ALPIGH
RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA = =
REDATTA DA
0. PENZIG
Prof. all’ Università di Genova
A. BORZI i
rof. all’ Università di Palermo Prof: all Università di Roma
in collaborazione con molti Botanici-
- Italiani e Stranieri.
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Ba at hair comparato — Prof. R. Pirotra > ‘Istituto Botanic) di
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sa parmi A lan _ geo Sages dshesras Chia: 2; Firenze).
— Dott. A. Baroni Le Istituto. ra Re
REDATTA DA
O. PENZIG
Prof. all’ Università di Genova
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A, BORZI
| R. PIROTTA
all’ Università di Palermo Prof. all’ Università di Roma
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in collaborazione con molti Botanici
Italiani e Stranieri.
RICERCHE SULL’ ANATOMIA DELLE TYPHACEAE
4
del Dott. Francesco SACCARDO.
(Tav. I-VI). ; è
INTRODUZIONE. i
Intorno all’anatomia generale delle Typhaceae non molto è stato fatto; i
quasi tutto si riduce ai lavori da me citati nella presente pubblicazione Pi 3
Più particolarmente studiata fu la struttura fiorale e carpologica, come n '
risulta specialmente dai lavori dell’ Hegelmajer e del Rohrbach. de
(!) CeLagovsky, Veber die di von Typha, Flora 1885, 617. Pa
PS D. Ueber die Verwandtschaft von Typha und Sparganium, Bot. :
Zeit. 1891, n° 4-8, SERA
biaa e ScunizLei, Die natürliche Pflanzenfam. der Typhaceen, Nordlin
45.
gen, 18
» 1870,
, Bot. Zeit. 1876, 479.
Hececmaser, Zur Entwicklungsgeschichte monocotyledoner Keime nebst Bemer-
kungen über die Bildung der Samendeckel, Bot. Zeit. 1874, 715-17, tav. X, f. 1-38.
= Mononc, Studies in the Typhaceae, Bull. Torr. Bot. CI. XV 1888, 1-8 e 73-81.
Van + ee sur la structure des Aroidées, Ann. Sc. nat. 1866.
Sér. V, Tom 95. ;
ENGLER, PRA Vol. II, Sez. I, p. 183 e seg.
A. Braun, Flora der Provinz Brandenbur, urg, 1864, p. 674.
Dörr, Flora des Grossherzogthums Bnden, 1857, parte I.
ParLatorE, Flora Italiana, II, 221 Ps
Ercuier, Blüthendiagr., 1875, I, p.
Kro ogr. der Gattung Tip 1889. 3
eichende Untersuch. über Bau RR Monoc., p. 169.
UD, Anat. tige monocot., Pena Se. nat. Sér. VI, Tom
i Duona | RTRE, Eléments de Botanique. 1885.
o Vam Tiecnen, Trailé de Botanique. 1891.
De Bary, Vergleichende Anat. der Vegetationsorgane. 1877.
ee. duri A
oni fatto sulla struttura degli organi riproduttivi è stato molto discusso È
sia dal lato anatomico che morfologico per istabilire le analogie e le
differenze su cui basare i rapporti fra il genere A ed il ses
| Sparganium.
= L’Engler « Pflanzenfamilien » i c., ha sdoppiata la famiglia delle Ty
~ phaceae DC. nelle due famiglie monotipiche Typhaceae e Sparganiaceae
| e per di più vi ha intercalata la famiglia delle Pandanaceae.
Ora il presente nom is ad essere uno studio alano de Ti-
contra anatomica di queste vai e alia cd salina l
~ più che ho potuto con nuove ricerche, mi sono studiato di dimostrare
: che le ie e gli done non re costituire due nets
= sd della anatomia comparata come sussidio alla PRETO
Istituto di Botanica, Padova 1895.
f
ORGANI VEGETATIVI
RADICE.
À (Te. L Fig 1, 3, 4
a ! zona pilifera à à rappresentata da cellule piccole. a “part
el n G apoa speci © manca sa
di, le Ct le 2 "ph
mando uno str me SOV
RICERCHE SULL'ANATOMIA DELLE TYPHACEAE
La zona esterna è formata di due o tre assise di cellule piccole al-
l'esterno, maggiori all’interno, stipate fra loro, le quali nella Typha
sono poco distinte e nello Sparganium si sclerotizzano ben presto e vanno
a costituire una zona sclerotica.
La zona interna è data da paranchima fondamentale a cellule tondeg-
| gianti, maggiori dall’ interno all’esterno, disposte radialmente e che fini-
scono per essere riassorbite.
= Il sistema corticale termina con un endoderma rappresentato da un’as-
-sisa di cellule più o meno suberificate, le quali nella Typha s’ ispessi-
| scono e si lignificano specialmente sulla parete interna e sulle laterali. Kia
Nel cilindro centrale troviamo anzitutto un’assisa periferica a cel-
lule alternanti con quelle dell’endoderma. Nello Sparganium questa assisa |
eriferica ha le sue cellule iniziali proprie e riveste senza discontinuità |
apice del sois un h ) Nella ca le cn me pure de
assi
| Nell’ interno poi del cilindro si osservano i fasci legnosi disposti z ;
_dialmente cogli elementi maggiori all’interno (vasi scalariformi, punteg-
giati, rigati) e minori all’esterno (vasi annulati o spirali) che vanno
nc o Tas assisa a Siri coi "e A trovansi i libroëi *
6 F. SAZCARDO
à
È
* i
ag È
mente detto che nella zona corticale trovansi numerose cellule a rafidi.
La piloriza ha origine da un tessuto speciale, il calittrogene, indipen- | 4
dentemente dal dermatogene. Essa consta di cellule più grandi, al centro. pi È
tondeggianti e lateralmente allungate.
PAU à
RIZOMA. 4
(Tav. I, Fig. 2, 5; Tav. II, Fig. 2) i
Esso consta di un sistema corticale e d’una parte cilindrica centrale. |
Il sistema corticale è rappresentato da due strati: l’ esteriore, formato
.da cellule piuttosto grandi specialmente verso l'esterno, a parete sottile, …
stipate, poliedriche, senza meati e con molti cordoni meccanici; l’ interno, E
- molto più largo, è costituito nella Typha da un tessuto lacunoso-sub- i
stellato contenente qua e là dei cordoni meccanici e dei fasci fibro-va- ‘4
scolari, i quali son formati di un arco meccanico esterno, di cellule tenui,
di un gruppo di trachee e d’un secondo arco sclerotico interno. | |
Vi sono poi dei fasci puramente librosi, i quali non entrano diretta-
mente nella costituzione del cilindro centrale, ma spettano esclusiva- re
mente al sistema corticale (1). Questi fasci, secondo Falkenberg (°), per-
corrono un tratto longitudinale discendente più o meno lungo, tenendosi
Lg presso la superficie e terminando di solito isolatamente; ma talora per i
la loro estremità inferiore si riuniscono ad altri fasci. Così nella Typha à
hanno lungo percorso quelli del rizoma, corto quelli del fusto. o à
Nello Sparganium questo tessuto è costituito da un actinenchima con- ‘1
tinuo e regolare, il quale, nella parte superiore del rizoma va riducen- A
dosi sempre più, fino a scomparire affatto fra il tessuto corticale ed il »
_ cilindro centrale, che va mano a mano allargandosi e finisce coll’ occu-
pare la parte maggiore del fusto.
Il sistema centrale è composto di un parenchima midollare a cellule
| assai grandi, rotondato-subpoliedriche, il quale è attraversato da nome
rosi cordoni meccanico-conduttori. |
. Questi cordoni nella Typha sono costituiti verso l'esterno da un gruppo
(1) Ducuantre, Éléments de Botanique, p. 272.
(2) Vergleichenden Untersuch d. über Bis d. Vegetationsorg.. Monoc. D 169.
RICERCHE SULL'ANATOMIA DELLE TYPHACEAE 7
di cellule cribrose, larghe e separate da altre più strette, poi da un gruppo
di vasi misti a cellule allungate, e finalmente verso l’interno da un
arco abbastanza grosso di tessuto meccanico. Altri fasci invece hanno i
vasi disposti pure ad arco, i più grossi nel mezzo, i più stretti lateral-
mente, e nella concavità v’ ha il tessuto cribroso.
I più esterni di questi fasci aderiscono ad una zona periferica di tes-
suto generatore, la quale è limitata esternamente da un’assisa assai
distinta che ricorda l endoderma radicale, poichè le pareti contigue la-
terali delle sue cellule presentano una leggera suberificazione.
Nello Sparganium invece i cordoni fibro-vascolari del cilindro cen-
E
trale hanno. verso l'esterno un arco libroso bene sviluppato, poi un
. . . . . . LA
tessuto cribroso e dei grossi vasi, el in fine un altro arco fibroso in-
terno che si unisce all’arco esterno. Inoltre il cilindro centrale è con-
tornato da una guaina sclerotica alla quale aderiscono i fasci collaterali.
Nei rizomi giovani di queste piante si osserva una quantità notevole di
cellule amilifere sparse per tutto il parenchima midollare. Nello Spar-
ganium poi dette cellule contengono, oltre l’amido, anche aleurona; ciò
che si può constatare mediante le opportune reazioni coll’ iodio.
FUSTO.
(Tav. II, Fig. 1, 5)
_Il fusto, sezionato trasversalmente, presenta come il solito un tessuto
corticale ed una parte cilindrica centrale.
Il tessuto corticale consta di un’epidermide con cellule a pareti ispes-
site, allungate nel senso dell’asse caulomatico; sotto l’assisa epidermica
v'ha una specie di ipoderma più o meno sviluppato secondo la distanza
dalla base.
ella Typha a questo ipoderma si attaccano dei cordoni meccanici
sono indipendenti dal sistema conduttore. Questa zona meccanica
to. utanea consta di una o due assise di cellule sclerenchimatiche,
renziato che nella parte superiore del fusto, dove nello Sparganium oc-
cupa circa '/; del sistema corticale ed è formato di cellule più piccole di
A al di sotto delle quali trovasi il clorenchima. Questo non è bene diffe-
quelle del parenchima sottostante, tondeggianti e non molto clorofillose.
8: = ESE, È p. SACCARDO -
Nella Typha il tessuto verde occupa tutto il sistema corticale del fusto, è
abbastanza ricco di clorofilla e contiene dei meati intercellulari, dei cor
doni meccanici ipodermici e dei fasci conduttori. Poi nello Sparganium
troviamo un parenchima scolorato a cellule assai grandi, subpoliedriche,
maggiori all’interno, attraversato da cordoni meccanico-conduttori, de
quali alcuni sono attaccati verso l'interno alla zona selerotica, altri
sono isolati. Vi sono inoltre numerosi meati intercellulari sparsi
tutto il tessuto corticale.
termedia sclerotica ('), la qualé nella parte superiore del fusto è me
marcata e E interrotta. Ad essa aderiscono dei fasci caulini an
nello Sparganium contengono spesso, verso l'interno del loro adro!
una lacuna acquifera proveniente dal riassorbimento di un grosso vaso (
Nella Typha questa zona sclerotica è assai più sviluppata ed ha u
spessore maggiore. Nella T. minima tale guaina manca affatto superio
mente, essa riscontrasi solo alla base; ed invece vi sono molti cordoni
meccanici alla periferia, dove trovansi pure grandi lacune lisogene.
Li parenchima centrale è costituito da cellule poliedriche a lume as-
| sai grande ed a pareti molto sottili. Esso presenta parecchi meati o €
nali aeriferi, specialmente nella Thypha, ed è attraversato da num
| rosi cordoni meccanico-vascolari orientati più o meno regolarmente
= l'adroma rivolto verso il centro del fusto. Nella Typha poi cias
| fascio conduttore è rinforzato verso l'interno da un cordone meccan
A) disposto ad arco e dovuto ad un differenziamento selerotico delle
lule del parenchima centrale. Aggiungasi che il sistema meccanico 1
| fusto di Typha è, rispetto all’ origine, in parte annesso ai fasci
SO in Do ima
ni Cfr. Da LAUD, At tige monocot., in Ann. Sc. Nat. ; ser. VI ; tom.
| HS RE I PE Pro e
>
à Ar I i A sE F pa È A POT
RICERCHE SULL’ ANATOMIA DELLE TYPHACEAE 9 o
i FOGLIA.
(Tav. II, Fig. 3, 4; Tav. III, Fig. 1-5; Tav. IV, Fig. 1-3)
Una foglia primitiva di Sparganium o di Typha consta di un paren-
_ chima omogeneo fondamentale (merenchima) che tosto comincia a dif-
ferenziarsi. Nel senso longitudinale della lamina fogliare si formano det;
| prismi quadrangolari di actinenchima che derivano dall’allontanamento e
‘trazione delle pareti cellulari del parenchima fondamentale (processo
| schizogeno). Questi grossi cordoni di tessuto stellato percorrono la foglia
in tutta la sua lunghezza e sono circondati dal parenchima congiuntivo
= che li divide fra loro e li limita verso la superficie esterna. Questo
tessuto stellato subisce poi a sua volta un’altra modificazione. Esso
y
viene per la massima parte riassorbito (processo lisogeno), restandone
_ mitivi di tessuto stellato si muta in una serie di concamerazioni o
grandi lacune rettangolari contigue, tramezzate da actinenchima e di
cui le pareti longitudinali sono di parenchima congiuntivo. Su queste
In ca caso le concamerazioni lacunari primarie restano divise in altre
‘secondarie, le quali poi variano di numero. Così nella metà inferiore
“sg dove la carena è oa meer ed dl concamerazioni dat
10 F. SACCARDO
caratteristica dell'organo fogliare di queste piante, passiamo a studiarnei |
diversi sistemi anatomici.
Sistema cutaneo. — Nella parte inferiore della guaina, dove non v'ha
che tessuto scolorato, nè si riscontra neppur traccia di clorenchima, l’e-
pidermide è costituita di cellule pressochè uniformi sia nell’una che
nell’altra pagina; sono cellule piuttosto grandi, un po’ appiattite paral-
lelamente alla superficie della foglia e di forma esagonale più o meno
regolare.
Nella metà superiore della guaina, quando questa comincia a colorarsi
in verde, l’epidermide presenta una struttura ben diversa.
Coll’apparire del sistema assimilatore, si vanno formando gli stomi.
La loro struttura è identica nelle due pagine; essi sono superficiali e le
due cellule peristomatiche sono assai più strette e più lunghe delle altre
epidermiche circostanti. L'apertura è piuttosto stretta, le cellule stoma-
tiche sono allungate, poco clorofillose, e la camera ipostomatica, di forma
a NN
irregolare, s'interna abbastanza profondamente nel tessuto assimilatore.
Quanto alla loro distribuzione, essi trovansi naturalmente più numerosi
se a
nell’ipofillo; inoltre non sono distribuiti uniformemente, ma appariscono
solo in certe zone longitudinali, ed in altre non si trovano affatto. Queste
zone astome sono in corrispondenza dei cordoni meccanici sottocutanei
e differiscono dalle zone stomatifere per esserne più strette e per avere
cellule pìù appiattite e allungate longitudinalmente alla foglia.
Nella metà superiore della guaina di Typha latifolia le cellule epi-
dermiche, dell’ipofillo sono fortemente sclerotizzate. Quanto alle verruche
epidermiche di Sparg. ramosum, di cui il Van Tieghem 1. c. p. 625, non
mi è riuscito di poter confermarne la presenza.
Sistema meccanico. — Esso è rappresentato da ipoderma, da cordoni
so meccanici, dal libriforme sottoepidermico e dallo stereoma libroso.
Alla base della guaina, dove il Licia è incoloro, non v'ha trat
4 di sistema meccanico.
Un cordone ipodermico lungo la costa carenale (nell’ipofillo) segna la
prima comparsa del meccanico. Ben presto ‘altri cordoni si formano al-
_ l'esterno dei fasci più sviluppati che si trovano in corrispondenza d'ogni
| nervatura sopra e sotto la foglia. Questi fasci ipodermici di sclerenchima
RICERCHE SULL'ANATOMIA DELLE TYPHACEAE 1l
si spingono verso l'interno, si fondono coi fasci conduttori e presso il
margine si uniscono in una lamina che tramezza il lembo da un’epider-
mide all’altra. In tutto il resto della lamina i fasci meccanico-condut-
tori primari rimangono più o meno distanti secondo lo spessore della
lamina. Nella Typha il sistema meccanico è più sviluppato, giacchè
oltre ai cordoni meccanico-conduttori primari ed ai mediani v'ha una
serie di fascetti epidermici che variano da otto a dodici fra una ner-
vatura e l’altra, i quali sono più sviluppati nell’ ipofillo. Alcuni di questi |
- cordoni meccanici sottocutanei, spingendosi verso l'interno, si fondono
col meccanico dei fasci conduttori, altri restano periferici, isolati. Negli
spazi compresi fra tutte queste lamine meccaniche sta il clorenchima.
£
Altri cordoni meccanici si formano qua e là nel tessuto congiuntivo che
_ separa le lacune interne, e sono più o meno numerosi e sviluppati se-
_ condo la lunghezza del tramezzo. Nella porzione mediana della guaina
3 fogliare di Typha latifolia v ha uno sclerenchima sottoepidermico di
due o tre assise. Tale sclerosi ha evidentemente la funzione meccanica
di dare sostegno alla lamina, cui la parte guainante di per sè non sa-
rebbe sufficiente a sostenere diritta.
Nelle foglie di Sparganium il meccanico è meno sviluppato. Vi manca
o quasi quella serie di cordoni ipodermiei che rendono così consistenti
le foglie di Typha. Vi sono però dei fascetti meccanici nel clorenchima
ed altri fascetti fibrovascolari sparsi pel tessuto congiuntivo interno che
divide le concamerazioni, le quali, come si è detto, in alcune specie
Canio più numerose.
Sia nella Typha che nello Sparganium il margine della lamina fogliare —
| è rinforzato da un grosso cordone ipodermico, formatosi colla fusione
di due cordoni ipodermici uno dell’ipofillo, l’altro dell’epifillo, i quali,
cessata l’appendice guainale, convergono in quel punto. Questi cordoni
inali sono analoghi al cordone ipodermico della carena, di cui
ri sono meno robusti. Il meccanico poi s’interrompe in corrispondenza
; li “apparecchi stomatiferi e del sistema assimilatore. Di fatto l’ ipo-
derma, che ad un certo stadio di sviluppo della foglia si estende irre-
e degli stomi esso si distribuisce in masse meccaniche che lasciano fra
_golarmente nel parenchima sottocutaneo, colla comparsa del clorenchima +
F. SACCARDO
loro degli spazi regolari pel tessuto assimilatore e per le zone stoma+
tifere dell’ epidermide.
Sistema conduttore. — I. istogenia dimostra che lo sviluppo ed il.
comportamento del sistema meccanico è in istretta relazione col sistema |
conduttore, o in altre parole che essi si formano e si sviluppano di
pari passo. I primi fasci che appariscono alla base della guaina man-
cano di veri vasi e contengono invece delle lacune o canalivascol ari.
Questi fasci primitivi rappresentano il primo differenziamento del pa-
renchima fondamentale; essi sono i fasci primari che trovansi in alto
è in basso delle lamine di tessuto congiuntivo che tramezzano le gran
lacune interne. Esse si portano sempre più verso l'esterno finchè colla
loro zona meccanica esterna incontrano i cordoni ipodermici, come nella
Typha; oppure ne restano disgiunti e a qualche distanza dalla epider- |
mide, come nello Sparganium.
| Frai grossi fasci delle due serie primarie si formano poi altri fasci
secondari intermedi, i quali sono molto più numerosi, come dissi al-
trove, nella Typha che nello Sparganium, e in tutti e due i casi più
abbondanti nell’ipofillo. Altri fascetti si formano poi nelle lamine
parenchima divisionale interno.
= La posizione dei fasci conduttori primari sì nelle foglie di Sparganium i
elio in quelle di Typha non è simmetrica nelle due pagine. Nell’ ipo
| fillo la posizione dei fasci è normale, ma nell’epifillo l’adroma è verso
|. l'esterno ed il leptoma all’interno. Così pure si osserva che i fasci lel.
- Pipofillo sono più robusti, e mentre quelli dell’ epifillo vanno scompa-
= rendo dal mezzo della lamina andando verso il margine, quelli dell’ip
fillo si spingono verso l’interno e vanno, per così dire, à soppiantare e
_ ad occupare il posto degli altri, mentre questi si riducono a sempliei
al fusto, mentre i | fascetti aps sono Pi origine fillomatica, ossia )
| Steriore e indipendente dalla BUDA:
RICERCHE SULL’ANATOMIA DELLE TYPHACEAE
x Nei fasci conduttori dobbiamo notare una particolarità. Dapprincipio
essi constano di un gruppo di cellule differenziate a lume più piccolo
di quelle del parenchima circostante; poi per azione schizogena si forma
fra alcuni di questi elementi un interstizio, il quale si aggrandisce così À X
da diventare un grosso canale circondato da piccole cellule che ne co-
stituiscono in certo modo la parete. Ebbene, questo canale vascolare, in 0°
| processo di sviluppo, cambia di natura; sulle pareti interne degli ele- °°
| menti che lo circondano esso va formando una parete cellulare pro- i
ae
E e
ATEI
pria, la quale poi secerne una spirale. Così quel canale vascolare è di-
_ ventato un grosso vaso. Talora però avviene il contrario. Nelle foglie
di Sparganium, per esempio, i fasci conduttori bene sviluppati racchiu- ©’
> dono un grosso canale, formatosi da un riassorbimento vascolare. Questi |
fasci sono spesso circondati da cellule punteggiate. a parete ispessita e
con punti allungato-rimiformi.
re; giacchè sono bensì Re all adroma, ma si trovano nella
5 parte opposta più lontana dal libro, mentre per la loro forma e dimen-
sione dovrebbe stare verso la parte interna del legno, più vicina al libro.
_ Sistema assimilatore, — Il tessuto assimilatore comincia a differen- n
ziarsi più sotto della metà della guaina, ad '/; circa dalla base. Il clo- |
renchima dapprima è sparso debolmente per tutte le cellule, accentuan-
‘maggiormente nell’ ipofillo: anche l’ actinenchima dapprincipio è.
k elorofilloso. Il primo accenno del tessuto a palizzata però lo troviamo
soltanto verso la base della lamina. Quivi la differenziazione è quasi
completa su tutte e due le pagine della foglia. Il palizzata verso lepi-
fillo è formato di due o più raramente di tre assise più esterne di cel-
ule allungato-cilindriche, al disotto delle quali v’ hanno delle cellule
tondeggianti o di forma irregolare, meno clorofillose, disposte in una o
serie sovrapposte immediatamente alle cellule del parenchima con-
a ee “No Pineto it vero tento a FRE è meno pre;
< 14 RAGA F. SACCARDO
cupa gli spazi fra i cordoni fibrovascolari e le masse meccaniche, ed è
limitata verso l’interno dal parenchima centrale scolorato. Le cellule
del clorenchima sono inoltre poco aderenti fra loro; nel palizzata pro- -
priamente detto gli interstizi fra le cellule sono più piecoli e più rari, a
ma nel rimanente del tessuto assimilatore troviamo degli spazi inter- È.
cellulari assai maggiori e frequenti.
Sistema secretore. — Le foglie di Typha e di Sparganium sono molto
ricche di cristalli e sopratutto di rafidi. Nel parenchima corticale special- |
mente verso le lacune interne si osserva una quantità notevole di cellule
cristallofore, le quali sono più numerose nella porzione inferiore delle
foglie, dove abbiamo il parenchima scolorato, e dove, sia per la loro po-
sizione sia per la scarsezza di fasci, è probabile che disimpegnino anche
una, benchè debole, funzione meccanica. Di mano in mano poi che si
sale verso l’apice della foglia queste cellule cristallofore diventano più
scarse. Esse sono principalmente di due sorta: cellule con rafidi di forma
molto allungata, disposte in senso della lunghezza della foglia, e queste |
si trovano per lo più sotto il tessuto assimilatore e precisamente fra
questo ed il parenchima congiuntivo interno. Le altre sono cellule più
“o meno tondeggianti e contenenti cristalli prismatici o stellati di ossalato |
calcico, e queste sono di preferenza nel parenchima centrale. sa
Vi sono poi molte cellule a fillocianina, le quali si riscontrano più
numerose nel parenchima scolorato della guaina inferiore. x
II.
ORGANI RIPRODUTTIVI
FIORE.
(Tav. V, Fig. 4-8)
# : Perigonio. = Nei fiori di Sparganium esso è rappresentato da
bratteole membranacee, irregolari, elongato-cuneate, che ben presto ab:
bruniscono nella parte superiore. Nella Typha il perigonio consta di fi
RICERCHE SULL’ANATOMIA DELLE TYPHACEAE 15
sottilissimi articolati o di specie di pagliette allungate, un po’ spatolate
all’ apice, frammiste agli ovari ed agli stami imperfetti. Questi peli man-
cano nella 7. minima. Secondo il Rohrbach e lo Schnizlein (1), i peli
dei fiori femminili costituirebbero un vero perigonio e quelli dei fiorj
‘ maschili sarebbero di altra origine indipendente affatto. L’ Eichler (°) ri-
tiene che si debba ammettere tanto in un sesso che nell’ altro la stessa
natura di peli. Il Celakovsky (5) considera i peli florali della Typha
$ come vere produzioni perigoniali, paragonabili nel primo caso ai peli
dell’ Eriophorum e dello Scirpus, tanto più che colla maturità il frutto
| si stacca insieme alle suddette produzioni.
Qualcheduno (+) vorrebbe vedere nei peli perigoniali dei fiori di Typha
degli stami abortiti.
Androceo. — Nello Sparganium gli stami sono tre, liberi, alternantisi
colle squamette perigoniali; i filamenti sono esili, lunghi assai più del
perigonio e portano antere oblunghe o cuneate, erette, estrorse, basi-
fisse, a logge opposte biloculari, deiscenti longitudinalmente; il connet-
tivo non isporge oltre l’apice dell’antera. Il filamento ed il connettivo
sono costituiti di cellule molto allungate, compatte, a pareti non molto
sottili, incolore, e nel centro vi scorre un fascetto conduttore. Nel
) filamento e specialmente nel connettivo abbondano le cellule a rafidi.
_ Le pareti delle logge constano di una epidermide esilissima interna, del
| tessuto Purkinjano e di una assisa di cellule epiteliali a lume piuttosto
_ grande, a pareti ispessite e convesse esternamente. Le cellule fibrose si
estendono in una sola assisa sottoepiteliale tutto intorno alle cavità lo-
culari e al connettivo. I grani pollinici sono globosi, misurano 20-24 na
di diametro; lo spessore dell’esina e dell’ endina insieme è di 2 | circa.
| L’opercolo è formato da un foro circolare dell’esina pel quale sporge
| l’endina col contenuto fovillico; l’endina si nutre a spese di una certa
quantità di riserva di cellulosa che circonda internamente l’opercolo.
esina è cosparsa esternamente di piccole protuberanze ` ‘verruciformi. i
o Die natürlich a der Typhaceen, Nordlingen 1845.
(*) Blüthendiagr. 1875, 1, 1
(*) Ueber die Inflorescenz von Typha, Flora 1885, p. 617 e seg.
(4) ParLaTORE, Flora italiana vol. II, pag. 260.
F. SACCARDO
x i 16 3 si
| Nella Typha i filamenti degli stami sono ora brevi (T. minima), ora <-
lunghi 4-6 volte l’antera (7. angustifolia), normalmente saldati fra loro,
più corti dei peli perigoniali. Le antere sono di solito a due o a tre per
ogni filamanto, lineari-oblunghe, erette, basifisse, a logge opposte bilo-
culari, deiscenti lateralmente; il connettivo sporge allargandosi a guisa
di spuntone all’apice delle antere. Il filamento è percorso da due o tre 1
fascetti fibro-vascolari verso la base, secondo ch’esso porta due o tre an- |
tere. Come nello Sparganium, il filamento e il connettivo della Typha
sono ricchi di cellule a rafidi, i quali per la loro distribuzione speciale
potrebbero forse anche in questo caso avere una piccola funzione mec- È
canica. I grani di polline nella T. angustifolia e affini sono isolati, nella
T. latifolia e T. minima sono riuniti in tetradi di diverse forme, la più
comune delle quali è quella a grani disposti a croce; in generale le te
tradi hanno un diametro di 30 y. circa.
I somazi sono di solito ovoideo-allantoidei, talora irregolari; mis $
“rano 23 v 115 p
Riguardo agli stami di Typha sono state emesse diverse opinioni. n
Rohrbach (') ammette che in caso di monandria lo stame non sarebbe
altro che il prolungamento ed il termine dell’ asse fiorale; analogamente
all’ opinione di altri autori che ritengono pure di origine caulomatica gli
stami di Casuarina, di Najas ece.. L’ Eichler (°) invece fa osservare che,
come in caso di poliandria le antere non sono mai esattamente termi:
mali all’ asse, così neanche in caso di monandria l’ antera è da conside-
: rarsi affatto terminale, bensì essa è da ritenersi di formazione pseudo-
„terminalo, Il Kronfeld (5) poi sostiene Leu A) pr che i die eco) pollin i-
l ) Ueber die Midi Arten der Gattung Typha, in Verhandl. des Bo
Vereins für die Prov. SEA, 1870, p. 67.
(*) Bliithendiagr., 1875, 1, 1
r | Monogr. der Gattung na 1889,
RICERCHE SULL’ANATOMIA DELLE TYPHACEAE 17 co
sisa di cellule più larghe nel senso radiale. L’interno delle logge è for-
mato da un sottile strato epidermico. Le logge misurano 100-120 p. di
= diametro. L’apice del connettivo è allungato e sporgente in una massa Pr
| di cellule colorate in bruno ed a pareti un po’ ispessite.
Gineceo. I fiori femminili di Sparganium hanno pure un perigonio di
tre squamette ed una brattea. L’ovario è solitario, sessile, uniloculare;
lo stilo è breve con stigma unilaterale, allungato, spatolato. x -
` Talora i due pistilli si fondono in uno e ne risulta un ovario bilo- i
culare, con due stigmi e circondato da 4 o 6 squamette perigoniali.
Queste nei fiori femminili sono più larghe che nei maschili ed hanno
| tre fascetti anzichè uno. L’ovario consta di un’ epidermide ad un’ assisa
: di cellule con lume piccolo, allungate ed a pareti non molto ispessite,
poi di un parenchima corticale a cellule tondeggianti e nel quale su-
periormente troviamo differenziato il clorenchima in due o tre assise. .
Più internamente, verso il centro, v’ ha un parenchima conduttore ad
elementi pittosto allungati ed a lume stretto, e nel quale vi sono delle
~ lacune e dei fascetti conduttori che terminano nello stilo, dei quali al-
meno uno percorre dorsalmente lo stigma fino all’apice. Lo stigma presenta
un lato dorsale convesso e liscio ed un lato ventrale o anteriore concavo
interamente e fittamente coperto di villosità. L’ ovulo pende col funicolo
la Imente verso la „apice della cavità ovulare ed ha la rafe ventrale.
La figura data dell'Hegelmajer (') dell’ovulo di Sparganium ramosum pre-
senta un fascetto tracheale che dall’ovario penetra pel funicolo e vi si
arresta subito dopo. Io invece ho osservato che questo fascetto segue il
suo corso normale, cioè percorre tutta la rafe e termina nella calaza.
= L’ovario di Typha è più o meno lungamente stipitato, oblungo, cir-
ondato da numerosi peli simulanti un pappo, ed è uniloculare. Lo stilo
) filiforme, allungato, diritto e termina in uno stigma unilaterale lin-
fo me. L’ovulo è come quello di Sparganium, anatropo e pendente dalla
te ‘superiore della cavità ovarica, a placentazione ventrale. I peli peri-
goniali sono a sezione 3-4 cellulare, scolorati, dapprima grossetti e corti ;
(È ) Zur Entrichlungsgeschichte monocotyledoner Keime ndst Bemerkungen uber
die Bildung der Samendeckel, in Botan. Zeit. 1874, p. 715-17, tav. X, fig. 1-38.
2 Malpighia, anno IX, vol. IX.
1s F. SACCARDO
poi diventano capillari e lunghi. Essi sono inseriti ora tutti alla base
a xD : . s7: + SCE: 4
dello stipite pistillare, ora in verticilli a varie altezze, ed ora sparsi ir- |
regolarmente. Si trovano pure ovarî sterili claviformi lungamente stipitati, _
A che occupano la parte terminale dei singoli peduncoletti. Lo sviluppo
x 3 dell’ovulo è analogo e quello dell ovulo di Sparganium. Essi ci offrono un
5 esempio di ovario costituito da. una germogliazione laterale che si tra
«| _‘’sforma in ovario con ovulo centrale, ed in cui l’asse del germoglio stesso
si trasforma, all’ apice, nella nucella dell’ovulo ('). Come l ovulo di Spar-
ganium, quello di Typha si formerebbe pure nella parte superiore ma
non affatto terminale presso la linea suturale del carpello; e la rota-
| zione dello ovulo dal basso all’alto avverrebbe durante la formazione
della primina (°). L’ovulo misura 60-70 = 30-40 u; lo stigma è lungo
150-200 p. e consta di cellule abbastanza grandi, poligonali, leggermente
clorofillose, quelle verso l’apice sono tondeggianti e colorate in giallo-
| bruno. Lo stilo misura in larg. 50-60 £: è costituito di elementi allun- |
| gati incolori ed è attraversato da un fascetto fibro-tracheale che percorre
la parte dorsale mediana dello stigma.
FRUTTO e SEME
(Tav. V, Fig. 1-3; Tav. VI, Fig. 1-10)
Il frutto dello Sparganium è una drupa per lo più sessile, di forma ovato-
piramidata, angolosa, più o meno rostrata, coll’epicarpio spongioso inde
scente e l endocarpio uni-biloculare, osseo, aprentesi all’ apice con. u
coperchietto, Il seme aderisce alla parete interna TEA che
x saldata col tegumento seminale tenuissimo. L'embrione è
assile, suberetto, più breve dell’ albume che è farinaceo.
era la radichetta rivolta colla sua estremità alquanto ingrossata
verso la parte superiore del frutto, ed inoltre vi si trova una specie di
fessura scavata lateralmente dalla er hanno origine la pinne e
.
fusticino.
n La Lekrbuci der. mi IL da; À 485. Lu
Sasa Die TOTI Er: Typha ceen, Bot. Zeit. 1876, ca >
RICERCHE DELL ANATOMIA DELLE TYPHACEAE 19
L’albume che riempie la cavità interna dell’ endoderma e che circonda
| embrione è di due origini diverse: la parte più esterna deriva dalla
= nucella e costituisce il perisperma, mentre la parte più centrale avrebbe
si ‘origine dal sacco embrionico e forma l’ endosperma propriamente detto.
Il frutto di Typha differisce da quello di Sparganium per le dimen-
+ sioni assai più piccole, per essere lungamente stipitato, di forma allun-
ato-cilindrica, non costato, coll epicarpio membranaceo e coll endocarpio
legnoso. Il seme ha il tegumento striato; contiene un embrione angusto
7 e lungo quasi quanto l endosperma.
È da notare che il criterio carpologico può fornire caratteri assai im-
portanti per la sistematica nelle Typhaceae, specialmente nel genere
_ Typha ().
Nello Sparganium il tessuto epidermico esterno, primario, da cui
a origine l’epicarpio, subisce una trasformazione e finisce col venire
sostituito da un tessuto epidermico secondario, da una peridermide.
L’epicarpio adunque è di natura fellogenica e risulta costituito da una
zona di cellule soverose le quali sono tavolari nel senso radiale. In se-
‘zione trasversale la parete esterna nelle periferiche appare notevolmente
ispessita; il loro lume misura 10-12 w di lungh. e 4-5 p di altezza e
spessore complessivo del tessuto da esse formato è di circa 25 p.
1 genere Typha l’epicarpo è rappresentato da una specie di pellicola
ituita di un’assisa di cellule allungate nel senso dell’ asse del frutto
| bruno. Questa pellicola in alcune specie si stacca a maturità sotto Il a-
a), in altre specie invece essa è saldata col pericarpio (T. stenophylla,
L prima): Nel primo caso la superficie del frutto rimane cospersa di
distaccarsi dell: DR
hi: e larghe 12 v circa, alcune delle quali contengono un pigmento rosso-
zione dell’acqua, lacerandosi longitudinalmente (T. latifolia, T. angusti-
inenze più o meno acuminate formate dalle pareti oonan a …
ža
F. SACCARDO
altri strati posti più all’interno, di cellule pure parenchimatiche, grosse, |
ovoidee e tondeggianti, disposte senz’alcun ordine, e fra esse si di-
à «| stinguono ancora elementi dei cordoni fibro-vascolari che innervano il
frutto. A completa maturità questo tessuto diventa rilassato e poco di
stinto. Tale è la struttura del mesocarpio. Questo è di tratto in trat
completamente surrogato dall’endocarpio, il quale si spinge qua e
con delle prominenze angolose fino a toccare l’ epicarpio. L’ endocarpio,
che risulta dall’ epidermide interna, va a formare da solo la maggi
parte dell’ intero pericarpio. Esso consta di cellule grandi, a pareti for-
temente sclerotizzate. Queste pareti sono tutte percorse da canalic
per lo più normali alla superficie parietale. L’ ispessimento di que:
sclereidi arriva anche a far quasi sparire il lume cellulare in una ca
vità appena visibile. I canalicoli hanno naturalmente lo scopo di
sciar passare l’acqua necessaria al seme per la germogliazione, ciò €
altrimenti sarebbe impedito per lo spessore delle cellule sclerenchim
| tiche. Queste non sono uniformi dovunque, ma assai appiattite
genzialmente presso la parete interna dell’ endocarpio, più o meno is
diametriche nel mezzo e un po’ allungate nel senso radiale verso 1’
sterno. Nella Typha l’endocarpio è rappresentato da un’assisa di cel-
lule apofisate a pareti ispessite, allungate normalmente all’ asse
frutto e larghe 10 {. Sia nella Typha che nello Sparganium I endo-
carpio superiormente si apre in un foro circolare il quale è chiuso í
un opercolo, che, come vedremo, è prodotto dalle membrane ovulari €
rappresenta una speciale modificazione ed estroflessione dei tegun
seminali. Esso misura !/, di mm. di diametro circa nello Spargan
nella Typha è assai più piccolo.
Di
Il frutto di Sparganium contiene ordinariamente un solo seme; q
-~ volta ne ha anche due, ed allora di solito uno
à mente, l’altro restà abortito.
senta esternamente una
< larità, esso risulta alqu
si sviluppa comple
Nel caso di unicarpellarità, il frutto {
forma più o meno ovale, in caso di
anto compresso lateralmente, ma non
affatto le sue dimensioni. Nella der il frutto è costantemente
carpellare, i.
Tegumenti seminali -— Rire | la i la primina e
fa
RICERCHE SULL’ANATOMIA DELLE TYPHACEAE
| secondina si trasformano totalmente e vanno a formare due sottili la-
7 melle che involgono il seme e costituiscono i tegumenti seminali. Questa
modificazione, che succede durante il passaggio dall’ovulo al seme, è
dovuta al fatto che l’ embrione, sviluppandosi, preme dall’ interno all’ e-
sterno contro i suoi invogli, cioè contro gli strati cellulari della se-
condina e della primina. Perciò le loro cellule, sotto la compressione
e lo stiramento a cui vengon assoggettate, finiscono collo schiacciarsi
; _tangenzialmente fino a perdere il loro lume ed a ridursi a semplici la-
mine sottili. Una di queste, l’interna, è una membrana Jalina dello
spessore di 5 { circa, che non è altro se non la secondina trasformata,
e che riveste completamente il perisperma; l’altra lamella, immedia-
tamente sovrapposta a questa e rappresentata dalla pellicola verde, de-
. riva dalla primina, e misura uno spessore di 6-8 circa. Nella Typha
esse sono entrambi pigmentate in giallo-bruno e finamente striate. Così
pure in corrispondenza della rafe, troviamo un tessuto a cellule sube-
ficate, poliedriche, minute, attraversato da un gruppo di elementi
fibro-vascolari degenerati e che rappresenta il fascio conduttore rafeale
dell’ovulo. Esso non è altro che la calaza ispessita e trasformata, per
| mezzo della quale i tegumenti seminali aderiscono alla parete interna
‘dell endocarpio. Le due lamelle tegumentali poi, sia per la diversa con-
rmazione, sia per la nessuna o poca aderenza fra loro, piuttosto che
j darsi come costituenti un unico tegumento seminale, vanno con-
erate separatamente come due strati tegumentali.
Più interessante e ben diversa è la trasformazione che subiscono questi
tegumenti in corrispondenza della micropila (1). Quivi infatti, dopo la
econdazione, essi si gonfiano per ampiamento delle rispettive cellule. I
margini dell’esostomo si avvicinano fino a toccarsi ed a coprire totalmente
dostomo, il quale così viene a finire contro di esso a guisa di ro-
Quindi le pareti delle cellule più interne della primina e di quelle
ene della secondina si ispessiscono e si colorano prima in giallo
pesa, crasso ui strato va a ur A my pmernp.
+
stante all’ Spano esterno forma la FES composta di cellule suoli
ed a pareti esilissime. Nello strato interposto fra i due opercoli, le cel
da lule si raggrinzano fino a non lasciar più riconoscere la loro struttura.
> L’endosperma viene respinto ai lati dell’opercolo interno, cosicchè P’ em- |
SS
brione resta in contatto diretto coll’opercolo stesso mediante la sua
estremità radicolare. Come risulta dalla figura, i due coperchietti so
conici: l’esterno ha la base un po’ concava, l’ interno la ha pianegg de
Fra i tegumenti seminali e l’endosperma nello Sparganium, v'ha uno
strato di cellule subrettangolari, più lunghe tangenzialmente, 20-30 +
15-18 v, che rappresentano la nucella. Addossate a questo strato, ch
costituisce il perisperma, trovansi le due lamelle tegumentali.
L’albume occupa la parte maggiore del seme ed è composto di gr
cellule ellittico-rettangolari, disposte in serie radiali; le più esterne m
giori, 60 + 25-30 p, le interne più piccole 35 + 12-14 p.. Queste
lule sono ricche di grani d’amido minuti, 3-4 4, e, nello SPA
contengono una grossa,goccia di sostanza oleosa.
L'embrione sta nella parte assile dell'endosperma. Esso è rapprese
tato da un cotiledone, e, quando è bene sviluppato, è` lungo quanto.
E seme. a Lu estremità verso l’opercolo si ee la radich
cellule che rappresentano il ‘sospensore. Poco distante dall’estremità à
dicolare, che è un po’ ingrossata, e in corrispondenza di un rest
| mento sai cie Ses in una Lab sa nicchia lg
cina. In una sezione ivre dall'ohbtions; sì osserva un’
riferica di cellule regolari, un po’ appiattite radialmeute e di:
rettangolare che viste in sezione misurano 16 + 8-10 y., le qu
tuiscono il dermatogene. All’interno trovasi un parenchima à
ee de di È rage “ident PIO) mare ee
dalai v'ha un gruppo di aiot Aioretisiati | a kne assai i più
us 4-6 e diam., i an rappresentano il fascio primordiale. |
È ro de sera: hi sa
RICERCHE SULL'ANATOMIA DELLE TYPHACEAE
CONCLUSIONE.
; I generi Typha e Sparganium differiscono specialmente fra di loro pei
caratteri fiorali. Di fatto nello Sparganium i fiori sono in capolini ascel-
lari, globosi, nella Typha in ispadici terminali, cilindrici; quelli con
~ — perigonio composto di squame, questi con perigonio formato di peli; qui
-ovario stipitato, uniloculare, là ovario sessile, uni-biloculare. Questi
_ due generi poi differiscono rispettivamente dalle Pandanaceae, a cui
molto affini, anzitutto per l’habitus affatto diverso, per essere piante ac-
quatiche o paludose, erbacee, per le foglie inermi, pel perigonio svi-
luppato, pei fiori monoici, per lo stilo allungato, per l’ovulo pendente
dal apice della cavità ovarica, pel funicolo poco distinto, per l’embrione I>
| allungato, pel seme con opercolo micropilare. Ora se i predetti caratteri
| differenziali fra Typhaceae e Pandanaceae, servono a fare di queste
; ultime una famiglia distinta, benchè affine, dalle Typhaceae, i caratteri
distintivi fra Typha e Sparganium non dovrebbero essere certamente
tali da separare due famiglie.
Pure l Engler (1) eresse rispettivamente i generi Typha e Sparganium
al grado di famiglie monotipiche, non solo, ma vi intercalò le Panda-
nR
e. In tal modo egli considera sia la Typha che lo Sparganium ri-
spe tivamente più affini alle Pandanaceae che fra di loro, ciò che, te-
nendo conto dei caratteri differenziali comparativi suesposti, non riesce.
3 o molto convincente, nè giustificato.
Le differenze adunque fra i generi Typha e pai sono ben meno n i
importanti di quelle che li dividono dai Pandanus, benchè ne sieno af- 2
ini, tanto che il Richard disse che i Pandanus non sono che Spar-
janium arborescenti, e il Parlatore disse essere le Pandanaceae quasi
eae terrestri della zona torrida. Inoltre la struttura fiorale dei
generi in discorso presenta diversità tali che si riscontrano spesso
0 in genere vicini appartenenti alla stessa famiglia. Ma v'ha di
le stesse due infiorescenze, morfologicamente così diverse © > su cui à
co) BR Vol. Îl, Sez. I, p. 183 e sep.
Fi TRE baaa principalmente ia life tei le Typha e DI SA son
| ritenute da molti autori filogeneticamente della stessa natura.
Al. Braun ('), Dôll (°), L. Celakovsky (5) ed altri considerano le
varie porzioni fiorifere di Typha come prodotti ascellari. Questi autori
Y infiorescenza si osserva una stretta zona longitudinale, opposta alla
k rispettiva brattea sottostante, priva di fiori. Tale opinione è con-
| validata dal confronto coll’affine genere Sparganium, sopratutto col S.
simplex e S. natans che hanno racemo semplice. In queste specie si os-
serva come i peduncoli dei capolini inferiori sieno evidentemente saldat
per un certo tratto coll’asse primario dell’ infiorescenza e goer y del !
periori sieno completamente saldati con esso, i
Da queste fatto il Celakovsky è indotto a credere che anche nella
Typha vi sieno delle inforescenze parziali sorgenti all’ ascella d’ogn i
ipsofillo, saldate coll’asse primario e avvolgenti totalmente o quasi
quest’ ultimo. Secondo lo stesso autore, la porzione femminile avrebbe.
fiori portati da peduncoli ridotti; ed essendo questi in basso intima
mente immersi nella rachide.
> i fiori inferiori di ciascun rametto appi
rirebbero sessili. E da notare però che nel caso dello Sparganium la fu-
sione del peduncolo colla rachide non è completa e si manifesta evi=
dentemente; mentre nella Typha, trattandosi di fusione congenita, non.
| si riesce a vederne alcuna traccia istologica. La sola differenza si è che
Della rachide non trovasi la guaina sclerotica che si distingue nel fusto,
e v'ha invece una gran quantità di cordoni meccanico-conduttori peri-
| ferici. Secondo Rohrbach e Goebel, i fiori ed i rametti fioriferi femmi
nili compariscono dopo la formazione dell’asse,
Tutto ciò mentre dimostrerebbe l analogia genetica della infiorescenza
della Typha e dello Sparganium, spiega in pari
si alternino regolarmente coi nomofilli. L’ Eichler (+) poi ritiene ch gl
Pre che interrompono r eda della Typla 4 sieno stia; inv
) Flora der Poni Bra andenburg, 1864, p. 674.
i Flora des Grossherzogthums Baden, 1857, pe L.
(*) Veber die Inflorescenz von Typha Le
o ASEEN U, P- 113.
|
RICERCHE SULL’ ANATOMIA DELLE TYPHACEAE Pio 25
Porai na alla spata delle Aroidee e non sieno da considerarsi
«come brattee; così l’ infiorescenza sarebbe unica, continua. A cui però
si può obbiettare che nelle Aroidee se vi sono spate soprannumerarie,
| queste trovansi immediatamente sovrapposte alla principale inferiore, ma
non mai disposte alternatamente come nei fiori di Typha. Per ciò che ri-
guarda adunque l’infiorescenza, non esistono caratteri sostanzialmente
diversi dal punto di vista genetico; le differenze sono organografiche.
Lo stesso può dirsi rispetto agli elementi perigoniali. Le squamette
-dello Spurganium ed i peli di Typha si possono considerare come pro-
duzioni analoghe, sebbene questi ultimi sieno di aspetto assai diverso e
= sebbene la loro natura sia molto combattuta fra gli autori, alcuni dei
quali li ritengono di vera origine tricomatica, altri perfino come stami
abortiti, ecc. La questione poi dell’ovario uni-bi-carpellare sembra ap-
pianata quando si pensi, prima di tutto, che è un carattere questo molto
‘oscillante e che varia con molta facilità da un genere all’altro della
i stessa famiglia; in secondo luogo, che nel caso dello Sparganium si tratta
_ semplicemente di una accidentalità che non può certo determinare alcun
| carattere importante.
Riassumendo: le differenze che l’Engler fa consistere nella diversa in-
_ fiorescenza, nella natura dei peli che non costituirebbero un vero pe-
rigonio e finalmente sulla comparsa accidentale di due carpelli nello
; pa rganium, non sono tali da stabilire due famiglie distinte.
de | Oltre alle differenze morfologiche già esposte, concorrono all’uopo anche
i caratteri istologici, i quali, mentre dimostrano esservi molto analogia
. fra i generi Typha e Sparganium, come risulta dalle nostre ricerche.
-sulla istologia dei vari loro organi, mettono pure in evidenza la loro
struttura assai diversa da quella delle Pandanaceae.
Di fatto nel signi delle Pandanaceae v'hanno, seno vas Tieghem =
(f) Ann. Sc. nat, 1866, Sér. V, tom. VI, p. 195.
TF. SACCARDO
l’ esterno. Inoltre non v ha una zona generatrice permanente, nè vi.
trovano fasci puramente fibrosi. Di qui una profonda differenza fra la
Pa struttura caulomatica delle Pandanaceae e quella delle Typhaceae.
Nelle foglie delle Pandanaceae ogni parete interlacunare porta nel
A mezzo un solo cordone meccanico-vascolare; mentre nelle Typhaceaé sono
| almeno due, uno in alto e uno in basso.
Nelle Pandanaceae i grossi vasi sono affatto esterni; nelle 7%
ceae interni. I fasci fibrosi delle foglie dei Pandanus sono, fino ad u
Ch certo punto, indipendenti, mentre quelli delle Typhaceae apparterrebbe
È al sistema meccanico-conduttore generale. Finalmente nelle Pandan
ceae non troviamo l’actinenchima così caratteristico delle 7yphace
Nelle radici delle Pandanaceae il sistema conduttore si forma nel}
renchima corticale e centrale prima della formazione del meccanico, cioè.
prima dell’ispessimento dei vasi e prima che appariscano fasci fibrosi i
lati, i quali qui, come nella foglia, sono formazioni locali senza rapport
| diretti col sistema meccanico-conduttore generale, cui sono associati.
Anche rispetto al criterio paleontologico, è a credere col Celakovsky.
che la famiglia più antica sieno le Pandanaceae da cui discendono
Sparganium e da questi le Typha come forme più recenti e assai prc
sime agli Sparganium. Difatti furono trovati dei Pandanus nel eretaceo,
| mentre le specie fossili di Tÿpha e Sparganium non risalgono oltre il.
miocene (°).
Da ultimo per ciò che riguarda anche la distribuzione geografic
EA sono proprie esclusivamente delle regioni tropicali, men
| gli Sparganium, che l’Engler riterrebbe più affini a quella aus
= vono nelle regioni temperate e quasi fredde.
o die Verwandtschaft von Typha und Sparganium, in Bot. Zeit.
n’ : i i
e) Mescminetti e Squinanor, Flora tertiaria italica, 1893, pag, 158 e seg.
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
Fig. 1. Parte di sezione trasversale di radice di Typha latifolia — a zona interna,
SP endoderma, con cellule ispessite nelle pareti interne e laterali, € fasci
librosi, d fasci legnosi, e sclerenchima centrale.
» 2. Parte di sezione trasversale di rizoma di Typha Luni — 4 tessuto.
corticale, lacunoso, à assisa amilifera, € zona generatrice, d tessuto cri-
broso, e arco Liapor, p arco PR g pee cer
sisa pilifera, d zona: E osa, € zona esterna, sclerotica, d zona interna
radiato-lacunosa.
. Sezione longitudinale di rizoma di Sparganium ramosum — à spiderinide;
di cordone meccanico Sale c SSIR Surpa; d one
À
: von i clorenchima , € us coi à comtoni à me
| pati del piama parata, e mime ns RE
»
»
He Fas
Fig. 4. Epidermide, stoma, clorenchima e cordone meccanico, 4, in una sezione
5
_ Fig. 1. Sezione trasversale di foglia di Typha latifolia — à tessuto assimilatore, 4
3.
È : » 4. Sezione trasversale di foglia di Sparganium ramosum (a metà della la-
A interno e, i vaticana g lacune. 7 A
» 5. Passaggi Į il’ (foglia di Sparganium ramosum).
Tav. IV. a
Fig 1 Ipofillo di Typha latifolia in corrispondenza di un cordone meccanico».
» 2
à 3. Sezione di foglia di Sparganium ramosum in er della :
_ vatura carenale — @ canali vascolari, b parenchima congiuntivo, c tes-
F. SACCARDO `
trasversale di foglia di Sparganium.
Sezione trasversale di fusto di Sparganium ramosum — a opidermiie i l
b ipoderma, € clorenchima, d lacune corticali, e cordone fibro-vascolare |
collaterale esterno del parenchima corticale, f guaina sclerotica, g cor- |
t
done meccanico-conduttore collaterale interno, 4 parenchima centrale. |
b cordoni ipodermici, e cordoni meccanico-conduttori delle pareti lacunari à
longitudinali, 4 tessuto stellato (trasversale), e parenchima congiuntivo |
CAN
5
Tav. HI. a
ae,
i
i
flongitudinale), f lacune. ;
9, Sezione trasversale di foglia di Sparganium natans — a tessuto assimi- —
RIS b parenchima congiuntivo, € actinenchima (trasversale), 4 lacune. ;
Sezione longitudinale secondo il piano « 8 della Fig. 4 — a epidermide, —
b tessuto assimilatore, c, € parenchima che circonda e separa le lanit +
longitudinalmente, 4 diaframma actinenchimatico che divide le lacune tra- a
sversalmente, e avanzi ifoidi di actinenchima riassorbito.
mina) — & cordoni ipodermici, b tessuto assimilatore, ¢ cordoni mecca-
nico-conduttori periferici, d cordoni meccanico-conduttori del parenchima
conduttore principale — 4 parenchima congiuntivo, è actinenchima, € tes.
suto assimilatore, 4 cordoni ipodermici e meccanico-conduttori, € epi-
dermide.
Fascetto meceanico-conduttore del sica congiuntivo interno di foglia
di Sparganium ramosum.
_suto assimilatore , d cordone ipodermico del fascio meecanico-conduttore
carenale, e epidermide.
RICERCHE SULL ANATOMIA DELLE TYPHACEAE
, Tan V:
Fig. 1. Sezione longitudinale di ovario di Sparganium — a clorenchima , è pa-
renchima corticale, € parenchima conduttore, d fascetti conduttori.
» 2, Parte di sezione trasversale di seme di Sparganium ramosum — à tegu-
mento seminale esterno, è tegumento seminale interno, € nucella, d en-
dosperma.
» 3. Sezione trasverale di frutto di Sparganium ramosum — a epicarpio pe-
n ridermatico, b mesocarpio, € endocarpio, d rafe, e tegumenti seminali ,
3 f nucella, g endosperma, # embrione, è fascetto embrionale.
.» 4. Cellule epiteliali di antera di Sparganium ramosum, viste superficiamente.
» 5. Parete di detta antera in sezione trasversale — 4 cellule epiteliali, b tes-
suto fibroso.
» 6. Opercolo di grano pollinico di Sparganium — a esina, b endina, € ri-
$ serva di cellulosa, 4 contenuto fovillico. :
|» Te 8. Diverse forme di tetradi polliniche di Typha latifolia. }
Tav. VI.
Fig. 1. Frutto di Sparganium ramosum, in sezione longitudinale — @ epicarpiò,
ta mesocarpio, c endocarpio, d tegumenti seminali, e endosperma , f em-
brione, g opercolo.
Lo stesso in sezione trasversale (quello sopra unicarpellare, quello saito
sarto, bicarpellare) — @ epicarpio, b mesocarpio, c lacune del mesocarpio, di
endocarpio, e tegumenti seminali, f rafe, g endosperma, % embrione.
docarpio, € opercolo.
4. Parte della stessa — 4 epicarpio, à endocarpio, c tegumento seminale
esterno, d tegumento seminale interno, e endosperma.
5. Parte superiore di seme di Sparganium ramosum, coll’embrione visto di
fianco — a opercolo esterno, opercolo interno, € tegumenti seminali
d endosperma, e guaina cotiledonare, f foglietta g fusticino. a
; Estremità radicolare dell’ embrione di Sparganium , visto di fronte
a resti del sospensore, } cuffia radicale, € foglietta, d fusticino, i Lasi
» 3. Sezione longitudinale di frutto di Typha latifolia — a pe b en- A
‘spongono dalla cavità e. +”
“> T. Parte superiore di frutto di Typha aile ~ — a Lu estorno, ; oper ;
“
colo interno, € È ndocarpio, d taruni sotnluali; € endosperma, f cut
radicale, g estremità radicolare dell’ embrione, 4 fascetto embrionale.
Fig. 8 Parte na di ovulo di Sparganium in via di trasformarsi in ope
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 31
A. BALDACCI
Risultati botanici del viaggio compiuto in Creta nel 1893
à PARTE I. SL
ITINERARIO — REVISIONE DELLE RACCOLTE.
Vittorio Raulin, geologo francese, ora Professore emerito della Facoltà
delle Scienze di Bordeaux, ci ha dato su Creta un’opera magistrale (1),
_ frutto delle sue costanti e coscenziose ricerche in quella feracissima e
splendidissima perla del Mediterraneo.
A Vittorio Raulin, di cui la scienza ricorderà sempre l’ ingegno fe-\
condo e la singolarità di grande e dotto lavoratore, intitolo con pro-
| fondo rispetto e con alta ammirazione queste note botaniche tratte dal
ce viaggio di circa tre mesi attraverso la patria di Minos, dalle sue ma-
rine alle più elevate, imponenti vette di Sphakià e di Psiloriti, vette
de, bianche ed abbandonate e pur teatro di lotte, di fede, de’ più
generosi sentimenti umani.
Il mio scopo in Creta fu quello di studiare in particolar modo sul
| vivo la flora già ben nota dell’ Isola, e di dedurre quelle considerazioni.
; geografiche e di indole affine che possano portare maggiore luce intorno
alla dispersione de’ vegetali nel dominio mediterraneo orientale. Grande
è. l’importanza di una tal flora insulare rispetto alle altre di terraferma,
in relazione con quella del Peloponneso e su su della Grecia, del-
ro, dell’Albania, sia con quella dell’ Asia Minore, del Caucaso e della z
a; interessante è ancora rispetto alla flora italiana e in principal
maniera alla. siculo-maltese. Le mie replicate ricerche nei Balcani e lo
stadio che io pongo da molti anni per rendermi esattamente conto delle
Description physique de SP de Crète, 2 Vol., Paris-Bordeaux, 1869.
32 È È A. BALDACCI
altre flore mediterranee, mi portarono non indifferente ajuto nelle] o
servazioni che seguono. |
Ebbi in Creta, e fu ventura, due ottimi compagni di viaggio coi qual
il disegno della spedizione venne man mano formulato in più mesi. I
Dott. Vittorio Simonelli, valente e noto paleontologo , assistente del pr
fessore Capellini, ebbe cura dello studio dei fatti geologici e paleontol
gici; il Dott. Giacomo Cecconi, egregio assistente nell Istituto foresta
di Vallombrosa, si occupò di raccolte ed osservazioni entomologiche. :
Il viaggio non riuscì indifferente per spese e fatiche, e l’appoggio
teriale del Ministero della Pubblica Istruzione e di quello dell’Agrico
tura, Industria e Commercio, valse a diminuire le difficoltà finanzia ie
di per se stesse eccessive. Le difficoltà morali, non meno grandi de
prime, furono generosamente alleviate dalla cordialità e simpatia trovai
nell’egregio Console nostro Cav. G. Zanotti Bianco che ci ottenne og
specie di facilitazione dalla gentilezza di S. E. Mahmud-pascià, allo
Governatore del « vilayet » cretese, dal signor Matteo Mancuso sicilian
entusiasta della patria, dall’ Ing. Kellaidis, da molti altri di sentire
di affetto pieni, verso i quali la memoria mia sarà sempre costante con
a carissimi amici.
ITINERARIO.
Lasciammo Bologna la mattina del 7 Giugno e toecando Brindisi, Coi
Pireo ed Atene, giungemmo a Khanià o Canea, capoluogo del +
di Creta, sull’ alba del 16 dello stesso mese.
Eravamo anelanti d’intraprendere le prime fatiche, avidi di sati
alternata la sferza del sole cretese al freddo delle nevi di cui abbond
vano le tre catene dell Isola incantevole, affascinati ancora dal so;
giorno in Atene e dalla magnificenza di un viaggio delizioso dalle
| patrie, al Pireo, a Canea, durante il quale l'immensa vita d’Oriente :
sì ripetutamente le fibre nostre per la grandiosità dei quadri forr
-dalla natura e dalla sorte nel mezzo dei mari Jonico ed arcipelaghia
sol bastimento del Lloyd, lungo le coste tutte eretesi a noi ignote
_ allora, giammai pensando di poterle vedere tinte la prima volta A
n son tramonto d’oro orientale.
Ha Tap TE va È A oa y
` RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO) aioto IN CHI kite te 33
17. 18. 19 Giugno. La penisola dell’ Akrothiri nel distretto di
Khaniotika. Itinerario del 17. Khanià, Baja di Souda nella porzione
N. O., salita a Korakes, Plakoures, Monastero di Haghia Triada. Iti- È
nerario del 18. Salita alla chiesa di Gouverneto, discesa a Katoliko, vi- PE
sita alla Grotta di Joannes o cajmenos, esplorazione delle gole sottostanti e
fino verso il Capo Maleka, ritorno ad Haghia Triada. Itinerario del 19.
Dal Monastero a Koumares, Koraphakià, Kounuopidianà, Khalepa e
Khanià.
Premetto che le carte da me possedute furono quella idrografica ed
orografica del Capitano Spratt e quella geologica di Raulin. Ambedue
sono ottime per quanto non immuni di qualche errore topografico; Puna
ajuta l’altra e ambedue insieme rispondono perfettamente al bisogno del
viaggiatore in Creta. — La prima escursione mi offrì nel suo massimo
igore la flora più completa del dominio mediterraneo dopo la fioritura
delle specie erbacee. La natura del terreno calcareo e quindi la man-
canza di umidità e di acqua, i venti a cui trovasi esposta la penisoletta
ell’ Akrothiri danno un’ impronta caratteristica a questa piccola por-
zione dell’ Isola che formò l’ interesse di una gran parte di coloro che
studiarono Creta. Un terzo delle piante che crescono all’ Akrothiri du-
ante l'estate appartiene a quel gruppo di specie spinose, a foglie strette,
sea a rami ‘I UA con nice dicasiale, prete: wi
a lo rimare i dunei mediterranei. Un altro terzo è dato da specie IRE.
À o tomentose nei cauli, nelle foglie e nei calici. Il rimanente componesi |
di pianto vray Selo ma non spinose, avanzo. Cola co
n Cfr. Kant DI Mou, PRIORA, 2 Vol, Labs id Wien, sasa
3. Malpighia anno IX vol. IX.
RR OR RALVACDE, °°
causa della siccità data dal calcare prevalente e in secondo luogo dall
lotta per l’esistenza di determinate specie; una sola di queste arriva spe
ad occupare ettari di terreno distruggendo o appartando le meno robuste.
Durante l estate l’Akrothiri sviluppa nella proporzione dell’80 per 100
specie legnose, suffrutici e frutici, in prevalenza dati da Hypericinee
Rhamnacee, Leguminose, Rosacee e più di tutto da Labiate i
-tate da specie aromatiche, odorosissime.
Questo modo di vegetazione è peraltro proprio della porzione dell
penisola che dai dintorni di Khanià giunge all’arco che forma il Cap
. Maleka. Quell' arco è cinto da costiere a Sud e ad Est le quali sovent
si sprofondano in burroni e precipizii a picco. In quelle stazioni rupes tı
di difficilissimo accesso vegeta una flora propria, ricca e bella di speci
eleganti e rare che non sfuggirono ai botanici anteriori. Nella porzion
la all'arco suddetto, ai piedi o sui dossi delle colline, ne’ luo.
riparati non mancano boschetti di Carrubo, Olivo, Quercia cocciferss
alberi isolati trovano sviluppo nelle doline o « katavothros » il
mi fa congetturare che la vegetazione arborea sia impedita dai vent
dagli uragani provenienti dal Nord.
Povera è la coltivazione in tutto l’ Akrothiri; poche vigne, pod
campi di frumento, di orzo e di segala: quasi mancanza assoluta €
` frutti.
= Non mi perdo ad enumerare il complesso delle specie a i
questa prima escursione, essendo tutte registrate nell’ aureo cata Di
Raulin.
21. 22, 23. 24, 25 Giugno. Escursione interessante specialment
il dici di Kisamos. Itinerario del 21. Da Khanià fino a Gon
lungo la spiaggia del mare per il villaggio di Platanià, studio dei €
i torni di Gonià interessando la parte N. E. del Capo Spada, trave:
di. questo Capo per Ravdouka, indi discesa a Kisamo Kasteli lun
costa della baia omonima. Itinerario del 22. Da Kisamo a Lous |
poscia a Kanavas con l’obiettivo del m. Haghios Ilias: salita del m
discesa a Topolia per Sirikari traversando i castagneti. Itinerario
23. I dintorni di Topolia. Itinerario del 24. Da Topolia a Malath
£ i 3 se i ie FE PUR ti DATI 3 4 P
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 35
: Armenochorio, Roumata per il territorio di Kakopetra; escursione sui
fianchi dei monti di Roumata fino al limite più alto dei castagneti.
Itinerario del 25. Discesa a Voukolies per Orthounes lungo l’alveo del
torrente Tavroniti; ritorno a Khanià per Platanià lasciando a destra
le colline.
Il primo giorno speso in questa seconda escursione interessò la flora
marittima rappresentata dalla stazione arenosa interrotta soltanto al
Capo Spada. È tuttavia curioso di osservare come la flora dumetana
i guadagni le sabbie di Platanià e Gonià dove, mercè l’intermediario
_ delle Centaurea e Cichorium spinescenti, s’inizia una flora marittima
coi Tamarix e Vitea Agnus castus. Nella Centaurea spinosa in queste
sabbie abbiamo un esempio istruttivo dell’ adattamento erinaceo a di-
esa, così frequente in tutta Creta. Ebbi a notarlo la prima volta presso
1 monastero di Haghia Triada nella Stachys spinosa. La pianta così
onformata in un ammasso di rami intricatissimi, spinosissimi, tende
lla forma sferica e non può essere in alcun modo attaccata: neppure
il vento può agire su di essa venendo fissata al suolo da una radice
inga e robusta che corre talvolta per più di un metro nel terreno. I
‘a provengono dal colletto, i più esterni dapprima sono decombenti,
erigono e "comprendono via via i più interni che sono spesso an-
più giovani. Questa interessante forma di adattamento a difesa
ntro gli animali e gli agenti esterni si manifesta sia nelle stazioni
inferiori che in quelle più elevate di tutta l'isola.
eo. S'incontrano dumeti come all’ Akrothiri, i quali si alternano
n altri più sviluppati dove il terreno è protetto; non mancano i bo-
e gli uliveti nei pressi di Gonià. L'unica differenza che si può
salendo dal mare a circa 400-500 metri, come a Ravdouka, con-
ciò, che il periodo di vegetazione è ritardato di circa quindici ;
e località più alte. È un ritardo mon indifferente dato il ter- - i
torio caldo e calcareo che si attraversa. A questa altezza massima —
ano la Scilla ed il Dracunculus, il Mirto e il Corbezzolo. Nei
hi scoperti, aridi o rupestri le, specie sono rivestite di peluria odi
1 ento.
Il resto dell’escursione fino a Kisamos interessa il dominio mediter- |
Se 36 3 ‘A. BALDACCI
I distretti di Kisamos e di Selinon (questo al Sud del primo) son
À ricchi di rigagnoli, scorrenti anche nell estate per territorii freschi e ab-
siderati come eccellenti stazioni botaniche. Lungo le loro sponde
sviluppansi non più i dumeti singolari dei luoghi aridi, ma i veri bo
a schetti formati da Styrax e da Oleandri, da Mirti, Platani ed altri.
1e arbusti che desiderano ambienti freschi. Il substrato di queste stazioni
è spesso argilloso. Io le incontrai dapprima a un’ora da Kisamos ve ‘80
Lousakies; quivi i margini dei boschetti sono rivestiti dalla piccola Lau-
rentia tenella i cui fiorellini azzurri fanno un mirabile effetto. Intorne
ai villaggi, rigogliosi uliveti, vigne e seminati. o
Oltre Lousakies si entra in un labirinto di colline a dumeti bas
con prevalenza rappresentati dalla Quercus coccifera, dumeti che ci
compagnarono fin sotto la cima del m. Haghios Ilias alto 918 metri
cima scoperta, aridissima che poggia sopra un altopiano calcareo a doss
rupestri dove l’elegante Ebenus cretica ritarda il suo periodo di ve
tazione di una ventina di giorni. Nelle alte ripe dei dintorni le spec
rare come Linum arboreum, Staehelina arborescens, Centaurea argent
sembrano scegliere posizioni protette nelle fessure dei macigni inac
sibili anche alle capre. Sul!’ altopiano dell’Haghios Ilias il Leccio x
| mune ed io ho potuto misurare individui che avevano circa mezzo m
di diametro.
e
La traversata fino a Topolia per la chiesetta di Haghios Janis si i
dapprima per una lunga successione di chine, in massima parte a b
donate, orrendamente coltivate, colline aride, bruciate dal sole,
quali i dumeti raggiungono enormi estensioni e proporzioni col
| bezzolo, Eriche, Hypericum empetrifolium, Poterium spinosum, Ger
| acanthoclada. Dove mancano questi due ultimi tipi è ben difficile
Si gere una specie erbacea intatta, gli ovini hanno distrutto ogni €
_ al contrario erano rigogliosi e abbondanti le due piante spinose potei
| trovare da esse difese l’ Asperula incana e la Centaurea raphanina. Qua
ER dr Ei je ï i à ; È ua no
= @ colà notai rari il Pistacchio, il Carrubo e il Pero selvatico. ( A
=)
abbiamo già “o: Nel distretto di Kisamos anzi il Castagno si
e, sovente, a queste ultime piante.
illaggio di Topolia non ha di speciale che i suoi oliveti, Fichi
a, Gelso nero e qualche magra Palma dattero. Nei dintorni i so-
busti. È lungo la strada per Roumata che la vegetazione cam-
zgermente con qualche accenno a boschi di Quercia dati da due
di Quercus sessiliflora. Essi persistono pure sopra Armenochorio,
di questi colli sgorgano numerose sorgenti che danno sostentamento
macchie isolate di Castagno e Platano verso la loro parte media, :
di macchie di Platano e di Quercia alla loro base. I boschetti sono di mi:
di rabile effetto sulla desolante superficie abbruciata, malamente posta
coltura. Anche nei dintorni di Voukolies i castagneti si presentano sor
prendentemente sviluppati per quanto a leggiera altezza dal livello de
mare. ;
La seconda escursione in Creta confermò cid che già venne a col
pirmi nella prima: la mancanza di generi e specie polimorfe. Se è questo
fenomeno costante solamente nell'estate, non oserei affermare; resta as-
sodato dall’ osservazione che nell’ Isola ho sempre incontrato tipi cara
teristici, per nulla variabili, quasi sempre strettamente collegati ad u
data natura di terreno. |
30 Giugno. 1° Luglio. Seconda escursione nel distretto di Kh
niotika. Itinerario del 30. Khanià, Galata, Haghia Marina, Platan
_ salita lungo il fiume Platanià, Vrisses. Itinerario del 1° luglio. Di
torni di Vrisses specialmente alle rupi della fortezza; da Vrisses
piano di Alikianou per Skoufò; visita alle paludi di Alikianou, ritorn
a Khanià per la pianura. , 4
In massima parte non ho che da ripetere le osservazioni sulla flora dı
metana già fatte nelle due precedenti escursioni. Ad Haghia Marina, co si
a Platanià, presso i ruderi delle case diroccate è comune la Micotian
. glauca importata in Creta, ma oggi divenuta selvatica. Pure nelle :
_ nanze del primo villaggio notai una località abbondantissima di N
dorlo selvatico. Discendendo da Haghia Marina a Platanià si entra
un grosso rio che chiamano Psathì in cui è notev
ole la presenza delli
pa gli abitanti dicono « Strychnos, » In dati punti i margini del
| RISULTATI BOTANICI DEL VIAG OMPIUTO IN CRETA NEL i
S
n
Len
msi, di sorprendente sviluppo; ma all’infuori dell’ Olivo e di pochi
Carpabi nulla di nuovo sollecita la curiosità del botanico. Vrisses è
| circondato da qualche orto e frutteto; in una collina circostante poggia
la sua antica fortezza difesa da massi a perpendicolo nta 2e s0-
liti frutici ed arbusti mediterranei.
Lungo la via per Alikianou abbiamo altri esempi di stazioni a
Oleandri, Styrax, Platani, ece. nei rii che incontriamo; poi di qe
e di oliveti alternantisi fra loro.
| Khanià, offre singolare contrasto con quanto vedemmo finora. Da una
| parte, verso ponente, gli avanzi di una palude che va man mano re-
I temperatura dolce e ambiente propizio al loro sviluppo. Dopo Alikianou,
tornano dumeti identici a quelli dell’ Akrothiri.
6. 7. 8. 9. 10. 11 Luglio. Dalle stazioni mediterranee alle sta-
Vouna. Itinerario del 6. Khanià, Phournies, Lakkous, i dintorni di
Itinerario dell'8. Salita del m. Gigilos nel gruppo di Volakià: si passa
si guadagna la cima predetta e si discende al « mitato » di Koumos
dove si pernotta. Itinerario del 9. Salita della più alta cima del Vo-
orazione del « katavothros » di Omalò e discesa a Lakkous. Iti-
si dell’ 11. Da Lakkous a Mesklà e Therison, indi la via dorsale
monti a ponente di Drakona; Alì-Trouvari, Mourniés e Khanià.
rente si trovano ricoperti da vere boscaglie di Platani: da essi verosi-
Imente prese il suo nome. La via per Vrisses attraversa oliveti im-
Il piano di Alikianou, che si collega colla incantevole pianura di
zione sabbiosa nelle vicinanze del torrente Platanià; a Phournies ri- .
ioni alpine. Salita del Volakià nella parte Ovest degli Aspro-
questo villaggio. Itinerario del 7. Da Lakkous all’ altopiano di Omalò.
sinistra dello Xilo-Skala e toccando la fontana di Hellinoseli o Linoseli |
ià o Sapimenos e ritorno ad Omalò per Hellinoseli. Itinerario del 10.
m. Volakià è una delle più colossali cime degli Asprovouna 0 ; n
ontagne bianche (Leukaori) che occupano la parte occidentale e di”
rerso Khanià, segue la vasta pianura quaternaria con prevalente sta-
| Stringendosi e sono tuttavia coperti di Giunchi, Ciperi e rarissime Nin-
fee; dall’altra Aranci, Limoni copiosissimi e rigogliosi che attestano
Mm
schienale di Creta. Le alto vette di questo nucleo sono formate di co-/
lossi calcarei privi di vegetazione boscosa oltre i 1500 metri. In quelle |
cime abbandonate, desolate e di accesso spesso difficile, si ritirarono,
~ modificandosi, gruppi di specie rarissime i cui collaterali ed archétipi
vengono cercati dai botanici verso i dossi balcanici da una parte/ nelle
zone montuose dell’Italia meridionale od insulare d’ altro lato o anche
à nella Siria e nella Persia mercè gli intermediarii monti dell Asia Minore
e del Caucaso. Sono però i Balcani che più di tutto interessano le deo
cerche geografiche di siffatta natura, ed io non dubito punto della mia
| asserzione; fino da ora mi credo autorizzato di poter dire che la flora dei
| monti cretesi dipende immediatamente dalla corrispondente di Europa.
- Studiando una carta scorgiamo subito la correlazione che esiste fra le
| catene peloponnesiache e quelle di Creta, alle quali succedono tosto i
nuclei montuosi di Scarpanto o Karpathos e Rodi che certamente, nei
tempi geologici anteriori, dovevansi raggruppare con la Lidia e via
via col levante e il mezzogiorno dell’Asia. Creta ha pure attinenza no-
_tevole con la Sicilia e col gruppo maltese, ma questa attinenza dipen-
dente dal tempo e dallo spazio, sta nella medesima proporzione che
i può correre fra la Sicilia, Sardegna e la Spagna meridionale.
| Fino a Phournies si attraversa la pianura di Alikianou costeggiando | é
> per diverso tratto il letto del torrente che si origina a Lakkous, letto
| rivestito di ricca vegetazione, identica a quella di Platanià. Seguendo
K KOC che DEN + Lo id peho À dans la natura vogo- ;
limite superiore a ar robusti: qua e colà, in vicinanza delle case,
si coltiva il Gelso bianco. Le vigne sono comuni e fertili.
L'interesse per questo territorio degli Asprovouna comincia ad ap-
parire lungo la via per Omalò. Dapprima il dumeto dell’ Akrothir
predominante per quanto ritardi il suo periodo di vegetazione : a €]
900. m. cambia. repentinamente , e ai suffrutici e frutici delle zone
i o i che scompaiono nella loro metà, subentra comune la Daphne
1 a Thymelaea Tari tonraira, il LV erbaseum spinosum, Cytisus ri
ticus, le due Eriche comuni in Gres si fa rarissima la Stachys spinosa,
entre resistono la Quercus coccifera, il Poterium spinosum e i Gisti.
w ultimo con una spiccata eterofillia e coi rami ESTA ca non
| può raggiungere almeno un metro e mezzo di statura: le due specie, in-
| sieme alla Quercus cočcifera, possono rappresentare una nuova e rimar-
_chevole stazione poichè, dopo quest’altezza, vivono da sole padrone del-
4 l’ambiente, non essendo degni di considerazione alcuni magri arbusti
di Pistacchio. In mezzo a simili e speciali dumeti alligna una vegeta-
| zione più nana ed erbacea distinta dalle specie su riferite e inoltre da
Sideritis eretica, Asphodeline liburnica, Asphodelus luteus e A. micro-
carpus verso le vallette dei declivi. da Æelicrysum microphyllum, Ma-
jorana microphylla, Salvia pomifera, Euphorbia acanthoclada nelle
costiere dei colli.
Oltre queste alture, che tutt'intorno circondano l’istruttivo altopiano di
alò, alture che arrivano a 1200-1300 metri, il paesaggio diventa
strano e fa ad un tratto rimembrare un territorio dell'antico Montenegro.
Sono centinaia di doline che si succedono senza interruzione e si spar-
gono in tutti i sensi a ridosso dei colli che s ‘attaccano via via alle più
te vette finitime per far corona all’altopiano di Omalò. È esso stesso |
immensa dolina allagata nell’inverno; comunicante verso il distretto
Selino a mezzo della valle che sale ad Haghia Irini, e verso Sphakià
per l'enorme, repentino precipizio dello Xilo Skala. Verso il distretto
di Khaniotika non ha sbocco e le acque che la ricoprono nella cattiva
ta; ione si precipitano copiose nel « katavothros » o grotta verso il suo
to settentrionale. |
nl piano o dolina di Omalò, abitato nell’ estate dai pastori, viene col-
o in gran parte a Segala, Frumento e Lentiechia pei cavalli. Il resto
erto da terreno sabbioso ip dai declivi csi ed intorno cin-
a si tenere per chi va in Sphakià da queste neri pi
+ sus Fi A BALDACCI.
quanta il Pero selvatica. 0p: AIA I lembi inferiori dell’. x
gathopi, nudo nelle sue cime che vengono costeggiate da chi sale ad
_ Hellinoseli ed al Volakià, sono coperti qua e là da macchie che possono
meritare il nome di boschi. Non sono tuttavia da prendersi nel vero
Quercia coccifera Side in cotesti paraggi.
Oltre questi boschetti presentasi un’intricata macchia a Phlomis fru-
ticosa, poi superficie vaste di Cerasus prostrata, Rhamnus prunifolius €
Astragalus angustifolius che caratterizzano la flora dei luoghi elevat:
resi di notevole importanza dalla presenza del Cipresso il quale si avanga
nei dominii delle stazioni alpine. La via segue a precipizio il cor
della valle incassata che divide gli alti colli deJl’Apopighari da quelli
Volakià, valle che si inizia alla vicina sorgente di Hellinoseli o Lino-
seli dove convergono i due schienali.
La fontana di Hellinoseli ha acqua freddissima; Sieber, in un 27 di
Giugno, la trovò a 5°. Intorno intorno chiazze di neve resistono tutta
l’anno. La vegetazione è alpina; qui cominciano a rintracciarsi le is
erbacee con fusti legnosi alla base, specie scarse in numero che cara
terizzano la vegetazione di questi colossi sphachiotici. In fondo, ve
il Sud, sta lo Xilo-Scala definito dalla valle che ci interessa; di fiane
sulla nostra sinistra, è il Gigilos, aridissimo giogo del Volakià, nud si
a perpendicolo: sulla nostra destra sta l’ultimo pendio che ci divide d
_ distretto di Sphakià. È inutile che ricordi i nomi delle specie incon
| perchè esse figurano nella rivista che segue le note di viaggio.
rappresentate da scarso numero d’esemplari: talvolta anche da poc
simi. Appartengono. a tipi alpini con robusta radice vivono nelle
sure delle rocce, vengono distrutti o decimati col frantumarsi di
steos incontrano nei luoghi di meno facile accesso per la qua
potrebbero considerarsi quali superstiti di specie che tendono a
parire. È pure notevole fenomeno che presentano alcuni di loro di
‘coprirsi di ‘peli glandulosi, secernenti liquido amaro e die ov- è
vero di ridursi a vivere sotto le pietre, lasciando uscire alla luce i
; soli fiorellini, o di spalmarsi di cera. e confondersi col bianco monotono
del’ ambiente. E ciò che ‘accade nelle stazioni rupestri circostanti, av-
viene pure nell’altra che io credo poter indicare col nome di stazione
dei sassi mobili alpini (in lapidosis mobilibus alpinis, dagli slavi del Sud
intesa col vocabolo « potok »), la quale forma ad Hellinoseli una china
intera che dovemmo superare essendo diretti nel versante opposto del
monte Volakià. i
Sul crinale di questa china, o nei suoi dintorni più alti, ogni accenno
-di flora montana scompare colla mancanza dell’ Acero e del Berberis:
le specie diventano nane, ma restano spesso suffruticose, e forse da ciò
ebbe origine l'opinione di Heldreich e Raulin i quali obbiettarono che
in Creta non dovesse riconoscersi una vera flora alpina. Io intendo però
che questa sia da ammettersi, poichè le specie da me e dai miei an-
| tecessori incontrate nejle elevate montagne cretesi, dimostrano troppo
| evidentemente la loro derivazione da altri tipi che i botanici ritengono
caratterizzare la flora alpina dell’ Europa meridionale e centrale: e su
questo argomento avrò l’ occasione di intrattenere più tardi il lettore.
È assai probabile che l’aridità del substrato, l’azione degli agenti esterni,
la scelta naturale esplichino nelle più svariate manifestazioni la forma “o
questi tipi che tuttavia tendono sovente, come ho già detto, a quella forma
tipica erinacea (cretese) comune anche in particolar maniera nelle zone
| _elevate dell’isola, Queste specie erinacee si osservano nei luoghi maggior-
‘mente esposti. Ecco quindi gli Acantholimon elegantissimi difesi contro
il vento e le capre. Essi vivono isolati ed appartati nei declivi brulli È
con radici robuste in cespugli impenetrabili a foglie spinose. Ecco le
Asperule rigide coi loro rami contorti ed ammassati; ecco lAstragalus |
gustifolius, tipo erinaceo sorprendente che ricopre intere ‘superficie:
ecco ecco l’Anchusa cespitosa, il Cerasus prostrata che non di rado s attacca.
he alle rupi. E frammezzo a questi cespugli stranamente conformati
varie guise, quasi unici rappresentanti della vita in quei bianchi
nti, una minore schiera di tipi delicati, inermi. che ‘sembrano implo-
rare riparo dai loro compagni più forti e armati contro i bisogni per l’esi-
BALDACCI
oN À
‘stenza. Quale splendido esempio di sentimento non v'ha in questi muti
organismi! Appaiono fare a gara per accogliere i vinti e ripararli dal-
l'infuriare degli uragani e dalla voracità degli animali. Viola fragrans,
Centaurea nana, Trifolium uniflorum, Pimpinella depressa, Galium sp.
si trovano quasi sempre fra questi cespugli erinacei e lo sanno le mie
= mani escoriate per ottenere alcuni individui di queste ultime specie!
In altri punti, dove neppure le capre possono mettere il muso per
non essere ferite dagli spigoli aguzzi e taglîenti del calcare, vivono, al
| monte Gigilos, l'Arenaria attica, Draba cretica, Aethionema ovalifolium
a esimili piante a cauli sottili e nani. E quindi agevole al botanico rin-
tracciare più facilmente queste specie nelle località riparate. Tuttavia
ripeto che la flora alpina di Creta come risulta dalle mie escursioni, e
forse meglio dai viaggi di Sieber, Raulin ed Heldreich, appare pove-
rissima di tipi. 2
Nei monti di Sphakià vive il Juniperus Oxycedrus che io ho trovato …
fino alla più alta cima di Volakià o Sapimenosy Si sale a questo sodod
il più elevato dei contorni essendo a circa 2000 metri, dopo una breve
discesa dal Gigilos verso Sud-Est. Nei pressi di una forcella che forma
lo spartiacque delle due cime il substrato calcareo alternasi col siliceo,
e di silice sono appunto enormi massi erratici che somigliano, visti da
una certa lontananza, alle capanne alpine dei pastori o « mitato ». Tali
massi + nangi una Ta PORCA o nulla. Io ses su di ee
invernale!), il Galium erectum, Trifolium uniflorum, e le solite specie
_erinacee in bella vegetazione. Ma salendo il Sapimenos nulla di nuovo
mi accadde di notare all'infuori d'una foltissima nebbia e di un vi n
freddo e forte che a mala pena ci permise di non pericolare. Ques |
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO commun IN CRETA NRL 1893
_ nebbia e questo vento furono ancora trovati da Raulin il 20 due:
1845: fu appunto la nebbia che gli fece credere di aver raggiunto la
| più alta cima di Volakià mentre raggiungeva ‘soltanto il vertice del
= Gigilos.
| Il Sapimenos si presenta un poco più verde nel tratto inferiore, ma
~ la vegetazione è la medesima di prima e segue le stesse leggi. La china
_ ripida da noi salita era accidentata per innumerevoli massi di silice che
qui esattamente rassomigliavano per la figura loro a giganteschi tronchi
| di legname isolati od accumulati. Sotto questi massi l’« humus » persiste
tha dà vita alla Vaillantia aristata con caudicoli lunghissimi filiformi ed
n alla Puschkinia scilloides che all aperto si trovava devastata dal be-
È stiame, mentre era in piena fioritura sotto alcuni nani arbusti di Ber- |
beris eretica. >
Il ritorno, compiutosi verso Nord-Ovest lungo i fianchi della montaghs © 3
a substrato calcareo nudo, irti di precipizi nelle cui fenditure potei sol-
tanto vedere l’Alsine attica, la Draba cretica e Y Aethionema ovalifo- |
lium, si fece in condizioni assai pericolose. Ai nostri piedi si aprì d’un
tratto un panorama. imponente per l’orrido spaventoso delle immani
| voragini che si sprofondavano dinanzi a noi. Sotto è posta Sphakià sogno
dei patrioti greci, lugubre nome per molte madri e spose turche: lungi
i 2. siate voi Esa o cristiani, non imitate l occidente; esso vi ap
me rovina! (1)
Gli LEO, danno slo a molte capre selvatiche , bilan à nemici de
ione. Abitano di preferenza le località alpine,fentro grotte inaccessibile
tazione ne distrugge ogni anno a centinaja collo « chassepot
iva si gia « agrimia ». Una fu uccisa presso Hellinoseli durante
o d Liu e formò buona parte del pranzo la sera stessa in Omalò
molta usi dei tre giovani naturalisti vorra
(A. BALDACCI ©
sus creticus e l’ Anthemis cretica (luno nei margini dei campi coll’ Hy-
pericum Kellerü, l'altro fra i seminati insieme alla Corrigiola littoralis)
specie che con altre molte mi confortano a concludere che le doline di
Creta hanno un valore non inferiore a quello delle doline già descritte
di Montenegro. Il « katavothros » ad un’altezza di m. 1043, secondo le
misure di Raulin, ha una bocca di m. 14 1/2 di diametro. I contorni di essa |
_dirupati assai presentano una vegetazione assai curiosa. All’esterno Ber-
beris cretica, Acer creticum, Amelanchier cretica, Crataegus monogyna,
_ Rosa canina (assai rara), formano la barriera d’entrata : più addentro
x Phyteuma Jacquinii, Helicrysum microphyllum, Aubretia deltoidea,
Melica Sp. ecc.; più addentro ancora, e fin dove arriva la luce, Sawi- :
fraga hederacea, Scolopendrium, Nephrodium, Adiantum; nel punto
più umido e fresco e dove la luce giunge scarsissima la Selaginella denti-
culata, due o tre Muschi, due o tre specie di Licheni, indi la grotta che ;
si sprofonda cupa nelle viscere della terra.
Da Lakkous a Mesklà si ritorna nel dominio mediterraneo colla pre-
senza di rii contornati dalle stazioni botaniche accennate. Similmente
succede andando a Therison dove incomincia una nuova serie di doline
con vegetazione allora distrutta dal caldo e dagli animali, doline che gli
indigeni chiamano « lagos » e che noto con succedersi crescente fino ad
Ali-Trouvari: dopo questo villaggio riappare il dumeto dell’ Akrothiri
e nelle terre rosse frequenti dumeti caratteristici formati di Erica e Ce
| stus. A Mournies, dove origina da quest
ipresentano oliveti immensi che sembr
alle parte della città.
a parte la pianura di Canea, s
ano boschi e che perdurano fino
STA 16 Luglio. Escursione nel distretto dell’Apokorona. lies
‘rario del 15. Khanià, Armeni, Vamos. Itinerario del 16. Vamos, Litzarda,
lyves e i suoi dintorni, fortezza di Khalamia, Khanià.
Da Khanià ad Armeni dell’ Apokorona la strada’
a punta. di
segue il mare fino
Souda e poscia volge a Sud attraverso a colline di poca e-
zione. La flora è completamente mediterranea, talvolta formata da
estensioni di Phlomis fruticosa nelle quali abbonda l’ Echinops
is, s T a capolini grossissimi. L’Origanum Onites vegeta ai mar-
= RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 47
gini della via. Internandosi nelle prime alture il substrato è sempre
x
calcareo, povero di piante; l’Olivo è scarso e mal coltivato, radi alberi
di Pero selvatico hanno una folta chioma. Dopo le colline si entra in
una limitata pianura nella quale scorre il torrente Chilia (cfr. Raulin) che
scende dai contrafforti di Drakona sotto gli Asprovouna. Questa pianura
estesamente e bene coltivata somiglia alla sua congenere di Alikianou,
ma gli aranceti sono scarsi. Invece allignano comunissime varie specie
= di frutti, Pruni, Nespoli del Giappone, Ciliegi, Olivi esuberanti di vi-
) gore e di forza; fra le erbe l Hibiscus esculentus, il Mais, Patate, or-
taggi e cereali diversi. Le sponde del torrente si rivestono di gigantesche
Ss Psoralea bituminosa, Dorycnium rectum, Typha, oltre a Mirti, Oleandri
e Platani. È dunque la valle del Chilia un’oasi nell’infuocato deserto.
Da Armeni a Vamos la temperatura segnava 38.° all’ ombra. Erano
giorni caldissimi per lo spirare del « camsin » che non di rado infuria
| in Creta devastandone i prodotti. Nel tratto predetto v’ha sempre il cal-
care.
‘Idumeti, per l’ azione del « camsin », si trovavano ridotti in condizioni
difficilissime, le foglie dei rami degli arbusti essiccate od arriciate dal
dominante calore. In mezzo ad una miseria di vegetazione così desolante
il Thymus capitatus era il tipo più prospero e padrone di tutti i contraf-
forti a Sud-Est di Armeni: dopo scomparve esso pure non rimanendo
al substrato che l’avanzo abbrustolito della flora primaverile irricono-
| scibile, Qua e là nani cespugli di Quercus coccifera ed alberelli di
| Ceratonia e di Pistacchio in mezzo a magri oliveti: rara la Querdia
| calliprino. I declivi entro i quali poggia Vamos, simpatico borgo, sono .
macchiati da gruppi della Quercia suddetta la quale presenta foglie e
frutti caduchi in causa delle formiche che ne attaccano i picciuoli e
; i peduncoli. Nelle doline ricche di terra rossa si notavano costantemente
insieme la Crozophora tinctoria e | Heliotropium villosum e me
Come all Akrothiri le colline cingono il Nord della be, così
erso il Capo Drapano che sorge a settentrione di Vamos, le alture ar-
igidi (forma « rigida » degli Autori) è frequente. La strada peraltro
ivano fino a 520 metri. In questa parte la Quercia calliprino a rami ;
de me tie e MARS BALDACCI |
non attraverso quei boschetti ; noi tendiamo a Nord-Ovest verso Kal
samo ed a Tabacco nelle magre doline tutt’ intorno definite da bassi
dumeti. Kalyves è situato lungo la spiaggia del mare contro la fortezz :
di Souda, nello scoglio all'imboccatura della baja dello stesso nome. La
pianura di Armeni, chiusa dalle colline che a mezzogiorno circondan
Kalyves, permette alla valle del torrente Chilia di rompere il piccolo ai
fiteatro allagando i dintorni. È perciò che a Kalyves si nota la presen
di una stazione palustre con Giunchi, Ciperi e Tipha fra cui unica spi
cie interessante (se specie può dirsi) è il Lotus lamprocapus. Da Kalyv
a Khalamia terreno asciutto e arido con superbi oliveti, poscia cam]
di Tabacco e Sesamo e finalmente i margini della via rivestiti
Composite spinose ed estivali con lo Scolymus maculatus e il Car th
mus ruber.
20. 21. 22. 23 Laglio. Dalle stazioni mediterranee alle stazio1
alpine. Salita dello Spathì nel gruppo dell’Haghion Pneuma (À
sprovouna). Itinerario del 20. Da Khanià a Malaxa, Kondopoula, Kat
choriò, Kambous e Madarò. Itinerario del 21. Da Madarò al nevajo Mi
toccando il « mitato » a 1300 m. circa; visita accurata a tutti i diru)
circostanti a Milé fino alla forcella da cui è visibile il gruppo orrent
dell’Haghion Pneuma; salita a Mavroporos dove si dorme accanto
_« mitato ». Itinerario del 22, Salita allo Spathi e visita a tutta la cim
ridiscesa a Mavroporos, Milé, Madard e Kambous. Itinerario del 23. D
È - Kambous a Khanià per la strada fatta nell’andata.
Conoscendo già il Villa credo inutile di fare considerazioni spe
intorno alla fiora dell”
sa sempre maestosa per i suoi oliveti e per le belle Agave t
fiscaus a fiorire: poi si ascende l’erta di Malaxa la quale non ha
nulla in vegetazione all’infuori del Cappero e dell Ephedra campylo
di. cui ricopronsi le grandi rupi dei dintorni. Da Malaxa a Kondop
a di speciale, i soliti bassi ed estesi dumeti attraversati da un
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO ÎN CRETA NEL 1893 49
| colle sponde a Oleandri e Vitex. Passiamo Katochoriò dove i vigneti,
| gli oliveti e i campi a cereali sono promettenti. L’ ascesa a Kambous
non ha di speciale altro che la ttora dell’ erta di Malaxa; il substrato
è in massima dolomitico e dove è pliocenico o miocenico gli arbusti
vegetano più rigogliosi, specialmente le Eriche. A Kambous, presso
le case, noto giganteschi individui a chioma alta ed espansa di Acer
creticum e Quercia calliprino. La strada seguita oltre per Madarò e at-
a traversa dumeti assai sviluppati di Pistacchio, Quercia ed Olivo selvatico;
-~ nei pressi di Tzakistrà alberi isolati di Pyrus amygdaliformis e sui de-
triti o sulle rupi la Putoria calabrica non rara in Creta fino a 600-
700 metri. Madarò poggia a ridosso dei lembi degli Asprovouna, ad
— un’altezza di più di 600 metri e possiede oliveti, vigne e Carrubi con
| molti Cipressi sparsi. Queste piante seguitano» per una mezzora ancora
= salendo i fianchi dell’ Haghion Pneuma dopo di che i dumeti mediter-
> ranei si arrestano.
= Da Madarò i Leukaori si mostrano bianchissimi e desolati senza ap-
| parenza di vita vegetale. I monti sphachiotici sono tutti ugnali e ren-
| dono un’ impressione triste e monotona. Fino a 1050 metri la flora corri-
| Sponde perfettamente a quella di Omalò. A 1170 metri l’Acer creticum
ER
si presenta eterofillo, il Berberis si fa rigoglioso, il Cipresso selvatico ab-
bonda comune. A 1250 metri persiste la Scilla e vegeta un boschetto
di Planera che sembra risentire molto della forza del vento: un centinaio
di metri più sopra siamo ai limiti della vegetazione della zona subalpina
colla Satureja spinosa, Daphne oleoides, Acantholimon creticum, Pim-
_pinèlla depressa. Questi vegetali seguitano ininterrotti fino al nevajo-
di Milé dove noto un’Erica senza fiori e frutti che mi colpì per la sua
‘presenza fuori di luogo in quella stazione.
JMS è ana profonda dolina, ma di doline sono tuttavia pieni i din-
rni. Alcune appajono quali voragini. L’imboccatura loro è cinta da
È
assi calcarei che scendono a precipizio, corrosi dalle acque e dalle nevi;
fondo ripieno di neve ha contorni con abbondante « humus ». Qui si
pa una tazione botanica pis riconoscibile van Arenaria cretica,
nevai. I dintorni di Milé, anche fuori delle doline, sono molto su
tica, Alyssum alpestre var. Dianthus sphacioticus, Buffonia brachyphylla,
Tunica cretica, Rhamnus prunifolia, Thesium Bergerii e molte altre sp
CS
cie endemiche dei monti cretesi. La salita a Mavroporos è resa diffci
dagli arbusti di Berberis eretica, di Cerasus prostrata e di Rhamm
| prunipolia che si associano la Daphne oleoides. Mauroporos è un’ alt
bella e larga dolina alpina dove noi passammo la notte dormendo so
guanciali di calcare sui quali affastellammo la volgare Sideritis cretic
Il termometro segnava 5° sul far dell’ alba. Oltre Mavroporos, a sini
per chi sale l’Haghion Pneuma, è un colle dove io trovai, specialment
| protetta dagli Acantholimon, la Scabiosa sphaciotica e la Veronica th
mifolia.
2200 metri d'altezza, gli Asprovouna appaiono veramente orridi. I m:
calcarei assumono un colore brunastro, macchiati ogni tanto dai nev a
ee cosi sana di Leu traccia Pea Eppure sotto i mas
interessantissimo pel botanico; ne’ suoi dossi e sulla sua cima potei
| tare e raccogliere quasi tutte le specie che Raulin ha ricordato.
| lauguratamente la febbre che mi tormentava da parecchio tempo Si
manifestò di nuovo e fui costretto quindi con l’amico Simonelli di 4
| frettare il ritorno a Khanià, dolente di non poter aggiungere altre
| tizie alle precedenti osservazioni. La discesa fu oltremodo faticosa
| diede per risultato di arrivare a Canea privo di forze e molto a al
| tuto. Ma l'estrema gentilezza dell’ amico, al quale esprimo nuov
ha pubblicamente vive grazie, salvò le collezioni dell’ Haghion Pne
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 51
= 30.31 Luglio. Gita nel distretto di Rethymnon o Rethymniotika.
Itinerario del 30. Rethymnon, Roussospiti, Kapidianà, fianchi del m.
Vrysinas, Armenous. Itinerario del 31. Da Armenous a Kasteli, a Gonià,
Roustika, Haghios Konstantinos, ritorno a Gonià, Alitsopoulo, Prinés e
Rethymnon.
Oramai lo studio della vegetazione di Creta poteva dirsi da me com-
piuto in tutte le zone inferiori all’alpina; questa gita perciò e quella che
seguì restarono povere di risultati, come povero era il territorio nel
«quale furono compiute. Da Rethymnon a Roussospiti il Capparis sicula
vegeta lungo le vie o fra i dumeti nel substrato argilloso; la maggior
parte del resto della flora è uguale a quello che vedemmo all’Akrothiri, a
Kisamos, ad Haghia Marina, Malaxa, Armeni ed altrove. Da Roussospiti
a Kapidianà dumeti ricchi e alti con Anthyllis Hermanniae e Calycotome
lanigera in forma di veri frutici; ma in certi tratti che la strada attra-
~ versa, all’arido e incolto dumeto succedono porzioni meravigliosamente
coltivate a frutteti e ad ortaggi meridionali di ogni specie. Non lungi
dal villaggio una fontana ferruginosa a getto copioso irriga i luoghi
coltivati. Intorno ad essa cespugli di Felce maschio, Felce femmina,
Capelvenere, Osmunda regalis. Si giunge a Kromonastiri sotto il calore
| soffocante, ma, degno di nota, la vegetazione arborescente è in tutta
la sua forza. Ritornando a Kapidianà per la stessa strada tendiamo ai
i fianchi del m. Vrysinas. Fino a 600 metri, dalla parte Nord, questo
elegante gruppo, che s’innalza solo a 860 metri ed ha nondimeno ap-
. Parenza alpina, è coltivato a vigna e,cereali dopo i quali subentra il
calcare brullo e squallido, finchè riappaiono boschetti di singolare svi-
luppo appena la strada raggiunge il versante Sud verso Armenous. Il
di Pistacchio ed il Lauro, anche a 700 metri, sono le due specie predo-
minanti.
= Dall’alto dei fianchi meridionali del Vrysinas che discendiamo con
| molti stenti, ammiriamo col calare del sole il mirabile piano sottostante
dove i vigneti e gli ‘oliveti possono ben a ragione chiamarsi lussureg-
tanti. Ma il tratto di questa via fino al villaggio venne fatto di notte
e naturalmente non potei notare quel poco che poteva presentare d’in-
teressante.
Arr RTAS UN de er ect
Le vicinanze di Armenous posseggono boschi di Vallonea di gran
estensione. Sono boschi artificiali che non dinotano più di cento anni
Io non ho mai visto spontanea la Vallonea in tuite quelle parti di Creta
è
~ > che ebbi la ventura di attraversare. I boschi di Quercus Aegilops al
n ternansi coi soliti vigneti ed oliveti in pieno sviluppo. Verso Gonià la |
Vallonea scompare: subentrano il Carrubo e l’Olivo che acquistano pro
porzioni sorprendenti.
sponde ricordano quelle dei rii di Kisamos e di altri territorii: qui.
Lauro, il Fico selvatico, lo Smilax rigogliosi si uniscono agli Oleand
Styrax ecc. e formano boschetti impenetrabili. Guadato il fiume Pet í
(cfr. Raulin), o Nerazepotamos, dopo due ore circa sempre traverso a
SSU arborescenti che A il anis sta la strada onde
~ 5
poto sulle cui sn cresce una vegetazione incantevole. La Vi
selvatica in forma di liana s arrampica su pei Platani, Pioppi e Fichi
Aieguienhi, sotto a questi alberi gli Oleandri, Styrax, Mirti e Vites
pide acque è coperta presso le rive da Potamogeton e Dorycnium rectu
Da Gonià infiliamo l’aspra via per Rethymnon toccando Alitsopoulo d 7
pina notando boschi di Carrubo, poi di Vallonea e finalmente il
care nudo e abbruci Ne, che persiste fino alle porte della città.
3. 4.5 Anal À Escursione nel distretto di Mylopotamos. Itin
rario del 3. Da Rethymnon lungo la spiaggia del mare per Perivol
à Kampometochia traversando il torrente Hiasmata o Sanguinazzo
_ Raulin) e F altopiano soprastante, poi Perama e Melidoni. Itiner:
_ del 4. Gita alla storica. grotta di Melidoni e visita a tutti i dintorni
i - villaggio. Itinerario del. 5. Ritorno a Rethymnon per la stessa st 6
dell’ andata, ad eccezione del tratto Melidoni-Perama.
Il distretto di Mylopotamos era disgraziatamente il più abbruciato €
iod dovessi vedere durante il viaggio di Creta. A renderlo tale influis o
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 53
la sua posizione in vicinanza del mare, lo spirare continuo dei venti
asciutti di ponente e maestro, la struttura calcarea del suolo e la sta-
gione avanzata in cui lo percorsi da ponente ad oriente. La via che
conduce a Melidoni, obiettivo di questa escursione, fino ai piedi del-
l'ascesa di Kampometochia o alla valle che forma il torrente Hiasmata,
| costeggia, si può dire, il mare. Dapprima, presso Perivolia o borgo di
Rethymnon, g giardini ricchi di ortaggi e di frutti, poi lande arenose con
tentativi verso Íl mare di coltura di Sesamo, Tabacco e Cotone; con belle
vigne ed oliveti verso i colli. La località di Stavromenos è un poco
| paludosa per lo straripamento delle acque del fiume dello stesso nome:
quivi di specie rare manca qualsiasi accenno, solo lo Scirpus mucronatus
infesta il territorio insieme a rari cespugli di Convolvulus Dorycnium.
La strada, dalla valle del Hiasmata, sale a zig-zag sull’altopiano a circa
— 200 metri: qui la Pistacia Lentiscus, la Calycotome lanigera, pochi
Mirti, magri Carrubi, Peri selvatici e Cisti rappresentano la vegetazione
erbacea col Kenthrophyllum lanatum, unica specie erbacea riconoscibile.
A Kampometochia splendidi oliveti e carrubi per due chilometri all’in-
torno. Il Carrubo è comune e rappresenta la miglior risorsa estiva per
tutto il distretto.
I dumeti e i boschetti nelle vicinanze del letto del Mylopotamos si
trovano in discrete condizioni di vegetazione; l Erica è molto frequente
| là dove il terreno non fu dissodato per fare vigneti. Perama è sulla
nostra destra, ma dal territorio di questo borgo fino al villaggio di Me-
lidoni il terreno è così sassoso, asciutto ed abbruciato che non mi dà
di nuovo una sola pianta, neppur comune. Vedemmo la grotta gloriosa
di Melidoni sacra al valoro ellenico, studiammo i dintorni tutti del vil-
| laggio e ritornammo quindi a Rethymnon rifacenlo in gran parte la
strada dell’ andata. Pervengano al signor Astruzzi e famiglia i nostri
cordiali ringraziamenti per la cortese ed amabile ospitalità offertaci mercè
la quale avemmo modo di non risentire le fatiche sostenute in anaita
à hutile escursione botanica.
9.10, 11. 12 vesto. Escursione al m. Ida o Psiloriti (centro . i
dell'isola di SPE): Itinerario del 9, Rethymnon, Perivolia, Haghios
S
A
y coccifera, indi vigneti fino al
si chiome fittissime.
A. BALDACCI
Joannis, Mesi, Pano Kavousi, Monastir Asomatos. Itinerario del 10.
questo Monastero a Visari, indi alle rupi inferiori dell’Ida fra Visa
e Phourphouras, arrivo al « mitato », visita ai dintorni. Itinerario del-
11. Dal « mitato » alla più alta cima della montagna, quindi discesa
Phourphouras ed a Visari. Itinerario del 12. Da Visari a Regi r
per la medesima via dell’ andata.
Passate le ultime case di Perivolia che conosciamo dall’ escursio
precedente, la strada pel distretto di Amari che comprende gli itin
rarii dei quattro giorni suddetti, piega a mezzogiorno e precisamente
Sud-Est ascendendo i-dolci pendii formati dal? immenso succedersi de
colline di Haghios Joannis e Mesi coi soliti rigogliosi oliveti. Mesi p
essere a circa 200 metri. Poscia si salgono chine aride coperte da mag
vegetazione mediterranea con qualche cespuglio di Asparagus aphyll
di poi la strada traversa l'altopiano che termina a Kavousi. L’insier
della flora dell’altopiano è similmente triste e selvaggio. È a Pa
Kavousi che incomincia una nuova stazione con Quercie arboree e n
merosi frutici di Phyllirea e Arbutus. Due pozzanghere d’acqua s
protette da Platani e intorno si dissetano alcune specie erbacee spino:
| la più interessante delle quali è il Carthamus leucocaulos.
«TA Pano e eil ssh di mess il ne me c
verdi e cupe date da Phyllirea, Arbutus, Myrtus, Quercus Ies,
coccifera, Smilax e interrotta sopra il Monastero di Arkadi da es
>
sorgente Fetes ai Pla
Poi boschetti e dumeti di
in substrati ricchi di sorgenti minerali; í
ternantisi, poscia di nuovo dumeti a: Qu
Monastero circondato da vigorosi Oliv
e nei ditoroi. PAlium Kariin
forma ed estensione, quelli
e là Carrubi e Oleandri al
Seguendo per Visari oliveti e vigne. Da questo villaggio comil
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 55
so vera escursione dell’Ida. A 300 m. sopra Visari resiste e riesce ancora
| bene l’Olivo coltivato, il quale più in alto viene rimpiazzato dal selva-
tico. Qui è notevole la presenza di un Crataegus a sviluppo di albero
con chioma folta e rami duri: con gli ultimi rappresentanti di questa
specie ritornano i Poterium spinosum ed altre piante delle zone infe-
riori che attestano ancora il dominio mediterraneo, il quale, come in
| Omalò e sopra Madarò, viene rimpiazzato tosto dalla vegetazione mon-
tana e arborescente colla Quercus calliprinos, Acer creticum, Pinus
brutia. La strada si arrampica per rupi scoscese. Noto l Ephedra cam-
pylopoda, la Staehelina arborescens, la Chamaepeuce Alpini, la Phy-
~ teuma Jacquinii e i primi esemplari di Berberis cretica. Le vere bo-
pro
scaglie raggiungono la loro maggiore altezza fino al « mitato » a circa
= 1700 m., ma non danno vita che a pochissime Fanerogame, almeno in
questa stagione. Nelle fessure delle rupi la Satureja spinosa e T Ori-
| ganum Dictamnus sono frequenti, poi il Thesium Bergerii presso il
| « mitato. »
«Il « mitato » trovasi ai piedi del gran cono dell’Ida, cono arido, ri-
| pido che risulta formato di pietre mobili. I dintorni offrono una note-
. vole varietà di Thymus capitatus, il Verbascum macrurum, il Rhamnus
i prunifolia, il Cirsium morinaefolium, la Tulipa cretica, la Centaurea
idaea, ma sopratutto l Astragalus creticus, F Acantholimon creticum,
l Euphorbia acanthoclada, il Cerasus prostrata e forse, nella buona sta-
gione, una serie di altre specie proprie di questa zona la quale, in com-
plesso, è da paragonarsi a quella che circonda Omalò salendo ad Hel-
. linoseli.
La salita dell'Ida dalla parte di Visari e Phourphouras è faticosa,
non però difficile e si compie bene in tre ore. La flora Q’ agosto era
composta dalle specie sopra ricordate, alle quali si aggiunsero pochi altri
ipi come Crepis Sibthorpiana, Buffonia brachyphylla, Cicer ervoides : |
uest’ultima presso a 1900-2000 m. fra le pietre mobili dove non di- -
sdegna pere, di vivere abbondante la Silene variegata. Oltre | i 2000 a
END
nima ni, al di sopra di esse, sotto l’ ultimo cono, raccolgo i
più che mai per la mancanza assoluta di vegetali; io non fui capace di
trovare in esso altra pianta ad eccezione dell Alyssum predetto che v
soltanto « in lapidosis mobilibus ». Sulla più alta cima (2498 m. circa)
rividi coll’ Acantholimon due o tre altri tipi a cui s'aggiunsero, presso
la chiesetta situata nel punto più elevato della montagna, molti esem:
plari di una varietà di Alsine verna.
La discesa aveva per obiettivo il « mitato », ma noi la comi
ciammo un poco a Nord della linea seguita nella salita. Notai che i
| suffrutici, le piante legnose alla base e le erinacee vivevano nei terreni
stabili, lasciando le erbacee nei declivi mobili. Trovai la Silene fruti
_ culosa attaccata alle piccole rupi con robuste radici. Dal « mitato »
- dell’ Ida a Rethymnon seguimmo la medesima via fatta nell’ andata €
| coll’escussione del Psiloriti terminava il viaggio di Creta al quale de-
dicai tutte le mie modeste forze colla fiducia di portare (benchè P
| pera mia fosse grandemente agevolata dalle anteriori ricerche di Giebe r
= Heldreich e Raulin) un tenue contributo alla ulteriore conoscenza del
| singolare flora dell’isola per me indimenticabile. Il Dott. G. Cecconi, col
quale compii l’escursione del m. Ida, lasciava Creta due settimane prima
di me; il Dott. V.. Simonelli, al contrario, seguitava il suo viaggio
| cerca. di ruovi argomenti per altri distretti che la stagione avanza
= non mi permise di visitare.
REVISIONE DELLE RACCOLTE.
Te revisiono sa materiale riportato da Creta ha per cab di in
de forzare quelle conelusioni morfologiche e geografiche che spesso ri
| sultano dai miei precedenti lavori intorno alle flore di diverse agi
| balcaniche. Sotto questo punto di vista, fermo nelle mie teorie” che
pratica conferma, io presento le note che seguono , le quali poti
ancora. meglio venire elaborate dopo altri viaggi ed altri studii
; situ » che mi inducono a credere di poter giungere a chiarire ed
strare completamente il dominio mediterraneo nel suo più ampio $
I lavori di recensione di raccolte interes e talvolta pure di sin
empi non si i presentano tra i più facili nell’ ordinamento sistemati
+ dei tipi, tanto più poi per chi non dispone di materiale abbondante. lo 3
| ringrazio perciò ed in particolar modo l’ottimo e valente amico Dott.
Arpad von Degen di Budapest che volle ripetutamente apprestarmi con
la massima gentilezza i più grandi riguardi. Ancora al sig. Burnat ed
al prof. Crépin (Rosae), al Dott. Keller (Hyperica), al sig. Siegfried (Po-
tentillae), al prof. Gibelli e Dott. Belli (Trifolia), al Dott, Alboff, al sig.
Autran e Dott. Haläcsy desidero giunga pubblico I attestato della mia
| gratitudine per la copia di schiarimenti forniti, in forza dei quali le
_ note che seguono potranno forse avere un certo valore.
= l. Berberis cretica L. Sp. pl. pag. 472.
_ In dumetis ad Omalò distr. Khaniotika et Selino! et in excelso jugo
Spathi m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 51 et 102.
Occupa. la regione montuosa da 900 a 2500 metri della gran curva
Creta, Tajgeto, Attica, Eubea, Athos. Trovasi anche a Samothraki dove
vegeta al m. Haghia Sophia e Phengari (Degen, Botan. Reis. Ins. Sa-
mothr. pag. 8) e nel Libano et Antilibano (Aucher e Kotschy). In Creta
_ rappresenta con altri arbusti, quali Acer creticum, Cytisus creticus,
Prunus prostrata ecc., la vegetazione dendroide montana da circa 900
a 1500 metri ove il presente Berberis ha il suo massimo sviluppo; oltre
questa altezza resiste allo stato di arbusto nano fino alle più alte ed
aride cime degli Asprovouna. Qui peraltro si fa via via più raro e il
“suo, periodo vegetativo ritarda fra i 15 e i 30 giorni sul primo. La sua
nare e no ate. cotesto concetto di re somma Der, lo studio
Rara et parum ES in posicio. « atri
r. Khaniotika ! Num. collect. 52.
| | Creta : è rara anche secondo i miei predecessori: fiorisce poco e
Pa
*
presenza, come di altre numerose specie legnose, nelle più elevate lo-
È - calità cretesi fece pensare a Raulin, Heldreich ed ai loro seguaci di
“non ammettere la zona alpina nell’ isola: vedremo in seguito di esami-
» Omalò - i
RCE D e tion. E LRO
_ fruttifica meno. Gli individui dell’isola sono identici a quelli italo- i
culi, ciò che non è per i balcanici (Baldacci, Malp. 1894, pag. 73).
3. Alyssum idaeum Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, VIII, pag. 35;
Raulin Crète, tab. 5. ;
In lapidosis mobilibusad summum m. Ida versus distr. Amari! Num.
collect. 174.
È buona l’espressione di Boissier Fl. or. I, pag. 277: « Facies A
Wulfeniani Bernh., stamina fere A. Mouradici Boiss. et Bal., sed cau:
diculis tenuibus fragilibus ab eo valde dissimile. Siliculae 2 ‘/, lineas
latae. » Però Boissier erra nella descrizione della specie. Là dove dic
« siliculis glaberrimis caesiis stylo brevi apiculatis » va corretto
« siliquette glauche, coperte da un leggiero strato di cera collo stil
lungo quasi la metà del frutto ». L'essere cioè le siliquette coperte dall
; strato di cera è un caso di difesa eccellente per questa pianta ridoi
| tasi a vivere nel più alto cono lapidosissimo e oltremisura polveroso
m. Ida affatto spoglio di altri vegetali. Noto ancora che la pianta.
ricca nelle foglie, nei cauli e particolarmente nella parte superior
dei peduncoli di peluria argentino-sericea. |
3 bis. Alyssum alpestre L. Mant. pag. 92; var. n. fragillimum Bal
Cespitosum, lepidoto-canum, caulibus nanis, fragillimis, Lun
basi induratis, foliis minutis, oblongo-spathulatis, obtusis.
In altissimis m. Spathi Haghion Pneuma (Asprovouna) ubi fructif
ram legi 21. 22 julio! Num. collect. 174. ;
Caratteristica varietà alpina che indubbiamente è da ascriversi fi
le numerose forme dell’ A. alpestre ancora non citato per Creta. Segna
una transizione fra questa specie e l'A. Æaussknechtii Boiss. Fl. or.
pag: 269, ma la mia ie manca delle iih inflate.
+ Lepiaium nebrodense Guss. Syn. fl. sie. II, pag. 154; Boiss.
con I, pag. 355. si
i herbidis ad nives m. Haghion Pie Core vana) Num. |
# À TASSE EN f, e ho j. MS E CE TR EL QUE Ch a À
x f È EI Se CORO pi SE TE SIE, A SAI EE TA
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LATO,
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 59
L’ unico dubbio che io conservo sull'identità di questa pianta sorge
nel carattere della lunghezza dello stilo rispetto al seno ‘della siliquetta
matura la quale manca ai miei giovani esemplari. Ciò non di meno se
li riporto al L. nebrodense e non al L. microstylum Boiss. et Heldr.
si è perchè la specie di Gussone fu già trovata tipica negli Asprovouna.
5. Draba eretica Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, VIII, pag. 27; Boiss.
Fl. or. I, pag. 294; Bald. Nuovo giorn. bot. it. 1894, pag. 115; Raulin
Crète, tab. 6.
In summis m. Gigilos et Volakià distr. Sphakià! in altissimis m.
Haghion Pneuma (Asprovouna)! et in alpestribus m. Ida versus distr.
Amari! Num. collect, 103 et 196.
x
6. Aethionema saxatile R. Br. Kew. ed. 2, IV, pag. 80; var. ova-
-Jifolium D. C. Prodr. I, pag. 209; Boiss. FI. or. I, pag. 351, sub specie.
: In calcareis alpinis m. Gigilos Volakià distr. Sphakià! Num. col-
lect. 199.
7. Fumana glutinosa L. Mant. pag. 246, sub Cisto.
In dumetis ad Kambous distr. Khaniotika! Num. collect. 105.
| 8. Fumana procumbens Dun. ex D. C. Prodr. I, pag. 275, sub
_ Helianthemo; Spach. Ann. Scienc. nat. Il: ser., VI, pag. 359; Boiss.
Fl. or. I, pag. 447.
In lapidosis et in fissuris rupium jugo Spathì m. Haghion Pneuma
(Asprovouna)! Num. collect. 106.
Spach l. e. espone la classificazione del genere Fumana nel quale la
F. vulgaris viene divisa in: « minor — Cistus Fumana L. (Helianthe-
mum Mill.) — Helianthemum Fumana et H. procumbens Dun. — f
mana A. Desf. Atl. (excl. syn.). =
| 1 caratteri della pianta dell’Haghion Pneuma combinano colla F. pro-
cumbens eccezione fatta per i semi di cui ve n'ha per ciascuna capsula
soltanto 6 invece di 12.
| major. — Cistus ericoides Cavan. (Helianthemum Dun.) — Cistus Fu- eo.
9. Viola PE Sieb. Reise Kreta II, pag. 320, tab. 8; Boiss.
or. I, pag. 461.
In summis m. Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 53.
È buona la figura di Sieber e la descrizione di Boissier. Le fogl
dei miei esemplari sono spatolate. Ho avuto occasione di dire, a a prop
sito della specie Sieberiana, alcune parole nella Malpighia, 1894, pag. 79.
È infatti curiosissimo il modo di difesa procuratosi dalla V. fragrans.
In Creta una gran quantità di piante si difende contro gli assalti
gli animali erbivori, principalmente formando cespugli erinacei, spi-
nosi 0 anche spinosissimi dei quali parla Kerner in Pflanzenleben I,
369 e segg. La V. fragrans, pianticella delicata, inerme, non riuscen
_ a trovare altra protezione per non essere distrutta, si è ridotta a
vere fra i compatti e spinosi cespugli dell’ Astragalus angustifoli
Lamk., Acantholimon creticum (Boiss.), Rhamnus prunifolia S. et
: ecc. ove nasconde le foglie basilari e la parte inferiore del caule,
Sciando liberi, per la fecondazione, i soli fiori che difficilmente vengo
_ danneggiati stante la loro vicinanza colle più alte foglie e ramusca
delle specie erinacee suddette.
x
La V. fragrans è endemica delle alte catene di Creta.
10. Mei parnassica Heldr. et Sart. in Boiss. Diagn. ser. |
ni 7 pag. 95.
1a elatioribus m, Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 213.
“i Paronychia inten Lamk. FI. fr. IIl, pag. 230; Boiss. FI. or.
| ui pag. 745.
Ar per m., Haga Pneuma Bd apros ouna)! Num. collect. 21
12, Telephium Imperati L. Sp pl, pag. 388 ; £ orientale Boiss.
I, pag. 754 .: pa
ae per m. Volakià distr Sphakià! Num. es. 203.
pe
DRS Ve, littoralis L. Sp. pl. pag. 388; D.C. Prodr. III, p:
» agris montanis Omalò distr. Khaniotika! Num. collect. 59.
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 , 61
r fi
14. Gypsophila nana Bor. et Ch. FI. Pélop. n. 654 cum icone ex
“Boiss. Fl. or. I, pag. 538. |
‘In rupestribus ad aquam Hellinoseli vel Linoseli et alibi per m. Vo-
lakià distr. Sphakià! et in rupestribus altissimis m. Haghion Pneuma
(Asprovouna)! Num. collect. 55 et 109.
Gli esemplari di queste due località divergono dalla descrizione di
Boissier. In primo luogo i fusti sono legnosi in basso {particolarmente
| il n.° 109). In ambedue le località. i calici, fortemente membranacei nei
x a margini, risultano di un colore verde scuro nella linea mediana, e i
“i petali sono bianchi, più di rado tendenti al roseo. I semi reniformi ap-
; paiono meglio echinati a maturità. Il portamento della pianta è somi-
| —’gliante ad alcune specie di Arenaria, ma la capsula è quadrivalve.
Giusta è l’ osservazione di Boissier a pagina 539.
L’area geografica di quesia specie (Parnaso, Laconia, Tajgeto, Aspro-
vouna ossia catena occidentale di Creta) appoggia l’opinione che la ve-
getazione delle zone elevate dell’isola sia in stretta correlazione con
la medesima del continente europeo.
SE
= 15. Tunica cretica L. Sp. pl. pag. 584, sub Saponaria; Boiss. FI.
or. I, pag. 520.
In elatioribus 1. d. Mavroporos m. Haghion Pneuma (Asprovouna)!
Num. collect. 107.
Non si allontana gran fatto dalla T. illyrica (L.) di cui sembra es-
sere in stretta dipendenza sia morfologica che geografica, servendo in s
_ Quest'ultimo caso a rinforzare l'opinione che riguarda la specie prece-
dente. La descrizione di Boissier pecca in alcuni punti. Questo autore
non parla della glandulosità della quale è coperta tutta la pianta, ca-
| rattère costante e interessante nella T. illyrica. Il calice della T. crez
ica è largamente scarioso ai margini. e i petali, almeno negli esem-
plari riportati dalle montagne di Sphakià, .sono rosei. La capsula sus i
pera € di un terzo le divisioni calicine. st
16 Dianthus arboreus L. Sp. pl. pag. 590; Sieber Reise Kreta IL
ab. 5; Boiss. FL or. I, pag. 499.
A. A Batpacoi |
In Lac S Ca A penins. Akrothiri: distr. Khaniotik
Num. collect. 1.
Esatta è la figura di Sieber e la diagnosi della Flora orientalis. Ge
graficamente questa specie, rara in Messenia ed a Naxos, fa supporre
di essersi propagata da Creta. Sta il fatto però che essa collega in ce
qual modo la flora dell’isola a quella del Peloponneso col mezzo del
l’Arcipelago dove manifesta, all’isola di Seripho, un equivalente poco dis
| simile nel D. fruticosus L. = D. fruticosus var. 5 Smith Trans. Lim
soc. II, pag. 303.
> 17. Dianthus juniperinus Sm. Act. Linn. soc. II, pag. 303; Boi
mu FI. or. I, pag. 498.
In rupestribus 1l. d. Hellinoseli vel Linoseli ad fines distr. Khas
tika et Sphakià! Num. collect, 54.
Endemica di Creta ove per la prima volta venne trovata da Siet
che la distribuì col nome D. aciphyllus Sieb. in exs: ex DC. Prodr.
_ pag. 358. I miei esemplari, secondo Degen in litt., differiscono da qu
autentici Sieberiani e riferisconsi pertanto al D. juniperinus var. 5 S
berii Boiss. l. e. La specie è protetta a mezzo delle foglie rigide
| pungenti.
18. Dianthus bl Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, VII,
70; Boiss. FL or. I, pag. 488; Sieber Reise Kreta II, pag. 321, de
Raulin Crète, tab. 7.
— Sparsim in lapidosis m. Haghion Potni sub jugo so (Asp
vouna)! Num. collect, 108.
- È forma locale di Creta che Sieber trovò per primo e nominò
leucophaeus, nome non ritenuto dai botanici posteriori forse per
ereare confusione col D. leucophaeus Sibth. più antico.
AEE Boissier dice che le squame calicine sono più lu D
del. sogni il che va corretto in: squamis calyce triplo breviori ug
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 63
19. Silene variegata Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, VIII, pag. 82;
Boiss. Fl. or. I, p. 628; Desf. Cor. Tourn. p. 74, tab. 56, sub Lycnide.
In lapidosis subalpinis m. Gigilos Volakià distr. Sphakià! Num. col-
lect. 110.
Ho già detto quello che penso nella Malp. 1894, pag. 84 a proposito
della S. inflata Sm. var. coesia Sibth. La fmedesima cosa sono per ma-
nifestare a proposito della S. variegata, imperocchè non vi può essere
alcuno che neghi la sua affinità colla S. inflata. Tuttavia la S. varie-
gata ha qualche passabile dato che la ritiene un poco distinta: in ciò
è favorita dalla sua circoscritta area geografica delle alte montagne
cretesi che le concedono uno speciale nanismo, oltre a caratteri secondarii,
quali maggior grandezza delle foglie basilari in confronto delle poche
cauline ed il colore rossiccio o roseo dei calici e delle lamine peta-
loidee. — Vive abbondante fra i sassi mobili dati dalle frane.
20. Silene fruticulosa Sieb. pl. exs.; DC. Prodr. I, pag. 376, non
AR,
“Sibth.
In praeruptis subalpinis m. Ida versus distr. Amari! Num. collect. 176.
Altro buon tipo che collega la flora alpestre di Creta con la corri-
spondente dell’Europa. Vedi Malpighia, 1894, pag. 85.
21. Buffonia brachyphylla Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, VIII, pag.
94; Boiss. FI. or. I, pag. 666
#
FRE 2
(cum Tunica cretica L.).
Dicono che il suo portamento sia del Juncus bufonius; a me invero
ti
| Buffonia vive in Creta nelle fenditure delle roccie o fra i sassi dei luoghi
| vata. Corrisponde con tutta esattezza agli esemplari del m. Imetto in
delle montagne greche.
In alpestribus m. Gigilos Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 107.
pare più di una Tunica, come ad es. della 7. Saxifraga Scop. Questa
| lapidosi mobili, impropriamente detti anche ghiaiosi, della zona più ele- ;
+
3 Grecia, la qual località è di inconfutabile valore servendo a dimostrare 3 :
x la dipendenza della flora alpina di Creta da quella dell’ Europa, a mezzo
A BALDACCÌ
64 nt :
22. Buffonia brachyphylla Boiss. et Heldr.; var. n. Cecconiana È
~- Differt a typo: caulibus. filiformibus rigidis, internodiis inferior
longioribus, superioribus recte et sensim approximatis: foliis infir
brevissimis, supremis internodio aequantibus vel superantibus.
: In lapidosis alpestribus m. Ida versus distr. Amari ubi florentem le
-11 augusto! Num. collect. 175.
Se bene mi appongo al vero potrei supporre che molti autori frazi
misti avrebbero fondato una nuova specie con questa pianta del m. Ida.
Ma siccome ciò non potrebbe avere, come per tant’altre forme,
-e
retta spiegazione morfologica, io ne propongo una semplice, ma buo
varietà dipendente dalla B. brachyphylla della quale, peraltro, non ha
il portamento caratteristico. Il materiale di confronto che posseggo
toglie il dubbio che la precedente Buffonia non sia da ritenersi tipo
dopo la descrizione di Boissier, Diverge dalla presente che porta cal
sottili, quasi filiformi, ma rigidissimi. La distanza fra un internod
i inferiore e quello immediatamente superiore è molto pronunciata ; vic
versa nei superiori e nei supremi è brevissima: le foglie in basso s0
corte, mentre le più alte raggiungono talvolta la prima metà dell’
| ternodio che segue a quello al quale sono ascellari. Il che pure non
rivela proprio della Buffonia brachyphylla. Dice Boissier, e con
prietà, che la sua pianta è glabra; non possono dirsi glabri gli ese
| plari della var. Cecconiana piuttosto scabri per leggieri depositi mine
forse silicei, che contribuiscono alla rigidità dei caudicoli filiforr
Nella parte abbracciante delle foglie notasi una serie di peli corti
o scabri che impediscono l’accesso del polviscolo sulle gemmette.
23. Arenaria orones Sprg. Syst. II, pag. DS Boiss. FI. A x
P- 699. |
In fissuris rupium ad aquam Hellitroneli vel Linoseli sub m. Gig
Volakià distr. Sphakià! et in rupestribus L d. Milé supra 1 Mad:
(Asprovouna) ! Num. collect. 56 et 111.
Cfr. Baldacci in Malp. 1894, p- 86 per l'A. gracilis wW. K =
con giusta verosimiglianza, che TA. cretica sia da fondersi coll’ A.
cilis o, al più, possa valere come varietà geografica di cotest’ ulti
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO compiuto IN creta NEL 1893 65
Abbiamo quindi un nuovo esempio della dipendenza della flora alpina
cretese da quella europea: splendida è l’analisi delle forme che si suc-
cedono mano mano da Nord a Sud seguendo le chine balcaniche. Ma
perchè dunque voler riconoscere dei tipi distinti nelle diverse tappe che
una specie fa abbandonando la sua sede primitiva, quando, per la gran
legge dell’ adattamento all’ ambiente, le sue più profonde modificazioni '
si avverano quasi solo negli organi di vegetazione? Tali differenzia-
zioni perciò, se debbono ricordarsi nell’ interesse geografico, non hanno
da servire per distinguere tipi nuovi, poichè mancano di buoni caratteri
morfologici e rispondono troppo poco al concetto geografico.
Dallo studio della raccolta che io ho fatto in Creta apparirà, spero,
che in quest’ isola sia a sufficienza sviluppata la vegetazione artico-
la parte orientale meridionale dell ambiente mediterraneo. Questa ve-
getazione può dirsi analoga alla sicula per cui le due grandi linee di
emigrazione delle piante alpine d’Europa verso Creta vengono a mani-
festarsi dapprima col Peloponneso e secondariamente colla Sicilia: da
si
Creta e dalla Sicilia un certo numero di tipi esattamente costituiti, ma
originarii da forme europee, passa nell’ Africa settentrionale con gli
Stessi caratteri europei e ritorna nel nostro continente a mezzo della
E Spagna dando origine a forme intermediarie di lieve momento.
24. Alsine verna L. Mant. pag. 72, sub Arenaria; var. mediter-
ranea Fenzl ex Degen in litt. è
In elatioribus lapidosis et ad nives m. Ida versus distr. Amari! Num.
| collect. 177, 200 et 202.
Gli esemplari al n. 200 sono molto istruttivi. I cauli esili con gli in-
ternodii distanti, le foglie delicate, lanceolato-lineari, i fiori disposti in
cime povere, talvolta isolati fanno somigliare la pianta, di cui non ho
ancora visto altri individui negli erbarii, alla Buffonia brachyphylla
var. Cecconiana più sopra descritta. Però, mentre si nota differenza nei
cauli e nelle foglie, i fiori sono identici in tutti gli esemplari di questa.
Mr trovata in varie località al m. . Ida.
5. Malpighia la IX, vol. IX.
alpina, la quale acquista importanza per l adattamento insulare verso
att 66 A. BALDACCI
| « 25. Alsine attica Boiss. et Spr. Diagn. ser. I, V, pag. 84; FI or.
= I, pag. 676, sub A. verna (L.) P acutipetala Boiss.
In fissuris rupium m. Gigilos Volakià distr. Sphakià! et in rupestribus
- ~ summis m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 57 et 201.
Nella classica Flora orientalis l. c. Boissier pone la sua antica spec:
Ly quale varietà dell'A. verna (L.). Invero nei tre sensi morfologico, geo-
| grafico e biologico io convengo che l'A. attica può rimanere quale specie.
essendole forse inadatto il solo nome — attica —, giacchè esemplar
uguali ai nostri vivono in Sicilia, Grecia, isole dell’ Arcipelago. L'A
attica differenziasi dal’ A. verna: 1.° per le robuste e grosse radici le-
gnose che $’ impiantano nelle. fessure delle roccie; 2.° per la glandulo
sità generale di cui è coperta affine di adattarsi all'ambiente polveroso
ed asciutto; 3.° per le foglie più piccole, assottigliate, più o meno for-
temente abbraccianti il caule; 4.° pei peduncoli più spesso 1-2-flori
5° pei petali acuti. Fra gli esemplari del m. Haghion Pneuma notansi
cauli di colore rosso ‘scuro e fiori con alcuni sepali grandi, ovato-lanceo-
lati, trinervii in modo visibilissimo.
26. Hibiseus Trionum L. Sp. pl. pag. 981.
In campis ad Kalyves distr. Apokorona! Num. collect. 113.
In Creta non fu ancora citata da Weiss, Raulin ed Ostermeyer. Gret
è quindi il punto più meridionale del suo « habitat ». |
27. Gossypium nanking Meyen Reise II, p. 323 et in Verh. d. Ga
Preuss. Staat XI, p. 258, tav. 3 ex Tod. Relaz. sulla Colt. dei Cotoni ece
pag. 147 ed Atl. tav. 3.
~ Tn campis ad Stavromenos distr, Rethymniotika! Num. collect. 180
7. . Specie (o varietà?) importata in Creta e qua e là resasi selvati
La descrizione e la figura in Tod. l. c. sono i soli dati coi quali
| determinato il mio Gossypium.
veramente il G. nanking,
Una discrepanza sorge, perchè esso
nel carattere « caule fruticuloso » che man
igidezza del caule, pe
Ancora inteso come varietà del G.: herbaceum L:
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 67
28. Hypericum hircinum L. Sp. pl. pag. 1103.
In humidis umbrosis ad Roumata distr. Kisamos! Num. collect. 3,
29. Hypericum empetrifolium Willd. Sp. pl. III, p. 1452.
Constituens dumeta in Akrothiri distr. Khaniotika! Num. collect. 5.
Comunissimo nella penisoletta d’Akrothiri, come in generale in tutta
la parte marittima e delle colline. È specie diffusa nell’ ambiente cir-
coscritto dal mare Egeo dove mi sembra surrogare H. Coris L. delle
zone montuose di Germania, Italia, Francia e Corsica.
30. Hypericum crispum L. Mant. pag. 106.
In agris circa Galata distr. Khaniotika! Num. collect. 4.
31. Hypericum Kellerii Bald. sp. n.
Sectio: Æuhypericum Boiss. Fl. or. I, pag. 715; § Millepora Jaub.
et Sp. Ill. Or. I, pag. 357 (charactere extenso) =— *Heterotaenia Keller
in Engl. und Prantl Pflanzenfam.
Suffruticosum, glabrum., glaucum; caulibus e rhizomate crasso pro-
stratis vel adscendentibus, tenuibus; ramis simplicibus, unifloris, sub-
teretibus, internodiis brevibus; foliis parvis internodiis duplo vel triplo
= longioribus, ovhtis, obtusis, breviter petiolatis, punctis paucis magnis
pellucidis et nigro-punetatis, crassiusculis, nervo medio valido subtus
prominenti, margine eroso-asperulis : bracteis foliosis ovatis, copiosius
nigro-punetatis margine, Aine inde ciliis singulis glandulosis; floribus
terminalibus solitariis; calycis laciniis ovatis, acutis, nigro-punctatis vel
striatis et punctis striisque pellucidis margine utringue 3-6 ciliis glan-
dulosis, corolla duplo brevioribus post anthesin erectis; petalis ovatis,
nigro-punctatis, persistentibus; staminibus persistentibus, stylis tribus
| ovario subaequantibus brevioribus, antheris subrotundatis etiam nigro-
punctatis : capsula ovata, tricuspidata, triloculari, loculis 3-5 seminibus,
valvis dorso longitudinaliter 3-5 vittatis, utroque latere vesiculis oblon-
gis claviformibusve obliquis; seminibus cylindrieis, obtusis, foveolato-
punctatis.
_ Habitat ad margines agrorum in Omalò distr. Khaniotika ubi flo-
rentem legi 7 julio! Num. collect. 58.
E ua CA Men
H. Baldaccii Keller in litt. Questa specie ebbi dapprima con Degen a
credere vicinissima all’ H. trichocaulon Boiss. et Heldr. già trovata da Hel-
dreich sui dossi dell’ Ida a Vorisa. Ma PH. trichocaulon, dopo ulteriore
ATI VS ET 3
esame, mi apparve differente dalla pianta di Omalò e fu perciò che chiesi
l’illuminato parere del prof. Keller di Winterthur, da anni diligentemente …
occupato intorno al genere Hypericum. Il valente collega mi rispose trat- —
tarsi di specie nuova, affine all’. uniflorum Boiss. et Heldr. La dia- |
gnosi di quest'ultimo ritenuto tipo è assai incompleta come si trova in
Boiss. Diagn. ser. I, VIII, pag. 109 e in FI. or. I, pag. 811: in ogni |
modo la mia pianta di Omalò, senz’essere una specie morfologica di gran
valore e troppo divergente da quella di Boissier ed Heldreich, può tut- i;
tavia molto servire all’ interpretazione delle varie forme di Hypericum ui |
che si comprendono nella « Millepora » o « Heterotaenia » di cui VH.
perforatum L. è indubbiamente l archetipo. n
32. Linum arboreum L. Sp. pl. pag. 400. |
In rupestribus m. Haghios Ilias distr. Kisamos! et- in elatioribus m. —
Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 2 et 204. È
i
3
4
A
|
La deserizione linneana è insufficiente per questo come per altri en- |
demismi cretesi. Quella di De Candolle Prodr. I, p. 425 sub L. glan- |
duloso Moench. « arboreo (L.) non lo è meno. Boissier erra scrivendo |
che i. sepali sono — capsula paulo longioribus —; io, che ho gli esem-
-plari in frutto, osservo che i sepali sono invece più brevi della capsula. È
vi _ e ciò tanto meglio è manifesto negli individui alpini. 3
Il L. arboreum varia a seconda dell’ altezza. Gli esemplari dell’ H.
. Pneuma stanno colla var, minus Boiss. l. e. di cui ha parlato anche |
_ Tournefort. Penso di escludere questa varietà che differisce dal tipo.
| solo per essere. di sviluppo minore, in 4 relazione appunto all’ ambiente
in cui vive.
38. Tribulus torrosteis Li “Sp. pl. pag. 554; var. robustus Bo 3
FL or, L pag. 902 , ;
h campis ~ Armeni du Spokorona Num. collect. 112.
34. Ruta bracteosa DC. Prodr. I pag. 710.
In rupestribus infra Haghia Triada et Katholiko peninsulae Akro-
hiri distr. Khaniotika! Num. collect. 6.
35. Pistacia Lentiscus L. Sp. pl pag. 1455.
In dumetis ad specum Melidoni distr. Mylopotamos! Num. collect. 151.
36 -Pistacia Terebinthus L. Sp. pl. pag. 1455.
Rara ad Melidoni distr. Mylopotamos! Num. collect. 152.
elle descrizioni non si ricorda l essenza oleo-resinosa che essuda
ndante dagli assi delle infiorescenze di quegli individui che pro- 3
engono da paesi caldi. Tale carattere biologico-morfologico vuol essere
nenzionato per non trovarsi in dubbio allorchè si esaminano esemplari
_coteste località o di altre settentrionali in cui l’ essudato ‘oleo-resi-
are
noso non si rende palese all’ esterno.
37. Rhamnus graeca Boiss. et Reut. Diagn. ser. II, V, pag. 74 excl.
ar. #; FI. or. II, pag. 15.
In dumetis peninsulae Akrothiri distr. Khaniotika! Num. collect. 7.
Parmi sia più utile di ritenere questa specie nel senso biologico che
non nel senso morfologico, poichè essa, almeno in molti luoghi di Creta, | |
iventata uno di quei frutici pigmei, ramosissimi, quasi erinacei, dl.
azione della Genista acanthoclada DC., Cytisus creticus Boiss. et x
r., ecc., resisi tali per trovar difesa contro il bestiame pascolante. sa
foglie del Rh. graeca, ordinate verso la sommità: dei brachiblasti
nella parte inferiore dei ramuscoli terminati in spina lunghissima,
no trovato in questi organi il riparo potente desiderato. Del resto, Te
logicamente studiata la pianta, appare quale dipendenza più o
accentuata, a seconda dell’ubicazione cui s'adattò, del Rh. oleoides
| un lato e del &%. infectoria L. dall’ ‘altro. Geograficamente è anzi.
presentante di queste due principali specie nella zona. egea, la-
a quanto sembra, al Rh. punctata Boiss., ecc. di rimpiazzarla
regioni orientali (Asia minore, Siria .....) del dominio mediterraneo. +
di difficile di poter stabilire se questa specie sia verosimilmente e
nuta nella sua attuale area geografica dall'Europa o dall'Asia.
.
n
f
gli altri caratteri fogliari.
A. BALDACCI ; ; i
38. Rhamnus prunifolia Sibth. et Sm. Prodr. FI. gr. I, pag. 157.
In alpinis ad nives m. Haghion Pneuma (Asprovouna) ! et in dumetis
elatioribus m. Ida distr. Amari! Num. collect. 114 et 178.
Non mi dilungo a discutere il valore morfologico delle specie pro-
poste da Boiss. FI. or. II, pag. 14 per la sua sezione « Cervispinae »
che d’altra parte è bene definita sistematicamente. Neppure cerco il >
motivo che suggerì a Sibthorp è Smith di separare questo Rhamnus
affinissimo, se non identico, al Rh. infectoria del quale si può cre- .
derlo variazione insulare. Per me il Rh. prunifolia è il rappresentante
orientale del RA. infectoria il quale dalla Spagna arriva nella Francia
Asia minore nella varietà pubescens Gris. = Rh. tinctoria W. K., la-
scia il Rh. prunifolius principalmente negli alti monti dell’ Arcipelago a
_ Le forme suddette riconosconsi meglio dal frutto che da altri organi, “i
e la più costante, quasi unica differenza poggia nella fessura aperta 0 i
chiusa del seme , la qual cosa è di poco momento. I miei esemplari di
Creta sono fioriferi ; provengono da piante. pigmee a rami intricati e
formanti cespugli globosi col medesimo adattamento biologico del Rh
graeca Boiss. et Reut. I frámmenti del n. 178 (m. Ida) sono più fo-
gliosi di quelli del n. 114 (m. Asprovouna), per cui Degen ed io so-
spettammo nei primi il vero RA. infectoria, cosa che ora credo invero-
simile dappoichè la presenza maggiore di foglie può dipendere benis- “
simo dal substrato e da località inaccessibile al bestiame. A parte ciò
la dentatura e nervatura fogliare è uguale nei due numeri : uguali sono
(Continua).
lé
‘ meridionale, Italia del Sud, Istria, Dalmazia e Montenegro, di dove,
passando e modificandosi in Albania, Grecia settentrionale, Macedonia, |
i
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA = 7L
CENNI OROIDROGRAFICI
E
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA
DEL PROF. PAOLO PERO
L
CENNI OROIDROGRAFICI.
= Il lago di Mezzola non è che la porzione più settentrionale del lago
di Como, scissa dalle alluvioni del delta abduano. Tale separazione deve
essersi compiuta in tempi storici relativamente recenti e propriamente
_ negli ultimi due secoli. Imperocchè nelle carte geografiche del 1600 ed
la sua media larghezza, fino ai villaggi di Samolaco (Summus lacus,
Summolacus) e della Somaggia (Summus ager), la cui etimologia dice
abbastanza chiaramente che, dai tempi dei romani fino all’epoca citata,
uesti paesi erano situati all'estremità superiore del lago di Como, il
n nte dal lago di Mezzola e dal Lario più di 4 e 7 Kilometri.
in altre anche posteriori (4), trovasi disegnato il lago di Como, in tutta |
le Delebio (Abduae limes). Al presente detti paesi distano rispettiva- ©
HH grande disboscamento cresciuto coll’ estendersi delle popolazioni e
a della civiltà, compiutosi, nelle regioni valtellinesi, specialmente in due ; ;
periodi, cioè fra il 1500 ed il 1650; fra il 1700 ed 1830; le conseguenti
frane, lo straripamento dei fiumi e dei torrenti, e le loro arginature,
| res aumentato d’assai, più che per l’addietro non da il ma
quale fin colà era senza interruzione navigabile. Anche ad E. verso la nr
se di abbondanti materiali detritici e d’alluvione, e resero più celere l’in-.
terramento specialmente di quella parte del lago che accoglieva i de- /
~ positi del lungo corso. dell'Adda e di tutti i suoi tributari. fa
È, L'origine del nostro lago adunque è intimamente legata a guelia 4
del lago di Cond del quale esso non è che una parte, il Lacus dimi- |
~ diatus, il lago di Mezzo, Dimezzato o di Meszola come più comune-
mente è detto.
Esso ha forma complessivamente rettangolare, diretta da N.N.E.
_ S.S.0., alquanto più ristretta verso S, di fronte a Dascio e più dilatata |
ad E. nella estremità settentrionale, in quella parte, che dal vicino pisse
| Picevetie il nome di Golfo di Campo.
Attualmente presenta la lunghezza media di Kil. 3.0 e la massima
di Kil. 3 ‘/; una larghezza media di Kil. 1,800 ed una massima, in
‘corrispondenza. del Golfo di Campo. di Kil. 2,100, con una superficie di
Ki q. 4,500. Questa superficie va però rapidamente diminuendo ancora
_ attualmente per le cause sopra accennate. Infatti dall’ epoca in cui fu-
| rono fatti i rilievi della carta topografica del Regno Lombardo-Veneto,
| pubblicata dallo S. M. A. ad oggi, essa fu ridotta da Kil. q. 7,500 a
4,500; non contando però la superficie del lago di Riva, quella parte
| cioè più nordica del Lago di Mezzola, compresa fra Novate e Riva,
che venne pur recentemente da esso separata per il deposito delle allu-
= vioni del Mera, che comunica col lago di Mezzola mediante un canale
della lunghezza di un kil circa. Il laghetto di Riva presenta una ma
sima lunghezza di 700 m. circa e la larghezza di m. 400. Nelle cartelle
di campagna dell'Istituto Geog. di Firenze, foglio di Chiavenna, è indi-
cato col nome di Pozza di Riva (1). i
| Illagodi Mezzola ha un'altitudine media più costante di 200 m. sul
livello del mare; altitudine che può abbassarsi, come consta dalle osser-
vazioni fatte all idrometro di Campo, fino a m. 198,20 nelle massime
n or Fe. e ue de m. 2 200,50 nelle. piene straordinarie.
F g olume ella nostra mire. I vu Par Ts
di.
uao lago fu sempre l’antico à radcogittoe delle acque di tutti i na-
ali versanti valtellinesi, delle acque cioè dell’ Adda e del Mera fino
1857, nella quale epoca l’Adda fu condotta artificialmente con taglio
tilineo, a metter foce direttamente nel lago di Como, di fronte a Domaso.
Attualmente ha per tributario principale il fiume Mera, il quale
cende dalla valle Pregallia e sotto Chiavenna s° ingrossa delle acque
Liro e più oltre, nel pian del Mera, dei minori torrenti Grezza, PES
Boggia, Casenda ad occidente; dello Schiesone, del Vallazza, del Lobbia ra
del Pioggiosa ad Oriente; ed arriva al lago con una portata media
m. c. 95 all.
Minori tributari sono i torrenti della Val Codera e della Val dei
Ra i, che scorrono nel versante orientale, aventi rispettivamente una
media portata di m. c. 13,200 e di 0,100.
Emissario del lago è un canale della lunghezza di circa 3 Kil. con
0 metri di larghezza, chiamato stretto di Mezzola o canale di Mezzola,
poco profondo, che scarica le acque nel Lario. Nelle carte dell’'Isti-
tuto Geog. Mil. di Firenze, foglio di Chiavenna, vi è segnato, quale
penso, il fume Mera; ma esso è più conosciuto colla denominazione
n lago è chiuso lateralmente da ripide Agenti; che que | e là diven-
quasi perpendicolari, talchè gli abitanti di Novate, di Campo e di
erceja, situati sulla sponda orientale, fino al 1821 (nella qual epoca
e costrutta la monumentale strada dello Spluga), non potevano co-
care fra loro e con quelli d’altre regioni, che per mezzo di barche.
sponde s’innalzano dezradando ‘successivamente in poggi arro- z
i, dàl Rolle (t) considerati quali terrazze, che danno sviluppo @
regetazione e terminano ad oriente nelle due grandi cime dei i
o e Spluga (2845 m.); ad oecidente calata meno elevata del |
Berlinghera (1929 m.).
i due versanti sono qua e là incisi da minori convalli, d'aspetto |
o, fra le quali primeggi giano quelle di Val Codera e di Val de
'ebersicht der geologischen verhälinisse der Tano Chiavenna in ce
x P. Bergman , 1878,
I Roi Lia: PAORO PERO
Ratti, percorse dai torrenti omonimi. I detriti di queste valli, depod 4
in conoidi di dejezione alla loro foce, tendono pur essi a modificare -
continuamente la primitiva forma del lago. I maggiori di essi sono
quelli di Val Codera e della Val dei Ratti, che hanno rispettivamente |
una lunghezza e larghezza massima terminale di Kil. 1,780, e Kilom,
2,300; Kil. 1,100, e Kil. 0,900. Questi conoidi, ammantati di castagneti.
e d’ubertosi pascoli, fanno, coi loro morbidi declivi, alto contrasto colle
A Nord del lago s'estende, per circa 12 Kil. il piano del Mera, in-
terrotto qua e là dai non rilevanti conoidi delle piccole valli che in esso.
sboccano. A S. si apre l’ampio piano del delta dell'Adda, della larghezza
di Kil 4,500, conosciuto col nome di Pian di Spagna, dominato dalla
piramidale cima del Legnone (2610 m.), che pone termine ad occidente
i
;
brulle rocce delle dirupate circostanti pendici. ‘3
à
Ÿ
alla catena delle alpi orobiche. i
La maggior parte e delle sigari che circondano il bacino le
Novate e per una gran parte della Val Codera fino ai monti Gajazzoe
Doga e e Nba versante occidentale della Val kese si trasforma =
afanitica nel minor giacimento di S. Fedele, sulla opposta sponda del lago.
Questa roccia, dalla struttura eminentemente granitica, incassata 2
forma litologica più estesa di questa regione, il gneis centrale, fu sempre
considerata dagli antichi geologi come un vero granito, e come tale rap- ;
presentata nelle carte geologiche del Theobald, del Curioni e del Tara- 3
melli, Ma secondo gli ultimi studi microscopici del Dott. Bolla (4) non
deve ritenersi che quale modificazione dello stesso gneis porfiroide, che
qua e là assume struttura più o meno granitica.
~ Tl gneis centrale pertanto, che nella porzione nordica del lago
| trasforma in roccia eminentemente cristallina, verso la parte merid
a ) oa o centrale della Valtellina. Atti della R. Accad. dei Linci Vol. v
- 180
Q. Maa: Ricerche e geologiche e petrografiche sulla valle del Masino. Gor
nale di Mineralogia, na e Petrografia del prof. Sansoni. Pavia, 1893,
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA 75
i nale di esso mostra una struttura schistosa sempre più pronunziata e
A ‘ben evidente stratificazione, come quella di vero gneis ordinario e di
= micascisto, che s'incontra nelle sponde della parte più settentrionale
del lago di Como e nei due versanti valtellinesi. Gli strati sono sempre
= molto inclinati all’ orizzonte, talora quasi perpendicolari, diretti da E.
. ad O.
Verso l’estremità S.E. del lago, ai piodi del monte Bassetto, affiora
un piccolo giacimento di calcare triassico, che dal vicino paese ricevette
= il nome di calcare di Dubino.
_ Il bacino lacustre del Mezzola attaversa adunque parecchie forme
litologiche, gradualmente succedentisi da N. a S., da quelle cioè più
antiche, di spiccata struttura cristallina, alle altre chiaramente strati-
ficate e meno antiche nella parte più meridionale del lago di Mezzola,
in quella più settentrionale dell’attuale lago .di Como e confinanti colle
dolomie mesozoiche della porzione mediana e meridionale di detto lago.
. Lo studio di tali roccie, specialmente nel loro assetto stratigrafico,
ha certamente grande importanza in rapporto alla conoscenza del lago
che circondano: imperocchè da esso si possono dedurre buone conclu-
sioni per la soluzione dell’intricato problema dell’origine di questo, come
in genere di qualunque altro lago, aperto fra rocce in posto stratificate.
Nel tratto di pochi chilometri abbiamo infatti l'emergenza di parec-
chie rocce di diversa età e differente struttura, le quali non manten-
gono più l'assetto primitivo individuale e reciproco della loro forma-
zione. E considerando anche soltanto la parte stratificata delle sponde
del nostro lago, noi troviamo gli strati fortemente inclinati sull’ oriz-
zonte. Cid dimostra che essi furono spostati dal loro primitivo assetto;
il che avvenne certamente per l’azione emergente delle forze endogene,
he portarono all’ esterno le roccie più antiche e cristalline, qua "è il
neis granitico. Queste rocce, assumendo gli attuali rapporti tettonici,
ennero eziandio a lacerarsi esternamente in varie direzioni, le quali
ilacerazioni diedero origine alle valli e le parti più profonde di esse:
aghi. Il lago di Mezzola adunque, come il lago di Como, ossia tutto
ntico Lario, ed i maggiori laghi insubrici, non sono che laghi di
6. Fes su a Fa me PAOLO PERO |
Alcuni geologi 1 getti. senza ricordare molte Re ipotesi (1) attri:
buiscono l’origine dei nostri grandi laghi lombardi e di molti minor
laghi alpini, alla escavazione fluviatile e glaciale. Ma se tale erosione
ed escavazione può acquistare qualche valore ed ammissibilità, per le
regioni costituite da rocce facili alla erodibilità, come le calcareo-do- A
lomitiche, ognuno scorge come tale erosione non si possa invocare per,
la origine del nostro lago aperto fra rocce della massima durezza, come
quelle che lo circondano nella sua porzione più nordica. Tali agenti
hanno certamente modificate le rocce delle sponde lacuali e vallive,
_ come ovunque si incontrano non dubbie prove: ma non avrebbero po-
tuto stabilirsi in così poderose correnti liquide o solide, se non fossero
preesistite le cavità atte ad accogliere tali masse fluitanti, se non fossero
preesistite cioè le cavità orogenetiche, formatesi nell’ innalzamento del
sistema alpino, per opera delle forze endogene. Inoltre la forma per lo
più irregolare di molti laghi subalpini, le loro isole (°), i loro promo
= tori, le biforcazioni stesse non corrispondenti nemmeno a rocce di mag-
| gior durezza, la loro profondità molto varia e talora assai ragguarde-
| vole, che per lo più ha luogo in corrispondenza della minima loro lar-
ghezza misurata sulla roccia in posto, sono altrettante prove che ab-
| battono le ipotesi della erosione ed „escavazione fluviatile-glaciale. n
Scopo di questi cenni non è però quello di fare un vero studio geologico,
| ma soltanto di esporre alcuni dati oroidrografici, che rivelano le diverse
condizioni geo-fisiche del lago, che mi proposi ad oggetto di studio b
logico e specialmente delle Diatomee ; poichè la presenza delle dive
= specie di queste alghe è è dipendente, fra le altre cause, dalla natura (
y suolo sui cui scorrono o si trovano le acque che le alimentano.
; 0) Vedi specialmente i seguenti tasti dove sono accennate le principali evo
pa ndi laghi prealpini:
1° T. Tarametti: Geologia del bacino por o del fiume Ticino. Boll.
ola:
fic
| M 188 io nc
gli agiati di Rovereto, anno XI, 7
i Torigine
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA 77
r
La morfologia del fondo lacustre è assai semplice. Lateralmente il
| lago è limitato da roccia in posto, che s’innalza a picco nella regione
#6
: tratto tratto, nella sponda sinistra, perchè da questo lato, come vedemmo,
a
esterna di esso per quasi tutta la lunghezza della sponda destra e solo
GS
le acque sono allontanate dalla roccia in posto dai depositi dei conoidi
della Val Codera e della Val dei Ratti.
Verso le due estremità il fondo lacuale è costituito da due lunghi piani,
inelinati assai lievemente, rivolti a N.0. e a S.E., che sono rispettiva-
| mente la continuazione dell’antico delta dell’ Adda e dell’attuale del
Mera, e che formano la maggior parte della superficie subacquea del lago.
| Attualmente esso va interrandosi solamente verso N. dove il delta del
Mera si congiunge ormai col cono di dejezione del torrente Codera.
Soltanto in corrispondenza di Campo il lago conserva la primitiva lar-
| ghezza anche sul suo fondo e secondo questa direzione incontriamo pure
la massima profondità.
La superficie subacquea formata dall’antico delta abduano ha, per un
grande tratto verso S., una inclinazione minima, per modo che fra la
terra ed il lago s'incontra un’ampia zona paludosa e torbosa, che non si
saprebbe dire se appartenga a questo od a quella, poichè emerge terra
nelle magre e diventa lago nelle piene. Di qui una causa dei diversi dati
| che si hanno circa la superficie del lago.
Infatti avendovi io praticato alcuni sondaggi a diverse riprese, senza
prefiggermi lo scopo di formare una vera carta batometrica, il giorno
15 maggio del 1894, tempo di relativa piena, per la distanza di 50 e più —
metri dalla incerta sponda, non trovai che un dislivello di m. 0,50 a m.
140; e di 50 in 50 metri successivamente passai alla profondità di m.
6. 8, 14, 21, 37, 35, 41, 48 ecc. fino ad approssimarmi alla massima
Profondità. |
: Sulla linea mediana del versante opposto, continuazione del delta del j
r per le medesime distanze, incontrai successivamente m. LT, 900 È
, 62 fino che raggiunsi un fondo quasi pianeggiante. Di fronte a Campo, 0
7 il lago conserva la massima lunghezza, abbiamo secondo una linea
B ersale, sempre per la distanza di 50 in 50 metri, le profondità di
131, 46, 54, 62, 70, 76, 78, 80, 80.50.
poco prima di raggiungere la metà del lago; e non, come si suole co:
munemente indicare dai diversi pescatori e riverani del lago, presso lo
«sprone che sorge a picco nella parte N.O. di esso.
Il lago di Mezzola adunque risulta attualmente formato da una sol
depressione, limitata da pareti molto differentemente inclinate fra loro:
appartiene quindi a quella forma di laghi detti, dal sig. O. Marinelli o
semplici e irregolari.
A
er
Nelle escursioni fatte il 24 agosto del 1893 ed il 15 maggio del 18%,
stabilî pure osservazioni sulle diverse proprietà fisiche delle acque; ci
= sulle variazioni di temperatura a differenti profondità, sul loro colore,
sul grado di loro trasparenza.
I risultati delle osservazioni termometriche sono esposte nel seguente
scesi
| (') Za Patria, Geografia @ Italia dell'Un. Tip. Edit. di Torino, Vol. I, pag. 62.
— La Terra del Prof. G. Marinelli. Milano F. Vallardi , Vol. IV, pag. 350, 189:
(À) Studi sul lago di Cavazzo in Se Estratto dal ner della Socie
| geografica Italiana, Marzo, 1894,
STUDIO SULLE DIATOMÉE DEL LAGO DI MEZZOLA 99
24 Agosto 1893 15 Maggio 1894
(dalle ore 15 alle 17) (dalle ore 11 alle 13)
| Temperatura esterna alle ore 15 gradi 259,0 alle ore 11 gradi 189,0
» am. 0 DR 1000
» m. 5 » 100 » 109,0
» m. 10 Lo di |
» m. 15 a TP » 69,0
» m. 20 ego 32 I
» m. 25 VISAE da
» m. 30 Ver 00 A À
» m. 35 Der JU
» m. 40 » #9 » - 30
» m. 45 vir 2400" DS
n m. 5 wi » 390
» m. 55 » 49,0 » 39,0
» m. 60 bi AL » 1200
» m. 65 » . 49,0 30
» m. 70 zo I n
» m. 79 » 49,0 hi Sa
» m. 80 s 9. ÿ 90
» m. 80,5 » 49,0 » «AD
Dove si scorge come la diminuzione di temperatura non i in
azioni s ‘incontrano negli strati più esterni fino a raggiungere lo strato
salto così detto dal Richter ('), quello strato nel quale la temperatura
decresce in modo assai più accentuato che negli altri e che rappro a
terebbe il limite delle oscillazioni termiche giornaliere. 3
Dal quadro si scorge pure come esso abbia luogo tra i 15 ed i 20 m. ©
osservazioni d’agosto; tra i 5 ed i 10 m. in quelle di maggio. Tra;
) strato fino alla profondità massima le oscillazioni termiche sono .
meno AEETI fino a raggiungere | lo strato a cre co-
v B. Ricwrer: Die ne kits der a Verhandi. d. IX.
La Chen n Geographentages zu Wien. ts 1891.
o regolare coll’aumentare della profondità; e che le maggiori oscil- |
PAOLO PERO
stante, da me toccato a 50 m. nelle osservazioni d’agosto, ed a m. 35
quelle di maggio. Lo strato di salto e quello a temperatura costante a]
partengono a profondità maggiori nelle osservazioni d’agosto che seguo: i
a maggiori aumenti di temperatura estiva ed a profondità minori in
quelle che precedono alla state, come deve in realtà succedere in ra
porto alle penetrazioni del calore. à
Il nostro lago adunque termicamente appartiene al tipo dei laghi te n=
perati, secondo la classificazione del Prof. Forel ('), a quei laghi ci
dalle acque che nelle regioni profonde raggiungono una temperatura non
inferiore a 4°,
Il lago di Mezzola, come quasi tutti i maggiori laghi lombardi,
_ gela quasi mai. Solamente negli inverni rigidissimi una parte di
va soggetto a gelo, quella porzione cioè detta Golfo di Campo, tra la f
del torrente Codera e quella del torrente Ratti. Da quanto ho potuto
prendere da informazioni, in questi ultimi anni, detta parte si mant
congelata dalla metà di gennaio alla metà di marzo del 1880.
I venti dominanti del lago sono due : uno regolare o periodico, lal
irregolare. Il primo è conosciuto col nome di Breva e dal marzo allo
a tobre spira ogni giorno dalle ore 11 fino circa le 15 0 le 16, costan
mente da S. o dal lago di Como. Il secondo, od il vento peo
; _ detto, è talora impetuosissimo, spira costantemente da N. a S.,
| freddo a volte caldo, tale che fa sciogliere la neve anche nelle posi
| dove. non vi batte il sole. La sua duratà varia da 24 ore a 5 0 6
e talora si prolunga fino a due settimane.
ar, colore delle acque nelle diverse escursioni mi apparve sempre ve
giallognolo o verde chiaro, rappresentato dal num. VI della scala
sparenza. Il disco Secchi segnò a m. 3 nell’ agosto, ed a m. 3,20
maggio il limite di visibilità : grado di trasparenza assai piccolo ed
lontano quindi da quella che hanno molti laghi alpini della Va
ed anche alcuni dei Maggiori laghi subalpini dove il limite di v
discende fino a 6 he i |
9 0 R Paris, Mars 1889.
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA
LA FLORA.
Ma scopo principale delle mie escursioni a questo lago erano le ri-
| cerche algologiche e specialmente delle Diatomee, che in ogni lago for-
Die Mano il maggior contingente della vita inferiore e la base di- ‘sviluppo
d’ogni essere lacustre più elevato, per porre in chiaro quanta dovizia di
tali alghe si accolga in questo lago e stabilire un confronto con quelle
Che vivono nelle regioni più elevate della Valtellina.
In questo lago, come vedemmo, venivano ad accogliersi tutte le acque
dei naturali versanti valtellinesi, cioè del bacino idrografico dell’ Adda
e del Mera. Ora dopo lo studio diatomologico dei principali laghi alpini
di questa regione (!) e di quelle d’un buon tratto dell'Adda (2), mi parve 5
interessante lo studio delle Diatomee di questo lago, pure valtellinese, a
Ma posto assai inferiormente alla maggior parte di quelli, generalmente i
‘di circa 2000 m., e talora anche ad un dislivello assai maggiore, cioè
di m. 2387 (Lago Stelù), 2376 (Lago delle tre Mote), 2367 (Lago Brodec)
€ di 2404 (Lago Campaccio), ma situato assai di poco inferiormente al
tratto del maggior fiume valtellinese da me studiato sotto questo rapporto.
Nei precedenti miei lavori ho già accennato alla importanza che hanno
da natura dei diversi sali e P altitudine nella differente distribuzione
e sviluppo delle specie dell’ estesa famiglia delle Diatomee. Già vedemmo, x
nei prospetti delle diverse forme in confronto ai vari laghi alpini, a
ali conseguenze conducesse la differente natura geologica in cui si apre
l bacino d’un lago: ora tenteremo di porre meglio in evidenza gli ef-
fetti dovuti alla seconda causa, ponendo a confronto le specie che vi-
no in questo lago con quelle dei laghi alpini molto elevati.
H Lomé il numero delle forme ant sn a
3, 4; Parte secðüda T Notar sn
V) P. Pero, Ze — dell Adda e di altre tot) dei dintorni di Sondrio,
sa lpighia. Genova. 189
s
Malpighia anno > vol. IX.
D |. PAOLO PERO
DI
anzitutto che veramente ľ altitudine avesse la massima influenza sulla Û
presenza di tali specie, che essa fosse più favorevole che dannosa al loro
sviluppo, contrariamente cioè a quanto avviene per tutti gli altri vege-
tali e viventi in generale. Ma si consideri che il gran numero di spe-
cie sopra riferito va ripartito per differenti laghi, cioè sopra 50 circa,
alcuni dei quali sono abbastanza ben popolati di queste alghe, mentre
altri ne sono relativamente scarsi. Le specie di alcuni generi sembrano
veramente favorite dalla altitudine, mentre non s'incontrano altrettanto |
abbondanti nelle regioni meno elevate. Tali sono, ad es., le specie del
gen. Eunotia, che nel lago di Mezzola rinvenni in numero piuttosto li-
mitato (5), mentre si presentarono assai numerose di specie e d’individui
nei laghi alpini, pei quali registrai 47 forme. Nel nostro lago sono ge-
neralmente più abbondanti invece molte specie del gen. Navicula, le quali
se pur sono presenti in parecchi laghi alpini, non lo sono mai in così
notevole quantità. Relativamente più abbondanti vi compaiono le speci ;
del gen. Fragilaria, alcune delle quali, ad es., la Fragilaria Crotonensi
non rinyenni mai nei laghi alpini. Sono particolarmente da notarsi poi
le forme caratteristiche vaganti sulla superficie di molti laghi, non mai
da me rinvenute nelle precedenti escursioni ed invano cercate dal prof.
De-Toni sul lago d’Arquà-Petrarca ('), cioè l’Asterionella formosa var.
subtilis e var. gracillima, affatto nuove quindi per la florula diatomo-
logica italiana.
Non mi venne dato però S TOSS l’altra forma aberrante e propria
della regione pelagica, osservata pel primo dal sig. H. Smith nel lago
americano d’Eriè e da lui appunto chiamata Rhizosolenia Eriensis, più
tardi incontrata dal sig. Barbò nel lago di Como. Forse ciò dipese di i
A ora e dalla stagione, in cui vi praticai le mie esplorazioni, sebbene abbia
scelto tempi abbastanza diversi e lontani, quali il maggio e l'ago:
| Infatti anche il dott. O. Zacharias (?), che nel 1893-94 ha studiato |
oa da periodiche di sla delle specie pelagiche nei laghi
o G. B. De-Ton1, G. S. Bur LLO e G. Paozerri, Alcune maer sul lago d an
Le tan Atti del R. Ist. Veneto, Tomo III. Serie VII, 1
y Forschungsberichte aus der caps rate S au DIR Theil 2, Tabel
N III, pag. 101. Berlin, R. Friedländer ete.
STUDIO SULLE DIATOMÉE DEL LAGO DÌ MEZZOLA 83
Plön, non rinvenne la forma affine Rhizosolenia longiseta che nelle
| prime due decadi del mese di luglio.
Ogni specie da me registata per questo lago la porrò a confronto con
n° quelle incontrate nei laghi alpini. Noterò con (*) le forme nuove per
de l’Italia non annoverate nei miei precedenti lavori, o nei Cataloghi delle
Diatomee lacustri italiane del dott. Bonardi e del prof. Levi Morenos,
ivi ricordati, e dove appaiono in più, come proprie delle regioni mon -
tuose le specie qui non menzionate. Tali forme nuove sono in numero
di 32 registrate per questo lago da aggiungersi quindi a quello assai più
vistoso che ho raggiunto nello studio dei laghi alpini di questa regione.
n I laghi valtellinesi pertanto vantano complessivamente ben 434 forme
di Diatomee non ancora rinvenute negli altri laghi italiani.
Affinchè possibilmente non mi sfuggisse nessuna forma delle Alghe,
che mi sono proposto ad oggetto di studio, feci raccolta di limo in tempi
| differenti, come sopra ho indicato, ed in ogni parte delle diverse regioni
del lago. Il fondo di esso, per quanto sopra ho detto, meglio di qua-
È Li altro lago, è quasi dovunque melmoso, se eccettui la continua-
zione subacquea dei conoidi di dejezione delle due vallette della sponda
orientale, ed assai abbondante di quello strato o feltro organico (1) che,
Come morbido tappeto, riveste ed ammanta ogni elemento subacqueo,
nel quale si producono, si sviluppano, compiono le loro lotte per lesi-
tenza e muojono tutte le forme più semplici del mondo vegetale ed ani- :
male. Ogni porzione della pianeggiante superficie, ogni ciottolo, ogni fu-
Scello ed ogni pianta acquatica sono completamente rivestiti di quella
finissima patina organica o vivente.
Nella regione litorale del lago compaiono qua e là poche forme di
piante fanerogame, ma talvolta abbondantissime d’individui. Nei piccoli
seni della. sponda occidentale, e specialmente dove il lago si restringe
per formare il canale di Mezzola, incontransi pochi cespugli di Potamo-
tentrionale e specialmente nel canale che serve di comunicazione col
- aghetto di Riva, dove si osserva pure il Potamogeton natans Linn. e
Pe olaren abbondante il Ranunculus aquatilis Linn. 5 submersus.
() Feutre organique: così detto dal prof. Forel di Ginevra, che ne segnalò l im-
portanza, Vedi Zstructions pour l'étude des lacs. S. Petersbourg, 1887.
eton perfoliatus Linn. che diventa assai più copioso verso la punta ,
lineari, sicchè la barca a stento può aprirsi il varco per traghetitit
dall un all’altro lago. Il loro fusto e le loro foglie sono totalmente ri
vestite di una patina gialliccia di consistenza gelatinosa, formata dallo |
intreccio di miriadi di Diatomee solitarie ed aggregate in lunghissime file. |
Da ogni parte quindi e dal fondo del lago, a diverse profondità della E
regione litorale, e dalla finissima patina che riveste i più piccoli ele- |
menti ghiaiosi, e dallo strato gelatinoso che ricopre tutte le parti delle
fanerogame acquatiche, esportai abbondante materiale per lo studio delle - È
Diatomee.
Dalla esposizione delle specie di queste alghe che or verrò facenda
del lago di Mezzola, si scorgerà come esse superino di molto il numero
delle forme (75) registrate dal Castracane (1) per il lago di Como. Nè
perciò è da attribuirsi a questo minor dovizia diatomologica ed in ge-
nerale algologica che a quello, non essendo il nostro lago che una pic-
cola porzione del primo: ma tale apparente differenza deve solamente
attribuirsi al fatto che il chiaro diatomologo di Fano non ha potuto
estendere il suo studio che sopra un solo campione di fango inviatogli
dal Dott. Casella e da lui pescato in corrispondenza della massima pro-
4 | fondità del lago (414 m.) nell'occasione che vi fece i suoi scandagli ba-
timetrici (?).
È cosa assai notevole il non aver mai incontrato, nello
` studio del materiale raccolto nelle diverse escursioni, nessuna forma di
Dermidiee. Sarebbe necessario poter stabilire non interrotte osservazioni
| decadiche per conoscere le variazioni e ricomparse periodiche anche di
queste alghe.
Una paziente e minuta ricerca fatta in diversi tempi ed in ogni pari è
. dell’amenissimo Lario, porrebbe certamente in chiaro una straordinaria
; abbondanza di alghe e specialmente di Diatomee, accogliendo esso acq
derivanti da differenti bacini idrografici, che vi trasportano moltepli
sali di varia natura chimica ed avendo le sue
stesse sponde costitui!
Foà ire ps differenti, atte LA a dar sviluppo ai DI
1 Studio su le Diiia del lago di ce Te dell’ RSI dei Nuc
. Tomo XXXV, Anno KIKV. Maggio
i LI 0) Carta e Bernasconi, Studi orografici ni 7” di Como. Milano, Bernar=
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA © > 8&5
riati tipi di queste alghe, che dai sali disciolti nelle acque secernono
materiali per inspessire e rinforzare la loro trasparente e vitrea cin
brana a difesa della parte centrale protoplasmatica.
Spero pertanto di poter in seguito estendere le mie ricerche e gli
studi diatomologici a tutte le parti della regione litorale, pelagica ed
| abissale del lago di Como e di tutti i nostri differenti laghi insubrici,
_ fin'ora o non esplorati affatto sotto questo rapporto, o non studiati che
| parzialmente, sopra qualche campione di fango raccolto in esplorazioni
dirette ad altro fine. Col risultato di tali studi si potrà avvalorare me- x,
| glio il confronto delle specie diatomologiche che vivono in questi laghi, | "no
con quelle proprie della regione alpina, e dimostrare quante riechezze 7
> s'accolgano sulle sponde, sul fondo e sulla superficie vagante dei nostri
- laghi, per l'interesse sommo che presenta in se stessa la conoscenza di
queste alghe e per l’importanza pure massima che esse hanno nella
prima alimentazione dei pesci.
Ho seguito, per questo lago, il medesimo indirizzo di ricerche e di
: esame dei materiali raccolti, da me praticato nello studio dei laghi della.
‘regione alpina valtellinese, valendomi pur dei medesimi trattati spe- +.
| ciali (1) ed in particolar modo di quello più accreditato del Prof. H. Van 0°
3 Heurck, secondo il quale ordino le diverse specie, distinguendole nelle
tre differenti regioni.
$ I. REGIONE LITORALE
Ordo I. Rhaphideae.
Fam. I Cymbelleae
Sen I. Amphora Ehr. 1831.
Sp. l. A. ovalis Kütz.
4 Henri Van Heurck: Synopsis des Diatomées de Die pag-
59, pl. I, fig. 1. (Vedi, per la sinonimia e per « citazione di altri |
trattati, la nostra memoria sulle Diatomee dell’ N
Rasennonsr, Süssmwuser Diatomaceen. “ale 1853.
Buon: 3 Diatomées des Alpes et du Jura ete. Genève, 1880.
H. Van PIR AEN des Diatomées de rer Anvers, 1883.
6.
Non molto frequente: più comune nelle acque dell'Adda ed, n
. A. Pediculus Kiitz.
Sp. 3.
Sp 4. C. cuspidata Kütz.
5. C. leptoceras Kütz. sg
x
| PAOLO PERO
quasi tutti i laghi alpini della Valtellina.
Aut. cit. loc. cit. fig. 6-7. p,
Piuttosto rara nelle acque di Mezzola; più frequente nelle acque.
del Pian di Sondrio ed in quelle dei laghi alpini.
Gen, II. Cymbella Ag. 1830.
C. Ehrenbergii Kiitz. n
Aut. cit.” pag. 60, pl. II, fig. 2.
Alquanto rara nella parte meridionale del lago: meno rara nell
acque quasi ferme dell’ Adda vecchia e nei laghi alpini che sono
aperti nelle roccie calcaree od hanno con esse in qualche modo | y
rapporto, come il lago delle Scale, il lago del Palù, ea Casera ece.
Aut. cit. pag. 6l, pl. II, fig. 3.
Non rara, colla precedente nelle diverse acque della Valtellina
C. cuspidata var. acuta Mihi. Pur colle precedenti. Vedi la di
gnosi al lago delle Scale, nella nostra pubblicazione: / laghi al-
pini valtellinesi.
Aut. cit. pag. 62. pl. III, fig. 24.
Molto frequente in questo e nei laghi alpini della VENIM me
Specialmente nelle acque dell’ Adda.
C. leptoceras var. elongata.
Aut. cit. pl. suppl. A, fig. 2
Comune nel laghetto di Riva più che in quello di Mezzola; tre
quente nei laghi alpini; non la rinvenni nell’ Adda.
€ Anglica Lagerstedt.
Aut. cit. pl. II, fig. 4 Comune nella parte meridionale del |
di: Mezzola; più ra
ra in quello di Riva: alquanto frequente
_ laghi alpini . e nelle acque dell’ Adda.
C. cymbiformis Ehr.
Comune nei dne PE :
più rara nelle acque dell’ Adda e dei lag
alpini.
.
8. C. gastroides Kütz.
Aut. cit. pl. II, fig. 8. Comune in tutte le acque valtellinesi.
: 9. C. Cistula Hempr.
Aut. cit. pag. 64. pl. II, fig. 12.
Les ‘Assai comune nei due laghi, come nelle acque dell Adda. Al-
; si -quanto più scarsa nei laghi alpini. i
|: : C.Cistula var. maculata. Comune nel laghetto di Riva. Molto rara
Sa nei laghi alpini.
10..C. gracilis Ehr.
Brun: Diatomées des Alpes etc., pag. 52, pl. III, fig. 1. Rara
nel lago di Mezzola: più frequente in qualche lago alpino. .
ia 1 C. gracilis var. laevis Kütz.
H. Van Heurck: op. cit., pl. III, fig. 1.
Più comune della precedente in tutte le acque valtellinesi.
1l. C. tumida Bréb.
Aut. cit. pag. 64. pk H, fig. 10. Rara cel canale che unisce i
due laghi ed in qualche lago alpino. Meno rara nelle acque del- ï
l Adda al Ponte d’ Albosaggia.
_: 12. C. undulata Mihi. Vedi la diagnosi nei Laghi fe valtellinesi;
num. 22 il Lago del Palù, sp. 15. Rara nel lago di Mezzola
presso il golfo di Campo, edẹin qualche altro lago alpino. i
SC. lanceolata Ehr. ;
H. Van Heurck: op: cit. pl. II, fg. T: Comune in questo ed in
molti laghi alpini. 2
Gen. III. nni Kiitz. 1833.
li E. lai Kütz.
| Aut, cit. pag. 65, pl. suppl, fig. 3.
i _ Assai. comune nei due laghi; abbonda in tutte le ogne del
i | thalweg dell’ Adda e nei laghi alpini. >
15. E. ventricosum Kütz. `
Aut. cit. pag. 66. pl. III, fig. 17.
Comune mon sulle piante tale à le , quali crescono i
Lia | _ nel canale che a due “gti nelle acque poco scorrenti
x pian di Sondrio e dell’ Adda vecchia. Abbonda pure in quasi Vea
i laghi alpini della Valtellina.
Sp. 16. E. gracile (Ehr.) Rab.
Aut. cit. pl. III, fig. 20. Raro. Poco frequente ‘anche i in dutch
lago alpino.
Fam. II Naviculeae.
Gen. IV. Stauroneis Ehr. 1843.
"Sp: 17 Sé. Phaenicenteron Er. |
Aut. cit. pag. 67, pl. IV, fig. 2. ‘Da
Raro in pochi luoghi del lago, come è pure raro nelle acque del-
l’Adda. Frequente invece in quasi tutti i laghi alpini da me stu-
diati.
18. St. lanceolata Ehr.
Aut. cit. pl. H, fig. 8.
Poco frequente in questo e nei laghi alpini.
Manca nelle aeque dell Adda.
19. St. anceps Ehr.
Aut. cit. pag. 87, pl. IX, dig. 1.
Frequente in tutte le parti esplorate della regione little à
| due laghi; in tutte le acque del piano dell Adda ed in quasi tutt
i laghi alpini,
: St. anceps var. linearis. i
“Aut, cit. loc. cit., fig. 8
LE tu
teen quasi sempre la onmia precedente.
St. anceps var. elliptica Brun.
Brun. op. cit. pag. 89, pl. IX, he }.
* Raro in questo come nei Meli alpini.
a St. dilatata W. Sm
Ant. cit. pag. 90, pl. IX, fig. 9.
- Assai rara nelle diverse acque valtellinesi.
na 21. St. platystoma Ehr. |
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA 89
Aut. cit. pag. 90, pl. IX, fig. 3.
Poco frequente sia nelle acque del piano che in quelle dei laghi
alpini.
Gen. V. Mastogloia Thwaites, 1848.
. M. lanceolata Thwaites.
H. Van Heurck: Syn. pag. 70, pl. IV, fig. 15.
Non frequente in alcuni punti della sponda destra del lago. Fre-
quente nelle acque dell’Adda al ponte di Fusine ed in qualche
lago alpino.
Gen. VI. Navicula Bory, 1822.
N. nobilis Ehr.
Aut. cit. pag. 73, pl. V, fig. 2.
Rara nel lago di Mezzola, nell’Adda ed in pochi laghi alpini.
a major Kütz.
Aut. cit. loc. cit. fig. 3, 4.
Rara. Più frequente nell’Adda che nei laghi alpini.
N. viridis Kiitz.
Aut. cit. loc. cit., fig. 5.
Rinvenni alquanto rara questa specie nei molti saggi di melma |
trasportati da questo lago. Essa è molto più frequente nelle acque
dell’ Adda ed in quasi tutti i laghi alpini.
N. viridis var. commutata Kiitz.
Aut. cit. loc. cit., fig. 6. x
Generalmente meno comune della specie precedente aee
sempre associata.
N. viridis var. accuminata W. Sm. ie
Brun: Diat. pag. 84, pl. VIII, fig. 6. Fes
Colle forme precedenti, ma molto più rara.
26. N. borealis Ehr.
- H. Van Heurck: Syn. etc. pag. 76, pl. VI, fig. 3.
*
..
.
27.
28.
2:
30. N. mesolepta Ehr.
Assai rara nelle acque dei due laghi. Comune invece delle acque
31.
_ Assai comune in ogni saggio di limo esaminato e specialment
n Aut, cit. loc. cit, fig. 19.
32. ` N. viridula Kütz.
Poco frequente. Rara nelle acque dell’ Adda. Manca gene
PAOLO PERO
Rara in questo come in quasi tutti i laghi alpini. È pure sparsa |
in quasi tutte le acque dell’ Adda, ma non mai in grande quantità.
N. sublinearis Grun.
Aut. cit. pag. 76, pl. VI, fig. 25. i
Rara. Non la rinvenni nelle acque dell’ Adda: più kegin il 4
nei laghi alpini.
N. Brebissonii Kütz.
Aut. cit. pag. 77, pl. V, fig. 7.
Rara. Poco frequente nei laghi alpini dove accompagna “ee
la N. viridis Kütz.
N. Brebissonii var. diminuta.
Aut. cit. loc. cit., fig. 8.
Sparsa come la precedente, colla quale va costantemente unita.
N. bicapitata Lagerstedt.
Aut. cit., pl. XI, fig. 14.
Rara nel laghetto di Riva ed alquanto frequente in paroli
laghi alpini. Non comune nell’ Adda.
dell'Adda ed in quelle dei laghi alpini.
N. radiosa Kütz.
Aut. cit. pag. 83, pl. VII, fig. 20.
nella patina gelatinosa che riveste le foglie delle fanerogame
acquatiche. Copiosa pure in molti laghi alpini e socialo ME
nelle acque dell’ Adda.
N. radiosa var. acuta.
Colla precedente, ma meno abbondante.
Aut. cit. pag. 84, pl. VII, fig. 25.
mente nei laghi alpini. La rinvenni una sol volta, nella sua
varietà Slesvincensis, al lago Stelù (2587 m. s. m.).
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA 91
33. N. rhynchocephala Kütz.
Aut. cit. loc. cit., fig. 31.
Rara. Comune nell Adda, poco frequente anche nei laghi alpini.
34. N. rostellata Kütz.
Aut, cit. loc. cit., fig. 23 rara; fig. 24, forma major, più comune.
Poco sparsa nei laghi: la rinvenni solo nel “a d’ Emet. (2143
m.s. m).
35. N. cryptocephala Kütz.
Aut. cit. pag. cit. pl. VIII, fig. 1.
Comune specialmente nel laghetto di Riva, nelle acque del-
l’ Adda. Frequente pure in molti laghi.
=: 1: N. cryptocephala var. intermedia.
Aut. cit. loc. cit., fig. 10.
Molto sparsa in tutta la regione litorale del lago di Mezzola.
Comune nelle acque paludose dell’ Adda, meno abbondante nei
laghi alpini.
36. N. humilis Donk.
Aut. cit. pag. 86, pl. XI, fig. 23.
Rara in questi due come nei laghi alpini. ANO più fre-
quente nell’ Adda.
: 37. N. Reinhardti Grün.
~ Aut. cit. pag. 86, pl. VII, fig. 5 e fig. 6.
Più comune la prima forma della seconda. Molto sparsa nel-
l Adda, assai rara nei laghi alpini, avendola rinvenuta sola-
i mente nel lago Scuro di Val Grosina (2554 m. s. m.).
_: 88.° N. Gastrum (Ebr.) Donk.
Aut. cit. pag. 87, pl. VIII, fig. 25.
Non comune nel laghetto di Riva. Non la rinvenni nell' Adda
6 nei laghi alpini.
à
o
;
4
CORR
Gastrum forma minor.
Aut. cit. loc. cit., fig. 27..
Poco frequente nel canale che unisce i due laghi; manca pure
nell’ Adda ed è rara in qualche lago alpino.
Gastrum var. exigua Greg.
è
.
…
| 1 N. elliptica var. oblongella.
ei elliptica var. minutissima.
3 úu We Tuseula Ebr.
d’Adda e nel lago Venere 2384 m.
39. N. dicephala W. Sm.
Aut. cit. pag. 87, a VIII, fig. 34.
nell’ Adda vecchia presso S. Pietro.
40. * N. digitoradiata Greg.
Aut, cit. loc. cit., pl. VII, fig. 4.
Rara. Non mai rinvenuta nelle altre segue della Valtellina:
N. lanceolata Kütz.
Aut. cit. pag. 88, pl. VIII, fig. 16.
Non comune; la rinvenni pure in qualche località dell’ Adda ed
in parecchi laghi alpini. |
42. * N. oculata Bréb.
Au cit. pag. 92, pl. IX, fig. 10. =
Rara. Nuova per la florula diatomologica valtellinese.
43. N. elliptica Kütz.
Aut, cit. loc. cit., pl. X, fig. 10.
Comune in quasi tutte le acque della Valtellina
| lago molto abbondante.
41,
ed in quale
Aut, cit. loc. cit., fig. 12.
Pur comune e quasi sempre colla precedente.
Aut. cit. loc. cit., fig. H
Più rara, ma pur sempre. colle due forme precedenti.
Aui cit, pag. 95, pl. X, fig. 4
| Piuttosto. rara nella pata meridionale dol lago. Trovasi
nel’ Adda e nei. pochi laghi.
menti calcarei. |
TS
STUDIO DELLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA 93
Aut. cit. pag. 98, pl. XI, fig. 14.
Rara. La rinvenni solo altra volta nel lago Bianco di Tujana A
(2841 m. s. m.).
N. cuspidata Kütz. &
Aut. cit. pag. 100, pl. XII, fig. 4. | D
Alquanto frequente nel canale che unisce i due laghi. Trovasi |
pure nelle acque paludose del pian di Sondrio e dell’ Adda vec- a
chia. La rinvenni una sola volta nel lago Nero di Val Belviso so:
(2020 m. s. m.). |
. N. ambigua Ehr.
Aut. cit. pag. 100, pl. XII, fig. 5.
Poco frequente nel canale paludoso che unisce i due laghi, in
condizioni quindi molto simili a quelle del pian di Sondrio déve
la rinvenni già altra volta. Manca nei laghi alpini.
* N. spherophora Kiitz.
Aut. cit. pag. 101, pl. cit., fig. 2.
Non comune ed associata sempre alla forma mesio.
N. serians Bréb.
Aut. cit. loc. cit., fig. 7.
Più rara e colle precendenti.
N. exilis Grün.
Aùt. cit, pag. cit., pl. cit, fig. 12.
Comune nel lago di Mezzola, in molte konia del pian dell’ Y Adda à
ed in parecchi laghi alpini.
N. limosa Kiitz.
Aut. cit. pag. 103, pl. XII, fig. 18. J
Non comune. Più frequente in molte località del pian dE Son- :
drio ed in quasi tutti i luoghi da me esplorati. o
N. limosa var. Silicula. : È;
| Aut. cit, loc. cit., he. 2. È
Non comune. La rinvenni più fig ete in altre località à del-
a Adda; più raramente nei laghi alpini. à “à a à
N. Limosa var. undulata. où
2 Ank cit. loc. cit fig. 22.
k
&
È
>
S
- N. Bacillum Ehr.
dell’Adda e assai scarsa nei laghi.
| PAOLO PERO
Come la forma precedenté.
N. limosa var. subinflata. ss
Più frequente e pur colle forme precedenti, ma più rara nei
laghi alpini.
N. ventricosa (Ehr.) Donk.
Aut. cit. loc. cit., fig. 24, =
Comune nei due laghi; abbondante nell’ Adda e scarsa nei laghi È
alpini. 3
Iridis Ehr.
Aut. cit. pag. 103, pl. XIII, fig. 1. i
Non comune. Forma sparsa in molti laghi, ma sempre in poc
quantità.
N. Iridis var. amphigomphus.
Alquanto più frequente della precedente e con essa sempre ac-
compagnata. È
Iridis var. dubia Ehr.,
Colle precedenti, ma più rara.
Aut. cit. pag. 105, pl. XIII, fig. 8.
Non comune. Scarsa per la copia degli individui, ma presen
in molti laghi.
N. bacilliformis Grun.
Aut. cit. pag. 106, pl. cit. fig. 11.
Non comune nel laghetto di Riva. Assai rara sia nelle aeq
del piano dell’ Adda, sia nei laghi alpini.
N. exilissima Grun.
Aut. cit. pag. 108, pl. XIV, fig. 30.
Rara. La rinvenni nel solo lago della Casera a 1962 m. s. m.
N. levissima (Kütz.) Grun. |
Aut. cit., pl. XII, fig. 13.
Piuttosto comune specialmente nel laghetto. Rara nelle acq
N: amphirhynchus Ehr.,
Aut. cit. pl. XIT, fig. 5.
STUDIO DELLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA © 95
Poco frequente; più comune in molte località dell'Adda. Rara
in qualche lago alpino.
V. amphirhynchus var. acuminata Mihi. Vedi la diagnosi nel
mio lavoro citato: I laghi alpini valtellinesi, al lago del Palù.
nel quale la rinvenni la prima volta. Rara.
=: 59. * N. menisculus Schum.
Aut. cit. pl. VIII, fig. 23, 24.
Piuttosto frequente. Non la rinvenni mai nei laghi.
60. N. parva (Ehr.).
Aut. cit. pl. VI, fig. 6.
Rara. La sola forma del suo gruppo, presente in questo lago;
mentre le altre abbondano nei laghi alpini e specialmente in
quelli dalle roccie granitiche.
61. N. pumila Grun. (Nav. veneta).
Aut. cit. pl. VIII, fig. 6.
Rara sia in questo come in qualche lago alpino.
62 * N. patula W. Sm. (Nav. latiuscula Kütz).
Brun Diat. pag. 73, PI. VII, fig. 37.
Rara e nuova per la florula algologica valtellinese.
: 63. N. subcohaerens Thw.
Brun: Diat. pag. 81, pl. VIII, fig. 19.
x Non comnne, La rinvenni pure assai rara nel solo lago del
i Ballone a 2322 m. s. m.
: 64. N. Termes var. stauroneiformis Ehr.
an H. V. Heurck: Sym pl. XII, fig. 13.
À Comune in questo e nei laghi alpini. Abbonda pure nelle acque
dell’ Adda.
Gen. VII. Vanheurckia Brèb. 1868.
Sp. 65. T. vulgaris (Thwaites) H. Van Heurck.
«Aut. cit. pag. 112, pl. XVII, fig. 6.
Poco frequente nelle parti torbose del laghetto di Riva e ail
canale che gli serve da emissario. Rara nei laghi alpini, nei
Tk, è piuttosto comune là Facia rhomboides var. cr
sinervia Bréb.
- Gem. VIII. Amphipleura Kütz. 1844.
I Sp. 66. A. pellucida Kütz.
Aut, cit. pag. 113, pl. XVII, fig. 14, 15.
Rara assai. Alquanto frequente la rinvenni in alcuni luo;
(S. Bernardino) e dal De Toni in quello d’ Arquà -Petrarca.
Gen. IX. Pleurorigma W. Sm. 1853.
i Sp. 67. Pi Kützingü Grun,
etto Aut. cit. pag. 118, pl. XXI, fig. 14.
Raro. Lo rinvenni solamente nel lago di Aequaftaggia Altre
specie di questo genere sono comuni nelle acque dell’ Adda..
| Fam. III Gomphonemeae.
9 Gen. X a: Ag. 1824.
Sp. 68. G. constrictum Ebr.
; Aut. cit, pag. 123, pl. XXIII, fig. 6.
. Comune in questo, in molti laghi alpini e nell’ Adda.
: G. constrictum var. subcapitatum Ebr.
Raro. Poco frequente nelle acque paludose dell’ Adda ed
| qualche lago alpino. ua À
E constrictum ` var. dia:
| Trovasi col precedente, ma più raro.
6, ü. acuminatum Ew o
Aut. cit. pag. 124, pl XXIII, fe 16.
— Comune. Abbonda | pure i in molti laghi e nelle acque der
e D ` acuminatum var. Clavus. ;
Aut. cit. Le. che fig. 20.
Col precedente, ma più raro.
G. acuminatum var. Brebissonti.
Sparso colle forme precedenti nelle diverse acque valtellinesi e
non raro.
G. acuminatum var. ongari
Aut. cit. pl. cit, fig. 22.
Raro. Non lo rinvenni mai nell’ Adda. Poco frequente nei laghi.
* G. acumitum var. pusilla.
Aut. cit. pl. cit., fig. 19.
Rara e nuova per le acque della Valtellina.
70. G. montanum var. subclavatum. TA
Aut. cit. loc. cit., fig. 42. 3 Sao
| Comune. Lo tres pure in molti luoghi dell’ Adda ed in à pa-
recchi laghi alpini.
ts 1. G. parvulum Kütz.
Aut. cit. pag. 125, pl. XXV, fig. 9.
Comune pure come il precedente.
* G. parvulum var. lanceolata
Aut. cit. loc. cit., fig. 10.
-gica aie
G. parvulum var. subcapitata.
Aut. cit, loc. cit., fig. 10.
Pur non rara come la forma precedente.
TI 0. intricatum Kütz.
akir at loe, cit, fig: 28 (
Frequente nelle diverse acque da me esplorate. |
G- intricatum var. nan. a
UN a se ARRE A PAOLO PERO s:
von * Gi oltvaceum var. Fabri Kütz.
Aut. cit. loc. cit., fig. 27-a.
Raro. Nuovo per la diatomologia valtellinese.
: 74, G. gracile var. forma parva.
Aut. cit. loc. cit., fig. 24.
Raro. Lo rinvenni altra volta nel solo lago di Val Viola Bo
mina (2281 m. s. m) e nel lago d’Emet. (2143. m.). |
: G. gracile var. dichotomum W. Sm. k
Pure raro. Venne già registrato per il lago di Cornacchia (19;
e per il lago di Pescegallo (1043 m.).
1:20." G: Vibrio RiT:
Aut. cit. loc. cit., fig. 26.
Rara assai e nuova per le Diatomee valtellinesi.
Fam. IV. Achnantheae.
Gen. XI. Achnanthes (Kùtz.) Grun. 1880.
— Sp. 76. A. microcephala Kütz.
ce Aut. cit. pag. 131, pl. XXVII, fig. 20-21.
Comune assai in ogni parte di questi due laghi, nelle acque del
P Adda e di quasi tutti i laghi alpini.
_ Sp. 77. A. minutissima. Kütz.
x Aut. cit. loc. cit., fig. 37, 38.
Come la precedente.
ar minutissima var. cryptocephala
Aut, cit. loc. cit., fig. 41, 42.
Non frequente. La rinvenni in scarsa quantità ‘nel go >
-~ di Val Servizio (2417 m.). i» x
: 78. A. lanceolata Bréb.
~ “Ant cit. loc. cit, fie. 8, 11.
Non ro Più SARI: assai nelle o dell’ Adda i
Us on
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA
Fam. V. Cocconeideae. i
Gen. XII. Cocconeis (Ehr. 1835) Grun. 1868.
i . C. Pediculus Ehr.
Si Aut. cit. pag. 133, pl. 30, fig. 28, 30.
Ia Poco frequente. Assai comune nelle acque poco scorrenti del pian
di Sondrio e raro in qualche lago alpino relativamente poco
re elevato.
i; Lago di S. Stefano (1832 m.), lago Venina (1734 m.).
=: 80. C. Placentula Ehr.
Aut. cit. loc. cit., fig. 26.
Come il precedente. Raro pure in altri laghi meno elevati. Lago
della Casera (1962. m.) e Pescegallo (1855 m.).
Ordo II. Speudorhaphidene.
Fam. VI. Fragilarieae +
Gen. XIII. Epithemia Bréb. 1838.
. E. gibba Kiitz.
Aut. cit. pag. 139. pl. 32, fig. 1, 2.
Piuttosto frequente in ogni parte della regione litorale del lago.
e specialmente sulle piante acquatiche.
Frequente con altre specie di questo genere in quei laghi alpini
che hanno rapporto con roccie calcaree. Più rara nell’ Adda.
E. gibba var. ventricosa Grun.
Alquanto più comune della specie precedente e con essa sempre
associata. ‘Non la rinvenni mai nelle acque dell’ Adda, ma la
registrai per qualche lago alpino.
E. Argus Kiitz.
Aut.- cit. pag. cit. pl. 31, fig. 15, 18.
Alquanto più rara delle precedenti e con esse mescolata. Rara
nell’Adda ed in qualche lago alpino, per le ragioni preceden”
temente esposte.
1 88% E. \Wesernanai Fe Kütz.
Aut. cit. loc. cit., fig. 8.
Rara e nuova per le acque valtellinesi.
: 84. E. Zebra (Ehr.) Kütz.
Aut. cit. loc. cit., fig. 9. |
Rara. Riscontrasi pure in qualche lago alpino e scarsame
nell’ Adda.
«| Gen. XIV. Eunotia Ehr. 1837.
85. E. Arcus Ehr.
Aut. cit. pag. 141, pl. 34, fig. 2.
Rara assai. Molto frequente invece con altre specie di q
genere in molti laghi alpini.
Hat 18 Arcus var. minor Grun.
i Aut. cit. loc. cit., fig. 3.
Alquanto più comune della precedente, sia in questo che nei
n alpini.
i a E. Arcus var. hybrida Grun.
M | i Assai rara e scarsa nei laghi alpini.
| 1 86. E. pectinalis var. minor co Rabenh.
: Aut. cit. loe. cit., fig. 20, 2
-Colle forme precedenti. A comune.
“87 E, praerupta var. bigibba.
‘Aut. cit. loc. cit. pl. 34, fig. 26. di
| Alquanto più rara delle forme precedenti, sia in a che
gl spie a
LEE
$
RE
_ Gen. Xx V. >» s
pneis Bhe. 1840.
at at pag. 148, pl 87, fg 7. a Li
‘Non molto frequente. Comune assai nei torrenti e nei lag!
tni, ed abbondante i in tutte le gii del pian di Sondri
STUDIO SULLE >
Gen. XVI. Synedra Ehr. 1840. 1
89. S. Ulna Nitzsch.
Aut. cit. pag. 150, pl. 38, fig. 7.
Assai frequente. Meno comune nelle acque dell’ Adda e nei
laghi alpini.
S. Ulna var. longissima W. Sm
Aut. cit. loc, cit., fig. 3.
Comune specialmente sulle minia acquatiche. Riscontrasi pur
_non rara nei laghi alpini e nelle acque dell’ Adda. È
S. Ulna var. Danica.
Aut. cit. loc. cit., fig. 14.
Non frequente. La rinvenni pure in qualche lago na:
S. Ulna var. bicurvata (Biene) Grun.
Aut. cit. loc. cit., fig. 8. 7
Rara sulle piante acquatiche. La rinvenni solo altra volta nel
lago Caldera (2438 m.).
Sp 90. S. Arcus (Kütz.) Grun. i
‘Aut, cit. pag. 151, pl. 39, fig. 4. 3
Comune assai. Frequente nel pian di Sondrio e non raramente- ;
la rinvenni in qualche lago della regione alpina. a
se S. delicatissima Grun. .
‘Aut. cit, loc. cit., fig. 7.
Comune in questo ed in molti laghi alpini.
S. delicatissima var. angustissima Grun.
Aut. cit. loc. cit., fig. 10. ;
-Comune specialmente nel bedi di Riva. La nnram jo fro-
-quente : nel lago” Venina (1758 m.). ; ea
Š delicatissima var. amphicephala. STE +
Aut. cit. loc. cit., fig. 8.
‘comune della procedente e sparsa nel lago di INS. =
venni mai nei aies e nelle acque dell” Adda. | su
et:
102 PAOLO PERO
92* S. Crotonensis = Fragilaria Crotonensis (A. M. E dwars) Kit
Comune ma non mai rinvenuta nelle altre acque valtellinesi. 3
S. Crotonensis var. prolongata Grun.
Aut. cit., pl. 40, fig. 11.
Comune assai in ogni parte di questo lago. La rinvenni p
nelle acque poco scorrevoli del pian di Sondrio.
93. S. capitata Ehr.
Aut. cit., pag. 152, pl. 38, fig. 1.
Frequente in special modo sulle piante acquatiche. La rinve
in pochi laghi alpini e rara nelle acque dell'Adda.
S. commutata var. septentrionalis Grun.
Aut, cit. pl. 40, fig. 5.
Assai frequente nel lago di Mezzola, manca nel laghetto di Riva.
Frequente nell’ Adda e non rara nel lago delle Scale di Fri
: 95. S. Vaucheriae var. parvula Kütz. |
Aut. cit. pag. 150, pl. 40, fig. 22. 1
Comune. Non la rinvenni nell’Adda e raramente nei laghi alpi ;
: : S. Vaucheriae var. capitellata Grun.
Aut. cit. loc. cit., fig. 26.
Come la precedente.
96* S. rumpens var. familiaris Kütz. forma parva.
Aut. cit. loc. cit., fig, 15.
Comune; poco frequente invece nell’Adda e manca nei laghi
sg nei quali rinvenni solo la forma tipica. Vedi il lago |
S. Stefano (1832 m.).
e,
be
Gen. XVII. Fragilaria Lyngbye 1819.
Sp. 97. F. capucina Desmaz.
Aut. cit., pag. 156, pl. 45, fig. 2.
Comune assai più che nei pochi laghi alpini in cui la rinvel
a a capeta var. constricta. Brun: Diatom: pag. 125, pl
fig. 1. B.
Comune. Manca nei laghi alpini,
99.
: 100. F. intermedia Grun.
: 102. * F. hyalina (Kütz.) Grun. ; >;
E Sp. 98. F. mutabilis (W. Sm.) Grun.
: 101. * F. parasitica W. Sm. var. subconstricta Grun.
Sp. 103. D. tenuis Kütz.
~ nei quali la rinvenni talvolta in grandissima quantità,
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA © 103-
H. Van Heurck: Syn. pag. 157, pl. 45, fig. 12. ; T
Comune in questo, nei laghi alpini e nelle acque dell’ Adda. |
F. mutabilis var. elliptica — forma minor.
Aut. cit. loc. cit., fig. 16.
Comune in questo lago e nelle acque del pian di Sondrio; rara
in quache lago alpino.
F. bidens Heiberg; forma minor.
Aut. cit. pl. cit., fig. 7. i,
Comune e pur non rara in parecchi laghi alpini.
Aut. cit., loc. cit, fig. 11. A.
Non rara. La rinvenni solo altra volta nel lago di Cornacchia
(1957 m.). i a
Aut. cit. loc. cit., fig. 29. Fi
Rara e forma nuova per la diatomologia valtellinese. Nel lago —
Brodec (2567 m.). rinvenni pochi individui della specie tipica. i 7
Aut. cit. pl. 44, fig. 15.
Non molto frequente. La rinvenni pure nei fossi scolatori de,
pian di Sondrio.
Gen. XVIII. Denticula Kütz. 1844.
Aut. cit., pag. 159, pl. 49, fig. 30. "i
Piuttosto comune nelle parti più sabbiose della regione litorale
del lago. Abbonda nelle acque dell’ Adda, in molti laghi alpini,
così di
costituire la forma predominante in tutte le altre.
D. tenuis var. frigida.
Colla precedente ed in qualche lago alpino pur ‘molto abbondante.
Gen. XIX. Diatoma DC. 1805.
sp 104. D. buigare Bory.
Aut. cit., pag. 160, pl. 50, fig.
di Sondrio e non raro in parecchi laghi alpini.
: 105* D. elongatum Ag.
Aut cit., loc. cit., fig. 18.
r Comune assai. Non lo rinvenni mai nellé acque dell’ Adda e dei
treno ` laghi alpini.
RU D. elongatum var. hybrida Grun.
Aut. cit. loc. cit., fig. 11.
Come il precedente.
D. anceps (Ehr.) Grun.
Aut. cit., pag. 161, pl. 51, fig. 5.
Pur comune e talor presente negli alti laghi alpini. Abbonda noi
fossi del pian di Sondrio sulle piante acquatiche. |
D. hiemale var. mesodon Heib.
Aut. cit. loc. cit., fig. 34.
Raro. Assai comune invece in molti laghi alpini.
D. Ehrenbergü. Kütz. forma normale.
Brun: Diat. des Alpes, ete., pag. 117, pl. IV, fig. 18.
Comune. Poco ipa negli altri laghi valtellinesi.
Gen. XX. Meridion i 1824.
Sp. 109. M cireulare Mi STI
Aut. cit., pag. 161, pl 51, ig 10, 11.
Non frequente. Più comune. in parecchi laghi alpini « ol
nelle adria cant sprint del FE di pero:
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI ©
t È ART
3 Gen. XXI, Tabellaria Ehr. 1839. ; A
Sp. 110. T. flocculosa (Roth) Kiitz.
i Aut. cit., pag. 162, pl. 52, fig. 12.
Comune nelle parti più paludose del lago e specialmente del la-
ghetto. La rinvenni pure in quasi tutti i laghi alpini ed inquan-
tità straordinaria nel lago di Pescegallo (1855 m.).
Gen. XXII. Cymatopleura W. Sm. 1855.
Sp. 111. C. elliptica (Bréb.) W. hn. : À È
©: ‘Ant. cit, pag. 160, pl. 55, fig. ha: prg es
Piuttosto rara. È una forma che abbonda piuttosto in parecchi
laghi alpini.
Gen. XXIII Hantzschia Grun. 1877.
Sp.112. H. amphioxys (Ebr.) Grun.
Aut. cit., pag. 56, fig. 1, 2. o
Rara in questo ed in qualche lago alpino.
Gen. XXIV Niteroi (Er W, Sm) Grun.
8. * N. Trybionella Hantik var. maxima Grun. Ma
Aut. cit., pag. 171, pl. 57, fig. 11. SS
Rara nel canale che unisce i due laghi. La rinvenni alquanto
| più frequente nel fosso di S. Pietro. Specie propria. delle acque
n° Aa del piano; manca nei laghi alpini, nei TEK sono Rene
| presenti altre forme affini. 7
SN circumsuta (Bailey) Grun. ( Surirella cireumenta Bailey: È
: Tryblionella Seutellum W. Sm,)
na Non la rinvenni mai nelle altre acque e valtellinesi.
7. obtusa var. brevissima Grun.
sa 116.
CE
dn
nd
2120,
PAOLO PERO
Aut. cit., pag. 180, pl. 67, fig. 4.
Rara. La rinvenni pure nelle acque dell'Adda e nel lago, d
S. Stefano.
* N. spatulata Bréb var. hyalina Greg.
Aut. cit., pag. 177, pl. 62, fig. 9.
Benchè il Dott. H. Van Heurck indichi questa specie come m
rina, la si deve ascrivere pure alle acque dolci, avendola io rin-
venuta, e non tanto rara, in questo lago. :
. N. recta Hantzsch.
Aut. cit., pag. 182, pl. 67, fig. 17.
Rara. Alquanto più frequente nell’ Adda ed in qualche lago al
pino, come in quello d’ Emet e d’ Angeloga.
N. subtilis Grun var. paleacea Grun.
Aut. cit., pag. 183, pl. 68, fig. 9, A.
Comune nei due laghi di Mezzola ed in parecchi laghi alpin
N. Palea (Kütz.) W. Sm.
Aut. cit. loc. cit., fig. 22.
Comune assai in tutte le acque valtellinesi. | +
N. Palea var. debilis Grun. _ pi
Aut. cit. loc. cit., fig. 29. |
Come la precedente.
N. gracilis Hantzsch.
Aut. loc. cit., fig. 11.
Comune nei due laghi. Più rara la incontrai nel lago Nero
Val Servizio e nel lago Caldera.
È N: marginulata G run. forma parva.
Aut. cit. pl. 58, fig. 15.
Rara e nuova per la forula valtellinese.
AN marginulata var. didyma Grun.
Aut. cit. pl. cit., fig. 14.
Più comune. della precedente e sparsa in molti luoghi del
dell’ Adda. Non la rinvenni mai nei laghi.
. N. fonticola Grun.
Aut. cit. pl. 69, fig. 17. à
Non tanto comune in dar e nei laghi montani della Valtel
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA
123. N. Frustulum (Kütz.) Grun.
Aut, cit. pag. 184, pl. 68, fig. 28.
Sparsa come la forma precedente, ma più rara.
N. Frustulum var. tenella Grun. cali
Aut. cit. loc. cit., fig. 30. A
Assai rara in confronto delle forme d'oca
124, * N. Heufleriana Grun. i sl
Aut. cit. loc. cit., fig. 13. i
; Rara e nuova per la diatomologia valtellinese.
: 125. * N. Kutzingiana var. exilis Grun.
Aut. cit. loc. cit., fig. 27. ; ;
Come la precedente.
Gen. XXV Surirella Turpin 1827.
È Sp. 126. S. biseriata Bréb.
Aut. cit, pag. 186, pl. 72, fig. 1. SE
Comune nelle acque dei due laghi, in quelle dell'Adda e dei
laghi alpini.
: S. biseriata var. linearis W. Sm.
Brun. Diat. pag. 99, pl. II, fig. 9.
Comune. Abbonda nell’ Adda ed una volta soltanto la rinvenni
_ nel lago d’ Angeloga.
ty) 8, robusta Ebr. /
| H. Van Heurck: op. de pag. 187, pl. 1, fig. 1, g
Specie assai comune. Sparsa in molte località ae J Adda où
À in quasi tutti È laghi Hmi, Pa
- . splendida Enti o n ta si
o pi loc. it La t ne Fo
es fa 108 sa È i È : à RER PAOLO PERO
Rara. Non comune nell Adda vecchia e rara in quivi lago
alpino. i ‘A
l : 130. S. Helvetica Brun.
a Brun: Diat. pag. 100, pl. IX, fig. 28.
En | Piuttosto frequente in tutte le acque valtellinesi da me esplorat
Gen. XXVI. Campylodiscus Ehr. 1841.
‘Spe 131.0. Norias Ehr.
H. Van Heurck: op. cit., pag. 190, pl. 77, fig. 4-6.
Raro. Lo rinvenni abbastanza frequente in qualche località dol
l Adda, e solo una volta col C. Hibernicus nel lago d’ Emet.
Ordo IIE Pea D
` Fam. VI Melosireae.
Gen. XXVII Melosira Agardh 1827.
Sp. 132. M. varians Ag. a
Aut. cit., pag. 108, pl. 85, fig. 10-11.
Non frequente. Più comune nelle acque dell’ Adda e di qualch
lago alpino. ;
Fam. VII Coscinodineae. di
Gen. XX vIn Cyclotella Kütz. 1833.
Sp. 138. c. épée Rote.
3 Aut. cit. ; pag. fa hi 9, fig. 22.
just {at le acque della Valtellina.
34. C. comta var. radiosa Grun.
Aut. cit., pag. 94, fig. bei
= Pur comune e colla precedente. er
135. 6. Kutzingiana Chauvin.
Aut. cit., loc. cit., fig. 14.
È Come la specie precedente e con essa mescolata, ma meno spo |
a nei dai sin
$ II. REGIONE PROFONDA.
Per la pesca del limo nel fondo del lago calavo un pesante bidon
| Forel, in diversi punti di esso e specialmente in corrispondenza della
profondità massima, e trascinatolo per lunghi tratti di questa regione
ne esportavo una melma gialliccia se pescavo sul versante di nord ed
alquanto bianchiccia, se facevo le mie esplorazioni sul versante del mez-
zogiorno. i
Dal limo finissimo ho potuto isolare e determinare le seguenti spay | |
> di Diatomee: à
1. Amphora Fediculus (Kütz.) Grun.
_ 2. Cymbella affinis Kütz.
3 Tee leptoceras Kütz.
Fr, € subaequalis Grun.
5. C. cymbiformis var. parva W. Sm.
6. C. obtusa Greg. sica a
7 Encyonema ventricosum Kütz.
W Lo E. . gracile Rab.
2 Stauroneis anceps Ehr.
È Navicula borealis Ehr.
cN. Brebissonii var. diminuta Grus.
amphirhynchus var. accuminata Mint: à
| bacilliformis Gran:
humilis Donk. a
_cryptocephala Kütz. ~
laevissima (Kütz). Grun = > Per tas
limosa Kütz. 1 sa à
| elliptica var. oblongella une pie :
sen minutissima Fok > Lot Cala
| Reinhardtii Gran. | È a Cas
| radiosa Kütz x ia si n:
rostellata Kùtz, tatoo
$
sa
HOT. PAOLO PERO
23. N. Iridis var. amphigomphus Ehr.
24. N. pusilla W. Sm.
25. Gomphonema acuminatum Ehr.
26. Ta » forma haud constricta W. Sm.
27: G. parvulum Kütz.
28. G olivaceum var. subramosum (Kütz.) C. Ag.
29. G. montanum var. subclavatum Grun.
30. G. intricatum var. pumila Grun.
31. G. » var. pulvinata Grun.
32. si angustatum var. angustissima Kutz.
33. Pleurosigma Kützingii Grun. forma minor.
34. Achnanthes minutissima Kiitz.
» eailis Kiitz.
35. * Epithemia Zebra (Ehr). Kütz. forma minor.
36. Eunotia Arcus var. hybrida Grun.
| 37. Cocconeis Pediculus Ehr.
38. Ceratoneis Arcus Kütz.
39. Synedra (Fragilaria) Crotonensis var. prolungata Grun.
| 40. *S. Acus var. acula Kütz.
La LIZA, S; delicatissima W. Sm.
i 42. S. delicatissima f. brevis,
44. S. Ulna (Nitzsch) Ehr.
45. S. Ulna var. amphirhynchus Ehr.
46. ` Diatoma tenue var. elongata Lyngb.
: fig. 17).
48. Denticula tenuis Kütz.
49. Nitzschia fonticola Grun.
debilis (Arn.) Grun.
Palea var. tenuirostris Grun.
subtilis (Kiitz.) Grun.
linearis var. tenuis (W. Sm.) Grun.
x DI Surirella minuta Bréb.
a a
43. S. tenuis var. subtilis Kütz. (Brun: Diat. p. 125, pl. V, E mo
47. "D. Erhenbergü var. grande. (Brun: Diat. pag. 117, pl. IV
y SA n
in
Piane riale e ER CR NO PR EP i
x
n
}.
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54
si
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D DR Aa aio Te
pg da ia
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STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA ll
aa”
55. Cyclotella operculata Kütz. (assai copiosa).
CE » var. minutula Kütz. (Brun: Diat. p. 133.
pl. I, fig. 7). Pur molto abbondante.
PG » var. oligactis (Ehr.) Grun.
$ III. REGIONE PELAGICA.
Trascinando per lunghissimi tratti una reticella finissima, immersa
| nell’acqna per metà della sua imboccatura, riportavo una sostanza ge-
latinosa nella quale erano impigliati moltissimi frammenti eterogenei,
come residui di larve d’ insetti acquatici, d’imenotteri, specialmente ali di
formiche, dermascheletri d’Entomostraci, epidermide di foglie e fram-
menti vegetali in decomposizione, ricoperti da molti individui diato-
macei specialmente del genere Achnanthes ed Encyonema. Parecchie
specie del gen. Synedra e Gomphonema erano inserite alle appendici la-
terali delle antenne dei crostacei o sulle prominenze dei diversi corpi
Ki
na
pescati, sicchè ognuno di essi si può considerare come una zattera gal-
leggiante che alberga differenti colonie di queste alghe, le quali vivono
anche vaganti nell’ alta regione pelagica d'ogni lago. Da tale raccolta
4
à
ho potuto determinare le seguenti specie:
. Cymbella gastroideis Kütz.
» leptoceras var. elongata.
. Encyonema ventricosum Kiitz.
E. gracile (Ehr.) Rab.
Navicula cryptocephala Kütz.
N rhynchocephala var. amphiceros Kütz.
N. elliptica var. oblongella Ehr.
N. exilis Grun.
N, bacilliformis Grun.
N. radiosa Kütz.
N. vulpina Kütz.
> Donne constrictum Ehr.
G. capitatum Ehr.
EU A
E G. acum. var. laticeps Grun.
2 Cocconeis Pediculus Ehr.
23. Ephitemia gibba (Ehr.) Kiitz.
ce dd “Da I VAR ventricosa Grun.
24. Ceratoneis Arcus Kütz.
= 2. Synedra Una (Nitzsch.)
A » var. longissima W. Sm.
A Acus (Kütz.) Grun.
S. delicatissima W. Sm.
Re var. angustissima Grun.
A a o amphicephala Grun.
et ci > radians (e) Grun.
> bites; nu var. oriana lanta) Grun.
Nitzschia Palea var. debilis (Kütz.) Grun.
pesa Pacculosa (Roth.) Kütz.
Go gracile var. dichotomum W. Sm.
G. intricatum var. pumila Grun.
G. tenellum Kütz.
«3 G. angustatum var. aequale Greg.
+ G. parvulum Kiitz.
20. Achnanthes microcephala (Kiitz.) Grun.
| di: minutissima Kiitz.
; o PR A minutissima var. cryptocephala (Kiitz.) Grun.
ý ae A ca
RASSEGNE
di Rassegne (a
È WIESNER J. Pflanzenphysiologische Mitteilungen aus Bui-
n tenzorg l- V (Akadem. Anzeiger der K. Akad. der Wissenschaften,
Wien 1894, Nr. II, V, XV, XXIV.) `
Sa
Il recente soggiorno di circa mezz'anno, nella regione tropicale , ha fornito al-
x: l'eminente fisiologo occasione di nuovi studi interessantissimi, l’importanza de’ quali
| è tanto maggiore in quanto che è la prima volta che le piante de’ tropici vengono
sottoposti, sopra luogo, a indagini e ricerche, per parte di un profondo ed esperto
osservatore com'è l'Autore. Wiesner ha tratto però argomento di estendere molte |
delle osservazioni fatte a Buitenzorg anche al comportarsi delle piante de’ nostri
climi e stabilire così de’ confronti che contribuiscono a portar luce in molte qui- 7
pani PISO a a note; ed è La decisamente uno de’ vantaggi.
SOTA comunicazione verte sulla posizione fissa delle foglie di piante uji i
alla luce. A POS Te si Pa à osservare che la re DES sun
, nelle regioni tropicali, si rileva un comportarsi identico ser da parte di
one si favino in Seepia ENE ma sped p- es.,
le piira pma "is te
per gi . Sitzungs K. Akademie der Wadi, sua Matem.
Classe, Abt. toc cui AS pag 101-437. ;
Da F0 o immo
rientare le foglie secondo direzioni diverse, tanto che, mentre le foglie alla
feria, schivando la luce diretta dall'alto, si mettono in modo corrispondente ad i
intensità di luce adatta per esse, vanno a disporsi invece quelle del centro dell
chioma nella direzione del massimo di luce diffusa. j
Alcune poche delle piante legnose orientano le proprie foglie esclusivament
~ seconda della luce del sole: la Pavetta pulcherrima dispone le sue foglie, n
` posizione fissa, in una verticale all’ ingiù, I repra pubescens, all incon
. direzione obliqua. `
-Anche in parecchie Palme pennatifronde si può osservare benissimo la tende
‘che hanno le foglioline di sfuggire la luce intensa , disponendo la loro pag
(morfologicamente) superiore sempre verso la direzione dove la luce è maggio!
mente diffusa. Un aereggiamento di queste foglie determina un'inversione ne’
vimenti delle foglioline.
. Comunicazione IL. Difesa della clorofilla contro luci troppo intense. È noto come |
l’Aut. si fosse occupato di quest'argomento già parecchi anni or sono e ne pil
blicasse (1875) uno studio relativamente alla vegetazione dell’ Europa centrale.
e: Buitenzorg notò egli che gli stessi mezzi difensivi erano offerti dalle piante tr
picali, allo stesso scopo, però con alcune modificazioni inerenti all’ adattame
ad altre eondizioni diverse (V. oltre, Com. HI. a), e in combinazioni diverse.
Mentre possiamo aspettarci, in proposito, delle dimostrazioni brillanti, veni
‘informati per ora, che uno dei singolari mezzi di tutela della clorofilla, da
delle piante che abitano le regioni caldo-umidi de’ tropici, consiste in ciò ch
| foglie perdurano parecchio tempo in uno stato semi-meristematico, senza turges on
penzoloni da’ rami, sottraendosi per tal modo alla luce intensa del sole; la pr
duzione di cloroplasti ha luogo per divisione di plastidi o di corpi elorofillici
vani debolmente inverditi, ma pgrò assai tardi ed allora rapidamente. La p
detta delle foglie giovani è però vantaggiosa a quelle più adulte, che ne rin
‘coperte.
Non tutte le piante sonò però favorevolmente protette ; non ha sì può dire
es nè per l'Acalypha illustris, nè per la Pisonia alba, nè per altre ancora..
st'ultima, una Nittaginen arborescente , ha le foglie periferiche della sua i
tutte | sbiancate o ingiallite, in conseguenza della distruzione della clorofilla,
tuate nell'interno delle, cellule, dalla luce del sole contro la quale la pi
è difesa.
a IL do ua per titolo: Sul ‘carattere spiccatamente | on
stai delle piante ppt La maggior au di Legs raae A pr
time determinano il fenomeno della chiusura delle foglie , le quali non vengono
mai bagnate attesa la glaucedine quantunque leggera, che la riveste. La nota ir-
= © ritabilita delle foglie di Mimosa acquista per tal fatto singolare importanza. La
Pisonia alba predetta, mentre prospera a Colombo, Singapore, ecc., malgrado il
sole distrugga la sua clorofilla, non vive che stentatamente a Buitenzorg stante
| l'umidità eccessiva di questo luogo. Anche le rose perdono, a Buitenzorg, gran parte
- del loro fogliame per la soverchia umidità.
A soggetto della IV. Comunicazione è stata scelta la germinazione di Viscum e Lo-
ranthus da semi, però non solo di specie tropicali, ma relativamente ed in parte ri-
petendo anche ricerche con semi di specie nostrali. Già anni sono l Aut. aveva
€. | seguito, sotto punti diversi di vista, la germinazione del Viscum album e fatto ri-
= levare che questa avveniva appena nella primavera e solo in presenza di luce.
. Ora egli ci fa sapere che anche i semi di Zoranthus europaeus si comportano
A identicamente. .
Da un-confronto con alcune specie tropicali di Viscum le quali germinano più
| presto, anche entro pochi giorni, tanto alla luce che al buio, F Aut. arriva alla
| conclusione che la lunga dimora di semi del nostro vischio devesi ascrivere alla
lentezza di processi di trasformazione delle sostanze di riserva ne’ semi, alla pre-
senza di sostanze ritardanti direttamente la germinazione (quale la mucillagine $
viscida — o viscina — che in gran copia si trova ne’ frutti del Viscum album, —
| minore quantità, o punto, nelle specie diverse de’ tropici), e per ultimo all’ a-
zone diretta della luce sulla germinazione diventata ormai ereditaria. Da questo
confronto si rileva però l eminente grado di adattamento delle specie diverse alle
condizioni naturali nelle regioni loro proprie: i semi di Viscum album germi-
nano anche in tempo asciutto, quelli dei Viscum ‘tropicali solo sotto pioggie in-
istenti, Questi abbisognano perciò di acqua liquida per anti, randa mentre 3
i sono E dea >;
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ow . tlla dalil . FE © nant: Aa COSA debe intendere
Comunicazione V.S p cosa si vi
per anisofillia helle e pina è Lara noto; ma l’ Aut. ha trovato di dove
largare, in seguito a quanto gli fu dato di osservare nella vegetazione tropic
l il suo primiero concetto (1868) è di distinguere alcune forme speciali di ani
di 2 fillia; cioè l’anisofillia laterale e l’anisofillia secondaria, mantenendo conse
come tipo il caso principale osservato nelle nostre piante, e ritenuto finora €
Un particolare caso di anisofillia è quello che si può osservare nelle Garde
a foglie in verticelli trimeri. In queste piante devonsi interpretare, in cias
pseudoverticulo , altrettante copie di foglie anisofille, nelle quali si hanno appt
sate insieme una foglia normale e le due foglie normalmente opposte, oltre
ciò, osservando minutamente, si avvertirà la presenza di una Malara, fogl ia ,
ridotta (così nella G. Stanleyana, G. Palenkahuana, ecc.). a
Lo Strobilanthes scaber presenta un caso estremo di anisofillia laterale. Le
foglie regolarmente decussate stanno però, in seguito all’ orientazione fissa è
luce, in un piano; ciò nullameno i rami sono anisofillici avendo le foglie e
i pampre maggiori di quelle rivolte verso l’ interno della pianta. (Un caso ani
si potrebbe riscontrare da noi nel Cornus sanguinea).
| L'anisofillia secondaria si fa valere non solo su’ getti ‘primari, ma anci
> quelli dipendenti da essi. In una Tabernaemontana, che ha le foglie dec
i ni avevano tutte foglie PIGRI, giur che le coppie porene alternassero
: ER Mob aquatica, a
obi anisofillia serve a mettere le foglie nelle condizioni di luce per esse |
sii Nelle ne arr a e caduca l’ na BEE er
feat In diverse re a foglie pile r anisofillia non sì code
0 solo runs in net alla direzione « fissa » che le RES ge
si ESTA A in, mentre un all’ opposto si osserva nelle }
| fronda caduca. Perciò troveremo espressa eminentemente l anisofillia semp
alberi dell'Europa « centrale, pa caproni, ed auche bat di rado, En |
Notizie
se teratologico nella germinazione d’una castagna.
Mi venne portato tempo fa una castagna in via di germinazione , raccolta nel
“ape dell'anno scorso sulle montagne lucchesi, la “quale, a detta di quegli agri-
_coltori, presentava un fenomeno da essi mai stato altra volta riscontrato. Il frutto —
as ‘aveva Sean normale e le dimensioni ordinarie ; ; ma la radichetta, anzichè.
a uscire dall’ apice stilare, come è il caso regolare cor-
rispondente alla normale orientazione dell’ embrione,
aveva forato la relativamente forte parete del pericarpo
sulla parte ‘convessa di questo (trattandosi di uno dei
frutti laterali dell infruttescenza e quindi di un frutto
piano-convesso), a circa due terzi della totale altezza i
ne R dall’apice, e molto prossimamente all’ orlo destro (os-
Lund dal lato convesso). I lembi del pericarpo forato costituivano come una |
guaina. ‘attorno alla base della radichetta, lunga circa 30 mm. (v. figura). Levata
con precauzione la buccia del frutto e del seme e messo a nudo l'embrione, questo
presentava presso. a poco l'aspetto normale; i i cotiledoni avevano raggiunto il mas- à
fimo sviluppo possibile, tanto dal riempire la intera cavità del pericarpo; un for
olco sul lato "convesso a sinistra rappresentava la traccia della „colonna centrale,
a dire di quel corpo rigido, nerastro, allungato, che, come dimostrai in un mio
(Ricerche di Morfologia ed Anatomia sul fiore femminile e sul frutto del
pno in Atti Ist. Bot. Pavia. Nuova serie, vol. III), non è che il residuo ie
di confluenza cri setti ovarici. Però, come era da Lomo le
k rate + ra à spostato di circa | 90° SE posizione de i
| ent alla parte convessa del frutto aveva forma quasi semici olare,
pie dell'altro, x non : occupando che circa. un terzo della f sja cí
da uno stampo, la fi conica. ‘Attorno poi è
ne x cotiledoni sia un Age are forse a alla tensione.
ATO Ra
+ F della corrispondente regione pericarpica, e quindi alla più facile sua perfore
Giacchè è dei di nota il fatto che; mentre ROR normale o dellen
quivi perforato lan. nel caso in questione, la radichetta per uscire |
dovuto mettere in opra una forza rilevante, per superare i forti tessuti del
| carpo, ostacoli di gran lunga superiori a quelli offerti dall’ apice del frutto.
i struttura della radichetta non mi sembrò presentare alcunchè di anormale.
ta. A che si può attribuire la causa di siffatto fenomeno? La posizione eretta
colonna centrale dimostra intanto che nessuna irregolarità si aveva nella
tura dell'ovario e delle sue loggie, ed anche KONIO doveva essere verosimili me)
17 della Tavola HI del mio lavoro velato, disegnai uno stadio giovani
un embrione normale. Attaccato al sospensore unicellulare, esso ha la forma
un triangolo ad angoli fortemente arrotondati e corrispondenti rispettivam
alla radichetta (il superiore, mediano) e ai cotiledoni (gl’inferiori, laterali).
queste tre prominenze sono pressochè uguali in questo stadio; che s’inver
loro ulteriore stiluppo in modo da divenir radichetta definitiva uno dei late
ed avremo riprodotta l'anomalia.
Deploro di non avere avuto altri esemplari rappresentanti stadi più giova:
simile anomalia per poter istituire più precisi confronti.
Dott. Firirpo TOGNINI.
n ADDENDA AD FLORAM ITALICAM
L’ Elodea canadensis Michx. nel Veneto ed in Italia.
sd u sig. F. Pasquale in uno degli ultimi Bollettini della Soc. bot. ital. (Firenze,
i 14 ottobre 1894) accennava alla scoperta in Terra di Lavoro dell’ Elodea cana-
_ densis Michx. (Anacharis Alsinastrum Bab.) che egli riteneva pure nuova per.
l'talia.
A debito di esattezza devesi perd notare che tale pianta era già stata notata dal
Cavara nei dintorni di Pavia (Cfr. Malpighia, 1894, Fasc. I-II), ove, dice l'Autore
« si è resa addirittura infestante negli stagni e canali, il fondo dei quali ne è
or quasi “line investito ».
Nel Veneto essa fu scoperta a Padova per la prima volta dal dott. Paoletti
circa tre anni fa nei fossati lungo le mura da Pontecorbo a S. Giustina ed in
quelli fiancheggianti la strada da S. Croce a S. Maria in Vanzo; ma essendo
ù; tali fossati in comunicazione colle vasche dell'Orto botanico, ove trovasi abbon-
5% Í dante l Elodea, facilmente se ne arguiva che questo ne era stato il centro di pro-
; pagazione. La scorsa primavera però in una escursione fatta, in compagnia al
dott. Paoletti stesso, nelle valli di Piove, potemmo osservare tale pianta abbon-
| dantissima nel Fiume Nuovissimo, largo canale che staccandosi a Mira dal na-
| viglio di Brenta, portasi verso Chioggia costeggiando la Laguna; ci imbattemmo
‘anzi nel momento che stavano sgombrando il canale dalle erbe e restammo me-
ravigliati osservando come tra i cumuli di esse, l’ Ælodea in rigogliosi esemplari i
i fosse già in quantità prevalente sulle altre piante acquatiche nostrali. Avendo
3 poi domandato a quegli uomini che stavano facendo lo spurgo, se erano molti —
anni che vedevano nel canale quell’ erba, nulla seppero. risponderci; ma ciò non
esclude che vi potesse essere anche da poco comparsa, perchè l Elodea non ha
nulla di singolare che possa richiamare. l'attenzione dei profani. Più tardi. la rin-
venimmo ar ancora nel naviglio di Brenta a Fusina in prossimità di Venezia, ed
ma ee che essa si trovi ancora in altri canali in “Snai coi
pt
Infine, da notizie avuta: dal prof. Gisafadopt Agostini e dal dott. Achille T
ani r Elodea troverebbesi poi anche abbondantemente diffusa nei fossati x
torno al panta: di Casta masi
Ed ora poche parole sul modo col quale essa può essersi introdotta e diffi
nelle succitate località italiane.
Com’ è noto l Elodea canadensis è originaria dell’ America del nord e fu F
la prima volta scoperta in Europa da John New in Irlanda, secondo W. M
shall probabilmente introdottavi col legname da costruzione (Cfr. English Bot
- IX, 81-85). Più tardi invase oltre F Inghilterra, anche la Germania, la Frar
e la Svizzera ed in tale copia da ostacolare persino la navigazione, tanto che fi
dai tedeschi detta « Wasserpest » ossia peste d'acqua. Nell'Orto botanico di
dova, secondo notizie avute dal chiar. prof. Saccardo, fu introdotta circa 27 an
fa dal De Visiani, mandatagli dal prof. Agostini suddetto, il quale alla sua 1
sa aveva fatta venire da uno stabilimento di Altona pel giardino pubblico
|. Mantova.
L'Elodea in America presentasi dioica o poligama, in Europa invece non
rono sinora osservati che individui femminei; ciò potei constatare io pure
| fossi a Padova, ove la rinvenni copiosamente fiorita nel luglio scorso. La ri
duzione quindi di questa pianta operasi tra noi soltanto agamicamente per
via, del resto molto facile, delle gemme e dei pezzetti di rami che facilm
| staccansi, essendo essi assai fragili. La mancanza dei semi ci spiega del r
come essa mantengasi costantemente di sesso femminile e non è improbabile
| tutti gli individui Europei provengano agamicamente da un primo importato.
Inghilterra che doveva pure essere femminile e talé resterà tra noi questa pi
finchè non si importeranno di nuovo dall'America degli individui maschili 0
i: ‘ermafroditi oppure dei semi che ci diano tali individui, onde riesca possibile
| fecondazione.
x Tolta la PRE del trasporto causale per mezzo dei semi e d'altra
che dell'Orto stesso | e > ciò de pure col fatto che tutte bi
stanno a ke del Siea. re le p enia cen pianos lake co
cre constatare. Infine per "le località di Tra di Lavoro, consultan
ogr fie d Loue 4 regioni, non sembrerebbe improbabile un trasporto ;
| NOTIZIE.
Nuove apoale e nuove località per la flora italiana.
teris longifolia L. — Rupi presso Catanzaro. (Raccoltavi da mio fratello Andrea).
emarthria Marinai Kth.— In Calabria a Maida nel E di S. Eufemia. (Id.).
dia un boschetto sul versante nord-ovest del M: Rua nei colli Euganei, pochi esem-
plari fioriti di Le Gagea che dietro accurati confronti con diagnosi, figure ed
sin qui conosciuta dell’ Europa sett. e centr. orientale.
oa ramosum L. — ppi tra usa ed I sotto al Éd Sasso
a isola.
Liparis Loeselii Rich. — Lago superiore di Mantova: d esemplari portati. "e
$ la determinazione dalla signorina Moretti-Foggia Amalia.
x Chenopodiam aristatum L. (Teloxys Moq.). — Campi presso Chioggia; da esem-
plari mandati al prof. P. A. Saccardo dal prof. Alessandro Chia-
menti. Originario dell Amer. sett., della Siberia e della Cina.
Pala trigyna W. K. — Genova, al forte Sperone nelle fosse esterne delle mura,
ove ne trovai alcuni rigogliosi esemplari fioriti nel giugno 1891.
Carin : dell Oriente.
Soliago serotina Ait. — Presso Padova al ai in Se PES com-
pletamente inselvatichita. Originaria dell Amer. sett. | |
ce soa sonchifolia 1 DC. — Di Gor CIA, SRi dell na Di
N nel
ui > nei
3 dal sig. Lino Vaccari. E originaria dell’ Amer. : 7
a presso ro to bot: rico d di Padova, ; x Fe
NOTIZIE
Nuove specie e nuove località
per la flora del Modenese e Reggiano.
Dopo l’accurato elenco con relativa appendice e primo supplemento dei |
Gibelli e Pirotta e dopo l’ultima contribuzione del prof. A. Mori (Atti della
dei Nat. di Modena, 1882-84-86) poco poteva rimanere di nuovo da scoprire p p
la flora del Modenese e del Reggiano; non senza importanza perciò riescirà 1 s
piccolo elenco, a complemento del quale, oltre le specie da me ritrovate,
| altre aggiungo raccolte e comunicatemi da amici botanici.
~ Equisetum hyemale L. — Sabbie del Po a Mottegiana. Agosto 1889.
= Agrostis verticillata Vill. = A. stolonifera L. hb. — Lungo i canali a
di nalbo. Lugl. ;
| Eragrostis poacoides P. B. — Sabbie del Po tra Portiolo e S. Benedetto. Ag. 18
Festuca silvatica Vill. — Boschi presso la Sega di Civago; rara. Agosto 188
Psilurus nardoides Trin. — Arenarie di Montebabbio nei colli RENT [s
gio 1888.
Cyperus glomeratus L. — Lungo il Po tra Portiolo e S. Benedetto. Agosto 18
Eleocharis acicularis R. Br. — Valli di Reggiolo. Sett. 1888.
Juncus compressus Jacq. — Dintorni di Modena a S. Cataldo, S. Faustino,
Maggio.
» effusus L. — Alla Veggia presso Sassuolo, à Casinalbo ed a S. È 1
presso Modena. Giu. Lugl.
» glaucus Ehrh. — $. Maria sul Ventasso, Casinalbo , colli di Sass
Giug. Agosto. i
» Tenageja L. — Luoghi acquitrinosi nei colli tra la Veggia e Castella
Giugno 1889.
Potamogeton plantagineus Ducros. = P. coloratus Horn. — Fossati d acqua !
scente a S. Faustino presso Modena e nelle valli di S. Anya !
> di Panaro a S. Cesario. Mag. Giu. (Confuso col P. lucens L.)
Campirson monspeliaca L. — Colli argillosi verso Prignano» (Dott. An
x i Vaccari). Ottobre 1894. i
esa baccifer L. — Presso la chiesa di Casinalbo lungo il canale;
tovi dietro indicazione del sig. E. Zanfrognini. Giug. Agosto.
, Rananrtuo Flammula L. — Prati umidi a Pian de’ Lagotti Br A.
i Luglio 1889.
. Cerato submersum L. — daga attor no a Carpi. Giugno 1838, frutti!
NOTIZIE
orme polyceratium L. Seo Reggio Emilia tra i ruderi di demolizioni
delle vecchie mura. Maggio 1889.
Brassica nigra Boiss. (Sinapis L.)..— Colla precedente.
| Eruca sativa Lam. — Colla precedente.
Radiola linoides Gmel. — Ericeti nei colli tra la Veggia e Castellarano. Giu. 1889.
sa Amelanchier vulgaris Moench. = Aronia rotundifolia Pers. — Sassi della Rocca
| presso Guiglia (Prof. J. Camus). Maggio 1889.
Mere vulgaris Lindl. — Tra le fessure delle roccie sulla sommità del M.
Cusna. Agosto 1888.
N. B. La località di Casola al bosco della Bandita registrata per
= questa specie nel 1.° supplemento alla Flora del Mod. e Regg. dei
a
5 prof. Gibelli e Pirotta, va riferita al Cotoneaster tomentosa Lindl.
dr Rosa glutinosa S. et Sm. var. pustulosa Bert. — Luoghi sassosi presso S. Maria
e | sul Ventasso. Agosto 1888. È
| Amannia verticillata DC. — Luoghi limaciosi lungo il Po. tra Portiolo e S. Bene-
detto. Agosto 1889.
| Bagle falcatum L. var. cernuum (Ten.) = B. fale. var. ne Car.
; = B. Gerardi Gib. et Pir. — Prati e pascoli della reg. del Faggio
£ e della reg. subalpina, tanto nell’ Appen. Modenese che Reggiano.
; Va pure riferita qui la località di Vallisniera del B. ranuncoloides
L.; quest'ultimo fu invece anche da me raccolto sulla vetta dell’alpe
di Cusna nell’agosto 1888. |
. Echium italicum L. — Lungo il Panaro presso Vignola (Prof. J. Camus). Lug. 1887.
Asperugo procumbens L. — Ruderi intorno a Reggio-Emilia (E. Susan). Apr. 1888.
sind arvensis L. — Sabbie del Po tra Portiolo e S. Benedetto. Agosto. 1889;
var. sativa (L.) Villa Corlo nel comune di Formigine in un penia
Agosto 1889.
>» rotundifolia L. — Sabbie del Po a PIETÀ Agosto 1889.
Nepeta Cataria L. — Pietra di Bismantova presso il convento. Agosto 1888.
Salvia verticillata L. — Paludi dell Aboretti a S. Agnese presso Modena ; un
‘solo cespuglio probabilmente importato. Giugno 1887.
ica } Mirevia L. — Pascoli alpini del M. Ventasso e bons di sommi.
| Agosto 1888. PRA i e
ha Tk Hpe. — - Alpe di Sneciso.: Agosto 1882 Da
All — Luoghi limaciosi lungo il Po tra. à Portiolo LI S Be-
'nedetto. Agosto 1889. o a
ie laris verticillata L. — Per errore fu registrata nel 1.° Lana dei
< Sie! G ibelli e Pirotta sotto il nome di P, rosea Wulf,
NOTIZIE
suis arjona Hia o Colli « di Puianello nel Modenese (E. Susan). Mag. 18
Plantago montana Lam. — Prati alle falde del Cimone sopra Fiumalbo, dit
sopra il lago Santo. Luglio 1885.
Erigeron uniflorus L. — Dirupi sopra il lago Santo, alpe di Succiso. e à
=» Nillarsii Bell — M. Ventasso nei dirupi sopra S. Maria. Agosto H 1888
°° Inua bifrons L. — Pietra di Bismantova. Agosto 1888.
Tanacetum vulgare L. — Colla precedente.
Centaurea nigra L. — Prati alle falde del Cimone, sopra Fiumalbo. Lug. 18
S9 nigrescens, W., var. transalpina {Schleich.). — Prati a S. Faustit
presso Modena ed a Casinalbo. Luglio. ;
dissecta Ten., var. virescens Arc. — Anis copiosa sulle :
| presso Busana e Colagna nell'Appen. Reggiano. Agosto 1888.
Sembrerebbe a primo aspetto la C. maculosa Lam., ma se
scosta per la grandezza dei capolini e per essere certamente |
renne. Rimane sempre per me incerta la determinazione di qu
Centaurea raccolta nel letto del torrente Secchia a Sassuolo, e
strata dubitativamente per Œ. maculosa (Cfr. Gib. e Pir., FI. del M
e Regg., 1.° Supplem. pag. 17) ritenuta da prima per la C. P
laloris Heldr. ed avente ancora talora il portamento ed i
lini della C. paniculata L. lo la riterrei sorta da semi della g
secta var. virescens dell'alto bacino del Secchia trasportati
acque, modificatasi poi quest’ultima in seguito alla diversa st
in cui crebbe. Questo modo di vedere sarebbe convalidato dal
che altrove, nè nel bacino del Secchia, nè in tutto i' Mode
Reggiano, è stata ancora segnalata sul versante di quell’ Appe n
alcun’ altra località per la C. maculosa o specie affini, men
-trovarsi la pianta di Sassuolo in scarso numero di esemplari tra
ghiaie del torrente Secchia, fa con ragione sospettare un j
per mezzo delle acque. Tutte le soprannominate specie ed a
fini sono poi così polimorfe e confluenti tra lore che forse
oa Pomin come e semplici varietà di un' unica. —
Contributo alla flora marchigiana di piante nuove
e di nuove località.
per alcune sue specie più rare.
è i paradoxum R. et Sch. syst. veg. Il, p. 328; Ces. P. e G. fl. it. p.
| 57, (Milium paradoxum L. in auct. cet. florae italicae).
+ M. Nero, fiorita 6 giugno 1891.
Specie nuova per la flora gra
2 bd: villosa Pers. var. vivipara nob.
Nelle arene di S. Benedetto del Tronto, già disseccata 4 luglio 1894.
La forma vivipara di questa specie non è stata ancora registrata dagli au-
‘tori della flora italica. È singolare la forma di capolino compatto che as-
sumono le pannocchie spiciformi, pel tramutamento in gemmule delle spi-
chette. i
Agra cin R Se syst. veg. II, p. 756; Paol. fl march. E >
-~ auct. omn. fl. it.
Presso ica nella z zona cOn fiorita 30 per 1894.
ira ua var. a sifone re ma le reste fe ‘unghie delle glu-
SE
ga a riconducono ea ne mul e dimostrano al ou stesso dan
5. Brachypodium pinnatum P. de B. var. montanum Nob.
Lungo il f. Fiastrone nella zona apennina, fiorita 3 luglio 1894,
Consideriamo come nei campioni della specie tipica della nostra pianu
fiori, e in questi le glumette inferiori sono costantemente attenuate e an
Ps ‘acute all’apice, desinenti nella resta, mentre nei campioni della forma ap
nina che chiameremo montana, i fiori di ogni spighetta sono 4, 6 al
tanto da rammentare nella loro facies una glyceria.
6. Melica uniflora Retz. obs. I, p. 10; Paol. fl. march. p. 38; auct. omn. fl.
Negli Apennini di Bolognola, fiorita 1.° luglio 1894.
7. Glyceria aquatica Wahlb. fl. goth. p. 18; auct. omn. fl. it
Presso Pioraco, fiorita 9 giugno 1894.
Specie nuova per la flora marchigiana ove domina particolarmente @ G
plicata Fr.
8. Serrafalcus patulus Parl. FL it. I, p. 394; auct. rec. fl. it.
Sul M. Conero presso Ancona, in fiore 28 giugno 1892.
Specie nnova per la flora marchigiana.
9. Ornithogalum tenuifolium Guss. prodr. I, p. 413; Paol. fl. march, p. 82;
omn. fl. it.
| Sul M. Regnolo, fiorita 15 giugno 1894. |
Notiamo che i tepali esterni, assumendo la forma spatulata, sono
l'apice più larghi del doppio di quelli interni, lanceolato-lineari. | n
10. Gladiolus palustris Gaud. fl. helv. I, p. 97; auct. omn. fl. it. |
| Nella selvetta del Miano presso Ancona, fiorita 29 giugno 1892.
ansa, nuova per la n nette Rina
ul rs angustifolia c. L. Rich. mém. du Mus. IV, p. 56; auct. fl. it.
A Arc. (Nigritella nigra Reichb. in Are. fl. it. 2.* ed. p. 164).
i Sai prati di M. Rotondo, fiorita 7 luglio 1894.
i Specie nuova per la flora marchigiana.
. Polygonum monspeliense Thieb. (Polyg. avicularis L. var.); auct. fl. it.
Presso Portocivitanova, 21 giugno 1894.
Forma nuova per la fl. marchigiana.
14. Plantago montana Lmk. Ill. I, p. 341; Paol. fl. march. p. 183; auct. fl. it.
(Plantago alpina L.).
Sul M. Birro, fiorita 23 giugno 1894.
È sempre rara nei nostri Apennini. és
15. Daphne alpina ré sp. p. 356; auct. omn. fit.
Sulle rupi apennine dell'alto Fiastrone, fiorita 7 luglio 1894.
Specie nuova per la flora marchigiana.
6. lea nuda L. sp. p. 570; Paol. fl. march. p. 208; auct. omn. fl. it.
È singolare questa forma a fiori completamente bianchi, per la grande >
lunghezza delle cime ascellari fiorifere.
Le Salvia Sclarea L. sp. p. 27; Paol. a. march. p- 198; auct. omu. fl. italicae. x
Presso Moresco nella prov. d’Ascoli, fiorita 18 agosto 1894 (raccolse Car-
pini).
Veronica aphylla t sp. p- 11; Paol. fi. n p. 230; auct. omn. fl. it.
Tra gli Apennini nell” alto: Fiastrone, fiorita 7 gr 1894.
22. Crepis glabrescens Cav. (Crep. aurene Cass. var. auct. fi
Presso il f. Nera, fiorita 2 giugno 1894.
Nuova per la fl. marchigiana.
È 23. SA maculata L. auct. omn. fl. it.
In contrada Serroni, a Bolognola, fiorita 3 luglio 1894
Nuova per la fl. marchigiana
24. Taraxacum erythrospermum Andr. in C. P. e
op. cit. p. 746 (Tarazaci vulg. Lmk. var.).
A Colfiorito, in fiore 19 maggio 1894.
Forma nuova per da fl. rag
G. Comp. fl. A. p. 462;
LI
omn. fl. A
In contrada Serroni a Pe fiorita 3 luglio 1894.
- Cirsium oleraceum All. fi. ped. p. 544; Paol. fi. march. p. 324; auct.
il it i i dI
Presso Acquasanta, fiorita 7 giugno es 2
Centaurea virescens SE cit. pi 712 (Cent. disscciat: Ten. var).
| Presso. Bolognola, fiorita 1° luglio 1894. à
Forma so e > fl. marchigiana. | ne
8 Xeranthemum cylindraceum S. et Sm. HI, + 172; Paol. fl. march. | P-
auet, omn. T w S
alt è confinata fra no!
+ MTL 1
Í g aneia
4
e
Anthemis Barrelieri Ten. fl. nap. Il, p. 245; Paol. fl. march. p. 341; auct:
| om. fl. it.
Sul M. Regina, fiorita 2 luglio 1894.
Presso Senigallia, fiorita maggio 1892.
Nuova per la flora marchigiana.
| AM. Rotondo, fiorita 7 luglio 1804.
boa icone nuova per la flora es
Sui monti a; e Priora, fiorita 2 2 luglio 1894.
Forma nuova per la fl. ceti
ifraga oppositifolia L. sp. p. . 409; Paol. fl. march. p 421; auct, omn. A it
Sul M. Regina, fiorita 2 luglio 1894.
w
A Balle, fiorita 2 settembre 1802.
a porophylla Bert. A. it. iv p. 460; amet. a it enet.
Sul M. Regina, fiorita 2 luglio 1894.
Nuova W fl. cont
E NOTIZIE
40. Trinia carniolica Kern. in | Arc. op. cit., p. 591 (7riniae VEE. DC. |
A M. Regnolo, fiorita 14 giugno 1891.
È la forma dominante sugli Apennini del Piceno, da uno di noi (
fi. march. p. 398) altra volta confusa colla forma tipica.
41. Bunium Carvi Marsch. fl. taur. cauc. I, p. 211; Paol. fl. march. p. 399;
e G. op. cit. p. 584 (Carum Carvi L. in Are. op. cit. p. 993; Apium Cor
Crantz in Parl.-Caruel, fl. it. VIII, p. 431). :
Sulle rupi di Pioraco, fiorita 9 giugno 1894.
Non si conosceva fin qui delle Marche se non del M. Catria.
42. Prangos ferulacea Lindl.; Paol. fl. march. p. 404; auct. fl. it. praet.
(Cacheys alata Marsch. in Parl.-Car. op. cit. VIII, p. 238).
Sul M. Birro, fiorita 23 giugno 1894.
Si conferma così la località più settentrionale della Penisola, ovè q
specie fu già raccolta molti anni fa da Utili (Bert.).
43. Chaerophyilum sylvestre L. sp. p. 258; Paol. fi. march. p. 406 (Anti
sylvestris Hoffm. auct. rec. fl. it.).
Sulle rupi di Pioraco, fiorita e fruttificante 9 giugno 1894.
Non si aveva fin qui nelle Marche che del M. Catria.
44. Physocaulos nodosus Koch. syn. fl. germ. p. 348; C. P. G. op. cit,
(Biasoleltia nodosa Bert.; Chaerophyllum nodosum DC. in Arc. 0p.
Caruel, op. cit.). | i
Presso Bolognola, in frutto 1.° luglio 1894.
Nuova per la flora marchigiana.
45. Torylis heterophylla DC. in C. P. e G. op. cit. p. 601 (Zorylis infesta
Bert. Caucalis heterophylla B. et H. in Are. op. cit; Caucalis purp
var. heterophylla Car. op. cit). |’
Presso Piroaco, fiorita 6 giugno 1894.
Nuova per la flora marchigiana.
46. Meum carvifolium Bert. f. it. III, p. 313; Paol. fl. march. 418; c:
op. cit. p. 613 /Carum fleruosum Nym. in Are. op. cit.; Apium f
Car. op. cit.).
Presso la Nera, in fiore e frutto 2 giugno 1893.
NOTIZIE
47. Seseli montanum L. sp. p. 260; Paol. fl. march. p. 402; auct. omn. fl. it.
Sul M. Vettore, in frutto maturo, 14 ottobre 1893.
48. Rubus ulmifolius Schr. (Rudi discoloris L. var. in C. P. e G. op. cit. p. 660 ;
Are. op. cit. p. 542).
A M. Fiore, fiorita luglio 1889.
Nuova per la flora marchigiana.
49. Rubus tomentosus Borkh.; Paol. fl. march. p. 448: auct. omn. fl. it.
Presso Sanseverino, fiorita 20 giugno 1890.
50. Rosa spinosissima L. sp. p. 705; Paol. fi. march. p. 454; auct. omn. fl. it.
Presso Bolognola, fiorita 5 settembre 1892.
51. Rosa pyrenaica Gonan, in Are. op. cit. p. 546; C. P. e G., op. cit. p. 668
(Rosae alpinae L. var.).
Sul Pizzo di Meta, fiorita 14 giugno 1891.
Nuova per la flora marchigiana.
52. Rosa glauca Vill. in Arc. op. cit. p. 351; C. P. e G. op. cit. p. 671 (Rosa
canina L. var. coronata Car. op. cit. X, p. 23).
Presso Bolognola, fiorita 4 settembre 1892.
Nuova per la flora marchigiana.
53. Vicia Lenticula Schreb. Paol. fl. march. p. 466; auct. fi. it.
Sul M. Nero presso Cingoli; fiorita 8 maggio 1894.
Per le Marche è registrata fin qui soltanto del Pizzo della Galeotto.
54. Vicia segetalis Thuill. in Ten. fi. nap. V, p. 117 (Viciae angustifoliae L.
var. in Arc. op. cit. p. 524, C. P. e G. op. cit. p. 688).
Presso Portocivitanova, in frutto 21 giugno 1894.
Nuova per la flora marchigiana.
55. Vicia striata Biebst. Taur. Cauc. II, p. 362 /Viciae pannonicae Jacq. var. in
auct. fl. it.),
A Colfiorito, in fiore 19 maggio 1894.
© NOTIZIE”
56. Lathyrus setifolius L. sp. p. 731; auct. omn. fi. it
Lungo la valle della Neva, fiorita 2 giugno 1894.
Nuova per la flora marchigiana.
57. Lathyrus hirsutus L. sp. p. 731; auct. omn. fl. it.
Presso Portocivitanova, fiorita 21 giugno 1894.
Nuova per la flora marchigiana.
58. Lathyrus angulatus L. sp. p. 732; auct. omn. fl. it
Nel bosco Bandini presso Macerata, fiorita 15 maggio 1887.
Nuova per la flora marchigiana.
59. Astragalus depressus L. sp. p. 1093; Paol. fl. march. p. 481; auct. omn.
Sul M. Regina, fiorita 2 luglio 1894.
60. Bonjeania recta Reich. exc. Il, p. 507; Paol. fl. march. p. 487; auct.
praet. Arc. (Dorycnium rectum Ser. in Arc. op. cit. p. 503).
Lungo il fiume Aso, in fiore e frutto luglio 1894 (race. Carpini).
61. Trifolium caespitosum Reyn. Mém. Suis. I, p. 162; Paol. fl. march. p
Bert. op. cit. VII, p. 103; (Trif. Thalii Vill. in C: P. e G. op. cit. p.Î
Are. op. cit. p. 500).
| Lungo l Alto Fiastrone, fiorita 7 luglio 1894.
Crediamo non più incontrata da molti anni nelle Marche.
| 62. Medicago apennina Wood. in C. P. e G. op. cit. p. 724 (Medicago Cupi
Guss. in Arch. op. cit. p. 485).
Presso Bolognola, fiorita e fruttificante 30 giugno 1894.
Nuova per la flora mipan
: 63. Cytisus s spinescens Sieb; in Spr. syst. veg. III, p. 225; Paol. fl. mar
auct. fl. it. praet. Bert. (Spartium spinescens Bert.). Ea
— Sulle rupi di Pioraco, fiorita 12 aprile 1894.
È singolare il riscontro di questa specie assai rara per le Mare
| località stessa, dopo cirea mezzo secolo dacchè ve la di
(Bert).
. p. 193; Paol. fl. march. p. 155; auct. omn. fl. it.
Sulle rupi di Demo in frutto agreste 6 giugno 1894.
65. Rhamnus pumilus Turr. in giorn. d'it. 1765, I, p. 120; Paol. fl. march. p.
516; auct. omn. fl. it. i (a
Sulle rupi nell’ Alto nani 7 giugno 1894.
$ 66. Geranium tuberosum L. sp. p. 680; Paol. fl. march. p. 530; auct. omn. fl. it-
A S. Liberato, fiorita 28 aprile 1894.
| 67. Sagina subulata Wimm. fl. Schles. p. 56; auct. omn. fl. it. Nr ,
Sul M. Regina, fiorita 2 luglio 1894.
Nuova per la flora marchigiana.
68. Alsine Barrelieri DC. in Gillet et M. nouv. fl. fr. p. 76 (Alsinae enni |
L. var.).
Presso Sarnano, fiorita 23 giugno 1894.
Nuova per la flora marchigiana. Tra le tante forme della ludibunda in
tenuifolia L., pare a noi degna di nota questa pianta marchigiana alpo-
stre, la quale, completamente nitida in ogni sua parte, col caule ramoso e.
ascendente, coi peduncoli eretti, si stacca abbastanza dal tipo ig della —
pianura.
|
Silene paradoxa L. sp. p. 1673; P Paol. fl. march. p. 562; auct. omn. fl. io
Presso Montemonaco, o 30 Pare 1894.
fl. it.
Presso Montemonaco, fiorita 29 giugno 1894. i
| Se si eccettua una vaga località presso Pesaro d'onde queta specie venne
| già comunicata a uno di noi, non si hanno fin qui altri punti della flora
- marchigiana in cui siasi incontrata. Per noi resta adunque fra Je La
dio non n ostante che dicasi comune in altre parti d'italia oa
(194 CT ENT te NOTE
Presso Sanseverino, fiorita è fruttificante 16 maggio 1894.
È la seconda località marchigiana d'onde si registra.
18: Ss muralis Bert. FL it. VII, p. 135; Paol. f. march. p. 584; auct. rec.
t. (Arabis collina Ten.).
dal Sul M. Mermenoni, fiorita 21 maggio 1894.
Ha i fiori un pò più grandi della forma tipica e sfumati esternam
| di roseo-porporino chiaro. Rappresenta quindi una forma di transizione
var. Ar. rosea DC. (Ar. purpurescens Presl.) dell’Italia meridionale.
73. Sisymbrium Thalianum Gay iu ann. sc. nat. VII, p. 399; Paol. fl. march.
589; auct. omn. fl. it. dr
DO i Sul M. Mermenoni, fiorita 21 maggio 1892.
Più piccola in ogni parte della specie tipica della piama essa vapp
senterebbe una forma alpestre.
. 74. Arabis apennina Tausch. Syll, rat. in C. P. G. op. cit. 850 et Arch. op.
p: 257; Paol. fl. march. pag. 585.
Sul M. Mermenoni, fiorita e fruttificante, 21 maggio 1892.
75. Arabis alpina L. sp. 664; auct. fl. it.
Presso il lago di Pilato sul M. Vettore, fiorita 30 giugno 1890.
Contrariamente al giudizio di recenti botanici, pare a noi che q
specie, almeno per quanto riguarda i campioni marchigiani, sia netta
distinta dalla PR:
16. Erysimum austriacum Baumq. in Car. fl. it. IX. p. 947; Paol. fl. mare
589 /Conringia austriaca Presl.).
Presso Sanseverino, fiorita maggio 1892, a M. Fiore in frutto si
Risponde con rigorosa esattezza alla descrizione lasciataci da P
(f. it. VII, p. 93} che giustamente ne fece una semplice var. gdi #
_ orientale Ait. e al quale servirono senza dubbio di studio quasi tutti
pioni marchigiani raccolti da- Gennari, Ottaviani e Marzialetti.
op. cit. p. 979; Th. sais Gaud. in Car. op. cit. IX, P-
Sul M. Regina, fiorita 2 luglio 1894.
In questi campioni marchigiani come negli altri della nostra regione fin
qui studiati, le foglie cauline sono destituite di orecchiette alla base.
78. Barbarea bracteosa Guss. prodr. II, p. 257; Paol. fl. march. p. 583; auct. fl. it.
Alle sorgenti del Æiastrone, fiorita 7 luglio 1894.
79. Delphinium alteratum Sibth. et Sm. fi. graec. prodr. I, p. 371; Paol. fl. march.
p. 614; Bert. op. cit. V, p. 403 (Delphinii cardiopetali DC. var. ex auct.
fl. it. praet. Bert.).
‘ Presso Moresco, fiorita agosto 1894 (race. Carpini).
80. Ranunculus Villarsii DC. Syst. I; p. 276; Paol. fi. march. p. 621; auct. omn.
fl. it.
Alle Bocche di Trocca sul M. Birro, fiorita 15 giugno 1894.
L. PaoLucci F. CARDINALI
R. Ist. Tecnico di Ancona. R. Ist. Tecnico di Macerata.
MUSCINEAE EUROPAE MERIDIONALIS.
I sottoscritti intendono di pubblicare, in centurie, una collezione, completa quanto
più sarà possibile, delle Muscinee dell’ Europa meridionale, e si rivolgono ai briologi
| colla preghiera di volerli aiutare nell intento mediante la loro collaborazione. Si si:
desiderano principalmente specie di muschi raccolti nel Portogallo, in Ispagna, nella
Francia Meridionale, nella Turchia, in Grecia: bastano circa 40 esemplari completi,
non troppo scarsi d'ogni specie. Chi avrà mandato ai sottoscritti gli esemplari |
NOTIZIE 196 7
sufficienti di dieci specie (quindici specie, se raccolte in Italia), avrà diritto ad una — i
~ copia d'una centuria. Il prezzo per centuria è fissato, per gli abbonati a L. 25. -
(= 20 marchi); volendo scegliere determinate specie, il prezzo aumenta del 25 °/y. ipo
| Per contribuzioni e sottoscrizioni rivolgersi direttamente ai sottoscritti
Max FLEISCHER (Roma, Via Sistina, 75 D).
C. Warnstore (Neu-Ruppin, Prussia).
AVVISO AI LETTORI
Crediamo far cosa gradita ed utile ai lettori della Malpighia, introducendo colla
nuova annata una nuova rubrica, quella delle Riviste critiche. Numerosi specialisti
hanno accordato la loro collaborazione per. esporre nelle pagine della Malpighia Fa
; goli : rami della nostra scienza, in Italia, o sopra piante Italiane. Diamo qui sotto .
un elenco dei nostri collaboratori ordinari per le Riviste critiche, indicando per
ognuno la specialità sulla quale riferirà a suo tempo; e rivolgiamo fino d'ora
viva preghiera ai botanici italiani di voler inviare ai detti specialisti le loro pub
_blicazioni, affinchè queste possano essere prese in considerazione
r
Lista dei collaboratori ordinarii per le Riviste critiche.
~ Morfologia della cellula — Dott. O. Krucs (R. Istituto Botanico, di Roma L
| Istiologia ed Anatomia comparata — Prof. R. Pirorra (R. Isti futo Botanico di
ma).
| Trattati — Prof. O. Marriroro (R. Orto Botanico di Bologna).
paratia, Orange Teratologia — Prof. O. Penzia (R. Orto Botanico di
viale — De R. PIROTTA ti
Tecnica microscopica — Prof. x Port (R. Istituto Tecnico di Piacenza). A
Patologia — Dott. U. Brizi (R. Stazione di Patologia Vegetale di Roma).
logia — Prof. A. Borzì. :
Fi Sgt ge i — Ing. Creria (R. Istituto Botanico di Roma).
Storia della Botanica — Prof. P. A. Saccarpo (R. Orto Botanico di Padosi
Botanica con ed industriale — Prof. R. F. Sorta (R. Scuola Forestale di
mbrosa).
ria punte Prof. C. Averra (R. Orto Botanico di Parma).
Botanica orticola — C. SerenceR (S. Giovanni Teduccio pr. Napoli).
A a fanerogamica Œ Italia — Sr. Sommier (Lungarno Corsini ?, Firenze).
Pt $ ofiti — Dott. A. Barpini (R. Istituto Botanico, Roma).
red - U. Br bre
rof. C. Mes ALONGO (Univ. di Ferrara). Les
— Dott. a Jarra (Ruvo di Puglia). — i
2 unghi Sintesti). — Prof. P. A. Saccarpo (R. Orto Botanico di Padova).
# (Biologia e Morfologia) — Prof. 0. MATTIROLO. è
marine — Prof. A. Piccons (25 Via Caffaro, Genov a).
acqua dolce — Prof. A. Borzi — (R. Orto Botanico di Palermo).
— Dott. L. Buscariont (E Orto Botanico di Torino). —
Morfologia
Fisiologia e Biologia.
Aroi A. Influenza dell umidità del suolo
-sulla trasformazione delle piante ter-
restri e sul movimento delle cellule
DT Nader: Sicil. XII (1894)
. 4-9.
Ha dell’ umidità del suolo sulla
i trasformazione delle piante terrestri.
Atti Accad. Gioen. bot. Ser. IV, vol.
< VH, 1894.
oam E. Amido e glicogene. Messina,
1893.
- Brurtimi A. Azione di alcuni sali sulla
| germinazione. Staz. sperim. agr. itat.
XXVII, D
pa G. Mutamenti di carattere nelle
cariossidi di alcune varietà x ai
mento. Staz. asr: ital. XXVII,
ra Rar
È Cavazza D. Studi comparativi sul si
ema radicale e sull accrescimento
dei tralci delle viti nostrane ed. ame-
ricane. eni 4.
e sulla colorabilità
Nanuccini V. Omer ali cl
dimento delle gemme dell
Accad. Georgof. Vol. xvi
Disp. 1-2.
Nicorra L. Proteroginia dell Hei
siculus Schffn. Bull. Soc. boti
94. p. 7
NuvoLerti G. Sulla probabilità
tura microbica delle cellule *
ed animali. Parma, 1893.
Passerini N. Sopra una
sig. P. Pichard portante il tito
similabilità della potassa in
— pese maturazione del
Acc. gi ae XVII
Porra R a ge
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2 RASSEGNA MBNSDALE DI BOTANICA
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Prof. all: Università di Palermo
MALPIGHIA van
ANNO IX.
Ricerche anatomiche
sull’ infruttescenza dell’Hovenia dulcis Thunb.
pel Dott. Aprraxo Fiori.
(Tav. VII e VII) pi
Chi ha avuto l’occorrenza di osservare le infruttescenze dell’ Hovenia
dulcis sarà certamente rimasto colpito da quei singolari ingrossamenti ts
delle rachidi, che le danno un curioso aspetto. Esempi di piante ove si m
riscontri qualche cosa d’analogo sono certamente rari, anzi non ho a
mia conoscenza che quelli citati dal Van Thieghem (1) nell’ Anacar-
dium occidentale, nel Semecarpus Anacardium ed in qualche altra Di
Anacardiacea, ove però l’ingrossamento verificasi nella base del calice i
e nell’apice del pedicello, parti che sono più o meno in continuità col-
l’ovario, mentre nell’ Hovenia gli ingrossamenti sono affatto staccati e
lontani dagli organi fiorali.
Credo quindi che non sarà senza qualche importanza lo studio che
io intraprendo, diretto più specialmente a far conoscere la struttura
anatomica dì tali ingrossamenti, paragonandola con quella delle altre
parti dell’infiorescenza. Dividerò la materia nei 3 seguenti capitoli:
1° Cenno morfologico. 2.° Descrizione generale della struttura ana-
tomica dell infiorescenza e modifftazioni che subisce nel progresso della
maturazione. 3.° Studio particolareggiato dei singoli sistemi anatomo- | :
fisiologici.
(') Van Tiecuem., Traité de botanique, p. 937.
4 Malpighia anno IX: vol. IX.
D a | ADRIANO FIORI
$ 1° Cenno morfologico.
LI Hovenia dulcis è Y unica specie di questo, singolare genere delle
Rannacee; essa è originaria della Cina e dell’ Himalaya ed è indic
pure del Giappone, ma probabilmente vi è soltanto inquilina (').
tamento del Tiglio, a rametti cilindrici e muniti di piccole lentic
soverose. Le foglie, simili a nie del Khama cathartica benchè |
«e non alterni con questi.
Le infiorescenze, ascellari e terminali, nascono sui giovani rami à de ;
r annata, i quali sono articolati sui rami più vecchi; esse sono cime
dicotome corimbiformi, sostenute da un peduncolo comune, con rai
o rami coperti di corti peli ineurvati in alto e portanti nelle biforca-
zioni un fiore solitario ed all'estremità dei gruppetti dei medesimi;
fiori sono poi sostenuti da corti e sottili pedicelli. Queste diverse Į
del? infiorescenza sono anche anatomicamente distinte: però i pedun
> ed i pedicelli non offrono nulla di particolare e subiscono lievi
flcaioni durante la maturazione dei frutti. Le rachidi invece, oltre
mentare considerevolmente di volume, subiscono pure una profonda
Pa) dificazione nella loro struttura anatomica; esse divengono € carnose
n torzolute, formando col loro assieme delle infruttescenze assai sin;
. Le rachidi mature hanno un sapore ‘dolce simile a quello. dell’
‘secca e sono eduli; contengono gran copia d'amido che da Itim
trasforma i in nat ai e eis un Repose di sostanze |
n Chr. Francini et Savena, En. plant. in Japonia sponte crest- ai
(2) Cfr. Benrnaw et Hooker , Genera plantarum I, p. 378. — M.
Diction aire de botanique II, p. 83. — Id. Histoire in penie VI! s
RICERCHE ANATOMICHE SULL'INFRUTTESCENZA DELL'HOVENIA DULCIS 141
serva, analogo al pericarpio dei frutti carnosi. Anche la loro funzione
deve essere quella stessa dei pericarp? carnosi, cioè di ingrassare il
terreno ove nascerà la nuova pianticina e sostentarla finchè abbia ben
infisse le sue radici nel suolo. Per raggiungere questo scopo osservasi
infatti nell’ Hovenia che, a maturazione, cadono le intere infruttescenze,
anzi parecchie di esse assieme, per disarticolazione dei rametti che le
portano, ed i frutti-rimangono in gran parte attaccati tenacemente alle
rachidi per mezzo dei loro pedicelli, i quali si sono resi assai robusti
per considerevole sviluppo del loro sistema meccanico; i pedicelli poi
s incurvano in modo da avvicinare i frutti alle rachidi (Tav. VII,
fig. 1). Interessante è pure l’osservare come le dicotomie dell’ infrutte-
scenza ben spesso siano incomplete per mancanza di qualche branca, la
cui precedente esistenza è segnata da una cicatrice e come tutte le ra-
chidi rimaste portino almeno un frutto alla loro estremità; evidente-
mente i rametti mancanti si atrofizzarono e poi caddero, perchè nes-
suno dei fiori che essi portavaro rimase fecondato od abbonì il frutto.
A tale proposito ho pure stabilite alcune esperienze a cui però non do
gran peso non avendone potuto seguire dettagliatamente i risultati. Al-
l'epoca della fioritura in alcune infiorescenze levai tutti i fiori taglian-
done i pedicelli, in altre levai solo i fiori di alcune dicotomie, poi
mediante un filo le assicurai al ramo coll’intenzione che in caso del
loro distacco vi rimanessero appese. Nell autunno, quando tornai in
cerca delle mie infiorescenze, ne trovai soltanto alcune con pochi ra-
metti ingrossati e portanti i frutti; gli altri rametti erano caduti la-
sciando le cicatrici, e delle infiorescenze alle quali avevo levato tutti
i fiori non trovai neppure traccia. L’analogia coi frutti è quindi com-
pleta, perchè come l’ovario non si accresce e non matura se prima |
| non interviene la fecondazione, ed altrimenti cade colle ‘altre parti del à
fiore, così pure non si ha l’ingrossamento delle rachidi dell’ Hovenia ed
_ anzi cadono, se manca la fecondazione dei fiori che esse portano. E
| come chiamasi maturazione il complesso delle modificazioni che su-
; bisce l ovario fecondato per trasformarsi in frutto, non sarà improprio —
| parlare pure di maturazione nel caso dell’ingrossamento delle rachidi
_ dell’ Hovenia. Rimane perd sempre da ammirare la bizzarria della na-
He. ADRIANO FIORI
tura, che all ordinario pericarpio carnoso avvolgente i semi, volle, nel
nostro caso, sostituire un organo colla medesima funzione in altra parte
staccata dal fiore.
$ 2° Struttura anatomica generale.
RacHIpi. Se vi si pratica un taglio trasversale al momento della fio-
ritura o poco prima (Tav. VIII, fig. 1), si osservano, procedendo dal-
l’esterno all’interno, i seguenti tessuti: 1.° L’epidermide. 2.° L’ipoder l
a cellule con pareti ispessite, sprovvisto di clorofilla o quasi e con nu-
merose druse di ossalato calcico. 3.° Il parenchima clorofilloso corticale
sparso di tasche gommose e di speciali cellule albuminoso-tanniche, di
cui tratteremo diffusamente in appresso, assai numerose intorno ai fasci
fibro-vascolari; vi sono pure cellule con druse di ossalato calcico. 4° I
fasci fibro-vascolari nei quali si può distinguere il libro molle e lo x
lema, separati tra loro da un sottile strato cambiale; la parte mecca-
nica non è ancora comparsa nello xilema all’epoca della fioritura, al
l'esterno del libro abbiamo invece gruppi di elementi meccanici poco
manifesti; i singoli fasci sono poi separati da raggi midollari nei quali
sono assai numerose le druse stellate. Le cellule albuminoso-tanniche
~ formano quasi un astuccio completo attorno al libro molle e s intro-
mettono pure tra questo ed i corrispondenti elementi meccanici e qua
_e là si sostituiscono anche ai raggi midollari; verso l’ interno dello xi
lema abbiamo delle trachee che formano l’astuecio midollare. 5.° |
Di fine troviamo il parenchima centrale o midollare che è identico al cor-
ticale e pur esso clorofilloso; le tasche gommose vi sono però più scarse
| che in questo e le cellule albuminoso-tanniche abbondanti in pri
. mità dello xilema.
Nello sviluppo che vanno prendendo le rachidi iù la feconds
E (Tav. VII, fig. 2), abbiamo importanti modificazioni nella loro stru
Intanto l'epidermide si suberifica e l’ipoderma cambia in parte :
i cellulosa in lignina, le sue cellule non crescono di numero,
lono un volume maggiore in relazione all’ ingrossamento delle ‘aci 3
e parenchima saneh corticale che midollare va perdonad | la ms "a
7
Fe lla che viene sostituita da piccoli granelli d'amido, i quali aumen-
= tano sempre più di numero ed anche di volume in modo da riempire
completamente le cellule; queste, duplicando e triplicando il loro vo-
lume, sono quelle che più di tutto concorrono a produrre l’ aumento di
volume delle rachidi. Le cellule albuminoso-tanniche in questo tempo
| aumentano pure di volume ma il loro contenuto non cresce di pari
; = / passo per cui vi si forma un largo vuoto centrale (Tav. VII, fig. 4)
oppure divengono come spugnose per numerosi vacuoli (Tav. VII,
= fig. 5), altre appaiono distintamente granulose; i vacuoli, almeno i
periferici, sono occupati da granelli d'amido (Tav. VII, fig. 6) i quali
però facilmente sono spremuti fuori dal contenuto plastico delle cel-
lule. Il sistema meccanico dello xilema, per l’attività della zona ge-
neratrice, va formandosi ed aumentando di pari passo coll'ingrossarsi |
delle rachidi e dei frutti; nello stesso tempo gli elementi meccanici
| del libro ispessiscono le loro pareti che appaiono assai rifrangenti ed
il lume interno ne viene quasi obliterato. Le cavità gommose persi-
stono anche a maturità ma non sono più facilmente distinguibili senza
l’aiuto delle sostanze coloranti.
Si vede dunque che la struttura di tali curiose rachidi è essenzialmente
simile a quella di un ramo, colla differenza dello sviluppo prevalente
del parenchima amilifero; esse compiono perciò una duplice funzione
essendo organi di ngi e di riserva nello stesso tempo.
E ea ii ur Sieben et aan rho E
alora N a Dal at. fà $ È, 3
Pgpuxcour La loro struttura è Fe diversa da quella delle susa
‘anche all’epoca della fioritura (Tav. VIII, fig. 5); le differenze prin-
| cipali consistono nel considerevole sviluppo del sistema meccanico tanto
del legno quanto del libro.
Nel legno trovansi, oltre le trachee, anche dei \ vasi à sa rigato;
il parenchima midollare è sprovvisto di clorofilla e le sue cellule sono.
punteggiate per cui può considerarsi come vero midollo; anche il pa-
renchima corticale vi è meno sviluppato che nelle rachidi, p ipoderma
i forma invece uno strato più grosso; vi si trovano pure le cellule al-
“cia che hanno la stessa acne che nella ns
dd e Ar AbRIANO moi. /
| tasche gommifere vi esistono invece nella stessa proporzione e colla st
disposizione. I cambiamenti di struttura che subiscono i peduncoli dopo
la fecondazione sono di gran lunga meno importanti e meno vistosi
che nelle rachidi, ed anche il loro volume si accresce di poco; le uniche
| modificazioni sono: la comparsa di granelli d’amido tanto nel- parenchima
midollare che nel corticale e l'aumento del sistema meccanico. Essi sì
comportano quindi semplicemente come rami e non divengono mai car-
nosi. i
E T
PepiceLLI. Sono assai esili in confronto alle rachidi, però al momento
| della fioritura ne hanno presso a poco la medesima struttura, Il loro
minor diametro dipende in gran parte dalla minor copia di parenchima
midollare di cui sono provveduti; invece le altre zone vi hanno uno spes-
sore di poco infèriore a quello delle rachidi. Durante la maturazione dei
frutti vi si produce per opera del cambio un anello completo ed assai
vistoso di fibre legnose (Tav. VII, fig. 3) che prima non esistevano,
ed anche gli elementi meccanici del libro si rafforzano nella stessa guisa
che nelle rachidi. Le cellule del parenchima midollare rimangono circa
della stessa grandezza anche a maturità e solo qualcuna si riempie di
granelli d'amido; nel parenchima corticale si formano pure dei granelli
d'amido ma assai più piccoli ed in minor copia che nelle rachidi. Le cel-
lule albuminoso-tanniche non presentano nè granelli d’amido nel loro
interno, nè alcuna speciale conformazione spugnosa, ma soltanto > sposi
delle granulazioni nel loro contenuto.
$ 3° Caratteri dei varî sistemi anatomo-fisiologici.
SISTEMA CUTANEO. È formato dalla sola assisa di cellule epidermiche,
| che viste di fronte hanno una forma irregolarmente rettangolare o qua
drata (Tav. VII, fig. 4) ed in sezione trasversale presentano una
vità piccola e rotonda; le loro pareti sono ispessite e ricoperte dal late
esterno da uno strato di cuticola piuttosto grosso. Non vi si osservani
stomi; invece, massime nelle rachidi, vi sono numerosi peluzzi ass
corti e rec o meno incurvati in alto; essi sono 2-pausiesleiene termi-
à collo che serve d’attacco alle cellule piligere dell’epidermide. Queste
Sono generalmente diverse dalle altre ed a cavità assai piccole; dove i
peli sono caduti osservasi un’impronta rotonda che segna il loro punto
@ attacco ( Tav. VIII, fig. 4 a). Le cellule epidermiche aumentano di.
volume nel senso della superficie per l’ingrossamento delle rachidi ma
si mantengono cogli stessi caratteri morfologici; però le loro pareti cel-
lulari si suberificano.
SISTEMA MECCANICO. All’epoca della fioritura, nelle rachidi e nei pedi-
celli è appena accennato; invece è già ben sviluppato nei peduncoli; dopo
la fecondazione va formandosi anche in quegli organi a seconda del bi-
i sogno di sostegno dei frutti e delle rachidi stesse fattesi carnose.
Il sistema meccanico trovasi in 3 regioni, che sono:
d Nell’ipoderma, ove è formato da 3 o 4 assise di cellule prisma-
tico-allungate a pareti ispessite, massime nelle assise più esterne, mentre
nelle più interne fa passaggio al parenchima sottostante. Vi mancano le
tasche gommose e le cellule albuminoso-tanniche e vi sono invece fre-
quenti le cellule con druse stellate; la clorofilla vi è scarsa o mancante.
Nello sviluppo successivo, le cellule dell’ipoderma, come quelle del pa-
Csa aumentano di volume, però molto meno, perdono il loro con-
| tenuto e le loro pareti si lignificano come viene dimostrato dal tratta-
mento colla floroglucina ; ; la LAT pare però che non avvenga
nell’ ipoderma dei pedicelli.
BOVA: Nel libro è già precocemente ben sviluppato nei iadineali (Tav.
VII, fig. 5), invece nelle rachidi e pedicelli è dapprima appena mar-
cato (Tav. VIII, fig. le 2) e non si rende ben visibile che dopo la fo-
condazione e specialmente a maturità; allora è formato da grosse fibre
fusiformi disposte a gruppi in scarso numero ed anche isolate e Separate
dal libro molle da cellule albuminoso-tanniche (Tav. VIL fig. 2e 3);
reagiscono debolissimamente alla floroglucina per cui se ne donnes
ra loro nt sono d cellulosa tapas ento
= ADRIANO FIORI
pur traccia (Tav. VIII, fig. 1) e si produce dopo per attività del cam
(Tav. VIII, fig. 2 e 3); nei peduncoli è invece fin da principio ben ‘sv
luppato (Tav. VIII, fig. 5). È formato da cellule legnose disposte in seri
radiali formanti dei fasci cuneiformi separati tra loro dai raggi midol-
lari e confinanti all’interno coi vasi spirali o rigati ed all’ esterno col
libro molle; tali cellule hanno la forma dei comuni elementi meccanici
del legno, le loro pareti assai spesse e punteggiate sono di lignina e rea-
giscono intensamente al trattamento con floroglucina, assumendo un bel
colore rosso-rosa.
Nell’assieme il sistema meccanico nelle rachidi e pedicelli forma dol la
fecondazione — e nei peduncoli anche prima - tre anelli, di cui l’esterno
è dato dall’ipoderma continuo con sè stesso per tutta la circonferenza,
però in qualche punto più spesso in altri meno, gli altri due sono in-
, terrotti per l’interposizione del parenchima sotto forma di raggi midollari
assai numerosi ed a cellule murali appiattite, o anche qua e là per in-
tromissione tra i fasci del parenchima ordinario a grandi cellule poli-
gonali od a cellule albuminoso-tanniche.
SISTEMA CONDUTTORE. È RITIRI dal leptoma, dall’adroma e dal pa
. renchima conduttore.
Il leptoma o libro molle è formato da elementi assai piccoli ed a pari
reti sottili, che non riesce tanto facilmente di osservare con chiarezza.
nelle sezioni longitudinali; occorre fare delle sezioni molto sottili al i
crotomo con pezzi inclusi in celloidina. Anche con questo mezzo non i
è però riuscito di riconoscere i peculiari vasi graticciati proprî del libro:
Il parenchima che circonda il libro e che si intromette tra i suoi fasci
per congiungersi ai raggi midollari, deve considerarsi come mezzo con-
à duttore ausiliario; esso è sprovvisto di clorofilla e non fabbrica, amid
; L’adroma o parte conduttrice del legno è costituito dai vasi e dal
| renchima conduttore circostante, cioè raggi midollari e porzione perl!
Tica del parenchima midollare che, similmente a quello del libro, no!
ha clorofilla nè amido e le cvi cellule neppure aumentano conside
mente di volume coll’accrescersi delle rachidi. I vasi sono quasi tu!
à spirali, solo nei peduncoli se ne osservano dei rigati e talora anche
: pedicelli ; nelle rachidi osservai costantemente solo gli spirali.
Rs ge H a k 3 Ji NOS = de 9 x Š È A x 7
RICERCHE ANATOMICHE SULL'INFRUTTESCENZA DELL'HOVENIA DULCIS 147
= SISTEMA ASSIMILATORE. Trovasi soltanto nelle giovani infiorescenze,
= potendosi considerare come tale il parenchima corticale e midollare delle
rachidi ed il corticale dei peduncoli e dei pedicelli, che, come già dissi
parlando della struttura in generale, è provvisto di clorofilla e funziona
quindi come un clorenchima. Tale funzione però è soltanto accessoria,
4 poichè i tessuti che l adempiono si trasformano, dopo avvenuta la fe-
SI condazione, in:
SISTEMA DI RISERVA. Le cellule che più precocemente presentano gra-
nelli d’amido sono quelle che nei peduncoli stanno immediatamente al-
l esterno degli elementi meccanici del libro e vi si trovano già prima
dell’epoca della fioritura (Tav. VIII, fig. 5 ca); nelle rachidi invece
l amido appare solo dopo successa la fecondazione. I granelli d’amido,
dapprima del volume di quelli di clorofilla, vanno in seguito aumen-
tando di volume e di numero, riempiendo completamente le cavità cel-
lulari (Tav. VII, fig. 7); essi sono di forma rotondeggiante ed a completo
sviluppo misurano da 6 a 18 micromillimetri di diametro; spesso sono
saldati a 3-4 tra loro ed i più grossi presentano un ilo poco visibile in
forma di serepolatura. Le cellule amilifere hanno il loro massimo svi-
luppo nelle rachidi, ne sedia per la massima parte, col loro con-
siderevole aumento di volume, l’ingrossamento e ne formano la parte
carnosa; formasi pure dell’amido nel parenchima dei peduncoli, ma in
granelli più piccoli e meno numerosi; nei pedicelli esso osservasi nel
parenchima corticale, pochissimo in quello midollare (Tav. VII, fig. 3).
Anche le cellule che contengono druse stellate e quelle albuminoso-tan-
niche contengono granelli d’amido; in quest'ultime si trovano solo in
quelle delle rachidi, entro nicchie della sostanza plastica, dalle quali
| facilmente fuorescono pel gonfiarsi di questa coi liquidi; ciò può die È
| tarsi includendo i pezzi in celloidina ed allora si può ottenere delle
sezioni assai sottili coi granelli d’amido al loro posto, i quali trattati |
col jodio si possono subito distinguere dai semplici vacuoli della so-
| stanza albuminoso-tannica coi quali potrebbero confondersi. Se si esa- |
senti delle infruttescenze vi cadute na dalla cs re
ADRIANO FIORI
RT
nio quasi del tutto scomparso ed è invece aumentato lo zucchero; ciò vi
_ dire che nel caso nostro, come in molti altri frutti carnosi, si ha all ;
fine la trasformazione dell’amido in zucchero; ciò succede però molt
tardi e cioè certamente dopo la metà d’ ottobre.
| SISTEMA SECRETORE E CRISTALLOGENO. Esso è è rappresentato dall’ appa-
| Tecchio albuminoso-tannico, dalle borse a gomma e dalle cellule con;
_ druse stellate.
1° Apparecchio albuminoso-tannico. È costituito da speciali cellul
‘contenenti una sostanza plastica che allo stato fresco è quasi jalin
È che diviene di color paglierino col. ‘soggiorno prolungato dei pezzi nel
l'alcool. La natura di tale sostanza e la sua complessa composizione chi-
mica si possono desumere dalle sotto notate reazioni microchimiche, che
praticai cogli stessi risultati tanto sulle rachidi giovani gni in
alcool, quanto su quelle maturissime e già appassite. >
Trattate delle sezioni col Jodio non si ha alcuna reazione speciale.
| Solla soluzione di solfato ferrico si ha subito una colorazione azzurro-
scura intensa ('); col cloruro ferrico un colore nero che diviene grigio-
~ olivastro lavando con acqua.
| Col bieromato potassico (soluzione al 10 0/,) il contenuto di queste |
speciali cellule prende immediatamente una colorazione aranciata carica.
| Col violetto d'anilina d'Hanstein diluito, colorazione rosso-violetta + i
~ Se concentrato violetta intensa.
| Col reattivo di Millon, dopo riscaldamento, colorazione earn >. i
variante nello stesso preparato al rosso-bruno o quasi nero.
| Col reattivo del Raspail, dopo tenute a lungo le sezioni in una soli
zione concentratissima di zucchero di canna, dapprima un colore isa-
_ bellino che diviene. ferrugineo con più lunga immersione nell’ acido
forico; le altre cellule del parenchima prendono gli stessi colori
meno intensi.
Coll’ acido solforico le cellule tanniche prendono un colore "e
x
(* I eolori furono determinati sulla guida della cromotassia del Prof.
ccardo. i 7
| RICERCHE ANATOMICHE SULL’INFRUTTESCENZA DELL’HOVENIA DULCIS 149
le altre restano incolori, ma ben presto le pareti cellulari si sciolgono
e nelle rachidi maturissime restano in tal modo isolate le masse della
| Sostanza plastica albuminoso-tannica che non è intaccata dall’ acido.
| Coll’ acido cloridrico ed acetico nessuna reazione.
Coll’ acido nitrico si ha una bella colorazione gialla o ranciata, va-
riante però nello stesso preparato verso il rosso mattone od il castagno.
Col reattivo di Fehling preparato di fresco, a freddo si ha dopo poco
tempo un colore che varia dal verde-giallastro all’isabellino e che con
moderato riscaldamento diviene olivastro o rosso-mattone; riscaldando
sino all’ebollizione compaiono dei piccoli granelli di ossido ramoso che
però trovansi sparsi nei varî tessuti. Le medesime reazioni ebbi anche
sopra fettucce lasciate per due giorni in infusione nell’ acqua distillata;
però le granulazioni di ossido ramoso comparivano in minor copia; lin-
fuso, trattato collo stesso reattivo, accennava la presenza del glucosio
che del resto riscontrai poi anche assai copioso nell acqua ove erano
state tenute in infusione delle rachidi mature triturate.
Coll’ idrato potassico si ha un color giallo-ruggine però non costante
nelle rachidi mature.
La saffranina, V'ematossilina ed il violetto di metile danno una colo-
razione intensa.
Dal complesso di tali reazioni si possono trarre le seguenti conclu-
sioni sul contenuto delle cellule in parola:
1.° Le reazioni dei sali di ferro, del bicromato potassico e del vio-
letto d’anilina d’ Hanstein dimostrano senza dubbio la presenza del tan-
| nino; 2.° quelle del reattivo di Millon e dell’ acido nitrico dimostrano la
i | presenza di sostanze albuminoidi, confermata pure dal reattivo di Raspail,
benchè, nel caso nostro, i risultati con questo ottenuti non siano molto
| attendibili dal momento che la medesima colorazione succede egualmente
| dopo trattamento col solo acido solforico; 3.° infine il reattivo di Fehling
ci dimostra la presenza dei glucosidi. A quest’ultimo riguardo deve però
fe
4 osservarsi che il glucoside che entra nella composizione della sostanza |
alle rachidi mature dell’ Hovenia ; questo lo ritroviamo disciolto negli
Muusi, quello i invece 0A intimamente unito alla sostanza albuminoso-
albuminoso-tannica è ben altra cosa del glucosio che dà il sapore dolce
150 ADRIANO FIORI
tannica. Da tutto ciò si deduce che il contenuto delle cellule al u-
minoso-tanniche è una sostanza complessa a componenti saldamente
combinati tra loro e per la sua apparenza plastica analoga al pro-
toplasma.
Volli pure provare il recente metodo del Pollacci per la ricerca del
fosforo (!), tantopiù che l’autore, tra i molti organi ed elementi anato- i
mici in cui ha ricercato tale elemento, non menziona le cellule albumi- >
noso-tanniche; però mi aspettava una disillusione. Trattando delle se-
zioni col reattivo molibdico, il contenuto delle cellule albuminoso-tan- 5
niche prende all’ istante una colorazione bruna o quasi nera, che si con-
serva durante le ripetute lavature che il Pollacci consiglia di fare prima
del trattamento col cloruro stannoso, per asportare il reattivo molibdico
in eccesso; trattando poi ‘col cloruro stannoso, la tinta bruna va lenta- $
mente scomparendo finchè ritorna il colore normale; le cellule degli altri
tessuti, meno quelle epidermiche, prendono invece all’istante un'evidente
colorazione azzurra indicante la presenza del fosforo; le fibre legnose @
quelle del libro, conforme anche a ciò che ha osservato il Pollacci, sono A
quelle che si colorano più intensamente. La colorazione bruna che laso- —
stanza albuminoso-tannica assume dietro trattamento col reattivo moli- i
bdico mi fu spiegata da persona competente come dovuta alla riduzione del
molibdato ammonico per la presenza del tannino o del glucoside; la suc- |
cessiva scomparsa del colore dietro trattamento con cloruro stannoso
non è invece facilmente spiegabile. Comunque avvenga, ecco un caso ove.
il metodo Pollaeci non è applicabile. |
| Messa in tal modo in éhiaro la natura di queste speciali cellule a +
buminoso-tanniche, vediamone la loro origine, forma e distribuzione. à
Riguardo all origine esse si trovano già nelle rachidi giovani
ed appartengono al parenchima mancando negli altri tessuti; differiscono
però dalle circostanti cellule parenchimatiche, oltre che pel contenute
anche per la forma generalmente più rotondeggiante dovuta alla pes:
~ sione che il loro contenuto più denso esercita sulle pareti. Come sno
| {) G. Porraccr, Sulla distribuzione del fosforo nei tessuti vegetali. Mal NET,
o VII, 1894, Lo
RICERCHÉ ANATOMICHE SULL'INFRUTTESCENZA DELL'HOVENIA DULCIS 151°
delle altre cellule del parenchima, anch’esse crescono di volume coll’in-
grossarsi delle rachidi, ed allora si forma nel centro della cavità un.
s
È vuoto (Tav. VII, fig. 4); più tardi nel loro interno si formano dei gra-
i _ nelli d’amido che restano come innicchiati nella sostanza plastica (Tav.
i VII, fig. 6), ma facilmente ne fuorescono, e se si allontanano con penel-
lazioni o sciogliendoli colla potassa, coll’ acido cloridrico od altro rea-
gente, il contenuto cellulare presentasi alveolato (Tav. VII, fig. 5). Se poi
: si osservano delle rachidi maturissime e già appassite, nelle quali l’a-
= mido si sia trasformato in zucchero, si trova la sostanza albuminoso-
~ tannica raccolta nel centro delle cavità cellulari in una massa omogenea.
fortemente rifrangente.
Riguardo alla distribuzione delle cellule albuminoso-tanniche, dissi già
come la maggior copia di esse si trovi attorno ai fasci fibro-vascolari e
massime all’esterno del libro molle che esse circondano tutto attorno
formandogli una specie di guaina, qua e là sostituendosi pure ai raggi
midollari (Tav. VIII, fig. 1); nel resto del parenchima corticale e midol-
lare, nelle sezioni trasversali, si mostrano isolate od in piccoli gruppi,
ma nelle sezioni longitudinali si trovano sempre, come al solito, rego-
larmente sovrapposte le une alle altre in vario numero (Tav. VIII, fig. 2).
Dirò qui, per incidenza, che anche nel parenchima corticale e nell’astuc-
= cio midollare dei rami e così pure nei picciuoli delle foglie dell Hovenia,
si trovano delle cellule che offrono pressa poco i caratteri microchimici
di quelle sopra descritte, però meno evidenti perchè il loro contenuto è
molto scarso; pare anzi che la sostanza albuminoso-tannica vi formi solo
un sottile intonaco entro la cavità. Ma qui non è mia intenzione di esa- z
minare la distribuzione degli elementi albuminoso-tanniei nei varî or-
gani dell’ Hovenia, ciò potrebbe servire di argomento per altro studio;
| per ora mi basta di aver accennato alla presenza di un apparecchio al- a
| buminoso-tannico in questa pianta, notando che fra le diverse parti esa- .
minate, Saro. è quella ove trovasi più sviluppato e più. evi-
dente. z |
Tra le Jante ove sin’ ora fu patata la presenza dell’ dci a
uminoso-tannico, vanno notate in primo luogo le Leguminose, ove ci
m fatto, conoscere è: prime pi rag del Baccarini, in diversi
RE a A Ata a i ite o La ny OSE 7
152 ADRIANO FIORI
successivi lavori (!). I caratteri microchimici da me osservati nel con-
tenuto delle speciali cellule dell’ Hovenia corrispondono esattamente con
quelli riferiti dal suddetto autore per gli elementi della Glycine
nensis e delle Leguminose in genere.
Ne differiscono però per la forma che non è mai a guisa di tubi come
A
dei
generalmente riscontrasi nelle piante di questa famiglia e per la speciale | a
presenza dei granelli d'amido; presentano invece perfetta analogia colle
cellule albuminoso-tanniche delle radici della Vite descritte è figurate | à
dal Pichi (°). a
Quale sia l’ ufficio dell’apparecchio albuminoso-tannico e del tannino
in genere non è ancora ben accertato. Il Pichi (l. c.) riguardo alle ra- ij i
dici della Vite, tenderebbe ad attribuirgli uno scopo protettore, ed osse- |
sarebbe
3
i
vando che nelle Viti americane esso è in generale più sviluppato,
“propenso a mettere in relazione questo fatto colla maggior resistenza |
di queste Viti alla filossera; anche il Kraus (°) sarebbe d’ avviso che È
in generale il tannino servisse a scopi protettivi. Molti considerano i ;
tannino come sostanza di rifiuto, residuo del complicato. ‘chimismo che
succede nel corpo del vegetale; ciò, come osserva giustamento il Bac-
carini a proposito delle Leguminose, può esser vero per quel tannino |
che non è intimamente legato alle sostanze albuminoidi; ma non nel:
caso di tale composto così complesso che sembra essere analogo al pro- i
toplasma. Secondo Le-Moore (*) il tannino — oltre l'ufficio attribuitogli Di
dall’ Haberlandt (°) nei nodi motori della Mimosa pudica, cioè di tra- >
smettere gli stimoli dinamici - crede che esso possa probabilmente ser- ;
(*) P. Baccarini, Intorno agli elementi speciali della Glycine sinensis. pe
ghia III, 1889.
Id. Contributo alla conoscenza dell apparecchio albuminoso-tannico delle Las
minose. Malpighia VI, 1892.
(°) P. Pic, Z apparecchio albuminoso-tannico delle radici della
della R. Scuola Enologica di Conegliano. Anno II, Serie III, Fase. I, z ss
Ë) Kraus, Grundlinien zur einer Physiologie des Gerbstoffs. Leipzig, 12%. p
(9 Sr. Le Moore. Studies in Prese biology. VII. Some microchemio
clions of tannin with remarks upon the function of that body,
Linnean Soc. of London, Vol. XXVII, 1891.
(© G. HABERLANDT, Das reizleitende Gewebesystem. Leipzig, Verlag Y
i Sete 1890/
von Wilhelm —
vire a lignificare le membrane cellulari; in quanto però ai nodi motori
] della Mimosa, esso potrebbe anche servire ad una maggiore o minore
produzione, secondo le ore del giorno, di sostanze il cui potere osmotico
determinerebbe un diverso turgore nelle cellule, come già il Bert (') ebbe
ad opinare. Infine parecchi, tra cui il Van Thieghem (°), credono che
il tannino, fissando in date circostanze gli elementi dell’acqua, possa
scindersi in acido gallico e glucosio e con ciò spiegherebbero come molti
frutti che acerbi sono ricchi di tannino, lo vadano perdendo colla ma-
turità, mentre il glucosio aumenta. Nel caso nostro forse quest’ultima è
l'ipotesi più attendibile; il glucosio si presenta nelle rachidi dell Hovenia
assai presto e prima ancora che esso possa trarre origine dalla trasforma-
zione dell’amido che avviene molto tardivamente, esso potrebbe quindi
prodursi in parte nelle cellule albuminoso-tanniche. Non si può per altro
escludere anche uno scopo protettivo, come sarebbe quello di conservare
| inalterate le rachidi dopo il loro distacco dalla pianta, impedendone lo
disfacimento per opera degli agenti atmosferici e dei microorganismi,
in modo che esse possano trattenere le sostanze nutritive che serviranno
d’alimento alla nuova piantina.
2. Tasche gommifere. Furono già scoperte e descritte in diverse
Rannacee, compresa l’Hovenia, dal Touvenin (5) e dal Guignard e Co-
lin (+) quasi contemporaneamente. Esse si trovano in molti organi della
nostra pianta; nelle infiorescenze sono abbastanza numerose entro al pa-
renchima corticalè e qualcuna se ne trova anche nel midollare. Queste
cavità appaiono nelle sezioni trasversali come fori rotondeggianti piut-
tosto grandi e spesso circondati da cellule che formano loro una specie
di parete propria (Tav. VIII, fig. 1 e 5); nelle sezioni longitudinali sm —
presentano in forma di cavità oblunghe (Tav. VIII, fig. 2). Secondo il
% t Lay
(1) ane, Recherches sur le mouvement de la sensitive, II mem. Penone de
la Soc. de science. phys. nat. de Bordeaux, Vol. VIII, 1870. a
(°) Van Tonem, Traite de Botanique, p. 542. - ;
Ai M. Touvenis, Sur la structure des Rhamnacées. Bull. de la Soc. Ja sciences "i
de Nancy, Serie II, Tome IX, 1888.
($ L. Guianarp er CoLin, Sur la présence de réservoirs à gomme chez la Rham-
nées. Bull. de la Soc. bot. de France, Tome XXXV, 1888, p. 325.
ADRIANO FIORÌ
Touvenin (l. c.) esse si formano per via lisogena, cioè la gomma è ;
creta dapprima in grandi cellule isolate od a gruppi, le pareti di queste
cellule in seguito si riassorbono e si produce una lacuna più o meno
grande a seconda del numero di cellule che concorse alla sua formazioa i
Il loro contenuto è così trasparente che il più delle volte si crederebbe di |
avere innanzi delle cavità vuote; solo col sussidio di sostanze coloranti n
| si ci può accertare che invece vi esiste sempre. La soluzione a'coolica di |
zaffranina è stata quella che mi ha dato migliori risultati, essa colora
prontamente le cavità gommose, però meno intensamente delle cellule al-
buminoso-tanniche per cui si distinguono tra loro a prima vista; nelle ra-
chidi mature le tasche gommose non si scorgono se non con questo mezzo, T
perchè allora sono molto ridotte e mascherate dalle grandi cellule ami- |
lifere. L’ematossolina alcoolica può egualmente servire a questo scopo, |
e così pure il violetto di metile. Il violetto d’anilina d’Hanstein non
colora od assai debolmente le cavità con gomma, esso invece, come sopra —
si è detto, colora prontamente le cellule albuminoso-tanniche; di questa
particolarità si può approfittare per avere un elegante preparato, trat-
tando delle sezioni prima col violetto d’Hanstein e lavando con acqua
e spo Solera colla zaffranina e lavando con alcool; le cellule albu-
colore rosso-minio vivo. La tintura di jodio non dà reazione o solo t
lora un deboie colore azzurrognolo, ciò che conferma trattarsi di gom
e non di mucillagine. I reattivi del tannino e specialmente il solfato fer-
rico ed il bieromato potassico, dimostrano senza dubbio, anche nelle
| vità gommose, la presenza di tale sostanza.
3.° Cellule con druse di ossalato calcico. Esse sono molto numerose nelle
_ diverse parti dell’ infiorescenza dell’ Hovenia e diffuse in tutto il p
chima, nell’ipoderma e nei raggi midollari; in questi ultimi vd
copiosissime e se ne osservano spesso in varie cellule sovrapposte in
Je une alle altre (Tav. VIII, fig. 3). Sono già numerose nelle ra
giovani e si mantengono sino alla completa maturazione di queste,
anzi che aumentino di volume e di numero; la loro peona so”
RICERCHE ANATOMICHE SULL'INFRUTTESCENZA DELL'HOVENIA DULCIS 155 wi
lule del parenchima non impedisce che queste, si riempiano d’amido
à (Tav. VII, fig. 8). Esse si sciolgono lentamente coll’idrato potassico,
| cogl’acidi forti scompaiono senza effervescenza, restano invece inalte-
3 rate dopo il trattamento, anche prolungato, coll’ acido acetico; ciò con- P
: ferma la loro natura chimica.
CONCLUSIONE.
Le particolarità più importanti, riguardo alla struttura delle rachidi.
dell’ Hovenia, possono così riassumersi :
1.° L’ingrossamento delle rachidi, il quale avviene solo dopo successa
la fecondazione, è dato per la massima parte dall’ accrescimento in vo-
E no
lume, non in numero, delle cellule del parenchima corticale e midollare,
che si riempiono d’amido ed assumono perciò la funzione di sistema di
riserva simile a quella dei pericarpi carnosi. In seconda linea concorre
a tale ingrossamento l’ aumento del sistema meccanico.
2.° Nei peduncoli il sistema meccanico tanto del legno che del libro
è già ben sviluppato anche prima dell’epoca della fioritura; nelle ra-
chidi e nei pedicelli invece rendesi manifesto solo dopo avvenuta la fe-
-
condazione e va crescendo col progredire della maturazione dei frutti.
3.° Nelle infruttescenze dell’ Hovenia riscontrasi uno speciale sistema
albuminoso-tannico che offre molte analogie con quello delle radici della
Vite e che non mi consta essere ancora stato osservato nelle Rannacee.
Le cellule che lo costituiscono presentano delle particolarità interes-
santi secondo il momento in cui si osservano; dapprima tutta la ca-
spal
| vità cellulare è riempita da una sostanza plastica omogenea o granu-
losa, in seguito coll’accrescersi del loro volume vi si formano una o
più cavità centrali; compaiono quindi nel loro interno dei granelli d'a- | o
| mido, i quali, se disciolti colla potassa od altro reagente od allontanati A
| meccanicamente con penellazioni, lasciano nella sostanza albuminoso-tan-
; “nica tante nicchie che la rendono alveolata; infine, quando le rachidi L
Sono giunte a completa maturità e l’amido à scomparso ‘trasformandosi. ino
| zucchero, la sostanza plastica si raccoglie nel centro delle cavità cellu- A
lari i in una massa omogenea fortemente rifrangente. Tali cellule si tro- na
11, Malpighia anno IX vol IX.
= ADRIANO FIORI.
| vano sparse nel parenchima ma più specialmente attorno ai fasci vas
ris e sono mt allineate SSR in x Jane numero; ess
| ma ivi sono meno appariscenti e presentano altri caratteri.
N Abbiamo infine delle tasche o cavità gommifere, le quali sono pure.
_ state osservate presso molte altre Rannacee; il loro contenuto, SH,
Dall Istituto Botanico di Padova, Febbraio 1895.
CPI PARER PREEN
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.
Tav. VIE
"nie. 1. Infruttescenza nu di Hovenia dulcis in grandezza naturale. !
SI » ©. Sezione trasversale di una rachide matura, ove i granelli d’ amido furono
x in gran parte allontanati con penellazioni per lasciar meglio vedere.
| _°‘’’’alveolature delle cellule ogni Ge X 220.
o ep. Epidermide.
ip. Ipoderma.
tg. Tasca gommifera.
| et. Cellule albuminoso-tanniche. .
pe. Parenchima amilifero corticale.
st. Stereoma del libro. :
Im. Libro molle.
fl. Fibre legnose.
vs. Vasi spirali. ea
rm. Raggi midollari. | |
pm. Parenchima sno midollare. Ma
3. Sezione trasversale di un pedicello fruttifero. X 220. :
3 ep. Cellule punteggiate del midollo.
| Significato delle altre lettere come nella fig. CIT
4 Cellule albuminoso-tanniche di rachidi lire viste in
presentanti una sola lacuna centrale. X 450. Pao
Tre it come sopra, ma i di i rachidi dai viste în sez. trasver. ca Di
presentanti degli alveoli centrali ed altri periferici ove stavano me
dei granelli d'amido allontanati con penellazioni. X 450.
Due cellule come sopra viste in sezione long., tolte da pezzi inclusi in cel-
loidina e contenenti dei pesi d'amido innicchiati nel loro contenuto
| plastico. X 450.
. Una cellula amilifera del RIO corticale di una rachide matura
i vista in sezione trasv. X 450.
i Due canale come sopra tant amido e druse di ossalato calcico. X 450.
Da VII Ex
Sezione trasv. di una rrebids fiorifera. x 220.
pe. Parenchima corticale clorofilloso.
ss pare Parenchima midollare clorofilloso.
| Significato delle altre lettere come nella fig. 24 Fe tav. precedente.
Sezione long. di una rachide come sopra. X 220.
Significato delle lettere come nella. fig. precedente.
Cellule formanti i raggi midollari con druse stellate. X 450.
Pezzetto di epidermide delle rachidi con un n x 450.
a. Punto d’inserzione di un pelo caduto.
. Sezione trasv. di un peduncolo al momento della fioritura. X 20
se, pe. Parenchima clorofilloso corticale. À
pu Parenchima midollare.
_ cp. Cellule punteggiate del midollo.
ca. Cellule amilifere. a È
n . Vasi ner A
158 ‘LUIGI BUSCALIONI
Sulle Muffe e sull’Hapalosiphon laminosus (Hansgirg) |
‘ delle Terme di Valdieri. | C
Nota del D. Lurer BUSscALIONI
Libero Docente di Botanica nella R. Università di Torino.
(Con Tav. X).
Nella scorsa estate, approfittando del gentile invito fattomi dal sig.
Morini e dall’ egregio mio collega D. Cerrina, io mi recava nel gran-
dioso stabilimento termale di Valdieri tanto rinomato, sia per le sue. da
acque medicinali, sia per l’amenità dei suoi contorni, attratto special-
mente dall’opportunità di poter esaminare quella specialità del sito, 60,
nosciuta, si può dire in tutta Europa, sotto il nome abbastanza impro-
prio delle cosidette Muffe, ; | À à.
La mia gita non era motivata da alcuna pretesa di scoprire novità
ma solamente dal desiderio di controllare quei fatti che il Delpont
il Garolli, il Montagne, il Perroncito ed altri autori avevano già ti-
levato. Ciò non di meno avendo potuto fare alcune osservazioni perso
nali a riguardo di quella vegetazione termale, credo non del tutto p
di interesse il riassumerle in questa nota. ù
Verso la base del monte detto il Matto, sulla sponda destra del Get,
e quasi di fronte allo stabilimento termale, sgorgano dalla nuda roccia,
numerose fonti, le cui acque, dotate di una temperatura oscillante :
l'incirca fra 69° e 54° c., balzano di roccia in roccia o discendono Di
appositi letti per mescolarsi di poi con quelle del sottostante fium
Fra queste sorgenti le più notevoli sono quelle di S. Martino
S. Lorenzo, nelle cui acque appunto si sviluppano rigogliose le xy
… (Œ) L’inesattezza del nome deriva da ciò che il nome muffe serve a i
organismi appartenenti alla classe dei funghi, mentre nel nostro canon
a fare con alghe. ’ i
le quali costituiscono delle masse'o placente, come ben disse il Delponte ('),
di una sostanza lubrica, vischiosa, di un intessimento fitto, colorata
in verdognolo sporco nelle parti più profonde, in giallo, in bruno od
in rossastro nelle parti più superficiali.
Le placente formano uno strato appiattito, dello spessore di un deci-
metro, quando si sviluppano sulle faccie orizzontali dei sassi, mentre
assumono la forma di colonne o di prolungamenti torulosi, simili a
stalattiti, per lo più distintamente verdi o bluastri, quando per le acci-
| dentalità del suolo son costrette a rimaner sospese per un certo tratto
verticalmente nell’aria.
Sui sassi irrorati dalle acque più calde, vale a dire in vicinanza delle
sorgenti, invece di placente si incontrano solo più dei cordoni o degli
| ammassi di una sostanza rosso-sangue, cosparsa di macchie bleuastre,
oppure una materia gelatinosa di aspetto bianco-madreperlaceo.
La varietà di tinta che si osserva nelle muffe fa si che i tratti di
‘terreno, che da queste sono rivestiti, acquistano un aspetto variegato,
visibile a distanza e che risalta ancor di più per la assoluta mancanza
di vegetazione, sia erbacea che arborea, e pei vapori che vanno svolgen-
dosi là dove l’acqua raggiunge i più alti gradi di temperatura.
Sottoponendo all’ esame microscopico le varie parti di cui consta la
muffa, si può riconoscere che la sostanza colorata in rosso vivo è for-
SF mata da un fitto intreccio di lunghi filamenti estremamente sottili, ta-
lora granulosi, inglobati in una sostanza gelatinosa, i quali, invece di
i decorrere disordinatamente nel substratum mucilaginoso, si dispongono in
modo da formare dei tubuli intrecciati a loro volta in reticoli (V. fig. 1).
> Gli organismi che compongono tali masse appartengono al gruppo dei
_solfobacteri o bacteri thiogeni, studiati recentemente dal Winogradsky (?).
_ À piccoli ammassi bleuastri che sono commisti a questa bacteriacea _
sono formati da una nostocacea che pei caratteri rassomiglia a quella.
peer itta dal Meneghini sotto il nome di Anabaena bulis >
#
di
Sar E ý
$ Letiora del Prof Car. Delponte al Dottore Gio Gio. Garelli medico-direttore |
dello stabilimento termale di Valdieri. Gazzetta M eg Sardi 1857.
s0- Zur Morphologie und Üágeiolopi der Sosa, am Taipi
+
: elevata, la compattezza dello strato de è Re din
160 SELE LUIGI BUSCALIONI
Nelle parti sottostanti, dove cioè la temperatura dell’acqua è
meno elevata, i filamenti della bacteriacea vanno intrecciandosi e
scolandosi con quelli di un’altra alga, la Leptothrix Valderia, che w
stituisce l'elemento essenziale delle Muffe. Questi ultimi però sono in
gran parte ridotti allo stato di tubillî vuoti, i quali danno appunto |
P aspetto madreperlaceo alla sostanza in cui stanno immersi. Da questo
punto i solfobacteri mano mano scompaiono, mentre l’organismo proprio
ferita AAT:
delle Muffe, all’ opposto va acquistando uno sviluppo sempre più con
siderevole, di guisa che il color rosso ben tosto riesce sostituito du
verde glauco. SI
La parte principale delle placente, dal punto in cui incomincia à man-
care la bacteriacea sino alle falde del monte, è quasi esclusivamente rap-
presentata dalla Leptothriæ Valderia descritta dal Delponte; solo qua e à
colà si incontrano delle diatomee, delle oscillarie, qualche spirogira, dei
scitonemi, ecc., che in modo quasi accidentale inquinano le Muffe |
Va notato però che ai piedi del monte, proprio nel letto del fune
Gesso, compaiono di nuovo gli elementi della solforaria, commisti alla
Leptothrix Valderia, ed il fatto è dovuto a ciò che ivi sgorgano dalla
roccia altre sorgenti ad acqua caldissima che permettono nuovamente lo
sviluppo rigoglioso di quell’organismo.
I filamenti della Leptothrix Valderia sono semplici, uniformi, somi-
trasparenti, verdastri, continui in tutta la loro estensione, flessuosi, "i
trecciati, ed inglobati in una massa gelatinosa poco distinta, ma © E
rabile debolmente colla fucsina Ziel. ;
Essi constano di una delicata membrana e di un contenuto er
bleuastro Ds che pr pré all’azione dell'alcool si frami
(fig. 2). a
. In vicinanza delle parti soleggiate il contenuto plasmico va grati
mente scomparendo, oppure trasformandosi in un cordone di À 7
giallastra o brunastra, naturalmente priva di vita, alla ye
va ascritta la varia pari ne delle muffe.
Ul che si spiega con facilità qualora si consideri che coll’ aume È
| rapporteur (Annales de la Société de Hydrologie Medicale de Paris, Tom. V, 1858-59,
_ P. 295 eseg.)
SULLE MUFFE E SULL’HAPALOSIPHON, ECC. "MOI"
temperatura le mucilagini costituenti le membrane acquistano la facoltà
di assorbire una maggiore quantità d’acqua e perciò diventano meno
consistenti, quasi spappolabili.
E stato merito del Delponte l’aver stabilita la vera natura degli am-
massi costituenti le muffe, in quantochè gli autori che prima di lui si
occuparono dello stesso argomento li ritennero, come ad esempio il Fan-
toni ('), quali sedimenti o conerezioni accidentali ed informi di ma-
terie disciolte o sospese nell’ acqua, mentre il Marino nel suo Commen-
tario (°) sostenne che le Muffe erano formate da un’ oscillatoria, con-
fondendo però ad un tempo, non solo la specie con altre che non hanno
alcun che di comune colle oscillarie, ma scambiando fin’ anco i nomi
degli autori che fecero menzione di tali organismi. Persino l Allioni,
infine, tanto benemerito dei progressi della botanica, non riuscì a clas-
sificar l’ alga in questione essendosi limitato a denominarla Ulva laby-
rinthiformis (5). |
Gli osservatori che sono venuti di poi hanno ben poco aggiunto alle .
ricerche del Delponte; tuttavia meritano particolare menzione a questo
riguardo il Montagne, il Perroncito ed il Varalda.
Il Montagne (*), parlando della Leptothrix Valderia, così si esprime:
« Enfin j'ai trouvé mélangé avec la Leptothriæ une Sphaerozyga dont
les filaments, tantot isolés entre ses couches, tantot reuni ça et là en
pulviscules tomenteux, me semblent constituir une nouvelle espèce de
ce genre, à la quelle je veux donner le nom de S. Garelliana pour
temoigner au savant médecin directeur des eaux de Valdieri tout Pin-
térêt que j'ai éprouvé en lisant ses livres ». :
(t) De Thermis Valderianis. Dissertationes duae Auctore Joanne Fantono Ge- E
nevae 1725. si
(*) Delle pe termali di Vinadio. Commentario di den Antonio Marino.
Torino 177 a
{9 aa; pedemontana, Tom. Il pag. 234.
(9 Rapport sur les Conferves de Valdieri (Piémont) et sur ine per
~ de champignon que de Conferves recueillis dans les thermes de rare)
| Bains (Nièvre) au nom d’une Commission composée de MM. Fermond et Cazin
x
9 Varalda Luigi. Atti del XII Congresso Medico Pavia 1888.
| rocciose dove l’acqua scorre alla temperatura di 55° c. hanno un colore che varia Fe
i dal rosso pomodoro al rosso arancio, una struttura delicatissima e sono costitite
| unicamente da filamenti lunghi e sottilissimi del diametro inferiore ad 4/, di p; fla-
| menti riuniti a fasci più o meno grossi con disposizione fra loro parallela oppure :
embricantisi in varia guisa in modo da costituire un fitto intreccio capace di ia ee
iu perse l’acqua in notevole quantità ».
162 LUIGI BUSCALIONI
Oltre a questa specie, il Montagne ha anche riconosciuta la presenza È È
nelle Terme di Valdieri, di tre diatomee, la Epithemia alpestris Kg. ui g
la Navicula lanceolata K. e la N. cryptocephala Kg., ed è infine rivecitofi
a dimostrare che un’altra specie di alga, imperfettamente descritta dal |
Delponte nella sua opera testè citata, non è altro che il Seytonema ther-
male Kutzing.
Egli conchiude dicendo che lo studio delle Conferve di Valdieri è al
presente completo.
I Di Perroncito e Varalda (') aggiungono alla fiora ed alla fauna delle
Muffe di Valdieri alcune amebe, dei rizopodi, dei parameci, alcuni fla-
gellati, come le euglene, dei rotiferi come le lappadella, le filodine rosee,
delle speciali sulforarie ed altri organismi ancora, che però si limitano
solo ad accennare senza curarsi di determinarli.
Nell’opuscolo di questi autori si notano alcune inesattezze, come ad
esempio quando accennano ad oscillarie prive di clorofilla ed alla man-
canza di vegetali, all'infuori della Leptothrie, là dove le acque hanno
un’alta temperatura, poichè ivi esistono pure dei bacteri, e quando in-
fine scambiano gli elementi della solforaria che vive nel tratto irrorato
da un'acqua caldissima cogli elementi della Leptothrix Valderia (°).
Nelle mie osservazioni, in cui m’ero prefisso lo scopo di esaminare
se la varia temperatura dell’acqua nei differenti punti della roccia po-
tesse avere qualche influenza sullo sviluppo di un’organismo piuttosto
che di un altro, ho rilevato, oltre al fatto già accennato, di un thiogeno
dove l’acqua è caldissima, anche qualche altra no abbastanza
interessante.
Ho trovato, cioè, che sezionando a tutto spessore una placenta presa
(') Le così dette Muffe delle Terme di Valdieri per i Dott. Prof. E. Perroncito
(?) V. L c. p. 7 dove sta scritto « Le muffe che si sviluppano sulle superficie
SULLE MUFFE E SULL'HAPALOSIPHON, ECC.
nei punti dove l’acqua ha una temperatura piuttosto elevata si notano,
nelle parti profonde colorate in verde chiaro, dei piccoli ammassi di
. una sostanza verde bluastra, grossi quanto una capocchia di spillo, i
quali si differenziano abbastanza nettamente dalla massa circostante
per la loro colorazione più cupa.
L'esame microscopico di tali accumuli lascia riconoscere che dessi
sono formati da un intreccio di un’alga appartenente al genere Masti-
gocladus Gohn.
‘2 Sono cioè dei filamenti più o meno lunghi, formati in gran, parte
«da piccoli elementi verdi bleuastri rotondi, analoghi perfettamente a
quelli delle ordinarie anabaene.
È, I filamenti si presentano raramente dinitil; per lo più sono disposti
a zig-zag, e nel punto in cui avviene lo spezzamento, si nota per lo più
una cellula cuneiforme la quale si eleva perpendicolarmente alla dire-
| zione del filo.
Ho detto che i filamenti sono costituiti da elementi arrotondati: oc-
corre aggiungere che essi terminano, per lo più, da uno o da entrambi
i lati, con elementi cilindroidei che sì allungano nel senso stesso del
filamento, restringendosi in pari tempo nel senso trasversale. La parte
basale o fondamentale dell’alga foggiata sullo stampo di un’anabaena si
continua adunque in una specie di flagello ondulato alquanto più sottile,
il quale si impianta nella sostanza della placenta. L’alga oltre a questi
rami terminali, continuando a svilupparsi, emette pure dei ramuscoli
| laterali lungo tutta la porzione foggiata a guisa di anabena.
Questi rami nascono al seguente modo:
In un punto qualsiasi una cellula si divide pararellamente all’ asse del-
l’alga in due metà, l’una delle quali continuando a dividersi nello stesso
senso, produce un flagello che si innalza perpendicolarmente all’alga ed
à poco à poco, per gra luale accrescimento, diventa simile ai rami termi-
nali in quanto che le sue cellule si fanno pure cilindriche.
Nei casi più ordinari è quella cellula uniforme che si trova in cor-
rispondenza delle spezzature alla quale è devoluto l’incarico della pro-
| duzione dei rami mercè successive divisioni. E non è nemmeno infre-
Hi caso in cui sianvi due di questi elementi speciali, appajati e
; ` lamento (V. fig. 3 B.) oppure che abbia luogo una dre longitudinale.
LUIGI BUSCALIONI
sormontati da una grossa cellula che per ripetute segmentazioni d
origine ai rami a cellule cilindriche (!).
In qualche raro caso ho notato che le due cellule appajate possono
. segmentarsi indipendentemente per dar luogo a due rami che ben tosto
si scostano l'uno dall’altro (V. fig. 4). à:
Naturalmente perd le cellule cilindriche dei rami possono anche .
loro volta contribuire all’allungamento di questi, sia per ulteriore svi-
luppo, sia per divisione. vi
I flagelli diventano estremamente lunghi, e le cellule di cui sono co-
stituiti hanno pure un plasma verde-bleuastro nel quale non si può di-
stinguere una struttura speciale od un nucleo.
Da questi caratteri riesce pertanto evidente che l’alga in questione |
non è altro che l’Aapalosiphon laminosus (Hansgirg), una nostocacea A.
la quale per la sua dimora nelle acque termali ad alta temperatura,
come pure per la variazione di caratteri che presenta a seconda delle |
località e dei vari stadi di sviluppo è oltremodo interessante.
I sig. Bornet e Thuret nella loro classica opera « Notes Algologiques.
Recueil d'observations sur les Algues. Fascicule II, Paris 1880 » de i
scrivono a pag. 173 l’ Hormactis Balani Thur., un’ alga cioè, che pel
modo di vegetazione si avvicina, secondo il loro modo di vedere, grand
mente a quella di Valdieri.
Secondo questi autori il gen. Hormactis, segnalato per la prima volta
nell’ Essai de Classification des Nostochinées comprende due specie, la
più antica delle quali è stata presa per un Nostoc. Infatti il Nostoc
Quoyi di C. A. Agardh, trovato nelle isole Marianne, non è altro che
un’ Hormactis, ed è pure questa stessa specie la Rivularia nitida 500
perta negli Stati Uniti sulle coste dell’ Atlantico.
e) In questo caso è duopo ammettere che alla formazione dei rami concorran®
tre cellule della porzione anabaeniforme dell’ male delle quali quella di m
produce i rami, le due laterali invece si allun r formare la base del
cellula formatrice dei rami.
i Nell Hapalosiphon Brebissonii e nel H. Braunii pare che la formazione
rami sia ancor più semplificata .
SULLE MUFFE E SULL’HAPALOSIPHON, ECC.
La divergenza dei nomi dipende dal fatto che l’alga in questione
tiene ad un tempo della Rivularia e della nostocacea, perchè come il
Nostoc ha i filamenti flessuosi e le eterocisti intercalari ed al pari delle
Rivularie porta dei tricomi terminanti in peli e le guaine aperte, ma
si distingue dai primi perchè i suoi filamenti son ramosi, dalle seconde
perchè la sua ramificazione è di natura affatto particolare e non ha
altra analogia che col genere Mastigocladus Cohn (1).
I rami sono formati inferiormente da due branche scartate, più in
alto invece constano di una sola fila di cellule.
I filamenti si formano nel seguente modo: Due articoli concorrono
alla loro formazione. L’uno di essi si allunga lateralmente al contatto
del setto che lo separa dal suo partenaire e si divide mercè un setto
obliquo in due segmenti cuneiformi.
Il segmento di nuova formazione costituisce la parte semplice del
ramo. Poi il segmento residuante, come pure l’articolo sinergico si ac-
crescono simmetricamente e simultaneamente producendo ciascuno una
protuberanza laterale che si allunga e divide in articoli. Alla sommità
le due protuberanze sono riunite mercè la cellula staccata dal primo
articolo. Questa cellula resta qualche volta indivisa, ma per lo più si
allunga, si divide e produce un pelo od un ramo, Qualche volta i due
articoli associati si sviluppano lateralmente e si dividono nello stesso
tempo e nello stesso modo. In tal caso non vi ha più una cellula unica
che li unisca,
Dalla descrizione adunque che i sigg. Bornet e Thuret danno della
loro alga, risulta evidente che l analogia col modo di ramificarsi del
Mastigocladus laminosus è alquanto superficiale, non producendo la cel-
lula terminale dei rami di quest’ultima specie alcuna nuova ramifica-
zione conformate analogamente a quella dei Scytonema, non concorrendo
_ alla formazione degli stessi che di rado due articoli, i quali inoltre sono
giustaposti e non dividendosi questi in modo da dare due rami basilari.
n | Tutt'al più si potrebbe dire che nell’Æapalosiphon laminosus la ramifi-
die Algen des Karlshader Sprudels Atlandi. der Schles. Gesellsch.
) Ueber
für Vaterländ. Cultur. Naturwiss. Abtheil. 1862. Heft. II, p. 40.
LUIGI BUSCALIONI
cazione avviene secondo il tipo presentato dal’ Hormactis Balani, ma in
modo semplificato.
L’Hapalosiphon laminosus è un’alga intorno alla quale regna la pi
grande confusione, dovuta appunto alla sua forma variabile col progre- |.
dire dello sviluppo ed alla presenza contemporanea allo stato adulto di ng
un tallo ricordante le Anabaene e di ramuscoli del tutto simili a quelli
delle Leptothrix.
Non parrà quindi strano se i molti autori che si occuparono di alghe
termali hanno ritenuto a volta a volta quest’ organismo come apparte-
nente a specie ed a generi disparatissimi, quando non lo hanno persino — >
| confuso con altre specie annesse a famiglie differenti, rendendo così ol- da
tremodo difficile lo stabilire chi pel primo lo abbia rinvenuto in una
data località. PU
È impossibile infatti sapere se il Fucus thermalis descritto dal Se- )
condat (!) corrisponde alla nostra alga, e lo stesso può valere per la
Tremella thermalis di Springfield (?).
Pei tempi più recenti le cose vanno un pò meglio: così ad es.: la
Tremella thermalis di Thore (*) la quale veniva ritenuta come analoga
alla nostra alga, si sa ora che corrisponde invece alla io la i
~ mellosa di Kützing.
Il Pollini nel suo trattato delle Alghe viventi nelle terme Euganee
(1817 p. 9) parla di una Merizomyria, genere equivalente al Mastigo- 3
- Cladus, ma l’alga studiata da quest’autore apparterrebbe, secondo il Me- x
neghini, al gen. Microleus e forse ancora meglio al gen. Dichothria. di |
Un’incertezza parimenti grande regna nelle descrizioni del Bory dove =
si parla dell Anabaena thermalis (*) e monticulosa (°), in quanto che 7
caratteri che valgono a contrassegnare la prima di queste due specie sa
= < sostanza gelatinosa, vescicolosa, fogliettata, verde, liscia quando è gio-
: vane, giallastra e d’aspetto ruminato quando è vecchia, composte di fi-
ES
__ (! Observations de Physique et d Histoire Naturelle. Paris 1750, p. 12.
(°) Histoire de l'Académie de Berlin. 1752 VII, p. 102.
oy Essai d'une Chloris du département des Lande, p. 448, 1803.
(9 Diction. class. d Hist. nat. V, 1, p.
di (*) Diction. class. d Hist. nat. p. 482, Vol. XII, 1827.
SULLE MUFFE E SULL’HAPALOSIPHON, ECC. 167
lamenti semplici, intrecciati di un verde tenero » sono troppo vaghi per
s poter fondare su di essi delle analogie; però, secondo Bornet e Flahault
essi non lasciano alcun dubbio che l’autore abbia soltanto veduto dei
filamenti di Leptothriæ lamellosa Kg. Va notato però che l’acqua della
fontana pubblica dove si trova quest’organismo, ha una temperatura di
49-50° R., la quale è appunto adatta allo sviluppo del Mastigocladus.
La stessa obbiezione vale per l'Anabaena monticulosa di Bory, pa-
rimenti composta di filamenti simili a quelli dell’ Anabaena di Dax
ed avvolti da sostanze gelatinose a vari colori.
L’Agardh descrive nella « Flora » dell’anno 1827 a pag. 633 un’ Oscil-
laria laminosa che più tardi venne dal Kuetzing riconosciuta come co-
stituita da due specie, cioè dalla Leptothrix lamellosa e dalla Merizo-
myria laminosa. Ma il fatto è alquanto dubbio, non avendo potuto più
tardi i sigg. Bornet e Flahault rinvenire altro che traccie di Leptothrix
nei due esemplari provenienti da Carlsbad e che si trovano depositati
nel Museo di Parigi.
Qualche anno dopo le osservazioni del Kiitzing, il Beggiato (1) descrisse,
sotto il nome di Conferva Vandelli un’alga che a detta del Meneghini (°)
corrisponderebbe alla Sphaerosyga bullosa Kg. da taluni ritenuta ana-
loga all’ Hapalosiphon laminosus.
La descrizione però indica tutt'altro. Chi difatti potrebbe riconoscere
in quest’alga il nostro Mastigocladus, dal momento che l'A. fa menzione
‘di filamenti semplici, ialini, foggiati a monile, articolati, dotati di un
terno e trasparenti, i quali, nei punti dove l’acqua è più calda, si con-
vertono in una sostanza mucosa, molle, di color rosso vivo, incrostati
di sostanza calcare?
o più organismi; prova ne sia che anche a Valdieri, là dove l’ acqua
una bacteriacea di color rosso vivo.
‘o Delle terme Padova 1833.
(C) Conspectus Algologiae seit p. 8, 1837.
tenue movimento di oscillazione e composti di globetti vuoti nell’ in- |
È probabile che sotto la stessa descrizione l’autore abbia confuso la
ha una temperatura più elevata, alla Leptothrix Valderia va associata "n
LUIGI BUSCALIONI
Dalla figura che il Beggiato ci ha trasmesso della sua Conferva Van-
delli, risulta pure evidente che egli avrebbe trovato una delle tante.
specie di Anabaena anzichè il Mastigocladus.
Qualche anno più tardi il Meneghini (1) prese pure ad illustrare la
| flora algologica dei colli Euganei. Egli descrisse innanzi tutto un’Ana-
n baena rudis propria delle acque aventi una temperatura di + 86° R.
cor | formata di fili grossi, verdi-intenso, curvati, i cui articoli subsferici
deformi, ineguali, sono ravvolti da uno strato gelatinoso. Poi un Ana-
baena bullosa che come sopra si è detto, sarebbe analoga alla Conferva
— Vandelli Beg. ed alla Sphaerozyga bullosa Kg. e finalmente un’ Oscil-
laria labyrinthiformis costituita: « filis tenuissimis, viridibus, saepis-
simum binatis, spiraliterque, densissime, tortis: funiculis inde efformatis,
extensis viridissimis: lineolis incospicuis ex strato polymorpho impli-
| Catis: Diam. funieulorum 0.000.003 » la quale se da un lato sarebbe ana-
: + loga all Anabaena thermalis Bory, dall’altro corrisponderebbe alla Spiru-
~ lina tenuissima Schwabe ed all Oscillaria labyrinthiformis Ag. (ex parte).
a Dalla descrizione e dalla sinonimia usata risulta evidente che l'Oscil-
n fana labyrinthiformis, analoga all’ Anabaena di Bory, non potrebbe venir
7 unita al Mastigocladus, come differirebbe da questo l’ Anabaena rudis
~ per la descrizione e Anabaena bullosa per la sua analogia colla Con-
ferva Vandelli.
PTT OU RE A N È di $
je RES RIESI 3
EI TRAE EE an TE j
= n sp
Ho creluto di dover insistere su questi fatti, perché alcuni autori ri-
| | tengono come probabile che l’Anabaena rudis e la bullosa siano forme
| di Mastigocladus. Parimenti infine l’
k analoga all’ O. laminosa di Ag. non è altro che una Leptothrix.
= A complemento di questi dati aggiungo ancora che, in grazia della
| gentilezza del Prof. Caruel di Firenze, ho avuto l’opportunità di control-
| lare le descrizioni col materiale secco della collezione Meneghini.
In questa gli esemplari di Anabaena rudis si mostrano formati uni-
camente da un intreccio di filamenti ‘di anabene discretamente corti e
rivi affatto di quella struttura che è propria della Sphaerozyga e del |
tigocladus. dec fio | nue
Oscillaria laminosa di Meneghini
SULLE MUFFE E SULL’HAPALOSIPHON, ECC. 169
Lo stesso fatto mi fu pure dato di constatar> nei molti campioni di
detta collezione che vanno sotto il nome di Sphaerozyga bullosa e di
Anabaena bullosa, come pure in quelli di Conferva Vandelli, per cui
mi sono convinto che queste tre specie, per la loro forma ben definita,
costante ed ovunque reperibile, non possono venir ritenute come stadî
giovani di quella che sto studiando.
Un po’ più di luce comincia a manifestarsi nelle opere del Kützing.
. Quest'autore ha distribuito nella Decade XIV, N. 133, delle sue Alg.
dulci dell'anno 1836 nn esemplare che porta il nome di Merizomyria
aponina. Orbene 1° alga così contrassegnata corrisponde abbastanza a
quella che ora ci interessa.
Prova ne sia che un esemplare autentico, proveniente dalle Terme
di Abano, come ebbe cortesemente a comunicarmi l egregio collega
dottore De Toni, constava per la massima parte di Æapalosiphon la-
minosus.
Il Kützing ha creduto più tardi di dover cambiare un tale nome con
quello di Merizomyria laminosa, descrivendo nello stesso tempo l’alga
come formata di articoli inferiori moniliformi e quindi elittici, il che
si osserva diffatti nella specie di Valdieri.
Malgrado ciò il Kützing è ricaduto molte volte nell’errore dominante
di confondere cioè la Leptothrix lamellosa colla Merizomyria laminosa,
che pur aveva così nettamente descritta. Infatti a pag. 199 e 232 della
sua Phyc. gen. afferma che tanto la M. laminosa, quanto la L. lamel-
i losa sono analoghe all Anabaena monticulosa Bory ed all’Oscillaria la-
| minosa Ag. (ex parte).
È vero però che nel suo trattato di Phycologia Germanica (1845) se-
Para nettameute la Leptothrix lamellosa e 1° Oscillaria laminosa Ag.
| dalla Merisomyria laminosa (V. p. 166 e 183), per fare poi di bel nuovo
la stessa confusione nelle « Species algarum » apparse nel 1849 (V. p.
266 e 325) dove tuttavia distingue chiaramente la Merizomyria lami-
"Osa, propria dell’Italia e della Germania, dall'Anabaena rudis del Me-
Neghini (V. p. 288).
| Della poca chiarezza che si rileva nelle opere di Kützing io ebbi
Prova consultando un esemplare di Leptothrie lamellosa (Kg.) raccolto
_ come probabilmente identiche al Mastigocladus laminosus.
>
| tibus fere aequalibus tia
parum contractis, maigres Rep diametro ae
LUIGI BUSCALIONI |
a Carlsbad e distribuito dal Rabenhorst nelle sue decadi di « Ala
stava quasi dl id di individui appartenenti ad una specie
di Sphaerosyga molto differente da quella propria delle Terme di Val-
dieri.
A riguardo del Kützing occorre infine ancora notare che egli ha de-
scritto anche cinque altre specie, l Anabaena calida, il Cylindrospermum
licheniforme, l Anabaena nodularia, il Phormidium smaragdinum e la
Sphaerozyga bullosa, le quali da taluni autori vennero di poi ritonuie:
Ciò però è falso. L’Anabaena calida propria delle acque termali del- |
l'America, viene diffatti descritta in modo che pare non conforti troppo.
l'opinione di coloro che ammettono un cotale ravvicinamento (1).
La Sphaerozyga bullosa (Alg. aq. dule. Dec. XIV, N. 135, 1836) di
tardi descritta dallo stesso Kü itzing col nome di Anabaena bullosa, ha
pure dei caratteri, come si è veduto trattando delle osservazioni del Me-
neghini, affatto differenti dalla nostra alga (°).
Lo stesso dicasi pel Cylindrospermum licheniforme Kg. (5), tanto più
che quest’ alga corrisponde ad un tempo alla Sphaerozyga Jacobi (Icon.
Alg. Eur. Tab. XXXV) che rappresenta realmente una fase di sviluppo.
del Mastigocladus, ed all’ Anabaena licheniformis Bory che è tutt pe
cosa.
Per quanto infine UPR il Phormidium smaragdinum (Tab. Php.
l, P. 35, Tav. 49, Fig. VI) od Oscillaria smaragdina (Phyc. germ.,
r
(!) A. strato saturate aerugineo; trichomatibus 1’,
formibus, subparallelis (aut intricatis),
gioribus ellipticis.
{) À. quote.
— t/,99". crassis monili
articulis latte aequalibus aut pen
ie lubrica, saturate aeruginosa, ha
rassis, distinctissime articulatis, ad genicula
E
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Ilipticis, vasi
La
SULLE MUFFE E SULL HAPALOSIPHON, ECC.
158, N. 8) (1) e l'Anabaena nodularia (?) sinonimo di Nostoc aniso-
coccum Schwabe basterà consultare la figura del Kützing, come pure
accennare solo che l Anabaena nodularia vive nelle acque piovane, per
convincerci che noi incontriamo qui nulla di comune col Mastigocladus.
Infatti i sigg. Bornet e Flahault sono pure d’avviso che il detto
Phormidium non sia altro che una specie di Tolipothriv, del che ho
anch’io potuto convincermi esaminando un esemplare di Ph. smarag-
dinum della collezione di Rabenhorst (Algen Mittel Europa’ s N. 856).
Bisogna tuttavia confessare che il Nostoc anisococcum vive nelle
acque termali (5): che lo stesso Schwabe ha creduto opportuno di rite-
nerlo analogo alla Sphaerozyga Jacobi, come del resto risulta abba-
stanza dalla descrizione e che infine pei sigg. Bornet e Flahault (*) il
Nostoc anisococcum di Schwabe sarebbe identico realmente all’ Zapalo-
siphon laminosus.
Nella stessa epoca in cui il Kützing scriveva le sue opere, compariva.
anche una monografia sulle alghe tedesche del Roemer (°) il quale è
pure caduto nella stessa confusione già lamentata per l’altro autore;
occorre però notare che al Roemer spetta pure il merito di aver sepa-
rata l Anabaena bullosa dalla Merizomyria lamellosa che così descrive:
« Weit ausgebreitet, häutig, plattig, dicht, grün. Fäden oben sehr dünn;
die unteren Glieder kugelig, die oberen elliptisch. An feuchten Mauern
in Karlsbad. »
(') Ph. strato membranaceo pulchre smaragdino: trichomatibus 1/9" crassis,
rectis, aequalibus, aeru maragdinis lucidis, obsolete articulatis: articulis dise s
gineo-s
metro subaequalibus, homogeneis; apieulo acuminato, acutissimo, subuncinato. In
acquis calidis Badensibus lègit Amic. A. Braunius: ex insula Trinitatis misit cl.
Crueger (v. 5).
(°?) A. lacustris; trichomatibus ‘/;y!' crassis aequalibus, cp laxe impli- :
catis, stratum viride aeruginosum, maxime lubricum, mollissimum
articulis sphaericis geminatis lucidis; MELI te aequaliter distantibus
nodosis. In acqua pluviali stagnante ins. Vange
naea
herbiers de France. A N,
Č) Die Algen von Degtschland. ite "1846.
12. Malpighia, anno IX, vol. IX.
ns
ge (v. i
©) V. Ueber die Algen d. Karlsbader tar “Quellen v. Hof. Schwabe Lin-
1837.
(5) V. Révision des ae AT contenues dans les principaux
Nat. T +
I Ar E LUIGI BUSCALIONI
Una tale confusione fra i vari generi e le differenti specie ha perdu- |
rato fino al 1864, epoca in cui è apparso alla luce il lavoro sulle Alghe
delle Terme di Carlsbad di F. Cohn (1), il quale finalmente non solo ha
saputo elevare al grado di genere a parte il Mastigocladus, apportando
- così un notevole contributo nell’intricata questione, ma è stato il primo
| ad accennare all'identità dello stesso colla Merisomyria aponina Kg. e
_ colla Sphaerozyga Jacobi, come pure a sospettare che alcune forme di
anabaena possano rappresentare i primi stadi di sviluppo dell’alga.
L esempio venne seguito dai suoi successori, cosicchè noi riscontriamo
nel Rabenhorst (?) il Mastigocladus nettamente contrassegnato dai se-
guenti caratteri « Trichomata evaginata, dichotome ramosa, monilifor-
mia, cellulis interstitialibus subglobosis, ramis tenuibus flagelliformibus
secundis e cellulis cylindricis et interstitialibus ellipticis formatis in-
structa, in stratum disforme carnose spongiosum implicata. M. laminosus
M. strato lamelloso, compacto, calcaria carbonica, incrustato, aerugineo,
ua tenuissimis; tricomaticum cellulis globosis, passim triseriatis, ramo-
~ rum cellulis cylindricis elongatis, v. v
| Diam. trich. ‘/so0 ‘oo = 0,00014 — 0,00029". ram. */40"" = 0,00011".
. Hab. in Thermis Carolinis Italiae. |
Il Rabenhorst dà anche un'eccellente figura della pianta in questione
a pág. 26, come pure mantiene separate dalla stessa lAnadaena bul-
| losa Kg. o Sphaerozyga bullosa Kg. e l'Hypheothrix laminosa od Oscil-
laria laminosa di Ag., perchè non corrispondenti pei caratteri al
nc SARRI si Pee la as ren (so si ec-
Ischaft für Vaterländische Cultur, 1863, Il, pag. 39
Menpe Algarum aquae dulcis et submarinas, Lipsia 1864-68.
| (1) Ueber die Algen des Karlsbader Das in sogni der Schlesischen Ge-
í
1 geminatim geniculatis, vel cruribus duobus suffultis, cellulis angu-
ribus elongatis; heterocystis intercalaribus saepius cellulis vegeta-
is latioribus, sphaericis vel oblongis (v.v.).
Habitat in thermis calidioribus Galliae ad Dax (J. Thore!) Neris
Gay!) ete. Germaniae ad Baden-Baden (Zeller!), Carlsbad (Schwabe!,
o di un a rinvenuta nelle acque termali della fontana di Dax,
ta alla porzione sommersa delle pareti del bacino. Il Serres, allo.
di studiare lo sviluppo di quest’organismo, che corrisponderebbe
nabaena thermalis di Bory, ha posto 20 placche di vetro sui gra-
ingresso del bacino osservando di poi ad intervalli la Vane
t dava sviluppandosi sulle stesse.
. uisa; di poi dei piccoli corpiceiuoli sferici, isolati o disposti in
filamenti dapprima pian diventavano dee, un po’ di tempo
ote sur l he de la aies onta de Dax, av. pas Gul. de
LS, Borda à Dax. An. V, 1880, p. 13-26).
trovò dapprima dei filamenti lunghi, scolorati, ed intrecciati Lt
174 ata LUIGI BUSCALIONI . k
piegati, ed intanto i singoli membri si ramificavano per form
specie di reticolo. Nello stesso tempo però sarebbero comparsi ti)
dei filamenti ricordanti l Oscillaria labyrinthiformis Ag. y
Per il Serres i filamenti di anabaena che più tardi si ramificano ma
probabilmente giovani individui di Mastigocladus Cohn (?). |
Più tardi il P: Richter (t) ha sollevato la questione se la ssh |
syga Jacobi sia sinonima del Mastigocladus laminosus. Egli ha trovato, |
studiando i fatti su materiale vivente alle terme di Carlsbad, che
Sphaerozyga (Anabaena) bullosa Kg. rappresenta uno stadio di sviluppo
del Mastigocladus laminosus. Però l’autore, non avendo a disposizio í
materiale autentico di Sphaerozyga Jacobi, ha dovuto limitare lo studio
alle raccolte dell’erbario di Schwabe provenienti da Carlsbad, dalle quali
risultava l'identità colla Sphaerozyga Jacobi. Lo stesso autore avrebl
poi anche trovato che il Nostoc anisococcum di Schwabe costituireb
il primissimo stadio di sviluppo dello stesso organismo. vi
E per arrivare a questa conclusione appoggiasi pure al lavoro £
Serres sull’anabaena della fontana di Dax. |
Il più ampio sviluppo a questa teoria venne infine dato dal] Hansgir
il quale, a riguardo dell’ Æapalosiphon rinvenuto a Carlsbad e di 2
specie rimette in onore l'antica teoria sul polimorfismo delle alghe
Agardh, Kützing e di altri, venendo alla conclusione che l Hapa
phon laminosus non sia altro che una forma sviluppata dell’ Anaba
rudis Menegh., dell’ Anabaena bullosa Kg. e dell’ Anabaena ther
Bory.
L’ ipotesi dell’ Hansgirg avrebbe un grande valore qualora sali
riuscito per via sperimentale a seguire il ciclo di sviluppo dalla si
alla forma perfetta nelle alghe studiate. Invece, come giustamente
fatto osservare il Klebs (5) l'A. si è limitato a studiare alcune
(!) Ist Sphaerozyga Jacobi ein Synonym (Entivicklungsglied) © von Masi astigo
dus laminosus den Hedwigia 1882, N. 4, p. 49-53 e, Weiteres üb. pe
| Jacobi Ag. Hedwigi
ê) Pittga. sid Abpoligliche Studien. Prag. 188
| Kritische Bemerkungen eu der Abhandlung von Hours « Ueber dm
lymorphismus der Algen ». Botanisches Centralblatt. Bd. XXII, N. de a
N. 8. Biologisches Centralblatt 1. Januar 1886. V. Bd., N. 21.
ti Suso | An 2 5
SULLE MUFFE E SULL’HAPALOSIPHON, ECC. 175
s NA
adulte di alghe che crescono le une accanto le altre e che pur abitando
i in un mezzo identico, hanno forma diversa.
. Questo è il lato debole della ipotesi di Hansgirg, il quale ha in tal
modo unito in un solo ciclo di sviluppo le specie le più disparate come
ad esempio Crocococcus, Nostoc e Stigonema, mentre ha creduto di
separare dello forme che si possono considerare come varietà di una
stessa specie, quali il Scytonema Hofmanni var. Julianum ed il Scy-
tmnema Hofmanni var. genuinum, per elevarle al grado di punti ter-
_minali di due diverse forme di sviluppo, il primo con 33 specie ed il
secondo con 22, molto diverse da quelle del primo.
E finalmente ha fatto ancora derivare Funo dall’altro il gen. Por- .
phyridium e Lyngbya, quantuuque il primo abbia eromatofori rossi ed
il secondo ficocroma diffuso, proprietà queste, le quali sono di una certa
importanza per mantenere divisi due generi.
Del resto anche dal lato sistematico per le ragioni sopra indicate
l'analogia fra l’ Anabaena rudis di Kützing e l'Anabaena monticulosa
di Bory col Mastigocladus non regge.
L'idea di Serres, di Richter e di Hansgirg venne pure in certo qual
modo accettata dai sigg. Bornet et Flahault, almeno per quanto risulta
dai loro studi sulle Nostocacées hétérocystées.
| Questi autori affermano che fra tutte le nostocacee nessuna specie,
come l’Hapalosiphon laminosus, riveste delle forme cotanto svariate da
rendere necessario lo studio del ciclo di sviluppo su culture pure e
l'esame comparativo di esemplari provenienti da località diverse, in
quanto che la stessa specie presenta assai spesso delle dissomiglianze che
non si sa se siano accidentali o costanti, ed inoltre le attuali descrizioni
della Stessa non sono sempre sufficentemente chiare e scultorie.
1 Premessa questa digressione, i summentovati autori hanno creduto
Pportuno di riunire in un sol gruppo le alghe termali nelle quali si è
contrato una vera ramificazione ed uno spessore dei filamenti variabile
da 3-6 p, e ciò in attesa che l'avvenire possa decidere sulle differenze
rural.
ID Rei des Nostocacées hétérocystées. Ann. Sc. Nat., Tom. V, Serie 7.2, 1887.
LUIGI BUSCALIONI
Per quanto riguarda le altre alghe nelle quali manca la ramifice zi i
come ad esempio l’Anabaena bullosa e PA. rudis, Bornet e F ahi
hanno stimato utile di non addivenire ad una vera fusione colle p ce-
denti, pur ammettendo la possibilità che si tratti della stessa specie. |
Secondo Bornet e Flahault lo stato ramificato od adulto del Mastigo- F
cladus non rappresenta che un piccolo volume dell alga, almeno in certe
stagioni ed in certe località. Durante il periodo di vegetazione attiva |
la massa dell’alga ha un altro aspetto, che essi così descrivono: ;
Si sa che le Nostocacee attraversano generalmente un periodo di svi- |
luppo e di moltiplicazione rapida operato dalla segmentazione dei tr
‘comi. Nel maggior numero dei casi questa segmentazione è’ un feno
meno passeggero, ed i segmenti, i quali spesso costituiscono degli ormo-
j gonii, passano per uno stadio di riposo prima di svilupparsi in un nuovo d
individuo, Ciò non avviene invece nell Hapalosiphon laminosus. I seg-
menti in questa specie vegetano continuamente ed immediatamente:
segmentano e si ramificano in modo che ricorda molto più il tipo delle
nostocacee e delle Scitonemee anzichè quello del gruppo al quale Palga
appartiene quando ha raggiuato lo stadio adulto. Inoltre il loro aspetto. È
toruloso e moniliforme è molto simile a quello delle anabaene. Essi sono .
nudi come gli ormogonii, disposti parallelamente, diritti od incurvati. i
Nella parte media le cellule sono sferiche, compresse o foggiate a botte;
all’estremità, invece, cilindriche, allungate e ristrette in modo da simu- È
lare i peli delle Calothrix. Ma questa parte terminale non è un pelo - |
essendo dessa ripiena di protoplasma colorato e capace di dividersi 8 Soi
di svilupparsi. Qua e là sonvi poi degli eterocisti ordinariamente più.
grandi degli articoli vegetativi.
Gli stessi autori poi, dopo di aver trattato del modo di prot d
rami laterali (su di che io concordo a pieno, fatta eccezione, però, por
quanto riguarda la pretesa analogia col modo di sviluppo del Braci
trichia Balani), e dopo di aver rilevato che la nostr’alga anzichè
gen. Mastigocladus deve andare ascritta al gen. Hapalosiphon, so
nome di H. laminosus, passano a trattare delle varie alghe che si
vano commiste con questa specie nelle acque termali e della loro an
| nità colla medesima. i
sus MUPRE E sun” L'HAPALOSIPHON, ECC
E a aai riguardo, mentre lasciano in dubbio se il Fucus ie
Secondat e la Tremella thermalis di Springfield siano o nòn tutt’ aliia,
cosa dell Mapalosiphon, ritengono quasi per certo che l Anabaena mon-
ticulosa Bory, | Anabaena thermalis dello stesso e la Tremella ther-
malis di Thore non sono altro che forma di Leptothrix.
Per quanto concerne le altre specie, essi sono d’avviso che la Meri-
zomyria aponina Kg., il Nostoc anisococcum di Schwabe, la Conferva
delle acque termali di Neris e Valdieri (Sphaerozyga Garelliana) ap
partengono invece realmente all’ Hapalosiphon laminosus.
L'Anabaena rudis è l’ Anabaena bullosa sono per questi autori delle
specie dubbie, potendo forse tali alghe rappresentare stadi giovanili del- | a
l Hapalosiphon. Lato
Stando così le cose, l’ apalosiphon laminosus non sarebbe altro che
la forma adulta di altri tipi di alghe appartenenti al gen. Anabaena e
Sphaerozyga e viventi nelle stesse acque termali.
Io sono d’avviso che questa successione di tipi è solo in eZ veni
come ho potuto convincermi dagli studi che ho fatto sul materiale.
vivente delle Terme valderiane, i quali mi hanno inoltre portato alla
conoscenza degli stadi giovanili dell’ Hapalosiphon.
Ho veduto che l’Anabaena bullosa vegeta, nei punti dove F acqua tac
un'alta temperatura, affatto isolata dalle altre due così dette specie,
_ l’Hapalosiphon e la Sphaerozyga; e benchè formi degli ammassi di di-
sereta grossezza, i suoi segmenti mantengono sempre la forma tipica,
senza presentare cioè traccia di ramificazione.
Ben diversa invece va la cosa per quanto riguarda la darti
| Garelliana, la quale molte volte mi ha lasciato scorgere distinti tut
i passaggi dalle forme proprie di queste specie a quella caratteristi ca
del Mastigocladus. È però vero che ho anche trovato abbondanti í
| striscie dove i vari filamenti decorrono paralleli fra loro Sag e
-dove mancano o sono rare le ramificazioni. si
_ In generale però si può dire che le forme perfett di Mastigociadus sono
b
tas AS
bastanza scarse in proporzione degli esemplari di
na
darebbe la spiegazione. del fatto che i sigg. usi; e Flahault. hanno
wi)
trovato i i filamenti dell’ Zapalosiphon di Valdieri rassomiglianti a de ,
178 LUIGI BUSCALIONI
della Sphaerozyga, riuscendo così più ad indovinare che a realmente os-
servare la nostra specie.
Finalmente, in mezzo ai filamenti di Sphaerozyga e di Mastigocladus,
ho rinvenuto anche delle catenule di un’anabaena la quale, a differenza
delle altre, si presenta foggiata a zig-zag oppure sotto forma di fila-
menti ondulati, contorti, composti di cellule più grandi nel centro e
che vanno man mano degradando in grossezza da entrambi i lati.
=
Se si studiano queste speciali forme di anabaena, si vede che nei
punti dove il filamento è spezzato, vi ha per lo più una cellula cunei-
forme più grande delle altre, oppure è già manifesto un ramo laterale
_ a cellule cilindriche, il quale non tarda pure a comparire alle due estre-
mità del filamento di anabaena.
Da queste speciali forme di anabaena nascono adunque tanto gli stadi
di Sphaerozyga, quanto la forma adulta di Mastigocladus (V. fig. 3).
La presenza dell’ Anabaena bullosa e dell’ Hapalosiphon posti l uno
a ridosso dell'altro, come si vede frequentemente, prova nulla a ri-
guardo della loro mutua indipenza o derivazione; massime qui dove,
trattandosi di alghe che vivono in acqua ad alta temperatura, lo spazio
in cuì le condizioni vitali sono presenti è grandemente ristretto.
Come prova dell’indipendenza di queste due specie potrei ancora os-
servare che l’ Anabaena bullosa forma degli ammassi abbastanza che
l’Hapalosiphon è invece ridotto a pulvinuli minuti.
Oltre a questo io ho anche esaminate le alghe provenienti dalle Terme
_ Euganee (!) e da quelle di Carlsbad, gentilmente fornitemi dai Prof.
_ Cohn e Caruel, dal Direttore delle Terme stesse di Carlsbad e dal sig.
_ Schmula.
. Or bene ho sempre trovato che dove si aveva la forma di Anabaena
bullosa, rudis ecc., queste non presentavano traccia di ramificazione 0 |
tendenza ad assumere quelle forme che caratterizzano gli stadî giovani
del Mastigocladus.
All’opposto in un esemplare delle Decadi « Die Algen Europa's » di
nb (N. 2153 Dec. COXY-CCXVII) proveniente dalle Terme di
v Gli esemplari provenivano dalla collezione del ca
SULLE MUFFE E SULL’HAPALOSIPHON, ECC, 179
eris e determinato come Mustigocladus laminosus, ho di nuovo tro-
| vato tutte le forme proprie di questa specie, cioè anabaena a zig-zag,
la Sphaerozyga e l Hapalosiphon (').
. Perchè adunque si rinviene una tale costanza di caratteri allorchè si
esaminano, siano pure in grandi masse, l’Anabaena rudis e la bullosa,
3 mentre allorquando si studiano dei piccoli pulvinoli di Mastigocladus
adulto, si possono trovare tutte le fasi di sviluppo a partire dalle forme
di anabaena sui generis?
| Allorchè io faceva le prime ricerche sull’identità di struttura fra le
4 varie specie, ero quasi indotto a credere che l’Æapalosiphon fosse real-
| Invece quando ho potuto assistere alle varie fasi di sviluppo dell’ alga
Son venuto nella convinzione che solo l’Anabaena (Sphaerozyga) bul-
5 losa, e la rudis come pure la Conferva Vandelli (per parlare qui sol-
: tanto delle specie più affini alla nostra) sono tutt’affatto diverse.
| Qualcuno potrebbe obiettare che i lavori del Serres, basati sulle cul-
| ture, provano il contrario del mio asserto; ma io posso aggiungere che:
| il metodo usato da quest’ autore per coltivare la sua alga lascia molta
| resa alla critica, non avendo egli fatto delle culture pure.
Premessa questa digressione, possiamo ora domandarei se l’ Hapalosi-
| phon sia realmente presente in tutti i luoghi dove venne più o meno
chiaramente segnalato.
Limitandomi a questo proposito unicamente alle Terme italiane ri-
7 levo, sia dalla letteratura, sia dalle comunicazioni gentilmente forni-
- temi dal D De Toni, che i primi a riscontrare l Æapalosiphon lami-
| "asus furono il Montagne, il quale lo segnalò nelle Terme di Valdieri (°),
x il Beggiato che lo osservò in quelle di Abano, il Rabenhorst che lo scoprì
nel 1850 nelle acque termali di Ischia ed infine il Balsamo il quale
_elr2r--:
À.
“i
se La decade del Rabenhorst venne distribuita nell’anno 1870, cioè 17 anni
ie Prima del lavoro di Bornet e Flahault sulle Nostochinee eterocisti. Il merito quindi
i della scoperta dell’ Hapalosiphon in tutte le sue forme nelle Terme di Neris spet-
4 rebbe adunque al Rabenhorst anzichè ai due ultimi autori citati, ì quali affer-
mhio di averlo ivi osservato (v. p. 60, Ì. c.).
() Come risulta dalle osservazioni di Flahault e Bornet.
o RT Lat UC ON
P avrebbe riscontrato nelle pareti delle vasche alle sorgenti del G
tello (1882).
Ma la scoperta di quest’ultimo autore è priva di fondamento, avendo |
egli confuso l’ Hapalosiphon coll’ Oscillaria laminosa di Ag. e coll’Ana-
Sea prova di pois per apena di Rabenhorst non si rabi ch
incontrato il alone allo stadio adulto o se piuttosto non abb ad
descritto qualche specie affine; per quanto ha riguardo le osservazi
del Montagne io ho la piena convinzione che PA. ha soltanto ved
e descritto (ed assai malamente) lo stadio di Sphaer ozyga, il quale
tardi dal Bornet e Flahault venne identificato coll’ Hapalosiphon i
omaggio alla teoria del polimorfismo di quest’alga: finalmente venendo
alle Terme di Abano noi troviamo per la prima volta un’esatta de-
scrizione del Mastigocladus in una monografia del D." De Toni nella
Flora algologica della Venezia (1), non potendosi dar gran peso alle
osservazioni sopra citate del Beggiato (ed indirettamente a quelle del
Meneghini) in quanto che, come si è detto, la Conferva Vandelli ha la |
forma tipica di un anabaena, ed è dotata di movimenti che non si appa-
lesano nell’alga di Valdieri anche riscaldata fino verso i 50° col Ta-
volino di Schulze. È d’uopo però aggiungere che il D." De Toni, in
seguito ad osservazioni fatte su preparati autentici del Kützing, |
potuto convincersi che assai prima di lui quest’autore aveva pure
venuto il Mastigocladus nelle Terme di Abano.
Da questa rassegna risulta che se i sigg. Bornet e Flahault, come
pure il Montagne, furono i primi a rinvenire l’ Hapalosiphon sotto fo
di Sphaerozyga nelle acque termali di Valdieri, spetta a me la prioril
di aver trovata la > sona alga in tutte le sue tre forme principali í
| sviluppo.
La specie di Valdieri si scosta leggermente da quella comune
| nota di Carlsbad, sia per trovarsi dessa commista, quasi imprigion
È nella Segno di Leptothrix Valderia, sotto forma di print
- - 0) Pire pria della Venezia, per Gio. E E ER mi.
IV. Ze mizoficee (Cianoficee) per G. B. De Ton
| sue a wurre E SUL HAPAL
$ |quanto una capocchia di spillo; privi affatto di sostanza calcare, ia
la grossezza dei filamenti e sia infine per la mancanza di impregna-
zioni calcaree. Sono però di avviso che questi caratteri siano insufficienti
per formare una varietà, concordando l Hapalosiphon di Valdieri per
le altre proprietà con quello rinvenuto a Carlsbad e vivendo esso
pure solamente là dove la temperatura dell’acqua è molto elevata (verso
i 50° C.) come ha notato anche l'Hansgirg nei suoi studi sul polimor-
fismo delle alghe (').
Non ho però trovato traccie di quei corpi arrotondati a contenuto
granuloso, circondati da un involucro ispessito che quest’autore ha de
scritti come analoghi a spore nelle sue « Bemerkungen zur ven
einiger Süsswasseralgen, p. 18 » (°).
Ed ora che ho passato in rassegna tutti i fatti principali TERES
l Hapalosiphon laminosus, credo non del tutto inutile indicare qui le
principali specie che furono a volta, a volta descritte o ritenute come
sinonime dello stesso; così ciascuno potrà rilevare j immensa confusione
che regna interno a questo argomento:
Merizomyria (Pollini, Alghe viventi nelle terme Euganee).
Tolypothrix.
Mastigocladus.
Calothrix.
Anabaena thermalis PR, Diction. Class. d’hist. Nat. V, 1, p. 308.
Merizomyria aponina Kützing, Alg. aq. dulc. Dec. XIV, 1836.
Nostoc anisococcum Schwabe, Linnaea 1837, t. XIV, p. 146.
Merizomyria laminosa Kg., Phyc. gen. p. 232, 1843, Sp. alg. p. 325, :
Tab. Phyc. II, p. 13, Tab. 45, fig. 1. |
g
APA riguardo delle eterocisti ho notato che qualche volta mancano ed in altri
casi son s qua e colà alquanto liregolanmente lungo i rami a ‘cellule cilin-
a e le catennle di cellule rotonde come Leone si osserva nella HE di
arlsbad.
(2) La mancanza di organi speciali di stregone che si osserva in quasi
tutte le alghe termali dipende forse dall’ uniformità di temperatura e delle altre
‘condizioni esterne che facilitano la moltiplicazione continua per Sa anzichè —
pe: mezzo di organi riproduttori speciali. i
| LUIGI BUSCALIONI |
| Anabaena calida Kützing, Sp. alg. 1849, p. 289, Tab. phyc. L p. 51,
Tab. 94, fig. 3.
Anabaena chilensis Montagne, Flora Chilensis VIII, p. 487, 1852, Syl-
da loge p. 469.
Pphaeronige Garelliensis Montagne in Cazin, Conf. des eaux de Valdieri
1859, An. Soc. Hydr. Med. d. Paris. E:
| Phormidium smaragdinum Rabenhorst, Algen n. 185, 1859 an Kützing?
| Mastigocladus laminosus Cohn, Abhandl. d: Schl. Gesellsch. f. Vaterlànd. (A
| Cultur 1863. Rabenhorst, Flora Europ. Alg. II, p. 26 e 284.
Conferva Vandelli, Beggiato, Alg. delle Terme Euganee p. 55, Tav. II, R
se: Fig. 1, 1833 (fide Meneghini Conspect. Algol. Eugan.). di
oroa bullosa Kützing, Alg. aq. dule. Dec. XIV, 1836, n. 135. +
pere bullosa Menegh., Consp. Algol. Eugan. p. 8, 1837. Kiltzing,
= Phyc. gen. p. 212, Phyc. germ. p. 172, Spec. Alg. p. 228 Tab, di
Phye. 1, p. 59, p. 93. Fig. 11. Rabenhorst, Fl. Europ. Alg. n
| p. 183. Richter, Hedwigia 1882. Li
Anabaena rudis Meneghini, Consp. Algol. Eugan. p. 8, 1837. Kützing, a
Sp. Alg. p. 288. Tab. phyc. 1, p. 50, Tab. 93, F. IV. a
Fucus thermalis Secondat, Obs. d. Phys. et d'Hist. Nat. Paris 1750, p. 12.
Tremella thermalis Springfield Hist. de l'Acad. de Berlin. 1752, VII,
- p 102
Ulva labyrinthiformis Auct.
mella thermalis Thore, Ess. d. un Cloris du Depart. d. Land. P
| ai 1803. |
Sh
ariana
Hia laminosa Hi Flor. 1837, p. 633.
! thriz lamellosa ue
ri laminosa. ERRER 1868, FL Europ. Alg.
thermalis Kg. Sp. Alg. p. 266.
3
a
à
AR
Oscillaria smaragdina Kg. Phyc. gen. 1843.
i i
menti rigorosi il concetto. dell’
dal primo di questi autori delle così dette spore dell’ Hapalosiphon. o
> ; (t) Die Algen Europa's. Dec. CCXV-CCXVII, N. 2153.
SULLE MUFFE E SULL’HAPALOSIPHON, ECC. 1830
Cylindrospermum licheniforme Ag.
Oscillaria licheniformis Bory.
Si hanno pertanto oltre trenta specie appartenenti a circa dodici ge-
neri aggruppati a loro volta in ben otto famiglie. e.
E qui faccio punto concludendo:
1° Che dalla letteratura nell’ argomento non si può con sicurezza
affermare che le specie descritte coi più svariati nomi corrispondano real-
mente all’ Hapalosiphon, e che i varî Autori abbiano sempre osservato
questa specie. ; Eo
2° Che il Mastigocladus, sperie propria delle sorgenti termali d'Eu-
ropa, fu rinvenuto, per quanto concerne l'Italia, dal Kützing e De Toni ad
Abano, dal Rabenhorst in Ischia (?), da Bornet e Flahault, come pure
dal Buscalioni, a Valdieri. | 2
3.° Che la Sphaerozyga Garelliana è Jacobi so
come hanno affermato Cohn, Rich- |
no realmente forme di
passaggio proprie del Mastigocladus,
ter, Bornet e Flahault. de
4.° Che P Anabaena rudis, bullosa e thermalis, come pure la Conferva.
Vandelli, il Phormidium smaragdinum ed altre specie affini, sono tut- |
t'altra cosa del Mastigocladus e non rappresentano stadi giovanili di
sviluppo dello stesso. Ga
5.° Che la specie di Valdieri ha alcuni caratteri pe
renzia dalle specie raccolte in altre località (Carlsbad),
simile a quello di Neris, come ho potuto convincermi esaminando un
esemplare delle Decadi di Rabenhorst proveniente da questa località (1).
6.° Che il Mastigocladus laminosus si sviluppa in modo alquanto hi
diverso dell’ Æormactis Balani. na
7.° Che infine non si può accettare senza ulteriori prove ed esperi-
ll’ Hansgirg e di Serres sul metamorfismi
di alcune alghe, come pure richiede ulteriore conferma la scoperta fatta
i quali si diffe-
mentre è molto
LUIGI BUSCALIONI
n poco tempo che mi sono fermato alle Terme di Valdieri non mi ha
concesso di continuare gli studi sullo sviluppo di quest’alga così interes-
sante sotto moltissimi punti di vista (2). Oso sperare che più tardi mi
sarà dato di completare le ricerche, ed intanto mi gode l’animo di poter
| esternare qui le mie più vive azioni di grazia al sig. Paolo Morini, Di-
rettore dello Stabilimento termale tanto riputato di Valdieri, ai Dott.
Cerrina, Medico dello stesso, Schmula, Vinai e De Toni, al Direttore
delle Terme di Carlsbad ed ai Prof. Van Tieghem, Hariot, Gibelli, Mai-
| tirolo, Caruel e Cohn i quali tutti mi facilitarono il compito col loro
| valido aiuto e coi loro autorevoli consiglii.
Torino, Febbraio 1895.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
: Fig. 1. Solforaria delle acque più calde.
Ob. Imm. Om. Sem. Apoc. Koristka.
Oc. 4 Comp. Kor. .
>» ‘2 Leptothrix Valderia (Delp.) Oc. 2, Ob. E Zeiss.
A Filamenti viventi.
| B Filamenti ridotti alle sole membrane.
» 2 Hapalosiphon laminosus (Hansg).
Varii stadi di sviluppo:
A Cellula formatrice di rami a cellule cilindriche.
B Ramo con 2 cellule basali.
Oc. 2, Ob. E. Zeiss.
4, A epi con ramo sdoppiato.
Sten i aai specie accantonata in modo particolare ed ne
iari condizioni di esistenza.
STUDI FILLOTASSICI Leo 4180.
STUDI FILLOTASSICI
Nota di Feperico DELPINO
L
Casimiro De Candolle e Ja teoria fillopodiale.
VE RE TERRES EE
Già sull’ argomento della fillotassi Cas. De Candolle aveva pubblicato
fin dal 1881 un opuscolo intitolato « Considérations sur l’étude de la
Phyllotaxie ». Tornato recentemente sull’ argomento stesso ha pubbli-
cato un secondo opuscolo sotto il titolo « Nouvelles considérations sur
la phyllotaxie », febbraio 1895.
La portata di questo studio non è molto ampia. L'autore, schieratosi
contro la dottrina schwendeneriana, secondo cui la posizione delle foglie
e delle parastiche fogliari sarebbe determinata dalle reciproche pressioni
che le foglie nascenti subiscono sul cono di vegetazione, assume che il
“numero e la inclinazione delle parastiche dipenda, non tanto dall'angolo
di divergenza che fa una foglia colla successiva, quanto dall'aumento
\metrale rispetto all’ aumento longitudinale degli assi.
Giova qui riferire i passi più saglienti contenuti in proposito nell’o-
Puscolo succitato.
T Pour une divergence fondamentale donnée, le nombre et linoli-
naison des parastiques ne dépend à chaque instant, que du rapport entre
‘allongement et l’épaississement de la pousse qui les porte. D’après cela
98 organes nés pendant les diverses phases de végétation d’une même
pousse * Peuvent présenter des parastiques d'ordres différent bien que
tour di vergence fondamentale soit la même » (p. 4).
Les. changement du nombre et de l’inclination des parastiques d’un
pi d'organes ont lieu sans que leur divergence fondamentale soit
rée » (pag. 4).
3
“à:
blicate nel 1881. Io non so che ne sia di questa planche. Detto Oper
FEDERICO DELPINO
« Si l’on suppose qu'une pousse s'allonge, tout en conserv
épaisseur primitive, l’écartement de ses insertions ne pourra s’acer
que dans le sens longitudinal. Si elle s’épaissit sans s’allonger, la
sertions s'éloigneront simultainement de son axe de figure dans le sens
du rayon, et leur distances latérales linéaires augmenteront. Enfin si
la pousse s’accroit à la fois en longueur et en épaisseur , les distances
linéaires des insertions augmenteront dans les deux sens à la fois. Mais
l’accroissement régulier des pousses ne saurait en aucun cas affecter les
distances angulaires des insertions, bien qu’il puisse modifier leur pa-
rastiques. Si l'allongement prédomine sur l’épaississement, celles-ci se
redressent, et ce sont les moins nombreuses qui deviennent les plus ap-
parentes. L’inverse a lieu dans le cas contraire. Cette influence de l'ac-
croissement sur le nombre et l’inclinaison des parastiques les plus appa-
rentes se conçoit d'elle même, et on peut facilement la rendre visible
par des dessins schematiques » (t).
Come si evince dei passi succitati, C. De Candolle ha riepilogato ciò
che è stato ampiamente e lucidamente dimostrato in più punti della
nostra « teoria generale delle fillotassi », segnatamente nei capitoli
settimo e ottavo della parte seconda (pagg. 145 e segg. fino alla pag
158), e nelle figure schematiche 12, 13 e 14 della tav. II; 15, 16, I
18, 19 della tav. III
Ciò premesso, deve sorprendere il giudizio sommario con cui C. De ;
Candolle crede demolire la nostra « teoria generale della fillotassi »
« Un auteur » (così egli scrive a p. 5) « qui, par contre nie r
tence de ces pressions (ammesse dalla teoria Schwendeneriana), a prop
(') Qui l’autore avrebbe dovuto citare le fig. 12, 13, A della tavola Il
nostra « teoria genarale della fillotassi » le quali dimostrano con rigore ge0f
trico come dimorando stazionario ľ incremento attitudinale (nent
mentando invece l'incremento diametrale (radiale), la fillotassi passa d
altra se epifania, anche non avendo luogo la menoma spostazione i
. testo relativo a pag. 151 e segg.), z
Piace invece all'autore di citare la planche 5 delle sue « Considérations »
che due tavole; e, tra le figure di queste due uniche tavole, non vi è nessun
segno hema, valevole a dimostrare gli allegati verissimi fenomeni.
STUDI FILLOTASSICI SU : 187
une autre théorie encore plus compliquée, reposant sur une supposition
déjà ancienne dans la science, mais depuis longtemps refutée par l'étude
du développement des pousses végétales ».
E in una nota a piè di pagina rinforza la dura sentenza. Pur te-
stualmente qui la riferiamo.
« L. Delpino « Teoria generale della fillotassi », Atti dell’Università
di Genova, t. IV, p. III, 1893 (1). Pour ce savant les feuilles ne sont
plus des organes appendiculaires, mais au contraire des organes cen-
traux, dont les bases enchevêtrées (sic) constituent la tige de la plante.
Cette idée renouvelée de Gaudichaud, conduit M. Delpino à comparer
les feuilles à des boules superposées en une pile cylindrique, et il en
déduit des conséquences curieuses, mais qui, à mon avis, compliquent
inutilement la question ».
Si scorge la facile argomentazione con cui l
mente d’aver demolito il mio lavoro. Se la mia teoria riposa tutta sulla
teoria del Gaudichaud, se la mia pila sferotattica non è che una dedu-
zione della teoria del Gaudichaud, poichè la teoria del Gaudichaud giace
da lungo tempo annichilita e disfatta dalle osservazioni istogeniche, ecco
che il mio lavoro è bell’ e spacciato, e più non resta che dargli poco
autore crede bonaria-
onorata sepoltura.
Eppure questo lavoro è stato preso in considerazione da due autorità
scientifiche di prim’ ordine; dal grande fisiologo Ugo de Vries, dal
grande morfologo Lad. Celakovsky.
Prescindendo da ciò, sottomettiamo a C. De Candolle alcune conside-
razioni, nella speranza che s’ induca a mitigare F acerba sua sentenza.
+ Quando noi, nel 1879, dopo parecchi tentativi sperimentali riusciti a
vuoto, disperando di poter trovare un rapporto necessario tra una su-
perficie cilindrica e la quinconce (°), ci risolvemmo a eliminare nei
nostri sperimenti il cilindro e trovammo ipso facto la pila sferotattica
7 {!) In questa citazione vi sono più errori. Si corregga: Fed. Delpino. « Teoria.
ee generale della fillotassi ». Atti dell’Università di Genova, vol. IV, parte II, 1883.
- (*) È chiaro che una superficie cilindrica si presta lla
.
di qualsiasi altra fillotassi
“ quineonce {1, 2, 3, 5), come all infinito numero
laa+n2a+n3a+2 n)
13. Malpighia anno IX, vol. IX.
| FEDERICO DELPINO
la date: e una genuina schematizzazione della quinconce primigeala,
giacchè l’ ordinazione de’ suoi elementi risponde precisamente alla for-
mola 1,2, 3,5, e nello stesso tempo risponde al miglior equilibrio mec-
canico; or bene, in tal tempo, può esserne certo il sig. Casimiro De ua
Candolle, tanto pensavamo a Gaudichaud e alle sue idee, quanto a met-
terci in comunicazione cogli abitatori di Marte. 2%
Ed è poi vero che la teoria di Gaudichaud sia una cosa colla teoria à.
fillopodiale ? È somigliante ma non identica. Intercorre tra esse una
| differenza essenzialissima, la quale appunto viene ad eliminare dalla
nostra teoria la incompatibilità della teoria gaudichaudiana colle osser- ‘A
vazioni istogeniche. sa
si
Questa differenza è stata espressa hola nostra « Esposizione di una *
nuova teoria della fillotassi (Atti del congresso botanico internazionale
in Genova, 1892). Giova qui riferirla testualmente : : à
| « La teoria che abbiamo esposto ricorda alquanto quella propugnata, sa
molti anni or sono, dal Gaudichaud. Ma, senza parlare delle gravi ine- à
sattezze in cui incorse il Gaudichaud rispetto alla organogenia dei fusti 3
e delle foglie, accenneremo l'errore suo massimo e capitale nel ravvi-
sare gl’ internodii come regione di un organo unico; mentre ogni in-
ternodio rappresenta un adelfia (') di due fillopodii nella fillotassi distica,
di tre nella tristica, di. quattro nella decussata, di cinque nella quin-
cunciale, di sei nella fillotassi terna, ecc. ». 4
Invero i caratteri degl’ internodii così esterni, che interni, mentre
smentiscono la unicità ammessa dal Gaudichaud, confermano di tutto :
punto la moltiplicità ammessa dalla teoria fillopodiale. Chi, per esempio,
analizzando gl internodi dei polloni di Populus angulata e nigra, di
Castanea vesca, ece. non distingue cinque decorrenze fogliari che por-
i “gono ottima testimonianza essere gl'internodii in questione costituiti da
un’ adelfia di cinque fillopodii ?
. Ecco disfatta la base su cui poggia il poco favorevole giudizio ester
nato da D. De Candolle. La teoria fillopodiale sta e starà, perchè, Pa
siamo convinti, essa risponde al vero.
CRI un mina come erroneamente scrive C. De Candolle.
STUDI FILLOTASSICI
= Il citato giudizio, oltre essere infondato, è anche scortese nella forma.
Ciò m'indusse a pensare se per avventura io avessi mancato di riguardi
‘all'autore. E non tardai a trovarmi in colpa, ma invoco circostanze
attenuanti.
Il fatto è che parecchi mesi prima che fosse pubblicata la mia
« Teoria generale » ricevetti in grazioso dono dal G. De Candolle le
sue « Considérations sur l’étude de la phyllotaxie, 1881 ».
Avrei dovuto, come era mio debito, renderne ragione nel mio lavoro,
ma non feci, per non entrare in dissidio con una persona che apparte-
| Neva al glorioso casato di Augusto Piramo, e sopra tutto di Alfonso,
vero gentiluomo quanto grande scienziato, verso la cui memoria ser-
berò in tutta la mia vita la più grande venerazione.
Avrei dovuto dire al continuatore di tanto nome: il vostro testo mi
| è riuscito oscuro non poco. Prescindendo da questo, e passando alla parte
| pratica (che è il magnum periculum d ogni teoria) concretata negli
schemi di svariate fillotassi esposti nella tav. seconda, avrei dovuto
w
muovere i seguenti appunti.
La figura 5 espone la fillotassi di un tronco di Copernicia cerifera.
È una fillotassi ottostica quasi rettiseriata, per un fenomeno di pine
postuma. Risponde alla formola 3, 5, 8, 13, e al simbolo Brauniano +
Si tratta adunque di una ectofania del sistema principale. Ma ca c
De Candolle è una fillotassi bell'e propria col suo bravo simbolo di © T
E perchè? Perchè la 702 foglia sovrasta verticalmente alla prima. Ma
questa è una mera accidentalità. Lievissimi aumenti e diminuzioni di
torsione avrebbero fatto passare la verticalità alle foglie 78, 86.3, 92.2,
s, 54, 46, ecc. e dato luogo ad altrettanti simboli diversi, mentre
| evidentemente la fillotassi è è sempre la medesima (ectofania del sistema
principale, var. subrettiseriata).
_ La fig. 6 è uno schema che espone due fillotassi diversissime, una
ella parte bassa della figura, l’altra nella parte alta.
: La fillotassi in basso è alternifogliare, e da uno dei quadrilateri a a
minimi lati ricavando, giusto il nostro metodo, la quaterna epifanica,
si ha la formola 1, 2, 3, 5. È dunque una quineunce, stata soggetta
perd a torsione tanto forte da produrre quasi la rettiseriazione delle
190 su FEDERICO DELPINO
righe dell’ordine tristico, fino a trasporre verticalmente sulla prim
foglia la 32.2. Quindi l’autore la distingue come specie propria col
bolo =; ma avrebbe dovuto pensare che con lievissimi aumenti o l
minuzioni di torsione la verticalità sarebbe passata alle foglie 29, 26*
15, 18, 35, 38. ecc., dando luogo ad altrettanti simboli diversi, mentre $
è evidente che si tratterebbe sempre di una e medesima fillotassi, la quale +
infine non è altro che una varietà della quinconce, estremamente vicina |
a quella della nostra pila sferotattica. T
La fillotassi espressa in alto è una genuina coniugazione della quine-
conce, rispondente alla nostra formola 2, 4, 6, 10. Volendo denotarla
cogli angoli di divergenza, SETS il nes solito, cioè secondo Braun, 2
=. L’autore riesce invece alla strana |
si T Ja formola bimembre
formola °!È Come mai si possa con una frazione unica denotare due
+,
TEDE (poichè si tratta di un sistema coniugato), una delle quali )
è costantemente +, e l’altra oscilla da La T> è tal cosa che passa È:
la nostra comprensione. i
Le fillotassi espresse negli schemi delle figure 9 e 10 sono evidente- —
mente fillotassi distiche soggette a forte torsione. Poichè nell’ una la
torsione si è arrestata quando la verticale colpì la 1° e l’8* foglia, i
l’autore ne fa caso specifico e le assegna il simbolo 3/7. Ma la vera
fillotassi 3/7 è tutt'altra cosa: essa appartiene al sistema 3, 2, 5, 7 Le
se ne può vedere lo schema nella fig. 43 della tav. VI della nostra
teoria della fillotassi. Nell’ altra poi la torsione è stata minore in guisa si
che la verticale sulla piim ha toccato la 22. foglia; per cui l’autore
le assegna il simbolo À o, Ma leggieri aumenti o diminuzioni di tor
sione avrebbero via via trasferito la verticale alla foglie 24.*, 26 °, 20: da
18.3, 16.3, con altrettanti simboli diversi, mentre si tratta ag: dele
stessa fillotassi distica, il cui simbolo è 4 . i
In vista di tanta divergenza di vedute wi C. De Candolle, e noi, ab-
biamo creduto opportuno di-non parlare del suo lavoro. Fu per man-
canza di riguardo ? o fu invece per eccesso di riguardo? Nell’ un caso
e nell’altro siamo in difetto; ma non ci si negheranno le circostante
attenuanti.
Terminando questa fuit digressione, a cui ci vedemmo rostro
STUDI FILLOTASSICI mere LEE
non già per meschini motivi personali, ma per difendere la teðria fillo-
È podiale, della cui verità noi siamo intimamente convinti, passando ad
altro, ci resta a discutere alcuni altri punti toccati da C. De Candolle
nella recente sua memoria.
A rendere palpabile che coll’ aumento diametrale degli assi, cresce
la condensazione delle foglie, e, nel sistema fillotassico principale, si
rendono via via visibili ordini di parastiche sempre più elevati, C. De
Candolle ha ideato e descritto uno strumento, che è una rappresenta-
‘ zione plastica di questo fenomeno. Tale apparecchio potrebbe essere in-
trodotto nell insegnamento della fillotassi non senza vantaggio, e Si
sd potrebbe quindi variarne la costruzione in più maniere.
à. Spiegare la successione delle parastiche equivale a spiegare soltanto
una parte del sistema fillotassico principale. Rimane a spiegare il punto
> più difficile e importante: che relazione necessaria può passare tra il
cono vegetativo e tra la quincunce primigenia?
L’ esperimento della pila sferotattica scioglie la questione; rigachò la
pila medesima riesce per sè una rappresentazione di questa quincunce
primigenia. Ma l’autore, poichè nega ogni valore a questo esperimento,
i cavarsela
si trova, a mio parere, in un singolare impiccio. Crede di
dicendo: tutto essere dovuto alla simmetria di struttura del
getativo. Se non erro noi siamo soliti a ricercare la simmetria di strut-
tura in un corpo bilaterale; dovecchè detto cono ha senza dubbio una
struttura omnilaterale, o almeno multilaterale; e anche ove s ’intendesse
simmetria multilaterale, giova rilevare che la quincunce è in ogni caso
cono ve-
‘una costruzione asimmetrica.
Ma non sofistichiamo sulle parole: e accomodia
dall’ autore.
| Ammettasi pure questa presunta simmetria di struttura nel cono ve-
4 getativo. Qual’ à la suà causa e in che propriamente consiste?
= L'autore fin qui non è imbarazzato nella risposta, e risponde: con-
ed in una speciale a as delle energidi (1) sulla superficie del
moci ai vocaboli usati
| È Pare che l’autore con quieto vocabolo intenda « plasmi forniti di virtu
prolificante ».
incremento.
Molto bene, dirà l’accorto lettore; ma come va che queste aree di
energia hanno per l’ appunto ad essere disposte in maniera da rispon- :
dere alla quinconce e alla famosa serie Brauniana 1,2, 3,5, 8; ee
È evidente che qualsiasi altro fra i mille sistemi tattici sarebbe fornito
di eguali titoli per essere adoperato nella ordinazione delle energidi.
Anche qui l’autore non si trova imbarazzato a rispondere; e sog- |
giunge: le aree delle energidi sono determinate dalla direzione delle
correnti di sostanza alimentare. — TA
Ma di nuovo l arguto lettore obbietterà: come va che le anzidette a
correnti di sostanza alimentare sono frazionate e incanalate per l’ ap- n
punto in modo da colpire ciascuna il centro di un elemento quincunciale? La
A questo punto mi par di vedere l’autore seriamente imbarazzato a
rispondere.
Ma noi lo leveremo d’ imbarazzo. e, acconciando la teoria fillopodiale n
fondata sullo sperimento meccanico della pila sferotattica al vocabolario
adoperato dall’ autore, ci sarà facile togliere ogni difficoltà.
Ogni cono vegetativo è costituito da un numero maggiore 0 minore
di matrici fogliari a diverso grado di (acropeto) sviluppo.
Le matrici fogliari sono disposte in quinconce primigenia, perchè
questa disposizione risponde a un optimum meccanico statico, come è
rivelato dalla pila sferotattica, la quale è per sè un bellissimo schema
plastico della quinconce.
Li
PRE sim X
E P ee eta T EEST E
Le matrici fogliari, essendo in via di sviluppo, sono avide di nutri-
mento, e quindi determinano correnti di sostanza alimentare; e poichè
ogni matrice ha la sua corrente, ecco che l’autore è tolto da ogni im-
barazzo, e si capisce come ogni corrente è diretta in modo da colpire
il centro di un elemento quincunciale; è diretta cioè verso il vertice
| di una matrice fogliare, sul quale appunto sono localizzate le energidi
che, prolificando e ben nutrite dalla propria corrente alimentare, pros
; durranno un organo fogliare.
- Ecco pertanto che D. De Candolle ha ragione ua dice che i gruppi
delle energidi sono disposti inquineunce alla superficie del cono te
STUDI FILLOTASSICI
Così resta pure spiegato che cosa intende l’ autore per simmetria di
struttura del cono vegetativo, e come questa simmetria produca neces-
_ sariamente una fillotassi quincunciale.
in | Abbiamo qui fatto uso dei vocaboli adoperati da G. De Candolle; ma
$ in sostanza su per giù, benchè con altre parole e con discorso più alla
È ~ mano e meno trascendentale, abbiamo detto le stesse cose a pagg. 170-172,
= 174-175 della nostra « teoria generale della fillotassi ».
Speriamo che, dopo queste spiegazioni, C. De Candolle si accosti esso
pure alla teoria fillopodiale, o almeno la riguardi con viso più benigno.
d II
Sdoppiamento dei fillopodii.
À Nella « teoria generale della fillotassi (pagg. 197-233) » abbiamo
RUE
trattato con sufficiente ampiezza l argomento degli sdoppiamenti fo-
gliari; e abbiamo esposto le diverse gradazioni di scissione o schizofillia
che possono intercorrere da una foglia con tutte le sue parti indivise
(lamina, picciuolo, guaina ascellante, gemma ascellare),
completamente sdoppiata in due (due lamine, due picciuoli, due guaine,
due gemme). Ci siamo arrestati a questo punto della partizione, senza
prendere in considerazione la partizione del sottostante fillopodio in due
a una foglia
| diale colpisce il vero.
Quale sia stata la causa di questa omessione non sapremmo dirla noi
stessi. Non sapremmo cioè precisare se ciò fu per n
| pensiero a questo fenomeno; oppure se fu per una intuizione che forse.
il medesimo era meno dimostrabile, 0 dimostrabile solo potenzialmente;
‘maggior ragione debbono essere monadelfici i i fillopodii me e
quindi mancherebbero i segni della distinzione.
Ma non abbiamo previsto il caso, che, delle due foglie Sa
| fillopodii, la quale pure deve talvolta aver luogo, se la teoria fillopo- à
on aver rivolto fap
infatti se monadelfici sono i fillopodii di due o ‘più meritalli vicini, der, -
sdoppiato, possa talvolta l’ una emergere a un livello o poco molto di-
#
14 FEDERICO DELPINO
stanziato dal livello a cui emerge l altra. Non abbiamo pensato che
quando questo caso si desse, si darebbe pure la possibilità di distinguere
e dimostrare uno dei due fillopodii provenienti da sdoppiamento, quello
cioè che spetta al filloma superiore, e che rannoda con un vincolo il
punto di emersione del filloma stesso col punto di emersione del filloma
sottostante. o
Questa nostra omessione fu argutamente rilevata dal celebre fisiologo
Ugo de Vries, il quale, in una sua aurea memoria edita recentemente (t)
ha raccolto e descritto alcuni casi interessanti di sdoppiamenti fogliari
completi, dove, essendo una delle due foglie emersa a un livello supe- È
riore, è dimostrabile la presenza del fillopodio sdoppiato che le spetta.
I casi contemplati dal de Vries sono stati studiati in tre specie, cioè
Castanea vesca, Carpinus Betulus e Robinia Pseudacacia; e questi
casì sono tanto più nitidi in quanto che sono stati rilevati sovra piante
a rami disticofilli e a foglie stipolate, senza che il fenomeno avesse
menomamente disturbata la fillotassi distica; e concorrendo le stipole,
in varia posizione e sviluppo, a chiarire il processo dello sdoppiamento.
Interessanti sono sopra tutto i casi rilevati nella Robinia Pseudacacia
(fig. 5-13 della tavola annessa). Ben quindici esemplari sono stati rac-
colti dall’ autore. Il dislivello tra le foglie sdoppiate è variabile; in ak i
uni esemplari fu di quattro o cinque millimetri, in altri di sei a dieci mill.; de
talvolta anche più fino a raggiungere la lunghezza di un intero inter- |
odio. Singolare è il diportarsi delle stipole (spine), distinte in due |
| esterne (la 1* ela 4.3), e in due interne (la 22 e la 3). S'intende che
la 1.* e la 2° appartengono alla foglia inferiore, la 3 e la 4* alla
superiore. Le interne talvolta sono libere, talvolta sono adelfiche con
tutti i gradi di adelfia, fino ad essere fuse completamente in una.
Con questa nota l’autore ha riempito una sensibile lacuna esistente
nella nostra esposizione della teoria fillopodiale, e riuscì a corroborarla
con un ordine di fenomeni teratologici fin qui poco o punto considerato.
i E Uco DE Vries, Over verdubbeling van phyllopodien, nel Botanisch Jaarboek
della Società « Dodonaea » pel 1893, p. 108-131, con una tavola. a
STUDI FILLOTASSICI 195
II.
Polimeria nelle fillotassi verticillari.
Nelle fillotassi verticillari qualche volta accade di osservare che in
alcuni nodi di un dato ramo il numero delle foglie aumenta di un'unità
in confronto dei nodi infrastanti o soprastanti. Così un dato virgulto
potrà avere foglie decussate in basso e terne in alto; oppure terne e
quaterne, quaterne e quine e via dicendo. Anzi più elevata è la cifra
dei membri verticillari, tale variabilità rendesi sempre più accentuata
e frequente.
La giusta interpretazione di tale polimeria non sembra che ancora
sia stata data, benchè con tutta verisimiglianza debba ripetersene a
cagione dal fenomeno dello sdoppiamento fogliare.
Pigliamo a considerare per esempio un ramo oppositifogliare che dal
mezzo in su passi alla fillotassi terna.
Volendo spiegare questo passaggio, dapprima si presenta alla mente
la ipotesi, che una foglia sdoppiandosi dia luogo al primo verticillo terno,
e che una seconda foglia, sdoppiandosi a sua volta, costituisca il se-
condo verticillo terno.. Resterebbe così iniziata la fillotassi terna, che
potrebbe indefinitamente proseguire.
Questa ipotosi per altro ha un obice SRI TA nel fatto che con
| fillotassi terna, cioè l’ alternanza dei membri verticillari; i nodi ver-
rebbero ad essere bensì trifilli, ma si avrebbe sempre una fillotassi op-
positifogliare larvata. e
. Vista questa difficoltà, nella nostra « teoria generale della fillotassi »,
a pag. 253, 264, 255, ñg. 84, 85 della tav. 14, abbiamo fatto ricorso
ad un’altra ipotesi. Invece di due duplicazioni, avverrebbe una tripli-
cazione. Cioè una data foglia si sdoppierebbe in tre foglie. Le due la-
terali od esterne emergerebbero al primo soprastante nodo, e ivi co-
fillotassi terna; poichè evidentemente i membri dei due verticilli so-
| vrindicati si trovano in perfetta regola d’ alternanza.
æ
z tal processo verrebbe a mancare una delle principali caratteristiche della `
ituirebbe il secondo verticillo. E sarebbe così introdotta una regolare
è
|. verticillo. à © n.
n altri casi di pil verticillare.
196 FEDERICO DELPINO
Questa interpretazione ha però una difficoltà. Che una foglia possa
sdoppiarsi in tre foglie, ne vidi dei lucidi esempi nell Olea e in un .
Cestrum. Ma è un fenomene rarissimo, di gran lunga meno frequente -
dello sdoppiamento semplice; laonde riesce duro d’ imputargli la poli» :
meria, che, rispetto ad esso, è un fenomeno frequentissimo. |
Mentre eravamo in questo pensiero di emendare la nostra interpre-
tazione, ci capitò l’ interessante succitato lavoro di Ugo de Vries sulla —
duplicazione dei fillopodii, e scorgemmo subito la possibilità di farne 4
applicazione per spiegare la polimeria.
In un robusto e regolare pollone di Vi- | O) ©
burnum odoratissimum, ove con grande ni-
tidezza 7 nodi in basso erano oppositifogliari, © O
e i 10 e più nodi soprastanti erano terni, ho : .
voluto indagare come avviene la mutazione © ©; Or
di verticilli bini in terni, senza offesa della
legge dell’alternanza. Constatai che la mu- © T4
tazione avviene giusta lo schema qui ag-
giunto. All’ascella delle foglie A e B, ap- HO)
partenenti a due verticilli vicini, è avvenuta
una duplicazione fillopodiale. Dei fillopodii to
goa in A, il breve si sfoga nella foglia
> il lungo nella foglia D; e, dei due ge-
nerati in B, il breve si sfoga nella foglia
F, il lungo nella foglia Æ, e così è im- ! (
mediatamente introdotta una fillotassi terna
regolarissima. La verità di questa risolu- (O) e
zione schematica era significantemente com-
provata dalla foglia C, che era sollevata per a
| mezzo centimetro sulle altre due foglie del
S
(
n Oeo =
el
I,
Le
STUDI FILLOTASSICI
IV.
| Moltiplicazione e contrazione d’ organi fogliari.
I tanto frequenti casi di sdoppiamento fogliare più o meno inoltrato,
i quali si riscontrano presso piante appartenenti alle più disparate fa-
miglie fanerogamiche (e anche ai pteridofiti) sono dovuti a moltiplica-
zione, oppure a contrazione di foglie?
Tale questione è di capitale importanza, sia per aver ragione delle
fillotassi aberranti, sia per le teorie morfologiche in genere, applicabili
alle piante superiori.
n Nella « teoria generale della fillotassi (pag. 224 e seguenti) », im-
; pressionati vivamente da certi fenomeni ove la teoria della moltipli-
cazione sembra l’unica interpretazione plausibile, ci dichiarammo affatto
contrarii all’ ammessione della contrazione.
Ora però siamo rinvenuti in parte da cosiffatta negazione, e, quan-
a tunque siamo ben lontani dal ripudiare per molti casi la teoria della
~ moltiplicazione, ora ci vediamo costretti a dover far larga parte nei
i fenomeni fillotassici anche alla contrazione degli organi.
I motivi che ci hanno indotto cosiffatta modificazione d’opinione, sono
~ principalmente due: cioè l'avere scoperto un caso della più indubitabile
$ contrazione d’ organi, e la lettura d’ una memoria pubblicata recente-
mente sull’ argomento dal prof. Lad. Celakovsky (Ueber Doppelblätter
bei Lonicera Periclymenum L., und deren Bedeutung), nella quale tale
| ‘Questione è trattata colla maggior latitudine e con grande sapienza e
| maturità di giudizio.
Riproponiamo qui la questione ma con maggior precisione e nettezza,
termine è stato da noi ed è da molti usato come un sinonimo di con-
A trazione. Ciò è inesatto. La sinfisi, in tutte le sue gradazioni, può ve-
rificarsi tanto negli organi che sono in via di moltiplicazione, quanto
negli organi che sono in via di contrazione. i:
i Pigliamo il punto di partenza dalla teoria fillopodiale fondata sullo
Sperimento della pila sferotattica. ©
| estituendo al vocabolo sinfisi il suo vero e proprio significato. siasio si à
‘
caso di contrazione dei più nitidi che abbiamo rilevato nella Rubia
peregrina,
loro lunghi tralci sviluppano ad ogni nodo due foglie opposte, € quattro
stipole libere, interposte due per due. Le stipole in tutti i loro caratteri
interni ed esterni sono estremamente simili alle lamine fogliari. In-
198 . FEDERICO DELPINO
Ogni foglia normalmente procede dallo sviluppo di una matrice wn
gliare, localizzata nell’ interno e verso l’ apice del cono di vegetazione
Non toechiamo per ora la questione se la matrice fogliare sia primor-
dialmente un gruppo di cellule, oppure sia costituita da una cellula
soltanto (segmento basale obliquo d'una cellula apicale maestra, quale
fu veduta per l’ appunto nei coni di vegetazione dei pteridofiti e delle
gimnosperme).
È caso di moltiplicazione quando da una data matrice, invece di
svolgersi una foglia soltanto, com’ è di regola, se ne svolgono due
(sdoppiamento), tre (triplicazione) o più.
È caso di contrazione, quando o due o tre matrici, raramente più,
sono, dentro il cono di vegetazione e a seguito di contigenze eccezio-
nali, strette insieme l'una contro l’altra, in modo da produrre o tendere
a produrre un organo fogliare unico, che risulta dalla fusione o com-
penetrazione di due o pochi organi fogliari.
Adunque tanto nelle contrazioni quanto nelle moltiplicazioni abbiamo
due o più organi nascenti, che, allogati in angusto spazio; debbono
svilupparsi sotto contingenze d’ una pressione eccezionale. Quindi non
è meraviglia se interviene la sinfisi e produce diversi gradi di coale-
scenza, tanto per gli organi in via di motiplicazione, quanto per gli 7
organi in via di contrazione.
E si comprende con facilità che le forme sinfitiche dei primi non
possano in verun modo essere distinte, per i`caratteri interni ed esterni,
da quelle dei secondi; e per poter sceverare con qualche sicurezza gli
TE a ne a
uni dagli altri, convien ricorrere ad altri criterii.
Risoluta in questo senso la questione fondamentale, resta poi difficile
a distrigare nei singoli casi la vera natura delle cose.
Ciò che e’ indusse a modificare la nostra anteriore opinione si è UN |
Le piante di quil i specie per gran tratto e nella parte inferiore dei
STUDI FILLOTASSICI à 199
ja somma si dipertano come le foglioline laterali rispetto alla fogliolina
terminale in una foglia trifogliolata.
Verso l'alto dei tralci ai nodi exafilli succedono bruscamente nodi
tetrafilli, vale a dire aventi due foglie opposte, e due lamine interpe-
ziolari, affatto simili alle foglie. Queste lamine procedono indubbiamente
da contrazione di due stipole in una.
E infatti, ricercando in molti tralci il confine tra i nodi exafilli e
x i tetrafilli, ci occorse di rilevare una quantità di quei corpi stipulari,
che offerivano tutti i gradi imaginabili di partizione, affatto simili alle
partizioni delle foglie sdoppiate. i
Questo caso è molto eloquente perchè quegli organi in via di con-
trazione procedono necessariamente da due matrici distinte, apparte-
| nendo per metà ad una delle due foglie opposte , per metà all’ altra.
- Avuto così un chiaro e indubitabile esempio di contrazione non tardai
xd ti applicare il concetto stesso a parecchi casi della fillotassi, quando,
per esempio, in fillotassi terna si vedono presso qualche nodo spostate
e avvicinate le tre foglie, in modo da essere coalite in basso più ©
meno altamente.
Così se in un virgulto quaternifolio succede in alto una fillotassi
ternifolia si ha verisimilmente una contrazione.
Viceversa se in alto il numero di membri aumenta nei verticilli, ve-
risimilmente si tratterà di uno sdoppiamento. In sostanza occorre, al-
meno per me, di riprendere lo studio di cosiffatti organi, sotto un punto
di vista meno contrario alla teoria della contrazione.
I casi teratologici osservati nella Rwbia sono interessanti non solo
perchè forniscono un esempio sicuro di contrazione, ma perchè mi mo-
strarono eziandio che talvolta a questo processo si può associare il pro-
cesso contrario della moltiplicazione o sdoppiamento. hi
Infatti, in un esemplare, si trovavano ad un nodo ben sette espan-
: sioni fogliacee, due in uno stato d’ inoltrata sinfisi, cinque libere, con
< aumento di un membro dovuto indubbiamente a moltiplicazione.
E poichè i fenomeni, che nella sfera di una individualità ci appari-
| scono come teratologici e individuali, possono essere trasferiti alle ge-
Nerazioni, tutto quanto il gruppo delle rubiacee stellate riesce interes-
te er + Saf FEDERICO DELPINO
sante perchè fornisce in sè la prova della coesistenza dei due processi.
antagonistici, che sono appunto lo sdoppiamento e la contrazione.
Così il Galium cruciata, G. vernum, Asperula taurina, ecc., nei loro
verticilli quaterni attestano il fenomeno d’una perfettissima contrazione
stipulare, laddove l Asperula odorata, A. galioides, il Galium sylvaticum,
G. aristatum, G. mollugo, ece., coi loro verticilli ottonarii, nella moltipli- z :
cazione delle stipole attestano il fenomeno di uno sdoppiamento perfetto.
E tanto più il Galium verum e il G. purpureum, dove in singoli nodi
le espansioni fogliacee raggiungono le cifre da 10 a 12. 4
È notevole poi l Asperula arvensis, i cui individui normalmente in
sè riuniscono i due processi opposti di una perfetta contrazione e di un
perfetto sdoppiamento, poichè i nodi caulini inferiori sviluppano quattro
lamine fogliari, sei lamine i nodi intermedii e otto lamine i nodi
superiori. |
Premesse queste cose e dandosi in natura i due processi di sdoppia-
mento e di contrazione, porrd termine a questo scritto, descrivendo al-
cuni esemplari di sinfisi che furono da me raccolti in questi ultimi
anni e che conservo.
Calycanthus flloridus. Tengo un ramo con 7 nodi unilaminari, à
lamine disposte subdisticamente. La lamina inferiore è collocata a destra K
ed è una foglia semplice normale. Dopo un internodio regolare si spicca |
a sinistra una lamina sinfitica, trilobata e perciò a tre punte, e à tre
| nervi divergenti, adelfici soltanto nel breve picciuolo. Dopo altro inter-
nodio regolare si spicca a destra una sinfisi bilaminare, simile per grado
alla trilaminare precedente. Dopo altro intervallo regolare si spicca A
sinistra una sinfisi bilaminare consimile. Suecedono due nodi approssi-
mati ciascuno con propria foglia semplice. E dopo altro breve inter-
=~ nodio il ramo termina in una foglia semplice, ma dall'altra parte del
nodo si scorge il rudimento d’una foglia opposta.
La retta interpretazione di questo caso non può essere dubbia. pa -=
si è certi aver avuto luogo un tentativo di contrazione di sette foglie
in tre lamine monofille; tentativo il quale, ove fosse riuscito, avrebbe :
mutato la fillotassi.
0. 2. 2. 4 (decussata) nella fillotassi
1. 1. 2 (distica).
proporzionale al numero delle foglie confluenti. Per avere spiegazione
della lamina tripartita del secondo nodo conviene ammettere che la la-
mina media proceda da una matrice dislocata e trasferita dal primo
nodo al secondo, e le due lamine laterali siano le due foglie opposite
del secondo nodo stesso. Le successive due lamine bipartite accusano che
in due nodi oppositi-fogliari ha avuto luogo uno scambio di matrici,
l'una delle quali discesa dal nodo soprastante, e l’altra ascese dal nodo
| sottostante. Tutte le contigenze parlano per la giustezza della nostra in-
terpretazione.
Meno decifrabile à un altro ramo della stessa specie (anzi tolto allo
‘stesso albero nell’Orto botanico di Bologna), avente quattro nodi. L'in-
| fimo è regolarmente oppositifogliare, i superiori sono unilaminari, a la-
mine inserite sub-disticamente. La lamina del secondo nodo è bidentata
| all'apice: la lamina del terzo nodo è una foglia semplice, la lamina del
quarto nodo è nientemeno che quadripartita, e mostra che in origine
| ben quattro matrici fogliari sono state approssimate in modo da concre-
scere insieme per un tratto assai considerevole. Anche qui pare caso non
dubbio di contrazione incoata, rimasta imperfetta.
-Buxus balearica. Ramillo a tre nodi, e a tre lamine subdistiche. Le
lamine inferiore e superiore sono semplici, e sovrapposte. Opposta ad esse
dla lamina intermedia che è bidentata e binervia. Qui certamente si
tratta di co ntrazione. Il ramillo doveva ab initio avere due nodi oppo-
; Sitifogliari. Ma una matrice fogliare dal nodo inferiore deve essere stata
dislocata ed innalzata fino a venire in contatto a fusione con una foglia
del nodo superiore : dal quale pure si sarebbe spiccata e inalzata una
Matrice fogliare in modo da produrre un terzo nodo monofillo.
| Atriplex patula. Inclusi tra due nodi oppositifogliari inferiore e su-
periore stanno quattro nodi unilaminari, con due lamine semplici e con
lamine ; sinfitiche, bifida l'una e l’altra trifida. Anche questo caso parla >
EC
per u un à tentativo di contrazione, sebbene vi sia complicato l ana d’un
FEDERICO DELPIN:)
plici, una bifida e una trifida. Adunque anche qui è un tentativo di con-
trarre 5 foglie in due, con aumento d’un filloma. E la contrazione è qu
tanto più manifesta, in quanto che nel genere Atriplex la decussazione x
procede direttamente dalla quiconce, mediante dislocazione e approssima- ;
zione ritmica di matrici fogliari in altrettante coppie quanti sono i nodi
oppositifogliari.
Ulmus campestris. fais regolarissimo con cinque nodi. I tre interia
portano una lamina sdoppiata dal mezzo in su. I due nodi superiori :
hanno semplici lamine. La fillotassi è inalterata e i picciuoli sono sensi- i
bilmente eguali per i cinque fillomi. Qui pare esclusa la contrazione, |
e si avrebbe un puro tentativo di sdoppiamento ossia moltiplicazione.
Buxus sempervirens. Fra cinque internodii oppositi-fogliari, il se-
condo e il quarto portano una foglia sdoppiata dal mezzo in su. Le due |
foglie sdoppiate appartengono alla stessa ortostica. Qui parrebbe caso ;
di moltiplicazione anzichè di contrazione. à
Centranthus ruber. In un gracile caule i nodi in basso sono oppositis
fogliari. Poi comparisce un nodo trifillo, salvochè due foglié, avvicina-
tissime, sono coalescenti nel picciuolo. Tutti gli altri nodi soprastanti
sono ternifolii. Questo caso è dubbio. Se si riguarda all’aumentato nu-
mero dei membri in ogni verticillo verso l’alto, parrebbe caso di mol- |
tiplicazione; ma non è esclusa la possibilità che sia un tentativo di |
contrazione non riuscita: e allora bisogna ammettere un ritmo decus: |
sante in basso mediante trazione di matrici fogliari in coppie, @ un
ritmo inducente fillotassi terna in alto mediante trazione di matrici x
fogliari in triple. Per ovvia ragione di pressione, s intenderebbe far ;
cilmente come le prime due foglie, agitate dal nuovo ritmo, abbiano
subìto una contrazione in tutta la regione fillopodiale e nel picciuolo.
Strelitzia Reginae. Due foglie soprapposte l’una all’ altra e coalite
lungo il picciuolo e lungo il nervo mediano. Ma forse qui non si trat
nè di moltiplicazione, nè di contrazione, ma soltanto d’un innesto BE
| gitudinale di tessuto.
Alla lista poi delle piante ove ho osservato fenomeni sinfitici (7: P
99 della « teoria generale della fillotassi ») debbono, oltre i succitati,
"essere aggiunti i seguenti sdoppiamenti, rilevati testè nel Laurus no-
nalmente, per esaurire la nostra piccola raccolta di sinfisi fogliari, a
o Er tro esemplari s DEA e: ad uno KOENEN AES
AI FAUSTO MORINI
Ancora intorno all’ area connettiva della guaina fogliare delle |
Casuarinee — del Dott. Fausto Morini.
ERI A asi
(Con Tav. IX) 3
Com'è noto, le foglie dei rami delle Casuarine sono in generale ordinate e
a verticilli, ed ognuna*di esse puossi riguardare come concrescente col
caule pel tratto di un internodio, meno una breve porzione terminale ;
che, contraendo aderenza marginale colle altre dello stesso verticillo, |
costituisce la guaina; questa avvolge la base dell’internodio seguente ed 3
al suo bordo libero si fraziona in tanti denti squamiformi, piccolissimi,
triangolari, ognuno dei quali rappresenta la porzione apicale di una foglia. |
Per tale concrescenza risulta che gl’internodi dei rami appaiono costati
coll ovvia conseguenza che le costole sono tante quante sono le foglie Ë
componenti il verticillo. Ogni internodio presentasi dunque costituito dal
caule propriamente detto col verticillo fogliare con questo concresciuto.
È noto altresì che il sistema dei giovani ramuli così caratteristico delle
; Casuarine, componesi di esili filamenti articolati più o meno rigonfiati —
so in corrispondenza ai nodi, Ora, le guaine fogliari che avvolgono la base i;
7 degl’internodi, le quali perciò immediatamente sovrastano al nodo di È
= dui si liberano, presentano sotto la base dei denti fogliari un "angusta i
E zona circolare che giraattorno alla guaina e mostra una colorazione in
generale verdognola molto pallida, la quale spicca singolarmente sul
verde intenso della rimanente superficie dei rami. È per questo che în
corrispondenza a ciascun nodo osservasi l’accennata modificazione nel
colorito la quale, congiunta alla conformazione articolata dei ramuli, gol
tribuisce a rendere tanto caratteristica la fisionomia generale delle Ca
| suarine. Detta zona circolare, la quale in rte non è tenuta nella
dovuta considerazione nelle Opere fitografiche, è data principales
dalla presenza di un spéciale tessuto, la cui costituzione si è concretata
per T adempimento di un importante funzione biologica. Lo studio an?
tomo-biologico della regione occupata da questo tessuto forma appun
- Fr ao della presente Nota.
Già parecchi anni sono C. Müller, nel suo importante lavoro intorno
alle commessure delle guaine degli Equiseti (!), aveva esposte nell’ultimo
| capitolo dedicato alle osservazioni comparative, alcune sue ricerche re-
lative alla struttura delle commessure della guaina fogliare della Casua-
rina Fraseriana Miq. (*), le quali però egli non potè completare ed e-
| stendere ad altre specie di Casuarina. Quantunque molto accurate, tali
ricerche sono troppo circoscritte perchè ci possano dare un’adeguata idea
della struttura e funzionalità delle anzidette commessure ; tuttavia lA.
è pervenuto alla constatazione di un tessuto fondamentale, formato da
un sclerenchima fibroso, situato in corrispondenza ‘al margine libero od
interdentale della guaina fogliare; e di questo tessuto il Müller cerca
di scuoprire la funzionalità meccanica, traendo in campo il tessuto bio-
_ logicamente equivalente che si riscontra nella stessa regione della guaina
degli Equiseti.
Nei nostro ultimo lavoro sulle Casuarine (7) trovansi alcuni dati a-
| natomici sul detto sclerenchima, nonchè qualche osservazione ed indu-
zione intorno all'importante funzione meccanica cui si adempie dallo
Stesso sclerenchima. Occupati nelle altre ricerche costituenti la parte so-
‘stanziale del detto lavoro, non potemmo ulteriormente approfondire lo
studio di questo importante argoment».
ac
CI
(3: Jahrb. f. wiss. Bot. Neunzehnter Band, 18
-513.
©) Contributo all'anatomia del caule e della foglia delle Carnerints: (Memorie
della R. Accad. delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Serie V, Tomo
con 5 Tav.).
_ Le guaine fogliari, meno poche differenze, conservano la stessa gene-
rale struttura delle costole degl’internodi: in esse osservansi gli stessi 7
+
o €. Mütter, Ueber den Bau d. Commissuren d. Equisetenscheiden Pri 3
).
IV, 1804; =
| unitamente alle speciali cellule punteggiate annesse, ed infine il paren- à
nuazione di quelli omonimi delle costole degl’internodi, coi quali non |
raggiante di sclerenchima va mano mano abbreviandosi nel senso T
> | RE =~ FAUSTO MORINI
caratteri dell’ epidermide della loro faccia esterna od inferiore, e del
sclerenchima ipodermico corrispondente alla faccia esterna della parte
costata della guaina, secondo il cui piano mediano si avanza nell’in- - x
terno in forma di lamine raggianti. Il clorenchima è la continui
zione di quello delle costole internodali, col quale presenta , perfetta
similitudine tanto nella sua esterna disposizione che nei caratteri degli
elementi che lo costituiscono; riscontrasi pure l’ipoclorenchima, il fascio
fibro-vascolare fogliare corrispondente ai fasci corticali degl’internodi, à
Le:
A
chima fondamentale incoloro; tutti questi tessuti sono la diretta conti-
mostrano alcuna sensibile differenza. Però, mentre negli internodi il pa- |
renchima fogliare iñcoloro forma senz’alcuna transizione un solo are
ul 2 SISI
x sl
dee er i Sin la
con quello proprio della porzione caulina, nelle guaine esso si rende au-
tonomo e si individualizza. =
In corrispondenza alla faccia interna della guaina, questo parenchima ë n
in rapporto con una esile stratificazione sclerenchimatica fibrosa, la quale
è avvolta da un’epidermide le cui cellule sono alquanto diverse in con- z
fronto di quelle dell'epidermide esterna: lo strato cuticolare è molto più —
sottile e la loro parete esterna è notevolmente convessa. Questa lamina |
interna di sclerenchima (fig. 7) prolungasi anche in corrispondenza alle .
solcature che separano una costola dall’ altra contigua delle guaine.
Dalla guaina innalzandoci ai denti, si ha una generale modificazione
nella struttura ora descritta; anzitutto osservasi che la suddetta lamina
che RE
ME pag N ML AI RT Lt
FIRST A MET 3 SANE O
vo seri in ciascun Liri sin uno Ness dorsale costo
Queste i Biani varianti di struttura si preparano già nella guaina
ed a brevissima distanza dal suo margine libero, come puossi osservare
nelle fig. 4 e 5, ed acquistano il loro massimo grado di differenziazione
alla base delle squame fogliari: sebbene in linea subalterna, esse par-
tecipano alla formazione della zona verdognolo-pallida esistente attorno
ai nodi dei ramuli, principalmente causa la notevole riduzione del clo-
| renchima ed il preponderante sviluppo dello selerenchima. Fatto impor-
tante è che nella detta regione superiore della guaina, la lamina interna
E di sclerenchima perde la sua continuità e si fraziona in tante lamine
cin generale formate da un unico strato di elementi fibrosi, ognuna delle si
quali entra pei denti, di cui costituisce lo stereoma interno della loro
metà inferiore (fig. 4, 5).
Aggiungasi poi che il parenchima tundizbgglàle incoloro della guaina, |
— nonchè la lamina interna sclerenchimatica, gradatamente subiscono una
riduzione finchè scompaiono interamente verso circa la metà della lun-
ghezza delle squame; per cui nella porzione superiore di questa, i due
cordoni clorenchimatici sono in diretto rapporto coll’ epidermide della.
` faccia interna. Lungo la interna superficie non solo delle guaine, ma
delle squame, osservansi righe semplici di stomi, ognuna delle quali è
k esattamente sovrapposta ad un cordone di tessuto verde; nelle guaine
A dette righe sono disposte ed avvicinate in tante paia, di cui ognuna cor-
risponde ad una costola, ovvero ad una foglia, e si prolunga. poi nella
relativa squametta fogliare (Fig. 3). Fra le due righe di stomi, ossia fra i
due cordoni di clorenchima è appariscente un fascio fibrovascolare il quale |
si mantiene sempre indiviso, mentre però in alto va depauperandosi nei.
suoi elementi, finchè ridotto a poche tracheidi accompagnate da lunghe |
cellule a membrana sottile, termina ‘pressa poco allo stesso livello dei
cordoni clorenchimatici.
3 Premesso mor brovo cenno o sülla struttura della guaina e dele squame
di iamo allo PE delle solcature dalle: guaine. — ; i
; ella zona di emergenza delle guaine, dai nodi Do a brevissima di- a
v dal mure libero di que il fondo delle soleature è rivestito
Mer: Rat FAUSTO MORINI
da un’epidermide a cellule piccolissime aventi figura cubiforme e ri Di
vestita di un esile strato cuticulare, dalla quale hanno origine i peli in- .
tercostali. Sotto quest’ epidermide trovasi un parenchima le cui cellule …
più esterne sono minutissime e di poco più grandi dei soprastanti ele-
menti epidermici; procedendo verso l interno, dette cellule aumentano
rapidamente in volume, e quivi sono a contatto collo strato sclerenchi- |
x
matico già accennato, il quale è immediatamente ricoperto dall’ epider-
mide interna (fig. 7). A pochissima distanza dal bordo libero od inter- A
dentale della guaina (in media di circa 3 dmm.) osservasi che lo scle-
red sr
“pas
renchima va riducendosi ad un solo strato e poi scompare interamente;
esso conservasi solo, come si è detto, in corrispondenza alle costole delle
|» guaine. Simultaneamente alla cessazione dello selerenchima, anche il pa-
Dal PERRET
e
er art
renchima incoloro subisce la stessa riduzione e scomparsa; e dal tratto
ove avvengono questi fatti fino al margine libero della guaina, il tes-
suto situato fra le due epidermidi delle solcature è occupato da uno sele-
renchima fibroso, il quale proviene dalla progressiva metamorfosi del
parenchima fondamentale. |
Esaminata al microscopio una porzione di guaina fogliare previamente
. . . LA è
distesa, notasi nella porzione superiore delle solcature un’ area pressoché |
scolorata, discretamente trasparente ed appianata ed avente generale cir-
. coscrizione all'incirca triangolare isoscele allungata, la cui base corri- 3
=- sponda all incisura interdentale, ovvero al margine libero della guaina. |
~ Mano mano dunque si procede verso il bordo libero od interdentale, ls |
soleature, dapprima profonde ed anguste, repentinamente si allargano in
| seguito alla subitanea restrizione del clorenchima, il quale, in questa
regione, disponesi a formare i due esili cordoni cilindroidi che poi entre-
| ranno nei denti (fig. 1, 2, 3). Veduta di faccia la guaina, notasi che mentre
lo sclerenchima radiale delle costole non subisce che un lievissimo assotti-
gliamento fino all apice dei denti, invece i cordoni di clorenchima alla
distanza di pochi dmm. dalla base delle squame, si restringono solament i
però nel loro margine esterno, cioè in ida alla faccia estern
| delle costole; dal che cons ll to dell’area inter-
dentale già accennata, la iu prevenita; come s ‘è. detto, una forma trian
- golare allungata, colla base libera in alto costituente il bordo libero dell =
LI È
‘ANCORA INTORNO ALL'AREA CONNETTIVA, ECC. = © D. 1: aa
~ guaina, con due lati circoscritti dai due cordoni di (isla ineurvati
w all’indentro, o più esattamente dallo sclerenchima che avvolge quello,
= e finalmente coll apice in rapporto col parenthima della solcatura.
Stante questa forma di detta area, i denti non stanno impiantati sul
margine della guaina gli uni accanto agli altri, per cui i margini late-
_ rali di due squame contigue formino un angolo acuminato, ma bensì
| emergono dalla guaina a breve distanza fra loro; quindi sono recipro-
camente separati alla loro base da brevi tratti quasi rettilinei o leg-
germente incurvati del bordo libero della guaina; tratti che appunto
costituiscono la base della zona triangolare anzidetta.
= Dalla base della guaina procedendo in alto lungo la solcatura, si per-
-~ viene nella detta zona incolora, incontrando dapprima l angusta som-
~ mità di questa. Ed osservasi come mentre va scomparendo la lamina
interna di sclerenchima, il parenchima fondamentale incomincia à
| differenziarsi nel mezzo della sua sezione trasversale, in elementi al-
lungati fibriformi e diretti trasversalmente nel senso tangenziale. Più
si procede verso il bordo libero della solcatura, più la detta differen-
ziazione si accentua, finchè l’intero parenchima è commutato in uno
sclerenchima: ma alla stessa altezza della guaina si ha il concomitante
: .. fenomeno della modificazione di forma e di posizione massime nello scle-
renchima dorsale e nel clorenchima delle costole, per cui ivi trovasi
già coneretata la struttura definitiva dei singoli denti fogliari, i il che è
molto importante, potendosi così stabilire un’ intima e solida connessione
fra le fibre sclerenchimatiche avvolgenti i cordoni di clorenchima e
quelle costituenti l'area suddetta, indispensabile per l'ottimo funziona-
mento meccanico dell’area in discorso (fig. 4, 5).
… Corte in corrispondenza all’apice dell’area interdentale (la quale, per
dla sua, funzione, puossi eziandio denominare, connettiva), le fibre mano
- Mano si allungano e si fanno più numerose, più si procede verso l'incisura
le due epidermidi risulta interamente composto di fibre (fig. 4, 5, 6) consi-
Senio Pingat colla pa aoa molto inspessita, mostranti per
Solito u un leggerissim( grado di lignificazi e e provviste. di poche e mi-
nute punteggiature semplici, lineari e dirette obliquamente. Queste fibre
sita fra la base di due squame adiacenti, per cui infine il tessuto posto fra
IG =i } “FAUSTO MORINI ` a }
sono insieme strettamente collegate, e quantunque tutte in generale si
_incrocino in vario senso, formando fra loro angoli pochissimo aperti,
tuttavia esse presentano una stessa generale direzione per quale si pre-
sentano nel loro insieme incurvate in modo da formare un sistema d
archi a grande raggio colla convessità rivolta in basso (fig. 1, 3). Ne
tempo, stesso, la membrana costituita dall area interdentale, per soa
mostrasi lievemente convessa all’ infuori.
Il tessuto epidermico che riveste lo sclerenchima ora studiato, non -
~- partecipa menomamente alla sclerosi del tessuto fondamentale sottostante,
eccettochè al bordo libero interdentale ove le cellule si mostrano al-
quanto più piccole e colla parete molto inspessita; nel rimanente tratto,
uo
la parete degli elementi epidermici conserva lo stesso spessore che si …
riscontra nell’epidermide contigua. Le cellule epidermiche esterne sono | |
disposte in evidenti serie longitudinali e non di rado sono nello stesso |
tempo ordinate in serie trasversali, non però così ben distinte come le ;
prime ed all'incirca diritte parallelamente alle fibre in esame; invece
in quelle interne, questa disposizione parallela è molto meno appari-
~ scente e talora perdesi completamente (fig. 8). Nella sua faccia interna, A
| in alto ed in corrispondenza ai suoi margini laterali, l’area connettiva | |
è ricoperta da numerosi tricomi filamentosi, analoghi a quelli che rive- 7
stono il margine delle squame fogliari (fig. 3). x; i |
; Anche nelle commessure delle porzioni fogliari br concre- DA
sciute pei margini, situate nella regione dell’ infiorescenza maschile,
ciascun nodo della quale formano quell urna speciale percorsa nel mezzo
dell’asse principale dell’infiorescenza e contenente i fiori maschili mo-
nandri, si osservano le stesse disposizioni anatomiche conducenti all l
formazione dell’area in discorso; ivi però questa è molto più svilup-
| pata e presenta una base molto più larga, per cui i singoli denti
trovano maggiormente distanti fra. loro, perchè separati da una | |
larga porzione di guaina (fig. 2). Il maggior sviluppo dell’ are co
“casa nelle ODO, ne res i fiori DREN è in Hh col
pa dk maschili.
Il fin qui detto si riferisce alle Casuarine Criptostome.
tragone o Gimnostome, delle quali avemmo opportunità di studiare i
ramuli vegetativi, specialmente della C. nodiflora Forst., osservansi di-
accentuate. Anzitutto domina lo
| sposizioni consimili, per molto meno
| stesso principio nella disposizione delle squamette fogliari, le quali sono
separate l’una dall’altra da tratti del margine della guaina, però molto
brevi e rettilinei. La regione occupata dall’ area connettiva è piccola,
essendo ridotta ad un brevissimo tratto che interessa il bordo libero
della guaina, in forma di un’ angusta striscia quasi scolorata, estenden-
tesi trasversalmente dalla base di un dente all altra vicina. La poca
appariscenza della circoscrizione triangolare in detta area è data dal
carattere fondamentale delle C. Gimmostome ,. pel quale i giovani rami
sono sempre privi di solcature profonde, per cui le quattro costole di
‘quelli sono fra loro separate da uno spazio lievemente concavo. In cor-
relazione con questo carattere sta la quasi totale mancanza dei peli inter-
costali la cui abbondante presenza è tanto comune nella C. Criptostome;
rendevasi inu-
EA Pe.
t
i
à
~ sendo gli spazi intercostali interamente superficiali ,
tile ed irrazionale uno sviluppo di tricomi filamentosi, pei quali aves-
sero protezione gli stomi ivi insidenti, già bastantemente difesi dal gros-
sissimo strato cuticolare dell’epidermide. Per solito, le fibre sono molto
più corte ed esili e colla parete più assottigliata che nelle C. cilindriche,
ed è pochissimo manifesta la disposizione arcuata già descritta, tanto
“a esse che nelle cellule epidermiche esterne. Evidentemente il bisogno
di una connessione nel margine libero della guaina fra le basi delle
Nor porzioni libere dei fillomi, è molto meno sentito che nelle Casuarine
| dell’altra sezione. Il rilevantissimo spessore della parete esterna del-
l'epidermide delle scanalature, spiega in gran parte il tenue sviluppo e
la lieve differenziazione qui raggiunta dall area connettiva.
Tornando ora al tipo australiano del gen. Casuarina, i risultati delle
ricerche qui riportate, sono stati ottenuti dalla C. equisetifolia Forst.
Nelle altre specie del detto tipo che potemmo esaminare (C. quadrivalvis l
Labill, C. distyla Vent, C. leptoclada Miq., C. Cunninghamiana Miq.
5 paludosa Sieb. e C. torulosa Ait.) abbiamo osservate ben poche dif-
ferenze le quali, quando esistono, sono principalmente limitate a tenui
TAUR TO MORINI
varianti nella dimensione Abies connettiva. Meglio sviluppata sol
C. suberosa, C. leptoclada e C. equisetifolia, il suo maggior grado di
differenziazione sembra essere in rapporto colla maggior grossezza dei
ramuli, sebbene nella C. glauca e C. torulosa, ove i ramuli sono piva
tosto grossi, essa presentasi non molto appariscente.
Ricerchiamo ora la genesi istologica dell’area connettiva nella C. eri- |
Ti
eo Sigg POSE gl a DL ‘RE
ptostome. Per acquistare un’esatta conoscenza intorno a questo studio, |
conviene rivolgere l’attenzione alla gemma dei ramuli, nonchè allo, svi- =
luppo delle Casuarine dalla fase degli embrioni germinanti; la prima
serie di ricerche mette in rilievo il modo di costituzione dell’ area sud- |
detta nei caratteristici suoi elementi costituenti; la seconda stabilisce
~= Specialmente la comparsa nel tempo dell’area in questione. +
Studiata la gemma di un ramulo bene evoluto, praticando in essa se-
zioni trasversali successive dalla sua sommità fino alla distanza da |
questa di circa 1 mm., si riconosce chiaramente che la prima differen-
ziazione dell’area avviene a brevissima distanza dal cono vegetativo, In 7
media di 1 o 2 dmm.
Nella gemma i primi rudimenti della guaina col rispettivo verticillo
di denti, appaiono sotto forma di un cercine meristematico, dal quale
emergono simultaneamente tante papille disposte attorno al cono vege-
tativo e bene distinte le une dalle altre, ognuna delle quali rappresenta
una squametta fogliare; è ovvia la contingenza che ciascun cercine dà
origine alla guaina, e che i denti nei quali si fraziona al proprio mat- |
gine, sono alterni con quelli del cercine precedente e seguente. La prima
evoluzione dell’area interdentale ha luogo quando la guaina ed i denti
hanno raggiunto un certo grado di differenziazione, la quale, come negli
internodi, segue l’ordine basipeto ed è per solito principalmente carat-
terizzata da un incipiente sviluppo dei cordoni di clorenchima © dello
i sclerenchima ‘in rapporto con questo, per cui nel tessuto verde delle
| costole il primitivo ed unico strato cellulare ha subìto un allungament
nella direzione del raggio di queste e poi una duplice segmentazione
n parallela alla superficie interna dei cordoni verdi, per la quale questi
vanno acquistando la loro definitiva struttura. Gli elementi parenchi
matici occupanti la regione destinata a convertirsi nell’area in disco!
si differenziano progressivamente pure nell'ordine basipeto; si allungano
| trasversalmente, mentre la loro membrana va ingrossandosi, per cui à
| poco a poco vanno assumendo la disposizione e gli altri caratteri della
loro fase adulta. L'area connettiva può dirsi già manifestamente diffe-
renziata allorchè incomincia l’incremento intercalare degl’ internodi, il
quale è circoscritto alla base di questi avvolta dalla guaina; incremento,
pel quale gl’ internodi acquistano la loro lunghezza normale.
Le ricerche sugli embrioni germinanti furono limitate alla sola C. equi-
setifolia. Nelle pianticelle il cui asse epicotile è lungo pochi centim., e
si mar*iene unico (circa 2 settimane di età), non si osserva traccia al-
cuna dell’area connettiva, anzi le soleature intercostali sono allo stato
di poco profonde ed angustissime scanalature affatto prive dei peli fila-.
mentosi caratteristici della loro fase adulta. Le costole hanno una spe-
ciale struttura molto diversa da quella che si concreterà nel succes-
sivo sviluppo; infatti sotto l'epidermide esterna notasi uno stratò in ge-
= nerale semplice di sclerenchima, il quale prolungasi fino a poca distanza
= dai margini delle scanalature. Solamente separato mediante uno 0 due
strati di parenchima incoloro dall’ epidermide interna, osservasi il fa-
scio fibro vascolare, dal quale si dipartono nel senso del raggio contro
l’anzidetta stratificazione selerenchimatica, le lunghe cellule foggiate a
| prisma del clorenchima, in modo che questo, nella sezione trasversa, di-
egolarmente semicircolare; manca
si
long te
ma
4
i
à
mostra una circoscrizione più o meno T
ualunque traccia di selerenchima radiale. Ma col progredire dello svi-
; - luppo della pianticella, il quale per solito effettuasi con molta energia
€ rapidità in favorevoli condizioni, si stabilisce la formazione dei rami;
| ® così a poco a poco gl'internodi e le guaine acquistano la loro ca-
Da ratieristica struttura, mentre nel margine libero di queste si va diffe-
renziando l’area connettiva. Dopo dunque un breve periodo e sempre nel
Tami, la generale costituzione dell area in discorso.
II.
Per riconoscere il significato funzionale dell’area connettiva, conviene
l° anno di vita si ha, concomitantemente alla prima costituzione dei
ANCORA INTORNO ALL'AREA CONNETTIVA, ECO. © RIE
DO: Dea 1," FAUSTO MORINI
por mente al modo con cui nella gemma si costituiscono le squame fe
gliari e vanno svolgendosi gl’internodi, alla zona d’incremento inter
eretta, la quale è intimamente correlata alla perfetta uniformità di ca-
ratteri che il tessuto verde presenta attorno ai ramuli ed alla funzione
di questo. val
Come si è detto, i denti fogliari nascono sotto forma di tenui papille. .
al margine libero di un cercine meristematico che rappresenta la guaina. ; |
Queste papille, fino dai primordi del loro sviluppo, sono indipendenti le f
une dalle altre, e ben presto in esse, col progredire dello sviluppo, inco- |
minciano a svilupparsi ai margini numerosi peli filamentosi ramificati ;
a racemo, coi rami alquanto appiattiti ed in generale disposti tutti in
un piano che è parallelo alla superficie dei denti stessi; i ramuscoli ter |
minali sono il più delle volte ripiegati più o meno manifestamente ad un-
cino, per cui nella gemma i denti già differenziati si trovano insieme I
strettamente congiunti pei margini stante il resistente intreccio che 4
si stabilisce fra i loro peli marginali. Questa reciproca collegazione fra
le squamette fogliari ha luogo solo in corrispondenza alla porzione ve i
ramente terminale della gemma e potentemente contribuisce alla peo
zione di questa. ;
Concretata la differenziazione primaria dei tessuti degl’ internodi, du
| Comincia in questi l’ineremento intercalare, in seguito al quale glin-
| ternodi si allungano e vanno svolgendosi dalla gemma, mentre si di- |
scioglie l’anzidetto intreccio dei peli marginali della più esterna corona
| di denti che ricuopre l’internodio che è in via di liberarsi dalla gemma.
Colla cessazione di’ questo intreccio, i denti acquistano la loro posizion
normale e la guaina ad essi corrispondente avvolge per intero la base
dell’internodio soprastante, composta di tessuti giovani che si tro
in istato di energica segmentazione, e protegg ge questa contro le con
_genze esteriori. In questa funzione difensiva la guaina trova un imp i
tante ausilio nell’area connettiva, per cui in essa sono rese singoli
i ‘mente difficili lacerazioni al suo margine interdentale, più direttamente
ANCORA INTORNO ALL'AREA CONNETTIVA, ECC.
o alla distensione, il quale si trova così fortificato; quindi la guaina -
conservasi inalterata per tutto il periodo dell'incremento intercalare degli
internodi fino ai primordi della struttura secondaria.
La guaina fogliare delle Casuarine, considerata dal punto di vista mec-
Sha
= eanico, è un cilindro breve, dotato di un elevato grado di rigidezza in
causa principalmente dello sclerenchima delle costole avente in ognuna
di queste nella sezione trasversale la forma di T, colla lamina perpen-
dicolare diretta secondo il piano mediano delle costole e radialmente
all’internodio. In vicinanza alla base dei denti, questa disposizione dello
| selerenchima si modifica fino ad assumere la disposizione che è carat-
teristica delle squame fogliari; una tale modificazione, la quale implica
una minor rigidità nella guaina, è razionalmente congiunta ad un note-
vole grado di estensibilità e di elasticità del margine libero, per la pre-
senza di quell’organo importante che è l’area connettiva, composta di
fibre arcuate formanti un uniforme sistema di curve, colla convessità ri-
E
volta in basso. La trazione nel senso tangenziale, conduce ad un gene-
rale allargamento dell’area connettiva, giacchè le fibre di questa collo
stiramento diventano rettilinee; cessata però la trazione, le fibre ritor-
È nano alla primitiva re e l’area riacquista l’anteriore dimen-
sione.
RE
ata ce
| Non entreremo nello studio delle leggi geometriche sulle quali fon-
dasi il principio meccanico che regola il funzionamento dell’area con-
nettiva; questo studio è stato ampiamente intrapreso dal Miiller (') e
nostre fibre connettive, il quale riscontrasi ‘nelle commessure delle guaine
degli Equiseti; le importanti conclusioni alle quali è pervenuto l'Au-
. tore si possono applicare nei loro dati fondamentali all’ area connettiva
delle Casuarine. Solamente accenneremo alla notevole importanza mec-
| canica, ċhe ha la conformazione così notevolmente triangolare isoscele del-
intervengono cause che determinano una distensione nel margine libero.
0) L. c., pag. 499-538.
i
con molta accuratezza riguardo all organo fisiologicamente analogo alle ..
area connettiva nelle C. cilindriche colla base libera ed interdentale;
tale configurazione, allorquando (come verificasi con molta facilità)
| F orientazione di questi alla luce solare, costituendo così un ottimo so …
messurale delle guaine. Queste cellule, pel meccanico ufficio cui adem-
piono, sono state congruamente denominate dal Mülier Ankerzellen (
e costituiscono nel loro insieme una linea che divide in due metà sim
þe 4 FAUSTO MORINÌ
od interdentale della guaina, la trazione che si esercita nel senso tan
genziale alle guaine, ossia ai due lati del triangolo, si esplica equa- .
bilmente in tutti i punti di questi, perciò le fibre sono tutte stirate
uniformemente, e l’intera area esercita simultaneamente e proporziona
tamente in tutti i suoi punti l’azione meccanica che difende la guaina.
dalla lacerazione (1).
Infine, le anzidette proprietà delle guaine ci spiegano come queste k
potentemente contribuiscano a consolidare ed a mantenere nella loro
posizione più o meno eretta i ramuli delle giovani piante pel fine del- si
stegno per la porzione basale degli internodi. E pel conseguimento di …
questo risultato, le guaine sono efficacemente rinforzate dall’ elevato | È
grado di turgescenza che riscontrasi nei tessuti della base degl’internodi | 4
stessi. si i
Le Casuarine hanno affinità exomorfe cogli Equiseti, per cui è utile, —
nelle sue linee generali, stabilire una comparazione fra l’area connettiva |
delle prime e gli organi biologicamente equivalenti dei secondi. Le a
guaine degli Equiseti, mentre si svolgono nella gemma, sempre subi- :
scono una lacerazione, che costantemente ha luogo nella commessura
fra due denti, i quali così si rendono reciprocamente liberi; questa la-
cerazione potrebbe progredire ed anche estendersi a tutta la guaina, $è
non fosse arrestata da cellule speciali, le quali appunto si trovano esat-
tamente nella linea mediana della detta commessura, la cui completa
differenziazione è in questo periodo già avvenuta. Si ha dunque una linea
di cellule appartenenti all’ epidermide esterna della guaina, le quali hanno
la membrana molto inspessita e forma arcuata a ferro di cavallo, i cut
due prolungamenti sono rivolti all'infuori ed abbracciano il margine com:
a are
metriche, un sistema di curve formato da cellule epidermiche il anti
0 Vedansi a questo riguardé le importanti figure che reca il Müller a pa i
del suo già citato lavoro.
(3) L. c., pag. 514.
217
ANCORA INTORNO ALL'AREA CONNETTIVA, ECC.
per la sua disposizione generale, è corrispondente alla nostra area con-
si g i . . . . .
nettiva e la cui presenza completa la funzione meccanica esercitata
_ dalle Ankerzeilen. Dobbiamo dunque concludere che mentre negli Equi-
= «tie nelle Casuarine la finalità biologica delle descritte formazioni
| concretate nella guaina e la legge meccanica che a queste presiede, sono
À le stesse nei loro caratteri fondamentali, il modo con cui si è conse-
| guito il risultato di rendere resistente la guaina contro la lacerazione
_ è diverso nelle dette due forme di piante. Negli Equiseti la costruzione
3 è esciusivamente data dalle cellule epidermiche selerotizzate e costi-
) tuenti un sistema di curve press'a poco parallelo a quello formato dalle
Nostre fibre connettive, le quali invece provengono da metamorfosi del
parenchima fondamentale: tanto le Ankerzellen col correlativo sistema
di curve di cellule epidermiche, che le fibre connettive adempiono alla
stessa funzione, colla differenza però che negli Equiseti le prime arrestano
la lacerazione per la quale rendonsi Jiberi i singoli denti della guaina
. fogliare, mentre nelle Casuarine, l’area connettiva fino dai primordi
| della differenziazione delle squame, incomineia ad adempiere alla sua
«funzione meccanica.
Sarebbe molto interessante intraprendére uno studio comparativo delle
“i diverse disposizioni istologiche concretate nella commessura dei fillomi
3 insieme coaliti per sinfisi marginale (es. calici gamosepali, corolle ga-
mopetale, ecc.), onde impedire lacerazioni nelle commessure stesse. Qua-
lunque però sia la natura del tessuto che adempie à questa funzione,
già a priori scaturisce la legge generale che regola la disposizione del
à detto tessuto, e cioè che la consolidazione delle commessure sempre si
costituisce mediante elementi diretti trasversalmente a queste ed in im-
mediata vicinanza all'angolo commessurale. Così ad es. comunemente
| Nelle corolle gamopetale osservasi nelle commessure del tubo o un fascio
vascolare il quale, mediante rami laterali, si anastomizza col fascio me-
diano dei due petali limitrofi, oppure i fasci mediani di due petali
contigui sì collegano. mediante un robusto ramo trasversale, che decorre
subito sotto al vertico dell'angolo formato dalle due porzioni libere vi-
cie dei petali.
© Laboratorio di Botanica della R: U 'niverdità di Messina. Aprile 1895.
| FAUSTO MORINI
TAVOLA IX.
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE (!)
Fig. 1. Porzione della guaina di un giovane ramo colle squame fogliari, e
dalla superficie esterna od inferiore ad un piccolo ingrandimento. Not:
-i cordoni di clorenchima non completati nei denti, e l’area occupata
fibre connettive, nella quale le lineette arcuate indicano il decorso
fibre connettive stesse X 25.
r. Regione delle fibre connettive.
c. Cordoni di clorenchima.
s. Sclerenchima che longitudinalmente decorre secondo il piano sei a
‘ delle costole e dei denti fogliari.
t. Tricomi delle solcature. ‘a
2 Porzione di una guaina fogliare delle infiorescenze maschili X 2
| Significato delle lettere 7., c., $., t. come nella figura precedente.
si Tricomi dei Spogli dei denti.
Xy |
in Cer all’ incisura fra due squame fogliari X 110.
d. Parte basale dei due denti fogliari contigui.
pi _e. Cordoni di clorenchima cogli stomi.
> s. Sclerenchima delle ‘costole e dei denti fogliari.
| hei Soleatura 1 fra a dirigo
i connettiva.
la Fibre contie vedute p SR sotto r Poe
r Sclerechima ventrale. 1; i
a Epidermide'esterna.
` cl. Clorenchima.
e.' Epidermide interna.
f.v. Fascio vascolare proprio di ciascuna costola. t
. 5. Breve tratto della sezione precedente visto ad un faggio vigono ;
to X 280
Significato delle lettere f., s., Sa s"., e. e'., cl, f. 0. è il sicario che
nella figura precedente.
=~ © p. Cellule speciali punteggiate che accompagnano il fascio (giaro:
=» 6. Sezione longitudinale mediana della regione delle fibre connettive a una
guaina dell’ infiorescenza maschile x 95.
Lo spazio situato fra le due epidermidi è interamente occupato ah.
fibre connettive.
7. Sezione trasversale della guaina fogliare sotto la regione delle fibre con-
._ nettive, ed in corrispondenza ad una solcatura > ALLO az
e. Epidermide della solcatura. Cau
e'. Epidermide della faccia interna o superiore della guaina fogliare. —
s. Stratificazione sclerenchimatica fibrosa in rapporto con quest’ ultima
epidermide.
> 8. Porzione mediana dell'epidermide della faccia interna dell’area counettiva,
veduta di faccia X 280.
PE - Linea punteggiata rappresentante i margine interdentale.
NICOTRA
INFEUENZA DEL CALCARE SULLA VEGETAZIONE
per il Dott. L. NICOTRA |
NOTA PRELIMINARE
ui esso si intona, e molto meno ASTE Y note le ue
Nar attendere rer studio ea sull’ azione Es calcare» n
r ie trattasi, ad altri della stessa categoria, are autorità che se
attestano, tentando qualche spiegazione plausibile e capace di es
quindi utilizzata. in una teoria completa, che un giorno sarà forse i
es per ispiegarli in modo soddisfacente tutti e quanti.
| Questa Nota preliminare diventa piuttosto un’ ag, ggiunta giustificat
= di ciò che ho affermato, cioè, che le rocce calcaree costituiscano
stazione poire ai sviluppo delle piante alpine in paesi meridio
ed in gioni rò essa aggiunta domanda tuttavia ulterl
sviluppi. e giustificazioni, ch potrò accingermi a dare, quand”
ficientemente allargato il campo. de’ miei studii, e Mo
da Arai a efficaci le mie dimostrazioni. -
ceri i a. n e 11 hi tin dun 2° dot. il, Vol. XXIV, p. 2
_ Ma le rocce calcaree sono state indicate altresì come coineidenti con
altri fatti cospicui delle flore cui alimentano. Esse sono state segnalate:
1° come dotate di una vegetazione più varia, più ricca, e 2.° come
idonee allo sviluppo d’una flora mediterranea, 0 sempreverde che dir si
| voglia. Giuseppe Moris (!) e Stefano Traverso (°) affermano per la Sar-
. degna il primo di questi due fatti. L’ uno trova più ricca, più varia la
parte occidentale dell’isola, ove più abbonda il carbonato di calce; l’altro
trova, in confronto delle calcaree, tanto povere e scarse di vegetazione
le regioni schistose (siluriane), da caratterizzar quelle (cretacee, eoce-
| niche) come oasi in mezzo al deserto. In grandi linee, è facile il rico-
j noscere le vistose ricchezze botaniche della parte occidentale e meridio-
| nale di Sicilia (ove le formazioni calcaree predominano) come superiori
= mulitico di Isola, come di oasi ancor esso, rapporto alle circostanti are-
| narie, Poi, anche per flore molto aliene dalle suddette, tale ricchezza è
| confessata; ed oltre a un’influenza sul numero delle specie, ve ne è as-
segnata una sulla densità degli individui (*). i
Le osservazioni di T. Fuchs (5) riguardano il secondo fatto; il quale
specializza, e certo in parte rischiara il primo. Il soppraggiungere di una
. flora propriamente australe è legato al sopraggiungere di rupi calcaree :
la linea limite della zona mediterranea in Francia coincide con quella
centro; e in Italia, col limite
+
che separa il neocomiano dal granito del
meridionale della zona alpina stabilita da Collegno; e in Crimea, giusta
la linea segnata dal Grisebach, coi limiti del calcare giurassico. Non vi
afferma un’ influenza chimica del calcare, poichè notasi
Flora sardoa, Introd.
`) Calcar. fossilif. di Gerrei, Torino 1801.
() Cfr. Bull. d. scienze nat. d. soc. adr. d. Trie
Ù
o
C) Die Mediterranflora in ihrer Abhängigh. von d. Bodenunterlage, (in Sitzungb.
XXVI) i ala
à quelle della porzione nord-est. Marchesetti (°) parla del caleare num-
Si lascia di notare la dipendenza del fatto da peculiari circostanze di
certi paesi, le quali possono ecclissarlo forse in gran parte; nè vi Si
che il fatto ma-
ate, IVA | 3
Le F. AnxaLn Lees, On the flora of the Yi Ashire Coalfield, nel Journ. of Bo-
Y, 1874. — Sacorski e Scuxeiner, Flora d. Centralkarpathen, Leipzig. 1891.
229 . L. NICOTRA
nifestisi cospicuo talora su rocce vulcaniche. Brusco è il passaggio
tato dal Fuchs fra la flora sempreverde e la Sommergrime (flora de
dominio forestale); sicchè non puossi invocare per causa un cambiament:
climatico. Ignota nella penisola italiana questa flora sempreverde a quelli
serie di marne e arenarie, che corrono dal nord-ovest sino al Gargano; Ri
ignota nella Sicilia orientale dal Faro di Messina fino a Taormina, col
pare ivi in pieno vigore; chè da Capo Rasocolmo a Mandanici e a Fiu- 3:
medinisi dominano le formazioni cristalline simili a quelle delle Alpi, i
ed è a Sant’ Alessio e a Taormina che si sviluppano potentemente i cal- | |
earî triasici e liasici, titonici e neo:omiani, soggetto di lunghi e bellis:
simi studii del Seguenza e di qualche chiaro geologo della scuola pa- È
lermitana (1). Il Fuchs cita altresì Siracusa e Palermo, come luoghi nios |
tabili pel predominio d’una flora mediterranea; ed avrebbe potuto dire,
che proprio verso il limite della provincia di Messina, nel lato sotten- |
trionale dell’isola, tal flora comincia a primeggiare ove la fillade ter-
mina e il trias appare (verso Sant’ Agata di Militello), preludendo allo |
sviluppo preso nel dominio classico del calcare cretaceo, e di quel tito-
nico, che ha reso celebre il nome di Gaetano Gemmellaro.
Entro certi limiti, essa flora può inoltrarsi verso nord (?), qualora s'in-
contrino rocce calcaree; mentre nel sud vediamo sopra formazioni silicee |
espandersi quella flora, che le si contrappone, e che ricorda la propria
dell’ Europa centrale. Però occorre s’intenda di quel calcare compatto,
che suol formare rupi, e che sarà più scevro da meschianze capaci di
paralizzare le sue proprietà, idonee a formare la stazione propizia onde
si tratta. Il Fuchs quindi (5) a buon dritto ne esclude le marne à fucoid
E la pi suddetta vien paralizzata finalmente in gran parte dal
RTS e np gl EI: SERRATO RE CEN E ORI AC VIE) € | NN AM pe AME T PUR
() Quivi. è la testata degli strati, corrispondenti, secondo Ed. Suess, a quelli, che
trovansi presso Cosenza (Cfr. Sulla strutt. della penis. ital. nel Boll. del R.
mit. geol. d'Italia, 1872, p. 73 e seg.). Le analogie sono state vedute recenti
| mamente dal Fucini fra Taormina e Longobucco; e il Suess trova in A è
stata il promontorio futuro dell’ isola, che resterà probabilmente dopo il prova
| sprofondamento futuro del cristallino ac (Cfr. Z’ RE della
trad. di Vinasse de Regny, Pisa 1894, p. 107).
(3) Cfr. pure BraunGarr, in Bot. Centratbi. Il Ann., pag: 345.
(3) Op. cit.
luoghi freddi e umidi (come lo stesso autore avverte); dimostrandosi forse
| anche così, che un clima freddo e umido tenda a sopprimere le differenze
di stazione, come Alfonso De Candolle afferma nella sua Géographie bo-
— tanique, e come io ho tentato altra volta di provare (1).
Riveniamo intanto all'influenza spiegata sulla vegetazione alpina; la
quale si legherà forse ai due fatti precedenti mercè quell’ analogia, che,
fra essa vegetazione e la propria del mezzogiorno, esiste nella zona me-
diterranea, e che non ho mancato di ricordare nello scritto testè accennato.
Oltre che in Sicilia è ovvia la costanza della stazione calcarea per un
t lungo ordine di piante mediterranee (Sempervivum , Athamantha, Ma-
| gydaris, Putoria, Scabiosa cretica, Sc. limonifolia, Lonas, Jasonia, Coris,
Ù Pentapera, Fontanesia, Periploca angustifolia, Onosma, Lithospermum
rosmarinifolium, Globularia Alypum, Convolvulus Cneorum, Penni-
3 setum, Stipa pennata, Aristida, Melica minuta e via dicendo...) (2), ed
| Oltre ciò che ho già consegnato in esso scritto relativamente alle piante
. alpine; qui gioverà l’insistere un poco sull'esistenza di specie che col
crescere dell’ altitudine vanno prediligendo il calcare, o vanno assumendo
peculiari forme adattate a queste nuove condizioni ambienti. Così oltre a
| quelle colà recate, ce ne dànno esempî la Gagea Granatelli, il Physosper-
_ Mum acteaefolium, alcune Satureja, alcuni Thymus, la Matthiola corono-
| Pifolia, la Crepis praecox, e via dicendo; mentre i generi Pimpinella,
Scandix, Daphne, Saxifraga, Silene, Arenaria, Rosa, Potentilla, Odontites,
ba, Alyssum, Cnicus... ci dànno locupletissimi esempii d’un altro fatto
della stessa categoria, cioè della tendenza montanina, che l’unica o le
‘poche loro specie calcicole si hanno. E poi. non è scevro d'importanza il
| considerare il grande predominio che nella vegetazione montanina pi-
; gliano, anche fuori di Sicilia, i generi che mostrano predominante la fre-
Quenza della stazione calcare, come sono le Asperula, i Galium, le Ar-
meria, i Dianthus, i Sedum, i Sempervivum, gli Helianthemum, le Iberis,
le Evas ed altrettali.
-_————@—&
(!) In Malpighia, Ann. I, pag. 71. a |
©) Qui troverebbero luogo magari e famiglie, che si distinguono pel gran numero
di forme appartenente al dominio mediterraneo e caratteristiche dello stesso, come
le cistacee e le labiate.
PAIA di NICOTRA
Alberto La Marmora (1) fa notare il forte contrasto che il Tacco i
Tonneri de Irgini presenta, nella sua flora comparata con quella, che
~ comune nel gruppo del Gennargentu: il calcare magnesiano di quell i
xi località è per tale riguardo ancora una specie d’ isola, verso le formazioni
‘cristalline dell altissima catena sarda. Non meno di 17 specie montani e
conta il gran naturalista come esclusive di essa circoscritta località;
alcune delle quali si mostrano poi in altri picchi della Sardegna, ma |
sempre in istazioni calcaree (°). Considerisi intanto che questo Tacco à A
inferiore d’ altitudine alla sommità del Gennargentu. La relativa bassura
di alcune montagne calcaree, che alimentano piante alpine o subalpine, l
notato già per la Sicilia, e potrei citarne anche per la Sardegna (com
p. e. assai caratteristicamente l’ Oliena o Santa Vittoria œ Esterzili).
Sul continente italiano eloquenti mi pajono i monti Solaro, Sant’ An-
gelo, Pisano, Calvi, memorati dal Prof. Parlatore, a proposito di certe
piante alpine, come le Globularia cordifolia, Gl. incanescens, Scabiosa
crenata. Il Teucrium montanum, che sul Colle di Tenda trovasi a 1900
metri, viene sull’ Oliena (1338 m.), e anche sul Cammarata (Sicilia), ;
ch'è luogo relativamente assai basso, ma dotato di rupi calcaree. E pa i
rimenti, la Potentilla crassinervia Viv., il Cerastium Boissieri Gren. il
Ribes petraeum Bert., la Stachys corsica P., che vengono in Corsica Su i
rocce silicee, sono prettamente calcicole in Sardegna, e si lascian vedere
su luoghi molto meno alti che quelli dell’altra isola. Anche in Sardegna |
qualche pianta indifferente sul piano, diventa calcicola sull’ alto (tali
Y Alyssum campestre, il Sisymbrium erysimoides); anche in Sardegn® |
come in Sicilia, le piante della regione scoperta sono per buon numero | ;
calcicole; e, fatto anche in quell’isola il paragone fra la popoli.
alpina di due montagne equialte, ma una costituita di rocce calcaree è
tp
ro) Itiner. de l'ile de Sardaigne, T. I, pag.
p Sono le seguenti: beris integerrima Moris, Silene pauciflora Salzm., ;
| corsica DC., Stellaria sazifraga Bert., Rhamnus alpina L., Pirus Aria Ehr.:
È jinosa var. sepium Savi, Amelanchier portuale Pagare Lonicera per
Savi, Campanula rotundifolia L., Hieracium MUTOTU , Scabiosa holos
Bert., Linaria rubrifolia DC., Thesium italicum DC., Th. inophylium L L. 8
reticulata L., Avena gracilis Moris, È
Es
En
Kalta di silicee, hassi ni prima il predominio di tal i opel iene a). P y
Notabile è pel caso nostro, a-quanto sembrami, che laddove alcune specie pù
alpine e subalpine (Thlaspi rivale Prsl., Plantago subulata L., Daphne “a 3
x : glandulosa Bert.) fanno soltanto su calcare in Sicilia, in Sardegna mo- È
> strinsi indifferenti. Ma troppo esiguo è, come del resto dovea essere, vista
| la poca dissomiglianza del clima, il numero di dette specie. L'importanza
i di notarle, intanto, poggia sulla possibilità che qualche fattore causale
| | si scopra, il quale renda ragione di questa manifestazione d'indifferenza:
= Discutiamo ün poco quanto accade in altre flore. Molti osservatori sono
| daccordo nel rilevare di tali differenze nelle Alpi : la Corna Blacca (do-
| a lomitica e poco elevata) è più ricca. di piante alpine, che la Colombina
_ (porfirica e assai elevata) nol sia. So che una questione si è agitata (°)
su tal riguardo; e simili differenze si sono volute ascrivere (e saranno
difatti in gran parte ascrivibili) a cause geologiche. Ma il sig. Ball ha
toccato di fatti splendidi per l'influenza del fattore mineralogico; e Mi-
chele Sardagna (5) per la flora alpina del Trentino categoricamenté as-
serisce che il terreno calcareo dia ricetto alla assai più grande quantità -
di specie. È già stato ben notato magari, che abbondino nel calcare Ta
le piante endemiche del centro d’Europa, e che contrasti sensibilmente È
la povertà dei basalti, per numero di piante alpine, col calcare del Giura,
_e che i Vosgi e la Selva nera, comechè più bassi, sian meglio dotati del-
l Harz (*). Poi ultimamente il sig. Alboff ha parlato Tuna flora speciale
calcicola del Transcaucaso, caratterizzata da un'intera serie di forme en-
demiche, nuove, rare, fra cui alcune appartenenti alle già note solo del.
sud (Lazistan). e in generale diffusissime (5). Così proverebbesi e ciò che |
0 ho tenuto per vero, ed anche i fatti sopra citati della darai e,
varietà delle forme, e della densità degl’ individui.
È
bise
NES
di e del Limbara, Ho
1); le esclusiva-
O Istituito il coala fra le due vegetazioni alpine, dell
Vas
per la Sicilia) i.
edesi quella esser cinque volte maggiore di questa. Sono poi
mente pags delle piante sardoe alpine; proporzione, che ee
più fc corrispondente alle piante non alpine.
5 Nel Congresso di Firenze. Ta Ta
) Za flora alpina del Maio, corato 1885, p- 6. et
i Cfr. Grisesacu, Za végét. du p- 296.
a n Ctr. Mem. d. Russische geogr. Gal Bi XVI, (1903)
ha
Di CORNE E L. NICOTRA
`
Ed esplicita più che mai è certo la dichiarazione dell Andrée per
l'Harz ('). Egli assicura che andando verso ovest, col comparire di rocce
calcaree e col diventare men rigido il clima, subito s’incontrino tipi au-
strali: e che poco oltre 1000 m. (3000) trovisi una vegetazione subal-
pina. Ma forse non mancheranno già osservazioni, che più direttamente
si riferiscano all’esistenza di una vegetazione alpina o subalpina, in lo-
calità poco alte e costituite da rupi calcaree.
Senza che ne sia rilevata da loro una tesi generale, mi pare siano |
so validissime quelle dei signori Leresche e Levier (2): esse mi han fatto
| tina vivissima impressione davvero. I due simpatici viaggiatori trovano
verso il mare la Globularia nudicaulis L., che nelle Alpi svizzere non
iscende sotto i 1000 m. Lungo la Deba eglino vedono l’ Eryngium Bour-
gati Gou., altrove montano sempre, ma le pareti della gola notansi
che sian di calcare; e mentre vi spariscono le eriche e le geniste del
Picos d’Europa, vi si mostrano più o meno abbondanti la Petrocoptis 4
| Pyrenaica A. Br., il Teucrium pyrenaicum L., l Arenaria grandiflora All, —
la Pimpinella Tragium Vill..... Ivi stanno meglio rappresentate le fa-
miglie use di predominare nelle flore alpine (ranunculacee, crocifere, al-
sinee, saxifragacee, rinantacee), e vi si scorge un certo rapporto di so-
miglianza coi Pirenei, coi Monti Cantabrici, con le alte montagne di
Léon e delle Asturie. Eppure essi valenti botanici confessano di non esser
saliti troppo alto, di essersi restati sotto i 2000 piedi, di non averne
: visitato il lato settentrionale. Singolare contrasto con tutte queste con-
a tingenze fa la Sierra di Gredos, ov’eglino han trovato suolo granitico:
fra 1500 m. e 2000 m. non hanno ivi incontrato una pianta alpina, hanno.
trovato una vegetazione in generale povera e monotona, un dominio di
genistee, un manco di primulacee e di genziane (3). È
Sagorski e Schneider (+) hanno pure osservato qualcosa di simigliante
qe
»
(9 Flora d. Harzes (in Archiv. d. Pharmac. Il Reih, Bdd. IV-V).
: (*) Deux excurs. bot. dans le nord d. l'Esp. et du Portugal, Lousanne, 1880.
«Avverto tuttavia, che sarebbe bene il considerare i contrasti e direi anche le
PREA che gli studiosi della flora spagnuola hanno già fatto emergere rapporto
Eg
(P) Cfr. Op. cit. p. 62-65, 148-49. |
o Cfr. l’opera citata di sopra. A
INFLUENZA DEL CALCARE SULLA VEGETAZIONE DI
in una flora non donne Second’essi, nel Tatra alcune piante cal-
| cicole (come l Astrantia major, il Bupleurum longifolium, il B. falca-
tum, la Carlina acaulis) si trovano, quando l’altitudine è grande, anche
in terreni non calcarei. Ed, anche in flore più settentrionali, è il caso,
| che per alcune piante mostrantisi indifferenti, non vedesi scelto, se
: non esclusivamente il calcare, allorchè trattasi di climi rigidi, di al-
| ziori regioni, o di zone situate verso nord-ovest: ciò ci fa sapere il
Blytt per la Norvegia (').
Mi affretto a rilevare l'apparente contraddizione che si trova in queste
osservazioni; la quale sarà capace di trarre in inganno chi si resta alla
| prima impressione, e di stornarlo dalla ricerca di una costante qualsiasi.
La contraddizione sarà veduta fors anco nell’esigenza, che mi pare in-
negabile, spiegata pel calcare e da piante mediterranee e da piante al-
, Pine. Ma cessano di apparir contradditorie le due esigenze, quando si
riflette alla natura delle vere piante alpine e del clima alpino meridio-
nale; e quando si considera, che queste piante amano piuttosto una certa
forma orografica dipendente dalla natura mineralogica.
Da questa riflessione sortirà il convincimento intorno ad una certa
comunione di abitudini delle due categorie di piante; ad un adattamento
di entrambe per una atmosfera asciutta, per un suolo relativamente
caldo (2), o per le proprietà fisiche inerenti alla forma orografica sud-
"n detta. Che poi il calcare venga richiesto da una pianta al suo limite
inferiore, e da un’altra al superiore, non include contraddizione sostan-
Propizio, un ambiente che determini le possibilità di una straordinaria
) Ho addotto, nel mio scritto sopracitato, varie prove di m SEN
cagione di raffreddamento, bé le radiazioni luminose sul'alto delle n
E
Scaldamento, come c'insegnano le esperienze di Violle, non può comunicarsi ad essa-
iale; ma importa, che esso terreno effettui per entrambe un ambiente
discesa nel primo caso, o di un’ascesa straordinaria nel secondo. Cer-
> _chiamone il perchè.
I
… (5 Essay on the immigr. of the Norvegian Flora, etc. Christiania, 1876.
È hezza do-
: pes da immagazzinatore e si riscalda assai più dell’ aria; quantunque sio ri-
LA
. NICOTRA
In che può giacere l'influenza del calcare sulla vegetazione? Dovremo
guardarci bene dal negare assolutamente, in ogni caso, un ufficio chimi
a questo minerale, dopo che il Contejean ed altri hanno tanto vali
damente respinta l’idea esclusivistica del Thurmann. Ma siccome è im-
possibile di spiegare i fatti mercè la considerazione di quel solo ufficio,
ed è impossibile parimenti di non far conto di altri fattori, oltre quelli |
contemplati isolatamente da quei due autori, dobbiamo introdurre nelle.
spiegazione questi fattori nuovi. i
Il Krasan fa grande assegnamento sopra una proprietà tempi w ;
conduttività (1). H calcare, è a fronte di altre rocce, buon conduttore, è
tanto più, quanto è più compatto e a pori più piccoli. Il suo soli
è alquanto prossimo a quello del marmo bianco, mentre l'uno è 2,08 e
l’altro 2,78 (2). Partendo però da altre unità, si ha pel marmo bianco |
0,177; sicchè calcolando su tale base il coefficiente del calcare, si trova |
0,135, mentre per l'arena silicea si ha 0,013, e per lo gneis 0,058 (5). Sup-
posta dunque una massa di calcare, essa, pel solo fatto dell'esposizione al-
l'irradiazione solare, verrà meglio penetrata, più profondamente penetrata È
dal calore (giacchè, giusta le formule di Fourier, a circostanze uguali | la
si dogs isotermica sarà nei corpi ini conduttori a una pia mag-
Salt The lia
HF?
i en
_una calcarea e una silicea, è Dian da ciò solo, la distinzione fatta À
dal Krasan; dal quale autore l’una viene detta omotermica, mentre Valtra
eterotermica. In po si er à perd come RAR p rulla co
calcare, per isai suo alto eooicionto, nella trasmissione del RE :
(!) Cfr. Die Berghaide der südüsllich. Kalkalp. (in Fngler's Bot. rad 1
~ (Ë) Cfr. Fermi, Tecnologia del calore, Milano 1876.
- ( Cfr. LanpoLe et BERNSTEIN, Physikalisch-Chemische Tabellen, Berlin, | È
Fei
vi
INFLUENZA DEL CALCARE SULLA VEGETAZIONE
)
| veniente da altra sorgente, cioè da quella sorgente costante che è l’in-
terno della terra. Perchè si compia intanto l'ufficio geotermico, è neces-
sario, come facilmente vedesi, che la massa calcare considerata sia ben
profonda; e che non sia poi coperta alla superficie di uno strato coi-
bente o eterotermico, è pure necessario, se vuolsi che l’effetto di questa 3
condizione calorifera si manifesti sulla vegetazione. Considerando ora È
l'andamento delle cose nel loro insieme, si avrà diritto a dire anche più
caldi ed omotermici i calcari. .
Per quei calcari poi, che sono in condizioni da ritenere acqua ab-
3
È A
i
Pi Ka
Ser
È
bastanza, avremo più ragione di invocare una più notevole conduttività
termica; poichè risulta dagli esperimenti di Von Littrov, riferiti dal © a
Daguin, che in generale le terre umide conducono meglio delle secche. : 2°
Però, stante le modificazioni importanti prodotte dalla giacitura della à
roccia su questa proprietà termica sua, non è tanto agevole l’ applicar A
PSI questa nella costruzione della desiderata teoria dei mutamenti di stazione; pa
e farebbesi male a ritenere che ogni calcare mineralogicamente identico.
sia dotato della stessa proprietà termica. Il Krasan non manca di av-
| o ove il calcare resti sotto la sola in-
fluenza dell’ irradiazione solare: allora, invece di una vegetazione ricca
di mirti e di lauri, se ne vede una ricca di Alnus e di faggi (1).
Nè qui terminano le considerazioni da farsi sulle proprietà dei calcari
utere altri due ordini di proprietà al-
d’arricchirsi di acqua, € quelli
e quindi le tra-
Le prime ©
sia I DE n PR À
vertire le variazioni che accadon
per lo scopo nostro. Occorre disc
meno: quelle che si riferiscono al potere
che inducono nella roccia. una certa forma orografica,
sformazioni cui il Thurmann rivolse di preferenza il pensiero.
| Sono quasi affatto trascurate dai mineraloghi, ed io mi avvalgo piuttosto,
per istudiarle alquanto, del bel libro di Salmojraghi (?).
ee C'è a distinguere una facoltà d’ imbeversi, da una facoltà g assorbir |
acqua. Roccia più umida sarebbe quella che s'imbeve di più, che as
sorbe di più per capillarità acqua da uno strato sottostante, € che ri 5
() Die Erđwärm. als pfianzengeogr. Factor (in Engler's Bot. Jr. Be "=.
yi I materiali naturali di costruzione, Milano 1892. Si confrontino pure le opere —
di fisiologia vegetale. 33 :
"= 980 Fe L. NICOTRA ee SIAE
- tiene tutta l’acqua, di cui s'è impadronita, con più energia. Ora queste
proprietà non istanno in ragion diretta. Il potere d’imbeversi è per di
certo rispetto inverso a quello d’ assorbire: mentre nelle rocce cavernose
l’uno supera l’altro, nelle compatte è l'inverso che accade. Le prime
però godono di una facilità di far defluire l’acqua; sicchè per questo 2
debbono contarsi come soggette assai agli sbalzi di stato igrometrico, e |
quindi come facienti un ufficio che deve differire col clima al quale *
soggiaciono. Venendo a toccare delle specie litologiche, è bene per noi -
lo scartare le troppe particolarità e i dissensi degli autori. Quindi ri- i
|
|
teniamo il seguente ordine crescente d’imbivibilità (!): dl
Granito Arenarie #90
Calcare cristallino Calcare tenero È. A
» compatto Tufo 1
Pel potere d’assorbimento abbiamo una scala dello stesso senso con
- le specie seguenti:
Quarzo e Granito Argille i
. a f ;
Gneisi e calcare cavernoso Marne E
sa
Sabbie e calcare duro Calcare tenero. ‘4
Il primo e l’ultimo termine si staccano assaissimo dagli altri. Ma
ciò che monta di più è la varietà, anzi che la specie, assunta solo come a
| astratto, come media. Volendoci adunque avvicinare dippiù al concreto della
questione, e volendo sempre porre da banda ogni considerazione sottile (°)
prenderemo piuttosto in mira la compattezza onde gli elementi della
roccia stanno uniti, e la natura del cemento che li unisce; poichè
questi fattori hanno sull’imbibizione una grande importanza: scema
p. e. l’imbivibilità col crescere della silice nel cemento delle rocce cla-
{1} Con esperimenti da me son adoperando un metodo facile suggerito dal :
| Salmojraghi trovo il marmo saccaroidé, il gneiss micaceo e il calcare giurassico |
come i più resistenti all’ imbibizione Vengono appresso, in ordine decresce escente di
° CS za, il basalto, i quarziti, lo gneiss ordinario, la dolomite, il granito e il
calcare compatto, il grès quarzoso e il calcare nummuli tico, la trachite, l ar-
gilla, cui sono uguali per questo riguardo il calcare oolitico, il tenero, la molassa ssa,
certe lave e il tufo. Allo stato polverulento le rocce le ho trovate imbivibilissime.
_ () Per es. nel considerare la così detta acqua di cava, c'è da distinguere `
lentezza di assorbimento da un'altezza cui l’acqua può pervenire.
=
INFLUENZA DEL CALCARE SULLA VEGETAZIONE 291
‘stiche, ed aumenta con l’argilla e col grado cui ha raggiunto la cao-
linizzazione. L’argilla ha pure un’importanza come trattenitrice di ac-
qua; facoltà che è condivisa dalla torba, e dalle arene quarzifere ri-
«guardo all’ acqua di fondo (1).
Un’importanza ha pure la facoltà di condensare il vapor acqueo at-
mosferico, la quale dovrà essere proporzionale al potere irradiante. Il
vapor acqueo così condensato influirà meglio sulla facilità di disgrega- |
zione, che è grande in alcuni gneiss e in generale nelle rocce schi-
stose. Lo gneiss difatti irradia in generale benissimo.
Riguardo all’altra serie di proprietà, è uopo confessare che una certa
facilità di decomposizione aiuta la fertilità del suolo (come riscontrasi
p. e. nelle marne), e che una esagerata rifrattarietà all’ erosione (quale
è quella p. e. della dolomia) è causa di regioni desolate (*). È uopo al-
tresì considerare la forma orografica, cui i calcari sogliono dar luogo;
forma caratterizzata da muraglie, da denti, da guglie, da piramidi
fantastiche, che fan così grande contrasto con la forma a pallone pro-
pria delle arenarie (5). Essa debb’essere un potente fattore di stazione,
come quella che determina un raffreddamento prevalente, un raffred-
damento paralizzante la facoltà che ha il calcare di mostrarsi più caldo, e
proveniente anche dalla stessa migliore conduttività termica (*). È noto in-
fatti, che, in tal caso si ha una superficie sfavorevolmente situata rispetto
i all’ assorbimento dei raggi calorifici, ma inoltre concorreranno di certo
À delle disposizioni idonee all’ eccesso di una certa misura d’acqua e di
luce vantaggiosa alle esigenze biologiche di alcune piante.
us Ciò posto, appare chiarissimo come una stazione sia una risultante
di condizioni, solo mercè le quali essa può esser compresa scientifica-
mente; solo mercè le quali possiamo tradurre in espressioni razionali
le empiriche notazioni dei floristi, e scoprire le costanti attraverso le
mutazioni, che a tal riguardo le piante ci offrono. Questa è l’idea che
nni
(°) Sroppani, Nota ad un corso di geol., Milano I, 43.
È) Ib. pp.139-40. | | |
©) Schlagintweit ha notato questo prevalente raffreddamento.
(!) Woriny, Unters. üb. d. Verh. d. atm. Niederschl. z. Pf., Heidelberg 1891.
t
L. NICOTRA
se ne fa il Contejean (1); ma egli trascura l’analisi di tale risultante,
o ne fa una assai incompleta: enuncia una veduta magistrale, e non
le tien dietro utilizzandone la fecondità. Notare le variazioni di stazione,
è un primo passo; ma, ad ‘arrestarci qui, rischieremo di allontanarei
dall’idea di legge. L'analisi ci aiuterà invece a trovare, che se la sta-
zione muta col mutare, poniamo, del clima; essa è diventata realmente
altra cosa, quantunque ancora porti lo stesso nome. Che meraviglia,
$
adunque, se alcune piante che prima vi stavano, ora P abbandonino, —
ed altre invece che la sfuggivan prima, la prediliggano ora? Meraviglia _ ;
sarebbe se questo non s’avverasse, e non s’avverasse senza modifica- |
zione alcuna della vita. Con l’avverarsi, essa vita trovasi nelle stesse |
= relazioni di prima, la nuova stazione equivale l antica, alla legge n non
«è derogato (?).
Si Per via dei dati fisici union esposti, si ricava che il calcare
compatto dia un terreno poco profondo, assai asciutto e facilmente seal-
dantesi (5). A meno che non trattasi di esigenza prettamente chimica,
queste note bastano a farci capire perchè il calcare sia preferito dalla
flora mediterranea. Basterà forse la sola nota termica, a farci capire i
il perchè una pianta prediligga il calcare, con l’ascendere o coll avan-
zarsi verso nord; e il perchè ciò accada meglio per piante più amiche. i
di un’alta temperatura, e per calcari non isolati ossia non poggianti
su roccie d'altra natura. Ma perchè taie stazione è prediletta da un
alpina che trovasi a un livello inferiore? A parte di ragioni geologiche,
che talora potrebbero militare nella risposta, e talora anche servire di
sole a darla, le proprietà delle roccie calcari serviranno senza dubbio
a fornircene di altre. L’igroscopicità debolissima, il raffreddamento do-
+ T vuto alla forma orografica testè ricordata, la poca o nulla profondità
| nno invo-
e le favorevoli esposizioni rapporto alla luce si potra
a) Géogr. bot.: Infl. d. terr. s. l. un p- 120. Paris 1881.
| (*) Parecchi osservatori hanno raccolto preziosi fatti intorno a usé dissi 1
lata costanza; sicchè il titolo di piante a non PINE cado i
le dissimulazione, che come precario.
tI Così è caratterizzata dai sigg. Fliche e Grandeau (Ann. d. Ch. el 4.1
0).
INFLUENZA DEL CALCARE SULLA VEGETAZIONE 233
care, per render conto della predilezione delle piante dui verso tale
stazione, massime trattandosi di altitudini non ediziori (4). Il Prof. Parla-
| tore, nei suoi Etudes sur la ge6graphie botanique de l'Italie, non ha
mancato di notare squisitamente tal predilezione, tale configuration
avantageuse aux plantes qui croissent entre les fentes des rochers.
| Proseguirò ancora, per altri casi, un poco la discussione, prima di
por termine al ragionamento. Thurmann dice che le graniticole del mez-
zodì diventino calcicole nel settentrione. Contejean battezza queste
piante per indifferenti: è un modo di troncare l'indagine, che deve con-
durci al vero. Per me non trattasi d’indifferenza: è l’azione spiegata
i dal calcare sull’ accumulazione dell’acqua, che sarebbe, massime in
; paesi umidi, la causa della variazione, o sarebbe anche causa il solo
2 fatto termometrico. Ed è certo da badarsi se la roccia onde trattasi è
| ono eugeogena ; perchè questo dato potrebbe influire a far dominare
luno o l’altro fattore EL
_ Le igrofile calcicole sono pel Contejean una, forte obbiezione a Thur-
mann. Ma se Thurmann non arriva a spiegarle, c'è necessità di ri-
correre esclusivameute all’ipotesi chimica? Non possono essere delle
A igrofile ch’amino una temperatura non bassa? Non sono talora delle
3 _igrofile che profittano o della grande imbivibilità del calcare tenero ,
| marnoso (eom’è il caso di un gran numero di orchidee) o di quell’ ac-
ME
ICE
RR ne
certe crassulacee, delle elatinee, e di simiglianti vegetali? 3
Thurmann non può spiegare le silicole che sfuggono ad ogni patto +
anche il calcare eugeogeno. Saranno calcifughe nel senso chimico, potrà
darsi; ma, essendo escluso il fattore igroscopico, non potrà sospettarsi
semplicemente che si tratti di piante termofughe, ad un grado assai
Spiccato? Dovrebbesi escludere quest'altro supposto per aver diritto à `
concludere sull’ influenza chimica.
= 5 e Q] Cosi trovasi il perchè le Pas he nie perire Fitalia foreste, ove
| trovano um umidità e un'ombra che loro nuoce. Le alpine nostrali non temono ;
tanto il caldo, og > Candolle /Geógr. bot. p- 310); sicchè possono benissimo
scendere, ‘qualora ttemperino alle loro più urgenti esigenze. ;
er Contejean di l’esistenza di graniti calciferi: ma non si danno di
graniti nel no ord?
| qua che suol risiedere nelle conche di calcari duri, com’è il caso di 4
A
x
gx SI | [4 NICOTRA
| se già una temperatura troppo alta è richiesta o è soffribile da esse.
Le calcicole che sfuggono i quarziti parvero al Contenjean un'al
arma contro Thurmann; eppure esse potrebbero essere delle igrofile
delle termofile semplicemente.
Il calcare credo io che serva come omotermico a molte piante, qua-
lora trattisi dell’ interno dei continenti, ove si ha un clima eccessivo
Poichè, se l’ ufficio geotermico entrerà in attività, dee aspettarsi che in
certe latitudini il calore così attinto potrà essere enorme. Certi calcari a
ivi agiranno pure igroscopicamente. i
Insomma, le varie attitudini dei vegetali, la natura dei varii climi, A
e le proprietà di ordine diverso che il calcare e le rocce affini si hanno,
sono tanto variabili, che ci possono mettere, con la diversa loro com- 4
binazione, sulla traccia di risolvere il problema topografico qui sfiorato, 4
e di costruire la desiderata teorica; che, mettendo a conto anche le
cause geologiche, meni a spiegare la distribuzione delle specie e degli
individui. Le cause attuali avranno però sempre ed esclusivamente del- |
l’importanza, a dar conto della permanenza di modalità di distribuzione o
nate magari dal passato; se trattasi di organismi mostrantisi sensibili
nella scelta della stazione. Poichè per tali organismi non può invocarsi
quell’ alto grado di tolleranza (1), mercè cui essi continuerebbero ad
esistere nella stazione, onde si son trovati per impulso di cause pi
leogeografiche (qualunque essa sia), o si propagherebbero in guisa dal
occupare varie sorti di stazione. Quindi una cagione essi devono trovare
nel mondo presente, la quale li trattenga nella stazione procurata dalle
contingenze d’un’éra già volta a termine, posto ch’essi vi si siano realmente |
fermati. La natura dei luoghi, ove oggi incontransi certe specie vegetali.
reliquia dell’epoca glaciale, mi convince dell’influenza attribuita a questa;
perchè quei luoghi accennano ad antiche torbiere, e l'indole di tali
specie è quella delle piante artiche o delle alpine che vivono in udis (À
Ma l’esistenza di alpine più chiaramente xerofile, che trovansi oggidì
1
(!) E per le quali è ben applicato il titolo di indifferenti.
(*) Le quali come dice Christ, si accostano alle artiche, ma sono pochissine
‘fronte delle altre alpine.
dope rupi ‘calcaree basse o anche bassissimo, reclamerà certo il con ©
corso delle cause attuali per esser compresa; quando tale stazione è da
esse richiesta in modo esclusivo, o non vien cambiata con altra, che
_al sopravvenire di nuovo clima, indotto da nuova regione altitudinale o
da latitudine nuova.
Ma i
CENNI OROIDROGRAFICI
STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA
DEL PROF. PAOLO PERO
ee DI Se FAI aa
LA
(continuazione e fine vedi fase. I-II).
III.
RE EN E E e ae ira ite
Sgr ea SME
LA FAUNA.
-La fauna del Jigs di Mezzola è pressochè identica a quella del lago *
di Como. A cagione perd della sua posizione assai riparata dove sboc-
cano l ampia Valtellina e le valli del Mera, per le sponde talvolta ri-
pide assai e talvolta pantanose, vi trovano rifugio molti uccelli acquatici,
ed in notevole copia vi strega la Lontra (Ludria) Lutra vulgaris o
Erxleben. a
Gli uccelli che più o meno abbondantemente frequentano il lago natio:
emigrazioni ed immigrazioni, vi dimorano stabilmente o vi furono casual- Lu ss
mente di passaggio sono, oltre il Martin pescatore (Alcedo Ispida Lin.,
ecialmente i seguenti, di cui tre specie segnate (*) sono nuove per
l’ivifauna | della Valtellina, non essendo ne nei miri del De —
iN e del Galli (*).
: ) È Vertebrati della Valtellina. Atti Soc. It, di Se. Nat. ä iano.
(0) Materiali per la | p. E. Quadrio, 1890.
ai
16 ane a anno IX, se IX.
PAOLO PERO.
I. Grallatores.
l. Otis tarda Linn. — It. Otarda, Dial. Pulin selvadegh. Preso or |
è qualche anno in vicinanza del lago. si
2.* Cursorius europaeus Lath. — Corriere biondo. Ucciso pur presso
i il lago dal sig. Venini Bartolomeo (5) nell’ inverno
del 1893.
3. Charadrius pluvialis Linn. — It. Piviere, Dial. Pivier. n
4. Totanus fuscus Linn. — It. Gambetta nera, Dial. Gambetton. | —
5. Scolopax major Gmelin. — It. Croccolone, Dial. Sneppon.
6. Gallinago caelestis Frenzel. — It. Beccacino, Dial. Sneppa.
7. Gallinago gallinula Linn. — It. Frullino, Dial. Sneppin.
8. Ardea cinerea Linn. — It. Airone, Dial. Airon cenerin, Sgolgion. :
9. Botaurus stellaris Linn. — It. Tarabuso, Dial. Tarabus. i
10. Ardea minuta Linn. — It. Nomnetta, Tarabusino, Dial. Sgolgin. È
11. Rallus aquaticus Linn. — It. Porciglione, Dial. Grugnett, Gol- 4
ginet. A
12. Rallus crex Linn. — It. Re di quaglie, Dial. Re de quai.
13. Rallus porzana Linn. — It. Voltolino, Dial Gilardina.
14. Rallus pusillus Linn. — It. Schiribillo, Dial. Calchin.
15. Gallinula chloropus Linn. — It. Gallinella d’ acqua, Sciabict, Dial. |
Grugnetton, Gallinée.
16. Fulica atra Linn. — Folaga, Dial. Fulega. i
SII
SSR BT ENS
x II. Natatores.
FE, Sterna minuta Linn. — It. Fraticello, Mignattina, Dial. Gar,
Garigulin. sa
18. Pelecanus onocrotalus Linn. — It. Pelicano, Dial. Pelican. Uccisi
nel piano di Spagna, presso al Lago di Mezzola i
sig. Panizzera Giuseppe l’anno 1857. Lo cita P
il Galli (1) per questa località sulla testimonia
del Fabani.
pe oi
MB o pubblicamente il sullodato sig. Bartolomeo Venini, per
| gentilmente comunicatemi sugli uccelli che più frequentano il lago.
19. Mergus albellus Linn. — It. Pesciajuola, Dial. Pescarel.
20. Mergus merganser Linn. — It. Lo Smergo maggiore, Dial. Pesca-
rolon.
21. di, serrator Linn. — It. Lo Smergo minore, Dial. Pescarott.
| 22. Fuligula marila Linn. — It. Moretta grigia, Dial. Moretton.
23. Fuligula cristata Linn. — It. Moretta, Dial. Anedin coll ciuff.
24.* Fuligula clangula Savi. — It. Quattrocchi, Dial. Quattroce.
25. Fuligula ferina Savi. — It. Moriglione, Dial. Coll. ross.
26. Mareca penelope Linn. — It. Fischione, Dial. Co’ ross.
27. Querquedula crecca Linn. — It. Alzavola, Dial. Garganel, Arsadeg.
28. Anas clypeata Linn. — It. Mestolone, Dial. Cazzulon, Cazzulott.
AVR PSE Vil OR a da
29. Anas boschas Linn. — It. Germano reale, Dial. Anedon, Anida
selvadega.
30. Cygnus mucicus Linn. — It. Cigno canoro, Dial. Cign selvadeg.
Compare a frotte di tempo in tempo non molto
raramente (4).
31* Larus glaucus Fab. — Il Gabbiano glauco o Gabbiano maggiore —
Catturato dallo stesso sig. Venini il 2 Febbraio
1892 e donato al Museo di Storia Naturale del
Liceo di Como. Abita la regione circumpolare e ra-
ramente si spinge verso il S. Sarebbe questo il terzo
esemplare preso in Italia; imperocchè il Giglioli (°),
ed il Salvadori (3), non ricordano che due esemplari
presi a Genova nel 1853 e nel 1877, conservati nella
Collezione italiana ornitologica di Firenze.
: Nella regione pantanosa confinante coll’ antico delta dell’ Adda abbon-
> | dano straordinariamente la Rana comune (Rana esculenta Linn.), i Rospo
comune (Bufo vulgaris Laur.).
0 ia italica, Firenze Le Monnier, 1866.
- (9 Elenco degli uccelli italiani. Genova, Tip. Sordo-muti, 1887.
| STUDIO SULLE DIATOMEE DEL LAGO DI MEZZOLA 237 ?
Le specie ittiologiche sono quelle che costituiscono la EEE ric-
> o Dyan Valtellina, Gazzetta della Provincia di Sondrio, Num. 19 Gen-
i ag = PAOLO PERO
ezza del lago e che a lo fanno rassomigliare a quello di
Como. Queste sono: il Pesce persico (Perca fluviatilis Liun.), la Bot-
tatrice (Lota vulgaris Cuv.) la Carpa (Cyprinus carpio Linn.), il Barbi: ;
(Barbus plebejus Val.), la Tinca (Tinca vulgaris Cuv.), Y Alborella (PA
burnus alborella De Fil.), la Trota (Trutta lacustris Linn.). il Lucci
(Esox lucius Linn.), l Alosa o l Agone (Alosa vulgaris Val.), la Scar-
~ — dola (Scardinius erythrophthalmus Linn.) il Triotto (Leuciscus aula Bp.),
il Pigo (Leuciscus pigus Lac.), il Cavedano (Leuciscus cavedanus Bp),
il Vairone (Telestes muticellus Bp.), la Salena (Chondrostoma soëtta
Bp.), Y Anguilla (Anguilla vulgaris Flem.).
La pesca viene fatta unicamente dai pescatori di Gera che ogni anno,
è
specialmente nel mese di aprile e maggio si portano colà con parecchie
barche e ne fanno ricco bottino specialmente di Pesci persici, di Carpe,
À di Trote, di Lucci, di Tinche e d’Anguille che smerciano poi sui m
| cati di Lecco e di Milano. E ciò per inveterata abitudine trasmessa orma
in diritto agli abitanti di Gera, secondo un’ antica leggenda, che si. vuol
fare risalire fino ai tempi del Feudalismo, per la quale si lasciava. i
giovani di Gera l'esclusivo diritto di pescare nel lago di Mezzola, seb-
bene esso attualmente appartenga, per la maggior parte, cioè per 7
alla provincia di Sondrio.
I pochi villaggi posti sulle sponde del lago non annoverano quasi ik
pescatore, se ne eccettui pochi che vi pescano più per passatempo colla
canna che per vera professione pescher2ccia. Sulle sponde di V erceja i
Campo e di Novate approdano parecchie barche (quattrass) che sorv
si unicamente al trasporto della legna dalla sponda occidentale; ed a Daz
i molti barconi servono pure a trasportare il bestiame sulla opposta
‘sponda, negli abbondanti pascoli del pian di Spagna.
Nella regione più melmosa della spiaggia meridionale, nel canale
| Mezzola, nel seno di Novate e nel canale di comunizione col lag g
| di Riva, raccolsi parecchie specie di molluschi, dei quali ricordo spe
mente la Limnea ampla Hart. var. obtusa Kobelt, la L. auricularia
lagotis Schrenk., la Bytinia tentaculata Lin, lo peer cor
ar, firmum Cless. |
TR escursione del A4 agosto 1893 feci pure abbondante : 2
DA
Lite dopo un ie ‘teniparaia di numerose filo di e
Fauna pelagica, tra i 5 e i 10 m. di profondità, come era da, pre-
vedersi, per I opportuna circostanza per tale pesca ('). Tra quelle ho noi
t À E visa e caratteristiche dei da segni Lì su sono o;
ə
ec conservano presso il prof, Pavesi dell’ Università di Pavia (3).
Micca NI che nell’inverno ie scorso, dalla metà di ne
alla metà di Febbraio, gelò il laghetto di Riva per intero, ed il
‘pale due estremità verso il PRO di ange e del Pian Le Sogn
a OP E Pavesi: Ulteriori: studi sulla fauna pelagica dei laghi italiani. festa
y R. Istituto Lombardo Serie II, vol. XII, fasc. XVI, 1879; Za Vita dei laghi.
‘orso. Pavia, Re 1889.
7. Pavesr: Altra serie di ricerche sulla. fauna pelagica dei laghi italiani. à
i Soc. 80.
3 udio di tale fauna
La Laboratorio Zoologico di quella Università, quando seppi del
dal Liceo di Sondrio a quello di Treviso, onde dovetti rogo im-
viali
mio improvviso È
240 Li NICOTRA
Prime note sopra alcune piante di Sardegna
pel Dott. L. Nicorra.
Dò a questa comunicazione titolo simigliante a quello di simiglianti |
comunicazioni pubblicate in questo giornale (t) e trattanti di Addenda
alla flora di Sicilia; perchè a prima vista se ne scorga I indole comune
e il comune indirizzo. In essi lavorucci tendo al complemento della ras-
mn è; Fal ur
RANE ce Tn ar
segna di ubicazioni italiane delle specie vegetabili, e adopero uno stesso
metodo d’ esposizione; il quale, mentre più razionale, è anche oppor-
tuno a quell’ indirizzo. ;
Sebbene la malattia recentemente sofferta mi abbia reso possibili solo
escursioni brevissime, e quasi esclusivamente limitate ai dintorni di
Sassari; e mi abbia per la natura sua impedito di ricercare assai À
luoghi palustri, che qui abbondano di specie ad essi proprie; pure, dal =
lavoro di gabinetto, fatto sopra ciò che ho potuto raccogliere fin quì, 3
ho cavato tanto, da poter fornire notizie nuove intorno alla flora sardoa,
studiata oramai da parecchi botanici, e illustrata da un’ opera; che è
specialmente notabile, a parer mio, per una rigorosa indicazione di lo-
calità, per una quasi completa e vera distinzione delle piante comuni,
Mi affretto a pubblicare ciò che spetta le monocotiledoni e le crittogame |
superiori, stimando esser questa la parte di maggior momento, quella
su cui massimamente dovrebbe esercitarsi l’ attività degli esploratori
botanici della Sardegna; perchè rappresenta ciò che manca alla classica
isola, quadro
jante. Ma
opera, a fornire il quadro intero della flora vascolare dell’
che è di prima importanza per gli studi di geografia delle p
fedele al mio costume di non toccare di ubicazioni già accert
scrivo queste Note, tenendo avanti gli oechi il dotto e coscienzioso
(') Cfr. vol. V, VII e VIII. Ciò che ivi è stato detto troverà un nece essario
plemento in analoghe pubblicazioni, che andrò facendo appresso nello stesso P
riodico
PRIME NOTE SOPRA ALCUNE PIANTE DI SARDEGNA JN
lume del Barbey ('), e quanto ho potuto procurarmi dalle pubblicazioni
| venute dopo, che servono à viemmeglio completarlo. Solo ei mi pare,
che malgrado le continue ricerche e le varie pubblicazioni che abbiamo
in proposito, ci riuscirà sempre incompleta la distinzione delle piante
comuni, fino a che non sarà resa di pubblica ragione la parte inedita
del lavoro del Moris; se pure essa è condotta a termine, in guisa da
raggiungere per questo riguardo, la concisione e la perfezione, che si
< osserva nella parte già venuta alla luce. Temo che dal semplice studio
dell’ erbario morisiano questa notizia completa non si possa ottenere
; sempre (°); e mi sembra che il Barbey faccia spesso rilevare il grado
di frequenza delle specie monocotiledoni, giovandosi piuttosto della Flora
italiana del prof. Parlatore. Fino a che adunque non ci sarà il libro
che per tali specie ci dia l analogo di quanto possiamo sapere adesso
per le dicotiledoni; saremo obbligati, per abbondare in cautele, di
citare in via ordinaria ogni sorta di ubicazione nuova, derogando tem-
| poraneamente al sapiente uso del sommo botanico torinese. Dico, in
i via ordinaria, chè non sempre siamo astretti a tal necessità (e i casi
in cui nol siano rilevansi in generale dal libro di Barbey); sicchè il
nostro lavoro diviene allora più spedito. Qualche volta però ei mi pare
ci sia una dizione ambigua, non bastando essa a far decidere franca-
mente se la specie sia o no comune: così per la Typha angustifolia
vien detto « In palustribus Sardiniae, Orri » ; sicchè la località apposta
immediat te contrasta alquanto con l'indicazione precedente. In questo
caso è giusto che le ulteriori osservazioni ci mettano in via per levare
il dubbio, salvo che d’altra parte ci venga indicata la certa o probabile
ubiquità.
Prima però di esporre quanto dalle mie osservazioni sorge, atto a
( Florae sardoae Compendium. Losanna 1886. 4
(?) Salvo che l indicare la stazione senza dir niente dell’ habitat accenni corta
a grande frequenza. Inoltre può dirsi che qualche volta saremo tratti a tenere
; Rigi Arisarum vulgare); fatto che ci trarrebbe in inganno, se no |
| le ricerche posteriori, per l affermazione di Parlatore, o per gli Elenchi del Moris.
e non considera se non il distretto contemplato da me, cioè le v
nanze di Sassari.
| recata fra le sardoe da Bertoloni) la Sardegna viene anche del tu
esclusa dalle ubicazioni italiane: =
-Potamogeton natans L. Orri. ; ahanda
» pusillum L. (= F. gramineum sec. Mor.) Juxta torrentem
Flumini (!). | ;
Orchis pseudosambucina Ten. S. Lussurgiu.
Iris pallida Lk. Bari, Tortolì.
fa foliosa R. S. (2). Nella Sardegna media.
| Allium pallens L. Scaffa di Cagliari.
Lusula vernalis DC. Arizzo.
Juncus bulbosus L. Sardegna centrale.
Carex paludosa Good. Flumendosa, Muravera.
» stricta Good. Juxta torrentem La Cartiera presso Cuglieri ;
Bromus erectus Huds. (*). Monte santo Pula.
Poa nemoralis L. In montanis Sardiniae mediae.
Echinaria capitata Dsf. In pascuis Pula.
i . Nardurus umilateralis Poi: In pascuis saxosis Sardiniae mediae.
® Guinea arvense P. (sec. Moris). Male blico 3 sai detto
x siano un’ vue recente per la Sar rdegna; solo è vero. che i
| PRIME NOTE SOPRA ALCUNE PIANTE DI SARDEGNA | à 2.
Barbey corregge di queste mancanze; sicchè verrà provveduto impli-
citamente alle stesse da chi si piglierà il carico di fare un’ Addenda
all’ opera del prof. Parlatore, in base a quella del botanico svizzero.
I documenti svariati che si contemplano in quest’ ultima opera pre-
ziosa, sono tutti quelli che conoscevansi sino al 1885, epoca della chiu-
sura di sua pubblicazione (1). L’ esatto autore ci avvisa che da un mo-
| mento all’altro le notizie botaniche sulla Sardegna si sarebbero accre-
2 sciute per materiali numerosi preparati verso quell’ epoca da varii
| raccoglitori; materiali sottoposti già all’ esame di persone attivissime e
| molto competenti. E difatti, intanto che chiudevasi la pubblicazione del
Barbey con supplementi procurati dai lavori dell’Ascherson, del Levier,
del Magnus, dello Schweinfurth......, Ascherson e il Sardagna aprivano
una discussione critica relativa a pini di Sardegna, che si può leg-
| gere nell’Oesterr. Bot. Zeit. (1885) ai titoli: P. Ascaerson, Zur Flora
_ Sardiniens e M. Sarpagna, Zur Flora von Sardinien. ;
Contemporaneamente pure seriveva l’Arcangeli di alcune scoperte su
| essa flora fatte dal Forsyth Major nel suo lavoro intitolato: Alcune
notizie riguardanti la flora italiana (Pisa 1885). Esse scoperte hanno
una gran portata, ed escono di assai dalla cerchia delle nostre inquisi-
| zioni; ma le notizie date dall’Arcangeli mi sono ignote.
Documenti comparsi dopo il 1885 sono i seguenti (2):
. L. Bsa, Contribuzione alla flora sarda (in Nuovo Giorn. bot. it. 1886).
Le Contribuzione allo studio delle orchidee sarde (Sassari 1886).
P. Gexxarı, Addenda ad floram italicam (in Malpighia 1888).
si Florula della Palabanda (in N. Giorn. bot. ital. 1889).
0. Marrmmoco, Reliquiae morisianae (in Atti del Congr. bot. int. 1892).
A Vaccari, Flora dell'arcipelago di Maddalena (in Mo 1894).
(!) Forse si è tralasciato di prendere in considerazione le de Jais si
n si contengono per A tc an nelle Adnotationes ad ind. sem. hort. reg. |
Pan. (anno 1872) de |
‘ralascio di tto le. pubblicazioni del Falqui e dell Intina, perchè la-
vori piuttosto di argomento agronomico che botanico
=——
244 L. NICOTRA
Il penultimo è un opuscolo preziosissimo, perchè contempla documer
sconosciuti all’ epoca della compilazione del Barbey, perchè ci fornisce
dati storici importanti, riassume il lavoro di altri esimii botanici, e dota |
anche la flora d’Italia di nuovi elementi. Ma appena qualche pian à
| vi è indicata come nuova per le vicinanze di Sassari, e delle mon
tiledoni (che formano per tali aggiunte, come è detto, la porzione più
importante) nessuna, se non m’inganno, lo è che non sia di quelle no- |
tate già come molto sparse nell’ isola. La bastante notorietà, quindi, 0
la poca attinenza con la flora del sassarese, mi francano dalla necessi i
di analizzare esso opuscolo, e gli altri qui sopra citati, meno il secondo
del Binna. In questo si cerca di colmare per una ristretta parte il vuoto
lasciato dal Moris; ma non si fa menzione del libro di Barbey, nè dei
trovati del Macchiati, che sono stati pubblicati in Sassari (coi tipi del
Dessì, nel 1880). Il quale autore, che novera località talora neglette dal
Barbey, distinto si è massimamente per lo studio delle orchidee sarde,
e per alcune sue indicazioni sulla flora delle vicinanze di Sassari, 0
anche di tutto il settentrione dell’ isola; ed accorcia ora il mio lavoro, |
o solo in certe parti lo ridurrebbe (se io avessi smania di dire tutto .
quanto ho visto) a una conferma di ciò che egli primo ha notato. Il
Binna descrive le specie e i generi contenenti più specie. In tutto ci
dà 9 generi e 20 specie (facendo l’ Orchis rubra differente dalla papi-
lionacea). Di esse sarebbero nuove pel sassarese, solamente: Platanthera —
bifolia Rich., Gymnadenia conopsea Br., Epipactis latifolia Sw., Or
rubra Jacq., O. Spitzelii Saut. La seconda e l’ultima sarebbero le:
sime novità, dacchè non sono state trovate da altri in Sardegna à quanto i
so. Vi si dà pure l’ Ophrys muscifera Huds., ma credo sia indicazione
erronea, come può dedursi dalla descrizione: s’ intendeva parlare dell'O.
Speculum, comunissima in varii luoghi! Sarebbe stata per me, inv si
di cose rare o dubbie, una gran fortuna il trovare i saggi delle spe
di Binna nell’ erbario di questo Gabinetto botanico; ove, egli dice, $
stati da lui depositati; ma non ho potuto vedervi di lui, forse,
saggi di Barlia, di Aceras e di qualche Ophrys appena.
Passo ora alla rassegna delle aggiunte da farsi secondo le mie pro
osservazioni, o secondo qualche esemplare conservato in ess0 erbario:
PRIME NOTE SOPRA ALCUNE PIANTE DI SARDEGNA 245
Triglochin laziflorum Gss. A Fontana del fico presso la strada di Pietro
Niedda, copiosissimo.
Zannichellia palustris L. Al rio Scala di Cioca e altrove, abbondan-
tissima.
Potamogeton natans L. var. fluitans Roth. Al rio Scala di Cioca.
Sparganium ramosum L. Ivi.
=~ Typha angustifolia L. In varii luoghi.
Spirodela polyrrhiza Schleid. Al rio Scala di Cioca.
Ambrosinia Bassii L. Presso Olmedo.
NB. Ho cercato inutilmente questa bellissima aracea intorno Sassari,
ove mi augurava vederla, essendo notata pei colli erbosi nella regione xE
dell’ ulivo, ed essendo poi abbondante (secondo il Vaccari) nella costa
_settentrionale dell’isola.
Chamaerops humilis L. Olmedo.
Serapias occultata Gay. Sassari a Filigheddu (').
NB. Sarebbe specie nuova anche per la Sardegna, se la S. occultata
del Reverchon dovesse mettersi a conto delle laæiflora Rchb. fil, e
questa fosse tutt'altra cosa da quella. Stange tal dubbio, la località sas-
sarese la noto, quantunque Macchiati dica in generale che la S. lawi-
flora sia comune nel nord di Sardegna.
_Tinaea cylindracea Biv. Dintorni di Sassari.
Orchis rubra Jacq. Sassari a Baddimanna e altrove, frequente.
NB. Il Binna la dà per pochi luoghi del sassarese; e forse anche
dallo stesso Moris Sassari sarà stato notato nell’ habitat di questa or-
| Chidea, e passato inosservato a causa di errore dovuto ad inesatta let-
| tura della schedula di lui.
À Orchis Bornemanni Asch. Sassari a Filigheddu.
NB. Ma questa forma ibrida non è meglio una delle tante varietà ©
della longicornu, gli esemplari delle quali passano (come ho potuto ve- o
-dere più volte) insensibilmente a quelli con fiori bianchi e à quelli la- Eos
bello impunctato ? :
STORE RETENU RCE na gl
(') Macchiati I’ ha trovato in località non notate da Barbey che per la S. pseu-
docordigera.
L. NICOTRA
Ophrys fusca Lnk. In calcareis Cagliari (leg.?); nei dintorni di
sari, in parecchi luoghi!
» bombylifera Luk. In varii luoghi presso Sassari.
Spiranthes autumnalis Rich. Presso Olmedo ac Lovisato).
Romulea ligustica Parl. Baddimanna.
NB. Il prof. Gennari non ha trovato buone ragioni di proclam
come sarda; ma tende anch’ egli a vederla in saggi raccolti nell'isola
Si ha, secondo Barbey, da Tempio; ma delle vicinanze di Sassari l
R. flaveola Jord. Fourr., che non conosco, è la specie riportata finora.
Crocus versicolor Gawl. Presso Olmedo, Sassari al Mulino a vg
Sorso e Portotorres, e forse altrove.
NB. Questa specie, del gruppo delle vernales, ha certamente affinità
col C. minimus DC.; ma ne differisce per caratteri di più alto momento,
| che i convenienti non siano, cioè per la costituzione della spata, ep
numero delle foglie e dei fiori inoltre. Sarà stato detto da qualcuno
forse per equivoco, che le lacinie interne del fiore siano più pallide delle
esterne; ma lasciando questo, la nostra pianta ha spata difilla, largo
ed ottuso il fillo esteriore, acuto e lineare l interiore, le foglie sono
fino a 5 o 6, la guaina generale degli scapi grossamente dentata,
filamenti staminali scanalati, le antere astiformi e gli stimmi inuguali.
Gynandriris Sisyrinchium Parl. Baddimanna e altrove.
-~ Gladiolus byzantinus Mill. Filigheddu.
Sternbergia lutea Gawl. Ivi.
Agave americana L.
NB. Non so perchè si sia taciuto di essa, mentre Pai Ja :
per Sardegna come per Sicilia. Io l’ ho vista vicino Sassari, nelle Be
| cise condizioni in cui trovasi nella seconda di tali isole; ed è
va raccolta nella prima dal Moris , che ne ha comunicato l’ osemplare
G. F. Re! re
Narcissus serotinus L. Fra Sassari ed Osilo; a Fontana del fico, a E
| dimanna, piuttosto copioso.
agea treni i Paraimunik
PRIME NOTE SOPRA ALCUNE PIANTE DI SARDEGNA.
l'ammissione di una pianta alpina nella regione dell'ulivo essendo poco
probabile, sia da riferirsi tal Gagea ad altra specie. La mia non è la
x Liottardi, e per la forma delle foglie basilari, e per la presenza di grosse
_ fibre sul bulbo (il che accenna alla foliosa o alla Granatelli Parl.), e
© di bulbilli all’ascella delle foglie (notati per la Granatelli, massimamente,
| da Parlatore). È distinta dalla G. Soleirolii adunque (pianta propria di
3 alte montagne); e bene è stato pensato, che la specie trovata dal Mac-
si chiati potesse essere identica con quella che il Gennari chiamò G. Gra-
= matelli, e che raccolse presso Cagliari. Inclino a credere questa specie
del Parlatore come una dipendenza del tipo foliosa, la quale non si
à riscontrerà pura in occidente quale è nei paesi orientali.
à Ornithogalum tenuifolium Gss. Baddimanna, raro.
» umbellatum L. Sassari.
> narbonense L. Sassari in varii luoghi.
Caruelia arabica Parl. Sassari, piuttosto rara.
Urginea undulata Steinh. Fra Sassari ed Osilo (rarissima). Mulino a
RES ET AE n e nt A
; vento, Baddimanna. i
Scilla autumnalis L. Fra Sassari ed Osilo; a Baddimanna, profusissima.
Allium neapolitanum Gyr. Sassari in varii luoghi.
cd » forma wmbella depauperata. Baddimanna.
» Chamaemoly i
NB. Questa specie, comunissima, come bene la dice il Moris, la ri-
dei filli perigoneali, ma rosso-cupa, e talora di un rossastro che si espande
(citato da Parlatore) non ha torto.
Allium roseum L. var. bulbilliferum Parl. Sassari, Portotorres.
Allium Ampeloprasum L. Presso Codrongianus, fra Sassari e Osilo.
> vinéale L. Cane e Chervu (fra Sassari e aa
2» fuscum W. et K. Scala di Cioca. -
= cordo, perchè non mi ha mostrato sempre verdognola la linea mediana
su tutto il pezzo, lasciandone solo bianco il margine. Dunque Redouté —
NB. È certo una specie del gruppo pallens! ed ho dubitato dans
dolo na “quella rara dii pe cattivo a de eraa De
> fa L. NICOTRA
Leopoldia comosa Parl. Sassari, comunissima in più luoghi.
Asparagus acutifolius L. Portotorres, Scala di sia, | Plaghe ecc..
Smilax aspera L. var. mauritanica Dsf.
NB. Vi riscontro alcuni caratteri notati da Bertoloni, ma non trovo.
ragione di mettere la varietà a conto di specie com’egli fa, mentre è
così inclinato a fondere specie vicine. Il notabile dimorfismo fiorale parmi
negletto dagli autori.
Ruscus aculeatus L. Sassari in parecchi luoghi.
Tamus communis L. Scala di Cioca, nei valloni di Osilo.
Juncus bufonius L. Sassari, Alghero.
» multiflorus Dsf. Alghero.
» glaucus Ehr. Lungo il rio Scala di Cioca e presso il bacino d’ Osi
Cyperus badius Dsf. Dintorni di Sassari, comune.
Carex remota L. Dintorni di Sassari.
» divisa Huds. S. Martino, Alghero.
«>» Link Schk. Sassari.
Anthoxanthum aristatum Bss. Baddimanna, Mascari. >
NB. Non è PA. Puelii Lec. Lam., come ho pae accertarmi ena
Holcus lanatus L. Pe Codrongianus, A alie g’ Osilo.
Phalaris caerulescens Dsf. S. Anatolia.
» brachystachys Link. Sassari.
» minor Retz. Sassari,
Setaria verticillata L. Comunissima ovunque.
Panicum Crux Galli L, Qua e là comune.
Digitaria sanguinalis Scop. Molto abbondante’, specialmente alle spc
di fiumi.
_ Milium multiflorum Cav. Alghero, Sassari, S. Anatolia ecc. comun
Gastridium lendigerum Gaud. Alghero. A
«gran stolonifera L. Sassari in varii luoghi. en
ii alba L. var. densiflora Gss. Sassari, Osilo ed altrove. y
Lagurus ovatus L. forma gracilis. Baddimanna. |
. NB. La specie è comanissima ovunque!
Cynodon Dactylon P. Ovunque comunissimo !
PRIME NOTE SOPRA ALCUNE PIANTE DI SARDEGNA = ` 249
NB. Barbey lo cita solo sulla fede del Prof. Parlatore ; dunque manca
nell’ erbario Moris una delle specie più diffuse e largamente copiose!
? Avenella flexuosa Parl. Scala di Cioca.
NB. Con dubbio, perchè raccolta in istato poco favorevole all’ esatta
determinazione.
Trisetum parviflorum P. Alghero.
NB. Ricordato, perchè gli autori lo dicono rinvenibile solo 7» montanis.
bp: Avena fatua L. Sassari.
» sterilis L. Sassari.
Melica minuta L. Scala di Cioca.
NB. La indico perchè non è pianta comune, almeno nel Sassarese.
Melica major S.S. Presso Osilo e a Pian di Travi.
Koeleria villosa P. var. discolor Gss. Baddimanna.
» phleoides P. Comunissima ovunque!
NB. Presenta una forma glumis undique villosis.
| Cynosurus cristatus L. var. ciliatus Gss. Presso Codrongianus.
» echinatus L. Comune dapertutto!
NB. Si incontrano esemplari con tale lusso di META da far pen-
sare un poco al C. giganteus del Tenore.
Poa bulbosa L. var. vivipara Parl. Comune piuttosto.
» trivialis L. Comune.
Scleropoa rigida Lnk. Comunissima dovunque!
» » var. glaucescens Gss. Qua e là su certi muri in Sassari.
» Hemipoa Gss. Portotorres.
Briza minor L. Sassari.
= Serrafaleus mollis Parl. Sassari, San Martino ecc., comune.
| NB. Rappresentato anche dalla var. spiculis glabris notata da Parlatore.
eric scoparius Parl. Sassari, raro. |
Bromus madritensis L. na
NB. Di questa comunissima specie v'è una varietà glumis longe ciliatis.
Bromus sterilis L. Comune quasi dapertutto.
> matimus Dsf. var. Gussonii Parl. Sassari.
Vulpia Myurus Gml. Comunissima ovunque!
ciliata Lnk. Comunissima insieme alla precedente !
T NICOTRA pt a
è Vulpia SA Lnk. Presso Codrongianus.
NB. Dubbia, perchè raccolta secca e con le sole glume.
Festuca arundinacea Schreb. Verso Rizzeddu.
Dactylis glomerata L. Comune dovunque.
hispanica Roth. Alghero.
À Brachypodium ramosum R.S. Alghero, Sassari in più luoghi. |
» dictachyon R.S. Sassari al Rae, e all’ Aoga
Alghero ecc., piuttosto comune.
» “np P.B. Fra Sassari ed Osilo.
NB. Ho trovato più forme, che, oltre della glabrizie, go |
riduzione delle reste tanto da passare alla var. muticum Parii
A ovata L. Sassari, Alghero.
i » triuncialis L. S. Martino.
Hordeum maritimum ED, Alghero.
‘» — bulbosum L. S. Martino, Sassari, Osilo.
Gaudinia fragilis P.B. Alghero.
Lolium multiflorum Gaud. Portotorres e Sassari.
» » var. muticum Parl. Più comune della forma g genuina,
» — temulentum L. var. Gussonii Parl. Presso Sassari, ue SIO:
Lepturus cylindricus Trin. S. Martino, Osilo.
_ Selaginella denticulata Link. Sassari! Monte S. Elia D
Torres vulgare L. Filigheddu.
» sii Sw. Macomer (l. Pipsan,
poo Fou Ehr. Rizzeddu, e altrove nei dintorni dis
| Credo ora molto appropriata, per comprovare la imperfezio
” ‘nostre Siani conoscenze mormo alla ne o meno dela
A. BALDACCI
Risultati botanici del viaggio compiuto in Creta nel 1893
(Continnazione al Fase. I-TIT 1895)
39. Acer creticum L. Sp. pl. pag. 1497.
In rupestribus calcareis ad Omalò distr. Khaniotika! Num. collect. 60.
Caratterizza col Berberis cretica L. ece. la flora arborescente della
zona montana di Creta. Isolato raggiunge uno sviluppo considerevolis-
à simo come presso la sorgente di Hellinoseli o Linoseli circa 1500 m.;
; nelle macchie resta soltanto allo stato di arbusto. Fruttifica così rara-
mente che gli stessi indigeni, richiesti da me più volte, mi risposero
| essere pianta sterile: nel corso delle escursioni del 1893 m’è capitato
| soltanto nella località suddetta di Hellinoseli di vedere le sue belle
samare rosee. Varia nelle foglie dei rami giovani. Collega la flora cre-
| tese a quella del Peloponneso mercè la var. cuneatum Spach.
40. Acer ereticum L. l. c.; var. obtusifolium Boiss. FI. or. I, p. 951.
In dumetis usque ad 1500 m. per m. Haghion Pneuma (Asprovouna) ! !
t ad « Mitato » m. Ida versus distr. Amari. Num. collect. 205.
Veramente questi esemplari che io riporto ora con sicurezza alla pre-
detta varietà, perchè sono convinto di averla studiata « in situ » sopra
sufficiente numero di frutici, possono, a priori anche parere appartenenti
a tutt'altra pianta trattandosi di individui con sole foglie. Si potrebbero.
latifolia var. spinosa (Li). Ma innanzi tutto esaminando a tenue in-
ndimento microscopico una sezione di un fusto di questa Phyllirea
di affini e confrontandola con analoga di Acer creticum scorsi fra
due specie una differenza profondissima nella disposizione dei tessuti
fibroso- -vascolari , differenza che non esisteva quando confrontai la se-
li» Malpighia anno IX, vol ix.
P. es., ascrivere ad una delle varietà di Phyllirea e sopratutto alla Ph.
a
$ uo esaminai le nervature fogliari e allo scopo mi servii di lobi
gliari del tipo e di foglie intere della varietà. La corrispondenza è e
dente: questa nervatura non può stare con l’altra offerta dalle foglie (
| Phyllirea. Si aggiunga poscia la consistenza fogliare uguale in ambedu
le forme dell’ Acer (la dentatura è carattere eccezionale, variabilissimo
d’importanza minima) e comparandola colla solita Phyllirea il dubbi
anche in questo terzo caso, resta subito tolto. L'analisi ulteriore degli
esemplari dell’ Haghion Pneuma fa tuttavia meglio risultare che essi
appartengono al vero A. obtusifolium. I rametti più alti dell’ A.
| ticum corrispondono quasi nella stessa misura a quelli della variet
la loro spinosità, rigidezza e lunghezza (nella varietà sono in mi
grado fogliati). È un fatto che in Creta un gran numero di piante at- |
quista il carattere dei rami spinosi e rigidi per la difesa contro il be-
stiame, il vento e le intemperie. Osservando rametti apicali dell'A.
ticum troviamo in essi che le copie di foglie superiori sono ovato-k
ceolate ed un poco seghettate (non lobate!) i quali caratteri sono identici
a quelli che presentano le foglie dell’ A. obtusifolium. La soghettatura
e dentatura appena iniziata di quelle si rende evidente in queste. Tali
i quali però —
dp Sa
sono i miei esemplari di A. creticum var. obtusifolium ,
devono convincere ognuno della loro natura specifica.
La varietà di Boissier, una volta considerata s
degna di essere tenuta in molta considerazione. Essa per quanto 2
osservato nei monti di Sphakià, sembra anche meno sviluppata d 3
tipo. D'altra parte la diagnosi che la deve differenziare dal tipo va e
biculata v vel bi
pecie da Sibthorp è
concepita: Folia sub-sessilia, plus minus obovata vel or
viter trilobata, saepius dentata.
41. Genista acanthoclada DC. Prodr. II, pag. 146.
In dumetis peninsulae Akrothiri distr. Khaniotika ! Num. co
Endemismo egeo che in, Creta si eleva talvolta oltre la zona dei
k luoghi prossimi al mare fino ad 800-900 m. d’ altezza, dove
| suo periodo di vegetazione di un mese ed anche più. Forma
= dumeti di una notevole estensione, fra i quali resistono numerose
rebbero danneggiate.
3 42. Cytisus creticus Boiss. et Heldr. Ser. I, IX, pag. 4; FI. or. II,
pag. 50.
In planitie montana Omalò distr. Khaniotika! Num. collect. 61.
Non frequente. Boissier le assegna l’ altezza di un piede, ma più
à spesso, nei luoghi scoperti ove riesce bene, diventa fittamente cespugliosa,
x
3; spinosa nei rami, e mentre con questo adattamento protegge sè stessa,
È prepara pure difesa validissima ad alcune piantine esili quali Trifolium,
| Hypericum, ecc. lo ne ho visto un arbusto, alto un metro, nella vici-
È nanza della fontana di Lakkous (circa 500 m. dal mare) fra i dumeti
di Calycotome villosa Wahl. ; in quest’ ambiente i suoi rami divaricati,
. lunghi e sottili, erano perfettamente inermi. Tanto può la lotta per la
a vita! Nel piano di Omalò, abbandonata a sè stessa, si difende Ra
Spine; a Lakkous trova protezione nella Calycotome.
i e SE O T VE NE e dat ra LL ara a ca
Re RE
Asi È.
43. Lupinus albus L. Sp. pl. pag. 1015.
In silvaticis alvei fl. Platanià distr. Khaniotika! Num. collect. 206.
Stando ad esemplari italiani di L. albus e a descrizioni di L. Termis
Forsk. questa mia pianta di Creta manifesta caratteri di transizione
verso l’ultima specie.
À u. Melilotus parviflora Desf. Fl. atl. II, pag. 192.
In agris ad Platanià secus viam ad Gonià distr. Khaniotika ! Num.
llect. 9.
lli Riv. er. sez. « pere » pag. 44; = T. lucanicum Gasp. in Guss.
Prodr, I, pag. 494. | pe on
In sabulosis secus rivalum infra Roumata et Vukolié és distr. Kisa- A
IS dita collect. 204 A nee
46. Trifolium uniflorum L. Amoen. IV, p. 285; forma A Gib. et B.
v. cr. sez., « Cryptosciadum » pag. 50.
In 1 alpestribus m. Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 62.
45. Trifolinm seabrum L. Sp. pl. pag. 1084; 5 majus Gibelli et Di
A. BALDACCI
41. Doryenium rectum DC. Prod. II, pag. 208.
In paludosis planitiei Alikianou distr. Khaniotika! Num. cala
\
48. Lotus lamprocarpus Boiss. Diagn. Ser. I, IX, pag. 33; FI
II, pag. 166. so:
In paludosis ad Kalyves distr. Apokorona! Num. collect. 115.
Forma geografica dipendente dal L. tenuifolius L. e sue variazioni
differenzia per l'abbondante ispidezza che ricopre i cauli, le foglie
peduncoli ed i calici. Analogamente alla specie Linneana vive nei luc
umidi. Finora. non fu notato in Creta da Weiss, Raulin ed Ostermege
49. Astragalus depressus L. Sp. pl. p. 1073.
In .berbidis ad nives m. Haghion Pneuma circa Milé (Asprovou
Num. collect. 208.
50. Astragalus creticus Lamk. Enc. méth. I, pag. 318. i
In alpestribus m. Ida versus distr. Amari! Num. collect. 153.
51. Astragalus angustifolius Lamk. Ene. méth. I, pag. 311 =
aristatus Sieb. in exs. Ro
Per totum m. Volakià —- iia ro m. — distr: Sphakià!
cca 64. i
52. Ebenus cretica L. Sp. pl. pag. 1076; Sieb. Reise Kreta
In fissuris et rupestribus ad Capo Maleka distr. Khaniotik: +
praeruptis m. Haghios Ilias distr. Kisamos. Num. collect. 10.
Elegantissima specie endemica dell’ isola di Creta dove prete
zona bassa potendo tuttavia raggiungere 800 m. g’ altezza ( |
Tias). In questa ultima località il suo periodo di vegetazione
dato di cirea 15 giorni. È Psa eo fragile. i
58, Cicer ervoides Fenzl. MM. Taur. pag. 8 = Ononis ervoi
Reise Kreta tab. 11. = Cicer pimpinellifolium Jaub. et Sp.
tab. 42, fig. 13.
“ner 1893 255
rate BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRE'
PES
In fapidoste mobilibus sasa m. Ida versus distr. Amari! Num.
collect. 179.
Hi La figura di Sieber è buona. Il nome proposto da questo autore deve
[pr avere la priorità sugli altri. (Dico « forse » perchè in Boiss. FI.
or. II, pag. 561 trovo indicato il nome Anthyllis incisa Willd. Sp. pl.
x
1 II, pag. 1017 che da alcuni, sembra erroneamente è ritenuto sinonimo
sd
È;
della presente specie. La denominazione Sieberiana potrebbe anche es-
i 5 sere la più esatta poichè: « Genus Ciceris quodammodo Ononidi affine
(Benth. et Hook. Gen. pl. I, pag. 524) ». Il mio numero 179 è sicura-
mente il C. ervoides : la descrizione esatta di Boissier corrisponde i in tutto
agli esemplari dell’ Ida. Oltre la glandulosità e l’ispidezza generale (que-
sta proviene da leggieri depositi minerali di cui rivestonsi molte specie.
alpine del m. Ida) si ha il carattere singolare, e starei per credere so-
stanziale, dei peduncoli ascellari, uniflori, filiformi, articolati verso la
| metà, L’ articolazione si rompe con estrema facilità durante la dissec-
R cazione: fu essa che mi procurò il dispiacere di vedere privati dei fiori
e dei frutti quasi tutti gli individui raccolti.
54. Ceratonia Siliqua L. Sp. pl. pag. 1513.
Constituit silvas ad Melidoni distr. Mylopotamos! Num. collect. 181.
55. Amygdalus communis L. Sp. pl. pag. 677.
Ad sepes prope Haghia Marina et Galata distr. Khaniotika! Num.
collect. 11.
Equivale ai sinonimi A. amara Fraas Syn. FI. cl. — A. communis
L. var. amara DC. FI. fr. IV, pag. 486.
56, Cerasus prostrata Lab. Dec. Syr. IV, tab. 6, sub Pruno.
In summis m Gigilos Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 65. |
È uno dei più interessanti e divulgati rappresentanti. legnosi della ta
zona più alta di Creta. Arriva talvolta fino ai vertici altissimi. della
na di Sphakià e del Psiloriti, ove talvolta, in quei desolati spazii
bandonati e sterilissimi, è l’unico rappresentante vegetale. Come nella
| Penisola balcanica, anche nell’ ambiente insulare trova però migliore =
adattamento nelle stazioni subalpine. ;
A. BALDACCI
57. Potentilla speciosa Willd. Sp. pl. II, pag. 1110.
et in m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 116, 116 bis
212.
Gli esemplari ai numeri 116 e 116 bis i al tipo Willdenowiai
mentre quelli al n. 212 variano alquanto per statura pigmea, contratta, i
rizomi robustissimi, legnosi, foglie piccole. Provengono tutti da local
elevate e vivono nelle fessure delle roccie dei grandi massi calcarei —
verticali.
58. Poterium spinosum L. Sp. pl. pag. 1411; cfr. Prosp. Alp. tab.
pessima; Barr. Ic. pl. tab. 631 med. i
In dumetis peninsulae Akrothiri distr. Khaniotika ! Num. collect. 200. i
Eccellente rappresentante della zona bassa e delle colline che talvol
forma da solo i classici dumeti pigmei, ma più spesso si associa alla
Genista acanthoclada DC., Rhamnus graeca Boiss. et Reut., Hyperi-
cum oriana Willd., Cistus sp. ecc. Nella zona montana coperta
sopra i 600 e fino ai 900 metri, rendesi più raro. Il suo periodo di ve
getazione non è ritardato dalla maggior altezza della stazione. Come
molte altre piante cretesi, imitando la ramificazione dicotomica coi
terminanti in lunghe ed acute spine, si è preparata alla difesa contr
gli agenti esterni. |
59. Rosa canina L. Sp. pl. pag. 704.
«In dumetis ad Omalò, admodum rara, distr. Khafilotika! Num. © ;
lect. 119.
Forma semplice con aculei analoghi a quelli di una R. rubiginosa *
e con foglioline a dentature strette, avvicinate, ricordanti quelle pi
della R. agrestis Savi. Queste modificazioni che si osservano nella
canina non sono molto rare qua e là e potrebbero essere di qualche
portanza quando il fatto si verificasse spesso in Creta. Ma la a
Fe sembra assai rara in tutta l’isola.
60, Rosa glutinosa Sibth. et Sm. Prodr. fl. gr. I, pag. sai F
| et Gremli Rev. du groupe d. orient., pag. 50
| RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 257.
# ln rupestribus ad nives l. d. Milé m. Haghion Pneuma (Asprovouna)!
Num. collect. 118.
Gli esemplari di Milé hanno gli aculei ricurvi proprii della forma
di questa regione. Hanno sulle foglie un indumento peloso più accen-
tuato che negli esemplari raccolti da Sieber (Burn. et Gremli l. c. p.
58) e all’ incontro una glandulosità meno abbondante. Smith, l: c. de-
scrivendo la sua À. glutinosa, scrisse: « foliolis subrotundis utrinque
tomentosis » citando la pianta in Creta « in montibus sphacioticis
(Asprovouna). » Questa mia pianta equivale adunque a quella raccolta
da Sibthorp. Per la loro pelosità sulle foglie gli esemplari di Milé ten-
dono un poco verso la À. Heckeliana ‘Tratt., di cui imita leggermente
x la forma delle foglioline e la larghezza delle stipole. Ma i peli dei ra-
muscoli, la dentatura composta e la glandulosità delle foglioline, le
glandule sopra e infra-fogliari, l’ispidezza dei peduncoli e degli ur-
ceoli ece. sono caratteri proprii della R. glutinosa. Non bisogna perciò
tendere a credere che i miei esemplari possano riportarsi à qualche in-
termediario, ibrido o no, fra le due R. glutinosa e R. Heckeliana come
la R. Guicciardii o R. olympica Burn. et Gr. l. c. pag. 78-80.
La R. glutinosa del m. Haghion Pneuma (Asprovouna) vive a circa
1800-1900 m. dal livello del mare in arbusti di mediocre grandezza
o motivo di cre-
sulle rupi perpendicolari che sovrastano i nevai. lo h
derla molto rara in Creta.
6l. Rubus tomentosus Borkh. in Roem. Bot. Magaz. I. pag- 2 ex
Focke Syn. Rub. Germ. pag. 226; Weihe et Nees Rub. germ. pag. 21;
tab. 8 ex DC. Prodr. II, pag. 561.
i Ad margines agrorum prope Melidoni distr. Mylopotamos ! Num. col- à
lect. 154.
È Arduo cosa è concludere esattamente su cotesta pianta
con Degen in litt. avrei anche potuto ritenere per R. sanctus Schreb.
ex DC. Dall’ opera di Focke, pag. 227, gli esemplari di Melidoni pa-
iono partecipare del R. tomentosus, 2 setoso-glandulosus Wirtg: setis
glanduliferis aculeolisque confertis; hic quoque vel canescens (R. cinereus
Rehb.), vel glabratus (R. Lloydianus G. Genev.) occurrit. Forse iden-
tico al R. tomentosus var. amoenus Port. in Raulin, Crète, pag. na
cretese che
A. BALDACCI VE
62. Sorbus Aria Crantz Austr. f. 2, pag. 46; var. graeca odd.
sub specie, in Boiss. FI. or. II, pag. 658.
In rupestribus ad nives per m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Nur
collect. 117.
63. Crataegus sp.
In silvaticis supra Visari ad basim m. Ida distr. Amari! Num. col-
lect. 183.
Non oso affermarmi intorno al valore specifico di questo rataan
raccolto presso Visari lungo il sentiero che conduce alle capanne
m. Ida. Trovo in esso caratteri che corrispondono al C. Azarolus . L.
(portamento arboreo, brachiblasti, foglie) bene trattato in Pokorny PL
lign. ecc. pag. 313, tab. 57; ma non conviene pel frutto globoso, piccolo
con un solo nocciuolo. Variano oltremisura queste Crataegus per la forma
je
e grandezza delle foglie, per le lacinie più o meno anguste e profonde
e non di rado anche per il frutto che nei miei esemplari è pubescenté
Cotesta forma è frequente nei dossi meridionali dell’Ida al di sotto d
boscaglie di Quercus poscia L.: appartiene quindi ancora alle stazio
mediterranee.
64. Amelanchier vulgaris Moench Meth. pag. 682; var. crel
Boiss. Fl. or. II, pag. 667; DC., sub specie, in Prodr. II, pag. 632.
In rupestribus « Katavothri » Omalò distr. Khaniotika! Num. |
lect. 66.
È ottima varietà geografica.
65. Pyrus amygdaliformis Vill. Cat. Jard. Strassb. pag. 322;
korny PI. lign. pag. 318, tab. 58, fig. 1187-1191.
Secus viam ad Perama distr. Mylopotamos! in silvaticis i ,
Visari et Phourphouras distr. Amari! Num. collect. 211 et 182.
Varia nella forma e indumento delle foglie, nella langi dei
| duncoli e nella grandezza dei frutti. DA
66 Lythrum Graefferi Ten, FI. nap. IV, pag. 225, tab. 142.
De à Jn ie ad mare l. d. Stavromenos distr. ASE Num.
collect. 155.
| 67. Bryonia cretica L. Sp. pl. pag. 1439; Naudin Rev. d. Gucurb.
_ in Ann. Sc. nat. Ser. VI, XII, pag. 188.
= [n umbrosis peninsulae Akrothiri distr. Khaniotika ! et alibi in apricis
et in saxosis. Num. collect. 232. |
Questa pianta non mi è mai sembrata una specie buona, perchè i ca-
ratteri del fiore e del frutto sono comuni anche alla B. dioica Jacq. La
| i nota di Boissier in FL or. II, pag. 761 che illustra, senza criticare, il
K pensiero di Naudin, mi consiglia di riportare le parole del valente stu-
j x dioso delle Cucurbitacee. « I soli caratteri, egli dice in L. c., che io trovo
degni di assegnare alla B. cretica per differenziarla dalla B. dioica sono
le foglie più chiuse, più ruvide al tatto e ordinariamente chiazzate 0
come marmorizzate di bianco o di bianco verdastro lungo le nervature
(i miei esemplari numerosi hanno però questa caratteristica fortemente
; manifesta in ambedue le pagine anche lontano dalla nervatura) e i frutti
meno numerosi alle ascelle fogliari o punteggiati in bianco prima della
maturità (i miei esemplari sono privi di cotest'ultima particolarità); ma
io non posso affermare che questi caratteri siano sempre costanti, nè
ch’essi non si verifichino su qualcheduna delle molte forme di B. dioica.
Ne risulta perciò che la specie di Creta può, in taluni casi, essere dif-
ficile da distinguere e perciò chi fosse inteso di considerarla come sem-
plice varietà della B. dioica non si allontanerà troppo dal vero. » Jo
trovo ottima la considerazione di Naudin. Siamo di fronte al solito pro-
blema del frazionamento o restringimento dei tipi specifici, ma in ambi
i casì la B. cretica resta per me forma esclusivamente geografico che,
i.
9
;
Ke
3
da
88
©
È
|descriversi subito dopo la B. dioica.
| L'attuale sua area geografica è compresa fra Creta, Karpathos e Rodos,
occasionalmente nell’isola di Melos. Forse gli esemplari provenienti da
quest'ultima località possono essere molto istruttivi per sciogliere il DE %.
cupa 23 valore specifico della B. cretica.
in forza dei caratteri acquisiti nella sua ubicazione meridionale deve n.
me... A. BALDACCI ey
68. Umbilicus serratus DC. Prodr. III, pag. 400.
In marmoribus, praecipue, versus specum Johannes o Cajmenos p ve Di
sulae Akrothiri distr. Khaniotika! Num. collect. 12. à
a Vive sui marmi all’Akrothiri ed è specie differenziata dalle affini p
le foglie leggermente acute. Anche Linneo l'aveva ritenuta distinta in
>», = Sp. pl. pag. 615 sotto il genere Cotyledon.
69. Sedum album L. Sp. pl. pag. 619; var. brevifolium Boiss.
or. II, pag. 781. |
In alpestribus m. Haghion Pneuma circa Milé (arden Mi
nota tantum specimine fructifero, inedito.
70. Sedum eretieum Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, X, pag. 16; Fl. è
or. II, pag. 787; Raulin, Crète, tab. 13, fig. B.
| Admodum rara in rupestribus ad Capo Maleka distr. Khaniotik
n° Num. collect 120. 4
7 i Il S. creticum fu trovato ultimamente a Karpathos da Pichler (es
in litt.).
71. Saxifraga hederacea L. Sp. pl. pag. 579.
In humidis ad fauces « Katavothri » Omalò distr. Khaniotika ! Num
collect. 121.
In questa località (circa m. 1043 dal asro) è assai rara e vive in
specie di Briofite. Sopra una superficie di due metri quadrati sir
| variabile in due modi. Dove l’ « humus » era abbondante svilupp :
glandule; | |
al contrario, il suo substrato era quasi calcareo nudo, esposto alla 1
gli individui manifestavansi eretti, semplici, glandulosi.
sione
esemplari ramificati, prostrati, con foglie e cauli senza
aA PE virens Link. Linn. IX, pag. 570.
In calcareis 1. d. Stavromenos distr. Rethymniotika ! Num. collect
A riguardo dell’ E. virens c'è discrepanza fra gli autori. È pos
> di scorgere in esso una forma di transizione fra lÆ. glomeratum
e VE, campestre L., 0 VE. campestre, ottimo tipo linneano che &
ropa bagnata dal Baltico e dal mare del Nord arriva fino in Egitto, non
include direttamente F E. virens?
73. Pimpinella Tragium Vill. Dauph. II, pag. 606; var. depressa
| Boiss. FL or. II, pag. 871.
In alpestribus, sparsim, per m. Volakià distr. Sphakià! et in m.
Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 122.
Sinonimi: Tragium depressum Sieb. exs. = P. depressa DC. Prodr.
IV, pag. 120. — Il valore specifico datole da Sieber e De Candolle non
poggia su caratteri buoni. A differenza della P. Tragium è di statura
piccola, depressa (carattere acquisito dall'ambiente elevato ed arido), con
cauli gracili, prostrati od eretti a seconda dell’ ubicazione più o meno
esposte agli agenti esterni; in relazione di ciò stanno i segmenti fo-
gliari più teneri e minutamente pinnatifidi. Quindi è logica L espres- i
sione di Boiss. l. c. « haec varietas formis alpinis P. Tragii subsimilis, — 3
sed tenerior. » Siamo perciò dinanzi ad una delle solite variazioni che
necessariamente manifestansi nei tipi aventi un’area geografica vasta,
che permette a una data specie di modificarsi in relazione dell'ambiente,
della distanza, degli agenti esterni.
74. Foeniculum officinale All. Fl. ped. II, pag. 25.
Sparsim per pagum Kapidianà distr. Rethymniotika! Num. collect. 157.
Per gli organi vegetativi la pianta di Kapidianà partecipa del F. pi-
peritum DC. (Bert.) da cui si allontana a cagione del numero dei raggi
| ombrellari sui quali viene ammessa, certo con poca convenienza, la di-
| Stinzione delle due specie in questione. Raulin ed altri citano per l’isola
di Creta il F. piperitum: questa citazione è da ritenersi erronea essen-
dosi confuso l’una pianta per l’altra.
75. Ferulago nodosa Boiss. Diagn. ser. I, X, pag- 37.
Ad vineas supra Lakkous distr. Khaniotika! Num. collect. 67. :
76. Daucus Carota L. Sp. pl: pag. 348. i
In vineis infra Armenous et Gonià distr. Mooy minika Ni um. logi:
No >) ee N rh BREDAGCÌ
77. Lagoecia cuminoides L. Sp. pl. pag. 294.
In agris et olivetis ad Topolia distr. Kisamos! Num. collect. 215.
78. Putoria calabrica L. fil. Suppl. pag. 120, sub Asperula; Pi
Syn. pl. I, pag. 524.
In maritimis ultra Khalepa et alibi peninsulae Akrothiri distr.
niotika! Num. collect. 13.
79. Asperula rigida Sibth. FI. gr. II, pag. 17, tab. 121.
tika! Num. collect. 14.
La presente specie venne da me distribuita sotto il nome di A. stricta
Boiss.; ma l’esame posteriore, minuzioso ed accurato al quale mi sono
accinto colla scorta dei tutelare, trattati di sistematica, e l sin: in
versi lodabblamenie all A. rigida. pianta finora creduta ondemica à
È Creta. L’ occasione mi porge il modo di fare una breve obbiezione,
>; plice per molti, ma di forte valore per me. Non servirà, al solito, ai ni-
cromorfomani, i quali per la manìa da cui sono invasi, non discutono
riè caratteri morfologici, nè geografici, nè biologici e sovente trag
gli asserti loro da erronee supposizioni che esistono nella loro fantasia
ma proverà l’importanza che ne viene trattando simili questioni sis
tiche,colla scorta dei fenomeni morfologico-geografici. Cos’ è invero,
fronte al’ A. rigida, VA. brevifolia Vent. = A. brunnea Boiss.? Ni
t’altro che un nome portato a maggior confusione dell’ abbastanza
tricata sinonimia che tutto confonde e nulla conclude. Io ho confron
esaminato, analizzato esemplari delle due specie in questione; non È
visto alcun carattere differenziale fra questa e quella. Le due I riten
| specie seguono un’area di diffusione mai interrotta: l'A. rigida di G
| si unisce immediatamente all’ identica A. brevifolia con l isola di
wi l'Anatolia. Queste due regioni richiamano a sè l'isola di Creta
l'Oriente per la vegetazione delle zone poco alte, come il Pelopo
_e la Sicilia la richiamano verso il Nord e l’ Ovest per la vegeta
Viet
delle zone subalpine ed alpine. Dov è, nei frazionisti,
diare all’oscurità nella quale si travolge la sistematica? Giustissimo
hanno il concetto che li guida dell’evoluzione delle specie, ma anch'esso
non vuol essere esagerato quando si traduce in fatti ; noi abbiamo il do-
| vere e il diritto di investigare le ragioni che fanno cambiare le spacie,
| dobbiamo tener nota di ogni cambiamento, ma dobbiamo ancora vedere
| perchè queste specie cambiano, e, cambiandosi, come si possano ripor-
tare ad un tipo atavico traendo conclusione da queste successive mu-
tazioni: infine non esageriamo prendendo le cose nel doppio ed infinito
«senso del tempo e dello spazio! Se intorno ad ogni modificazione sem-
plicissima che avviene in un organo si persiste a riconoscere un tipo a
| sè, non passerà gran tempo che bisognerà ricominciare la sistematica « ab
imis fundamentis ».
80. Asperula stricta Boiss. Diagn. ser. I, III, pag. 33 exel. var. x
et £; FL or. II, pag. 35; var. alpina Boiss. FI. or. 1. c.
In rupestribus m. Gigilos Volakià distr. Sphakià! et in summis jugo
= Spathì m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 69 et 216.
Il mio modo di vedere su questo tipo Boissieriano è il seguente. Un
botanico che determinasse i due precitati numeri per A. longiflora W.
K. non si s-osterebbe dal vero. Si prendano i lavori più o meno critici,
unghi, sovente inconeludenti di coloro che si sono occupati di simili
generi e specie polimorfe e si vedrà subito « a priori » che con tutte
i dimostrazioni stampate si è riuscito a tutt’ altra conclusione della
a. Or dunque. perchè i mieromorfomani distinguono due vasti tipi
Specifici: A. stricta Boiss. e ta longiflora W.K. concedendo ad ognuna | 3
ia, nell'isola di Hai cid n non è pini Quindi ne viene de Creta,
la sua posizione insulare in mezzo alle zone geografiche di Grecia
sia minore, avrà PRA forme di transizione fra l'A. don-
A. BALDACCI
giflora W. K. e A. stricta Boiss., due specie, ripeto, si
dotte sulle due precedenti linneane. La presenza in Creta della mia
| stricta var. alpina chiarisce in qualche maniera l'unione fra il suo tipo
e l A. longiflora? Ciascuno lo pensi; gli esemplari del Volakià, ai mi
occhi, possono stare tanto a varietà di A. stricta come di A. longiflorc
81. Asperula incana Sibth. et Sm. FI. gr. II, pag. 16, tab. 119.
In dumetis sub m. Hagios Ilias distr. Kisamos! Num. collect. 15.
Imita il portamento dell’ A. taygetea Boiss. e A. suberosa Sibth.
Sm. var. Bebii Bald. come dell’ A. rupestris Guss. e A. hirsuta Dest.
Tuttavia è da esse riconoscibile con facilità per i caratteri delle fog
infiorescenza e corolla. E un endemismo cretese che si continua in
cilia colla specie di Gussone e nel Peloponneso con quella di Boissier.
82. Cintinnelts latifolia L. Sp. pl. pag. 158.
In eultis ad Plakoures (Akrothiri) distr. Khaniotika! et in agris
Topolia distr. Kisamos! Num. collect. 16 et 16 bis.
83. Galium erectum Huds. FL Angl. pag. 66.
Ad « Mitato » sub colle Gigilos Volakià (1800 m.) distr. Sphal
‘et in alpestribus m. Sui Pneuma (Asprovouna)! Num. collect.
_ et 217. 5
Specie molto contestata a cagione del suo polimorfismo che di x
| dalla vasta area geografica compresa da tutta l'Europa, meno forse |
Scandinavia, fino all’ Asia Minore ed a tutto il bacino medite:
Il G. erectum desidera piuttosto le zone montuose; in Creta abit
| più alta zona scoperta, spesso protetto dalle piante erinacee suffr
| cose come gli Astragalus o gli Acantholimon. Esso vale, da ciò
ho stabilito con esemplari e descrizioni, quanto il G. aetnense |
colla sola eccezione che le corolle degli esemplari cretesi tend
lore verdastro prima dell’antesi e al colore giallastro dopo 1l ï
G. erectum della località mediterranea acquista colla disseccazio
del valentissimo nostro botanico.
| 84 Galium fruticosum Willd. Sp. pl. I, pag. 585.
In rupestribus supra Armenochoriò distr. Kisamos! Num. collect. 17.
Finora, che io sappia, è ritenuto endemico dell’isola di Creta. Desi-
dera vivere nei dumeti delle località presso il mare o delle colline. È
| Specie legnosa, caratteristica.
85. Galium graecum L. Mant. pag. 58.
In fissuris rupium peninsulae Akrothiri distr. Khaniotika! Num. col-
lect. 18.
In Boiss. Fl. or. al paragrafo « Chromogalia » trovo quattro specie: G.
| graecum L., G. lycium Boiss. = C. concinnum Boiss., G. denuosum Boiss.,
| G. canum Requien. Le ho studiate per scorgervi dei buoni caratteri
ig differenziali, all'infuori delle citate e leggiere modificazioni fogliari, ma
ho dovuto convincermi che fra il G. graecum e il G. canum (le due
_ forme più lontane) non v'ha differenza meno che sensibile. Boissier in
una nota al G. canum vuol correggere l’esposto suo dicendo: « An G.
graecum, lycium, dumosum et canum speciei amicae valde polymor-
avrebbe fatto attenendosi per davvero a tale supposizione piuttosto che
descrivere quattro specie di cui due almeno non sono da considerarsi.
mperocchè, come al solito, nè colla scorta della morfologia, geografia e
lologia si è in diritto di apprezzare il G. lycium e il G. dumosum.
Bi; qui l eccezione non conferma la regola: geograficamente. siamo
cosa sia il G. erectum, nè io saprei minimamente ian illegali
: phae tantum varietates? » Io penso che il botanico ginevrino meglio.
Morfologicamente non c'è dato che regga; e se qualche carattere debo-
lissimo si vuol tuttavia escogitare, lo si troverà, ma in esemplari iso-
In presenza di specie che stanno incluse in un'area ininterrotta, giacchè
da Creta passano nell’ Asia Minore ed in Siria mercè l'isola di Rodos
© con probabilità di Scarpanto e seguitano nel Peloponneso e nella pe-
nisola balcanica con un succedersi di forme numerose, la più impor- |
inte delle quali è il G. Boryanum Walp.: biologicamente gli stessi
amenti contro il calore. la siccità, la polvere, ece., sono identici. 7
À. BALDACCI
io E in prova della niuna importanza differenziale dei caratteri b
| = i migliori che si possano invocare, ricordo che a seconda della div
x ubicazione in cui il G. graecum s'è trovato a vegetare, lo vediamo n mo-
dificarsi: nei luoghi esposti è riccamente coperto di peluria fittissi
nei luoghi ombrosi molto meno; si vede in esso, starei per dire, u
serie di passaggi col G. Boryanum e il G. canum. Il G. graecu
fragile; ma questa proprietà è propria ancora degli altri, té:
tutti il G. lycium. 4
86. Galium Monacchinii Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, X Lab
FI. or. III, pag. 70; Raulin Crète tab. 14.
In lapidosis mobilibus ad aquam Hellinoseli vel Linoseli dictam ste
Sphakià! Num. collect. 210.
87. Galium capitatum Bor. et Chaub. FL Pélop. pag. 10, tab. 6; var.
PT In agris siccis ad Kounoupidianà peninsulae Akrothiri distr. Khani
n n tika! Num. collect. 218. |
| Evidentemente il presente Galium si aggira nel ciclo degli « Xat-
_thaparinea » Boiss. e più di tutto si avvicina al G. capitatum. Peral
non mi pare di poter ciò affermare con la massima sicurezza tra!
dosi di un gruppo numeroso di Galium poco noti, insufficientemente
scritti, sparsi e copiosi nel Mediterraneo orientale, viventi nelle
| disparate stazioni botaniche e facilissimi da confondersi, N nonchè A
i caratteri differenzi
descrizioni, anche cogli stessi esemplari, poichè i
di così poco momento vennero tratti dal colore delle piante allo
: secco o verde, dal numero e forma delle foglie (questa, talvolta, |
| cile anche da concepirsi, nonchè da scriversi), dai pedicelli dilatati
no a maturità dei frutti, dai mericarpii glabri o pelosi. Ne deriv
conseguenza che il concetto morfologico-geografico, col quale uning .
3 si può fare della buona sistematica, fu reso osenrissimo :
Te specie orientali di questo gruppo vogliono ridursi ad on nume :
l
: tri, stazione, ece., dai soli dati, morfologici più sostanzi
ripeterò sempre che non mi sembra affatto giusto ci in.
LI
- rebbesi ragionare nel doppio senso ii (e nella scienza non
si fonda la pratica se non colla divinazione speculativa), dare un nome
| più o meno bizzarro al primo esemplare che venga a capitare fra le
mani, perchè, ad es., presenta i rami un pò più divaricati d’ un’altra
» specie già nota, o le foglie ricurve o diritte, mucronate o no, o i pe-
; dicelli avvicinati o meno, e così via. Tutto ciò è opera dell'ambiente e
dello stesso stadio di sviluppo di una pianta, talvolta dell’uomo stesso,
| poichè quando l’uomo, coltivando un terreno lo concima, lo rende molle,
sua legge naturale e da tutti conosciuta che certe piantine delicate, di
| sa vita effimera possano presto rivestirsi di caratteri transitorii che non
| persistono e non riguardano le nostre osservazioni che in modo secon-
dario. Appunto questi Galium della sezione « Xanthaparinea » si mo-
| dificano con la più estrema facilità: la geografia botanica e la coltura
lo dimostrano.
La località di Akrothiri di Raulin (Crète pag. 772) per il G. capi-
_ tatum corrisponde pure alla mia. Anche la località di Canea di Weiss
(Beiträge zur Fl von Griech. und Kreta in Verh. bot. zool. Ges. 1869,
pag. 48) per la stessa specie appoggia la supposizione che il mio Ga-
lium sia verosimilmente il G. capitatum, il quale dalla descrizione di
È
Boiss. FL or. III, pag. 75 non coincide col mio per la presenza non ni-
gricante della pianta allo stato secco, foglie scabre, anzi setolose in
tutta la superficie, alcune ottuse, altre mucronate, brattee non supe-
ranti i pedicelli, frutti molto irti.
88. Vaillantia aristata Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, VI, pag. 65;
FI. or. III, pag. 81, sub Galio aprico Sibth. et Sm.
: In lapidosis mobilibus sammis m. Gigilos et Volakià distr. Sphakià!
et in jugo Spathì m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 68
1
.
o œ
H nuovo materialo portato nel 1894 dall’Albania sotto il N.° 82 con-
rma la mia opinione, già espressa nella Malpighia anno VII, pag. 203,
e la specie di Boissier ed Heldreich, limitata fin qui a diverse loca-
della stazione dei sassi mobili verso le alte cime della penisola bal-
ca e di Creta, sia una vera Vaillantia, per cui il nome dei due
. 18. Malpighia anno IX, vol. IX.
Sn
autori suddetti de restare con La su quello di Sibthor
Smith (Galium apricum in FI. gr. II, pag. 20, tab. 126) che non:
quantunque più antico dell’ altro. Quest’ ultimo tuttavia non è il più
adatto, perchè aristate sono in complesso le specie di Vaillantia. È
teressante nondimeno di ricordare che gli esemplari cretesi ed alban
di questa specie sono suscettibili di variazioni, rese indispensabili
lotta alla quale essa assurge per l’adattamento all'ambiente e per la
sier nen nella FI. or. E c. il Galium apricum (cfr. desc t
quale unì la var. B aristatum = V. aristata B. H. 1. c.: Folia apic
setulosa, ovarium pilis papillaribus echinatum. Ciò non a
alla teoria, opponendosi alla pratica. Infatti dall’ Albania e da Cr
(1892-93-94) ho portato un materiale abbondantissimo della specie, n
teriale che serve a chiarire il punto contestato, se, cioè, debbano res
nel doppio e retto senso morfologico e sistematico la specie e la varié
In Albania (1892) la stazione della Vaillantia era «in mobilibus alpin
excelso jugo m. Stogò (Acroceraupia) » ed è ben naturale che la piantà
esposta alla polvere ed al vento si sia munita dei caratteri della Ba
statum. Gli esemplari di Creta (1893) al N. 68 provenivano da luoghi
sassosi, mobili; ma questa stazione poteva distinguersi in due parti, |
cinissime tra loro, luna cioè esposta e paragonabile alla sopradetta
m. Stogò, l’altra riparata dalle rupi umide e ricca di « humus »-
prima si trovavano esemplari corrispondenti alla descrizione della
riétà del cosidetto G. apricum, nella seconda esemplari equivalen
tipo. Il N. 123 di questa medesima collezione viveva al contrari
stazione identica all’albanese del m. Stogò e in tal condizione ri pi
alla descrizione della 6 aristatum. Gli individui portati quest’ ae
raccolti « in lapidosis mobilibus alpinis m. Cika » condividono- in
il portamento del G. apricum, in parte la « facies » della sua vi
| aristatum. Manca tuttavia il carattere sostanziale delle setole ec
| spiega col fatto che la località del Cika è umidissima, quindi senza
| viscolo, quindi inutili le appendici setolose. E resto convinto è an
| questo caso che non sia giusto per la V. aristata di considerare
specie ed una varietà quando la varietà si viene a formare T
RIS TATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 269
mezzo alla stessa specie e da questa non diverge che da un BE a
carattere biologico.
89. Scabiosa sphaciotica Roem. et Sch. Syst. veg. III, pag. 86.
Admodum rara in altissimis et aridissimis m. Haghion Pneuma (Aspro-
= vouna)! Num. collect. 219. , >A -
_ Il portamento generale di essa è di Scabiosa, quantunque Coulter la
| ritenesse col suo genere Pterocephalus. È specie tardiva nella fioritura:
| alla fine di luglio si trovava anche in bottone, la qual cosa riferisce pure
Raulin (Crète pag. 777) ed è da credere nel medesimo modo che Roemer
€ Schultes non abbiano visto i suoi fiori perchè cominciano la deseri-
zione della pianta con « corollulis quinquefidis? » Ciò fa supporre che |
nessuno abbia potuto studiarla in fiore ed in frutto; ne deriva perciò
l'impossibilità di poter stabilire se sia una Scabiosa od un Pterocephalus.
Resta provato colla scorta degli Autori che di essa parlarono che è
Specie nota dal principio di questo secolo o dalla fine del XVIII. Fu
| Sempre ritenuta rarissima; Heldreich soltanto ebbe a raccoglierla fra
| Nida e Rouva in stazione identica a quella classica dell’ Haghion Pneuma
dove fu rinvenuta da tutti i botanici che visitarono i monti di Sphakià.
Questi monti sono oltremodo poveri di specie, nonchè di esemplari, i
0 quali risaltano perciò all’occhio addestrato del botanico sebbene il colore
fortemente bianco del nudo calcare non intralci talvolta l opera della
ricerca. ha; è Scabiosa Ugo pese a Tpu dalle insidie ia er-
oritura dappoichè le Ba foche ci hé con essa convivono, alla
fine di Maglio 4 erano in fioritura avanzata: forse che Me. i ritorno
270 9 A. BALDACCI
91. Inula candida Cass. Dict. d. scienc. nat. XXIII, pag. 554; var.
G limonifolia DC. Prodr. V, pag. 464 ex parte.
In rupestribus maritimis ad Gonià distr. Kisamos! Num. collect. 22.
Sibth. et Smi. FI. gr. IX, pag. 50, tab. 865 della pianta in questione.
fondarono la Conyza limonifolia ritenuta dai moderni. Siamo qui in pre-
senza di uno di quei fatti che nel triplo senso morfologico, geografico
e biologico dovrebbe imporsi all’osservatore e studioso coscienzioso della
sistematica. Il gruppo che inchiude la nostra Inula è certamente omo-
geneo e tutto fa credere che il tipo sostanziale di esso debba essere
YI candida. Si ammette che l’ I. heterolepis Boiss. sia buona specie
ma differisce dall Z. candida soltanto per le foglie radicali ovate od
ovato-orbiculate, brevemente attenuate alla base e per una leggier
differenza nelle foglioline dell’involuero. In tal modo PZ. heterolepis re-
sta per me varietà di limitatissimo valore morfologico, perchè i carat
teri fogliari differenziati nel suddetto modo non inchiudono che un me-
schino accenno di adattamento all'ambiente (la canescenza pronunciata;
unico dato biologico interessante è equivalente in ambe le forme); gè-
ograficamente non si scosta nè punto, nè poco dall'altra, poichè VI he-
terolepis dipende dal medesimo ambiente dell. I. candida. Ciò val pure
per l’Z limonifolia e per altre forme poco definite che si sono fatte sca-
turire con leggiero criterio morfologico dall’ Z. candida, come ad es.
PI. Aschersoniana Janka, I. fragilis Boiss., I. anatolica Boiss. e
l Oriente. Dopo tutto la varietà (3 limonifolia è bene intesa.
Questa varietà di Creta sviluppa i suoi peduncoli più inferiori 1 u
poco extrascellarmente alla foglia alla quale corrispondono.
92. Diotis candidissima Desf. FL atl. II, pag. 261.
In maritimis ad Platanià distr. Khaniotika ! Num. collect. 23.
93. Anthemis altissima L. Sp. pl. pag. 1259.
In agris montanis ad Roumata distr. Kisamos! Num.
collect. 19.
94. Anthemis eretica L. Sp. pl. pag. 1258, sub Anacyelo.
In agris montanis Omalò distr. Khaniotika! Num. collect. Lo
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RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 271
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Vasta e confusa è la sinonimia di quest’ Anthemis arcipelaghiana. Ri-
salendo a Tournefort che primo forse la vide, abbiamo il nome Cotula
cretica minima Chamaemelifolio, capitulo inflexo (Cor. 37) che sta ad
indicare averle egli già assegnato il posto fra le Anthemis o generi af-
fini dei più moderni. Poscia Linneo il quale, in questo caso tratto in
errore da esemplari provenienti da Creta, dall’ Italia (verosimilmente
| dalla Sicilia) e Spagna, chiamò gli individui cretesi col nome Anacy-
clus creticus e gli altri Santolina anthemoides. Non si capisce il perchè
di questo doppio genere in piante che oggidì vengono ritenute uguali
fra loro. L’ Anthemis cretica occupa principalmente l Arcipelago, per
quanto si abbia motivo di crederla di formazione cretese. È stata trovata
da Pichler anche a Karpathos secondo l’avvertimento datomi da Degen.
In Ispagna ed in Italia trovasi allo stato sporadico. Bertoloni FI. it. IX,
pag. 369 ce ne dà una magnifica descrizione che concorda bene cogli
esemplari di Creta. La sua descrizione è basata su individui di Gussone
e raccolti nei colli del Comiso (Sicilia), località sempre unica per l’Italia
come appare in Arcangeli, Fl. it., 2.* ed., pag. 681. Cesati, Passerini e
Gibelli non l’ hanno ammessa nel loro Compendio della Flora italiana.
Willkomm e Lange FI. hisp. II, pag. 83 riportano pure per gli esem-
plari spagnuoli una descrizione che concorda esattamente con quelli di
Creta. La descrizione e la sinonimia citata in Boissier FI. or. III, pag.
299 corregge in gran parte i dubbii e la confusione che si possono In-
contrare studiando l A. cretica.
95. Senecio fruticulosus Sibth. et Sm. FI. gr. IX, pag. 54, tab, 870.
In umbrosis ad nives m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. col-
lect. 124.
De Candolle Prodr. VI, pag. 350 e Bert. Fl. it. IX, pag. 223 hanno
detto che cosa sia il S. nebrodensis L. sparso, sembra copiosamente, per
i monti del Sud-Est dell’ Europa col limite più settentrionale nella Sviz-
_Zera e Germania australe. Da queste Senecio parmi possa essere deri-
vato il S. fruticulosus, il quale, per quanto affine al primo, ne diyer-
| sifica: 1.° nel portamento (il S. fruticulosus in confronto del S. nebro-
` .
| densis è più gracile, benchè i cauli alla base siano indurati; 2° nelle
de M A ce BALDACCI n
foglie che il primo ha soltanto dentate e molto più delicate dell'altro
3.° nei cauli che il S. fruticulosus ha in parte sterili in parte fertil
quelli fertili si presentano sottili e portano spesso nella lo ro parte me |
diana foglie piccole che verso la sommità riduconsi a semplici brat
e sono più o meno numerose; 4.° la stazione del S. fruticulosus è nella
zona elevata dei monti di Sphakià sempre in vicinanza delle nevi so
tostanti alle rupi.
Heldreich raccolse un S. nebrodensis nelle gole dei monti di Creta
(Boiss. FI. or. III, pag. 391) e su questi esemplari si potrebbe fonda
una critica decisiva di indubitato valore fra le due specie.
Degen ha trovato identica la mia pianta con quella di Sieber.
96. Phagnalon rupestre DC. Prodr. V, pag. 396.
In fissuris rupium ad Topolia distr. Kisamos! Num. collect. 20.
Sono esemplari, quelli di Topolia, intermediarii fra il PA. rupestre
ed il Ph. graecum Boiss. stante i caratteri delle foglie e delle squamette.
involucrali. La specie di Boissier ha un valore poco attendibile ed è
| più d’altro, varietà geografica come il Ph. rupestre var. pedunculare
W. K. Prodr. Fl. hisp. II, pag. ia e la Cons omini Ten. FI.
Prod. Sic. I, pag. 99.
97. Phagnalon pumilum Sibth. et Sm. FI. gr. IX, pag. 4%
Conyza = Conyza pygmaea Sieber Reise Kreta, tab. 10. |
In .fissuris rupium m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. ok
lect. 125. l
Il nome di Sibthorp ha priorità su quello di Sieber, sebbene ambedue
proprii per l appellativo. La mia pianta è la stessa di Sieber; corri
sponde perfettamente colla figura e cogli esemplari di questo a!
ine da Ds Nelle “anis dela roccie degli sa monti di Sphak
base, con rami numerosissimi ed intricati, con poche foglie e y
brevi; il maggiore sviluppo consiste nei capolini grandetti. È assai
e forse tende a scomparire. Sieber, Heldreich ed io l’ abbiamo rintrac-
ciata nel m. Haghion Pneuma soltanto a circa 2200-2300 m. dal mare.
98. Ph. pumilum Sibth. et Sm.; var. glabrum Boiss. Fl. or. III,
pag. 222.
In fissuris rupium m. digilos Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 71.
Dice Boissier: « Typo simile, sed glabrum ». Questa frase è da te-
nersi in dubbia considerazione. Io convengo che la pianta di Volakià,
come risulta dai miei esemplari, sia soltanto una variazione del Ph. pu-
milum, ma nei suoi caratteri generali che si possono, contrariamente a
| Boissier, definire: « foliis longe spathulatis, margine revolutis, omnibus
= cum phyllis involucri abunde glandulosis », scorgo un accenno evidente
| e sicuro a trasformazione del vero tipo di Sibthorp. E se la stazione
_ delle due piante è identica — in fissuris rupium — l'adattamento bio-
sa logico è differente assai, dato il tomento bianco nell’ una e la pronun-
~ ciata glandulosità nell’ altra.
Con questa glandulosità molto amara al palato la varietà Boissieriana
ha acquistato buona difesa contro gli animali erbivori domestici o sel-
vatici che pascolano le abbandonate ed aride cime cretesi. Ciò arguisco
inoltre dal fatto che la pianta si mostra sempre intatta.
99. Helichrysum orientale Tourn. Inst. pag. 453.
In rupestribus ad Capo Maleka distr. Khaniotika! Num. collect. 220.
100. Helichrysum italicum Guss. Syn. FI. sic. II, pag. 469.
: In aridis ad Topolia distr. Kisamos! Num. collect. 222.
101. Helichrysum Stoechas DC. FL fr. IV, pag. 132 (efr. Willk, et
| Lauge FI. hisp. II, pag. 59): var. incanum Willk. L c.
In sabulosis ad Voukolies distr. Kisamos! Num. collect. 221. n
Conviene colla varietà suddetta: prostrata, caulibus erectis cum utra-
ue foliorum pagina albo-molliterque tomentosis, corymbis parvis, oli-
halis. I due unici esemplari trovati nel torrente che da Roumata va
al mare per Voukolies sono interessanti per i rametti secondarii e robusti.
TOSSE | A. BALDACCI da Ge
quasi spinescenti, e dimostrano che il classico adattamento cretese
molte specie a rami divaricati spinosi tende a manifestarsi in questa
forma di H. Stoechas che è la prima volta che viene citato per l'isola
di Creta. i
102. Helichrysum microphyllum Willd. Sp. pl. III, pag. 1863, st
Gnaphalio = H. microphyllum Camb. Balear. in Mem. du Mus. d’hist.
nat. XIV, pag. 272. ;
In rupestribus calcareis circa Omalò distr. Khaniotika! Num. coll. 73,
Boiss. FL or. III, pag. 234 pone questo tipo come varietà dell’ H. ita-
licum Guss. L’ errore è presto dimostrato, poichè l’ H. microphyllum,
non si vuol elevare a grado specifico (il che può contestarsi essendo buo:
distinto negli organi vegetativi dalle specie vicine), non condivide i
caratteri dell’ H. italicum Guss. Dipende piuttosto dall’ H. Séoechas DC.
e Bertoloni, in Fl. it. IX, pag. 141, lo afferma: ut ut appropinquat Gn.
Stoechadi L. forma calathi, tamen evidenter diversum statura humiliore, |
foliis multo brevioribus, cephalis minoribus, squamis externis calathi
tomentosis, ia tantum glabris, extus glandulosis.
103. Staehelina arborescens L. Syst. pl. pag. 615.
In rupestribus m. Haghios Ilias distr. Kisamos! Num. Collect. 2l.
Abita nella parte media (non l’ho mai vista nei colli) e in partico-
lare modo sulle rupi calcaree delle zone montane ove attualmente è !
dotta. Al m. H. Ilias si trova a 700 m. dal mare; al m. Ida l'ho n°
a 1505 m. La peluria sericea che ha elegantemente coperto la Pi
inferiore è adattamento a difesa contro il polviscolo che spesso si pe
duce col frantumarsi delle rupi, oppure per ritenere l’ umidità tanio
scarsa nelle stagioni calde.
104. Echinops viscosus DC. Prodr. VI, pag. 525.
In dumetis non procul a vallo Khalamia distr. Apokorona! Num
lect. 74.
Cfr. Weiss in Beiträge zur Flora von Griechenland und Krota in À
zool. bot. Gesellsch. 1869 (sub Æ. glanduloso Weiss), ma sopratutto
ricca bibliografia e gli appunti in Boiss. FL or. III, pag- 430.
105. Carlina corymbosa L. Sp. pl. pag. 1160; var. involucrata
Boiss. FI. or. III, pag. 449.
In alpestribus m. Ida versus distr. Amari! Num. collect. 158.
La C. corymbosa, sparsa per tutta la zona mediterranea fino a stazioni
elevate, assurge a variazioni stabili col variare dell ambiente : più di tutto
però è la latitudine che su di essa influisce. — Principalmente la forma
e le dimensioni delle foglie cauline ed involucrali, poi la maggiore o
la minore ricchezza del corimbo si imposero ai sistematici che non si
peritarono di scindere in tante specie il complesso riunito da alcuni di
— tutte le forme di C. corymbosa. Fra le flore che ho consultato, quella di
| Boissier si presta meglio all’interpretazione della specie linneana. Egli
ha descritto quattro varietà dipendenti dal tipo genuino. La nostra forma
A esterne del capolino coriacee e lanceolate, con una o due spine, assai
più lunghe del capolino. Questa varietà vale quanto la C. involucrata
Poir. Voy. II, pag. 234 che Bertoloni FI. it. IX, pag. 58, ha voluto ri-
tenere. Essa è propria delle regioni costiere mediterranee invadendo ta-
lora, come a Creta, gli alti monti. Corrisponde pure alla C. corymbosa
C. corymbosa var. involucri foliolis longissimis Raulin Crète, pag. 483 e
| alla C. Curetum Heldr. in mss. — Haec varietas plantae tunetanae si-
milis, eamdem in insula Melita legi (Boiss. 1. c.).
106. Carlina gummifera Less. Syn. pag. 12.
In herbidis ad Platanià dist. Khaniotika! Num. collect. 28.
leggiera discrepanza sorge ne’ miei individui di Platanià al riguardo
delle foglie involucrali che variano sufficientemente nella forma. Il con-
fronto istituito con esempari di Sardegna raccolti a Fangario presso
Cagliari mi ha dato che essi presentano le squame dilatate a modo della
squame robuste, divise, colle divisioni spinose essendo r ea ridotta
una ru spina.
del m. Ida sta alla var. involucrata in ispecial modo per le foglioline
var. major (nome inadatto) Willk. et Lang. FI. hisp. II, pag. 133, alla
Gli Autori concordano tutti nella descrizione di questo tipo evoluto. Una |
« C. Mitinae », mentre quelli di Creta, insulari essi pure, hanno le s
À
de e Cena A. BALDACCI
107. Cirsium morinaefolium Boiss. et Heldr. FL or. II, pag. 5i Da
In herbidis et dumetis montanis ad « Mitato » m. Ida versus di
Amari! Num. collect. 226.
I caratteri generali e differenziali, le località citate da Raulin, Hel-
dreich, Boissier corrispondono in tutto coi due soli esemplari che io
riportato dal m. Ida, fuorchè nello sviluppo della mia pianta meglio |
pronunciato nel caule e nei capolini pedunculati, più che subsessili. À
ne al C. Lobelii Ten. Fl. Nap. V. pag. 221, tab. 189, il C. morinaefolium
dc: appartiene a tipo tutto distinto e merita bene il titolo di specie.
A 108. Cirsium siculum Sprg. Neu. entd. III, pag. 36; cfr. DC. Pro
SI VI, pag. 642.
be In humidis prope Rethymnon! Num. collect. 161.
3 109. Cirsium cynaroides Sprg. Syst. III, pag. 372.
Hi ; In silvestribus sub pago Roumata distr. Kisamos! Num. collect. 79.
: Sinonimi: Cnicus cynaroides Willd. Sp. pl. HI, pag. 1670; Carduus
cynaroides Lamk. Dict. I, pag. 702; Chamaepeuce cynaroides DC. Prodr.
VI, pag. 659; Cnicus afer Sieber in exs. I capolini di questo Cirst
dimostrano l’affinità che esso ha col C. afrum Jeq. sub Carduo, ambedu
specie arcipelaghiane; quella perenne piuttosto propria alla stazi
bassa, questa bienne e di luoghi elevati. Cfr. Bald. Riv. crit. Alb. Il
Malp. 1894, pag. 187. |
110. Pienomon Acarna Cass. Dict. des Scienc. nat. XL, pag: 1
Ad specum Melidoni distr. Mylopotamos! Num. collect. 160.
111. Chamaepence Alpini Jaub. et Sp. Ill. pl. or. V, tab. 425.
In rupestribus secus rivalum Tavroniti infra Roumata et Yok
distr. Kisamos! Num. collect. 26. ;
Gfr. DC. Prodr. VI, pag. 657. La sua area geografica è coin pi
Mediterraneo orientale. Varia alquanto. Gli esemplari del ruseello
vroniti ini quanto læ mutica Boiss. FI. or. III, pag. 554.
112. Carthanina ruber Link. Linn. 1834, pag. 580.
In campis prope Armeni distr. Apokorona! Num. collect. Po.
n si può dai miei esemplari dichiarare quale valore esso abbia di -
fronte al C. dentatus Vahl perchè non è fruttificato. In ogni modo è
ti prima volta che viene trovato in Creta.
113. Carthamus leucocaulos Sibth. et Sm. Prodr. FI. gr. IL, pag
| Secus viam e Asomatos ad Pano Kavousi distr. Amari! Num. col-
lect. 159.
> Già raccolto da Sieber nell’isolotto Dhia press Candia e non citato
Boiss. Degen afferma che la mia pianta è la medesima di quella di
Sieber appoggiandosi sull’autenticità degli esemplari distribuiti da questo
`
autore, E specie delle isole centro-meridionali dell’ Arcipelago.
_ 114 Carduncellus coeruleus DC. Prodr. V, pag. 615.
‘In agris ad Kounoupidianà penins. Akrothiri distr. Khaniotika! Num,
collect. 27. |
_ Le varietà descritte da De Candolle sono inutili nel senso geografico. —
ciò insegna la località cretese di Kounoupidianà ‘ove specialmente le .
var. x dentatus e [3 incisus si trovano confuse nello stesso « habitat »,
. 115. Scolymus maculatus L. Sp. pl. pag. 1143.
Secus viam infra Kalyves et Khalamia distr. Apokorona! Num. col-
“et 197. :
di ose | cana Sibth. et Sm. Prodr. FI. gr. II, pag. 198.
nus egli volle credere che potii- considerarsi una nuova
© l’egregio amico l’appellava C. Baldacci in litt. « cana, perennis, -
A. BALDACCI
rhizomate simplici, fibrillifero, acaulis, monocephala; foliis radic
capitulum involucrantibus, superantibus, lanceolato-linearibus, integr
utrinque dense tomentosis, basi attenuatis; capitulis oblongo-cylind
sessilibus vel subsessilibus, parvis, involucri glabri phyllis ovato-oblong 3
striatis, pallide ad medium usque fimbriis scariosis, albis, longis, und
latis, marginatis, intimis elongatis, flosculis ochroleucis, achenio pap
multo breviore ». Ciò peraltro non potè risultare dopo il confronto
esemplari autentici di Sibthorp e di Heldreich. Gli individui cretesi dell À
C, cana differiscono per leggiere modificazioni da quelli di altre località
Partecipano molto della cosidetta C. ochroleuca Willd. (forse la m
sima cosa!) a cagione dei flosculi bianchi (vedi Raulin 1. c. sub C.
var. albiflora) od ocroleuci, i quali colori si notano negli esemplari del
m. Volakià. La C. Bourgaei Boiss. dipende con la massima evidenza
dalla nostra; tutta la differenza consiste nelle foglie pennatosette, sub-
lirate..... Degen aggiunge che differisce dalla C. orbelica Velen. pe
l abito generale, forma delle foglie, forma e colore delle squame: a
e ricerche.
Il gruppo delle « Cyanus » a radice perenne, e principalmente tutte le
specie e forme orientali dagli autori più recenti ammesse, ha bisogno —
di essere riveduto e trasformato. Trovato il valore della C. awillant.
(la C. cana è di questa buona formazione alpina del dominio medi
raneo orientale), da essa sarà facile trarre la lunga serie de lle v
ioni che va lasciando da Nord a Sud e da Ovest.ad. Ept in .relssl®
della vasta area geografica che occupa e dal naturale pee
ne deriva.
pianta bulgara, a me ignota, appare assai interessante in quest
117. Centaurea argentea L. Sp. pl. pag. 1290. S
In rupestribus m. Haghios Ilias distr. Kisamos! Num. collect. %.
-~ La pianta del m. H, Ilias mostra una piccola diserepanza con
vole che ho visto di C. argentea (Barr. fig. 347 sub « Stoebe tenu
incana parvo capite eretica », non fig. 218 citata da Boiss., che
ferma un errore di Alpino De pl. ex. pag. 116). Questa tavola P pe
la specie con fusti quasi semplici, il che ammette pure Boiss.
HI, pag. 642; i miei individui però, tolti da cespugli foltissimi
i In arenosis maritimis infra Gonià et Platanià! Num. collect. 24.
| Prospero Alpino, Exot. pag. 162, la descrisse e figurò col nome di
« Cyanus spinosus ». Appartiene a quel gruppo biologico tanto singo- el
lare delle cosidette piante erinacee spinose, che in Creta assurge ad un si
Rai
P n Marcuanp — Synopsis et Tableau synoptique des familles
qui composent la classe des Mycophytes. — Lons le Saunier;
1894.
. Sin dal 1890 nella sua Prolusione al corso di Crittogamia il Prof. Marchand
avea ideata una divisione delle Crittogame in quattro grandi classi : 1. Mycophytes,
2. Phycophytes, 3. Bryophytes e 4. Pteridophytes ; riunendo nella prima tutte le
crittogame sprovviste di clorofilla, e nelle altre dividendo quelle con clorofilla. Ma sua
in da allora dovè presentarsi innanzi alla sua mente la difficoltà di assegnare
posto ai Licheni, i quali, creduti una volta affini alle alghe, sono stati più re-
temente ricacciati addirittura tra i funghi.
L'A., ritornando col presente lavoro più particolarmente sulla classe dei Myco-
Phyti, ci presenta per esso un completo metodo di classificazione, comprendendovi
en wi ì Funghi, ma ben anche i Riche: L'intera Classe infatti è divisa in due
= * Sottoclasse: Mycomycophytes (Funghi) 4
* Sottoclasse: Mycophycophy'es (Licheni);
7 2.2 Sottoclasse viene suddivisa nel modo seguente :
visione. Basidiolichenes fam. 1. Pseudothelopho-
È gi racei |
1.8 Sottodivisione: Thecaheteromerici, 1.° Ordine Pudothalami |
fam. 2. Verrucar
fam. 3. Normandi
2° Ordine Ectothalami
2.0 Sottordine: Æysteriocar
fam. 6. Graphisacei
fam. 9. Cladoniacei
22 Sottodivisione: Thecahomoromerici
1° Ordine: Gelatinosi
fam. 10. Collemacei
2. Ordine: Byssacei
fam. 11. Ephebacei.
È fuori dubbio che, ammessa la simbiosi algo-micelica nei Licheni, debba nen
logico il non considerarli come una classe autonoma raggruppandoli coi fur
come dall’altra parte non può non riconoscersi giusto che nella formazione
famiglie sia accordata la preferenza ai caratteri forniti dallo elemento ifoidale.
| Ron deve riconoscersi meno opportuno, a nostro avviso, che i Funghi ed i Zichi
si presentino come due grandi gruppi (sottoclassi) paralleli e ben distinti n
stessa classe, anzichè mandar confusi i secondi con alcune tribù degli Ascom
Riconoscendo pertanto giuste le idee generali che informano il sistema PET
| dal Prof. Marchand, ci permetteremo poche osservazioni al riguardo.
Ei innanzi tutto ci sarà consentito fare qualche riserva sulla proposta nuo
ioni conidiali anche nei licheni con apotecii regolarissimi; €
tempio il genere Cora, per le REN del Prof. Mattirolo già r ritenuto
diolichene ( ‘può opi i iderato cc una
eau E E
re > | ae bare $ i È sep et
"= Bot. ital. 1 1881, 246,
LANDER W.. Syn. I, 49; Pr. FL N. Gun. 22 Ed, pag: u3
| | Endothalamii la divisione in Verr
sadici, sembrando assai più logico che tutti i licheni di
riuniti in un’ unica pasti ue NR
inder stesso che ne tale su Ho os
Non sfuggirà ‘infine ad alcuno che riportando l'A. ai Parmeliacei tutti gli Halo
rolicheni cyclocarpi a tallo foliaceo, ed ai Cladoniacei, tutti quelli a tallo fruti- y
coloso coloso, egli assegna in quest'ultima famiglia il pos'o agli Usnei, agli Alectoriei,
i Cetrariei, s senza dani egito della maggiore en che ae tribù pie
e oade queste s son on dd, metodo proposto dal signor M Marchand.
Ruvo di Puglia, 12 Marzo 1895.
PICCOLA CRONACA.
Piccola Cronaca
La riunione generale della Società Botanica Italiana ha avuto luogo a Pa-
| lermo nei primi giorni del mese di Maggio. In quattro sedute pubbliche furono
presentati o letti circa ventisei memorie o note botaniche. Nella seduta privata |
| della Società furono trattate, oltre alle solite pratiche amministrative (appro-
‘vazione dei bilanci ecc.), alcune altre quistioni di cui qui diamo un breve cenno.
Come luogo della riunione generale per l’anno 1896 venne prescelta Pisa,
rilasciandosi al Consiglio della Società piena facoltà di fissarne l’ epoca pre-
cisa. In seguito a proposta avanzata dal Prof. Borzi, e considerate le spe
| ciali condizioni dell'Orto botanico palermitano, i soci presenti alla seduta espres-
sero ad unanimità il voto che nel detto orto venisse istituita una » Stazione h-
ternazionale per lo studio delle piante tropicali » , ed incaricarono il Prof. Bord
di compilare un progetto in proposito. — Si fecero varie escursioni botaniche, 2 E
Mondello, alla Favorita, a Villa Belmonte, a Solunto ed alla Ficuzza, con ottimi n
risultati. Il giorno 12 Maggio ebbe luogo, nell’Orto Botanico di Palermo, linan-
gurazione dei busti del P. Berx. D’ Ucria e del Prof. Ac. Toparo, unitamente
allapertura dell’ Esposizione d'Orticultura e di Belle Arti. Non mancarono rice-
vimenti e feste, in cui lo splendore e la cordialità erano degni della classica pr
| talità Siciliana.
Le ricche collezioni algologiche del Prof. J. G. Acarpn sono di lui state re
| late all’ Università di Lund.
Il Dott. Guenrner Beck von MANNAGETTA, noto autore della Monografia delle
Orobanche e d'una classica Flora g Austria, è stato nominato Prof. Straord. di
Botan. Sistematica all’Università di Vienna.
È morto a Vienna il noto micologo Prof. W. Voss. `
I Dott. F. Scnuett, finora libero docente di Botanica a Kiel, è stato - S
| come Prof. Ord. di Botanica all’Università di Greifswald.
Prof. O. PENZIG Redattore responsabile.
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SOMMARIO.
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Morini F
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MALPIGHIA
REDATTA DA
O. PENZIG
Prof. all’Università di-Genova
R. PIROTTA
A. BORZI
Prof. all Università di Roma
Prof. all Università di Palermo
in collaborazione con molti Botanici
Italiani e Stranieri.
i ee
Anno-1X — Fasc. VIEVHI
GENOVA
TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO
Pa
Vico Mele. 7, interno 3
1895.
bu - Prot. 0. Mid (R. Orto Botanico di boloa
grafie, Aronin, ue = Prof. 0. Penzie. (R. Orto
pi - — Prof A Po La Istituto Tecnico di i Pic
Des MALPIGHIA x
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS
PAR
RTE
JULES CAMUS
= De tous les médecins, herboristes, agronomes et voyageurs qui, dans
| l'antiquité et pendant le moyen âge, se sont occupés de végétaux, il
n’en est aucun, semble-t-il, à qui soit venue l’idée si simple et si utile
Se
DITTE PS Let ut RE e le Lia Tg i n i ac a.
i E EFEN mec z
de conserver les plantes desséchées par compression, comme on le fait
partout de nos jours. Du moins nous ne possédons pas le moindre do- /
E _ cument sur lequel on puisse s'appuyer pour prouver le contraire.
Afin d'expliquer ce fait qui ne laisse pas de nous étonner, on a allégué
la cherté du papyrus, du parchemin et du papier avant la découverte
de l'imprimerie. Cette raison ne parait nullement suffisante. En ‘effet,
jui peut croire qu’Aristote ou Théophraste, par exemple, eussent reculé
devant la dépense si quelqu'un leur eût proposé pour le Musée d'Athènes,
un procédé qui devait conduire à de si grands avantages pour l'étude i
de la botanique? Et d’ailleurs, à défaut de papyrus ou de parchemin,
eût-il été bien coûteux de se servir de planches minces ou de fortes étoffes
pour conserver les quelques centaines de plantes que l’on prenait jadis
en considération ? Non, il faut bien le reconnaître, si les anciens n'ont
pas Pris d'herbiers, c’est Cr ie aa que Po chez eux re
à génie us cette invention, je Loire mais encore fallait-il que
qu'un en on l’idée pn: Or cette cr no venue aux eee
usage en était déjà très iaia dans le Lai de TA de la fin de
° siècle. Nous en avons la preuve par des documents relativement \ nom- |
“oa Matpighia anno IX, vol. IX.
. 284 ! JULES CAMUS
Dali la première période de la Renaissance, les Gaza, les Lontani M
les Collenucius, et autres érudits entièrement adonnés aux traductions,
corrections et commentaires des textes grecs et latins, ne connaissaient |
-guère les plantes que par les descriptions indiquées par les anciens; ils se
souciaient fort peu de les étudier dans la nature. On s’en aperçoit encore
à la manière vague, incertaine et naïve dont il en est parlé dans les
« Lettres médicales » qu’écrivait, vers 1525, le plus renommé des pro-
fesseurs de Ferrare, Jean Manardo, le maître de Brasavolo. Tantôt Pau-
teur croit se rappeler qu’on lui a montré jadis l Halimon , près de la
mer, en Ombrie; tantôt il lui semble avoir vu dans les haies différent
espèces d’arbustes épineux, et peut-être parmi eux le Paliurus; à Flo
rence, il a observé un chou dont la taille égalait et même surpassail
celle de certains arbres, etc. (!). | SE
On allait bien herboriser parfois, mais c'était pour retrouver les plat S
qu'avaient connues les Grecs et les Romains, et non pour chercher à í
couvrir de nouvelles espèces. Rabelais, qui avait étudié la médecine à
Montpellier, vers 1530, et qui, dit-on, avait soutenu une thèse sur le
simples pour obtenir le grade de docteur, Rabelais, dis-je, nous à laissé
sur cette manière de botaniser un curieux aperçu dans le fameux roman
qui a rendu son nom immortel. Parlant des occupations journalières du
Jena Gargantua et de son précepteur, il nous dit: « Passans par pi
prés ou aultres lieux herbus, visitoient les arbres et plantes, les contes
avec les livres des anciens qui en ont eserit. comme Théophraste, -
breux qui se sont conservés dans les archives de quelques villes (Voy. Rens des
tique 28, vol. IV, pp. 17-18. Paris 1894) et aussi par les fréquentes
ons de manuscrits iz papiro, in charta bombicina, que T òn rencontre À
ii des librairies princières, au commencement du XV® siècle. -
le comprend aisément, la plus grande sota des papiers de cette époque
taine a disparu par suite de diverse ses de destruction.
(!) Joaxxis Manarpi, Epistolae suicidi (Basilea, prato P- 221-222:
limon (ni fallor) vidi aliquando iuvenis in maritimis Umbri monstrante i
Lanziareno, viro omnium bonarum artium studioso et in puts (quantum
ferebat aetas) erudito. » — « Videor enim ek inter sepes varia frut
nera spinis obsita, atque in his forté Paliurum. » — « Vidi enim quand
rentiae brassicam quae proceritate multas mul arbores, et quasdam
perabat >: da
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS 285
corides, Marinus, Pline, Nicander, Macer et Galen; et en emportoient
leurs pleines mains au logis; desquelles avoit la charge un jeune page
nommé Rhizotome , ensemble des marrochons, des pioches, serfouettes,
bèches, tranches et aultres instrumens requis à bien arboriser. Eux ar-
rivés au logis, ce pendant qu’on apprestoit le souper, répétoient quelques
passages de ce qu’avoit esté lu et s’asseoient à table... Quand l'air estoit
pluvieux... au lieu de arboriser, visitoient les boutiques des drogueurs,
herbiers et apothecaires; et soigneusement consideroient les fruicts, racines,
i feuilles, gommes, semences, axunges peregrines, ensemble aussi comment
= on les adulteroit (!) ».
L'on voit que l’auteur ne dit mot de la conservation des plantes en
herbier. Si cet usage avait existé de son temps, il n’eut certes pas manqué
de nous le faire savoir à cet endroit, ou bien dans l’interminable dis-
scours sur l’Zerbe Pantagruelion (°), qu'il semble avoir écrit pour se
i moquer de la prolixité fastidieuse de ceux qui enseignaient alors la bo-
| tanique dans les universités. Cependant Rabelais comprenait que l'étude
des sciences naturelles ne devait pas être restreinte à la recherche des
médicaments. Animé de l’esprit qui produisit les Gesner et les Aldro-
|. Vandi, il faisait dire ensuite à Gargantua, dans une lettre d’exhortations
| à Pantagruel, son fils: « Quant à la cognoissance des faicts de Nature,
Je veux que tu ty adonnes curieusement; qu’il n’y ait mer, rivière ni
fontaine, dont tu ne cognoisses les poissons: tous les oiseaux de l’air, tous
les arbres, arbustes et fructices des forests, toutes les herbes de la terre,
tous les métaux cachés au ventre des abysmes, les pierreries de tout
orient et midi: rien ne te soit incognu (5) » — Tout savoir, tout observer,
tel sera le programme des naturalistes de la génération suivante. Mais
quelques contemporains du célèbre écrivain commençaient à réagir contre
l'espèce de servitude à laquelle on s'était assujéti en ne reconnaissant
| d'autre autorité que celle des savants de l'antiquité. Antoine Brasavolo
ne craignait pas de déclarer que Théophraste, Dioscoride et Pline n’a-
Ne
(') François Raserais, Gargantua, Ki 23, 24.
3 fa Rascas, Pantagruel, HI,
©) Fr. Raneras, Pantagruel, I, x
re
| nous voyons déjà se manifester un mouvement en ce sens dans le De
natura stirpium que Jean Ruel (Ruellius) dédia, en 1536, au roi Fran-
Di quaient les propriétés. Pline, à qui nous devons cette information, était
est fort difficile aux copistes de reproduire les couleurs si variées de
Theophrasto, aut Plinio, sed in dies addiscimus et crescit ars medica », — €
| p. 23. (J'ai cité Capres la réimpression de M. le D." P. Dorveaux; Paris
La 1ère édition a paru à Lyon en ia — Un peu plus tard la méme
_ exprimée en Italie par Fr. Calzolari, dans son Viaggio de Monte Baldo
(Venetia, 15
286 < JULES CAMUS
vaient pas décrit.la centième partie des végétaux qui existent sur le.
globe terrestre; et affirmant que la science faisait chaque jour de nou-
veaux progrès dont il fallait profiter, il blâmait ceux de ses confrères ;
qui refusaient d'employer dans la médecine certaines plantes, comme lè
gaïac d'Amérique, uniquement parce que les anciens n’en avaient point à
parlé (1). D'autre part Symphorien Champier conseillait de s'adresser de
préférence aux médicaments qui sont à notre portée, plutôt que d'aller
les chercher au loin dans les Indes, en Egypte, et ailleurs, « car, di-
sait-il, Dieu et nature ont donné à chascune province ce que est neces-
saire pour la vie de celle region (°) ». C’était en quelque sorte recom
mander une étude plus attentive des plantes médicinales indigènes, et ;
çois I. La botanique tendait à devenir indépendante de la médecine: le
phytologie, restée pour ainsi dire à l’état latent depuis Théophraste, allait
pouvoir se développer, grâce surtout à deux innovations qui se propa-
gèrent rapidement parmi les botanistes: nous voulons parler des recueils
de dessins de plantes d’après nature et des collections de plantes sèches.
_ Déjà chez les Grecs, quelques botanistes, tels que Cratevas, Dionysios
et Metrodoros, peignaient dans leurs livres les plantes dont ils indi-
pourtant d’avis que ces peintures pouvaient induire en erreur, vu qui
modèles (). Et, en effet, dans les nombreux manuscrits du moyen âge
1) ANT. Musar Brasavori, Framen omnium simplicium medicamentorum
(Venetiis, 1539) pp. 65-66: « Certum vero est centesimam partem herbarum in
universo orbe constantium, non esse descriptam a Dioscoride, nec plantart arom à
enim imitari nolumus qui decocto guaiaca uti despiciunt, quoniam ab hear
sileatur ».
(8) Shkon Cuampier, Ze noe des apothicaires el
(5) Can Pie, Historia naturalis, XXV, 4.
.
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS © pe
2 qui nous sont parvenus avec ce genre d'illustrations, les figures des vé-
gétaux sont dessinées de telle sorte qu’il est généralement à peu près
impossible d’en reconnaître les espèces.
Il faut arriver au XV° siècle pour voir de nouveau les artistes peindre
les plantes d’après des exemplaires vivants, et les représenter avec un
certain talent, soit sur le premier plan des tableaux, soit dans les marges
des manuscrits, ou bien encore, mais plus rarement, en former des re-
cueils dans un but didactique. La flore des peintres et des enlumineurs,
depuis André Amaglio (') jusqu'à Jean Bourdichon (°), fournira cer-
| tainement un jour le sujet d’un chapitre intéressant à celui qui entre-
prendra l’histoire de la peinture des plantes.
En 1479, un imprimeur de Rome, J. Philippe de Lignamine, eut l’heu-
reuse idée de publier un ancien herbolaire (Herbarium Apulei Plato-
i nici), en intercalant dans le texte 130 figures de plantes gravées sur
bois (5). On entrait ainsi en possession d’un excellent moyen de propa-
gation pour faire connaître les végétaux. Malheureusement les dites fi-
gures étaient grossièrement tracées, conventionnelles, et le plus souvent
sans rapport apparent avec les noms qui les accompagnaient. Mais, ce
qui pis est, pendant plus de cinquante ans, les imprimeurs de tous pays
imitèrent cet exemple sans faire des progrès artistiques bien sensibles,
ainsi qu’on le voit en examinant les nombreuses éditions d'ouvrages tels
que l’Herbarius Pataviæ, le Grant herbier en françoys, l Hortus sani-
tatis, the grete Herbal, etc.
C'était aux Allemands qu’il était réservé de faire un pas décisif dans
la voie qui s'était ouverte par la xylographie. Othon de Brunfels fit
t _ paraître, en 1530, la première partie de, son célèbre ouvrage Herbarum
(!) Anprea AmacLio peignit, en 1415, pour un savant médecin, Benedetto Rinio ,
un recueil de plantes très bien dessinées, que l'on conserve à la En
S. Mare, de Venise.
(2) Jean Bourpicnon a peint, en 1508, dans les marges d’un célèbre manuscrit,
les Heures d’ Anne de Bretagne, plus de 300 espèces différentes de plantes, dont
` les figures font l'admiration des visiteurs de la a parapi nationale de Paris
(Voy. Journal de Botanique, IV, n.°* 19-24. , 1894).
(3) Voyo P. A. Saccarpo, Al eri degli Tala nella bone, pp- 20-30.
Padova, 1893.
en
JULES CAMUS
vive icones ad nature imitationem efjigialæ, renfermant des gravures
d’une merveilleuse exactitude de dessins, dues au peintre Jean Weiditz.
Ce volume, ainsi que les deux autres qui suivirent en 1531 et en 1536 exci-
tèrent l'admiration des contemporains, mais son succès fut bientôt sur-
passé par celui qu'obtint Léonard Fuchs, quand il eut publié à Bâle,
en 1542, le De natura stirpium commentarii, contenant plus de 500
figures de plantes d’après nature. La renommte de l’auteur devint eu-
ropéenne, et divers souverains cherchèrent à l’attirer dans leurs Etats.
Le duc de Toscane, entre autres, lui fit des offres très avantageuses
pour venir occuper, à Pise, la chaire de botanique de l’université (!). Ce-
pendant Fuchs préféra rester à Tubingen.
Ces publications allemandes eurent pour résultat immédiat de donner
une vigoureuse impulsion à la science, en imprimant une nouvelle di-
rection aux herborisations. De tous côtés les naturalistes se mirent avec
passion à la recherche de plantes nouvelles: on les décrivit, on les pei-
gnit, on les transplanta dans les jardins, et enfin on arriva à en faire
des collections.
>
eeN
Parmi les chasseurs de plantes, que nous trouvons mentionnés avant
1550, Aloysio Anguillara occupe certainement le premier rang, sinon par Z |
les écrits qu’il a laissés, du moins par l’activité extraordinaire qu'il a dé-
ployée. Il visita en botanisant la Turquie, la Grèce, l Illyrie, la Provence,
une partie de la Suisse et toute l'Italie. En 1539 et en.1542, il herbo-
risait dans les Appennins; en 1545, dans les Etats romains, en compagnie
de Cesar Odone, lecteur de simples à l’Université de Bologne ; puis, c'est
aux environs de Pise, avec monseigneur de Cesena; en 1546, il fait en-
core avec C. Odone, une première excursion dans les Abruzzes, qu'il re-
nouvelle en 1549. Il a été aux monts Generoso, Baldo, Sumano, puis dans 2
le Frioul, au mont Cavallo (2), ete., notant partout les plantes qui lui
semblaient intéressantes, mais, comme ses contemporains Valerius Cordus
- a Amatus Lusitanus, apparemment sans les collectionner.
(9 G. Tarcioni Tozzetti, Prodromo della corografia... della Toscana, p. 93-
_ (Firenze, “i — a ds a fait erreur sans doute en aoa l’année 1545 >
x Pour ces o osme I avait déjà appelé Ghini à Pise, en 1544.
in “dan Semplici iaia M. Luigi Anguillara (Vinegia, 1561), pp. 144, 281,
o D'autres botanistes cherchaient néanmoins, à imiter l’exemple de Brun-
fels et de Fuchs. Le fameux Conrad Gesner, rassemblait déjà, en 1543,
les dessins qui devaient illustrer cette « Histoire des plantes » à laquelle
il travailla plus d’un quart de siècle, et que la mort l'empêcha de ter-
miner. Il en reçut, nous dit-il, un grand nombre d'un certain Kent-
mann, médecin à Dresde (!). Vers le même temps, Matthioli faisait des-
siner d'après nature, un Dracunculus maior à Trente, un Cynoglossum
à Rome, ete.; mais comme il l’avouait plus tard, dans une lettre à Al-
_ drovandi, il laissait les plantes se perdre dès qu'il en avait obtenu le
dessin. Il ne se serait jamais douté, disait-il, qu'on viendrait un jour
i les lui demander, et pourtant il reconnaissait que ceux qui venaient après
lui agissaient avec plus de prévoyance en les conservant (2).
Lucas Ghini, qui, en 1544, avait obtenu la chaire de botanique à Pise,
s'était proposé de publier un traité avec illustrations sur des plantes
que personne n’avait encore figurées (5). Georges Marius de Nuremberg
donne à entendre qu'il aurait renoncé à son projet après avoir pris con-
naissance des Commentaires de Matthioli; mais ce motif parait douteux,
DI
(1) C. Gesweri, Apist. medic. (Tiguri, 1577), fol
?} G. FANTOZZI, rad della vita di Aldrovandi (Bologna, 1774) p. 153:
(Lettre de Matthioli. — Goritia, 27 sept. 1553) « À ciò che la sappi, io non ho
5 fatto mai uso di serbur Semplici, contentomi sempre del Giardino della Natura,
se di quello che ho car outari ay hora nel libro. » — (id. 19 ele 1554) p. 169:
Li che à io ne voleva, ne ‘mai mi sarei all'hora dum pini che mi de state ri-
| chieste da alcuno; et pur hora me accorgo, che quelli che mi succe edono, fanno
| quello che io mai ho fatto considerando più avanti. Li ritratti in foglio della Co-
bi della Persea et del Siccomoro, et d'altri anchora cavati dal Libro de
grande del Draconcolo maggior, pe feci, giù 13 anni fa, ritrattar in Trento;
sicché se li volete, io ve li mandarò molto volontieri, ma le piante da me non
le ‘ possele havere altrimenti, ns non le ho salvate
a Ghinus, vir omni immortalitate dignissimus, cum me Siperiaritale annis
iat
ellet, in eas cogitationes venerat, ut depingendis et scribendis plantis, quae pictae
hactenus a nullo essent, deliberaret ». (Voir aussi la réponse de Matthioli, p. 205).
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS 289
Odoardo, io ve li posso mandare che li ho ancora, et ho anchora il ritratto in
) P. Marrmorr, Epist. med. (Pragae, 1561) p. 2 : (Lettre de G | Marius)
Madicinam doceret, et sub inde nobis Dio scoridem cum Galeno communem esse:
JULES CAMUS
vu que la première édition illustrée des Commentaires, c’est à de ré J:
dition latine avec de petites figures, n’a paru qu’en 1554, l’année mêm ;
. où Ghini fut contraint par une maladie d’abandonner ses cours à LU
- niversité de Pise (1). Quoi qu’il en soit, il est bien regrettable que ses
dessins se soient perdus, car il devait en avoir une belle collection.
On peut juger de son activité, par ce que les Pisans disaient de lui à à
Pena et à Lobel, quelques années après sa mort: « Ghini était enflammé
d’une telle ardeur pour la botanique, qu'il visitait minutieusement les
montagnes, les bois et les rochers de la Toscane, ainsi que les îles yoi-
sines de la mer Tyrrhénienne, prenant jusqu'aux plus petites plantes |
qu’il ne connaissait pas encore, et les emportant dans des papiers, afin
de les faire peindre ensuite avec le plus grand soin (2) ». Ghini avait
i. aussi botanisé dans le nord de l’Italie; Calzolari le nomme parmi les
personnes qui avaient visité le mont Baldo (5). :
Ceux qui exploraient alors les contrées lointaines, comme Garcia da
Orta aux Indes orientales, André Thévet en Amėrique, Pierre Belon
en Orient, se contentaient généralement de rapporter les graines et les
descriptions des plantes qu’ils avaient vues. Cependant nous trouvons,
déjà avant 1550, un médecin polonais, nommé Odoard, qui durant ses
voyages en Syrie et en Egypte, avait composé un recueil de dessins
de plantes où Matthioli put copier les figures du Sycomore, de la Persea,
de la Fève d'Egypte, etc., qu'il fit entrer plus tard, dans la première
; édition latine illustrée de ses Commentaires sur Dioscoride (+). Un a x
(ov
O J. Cavi, Commentarium inserv. historiae Pisani vireti botanici, p- G
PM LITE
(°) J. Pena et M. pe Loner, Stirpium adversaria nova (Londini put p. 211:
« (Guinum) quem virum auditione, dum Pisis essemus, accepimus tantopere fa
grasse rei plantariae cognitione, ut etiam nihil non lustrasse a nemorun
| praeruplarimve rupium Hetruscarum, et Tyreno vicinarum insularum, quò
Mimas quasques herbulas indidem advectas, nec dum sibi notas, in a
conderet et affabré pingendas curaret. »
(Fr Carzoranm, J} viaggio de Monte Baldo (Venti, 1566), Pe 15: €
F vandi, Anguillara....... M. Luca Ghino...... non si sono sdegnati mati d'alcuna
; bone cé contemplare nelle piante i varii e bellissimi effetti della na
(9 Fantuzzi, op. cit. p. 168. (Lettre de Matthioli, Goritia, 19 sept. 1554) ::
Siccomoro, la Persea et la fava de Egitto io la cavai da un libro de ©
| HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS cere Bir) >; gti
| voyageur, un Anglais nommé Jean Falconer, fit mieux encore: il rapporta
les plantes elles-mêmes, collées et cousues sur des feuilles de papier réunies
en volume; c’est à dire qu’il fit un véritable herbier au sens moderne
du mot, le premier dont l’histoire fasse mention. Voici comment le bo-
taniste Jean Rodrigue de Castelbranco, plus connu sous le nti
d’Amatus Lusinatus, s'exprime à ce sujet:
Quum Ferrarie mihi contingerit herbatum ire, cum nonnullis viris
doctissimis, et rerum maturalium diligentissimis inquisitoribus, inter
quos, mihi nominandi veniunt, Joannes Falconerius Anglus, vir mea
sententia cum quovis doctissimo herbario conferendus, et qui pro dignos-
i | cendis herbis varias orbis partes perlustraverat, quarum plures et va- EA
rias, miro artificio, codici cuidam consitas ac agglutinatas affere-
bat (1).
ll résulte évidemment de ces quelques lignes que le procédé de con-
servation des plantes, mis en pratique par le voyageur anglais, était í
une nouveauté pour l’auteur. Et pourtant Amatus Lusinatus, né en 1512,
comme il nous l’apprend lui-même, avait enseigné à Coïmbre, après avoir
fait ses études à Salamanque; puis il était resté sept ans à Anvers et
| environ six ans à Ferrare, nouant partout des relations avec des bota-
| nistes et des voyageurs de différents pays. Ses amis à Ferrare étaient
Brasavolo, Faloppio et deux autres semplicistes, Gabriel de Gabrielis et
Nicolas Nicoluccio. Pendant plus de vingt ans, Amatus s'était occupé
| de botanique, et néanmoins il manifestait un tel étonnement, une telle | a
admiration à la vue de la collection de Falconer ! Qu'en conclure, sinon
que jusque là l’usage des herbiers était inconnu aux botanistes? i
À Pour moi, j'ai eu beau fouiller la littérature botanique médicale de
(e medico, già passano assai anni, il quale era stato in Candia, in Cipri,
na Cairo in Egitto, et egli mi giurava avergli cavati . sua cat
dall tie so
(!) Amarus Labs In Dioscoridis Anazarbei de ‘materia sii Enarra-
tiones, p. 322 (Venetiis, 1553. La dedicace est datée de Rome, 15 mai 1551).
uteur continue en parlant ainsi du celèbre médecin Faloppio (Falopius,
l'index): « Alter vero, Gabriel mulinensis, philosophus doctissimus, et cui ob
s cius dotes ac variam doctrinam, hodie publice Dioscoridem interpretandi
nus datum est Perrariae..... » | re
TE
€
quapparemment il a mal compris certains passages des Enarrationes
| (!
i Gallio villa, nelle montagne del Vicentino, a Sette communi; dipoi l'ho ve
JULES CAMUS
la première moitié du XVIe siècle, je n'ai pas rencontré le moindre in- |
x
dice d’une collection de plantes sèches antérieure è
Je dis collection, car, sans parler de Chloris et de son bouquet, ni de
telle ou telle damoiselle du moyen âge gardant religieusement la pensée
ou le ne m'oubliez mie du bien-aimé, il se peut, et il est même à peu
près certain, que les herboristes et les médecins ont quelquefois conservé
isolément certaines plantes par euriosité. Ainsi, quand Anguillara nous
dit qu'il a trouvé, en 1545, dans les montagnes des Sept Communes, près
de Vicence, puis au mont Generoso, un Daucus creticus qu'il a montré
celle de Falconer.
à plusieurs personnes ('), nous sommes naturellement portés à penser
qu’il conservait cette espèce, après l’avoir fait dessécher de quelque ma-
nière que ce fût. D'ailleurs on devait forcément faire sécher à Pair, au
soleil, ou autrement, les plantes que l’on expédiait à de grandes distances;
par exemple l'Æelenium qu’'Anguillara avait reçu de Zante, et les deux |
exemplaires d’Apocinos qu’on lui adressa de Grèce (°); comme aussi l'An-
drosace apporté d’Illyrie au musée de Bravasola (5), ete. Mais, je le ré-
pète, on ne trouve avant 1550, aucun document se rapportant à un vé-
ritable herbier tel que celui de Falconer. Les mentions de collections
de ce genre qui ont été faites pour la première moitié du XVI” siècle,
sont purement imaginaires ou bien reposent sur une fausse interpréta-
tion des textes consultés. Par exemple, M. le D". Hoefer a écrit qu'après
la mort de Valerius Cordus, survenue à Rome, en 1544, on transmit |
ses herbiers à sa famille (*), bien qu'aucun auteur du XVI° siècle n'ait
parlé de ces collections, pas même Gesner qui a publié les écrits laissés
par ce botaniste. Quant à C. Sprengel, s’il a dit que Bravasolo avait
formé un très riche herbier (Herbarium ipse collegit ditissimum) (5), c'est
) Luis ÅNGUILLARA , Semplici, p. 214: (Dauco cretico). ZE ir vai nel cuni
aldo e nel monte Generoso sul Comasco, e hollo mostrato à diversi » si
@) L. Ancuincara, ibid. pp. 172 et 274.
(©) Auarus, Enarrationes, pp. 359 et 462.
(9 Fero. Hoerer, Histoire de la botanique, p. 128. Paris 1872.
(9) Curti Siniva. Historia rei herbariae, I, 329, Amsteldami, 1807.
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS 293
d'Amatus, où il est question du musée et du droguier que possédait le
célèbre médecin ferrarais (1).
Mais revenons à notre voyageur anglais. Le passage de J. Falconer
dans les Etats d’Este eut lieu entre 1540 et 1547, car c’est au mois de
_ mai de cette dernière'année qu'Amatus Lusitanus quitta ces mêmes Etats,
| après y avoir séjourné six ou sept ans (*) Toutefois la date précise de
l’arrivée du botaniste anglais à Ferrare, ainsi que la durée de son sé-
jour dans cette ville, nous sont inconnues. Ce que l’on peut affirmer,
c’est que Falconer retourna ensuite en Angleterre (ë). William Turner,
| en 1551, le nommait parmi divers botanistes anglais, qui, (au dire de
l’auteur) bien que n’ayant rien publié, en savaient plus long sur les
plantes que certains Italiens et Allemands qui en avaient écrit des trai-
tés (*). Puis, dans la seconde partie de son « New Herball », Turner
notait qu'il n’avait vu le Glaux, en Angleterre, que dans le livre de
Falconer; et il ajoutait que ce botaniste, autant qu'il s’en rappelait,
_ l'avait rapporté d'Italie (5). A la fin du siècle dernier déjà, Richard Pul-
teney disait: « D’après cette citation de Turner, et d’autres pareilles, on
peut conjecturer avec raison que le livre de Falconer était un Hortus
(!) Voir à ce propos, Ernst Meyer, Geschichte der Botanik, IV, 237. Koenigs-
| berg, 1857. à
(*) Amatus, Enarrationes, pp. 14, 134 et 401.
(9) C'est sans doute par suite de quelque erreur dans ses notes que M. le
Prof. Saccardo a pu dire de Falconer. « Inglese bensì, ma vissuto in Ferrara dal
1540 al 1547 anno in cui ivi morì ». (Z? primato degli Italiani nella botanica,
P. 43)
haue bene in England, and there are now also certain learned men: whych haue
as muche knowledge in herbes, yea, and more then diverses Italianes and Ger-
rall profit of hole Christendome in latin, and to the honor of thys realme, nether
în Englysh to the proper profit of their naturall countre. » ta
() The seconde parte of William Turners herball (Collen, 1562), p. 11: « Of
sea tryfoly (Glaux). I neuer sawe it in Englande, sauinge onlye in maister
co boke, and that had he browght out of Italy, except my memory do
wyle me. » ;
3 ge DE i
| JULEB CAMUS
siccus; et si a est, ce doit avoir été l’une des premières col ions
de ce genre que l’on ait connues en Angleterre » (!). Pulteney rapporte ;
| aussi que Jean Falconer passait pour avoir donné beaucoup de plantes
; anglaises à Amatus Lusinatus, mais on voit qu’il n'avait pas lu DE,
dernier auteur.
Le Glaux, dont parle Turner, n’est pas la seule espèce que nous con-
naissions de la collection de Falconer. Amatus en a mentionné quatre 5
s; autres: le Faba Ægyptia, un Scandix, un Polyenemon et le Symphy-
tum. petraeum (°). Quoique peu nombreuses ces indications pourraient |
servir à identifier ce vénérable herbier, si par hasard il s'était conservé
-au fond de quelque musée ou de quelque bibliothèque.
Ernest Meyer, qui le premier s’est occupé de l’origine des herbiers sal $
| reconnaissait que la plus ancienne information touchant une collection a,
: de ce genre se rapporte au livre de Falconer. Néanmoins, partant de
Du idée singuliére que la botanique était alors trop peu avancée en An-
gleterre pour que lon pùt faire à un Anglais l'honneur de cette inven-
tion, l'historien allemand en a attribué la priorité à Lucas Ghini. Or; *
comme cette opinion n'était appuyée par aucun document, nous Pavons |
| combattue, M. le prof. O. Penzig et moi, en décrivant un herbier com-
(i posé à Ferrare, au XVIe siècle (4); et nos conclusions, en ce qui concerne
0 R. fui Historical and biografical sketches of the progress of Botany,
in England, pp. 55-56. London 1790.
. () Amatus, sa p. 228 « (De faba Aegyptia) .... folio peramplo
nupharino aequali, quod Joannes Falconerius Anglus, vir doctus et simpli
medicamentorum diligentissimus investigator, mihi et doctissimo Brasavolae
| quam rem raram Ferrariae monstravit » — p. 254: « Scandicem gingidio st-
milem herbam, nobis diligentissimus vir Joannes Falconerius Anglus, gl
1e Ferrarine indicavit ». p. 340: « Semel mihi tantum polyenem onem herbam, si
| dere contingit, et eam quidem, apud Joannem Falconerium are ce
suo, variis e herbis agglutinatam habebat, Dioscoridis descriptiont
» — p.377: « Ex herbis, quas Joannes Falconerius Angl
ferebat, s um petraeum erat, quam consolidam nonnulli o;
n 0 T Moven, Gesch. d. Bot. IV. « Sammlungen gelrochneter Planzen
he Cain Di 0, Diga ao del ducale ‘albano Estense È
vato loci R. Archivio di Stato in Modena, pp. 7-12. Modena, 1 1880x 03
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS Fe 295.
Ghini, ont été admises depuis par M. le D" Saint-Lager, dans son opus-
cule intitulé « Histoire des herbiers ». Toutefois se basant sur cer-
taines considérations relatives à la diffusion du papier après la découverte
_ de l'imprimerie, M. Saint-Lager pense que les collections de plantes
sèches ont commencé longtemps avant Falconer, vers l’année 1480 (!),
= etil est d’avis qu’à la question « Quel est l'inventeur des herbiers ? ».
il n’y a que cette simple réponse à faire: « Ce n’est personne en parti-
| culier, c’est tout le monde » (!). En conséquence de cette solution com-
_ mode, l’auteur de l’ Histoire des herbiers s'est contenté de réunir diverses
SE
notices sur cinq collections de plantes parvenues jusqu'à nous, celles
z d’Aldrovandi, de Cesalpino, de Girault, de Rauwolf et de G. Bauhin, né-
| gligeant toute recherche historique ultérieure sur les premiers herbiers.
. Ceux de Plater, de Ratzenberger, de Gesner, et bien d’autres, dont nous
È
allons parler, lui sont entièrement “RO comme ils l’étaient du reste
à Ernest Meyer.
| L'esprit inventif est certainement beaucoup plus rare que ne l'imagine
M. Saint Lager. Ce qui est très répandu, on pourrait même dire fort
commun, c’est la faculté imitatrice. Sous ce rapport, l'espèce humaine
à conservé un caractère simiesque indéniable, qui se manifeste à cha-
7 que page de son histoire, dans les arts, les lettres, les sciences, tout
comme dans les modes. Quelqwun fait-il connaître une innovation, aus-
sitôt tous ses voisins de l'imiter; et de proche en proche les imitations
se font quelquefois si rapidement, qu’il devient trés difficile de savoir
où elles ont commencé. Il en a été sans doute ainsi de l’invention des
herbiers. Falconer n’a peut-être fait que suivre l'exemple de quelque
hors de doute, c’est qu’une dizaine d'années après le passage du voya-
geur anglais à Ferrare, l’on recueillait de tous côtés des plantes pour les
conserver en herbiers.
en France et en cina car, bien que traité déduignensement À de,
{9 D" Sawr-Lacer, Histoire des herbiers, p. 20. Rab 1885.
obscur herboriste; mais ce n’est qu'une simple supposition. Ce qui est
Les Enarrationes d’Amatus Lusinatus ont assurément contribué à la <=
Popagation du nouveau procédé, non seulement en Italie, mais aussi
296 n JULES CAMUS
i comentuzzo par Matthioli, cet ouvrage a été beaucoup lu, lors de son
apparition. Il en a été publié quatre éditions en cinq ans (Venise, 1553,
1557; Strasbourg, 1554; Lyon, 1558). Cependant l'imitation a dû com-
mencer auparavant, à Ferrare et à Bologne, villes où affluaient tous
les savants de l’Europe; et il est à supposer que Gaspard de Gabrielis et
Gabriel Faloppe, qui avaient été en relations avec Falconer ('), ont fait 3
connaître son mode de conservation des plantes, le premier à Padoue, le
second à Pise, où il fut nommé professeur en 1548 (?).
Or Lucas Ghini waurait-il pas appris de Faloppe l’art de former un her-
bier? Nous ne pouvons le prouver, mais nous ferons remarquer que les
documents, sur lesquels on peut s'appuyer pour affirmer que Ghini à
conservé quelques plantes sèches, se rapportent à une époque postérieure |
à la venue de TORR à Pise. D’après une formule d’attestation, rédigée
| par Aldrovandi, à propos du fameux Lonchitis qui faillit brouiller Ma- >
ranta et Matthioli, nous savons qu'au mois d'octobre de l’année 1551,
Ghini envoya à ce dernier son opinion sur 69 plantes différentes, en y
joignant les échantillons des espèces considérées (5); et Maranta, dans
une lettre écrite en 1560, touchant cet envoi, nous apprend que chacune
d'elles était accompagnée d’une etiquette (pagella) portant une inscrip-
(1) Amatus, bei p. 276: « Quum olim Ferrariae, unà cum doctissimis viris i
et rerum naturalium curiosissimis investigatoribus, Gaspare de Gabrielis, nobili.
patavino, ac Gabriele mutinensi, nec non Joanne Falconerio Anglo, in
amaenissimo, vi Azaioli convenissemus, illic anemon inter pluras alias
herbas indicata
0) TiraBoscni, pa della letteratura italiana, t. VII, lib. II, 18.
(7) Fantuzzi, op. cit. p. 184: (Formola delattestato di U. Aldrovandi, 1560).
È Dichiaro, et fo indubitata fede e testimonianza, come la fel. me. di ne
Ghino medico, già mio amicissimo, Hande egli in Pisa dove era condotto per la
lettura de semplici, mandò all'Ece.mo Dott. Si ig. P. Andrea Mattioli Sanese pa-
recchi suoi pareri scritti intorno alla cognitione de semplici, con ni mostre 4!
alcuni semplici per comprobatione delle sue opinioni, appun si
Sig. Mattioli mettea in ordine per dare in luce il primo suo ita an [05
| cioé li suoi Commentari su Dioscoride seritti in lingua latina, el figurati;
K Bat fu tre o quattro anni prima che detto M. Luca passasse di questa
oprio l’anno d del mese di ottobre, et tutti quei suoi pareri ascritta
x dr” numero di LXIX. y
HISTORIQUE DES PRÉMIERS HERBIERS 297
tion ('). Ces plantes devaient avoir été préalablement desséchées, car
la distance entre Pise et Goritz, où se trouvait alors Matthioli, est trop
_ grande pour qu elles eussent été expédiées fraîches cueillies. En tout
|. cas, Cest bien de plantes sèches qu’il s’agit dans une lettre de Ghini
datée du 19 décembre 1552, où répondant à Aldrovandi qui lui avait
demandé des plantes, i il écrivait: « Après les fêtes de Noël, lorsque j'aurai
mis en ordre les quelques plantes que j'ai, je mettrai votre part de côté,
et à la première occasion je vous l’enverrai » (?).
__ Cette lettre, qui ma pas été remarquée jusqu'ici, est très impor-
tante pour notre objet, car, si elle ne prouve pas que Ghini ait vrai-
ment composé un herbier de plantes toscanes, comme le pensaient, au
siècle passé, G. Targioni-Tozzetti (5) et J. Calvi (*), du moins elle nous
montre qu’à la fin de sa carrière, il avait collectionné un certain nom-
bre d'espèces qu'il distribua à ses amis (ë). L'on comprend ainsi que
ses derniers élèves, tels que Cesalpino, Aldrovandi et J. Hess, aient
pu l’imiter en composant des collections de plantes sèches, tandis que
PPT ET à
(!) P. Marrimort, Epist. medic., p. 279: (Maranta à Matth.) « Scito plantas
omnes quas ad te Pisis Lucas Ghinus anno abhinc nono misit, mihi prius ab eo
-fuisse ostensas, pelose quas singulis plantis apposuerat non solum vi-
=
| disse me, sed etiam descripsisse...... Nihil vetabat ut pagella illa in qua Lon-
| Chitis inscriptio erat nia a »
~ (®) « Se non vi ho scritto, ne mandate Ver be é stato per non aver potuto: su-
| bito fatte le ferie di Natale, che si faranno passato domane, mi porrò a rasselar
quelle poche herbe che ho, et pmerò da lato la parte vostra, et per la prima oc-
| casione A 2 manderò. » (Fantuzzi, > cit. p. 150).
(5) G. Tarcroni-Tozzerri, ainsi n le voit par son curieux Prodromo (p.
F 94), aR de titres de chapitres qui n Soal jamais été écrits, se proposait de faire
» l'éloge de Ghini et de parler de « suoi Orto secco ed erbario dipinto di piante
+ pur ».
(*) J. Cavi op. cit. p. 30, dit de Ghini: « Etruscarum praecipue plantarum
cadavera etiam apud se methodice disposuit, adservabatque. » Mais ici l’auteur
Parait s'étre appuyé uniquement sur le susdit passage du Prodromo de Targioni-
Tozzetti, a auquel il renvoie le lecteur.
(©) Matthioli et Maranta notent en maints endroits de leurs lettres qu’ils ont
Tecu des plantes de Ghini, mais il s'agit toujours d'envois que celui-ci fit du-
tant les dernières années de son mjoy à Pise ke Fantuzzi, op. cit. p. AT, et
Matthioli, Æpést. pp. 204, 205, 211, 216, 232 ete. |
JULES CAMUS
ses premiers disciples, Matthioli et autres ('), n'avaient rien fait de
semblable.
© La même lettre nous indique qu’Aldrovandi recueillait des plantes
pour son herbier avant le 12 juillet, 1553, qui, d’après M. Saint-Lager,
_ « fixerait d’une manière définitive » la date des premières récoltes de
È ce naturaliste. D’ailleurs il avait dû en rapporter déjà de l’excursion qu'il .
_ avait faite, selon Fantuzzi, en 1551, au mont Baldo, avec Anguillara,
| Alpago et Calzolari (?).
Après avoir mené dans sa jeunesse une vie aventureuse en Italie, en |
France et en Espagne, ainsi que le raconte son biographe, Ulysse Al- i
ng | dovrandi était revenu, en 1549, à Bologne, sa ville natale, où il fit la.
Le _ connaissance de Lucas Ghini, qui y passait ses vacances. Les entretiens
qu ‘il eut avec ce botaniste lui inspirèrent un tel goût pour l'étude des
plantes qu'il voulut aller suivre ses leçons pendant quelque temps à u-
— niversité de Pise (3). Aldrovandi était alors âgé de 28 ans. Ses progrès
* furent si rapides, qu'il put entrer bientôt en rapports avec les savants l
les plus renommés de son temps. Hi
Dès l'année 1553, Matthioli, qui avait reçu le « catalogue » de son
herbier, lui manifesta le désir d’en examiner toutes les plantes, et le pria
de les lui adresser à Goritz par deux cents à la fois, bien serrées et liées
entre des planches, afin qu'elles ne fussent pas gâtées dans le transport (5).
Puis, ayant appris qu'il avait fait une longue excursion dans les mon-
a et qu'il en avait rapporté un véritable « trésor de simples
no Voy. J. Cazvr, op. sil p. 41.
A Fanruzz1 (Mem. della vita d' Aldr., p. 17) ajoute: « Nel storno Sd
| all’Aldrovandi di fermarsi alquanti giorni in Padova, e quivi trattò EE
mente con Gabr iello Falloppia »; ce que M. Saint-Lager (op. cit. 40) tra
peu librement par: « A son nose | Ulysse s'arrête à Padoue où il suit prsia
près de deux ans les leçons du célèbre professeur Gabriel Falloppia ». ——
x Dans son grand ouvrage, Notizie degli scrittori bolognesi, I, 167, Fantuzzi.
est trompé en éerivant que Ghini é était professeur à Padoue, et cette erreur se
‘ A i - Š E J } 7 $
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS
Matthioli lui écrivait encore: « J'attends avec impatience que vous m’en-
| voyiez les échantillons des plantes rares, et même de toutes les autres
; que vous avez récoltées dans ce voyage, et si par hasard vous désiriez
les ravoir pour les garder, soyez assuré que je ferai dessiner celles qui
m'auront plu, et que je vous les renverrai ensuite » (1). Le naturaliste
de Bologne consentait d’autant plus volontiers à ces envois, que l’auteur
des Commentaires promettait de le citer dans son ouvrage. Il ne semble
pas qu’Aldrovandi soit jamais parvenu à connaître personnellement Mat-
thioli, mais il resta toujours en bons termes avec lui, et continua à
; lui adresser des plantes par centaines jusqu’en Bohème (?). Du reste, il
usait de la même générosité envers Maranta, Faloppe, Gesner et beau-
coup d’autres botanistes italiens et étrangers.
| Les envois et les échanges de plantes sèches devinrent alors de plus
: en plus fréquents entre botanistes. Matthioli dit qwil en recevait non
seulement de professeurs tels que Ghini, Faloppe et Aldrovandi, mais
aussi de beaucoup de ses admirateurs, comme Prosper Borgaruccio, mé-
a decin de la reine de France, J. Alessandrino et Odoric Melchiore de
3; Trente, Donzellino de Brescia, Bernardino de Trevise, Ant. Cortuso de
_ Padoue, Fr. Calzolari de Vérone, Auger de Busbeck, ambassadeur à Cons-
tantinople, etc. (5). i
Conrad Gesner, de son côté, nous parle à
chaque page de ses Lettres
de plantes sèches que lui adressaient ses nombreux amis, Plater, Occo,
Zwinger, Aretius, Fabricius, Wolf, Craton de Craftheim, Holtzach,
Rauwolf, Jean Bauhin, etc.
rei ae
_ étaient préparées. Pourtant Gesner nous fait savoir qu’il en avait reçu
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() Fantuzzi, p. 163.
C) P. Metal, Discorsi, dedica (Venetia, 1568): « Ulisse Aldrovando Bo-
oemia, più e più centinaia di piante. »
(©) MarrmoLi, Discorsi, pref. (Venetia, 1568): « Augiero di | Busbeke,
più i più rare piante, da me avanti non mai rs ne conosciute, ..... ele. ».
20. Malpighia anno IX, vol. IX.
Nous avons peu de renseignements sur la manière dont ces plantes
‘tag il quale mi mandò di là (da onena molte et molte piante he a
stiere et rare..... — Pr. Calceolario...... per havermi ben spesse volte mandato
é
lognese, semplicista rarissimo, et singulare, da cui mi sono state mandate v mo 5.
IS . JÜLES CAMUS D P
D de Bologne des centaines fixées sur des feuilles de papier (1). Il devait
en être de même des 130 espèces qn’André Alpago avait rapportées des |
Pouilles, puisque Matthioli, à qui il les avait soumises, les lui renvoya |
après avoir écrit son opinion au-dessous de chacune d'elles (?). E
|
On les expédiait tantôt en paquet (fasciculus, fagotto, fascio), tantôt 4
dans une boite (vasculum, scatola), ou bien encore dans un panier ou a
une corbeille (cista). Lorsqu’il s'agissait de plantes isolées, on les insérait
simplement dans les lettres après les avoir préalablement fait dessécher |
entre les feuillets d’un livre (5). Mais avec les moyens de transport dont | 4
“on disposait alors, et problablement aussi par suite d’une dessication È
imparfaite, les plantes que l’on O n’étaient' pas sans subir parfois
quelque avarie avant de parvenir à destination. Ainsi Maranta écrivait .
que deux Apios, qui lui étaient venus .des Pouilles, avaient moisi en à
route (t); Matthioli avait recu de Cortuso des plantes en si mauvais 7 j
état qu'il était difficile de les reconnaître (5); Gesner recevait dansles
mêmes conditions une Lunaria qui lui était adressée par Aldrovandi (
une autre fois c'était un Split qui lui arrivait tout brisé, ete. (°).
Par suite de ces envois de plantes provenant de toutes les régions ;
le nombre des espèces connues s’accrut de jour en jour ; et comme beau-
(!) C. Gesneri, Ypist. med. fol. 82° « Stirpes his dieb. aridas foliis chartaceis
~ afizas è Bononia circiter trecentas accepi, el superiore anno centenas. »
°) Lettre de Matthioli à Aldrovandi, 19 sept. 1554: « A/pa90......... mi mandò
tutti i semplici che di là (dalla Puglia) haveva ue per haverne il mio giu-
- dicio, et cosí di cento et trenta piante che vi erano vi do parola che non ve ne
‘ritrovai dieci o al più dodici, che corrispondessero alle vere...... Scrissi all hora
all Alpago sotto ogni semplice la mia opinione... (Fantuzzi, p. 16 ui
i Lettre de Maranta à aan 1554: « Fog per il proc passato
; mitti — fol. 98. « Ha Ramulum unum libr
tendi occasio sit.» — fol. 121. « Chartae ge mitto herbulam, cuius n ONT
ate peto, germanicum aut vernaculum. >
(5) Lettre de Maranta à Aldrovandi, 15 he (Fantuzzi, p. 179).
6 Marrmou, Epist. med. p. 387.
(9) C. Gesneri, D? herbis De lunariae nominantur, p. 29.
n 0) c. nent, Epistolae, fol. ‘
HISTORIQUE | DES PREMIERS HERBIERS 301.
dop d’entre elles ne pouvaient pas étre observées à l’état vivant par
ceux qui les recevaient, les botanistes de la seconde moitié du XVI° siècle,
n’hésitèrent pas à introduire dans leurs ouvrages des figures dessinées
à d’après des exemplaires desséchés, ce que n’avaient fait ni Brunfels, ni
Fuchs auparavant. Matthioli, il est vrai, tàchait de remédier à cet in-
= convénient en mettant les plantes sèches dans l’eau froide, et en les é-
È tendant ensuite, afin de les ramener à peu près à leur forme naturelle (').
A Quant à Gesner, il avait à sa disposition, disait-il, des peintres qui des-
è: Sinaient les plantes sèches mieux que d’autres ne le faisaient d’après
des espèces vivantes (?).
è Parmi ceux qui expédiaient ou recevaient ces plantes conservées , il
| yen eut sans doute beaucoup qui composèrent des herbiers: les uns en
= recueillant toutes les espèces qu'ils pouvaient obtenir; les autres en se
| bornant à collectionner celles qui étaient employées en médecine, ou
| bien seulement les plus rares. Ainsi, en Allemagne, quelques botanistes
_ conservaient celles dont Matthioli ignorait l’existence; Camerarius en
avait réuni une trentaine, disait-on (5), et un certain Bartholomée
_ Chorrichter en possédait plus de cent (‘). En outre les auteurs de traités
illustrés furent conduits à conserver les plantes qu'ils avaient figurées
afin d’avoir un document pour prouver l'exactitude de leurs dessins; ce
qui était prudent, vu les différends qui s’élévaient souvent à ce sujet.
Matthioli, p ar exemple, écrivait à propos de son Aconitum Pardalianches:
() Marrmou, Epist. med. p. 296: « Non negaverim plures me dedisse plan-
tarum imagines quae è siccis plantis ad me transmissis delineari curaverim;
sed afirmaverim, quod aquae gelidae maceratione contractas è siccitate rugas
deo in iis sioni ut hac ratione redivivae et parum admodum à viridibus
istantes viderentur
() C. GesweR., Bpisl. fol, 89: « yaa pictores vel aridas plantas melius et
Pividiores pingunt quam vester recentes.
) GEsnEr, Epist . 13: « | Bartholomaeus Chile quidam, dicitur Mat-
lo sia tahia ia quae in eius herbario non contineantur, dedisse aut mon-
ESNER., Epist. fol. 17: « Si ses ad D. Joach. Camerarium F. serip-
JULES CAMUS 7
« Je garde cette plante chez moi pour prévenir les objections et Les 6 ca
lomnies des envieux, et pour la montrer aussi bien aux amis qu aux
ennemis » (1). Du reste, dans les dernières années de sa vie, il conser- |
vait aussi quelques unes des plantes qu ‘Aldrovandi lui avait envoyées EEn
Je n’entends certes pas dire par là que Matthioli ait jamais fait un
herbier, mais je fais remarquer qu’il n’avait plus comme autrefois le
mépris des plantes sèches, et qu'il avait subi l'influence du progrès qui E
s'était accompli dans la botanique. i
Gabriel Faloppio, au contraire, me parait avoir réellement co ;
une collection de ce genre, lorsqu'il enseignait la botanique à Padoue (5).
res, où :
J'en ai
Je crois en trouver la preuve dans un passage d'une de ses lett
demandant à Aldrovandi un Nardus montanus, il écrivait: «
reçu de nombreux exemplaires des Marches, mais je les ai donnés à di-
vers amis, et maintenant j'en suis dépourvu (sono rimasto senza); si
‘vous pouviez m’en envoyer un qui soit complet, racines, feuilles et fruits,
cela me ferait le plus grand plaisir » (*). L'un de ces amis, dont parle
supposer qu'il
me hypothèse i
lieu de
Faloppe, était lecteur de simples à Pavie (5), et il est à
faisait, lui aussi, un herbier. Nous pourrions émettre la mê
pour Maranta, Alpago, Calzolari , Cortuso et autres; mais au
nous arrêter à de simples conjectures, nous préferons parler des herbiers
du XVI: siècle, qui nous sont restés, et de ceux dont les auteurs de cette à
époque nous ont gardé le souvenir.
En Italie, le plus ancien et le plus important de tous est celui d’Ulys
CRE MATTHIOLI, Discorsi (Venetia, 1568), p. 1
(°) Marrmort, Epist. med. p. 217 (à rage
inter ea, quae olim mihi misisti simplicia.
(5) Faloppe enseignait à Padoue rer et la botanique; mais i
lontiers abandonné ces deux cours, disait-il, pour se vouer entièrement
i . (Voir sa curieuse lettre à Aldrovandi, du 23 janv. 1561, ap. Fan
“i p. 111).
(*) Lettre du 25 août 1557, à rm Fantuzzi, p- 197.
(5) Lettre du 16 mars, 1557 (Fant. p. 199): < er al nardo #
se la lettera di V. E. giungeva 15 ona i prima, ne le mandava eus
| di secco, perche ne haveva havute dalla Marca, mr da Fermo, le quali
mandai a Pavia ad un mio caro amico, che legge ivi li semplici. >
1139.
}: « Ghini Pyrethrum reperi
à la
i es i à na
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS
Aldrovandi, qui, ainsi que nous l’avons vu plus haut, a été commencé vers
| 1551. Il comprenait déjà en 1570 14 volumes (!), auxquels trois autres
sont venus s'ajouter dans les années suivantes. Ces 17 volumes con-
servés maintenant au Jardin botanique de Bologne, renferment environ
È 5000 espèces de plantes qui ont pour l’histoire de la botanique une va-
leur inestimable, entièrement méconnue par Ernest Meyer (°). On pourra
bientôt s’en rendre compte par la description ein qu’en prépare
actuellement M..le prof. O. Mattirolo.
Sans avoir rassemblé un nombre de plantes aussi considérable, André
Cesalpino , le célèbre successeur de Ghini à l'Université de Pise, a pu ;
e cependant tirer de sa collection deux herbiers, l’un pour le grand duc x
de Toscane (5), l’autre pour Mons. Tornabuoni.
Le premier a disparu sans laisser de traces, mais le second, qui porte
la date de 1563, est parvenu en bon état jusqu’à nous; il fait aujourd'hui |
| partie du Musée d'histoire naturelle de Florence. Une excellente des-
i cription en a été donnée par M. le prof. Th. Caruel (*). Comme cet
herbier contient 768 espèces, il nous parait évident que Cesalpino l'a
‘ formé non seulement avec des plantes recueilles en 1563, mais aussi avec
A | beaucoup d’autres récoltées dans les années précédentes. Il nous le fait
* d’ailleurs comprendre dans son épitre dédicatoire, là où il expose la mé-
| thode suivie pour l'arrangement des espèces. « J'ai mis devant moi, dit-il,
tous les simples qui me sont parvenus jusqu'ici (quali infino a qui mi
sono venuti alle mani), et je les ai distribués grossièrement pour cette
fois, en faisant des groupes séparés les uns des autres, selon ma première
| intention: et Votre Seigneurie désirant que je lui fasse une collection
pap
E
N ') Maranta à Aldrovandi, 9 avril, 1570: « Mi avete fatto stupire di tanta col-
ezione di semplici, che mi dice avete agglutinati in 14 volumi........ e di tante
ae dipinte dal suo pittore, che giù dodici anni sono di due mila. » (Fantuzzi,
P.
: e) E. Mever (Geschischte der Botanik, IV, 269) pensait que l'herbier d'Al-
drovandi ne renfermait guère que des curiosités, « wahrscheinlich mehr soge-
x eA |
Jean Marie Ferro. Le D" Fr. Kessler, le premier, je crois, qui l’ait men-
"JULES CAMUS
de simples attachés sur des feuilles de papier, j'ai fixé dans ce livre,
et d’après cet ordre, ceux dont j'ai pu avoir un échantillon » (4). |
L'ordre imaginé par Cesalpino nous offre le premier essai d’une clas-
sification méthodique des plantes, et, sous ce rapport, sa collection aura
toujours une grande valeur historique. D’autre part ce recueil peut être
considéré comme le premier herbier régional, car, à l'exception de quel-
ques espèces cultivées dans les jardins, toutes les plantes qu’il contient
sont spontanées en Toscane.
Un autre herbier à été formé, peu de temps après, par le Vénitien
tionné, écrivait, en 1870, qu'il appartenait au libraire Lempertz de Bonn,
et qu’il se composait de trois volumes portant le titre: « Johannis Mariæ
Ferro Veneti theatrum vegetabilium, ete, 1574 » (2). Mais malgré toutes
mes recherches pour retrouver les traces de ces trois volumes, il ma
été impossible de savoir ce qu’ils sont devenus. R
Nous connaissons en outre trois herbiers italiens anonymes. L’un est È.
celui des Archives de l’Etat de Modène, que nous avons décrit, M. lea; ;
prof. O. Penzig et moi, il y a une dizaine d’années. Il a été composé |
à Ferrare, selon toute probabilité, par quelque jardinier du palais ducal, 2
vers la fin du XVIe siècle. Mais ainsi que nous l’avons fait observer (3);
quelques-unes des 182 plantes qu’il renferme proviennent d’un herbier
plus ancien, antérieur peut être à l’année 1560. Quoique très petite, cette
collection à une certaine importance, en ce qu’on y trouve diverses plan-
tes exotiques dont l'introduction en Europe était alors toute récente :
par exemple: Mirabilis Jalapa, Ipomæa Quamoclit, Trapæolum minus, |
Solanum lycopersicum, Nicotiana tabacum, ete. De plus elle présente |
plusieurs noms vulgaires intéressants, tels que fanfaluga (Gercis siliqua-
strum), viola capraria (Dentaria pinnata), ete.
Quant aux deux autres herbiers anonymes, ils ont peu de valour
scientifique. Je les ai rencontrés à la Bibliothèque nationale de Tur i
mei
VERS
Se
(") Voy. Ta. Carvern, ZWlustratio, pp. 2-3. |
li (°) Dr. H. Fr. Kessier, Das äteste und erste Herbarium Dench P
5.
Cassel, 1
(5) Illustrazione del ducale fonce estense, p. 6.
où ils sont classés dans le calatague des imprimés, sous la rubrique
« Herbarium cum figuris ». Bien qu’ils ne portent aucune date, j'ai
acquis la conviction qu’ils remontent au XVI° siècle, en examinant le
papier, l'écriture et les dénominations des plantes. L’un, coté O, II, 150,
ne comprend que 70 feuillets de 41 X 27 cm., sur lesquels sont col-
lées 225 plantes. J’y ai relevé quelques noms curieux, tels que guarda
l'orto (Euphorbia helioscopia), herba lucciola (Luzula albida), sprit (au
i ~ lieu de split pour le Corydalis lutea), ete. Fuchs et Matthioli sont les
4 seuls auteurs que l’on y trouve mentionnés. Le second, coté O, II, 170,
a 434 feuillets de 25 X 17 cm., et contient des fragments d’environ
600 plantes, la plupart très communes, dont les appellations vulgaires
ronica spicata), stebbe (Serratula tinctoria), fluyda (Virburnum Opulus),
luciola (Eriophorum angustifolium), corniola (Genista tinctoria), ete.
En France, les herbiers ont été rares au XVI° siècle si lon en juge
par les peu d'informations que les auteurs nous fournissent à cet égard.
L'un des plus anciens à dû être le liber herbarius que possédait, en
1556, François Fontanon (') de Montpellier. Conrad Gesner qui en avait
reçu un « specimen » envoyé par Gaspard Wolf, écrivit à ce dernier afin
d’obtenir par son entremise que Fontanon lui prétàt cette collection, ou
qu'il lui donnât les descriptions et les dessins, sinon de toutes les plantes,
au moins des plus rares. Et dans une autre lettre, il réitérait sa demande
| i en s'engageant à rembourser Le frais qui résulteraient de ce travail ce
i \
fa
ae ae E e NE VS I tal
è ade Lee pese
(1) Probablement de la famille de Denis Fontanon, qui fut professeur de mé-
decine à Montpellier dans la première moitié du XVI? sièc le.
() C. Gesner, Æpist. med. fol. 122 (à C. Wolf. 27 oct. 1556): Nuper ad te
omni diligentia me eis commendes: in primis claris. D. Fontanono, ut eum, cuius
sunt. » (Au même, le lendemain de Pàques, 1557). « Ad D. Franciscum Fonta-
0 secundò nune scribo: cui tu me ut commendare pergas obsecro: ut ea quae
is literis mihi promisit, maturius praestet, hoc est antequam tu forte inde re-
mog restitue, in me quoque non erit mora, quin Mos tibi reddam. »
seules méritent quelquefois d’être notées. Par exemple: cheyrella (Ve=
HISTORIQUE | DES PREMIERS HERBIERS S0 à
Specimen misisti, librum herbarium commodato accipiam : sin minus, descriptum à
ictumque, sive totum (si videbitur) sive ea tantùm quae de rarioribus plantis LG
ini: e Si quid in pictores mea gratia D. Fontanonus expenderit, tu sara ic
aT
scripsi, magna quidem festinatione: nec licebat addere literas ad D.D. Rondele- >
tium et Fontanonum, quibus nune scribo, et rogo, ut tuis inclusas eis tradas, et — —
“JULES CAMUS
e Nous devons faire observer qu’en appelant ce recueil lber herbarius,
Gesner, parait avoir été le premier botaniste qui ait employé le mot / |
herbarius avec le sens de collection de plantes sèches. Jusque là ce terme
CI . . . r . . -iP é f
n'avait signifié que « herboriste » ou bien « traité sur les plantes, avec À
ax.
ou sans illustrations ».
Jacques Dalechamp, qui avait rassemblé un grand nombre de maté-
riaux pour son Historia stirpium , conservait apparemment les plantes |
qu’il faisait dessiner; cependant nous ne saurions l’affirmer avec certi-
TAN
Dei APTE T SR pr I E RC SAL Re
tude. Nous sommes un peu mieux renseignés touchant son ami Vale-
randus Donrez ou Durez, pharmacien flammand établi à Lyon. En effet
i l'on peut supposer avec assez de vraisemblance qu’il avait un herbier, Fe
sp. en se basant sur un passage des Adversaria di Pena et Lobel, où ces ou
~ auteurs nous disent, à propos d’une sorte d’absinthe, qu’ils Pont vue sèche, i
3 d’abord chez Gesner, puis chez Valerandus Donrez ('); c’est à dire sans
doute peu de temps après la visite que Pena fit au ESS, de Zurich,
en 1564 (?). n
Il ne nous est resté de cette époque qu’un seul recueil de plantes sèches : ; Ù
c'est celui de Jean Girault, étudiant en médecine à Lyon. Cet herbier,
qui appartient aujourd’hui au Muséum de Paris, porte sur le premier
feuillet l'indication suivante: « Ce present livre a esté commencé par
moi Jehan Girault, ce 6 jour d’aoust 1558... ». Les 313 plantes qu il
renferme n'offrent guère d'intérêt que pour l’histoire de la flore du midi
de la France, comme on le voit par la liste qu'en a publiée M. le DE
| Saint-Lager (3). Chaque espèce étant non-seulement collée, mais aussi A
cousue sur les feuillets, comme dans l’herbier de Falconer, on pourrait o
en induire que J. Girault, en les fixant de cette manière, s'était inspiré
A
È
de
(!) P. Pena et M. pe Loser , Stirpium adversaria we area 1570), p: 337
ud Gesnerwit
C. Bauhin, De plantis a divis sanctisve nomen habentibus p, 162).
(@) Voy. C.'Gesnen, Epist, med. fol. 108 (à Zwinger, juillet 1564: € Im.
(Constantinum) unà cum Petro Pena iuvene doctissimo domi meae per ao g
tuor retinui, et mea omnia ostendi, multa etiam donavi ». >
C) Histoire des herbiers, pp. 53-63,
ER ERSPE DES PREMIERS HERBIERS
de la lecture des Enarrationes d'Amatus Lusitanus, réimprimées à Lyon
‘en cette même année 1558.
L'usage des herbiers s'introduisit également à Marseille. Léonard
Rauwolf raconte que s’étant arrêté dans cette ville, en 1573, avant de
sembarquer pour l'Orient, il y fit la connaissance d’un médecin, nommé À
Jacques Renaud, grand amateur de plantes, qui lui montra des simples
exotiques très rares, cultivés dans son jardin, et beaucoup d’autres qu’il
conservait desséchés, entre des feuilles de papier (!).
= Enfin j'ai à dire deux mots d’un petit herbier de la fin du XVI: siècle,
_ occupant les derniers feuillets d’un manuscrit de botanique rédigé en
_ français, qui m'avait été signalé par mon ami, le D." Edm. Bonnet, et
que jai eu l’occasion d'examiner dernièrement à la Bibliothèque S.!
Geneviève de Paris. Les plantes qu’il contient sont insignifiantes, mais
il est à noter qu’au lieu d’être collées, cousues ou libres, comme dans
_ les autres collections du temps, elles sont passées à travers les feuillets
_ découpés au moyen d’incisions parallèles. Le manuscrit, auquel ces quel-
| ques plantes semblent servir d'illustrations, est coté T (f) 26, et inti-
tulé simplement « Un herbier ». On y trouve quelques noms vulgaires
_ qui valent la peine d'être relevés; par exemple, fol. 21, sus, suyu (sam-
bucus); 29, gasse (ivraie); 52, agoure de lin (cuscute); 55, coingnasses
à (coings); 64, limoine (bete saulvaige); 108, couronne de terre (hedera ‘
| terrestris), etc.
Les renseignements que nous possédons sur les premiers herbiers de
| la Suisse et de l'Allemagne sont plus nombreux.
= Conrad Gesner, nous l'avons vu plus haut, recueillait des plantes a-
: - vant 1555. Peut-être avait-il déjà appris l’art de les conserver, à Ferrare,
où il avait connu Gabriel de Gabrielis (°), quelques années auparavant.
pe:
Pg i dle ROLE
eee en Bona Ta ee ea isa ro AR I
x
(!) Leonnarti Rauwozrex, Aigentliche Beschreibung der Raiss, etc. (Laugingen, |. |
1583), p. 9: « Zu Marsilia... machet ich dar. zwischen su mit den +.
oribus und À j ber udo
nium Ambrosiam, Moly, Ammi, Aloen, etc., mehr ausser disen noch vil andere
die dür, unnd mehrthails inns Bapir waren pre »
(°) C. Gesner, De aconito, fol. 8,
JULES CAMUS
Hi nous apprend « dans ses Lettres, qu’il en recevait beaucoup dali no
breux amis qu'il avait dans les diverses contrées d'Europe, et qu'il allait
lui même en récolter sur les montagnes, dans les vallées, dans les
champs et jusque dans le lac de Zurich, qu’il explorait à la nage (!).
Quoique son but principal fût d’obtenir des dessins (il en a réuni plus
de 1500), néanmoins il gardait une grande quantité de plantes sèches 6). i
Après sa mort, son herbier passa d’abord aux mains de C. Wolf Ce
mais il semble avoir été dispersé ensuite.
«Au point de vue historique qui nous occupe, les Lettres de Gesner A
= Sont infiniment précieuses, car elles nous ont gardé le souvenir de di-
vers herbiers aujourd’hui disparus. D’abord nous y apprenons qu'en 1558,
Felix Plater en possédait un, qu’il prêta à Gesner. Cette collection, com-
mencée probablement à Montpellier, vers 1555, s'acerut. en 1565, d'un
certain nombre d'espèces envoyées de Lyon (‘). Quelles étaient les
plantes de herbier de Plater, quel en était le nombre? nous l’igno-
servait encore, et qu’il s'occupait même de les réunir en volumes, lorsque
Montaigne passa par Bâle, en 1580, pour se renlre en Italie. En effet,
paria “ he ville da le « Journal » da son voyage cie é-
n
"ORE,
(') C. Gesneri, Epist. med. fol. 27.
() C. Gesneri, Epist. med. fol. 101 (à Plater, 5 mai, 1565): « Habeo E
et ego multas aridas. » — fol. 79 (à Occo, 28 sept. 1565): « Plantam, qu
Indicae nomine ad me pictam misisti ab Hispanis Chentam vocari, his
inveni: dum herbas meas siccas perlustro, et in folium eius aridum Bononia m
sum hoc nomine incido. »
(9) C. Wotr disait, en 1577, à propos de différents espèces de Tora. « Alias.
5 siccas..... domi meae, ab amicis Gesnero missis, ego servo. » (C. Gesneri,
Pao aconito, fok S).
-(#) C. Gesner, Epist. (à Plater, 3 janv. 1559) fol. 97: « Utinam etiam ?
tuas aridas omnes ad me mitteres inspiciendas, si quid forte rari inesset: x
| fol. 98 (mars 1563): « Plantas siccas tuas rogo ut it pin mittas, jam mne
iis opus in primis haberem. » — (5 mai 1565). « Accepi herbas siccas ua
. D. Plattere, gratias ago... Nepos meus ex sorore qui attulit, nil te habere
alias Lugduno missas, et vas quoque mihi offerre. »
| 4 sot: > » % F. i
i ; HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS a UN
| est des-ja fort,avancé; et au lieu que les autres font pindre les herbes
- selon leurs couleurs, lui a trouvé l’art de les coler toutes naturelles si
proprement sur le papier, que les moindres feuilles et fibres y apparois-
sent comme elles sont, et il feuillette son livre sans que rien en eschappe;
et monstra des simples qui y estoint collés, y avait plus de vint ans » (1).
Montaigne, on le voit, n’était guère au courant des progrès accomplis
par les naturalistes de son temps.
Théodore Zwinger (2), le confrère de Plater à Bâle, et Benoit Aretius (5).
professeur de théologie à Berne, avaient également leurs herbiers; et
: il en fut de même apparemment de Jean Fabricius (‘) de Coire, qui
adressait à Gesner quantité de plantes des Alpes.
Fi, Mais de tous les botanistes suisses, celui qui collectionnait le plus
passionnément les plantes, c’est assurément Jean Bauhin. De 1560 à
1565, il en recueillit une foule d’espèces en Allemagne, en Italie et en
France, surtout pendant son séjour à Lyon (1563-65). Gesner dit que
celles qu’il lui envoyait à cette époque étaient « innombrables » (5).
On ne sait pas exactement ce que ces plantes sont devenues, mais il
A Journal du voyage de Michel de Montaigne en Italie as par A. d’Ancona)
Pp. 27-28.
C) C. Gesneri, Epist. med. fol. 113 (à Zwinger, 26 nov. 1565): « Vasculum
illud cum herbis aridis, tam serò tibi redditum mirarer, nisi magnam hominum
tùm inertiam, tùm perfidiam experirer indies. Quod autem herbae lacerae inte
eius causam iampridem scripsi. » — fol. 114 (à Zwinger, 30 nov. sa
_ Pharmacopola ere id an acceperis significa. Reliquas etiam herbas paucas
propediem mittam
(*) C. GESNERI, pic fog. 121) (à Aretius, 24 nov. 1565): « Eroptatissimum
librum tuum plurimis sane pulchris et raris plantis, Aroensis bibliopola mihi
reddidit »
(5) C. FEES Epist. fog. 93 (a Fabricius 1559?) « Herbas pe se te.
Missas libentissime vidi ».
È
| D. Bauhinus commodato de dit, dipingi, aut meas quarundam picturas ex illis
-emendari aut absolvi curem. » — Voir aussi les eu de Gesner à J. Bauhin, >
dans C. Bauhin, De plantis a divis... pp. 97, 110, 119, 120, 124, 141, 154, 157,
162, ete.
CASE 810: JULES CAMUS
est probable qu’elles ont passé dans le grand herbier composé plus tard
par son jeune frère Gaspard Bauhin, herbier qui contenait plus de 4000
espèces, mais dont 2000 seulement sont parvenues jusqu’à nous; on les
conserve à l’Université de Bâle.
Chez les Allemands ce genre de collections a commencé aussi de très
bonne heure. C’est en 1556 que Gaspard Ratzenberger, alors étudiant
à Wittemberg, recueillait les premières plantes de la sienne. Quatre
ans après il en possédait un nombre considérable, car il nous apprend | x
‘qu'après avoir terminé ses études à Iena, en 1558, il entreprit un voyage
d'exploration à travers le Tyrol, la Vénétie, la Provence et la Suisse,
puis revint, en 1560, à Saalfeld, son pays natal, avec plus de trois quin-
taux de plantes, de fruits, de semences, etc. Ratzenberger à composé
deux herbiers. L’ un, en quatre volumes, figurait encore, il y a quelques
années, parmi les manuscrits de la bibliothèque de Gotha; mais on Pa - |
fait disparaître depuis, à cause du mauvais état dans lequel il se trou- |
vait. L'autre, en trois volumes, avec 746 plantes, fut dédié, en 1598; à
a
TES
Guillaume IV, landgrave de Cassel, et il est resté jusqu’à nos Jours
dans cette même ville. M. le Dr. Fr. Kessler l’a décrit dans un opus
cule très intéressant, (1) auquel j'ai emprunté les renseignements que
je donne ici. Ratzenberger, dans son épitre dédicatoire, fait remarquer
l'avantage qu’offrirait son herbier, son herbarius vivus, comme il lap-
pelle, s'il était placé dans une bibliothèque. Les jeunes médecins et les
étudiants y apprendraient, disait-il, à connaître en huit jours des sim- À
ples indigènes et des plantes exotiques qui lui avaient demandé dix ou
douze ans d’études. Aussi avait-il ménagé des places vides sur les ak
lets, afin que l’on pût y ajouter d’autres exemplaires (°).
Vers le temps où Ratzenberger faisait ses premières herborisations,
et peut-être même auparavant, Jean Hess, médecin à Nuremberg» et
(!) Dr. H. Fr. Kesscer, Das älteste und erste Herbarium Deutschlands m
Jahre 1592 von Dr. Caspar Ratzenberger angelegt. Cassel 1870. a
(°) (ibid. pp. 21-22) « Und können aus diesem meinem Herbarium vivo. jme
da Medic i unnd Medicinae Tyrones innerhalb acht tagenn so viell pasa und einl
ne: kreuter und simplicia kennen lernen als ich ohnfer niglichenn 1
| 3ehenn oder zwölf iharenn zu lernenn und zu hennenn nicht fs
| sed aliis regionibus inventas, ut in patria (na
aut alibi
LR, | % #
HISTORIQUE DES PREMIERS HERBIERS VR
ancien élève de Ghini et de Faloppe, à Pise, avait, avec l’aide d'un
certain Prunster, formé une collection de plantes qu’il possédait encore,
_en 1559, quelques années après la mort de son collaborateur, ainsi qu'il
résulte d’une de ses lettres à Matthioli (1).
C’est encore à peu près à la même époque, qu’un médecin de Clagen-
furt, dont le nom nous est inconnu, avait dû commencer son herbier,
qui comprenait cinq volumes, en 1561. Gesner, en ayant entendu parler,
adressa une lettre à son ami Craton de Craftheim, pour avoir des in-
formations précises à ce sujet, et celui-ci- lui répondit que le dit mé-
decin avait-en effet rassemblé beaucoup de plantes, mais sans discer-
nement. Gesner toutefois ne pensait pas que cela fût nécessaire. Il suf-
fisait, écrivait-il, de joindre un index à l’herbier pour remédier au
manque d'ordre; puis il demandait à Craton d’obtenir de ce collection-
neur la liste des plantes les plus rares qu’il possédait, particulièrement
de celles qu’il pouvait avoir recueillies en Transylvanie, vu qu’on le
disait originaire de Siebenburg (2).
" Gesner ne nous apprend rien de plus sur le médecin de Clagenfurt,
mais il nous fait savoir dans la même lettre qu'un autre botaniste, un
certain Vuoysel, possédait un grand nombre de plantes, qu'il avait rap-
disfalls dieser mein Merbarius in einer Bibliotheca solchenn Tyronibus nulzli-
chenn unnd sehr diehnnlichen sein würde, Ich auch dehrenndwegen in solchen
vivo Herbario allezeit ledige Latera gelassen, dass man inn Zukunft auf die-
selbe vergleichenn aus oder Einlendische und derselbenn Species auch ferner afi-
girere möge ». |
(1) Marrmou, Epist. med. p. 195 (2 febr. 1559): « Petiit porrò à me nomine
tuae Er. D. Donzellinus catalogum mearum plantarum, quod quidem primo illi
recusavi, cum scirem quam rude esset chaos sine omni ordine et delectu conges-
tum, nam non solum has plantas collegi, sed communem operam praestitit mihi
egregius medicus D. Joannes Prunsterus, qui ante paucos annos obi A
(?) Gesner, Æpist. med. fol. 10 (18 oct. 1561) « Clagenfurti in Carinthia (op.
pidum esse aiunt duobus miliaribus distans à S. Vito) audio medicum esse Sie-
quinque Tomos i <
« Scribis..... de Medico qui est Clagenfurti, multa ilum collegisse, “ad ene JI >
dicio ; ego verd in plantis colligendis judicium non censeo de um Me- à
dicus ille Clagenfurti habet forté aliquas mihi rariores, non 1% Gallia Italiague
m Siebenburgensem esse aiunt) |
JULES CAMUS 5 do
portées de France et d'Italie (1). Ailleurs il demande à être renseigné
sur de nombreux simples récoltés par Jérémie Martius (2).
L’infatigable naturaliste était sans cesse à l’affut de ces nouvelles
collections qui se formaient de tous côtés. C’est ainsi qu’en 1565, l’année
même de sa mort, il put prendre connaissance de la riche moisson
qu'avait faite Léonard Rauwolf (5), durant les années 1560-63, dans le
midi de la France, c'est à dire des 400 plantes que renferme la pré- È;
mière moitié de son magnifique herbier en quatre volumes, conservé
_ maintenant au Musée de Leyde. Le troisième volume de ce recueil
comprend environ 200 espèces que Rauwolf récolta, en 1565-66, dans
ses excursions à travers la Suisse et le nord de l'Italie; le quatrième, 200
autres qu’il rapporta de son voyage en Orient (1573-75). Au siècle i
passé, Gronovius (‘) a fait la récension de ces dernières, en y ajoutant |
celle de beaucoup de plantes orientales que Rauwolf lui même avait
décrites en allemand à la suite de la relation de son voyage en Orient (*).
$
mas rarissimasque in Gallia Italiaque collegisse. »
ist. fol. 44: « D. Hieremiam Martium saluta meo nomine
amanter. Scio eum collegisse multa rara simplicia. »
C) Gesner, Fpisl. fol. 73: « Doctissimo viro D. Leonarto Rauchvuolf S. P. D.
ex me; accepi jam pridem literas eius cum herbis quibusdam, el catalogo ari —
darum quas habet, sane copioso et raro. » 1
‘ () J. Fr. Gronovius, Flora orientalis — Lugduni Batavorum, 1755. =
Ë) L. Rauworrex, Aigentliche beschreibung der Raiss, ete. (Laugingen, 1583). |
— La première édition, publiée en 1582, ne contenait pas la 4° partie où se
trouvent décrites et figurées les plantes orientales. — M. le D" Saint-Lager
(Hist. des herb. p. Tl) a fait de singulières erreurs à propos de ce livre, en di-
sant: « L'édition latine est très rare, cè que nous regrettons d'autant plus que
suivant Melchior Adam, elle contenait en appendice une Histoire des plantes du
Lyonnais. » En effet, Melchior Adam (Vitae med. Germ.) ne parle ni d'ouvrage
du XVI° siècle sur la flore lyonnaise, ni d'édition latine du « Voyage » de Rau-
wolf. Il dit seulement: « Quarta illius pars, quae continet plantarum Aegypti
carum Syriacarum icones, figuras et historias, latine eæirit, cum historiae plan-
| iaram Lugdunensis appendice. » C'est à dire qu’il entend par là les descriptions
3 latines, accompagnées de 35 figures, qui occupent les pages 16-36 dans Il’ appen-
dice de l Historia generalis plantarum deJ. Dalechamp, publiée à Lyon, en ra
# TERE omis de noter cette traduction latine des descriptions botaniques de
_—
HISTORIQUE IDES sius HERBIERS 313.
; Mais il serait fort à souhaiter que M. le D" G. ot, conservateur
_ de l’herbier de l’Etat à Leyde, publiât bientôt la description n,
de la collection de Rauwolf, ainsi qu'il l’a promis.
L'Allemagne a eu certainement aussi, au XVI° siècle, de petits her-
biers d'étudiants, d’apothicaires ou de jardiniers, tels que ceux qui sont
restés à Modène, à Turin et à Paris; mais aucun, parait-il, n’est parvenu
jusqu’à nous. L’on sait seulement, par Thalius, qu’en 1588, la pharmacie
de Nordhausen en possédait un qui y avait été apporté, quelques années
auparavant, par une vieille femme herboriste (').
D’autres documents relatifs aux premiers herbiers se retrouveront sans
doute encore dans les bibliothèques et les archives des différents pays
d'Europe; mais ceux qui sont indiqués dans l’esquisse historique que nous
a venons de tracer peuvent suffire, croyons-nous, pour montrer que l'usage
des herbiers a pris naissance dans le second tiers du XVI" siècle, vers -
Li
1540, lorsque l’on a commencé à s'occuper des végétaux, non plus seule-
ment pour utiliser leurs propriétés médicales, nutritives ou ornemen-
tales, mais pour connaître les diverses formes sous lesquelles ils se pré-
_ sentent dans la nature.
D'après ce que nous avons vu, Jean Falconer reste chronologiquement `
_ placé en tête de tous ceux qui ont collectionné des plantes desséchées
| par compression ; et bien qu’il semble n’en avoir possédé qu'un très petit
nombre, il aura toujours sa place marquée dans l’histoire de la botanique.
Cependant c’est à Ulysse Aldrovandi que l’on doit la première tenta-
tive d’une collection devant renfermer tous les végétaux sans exception.
entendre parler d’her-
`
Certes, habitués que nous sommes aujourd’ hui à
biers contenant cinquante mille, soixante mille espèces, et plus, les cinq
mille recueillies par Aldrovandi peuvent paraître fort peu de chose;
mais il faut réfléchir que les botanistes de la première moitié du XVI°
siècle n’en connaissaient guère qu’un millier, et que ce nombre n’a pas
même été doublé par Gesner, Matthioli et autres contemporains. De son
À n Jo. reg 5 sca Hercynia (Francofurti ad Maenum, 1588), p. 5. Adiantum
db id nondum reperi, sed habeo in libro quodam cartae ag-
Painotus nactus su aliquot annos in Pharmacopolio Northusano, quo affe-
atur ex Harcynia a vetula quadam herbaria. » I
n ot s'était acquis. comme botaniste, une pa
ropéenne, qu’il aurait dû consolider par la publication d’un ouvrage of
frant les descriptions et les dessins des plantes de son herbier. Il
avait conçu le projet et il avait même commencé à le mettre a exécu
tion; malheureusement des circonstances encore mal définies l'ont em
pêché d'y donner suite, et il le regrettait amérement sur ses vieux jours (1).
Néanmoins, considérant l’ardeur qu'il mit à la recherche de nouvelle
n plantes, pendant cinquante années, et la libéralité avec laquelle il les.
| faisait connaître à ses émules, nous pensons qu’Aldrovandi est l'un
3 ceux qui, au XVI° siècle, ont le plus contribué aux progrès de la phy
tologie. C'est un mérite que l’on ne manquera assurément pas de met
en relief, lorsque, dans une dizaine d’années, l’on célébrera le troisiè:
centenaire de l’illustre naturaliste de Bologne.
de os che per l'addietro avessi ; fatto intagliare solo le pia, che già noti
anni sono conosceva, né da altri erano posti in luce, ne forse cono osciute, perch
essendo il numero delle piante oggidì descritte ed intagliate dal Matthiolo da
500, et ora sono il numero da 2500 ultimamente dal Roveglio raccolte, ne avrei
io gran parte, et anco molto di più delle sue stampate, che sariano da. 5
(Fantuzzi, op. cit. p. 82).
Sull identità della Vicia sparsiflora Ten. coll’ Orobus ochro-
leucus W. et K. e sull affinità di tale specie colla Vicia
a Orobus DC. — Lucio GageLLI.
Nell’ Ungheria e nei paesi, che la circondano ad oriente ed a mez-
zodì, ed in Italia, trovasi una leguminosa che sotto vari rispetti interessa
ai botanici. Raccolta in vari tempi nelle sue varie dimore fu, dai bo-
tanici che la raccolsero o che se ne occuparono, descritta sotto differenti
MERCI PESA re CHERS
nomi; e per i suoi caratteri alquanto aberranti da quelli caratteristici
del genere Vicia cui, come vedremo in seguito, devesi ascrivere, fu, a
seconda del diverso apprezzamento dei botanici, posta ora in un genere,
ora in un altro. Per tali motivi sorse grande confusione anche nelle opere
generali più reputate riguardanti la flora dell’ Europa tra cui mi basti
il citare il « Conspectus Florae europaeae ecc. » di C. F. Nyman (1878-82)
Orobus (O. ochroleucus. W. et K. per gli esemplari ungheresi), che sotto
il genere Vicia (V. sparsiflora Ten. per gli esemplari italiani).
Riassumo brevemente la storia relativa alla leguminosa in questione:
ciò mi sarà utile, risultandone chiaramente delimitate le questioni che
| essa ha fatto sorgere ed alle quali mi lusingo dare definitiva soluzione.
Waldstein et Kitaibel nella loro opera « Descriptiones et.icones planta-
| rum rariorum Hungariae. Viennae 1802-1812 (folio) 2, p. 123, t. 118* »
sino dal principio di questo secolo, descrissero e figurarono una pianta
ungherese che essi giudicarono un Orobus e pel colore dei fiori molto
‘convenientemente vollero denominare O. ochroleucus.
Circa un quarto di secolo dopo, il Tenore nella sua « Flora Napo-
litana tomo 5 (Napoli 1835-36), p. 110 » descrisse la stessa specie che
posseduti dal Tenore erano incompleti, mancando di semi. Egli credette
Ki aver per le mani una specie non ancora descritta e la chiamò Vicia
| ĉl. Malpighia anno IX, vol. IX.
dove la specie di cui mi occupo vedesi menzionata tanto sotto il genere
era stata raccolta nei colli di Basilicata presso Carbone al Monte S. Chi- >
rico ed al Raparo da un certo Dott. Felice Crocchi. Gli esemplari, però,
LUCIO GABELLI |
sparsiflora. Non s'intende il perchè del nome specifico. La specie non
era nuova, ma, come vedremo, fu giustamente ascritta al genere Vicia:
secondo le attuali leggi della nomenclatura il nome dato dal Tenore
è il solo che deve conservarsi fra i non pochi sinonimi di questa legu-
minosa. ak
Questi sono i due punti principali della storia relativa alla specie in 5
| questione: essi segnano cioè la successiva raccolta di essa prima nella
sua area orientale (Ungheria, Transilvania, Serbia), poi nella occiden-
tale (Italia, sino al presente in tre sole località). 2
Successivamente la pianta ungherese fu dall’ Alefeld (Oesterr. bot.
seitschr. 1859, p. 365) ascritta al genere Ervum (E. ochroleucum), da
Ascherson et Janka al genere Vicia (V. Pilisiensis dai monti Pilis in
Ungheria) e nella sua « Flora Europae ecc. vol. VIII 1885 » Michele
Gandoger la smembra in due: Orobus Serbicus Gd. et O. Richterii Gd. À
dietro una lieve differenza presentata dalle foglie che negli esemplari di È
Serbia sono un pò glabre, mentre quelli di Ungheria le presentano ip-
telle. Il Gandoger inoltre non avendo potuto avere esemplari di Vicia
sparsiflora Ten. provenienti da località italiana, non conosce l'identità
della V. sparsiflora Ten. coll’ Orobus ochroleucus W. et K. come rile-
vasi dal confronto della pag. 51 e 268 del vol. VII della sua opera.
Ritornando all’ area occidentale, nell Italia meridionale non si è più
raccolta tale leguminosa: non saprei se ciò devesi attribuire a mancanza
di indagini oppure alla sua scomparsa. Di tale località rimane un unico
misero frustolo nell’ erbario tenoreano che si conserva nel R. Orto bo-
tanico di Napoli. In quella vece molto più a nord tale specie si è rac-
colta e si raccoglie copiosamente, sebbene in sole due località, della T ni; A
scana l una, l’altra dell’ Emilia.
Il Prof. Girolamo Cocconi, erborizzando col Cugini il 7 Maggio is s
alle Larghe di Monte Paderno presso Bologna, la rinvennero, ne rico-
s ` nobbero l identità colla V. sparsiflora Ten. dell’Italia meridionale (à tal
- fine il Prof. Vincenzo Cesati confrontò esemplari di M. Paderno spe- €
| ditigli dal Cocconi coll’ esemplare esistente nell’ erbario tenoreano) ma
| la vollero ascrivere al genere Orobus, sembrando ad essi che tale of
A nione fosse giustificata dalla mancanza di cirro in tale specie. Non è:
SULL'IDENTITÀ DELLA VICIA SPARSIFLORA TEN. 317
vendo poi avuto modo di riconoscerne l'identità colla specie ungherese,
la denominarono O. sparsiflorus Coce. e Cug. È da notarsi però che il
Cocconi ed il Cugini non furono i primi a raccogliere tale pianta a
M. Paderno: essa era già antecedentemente stata raccolta ma con tutta
probabilità ciò sarebbe stato ignorato, qualora di nuovo dai due sud-
detti botanici raccolta, non fosse resa di pubblica ragione. Come scrive
lo stesso Cocconi nel Primo contributo alla Flora bolognese, il primo a
«raccoglierla in tale località fu il Dott. Domenico Riva (noto esploratore
) dell’Africa): se non che tale specie (rimasta indeterminata e collocata
A presso la V. cassubica e non a torto, avendo io, come si vedrà in se-
= guito, dimostràto la affinità strettissima che esiste tra la V. sparsiflora
Ten. e la V. Orobus DC. e d’altra parte molto affini essendo la V. Orobus
DC, e la V. cassubica L. tanto chè alcuni (Seringe in Prodromus) credono
la prima varietà della seconda) raccolta certamente prima del 1874, ma
senza data, portava come indicazione della località: Gaibola presso Bo-
logna. Non essendosi tale specie più raccolta a Gaibola, non ostante vi
sia stata ricercata per molti anni, e d’altra parte essendo tale località
vicina all’ altra: Larghe di M. Paderno in modo che con una sol gita
possonsi facilmente perlustrare ambedue, è da credersi che sia avvenuto
uno scambio nel nome della località, e che anche il Riva la raccogliesse
alle Larghe di M. Paderno. È quindi da ritenersi il Riva come il primo
che raccolse tale specie nella località bolognese certamente prima del 1874.
In tale località poi questa rara specie non è più scomparsa, vi si trova
anzi copiosamente e viene annualmente raccolta dai botanici bolognesi.
In Toscana la scoperta è molto più recente. Il Dottor S. Sommier ( Una
gita in Maremma. Boll. Soc. bot. ital. 1892, N. 7, p. 321 e 326) la rac-
colse nella Maremma tra Capalbio ed il lago Acquato in due punti diversi
nel bosco di quercie, e tra Capalbio e Capalbiaccio nei boschi dal 14 al
18 Aprile 1892. Il Sommier, consultando l’erbario di Firenze, ne rico- .
| nobbe l’identità colla specie ungherese e bene giudicandola una Vicia,
la riferì alla V. Pilisiensis Asch. et Janka non pensando forse (o forse
non avendo avuto agio di constatare l identità colla V. sparsiflora Ten.
dell’Italia meridionale) che secondo la legge della priorità dovevasi chia-
mare: V, sparsiflora Ten.
LUCIO GABELLI
Riepilogo ora, che succintamente ho esposto la storia relativa alla le-
guminosa di cui mi occupo, le questioni cui essa ha dato origine. Esse.
sono le quattro seguenti:
1: Se le piante raccolte nelle tre località italiane siano identiche
tra loro e con quelle delle località ungheresi, serbiche, e transilvaniche.
2% A quale genere debbasi ascrivere tale Lans se al genere Vicia
| oppure all Orobus od all’ Ervum. è
| 3# Se la pianta in discorso costituisca una specie distinta ovvero una .
` varietà come inclina a credere il signor G. E. Mattei (Sulla Vicia
sparsiflora Bollettino del Naturalista, anno VIII, 1888, N. 7, p. 106) ed
in ogni caso presso quali specie debbasi con maggiore convenienza e na-
turalezza porre nei quadri classificatorii.
4 Quale dei sinonimi meriti d’essere conservato a denominare tal È
i ju ii
I
Facile è rispondere alla prima questione: se, cioè, le piante delle lo
calità italiane sieno appartenenti ad una stessa specie, e se tale specie.
sia identica con quella rappresentata dagli esemplari ungheresi, transil
vanici e serbici. #3
lo ho confrontato esemplari raccolti alle Larghe di M. Paderno oa
esemplari ungheresi esistenti negli erbari del R. Orto botanico di Bo-
logna e di Torino raccolti dal Richter nel Maggio-Giugno 1876-78 press
Buda-Pest, ed avendone attentamente esaminate le varie parti vegeta- |
tive e fiorali, non vi ho potuto scoprire differenze degne d’ essere pe
in considerazione; solamente vi ho notato lievissime differenze
duali, consistenti nella grandezza dei fiori, nella forma del contorno
foglioline, nella lunghezza del mucrone che sta in posto del cirro, 1
; lunghezza del picciuolo delle foglioline, nella peluria più 0 meno
7 a fano tali diese le ho mao Sag dere è e I
mane in tal D riconosciuta Pi identità ella i pela angers
sea esistente a M. Paderno presso Bologna.
Ho già detto come per mezzo del Prof. Vincenzo Cosati il Cocconi ri-
a conoscesse l’ identità della pianta di M. Paderno con quella dell’Italia
meridionale descritta dal Tenore. Per maggior sicurezza dietro mio in-
invito il Prof. Federico Delpino ha ripetuto tale confronto e ne è di
nuovo risultato l’ identità degli esemplari di queste due località italiane.
; Il Sommier ha riconosciuto, dietro confronto della pianta da esso rac-
a
colta in Maremma cogli esemplari ungheresi esistenti nell erbario di
Firenze, l'identità delle piante di tali disparate località.
54 Rimane quindi dimostrato che gli esemplari che raccolgonsi in Un-
p gheria, Serbia, Transilvania, ed in Italia nei colli di Basilicata, alle
3 Larghe di M. Paderno presso Bologna e presso Capalbio in Maremma
Toscana, appartengono ad una sola, identica specie.
sa Il Gandoger nella sua « Flora Europae, ecc., vol. VII, 1885, p. 268 »,
divide tale specie (cui egli conosce solo per esemplari dell’area orien-
tale) in due, cioè: Orobus Serbicus Gd. ed O. Richterii Gd. basandosi su
una lieve differenza presentata dalle foglie che negli esemplari di Serbia
sono un po’ glabre, mentre che in quelli provenienti dall’ Ungheria sono
irtelle. Ma è noto quanto poco possa il botanico affidarsi a tale carat-
k tere nell’ istituire specie; per cui credo molto giusto l asserire che le
forme che il Gandoger suppone specie altro non sono che semplici va-
rietà regionali, seppure anche non si tratta di semplici variazioni.
M du de lt Te T PRES a LC a a
T E
II.
Prima di tentare la soluzione della questione: a qual genere debbasi
| ascrivere tale specie; ho stimato ben fatto lo studiare le caratteristiche |
dei generi cui la specie in discorso fu, dai diversi botanici che se ne E
‘occuparono, ascritta.
… Siccome per vari botanici di valore (Bentham et Hooker: Genera —
Da ed altri) gli Orobus sono considerati come componenti una à
sezione del genere Lathyrus, e gli Ervum come costituenti una sezione È
| el Enom La TES et i pon PEES depoa e doser
| LUCIO GABELLI
Genera Plantarum, Linné 1754.
Synopsis Plantarum, Persoon 1807.
Prodromus ece., De Candolle 1825.
— Memoires sur les Legumineuses, De Candolle a:
Flore de France, Grenier et Godron.
Genera Plantarum, Endlicher 1836-40,
Flora italica, A. Bertoloni 1847.
Synopsis florae Germanicae, ece.. Kock 1857.
Genera plantarum, Bentham et Hooker 1865.
Histoire des Plantes, Baillon 1869.
Flora orientalis, Boissier 1872.
Flora hispanica, Willkomm et Lange 1880.
Compendio della Flora italiana, Cesati, Passerini e Gibelli ed altre;
_ € siccome non piccolo valore in simili questioni ha la struttura anato-
mica dei semi, come è stato messo in evidenza specialmente dai Dottori
Oreste Mattirolo e Luigi Buscalioni nel loro pregevolissimo lavoro: Ri-
cerche anatomo-fisiologiche sui tegumenti seminali delle Papilionacee,
(il Dott. A. Malladra « Sul valore sistematico del trifolium ornithopo-
dioides Smith » [ Trigonella ornithopodioides De Candolle] ne ha già
| mostrato un’importante applicazione alla sistematica) così ho stimato
conveniente prendere in considerazione ancora tale carattere valendomi
della sullodata opera. i
Il confronto di questi due generi: Lathyrus e Vicia ch'io ho com-
piuto sia coll’esame di molte specie conservate negli erbari che col- ;
l'aiuto delle citate opere, mi ha condotto alla conclusione che tra i pre-
detti generi non esiste una separazione netta e tale da potersi in ogni
‘caso usare.
La guaina staminale troncata obliquamente o perpendicolarmente, lo
stilo longitudinalmente barbato oppure munito di un sol fascetto di peli,
la presenza o assenza di cirro, i caratteri anatomici del seme (tegu
mento, chilario, tubercoli gemini), la sua germogliazione, l’abito |
nerale della pianta, la distribuzione geografica, nè alcun altro. cara!
tere, sono costanti e non possono in conseguenza servire a determi
x gruppi di PIPA generica. Ca
SULL'IDENTITÀ DELLA VICIA SPARSIFLORA TEN. 321
Dal Linné venendo insino ai giorni nostri, i caratteri delimitanti i
Lathyrus dalle Vicia, sono sempre più diventati dubbi in causa della
scoperta di nuove specie e della maggior conoscenza di quelle che già
erano note; e mentre il Linné stesso nel distinguere i Lathyrus dalle
Vicia si valeva molto più dell’ abito generale (variabile anch’ esso) che
non di caratteri ben determinati, ora riesce affatto. impossibile tale di-
stinzione.
Vari autori hanno già riconosciuto l’ incertezza dei caratteri su cui
si fondano i generi Lathyrus e Vicia: il Baillon ad esempio dice: « Les
Gesses sont aussi fort peu distinctes des Vicia » e Wilkomm e Lange
approvano il Boissier che nella sua Flora orientalis scrive a proposito
del genere Vicia: « Genus a Lathyris stylo non contorto donatis cir-
ci rhorum defectu tantum distinetum, sed habitu proprio statim agnoscen-
dum et iam antiquissime a botanicis propositum; ideo et quadam pie-
tate meo sensu servandum ». Quando vi sono delle unità sistematiche
che, come nel caso delle Vicie e dei Latiri passano dall una all altra
con tante sfumature, PPS si tratta di una famiglia che sebbene na-
turalissima ed omogenea è pure in sufficiente grado polimorfa, mi pare
non conforme all’ esattezza che giustamente informa la scienza moderna,
, . sit A K ; TT RE x
il seguitare a tener distinti due generi che non sono distinti in realtà
e ciò solo in omaggio alla loro antichità.
L’indole del presente mio lavoro non mi permette il diffondermi sul-
l’abolizione dei generi Vicia e Lathyrus, nè l’entrare nei dettagli ne-
cessari alla fondazione dell’unico genere che ne risulterebbe, ed alla
sua delimitazione: mi mancherebbero all’ uopo anche i materiali: insisto
però affinchè, risultata necessaria tale fusione dei generi Vicia e La-
thyrus, chi possiede materiali sufficienti voglia occuparsi di un argo-
mento la cui soluzione riuscirebbe certo importante per la sistematica
delle Leguminose.
Venuto alla conclusione che i generi Lathyrus e Vicia debbono es.
| sere riuniti, rimane esaurita la seconda questione che mi sono fatta
riguardo al genere cui devesi ascrivere la Vicia sparsiflora Ten. A quale |
gruppo di piante appartenenti all’ unico genere che ne risulterebbe essa
appartenga, è questione che or ora svolgo.
LUCIO GABELLI
HE
A quale gruppo di Viciee maggiormente s’accosta la Vicia sparsiflora
Ten.? Dal nome datole da Waldstein e Kitaibel di Orobus ochroleucus, 5
e dall’ altro che le imposero il Cocconi e il Cugini di Orobus sparsi-
florus, si potrebbe credere che realmente mostrasse molta affinità cogli :
Orobus; ma non è vero giacchè anche solo superficialmente esaminando
un erbario, si arriva alla conclusione, che poi un minuto esame di tutti 4 |
gli organi, ed in modo speciale dei semi, dimostra con certezza, che
mentre trascurabile e apparente è l'affinità della specie in discorso cogli o
Orobus, grande invece è quella che corre tra essa e la Vicia Orobus
DC. Ho mostrato come i Lathyrus e le Vicia debbano andar fusi in un
sol genere: questo però non implica che realmente non esistano due z
gruppi sistematici, direi quasi, abbozzi di generi che meritano d'essere :
considerati come sotto generi; ora mentre gli Orobus sono veri Lathyrus,
la V. Orobus DC. è una vera Vicia e, se si può dimostrare che la V. 5
sparsiflora Ten. ha grande affinità con essa, è in pari tempo mostrato
che la V. Sparsiflora è una vera Vicia non un Orobus come l’ aspetto —
della pianta che manca di cirri potrebbe a prima vista far credere
qualora non si ponesse mente che non tutte le Viciee non cirrifere sono
= Orobus, essendochè lo sioni di queste leguminose mostra chiaramente
che la mancanza di cirro è un fenomeno avveratosi non una sola volta
| nella tribù delle Viciee. x
L’affinità della V. sparsiflora Ten. colla V.Orobus DC. è indirettamente
stata intraveduta dal Tenore giacchè egli indicò come affini per qualche i
carattere alle specie da lui descritte le V. cassubica L., V. onobrychioides |
Ler Ocheolenca Ten. ed è noto che alcuni ritengono (Seringe
P rodromus) la V. Orobus DC. come varietà della V. cassubica D. Il
Mattei, non solo è di parere che realmente la V. orobus DC. e la y.
| Sparsiflora Ten. siano molto affini, ma sospetta che questa sia vi i
della prima.
- | Confrontando esemplari di M. Paderno di V. sparsiflora Ten. con € ese
plari di V. Orobus DC. dei Pirenei e della Loira conservati me e
SULL'IDENTITÀ DELLA VICIA SPARSIFLORA TEN. 328 :
del R. Orto botanico di Bologna e di Torino ho rilevato grandi somi-
glianze nella peluria, nella forma delle foglioline, nel loro mucrone,
nella forma dei frutti ed altre: solamente il colore del fiori, la minor
statura e la maggior abbondanza di peluria potevano distinguere la V.
Orobus DC. dalla V. sparsiflora Ten. Avendo poi avuto agio di studiare in
queste due piante la struttura del seme, ed essendosi questa mostrata
identica in ambedue, della affinità di queste, non è più possibile dubitare.
À I semi di queste due piante, tanto nella forma esterna che nella strut-
tura interna, concordano perfettamente con quelli delle Vicie tipiche.
Essi sono globosi, un pò compressi, di colore molto scuro. Il tegumento
n: presenta malpighiane con linea lucida molto evidente e sotto di esse
A le cellule a colonna hanno ben differenziate la base ed il capitello. Nella
V. Orobus DC. le malpighiane sono lunghe p 0,08 e le cellule a co-
lonna 14 0,05, mentre nella V. sparsiflora Ten. queste misure sono ri-
spettivamente p. 0.116 e #4 0,033. Il chilario molto allungato e ben vi-
sibile presenta la lamina alta & 0,249 e larga p 0,099 nella V. orobus
DC. e u 0,233 e 12 0,083 nella V. sparsiflora Ten. I tubercoli genuini
molto distanti dal chilario e appena visibili ad occhio nudo quali una
macchietta di colore molto scuro, sono costituiti dalle sole malpighiane
molto allungate e, come appunto nelle Vicie tipiche una piccola rima
solamente mostra divisione dei due tubercoli. Nella V. Orobus le mal-
pighiane mi sono risultate lunghe 0.216 e le cellule a colonna f 0,033
e nella V. sparsiflora Ten. le prime p. 0,216, le seconde p, 0,023.
Le preparazioni di tegumento, chilario, tubercoli gemini in queste
due piante erano identiche al punto che impossibile riuscivami il non
confonderle assieme: le lievissime differenze nella grandezza degli ele-
| nelle due piante non era perfettamente lo stesso, nella diversità delle
da spesso nei vari punti e nelle differenze individuali.
; DO. e la V. sparsiflora Ten., resta a vedere se si può accettare l'opinione
del Mattei che questa cioè sia varietà della prima.
menti anatomici trovano la loro spiegazione nello stadio dei semi che -
parti che servivano per le sezioni non essendo il tegumento ne E
Con ciò rimane accertata l'affinità strettissima che corre la V. orobus
I caratteri che distinguono la V. Orobus DC. dalla V. Sparsiflora
LUCIO GABELLI
Ten. sono il colore dei fiori che sono violacei, la minore statura, ma
gior peluria ai quali s’aggiunge la diversità dell’ area geografica, giac-
chè la V. Orobus DC. abita la Gallizia, i Pirenei, la Francia, la Gran
Brettagna, la Norvegia meridionale, la Danimarca, lo Slesvig, la Ba-
viera e la Transilvania, mentre la V. sparsiflora abita l’Italia, P’ Un- |
gheria, la Serbia e la Transilvania. È
Da questi fatti crederei fosse più giusto ritenere la specie in questione ;
come una sottospecie della V. Orobus DC. che sostituisce la gir a
Sud e ad Est che non una semplice varietà.
Il Mattei sarebbe molto propenso a ritenere varietà della V. Orobus
ancora. una vicia che abita esclusivamente l’Asia minore, la V. aurantia
Stev. arguendo ciò dal colore dei fiori e dalla mancanza di cirro ca-
ratteri che ha comuni colla V. sparsiflora Ten. Ecco la descrizione di
i tale Vicia che tolgo dal Boissier Flora orientalis vol. II, p. 578, 1872:
SR 3 « 26. V. aurantia (Stev. in M. B. Taur. Cauc. III, p. 462 sub Orobo)
i « patule hirtula, caule erecto elato, foliis 5-7 iugis foliolis magnis ovatis
« venosis, petiolo mutico vel in mucronem brevem abeunte, stipulis inae- si
« qualibus alterà magnà cordatà ovatà, alterà minori oblongo lanceolatà
« racemis multifloris folium aequantibus vel brevioribus, calycis hirsuti
« corollà dimidiâ intense lateà subbrevioris lacinià inferiore lanceolatà |
« tubo aequilonga coeteris brevissimis triangularibus, legumine longis-
« sime stipitato compresso rhombeo perennis Orobus croceus Desf. Gor.
« Tourn. p. 85, tab. 63.
« Habitat in montosis Anatoliae in Ponto prope Sansun (Tehih!)
« Ponto Lazico supra Rhizé alt. 1500 (Bald!) circa Trapezuntem (Bourg I)
« in Cappadocià (Tourn) Transcaucasià (G. A. M: Hohen!) prov. Ta-
« lusch (Hoh!) prov. Asterabad prope- Siaret (Bge!) Fl. Apr. Maj...
« Facies Orobi sed stylus et legumen stipitatum comprant omnino
« Viciae ».
Nè io, nè credo il Mattei, abbiamo avuto agio di vedere tale r
dell Asia minore, per cui un giudizio intorno ad essa sarebbe molt
ardito; io però ritengo che come la V. Orobus DC. a mezzodi ed a
vante presenta una forma ocroleuca e senza cirri che è la V. #7
flora Ten., non sia affatto impossibile che la V. aurantia Stev.
=
RER ee SR Re a BE
di I) si
| SULL'IDENTITÀ DELLA VICIA SPARSIFLORA TEN.
pure ocroleuca e senza cirri, sia rispetto ad un’altra Vicia ciò che è
V. sparsiflora Ten. rispetto alla V. orobus DC. Certo è che dalla sem-
plice descrizione non é possibile giudicare rettamente dell’affinità di
questa specie orientale e certo è ancora che esiste una speciale corre-
lazione tra l’ambiente, speciamente il clima, e queste forme ocroleuche
e senza cirri. Studi ulteriori di chi sarà fornito di materiale adatto
potranno solo decidere se la somiglianza tra la V. sparsiflora Ten. e
la V. aurantia Stev. sia solamente analogica oppure dipenda da reale
affinità. i
n `
IV.
Accertata la reale affinità della specie di cui mi occupo, rimane ri-
solta la questione: quale nome debba essa avere.
Non potrà chiamarsi Orobus ochroleucus W. et K. nè Orobus spar-
siflorus Cocc. e Cug. perchè è una Vicia tipica; nemmeno si potrà, con-
servando il nome specifico di Walstein e Kitaibel, chiamare Vicia ochro-
leuca giacchè esistè già una vicia di tal nome; dopo ciò rimane la prio-
rità al nome del Tenore, che è il secondo in ordine cronologico, tra
quelli dati a questa specie.
Questa leguminosa si dovrà quindi chiamare: Vicia sparsiflora Ten.
La V. sparsiflora Ten. che il Sommier crede in via d’acclimatazione
in Italia, ma che io considerando che qualora fosse realmente così (ed
importata da uccelli come crede il Sommier) in un secolo sarebbesi
molto maggiormente diffusa, ritengo sia una specie rara, ma esistentevi
da molto tempo (non frequentissima è del resto anche nella sua area
orientale) oltre la descrizione del Tenore possiede quella di Waldstein
et Kitaibel che, l’ hanno anche disegnata.
Credo opportuno darne la descrizione desunta da esemplari delle
Larghe di M. Paderno presso Bologna:
« Vieia sparsiflora Ten. perennis, radice valida, caule erecto subra-
| « moso, pilis fulvis laxe barbato, striato, foliis 6-11 iugis paripen-
< natis mucronatis, more caulis barbatis pilis brevioribus, stipulis asim-
« cemi lee: folio breviores and dimidio fior nudo;
« flores ochroleuci calice et staminum vagina persistentibus; legumen
« pressis fuscis. i
« Floret mense maio.
-~ « Habitat in sylvis caeduis in loco dicto « Larghe di M. Paderno »
« prope Bononiam ».
CONCLUSIONE.
Dagli studi fatti risultano le seguenti conclusioni:
1.° 1 generi Lathyrus e Vicia debbono riunirsi in un solo.
2° La Vicia sparsiflora Ten. e l Orobus ochroleucus W. et K. son
una stessa specie che deve chiamarsi V. sparsiflora Ten.
. 3° La V. sparsiflora Ten. ha strettissima affinità colla y. Orobat
DC. e deve ritenersi come una sotto specie che sostituisce questa più
a Sud e più ad Oriente.
-Al termine di questo lavoro, sento il dovere di ringraziare vivamen
il chiarissimo Prof. Oreste Mattirolo per il materiale che mi procurò e.
gli strumenti prestatimi necessari in tali ricerche. Al Prof. Gibelli dal
toe per mezzo del Prof. Oreste Mattirolo ebbi esemplari dell’ erbario 7
del R. O. botanico or Torino ed al sd sanata perpins e cortese-
derno con ile che si conserva nell’erbario del Tenore debbo pare
ui + più caldi ringraziamenti.
| Bologna dal laboratorio di Botanica, 1 Aprile 1895.
Sinonimia della Vicia sparsiflora Ten. Flor. Nap. Tomo 5, p ;
| Orobus ochroleucus (Waldst. et Kit. pl. rar. 2, p. 123, t nes
» Serbicus Gd. (Flora Europae ete., Tom. VII, 1885) et g;
terii Gd. e V. sparsiflora Ten.
SULL He DELLA VICIA spansiriona i CNE #7 :
` Orobus sparsiflorus Coce. e Cug. Primo contes ete. Memorie dell As. ; Pra
delle Scienze 1877, pag. 559, 3.* serie, vol. 6. Bel
Vicia Pilisiensis Asch. et Janka.
Ervum ochroleucum Alefeld (Oesterr. bot. Zeitschr. 1859, p. 365). 6
BIBLIOGRAFIA.
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lognese 1881 Bologna T. Fava e Garagrani, con una figura colorata a pag. 449).
Genera Plantarum Carori Lisnari ed. 5 Holmiae 1754 (325-27).
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I pars II, p. 451, 524-27).
Flore de France par M. Grenier et M. GoproN, tome premier, p. 458.
Dott. Oresre MartIRoLo e Lutci Buscationi, Ricerche anatomo-fisiologiche sui ©
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delle Scienze di Torino, Serie II, tomo XLII, Parte I, adunanza 21 Giugno II, M,
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Anronn BerroLoni, Flora italica, Vol. VII, Bononiae 1847
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Prodromus systematis naturalis regni vegetabilis auctore AUGU
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Paris 1825, p. 83, plan. 15, fig. 74, 77. 78, 79, 82. sa
Synopsis plantarum curante C. H. Persoon pars secunda. Parisiis 1807, p..
303, 4, 6.
Compendio della Flora italiana dei Prof. V. Cesati. G. PASSERINI, G. GIBELLI.
Parte 22, p. 680, 81, 84, 89.
Histoire des plantes par H. Barton. Paris 1869, tom. II, p, 301, 237-38. ;
i Genera Plantarum secundum ordines naturales resto auctore, Arerangi; x
3 Enpuicner. Vindobonae 1826-40, p. 1279. n°
Monografia della Vicia Faba di Giovanni Errore Marrer 1889, Da re
Flora Europae terrarumque ete. ete., auctore MicHAELE Ganposer. Tomus VII, va)
» 263, p. 51, 1885 Paris. +
, p. 420, 38, 73.
KocK,
sre Pyramo DE
NP ET Ne T
Mt ASTI
D Fe Ne TE ER
Sal E
CS Pa sa
cs Za serie, vol. 6, p. 559, 1877.
o G. E., Aggiunte alla Flora bolognese 1886, p. 14.
a: pa Vicia sparsiflora. Bollettino del Naturalista, anno |
e n. vi p. 106.
— Sowmrer S., Una gita in Maremma, Bollettino della Società Rotani 18
; i p. 326.
NKA V., Leguminosae dik 1885, p. 140, 146.
Flora orientalis auctore Epwowp Borsster vol. 2° 1872, p. 378.
| Wittkown et Lance, Flora Hispanica vol. IL, 1880, p. 302.
» DESE 1893.
in ornithopodivides De anik} Studio critico, Malpighia, br: av
anno wa
mission Wien 1805.
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 329 `
A. Banpacci
Risultati botanici del viaggio compiuto in Creta nel 1893
(Continuazione al Fase. I-IIT 1895)
119. Centaurea raphanina Sibth. FL gr. X, pag. 12, tab. 917; Boiss.
FI. or. III, pag. 675; forma nana mihi.
Admodum rara in summis m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num.
collect. 223.
Vale forse quanto la C. pumila Urv. = C. nana Sieb: exc. Ho osser-
vato che nelle località elevate resta quasi acaule.
120. Centaurea solstitialis L. Sp. pl. pag. 1297; var. idaea Boiss.
et Heldr. Diagn. Ser. I, X, pag. 119, sub specie.
In elatioribus m. Ida versus distr. Amari! Num. collect. 227.
Boissier, anche in FL or. HI, pag. 686 la ritiene tipo a sè, il che
non può risultare, essendo immediatamente collegata colla C. solstitialis
dalla quale differisce per leggiero momento nei soli organi di vegeta-
zione.
121. Zacintha verrucosa Gaertn. De fr. II, pag. 358, tab. 157.
In agris infra m. Haghios Ilias supra Kanavas distr. Kisamos! Num.
collect. 29.
122. Cichorium spinosum L. Sp. pl. pag. 1143.
In rupestribus maritimis ultra Khalepa distr. Khaniotika! Num. col-
lect. 30. |
Specie insulare, distinta, che dall’Arcipelago passa in Sicilia ed alle
Baleari toccando diverse località costiere della Grecia ed Otranto in
Italia. È un’altra di quelle piante a curiosa conformazione erinaceo-spi-
si sia diffusa verso gli altri Togli testà ricordati. I rami del C. spi à
nosum sono spesso privi della rigidezza e spinescenza, allorquando la
pianta non arriva a diventare cespugliosa: io ho osservato il fatto a |
T
123. Lactuca Scariola L. Sp. pl. pag. 1119.
Secus viam prope Souda ad Khanià! Núm. collect. 129. !
Gli esemplari di Creta, dove la specie non fu indicata dai miei pre-
decessori, hanno i cauli glauchi e le foglie rigide.
+ . 124 Lactuca saligna L. Sp. pl. pag. 1119.
In saxosis elatioribus m. Ida versus distr. Amari! Num. collect. 237.
E data da individui alpini, poco dimostrativi. I caratteri dei capolini
‘e degli achenii rispondono al tipo linneano. Le foglie inferiori sono
runcinatiformi, le altre appena dentate, lineari, ottuse. Assai rara nel
m. Ida.
125. Crepis foetida L. Sp. pl. pag. 1133; var. n. lagoserioides Bald.
Collo pluricipiti; caulibus gracilibus; foliis subintegris; involucri 2-3- ;
-plo longioribus, dorsus carinatis, induratis. :
Habitat frequentissima in alveo fl. Platanià prope Alikianou distr.
Kaniotika ubi florentem et fructiferam legi die 1 Julio! Num. collect. 79.
126. Crepis Sibthorpiana Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, XI, pag:
56; FI. or. II, pag. 836. n
In rupestribus alpinis et subalpinism. Haghion Pneuma (Asprovouna,
et rarissima in elatioribus saxosis m. Ida versus distr. Amari! Num
collect. 128 et 228.
| Se sia o no buona specie meritevole di considerazione ognuno
i vederlo in Boiss. l. c. Dal lato geografico si presta a interpretaz
| precisa essendo collegata immediatamente colla C. divaricala
| del Tajgeto. È in qualsiasi modo un nuovo e caratteristico esempio
dimostra la dipendenza della flora alpina di Creta da quella dell’ E
col mezzo delle montagne greche.
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 331
127. Crepis Raulinii Boiss. Diagn. serie I, XI, pag. 58; FI. or. III,
pag. 836.
Ad nives m. Gigilos Volakià prope aquam Hellinoseli vel Linoseli
versus distr. Sphakià! Num. collect. 77.
128. Crepis
In fissuris rupium et in lapidosis mobilibus ad aquam Hellinoseli vel
Linoseli distr. Sphakià! Num. collect. 78.
Affine alla C. Cittinica Boiss. ne differisce per la forma delle foglie,
natura della pubescenza e maggiore gracilità nei cauli. Tolti questi dati
molti dei suoi rimanenti caratteri sono condivisi dalla C. Columnae (Ten.)
Froel. e perciò la pianta di Creta potrebbe essere intermediaria fra le
due specie suddette.
129. Laurentia tenella Biv. Cent. I, pag. 53, tab. 2.*, sub Lobelia
In humidis ad Kasteli et Lusakiès distr. Kisamos! Num. collect. 31.
Endemica delle grandi isole del Mediterraneo, Corsica, Sardegna, Si-
cilia, Creta, Cipro e coste asiatiche mediterranee, è specie costante, bene
descritta ed ugualmente ammessa da tutti. La stazione sua più prediletta
è nei luoghi argillosi dove, per l'umidità costante, si sviluppa con ri goglio;
nei luoghì asciutti rimane piantina di 2-5 centimetri d’altezza e allora
le foglie, da spatolate e larghe, tendono a diventare ovato-lanceolate,
ma sempre intiere. Ciò si constata in esemplari di Sardegna e Creta.
Il numero delle bratteole cauline, spesso due, sembra invariabile.
130. Campanula saxatilis L. Sp. pl. pag. 237.
In rupestribus ad Capo Maleka distr. Khaniotika! Num. collect. 229.
131. Campanula saxatilis L.; var. n. Simonellii Bald.
In rupestribus ad Capo Maleka cum praecedenti!
Caespitosa, prostrata, ad rupes adherens, caulibus lignosis, articulatis,
suberosis, glabris, cinerascentibus, fragilibus, cicatricibus annorum prae-
| teritorum tectis, apice rosulas | ferentibus; foliis puberulis, radicalibus
parvis, oblongo-spathulatis, in petiolum mediocrem attenuatis, caulinis
22 Malpighia anno IX, vol. IX.
Fd
4
$
A. BALDACCI
cia approcimatis scapis brevissimis, unifloris; coda
in typo.
_ Il materiale riportato da Pichler dall’isola di Karpathos (Nym. Suppl,
II) vicina a Creta e quello che io ho raccolto al Capo Maleka, nella
parte più settentrionale di Creta e più prossima a Cerigo ed al Pelo-
ponneso, viene a far rivivere questa specie passata negli annali della
| scienza già dal secolo XVII e tuttavia nota fino ai di nostri da un solo
ésemplare di Tournefort, per cui potevasi aver motivo di crederlo un
tipo entrato nel dominio della paleofitologia. Dico ciò in base al co
plessivo portamento della rara specie che somiglia, per numerosi dati
all’abito di quelle stirpi che stanno per scomparire, non tanto pel de-
pauperamento di certi organi, quanto per lo stentato sviluppo generale.
Questa pianta vive nelle spaccature verticali delle roccie che formano.
| i cañons del Capo Maleka. Io la vidi rarissima in due cespugli
‘ quali staccai una quindicina di cauli lasciando le radici e le rosette s j
rili, convinto che, benchè a me ignota, dovesse essere forma interes-
sante e non comune. L’uno dei cespugli era formato da fusti eretti, er-
| bacei, portanti rametti di 1-2-4 fiori (più spesso 1) e questi corrispon-
dono con la più grande esattezza alla descrizione che Boiss. Fl. or. IL
pag. 898, ha potuto tirare dall’unico esemplare Tournefortiano. L'altro
| cespuglio invece era dato da un complesso di fusti legnosi, articolati,
grossi, afilli, sugherosi, biancastri, glabri e come attaccati alla Tocca
verticale sotto la grotta così detta di « Johannes o caimenos ». All’apie
di simili fusti, strani moltissimo per una Campunula, emergono roset
di piccole foglie in mezzo alle quali sorge un fiore solitario, acaule
subacaule. Evidentemente vi ha notevolissima diferenza morfologica fr
: l’uno e l’altro cespuglio, ed io, di quest'ultimo, ho fatto la C. saxatilis
var. Simonelli in onore del mio egregio amico e compagno di viaggi
| varietà mai raccolta o accennata dai numerosi botanici che si sussegui
| rono in Creta. Imperocchè Boccone, Mus. d. piante rare, Venetia, Li
| pag. 76, tav. 94 del « Trachelium saxatile, bellidifolio, coeruleo
creticum » (molti anni sono, dice a proposito Boccone, questo Trac
si trovava fra le piante exotiche, coltivate nell’Horto di Padova
zava da terra poco più d’una spanna) ci ha tramandato una figura n
=
E à =
AO Fg DO ni Ma Deo TI
We x NONE "o ai E e) à "i €: <
ARE MIE
cattiva, che indica però il tipo della C. saxatilis Li La figura di Boc-
s
cone fu presa a modello da Barrelier il quale la riportò al N.° 813 delle
sue « Icones ». Linneo l. c. così descrive la C. saxatilis: C. foliis ob-
ovatis, crenatis, foribus alternis, nutantibus, capsulis quinquecarinatis.
‘ Quest'ultimo carattere fu probabilmente copiato da Linneo, e non osser-
vato da Jaubert e Spach tefr. Ill or. IV. pag. 136); ma l’intiera deseri-
zione linneana conferma l ipotesi mia, in ispecial modo con la frase
« floribus alternis nutantibus ».
Sibthorp avrebbe raccolto la specie, stando a Boissier l. c., « ad rupes
maritimas boreales Cretae »; ma esemplari Sibthorpiani di C. saxatilis
io non ho potuto vedere. D'altronde Boissier che ha potuto consultare
`- la figura di Sibthorp non ha da essa riportato notizie che non siano
quelle di Linneo e, con Linneo, di Tournefort e degli altri anteriori.
Finora questa rara Campanula, all’ infuori della nuova località di
Karpathos ricordatami da Degen, venne trovata sempre e con ogni pro-
babilità nelle rupi presso il Cago Maleka (località che attrasse quiasi
tutti i naturalisti che occuparonsi della isola di Creta). Raulin stesso,
a pag. 499 della sua classica opera, citando la letteratura sulla C. saxa-
tilis (L. Sp. pl. 1..c.; Lamk, Hlustr. H, pag. 61; Willd. Sp. pl. I, pag.
910; Sibth. et Sm. Pr. FL gr. I, pag. 139; Sprg. Syst. veg. I, pag. 733;
Roem. et Sch. Syst. veg. V, pag. 143; D.C. Prodr. VII, pag..461; Jaub.
et Sp. Ill. or. IV, pag. 136, tab. 292) aggiunge: Zone basse, rochers ma
_ ritimes de la côte septentrionale (Tourn. et Sibth.).
132. Phyteuma Jacquinii Sieb. Reise Kreta tab. 6.
In praeruytis montanis Ida supra pagum Phourphouras distr. Amari!
Num. collect. 187. |
Specie endemica delle località alpine e subalpine di Creta (anche mon-
| tane talvolta, come all’altopiano di Omalò sulle rupi che cingono l'im-
boccatura della grotta), bene figurata in Sieber l. c. il quale per primo
|. la raccolse, resta una specie differenziata che De Candolle nelle sue Mo-
| nogr. d. Camp. pag. 251 riportò nel genere Campanula e Boissier FI. nà
ee. HE pag. 961 inserì nel genere Trachelium. Ma io credo che codesta
pianta sia perfettamente una Phyteuma, più di tutto per il suo abito
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 333
d
ge
y
OTR na A. BALDACCI
e à per i caratteri generali. Degen che possiede un stp unico
Sieber raccolto « ad parietem Tournefortianam in montibus sphacio-
ticis », osserva che esso ha le foglie più grandi e più profondamente
dentate dei miei esemplari.
133. Petromarula pinnata DC. Monogr. d. Camp. pag. 209 = Phy-
teuma pinnata L. Sp. pl. pag. 242.
In rupestribus ad Roumata distr. Kisamos! Num. collect. 231.
De Candolle l. c. fondò con questa pianta il genere Petromarula —
monotipico che Benth. ed Hook. Gen. pl. II, pag. 661, dicono senza
accettarlo: « ab auctoribus recentioribus generice distinctum, foliis pin-
natisectis et stigmate ante explicationem globoso nec oblongo, charac-
teres laevioris momenti. Ex. A. DC., pili collectores ad dorsum stig-
matis desunt, quos tamen in alabastro invenimus et in pluribus spe- x
ciebus anthesi peracta pili collectores desiccantur vel evanescunt ». Tut-
tavia la nota biologica di De Candolle sulla convenienza della quale
occorre convenire, tende a differenziare i generi e le specie non solo
colla morfologia, ma pure coll’importantissimo ausiliario della biologia,
e in tale caso la fondazione del genere Petromarula viene ad essere ;
fatto secondo il concetto moderno della sistematica. i
Questo genere è endemico di Creta.
134. Arbutus Unedo L. Sp. pl. pag. 366. 7
In dumetis infra Asomatos et Pano Kavousi distr. Amari !. Num.
collect. 185.
135. Erica verticillata Forsk. Fl. Eg. Arab. pag. 25.
In dumetis infra Lakkous et Omalò distr. Khaniotika! et ad pagum
Pano Kavousi distr. Amari! Num. collect. 80 et 186.
I dumeti di Pano Kavousi, in una ridente località sopra il monastero
di Asomatos, sono in buona parte formati da questa specie di elegan-
tissima Ærica che io ho distribuito sotto il nome di var. floribund i
| cagione dell’ abbondanza colla quale si copre di fiori. È meritevole d
ricordo che in Creta io ho sempre veduto lE. verticillata nei
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 335
piuttosto umidi e pliocenici, difficilmente nei calcari. Il periodo suo di
vegetazione è in stretta dipendenza dall’ altezza e mentre in Luglio,
fin verso i 300 m. dal mare, si trovava già passata di fioritura, a circa
600 m. sbocciava allora i suoi fiori carnicini.
136. Styrax officinale L. Sp. pl. pag. 535.
Secus rivulum ad Topolia distr. Kisamos! Num. collect. 32.
In Creta abita presso le sponde dei ruscelli e dei torrenti quasi sempre
comunissima col Nerium Oleander L. e a buon proposito lo Styrax, come
ho detto, forma una stazione botanica di qualche interesse. Il suo « ha-
| bitat » resta costantemente inferiore ai 200 metri circa.
137. Olea europaea L. Sp. pl. pag. 11.
Culta ad pagum Katochoriò distr. Kaniotika! Num. collect. 130.
138. Marsdenia erecta R. Br. Wern. I, pag. 29. ‘
Passim in alveo fl. Platanià distr. Khaniotika! Num. collect. 233.
139. Sesamum indicum L. Sp. pl. pag. 884.
In cultis supra Kalyves distr. Apokorona (culta) et ultra Perivolia
* distr. Rethymniotika (subspontanea)! Sine numero in schedulis distri-
buta.
140. Convolvolus Dorycnium L. Sp. pl.
In campis ultra Perivolia distr. Rethymniotika! Nan collect. 162.
Pianta erinacea cespugliosa che tende a rivestirsi dei caratteri bio-
logici proprii a considerevole numero di specie sparse nel Mediter-
raneo orientale. Ciò deve tuttavia essere stato lungo lavoro per un
Convolvulus del Levante. Nondimeno i suoi abbondanti e intricati rami
robusti, pseudo-dicotomicamente disposti presentano la particolarità di
essere rigidi, un po’ spinosi e formanti insieme un denso cespuglio ovoi-
dale. Per quattro quinti d'altezza sono provveduti di sole foglie brat-
teiformi che fanno comprendere il C. Dorycnium nel gruppo delle co-
sidette piante afille o altrimenti povere di foglie.
| | |A. BALDACCI
141. Cuscuta palaestina Boiss. Diagn. ser. I, XI, pag. 86; FL or.
pag. 116.
In subalpinis m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! et sparsim per m.
Ida versus distr. Amari! Num. collect. 234 et 188! :
In Creta vive nelle località elevate, sia nei gruppi montuosi di Sphakià,
sia in quello del Psiloriti, sull’ Asperula stricta B. H., Satureja spinosa
L., Acantholimon creticum Boiss, Euphorbia acanthothamnos Heldr. et
Sart. Parrebbe quindi in particolar modo parassita delle erbe a foglie o
| rami spinosi; ma è da supporsi al contrario che essa, di sviluppo limi-
. tato, abbia necessità di assalire quelle piante cespugliose a piccola sta-
tura entro le quali si può facilmente adattare. Perciò oltre ad essere.
- | parassita, viene ancora dall’ ospite difesa.
142. Anchusa caespitosa Lamk. Enc. I, pag. t98. . Sa
Ad « mitato » sub colle Gigilos Volakià distr. Sphakià! Num. col-
>. lect. 8. .
Ni Trovata per la prima volta da Tournefort, questa insigne specie non
>. .. fu mai riscontrata fuori del dominio delle montagne di Sphakià. I nani,
ma ampî cespugli suoi danno una quantità di getti acauli, intorno ai
quali s'inseriscono foglie lineari lunghe e in gran numero che aderiscono — A
con tutta la superficie inferiore al terreno e sono difficilmente afferrato,
ue dagli erbivori: i fiori di un bel colore roseo subito dopo la sbocciatura,
. azzurri a fioritura perfetta, raggiungono appena il livello delle super- #
| ficie fogliari. Questo adattamento si spiega non solo per difesa contro —
il bestiame, ma ancora contro le forti bufere che scatenansi su quei
monti. Il substrato prediletto dalla specie è il calcare frantumato e ae-
à cumulato verso i 1900 m. dal mare.
iii ei nta dt ae
_ 143. Heliotropium villosum Willd. Sp. pl. I, pag. 741.
In ruderatis et agris ad Vamos distr. Apokorona! Num. collect. 131
na tipo, il cui valore specifico tratto dai soli dati morfologici z
assai dubbio, presenta notevole particolarità negli assi simpodiofor
i concorrono a formare il simpodio: essi, apparentemente, invece che
due file vengono a disporsi su un’unica fila.
sit RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN Creta NEL 1893 337
144. pre ca aaa Labill. Dec. II, pag. 6, tab. 2, sub
Cynoglosso.
In altissimis m. Haghion Pneuma (Asprovouna), admodum rara! Num.
collect. 235.
Di portamento analogo al Cynoglossum sphaciotieum Boiss. et Heldr.;
Raulin Crète tab. 16, io l'aveva prima ascritto a questa specie, dubbioso
per altro della sua identità a cagione del frutto membranaceo-marginato.
informato del dubbio l’egregio amico Dott. Degen, questi colla solita e
squisita gentilezza, esattamente concludeva che la pianta rispondeva al
tipo predetto di Labillardière a cagione dei caratteri « nuculi laeves,
stylo pyramidato lateraliter affixi, margine cineti » e di più (ciò ha in-
vero maggiore proprietà di questi caratteri che appaiono confutabili
sebbene tirati fuori da coloro che non ammettono replica, facendosi da
sè stessi sostenitori di idee che in pratica non stanno) per la compara-
zione fatta con esemplari della stessa specie = P. Cariense Boiss. olim.
La statura pigmea e semplicità di ramificazione (i simpodii compor-
ansi, quantunque meno fogliati, come nei Cynoglossum — cfr. Bald.
Boll. soc. bot. it. 1893, pag. 396), indi i caratteri fogliari e florali for-
mano di questo tipo, che io non mi so capacitare del perchè sia stato
tolto dal genere Cynoglossum, una specie alpina singolarissima, una
fra le pochissime delle stazioni alte che colleghino la flora cretese con
quella dell’ Asia.
x
145. Hyoscyamus albus L. Sp. pl. pag. 257. i
In incultis ad pagum Phourphouras sub m. Ida distr. Amari! Num.
collect. 270.
146. Nicotiana glauca Grah. ap. DC. Prodr. XII, I, p. 562.
In ruderatis ad Haghia Marina distr. Khaniotika! Num. collect. 82.
Verosimilmente introdotta in Greta da poco tempo, oggigiorno si è
| resa selvatica nelle macerie come presso Platanià ed altrove. ;
`u. Physalis somnifera L. Sp. pl. pag. 261.
-In ruderatis prope Perama distr. Mylopotamos! Sine numero in sche-
5 dalia distributa.
FERRER dal 7. Thapsus L. di cui è Ma pure e mi.
sembra che non abbia nulla a vedere col V. thapsiforme Schrad. dal.
quale si allontana specialmente per le foglie bianco-tomentose, spica
lunga, densissima, semplice (o ramosa alla base, secondo Ten. 1. cfe
per i filamenti pelosi. Al m. Ida abita le stazioni scoperte, acquista
uno sviluppo considerevole di un metro e mezzo pur vivendo in so-
cietà. Deve essere la medesima pianta che Lange trovò fra Guadar-
rama e Cercedilla in Ispagna e sulla quale gli autori della Flora hi-
spanica II, pag. 540, non si affermarono décisamente. Nel duplice modo
morfologico e geografico il V. macrurum resta per me ottimo tipo.
149. Verbascum sinuatum L. Sp. pl. pag. 254.
In silvaticis ultra Kapidianà distr. Retbymniotika! Num. collect 163.
Degen in litt. mi ammonisce che questi esemplari, per la disposizione
dei fiori e della cassula, sono identici cogli individui di V. sinuatum
di Tracia. Io ho veduto che rispondono pure agli esemplari italiani di co
località settentrionali. Boiss. FI. or. IV, pag. 322, dico: « Indumento ;
foliisque interdum tantum sublobatis, caulinisque vix decurrentibus valde
variabile. » Ciò è vero ed ha naturale spiegazione coll’area geografica
vasta che occupa il V. sinuatum il quale, a cagione del carattere va-
aribile delle foglie basali (cfr. Bertoloni, Willkom e Lange, Boissier, È
Arcangeli ecc.), è specie di valore instabile.
150. Verbascum spinosum L. Sp. pl. pag. 254; Sieber Reise Kreta |
tab. 7.
In dumetis ad Omalò distr. Khaniotika! Num. collect. 83.
È anch'essa specie che forma cespugli erinacei, a rami intricati ©
spinosi. Fu da Boissier FI. or. IV, pag. 347, sistemata in una sezione
| Speciale, « Spinosa ». Condivide gli adattamenti biologici a diraa $
tante altre piante endemiche di Creta.
| 151 Celsia Areturus Murr. Syst. veg. pag. 561 = Verbascum
turus L. Sp. pl. pag. 254, |
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO CONPIUTO IN CRETA NEL 1893 339
In ruinis domuum ad coenobium Haghios Joannes distr. Khaniotika !
Num. collect. 133.
Vive di preferenza sui muri diroccati o delle case abbandonate nelle
parti inferiori e colline di quasi tutta l Isola, di cui finora è ritenuta
endemica. Gli esemplari di Sieber, sui quali mi avverte Degen, sono in
minor grado pelosi, col calice glanduloso in ambedue le pagine.
152. Linaria spuria Mill. Dict.; L. Sp. pl. 15 pag. 851, sub An-
tirrhino.
In arvis infra Gonià et Roustika distr. Rethymniotica! Num. col-
lect. 166.
Pur partecipando i miei esemplari dell’ abito e caratteri della L. lani-
gera Desf. FI. atl. tab. 130, che è forma mediterranea dalla L. spuria
scaturita, resta da questa controdistinta. Ma il poter dire con precisione
di simili forme è assurda cosa poichè ognuno sa quanto sia instabile
specie la L. spuria. Gli esemplari di Roustika che io riporto alla pianta
linneana con una certa sicurezza, hanno però i pedicelli molto brevi: ciò
che conviene meglio alla pianta di Desfontaine che a quella di Linneo.
153. Linaria Elatine L. Sp. pl. pag. 821, sub Antirrhino; Mill. Diet.
16; var. villosa Boiss. Fl. or. IV, pag. 367.
In cultis ad Armeni distr. Apokorona! Num collect. 132.
154. Veronica thymifolia Sibth. et Sm. FI. gr. I, pag. 5, tab 6;
Benth. in DC. Prodr. X, pag. 480.
Admodum rara ad « mitato » Mavroporos m. SR Pneuma (Aspro-
vouna)! Num. collect. 197.
155. Baphrasia Salisburgensis Funk in Hoppe Tasch. pag. 190.
In humidis supra Hellinoseli vel Linoseli distr. Sphakià! Num. col-
lect. 236.
156. Lavandula Stoechas L. Sp. pl. pag. 800.
In asperis supra Gonià distr. Kisamos! Num. collect. 33,
A. BALDACCI
157. Mentha silvestris L. Sp. pl. pag. 804; var. stenostachya Boiss.
-El or. IV, pag. 543.
In paludosis ad Alikianou distr. Khaniotika! Num. collect. 84.
Cfr. Benth. in DC. Prodr. XII, pag. 155-156. Sinonimi: M. canescens
Sieber in exs.; M. Sieberii C. Koch. Linn. XXI, pag. 649. A
158. Thymus revolutus Celak. FI. 1883, pag. 169-171; Borbás Symb. È
ad Thymos ecc., pag. 58; var. n. creticus Degen in litt. ie
In rupestribus subalpinis et alpinis m. Haghion Pneuma jugo Srn
(Asprovouna)! Num. collect 137.
Diff. bracteis lanceolatis, obtusis, nec apice subito contractis. |
Affinissima forma del Th. parnassicus Hal. Beitr. Fl. Ep. pag. 38 .
dal quale si scosta « indumento caulis pilis albis longissimis constante
densissimo, fere hispido, nec velutino. » Queste forme però di Th. re-
volutus, Th. parnassicus ece. ammesse da Gelakowsky, Borbás, Halàcsy ;
ecc. sono variazioni geografiche del Th. hirsutus M. B. FI. taur. caue. i
II, pag. 59.
La mia. pianta degli Asprovouna deve essere la medesima di quella
raccolta da G. C. Spreitzenhofer al m. Haghios Theodoros (efr. Oster-
meyer in bot. zool. Ges. 1890, pag. 299).
159. Thymus capitatus L. et H. FI. lus. sp. 123.
In dumetis supra Kalyves distr. Apokorona! et alibi, sat vulgare,
per colles ubi dumeta constituit. Num. collect. 135.
160. Thymus capitatus L. et H.; var. n. albo-spinosus Bald. in oss
In alpestribus m. Ida distr. Amari! Num. collect. 164.
= Erinacea, ramis induratis, apice spinosis, albis; spicis dopanparatis
pee albis.
; Varietà. biologico-geografica degna di menzione inquantochè, nell’al
| regione del gruppo dell’Ida, tende ad acquistare la comune forma er
_nacea propria di altre specie cretesi. Si sviluppa in soffrutici pigme?
rami appressati, spinosi. I rami esterni anticipano gli interni a Cop"
| di foglie, poi a stagione calda se ne svestono per permetterne. Jo
luppo a quelli interni o più giovani: in questo modo gli esterni, già
fatti spinosi e robusti, proteggono tutte le piante.
161. Origanum Dictamnus L. Sp. pl. pag. 823; Benth. in DG.
Prodr. XII, pag. 191.
In praeruptis calcareis ad viam Asomatos-Kavousi distr. Amari! Nna:
collect. 190.
162. Origanum microphyllum Sieb. in exs.; Benth. in DG. Prodr.
XII, pag. 195.
Supra « mitato » Omalò, in calcareis, distr. Khaniotika ! Num. col-
lect. 85.
Va così descritta: « 0. suffultum, quasi erinaceum, basi procumbens,
ramis numerosis, erectis, ramulosis, virgatis, rubellis, parce tomentosis ;
foliis parvulis utrinque albo-tomentosis, ovatis, integris; spicis pauci-
floris, solitariis, ternis vel quinis albo-lanatis; calyce barbato, barbis
longiusculis, albis, pilis glandulosis superne et inferne tecto ».
Endemico di Creta, dove fino ad oggi fu trovato nelle sole montagne
calcaree che circondano a settentrione Omalò nella catena di Sphakià,
è da descriversi come buona specie. Tende all’adattamento erinaceo. È
affine all 0. majorana L. = 0. majoranoides Willd. dal quale può es-
sere derivato.
163. Origanum Onites L. Sp. pl. pag. 824.
. In rupestribus ad specum Melidoni distr. Mylopotamos ! Num. col-
lect. 165.
164. Satureja spinosa L. Sp. pl. pag. 795.
In montanis Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 134.
-In Creta la S. montana L. è surrogata da questo tipo che giustamente
Benth. in DC. Prodr. XII, pag. 209 dice « species vix a S. montana di- 7
| stineta ». Del resto è molto singolare il processo di modificazione che o
segue la S. montana, nella sua emigrazione dai limiti settentrionali del
dominio mediterraneo verso i limiti meridionali. Tipica dalle coste por-
collect. 86.
A. BALDACCI
_toghesi fino alle russe australi appena entra in Grecia (il suo limite me-
ridionale è circa il 40° di latitudine) modificasi nella S. parnassica
Heldr. et Sart. ed arriva in Creta sotto il tipo S. spinosa. Un fatto a-
nalogo succede in Ispagna. La, S. montana nel suo viaggio da Nord a $
Sud cambiasi nella 8 prostrata Boiss. Voy. bot. Esp. pag. 495 (var. B
transitum ad speciem sequentem — S. spinosam — faciens forma typica z
multo frequentiór esse videtur et vereor, quin omnes fere stationes ex
Aragonia australi Nova Castella regnoque Valentino indicatae ad illam
stirpem referandae sint. Willk. et Lange FI. hisp. II, pag. 410) che sem-
brerebbe modificarsi anche qui nella S. spinosa (cfr. in W. et L. Le
l’ottima osservazione sotto questa specie). In Italia accade un fatto consi-
mile fra la S. montana e la S. cuneifolia Ten. dell’Italia centro-meri-
dionale. i a
Questo gruppo di Satureja si adatta nel triplo senso geografico, mor-
fologico, biologico come del resto un numero non indifferente di altre
specie appartenenti alle più svariate famiglie fanerogame.
La S. spinosa si comporta come la varietà del Thymus capitatus L.
et H. più sopra ricordata.
165. Satureja Thymbra L. Sp. pl: pag. 794.
Copiose in dumetis prina Akrothiri distr. SATA Num. col-
lect. 34.
Specie arcipelaghiana insigne, molta distinta. Trovasi pure in Sarde-
gna presso Cagliari, e Willkomm la cita, con dubbio, della Spagna
166. Calamintha cretica Benth. in DC. Prodr. XII, pag. 227.
Ad aquam Hellinoseli vel Linoseli sub m. Volakià distr. Sphakià ! Num.
Benth. l. c. scrive, a yotni della C. candidissima Munby MSS:
« affinis C. creticae dicitur ». E alla diagnosi della C. cretica aggiunge
| « Affinis C. incanae Boiss., sed diversa caule foliisque villosissimis, ne
tomento tenui canis. Cymarum inferiorum pedunculus communis 2h
longus, superiorum brevior vel nullus. Exemplar Linnaeanum min
villosum quam Sieberianum ». Colla C. candidissima non ha nienn
.
È RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1893 343
vedere; invece ha singolare analogia colla C. incana (Sibth. et Sm. sub
Thymo). L'ultima frase di Bentham accenna al polimorfismo della specie:
polimorfismo di cui tiene nota anche Boissier Fl. or. IV, pag. 578. —
Gli esemplari di Hellinoseli sono erbacei; questo carattere conviene colla
descrizione di Bentham, non con quella di Boissier; furono trovati in
« lapidosis mobilibus » a circa 1500-1600 m. dal mare.
167. Salvia pomifera L. Sp. pì. pag. 34.
In dumetis supra Madarò distr. Khaniotika! Num. collect. 136.
Raggiunge il limite massimo della zona sempre verde. Si confrontino,
per l’uso che gli indigeni fanno delle galle formantisi sulla S. pomifera,
Raulin Crète pag. 528; Boiss. Fl. or. IV, pag. 604; Ostermeyer Beitr.
FI. Kr. in bot. zool. Ges. 1890, pag. 297.
168. Marrubium vulgare L. Sp. pl. pag. 816; var. lanatum Benth.
in DC. Prodr. XII, pag. 453.
Ad aquas prope pagum Vrysses distr. Khaniotika ! Num. collect. 87.
Sinonimo: M. apulum Ten. Fl. nap. V, pag. 16, tab. 154. A cagione
dell’area estesissima in cui è compreso il M. vulgare non riesce adatto,
il più delle volte, considerare specie a sè tante variazioni locali che
altro valore non possono avere che geografico. In analisi queste varia-
zioni hanno sovente i loro leggeri caratteri differenziali nella figura e
superficie delle foglie. E il M. apulum risulta una di tali varietà poichè
i caratteri concessigli da Tenore sono gli stessi per il tipo. Vale quanto
il M. canescens Sieber in ex., il cui appellativo specifico è tratto dal
tomento bianco lanoso di cui si vestono gli esemplari cretesi quando |
specialmente hanno sviluppo nel rigore dell'estate.
169. Sideritis cretica Boiss. mss. et FI. or. IX, pag. 708, non L.
In collibus calcareis supra Omalò distr. Khaniotika et Selinon ! Num.
collect. 88.
Nella Malpighia. 1894, pag. 289 ricordai già l'avviso mio sul gruppo
della « Empedocleae » di Bentham. Che cosa poi sia la S. cretica deve
vedersi in Boiss. l. c. il quale ha corretto gli errori dei suoi predecessori,
| errori causati da sinonimia e da appellativi improprii.
170. Richie spinosa L. Sp. pl. pag. 813.
, In dumetis ad coenobium Haghia Triada! et in calcareis supra Lak-
kooi in viam per Omalò distr. Khaniotika. Num. collect. 35.
Adattamento erinaceo, spiccatissimo. Tutta la pianta è coperta di po-
luria argentino-sericea. Ramiñcazione dicasiale coi rami fortemente
pungenti..
171. Ballota pseudodietamnus Benth. in DC. Prodr. XII, pag. 517.
In dumetis ultra Khalepa distr. Khaniotika ! Num. collect. 36.
Bentham I. c. e Boissier FI. or. IV, pag. 772 la ritengono endemic
di Creta: Willk. et Lang. FI. hisp. II, pag. 447 l’indicano con dubbio x
in Ispagna; Ces. Pass. e Gib. Comp. FI. it., pag. 322 sulla fede di Kellner |
e Reichembach la citano di Lugo nel Vicentino; Caruel in Parl. FI. it. |
VI, pag. 195 riportando le località di Tenore dell’Italia centrale e me-
ridionale aggiunge le località di Polcevera nel Genovesato e di Casio
nel Bolognese (Coce. Fl. Bol. pag. 388); Arcang. FI. it. 2.* ed., pag.
660 accetta le citazioni precedenti ed aggiunge Malta. Il portamento
della presente specie è affatto mediterraneo e tutto sta a ritenerlo proprio
di questo ambiente. Quindi il suo « habitat » cretese, e probabilmente
anche maltese ed italo-meridionale si potrà ammettere, tanto più che i
confronti fatti dal Dott. Baroni fra i miei esemplari e quelli Tenoreani
| attestano trattarsi dello stesso tipo. Tuttavia la singolare peluria bianco-
lanuginosa de’ miei individui di Creta, identici a quelli raccolti da Held-
reich e da altri, manca nelle piante raccolte in Italia, il che si spiega
con adattamento ad ambiente più settentrionale. Io non eredo peraltro
alla possibilità per la B. pseudodictamnus di inoltrarsi spontanea nel bo-
lognese, vicentino ece. Credo che in tali regioni essa sia stata importata,
la qual cosa è sovente accaduto a riguardo di piante di Creta. Cocconi l.
scrive: « specie rarissima in Italia, coltivata dal signor Lorenzini all
s Capanne sopra Porretta, con semi di pianta spontanea raccolta un tempo
. à Casio (Erbario Riva !).
_ In siffatte ricerche è d'altronde da tener conto del valore cn d
-~ Marrubium pseudodictamnus Sibth. et Sm. FI. gr. VI, pag. 50, (ab?
= M. acetabulosum L. Sp. pl. pag. 817 = Ballota acetabulosa Ben
=
LI
ia
= AIUTI BOTANICI DEL VIAGGIO > COMPIUTO | cent) A vet l
Lab. pag. 595; Boiss. FI. or. IV, pag. . 772 che potrebbe recare coli
colla vera B. pseudodietamnus.
172. Phlomis fruticosa L. Sp. pl. pag. 818.
Supra Omalò in dumetis distr. Khaniotika! Num. collect. 239.
Si scosta leggermente dagli esemplari italiani per il caule sotto il to-
mento ferrugineo, ma i caratteri delle foglie e delle brattee calicine sono
quelli della Ph. fruticosa.
173. Teucrium cia L. Sp. pl. pag. 789.
In silvaticis ad pagum Roumata distr. Kisamos ! Num. collect. 138.
Differisce un poco dagli esemplari di Sardegna di Malganai e dei monti `
Arizzu (Gennari, Erb. Caldesi) in causa delle foglie meno rugose e più
| larghe e fusti più deboli. Ciò dipende dall’ubicaziono fresca ed ombrosa
Li di Roumata dalla quale furono tolti i miei esemplari. È specie affine al
o T. Scorodonia L.
174. Teuerium mierophyllum Desf. Cor. pl. Tourn. in Ann. mus.
par. X, pag. 300, tab. 22 ex Benth. in DC. Prodr. XII, pag. 589.
In dumetis per totam Akrothiri distr. Khaniotika ! Num. collect. 37.
Dipende dal 7. flavum L. ed è di questo discreta formazione ende-
mica di Creta. Ne differisce per i rami prima decumbenti, poscia eretti,
canescenti, per le foglie più piccole e bianche di sotto e per i fiori sovente
gemini,
175. Teucrium difaricatum Sieber in exs.; Boiss. FL or. IV, p. 816.
Li
Sphakià ! Num. collect. 238.
| Distribuita nelle regioni inferiori, montane e scoperte del Levante, x
questa forma di Sieber ha un valore dubbioso per Bentham in DC.
Prodr. XII, pag. 589 sub 7. microphyllo e anche per Boiss. l e. I miei
-esemplari sono privi di fiori, nondimeno posso ascriverli al T. divarica- —
tum corrispondendo i caratteri dei rami e delle foglie, nei quali organi
à soltanto si comprendono i leggeri dati differenziali.
D
Secus viam ad Volakià prope aquam Hellinoseli vel Linoseli distr. 7 Fa
“db BALDACCI |
176. nie Valerandi L. Sp. pl. pag. 243. EE
In argillosis maritimis et montanis ad Kasteli et Kakopetra distr. :
Kisamos ! Num. collect. 38.
È frequente in Creta la forma pusilla, non ramificata.
177. Acantholimon androsaceum Boiss. Diagn. ser. I, VII, pag. 73;
var. y creticum Boiss. in DG. Prodr. XII, pag. 627.
In calcareis alpinis m. Volakià distr. Sphakià! et m. Haghion Pneuma |
(Asprovouna)! Num. collect. 89 et 139. si
Sinonimo: Statice Echinus var. B L. Sp. pl. pag. 395. Tipo erinaceo,
cespitoso, elegantissimo delle alte e nude montagne cretesi: ha il me- |
desimo interessante adattamento biologico a difesa che abbiamo veduto o.
in diverse specie precedenti. |
=
È
178. Statice sinuata L. Sp. pl. pag. 397.
In maritimis ad Gonià distr. Kisamos! Num. collect. 40.
179. Statice hyssopifolia Gir. Ann. se. nat. ser. III, II, pag. 329.
In rupestribns maritimis ad Capo Maleka distr. Khaniotika! Num.
collect. 39.
Sinonimi: S. graeca Boiss. in DC. Prodr. III var. y hyssopifolia ibid. i
= S. rorida Sibth. et Sm. FI. gr. III, pag. 91, tab: 298; var. hysa
folia Boiss. Fl. or. IV, pag. 862.
180. Chenopodium Vulvaria L. Sp. pl. pag. 321.
In agris montanis ad Omalò distr. Khaniotika!* Num. collect. 92.
181. Chenopodium ambrosioides L. Sp. pl. pag. 320.
In alveo fluminis Platanià sub Vrysses distr. Khaniotika! Num. col-
lect. 91.
183. Dons eleoite Schreb. Dee. I, pag. 13, tati n
In subalpinis m. Gigilos Volakià distr. Sphakià! et per easdem re:
184. Daphne sericea Vahl. Symb. Bot. I, pag. 28.
In dumetis infra Omalò et Lakkous distr. Khaniotika ! Num. col-
ect. 95.
ti Sinonimo interessante: D. collina Willd. Sp. pl. II, pag. 423 exclusis
di nonnullis synonimis; Sm. Spic. bot. pag. 16, tab. 18. — Dall’Asia Minore
e Palestina arriva in Creta dove è frequente. Da Creta passa nell’ Italia.
centrale e meridionale, ma sensibilmente modificata e nominata dai
teri: frutici cespugliosi molto ramificati fin dalla base, a rami sottili,
rigidi, divaricati, foglie ellittiche o subspatulate di minor lunghezza e
minor larghezza degli individui italiani, sericee nella pagina inferiore,
glabre o con qualche pelo appena nella pagina superiore, revolute nei
margini (i fiori caddero coll’essiccazione nei miei esemplari, ma e-
rano disposti in glomeruli alle ascelle fogliari superiori). La forma ita-
liana al contrario è data da frutici ramificati soltanto in alto a guisa
grossi, foglie ovali piuttosto grandi meno revolute nei margini delle pre-
È pr fiori disposti in glomeruli spesso solitarii all'apice dei rami.
185. Thymelaea Tartonraira All. Fl. ped. I, pag. 133 = Daphne
| Tartonraira L. Sp. pl. pag. 356; var. augustifolia D'Urv En. pl. arcip.
pag. 42; Boiss. Voy. pag. 555; Willk. et Lang. FI. hisp. II, pag. 300;
| pag. 355.
lect. 93.
Confrontando esemplari del tipo tolti dalla Sardegna, Sicilia e Grecia
e lanceolata, intermediis ad typum transit et vix varietas) si nota
28. Lari anno IX, vol. IX.
giones in toto m. Haghion Pneuma (Asprovouna)! Num. collect. 94 et 140.
botanici nostri D. collina. Gli esemplari dell’ Isola hanno questi carat- 2
della D. Laureola L. colla quale condivide il portamento, rami robusti,
Boiss. Fl. or. IV, pag. 1053 = Daphne argentea Sibth. et Sm. FI. gr., à
In dumetis infra Omalò et Lakkous distr. Khaniotika! Num. col- i :
colla varietà (Willk. et Lange 1. c. foliis spathulato, vel lineari-lanceo- - :
tis, minus dense sericeis, glomerulis numerosis. Boiss. l. c. folia an-
È
X BEE,
FL or. IV, pag. 1065.
Amari! Num. collect. 246.
- A. BALDACCI
al primo momento una forte differenza fra l una e l’altra. L’ essere
questa « vix varietas » è esagerato, almeno per gli individui di Creta,
i quali dinotano un positivo distacco dal tipo. Modo di poeman fitti i :
cespugli, adattamento (solito dell’isola di Candia), ramificazione, di- Si
sposizione, caratteri delle foglie, notevoli differenze nei fiori, danno A 1
seguente descrizione: cretica, montana, fruticosa, dumulosa, rano
sima, ramis junioribus adpresse sericeo-tomentosis, cicatricibus folion
tuberculatis, superne crebre foliosis; foliis lineari-lanceolatis, suporidiipnn
argenteo-inferioribus flavido-sericeis, approximatis; bracteis concavis
intus et extra sericeis, perigonii lobis ovato-acutis bracteis subaequan-
tibus. Ciò peraltro non mi conduce a dire del valore di specie o va- :
rietà morfologico-geografica intorno alla pianta che cresce fra Omer. ;
e Lakkous: questo si potrà ricavare dall’esame più profondo delle va-
rietà spagnuole, italiane e sicule della Th. Tartonraira.
« Sanamunda argentea angustifolia » è il nome che Barrelier diede
alla sua pianta figurata nella tavola 222 delle sue « Icones »: la figura
è identica ai miei esemplari.
"i
186. Passerina hirsuta L. Sp. pl. pag. 559. ; i
In sabulosis maritimis ad Platanià et sub Galata distr. Khaniotika
Num. collect. 42.
b
187. Laurus nobilis L. Sp. pl. pag. 529; var. s floribunda Mei < È
in DC. Prodr. XV, pag. 233. ;
In dumetis ad rivulos infra Gonià et Roustika distr. Rothymaiotika! | |
Num. collect. 167.
188. Osyris alba L. Sp. pl. pag. 1450. i 2
In dumetis sub pago Kambous distr. Khaniotika! Num. collect.
189. Thesium Lun Zuccar. PI, nov. fasc. II, pag. 16 et Boiss.
istr.
In saxosis subalpinis m. Ida ad « mitato » supra Phourphouras ve
Non è solamente una buona varietà del Th. humile Vahl?
RISULTATI BOTANICI DEL viagaio co
190. Aristolochia sempervirens ei m pl. pag. 1363.
In umbrosis ad Roumata distr. Kisamos! Num. collect. 41.
= Ducharire in DC. Prodr. XV, I, p: 459 scrisse: « Haec species licet
vegetatione, caulis et foliorum proportione et forma ab A. altissima
Desf. certe distincta, ci tamen fere omnibus aliis characteribus adeo
affinis est ut alterutrius specimina exsiccata saepe vix discerni queant.
Inde in herbariis ambos species plerumque confusas vidi. » È lecito
# però ritenere morfologicamente distinte le due specie anche in riguardo
agli organi di vegetazione? Io non sarei per erederlo. Premetto che
perfettamente esangolari e scandenti; le foglie hanno la medesima su-
perficie, dimensione, proporzione, marginatura, nervatura; i picciuoli
| pure presentansi identici; i peduncoli florali sono appena più lunghi
nell’ A. altissima: nel resto esiste la più forte identità. Questa osserva-
| zione che sono costretto di fare è originata dalla incompleta ed erronea
descrizione che trovo sull A. sempervirens in Duch. l. e. e Boiss. FI. or.
IV, pag. 1075. Ho studiato questa pianta « in situ » su centinaia di esem-
plari vivi e secchi e non ho trovato che leggerissime divergenze incon-
| gruenti fra essa e la pianta di Desfontaine. Secondo me lA. altissima
ha preferenza tipica sull’A. sempervirens che io ritengo ottima forma-
zione geografica dipendente dalla prima.
La capsula dell'A. sempervirens è oblungo clavata, FA precisa
A alla Poma dell’ A. altissima.
191. Lavia Peplis L. Amoen. acad. III, pag. 113.
In sabulosis maritimis ad Stavromenos distr. Rethymniotika! Num.
ser. I, IV, pag. 86.
— Giustissima k osservazione di Lana sd or. AV pag: 1105: « ou
~ TA. altissima ha cauli più robusti dell’ A. sempervirens, ma essi sono
peraltro legnosi in basso in ambedue le ritenute specie, di più sono
In rupestribus montanis ad Omalò distr. Khaniotika! Nu, collect. 96. È
a
193. ia tinctoria A. Juss.; var. y genuina Mull.
Prodr. XV, II, pag. 749.
= a ad Vamos distr. RT Num. collect. 141.
x 194. pa ilephioides L. Sa pl. pag. 1014.
In lapidosis mobilibus trae pene m. Gigilos Volakià ad aquam Hel
Jinoseli vel Linoseli distr. Sphakià! Num. collect. 97. G
a. Celtis australis: L. Sp. ji- pag. 1478.
3 ‘Ad marginés viarum Pn cane distr.
collect, 168.
196. Planera Abelicea Roem. et Sch. Syst. veg. VI, pag. 304.
| “he dumetis supra Omalò versus Volakià distr. Khaniotika! ét?
de ad « mitato » supra Madaròs i in m. Haghion Pneuma (sprona) N
Meier 143.
108: Zelkova crenata a fit cretica RL Fa pag. 358; e)
Aa Boiss. FL or. DE Pag 159.
19. Gua sessiliflors Sm. var. lanuginosa È A. DC. LEE
IL, pag. 10.
- In dumetis ad se distr. Kisamos! Num. collect 43.
Fu alla renom forma.
199. eroi sbotte L Sp. pl. pag. 1413; var. genuina ue:
FI. or. IV, pag. 1169.
In dumetis ad Monastir Asomatos distr. Amari! Num. collect. 192.
Coll esame di questi esemplari riesce un’altra volta giusta l’ osserva-
_ zione che io ho pubblicato nella Malpighia, 1894, pag. 296. |
200. Quercus coccifera L. var. calliprinos Boiss. FL or. IV, p. 1169.
Sparsim, sed rara. ad Vamos distr. Apokorona! et ad pagum Kambous
distr. Khaniotika! Num. collect. 144 et 145. o.
4 Gli esemplari al N. 144 tendono alla varietà ñ rigida A. DC. Prodr. 359
XVI, II, pag. 56. Ambedue i numeri sono rappresentati da rami tolti
da alberi grandi o giganti. Il N: 145 ha foglie piane o leggermente on-
| dulate, un po’ tomentose di sotto, denticulate e squame poco ricurve. Rap-
| presenta una buona varietà biologica: la Q. coccifera tipo, da semplice.
‘arbusto a rami intricati e foglie spinose, diventando albero (var. calli- du
| prinos ad es.) perde la difesa nelle pungenti dentature fogliari e appen- A
dici fruttifere.
201. Quérèus Sp. (pro Q. cretica mihi distributa). Re
Ad pagum Kanavas sub m. Haghios Ilias distr. Kisamos! Num. collect. 44. | :
Io mi trovo molto risertato dinanzi a questi esemplari, principalmente
E à cagione del frutto appena iniziato e per nulla istruttivo. Mi rimetto
| perciò a quanto mi ha gentilmente ‘comunicato l amico Degen. In
_ complesso il N. 44 appartiene senza errore alla 9 Cerris L. (sensu
ampliori), ma le sue foglie non corrispondono con! quelle delle piante i
‘ungheresi (e neppure delle piante italiane) essendo pubescenti tanto nella È
vige inferiore che nella superiore e avendo i lobi aristati. Secondo r i
; ‘lavoro di Kotschy, Eichen ece. tab. 7, la pianta cretese andrebbe a riu- :
_nirsi alla Q. Vallonea Kotschy- Da essa allontanasi nn poco per le foglie E
- cuneate o rotondato-cuneate, non cordate alla base, ‘colle nervature ar-
cuate, coi lobi più lungamente aristati. Un esemplare di Q. Valtonea del
Bulzar-dagh (leg. Kotschy sub N. T? ha la ERTA foia delle fogl
cuneate alla base. os DR
DONE: osservazioni di Degon sono di indubiiato ue per nt
À. BALDACCI
Sn foglia: ma io non posso consentire che soltanto dall’ esame del
foglie, variabilissime oltre misura nelle Quercie, si debba giungere all
determinazione di un dato tipo, nonchè di una data forma. Fra le altre
cose giova notare che i rametti della Quercia in questione vennero tolti
“da un albero enorme isolato e forse (!) introdotto, coltivato presso le
case del villaggio montano di Kanavas. L’albero in parola non aveva |
l'aspetto di nessuna Q. Aegilops L. o Q. Vallonea e forme affini da me
finora incontrate in numero grandissimo nel Levante.
Quercus Aegilops L. Sp. pl. pag. 1414; var. macrolepis |
Kotschy cfr. Boiss. Fl. or. IV, pag. 1171.
Ad Khanià, rare! et ad Armenous distr. Rethymniotika, vulgatissima!
Num. collect. 146 et 193. i |
La Vallonea e sue varietà è coltivata almeno fino a prova in con-
trario, in particolar modo nei distretti di Selinon, Khanià e Rethym-
niotika, I miei esemplari hanno le foglie tomentose in ambedue le pagine.
203. Tulipa eretica Boiss. et Heldr. Diagn. ser. I, XIII, pag. 19»
FI. or. V, pag. 200; Raulin Crète, tab. 18.
In alpestribus m. Gigilos Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 243.
Nei monti di Sphakià è rara e vive isolata. |
La T. saxatilis Sieber in exs. fu da me notata (caule elato... capsula
cylindrico-trigona) copiosa nelle rupi circostanti alla grotta di « Joannes
o kaîmenos » al Capo Maleka. I semi riportati e dati all’ amico Mattei
non germinarono nel bolognese.
204. Puschkinia scilloides Sieb. Reise Kreta tab. 7. +
Ad nives I. d. Milé et alibi per m. Haghion Pneuma (sprona)
Num. collect. 149,
Sinonimi: Hyacinthus nanus Roem. et Sch. Syst. VII, pag. 581. = Chi
_ nodoxa nana Boiss. Diagn. ser. I, XIII, pag. 24. La sua stazione |
diletta è nei margini dei nevai. so
RISULTATI BOTANICI DEL VIAGGIO COMPIUTO IN CRETA NEL 1896 393
205. Allium rubrovittatum Boiss. et Heldr. Diagn. Ser. I, XIII,
pag. 29; FI. or. V, pag. 234.
In aridissimis ad Plakoures (Akrothiri) distr. Khaniotika ! Num. col-
lect. 45.
206. Allium staticiforme Sibth. et Sm. FI. gr. IV, tab. 320; Boiss.
FL or. V, pag. 252.
Secus viam Kavousi-Asomatos, ad fontem, distr. Amari! Num, collect.
195. Nuova per l’Isola di Creta.
207. Asphodeline liburnica Scop. Carn. I, pag. 245, tab. 12, sub
Asphodelo. :
In saxosis m. Haghios Ilias distr. Kisamos! Num. collect. 150.
208. Juneus glaueus Ehrh. Beitr. VI, pag. 83.
In paludosis ad Alikianou distr. Khaniotika! Num. collect. 98. Finora
non citato per Greta.
209. Cyperus distachyus All. Auct. 48, tab. 2, fig. 5,
In paludosis ad rivulum Psathì infra Haghia Marina et Platanià distr.
Khaniotika! Num. collect. 47. Nuova per l’ Isola di Creta.
210. Scirpus littoralis Schrad. Germ. I, pag. 142, tab. 5, fig. 7.
In humidis L d. Stavromenos distr. Rethymniotika! Num. col-
lect. 169.
È da ritenersi specie o forma immediatamente dipendente dal S. la-
custris L.
211. Panicum sanguinale L. Sp. pl. pag. 84.
In humidis 1. d. Stavromenos distr. Rethymniotika! Num. collect. 171.
212. Andropogon pubescens Vis. Fl. dalm. pag. 52, tab. 2.
In peninsula Akrothiri distr. Khaniotika ! Num. collect. 48.
n 213. Phalaris nodosa L. Syst. Ed. 13.* pag. 68. gi
| Ad margines agrorum prope Omalò distr. Khaniotika! Num. collect. 99
| 214. Stipa tortilis Desf. FI. atl. I, pag. 99, tab. 31. A
In ya rivulo Platanià sub Alikianou distr. Khaniotika! AI
a 215 Arundo Pliniana Turr. Fl. ital. prodr. I, pag. 63 ex Boiss.
Sub pagis Kapidianà et Roussospiti distr. csi Num. col je :
SNL i
Determinazione dubbiosa Dhs gli esemplari al numero ati
‘oltre a mancare di fiori sviluppati, sono di estrema robustezza, del por-
È tamento dell'A. Donas L. coltivata. Sta perd in favore dell'A. Pliniana
il carattere della pannocchia stretta e bislunga e le spighette con uno
o due fiori al più. Questa specie non venne ancora trovata in Crota
benchè frequente in tutto il dominio mediterraneo.
216. Lolium rigidum Gaud. Helv. I, pag. 355.
da muris ad ecclesiam pagi Topolia distr. Kisamos! Num. dai n
. Nuovo per l’Isola di Creta.
RIT: a caudata L. Sp. pl. p pag. 1489.
In cultis et herbidis ad- Plakoures (Akrothiri) distr. Khanio
Num. collect. 50. a
218. Ephedra campylopoda C. A. M. Eph. pag. 73, tab. 2.
In rupestribus m. ce pagum Phourphouras distr. Amari! N N |
collect. Ma o | Di i;
| 219. Paa kodlopenals Mill Dict. N. 8
= insula Gaudhos logit el. amicus. Dr. V. Simonelli.
In silvis decl. m. Ida supra pagum Pharma distr. Anse Pris ma
collect. 194. i i La
221. Juniperus macrocarpa Sibth. et Sm. FI. gr. II, pag. 263.
In insula Gaudhos legit cl. amicus Dr. V. Simonelli !
222. Cupressus sempervirens L. Sp. pl. pag. 1421.
Constituit silvas per m. Volakià distr. Sphakià! Num. collect. 148.
I monti di Sphakià, sopra il limite dei dumeti montani, abbondano
à questa specie fino a 1600 m. circa.
223. Osmunda regalis L. Sp. pl. pag. 1522. Te
In humidis ad fontem Kapidianà distr. PAR Num. col .
_ lect. 173. ;
224. Athyrium Filix-foemina L. Sp. pl. pag. 1551, sub Polypodio.
In humidis ad fontem Kapidianà distr. Rethymniotika ! Num. col-
lect. 172.
225, Aspidium aculeatum L. Sp. pl. pag. 1562. pub Polypodio.
In humidis alpinis ad Milé sub Haghion Pneuma ssi Sine
numero in schedulis distribnta.
R. Istituto botanico dell’ e di Bologna, 28 Dicembre 1894.
LUCIO GABELLI
Considerazioni sulla nervazione fogliare parallela
per Lucio GABELLI
Di grande importanza per la botanica sistematica e per la paleofitologia
è lo studio della nervazione fogliare. Linneo nella sua Philosophia bo- a 3
tanica A ie ina a paragrafo 277 così ne parla: « Folia ele-
= differentias exhibent Nulla pars in planta i À À
oo
« existit, quae magis plantae fanion, quam ipsa folia, diversam reddunt, 3
« nec est pars plantae ulla, quae tam varias subit species, ac folia;.hine
« assevero, quod a foliis desumptae differentiae, sint et facillimae, et evi- to ;
ci
« dentissimae, et copiosissimae, et certissimae: imo tanta in his latet diver-
« sitas, ut non modo audeam statuere, quod maxima pars specierum solis -`
aa ENA A ee
« foliis distingui possit, sed et ferme persuasus sum, quod omnes herbae
« et arbores, et filices, et musci, et lichenes possent solis foliis, si accu
« ratius institueretur examen, dividi, exceptis "forte ab his solis Culmi-
« feris ». Ma sebbene l’importanza di tal carattere sia stata, come ve-
desi, da molto tempo segnalata, pure dello studio di esso non molti in-
sino ad ora si sono occupati, nè molto ampie e profonde furono le loro
ricerche, almeno relativamente alla vastità ed importanza del soggetto.
1 tipi fondamentali di nervazione fogliare vedonsi infatti molto vaghi
e fondati sopra osservazioni troppo superficiali, non solo nei trattati ge-
nerali e nelle opere sistematiche, ma bensì nelle opere di quegli autori
che espressamente se ne occuparono.
L’indole della presente nota non mi permette di passare in rivista,
non dico i trattatisti ed i sistematici, ma neppure i pochi scrittori che
si sono occupati ex professo della nervazione fogliare; solamente d
un breve e rapido sguardo alla classica opera di Luigi Pokorny « Plan: tu
tae lignosae Imperii Austriaci, Vienna 1864 » che per la diligenza delle
osservazioni e per le numerosissime e bellissime figure MIEI z
r adornano merita giustamente le più ampie lodi.
ps CONSIDERAZIONI SULLA NERVAZIONE net PARALLELA 9307
L’ autore a pag. 432 classifica e riassume in vari tipi di nervazione
boire in uno schema che qui trascrivo:
FOGLIE
SARO Es plico
ERE Penninervie Palminervie
i E
Senza reticolo Con reticolo Senza retico Con reticolo
fogliare evidente fogliare evidente giare evidente fogliare, evidente
1. Uninervie 4. Arcunervie 6. Parallelinervie 8. Sainnerts
2. RER a. Acronervie 7. Curvinervie a. R. acrodrome
à 3. Disnervie b. Arcunervie pro- b. R. laqueoformi
e priamente dette e. R. cheilodrome
La ie
d: Retinervie
5. Marginervie
Non intendo esporre qui un’intera e dettagliata critica di questo schema,
mi limito a constatarne alcune mende a sostegno di ciò che sopra ho
asserito, che cioè i tipi di nervazione fogliare finora in uso sono troppo
fi superficialmente definiti da caratteri molto influenzati dalla vita fisio-
f E logica e di relazione coll’ambiente, mentre dovrebbero esserne il più pos-
sibile indipendenti, e per quanto ne è dato prettamente morfologici. Mi
fermerò poi alcun poco sulla nervazione parallela il cui studio forma il
precipuo oggetto di questa nota.
Rilevo anzitutto un’inesattezza nel ritenere collaterali i tipi penni-
nervio e palminervio. Non moltissime sono le specie veramente palmi-
nervie; esiste spessissimo un nervo mediano più grosso; tra esse e le
vere penninervie esistono numerosissimi termini di transizione entro i
confini di una stessa famiglia, di uno stesso genere ed anche di una
stessa specie e nello stesso individuo. È da ritenersi che il tipo palmi-
nervio derivi dal penninervio mediante un accorciamento nei tratti della
rachide mediana che intercedevano tra i vari nervi secondari. |
Non troppo conforme al vero parmi ancora il collocare sotto il tipo |
| penninervio la nervazione uninervia : il ramificarsi oppure no è carattere
vata da un solo o da più nervi tra loro indipendenti: sì Puno che gli
altri potranno diramarsi secondo il tipo pennato o palmato, ma tale ca-
| rattere sarà sempre necessariamente subordinato al primo, non questo a
quello. Ma su ciò ritornerò in seguito.
di importanza minore relativamente all’altro dell’ essere la foglia inner
con (dimo i nel glo; Tali fasci potranno poi essere o no none
ti mant pu aa re: ren oppure no: RO
ton tale nervazione déve theséntare A disposizione che schomaticnmigità
qui rappresento: III Tale è, a mio avviso, la nervazione delle de -
bi
a esempio: non è però, molto Fous
uu ed ce amante la nervazione parallela Fais: definita oa
| frase: a nervi paralleli; che mentre sembra matematicamente esatta è +
solo grossamente superficiale. E invero suppongasi (e che ciò realmente
accada vedrassi tra poco) che una foglia a nervatura palmata, pennata |
od altra debba subire uno stiramento, debba allungarsi: é chiaro ebo
| i fasci libro-legnosi per innervare la parte nuova apicale dovranno cre-
il Get touran allungami. e mentre rimane costante la lar-
a che prima erano. Se però in causa dell’ dii del le
fogliare la nervatura si deve modificare diventando parallela, non però
totalmente sarà mascherata la vera natura della nervazione stessa. 410
o ben di rado potrà accadere e la vera e primitiva nervazione, il vero
4°
ipo Cla nella; gran enne dei casi verrà meet
Aa
se questa deriva dalla penninervia, il nervo mediano
mentre nella falsa,
o principale rimarrà più grosso, mentre i secondari, lateralmente accom-
pagnandolo, uguali fra di loro, differiranno da esso per la loro minor
grossezza. Nel caso della nervazione palmata poi che supponesi in se-
guito a cause biologiche modificarsi in falsa parallela, dovranno esistere
come in quella derivata dalla pennata, due sorta di nervi diversamente
grossi corrispondenti ai nervi principali, ed ai nervi secondari; colla
differenza che mentre nella pennata uno solo è più degli altri grosso ,
nella palmata invece molti saranno tali, perchè vari sono i rami pri-
mari. In questa ‘potrà poi esservi o no un nervo principale più g grosso
come appunto accade nella nervazione palmata tipica che ora possiede
nervi principali uguali, ora ne presenta ancora uno più grosso mediano. —
Da un frammento trasverso di foglia potrà quindi decidersi se si tratta
di nervatura parallela vera o di nervatura parallela derivata dalla pen- i
nata o dalla palmata, avendosi nel primo caso la seguente disposizione.
‘ schematica: ||||||]; nel secondo: ||: nel terzo: [HIM 7
Le ragioni biologiche causanti e determinanti I allungamento fogliare
. cioè la foglia nastriforme sono svariate: a due principalissime credo bene í |
accennare. La vita nelle acque correnti, impedendo per il continuo at-
trito l'accrescimento nei margini laterali della foglia, mentre l'apice ne
. rimane libero nel tempo stesso che in tale ambiente foglie allungate
difficilmente verranno strappate dall'acqua, ne è una causa: la luce ne è
l’altra, giacchè in un prato, dove vivono pigiate a milioni le piante cui.
tutte abbisogna luce, sia colla produzione di un picciuolo che coll’allun-
gamento del lembo, potranno adattarsi a tale ambiente. Un certo rapporto.
‘cogli animali pascolanti è à innegabile, dando le vai nastriformi minor
| presa al dente degli erbivori. si
| Vista la possibilità dell’esistenza di una vera nervatura parallela di
di una falsa nervatura parallela causata da ragioni biologiche, mi resta
niera di nervazione, che solo biologicamente è confondibile colla prima
Le. Monocotiledoni si prestano : molto bene a tale studio ed in modo
i peciale le G raminacee. Queste infatti hanno lunghe foglie nastriformi
cui nerv zione consiste in un certo. numero di fasci primarii in
numero dispari, di cui uno mediano generalmente più forte, separati.
Puno dall’altro da vari secondari di molto minore sviluppo. Anastomosi
di rado (Bambusa ete.) ben visibili senza l’aiuto di adatte preparazioni,
uniscono ad angolo retto in generale questi diversi fasci. In molte Gra-
minacee è bene evidente l'inserzione di alcuni nervi sul mediano special-
|. mente verso la base del lembo in prossimità della ligula. È evidente che
si tratta di una falsa nervazione parallela e che la nervazione vera delle.
Graminacee è la palmata. Si potrebbe obbiettare contro tale interpre-
tazione che la nervatura parallela falsa ha due sorta di nervi, si può |
ugualmente bene spiegare con possibili adattamenti biologici; e invero
nelle Graminacee le foglie si accartocciano per impedire l'eccessiva tra- |
spirazione, in varie maniere secondo i generi; e taluno potrebbe sospet- È
tare che la varia grossezza dei fasci servisse a facilitare tale accartoe- +
ciamento. Io però non credo che ciò possa essere; aleune piante che non
ripiegano le loro foglie hanno però nulladimeno tale disposizione di fasci
libro-legnosi come, ad esempio, il Gladiolus; e d’altra parte l’accartoc-
ciamento avviene ancora in foglie a tutt’altra nervazione, come in certe
dicotiledoni. Nelle Graminacee poi varia secondo i generi e le specie
il numero dei fasci primari e quello dei secondari e la forma quadrata
o rettangolare o altrimenti, delle maglie anastomotiche; e questi carat-
teri unitamente a quello della superficie fogliare e del suo colore, dietro
Mie osservazioni credo sufficientissimi per la determinazione specifica
delle Graminacee, per cui svanisce il dubbio dal Linneo espresso nel
+ passo citato al principio di questa nota colla frase « eæceptis forte ab his.
solis Culmiferis » dalla quale però si ricava che il grande botanico non —
disperava affatto d’ ottenere in seguito a studi speciali tale risultato,
avendovi aggiunto la parola « forte ». È vero ancora che la nervazione }
delle Graminacee varia secondo l’ambiente; ma certo molto si può fare |
“con uno studio accurato di un materiale molto ampio. Altre monocoti- |
ledoni a foglie nastriformi distinguonsi bene da soli frammenti, tra cui.
_ à notarsi che le piante acquatiche a foglie nastriformi possiedono lar-
| ghe maglie anastomotiche rettangolari. Lo Pa
-~ Avendo interpretato in una maniera differente dalla usata general-
| mente (seppure si dà interpretazione o non piuttosto si espone semplice-
«gi
mente il fatto delle nervature “Rrillà la nervazione delle Graminacse,
vediamo se le affinità di tal famiglia, che è una delle più naturali, fos-
sero alcun poco rischiarate.
È noto che il tipo di nervazione fogliare si mantiene molto costante
anche in ordini interi nelle Dicotiledoni. Bisogna dunque vedere se tra
- le Monocotiledoni a nervatura palmata vi sia qualche famiglia che mostri
anche per altri caratteri d'essere molto affine alle Graminacee. Una fa-
‘miglia Monocotiledone palminervia per eccellenza è quella delle Palme.
Orbene un organo importante e non certo frequente, la ligula fogliare,
si osserva, strana coincidenza, sì nelle Graminacee che nelle Palme. Di
più le infiorescenze delle Lepidocaryee segnatamente per essere distiche
ed a fiori muniti di brattea bicarenata (Ph. Van Tieghem Traité de
botanique, Parte II, pag. 1505 « Par: leur inflorescence distique et leurs
fleurs munies d'une bractée adossée bicarénée, les Lepidocaryées et no-
tamment les Raphiées rappellent les Graminées), molto rassomigliano
alle Graminacee in alcune delle quali esistono ancora i 6 stami tipici
delle Palme. Inoltre se si osservino le giovani piantine di certi generi
di Palme, si vedono le loro foglie perfettamente identiche a quelle delle
Graminacee giacchè, esse sono molto allungate e strette e i nervi pa-
ralleli e non divaricati e di due grossezze tra loro subordinate, come
nelle Graminacee. Vi sono dunque buoni caratteri che permettono di
constatare una reale affinità tra le Palme e le Graminacee, le quali à
torto sono state sino ad ora riunite dietro caratteri più che altro bio-
logici colle Ciperacee.
Vari autori hanno osservato che fondamentalmente le due famiglie
sono in realtà molto poco affini: mi basti il citare il Van Tieghem
che nel suo trattato 2.* edizione a p. 1488 così ne parla: « Les Cypé-
« racées se rapprochent beaucoup des Graminées, tant par la confor-
mation de l’appareil végétatif que par l'organisation florale. Elles en
diffèrent pourtant très nettement par leur tige aérienne sans noeuds
et souvent anguleuse, la disposition tristique des feuilles, la concre-
scence en tube des gaines foliaires, le développement de bractées
mères sous les épillets et de préfeuilles à leurs bases, l'absence de
bractée adossée sur le ramuscule floral, les anthères basifixes, la
queste debbano aver valore in sistematica. E nemmeno le Ciperacee sono
sa ione squali nei parattori biologici, giacchè Serie ancora ga
CR
T
ai a: pure è ni iore la somiglianza colle Graminacee. È :
chiaro dunque che ben pochi sono i legami di vera affinità con le Ci-
peracee, ed è da ritenersi che le Graminacee siano Palme trasformate
dalla stazione rispetto all’apparato vegetativo e dall’ anemofilia rispetto
al riproduttivo. SE
Non tutte le Palme però sono palmate: 130 specie distribuite in 27
generi di 2 tribù e di una sotto-tribù sono tali, mentre 970 specie, 105
generi, 3 tribù, 2 sotto-tribù sono pennate, donde rilevasi un rapporto
di panna tra le Graminacee e le degl in modo’che da una pr
e tant in società numerosissime non hanno spazio per seni
senza regnare a a le loro foglie, che danni ue anche
à Marilaun nella Vita delle Piante V, mette le Graminacee tra le Pi
e le Ciperacee, intravedendo con ciò la vera affinità di esse.
Li esposta interpretazione della apparente nervazione parallela. rich
| derebbe una revisione di tutte le famiglie Monocotiledoni e sollever
ardue questioni sull’affinità reale di esse. Non ho materiale per
per ora tale quistione, solo attenendomi alla nervazione palmata
che mentre le Gigliacee sono penninervie, i Gladiolus almeno so
| mati ed è a notarsi che tali piante appartengono alla tribù delle
rx a Ve: Fe da si ; sia PA s poi eni y
EEEN EN- S 7 ; LAO DOS a IA re ÿ DE
CONSIDERAZIONI SULLA NERVAZIONE FOGLIARE PARALLELA
à ‘che hanno la spata uniflora, nella nervazione molto simile alla gluma i
- delle Graminacee (Bentham et Hooker Genera Plantarum vol. II, pars
II, pag. 1075) per cui la serie di famiglie che si predica tanto naturale
e che dalle Gigliacee conduce alle Orchidee sarebbe semplicemente do-
vuta a circostanze biologiche, come nelle Dicotiledoni, le Monoclamidi. DI
Certo che la sistematica delle Monocotiledoni è stata sinora influen- TA
` zata molto da caratteri biologici e richiede quindi un grande rimaneg- |
giamento. =
Che la nervatura parallela non fosse un tipo a sè, lo ha intraveduto 3
anche il Pokorny: esso però, come vedesi nel suo schema già sopra ci-
tato, crede che tutte le parallele sieno derivate dalle palmate, e questo
non è esatto: non tutte le nervazioni parallele sono apparenti, e tra
queste non tutte derivano dalle palmate come io ho mostrato. Questo
però mostra come anche il Pokorny abbia conosciuto esser tale tipo ben ci
poco solidamente basato e chiaramente definito. mi a
Da tutto quanto ho sopra esposto sono indotto a credere che una a
buona classificazione delle nervazioni fogliari dovrebbe essere fondata
anzitutto nel numero dei fasci indipendenti che si recano ad innervare e
la foglia: in secondo luogo sopra i tipi di ramificazione che sono es-
senzialmente due, cioè il pennato (il palmato non ne è che una forma
più complicata) ed il dicotomo. Bisognerebbe poi distinguere i veri tipi
di nervazione dalle apparenti disposizioni dovute a cause biologiche. Ciò
| fatto sono pienamente persuaso che la nervazione darebbe buonissimi ri-
= sultati presa come carattere sistematico, e servirebbe a scoprire le reali
affinità delle piante, ciò è naturale, dipendendo la nervazione da di-
sposizioni tectologiche della pianta, cioè da caratteri fondamentali sui
quali ben poca influenza hanno avuto le condizioni di vita. Sono pure
pienamente persuaso dietro lo osservazioni fatte, che anche le Grami-
nacee e le altre piante a foglie graminoidi possano da soli frammenti
di foglie distinguersi specificamente, ciò che riuscirebbe di molta utilità
al botanico e specialmente al paleofitologo. Per giungere per altro a tali
risultati di evidente importanza è necessario uno studio aceurato e molto
vasto, che io ho potuto appena iniziare.
Nella presente nota mi lusingo d'aver mostrato a sufficienza il bisogno
24. Malpighia anno IX, vol. IX.
di tali RAA sinora troppo trascurate ed in pari tempo la duplie
_ grande importanza nelle ricerche delle reali affinità delle piante e
diagnostica delle specie.
Bologna, 15 Aprile 1895.
Ulteriori note sopra alcune piante di Sardegna
per il Dott. L. Nicotra.
Fatta la rassegna delle novità notabili per la flora delle Monocot
= ledoni e delle Crittogame vascolari delle vicinanze di Sassari, passo qui >
a rassegnare le novità che riguardano la flora delle Dicotiledoni. Per
questa seconda parte, come già dissi nella prima, mi sarà agevolissimo.
lo scartare le specie, che, essendo comuni, non han ragione di comparire.
in questa rassegna. E la facilità deriva dalla guida sicura del Moris,
cui io seguo, pur tenendo conto delle addizioni procurate dalle ricerche
dei botanici posteriori. Ecco l’elenco delle specie nuove per la detta lo-
calità, insieme a quelle che m'hanno offerto occasione di qualche. (08
servazione fitografica. 2
Clematis Flammula L.
Oss. Presenta talora le fogliole sublobate.
Papaver usar Mor.
saggi verso la normale.
Chelidonium majus L. — Sassari.
Fumaria capreolata L. Dintorni di Sassari, comunissima (1).
CI
| OI Le fumarie et essendo state, per le osservazioni di Haussknecht, en
F rate secondo il nuovo sistema, ho lasciato un momento di segui ire il Moris
questo genere, pee ciò che songe ancora dalle mie osservazioni. 1
però di riferire qui ciò che ho notare intorno a certe forme più 0
importanti, com’ è quella sica aaa
; arco Pizzorno, mio assistente; € attento. per | presentarlo, migliore © ;
CE materiale che mi abiliti a portare un Contributo alla storia delle fu marie
liane
- Fumaria officinalis L. Id.
» media Lois. Id.
Oss. Occorre talora coi frutti sparsi di macchioline nerastre.
Fnmaria parviflora Lk. Dintorni di Sassari.
Cheiranthus Cheiri L. Sassari sui vecchi muri.
i Oss. Occorre talora con fiori bianchi.
Matthiola incana R. Br. Scala di Cioca, Sassari sui vecchi muri.
Diplotaxis viminea DC. var. integrifolia Gss. Sassari.
Oss. Questa varietà è nuova per la Sardegna.
Helianthemum ericoides Gss. Sassari.
» glutinosum P. Filigheddu, Baddimanna, Scala di cissi
; Taniga.
» » inflatum Parl. Baddimanna.
Dianthus velutinus Gss.
di Cioca.
Silene hispida Dsf. S. Anatolia.
Spergularia heterosperma (Gss.) S. Martino.
Oss. Differisce alquanto dagli esemplari che ho raccolto in Sicilia,
per essere glabra alla base, e per aver meno grandi le corolle.
Arenaria tenuifolia L. var. viscidula Moris, Sassari.
» serpyllifolia L. Alghero.
Lavatera trimestris L. Alghero.
Oxalis cernua Thnb. Sassari, Logulentu.
Oss. Ho visto, come in Sicilia anche la var. flore pleno.
Ononis serrata Forsk. Baddimanna.
» inaequalifolia DC. Baddimanna, Mulino a vento.
: limportanza di caratteri più salienti. Pure, io seguo il suo esempio,
; perchè botanici che dopo il Moris hanno studiato la Sardegna, manten-
* id benissimo la forma che Moris ha SE con la ramosissima o
gono l’autonomia di tale specie, e fanno avvertire una necessità di pre-
Oss. Si presenta anche una forma diana floribus magis congestis. p p
Saponaria officinalis L. Abbondantissima presso le sponde del rio di Scala
. Oss. Mi sorprende come il Bertoloni abbia creduto questa una buona si
È Specie fondandosi sopra caratteri così lievi, mentre egli suole trascurare
ru nelli sol di Sicilia, e che presenta delle variazioni, differi
SRNE ah naequalifolia (che è da nena alla BAR per tutto
pei semi più grandi, ecc.
Anthyllis Vulneraria L. var. rubriflora, Sassari.
- Medicago lupulina L. var. Willdenowii. Baddimanna, Rizzeddu.
>» folium phleoides Pourr. Sassari. Î
> incarnatum DC.
Oss. Talora ha il calice quasi glabro.
Vicia peregrina L. Sassari.
Lathyrus sylvestris L. Sassari, Portotorres.
o subculto.
= Peo ae Savi. Baddimanna.
1e reca per la Sardegna data
Lythrum bibracteatum Salzm. Sassari.
ji Hs spocie è dana da Moris come sinonimo dal la
| Sarebbe dune : de assim | un "altra: e alle sardoe, 2e o ;
insigne varietà del Lythrum linneano. | E:
Se
Ftp 4 5 F4 ga DA sa a Je F È si ; t si Fi sa R i ) SA y
3 antenne. vita i Te DOME ONE e o
on tricuspidatum L. Baddimanna, fra Sassari ed Osilo. “o:
Aegomarathrum siculum Lnk. Alghero.
| Lonicera implexa Ait.
3 Oss. Varia per offrire talora delle foglie anguste.
. Nardosmia fragrans Rchb. Sassari ad Acqua chiara.
en germanica L. a
Oss. Gli esemplari da me visti si rapporterebbero più conveniente-
lis alla pyramidata. Ad Alghero ne ho raccolto di veramente ca-
_ratteristici : rendevano una forma cespitosa, piuttosto decumbente, con
le calatidi più ricche di tomento nr con rami numerosi e nu
merosi capolini.
Senecio delphinifolius Vahl. Comune ovunque.
Calendula arvensis L.
| Oss. S'incontra, non raramente, la varietà crocea. `
ain giganteum Spr. Presso Sassari.
| Hedypnois rhagadioloides Wld.
Oss. Ad Alghero mi si son presentati esemplari che rendevano pro-
| priamente la H. mauritanica, identica a quella che occorre di frequente.
in Sicilia. Ha dei peli semplici solamente, talora solo calatidi depa- ce
perate, tal’altra volta è di statura gracile, e finalmente ramosissima e
provvista di foglie. integre. Varia anche per la vestitura dei filli anto-
diali.
Xanthium strumarium i Senin. +
|. Oss. È sorprendente che il Moris non rechi questo genere per la Sar- ;
ne, indicato da Gennari (ma non pel Sassarese) e da Reverchon
(senza precisa località).
Campanula Erinus L.
ʻi Oss. e è la var. orius albis.
sa + Occorre con le corolle intoramonte bianche. x
“L. NICOTRA
| Symphytum officinale L. Sassari.
` Scrophularia auriculata L. Alghero.
| Orobanche crinita Viv. Baddimanna.
Micromeria graeca Bnth.
Oss. Occorre con le foglie dentate alla base.
| Salvia Sclarea L. Nella strada fra Sassari ed Osilo.
Rosmarinus officinalis L. Sassari in varii luoghi.
Marrubium vulgare be dA Sa
| Oss. Si presenta talora vestito da tomento lanoso più abbondante, in 7
| guisa che le foglie giovani somigliano quelle del falso dittamo, come Di
_accade in Sicilia.
. Camphorosma monspeliaca L. Portotorres (copiosa!) “0
| Atriplex patula L. Di
| Oss. È notabile la varietà bracteis majoribus e l’altra bracteis inte-
gerrimis. Varia lo sviluppo delle eristule sulle brattee, diventano queste |
affatto lisce. |
Atriplex hastata L.
Oss. Talora offre un abito gracilescente, statura elongata, foglie sot-
tilissime, larghette, pochi frutti con brattee or sì or no cristulate (1)
| Crozophora tinctoria Adr. Juss. Portotorres. ;
;
Callitriche autumnalis L. Bonaria (800 m.).
Oss. Ho qualche dubbio, dacchè non ho trovato che organi di vege-
* tazione, Sarebbe una specie diversa dalle tre indicate da Moris. Evi-
dente mi riesce infatti che essa appartenga al gruppo delle Bendocal-
„litriche. È curioso intanto che Parlatore dice d’ aver avuto dal Moris
il C. autumnalis che non figura nella Flora sardoa. Essendo vero che
la forma linneana non esiste neanche nella penisola italiana, il nostro.
esemplare non sarà che la C. truncata Gss. o qualcosa di simile. as
| Data questa piccola serie di piante, e sottratta da essa quella parte
| che è stata ammessa solo per farvi. ‘qualche osservazione speciografica
1 | vedesi quale piccolo contributo di vere novità possa recarsi all'incremen
~ (') Ho consegnato nel Comentario diagnostico che va unito al mio Syllabus
‘delle piante vascolari siciliane, varie mie osservazioni su questo genere i
e son lieto nello persa che il Dott. Eugenio Baroni proponesi scriverne la
monografia,
-ULTERIORI
ma di 400 specie di dicotiledoni raccolte nel Sassarese, non ce nè che
- 50 circa, le quali porgano ragione d'esser indicate come scoperte in lo-
_calità nuove: cioè 1/, appena del totale sono in tal caso; mentre s'è
visto che ben 2/; di monocotiledoni e crittogame vascolari lo fossero.
i = E tengasi conto, che nella raccolta di quelle si sono trascurate le più
comuni, e che per converso non s'è trascurata alcuna specie nella rac-
colta di queste ultime. Ciò prova la perfezione maggiore delle nostre
notizie relative all’ubicazione delle dicotiledoni sardoe, come già ho af-
fermato nell’altra parte di queste Note, e la necessità che avremmo a
vedere pubblicato il manoscritto del Moris ancora inedito. Il quale dovrà
essere portato dal suo autore a buon punto, se davvero egli trovavasi
ultimamente a lavorare sulle Graminacee; poichè sappiamo che seguisse
il sistema Candolleano. Dissi parermi impossibile, che dal semplice do-
cumento delle collezioni morisiane noi assorgessimo con sicurtà e com-
pletezza alla notizia esatta della distribuzione dei monocotiledoni e delle
protallogame sardoe, e parermi anzi pericoloso lo affidarsi a questa sola
base (!).
- Se adunque quel manoscritto tratta tutte queste piante, è uopo che
qualche botanico, fornito dei mezzi opportuni, ristudii per questo ri-
guardo la Sardegna; vada esplorando, come ha fatto il Moris, il grado
di frequenza di esse, e ci dia un complemento della Flora sardoa, omo-
che è tanto necessario per le conclusioni statistiche e per l’idea gene-
rale della vegetazione dell’isola. È bensì vero, che, in massima, le piante
4° volume dell’opera del Prof. Parlatore col Moris non m'ha fornito a
questa regola che due o tre eccezioni; ma l affidarsi alle indicazioni
| troppo larghe (come pur devono d’ordinario essere) della Flora italiana
_ della stessa (!).
Sassari, Dicembre 1894.
| serupolosissima e preziosa del Barbey.
_ delle notizie topografiche, quando trattasi di dicotiledoni. Sopra una som-
geneo alla parte che già possediamo, e capace di fornire, comessa, quel
comuni in Italia sian comuni in Sardegna: il raffronto che è fatto del
non può condurre sempre a verità, nelle applicazioni fattene a una parte —
| (!) Ne ho recato la ragione, e ne son prova tanti luoghi dell’opera per altro
Re et ua
GINO POLLACCI |
Sulla ricerca microchimica del fosforo
per mezzo del Reattivo molibdico e cloruro stannoso
nelle cellule tanniche
Osservazioni del Dott. Gino POLLACCI.
* Bcorreido l’ultimo numero del Giornale La Malpighia (fase. IV,
VI, vol. IX), ho trovato nel lavoro sull’ in/ruttescenza dell Haro
dulcis del Dott. A. Fiori un paragrafo che mi riguarda e che qui ri-
porto.
binoso taniche: però mi aspettava una disillusione. Trattando delle
sezioni col reattivo molibdico, il contenuto delle cellule albuminoso-tan-
niche prende Nisers una colorazione brana o quasi nres che z con
prima del trattamento col cloruro stannoso, per orie il roattiv
molibdico in eccesso; trattando poi ie i des la tinta bruna
$ -um evidente colorazione azzurra indicante la presenza del fosforo; I
fibre legnose e quelle, del libro, conforme anche a ciò che ha osserva
il Pollacci, sono quelle che si colorano più intensamente. La colorazio
3, bruna che la sostanza albuminoso-tannica assume dietro trattamento col
SULLA RICERCA MICROCHIMICA DEL FOSFORO, ECC. ‘9e
cloruro stannoso non è invece facilmente spiegabile. Comunque avvenga,
ecco un caso ove il metodo Pollacci non è applicabile. »
Il Fiori dunque conferma i miei risultati con le ricerche microchi-
miche da lui fatte sull’infruttescenza dell’ Hovenia, nè poteva accadere
diversamente poichè la colorazione ottenuta col metodo da me proposto,
e ripetutamente esperimentato, trova il suo appoggio in proprietà chi-
miche generalmente accettate.
Nel campo zoologico questo metodo è stato pure già pienamente con-
fermato dall’Egregio Naturalista Dott, Raffaello Zoia, il quale operando
sopra colonie di Carchesium polypinum, dice di avere ottenuto con esso,
fino dal primo tentativo, « uno spiccatissimo risultato ripetutosi sempre
in parecchie prove colla stessa esattezza ('). »
Il Dott. Fiori cade però in manifesto errore quando afferma che il
metodo Follacc: non è applicabile alla ricerca del fosforo nell’apparee-
chio albuminoso-tannico ; poichè il color nero che si produce per il con-
tatto del reattivo melibdico con il tannino non autorizzava punto ad
una ‘simile conclusione, sapendosi dalla chimica che il tannino non si
oppone menomamente alla reazione dovuta al fosforo. Se il color néro
prodotto dal reattivo molibdico è scomparso intieramente, come il Fiori
dice, per l’aggiunta del cloruro stannoso, ciò vuol dire che l’ apparec-
chio albuminoso-tannico dal Fiori esaminato non conteneva porzione al-
cuna di fosforo; perchè se esso vi si fosse trovato, sarebbesi dileguato
il color nero dovuto al tannino, ma non quello azzurro cupo prove-
niente dal fosforo.
Il fosfo molibdato d'ammonio, ben lavato e separato dal reattivo mo-
libdico, non si colora in nero con l’ acido tannico e non è sciolto dal-
l’acqua nè dall’acido nitrico allungato e nemmeno dall’acido cloridrico
ancorchè concentrato; mentre la sostanza nera, cui il Dott. Fiori ha
dato sì immeritata importanza, sciogliesi e si dilegua a poco a poco
nell'acqua, sollecitamente poi in acqua acidulata con acido nitrico e
rapidamente infine con acido cloridrico; il cloruro stannoso altresì la
_ ( R. Zora, Zacolizzazione del spred nel Peduncolo delle Vorticelle. Bollettino
scientifico. Anno XVI, N. 4, pag. 108
GINO POLLACCI
hui. e ia A mentre il fosfomolibdato dà con esso cloruro
“È ricordato colore azzurro più o meno cupo, che è resistentissimo e per.
Lì mane dopo tutti i sopra riferiti trattamenti. Posso inoltre aggiunge
che il cloruro stannoso scioglie la detta materia nera in grazia dell
sua acidità, e cioè per l’acido cloridrico libero che sempre contiene. ;
Ma la presenza del tannino nelle sezioni da studiare, anzichè essere
un ostacolo all’applicazione del metodo su riferito, non fa che acere-
scerne il pregio svelando dapprima il tannino (dove RP à se ne
trova) e successivamente il fosforo.
SH Fiori, i insomma, per la sola apparizione del color nero, non doveri
; scrivere; «a ecco un caso ove il metodo Pollacci non è applicabile »
perocchè il mio metodo non può rivelare il fosforo negli organi che ne
a sono privi.
| Aggiungerò infine che ponendo il reattivo molibdico a contatto deli
tannino, questo assume colore pressochè nero, il quale sciogliesi e scom:
| pare per aggiunta di sufficiente quantità di acqua. i;
= Separando la detta materia nera, e scaldandola sopra lamina di pla-
| tino, essa brucia e dileguasi senza lasciar residuo, anche prima del calor
| rosso vivo, il che farebbe credere che codesta materia non contenga
2 ‘prodotti di riduzione operata dal tannino sull’anidridre molibdica. i
| Inoltre non avendo potuto operare sopra infruttescenza di Hovenia
dulcis per mancanza di materiale, sperimentai sopra legumi di Glycin
3 chinensis, che sono, come è noto, assai ricchi di cellule tanniche, le qua
si mostrarono dopo i soliti trattamenti prive di fosforo, mentre gli
| tessuti assunsero una colorazione uniforme azzurro-chiara.
Dopo i risultati ottenuti dal Fiori, operando sopra cellule on
dell” Hovenia dulcis, e quelli avuti da me con i legumi della Gli
chinensis è probabile che, anche presso gli altri vegetali, codesti
gani non contengano fosforo.
| Pavia, 25 Giugno ‘1896.
avi dici ITALIANA PER IL 1894 | a 373 À
Rivista bibliografica italiana per il 1894.
I. PTERIDOFITE.
Un lavoro che riguarda le Pteridofite italiane è quello del D." A.
Lenticchia (1), che dà l’elenco delle crittogame vascolari finora cono-
sciute della Svizzera insubrica. come appendice al lavoro del Franzoni
sulle Fanerogame della stessa regione pubblicato per cura del Lenticchia
stesso nel 1889.
L’enumerazione comprende 58 specie, delle quali 38 appartenenti alle
Felci, 8 alle Equisetacee, 9 alle Selaginellacce, 2 alle Isoetacee, 1 alle
Marsileacee. Un’altra specie, la Cheilanthes odora è data con dubbio sulla
fede del Ducommun.
Sono degne di nota il Botrychium lanceolatum Angstr. del S. Ber-
nardino, l’ Aspidium lobatum Sw., Polysticum cristatum Roth., Notho-
claena Maranthae R. Br., Lycopodium inundatum L. e qualche altra
`o rara o nuova per la regione.
È da rilevare però che la Bibliografia lascia non poco a desiderare,
poichè non sono ricordati lavori parecchi che trattano della flora del
Canton Ticino o indicano Pteridofite di questa regione, le quali non
dovevano essere dimenticate in un lavoro d’indole generale. Ricordiamo
soltanto, come ci sovviene, l’opera del Bernonilli (Die Gefàsshryptogamen
der Schweiz), le Pteridofite della 2.* edizione della Aryptogamenflora
del Rabenhorst ed i Berichte della Commissione per la flora tedesca.
Il Sommier (2) annuncia di aver trovato alla rocca di Pietrasanta in
Lunigiana l Zsoetes Duriaei.
€) Lenriceura D". A. Ze Crittogame vascolari della Svizzera insubrica. Mal-
pighia, VIII, (1894), p. 405.
| (8) Soumen S. Sulla presenza di Isoetes Durinei presso Pietrasanta. Boll. Soc.
| Bot, ital. 1894, p. 152.
dello: Shonsi die Di esse Rieng sarebbero nuove per. r pe
È come Adianthum ere Pteris macilenta, Pteris ees x
Baron E. Sopra alcune felci della China raccolte dal missionario
i Giraldi Soc.
nella provincia dello Shen-si sellentrionale. Boll.
Rassegne
D.” STAGNITTA-BALISTRERI: Die Verbreitung der Schwefelwasser- ag
stoffbildung unter den Bacterien, in Archiv für Hygiene,
Berlin 1893.
“Prof. RusneRr: Sulla comparsa dei Va in « pare »
1893. A
Da parecchi anni è un lavoro febbrile per determinare il ricambio materiale
dei microrganismi, nelle più varie condizioni di mezzo. Questi studi, di alto in-
teresse scientifico e pratico, merito pure l’attenzione dei cultori di Scienze bor.
taniche, che ai batteri hanno assegnato il vero posto nella serie organica.
Lo sviluppo di HS, nella putrefazione, nella macerazione, ece., si è creduto sin.
adesso uno dei prodotti della vita di pochi batteri anaerobi, un processo di ridu-
zione in un ambiente privo di ‘ossigeno. Le esperienze del Dr. Stagnitta dimo-
strano, che la proprietà di formare HyS da sostanze contenenti zolfo, punto di-
~ pende da mancanza di ossigeno, ed è estesa a molti batteri. Egli ha sperimentato | | ©
con 35 batteri aerobi, tra facoltativi ed obbligati, e di essi 18 hanno sviluppato (RE
| questo gas; alcuni in notevoli quantità, altri in quantità minore ma ng ab-
| bastanza sensibile.
Questa proprietà dipende da speciale struttura del protoplasma di tali Valeri:
à vero, che essi obbediscono anche alla presenza di determinate sostanze nutri-
tive: e infatti il Proteus vulgaris che più degli altri dà luogo a sviluppo di
acido solfidrico, o coltivato in gelatina alimentare, in brodo semplice o con pep-
r tone in estratti di diverse specie di carni, in siero di sangue, in bianco e giallo
: d'uovo, si. ‘mostra affatto inattivo in uovo illeso. Lo stesso batterio che sviluppa |
EERIE H,S in estratto di asparagi, crebbe per 20 giorni in estratto di patate — i
f vA o j f
E
Á X
ui
RASSEGNE
senza fornire traccia di questo gas. Pare quivi, che quest'azione sia ostacolata (
altre sostanze. Coltivando batteri in brodd con 1°/ di nitro, lA. ne vide pare
chi, i quali in brodo semplice o con peptone mostravano grande attività nel pro-
durre H,S, perdere affatto questa attività, altri affermarla di più, altri conserv
nell’ istesso grado. Ma nessuno, che in tutti gli altri terreni nutritizi sperime
tati si sia dichiarato sfornito di questa proprietà, ha mostrato di acquistarla,
coltivato in uova illese od in altri substrati. È certo ancora intempestivo, volere
affermare che tali batteri ne siano affatto privi. Il Proteus, setticemia dei conigli,
vibrione Metschnikoff, Emmerich, ece., danno chiara prova della pes che
resti latente tale potere in certe circostanze.
Ciò non ostante si potrà almeno credere che la facoltà di produrre H, so pe
speciale metabolismo delle sostanze assimilabili od assimilate, o più spesso per
speciale decomposizione del substrato nutritizio relativa alla forma assimilabile
degli alimenti, non sia estesa a tutti i batteri. E così, sebbene pochi e deficienti
siano i dati morfologici e biogenetici per la classificazione dei batteri, io credo che
lo studio delle funzioni di questi microrganismi varrà a convincerci che individui
all'aspetto identici, non lo siano poi tanto nella loro struttura, nella struttura in-
tima del loro. protoplasma. Adattati da lungo tempo a mezzi diversi, Si saranno.
conformemente specializzati e divenuti specie diverse. Le così dette specie fisio-
logiche sono pure vere specie, se ben considerando la semplicissima struttura €
le minime dimensioni di questi esseri, e per conseguenza i limiti troppo angusti
di variabilità resi ancora più angusti da una vita degradata, vogliamo riconoscere
il valore che meritano in questi esseri le variazioni di struttura del protoplàsma,
che i nostri mezzi d'indagine non possono adesso rilevare. Se poi vediamo una
data forma di batteri ristretta in mezzi diversi, presentarsi affatto irriconoscibile,
significa che dobbiamo ancora riconoscere l’esteso potere di adattabilità che 80-
dono questi esseri, nei quali un unico indipendente accumulo di protoplasma, de
tato di molte risorse ma senza altre aspirazioni, sa ben lottare per la propria
conservazione. Ma queste forme di adattamento, vivendo per lungo tempo nell
stesse condizioni in un ambiente che hanno trovato molto favorevole, potranno
conformemente specializzandosi nella loro intima struttura divenire specie ben
. definite. E perciò ha torto il Frennel di temere tanto il polimorfismo della io
_dothrix, da volerla scacciare dall'Ordine dei batteri.
‘ Ma l idrogeno solforato ed altri composti di zolfo non si ottengono
azione dei microrganismi. Sieber e Schoubenko liquefacendo gelatina, albumina,
seina, glutina con eccesso di potassa a 250°-280° — la potassa liquefà gli
er aveva.
‘solo.
albuminoidi come la putrefazione — ottennero mercaptane. Il Rubn
è ui gruppi atomici di mercaptane, ed anche in estratti di carne, in telai a
| getali (cavolo fiore, rape, ecc.). Da sostanze in putrefazione ottenne , accanto ad
HS, anche mercaptane: esistono quindi batteri che formano tioalcoli.
Interessante Licia i osservazione. È noto che dalla porn del lie-
Messina (R. Orio Botanico) Febbraio 1805.
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viaggio compiuto È in Creta n
e r LE E |
MALPIGHIA
RASSEGNA MENSUALE DI BÜTANICA
REDATTA. DA
O. PENZIG
prof. all'Università di Genova
A. BORZI R. PIROTTA
Prof. all Università di Palermo Prof. all Università di Roma
in collaborazione con molti Botanici
Italiani e Stranieri.
D
Anto IX — Fisc: IX-X
GENOVA
TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO
Vico Mele, ‘7, interno >
1895.
ia a della telia — Dott. O. Kruëu (R. Istituto Botanico di Rome |
m Anatomia compara
ta.— Prof. R. Porta nia Aer Botanico |
Prof. o. Marrinoo R Orto Botanico di Bologna).
ogra a, Organogenia, Teratologia _ vt of. Où PENG
(R. Orto Botanico
at se ea Du
Fitopaleonto ogia — Tug. CLERICI: Ri Istituto ‘Botanico di Rima
pui della Botanica - — Prof. Pod SACCARDO (R: Orto Botanico | y
ca forestale ed, industriale - — tor R. F. Sorta ay „Scuola Forestale d a
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Botanica idla. — sG SPRENGER 8 “Gioia A pr: Ripoli. A”
formes dî Hate + Sr, Sea Las Corsini ? 2, Fini)
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: ANNO IX. MA LPIGHI À VOL. IX.
4 Ricerche di anatomia e morfologia
intorno allo sviluppo del fiore e del frutto della Trapa natans
per G. GIBELLI e F. FERRERO.
Morfogenia del fiore. — La morfogenia del fiore della Trapa natans
è stata fatta da J. B. Payer (!). Ma abbiamo creduto debito nostro ri-
petere le osservazioni del chiarissimo Autore, e seguire le fasi evolutive
disegnate nelle nitide figure della sua tavola. Con molta nostra mera-
viglia abbiamo dovuto rilevare, che le nostre osservazioni non si accor-
davano colle sue descrizioni e colle sue figure, almeno dai primi stadii
fino a quello rappresentato dalla sua fig. 17.
. Noi daremo innanzi tutto il risultato dei nostri studii, quindi faremo
rimarcare le divergenze, che essi presentano colle fasi formative de-
scritte da Payer.
La picciolezza estrema dei fiori ci rese difficili le nostre ricerche. Le
?
abbiamo perd ripetute più volte, e crediamo quindi di ritenerle esatte.
Sopra un asse, sostenuto a galla da una rosetta di foglie natanti, nel
mese di luglio e d'agosto si possono trovare fiori in quasi tutte le
gradazioni evolutive. I fiori nascono sempre ad uno ad uno all ascella
di una foglia; e naturalmente i rudimenti più giovani si trovano sempre
più vicini all'apice vegetativo del ramo natante, e talora a mala pena
vi si distinguono.
Nella prima sua apparizione il fiore ha l'aspetto di un bottoncino
sub-sferico, del diametro di un millimetro al più (Tav. XI, fig. 1). Quindi
_ingrandisce un tantino, e presenta all’ apice una tenue depressione cen-
_ trale, percioechè quivi l’ accrescimento s'arresta, mentre continua tut-
“na nella massa meristematica del bottoncino (Tav. XI, fig. 2. 21),
CIO LB. rene Traité d'organogenie demonio de la to Paris, Masson, 1857,
Pp. 455, Tav.
PD. mia: anno IX, vol. IX.
G GIBELLI E F. FERRERO
Dosto depressione, man mano che il tubercoletto accresce, si ap-
profonda e si converte in un breve canaletto (Tav. XI, fig. 3) ceco in | "i
fondo, aperto in alto, dove si possono già scorgere i bordi iniziali dei
quattro sepali (Tav. XI, fig. 17), due laterali, due antero-posteriori. È |
assai difficile precisare se precedano i due laterali, o viceversa Pantero- È A
posteriore. In uno stadio appena un po’ più avanzato troviamo, che il -
fondo del canaletto si allarga, si fa concavo, mentre la bocca si va re-
stringendo: e ciò perchè le labbra dell'apertura superiore, senza accre-
scere per se stesse, sono sospinte verso l’asse fiorale dall’accrescimento
in diametro orizzontale di tntto il tubercolo e della cavità inerente
(Tav. XI, fig. 4). i
| Un piccolo passo più innanzi ai che la punta e i margini
. dei sepali si urtano l'uno contro l’altro, e chiudono l apertura del ca-
nale (Tav. XI, fig. 5. 23). Anzi, poco stante, essi si ripiegano in giù
nell’ interno della cavità, e, schiacciandosi reciprocamente, costituiscono
un forte cuneo di chiusura (Tav. XI, fig. 6. 7. 8. 9. 20).
Man mano che la cavità ingrandisce fino alla comparsa dei rudimenti
dei petali, il cuneo si va abbassando dentro di essa (Tav. XI, fig. 8). Ma +
in seguito, continuando la cavità ad ampliarsi, naturalmente il cuneo si
riduce ad una minima proporzione (Tav. XI, fig. 9. 22). La saldatura dei
‘margini è ermetica; poichè i margini di incontro dei sepali si ingra-
nano fra loro cellula per cellula con molta regolarità, e sono come ce-
| mentati da una grossa cuticola interposta (Tav. XI, fig. 20. 22). ;
Le linee di saldatura, corrispondenti al contorno dei sepali, si pos-
3 sono però sempre rilevare anche nei primordi della chiusura (Tav. XI,
fig. 23), e sul vertice dei sepali le cellule epidermiche si fanno api
liformi, protrudenti sulle adiacenti (Tav. XI, fig. 24). i
Abbiamo una prova evidente della chiusura ermetica dei sepali : quando
sì vuol aprire un fiore poco prima del suo spontaneo sbocciamento, basta |
premere leggermente sulla costola dei sepali laterali; allora si sente uno
-piccolo rumore, come quello che si ottiene premendo sui frutti delle
| Balsamine a maturanza; e i' sepali si distaccano l’ uno dall” altro re-
- golarmente senza lacerazione. S
| La cavità. fiorale appena dopo la chiusura a dai sepali assume una
| RICERCHE DI ANATOMIA E MORFOLOGIA, EGG. 0 ae
figura conica colla base in alto (Tav. XI, fig. 5). Nella cavità così chiusa
| compaiono per i primi i rudimenti staminali a guisa di quattro papille
contrapposte ai sepali in sul contorno del fondo (Tav. XI, fig. 6). Fac-
ciamo notare, che ci siamo ripetutamente accertati dello spuntare degli
stami in precedenza ai petali, contrariamente a quanto è di norma. Il
fatto però non è nuovo e fu notato anche da Göbel nelle Utricularia (!).
Egualmente, come abbiamo detto per i sepali, non possiamo asserire
con sicurezza se gli stami nascano a due a due, e in precedenza gli
antero-posteriori o i laterali. Come di solito di ciascun stame si svi-
luppa prima l’antera poi il filamento.
Dopo gli stami, già fatti relativamente voluminosi (Tav. XI, fig. 7. 8),
spuntano i rudimenti dei polsi alterni coi sepali, all’ esterno e più in
alto degli stami.
‘In questo stadio la cavità fiorale. da conica che era, tende a dna
tare emisferica. Il suo fondo proprio nel punto mediano si scava di un
| pozzettino, con un orliccio alquanto rialzato, e ciò contemporaneamente
all'apparizione dei petali (Tav. XI, fig. 7. 8. 20), o fors’ anche appena
` Subito dopo questi: decidere con sicurezza ci fu impossibile. Il pozzetto,
non occorre dirlo, è il rudimento dell ovario.
Colla progressione graduata dell’ evoluzione fiorale gli stami ingran-
| discono; comincia a designarsi il contorno dell’antera : appaiono le tracce
delle due logge; il filamento è quasi nullo (Tav. XI, fig. 9. 12). I petali
| Sono appena accennati da un bottoncino, che assume poi la configura-
zione di un dischetto (Tav. XI, fig. 7. 8. 10). Più innanzi l’orliccio del
Pozzetto ovarico si rialza; compaiono le tracce dei margini carpellari,
i due laterali, che saranno i prevalenti, e 1’ antero- posteriore (Tav. XI,
7. 8. 20). Questi ultimi due per altro non ci sono apparsi con evidenza (°). —
Secondo Payer (5) apparirebbero per i primi i due laterali e persiste-
rebbero soli, mentre l’ antero-posteriore ben presto si oblitererebbero.
Povo Spa la sporgenza dei margini omn e si solleva cr fondo :
à o) Gonn, Entwickel. geschickte d. Pfanzenorgane, p. 282.
(A) V nota più avanti a piè di pagina.
Lt Gap, p. 456, 457.
| G. GIBELLI E F, FERRERO
n
del pozzetto e nel senso antero-posteriore una trabecola, che è il pri
cipio del sipario placentifero, e dividerà quasi fino all’ apice F escava-
zione dell’ovario in due logge (Tav. XI, fig. 9. 16). >.
Qui dobbiamo rammentare quanto dicemmo nella nostra precede
memoria ('); che cioè il sipario longitudinale antero-posteriore dell’ova- da
rio è completo fin da principio, e non è columellare, come una placet ii
centrale (ressemble au fond d'une bouteille, dice Payer (*); ma si in-
nalza man mano dalla base verso l’apice (Tav. XI, fig. 9. 16); divide i
più tardi in due la cavità unica fin sotto l’imboccatura del canal stilare, —
. dentro il quale protubera alquanto a guisa di una papilla (3). Gli ovoli —
sì mostrano assai più tardi, relativamente, quando cioè la volta del- da
l ovario è chiusa Pi s
| Arrivato allo stadio anzidetto il bottoncino fiorale si stringe aleun
| poco al disotto della Dappcenia e lascia rilevare una traccia di o
(Tav. XI, 9 — i
Froconesdo. oltre nallo F upes, tutta la superficie esterna della gemma >
- (} GiserLi e Ferrero, Ricerche di amate morf. intorno allo sviluppo del-
3 L ovolo e del seme della Trapa natans. Malpighia. Anno V. 1891.
©) Ibid. p. 456. Più sotto aggiunge: il en resulte une sorte de colonne cen
ire.
(7) GiseLLI e FERRERO, Ricerche, ece. Tav. X, fig. 3.
(*) Qui non possiamo esimerci dall’ aggiungere un’ osservazione. Nella nostra. i
| memoria precitata. (Ricerche, ecc, p. 405-209) abbiamo tenuto conto di tutti gli
i. persuaderci che anche nella Trapa come nelle Ombrellifere il sipario placenti
- abbia origine dal cucullo carpellare (Saccom Celakov.) basale, anzichè da un pro- n
lungamento dell'asse. Ora dalle nostre ricerche risulta: 1.° Che sul margine. del
pozzetto ovarico compaiono i rudimenti dei quattro dI, prima che sul fondo
| sorga la minima traccia di sipario (Tav. XI, fig. 7, 8): Che di poi sul
| appare il rudimento del sipario in forma di una trabecola a ii (Tav. 3
fig. 9. 16), che dovrebbe corrispondere al cucullo dei due carpidii laterali. |
39 rome avviene che > giammai ci accada di trovare almeno un rudimento ‘basale € )
=, s gi G
ge
HE
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ji:
iii
ER
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sE
®
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Bi,
Si
È
E:
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de to ] do orar cena ig realtà Pa hanno un rudimento di sviluppo sul mé
RICERCHE DI ANATOMIA. E MORFOLOGIA , ECC.
È fiorale si riveste di peli lunghi sericei (Tav. XI, fig. 12. 13). È da no-
_ tare che il Payer (l. c.) nel testo non accenna per nulla alla presenza
di questi peli; e nella tav. 106, fig. 26, 27, 28, 29 disegna brevemente
pelosa soltanto la porzione inferiore del pedicello fiorale fino ad una linea
circolare netta, al di sopra della quale la superficie esterna dei sepali
appare come se fosse affatto glabra, salvo sulla linea mediana del dorso
dei sepali laterali, dove è disegnata una fila di peli brevissimi setoli-
formi. Non si potrebbe sospettare che il Payer abbia avuto sott’occhio
i fiori della 7. verbanensis DNris? (1).
Poco più innanzi nell’evoluzione fiorale i petali si allungano un poco,
lasciano vedere un ristringimento basale; il lembo è ancora circolare
(Tav. XI, fig. 10). Degli stami sì scorge un breve tratto del filamento
(Tav. XI, fig. 9. 13); le antere, ingrandendo, fanno volta al disopra del-
l ovario (Tav. XI, fig. 12). Il quale coi lembi carpellari ricopre ormai
la cavità ovarica, e si prolunga un po’ in alto, iniziando lo stilo (Tav.
X, fig. 6 della nostra memoria qui sotto citata. Tav. XI, fig. 12. 14).
Intanto il sipario placentifero raggiunge gradatamente la sommità
della cavità ovarica; mette le due papille ovulari. Queste assumono le
forme di due ovoli penduli con un invoglio, e si dispongono a curvarsi
per diventare anatropi (Tav. X, fig. 6 della nostra memoria qui sotto
citata. Tav. XI, fig. 14), seguendo l’ evoluzione da noi già descritta (?).
Al esterno dell’orciolo carpellare sorge un tnue rialzo circolare, primo
| accenno del cercine nettarifero (Tav. XI, fig. 12. 13 n.). In seguito lo stilo,
| $ allunga; lo stimma si pronuncia; l’ ovolo diventa anatropo; (Tav. XI, 3
| fig. 12); i filamenti staminali, prolungandosi, s’ incurvano verso lo stilo, a
Sopra e intorno al quale s’appoggiano le antere colla faccia interna con- —
| vessa (Tav. XI, fig. 12. 19); i petali si fanno oblungo-spatolati, smarginati i
all'apice, con nervi laterali ramificati dal mediano (Tav. XI, fig. 11).
Continuando lo sviluppo rapidamente, e mantenendosi i sepali erme- |
| ticamente chiusi , lo stilo si incurva con un movimento laterale ad Bc
o le D oerbos kiis tanid mi pa oa sulla suertie ee i
dei sepali è perfettamente glabra
x D GIBELLI e Fenaaa; Ricerche, ecc., p. 164 e seg., Tav. X, fig. 5.0 8.
G. GIBELLI E F. FERRERO 1
(Tav. XI, fig. 19) quasi orizzontale, cosichè lo stimma emisferico si adagia
in parte sull’apice delle quattro antere, rialzate per l'allungamento pro-
gressivo dei filamenti, ma sempre e colle loro facce interne
ai lati dello stilo.
Il cercine cresce quindi notevolmente; il suo margine libero mette
degli spinuli teneri, sull’apice di ciascuno dei quali più tardi si svilupperà,
uno stoma (Tav. XI, fig. 18).
Ma il suo acerescimento periferico è in parte ipa dai filamenti.
= staminali, che gli stanno impiantati a ridosso e al difuori; ne avviene
che col suo rapido sviluppo si fa strada e protrude tra uno stame e
l’altro, svolgendo delle ondulazioni alternativamente sporgenti e rien-
tranti in senso verticale: quattro insenature in corrispondenza a ciascun
stame sono rientranti, e otto sporgenze a due a due alternano colle rien-
' tranze (Tav. XI, fig. 18).
Anche i petali si allungano e si sano: ma non potendo vincere
la resistenza energica, che loro oppongono i sepali chiusi ermeticamente,
S si stropieciano a guisa di quelli dei papaveri (Tav. XI, fig. 15).
È Finalmente i lobi dei sepali si distaccano regolarmente lungo i mar-
gini d’adesione, disvincolandosi le cellule di un margine dal reciproco
ingranaggio di quelle dell'altro margine e residuandone qualche fram-
mento lacerato di cuticola interposta (Tav. XI, fig. 30).
Alla lor volta i petali si distendono, gli stami si raddrizzano, lo stilo |
si allunga mantenendosi alquanto curvo all’ dato: lo stimma apparisce
= emisferico, ombilicato nel mezzo.
Critica. — Barnéoud (') è assai parco in fatto di organogenia Aore
tanto le sue asserzioni quanto le sue figure differiscono notevolmente dalle
; nostre. Non accenna minimamente alla chiusura ermetica della cupula |
| fiorale iniziale; ci dà l’ apparizione dei tubercoli rudimentali dei petali dopo :
quella dei sepali (che nelle sue figure si vedono sempre aperti) e prima
di quella degli stami, coll'i inserzione sul ricettacolo comune: eur base i
x fera se soude au bord. interne du tube aija formé du calyce, €
3) + Memoire sur Anatomie et i du Trapa natans. Ann. Se. nat.
I, ser. 9, p. 231. Sa
PRN DI ANATOMIA E T MORFOLOGIA, ECC
cette lare intime masquant leur veritable point d'attache, les petales
| plus tard semblent véritablement inséré sur le calyce.
Barnéoud ammette soltanto due carpelli, saldati alla base, liberi al-
l'estremità, tendenti a saldarsi completamente in modo da ingenerare
un collo assottigliato, che diventa lo stilo. Del disco dice che nasce dalla
sostanza stessa del Srna e si salda ad un tempo col tubo del calice
e colla parete ovarica.
È evidente che Barnéoud coordinò le sue osservazioni sotto il predo-
| minio della teoria delle saldature, adottata per spiegare la formazione
. degli ovarii inferi.
Payer (1) nell’interpretazione dell’organogenia fiorale della Trapa pare
abbia seguito in parte il Barnéoud.
Ammette quattro sepali liberi e distinti in origine (fig. 1, 2, 3 della
sua tavola), che ben presto si fanno connati, cosicchè nella fioritura il A
calice sembra monosepalo. Dei petali serive: ils naissent tout-à-la fois #
et croissent sans interruption, en sorte qu'ils recouvrent toujours les Fa
pi étamines. Nelle figure 4 e 5 li mette in evidenza come nati prima degli “A
stami. (Il Barnéoud invece trova che i rudimenti dei petali appena ini-
ziati s’ arrestano e sono bentosto superati dagli stami).
Degli stami avverte che: lorsqu'elles commencent à poindre le ré-
_ Ceptacle est plat e borné à son pourtour par le calyce et la corolle
(fig. 5).
Come ognun può vedere, anche il Payer non ha rilevato per nulla la
formazione del pozzetto fiorale primitivo, la sua successiva chiusura er-
metica mediante una vera saldatura dei margini dei lembi calicinali ,
| la introflessione di questi nella cavità fiorale e le altre fasi successive
da noi descritte.
Per quanto riguarda il pistillo trascriviamo quanto segue: (p. 456).
x Lor sque les étamines sont nées, le réceptacle prend la forme d'une coupe
dont les bordes portent les sépales, les pétales et les étamines, et dont
le fond, au lieu d'être plat, se bombe et ressemble au fond d’une
bouteille: c'est sur cette partie Les qu ’apparait le pistil. Ce sont, x
7% ig ques TASSE sila à dont Pa noue au
sépales latéraux, sont nés avant les deux autres et restent toujours plu
grands. Libres d'abord à leur base, ils deviennent promptement connés ©
et forment une petite coupe pistillaire crénélée et portée sur un petit
pied au centre de la grande coupe réceptaculaire: les bords de cette
coupe pistillaire s'élèvent de plus en plus; son ouverture se rétrécil ete. ete.
Le fond de la coupe pistillaire, au lieu de rester plat, se bombe è
son tour, et il en resulte une sorte de colonne centrale placentaire,
sur laquelle on ne tarde pas à voir poindre deux ovules opposés ete.
Jusqu'à à cet âge le pistil est uniloculaire et le placenta est
central etc. ete. - | i
Le figure sieguono passo a passo la descrizione. Chiunque vorrà oc-
cuparsi di questo argomento, potrà rilevare la notevolissima differenza
che intercede tra la descrizione e le figure nostre e quelle date dal Payer,
e deciderà chi di noi abbia ragione. i
| Aggiungiamo. in fine che Payer non fa cenno alcuno del cercine ole >
ni LEO come se non esistesse; mentre poi le ultime sue figure (27-28)
| ci rappresentano fiori in uno stadio così avanzato di sviluppo, da dover 3
via comprendere un nettario perfettamente evoluto.
Noi ci siamo sforzati a trovare in altre piante aquatiche sommerse O
una estivazione fiorale analoga a quella della Trapa, collo scopo di ve- Si
rificare se questo procedimento evolutivo del calice fosse coordinato alla
| difesa dall'acqua degli altri verticilli fiorali, che si vanno formando.
. Fatti analoghi troviamo nella genesi fiorale delle Podostemacee (1),
i fiori delle quali sono chiusi ermeticamente in spate. L’ Aponogeton
distachyum ha l infiorescenza rinchiusa da una spata oblunga, di cu
Y apice a pareti molto ingrossate è attraversato da un canaluccio, i
quale però si mantiene cao all’ acqua p per il turgore delle T
_combacianti. |
In molte. altre piante. situati; us con fiori che si sviluppano 5 sot
ato. non si Sae G mezzo ana
i ni us. Paie. in i age et Pr antl. Ptanzontunilien, 1 il, mh
Abth na ua 12, m 10, ta le 3
È ; Melle ahenn i ndbnent fiorali sono Hotels alla base delle
| foglie, da una ligula membranacea, che in principio è molto più ampia
della fogliolina ascellante, e da una quantità enorme di lunghissimi .
villi cementati fra loro da abbondantissima mucilagine.
Nell Hydrocharis Morsus ranae tanto la spata comune, che racchiude ;
Bi i fiori maschili e femminili, quanto le spatelle parziali di ciascun fiore,
sono involute in senso laterale.
In alcuni Potamogeton non v'ha spata comune, ma i tre regimi fio-
rali terminali sono difesi dalle ultime foglie loro addossate a guisa di
`
‘valve. I lembi calicinali rinchiudono in senso embriciato gli altri ver-
ticilli fiorali. La loro superfice esterna è come verniciata da una so-
VA TT e RN
| stanza resinosa; sicchè tosto si tolgano dall’acqua, questa ne scivola via
‘lasciando asciutta la superfice dei sepali.
-Nella Littorella lacustris il fiore femmineo Ha una corolla iatale
che s'innalza man mano al disopra dello stilo, ma si mantiene sempre
aperta a guisa di guaina sopra lo stilo: il fiore maschile è ravvolto
dalle brattee e dalle lacinie calicinali. i
Nei Batrachium i fiori sono chiusi'nelle ampie stipole della foglia
ascellante, e i verticilli interni dai lembi calicinali embriciati.
D'altra parte noi vediamo che il processo di formazione dei verti-
cilli fiorali nelle piante od ovario infero, anche non aquatiche, è per-
fettamente analogo a quello della Trapa. Tale si riscontra nell’organo- A
genia fiorale della Bellis perennis (t); fatta astrazione che qui è la co-
Px la muss sì i innalza, e, n reciprocamente i suoi margini tg
z
; ane gli stessi fatti nelle figure date da Parer dell’ Hetiopsis
scabra (3), della Rubia tinctorum (3); sempre fatta astrazione dal calice,
che qui ha uno sviluppo rudimentale, mentre la chiusura della gemma | a
fiorale è fatta dalla corolla. È
Del resto in molti Allium abbiamo una spata Hole perfttamento ‘
v e Lita di'Bolanik. 1893, I E 12, fig. 230.
*) Organog. d. la fleur, Tav. 134, fig. 8
BU Ibid. Tav. 129, fig. 13, 14, 15, 19, one
chiusa: a, alla da evoluzione dei fiori. Nell Escholtia cationi ai
il caliee spatiforme conico resta chiuso affatto, finchè si distacca alla |
base come una caliptra per lasciar espandere la corolla. Così accade
della corolla delle Marcgraviaceae, del calice degli Eucalyptus, di pa-
recchie Melastomaceae ecc. ecc. Hi
Treub ro) ci ha fatto conoscere la singolare struttura del fiore della
a a campanulata, del quale il calice si rinchiude ermeticamente
a guisa di spata, e si riempie di liquido, che naturalmente bagna gli
altri verticilli fiorali.
_ Dedurre conseguenze generali dalla comparazione di questi fatti, ©
pare cosa azzardata. Solo ne potrebbe emergere quanto già viene pre-
santo in via generale per altre serie di fatti analoghi; che cioè le piante
si difendono con mezzi diversi da uno stesso nemico, e ca e i
con uno stesso mezzo da nemici diversi.
. Lo sviluppo. graduato. del fiore nella sua conformazione è indicato
dalle fig. 1-19 e dalle figure A... Tav. XI; queste ultime ci rappre- |
| sentano le fasi evolutive dal fiore al frutto germinante. Ben presto,
| cioè quando appena sono apparsi i petali e l’ovario è ancora tutto aperto,
dx superficie del calice si riveste di peli lunghi, fitti, che si coadunano
e si prolungano come un fiocco agglutinato dalla mucilagine. i
La fioritura. — - L'epoca della fioritura comincia alla fine di giugno e sì
prolunga fino ai primi di settembre. In una nota sulla impollinazione
della Trapa (2) abbiamo rettificato l’errore, da noi enunciato nella nostra
precedente memoria (5), che la fioritura durasse soltanto fino a tutto luglio. i à
I fiori sono sempre solitarii all’ascella delle foglie delle rosette galleg- ’
gianti, e spuntano a notevole distanza l’uno dall’altro. ‘Ne consegue e ,
alla fine d’agosto sopra ciascun cespo natante si possano trovare tatti
gli stadii graduati dai fiori in rudimento e in boccia fino ai frutti già sE
avanzati. verso la maturanza. i +.
PR gd È der
m La bourgeons foreaux du Spathodea 7 pe ulati | Ann. d. jardin à de Bui-
tenzorg, VII 1890, D 138. a i si
(9 Giwer e BuscaLioni, D ipollimaciohi nei fiori della Trapa natans e eT
nensis. Rendiconti della R. Accad. d. Lincei pas A 227. >
Gioerui e Panama L e p 178. l
RICERCHE DI ANATOMIA E MORFOLOGIA, ECC. —
Si aprono d’ordinario il mattino da una mezz'ora ad un’ora circa dopo
_ il levar del sole, cosicchè in sull’albeggiare e anche un pò più tardi
| si possono scorgere fiori chiusi fuori d’acqua e sott’ acqua. Se si tocca
colla punta di uno stecco la corolla ancora chiusa de’ fiori emersi,
la si vede immediatamente scattare ed aprirsi. Così pure se si solleva
fuor d’acqua una rosetta con fiori di imminente sbocciatura, ma con co-
rolla ancora chiusa, questa si apre da sè per il cessare della pressione
del tenue velo d’acqua soprastante.
I fiori aperti sporgono pochissimo dall’acqua, cioè per il breve tratto
di 3-5 millimetri al più dalla base dei lembi calicinali all’ apice della
corolla. Ne avviene che, appena questa sia aperta, l’acqua penetri fa-
cilmente entro il canalicolo anfrattuoso fra il fondo del calice e il cer-
cine nettarifero, e fra questo e la base dello stilo. A corolla chiusa in-
| vece, tanto fuori che sott'acqua, il cavo fiorale è perfettamente asciutto.
I petali, dopo che si sono divaricati, s adagiano colla faccia inferiore
? del lembo sulla superficie dell’ acqua.
al pomeriggio. Alcuni tardivi che si aprono nelle ore pomeridiane si
trovano sempre chiusi e incurvati nell’acqua il mattino dopo.
l'effetto di una coercizione esteriore, accidentale; come può accadere
quando le foglie delle rosette fogliari sono così stipate fra loro, da non
permettere ai fiori di farsi strada fuor d’ acqua.
= Sott'acqua si possono trovar fiori chiusi in diversi stadii. Dapprima
stanno al disotto dello stimma. Più tardi si svolge l’ansa orizzontale
dello stilo, il quale si radrizza e spinge lo stimma contro i petali so-
pressione dello stimma, ma nondimeno mantengono ancora ben chiusa
la cavità fiorale: le antere restano chiuse e sotto lo stimma. Un pò
lungano rapidamente, le antere si aprono, ed elevandosi soffregano le
me, d’onde sgorga il polline, contro le pre stimmatiche. way la
corolla si mantiene sempre chiusa.
Se il tempo è fresco e coperto, i fiori stanno aperti più a lungo fino
Rare volte i fiori si aprono sott'acqua. Questo fatto pare piuttosto
à corolla sporge appena oltre i lembi calicinali, e allora lo stilo al suo .
apice è è curvato ad arco in senso orizzontale, le antere ancora chiuse.
Vrastanti. Questi, embriciati fra loro, si divaricano un tantino sotto la
dopo, ma in breve lasso di tempo, difficile a calcolarsi, i filamenti si
(illuigamenta definitivo degli stami nei “fiori emersi determina la
doplata divaricazione dei petali e quindi la vera fioritura. Si possono —
vedere facilmente fiori sbocciare sotto i proprii occhi: il minimo urto ;
| fa spalancare i petali quasi di scatto, e allora si trova che lo stimma
_e la superficie interna dei petali corrugati sono cosparsi di polline. $ |
Dai fatti sopraesposti, dimostrati con maggiori dettagli nella memoria
sopradetta (1 ), è lecito concludere che i fiori delle Lors specie di Trapa ; di |
sono cleistogami. a
Curvatura carpotropica det peduncolo. — Il fiore sta aperto fuor dc
d’acqua per breve tempo. Se la giornata è serena e quindi ben soleggiata,
<< peduncolo fiorale dopo 5 o 6 ore lo sbocciamento, cioè tra il mez-
zodì e il tocco, comincia. un movimento di curvatura carpotropica in
basso; sicchè poco a poco i i lembi esterni del calice e della corolla
(esterni per rispetto all asse della rosetta fogliare cui appartengono) si
_ tuffano nell’ acqua, e poco dopo anche gli interni. La curvatura carpo-
a tropica progredisce gradatamente, raggiungendo il suo estremo a ma-
“turanza con un angolo di ?/, di circolo all incirca. La corolla, una |
volta sott’ acqua, flaccida e tutta cospersa di polline, s ’addossa alle
antere e le cementa con una certa tenacità al disopra e intorno allo
stimma, assicurando così la fecondazione.
. Struttura progrediente del peduncolo fiorale fino alla fioritura.
+ primi rudimenti del fiore si presentano come tenuissimi tubercolini
‘arrotondati, di 4/3 di millimetro. in diametro. Il tessuto è è uniforme, È
| meristematico, s'intende. Bentosto vi si distingue l'epidermide, formata
Ÿ da cellette disposte in | Senso verticale alla superficie (Tav. XI , fig. 21 cp).
Però questa. omogeneità di struttura si cambia subito in uno ae
x appena un tantino più avanzato, quando cioè è cominciata la formazion
_ del pozzetto fiorale. Al disotto di quest” ultimo e dello strato. epidermiti,
che ne riveste il fondo, due o tre strati di cellette tendono ad allar
garsi ed a segmentarsi. in senso orizzontale (Tav. XI, fig. 21, cf). Pi
sotto i invece ss sai formanti. La asse del ta ra s a
e che si Proana in senso driznitae i segnano dk il forido della
‘avità fiorale, che va sviluppandosi (Tav. XI, fig. 21 ef, 22ef ). Le
altre, che si Segmentano in senso verticale, iniziano la formazione di
un cilindro centrale, che a sua volta si può distinguere da una por-
à zione corticale in volgente.
Questo procedimento differenziale si accentua sempre più negli stadii
successivi. Infatti le cellule del cilindro centrale si distinguono ben tosto
in quelle periferiche, che diventano elementi. procambiali, generatori
È dei fasci vascolari (Tav. XI, fig. 21 pr), e in quelli dell'asse, generatori
del parenchima lacunare assile. jé
In uno stadio più avanzato una sezione trasversale di peduncolo ci
appalesa i seguenti strati (Tav. XI, fig. 26): l'epidermide (ep); una por-.
zione corticale di 5-6 di cellule rotonde o sub- elittiche, meristematiche,
intercalate da piccoli spazii intercellulari (c); un cilindro centrale, del
quale gli strati periferici, addossati ai corticali, sono formati di ele-
menti minuti (pr), che man mano verso l’asse ingrandiscono quanto A
gl elementi corticali, assumendo l apparenza di un midollo. Compajono
le prime tracheidi (tr) in corrispondenza degli. spigoli del peduncolo;
di cui quindi una sezione trasversa da una figura quasi romboidale > i
Di XI, ii é Di
“va caratteristica Stivale: colle’ éclats intorno cadi n
sa di stella (Tav. XI, fig. 25). Osservando bene si potrebbe travedere n
ale
leche bracci di KAPERAN Le es dapprima a tratti interrotti,
are ;
rudimenti fiorali già i iniziati si E uiañiengono sempre imeriitemiatioo: È
Ilulari (Tav. XI, fig. 20, 22): l'epidermide ricopre con struttura uni- ;
me tutta la superficie delle parti interne della cavità fiorale, salvo l
A a d’adesione dei lembi pti come vedremo. >
+
6. GIBELLI E P Paukuto
la base dorsale dei lembi calicinali. Il fleoterma si comincia a aisin.
guere come guaina amilifera (Tav. XI, fig. 28 PAU).
Il numero delle tracheidi all’ingiro della porzione assile va sempre
aumentando: gli elementi del libro si differenziano più tardi.
| In seguito tutti i tessuti del peduncolo, quantunque il fiore sia an-
cora chiuso, procedono a completarsi. Le lacune della porzione assile
hanno raggiunta la loro ampiezza; le druse sporgenti in esse sono nume-
rose. Si accentuano il fleoterma amilifero (Tav. XI, fig. 28 PAlt.), la zona
parenchimatosa corticale interna (Tav. XI, fig. 28 pci), il tessuto lacu-
‘nare corticale; la zona collenchimatosa civica (Tav. XI, fig. 28 coll);
l'epidermide folta di peli.
Nel fiore aperto i tessuti del peduncolo acquistano la loro più com-
~- pleta esplicazione.
SUE La porzione assile, tutta lacunare (Tav. XII, fig. 31), finisce nettamente
Ss contro il fondo dell’ovario, di cui il tessuto, come vedremo, è affatto
differente. Questo tessuto lacunare è identico a quello corticale, di cui
diremo or ora.
La cerchia dei fasci ora è bon delimitata; non si potrebbe però dis-
tinguere nettamente un fascio dall’ altro; ma si trovano disposti in una
corona irregolare, press’apoco come si vedono nel caule della Peplis: Por- ;
tula (1). Ciascun vaso è contornato da parenchima di cellule rettango-
lari allungate (Tav. XII, fig. 34 p.l.). Sopra una sezione trasversale i vasi
sì riconoscono subito per l’ ampio lume e per lo spessore della parete
(Tav. XII, fig. 26 tr). i
I fasei sono bicollaterali. Il libro esterno è formato da gruppi di tubi E
cribrosi (talvolta con due e più nuclei), contornati da cellule concomitanti, í à
intercalati da parenchima (Tav. XI, fig. 34 ter., Tav. XII, fig. 36 ter).
I tubi cribrosi del libro interno sono meno numerosi. È:
AW ingiro del cilindro centrale si rileva il fleoterma amilifero, distin-
guibile dalla presenza dell’ amido abbondante (Tav. XII, fig. 34-36 Phlt. di >;
n le sue cellule non hanno ancora traccia di anello di ingrossamento ; eci
4
n. In } cé Pet. Anat. d. submersen Gewichse: Bibliotheca botanica. Tav. va
7 fig 24. Cassel. 1886.
Fa
Can DI ANATOMIA E MORÉOLOBLS, ECC.
Ja figura loro si confonde con quella del parenchima adiacente. Il quale
è formato di due o tre strati di cellule cubico-sub-rotonde, intercalate
da piccoli spazii intercellulari.
All’ingiro di questo parenchima si sovrappongono (dalì’ interno all’ e-
sterno) 4-5 serie di lacune, molto irregolari e varie di forma e gran-
dezza. I diaframmi ad esse interposte in senso longitudinale (Tav. XII,
fig. 33 D.L.) sono formati di un solo strato di cellule ampie, sub-rotonde
cubiche,. nucleate, con granuli d’amido, a pareti di cellulosi, con un gros-
sissimo rivestimento sulla superficie, che tappezza la cavità della la-
cuna (Tav. XI, fig. 28. 29, Tav. XII, fig. 33-36).
Vedremo più avanti come si modifichi notevolmente nel frutto la
forma delle cellule di questi diaframmi interlacunari, longitudinali.
I diaframmi trasversali ed obliquo-trasversali alle lacune sono disposti
a livelli poco disuguali. Constano di uno e talora di due piani di cel-
lule sub-rotonde, assai più piccole di quelle dei diaframmi longitudinali
(Lay. XI, 28, 99 D.t., Tav. XII, 33 D.t.). Lasciano tra di loro degli spa-
zietti intercellulari triangolari; i quali ingrandiscono-per qualche tempo
un tantino e con una certa regolarità, cosicchè il tessuto nell’ insieme as-
sume l’ aspetto stellato (Tav. XI, fig. D.t.), aspetto che si perde in seguito
in grazia dello sviluppo non. omogeneo delle cellule. Anch’esse conten-
gono un nucleo e granuli d’amido.
- Lungo i diaframmi longitudinali si può studiare lo sviluppo delle cel-
_ lule cristalligene, che ha luogo colle seguenti fasi:
; 1° Una cellula di una trabecola longitudinale si scinde in due in
senso trasversale all’asse del peduncolo: delle due cellule figlie una è
Più piccola (Tav. XII, fig. 33 a).
2° La cellula più piccola si scinde in due in senso parallelo all’ asse
: del peduncolo, in modo che una di esse prospetta ad una lacuna, l’altra
al altra lacuna opposta (Tav. XII, fig. 33 b).
3° Alcune volte queste due cellule si fanno cristallifere senz’ altro:
#
nua finchè ciascuna cellula penetra per intero nel cavo lacunare, restando
aderente soltanto per tenue superfice alla parete della lacuna (Tav. XI,
cominciano ad ingrandire ed a protrudere verso la rispettiva lacuna,
diventando quindi cuneiformi, (Tav. XII, fig. 33 d.e); questo processo conti-
de; 29). Durante ii “SAS le due alal del diafrania se com-
prendevano tramezzo le due cellule cristallifere, si ravvicinano fra loro,
obbligandole a poco a poco a schizzar fuori in senso opposto luna al- x:
l’altra (Tav. XII, fig. 33 e).
Occorre non di rado che una od anche amendue queste cellule cri-
| stalligene di prima segmentazione subiscano una nuova segmentazione.
in senso verticale radiale (per rispetto all’ asse della lacuna); cosicchè
invece di due cellule se ne abbiano quattro, a due a due, sporgenti
_ nelle rispettive lacune opposte (Tav. XI, fig; 29) Sg
Le pareti di tutte le cellule dei diaframmi longitudinali e trasver-
sali trattate col jodio e l’ acido solforico diventano bleu; il loro conte- |
Si nuto ingiallisce; il rivestimento ingiallisce, poi si fa granulare. g a
Intorno al tessuto lacunare, tra esso e l’epidermide, havvi una zona i
-di collenchima (Tav. XI, 28 coll.), del quale gli elementi più interni, ad-
_ dossati alle lacune, sono ampii come quelli dei diaframmi lacunari. In
; si origine. le cellule di questo tessuto sono subrotonde, e lasciano uno spia
7 > irlangoldre interposto fra loro (Tav. XI fig. 39 dis); poi questo spazio si
_ riempie di materia cellulosica e si oblitera del tutto o quasi. Gradata- |
| mente verso l’ epidermide le cellule rimpiccioliscono della metà circa,
Li formando due o tre strati ipodermici e perdendo il carattere collenchi-
matoso (Tav. XI, fig. 28). pe
| Intorno a tutto il peduncolo gira uno strato di cellule vpldarmioba %
foggiate un po’ a palizzata, con una cuticola ben distinta, rivestita di
peli semplici, lunghi, fitti (Tav. XI, fig. 28). ;
Struttura progrediente del calice fino aila fioritura. — Già abbiamo
veduto fin da principio la genesi. dei lembi calicinali, il modo con cui
sie ‘chiudono ermeticamente , e poi come si aprano nello sbocciamento
"i
È interna av. si fe. 5 2021).
Ma ben presto un fascio (iti che s iiin tra up ne
midol SER e la + corticale d del Hire si ne > ascendere anie, nell
x
i è ancora tutto chiuso: i margini dei sepali sono sal-
ati fra loro (Tav. XII, fig. 39), e ripiegati nell’interno del cavo fiorale
. fico , procedendo dal i e dalla base all’ apice
è
)}; mancano prato sulla faccia ventrale:
ap di ; numero e api il fascio del nervo dio del sal
cioè lo RIDER tanto dal lato dorsale come dal lato ventrale. (Tav. XII,
nciano = un tratto a ripiegarsi in giù, Meran come una vera
zatu con, un one Deo acuto ni in “rs tanto da un crea
à edi Sii e FERRERO, Ricerche Tanat. e s mont ecc. av, X, fig. 3 l. so ;
con linee rosse punteggiate La
Matpighia anno IX, vol. IX.
d Re eee saga diminuendo di ipa e si fanno ssaa e aa att
G. GIBELLI E F. FERRERO
che dall'altro. E altrettanto fanno ad una ad una le altre tracheidi fino 9;
all’apice, dove non ne rimane che una centrale non spezzata. La discesa
x
in basso di ciascuna tracheide è abbastanza lunga, tantochè le tracheidi
superiori arrivano quasi a metà dell’altezza del sepalo.
Si noti che ciascuna tracheide discendente è accompagnata tutt’ all’ in-
giro da un fascio di elementi procambiali, a sezione circolare sub-elittica,
di cui il vaso occupa l’asse (Tav. XII. fig. 37). Ne consegue che, prati-
cando una sezione trasversale a metà del sepalo, noi comprenderemo nel
taglio il fascio assile, più da una banda e dall'altra alcuni fasci ripiegati
in giù a gomito acuto (Tav. XII, fig. 32, Tav. XIII, fig. 40. 4l fre. fidi).
Tutti gli elementi procambiali, che accompagnano i vasi del fascio y
centrale e quelli ripiegati in giù, sono destinati a convertirsi in fibre
durissime. La porzione basale del fascio ingrosserà enormemente, e di- 7
venterà la grossa porzione basale del corno e una parte di quella assot- |
tigliata. La porzione del calice invece, percorsa dai rami fibrosi riflessi,
costituirà la freccia a barbe retroflesse legnose, che si discopre tardi
entro la melma durante l’ inverno, in seguito alla macerazione della 3
porzione corticale-parenchimatosa del frutto (Tav. XI, H). i
È noto che i frutti della Trapa Verbanensis De Not. mancano affatto
della freccia terminale della < corna, e che le due corna antero-posteriore x
non si sviluppano. Ora è rimarchevole, che in tutti e quattro i lembi a
TR
calicinali di questa specie noi abbiamo ritrovato la disposizione del fascio: =
vascolare mediano coi rami rifratti all ingiù precisamente come nella È,
x
24
T natans.
| All’esterno del fascio assile e sulla porzione dorsale addossata al fascio
on le lacune sono scarse; sono più ampie invece sui due lati; cessano vel
“i margini (Tav. XII, fig. 38). Sono ben distinti il collenchima ipodermico
e l'epidermide cuticolarizzata e pilifera. I margini dei sepali, tagliati
+ trasversalmente alla lunghezza, lasciano vedere le denticolature irrego-
; lari formate da cellule orlate da brandelli di cuticola, che si interpone
> tra i loro ingranaggi , cementandoli durante la chiusura ermetica. de
| fiore (Tav. XI, fig. 30). All’interno del fascio assile e quindi sulla po
n zione ventrale del sepalo il tessuto corticale non presenta vere lacun:
e map SE: intercellulari. interposti a a cellule ampie, sul
His
RICERCHE DI ANATOMIA E MORFOLOGIA, ECC.
tonde, di grandezza non uniforme. L’epidermide e la cuticola sono an- +
“cora più marcate che non sulla faccia dorsale (Tav. XII, fig. 38). Tale
è la struttura dei sepali durante la fioritura.
Struttura progrediente dei petali fino alla fioritura. — I petali, come
già si disse, nascono dopo gli stami (Tav. XI, fig. 7 pt, 8 pt.) a guisa ;
di tubercoletti cellulari. Il lembo ingrandisce lentamente, acquistando
la forma di un dischetto con unghia brevissima d’inserzione (Tav. XI,
fig. 10). Man mano si fanno oblunghi un po’ smarginati all'apice (Tav.
si XI, fig. 11). Il fascio vascolare è fornito da quelli del peduncolo (!),
` che entrano nella coppa inferiore dell’ovario. È costituito da alcune tra-
| Sheidi. da qualche trachea e di meristema siii formanti la ner-
Vatura mediana. La quale sale fino all'apice, assottigliandosi gradatamente,
e distribuendo rami laterali ascendenti, suddivisi un poco verso il mar-
gine, à
Lo sviluppo dei petali si accelera assai poco prima della fioritura ;
ma non trovando modo di espandersi per la chiusura dei sepali , si
stropiceiano irregolarmente, come già si disse. È da notare, che alla base
i il loro spessore aumenta in corrispondenza della nervatura mediana, la
Quale si fa sporgente sulla faccia interna (Tav. XIII, fig. 43, 44), e poco
= Sopra la base ben tosto si dilegua. 7
+ I petali in pieno sviluppo constano di una epidermide sulla faccia e-
PAR (Tav. XIII, fig. 44 ep. e) a cellule irregolari, sub-rettangolari, con
. Parete tenuissima, un poco ondulata, senza traccia di stomi, con cuticola
relativamente poss. verso l unghia le cellule si allungano in sen >
i longitudinale.
Sulla faccia interna gli elementi epidermici variano di poco. Intorno
al fascio unico si sviluppa un parenchima di elementi amplissimi, che
al disotto dell’ epidermide interna lasciano soltanto dei tenui spazii in-
tercellulari, mentre in corrispondenza dell’epidermide esterna si dislocano,
residuando amplissime lacune, più vaste verso la nervatura mediana ,
pi
E crescenti verso i margini: questi. elementi sono pieni T amido (Tav.
Struttura progrediente degli stami fino all impollinazione. + Ab- ;
biamo già detto della comparsa evolutiva degli stami (Tav. Xl, 6,
7, 8, 9, 20, 22, 19, 13, 12). Nella fig. 22, Tav. XI si comincia appena
a differenziare qualche traccia del fascio procambiale del filamento e
dell’antera. Più innanzi compare una fila di tracheidi, che percorre
na l’asse dell'uno e dell’ altra. Nel filamento alcune altre si aggiungono
| alle prime. Con un pò di pazienza tramezzo agli elementi procambiali
| si possono rilevare alcuni tenuissimi tubi cribrosi, previo il solito trat-
ds _ tamento coll’ acqua di Javelle, poi col bleu d’anilina. Il fascio è sub-ci-.
i . lindrico. Il parenchima circostante diventa floscio, di cellule ampie, uni-
formi fino all’epidermide, che si riempiono d'amido. Più tardi gli ele-
` menti del centro del fascio si dislocano e lasciano una lacuna longitu-
-dinale irregolare (Tav. XIII, fig. 46 l L). i
| Nell’asse dell’antera il fascio vascolare è ridotto a qualche tracheide,
i contornata da elementi minuti, isodiametrici, non allungati a guisa
delle cellule cambiformi. All’ingiro del fascio le cellule ingrandiscono,
Di salvo nei quattro punti corrispondenti alla formazioue dei sacchi polli- —
su nici, dove mantengono un diametro piccolo come intorno al fascio.
Quando sulla superficie esterna del rudimento dell’antera sono appa- D
riscenti i lobi, che designano la formazione del parenchima dei sacchi
| pollinici, sopra una sezione trasversale si può benissimo osservare una +
delle iniziali (della fila longitudinale di iniziali) del polline, ma non
nello strato immediatamente sotto-epidermico, bensì nell’ altro sotto-
stante (Tav. XI, fig. 47 in). Abbiamo potuto seguire la translazione
di questa. cellula. nel terzo, quarto e quinto strato sotto epidermi
(Tav. XII, fig. 48. 50). Già nel terzo strato comineia a segmentarsi
per fornire le madri secondarie (Tav. XII, fig. 49), le quali poi au
mentano sempre più nel quarto e nel. quinto, dove prendono in certo
qual modo stanza stabile (Tav. XII fig. 49). È da notare che queste
i llule si riducono ad una sola fila alle due estremità dell'antera ; m
ca Co pria intermedia formano u un ne orme irregolare
gt, nell’ stai e nelle totradi (Tav. XIII, fig. va intem porte
mente le madri secondarie aumentano di volume, le loro pareti ingrossano
_ di molto, si fanno mucilaginose (Tav. XIII, fig. 52). Trattate coll’acqua di
E diva le pareti resistono, poi si colorano in bleu col bleu d’ anilina,
| quindi si isolano perfettamente le une dalle altre.
| Più tardi comincia in ciascuna madre secondaria il lavoro di cario-
~ cinesi e la segmentazione in quattro (Tav. XIII, fig. 53). La formazione
a | delle tetradi procede contemporaneamente, come è la regola nelle dico-
n. | tiledoni. Le cellule del tappeto hanno forme sub-prismatico-trapezoidi, |
3 ma assai irregolari anche nel volume: qualcuna è è cuneiforme, qualche
SE
E
valtra è segmentata obliquamente in due per traverso. Coll’acqua di Ja-
| velle si distruggono quasi interamente, non residuando che il contorno
delle pareti, formate da granulazioni, fatto già osservato dal Dr. À Bu- à ;
scalioni nelle antere della Magnolia. a: i
Formate le tetradi, comincia lo sviluppo dei granuli pollinici. Nei y
Liste si questa POPRATIO par Pamot si può far contrarre il
con niio dice a n il ARE riconosce, che anche la mem-
Spi rudimentale del polline della Cucurbita è pure formata da gra 3
FR
Dal Dal SURE, verso la membranella. a in senso radiale LUME.
sime file di granulazioni (Tav. XII; fig. 56. 57) come pa ha fatto
vertire il Buscalioni (5). |
Più Sid le tetradi cominciano a dissolversi, staccandosi l una dal- :
His tolog. Beitr. À Il, pi 48 Te I t
© id” p. 71, Tav. IV, fig.
1 ontribuzioni allo studio del membrana cellulare. pit 1892, 93, 94
AU 3 CG. GIBELLI E F. FERRERO
pareti assai sottili, il plasma contratto. Le cellule del tappeto non sono
ancora scomposte. ;
Continuando il processo evolutivo possiamo distinguere lo due mem-
brane (provocando la plasmolisi) (Tav. XIII, fig. 56, 57), un’esina ed un'in-
tina: l'una e l’altra nei primi stadii col clorojoduro di zinco diyen-
tano gialle (4).
Intanto le cellule del tappeto cominciano a dissolversi: i loro nuclei
si allungano, si contorcono, si deformano, si frammentano (Tav. XIII,
fig. 58).
Il granulo pollinico completamente formato ha una figura sferoide
leggermente depressa ai poli. L’ esina non è liscia, ma munita di tre
creste o bende confluenti ai due poli, e dividenti la superfice della sfera
in tre spicchii eguali e meridiani. Immaginiamo ciascuna benda come
una lista di carta curvata per il lungo a doccia, coi margini frasta-
gliati. Queste tre docce appaiono come incollate sulla superfice della
sfera lungo la loro linea mediana, convessa, della loro faccia inferiore;
cosichè i loro margini frastagliati sono rialzati e liberi. Immaginiamo
che i margini delle tre docce in corrispondenza di ciascun polo si con-
tinuino direttamente senza interruzione fra loro, ciascuno coll’adiacente
| di destra e di sinistra. Ne verrà che i tre semicanali confluiranno re-
ciprocamente insieme in corrispondenza ai poli (Tav. XIII, fig. 59. 63.
60). Immaginiamo da ultimo che ciascuna doccia in corrispondenza di
un punto equatoriale della sfera si apra, lasciando una finestra elit-
|. tica (Tav. XIII, fig. 60). Avremo così tre finestre equatoriali, chiuse. n
. dalla continuità dell’esina, che si apriranno a suo tempo per dar uscita
all’endina: sono i tre pori di deiscenza (Tav. XIII, fig. 60. 67).
Quando il granulo è perfettamente organizzato, se si tratta coll’acqua
di Javelle per 16 ore di seguito, l’esina scompare quasi tutta: ne ré-
(4) È Ario che Strasburger tinio. Beitr. IL, p. 40) trovi che le membrane à
is, nei primi stadii di formazione della parete pollinica , í
questa dia le reazioni della cutina, che s'accordano in massima con quelle delle
; sostanze ia (Ibid. p. 49-50),
lo uno ele nio: che però non n i poi di dei-
hr ca fig. iù i ERA col delia di zinco questo
De di zinco, il quale colora in violetto cupo lamido contenuto: il
plasma è stato disciolto dall'acqua di Javelle. Con questo reattivo qualche
i Ita si riesce a far uscire l’endina intera, che coi soliti ronitivi della
cellulosi diventa violaceo-cerulea- A
PL" esina si scioglie nell’acido cromico ; DI reattivo di Millon diventa
prie
dei pori di “deiscenza è siii continua, ETD SUL i
sottigliata, mentre è molto grossa su tutto il resto della superficie. Non
abbiamo però potuto rilevare nel suo spessore traccia di bastoncini ,
i sono Vai da See + e da Fischer nella Lao coe-
ra Pharbitis NI, Gand Calendula, ecc. a
Anche Strassburger ‘ aveva rilevato la continuità dell’esina al tan
dei pori di peer dell'Oenothera an nis 6}; 1 ma noi non n spiano scorto. E
a nie. i ai con una sii di pel fonte
© l'esina ne ne DE Re si he se ne o fa uscire
402 G, GIBELLI E F. FERRERO
spondenza ai pori di deiscenza (Tav. XIII, fig. 65). Trattata quindi col
cloro-ioduro diventa violetta. Quì dunque l’endina è un sacco intero
tutt allingiro nell’ interno dell’esina, e non limitata intorno agli Zwi-
schenkérper, come avrebbe trovato Strassburger nell’Oenothera biennis (4).
Se si tratta il granulo pollinico maturo, prosciugato alla lampada
eoll’acido solforico concentrato, l’esina e l’endina scoppiano, ne esce
fuori come un’ameba la massa plasmica, contornata da una pellicola,
che la mantiene in sesto, ritornandogli la conformazione sferica, colle
tre sporgerze ingrossate, papilliformi, corrispondenti ai tre pori di dei-
scenza. Naturalmente questa pellicola col clorojoduro di zinco diventa
gialla, come il plasma contenuto; mentre si colora in bleu intenso F a-
mido che vi è commisto.
Se si trattano i granuli pollinici, presi da un'antera ancora chiusa
con fuchsina acida, si può scorgere dapprima un nucleo, di poi la sua
divisione in due: uno grande, rotondo, il vegetativo; l’altro piccolo,
elittico, il generativo. La loro visione è tanto più facile in quanto i
granuli d’amido non sono ancora formati o lo sono appena nei pri-
mordii (Tav. XII, fig. 66).
Concludendo, il granulo di Sii della Trapa consta:
1.° Di un’esina rinforzata da tre bende foggiate a semi-canale, disposte
in senso meridiano, assottigliata in corrispondenza dei tre pori di dei-
scenza, disposti in senso equatoriale, con reazioni di cutina (0 di plasma?).
2.° Di un’endina sottile, ingrossata ai pori di deiscenza, formata di
un sacco continuo tutto chiuso intorno al contenuto plasmico, con rea-
zioni di cellulosi. Ta
3.° Di una pellicola plasmica, abbastanza soda perchè mantenga la
conformazione sferoide del contenuto.
4° Di un contenuto plasmico, con due nuclei, ricchissimo d'amido (2).
(t) Zbid. p. 39, Tav. IV, fig. 61, 62. A
Lo stesso A. trova che nella den scandens l endina del polline si rigori .
ma non diventa violetta. Ibid. p. 75. n
(2) Se dovessimo di i granuli di polline della Trapa secondo i criteri
sistematici forniti dall’ esina e adottati da H. Fischer (Beitr. z. vergleich. Morphol-
d. Pollenkörner, p. 16) dovremmo collocarli nella categoria II ġ con esina BIS
Hasta sui pori di deiscenza,
Ale struttura anatomica di ila, che non sia già e nel
maggior numero delle dicotiledoni e nei trattati generali. Il fascio va-
-scolare si arricchisce di un maggior numero di tracheidi, commiste e
3 Vus da elementi DARA Le rue Hans fino n or Ne
-ancora immutato; poi i due strali schiacciati, it il tappeto RE
X, fig. 53). Le cellule dello strato elastico assumono le trabecole spi-
rali, en i anali ipa sono già formati paito, le tetradi. dro
TE ollinici: li o tre di esse si ‘interpongono nel sesto ta un Sacco. (na:
l’altro; aumentano fino a quattro sul lato interno verso il corpo del- |
l’antera. Nel punto in cui il setto, interposto tra i due sacchi, si pro-
ae da una banda e Quatre per des la per na lo ps
| G. GIBELLI E F. FERRERO
corso da cellule allungate in senso longitudinale, mentre il fondo della |
coppa fiorale è formato da cellule allungate in senso trasversale (Tav. XI,
fig. 20. 21. 22 cf). Quando i rudimenti ovariei compaiono, il tessuto è me-
ristematico omogeneo, senz'altra differenza all'infuori dell’ epidermide
di rivestimento (Tav. XI, fig. 20). Abbiamo anche veduto come prestis-
«simo si appalesi il setto, quando appena i lobi capellari sono appa- i
riscenti (Tav. XI, fig. 9, 16). Il tessuto anche in questo nadia è sempre
‘omogeneo.
ve differenziamento dei tessuti dell ovario, fatta astrazione dell’ epi-
ua
_dermide interna, comincia colla comparsa dei cordoni procambiali, che "I
ha luogo quando l’ovolo si ripiega in giù (t) (Tav. XI, fig. 14), e la A
volta dell’ ovario comincia a prolungarsi per la formazione dello stilo. È
La comparsa decisa delle tracheidi ha iuogo quando lo stilo è formato.
x ‘e apparisce già la capocchia dello stimma (Tav. XI, fig. 12) e l’ovolo ha
- già compiuto il suo giro intero per diventare anatropo. In questo stadio
l'andamento dei fasci vascolari entro l’ovario è quale l’abbiamo descritto
-nella nostra prima memoria (2). Già fino da questo stadio si possono di-
_stinguere nettamente quelle parti del fiore, che entreranno a formare
il frutto da quelle che saranno eliminate: e queste sono tutte le partì
| corticali lacunose intorno all’ ovario ed ai lembi calicinali. Di questi non
S resterà che il fascio vascolare mediano coi ramuscoli ripiegati in giù,
. che formeranno la freccia a barbe retroflesse, tutte fortemente lignificate..
«Il parenchima della parete ovarica tutt'intorno alla sua base, ai suo
lati fino all’apice, dove comincia lo stilo, e interposto tra un fascio |
l’altro, è costituito da cellule subrotonde, ovoidi, nucleate, lassamen! A
connesse (Tav. XIII, fig. 69. 70), le quali lungo le pareti laterali si schia
ciano alquanto. Lasciano però sempre vedere i siparii di segmentazione
che continueranno à formarsi, finchè comincerà il loro allungamea di
| Ja loro trasformazione in fibre del tessuto feltrato, che descriveremo i
seguito (Tav. XIII, fig. 69). Poco sopra la base dello stilo, dove termi
il cupolino, le cellule del parenchima interposto ai fasci si fanno ;
| ni sé nel senso dello Stilo.
È
ci Gill e Finnio? Ricerche d ? Anatomia di X, fig. 6.
LOTS ta, ecc; Tav. g
RICERCHE DI ANATOMIA E MORFOLOGIA, ECC. 405
= I fasci vascolari che percorrono il cupolino dell’ovario (1) sono numerosi
ta Ciascuno d’essi è contornato da abbondante meristema destinato a tra-
sformarsi in fibre sclerotizzate. (Tav. XIII, fig. 71). Gli elementi paren-
chimatosi, che vi si interpongono, sono un po’ più ampii di quelli che
ne costituiscono il fondo e i lati. Essi poi nel frutto non si convertono
negli elementi sclerenchimatosi del tessuto- feltrato, ma si logorano inte-
ramente, lasciando liberi i ciuffi di fibre sclerotizzate anzidette, conver-
genti e sovrastanti al punto d’uscita dell'asse radicoforo dell'em-
brione (2). (Tav. XL A). e
L'epidermide che riveste la superficie'interna dell’ ovario non è tutta
uniforme nella configurazione de’ suoi elementi. Dal fondo, salendo in su
fino al livello circa dell’ inserzione degli stami, le cellule sono rettango-
lari, in senso di palizzata, vedute sopra una sezione longitudinale (Tav.
XII, fig. 69), e come tali si distinguono poco dagli elementi meristematici
sottostanti, generatori del tessuto feltrato. Questa epidermide però, os-
servata distesa su di un piano, apparisce formata di cellule allungate,
_troncate obliquamente all’ apice, anche con due piani, che s'incontrano
in modo da appuntarle: e così si addentellano l’ una coll’ altra, assumendo
l'aspetto di un pavimento di legno tessellato. Più tardi però per accre- . >
| scimento irregolare si dislocano. Esse sono intercalate da numerosi stomi,
ben conformati, dei quali le cellule di chiusura contengono amido ab- | se.
= bondante (Tav. XIII, fig. 72), che manca in tutte le altre. oi
Questa forma di elementi cellulari cambia sulla porzione di superfice
È, interna, che riveste la volta dell’ovario, cominciando al livello dell’ in-
Serzione degli stami. Quivi le cellule epidermiche diventano più ampie,
| irregolarmente trapezoidi, e perdono affatto gli stomi. Tutte le cellule
| epidermiche trattate col clorojoduro di zinco appajono finamente retico-
à lato-trabecolate su tutte le pareti (Tav. XIII, fig. 73 a 73 5). Questa epider-
: mide cessa dove comincia il tessuto conduttore dello stilo, cioè là dove.
$ comincia la papilla libera del setto (Tav. XII, fig. 31, Tav. XIV, fig. 82.83).
| n setto dell’ ovario. — Il setto dell’ ovario sì DE. assai pre,
- (*) GraeLui e Ferrero, /. c. Tav. X, fig. 4.
È o GiseLLi e FERRERO, L è. Tav. XV. fig. al
406 G. GIBELLI E F. FERRERO
come si disse, cioè tosto dopo la comparsa dei rudimenti dei petali
(Tav. XI, fig. 9. 16), e delle labbra carpellari. Il setto non ha mai la
forma columellare, come avvertimmo più sopra, ma è già aderente fin
da principio alle pareti antero posteriore dell’ovario: non è libero che
colla papilla apicale (quando è completo), la quale si insinua entro il
canale stilare (Tav. XI, fig. 12 p.o).
Il tessuto del setto è un merenchima omogeno, floscio; la sua epider-
mide è la continuazione diretta di quella delle pareti ovariche. Fram-
mezzo alle due epidermidi uno o due strati di merenchima si vedono
continuarsi direttamente con quello delle pareti ovariche. Più tardi questi
elementi interposti alle due epidermidi si discostano irregolarmente fra
loro, e ingenerano così un tessuto lacunare, che si prolunga in su fino
all’ apice (Tav. XIV, fig. 74). Nel dislocarsi talune di queste cellule si
stirano e si trasformano in processi ifoidi, che attraversano le lacune.
Quando il setto è pienamente sviluppato e lacunoso, si possono vedere
qua e là alcuni stomi sulle sue due faccie epidermiche (Tav. XIV, fig. 74
st). L’epidermide, che riveste la papilla terminale, assume la struttura
del tessuto conduttore, quale vedremo più avanti (Tav. XIV, fig. 82).
Il fatto degli stomi sulle due epidermidi del setto potrebbe essere addotto
come nuovo argomento a dimostrare l’origine carpidiale del setto, e quindi
degli ovoli, che ne dipendono (!). Ma è doveroso aggiungere, che
anche gli organi assili, purchè protetti da una epidermide ricoprente un
parenchima verde, sono, come è a tutti noto, dotati di stomi.
Come abbiamo già esposto nella nostra sopracitata memoria (2), nel
sipario entrano due fasci vascolari, che partono da due punti opposti.
della corona vascolare dell’ovario, discendono un poco, poi risalgono fin
sotto la papilla del sipario, e quivi si espandono da una banda e dall'altra
nei rispettivi ovoli (Tav. XII, fig. 31). Ciascun fascio è completo, 607
stituito di parecchie trata, bicollaterale, circondato da una guaina
amilifera.
Lo stilo. — Lo stilo comincia a rilevarsi; allorchè gli ovoli hanno
(1) GBELLI e Ferrero, l. €.
(3) GIBELLI e FERRERO, Ibid. p. 10, Tav. X, L 2 bis,
| l} primo invoglio (1). Quando è molto giovane non ha dita n
SA Do l’epidermide. Soltanto verso la base appaiono le tracce dei
i cordoni procambiali. Più tardi si allunga mettendo in evidenza i pri-
‘mordii dello stimma (Tav. XI. fig. 12). Il canale stilare in questo stadio
si chiude quasi interamente. o
Più tardi ancora comincia a differenziarsi il tessuto conduttore, il quale Co sà
si ‘appalesa perchè le sue cellule abbondano di maggior quantità di plasma cn
; che non le altre del tessuto circostante (Tav. XIV, fig 75). Esso, come
; vedremo, costituirà 4 semi-colonnette, sporgenti verso l’asse del. canale.
. stilare, le quali in alto sotto lo stimma, incontrandosi reciprocamente, `
ee vedere le dan Hop a guisa di aa X Le una se- o
taie il canale stilare. sì ARE in senso ist e lasciano ve i
dere un rivestimento mucilaginoso (Tav. XIV, fig. 76. 77. 82), che
poi gonfiandosi riempiono. di mucilagine il canale stilare. I quale =
verso Je meo della lunghezza è già sup e si dona ancor Pu
Si pieno stag l'epidermide dello stilo è fatta di cellule rettangolari.
allur gate nel senso dello stilo (Tav. ` XIV, fig. 79 bis); è coperta da una
idolo assai rosa e finamente striata; verso la base la loro ngaa
ome ara abbiamo scritto oi i RO
ali e ne Ibid. Tar. Pa pi?
Gimena e ra Lo Pr Hi >
sotto lo stimma si biforeano e si ramificano a pennacchio (Tav.
fig. 79).
SE
Ciascun fascio vascolare lu di una, due, tutt'al più tre trachee
contornate da cellule cambiformi con qualche tubo cribroso. e
Lo stimma. — Lo stimma comincia a differenziarsi quando il Pe
stilare si chiude e l’ovolo si fa anatropo (Tav. XI, fig. 12). Le sue cellule a
parenchimatose ingrandiscono verso la periferia, disponendosi in senso
radiale. Le più esterne lasciano vedere una cuticola ingrossata e una
depressione della parete libera, che si fa concava (Tav. XIV, fig. 78).
Quando lo sviluppo. dello stimma è compiuto , le cellule epidermiche |
periferiche ingrandiscono assai, si fanno irregolarmente coniche (Tav. XI
fig. 79); rassomigliano un poco a quelle dello stimma del Lythrum Sa-
ticari Oh =. ga
Le cellule sottostanti diti mbiscania subito di volume e vanno decre
An scendo rapidamente verso il centro. Quivi si vedono i fiocchi terminali,
L delle trachee (Tav. XIV, fig. 79).
I tessuto del centro dello stimma presso l’imboccatura del canale stila
è collenchimatoso, a pareti grosse, che si mucificano e si lasciano dislocate -
e schiacciare dalla penetrazione dei tubi pollinici (Tav. XIV, fig. 80).
._ Sviluppo e struttura del disco. — Il disco o nettario comincia ad ap-
| parire quando le antere sono già interamente formate, e anche i petali
i hanno preso ùn discreto sviluppo (Tav. Xi fig. 12. 13). Già abbiamo
> detto, ‘come per il rapido suo accrescimento protruda con delle ondu
- zioni tra uno stame e l’altro, e metta più tardi delle appendici spinul
| formi sul marge, libero in diverse serie (Tav. XII, fig. 31, ta
fig. IR
È da notare, che quad) il den: è completamente svilu ppato, pre
ur inserzione non uniforme su di un piano intorno all’ ovario, ma pit
profonda nel senso antero-posteriore; cosichè in questo senso s0p
sezione trasversale si rilevano due notevoli infossature, che non ap i
ai due lati T XIV, z: 88 D
:
| Dansk dr d Amat. Ban de Papiro È Neri
E Göttingen 1875, Tav. I fig 2 ne
La sua struttura è semplice, prettamente parenchimatosa, a cellule
isodiametriche, con frequenti druse sparse (Tav. XIV, fig. 84). L’epidermide
interna ed esterna ha le cellule un po’ schiacciate tangenzialmente. L’a-
$
>
i
pice di ciascuna appendice spinuliforme è occupata da uno stoma secer-
nente nettare, il quale si raccoglie in discreta quantità nel canaletto
ondulato, che si interpone tra il nettario stesso e l ovario.
Noi abbiamo già dimostrato, che quest’organo nettarifero è fugace (!), |
cioè avizzisce e cade pochi giorni dopo la fioritura. La decidenza si fa per
suberificazione di due o tre stati cellulari alla base della sua inserzione. ;
(Tav. XIV, fig. 85. 86. 87).
Il cuscinetto sclerenchimatoso. — Man mano che il cercine nettari-
fero svanisce, la volta dell’ovario appena al disopra di esso, si rigonfia,
| si arrotonda, formando una specie di cuscinetto, che apparisce già nella
fig. D, Tav. XI dse., e si accentua man mano sempre più nelle fasi succes-
sive d’accrescimento (Tav. XI, D. E. G. H. dsc. Nella figure G. H il cu-
| scinetto sclerenchimatoso, a margini ondulati è evidentissimo. Sopra di
| esso si erigono le setole convergenti; che proteggono l’orifizio d’uscita
dell’asse ipocotile della germinazione. Al disotto di questo disco corneo
si vede benissimo nella fig. G in » un sottile cercine, che rappresenta
| lacicatrice di distacco del nettario. Ora è da avvertire, che il Barnéoud (2),
e altri autori dopo di lui, considerarono il cuscinetto corneo anzidetto del 3
_ frutto, come una sclerificazione del nettario, il che è evidentemente
©. erroneo.
Il cuscinetto corneo è una à formazione tardiva del frutto, che si svolge.
quando il nettario è già caduto.
to r impollinazione. — Nel nostro studio sopracitato (5) abbiamo già
dimostrato come l’impollinazione della Trapa natans e T. Ve erbanensis
si faccia a fiore chiuso, tanto fuori d’acqua come sott acqua, e quindi | i
i fiori di questa pianta siano cleistogami. Abbiamo pure dimostrato che
a fecondazione può Da luogo anche costringendo i fiori a stereon,
n di Greet e Buscarioni, L impollinazione nei fiori della Trapa natans e z.
'erbanensis. Rendiconti della R.* Accademia dei Lincei, 1893, p. 2 |
*) Anat. et organog. du Trapa natans. Ann. Se. nat. II. Ser., fig. 9 P 234.
5 GuseLLi e RUSCALIONI. ecc. p. 23
| stogame esclusivamente.
oltre a ciò lasciano numerosi spazietti intercellulari. Si noti che il ca-
O G. GIBELLI E F. FERRERO
sempre sott'acqua; benchè in queste condizioni fallisca facilmente. Ab #00
biamo inoltre fatto rilevare che la Mesovelia furcata, da noi supposta 7
pronuba di staurogamia, non influisce per nulla sulla fecondazione della
nostra pianta. Ciò che ci risulta tanto dall’osservazione diretta, quanto
dal fatto, che la Mesovelia non si trova ad Angera sul Lago Maggiore,
dove vegeta lussureggiante la Trapa Verbanensis; e tanto meno nello < i
vasche dove noi coltiviamo le due specie. Con ciò non vorremmo esclu-
dere affatto la possibilità della staurogamia in altre regioni del globo,
Cina, Indocina, dove le specie di questo genere abbondano. Soltanto as-
seriamo che nell’Alta Italia la Trapa natans e T. Verbanensis sono clei-
Dopo 12 ore al più dell'avvenuta impollinazione il peduncolo fiorale
compie una curvatura carpotropica, che porta il fiore sott'acqua, voltan-
dolo adagio adagio in giù (').
I petali macerati s'appiccicano così alle antere, impastandole sullo
stimma: fatto che certamente deve assicurare il processo fecondativo.
Molti sono i granuli pollinici, che germinano sullo stimma.
Si scorgono benissimo penetrare attraverso il tessuto collenchimatoso
dello stimma (Tav. XIV, fig. 79), entrare nel canale stilare qualche tratto
al disotto dello stimma stesso (Tav. XIV, fig. 80 b. poll.). Le cellule collen-
chimatose circostanti al tubo pollinico sono spostate e schiacciate: il che
si capisce facilmente, in quanto le pareti cellulari sono mucilaginose, €
libro dei tubi pollinici, quando passa per quest’ultimo tessuto, è assai
più ampio di quando i tubi stessi si trovano liberi nel vano del canale
stilare al disopra della papilla del setto. (Tav. XIV, fig. 82. b. poll).
Noi abbiamo potuto seguire passo passo il progressivo andamento del
tubo pollinico dallo stimma al canale stilare, sul micropilo, entro il tes-
suto della nucella, che riempie il canale mieropilare (Tav. XIV. fig. 89).
Finalmente noi abbiamo scorto il tubo pollinico entrare nel sacco, eil
(') La curvatura carpotropica è frequentissima nelle piante aquatiche anche
non sommerse. Noi l abbiamo osservata nelle Pontedera cerulata, crassipes, Co"
data, nella dr montevidensis, nell Hydrocharys Humboldti, în diverse
specie di Jussie
Ch dolo: CARINE bei NEN alla ii ovo (Tav. aN
La fecondazione sf compie prestissimo. Noi l’abbiamo constatata nei
fiori appena incurvati sott'acqua, e quindi 24 ore al più dopo P pue
linazione.
Sviluppo del frutto. — Compiuta la fecondazione l’attività dell’acere-
scimento degli organi fiorali si concentra nella formazione dell’embrione,
che già abbiamo descritta (4), e quindi nella formazione del frutto.
Decidenza dello stilo. — Innanzi tutto è lo stilo, che poco sopra la
sua base abbrunisce, si sfacela, sicchè la porzione sovrastante si accascia
esi ripiega all’ingiù. E da notare che, come vedremo più innanzi, i fasci
che entrano a formare la volta dell’ovario, sono accompagnati da un me-
| ristema cambiale, che si trasformerà tutto in fibre durissime, cornee.
Ora questo meristema cessa affatto là dove comincia lo stilo; e quivi |
ha luogo il suo distacco; il quale avviene più o meno presto a seconda. È
delle accidentalità meccaniche che lo provocano. nu
| Modificazioni nella struttura del peduncolo. — Anche il pacino.
‘prende parte attiva a questo accrescimento, in quanto deve ingrossare,
per sopportare il peso del frutto sempre aumentante e pendulo. Certamente
in sui primordii di questo stadio à difficile rilevarvi cambiamenti note-
oli nella sua struttura istologica. Però vi apparisce già una specie di
ona cambiale, che si va ingenerando con una certa regolarità tra la T
cerchia dei vasi e il libro esterno (Tav. XIV, fig. 91 cmb), zona che si
ccentuerà sempre più in progresso. Il che è naturale, in quanto la |
hia dei vasi si va facendo più fitta, cosichè le tracheidi finiscono col
carsi lateralmente l’ una coll’ altra. se
Più. innanzi Li Licia assume » struttura caratteristica, Le lo er
end) @ Tn ciascuna delle sue cellule sì pra un anello pre, a
ento, disposto col suo piano in senso verticale-tangenziale. Come
d ordinario Da endodermi consimi Di r oo. è collocato wu
nel piano mediano della cellula, ma più vicino alla parete interna. Esso
è evidentemente striato per traverso; e ci dà reazioni che ci indicano 5
la presenza della suberina, senza escludere quella "della lignina. - 5
Ciascun anello coll’ intermezzo della laminetta mediana tra cellula e
cellula, resta perfettamente coadeso lateralmente coll’anello della cellula <
adiacente; cosichè, distendendo su di un piano un frammento di endo- `
a derma, il suo sistema di anelli ei appare come una rete a maglie ab- |
| bastanza regolari (1) (Tav. XIV, fig. 92). E
~ Le nostre ricerche sulle radici e sul caule della Trapa ci hanno di- |
mostrato, che l’ endoderma in queste membra è identico a ae del pe
7 duncolo fiorale.
Procedendo più innanzi aie stadio corrispondente alla fig. C, Tav. xi, i
l'epidermide comincia a lacerarsi: gli strati immediatamente sottostanti.
si suberificano (?) (si colorano fortemente in rosso colla fuchsina e lo
mantengono; ingialliscono col elorojoduro di zinco; diventano legger-
mente rossi colla floro-glucina e l'acido cloridrico. Se però si fanno.
— bollire. le sezioni nella Dom ci danno nuovamente le reazioni delli
cellulosi).
IT due o tre strati susseguenti di collenchima samentano di spessore.
su tutta la parete, come sugli angoli. Ingrossano pure le pareti dell
trabecole cellulari, che limitano il lume delle lacune. Le cellule. delle
quali sì allungano, cosicchè anche il vano delle lacune si allarga note-
- volmente. Le cellule dei piani trasversali tra una lacuna e Y altra in
DA grandiscono un poco, assumono una elegante forma stellata, perciò e
d ‘aderiscono con dei punti tra luna e l’altra regolarmente, lasciando degl
È, spazietti intercellulari a sezione triangolare (Tav. XIV, fig. 98 d. i
Assai marcato ed ate si fa il collenchima dei agi strati into
i lla inter sis che ne i ScHWENI È
in 1 Abhandi. d. k „Akad, d Wissensch zu Berlin, i 1882
į
real interlacunari : amido che evidentemente viene utilizzato nel
progressivo accrescimento di tutto questo sistema corticale.
Facciamo notare che tutti i tessuti parenchimatoso-lacunari, fibrosi
po
À
ed epidermici, anche nei primi stadii di formazione e tanto più in
quelli man mano progressivi, hanno le pareti dei loro elementi scolpite
ei E a at SU
di numerose trabecolazioni e punteggiature disposte in più strati, quali
furono accuratamente descritte da Baranetzky (!).
Progredendo lo sviluppo del peduncolo verso la maturanza del frutto,
l'epidermide si sfalda quasi per, intero. Anche gli strati dell’ipoderma si
) | sgualciscono più o meno, e subiscono una modificazione intermedia tra
3 _ la suberificazione e la lignificazione. Il collenchima sottostante perde
gli ingrossamenti sugli spigoli. ,
PEN aio) ST) ae
Le lacune continuano ad ampliarsi, perciò che le cellule dei siparii
‘C'ipterlacunari si sono considerevolmente allungate, assumendo una figura
| rettangolare prismatica in senso radiale, smussate regolarmente sugli
Spigoli basali, in molo da acquistare una superfice esagonale; esse sk.
| sovrappongono e si addentellano come le mattonelle in costa dei muri
sottili (Tav. XIV, fig. 94). Le facce di sovrapposizione aderiscono per
dentieoli, che, combaciandosi fra loro, lasciano dei piccoli vani inter-
posti. Anche il collenchima all’interno delle lacune perde gli ingos- da
samenti degli angoli e delle pareti. ;
tel endoderma resta immutato: le tracheidi sono aumentate di numero e- ~
F ito: conserva ia struttura fino al distacco del frutto:
| Accrescimento e maturazione fra Luo: — Nell Di esa e nella
i Bpaississements di parois des elements parenchymateue. Ann. Se. nat. vi
Ser. s T. 4 pi 135
llo ~
Bei che; Debor : RAR tia: Ver Mons avelche in J Periani nthkreisen
er Blüthen während der Entwickelung der Frucht vor sich gehen. In Pringsheim’s: >
hrbücher XVI, T, D 639. L A. RA di aver avuto materiale insufficente
del pedro D
- ; quelli £ che TE io durissimo dell’ rio
4 Tutto quanto ‘appartiene ai fasci vascolari, e sta al loro interno, salvo.
l’ epidermide interna, è destinato alla formazione ossea. Già se ne può ri-
levare con precisione il limite nei fiori poco. pr la fecondazione (Tay:
XV, fig. 95, 105. 106).
Il tessuto lt corticale, continuazione di quella del peduncolo, —
ricopre tutt allingiro la parete ovarica della base dei sepali. Più in sù ;
del livello circa dell’ inserzione degli stami le lacune mancano tanto.
sulla faccia esterna che sull’interna dei lembi calicinali. La struttura -
| complessa di questi strati corticali lacunari è eguale a Fa stessi |
; tessuti nel peduncolo.
si L’epidermide vi si mantiene dalia fino alla fase i,
“nella nostra fig. D Tav. XIe fig. 96, Tav. XV, in seguito si screpola e;
DE Alla a Jembi. Gli strati ER subiscono i ea Vi sus
inno in ete e in spessore dell’ ovario. >
SA Mad ulteriori il tessuto atta lacunare si accascia, i la-
Y
disposizione. E a si pue come à Lui siano sfugg ite alcune bé
pere fficenti
te
| sterno dell'ovario < si passa a uno strato | meristematico interno senza sp: PE
PSA che g DDA mit seiner Innenfliche an die Hilung an, in welcher sich
limite dll'ingrossare della porzione vascolare sclerenchimatosa deli se. T
| pali (Tav. XV, fig. 97). Ma ben presto l’ epidermide esterna si va esfo- `
_gliando, come quella della parete ovarica: gli strati ipodermici, il col-
lenchima seguono le stesse fasi di degradazioni accennate or ora nelle
pareti ovariche.
Al di dentro della porzione corticale nella parete ovarica dobbiamo an- sa
cora distinguere due formazioni: quella dei fasci vascolari, che costituisce |
la porzione esterna immediatamente al disotto della corteccia, già di- i
stinta nei primordii d’accrescimento dopo la fioritura (Tav. XV, fig. 95).
quella formata da un meristema di molti strati, che darà origine : al
tessuto feltrato (Tav. XV, fig. 99 Fitr) e costituisce la PIE interna
dell'osso del frutto.
- Sappiamo che entro la parete ovarica i fasci, in continuazione di quelli
iccole domina + e : terminano con one piccola capocchi
Le
416 G. GIBELLI E F. FERRERO
senso trasversale (') all andamento dei vasi e delle fibre che li cir-
condano.
[l tessuto meristematico, generatore del tessuto feltrato, che sta al-
l'interno dello strato precedente fibro-vascolare, è costituito, come ab-
biamo già veduto, di cellule elittiche sub-rotonde, delle quali molte si
veggono in segmentazione nello spessore della parete dell’ ovario gio-
vane (Tav. XIII, fig. 69). Questo tessuto si insinua tra un fascio vasco-
lare e l’altro e forma corpo con essi. Le sue cellule man mano che le con-
sideriamo più in sù della base ovarica, perdono alquanto il contorno elit-
tico, diventando un poco rettangolari, come i mattoni sovrapposti di un
muro (Tav. XV, fig. 95). Quando dopo la fecondazione l’ovario comincia
ad ingrandire, gli elementi della sua epidermide interna cominciano à
proliferare rapidamente, cosichè l’aumento della sua superfice si fa ec-
cessivo, e perciò diventa tutta ondulata, lasciando dei vani al disotto.
(Tav. XV, fig. 95)
Più tardi gli elementi elittici o sub-prismatici degli strati sottostanti
(generatori del tessuto feltrato) ingrandiscono di diametro, si allungano
in diversi sensi. Da ognuna di queste cellule partono, a guisa di aggetti
ameboidi, dei ramuscoli tubuliformi, più o meno sottili; i quali 0 tosto,
o dopo d’essersi allungati più o meno, si incontrano reciprocamente fra
loro, contraggono aderenza, e alla fine per riassorbimento delle recipro-
che pareti di contatto comunicano colle rispettive cavità (Tav. XV, fig.
102).
Con questo processo si ingenera un contesto di tubuli grandi e piccoli,
che s'intrecciano, lasciando delle maglie più o meno ampie, attraverso
le quali passano diramazioni di altri tuboli (?). S
(') La disposizione di strati fibroso-sclerenchimatosi in senso opposto si osserva
spesso nell’osso di diverse drupe. V. Garcin Æistogénie des perica pr charnus.
n. Se. nat. VII Ser., T. 12. Rhamnus Frangula p. 248, tav. 6-7. Zi
zyphus a fig. 12. Cerasus avium Tav. 24, fig. 1-2. Hedera iau Tev. 25,
fig. 3-4. Cornus mas Tav. 25, fig. 7. Viburnum Lantana, Sambucus nigra Tav:
25, fig. 14. ia racemosus Tav. 26, fig. 3.
(°) Un processo consimile di evoluzione di elementi, che però hanno uno svi-
luppo definitivo affatto diverso dal nostro tessuto ie ‘ato, abbiamo riscontrato
nel terzo piano dello strato profondo dei tegumenti seminali del Cicer Arietinum
>
[=]
I nuelei, an fusiformi, e raid vi aa: a unes Si ca-
pisce come in seguito allamplificazione in superfice e in spessore della su
p
x parete ovarica, in grazia di questo molteplice sviluppo dei suoi elementi
in tutti i sensi, l'epidermide interna si esfogli e cada. Allora la super-
fice interna si fa come vellutata per la sporgenza dei tubuli del tes-
suto feltrato, che $i sta organizzando (Tav. XV, fig. 103). Queste proci- :
+ denze tubulari si rigonfiano un poco all’estremità diventando clavate.
Le cellule di questo tessuto feltrato, quando non sono ancora inte-
ramente sclerotizzate, trattate col clorojoduro di zinco diventano bleu,
_e lasciano vedere delle fessure elittiche disposte in senso obliquo. spi-
3 rale. Esse continuano ad ingrandire fino circa allo stadio rappresentato
dalla fig. F., Tav. XI, prima di assumere l’ ulteriore ‘trasformazione ino
fibre sclerenchimatose, quali si trovano nell’osso maturo del frutto.
= in quest'ultimo stadio hanno una configurazione assai irregolare,
pure conservando quella allungata di vera fibra. Sono flessuose, di ca-
libro vario nel loro decorso, ramificate, denticolate qua e Jà, gozzute. i
quasi varricose, terminate in estremità ottusa o a bottoncino (Tav. XV, 3
g. 104); hanno color bruno sporco, che apparisce nero nel tessuto
compatto. Trattate colla floroglucina e l'acido cloroidrico danno la rea-
zione della lignina. Bollite nella potassa e trattate col reattivo di Rne
sow diventano bleu-violette. £ < | Sa
Alla base di ciascun lembo calicinale entrano, come si disse, un fa-
cio dorsale proveniente dal peduncolo, due laterali provenienti dalla
Tom Le Questi us à insieme ad alcune oro, deb een che si ne
E fig. 40). Otista Paak olie è da senza in-
izione da un meristema cambiale, formante anch’esso una specie di
| ecio conico (Tav. XII fig. 41), che si trasforma tutto in fibre le
e. costituente la grossa es delle corna del frutto. >
itto pelli importante sa id sigg Mate o Sat ni: Ricerche an
tegumenti nai ile Paj ne p. 54, Tav. Il, "ie
e dol lin Attdemia dalle. Lu di. Torino. ! Ser. da: a
*
418 G. GIBELLI E F. FERRERO
La porzione interna assile di questo cono vascolare-fibroso è occupata
da un parenchima a cellule ampie, che conserva a lungo il materiale
amilaceo, senze prender parte alla trasformazione fibrosa (Tav. XII, fig.
38 m. Tav. XV, fig. 107 m.) .
Il cono fibro vascolare, come si disse, a metà dell’altezza del sepalo
sì unisce in un sol fascio, che prosegue fino all’ apice terminato in
punta. Abbiamo pure fatto avvertire, che là dove i fasci si uniscono
in un solo, cominciano a ripiegarsi in giù quei rami, i quali costitui-
ranno la freccia a barbe retroflesse, in cui termina l'apice delle corna
del frutto (Tav. XI, Æ). Questi rami retroflessi sono circa una diecina
per lato del fascio assile, e ciascuno si riduce ad un vaso centrale, che
»-
di poi viene schiacciato dal fascio di fibre, che lo contornano tutto al-
l’ingiro e si lignificano fortemente, acquistando la durezza del corno |
(Tav. XV, fig. 107).
Le fibre costituenti la parete dura delle corna sono allungate, fles-
suose, eleganti, identiche a quelle dello strato esterno (sotto-corticale)
delle pareti ovariche (Tav. XV, fig. 99). Anche qui, man mano che le
fibre accrescono di spessore e di numero, gli elementi vascolari ne ri-
mangono quasi schiacciati, e appena ne restano tracce presso il paren-
chima midollare (Tav. XV, fig. 100. 107). Dalla parete del corno alcuni |
fasci di fibre si incurvano e si protendono quasi orizzontalmente fino
nella porzione assile, midollare; anzi verso l’ apice del cono lo attraver-
sano interamente (Tav. XV, fig. 96). Nella porzione più alta il paren-
chima midollare cessa affatto.
Il tessuto feltrato, continuando la parete ovarica, tappezza e chiude
la larga apertura basale delle corna, si insinua nel loro cavo, e si ag-
groviglia col tessuto fibroso delle loro pareti, e in parte anche col loro
parenchima midollare (Tav. XV, fig. 99. 108).
Entro lo spessore della parete del frutto ancor giovane abbiamo di-
stinto le fibre, che accompagnano i fasci vascolari in senso longitudinale.
e costituiscono gli strati esterni dell’osso, dagli elementi del tessuto
feltrato, disposti in senso circolare orizzontale, e formano gli strati in
terni. Ora è da notare che questi strati si vanno sempre più svilup-
pando e complicando fra di ‘loro, formando dei veri gomitoli, e vortici
: formati dall’ andamento dei fasci fibrovascolari (Tav. XV, fig. 99. 105.
mag) 3
Questo viluppo intricato entra sovratutto a costituire quel disco o
cuscinetto corneo, a margiui ondulati crespi, che, come abbiam detto
più sopra, si sviluppa al di sopra dell'inserzione del nettario, e dopo +
che quest'ultimo è caduto (Tav. XI, fig. D. E. G. H. dsc)» =
Nel frutto la base dello stilo si trasforma in un piccolo cupolino eo-
nico, il quale è formato dall’intelaiatura dei fasci vascolari, che sì con-
* tinuavano entro la volta dell’ ovario, ed entravano convergendo nello stilo. x i
-Caduto questo, di ciascun fascio non resta che una trachea schiacciata
dall’ astuccio di fibre durissime derivate dal fascio procambiale accom- a
pagnante in origine i vasi (Tav. XIII, fig. 71. Tav. XV, fig. 101). `
Tutto questo sistema di fasci sclerenchimatosi, convergenti a volta, è È
; impegnato, fino alla completa maturanza del frutto, nel parenchima, che
lo cementa tutt ingiro, all’esterno ed all’interno (Tav. XIII, fig. 71).
All’ apice del cupolino } epidermide intérna à | sostituita dal tessuto con-
duttore (Tav. XIII, fig. 69. Tav. XIV, fig. 82) che lo ottura mediante
| uno strato mucilaginoso (Tav. XV, fig. 101) indurito, residuo di quello $
che gia servi a nutrire i dea. pie nnt es ovoli.
frecce torininali
fasci fibro-cornei formanti la volta del pilo e sovrastanno conveti
gendo all apertura d'uscita dell’ asse ipocotile nella germinazione (Tav.
XL Z.). La quale apertura, come è noto (') è chiusa da un turacciolo su- ;
‘beroso-tannifero, formato dai tegumenti ingrossati del seme, dal ‘ue
colo, e dal residuo della nucella. e
Il distacco del frutto dal peduncolo ha luogo nell’ ottobre più o meno
; inoltrato. Esso è dovuto al semplice fatto meccanico del peso stesso del
; frutto; ed ha luogo appena al disotto della base ossea della noce. Quivi,
| nel centro, è scavata una nicchia sub-rettangolare, dove finisce la porzio-
ne assile lacunare del peduncolo. I fasci del quale non assumono elementi
ignificati di resistenza alla trazione; e siccome d’ altra parte P epider-
mide si lacera e si esfoglia già per tempo, così il distacco ha luogo senza
| nessuna preparazione prre istologica, ma per il puro fatto pee
della gravità. su
F biologi dal modo con cui si dipana i i frutti sulla magkiia in È,
fc ondo agli stagni : e dalla forma sopratutto delle frecce colle barbe le-
gnose a ritroso terminanti le corna del frutto stesso, hanno arguito, es-
_ sere m SERE eu a E nre a -i di ancore
NOTA
SULL’ ENDODERMA.
Abbiamo adottato nel nostro caso la denominazione di endoderma,
= a o i 310. -
+
422 G. GIBELLI E F. FERRERO
Se noi osserviamo attentamente una sezione trasversale trattata come
sopra, distinguiamo perfettamente i punti di sezione dell’ anello sube-
raceo, rappresentati da due piccole semilune ('), sporgenti da una banda
e dall'altra di una parete radiale nel lume della rispettiva cellula. Sic-
come le cellule del nostro endoderma sono brevi nel senso longitudi-
nale, così in ciascuna si può seguire la curva arcuata di ciascun anello
tagliato trasversalmente per metà, o all’incirca, ed allora non è possibile
scorgervi nè preghettatura nè ondulazione di sorta. Anche sulle sezioni
tangenziali d’ordinario non appaiono queste accidentalità; tutt'al più
si rileva qualche tenue ondulazione dopo una lunga azione del reativo
del Russow.
Se si osserva con ingrandimenti forti uno di questi anelli, si scorge
che la superfice interna è attraversata da finissime strie, che parebbero
formate da file di microsomi. Noi abbiamo osservato lo stesse fatto nel-
. l’endoderma dell’ Allium Caepa, dell’ Hippuris vulgaris, nel. Myrio-
phyllum spicatum, nell Hydrocharis Morsus Ranae, in un Equisetum
etc. Van Tieghem le ha scorte più volte e le disegna con evidenza
nell’ Allium Caepa, nell’ Hedera Helix, nell’ Asarum canadense, nella
Peperomia maculosa, nel Nuphar luteum, nella Nymphaea alba (*).
ma senza farne cenno nel testo. Un altro fatto, che non crediamo sia
stato rimarcato finora, ci occorse di vedere nella struttura dell’ anello
suberaceo, che rinforza le cellule dell’endoderma di un Equisetum e del-
l' Hippuris vulgaris, quando questo anello è già invecchiato. Ed è che
il suo ingrossamento in ‘spessore, dopo un certo stadio non si fa più
continuo ed uniforme su tutta la superfice, ma si interrompe in varii.
punti più o meno ravvicinati; sicchè veduto di profilo, e quindi sopra
sezione tangenziale, il nastro suberaceo assume l'aspetto di una sega à
denti smussati.
È noto che, da quando Gaspary (*) ha dimostrato la presenza delle
\ (') La rappresentazione di questo. modo è stata data da Rus:ow. Vergleichende
Untersuchungen ete. col simbolo di suberificazione a ®.
(C) Van Tiecnem, Récherches sur la symetree da structure des plantes vasCU-
laires. Ann. Se, nat. V Ser. T. 13, Tav. IL fig. 2
(3) Ueber d. ita der Zellwandung et Bot . “n ug: 185 3,5 801. Bemer-
kungen über die Schuztscheide ete. in Pringsheim’s Jahrbücher 1866-66, IV V. Bd:
dilazioni Vul parati dial delle ei di ren tessuti i in genere
e dell’ endoderma in specie, tutti gli anatomici De-Bary, Pfitzer, Hôhnel,
Van Tieghem, Schwendener, Haberland etc., le hanno riconosciute e-
| designate coi termine di ombre o punti neri di Caspary, e convennero
pi di simboleggiarle con due piccoli tratti neri sulle pareti radiali dell’en-
doderma. Ora noi crediamo che con questa figura simbolica si confondano
spesso due differenti cose. Se si tratta una seziono trasversale o radiale
di un endoderma ad anelli con clorojoduro di zinco o col Rusow, si pos-
sono distinguere innanzi tutto le sezioni dell’ anello di suberina, costi-
tuite da due semilunette appoggiate l'una contro l’altra sopra la stessa
pareto une di ie che le an Poi ARE drago il
queste esistono. E queste si possono sempre ritenere con maggior his
| rezza quando si ottengano delle sezioni inclinate di 45° circa sull’ asse ]
i del caule o della radice. e
Ma le ondulazioni o AE delle pareti, e le semilunette rap-
| presentanti le sezioni degli anelli di suberina sono due fatti distinti,
che possono coesistere, e possono trovarsi separatamente l'uno dal-
l’altro.
infatti noi Sao constatato ripetutamente un grosso sign a :
î
i ii
Mn. NA guiero. arvense r endoderma apparisce priden sotto nr
d anello striato; ma non ET a tre sad es eos del enni
vas Vili la sezione trasversale col ehia italo dei pl neri di Ca
_spary, ma poi ci disegna una figura tangenziale dell’anello d’ingrossamento.
dell'endoderma ¿n cui mancano affatto le ondulazioni. Lo stesso Caspary 6)
avverte che nell’ Ælodea canadensis sulla sezione trasversale si vedono
. le dunkle Flecke; ma nè sulla radiale nè sulla tangenziale si scorgono
_ le ondulazioni, se non dopo il trattamento coll acido solforico come Egli
o infatti le disegna nella sua tav. IX fig. 8. Il Kny (*) nelle sue tavole
- murali indica col simbolo solito l’endoderma dell’ Elodea, e dice. che
zeigen sehr schön die scheinbare Verdickung, welche in Wirklichkeit
der Ausdruck einer Längsfaltung der mittleren Streifens der Ra-
dialwände ist. E poi aggiunge: Auf entsprechend geführten tangen-
tial Schnitten tritt diese Längsfaltung nicht immer deutlich hervor.
Ora come si ver ore di rn e contraddizioni dept Autori
bi
: radiali non sono cidulara e quid i soliti tratti simbolici adottati pi È
| questo strato ne non le pieghettature nu pareti, ma l anello
È cip i
? generale
le 6 Gros: le abs le dus. ed aggiunge di non avel |
| vedute ondulazioni nell” endoderma dei cauli evoluti del Potamo,
n pa si dell’ E gere acetosella, nei sa no
*
PA N È
RICERCHE Di ANATOMIA E MORFOLOGIA, ECC. 425
rea acuta, Paris quadrifolia, Majanthemum bifolium, Convallaria majalis,
Invece Van Tieghem (!) ci dà le figure e dice pieghettato l’ endoderma
della Zea Mays, Paspalum Michauxianum, Triticum sativum; Phœnix
dactylifera. Ciò che, secondo noi, dimostra, che Egli considera senz’ altro
la sezione trasversa dell’ anello suberificato come indizio delle pisghale
tature della parete radiale dell endoderma.
Veramente Van Tieghem nel suo Traité de Botanique (IL: édit. 1891)
p- 674 dice: L’assise la plus interne (de l'écorce). est formée de cel-
lules à membranes suberisées, fortement unies entr’elles et comme en-
grenées par un cadre de plissements échellonées le long de leurs faces
laterales et transverses. En un mot elle offre touts les caractères assi-
gnés plus haut à la varieté plissées du tissu subéreux, on tissus plissé
(p. 605). C’est l’endoderme, qui entoure comme d’une ceinture le cy-
lindre central. -
Poi a p. 681, descrivendo i catteri dell endoderma della radice, dice
che: Les plissements... peuvent même être très peu visibles, ou manquer
tout-à-fait. Comme d'autre part l’assise subereuse peut être plissée, on voit
qu'il faut se garder de faire entrer les plissements dans la définition
de l’endoderme.
Qui si capisce che Van Tieghem ha receduto da quella specie di dogma
da lui enunciato in molti suoi lavori, che cioè le pareti radiali delle
cellule dell’endoderma fossero sempre dotate dei caratteristici plissements
echellonés. E infatti più avanti a p. 752 aggiunge: Quelquefois les plies-
sements n'existent méme à aucun âge. Non si capisce però ancor bene
Se, secondo Lui, questa mancanza di pieghettature è da ascriversi soi-
tanto alle cellule dell’ endoderma ingrossate a U e ad O, o anche a quelle
ingrossate ad anello (o a ® come le designa Russow), che sono certa-
mente le più frequenti.
Per conto nostro abbiamo verificato, che sulle sezioni tangenziali delle
„Tadici della Zea Mays si possono osservare benissimo le maglie allun-
gate formate dall’ anello di suberina o lignina (?) entro le cellule del-
P endoderma , con qualche lieve ondulazione, ma assai poco rilevata, e
iii:
(*) Recherches sur la symétrie, ete. 1. ©
Es impossibile sopra una sezione trasversale "PAS il fenomeno delle
| bre alternanti costituente l’ essenza dei punti neri di Caspary. E noi
siamo quindi persuasi che il solito ‘simbolo segnato da Van Tieghem
anche qui dovrebbe esprimere la sezione trasversa della trabecola sube-
racea è non le ondulazioni delle pareti. A questo proposito facciamo no-
di tare, che nella Zea l anello di suberina non si scorge nelle radici troppo
È | giovani, e neppure nelle più vecchie, poichè in queste tutta la parete »
è suberificata, e allora le semilunette, che rappresentano la sezione del-
l'anello, non si rilevano più. Secondo le nostre osservazionii rilievi del-
i F anello cominciano ad apparire e procedono di conserva collo sviluppo
: e colla formazione degli ingrossamenti proprii dei vasi. Resterebbe à ve-
rificare se, come dice Wisseling (t), la suberificazione della parete ra-
diale dell’endod, abbia KADEN” pneus colla formazione di un anello #
caratteristico. |
Ay
come bia doti: di sopra, r anello di in “delle
È nissime striature ere talvolta assai bene aceóntuate S se
De
U
tà,
enunziato dal Wisseling.
Lo Schwendener in generale ammette (t), che le ondulazioni delle pa-
reti radiali nella pianta integra e viva non esistono, ma siano dovute
allo squilibrio di turgescenza e di tensione, prodotte dal taglio trasver-
È | sale. Rimbach (°) trova invece, che la formazione delle ondulazioni delle
5 pareti radiali dell endoderma è sempre in relazione coll’ accorciamento
| della corteccia delle radici; e che, d’accordo con Strassburger, una volta
formate, queste ondulazioni possono in seguito essere in certoqualmodo
fissate da ulteriori processi di accrescimento e depositi di materiali, che
le mantiene inalterate, anche quando questo tessuto venga distaccato
dagli altri.
Per parte nostra possiamo dire d’aver veduto nella radice dell’ Ophio-
| glossum vulgatum le sezioni tangenziali e radiali di endoderma trat-
tate col Russow col largo anello perfettamente piano, senza ondulazioni
| di sorta, mentre le sezioni invece della stessa radice, sottoposte al tratta-.
+ mento disidratante per la loro conservazione nel balsamo, diventavano
ondulate. Se, secondo Schwendener la ondulazione è prodotta dalla dimi-
nuzione di tensione della parete cellulare, quando questa non abbia
luogo, l’anello sarà liscio e non ondulato; e se si esamina una radice
`
dove la contrazione non si è ancora manifestata, mancheranno le on-
dulazioni, le quali appariranno più sopra, dove la contrazione ha avuto
luogo, e ciò nella stessa radice. (5) E noi abbiamo benissimo veduto nello
Stesso preparato di radice del Phaseolus vulgaris un tratto di endo-
derma (in sezione tangenziale) con anelli ondulati susseguito gradata- -
mente da un tratto senza ondulazione (trattato col Russow).
= Comunque sia è difficile persuadersi, che nei cauli delle piante ac-
‘Quatiche sommerse si producano le condizioni di tensioni antagonistiche,
che si verificano tra la corteccia e il cilindro centrale delle radici di
| : q ) Die Schutzscheidung und ihre Verstärkung, Abhandl. d. K. Akad. d. Wissensch.
ù Berlin. 1882,
"Sar
() Ueber di Ursache ete. ibid.
i (Y Porseuit Ann. Se. nat. VII Ser. T. 11, p. 190. ca sur les Cry-
logames vasculaires 8).
8. Malpighia anno IX, vol. IX.
| molte piante terrestri, e che si ritengono causa dell’ inerospatu
endoderma.
Ci permettiamo quindi di credere che i soliti simboli adottati da À
Schenk (') per esprimere le ondulazioni dell’endoderma della Pepi
Portula, Elatine Alsinastrum, Ceratophyllum demersum , Callitrich
SUONA Atyricphttom spicatum, n aa vulgaria, indichino du
nensis, Mahonia AR “ FE
Da ultimo, e per contrapposto ai casi precedenti; è è noto come ici
=~ rano casi di ondulazioni delle pareti di cellule parenchimatose, non ap-
3 asthme corticale delle radici del dai beiei, del picciolo
- Nelumbium speciosum, dell’ Ecballion Elaterium, della Cucurbita È
| del parenchima del caule delle Æydrylleae etc., ete.
Concludendo, come ognun vede, e come abbiamo detto os i
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
Tav XL
1. 2. 3. 4. 8. 6. 7, 8. 9. Sviluppo graduato del fiore :
dinali. pl. = petali. st. = stami. ov. = ovario.
> ir Un per ala; pes si trova. nello stadio oto,
a 4.
k: curva SERI a ie pigli n. = nettario. DD: papilla g
libera del sipario divisore dell’ ovario. si Zeiss, ridotta a metà. —
1a 14. Stadii di sviluppo degli ovoli e degli stami intermedii tra quell
2 presentati dalle fig. 9 e 12. A
15. Un petalo in fiore ancora ‘chiuso, ma presso a bor à
6. pro trasversale del ion passante attraverso la base dell ovario, €
AMEL @ GABELLI E F. FERRERO”
Fig. 24. La chiusura del calice veduta dall'alto pressapoco come nello stadio |
precedente, per mostrare le cellule rilevate a papille. + Z.
» 25. Prima apparizione delle lacune nella porzione corticale del peduncolo-
limitate da cellule disposte a stella all ingiro dello spazio intercellulare:
corrisponde pressapoco allo stadio indicato dalla fig. 6. È Koritzka.
» 26. Segmento di una sezione trasversale di peduncolo di fiore giovanissimo,
corrispondente all’ incirca allo stadio indicato nella fig. 5. ep. = epi-
dermide. €. = strati corticali. fr. = trachea. sr = procambium. /.#. = la-
4 somp:
cune midollari. Koristzka
» 27. Sezione trasversale SSA semischematica, di un peduncolo giovane
nello stadio indicato dalla fig. 6. Tr. = trachee. = Koristzka
» 28. Segmento di sezione trasversale di peduncolo poco prima della fioritura.
coll. = collenchima. 2. = lacune. D.t. Diaframmi trasversali. p.c.i. = pa-
renchima corticale interno. PAlt. = Fleoterma. È Koristzka.
5 29. ARS di tessuto lacunare corticale. D.t. = Diaframmi trasversali.
+ Z. ridotta a.
» 30. Saline trasversale di un lembo di calice ancor chiuso, per mostrare i
denticoli di anco ingranaggio dei margini dei sepali, e i lembi di |
cutina interposti. — Z.
Le figure A. B-C. D. E. EAR indicano i processi succéssivi di sviluppo
dal fiore sbocciato al frutto in germinazione. Dimensioni naturali. dsc. = disco.
n. = nettario.
Tav. XII
Fig. 31. Sezione longitudinale mediana di gran parte di un fiore, toltine gli stami ;
e i petali, semischematica. + circa. Le liñee rosse indicano ten
dei fasci vascolari. o
‘» 32. Andamento e distribuzione dei fasci vascolari in un lembo di calice. - + ? circa
_» 33. Un frammento di tessuto lacunare corticale del peduncolo in sezione lon- :
gitudinale D.l. = Diaframmi longitudinali. D.t. — Diaframmi trasver-
sali. æ. b. c. d. e. fasi di sviluppo delle cellule cristalligene. -5 19. ridottà a +
TE LS Sezione longitudinale di un fascio vascolare cina in peduncolo di
sa ton non son aperto. - t.cr. = tubi cribrosi. Put. = Fleoter ma.
T — Z. ridotta a =
Zac 35. tia sin di un sepalo alla sua base in fiore chiuso. ¿r.m. = tra-
| chee del fascio mediano. f.l. = elementi dei due fasci procambiali deri-
»
39.
RICERCHE DI ANATOMIA E MORFOLOGIA, ECC. 431
vanti dalla corona, che formeranno il cono allungatissimo del fascio fibroso
mediano del sepalo. Koristzka.
4 comp.
6
. Segmento di sezione trasversale di peduncolo di fiore chiuso e giovanis-
simo. #7. — tracheidi. f.cr. = tubi cribrosi. PA. — Fleoterma. + Z.
2 \
ridotta a +.,
. Un frammento di fascio vascolare mediano di un lembo calicinale, con
uno dei rami che si ripiegano in giù, in fiore chiuso e molto giovane.
8
— 22: Koristzka.
“Sons trasversale della base di un sepalo in fiore già sbocciato, presso
a poco nello stadio della fig. B, tav. I. L’epidermide esterna comincia a
rompersi. fm. = fascio mediano. f:l. = uno dei fasci laterali, che col
mediano e coi rispettivi elementi sclerenchimatosi entreranno a costi-
tuire la parte ossea delle corna del frutto. #. = tessuto a cellule na
che entrerà a formare la porzione midollare delle corna. 2 sa
Koristzka.
Sezione trasversale di calice ancor chiuso a metà circa dell altezza dei
sepali — Z
» 39 dis. Elementi iniziali del collenchima, che sta tra l'epidermide e il tessuto
Fig.
A
—
si
ot
. Un petalo in fiore aperto Ad
lacunare del peduncolo fiorale. Gli spazietti intercellulari sono ancora
aperti, più tardi si obliterano. = Z.
AV. XII
—
Sezione trasversale di sepalo in fiore aperto a metà dell’ RAEN (eo =
fascio mediano ascendente. f.d. = fasci laterali discendenti. ~y - Z. ridotta a;
Sezione trasversa di uno dei fasci discendenti della a sr e
di ‘porzione del tessuto corticale lacunare adiacente. Il fascio consta di
una 0 due tracheidi assili, circondate da una ERE di elementi meri-
stematici . che diventeranno fibro-sclerenchimatosi. + Z. ridotta a —
1 à
Sezione trasversale di un petalo alla sua base in fiore ancora chiuso:
È Z. ridotta a metà. i
PER della sezione Loin sale del petalo della precedente figura. 5-
Z. ridotta a metà.
. Sezione longitudinale di uno stame nello stadio press’ apoco indicato dalla
fig. 14, tav. I + Koristzka, ridotta a due terzi.
. Segmento di una. sezione os del on di uno stame
lacuna longitudinale lungo il fascio vascolare. + Koristzka, ri
>» 47-48. Formazione evidente delle cellule iniziali delle madri polliniche nel i
2°, e nel 3° e nel 4° strato sotto-epidermico. in. = cellula iniziale.
> Ae Z. ridotta a metà. | Fe
és longitudinale di un sacco pollinico colle cellule madri polliniche
(madri secondarie delle tetradi) in formazione: alle due estremità del sacco
sono ridotte ad una sola fila. £©"P Z, ridotta a |. a
Sezione trasversale di due sacchi pollinici colle cellule madri polliniche
come nella figura precedente. — Z. ridotta a metà. ; ;
Sezione trasversale complessiva di un’ antera negli stadi predoni 5.
Z. ridotta a metà. à
Sezione trasversale di un sacco pollinico; formazione dal tappeto ; ine
grandimento delle madri secondarie. -5 Z. ridotte a metà.
Sezione trasversale di un sacco pollinico; formazione delle tetradi. Le
cellule del RANY cominciano a scomporsi ; gli strati sottospidermici + Bi.
: _schiacciano. À + Z. ridotto a metà.. n
ž k Cariocinesi di una cellula madre sa per la formazione delle tetradi
2 sem: 7. ridotta a metà. SIR i
55. Sezione trasversale equatoriale a un granello pollinico. es. = enina,
end. = = endina. fur. = turaccioli + com? Z. ridotta a metà. —
at (36-57. Dimostrazione della formazione della membrana propria del jolie i
a Nella fig. 56 la membrana propria si è staccata per plasmolisi; nella
“fig. > si orga le file di granulazioni sa dal centro alla periferie
vii cn I mn Fidotta a metà.
(58. Le cellule del tappeto in deformazione. di Z. ridotta a ‘meta; rr
P Granulo pollinico in perfetto sviluppo. cr.e. = creste dell’esina che c
- fluiscono ad uno dei poli. #202- Z, ridotta a due terzi.
È 60. Lo stesso. a re iniziata. end. = endina.
due terzi. ;
6. Granello di polline + trattato a à Tango c coll’ dans di spit Fe esina è r
Fig. 64.
» 65.
» 66
» 67
» 68
» 69
» 70
LV DI
» 190
Fig. 74.
PI:
» 76,
RICERCHE DI. ANATOMIA È MORFOLOGIA. ECC. 433
L’esina in seguito a trattamento coll’ acido solforico elimina le porzioni
ricoprenti i pori di deiscenza sotto forma di sottili capsulette o cappel-
6 comp.
o
L'endina uscita intera dall’ esina mediante il trattamento a caldo colla
ridotta a metà.
letti cap.
. 6e ` . `
potassa e colla compressione. —"2! Z. ridotta a metà.
6 comp.
. Un granulo pollinico in sezione ottica per mostrare i due nuclei. —;
Z. ridotta a metà.
. Un granulo compiuto per mostrare la configurazione di uno dei pori di
. Fi ` 6 4 . A
deiscenza’ nell'atto della germinazione. —- Z. ridotta a metà.
© D
. Struttura delle pareti dell’ antera, ‘principalmente del setto tra le due
logge. Dsc. — punto di deiscen/a, -5 Z. ridotta a metà.
. Lembo di una sezione longitudinale dal fondo di un ovario al momento
della fioritura. ep.i. = epidermide interna. flr. = Elementi generatori
del tessuto feltrato. ‘ Z. ridotta a metà.
. Lembo di una sezione longitudinale dell’ ovario, dove comincia il tessuto
conduttore, al momento della fioritura. fs.c. = tessuto conduttore. flir. =
elementi del tessuto feltrato. pr.c. = parenchima corticale. — Z- ri-
dotta a due terzi.
. Lembo di una sezione trasversale del cupolino dell’ ovario al momento
della fioritura. /.v.s. = fasci vascolari che formeranno le setole conver-
genti sull’apertura di germinazione nel frutto. Pr.d. = Parenchima che
. 2 Tu
si disolverà a maturanza del frutto lasciando a nudo le setole.. -5 Z. ri
dotta a metà.
. Lembo di epidermide della superficie interna dell’ ovario al momento
della fioritura, con stomi. È Z. ridotta a metà.
73b. Cellule dell epidermide interna del cupolino. In 73 a sezione
trasversale, in 73% in sezione obliqua per mostrare le reticolazioni e tra-
becolature delle pareti. + Z. ridotta a metà.
Tav. - XIV.
Lembo di una sezione trasversale del setto dell'ovario al momento della
fioritura. sf. = stomi: — Z.
Lembo di una sezione trasversale dello stilo al disotto dello stimma.
c.st. = canale stilare. + Z. ridotta a meta.
Lembo di una sezione trasversale del tessuto conduttore al disotto della
metà della lunghezza dellostilo. c.st. = Canale stilare. + Z, ridotta a metà.
Fig TI. Lembo di una she dei tessuti dello stilo in sezione Cgil
canale stilare. b.poll. = budello pollinico. “7? Koritzka, ridotta
due terzi.
78. Lembo di una sezione longitudinale dello stimma nei primi stadii di
evoluzione. 2em. Koritzka.
79. Lembo di una sezione longitudinale dello stimma già fecondato. b poll. = =
budello pollinico. + — Z. ridotta a metà.
79 bis. Le cellule ria dell'epidermide dello la 2 Koritzka.
80. Lembo di una sezione trasversale dello stimma già perde b poll. =
budelli pollinici. + Z. ridotta a due terzi.
81. Lembo di una sezione trasversale dello stilo poco sopra I imboceatura k
nell’ ovario. d.poll. = — budelli pollinici. {s.c. = tessuto conduttore. -5 Z.
ridotta a due terzi. DI
2. Lembo di una sezione longitudinale del canale stilare in corrispondenza
della papilla del setto dell’ ovario 4.poll. = budelli pollinici (la sezioni
è parallela al piano verticale del sipario divisore). fs.c. = tessuto CON-
duttore. Z. ridotta a due terzi.
al piano del sipario). S = tessuto conduttore. ares
84. Lembo di sezione trasversale del disco. LE Z. ridotta a due terzi.
85. Sezione longitudinale ps dell'orario, per mostrare l'inserzione del
nettario. T: ne. nettario: T
ii di sviluppo del disco corneo, d.c. che nel frutto contorna
| pertura d'uscita dell’ asse ipocotile germinante. =.
» 88: Diagramma del fiore. foo. = fossette antero poranio, war, inserzi
» del disco e l’ovario. =
89. n canal stilare col tubo pallio contenente i se nuclei alla sua e
mità. b.poll. = bubello pollinico. Koritzka, ridotta a
metà. i
È 90. Il nucleo del budello pei il nucleo della: cellula ovo accosta
entro ta sacco embrionale. ua == budello pollinico. C0. = cellula ox
semi, a. LD omog.
n Tan cara, ci
as Lembo äi s sezione trasversale di peduncolo i in fiore fsvondato, c e ha
ss hote. Fidotta 1 a due terzi.
| » 93. Lembo di sezione trasversale della porzione corticale-lacunare del frutto
| nello stadio press’apoco dalla fig. F, Tav. I, d.trs. = diaframma si
sversale delle lacune. #°"P° Koritzka ridotta a due terzi.
» 94. Lembo di un diaframma boicie d. ingt. == — del tessuto i
lacunare in un frutto nello stadio rappresentato dalla fig. F, Tav. I
== Koritzka ridotta a due terzi.
| via i di suberificazione. Coll. = “este Lorie bons smilil
Le. = lacune corticali. z.d. = Zona di distacco della corteccia dalla por- :
| zione ossea nel frutto maturo. f.s. = fibre sclerenchimatose rudimentali,
ua entreranno a costituire la porzione esterna di un corno fs frutto.
n è fibre sclerenchimatose in formazione. =
ve 3: 1-11
CE
98. Frammento in sezione l
| faceia esterna di un sepalo aile stesso veda della fe. 97. Le cell
del parenchima collenchimatoso ‘al disotto dell’ipoderma eno col
toro g zinco ; si et tutte irabecolata-fanostuate: “5” i
a mk
ad = Zona di disticco de porzione Toad dalla porzione -
; frutto. -® Z. ridotta a metà.
un lembo abani a metà circa della sua altezza, in un frutto corr
spondente alla fase indicata nella Tav. XI F. ert. = porzione corticale. ;
“zd. = zona di distacco della porzione corticale a maturanza. f.v.m.
.. fascio vascolare mediano contornato da fibre sclerificate. fl. = bei J
delle fibre di un fascetto i pig formante parte delle barbe sclerenchi-
matiche reflesse della freccia. na Z. ridotta a due terzi.
. 101. Sezione trasversale di un frutto al suo apice, al disopra del arci osseo, i
dove si formano i fascetti sclerenchimatosi convergenti. che chiudono :
V apertura di germinazione, nello: stadio indicato nella Tav. XI G. c.s.
cordoni sclerenchimatosi. t.c. = residuo di tessuto conduttore. Tutto:
parenchima PRES ai fasci parenchimatosi si corrompe prima della ge
ii | minazione. -5 Z. ridotta a naa
108. Tomio i in sezione fougihidinale della ENIE interna dell’ovario, dopo
il PS dell’ dirai interna; le cellule DE ficiali si prolungano.
sr
= Cavale x micros Pel. = archi
Sezione longitudinale A du un frutto maturo PT À attraverso |
le corna superiori, nelle stesse condizioni della figura precedente, le let- ;
| tere hanno lo stesso significato. s. = residuo del sipario, che divide nel
fiore le due logge dell’ovario.
>» 107. Sezione trasversale di sepalo in frutto incipiente, verso l’ apice, corri-
spondente alla. fase indicata nella Tav. XL fig. C- Fc. = Fascio ten-
trale, mi. Parenchima midollare. Fr. = Fascio ripiegato in giù. Z. ds 7
Sis di distacco ‘della porzione parenchimatosa a ruse del frutto.
À ridotta a metà.
+ 108. nh di sezione longitudinale mediana della base di uno delle corn
È in frutto maturo. Ps.e. re ceti same della porzione esterna |
| della parete. 4m. = parenchin n ni re intrecciato col | tessuto feltrato.
ini ation ridotta a metà. e EA Oe
sn VA $
#
È
stagno (t). Non mi occuperd qui che della parte anatomica del lavoro, —
rici fusi tra loro e coll’ asse. Particolareggiatamente è è seguita la distri-
buzione dei fasci vascolari in tutte le parti del fiore; segue lo svilup)
nile e sul frutto del castagno. Atti Ist. Bot. Pavia. Ser. IL, Vol.
| con tre tavole,
RIVISTA BIBLIOGRAFICA ITALIANA vek IL 1894
Rivista bibliografica italiana per il 4894
I. ANATOMIA E FISIOLOGIA.
L’anatomia ha allargato considerevolmente il suo campo, non limi-
tandosi alla pura ricerca dei rapporti di forma interna e di posizione, e
dello sviluppo dei costituenti anatomici del corpo della pianta e delle sue
parti, ma proponendosi ancora di ricercare quali sono i rapporti tra la
forma interna e la funzione (anatomia fisiologica) e quale il valore, che
i caratteri anatomici possono avere per la costituzione e distinzione dei à
gruppi vegetali (anatomia sistematica).
All’ uno e agli altri di questi scopi si rivolsero le ricerche anche in
Italia nello scorso anno, come lo mostrano i lavori che verremo man
mano esaminando nell’ ordine sopraindicato.
I D.” F. Tognini ha intrapreso uno studio particolareggiato morfo- È
logico e anatomico del fiore pistillifero, del frutto e del seme del Ca-
che è però la principale, condotta con metodo scientifico e che porta
a conclusioni interessanti anche per la scoperta di fatti nuovi e la cor-
BRUT ee MIDO AE
rezione di errori od inesattezze non di rado ripetute.
Il primo capitolo tratta del fiore, e vi sono esposti la struttura e lo svi-
luppo delle diverse parti che lo costituiscono, cioè della parete dell’ovario,
dei setti ovarici, della colonna centrale, che sarebbe di natura assil
all’interno e appendicolare all’esterno, formata cioè dai tramezzi ova-
(O Tonisi Dr. FiLirro. Ricerche di morfologia ed anatomia sul fire
I
; e la struttura dei canali stilari fertili e sterili; finalmente troviamo la
struttura dell’ ovulo, che ha due tegumenti, e la secondina a cellule plu-
riseriate.
In un secondo capitolo l’autore espone lo sviluppo e la struttura del
frutto e partitamente del pericarpio, dei residui dei setti ovarici, della
colonna centrale e del seme.
È notevole la presenza di ispessimenti a listerelli che concamerano
le cavità delle cellule epidermiche del pericarpio, e la lignificazione del-
l’ipoderma, che non si osserva nelle altre Fagacee.
Nel tegumento del seme fornito dalla primina, i fasci collaterali diven-
tano concentrici, in rapporto con la formazione di un plesso vascolare
basale nella colonna centrale a porzioni orientate a rovescio.
L'autore ritiene che il fascio del rafe e sue ramificazioni principali
posseggono un cambio che dà legno secondario; ma forse non si tratta
che di lenta differenziazione del cordone procambiale, e allora sarebbero
= deutoxilema gli elementi ritenuti dal Tognini per legno secondario.
Importante è la constatazione della presenza di un endosperma scarso
ma distinto, nel seme del castagno ritenuto esalbuminato. Però il Tognini
dà troppa importanza alle generalizzazioni del Godfrin, avendo già io
Stesso dimostrato per le Gelsominacee la non attendibilità delle cosidette
leggi da lui stabilite. Il mesofillo dei cotiledoni è differenziato e con-
tiene la riserva amilacea; la proteica sta nelle epidermidi, specialmente
nell’ esterna.
Le tavole che accompagnano il lavoro sono egregiamente fatte.
LITRES
Il riferente, continuando i suoi studii morfologici sulle Conifere, ebbe
occasione di far conoscere la struttura della piantina della Keteleeria
Fórtunei (Murr.) Carr. in occasione delle ricerche sulla germinazione.
del seme di questa rara pianta (1). Trovò che nei cotiledoni mancano
gli stomi, e il mesofillo è omogeneo, senza ipoderma e senza canali re-
siniferi. Nei nomofilli, ai quali si passa per gradi, gli stomi sono pre-
o Pmrorra R., Sulla germinazione e sulla s'ruttura della piantina della Kete-
a Fortunei (Murr.) Carr. Atti Accad. Lincei 1894, Ill, pag. 286.
| RIVISTA BIBLIOGRAFICA ITALIANA PER IL 1804 ©
senti in tre serie longitudinali formanti una zona da ciascun lato del |
nervo mediano sulla faccia inferiore; il mesofillo è dorsoventrale, con |
ipoderma meccanico e canali resiniferi presso il margine e contro l’ epi- …
dermide inferiore. L'asse. epicotileo ha una serie interrotta di canali re- ni
siniferi nel parenchima corticale, non ne presenta nel midollo e nemmeno i
nel legno secondario che è già ben sviluppato. Finalmente la radice
primaria è 3-4- arca con midollo nel quale sta un largo canale resinifero.
Il Dott. F. Tassi (1) ha ripreso lo studio delle cellule già trovate dal i
Favre sulle facce e lungo la sutura delle antere dello Stenocarpus
Cunnighamii A. Br. Sono ammassi di cellule libere, ovali od elittiche, $
formate di due membrane una esterna cellulosica, l’ altra interna az zos |
~ tata, e Sono fornite di belle spirali di natura pure azotata, che esistono
| però soltanto nello stato adulto.
Sfortunatamente l’autore, in luogo di cercare l’origine di queste cellule |
i per comprenderne bene il valore morfologico, la struttura e la farine |
si dilunga in 22 delle 30 pagine che costituiscono il lavoro a dimo- i
strare che con diversi liquidi variano la forma e le dimensioni di queste
cellule e a descrivere i risultati di tutti i reattivi possibili e immagi-
nabili, che l’autore fece agire sulle cellule medesime, per concludere.
che esse contengono amido, glucosio e tannino nel plasma. Due tavoli i
A grossolane accompagnano il lavoro.
(1) Tassi F., Contributo divi siadio delle cellule spirali molle antere dello
nocarpus Cu unninghami A. Br. e della presenza in esse ed in altre parti
ue del tannino. Atti R. SER Fisiocrit. Siena, Serie IV, vos yV, , OSTA
sp 27, Tas. 1 IL
specie, contiene invece dei fasci vascolari ridotti nella porzione col
‘continuazione di quelli del peduncolo fiorale, nell’ ultima forma; il per-
? : corso di questi fasci, paragonato con quello dei fasci del pistillo, esclude
che il corpo centrale sia nel fiore staminifero il rappresentante del pi-
stillo.
La presenza nelle cellule che costituiscono il corpo centrale di glu- e
cosio, la sua distribuzione , il carattere di metaplasma offerto dal con-
| tenuto delle cellule stesse conducono l’autore alla conclusione, che esso À
_ à, come indicò il Delpino, un o il cui prodotto di seerezione esce -
per la vif degli stomi.
-Il Prof. Briosi e il Dr. Tognini si occupano dello studio anatomico
della canapa e pubblicano la prima parte (1) che riguarda, come seri-
| vono z autori, gli an sessuali, DE in coni ds Re us
A dr r subie del titolo. Difficile è riassumere il lavoro per la Sono
DE: minuziosa descrizione di tutte le cose osservate anche di quelle già no-
i tissime; cercherò di ricordare i fatti anatomici più importanti o nuovi |
o ae. Rodi Fanno: le idee. a ana si avevano. Le numerose un
ROSI di e Toorn ni urto all anatomia à della iapa y (Cannabis sative
Parte | SI sessuali. Ist. Bot. prix Ser. La Vol l. mità
alla base del sacco embrionale trovasi una placca giallognola fatta di
cellule a parete suberificata e in parte lignificata.
Nel frutto l’endocarpio è costituito da speciali cellule a colonnata
a
~
di struttura complicata che formano i due terzi e più dell'intero spes-
sore del pericarpio, a speciale lignificazione, e che dal lato dell’ apice
del seme lasciano un foro chiuso da un tappo.
Nelle cellule della pellicola che riveste il seme e che ha origine dalla
primina trovansi dei cloroplasti e poco amido, forse prodotto della loro as-
similazione; confermano gli autori, collo studio dello sviluppo, la pre-
senza, sotto questa pellicola, di un vero e scarso perisperma con aleuroni.
forniti di cristalloide e globoide, mentre manca assolutamente endo-
sperma. I cotiledoni hanno mesofillo differenziato, son ricchi di aleu- fo
roni; gli stomi hanno in essi origine diversa quanto alla differenzia-
zione della cellula madre speciale. a
Nel peduncolo dell’ infiorescenza maschile esiste nn plesso vascolare
da cui partono i fasci innervanti perigonio e stami. L’epidermide in-
DI
| terna dei tepali è obliterata a completo loro sviluppo, l'esterna è svi-
luppatissima con peli, ghiandole e stomi, e il mesofillo è assai ridotto. o
La parete dell’antera consta di una serie di cellule di origine sotto-
| epidermica a ispessimenti reticolati-listati e coperta da una curiosa mem-
brana che proviene dai resti dell'epidermide esterna. Struttura e distri-
buzione della lignificazione di questo strato spiegano il meccanismo
della deiscenza.
In una appendice sono trattate, quasi sempre storicamente e critica-
mente, diverse questioni riguardanti la distribuzione dei sessi nella
Nel corso dello scritto occorrono alcune inesattezze. Così a pag. 92
si parla di trasformazione del flore femminile in frutto; a pag. 122 si
|. dice che l’ovario è uniloculare e monospermico; a pag. 123 sta scritto :
| gli stili o stimmi; a pag. 131, a proposito della funzione delle ghiandole
| capitate è detto: probabilmente la loro funzione è quella di tutti gli or-
gani ghiandolosi tanto diffusi specie nelle piante dicotiledoni; a pag.
161 è scritto e ripetuto fuoroglucina per floroglucina; ed a pag. 173 pel.
: solo fatto che nel pedicello del fiore staminifero si trova un tessuti
Sa ee
RIVISTA BIBLIOGRAFICA ITALIANA PER IL 1894
verde spugnoso a grandi lacune, gli autori scrivono che la struttura del
pedicello rammenta in parte quella del fusto di una Selaginella, paragone
che assolutamente non può in nessun modo anatomicamente reggere.
Rilevo finalmente che gli autori danno importanza al fatto (p. 170)
che le pareti delle cellule dell’endosperma non si differenziano in cel-
lulosi, mentre questo fatto è noto e frequente, e spiegabilissimo per gli
endospermi effimeri.
Il signor Pistone (1) intende occuparsi dello studio anatomico-fisiolo-
gico della Solandra grandiflora, Solanacea scandente, che si appoggia
e sostiene con speciali rami abbreviati, caso non raro però, come par-
rebbe credere l’autore. L’esposizione è poco felice, spesso intricata ed
oscura; il linguaggio anatomico e fisiologico non è molto preciso; si
trovano prolisse descrizioni di fatti notissimi, cosichè è difficile riassu-
mere il lavoro, tanto più che non vi sono conclusioni e che malgrado
esso sia accompagnato da tre tavole, con metodo nuovo e curioso, queste non
sono mai ricordate nel testo! Le tavole del resto lasciano molto a de-
_Siderare e per la loro esattezza e per la superfluità di alcune figure.
Troppo scarsa è la bibliografia e parte delle poche citazioni sono evi-
dentemente di seconda o terza mano.
L'autore espone anzitutto la vegetazione della Solandra e scrive che
« in autunno i rami si allungano rapidamente seguendo una direzione
che apparisce manifestamente influenzata dalla luce; la gravità, a quanto
sembra, non esercita alcuna azione direttiva » e ciò dice per conclu-
dere; « fatto questo notevole, che risponde completamente alle abitudini
della pianta medesima ». La Sotandra « ha una squisita tendenza di
YYantaggiarsi delle maggiori risorse di elemento liquido, assorbendone
nella maggior copia possibile e assicurandone la conservazione. Ciò è
evidente, considerando 4 priori come il periodo vegetativo corrisponde
“nei paesi natali a quello contraddistinto da abbondanti e diremmo pions 7
enziali precipitazioni atmosferiche. » og
(e) Tam Antonio. Ze Liane del genere « Solandra ». Ricerche anatomo-bo- |
ogiche. Contribuz. SE. veget. di A. Borz). fasc. I, sE, p.99, Tav. IL I, IV,
10e Dalle Ruako cons non si deduce nulla di nuovo all’infuori della
presenza di cellule acquifere ipodermiche nella pagina inferiore della
foglia, e di cellule e condotti tanniferi sparsi in varie parti del corpo.
Ma se poche sono le novità, molte sono le inesattezze, ed io ne rile-
verd alcune, riportando le parole stesse adoperate dall’ autore. |
‘Così, ricordando che alla base dei piccioli fogliari si trovano delle. ti
produzioni peridermiche, scrive che « dette formazioni probabilmente |
sono dovute a lesioni provocate da bruschi movimenti indotti dei pic- Do
cioli dall'azione del vento e dovranno avverarsi nel momento in cui ba
lenticelle, (le colloca nel sistema tegumentare, mentre mette gli stomi
in quello aereatore) dà la seguente definizione: « queste, come presso
tutte le altre piante, sono costituite da elementi, i quali godono la pro-
| prietà di generare sughero pria di quelli destinati a produrre un let
continuo dello stesso tessuto ». Non è possibile capire cosa. l’autore YO-
| glia dire a pag. 104 sullo sviluppo di elementi (forse radici avventizie
in vicinanza delle lenticelle in un ramo tenuto sottacqua.
La scorza (con che intende, pare, la corteccia primaria) consta per
intero di collenchima, il quale può concorrere anche alla funzione nu-
tritizia « come ne sono prova le granulazioni clorofillacee e di amido» e
| prosegue immediatamente: « tenendo conto della facilità con la e
‘= €880 Di si priva di re te liquido ne se non è i
si
i;
j
l
|
tessuti sono molli ed incapaci di reagire alle scosse violenti ». Delle È
7
È
Ne
canica DI si pag. 106 sono danorittt a elementi che stanno sa co
chima, ma che non si capisce affatto cosa siano. Un vero enigma trova:
a pag. 107 dove si parla di « una circostanza degna di nota, probabil-
mente non ancora messa in rilievo dagli autori, cioè di una perf
er di struttura nei pa libero- Lists di goe ga vi
dello radici del terreno. Peria scorza della radice sono « ia molti
nuli di clorofilla e di ei come si rileva dub? reazioni is col verde i
di metile e con la tintura di iodo ». La struttura della radice a pag. ‘à
109-110 à è incomprensibile. Si rileva tuttavia che la radice è teker à ue
che però il numero e la distribuzione dei fasci libero-legnosi può va- |
riare da otto a multipli di otto.... « senza che si alteri la disposizione.
tetrarchica »; che nella radice stessa « i raggi midollari diventano scle- si
renchimatosi per far parte dei fasci stessi e che i vasi « sono disposti i
in modo che i più grandi rimangono esterni, i più piccoli interni, così
lasciano vedere che la formazione di essi è in disposizione centripeta Ba à
-Chiama idioblasti cilindrici il palizzata fogliare verde, che altrove 5
| chiama tessuto colonnare, e scrive che l’ossalato di calcio si trova in i
questa pianta « o in forma di druse e sferiti.... o di cristalli ora sotto
Si. aspetto d'una piramide a base quadrata ora sotto quella di un CONO...
0 in forma créptocristallifera amorfa » (pag. 118). 3
Termino col riportare quanto si legge a pag. 121: « L'andodiannki
stabilisce una separazione netta, spiccata fra il periblema e il pleroma,
mentre gli elementi del libro vengono a confinare dalla parte esterna x
con il letto periferico del cilindro assile in cui giacciono, ecc., ecc. ».
Un altro studio « ailne oies » datato fatto da E. Pif Mo
Come è Boto, 1 in molte- ra come in aiino pie paroni
et ‘abbassare ki troppo forte SENT, il dii (ul i
"provare collo, paso ione sat na ahe il fenomeno è è det
E
rendomi che i pochi altri ricordati conosca di seconda mano, mancando —
in mezzo ad essi ». Il tessuto acquifero (di cui non dà mai i veri Ca
da guaina stessa, rilevando le disposizioni, che fanno al suo scopo.
ogni discussione su quanto essi contengono , od essendo citati in modo
curioso (p. es: il lavoro del Mohl è così citato: Welche Ursachen die
Erweiterung [Bot. Zeit. 1856, p. 40-41]). Descritta la foglia, ne dà la
struttura, indugiandosi lungamente sulla silicizzazione delle pareti delle
cellule epidermiche, che sono, (come del resto in moltissime altre Gra-
minacee), di due sorta, lunghe e brevi, e sullo speciale ispessimento a
coroncina delle pareti laterali delle cellule lunghe, che l’ autore dice
quanto mai caratteristica, mentre è così frequente e ben noto. Usa
un linguaggio poco esatto e talora erroneo. Così scrive: « gli elementi
lunghi possiedono una cuticula più o meno completamente silicizzata.
Le parti che non hanno subita questa modificazione, si differenziano il
più delle volte in minutissime areole circolari, in modo che le cellule
viste dall’ alto appariscono fittamente e regolarmente bucherellate ».
Parla di comunicazioni intracellulari e di fori intracellulari, intendendo
evidentemente le punteggiature. Le pareti delle cellule brevi sono cel- ‘dI
lulosiche o poco silicizzate e si prolungano in peli brevi (che sono tute
t’ altro che rari in molte altre Graminacee) e che egli chiama produ- Ls
-zioni esodermiche aculeiformi. Trattando del meccanismo degli stomi,
mostra di non conoscere affatto la spiegazione che se ne dà attualmente.
Dopo essersi affaticato a dimostrare che l’ipoderma seleroso è lignificato, 2
aggiunge, che in corrispondenza del fascio vascolare si accumula for-
mando un breve cordone le cui cellule si differenziano in parenchima 2
acquifero. Il fascio è così descritto: « è costituito all’ intorno da fibre
xilemiche e nella metà corrispondente alla porzione superiore da due
grossi vasi spirali con altri tre più piccoli situati perpendicolarmenté
ratteri) è a pareti lignificate attraversate da piccolissimi fori di comu-
nicazione di questo serbatoio di acqua che va q confluire nei condotti
silemici formante, come s é visto, un cerchio concentrico alla guain
delle cellule acquifere ».
| Descrive poi il callo o inserzione della lamina sulla guaina, descrive
a che il Gynerium è pianta idrofila, perse vi trova du O
zioni intese a raccogliere e conservare molta acqua, e vuol trovare in
appoggio, che la idrofilia è dimostrata dalla mega colla struttura
delle piante sommerse e anfibie!!!
L'autore fa delle esperienze puerili per dimostrare, che la foglia i im- su
mersa nell'acqua ne assorbe, e deduce la percentuale da due pesate.
Conclude coll’ affermare, che il « caso del Gynerium sarebbe il primo di
idrotropismo (sie!) delle foglie, essendosi ritenuto fino adesso come idro-
tropiche le sole radici!!! ».
Ancora un altro lavoro di anatomia fisiologica ci diede il D." Mon-
temartini (t) che si è chiesto se e quale influenza possono avere sulla
struttura del tessuto a palizzata nelle piante nelle quali il sistema as-
similatore si mostra facilmente influenzabile dalle condizioni esterne,
atmosfere più o meno rieche di anidride carbonica.
Servendosi di un apparecchio simile a quello adoperato dal Ladureau
_ nel 1883 per lo studio dell’ influenza del biossido di carbonio, ma op-
portunamente modificato, vi faceva entrare e circolare aria normale, z
aria contenente il 4 °/, o il 17 °/; o il 22 °/, di anidride carbonica,
sperimentando con piantine di Tropaeolum majus, Spinacia oleracen,
Pisum sativum nate da seme, e tenendo costantemente saturo di umi-
dità l’ ambiente in cui stavano le piante.
Trovò che in un’ atmosfera con 4°, di anidride carbonica ha luogo i
il maggiore accrescimento , mentre in ue più ricche diminuisce, e
5 per il Tropeolo quella col 22 °/, di anidride carbonica è mortale. Quanto —
alla struttura rilevò che un aumento di biossido di carbonio nell’atmo- ;
sfera ambiente, durante lo sviluppo della foglia determina modificazioni
| ostanti , cioè aumento dello spessore della zona del tessuto a palizzata
in rapporto a quello del tessuto spugnoso, e che il palizzata stesso pros
senta le cellule più strette e più fitte per riduzione degli spazi inter- -
sopra do sn e li: struttura n delle figli Atti Ist. bot. Pavia. Be Il
"r p. Si
che l'accrescimento delle foglie è legato alla loro stazione pe
osservato, che la dimensione delle foglie è diversa a seconda della pres-
sione del biossido di carbonio nell’ apparecchio.
ia
ESPRIT
Tuttavia le conclusioni dell’ autore, e lui stesso lo dice, hanno poco
valore e per il piccolo numero delle esperienze e per la loro incomple-
tezza e, aggiungo io, perchè non mi pare si sia tenuto conto di tutte
Ri i ey si
le circostanze che possono influire, nelle condizioni in cui furono con-
dotte le esperienze, sullo sviluppo e sull’ accrescimento della foglia.
«Questo lavoro ci porta direttamente alle pubblicazioni di indole esclu-
| sivamente fisiologica.
x
Un fatto ben noto e curioso è quello della caduta della corolla dei i i
Verbascum allorchè, in date condizioni, si colpisce bruscamente la pianta.
5 I sig. Martelli (t), non parendogli sufficientemente studiato il fenomeno
dal punto di vista del modo con cui si manifesta e delle cause che lo de- È
i terminano, malgrado gli studi del Darwin e del Maury, ne fece soggetto
di nuove ricerche. Il Martelli stabilisce anzitutto che il fenomeno è ;
| comune a tutte le specie di Verbascum da lui osservate, anche in al-
cune nelle quali era stato detto che non si presentava. Trova poi che
ds nel luogo dove la corolla si attacca al ricettacolo esiste una zona diS
- serie di cellule, che differiscono per forma, dimensione e contenuto dalle
. altre della corolla e da quelle del talamo. Nel bottone sono di forma
ponema ed à ignis ons poi si fanno mano mano paie
tnt sono grandi e ticche di amido. ù in qies zona che ha | 1086 :
TRA la Separaat il Let e lena la caduta della corolla;
| PSS Da On the Venta: of the Fa LO the Corolla in- Verbascum: J
ion vol. XXX, 1894,
Brit agiscono le basi dei a Na sul tubo della vola” e de
terminandone il distacco (contrariamente all'opinione di Darwin, che il
- distacco avverrebbe prima); poi si contraggono i lembi dei sepali e spin-
gono man. mano in fuori la corolla, che finisce col cadere. Il Martelli
ha anche osservato che di buon mattino-le corolle appena aperte non
cadono in seguito alle scosse del fusto, che cadono invece il dopopranzo
0 il mattino seguente, il che lo induce a credere che occorre del tempo
prima che si manifesti la reazione. Malgrado le interessanti osservazioni
del Martelli, questo curioso fenomeno merita nuovi studi per conoscerne
bene l’origine e lo scopo. i S l
\ Il D G. Pollacci si occupa della distribuzione del fosforo nei tessuti -
| vegetali (1) valendosi di un metodo proposto da Lilienfeld e Monti oppor-
tunamente modificato per ottenere una colorazione al microscopio più vi-
sibile e sicura. Si tratta del noto reattivo molibdico, il quale coll’acido |
fosforico forma fosfomolibdato ammonico insolubile e di color giallo. Que- 2
‘sto fosfomolibdato è trasformato con un processo di riduzione in una so-
stanza più intensamente colorata, da Lilienfeld e Monti col pirogallolo, dal
Pollacei col soluto acquoso di cloruro stannoso, producendosi sesquiossido |
di molibdeno colorato in blù scuro. Con questo metodo, di cui iodio a
il trattamento, ricerca la presenza del fosforo nella cellula e nelle sue
parti, nel tallo, nel caule, nelle foglie, nelle radici, nel fiore, nel seme.
Per asti ultimo aio voi ipsa p mind fosfo- Ta
che confermare la presenza del fosforo in tutte F E, vive della
e Nata; e ra pena ‘Maggiore in pee nelle yar si PAS al-
épis, IL, 4, p. 35
on signor A. Bruttini io in una nota (che giova credere sven
‘perchè l’argomento vecchissimo è trattato in modo come se fosse nuovo)
si propone di studiare l’azione di 22 sali diversi sulla germinazione e
precisamente la loro azione ritardatrice sul processo medesimo. Dopo
aver lasciati immersi i semi in soluzioni all’ 1 e al 2 °/, di detti sali
per 24 ore, li mette a germinare, e trova p. es. che dopo l’azione del
cloruro di mercurio nessun seme è germinato. dopo quella del nitrato — a
di potassio germinarono tutti e che le soluzioni al 2 °/, hanno piagald 1
effetto più marcato; le quali cose non costituiscono al certo fatti nuovi |
e importanti. p
Una importantissima e difficile questione si è proposto di studiare il
D. F. Balsamo (?). Considerando che la radiazione che agisce sull’ or-
ganismo vegetale è quella parte soltanto che è assorbita, cioè capace
di penetrare nella cellula ed essere trattenuta, e considerando quanto Di.
sia la varietà dei corpi che costituiscono le masse cellulari e quanto
| diverse le loro proprietà fisiche, si indusse a tentare la ricerca speri- y
-mentale dell’ assorbimento della radiazione in rapporto colla struttura
anatomica della parte influenzata dalla radiazione stessa, e della deter- i
minazione delle modificazioni qualitative e quantitative in rapporto alla
| profondità cui arriva. Egli vuole ancora tentare, applicando il calcolo à
ai dati sperimentali, l’inizio almeno della soluzione di alcuni dei pro-
blemi che riguardano la meccanica delle funzioni e la trasformazione
dell’ energia nell’ organismo vegetale.
Il programma, come si vede, è vasto e interessante. L’ autore sli |
pur dichiarando di aver già a buon punto condotte le sue esperienze, -
|» ‘espone in questa prima parte i principii generali sui quali poggiano le
| ricerche, i metodi e gli apparecchi. adoperati. |
La storia dell argomento è breve. L’iniziò colle ricerche fatte col. suo.
(1) Brurrmi A., sen di alcuni sali sulla germinazione. Staz. sperim. agrar.
italiane, XXVII, 1894, p. 30.
| (*) Bazsamo F., Ricch sulla penetrazione delle radiazioni nelle pa Pa
e tav. TOA ra
= | diafanoscopio il Sachs nel 1860; seguirono, ma non collo stesso indi- #37 CA
| rizzo, Emery, Maquenne, Engelmann, Reinke e Detlefsen sopratutto sui a |
rapporti tra l’ assorbimento della luce e l’ assimilazione. 4
Ve Il Balsamo descrive poscia le parti che costituiscono l’ apparecchio
_ per le ricerche sue riunendole su una tavola che egli chiama « banco lo
d’ottica », ottenendo di sottoporre all’ azione della radiazione un or-
gario vivo conservandone l’ integrità fisiologica cioè senza staccarlo dalla
pianta.
Come sorgente di radiazione impiega naturalmente la luce solare
diretta, e quella elettrica (endoscopii) ed a tubi di Geissler di speciale
costruzione per la illuminazione interna degli organi. Finalmente l’au-
| tore espone, facendone la critica, i diversi mezzi di dissociazione della
radiazione allo scopo di far agire determinati gruppi di radiazioni di
determinata rifrangibilità o lunghezza di onda; e gli strumenti di mi-
_ sura da lui adoperati. ;
| Attendiamo la pubblicazione della seconda e terza parte del lavoro À
“per giudicare dei risultati, che l’autore ha ottenuti. È
i R. PIROTTA.
(Continua). £
K benkirsche und der he (Sclerotinia Padi und ra
rotinia Aucupariæ) con 5 Tavole a colori. — Mémoires
de l’Académie Impériale des Sciences de St. RE 1895 Ì
a DL i;
Nella Rivista comparsa in qteito dona (Anno II, p. 410) sopra. il lavoro x
Sied Ueber di series kheit der Vaccinicen Beeren, coniato il
RASSEGNE
on i mio desiderio è un fatto compiuto; un nuovo lavoro è do ad
riechire la serie di quelle geniali pubblicazioni per cui è reso meritatamente ces
lebre fra i micologi il nome del fedele amico del compianto Prof. A. De Bary
| ed io mi affretto quindi a darne comunicazione ai lettori della Malpighia.
| Le ricerche del Woronin riguardano specialmente il ciclo di sviluppo della |
Sclerotinia Padi e quello della Sclerotinia Aucupariae, i cui nomi erano stati
ricordati già nelle precedenti ricerche. delta
avoro che stiamo per riassumere è da considerarsi tra quelli che fanno e-
| poca e l Autore, il quale da più anni colla massima diligenza e colla più s&u-
polosa esattezza si occupa di questo gruppo curioso di funghi, ha con questo nuovo ;
contributo, splendidamente edito ed illustrato, bene meritato della scienza. 2a
) Sclerotinia Padi.
Chi osserva il Prunus Padus in certe regioni (t) all’epoca della fioritura e più
‘‘bropfinnente nel momento in cui i giovani ovarii vanno trasformandosi in frutti,
‘nota, unitamente ai frutti normali, Son di essi i quali, sia per i caratteri esterni,
sia per la dimensione loro, appaiono nettamente differenziati e si dimostrano come
se fossero affetti da malattia. he
| Gli ovari effettivamente attaccati dal. parassita o i giovani frutti ART ri- o
FE ris nel loro sviluppo e si colorano di una tinta bruna come quella sea
le ( ; la loro superficie appare irregolare rimosa e finalmente si essiccano :
son e mummificandosi sotto forma di piccoli corpiccioli paragonabili a #50
piccole pere; corpiccioli selerotizzati che rimangono attaccati all’ albero durante
. tutto il periodo estivo e non cadono al suolo, altro ché mid per rima-
na nervi poi immutati durante tutto il periodo invernale. - de
| Questi sclerozii sormontati dallo stilo essiccato, non raramente nelle giornate ife
mid de, presentano un rivestimento biancastro dovuto ad uno sviluppo conaiderevola
di conidii, fatto questo che PA, non me mai ad osservare pelle Sclerotinie dei.
Vaccin:
Generalmente da ogni "o ovarico Forse meri si svolge un solo di ee
cinetti, ma non rar ramen ) spuntare due od anche fr
e può essere più o meno fap dal ada pra pure è
ile a dhe: il diametro della parte ascofora che può raggiungere 7 od 8 mika
1 bacinetti delle Sclerotinia Padi sono privi dei Rizoidi caratteristici che VA. de
risse nella Sclerotinia Urnula (= Scler. Vaccinii) e nella Sclerotinia Orycocci,
da alcuni filamenti micelici si espandono raggiando dalla base stilare.
e ife sono differenziate nello stilo; in ife periferiche, che formano lo strato
| corticale del corpo fungino , colorate in bruno , ed in ife centrali che decorrono
— parallele fra di loro, quasi incolore. Nel tessuto miceliare è assai abbondante il
parte superiore del fungillo ove ha luogo
menti si fanno notare dai quali rispettivamente
i aschi. Questi i elementi che conservano caratteri
o mai, nè mai un filamento ascoforo si cam-
bia in uno che porti’ parafisi o inversamente.
a giovani aschi si sviluppano da ife clavate, allungate, le quali sono ripiene di
a finamente granuloso, in cui si du distinto un nucleo. Poi il nucleo |
c mpare e si formano otto giovani spore, senza che sia nin farsi una esa
lea del modo con cui si comporta il nucleo in questo processo,
_ L’iodio dà le reazione del glicogeno negli aschi.
L’asco presenta superiormente un canale eiaculatore, che si apre per una locale
gelificazione della membrana. xi
. eiaculazione è simultanea e le otto spore vengono quasi contemporanea- ui
nte- eiaculate unitamente ad una certa quantità di plasma.
Nelle colture, così come in natura, le scosse, le za correnti atmoste |
riche, i 1 cambiamenti di temperatura provocano il fenom
Le spore mature sono incolore, cilindriche, ovali, PI ai due poli, u uni-
lulari, misurano:
0,0066 di larghezza.
003 di lunghezza
boni dalla son ni dopo tre o quattro giorni dalla semina si svilup
una rigogliosa generazione conidiale perfettamente uguale a quella che si
Juppa sulle foglie del Prunus Padus. I filamenti portati in acqua danno inv
origine ai piccoli conidietti spermaziformi.
In natura le ascospore della Sclerotinia sono eiaculate sulle giovani fogliettine
del Prunnus e le infettano, come l'A. ebbe a provare direttamente sugli alberi e
nel Laboratorio
Per mezzo della membrana esternamente Sr le spore si saldano sulla
"SA delle foglie e quivi dopo poco tempo germinano penetrando attraverso |
F epidermide, così come succede anche nella te Urnula (= Scl. Vaccimi À
L'A. non ebbe mai a constatare il passaggio del tubo germinativo attraverso gli
stomi, quantunque l infezione, per la posizione stessa delle foglie nel periodo di
evoluzione, si faccia naturalmente sulla pagina inferiore delle foglie. i
Il filamento proveniente dalla spora si svolge nell’ interno della foglia in un
| micelio riccamente sviluppato, formato da ife abbastanza inspessite, settate, ana-
tomizzantisi fra di loro, le x sì dirigono e si espandono eue: la via
tracciata dal decorso dei fasc
Il micelio che sotto la re si setta riccamente, finisce a rompere la eu-
ticola e si svolge all’esterno della foglia in numerosi fili perpendicolari alla su-
perficie fogliare, ramificantisi dicotomicamente e tricotomicamente, dai quali pa
«tono le catenule di conidii che rivestono la superficie fogliare come di una mutta
; biancastra.
I conidii torulosi, rimangono a mò di coroncine di perle dapprima riuniti
di loro, a ciascuna perlina si divide dalle vicine a mezzo del così detto disgiun-
tore (Disjunctor-Apparat) formato di una piccola lentina di cellulosa (come ab-
biamo già riferito succedere nella Sclerotinia Urnula (= Sel. Vaccinit) (V. pre-
| cedente rivista). I conidii limoniformi hanno doppia membrana; 1 i die
; fusiformi sono formati da due piccoli conetti di cellulosa. 3
- A conidii misurano: }
da 0,0110 a 0,0121 microm. di larghezza.
— sopra 0,0154 a 0,0176 » di ir AE
Mentre ha luogo lo sviluppo dell'apparato conidiale, notasi Agr un inte
. odore di mandorle amare, identico a quello che si sviluppa dai fior
Notisi che l odore non si sviluppa dalle colture fatte in liquido o pe gela
Dalla germinazione delle Ascospore alla formazione dei conidii si- impiegano.
da 5 à 6 giorni nel decotto paio; 8-10 sulle foglie sotto ORA I
né
13
pai rn danno invece un ricco micelio, in cui è batetale; la tendenti
«Je nastomizzarsi, e notisi che si anastomizzano già anche i conidii germinanti |
% . In questi filamenti è pure notevole lo sviluppo costante di 4 a 10 cor-
picciol debolmente contorniati i quali banno la parvenza di nuclei e di cui non pt
si conosce il significato, da
I filamenti micelici così ottenuti, portati nell’ acqua, danno origine ai conidii je
spermaziformi, mentre, mantenuti in decotto, non raramente riproducono le ca-
. tene dei conidii a forma di limone
Nelle naturali condizioni di vegetazione i conidii, dal vento o dagli insetti ven-
gono portati sullo stimma dei fiori già fecondati e quivi si osservano dei fenomeni
assai strani
I conidii us sullo stimma in numero diverso di 3 a 5 e più, si anastomiz-
zano fra loro in una aggregazione singolare dalla quale procedono poderosi fila-
menti miceliari che penetrano nel canale stilare e raggiungono gli ovuli.
«L'associazione dei conidii germinanti (nota già per altri funghi) pare abbia qui
__ lo scopo di rendere più vigoroso il micelio che ne residua.
i 1 filamenti micelici che non raramente accompagnano i tubetti pollinici (dai
quali si distinguono per i i frequeuti setti trasversali) in 3 o 4 giorni si portano
nell’ ovario e penetrano negli ovuli passando per l'apertura micropilare, seguendo
| perfettamente il cammino Sasa dei tubetti pollinici e dopo 5 o 6 giorni rag-
| giungono la nucella in cui penetrano.
Se la nucella e n il sacco embrionale non furono fecondati, il mi-
_celio avvizzisce e non si gviluppa ulteriormente, mentre invece prende un rigo-
glioso sviluppo negli ovuli in cui ebbe luogo la spora e nei mr perciò
affluisce il nutrimento.
Nella nucella allora il Hi sì sviluppa, si ramifica e penetra dovunque di-
rigendosi verso la regione calaziana e portandosi verso l esterno si svolge nel te-
_Sumento ovulare e da questo rigogliosamente in tutti i sensi intrecciandosi
espandendosi, passa nella parete ovarica. Tutto l’ovario in breve penetrato dal
micelio perde le sue primitive qualità e lentamente va mummificandosi e ridu-
cendosi al tipo scleroziale ricordato in principio di questa rassegna e conside-
rato come punto di partenza della storia evolutiva che andiamo riassumendo. |
| filamenti si inspessiscono poi, rinchiudendo gli elementi cellulari distrutti e dB
indi Porn puni si completa lo sclerozio.
AEN ee MORT, LE e EE E E S=
REI È
CA ni FE et RS Ra.
Fe i
È
j
ser Selerotinia iui
tre sver: le e 5 in senso della massimà larghezza; | hanno forma ovale =
Pa e portano alla loro DER dgr i residui essiccati del calice.
À 3 È y
A li sc
_ da essi si dazi quasi semipre, un “es ne etto ascoforo Sara à come qu
3 i erena Padi. Anche quivi mancano i rizoidi. Le parafisi e l’imenio : S
te costituiti nel medesimo modo.
Gli aschi maturi sono più piccoli e più sottili, contengono otto spore sd
surano: Pt
0.0110 in lunghezza.
Hic in larghezza.
Le spore cineniatò sono pure provviste di membrana esterna gelatinizzata.
Nell' acqua danno pure origine ai piccoli SeS a forma di spermazi, mentr
e ad un rigoglioso mi lio
nelle decozioni che servono alla coltura, danno o
che si comporta identicamente a quello di cui tenda tratta
| Sulle foglie le ascospore si fissano, germinano, penetrano viel parenchima, svi
rata il micelio, rompono quindi la cuticula e fruttificano all’esterno collo sv
in dei conidii limoniformi; nello stesso tempo accompagnasi la loro. evolur AZ
con un odore caratteristico di mandorle amare: che diventa poi a poco a
. Il numero delle foglie infettate in una pianta è pure ez
imit ni
I ari della Finn re misurano:
‘0.0090 a 0.0125 microm. di Lunghezza is
0.0069 a 0.0094 ; Pio »
ger
ferione dello stimma e rispettivamente degli ovuli e dell’ovario
mente — perciò che anche qui il vento o gli insetti si indica
| porto e gli sclerozii si formano allo stesso modo.
L’ A. dopo la minuta descrizione del cielo di sviluppo delle due Soleratiniae
ap illustra con splendide e adatte figure, esprime l'opinione e la discute cl
erotinia Aucupariae non debbasi riguardare altro che come una forma
‘della Sclerotinia Padi, la quale non sarebbe ancora perfettamente
’ospite e per così dire sarebbe ancora oggi allo stato di formazione in
— Appoggia questa sua opinione sulla osservazione di altre due forme 1m
fette lerotinie. La prima ricordata nel 1853 dal Braun e nel 1886 :
Thimen e ritrovata. dal Woronin stesso in Finnlandia, vive sul Prunus
mummifica i ma non sviluppa conidii sulle foglie, mentre da
i a de fonilia cinerea Bon. (ciò ch che.
sta forma 1 non stese à mai
relazi:
conda, sare ce bi Selerotinis AE rico Sii dal De Bary e successiva-
ente ricordata dt Reess, dal DR e da R. Maul; la quale avra
ti dell Alnus
Anche qui non si riuscì nt ottenere i bacinetti ascofori e solo il Maul ne de,
| scrisse i conidii. La Sclerotinia Alni, sec i onin rappresenterebbe pure”
una forma derivante dalla Penn Betulae, la quale oggi non avrebbe ane neora
“raggiunto il completo sviluppo. ;
L’ autore dice che a nuovi studi è riservata la soluzione di questi criteri filo-
genetici, e assurgendo a considerazioni intorno al pleomorfismo fungino racco-
manda caldamente lo studio di sviluppo delle singole forme come unico mezzo di
ta | riescire ad una naturale sistemazione. « Sehr winschemcerth ist es nämlich, dass
di noch vermehre, denn nur auf Grund der allseitig erforschten Entcichelimgeges=
chichte nicht einiger, sondern zahlreicher Formen, wird es den künftigen K —
: SA vi sein endlich ein natürliches System für die Pilze afzustellen di
osi sa pra vita delle specie; risultato desunto, non solo dallo studio anatomico.
di un unico studio, per eno eminente, = da dra di tutto il ciclo pisani i
- della loro esistenza SEI
I
| Selerotinie in cui tutto il cielo ‘di pe si i svolge sopra una “nali
I anta ospite, sulle foglie della dar si fusto i conidii, mentre E
Posti mummificano i frutti. i
Aa dus gruppo tante:
Sclerotinia Urnula = Sci. e.
occi.
$ Bacca:
E megalospora.
ttacc i vas Cho te Stromatinia)
eriz che vi vive sulla Cydonia pars o Orularin
infetta il Mespilus germanica (v. olo V, n. 110
una
servo i in Russia sul Cotoneaster nigra di cui ani i frutti
II.
quale Dai manca la eur ice fruttificazione conidiale.
Al secondo gruppo lai (! j:
Sclerotinia Betulae studiata dal Nawaschin e la Sclerotinia Alni.
:
a sviluppa i i conidii sulle foglie del Vaccinium ulig
zio è nei rt del Zedwîn lie secondo gli studi a En n
era Rhododendri pensa da: Fischer ı non è finora conosciut che
inde il il lavoro ira T opinione che TS numero aa
| rescersi ai resime di nuove forme e che da capi risulterni
a
D, r Oneste Marrmoro.
1 “onu della Sal Betulae descritti dal Ludwig si debbono o probabil
ai in ad una osservazione errata. È
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CONDIZIONI
ta. -MALPIGHIA si pubblica una volta al mese, in fascicoli di 3 fogli di stampi
almeno, corredati, secondo. il bisogno, da tavole.
ceri abbonamento annuale importa L. SE papers alla ricezione: dal 1° fascicolo
; dell annata.
(E intiero volumé aide: ( 36 togli.i in 8° con circa 20 tav ie Pa sarà messo
Di vendita al prezzo di lu 30.
: < Non saranno venduti fascicoli separati.
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à ! dopo la pubblicazione. del fascicolo. Qualora fossé da loro richiesto. un maggior
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Luino è dell Estero. ;
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‘I manoscritti è le corrispondenze destinate allt eee dovranno essere
nan al Prof. O. PENZIG in Genova,
: Si accetta lo scambio con, altre lg “alive ne esclusivamente bos y
taniche.
4
- Per annunzj e e inserzioni rivolgersi al Redattore Pr of. O. Pénrig g, R. Unior
È cità, Genova. |
Tariffa delle inserzioni gle copertina r Br ‘ogni inse rzione.
ui pagina +. Le 30... iye pagia. E
È 3/4 di pagina. » 25 à 1/4 di ‘pagina. a 15.
x
‘M fogli rina annessi a fascicolo, a prezzi da convenirsi.
nuovi Abbonati. che; richioderanno il primo ë secondo volume; rilegati in
P Aor, li laine Burg 25 invece di Lire 30.
\ À
‘che di anatomia e ni
MALPIGHIA
REDATTA: DA
O. PENZIG
Prot. all Università di Genova
A. BORZÌ R.
PIROTTA
Prof. all’ Università di Palermo
- Prof. all’ Università di Roma
in collaborazione con molti Botanici
Italiani e Stranieri.
tv SEE >
Ano IX — Fasc XIXH
(Con Tav. XVI)
GENOVA
TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO
Vico Mele, 7} interno 5
di 1808.
+
R Or ia di derma)
a
Via Calfaro, des
Ri ta
ibuzione allo studio dell’ « Oedomyces leproides » Sace.,
nuovo parassita della Barbabietola, dei professori PAS
l Saccarno e O. MATTIROLO.
(Con Tav. XVI).
estate dell’anno 1894 il chiarissimo signor dottore L. Trapur,
re nella Scuola superiore di Medicina in Algeri, ci comunicava
lmente alcuni campioni di radici di barbabietole attaccate da un
ta fangino di cui, per una serie di circostanze, non ci fu pei dai
mediatamente lo studio.
amente uno di noi comunicava allora ma al sig. TRABUT che
fosse nuovo e proponeva di chiamarlo col nome 0edomyces (4)
. gen. T'ardando quindi noi a pubblicare il risultato dei nostri studi,
ut giudicò opportuno far conoscere il fungo e darne fuori una de
strazione accompagnata da una tavola (°).
chè il lavoro che ora presentiamo sia ben lungi di els é esau- = |
per il fatto che i ripetuti svariatissimi tentativi di coltura non À
in nessun modo riescire, nondimeno, “avendo noi rilevato fatti
ota del Trasur, per l’indole sua, non potè rilevare, giudichiamo
nu le rendere di pubblica ragione le ER osservazioni che for- ni
Îl tema di questa contribuzione.
at ttia delle radici tuberizzato delle Barbabietale, sviluppatasi nel
; nome deriva ú video na à e myees Pi |
ee Sur une ustilaginée parasite de la Betterane he le- Sr
de Trabut présentée par M. Duchartre. Jp Rend. de
iences, Tom. CXVII, vol. 2, pag. 1288-1289. à
me ustilagi de la Lanna: Renie. gener. de + Botanique
ae à le petiole reste FARE (fig. 1); le plus souvent © est |
Hé roue qui se transforme (fig. Leg en nodosité. »
ME
bic la quale risponde ai Se: come la cellulosa lhon
Questa membrana, nelle cisti completamente evolute, pud raggiun-
gere uno spessore che in media è da calcolarsi a 9 mierom. ma che può
anche arrivare a 15 microm. (Tav. XVI, fig. 3 e 4).
Le cisti risultano dalla evoluzione ipertrofica di quelle cellule le quali,
invase dal parassita, tanto e così irregolarmente possono svilupparsi da
rendersi anche visibili ad occhio nudo in grazia del colore delle spore
le in esse si contengono. : 7
Le cisti unicellulari prodotte dal parassita delle barbabietole si possono ;
norfologicamente paragonare a quelle osservate e disegnate dal Wo-
Tonin (°) nella sua Plasmodiophora (1) e a quelle che troviamo provo=
te dall'azione parassitaria delle specie del genere Synchytrium {) e
horochytrium (+) ad es. e anche a quelle che qua e colà osserviamo nei È
tessuti sn ati ri escretizii, che vengono intese 3
voluzione sopra materiale fresco e convenientemente trattato, per sor-
rendere i successivi stadi di sviluppo della membrana a cui viene z
ato r rade di PNR come negli si in Ja
) Mi è è grato porgere i più vivi AAT all egregio D." wai 1
ntile compiacenza con sE vole fornirmi il materiale conservato in a i
serv al confronto (Mattirolo).
) Worox loc. cit. Tav. gen fg. 27, XXU, fig. 42, 45, 46. to
+ De Bary e M. Wor , Beitr. z. Kenntniss d. Chytridicen.. ca
f "Ges. zu Preiburg. vali m. e Annales des- Sciences Natur., n ; È
tom. II. e generali e lavori citati nella dig Morp one
di A. ary.
Kite, 3 Free zur Kenniniss miederer Agenforne. Bot. Zeit., 1881
m. ,
I, Angewandte PE, e sata ‘trattati. tai, 889.
F., Contributo alla pet er e allo arrn À
ti i dell Istituto botanico di Pa Serie II vo
ES nale se. res ds tôt, la nutrition se trouve entravée.
done a dice i ivi il on que les nodosités rio
ý
pe
x
Hosssiotito conformato, quasi come li ricoperto da minutissime in-
tazioni molto rifrangenti, paragonabili a quelle di ossalato di calce. B
este incrostazioni però resistono all’azione dell’ acido cloridrico, non
colorano colla floroglucina e col carbazol, mentre invece fissano ener-
entè il rosso di rutenio, la saffranina, la tintura di iodio, ece. ©
Col « elorurò di zinco iodato, mentre la parte assile dei filamenti mi-
‘eolorazi in giallo, analogamente al ana la in esterna
gonfiasi solo, rimanendo incolora.
Il micelio che abbiamo osservato nelle cisti si dimostra così i formato >
un. filamento con parete mucilaginosa, la quale riveste il residuo
(Vario matinando le spore trs. XVI, fig. S se
Nelle cisti si possono sorprendere “tutti gli stadii progressivi di c
9 “ie, es il micelio intercettare o santo dal Tuanor e:
E Maxon, Sur Fabii du “ah de bétons en AS dal
nd. 20 marzo 1893. Questo reattivo si fissa sulle gomme e sulle m
derivanti dai composti pectici. In questa occasione ci è grato ringraziare
L. ima che ci favoriva cortesemente una | piccola quantità del rar
sage si foce. all’ uno P :
A. SACCARDO E O. MATTIROLO
La colorazione del micelio col rosso di rutenio, che il Maxen riguarda -
> come il reagente speciale dei composti pectici, ci farebbe pensare alla
| presenza di mucilagine derivante da composti pectici e non dalla callosi,
ciò che non concorderebbe pienamente colle osservazioni dello stesso
= Mayen (!) nel micelio delle Uredinee e delle -Ustilaginee (escluse le
| fruttificazioni (spore e succiatori). Le osservazioni di questo autore,
| provano d’altronde come nei funghi e nello stesso ordine (Basidiomiceti
una tribù all'altra. La scienza non ha certamente detto l’ultima parola
sulla costituzione chimica della membrana dei funghi (2).
Secondo il Trabut le spore nascerebbero pure « sur des rameaux
sporifères très ténus et subitement renflés, vesiculeux » (5).
superiormente, sono concave nella faccia inferiore dove è il punto
20 del polosa {7 (Tav. a fig. 6).
NGIN , Observations = la constitution de la membrane des champ.
Combt Ridas 4 Dec. 1
Vedi a riguardo della pri di Beta not — della Metacellulosi di Fre my
Pilzcellulose di De eu i lavori di Maxon, di Ricurer, di Wonen
rae, Horten, G à
he uno di noi i (Saccardo) eho potè faro una opas osservazione su ma- i
è escicolari sotto le spore,
ef ure | parvero distinti dagli inizî di spore Me
essiccato non fu più possibile differenziarli. i
ni kann agi a tutta ari non appare sulle evidente, è si
x
.
Fa
TER di questo reagente.
u ‘involucri nettamente differenziati si staccano l’ uno dall’ altro
ore hanno in media 42 microm. circa nel diametro nel sno
no microm. 19 in altezza circa (2).
> membrane hanno uno spessore di 6 microm. brad cia-
microm. di spessore. |
qua di Javelle che rende le spore cis è meglio resa :
la struttura loro, il punto d’attacco col filamento miceliare e
anza di qualsiasi poro germinativo.
ntenuto è è ricchissimo di materiali oleosi, i quali rendono estre-
e difficile la constatazione del nucleo, nucleolato, anche nelle spore
mantennero lungo tempo in una miscela di alcool e di etere.
ervazione dell’ unico nueleo, fatta coi metodi raccomandati da ch i
i
alora si esercitano sul “opriogrelto delle brusche e brevi pressioni, le. i
am FPE .le spore le fanno roteare sopra loro stesse e le fanno così “ve
co. Le sezioni su materiale ineluso in celloidina, nelle quali le Ci à
tenute dal materi ale di er sé diverse loro Leg w
dere subito questi rapport r ;
li a questo riguardo piro è detto sullo noii mierochiiche | del-
del Choiromyces meandriformis Vitt. nella Malpighia svi ; cioe 1
THIROLO, Sul valore sistematico del Chosromgees PROS i
‘iformis V itt. 5 di o
renta misurazioni si ebbe una media di 42 05 con una massima =
i:36 nelle spore che si credette di e a me à m o
so e le trenta on permisi si ig i med ;
je Mera ATI EA à Pare
rs sizione.
Numerose colture vennero fatte a Aant Rena pica: d
| materiale "ron del sig. TRABUT,
N DU ee da Hynenonyertes, pag. Ta Annales
Na Pirella, 208 Série, Tom. I
Scuwrrz, Sitrungherich. der Piederrtcinischen Gesell. für Natur. mnd
Bons Ag. 1879, 7
delle D babioistes tra i funghi così detti prose: in naturale :
one di affinità col genere Entyloma De Bary e più precisamente.
Entyl. Magnusii Ule ed Entyl. Aschersonii
vazione ci permettano presto di compiere lo studio del ciclo di
dial crediamo utile
myces Saccardo in Trabut, Sur une Ustilaginée parasite m k
. Revue générale de Botanique, Tom. VI, 1894, et C. Rendus. |
ad. d. Sciences 4 juin 1894. Saccardo, Sylloge. pato Tom. XI, m
(Etym., oideo, tumeo et myces). |
zus parasiticus, tumores crassos, carnosos in paini vivis pian
m generans. Sporae e globoso dein hemisphaerico-depressae , colo- i
o, intra cystas crasse tunicatas (quasi cellulas giganteas) sphae- 7
ngulosas conglobatae, in filamentis mycelicis, mox evanescenti- i
genae et intercalares. — A gen. Entylomate, cui affinis, prae-
liffort eistis vere singularibus et forma subhemisphaerica sui
omyces leproides Trab. loc. cit., Sace. loe. cit.
te Fifa Trab., Comptes Rendus Acad. Zog 4 jun È
oril us $ crassis, carnosis, coulis, initio o favo ict de n
n SR pe init variis, crasso Wii ini ya
h rana; cellulosiea pa microm. cr. ; ; sporis initio globulosis
: , maturis deprosso-hemisphneriis, |
468 P. A. SACCARDO E 0. MATTIROLO
Habit. In parte superiore radicum Betae vulgaris var. rapaceae —
ubi tumores crassos, carnosos, colliculosos gignit — in Algeria.
Maggio, 1895.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XVI
Fig. 1, Radice tuberizzata di barbabietola. affetta da tumore prodotto dall’ Oedomy-
ces. (Da una fotografia gentilmente trasmessaci dal sig. prof. L. TrABUT
> del vero. i
» 2. Porzione di tumore sezionato per far vedere il tessuto (grandezza natur.),
v
A
go
Cisti sporigena di Oedomyces colla membrana cellulosica e le spore (Ob.
4 Hart, Ocul. 3 Cam. Lucid. Nachet.
» 4. Sezione del tessuto di neoformazione osservato a piccolo ingrandimento.
C. cisti. — Figura semischematica — Ocul. 2. Ob. 2 Hart. Camera lucida
Nachet. ; a
« 5. Sviluppo apicale ed intercalare delle spore. — Ob. 8, Ocul. 3 Hart. Ca-
mera lucida Nachet.
» 6. Spore vedute nei due sensi. — Ingrand. c. s.
| STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO — 469
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO
pel Dottor LuiGI BUSCALIONI
INTRODUZIONE.
mio desiderio, quando mi sono dedicato a questo studio, di
gare unicamente il modo di formazione delle membrane di Ro-
ttorno ai cristalli di ossalato di calcio, onde portare nuovo con-
alle ricerche che da alcuni anni sto facendo sulle membrane.
fatti però che mano mano andarono accumulandosi, e nuovi
i che si sono affacciati, ampliarono la cerchia degli studi, di
che al fine mi trovai di fronte ad una raccolta di osservazioni,
non avendo più alcun rapporto colla fina struttura delle mem-
llulari, mi obbligarono a scindere il presente lavoro da dis
mente iniziati sulla parete delle cellule. >
siccome i i dati raccolti non sono collegati intimamente gli uni
ltri, così per ragione di chiarezza e di isa mi fu duopo
la trattazione in tre parti.
prima parlerd della formazione delle nine membrane di
ff nei semi della Magnolia Youlan e delle Papaveracee, come
uelle normalmente costituite che avvolgono alcune specie di
gli ordinari cristalli, sia isolati che in druse.
ida parte sarà dedicata allo studio dei corpi mucilaginosi che
vano nelle druse di ossalato calcico, al loro modo di sviluppo ed A
questione riguardante la genesi dell’ ossalato di calcio.
a parte fard alcune osservazioni critiche sulla teoria di
Acqua e di altri autori a riguardo della formazione dei cristalli ai
alcico nelle piante, accennando anche brevemente all in- KE
Fe dell’ umidità sulla produzione ta stessi. =.
hanno È ina di Apoera in PX detnitivo l’intricata question e.
riguardante l’origine, il modo di svilupparsi e la funzione dell’ossalato
PARTE PRIMA
CAPITOLO I.
o nella memoria del Rosanoff intitolata « Ueber soldes
À von Kerria Japonica sic. e Ricinus communis C):
inoltre not la presenza di tendini in cellule prive di ooku sa
come pure la disposizione parallela degli stessi quando n |
ed SAN dope entianant a eok in cellula.
di “Blatte lid Drhcaters und din
| ie tn Tranbenkörper in Ain x Sul
Ischaft. Bd. I H. I, 1854, p. 149.
1.3 inerustations minérales. Mem. i gi, A div sav. se. Math. that
p. di. |
LUIGI BUSCALIONT
Lo stesso autore ha, più tardi, (') riconosciuto che le briglie di cellu- |
losa pericristalline si incontrano con grande frequenza nel regno ve-
getale, tanto da rendere affatto erroneo il concetto di Duchartre, secondo
il quale i cristalli di ossalato di calcio raccolti in druse, giaciono liberi
nell’interno delle cellule.
Egli infatti trovò sviluppatissime le briglie, o per lo meno le guaine dei
cristalli, nell’epidermide delle brattee fiorali delle Cicadee e nei frutti
di Nelumbium, dove però i cristalli, il più delle volte, non solo occupano
tutto il lume cellulare, ma si impianto più o meno profondamente nello ;
spessore della parete. ta
Inoltre vide pure ben conformate le briglie attorno a tutte le druse
che si incontrano con tanta frequenza nel tronco delle Aroidee, dove ;
però osservò che le cellule cristalligere sono più piccole delle vicine, —
che i filamenti di cellulosa sono cavi e che infine le druse si sciolgono
dal centro verso la Pe quando vengano sottoposte all’azione di
A
acidi minerali. A
In questa seconda nota il Rosanoff si sofferma a trattare alcune que-
5
$ | stioni relative al modo di sviluppo delle cellule cristalligere ed osserva
| che la presenza dei cristalli rivestiti di una membrana fa sì che viene
diminuita la quantità di materiale plastico di cui possono disporre gli
elementi per lo ispessimento delle loro pareti. |
Ne avviene in conseguenza che le cellule fornite di druse non riescono
ad un completo sviluppo, tanto più che il cristallo solidamente i ue
alle pareti impedisce il loro distendimento. È
L'autore poi sostiene che durante l'accrescimento della parete cellulare
le briglie devono andar soggette a stiramenti, come lo prova il fatto
_che le membrane cellulari, nel punto d’impianto dei tendini, sono quasi
sempre convesse verso l’ interno della cellula cristalligera stessa.
Finalmente il Rosanoff, dopo di aver dimostrato che le briglie d
| cristalli si accrescono per intussusceptione, termina il lavoro citando
; nuovamente gli « Eléments de Botanique » del Duchartre, per rilevare
- che è pure erronea l’asserzione di quest’autore, il quale vorrebbe che
lule cristalligere siano prive di qualsiasi altro corpo, all infuori
del cristallo, in quantochè tanto il nucleo, quanto i corpi clorofillini ed
| granuli d’amido sono pure assai spesso presenti.
Due anni dopo il lavoro del Rosanoff è comparsa nella stessa Bota-
sche Zeitung una nota di Eugenio De La Rue sul medesimo argo-
‘mento (4), in cui si confermano le osservazioni del Rosanoff a riguardo
dell'opinione del Duchartre sulla mancanza di altri inclusi nelle cellule
ristalligere e si descrivono le briglie di cellulosa che si osservano nel
thos crassinervis ed in altre Aroidee, come pure quelle dell’ Hoja car-
l De La Rue aggiunge, come fatto nuovo, la storia di sviluppo delle
. cellule a druse, la quale può venire compendiata nel seguente modo:
lapprima si forma un bitorzolo nella parete cellulare, il quale va mano
o sviluppandosi. Più tardi il medesimo si riempie di una sostanza
ranulosa che a poco a poco assume i caratteri proprii delle druse, cosie-
È la cellula cristalligera riesce definitivamente costituita. i
Le figure che illustrano il testo sono molto imperfette ed appena ap-
lasciano riconoscere il concetto dell’ Autore che si allontana dalle as
del Rosanoff, poichè, secondo il De La Rue, i cristalli nascono entro
riglie cellulosiche preformate, mentre l’ opposto si nota nei lavori del x
redecessore.
Qualche anno più tardi il Pfitzer (?). sele a studiare il modo
n cui si sviluppano le guaine di cellulosa che attorniano i cristalli i
ossalato di calcio nelle foglie di Citrus e di altre piante, è venuto, |
conclusione che tali involucri si formano nel plasma e di poi, per
essivo accrescimento, riescono à far corpo colla membrana Rue
quale però si accresce pure a sua volta. i Fa
Benchè condotte con molta diligenza e con una tecnica rigorosa, le
azioni del Pfitzer furono poco dopo contraddette da quelle del
ler R. il a trasse nuovamente in campo il concetto del De La
Ueber Fristalideusen bei einigen SA Bot. Ze it. 1869 n
Ueber die Einlagerung von sr vat in die Phone CA
ora. 1872, p- 07-136. | Re ue O
dA
+ LUIGI BUSCALIONI |
op Rue. Il Müller, in una dissertazione. inaugurale sulla corteccia degli © ©
alberi ($), parlando dei cristalli di Rosanoff, dopo di aver citato le pa-
role di quest’autore per spiegare come si formi la membrana attorno
cristalli, stabilisce che le druse ed i cristalli isolati si formano nello
apossare della parete cellulare e che di poi, per ulteriore accrescimento,
ot spingono nel lume delle cellule fino a riempirlo quasi totalmente.
Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che non sì tosto la drusa diventa vi-
sibile è già circondata da una membrana. .
> à . Negli anni successivi la letteratura que argomento va di molto ac- ;
PRETE
rr
| crescendosi. de
Il Poulsen diffatti in parecchie pubblicazioni (2) indica l’esistenza di
_ cristalli di Rosanoff in molte famiglie. Il Penzig (*) descrive le sue os-
= servazioni sulle Celastrinee, dalle quali risulta che i cristalli di Rosa-
i nof sono frequenti nelle capsule degli Evonymus, nei tronchi dei Cela-
strus e nel midollo della Staphilea pinnata. Egli rileva inoltre che la
membrana dei cristalli ed i tendini nascono a spese del plasma, il quale.
‘circonda i cristalli, allorchè sono giovani, quasi à guisa di un velo de-
licato, prolungandosi in cordoni che vanno alla parete cellulare.
$ Di qui avviene che se si esporta colla potassa caustica il protoplasma, i:
non sì tosto ha cominciato a fabbricare sulla sua faccia esterna un in-
voluero di cellulosa, questo riveste a distanza, quasi come una veste
e crt. pei
troppo larga, i cristalli di ossalato di calcio.
Le figure 16 e 17 della Tav. II illustrano appunto una tale partico- da
larità. di struttura che è abbastanza strana. Secondo il Penzig, infine, i
SENA si RS à re nel PRESA nelle cala ancor gore
D x Rinde unserer De Breslauer. asia ha
e) PovrseN Wioso À., Ein nener Fundort der a SATA Flora 1877,
ln. Om Forekomsten of de RosanofP sche Krystalgrupper of Rosa. In Viden-
Lg Meddelelser frad da Re Forening i piane p 181,1 1874.
rane lada. Videnskab. Meddel 1
talti del ] of nel Celastrinee. Nuovo Giornale Bolano | liano,
temporaneamente al Penzig noi troviamo che anche il Ch. Wilhelm
, benchè brevemente, la quistione dei cristalli di Rosanoff nei
K Beitrige zur Kenntniss des Siebròhrenapparates dicotyler Pflan-
n», apparsi a Lipsia. Egli accenna cioè al fatto che nella Vitis vi-
fera i cristalli nascono liberi nel protoplasma delle cellule per circon-
i più tardi di una membrana di cellulosa che li attacca alla parete.
Nel 1881 il Demeter (1) trovò le stesse particolarità istologiche nella
neria biloba, nella B. japonica, nel Leucosyhe candidissima, nel-
atostoma eurhynchium e nella Memorialis hirta. 1 cristalli di Ro-
off occuperebbero, secondo quest’autore, talune piccole cellule viventi
midollo. Le trabecole tendinee, per lo più canalicolate, avrebbero
facoltà di incrostarsi di lignina ed inoltre sarebbero presenti anche
cellule prive di cristalli, forse perchè questi furono meccanicamente
senza però occuparsi, nè del modo di sviluppo, nè delle pes
tologiche inerenti a tali formazioni.
cune specie di Hibiscus e di altre piante affini, descrisse delle tra-
e e delle protuberanze cellulosiche racchiudenti dei sati di os-
di calcio nelle cellule del midollo.
In anno dopo la scoperta del Mentovich, il P. Calabrò 6), sotto il
di cristalli del Poulsen, descrive pure brevemente come sì svilup-
i cristalli di Rosanoff nelle varie specie di Erytrina e trae la
Urticacee), Magyar Nov i. Lapok V, N. 51-52, pag.
socsyhel Lun para tekintellel a Ketszikilehee (Egy Konyo-
Kolozsva, 1885.
tina anno IX, vol, IX.
| STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 475.
sorre però notare che per quanto spetta alle Malvacee, l’ identica )
era già stata fatta nel 1874 dallo Stoll (5), il quale, parlando.
Rosano. felé ce pee are Urticacéakban (Le Druse di Rosanof |
Sui 32, 1881.
áblával) (Sull'is digg do del midollo delle piante con speciale riguardo alle ri
e). x
$ die Baang des Kallus bei Sizoklingen v. D. R. Sre P: Zeit, 4
LUIGI BUSCALIONI |
; aam che iè idée del De La Rue sono affatto erronee, in std à |
che i cristalli appaiono dapprima liberi nel plasma, poscia vengono cir-
condati da un sottile velo di cellulosa d'aspetto gelatinoso, ed infine
«riescono incapsulati in una vera guaina attaccata alla parete per mezzo
di un peduncolo. La capsula sarebbe in parte cellulosica ed in pare
lignificata. z
Quasi nello stesso tempo il Poli, forse ignorando il lavoro del Men- E
_tovich, ha pure fatto una piccola pubblicazione (!) per dimostrare che
‘egli aveva trovato i cristalli di Rosanoff nella Sida, nella Lavatera |
arborea, nel Malvaviscus mollis, nella Malva capensis ed in altre ii :
|_vacee, estendendo così la cerchia delle osservazioni che alcuni anni ia >
_ aveva limitate al genere Sida (?).
i . Nella sua Memoria il Poli aggiunge però ben poco a quanto osser-
> varono di già i suoi predecessori, in quanto che egli si limita @ com
7 battere l’asserzione dello Stoll che i tendini di cellulosa sieno pieni ed
a segnalare che qualche volta le briglie diventano legnose.
Chi forse ha contribuito maggiormente a far conoscere la grande dit-
fusione che hanno i cristalli incapsulati nel regno vegetale, è stato. il
| Friedrik Georg Kohl, il quale così si esprime a pagina 81 del suo clas-
-sico trattato sulle sostanze minerali esistenti nelle piante (rie Meine
eingehenden Untersuchungen über Rosanoff’ sche Drusen haben mic!
; au der Ueberzeugung geführt dass dieselben viel verbreiter sind, als
man hisher angenommen hat, dass man mehr i in Cellulose eingekapselte ;
‘und an den Wänden befestigte Oxalatdrusen findete als freie und d
diese eingekapselte Kalkoxalat dem Stoffwechsel in höherem Grade ode
sapa Sue a aR das frei in Plasma oder sint befindlich
aa Re Journ. of R. gen Soc., Ser. II, vol. II p 509,
sla hys a T ORENA der Kalksalzo und es
rg 6
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO
n solitären in den die Gesässbündel ungebenden Zellen liegend, die
ündel wie mit einem kalkoxalat-Panzer umhüllen und tertiäres Oxalat
darstellen, wohl grössentheils Rosanoff’ sche Drusen. Querschnitte durch
Blattstiele von Tilia — Populus — Fagus — Morus, etc. Arten weisen
_unzalige dershelben auf. In Blattstiel von Morus alba T. B. konnte
ich auf manchen Längschnitten die verschiedensten Stadien der ‘Ent-
wicklung dieser Drusen neben einander erbliken ».
| L’autore inoltre trova che i cristalli compaiono nel lume cellulare
dapprima liberi, sotto forma di cristalli solitari o di piccole druse, che
di poi si appressano alla parete e contemporaneamente si circondano di
una membrana di cellulosa. Nel punto dove la drusa è più prossima
alla membrana cellulare, comincia a prodursi il primo ponte di cellulosa |
che può venir più tardi accompagnato da-altri simili, in numero mag-
giore o minore. Late
Finalmente possiamo terminare questa rassegna indicando anche i
trattati del Tschirch ('), del Zimmermann (°) nei quali è pure raccolta
i relativa letteratura, come pure il lavoro di Tschirch sui tubercoli o
adicali delle Leguminose (5) e le ricerche di Moore che osservò pure
e di an D paio e nell’ endosperma, di Magie,
urantiacee a riguardo dello sviluppo della membrana pericristallina.
uasi tutti gli autori però, che ho sopra citato, i quali hanno inve-
pato la formazione dei cristalli di Rosanoff, non si sono occupati di
uire un po’ diligentemente il processo che determina I organizza- —
; Mirton und Phisiologie d. Pfanzenzelle.
Beiträge zur Konniniss d. Wurzellknollchen d. Leguminosen Berichte d
tsch. Bot. Gesellsch.
() Studies in vai dle II. On Rosanow's crystals a the endosperm
of Manihot Glaz. rn. Lin. Ser. London, XXI, p. 221-24.
ber den Kork M Ventre Gewebe iberhaupt. Pane d Acad. a.
Wien. Bd. 67, I, p.
er die ange v. Fuel 1 Kristalle ue Dissert. Prag, suo
LUIGI BUSCALIONI
Ni viglia se le opinioni che furono emesse sono cosi disparate, e qualche volta | o
anche abbastanza peregrine, come, ad esempio quella del De La Rue.
In tempi recenti pare che detta lacuna sia stata colmata dal Wakker (!)
che si è studiato, sulla scorta dei fenomeni plasmolitici, di riconoscere
in qual modo nascono i cristalli di ossalato calcico nelle cellule.
Egli ha trovato che questi si originano presso che costantemente dentro
‘ad un vacuolo e che più tardi si circondano delle briglie a cellulosa
mercè un processo abbastanza curioso.
L’ autore comincia ad affermare che le cellule cristalligere muoiono
ben presto e che perciò non solamente rimangono più piccole delle cir-
; costanti, ancor viventi, ma subiscono da parte di queste una tale com-
> pressione che le punte dei cristalli finiscono per impiantarsi, più o meno
profondamente, negli strati di cellulosa della rispettiva parete.
i Avvenuta quest’intima riunione fra la membrana cellulare ed i cri-
+ stalli, se per l ulteriore accrescimento delle cellule vicine anche gli
ì | elementi cristalligeri sono costretti meccanicamente a distendersi, ciò
potrà effettuarsi solamente a condizione che le membrane della cellula
> morta, sufficentemente plastica, si stiri in lunghi cordoni che rappre-
s: ; sentano appunto quelle briglie le quali dal cristallo si portano alla parete.
Il Wakker, in appoggio della sua teoria, cita il fatto che molte volte
i cordoni di cellulosa son diretti tutti quanti nel senso del massimo
allungamento della parte e si continuano di cellula in cellula.
i
La teoria di questo autore apporterebbe ‘indubbiamente molta luce
sulla formazione dei cristalli di Rosanoff, qualora essa corrispondesse fs
alla realtà dei fatti, ciò che disgraziatamente non è, come ha bella-
mente rilevato il Kohl nel suo trattato sopra citato. 3
Innanzi tutto il Kohl oppone che molte volte, ‘anzichè nel senso del
massimo allungamento della parte, le briglie son dirette in senso op-
posto. In secondo luogo fa osservare che le briglie qualche volta ter-
minano di contro ad uno spazio intercellulare, il che non si concilia
; troppo colla teoria delle pressioni laterali emessa dal Wakker, la cina
Fa sine ca non per la formazione dei mea
| ar pes Fra d. Tieni. Pringsheim Jahrbucher Bd
terzo luogo le cellule eriatafii gone non o venir ritenute quali | i
le: enti morti, essendo presente ancora molto tempo dopo la formazione
ei cristalli, il nucleo, i protoplasma, i granuli d’amido, ece. -
Se il Wakker avesse studiato più da vicino il modo di formazione
queste cellule, aggiunge il Kohl, non avrebbe detto che le briglie
i formano molto tardi, dopo cioè uno o due anni, poichè è cosa ovvia
l osservare, proprio al di sotto dell’ apice vegetativo, alcune cellule
giovanissime, e perciò indubbiamente viventi, coi loro cristalli in via
| sviluppo, già inglobati in un velo di cellulosa che manda dei ramu-
oli fin contro la parete cellulare.
Infine l impossibilità di riscontrare tutti i pigri nello sviluppo
lle briglie e del velo cellulosico pericristallino, dalla forma primitiva
protuberanze che si avanzano dai due lati opposti della parete cel-
lare per circondare il cristallo, fino alla forma adulta, in cui si ha 7
n anello continuo attorno a quest’ ultimo, fornito di rami che vanno È
lla membrana, depone, secondo il Kohl, contro la teoria del Wakker.
Pee è no il door de non sì tosto si è formato il cui
| ditali, ciò dipende dal fatto che egli non ha pa liberarle dal |
ina. nea le ERTA tolto ge coll’ acqua di Javelle la reazione
s Ha; premessa ari diante, storica lrn nella qu
peculiari ragioni si è dovuto far astrazione dell’ordine cronologico,
HE patta; il ti del vinen veniamo a tattare q come si
endo lo en dell P ovulo dd tai Yan fin dai moi
voluzi |
LUIGI BUSCALIONI
| ha la forma di un grosso tubercolo, foggiato quasi a guisa di un dito,
pendente nella cavità ovarica.
Iniziatasi la formazione della cellula sottoepidermica, compare ben
tosto il tegumento interno che nasce, come d’ordinario, in gran parte
a spese di ripetute divisioni delle cellule epidermoidali del tubercolo
nucellare.
Un po’ più tardi si va pure sviluppando il tegumento esterno.
Le cellule del tubercolo nucellare sono assai grandi ed hanno un
nucleo ben distinto.
In un ovulo alquanto più evoluto noi troviamo che il tegumento e-
sterno si è di molto ispessito. Esso consta cioè di un’ epidermide esterna
a cellule rettangolari ricche di plasma e con un grosso nucleo (Ep. fig. 1):
grandezza ed infine di un’epidermide interna i cui elementi dal lato ra-
feale rassomigliano assai a quelli dell'epidermide esterna, mentre lungo
il lato opposto sono alquanto più irregolari e meno ricchi di sostanza
| protoplasmatica.
. Il tegumento interno consta ora ‘di due epidermidi, una esterna ed
una interna che in vicinanza del micropilo aderiscono luna coll altra,
| mentre nelle altre regioni sono separate da uno strato intermedio a
cellule allungate parallelamente alla superficie del tegumento stesso.
| parlare.
-Giunto ad un tale grado di sviluppo, l’ovulo non mostra ancora note-
a CES NUE rS
| dli due o tre strati parenchimatosi a cellule irregolari, pure assai fornite
| di contenuto e che in vicinanza del calaze aumentano notevolmente in
In questo frattempo l’ovulo si è fatto anatropo (1) ed ha sviluppata si
una grossa nucella della cui particolare struttura non è qui il caso di 7
i vole differenziazione nella struttura delle cellule dei due tegumenti. Le
pareti cellulari sono ancora sottili ed il protoplasma, raccolto attorno à
al nucleo, invia numerose briglie verso la periferia delle cellule e pre-
senta delle traccie di amido sotto forma di fini granuli visibili soltanto
dopo che si è esportato il plasma coll’acqua di Javella. Occorre però no-
no comincia & differenziarsi alquanto dai sovrastanti ant per-
e sue cellule vanno a poco a poco riempiendosi di microsomi re-
vamente voluminosi.
tardi noi vediamo comparire dei grossi plastidi amiliferi anche
me; contemporaneamente i piani cellulari del tegumento esterno
wumentando di numero: le loro cellule riescono ingrandite, allun-
in senso tangenziale e meno ricche in contenuto (fig. 1 A).
là compaiono frattanto delle ghiandole unicellulari, sotto forma
7 ndi elementi caratterizzati dal contenuto abbondante nel cui mezzo.
un grosso vacuolo e ‘dalle pareti che diventano gialle col cloro- A
di zino e che resistono all’azione dell H,S0, (fig. 1 CS).
ellulo dello proio. interno del m vanno ora Hingene in
istinto en altri elementi che si | mantengono rotondeggianti
SD). i
mento interno che non ha aumentato il numero dei piani a n
allunga pure in senso pe gli elementi dell es
un” epoca ancora più avanzata. l’ ae scompare dal tegumento —
per farsi ancor più abbondante in quello esterno, tanto da ma-
re i nuclei, e nello stesso tempo compaiono pure. dei cristalli. di o
to di calce sotto forma di druse in i quasi tutte le cellule del B n
a di quest’ultimo (fig. 1 C).
mente coll avvicinarsi del seme alla maturit
le: del parenchima | tegumentale impoveriseono del cont
pidermide esterna del seme ha aumentato g grandemente il numero
cellulari © che cousi JE elementi di forma. ne ire».
à noi vediamo che
enuto : e
non ha subito aumento di sorta. o
Pin grosso, le storia di a dei teg
LUIGI BUSCALIONI
`
quali l esterno frattanto si è suddiviso in due porzioni, una esterna i
molla, carnosa ed una interna dotata di una certa consistenza che va;
aumentando a misura che il seme progredisce nell’evoluzione. È
Una tale disposizione anatomica ha indotto alcuni autori, quali il
Treviranus ('), a considerare il tegumento esterno della Magnolia Fula
e di altre specie come un arillo; il che è assolutamente falso e now
merita molte parole per venir confutato. i
Al opposto, una siffatta condizione di cose è dovuta a null’altro che a-
radicali modificazioni che avvengono nello strato interno del tegumento |
esterno, il quale venne da noi abbandonato nel momento in cui le sue
cellule si erano allungate radialmente.
Se noi pertanto fissiamo la nostra attenzione esclusivamente su questo |
| strato e lo seguiamo nella sua evoluzione, noi rileviamo delle partico-
larità abbastanza interessanti.
Per un po di tempo noi scorgiamo che lo strato interno o, à ‘meglio 3
Ne
dire, l epidermide interna del testa continua ad essere costituita da cel-
e lule rettangolari, allungate perpendicolarmente al seme (fig. 1 SZ), di- .
| ‘’sposte in un solo strato, a pareti sottili e fornite infine di un plasma i
abbondante che con tutta facilità si può staccare dalla parete cellulare.
Ben tosto però il contenuto acquista una struttura reticolare (fig. 3
À) e presenta qua e colà dei grossi microsomi sparsi lungo i reticoli ,
ma prevalentemente nella parte periferica delle cellule. ;
Taluni di questi minuti plastidi contengono un granulo d’ amido,
mentre gli altri ne sono sforniti, come si può mettere in evidenza I
da r acqua di Javelle.
n Sa Per lungo tempo noi vediamo andar accrescendosi il numero dei
n granuli amiliferi che, al pari dei microsomi inattivi, ingrandiscono pure
| alquanto di volume (fig. 2 A).
«Qualche volta però i granuli d’ amido non sono molto abbondanti e
si trovano raccolti attorno al nucleo che si è fatto voluminoso. La massa
protoplasmica frattanto si è accresciuta notevolmente, per cui i reticoli
on assai compatti (fg. 3 A e 4).
= 0) Ueber die Frucht und den Samenbau von Magnolia. Bot. Zeit. 1858, n. J
5
; A ' 5 ; Li Š È x ry 2 È . se È sg
| STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO |
Per colorare i reticoli plasmici è duopo trattare il plasma per 24 ore
olla fucsina acida e poscia esportare l'eccesso di colorazione coll’acido
picrico ed alcool assoluto, includendo di poi il preparato in balsamo.
In un’ epoca più inoltrata dello sviluppo, verso l estremità calaziale
-del seme, dove cioè si incontrano gli ultimi elementi dello strato interno
il quale non forma un anello completo attorno al tegumento interno,
i come pure in corrispondenza del micropilo, noi vediamo che lo strato
in questione entra in attiva proliferazione, la quale si estende di poi
mano mano in tutto l’ ambito dello strato.
|A tale scopo le cellule, dopo essersi allungate enormemente. si divi-
no per un setto trasversale in due elementi sovrapposti, od anche,- È
Il processo cariocinetico, non sì tosto si è iniziato, diventa così attivo,
e in ogni campo del microscopio si possono vedere parecchie cellule
‘divisione indiretta. Questo fatto fa sì che lo strato perde la sua re- o
lare struttura, poichè accanto ad una cellula lunghissima, ancora ;
ndivisa e che occupa quasi tutto lo spessore dello strato, se ne incontrano
magari tre o quattro sovrapposte, nate dalle precedenti divisioni di un’ u~
ica cellula (fig. 2).
Occorre poi ancora notare che il limite dello strato in questione riesce. :
ancor più irregolare ed indeciso per la circostanza che le cellule so-
rapposte al medesimo, appartenenti però agli altri piani del tegumento —
esterno assumono, a loro volta, una forma ed una struttura che ricorda
uella degli elementi proprii dello strato che stiamo studiando.
è duopo poi anche avvertire che alcune cellule dello strato interno, i
> a causa di minor vitalità, non potendo seguire le compagne nel-
voluzione , riescono da queste schiacciate e compresse, il che rende
r più irregolare lo strato.
i noi esaminiamo le cellule in mitosi facendo agire su di loro l’acqua
Javelle, si può riconoscere che le placche equatoriali hanno una
uttura nettamente granulare e sono assai resistenti, e che piole i
LUIGI BUSCALIONI
manifestarsi la prima traccia di ispessimento nelle pareti dello strato
interno, sotto forma di una benda che occupa tutto il lato profondo di
quelle cellule che confinano cogli elementi del tegumento interno. Le
altre pareti sono ancora sottili e presentansi ondulate.
_ Esaminando in questo periodo di sviluppo le cellule col sussidio del-
l’acqua di Javelle, si può rilevare che nel loro interno sono comparsi
dei piccoli cristalli di ossalato di calcio, in numero abbastanza rilevante,
in ispecie nelle cellule profonde dello strato interno, i quali, trattati dig
poi coll’acido cloridrico diluito, addimostrano di essere circondati da m È
tenuissima membranella. í
-I cristalli che sono sparsi irregolarmente nelle cavità cellulari, oppure Si
occupano le estremità delle stesse, durante il processo cariocinetico ri-
| mangono in sito, di guisa che, avvenuta la divisione cellulare, ogni
elemento eredita in certo qual modo una data quantità di ossalato calcico,
Continuando lo sviluppo del seme, lo strato interno apparisce note-
volmente ispessito, tanto che si possono contare 6 o 8 piani di cellule.
A questo periodo i semi son diventati grossi quanto un lupino 6; s6-
zionati, presentano una larga benda abbastanza resistente al taglio, di
_ color giallastro che è appunto data dagli elementi dello strato interno
del testa. | n.
-= Avvenuti i sopra descritti mutamenti nello strato, noi troviamo che.
tutto lungo-i reticoli granulari protoplasmici, dei quali abbiamo sopr
. tenuta parola, compaiono dei filamenti di cellulosa, in principio cos
| Sottili da richiedere l'esportazione del plasma per venir messi in evidenza
(fig. 5).
SE filamenti in origine hanno una struttura omogenea od e
STRA che ben tosto però va perduta. Essi si staccano quasi ad an-
golo retto dalla parete delle cellule per ramificarsi prima di aver rag-
giunto il centro della cavità cellulare, dando così luogo allo sviluppo
di un elegante reticolo di cellulosa, dapprima lasso, ma che mano mani
va facendosi sempre più compatto (fig. 6 F e 7). Molti fili poi, invece
di anastomizzarsi coi vicini, terminano in punta acuta 0 si contatto
con un cordone di granulazioni plasmiche.
A res della struttura. granulare dei fili cellulosici occorre av-
ed in tal caso è dovuta ai microsomi del protoplasma i quali fanno bs.
corpo intimamente coi reticoli di cellulosa (fig: 3 A). SII
È invece molto di rado manifesta nei filamenti i quali siano stati i
ivati del rivestimento plasmico mercè l’acqua di Javelle, inquantochè
per lo più i filamenti giovanissimi hanno a preferenza l aspetto di
‘masse mucilaginose che quello di catenule granulari. :
Fra i filamenti cellulosici ed i cristalli di ossalato calcico vi ha una
a dipendenza, che si appalesa pel fatto che i filamenti si portano
dove vi hanno i cristalli, cosicchè questi restano appiccicati lateral-
te agli stessi (fig. 5 A e 6 C). |
Iniziatasi la formazione dei filamenti cellulosici, il protoplasma, cui.
è devoluto l’incarico della loro produzione, si accresce ancor di più, sa
apre però conservando la struttura reticolare.
ntemporaneamente aumenta pure la provvista di ossalato di calcio,
quale, oltrecchè in piccoli cristalli che vanno diventando sempre più
si, compare pure nella cavità cellulosica, sotto forma di una finis-
polvere cristallina, molto simile a quei pulviscoli che in tempi
i vennero osservati qua. e colà nel regno vegetale dall’ Arcan- E
, dal Kohl (?), dal Vesque (5), dal Poli (‘), dal J. A. Fluckiger e
rch (5) e da altri autori.
La polvere cristallina, nei preparati esaminati in glicerina od in 4€ o
è poco distinta, tutt’ al più si mostra sotto l'aspetto di una = n
_brunastra, variamente diffusa nel lume cellulare. Essa riesce in-
ee molto evidente alla luce polarizzata presentandosi in forma di n
e fortemente illuminate le quali, a misura che il seme si appros- ; f
alla maturità, aumentano anche in dimensione (fe. 12).
lla polvere cristallina e sulle druse di ossalato calcico. Nuovo Giornale |
natomie comparée de l'écorce. An. Se. Nat., 6.° Sér. I p. 117. 1880 |
cristalli di ossalato calcico nelle piante. Tesi di nesta: 12 giugno -
8.
| ds der Pharmacognasi. — V. anche Tac e Anat. È 101.
w
LUIGI BUSCALIONI
Col progredire dell’evoluzione i filamenti si fanno rapidan
losi (fig. 8 F e 9) e tozzi, tanto da occupare gran parte del lume cellular
e nel tempo istesso si sdoppiano in una porzione centrale più rifran
gente, assai colorabile colla fucsina Ziel ed in una periferica d’ aspeti
quasi mucilaginoso, poco distintamente colorabile.
La sostanza centrale comincia a formarsi in punti isolati lungo i fila
menti, ed in ispecie nei tratti rigonfiati degli stessi, ai quali impart
una colorazione ed una rifrangenza affatto speciale. Di qui, a poco a
poco, si diffonde lungo tutta quanta la porzione assile dei filamenti
manendo però sempre accumulata in maggior quantità nei rigonfiamenti
Qualche volta però, quantunque raramente, succede il fenomeno il
verso, vale a dire. si nota una maggiore rifrangenza negli strati.
esterni dei cordoni.
Durante la formazione dei reticoli cellalosici; il protoplasma ade:
s loro strettamente, mentre è lassamente congiunto alla parete cell
tanto che lo si può staccare da questa per mettere in evidenza la
d’impianto dei filamenti, allorche gli stessi sono ancor giovani (fig.
| Frattanto noi troviamo che lungo i reticoli, ma specialmente
| punti nodali degli stessi, alcuni microsomi hanno subìto un note
ingrossamento (fig. 6 M e 8 A).
| Questa particolarità di struttura del protoplasma dn un intimo n
+ colla produzione dei rigonfiamenti che noi abbiamo descritto lung
reticoli, inquantoche è precisamente là dove si incontrano i microson
| più voluminosi che ha luogo una maggiore deposizione di cellulos
; -Il fatto riesce evidentissimo quando si trattino le sezioni colla
sina acida o meglio ancora coll’ematossilina a caldo, previa dissoluzi
= cristalli di ossalato di calcio e dell’ amido coll’acido cloridrico.
Con questo trattamento si può riconoscere che accanto ad 0g!
ingrossamento vi ha un microsoma voluminoso e talora anche à
i da una parte l’altro dall’altra, foggiati a semiluna e fortemente €
1 Noi punti in cui i filamenti sono sottili vi hanno dei microsomi
juanto più piccoli, quantunque relativamente a quelli che stanno n
altre cellule dei pane abbiano “omne un volume siho
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI Vie de ay]
crosomi più grandi, proprii dei ponti nadak, continuano a subìre
n kinal ingrossamento che va di pari passo coll’ingrandirsi dei ga- o
oecioli.
Da questa disposizione riesce adunque evidente che al plasma è de-
oluto l ufficio di generatore dei filamenti cellulosici i quali ripetono
ppunto la sua struttura reticolare, e che nei punti dove vi ha maggior
aceumolo di sostanza protoplasmatica sotto forma di microsomi più
grandi, ivi viene pure prodotta una maggior quantità di sostanza cel-
osica, cosicchè i filamenti non tardano ad acquistare una forma net-
mente torulare che va di poi sempre più accentuandosi.
Una volta che il processo formativo accenna ad illanguidirsi, i grossi
ierosomi si fanno meno evidenti per confondersi infine coi grumi pro-
toplasmatici.
La ‘produzione dei filamenti non avviene in modo simultaneo in tutte
cellule dello strato interno del tegumento esterno, ma trae origine
pprima in quelle che confinano col sovrastante parenchima per dif-
dersi più tardi agli elementi più profondi,
noi esaminiamo un some prossimo a maturità, troviamo che lo
to a filamenti ha acquistato una durezza straordinaria tanto da `
re difficile il praticare dei tagli sottili.
tale stato di cose è dovuto al fatto che i punti lati dei filamenti
endosi a poco a poco ingrossati, hanno finito per riempire quasi
letamente il lume cellulare sotto forma di corpiceiuoli rotondi o
onali la cui disposizione ricorda abbastanza bene quella dei granuli
del Maïs nell’ interno delle cellule dell’albume (fig. 11 L).
lutti questi globicini restano fra loro congiunti per mezzo di corti
di unione, esili e che difficilmente riescono posti in evidenza.
struttura delle cellule riesce per tal modo grandemente mutata,
do tutto il° contenuto preso. l’aspetto di una massa a grossi granuli
ta da numerosi canalicoli (fig. 11 C).
na tale disposizione è visibile tanto nelle sezioni longitudinali quanto ;
nsistenza allo stato
ione si è l’imponente lignificazione a cui esso è andato incontro,
i
rete cellulare che abbiamo notato negli Solta più profani per dif-
fondersi più tardi nella sostanza centrale dei filamenti e da ultimo an-
la quale, a maturità del seme, appare formata da esili bastoncini.
Col progredire della lignificazione lo strato interno del testa va di
| ventando aeann di un color giallo pargo;
La studiare qual'è la iu delle altre sostanze contenute nelle o lt
che li annidano.
membrana distinta e di uno o più ù nucleoli, giace nel pers delle cella k
(fig. Ps
a questo è dom bi tija ssi evoluto allo stato di un pet pe
irriconoscibile di cromatina (fig. 6 e 8 N e 10 o) o per scomparire an
che del tutto, lasciando in posto una cavità di forma vescicolare (ig.
oH N, circondata dai filamenti, i quali non penetrano mai nella :
stanza nucleare (fig. 6 e 8).
È protoplasma dopo di aver subìto un notevole accrescimento che A
| biamo visto accentuarsi ancor di più allorchè si iniziava la formazio
delle produzioni di cellulosa; e dopo di aver ingrossati i microsomi, i
ispecie quelli dei punti nodali, ridotto quasi in frammenti dai filame
torulosi, va a poco a poco scomparendo, di guisa che a maturità
| sol più posto in evidenza nelle ristrette maglie dei reticoli cellulosici
trattando le sezioni coll’acido solforico e colorando di poi gli elementi ‘
| adatte sostanze. In tale stato esso forma solo più dei piccoli grum
di struttura i quali stanno raccolti nelle maglie più ampie, puri
| nendosi congiunti fra loro e col nucleo per mezzo di tenue fibril le.
I microsomi sono scomparsi: l’amido ha pure subita la stessa sor
Rue si è ridotto a pochi granuli ineuneati qua e colà tra filamer
È molto probabile che esso sia andato utiliazato nella formazion
processi cellulosioi , come. dlo prosa. la circostanza che nelle iva
volutive di questi l’amido riempiva gran hi delle cellule sotto forma
i fini granuli attaccati ai filamenti stessi ed era così abbondante che
per studiare la struttura delle cellule era d’uopo far scomparire i con-
torni delle granulazioni includendo le sezioni nella gomma di Dammar.
L’ossalato di calce è invece andato incontro ad una vicenda affatto
opposta; dal momento della sua comparsa nella cellula sino alla ma-
| turità del seme, esso si è sempre accresciuto in quantità, come si può
rilevare paragonando fra loro, durante le varie fasi di sviluppo del
seme, i cristalli e gli ammassi di polvere cristallina.
A riguardo dell’ossalato di calce occorre ancora aggiungere che i cri-
‘stalli, i quali si formano talora prima che compaiano i filamenti, quando.
cioè vi sono appena due strati di cellule, tal’altra invece dopo la com-
arsa dei reticoli di cellulosa, non sì tosto che questi ultimi hanno in-
vaso gran parte del lume cellulare riesoono incarcerati nelle maglie e
si trasformano perciò in veri cristalli di Rosanoff, tanto è intima P a- a
renza loro colle briglie lignificate. Lie
Per osservare la grande quantità di ossalato di calcio che è presente |
nei semi allo stato maturo, bisogna ricorrere alla luce polarizzata inclu-
ndo i preparati in gomma Dammar. Allora è possibile vedere in mezzo
ai filamenti, debolmente risplendenti (anisotropi), un'enorme quantità di.
rpicciuoli brillanti raccolti specialmente verso l estremità delle cel-
le, i quali non sono altro che i sovraccennati cristalli. Oltre a questi
detto, gli ammassi zia diffusi: in
spiccano pura come sopra è
€ dos agisce più PAPER se si À metune pe per u un po |
e Te in contatto í dell SE di cnr
LUIGI BUSCALIONI
Fi
= Con questo processo si può inoltre osservare che la porzione assile dei
filamenti va sciogliendosi gradatamente dalla periferia verso il centro l
. delle cellule, indicando così che la sostanza rifrangente nel mezzo di
queste si presenta alquanto modificata, forse più condensata.
Se si trattano le sezioni con acido cloridrico, poi con acqua di Javelle
ed infine colla soluzione cupro-ammoniacale, i filamenti si sciolgono la-
sciando però in sito alcune granulazioni provenienti dalla parte centrale |
più rifrangente.
= L’acido cloridrico e la floroglucina permettono di riconoscere che i
filamenti adulti sono lignificati; inoltre il primo reattivo, siccome scio-
glie i cristalli di ossalato calcico, mette in maggior evidenza i i tratti assili pe
à rifrangenti dei reticoli.
Il cloruro di zinco jodato colora in bleu sporco ~ in giallo i fila-
; menti, a seconda delle modificazioni chimiche che questi hanno subìto.
_ Giova però avvertire che molto spesso i filamenti giovani e quindi an-
= cora indubbiamente cellulosici diventano pure gialli sotto l’azione di
questo reattivo. Cid va dovuto al fatto che i reticoli plasmici fanno —
FA oprpo con quelli di cellulosa. y
AH clorojoduro di zinco si presta pure assai bene per mettere in
‘evidenza le catenule di microsomi aderenti ai cordoncini, come pure im-
| partisce una bella tinta bleu a quest’ultimi, quando si abbia cura di
esportare la lignina ed il protoplasma coll’acqua di Javelle. Così trat-
| tati i reticoli di cellulosa appaiono assai spesso attraversate da strie
| trasversali, alternativamente più o meno colorate in bleu.
L'acido solforico scioglie a poco a poco i filamenti, intaccando dep:
rima gli strati meno rifrangenti. La sua azione è più rapida den,
’ intervento dell’acqua di Javelle.
La potassa caustica, in ispecie se bollente, intacca la parte spi
dei reticoli adulti.
: Coll'i incenerazione delle sezioni sulla lamina di platino : si ottiene un
forte residuo granulare che riveste la struttura e la disposizione ( delle
produzioni cellulosiche ed in ispecie della parte centrale rifrangente. ;
n residuo è solubile nell’ HCI e nel’ H,SO, e lascia con que: ult io —
reattivo un ei di solfato di calcio. È
Infine ando i filamenti coi reattivi proprii delle sostanze pectiche
si i ottiene una debole colorazione che vale appunto ad indicare la pre-
senza di queste sostanze nello spessore degli stessi.
Trattata così dettagliatamente la questione relativa al modo di svi-
fapparsi dei reticoli che devono dare ai cristalli di ossalato di calcio
‘impronta di cristalli del Rosanoff, è d’uopo ora di discutere, prima di
terminare il capitolo, le osservazioni fatte dal Godfrin (1) sui tegumenti
e Quest’ autore, dopo di aver giustamente rilevato che nella Magnolia
obovata vi ha un’epidermide sdoppiata in più piani, fornita di stomi,
cui tengono dietro due strati, uno costituito da grandi cellule disposte
più piani e l’altro di un’ unica serie di clementi. , viene a trattare
ello strato interno del tegumento esterno.
+:
Egli afferma che questo strato è costituito da cellule prismatiche ,
nfiate nella parte media, poligonali nelle sezioni tangenziali, disposte
le radiali per rapporto alla superficie del seme ed alternanti quelle
i un rango con quelle delle serie circostanti, come si verifica d’ ordi-
rio nei parenchimi. Ciascuna fila verticale contiené 6 o 7 cellule.
uest’ ultime sono separate luna dall altra per mezzo di una mem-
a sottile. La cavità cellulare si intravede nel centro della cellula
“come. uno spazio oscuro , molto ristretto.
Tra la sottile membrana e questo resto di cavità si duna una so-
stanza dura, poco colorata, che, ad un esame attento, si mostra costituita.
i una moltitudine di sfere saldate fra loro. o
n qui il Godfrin. Da questa descrizione risulta evidente che l’au-
ore, non avendo seguito lo sviluppo del seme di Magnolia, non ha po- | :
> farsi un colinotto esatto delle PIO lego che si For
te da filamenti lignificati a infine non Le carats la presenza | =
cristalli di gssalato di also; sotto forma di ‘cristalli di Rosanoff,
fc anno IX, vol. 1x.
ha veduta la polvere cristallina.
G) GLAUCIUM LUTEUM Scop.
Negli ovuli anatropi, non ancora fecondati o che lo furono poco tempo
prima, lo spermoderma mostrasi distintamente costituito da due tegu-
menti.
L’esterno consta soltanto di due strati che si possono considerare come
due epidermidi accollate, l'interno invece ha tre piani di cellule.
L’ epidermide esterna del testa è formata da cellule discretamente
grandi, a parete esterna alquanto convessa verso l’infuori e molto ispes-
sita, mentre le pareti laterali e profonde sono sottili. Il contenuto pro-
toplasmatico circoscrive un vacuolo centrale, che occupa gran parte della
È cavità cellulare. Il nucleo e situato lungo le pareti laterali o addossato
e all esterna (fig. 13).
_ L’epidermide interna dello stesso tegumento è costituita da di
rettangolari, piccoli, quasi del tutto riempiti da un grosso nucleo, at-
! torno al quale si stratifica una massa giallastra di protoplasma. ‘E
va L’epidermide esterna del tegmen si presta poco ad uno studio un
3 accurato a causa delle sue cellule a contorni mal definiti, schiacciate a
ricche di contenuto.
Gli altri due piani sono formati di elementi foggiati, poco su po
giù, sullo stampo di quelli che costituiscono l epidermide interna del
in l'altro tegumento (fig. 13).
) spermoderma racchiude una grossa nucella, che a sua i
icetto ad un sacco embrionale pure assai sviluppato.
viin questo stadio di sviluppo, se si vuole fare uno studio un po
tagliato dei vari piani cellulari, occorre colorare o gli elementi col
A
i nelle regioni prossime al micropil,
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LUS MEN AMIE Le à
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STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO © | 493
Se si esaminano attentamente gli oi in questo periodo di sviluppo,
si può già riconoscere che in alcune cellule dello strato interno del te-
umento esterno sono comparsi dei minutissimi cristalli di ossalato cal-
cico, in numero di uno o due per cellula (fig. 14 C).
Gli elementi che per i primi mostrano una tale particolarità, sono
quelli situati in vicinanza del calaze e lungo le faccie più sviluppate
_ dell’ ovolo.
I cristalli stanno nel centro delle cellule, entro a corpi d’aspetto
vacuolare e son così piccoli da non dare alcun segno della loro presenza
coll’ apparato di polarizzazione, pure usando forti ingrandimenti. Però
già possibile riconoscerli per tali, sia alla loro solubilità nell’ HCI,
e sia pel fatto che non assumono alcuna colorazione quando vengano
trattati col jodio, mentre i granuli di amido, ugualmente piccoli , mo-
-stransi già debolmente colorati in bleuastro.
ei primordi della loro formazione taluni di questi cristalli sono do-
tati di movimento browniano, che però va quasi subito perduto, nè può
r ridestato trattando le cellule coll’acqua di Javelle onde liberarle
.
Strano fatto si è che non si tosto. sono diventati immobili non la-
ciano ancora riconoscere traccia alcuna di aderenza colla parete cellulare.
Solo più tardi, facendo agire successivamente l’acqua di Javelle ed
l solfato di rame, si può mettere in evidenza, qua e colà, una sottile
mbranella d’aspetto nubecolare, visibile solo coi più forti ingrandi-
i, talora forse incompletamente sviluppata, oscuramente granulare,
volgente lo spazio occupato dai cristalli, i quali vennero pronta-
nte disciolti dal solfato di rame (fig. 15).
: ho creduto opportuno, per ragioni di chiarezza, di denominare tale!
brana apparsa così di buon’ora attorno al fascio cristallino, quando.
non esiste ancora altra produzione della stessa natura nell'interno
cellule, col nome di membrana pericristallina primordiale, per dif-
Ziarla da altre che si svilupperanño più tardi a ito come ve-
0, di particolari reticoli plasmatici.
Non ho potuto rilevare alcuna aderenza della membrana perieri- a
‘primordiale colla parete degli elementi. È però assai probabile nr.
LUIGI BUSCALIONI
che dessa esista, e che in unione alla ristrettezza del lume cellulare, e
tribuisca a mantenere immobili le produzioni cristalline.
Per dimostrare in modo sicuro che il pacco di cristalli giace nel cen
ne delle cavità cellulari, occorre sezionare gli ovuli, tanto in direzion
radiale, quanto in quella tangenziale. Con un tale procedimento si con:
stata che i cristalli d’ordinario sono separati dalla parete per mezzo
x
di uno strato, più o meno robusto, di plasma, mentre assai di rado sono
situati eccentricamente, quasi a ridosso di uno dei lati degli elementi
Inoltre si può anche sempre rilevare lo spazio jalino che li attornia, i
quale si rende ancor più evidente dopo la scomparsa dei cristalli effi
tuata coi sali di rame.
Se il solfato o l’acetato cuprico viene fatto agire in un periodo ale
quanto più inoltrato della vita dell ovulo e nello stesso tempo si trate
tano le sezioni colla fucsina acida, si osserva che la struttura si è al
i “quanto modificata pel fatto che il protoplasma ha inviato delle file i
granulazioni fra i singoli cristalli, in modo da formare un vero reticole
nelle cui maglie giacciono appunto questi ultimi.
Ogni cristallo acquista quindi un velo protoplasmatico, che ben tosto
dà origine ad un involucro delicato, dapprima di aspetto. nubecolar
più tardi granulare e che infine si consolida in una vera cornice
cellulosa alla quale si può applicare il nome di membrana pericristai-
lina secondaria (fig. 16, 17 e 18). È a questa cornice che verranno più
tardi a far capo gli speciali filamenti che vedremo nascere dai reticoli 4
| plasmici (fig. 19).
Procedendo l’ ovulo nello sviluppo, le ssaa dell SO inte
del testa aumentano la. provvista di granulazioni amilacee le quali
‘raccolgono aa, pr il Wo esterno e elementi ; ; lo stes
a della R ani delle.
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO i SAN PRE
ente casi e presentasi attraversata, in senso Pline, di nu-
rose strie alternativamente più o meno chiare e giallastre; i due
ati più esterni del tegmen si sono schiacciati mentre il più profondo
ivestito le pareti cellulari di ispessimenti delicatissimi, scelariformi
aspira. Tosto che si sono compiuti questi mutamenti lo strato interno
e ‘ni lato esterno delle cellule. |
questo sens è ei di già stabilire si sco AEAEE
ni che sono sempre i più grossi. Essi appartengono al Luini mo- |
ino, come del resto poteva già sospettarsi da tempo, semplicemente SE
di
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ma volta che lo spazio jalino in cui stanno i cristalli è
Fazione invadente del protoplasma, noi troviamo che quest’ultimo DA
arda ad aumentare di volume rafforzando in pari tempo i reticoli as
i Hale i dii come si può riconoscere Se l’ossalato | °°
scomparso
ngo il lato ‘esterno delle cellule, al davanti dei. cristal, si Ln |
ucleo assai voluminoso e facilmente colorabile, inglobato pure a sua 7
in una massa plasmica a struttura. pollcolare: a i
isti particolari istologici riescono posti in molta evidenza special-
allorchè si colorano le sezioni colla fucsina acida.
Ar)
Gr. SERRE ROG 7 Ueber eiiie pirate Vork tonnise oralsanres- e
in hag Zellmembranen. Bot. Zeit. A Le
496 LUIGI BUSCALIONI
Non si tosto che quasi tutto il contenuto cellulare dello strato eri-
stalligero ha così assunto una struttura reticolare, usando l’acqua di i
Javelle si può dimostrare che lungo i tratti occupati dai filamenti plas- |
mici si vanno organizzando dei cordoncini cellulosici, (fig. 19, 20, 21)
che in vicinanza dei cristalli formono come una nuova cornice attorno
alla membrana secondaria pericristallina.
Queste produzioni, le quali nascono a spese del protoplasma, sono dap-
prima di una notevole esiguità (fig. 20), ma ben tosto si ispessiscono
presentando di tratto in tratto, dei punticini più rifrangenti situati pre- |
ferentemente nei punti nodoli dei reticoli da essi formati (fig. 20, 21).
Nel tempo istesso i quadri di cellulosa che circondano i singoli er
stalli (membrane secondarie pericristalline) subiscono un notevole di
stendimento a misura che questi si accrescono: ciò non di meno invece
di assottigliarsi, si ispessiscono sempre più sia per intuscusceptione ©
| sia per apposizione di nuova sostanza cellulosica (fig. 25).
Contemporaneamente ai reticoli cellulosici, compaiono pure numerose |
granulazioni della stessa sostanza nelle maglie circoscritte dai filamenti
| e nelle piccole lacune che si trovano fra i cristalli (fig. 25).
Lo strato cristalligero, mentre dà origine a siffatte produzioni, assume
una colorazione uniformemente gialla, di guisa che riesce difficile di
stinguere i filamenti di natura cellulosica da quelli che sono ‘ancora
protoplasmatici, anche facendo a tal uopo uso del clorojoduro di zinco,
che colora tutto quanto il contenuto cellulare, ad eccezione natur
mente dei granuli d’amido e dei cristalli, in giallo più o meno intenso.
La vera struttura diventa oltremodo evidente coll’acqua di Javel
la quale dopo di aver esportato il plasma ed il pigmento giallo'che i
| pregna i filamenti cellulosici, permette al cloruro di zinco > dose
_ colorire quest’ ultimi in bleu.
Va notato però che negli stadi più avanzati della vita del sa
colorazione gialla dei reticoli, anzichè esser dovuta al protoplasma
a speciali pigmenti che fanno corpo coi medesimi, va ascritta alla p
senza della lignina che impregna in ispecial modo i reticoli situa L
torno ai cristalli.
: In tal caso la floroglucina e l’ HCI impartiscono una viva co.
rossa al contenuto ca,
STUDI SUI eta DI OSSALATO DI CALCIO FRAZ? dr
496 pure di nota è una Carioti. di struttura che si osserva Fai
coll’acqua di Javelle, acido cloridrico e clorojoduro di zinco.
Questi tre reattivi permettono di riconoscere che i filamenti cellulosici
dopo essersi -staccati dalla parete cellulare ad angolo retto, si portano
verso il centro della cavità decorrendo a spira. Essi inoltre sono lisci
e presentano solo qua e colà qualche punto più rifrangente dovuto a
speciali incrostazioni, il quale si distingue però con difficoltà da altri
punticini parimenti brillanti, che si incontrano là dove due filamenti.
Occorre però avvertire che una tale struttura si rivela soltanto nelle Se
cellule giovani, in cui la formazione dei reticoli non è ancora troppo
Allorchè il seme comincia ad acquistare una colorazione-bruna, indi- |
zio di una prossima maturità, l’azione combinata dell’ acetato di rame
dell’acido cloridrico, dell’acqua di Javelle e infine del reattivo di Schwei-
zer, rivelano alcuni fatti abbastanza interessanti. j
Se si fanno agire cioè, luna dopo l’altra, queste ni: sopra le
ioni di tegumento seminale, le cellule dello strato cristalligero si
isolano le une dalle altre, in seguito a dissoluzione delle lamelle me-
ane, nel tempo istesso che i reticoli scompaiono, lasciando in sito
in ammasso di punticini rifrangenti estremamente minuti (fig. 23 e 24).
. Quando l’azione del reattivo di Schweizer non è stata troppo protratta,
ncor possibile osservare porzioni di reticoli o singoli filamenti che à
sl endono indipendenti, in ispecie se si ha cura di comprimere al- i
nto il preparato, e si spandono pel campo del microscopio sotto forma —
di bastoncini semplici o foggiati a T a Y, i quali presantansi costituiti |
da catenule di granulazioni brillanti, cementate da ma sostanza meno
ngente (fig. 22). | >
otevole cosa si è che mentre per una ni cellula le palio.
no pressochè tutte le stesse dimensioni, se si paragonano invece ele-
ati contigui si può riscontrare che r uno ha grossi me Taltro, :
pposto minuti (fig. 24).
ngandosi oltremodo l'a azione del reattivo capro ammonio
»
ie - | ‘LUIGI BUSCALIONI
granuli diventano meno marcati e finiscono per scomparire; tuttavia è;
ancor possibile di metterli nuovamente in evidenza lavando il preparate
in acqua.
Se si studia attentamente il modo di origine di siffatte strane produ-
o zioni, si riconosce che desse derivano dai punti nodali dei reticoli, quan-
tunque sia tutt'altro da escludersi che anche altre parti dei filamenti
possano dar luogo alle granulazioni. Esse però mancano quasi del tutto
nei bastoncini di cellulosa che fanno capo alle pareti cellulari.
Molto spesso si può poi anco rilevare, che oltre alle granulazioni con-
tenute nei reticoli, ve ne hanno delle altre che sono libere nelle maglie ;
degli stessi. i
La quantità di siffatti corpi granulari significante nella parte più 4
profonda del lume cellulare, va diminuendo verso il lato esterno; molte |
| poi si fondono colle vicine in guisa da formare dei piccoli grumetti, co-
| stituiti da due o tre granuli elementari. Infine devesi anche notare che
talora le cornici dei singoli cristalli, le quali, come abbiamo veduto, si ;
sono formate in un’ epoca in cui mancava ancora la struttura reticolare
| del plasma é la corrispondente formazione di trabecole cellulosiche , si |
ì. risolvono, a lungo andare, in piccoli granuli.
| Siffatta curiosa produzione di granuli sotto l’ azione di speciali rontiivi)
| che è così manifesta allorchè il seme comincia ad ingiallire, rendesi
meno evidente più tardi, allorchè esso è quasi maturo in seguito, forse, a
più intima cementazione delle granulazioni. All’opposto negli stadi meno
avanzati dello sviluppo il fenomeno è meno manifesto a causa della
piccolezza di queste e della poca resistenza che esse presentano.
z A riguardo delle granulazioni occorre ancora aggiungere, che se esse
> si manifestano nel modo più tipico allorchè lo strato cristalligero si è in-
_‘crostato di lignina, pur tuttavia sono assolutamente indipendenti da qu sta
metamorfosi, potendosi ottenere le risoluzioni in granuli da filamen
non ancora Depia e i ieri È fenomeno molto VERSO anche
do
dae ottenere un’ elegante preparazione. 5 duopo lavare sanaa
| sn lo sezioni Liga s passarlo nei vari reattivi, ed inoltre
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO GARTE
ivare la soluzione cupo-ammoniacale, che deve esser preparata di
fresco, direttamente sotto il vetrino.
Allorchè il seme ha raggiunto la maturità, le cellule epidermiche si
sono schiacciate al punto da far ritenere, ad un'osservazione superficiale,
che lo strato cristalligero rappresenti: l’ epidermide del seme e sia ri-
coperto da una robusta membrana di rivestimento attraversata da ba-
stoncini giallastri (1) i quali si impiantano coll’ estremità interna in uno
strato omogeneo giallo chiaro.
La stessa sorte è toccata alle cellule degli strati più profondi del te-
gumento, fatta eccezione però per il più interno, i cui elementi sono
dI ora distintamente visibili.
I | seme intanto è diventato bruno nerastro per la presenza di una
sostanza così colorata, la quale occupa prevalentemente le cellule cri-
lligere, fissandosi in gran copia sui residui plasmici e meno energi- -
mente sui filamenti di lignina, Essa deriva da un’ulteriore metamorfosi 000
i quel pigmento giallo che si è visto comparire nei semi quasi evoluti.
Colla maturità del seme i filamenti, che allo stato giovane presentava-
solo qua e colà qualche punticino rinfrangente, diventano manifesta-
te granulari, d'aspetto quasi moniliforme. Il nucleo fratanto è del
scomparso o si è ridotto allo stato di un grumo informe di sostanza
lognola, ancor debolmente colorabile colla fuesina acida, incuneato
la parte più esterna della cellula al di sopra dei cristalli. Per met-
o in evidenza occorre praticare delle sezioni nor che interessino
trato pen (fig. si
qualche raro granulo d’ amido incarcerato fra i filamenti.
fatto degno di nota si è che allorquando il seme è quasi maturo; .
specialmente quando ha di già raggiunto un tale stato) sotto 2;
ione del Reattivo di Millon si osserva un’intensa colorazione rossa
biere che ha studiato alquanto dettagliatamente tali bastoni cini R : >
Ueber Bau und Entwickelu ung einiger | pates (Pringsheim
Bot. Bd. IX, p. 286), affe roneamente che son cos tituiti da ana
V0} CLEUVSS
N
500 LUIGI BUSCALIONI
del Wiesner (1), del Krasser (°) e di altri, dore in favore della
presenza di sostanze albuminose (protoplasma) nello spessore dei filamenti,
tanto in via di sviluppo, quanto adulti, mentre all’ opposto, stando alle
recenti ricerche del Correns (3), una tale reazione andrebbe ascritta alla a
presenza di tirosina e di altre sostanze non ancora ben conosciute nella
loro chimica natura.
Nel seme adulto vi ha una forte quantità di sostanza inorganica,
diffusa nello spessore dei filamenti, come può facilmente mettersi in chiaro
coll’incenerazione dei tagli sulla lamina di platino. Il residuo di car- |
bonato di calcio che in tal guisa si ottiene, abbonda specialmente nelle >
| maglie prossime ai cristalli e nello spazio da questi occupato. Pare
> | inoltre che nei cristalli esista pure della sostanza organica, lasciando essi
3 _coll’incenerazione un residuo brunastro, sotto forma di piccoli punticini.
Tale è la storia di sviluppo del seme del Glaucium, la quale finora |
è stata incompletamente messa in evidenza dagli autori che si occupa-
pa
rono di questioni relative allo sviluppo dello spermoderma. Difatti il
- Godfrin (‘) non fa quasi menzione degli ispessimenti, mentre l’ Hegel-
majer (5) si limita ad affermare (p. 76) che nel secondo strato del te-
gumento esterno del Glaucium vi ha una sostanza la quale circonda i
cristalli di ossalato di calcio fin dai primordi della loro formazione,
senza però arrivare a toccare le loro faccie.
Tale sostanza è, secondo il predetto autore, di natura chimica ignota;
essa si riduce in reticoli le cui maglie sono appunto occupate dal sale
(*) Zur ORA und Structur der Zellmembran. Ber. d. Deutsche Bot. ;
Gesellsch. Bd. VI — e Die Elementarstructur und das Wachstum der. lebenden
Le
ror Sitzungsber. d. Kais. Akad. d. Wiss. in Wien. Math. Nat. Aass BA
- In. Ueber den ajeni Nacices von Biweisskörper in der Phon
. lichen Zellhaut. Bot.
(3) Ueber die Vegetabilische Zellmembran. Pringshéim Jahrb, Bd. XXVI, 196
(4) Leg pm S4
: 0 Vergleichende Untersuchungen über die Bnioickelung dihotytežoner Ki n
mit Si ie d, pos ledone. Stuttgart, 1 |
PO
e.
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO
di calcio e più tardi diventa bruna. Le trabecole resistono all acido
cloridrico, mentre la sostanza bruna che le impregna non viene intac-
cata dalla potassa caustica, e si mantiene tale anche sotto l’azione del
_ eloroioduro di zinco. Tutt'al più questo reattivo, adoperato prima della
| potassa, rende ancor più oscura la tinta giallo bruna.
. L'acido solforico non ha alcuna azione sui reticoli, benchè venga
adoperato in un coll’acido cloridrico e la potassa caustica, ed a più riprese,
dopo ripetute lavature del preparato in acqua.
. L’Hegelmayer conclude quindi che questo strato, il quale forma la
lifesa del seme, merita ulteriori ricerche per venire conosciuto più in-
timamente nei suoi particolari istiologici e chimici.
Ed io credo appunto di aver colmata la lacuna che si verifica nel
voro dell’autore tedesco, col dimostrare che la sostanza di natura così
problematica, non è altro che un fittissimo intreccio di curiosi lega-
menti a di guaine cellulosiche analoghe a quelle studiate dal Rosanoff.
D) CHELIDONIUM MAJUS L.
- Negli stadi giovanissimi l’ovolo è conformato sullo stampo di quello
lel Glaucium. Vi ha cioè anche qui due strati nel tegumento esterno
tre nell’ interno. Le cellule dei vari piani hanno pressochè la stessa
forma di quelle delle specie precedentemente studiate; nell’ epidermido
però il piste ed R gua stanno per lo più raccolti nella parte cen-
I cristalli dapprima sono liberi, come lo indica il movimento brow-
ono in un fascio e perdono il moto. È
possibile intravedere attorno. al pacco di cristalli una sogtana ja-
che li tiene pci e li immobilizza, e che pad sono vicini alla
hiano di cui sono dotati taluni fra i più piccoli, ma ben tosto si rac- eo
| LUIGI BUSCALIONI
| parete forse anco li attacca a quest’ultima. È impossibile però stabilire
la natura di questa sostanza che tutt’ al più in qualche raro caso si.
presenta come un velo delicato, sfumato attorno al gruppo cristallino,
identico perciò alla membrana pericristallina primordiale che abbiamo
già studiato nei Glaucium.
Un po più tardi compare all’ingiro di ogni singolo cristallo una finis-
sima membrana pericristallina secondaria, la quale dà le reazioni della
cellulosa qualora venga trattata col cloruro di zinco jodato, previa na-
turalmente l'esportazione del protoplasma. Essa, in principio, serve solo”,
a cementare meglio i cristalli fra di loro, più tardi invece, allorchè si
è fatta più robusta, dà pure attacco a gracili filamenti che si portano
fin contro la parete cellulare e valgono così a fissare l’ossalato di a
: cio a quest’ ultima.
Per mettere in evidenza la emlicans pericristallina secondaria E
- corre anche qui esportare i cristalli coll’ acetato di rame e fare agire È
di poi l’acqua di Javelle. Allora si può anche riconoscere che tale mem-
brana talora è tappezzata da granulazioni più resistenti di quelle del
ua pa, e che rimangono RIC: più a lungo visibili, per lasciare di
+ FRE come nei PER tra la membrana esterna od i crist
ere ancora il nucleo avvolto se un po di sap (fig. 26).
matico non solo si è di molto aumentato, ma ba pure ingrossati i mi-
érosomi, che ordinati in catenule, hanno formato dei reticoli (fig. 27 e 28).
Se si esaminano ora i preparati colorati colla fuesina acida, oltre al
| reticolo plasmico, se ne intravede ancora un altro alquanto diversa-
| mente colorato, il quale con un estremo prende attacco alle pareti cel-
| lulari e coll’ altro alle cornici dei singoli cristalli, attraversando così
tutta la cavità cellulare (fig. 27 e 29).
Esportato il plasma esso appare sotto forma di filamenti lassamente
anastomizzati fra loro, i quali, nei punti di incontro, non tardano a ; E;
2 I punti nodali hanno la proprietà di fissare energicamente la fucsina
acida, per cui possono con facilità venire scambiati con grandi miero-
somi, se non si ha cura di liberare le cellule dal contenuto plasmico.
Questo secondo reticolo è, come nel Glaucium, costituito da cellulosa; |
si differenzia però da quello proprio di quest’ultimo per i punti nodal
foggiati quasi a stella e destinati ad accrescersi sempre più. Sai
Nelle maglie circoscritte da siffatte produzioni si incontra un pulvi- se
scolo cristallino, pure di ossalato di calcio. n.
Un fatto abbastanza curioso si è che i punti nodali sono raccolti
lusivamente nelle parti centrali delle cellule. Essi sono fra loro con-
$ nti per mezzo di filamenti meno spoin s e si stat, tutti as-
Mini cassés frattanto hanno subito un leggiero accresci-
to; le masse stellate che formano i i punti nodali dove concorrono
iù ramuscoli, spiccano ‘ora come corpi bernoccolati, brunastri e rie
o a parte del. lume cellulare. (fig. ua infine, come nd Glau-
+
LUIGI BUSCALIONI
cium, SONO Ora comparse delle granulazioni cellulosiche nelle maglie
dei reticoli.
Se si trattano tutte queste produzioni coll’ acqua di Javelle e cloro-
joduro di zinco, esse danno le reazioni tipiche della cellulosi, mentre.
coll’ acido cloridrico e floroglucina non presentano traccia di lignifica-
zione, malgrado che il seme abbia raggiunto il completo sviluppo.
x
Al pari del Glaucium è possibile nel Chelidonium risolvere le pro-
duzioni di cellulosa in granulazioni rifrangenti sparse nelle cellule,
qualora si faccia agire successivamente l acido cloridrico, l’ acqua di
Javelle ed il reattivo di Schweizer (fig. 31). ;
à Riassumendo adunque qui per sommi capi i fatti principali, noi tort `
DA mo che vi è una grande analogia di struttura fra le anomale produzioni |
i del Rosanoff del Glaucium e quelle del Chelidonium ; quest’ ultima spe-
cie si differenzia soltanto per i suoi cristalli maggiori disposti in un solo
ordine, per il pulviscolo cristallino abbondante, mentre nel Glaucium è
appena accennato, per la disposizione a cuscinetto del plasma sottostante i
ai cristalli, per i punti nodali fortemente ispessiti dei reticoli cellulosici, a
per la mancanza di lignificazione degli stessi, e infine per qualche altra ; o
particolarità di minor importanza.
Io ho voluto esaminare se i cristalli, oltre ad un ufficio meccanico
midi sostegno, compiessero anche qualche altra funzione nella vita del
seme, ed a tale scopo ho seminato dei Glaucium e dei Chelidonium, onde |
poter esaminare lo stato dai tegumenti seminali in un’epoca più o meno
| avanzata della germinazione.
Or bene, io ho trovato che i cristalli persistono inalterati, anche dopo.
che le pianticelle si sono rese indipendenti dal tegumento seminale; ciò
| che prova che i cristalli, una volta formati, non si sciolgono più, com-
| portandosi così molto diversamente da quanto si conosce per altri semi.
(Lupinus, Phaseolus, ete.) (1).
Ho trovato però che la sostanza la quale impregna i filamenti sf sco-
È lora, cosicchè la struttura delle cellule riesce molto più evidente, ed in-
= ho potato anche constatare che la membrana di rivestimento del
ma V. Konz, l. c., p. 49.
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCI) i
en e si scioglie in gran parte, lasciando a sud i bastoncini giallastri che
l' attraversano, conosciuti col nome di Cuticulargebilde di Hegelmajer (1).
E) ROEMERIA REFRACTA DC.
È Disgraziatamente di questa specie possedevo solamente i semi allo stato
adulto e non ho quindi potuto ricavare alcun ‘dato relativo alla storia
di sviluppo, atto a darmi qualche indicazione sulla costituzione dei te-
| gumenti seminali.
I semi piccoli, brunastri, sezionati ed esaminati in acqua mostransi
sostituiti da uno strato esterno di cellule ben sviluppate, disposte in
modo da impartire alla superficie del seme una struttura alveolare o
reticolata.
La membrana di rivestimento del seme è divisa in due strati sottili,
x
il più superficiale dei quali è alquanto rifrangente.
Le cavità cellulari dello strato più superficiale sono riempite da una
sostanza di aspetto granulare che alla luce polarizzata mostrasi costi-
tuita da una fina sabbia cristallina fortemente birifrangente.
Coi forti obbiettivi e coi più svariati reagenti si può riconoscere che
più traccia di nucleo e di plasma (fig. 25).
Al di sotto di questo piano cellulare che SAA lo strato cristal-
ero del seme ed a quanto pare, ad un tempo anche l’ ‘epidermide dello
te robuste, giallastre, a cavità ridotta quasi allo stato di una sot-
tile fessura piena di sostanza giallo bruna.
solfato di rame fatto agire direttamente sulle sezioni, scioglie il
viscolo cristallino e mette in evidenza negli elementi infarciti di
ile solo coi più forti ingrandimenti.
-In un lavoro di prossima pubblicazione io tratterò
aa 3 ` si E pes TS
o pulviscolo consta di ossalato di calcio e che sulle cellule non esi-
so, vi ha uno o due strati di cellule schiacciate, a pareti discreta-
lato calcico uno splendido reticolo, di aspetto Site della fittissimo,
oltre questo sale accentua molto di più i contorni degli elementi . i
appunto di siffatte A
i molto diffusé ms Regno vegetale, mettendo in Lea la loro natura chimica. n
LUIGI BUSCALIONI
idalligori lasciando così riconoscere che in ogni vallecola del seme
esistono tre o quattro cellule. Si
Una volta che i cristalli sono scomparsi, non si può più ottenere il-
luminazione di sorta delle cellule cristalligere sottoposte alla luce po-
larizzata, il che prova che il fenomeno della birifrangenza era dovuto
ai cristalli e non già ai reticoli.
\ L'acqua di Javelle esporta, a poco a poco, la speciale sostanza a strut-
tura reticolare nella quale stanno inclusi i cristalli; questi sortono dalle
cellule, oppure rimangono racchiusi nelle stesse, mostran losi però do-
tati di movimento ONAA Apion del Tee è però assai str
. teica, mentre non è sensibile alla reazione dell’alloxano e del biureto.
E reticoli resistono lo azione dell’ H 390, il n GERD sat
‘stica, sia a freddo che lai, nella quale però si fanno più evide |
pee granulari,
i sli si ottiene col dosi di zinco di in ispecie se si
cura di esportare i cristalli. Occorre però notare che se si applica q
sto reattivo dopo che si è fatto agire l’acqua .di Javelle, non si ott
„Più Alaena quietssione
Un risultato più decisivo si ottiene forse col bieu di anilina, a dI
| eato ou de di -ale 4 ed il sonia di rame. Con ane, reatti\
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO
ali strati più profondi e l’albume si mantengono incolori o si colorano
ebolmente.
Adoperando ora fortissimi ingrandimenti si può riconoscere che la so-
‘stanza diventata bleu del contenuto cellulare forma una specie di reticolo
becolare, fornito di rigonfiamenti sparsi senz’ordine, che nell’ interno
‘singoli filamenti vi hanno dei granuli o dei bastoncini più vivamente
colorati, e che infine le maglie sono affatto incolore.
Dal complesso delle reazioni si può quindi concludere che il pulvi-
colo cristallino si trova inglobato in una sostanza di natura molto af- -
sè impregnata di speciali han che la rendono resistente Ser “a
di minerali.
Nella Roemeria adunque, invece di cristalli ben conformati, vi ha
pulviscolo cristallino che ‘si comporta come i cristalli di Rosanoff,
pio ogni aa: elementare cristallino inglobato in un reticolo, il
P unica differenza sta in cid, che il reticolo è di natura mucilaginosa,
um e nei Chelidonium avrebbe invece fatto ulteriori progressi.
4) ESCHSCHOLTZIA CALIFORNICA Chmss.
sma è abbondante nei due cant ed è sfornito di siga
amilacee.
Malpighia anno IX, vol.. IX.
LUIGI BUSCALIONI
Ben tosto noi vediamo comparire nel tegumento esterno uno strato
intermediario le cui cellule in origine si comportano in modo analogo |
a quelle del piano omologo che esiste nel tegmen, ma che ben tosto però
si dividono attivamente ed in modo disordinato, per dar luogo qua e
colà a parecchi piani di cellule che rendono così irregolare la struttura
del testa.
= La forma delle cellule in questo frattempo non è andata cube solo
si nota una certa tendenza nelle masse protoplasmatiche a vacuolizzarsi.
In un’epoca assai più inoltrata dello sviluppo dell’ ovulo, quando cioè |
le cellule dell’epidermide si sono di già notevolmente ingrandite e son
- comparsi dei granuli d’amido negli strati sottostanti a questa, noi ve-
diamo che nel piano profondo del tegumento esterno le cellule si sono
di molto allungate in senso tangenziale e presentano dei piccoli cristalli
di ossalato calcico, i quali occupano tutto quanto il lume cellure, oppure i
stanno raccolti nel centro dello stesso.
Trattando le sezioni coll acqua di Javelle si può riconoscere che i
cristalli, benchè liberati dal plasma in cui stavano immersi, pur tut-
tavia si mantengono immobili; solo qualcheduno fra i` più minuti mo-
strasi dotato di lenti molecolari.
I cristalli frattanto non tardano a moltiplicarsi ed a raccogliersi al
di sotto della parete esterna delle cellule cristalligere (fig. 33 A) nel
tempo istesso che il nucleo, alquanto deformato e colorabile fortement
colla fucsina acida, si fissa nel mezzo della cavità cellulare (fig. 33 B). È
Il contenuto delle cellule cristalligere ha assunto una struttura stria
od oscuramente punteggiata (fig. 33 C), e trattato col clorojoduro di zinco
si tinge debolmente in giallo. L’acqua di Javelle mette in evidenza una
quantità veramente colossale di esili briglie che dalla parte profonda
cellule si portano verso la esterna decorrendo variamente intrecciati
loro ed anastomizzate. |
| I cristalli stanno raccolti nelle ristrette maglie circoscritte da qu
RI come pure a ridosso dei medesimi.
I cordoni, nel punto in cui si trova il nucleo, si spiegano all’ infi
in modo da formargli una specie di nicchia (fig. 32 2), come amp
a di già veduto oies nella Magnolia.
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 509
| Osservando con forti ingrandimenti si può pure riconoscere che, oltre
ai filamenti, vi hanno anche delle fine granulazioni, accumulate nelle
maglie, le quali vanno aumentando in quantità nella parte profonda
dagli elementi, dove pare che entrino anche a far parte dei filamenti.
= Nell Eschscholtzia, al pari che nel Glaucium e nel Chelidonium, è
possibile risolvere le neoproduzioni cellulosiche in granuli, assoggettan-
dole al trattamento dell acido cloridrico, acqua di Javelle e reattivo di
Schweizer; vi ha però una differenza dovuta a ciò che i granuli si mo-
«strano abbondanti nella parte profonda delle cellule, per farsi più radi
in vicinanza dell’ estremo esterno (fig. 34).
Finalmente allorchè il seme ha raggiunto la maturità si osserva che
le cellule cristalligere hanno notevolmente ispessito i reticoli e le gra-
nulazioni e nel tempo istesso si sono riempite di una massa giallo-bru- E
nastra, solubile nell’ ipoclorito di potassa, la quale maschera alquanto A
la loro fina struttura.
I reticoli ed i granuli liberati dalle sostanze che accidentalmente li
impregano mostransi costituiti da cellulosa.
_ Un fatto degno di nota si è che durante l’evoluzioue del seme le
cellule epidermiche hanno subìto una particolare metamorfosi, in grazia
della quale si sono formati sulle pareti dei bastoncini di cellulosa, che
ontraggono stretti rapporti coi granuli di amido, particolare questo che te
avrò occasione di intrattenermi in altra toi gina i relativa ai gra-
nuli d’amido incapusulati (fig. 32 A).
Questa è per sommi capi la storia evolutiva delle membrane di Ro-
anoff nello strato cristalligero dell’ Eschscholtzia; storia alquanto in-
ompleta per la mancanza di materiale che mi permetesse di seguire le
prime fasi evolutive dei filamenti e di studiare i rapporti fra la strut-
tura del protoplasma e quella dei reticoli cellulosici, come ho fatto pel
Glaucium e pel Chelidonium. as
I fatti però che ho raccolto e la comparazione degli stessi con quanto
succede nelle altre Papaveracee studiate, mi portano a ritenere che il
lodo di sviluppo dei reticoli cellulosici si compia in modo analogo a
to abbiamo visto succedere nel: Glaucium e Chelidonium, in cui dai n
enti plasmici si formano reticoli di cellulosa, mentre ai mierosomi
"LUIGI BUSCALION |
è devoluta in modo speciale la facoltà di formare le granulazioni libere
ed incluse, i punti più rifrangenti e forse anco i rigonfiamenti nodali. |
7 CAPITOLO II.
; co Cellule a rafidi, sabbia cristallina ed elementi ordinari
| del Rosanoff.
Ho creduto opportuno di unire in un solo capitolo le ricerche che ho
di eseguite su questo argomento, allo scopo di far meglio conoscere quanto
i diffuse siano le cosidette membrane di Rosanoff, come pure per render
_ più evidente, se pur ne era ancor d’uopo Popa à i lavori del Kohl, l er-
© roneità della teoria di Wakker.
Devo però notare che a causa della difficoltà di avere del materiale
S di lunga mano preparato per lo studio, non ho potuto dar un’ ampia
diffusione ad alcune questioni relative alla struttura delle cellule a ri
fidi e degli elementi forniti di sabbia cristallina, di guisa che, per questo
; riguardo, devo limitarmi a descrivere quei pochi casi che ha osserv
a poter PS a considerazioni di indole generale. Rc
A) CELLULE A RAFIDI.
| Per quanto io mi sappia, chi ha dato una descrizione abbastanza det-
tagliata di questi elementi, è stato il Payen (!) nella sua memoris ' sullo
sviluppo dei vegetali.
Quest” autore afferma che avendo incenerato dei picciuoli di A
ara È Fia sono ares sa di ue e Liga trovò ch
Il Payen stabilì in base a questi fatti che ciascun rafido doveva esser
I
ivestito da una specie di membrana, alla quale l’ossalato di calce doveva
ana Licia di natura silicea.
Le ricerche dell’autore francese andarono più tardi dimenticate, poichè
Nessuno degli osservatori venuti di poi fa cenno di queste osservazioni.
fatti se si consultano le opere del De Bary (!), del Kohl (°), del
Tschireh (5), dello Strasburger (‘), del Zimmermann (5) e degli altri che
ttano della struttura delle cellule rafidiofore, si troverà sempre sol- +
o indicato che il fascio di rafidi è circondato da una mucilagine la
ale nasce dal protoplasma (Frank) e che è analoga più o meno alla
dinaria gomma arabica (Hilgers) (*).
Ma vi ha di più: il Muller nel suo trattato dle Corteccia degli al:
, arriva persino ad affermare che i rafidi non hanno involucro co-
aune o parziale perchè i cristalli si ‘isolano con facilità nelle cellule |
Vergleichende Aeons der Vegetationsrgane. Leipzig, 1877.
y i
e) priri Phones mir
*) Das Botanische Practicum e Lebrbuch der Botanik. In quest’ ultimo com-
ndio vi ha pure una figura "dati cellule rafidiofore della Dracaena, la quale
> ee la nes: delle Ma, nta è intesa al Rae d.
LUIGI BUSCALIONI
Le ricerche che io ho intrapreso sulle Dracene, sui Potamogeton, sugli
Arum, sulle Dioscoree e su altre piante ancora, mi portarono a con-
cludere che attorno ai singoli cristalli vi ha invece veramente una
membrana, ma che la presenza della silice, come costituente della stessa,
è affatto erronea.
Per risolvere la questione io ho lasciato dei pezzi di queste piante
a lungo, talora per alcuni mesi, in soluzioni concentrate di acetato di
rame (!) e poscia li ho sezionati, per esaminare il contenuto delle cel-
| lule a rafidi, tanto senza altre manipolazioni, quanto dopo averlo trat-
1 tato colle varie sostanze coloranti e con differenti reattivi chimici. ii
> A scopo di controllo ho poi sempre paragonati i risultati ottenuti coi
a CET TRS PU E E SES A « à fe aa A ET NN BE E N
dati che si possono ricavare da sezioni, che invece dell immersione nel
. sale di rame, abbiano subita semplicemente l’ azione dell’ alcool.
I. Dracaena. — Di questo genere ho esaminato alcune specie, tanto |
adulte, quanto nei giovani stadi di sviluppo. i
Le sezioni di rami adulti, che hanno soggiornato nell’acetato di rame,
trattate con bleu di anilina, mostrano nel centro delle masse mucilagi-
noso delle cellule a rafidi una specie di sacco colorato fortemente in
bleu, costituito da un gran numero di finissime membranelle (fig. 66),
ognuna delle quali doveva circondare un ago cristallino, ora natural-
| mente scomparso.
| Questo ammasso di guaine sta sospeso nella mucilagine, che si mantiene —
incolora, e si presenta stirato in punta als estremità. È da notarsi però —
che se in vece del bleu di anilina si fa uso del rosso di Rutenio, non
si ottiene colorazione di sorta, nè delle guaine pericristalline, nè della
> mucilagine fondamentale. n
-~ Nei preparati che hanno soggiornato semplicemente in alcool e che
di poi vengono trattati successivamente coll’acido cloridrico e col bleu
a anilina, la struttura della borsa pericristallina è meno manifesta,
a Un fatto degno di nota si è che mentre i cristalli di ossalato calcico fog-
ti a drusa e quelli semplici si sciolgono rapidamente nel solfato e .nell’ acetato
I ramo, quelli invece che costituiscono i rafidi scompaiono con estrema difficolt t
e forse. talora sono persino insolubili. Assai spesso poi, dopo la loro e
x una sostanza a gonna brunastr ra,
‘hè l'acido rigonfia e discioglie in parte le singole guaine che con-
rrono a formare il detto ammasso, o per lo meno divarica a mo di
lucri elementari da cui è costituita (fig. 67).
Allo scopo di avere un esatto concetto sul modo con cui si forma,
ia la mucilagine, sia la borsa pericristallina, ho studiato gli apici ve-
getativi caulinari di varie Dracene, ed ho trovato che un poco al di
sotto degli stessi, tanto nella corteccia quanto nel cilindro centrale si
incontrano delle grandi cellule allungate nel senso stesso della pianta,
lla parte centrale delle quali comincia a manifestarsi un globetto di
cilagine omogenea.
| Ben tosto però in questa sostanza compaiono i cristalli, “i allora
attorno ad ognuno di essi si deposita pure la fina membranella, mentre
il protoplasma in un col nucleo va in gran parte scomparendo, per ri-
dursi alfine allo stato di un sottile velo addossato alla parete cellulare.
IL. Dioscorea bulbifera. — Nei tubercoli radicali di questa pianta si
notano numerose cellule a rafidi, sparse tanto nella. corteccia, quanto
midollo, le quali spiccano, oltrecchè per i rafidi, anche per le grandi
mensioni e per la scarsezza del contenuto plasmico, ridotto ad una
ttile pellicola stratificata contro la parete.
inosa nel cui mezzo giace il fascio di rafidi.
Allorchè si lasciano le sezioni lungo tempo in contatto con una so-
zione di acetato di rame, i cristalli si sciolgono, lasciando però in
) una sostanza granulosa brunastra la quale ripete 1l
ssi.
bleu di anilina. fatto agire dopo
ione di sorta; il rosso di Rutenio invece, che come abbiamo veduto, |
colora la membrana pericristallina della Dracena, produce un in-
arrossamento delle guaine elementari avvolgenti i singoli rafidi.
differenza poi di quanto si osserva nella Dracena, il pacco formato da
membrane non ha più l’ aspetto di un sacco chiuso ai due estremi,
bensì di un cilindro, talvolta d° aspetto quasi cavo;
ono le estremità acuminate.d delle en slementari (fig. 69).
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO ET 619.
Il lume cellulare è quasi totalmente riempito da una sostanza muci-
a forma dei rafidi
questo reattivo, non determina co-.
dal quale più.
me
LUIGI BUSCALIONI
Se si esaminano sezioni trasversali di cellule rafidiofore colorate con
is questo mezzo, si scorge nel centro delle stesse un ammasso intensa-
i i: mente colorato in rosso che a forti ingrandimenti si presenta foggiato f
+ a guisa di reticolo ispessito agli angoli, (fig. 70) come gli ordinari col-
lenchimi, e le cui maglie sono affatto incolore, al pari della mucilagine
in cui detto reticolo sta immerso.
Occorre però avvertire che per rilevare una tale struttura si richie-
dono delle sezioni estremamente sottili, fatte con una certa delicatezza,
per impedire che durante il taglio, il fascio delle guaine elementari si
enuclei dalla mucilagine o si contorca. Lo
3 L’acjdo solforico concentrato discioglie completamente il pacco delle
membrane pericristalline, per cui si ha la prova più sicura che a co-
stituire tali involucri non entra punto la silice come vorrebbe il Payen.
Jo inclino a credere che il Payen abbia scambiato con una guaina
| elementare qualche sostanza che residua al posto dei cristalli trattando
le sezioni con vari reagenti, per cui la descrizione che ha fatto di di
involucri, se è in parte vera, ha però molto di fantastico.
IH. Arum colocasia. — Anche in questa specie ho notato la presenz
di residui minerali nel fascio cristallino, dopo l’azione un po prolun-
gata dell’acetato di rame, i quali però si sciolgono completamente nel-
TH,SO, senza lasciar traccia di cristalli di gesso. ,
Esportati gli aghi, si ottiene una bella colorazione del contenuto cellulare
adoperando contemporaneamente il bleu di anilina ed il rosso di Rutenio.
_ Con queste due sostanze coloranti si può mettere in evidenza, al di-
; sotto della membrana cellulare degli elementi a rafidi d’ordinario a:
X allungati, un sottile straterello di plasma bleuastro (fig. 71 B, C) con
nente un nucleo abbastanza ben conformato e posto quasi sem 0
| mezzo del lato maggiore della cellula.
Nello spazio circoscritto del protoplasma vi ha una massa muci
nosa che si mantiene quasi incolora; solo lo strato più interno di questa
sostanza, il quale presentasi alquanto diversamente costituito, fissa
| energicamente la colorazione bleu, di guisa che spicca nei prep ti
come un velo delicato, alquanto ispessito ai due poli cal odini
che Ti il fascio. di rafidi up n D):
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 515
Anche in questa specie noi troviamo i singoli rafidi involti da una
delicatissima guaina elementare, la quale poco sensibile all’azione del
bleu di anilina, si tinge invece abbastanza bene col rosso di rutenio
fig. 71 E) dando così luogo ad una doppia colorazione che qualche
_ volta riesce molto elegante.
__
E noto dalle importanti ricerche del Maugin (!), che le mucilagini
vegetali non si colorano tutte nello stesso modo, assorbendo talune di
preferenza alcuni colori, come ad esempio il rosso di Rutenio, altre in-
vece fissando soltanto altri colori, quale il bleu di anilina.
à Quelle della prima categoria, secondo il Mangin, rappresenterebbero
| delle mucilagini costituite da sostanze pectiche, le seconde sarebbero
à invece formate da sostanze callosiche.
Ammessa una tale distinzione, riesce evidente che nell’ Arum colo-
casia la mucilagine delle cellule a rafidi consta di sostanze callosiche
4 e pectiche, le prime raccolte nell’ammasso sottostante al protoplasma e
| le seconde negli involucri speciali dei rafidi.
. Questo fatto è abbastanza interessante, inquantochè concorda in gran
parte con quanto abbiamo già osservato studiando le guaine dei rafidi
nella dioscorea e completa le osservazioni che ha fatto lo stesso Mangin
elle cellule a rafidi delle Oenoteree.
Occorre però notare che forse uno studio più minuto delle cellule
rafidiofore esteso alle varie famiglie potrebbe mettere in evidenza che
o sede ie a rafidi non è sempre la medesima: del ae
aua
| re è peserà ioni me mettendo in rapporto = costituzione
41, 3e série, T. 12. Paris, ile
: LUIGI BUSCALIONI
una più esatta conoscenza sul modo di cristallizzazione di siffatti curiosi
ammassi di ossalato di calcio.
` Prima di chiudere questa descrizione relativa all Arum colocasia, debbo
ancora aggiungere che trattando le cellule a rafidi di questa specie
colla potassa bollente, si può talora mettere in rilievo, in vicinanza dei
poli nelle cellule, come si osserva nella figura 77, un’ unione fra la
membrana delle stesse e lo strato interno della massa mucilaginosa av-
volgente il pacco di rafidi, tanto da risultarne una specie di canale
questo rappresenterebbe appunto la via per la quale vengono espulsi X, 4
cristalli, come pel primo ha osservato il Turpin CE o
._ IV. Pontederia crassipes. — Ho notato anche qui la stessa membe
| pericristallina, la quale si colora col bleu di anilina, (fig. 37 4, BC
ma non ho potuto avere delle indicazioni precise sulla stessa, a causa
degli abbondanti precipitati di rame che si osservano nelle alta
| rafidi trattate coll’ acetato cuprico.
vi TOR Stratiotes. — Nella Pistia i rotta la agli delle cel
| grosso ammasso mucilaginoso (fig. 68 E) che ai poli delle cellule,
per ló più il protoplasma forma un forte accumulo, si stacca da quest
| presentando assai distinta una membrana limitante esterna; infine.
| centro delle cellule il fascio delle guaine elementari dei rafidi le Le
son foggiate a guisa di grossi bastoncini cavi (fig. 68 F. G).
Dai pochi fatti che ho raccolto nelle ricerche sulle cellule à
x rn us ue i ae aghi cristallini, prain dalla mes ;
aN queste guaine deanai accollate le une alle altre e
R pos una sa di sacco di forma variabile che 1 rac
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 517
re riesce pure dimostrato che qualche volta ia massa mucilagi-
| periferica, nel punto in cui contrae rapporti col sacco dei rafidi,
acquista delle proprietà ottiche e chimiche particolari rivelandosi come
una seconda borsa che avvolge il pacco di rafidi (Arum).
| Di fronte a questi fatti si può ritenere che i rafidi possono venire
che aggruppati nella categoria dei cristalli di Rosanoff, avendo ognuno
essi una membrana avvolgente; l’unica differenza che intercede fra
este due specie di formazioni cristalline sta in ciò, che negli ordinari.
talli di Rosanoff, la membrana che li circonda è per lo più di natura
ulosica, come pure nel maggior numero dei casi invia dei tendini
ttacco alla parete cellulare, mentre nei rafidi le guaine elementari
no di natura mucilaginosa e libere nel centro della cellula.
Le ricerche future potranno quindi dar ‘appoggio alla mia idea od
tarvi delle restrizioni.
B) POLVERE CRISTALLINA.
Sanio (t) è stato il primo a segnalare la presenza di ossalato di
, sotto forma di pulviscolo cristallino; più tardi il Vesque (?) ha
menzione di una sabbia tetraedica, prodotta forse da frammenta-
one > di cristalli più grossi, e che avrebbe forma differente nelle Sola-
e nel Sambucus. Vengono in seguito i lavori del Kohl (*), che
omina tali ammassi cristallini « Krisptokrystallinische Kalkoxalat »;
i di Poli (‘) che combatte l’ opinione del Vesque relativa all'origine
cristalli pulverulenti e dimostra come questi siano dapprima inglo-
n una massa di ignota costituzione (Protoplasma 0 mucilagine), la
più tardi scompare lasciando i cristalli assolutamente liberi nelle .
€; le ricerche er (5) intese non solo a dimostrare come
Rinde Pad RT Di
Veber das Vorkommen des Lili in der p
reri d. Kgl. Akad. d. Wina Berlin,
(ON y
È di ossalato di calcio nelle piante. Bons,
_ Nota
1882. «SR
ossalato di calcio criplocristallino. di 6. Aran — F Nuove:
l microscopici, i quali talora sono commisti a druse ed a cristalli di mole
à maggiore, ed infine i lavori di Flukiger e Tschirch (1). Una speciale |
menzione merita poi la nota di Borodin (?); dalla quale risulta che que-
an st’autore avrebbe trovato la polvere cristallina in cellule costituite nor-
CE malmente e che perciò conservano le loro abituali funzioni; tanto che
Si dovette chiamare tali accumuli col nome di depositi diffusi di ossalato
di calcio, per distinguerli dagli altri che si trovano in cellule speciali,
distinte per forma e dimensioni dagli elementi vicini.
Per quanto ricca sia la letteratura dell’ argomento , risulta tuttavi
alla distribuzione dell’ossalato di calcio criptocristallino nei varii tessuti
e nelle differenti famiglie vegetali, come pure della forma geometrica
dei singoli cristalli, anzichè del modo con cui si originano tali accumul
della loro natura e della sorte cui vanno incontro le cellule che li ricettano.
Io riferirò pertanto qui i risultati a cui sono giunto sotto questo punto
di vista e che in certo qual modo si connettono con quanto ho già de-
scritto nella Roemeria refracta, dolente che la stagione poco propizia
mi abbia impedito di estendere le mie ricerche ad un gran numero di.
piante. gut
I. Aucuba japonica. — Tanto nella corteccia, quanto nel midolle si
trovano qua e colà sparse delle cellule contenenti nella parte centrale
un pulviscolo grigiastro fatto di minuti cristalli di ossalato calcico.
_ Tali cellule non presentano particolarità strutturali, all’ infuori 1
tarélments dell ammasso cristallino, che valgano a differenziarle 4
| circostanti; al pari di queste hanno un grosso nucleo ed uno strato I
i toplasmatico, più o meno robusto, addossato alla parete e cont
paa assai paso plastidi e granuli di amido (fg. 76 À. a
La Giornale Botanico Italiano, T 23-1801 — Sulis polvere cristallina e sat
| di ossalato di calcio. Nuovo Giornale me Italiano, T 29, i
LEX, Augewandte Pflanzenanatomie, È
(©) Sur des dépôts N Toxalate de da dine les Loan Atti del Cor f
Bot. Ital. 1892.
stanza di aspetto nubecolare; è pure intaccata dall’ H,SO,, ma con
uesto reattivo si osserva che il substratum il quale racchiude i cri-
‘stalli, diventa granulare ‘e si riempie di cristalli di gesso.
gle agetato od il solfato di rame, fatti agire sulle sezioni, determinano
prontamente la scomparsa dei cristalli e mettono in evidenza un ele-
te reticolo granulare, formato da una sostanza che si riesce a co-
rare intensamente col bleu di anilina (fig. 76 C), a differenza del
nucleo e del protoplasma circostanti, che si mantengono incolori od as+
sumono una tinta quasi verdognola. —
Tale sostanza non fissa il rosso di Rutenio, il quale, all’ opposto, colora
astanza intensamente il plasma e la parete cellulare.
Il reticolo si presenta resistentissimo, poichè anche dopo l’ azione com-
inata dell’ acetato di rame, dell’ HC1 e del H,SO, a caldo, esso conserva
ù o meno inalterata la sua struttura, o tutto al più si fa granulare
brunastro, forse per speciali sostanze che lo inquinano.
isso parimenti non si scioglie colla potassa caustica al 1
te; si colora invece in giallo e lentamente va scomparendo nell’ acqua
0 0/0 e bol-
e caratteristica delle
nze protoplasmatiche; si colora invece pallidamente in giallo col
, dopo che vennero esportati i cristalli.
l modo di sviluppo delle cellule cristalligere è molto semplice. Ad
certa distanza dall’apice vegetativo caulinare alcuni elementi comin-
o a presentare delle aree incolore, assai grandi, nelle quali ben tosto
depositano dei piccoli accumuli cristallini che, a poco a poco, vanno
pire gran parte del lume delle
entando in grossezza, fino à riem
le che in questo frattempo si sono notevolmente ingrandite. |
. Datura arborea. — Al pari che nell’ Aucuba, i cristalli si for-
orteccia ad una certa distanza dall’ apice ve-
ano nel midollo e nella ©
vo caulinare. Occorre però notare che alla loro formazione precede ;
comparsa di piccole druse (fig. 75 A), i cui cristalli elementari sono
sti in guisa da impartire al cristallo piuttosto la forma di uno
o tipico anzichè di una vera drusa.
LUIGI BUSCALIONI
Le druse costituiscono come il nucleo attorno a cui vanno deposi-
tandosi a poco a poco i cristalli del pulviscolo, che oltre all’ aumentare.
in numero col progredire dell’evoluzione delle cellule, accresconsi pure i
in grandezza (fig. 75 B).
Allorchè le cellule hanno raggiunto il completo svilupo riesce, oltre-
modo difficile riscontrare ancora la drusa in mezzo alla massa del pul-
viscolo cristallino (fig. 74 A. B); per ottenere un tale risultato occorre
includere le preparazioni in balsamo od in olio di garofani, le quali so-
stanze permettono di riconoscere il nucleo oscuro delle druse in mezzo
agli altri corpi.
Riguardo al modo di comportarsi dei cristalli di fronte agli acidi di
al solfato di rame, vi ha nulla di notevole; solo si osserva che la so-
si; stanza fondamentale, la quale cementa i singoli cristalli arrestandone
E i movimenti browniani, si colora debolmente, tanto col rosso di Ru i
tinio, quanto col bleu di anilina, di guisa che la struttura reticolare è
poco manifesta, sia negli stadi giovanissimi delle cellule, e sia negli
adulti. ne
Il plasma ed il nucleo (fig. 74-75 C) sono distintissimi nelle cellule
cristalligere giovani; più tardi il primo si riduce ad uno straterello
delicato tutto attorno alla membrana cellulare, ed il secondo scompare
o si frammenta-od anco infine persiste inalterato, come ho potuto ve
dere alcune volte in cellule provenienti da rami di due anni.
E duopo però notare che nelle cellule ordinarie prossime alle cristal
ligere vi ha quasi sempre due nuclei. ;
II Lycium carolinianum. — In questa pianta la produzione di pol
| vere cristallina assume delle proporzioni colossali, essendo tali deter
abbondanti ovunque. |
Nulla di notevole si ha riguardo all’ origine del pulviscolo, se si
cettua che esso comincia a manifestarsi, come del resto si osserva an
in altre piante, discretamente lontano dall’ apice vegetativo caulinar i
| compare in cellule le quali si differenziano ben tosto dalle vicine per
la assoluta mancanza di amido. In questa specie pare che le druse di
| ossalato calcico non entrino a far parte degli ammassi, od entrino sole
cie ans
i
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO, 521
Col progredire dell’ evoluzione il Ren ed il nucleo scompaiono, fatta
| eccezione però per i casi in cui il deposito si conserva relativamente
scarso. È però necessario avvertire che lo studio della sorte finale del
nucleo è oltremodo difficile e non sempre si ottengono dei risultati si-
: ‘euri, a causa dell’intorbidamento prodotto dai cristalli nell’ interno del
o lume cellulare. Per evitare questo inconveniente bisogna colorire i pre-
ne ‘parati colla fucsina acida e poi esaminarli in olio di garofani, previa
| naturalmente disidratazione in alcool, oppure studiare le cellule cristal-
_ ligere mentre si fa agire sulle stesse contemporaneamente l’acido clo-
: ridrico in soluzione diluita ed il clorojoduro di zinco, per sciogliere
| i cristalli, e ad un tempo colorire le sostanze che residuano.
Anche qui si può ottenere una pallida colorazione del substratum che
avvolge i cristalli trattando i preparati col bleu di anilina; però non è
possibile mettere in evidenza una vera struttura reticolare.
To ho notato che negli stadi adulti, in cui le cellule cristalligere sono
. disposte in serie l’ una al disotto dell’altra, i setti che dividono questi
elementi vanno in dissoluzione, per cui, colorando i preparati colla fuc-
sina acida, essi si presentano sotto forma di fine briglie o lacinie che
o meno completamente la cavità in cui si raccoglie la
+ m
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AE > I R mie, DI n O PE a ot © Ont
PINE SO r sg A
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see MCE ALES, UT
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DI | attraversano più
E cristallina.
IV. Solandra grandiflora. — Questa pianta fu già oggetto di studî
_ da parte del D". A. Pistone (*) il quale, per quanto concerne l’ossalato
7 di calce diffuso sotto forma di polvere cristallina nelle cellule del mi-
rileva che le cellule le quali segregano tale so-
dollo e nella corteccia,
| ste in fila, comunicano fra loro in seguito alla
tanza, quando son dispo
comparsa dei tramezzi.
| Per conto mio debbo confessare, che m
menti l’identico fatto nel Lycium, pur tuttavia
terlo in evidenza nella Solandra, per quante ricerche.
in proposito.
Jo non nego che tale particolar
mo che si presenta molto piè rarame!
algrado io abbia trovato pari-
io abbia fatto
non sono riuscito a met-
ità possa fors’ anco incontrarsi, ma è
nte di quanto ammette il dott. ;
si Le Liane del gen. i Solandra: V. Contribuzione alla biologia vegetale. 1604 :
BE
52 | i n LUIGI BUSCALIONI
Pistone il quale forse avrà adoperato, come solvente dei cristalli, qualche
acido minerale capace di intaccare le pareti, invece dell’acetato di
rame quasi assolutamente inattivo su queste, di cui io mi sono valso.
In questa specie la scomparsa del nucleo e del plasma è un fatto co-
stante, come pure è caratteristica la refrattarietà per i reattivi colo-
ranti del cemento che tiene in sesto i cristalli.
La forma dei granuli cristallini è variabilissima, talora si nota poi
anche nel mezzo degli accumuli la presenza di druse o di grossi cri-
stalli isolati o geminati. a
V. Nicotiana sp. — Nulla di notevole; il cemento non è suscettibile di
. venir colorato: il nucleo ed il plasma per lo più sono scomparsi dalle
ar
cellule cristalligere adulte. Gli ammassi cristallini nascono sotto forma —
di piccoli accumuli che mano, mano ingrossano, senza però presentare |
‘traccia di druse o di cristalli voluminosi nel loro interno.
VI. Sambucus nigra. — Oppostamente a quando si incontra nelle |
altre specie, in questa si nota che gli ammassi cristallini delle cellule
adulte, in luogo di riempire quasi totalmente quest’ ultime, si stratifi-
cano contro le pareti degli elementi, aderendovi per mezzo di tenuis-
_ sime fibrille, le quali inglobano anche i singoli cristallini e si rendono.
È ‘visibili, dopo che si è esportati questi ultimi coll’ HC], Il contenuto pes
_toplasmatico è del tutto scomparso. |
Le cellule cristalligere nascono in vicinanza dei fasci vascolari e si
sviluppano nel modo sopra indicato per le altre specie.
I pochi fatti che ho raccolto sul pulviscolo pae e
assai spesso finisce per dina tutta la a sonate na il plasma
i alla panora della atonta od anco ripone la sua dunes
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO 523
x
limensioni, che sono alquanto minori. Non è neppure improbabile che
di e sabbia cristallina si sviluppino in condizioni molto analoghe
bstratum mucilaginoso che li ricetta.
Parimenti non posso accettare l opinione del Poli il quale ammette
e tali masse siano dapprima incapsulate in «una sostanza mucilagi-
o protoplasmatica e di poi liberi, perchè, come ho fatto sopra ri-
levare , in qualsiasi stadio di sviluppo si può sempre mettere più o
no bene in evidenza il substratum che avvolge i singoli cristalli.
D'altra parte depone contro la idea del Poli il fatto che i cristalli.
| presentano movimenti browniani allorchè vanno diradandosi e scom-
ndo sotto l’azione delle sostanze dissolventi.
nalmente, anche per quanto concerne le osservazioni del Borodin
ni depositi diffusi di ossalato di calcio nelle foglie, io credo di poter
mente conformate, mentre la sabbia cristallina si deposita per lo
in cellule speciali, distinguibili per forma e per dimensioni dalle
circostanti.
pe bene, io ritengo che una tale distinzione è più apparente che
‘in quanto che noi abbiamo veduto che la polvere cristallina del-
cuba e di altre specie si accumula tanto in cellule normalmente
anti, con plasma, nucleo, plastidi ed amido, simili perciò a
na, differiscono soltanto per esser privi. di ogni sorta di ponto ch
passaggio dall’ una all altra specie di BRA è così Hi non
in una stessa pianta, ma talora in uno stesso preparato, | che non
mpre dirsi dove comincino gli uni e dove cessino gli altri, | i
nello stesso modo che vi ha un trapasso graduale dai veri e
accumuli di sabbia cristallina a ai ge ga così si sere
LI n ia anno ms vol. n
| non cristalligere, quanto in elementi speciali, che uguali agli at
DIA : - LUIGI BUSCALIONI
pure un passaggio dai primi a quei casi in cui le cellule contengo
sol più un unico cristallo sia isolato, sia in drusa. i
È noto diffatti a tutti che molti dei nostri alberi presentano nella
corteccia delle cellule che, oltre alle druse o a grossi cristalli, conte
gono pure alcuni piccoli cristalli che fanno quasi corona ai primi
mentre dall'altra parte abbiamo veduto che in alcuni ammassi di sabb
cristallina veramente tipici (Datura), si trova in mezzo al minuto pui
viscolo qualche drusa o qualche grosso cristallo. |
In questi casi adunque, stando ai concetti del Borodin, si potrebbe anc
stabilire, oltre alle cellule a druse ed alle cellule a sabbia una terza
tegoria di cellule, quella delle cellule a druse accompagnate da sabbi
Perciò, per conto mio, invece di moltiplicare le divisioni io sarei d'a
viso di aggruppare nella classe di depositi cristallini pulverulenti, tut
e quei casi in cui le cellule ‘sono riempite in tutto od in parte da
minuto pulviscolo cristallino, sia desso accompagnato da cristalli gre
da druse e da un protoplasma normalmente funzionante, o si
affatto isolato ed in cellule prive di contenuto plasmico, eliminando
del tutto la distinzione fra pulviscolo cristallino e depositi diffusi
biliti dal Borodin.
Nei casi sovra accennati di druse e di cristalli isolati, accompa
da pulviscolo cristallino, se questo è scarso, come d’ordinario si
rifica, continuerei infine a mantenere il nome di cellule a druse
_ cellule eristalligere.
Ur STRUTTURA DELLE ORDINARIE CELLULE
T ROSANOFF.
bri glio di Rosanoff. |
STUDI SUÌ CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO | 525
Io mi limiterò ad alcune poche osservazioni che mi son parse le più
interessanti per alcune particolarità istologiche, avendo il Kohl stesso
di già rilevato che se molte volte ha veduto i tendini cavi, ha pure
in altri casi riscontrate delle briglie solide, come anco in taluni stadi
di sviluppo ha osservato la presenza del nucleo, quando già eransi for-
mati i tendini.
I. Le Briglie di cellulosa. — Le briglie di cellulosa ed i veli che
circondano i cristalli sono più diffusi nel regno vegetale di quanto fino
ad ora si tenda ad ammettere, tanto che si può dire, senza tema di
andare errati, che, fatta qualche rara eccezione in specie per alcuni
_eristalli piccolissimi per lo più circolanti col plasma, o per quelli con-
tenuti nei granuli d’aleurona, i quali sono nudi o circondati da un velo
à di protoplasma alquanto più condensato, tutti quanti i cristalli di ossa-
` lato di calcio hanno un involucro formato di sostanza cellulosica o di
un derivato di questa.
Un tale fatto venne già intraveduto dal Kohl e dal Poli, ed io ho
avuto occasione di constatarlo in tutte le piante che ho esaminato, le
quali sono in numero estremamente grande e per tutte le sorta di cri-
stalli: rafidi, druse, cristalli isolati, sferiti, polvere cristallina. ecc.
Il processo migliore per mettere in evidenza la membrana pericri-
_stallina si è quello di disciogliere i cristalli coll’acetato di rame, libe-
rare le membrane di Rosanoff dal plasma circostante coll’ acqua di Ja-
velle ed infine, all'occorrenza, colorire il preparato col cloruro di zinco
Jodato o con un colore qualsiasi d’anilina.
- Con questo metodo, ho persino riconosciuta erronea l'osservazione di
nelle cellule epidermiche delle foglie sarebbero completamente liberi. -
Io ho diffatti constatata la presenza di esili briglie che dipartitesi da
un punto qualsiasi della parete cellulare si qe ben tosto in una
pub di membrana avvolgente il cristallo.
A) Le, A
anl cĉ., pag. 103.
Wakker sulla Vanilla planifolia (') e quella di Zimmermann sulla T
Tradescantia discolor (*), secondo le quali i piccoli cristallini racchiusi P i
À 526 à i `o LUIGI BUSCALIONI :
. Del resto è già un dato che depone a favore di un incapsulamen
dei cristalli, anche quando le briglie non sono visibili, il fatto che mo
di essi, anche minuti e da poco formati, come sopra è stato detto
si distinguono per un’ assoluta immobilità, la quale si conserva anche
| dopo l’azione dell’acqua di Javelle che esporta il plasma.
Stabilito così che le briglie, o per lo meno le membrane avvolgenti ( di
Rosanoff sono un fatto generale, riesce evidente che nuove contribuzioni
a questo riguardo riescirebbero del tutto superflue, ed anzi, a mio parere,
sarebbe molto più interessante lo studio dei casi in cui i cristalli sono
affatto liberi o solo circondati da un velo plasmico.
Ed ora che abbiamo fatto queste considerazioni, se veniamo ad in-
dagare qual'è la natura chimica delle membrane di Rosanoff, trovia
che nel maggior numero dei casi è di cellulosa (Kerria, Celastrum ete.
altre volte, a dire il vero, abbastanza rare, è invece impregnata più
meno completamente di lignina. come ad esempio nella corteccia seco:
daria della Sterculia platanifolia, nelle cellule cristalligere del Glaucium,
nei cristalli studiati dal Calabro dal Demeter e dal Poli, nelle cellul )
che formano uno strato poco differenziato dal resto delle cellule ipodet
miche a ridosso dei fasci vascolari del Trifolium striatum, come ebbe
dimostrare il Vuillemin nella sua opera che ha per titolo « Phylun
des ne » e or il Dott. Belli nel suo lavoro in corso í i
a ha mei alla penna di doll fatti oltre a quelli sù
ae assai ‘spesso + veduto. come ad rot io nel Gen. ou
.
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO — 527
differente da quello che occupa il resto della cellula, essendo più resi-
| stente di quest'ultimo all acqua di Javelle. |
La sua presenza però è di breve durata, venendo esso impiegato ap-
punto nella formazione dello strato di cellulosa che talora in sul prin-
cipio è granulare e non tarda ad ispessirsi.
k
y
= Devo ancora aggiungere che nei primodi del suo sviluppo il velo pro-
A: E LT IE UE ar
3 toplasmatico o mucilaginoso dei Citrus non contrae ancora aderenze
colle pareti cellulari, e lo dimostra il fatto che esportando il plasma
sd De ipoclorito di potassa i piccoli cristalli vengono meccanicamente spo-
stati dalla massa plasmica in via di rigonfiamento.
Cid premesso, passiamo allo studio di alcuni esempi:
A) Evonymus japonicus. — Le capsule di questa pianta furono oggetto
di alcune ricerche accurate da parte del Prof. Penzig (').
| Dallo studio che ho potuto fare su materiale quasi completamente
sviluppato, che mi venne gentilmente spedito dallo stesso autore della
Memoria sui cristalli di Rosanoff nelle Celastrinee, ho rilevato che se
i qualche volta esistono dei tendini cavi, nel maggior numero dei casi
gli stessi si presentano solidi.
| Allorchè due cellule vicine sono cristalligere capita assai spesso che
briglie cellulosiche di un elemento si continuano con quelle che vanno
ad avvolgere i cristalli nell’ altro ; in tali casi quando i tendini sono
cavi, capita non raramente di vedere le pareti delle cellule che separa
le due briglie tramezzare il canale sottoforma di una laminetta sotti-
lissima, mentre è noto che la membrana cellulare delle ne nei
punti non ricoperti da tali produzioni, è assai ispessita.
Ciò si spiega facilmente considerando che là dove si formano le briglie
il protoplasma viene in certo qual modo staccato dalla membrana cel-
re, per cui questa rimane ivi sottile. ;
Nel materiale che io avevo a disposizione non sono mai riuscito al
osservare quei lunghi tendini descritti e figurati dal Penzig, i
grandi cellule e racchiudono parecchie
“e al DI
3° Ra
raversano ramificandosi delle
‘use di ossalato di caleio. Ho all'onpasto sempre constatato che le. briglie.
i quali at-
LUIGI BUSCALIONI
4 di cellulosa sono abbastanza corte, in quantochè la drusa per lo più
| riempie completamente il lume cellulare e non vi ha mai più di una |
drusa per cellula.
Il Penzig descrive pure alcune altre particolarità che non coneordaniii
colle mie osservazioni; egli cioè ha veduto che trattando colla potassa .
caustica una sezione della capsula si riesce a disciogliere uno straterello
di protoplasma che sta incuneato fra la membrana di Rosanoff e la drusa,
di guisa che ne risultano dei preparati in cui l'involucro cellulosico cir-
conda il cristallo a distanza quasi come una veste un po’ larga. Or bene,
nulla di tutto ciò io ho potuto rilevare nelle mie ricerche, ed io sono
convinto che in tali casi (nei quali per lo più si tratta di piccole cellule |
incuneate in ristretti spazii intercellulari, a parete sottile avvolgente |
strettamente il cristallo) è l'esportazione del protoplasma endocellulare
che può indurre in errore e far ritenere che la parete della cellula "e
presenti la membrana di Rosanoff.
_ Del resto il fatto osservato dal Penzig di un protoplasma racchiu
tra la membrana avvolgente ed il cristallo, qualora fosse vero, costit
rebbe una singolare anomalia nella struttura dei cristalli no
che non si verifica in altre piante.
S B) Kerria japonica. — Ho trovato che i tendini possono esser Ca
oppure solidi: nei primi la cavità è limitata al tratto più esterno dell
briglie, oppure si estende per tutta la lunghezza di queste od anco in
può essere rappresentata unicamente da un foro praticato nella pa ;
mediana della briglia e più o meno ampio.
Non sono poi infrequenti i casi in cui i filamenti sono orlati da u
| sostanza più rifrangente, la quale appunto può indurre à credere, í
2 esamini superficialmente i preparati, che i tendini siano cavi.
ciù Talora infine si osservano, sul lato della cellula rivolta verso Vo
n biettivo, degli ispessimenti foggiati a rettangolo, cavi, i quali pure p p
| sono simulare delle briglie vuote, mentre invece non sono altro
sezione ottica delle membrane cellulosiche avvolgenti le punte della
dA): Rosa canina. — Le cellule a druse abbondano in tutto lo
| sore del frutto ed in specie nello strato sottostante all’ opidermido
periore, dove però stanno commiste o si alternano con elementi che
Sasso ONI semplici,
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI C:
Nel resto del parenchima del frutto i cristalli della prima specie per
lo più occupano alcune piccole cellule a pareti sottili, sporgenti negli
pazi intercellulari; nelle cellule sottoepidermiche invece si trovano in
elementi normalmente conformati.
_ Le briglie di Rosanoff sono evidenti nelle cellule sottoepidermiche ,
nelle altre mancano o sono poco manifeste. Esse sono disposte come i
raggi di una ruota, oppure decorrono parallele alla superficie dell’ or-
gano, hanno una larghezza abbastanza considerevole e per lo più con-
| stano di una sostanza centrale poco rifrangente, di rado striata trasver-
salmente, avvolta da uno strato periferico di cellulosa più condensata.
Qualche volta si incontrano nello spessore delle briglie, tanto dei fori
quanto dei canalicoli, ma in questi casi non è sempre possibile stabi-
re con sicurezza se si abbia a fare realmente con una cavità prati-
cata nello spessore di un unico tendine, oppure non si tratti piuttosto
di una specie di fessura interposta fra due briglie g orandemente avvicinate.
La questione non è senza importanza, basandosi su di essa tutta quanta
la teoria del Wakker.
Allorchè in una cellula vi hanno parecchi cristalli, sia in druse che
emplici, le bende di cellulosa inglobano tutte queste produzioni, fissan-
dole pure alla membrana cellulare, la quale nei punti di attacco di più
tendini grandemente fra loro avvicinati, presentasi assottigliata.
D) Lavatera arborea. — Ho sempre veduto che i tendini sono pieni:
talora però sono alquanto diversamente costituiti nelle parti centrali e
superficiali. come può constatarsi per mezzo della fuesina acida che co-
a molto più intensamente lo strato esterno e dà un ue granu-
lare alla sostanza eg |
Questi tendini, come è è noto, si continuano nelle cellule vicine sovrap-
> € sottoposte, non cristalligere, con altre briglie che attraversano
avù di guisa che si originano dei cordoni cellulosici per lo più de
paiati che occupano persino 12, 14 e più cellule. x
| Questo fatto, congiunto anche alla circostanza che le briglie sono sem-
P piene, è assolutamente in opposizione con quan
Wok sa cher, non Are ee una tale introflessione deo membrana
to ha osservato il
4
e
intercellulari con n été degli elementi vicini, svegliano negli stessi la
medesima energia formatrice.
` nomeni ari per i quali le cellule avendo Aua la facoltà d
Fred cordoni di cellulosa attorno ai cristalli, continuino à fab
` carne, anche quando quest’ ps si sono fatti ua rari.
; il dale sia presente nelle cellule iristalligere della Magnolia e od
‘Papaveracee:; possiamo ora aggiungere che esso è pure evidente n
di se può essere ‘conformato nel modo ordinario, come è il
-quando residua ancora molto spazio a disposizione della massa pi
i plasmatica, oppure si frammenta in modo più o meno completo
ad esempio nelle Papaveracee e nel Pothos platicaule (fig. 73 N),
cendosi talora in grumi Lasi distinti dal PP circostante.
Abbastanza interessante presentasi à questo riguardo il Viscum album (o
i cui giovani rami hanno una corteccia formata da grandi cellule, ognuna È
delle quali è fornita di un grosso nucleo colorabile intensamente colla
"fuesina acida.
Talune di queste cellule cominciano a fabbricare ben tosto una pic-
cola drusa di ossalato di calcio che, a poco a poco, andrà aumentando
in grandezza, fino a riempire completamente il cavo cellulare.
Il nucleo durante questo frattempo si addossa al cristallo, e quando
questo ha raggiunto una certa dimensione, si ingrossa a sua volta, di-
venta irregolare, quasi simile ad un’ameba ed invia delle braccia che
si addentrano nella insenatura della massa cristallina (fig. 72 A e B),
e finalmente scompare del tutto, come abbiamo visto succedere in al-
cune Solanacee a polvere cristallina.
Dai fatti esposti mi credo quindi autorizzato a ritenere che anche,
per quanto concerne il nucleo, la teoria del Wakker è affatto erronea,
essendo esso sempre presente nelle cellule a cristalli e scomparendo sol-
tanto nei rari casi in cui il precipitato cristallino, per il volume che
cha acquistato, finisce per comprimere esageratamente il contenuto pas A
Varta CRE a
re Aa
plasmatico.
li
I numerosi fatti che ho raccolto dimostrano à pieno che il concetto del
Wakker, già combattuto in gran PES, dal Kohl, è deh
falso.
Non occorrerà quindi che io spenda Vive parole in proposito à ma 5
iuttosto sarà bene che io mi soffermi su alcune ipotesi emesse dal
hl e da altri aùtori a riguardo della funzione a dato dell Los
aleio. ;
l Kohl sostiene che la ‘les serve come mezzo di Ro degli
i rati di carbonio necessarii per la fabbricazione delle pareti cellulari
che si deposita sotto forma di ossalato non sì tosto ha Mines la
À. mors del suo assorto gli dimostra che r ossalato di calcio nee
E a a e LUIGI BUSCALIONI
| varie specie di piante trovasi sempre là dove vi hanno degli ispessi- |
menti delle membrane. DE
Egli osserva inoltre che l’ipotesi del Rosanoff relativa alla disposi- à
zione dell’ossalato di calcio come fenomeno preparatore o precursore —
degli ispessimenti cellulari, è falsa, avendo egli sempre veduto il fatto
contrario, vale a dire depositarsi innanzi in nuovi strati di cellulosa
e poscia formarsi l’ossalato di calcio.
Infine egli sostiene, oppostamente al Wakker, che i cristalli dl ossalato
| di calcio devono nascere non solo in seno al protoplasma, come già ebbe
a dimostrare il Lauterbachi (1)-(perchè in caso contrario non si potrebbe
capire come un vacuolo possa formare una membrana di Rosanoff), ma
devono anche essere circondati da uno strato di protoplasma parietale
(Hautschicht), essendo solamente a questo strato devoluta la facoltà ;
formare strati di cellulosa.
. Le osservazioni raccolte m’inducono a ritenere che se per molti cas
o pad sospettarsi che la calce possa servire al trasporto dei materiali di |
È cellulosa, ciò non si verifica in alcuni casi da me studiati, non avend
| potuto constatare ispessimenti di sorta nei dintorni delle cellule a
sabbia cristallina delle Solanacee e non presentandosi alcun diretto rap-
porto nelle cellule seminali delle Papaveracee e delle Magnoliacee fra
la produzione del pulviscolo cristallizzato e la formazione di reticol
_ cellulosici. |
Infatti noi Abbiamo veduto che se molte volta la deposizione della
; calce è è preceduta dalla formazione degli ispessimenti (ciò che sarebbi
conforme alle idee del Kohl) altre volte invece tale deposizione di so-
stanza minerale avvien alcun tempo avanti che siansi sviluppate
| prime trabecole.
Inoltre non vi ha neppure alcun rapporto diretto fra l'esuberante
viluppo di queste e la quantità di cristalli, essendo scarsa, ad esemp
a i raccolta di cristalli nelle cellule dell Eschscholtzia, dove pur tui
avia lo Dia delle trabecole é rigoglioso, mentre invece la quanti à
l ) Unte SR über. Bau und Entwicklung d. Secretbehäller be: sole È a
2, Bot. rain Jahrg X. N, di
STUDI SUI CRISTALLI DI OSSALATO DI CALCIO SE 533 à
li cristalli è in certo qual modo proporzionale all abbondanza dei re- da
ticoli nelle altre piante studiate., ES
Nella seconda parte di questo lavoro avremo occasione di specificare
| meglio quali possono essere i rapporti che intercedono fra cellulosi e
| cristalli e vedremo come l'ipotesi del Kohl, alquanto modificata, possa
dar ragione dei fatti.
Infine l'osservazione del Kohl relativa allo strato protoplasmatico pa-
rietale (Hautschicht). quale formatore delle membrane di Rosanoff, mi :
pare affatto insostenibile , perchè nel Glaucium, nel Chelidonium, nel-
l Eschscholtzia, nella Roemeria e nella Magnolia dovrebbero esistere
nella massa protoplasmatica tanti strati parietali disposti in reticolo
quante sono le trabecole cellulosiche che la attraversano; ciò che è as-
Io credo che qualunque porzione del protoplasma può aver la facoltà
di produrre della cellulosa, per cui per spiegare la formazione delle mem-
brane di Rosanoff, è più che sufficiente lo ammettere che il plasma in-
volga dapprima il cristallo e poscia lo racchiuda in una membrana dap-
prima forse mucilaginosa e di poi cellulosica.
Questa interpretazione sarebbe anche consona con quanto mi fu dl
dii sulla formazione della membrana cellulare.
li osservare nei miei stu
(V. Malpighia, Parte 1-4, anni 1892-94). i
. Sono però dello stesso avviso del Kohl ammettendo che sia il plasma
addossato al cristallo quello che forma la membrana di Rosanoff, poichè
| nte capire, senza ricorrere ad ipotesi più o
n si può troppo facilme
membrana attorno ad un cristallo
meno incerte, la produzione di una
contenuto in un vacuolo. I fatti osservati dal Wakker si possono benis-
mo interpretare ammettendo che non sì tosto il cristallo è formato, il a
arlo in un vacuolo, dopo però avergli la-
oplasma possa anche isol
co destinato a formargli il velo
ato aderente uno agorai peo
@ lulosico,
( Continua), |
| ADRIANO FIORI
PALEOTULIPE, NEOTULIPE E MELLOTULIPE -
pel Dott. Apriano Fiori.
Nel sommario di botanica del Prof. P. A. Saccardo (1) a proposito.
delle due opposte tendenze dei botanici sistematici, di moltiplicare cioè.
o di restringere il numero delle specie, leggonsi questi periodi:
« Malgrado che vediamo tuttodì in Parigi un Baillon che riunise
in uno, generi, specie e magari famiglie, già ritenute distinte ed un
Jordan che, con tendenze opposte, da una specie un po’ variabile ne
costituisce più e più come distinte, malgrado questo spettacolo ed altri
analoghi che vediamo qua e là, può nutrirsi ferma fiducia che la scien
non ne scapiterà per questo. Alla stretta dei conti, il porro unum
la veridica esposizione dei caratteri degli esseri. Chiamiamoli poi speci
si o varietà, teniamoli sotto a dei generi comprensivi o, distaccandoli, e
| giamoli a generi novelli, i fatti restano gli stessi ». | ;
Tale conclusione può estendersi a tutti i rami della scienza, perel
invero è chiaro che quando anche sorgano le più vivaci discussioni su
l’interpretazione dei fatti naturali, e nel caso attuale sul valore
| caratteri che distinguono gli esseri tra loro, tali fatti e tali e
‘rimangono per loro stessi invariati. i
| Si consoli quindi il Dott. Levier che, se nel mio lavoro sui Tulipa
à che gli ha TIR makris pols suo recente LRO ;
irenze di cui Canio antusiastico ricordo por i i bei mesi primavori
i abbi. a ne tan
PALEOTULIPE, NEOTULIPE E MELLOTULIPE 535 on
Non mi dolgo menomamente della critica mossami dal Dott. Levier:
i essa gioverà a portar luce sull’ argomento così dibattuto dell’ origine delle
nostre Neotulipe; soltanto, per amore del vero ed a mia difesa, non
Ci dice il Dott. Levier a pag. 402 del suo articolo, che i caratteri
istintivi delle Neotulipe sono precisi: « ils existent ou ils n'existent pas,
ce qui permet, dans les clefs dichotomiques de les disposer par oui et
non »; od, in altre parole, egli vuol dire che tali caratteri non sono in-
tanti e di poco valore come cercai di dimostrare nel mio lavoro. Se
però, prima di scrivere ciò, egli avesse dato una scorsa alla chiave di- ia
cotomica che trovasi nella sua monografia dei Tulipani g’ Europa (!), | Soa
orse avrebbe cambiato parere. Quivi infatti, dopo aver diviso colla mag- a
gioranza degli autori i Tulipani nelle due sezioni Leiostemones ed Erio-
stemones e le Leiostemones nei due gruppi Tulipanum e Gesnerianae,
divide quest’ ultimo in tre sottogruppi così caratterizzati :
| a) Lrioscapae — Scapus glaber.
b) AMBIGUAE — Scapus, in ds ju speciebus, glaber, ciliatus, aut à
ense pubescens.
| C) SCABRISCAPAE — Scapus Shops
Apprendiamo da ciò che il sottogruppo Ambiguae sì distinguerebbe
> un carattere di primaria importanza che ora esiste ed ora non e-
e se ad onta di ciò esso fu egualmente prescelto, ciò significa che
quindi
caratteri costanti non esistono o sono del più e del meno, S
i e di difficile apprezzamento. Veggasi dunque che altro è parlar 3
hiavi dicotomiche con caratteri nettamente contrapposti ed Nere: è
rle quando questi non esistano o siano incostanti.
Secondo il Dott. Levier, io avrei aggiunto ai Tulipani Itali l
contrabbando, trovati nell’ Orto Botanico di Padova e di cui « L'une |
ani due
. Tian, Les Tulipes de l'Europe. Bull. de la Soe. des Sc. Nat. de cina i
; t XIV, 1884, p. 201-304. Cfr. etiam, Just. Bot. Jahresber. 1885, po;
536 ADRIANO FIORI E
est la tulipe Duc van Thol.... L'autre est la 7. pubescens Willd.... » Ve :
ramente ciò non è esatto, questi due nomi, nel mio lavoro, vengono sol
tanto citati incidentalmente e cioè: il primo trovasi ricordato dopo 1
patria d’origine della 7. suaveolens, soggiungendo che questa specie
viene spesso coltivata col nome di « Tulipa Duc van Thol »; il secondo
- figura soltanto come sinonimo della T. suaveolenti X Gesneriana e trovo
quindi perfettamente inutile che il Dott. Levier dica (quasi come cosa
nuova), che è ancor più ibrida della Tulipa Duc van Thol. Riguardo
a quest’ ultima poi, il Lamarck (!), il Baker (*) e gli Autori del Nou-
veau Jardinier Illustré (Paris 1883), la riferiscono alla 7. suaveolens
Roth; invece il Dott. Levier, confortato anche dal parere del signor
Sprenger (3), la erede soltanto un « descendant très impur du 7. sua-
veolens »; questa però è un’ opinione sua, che nulla dimostra per ver:
= e che quindi vale tanto, quanto quella degli Autori sopra citati. La
gione poi per la quale io aggiunsi la T. suaveolens coltivata, alle altre
Italiane spontanee o subspontanee si fa che, come già dimostrai ne
‘mio precedente lavoro, la storia e l’origine dei Neotulipani campestr
né
mostrasi troppo intimamente legata con quella dei Neotulipani ortic
e giacchè mi ero ivi prefisso la ricerca delle Paleotulipe da cui pote
n sero essere derivate le nostre Neotulipe, così dovevo ben ricordare anche
ar suaveolens, che fu pure sospettata come uno dei possibili prog
nitori di qualche Tulipano recente (ad es. 7. Passerianiana Lev.). |
Il nome di 7. Gesneriana « que les floristes commencent enfin | |
abandonner aux fleuristes » non credo sarà così facilmente abbandonati
| come suppone il Dott. Levier. Nelle flore italiane fu bensì scartato d
| Bertoloni che lo sostituì con quello di 7. spathulata, ma poi fu di nuo)
| riabilitato dal Parlatore ed accettato nel Compendio di Cesati, Passe
|. e Gibelli. Fuori d'Italia — per citare le opere più recenti ed aut
voli — fu usato dal Ledebour nella Flora Rossica, dal Nyman nel
x aa Florae Europaeae, dal Baker nella sua citata monografia el
(1) De Lamarck, Encycl. meth. bot. VIII. 196. ;
; a Baker, Rev. of the Gen. and Spec. of Tulipeae. Journ. of Linn. Soc
P- 275 (1873). uu
w site ai et Ndotlips, L. c. p. 404.
PALEOTULIPE, NEOTULIPE E MELLOTULIPE 537
Tulipeae e dal Boissier nella Flora Orientalis. Se poi diamo una scorsa
ai Bot. Jahresbericht del Just, anche recenti, vediamo continuamente
citata la 7. Gesneriana non solo in lavori di sistematica, ma anche di
istologia, morfologia, ecc.; vedesi dunque che tale nome è ancora ge-
neralmente usato. Ed infatti, benchè la 7. Gesneriana fosse descritta
dal Linneo sopra piante coltivate e comprendendo sotto di essa anche
la T. suaveolens Roth, quella denominazione fu generalmente conser-
vata anche dopo che il Roth ne ebbe smembrata la sua nuova specie,
ed anzi il Boissier ed il Baker ritennero che il tipo selvatico della 7.
| Gesneriana (in questo senso più ristretto) fosse la T. Schrenkii Regel
dell’Asia occidentale e centrale (!). In base a questi criterî accettai pur
io questo nome, tanto più che esso è oramai sanzionato dall’ uso e de-
-nota una specie ben definita per le concordi descrizioni datecene da auto-
revolissimi floristi (Ledebour, Baker, Boissier). D'altra parte, abbando-
nata la nomenclatura Linneana, ci troveremo nell’ impossibilità di de-
| signare con un nome botanico la maggior parte dei Tulipani coltivati,
| a meno di chiamarli « Tulipae species hybridae Levier », denomina-
zione pur essa inesatta, perchè tali forme non possono ritenersi tutte
3 per veri ibridi, ma molte di esse semplicemente meticci o varietà ot-
tenute colla coltura, analogamente a quelle di tante altre specie orticole
2 dt; Hyacinthus orientalis, Viola tricolor, Papaver somniferum, ecc.) e nel
caso nostro raggruppate sotto il nome specifico astratto, di 7. Gesne-
riana L. p. p. et Auct. E dico nome specifico astratto, perchè al giorno
d oggi, non potendo più negare la variabilità della specie, è, a parer ©
mio, insostenibile il concetto Linneano, rievocato dal Dott. Levier, che |
la specie sia l’ ultimo termine concreto di una serie astratta (genere,
DURA, pina ecc.); in realtà l’ ultimo tormine concreto non può es-
=
PF,
= 7
i SES
o Alla pag. sa dell’ articolo del Dott. Levier, la T. Schrenkii vien detta ori
i ! » Mi affretto a di-
punto de
appartenente geograficamente all Asia centrale;
chrenki fu rinvenuta non solo nel Turkestan (Al occid.),
_ Songaria (Asia centrale). (Cfr. das Le. p 285. TRAUTVETTER , Florae |
e fontes P z
538 < i ADRIANO FIORI
Ape sere che l’individuo. E chiaro infatti che dal momento che l'entità spe-
è cie può avere ad essa subordinate delle entità collettive minori (sotto- |
ti specie, varietà, variazione, ecc.), diviene essa stessa un’entità astratta,
come le altre della scala tassonomica, ed appunto in molti casi un’en-
tità policefala come chiama il Dott. Levier le specie di Tulipani da me
costituite.
Sempre a proposito di questa quistione di nomenclatura, il Dott. Levier
mi muove un altro appunto, cioè di aver sostituito arbitrariamente il
nome di 7. Gesneriana L., creato per indicare delle piante coltivate,
a ai nomi di parecchie specie spontanee, come T. Schrenkii Regel e T.
orientalis Lev., tra i quali, dice egli, non avevo che a scegliere quello
| che credevo meglio corrispondere all’ideale del tipo selvatico della specie
Linneana. Non nego che tale procedimento possa sembrare a prima vista
illogico, ma certamente non è arbitrario, perchè è una conseguenza d
fi esatta applicazione della legge di priorità e di cui il merito non è mio, |
‘perchè precedentemente messo in atto nel caso nostro, come più sopra
| dissi, dal DARE ed al Boissier (l. c.). Dirò ancora che di tale prete:
arbitrio non è l’unico esempio che si trovi nella letteratura botani
‘il Boissier (FI. Or. V. pag. 673) fa del suo Triticum baeoticum, una
var, lasiorhachis del T. monococcum L., avvertendo però che tale va-
rietà à è senza dubbio. il tipo selvatico della specie Linneana coltivata.
Egualmente dicasi della Spinacia tetrandra Roxb., e del Cichorium.
varicatum Schousb., nomi denotanti i tipi selvatici della Spinacia oi
acea L. e Cichorium Endivia L., ma che lo stesso De Candolle (1)
oversi ‘egualmente, in omaggio alla legge di prorità, considerare come
rietà dei tipi Linneani, benchè rappresentati delle piante coltiv
e ba Je il Linneo avesse gone z a trovo À deri da, forte
k
PALEOTULIPE, NEOTULIPE È MELLOTULIPE 539
quest’ ultimo nome il Boissier (Voy. Esp. p. 163) pensasse di sosti-
uire quello di Scilla hemisphaerica, tale pianta è ancor oggi general-
Nel mio lavoro sui Tulipani italiani — a quanto serive il Dott. Levier
— vi sarebbero numerose contraddizioni o controsensi tra premesse
| conclusioni, tra la parte critica e la parte tassonomica. Tali contro-
sensi però non sono che una conseguenza delle interpretazioni affatto
gettive del Dott. Levier, e ciò mi propongo di dimostrare esaminando
punti incriminati.
Nel mio surricordato lavoro (l. c., p. 139), sta scritto che senza vo-
rmi dilungare sul valore diagnostico se caratteri morfologici che pre-
ntano i Tulipani, mi basta mettere in rilievo la poca attendibilità che
rita qualcuno dei caratteri che dovrebbe segnare un gran distacco
alcune Neotulipe ed i tipi selvatici dai quali sarebbero derivate :
i caratteri sarebbero principalmente, il colore dei fiori, la grandezza
forma della cassula e di ottusità più o meno pona dei cpr del
igonio.
In quanto al colore dei fiori, il dott. Levier mi muove appunto, perchè
opo averlo dichiarato un carattere fallace (per alcuni casi), lo usai
almemente nella mia chiave analitica per distinguere la T. silve-
dalla T. saxatilis (distinte per molti altri caratteri) e la 7. Clu-
dalle altre Leiostemones, però quivi combinato al carattere delle
Sarà ciò un controsenso, un rovesciare, come il dott. Levier dice,
e penosamente si è edificato? Prima di tutto nei due casi ulti- >
ite citati non si tratta di distinguere delle Neotulipe da delle 2
ulipe, ma si tratta di Paleotulipe in cui il colore dei fiori è co-
e. In secondo luogo, perchè un carattere in alcuni casi è variabile,
o noi prescriverlo dalle nostre classificazioni? E fermandoci al
dei fiori, non abbiamo noi degli esempi di uno stesso genere avente |
he lo presentano costante ed altre variabile? Le Orchis sambu-
pseudosambucina nella stessa località possono sure fiori ora
Malpighia anno IX, vol. IX. |
540 ADRIANO FIORI
gialli ed ora porporini, mentre le ©. pallens e provincialis li hann
sempre gialli e molte altre specie di Orchis sempre porporini o vari
mente chiazzati. Nel genere Viola, abbiamo la V. biflora a fiori sempre
ì gialli, le V. odorata, silvatica, canina, ecc. che li hanno di colore vio-
letto più o meno intenso, talora variante al bianco, però mai al giallo,
mentre la V. calcarata varia dal giallo al violetto, e la V. tricolor e
presenta tutte le possibili combinazioni di colore. Nelle stesse Gigliace
abbiamo il Hyacinthus orientalis che presenta, nelle forme coltiva
‘una bellissima varietà di colori, mentre tutte le altre specie del gener
— per quanto mi sappia — hanno i fiori di colore costante. In es
‘caso le varietà a diversi colori si sono ottenute colla coltura, gia ;
il H. orientalis selvatico ha sempre i fiori azzurri, ed appunto nell
piante coltivate la variabilità del colore è comune; nessuna merano
quindi che si verifichi anche nei Tulipani.
Infine osservo che il Dott. Levier è incorso, nella sua monogr
dei Tulipani d'Europa, a proposito del colore dei fiori, nella stessa
tesa incoerenza di cui ne fa a me una colpa. Infatti al quesito 8.° d
sua chiave analitica egli divide le Tulipe Gesneriane in due serie,
_ à fiori rossi ed a fiori gialli; lo stesso egli fa al quesito 20.° per
Tulipe Strangulate, ma qui il colore dei fiori non ha più lo stesso `
lore, e mentre il colore citrino gli basta per tenere come una sp C
autonoma la T. neglecta Reboul, il colore « intense luteo » non à.
| sufficiente per tener distinta la 7. Bonarotiana Reboul, che pass
_rietà della T. strangulata Reboul a fiore « saturate coccineum
; Come si vede, e mi piace ripeterlo col Dott. Levier, in botanica non vi
è nulla di assoluto, gli stessi caratteri che qua possono avere un gran
| valore tassonomico, là non ne hanno alcuno. E così si videro abbandona
si le classificazioni artificiali, perchè appunto basate sul principio ( di
zin ogni caso il medesimo valore ad una categoria di caratteri desun
; doi stessi ea metodo aule ne ma che hrs > non €
PALEOTULIPE, NEOTULIPE E MELLOTULIPÉ
tra due di queste pretese specie, facendo nascere dall’inerocio della
T. maleolens colla T. spathulata, la T. Martelliana. Se però il mio ;
contradditore avesse meglio considerato ciò che scrivevo nel mio opu- di
scolo, avrebbe rilevato che là non si parla di una sterilità assoluta, ma
principalmente di quella sterilità derivante dalla mancanzà o quasi di
individui fisiologici, cioè sorti da semi. E che la sterilità a cui volli
ivi accennare debba intendersi principalmente in questo senso, è chia-
ramente indicato alla pag. 134 e seguente, ove, non senza ragione, è
scritto: La fissità dei caratteri nei Tulipani campestri deve ritenersi
piuttosto come effetto della loro sterilità o mancata riproduzione per
semi ». E più oltre, parlando del polline, dopo aver rilevato che nelle s
| Neotulipe trovasi talora sino per metà costituito da granelli vuoti e
| quindi sterili, facevo osservare che l’altra metà di granelli fertili po-
trebbe bastare per produrre la fecondazione quando fosse possibile la
icogamia, la quale invece nei Neotulipani può difficilmente avvenire
HER
per la gran prevalenza di individui morfologici, dovuta alla loro più
facile propagazione per via agamica, probabilmente già avveratasi per
lungo tempo nei giardini prima che si rendessero campestri. di
Posto così in chiaro che non ho mai proclamato la sterilità assoluta |
nei Neotulipani, non riuscirà più strano che io ammetta la possibilità
degli incroci, ed allora non sarà neppure illogica l asserzione che le
Neotulipe possano essere variabili ed invariabili nello stesso tempo. Di-
| mostrerò con un esempio come ciò possa avvenire:
| Poniamo di avere due varietà coltivate della T. Gesneriana, A e B,
le quali dopo lunga propagazione nei giardini unicamente per via agamica
| (cosa molto probabile), per una causa qualsiasi si rendano campestri,
llora possono avvenire due casi: 1° Le forme A e B, si trovano in
località vicine, in tal caso oltre alla riproduzione agamica, può avvenire,
per opera degli insetti, qualche fecondazione incrociata ed in tal caso si
possono produrre nuove varietà o meticci, C, D, ecc.; 2.° Le P
forme si rendono campestri in località tra loro distanti, ed allora im-
possibilitate ad incrociarsi e d’altra parte per la mancanza di individui ;
fisiologici essendo incapaci a fecondare sè stesse, seguitano a riprodursi
voltanto rari mantenendosi invariate. Le pena Se
| ADRIANO FIORI
ne daidi potenzialmente capaci di variabilità, nel caso brato a per
le varie cause che ostacolano la loro riproduzione per semi, non possono
‘estrinsecare questa loro facoltà e neppure ritornare per atavismo a quei |
tipi orientali da cui trassero origine. Le stesse considerazioni valgono
egualmente nel caso che le due forme A e B appartenessero a due specie
diverse, senonchè dal loro incrocio anzicchè un meticcio ne nascerebbe
un ibrido, il quale potrebbe mantenersi invariabile per riproduzione
_ agamica (ed è il caso più comune), mentre invece riproducendosi per semi
| dovrebbe presto o tardi ritornare ad uno dei progenitori. Non è dunque.
3 improbabile che in certi luoghi — come i dintorni di Firenze e Bologna
€ certe località della Savoja — ove parecchie Neotulipe si trovano da
‘tempo assai diffuse, siano tra esse avvenuti degli incroci e si potrebbe
in tal modo spiegare la successiva comparsa in tali località di nuovi
Tulipani di cui alcuni sono da considerarsi come varietà o meticci della
E Gesneriana, strangulata ed Oculus-solis, altri come ibridi tra queste
specie o loro varietà; senza escludere con ciò la possibilità che qual- |
cuna di tali nuove forme possa essere sortita in epoche ponar dai
iardini. ve
-Non posso neppure lasciare al Dott. Levier la speranza da lui m;
ifestata (Levier L c., P. 405), che arrivando io un giorno a vedere
ioni ove si trovano le Neotulipe, possa cambiare convincimento r
| guardo al loro valore specifico; egli è anzi perchè ne ho viste parecchie
si stazioni, che mi sono sempre. più coniato Das ses erano p RIO
| Ebbi , occasione dl Visitare parecchie aè tali località, iu fui incar ! to
; re dei bulbi } per la casa Dammann di S. Giovanni a Teducc
5 mila di Narcisi e Leucojum. Ho pure fatte. alcune gite at
a Firenze nella primavera del 1890 che vi ebbi a passare come militar
ebbi la fortuna di i passare per quei luoghi ove si possono vedere le dist
ani perdita gi schio cui accenna il Lott. pura a meno che
Venendo ora a discutere sulle conclusioni a cui giunge il Dott. Le-
vier nell’ ultima parte del suo citato opuscolo, dirò, prima di tutto, che
l'unicità specifica, da me e da altri propugnata, della T. silvestris, colla :
T. australis, viene più specialmente confermata dall’esistenza di quella
varietà della 7°. silvestris a minor sviluppo, menzionata dal Dott. Levier,
vivente nelle montagne della Grecia e distribuita dall’Orphanides sotto
il nome di T. Celsiana; essa viene infatti ad essere una forma inter-
media tra quelle due specie, come intermedia è la regione botanica. in
; cui essa vive, cioè la subalpina, che appunto è posta tra l’ alpina ove.
vive ala A australis, e la montana o submontana proprie della 7, silve- 1
ie dant pare įtindi dati a confermare la mia asserzione
cioè la stazione e l'altitudine siano stati i fattori che agirono sulla
T. silvestris in modo che in località elevate ed in terreni primitivi
essa appaia sotto forme impoverite tendenti verso la T. ausiralis, men-
trecchè in località basse ed in terreni coltivati si mostri nella forma
tipica più lussureggiante; siccome però la propagazione della specie
deve essersi fatta con più probabilità dall’ alto al basso, così la forma
primitiva deve considerarsi la T. australis; e da essa, par gradi, - ne :
sorti la 7. silvestris. ;
Che se sulle colline basse ed incolte dell’ Algeria e nelle sabbie del
hara troviamo una forma ridotta diversa, qual ‘è la T. australis va
agrans, invece che la 7. silvestris, ciò è è spiegabilissimo colle ben di-
rerse condizioni di vita che essa ivi ha trovato in confronto delle re
zion o ove riscontrasi ae ultima spocie, es ragni di
ADRIANO FIORI
(l. c, p. 420-421) per dimostrare l’ invariabilità della 7. Celsiana, fra-
grans, montana, Oculus-solis e praecox ed anche di alcune loro varietà
geografiche, non hanno valore dal momento che quelle osservazioni —
com’ è evidente — furono sempre fatte sugli stessi individui. E che si
- trattasse degli stessi individui o di altri morfologici, ottenuti dai me- l
desimi bulbi, si rileva dal fatto, riferitoci dal sig. Sprenger stesso, che
non solo le forme tipiche delle suddette specie si mantennero invariate
sotto l impulso di differenti modi di coltura, ma anche certe piccole
particolarità delle forme locali, cosa che probabilmente non si sarebbe
verificata se si fossero allevate le piante da semi. Così pure l’altro fatto
x ricordato dallo Sprenger, che la T. praecox restava più facilmente fe-
_ condata dal polline di altre specie che dal proprio, viene a conferma
che si trattasse di individui morfologici e non fisiologici.
Analoghe obbiezioni si possono fare riguardo all’ invariabilità della
TT. australis nei giardini dell’ Olanda dall’ epoca in cui vi fu importata.
{aio 1607 circa) a noi e riportata dal Dott. Levier (l. c., p. 410) dietro
informazioni del sig. Krelage, per dimostrare che essa è una specie a
: sè e non mai forma alpina della 7. silvestris.
si Infatti, prima di dare l’attribuito valore a tali notizie, bisognerebbe
| essere certi che gli individui di 7. australis, attualmente esistenti nei.
giardini dell’ Olanda discendano dai primi introdotti, ed in secondo luogo è
che tale discendenza si sia compiuta per successione di individui fisio-
logici, cioè nati da semi, cosa ben poco ammissibile sapendosi che gli
orticoltori moltiplicano tali piante per bulbi, che è la via più spiccia
ia ciò. che merita più atteliiione si è la posizione tassonomica ch
il Dott. Levier vuol dare alle Neotulipe.
| Riguardo alla questione dei Tulipani campestri, ci dice egli ( Le
p- 423), la sola risposta possibile è la seguente « A l'exception de T.
t a praecox, Oculus-solis, saxatilis et T. Clusiana, qui ont leur
uivalents en Orient en dans les terrains vierges des montagnes d’
rope, toutes les autres sont des hybrides ». Soggiunge però che es
trovano nelle stesse condizioni di alcuni Narcisi di Difiorus e N. 2
PALEOTULIPE, NEOTULIPE E MELLOTULIPE
_cinelli) che il Prof. Arcangeli dimostrò essere degl'ibridi « tout en costi-
tuant, morphologiquement, d’excellentes espèces ». Dopo aver egli detto
(1. c., p. 408), che un ibrido non è punto una varietà (ciò che non è sempre
vero, perchè ad es.: una forma ritenuta ibrida tra due specie A e B,
qualora si riconosca che Bè una semplice varietà di A, diventa un me-
ticcio e quindi pur essa una varietà di A), ci lancia ex abrupto la tesi
paradossale che nel caso dei Narcisi e Tulipani, un ibrido possa costituire
una eccellente specie. Io ripeterò però, a mia volta, che un ibrido non
N
3
è e non potrà mai essere una buona specie e non deve mai figurare
al medesimo rango delle vere specie. Si sa infatti che gl’ ibridi non hanno
caratteri morfologici autonomi, ma presentano una mescolanza o soprapo-
sizione dei caratteri proprî ai genitori; si sa inoltre che la loro esistenza
è sempre precaria, perchè o non sono capaci di fecondazione autonoma
0 se si fecondano non riproducono se stessi, ma delle forme diverse, finchè
ritornano ad uno dei progenitori. Che se nel caso dei Tulipani, dei Nar-
cisi e delle piante bulbose in genere, è possibile che la loro esistenza
si perpetui, trasmettenlosi inalterati i loro caratteri mediante la ripro-
duzione agamica, questo non basta per poterli chiamare buone specie ,
perchè è certo che qualora si esperimentassero riguardo alla riprodu-
zione sessuale, non si propagherebbero come le vere specie, ma nel modo
sopra indicato proprio degl’ibridi.
Se da una parte la posizione sistematica che il Dott. Levier vuol dare
alle Neotulipe è insostenibile, dall'altra sembra pure inverosimile la
sua asserzione che tutti i Tulipani campestri d’ Europa, ad eccezione
delle 5 specie summenzionate, siano degl’ibridi; tanto più che, secondo
lo stesso Autore, ibridi sarebbero anche la maggior parte dei Tulipani
coltivati, come ad es. quelli comunemente raggruppati attorno alla 7.
Gesneriana, che egli chiama risolutamente (1. c., p. 412) « bâtard à 1500
têtes qui a nom T. Gesneriana » ed altrove (l. c. p. 418) « Tulipe hy- -
bride myriocéphale de Gesner ».
a Si avrebbe dunque questo fatto singolare, che poche Paleotulipe a-
vrebbero dato origine colla coltura a migliaia d’ibridi diversi; caso
questo forse unico nel regno vegetale, giacchè non mi consta che abbia
riscontro in alcun altro genere di piante ornamentali od economiche.
ADRIANO FIORI
Abbiamo infatti in alcuni generi (Dahlia, Papaver, Viola, Dianthus,
Vitis, Cucurbita, Phaseolus, ecc.), delle specie che colla coltura e co-
gl’incroci hanno dato luogo a centinaia di varietà o meticci, ma i veri
ibridi sono sempre relativamente scarsi ; soltanto i Tulipani, secondo le
vedute unilaterali del Dott. Levier, farebbero eccezione, essi avrebbero -
originato colla vena, non si sa perchè, soltanto ibridi e punto varietà |
o meticci.
Ad ogni modo, tanto considerate le Neotulipe tutte degl’ ibridi, come
vuole il Dott. Levier, quanto ritenute, secondo il mio modo di vedere, |
in parte degl ibridi ed in parte delle varietà o meticci a secondo dei
‘loro caratteri e delle loro affinità, la questione della loro origine non
può dirsi con ciò risolta, restando ancora dei dubbi e delle incognite
riguardo alla discendenza e progenitura di parecchie d'esse. L’ unico
metodo per giungere a dei risultati positivi, come accennavo nel mio pre
cedente opuscolo sui Tulipani Italiani (1. c., p. 154), è quello sperimen
: tale, basato sulle fecondazioni artificiali, sia tra individui della stessa
forma, sia di forme o specie diverse e sull’ allevamento delle piante dai
semi così ottenuti. In tal guisa si potrebbero avere notizie precise.
i ‘modo con cui si comportano riguardo alla riproduzione sessuale e quin( Li
. accertarci della loro qualità di veri ibridi o di meticci e scoprirne |
de discendenza, Si potrebbero pure ottenere così sperimentalmente degl’
| bridi o dei meticci, uguali o diverse dai Neotulipani attuali, ma che
potrebbero ugualmente portar luce sulla loro origine; saranno questi
Tulipani dell: avvenire o Mellotulipe, che mire risolveranno i dubh
_ Intanto, volendo pur dare una posizione sistematica alle Neotuli je
io non vedo altra soluzione diversa dalle conclusioni a cui giung
nel mio precedente lavoro sui Tulipani Italiani; e cioè, essi si debba
| PALEOTULIPE, NEÒTULIPE E MELLOTULIPE
scono con certezza i progenitori, si porranno a quel luogo che loro com-
| pete per le affinità morfologiche e se ne indicherà la sospettata origine ‘à
ibrida — come già feci per la 7. Martelliana Lev. — preponendo al
nome specifico il segno convenzionale di X, pur conservando la nomen-
clatura binomia finchè se ne scopra con certezza la discendenza.
Con ciò pongo termine a questo articolo, scopo del quale, oltre lo scu-
sarmi delle critiche mossemi dal Dott. Levier, fu di chiarire e discutere
diversi punti riferentesi a questa questione così dibattuta. Ritenga dun-
que il mio dotto contradditore che non fui mosso a scrivere per sem-
plice scopo di polemica ma soltanto dal desiderio di marciare amiche-
volmente con lui alla conquista della verità.
Casinalbo (Modena), Settembre 1895.
Rivista bibliografica italiana per il 4894
III TRATTATI
A # % 1
Prima di iniziare le Riviste critiche intorno ai Trattati di Botanica.
italiani, di cui mi volle affidato l’onorevole incarico la Direzione della
Malpighia, io credo utile premettere alcune considerazioni.
Anzi tutto è d’uopo avvertire che in Italia si osserva un fenomeno ;
curioso e doloroso ad un tempo, cagione principale della mancanza di
buoni libri di testo di Botanica, per cui siamo costretti, per studiare
uesta scienza, ricorrere ai trattati esteri o- alle loro traduzioni.
Ogni cambiamento di governo corrisponde da noi ad un mutamen
radicale nei programmi di insegnamento e nei Regolamenti dei Ginnas
Licei; quasi che cambiar sempre e tutto distruggere senza aver tempo i
nè mezzi e criterii pratici sufficienti per sostituire cosa a cosa, deb
considerarsi l’espressione di un progresso! 2
| Da questi mutamenti deriva quella instabilità nei metodi di insegi
mento che, ostacolando lo sviluppo dell'istruzione, favorisce, tanto Pedi
one di traduzioni malamer bboracciate Lek il SeS
ur AMENER E
| RIVISTA BIBLIOGRAFICA ITALIANA PER IL 1894
| vergognosi libercoli pseudo-scientifici che innondano il nostro mercato a
librario.
Infatti: date le mutevoli condizioni dei programmi ufficiali, a chi ver-
| rebbe in mente di accingersi con serietà di propositi alla compilazione
di un trattato di Botanica destinato a servire come testo nelle Scuole?
Il trattato elementare, scritto con chiarezza, facilità e lucidità di
| esposizione, che svolga i principii fondamentali della Botanica, basan-
dosi unicamente sopra osservazioni acquistate in modo definitivo alla
scienza, deve essere il lavoro più difficile che si presenti ad un uomo
| coscienzioso; e per fare un tale libro occorrono tempo e fatica associati
ad un corredo di cognizioni esteso, profondo e perfettamente assimilato.
Un buon libro di testo dovrebbe essere tenuto opera degna della più |
alta considerazione e il Governo, a mezzo delle Commissioni che furono
all'uopo nominate, dovrebbe favorirne la pubblicazione istituendo con-
veniente, serio e coscienzioso concorso. È
Ottenuto un libro classico, si dovrebbe sopra questo informare i pro~-
grammi di insegnamento per un periodo di tempo abbastanza conside-
revole; sino a tanto cioè che nuovi progressi, nuovi fatti acquisiti alla
scienza non consiglino la rinnovazione o il rifacimento dell’ opera. ;
Con questi criteri si potrebbero allettare i migliori nostri botanici ad
occuparsi da soli o associandosi tra di loro, di questo grave argomento, —
ritraendo da questo loro contributo alla istruzione pubblica, quei com-
pensi. morali e materiali ai quali avrebbero, per tale utilissima opera ;
Nella speranza che presto anche noi potremo vantar per quanto ha
guardo alla Botanica, un trattato classico, tale da poter essere con
onore paragonató a quelli editi recentemente in Germania, in Francia
l in Inghilterra, io mi auguro intanto che la Società nostra vogli
occuparsi di questa quistione, eccitando il Governo e, per Mezzo suo, le
Commissioni per i libri di testo, a prendere serie disposizioni al ri
| guardo delle proposte che io mi onoro di Abioporre all’ pra €
i lettori della Malpighi:
id
di guida illuminata alla gioventù nostra, la quale, avendo riguardo al
necessario progresso dell’agricoltura, dovrebbe occuparsi ben più inten-
samente degli studii botanici, di quello che ora non faccia.
D" EuGenio Baroni. — Lezioni di Botanica descrittiva e com-
parata per uso della quinta classe ginnasiale conforme
ai programmi approvati con R. decreto 20 ottobre 1894.
Firenze, Stabilimento Pellas, 1895. L. 1.
Le lezioni di Botanica edite dal D." Baroni sono comprese in N. 53
agine di testo, divise in N. 19 paragrafi, nei quali è svolto il pro-
un ma di insegnamento per la 5. classe ginnasiale approvato con re-
decreto (Notisi che l’attuale regolamento 20 ottobre 1894 — sosti-
‘quello firmato il 16 settembre 18981! 1).
Nella classe quinta deve l'insegnamento occuparsi della descrizione e
comparazione di piante appartenenti ai tipi inferiori, corredandola con
notizie intorno alla origine delle principali piante coltivate e con no-
zioni intorno alle piante notevoli per le loro attinenze storiche (').
` Cid credo mio dovere premettere affinchè dal lettore venga inteso e
onvenientemente interpretato il metodo seguito dall’ Autore in suna
uo lavoro.
Nei differenti capitoli si tratta di N. 38 piante scelte fra le Fanero-
game Antosperme in numero di 2 e successivamente: Gimnosperme 6
= Protallogame 6 — Schistogame 2 — Briogame 4 — Gimnogame 18.
La scelta delle varie specie, a parere mio, lascia in alcuni casi al
uanto a desiderare pure giudicando coi eriterii fissati dal programma; È
hè alcune specie (come riconosce del resto anche l” A. trattando del-
Ulva e del Nostoc ad es. a pag. 36) hanno troppa limitata importanza.
Così, poichè il libro è destinato ad un pubblico italiano, io mi per-
sedi di non | approvare la scelta e la illustrazione del Vischio piro
ERT i RE e da | k approvati ni | “rés 20 n=
Paravia, 1894. — a ét ee or
550 RE RIVISTA BIBLIOGRAFICA ITALIANA PER IL 1894
(Loranthus europaeus che, per quanto io mi sappia, manca al Piemonte,
alla Liguria, alla Lombardia propriamente detta e alla Sardegna).
Le descrizioni sono accurate, però non tutte sufficientemente estese; |
abbondanti relativamente sono le nozioni intorno alle applicazioni dei
prodotti che si ricavano dalle Specie analizzate, nelle industrie e nelle
arti e nell’agricoltura, e interessanti le citazioni tratte a preferenza dai |
maggiori poeti della latinità. SI
Specchietti di confronto trattano dei caratteri differenziali e dei ca-
ratteri comuni alle specie esaminate, le quali vengono dall’ A., nei suc-
cessivi paragrafi, confrontate due a due tra di loro. |
E a questo riguardo mi permetto di fare qualche osservazione sul
metodo adottato dall'A. nello stabilire queste comparazioni, le quali, se 4
eo possono e debbono ritenersi utili e convenienti per molte delle piante
illustrate, non possono ugualmente ammettersi per certe altre. |
Ad es. i confronti di cui sono oggetto le piante descritte nei capitoli:
17° (Penicillum glaucum e Mucor mucedo), 18.° (Peronospora viticola
ed Erysiphe Tuckeri), 19.° (Puccinia graminis e Claviceps purpurea)
€ così dicasi anche di quelle trattate nei paragrafi 12 e 16, a parer
Lu non possonsi scientificamente sostenere senza ingenerare nella
vane mente del lettore, troppo gravi e pericolose confusioni.
Il libro del D." Baroni, per lo scopo a cui è indirizzato, io credo : sia
"da ritenersi come opera vi che potrà presto essere maggiormente ap-
| prezzata dal pubblico a cui è destinata, quando lA., nella prossima ed
zione, descrivendo un maggior numero di specie e illustrandole co
< adatte figure (come egli intende di fare) voglia estendere e maggi
| mente completare la descrizione delle Crittogame, la cui conoscenza
esatta è è pare per tanti gta così utile ed corne per li agricolture
i DI Oreste Marriot »
- Luglio 1895.
NECROLOGIO 551
ÄT
Dott. DOMENICO RIVA
Il Dott. Domenico Riva merita un cenno di commemorazione e di
compianto. Nacque da genitori onesti e agiati in Montese, villaggio
È montano in sui confini tra le province di Modena e Bologna.
2 A Bologna, dove passò quasi tutta la sua sia, prese la laurea in
F Zoojatria. Durante gli studii s’ appassionò così per le coltivazioni bota-
niche, che di queste fece lo scopo principale della sua attività. Se non
che, deficiente di mezzi non che. per approfondirsi negli stu di, ma quasi
per vivere, si decise a malincuore a conseguire il diploma di farmacista.
Ma col suo carattere began non sapeva tollerare il lavoro ue
della ab pe e retrobottega, e si ribellava alle esigenze del servizio;
tan Dei coll’ Alani quest’unica risorsa per le sue Pr
o
aumentò notevolmento mediante scambii con molti botanici italiani e
stranieri. Il suo erbario fu utilizzato dal prof. Cocconi per la sua Flora
della provincia di Bologna.
l Riya faceva vita grama da trappista, sopportando Tos ragos p
Ridotto agli estremi dei mezzi per vivere, accettò con entusiasmo la
proposta. di accompagna re nel suo ma viaggio in Africa il celebre
botanico Schweinfurth: il 1 quale rilasciò al Riva, mediante “rev i e
patenti attestati di riconoscenza per la sua ardente e intelligente
; po zione, e l’ onorò applicato il nome specifico di Riva ad Due nuov va. ;
ne (opens Riva
Riva in quel viaggio al ‘ritemprò la salute, che dimostrò provata |
at tuti gli stenti, a Be le indigenze. My il poveretto, di ritorno dal-
Africa, si trovò come prima: in miseria
tutti è nota on infelice fine della “eplorasions re principe E. Ru-
difficile preparazione: mise a nudo la carotide e con un colpo
forbici se la tagliò !
G. GIBELLI.
Piccola Cronaca
| L'estate decorsa è stata fatale per la Scienza Botanica, togliendole numerosi dei
più valenti suoi cultori. Così deploriamo la morte d’uno dei veterani fra i Bota-
nici francesi, prof. Henry BaiLLon, quella del Nestore fra i Botanici tedeschi, M.
WicLkomw (di cui il ricchissimo Erbario è conservato nell’ Istituto Botanico di
| Genova), di Juren Vesque, fondatore dell’ Anatomia sistematica moderna, di CH
Basinoron dell’Università di Cambridge, del Prof. D. Branpza, Direttore dell Is i
tuto Botanico di Bukarest. Il 29 settembre morì a Garches presso Sèvres Li
PastEUR, all’età di 73 anni. k
Di Botanici italiani morì il Dott. Domenico Riva, che fu compagno al defun 0
principe E. Ruspori nel viaggio d’esplorazione al Giuba, e ne riportò ricca messe
di piante rare ed interessanti.
Ai nostri lettori riuscirà grata la notizia, che l’opera importante del defun
_ Dott. P. Busani di Bagnacavallo, la Flora Pyrenaea, finalmente sarà data alla
stampa per cura del Prof. O. Penzie. Le considerevoli collezioni botaniche di
Bupani, fra cui i tipi delle piante nominate nella Flora Pyrenaea, sono po ni
si z Istituto Botanico Hanbury, dell’ Ha di es
die
nico di Darmstadt ; del Dott. M. Nivoi a Prof. di Botanica nell’ Univertifa H
: Tokio (Giappone).
END EC EU
se
Lavori originali.
| | Pag.
Barpacci A. Risultati botanici del viaggio compiuto in Creta nel 1893. 31, 252, 329
BuscaLioni L. Sulle muffe e sull’ Hapalosiphon laminosus Hansg. nelle Terme
di Vi n Tav. valige SA
ISCALIONI udii sui cristalli di "desalato di calvo. Pirts pilina .
Camus J. tique da premiers herbiers . . . de
Derino F. Studii fillotassici (con 1 incision Fe i
Fiori A. mn anatomiche sul frutto dell’ rent dulbie Thunb. (con
v. VII e VIII). 5 E e a
Fiori A. Paleo tulipe, Nootalipe < e Mellotulipe li
Gasperi L. Sul} identità della Vicia sparsiflora Ten. eoll'Orobia SEERA
i W. K., e sull’ affinità di tale specie colla Vicia Orobus DC.
| sviluppo del fiore e del frutto della Trapa natans (con Tav. XI-XV)
- Morini F. Ancora intorno all’ area connettiva della guaina fogliare delle
Casuarinee (con Tav. I e AE
Nicotra L. Influenza del calcare silla RECATA a ono di,
| Nicorra-L. Prime note sopra alcune piante di danza: E PR E r
Nicorra L. Ulteriori note sopra alcune piante di Sardegna . . . È
ero P. Cenni oroidrografici e studio sulle Diatomee del Lago di isol + 1,
‘Portacci G. Sulla ricerca microchimica del fosforo per mezzo del reattivo
ne molibdico e cloruro stannoso nelle cellule tannic ré RARE
* Saccarpo F. Ricerche sull'anatomia delle Typhaceae (con Tav. I-VI). =
SACCARDO P. A. e MartiroLo O. Contribuzione allo studio l Ondomyens =
lepfoides Sace. (con Tav. XVI). . . 459
Riviste critiche dei lavori botanici italiani del 1894.
Sola TA i sui Pteridofiti ... . . . . E
e 0, Trattati, Banti, ee 2 A
Pmorra R. Anatomia e DINA D Sos ne ie a Ai
Caso te i i d’una castagna (con 1 incisione)
Addenda ad Floram Italicam.
"Foa A. L Elodea canadensis Mich. i Veneto ed in Italia. 3
nuove località per la Flora Italiana . .
Te A. Nuove specie e nuove località per la Flora del Modenese e Igino
ci L. Contributo alla Flora marchigiana di piante nuove e di Huova,
#4
san per alcune sue specie più rare .
Passio:
Mancianp L Synopsis et tableau synoptig des lie qui pan la
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MALPIGHIA Volume 1X | TAV. XVI
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almeno, corredati, secondo il bisogno, da tavole. - i x
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SOMMARIO.
PI A. Saccanzio od O, Marrmoso: Contribuzione allo stadio del-
F Oedomyeés leproides Sacs. (con Tav. XVI) . +... : Pos. 450
Buscazioni L: Studii sui cristalli di ossdlato di calcio. Parte prima >.
Fiom A: Paleotolipe, Neotulipe é Mellotulipe.. : 2". .. > =
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‘Marrmoio 0.: Trattati, ADe Sea eee a‘