittura, almeno in apparenza, dal soma, è capace di dare una
quantità straordinariamente grande di germe, e per una volta
tanto se annua, per un numero indefinito di volte se perenne ; or
tutto ciò prova, ripetiamo ancora, come la pianta compie un pro-
cesso di fabbricazione del germe trasformando sostanze che non
sono germe. Tutto ciò è alla portata di tutti ed è intuitivo e par-
rebbe strano che io vi abbia insistito tanto. Ma se tanto io vi ho
insistito egli è perchè qui è riposta, come vedremo, l'essenza della
x
mia ipotesi che vale a dare ragione dei fatti adinamandrici.
a osservare intanto che il processo di formazione del germe
*
è più o meno rapido a seconda le specie. Dal germogliamento del
seme può provenire una pianta che dopo poche settimane o dopo |
pochi mesi ha già formato tutto il suo germe; altre piante sono
bienni ed il germe è da esse formato al secondo anno di vita; altre.
sono perenni e più o meno abbondantemente fioriscono ogni anno;
però la prima fioritura avrà ‘potuto ritardare, secondo le specie, di
parecchi anni dopo la seminazione. Vi influiscono anche le condi-
| zioni esterne. Una pianta in terreno piugue frondeggia riccamente
e può ritardare moltissimo o) sopprimere. sddirittara la sua ara,
180
la quale in terreno magro avverrebbe sicuramente e talora preco-
cemente. Di una pianta si può accelerare il ciclo annuo ponendola
in stufa e cosi sotto varie condizioni si potrà avere o un ritardo
o un anticipo o una soppressione di fioritura o anche può provo-
carsi una fioritura in individui che non sono mai fioriti. Vi influi-
sce anche la latitudine, perchè certamente trasportare una pianta
da un parallelo ad un altro significa mutare quel complesso di con-
dizioni che formavano prima 1’ ambiente interno ed esterno ; così
per es. nostri alberi da frutto ai tropici trondeggiano rigogliosa-
mente, ma cessano dal fiorire. Dunque le piante fabbricano il loro
germe, possono anche cessare dal fabbricarlo, e allorchè lo fabbri-
cano posso farlo più o meno lentamente, più o meno rapidamente,
e, quel che più vale, più 0 meno completamente.
Tutto ciò origina i molteplici fenomeni che hanno riscontro
negli animali e che in zoologia pigliano il nome di neotenia, di pe-
dogenesi, etc. In certi casi per es. , come il BEGHINOT ha dimo-
strato, il nanismo vegetale non è che infantilismo, in cui la pianta,
come l’Axolotl tra gli animali, si riproduce prima del suo completo
sviluppo ; il CosrERUSs ha notato fatti di pedogenesi tra le piante
ed io stesso in altro mio lavoro ho interpretato la cleistogamia come
una pedogenesi vegetale complicata dalla fecondazione a causa del-
l’ermafroditismo florale,
Dicevo che le piante fabbricano il loro germe più o meno
lentamente, più o meno rapidamente e più o meno completamente.
to vi è uno stadio in cui è facile riconoscere come il germe
ancora non è formato dio per es. quando i fiori sono
ancora dei piccoli bottoni. Ma quando si ha la formazione com-
pleta del germe? L’antesi è il segno certo che il germe è giù for-
mato completamente? Qui si ha tutta una scala. Si hanno piante
in cui il germe é formato prima che esse divengano adulte (neo-
tenia e pedogenesi vegetale); in altre il germe è formato soltanto
prima dell’antesi con fiori che non vengono mai ad apertura (elei-
stogamia) ; in altre ancora si ha l’antesi, ma il germe è già com.
pleto in antecedenza quando il fiore è ancora chinso, come dimostra
la fecondazione che si compie in boceio (piante con fecondazione
in boccio) ; l’antesi quindi è posteriore alla completa formazione
del germe; infine in altre piante ancora la formazione completa
del germe coincide con l’antesi. Ma la dicogamia dimostra la pos-
sibilità di un altro gradino della scala che abbiamo’ enunciato, cioè
di una formazione completa del germe posteriore all’antesi. Difatti
nella dicogamia in un primo momento, quando il fiore è già aperto,
non è maturo che uno solo dei due plasmi sessuali, o il maschile.
181
(proterandria) o il feminile (proteroginia); l’altro plasma matu-
rerà soltanto più tardi, cioè dopo parecchi giorni dall’antesi. Forse
osservazioni opportune potrebbero dimostrare anche l’ esistenza di
fiori che si aprono prima ancora della completa formazione non di
una sola, ma di entrambe le specie di germe: il maschile ed il
feminile, la quale avverrebbe sì, ma dopo l’antesi ; e forse esempio
di tali fiori saranno alcuni di quelli a lunga durata. Posto ciò anche
teoricamente potrebbe prevedersi l’esistenza di un ultimo gradino,
cioé di un germe che non solo è incompleto innanzi e durante
l’antesi, ma anche dopo l’antesi, e non per un certo tempo, come
nella dicogamia e nel caso da me supposto del completamento tar-
divo di entrambi i plasmi sessuali, bensì permanentemente sino
alla morte del fiore. E la previsione teorica è comprovata dal fatto.
Così, per es., nel nostro Orto Botanico vivono diversi individui
di Solanum muricatum e Ci Mangifera indica, che fioriscono
abbondantemente con fiori completi provvisti di antere, sebbene in
Mangifera un po’ atrofiche, ma nelle antere, le quali tuttavia giun-
gono alla deiscenza, almeno in Solanum muricatum, non si forma
polline o al più qualche granello malandato (1). Nel citato esempio
ed in altri non pochi che avremmo potuto arrecare, ad antesi av-
venuta non si completa uno solo dei plasmi sessuali (2); i fiori
(1) Solanum muricatum, oriundo dall'America meridionale, col-
tivato alle Canarie pei suoi frutti squisiti, venne a Palermo in una
ventina di individui, dei quali uno solo al primo anno produsse un
solo frutto apparentemente normale; da allora, un cinque anni fa, è
rimasto perfettamente sterile. — Mangifera Cool coltivata in tutti
ì paesi tropicali come pianta da frutto, fu importata nel nostro Orto
anch’essa in una ventiui d’individui che son rimasti fin dal primo
anno VT Apdiotrgtai sterili; 1° dallo, ne fu fatta un sei anni
addietro.
) Avevamo scritto queste parole quando siamo venuti a cono-
scenza del lavoro del NANNBTTI: « Sulle probabili cause della parte-
carpia del Solanum muricatum è una prova che non esiste una cor-.
relazione assoluta non solo tra i ntegrità germinale ed antesi, ma
nemmeno tra la prima e la carpogenesi. Intanto farò osservare come
le prime osservazioni citologiche sul germe vee come na di
la mia sPasaa su la cosidetta «diano :
182
doppii di molte specie ci danno l’ esempio di entrambi i plasmi
che rimangono incompleti o che non si formano addirittura anche
dopo avvenuta l’antesi. Tutto ciò dimostra che se evvi una corre-
lazione tra i varii fatti, che costituiscono l’antesi, e la maturazione
del germe, pure tale correlazione non è assoluta e non esiste sem-
pre; così il germe può essere già completo prima dell’antesi come
può essere incompleto anche dopo l’antesi e restar tale definitiva-
mente, almeno nella sua intima struttura, nonostanti le apparenze.
Perchè invero come il fatto grossolano dell’ antesi non vuol dire
completezza del germe, nemmeno il fatto di ovuli e di granelli
pollinici ben formati esternamente potrà voler dire che il germe è
completo; potrebbe difatti essere intaccata la fine struttura e fisica
e chimica dei due plasmi sessuali dalla quale dipende il loro ca-
rattere germinale. Nè ciò deve sembrare strano, perchè se è inne-
gabile che il germe subisce, come abbiamo visto, nel corpo della
pianta un vero e proprio processo di costruzione, processo che
pure abbiamo visto dipendente da molteplici fattori, nulla di
straordinario che talora il processo o si arresti o venga alterato
o venga soppresso interamente, e si arresti o venga alterato per
tntti i suoi caratteri oppure per gli uni piuttosto che per gli
altri, in modo, per esempio, da simulare all’ esterno una RI
tezza che in realtà manca.
Or questo fatto della permanente incompletezza del germe,
talvolta ad onta delle apparenze, costituisce il punetum saliens
della mia ipotesi su l’adinamandria ; intendo dire che la causa
dell’autosterilità e dell’adinamandria de senso dello KNUTH risiedé
appunto nella insufficiente formazione del germe. Nella mia ipo-
tesi come il fiore con fecondazione in boccio si apre troppo tardi
rispetto alla completa. formazione del germe, nelle piante autoste-
rili invece ed adinamandre si apre troppo presto, anzi senza nem-
meno preludiare la sua apertura alla maturazione germinale con
avviene nella donna dello SPRENGEL.
ata
Ma podizio in che senso debba intendersi una siffatta, insuf-
ficienza germinale. Io ho detto che il germe 6 completo soltanto
nell’istante in cui anterozoide ed oosfera si fondono ; allora soltanto
difatti si inizia lo sviluppo ontogenetico che è il carattere supremo
del germe. L’oosfera dunque ed il granello pollinico considerati a
solo rappresentano sempre una parte soltanto del germe (interpre-
teremo in seguito la pariazeninnelà e sind assolutamente sareb-
183
bero sempre incompleti come germe. Ma non é questa incomple-
tezza che dà per effetto l’adinamandria, incompletezza che viene
eliminata con la fusione delle due specie di germe : il maschile ed
il feminile. L’incompletezza invece dei due germi che porta all’a-
dinamandria è quella che è incapace di dare il germe completo
anche dopo la loro fusione, supponendola possibile. Il germe com-
pleto, risultante dalla fusione dell’oosfera e dell’anterozoide, deve
considerarsi, sotto un certo rispetto, come un complesso chimico
che normalmente riesce a costituirsi mediante la mescolanza del
plasma feminile e del plasma maschile.
r se i due plasmi son tali che mescolandosi diano il germe
cempleto, capace dello sviluppo ontogenetico, allora essi, incompleti
considerati isolatamente, sono invece completi relativamente al
complesso chimico fgliania dalla loro mescolanza, capace già,
come supponevamo, di sviluppo ontogenetico ; saranno al contrario
incompleti se, anche fondendosi insieme, non danno il complesso
chimico, l’unità capace dello sviluppo ontogenetico.
È chiaro che perchè ciò avvenga non è necessario che i due
plasmi sessuali siano rimasti ai primi stadii di loro formazione. Si
intende facilmente che due plasmi germinali siffatti anche mesco-
lati assieme non posson dare il germe completo, quel complesso
chimico e fisico cioè capace dell’ ontogenesi. Ma la medesima in-
sufficienza del complesso può derivare anche da due plasmi ma-
schile e feminile molto avanzati nel processo di formazione, ove
la loro struttura generale sia molto simile. Anche in quia caso
evidentemente la somma dei due plasmi non potrà dare il germe
. completo capace dello sviluppo ontogenetico. Insomma affinchè dalla
loro fusione si abbia il germe completo è necessario che uno dei
due plasmi contenga per lo meno la differenza tra il germe com-
pleto e l’altro plasma, supponendo per ragione di semplicità che
il germe completo sia come la somma del plasma maschile e
plasma feminile; è necessario cioè che tra i due rea: corra
una certa diversità. i
d eccoci così all’ ipotesi daitiniana della differenza - deve di
esistere tra i plasmi che si fondono affinchè si abbia una fecon-
dazione con successo. Senonchè mentre nella semplice. ipotesi dell
DARWIN rimaneva imprecisata la natura di tale ira e -
sappiamo in che cosa essa consista. CN
E in verità il germe completo, cioè l’oosfera lenga. è uno
complesso fisico e chimico. Or questo complesso non potrà ottenersi 3
non solianto nell’ incompletezza iniziale dei due plasmi che si co-
pulano, ma anche nel caso di una estrema loro somiglianza, non
potendo derivare dalla loro fusione, se pure avvenisse, che un com-
plesso simile a loro, perciò un complesso incapace di sviluppo on-
togenetico. E’ anche chiaro che un processo di formazione germinale
pur molto progredito, ma che abbia dato origine a due plasmi, il
maschile ed il femminile, molto simili fra di loro, ricade sempre
in quello che noi abbiamo chiamato insufficiente formazione del
germe, sia perchè il complesso che deriverebbe dalla loro fusione
sarebbe incompleto come germe (cioè rispetto al potere prospettico
del complesso come His si esprimerebbe), sia perchè, essendo molto
simili fra loro i due plasmi: il maschile ed il femminile, almeno
uno dei due sarà incompleto rispetto a quello che dovrebbe essere:
o è il plasma maschile molto più feminile e meno maschile di quanto
gli spetta, o, viceversa, sarà il plasma feminile molto più maschile
e meno feminile di quel che dovrebbe essere !
L'ipotesi dell’insufficiente formazione del germe spiega tutti i
fatti che accompagnano od esprimono la cosidetta adinamandria
e rende possibile l’interpretazione di altri come la neotenia, la pedo-
genesi, la cleistogamia, la partenogenesi, la cessazione della fioritura,
la diversa abbondanza dei raccolti nelle varie annate, etc.
Come abbiamo visto, la neotenia e la pedogenesi, tanto tra gli
animali che tra le piante, sarebbe un caso di formazione perfetta
del germe in anticipo; la partenogenesi non è ad altro dovuta che
ad un germe il quale riesce a completarsi in un plasma isolato
| (si pensi come si svolge il processo di maturazione dell’elemento
feminile nei casi di partenogenesi); la partenogenesi artificiale si
spiega pensando che lo stesso elemento teminile era già molto prossimo
a costituire un germe completo e che basta un semplice stimolo
esterno per provocarne l’integrazione con la sola sostanza ovulare;
la merogonia, che può considerarsi come una partenogenesi maschile,
parla in favore di un plasma maschile anch’esso molto prossimo
all’integrazione germinale. La cleistogamia rientra in un caso parti-
colare di neocarpia, come dice il BuscALIONI, o di neomorfismo come —
con vocabolo ben poco appropriato taluni designano in generale È:
fatti di riproduzione giovanile. Difatti essa non è che una pedogenesi
con fecondazione, la quale non può dirsi però neotenia a causa
dell’ermafroditismo. Nè può farsi l’obbiezione della cleistogamia
postuma, perchè senza nemmeno ricorrere ai periodi vegetativi del
GoEBEL, pei quali la cleistogamia viene ad essere sempre anteriore
alla produzione dei fiori casmogami, ma che a noi sembrano un
artificio logico ed uno sforzo dialettico, si sa che quello, che vive.
nel corpo di una pianta anche millennare non è che di recente
formazione ed ogni singolo fiore, per l’indipendenza delle varie
185
parti dell’organismo vegetale, non è che un individuo a sè, vecchio,
anche nelle piante secolari, di pochi mesi o di pochi giorni a seconda
che si considera la gemma da cui nasce o il fiore stesso già formato.
Così, continuando nell’interpretazione dei fatti dal nostro punto di
vista, la fecondazione in boccio è dovuta all’integrazione germinale
che avviene innanzi all'antesi.
Ma andiamo più particolarmente alle modalità della cosidetta
adinamandria. Essa può seguire soltanto all’autogamia (autosterilità
dello KNnUTH); vorrà dire che l’insufficienza germinale si verifica
soltanto per i due plasmi maschile e feminile del medesimo fiore.
Difatti due plasmi che si sviluppano sotto le medesime condizioni,
come sono il polline e l’ovulo di uno stesso fiore, è possibile che
abbiano il medesimo destino e presentino un ugual grado d’incom-
pleta evoluzione (incompleta evoluzione nell’ampio senso in cui io
l’ho significata precedentemente); tuttavia ovulo e granello pollinico
di fiori diversi, se nati specialmente su individui diversi, potrebbero
trovarsi in condizioni abbastanza differenti affinchè raggiungano,
ciascuno per conto proprio, un grado di sviluppo tale che ciascuno
completi quello che manca nell’altro.
Potrà seguire la sterilità non solo all’autogamia, ma anche
all’allogamia, (Adinamandria dello KnuTH); vorrà dire che il
germe é talmente incompleto, almeno dal punto di vista funziona-
le e facendo con lo KNnuTH astrazione dal concetto di individuo fi-
siologico, che l’integrazione non può aversi nemmeno dall’unione di
due plasmi molto lontani. Questo per es. sarebbe il caso di Hemero-
callis fulva, la quale è perfettamente ed ostinatamente sterile an-
che impollinando lo stimma col polline straniero (s’intende sempre
della stessa specie), almeno per gl’individui cresciuti nel medesimo
Inogo.
L’apparenza direbbe che il fiore è completo e così l’ovulo ed
il polline; ma in realtà o i due plasmi sessuali sono molto incom-
pleti financo dal punto di vista della loro evoluzione, ovvero, come
sembrerebbe più probabile, i due plasmi sono molto simili tra loro
in guisa che nemmeno fondendosi assieme posson dare quel com-
plesso fisico e chimico che costituisce il germe completo, spa di
iniziare e compiere lo sviluppo ontogenetico.
Per le piante polimorfe vale lo stesso principio : i due plasmi
maschile e femminile della medesima forma sommandosi non pos-
son dare quel complesso fisico e chimico che, come dicevamo, co-
stituisce il germe completo capace dello sviluppo ontogenetico. Af-
finchè possa costituirsi tal complesso dinamico è necessario che si
sommino due pi appartenenti a due forme diverse come nel
caso dell’autosterilità dello KNUTH è necessaria la congiunzione di
due plasmi appartenenti a due fiori diversi; e non basta, ma le
unioni devono essere, come si dice, legittime, cioè tra stimmi e
stami al medesimo livello.
Si hacno poi particolari circostanze che accompagnano l’Adi-
namandria e che renderebbero impossibile la. fertilità della fecon-
dazione anche nel caso che i due plasmi maschile e femminile fos-
sero completi, supposto che tali circostanze potessero verificarsi
anche allora, quali sarebbero la morte del polline per opera dello
stimma o quella del fiore per opera del polline; il tubo pollinico
che non si forma o resta assai corto. Ebbene anche questi fatti
spiega bene l’ipotesi dell’insufficiente formazione del germe; difatti
la perfetta reazione dello stimma e del granello pollinico sono il por-
tato delle correlazioni che si stabiliscono tra ciascun plasma ed i suoi
organi annessi. Va da sè che l’incompletezza del plasma porterà l’in-
completezza degli annessi ed incompleti essendo gli annessi non sa-
ranno più normali i fatti preliminari che aprono la via alla fusione dei
due plasmi. Parimenti cosi spiegasi il fatto che il polline straniero, an-
che nei casi in cui l’autogamia sarebbe fertile, piglia il sopravvento sul
polline proprio. La maggiore completezza dei due plasmi stranieri porta
una più pronta reazione tra gli annessi e quindi una più pronta
fecondazione da parte di un granello pollinico piuttosto che di un altro
Ma avvenuta la fecondazione per parte di un granello pollinico,
l’altro non ha più nulla da fare e muore.
Ancora trova spiegazione quello che per DARWIN costituiva
una difficoltà insormontabile; cioè che una diversità fosse neces-
saria fra i due plasmi sessuali affinchè si avesse una fecondazione
con successo, ma una diversità limitata; che se questa diversità
. fosse proceduta ancor oltre, si sarebbe avuta di nuovo la sterilità.
Nella mia ipotesi la cosa è chiara. Difatti il germe completo rap-
presentato dall’oosfera fecondata è un complesso di natura deter-
minata. Perchè dai due plasmi maschile e feminile si ottenga
questo tal complesso è necessario che essi non siano eguali affin-
chè non diano una quantità doppia di sostanza, ma della medesi-
ma composizione e struttura ; è anche necessario tuttavia che siano
diversi soltanto dentro certi limiti per dare il complesso chimico
e fisico costituente il germe completo capace di sviluppo ontoge-
tico, e che non è un complesso qualsiasi, ma un complesso. come
dicevamo, di natura determinata. Se sono diversi oltre questi li-
miti, non potrà derivarne il complesso chimico e fisico che è il
germe completo ; non potrà aversi quindi fecondazione efficace. È
perciò che gl’ibridi non possono formarsi che tra plasmi appar-
187
tenenti a specie molto prossime fra loro; che è possibile talora l’i-
bridismo fecondando il plasma feminile di A col plasma maschile
di B e non viceversa (non tenendo conto di certi ostacoli mecca-
nici che talora si verificano, come 1’ eccessiva lunghezza stilare
della specie fecondata), e che non sempre gl’ibridi sono fertili.
In quest’ultimo caso il germe nell’atto della fecondazione si è in-
tegrato fino al punto di permettere lo sviluppo ontogenetico, ma
non tanto da permettere nell’individuo che ne è provenuto il pieno
formarsi degli elementi sessuali.
o non m’indugerò a mettere d’ accordo con la mia ipotesi
quelle correlazioni che si sono stabilite dai varii Autori tra certi
fattori e l’ autogamia, e alle quali io ho accennato dapprincipio,
perchè nessuna di esse, come abbiamo visto, ha un valore assoluto.
. Difatti si è voluto dire che la durata della vita delle piante o la
durata dei loro fiori se grande importa autosterilità e se breve auto-
fertilità? Ebbene vi sono piante perenni autufertili come Cory-
dalis ochroleuca,» Convolvolus arvensis, Polygala vulgaris, Ta-
raracum officinale, Ajuga reptans, etc., e piante annue autosterili
come Brassica campestris, Raphanus raphanistrum, Foedia Cor-
nucopiae, etc.; piante a lunga durata dei loro fiori e autofertili
come Silene sericea, Anemone hortensis, Cyclamen neapolitanum
etc.; piante a breve durata dei loro fiori tuttavia autosterili, come
Geranium pratense, Hemerocallis fulva etc.
Si è affermato che le piante a grandi fiori o vivacemente co-
lorati sono autosterili e quelli a piccoli fiori ed incospicui autofet-
tili? Ebbene molte specie a fiori grandi e comunque cospicui sono
autofertili, mentre, per es. Medicago cartiensis, a fiori incospicui
è autosterile. E cosi per le altre correlazioni : piante a semi nu-
merosissimi sono autosterili come Orchis e Ophrys, ma
essere anche autofertili come Papaver Rhoeas, Anagallis arvensis,
Celsia cretica etc., mentre altre come Pyrus communis, Thymus
serpillum etc. a pochi semi o anche con un solo seme sono auto-
sterili ; piante a rapida ed abbondante riproduzione vegetativa sono
avbooterili come Ranunculus Ficaria, Lilium bulbiferum, Hemero-
callis fulva, ete, ma anche altre sono autofertili come Canvolvolus
arvensis, Oxalis corniculata, Ajuga reptans ete.; molte piante tropi-
cali sono autofertili come Canna Warscemriczi, Thalia dealbata, etc.
ma molte altre delle regioni polari Jo sono anch’esse. Nessuna, ri-
petiamo delle correlazioni stabilite, ha valore assoluto ; ciascuna di
esse piuttosto sta a testimoniare come l’autosterilità o l’autofecon-
dità siano un carattere particolare delle singole specie senza una
dipendenza generale da un dato fattore. Egli è che nessuno dei
188
fattori ritrovati dai vari Autori agisce automaticamente per virtù
propria, ma soltanto in cooperazione degli agenti intimi o, per
meglio dire, in conformità alle condizioni intime le quali essendo
varie da specie a specie e financo, sotto un certo riguardo, da
pianta a pianta, non permettono a nessun fattore di dare risultati
identici nè per tutte le specie che si trovano sotto la sua azione,
nè, talora, per tutte le piante della medesima specie. Egli è che
le sopradette condizioni interne ora sono avviate verso una facile
integrazione del germe, ora no; uno stesso fattore dunque in certe
specie può seguire la medesima direzione delle condizioni interne,
in altre opporvisi, in altre ancora restare inerte a loro riguardo ;
talvolta quindi basterà o semplicemente che cessi. un certo fattore
o che mutì o che un altro se ne aggiunga perché le condizioni in-
terne tendenti all’integrazione germinale siano arrestate o al con-
trario accelerate con corrispondente manifestazione di autosterilità
o di assoluta sterilità in piante fertili ed autofertili e viceversa di
fertilità e di autofertilità in piante sterili o ssi par auto-
sterili.
Per tal guisa trovano facile spiegazione e la mancanza, che
abbiamo notato, di una qualsiasi correlazione generale, come tutti
i fatti particolari che sull'argomento si sono acquisiti. Così Abu-
tilon Darwini autosterile ed Eschscholtzia completamente sterile
nel Brasile divengono autofertili in Inghilterra, tornano sterili se
riportate in patria. Si tratta d’integrazione di germe impedita in
parte o del tutto in un luogo, favorita o provocata in un altro
per nuovi stimoli o pel cessar degli antichi. Istruttivo al proposito
è l’esempio di Brassica rapa ritenuta autofertile da HILDEBRANDT
e KIRCHNER, autosterile da KJAERSKON e FocKkE. Evidentemente tutti
questi osservatori hanno ragione; egli è che Brassica rapa in un
luogo raggiunge la perfetta integrazione del germe (di qui l’affer-
mazione dei due primi) in n altro no, donde 1’ affermazione di
KJAERSKON e FoCKE.
Certe piante sono-autosterili in un primo periodo della loro
fioritura, autofertili completamente in un secondo. Significa che il
germe è ancora incompleto nel primo sviluppo florale e che si in-
tegra soltanto dopo un più lungo lavoro interno. Quel che accade
per certe piante lungo il corso di un anno, può accadere per certe
altre in un decorso maggiore. Così il DARWIN osservò che alcune
specie divennero, di anno in anno, sempre più autofertili nel cor-
so delle sue esperienze. L'’interpretazione ne è analoga. Ancora
come i casi precedenti, si spiega quel certo grado di fertilità delle
unioni illegittime presso le piante polimorfe quali Primula, Ly-
189
thrum, Linum, Oxalis, e l’improvvisa produzione di capsule in
forme isolate di numerose Oxalis, prima assolutamente sterili, 0s-
servata dall’HILDEBRANDT. Anche io nel mio citato lavoro ho an-
nunziato la fertilità di Oxralis cernua che per più di cent’anni era
stata ritenuta perfettamente sterile. Aggiungerò che nell’ultimo pe-
riodo ho trovato il frutto di Y’ecoma capensiîs e di Periploca graeca
esistenti nel nostro Orto in un solo esemplare e che sono state
sempre ritenute sterili. Pare da questi ultimi esempi come davve-
ro la pianta faccia uno sforzo per integrare il suo germe finchè
alla fine riesce. E invero per una forma isolata di pianta polimorfa
o per un solo individuo di una specie stata sempre sterile e per-
durati sempre l’una e l’altro nelle medesime condizioni ambientali
non saprebbe spiegarsi diversamente la produzione di frutti. Ben-
chè il fiore_di tale piante sembri perfetto, pure il germe in esso
cortenuto non è completo, non è perfettamente integrato; ma pas-
sano gli anni e la pianta riesce finalmente, come sotto uno sforzo
continuato ad integrare il proprio germe! Il fatto stesso che pochi
dei numerosissimi fiori danno luogo a frutto vale a dimostrare
ancor meglio riuanto noi diciamo. Nel caso poi di forme isolate di
specie polimorfe potrebbe trattarsi‘ anche di una reversione ; deri-
vanti le specie polimorfe, come DaRWIN dice, da altre monomorfe,
potrebbe darsi che l’integrazione germinale da loro raggiunta non
sia altro che un ritorno, più o meno deciso, verso la primitiva
completezza del germe della forma atavica, e perciò io nella mia
monografia sull’Oxralis cernua parlavo della potente azione rever-
siva che l’isolamento esercita su le forme isolate delle specie po-
limorfe.
Ad ogni modo però resta chiaro che trattasi sempre di un la-
voro intimo che la pianta sterile compie per integrare il proprio
germe, sia che trattisi di una costruzione ex novo, sia che tratti-
si di ripetere più o meno fedelmente una primitiva integrazione
germinale, di cui dovettero certamente restare tracce nell’ antica
scissione del germe gompiutasi con la scissione della forma.
Chiudendo il presente lavoro vorrò eliminare una difficoltà che
potrebbe farsi alla mia ipotesi, cioé che le specie rupestri come
quelle di luoghi aridi in genere sono frequentissimamente autofer-
tili mentre quelle di stazioni pingui sono in prevalenza autosterili.
Parrebbe che se esiste davvero un’ integrazione germinale, le
piante rupestri e dei luoghi aridi non dovrebbero riuscirvi o sol-
tanto con difficoltà, integrazione che invece dovrebbe essere molto
facile per le piante di stazioni ricche di materiali nutritizii; pre-
cisamente il contrario di quanto si crede che avvenga. Anzitutto
190
rispondo che nemmeno questa, come sappiamo, è una correlazione
assoluta; al qual proposito non vorrò tralasciare di ricordare il ge-
nere Mesembrianthemum, il quale, gruppo di piante desertiche o
comunque xerofile per eccellenza, pur conta un considerevole nu-
mero di specie autosterili o fors’anco completamente sterili come
io ho constatato personalmente; in secondo luogo risponderò che
tutto e non vale che a confermare vieppiù la mia ipotesi. E in-
vero è noto che an terreno ricco di humus porta un grande svi-
rn vegetativo della pianta ritardandone o anche annullandone
la fruttificazione, mentre un terreno arido accelera la fruttificazione;
nulla di strano dunque se condizioni che ritardano od annullano la
fruttificazione, val quanto dire la fioritura e quindi la formazione
del germe, ed altre che l’accelerano o comunque la favoriscono,
diano le une una formazione incompleta del germe (donde l’auto-
sterilità), le altre una formazione completa che ha la sua massima
espressione nell’autofertilità ! (1) E poi il grande e talora ecces-
sivo lussureggiare del soma per le specie delle stazioni pingui non
importa un grande consumo di materiali ? Chi dirà che questo con-
sumo e spreco di materiali e di sostanze plastiche non vada an-
che a danno del germe, il quale quindi o resta soppresso o non
riesce a completarsi? Al contrario la pianta rupestre o dei luoghi
aridi, invece di fare uno sfoggio inutile di fronde , pare che rac-
colga e concentri tutte le sue scarse risorse ai fini più immediati
della sua conservazione e perpetuazione nello spazio e nel tempo;
perciò le sostanze plastiche, senz’ altra perdita, accorrono verso i
punti di elaborazione del germe il quale quindi raggiunge un gr ado
d’ integrazione superiore che nelle specie godenti di un ottimo
suolo.
(1) Anche tra gli animali si hanno casi analoghi. Per es. gli An-
fibii prolungano il periodo della loro metamorfosi se le larve vi-
vono in ambiente ottimo; l’abbreviano e compiono rapidamente i
passaggi verso la forma adulta se le circostanze sono o divengono
RATA val quanto dire che l’integrazione del germe, che deve
e di pari passo con lo sviluppo generale, nelle circostanze sfa-
cHaRit si compie più presto e più facilmente che in quelle favore-
voli anche per l’alimento.
MIPIRE- PE Taro Pte Re” Ci ARTI pa e Me agi lio MT
191
CONCLUSIONE.
Da quanto abbiamo detto precedentemente appar chiaro che i
fenomeni autogamici ed autocarpici o la loro soppressione, pur
provocati da cause accidentali diverse, sono da ascrivere, assieme
agli allogamici ed a varie altre manifestazioni, ad un ordine unico
di fenomeni in relazione ad una causa fondamentale pur essa unica,
cioè la maggiore o minore completezza germinale. Non si tratta
di fenomeni diversi che nell’ apparenza, nella loro sostanza sono
identici perchè effetti di una causa identica, il grado più o meno
avanzato, ripetiamo, dell’ integrazione germinale, riferito non ai
plasmi sessuali isolati, ma a quella complessa unità che è rappre-
sentata dall’oosfera fecondata. Nelle piante autofertili l’integrazione
germinale é perfetta anche per i plasmi sessuali del medesimo fiore,
in quelle semplicemente fertili l’ integrazione è raggiunta soltanto
con la fusione di plasmi estranei; nelle specie polimorfe l’insuffi-
cienza germinale è ancor maggiore perchè l’integrazione del germe
si ottiene con la fusione dei plasmi sessuali estranei, ma non estra-
nei perchè appartenenti ad individui diversi, bensi perchè appar-
tenenti a forme diverse. Tuttavia le unioni dra essere legittime,
cioè tra stimmi e stami al medesimo livello ; nelle altre unioni le
differenze germinali divengon troppo grandi, comete all’in-
terpretazione datane dal DARWIN che le considerò pon iu agli
ibridi,
Ma l’integrazione del germe, è bene ripeterlo, non deve mi-
surarsi dall’evoluzione di ciascun singolo plasma sessuale, ma dal-
l’unità che essi son destinati a costituire con la loro fusione ; la
integrazione del germe potrà quindi mancare per una reale insuf-
ficienza dei singoli plasmi sessuali come avverrebbe, per esempio,
se sì unissero nel caso che fosse possibile, due elementi, maschile
e feminile, di un fiore ancora in boccio; ma potrà anche mancare
pur in presenza di plasmi sessuali pienamente evoluti, come av-
verrebbe per elementi sessuali molto lontani (impossibilità dell’i-
brido) o, caso opposto, per elementi sessuali molto prossimi, quali
sarebbero quelli nadal al medesimo fiore. Nel primo caso
non si avrebbe l’integrazione germinale per la grande diversità
degli elementi che si copulano, nel secondo, oltre che per una
reale insufficienza pur sempre possibile, anche per la loro grande
somiglianza, cosicchè il complesso risultante non è un quid novum,
l’intero che deve nascere dalla fusione delle due specie di plasmi
sessuali, ma semplicemente il raddoppiamento in quantità della loro
sostanza: la sostanza (pur supponendo possibile in tali condizioni
la fusione dei due plasmi sessuali) sarà in quantità doppia, ma sempre
uguale, uguale cioè alle due uguali o quasi uguali sostanze da cui si
suppone derivare. Di qui la giustezza dell’ ipotesi del DARWIN, che
i plasmi sessuali, affinché si abbia una fecondazione con successo,
debbono , essere in certo modo diversi, diversi (e questo è
quello che aggiungiamo noi all’ipotesi darwiniana) perchè l’uno
contribuisca quel che manca all’altro per formare il germe integro
rappresentato dall’oosfera fecondata, capace dello sviluppo ontoge-
netico. Con questa considerazione riesce evidente che ogni e qual-
siasi caso di sterilità deve riferirsi ad un’insufficiente formazione
del germe, o nei singoli plasmi sessuali o rispetto a quell’unità
che essi son destinati a costituire con la loro fusione; il nome più
adatto quindi per esprimere i tenomeni che vi hanno tratto, piut-
tosto che quelli di autosterilità, adinamandria, etc, i quali o ri-
flettono un solo aspetto della realtà ovvero la pregiudicano, è quel-
lo di Oligoblastesi, val quanto dire insufficiente formazione del
germe, che, secondo la nuova nostra intuizione dei fatti, è appun-
to la causa efficiente dei fenomeni in parola.
Dott. F. RAPPA.
| rapporti fitogeografici fra l’ isola di Creta
e la Cirenaica.
La conoscenza incompleta sotto l’ aspetto scientifico che si è
avuta fino ad oggi della Tripolitania e della Cirenaica ha fatto tra-
scurare gli studi di relazione fra quei paesi e 1’ Eurasia. Benchè
la Libia sia stata di accesso difficile in causa specialmente del fa-
natismo degli abitanti e dell’ assenza quasi assoluta di vie di co-
municazione (se si eccettuano le grandi carovaniere del deserto e
la piccola rete di mulattiere sull’ orlo mediterraneo), non si può
negare che arditi viaggiatori non abbiano percorso in numero no-
tevole quelle provincie ormai nostre; ma i loro sforzi per la scienza
non hanno ancora potuto portare ai lavori di sintesi, come sarebbe
stato necessario, Gli studi di relazione non sono possibili se non
con l’analisi più sicura. Nel campo botanico possediamo tuttavia
da circa un’anno un’opera molto importante che il Durand e il
Barratte (1) ci hanno dato in seguito ai risultati ottenuti dal
Taubert nel suo lungo viaggio compiuto nel 1887 nel Nord della
Tripolitania, della Cirenaica e della Marmarica sotto gli auspici
(1) E. Dura nd et G. Barratte: Florae libycae prodromus
ou Catalogue raisonné des plantes de di pai Genève, Impri-
merie Romet, 1910. e
194
di Barbey e di Ascherson, i quali, da principio, avevano
stabilito di collaborare, per la flora della Libia, all’ opera monu-
mentale (rimasta soltanto allo stato di desiderio per la morte del
suo ideatore) che il Cosson intendeva di pubblicare intorno alla
flora dei paesi compresi fra la Tunisia e l’Egitto.
Con quest’opera molto metodica e molto chiara, ricca di nu-
merose notizie geografiche, geologiche, fitogeografiche e floristiche,
noi abbiamo il mezzo di stabilire che la flora della Cirenaica è
collegata più direttamente con la flora cretico - greca e con altre
mediterranee che con quella della Tripolitania propria e dell'Egitto.
In una comunicazione precedente , io ho cercato di fissare le
relazioni fitogeografiche che esistono fra Creta e Karpathos (1) e
quindi quelle fra il Peloponneso e la Tracia da una parte e la
Caria e la Licia dall’altra, ossia le regioni continentali che stabi-
liscono il dominio dell’Arcipelago nel quale l’isola di Creta dimo-
stra, in rapporto alla distribuzione della vita attraverso il tempo
e lo spazio, un’ importanza assoluta. Io ho sempre ritenuto che
Creta non potesse andare disgiunta dalla Cirenaica ed ora l’opera
di Durand e Baratte assicura senza dubbio su questo ar-
gomento. Le mie considerazioni precedenti si basavano principal-
mente sulla presenza del cipresso allo stato selvatico nel Peloppo-
neso, in Creta, a Gaudhos e in Cirenaica.
Vittorio Simonelli racconta nel suo simpatico vo-
lume su Creta (2) di non aver visto e Gaudhos altri alberi fuor
che lentischi, cipressi nani, pini d’ Aleppo rachitici e ginepri a
frutti tina (Juniperus macrocarpa) che gli indigeni chia-
mano ketros. Di questi pochi rappresentanti della flora arbore-
scente citati dal Simonelli, il Raulin (3) non ricorda
che l’ultima specie e scrive « Il n° y a d’autres arbres que quel-
ques caroubiers et figuiers rabougris ; mais certainement il pour-
rait en venir de plus beaux dans les parties abritèes des vallons
(1) A. Baldacci: Le relazioni fitogeografiche fra Creta e Kar- i
pathos, in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Bologna,
Serie VI, T. III, 1906
(2) V. Simonelli: Candia, Ricordi di escursione, illustrati
con fotografie e disegni dell’Autore, pag. 132. Parma, 1897.
(3) V. Raulin: poni cpu physique de l’île de Créte, 2 Voll.
BerdekKk: Paris, 1869.
195
Dans les sables voisins de la mer, il y a une grande quantitè de
genèvriers d’une espéce particulière, dont on mange les fruits qui
n’ont pas une saveur dèsagrèable » (1). Questo ginepro è sicura-
mente quello visto dal Simonelli (2).
parte le altre specie, la cui importanza può apparire scarsa
o nulla, il cipresso segnalato a Gaudhos dai suddetti valorosi geo-
logi è elemento atto a sostenere i rapporti fitogeografici antichi e
recenti che passano tra l’ isola di Creta e la Cirenaica, la quale
rappresenta dalla parte libica il pilone del gran ponte eurafricano
che scendeva dal Peloponneso. In questo genere di rapporti biso-
gna considerare in modo speciale le piante antiche. Il fitogeografo
trae aiuto grande dal filogenista , ciò che il Delpino ammise
senza restrizioni, con lucidissima visione. « Il filogenista procede
a una profonda ponderazione e comparazione dei caratteri morfo-
logici e biologici e all’uopo vi associa anche considerazioni di fatti
fitogeografici e paleontologici. Evidentemente quesiti di questa na-
tura, e questo è processo di vera indagine storica, sono gli uni e
l’altro totalmente estranei al morfologo puro e semplice » (3). Per
il Delpino, le gimnosperme rappresentano il secondo gradino
del terzo gruppo della formola triseriale (polifiletica) in cui razio-
nalmente si deve dividere l’intiero regno vegetale, ed è per questo
che al cipresso spetta un posto d’onore nel presente studio.
Il cipresso (Cupressus sempervirens, L. forma ramis horizon-
talibus — C. horizontalis, Mill.) è una specie diffusa in Persia,
Asia Minore , Siria e Grecia nel continente eurasiatico , in Cire-
naica nell’Africa e nelle isole di Creta, Gaudhos, Rodi e Cipro.
Naturalmente, dentro quest’area geografica, la suddetta specie do-
veva coprire nelle epoche geologiche passate grandi estensioni nella
regione iranica e del mediterraneo orientale, in Asia, Africa ed
Europa. Il cipresso, è è proprio dei terreni cretacei di quella vasta
regione. Come è facile spiegare la distribuzione di questa gimno-
sperma nell’ Asia occidentale, nella Grecia e nell’ isola di Creta,
Rodi e Cipro, altrettanto è fl la spiegazione della presenza di
essa nella Cirenaica. Questo fatto risulta chiaro col mezzo del qua-
druplice anello Morea, Creta, Gaudhos, Cirenaica.
(1) Idem: Op. cit, Vol. I, pag. 191.
(2) Idem : Op. cit. Vol. II, pag. 859
(3) F. Delpino: Applicazione di nuovi criteri per la classifi-
cazione delle pianta; prima Memoria, pag. 7. Bologna, 1888.
196
Nella Grecia, il cipresso abita nella regione montana del Pe-
loponneso (1). In Creta, esso è proprio della regione forestale mon-
tuosa dai 700 ai 1500 metri sopra il livello del mare nelia catena
occidentale degli Aspravouna, donde scende anche ad occupare la
zona mediterranea (2). Nell’ isoletta di Gaudhos , il cipresso non
può essere che mediterraneo. In Cirenaica, esso è stato segnalato
finora nel Gebel Akhdar a 700 e più metri di altezza e poi in
molti altri luoghi montani o mediterranei come a Cirene, fra El
riba e Margad, fra Zardes e Maraona, a El Amri, nell’ Quadi
Keraib dove si presenta sotto forma di atti di 20 metri, poi a
Selonta, quindi fra l’ Quadi Zeitoun a Mergi, fra Derna e Bom-
ba (3), ossia in tutta la regione. Si tratta dunque di un albero,
il quale, nel terreno calcareo, non ha differenza di predilezione fra
la zona subalpina nuda, ossia quella che va dai 1500 ai 2500 metri
sopra il livello del mare (4) e le zone inferieri, compresa la spiaggia
del mare. Non si può peraltro negare che il cipresso, tanto in Ci-
renaica, quanto nel Peloponneso e in Creta, come nel rimanente
del suo habitat geografico , non sia essenza specifica della zona
montuosa forestale. Questa è anche una prova a favore della di-
mostrazione dei rapporti fitogeografici greco - libici in cui Creta sta
nella guisa di formidabile anello di unione, come è già stato di-
mostrato che quell’isola 6 altrettanto o maggiormente degna di con-
siderazione nei rapporti fra la Grecia e l’ Asia Minore per la via
di Karpathos e Rodi.
Le flore del Peloponneso e della Cirenaica sono povere di
specie. Per conseguenza, anche la flora insulare di Creta che sorge
nel mezzo di quelle due, è relativamente depauperata di specie per
le cause ben note che influiscono in senso negativo sulla vegeta-
zione delle isole, quanto per l’ aridità del suolo che è scarso di
acqua, calcareo in gran parte e assai denudato negli alti gioghi.
La fora del Peloponneso non arriva forse a 2000 specie , quella.
di Creta non supera le 1600 specie ; finora la flora della Cirenaica
(1) Eug. v. Halàcsy: Conspectus florae graecae, Vol. III,
pag. 454 Lipsia 1904.
(2) V. Raulin: Op. cit. II, pag. 859.
(3) E. Durand et G. Barratte: Op. cit. , pag. 279
(4) A. Baldacci: Risultati botanici del viaggio compiuto in
Creta nel 1893, pag. 97, Genova 1895. I monti di Sphaklà sopra il
limite dei dumeti montani, abbondano di cipresso fino a 1600 m.
197
è composta, secondo Durand e Barratte, di 755 specie e
varietà, alle quali vanno aggiunte 47 specie endemiche. Questo to-
tale molto modesto salirà indubbiamente con le nuove esplorazioni,
ma è da prevedersi che esso sorpasserà con difficoltà il numero
delle specie della flora cretica, anche pel fatto che alla Cirenaica
mancano le zone alte, le quali portano notevolissimi contributi non
solo per qualità, ma anche per quantità alla flora cretica. « Cretae
insulae montes in quatuor partes divisi sunt, quarum prima occi-
dentem versus sita « Sphatioticis » sive « albis » montibus conti-
netur, in quibur « Apopigari » (1388 m.), « Volakià » (2100 m.),
« Mauri » (2104), « Haghion Pneuma » (2300), Haghios Theodoros
(2375) montes; altera pars in media insula sita « Psiloriti » mon-
tibus, in quibus « Ida » (2498 m.) mons, a quo meridiem versus
« Kedros » (1802 m.) mons Platypotami valle disiungitur; tertia
pars « Lassiti » montibus, in quibus « Aphendi Sarakinos » (1592
metri), « Aphendi Kristos » (2155 m.), « Tsilero » (1583) montes;
enique in parte maxima orientem versus spectante « Aphendi
Kavutsi (1472 m.) mons » (1). In Cretae nonnullis regionibus huius
formationis loco formatio Cupressi esse videtur » (2).
La Cirenaica ha la forma di una cupola allungata, leggermente
orientata da S.-O. a N.-E. che si abbassa gradatamente dalla costa
della grande Sirti, dove raggiunge la sua più grande altezza, fino
alla regione di Derna. « Le versant Nord de ce dòme est disposè
en une succession de terrasses d’ inégale largeur, parallèles à la
còte et séparées les unes des autres par une série de mamelons
laissant entre eux de profondes dépressions ; la eréte est decoupée
en eroupes arrondies dont quelques-unes atteignent jusq'à 1000
métres d’altitude. La terrasse inférieure ne descend pas en pente
douce jusqu'à la mer, elle se termine en falaise à quelques kilo-
| métres seulement de la còte où elle envoie de nombreux contre-
forts qui finissent en abrupts; de distance en distance de profonds
et étroits ravins permettent l’accés des terrasses supérieures » (3).
Il fatto della terminazione a ripa nel versante settentrionale cor-
rispondente alla profondità di quella costa e della caldaia libica
nella quale sorge l’isola di Creta, è la dimostrazione dei rapporti
geologici esistenti fra la cupola cirenaica e quest’ultima isola.
(1) E. von Halàcsy: Op. cit. I, pag. XIII, Lipsia, 1904.
(2) Idem: Op. cit. pag. XXIII.
(3) E. Durand et G. Barratte: Op. cit. pag.
(4) E. Durand et G. Barratte: Op. cit.., pag. ion.
198
I signori Durand e Barratte hanno studiato con la
massima attenzione le diverse specie e varietà della Cirenaica nella
loro distribuzione geografica intorno al litorale dell’ intero bacino
mediterraneo, spingendo le loro osservazioni fino in Mesopotamia
e in Persia. Dai calcoli fatti dai due eminenti botanici si deduce
che della flora della Cirenaica attualmente conosciuta, 598 specie
si trovano anche in Tunisia, 595 in Algeria, 529 in Grecia, Creta
e nelle isole dell'Arcipelago, 524 nell’Italia continentale, in Sicilia
e Sardegna, 518 nella Spagna e nell’arcipelago delle Baleari, 506
in Siria e nell’isola di Cipro, 474 nel Marocco, 459 in Egitto, 439
in Francia e in Corsica, 419 in Asia Minore, 395 in Palestina,
378 in Tripolitania, 249 in Persia, 179 in Arabia e 170 in Meso-
potamia. Queste cifre sono assai dimostrative e rivelano che la
flora della Cirenaica, astraendo dai rapporti diretti che essa ha con
quella della Tunisia e dell'Algeria (l’affinità della flora della Cire-
naica con quella punico-numidica viene spiegata dall’ analogia del
suolo e del clima in concomitanza con gli altri fattori geofisici che
cooperaro all’ unione delle flore risultanti nelle diverse direzioni
nord-orientali), i paesi di maggiore affinità sono senza discussione
Creta e la Grecia, dopo i quali viene l’Italia.
Il Durand e il Barratte dimostrano che non sono i
paesi più vicini alla Cirenaica quelli che ne condividono sostan-
zialmente la vegetazione (l’ Egitto, il suo vicino dell’ Est, occupa
3° posto nella scala dei rapporti, e la Tripolitania propria sta
all’ ultimo posto), ma 1’ Europa meridionale. E quindi, a questo
proposito, si deduce che la flora cirenaica é stata nelle epoche geo-
logiche passate refrattaria a qualsiasi contatto importante con la
. flora sahariana, almeno in quella sua grande cupola montuosa che,
pur dominando il deserto, continua a mantenere i più sicuri carat-
teri mediterranei « Le dòme de la Cirénaique qui rappelle tout à
fait ceux de la Tunisie centrale et qui posséde les plantes spéciales
des Hauts-Plateaux algériens doit étre considéré comme la partie
la plus orientale d’une vaste région interposée dans le Nord de
l’Afrique entre le littoral et le désart. Cette région qui fait defaut
dans la Tripolitaine a dù disparaître, ainsi qu’ en témoigne l'é-
chancrure de la grande Syrte, en mème temps que le large pont
continental qui mettait en comunication le Nord de l’Afrique (Tu-
nisie, Tripolitaine et Cyrénaique) avec 1° Europe (Italie et Grèce)
et l’ Asie Mineure » (1). Il cipresso di Gaudhos si può invocare
anche una volta con sicuro profitto. Questo pinnacolo cretico-libico,
che arriva appena a 384 metri sopra il livello del mare, attende
ancora il suo botanico esploratore ed illustratore, sebbene i natu-
199
ralisti che 1’ hanno visitato, segnalino la sua fisionomia botanica
uguale a quella della corrispondente zona mediterranea delle sua
isola madre, Creta. ln vece della flora di Gaudhos noi possiamo
valerci, senza dubbio con identici risultati, della florula di Gaidhu-
ronissi o Gaidharonissi, un altro isolotto satellite di Creta nella
sua costa meridionale. Gaudhos sorge a ponente, mentre Gaidhu-
ronissi sta a levante dell’isola; quella più al largo, questa più a
costa. Gaidhuronissi è nota ai botanici per l'escursione che vi fece
l’ Heldreich nel 1846, il quale vi raccolse 41 specie. Di queste
sono proprie anche alla Cirenaica le seguenti: Glaucium flavum
Crantz (G. luteum Scop.), Cistus parviflorus Lam. Silene sedoi-
des Poir, S. succulenta Forsk., Arenaria serpyllifolia L., Pa-
ronychia argentea Lamk., Frankenia pulverulenta L., F. laevis
L. (F. hirsuta L. var.), Erodium cicutarium L’Herit., Pistacia
Lentiscus L., Vaillantia hispida L., Pallenis spinosa Cass., Ci-
chorium spinosum L., Echium arenarium Guss., Thymus capi-
tatus Hoffm, et Link., Sideritis romana L., Prasium majus
L., Teucrium Polium L., Statice echioides L., Limoniastrum
monopetalum Boiss. , Plantago albicans L., Rumex bucephalo-
phorus L., Muscari maritimum Desf, Juncus acutus L., Lagu-
rus ovatus L., Koeleria phleoidos Lamk., Bromus rubens L.,
Pinus halepensis Mill. Questa proporzione del 60 °/, circa ha no-
tevole interesse nella dimostrazione dei rapporti floristici tra Creta
e la Cirenaica e sebbene parecchie delle specie suddette abbiano
‘ una larga distribuzione in tutto il bacino mediterraneo, un certo
numero è tipico della zona orientale del mediterraneo eurasiatico -
africano. Gaiduronissi, d’altra parte, non può avere per la sua al-
tezza sopra il livello del mare che la vegetazione mediterranea. Ma
quello scoglio, come Gaudhos, come l’isola di Creta e le altre che
: sì stendono vicino ad essa a settentrione e a levante, conservano
tutte l'impronta terziaria più sicura di essere state parte della re-
gione sprofondatasi nel Mediterraneo orientale. È per quell’ istmo
lungamente esteso che probabilmente si univa nell’ ultimo periodo
di vita la regione libico-mediterranea ora sommersa : esso separava
in pari tempo i due bacini del Meditorraneo, avviando dall'Europa
verso la Cirenaica le piante proprie di Creta, della Grecia e del-.
l’Asia Minore. È ugualmente col mezzo di questo istmo scomparso
che molte specie della Russia meridionale e del Caucaso come di
altre più localizzate dell’ Italia e della Sicilia sono penetrate in
Tunisia, dove la loro presenza è giustificata dall’ area geografica
continua nella quale si trovavano prima dello sprofondamento del-
l’istmo medesimo. Ciò porta per conseguenza a concludere, d’ac-
200
cordo anche con le affinità delle specie autoctone , che i rapporti
botanici della Cirenaica si distribuiscono in un modo quasi uguale
entro le due regioni di pari importanza che sono il Nord del ba-
cino Orientale (Creta, Grecia, Asia Minore etc.) e il Sud del ba-
cino occidentale (Tunisia, Algeria, Marocco).
Fra le specie maggiormente atte a dimostrare i rapporti flori-
stici tra la Cirenaica e Creta e quindi tra la Cirenaica e l’Europa
meridionale orientale, vanno ricordate: Ephedra campylopoda C. A.
Meyer, Juniperus phoenicea L., Ranunculus asiaticus L., Fu-
maria macrocarpa Parl., Cistus parviflorus Lam. , Silene colo-
rata Poir. var. distachya Rohrb., S. succulenta Forsk., S. sedoides
Poir., Alsine tenuifolia Crantz var. confertiflora Fenzl, Triade-
nia aegyptiaca Boiss., Erodium gruinum L’Herit., 'agonia cre-
tica L., Peganum Harmala L., Lupinus Termis Forsk., Ononis
Sieberi Boiss, Trifolium formosun Sieb., 7. uniflorum L., Lo-
tus pusillus Viv., Scorpiurus muricata L. var., Ceratonia Siliqua
L., Poterium spinosum L., Sedum creticum Boiss. es Heldr.,
Baatiriza hederacea L., Lagoecia cuminoides L., Scaligeria cre-
tica Vis., Daucus ila Sibth. et Sm., Rubia Oliveri Rich.,
Fedia graciliflora Fisch. et Mey., Pter bugiialas papposus Hal.,
Phagnalon graecum Boiss., Carlina involucrata Poir.. dara
Sibthorpiana Boiss. et Heldr., Cichorium spinosum L. Convol-
vulus oleifolius Desr., Anchusa aegyptiaca DC., Echium sericeum
l., E. elegans Taba Heliotropium sein Willd., Oroban-
che Nilo, L., Crozophora verbascifolia A. Juss., Orchis .
longicruris. Link., Gagea fibrosa A. et H. Schult., Muscari ma-
ritimum Desf., Typha angustata Bory et Chaub., Arum italicum
Mill., Aeluropus repens Parl.
Questa lista di specie, scelta sopra un numero molto più ri-
levante, mostra innanzi tutto che la flora della Cirenaica è essen-
zialmente mediterranea, contrariamente a quella della Tripolitania,
che è nettamente mediterraneo-subdesertica. La differenza si spie-
ga pel fatto che gli altopiani, i-quali dall’Algeria, alla Tunisia,
alla Cirenaica costituiscono una barriera contro il deserto e le in-
fluenze climateriche equatoriali, sono venuti a mancare con lo spro-
| fondamento delle Sirti, o, forse, non esistettero mai nel tratto rap-
presentato da questi due grandiosi golfi, sicchè le influenze del
Sud hanno sempre trovato aperto in breccia il deserto dinanzi al
Mediterraneo. Secondo quello che sappiamo da Durand e Barratte,
la flora speciale della Cirenaica risulta formata da un complesso
di 287 spetie provenienti da sei regioni principali in contatto con
essa. Le specie che la flora Cirenaica possiede in proprio con le sei
201
regioni, sono: I. 88 specie distribuite nel Nord dell’Africa fra
l’Algeria o il Marocco e il Sud della Spagna fino all’Egitto e in
Siria (10 di queste specie non si trovano che in Tripolitania e in
Egitto); II. 72 specie distribuite in Tunisia, in Algeria, al Ma-
rocco, in Spagna, in Francia, in Italia ed eziandio in Grecia ed
in Asia Minore; III. 37 specie distribuite dalla Cirenaica o dalla
Tripolitania fino in Siria (13 di queste specie si trovano solamen-
te in Egitto); IV. 35 specie, di cui una penetra in Tripolitania,
diffuse in Grecia, in Asia minore e in Siria (8 sono anche proprie
all’Italia); V. 33 specie diffuse in Tripolitania, in Tunisia, in Al-
geria ed al Marocco; VI. 23 specie diffuse dalla Cirenaica o dalla
Tripolitania verso l'Egitto e la Siria, fino in Grecia od in Italia.
Comparando i risultati del DURAND e BARRATTE con l’elenco delle
specie cretiche del RAULIN e colla flora greca dell’HaLAÀcsy è facile
addivenire alla conclusione che i rapporti floristici fra la Cirenaica
e l'Europa per la catena Gaudhos-Creta-Peloponneso sono diretti,
mentre quelli coll’Europa mediterranea occidentale e coll’ Africa
settentrionale occidentale, pur importanti e forse uguali, se non
Superiori, in quanto a numero di specie, presentano tuttavia mi-
nori tratti di analogia nella fisionomia speciale o, altrimenti, nella
caratteristica botanica, che non nel primo. caso. In sostanza, l’isola
di Creta e la Cirenaica sono perfettamente unite, per cui anche le
specie mancanti all’una o all’altra regione sono sostituite da specie
affini estremamente vicine.
Pror. ANTONIO BALDACCI.
Rassegna della stampa coloniale agraria.
Piante a Caoutchouc in Abissinia. — Stante l’abbondanza di
piante a Caoutchouc, specialmente liane, esistenti in tutte le fo-
reste dell’Africa tropicale, era prevedibile se ne sarebbero trovate
anche in Abissinia, paese pure ricco di selve. E già se ne aveva
qualche notizia. Infatti il capitano WILSON, per primo, trovò, lungo
il fiume Sobat, estese foreste ricche di essenze a Caoutchouc, spe-
cialmente nel distretto di Pangmala, nella regione di Anuak. Altre
foreste con piante a Caoutchouc furono segnalate verso il nord,
nel Tigrè, e verso il sud nel distretto di Bujama, all’8° grado di
latitudine nord, all’est dei laghi Zwai e Ceveta. Il fiume Sobat è
navigabile dal Maggio al Dicembre, quindi in tale periodo riesce
facile da Khartoum giungere a quelle foreste a Caoutchouc.
In seguito a queste indicazioni, venne a costituirsi a Londra
una società, con il nome di The Imperial Ethiopian Rubber C.,
avente lo scopo di assicurarsi il monopolio di tutto il Cubdicoaà
prodotto nell’ Abissinia e nelle regioni limitrofe. Il capitale della
Società è di 150.000 lire sterline (3.750.000 fr.) e la durata delle
' concessioni ottenute è di 25 anni. La società calcola su una pro-
duzione di 225 tonnellate di Caoutchouc all’ anno, ciò che appor-
terebbe un utile netto di 1.350.000 franchi, e già sono stati fatti
i primi invii di un tale prodotto per le vie del Nilo e di Suakim -
er
Resta però ancora incerto quali sieno le specie segnalate come
colà produttrici di Caoutchoue : fra queste è stata indicata la Lan-
dolphia Kirkii: pare vi esista pure la Funtumia elastica. Viene
anche segnalato un Ficus: a questo proposito giova rammentare
208
che lo SPENCE aveva asserito che in Abissinia trovavasi. il Micus
elastica, ma pare difficile si tratti di tale specie: forse sarà il F'i-
cus Rocco, WARB. et ScHWEINF. che nelle foglie somiglia realmente
al F. elastica, od il Ficus Vogelii, Mra., che produce Caoutchouc
di ottima qualità.
uttavia, a quanto ne dice il Signor BaLanos, che ha la di-
rezione dei lavori di raccolta di detto Caoutchouc, la maggior quan-
tità ottenuta proviene da una liana, certamente una Lardolphia,
di specie tutt'ora non accertata, ma che pare debba escludersi sia
la L. Kirckii. Detta liana si trova in tutte le foreste dell’Abissi-
nia, ad una altitudine variabile fra i 2.500 ed i 3.200 metri. In
tali regioni si hanno forti pioggie una o due volte al mese, dal-
l’Ottobre al Maggio, e pioggie giornaliere continue durante gli al-
tri quattro mesi. La temperatura è, in media, di 17 a 20 centi-
gradi durante il giorno, ma discende sovente a zero durante la
notte.
Le liane utilizzate sono in media lunghe da 25 a 30 metri ed
il loro tronco, ad un metro dal suolo, misura fino a 35 centimetri
di circonferenza. Per ottenere latice, gli indigeni piegano questi
tronchi verso il suolo e li mantengono orizzontali mediante corde
legate a pali collocati poco lungi. Poi fanno di distanza in distan-
za delle incisioni circolari, sotto le quali pongono delle larghe fo-
glie a forma di scodella. Il latice così ottenuto viene versato iu re-
cipienti di metallo, e lentamente riscaldato al fuoco-per coagularlo.
In seguito viene lavato, poi fatto seccare all'ombra per almeno un
mese, e sottoposto a fumigazioni.
Secondo il Signor BALANOS, la raccolta del Caoutchouc in Abis-
sinia procede attualmente bene nelle foreste di Tsima, di Gebo-Ge-
bato (Gebo - gomma e (Gebat - bosco) e di Sidamo, ma egli asse-
risce esistere, in tutta l’Abissinia, numerose altre foreste abbon-
danti di liane a Caoutchouc, non ancora utilizzate, sia per la dit-
ficoltà di accedervi, sia per mancanza di personale adatto alla rac-
colta ed alla preparazione del latice.
Queste constatazioni sono importanti, non solo perchè dimo-
strano come l’Abissinia possieda ricchezze naturali ben superiori a
quanto prevedevasi, ma ancora perchè lasciano sperare di poter
trovare liane a Caoutchouc anche nelle limitrofe regioni, soggette
all’influenza italiana : ed una specie, cioè la Landolphia Petersia-
na, fu in realtà da noi già segnalata al Benadir, nelle foreste
lungo il Ginba; ove ne aveva raccolto saggi il MacaLUSO.
*
* *
204
Il Caoutehone di (ryptostegia grandiflora. — Con il nome
di Lombiro si conosceva fin qui una liana del Madagascar, identi-
ficata per la Cryptostegia madagascariensis, Boy. Ora, in seguito
a ricco materiale raccolto in detta isola, risulta che lo stesso nome
viene dato colà a due specie diverse, cioè nel nord-owest dell’isola,
alla vera Cr. madagascariensis, Boy. e nel sud-owest alla Cr.
grandiflora, R. BRr., specie che credevasi non crescesse al Mada-
gascar, ma che al contrario risulta esservi comunissima. Questa
constatazione è dovuta a COSTANTIN e GALLAUD ed a JUMELLE :
ne consegue che gran parte del Caoutchouc di Lombiro, massime
quello proveniente da Fort-Dauphin, deriva dalla Crypt. grandi-
flora. Questa specie non si conosceva allo stato selvatico, ma solo
coltivata, come ornamento, in Africa, nelle Indie ed a Cuba. Già
qualche ricerca era stata iniziata nelle Indie per utilizzarla come
pianta a Caoutchouc, e con buoni risultati: infatti i saggi di coa-
gulato ottenuti mostrarono di contenere, allo stato secco, fino 89.
5 per cento di Caoutchouc, e solo 7. 9 per cento di resine : furo-
no quotati franchi 9. 60 per chilogramma. Recentemente poi il
JUMELLE ha eseguito nuove analisi sui saggi provenienti dal Ma-
dagascar, trovando 88. 36 per cento di Caoutchouc, con 10. 58 per
cento di resine. Quindi questa liana devesi considerare come una
buona specie per la produzione del Caoutchouc, tanto più che i suoi
lunghi fusti possono ancora venire utilizzati per le fibre sottili e
tenaci, analoghe a quelle di Ramié, che contengono in abbondan-
za, e che possono servire per confezionare tessuti. Nel’ riferire
queste notizie non possiamo fare a meno di constatare come la
Cryptostegia grandiflora resista ottimamente in piena aria al cli-
ma di Palermo, e lo prova l’esemplare che trovasi nel nostro Orto
Botanico, per cui potrebbe riuscirne utile la coltura in Sicilia,
tanto più che, come dice il JUMELLE, non solo cresce come liana
atta a coprire muri od a salire su alti alberi, ma ancora, quando
non trova sostegni, può assumere la forma di alberello,
sia
Piante a Caoutehoue in Malesia. — Il Beccari, nella sua re-
lazione sopra Borneo, riferisce che colà si ottiene buona produzio-
ne di Caoutchouc da due liane della famiglia delle Apocinee, cioè
dalla Willoughbeia firma. BL. e dalla Urnularia oblongifolia,
STaPF. Egli poi trovò, pure in Borneo, una terza Apocinea, non
ancora nota, che produce un latice copiosissimo, facile a coagular-
si, e producente un Caoutchouc di qualità veramente superiore :
chiamò tale Apocinea Leuconotis elastica. Il BeccARI indica ancora
205
due Menispermacee, il Z'inomiscum petiolare, Mrers. di Singapo-
re, ed il Tinomiscum elasticum, Becc. della Nuova Guinea, dal
cui latice abbondante si coagula una sorta di Caoutchoue che
pare di ottima qualità. Sarebbero interessanti nuove indagini in
proposito, non avendosi alcuna altra notizia sulla possibilità di ot-
tenere Caoutchouc da qualche Menispermacea.
sta
La Kompitsio elastica. —È una Apocinea, affine alle Periplo-
cae, che cresce abbondante nei terreni alluvionali dell’Owest e del
Sud-owest del Madagascar, ove gli indigeni la chiamano Wompitsè.
COSTANTIN e GALLAUD, riconosciuto che trattasi di specie e di ge-
nere nuovo, ne portano dettagliata descrizione, e JUMELLE insiste
sulla importanza di questa pianta come produttrice di Caoutchone :
infatti fra le molte Apocinee ed Asclepiadee a Caoutchouc del Ma-
dagascar, pare questa una delle migliori, in vista dell'abbondanza
e della qualità del prodotto. Il JUMELLE in realtà ha trovato che
la-gomma di Kompitsio contiene 68. 62 per cento di Caoutchouc
solubile nell’etere, e solo 6. 62 per cento di resine : inoltre il coa-
gulato, di color bruno ambra, ha maggiore tenacità ed elasticità di
quello di Argalora ossia di Secamonopsis madagascariensis. Il no-
stro Orto Botanico ne possiede alcuni esemplari, che hanno mostra-
to di resistere perfettamente al freddo dei nostri inverni. Ciò con-
ferma la possibilità di coltivare questa specie in Sicilia. Resta però
a vedere se, per produzione, potrà da noi dare risultati soddi»fa-
centi, dubitandone assai, stante la gracilità dei suoi fusti.
*
* *
La concimazione alle piante a Caoutehone. — Il VERNET, nel
suo studio generale sul Ficus elastica, ha insistito sulla necessità
di procedere ad abbondanti concimazioni, nelle piantagioni di tale
specie, per ottenere un più pronto sviluppo degli - assieme
ad un maggiore quantitativo di prodotto. Egli nota che al Ton-
chino gli alberi di Ficxs, non concimati, deperiscono “anta
ed il loro reddito diviene quasi nullo, nè resistono a lungo alle in-
cisioni, mentre quelli concimati, non solo acquistano in breve tem-
po dimensioni assai maggiori degli altri, ma sono capaci di una
regolare produzione, per lungo numero di anni. AI Tonchino si
usa per solito concimarli con concime animale naturale, sommini-
strando alternativamente, un anno sì ed un anno no, circa 20 chi-
206
logrammi di concime per albero, in due volte ; alcuni, avendo con-
cime in abbondanza, arrivano a somministrarne fino a 80 chilo-
grammi per albero, annualmente in tre. volte. Pare, da qualche
esperienza, che anche i concimi chimici, massime azotati, abbiano
fatto buona prova.
La necessità di concimazione per il Ficus elastica si appa-
lesa necessaria, se consideriamo che questa specie, come altre con-
generi, compie tutto il suo primo sviluppo saprofiticamente, sui rami
degli alberi, utilizzando tutti i detriti vegetali ed animali che trova
colà accumulati. Ma non solo per il Ficus elastica pare utile la
pratica della concimazione, bensi anche per altre piante a Caout-
chouc. Infatti dall’/Journal d’Agricolture tropicale apprendiamo che
lo STEPHEN ha insistito sulla necessità di praticare abbondanti
concimazioni alle piantagioni di /evea, attribuendo appunto alla
mancanza di concimazioni i mediocri risultati ottenuti in alcune
piantagioni. Sono riportati i pareri di diverse autorità in fatto di
piantagioni a Caoutchouc, pareri avvalorati da un buon numero di
esperienze istituite a tale proposito. Il signor MAYHIEU non esita
a dire che per l’/evea la concimazione favorisce l’ingrossamento
del tronco, anticipando l’epoca delle prime incisioni, e rendendo
più sollecita e pronta la cicatrizzazione delle ferite e la ricostitu-
zione della scorza. In pari tempo, con la maggiore robustezza che
gli alberi d’//fevea vanno acquistando, mercè i concimi, offrono una
quasi assoluta immunità alle malattie, ed una maggiore resistenza
al vento. Secondo EcHERT, da esperienze eseguite a Ceylon, con
una concimazione del 4 per cento di azoto e del 15 per cento di
potassa, gli alberi di Mevea presentarono un accrescimento assai
rapido e uniforme, assieme ad una forte struttura. Il signor ELLIOT,
a Singapour, con una concimazione di circa 650 grammi di solfato
ammonico e di polvere d’ossa, e di circa 250 grammi di solfato
potassico per albero, ottenne un anticipo di due anni nell’inizio
delle incisioni : parimenti a Iolore, secondo notizie riferite dallo
stesso MATHIEU, una piantagione di Hevea, concimata con solfato
ammonico, superfosfato e solfato di potassa, presentò alberi con
tronchi aventi una circonferenza del 50 per cento superiore a quelli
di altra piantagione di eguale età, ma non concimata. Infine il si-
gnor MAUDE, direttore tecnico della Cicely Estate, aggiunge : « Le
rendement en later a ètè considèrablement augmentè par la fu-
mure: l’écorce des arbres se règénère aussi plus rapidement. >
Queste notizie sono sufficienti per dimostrare l’importanza delle
concimazioni nelle piantagioni di alberi a Caoutchouc, e ci fanno
pensare se per caso non fosse da farne applicazione anche in Sicilia,
207
al Ficus elastica, per ottenerne un più rapido accrescimento, assie-
me ad un reddito più elevato.
Ad ogni modo, benchè finora non se ne abbiano esperienze
attendibili, riteniamo che, fra i concimi chimici più appropriati per
le piantagioni a Caoutchouc, sia la Calciocianamide, favorendo
essa grandemente lo sviluppo del tessuto assimilatore, al quale
sviluppo, secondo indagini recentissime, è proporzionato e subor-
dinato quello dei vasi laticiferi. E’ quindi a ritenersi che, nelle
piantagioni a Caoutchouc, la Calciocianamide possa dare risultati
assai buoni, e sarebbe a desiderarsi se ne facessero serie ed esau-
rienti esperienze.
sta
Il Caffè ne'la Colonia Eritrea. — Dove il Caflè può dare ot-
timi risultati è in Eritrea: colà può assumere un forte sviluppo,
divenendo fonte di ricchezza per la Colonia e per la Madre patria,
Ciò era da prevedersi, essendo la Coffea arabica, contrariamente
al nome che porta, originaria delle alte montagne dell’Abissinia, e
trovandosi appunto l’Eritrea assai prossima ai luoghi di origine di
questa specie. Non tutta l’Eritrea però si presta alla coltura del
Caffè, ma, secondo le esperienze eseguite dal BALDRATI, le locali-
tà, di detta Colonia, in cui con quasi sicurezza di buon esito si
può intraprendere la coltivazione del Caffé, sono quelle che, come
Filfil, poste sulle pendici orientali dell’altipiano, o nei valloni che
da esso discendono, godono di due stagioni di pioggia, hanno una
insolazione molto minore, ed hanno copia di terreni boscosi, espo-
sti in modo da non avere il sole se non per una parte della
giornata.
Da una serie di esperienze colà eseguite il BaLDRATI ha sta-
sia
— Che il clima delle zone, ‘come Filfil, soggetto a “
gioni di pioggia è atto alla coltura del Caffé.
-- Che l’ altitudine ici opportuna. è fra 1000 e M900,
—.
3°, — | Che a Caffè teme l'eccesso: di insclemiino e di lumino--
sità e quindi vuole terreni che stiano senza sole qualche ora del
giorno ed in qualunque caso vuole essere moderatamente. ombreg-
giato.
4°, — Che la piantagione deve essere fatta con scasso a fosse,
di metri uno di profondità e larghezza, e disposta in modo da
evitare il troppo rapido scorrimento superficiale delle acque.
208
5°. — Che il Caffè vuole terreno organico e quindi è necessa-
rio concimare abbondantemente con terriccio smaltito.
6°. — Che è raccomandabile aprire le fosse qualche mese al-
meno prima di fare la piantagione.
7. — Che nei primi anni di piantagione è raccomandabile fare
moderate irrigazioni, e di conseguenza che è sconsigliabile piantare
Caffè nelle località in cui non si disponga di acqua sufficiente.
Ciò premesso, secondo il BaLDRATI, la zona che in Eritrea
presenta tali condizioni, e gode di due stagioni piovose, è vasta
circa 950 mila ettari, misurata in piano : è tutta ricca di boschi
e di terreni fertili, e tutte le vallate in essa comprese sono prov-
viste di sorgenti continue, di torrenti con acqua in vari punti af-
fiorante e perenne, in moltissimi luoghi vi si possono costruire ser-
batoi più o meno importanti. Colà si potranno fare numerose pian-
tagioni di Caffe
Tali piantagioni poi sono tanto più da incoraggiare, se si con-
sidera che il Brasile tende ora a monopolizzare quasi tutta la pro-
duzione del Caffè e a rendersi padrone dei mercati, e che a Cey-
lon sono venute meno le estese piantagioni di Caffè, perché distrut-
te dall’ Hemileja vastatrix, di modo che gli inglesi hanno dovuto
sostituirle con piantagioni di thè.
Per questo è da aspettarsi un lieto avvenire per le colture di
Caffé che si volessero iniziare in Eritrea.
*
*_ *
Sull’albero della Canfora. — Una questione a lungo dibattuta
è stata quella della possibilità o no di ottenere buon prodotto di
Canfora degli alberi di Cinnamomum Camphora coltivati nelle nostre
regioni. Per l’Algeria, fino. dal 1892, il TRABUT aveva asserito
potersi ricavare ottima Canfora dagli alberi colà coltivati, ma in
seguito il RrvieRE ed il GIrRARD, dopo ripetute analisi, riferirono
che quegli alberi mancavano totalmente di Canfora: forte di que-
ste asserzioni, il BoxNIER se ne prevalse per formulare la teoria
che le piante dei paesi caldi, portate nella regione mediterranea,
divenivano subitamente improduttive! Però il TRABUT, ripren-
dendo tali studii, potè constatare che tanto il RiviERE, quanto il
GIRARD, non avevano analizzato foglie del vero Lauro Canfora, 08-
sia Cinnamomum Camphora, ma bensì di altra specie, cioè del C7n-
namomum inunctum, specie che realmente è incapace di dare pro-
dotto genuino, È curioso il constatare come, sempre in Algeria,
pr
un analogo errore fosse commesso a proposito della produzione del
a:
“ee
209
Caoutchouc di Ficus elastica: si disse cioé che questa specie colà
coltivata era divenuta improduttiva, ma ad un esame più diligente
si constatò che si era ritenuto, per vero 'icus elastica, il Ficus
magnolioides, specie che realmente non ha mai prodotto Caout-
choue! Intanto, ritornando all'albero della Canfora, il TRABUT
ottenne, parimenti in Algeria, da semi genuini, appositamente in-
trodotti dall’Isola di Formosa, un prodotto abbondante, per nulla
inferiore a quello degli alberi coltivati in Asia. Ciò è confermato
dal WuxNscHENDORFF, il quale, riprese in Algeria tali esperienze,
ne rende ora conto, ed asserisce di avere ottenuto, mediante la
semplice distillazione delle foglie, un rendimento dell’ 1.35 per
cento circa di Canfora di bella apparenza, per cui, ne risulta pos-
sibile la estrazione a scopo industriale. Nè dobbiamo dimenticare
che anche il GreLIOLI, operando sopra alberi di Canfora, col-
tivati a Portici ed a Napoli, li trovò capaci di buon. prodotto.
La coltura del Lauro Canfora da noi, per estrarne il prodot-
to, appariva consigliabile, massime dopo che il Governo Giappo-
nese, dal 1899, ne aveva monopolizzato l’intera produzione orien-
tale. Ma restava un nuovo dubbio assai forte: la scoperta della
Canfora sintetica, o meglio di prodotti chimici, i quali, avendo
tutte le proprietà della vera Canfora vegetale, possono divenirne
buoni surrogati. La scoperta di questi prodotti non mancò di sol-
levare un forte allarme, tanto più che attualmente in molte regio-
| ni calde si stanno iniziando piantagioni intensive di alberi a Can-
fora e che la richiesta di un tal prodotto va aumentando, trovando
applicazioni non solo in farmacia, ma altresì. nella fabbricazione
del celluloide e nella fabbricazione della polvere senza fumo. La
Canfora artificiale viene estratta dall’essenza di trementina, sì che
un valente chimico, a proposito delle iniziate piantagioni di alberi
a Canfora, ebbe ad esclamare : « Mieux voudrait pout-étre planter
des Pins!» Tuttavia il PERROT non ritenne compromesso intie-
ramente l’avvenire degli alberi da Canfora; egli così si espresse :
« Le Camphre chimique ne tuera jamais complétement son con-.
frére, car les sous-produits, comme l’essence de camphre, sont
actuellement demandès en quantità coosidèrable par l’industrie
des essences, particulierement pour l’obtention du safrol. Il est
donc permis, sous les reserves expresses, que nous venons de fai-
re, de penser que l’exploitation des Camphriers pourra longtemps
sans doute, donner encore des bènéfices importants ». .
Ciò che aveva supposto il PERROT si è avverato. La produ-
zione della Canfora sintetica non ha potuto sestenere la concorrenza
di quella naturale, massime in causa dell'aumento di prezzo del-
210
l'essenza di trementina. Infatti la principale Società costituita per
la produzione della Canfora sintetica, sotto il titolo « La Ca m-
phre >, nell’ultima sua Assemblea Generale, ha lealmente dichia-
rato ai suoi azionisti che era inutile continuare nella lotta, essendo
sparita ogni illusione sull’avvenire industriale della Canfora sinte-
tica. Così viene a concludere: « Cette fabricution ne pourait se
faire, méme dans des conditions plus favorables, qu’à des prix
de revient tels qu’ il n’est permis d’entrevoir de ce cotè la pos-
sibilità d'une exploitation remunèratrice des brevets que nous
avons acquis. Devant la concurrence que font au celluloid le soi-
produits ininflammables, le Camphre a vu ses cours baisser
sans discontinuer, alors que ceux des matières premières sont
restes sensiblement les mémes, et il est à prèvoir que cet ètat de
oses ne fera dèsormais que s’accentuer davantage. » In-
mis la Canfora sintetica non può cedersi a meno di 7 franchi il
ilogramma : ciò era vantaggioso quando la Canfora naturale va-
on da 10 a 12 franchi il chilogramma, ma non è più convenien-
te ora che la Canfora naturale è discesa a circa 3 franchi per
chilogramma. Ritorna quindi a rendersi opportuna la costituzione
di piantagioni di Lauro Canfora, anche nei nostri paesi, come già
aveva suggerito il GIGLIOLI,
*
* *
Il Nespolo del Giappone. — Se si chiama del Giappone par-
rebbe non dovesse esistere incertezza sul suo indigenato colà : tut-
tavia forti dubbi sono stati elevati in proposito, ed ora il VILMO-
RIN tratta la medesima questione concludendo che non è indigeno
del Giappone. Già parecchi autori moderni, che visitarono il Giap-
pone, hanno asserito di non avervelo trovato spontaneo ma solo col-
tivato in piccola quantità ed in varietà poco pregevoli. Pare piut-
tosto debba ritenersi originario della China, ove fino dalla prima
metà del secolo XVII fu trovato da MicHELE BoyM, missionario
gesuita, autore della prima Flora sinensis. E’ pure ricordato in
alcune enciclopedie chinesi, di molto anteriori alle relazioni fra
China e Giappone. L’indigenato di questa specie in China è pari-
menti confermato dal fatto che, delle 15 o 16 specie conosciute di
Eriobotrya, ben 9 sono indigene della Regione Imalaica, 3 della
Cina e della Cocincina, ed almeno 2 delle Filippine. Però la diffu-
sione di questa specie nel Giappone ed a Giava deve ritenersi di
antica data; da tali regioni fu pure in antico portata a Maurizio :
verso il 1784 fu introdotta in Francia e nel 1787 in Inghilterra ;
211
poco dopo il Giardino Botanico di Parigi ne mandava piantine
a Napoli, ed a Palermo, mentre dall’Inghilterra passava a Malta, alle
Bermude ed in altre colonie calde.
Al Giappone se ne hanno diverse varietà : la principale, anzi
l’unica i cui frutti si vendono sa quei mercati, è detta Biwa. ed
ha frutti piccoli, acidissimi, quasi non eduli: forse rappresenta il
primitivo tipo spontaneo introdotto dalla China. Un’altra varietà
a frutto perfettamente bianco è detta Shiroko-biwva. Una varietà
a frutto grosso, piriforme, è detta Z'o-biwa, infine una varietà a
frutto quasi sferico, con polpa spessa, dolce, sugusa; è detta Na-
ga-to-birva. Fin quì in Sicilia poco o nulla si è fatto per sele-
zionare il Nespolo del Giappone, migliorandone la guidi del frutto.
Invece in Algeria ed in California si attende. alacremente a tale
lavoro di selezione, introducendo da altri paesi le migliori varietà,
facendone estesi vivai, e riproducendo solo i soggetti trovati mi-
gliori. In tal modo se ne sono già ottenute ben 40 varietà, che
differiscono fra loro per essere alberi più o meno produttivi, tolle-
ranti la siccità, per la precocità dei frutti, che possono maturare -
in Aprile, mentre altri ritardano fino a Giugno, per la ricchezza
dei grappoli, per la grossezza dei frutti, che possono raggiungere
i 7 centm. di diametro, con un peso di 40 a 50 grammi ciascuno,
per la loro forma, rotonda, allungata, a pera o depressa, per il
sapore dolce, od acidulo, con profumo più o meno gradevole, per
la buccia sottile o dura e resistente, di colore giallo, aranciato,
rossastro o bruno, per la polpa fondente o soda, per la presenza
di molti o pochi semi, nonchè per la resistenza ai viaggi ed alle
scosse. Tenuto calcolo di tutti questi caratteri, in Algeria se ne
sono avute razze veramente superiori, massime per opera degli or-
ticoltori ARKWIGHT, DAUPLIN, PorcHER, PrADINES ed altri : in
California parimenti per opera del Tarr. In Italia si ha solo il
tentativo dello SPRENGEL, che ne presentò cinque varietà abba-
stanza distinte. Oltre alla selezione si tenta l’introduzione di nuove
varietà chinesi o giapponesi: fra queste ultime, a quanto ne rife-
risce il TRABUT, fu trovata in Algeria di qualità veramente supe-
riore la varietà Zaraka, che porta frutti ben colorati e di grato
profumo; dotati di una grande resistenza, per cui possono essere
ammassati senza che anneriscano, ed abbandonati a lungo fini--
scono per seccare senza infracidire. Questa varietà è ritenuta la
migliore per esportazione a lunga distanza ed appunto in Algeria
tendesi a moltiplicarla di preferenza per farne larga sides
sui mercati della Francia.
È sperabile che anche in Sicilia, ove la coltura del Nespolo
212
del Giappone è divenuta così estesa, si incominci un lavoro di se-
lezione, tanto più che è facile riprodurlo per seme, e viene a pro-
duzione rapidamente.
1 Nespolo del Giappone poi, quantunque a foglie persistenti,
presenta la caratteristica di adattarsi bene ad essere innestato so-
pra alberi a foglie caduche, come il Cotogno, l’Azzeruolo, il Bian-
cospino ed il Sorbo. Generalmente si preferisce innestarlo sul Co-
togno, però si è constatato che sul Biancospino dà frutti più pro-
fumati e meno acidi. o
otasi infine che dai frutti di questa pianta si può ottenere,
per fermentazione e per distillazione una sorta di Kirsch di otti-
ma qualità, analogo a quello che si ricava dalle ciliegie selvatiche,
sa
L'origine della Fava. — Una questione che ha preoccupato
parecchi botanici moderni è stata quella di rintracciarne la patria
della Fava, non essendosi questa specie ancora rinvenuta in uno
stato di vera spontaneità. Gli autori autichi, come TEOFRASTO e
DioscorInE nulla dicono della origine della Fava. PLINIO poi sotto
il nome e di Faba confonde almeno tre specie ben distinte,
cioé : 1°. una specie che dice nascere in alcune isole dell’ Oceano
SIE chiamate perciò Fabarie, e che può ritenersi fosse
un Pisum od un Lathyrus. 2°. una specie che dice crescere in
Egitto,-e che dai caratteri dati, si rivela essere il Nelumbium.
3°. una specie che dice trovarsi spontanea e frequente in Mauri-
tania, ma a semi duri in modo da non potersi cuocere. Ques’ ul-
tima fu ritenuta essere la vera Fava spontanea. Ma fin quì nes:
sun autore aveva trovato la fava in Algeria con indizii tali da ri-
tenerla indigena. Ora però il TRABUT viene a segnalare una forma
di Fava, che egli, fino al 1893, assieme al BATTANDIER, rinvenne,
con tutte le apparenze di pianta spontanea, in Algeria, e precisa-
mente nel Serson, presso i centri di colonizzazione di Bourbaki e
di Dialar (alt. 900 m.), i cui semi sono raccolti dagli indigeni. Col-
tivata alla Stazione Botanica di Algeri, fu potuta studiare in tutti
i suoi caratteri, ed ora il TraBUT la descrive con il nome di FA-
BA PLINIANA, in omaggio alla narrazione di PLINIO. I suoi carat-
teri principali sono: pianta annua alta 15-20 cm., ramificata dalla
base : foglie ad 1-2 coppie di foglioline : fiori 2, sessili, ascellari,
più piccoli che nella specie coltivata : legumi corti (35 mm. com-
preso il mucrone), verdi poi neri, deiscenti per due valve ela-
stiche, accartocciantesi e lancianti i semi, i quali sono separati da
218
un leggiero tessuto ‘cotonoso : semi due, nero brillante, sugblobu-
losi, depressi dal lato dell’ilo, con un arillo assai sviluppato e ri-
coprente un ilo di forma ellittica, assai allungato, pesanti meno di
5 decisrammi da secchi, e misuranti da 6 a 9 mm. nel diametro
maggiore. Si distingue dalle varietà coltivate specialmente per le
grandi dimensioni dell’arillo : nei tegumenti poi le cellule epider-
miche (a palizzata) sono più lunghe cioè 230 u. in luogo di 125
u. Nel legume si ha l'epidermide sdoppiata per uno strato sottoe-
pidermico scleriflcato e con uno sclerenchima assai sviluppato negli
strati interni: ciò dà una grande resistenza al legume stesso. Que-
sti caratteri fanno della Fava di Serson un tipo bene distinto dalla
Fava coltivata, il quale assume tutta l’apparenza di pianta vera-
mente spontanea : i suoi semi poi si avvicinano assai a quelli rac-
colti dall’HEER nelle abitazioni lacustri della Svizzera, da tale au-
tore distinti con il nome di Faba celtica nana. Il TraBuT nota
infine come la Fava ha nomi indigeni in tutte le lingue del nord
d’Africa, venendo chiamata dagli Arabi Iòula; dai Berberi del lit-
torale Bavu od Ibion, dai Berberi del Sahara Avuan. Parlando
poi dell’area disgiunta di questa specie, ritiene possibile che in
qualche località, dopo essere stata anticamente coltivata, sia persi-
stita retrogredendo verso il tipo primitivo. La segnalazione di una
Fava spontanea, od apparentemente tale, in Algeria, ha grande im-
portauza, tanto più che ALronso DE CaNDOLLE, partendo da altri
concetti, cioè basandosi su documenti linguistici, era giunto alla
conclusione di ritenere l’ Africa settentrionale come una delle re-
zioni in cui probabilmente era incominciata la coltura della Fava.
Maggiore importanza poi acquista la pianta di Algeria dai carat-
teri che offre, abbastanza divergenti da quelli tipici della Fava col-
tivata, specialmente dalla perfetta deiscenza dei legumi. Tuttavia
credo ciò non basti per accettare senz’altro come assolutamente
provato l’indigenato della Fava in Algeria: i documenti linguistici
possono riferirsi tanto a piante spont:nee quanto a piante antica-
mente coltivate, e la citazione di PLINIO può anche convenire con
altre specie di Vicia, ad esempio con la Vicia narbonensis 0 con
la Vicia serratifolia, pure frequenti nell'Africa settentrionale, ed
a semi parimenti duri a cuocersi. Ho veduto alcuni semi di questa
Faba Pliniana, inviati dallo stesso TraBUT all’Orto Botanico di
Palermo, e qui riprodotti, e sono stato sorpreso dalla grande so-
| miglianza che questi semi presentano con quelli della Faba Bakla,
segnalata parecchi anni or sono per le Indie del Dt >HIE, e de
io pubblicai, dopo averla coltivata a Bologna, da semi mandatemi
gentilmente dallo stesso DE CANDOLLE. Vidi pure semi di Fava
214
provenienti dall’ Abissinia, parimenti assai simili a questi, Ora,
ammettendo che sieno forme veramente spontanee tanto la Fava di
Serson, quanto quella delle Indie e quella dell’ Abissinia, si dovreb-
be concludere che la Fava presenti una area di indigenato con tre
centri disgiunti e fra loro lontani. Questa conclusione è poco ve-
rosimile. Ritengo piuttosto si debba ricorrere ad un’ altra ipotesi.
Lasciando insoluta la questione della prima origino della Fava,
credo attendibile il ritenere le predette varietà come provenienti
da antiche colture e da lungo tempo naturalizzate, per cui anda-
rono spogliandosi di tutti i caratteri culturali. Accettandosi que-
sta ipotesi la Maba Pliniana non rappresenterebbe il vero antena-
to spontaneo della nostra Fava, ma al contrario un discendente,
che ha assunto l’apparenza di pianta spontanea, essendo sfuggito
al domino della coltura. Però questa naturaliizzazione della Fava
in Algeria devesi ritenere di assai antica data, stante i caratteri
proprii che ha assunto.
sta
Bachi da seta che vivono sugli Agrumi. — Scartabellando
diversi libri antichi mi è capitato sottomano la Dissertatio de me-
tamorphosibus insectorum Surinamensium, opera antica della si-
gnora Maria SiiLLa di MERIAM, che tratta degli insetti del Su-
. rinam (Guiana Olandese).
Nella prima edizione, che porta la data del 1705, alla tavola
52, è rappresentata una grossissima farfalla, avente circa 21 cen-
timetri di apertura d’ali, cioè 1’ Attacus Atlas di LinNEO.
bruco di questa farfalla si nutre, secondo quanto ne dice la
Merram, delle foglie degli aranci, ed il suo svilupo è rapidissi-
mo, potendosene ottenere tre generazioni all’ anno: produce un
grosso bozzolo grigio, lungo circa 7 centimetri. Sulla qualità della
seta, di cui consta il bozzolo, così si esprime la MERIAM: «
fil dont elles composent leur Cocon est fort, ce qui m’a fait croie-
re que ce pouroit étre dè la bonne soie: j' en ai beaucoup ra-
aes en Hollande ou on Va trouvee telle : de sorte que si quel-
quun prenoit la peine d'amasser de ces Chenilles, il auroit de
bon vers à soie, et il en tireroit un grand profit ».
Naturalmente a quell’ epoca non si doveva-pensare di intro-
durre in Europa un tale lepidottero, tanto, più che in Olanda non
si coltivano agrumi, nè in Sicilia allora si aveva alcuna preoccu-
pazione di crisi agrumaria.
In seguito anche in Europa si sono fatti diversi allevamenti
215.
di questo bruco, ma nutrendolo con altre foglie, non con quelle
d’agrumi, imperocchè è specie oltremodo polifaga. Infatti nelle Indie
Orientali, ove pure si trova, si ciba delle foglie di Cannella, di
Berberis etc. Il WiLLYy, che appunto ha fatto qualche tentativo di
allevamento, dice che di tutti i bruchi da seta selvatici questo è il
più facile ad allevarsi.
Ma questo lepidottero non è il solo che viva sugli agrumi.
Nella seconda edizione della detta opera, che porta la data del
I726, la stessa signora MERIAM, alla tavola 65, rappresenta un’al-
tra grossissima farfalla, avente circa 17 centimetri di apertura d’ali,
cioè l’Attacus Hesperus di Linneo, il cui bruco si nutre delle
foglie dei limoni. Come l’altro, cui 6 molto affine, fila un grosso
bozzolo bruno, lungo circa 8 centimetri.
Sulla qualità della sua seta così si esprime la MERIAM: « Son
fil est una espèce de soie qui est plus brillante et en plus d’a-
bondace que cela des autres vers a soje, si on pouvoit les nou-
rir aussi facilement, ce que neaumoius je ne crois pas que per-
sonne ait entrepris » .
Anche da questa specie si potrebbero ottenere più generazioni
all’anno, imperocchè, secondo il MicHELY, il bruco forma il suo
bozzolo solo dopo 15 giorni dalla nascita.
Un'altra farfalla, non illustrata dalla MERIAM, il cui bruco
pure vive sopra gli aranci ed altri agrumi, è l’ Attacus Awrota
del CRAMMER, frequente nell'America centrale. Produce ottima seta
e secondo il MrcHELY ha sviluppo rapidissimo, per cui se ne pos-
sono ottenere fino a sei generazioni all’anno.
Resta quindi accertato che esistono alcune specie di lepidotteri,
capaci di fornire buona seta, i cui bruchi vivono sugli agrumi.
Ora che tanto si lamenta la crisi cui é esposta l’ agrumicoltura e
si propone perfino di distruggere gli agrumeti, per sostituirli con
altre colture più redditive, sarebbe da pensare seriamente alla
possibilità di introdurre ed acclimatare in Sicilia questi lepidotteri.
Riuscendovi si verrebbe a raggiungere al reddito dei frutti un
reddito parimenti importante, quello cioè della seta ottenuta dai
bozzoli dei bruchi alimentati con le loro foglie : questo reddito
dovrebbe riuscire abbastanza rilevante se, come dicesi, se ue po-
tessero ottenere diverse generazioni in un anno, cosa cui “Bene sì
prestano gli agrumi, essendo a foglie persistenti.
>
* *
per coltivare i Tartufi. — Si conoscono molte specie di Tar-
è
216
tufi, ed ognuna ha i suoi particolari pregi: nell’Italia settentrio-
nale è assai ricercato il Tartufo bianco (Tuber magnatum) che
raggiunge prezzi assai elevati, e consumasi pure in abbondanza il
Tartufo rosso (7’uber Borchii), mentre all’estero è tenuto in mag-
giore considerazione il Tartufo nero / uber melanosporum) : que-
st'ultimo in Francia è oggetto di intensivo commercio.
erò la produzione dei Tartufi è molto saltuaria, limitandosi
«ila raccolta di quelli che naturalmente crescono quà e là, ed anzi
tende a diminuire, per il fatto che i proprietari di terreni, ove
crescono Tartufi, sovente distruggono i boschi che danno loro ri-
cetto, per evitare i guasti cagionati dai cercatori clandestini.
In vista tuttavia della importanza economica e commerciale
dei Tartufi, da lungo tempo fu vagheggiata una razionale coltura
dei medesimi : molto si è scritto in proposito, molte proposte fu-
rono fatte, ma della maggior parte dei metodi vantati non val la
pena di parlarne, mancando di qualsiasi serietà : solo in questi ul-
timi anni, con una più completa conoscenza della biologia dei Tar-
tufi stessi, cioè delle loro relazioni simbiotiche con altre piante, si
può dire risolta una così importante questione, ed il MATTIROLO
assai ha insistito in proposito.
I Tartufi vivono in relazioni simbiotiche con piante arbore-
scenti : traggono cioè parte del loro nutrimento dalle radici di quelle,
e di conseguenza non si trovono che nei boschi od in vicinanza di
piante silvane. Sono specialmente le Quercie, i Pioppi, i Salici,
che danno ricetto ed allevano i Tartufi, per cui non si può seria-
mente costituire una Tartufaja senza fare una conveniente pianta-
gione di tali essenze boschive.
tri termini i loro corpi fruttificanti, cioè i veri Tartufi,
si trovano alla dipendenza delle radici di tali piante, collegati di
fitta rete di ife, ossia di fili micelici, e ricevono da esse buona
parte del nutrimento necessario al loro sviluppo.
Il Tartufo nero ed il rosso preferiscono le Quercie e le Avel-
lane : il Tartufo bianco preferisce i Salici ed i Pioppi, e special-
mente il Pioppo bianco (Populus alba).
Per formare una Tartufaja occorre avere le piante relative e
ciò è facile: seminando quercie, queste dopo non molti anni pos-
sono già rendere prodotto, e la cosa è anche più sollecita pian-
tando talee di pioppi o di salici. Però non basta avere gli alberi,
occorre anche seminarvi i Tartufi.
no d-' metodi usati più in antico è quello di interrare, ai
piedi degli ..iberi, pezzetti di Tartufi ben maturi, ma raramente si
ottengono buoni risultati. Un altro metodo è quello di prepararne
217
artificialmente il micelio e seminarlo presso le radici degli alberi,
ma esige minuziose precauzioni che non tutti sanno attuare. TRA
adottare quest’ultimo metodo, i nsider hela
dei Tartufi può effettuarsi per mezzo di spore e per meszo di co-
nidii: serebbe preferibile il primo mezzo, ma la germinazione delle
spore è oltremodo difficile, per cui conviene ricorrere agli agenti che ne
eno naturalmente la diffusione, ed, anche ottenuta, in pratica
non è facile preservare le colture nel loro inizio da numerosi mi-
crorganismi che invadono e distruggono il micelio in via di for-
mazione.
Per ottenere lo sviluppo del micelio dai Tartufi, senza partire
dalla spora, si può procedere in altro modo: raccogliere cioè i Tar-
tufi non troppo maturi, e, non lavandoli, riporli in quantità in
vasi, o meglio cesti, comprimendoli fra foglie secche di Quercia o
di Pioppo, o fra truccioli di legno dei medesimi alberi; si ottiene,
dopo qualche mese, una massa compatta, cotonosa, bianca, com-
posta appunto di denso feltro micelico. Dopo ciò conviene procedere
alla sua seminagione.
qui, credendosi che il micelio dei Tartufi vivesse solo
all’ Lia delle radici di diversi alberi, sotto forma di micorize,
senza penetrare nei tessuti legnosi dell’albero stesso, ogni tentativo
di coltura fu limitato a collocare il micelio esternamente, in pros-
simità delle radici di Quercie o di altre essenze.
Espandendo il micelio dei Tartufi in tal modo, si sono avuti
sovente buoni risultati, massime se le ife poterono penetrare nei
tessuti legnosi degli alberi, passando attraverso lesioni causate alle
radici stesse con la lavorazione del terreno. Gli insuccessi furono
forse più apparenti che reali : infatti conviene tener presente che
lo sviluppo dei corpi fruttificanti, cioè dei veri Tartufi, non av-
viene immediatamente dopo la semina del micelio, ma ritarda fino
a tanto che questo non è riuscito ad invadere l’albero ed in pro- .
porzione tale da poterne attingere alimenti a sufficienza. L’ inizio
quindi della produzione può tardare anche parecchi anni, e si
espone ad un sicuro disinganno chi crede poter coltivare e raccogliere
i Tartufi come le patate !
Ulteriori studii hanno posto però in evidenza che le felullioni
simbiotiche fra Tartufi e piante arboree sono più intime di quanto
prima credevasi.
Già da tempo diversi autori hanno insistito sul fatto che le
ghiande raccolte sopra alberi di Quercia produttori di Tartufi, danno
origine ad alberi che pure ne prodocono , mentre quelle raccolte
sopra alberi che mai avevano prodotto Tartufi, danno origine
DI
ad alberi che non ne producono affatto. Inoltre si è osservato che
talee o gemme di Pioppi o di Salici, usate per iniziare colture di
Tartufi, tolte da alberi che ne producevano, e liberamente confi-
date al terreno, od innestate su alberi che normalmente non ne
producevano, hanno in brevissimo tempo dato origine ad abbon-
dante produzione di Tartufi.
ome riferisce il MATTIRCLO, si sono perfino ottenuto Tartufi
al quarto anno, innestando piante di tre anni di Salici o di Pioppi,
con gemme tolte da individui riconosciuti tartufiferi. Da ciò si de-
duce che basta una semplice talea, staccata da un albero tartufi-
fero, per riprodurre un nuovo albero, capace di sviluppare pronta-
mente Tartufi, imperocchè la talea contine già nei suoi tessuti il
germe dei Tartufi.
Questo dimostra che la sede del astio producente i Tartufi,
non è limitata alle ultime ramificazioni radicali, come fin quì si
credeva ma si estende ancora al tronco e forse ai rami : il micelio
cioè vive normalmente nei tessuti legnosi dell’ albero, nei quali
trova gli alimenti adatti al suo sviluppo, od almeno cerca un ri-
fugio nei detti tessuti. quando l’eccessiva umidità del terreno lo uc-
ciderebbe esternamente, e ne esce, per inoltrarsi ed espandersi
nel terreno, solo allo scopo di sporificare, cioè di produrre i veri
Tartufi. Ciò è una semplice supposizione, però non confermata
dall’analisi microscopica dei tessuti di dette piante : forse occorre
ritenere che le ife dei Tartufi stessi si diffondano nei tessuti ve-
getali sotto forma di micoplasma, per cui non sono più riconosci-
bili al microscopio.
Il servirsi di talee; tolte da alberi riconosciuti tartufiferi, è
un ottimo metodo, e si potrà adottare per i Salici e per i Pioppi,
benchè non sia facile trovarne gran quantità per farne una coltura
estesa. Ma la moltiplicazione per talee è poco pratica per le Quer-
cie, quindi per queste ultime sarebbe da adottarsi l’innesto, por-
tando su ceppaie non tartufifere, gemme di piante riconosciute tali:
con l’inuesto si ha la perpetuazione della medesima individualità
fisiologica, riprodotta agamicamente, la quale, invasa dalle ife mi-
celiche del Tartufo, le trasmette alle radici sane della pianta fun-
zionante da soggetto.
Ma la conoscenza della persistenza del auioslià dei Tartufi, nei
tessuti legnosi dell’albero, sia pure sotto forma di micoplasma,
risolve meglio il problema della seminagione del micelio, ci indica
cioè quale dovrà essere la via migliore per ottenere buoni risultati.
Infatti è facile utilizzare il micelio, massime quando produce sa-
profiticamente forme conidiofore, per inocurarlo direttamente, e con
DERE
219
ogni diligenza, alla base del tronco od all’inizio delle radici più
grosse dell’albero, nel legno vivo, avendo poi somma cura di im-
pedire che germi di altri microrganismi possano penetrare nelle
esiom e così disturbare il normale sviluppo del micelio tartu-
fifero.
Jomunque iniziata, rinscendo a produzione, la coltura dei
Tartufi elimina una delle più forti difficoltà che incontrava il rim-
boschimento, malgrado tutto lo zelo e l’entusiasmo dei suoi apo-
stoli.
Fin quì i boschi, in Italia, rappresentavano una delle colture
meno remunerative, ed i rimboschimenti stessi venivano trascurati,
occorrendo attendere, dopo il loro impianto, almeno una diecina di
anni, per ottenere qualche reddito, sempre però minimo. Quindi i
proprietarii di terreni, che prudenza vorrebbe si rimboscassero,
non vogliono persuadersi di perdere l’annuo prodotto, sia pure
scarso, di grano, di segala, magari di patate, per sostituirvi pian-
tagioni di alberi, con la quasi certezza di non vivere tanto a lungo,
per giungere in tempo a vederle in piena produzione.
Ma il voler coltivare Tartufi significa ripristinare boschi e
selve, non più nella speranza di lontani vantaggi problematici,
bensì in vista di un guadagno vicino e sicuro. Quindi con la col-
tura dei Tartufi la questione cambia aspetto. Mettendo d’accordo
e facendo procedere di pari passo, i rimboschimenti con la colti-
vazione dei Tartufi, è possibile ricavare dai nuovi boschi un forte
rendimento, fino dai primi anni, e così i proprietarii vengono non
solo indennizzati del perduto raccolto, ma anzi dovranno essere ben
contenti di sostituirvi una nuova coltura assai più remunerativa,
tanto più che una tartufaja, bene costituita, può durare ‘a p
zione per oltre venti anni, senza bisogno di grandi cure. È perciò
sperabile che davanti al reddito certo e pronto ricavabile dalla
coltura dei Tartufi, qualcuno si decida a costruire nuove selve con
essenze tartufifere. Il reddito dei Tartufi è molto superiore a quello
ricavabile dal legname, e forse sarà la molla che spingerà a rico-
prire i nostri monti del verdeggiante manto, loro troppo barbara-
mente strappato.
Se si pensa che il costo dei Tartufi raramente é inferiore a
quello di lire 20 a lire 30 il chilogramma, che non di rado sale
fino a lire 60, e che ogni albero a piena produzione può darne an-
nualmente diversi chilogrammi, apparirà manifesta la convenienza
di istituire, anche in Italia, colture di tale genere.
Po
* *
220
Deperimento delle viti in Sicilia. — Quando la. filossera com-
parve in Europa ed invase l’ Italia e la Sicilia, si presentò come
unico rimedio 1’ uso delle viti americane, le quali resistevano in
modo completo agli attacchi di tale insetto ; ma dalle viti ameri-
cane non si otteneva che un vino detestabile, per cui si convenne
di usare dette viti come portainnesto : veduto poi che in massima
parte queste viti non convenivano ai nostri paesi, si pensò di ibri-
darle con viti nostrane : per far più presto si introdussero ibridi
ottenuti in Francia fra viti americane e viti francesi. Ma anche
da noi si pensò di ottenere ibridi locali, ed in questa pratica il
GrIimaLDI fu il primo ed il più attivo operatore. In questi
ultimi tempi poi si incominciò a ricorrere anche agli ibridi produt-
tori diretti.
Le cose andavauo per la meglio, quando in Sicilia, nei vitigni
di nuovo impianto, massime ibridi di americane, si riscontrarono
deperimenti assai gravi, di cui non era facile stabilire la causa : si
disse dipendere questi dal Roncet, causato dai freddi, primaverili,
da una cocciniglia. il Rhizoecus, da alenni acari, il Rhizoglyghus,
e l’ Heteroglyus, etc. La filossera vi avrebbe preso parte solo
come causa concomitante, ma ben primaria. Ad ogni modo ciò di-
mostrava un indebolimento eccessivo nei vitigni, i quali cedevano
alla prima malattia che si presentava.
questo punto si ripresero gli studi per potére definitiva-
mente stabilire da che cosa dipendesse la resistenza deì vigneti a-
mericani in confronto agli europei. Il IroviNo riteneva ciò dipen-
desse dalla più alta percentuale di ferro, di manganese e di fosfo-
ro, il PricHi dall’abbondanza di tannino, il BouTIN, seguito poi
dal Comes, dalla maggiore acidità dei succhi vegetali, per la pre-
seuza di acidi organici, ossalico, malico ete. Tutte queste ipotesi si
basavano sulla convinzione che la filossera non attaccasse certi vi
tigni causa la presenza Ci sostanze sgradevoli o nocive ad essa. Il-
PicHI invece vuole che la filossera sia attratta alla maggiore ric-
chezza di idrati di carbonio, saccarosio, glucosio, fruttosio, i qua-
li foruirebbero la migliore nutrizione per l’insetto : da ciò dipen-
derebbe che uno stesso vitigno, nei paesi nordici, é poco o punto
attaccato dalla filossera, perchè scarseggia di tali idrati, mentre;
nei paesi del sud, ne viene facilmente attaccato, perchè, causa il
clima meridionale, tale idrati sono in maggior abbondanza. In real-
tà devesi ritenere che ogni sorta di piante, se presenta i migliori
caratteri di adattabilità per il paese in cui fu ottenuta, trasporta-
ta in nuovi ambienti più non è perfetta, ma anzi soggetta a ce-
dere alle numerose contrarietà che va incontrando. Da ciò si de-
#
221
duce come fosse errore l’avere qui introdotto e diffuso gli ibridi
ottenuti in Francia. Nè ha valore il ripetere che il clima dellV’I-
talia meridionale e della Sicilia è analogo a quello della Francia
meridionale: basta considerare la vegetazione per convincersene. È,
se non vogliamo mettere a confronto la vegetazione spontanea, pes-
chè i numerosi endemismi possono dipendere da un complesso di
altre cause, basterà vedere alcune delle piante naturalizzate, anzi
una sola: questa è l’Oxalis cernua, originaria del Capo di Buo-
na Speranza, che, come è ben noto , ha invaso tutta la Sicilia :
orbene questa stessa specie, benchè introdotta, e sovente inselva-
tichita, nella Francia meridionale, non ha mai potuto persistervi
a lungo , prova ga che le condizioni di ambiente sono colà
are che da noi.
a mio parere, altre cause hanno influito al deperimento
dei Hi in Sicilia. Come è noto si tratta di ibridi ed in questi
ibridi si è cercato di accoppiare la resistenza dei vitigni america-
ni con la bontà di prodotto dei nostrani : quando non vi si è riu-
sciti in tutto, si sono usati questi vitigni come portainnesto, per
innestarvi i nostri, basandosi sul fatto che la filossera riesce noci-
va solo alla radice. I
Ora forse è entrata in azione una legge ancora poco nota : la
disgiunzione degli ibridi. Fin qui si è creduto che la disgiunzione
degli ibridi avvenisse solo per riproduzione sessuale ma, se anche
per moltiplicazione agamica si ottengono muove varianti, non è da
escludere che a lungo andare anche la moltiplicazione agamica pos-
sa condurre alla disgiunzione degli ibridi. In tal caso devesi rite-
nere, per influenza di ambiente, che i caratteri del genitore loca-
le abbiano la prevalenza sopra quelli del genitore straniero, ed ec-
co che verrebbe appunto diminuita ed eliminata la resistenza ap-
portata dalle viti americane nell’inerocio.
Ma possiamo fare anche una altra considerazione. Si tratta
di ibridi portainnesto, innestati con varietà locali. È nota l’influen-
za del soggetto sull’innesto, ma non si può negare : vcora l’influ-
enza dell’innesto sul soggetto. Sono questioni ancora voco studia-
re, tuttavia esistono già molti fatti che le provano. Ora, può esse-
re ammissibile che quando trattasi di due forme, una iaia ed u-
na straniera, manifesti maggiore influenza la locale sulla stra-
niera ; ad esempio, se il soggetto appartiene a varietà locale e
Viaggia a varietà straniera, facilmente il soggetto manifesterà la
sua influenza sull’innesto : ma se, viceversa, il soggetto appartie-
ne a varietà straniera e l’innesto a varietà locale, allora si avrà il
contrario, cioè l’innesto manifesterà la sua influenza sul soggetto.
222
Quest'ultimo caso sarà meno apprezzabile, ricercando noi le mi-
gliori qualità nel prodotto dell’ìnnesto e poco curandoci del sogget-
to, ma. potremo rilevarne le conseguenze quando, come nel caso
delle viti, anche al soggetto domandiamo particolari prerogative
di resistenza etc.
A questo riguardo può prestarsi ancora la boni dell’acidità
dei succhi: con questa teoria si ritiene che le viti americane, pre-
sentando un più alto grado di acidità, riescano disgustose alla fil-
lossera, perciò dei loro ibridi si sarebbero allevati e diffusi solo
quelli aventi una acidità sufficiente. Ma, dopo investati, con inne-
sti ad acidità debolissima, può darsi benissimo che questi, come
locali, abbiano comunicato le loro qualita al soggetto, riuscendo a
diminuire in esso la primitiva acidità : conseguenza evidente sa-
rebbe stato il loro attuale deperimento.
Queste sono ipotesi, ed occorrono esperienze in proposito : ma
se non possiamo accettare alla leggera tali conclusioni, non pos-
siamo neppure con serietà escluderle. Perciò, se verranno confer-
mate, si dovrebbe abolire la pratica degli innesti sopra ibridi, pre-
ferendosi piuttosto quelli sopra americane puro sangue, a meno che
non si riesca a selezionare qualche portainnesto così vigoroso da
potere resistere a qualsiasi influenza dannosa dell’innesto.
ala
La forzatura delle pianto ornamentali. — In questi ultimi
‘anni gli orticultori del sud della Francia e dell’Algeria hanno in-
cominciato ad applicare in grande alceani nuovi processi per anti-
cipare la vegetazione e la fioritura di molte piante : lo scopo prin-
cipale è quello di avere fiori da esportare per il Natale, ma ‘questi
stessi metodi possono riuscire utili altresì per altri scopi, special-
mente per fare entrare con sollecitudine in vegetazione piante
di sviluppo tardivo; quindi interessa anche da noi il conoscere
come colà si pratica.
Il processo ora piu diffuso, e A stesso tempo più economi-
co, è quello dell’acqua calda, e si pratica specialmente per i Lil-
la, le Azalee, e per la maggior parte degli arbusti a fioritura pri-
maverile. Consiste nell’immergere tutte le parti aeree della pian-
ta, fino alla base, escluse le radici, in acqua mantenuta alla tem-
peratura costante da 35 a 40 Centigradi, e tenerli in tale immer-
sione da otto a sedici ore, secondo la forza della pianta, procu-
rando che durante tale periodo, la temperatura dell’acqua non al-
menti nè diminuisca : infatti una ssa più bassa non @-
x
| 223
vrebbe alcun effetto sullo sviluppo delle gemme, mentre una tem-
peratura più alta potrebbe danneggiare le gemme stesse, facendo-
le abortire. Tolte le piante dall’acqua, vanno riposte per qualche
giorno in una serra calda, tenendole riparate dalla troppa luce, poi
quando la vegetazione è bene avviata si possono passare gradata -
mente in una serra più temperata. Fatta subire questa operazione
ai Lilla verso la fine di Novembre, si hanno in piena fioritura per
Natale. Così pure si possono ottenere fioriture precoci operando
nello stesso modo con le varietà ornamentali di Prunus, con le G/y-
cine, con il Viburnun Opulus, con il Cytisus Laburnum, con
Forsythia, con le Magnolia a foglie caduche. Anche le Azalee
se ne avvantaggiano e così pure molte varietà di osa.
n altro processo di forzatura è quello dell’eterizzazione, u-
sata pure per i Lilla e per molti altri arbusti da fiori. Consiste
nel collocare le piante che si vogliono forzare in grandi casse od
altri recipienti ermeticamente chiusi: nel coperchio si pratica una
apertura, da potere parimenti a suo tempo rinchiudere completa-
mente, sotto questa apertura si sospende un recipiente aperto, o
piattello, destinato a ricevere l’etere, contenente cotone per facili-
tarne l’evaporazione. Collocate le piante nella cassa e racchiusa
questa con mastice, si versa, dall’apertura del coperchio, l’etere
nella proporzione di 500 grammi per metro cubo di capacità della
stessa cassa. In tale operazione occorre evitare di avvicinare alla
cassa oggetti accesi, essendo l’etere infiammabile. Chiusa quindi
totalmente la cassa, si lasciano le piante, in tal modo esposte al-
l’azione dell’etere, per 48 ore, poi si tolgono accuratamente e ri-
poste in terra, se ne continua la forzatura nel solito modo.
Tanto con il processo dell’acqua calda, quanto con quello del-
l’etere, le piante entrano prontamente in vegetazione, e questa è
di molto accelerata, avendosi la fioritura circa un mese dopo l’e-
poca in cui ana l’operazione.
nche in Sicilia si tentassero questi processi, la cui spesa
é Sara operando con grandi quantità di piante, si potrebbero
ottenere numerosi fiori durante la stagione invernale, che sarebbe
facile esportare a condizioni vantaggiose nelle regioni nordiche: se
l'Algeria ne manda in quantità, anche la Sicilia potrebbe entrare
in concorrenza; tanto più che ha il vantaggio, su quella regione,
di trovarsi collegata con reti ferroviarie ai primarii centri europei. .
itengo poi che tali processi si potrebbero applicare anche ad
altre piante, oltre a quelle da fiori. Ad esempio potrebbero avvan-
taggiarsene certi piccoli arbusti da frutto, come alcune varietà
nane di peschi, per ottenerne una fioritura ed una fruttificazione
precoce : forse anche certe varietà di viti producenti buone uve da
tavola etc. Ritengo altresì che con tali metodi sarebbe facile ottenere
una precoce entrata in vegetazione dei Cotoni arborescenti, che in
Sicilia si mostrano molto tardivi, e così anticiparne la produzione.
*
R_*
Le Ruggini dei Cereali. — Una delle infezioni che più te-
mono gli agricoltori, nelle colture dei cereali, e specialmente del
frumento, è quella delle ruggini, causate, come è noto, dalle ge-
nerazioni uredosporiche di alcune specie di /wccinia. Sovente
queste infezioni acquistano una intensità tale da compromettere
l’intero raccolto. Come per tutte le malattie causate da fungilli,
il loro sviluppo è più vigoroso e la loro diffusione più rapida nelle
località umide, poco soleggiate, massime se vi concorre ancora, per
nebbie o per frequenti pioggie, una soverchia umidità atmosferica.
Siccome questi parassiti presentano il raro fenomeno dell’ete-
roicismo, cioè la loro vita è legata a due piante ospiti diverse, ad
esempio per la Puccinia graminis al frumento ed al Berberis
vulgaris, si è insistito sulla necessità di allontanare, dalle colture
di cereali, la seconda pianta ospite, per evitare la diffusione del-
l’infezione da questa al cereale coltivato.
E ciò può essere di vantaggio, ma sovente non è sufficiente,
massime nei paesi caldi, ove il parassita può “Sn a lungo
nella sola forma uredosporica.
Si è però osservato in diverse regioni, che alcune varietà di
frumento sono più resistenti all’infezione, mentre altre lo sono
molto meno: si è quindi pensato di introdurre le varietà più re-
sistenti dalle regioni ove furono osservate in quelle ove fanno di-
fetto. Sfortunatamente non se ne ebbe alcun vantaggio. Ad esempio
i frumenti dell'America del Nord, resistentissimi alla ruggine, in-
trodotti nelle nostre regioni, sono fortemente attaccati come i no-
stri, se non più.
Si è pure notato che la stona va di pari passo con la du-
rezza dei rispettivi frumenti : così i frumenti duri, a molto glutine
ed a scarso amido, sono molto resistenti alla ruggine, mentre.
quelli teneri, a nuoto amido ed a scarso glutine, lo sono molto
meno. Ad esempio in Sicilia il Rea/forte, frumento duro, offre un
buon grado di resistenza, mentre la Biancuecia, frumento tenero,
ne viene deplorevolmente attaccato. Si è tentato a questo proposito
di ottenere ibridi fra frumenti duri, resistenti, e frumenti teneri,
Vai
226
non resistenti, per vedere di accoppiare in una sola varietà la re-
sistenza dei primi con la ricchezza in amido dei secondi. Ma il
risultato fu quasi nullo, imperocchè si è constatato che la resiì-
stenza alla ruggine si comporta come carattere mendeliano reces-
sivo, ed alla seconda generazione, con la disgiunzione dei caratteri,
resta appena il 25- per cento di individui resistenti.
Migliori risultati si sono avuti con la selezione » purchè ese-
guita nello stesso ambiente per il quale si desiderano avere va-
rietà più resistenti. Intatti in ogni coltura, fra le miglìaia di in-
dividui fortemente attaccati dalla ruggine, se ne nota alcuno im-
mune 0 quasi: occorre quindi isolarlo, e, riprodotto con il metodo
pedigree , se ne potrà ottenere una razza locale, abbastanza re-
sistente
Ma pare che si possa anche in qualche modo favorire questa
resistenza, e di ciò ne tratta il CoMmES: secondo tale autore la re-
sistenza dei cereali alla ruggine è in rapporto diretto all’ acidità
dei loro succhi: quanto più questi sono acidi, tanto maggiormente
costituiscono un substrato sfavorevole allo sviluppo delle ruggini.
Ora l’acidità può essere aumentata o diminuita mediante opportune
concimazioni : infatti la somministrazione abbondante di letame,
massime in terre calde, accompagnata da qualche irrigazione, ta
diminuire fortemente i naturale acidità dei succhi vegetali , ren-
dendo le piante più facili ad essere invase dai. parassiti. In certi
casi fu notato che l’aggiunta di solfato ferroso, in virtà dell’acido
solforico che sprigiona, può neutralizzare le soluzioni alcaline as-
sorbite dalle radici, e così rendere più sensibile l’acidità dei succhi.
In seguito a queste considerazioni, il COMES conclude che per man-
tenere la maggiore acidità nei as vegetali, al fine di renderli
più resistenti alle insidie dell'ambiente e dei parassiti, e per con-
servare nel terreno una relativa fertilità, mentre occorre escludere
ogni concimazione azotata, bisogna invece ricorrere a quella fosfa-
tica e specialmente perfosfatica. In tal modo, anche per i cereali,
sì avrà una maggicre resistenza alle ruggini, la quale resistenza
potrà anche essere resa più costante con opportune selezioni. Resta
tuttavia ancora a studiarsi la formula di concimazione più adatta,
dal lato del tornaconto, che possa conciliare la diminuita produ-
zione, dipendente dall’esclusione dei concimi azotati, specialmente
lel letame, con la maggiore produzione dovuta allo scarso sviluppo
della ruggine : in pari tempo si dovrà studiare fino a qual punto
la esclusione dei concimi azotati può apportare varianti nella De:
porzioni di amido e di glutine nei semi.
ogni modo pare'che realmente si possa lottare con offiazia
contro le ruggini dei cereali.
226
ala
La germinazione dei semi duri. — È noto che in diverse
piante, massime Leguminose, un buon numero di semi, quantunque
posti nelle migliori condizioni per germinare , resistono anche per
anni senza presentare segno alcuno di germinabilità. Questi semi
furono detti duri e diversi autori si sono studiati per renderne più
pronta e più regolare la germinazione. Trattasi sempre di semi
forniti di involucri assai compatti, presentanti cellule malpighiane
con annessa linea lucida : questi involucri oppongono un ostacolo
troppo forte alla penetrazione dell’ acqua, per cui 1’ embrione non
può ridestarsi.
Già il NoBBE aveva posto in evidenza come basti una lieve
lesione negli involucri, la quale arrivi fino alla linea lucida, per
far subito germinare qualsiasi seme duro, e l’IPPoOLITO, adoperando
soluzioni colorate, aveva constatato che l’ostacolo alla penetrazione
dell’acqua è appunto costitnito dalla zona ove trovasi la linea lu-
cida, Perciò dapprima il TopARO, poi lo ZIMMERMANN, ed in se-
guito altri, pensarono di utilizzare qualche energico reagente che
potesse intaccare gli involucri seminali e così render facile l’ac-
cesso dell’acqua.
agente prescelto fu l’acido solforico concentrato ed i risul-
tati ottenuti furono assai buoni, imperocchè molti semi, trattati
per qualche ora con l’acido solforico, mostrarono una prontezza ed
una regolarità meravigliosa di germinazione.
Esperienze decisive al proposito furono lo scorso anno eseguite
in America da Love CLYDE e LercHTY ed in Italia dal BIANCHI.
In questa pratica si volle riconoscere un fenomeno di natura
unicamente chimica : infatti si ritiene .che nelle cellule malpighiane
degli involucri seminali la regione costituente la linea lucida sia
formata di lignina mentre la regione più interna sia di cellulosa
tipicamente pura: ora l’acido solforico concentrato discioglie la
lignina, mentre lascia intatta la cellulosa, ed in tal modo viene
tolto l'ostacolo alla penetrazione dell’acqua, Però il GoLA recente-
mente ha supposto che si debba spiegarsi piuttosto per una
intensa disidratazione del tegumento , paragonandosi l’ azione
tura, per cui le malpighiane riescono a compiere movimenti igro- ©
scopici tali da vincere le resistenze che le tenevano immobili, con-
seguendo in tal modo una facile penetrazione dell’acqua. A con-
gara
227
fermare questa supposizione giungono gli studii del VERSCHAFFELT,
pubblicati ora nel Recueil des travaour botaniques Neerlandais.
Egli per ottenere la. pronta germinazione dei semi ad imbibizione
tardiva usò una immersione per due a tre ore nell’alcool etilico
assoluto a 90 gradi, ottenendo con grande rapidità la germinazio-
ne dei semi trattati. Una serie di minuziose esperienze gli permi-
sero di concludere che l’azione dell’alcool non consiste affatto, co-
me si sarebbe potuto supporre, nell’estrazione di qualche sostanza
che rendesse impermeabili gli integumenti seminali. Consiste in-
vece nella facilità che presenta l’alcool a penetrare attraverso i ca-
nalicoli stessi: ma quando sono riempiti di alcool, se vi si
aggiunge acqua, questa non incontra più difficoltà, e per diffusione
imbeve successivamente tutto il resto del seme , promuovendone
così la germinazione.
Queste conoscenze sono importanti anche per la pratica agra-
ria, potendosi, massime con, il trattamento all’alcool (meno perico-
loso di quello all’acido solforico), ottenere una regolare germinazione
di quei semi offrenti un’alta percentualità di semi duri ovvero di
tardiva imbibizione. Ciò dicasi specialmente per i semi delle di-
verse specie di Acacia, fornitrici di tannino, la cui germinazione
è oltremodo irregolare.
«a
Le concimazioni ed i microbi del terreno. — Il Professore
C. Lumia, in una serie di pubblicazioni, va svolgendo delle
idee affatto nuove riguardo alla vera azione che avrebbero le con-
cimazioni rispetto al terreno ed alla vegetazione. Secondo tale au-
tore le materie fertilizzanti che si portano nel terreno, più che
giovare direttamente alle piante coltivate, influiscono sullo svilup-
po dei microrganismi del terreno, la cui attività può poi tornare
di grande aiuto alle piante stesse. Egli giunge alle seguenti conclu-
sioni :
°, I concimi minerali, fosfatici, polti. calcarei ete., ed A
cune ira organiche ternarie (carboidrati) esercitano un’azione
diretta sui microbi del terreno, dei quali favoriscono lo sviluppo.
2°. I concimi minerali sopra indicati possono essere in
parte utilizzati direttamente dalle piante na coltivate (pian-
te da reddito) ; ma una più ampia e complessa azione viene
da essi doglie a vantaggio delle ta suddette, dopo il
loro passaggio attraverso l’organismo dei microbi terricoli, i quali
riescono utili alle piante superiori non solo con i prodotti della
loro decomposizione, ma anche con le loro specifiche funzioni,
quali la fissazione dell’azoto libero, la produzione di ammoniaca,
228
di acido nitroso e nitrico, la produzione di acido carbonico, la so-
lubilizzazione del fosforo etc.
i concimi azotati, fosfatici , calcarei, occorre aggiungere
un altro gruppo di materie concimanti, i concimi carbomnici ternarii,
con azione diretta sui tini terricoli e indiretta sulle
piante da reddito.
°, La concimazione nitrica, da eseguirsi con tutte le cau-
tele che scienza e pratica insegnano, ha ragione di essere, quando
rivelasi insufficiente, pei fini da raggiungere, la produzione micro-
bica dei nitrati: ed essa è quindi la base della coltura intensiva
e srt sfruttamento del suol con la cerealicoltura.
. La concimazione ammoniacale stimola lo sviluppo batteri-
co, e con esso la solubilizzazione dei fosfati insolubili. E così si
spiega perchè i nitrati esplicano la loro azione anche in assenza
di sostanze minerali, mentre debole è l’azione dei sali ammonici in
assenza dei concimi minerali. Solamènte le reazioni chimiche che
producono i sali ammoniacali in terreni di speciale costituzione
fisica possono determinare un’azione diversa da quella indicata e
quindi un esito sfavorevole.
6°. L’azoto del terreno si deve distinguere in nitrico, ammo-
niacale, organico ed organizzato : ed analogamente, il fosforo del
terreno devesi distinguere in minerale, organico ed organizzato ;
avvertendosi che l’azoto organico ed organizzato, il fosforo organico
ed organizzato, non obbediscono alle leggi del potere assorbente
del terreno e riescono perciò meccanicamente diffusibili.
7°. Il coefficiente assimilatorio, rappresentato in maniera tan-
gibile dalla quantità di elementi utili che annualmente vengono a
liquidarsi, é la risultante di molte cause, fra le quali sarebbe er-
rore il trascurare l’attività microrganica.
8°. Gli esperimenti di concimazione devono prestabilirsi, te-
nendo nel debito conto i principii della nuova teoria bio-chimica ;
e gli stessi principii vanno tenuti presenti per l’esatta interpreta-
zione dei risultati di essi.
È da augurarsi si promuovano ulteriori ricerche in proposito,
trattandosi di una questione importante per la scienza e per la
pratica agraria.
*
* *
La coltura della Canna da Zuechero in a L’annunzio
della costituzione di un sindacato in Francia per la coltura della
229
Canna da Zucchero in Provenza, con inizio di colture esperimen-
tali a Marsiglia ed a Hyéres, fa risorgere la questione della pos-
sibilità di coltivare industrialmente la Canna da Zucchero in Eu-
ropa. Fin qui la Canna da Zucchero era considerata come una pro-
duzione esclusiva dei paesi tropicali, ritenendosi che nei paesi tem-
perati le sole Barbabietole potessero dare zucchero, e la proposta
di farne colture in Francia può sembrare temeraria : tuttavia ab-
biamo dei precedenti storici che giova ricordare, perchè general-
mente dimenticati. Il richiamo inoltre della Canna da Zucchero
nelle nostre regioni può essere giustificato ed opportuno nel mo-
mento attuale, dacchè la Convenzione di Bruxelles, abolendo i
premii di esportazione e di protezione sullo zucchero di Barbabie-
tola, e sui macchinarii atti alla lavorazione di quello, ha fatto ca-
dere lo stesso zucchero di Barbabietola in uno stato di inferiorità
rispetto a quello di Canna.
La Canna da Zucchero (Saccharum officinarum) è originaria
delle regioni modicamente calde delle Indie Orientali, ed il mondo
| greco-romano non ne ebbe che una confusa conoscenza: ne parlano
vagamente Trorrasto, STRABONE, Marco VARRONE, SENECA :
più espliciti sono DroscorIDE, PLINIO , GALENO, SoLiNno, PaoLO
EGiNETA. Per tutti questi autori lo zucchero, piuttosto che un ali- .
mento, era considerato come un vga di cui si potevano ot-
tenere piccole quantità a caro
urono gli Arabi che dalle Indie portarono la Canna da zuc-
chero, nel Medio Evo, dapprima in Egitto, poi in Sicilia e nella
Spagna meridionale, facendone conoscere il prodotto e rendendolo
di uso comune: dappoi, come è noto, passò a Madera, nelle Ca-
narie e finalmente nell’ America calda, ove la sua coltura si dif-
fuse rapidamente.
ondo antichi documenti , l’ introduzione della Canna da
Zucchero in Sicilia avvenne verso l’ ottavo 0 nono secolo, ed è
sorprendente come vi si adattasse subito, sì da poter venire col-
tivata estesamente e con profitto. Gli Arabi chiam»vano lo zuc-
chero Sakkar ed ancora, a quanto pare, Cassar (come _li egiziani):
anzi questo ultimo nome persiste in alcune località di Sicilia : in
seguito troviamo in Sicilia questa pianta distinta con il nome di
Cannamele: i trappeti, di forma speciale, in cui lavoravasi lo zuc-
chero, detti dagli arabi Mahassar, in seguito ricevevano il nome
di Trappetazzi, nome che pure tuttora persiste in diverse località
di Sicilia, a conferma delle antiche fabbriche di zucchero di canna
che vi esistevano.
Ratndio; nel secolo annie il Conte Rucerero scacciò gli
+
230
arabi dalla Sicilia, la produzione dello zucchero vi era abbondante,
sì che il nuovo conquistatore credette opportuno mettervi una im-
sta. Questa imposta fu confermata dall’ Imperatore FEDERICO ,
segno dell’importanza che occupava questo articolo come produzione
locale. Anche sotto il Re GuGLIELMO II, diversi documenti ricor-
dano lo zucchero, come pure sotto il Re MARTINO e l’infante GIo-
VANNI. La produzione, che pareva per un istante in decadenza, si
accrebbe di. nuovo sotto ALFonso il Magnanimo, come risulta dai
registri doganali dell’epoca, e gareggiava con quella del frumento,
che occupava quasi tutta l’isola. La fama dello zucchero di Sicilia
era tale che verso il 1420 il principe reggente di Portogallo ,
ENRICO, ne domandò al governo di Sicilia piante per introdurle a
Madera. L'Imperatore CarLo V poi dispose speciali privilegi per
i lavoratori dello zucchero in Sicilia, impedendo che fossero di-
sturbati da procedimenti giudiziari, durante il periodo in cui ve-
niva lavorato lo zucchero.
La lavorazione dello zucchero in Sicilia era molto primitiva ,
ma tuttavia assai complicata. Piacemi riferire la descrizione che
ne fa un autore, che nel 1550 visitò la Sicilia :
« Vicino a Palermo, sei miglia, evvi una bella, vaga e dilet-
« tosa pianura, ornata di vigne e di campi fertili, ed ameni, ed
«abbondanti massimamente da canne, dagli abitanti del paese
« dette cannamele, delle quali si tragge lo zucchero ; sono ancora
«in questa pianura alti edifizi chiamati Trappeti, nei quali si fa
« congelare lo zucchero. Ed entrando alcuno in questi, gli pare
«di entrare nelle fucine di Vulcano ; tanto vi si veggion grandi e
« continui fuochi per li quali si ani e si raffina lo zucchero; e
« sono gli uomini, che quivi si affaticano, si affumicati, lordi, suc-
« cidi, ed arsicci, che assomigliano a demoni, anzicchè uomini.
« Ora dirò brevemente per quei, che vaghi sono di sapere, come
«lo zucchero si tragga e si congeli. Veggonsi adunque molti uo-
« mini li quali tagliano in pezzi le canne già dette, che comune-
« mente sono lunghe da due a tre piedi, e grosse circa al piè di .
«un oncia, e con molti nodi da due in tre once, l’ uno dall’altro
« discosto. Ed hanno la scorza dura come le altre canne, ma co-
« perta; sono polpose di dentro come di Melica , e quivi sta na-
« scosto il dolce liquore ; tagliate in pezzi queste canne, conser-
«vano le cime-di quelle, e nel letame le conservano, ove mettono
« le radici, le quali alla primavera poi trasportano, e piantano in
« terra. E queste crescono, e producono delle altre canne di zuc-
« chero, ma per tre anni solamente, e non più fanno frutto. Onde
« bisogna ogni tre anni rinnovarle, tenendo il modo, che si è detto.
231
« Quei pezzi tagliati si spremono con torchio nei sacchi, e ne esce
« è portato alla caldaia sotto la quale sempre è gran fuoco, e tanto
« è lasciato, che, da chi ne ha cura, è giudicato esser cotto. Poi
infuso nei vasi, ove si congela; e quando il vogliono bene af-
« finare, il cuocono tre fiate, avendone prima colla bocca loro e-
« stratto il liquore imperfetto e questo nel vero è grande artifizio,
«e grande spesa. Onde mi dicevano quegli artefici, che il cittadino,
« che teneva quel trappeto, spendeva cinque mila ducati. Sono an-
« cora molti altri trappeti in questi contorni ».
Aggiungiamo che verso il luogo dove doveva esistere la fab-
brica visitata dall’antore, cioè oltre Romagnolo presso Palermo, si 0s-
servano ancora, nella roccia presso al mare, gli incavi lasciati dal-
l’estrazione delle grandi macine usate per lavorare lo zucchero.
a documenti poi dell’epoca si rileva che i diversi individui,
addetti alla lavorazione dello zucchero, ricevevano i seguenti nomi :
tagliatores, infantes plancae, insaccatores, lavator saccorum, infan-
tes ignis, fucalores etc
Quanta differenza dalle officine moderne !
Ma ben presto la produzione dello zucchero in Sicilia andò
declinando, si che FiLiPPo II dovette procurare di sostenerla con
leggi speciali. La causa di questo deperimento fu l’ invasione sui
mercati dello zucchero delle colonie americane, contro il quale la
produzione locale non potè sostenere la concorrenza. Infatti i nuovi
territorii, vergini di ogni coltura, si prestavano mirabilmente a
tale coltivazione, e con la schiavitù e le tratta dei negri, il costo
della lavorazione diveniva colà irrisorio. Si tentò dapprima in Si-
cilia, nel 1684, di imporre un dazio doganale sullo zucchero stra-
niero, e questo fu raddoppiato nel 1732, ma tutto fu inutile. I
coltivatori abbandonarono l’uno dopo l’altro la Canna da zucchero,
dandosi ad altre industrie. Circa verso la metà del secolo decimot-
tavo nella sola fattoria dei Duchi di Monteleone si continuava a
lavorare zucchero, più per diletto che per vera industria ; anche
attualmente si cela in Sicilia qualche pianta di Canna da zue-
chero, ultimi resti delle antiche piantagioni, come ad Avola, nel
Comiso , in Spaccaforno e vicinanze, ma per puro diletto , senza
alcuno scopo industriale.
Quando in Sicilia fioriva la coltura dello zucchero, si ebbe
anche in Francia un tentativo di acclimatare la detta Canna. Ciò
fu a Hyeres nel 1524 per desiderio di CATERINA DE MEDICI : dap-
prima ebbe esito poco buono, ascrivendosi, da documenti dell’e-
poca, la mala riuscita a mancanza di irrigazione ed a mancanza di
I
De
.
232
concimi: nel 1574 tale coltivazione fu ripresa ad Avignone, otte-
nendosi alfine una certa quantità di zucchero, ma si trovò che le
spese erano eccessive in proporzione al prodotto , si che la cosa
non ebbe altro seguito.
Però, quello che forse tutti ETRE , si è che anche attual-
mente esistono in Europa floride piantagioni di Canna da Zucchero.
Queste sono in Ispagna, nel Sud dell’Andalusia, lungo la costa di
Almeria fino a Gibilterra, specialmente a Matril, Salabrena, Ma-
laga, San Pedro Alcantara etc. In tali località si hanno circa quin-
dici importanti officine che lavorano la Canna da Zucchero cre-
sciuta sul luogo, con una produzione annua in media di venticinque
mila tonnellate di zucchero. Queste colture risalgono ‘forse all’e-
poca araba, ma certamente furono ampliate o rinnovate nel 1682,
quando il Governo di Spagna chiese ed ottenne dal Governo di
Sicilia tremila radici di Canna da zucchero, come risulta da docu-
menti di quell’epoca. Così, mentre in Sicilia la coltura della Canna
a zucchero andava deperendo, nè poteva sost-nere la concorrenza.
straniera, in Ispagna si andava rafforzando, e, forse perchè le mag-
giori colonie americane erano casa dalla Spagna , resisteva,
riuscendo a persistere fino ad o
Questi precedenti storici ci Sera come la Canna da Zuc-
chero può adattarsi, forse meglio di altre piante, a regioni relati-
vamente temperate, e può ancora darvi prodotto. Però resta la
questione della convenienza di tali colture in confronto a quelle
dei paesi caldi. Questa convenienza dipende da tante circostanze
che si possono valutare solo localmente: intanto devesi rilevare
che nelle antiche colonie i terreni che si prestavano alla coltura
della Canna da Zucchero sono esauriti, quindi la produzione è in
continua diminuzione: inoltre, con l’ abolizione della schiavitù, la
mano d’opera ha colà subito un aumento considerevole, per cui la
convenienza di coltura è di molto cambiata. Ne deriva che, dive-
nendo la esportazione più gravosa, anche per i relativi dazii pro-
tettivi, ciascun paese cerca di assicurarsi la produzione dello zuc-
chero sul proprio territorio, in quantità sufficiente al consumo lo-
cale. Per questo non può parere esagerato 1’ ammettere che anche
da noi possa esservi }’ opportunità di iniziare qualche coltura di
Canna da Zucchero. Il segreto però per riuscirvi dovrà esser quello
di saper scegliere qualche varietà sufficientemente produttiva e ben
resistente nelle regioni temperate. Infatti sopra parecchie centinaia
di varietà di Canne da Zucchero, che si conoscono, alcune impie-
gano un tempo maggiore; fino a 18 mesi e più, per giungere @
maturità, mentre altre vi arrivano molto prima, cioè in 10 ad 11
233
mesì : quest'ultime sono le preferibili per i nostri paesi, e, volen-
dosi qui fare tentativi di coltura, con qualche speranza di riuscita,
sarebbe opportuno ricercare le varietà già acclimatate , fino dai
tempi arabi, della Sicilia e specialmente di Spagna.
Ora che nell’Italia meridionale, nelle Calabrie, in Sicilia, con
i nuovi lavori di rimboschimento , con la costituzione di bacini
montani, con lo sbarramento di importanti corsi d’acqua, si rende
possibile la irrigazione e la messa in coltura di estese plaghe,
quasi abbandonate, forse anche la Canna da Zucchero è destinata
a tenere un posto Lygnua nelle novelle colture, e non è esa-
gerato il dire che vi è speranza di tornare ad ottenere zucchero
indigeno, di vera Canna, come nei remoti tempi di dominazione
araba.
G. E. MATTEI.
ran
Bholtsnanniinoni illietlMaatiho int tri ctr inizi sbatti signi stata valli SILA stante Ro ii niet
Le Sgr "mp grin "riga ti "ppi tgp goin vas le MMtf{pantggpri {pro AMagaraggginggnin PMgpPafmiataginte ssi ttt ag pat gigi dgr
LV ANITRETE 00 ARIDO $$. SOUS de TRIS $$ GO 0 TIIOID Sc AMIN GIOTTO 4 ADE PMR IT +1
Aggiunte alla Flora Libica
In un lavoro, di imminente pubblicazione , oltre ad uno stu-
dio particolareggiato sull’influenza che le speciali condizioni di suo-
lo e di clima della Libia esercitarono sopra la vegetazione, impri-
mendole speciali caratteristiche, diamo l’elenco di quasi cinquecen-
to specie o varietà di piante indigene di Libia, pervenute al no-
stro Istituto e Giardino Coloniale
L’Orto Botanico di Palermo infatti trovavasi già da tempo
in grado di intraprendere studii sulla vegetazione dell’Africa set-
tentrionale : i ricchi erbarii che possiede contengono collezioni as-
sai preziose ; da quelle antiche del SamaRrITANI, dello SCHIMPER,
del KorscHy, del No£, del FIGARI, a quelle più moderne del KRA-
LIK, del LerOURNEUX e di altri per l’Egitto e l'Arabia : le colle-
zioni di SIEBER, di REVvERCHON, di BaLpACcCI per Creta, quelle
i SYNTENIS per Cipro. Hana poi sono le collezioni di piante
dell'Algeria, fra cui citiamo quelle di BATTANDIER, di Cosson, di
DeBEAUX, di GANDOGER, di LETOURNEUX, di BaLANSA, di TRA-
BUT etc. etc, Dalla Tunisia si hanno le collezioni assai complete
del MuRrBECK, del PrrARD etc. Si aggiunga infine che questo I-
stituto possiede ancora le collezioni del RUAMER, di Cirenaica, spe-
cialmente importanti, imperocché furono illustrate da DURAND e
BARRATTE nel loro Florae Libycae Prodromus. Non si dimenti-
chi poi l’Erbario Siculo, quasi al completo, comprendente le col-
lezioni del Tixeo, del Gussone, del GASPARRINI, del BIvoNA,
235
del Minà PaLUMBO, del CALCARA e di quasi tutti gli altri botani -
ci che esplorano la Sicilia : a queste si sono aggiunte le collezio-
ni fatte dal SomMIER nelle Isole Pelagie. A lato di queste colle -
zioni si ha la Biblioteca floristica posseduta da questo Istituto, che
é quasi al completo per quanto riguarda le flore e le monografie
della regione mediterranea e dell’intera Africa.
Con tanto materiale di studio e di confronto era facile proce-
dere ad una completa revisione della Flora Libica. Perciò, appe-
na avvenuta la conquista italiana, fu nostra cura di procedere ad
uno studio il più completo possibile di quella Flora, cercando di
ottenerne numerose essiccata, eseguendo apposite escursioni nella Li-
bia stessa, ed incaricando appositi raccoglitori che colà si recavano.
Già uno di noi (Borzi) in una esplorazione, assieme al Dot-
tor SIRENA, attraverso tutti i territori appena occupati, poté fare
importanti raccolte. Poi parecchi ufflciali combattenti ed altri volente-
rosi, da noi interessati, ci mandarono copiosi invii di materiale bo -
tanico : fra questi siamo lieti di segnalare i tenenti SEGHETTI, Bi-.
‘ SBINI ed il capitano LicastRO ; altre piante ci inviò il Signor DI
FeRrRO ed altre pure ci furono donate dal Comm. VaRrvaRro. Ma
coloro che contribuirono maggiormente ad aumentare ed a comple-
tare le nostre raccolte furono il Signor CROcIVERA, che, avendo
posto sede a Tarhuna, raccolse in abbondanza le piante di quella
località, fin qui sconosciuta ai botanici, ed il Colonnello ABATINO,
il quale, mentre gloriosamente combatteva alla conquista del Ga-
rian, trovava modo di strappare le più rare piante al suolo che
vedeva per la prima volta sventolare il vessillo italiano. A tutti,
che in modo così valido contribuirono a rendere più complete le
conoscenze idee della Libia, vadino i migliori nostri. ringra-
ziamenti.
ln tal modo siamo venuti in possesso di circa 500 specie, in
massima parte rappresentate da numerosi saggi, di diverse prove-
nienze. Queste raccolte spostano in modo sensibile i dati statisti-
ci che precedentemente si avevano relativi alla flora Libica. In-
fatti, se per la Cirenaica le nostre aggiunte sono poco numerose,
per la Tripolitania sono veramente importanti, venendo ad aggiun-
gervi ben 120 entità nuove. Così la flora della Tripolitania pro-
priamente detta, risultata di 619 specie dal censimento di DURAND
e BARRATTE, salita a 708 specie con le aggiunte di BEGUINOT,
VACCARI, NANNIZZI, TROTTER, CHIOVENDA ed altri autori, viene
a risultare di 828 specie (o meglio entità) con queste nostre ag-
giunte. E crediamo che questa cifra verrà di poco ica eso con
le successive esplorazioni.
Rimandando l’elenco completo di tutte queste specie, con le
relative note illustrative, alla soprannunziata nostra pubblicazione,
ci limitiamo a dare per ora alcuni elenchi delle pr be novità
floristiche in essa comprese.
A. — Specie rare già note in Libia.
Andryala spartioides, PoMEL.
Apteranthes europaea, MURBECK,
Arum cyrenaicum, HruBy
Athamanta Della Cellae, AscHeERs.
Atractylis serratuloides, S1EB.
Biarum Oliveri, BLUM.
Centaurea contracta, Vivian.
Chrozophora verbascifolia, Juss
Colchicum Ritchii, R. BR.
Cyclamen Rohlfsianum, Ascuers.
Dactyloctenium aegyptium, WiLLD.
Erodium guttatum, L’HERIT
Erythrostictus punctatus, SCHLECHT.
Helianthemum salicifolium, Pers.
Onosma cyrenaica, DuraNnD et BaRrRAT.
Rhaponticum acaule, D. C.
Thapsia Sylphium, Vivian.
Varthemia candicans, Borss,
Viola scorpiuroides, Coss.
B. — Specie nuove per la Tripolitania.
Aizoon hispanicum, L.
Alsine tenuifolia, CraNTZ.
Anthemis Cotula, L.
Anthemis rotata, Borss.
Biscutella apula, L.
Carduncellus eriocephalus, Boss.
‘arduus Gaetulus, POMEL.
Caucalis leptophylla, L.
Cynoglossum cheirifolium, L.
Echinops cyrenaicus, DURAND et BARRATT.
237
Equisetum ramosissimum, L.
Erodium cicutarium, L’HERIT.
Foeniculum capillaceum, GILIB.
Geranium tuberosum, L.
Helianthemum aegyptiacum, Min.
Leontice Leontopetalum, L.
Lithospermum apulum, VAHL.
Malcolmia africana, R. BR.
Micropus supinus, L.
Ophrys speculum, LInN.
Phagnalon graecum, Borss.
Poa bulbosa,
Poterium spinosum, L.
Rumer conglomeratus, MURR.
Salvia clandestina, L.
Tetragonolobus purpureus, MOENCH.
Umbilicus intermedius, Boiss.
Vulpia inops, HAECHEL
C. — Specie nuove per la Libia.
Adonis flammea, JAcQ.
Alyssum granatense, Borss. et REUT.
Anacyclus valentinus,
Artemisia glutinosa, J. Gav.
Ballota nigra, L
Bellis microcephala, LaxG.
Biscutella ciliata, D. C
Callipeltis Cucullaria, StEv.
Carduncellus pinnatus, D. C.
Cerastium dichotomum, L.
Cerastium siculum, Guss.
Chrysanthemum Clausonis, BATTAND. Li TRAB.
Colchicum autumnale, L
Ctenopsis Pectinella, DE Nor.
Daucus muricatus, L.
Echinaria capitata, Desr.
Echium longifolium, DELIL. (1).
(1) Specie già raccolta e distribuita dal RuBMER, ma non ri-
portata da DURAND e BARRATTE.
238
Elaeagnus hortensis, M. BIEB.
Eragrostis megastachya, LINK.
Euphorbia serrata, L.
Evax argentea, POMEL.
Gagea circinnata, Loup.
Gnaphalium luteo-album, L.
Isatis constricta, Coss.
Lasiopogon muscoides, D. C.
Medicago secundiflora, DUR.
Melitella pusilla, SoMm.
Ormenis mixta, D. C.
Panicum miliaceum, L.
Papaver dubium, L.
Papaver obtusifolium, DESF.
Paronychia ATC ore
Paronychia Kapela, KER
Rubia peregrina, L.
Rumexr elongatus, Guss,
Scabiosa stellata, L.
Schinus terebinthifolia, RADD.
edum acre, L.
Siderites montana, L.
Sparganium ramosum, Hups.
Spergularia salina, PRESL.
Teucrium fruticans, L.
Thymus algeriensis, Borss. et REUT,
Valerianella discoidea, LorseL.
Verbascum sinuatum, L.
Veronica agrestis, L.
Veronica Buxbauni, Trx.
Veronica hederaefolia, L.
Vicia cuneata, Guss. ì
C. — Nuove specie.
paragus erinaceus, —-Robustus, horridus, globoso erinaceus,
ramis intricatim intertextis : cladodiis firmibus, crassis, fascicula-
tis, abbreviatis, inaequalibus, spinescentibus, angulato - subtereti-
ne 6-10 mm. longis, spina apicali valida, c cornea, flavo-rufescen-
: floribus solitariis, colore melleo, pedicellis satis validis, flore
iù modice incurvis, ad tertium inferiorem articulatis :
perigonio sexpartito, laciniis crassiusculis, angustis, lanceolato-li=
239
nearibus, obtusiusculis, fere aequalibus, internis latioribus, urceo-
latim conniventibus : staminibus laciniaram duplo brevioribus : o-
vario obovoideo, stylo brevissimo.
Ciren. Derna (Borzì, Settembre 1912, fl.).
Osserv. Entità ascrivibile al ciclo dell’ Aspr. calato.
Astragalus libycus.—Acaulis, virescens, basi crasse lignosùs:
foliis 15-jugis, foliolis parviusculis, ovato-orbiculatis, retusis, supra
glabris, subtus parce pilosis vel omnino glabratis, ciliatis, rhachide
patule albo-villoso : stipulis lanceolatis, acutis, longe ciliatis: ra-
cemis 3-5-floris, scapo brevi, patule albo-villoso: floribus flavescen-
tibus , pedicellis calyce brevioribus : calyce subglabro , dentibus
tantum villosis , tubo 4-b-plo brevioribus : ovario stipitato , stylo
glabro : legumine calyce subduplo longiore, biloculare , coriaceo ,
glabro, oblongo-triquetro, carinato , sutura crasse nervosa , in ro-
strum subincurvum abeunte, loculis 3-4-spermis : seminibus reni-
formibus, sordide luteis.
ripol. Ain-Zara (CRocIveERA, Novembre 1912); Suani-Beni-
Aden (ABarIno, Febbrajo 1913); Garian a Bu-Gachir (ABATINO,
Febbrajo 1913, fl.) ed a Machil (ABaINo, Aprile 1913, fr.).
Osserv. Affine ad Astr. alerandrinus, ma tuttavia ben di-
stinto
Helianthemun garianienum. — Planta valida, elata, ramosa, ra-
mis basi lignosis, erectis, junioribus albo-tomentosis foliis majuscu-
lis, infimis ellipticis, coeteris elongatis, lanceolatis nel anguste
lanceolatis, planis, margine ondulato-denticuiato non revoluto, su-
pra rade pilosis, viridibus, subtus parce tomentosis, pallidioribus
vel canescentibus, usque ad 40 mm. longis, 3-6 mm. latis: sti-
pulis linearibus, folio multo brevioribus: floribus magnis, specio-
sis, in sicco intense violaceis, pedicellis calyce aequilongis, de-
mum (post anthesin) recurvatis: calyce subvesicatio, sepalis inte-
rioribus ad nervos longe hirto - setosis, setulis albidis vel strami-
neis.
Tripol. Garian a Bu-Gachir, a Bua -Gamas e di LITTA a
Monte Tekù (ABaINo, Febbraio-Marzo 1913,
Osserv. Specie insigne, collegantesi con PA vesicarium. Ri-
corda nell'aspetto il Teucrium fruticans.
Ranuneulus garianicus. — Planta firma, adpresse pubescens, non
bulbosa, fibris radicalibus fasciculatis, elongatis, valde incrassatis,
240
napulosis, non ovatis: caule parce ramoso, multifloro: foliis ra-
dicalibus ternatim decompositis, laciniis oblongo-lineribus. angu-
stis, subobtusis, supra viridibus, subtus pilis albidis adpressis
pallidioribus : floribas majusculis, sepalis ovatis, dorso pilosis mar-
ginato-scariosis, demum reflexis : petalis obovato-rotundatis, intense
aureis : filamentis filitormibus, anthera elongata : stylis lateraliter
barbatis : carpidiis.....
Tripol. Garian ad Assaba ed altrove (ApatIxo, Marzo-Aprile
1913, fl.).
Osserv. Specie insigne, che non ci fu possibile studiare più
“ completamente, mancando i nostri saggi di frutti maturi.
Scilla africana. — Bulbus mediocris, ovoideus, foliis paucis,
brevibus, linearibus , acutis , margine dense lanato-ciliatis , apice
breviter inflexis, opacis : scapo brevissimo, basi foliaruam maxima
parte tecto: fioribus parvis, in racemum device congesti:
bracteis lanceolatis, basi dilatatis, subcordato-amplectentibus, ere-
cto-adpressis, extus linea viridula notatis: perigonii phyllis lanceo-
latis, basi angustatis , acutis, apice calloso - papillosis : filamentis
medio. crassioribus, lucidis : ovario elongato, conico, apice in sty-
lum brevem attenuato.
Osserv. Prossima alla Se. hemisphaerica (= Sc. peruviana)
di cui forse è forma vicariante nell’Africa settentrionale.
a. eoerulea.— Foliis latiusculis, basi modice attenuatis, mar-
gine forte undulato: floribus in racemum hemisphaericum, bracteis
angustis, pedicellos brevioribus, membranaceo - hyalinis : pedicellis
filiformibus, elongatis, forte patulis, flore triplo quadruplove lon-
gioribus: perigonii phyllis intense coeruleis: igngaic pallide coe-
ruleis.
Tripol. Garian (ABatINo, Marzo 1913,
+ libyea. — Foliis angustis , basi valde tag margine -
haud dive floribus in racemum subconicum , bracteis latiu -
sculis, pedicellos multo superantibus, albidis, modice roseo-suffultis:
pedicellis crassis, flore vix longioribus , modice patulis : perigonii
phyllis albidis, vel potius dilutissime livido-lilacinis : filamentis
pallide lilacinis.
Tripol. Tarhuna (CROCIvERA, Gennaio 1913, fl.).
Thelysia tarhunensis.— Bulbus elongatus, tunicis membrana-
ceis permultis, fuscis, superne ultra collum longe productis, tex-
turam fungosam modo spongiae circa plantam efformantibus: foliis
| 241
4-5, plane disticis, brevibus, ovato-lanceolatis, valde falcato-recur-
vis, sensim angustatis; acuminatis, canaliculato - plicatis, margine
albo-cartilagineo-ciliatis, subtus intense glaucescentibus , floribus
mediocribus, intense violaceis, spathae foliolis elongato-lanceolatis,
hyalino-scariosis, ochroleucis: perigonii tubo gracili, spatham duplo
superante , laciniis exterioribus satis amplis , oblongo-lanceolatis,
basi longe cuneatis, medio latioribus , deinde subpandurato - con-
strictis, tertia parte superiori spathulato-rotundatis, patenti-reflexis,
superne in medio carina crassa, aurantiaca, instructis: laciniis in-
terioribus minimis, erecto-patulis, anguste lineari-spathulatis , cu-
spidatis, sublaceris, pallide coerulescentibus vel albidis : stigmati-
bus brevioribus quam perigonii segmenta , lineari-lanceolatis , la-
ciniis superne lobos duos triangulares acuto - cuspidatos efforman-
tibus: ovario obscure trigono.
Tripol. Tarhuna (CroctveRA, Gennajo 1913, BH)
Osserv. Affine a Thelysia planifolia.
Tulipa Abatinoi.—Bulbus mediocris, elongato-ovatus, tunicis
membranaceis, castaneis , ultra bulbi apicem longe productis ,
intus tertio superiori dense et adpresse rufo - lanatis: scapo va-.
lido, erecto, subflexuoso, laevi, unifloro, in sicco anguloso - sul-
cato , 3-4 decm. alto, superne 2 mm. crasso , parte subterranea
ad 12 centm. et ultra longa: foliis ternis, approximatis, parti in-
feriori caulis impositis , erecto patentibus , acutis , can iculatis ,
margine vix ciliolatis, haud undulatis, glabris, glaucis, caule sub-
longioribus, imo 80 et ultra centm. longo, 10-15 mm. lato: flore
(etiam ante anthesin ?) erecto, 45 mm. longo, intense luteo: peri-
gonii phyllis exterioribus dorso viridulo - fusco , margine vinoso -
purpureo tinctis, anguste lanceolatis, acuminatis, subplanibus, basi,
parce angustata, glabris, ad 10 mm. latis: interioribus dorso carina
viridi lineari saepe instructis , late obovato-ellipticis , subacutis,
exterioribus longioribus, tertio inferiore abrupte contractis , valde
carinato-concavis, basi utrinque dense sericeo-barbatis : staminibus
- luteis, subinaequalibus, phyllis 2 12 brevioribus, filamentis appla-
natis, lanceolato - subulatis , supra basin valde dilatatis , sericeo-
barbatis, antheris post dehiscentiam elliptico-ovatis, brevibus, pol-
line flavo: ovario virescente, staminibus vix breviore, anguste am-
pullaeforme, ad apicem attenuato, stigmate triangulari non dilatato,
lobis parvis, erecto-patulis, canaliculatis, apice ovarii paulo latio-
ribus.
Tripol. Garian (ABatINo, Marzo 1913, fl.).
Osserv. Entità ascrivibile al ciclo della 7°. sylvestris , affine
alle 7. fragrans e T. primulina. Siamo lieti di dedicare questa
specie al Colonnello T. ABATINO, che per primo la scoperse
aurea,— Foliis latioribus, imo 20 - 25 mm. lato : flore vix
minore, ad 4 centm. longo, intense aureo, vel aurantiaco : peri-
gonii phyllis fere concoloribus, exterioribus dorso tantum pallidio-
ribus, omnibus valde acutis vel cuspidatis: antheris post dehiscen-
tiam magis elongatis: ovario staminibus satis breviore.
Tripol. Garian (ABATINO, Marzo 1913, fl.).
Pur
. Queste sono le più importanti aggiunte alla Flora. Libica, dovute
alle numerose raccolte che ci pervennero. Esse spostano, come si
disse, i dati statistici che si avevano su quella vegetazione, e spe-
cialmente pongono in rilievo il fatto che, mentre la vegetazione
littoranea della Tripolitania propriamente detta ha caratteri che
ricordano la vegetazione saharica, quella dell’ interno, cioè delle
alture del Garian, riprende caratteri mediterranei, accogliendo
molte delle specie che fin qui, per la Libia, si ritenevano limi-
tate alla sola Cirenaica.
Resta tuttavia in massima parte Dosi la flora del terri-
torio più interno della Libia, fino al Fezzan ed a Ghat: ivi la
vegetazione non solo deve pera caratteri prevalentemente sa-
harici, ma deve ancora risentire della vicinanza dei tropici , pre-
ludiare alla flora lussureggiante del Sudan. Ciò sarà posto in evi-
enza da accurate esplorazioni, appena compiuta la conquista ita-
liana di tutto il territorio che fin d’ora assume il nome di LIBYA
ITALICA.
A. Borzi E G. E. MATTEI.
Indice del Bollettino del R. Orto Botanico e Giar-
dino Coloniale di Palermo. Anno XI.
AnGELICO F. e CartaLANO G. — Sulla presenza della
Formaldeide nei succhi delle piante
BaLpacci A. - I rapporti ipa fra Doh e la
Cirenaica .
Borzi A.— Aloe Riesobontt: nuova specie
» — Corso di Colture Coloniali
» — Sulla coltura del Dattero in Sicilia .
» e MarTEI G. E. — Aggiunte alla Flora del-
la Libia =
CARUANA GATTO A. e SOMMIER s. Lo Melitensis nova.
CatALANO G.— Intorno ad un caso di Acaropsomi
» » —Intorno alla struttura delle radici di
Chamaedorea i ; i . ;
» » ed ANGELICO F. — Sulla presenza delle
Formaldeide nei succhi delle piante
DE Srezio T. — Alcune note su varii cecidii
» » » —L’ Icerya Purchasi negli Agrumeti
di Bagheria
Pu — Notizie su Sua Zoovecidii di Lilla
(Ea ESE LA pianta ga n nimg o in
Libia n
» — Semina quae pra SA cossistitatione
offeruntur
MartEI G. E. — La Batata o Patata dol
>». 0° Rassegna della Stampa Coloniale
agraria
» >» » e Borzi A.— dl Aggionte alla Mio della
Libia
Rappa F.— Per una classificazione SORT dn no
sembriantem
» >» — Qualche i toll'Adiza cada ‘
1912.
Pag. 75 e 165
193
18
» 234
Appendice II.
ag. 131
. Appendice I.
>» d
I
* 131
SOMMIER S. e CARUANA GATTO A.—Flora Melitensis nova. Appendice II.
Tropea C.—Sull’utilità di una stazione di Cotonicultura Pag. 91
Vol, XI. APPENDICE È 1912:
BOLLETTINO DEI R. soc BOTANICO E GIARDINO COLONIALE
I PALERMO
S. SOMMIER et A. CARUANA GATTO
Bia MELITENS IS NOVA
—>)-0————————
PREFAZIONE.
Dovendo, per ii mio studio sulle Isole Pelagie, fare un con-
fronto fra la loro flora e quella delle Isole Maltesi, volli accer-
tarmi se fossero esaurienti le pubblicazioni intorno alla flora
di queste ultime isole e per ciò visitai Malta e Gozo nella pri-
mavera del 1906. In 8 giorni d'érborazione (di cui 4 a Gozo),
dal 10 al 19 Aprile, trovai non poche piante vascolari mancanti |
nella « Flora Melitensis » di Grech Delicata e nei lavori poste-
riori a me noti.
Conobbi in quell’ occasione a Valletta il dott. Alfredo Caruana
Gatto, naturalista che. da molti anni si occupa, con amore e
| successo, di ricerche floristiche nelle Isole Maltési. Egli mi fu
guida in varie escursioni e mi permise di esaminare il suo er-
bario Maltese, Da lui seppi che una parte delle specie da me
trovate, che avevo creduto nuove per quelle isole, vi erano da ©
lui e da altri già state trovate, ed alcune anche pubblicate in
note floristiche sparse qua e LI in periodici locali difficili a pro- |
curarsi.
Divisammo allora, il dott. Caruana Gatto ed io, di dci >
in collaborazione una nuova Flora Maltese che riassumesse tutto
3° quanto è stato fin ora scritto intorno a questa flora, coordinan-
dolo e completandolo con le nostre proprie osservazioni.
Con questo intento tornai a Malta nel 1907, accompagnato
| questa volta da Antonino Riccobono, Giardiniere Botanico del-
__. l'Orto di Palermo, buon conoscitore della, flora Siciliana, ed
8. Sommer di fish — 0 Cln nà Si 3 i:
x
2 PREFAZIONE
assiduo quanto oculato raccoglitore, al quale il Prof. Borzi, Di-
rettore di quell’Orto botanico, aveva a mia richiesta gentilmente
concesso a questo scopo un lungo congedo;.e coadiuvato da Ric-
cobono dedicai tutto il mio tempo, dal 18 Aprile al 9 Maggio, ad
erborizzare a'Malta, Gozo, Comino e Cominotto (9 giorni a Gozo,
due mezze giornate a Comino e una mezz’ora a Cominotto, il
resto a Malta). In questa gita ed in quella dell’anno precedente
raccolsi assai più della metà delle specie vascolari ora conosciute .
delle Isole Maltesi. Dal Dott. Caruana Gatto ebbi poi in comu-
nicazione molte piante critiche del suo erbariò e non poche del-
l’Erbario Universitario di Valletta, che potei studiare in Firenze
coi mezzi che offrono i ricchi erbarî e le biblioteche di questa
città. Nel frattempo ci siamo occupati, il Dott. Caruana Gatto ed
io, di compilare la Bibliografia botanica Maltese, ed il Caruana
Gatto ha scritto le generalità sulle Isole Maltesi contenute nel
seguente capitolo.
Questa è l'origine del presente lavoro, che è l’indice della
ricchezza floristica dell'Arcipelago Maltese allo stato attuale delle
nostre conoscenze.
Sulle crittogame cellulari Maltesi si avevano fino adesso scarse
notizie. La loro, raccolta è dovuta per la massima parte al Dot-
tore Caruana Gatto, che è stato coadiuvato, nella loro determi-
nazione, per i muschi frondosi dal Prof. Marchese Bottini, per
le epatiche dal Prof. Massalongo, per i licheni dal Dott. Jatta,
per ie alghe dai Professori Ardissone, Levi Morenos, Mòbius e
| Forti, e per i funghi dal Prof. Saccardo. e
Mentre ricordiamo con riconoscenza l'opera del compianto
Dott. Jatta, esprimiamo vivi ringraziamenti agli altri nostri
egregi collaboratori, come pure al Prof. Debono che mise a nostra
disposizione per esaminarle le piante dell’Erbario Universitario
di Valletta, al Dott. Borg che ci comunicò buon numero di specie
da lui raccolte, e al Dott. Giovanni Gulia che ci diede una copia
dei quadri analitici di suo Padre con delle annotazioni mano-
scritte dello stesso suo Padre che abbiamo avuto occasione di
citare per la località di alcune piante.
S. SOMMIER.
LE SOLE MALITE&SI
NOME, STORIA E LINGUA
Malta, chiamata prima Ogigia, e in seguito Melita, come si
suol ripetere dal latino 72e/ per l'abbondanza e la dolcezza del
suo miele! anche oggi molto apprezzato, o, come è più probabile,
dal fenicio melitah, salvezza o luogo di salvezza, attesa la sua
posizione nel centro del Mediterraneo e della civiltà più antica
di cui abbiamo memoria, è stata sempre l’ambito possesso della
nazione dominatrice del Mediterraneo. ?
Il nome di Gozo, Gaulos dei Latini, che si pretende essere
l'isola di Calipso in Omero, si vuole che derivi dal fenicio Got.
Comino viene ovviamente dall’ ebraico %a:mmon, in Maltese
Remmuna (cumino) e Filfola o Filfla dall'arabo /e/fe! (gra-
nello di pepe), per la sua piccolezza.
| Fino a poco tempo addietro si riteneva che i Fenicî fossero
stati i primi abitatori delle Isole Maltesi e ad essi si attribui-
vano i monumenti megalitici di cui si vedono tutt’ ora i gran-
diosi ruderi. Ma più recenti studî® fanno rimontare tali mo-
numenti ad un epoca di molto anteriore, e cioè almeno al terzo
millennio avanti Cristo, e li attribuiscono a quegli stessi Libii
che furono i primi abitatori della Spagna, delle Baleari, di Creta
e delle Isole Egee. La scoperta e lo studio del meraviglioso
1 « Altera est vicina Siciliae, vulgo Malta dicta.......a i bonitato
mellis laudata, indeque Melita ut videtur appellata. » P. CorRNELIUS
A LAPIDE (von DEN STERN) Comm, I Act. Apost. Cap. 28 (1684).
? Secondo Albert Mayr invece, Melite e Melita sarebbero le forme
| greca e latina del nome dato a Malta dai suoi più antichi abitatori
i Libii.
8 MayR A., Die Insel Malta im Altertum. afriheh 1909. — Pam mer P.
A Conielbatione to the study of the prehistoric period in Malta. Papers —
of the Dribisk School of Rome. Vol. V. N. 3. London 1910. i
4 STORIA
ipogeo di Hal Saflieni e degli oggetti ivi contenuti ha ancora più
avvalorato tale ipotesi, di modo che oggi si può ritenere che
all’epoca neolitica le Isole Maltesi erano abitate. !
Venendo alle epoche storiche, devesi riconoscere che di una oc-
cupazione Greca non vi sono traccie sicure. Vi sono invece prove
non dubbie di una occupazione da parte dei Cartaginesi, riferita
approssimativamente al sesto secolo A. C. Alla dominazione Carta-
ginese si sostituì, in seguito alle guerre Puniche, quella Romana,
e Malta, prima «civitas foederata », formò parte della provincia di
Sicilia, e dopo la morte di Cesare, acquistò la cittadinanza Romana,
venendo elevata alla dignità di quirinato e di municipio. I Ro-
mani trovarono qui una civiltà già avanzata alla quale sovrap-
posero la propria, introducendo le loro leggi, consuetudini, arti
e industrie, la cui fiorente vitalità ci viene attestata da Lu-
crezio Caro, ? Silio Italico, Diodoro Siculo, 4 Ovidio ® e Cicerone.
Fu durante la dominazione Romana che venne introdotto il ‘
Cristianesimo a Malta in seguito al naufragio di S. Paolo. La tra-
dizione indica ancora il luogo dove l’apostolo approdò nella Baja di
S. Paolo a mare di faccia all’isolotto di Selmonetto, luogo che
corrisponde al « Dithalassion » di S. Luca.
1 ZaMMiIT Tarm., The Inhabitants of the Maltese Islands. Daily
Malta Chronicle. Euch. Congress Number. April 1913
®* De Rerum natura, Lib. IV.
« Scilicet et grandes viridi cum luce smaragdi
Auro includuntur teriturque thalassina vestis
Assidue et Veneris sudorem exercita pota
Et bene parta fratrum fiunt anademata, ite: IS
Interdum in pallam ac Melitensia cr vertunt
Eximia veste et victu convivia ludi »
® Lib. XIV.
« Romanos Petraea duces, Romana petivit
Foedera Calliopolis, lapidosique Enguion arvi,
Hadranum, Ergetiumque simal, telaque superba.
Lanigera Melite et littus piscosa Calacte ».
a 700 A pi
* Faet. 19.
« Fertilis est Melite, sterili vicina Cosyrae
Insula quam Lybici.verberat unda freti ».
© Oratio in Verrem, 4, 5.
STORIA 5
Colla decadenza dell'Impero Romano i più ritengono che le
Isole Maltesi siano state soggette alle invasioni barbariche, ma
questo periodo è ancora oscuro ; certo è che nell’anno 870 gli
Arabi Aglabiti se ne impossessarono e ne rimasero padroni fino al
1090 quando furono debellati dal Conte Ruggero il Normanno.
Nel 1120 le Isole Maltesi furono annesse al Reame della Sicilia.
Alla dominazione Normanna seguirono, dal 1194 fino al 1266,
quella degli Angioini fino al 1283, degli Aragonesi fino al 1410,
dei Castigliani fino al 1530, e da questa data fino al 1798 quella
dell'Ordine Gerosolimitano, al quale le Isole furono date in feudo
insieme con Tripoli, il 24 marzo 1530, da Carlo V.
Sconfitti Mustafà e Dragutto e superato il memorabile asse-
dio del quale avevano stretto le cittadelle di Vittoriosa e Sen -
glea, il Gran Maestro La Vallette, il 28 marzo 1566, pose la prima
pietra della città che dal suo nome fu chiamata Valletta.
Il 9 Giugno 1798 Bonaparte comparve innanzi al porto di
Malta, l'indomani vi sbarcò e, dopo cessione dell'Ordine, se ne
impadroni. Il 2 Settembre scoppiò una insurrezione dei Maltesi,
i quali prima ricorsero per aiuto e protezione a Ferdinando IV
re di Napoli, poi alla Gran Brettagna, e assistiti dalle truppe
Napoletane e Inglesi il 4 Settembre 1800 forzarono i Francesi
a capitolare. Quindi le Isole Maltesi passarono prima sotto la
protezione della Gran Brettagna e poi, col trattato di Parigi
del 1814, sotto la piena sovranità Inglese.
La popolazione di Malta e Gozo, secondo l’ultimo censimento
del 2 Aprile 1911, è di 228,534 persone (211,564 civili, 9,016 di
guarnigione, 7,575 della marina da guerra e 379 di quella mer-
| cantile), divisa tra Malta e Gozo nella proporzione di 205,839 in.
Malta e 22,695 in Gozo, e con una densità di 1884 persone per
miglio. inglese quadrato (2167 a Malta e 879 a Gozo), cioè una
delle densità maggiori del mondo. Comino, adibito a lazzaretto,
non è abitato attualmente che da 3 a 4 persone. La densità della
popolazione rurale però è molto minore, essendo quella urbana
e suburbana di 124,759 persone, e quella rurale di 86,808.
. Nel 1530, alla venuta dell'Ordine, la popolazione era di 15,000
anime secondo Boisgelin (di 29,659 secondo Miege). Nel 1582,
secondo un rapporto dell’ Inquisitore a Gregorio XIII, era di
20,000 ; nel 1667 fu valutata a 53,000 e nel 1828 a 115,945.
L'aumento dal 1901 al 1911 fu del 14,52%.
id
6 LINGUA
*
L’idioma da tutti parlato nelle Isole Maltesi è il Maltese che
può considerarsi come un dialetto derivato e conservatosi dal-
l’Arabo più antico ed è quindi di origine semitica. Come si esprime
il Prof. N. Tagliaferro, ! esso ha una individualità tutta sua ed
è governato da leggi fonetiche speciali che attestano la sua
grande antichità. Nella sua evoluzione, specialmente presso le
città, esso ha subito una progressiva infiltrazione di parole italo—
sicule. I nomi però delle cose primitive, quali quelli dei feno-
meni naturali, delle parti del corpo umano, dei numeri, dei colori,
della famiglia, degli animali, piante e località, si conservarono
nella loro purezza e si ritrovano identiche nell’Arabo del Nord-
Ovest dell’Africa.
Così ad esempio abbiamo. Gebla e Gebel = roccia e roccie,
Xghara (pron. Sciara) = luogo roccioso incolto, Uied = valle,
Ghain = fonte, Bir = pozzo, Rdum = dirupo, Ras = capo,
Ramla = spiaggia arenosa, Marsa = porto e luogo dove si
raccoglie acqua piovana.
E tra le piante: Safsaf= salice, Zebbuj = olivo, Rummien
= melagrano, Ballut = quercia, Rihan = mirto, UVarda = rosa,
Sofsfa = Ervum Ervilia, Halfa = = Lygeum Spartum ecc.
Non tutte le specie hanno un nome maltese e alcuni nomi
sono generici, così: Nefel barri vale per tutte le Medicago,
Xnien pei Trifolium, Treu pei Melilotus, Teum per gli Allium,
Hobbeira pei Chenopodium e Vl Heliotropium Europaeum.
Alcuni nomi poi corrispondono perfettamente col significato
del loro nome latino e molto probabilmente l’hanno preceduto.
Così: Malib it tair = Ornithogalum, Zerrighet il brighet =
Plantago Psyllium, Zerrighet il hamel = Delphintum SIAE
sagria, Lsien il chelb = Cynoglossum.
In varie piante il nome vernacolo è preso dal colore del fiore,
per es.: Calendula = Suffeira, Senecio = Cubrita, Anemone
= Kahuiela, Diplotaris erucoides = Giargir, Clematis cir
rhosa = Baida.
1 TagLIAFERRO N., The Maltese cent Daily Malta chronicle.
Euc. Cong. Number, April 1913.
LINGUA 7
La lingua Latina, fino dall'epoca Romana fu adoperata negli
atti ufficiali, insino a che, dalla sua corruzione in «volgare elo-
quio » non ebbe origine, contemporaneamente in Italia e a Malta,
la lingua Italiana, che dal suo nascere fu qui la lingua scritta
e la colta.1 Anche oggi, malgrado i reiterati sforzi del Governo
Inglese, essa rimane la lingua dei tribunali, del pergamo e delle
classi colte, alla quale i Maltesi tengono ed hanno sempre tenuto
come a prezioso retaggio storico e a significante espressione na-
zionale e geografica e che si sforzano in ogni modo di conser-
vare. Ma è difficile dire, innanzi alla incalzante pressione go-
vernativa, quanto potrà mantenersi. Essa però è un prodotto
così naturale, che se anche si riuscisse a bandirla temporanea-
mente, ritornerebbe un giorno o l’altro ad affermarsi, più radi-
cata e più vigorosa che mai.
Il Maltese è scritto con lettere latine, ma esistendovi dei
suoni che non si possono esprimere esattamente col nostro al-
fabeto, si deve ricorrere, per rappresentarli, ad alcuni accenti e
segni speciali ed alla pronunzia diversa di alcune lettere. Grech
Delicata nella « Flora Melitensis », adoperò delle lettere speciali,
allora adottate dalla Società Medica Maltese, ma oggi queste
sono andate in disuso. |
Nella nostra flora, nel trascrivere i nomi Maltesi di luoghi e
di piante, ci siamo attenuti all’ortografia Maltese generalmente
adoperata oggi.
L’7% quindi indica un % profondamente aspirata e corrisponde
al T Arabo.
La stessa % preceduta da 9g (97%) esprime un suono profon-
damente gutturale e PEROSA al È, Arabo, così gnar si
legge 4ar.
La G, g ad unag dolce, come se fosse seguita da una #, così
Gneina equivale a Gineina, sigra a sigira ecc.
Il KX corrisponde al 5 Arabo ed ha anche un suono guttu-
rale, como in Kala che è diverso da Cala.
L’U, è un « che precede una vocale ed ha forza di conso-
‘nante; come Uarda. sd
1 Vedasi in proposito: ANTONIO CINI, Origine e progresso della
Lingua Italiana in grani ossia La Lingua Nazionale dei Maltesi.
Catania, 1904,
8 DESCRIZIONE FISICA
Infine in Maltese la X ha un suono diverso da quello che ha
in Italiano, e deve pronunziarsi come sec avanti i o avanti e, per
esempio in scirocco e in scena, suono che non vi è modo di espri-
mere in Italiano quando invece di precedere una vocale precede
una consonante.
DESCRIZIONE FISICA, GEOLOGIA E FLORA
Le Isole Maltesi sono comprese fra il 35° 48’ e il 36° 5' di lati-
tudine N., e il 1° 43' e il 2° 8' di longitudine E. del meridiano di
Roma (M°*° Mario). Nel loro insieme hanno la forma di una ellisse
il cui asse maggiore, lungo 47 chilometri, è in direzione N. 0.-
S. E. La loro area complessiva è di circa 318 chilometri quadrati.
La più grande e la più meridionale, Ma/ta, è lunga circa
28 chilom., e larga circa 13, con una costa di 127 chilom. ed
una superficie di 247 chilom. quadr. La più settentrionale, Gozo,
| ha una superficie di 68 chilom. quadr., con 14 !/» di lunghezza
e 7 di larghezza, e una linea di costa di 40 chilometri.
Quasi nel mezzo del braccio di mare largo circa 4 chilom.
chiamato Fifegu, che separa queste due isole maggiori, tro-
vasi l'isola di Comino, lunga circa 2 !/: chilom. e larga 1//8,
con una costa di circa 10 chilom. ed una superficie di circa
3 chilom. quadrati. AI Sud di Comino sorge, quasi unita ad esso,
l’isoletta di Cominotto, che è poco più di uno scoglio, avendo
una superficie di chilom. quadr. 0.12.
Pochi isolotti minori e scogli, quali Hagra is Seuda e Hagra.
tal General presso Gozo, e Ghallis, Selmonetto o Gzejer e Fil-
folta presso Malta, trovansi in varî punti vicini alla costa. Il
maggiore è 77/fola che ha una superficie approssimativa di
chilom. quadr. 0.12, ed è distante dal punto più vicino di Malta
circa 6 !/» chilometri. i
Dalla Sicilia, la terra più vicina, l'Arcipelago Maltese dista
circa 82 chilometri, da Linosa 120, da Lampedusa 150, dal punto
più vicino della costa Africana, Tripoli, dista 340 chilometri.
La costa S.e O. di Malta presenta poche insenature ed è
quasi tutta scoscesa. Essa presenta dirupi che non sono acces-
sibili nè dal lato di terra nè dal mare, alti fino a oltre 120 m.
La costa N. E. si abbassa in generale più gradatamente verso
DESCRIZIONE FISICA 9
il mare e presenta molte e profonde insenature, di cui le prin-
cipali sono la Baia di Marsascirocco, il Gran Porto, il Porto
di Marsamuscetto, la Baia di San Paolo a mare e quella della
Melleha. Le coste di Gozo sono per la maggior parte scoscese,
e solo eccezionalmente in pochi punti vanno degradando al mare.
Le spiagge della MeZleha, di Birzebbugia e della Gneina in
Malta e quelle di Ram/la i Gbira e Marsalforno in Gozo sono
arenose. Le coste di Comino sono anche più dirupate, e di esse
non sono accessibili che la piccola insenatura di Santa Maria,
e la: costa di faccia a Cominotto, ed anche queste non sempre,
a causa del mare. Peggio ancora sono gli isolotti di Fi/fola e
di Hagra tal General, che hanno pareti quasi verticali ed in
, parte anche concave, e sono quindi di difficilissimo accesso.
Esaminando la superficie del suolo di Malta, la prima cosa che
colpisce è la differenza tra la parte S. e S. E. che è denudata de-
gli strati superiori e molto più uniformemente piana, e il rima-
nente dell’Isola che forma un altipiano con piccole collinette alla
costituzione delle quali concorrono anche degli strati superiori.
Simile conformazione ha l'isola di Gozo che è accidentata come
quest’ultima parte di Malta o anche più. Ma tanto in Malta che in
Gozo le alture non oltrepassano i 250 metri. Un altro carattere
saliente è la falla che divide Malta da E. N. E. a 0.S.0., e lungo
la quale corre una linea di trincee chiamate « Victoria Lines »
che dominano le contrade sottostanti. Oltre a questa falla ve ne
sono molte altre più piccole, ed in MaX/uba vi è un avvalla-
mento circolare di circa 60 metri di diametro e: 80 di altezza.
Gozo e specialmente Malta sono poi solcati da numerose valli
chiamate Uiedien (singolare Vied) in Maltese, che formano nella
roccia solchi più o meno profondi, ora stretti ora larghi, ma
che manifestano una forte erosione dovuta a volumi di acqua.
al certo molto maggiori di quanto l’attuale conformazione delle
isole potrebbe produrre. Dopo forti pioggie, in alcune di queste
valli per poche ore le acque formano delle piccole fiumane che |
si riversano in mare, ma che subito dopo si restringono in esi-
gui ruscelletti e lasciano delle pozze d’acqua che disseccano
completamente durante i mesi estivi.
Fiumi, torrenti o veri corsi d’acqua perenni non vi ‘sono, I
come non vi sono né laghi, nè grandi paludi, e in conseguenza
manca quasi tutta la vegetazione speciale di quelle stazioni.
10 DESCRIZIONE FISICA, GEOLOGIA
Fino ai tempi di Grech Delicata, all'estremità del Gran Porto
esisteva una piccola estensione pantanosa detta Marsa, nella
quale si trovavano piante quali Typha, Sparganium, Lemna,
Scirpus lacustris. Esse però, in seguito ai lavori di bonifica in-
cominciati nel 1861 ed all'estensione del Gran Porto, sono com-
pletamente scomparse da quel luogo, alcune anzi forse da tutta
l'Isola. Ancora più recentemente molta acqua venne presa alle
sue sorgenti e incanalata, cosicché le terre della Marsa sono an-
date sempre più prosciugandosi ed in conseguenza impoverendosi
di specie che sino a pochi anni addietro vi abbondavano. L’inca-
lanamento delle acque ha esercitato la sua influenza anche in al-
cune altre parti dell'Isola, quali Sakzaja, Gnien il Gbir, Uied
il Gbir, ecc. ove altre volte l’acqua, da Ottobre ad Aprile, e in
alcune vallate per tutto l’anno, occupava un letto abbastanza
largo, mentre ora si è ridotta ad un ruscelletto, o non si mani-
festa più che con un certo grado di umidità del suolo, come ad
esempio a Ghariexem, Gomerino, Fiddien ecc. Pur non di meno
in fondo alle valli di Ghaîn il Gbira, Imtahleb, San Martin,
Gneina, Bahria in Malta, Xlendi e Migiarro in Gozo, si trova
sempre, anche in estate, un poco d’acqua o terra acquitrinosa,
con la vegetazione propria dei luoghi umidi.
La presa poi delle sorgenti per cui si è resa possibile la ir-
rigazione di tratti di terra come in Ghain Tuffiha, Puales,
San Martin, Gneina, Uied Gherzuma, Ghirghenti ecc. ha fatto
| nascere o estendere negli appezzamenti a zucche, fragole e or-
taggi delle associazioni di piante di cui sarà parlato altrove.
Si trovano pure delle piccole fosse o vasche sparse qua e là nel
contado che conservano acqua durante tutto l’anno; e in fondo
alla baia della Melleha per parecchi mesi dell’anno si forma
un piccolo pantano (G%iadira) che però in estate è completa-
mente asciutto. La maggior raccolta d’acqua allo scoperto é
quella artificiale che fu ottenuta a Wied i Kieigha collo sbar-
ramento della valle e che d’inverno presenta un volume d’acqua
abbastanza rilevante per l'Isola, ma diminuisce molto in estate.
fa
Tralasciando Abela (1647), Ciantar (1772), Scilla (1747), Ze-
rafa (1838) e altri che accennarono più che altro ai fossili e
GEOLOGIA 11
alla storia fisica delle Isole Maltesi, della geologia di Malta si
occuparono pei primi T. Spratt! ed E. Forbes, ? che gettarono
le basi della stratigrafia Maltese.
Ducie nel 1854 tracciò la prima carta geologica di Malta, e
in seguito A. L. Adams, Falconer, Wright, Davidson, Fuchs e
Seguenza illustrarono anche meglio le formazioni delle nostre
isole. Infine J. Murray * nel 1890, ha pubblicato il migliore e
più comprensivo lavoro sulla Geologia delle Isole Maltesi, che
potrà venir consultato, insieme ai susseguenti lavori di J. H.
Cooke e di Gregory, e a un recente lavoro riassuntivo del
Dott. Giovanni Gulia, 4 da chiunque volesse avere maggiori in-
formazioni sulla Geologia del Gruppo di Malta. *
I Geologi sono d'accordo nel porre le Isole Maltesi fra le
formazioni terziarie. Murray classifica così gli strati dall’alto in
basso :
1.° Calcare corallino superiore
2.° Arena verde
3.° Creta blu
4.° Calcare a globigerina
5.° Calcare corallino inferiore.
Fuchs, seguito da Gregory, riferisce gli ultimi due all’Oligo-
cene (Aquitaniano) e i primi tre al Miocene. Gli altri riferiscono
tutti gli strati al Miocene.
Si trovano poi, entro breccie e caverne, dei resti quaternari
di elefanti, ippopotami, orsi, cervi, cigni ecc., i quali provano
in modo non dubbio che le Isole Maltesi formarono parte un
1 SpRATT T., On the Geology of the Maltese Islands. Proc. Geol. Soc.
Vol. IV, p. 925, 1 1848. — In., On he Geology of Malta and Gozo, 1854.
? Forprs E., Note on the Fossils found by Lieut. Spratt in the
_ several beds of e Tertiary Formation of Malta and Gozo, e Report
on the collections of Tertiary Fossils from Malta and Gozo, 1843. ;
* Murray J., The Maltese Islands with special reference to their Geo-
logical Structure. The Scottish Geographical Magazine. Vol. VI, n.9.
+ GuLia G., La Geologia ed i Fossili delle Isole Maltesi. Malta 1912.
s È comparso un importante scritto sulla Geologia Maltese del
Prof. De Stefani quando questo capitolo era già PROTOERA e quindi
non se ne è potuto tener conto. Eccone il titolo
De STEFANI C., L’Arcipelago di Malta, Hafidiconti della R. Acca-
demia dei life; Classe di Sc. fis. mat. e Suona Vol. XXII serie 5a
1° sem. fasc. l° e fasc. 20,
12 GEOLOGIA
giorno di una terra assai più vasta che poteva albergare tali
animali, e che era verosimilmente unita da una parte all'Africa,
dall’altra alla Sicilia, ciò che è anche avvalorato dalla esistenza
dei bassifondi situati nel mare che le separa da questi paesi.
Il Dott. G. Borg, in un recente lavoro sui resti della flora
preistorica di Malta, ! sostiene l'ipotesi che Malta fu divisa dalla
Sicilia nel Pliocene e dall'Africa sul principio del Quaternario,
ed espone i dati sui quali basa questa sua opinione. Ma il rin-
venimento in Sicilia di varie specie di animali dell’epoca qua-
ternaria, i cui resti non sono stati trovati altrove che a Malta,
potrebbe invece indurre a credere che l’epoca della separazione
di Malta dall’Africa, o da una grande terra cui era unita al-Sud,
sia stata contemporanea alla separazione dalla Sicilia, se non fu
anteriore. Checchè ne sia, la somiglianza, anzi, la quasi identità
delle roccie Maltesi con quelle del versante meridionale della
Sicilia è fuori dubbio, e anche all'occhio più profano, l'aspetto
fisico-botanico delle campagne Maltesi, rammenta vivamente
quello dei dintorni di Siracusa, tanto che tra alcune fotografie
dei vasti tratti rocciosi presso Priolo e altre prese in Malta,
non si può assolutamente trovare differenza alcuna.
Le differenze stratigrafiche nelle Isole Maltesi, producendo
terreni più o meno differenti, determinano una flora alquanto
diversa nelle varie località, a seconda che predomina l'uno 0.
l'altro strato. Cosi nei terreni all'O. e N.0. di Malta e in Gozo
abbonda spesso la creta, che li rende più umidi d'inverno e più
compatti d’estate, mentre nella parte denudata all’E. e al N. E.
dove il sottosuolo è calcare a globigerina, vi è nel terreno
maggiore quantità di ossido di ferro, ed esso è più sciolto.
Accurati esami microscopici e chimici hanno sfatato la leg-
genda che la terra vegetale delle Isole Maltesi sia stata anche
in parte importata dalla vicina Sicilia. La terra che ricuopre la
superficie delle roccie è derivata dalla disgregazione delle stesse,
e non ostante la sua poca profondità, che spesso è di meno di
30 cm. e quasi mai più di un metro, è tanto fertile che vi si
possono far due e talvolta anche tre raccolte all'anno. Tale
fertilità è dovuta al fatto che il terreno va sempre rinnovandosi
1 G. Bor, Remains of the anice, Flora of Malta. Archivum
Melitense. Vol. I, n. 20. Malta :)
GEOLOGIA i 13
per il continuo sgregarsi della roccia. In varie località vi con-
tribuisce inoltre la presenza dei piccoli strati intermedî di no-
duli fosfatici.
Lo spessore dei varî strati non è uguale, né si incontrano
tutti e cinque dovunque. In tutta la parte denudata. dell’ Isola
di Malta mancano i tre superiori e prevale il calcare a globi-
gerina e questo offre la maggiore estensione. Nelle contrade
collinose invece, non è difficile trovarli tutti e cinque sovrap-
posti; ma lo slittamento della creta blu assai spesso rende mala-
gevole il distinguerli. In buona parte dell’ Isola di Malta, verso
il Nord dell’ Isola di Gozo ed in tutta l’Isola di Comino la super-
ficie del suolo è formata dal calcare corallino superiore. Lo spes-
sore di questo strato varia da pochi decimetri a 80 metri (ad
esempio a Comino); l’arena verde non eccede i 15 metri e più so-
vente è di pochi decimetri o manca del tutto; la creta non eccede
i 6 metri, mentre il calcare a globigerina giunge fino ai 60 metri
e il calcare corallino inferiore anche a 120 metri, ma è lo strato
che si incontra meno spesso. Caratteristica del calcare corallino
superiore è la durezza accompagnata da friabilità e permeabi-
lità, del calcare a globigerina la porosità, e del calcare corallino
inferiore la compattezza e la durezza.
La giacitura di tutti questi strati è generalmente orizzontale,
ma dove vi sono falle gli strati si vedono anche, sebbene per
non grandi tratti, inclinati.
In quanto alla composizione chimica, l’analisi fatta da Murray
diede per il calcare corallino superiore fino al 91.90 °/, di car-
bonato di calce in aggiunta ad ossido di ferro e argilla; l'arena
verde contiene in abbondanza grani di glauconite, acido fosfo-
rico e magnesia, e da 28.65 a 89.63 0), di carbonato di calce;
nella creta blu la percentuale di carbonato di calce è molto
minore e sebbene possa arrivare fino al 30 °, la media fu cal-
colata da 2.56 a 5.12 °/,; nel calcare a globigerina la percen-
tuale di carbonato di calce varia da 63.20 a 94.73, con traccie di
fosfato di calce e carbonato di magnesia, e nei noduli che si
incontrano in quattro o cinque strati superiori dello stesso cal-
care, il fosfato di calce raggiunge il 30 e anche il 40 °/,; infine
il calcare corallino inferiore diede dal 95.66 al 98.58 °/, di car-
bonato di calce e traccie di ossido di ferro e sui re
14 GEOLOGIA
Nelle Isole Maltesi si sono avuti terremoti di origine proba-
bilmente tettonica, connessi colla Grecia e non colla Sicilia come
si sarebbe potuto attendere. Infatti quelli di qualche entità eb-
bero quasi sempre un epicentro in Grecia o nelle Isole Greche,
ed i moti sismici di questa regione, anche non forti, ebbero di
solito una ripercussione a Malta, mentre il terremoto così disa-
stroso di Messina del 28 Decembre 1908, qui non fu avvertito
affatto, ed ebbe per sola conseguenza una insolita marea a più
risacche che si produsse sulle nostre coste la mattina del 29.
Sebbene la storia registri terremoti che produssero qualche
danno nelle chiese ed in altri fabbricati, quelli che si ricordano
sono stati tutti abbastanza leggieri per non produrre danni sen-
sibili.
Due piccole isole rocciose, senza montagne o alture di qual-
che entità, lontane dal continente, senza fiumi e con una me-
dia pluviometrica molto bassa non lascerebbero supporre la
presenza di acque bastevoli a dissetare la numerosa popolazione
che le abita ed a rendere possibile l’irrigazione dei campi anche
limitata; ma mercè la posizione e natura degli strati ed i lavori
dispendiosi fatti dai successivi governi, oggi bisogna riconoscere
che l’acqua non difetta, sebbene sia sempre preziosa.
Le acque piovane attraversando il primo strato (calcare co-
rallino superiore) per le innumerevoli fratture e discontinuità
dello stesso, si infiltrano per il secondo strato (arena) quando
vi è, e incontrano la creta impermeabile. Qui, sulle alture di
Bingemma, Boschetto ed altre, formano dei depositi sotterranei
| che danno origine a delle sorgenti naturali. Da queste, fin dal .
1615, per opera del Gran Maestro dell’ Ordine Wignacourt, si
provvide di acqua, mediante un acquedotto, l’ area sottostante
compresa quella urbana di Valletta, che fin allora non aveva
altro che delle cisterne nelle quali si raccoglieva dai tetti
piani delle case l’acqua piovana. Queste cisterne del resto sono
in parte tutt'ora in uso.
A questo primo acquedotto se ne aggiunse poi un altro per
fornire acqua al lato orientale dell’isola. E più tardi ancora.
si ottenne una notevole quantità d’acqua di buona qualità fa-
cendo delle gallerie al livello del mare in uno strato di roccia
calcarea molto porosa ed assorbente chiamata « white rock ». 5
GEOLOGIA, CLIMA 15
Queste gallerie si estendono da Marsa a Zebbuj e Casal Siggieui.
Con tutto ciò non si è ottenuto acqua sufficiente per |’ irriga-
zione. Questa, nelle contrade sorgive, seguita ad essere praticata
mediante norie che sono fatte girare da un asino o da un mulo
all’uso orientale. Oggi però, per sollevare l’acqua dai pozzi e per
riversarla nei campi, si è incominciato a adoperare qualche
motore.
Il clima delle Isole Maltesi,! senza essere subtropicale come
alle volte lo si è voluto chiamare, è abbastanza caldo da Giugno
a Ottobre, ma più per la continuità che dà una temperatura
media di circa 24° Cgr., che per gli estremi calori. È piace-
volmente temperato da Ottobre fino a Maggio, con una media
di 19° Cgr. in autunno, di 12°.6 Cgr. in inverno e di 15.5 Cgr.
in primavera. La temperatura più bassa nell’ ultimo decennio
(1902-1911) è stata di 1°.7 Cgr. il 16 Febbraio 1905. -La brina
si vede raramente. La neve si può dire che non cade mai; tutto
al più ad intervalli di molti anni, come avvenne in Gennaio e
Febbraio 1905, cade per alcuni minuti un poco di nevischio, che
si discioglie subito.
Il mese più caldo è l’Agosto, sebbene la più alta temperatura
all'ombra (36°.9 Cgr.) sia stata registrata il 25 Luglio 1902, e
al sole (71° Cgr.) il 8 Luglio 1901.
La media dei giorni in cui durante l’anno cade la pioggia è
di 84. La media poi dei giorni piovosi per ciascun mese, sempre
prendendo l’ultimo decennio (1902-1911), è la. seguente:
Gennaio. . 13 Maggio... 2.7 Settembre. . . 4.2
Febbraio . 12 Giugno... 1.4 Ottobre . ... 8.6
Marzo. ... 8.4 Luglio ...05 =‘ —Novembre.. 13.
Aprile. 6.f Agosto . .. 08 - Decembre. . 14
Questo specchietto dà una buona idea della distribuzione, du-
rante l'anno, delle pioggie che cominciando generalmente in
1 I dati meteorologici mi sono stati in gran parte forniti dal
Sig. Cyril Leach, direttore dell’Osservatorio meteorologico della
Viren. al ciale mi è em SA qui i miei ringraziamenti.
16 CLIMA
| Settembre vanno aumentando con varia intensità e frequenza
fino a Decembre, dopo l’Aprile diminuiscono marcatamente, e in
Giugno, Luglio e Agosto cessano quasi del tutto. Il mese in
cui si ebbero più giorni di pioggia fu Gennaio 1909 con 22 giorni,
e nell'anno 1909 i giorni piovosi giunsero a 105.
La quantità media annuale di pioggia è di circa 47 cm., dei
quali generalmente più di tre quarti cadono nei mesi di Ottobre,
Novembre, Decembre e Gennaio ed è quasi assolutamente nulla
in Luglio e Agosto. La più grande quantità caduta in un mese fu
di 273 mm. in Novembre 1911, e la massima in 24 ore di 138 mm.
il 23 Ottobre 1909, quantità eccezionale perchè è raro che in
24 ore si abbia più di 50 mm.
La media più alta di umidità fu di 89.2 in Settembre 1907, e
la più bassa, di 66.7 in Luglio 1908; la rugiada è spesso molto
abbondante.
I venti, alle volte forti, qualche volta molto forti (massima
velocità osservata in Febbraio 1909 quasi 21 chilometri all’ora),
da Decembre a Settembre soffiano prevalentemente da N. 0. e
da O., e in Settembre, Ottobre e Novembre spesso da S. S. E.
e S.0. Questi ultimi sono ‘umidi, ed hanno un effetto snervante
e deprimente, non tanto però quanto lo Scirocco in Sicilia e
nel Nord dell’Africa. Da Decembre a Marzo si hanno poi ogni
tanto due o tre giorni di vento N.E. tanto forte da impedire
alle navi, durante il suo massimo infuriare, l’accesso del Gran
Porto.
Le prime pioggie di Settembre e Ottobre sono quasi sempre
accompagnate da temporali con forti scariche elettriche, raffiche
di vento e non di rado da grandine.
Da Gennaio a Settembre si hanno temporali solo occasional-
mente, in specie dopo lunghi periodi di caldo o durante per-
turbazioni atmosferiche che si estendono a tutta questa parte
del Mediterraneo. E infatti quasi sempre le nostre notevoli vi-
cende atmosferiche sono collegate con quelle di Sicilia e di
Tripoli.
La grandine cade da 4 a 10 volte l’anno, ma di regola in
piccola quantità e di piccole dimensioni; grandinate rovinose
per i prodotti, sono rare; tuttavia se ne sono registrate alcune
assai forti; ed io stesso ne ricordo una eccezionale, caduta il
19 Ottobre 1898 in cni vi erano dei chicchi della grossezza di
CLIMA, COLTIVAZIONI 17
una piccola arancia, tanto da perforare lastre di zinco corrugato
e da trapassare le pale dei fichi d’ India.
Pe
Di circa 75,000 acri che misurano in tutto le Isole Maltesi,
inclusi i villaggi e le città, 41,865 sono sotto coltivazione, cioè
poco più di metà, il resto è fabbricato o terra incolta, per lo
più rocciosa.
La coltivazione, sebbene primitiva e non sussidiata da mac-
chine agrarie, è molto intensa. Principali oggetti di coltivazione
sono il grano, l’orzo (questi due alle volte mischiati insieme), i
foraggi e le patate. Vengono poi in minore quantità i legumi,
gli ortaggi, il comino, i cocomeri, il cotone e le cipolle. Il gran-
turco, il sesamo, il cartamo ed i coriandri sono pure coltivati,
ma in piccola quantità.
Fra i foraggi la sulla occupa il primo posto, ed in Marzo e
Aprile, coi suoi bei fiori porporini essa è uno dei più salienti
caratteri del paesaggio vegetale. Sono anche coltivati per fo-
raggio lo scorpiuro, tre qualità di vecce, l’orzo verde e il gran-
turco. Nell’ alimentazione degli animali hanno una gran parte
le carrube che si raccolgono in Agosto. I prodotti più rimune-
rativi però ed esportati in maggior quantità, sono il comino, le
patate e in alcuni anni le cipolle. Sono stati tentati, ma senza
successo, la coltura della canna da zucchero e l'allevamento dei
bachi da seta. La coltura del cotone, cging decenni indietro,
aveva preso un grande sviluppo, ma ora è diminuita assai. Gli
ulivi sono molto trascurati, di guisa che la quantità d’olio pro-
dotta è quasi nulla. La produzione del vino invece, è in aumento,
ma resta di gran lunga insufficiente al consumo locale.
Da un censimento del 1901 risulta che esistevono allora:
In Malta «Im Gozo
Piante dì carrubio . . . . . 29,402 . . . 1583
TR e a i
xo. ..,;; 5 &iS. i," LOT
» peri,peschi, susini . 15.245 . . . 50,453
» nespole del dig e a,
» «pelto.. Ad i. 73
SB. SOMER et CARUANA GATTO. — Zora Metitensis nova. È
18 COLTIVAZIONI, VEGETAZIONE
In Gozo In Malta
Piante di agrumi . . . . . 30.168 . . . 1.510
» melagrano . . . . 19.054 . . . 1.410
wW. Hio-.-- 580.196... . . 563.032
» fichi d'India in Malta e Gozo 133.764 divisi quasi
ugualmente fra le due isole.
In questo censimento non sono comprese le piante che si tro-
vano frequentemente nei cortili delle case di campagna, e non
è fatta menzione alcuna dei mandorli di cui si può calcolare
approssimativamente che esistono 10.000 nelle due isole. Le cifre
sopra riportate devono essere assai cambiate dal 1901 in poi,
segnatamente per quanto riguarda le viti che sono notevolmente
aumentate, e gli agrumi che sono diminuiti a causa della /cerya
Purchasi.
Si può calcolare inoltre che vi sono circa 75.000 alberi pian-
tati in giardini pubblici, lungo le vie ecc. (Pinus Halepensis,
Cupressus sempervirens, Aîlantus, Melia, Phytolacca dioica,
Schinus terebinthaefolius, oleandri, lecci, tamarici ecc.). A
questi vanno aggiunti non meno di 2000 palmizi, fra i quali
circa 500 palme da datteri i cui frutti, sebbene maturino, salvo
poche eccezioni non sono mangiabili.
Nonostante questo, una delle prime cose che colpiscono chi
visita le Isole Maltesi è la scarsezza degli alberi e la prevalenza
del nudo sasso. Boschi, macchie e parchi estesi non vi sono ;
roccia e pietre sembrano predominanti dappertutto, anche più
di quanto lo siano in realtà, perchè essendo tutti i campi e
giardini cinti da muri a secco, ed essendo questi per lo più divisi
e suddivisi in piccole aree, ad una certa distanza, specialmente
dove il terreno è in pendio, e dove quindi i campi sono a ter-
razze, chi è in basso non vede altro che la successione monotona
e uniforme di questi muri.
Della antica vegetazione arborea che va sempre più scompa-
rendo! si trovano soltanto rare tracce nel fondo di alcune valli
fresche come quelle di /m/afileb, Bahria, Gneina, Ghain il
Gbira e Ghirghenti, dove si vedono ancora pochi salci ed alcuni
pioppi, e sulle pendici rocciose di Ta Ba/du e Ballut dove per-
! CARUANA Gatto, Piante indigene Maltesi scomparse o che scom-
pariscono. (Vedi bibliografia).
VEGETAZIONE 19
sistono in piccole quantità i lecci. Anche i frutici e suffrutici si
trovano oramai quasi esclusivamente o sulle pareti inaccessibili
delle rupi marittime o sui declivi delle valli, ed anche qui vanno
sempre più diminuendo dinanzi alla voracità delle capre ed alla
stolida distruzione del contadino che li adopra come combustibile.
Il paesaggio botanico è molto diverso nei mesi in cui cade la
pioggia ed in quelli durante i quali la pioggia manca quasi del
tutto. Vedendo di Agosto il brullo ed arso aspetto delle polverose
campagne, nessuno potrebbe credere di quanta ridente vegeta-
zione esse sieno capaci dopo la caduta delle pioggie.
Boschi, macchie, estesi giardini e piantagioni di alberi, come
dissi, non vi sono, ma un po’ dappertutto in campagna si vede in
ogni stagione il sempre-verde cupo dei carrubi, coi rami quasi .
sempre adagiati sulla terra, il verde glauco delle opunzie ad-
dossate ai casolari o ai muri a secco, cui si aggiunge in estate
il fogliame dei fichi ed in minore quantità dei melagrani e dei
mandorli piantati a ridosso dei muri e delle abitazioni campestri.
Quantunque in estate le nostre isole appaiano riarse ed aride,
non si può dire che manchino del tutto di vegetazione. Così
dopo la mietitura, in Maggio e Giugno, mentre si schiudono i
fiori gialli delle opunzie e quelli vermigli dei melagrani, men-
tre lungo le strade il Aentrophyllum lanatum e le Cartina
involucrata e lanata tutte impolverate aprono le loro calatidi,
fino a Settembre, nei campi si vedono il cotone, il sesamo, i
pomidori e nei campi freschi il granturco, i cocomeri, i poponi
e le zucche; ed in mezzo a queste piante vegetano, variamente
associate secondo le località, buon numero di piante arvensi.
‘| Allora fioriscono, nei luoghi rocciosi: Scilla maritima, Cen-
taurea Nicaeensis, Orsinia camphorata, Capparis rupestris,
Asperula longiflora e in fondo alle valli più umide e fresche
quali Im/ahleb, Ghirghenti ece.: Epilobium Tournefortii e par-
viflorum, Pulicaria dysenterica, Mentha rotundifolia, Teu-
crium scordioides, Pdnicum repens e colonum, Samolus Va-
lerandi, Veronica Anagallis, varie Carex, Arundo Pliniana,
Rubus Dalmaticus. Nei luoghi salsi marittimi fioriscono: Ery-
thraea spicata, le Atriplex, le Salsola e le Suaeda ; nelle spiaggie
arenose: Ambrosia maritima, Pancratium maritimum, Psam-
ma arenaria, Euphorbia Paralios e Terracina. Sulle rupi ma-
20 VEGETAZIONE
rittime la Cineraria maritima si ricopre di fiori gialli e l'Inwula
crithmoides, il Crithmum maritimum e le Statice sono in pieno
fiore.
Le prime pioggie di Settembre cambiano repentinamente
V aspetto delle campagne. La terra bagnata e olente di quel-
l’odore che le viene dall’assorbimento dell’acqua al seguito del
sollione, dopo pochi giorni incomincia a coprirsi del tenero verde
delle graminacee, urticacee, composte e di altre piante di facile
germogliamento, e delle nuove foglie di molte specie peren-
nanti. Spuntano nei luoghi rocciosi i fiori del Narcissus se-
rotinus, della Scilla autummnalis, del Triglochin laxiflorum,
si schiudono i capolini della Carlina gummifera, della Bellis
sylvestris, e si cuoprono di fiori la Safwreja Nepeta, V Inula
viscosa e la comunissima Inula graveolens. Fioriscono ben presto
le Diplotaris viminea ed erucoides, il Leontodon minimum ed
il Muscari parviflorum.
I muschi che durante l'estate avevano accartocciate le loro
fronde ed assunto un colore bruno scuro, si espandono e ri-
prendono il loro abito verde, mentre sulle roccie e sui muri
spiccano più vivaci e nette le tinte dei licheni. Al lichenologo
: le Isole Maltesi offrono un campo dei più interessanti. Il pre-
dominio delle roccie calcaree, l’uso delle pietre anzi che dei
. mattoni nelle costruzioni d’ogni sorta, il modo stesso di fabbri-
‘care le case a terrazza, fa sì che i licheni saxicoli sono di una
abbondanza del tutto straordinaria. E così le rupi di corallino
superiore si vedono coperte di Dirina repanda, Roccella tinc-
toria, Physcia parietina var. aureola e d’altre specie comuni.
Le roccie, i muri, i bastioni di calcare a globigerina sono ad-
dirittura tappezzati di varie Verrucaria, Lecanora, Opegra-
pha, Caloplaca, Diphratora, Toninia, che si cuoprono e si so-
vrappongono, specie dal lato Nord, mentre le piattaforme delle |
terrazze sono letteralmente coperte dalle Aspicilia, Verrucaria,
Physcia e sopratutto dalle Lecanora circinata e gatactina,
che per il loro candore spesso somigliano a larghe chiazze di
neve. I tronchi poi dei carrubi sono per lo più coperti di Di-
rina Ceratoniae, mentre gli agrumi, gli ailanti, i pini ecc.,
danno una messe interessantissima di Arthonia, Opegrapha,
Pertusaria, Lecanora ecc., e gli incavi nelle roccie sono’ spesso
tappezzati di Collema, Leplogium e di altri omeolicheni.
VEGETAZIONE i 21
Subentrato l’autunno, col continuare delle pioggie, nelle loca-
lità rocciose sugli altipiani al di là di Notabile, fioriscono il
| Crocus longiflorus, il Colchicum Bertolonii e i fiori del Ra-
nunculus bullatus spandono il loro grato odore in tutte le spia-
nate rocciose e ruderali, fino presso la Valletta. Fioriscono pure
il carrubio, l’ellera, la Spiranthes autumnalis, e il Ranunculus
bullatus che seguita a fiorire fino a Decembre, e cuopre intere
spianate coi suoi fiori gialli. Alla fine di Ottobre o in Novembre,
a seconda dell’epoca in cui si ebbero le prime pioggie, la nota do-
minante è data dalla Diplotaris erucoides che fa biancheggiare
il piano come per una abbondante nevicata. Poco dopo vi si
unisce la Bellis annua, compaiono il giallo della Brassica cam-
pestris e della Calendula arvensis, il rosa vivace della Silene
sericea, e dovunque sulle roccie s’incominciono e vedere gli
eleganti racemi dell’AspRodelus microcarpus.
Alla metà di Gennaio compariscono le prime Anemone coro-
naria e l’Adonis microcarpus i cui bei fiori spiccano fra i gio-
vani grani e sul verde cupo delle foglie della sulla. Anche questi
fiori vengono colti dai fioraî e venduti in città. Lo Scorpiurus
subvillosus, le Fumaria la Reseda alba e le altre piante di
fioritura precoce si aggiungono alla Diplotaxis erucoides e alla
Brassica campestris, mentre la Silene sericea e la Fedia Cor-
nucopiae formano delle piccole oasi rosee, e dovunque, sui muri,
nei campi, lungo le vie, l Oralis cernua gialleggia in una pro-
fusione che supera quella di tutti gli altri fiori insieme.
Incomincia ora il miglior tempo per raccogliere le varie specie
di muschi e di epatiche. Le Potlia, alcune Barbula, Toriula,
Rhincos stegium, Phascunì, e Fissidens sono già in frutto, e in
mezzo alle mierofite abbondano le Riccia, Tessellina ecc. ;
In Aprile è già difficile trovare parecchie di queste Specie, eu
| altre sono del tutto finite.
Fin da Decembre comincia a fiorire l'Ophrys fan che dura SY}
fino ad Aprile e Maggio, e in Gennaio vi sì Auizinagono: l’Orchis
saccata, VO. lactea e V' Ophrys bombyliflora. È così si giunge
alla metà di Marzo, sempre aumentando il numero delle. fiori-
ture che raggiunge il suo massimo fra quest” epoca e la metà di
Maggio, venendo in fiore quasi i nove decimi di tutte le specie. >
Allora nei giardini gli agrumi si cuoprono di fiori, e nei campi
pr ‘edomina il rosso intenso della saga mentre | in mezzo Ano più
292 VEGETAZIONE
sta e fra i cereali fiorisce la legione delle piante arvensi. Nei
luoghi ruderali l'Urica pilulifera si alza spesso ben più di un
metro, e il Silybum Marianum, la Notobasis Syriaca e l’Ono-
pordon Sibthorpianum formano dei gruppi ancora più alti, men-
tre il Carduus marmoratus, seguito più tardi dal C. pycnoce-
phalus insieme alla Galactites tomentosa si vedono in gran
copia lungo le strade, sugli argini ed in tutti i luoghi incolti.
Alla fine di Maggio e in Giugno le pioggie sono quasi del tutto
cessate, e la maggior parte delle specie hanno compiuto il loro
ciclo vegetativo. Dopo la mietitura che si suol fare fra Maggio
e Giugno, tra le stoppie non compariscono che Zypericum eri
spum, Heliotropium Europaeum, Conyza ambigua, Delphi-
nium halteratum, Verbascum sinuatum, Crozophora tinctoria,
Linaria spuria, commutata e Elatine, Chenopodium olidum,
Andrachne telephiifolia; Convolvulus arvensis, Euphorbia pi-
nea, Chamaesyce e Aleppica, Cynodon Daclylon e Mentha Pu-
legium.
Come stazioni si possono distinguere, a grandi tratti, l'arvense,
la ruderale, i terreni rocciosi denudati con i piccoli incavi entro
i quali si raccoglie l’acqua piovana d'inverno, il fondo fresco è
umido delle valli e le loro pareti rocciose, le rupi marine, le
spiagge marine, i ruscelli, gli stillicidî, i luoghi paludosi.
| La stazione arvense con relativa flora più o meno ubiquista
è di gran lunga la più estesa, i terreni coltivati occupando più
di metà della superficie delle Isole Maltesi. Vengono. poi i ter-
rani rocciosi, per lo più pianeggianti, battuti dai venti, denu-
dati ed aridi. Essi occupano la maggior parte dell’area che non
è messa in coltura. In Malta essi s'incontrano principalmente dai
lati O., N. O. e N., mentre in Gozo ed in Comino hanno il pre-
. dominio assoluto. Le piante più caratteristiche di questa stazione
sono: Thymus capitatus, Orsinia camphorata, Inula viscosa,
Anthyllis Hermanniae, Cichorium spinosum, Euphorbia Spi-
nosa, Characias e dendroides, Asphodelus ramosus, Sedum
Nicaeense, gli Helianthemum, i Cistus, e meno comuni Rula
bracleosa e Periploca levigata. Dove su questi piani rocciosi
si accumula un pò di terra, alta per lo più pochi centimetri,
vegeta abbondante la microflora di piante piccole per loro na-
tura, 0 di dimensioni ridotte per la natura del terreno, quali :
Bellis annua, Cerastium glomeratum, Biscutella didyma, St-
VEGETAZIONE 93
lene sericea, Alsine tenvifolia, Stellaria media, Erodium cicu-
tarium, Tordylium Apulum, Sherardia arvensis, Callipeltis
muralis, Vaillantia muralis, Plantago Coronopus e Psyllium,
Tillaca muscosa, Evax pygmaea, Campanula Erinus, Meli-
lotus sulcatus, Euphorbia peploîides e exigua, Anagailis arven-
sis, Rumesx bucephalophorus, Linum striclum e Gallicum,
Sideritis Romana, Asteriscus aquaticus, varî Trifolium, Ana
themis Urvilleana, Erythraea pulchella, Chlora perfoliata,
Draba verna, Echium arenarium, Lepturus incurvatus, Scle-
ropoa rigida, Catapodium Siculum, Brachypodium distachyum,
Poa annua, Trisetum aureum e tante altre che presentano
più o meno marcato il fenomeno del ‘nanismo; ed insieme ad
esse alcune bulbose o tuberose quali: Ranunculus Dbullatus,
Colchicum Bertolonii, Scilla autumnalis, Allium Chamaemoly
e parciflorum, ì Triglochin, le Romulea e Vl Irîs Sisyrinchium
le cui stelle celesti, nelle ore meridiane in Aprile, sono il mag-
giore ornamento di quei piani brulli. È questa una ben magra
vegetazione, ma pure l'industrioso contadino Maltese trova modo
di trarne qualche profitto portandovi le sue pecore a pascolare;
e contribuendo cosi a rendere quei terreni ancora più brulli.
Molte sono le valli fresche in fondo alle quali scorre un ru-
scello, che costituiscono una stazione molto caratteristica. Le
principali in Malta sono Uied Babu, ÙUied Gherzuma, Ghain
il Gbira, Ghirghenti, Gneina, Imtahleb, Ta Baldu, ÙUted In-
cita, San Martin, ed in Gozo Xlendi, Uied ir Rihan, Migiarro,
Pergla, Migiar. Scini.
Nel loro fondo e sulle loro pareti, nei luoghi soltiniti alla col-
tura ed alla devastazione delle capre, nell'aria umida e calda,
al riparo dei venti, si sviluppa una vegetazione rigogliosa di cui
non può farsi idea chi ha visto soltanto gli altipiani rocciosi
nudi e i campi circondati da muri a secco fra i quali serpeg-
giano le strade polverose. Là si trovano: Clematis cirrhosa,
Pistacia Lentiscus, Coronilla Valentina, Psoralea bituminosa,
Rubia peregrina, Crataegus oxyacantha e Ruscinonensis, Ro-
smarinus officinalis, Rhamnus oleoîdes, Lonicera implexa,
Hedera Helix, Erica multifiora, Convolvulus oleaefolius, Phio-
mis fruticosa, Smilax aspera, Asparagus aphyllus, Prasium
majus, Teucrium flavum e fruticans, Polygonum Persicaria
Ficus Carica, Pirus communis, Antirrhinum majus e Sicu-
24 VEGETAZIONE
lum, Celsia Cretica, Salix alba e pedicellata, Populus alba e più
rare: Anagyris foetida, Rosa sempervirens e Gallica, Myrtus
communis, Melissa officinalis, Colocasia antiquorum, ed altre
piante, alcune delle quali ho citate a proposito delle epoche di
fioritura, tutte specie che in questi luoghi hanno trovato rifugio.
Più speciali delle rupi marine sono: Crucianella rupestris,
Hypericum Aegyptiacum, Daucus Gingidium, Silene sedoides,
Matthiola încana, Inula crithmoides, Crithmum maritimum,
Cineraria maritima, Suaeda fruticosa, Centaurea crassifolia,
le Statice e poche altre rupicole amanti dello spruzzo marino.
Ivi, in luoghi inaccessibili, si vedono pure talvolta, nati sponta-
neamente, il fico d’India, il melagrano e il fico.
Le spiaggie marine arenose sono rare e poco estese. A Malta
ne troviamo a Gneina, Ghadira, Marfa, San Tumnas, ed in
Gozo a Ramla e a Marsalforno. Lì trovansi le piante pretta-
mente psammofile marine quali: Ambrosiu maritima, Convol-
vulus Soldanella, Euphorbia Paralios, Echinophora spinosa,
Galilea mucronata, Pancratium maritimum, Medicago ma-
rina, Orlaya maritima, Triplachne nitens ecc.
Nei ruscelli e sulle loro sponde si vedono Nasturtium offici-
nale, Helosciadium nodifloruin, Enanthe globulosa. Pochi assai
sono gli stillicidî dove crescono Samolus Valerandi, Adiantum
Capillus Veneris, Grammitis leptophylla, ecc., ed assai ridotti
in oggi i luoghi paludosi salsi, la cui vegetazione di Juncws ma4-
rilimus, I. acutus, Salsola, Atriplex ecc. va sempre più scom-
parendo.
Stazione caratteristica sono poi, qui come a Lampedusa, le
pozze d’acqua che si formano negli incavi della roccia, e che
d'autunno albergano una prima flora di Triglochin laxiflorum,
Scilla autumnalis, Diplotaxis viminea e Ranuncutus bullatus,
per aa poi RAFA piove e rimanere così durante l’in-
verno, versifolius, Damasonium, Cal-
litriche e Zannichellia. Più tar di, diminuendo l’acqua, insieme ai
Nostoc, Collema e Leptogium, danno origine a una flora ora
di Bulliarda Vaillantii, Juncus bufonius var. pumilio, Elatine
Gussonei ed ora di Sedum coeruleum, Lythrum Graefferi @
Hyssopifolia secondo il rispettivo grado di umidità; e infine,
dopo una ultima fioritura di Mentha Pudegiune, si disseccano —
ANDE
VEGETAZIONE, ESPLORAZIONE BOTANICA 25
Vanno ancora rammentate, come stazioni abbastanza distinte,
“i muri a secco sui quali crescono Parzetaria, Umbilicus, Aspa-
ragus-aphylius, Geranium Robertianum ed alcune piante rupe-
stri; ed i terrazzi delle case sui quali allignano alcune anemo-
core. Sugli estesi bastioni e muri delle fortezze poi, crescono in
quantità le piante arvensi ed alcune rupestri come Maéthiola
incana, Senecio Cineraria, Capparis, Orsinia ecc.
A. CARUANA GATTO.
Esplorazione botanica delle Isole Maltesi
I botanici che hanno esplorato le Isole Maltesi ed illustrato da
sè le loro raccolte si trovano citati, con notizie sommarie sul
contenuto dei loro scritti, nella bibliografia alla quale dedichiamo
più oltre un capitolo speciale. Essi sono, in ordine cronologico:
Raccolsero piante e scrissero della Flora Maltese :
BoNnamico, Maltese (1670). !
BocconE, Palermitano (1674-1697).
CAVALLINI, Maltese (1689).
FoRSKAAL, Svedese (1775). — Le sue piante, per la maggior
parte almeno, trovansi nel Museo botanico di Copenaga. .
GIACINTO (HyacInTHUS), Genovese (1806-1825).
DumoNnT D'URVILLE, Francese (1822). —— Le sue piante si leo: i
vano nell’Istituto botanico di Caen e nel Muséum di Parigi.
ZERAFA (ZERAPHA), Maltese (1827-1831).
BRUNNER, Svizzero (1828). |
BRENNER, Svedese (1838).
NyYMAN, Svedese (1844-1845).
AQUILINA, Maltese (1848).
ì Le data ad ogni autore, sono o quell dei loro seritti | concernenti
la Flora Maltese. co
a a ESPLORAZIONE BOTANICA
GrEcH DELICATA, Maltese (1849-1853). — Le sue piante. si
conservano ancora in parte nell’ Erbario Universitario di Val-
letta. Alcune trovansi pure nell’Erbario Centrale di Firenze.
Gavino GuLia, Maltese (1855-1888). — Anche di Gavino Gulia
si trovano piante nell’Erbario di Valletta ed in quello Centrale
di Firenze.
CLEGHORN, Inglese (1869),
MeEpLYcoTT, Inglese (1870).
DuTHIE, Inglese (1872-1875). — Molte delle sue piante trovansi -
nell’Erbario Centrale e nell’erbario di uno di noi (S. S.) a Firenze;
| ma la collezione principale è nell’Erbario di Kew a Londra.
Alcune si conservano pure nell’Erbario Universitario di Valletta.
Daveau, Francese (1876).
Visitor (pseudonimo), Inglese (1880).
ARMITAGE, Inglese (1889). — Le sue piante Maltesi si trovano,
in parte almeno, nell’Erbario Generale di Roma.
HensLow, Inglese (1890-91).
DeBoNo, Maltese (1890).
CARUANA GATTO, Maltese (1890-1912). — Le piante da esso rac-
colte trovansi nel suo erbario privato a Valletta.
GoDpFERY, Inglese (1892).
SoMmMIER, Fiorentino (1906-1911). — Le piante da esso raccolte
nelle Isole Maltesi si trovano nel suo erbario privato a Firenze.
Bor, Maltese (1909). Le sne piante trovansi nel suo erbario
privato in Malta.
Fra questi, fino al tempo nostro più contribuirono alla cono-
scenza della Flora Maltese indigena:
Bonamico che scrisse la prima flora di Malta (pubblicata poi
da Cavallini); — Zerafa al quale si deve la prima flora Maltese
con nomenclatura Linneana; — Grech Delicata che ampliò con-
siderevolmente quella flora, disponendola in ordine naturale,
ne corresse parecchi errori e ne escluse le piante coltivate che
Zerafa aveva menzionate promiscuamente con le indigene; —
Gavino Gulia che pubblicò in quadri analitici una parte delle fa-
miglie fanerogame Maltesi; — infine Duthie che aggiunse un
numero considerevole di fanerogame a quelle sino allora note di
queste isole, e particolarmente di Gozo, Comino e Cominotto.
. Ma oltre ai botanici sopra citati che illustrarono le proprie
raccolte, molti sono coloro che, o soggiornando in Malta, o tran-
ESPLORAZIONE BOTANICA oi
sitandovi per andare in parti più meridionali o più orientali, vi
hanno raccolto piante, e le hanno conservate nei proprî erbarî
o le hanno date in Malta a Zerafa a Delicata o a Gulia, o man-
date a botanici di loro relazione, come per es. a Linneo, Bertoloni,
Gussone, Tenore, Cosson, Parlatore, Todaro. Queste piante in
parte sono state menzionate in lavori generali o monografici di
varî autori, ma in parte giacciono ancora ignorate in erbarî pub-
blici o privati.
Diamo qui appresso un elenco di quei raccoglitori di piante
Maltesi che non hanno pubblicato alcunchè in proposito, ma di
cui ci fu dato vedere delle piante in qualche erbario, o trovare i
nomi citati in lavori di altri. Non abbiamo, ben inteso, affatto
la pretesa che questo elenco, unito a quello dato alla pagina
precedente, comprenda tutti quelli che hanno raccolto piante
nelle Isole Maltesi. Notiamo anzi che, nel consultare erbarî an-
tichi, come ad esempio quello Webb a Firenze, abbiamo incon-.
trato delle piante Maltesi di cui non conosciamo il raccoglitore
perchè sulle etichette non trovasi altra indicazione che « Malta ».
Raccolsero piante Maltesi ma non ne scrissero :
BaLANSA BENOIT, Francese. — Fra le piante distribuite nelle
sue exsiccala intitolate « Plantes d’Orient » se ne trovano al-
cune di Malta.
BICKNELL CLARENCE, Inglese. — Visitò Malta nel Gennaio 1910
e raccolse piante che in parte ci comunicò.
CapET DE FonTENAY, Francese. — Citato per Malta nel Pro-
dromo di De Candolle e nella Flora Orientalis di Boissier. Di lui
si trovano piante Maltesi nei grandi erbarî.
CaLcARA PieTRO, Palermitano. — Trovasi citato nella Flora
Italiana di Parlatore e successori. Le sue piante si conservano
nell’Orto botanico di Palermo e molte si trovano pure nell'Er-
bario Centrale di Firenze. Delicata, nella Flora Melitensis (Pre-
fazione p. xIv), cita Calcara fra i botanici che visitarono Malta.
senza scriverne.
D’ALBERTIS ENRICO, Genovese. — Raccolse nel 1879 delle al-
ghe marine che furono studiate da Piccone.
DonaLpson J., Inglese. — Chirurgo maggiore dell’ esercito in-
glese, soggiornò 5 anni in Valletta, dedicando i suoi ozî allo studio
28 ESPLORAZIONE BOTANICA
della flora Maltese. Fu spesso compagno di gite di Gavino Gulia.
Si trovano alcune sue piante nell’Erbario Universitario di Malta.
DJurBERG F. A., fi. — Sappiamo da Wikstròm (op. cit. nella
nostra bibliografia, p. 63 in nota) che questo medico della regia
marina svedese visitò Malta nel 1823 e ne riportò una collezione
di piante che trovasi nel Museo. botanico della R. Accademia
delle Scienze di Stocolma.
(FAaUcoNNET, Svizzero). — Béguinot (Malpighia XXI p. 261)
menziona delle Romulee Maltesi dell’Erbario Fauconnet, conser-
vate nell’Erbario Delessert a Ginevra. Sembra però che queste
piante furono raccolte da altri e mandate in cambio al Faucon-
. net, probabilmente dallo Schlumberger, poichè, da quanto ci
scrive il conservatore dell’ Erbario Delessert, il Fauconnet non
fu mai a Malta. o
FEILDEN H. W., Inglese. — Menzionato da Gavino Gulia come
suo compagno di gite botaniche.
FIGARI ANTONIO, Genovese. — Abbiamo visto nell’Erbario Cen-
trale di Firenze qualche pianta di Malta mandata a Parlatore
da Figari Bey nel 1867, raccolta probabilmente durante una sosta
fatta in quest'isola nel recarsi in Egitto.
GrIMa MicHELANGELO, medico Maltese. — Verso il 1770 inviò
alla Società Botanica e di Storia Naturale di Cortona, della quale
era Aggregato, un erbario di specie Gaulo-Melitensi. (Seconda
| Gavino Gulia, Orazione di laurea).
| Gussone GIOVANNI, Napoletano. — Bertoloni (Ann. di Storia
— nat. tomo I p. 262) scrive nel 1829 che Gussone, l’anno avanti,
| aveva preso a perlustrare Malta, Lampedusa ecc., e (tomo II p. 360)
menziona qualche pianta di Malta che gli fu mandata da Gussone.
Gussone stesso nella Synopsis FI. Sic. II p. 92 dice di avere
raccolto a Malta il Thymus microphylius e (p. 451) di avere
mandato a De Candolle la Jasonia glutinosa di quest'isola. Egli
stesso però non illustrò le sue collezioni Maltesi, e Delicata non
“lo menziona neppure fra i botanici che erborizzarono a Malta. di
Hanson Rev. H. e moglie, Inglesi. — Menzionati da Gavino
Gulia.
- HARTMAN |. F., Svedese — Manzionale da Delicata in Prefa-
| zione alla FI. Melitensis.
JANKA VicToRr, Ungherese. — Fu a Malta nel 1874. e.vi race -
colse delle piante che trovansi in varî erbarî, con etichette sulle.
ESPLORAZIONE BOTANICA 29
quali è stampato « Iter Italo-Melitense » e di cui alcune sono
citate da Gulia. Egli stesso non scrisse nulla di Malta (vedi
bibliografia). \
KeERR Lord WALTER, Ammiraglio Inglese. — Raccolse pulite
nel 1890-1892.
KRALIK Lou1s, Francese. — Menzionato da Delicata in Pre-
fazione p. xIv fra i botanici che visitarono Malta senza scri-
verne.
KRAUSE GOTTLIEB ApoLF, Tedesco, — Si conservano nell’Er-
bario del Museo botanico di Berlino delle piante raccolte nella
primavera del 1882 dal Krause, noto per le sue erborazioni in
Libia. Sono però poche, come ci conferma il Prof. Ascherson.
Ligassi IGNAZIO, Siciliano. — Questo padre gesuita dimorò lun-
gamente in Malta da dove mandò a Todaro buon numero di piante
che si conservano nell’ Erbario Palermitano.
Locano GroreIo, Maltese. — Citato da Delicata (Pref. p. xI)
come compagno di Forskaal nelle sue erborazioni a Malta.
MARTENS G. M., Tedesco. — Citato da Parlatore « Les Collections
botaniques du Musée de Florence 1874 » p. 36, come botanico di
cui esistono piante di Malta nell’ Erbario Webb.
Narpucci MurMURO, Maltese. — Citato da Boccone nel 1697,
per avergli mandato piante di Gozo.
NaupI A., Maltese. — Botanico allievo di Giacinto. È da questi
menzionato come suo collaboratore, ma non ci consta che vi
siano scritti suoi sulla flora Maltese.
PAROLINI ALBERTO, Veneto. — Deve essersi fermato a Malta
andando in Grecia e nell’Asia Minore. Bertoloni nella Flora Ita-
lica vol. II p. 144 dice di avere ricevuto da lui la Crucianetla
rupestris di Malta, e vol. VII p. 312, l'Hypericum «Eguptiacum
di Malta e di Comino. .
PERRY WICKHAM, della regia marina luglose, — Citato da Ga-
vino Gulia.
PickERING J. P., Inglese. — Citato da Delicata (Prefazione
p. XIV).
PoRTELLI V. D., Maltese. — Aquilina (op. cit. in bibliografia)
dice che il Dott. Portelli fece alla Societa Medica d’Incoraggia-
mento di Malta delle letture sulla flora Maltese. Non conosciamo
altrimenti questo Portelli.
RAULIN tito. Francese. - Trovansi nell’Erbario del Mu-.
30 ESPLORAZIONE BOTANICA
séum di Parigi dalle piante raccolte a Malta dal Raulin, autore
della « Description physique de l’Ile de Créte ». È probabile che
egli si sia fermato occasionalmente a Malta andando a Creta.
READE OswaLD, Inglese. — Farmacista. Erborizzò con uno di
noi (C. G.) e Godfery dal 1892 al 1896.
RicHarD A., Francese. — Si trovano nell’Erbario Centrale di
Firenze alcune piante raccolte a Malta da questo botanico, autore
del « Tentamen Florae Abyssinicae ». Egli probabilmente avrà
fatto scalo a Malta andando in Abissinia.
RUHMER GUSTAF FERDINAND, Tedesco. — Si conservano nell’Er-
bario del Museo di Berlino delle piante raccolte a Malta nel Di-
cembre 1882 dal Ruhmer, nella fermata di pochi giorni che fece
recandosi a Tripoli. Esse però, come ci informa il Prof. Ascher-
son, non sono numerose,
SCHLUMBERGER DANIEL. — Raccolse a Malta. nel 1842 delle
piante di cui alcune si conservano nell’Erbario dell'Orto bota-
nico di Palermo, in quello Delessert a Ginevra, in quello Bur-
nat a Vevey, ed in altri erbarî, e che trovansi talvolta citate
in Lojacono Flora Sicala ed in altri lavori.
ScHWEINFORTH Giorgio, di Riga. — L’illustre botanico s0g-
giornò in Malta come egli stesso ci informa, nell'inverno del
1871-2, e vi raccolse delle piante che trovansi nel suo erbario
privato, depositate nell’Orto botanico di Berlino. Alcune trovansi
citate in qualche monografia.
SICKENBERG E., Tedesco. — Raccolse a Malta, nella primavera
del 1876, dei muschi che vennero pubblicati da Baur. Raccolse
allora pure delle fanerogame che trovansi in diversi grandi er-
barî (per esempio in quelli di De Candolle, di Delessert e di Bois-
sier) e di cui alcune sono citate in lavori monografici.
SPENCER JAMES Sig."* M., Americana. — La Signora Spencer
erborizzò a Malta nei mesi di Marzo e Aprile degli anni 1894
e 1895. Le sue piante sono destinate all’Oberlin College Ohio,
negli Stati Uniti d'America, ma alcune si trovano in erbarî pri-
vati ed anche in quello Centrale di Firenze.
TaUBERT P. H. W., Tedesco. — Questo botanico, recandosi in
Libia per incarico di W. Barbey nel 1887, si fermò a Malta
nei mesi di Gennaio e Febbraio, e vi raccolse piante che devono
trovarsi negli Erbarî Boissier-Barbey. Qualcuna trovasi anche
‘| nell’Erbario Centrale di Firenze.
ESPLORAZIONE BOTANICA 31
THURET G., Francese. — Si trovano nell’Erbario del Muséum
di Parigi piante di Malta raccolte da Raulin e Thuret.
(Toparo AgostINo, Palermitano). — Trovansi molte piante di
Malta in varî erbarî, sulle cui etichette è scritto Calcara Todaro.
Quest'ultimo però non ci consta che sia mai stato a Malta. Egli
non fece altro che distribuire piante Maltesi avute da Calcara e
da Libassi.
TOSCANELLI VITTORIA, Italiana. — La Signora Toscanelli rac-
colse a Malta, nell’Ottobre del 1878, delle alghe marine che sono
intercalate nel suo erbario algologico da essa legato all'Istituto
botanico di Firenze. Abbiamo fatto lo spoglio dell’ Erbario Tosca-
nelli e possiamo quindi citare tutte le specie determinate, da
essa raccolte a Malta.
WRIGHT C., Inglese. — Naturalista che abitò lungamente in
Malta e scrisse varie memorie zoologiche. E citato da Gulia per
avergli fornito alcune piante interessanti. Cleghorn scrisse che
il Wright aveva delle belle collezioni di piante e di animali
delle Isole Maltesi.
ZAMMIT GIUSEPPE, Maltese. — Fondatore, nel 1675, dell'Orto
botanico di Valletta, è citato da Boccone nel 1697 per avergli
mandato piante da Malta. È citato pure da Cavallini nel Pu-
gillus e da Gulia nell’ Vragione di laurea. Mori nel 1740 alla età
di 94 anni.
Vi furono altri botanici di questo nome, poichè, un i secolo dopo
la fondazione dell’Orto botanico di Valletta, il De Borch (vedi
bibliografia) in una lettera datata da Malta del 28 Dicembre 1776,
scrive che vi era allora in Malta « un fameux médecin du pays,
qui joignant des connaissances chimiques aux botaniques, et.
l’expérience à la théorie, a opéré des prodiges à ce qu'on dit.
.Zamit, C'est son nom, ecc. ».
32 L'ORTO È L'ERBARIO UNIV. DI VALLETTA
L’Orto botanico e l’ Erbario Universitario
di Valletta
Nel 1675, fondata |’ Università di Malta dal Gran Maestro Ni-
cola Cottoner, venne nominato professore di botanica il Maltese
Giuseppe Zammit, monaco dell'Ordine Gerosolimitano e medico
rinomato. Per cura dello Zammit sorse allora a Valletta, nei fos-
sati del forte di Sant’ Elmo, un Orto botanico il quale però venne
abbandonato dopo la morte del suo fondatore avvenuta nel 1740.
L'attuale Orto botanico, situato nel suburbio di Valletta detto
Floriana, venne fondato soltanto nel 1805 dal Genovese Padre
. Giacinto (Hyacinthus), chiamato ad occupare la cattedra di bo-
tanica dal primo Governatore inglese Sir Alexander Ball. Al
Giacinto succedettero nella direzione dell'Orto i professori S. Ze-
rafa, Grech Delicata, Gavino Gulia, e ? finalmente F. Debono, sotto
la cui direzione trovasi tutt’ ora.
L’Erbario nel quale furono collocate le piante raccolte e ri-
cevute dai successivi titolari della cattedra di botanica, conser-
vasi nei locali della Università in Valletta. Esso però è in pes-
sime condizioni, e rappresenta evidentemente soltanto un residuo
di quello che fu; ed anche quanto resta è spesso inutilizzabile
per trasposizioni o perdita di etichette, o perchè le piante sono
tanto guaste da non essere riconoscibili. È molto deplorevole
che non vi si trovino più in stato determinabile altro che re-
lativamente poche delle piante di Delicata e di Gulia, e pochis-
sime di Giacinto e di Zerafa, e che quindi non vi sia modo di
controllare l’esattezza di molti dei nomi che trovansi nei lavori
di questi autori, e si rimanga incerti sulla presenza di non po-
che specie nella nostra fiora.
Non v'è dubbio che adesso gli erbarî nei quali sono meglio
rappresentate le piante di Malta sono i nostri due erbarî per-
sonali, e dopo di essi quello Centrale di Firenze dove trovansi
piante di Grech Delicata, di Gulia, di Duthie e di varî altri
botanici, e quello del Dott. Giovanni Borg di Malta.
BIBLIOGRAFIA
Diamo qui l’elenco dei lavori contenenti informazioni sulla
flora delle Isole Maltesi, tralasciando alcune flore generali, al-
cune monografie ed altre opere dove trovansi citate piante Mal-
tesi solo occasionalmente.
Abela Commendatore Fra Gio. Francesco. — Descrizione
di Malta con le sue csc ed altre notitie. P. Bonacota.
Malta 1647.
A pag. 121 troviamo la prima menzione del Cynomorium coccineum
nelle Isole Maltesi. L'Autore lo chiama « un’ herba che tira al ver-
miglio, non dissimile nel di fuori, et in quanto alla forma a i finoc-
chi marini. » Dice che si trova unicamente sullo scoglio chiamato
Hagira tal gernal di faccia a Cala Dueira in Gozo, e che è rimedio
sovrano contro la dissenteria.
Aquilina G. G. — Di alcune piante Maltesi delte volgarmente
selvatiche che possono servire di nutrimento all'uomo. Memo-
ria letta alla Società Medica d’Incoraggiamento di Malta. In 8°
di 15 pag. Malta 1848.
L’Autore, medico Maltese, a proposito della carestia del 1847,
. enumera molte piante crescenti selvatiche a Malta, che potrebbero,
in caso di bisogno, servire di nutrimento, ma che il contadino
Maltese non conosce. Questo lavoro non contiene alcuna osserva-
zione originale
spo
Aquilina, Zerafa e Delicata. — Osservazioni Botanico-200-
logiche. Atti della Soc. Medica d’Incoraggiamento. Malta 1843.
Sotto questa rubrica si trova indicata la fioritura delle piante Mal-
tesi più comuni per ogni singolo mese.
Ardissone Francesco. — Phycologia Mediterranea. Due vo-
lumi in 8° grande di 516 e 324 pag. Varese 1883 e 1886.
Sono citate alcune specie di alghe marine delle Isole Maltesi.
8. SOMMIER et CARUANA GATTO. — Zora Melitensis nova. — 8
34 BIBLIOGRAFIA
Ardissone Francesco. — Note alla Phycologia mediterranea.
Rendiconti del R. Istituto Lombardo, Serie II, vol. XXVI, fasc. XVII.
Estratto di 17 pag. Milano 1898.
Menziona come raccolte a Malta 10 alghe marine.
Ardissone Francesco. — Rivista delle alghe mediterranee.
Rendiconti del R. Istituto Lombardo, Serie II, vol. XXXIX, da
p. 156 a p. 176. Milano 1906.
Indica Ectocarpus confervoides Le Jol. come raccolto a Malta.
Armitage E. — Appunti sulla Flora dell’ Isola di Malta. Bull.
della Soc. bot. ital. 1889, da p. 495 a p. 500. Firenze 1889.
In questo scritto l'Autore comunica le osservazioni floristiche fatte
da lui durante un soggiorno di 4 mesi in Malta, nell'inverno 1888-89.
Cita le piante più caratteristiche delle cinque stazioni principali
che egli distingue nelle Isole Maltesi e che sono: 1° Coltivato,
vie ecc.; 2° rupi e vallate sassose; 3° coste precipitose del S. E. ;
40 spiaggie del lato N. E.; 5° depessaioni superficiali che si trvvalio
dappertutto dove il sasso tag si scopre in strati quasi orizzontali.
Infine dà l’elenco di 33 specie trovate dopo la pubblicazione della
Flora Melitensis di Grech Delicata e che quindi, salvo alcune pub-
blicate da Duthie e da Gulia, erano ancora inedite per la Flora
Maltese
Il rev. Armitage fu ancora a Malta nel 1891, ed erborizzò di nuovo
con uno di noi (C. G.); ma intorno alle sue raccolte in questa se-
‘conda visita non scrisse nulla.
Badger G. Percy. — MHistorical Guide to Malta and Gozo,
improved and augmented by N. Zammir M. D. Sesta edizione,
in 16”° piccolo di 320 pag. Malta 1879. La prima edizione era
del 1838.
La parte I° è la storia di Malta. La parte II° è intitolata : De-
scription of Malta together with a brief outline of its productions, cli-
mate, language ecc. Questa parte contiene un capitolo intitolato Bo-
tany scritto da P. pre iii nella sesta edizione quale
«era nella prima (vedi Bren è
Il lavoro di Badger è e da Delicata (Prefaz. XIII) col titolo
di « Description of Malta and Gozo »
BaRTH (IL) GazETTA DI MEDICINA E ScIiENZE NATURALI di GA-
vino GuLia. In 8°. Tipografia del Corriere. Valletta 1871-1877.
Di questa pubblicazione sono comparsi due soli volumi. Il I° (1871-
74) è diviso in 3 annate (anno 1°, 20 e 8°), e va da pag. 1a p. 544.
Il II° (1875-77) è diviso in due annate (anno 4° e 5°). L’anno 4° va
BIBLIOGRAFIA 35
da p. 1 a p. 156. L’anno 5° che ricomincia con p. l e va fino a p. 20,
non contiene alcun articolo botanico
In questa pubblicazione, che è oggi molto difficile a procurarsi,
trovansi molti articoli botanici di Gavino Gulia e uno di Duthie,
.che citiamo sotto i nomi dei loro autori.
Baur Wilh. — Beitréige zur Laubmoosflora der Insel Malta.
senno 1891, da p. 217 a p. 219. Dresden 1891.
1esta nota è stata riprodotta in Inglese col titolo di A contribution
to sh Moss Flora of Malta in Mediterranean Naturalist, vol. I, N. 10,
da p. 151 a p. 152. Valletta 1892.
È l'elenco di 85 specie di muschi e cinque varietà, raccolte a Malta
nella primavera del 1876 dal prof. E. Sickenberger, allora residente
al Cairo, e determinate da W. Baur di Karlsruhe e da C. Miller di
Halle. Per ogni specie sono indicati i luoghi dove fu raccolta. Il
Baur nota la mancanza di rappresentanti dei generi Grimmia e Or-
thotrichum.
Béguinot A. — Diagnoses Romulearum novarum vel minus
cognitarum. Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 327. Leipzig 1907.
Viene descritta la nuova specie Romulea Melitensis.
Béguinot Augusto. — Revisione delle Romulea dell’Erbario
Delessert. Annuaire du Conservatoire et du Jardin botaniques
de Genève, 11° et 12° année, p: 144-163. Genève 1908. !
Sono citate le Romulea di Malta raccolte dallo Schlumberger e
conservate a Ginevra nell’Erbario Delessert.
Béguinot Augusto. — Revisione monografica del genere
Romulea Maratti. Malpighia, vol. XXI-XXII. Genova 1908-9.
Nella parte II (Enumerazione ed illustrazione sistematica), l’Au-
tore cita tutte le specie di Romulee note delle Isole Maltany e dà
una più ampia descrizione della R. Melitensis.
Béguinot A — Vedi Fiori.
Bertoloni Antonio. — Il rimanente. del discorso. sopra la Li
- storia ed i progressi della botanica insulare italiana. Annali -
di Storia naturale, tomo I. Bologna 18 1829. sr
|A p. 261 l’Autore dice poche parole di Boccone, Cavallini e Zorafa, ui
come illustratori della Flora Maltese, i
l’anno La pi « preso a perlustrare e Malta, e > Lampedusa e; 2
Bertoloni loni Antonio. _ Florae Melilensis Thesaurus sive plan-
;- . tarum atti ue in Melitae Gaulosque insulis aqui. in ni 3
36 BIBLIOGRAFIA
digenae, aut vulgatissimae occurrunt ecc. Curante Stephano
Zerapha Med. Doct. Fasc. 1°. Annali di St. nat., tomo II. Bo-
logna 1829.
In questa rassegna del primo fascicolo del Thesaurus di Zerafa,
Bertoloni riporta il nome di 62 delle specie indigene, e di 24 specie
‘esotiche citate in quel fascicolo. A causa del modo promiscuo nel
quale Zerafa enumera le piante indigene e le esotiche coltivate nei
giardini Maltesi, Bertoloni è caduto in alcuni errori, citando come |
indigena qualche specie esotica, ad esempio Anredera vesiculosa €
Asclepias fruticosa.
A p. 859 trovasi la descrizione della Centaurea crassifolia e sono
‘esposte le ragioni per le quali Bertoloni sostituisce questo nome a
quello di C. spathulata dato alla nuova specie da Zerafa.
A p. 360 è data la descrizione di Hypericum Aegyptiacum, ed a
p. 362 quella di Orsinia camphorata, con le ragioni per le quali Ber-
toloni toglie ieri ieLicsa specie dal genere Inu/a al quale era stata
riferita da Ze
Bertoloni Antonio. — Flora Italica, sistens plantas in Italia
el ininsulis circumstantibus sponte nascentes. Dieci volumi in 8°.
Bologna 1833-54,
Sono pochissime le specie citate per Malta in questa opera, perchè
Bertoloni menzionava soltanto le piante, che egli possedeva nel suo
erbario. Nel vol. XI (Flora Italica cryptogama) non è menzionata
alcuna pianta Maltese.
Boccone Paulus. — Icones et descriptiones rariorum plan-
tarum Siciliae, Melitae, Galliae et Italiae quarum unaquaeque
proprio charactere signata, ab aliis ejusdem classis facile di-
slinguiigi Auctore Paulo Boccone Panormitano Siculo Sere-
missimi Magni Hetruriae Ducis olim Botanico. In 8° di 96 pa-
gine con tavole. E theatro Sheldoniano, Oxoniae 1674.
In questo lavoro del celebre monaco botanico, si trovano descritte
e figurate quattro piante Maltesi: Jasonia glutinosa, Centaurea Meli. —
tensis, ion reticulata e Cynomorium coccineum
‘ Come risulta da quanto scrive egli stesso, Bacvonà non solo rice-
vette piante da Malta, ma visitò in persona questa isola.
Boccone Don Paulo Gentiluomo di Palermo, Botanico del Sere-
nissimo Gran Duca di Toscana, Collega dell’Accademia Cesareo
Leopoldina Naturae Curiosorum: ed al presente Don SILVIO
Boccone Monaco del Sacro Ordine Cistercense della Provincia.
di Sicilia. — Museo di piante rare della Sicilia, appa Corsica, ;
BIBLIOGRAFIA dé.
Italia, Piemonte e Germania. In 4° di 194 pag. con tavole.
Venetia 1697.
Di Malta sono citate quattro sole piante: Glaux altera palustre,
rghum
Halepense Pers.) e Asplenium lucidum, undulato Pimpinellae olio: Me-
litensis (= Asplenium marinum L
Della prima specie dice di averla raccolta da sè. Il Milium peregrinum
dice di averlo avuto dal « Capellano Fra Giuseppe Zammit, Medico
di molta riputazione, » e l’Asplenium lucidum dal « Signor Narduccio
Murmuro, Speziale il quale è dimorato molti anni nell'Isola del
».
Boccone Don Paulo. — Museo di fisica e di esperienze, va-
riato e decorato di osservazioni naturali, note medicinali, e
Ragionamenti secondo î Principij de Moderni. In 4° di 319 pag.
con tavole. Venetia 1697.
L’Osservazione duodecima (p. 69) è intitolata « Intorno al Fungus
Typhoides, coccineus, tuberosus Melitensis ». Vi è di nuovo descritto
il Cynomorium coccineum, e ne è data una nuova figura (Tab. 1 p. 56).
È detto come questa pianta, creduta da prima speciale a Malta, fosse
poi stata trovata nell'isola di Favignana, nelle saline di Trapani e
nel vicino isolotto del Ronciglio, a Lampedusa ed a Tunisi, e come
dal 1674 in poi se ne fossero divulgate le proprietà medicinali.
principalmente contro la dissenteria). Dice che fu già menzionata
nel 1647 da Fra G. Abela, Commendatore e Vice Cancelliere dell’Or.
dine dei Maltesi nella sua « Descrizione di Malta con le sue antichità
ed altre notizie », e che il Dottor Giov. Francesco Buonamico, Fra
. Giuseppe Zammit cappellano dell'Ordine Gerosolimitano e medico
dello Spedale, ed altri medici e Apart di Malta ne avevano speri-
mentato Pefficacia, i Ù
Boccone Paolo. — Storia naturale di Maîta. Mantecritio.
Gavino Gulia, nella prefazione al suo Repertorio botanico Maltese,
dice che esiste un lavoro di Boccone con questo titolo, ma che è
rimasto manoscritto. Cleghorn a questa notizia aggiunge che tale
manoscritto conservasi nella Biblioteca pubblica di Malta. Per quante
ricerche ne abbiamo fatte, non ci è riescito trovare traccia di questo
manoscritto di cui del resto non fa menzione Lasa Grech Bellosta DE
il quale cita gli altri lavori di Boccone.
Boisgelin Louis de, Knight of Malta. — Ancient and modern
| Malta containing a full and accurate account of the present
‘. stale of the islands of Malta and Casa n the sati of the
38 BIBLIOGRAFIA
Knights of S* John of Jerusalem ete. Due vol. in 8° grande con
carte ed illustrazioni. London 1805.
Da p. 155 a p. 176 sono dati dei cataloghi di piante Maltesi, che
non portano alcun contributo alla conoscenza della flora di queste
isole, e dai quali si rileva che l’autore non era botanico. Sono ripro-
‘ dotte le descrizioni di Boccone di Conyza Melitensis (Jasonia glutinesa),
Jacea Melitensis (Centaurea), Limonium reticulatum (Statice) e Cynomo-
rium. È poi ripetuto l’elenco delle 326 pianta del Cavallini (Pugillus
Meliteus). Finalmente è riprodotto l'elenco delle 87 piante Maltesi
pubblicate da Forskaal col nome di Florula Melitensis. Da pag. 71
a 74 parla del Cynomorium coccineum e dà una buona riproduzione
della figura di questa pianta pubblicata da Micheli nel Genera planta-
rum. Descrive l'isolotto dove cresce in abbondanza (che chiama Ha-
gira Tal Gernal), il modo originale di accedervi, ele precauzioni prese
per assicurare la proprietà di questa pianta medicinale ai gran Maestri
dell'Ordine Maltese. È data una ricca bibliografia di lavori concer-
nenti Malta a varî punti di vista, anche naturalistici.
Bonamicus Joh. Frane. — De fuco spicato coccineo Melitensi,
planta singularis et rarissima nunc primum curiosis evulgata.
Manoscritto di data ignota, ma anteriore al seguente lavoro.
Tratta del Cynomorium coccineum. Di questo manoscritto si conser-
vano, nella Biblioteca pubblica di Valletta, due copie. In una delle
due, anzichè « De fuco ecc. », è detto: « De fungo Melitensi dissertatio ».
‘ Bonamicus Joh. Franc. — Brevis notitia plantarum quae in
Melitae el. Gaulos insulis observantur. Manoscritto del 1670.
3 Sono enumerate 243 specie di piante (secondo Delicata Flora Meli-
e e | ss,
Giovanni Francesco Bonamico, Buonamico, Bonamici o Buona»
mici,! per quanto sappiamo da Grech Delicata nella prefazione
‘ alla Flora Melitensis p. x, era Maltese, medico e cultore di varie
scienze. Lo rammenta Boccone in «Icones et descr. ecc. » ed:
«Museo di Fisica ecc. » a proposito di piante Maltesi, che Bona-
mico fu primo ad indicargli, e dice di lui che era « Medicus eru-
ditus.... Vir literaram amantissimus » ed altrove scrive « Medico
di lodata ricordanza nella Valletta». Da quanto Boccone scrive della.
| Conyza Melitensis (Jasonia glutinosa) si rileva che il Sirino lo ac-
SERRE, nelle sue Lagoa a Malta nel 1668.
1 Di questo sb vi sono varie lezioni, Boccone, scrivendo in eona lo chiama Bno-
namico. Buonamici roi viene chiamato negli 4 Opuscoli di autori Siciliani, stam-
ti a Palermo nel-1760, vol. XI, p. 105 (Lettera suna dell'origine pri glossopietre» Di
H occhi di serpe ecc. che si cavano va Isole di Malta e di Gozzo). Allora pare che il Buo-
passe fosse Fitesinte siciliano.
BIBLIOGRAFIA 39
La sua dissertazione « De fuco spicato ecc, » è rimasta inedita. Ine-
dita pure è rimasta la sua « Brevis notitia ecc. »; ma essa ha servito
di base al lavoro del Cavallini intitolato « Pugillus Melitensis ecc. ».
Il manoscritto si trova in due copie nella Biblioteca pubblica di
Malta. Trovasene pure una copia manoscritta nella Biblioteca di
South Kensington di Londra, della quale il Sig. J. Britten dà delle
interessanti notizie in Journ. of Botany N.° 495, vol. XLII p. 87-88.
Quella copia porta il titolo: « Joh. Fran. Bonamici De Plantis quae
in Melita et Gaulo observantur ».
Una nota che accompagna questo manoscritto di Londra dice: « Ce
manuscrit est copié sur l’original de l’auteur, qui était dans la bi-
bliothèque du Commandeur de Smitmer (?). Il est è remarquer que
ce petit ouvrage quoiqu’imprimé par Cavallini, et sous son nom,
n’a point été composé par ce médecin mais par Buonamici, comme
le remarque avec raison le père Allegranza (Vita Joh. Franc. Bo-
namici med.). On sait par une lettre datée de la Vallette à Malte
Kal. Sept. 1670, que Buonamici l’avait dédié è rana «Magri
Chanoine de Viterbe ».
Borch le Comte de. — Lettres sur la Sicile et sur lile de
rara écrites pour servir de supplément au voyage en Sicile
et à Malthe de Monsieur Brydonne. Due volumi in 8° di 236
e 256 pag. Turin 1782.
Nella lettera XI scritta a Malta il 28 Dicembre 1776 (I° vol. a
p. 214-15), l'Autore, evidentemente digiuno di conoscenze botaniche,
cita alla rinfusa una cinquantina di piante spontanee e coltivate,
designandole soltanto coi loro nomi francesi. A p. 113 dice che
l’industrioso ed instancabile contadino Maltese andava a prendere
in Sicilia la terra vegetale di cui il vento e le pioggie avevano
denudato l’isola, e cercava di trattenerla là dove l’aveva portata
mediante i muri a secco che intersecano la campagna in tutte. le
direzioni. (Questa fiaba dell’apporto x terra vegetale dalla Sicilia
si trova ripetuto da varî autori). —.
| Nella lettera XII, datata dall’« Ile de Gozzo» 10 Gennaio 1777 (rok Il.
a p. 5), cita alcune piante indigene e coltivate, parla della intro-
duzione dall'Africa della Sulla (Hedysarum coronarium) e della Gui-
guilina (Sesamo) di cui si ritaviscotta il pane e colla “quale si corgir
: olio, A p. 6-7 parla del Fungus M
‘dà, in due tavole, delle buone figure (sotto il nome di Champignons
Astringens de Malthe). Sulla tavola è scritto: « Dessiné par l’Auteur»;
ma la pianta essendo rappresentata in fiore l'Autore, che era a Gozo
al principio di Gennaio, non può averla disegnata dal vero. Dice che
il Gran Maestro dell’Ordine di Malta si era riservato il diritto di
. distribuire questa pianta, allora celebre per le sue virtù medicinali,
_ echea guardia di essa stava un uomo sull’isolotto Rhas el Ginéral
40 ° BIBLIOGRAFIA
sul quale cresce. A pag. 14 dice che il prodotto principale dell’isola
è il cotone, dopo il quale vengono il frumento, le fave, la canna
da zucchero e l’allevamento del pollame e degli animali da macello.
Borg J. — Gumming.The Daily Malta Chronicle. Malta 6 April
1896.
Il dott: Giovanni Borg, Maltese, attualmente direttore dei Giar-
dini pubblici di Malta, parla in questo scritto dei danni prodotti
negli aranci dal Fusarium (Fusisporium) Limoni.
Borg J. — The Rose-mildew. The daily Malta Chronicle.
Malta 19 December 1898. i
L’Autore parla dei danni prodotti nei rosaî dalla Sphaerotheca
pannosa.
Borg G. — /! Biedja « il Mara tal agrumi fil Gzejer Ta-
ghuna. In 8° di 110 pag. Valletta 1899.
L’Autore tratta delle varietà degli agrumi, della loro coltivazione
e delle loro malattie dovute a vegetali e ad animali.
‘ Borg G. — Report on the Sant Antonio gardens and sugges-
tions for improvements in the same. In 4° di 19 pag. Malta 1900.
Viene rilevato lo stato dei giardini annessi al palazzo di S. An-
tonio, e sono dati dei suggerimenti per migliorarli.
Borg G. — Diseases of the Orange tree and their treatment.
In 8° di 38 pag. Valletta 1901.
Parlasi delle malattie delle ia d’arancio e del loro trattamento.
Borg G. — The periodical phenomena of plant life in Malta.
The Daily Malta Chronicle, 14 e 15 April 1908. Valletta 1908.
Sono alcune osservazioni sulla vita vegetativa di varie piante in-
digene in relazione alle stagioni e alle stazioni, Nel primo articolo
sì tratta delle fanerogame, nel secondo delle cellulari e di alcuni
alberi.
Borg G. — Nuove stazioni della « Melitella pusilla Somm. » D
nell'isola di Malta. — Bullett. della Soc. bot. ital. 1909, p. 102.
Firenze 1909.
L'Autore annunzia di avere trovata abbondante in una località di
Malta questa specie che fino allora era stata segnalata soltanto al
Gozo. Propone il nome di var. laciniata per la forma a capolini più
grandi, ed a foglie più profondamente roncinate.
BIBLIOGRAFIA dl
Borg G. — Roses. Notes on Gardening, p. 42. Valietta 1910.
Si parla di funghi parassiti delle rose.
Borg J. — Remains of the prehistoric Flora of Malta. Archi-
vum Melitense, Bullettino della Società Storico-Scientifica Maltese,
vol. I (1910), p. 89-49. Valletta 1911.
L'Autore rammenta che le Isole Maltesi emersero dal mare durante
l’Oligocene, e che facevano allora parte di estese terre che congiunge-
vano la Sicilia all’Africa. Secondo lui la se] ione di Malta dalla Sici-
lia sarebbe avvenuta nel Pliocene, mentre la separazione dall'Africa
risalirebbe soltanto al principio del Quaternario. Da ciò deduce che
laflora delle Isole Maltesi, nell'epoca quaternaria e nei tempi in cui fu-
rono abitate dall'uomo preistorico, doveva essere essenzialmente Afri-
cana, e crede che sarebbe ancora tale, se l’uomo non l’avesse modi-
ficata distruggendo molte specie ed introducendone altre dalla Sicilia
e dal Levante. Cita poi le piante da esso ritenute relitti della flora
quaternaria e preistorica che Malta aveva in comune con l’Africa
settentrionale e con le terre ora sommerse che congiungevano Malta
all’Africa.
Bottini A. — Sulla briologîa delle Isole Italiane. Webbia,
raccolta di scritti botanici edita da Ugolino RA vol. II, da
p. 345 a p. 402. Firenze 1907.
Da p. a p. 870 sono elencati tutti i una allora conosciuti
delle Isole Maltesi.
Brenner P. — Botany, in Badger, Historical Guide to Malta
and Gozo. Description of Malta. Sesta edizione. Malta 1879. La
prima edizione è del 1838.
Badger informa, in una nota, che il capitolo intitolato PRE (dap. 10 i
a p. 74 della 6* edizione) gli venne fornito da Brenner, il quale molto
si occupò della Flora Maltese, talchè, dice, sarebbe desiderabile
che si pubblicassero tutte le sue osservazioni. In questo capitolo .
(che è rimasto quale era nella prima edizione) Brenner descrive
brevemente l’aspetto floristico di Malta nelle varie stagioni, e cita
alcune delle piante più caratteristiche. Valuta il totale delle fane-
rogame a circa 700. Rileva la scarsità delle piante arenicole, la pre
ponderanza della famiglia delle Bauiliomente: e la ricchezza dei sazia #0
Trifolium ed Euphorbia. ;
Briffa John. — On Ctrysaninenanms. Notes. on pe
in Malta, p. 59-60. Valletta 1910. a.
(DE ape dei danni sind nei Crisantemi da fanghi part. n
"49 BIBLIOGRAFIA
Brizi Ugo. — Note di briologia italiana. Malpighia, anno IV,
p. 262. Genova 1890-91.
Insieme a muschi d’altra provenienza ne sono citati 6 di Malta,
raccolti ita uno di noi (C. G.). i
Briickmann (1747). — Vedi Cavallini.
Brunner S. — Streifzug durch das Ostliche Ligurien, Elba,
die Osthiiste Siciliens und Malta, zuntchst in Bezug auf
Pflanzenkunde im Sommer 1826 untermommen. In 8° piccolo
di 336 pag. Winterthur 1828.
Questo racconto di viaggio del medico di Berna Brunner, da p. 256
a p. 326 è dedicato a Malta. Vi sono rammentate molte delle piante
che vi si coltivavano per uso tanto economico quanto ornamentale,
ma delia flora indigena è detto ben poco. A p. 811 l'Autore parla
del Cynomorium coccineum L. A p. 315 della coltura del cotone. Allora
pare che la patata non fosse un articolo di commercio per Malta
come oggi. A p. 513 racconta, come il De Borch, che viene portata
la terra vegetale a Malta dai bastimenti come zavorra. A p. 319 parla
dei botanici che scrissero di Malta: Lagusi,! Cavallini, Forskaal, Boc-
cone, e cita i loro lavori. Parla in molti punti, e specialmente a
p. 300, del frate Scalzo padre Giacinto (che designa soltanto col nome
di padre Carlo), allora Professore di botanica alla Università di Val-
letta e Direttore di quel Giardino botanico; a p. 320 parla anche di
Naudi e di Zerafa.
‘Da p. 288 a p. 290 sono SE alcuni dati dieteotalegioi.
> i “Piste. — aggio di bibliografia floristica della
| Sicilia e delle isole adiacenti. I° Parte. Nuov. Giorn. bot. ital.
(Nuov. Ser.) vol. XV, da p. 93 a p. 178. Firenze 1908. I° Parte.
Ibid. vol. XVII, da p. 529 a 562. Firenze 1910.
Nella Parte I*, da p. 169 a I71 è data la bibliografia botanica fanero-
| gamica delle Isole Maltesi. Sono elencati 35 lavori di 25 autori. Errato
è il N°, 764 (p. 170) dove citasi un lavoro di Duthie sulla flora del
Monte Generoso che è in provincia di Como, e non ha quindi che
vedere con la flora Maltese. — Nella Parte II* (crittogamica) i lavori
che contengono piante di Malta non sono tenuti distinti da quelli
. nei quali Malta non è citata.
1 LAGUSI, diede Italo-Siculo. Palermo 1745. In tutta l’opera di Lagusi però, Malta.
viene rammentata soltanto a proposito di due piante, Antsum (p. 17) e Cuminum syI-
| vestre (p. i di cui dis pad si coltivano in Malta.
; BIBLIOGRAFIA i 43
Caruana Gatto Alfredo. — Di alcune pianie rare indigene;
nuove varielà e località delle medesime. Il Naturalista Maltese,
anno I, p. 7-8. Malta 1890.
Sono ricordate le osservazioni botaniche fatte dall’Autore in com-
pagnia del sig. Henslow in una serie di escursioni nell'inverno e
nella primavera del 1890.
Caruana Gatto Alfredo. — Liliacee Maltesi. — Loro enume-
razione. — Osservazioni ed aggiunte, Il Naturalista Maltese,
anno I, p. 16-18. Valletta 1890.
Dopo alcune osservazioni generali sulle Liliacee di Malta, è dato
l'elenco delle piante di questa famiglia (comprendendovi le aspara-
gacee e le colchicaceae) fino allora conosciute delle Isole Maltesi.
Caruana Gatto Alfredo. — Nole botaniche. Il Naturalista
Maltese, anno I 1890, p. 38-39. Malta 1890.
L’Autore rammenta come Armitage, nei suoi appunti sulla Flora
di Malta, abbia espresso l’idea che la grande diffusione di Owalis cernua
sia stata causa della diminuzione di Linaria Cymbalaria e di Oxalis
corniculata. Mentre consente che la enorme moltiplicazione di Oralis
cernua abbia dovuto necessariamente cagionare il deperimento e la
diminuzione di molte altre piante indigene nei luoghi invasi da essa,
dimostra come tra queste specie non sieno da annoverare la Linaria
ymbalaria e la Oralis corniculata.
Caruana Gatto Alfredo. — Rare occurrence of Ophrys api-
fera in Malta. The Mediterranean Naturalist, vol. I, p. 52-53.
Malta 1891
L’A. nota il rinvenimento di questa specie da Armitage in Gneina
e da Lord Kerr in Imtahleb e Boschetto, e da lui cogne ssa a Lord t i
Kerr in gran numero a Fiddien in Aprile 1891.
Caruana Gatto Alfredo. — The « Fungus Melitensis di: "The -
inecpanizi gni ‘Naturalist, vol. I, p. 127-129. Malta 1892.
| È data una breve storia del Cynomorium coccineum ed è parlato SE
delle sue stazioni in Malta e Gozo. %
Caruana Gatto Alfredo. È Athinton and colour variation in LA
ui Maltese wild flowers. — The Mediterranean Naturalist, vol. IL E
p. 276-277. Malta 1892. i
I casi di albinismo osservati in piante s'sbigioi sono. riportati di
Cna divisi secondo i colori normali delle soa ca a eo:
44 BIBLIOGRAFIA
Caruana Gatto Alfredo. — No/es for the month. The Mediterr.
Naturalist., vol. II, p. 322-323. Malta, 1893.
Sono alcune osservazioni fenologiche per il mese di Febbraio.
Caruana Gatto Alfredo. — The vegetation of the house ter-
races of Malta. The Mediterranean Naturalist, vol. II, p. 341-
342. Malta, 1893.
Sono menzionate varie specie di fanerogame e crittogame raccolte
sulle terrazze delle case in Malta.
Caruana Gatto Alfredo. — Dello stato presente delle nostre
cognizioni sulla vegetazione Maltese. — Atti del Congresso bo-
tanico internazionale di Genova del 1892. In 8° grande di 583
pag., da p. 170 a p. 178. Genova 1893.
Sono ricordati i botanici che si occuparono della flora Maltese, ven-
gono citati i loro lavori ed è rilevato che, se lo studio delle fane-
rogame era abbastanza progredito, assolutamente rudimentale era
quello delle crittogame. Sono enumerate le 8 pteridofite raccolte
dall’Autore, e viene accennato ad alcuni dei caratteri più salienti
della flora Maltese.
Caruana Gatto Alfredo. — Di a/cune piante indigene scom-
parse 0 non ritrovate pù a Malta. — Archivum Melitense,
Bullettino della Soc. Storico-Scientifica Maltese, vol. I, da p. 203
a p. 208. Malta 1913.
L’Autore cita alcune piante di cui non v’ è dubbio che esistessero
in Malta ai tempi di Delicata e di cui è certa la scomparsa per mu-
tate condizioni ecologiche. Cita poi molte specie indicate da Delicata
e da Gulia che non sono state ritrovate dopo di loro, o perchè
indicate erroneamente da questi autori, o perchè saga rare, o infine
perchè veramente scomparse.
Caruana Gatto A. — The Fauna and Flora of the Maltese
Islands. The Daily Malta Chronicle. Special siibiano at April 1913,
p. 8-0. Malta 1913.
s È dato uno sguardo generale alla flora Maltota, alle stazioni ed
alle fioriture, e sono nominate alcune delle piante più notevoli sotto
uno od altro riguardo. Sono pure citati alcuni dei lavori che trat-
tano della flora Maltese.
Caruel Teodoro. Vedi Parlatore.
Ca vallini Frid. Philipp. Melitensis Medicus ac Philosophus.
_ Duni Meliteus seu Herbarum omnium in insula Melita Sa
BIBLIOGRAFIA 45
ejusque districtis enascentium perbrevis enumeratio. Romae
1689. Typis J. B. Melo.
Questo scritto, che fa parte del lavoro del Cavallini intitolato Brevis
Enumeratio plantarum praesenti anno a Sapientiae Rom. p. simplicium
professore ostensarum, è riprodotto in una lettera diretta a Linneo da
riickmann nel 1747, e pubblicata in una raccolta di lettere col titolo
di) Epistola itineraria LXII exhibens Plantas Melitenses, ad Dominum
Carolum Linnaeum ecc. ecc, Rei herbariae hodiernae phosphorum ece. ecc.
(in 8°, da p. 674 a p. 691). Il Briickmann dice che questo seritto è
rarissimo anche dai libraî d’Italia, e per questo ne manda una co-
pia manoscritta a Linneo. È un elenco di 326 specie designate come
usava in quel tempo, e quindi difficili, spesso anzi impossibili a iden-
tificare. Questo elenco trovasi riprodotto nella « Ancient and modern
Malta » di Boisgelin
Da Grech Tioliuata (Flor. Melit. p. x) sappiamo che il lavoro del
Cavallini non è altro che la « Brevis Notitia ecc. » che Bonamico
lasciò inedita, e che Cavallini pubblicò come sua, senza fare men-
zione di Bonamico, allungandone solo la prefazione, ed aggiungen-
dovi ottantatre specie.
Cavallini, allievo di Zammit, era Maltese, medico e frate Geroso-
limitano.
Cleghorn H. — Notes on the Botany and Agriculture of
Malta and Sicily. Transactions and Proceedings of the botanical
Society, seduta dell’ 11 Marzo 1869, p. 106-139. (Di Malta è par
lato da p. 106 a 123). Edinburgh 1869.
L'Autore che soggiornò in Malta i mesi di Dicembre 1867 e Gen-
naio e Febbraio 1868, ne dà una breve descrizione, con piccoli elenchi
di piante, coltivate e indigene, osservate în varie parti dell'Isola.
Fra le indigene non ve ne è alcuna che non si trovasse già citata.
nella Flora Melitensis di Delicata. Da p. 112 a p. 114 sono date delle
notizie bibliografiche, quasi per intero tolte dalla stessa Flora Me-
litensis.
Cooke John. J. — Maltese Mosses. The Mediterranean Na
turalist, vol. I, p. 174. Malta, 1892.
L'Autore cita i 6 muschi di Malta indicati da Brizi en « a
ghia », in aggiunta a quelli dati da Sickenberger in Baur.
Daveau J. — Excursion è Malte et en Cyrenaique. Bulletin
‘de la Société Botanique de France, vol. 23. Paris 1876. |,
| L'Autore (oggi conservatore degli erbarî dell’ Istituto botanico di
Montpellier) che si fermò in Malta alcuni giorni avanti di recarsi in
Li branca nelle pag. n e 18 dà delle brevissime 1 notizie va pes 7
46 BIBLIOGRAFIA
zione dell’isola ed un elenco di 57 piante indigene da esso raccolte, che
divide nelle tre categorie seguenti: 1° endroits humides; 2° murs,
roches, en un mot, les lieux secs et pierreux; 80 chains incultes
et laissés en jachère
Nota che il solo tomnagio dell'isola è V'/Hedysarum coronarium. Os-
serva che il suolo è in gran parte formato di calcare marnoso, ma
che si trova in alcune parti dell’isola la stessa argilla ferruginosa
che esiste nel Marocco, in Algeria e in Cirenaica
Le 57 piante di cui dà i nomi erano tutte sigla citate da altri
in lavori precedenti.
Debono F. — Flora analitica Maltese. Il Naturalista Maltese,
Rivista di Scienze Naturali, anno I, p. 4-7. Malta 1890.
L'Autore, attuale direttore dell'Orto botanico di Valletta, e pro-
fessore di botanica nell’ Università, ha pubblicato, sotto questo ti-
tolo il quadro analitico dall’ordine delle Ranunculacee, al quale do-
vevano tener dietro gli altri ordini, ma che non ha avuto seguito.
Delicata. — Vedi Grech e Aquilina.
Dolomieu. — Storia naturale di Malta.
De Borch (I p. 209) e Boisgelin (I p. xxt1) parlano di questa Storia na-
turale di Malta che il Dolomieu (o D'Olomieux) stava scrivendo. Non
sappiamo però che essa sia mai stata pubblicata ; nè sappiamo se ne
sia stato conservato il manoscritto. Di Dolomieu, distinto geologo e
mineralogo francese, che fece parte per breve tempo dell’ Ordine di
Malta, esiste un lavoro su Malta stampato a Parigi ed intitolato :
Sur La, Dia du climat de Malte.
nt D’Urville J. — Enumeratio pluntarum quas în
insulis Arcipelagi aut littoribus Ponti Euxini anniîs 1819 et
1820 collegit atque detescit. In 8° picc. di vini e 135 pag. (Estr. da |
Mémoires de la Société Linnéenne de Paris, vol. 1). Parisiis 1822: s-
L’Autore, ufficiale della marina francese, dedicò i suoi ozî nei porti,
durante due crociere in Oriente nel 1819 e 1820, allo studio delle
. piante, e pubblicò il risultato delle sue stende in questo lavoro.
A Malta pare che fosse alla fine di Aprile 1819. Quest’isola è mén-
zionata per 43 delle 907 piante vascolari enumerate da D'Urville. | 5
È descritta in questo lavoro per la prima volta la Micromeria mi-
crophylla col nome di T'hymus mierophyllus. 10
Duthie J. F. — Notes on the Flora of Malta and Gozo. The: i o |
Journal of Botany British and foreign, 1872, p. 206-210. Lon- .
don 1872.
Premesse alcune generalità sulla flora di Malta, l'Autore (che fa 1
poi Direttore del ano bonne dell'India acri
BIBLIOGRAFIA 47
dà un elenco ragionato delle piante vascolari osservate durante il
suo soggiorno di 5 mesi d’inverno e di primavera, 1871-72, nelle
isole di Malta e Gozo. Fra queste, 11 erano nuove per l’Arcipelago
Maltese, 3 nuove per Malta e 4 nuove per Gozo.
Nella nostra Flora indichiamo questo lavoro con Duthie I.
Duthie J. F. — On the botany of the Maltese islands in 1874.
Parte 1*. The Journal of Botany British and foreign 1874, p. 321-
326. Parte 2° Ibid. 1875, p. 36-42. London 1874 e 1875.
Dopo un nuovo soggiorno a Malta e Gozo nei mesi di Marzo e
Aprile del 1874, l'Autore espone il frutto delle sue ricerche botaniche
nell'Arcipelago Maltese. Nella parte I* descrive le località da lui più
particolarmente esplorate, ed enumera, per le principali tra esse, le
piante che vi si trovano. A p. 326 dà l’elenco completo delle specie
osservate nell’isoletta di Cominotto in Aprile.
Nella Parte Il2a è dato un elenco di piante raccolte nel 1874. In
questo secondo elenco, 25 specie sono indicate come nuove per l’Ar-
cipelago Maltese e 9 come nuove per Gozo. Aggiungendo queste a
quelle della nota precedente, sono 36 specie nuove per l’Arcipelago,
13 nuove per Gozo, e 4 per Malta trovate dall'’Autore, cosicchè il
Duthie è, dei botanici stranieri, quello che ha portato il maggior
contributo alla conoscenza della flora Maltese
Nella nostra Flora indichiamo con Duthie II la parte 1° di questo
lavoro e con Duthie III la parte 2a,
Duthie J. F: — Notes on the flora of the Islands of Malta,
Gozo, Comino and Cominotto and localities for some of the
more interesting species collected during the months of March
and April 1874. Barth, vol. I, p. 542-44. Valletta 1875.
Le piante che sono qui citate in ordine alfabetico, si trovano quasi
tutte negli scritti di Duthie stampati nel Journal of Botany. Per
ciò nella nostra Flora citiamo questo lavoro (Duthie in Barth) sol-
tanto per le poche specie che mancano negli altri lavori di Duthie
o vi figurano sotto altro nome, o per quelle che msn ga lo-
calità diversa o qualche osservazione degna di n
Fiori Adriano e collaboratori Paoletti e Wii — Flora
analitica d'Italia, 4 volumi in 8° grande (comprendenti un Sp Sor
pendice). Padova 1896-1908. i
Si trova spesso citata Malta per le specie meno comuni. Nella pre-
fazione, a pag. LXX11, sono date poche generalità pula char del di. i
Stretto Maltese,
.._ Forskaal Petrus. — Flora sii di sive Sp]
tiones a quas per Egyptum oe et Arabiam °°
48 i BIBLIOGRAFIA
felicem detexit et illustravit. — Post mortem auctoris edidit
Carsten Niebuhr. In 4° di 32, cxXVL, e 220 pag. Hauniae 1775.
Al principio del suo viaggio, il botanico Svedese Forskaal fece un
breve soggiorno nell’Isola di Malta di cui sono dette poche parole
nella prefazione a p. 7-8. L’elenco delle 87 piante ivi raccolte (spe-
cialmente presso Le Saline), è dato a p. xtI-xIv, col titolo di Fora
Melitensis. Qualcuna però di queste specie è coltivata, e qualcuna
è di dubbia interpretazione. La pubblicazione del lavoro di Forskaal
fu fatta dopo la sua morte, dal suo compagno di viaggio Niebuhr.
L'elenco delle 87 piante di Forskaal è riprodotto nella « Ancient and
Modern Malta » di Boisgelin.
Le piante di Forskaal si conservano nell'Istituto Botanico di Co-
penaga, il cui Direttore, Frof. Ranukiaer, ci ha gentilmente for-
nito alcune informazioni su quelle Maltesi.
Giacinto Padre Carlo, Carmelitano Scalzo. — Saggio dî agri-
cottura per le Isole di Malta e del Gozo. Malta 1811 e Messina
presso Giovanni Del Nobolo 1811.
È un trattato di agricoltura come era praticata allora in Malta,
scritto con molta competenza e che rimane fin ad oggi, si può ben
dire, l’unico del suo genere. Qua e là l'Autore menziona qualche
pianta indigena. Così dice che il « fungo melitense » Cynomorium coc-
cineum L. non cresce solamente in Gozo, ma anche in Malta, presso
Casale Dingli. Menziona anche Ambrosia maritima, Reseda undulata,
Polygonum aviculare, Arum maculatum, Cyperus longus, Ranunculus Fi-
carîa, Teucrium Chamaedrys, Hedysarum coronarium, Hypericum per-
foratum, come specie dalle quali si può distinguere la qualità del
terreno. Ma in VIII capitoli e 275 pagine si occupa particolarmente
di agricoltura e orticoltura maltesi.
Giacinto. — Vedi Hyacinthus.
| Godfery M. J. — Botanical Notes. The Mediterranean Natu-
ralist, voi. II, p. 2096-97. Malta 1892.
Sono alcune osservazioni fenologiche fatte nei mesi di Ottobre e
Novembre del 1892.
L'Autore, colonnello nell'esercito inglese, risiedette a Malta dal ù
+].
1891 al 1896 ed erborizzò spesso con uno di noi (C. G
Godwin Rev. G. N. — The geology, botany and natural history
of the Maltese islanas. In 16° di 80 pag. Malta 1880.
Il capitolo II (da p. 17 a 30) è intitolato « Botanical Notes ». Dopo
brevi notizie sui botanici che si occuparono della flora Maltese, l’Au-
tore parla della flora stessa, copiando in parte quello che ne aveva
scritto Brenner e citando alcune pagine di Gulia, prese dall’Alma-
BIBLIOGRAFIA 49
nacco per il 1872. Sono fedelmente copiati tutti gli errori anche
quelli tipografici, onde resulta evidente che la parte botanica è pu-
ramente un lavoro di compilazione.
Grech Delicata. — Plantae Melitae lectae secundum syslema
Candolleanum digestae. Bihang till Wikstròms Bot. Aars. Beràt-
telser om botaniska arbeten och uptàekter for Aaren 1843 och
1844 (Rendiconti dell’Accademia delle Scienze di Stocolma). In
8° piccolo di 15 pag. Stockholm 1849.
Grech Delicata, Maltese, fu professore di botanica a Valletta e
Direttore dell'Orto botanico dal 1859 al 1880.
Il manoscritto di questo lavoro fu mandato dal suo autore a Nyman
e da questo presentato nel 1846 all'Accademia delle Scienze di Sto-
colma, per cura della quale venne pubblicato nel 1849. È un semplice
elenco di 400 specie fanerogame, per lo più senza altra osservazione
che l’epoca di fioritura. Soltanto in fondo al lavoro vi sono alcune
osservazioni intorno a 18 delle specie elencate. Il lavoro di Grech
Delicata è preceduto da una prefazione di J. E. Wikstròm (vedi
Wikstròm).
Abbiamo citato questo lavoro nella nostra Flora soltanto per
quelle specie che Delicata non ha. riportate nella Flora Melitensis,
o ha riportate con altro nome.
Grech Delicata J. C. — Flora Melitensis, sistens stirpes pha-
nerogamas în Melita insulisque adjacentibus hucusque detectas,
secundum systema Vaio digestas. In 8° di xvi e
49 pag. Melita 1853.
Questo è il lavoro più completo che si avesse fin ora sulla flora
Maltese. Vi sono elencate 716 fanerogame con sommarie indicazioni
di località ed epoche di fioritura, e con molti nomi indigeni. Nella
prefazione si trovano delle notizie bibliografiche sulla flora Maltese.
A p. 43 e 44, trovasi, come aggiunta, la nota seguente:
Grech Delicata J. C. — Observationes in nonnullas Plantas,
quae Melitae sponte proveniunt, auctore J.Carolo Grech Delicata
J. U. et M. D. extractae ab opere « Aars-Berettelser om Bota-.
niskha pi och RE, IRE, aren 1843 och 1844. Till
Kongl. Velenskaps na den 31 Mars aaren 1843
och 1844, af Joh. Em. Wihstrom. | Stockholm 1849.
È il titolo delle due pagine sgginne in calce tanto alle Plantae
Melitae lectae quanto alla a Flora Mel di Grech Delicata, contenenti
alcune osservazioni una 18 delle x apnole mentana in au; due
lavori.
S. SOMMIER et CARUANA GATTO. — Z7ora aria ve. 4
50. BIBLIOGRAFIA
Grech Delicata. — Vedi Aquilina.
Gulia Gavino. — Repertorio botanico Mallese contenente î
nomi scientifici colle corrispondenti voci italiane ed inglesi
delle piante, le quali sono în Malta conosciute sotto una popo-
lare denominazione, colla indicazione dei loro usi, delle epoche
delle respettive fasi vegetative, del metodo di perpetuarle, con
alcune altre istruzioni, aggiuntevi la patria loro originaria
e la referenza del sistema Linneano. In 8° di 68 pag., e 10 pag.
di errata corr. e indice. Tip. Laferla. Malta 1855-56.
Gavino Gulia, medico Maltese, fu successore di Grech Delicata
nella cattedra di Botanica e nella direzione dell’Orto
Il titolo stesso di questo suo lavoro indica ini icutaiicnto quale
ne sia il contenuto. Nella prefazione di 4 pagine è tracciato in suc-
cinto la storia della botanica Maltese. Le piante enumerate, un mi-
gliaio circa, sono disposte nell’ordine alfabetico del loro nome maltese.
Al nome vernacolo seguono quello latino, quello italiano e quello
inglese. Perla conoscenza della flora indigena questo «Repertorio »
poco o nulla aggiunge a quello che era già noto per la Flora di
Grech Delicata.
Di questo lavoro trovasi una recensione nel Bullet. Soc, bot. de
France 1857 p. 196
Gulia Gavino. — Repertorio di Storia Naturale contenente la
| nomenclatura scientifica e popolare degli animali e delle piante
che sono conosciuti sotto una denominazione Maltese colla
riferenza ai rispettivi metodi naturali e con varie istruzioni
| sulla generale loro economia. In 8°. Valletta 1858-59.
Questa opera non fu terminata. Si ferma alla p. 246. Il frontespizio
porta la data 1858-59, ma gli ultimi fogli, per quanto ci informa il
figlio dell'Autore, sono del 1862. Come lo dice il titolo, è un elenco di
animali e di piante selvatiche e coltivate, con osservazioni di vario
genere. L’ordine seguito è quello alfabetico dei nomi in lingua
Maltese. Le piante e gli animali sono elencati promiscuamente.
Sos fino alla lettera L.
p. 208-9 sono indicate in nota come « sisi F1. Mel.
porta » sei specie da aggiungere alla flora Maltese
Gulia Gavino. — Stirps Compositarum dine Melitensis
(Malte 28 Mai 1869). Bulletin de la Soc. botanique de France,
tome XVI, séance du 9 Juillet 1869, p. 253-255. Paris 1869.
È un semplice elenco in due pagine delle specie di composte allora —
note delle Isole Maltesi. Per ognuna è indicata la frequenza con:
BIBLIOGRAFIA bI
R. rara, RR. rarissima, C. comune, CC. comunissima. Per le più
rare soltanto sono indicate le località dove furono trovate.
Gulia Gavino. — Maltese Botany. Il Barth, vol. I e II, 1871-77.
Con questo titolo Gulia pubblicava in molte dispense del giornale
scientifico « Il Barth », i quadri analitici di 26 famiglie di fanerogame
Maltesi. Qualora Gulia avesse completato questi quadri analitici,
essi avrebbero costituito una flora Maltese con notevoli aggiunte
a quella di Grech Delicata. Ma l'Autore non ultimò questo lavoro,
e pubblicò soltanto l’elenco di un’altra famiglia, quella delle Compo-
ste, nel Bull. della Soc. Botanica di Francia. Egli stava preparando
il manoscritto di una Flora analitica Maltese quando la morte lo
rapì alla scienza nella immatura età di 54 anni.
Le famiglie pubblicate nel « Barth » sono:
Papaveraceae Vol. I, p. 416. Valerianaceae Vol. I, p. 185.
Cruciferae Vol. I, p. 378-380. —Asclepiadaceae Vol. ‘I, p. 135.
Capparidaceae Vol. I, p. T1. Plantaginaceae Vol. I, p. 19.
Resedaceae Vol. I, p. T1. Labiatae Vol. I, p. 403-404.
Frankeniaceae Vol. I, p. 71. Chenopodiaceae Vol. I, p. 462.
Caryophyllaceae Vol. I,p.16-18. Callitrichaceae Vol. I, p. 116.
Malvaceae Vol. I, p. 59-60. Euphorbiaceae Vol. II, p.10-11.
Hypericaceae Vol. I, p. 107. Salicaceae Vol. II, p. 10.
Geraniaceae Vol. I, p. 48-44. Aristolochiaceae Vol. II, p. 9
Leguminosas Vol. II, p. 30-52. Urticaceae Vol. II, p. 10.
Rosaceae Vol. I, 175-176. Najadaceae Vol. I, > 299.
Crassulaceae Vol. I, p. 417. Orchidaceae Vol. I, p. 283-284.
Mesembryanthemaceae Vol. 2, Liliaceae Vol. I, p. (17419,
. 9-10.
Gulia Gavino. — Flora, e Flora Maltese. Il Compagno per |
tutti durante l’anno 1872 (Almanacco). In 8° PICO, di 193 pag.
"Tipografia Anglo-Maltese. Malta 1872.
_ In questi due capitoli, da p. 64 a p. 72 dell’ diuianibto Maltese
| intitolato « Il Compagno per tutti », Gulia fa un confronto fra la
vini di Gozo e della di Malta, panda, E Luzon numero di piante
ell’una e dall'altro tenia
Nella nostra flora citiamo solo Doe volte questo. ilaria,
‘perchè quasi tutte le specie che vi si trovano sono. menzionate ino
altri lavori dello stesso autore. i .
Gulia Gavino. — - Sopra un caso di avvelenamento per la Da-
5 tura Metel. Il Barth I, p. 85. Valletta 1872.
«Di parla dell’avvelenament to di. quattro ragni che. avevano man-
- giato i frutti della Datura Metel.
52 BIBLIOGRAFIA
Gulia Gavino. — Aggiunta di piante Maltesi alle famiglie
già pubblicate. Il Barth I, p. 134. Valletta 1872.
Sono citate come nuove per la flora Maltese Malva hirsuta Presl
e Polycarpon alsinefolium DC., trovati da Duthie.
Gulia Gavino. — Corrispondenza e Notizie varie. Il Barth I,
p. 152-153. Valletta 1872.
È dato l'estratto di una lettera del Duthie scritta da Firenze, nella
quale sono citati i nomi di alcune piante raccolte dallo stesso Duthie
nelle Isole Maltesi nell'inverno 1871-72, e determinate da Parlatore.
Seguono alcune osservazioni di Gulia sulle piante citate.
Gulia Gavino. — Articolo senza titolo. Il Barth I, p. 421-22.
Valletta 1874.
In questo articolo sono rammentati una parte dei botanici che
raccolsero piante nelle Isole Maltesi e di esse scrissero o mandarono
esemplari a botanici continentali. Più particolarmente si parla di
Duthie, citando alcune delle piante che esso fu il primo a trovare
nelle Isole Maltesi. Si parla poi della visita a Malta di Janka e delle
osservazioni da esso fatte negli erbarî ivi conservati.
Gulia Gavino. — P/lantae lectae in itinere Gaulitano mense
Octobris 1874 a H. W. Feilden et Gavino Gulia. Il Barth I,
p. 463. Valletta 1874.
È un elenco di piante raccolte a Gozo e Comino, con indicazione
di località. Sono citate anche alcune piante di Malta, e due piante
degli scogli Ghallis.
Gulia Gavino. — Piantae lectae in Ghain Mula et Wied
Ghain Rihana, mense Maîi 1875 a J. Donaldson et G. Gulia
med. doctoribus. Il Barth II, p. 9. Valletta 1875.
È l'elenco di 22 piante delle suddette località.
Gulia Gavino. — Notulae botanicae. Il Barth II, pag. 9. Val-
letta 1875.
Sono date le descrizioni di due specie ritenute nuove: Sagina Me-
litensis e Atripler Gussoniana. —
Gulia Gavino. — On the botany of the Maltese Islands in 1874
by J. F. Duthie. Part 2». Il Barth II, p. 9. Valletta 1875.
È una breve rasuagnA del lavoro pubblicato dal Duthie nel Journal:
of Botany.
BIBLIOGRAFIA 53
Gulia Gavino. — La Carlina gummifera detta dai Maltesi
Xeuk tal Miscta. Il Barth II, p. 21-25. Valletta 1875.
È lungamente parlato dell’azione tossica di questa pianta, e della
sua storia.
Gulia Gavino. — Enumeratio aliquarum plantarum quas
vere anni 1876 legerunt J. Donaldsonius et Gavino Gulia în
Insulis Melitensibus. Il Barth II, p. 112. Valletta 1876.
Sono citate 29 specie con indicazione di località.
Gulia Gavino. — / Dott. Donaldson e ta Flora Maltese. 1)
Barth II, p. 134. Valletta 1877.
È un elogio del Dott. Donaldson, il quale durante i cinque anni che
soggiornò in Valletta si occupò con amore della flora Maltese.
Viene rammentato come egli fosse il primo a trovare l’Enarthrocarpus
pterocarpus.
Gulia Gavino. — Flora Italiana. Il Barth I, p. 437, e II, p. 136.
Valletta 1877.
È un annunzio della pubblicazione della 13 e 2a parte del volume V
della Flora Italiana di Parlatore. Viene rammentato come Parlatore
avesse ricevuto piante di Malta da Todaro, Calcara, Grech Delicata,
Duthie, e dallo stesso Gulia che fece dono al Museo di Firenze del-
l’Erbario esposto alla Esposizione Maltese d’industria del 1874, Sono
dati i nomi delle 15 specie Maltesi citate in questa parte del lavoro
di Parlatore.
Gulia Gavino. — Cenni storici dell’ Istruzione superiore
| principalmente della Scuola Medica nei tempi dell’ Ordine.
._—. Orazione di laurea. In 8° di 22 pag. Malta 1886.
Sono citati alcuni dei medici Maltesi she si Dre | di bota-
| nica, fra cui il Grima.
Gulia Gavino. — Malta = Colonial fruit. R. Gardens Kew /
Bulletin of Mievatangone, information, n 2, pi 234-243. sal ce
don 1888.
Premesse e alcune considerazioni sulla fertilità del sato; nai.
| tura e l’arboricoltura a Malta, l'Autore enumera i frutti indigeni
‘eduli, che sono: Rubus discolor, Ficus. Carica, Crataegus Azarolus, —
Crataegus monogyna (mangiato soltanto dai ragazzi e dagli uccelli)
__ Mespilus Germanica, Punica Granatum, Ceratonia Siliqua, Olea Euro-
| paea. Parla Lion delle piante da frutto coltivate in Malta.
D4 BIBLIOGRAFIA
Gulia A. — Piante utili Maltesi. Il Naturalista Maltese, anno
I, p. 15-16. Malta 1890.
L'Autore, dott. Amabile Gulia, fratello di Gavino, in questa nota
parla delle coltivazioni del Cichorium Intybus, e dice che a Malta
la pianta selvatica viene mangiata in insalata, al pari di Leontodon
minimum (Tararacum) e Hyoseris scabra.
Gulia Giovanni. — Prontuario di Storia Naturale, conle-
nente la nomenclatura scientifica coi corrispondenti vocaboli
italiani ed inglesi degli Animali e delle Piante che sono cono-
sciuti sotto una denominazione Maltese. Valletta 1889-90.
Come si rileva dal titolo quasi identico, questo lavoro ha lo stesso
scopo del « Repertorio di Storia Naturale » lasciato interrotto da
Gavino Gulia. L'Autore stesso, figlio di Gavino, in cenni bibliografici
sulla Fauna Maltese, avverte che il suo lavoro contiene parecchie im-
perfezioni che egli intende correggere in una seconda edizione da
venire.
Gulia Giovanni. — Orchidi Maltesi e ioro coltivazione. Il
Naturalista Maltese, anno I°, p. 9-10. Valletta 1890.
Sono ricordati dall’Autore alcune delle specie di Orchidee indi-
gene più degne di essere coltivate. È notato il fatto che in alcuni
anni si vedono in abbondanza certe specie di cui in altri anni si
stenta a trovare un esemplare.
.
ulia Giovanni. — Inforno ad un nuovo habitat della Meli-
tella pusilla Somm.— Bull. della Soc. bot. ital. 1909, p. 67. Fi-
renze 1909.
È detto che il Dott. G. Borg ha trovato la Melitella pusilla a Gozo,
in una località diversa da quella dove fu scoperta.
Gulia Giovanni. — Le Caracee Maltesi. Bull. della Soc. bot.
ital. 1900 p. 68.
Sono citate tre Caracee dell’Arcipelago Maltese. >
Gulia Giovanni. — Elenco delle pleridofite Maltesi. Bull. della
Soc. bot. ital. 1909, p. 220-222. i
Sono elencate 14 specie di pteridofite, e indicate alcune località.
Henslow G. — Maîtese gardens. Gardners Chronicle 1890 I,
p. 447-48 e p. 516. London 1890. :
Il Rev. Giorgio Henslow, professore di Botanica a Londra, che
fece in Malta due soggiorni di varî mesi, dà, in questo scritto, una
breve descrizione dei giardini di Malta e delle piante più cod
che vi si trovano.
BIBLIOGRAFIA 535)
Henslow G. — Decorative wild flowers of Malta. Gardners
Chron. 1890 I, p. 611. London 1890.
L’Autore dà il seguente elenco delle piante selvatiche di Malta
che vengono colte e vendute per uso ornamentale nella città di
Valletta : Acanthus mollis, A. spinosus, Adiantum Cappillu s Veneris,
Anemone coronaria, Antirrhinum majus, A. Siculum, Arundo Donax,
Lio ramosus, Calendula maritima, C. Sicula, Ceratonia Siliqua,
Chrysanthemum coronarium, Crataegus Azarolus, Diplotaris erucoides,
Erica peduncularis, Fedia Cornucopiae, Ferula communis, Cladiolus
segetum, G. communis, Hedysarum coronarium, Muscarî comosum, Iris
Germanica, Matthiola incana, Narcissus Tazetta, Nigella Damascena,
Ophrys fusca, O. bombyliflora, Orchis saccata, O. tridentata, O. pyra-
midalis, O. undulatifolia, Oralis cernua, Pancratium maritimum, Phlo-
mis fruticosa, Reseda alba, Rosmarinus officinalis, Salvia officinalis,
Scilla Sicula, Sempervivum arboreum, Silene sericea, Tordylium Apu-
lum, Tu'ipa PCR Urginea Scilla.
Henslow G. — The natural History of Malta. Abstract of
a lecture delivered before the Society 81% November 1890. In 8°
di 4 pagine.
Dopo brevi cenni sulla Geologia e la forma sulle Isole Maltesi,
l’Autore da non meno brevi cenni sulla flora Maltese.
Henslow G. — On the northern distribution of Oralis cernua
Thunh. Proceedings of the Linnean Soc. of London, Session
1890-91, p. 31-36. London 1891.
L’Autore riassume in questo scritto quanto si sa della introdu-
zione e della diffusione di O. cernua nell’ emisfero boreale, e parla
del trimorfismo di questa specie e della sua riproduzione unicamente
agamica nel bacino mediterraneo. Nella seduta di Aprile 1891 della
Linnean Society (Proceedings p. 9) aveva preannunziato questo suo
scritto, presentando alla Società esemplari di Oralis cernua.
Henslow G. — The Flora of the Maltese Islands. Moatfart
of lecture delivered before the Sena Nat. Science and Microse.
Soc. In 8° piccolo di 6 pag. 1894. v
L’Autore rileva il carattere siciliano della fora, desi a ci
gli elementi prettamente africani. Nota come il numero di generi
sia grande in confronto del numero di specie (?%/, secondo lui).
Parla delle famiglie e dei generi rappresentati da maggior numero
di specie, e ne ricerca le cause. Disti e le sei seguenti stazioni
principali: I° Lungo le vie e terreni incolti; 2° fondo e fianchi non
coltivati delle vallate (Uied); 3° aree rocciose nude incolte; 4° rive
56 BIBLIOGRAFIA
rocciose o arenose del mare; 5° campi coltivati e giardini; 6° acque
e luoghi bagnati. Sono dati piccoli elenchi di piante caratteristiche
di queste sei stazioni.
Hyacinthus Pater F. Carolus Carmelita Excalceatus, Botani-
cae Professor ecc., adjuvantibus Augustino Naudi, et Stephano
Zerafa. — Plantae insularum Melitae, Gaulos, et Lampedosae.
Sei pagine in 8°. Valletta 1825.
Hyacinthus, in italiano Giacinto, era frate scalzo Genovese, e fu
nominato Professore di Botanica all’ Università di Malta nel 1805 da
Sir A. Ball primo Governatore britannico. Il suo « Plantae insularum
Melitae, Gaulos et Lampedosae », scritto in collaborazione con Ste-
fano Zerafa e Agostino Naudi, fa parte di un lavoro intitolato :
« Mezzo stabile di prosperità per le isole di Malta e Gozo » (da p. 37
a p. 42). È un semplice elenco alfabetico di 854 specie fanerogame
e crittogame, indigene ed esotiche, senza indicazione alcuna di lo-
calità, per cui è impossibile rilevare da esso quali siano le spontanee
e quali le coltivate, o se siano dell’Isole Maltesi o di Lampedusa.
E neppure nel lavoro in cui questo elenco figura come appendice,
è data alcuna informazione in proposito. Solamente da Grech Delicata,
Flora Melitensis pag. xI, apprendiamo che tra quelle 854 specie ve
ne sono 357 fanerogame indigene di Malta. Come abbia fatto a sa-
perlo, Delicata non dice.
Dello stessp Autore esiste pure Index plantarum horti botanici Me-
litensis anno 1806 (Melitae 1806), opera che non contiene informa-
zioni sulla flora indigena Maltese.
Hyacinthus — Vedi Giacinto.
Janka Victor. - _ Lellera iaia da « La Valletta auf Malta
13 Juli 1874». @sterr. bot. Zeitschrift 1874, p. 254. Vienna 1874.
Janka soggiornò in Malta alcuni giorni nel Luglio del 1874. In
‘questa lettera il botanico Ungherese dice soltanto di avere erboriz-
zato a Malta in compagnia di Gavino Gulia, e di avere visto fiorita in
varî luoghi la Centaurea crassifolia Bert. Saccardo in « La botanica
in Italia » a p.186 cita Janka fra gli autori che scrissero di Malta. Ma
in nessuno dei lavori citati da Saccardo a p. 91, si parla di Malta. In
quello intitolato Dianthus Guliae (pubblicato prima a Malta nel pe-
riodico Il Barth 1874, e riprodotto poi a Londra in Journal of bo-
tany 1874 p. 388 e a Vienna in (Festerr. bot.. Zeitschr. 1875 p. 84),
Janka dedicò quella nuova specie al botanico Maltese Gulia; ma
la pianta è dell’Italia continentale (dintorni di Eboli in prov. di
Napoli). Gulia in Barth I (anno 3°) p. 421, parla della visita di Janka
a Malta e di alcune specie nuove per Malta che i goes botanico
Ungherese gli aveva fatto conoscere.
BIBLIOGRAFIA DT
Jatta A. — Materiali per un Censimento generale dei Li-
cheni italiani. Nuovo Giorn. bot. ital. vol. XXIV, e Bull. della
Soc. bot. ital. 1892 e 1893.
Sono citati i licheni Maltesi che l’Autore aveva ricevuti fino a
quell’epoca da uno di noi. (C. G.).
Jatta A. — Sylloge Lichenum Italicorum. Un volume in 8°
di 623 e XXXIX pag. Trani 1900.
Sono citati tutti i licheni allora conosciuti delle Isole Maltesi,
quasi tutti raccolti da uno di noi (C. G.).
Jatta A. — Lichenes. Flora Italica Cryptogama. Un volume
in 8° di 958 pag. Rocca S. Casciano 1909-1911.
Ai licheni citati nel precedente lavoro, sono aggiunti quelli rac-
colti nelle Isole Maltesi da noi dopo la pubblicazione della Sylloge.
Libassi Padre Ignazio. — Catalogo ragionato delle piante
che si coltivano nel pubblico e nel privato giardino di S. An-
tonio în Malta. Valletta 1870.
Questo Padre Gesuita siciliano, che fu professore nel Collegio
massimo di Palermo, soggiornò a Malta da dove spedi a Todaro
molte piante che conservansi nell’Erbario universitario di Palermo.
Lojacono, il quale gli dedica una nuova specie di Euphorbia di Sicilia,
dice di lui (FI. Sic. Il parte 22 p. 830) che pubblicò un catalogo ragio-
nato delle piante del gruppo di Malta; ma nel lavoro di Libassi si
parla soltanto di piante coltivate.
Lojacono Pojero M. — Flora Sicula o descrizione delle
piante vascolari spontanee 0 indigenate în Sicilia. Im 4°. Palermo.
Vol. I parte 1° 1888; parte 2: 1891. Vol. IL parte le 1902; son ®
1904. Vol. III 1909.
Sono citate alcune piante di Malta.
Massalongo C. — Zoocecidii e Fitocecidii rari o nuovi. ?
Marcellia X ( 1901), p. 94-99. Avellino 1911.
Sono descritte e figurate le deformazioni prodotte i in quattro . specie 3
di piante Maltesi mandategli da noi (Beta maritima, Carlina gummi»
fera, Callipeltis muralis, Sherardia arvensis), da infezione tira e
da punture di acarî.
58 BIBLIOGRAFIA
Massalongo C. — Nuovi rappresentanti, nella Flora Italica,
del genere Riccia. Bull. della Soc. bot. ital. 1913, p. 50-53. Fi-
renze 1913.
L’Autore che ha studiato le epatiche da noi raccolte nelle Isole
Maltesi, ha trovato fra esse una specie nuova Riccia Melitensis, una
varietà nuova R. Henriquesii Lev. var. Mediterranea, di cui dà le
descrizioni, ed una terza specie R. Lescuriana Aust., nota fin ora
soltanto dell’ Europa settentrionale.
Medlycott W. C. — In Seddal Ma/ta past and present. Lon-
don 1870.
Nella Appendice X del lavoro di Seddal, dovuta al Medlycott
(come il Seddal informa in prefazione p. vi), vi sono 4 pagine dedicate
alla botanica Maltese (p. 339-343). Sono da prima menzionate poche
. alghe marine raccolte dal Medlycott e determinate dalla Signora
SE Hone qrento le prime alghe neri per Malta. Vengono
poi citate a seconda della stagione in cui fioriscono.
Sono però tutte, senza eccezione, ara che si trovano nella Flora
Melitensis di Delicata, e non è detto che il Medlycott le abbia rac-
colte da se, quindi non aggiungevano nulla alla conoscenza della
Flora Maltese, e per questo nella nostra Flora non citiamo Med-
lycott.
Moebius M. — Enumeratio algarum ad insulam Maltam
collectarum. La Notarisia VII, p. 1436-1449. Venezia 1892.
L’Autore enumera 72 alghe raccolte a Malta nel porto di Marsa-
muscetto da uno di noi (C. G.) e mandate al Dott. Levi-Morenos.
Premette l'elenco di 12 alghe di Malta già pubblicate da Piccone,
e dice che alcune alghe di Malta trovansi pure menzionate nella
« Phycologia Mediterranea » di Ardissone. Erano queste, secondo lui,
le sole alghe Maltesi fino allora pubblicate (si vede che il Moebius
non conosceva il lavoro di Medlycott in Seddal).
Murray John. — The Maltese Islands, with special reference
to their geologica! structure. The Scottish Geographical Maga-
zine, vol. VI (1890), p. 444-488. Edinburgh 1890.
Da p. 452 a p. 454, dopo avere parlato del clima, l’ Autore (che
visitò le Isole Maltesi a scopo principalmente geologico), nel para-
grafo intitolato « Botany and Zoology >», dà alcune notizie somma-
rie sulla flora delle Isole Maltesi. Parla poi del terreno e dell’agri-
coltura.
Nel paragrafo 9 (Bibliography referring to Geology and Soil) sono
citati molti lavori di cui alcuni possono interessare il botanico.
BIBLIOGRAFIA 59
NATURALISTA MALTESE (IL), RivistA DI SCIENZE NATURALI. Di-
rettore propr. Dott. Giovanni Gulia. In 8°. Tipografia Laferla.
Valletta 1890.
In questo periodico di cui furono pubblicate soltanto cinque di-
spense, si trovano alcuni articoli concernenti la flora Maltese. Ci-
tiamo, al nome dei singoli autori, gli articoli che presentano qual-
che interesse.
Naudi. Vedi Hyacinthus.
Naudi, Maltese allievo di Giacinto, è citato da questo, nel « Plantae
insularum Melitae ecc. », come suo collaboratore. Non ci consta che
esista alcun altro scritto botanico del Naudi.
Nicotra L. — Le Fumariacee italiane. In 8° di 78 pagine.
Firenze 1897.
In questa monografia, che si può considerare come una continua-
zione della Flora Italiana di Parlatore, sono citate tutte le specie
di Fumaria che erano note delle Isole Maltesi all’epoca in cui seri-
veva l'Autore.
Nyman Carol. Feder. — 0m Maltas Vaarvegetation. Ofver-
sigt af Kongl. Vetenskaps-Akademiens Fòrhandlingar, 9 April
1845, da p. 99 a p. 104. Stockholm 1846.
L’Autore racconta come il bastimento sul quale dalla Svezia si
recava in Sicilia, stesse all'ancora in Valletta dal 2 al 15 Febbraio 1844,
ed egli potesse scendere a terra ed erborizzare dal 5 all’11 di quel
mese. Dopo avere dette poche parole dell'aspetto primaverile della
flora Maltese, dà l’elenco di 73 specie da lui raccolte, e fa qualche —
| osservazione sulle piante coltivate. L'A. annunzia una nuova specie
di Parietaria la cui descrizione, egli dice, è ancora manoscritta (il
che prova che questo lavoro, quantunque porti una data dara
fu scritto avanti che il nas eng fosse pn IO
Nyman C. Fr. — Observationes in floram Siculam quas
itinere anno 1844 adnotavit. Linnaea, vol. SH; da p. 625 a
p. 663. Halle 1844.
È un catalogo ragionato delle piante raccolte dal Nyman inBicilia
e a Malta, nel quale" si trovano citate per Malta le stesse 73 specie
che sono elencate nella memoria precedente. Di più vi è la descri-
zione della nuova Parietaria populifolia, e sono dati i nomi di 4
muschi raccolti a Malta.
ba = BIBLIOGRAFIA
Nyman C. F. — Om Siciliens flora, saerdeles med haànsyn
till Skandinaviens. Skand. Naturf. motan Fòrhandl., 5 (1847,
Kjobenhavn), da p. 457 a p. 488. Stockholm 1849.
In questo paragone fra la Flora della Sicilia e quella della Scan-
dinavia, sono citate qua e là alcune delle piante dall'Autore osser-
vate a Malta.
Paoletti Giulio. Vedi Fiori.
Parlatore. — Flora IHaliana, ossia descrizione delle piante
che crescono spontanee 0 vegetano come tali in Italia e nelle
isole ad essa adiacenti, disposte secondo il metodo naturale,
vol. I-V, Firenze 1848-1872. — Continuata da Teodoro Caruel,
Tanfani e varî altri collaboratori, vol. VI-X. Firenze 1883-1893.,
‘Sono citate le piante di Malta note, all’epoca della pubblicazione
dei singoli volumi, a Parlatore ed ai varî autori che hanno colla-
borato a questa opera.
Piccone Ant. — Risultati algologici delle crociere del Vio-
Zante. Annali del Museo di St. nat. di Genova, XX, p. 106-142.
Genova 1883-4.
A p. 141 sono enumerate 12 alghe marine dragate dal Comandante
Enrico d’Albertis il 1° Settembre 1879 a due miglia ad E. della punta
NE. di Malta, a 80 metri di profondità.
Preda A. — Florideae. Fiora Italica Cryptogama, pars II°,
vol. I°, fasc. 2° e 3°. In 8° di 462 pag. Rocca S. Casciano 1908-1909.
Sono riportate le sten, delle Isole Maltesi che l'Autore ha tro-
vate citate in altri lavor
Rappa Francesco. — Osservazioni sull'Oxalis cernua tmanb.
Boll. del R. Orto bot. di Palermo, anno X, p. 143. Palermo 1911.
Nelle notizie storiche esaurienti che dà sulla Oxralis cernua, l’Au-
tore riconosce che Malta è il primo luogo dove fu constatata la
naturalizzazione di questa pianta Capense. Fra i molti lavori citati
dall’Autore non troviamo quello di Henslow
Saccardo P. A. — La botanica in Italia. Materiali per la
| storia di questa scienza. Memorie del R. Istit. Veneto di Scienze
Lettere ed Arti, vol. XXV, N. 4. Un volume in 4° di 233 pag. Ve-
nezia 1895.
A p. 186 sono citati gli Autori che hanno seritto della botanica
di Malta, e a p. 203 si trovano dei cenni storici e bibliografici sull’Orto
Universitario in Valletta di Malta.
BIBLIOGRAFIA 61
Saccardo P. A. — Fungi ex Insula Melita (Matta), leeti a
Doct. Alfr. Caruana Gatto et Doct. Giov. Borg. Bullett. della
Soc. bot. ital. 1912, p. 314-326. Firenze 1912.
È l'elenco ragionato di 104 funghi raccolti da uno di noi (C. G.) e
dal D." Borg, inviati per lo studio al Prof. Saccardo e da questo de-
terminati. Fra essi vi sono le 5 specie descritte nel seguente lavoro.
Saccardo P. A. — Notae mycologicae. Series XV, in SyDpow,
Annales mycologici XI (1913), n. 1. Berlin 1913.
L’Autore dà, in questa nota, insieme ad altre, le diagnosi di cin-
que nuove specie di funghi di Malta mandategli da uno di noi.
Seddal Rev. Henry. — Malta past and present. London 1870.
Questo lavoro contiene una Appendice (da p. 339 a p. 348) intito-
lata Botany, dovuta, come l'Autore informa in Prefazione a p. vI,
al Sig. Medlycott (vedi Medlycott).
Sommier S. — Scoperta della Callitris quadrivalvis Rich. a
Malta. — Bullett. della Soc. bot. ital. 1906, p. 115. Firenze 1906.
E annunziata la presenza in Malta di questa specie africana.
Sommier S. — Un gioiello della flora Maltese. Nuovo genere
e nuova specie di Composte. Nuovo Giorn. bot. ital. (Nuova
Serie), vol. XIV, p. 496-505 e tav. xrv. Firenze 1907.
E l’annunzio della scoperta in Gozo, e la descrizione, di una nuova
specie di Composte, tipo di un genere nuovo, con osservazioni sulla.
sua eterocarpia. Il lavoro è corredato di una tavola.
Sommier Stefano. — Le Isole Pelagie, Lampedusa, Linosa,
Lampione e la loro flora, con un elenco completo delle piante
| di Pantelleria. Firenze 1908. (Comparso in Appendice al Bollet-
tino del R. Orto bot. di Palermo, vol. V, VI, VII).
Nel « Prospetto delle florule di Lampedusa e di Linosa», a p. 275-6,
trovansi alcune notizie bibliografiche, e da p. 277 a 298 evvi una
colonna dedicata alle Isole Maltesi, nella quale sono indicate tutte
le specie di piante vascolari che le Isole Pelagie hanno in comune
con le Isole Maltesi. A p. 310 trovasi un «confronto statistico som-
mario fra le flore di questi due gruppi di isole.
Sommier S. — Della identità di Lathyrus amoenus Fenzi.
e L. Gorgoni Pari. Bull. della Soc. bot. ital. 1909, p. 126-28.
Firenze 1909.
È confermata la presenza in Malta di scan specie, già indicata
dubitativamente da Armitage fino mi 1889
62 BIBLIOGRAFIA
Sommier S. — Linaria pseudolaxiflora Lojac., L. Corsica e
L. Sardoa. Bull. della Soc. bot. ital. 1910, p. 14-16. Firenze 1910.
Viene annunziato il rinvenimento nell’isola di Gozo della Linaria
pseudolaziflora Lojac., fin allora conosciuta soltanto dell’isola di
Linosa
Sommier S. — Due novità per la flora Maltese e Italiana.
Bull. della Soc. bot. ital. 1911, p. 76. Firenze 1911.
È annunziato il rinvenimento in Gozo del Cornucopiae cucullatum L.
ed in Malta del Convolvulus oleaefolius Desv.
Tanfani E. — Vedi Parlatore.
THE MEDITERRANEAN NATURALIST, A MONTHLY REVIEW OF Na-
TURAL ScIENcE. Edited by J. H. Cooke. In 8°. Malta. 1891-93.
Gli articoli concernenti la flora Maltese contenuti in questo pe-
riodico che ebbe tre anni di vita, si trovano ai nomi dei loro Autori.
Visitor (Pseudonimo). — From Naples to Malta. The Gardners
Chronicle 1880, 1° semestre, p. 557-58. Londra 1880.
L’Autore dice di avere raccolto nel suo soggiorno di 4 giorni a
Malta, al principio di Marzo, più di 100 fanerogame di cui neppure
una che non si trovi anche sul continente Italiano. Di monocotile-
doni ha trovato soltanto 8 specie. Delle specie raccolte sono citate
solo pochissime, tutte menzionate nella Flora Melitensis di Delicata.
Wikstròm J. E. — Préface in Plantae Melitae lectae di Grech
< Delicata. Stockholm 1849.
È una prefazione di 6 pagine, scritta in lingua francese, dall’Au-
tore Svedese, al lavoro che gli era stato mandato da Grech Deli-
cata e che fu pubblicato nell’Aars-Berettelse della Accademia delle
Scienze di Stocolma. Vi sono date notizie intorno agli esploratori -
della flora Maltese, e sono fatte alcune osservazioni sulla costitu-
zione di quella flora e sulle piante trovate da Dumont D’Urville e
da Nyman, mancanti all'elenco di Grech Delicata.
Zerapha Stephanus: — Florae Melitensis Thesaurus, sive
plantarum enumeratio quae in Melilae Gaulosque insulis aut
indigenae aut vulgatissimae. 1° fasc. da p. 1 a p. 36, Melitae 1827;
2° fasc. da p. 37 a 86, Melitae 1831.
Zerafa (in latino Zerapha) fu medico, già addetto al grande Ospizio
di Ischia, poi succedette a Giacinto (di cui era stato collaboratore),
come Professore di Botanica nell’ Università di Malta. Il « Florae.
BIBLIOGRAFIA i 63
Melitensis Thesaurus » è il primo vero tentativo di una Flora delle
Isole Maltesi. Ha però il grave difetto di non distinguere le piante
indigene da quelle coltivate per uso economico o per ornamento o
per studio nell’Orto botanico, e per di più Grech Delicata (a pag. XII)
dice che contiene ben 89 determinazioni errate. L’avere Zerafa enu-
merato promiscuamente le piante indigene e le coltivate, è stato
causa che alcune specie esotiche sono state erroneamente citate
come indigene di Malta nelle Flore italiane di Parlatore e di Fiori.
Le specie enumerate nella Florae Melitensis Thesaurus sono 644, di
cui 9 crittogame. Delle 635 fansrogame, secondo Delicata (pag. x11),
489 sono indigene di Malta e Gozo, e 146 coltivate. Le piante sono
disposte in ordine alfabetico, e di molte è dato il nome Maltese.
Fu Zerafa che per il primo, nel Thesaurus, descrisse la Centaurea
crassifolia sotto il nome di C. spathulata, nome che era già stato
dato ad altra Centaurea da Tenore e che quindi venne cambiato da
Bertoloni.
Zerapha. — Vedi Aquilina e Hyacinthus.
Zodda Giuseppe. — Revisione monografica dei Delfinii ita-
liani secondo HuTH, e dei Meliloti italiani secondo 0. E. SCHULZ.
Malpighia, vol. XV, p. 342-362.
Sono citati per Malta alcune specie di quei due generi.
gr
Pubblicazioni del R. Istituto Botanico di Palermo:
CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE
Dirette dal Prof. A. Borzì.
Comprendono lavori di particolare interesse scienti-
fico, specialmente relativi ad AIRDAENI) di Biologia e*di
Fisiologia vegetale.
Si pubblicano in tempi non. dn ‘a fascicoli
in 8°, con tavole.
Vol..- I. (esaurito)
» H. in 8° fasc. I-II pp. 1-316. tav. IXIX L.. 28
> HH > ric * -1-993, € SRXEI 5 0.
e VEC IVIN a 20
+ Per acquisti rivolaorti all’ Editore Antonino Trimareht Di
ici Vittorio Emanuele N 375, Palermo: i
Cn
"irta è ri Ù SA i Par
"pi L VII.
= con.» molte tavol