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Full text of "Il Carroccio. The Italian review, Rivista di coltura, propaganda e difesa italiana in America"

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Voi.  Vili.  -  No.  S 


tlHUiZea     i)\     lue'     .Ai-i     -;     O', -■-•ut»     'j,     ^  ^  t  .  ,     v^j    .wt;    m     ..il 

Post  Office  of  New  York,  New  York.   —  By  order  ot  the 
Pipslflent.   A.    S.    Bu  lesoD,   Postoiaster  General. 


NOVCMBRC  1015 


i^ROtClO 

RIVISTA  DI  COLTURA  PROPAGANDA  E  DIFESA  ITALIANA  IN  AMERICA 
Diretta  da  AGOSTINO  DE  BIASI  ColUboratore  da  Roma:  ENRICO  CORRADINI 


TRIESTE 


FOLA 

FIUME 

ZARA 


L- 


Il  Carroccio  Publishing 
Company,  Inc.  -  150  Nas-   | 

SAU     STREET   -    NeW     YorK 


II 


^ROCClO 

^^-^iltlEITALlATI  REVIEWX— ^ 
Published  monthly  in   New  York  by 

II  Carroccio  Publishing  Co  ,  Inc. 

at  150  Nassau  «treet,  Naw  York 

Afottmo  de  Biati,    Preiident 
Alettandro  Caccia,   Secretar/ 


Editor:  AGOSTINO  DE  BIASI 

Offict:    150  Na$$au  ilrtet.   lulte  1608-09 

Tolephone:   2690  Beekman 


SUBSCRIPTIONS 

F»r  On*  Ttar 

.  $3.00 

Ftreifa    . 

.     .I4.0» 

Ckuda     .     . 

.  "3.50 

SintU  copy 

CcbU  20 

Addreas    ali   Communications  to 

Il  Carroccio  Publishing  Co.,  Inc. 

150  Nassau  Street,  New  York 

Entered  ••  Second-Clasa  Mail  Matter, 
Fcb.  5th  1915  at  ih*  Poat-Offie*  New  York 


Val.  Vili     NEW  YORK,  NOVEMBER  1918      No.  5 


SOMMARIO 

La  Nazione  al  suo  Re  —  V.  E.  Orlando Pag. 

"La  Patì-'ia  immortale  lo  vuole!"  —  Diaz " 

//  giorno  d'oro  dell'Italia  —  Agostino  de  Biasi " 

The  President  to  the  King  of  Italy " 

Lo  sforco  di  guerra  dell'Italia  ed  i  suoi  sacrifìci  —  Ambasciatore 

Conte  Macchi  di  Cellere " 

The  powerfiil  effort  uiade  by  Italy  in  the  zvar " 

//  trionfo  d'Italia  —  Maggior  Generale  dr.  Emilio  Guglielmotti....        " 

Nell'ora  del  trionfo  —  Prof.  Alessandro  Oldrini " 

La  Vittoria  —  Enrico  Corradini,  collaboratore  da  Roma  del  Car- 
roccio     

Now  America  sees  Italy's  Iriumph  —  Articoli  e  giudizi  della  Stam- 
pa Americana 

Le  terre  italiane  redente  —  con  5  cartine 

Venice  —  versi  —  John  Addington  Symonds 

Fiume    is    italian 

Trattati   e   Patti  —   Enrico    Corradini •. " 

L'Estate  delle  Cento  Vittorie  —  versi  —  Dr.  Nicola  Fusco " 

La  Battaglia  del  Piave  —  Relazione  del  Comando  Supremo " 

To  Italy  —  versi  —  Robert  Underwood  Johnson " 

Dopo  la  condanna  —  "L'Idea  Nazionale" " 

With  the  American  Y.  M.  C.  A.  in  Italy  —  Dr.  W.  John  Murray        " 

"Nova   progenie"!   —    Paolo    Orano 

Ceramiche   italiane   —   Cav.   G.    B.   Vitelli 

//  primo  saluto  ai  soldati  d'Italia  —  Cav.  uff.  Lionello  Parerà " 

Discussioni  del  Carroccio  —  Il  biolco 

Cronache  d'arte  —  Pasquale  de  Biasi 

Gl'Italiani  negli  Stati   Uniti 

Dal    Plaustro - 


381 
382 
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456 
470 

477 
483 


L'ATTUALITÀ'  ILLUSTRATA:  —  Quattro  pagine  su  carta  speciale,  fuo- 
ri testo,  con  incisioni  stampate  a  colore. 


111= 


L'Abbonamento  della  Vittoria 

Il  Carroccio  —  nella  pienissima  soddisfazione  del  dovere  com- 
piuto con  una  fede  che  mai  gli  venne  meno  e  che  irradiò  e  mantenne  viva  in 
quattro  anni  di  guerra,  con  coscienza  nazionale  incrollabile  —  sente  di  po- 
ter chiedere  a  coloro  che  l'hanno  sostenuto  nella  fiera  contesa  dei  diritti 
italiani  in  America,  i  mezzi  di  proseguire  la  battaglia  dell'italianità  che 
non  sembra,  per  ora  e  per  l'avvenire,  meno  aspra  di  prima.  Chiede  ai  suoi 
sostenitori  attuali,  oltre  il  loro  rinnovato,  un  nuove  abbonamento  annuo, 

r Abbonamento  della   Vittoria, 

Chiamare  ancora  a  radunata  le  forze  italiche  d'America  intorno  al 
labaro  della  Patria  è  concorrere  alla  celebrazione  della  Vittoria,  di  guer- 
ra; è  concorrere  e  preparare  le  albe  della  pace;  è  ancora  dire  al  popolo 
d'America:  —  L'Italia  davvero  è  grande! 

Cessato  è  il  fragore  delle  armi;  ora  tutte  le  attività  nazionali  vanno 
disciplinate  e  sorrette  e  guidate.  Il  CARROCCIO  sta  bene  al  suo  posto.  Ha 
parlato  la  spada;  or  parlino  la  toga  e  la  penna. 

Nel  suo  simbolo  italianissimo  il  CARROCCIO  è  "l'arca  del  nostro 
patto,  l'altare  della  nostra  legge". 


fi   Per  l'annata    1919   l'abbonamento  al  CARROCCIO  viene  portato  a  4 
dollari;  a  4.50  pel  Canada;  a  5  per  l'Italia  e  altri  Stati. 
Ogni  fascicolo  costerà  25  cents. 

H  Chi  rinnova  il  suo  abbonamento  prima  del  1 0  dicembre  1918  godrà 
il  privilegio  di  pagare  3  dollari  come  pel  passato. 

Cr  I  nuovi  abbonati  che  manderanno  l'importo  del.I9I9  prima  del  IO  di- 
cembre 1918  avranno  in  dono  il  Numero  straordinario  di  Natale, 

//  '' Carroccio"  della   Vittoria, 

magnifico  volume  ricco  di  scritti  in  italiano  ed  in  inglese  splendidamente 
illustrato:  superbo  ricordo  dell'anno  della  gloria  d'Italia. 

C  II  Numero  di  Natale  non  sarà  spedito  a  chi  non  si  sia  a  tatto  il  1  0  di- 
cembre messo  in  regola  pel  1918  con  l'Amministrazione  della  Rivista. 

C  Ogni  abbonato  attuale  ci  procuri  un  abbonato  nuovo  —  subito.  Non 
bisogna  che  quest'anno  fausto  per  gl'Italiani  finisca  senza  dare  una  nuova 
recluta  a  questo  CARROCCIO  che  onora  gl'Italiani  degli  Stati  Uniti,  che  in 
esso  hanno  la  loro  anima  e  la  loro  voce. 

U  Celebrate  la  Vittoria  col  congiunto  e  con  l'amico  lontano,  in  Italia, 
negli  Stati  Uniti,  altrove,  ricordandogli  la  Patria  col  CARROCCIO. 

C   Glorificate  l'Italia  fra  gli  stranieri! 

(segue) 


m 
1 


Iti- 


e  Abbonate  al  CARROCCIO  gli  Americani  che  conoscete  e  quanti,  anche 
se  non  li  conoscete  (uomini  politici,  autorità,  università,  collegi,  giornali, 
biblioteche)  desiderate  che  ci  studino,  ci  appoggino,  ci  amino.  Donate  loro 
il  Carroccio.  Conoscano  l'Italia! 

f[  Per  Natale  e  Capodanno  c'è  un  dono  più  indovinato  d'un  abbonamen- 
to al  Carroccio?  E'  un  dono  che  si  sussegue  in  tutti  i  mesi  dell'anno  e 
ricorda  a  chi  lo  riceve,  con  l'Italia,  il  donatore. 

C  Le  norme  postali  vigenti  vietano  l'invio  della  Rivista  ad  abbonati  che 
non  paghino  l'abbonamento  in  anticipo. 


i^Utandare  subilo  c/iec^5  e  money  orders  alla 

IL  CARROCCIO  PUBLISHINQ  CO.,  Inc. 

150  Nassau  Street,  U^eW   York 


TAGLIATE   K   Sl'KDITj;   SUBITO  QUESTE   SCHEDE 


Abbonamento-dono  della   Vittoria  1919 

Ie  Carroccio  Pubushing  Co.  —  150  Nassau  st.,  N.  Y. 

Desidero   di    abbonare   al    Carroccio  per   l'anno    1919   il 

Signor ,    residente 

in al  quale 

manderete  in  dono  il  Numero  di  Natale  1918.  (Se  questa  scheda  si 
spedisce  prima  del  io  dicembre). 

L'abbonamento  decorre  dal  i.  gennaio  1919. 

Firma 

Indirizzo 


B  Abbonamento  1919 

=  Il  Carroccio  Pubushing  Co.  —  150  Nassau  st.,  N.  Y. 

=  Desidero  di  abbonarmi  al  Carroccio  per  l'anno  1919.    Nel 

=  mandare  l'importo  $4.00  negli  Stati  Uniti,  $4.50  nel  Canada,  $5.00 

^  in  Italia  e  altri  Stati)  chiedo  che  mi  venga  spedito  in  dono  anche 

^  il  Numero  di  Natale  1918  (se  questa  scheda  si  spedisce  prima  del 

=  IO  dicembre). 

=  Firma 

=  Indirizzo 


""^"'iillili"' 


=7l!|imilllllllllllllllllllllimilllll"""l"""""""" iiiniiiimiimm.iiiMmmmmnmm.MinminmmumiMiiniiiimiimimiiiiiu- 

II 


II'J: 


m  lo.ooo  COPIE 


LA    PIÙ'    SERIA    ED 
EFFICACE    PUBBLICITÀ" 


//  ^^ Carroccio^  della  Vittoria 

-  Numero  di  Natale  - 

Si  annunzia  un  altro  Numero  del  Carroccio  degno  dei  precedenti, 
ammiratissimi,  celebranti  la  Guerra  d'Italia  —  il  Nunrero  della  Glorifi- 
cazione —  il  Carroccio  della  Vittoria.  Sarà  un  volume  di  eccezionale 
importanza  patriottica.  Conterrà  scritti  in  italiano  e  in  inglese  di  politica, 
letteratura,  arte  e  varietà  a  firma  dei  più  noti  scrittori  d'Italia  e  d'America. 
Avrà  numerose  pagine  di  finissime  incisioni  a  colore. 

Avrà  ampia  diffusione  negli  Stati  Uniti  e  in  Italia. 


ITlI 


Con  questo  Numero  eccezionale  il  CARROCCIO  apre  la  sua  campa- 
gna d'abbonamenti  pel  suo  QUINTO  ANNO  DI  VITA  —  quinto  an- 
no di  progresso  e  di  riconosciuto  indiscutibile  successo. 


=  Tutte  le  Ditte  Italiane  si  uniranno  al  CARROCCIO  per  celebrare  la  ^= 

^=  chiusura  dell'anno  che  ha  dato  la  gloria  all'Italia.  ^= 

=  Ogni  buona  Ditta  si  prepara  a  inserire  il  proprio  annuncio  nel  CaR-  ^= 

=  ROCCIO  della  Vittoria  —  anche  quelle  Ditte  che  gli  anni  scorsi  si  dolsero  ^^ 

^=  di  non  essere  apparse  in  una  pubblicazione  di  distinzione  e  di   autorità  ^^ 

-=  com'è  appunto  il  CARROCCIO.  ^ 

=  Nei  suoi  Numeri  di  Natale  il  CARROCCIO  passa  in  rassegna  annuale  ^ 

=  la  forza  italiana  viva  nel  mondo  americano  degli  affari:  sono  le  più  ri-  ^s 

^=  spettabili  Ditte  industriali,  le  più  accreditate  Case  di  commercio,  di  banca,  ^É 

^=  d'importazione,  d'esportazione,  di  rappresentanza.  ^= 


siAivio    Al-    dof»o-gue:rra  ! 


La  pubblicità  del  CARROCCIO  contribuisce  efficace- 
mente a  formare  il  credito  delle  Ditte  che  daW America 
hanno  relazione  d'affari  con  le  Case  Italiane,  poiché  la  se- 
rietà e  l'onestà  della  Rivista  garentiscono  la  serietà  e  l'o- 
nestà degli  avvisanti. 


Il  solo  fatto  di  pubblicare  un  annuncio  su  una  Rivista  accreditata 
come  il  Carroccio  è  una  distinzione. 

La  reclame  del  Carroccio  è  permanente,  d'immancabile  risultato. 

Giova  molto  ricordarsi  alla  clientela  antica  e  tentare  di  crearsene  una 
nuova,  utilizzando  le  pagine  del  CARROCCIO. 


^=  Scrivere  subito  per  prenotare  spazio,  per  tariffa  d'inserzioni,   chiari-   ^= 

'=    menti,  ecc.  all'Amministrazione  del  CARROCCIO,   150  Nassau  Street,  Net»   = 
=    York  Cit^.  —  Telefono  per  chiamare  gli  agenti:  2690  Beeì^man.  = 


nini!!!'!'''!!'!!!!'!!!! 


I!l| 


Il7 


TTJ 


//  Carroccio  è  citato  frequentemente  dai  giornali  e  dalle  riviste  della  Penisola. 


UNDER   FOUR   FLAGS 

-SOTTO     QUATTRO     BANDIERE- 
Terza  Films  Ufficiale  Governativa  della  Guerra 

CINQUE     REELS     COMPLETI     DI     SGENE     VIVIDE     DELLE     ULTIME 

GRANDI    BATTAGLIE    CHE    PROVOGARONO    L/\    CADUTA    DELLA 

GERMANIA.     PRESE    DAI    FOTOGRAFI    DEL    SIGNAL    CORPS 

E   DELLA   MARINA   DEGLI  STATI   UNITI.   DELL'ESERCITO 

ITALIANO    E    DEGLI    ESERCITI    ALLEATI. 

"UNDER  FOUR   FLAGS"  e'   la  più'   roconte  dello  famose  serie  di  scene  belli- 
che  ijrodotte   dal   Governo   per   la   Xa/.ioiie  Americana    e   por   i;uelle   Al'eate. 

-  /  Generali  che  la  Guerra  ha  resi  famosi. 

-  La  Conferenza  di   Versailles  e  Foch  generalissimo. 

-  "Eccoci,  Lafayette!" 

-  Le  azioni  di  Chateau-Thierry  e  di  St.   Mihiel :  gloria 

degli  Americani. 

-  L'Italia  vince  sul  Piave!  Scene  vividissime.    L'epopea 

del  valore  italiano! 

-  Sul  Fronte  Inglese. 

-  Francia  e  Belgio  liberati. 

-  La  resa  del  nemico  e  la  sua  vandalica  ritirata. 

"UNDER  FOUR  FLAGS"  viene  presentata  dall'Unitetl  Statos  Oonimittee  on 
PuIjIìc  inlurmatioii,  GEORGE  CREEL,  Chairman.  per  mezzo  della  Divi- 
siono Cinomntoj.'-rarica.  CHAULES  S.  irAI'lT.  Dirottore,  Washington, 
noi    due    grandi    teatri 


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//  Carroccio  è  un  manuale  d'italianità. 


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Il  Carroccio  è  un  dono  prezioso  per  gli  amici  in  Italia. 


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NEW     YORK 


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Grande  scelta  dì  libri  Italiani  anticlii  e  moderni 


AI  SIGNORI  CLIENTI: 

Abbiamo  il  piacere  d'informare  i 
nostri  Lettori  che  riceveremo  prossi- 
mamente una  vistosa  quantità'  di  nuovi 
Libri  Italiani,  di  cui,  a  suo  tempo, 
manderemo  lista  ai  signori  Clienti  che 
ce  ne  faranno  richiesta. 

Abbiamo  pure  il  piacere  di  poter  of- 
frire ora  una  piccola, ma  scelta  colle- 
zione di  libri  italiani,  legati  in  3/4 
marocco,  adatti  specialmente  per  regali 
di  Natale  e  strenne. 

Seguono  alcune  novità': 


Sem  ^enelli  -  Parole  di  Battaglia 


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Schizzi  sulla  Guerra  recente  e  sulla  Guerra  del- 
l'Indipendenza. 


De  ^M.auri  —  Epigramma  Italiano 
Libro  d'  Oro  della  Nobiltà'  Italiana. 


4.00 
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(^al^ndari  art^del  Italiani 

Riproduzioni  di  elevato  carattere  artistico 
di  quadri  delle  più'  celebri  Gallerie  italiane 

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Il  Carroccio  è  simbolo  italiano  di  battaglia  contro  gli  stranieri  nemici. 


"Simpatico  Carroccio  animato  da  fervido  spirito  nazionale"  —  disse  il  min.  Arlotto 


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SULPHO   ICHTHIOLATE  OF  AMMONIA 
Manufactured  by  Società'  Industrie  Chimiche  Ittiolo,  Naples   '. 

Extracted  from  the  bituminous  tchiats  in  GIFFONI  VALLEPIANA,  lUily 


SUPERIOR  TO  THE  PRODUCTS  OF 
THE  CORDES  HERMANN I   &  CO.  OF  HAMBURG 


Now  used  in  America  by  leading  Hospitals  and  Physicians. 
The  only  produci  which  has  victoriously  taken  the  place  of  the  one 

from  Germany. 

On  July  i8,  1918,  the  Italian  Minister  of  the  Industry,  Commerce  and 
Labor  authorized  our  firm  to  have  the  exclusive  use  of  the  name  "Ichthyol", 
previously  used  by  a  German  firm. 

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Loss,  at  100° C,  (Water)   51.33% 

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Ammonium  Su'.phate  6^ 

66  Baxter  Street,  New  York     J°^^'  ^"iphur  ^ 8,87 

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Sole  Agent  for   the  Organic,    (Sulphidic   Sulphur)  0,66 

United  States,  Canada  &  Mexico        ■•^•-'''''    0'?4 

Reaction  Acid 


^^^^^^^^^^^^V^^^^^W^^^^^^^^^^^V^^VM^^^^WW  <^^^^^^^^^^^^^^»  ¥'»'¥^*^*^ 


SCHEDA  D'ABBONAMENTO 


Al  Carroccio  Publishing  Co.  —  Nassau  st.    N.  Y. 

Desidero  di  abbonarmi  al  Carroccio  e  ne  mando  l'im- 
porto ($3.00  negli  Stati  Uniti;  $3.50  nel  Canada;  $4.00 
n  Italia). 

Firma 
Indirizzo 


xaaìVm'w^m^"^»^  ■""•*•■•*•  ■^■^-■-^.■■■i^''--^--'--'--'--'---  -'rii-^ii--i-,-^ii--ii''-ii-''  '.■.'■•.■.  ^■•.  ■•.,-.  ■■■,-■1  -■|-■||^|-||A|^A|^|-|  1-Liì.i 


Tenere  in  vita  il  Carroccio  che  onora  l'Italia  è  dovere  patriottico. 
VI 


"Simpatico  Carroccio  animato  da  fervido  spirito  nazionale"  —  disse  il  min.  Arlotto 


yOVA  ANTOLOGIA 


Rivista  di  Scienze,  Lettere, 
Polìtica  e  Belle  Arti    :-: 


Si  pubblica  il  lo  e  il  16  d'oQtii  mese  in  fascicoli  di  circa  200  pagine  ciascuno 

=     Direttore:  MAGGIORINO   FERRARIS   = 


I  NlinUA  AMTflIfliìlA  ^'*  P'"  antica  e  la  più'  importante  Rivista 
^^llUUVn  nlllULUUln  italiana.  I  suoi  articoli  inediti  portan  le  fir- 
me dei  più'  eminenti  letterati,  senatori,  deputati  e  professori  universitari. 

ABBOIMAIVI    ElSIXI: 


Italia,  anno L.  42 

"        semestre    .     ..."    21 


Estero,  anno L.  46 

"        semestre  .     ..."   23 


Ciascun  volume  L.  2  -  Estero  L.  2.50 


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La  pubblicità*  sul  '* Carroccio 


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e'  per  le  buone  Ditte  italiane  un  segno  di  distinzione.  Essa 
giova  massimamente  a  quelle  Ditte  che  hanno  rapporti  con 
r  Italia,  dove  la  Rivista  ha  larga  diffusione  nell'elemento  ban- 
cario, commerciale,  marittimo. 


//  Carroccio  illustra  in  terra  straniera  la  vita  d'Italia  e  dell'Italia 
rivela  le  giuste  aspirazioni. 


VII 


//  Carroccio  parla  "italianamente"  a  tutti  gli  Italiani. 


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Primo  per  gusto 

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—  Sezione  Vomere  — 

NAPOLI 


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PRODUZIONE,  SALAGIONE 
ED  ESPORTAZIONE  D! 

"tCloVvlcTWO,    "?T0\D0V0XV\, 

ILvcoWc  SaVaYe,  ecc. 

Rappresentato    da 

Francesco  Albano 

116  PARK  PLACE 
NEW  YORK 


La  dottoressa  Maria  Montessori  giudica  il  Carroccio:  —  "Periodico  che  è  tra  i 

più  seri  e  interessanti  ch'in  conosca". 

VIII 


//  Carroccio  è  un  manuale  d'italianità. 

M.  Berardìni  State  Bank 

BANCA  DI  STATO 

34  Mulberry  St.,  New  YorK  City 


Situazione 

ATTIVITÀ 

Bonds  Municipali  e 

Governativi 
Contanti  in  Cassa 
Contanti  presso  Banche 
Diverse 

finanziari 

$452.026.35 

33-I5I-22 

412.251.60 

4.664.00 

a  al  30  Aprile  1918 

PASSIVITÀ' 

Capitale 
Riserva 

Profitti   indivisi 
Depositi 
Diverse 

$150.000.00 

450.000.00 

13-89370 

278.910.59 

9.288.88 

$902.093.17 

$902.093.17 

Esegue  qualsiasi  operazione  bancaria.  —  Depositi  soggetti  a  checks,  co- 
me pratica  qualunque  altra  Banca  Nazionale  o  di  Stato  —  Depositi  a 
custodia  —  Vaglia  postali  e  telegrafici  —  Cambio  di  monete  estere  e 
nazionali  —  Biglietti  di  navigazione  e  ferroviari  —  Atti  notarili,  ecc. 


CARLO  BAGIGALUPO 

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NEW  YORK 

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Inviando  $4  si  riceve  a  mezzo  del- 
l'Express una  scatola  di  dieci  lib- 
bre di  dolci  di  riposto,  frutta  can- 
dite   e    confetti    speciali    Italiani. 

Per  i];6  si  ricevono  15  libbre  di 
dolci    finissimi. 

Spedizioni    In    tutti    gli    Stati 


Le  industrie  ed  i  commerci  italiani  hanno  nel  Carroccio  1/  loro  massimo  propulsore 

negli  Stati  Uniti. 

IX 


//  Carroccio  è  citalo  frequentemente  dai  giornali  e  dalle  riviste  della  Penisola. 


Ospedale  Italiano  Fabiani 


Direttore: 

Dr.  Giuseppe   Fabiani 

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secondo 
le  più  moderne 
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Si  vendono  a  casse  intere  presso  i  seguenti: 

Basilea-Calandra    Co.   —    131    Spring    st., Nezu    York    City 

G.  Cella  &  Bro.  —  454  West  Broadway »  »            » 

C.  Maspero  —  333  Greenvvich  st »  »          » 

Parodi  Erminio  &  Co.  —  165  Perry  st »  »          » 

Poggi  &    Co.   —  285    Washington    st »  »          » 

M.  AjELLO  &  Co.  —  74  Sedgwick  st., Brooklyn,  N.  Y. 

B.  Bendin  —   1020  Wallabout   Market »  » 

Bruck  &  Feder  —  1013  Wallabout  Market »  » 

F.  Mosca  —  203  Flushing  avenue y,  » 

G.  Sasso  &  Sons  —  1003  Wallabout  Market »  » 

P.   Schiafeino  —   1009  Wallabout   Market »  » 

Marotta   &   Cella  —  4   Wallabout    Market »  » 

.PoNTERY  &  CrESCy  —  601   Palisade  avenue Jersey  City       < 

'Il  Carroccio  è  una  bella  pubblicazione  che  onora  veramente  l'Italia"  —  scriveva 
il  ministro   della  Marina,  amvtiraglio   Viale. 


//  Carroccio  è  un  dono  prezioso  per  gli  amici  in  Italia. 

AGENZIA  DEL 

BANCO  DI  NAPOLI 

524-528  BROADWAY,  NEW  YORK 


CHICAGO  -  854  Halsted  Street 


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Unici  titoli  autorizzati  dal  Governo  Italiano,  che  possano  offrire 

SICUREZZA   ASSOLUTA    -   ECONOMIA   DI   SPESA 

RAPIDITÀ'  DI  RECAPITO 


Diffidate  di  coloro  che  volessero  spacciare  ricevute  senza  valore 

per  vagUa  del  BANCO   DI  NAPOLI. 

Il  Banco  non  riconosce    né  garentisce  che  i  soli  suoi  vaglia. 


:  Corrispondenti  del  Banco  di  Napoli 

negli  Stati  Uniti 

BROOKLYN,   N.  Y. 

DETROIT,   MIOH. 

A.  Sessa  &  Son 

40  Union  Street 

Cav.  Pietro  Cardiello 

381    Rivard   Street                    ; 

NEW    HAVEN,   CONN. 

.  _ — 

NEWARK,   N.  ù. 

Pallotti,  Andretta  &  Co. 

630   Chapel   Street 

Salvatore  d'Auria 

139  Seventh  avenue 

TRINITAD,   COLO. 

SALT   LAKE    CITY,   UTAH 

Cav.  John  Aiello 

[            International  State  Bank 

Fortunato  Anselmo 

KENOSKA,   WISC. 

PATERSON,  N.  J. 

E.  Lamacchia 

117   Howland  av. 

Pasquale  Rescigno 

268   Market  Street 

M^ 

Sostenere  il  CAjirtoccio  con  abbonamenti  è  assicurare  agl'Italiani  un'arma 
formidabile   di  difesa  in   ogni  campo. 


XI 


Il  Carroccio  prepara  l'avvenire  al  commercio  italo-americano. 


Adv, 


in 


a 


Il  e 


arroccto 


>9 


When  you  buy  a  space  in  //  Carroccio 
you  buy  purcbasing  power.  When  you  ana- 
lyze  the  purchaiing  power  behind  the  most 
comfortably  situated  Itah'an  familjes  in  Amer- 
ica -  the  flower  of  3,000,009  Italians  -  you 
bave  an  idea  of  what  a  new  market  is  open 
to  the  A^merican  pdvertiser  of  //  Carroccio. 
The  readers  of  //  Carroccio  bave  comfor- 
table  inccmes.  The  readers  cf  //  Carroccio 
bave  confidence  in  the  paper.  They  bave 
been  edacated  witb  the  idea  that  their  fa- 
vorite ma  gazine  gives  ihent  a  rea!  service  in 
advertising. 

The  modem  advertiser  buys  purcbasing 
power. 


.EEIMO 


F"OR 


■>K<ÌKfa*ttacf:  •»  '.  --Vt-   -    'n   '   ■*  ^  -^ii*^-'    >-■  -1-1 -■  ^  ^  --   --^1^  ^  -•->•■■■■■■■■'■■-  ^-  -^  -■■  -^  --'•-----'■-■    --i--  I-I -•-,^11'  ,r,à\^ 


Dobbiamo  riorganizzare  il  Commercio  italo-americano.  —  E'  oggi  che  bi- 
sogna muoversi  per  l'avvenire.  - —  Chi  si  muove  adesso  coglierà 

copiosi  frutti  domani. 


Prof.  A.  D'ALESSIO 

SCUOLA    ACCADEMIA    DI   TAGLIO 
SISTEMA   PREMIATO  D'ALESSIO 


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DEGLI   ALLEATI 


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164   Mott  Street,   New  York 


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RAPPRESENTANTI 

8-10  Bridge  Street,  New  York 


CRISI  &  CERCHIONE 

RAPPRESENTANTI 

408-412   W.   13th  St. 


E. 

(ilAVI                  1 

RAPPRESENTANTE                   | 

100 

Hudson  st. 

"■  E.  PETROSEMOLO" 

RAPPRESENTANTE 

29  Broadway,  New  York 


V.  DE  SANCTIS  &  BROS.,  Inc. 

IMPORTATORI 

242  Lafayette  «treet.  New  York 


Il  Carroccio  promuove  la  riorganizzazione  del  Commercio;   fa 
il    censimento   dei    migliori   industriali   e   negozianti   delle   Colonie. 


//  Carroccio  è  simbolo  italiano  di  battaglia  contro  gli  stranieri  nemici. 


XII 


Il  Carroccio:  a  inayazine  of  considcimble  rcputation  --  "New   York   Tribune" 


j  sei  volumi 
delle  annate  del 

barroccio 

1915-1916-1917 


sono    un   invidiabile   ornamento   di    biblioteca 

Poche  collezioni  disponibili.  $5.00  ogni  annata.  Tutte  insieme  $15.00 

Gli  abbonati  del  Carroccio  aggiungono  ogni  anno  alla  loro  biblioteca 
DUE  VOLUMI  di  oltre  MILLE  PAGINE  con  ricche  illustrazioni  e  indici. 

Sono  voluìiii  di  letteratura  patriottica,  di  soggetti  intimamente  connessi 
alle  reiasioni  tra  l'Italia  e  gli  Stati  Uniti,  alla  vita  e  alla  storia  delle  nuove 
Colonie  Italiane  ed  al  futuro  dell'Italia  oltre  Oceano. 

I  volumi  del  Carroccio  sono  una  preziosa  raccolta  di  studi,  di  opinioni, 
di  fatti  e  di  dati  d'interesse  nazionale.  Sono  libri  che  non  si  lasciano  a  im- 
polverare negli  scaffali.  La  loro  lettura  riesce  utile  in  ogni  tempo.  Sono  al- 
trettanti manuali  d'Italianità. 

I  LIBRI  DEL  "CARROCCIO"  D'OGGI  SARANNO  I  LIBRI  D'IN- 
FORMAZIONE DI  DOMANI. 


//  mezzo  pili  semplice  di  assicurarsi  ogni  anno  la  collezione  del  Carroccio 
è  quello  dell'abbonamento  :  —  3  dollari  per  gli  Stati  Uniti;  3.50  pel  Canada; 
4  dollari  per  l'Italia  e  altri  paesi  fuori  Stati  Uniti. 


Inviando  $3.00  all'Amministrazione  del  Carroccio,  150  Nassau  st.,  New  York, 
si  ricevono  franchi  di  posta  in  tutti  gli  Stati  Uniti  e  Canada  i 

Numeri  straordinari  del  ^'Carroccio" 

celebranti  Vltalia  in   Guerra 

Maggio   191Ó  —  Il  Primo  Anno  di  Guerra. 

Agosto  1916  —  La  Battaglia  italiana  nel  Trentino  nella  Guerra  dell'Intesa. 

Settembre  1916  —  L'espugnazione  di  Gorizia  -  L'Italia  contro  la  Germania. 

Maggio  1917  —  Il  Secondo  Anno  di  Guerra. 

Giugno  1917  —  Dopo  due  anni  di  guerra.     L'Italia  e  gli  Stati  Uniti. 

Luglio  1917  —  L'Italia  e  l'Adriatico. 

Agosto  1917  —  Pro  Adriatico  all'Italia. 

Settembre  191 7  —  La  questione  jugo-slava. 

Maggio  1918  —  Il  Terzo  Anno  della  Guerra  -  Italy-America. 


POCHE  COLLEZIONI  DISPONIBILL 


Lo  studioso  della  Guerra  d'Italia  vi  trova  trattato  l'argomento  sotto  tutti 
i  punti  di  vista.   Non  v'è  collezione  di  libri,  riviste  e  giornali  che  eguagli,  nel 
genere,  questa  del  Carroccio. 

Gfltaliani  lontani  intravedono  nel   Carroccio  un'Italia  emigrata  diversa  da 

quella  abitualmente  pensata. 

XIII 


Indicate  il  Carroccio  a  chi  vuol  studiare  l'italiano. 


OLIVE  DI  CALIFORNIA 

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Olive  scelte  e  curate  col  sistema  italiano  e  greco    —  La  produ- 
zione migliore  e  più'  abbondante  dei  distretti  californiani 


Impaccatura  negli  Stabilimenti  propri  di 

SANTA  BARBARA  —  SUNLAND  —  PACOIMA  —  SAN 
FERNANDO  VALLEY  —  EXETER  —  EL  CAJON  VAL- 
LE Y— LINOSA  Y— SAN   DIEGO— PALERMO   e   OROVILLE 


SPEDIZIONE  IN  TUTTI  GLI  STATI 


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COIVUVIERCIA.^    &     l_OS    AIVJGEI-EIS    STS. 

LOS   ANGELES,  CAL. 


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S.  Giovanni  a  Teduccio 
Naples  (Italy) 


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LONDON  -  PARIS 

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Cartelle  di  Prestito 
Itali  (tuo 

Depositi  alla  Cassa  Postale 
d' Italia 

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del  Foro  di  New  York,  e  delle 
Corti    Federali    degli    S.  U. 

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Pratica  commerciale    e    marittima 
e  8UCce»«ioni. 

Studio:   261   BROADWAY,  N.  Y. 
Telefono:  Barclay,  6578 


Con  articoli  in  inglese  il  Carroccio  parla  dell  Italia  ai  figli  degli  emigrati 
non   familiari  con  l'idioma  paterno. 


XIV 


//  Carroccio  raggiunge  il  miglior   pubblico  americano. 


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ITALY'S  GREAT  WAR 

AND  HER  NATIONAL  ASPIRATIONS 

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MARIO  ALBERTI  —  Gen.  CARLO  CORSI  —  ARMANDO  HODNIG 
TOMASO  SILLANI  —  ATTILIO  TAMARO  —  ETTORE  TOLOMEI 

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A  volume  of  267  pages  containing  Iwenty  illustrations  and  four  maps 

Alfieri  &  Lacroix  -  Milan 


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IL  CARROCCIO  PUBLISHING  CO.,  150  Nassau  Street,  New  York 


BANCA  SESSA 

Corrispondente 

del  Banco  di  Napoli 

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113  UNION  STREET 
BROOKLYN,  N.  Y. 

211  -  4th  AVE.  6323  -  14th  AVE. 


/^OLORO  che  in  una  volta  sola 
raccoglieranno  5  abbonamenti 
anticipati  al  CARROCCIO  avranno 
diritto  al  dono  di  un  abbonamento 
per  essi,  individualmente  o  per  qual- 
siasi loro  congiunto  o  amico,  in  Italia. 


Fate  il  vostro  dovere  verso 
gli  Stati  Uniti  alleati 

COMPRATE  I 

Francobolli  di  risparmio 
di  guerra 

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II  Governo  Americano  ne  è 
sicuro  garante 


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computato    trimestralAiente 
Cominciate  con  un 

U.  S.  THRIFT  STAMP 

di  25  soldi 


Fate  il  vostro  dovere  verso 
V  Jlmerica  che  vi  ha   accolti 


e  vi  difende. 


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Il  Carroccio  —  A  magatine  devotra  to  the  spread  of  Jtalian  culture 
in  this  country  —  Currert  Opinion,  N.  Y. 


XV 


Tenere  in  vita  il  Carroccio  che  onora  l'Italia  è  dovere  patriottico. 


#»  »  »  <^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ 


1865 


1918 


Lionello  Perera  &i  Co. 

SUCCESSORI    DI   CANTONI   &   CO. 

BANCHIERI   AUTORIZZATI   DAL  DIPARTIMENTO   BANCARIO 

Stabiliti  nel  1865 

63  Wall  Street,  New  York,  N.  Y. 

SUCCURSALE  DI  HARLEM:  2261  FIRST  AVE.,  COR.  116  STREET 

RIMESSE  POSTALI  E  TELEGRAFICHE  —  DEPOSITI  LIBERI 
e  ad  INTERESSE  —  DEPOSITI  ALLE  CASSE  di  RISPARMIO  — 
RIMBORSI  —  Biglietti  di  passaggio  con  le  principali  LINEE  DI  NA- 
VIGAZIONE —  CAMBIAVALUTE  —  COMPRA  e  VENDITA  di 
CARTELLE  di  RENDITA  ITALIANA. 

Corrispondenti  in  tutte  le  parti  del  MONDO 

La  garenzia  di  CINQUANTANNI  dì  esistenza,  la  celerità,  l'accura- 
tezza, la  scrupolosità  del  nostro  servizio  e  la  liberalità  delle  nostre  con- 
dizioni,  hanno   resa  la   nostra   BANCA   la   preferita   degli   ITALIANI. 


Vendita  di  cartelle  del  Quinto  Prestito  Nazionale  Italiano  --  1918 


G.  Scognamiglio 


&  Sons 


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NEW  YORK 


REMEMBER!  "Another  language 
makes  another  man  and  heips  in  many 
circumstances  during  one's  life,  in  busi- 
ness as  in  traveling". 

ESTABLISHED    1908 

The  Bu[[iDi  Scliool  of  languaoes 

is  for  you,  intellectual  folks: 

STUDENTS,    PROFESSIONAL, 
POLITICIANS,     TRAVELERS. 

Foreigners  are  instructed  in  English, 
as  well  as  in  any  other  language  with 
fundamental  impressive  knowledge. 

Lessons  in  any  language  given  bet- 
ween  9  a.  m.  to  10  p.  m.  by  PROFES- 
SIONAL   TEACHERS. 

TOTHE  MOTHERS:  Giris  .tudying 
languages  are  under  the  surveillance   of 
Signorina  Emma  M.  Buccini. 
Pbone.  218-220  Centrai   Park  South 

Circle  5428  S9th  Street  and  Broadway 

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del  Carroccio. 


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^rÒcciO 

Rivista  mensile  di  coltura  propaganda  e  difesa  italiana  in  America 
diretta  da  AGOSTINO   DE   BIASI 

Editrice:    IL    CARROCCIO    PUBLISHINa    CO.,    INC.    —    CaplUle    sodale:    $10.000.00    — 
Ufficio:     160    Nassau     Street,     suite     1608-0»     —     Telefono:     2690     Beekman     —     Abbonameoto 
annuo:  $3.00  —  Canada  :  $3.50  —  Italia:  JO  lire  —  Pagamenti  antlclpaU  —  Una  copia  20  soldL 

ANNO  IV  NEW  YORK,  NOVEMBRE  1918  No.  11 


aiiiiiiii 


lllr 


I  LA  NAZIONE  AL  SUO  RE  | 

=  Telegramma  del  Presidente  del  Consiglio  Orlando  = 

=  a  Vittorio  Emanuele  di  Savoia  ^ 

M  ]\J^l^'  ^^^  '"  ^"'  '^  '^erza  Italia^  valici-  J 

^  nata  da  ^KCazzini  occupa  coW esercito  g 

m  nazionale  "Trento,  "Trieste,  Fiume,   ^ola,  g 

^  Zara,    e    si    compiono   i    voti    dei    nostii  J 

B  martiri   caduti   sul  patibolo  e  sulle  barri-  g 

U  cate,    dei    nostri  pensatori    e    del    vostro  = 

B  grande  Jlvo  che  firmò  sui  campi  di  No-  g 

B  vara  il  patto  di  portare   l' Italia    alla    ri-  g 

J  scossa;  in  questo  giorno  che  rifulge    tra  i  g 

M  più   gloriosi  della    nostra    storia,    i    cuori  g 

M  salgono  a  voi  come    simbolo  del  valore  e  g 

M  della  fede  che  questi  anni  di  ansie    e    di  g 

g  lotta  mai  oscurarono  e  rinnovano   il   giù-  g 

M  ramento  di  procedere  sempre   uniti  per  la  g 

=  grandezza    e    la  prosperità  della  latria.  g 


Minillllllllllllllllllilliililliiiilillll^  re 


*Ta  Patria  immortale  lo  vuole! 

Proclama  di    uiaz  alle  Truppe  il  3.o  giorno  del  glorioso  assalto 

IN  TRE  giorni  di  asprissima  lotta  abbiamo  fiaccato  la  resistenza  ne- 
mica sul  Piave.  La  liberazione  delle  terre  invase  si  è  gloriosamente 
miziata;  il  nemico  è  incapace  a  respingerci,  è  impotente  a  resistere, 
ripiega.  Migliaia  di  prigionieri  e  centinaia  di  cannoni  sono  in  nostra 
possesso. 

L'avversario,  però,  tenta  ancora  aggrapparsi  alla  nostra  terra  come 
a  pegno  da  far  valere  contro  di  noi.  Il  giorno  delle  giuste  rivendica-^ 
.sioni  è  ormai  prossimo.  Altre  lotte  ci  attendono  per  giungere  alla 
meta,  ma  nulla  resisterà  alla  forza  che  ci  deriva  dalla  storia,  dal  dirit- 
to, dalla  giustizia. 

La  vittoria  che  si  è  levata  con  noi  nell'anniversario  dell'atroce 
dolore  cancella  tutto,  tutto  travolge  nella  radiosa  affermazione  della 
fede  italica,  dell'eroismo  della  nostra  gente,  del  gagliardo  valore  dei 
nostri  forti  alleati. 

Soldati,  avanti!  L'ora  della  riscossa  definitiva  è  suonata.  L' Italia- 
tutta  è  con  noi.  Avanti  con  impeto  travolgente  !  Avanti  con  indoma^ 
bile  energia!  Per  la  forza  delle  nostre  armi  scioglieremo  il  voto  seco^ 
lare  e  in  nome  dell'Italia  deporremo  le  corone  della  vittoria  sulle  tom- 
be gloriose  dei  nostri  fratelli  eroicamente  caduti,  che  dalle  vette  delle 
Alpi  nostre  e  dagli  altipiani  oltre  l'Isonzo  ci  gridano:  Avanti!  La  Pa- 
tria immortale  lo  vuole. 

ARMANDO  DIAZ 

il  proclama  lanciato  sulle  terre  redente 

Fratelli  d'Italia  ! 

Arriva  l'esercito  italiano.  Esso  avanza  vittorioso  per  liberarvi 
per  sempre.  Il  nemico  è  in  rotta.  Fuggendo  dalle  vostre  città  fedeli  e 
gloriose  all'annunzio  del  nostro  arrivo  e  della  nostra  vittoria  lascia 
dietro  di  sé  diecine  di  migliaia  di  prigionieri,  centinaia  di  cannoni, 
tutte  le  sue  ambizioni. 

Il  giuramento  dei  nostri  eroi  si  è  compiuto  per  la  forza  delle  nostre 
armi  e  della  giustizia;  il  vaticinio  dei  nostri  martiri  si  è  avverato. 

Dopo  un  secolo  di  guerra,  di  speranze  e  di  ansie  tutta  la  patrìct 
si  ritmisce. 

Sorelle,  fratelli,  siate  nella  gioia  calmi  e  saldi  quali  foste  lungo 
il  dolore,  depositari  incorruttibili  della  più  pura  civiltà  umana  che 
mai  abbia  fatto  luce  nel  mondo. 

Del  nemico  vinto  dimenticate  le  iniquità  e  le  insidie  e  respingete 
il  triste  esempio  della  crudeltà  e  della  violenza. 

ARMANDO  DIAZ 


IL   GIO'RAO   T)'ORO 
DELL'ITALIA 

II  Novembre  1918  -  Festa 

DEL  Re  -  "A  golden  day 

for  the   world's  peace". 

Wilson 

IL,  MONDO  è  sbigottito  della  vittoria  dell'Italia. 
E'  una  vittoria  immortale  ! 

Non  se  ne  intravedono,  con  gli  occhi  della  fronte  e  con  quelli  del- 
l'anima, i  confini.  Le  immaginazioni  più  veloci  e  ardite  non  riescono 
a  precisare  il  valore  ideale  possente  e  sconvolgente  che  avrà  sui  de- 
stini dei  popoli.  Come  il  sole,  abbacina  :  voi  non  sapete  dove  giungono 
i  suoi  raggi  di  fuoco  e  d'oro.  —  Che  cosa  è  stata  la  guerra  di  questi 
quattro  anni  disperati?  Dopo  la  creazione  del  mondo  e  l'avvento  della 
civiltà  —  il  fatto  più  spettacoloso,  tremendo,  che  sia  accaduto  sotto  la 
volta  celeste.  Ebbene  :  la  vittoria  dell'Italia  ha  superato  financo  la  im- 
mensa tragedia  da  cui  ripete  origine  e  gloria.  Lo  si  sente  proprio  oggi 

—  mentre  le  moltitudini  traversano  a  onde  le  strade  e  acclamano  al- 
l'armistizio di  Francia  —  in  questo  11  di  novembre  che  è  stato  chiamato 
golden  day  —  giorno  d'oro  —  da  Wilson.  La  grande  fiumana  di 
sangue  che  la  dolorante  umanità  travagliosa  ha  dovuto  traghetta- 
re; il  nembo  di  sventura  che  s'abbattè  sui  popoli  lacerati  nelle  loro 
anime  e  nelle  loro  carni  ;  gli  orrori  che  nei  secoli  dei  secoli  faranno 
gridare  vendetta  dinanzi  a  Dio  ;  il  pianto  eterno  delle  vittime  ;  il  cata- 
clisma che  ha  squarciato  le  più  chiuse  latebre  dello  spirito  umano  e 
l'ha  deviato  da  un  passato  maledetto  per  avviarlo  verso  l'avvenire  del- 
l'amore e  della  pace  fra  le  genti;  tutto  tutto  tutto  ciò  clie  abbiamo 
udito,  veduto,  patito,  lagrimato  ;  tutto  tutto  tutto  ciò  che  ci  ha  consen- 
tito una  speranza  e  ci  ha  accordato  un  sollievo  ;  tutto  tutto  tutto  ciò 
che,  nel  roveto  ardente,  ha  fatto  sì  che  la  fede  e  gl'ideali  non  incene^ 
risserò  —  che  vale?  dite,  dinanzi  a  questo  divino  Sole  Italiano  ch'è 
apparso  sulle  angoscie  del  creato;  dinanzi  alla  bellezza  pura,  sfolgo- 
rante, tangibile  che  l'Italia,  la  Grande  Madre  nostra,  ha  composta,  col 
fiore  dell'anima  sua,  con  tutti  i  suoi  dolori  e  con  tutti  i  suoi  olocausti, 
per  restituire  la  pace  al  mondo? 

Chi  donò  a  quest'Italia  Grande  l'incomparabile  destino  di  Roma 

—  il  destino  dell'avanguardia  nel  cammino  afìfaticato  della  civiltà? 
Chi  le  diede  il  dono  prodigioso  di  tutte  le  rinascite  e  l'imperiale  anima 
ducale  ?  Chi  la  destinò  a  vincere  questa  guerra  ch'è,  in  uno.  la  più  gran- 
de infamia  della  storia  e  l'opera  più  santa  che  sia  stata  mai  compiuta? 


384  II.  CARROCCIO 


Oh,  è  l'ora  della  fede.  Raccogliamo  il  nostro  pensiero;  chiniamo 
il  capo  ;  giù  in  ginocchio.  Accostiamoci  a  tutte  le  are  della  nostra  stirpe 
■e  riaccendiamo  tutte  le  fiaccole  eterne  dei  nostri  padri.  Italia!  Italia! 

Italia  !  Della  tua  vittoria  immortale  il  mondo  è  attonito  ! 

*  *  * 

Attribuiremmo,  per  questo,  il  merito  della  vittoria  inaudita,  a  quel 
gran  galantuomo  e  mistificatore,  secondo  le  circostanze,  ch'è  il  Caso; 
ci  compiaceremmo  di  andare  a  trovare,  nel  gioco  degli  eventi,  fuori  del- 
le virtti  e  della  volontà  spirituale  e  attuale  della  gente  nostra,  in  casa 
altrui,  la  ragione  immediata  del  trionfo  ;  caveremmo,  per  caso,  un'altra 
volta  dall'armamentario  del  patriottismo  poltronaio  —  che  diede  del- 
l'Italia, anche  dopo  Lamartine,  si  anche  dopo!,  l'idea  d'una  torma  di 
morti  parlanti  —  caveremmo  il  famoso  comodissimo  Stellone,  per  ri- 
sparmiarci, nell'ora  della  gioia,  a  protrarre  la  gioia,  l'indagine  e  la 
vivisezione  dei  fatti  mirabili  che  furon  compiuti  e  tuttavia  si  van  com- 
piendo ? 

Non  Caso,  non  Stellone  —  non  miracolo,  non  intervento  di  forze 
occulte  e  inattese,  non  realtà  superiore  alla  previsione,  niente  da  gridare 
all'inverosimile,  all'incredibile,  insomma  a  tutto  ciò  che  possa  esclu- 
dere questa  realità  semplice  e  terribile  insieme:  —  la  Vittoria  l'Italia 
l'ha  voluta  lei  e  lei  se  la  creò  col  proprio  genio  e  con  le  proprie  mani. 

Mentirebbe  alla  sua  fede  d'italiano  chi  negasse  questa  verità  lam- 
pante. Inficiare  questa  verità,  sarebbe  far  cadere  i  pilastri  dell'arco  di 
trionfo  che  la  coscienza  internazionale  stupefatta  ha  decretato  all'Ita- 
lia. Sarebbe  come  sopprimere  la  vittoria  stessa  dalla  Storia,  lì  lì  quando 
essa  medesima  l'ha  scolpita  nelle  sue  tavole  eterne. 

'p   'i*  '1* 

Pensate  all'Italia  che  nel  consesso  dei  popoli,  nell'ora  decisiva 
del  mondo  —  alla  vigilia  del  24  ottobre  1918  —  abbandona  quell'at- 
teggiamento di  ancella  plorante  che  nel  corso  del  dramma  bellico  ha  do- 
vuto tenere,  solo  guardinga  che  la  fiammella  della  sua  lampada  non  si 
spegnesse  nel  contrasto  dei  prepotenti  venti  internazionali  —  pensate 
all'Italia  che  scuote  dal  capo  la  cenere  e  depone,  omai  vendicate,  le 
gramaglie  messe  giusto  un  anno  fa,  e  sotto  la  cenere  ritrova  la  sua 
corona  turrita,  e  sotto  i  foschi  cenci  dell'umiliazione  ritrova  la  lorica 
latina  —  pensate  all'Italia  che  getta  nella  bilancia  fonda  di  Versailles 
la  sua  spada  e  dice,  perchè  tutti  intendano:  —  Alleati,  Amici;  qui 
E'  l'Italia  —  l'Italia  t'  un  popolo  di  vivi  che  vogliono  vivere  !  — 

Alleati  ed  Amici,  perplessi  un  attimo,  consentono  tosto.  Nel  lin- 
guaggio di  Francia  :  c'est  à  prendre  où  à  laisser, 

E'  deciso:  —  Italia,  al  tuo  posto  —  avanti! 

Da  questo  momento,  signori,  la  sorte  degli  Absburgo  —  la  Casa 
del  "Castello  degli  avvoltoi"  —  è  fissata;  il  fato  degli  Hohenzollern 


IIv   GIORNO   d'oro  DEILL'ITALIA  385 

è  suggellato;  il  destino  del  mondo  si  compie.  Da  questo  momento  la 
battaglia  cruciale  è  vinta  e  la  vittoria  si  libra  in  cielo. 

Poiché  quando  l'Italia  stava  con  l'arme  al  piede,  un  armistizio 
si  tesseva  a  Versailles,  e  i  soldati  d'Italia,  lasciata  alle  spalle  la  trama 
del  protocollo,  vollero  essi  andare  a  raccogliere  il  loro  armistizio  — 
il  loro  !  —  cioè  la  loro  vittoria  e  la  loro  pace,  davvero  la  vittoria  e  la 
pace  del  mondo  —  sui  macigni  insanguinati  del  Trentino  e  sulle  ripe 
del  sacro  Piave.  Colà  afferrarono  per  la  chioma  la  Vittoria,  là  la  fecero 
una  volta  ancora  schiava  di  Roma  —  o  nostro  Mameli  !  —  come  Iddio 
la  creò. 

O  nostri  ultimi  Morti,  ditelo  voi  ! 

*  *  * 

L'aspide  della  pace  mordeva  a  buono.  Le  avances  settembrine 
della  diplomazia  di  Vienna  avevano  riallacciato  in  qualche  sfera  l'a- 
morazzo di  quel  tradimento  di  cui  era  stato  ruffiano,  sgraziato  corriere, 
Sisto  di  Borbone.  Gl'Imperi  Centrali  non  avevano  che  una  via  d'uscita 
per  conseguire  sotto  il  camonflage  della  ritirata  la  pace  germanica 
a  sistema  ridotto:  —  sussistenza  dell'impero  austriaco  col  suo  esercito 
robusto:  cioè  garenzia  d'equilibrio  militare,  nel  cuor  d'Europa,  della 
vitalità  teutonica  ;  cioè  Deutschland  iiher  Alles  sempre  ;  vale  a  dire,  po- 
ter discutere  la  pace  con  gli  armati  alle  spalle,  sia  pure  con  la  minaccia 
dei  rivolgimenti  interni.  La  Germania  avrebbe  lei  trovate  le  risorse 
per  la  quadratura  del  circolo,  secondo  i  concetti  di  Wilson  :  la  de- 
mocratizzazione del  suo  junkerismo.  L'Austria,  poi,  sarebbe  stata 
più  wilsoniana  di  Wilson  :  tutta  democrazia  !  —  autonomia  delle  razze 
a  tutto  spiano,  governi  associati,  trialismo,  federazione,  ecc.  Che  si 
desiderava  più  ?  In  Francia  e  in  Inghilterra  respiravano,  finalmente  !, 
coloro  che  temevano  che  da  un  discentramento  della  Monarchia  danu- 
biana venisse  alla  Germania  il  guadagno  dei  milioni  di  tedeschi  del- 
l'Austria, che  cioè  l'esecrato  nemico  uscisse  aggrandito  dalla  pugna. 

La  Germania  non  accettava  i  quattordici  punti,  e  uno  d'essi  non 
parlava  forse  dell'Alsazia- Lorena  ?  Tutto  era  da  accomodarsi,  con  la 
buona  intenzione  pacifondaia;  non  vi  sono  accomodamenti  pure 
avec  le  cieli 

C'era  l'Italia  nell'Alleanza.  Sicuro!  Anch'essa  protetta  da  un 
punto  dei  quattordici  :  —  quello  delle  "linee  di  nazionalità  chiara- 
mente riconoscibili".  Era  questione  di  ottica  ;  con  qualche  aggiusta- 
mento di  occhiali  e  sempre  con  una  certa  dose  di  buona  intenzione 
pacifondaia,  le  linee  si  sarebbero  riconosciute.  Quell'Italia  che  non  si 
muove  dal  Piave  !  Quell'Italia  che  non  riprende  le  sue  terre  !  Linea 
di  nazionalità  più  chiaramente  riconoscibile  delle  pozze  di  sangue 
nella  vallata  dell'Isonzo?  Eppoi,  scherzate?,  i  sacri  voti  delle  naziona- 
lità oppresse!....  Una  volta  che  la  pace  avrebbe  assorbito  l'imperiali- 


386  IL  CARROCCIO 


snio  colossale  alemanno,  avrebbe  potuto  più  reggere  l'imperialismo 
lillipuziano  dell'Italia?  Via 

Infine,  per  l'Italia  si  sarebbe  dovuto  prolungare,  davvero,  la  guer- 
ra? Ma  l'Italia non  la  voleva  la  guerra!.... 

Sì,  nel  1913,  quando  gli  Alleati  l'avevano  preparata  contro  il  mon- 
do, e  gliela  proponevano  contro  la  Serbia  —  quando  l'Italia  si  rifiutò 
di  violare  il  principio  di  nazionalità  dei  popoli  oppressi  dall'Austria, 
divenendone  il  primissimo  campione  —  e  un  anno  dopo,  quando  gli 
Alleati  la  richiesero  di  concorso  —  ed  ella  si  negò,  ed  ella  non  volle  la 
guerra  e  rese  possibile  la  Marna,  e  salvò  la  Francia,  salvò  l'umanità 
e  disse  a  tutto  il  Mondo  —  Stati  Uniti  compresi  —  che  la  guerra  dei 
tedeschi  era  la  guerra  del  truce  barbaro  contro  l'umanità  civilizzata 
e  contro  la  libertà  dei  popoli  ;  e,  nel  denunciare  col  significato  esplicito 
della  sua  neutralità,  la  violazione  del  diritto  che  gli  assalitori  compi- 
vano, stabilì  i  fini  di  giustizia  che  la  soluzione  della  guerra  doveva  in- 
deprecabilmente  portare  —  i  fini  di  giustizia  che,  più  tardi,  costituirono 
la  parte  ch'è  vitale  dei  dettami  di  Wilson  e  che  —  guardate  il  Sole  del- 
la vittoria  italiana  !  —  hanno  trovato  il  compimento  fatale  sul  campo 
di  battaglia. 

*  *  * 

Posto  nei  nuovi  termini  di  mediazione  il  problema  della  pace  di- 
nanzi all'Alleanza  e  agli  Stati  Uniti  associati,  costretto  il  nemico  a  chie- 
dere armistizio,  maturava  l'ora  delle  decisioni  secolari.  Cessava  la 
parola  del  cannone,  ed  i  popoli  riprendevano  il  diritto  di  decisione  nel 
consesso  diplomatico  chiamato  a  plasmare  il  futuro  del  mondo. 

Che  sarebbe  uscito  dal  Consiglio  di  Versailles? 

Per  l'Italia,  la  vita  o  la  morte. 

Il  problema  nazionale  italiano  si  ripresentò  davanti  all'Intesa 
nella  sua  cristallina  interezza,  nella  sua  entità  monolitica  refrattaria 
a  qualsiasi  scalfittura.  La  Casa  Bianca  lo  vide  per  la  prima  volta  eretto 
e  disfidante  il  cielo  così  come  vede  ogni  giorno,  accanto  a  sé,  l'obelisco 
di  Washington  Padre  della  Patria. 

Il  problema  nazionale  italiano  è,  alla  sua  volta,  la  Patria  italiana. 
Essere  o  non  essere. 

Il  problema  si  afiFacciò  alla  lealtà  dei  contraenti  pre-alleanza  e 
chiese  d'essere  risolto  senza  ambagi.  Non  tanto  per  l'Italia  —  intendia- 
moci —  quanto  per  il  destino  ch'esso  traevasi  seco,  quanto  per  la  pro- 
messa della  pace  vittoriosa  fatta  ai  popoli  sacrificati,  quanto  per  il 
contributo  onesto  che  l'Italia  aveva  l'obbligo  di  dare  all'Alleanza,  alla 
quale  unita  s'era  per  vincere  o  per  cadere  insieme  ;  quanto  per  uno 
spirito  di  solidarietà  che,  vedete  com'era  forte  !.  risolveva  in  un  tem- 
po felice  stesso,  d'un  colpo,  il  problema  nazionale  e  l'internazionale. 

Fu  in  quel  punto  che  il  programma  italiano,  nella  urgenza  dell'ora 
precipite  —  quando  il  collasso  nemico  sorprendeva  impreparato  il  sine- 


IIv   GIORNO   d'oro  DELL'ITALIA  387 


drio  —  e  non  si  sapeva  dove  metter  le  mani  e  dove  fosse  la  chiave  di 
volta  del  terribile  groviglio  —  fu  in  quel  punto  che  il  programma 
italiano  apparve  come  un  drappo  di  bandiera  adunatrice,  come  una 
stella-guida  a  gettar  luce  sugli  angoli  morti  ancora  ombrati  nella  co- 
scienza di  Alleati  e  di  Amici.  Così  la  genialità  disfidatrice  dei  secoli, 
sopravvissuta  ai  secoli,  del  programma  italiano  apparve  chiara  come 
acqua  sorgiva  :  non  concezione  precaria,  artefatta,  di  uomini  di  gover- 
no caduchi,  ma  struttura  ideale,  da  trasformarsi  in  attività  nazionale, 
da  essere  tesaurizzata  dalla  civiltà  di  tutta  la  terra.  Così  si  vide  la  forza 
statica  dell'Italia  posata  nel  Mediterraneo,  ombelico  del  globo,  e  si 
ripresentò  agli  obliviosi  la  necessità  storica  della  missione  sua  fra 
i  popoli  civili. 

Era  l'eternità  di  Roma  che  a  questa  svolta  della  Storia  s'avan- 
zava con  la  corona  con  la  lorica  con  la  spada. 


*  *  * 


Roma  parlò. 

Disse  che  i  suoi  soldati  si  erano  mossi  un  giorno  di  Maggio  dal 
Campidoglio  —  dopo  avervi  strozzato  le  oche  del  servilismo  e  della 
codardia  —  per  compiere  una  vendetta  del  diritto  umano.  Disse  che 
quei  soldati,  partendo,  avevano  giurato,  con  a  capo  il  Monarca  inco- 
ronato dai  plebisciti,  di  tornare  col  proprio  scudo  vittoriosi  sulla  stessa 
scalea  capitolina.  "O  con  questo,  o  su  questo"  —  alla  guisa  eroica 
antica. 

Disse  che  una  Patria  tanto  vale  per  quanto  abbia  un  confine  certo 
e  le  porte  di  casa  sicure.  Disse  che  i  Soldati  per  questo  avevano  seguito 
il  loro  Duce  :  —  Giungere  ai  sacri  termini  della  Nazione. 

Disse  che  una  Italia  senza  anima  e  senza  voce  sarebbe  l'ingratitu- 
dine consacrata  —  l'infamia  —  dei  popoli  che  da  essa  appresero  le  su- 
blimi ragioni  della  civiltà  e  tutte  le  benedizioni  spirituali  della  vita. 
Disse  che  i  suoi  soldati  per  dare  un'anima  e  una  voce  a  tutti  i  nati 
nella  Penisola  di  Roma,  a  tutti  coloro  che  si  affacciano  sui  mari  che  le 
appartengono  per  determinazione  infallibile  di  monti  e  valli  ;  per  dare 
l'orgoglio  ai  raminghi  figli  di  una  Patria  libera,  possente,  rispettata, 
temuta;  per  fare  che  questi  figli  girino  l'emisfero,  guidati  dallo  stesso 
sacro  fuoco  che  spinse  Colombo,  cavalieri  erranti  del  genio  e  dell'arte, 
—  per  far  tutto  questo  —  s'erano  dati  alla  guerra  con  ardore  indoma- 
bile, con  spirito  di  sacrificio  ineguagliabile. 

Disse  che  la  redenzione  del  Paese  non  era  compiuta.  Gl'iniqui 
confini  del  1866  e  le  passioni  politiche  europee  contro  cui,  ultima  venuta 
nella  famiglia  delle  nazioni,  non  aveva  avuto  possibilità  di  reagire, 
avevano  lasciati,  oltre  che  spalancati  i  varchi  della  sua  frontiera  al- 
pina, aperti  quelli  pei  quali  lo  straniero  passava  di  contrabbando  a  de- 
vastare la  coscienza  nazionale  ;  sì  che  il  popolo  italiano,  compro  e  prò- 


388  IL  CARROCCIO 


no,  era  mancipio  di  basse  speculazioni  settarie,  si  macerava  in  scia- 
gurati conflitti  di  partiti  ;  si  annientava  economicamente  ;  si  evirava  ; 
si  sottraeva  al  suo  compito  sociale;  disertava,  senza  avvedersene,  il 
campo  delle  libertà  civili.  Per  ridonare  al  Popolo  coscienza,  fede,  co- 
raggio, vigoria,  fu  votata  la  guerra  all'invasore  ! 

Disse  che,  chiamata  dal  sacro  egoismo  delle  sue  aspirazioni  na- 
zionali —  "sacro  egoismo"  che  trovava  la  sua  ragion  d'essere  nel  di- 
ritto conculcato  dagli  assalitori  e  nella  necessità  di  resistenza  dei  popoli 
che  reagivano  —  l'Italia  aveva  servito  con  fedeltà  ed  onore  il  Patto 
dell'Intesa,  tutto  di  sé  dando  alla  causa  comune.  Mai  un  istante  di  ten- 
tennamento, mai  un  sospetto  di  defezione,  mai  una  voce  —  anche  quan- 
do era  giusto  levarla!  —  di  rivolta  contro  i  torti  sofferti. 

^  ^  4^ 

Diceva  Roma  a  Versailles  :  —  Voi  avevate  i  tedeschi  alle  porte 
di  Parigi  poche  settimane  dopo  l'invasione  del  Belgio.  Non  diedi  i 
soldati  a  quegl'Imperi  che  la  vostra  stessa  inimicizia  mi  aveva  fatto 
accettare  alleati,  a  salvaguardia  dell'unità  nazionale  che  mi  si  minac- 
ciava. Disarmai  la  frontiera  di  Francia.  Solo  così  voi  poteste  gettare 
sulla  Marna  le  truppe  che  ivi  tenevate  localizzate.  Vinceste.  L'indoma- 
ni il  maresciallo  nemico  dichiarava  a  Guglielmo  II  :  —  Maestà,  la  guer- 
ra è  perduta  ! 

Se  l'Italia  invece  che  ammassare  il  suo  esercito  al  fronte  austriaco 
avesse  tenuto  sul  Cenisio  il  famoso  caporale  che  tanto  rassicurava 
Eismarck,  Guglielmo  avrebbe  udito  un  ben  diverso  rapporto. 

—  Un  mio  ambasciatore  avvertì,  voi  Inglesi,  di  tener  unite  sotto 
pressione  le  vostre  squadre.  Le  navi  di  HohenzoUern  s'apprestavano 
a  coglierle  isolate  pei  mari  e  a  debellarle. 

—  Leggete  il  libro  del  Principe  di  Bùlow  :  "L'Italia  ha  dichiarato 
la  guerra  all'Austria  quando  la  battaglia  che  durava  da  vari  mesi  nei 
Carpazi,  si  era  risolta  con  lo  sfondamento  austro-tedesco  del  fronte 
russo  verso  il  Dunajec,  e  quindi  la  situazione  militare  delle  potenze 
centrali  si  era  già  dichiarata  favorevole". 

Testimonianza  del  nemico,  fuor  di  sospetto. 

—  Avevamo  una  flotta  nell'Adriatico,  al  comando  d'un  Principe 
valoroso  ardito.  La  vendetta  di  Lissa  ci  attendeva  !  Chi  vietò  l'attacco 
alla  flotta  di  Pola?  Chi  vietò  che  i  successi  navali  in  Adriatico  si  riper- 
cuotessero a  vantaggio  dell'Italia  nelle  terre  austriache?  Chi  rinnovò 
il  divieto  di  Prevesa? 

—  Consigliavamo  una  diversa  trattazione  dei  problemi  balcanici. 
Chi  si  oppose  al  punto  di  vista  italiano  e  procurò  all'Intesa  le  ore  scure 
che  tutti  ricordano? 

—  Nella  guerra  dell'Italia  maturò  il  germe  dissolvitore  della  com- 
pagine mittleuropea.  Fu  l'Italia  che  diede  all'Intesa  la  carta  diplomatica 


II,   GIORNO  d'oro   DELL'iTAI^IA  389 


che  doveva  vincere  la  guerra;  fu  l'Italia  il  fattore  primo  e  necessario 
dello  sfasciamento  dell'Austria,  e  questo  ottenne  con  la  pressione  co- 
stante delle  sue  armate. 

Aveva  vinto  undici  battaglie  mostruose  quando  la  catastrofe  russa 
fé'  tremare  l'Intesa,  e  si  disperò  della  vittoria. 

Il  contrattacco  del  Trentino  rese  possibile  i  successi  di  Brusiloff. 

La  battaglia  della  Bainsizza  sarebbe  stata  stravinta  con  l'avanzata 
su  Vienna,  se  l'intrigo  pacifista  di  Sisto;  se  le  gelosie  militari  inglesi, 
per  fortuna  represse  dopo  gVincredihle  blunders;  se  la  mancanza  del 
fronte  unico;  se  l'indulgenza  verso  l'Austria,  con  cui  noi  "alleati"  ci 
massacravamo,  non  avesse  consigliato  agli  Stati  Uniti  di  negarsi,  in 
una,  a  due  cose:  —  dichiarare  guerra  all'Austria  e  aiutare  la  guerra 
antiaustriaca  dell'Italia  con  quanto  a  Cadorna,  che  chiedeva  dispera- 
tamente, occorreva  di  cannoni,  navi,  grano. 

Non  avremmo  avuto  Caporetto  se  la  campagna  disfattista  dei  ne- 
mici interni  non  avesse  trovato  sostrato  nell'abbandono  in  cui  gli  Al- 
leati lasciavano  la  causa  antiaustriaca  dell'Italia  e  nelle  sotterranee 
correnti  pacifiste  che  scavavano  tunnels  nei  paesi  alleati. 

Sul  Grappa,  stagnata  la  strafe  expedition,  lasciati  soli,  senza  can- 
noni —  su  una  linea  che  gli  Alleati  non  ritenevano  coincidesse  con  quel- 
la della  loro  difesa  —  i  nostri  giovinetti  soldati  fecero  muraglia  dei  pro- 
pri petti  alle  orde  nemiche.  Dimostrarono  che  —  del  resto,  come  a  Ver- 
dun ;  giorni  gloriosi  !  —  nella  guerra,  quando  si  ha  un'anima  di  guerra, 
valgono  più  i  baluardi  di  petti  che  le  trincee  scavate  nella  retrovia! 
Comunque,  l'Italia  sul  Grappa,  salvò  il  suo  onore  e  l'Intesa  insieme, 
rendendo  superflua  la  precauzionale  linea  dell'Adige. 


*  *  * 


Continuò  Roma  : 

—  In  un'ora  di  preoccupazione,  non  tutta  cagionata  dall'Italia, 
dubitaste  di  lei.  Scusò  l'oltraggio  e  vi  chiamò  nel  suo  seno  a  scru- 
tare l'anima  dei  suoi  cittadini.  I  vostri  propagandisti  rivolsero  ad  essi 
parole  ammonitrici  che  soltanto  la  grazia  dell'ospitalità  rese  tollera- 
bili ;  parole  superflue  per  coloro  cui  cuoceva  la  presenza  del  nemico 
in  casa  propria.  L'Italia  è  una  Patria  !  E'  Patria  antica  !  Non  tollerò 
mai  lo  straniero  oltracotante  in  casa  sua  !....  Veniste  :  trovaste  un  po- 
polo che  soffriva  tutte  le  atroci  miserie  della  guerra,  che  schiantava 
financo  gli  olivi,  sacri  alle  sue  faci,  per  riparare  alla  mancanza  del 
carbone  introvabile!  Tornaste  ai  vostri  paesi  stupiti  d'ammirazione. 
Venivate  dalla  terra  dei  miracoli  e  la  verità  vi  fioriva  sulle  labbra! 
Lina  nazione  l'Italia  !  Sì,  una  nazione  ! 

—  Vi  guardaste  attorno.  Vedeste  gl'Italiani  sradicati  dalla  terra 
natale,  tutt'un  cuore  per  la  loro  Patria  —  segno  di  tenace  nobiltà  del- 


390  IL  CARROCCIO 


la  stirpe  —  ed  essi  fornirono  la  loro  moltiplicata  fatica  nelle  vostre  of- 
ficine, nelle  vostre  miniere,  nelle  vostre  campagne  —  e  deposero  sul- 
l'Altare della  Libertà  le  loro  bandiere  e  la  loro  pecunia.  La  vostra 
guerra  non  trovò  gregari  piìi  schietti  e  più  devoti  ! 


*  *  ♦ 


—  11  21  marzo  il  Kaiser  lancia  la  sua  friedensturm,  la  grande  sua 
battaglia.  La  British  Fifth  Army  di  Gough  è  spazzata  via.  A  San  Quin- 
tino è  peggio  che  a  Caporetto. 

—  La  Friedensturm  avanza.  Siamo  all'abbandono  dello  Chemin 
des  Dames.  I  cannoni  tedeschi  sono  postati  e  bombardano  Parigi.  L'ora 
è  scurissima.  Se  il  nemico  avanza  d'un  altro  passo,  è  la  sconfìtta  della 
Intesa.  Non  c'è  intatta  che  la  forza  ricostituita  dell'Italia,  d'inmiediato 
uso,  speranza  dell'ora  fatale  ;  non  resta  che  la  decisa  volontà,  fedele, 
dell'Italia  che  si  vuol  battere.  Se  viene  la  riserva  americana,  essa 
non  potrà  controbilanciare  che  fra  più  d'un  anno,  nella  sua  piena  effi- 
cienza, le  forze  russo-rumene  mancate. 

—  La  Friedensturm  è  lanciata  sul  Piave.  E'  qui  che  il  tedesco 
vuole  celebrare  il  suo  trionfo.  O  schiacciare  l'Italia,  e  penetrare  in 
Francia,  dopo  una  cavalcata  per  la  contrada  padana;  o  rinunciare  al- 
la vittoria. 

La  difesa  del  Piave  è  storia  del  giugno  scorso  :  l'Italia  affronta 
700  mila  nemici  su  150  chilometri.  Il  settore  tenuto  dai  reparti  franco- 
inglesi è  di  soli  12  chilometri.  Frutto  immediato:  —  sopravvento  ri- 
conquistato dall'Intesa  sulla  coalizione  nemica;  possibilità  nei  suoi  e- 
serciti  di  fronteggiare  la  sola  Germania  in  Francia  e  in  Fiandra;  im- 
mobilizzazione delle  armate  austro-ungariche  al  fronte  italiano  e  sguer- 
nimento  delle  linee  in  Albania  e  Macedonia  ;  eliminazione  della  Bulga- 
ria, abbattuta,  dal  blocco  mittleuropeo  ;  crollo  del  sogno  teutonico  ;  la 
via  di  Costantinopoli  aperta  agli  Alleati.  Se  l'Italia  non  avesse  vinto,  la 
sconfitta  avrebbe  aperto  le  vie  a  una  minaccia  diretta  sul  fianco  destro 
delle  armate  franco-inglesi  ed  avrebbe  concesso  nel  Mediterraneo  am- 
pia libef"tà  ai  sottomarini  tedeschi  di  rendere  pressoché  impossibile 
all'Intesa  le  comunicazioni  con  la  Macedonia  e  con  la  Palestina. 

La  strategia  di  Foch  è  tutta  derivazione  della  vittoria  del  Piave  : 
15  giugno-6  luglio;  anzi,  la  strategia  di  Foch  si  poggia  essenzialmente 
sul  successo  italiano. 

E'  il  18  luglio  che  il  Maresciallo  di  Francia  contrattacca  e  riduce 
il  nemico  all'armistizio,  che  non  sarà  l'armistizio  classico  di  Diaz.  ÌMa 
i  soldati  italiani  hanno  fatto  prodigi  a  Bligny.  a  Soissons,  hanno  libe- 
rato Reims,  hanno  contribuito  al  riconquisto  dello  Chemin  des  Dames, 
a  Sissonne  ed  a  Blanzy  si  coprirono  di  gloria.  Cinquecentomila  uomini 
ha  l'Italia  in  Francia:  soldati  in  trincea  e  lavoratori  al  posto  di  al- 
trettanti andati  sulla  linea. 


IL    GIORNO   d'oro   DELL'iTALIA  39I 

*  *  ♦ 

Roma  prosegue: 

—  Il  nemico  è  prostrato  nella  polvere.  Chiede  pace.  Voi  discu- 
tete. Discutete  pure.  Ma  l'Italia  non  tratta  la  pace  sul  suolo  della  pa- 
tria invasa.  Voi  stessi  Francesi  avete  detto  così  ! 

Il  nemico  si  demoralizza.  In  Austria  si  combina  la  federazione 
dei  popoli.  Osereste  trattare  la  pace  con  l'Austria?  Voi,  Alleati,  ver- 
reste meno  al  Trattato  di  Londra,  al  trattato  che  presuppone  la  solu- 
zione delia  guerra  nel  miglior  modo  che  possa  avvenire:  con  lo  sfa- 
sciamento della  Duplice  Monarchia,  con  la  liberazione  dei  popoli  op- 
pressi ?  Eh,  via  !  Alla  liberazione  dei  popoli  valgono  le  Armi  italiane, 
vale  il  diritto  dell'Italia.  Questo  è  ;  e  il  quesito  assorbe  diverse  clausole 
del  prontuario  wilsoniano.  Quando  Wilson  esige,  nel  191 8,  la  spari- 
zione dell'Austria,  in  fin  dei  conti,  non  viene  che  a  riconoscere  la  con- 
ditio  sine  qua  non  che  l'Italia  pose  il  1915,  alla  sua  guerra;  non  viene 
che  a  legittimare,  tardivamente,  il  diritto  che  aveva  l'Italia  di  trovarsi 
alleati  sull'Isonzo  gli  Stati  Uniti  nell'autimno  angoscioso  del  '17. 

E'  maturato  l'evento  dello  schiacciamento  dell'Austria?  Il  ma- 
glio c'è  :  —  Diaz  ! 

Voi  volete  discutere  l'armistizio  che  l'Austria  ha  chiesto  a  Wash- 
ington il  4  ottobre?  Lo  volete?  Lo  potete? 

L'Austria  accampa  tuttora  nel  Veneto  :  deruba,  uccide,  stupra. 

Chiedono  vendetta  i  morti  !  Incitano  all'assalto  i  ciechi,  i  "veg- 
genti del  liberato  avvenire"  ! 

L'Italia  su  oltre  5  milioni  di  armati  forniti  all'Intesa  ne  ha  per- 
duti un  milione.  Ne  son  morti  500  mila!  Ben  350  mila  in  battaglia! 
Ha  mezzo  milione  di  mutilati  ! 

Li  avete  chiamati  in  Palestina?  Con  voi  sono  entrati  a  Gerusa- 
lemme. 

Occorsero  in  Macedonia?  Son  rientrati  con  i  Serbi  nella  loro  ter- 
ra riconquistata  —  con  i  Serbi  che  la  Marina  italiana  portò  in  salvo, 
quando  l'austriaco  li  ridusse  al  mare,  perduti  —  con  i  Serbi  che  ripa- 
gano con  l'ingratitudine. 

In  Albania?  L'Italia  pensa  alla  sua  indipendenza  —  le  ha  dato 
difensori,  scuole,  ospedali,  acquedotti,  strade. 

Voi  sapete  che  non  all'Esercito  d'Italia  è  imputabile  l'immobilità. 
C'è  una  disciplina  di  fronte  unico  :  ed  esso  la  rispetta.  Non  gli  vengono 
altre  truppe  alleate.  Gli  Americani  occorrono  tutti  in  Francia?  Di  due 
milioni  in  Europa,  un  solo  reggimento  sul  Piave  ! 

Causa  comune,  vittoria  comune  —  disciplina  comune,  sì. 

Ma  un'ulteriore  indulgenza  con  l'impero  degl'impiccatori  è  tut- 
t'altra  faccenda.  E'  delitto  verso  l'umanità,  verso  la  libertà,  verso  il 
principio  di  nazionalità  dei  popoli,  il  concedere  respiro  al  mostro  ne- 


392  IL   CARROCCIO 


fando.   Non  vedete  che  implora  tuttora  di  sopravvivere  per  covare 
sempre  la  sua  implacabile  insidia  viperigna? 

Dippiiì.  Nel  paese  i  rinunciatari  del  Trattato  di  Londra  sono 
sgomenti.  Inorridiscono  di  avere  tentato  l'intossicamento  della  coscien- 
za popolare,  col  proporle  la  decapitazione  del  programma  nazionale. 
La  coscienza  pubblica,  edotta,  insorge  :  salva  l'onore,  s'irrigidisce  nello 
sforzo  di  volontà  e  dell'azione.  La  compattezza  è  di  diamante.  Voi 
stessi,  Alleati  ed  Amici,  avete  creduto  instabile  nella  compagine  mini- 
steriale financo  il  taciturno  assertore  tenace  del  programma  italiano? 
Eccolo  a  Versailles,  a  parlarvi  con  la  voce  di  prima  della  guerra,  con 
la  stessa  determinatezza  rettilinea!  E'  scaduta  la  promessa  del  1915. 
Imperialismo  ?  Ma  che  imperialismo  d'Egitto  !  Fino  a  promessa  com- 
piuta, è  diritto  sancito  dalla  geografia,  dalla  geologia,  dalla  orograna, 
dalla  idrografia,  dalla  etnografia,  dalla  storia,  dalla  difesa  della  porta 
di  casa  !  Poi,  se  imperialismo  dev'essere  per  voi,  faremo  anche  noi  l'im- 
perialismo !  Avremo  anche  noi  i  nostri  scali  liberi  ! 

Insomma  : 

—  Alleati,  Amici,  ognuno  al  suo  posto,  col  proprio  diritto,  con  la 
propria  coscienza,  con  la  propria  forza!  Il  Popolo  d'Italia  chiede  l'e- 
spulsione del  nemico  dal  suolo  nazionale;  il  Popolo  d'Italia  chiede  la 
liberazione  dei  fratelli  torturati.  Se  l'Austria  vuol  pace,  s'inginocchi 
e  la  chieda.  Lasci  stare  i  mediatori.  La  chieda  a  Diaz,  direttamente. 
E  sia  l'Austria  debellata,  l'Austria  scomparsa  dalla  faccia  della  terra. 
Austria  delenda  est!  — 

"ffi  y^  "vp. 

Fu  l'ultimo  accento  di  Roma,  solenne,  imperioso,  fermo  come  la 
gloria  sua  eterna  che  attendeva  le  milizie  dell'Italia  Risorta  a  Trento, 
a  Trieste,  a  Pola,  a  Fiume,  a  Zara. 

In  una  settimana  è  data  la  dimostrazione  palmare  della  vecchia 
tesi  italiana  :  si  colpisce  la  belva  di  Berlino  cacciandole  il  ferro  nel 
cuore,  a  Vienna. 

Un  fulmine  di  guerra,  Diaz. 

Il  nemico  stramazzato  giiì,  di  piombo.  Invano  implora,  mordendo 
la  polve,  che  s'afiFretti  l'armistizio  del  compromesso  diplomatico;  l'ar- 
mistizio che  l'Italia  ha  scartato.  Il  nuovo  occorre,  il  nuovo  !  Quello 
della  vittoria  con  l'arme  in  pugno,  col  nemico  scacciato  dal  suolo  del- 
la Patria! 

Dal  24  ottobre  al  4  novembre  :  lo  straniero  fuori  d'Italia  ;  le  terre 
soggiogate,  libere  ;  il  gonfalone  di  San  Marco  a  garrire  sovrano  sul- 
l'Adriatico ;  eppoi  426.774  prigionieri  con  10.658  ufficiali,  con  6.815 
cannoni,  con  2rr,  mila  cavalli,  con  l'ultima  grande  nave  di  battaglia 
dell'Absburgo  colata  a  picco! 


II,  GIORNO   d'oro  DELL'ITALIA  393 

*  *  ♦ 

Dite  :  se  tutto  questo  è  potenza  di  fatti,  perchè  Roma  non  doveva 
ritornare  sulle  lontane  vie  che  ha  ritrovate  costrutte  di  sacro  suo 
cemento  ? 

Poteva  non  essere  Roma  la  terribile  Vendicatrice  della  Storia? 

Davvero  più  grande  cosa  non  poteva  vedere  il  Sole. 

Perchè  la  vittoria  immortale  d'Italia  è  piiì  che  il  Sole. 

AGOSTINO  DE  BIASI 


La  guerra  è  finita.  L'Europa  cambia  faccia.  Dagli  atlanti  si  cancellano  nomi 
e  sulle  mappe  si  solcano  nuovi  confini.  L'Italia  n'esce  grande  e  diritta  e  serena, 
<  intorno  a  lei  è  il  caos.  Tuttavia,  sentiamo  che  la  sua  battaglia  deve  riprendere. 

Ultimi  fra  coloro  che  hanno  sostenuto  con  la  fragile  penna  i  diritti  inte- 
grali dell'Italia,  noi  sentiamo  che  la  nostra  missione,  a  compiere  la  quale  questa 
Rivista  nacque,  non  è  finita.  O  Italia!  nel  tuo  nome  ci  sarà  sacro  il  nuovo  do- 
mani di  lotta.  ^  P  g 


THE  T»RESIDEMT  TQ  THE  KI/^G  OF  ITAL/ 

Washington,  November  4,   1918 

May  I  not  say  how  deeply  and  sincerely  the  people  of  the  United 
States  rejoice  that  the  soil  of  Italy  is  delivered  from  her  enemies.  In 
their  name  I  send  Your  Mayesty  and  the  great  Italian  people  the  most 
enthusiastic  congratulations. 

WlLSON- 
m  *  * 

November,  ir 

In  the  name  of  the  people  of  the  United  States  and  in  my  owit, 
I  extend  hearty  congratulations  on  this,  your  Majest}''s  natal  day, 
which  happly  is  also  a  golden  day  for  the  world's  peace  and  security. 
marking,  as  it  does,  the  crowning  point  of  the  successful  struggle  of 
civiHzation  against  savagery.  Well  may  the  Italian  people  rejoice  in 
the  removal  of  danger  and  menace  for  the  future  and  welcome  the 
complete  victory  to  which  their  valor  and  fidelity  have  so  gloriously 
contributed.  Such  victories  as  this  win  their  own  just  rewards  in  that 
they  bring  home  to  the  victors  a  reali zing  sense  of  their  responsibility 
to  see  to  it  that  their  sacrifices  in  the  cause  of  the  right  shall  assure 
for  ali  time  a  new  era  of  liberty,  justice.  and  prosperity  for  the  peoples 

of  the  earth. 

Wilson 


LO  SFO'RZO  t)!  GUERRA  'DELL'ITALIA 
E^  !  SUOI  SACRIFIZI 

ÌJiscorso  di  S.  E.  il  conte  V.   Macchi  di   Cellerk,   R.  Ambasciatore  d'Italia, 
pronunciato  aìl'Astor  Hotel  di  Nezv  York  la  sera  del  13  ottobre   1918, 
nel  banchetto  in  onore  degli  eroi  Alpini,  Bersaglieri  e  Grana- 
tieri ospiti  del  Governo  degli  Stati  Uniti. 

Dai^l'inizio  della  guerra,  è  bene  saperlo,  è  bene  rammentarlo,  l'Ita- 
lia ha  chiamato  alle  armi  complessivamente  poco  meno  di  cin- 
que milioni  e  mezzo  di  uomini  ed  ha  sofferto  la  perdita  totale 
Kli  quasi  un  milione  e  mezzo.  Di  tale  perdita  circa  un  milione  può 
■considerarsi  definitiva  per  la  forza  della  nazione  poiché  tale  milione 
•è  costituito  per  circa  metà  da  morti  (dei  quali  350  mila  in  combatti- 
anento),  e  per  circa  metà  da  invalidi  inguaribili. 

Attualmente  la  forza  alle  armi  supera  nel  complesso  i  quattro 
milioni  di  uomini,  ed  è  stata  chiamata  già  alle  bandiere  la  classe 
del  1900. 

In  tre  anni  di  guerra,  in  quattordici  furiose  offensive  sull'Isonzo 
e  sul  Piave,  in  mischie  continue  accanite  ed  oscure  su  tutta  la  catena 
"di  monti  asperrimi  occupati  fin'anche  sulle  cime  più  alte,  sono  stati 
catturati  al  nemico  4500  ufficiali  e  170.000  soldati.  Della  guerra  igno- 
rata, combattuta  senza  tregua  dall'Esercito  italiano  contro  non  solo 
gli  uomini,  ma  contro  gli  elementi  e  le  difficoltà  del  terreno,  un  indice 
riflesso  è  nei  1500  chilometri  di  teleferiche  e  nei  3500  chilometri  di 
strade  rotabili  gettati  e  costruiti  attraverso  le  impervie  catene  dei 
monti. 

Tale  possente  sforzo  militare  del  nostro  paese  assume  il  suo  ve- 
ro valore  soltanto  se  integrato  da  riflessioni  relative  alla  struttura  de- 
mografica ed  economica  della  Nazione.  Occorre  avere  presente  che 
dei  36  milioni  di  abitanti  che  contava  l'Italia  prima  della  guerra,  17 
milioni  soltanto  erano  costituiti  da  uomini,  e  dato  il  forte  coefficiente 
d'emigrazione  che  si  riflesse  esclusivamente  su  uomini  validi  al  la- 
voro, soltanto  9  milioni,  su  quei  17,  erano  costituiti  in  Italia  da  adulti 
economicamente  produttivi.  E  pertanto  la  sottrazione  delle  forze  mo- 
bilitate ha  avuto  una  ripercussione  intensa  e  profonda  sulla  econo- 
mia della  Nazione,  tanto  che  si  può  calcolare  che  ogni  cento  uomini 
adulti  rimasti  in  paese  abbiano  al  loro  carico  oltre  320  minori  di  15 
anni.  E  tanto  più  poderoso  deve  apparire  il  nostro  sforzo  se  si  consi- 
dera che  data  la  fisionomia  della  nostra  costituzione  fann'gliare,  il  la- 
voro delle  donne,  pure  essendo  stnto  sfruttato  nei  limiti  del  possibile, 
non  ha  potuto  assumere  importanza  economica  pari  a  quella  di  al- 
tri paesi. 


LO  SFORZO  DI  GUERRA  DELL'iTALIA  ED  I  SUOI  SACRlElCI  395 

Né  sono  superflue  altre  speciali  considerazioni.  Nessun  sollievo 
è  a  noi  venuto  dal  concorso  di  contingenti  coloniali,  che  anzi  la  re- 
lativa scarsità  di  truppe  indigene  nelle  nostre  Colonie  ci  ha  costretto 
a  rinforzarle  con  truppe  metropolitane.  Nessun  aiuto  ci  è  venuto  dalla 
cooperazione  di  lavoratori  di  paesi  neutri  od  alleati,  che  anzi  un  forte 
contingente  di  lavoratori  ausiliari  abbiamo  ceduto  alla  Francia,  no- 
stra amica  ed  alleata,  rendendole  così  possibile  di  rilasciare  per  la 
guerra  altrettanti  elementi  validi.  Ed  è  con  animo  lieto  che  rammen- 
to pure  a  questa  grande  Nazione,  l'America,  il  diretto  contributo  degli 
emigrati  italiani  al  suo  sforzo  economico  e  militare. 

In  questo  stato  di  cose  per  fronteggiare  tutte  le  gravi  esigenze 
della  grande  guerra  per  la  libertà  del  mondo  e  per  la  redenzione  dei 
fratelli  nostri  abbiamo  tagliato  nel  vivo  dei  più  urgenti  ed  indispen- 
sabili bisogni  della  nostra  agricoltura  e  della  nostra  industria  ;  lo  stes- 
so esercito  trova  difficoltà  gravissime  al  suo  stesso  sostentamento,  ai 
suoi  stessi  rifornimenti  per  la  continua,  conseguente  ed  irrimediabile 
deficienza  di  mano  d'opera. 

E  dal  punto  di  vista  economico,  per  la  giusta  valutazione  della 
intensità  eccezionale  dello  sforzo  nostro  in  rapporto  a  quello  dei  po- 
poli alleati  e  della  maggior  gravità  della  sottrazione  di  braccia  e  della 
distruzione  di  capitali,  è  necessario  considerare,  o  Signori,  la  modestia 
del  nostro  sviluppo  industriale  e  della  nostra  consistenza  economica. 
Tuttavia  l'Italia,  con  un  miracolo  di  energia,  talvolta  ignorato,  tal- 
volta non  interamente  apprezzato,  mancando  quasi  interamente  di  car- 
bone e  materie  prime  che  ha  sempre  dovuto  importare,  sempre  in 
quantità  insufficienti,  dall'estero,  ha  saputo  creare  quasi  dal  nulla  una 
poderosa  organizzazione   di   produzioni  belliche. 

Né  voglio  tacere  dei  sacrifici  grandi  del  nostro  popolo  conseguenti 
alla  insufficienza  della  nostra  produzione  agricola  in  confronto  alla 
popolazione,  all'accennata  deficienza  di  mano  d'opera  che  sui  lavori 
dei  campi  si  é  particolaiTnente  riflessa:  ciò  ha  condotto  ad  un  regime 
alimentare  che  si  é  tradotto  in  sofferenze  vere  e  continue,  quali  forse, 
non  possono  trovare  riscontro  altrove. 

Ma  non  v'é  sacrificio  che  l'Italia  non  sopporti  con  animo  sereni) 
e  fiero  pur  di  conseguire  il  trionfo  completo  delle  idealità  umane  per 
le  quali,  nuovi  crociati  dcir'ldea",  i  nostri  fratelli  d'America  versano 
generosamente  il  tesoro  prezioso  delle  loro  energie  e  del  loro  sangue. 

Questa  visione  di  una  nuova  redenzione  della  gente  esalta  l'animo 
dei  combattenti  e  cementa  vieppiù  la  resistenza  degli  eserciti  civili 
delle  nazioni  affratellate  nel  compito  più  santo  che  la  civiltà  abbia  avu- 
to ad  assolvere  dacché  esiste  il  mondo.  E  se  é  così,  o  Signori,  a  che 
vale  l'accattonaggio  di  una  pace  insidiosa  che  ci  viene  dai  governi 
delle  potenze  centrali?  Essi  non  sanno  che  cosa  sia  giustizia,  ha  sta- 
bilito il  Presidente  Wilson,  e  parlano  un  linguaggio  che  non  è  il  nostro. 
Essi  non  sanno  che  cosa  sia  onore.    La  loro  parola  é  fedifraga  e  la 


39^  IL   CARROCCIO 


mano  che  porgono,  nell'ora  intravista  della  punizione  immancabile, 
€  intrisa  del  sangue  degli  innocenti,  delle  giovani  spose,  delle  madri 
lagrimanti  e  dei  vecchi  infermi  caduti  vittime  della  loro  tracotante 
barbarie.  A  costoro  si  ritorce  in  viso  la  proposta  ingiuriosa  così  come, 
interprete  autorevole  e  fedele  del  pensiero  di  ognuno,  ha  fatto  testé 
il  Presidente  degli  Stati  Uniti  d'America. 

Si  ritorce  in  viso  la  proposta  e  si  combatte  con  lena  sempre  mag- 
giore sino  all'aurora  del  giorno  in  cui  la  libertà  del  mondo  non  ab- 
bia a  temere  oltre. 

Ve  lo  dicono  i  gloriosi  veterani  dell'Esercito  nostro,  che  qui  con- 
venuti, l'America  saluta  oggi  con  affetto  pari  al  nostro.  Ve  lo  dicono 
i  combattenti  d'Italia  nell'ansia  che  li  sospinge  a  ricacciare  il  nemico 
-di  secoli  al  di  là  delle  frontiere  violate  ed  a  riconquistare  i  confini 
naturali  della  patria  nostra;  ve  lo  dicono  i  soldati  d'Italia  che  per  la 
redenzione  del  mondo  pugnano  e  cadono  in  Francia,  in  Macedonia, 
lin  Albania,  in  Palestina. 

^^ .  Una  ferrea  volontà,  o  Signori,  spinse  Colombo  al  nuovo  conti- 
nènte^ una  ferrea  volontà  guidò  i  nostri  martiri  alla  liberazione  della 
Patria;  una  volontà  indomabile  ha  per  tre  anni  tenuti  i  nostri  eroi 
sul  campo  della  gloria  e  dell'onore  per  la  difesa  della  libertà  umana 
vilipesa  e  calpestata. 

Il  giorno  della  vittoria  è  spuntato.  Le  armi  di  America  sono  colle 
armi  alleate  ;  ed  è  giunta  or  ora  la  notizia  che  i  soldati  di  questa  gran- 
de Nazione  hanno  assunto  il  loro  posto  nelle  trincee  lungo  il  Piave. 
E'  un  annunzio  di  gioia.  Quando  il  momento  di  avanzare  sarà  giunto, 
la  bandiera  stellata  varcherà  il  fiume  sacro  negli  annali  della  gloria 
d'Italia  accanto  al  tricolore. 

Conchiudo,  o  Italiani  che  mi  ascoltate.  L'obiettivo  nostro  è  que- 
sto :  Combattere  con  tutte  le  nostre  forze  per  la  causa  comune,  tute- 
lando allo  stesso  tempo  i  supremi  e  vitali  interessi  nazionali.  Questa 
guerra  segna  il  principio  di  una  nuova  epoca  storica  per  il  mondo 
civile.  Sicuri  del  nostro  diritto,  stretti  intorno  a  quel  fulgido  esempio 
di  valore  e  di  sacrifìcio  ch'è  il  nostro  Re,  procedendo  in  perfetto  ac- 
cordo coi  nostri  compagni  d'armi,  confidando  nel  sostegno  possente 
dell'America  nobile,  generosa  e  valorosa,  riposando  sulla  mente  del- 
l'uomo che  riallaccia  le  tradizioni  di  Washington  e  di  Lincoln,  tenden- 
do al  massimo  ogni  energia,  miriamo  alla  vittoria,  ad  una  vittoria  che 
assicuri  un'era  non  di  odio  e  di  prepotenza  quale  agognano  gli  av- 
versari, ma  di  giustizia  e  di  libertà  per  tutti  i  popoli. 

Prove  dure  ci  attendono  ancora  in  ogni  campo.  Ma  con  la  mu- 
tua cordiale  cooperazione  tra  gli  alleati,  con  le  gesta  del  valoroso 
nostro  esercito  di  terra  e  di  mare  e  mantenendo  l'unione  completa 
degli  spiriti,  cementata  dal  fervente  patriottismo  di  tutti  i  partiti,  di 
tutti  gli  ordini  di  cittadini,  andiamo  incontro  all'avvenire  con  animo 
fidente  nella  fortuna  radiosa  del  mondo  civile  e  dell'Italia. 


THE  POWERFUL  EFFORT  MADE 

By  iTAiy  m  the  war 

SiNCE  the  beginning  of  the  war  Italy  has  called  to  the  colors  a 
total  of  Httle  less  than  five  and  a  half  million  men  and  has  suffe- 
red  a  total  loss  of  about  one  and  a  half  million  men.  From  this  loss, 
about  one  million  men  are  definitely  lost  for  the  strength  of  the  Na- 
tion,  as  this  million  is  formed  of  about  half  a  million  dead  (of  which 
more  than  350.000  killed  in  battle)  and  the  other  half  of  permanently 
disabled  wounded. 

At  this  date  the  total  force  of  the  Army  is  foiir  million  men  and 
the  Class  of  1900  has  already  been  called  to  the  colors.  And  Italy 
not  only  is  standing  on  her  own  front  against  overwhelming  Austrian 
forces,  preventing  them  from  going  and  help  Germany,  but  is  fighting 
the  common  enemy  also  on  the  French  front,  in  Macedonia,  in  Alba- 
nia, in  the  Holy  Land,  in  Siberia,  in  Lybia  and  in  Erythrea. 

During  three  years  of  war,  in  fourteen  strong  offensive  actions 
against  Austria  on  the  Isonzo  and  on  the  Piave,  in  continuous  and 
unknown  encounters  occurring  daily  ali  along  the  rough  chains  of 
mountains,  occupied  up  to  the  highest  peaks,  4.500  officers  and  170.000 
men  bave  been  captured  from  the  enemy.  Of  the  unnoticed  war, 
carried  out  without  rest  by  the  Italian  Army,  not  only  against  the 
men  but  also  against  the  elements  and  the  difficulties  of  the  terrain, 
an  indirect  but  strong  idea  can  also  be  drawn  from  the  statement  that 
1.500  kilometers  of  "teleferiche"  (cable  transportation  devices)  and 
3.500  kilometers  of  new  macadamized  roads  bave  been  constructed. 

Such  a  powerful  military  effort  shows  its  real  value  only  when 
re-inforced  by  considerations  regarding  the  demographical  and  eco- 
nomical  structure  of  the  Nation.  It  is  necessary  to  bear  in  mind  that 
out  of  36  million  inhabitants,  Italy  had  before  the  war,  only  17  mil- 
lions  were  men:  owing  to  the  large  co-efficient  of  emigration  which 
reflects  itself  exclusively  on  able  working  men,  only  9  millions  men 
from  these  17  millions  were  consti tuted  in  Italy  of  economically  pro- 
ductive  adults.  Therefore,  the  subtraction  of  the  mobilized  forces 
has  had  a  strong  and  deep  repercussion  on  the  economical  conditions 
of  the  Nation  and  it  can  be  stated  that  each  100  adult  men  who  are 
in  the  interior  of  the  country  must  now  take  care  of  more  than  350 
children  under  15  years  of  age.  Our  effort  ought  to  appear  stili 
stronger  inasmuch  that  owing  to  the  physiognomy  of  the  constitution 
of  our  families,  the  work  made  by  women,  in  spite  of  being  already 
developed  to  its  Hmit,  has  not  taken  in  our  country  the  same  importance 
as  in  other  countries  at  war. 


398  Ih  CARROCCIO 


It  is  also  well  to  take  into  consideration  some  other  features  :  we 
did  not  bave  any  help  from  colonial  troops,  but,  on  the  contrary,  the 
scarcity  of  native  troops  in  our  colonies  obliged  us  to  re-inforce  them 
with  home  contingents;  we  did  not  bave  any  help  from  neutral  or 
alHed  workmanship,  but,  on  the  contrary,  we  bave  sent  to  France,  our 
friend  and  ally,  a  strong  contingent  of  workmen,  thus  allowing  ber 
to  send  to  the  front  as  many  men  fit  for  active  service.  And  it  can 
also  be  remembered  that  our  five  hundred  thousand  able  workmen 
emigrated  to  this  great  country  bave  given  America  a  direct  and  strong 
contribution  in  ber  economical  and  military  efforts. 

Therefore,  in  order  to  meet  ali  the  requirements  of  the  great  war 
for  the  liberty  of  the  world  and  for  the  redemption  of  our  brotbers, 
to  which  war  we  are  giving  our  powerful  sbare,  we  bave  been  obliged 
to  cut  down  the  most  urgent  and  indispensable  necessities  of  our 
agriculture  and  industry;  our  Army  itself  is  experiencing  great  dif- 
ficulties  for  its  maintenance  and  for  filling  up  its  necessary  supplies 
owing  to  the  continuous,  consequent  and  unreparable  defìciency  of 
band  labor. 

From  an  economical  point  of  view,  for  the  just  valuation  of 
the  exceptional  intensity  of  our  effort  in  proportion  to  that  of  the 
other  allies,  of  the  bigger  weight  of  the  subtraction  of  labor  and  of 
the  destruction  of  capitals,  it  is  also  necessary  to  consider  how  mo- 
dest  were  our  industriai  development  and  economical  strengtb: 
however,  Italy,  by  a  real  miracle  of  energy,  a  real  miracle  that  is 
some  time  ignored  and  some  time  not  fully  appreciated,  lacking  almost 
entirely  of  coal  and  raw  material  which  sbe  has  alw'ays  been  obliged 
to  import  and  not  always  in  sufficient  quantities.  has  created,  starting 
almost  from  nothing,  a  powerful  organization  of  war  industries. 

A  world  also  must  be  said  of  our  peoplc's  great  sacrifices,  con- 
sequence  of  the  insufficiency  of  our  agricultural  production  in  pro- 
portion to  our  population;  of  the  inadequateness  of  band  labor  which 
leflected  itself  particularly  in  farming  work;  of  the  defìciency  of 
shipping:  this  led  to  an  alimentary  regimen  which  has  caused  real 
and  continuous  sufiferings,  never  experienced  in  any  of  the  other 
countries  at  war. 

It  is  therefore  only  fair  that  once  for  ever  the  painful  intensity 
and  the  tenacious  and  conscious  efforts  which  the  Italian  people  is 
supporting  and  has  silently  supported  up  to  this  date,  are  made  known 
everywbere  :  the  people  of  Italy  has  assembled  its  better  and  most 
productive  energies  for  the  present  supreme  militai-y  effort  by  which 
Italy  wants  to  affirm  to  the  wbole  world  ber  loyalt}'  to  the  common 
cause  and  ber  right  to  see  hed  own  ideals  entirely  fulfilled. 


IL  TRIONFO  D'ITALIA 

Articolo  del  Maggior  Generale  dr.  Emuio  Guglielmotti,  addetto  militare 

all'Ambasciata  di  Washington 

LE  ORE  15  d'oggi  segnano  il  trionfo  definitivo  delle  armi  italiane 
sulle  armi  austriache,  trionfo  che  appena  dieci  giorni  or  sono 
poteva  sembrare  ancora  lontano,  ma  nel  quale  l'Italia  e  i  suoi 
soldati  hanno  sempre  avuto  fede  incrollabile,  anche  nei  momenti  più 
tristi  in  cui,  ora  è  appena  un  anno,  dovettero  cedere  alla  schiacciante 
superiorità  delle  forze  germaniche,  austriache,  bulgare  e  turche  ed 
alla  preponderanza  assoluta  delle  artiglierie  e  del  munizionamento 
di  esse. 

All'offensiva  degli  Alleati  sul  fronte  francese,  l'Italia  prendeva 
parte  diretta  con  grandi  unità  combattenti  e  parte  indiretta  coll'invio 
di  più  che  sessantamila  lavoratori  :  alla  efficienza  degli  uni  e  degli 
altri  è  stata  resa  giustizia  dai  generali  francesi,  primo  il  Generalissimo 
Foch,  e  concorreva  anche  indirettamente,  col  trattenere  sulla  sua  fron- 
te le  numerose  divisioni  austriache  :  probabilmente  una  sola  di  queste 
divisioni  potè  il  Kaiser  d'Austria  mandare  sul  fronte  francese  per 
soddisfare  le  pressanti  richieste  del  Kaiser  di  Germania. 

All'attuale  trionfo  che,  per  quanto  riguarda  l'Austria,  può  con- 
siderarsi finale  e  segna  l'unificazione  definitiva  d'Italia  e  la  libera- 
zione dei  popoli  oppressi  dagli  Absburgo,  tre  cause  hanno,  a  mio  pa- 
rere, specialmente  contribuito,  da  un  punto  di  vista  puramente  militare 
e  fatta  astrazione  del  grande  merito  che  ne  hanno,  come  sempre  e  dap- 
pertutto hanno  avuto  nelle  nostre  vittorie,  il  valore  e  la  resistenza 
delle  truppe:  la  scelta  del  momento,  la  giusta  direzione  degli  attacchi, 
la  rapidità  della  attuazione. 

Scelta  del  momento.  —  I  felici  successi  alleati  sul  fronte  fran- 
cese, l'uscita  della  Bulgaria  e  della  Turchia  dalla  guerra  lasciavano 
l'Austria  colle  sue  forze,  per  quanto  preponderanti,  di  fronte  a  noi; 
il  maltempo  e  la  neve  cominciavano  a  rendere  difficili  i  movimenti  e 
i  rifornimenti  del  nemico  nella  zona  montana;  lo  stesso  effetto  aveva- 
no, nella  pianura  verso  il  mare,  le  pioggie  violente,  per  l'ingrossamen- 
to delle  acque  e  l'impaludamento  verificatisi.  Tali  condizioni  restrin- 
gevano la  fronte  d'attacco  italiano,  e  se  potevano,  in  genere,  favorire 
la  difesa,  nel  caso  concreto  favorivano  maggiormente  l'attacco  perchè 
le  difficoltà  accennate  impedivano  al  nemico  di  spingere  con  successo 
contrattacchi  sui  nostri  fianchi,  permettevano  a  noi  di  riunire  maggio- 
ri mezzi  in  spazio  più  breve. 

Direzione  dell'attacco.  —  Dal  primo  momento  si  è  delineata 
l'intenzione  di  dividere  in  due  l'esercito  austriaco  separando  la  parte 


400  IL   CARROCCIO 


montana  dalla  pianura  e  di  tagliare  possibilmente  la  ritirata  alle  trup- 
pe nemiche  :  donde  la  spinta  rapida  e  vigorosa  su  Vittorio  Veneto, 
Ponte  nelle  Alpi,  Longarone,  che  fece  prontamente  conseguire  il  primo 
scopo;  donde  questa  stessa  spinta,  la  rapida  avanzata  in  Val  Sugana 
su  Grigno  e  Castelnuovo,  e  lo  slancio  magnifico  e  la  celerità  meravi- 
gliosa specialmente  delle  truppe  leggere  marcianti  veloci  su  Sacile, 
su  Pordenone  fino  ad  Udine,  che  hanno  dato  colore  al  secondo  dise- 
gno per  quanto  riguarda  le  truppe  nemiche  rispettivamente  dislocate 
tra  Brenta  e  Piave,  suUAltipiano  di  Asiago  e  sul  basso  Tagliamento. 

Rapidità'  dell'azione:.  —  Bastano  due  date:  il  24  ottobre  co- 
minciava il  bombardamento  iniziale;  oggi  4  novembre  la  bandiera  ita- 
liana sventola  sul  Castello  di  Trento  e  sulla  Torre  di  San  Giusto  a 
Trieste,  e  alle  quindici  prende  vigore  un  armistizio  di  cui  le  clausole 
segnano  la  resa  a  discrezione  del  nemico. 

Contro  poco  meno  che  settanta  divisioni  nemiche  hanno  combattu- 
to sul  suolo  italiano  51  divisioni  nostre,  3  divisioni  britanniche,  due 
divisioni  francesi,  un  reggimento  di  fanteria  americana  e  la  legione 
czeco-slovacca.  Non  sembri  scarso  il  concorso  dei  nostri  bravi  Alleati: 
essi,  oltre  al  valore  intrinseco  delle  unità  che  han  combattuto  fianco  a 
fianco  con  noi,  hanno  rinnovato  davanti  al  nemico  l'affermazione  della 
unità  di  intenti  degli  Alleati  tutti  sul  teatro  d'Italia  come  su  tutti  gli 
altri  teatri  della  guerra. 

La  resistenza  nemica.  —  Ad  apprezzare  il  carattere  della  gran- 
diosa battaglia  svoltasi,  è  necessario  tener  conto  al  suo  giusto  valore 
della  resistenza  opposta  dallo  Esercito  Austriaco  e,  la  rapidità  con 
cui  essa  è  stata  dagli  Italiani  superata,  deve  dar  credito  alle  armi  loro 
ma  non  svalutare  la  tenacità  del  nemico. 

Circa  le  condizioni  morali  in  genere  dell'esercito  austriaco  è  op- 
portuno ricordare  che,  per  testimonianze  oiìferte  dai  numerosi  prigio- 
nieri fatti  i  primi  giorni,  nulla  nello  esercito  stesso  trapelava  di  quanto 
nel  frattempo  contribuiva  a  disgregare  la  compagine  ed  il  morale  della 
Duplice  Monarchia.  I  soldati  ignoravano  la  resa  completa  della  Bul- 
garia e  la  recente  sconfitta  della  Turchia,  ignoravano  i  successi  ma- 
gnifici degli  Alleati  sul  fronte  di  Francia  ed  avevano  ancora  fede  nella 
vittoria  finale.  Come  indice  del  morale  avversario  è  da  rammentare 
che  ancora  nel  giorno  18  ottobre  il  nemico  ci  attaccava  con  vigore  in 
Vallarsa  tentando  scacciarci  dalle  nostre  posizioni. 

Il  contegno  delle  truppe  austriache  di  fronte  a  noi  deve  conside- 
rarsi in  due  distinti  periodi. 

Nel  primo  periodo,  che  va  dal  24  ottobre  alla  fine  dello  stesso 
mese,  il  nemico  non  si  rende  ancora  ragione  della  imponenza  della 
minaccia  e  resiste  vigorosamente  dappertutto:  resistenza  e  reazioni 
incontrano  le  nostre  fanterie  il  24  fra  Piave  e  Brenta,  violenti  ritorni 


IL  TRIONI^O  d'iTALIA  4OI 


offensivi  si  hanno  sull'AsoIone  e  sul  Pertica  il  25,  con  fuoco  e  contrat- 
tacchi il  nemico  difende  ancora  tenacemente  il  Grappa  il  26,  reagisce 
violentemente  ai  nostri  tentativi  di  gettar  ponti  a  Pederobba  ed  alle 
Grave  di  Papadopoli  fra  il  26  ed  il  27,  contrattacca  con  vigore  a  Busco 
sul  Piave  il  28,  sferra  contrattacchi  vigorosi  a  Monte  Pianar  e  Monte 
Perlo  il  30,  reagisce  con  artiglierie  e  con  fanterie  al  nostro  passaggio 
del  Basso  Piave  lo  stesso  giorno.  Su  tutto  il  tratto  dallo  Stelvio  al  ma- 
re reagisce  ancora  violentemente  il  31,  ed  il  30  aveva  ancora  gettato 
dappertutto  divisioni  su  divisioni  nell'azione  senza  riuscire  ad  arre- 
stare lo  slancio  dei  nostri  crescente  nel  crescere  del  successo.  Della 
formidabile  resistenza  dovunque  incontrata  fan  testimonianza  gli  stes- 
si bollettini  austriaci  che  in  quei  giorni  esaltano  l'ostinata  resistenza 
ed  i  furiosi  contrattacchi  di  lor  truppe  su  tutta  la  fronte  e  special- 
mente nella  direzione  piiì  pericolosa  per  noi  :  sull'Altipiano  di  Asiago, 
e  fra  Brenta  e  Piave  ;  fan  testimonianza  i  bollettini  francesi  ed  inglesi 
che,  nel  riferire  la  parte  presa  dai  loro  contingenti  al  nostro  fianco, 
affermano  l'ostinata  resistenza  nemica. 

Nel  secondo  periodo  si  fa  sentire  dappertutto  la  nostra  minaccia 
d'aggiramento  lungo  le  direttrici  Conegliano-Pordenone-Codroipo, 
Conegliano-Vittorio,  Ponte  nelle  Alpi  e  Val  Sugana;  il  morale  delle 
truppe  nemiche  è  ormai  profondamente  scosso,  le  notizie  sulla  situa- 
zione generale  non  possono  più  loro  essere  celate,  il  pericolo  d'essere 
tagliate  fuori  si  fa  ad  ogni  momento  più  prossimo  e  più  certo,  i  ser- 
vizi si  disgregano,  e  vitto  e  munizioni  non  possono  più  giungere.  E'  la 
rotta  :  da  questo  momento  la  resistenza  organizzata  cessa  e  si  trasforma 
in  gruppi  di  resistenze  qua  e  là  dove  energia  di  capi  e  virtù  di  truppe 
cercano  ancora  di  fare  argine  alla  nostra  irresistibile  irruzione.  Ma 
i  legami  tattici  sono  infranti,  ogni  funzionamento  di  comando,  di  disci- 
plina, di  servizio  è  irrimediabilmente  turbato,  e  diviene  quasi  generale 
la  fuga,  frequente  ed  inevitabile  la  resa  di  riparti  tagliati  fuori. 

Certo  le  condizioni  generali  del  momento  devono  avere  influito 
sulla  grandiosità  del  successo.  Ma  anche  la  scelta  del  momento  in  cui 
sferrare  un  attacco  decisivo  costituisce  una  delle  grandi  responsabilità 
di  chi  comanda  è  uno  dei  suoi  grandi  meriti  quando  la  scelta  è  felice. 

Washington,  4  novembre   1918. 


^ELL'ORA  DEL  TR10^F0 

l'impero  del,  mondo  o  la  caduta! 

Von  Bernhardi 

CADUTO  l'Impero  della  forza!  —  La  razza  ribelle  al  diritto,  cre- 
sciuta alla  conquista,  è  vinta  ;  —  umiliata  nella  polvere  pel  suo  at- 
tentato efferatissimo,  nel  quale,  essa,  nella  sua  compagine  etnica 
tutta,  nella  sua  oltracotanza  come  nella  sua  scienza,  ha  sfidato  il  mondo 
per  l'imperio  universale. 

I  martiri  delle  forche  e  delle  galere,  i  morti  gloriosi  caduti  in 
aperta  battaglia  contro  di  essa  e  de'  suoi  codardi  e  traditori  vassalli, 
pel  trionfo  del  diritto  sulla  forza,  del  bene  sul  male  —  sono  vendicati. 
L'umanità  è  salva  e  le  vie  dell'avvenire,  di  fraterna  intesa,  —  in  base 
al  diritto  —  ora  perenne  —  sono  aperte  ai  popoli,  liberati  dal  giogo 
secolare  delle  dinastie  degli  Hohenzollern  e  Absburgo. 

Liberate  dall'intrigo  diplomatico  del  passato,  causa  di  ogni  in- 
ganno e  seme  d'odio  fra  gli  uomini  —  salvate  dalla  morsa  del  Pan- 
germanismo. Il  sagrificio  delle  Nazioni  alleate  sarà  stato  immenso, 
come  supremo  fu  il  pericolo  loro  in  quattro  anni  di  massacro,  ma  la 
vittoria  è  finale. 

II  malgenio  della  forza,  l'incubo  del  militarismo  divorante,  assor- 
bente le  migliori  forze  umane  schierate  a  difesa  del  diritto,  giace 
vinto  per  oggi  e  per  sempre  ai  piedi  della  giustizia  internazionale  ;  — 
in  attesa  del  verdetto  morale  ineluttabile  dei  popoli  liberi  :  odio  impla- 
cabile e  diffidenza  verso  la  razza  caina  ovunque  posi  il  piede  un  ger- 
mano —  per  generazioni  di  là  da  venire. 

*  *  * 

E  nell'ora  del  principio  delle  nazionalità,  trionfante  sulle  rovine 
delle  autocrazie  e  teocrazie  medioevali gloria  alle  Nazioni  alleate! 

Gloria  alla  Nazione  madre  pel  cui  genio  atavistico  in  guerra, 
venne  chiusa  la  storia  delle  invasioni  barbariche  in  Europa  nella  di- 
sfatta militare  dell'Impero  secolare  d'Absburgo.  Gloria  all'Italia,  che 
nelle  vittorie  epiche  del  Piave  determinava  in  pari  tempo  —  manifesta- 
inente — la  fine  della  guerra  stessa  col  crollo  inesorabile  della  Germania. 

*  *  * 

Durante  un  secolo,  dal  Congresso  di  Vienna  in  poi,  ove  nel  sog- 
ghigno austriaco  di  Mettemich  l'Italia  era  stata  ridotta  dai  re  ad 
espressioìi  ire  fica  anzi,  nel  verso  sprezzante  di  Lamartine  a  terra 

dì  morti,  il  popolo  d'Italia,  spogliato  d'ogni  bene  e  fra  tutti,  in  turno; 
diviso,  den-'  '  nnlizzato,  soffrendo  per  tanta  jattura  nelle  più  profonde 
latebre  del'       in  alta  psiche,  del  suo  essere  nazionale  memore  di  ca- 


nell'ora  del  trionfo  403 


tastrofi  antiche  ma  altresì  di  grandezze  sovrane  —  ha  cospirato  fiera- 
mente, ha  combattuto  senza  tregua  e  ha  vinto  splendidamente  ! 

Il  popolo  d'Italia  ha  oggi  vinto  ed  incatenato  l'avverso  destino; 
vinto  nel  sagrilìcio  di  sé  stesso,  in  una  cospirazione  nazionale  di  vo- 
lontà e  di  eroismo,  —  col  suo  solo  ferro,  nel  suo  sangue  più  giovane 
e  turgido.  Vinto  l'avverso  fato  secolare  nella  prova  massima  della  fede 
e  del  fuoco  —  invocata  dai  suoi  poeti,  attesa  dai  suoi  precursori  e 
martiri,  e  voluta  dalla  stirpe  che  non  muore,  in  un  impeto  supremo  di 
volontà  eroica;  —  superata  in  aspre  battaglie,  fra  le  maggiori  e  le  più 
fattive  di  questa  guerra  di  popoli. 

Gloria  all'Italia  nel  fulgore  della  Vittoria  ! 

All'orizzonte  nuovo  della  giovane  nazione  integrata,  si  profila 
oggi,  raggiante  per  sua  sola  virtù,  l'avvenire.  Vedete  :  la  razza  esube- 
rante e  concorde  nell'azione,  36  milioni  che  saranno  100  prima  della 
fine  del  secolo;  i  suoi  ferrei  battaglioni  accampati  nella  vittoria  sul 
Brennero  riconquistato,  alla  Vetta  d'Italia.  La  sua  marina  da  guerra 
signora  dell'Adriatico,  rivendicato  a  Roma  cesarea  ed  augusta,  a  Ve- 
nezia repubblicana  e  dogale,  alla  storia  dei  secoli,  alla  geografia al 

lungo  martirio  degli  irredenti  !  Forza  di  mare  che  nel  corso  d'aspri 
eventi  cercò  audace  e  distrusse  la  potente  flotta  nemica  nei  suoi  porti 
usurpati  e  chiusi  della  costa  d'Istria  e  di  Dalmazia,  con  metodi  nuovi 
di  guerra  e  di  scienza,  con  arditezze  insuperate  !  La  marina  d'Italia  a 
cui  sola  da  oggi  in  poi  compete  il  riconquistato  dominio  del  suo  mare 

—  stille  due  sponde  adriatiche  —  a  difesa  imprescindibile  della  peni- 
sola e  della  nazione,  risorta  così,  superbamente  marinara  —  in  qua- 
lunque mare  —  oggi  —  e  per  l'avvenire  economico. 

'!•     'ì»     -t" 

Ora,  poco  importa  se  qui  rari  nantes  solamente  conoscono  del- 
l'Italia la  storia  millenaria,  o  la  sua  geografia  per  cui  è  in  immediata 
relazione  coi  continenti  d'Europa,  d'Asia  e  d'Africa  —  mentre  è  vicina 
alle  Colonne  d'Ercole  donde  Colombo  salpò  alla  scoperta  delle  Ame- 
riche; —  poco  importa  se  non  furono  o  non  sono  ricordati  qui,  dolori, 
spogliazioni  e  tirannie  di  cui  fu  vittima  costante  la  penisola  del  sole  ; 

—  se  pochi  intellettuali  solamente  pensano  dell'Italia  nel  suo  merito 
incomparabile  d'aver  dato  due  civiltà  al  mondo  incuneate  nel  diritto 
delle  genti,  nella  scienza  e  nell'arte:  la  Romana  augustea,  che  trasse 
gli  uomini  e  le  migrazioni  asiatiche  dalle  selve  alla  sua  luce  illumina- 
trice nell'antico  mondo;  ed  il  Rinascimento,  pur  nell'annientamento 
delle  invasioni  e  delle  discordie  fatali  d'Italia.  —  splendore  di  fede,  di 
arte,  di  scienze  e  di  sintesi  eccelse  che  non  tramonteranno  mai  ;  — 
l'anima  della  stirpe,  trasmutata  a  meraviglie  ideali. 

Che  importa  il  silenzio  della  stampa  internazionale  sull'opera 
eroica  dell'Italia  in  questi  quattro  anni  di  guerra  quando  la  vittoria 
delle  armi  sue  è  per  gli  italiani  indice  maturato  di  potenza  nazionale; 


404  II,  CARROCCIO 


—  fatale  ai  nemici  di  ieri,  e,  domani,  forza  costruttiva  di  civiltà  di 
primo  ordine  nelle  sue  relazioni  economiche  col  mondo  liberato?  —  Se 
in  Europa,  questo  affermarsi  irresistibile  della  potenzialità  della  Terza 
Italia  auspicata  da  Dante  ed  evocata  dalla  profetica  voce  di  Giuseppe 
Mazzini  quasi  un  secolo  fa,  sia  sempre  oggetto  di  sorpresa;  anzi  qua 
e  là,  causa  di  malcelate  quanto  ingiuste  ed  impotenti  gelosie?  Che  im- 
porta se  la  formidabile  vittoria  del  Piave  che  distrusse  un  Impero 
secolare  di  55  milioni  e  fu  araldo  di  vittoria  finale  per  l'alleanza,  non 
ebbe,  oltre  i  confini  d'Italia,  quella  eco  potente,  quale  eventi  di  simile 
trascendenza  avrebbero  dovuto  comandare? 

*  *  * 

Ciò,  italiani,  può  considerarsi  anzi,  a  somma  ventura,  inquantochè 
la  continuata  freddezza  internazionale  verso  l'Italia  e  le  sue  gesta  — 

(mentre  Caporetto il  tradimento,  ebbe  eco  enorme  nella  stampa 

e  nella  parola  amara  altresì,  di  uomini  illustri)  servirà  alla  nazione 
giovane  insediata  per  opera  sua  nel  suo  diritto  naturale  e  nazionale, 
di  monito  efficace  onde  intendere  il  futuro  sulla  base  di  condizioni  di 
fatto  e  non  di  generali  teorie;  —  senza  illusioni. 

*  *  * 

E  per  l'Italia,  fra  le  equazioni  del  futuro,  intanto,  sta  quella  di 
non  disarmare;  di  tenere  le  polveri  asciutte  finché  il  Congresso  delle 
Nazioni,  resa  possibile  la  pace  delle  democrazie,  la  sola  pace  feconda, 
questa  dia  frutti  continuati,  a  beneficio  comune. 

Anche  perchè  il  bolscevismo  russo  dei  Soviet,  non  sia  già  un 
fatto  isolato  di  rivoluzione  politica  transiente,  ma  rappresenti  invece 
il  pericoloso  mito  sociale  della  razza  slava,  giunto  in  questa  conflagra- 
zione umana  alla  ribalta  della  storia  d'Europa  in  seguito  e  quale  ulti- 
ma trasfigurazione  del  "nichilismo"  di  Vera  Sassoulitch  e  dell'^'anar- 
chismo"  di  Bakounin.  Miraggio  adescatore  delle  masse,  nella  sua  im- 
placabilità politica  e  sociale,  che  tende,  fino  da  Brest-Li towsk,  alla  di- 
sgregazione della  razza  teutona  che  in  tale  unione  colla  slava,  costi- 
tuirebbe un  pericolo  di  gran  lunga  più  fatale  all'Europa  ed  anche  agli 
Stati  Uniti  che  non  il  pangermanismo  — ;  per  la  razza  latina,  quanto 
per  l'anglo-sassone,  vere  e  fedeli  alleate  queste  e  scudo  futuro  della 
redenta  Civiltà. 

U Italia  non  deve  disarmare;  né  disarmeranno  certamente  l'In- 
ghilterra, la  Francia  e  gli   Stati  Uniti,  la  pace  duratura più  che 

nei  Congressi  e  nelle  decisioni  d'assetto  della  guerra,  rimanendo  in- 
dubbiamente, per  una  generazione  almeno,  sul  taglio  della  spada. 

ALESSANDRO  OLDRINI 

della  Reale   Società   Geografica   d'Italia 
e  dell'Academy  of  Politicai  and  Social  Science  of  America 


LA   VITTORIA 

ABBIAMO  la  vittoria  in  pugno.  Dopo  quattro  anni  di  patimenti 
inenarrabili,  di  pericoli  terribili,  di  sacrifici  inauditi,  di  sforzi 
immani,  su  centinaia  e  centinaia  di  migliaia  di  caduti  in  guerra, 
dai  campi  d'Italia  ai  campi  di  Francia,  dalla  Macedonia  all'Asia  Mi- 
nore, noi  possiamo  levare  il  grido:  "Abbiamo  la  vittoria  in  pugno!" 

Necessita  tagliar  corto.  Forzare  l'ultima  offensiva  pacifista  e  giun- 
gere alla  resa  a  discrezione.  Fuori  di  metafora,  bisogna  fare  alla  Ger- 
mania le  più  pure  condizioni,  condizioni  che  passino  sopra  all'armi- 
stizio e  disarmandola  le  tolgano  via  l'ultima  illusione  e  l'ultima  carta 
del  suo  giuoco,  i  territorii  invasi.  Bisogna  chiedere  alla  Germania  e 
agli  alleati  che  le  restano  ancora,  il  disarmo.  Poi  l'armistizio  viene  da 
sé.  Cioè,  la  resa  a  discrezione.  A  imporre  tali  condizioni  penserà  il 
presidente  Wilson  il  quale  è  certamente  un  uomo  che  asconde  un  ame- 
ricano, cioè,  un  grande  idealista  che  asconde  un  grande  pratico.  E  più 
esattamente,  a  imporre  tali  condizioni  penseranno  gli  alleati  di  Europa, 
ciascuno  per  suo  conto,  ciascuno  per  il  suo  più  particolare  nemico. 

Noi  per  l'Austria.  Noi  abbiamo  con  ogni  sacrifizio  e  con  ogni 
virtù  combattuta  la  nostra  guerra.  Eravamo  deliberati  a  vincere  anche 
prima  di  cominciare.  Con  l'aiuto  di  Dio  e  dei  nostri  alleati  e  dei  nostri 
soldati  abbiamo  vinto.  E'  la  prima  grande  vittoria  finale  della  terza 
Italia,  e  sapremo  sfruttarla.  Tutti  i  fini  e  tutti  i  confini  per  cui  im- 
pugnammo le  armi,  saranno  raggiunti.  E  per  giungere  a  ciò  l'Austria 
deve  rendersi  per  terra  e  per  mare.  Deve  cioè,  rendere,  navi,  porti, 
reggimenti  e  cannoni.  Questo  sarà  il  buon  armistizio  per  la  buona  pace. 


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7lm^ 


How   America   secs   Italy's  Triumph 

Secretary  Lansing  io  ^aron  Sonnino, 

Italian  JUiinister  fot  Foreign  Affaìrs 

Washington,  Novembre  4,  1918 
At  the  moment  of  the  complete  victory  of  the  ItaUan  arms  I  take 
this  means  of  conveying  to  you  my  most  sincere  congratulations.  The 
Government  of  the  United  States  admires  the  valor  of  the  Italian 
armies  and  unites  with  the  Italian  nation  in  this  hour  of  rejoicing  and 
of  triumph. 

LANSING 

Qlorious  Italy 

Italy  has  done  what  she  set  out  to  do.  She  will  do  more,  if  needed. 
But  in  this  great  hour  of  triumph  she  is  entitled  to  the  congratulation 
and  gratitude  due  to  the  first  of  the  Allies  that  has  achieved  the  full 
victory  which  she  tried  to  win. 

Italy  has  been  cruelly  misrepresented  and  misunderstood.  Parti- 
cularly  in  this  country  efforts  have  been  persistent  to  represent  her  as 
a  predatory  power  which  had  gone  into  the  war  for  conquest  rather 
than  froni  principle.  Italy  sought  conquests  only  in  the  sanie  sense 
that  the  United  States  could  have  been  accused  of  that  motive  when 
it  declared  war  on  Spain.  Italy  had  a  stronger  incentive  than  fired 
the  United  States  in  1898,  for  the  people  whose  release  from  oppres- 
sion  she  sought  to  win  were  her  own  people.  //  Italy  had  yielded  to 
the  base  Iure  of  conquest,  she  zvould  have  gone  into  the  zvar  on  the 
German  side.  Every  forni  of  pressure  that  unscrupulous  German 
brains  could  devise  was  exerted  upon  her.  She  was  the  formai  ally 
of  Germany  and  Austria  in  1914  and  they  had  fully  counted  on  her 
aid  or,  at  least,  on  a  friendly  neutrality.  She  was  offered  a  great  part 
of  the  French  colonial  empire  in  Africa,  as  well  as  a  large  slice  of 
southeastern  France,  if  she  would  join  Germany.  Had  Italy  been 
moved  by  the  predatory  spirit,  she  would  have  acccpted  the  German 
bribe,  and  the  dozvnfall  of  France  in  the  first  months  of  the  zvar  zvould 
have  been  incvitable.  In  the  sense  that  she  refused  to  yield  to  the 
temptations  of  unrighteous  ambition,  Italy  may  be  said  to  have  saved 
Europe. 

But  Italy  did  more  than  nierely  to  refuse  to  join  Germany.  She 
was  later  offered  a  part  of  the  Trentino  and  Trieste  districts,  whose 
redemption  she  sought,  if  only  she  would  remain  neutral.  This  offer 
was  accompanied  by  threats  of  the  direst  consequences  to  herself  if 


NOW  AMERICA   SEES   ITAI^y's   TRIUMPH  407 

she  went  into  the  war  against  Germany.  And  they  were  no  idle  threats. 
Belgium's  fate  was  then  before  her  eyes.  Ali  Italians  knew  the  unre- 
strained  savagery  with  which  the  Germans  and  Austrians  were  carry- 
ing  on  the  war.  Moreover,  Italy  at  that  time  was  prospering  as  never 
before  in  her  history,  having  become  the  niain  highway  through  which 
trade  between  Germany  and  the  Americas  was  pouring. 

When  we  remember  the  prevailing  thought  in  America  during 
those  three  years  and  the  manner  in  which  German  propaganda  worked 
bere,  first  to  win  us  to  Germany 's  side  and,  afterward,  to  keep  us 
neutral,  and  when  we  realize  that  the  efforts  of  the  Germans  bere 
wlere  puny  when  compared  with  what  they  were  doing  in  Italy,  we 
can  gain  some  slight  appreciation  of  the  strain  to  which  Italian  thought 
was  subjected. 

It  is  only  justice  to  say  that  no  nation  in  the  war  made  her  great 
decision  front  such  high  motives  of  chivalry  and  devotion  to  liberty 
as  did  Italy.  France  and  Belgium  were  invaded  ;  they  had  no  choice. 
Great  Britain,  while  the  valiant  championship  of  small  nations  stands 
to  her  credit,  had  as  a  more  compelling  motive  a  direct  menace  to  her 
own  security  and  the  contemptuous  violation  by  Germany  of  a  treaty. 
The  United  States  submitted  to  affront  after  affront,  patching  tip  even 
the  Lusitania  outrage  for  nearly  two  years,  and  finally,  recognized 
that  this  was  really  a  war  for  the  preservation  of  democracy  only  when 
Germany  had  openly  and  cynically  thrown  off  ali  restraint  in  the  use 
of  submarines  against  our  shipping. 

Italy  alone  had  no  direct  grievance.  She  had  not  been  invaded  or 
even  menaced,  except  in  the  general  sense  that  ali  the  world  was  me- 
naced.  Her  commerce  had  not  been  attacked,  but  was  growing  and 
thriving  as  never  before.  Every  inducement  of  safet}'  and  comfort 
and  business  prosperity,  such  as  so  many  thousands  of  Americans 
"were  not  ashamed  to  look  upon  as  sufficient  guides,  called  to  Italy  to 
keep  out  of  the  war.  Yet  Italy  declared  war  and  took  up  its  burdens 
and  its  sacrifices.  Was  not  this  the  highest  chivalry,  the  most  coura- 
geoiis  and  unselfish  adherence  to  pure  principle?  And  Italy  has  suf- 
fered.  She  has  known  starvation.  Her  people  bave  been  forced  to  live 
on  the  smallest  possible  food  allowances.  There  was  a  time  when  the 
regular  breakfast  ration  of  the  Italian  soldier  consisted  of  nothing 
but  seven  chestnuts  per  man.  There  was  a  time  when  in  the  swamps 
along  the  Adriatic  every  man  was  suffering  from  fever  and  an  officer 
was  reported  "officially  well"  so  long  as  bis  temperature  was  not  above 
103.  There  were  times  in  the  mountain  fastnesses  when  men  waited 
day  upon  day  beside  their  guns  under  Constant  Austrian  fire  with  not 
a  shell  of  their  own  to  fire  in  return.  Italy  has  known  the  agony  of 
defeat  and  invasion  and  the  consequent  devastation  of  Italian  homes. 
And  she  has  shown  heroism  and  sieadfastness  in  the  face  of  defeat 


408  IL  CARROCCIO 


such  OS  no  othcr  nation  has  surpassed.  The  first  battle  of  the  Marne, 
the  turning  of  the  tide  of  German  invasion  this  year  at  Chateau 
Thierry,  were  not  greater  miUtary  miracles  than  vvas  the  ItaHan  stand 
on  the  Piave  a  year  ago.  To  ali  appearances  the  Italian  army  had  suf- 
fered  as  dire  a  disaster  as  has  now  been  inflicted  on  the  Austrian 
army.  Austria  has  surrendered.  Italy  rallied,  unaided,  for  the  Teu- 
tonic  advance  had  been  stopped  before  British  and  French  help  arrived. 
The  war  has  given  no  finer  example  of  pure  grit  than  was  that  Italian 
stand  on  the  Piave  in  191 7. 

But  perhaps  the  hardest  thing  that  Italy  has  suffered  has  been 
the  persistent  misunderstanding  and  lack  of  appreciation  by  her 
friends,  particularly  in  the  United  States.  The  glaring  example  of  it 
was  the  failure  of  this  country  to  declare  war  on  Austria-Hungary  until 
ten  months  after  it  had  declared  war  on  Germany.  That  gave  sanction 
to  the  assertions  of  German  propagandists  that  the  United  States 
was  not  beliind  Italy.  It  was  a  cruel  and  unnecessary  contribution  to 
the  assaults  on  Italian  morale.  It  was  an  important  factor  in  bringing 
abolii  the  disaster  of  Caporetto.  The  United  States  always  will  bave 
to  look  back  with  regret  and  apology  on  the  fact  that  it  delayed  so 
long  to  give  to  Italy  its  moral  support.  We  bave  never  given  her  any 
important  physical  support,  except  in  the  form  of  supplies  and  loans 
of  money. 

This,  however,  is  the  hour  of  victory  and  not  the  moment  for  re- 
proaches.  Italy  has  won  her  part  of  the  war  and  she  has  won  it  com- 
pletely  and  gloriously.  She  stands  today  the  triumphant  champion  of 
liberty,  not  alone  for  herself  and  her  own  people,  but  for  the  oppressed 
people  of  Austria-Hungary,  for  we  must  not  forget  that  Italy  pro- 
claimed  independence  for  the  Czecho-Slovaks  and  Jugo-Slavs  before 
President  Wilson  pronounced  for  their  autonomy  in  his  fourteen 
articles  and  long  before  the  had  extended  this  declaration  to  a  demand 
for  their  independence  by  his  note  of  October  iQth.  We  cheer  for 
Italy  today.  It  is  well,  even  at  the  cost  of  some  criticai  self-exami- 
nation,  that  we  should  understand  how  richly  she  deserves  our  admi- 
ration.  She  has  completed  the  work  which  Garibaldi  began.  It  was 
in  the  spirit  of  Garibaldi's  noble  idealism  that  she  both  undertook  it 
and  has  carried  it  through. 

BUFFALO  EXPRESS,  Nov.  6 

(avviva  ritalia! 

Italy's  seal  of  victory,  is  indelible  and  of  the  mightiest  conse- 
quence. 

The  superb  campaign  led  by  Diaz  has  left  Germany,  chief  con- 
spirator  in  the  foulest  intrigue  ever  directed  against  humanity.  without 
a  national  pai  with  whom  to  plot.    To  Italy  is  the  honor  of  having 


NOW   AMERICA   SEES  ITAI^y's  TRIUMPH  4O9 

consummated  what  is,  thus  far,  the  supreme  débàcle  of  the  zvar;  a 
downfall  from  which  obsolete  Austria-Hungary  can  never  rise  again. 

Something  of  "the  high  Roman  fashion"  may  be  nobly  discerned 
in  the  undefiled  ItaHan  recovery — not  the  way  of  the  mock  imperiai 
mummers  from  the  ruins  whose  barbarie  Teutonized  jerry-built 
empire,  miscalled  "Holy",  the  upstart  Hapsburgs  patched  up  the  stili 
more  rickety  structure,  now  rubbish  at  their  feet,  but  that  of  the  Rome 
of  the  Twelve  Tables,  of  Cato  and  the  Gracchi,  of  the  serene  and  free- 
souled  Marcus  AureHus.  Not  even  the  dizziest  triumphs  of  law-giving 
Caesar  were  more  decisive  than  this  wonderful  accomplishment  on  the 
Piave,  the  Taghamento  and  in  the  Trentino.  No  operation  of  the  war 
has  had  such  utter  fìnality. 

To  ber  inestimable  inheritance,  Italy  has  been  supremely  true. 
Even  in  the  blackest  days  of  Caporetto  it  was  impossible  to  conceive 
that  she  who  had  found  the  New  World  should  lack  the  ardor  and 
energy  to  help  redeem  the  Old.  Renaissance  means  Italy  in  the  annals 
of  true  culture.  Renaissance — rebirth,  a  superb  quickening,  a  heroic 
fulfillment — now  symbolizes  Italy  in  the  chronicle  of  arms. 

In  ali  the  pages  of  history  there  is  nothing  quite  like  the  magnitude 
of  titanio  recovery  which  the  last  year  of  the  universal  conflict  has 
revealed  on  the  Venetian  plains. 

Huns,  far  more  formidable  than  Attila's  hordes  who  fell  at  Chà- 
lons,  vainly  boasted  that  their  treacherous  propaganda  had  undermined 
the  morale  of  that  inextinguishable  land  who  gave  the  spirit  of  her 
laws  to  ali  Continental  Europe — even  to  her  foes  who  betrayed  it. 

Cadorna  was  discredited.  Venice,  brittle  to  the  touch  of  ruthless 
hands  as  the  delicate,  exquisite  glass  she  has  made  for  centuries,  was 
on  the  verge  of  defilement.  Yet  the  flame  of  Mazzini,  most  intellectual 
of  liberators,  and  of  Garibaldi,  deliverer  of  sturdiest  physical  blows 
for  freedom,  burned  into  the  hearts  of  the  unyielding  Italian  armies, 
steadfast  at  last  on  the  Piave,  and  seared  them  with  renewed  reso- 
lution.  Austria's  final  effort  in  June  was  heroically  humbled. 

Then  came  the  months  of  preparation,  while  ali  the  forces  of 
fervor  and  of  enterprise  were  forged  into  a  shining  and  unconquerable 
sword  of  liberty. 

Precedent  is  meek  before  the  consequence.  Pive  hundred  thousand 
prisoners,  the  redemption  of  Venetia,  the  recovery  of  Trent  and  Trieste 
the  two  chief  cities  of  the  soil  once  pathetically  called  "Irredenta", 
and  finally  the  armistice  coup  de  grace  whereby  Austria  is  literally 
hurtled  out  of  the  war — these  are  the  accomplishments  of  our  tri- 
umphant  ally,  heir  of  the  immortai  spirit  of  stili  civilizing  Rome. 

EVENIXG  LEDGER,  Philadelphia 


410  Ih   CARROCCIO 


Italy's  reall^  hegan  the  great  allied  drive 

It  was  the  Italian  Army  on  the  northern  front  of  Italy  that  really 
began  the  great  Allied  counter  drive  last  summer  which  turned  the 
tide  of  the  war  against  the  Central  Powers. 

If  the  Italian  Army  had  net  held  the  A.ustrians  in  June  and  hurled 
them  back  across  the  Piave,  Foch  might  bave  been  forced  to  adopt 
very  different  tactics  in  July  and  the  second  Battle  of  the  Marne  might 
bave  turned  out  quite  differently. 

I  believe  that  Ttaly  could  bave  followed  up  ber  victory  in  June 
by  immediately  driving  the  Austrians  out  of  ber  territory,  but  it  was 
not  wise  to  do  so.  That  would  bave  meant  the  ravishing  of  Venetia 
by  the  retreating  foe  and  the  destruction  of  ber  rich  cities.  It  proved 
wiser  to  hold  the  enemy  at  the  Piave,  where  they  could  do  no  harm, 
while  the  Allies  on  the  western  front  followed  up  the  advantage  gained 
in  Italy  with  the  big  counter  drive  started  at  the  Marne. 

Italy's  aims  in  the  war  are  ideal.  She  is  not  seeking  territorial 
aggrandizement.  She  is  fìghting  only  to  recover  ber  own,  to  free  those 
of  ber  cbildren  w4io  for  years  bave  suffered  unjustly  under  the 
Austrian  yoke.  The  Trentino  is  ali  Italian  in  language,  race,  custom 
and  in  bistory.  Trieste  is  an  Italian  city,  95  per  cent,  of  its  population 
being  Italian.  Istria  is  the  sanie.  The  island?  off  the  Dalmatian  coast 
belong  rightly  to  Italy.  They  are  absolutely  necessary  to  ber  to  prevent 
Austria  from  ever  again  overrunning  the  Adriatic. 

Italy's  invaluable  contributions  to  the  war  bave  won  for  ber  the 
unquestioned  right  to  her  own. 


Major  FIORELLO  LA  GUARDL\ 
Congressman 


^road  and  masterly  pian 


The  pian  of  Gen.  Diaz  was  broad  and  masterly  and  its  execution 
was  courageous.  By  threatening  the  Austrian  mountain  groups  he 
attacked  the  enemy's  reserves  from  the  Feltre  region,  and  then  struck 
a  heavy  blow  at  the  point  of  union  between  the  hostile  forces  in  the 
mountains  and  on  the  plains.  In  crossing  the  swollen  Piave,  deploying 
beyond  and  then  victoriously  attacking.  the  Italians  performed  a  feat 
of  arms  to  which  we  must  render  full  justice  and  pay  unstinted  praise. 
In  a  fair  field  the  Italian  Armies  proved  their  superiority,  and  in 
brillant  pursuit  they  gathered  an  almost  unequalled  harvest  of  victory. 

New  York   World,  Nov.  6,   1918. 

Col.  REPINGTON 


NOW   AMERICA   SEES   ITALY's  TRIUMPH  4II 


Italians  have  done  well 

I  do  think  that  America  has  not  given  credit  to  Italy  for  what 
she  has  accomplished  in  the  war,  and  the  democratic  conditions  that 
are  existing  throughout  that  country.  The  ItaUans  have  done  well 
in  this  war. 

JOHN  SPARGO 

President    of    the    Social    Democratic 

League,  of  the  special  mission  of 

his    organisation    to    England, 

France  and  Italy 

Ital^  redeemed 

It  will  he  forever  a  source  of  pride  to  the  ItaHan  race  that  "Italy 
Unredeemed"  was  rescued  by  force  of  arms.  The  territory  of  which 
Italy  had  been  so  often  cheated  by  the  chicanery  of  kings  was  either 
occupied  or  ready  for  almost  immediate  occupation  when  the  armistice 
carne 

The  World  salutes  Italy  Redeemed — and  Italy.  She  saved  civili- 
zation  by  refusing  to  attack  France  in  1914.  She  may  have  saved  it 
against  by  entering  the  war  at  one  of  its  darkest  hours.  To  world 
freedom  her  aid  has  been  essential.   Her  own  triumph  seems  complete. 

NEW  YORK  WORLD,  Nov.  5,  1918 


/ 


Itah),   ''a  geographical  expression 

The  doom  of  Belshazzar  has  become  that  of  the  Hapsburgs It 

is  gratifying  the  puissance  of  the  Italians,  who,  having  splendidly 
recovered  from  their  momentary  lapse  of  a  year  ago,  have  been  punish- 
ing  their  old  oppressors  on  an  epic  scale.  "Italy",  qiioth  the  typical 
Tedesco  of  the  last  century,  "is  only  a  geographical  expression".  We 
commend  to  the  shade  —  and  to  the  successors  —  of  Metternich 
consideration  of  the  extent  to  which  Italy  is  henceforth  to  be  a  "geo- 
graphical expression"  at  the  head  and  on  the  eastern  shore  of  the 
Adriatic  and  in  the  Trentino. 

THE  NORTH  AMERICAN  REVIEW'S  WAR  WEEKLY 

November,   9 

Cause  and  effect 

The  Italian  victory  may  also  be  misunderstood  if  read  exclusively 
in  the  light  of  the  politicai  situation.  If  the  politicai  breakup  of  the 
Austro-Hungarian  Empire  is  the  cause,  it  is  also  the  effect  of  what 
is  going  on  in  the  field.    There  was  no  practical  dissolution  of  the 


412  IL   CARROCCIO 


Austro-Hungarian  army  during  the  first  week  of  the  fighting.  The 
two  halves  of  that  force,  though  now  completely  separateci,  were 
stili  intact 

HILAIRE  BELLOC, 
the  Britain's  must  distinquished  milifary  critic 


^he  King  of  Ital^ 


Amid  the  excitement  and  joy  of  celebrating  peace  with  victory 
congratulations  have  been  passing  between  the  heads  and  leading 
figures  of  nations  which  have  been  co-belHgerents  and  brothers  in  arms. 
President  Wilson  has  sent  to  the  King  of  Italy  congratulations  on  his 
birthday,  which  was  coincident  with  the  dose  of  the  great  war  in 
which  Victor  Emmanuel  and  his  country  have  borne  such  a  splendid 
part.  The  constitution  of  the  Italian  kingdom  is  broadly  democratic 
and  representative,  and  the  present  King,  like  George  of  England, 
rules  but  does  not  govern.  Personally  he  has  measured  up  to  the  best 
traditions  of  kingship,  and  has  borne  a  full  share  in  the  perils  and  also 
privations  of  his  soldiers.  His  throne  is  secure  because  he  has  shown 
that  he  recognizes  his  responsibilities  and  has  proved  himself  very 
much  of  a  man. 

THE  N.  Y.  HERALD,  Nov.  13. 

Complete  Victor^ 

We  say  victory  of  Italy,  because  allied  support  has  been  moral 
more  than  material.  King  Victor  Emmanuel,  who  shares  the  danger 
with  his  forces,  has  in  the  field  more  than  sixty  divisions,  aided  by  two 
divisions  of  British,  one  division  of  French  and  one  regiment  of  A- 
merican  soldiers. 

Italy  has  plenty  of  men,  but  wanted  the  outward  and  visible  sign 
that  she  had  allies,  and  their  flags  inspired  the  Romans.  With  the 
proof  that  the  unity  of  the  allied  front  is  a  fact  and  not  theory  deve- 
loped  the  offensive  which  culminated  in  the  great  victory  that  has  been 
descrihcd  as  the  most  beautiful  battle  of  the  war. 

THE  EVENING  TELEGRAM,  New  York,  Nov.  4 


Abbiamo  ancor  da  riprodurre  un  vistoso  numero  di  articoli  e  di 
estratti  —  un  florilegio  magnifico  di  omaggio  all'Italia  trionfante.  Lo 
faremo  nel  fascicolo  prossimo  —  il  Carroccio  della  Vittoria. 

Intanto  interessiamo  i  nostri  amici  delle  diverse  città  americane 
di  farci  tenere  quegli  articoli  di  giornali  e  riviste  che  potranno  arric- 
chire la  interessante  documentazione  che  andiamo  facendo. 


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GLI  AMERICANI  IN  ITALIA 


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l.a   visita   fk-lla    Missione   <leI!'American   Federation   nf   Lalior 
alle   Officine    FIAT,   Torino 


LE  TERRE  ITALIAAE  REDEMTE 

L'Armistizio  e  il  Trattato  di  Londra 

L'lTAi,iA,  concedendo  al  nemico  l'armistizio  chiesto  in  piena  disfat- 
ta, nell'imporre  le  condizioni  della  sua  salvaguardia  da  qualsiasi 
nuovo  assalto  avversario,  avrebbe  potuto  chiedere  dippiù,  poiché 
la  vittoria  strepitosa  e  la  possibilità  di  invadere  il  territorio  austriaco 
e,  stavolta,  davvero  giungere  a  Vienna,  la  metteva  in  condizione  di 
far  pesare  sulla  bilancia,  inesorabilmeu.  ^    la  sua  spada. 

Non  chiese,  invece,  che  il  minimum  u  "'e  condizioni  comprese  nel 
memorandum  che  l'Ambasciatore  italiano  a  j^  -idra,  marchese  Impe- 
riali, presentò  il  25  aprile  191 5  al  segretario  degli  esteri  britannico, 
sir  Edward  Grey,  all'ambasciatore  francese  Cambon,  all'ambasciatore 
russo  conte  Benckendorff  —  il  memorandum  conosciuto  come  Tratta- 
to di  Londra,  reso  pubblico  a  Pietrogrado  dalla  Izvestia  bolscevica,  a 
Londra  dalla  Nezv  Europe.  In  Italia,  successivamente,  veniva  letto  alla 
Camera  dall'on.  Bevione  il  13  febbraio  1918. 

Entrato  il  Trattato  di  Londra  nel  Patto  d'Armistizio,  l'Italia  si 
appresta  a  sedersi  al  tavolo  della  pace  a  parità  di  condizioni  con  gli 
altri  Alleati. 

L'italianità  delle  terre  occupate  è  fuori  discussione,  sì  che  l'occu- 
pazione ammessa  dall'armistizio  va  considerata  stabile,  definitiva. 

Le  terre  redente  tornano  all'Italia  non  come  frutto  della  guerra, 
ma  come  ragione  affermata  ed  equilibrio  di  diritti  ristabilito  in  Adria- 
tico avanti  la  guerra.  Frutto  della  guerra,  sì,  nei  riguardi  dell'Austria- 
Ungheria,  che  deteneva  in  servaggio,  con  la  violenza  iniqua,  le  terre 
italiane;  non  nei  riguardi  degli  Alleati,  che  dovranno  —  sul  tavolo 
della  pace  —  valutarsi  vicendevolmente  i  sacrifici  sostenuti  nella  guer- 
ra, il  contributo  reciprocamente  apportato  alla  causa  comune,  e  siste- 
mare —  con  la  garenzia  massima  del  principio  di  nazionalità  per  tutti 
i  popoli  grandi  e  piccoli,  cui  l'Italia  tiene  come  a  cosa  sacra  —  la  loro 
definitiva  posizione  morale,  politica  ed  economica  sulla  terra  e  fra  le 
genti  del  cui  futuro  gli  Alleati  hanno  adesso,  a  vittoria  raggiunta, 
facoltà  di  disporre. 

Il  Patto  di  Londra  è  il  minimum  cui  l'Italia  aspirava  prima  della 
guerra;  è  stato  il  minimum  che  ha  voluto  chiedere  prima  che  le  sue 
milizie  concedessero  l'armistizio;  non  è  il  minimum  che  deve  venirle 
dal  trattato  di  pace  a  concludersi. 

Non  è  male  dichiararlo  giacché  deve  andare  in  vigore  la  diplo- 
mazia a  luce  di  sole  ! 

Giacché  deve  andare  in  vigore  questa  specie  di  diplomazia,  secon- 
do il  concetto  wilsoniano,  devono  andare  in  vigore   anche  gli   altri 


414 


U<   CARROCCIO 


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le;  terre;  itauane;  redente  415 

concetti  della  limitazione  dei  confini  delle  terre  italiane  oltre  Adriatico 
secondo  i  chiari  limiti  delle  nazionalità  e  le  libere  auto-decisioni. 

Abbiamo  già  la  "libera  città  di  Fiume  e  il  suo  territorio"  —  di  cui 
non  è  menzione  nel  Trattato  di  Londra  —  che  s'è  subito  orizzontato 
—  "e  come  diversamente?  —  verso  la  stella  della  sua  itilianità  antica. 

Fiume  che  dal  compromesso  fra  Austria  e  Ungheria  del  1867  e 
dalle  decisioni  delle  "deputazioni  regnicolari"  dell'Ungheria,  della 
Croazia  e  di  Fiume,  fu  considerata  come  corpo  separato  provvj scria- 
MENTE  annesso  all'Ungheria  —  corpus  separatum  sacrar  Regni 
roronae. 

Non  comprendere  Fiume  nel  Memorandum  di  Londra  —  fu  deplo- 
rato con  amare  parole  a  suo  tempo  —  fu  una  profonda  lesione  del  }jrin- 
cipio  di  nazionalità.  Certo,  non  fu  il  governo  di  Roma  che  escluse  l'an- 
tica città  italiana  dalle  rivendicazioni  italiane.  Ma  —  abbiamo  detto  — 
il  Trattato  di  Londra  era  il  minimum  italiano  prima  di  combattere  ; 
non  può  essere  il  minimum  dopo  la  vittoria  dell'Italia  che  ha  concesso 
agli  Alleati  di  potere  dettare  alla  Germania,  da  Versailles,  un  patto 
di  armistizio  che  non  avrebbe  avuto  i  termini  dell' 11  novembre  e  non 
avrebbe  precipitato  la  rovina  del  colosso  unno,  se  dal  24  ottobre  al  4 
novembre  l'impero  alleato  della  Germania  non  avesse  avuto  il  suo 
formidabile  esercito  polverizzato  dall'impeto  rovesciante  delle  trup- 
pe di  Diaz. 

\  *  *  * 

I  confini,  oggi,  della  Patria  nostra  muovono  dalla  vetta  dell'Om- 
braglio,  verso  nord  allo  Stelvio,  quindi  lungo  lo  spartiacque  delle  Re- 
tiche  fino  alle  sorgenti  dell'Adige  e  dell'Isarco,  poi  attraversano  i 
passi  di  Resia  e  del  Brennero  e  seguono  le  cime  delle  Alpi  Venoste 
ed  Aurine.  La  frontiera  indi  piega  dalla  Vetta  d'Italia  lungo  le  cime 
delle  Alpi  Pusterlesi,  attraverso  il  passo  di  Dobbiaco  (Toblach),  per 
raggiungere  al  Monte  Paterno  l'attuale  frontiera  veneta  della  Camiola 
(Alpi  Gamiche) . 

La  frontiera  viene  così  a  seguire  lo  spartiacque  fra  il  bacino  del 
Danubio  e  quello  dell'Adriatico.  L'Italia  finisce  di  stare  nei  fossati 
e  i  tedeschi  finiscono  di  stare  sulle  mura  —  secondo  la  frase  di  Cesare 
Correnti.  Là  le  porte  d'Italia  son  state  chiuse. 

Dal  confine  delle  Gamiche,  la  nuova  linea  prende  verso  i  monti 
di  Tarvis  e  di  qui  segue  lo  spartiacque  delle  Alpi  Giulie  oltre  le  creste 
del  Colle  di  Predil,  del  monte  Mangart,  del  Tricorno  (Terglou).  e  il 
versante  di  Podberdò,  Podlaniscam  (Circhina)  e  Idria.  Di  qui  la  linea 
volge  in  direzione  di  sud-est  verso  il  monte  Nevoso  (Schneeberg)  ed 
esclude  dal  territorio  italiano  il  bacino  della  Sava  ed  i  suoi  affluenti. 
DalNevoso  la  frontiera  scende  verso  il  mare,  includendo  Castua.  Mat- 
tuglia  e  Volosca  "come  territori  italiani". 


4i6 


IL  CARROCCIO 


11  patto  d'armistizio  a  queste  ultime  parole  del  Trattato  di  Londra 
sostituisce  queste  altre  :  "in  the  evacuated  territory".  Ma  nel  trattato 
di  pace  non  ci  sarà  la  differenza. 

Seguiamo  adesso  la  linea,  dalle  isole  del  Quarnero  (tengansi  pre- 
senti le  cartine  che  pubblichiamo). 

Il  Trattato  di  Londra  attribuisce  all'Italia  solamente  le  isole  Cher- 
so  e  Lussino,  divise  da  un  canale  artificiale.  Pago  ed  altre,  lasciando 
fuori  Veglia,  San  Gregorio,  Pervichio,  Arbe  e  Kalì. 


link  SmMI  Otoctlki  railau 


BalMHn!.  (He.-SC'Hir 


4n>t-A> 


Il  patto  d'armistizio  non  ne  parla  ;  ma  abbiamo  notizia  ufficiale 
dell'occupazione  italiana  delle  isole  riconosciute  nostre  a  Londra. 

La  linea  della  Dalmazia  che  torna  all'Italia  comincia  a  Carlopago  ; 
comprende  a  nord  Lissarika  e  Trebinje,  e  scende  a  sud  per  compren- 
dere tutto  il  territorio  fino  ad  una  linea  partente  dal  mare  vicino  a 
Capo  Planca  (fra  Traìi  e  Sebenico),  e  seguire  lo  spartiacque  verso 
est  in  modo  che  diventano  italiane  tutte  le  valli  i  cui  fiumi  sboccano 
in  mare  presso  a  Sebenico  cioè  la  Cicola,  la  Cherca  e  la  Butisnica  coi 


le;  terre  italiane  redente 


417 


4i8 


IL   CARROCCIO 


loro  aflluenti.  yMl'Italia  rimangono  le  isole  a  nord  ed  ovest  della  costa 
dalmatica,  incominciando  da  Premuda  (o  gloria  di  Luigi  Rizzo!)  Sel- 
ve. IJlbo,  Scherda,  Maon,  Pago  e  Puntadura  a  nord,  e  arrivando  a 


'^M 


In  nero  :  l'Italia  e  i  suoi  confini  naturali. 

A  quadri  :  le  terre  finora  redente  e  occupate  dagl'Italiani. 

Meleda  a  sud,  con  l'aggiunta  delle  isole  di  Sant'Andrea,  Busi,  Lissa 
(fosti  vendicata!),  Lesina,  Tercola,  Curzola,  Cazza  e  Lagosta,  e  tutti 
gl'isolotti  e  scogli  circostanti,  Pelagosa  compresa,  però  senza  la  Grande 
e  la  Piccola  Zirona,  Bua,  Solta  e  Brazzà. 


vrnicf:  419 

Nostra  è  dunque  Zara,  "la  meraviglia  e  l'onore  dell'italianità"  ; 
nostra  è  Sebenico,  patria  di  Tommaseo. 

Rimane  neutralizzata  la  costa  da  Capo  Fianca  dal  nord  alla  punta 
meridionale  della  Penisola  di  Sabbioncello  nel  sud,  questa  penisola  es- 
sendo inclusa  nella  zona  neutrale.  S'include  poi  nella  zona  neutrale 
l'intero  golfo  di  Cattaro  con  i  porti  di  Antivari,  Dulcigno,  San  Gio- 
vanni di  Medua,  Durazzo.  Questo  porto  rimane  assegnato  allo  indi- 
pendente Stato  di  Albania.  Vallona  rimane  in  possesso  dell'Italia  pro- 
tettrice dell'Albania. 

A  calmare  i  furori  degli  jugoslavi  e  degli  jugoslavotìli  d'America 
e  d'Italia  e  d'altrove  in  combutta,  vogliamo  ricordare  che  il  Trattato 
di  Londra,  sommata  la  lunghezza  della  costa  da  Cantrida  a  Val  Mad- 
dalena e  da  Capo  Fianca  a  Durazzo  concede  agli  Slavi  quasi  700  chi- 
lometri di  costa.  E  non  è  calcolato  —  ossei-va  il  Tamaro  —  lo  svolgi- 
mento delle  insenature  e  dei  golfi  che  darebbe  ben  più  di  1000  chilo- 
metri, quando  si  pensi  che  le  neutralizzazioni  non  possono  essere  se 
non  provvisori,  palliativi  temporanei. 

In  ogni  modo,  la  guerra  è  stata  combattuta  ed  è  stata  vinta.  Con 
la  vittoria  delle  armi  coincide  il  coronamento  delle  aspirazioni  nazio- 
nali. Ciò  vale.  "Patria  ai  Veneti  tutto  l'Adriatico  !" 


VEMCE 

VENicE,  thou  siren  of  sca-cities,  zvrought 
By  mirage,  biiilt  on  water,  stair  o'er  stair, 
Of  sunbeams  and  clonds-shadotvs,  phantom-fair, 
With  naugJit  of  earth  to  mar  ihy  sea-born  thought! 
Thou  floating  film  upon  the  wondcr-fraught 
Ocean  of  dreams!  Thou  hast  no  dream  so  rare 
As  are  thy  sons  and  daughters,  thcy  zvho  wear 
Foam-flakes  of  charm  from  thine  enchantment  caught! 

O  dark  brozun  eyes!  O  tanglcs  of  dark  hair! 
O  heaven-bleu  eyes,  blond  trcsses  zvhere  the  breese 
Plays  over  sun-btirncd  checks  in  sca-blozvn  air! 
Firm  limbs  of  molded  bronzei   Frank,  debonair 
Smiles  of  deep-bosomcd  zuomen!    Loves  that  seisc 
Man's  soul  and  zvaft  hcr  on  storm-mclodies! 

JOHN  ADDINGTON  SYMONDS 


FIUME  IS  ITALIA^ 

A    "Prce   AVunicipality"    which   detcrmines   her   dcstiny 

AN  explanation  has  been  made  concerning  the  occupation  of  Fiu- 
me, which  was  not  intended  in  the  Treaty  of  London. 
On  Oct.  30  the  Italian  National  Council,  assembled  in  Fiume, 
passed  a  resolution  declaring  that  city  united  to  "Mother  Italy",  and 
asked  the  sanction  of  the  peace  congress. 

The  sanie  day  Fiume  was  abandoned  by  the  Austrian  authorities 
to  the  Croatian  troops  and  the  town  was  hedecked  with  the  Italian 
colors. 

*  *  * 

Fiume,  situated  at  the  eastern  base  of  the  Istrian  pèninsula, 
belongs  geographically  to  Istria  to  which  it  belonged  politically 
until  1776. 

The  eastern  frontier  of  Istria,  of  which  some  place  at  the  Arsa,  the 
originai  frontier  of  the  tenth  Augustean  Region,  is  really  formed  by 
the  watershed  of  the  Julian  Alps  which  descend  to  the  sea  at  the 
Canale  della  Montagna^  opposite  the  headland  of  St.  Mark,  near  the 
island  of  Veglia. 

The  boundary  line  formed  by  the  Arsa  had  a  purely  administra- 
tive  value  in  the  time  of  Augustus  ;  had  it  been  the  military  frontier 
the  Romans  would  not  bave  built  further  east,  for  the  defence  of 
Italy,  the  two  great  Valli  of  the  Julian  Alps.  The  majestic  ruins  of 
one  of  these  works  can  stili  be  seen,  following  for  some  distance  the 
course  of  the  Fiumara,  a  stream  which  forms  the  politicai  boundary 
line  between  Fiume  and  Croatia. 

But,  as  stated  above,  the  real  geographical  frontier  lies  further 
to  the  southeast,  on  the  crest  of  the  Julian  Alps,  and  includes,  besides 
Fiume,  the  sea  town  of  Buccari  and  Fortore. 

't*     "P     T^ 

Until  February  1914,  the  origin  of  Fiume  was  unknown.  An 
arch  between  two  houses  in  the  old  part  of  the  town,  traditionally 
known  as  the  "Roman  arch",  and  the  junction  on  its  present  location 
of  many  Roman  roads,  as  shown  by  the  Itinerari  and  the  geography 
of  Claudius  Ptolomy,  afforded  grounds  for  supposing  it  to  be  of  La- 
tin  origin. 

The  majority  now  incline  to  identify  Fiume  with  Tarsatica,  rebuilt 
after  its  destruction,  clear  traces  of  which  were  found  in  the  Roman 
foundations  on  which  the  mediaeval  city  was  built. 

The  ancient  Roman     Oppidnm,    for   such   Tarsatica   had   been, 


FIUME   IS   ITALIAN  42I 


reappears  in  the  middle  ages  under  the  name  of  San  Vito  al  Fiume, 
known  later  on  as  Fiume,  a  name  which  the  Slavs  translated  by  the 
word  Ricka,  a  Croatian  word  for  watercourse.  San  Vito  is  stili  the 
patron  saint  of  the  town  to  whom  the  principal  church  is  dedicated. 

AH  known  documents  relating  to  the  city  of  Fiume  bear  witness 
to  its  uninterruptedly  Italian  character,  which  victoriously  survived 
tlie  Slav  invasion  in  the  VII  century  which,  for  a  time,  seemed  to 
ha  ve  submerged  every  thing. 

In  1776  Maria  Theresa  made  over  Fiume  to  Hungary  and  —  as 
result  of  the  protests  of  the  inhabitants  —  a  royal  decree  of  Aprii 
23rd,  1779,  proclaimed  it  to  be  a  separate  body  annexed  to  the  crown 
of  the  kingdom  of  Hungary. 

In  1848  it  was  taken  from  Hungary  by  the  Croatians  of  the  Bano 
Jelacic,  who  held  on  to  it  for  nineteen  years  without  succeeding,  spite 
of  tenacious  endeavours,  in  undermining  its  Italian  character,  and  in 
1867,  on  the  dualistic  settlements  between  Austria  and  Hungary,  it 
was  restored  to  this  latter. 

Until  Oct.  30,  last.  Fiume  was  govemed  on  the  basis  of  a  "pro- 
visionai  arrangement". 

In  1863  the  so-called  "deputations  of  the  kingdom  of  Hungary, 
Croatia  and  Fiume"  met  at  Budapest  and  decided  that  "the  free  city 
of  Fiume  and  its  territory"  should  remain,  in  accordance  with  the 
charter  of  1779,  a  separate  body  provisionally  annexed  to  Hungary, 
"corpus  separatum  adnexum  sacrae  Regni  coronae". 

In  the  first  years  after  1868  the  autonomy  and  the  Italian 
character  of  Fiume  were  respected.  But  for  nearly  twenty  years  the 
Italians  of  Fiume,  harassed  on  ali  sides,  struggling  against  the  Croat- 
ians and  the  Magyars  who  bave  done  everything  in  their  power  to 
denationalize  them.  bave  been  engaged  in  a  desperate  but  so  far 
victorious  fight  in  de f enee  of  their  threatened  Italian  nationality. 


*  *  * 


The  Italian  character  of  Fiume  is  irrefutably  proven,  even  by  the 
govemment  census  returns. 

These  figures  show  that  in  1910  there  were  24,000  Italians  in 
Fiume  (exclusive  of  some  6000  Italian  citizens  most  of  them  natives 
of  Fiume)  12,000  Slavs  (Croats,  Serbs,  and  some  Slovacs)  and  6400 
Magyars. 

The  fact  is  that  before  the  war  at  least  35,000  of  the  54,000 
inhabitants  of  Fiume  were  Italians,  that  is  to  say  65^  as  compared 
to  28*7^  of  Slavs  and  6%  of  Magyars. 

Economically  speaking  Fiume  is  of  the  greatest  importance  to 
any  nation  which  wishes  to  be  sure  in  Adriatic.  Only  some  50 
kms.  from  Trieste  as  the  crow  flies,  and  connected  up  with  the  railway 


J^22  II,   CARROCCIO 


system  of  St.  Pietro  along  whicli  run  the  express  trains  froni  Fiume 
to  Vienna  and  from  Trieste  to  Vienna,  this  Adriatic  town  could  easilv 
gain  command  of  ali  the  commerce  of  the  Trieste  hiutcrlaud .  It  is 
therefore  necessary  that  the  country  which  is  to  possess  Trieste,  i.e. 
Italy,  should  also  hold  Fiume.  From  this  point  of  view  Fiume  may 
be  considered  the  economie  fulcrum  of  the  Adriatic. 

Strategically  Fiume  is  of  great  importance,  not  so  much  for  the 
command  of  the  seas  —  for  the  country  which  holds  the  Quamero 
Islands  holds  the  keys  to  the  Adnatic  —  but  because  without  Fiume 
Italy  would  be  deprived  of  the  naturai  barrier  of  the  Julian  Alps.  the 
only  valid  obstacle  to  future  possible  invasions.  and  the  geographic 
unity  of  Julian  Venetia  would  be  disrupted. 

Nationally  speaking  Fiume  may  be  considered.  as  Rome  formerly 
considered  Tarsatica.  as  an  advanced  sentinel  of  latin  race.  Fiume 
is  a  Latin  fortress  which  has  withstood  for  centuries  the  attacks  of 
diverse  peoples  ;  it  is  a  centre  radiating  Italian  culture  on  the  borders 
of  Italy;  it  is  the  eastern  vertex  of  the  "fated  triangle"  (Trieste.  Po- 
la,  Fiume)  ;  its  is  one  of  the  three  hinges  of  Italianism  in  Istria. 
Should  Fiume  be  abandoned  to  Croatia  or  to  Hungary  the  national 
character  of  Istria  would  he  endangered  in  the  wholc  of  its  eastern 
section. 

Fiume  has  always  asserted  its  complete  independence  from  ali 
connection  with  Croatia.  Until  the  end  of  the  XVIII  century  the 
Croats  themselves  recognized  that  Fiume  did  not  belong  to  Croatia. 
In  1779  the  Chanceler)'  at  Vienna  recognized  indirectly  that  Fiume 
belonged  to  Italy.  In  1882  that  same  Chancellen,-  denied  that  Fiume 
was  Croatian.  Until  the  outbreak  of  the  European  war  the  inhabitant? 
of  Fiume  themselves  continued  admist  struggles  and  sacrifices  of  ali 
kinds  to  repeat  this  negation. 

Now.  being  called  by  Prcsidcnt  Wilson's  detcrmination  rule  to 
decide  on  ber  lot.  they  bave  opcnly.  freely.  proclaimcd  to  be  reimited 
to  ber  Mothcr  Italy  ! 

The  enthusiasm  of  the  whole  people  affords  tlic  latest  and  most 
solemn  evidencc  of  the  Italian  character  of  the  citv  ! 


Le  costruzioni  navali  in  Italia.  —  Questo  anvo  sono  state  costruite  m 
Italia  navi  per  un  complesso  di  120  mila  tonnellate.  Si  crede  che  questa  cifra 
sarà  largamente  sorpassata  nel  IQIQ.  Durante  la  guerra  si  sono  creati  quindici 
cantieri  per  costrusioni  navali,  mentre  sette  altri  sono  già  in  via  di  comple- 
tamento. 


TRATTATI  E  PATTI 

Come  gli  avvenimenti  si  son  succeduti  precipito jissimi! 

Questo  articolo  del  nostro  illustre  collaboratore,  che  pure  è  della  prima  de- 
cade di  settembre,  sembra  scritto  chissà  da  quanta  tempo!  B'  stato  sorpassato 
da  fatti  che  nesstmo  poteva  supporre  tanto  immihimti  e  prodotti  da  decisioni 
scatenatesi  d'improvviso  sul  nemico  sbaragliato. 

W  chiara  però  nella  corrispondenza  di  Enrico  Corradini  la  visione  retro- 
spettiva degli  eventi.  Lo  sfasciamento  dell'Austria  s'è  avverato;  l'Italia  non 
è  più  profanata  dal  nemico  ignobile;  i  soldati  di  Uncle  Sam  hanno  versato 
anche  il  loro  sangue  oltre  il  Piave,  sulla  linea  della  vittoria  e  del  compimento 
delle  sacre  aspirazioni  italiche.  Resta  ancora  per  molti  stranieri  e  ancora  pei 
nostri  pochi  rinunciatari  la  valutazione  del  trattato  di  Londra  e  del  paltò  di 
Roma;  resta  l'opinione  americana  che  deve  ancora  essere  rischiarata. 

^F;L  momento  in  cui  scrivo,  c'è  una  sosta  sul  fronte  francese.  Il 
prossimo  avvenire  è  nella  mente  di  Foch,  o  di  Ludendorff,  ma 
probabilmente  più  in  quella  del  primo  che  in  quella  del  secondo. 
Giornali  francesi  e  anche  comunicati  del  governo  francese  accennano 
a  imminenti  riprese  della  grande  battaglia,  ma  noi  non  sappiamo.  Noi 
possiamo  soltanto  dare  uno  sguardo  al  passato  e  riepilogare  i  risultati 
dal  21  marzo  ad  oggi.  E  i  risultati  sono  che  i  tedeschi  in  una  seconda 
fase  hanno  perduto  pressocchè  tutto  il  terreno  che  avevano  guada- 
gnato in  una  prima  fase.  Ora  sono  tornati  sulla  linea  di  Hindenburg, 
anche  questa  intaccata  dagli  eserciti  alleati  in  qualche  parte.  Ma  il 
bilancio  della  grande  azione  durata  dai  cinque  ai  sei  mesi  non  è  dav- 
vero tutto  qui,  in  questa  esposizione  di  territorio  conquistato  e  riper- 
duto. E'  piuttosto  nel  passaggio  del  potere  dell'iniziativa  dal  campo 
tedesco  al  campo  degli  alleati,  conseguenza  del  passaggio  della  supe- 
riorità bellica  in  uomini  e  in  armi  dal  primo  al  secondo  campo.  Il  fat- 
to si  deve  indubbiamente  agli  americani.  Foch  ha  potuto  manovrare, 
avanzare  e  vincere,  in  grazia  delle  poderose  riserve  americane  che  ha 
tenuto  presso  che  intatte  dietro  di  sé.  E  qui  appare  il  grande  ruolo 
dei  nostri  onnipotenti  alleati,  gli  Stati  Uniti.  Essi  sono  giunti  a  co- 
stituire in  Europa  quella  massa  che  era  necessaria  perchè  l'Intesa  po- 
tesse avere  il  fabbisogno  per  la  vittoria,  in  sostituzione  della  Russia 
e  meglio.  Ora  le  qualità  militari  degli  eserciti  alleati  europei  tempra- 
tesi attraverso  i  secoli  e  la  sapienza  dei  loro  stati  maggiori  hanno  a 
disposizione  questo  istrumento  addimostratosi  subito  ricco  di  virtù 
belliche  che  possono  avere  del  prodigio  soltanto  per  coloro  i  quali 
ignorano  il  vigor  di  vita  delle  razze  giovani. 

Anche  sul  fronte  italiano  splende  ora  la  bandiera  deile  stelle  e 
delle  strisce.  Ma  lo  sforzo  americano  non  ha  potuto  ancora  effettuare 


424  IL   CARROCCIO 


qui  quello  spostamento  di  potenza  dal  nemico  a  noi  che  ha  potuto  ef- 
fettuare in  Francia.  E  il  fatto  si  è  voluto  implicare  in  materie  di  di- 
scussioni politiche  nostre  che  già  sono  note  anche  ai  nostri  lettori 
d'oltre  oceano.  Crediamo  che  tali  materie  non  vi  abbiano  rapporto. 
Crediamo  che  gli  Stati  Uniti  perseguano  un  loro  disegno  magnifico 
e  razionale  di  accumulamento  di  forza  in  Europa,  da  distribuire  a 
tempo,  e  l'avvenire  proverà  la  loro  amicizia  per  l'Italia  pari  a  quella 
provata  per  gli  altri  alleati,  diciamo  così,  ammettendo  per  un  mo- 
mento ciò  che  più  non  è,  che  si  possa,  cioè,  continuare  ancora  a  con- 
siderare l'alleanza  e  la  guerra  mondiale  non  unitariamente,  non  come 
fronte  unico  in  tutti  i  sensi  e  sotto  tutti  gli  aspetti. 

Restano  le  nostre  discussioni  politiche  a  cui  non  possono  essere 
estranei  e  non  sono  estranei  neppure  gli  uomini  che  stanno  al  governo 
degli  Stati  Uniti.  Alludiamo  alle  discussioni  intorno  al  trattato  di 
Londra  e  al  patto  di  Roma.  Il  trattato  di  Londra  che  contempla  e  con- 
sacra i  diritti  dell'Italia  alle  sue  giuste  rivendicazioni  nei  territorii  ir- 
redenti, e  il  patto  di  Roma  che  si  fonda  sul  riconoscimento  del  prin- 
cipio di  nazionalità  in  genere,  e  su  quello  del  diritto  alla  propria  eman- 
cipazione dei  popoli  oppressi  dall'Austria  in  ispecie,  possono  essere 
sembrati  a  una  parte  dell'opinione  pubblica  italiana  ed  europea  anti- 
tetici, e  dobbiamo  confessare  che  la  polemica  dei  giornali  italiani,  im- 
plicante anche  giudizi  sulla  condotta  della  politica  estera  italiana,  ha 
trattato  qua  e  là  il  delicato  argomento  con  mani  rudi,  in  modo  da  ac- 
crescere quella  apparenza.  Ma  l'antitesi  resta  pur  sempre  nell'appa- 
renza, e  la  realtà  è  la  sintesi. 

Nella  realtà  quei  politici  italiani  i  quali  sottoscrissero  il  patto  dì 
Roma,  altro  non  si  proposero  se  non  di  estendere  il  principio  irreden- 
tistico dai  loro  connazionali  irredenti  agli  altri  popoli  oppressi  dal- 
l'Austria. Quei  politici  italiani  convenuti  con  i  rappresentanti  degli 
czeco-slovacchi,  dei  rumeni,  dei  polacchi,  degli  iugo-slavi,  riconobbe- 
ro :  primo,  il  comune  diritto  dell'emancipazione  ;  secondo,  la  necessità 
dello  smembramento  dell'Austria  per  la  conquista  di  quel  diritto  ;  ter- 
zo, il  dovere  di  unire  tutte  le  loro  forze  militari,  politiche  e  morali, 
per  giungere  a  quello  smembramento.  Era  insomma  una  lega  di  nuove 
forze  lanciate,  nell'interno  dell'Austria  e  fuori,  alla  dissoluzione  dello 
impero  asburghese.  Così  si  doveva  fare  per  elementare  dovere  di  cia- 
scun popolo  verso  se  stesso  e  di  tutti  verso  tutti,  e  così  fu  fatto.  La 
unione  degli  italiani,  degli  czeco-slovacchi,  dei  rumeni,  dei  polacchi, 
degli  iugo-slavi  era  destinata  a  suscitare,  o  a  continuare  e  sviluppare 
un  fermento  rivoluzionario  nell'interno  dell'Austria,  a  promuovere 
un  fomite  di  indisciplina  negli  eserciti  austro-ungarici,  a  creare  motivi 
di  preoccupazioni  gravissime  e  di  provvedimenti  perigliosi  nell'animo 
dei  conduttori  della  politica  austriaca,  sopratutto  a  popolarizzare  nel 
mondo  la  propaganda  antiaustriaca.  a  fare  comprendere  al  mondo  la 
missione  provvidenziale   della   guerra   mondiale,   di   toglier   di    mezzo 


TRATI'ATI  E  PATTI  425 


l'impero  asburghese,  sopravvivenza  storica  in  contrasto  con  lo  spirito 
della  civiltà  politica  moderna,  nazionale  e  internazionale. 

Bra  noto  che  persistevano  in  Europa  tradizioni  politiche  benigne 
per  l'Austria,  tradizioni  nazionali  che  ritenevano  la  conservazione 
dell'Austria  salutare  sia  per  la  propria  nazione,  sia  per  il  pacifico  e- 
quilibrio  delie  potenze  in  Europa.  Era  altresì  noto  che  la  coscienza 
degli  Stati  Uniti  non  si  era  ancora  abbastanza  schiarita  su  tale  argo- 
mento, nuovo  alla  sua  politica.  Ebbene,  il  patto  di  Roma  molto  concor- 
se a  chiarirla,  come  molto  concorse  a  reprimere  quelle  tradizioni  po- 
litiche europee  filoaustriache  cui  abbiamo  accennato  piià  sopra. 

Oggi  lo  smembramento  dell'Austria  e  la  conseguente  emancipa- 
zione dei  popoli  ora  giacenti  sotto  il  suo  giogo  sono  passati  tra  i  fini 
della  guerra  mondiale.  Resta  la  discussione  sui  rapporti  fra  l'Italia 
e  gli  iugo-slavi,  la  discussione,  cioè,  se  l'Italia  dovrebbe,  o  non  do- 
vrebbe far  rinunzia  sul  trattato  di  Londra  in  prò  degli  iugo-slavi.  Ma 
tali  rinunzie  non  sono  possibili,  e  per  fortuna  non  ce  n'è  affatto  nep- 
pure bisogno.  Nel  patto  di  Roma  non  si  fissarono  sistemazioni  terri- 
toriali, perchè  non  si  poteva,  perchè,  cioè,  quel  patto  aveva  carattere 
morale  e  niente  affatto  diplomatico  e  giuridico,  e  perchè  sopratutto 
fra  l'Italia  e  gli  czeco-slovacchi,  fra  l'Italia  e  i  polacchi,  fra  l'Italia 
e  i  rumeni,  sarebbero  state  addirittura  superflue,  mentre  tra  l'Italia 
e  gli  iugo-slavi  se  ne  delineavano  già  delle  possibili  in  base  allo  stesso 
trattato  di  Londra.  Vale  a  dire,  in  base  allo  stesso  trattato,  una  volta 
smembrata  l'Austria,  la  Jugo-slavia  può  sorgere  nel  suo  giusto  terri- 
torio, anche  con  una  giusta  porta  sul  mare  Adriatico. 

Stabilito  questo,  resta  chiara  la  sintesi  fra  il  patto  di  Roma  e  il 
trattato  di  Londra.  Il  primo  fu  una  integrazione  del  secondo,  fu  un 
atto  di  vita  per  fissare  alla  guerra  mondiale  un  fine  importante  e  per 
raggiungerlo:  quello,  dicevamo  dello  smembramento  dellAustria  e 
della  conseguente  liberazione  dei  popoli  oppressi  dall'Austria  sul  prin- 
cipio delle  nazionalità. 

Principio  di  giustizia,  non  poteva  non  concretarsi  nel  programma 
di  Wilson.  E  noi  siamo  certi  che  al  tempo  debito  anche  gli  eserciti 
dell'onnipotente  repubblica  americana  aiuteranno  l'Italia  a  realizzarlo. 

Roma,  9   settembre    1918.  ^,,*--^ 

(HA  $C  ^^yy^H^ 


L'ESTATE  T)ELLE  CENTO  VITTORIE 


1918 


OGGI  sersi  già  nel  bosco 
non  più  fosco 
di  silenzio  e  d'ombra  occulta, 
e  raccolsi  cento  foglie, 
mute  spoglie 
dell'Estate  or  or  sepulta. 

Ella  è  morta,  ma  il  suo  nome 

l'està,  come 

fame  in  bronzo,  nella  Storia; 

che,  rinchiusa  nella  maglia 

di.  battaglia, 

tarpò  l'ali  alla  Vittoria. 

E,  tiranna  or  fatta  e  duce, 

la  conduce 

per  i  Campi  di  Guerre  irti; 

e  le  dice,  "Quel  ch'io  d'oro 

suol  decoro 

tu  incorona  dei  tuoi  mirti". 

Vedi  come  lesta  e  grande 

si  dispande 

lungo  il  Piave  e  su  la  Marne; 

non  per  già  tra  febbri  fiere 

del  piacere 

posseder  la  giovin  carne  ; 

ma   per   debellarne   i  cuori 

con  ardori 

d'Amor  santo  per  la  Patria; 

ma  per  cingere  Costei 

d'altri  Dei 

e  far  d'essi  uova  fratria. 

Segui  l'ai  che  al  voi  disserra 

su  la  Terra 

che  di  sé  creò  Alessandro, 

e  su  il  suol  che  dal  Quarnero 

fu  a  lìti  Impero 

in  sin   oltre  lo  Scamandro; 

e  di'  tu,  "Sì  fiaccò  mai 

come  ai  vai 

di  costei  l'ardir  magiaro* 


Fu  al  vii  Bulgaro  mai  sorso, 

in  soccorso 

del  Diritto,  così  amaro? 

Ella  avanza  {e  lei  pur  segue 

senza  tregue 

quella  schiava  sua  divina) 

fra  le  nevi  del  gran  Norde, 

cui,  in  discorde 

ira,  uman  saJigue  arrubina. 

Quindi  grida,  "Iniqua  Prussia, 

non  la  Russia 

abisso  è  che  abisso  inviti". 

E  la   Vinta  pur  qui  caccia 

fra  le  braccia 

dei   Difenditori  arditi. 

Poi  giù  verso   l'altro  polo 

drizza  il  volo, 

ove  dentro  prìgion  nuda 

venti  già  volte  cent'anni 

i  suoi  danni 

pianse  il  popolo  di  Giuda. 

Fra  gli  Ulivi  del  not'Orto 

l'hanno  scorto 

l'Uomo  Dio.  Sì  come  gemme 

Gli  ardon  li  occhi?  Ei  dice  a'  suoi 

nuovi  Eroi, 

"Andiam  su  a  Gerusalemme". 

Se  contr'odio,  armi  amor  cinse, 

sempre  vinse. 

Oh,  ma  prima  dell'or  domo 

Unno   ficr  sott'ogni  scorsa, 

in  sua  forza 

fu  mai  l'uomo   all'uom    men   uomo? 

Mai!  Però,  nella  tempesta, 

come  Questa, 

su  le  stanche  umane  Genti, 

mai  fu  Estate  si  feconda 

di  gioconda 

Gloria  effusa  a  tutti  i  venti. 


ITALY's   SPIRIT   OF   LIBERTY 


427 


Ed  è  morta.  Or  ora  è  morta! 

Ne,  risorta, 

sarà  più  quel  che  già  fu. 

I  Destini  il  Tempo  culla 

fin  al  nulla. 

Altri  Fati,  altre  virtù. 

Io  discesi  giù  nel  bosco 

non  più  fosco 

di  silenzi  derelitti; 

e  raccolsi  cento  foglie, 

mute  spoglie 

di  cent'odii  già  sconfitti. 

B  davanti  il  doman.  cieco, 
pensai  meco. 

"Rimarrà  sol  questa  intera 
vii  mutezza  di  tant'arme? 
Sol  un  carme 
dell'Estate  condottiero.* 

Pittsburg.    Pa. 


Nota.  La  cattedrale  di  San  Giusto  è  l'unione  di  due  Chiese.  La  più  antica, 
eretta  nel  IV  secolo,  occupa  il  luogo  ove  sorgeva  il  Campidoglio  della  colonia 
Romana. 


Hd  (igni  albero   del  loco, 

un  po'  fioco, 

disse.  "Non,  se  al  Bel  Dio  piace; 

non,  se  ai  Popoli  che  in  terra 

or  fan  guerra 

faran  pure  un  dì  la  pace. 

Ma  .S"<7(/  Giusto  già  spalanca 

alla  bianca 

Caìtcdral  tutte  le  porte; 

.<;'erge  ov'era  il  Campidoglio 

alto  un  soglio 

per  la  vita  e  per  la  morte. 

Grida  or,  "Entra,  n  Italia  iiidonia. 

entra,  0  Roma, 

qui  mia   Trieste  a  ribaciare: 

che  il  tuo  bacio  è  Libertà, 

Libertà, 

Libertà   di   Terre   e   Mare. 


n<AiyS  SPIRIT  OF  LlBERTy 

Message    by    Charles   W.    Eliot,    President   Emeritus   of   Harvard    Unii'crsity, 
for  the  launching  of  the  Piave  at  Kearny.  .V.  ./..  Sep.  7,   1018 

The  spirit  of  liberty  is  a  tìwusand  ycars  old  in  the  free  cities  of 
Italy.  Il  surznved  factional  discords  and  foreign  invasiotì.';  tlimugh 
centurits  of  woc.  ft  ivxs  ready  fo  folloiv  the  lead  of  Mazrini,  Cari- 
baldi,  Cavour,  and  the  glorions  House  of  Savoy  in  accomplishing  Ita- 
lian  unity  in  1870.  It  is  the  inspiration  of  the  heroic  resistanee  of  Ifaly 
to-day  to  the  nezv  assaults  of  her  ancient  Teutonic  foe<;.  Hence  the 
warm  sympathy  of  the  Americav  people  for  the  Italians. 


LA  BATTAGLIA  DEL  PIAVE 

RELAZIONE  f)EL  COMANDO  SUPREMO 


{Continuazione  e  fine  v.  Carroccio  di  ottobre) 


SUL  MO/VTELLO  E  SUL  BASSO  PIAVE 

VANE  ONDATE  D'ASSALTO 

ELLA  regione  del  Montello,  la  31. a  divisione  austro-ungarica, 
sbarcata  a  Campagnole  di  Sopra,  lanciava  due  folte  ondate  d'as- 
salto, l'una  verso  sud-ovest  a  espugnare  il  caposaldo  di  Casa 
vSerena,  l'altra  in  direzione  sud  nella  zona  di  cresta.  Coperta  da  tali 
attacchi,  un'altra  colonna  nemica  percorreva  rapidamente  la  strada  lun- 
go il  fiume,  spazzando  il  terreno  dai  nuclei  che  ancora  lo  difendevano, 
e  piombava  su  Nervesa  dove  prendeva  collegamento  con  truppe  della 
I7.a  e  della  13. a  divisione  Schùtzen  passate  di  qua  dal  Piave  tra  Villa 
Jacur  e  Campagnole  di  Sotto.  Sotto  la  pressione  combinata  di  code- 
ste colonne,  la  prima  linea  di  resistenza  che  tagliava  alla  base  il  salien- 
te nord  del  Montello,  venne  in  più  punti  sfondata  e  aggirata  alle  ali  : 
il  nemico  avanzò  fino  a  Casa  Marselle,  occupò  Bavaria  e  Giavera. 
Tentò  quindi  di  allargare  la  propria  occupazione  lungo  il  fiume  a  Villa 
Berti  (mezzogiorno  di  Nervesa)  per  aprirsi  lo  sbocco  del  Ponte  della 
Priula  e  riuscì  a  oltrepassare  la  ferrovia  tra  la  stazione  di  Nervesa 
e  S.  Mauro,  tentando  di  inoltrarsi  lungo  la  strada  di  Arcade.  Le  no- 
stre truppe  si  opposero  strenuamente  al  dilagare  dell'avversario:  la 
48.a  divisione  resistè  eroicamente  tra  il  fiume  e  Villa  Berti  col  iii.o 
fanteria  (brigata  Piacenza),  contrattaccò  tra  Villa  Berti  e  S.  Mauro 
col  2700  fanteria  (brigata  Aquila)  e  col  79.0  battaglione  zappatori 
del  genio,  riuscendo  ad  arrestare  l'irruzione  nemica  all'argine  fer- 
roviario. 

Sul  Montello,  fanti,  zappatori  del  genio,  mitraglieri  e  bombar- 
<iieri  resisterono  finché  la  marea  nemica  li  sommerse;  artiglieri  da 
campagna  continuarono  a  sparare  finché  il  nemico  giunse  sui  loro 
pezzi,  ed  allora  impugnarono  i  moschetti  battendosi  accanto  alla  fan- 
teria. Si  distinse  particolarmente  il  215.0  fanteria   (brigata  Tevere). 

Mentre  ai  fianchi  della  breccia  aperta  dal  nemico  si  raccoglievano 
rincalzi  per  contrattaccare,  il  2.0  squadrone  dei  Lancieri  di  Firenze, 
accompagnato  da  autoblindomitragliatrici  e  da  piccoli  nuclei  di  arditi 
del  XXVII  riparto  d'assalto,  piombava  di  sorpresa  su  Giavera  e  ne 
scacciava  l'avversario  catturandogli  dei  prigionieri  e  liberando  varie 
diecine  dei  nostri  caduti  in  sue  mani.  A  sera  il  45.0  reggimento  fan- 
teria (brigata  Reggio),  appoggiato  nella  zona  di  cresta  del  Montello 
dal  2.0  reggimento  bersaglieri  e  dal  XXVII  riparto  d'assalto,  assa- 


LA  BATTAGLIA  DEL   PIAVE  429 


liva  il  nemico  tra  il  Piave  e  Casa  Carpenedo  costringendolo  ad  arre- 
trare lievemente,  catturando  prigionieri  e  consolidando  anche  la  no- 
stra situazione  sulle  seconde  linee.  Ma,  rapidamente  ingrossato  dallo 
affluire  di  qua  dal  Piave  di  elementi  di  5  divisioni  (13. a  Schùtzen, 
i/.a,  31. a,  41. a  Honved  e  11. a  cavalleria  appiedata  Honved)  l'avver- 
sario riuscì  in  complesso,  dopo  alterne  vicende  di  lotta,  a  mantenere 
le  posizioni  raggiunte.  E  le  conservò  anche  il  giorno  16  contro  i  rin- 
novati attacchi  dei  sardi  del  45.0  fanteria,  prodigatisi  generosamente, 
del  2.0  reggimento  bersaglieri  e  del  XXVII  riparto  d'assalto  e  contro 
la  forte  pressione  di  risei-ve  fresche  tra  le  quali  la  5o.a  divisione  — 
brigate  Aosta  5.-6.0  e  Udine  95.-96.0  —  ed  il  68.0  reggimento  fan- 
teria (brigata  Palermo). 

Nella  giornata  del  17  la  battaglia  ebbe  una  sosta  sulla  nostra 
sinistra  ed  al  centro  ;  divampò  invece  furiosa  sulla  destra,  per  il  pos- 
sesso dello  sbocco  del  Ponte  della  Priula.  Tra  il  fiume  e  S.  Mauro 
il  nemico  sferrò  un  poderoso  attacco,  ma  grazie  alla  salda  resistenza 
del  iii.o  fanteria  (brigata  Piacenza),  del  270.0  fanteria  (brigata  A- 
quila),  del  73.0  e  del  79.0  battaglione  zappatori  del  genio  e  di  auto- 
blindomitragliatrici,  rimase  inchiodato  alle  ali  e  riuscì  solo  a  superare 
l'argine  della  ferrovia  Nervtesa-Monteljelluna,  iXaggiungtendo  Casa 
da  Ruos. 

Erano  questi  i  massimi  progressi  dell'avversario  nella  zona  del 
Montello:  suoi  violenti  sforzi  per  progredire  nella  giornata  del  18  e 
nella  notte  sul  19  fallirono  contro  la  resistenza  delle  nostre  truppe 
che,  sebbene  duramente  provate  dalle  perdite  subite  e  esauste  da 
quattro  giorni  di  lotte,  non  cedettero  un  palmo  di  terreno. 

Nella  giornata  del  19,  portate  in  linea  altre  riserve,  iniziammo 
una  vasta  azione  di  contrattacco  la  quale  si  scontrò  con  un  nuovo 
sforzo  offensivo  del  nemico:  la  battaglia  divampò  sull'ampia  area  da 
Casa  Serena  a  Bavaria  e  da  Bavaria  a  Nervesa,  raggiungendo  la  vio- 
lenza —  diceva  un  bollettino  nemico  di  quei  giorni  —  delle  piìi  grandi 
lotte  carsiche.  Il  combattimento  s'immobilizzò  sulla  sinistra  intorno  a 
Casa  Serena  ;  ampie  fluttuazioni  avvenivano  al  centro  :  i  fanti  della 
47.a  divisione  —  brigata  Lombardia  (73.0-74.0)  e  39.0  reggimento 
della  brigata  Bologna,  e  della  brigata  Udine  (95.0-96.0)  si  spinsero 
ripetute  volte  all'assalto  sempre  contrassaliti  dal  nemico  ed  impegna- 
rono con  esso  mischie  furiose  a  corpo  a  corpo.  In  un  primo  slancio, 
nel  pomeriggio,  la  57.a  divisione,  con  la  valorosa  brigata  Pisa  (29.0- 
30.0)  raggiunse  da  Bavaria  l'abitato  di  Nervesa,  ma  non  potè  mante- 
nervisi.  Piiì  ad  oriente  altre  truppe,  tra  cui  il  253.0  reggimento  (bri- 
gata Porto  Maurizio),  appoggiato  dal  30.0  reggimento  artiglieria  da 
campagna,  ricacciarono  il  nemico  sull'argine  della  ferrovia. 

All'alba  del  20  la  lotta  infuriò  nuovamente  rompendosi  in  osti- 
nati combattimenti  ;  un  battaglione  del  68.0  fanteria   (brigata  Paler- 


430  IL  CARROCCIO 


me)  e  uno  del  112.0  (brigata  Piacenza),  con  sacrificio  eroico,  rimise- 
ro piede  in  Nerv'esa  ;  elementi  della  brigata  Mantova  (i  13.0-114.0) 
espugnarono  il  castello  di  Sovilla  trasformato  in  fortezza  dal  nemico; 
la  brigata  Pisa  ed  il  74.0  reggimento  fanteria  si  prodigarono  in  nuove 
prove  di  ardimento.  Oramai  le  brave  truppe  dell'Armata  del  Montello 
(8.a)  avevano  stretto  il  nemico  contro  il  fiume  in  un  cerchio  di  fuoco 
e  d'acciaio  impedendogli  inesorabilmente  ogni  movimento. 

LA  SITUAZIONE  SUL  BASSO  PIAVE 

Ad  una  analoga  fase  di  equilibrio,  attraverso  vicende  di  furiosi 
combattimenti  nei  quali  rifulse  intero  il  provato  valore  della  gloriosa 
3.a  Armata,  era  giunta  la  situazione  sul  basso  Piave. 

Protetti  da  una  fitta  cortina  di  nebbia  artificiale  —  come  si  è  ac- 
cennato —  riparti  nemici  si  erano  gettati  la  mattina  del  15  su  più 
punti  della  riva  destra  del  fiume,  addensandosi  particolarmente  nella 
regione  di  Pagare  ed  in  quella  di  Musile,  in  corrispondenza  della  gran- 
de strada  Ponte  di   Piave-Treviso  e  della  ferrovia   S.   Donà-Mestre. 

Le  forze  avversarie  aumentarono  rapidamente.  Col  sussidio  di 
im  fuoco  d'artiglieria  violentissimo  riuscirono  a  superare  le  nostre 
prime  difese  a  cavallo  della  strada  Ponte  di  Piave-Treviso,  avanzan- 
dosi per  circa  2  km.,  allargandosi  successivamente  a  nord  e  a  sud  fino 
a  occupare  una  fascia  di  terreno  di  varia  profondità  da  Salettuol  al- 
l'ansa di  Zenson.  Ma  le  truppe  della  nostra  31. a  divisione  reagirono 
con  immediato,  vittorioso  contrattacco  tra  Salettuol  e  Candelù  :  la 
brigata  Veneto  (255.0-256.0),  attanagliata  la  colonna  nemica  entrata 
in  Salettuol,  la  gettò  in  parte  nel  fiume  col  possente  aiuto  del  fuoco 
preciso  delle  batterie  d'ogni  calibro  e  segnatamente  di  quelle  del  44.0 
reggimento  artiglieria  da  campagna;  serrò  il  rimanente  nella  morsa 
di  un  doppio  velocissimo  aggiramento  catturando  oltre  900  prigionieri, 
tra  i  quali  il  comandante  della  colonna.  3  comandanti  di  battaglione 
e  altri  40  ufficiali.  Verso  Candelù  il  nemico,  profittando  degli  appigli 
del  terreno,  riuscì  a  insinuarsi  oltre  le  linee  avanzate  ;  la  brigata  Ca- 
serta (267.0-268.0).  aggrappandosi  ai  due- capisaldi  di  Candelù  e  di 
Casa  Pastori,  oppose  una  barriera  d'acciaio  alle  forze  nemiche  che 
per  sette  g'orm,  flagellate  dal  tiro  incessante  delle  nostre  artiglierie, 
falciate  dalle  raffiche  continue  delle  mitragliatrici,  si  dibatterono  nella 
breve  landa  conquistata  senza  poter  muovere  un  passo.  Si  distinse 
particolarmente  il  2.0  battaglione  del  269.0  reggimento. 

Schierata  tra  Candelù  e  Salgareda.  la  45. a  divisione,  reggendo 
all'urto  quadruplice,  sbarrava  coi  petti  dei  fanti  delle  brigate  Sesia 
(201.0-202.0)  e  Cosenza  (243.0-244.0)  la  via  di  Treviso;  contrattac- 
cava con  la  brigata  Potenza  (271-0-272.0)  e  col  1.0  gruppo  bersa- 
glieri ciclisti    (4. nf-5. 0-12.0  battaglione). 


I,A  BATTAGLIA   DEL   PIAVE  43 1 


Più  vasta  e  profonda  breccia  aveva  aperto  il  nemico  il  giorno  15 
di  fronte  a  S.  Dona  invadendo  la  zona  compresa  tra  Croce,  Paludello 
e  il  canale  della  Fossetta. 

Da  Croce,  risalendo  lungo  il  fiume,  da  S.  Andrea  di  Barbarana 
seguendone  il  corso,  con  violente  azioni  di  fianco,  l'avversario  cercò 
di  staccare  dal  Piave  le  truppe  del  XXVIII  corpo  che  ivi  erano  schie- 
rate, di  riunire  in  tal  modo  le  sue  teste  di  ponte  di  Fagarè  e  di  Mu- 
sile. Non  vi  riuscì  in  quel  primo  giorno,  mercè  la  resistenza  della  25.3 
divisione,  brigate  Ferrara  (47.0-48.0)  e  Avellino  (231.0-232.0)  e  90.0 
battaglione  zappatori  del  genio.  Venne  anzi  contrattaccato  e  perdette 
prigionieri.   Otto  divisioni   esso  aveva  impegnate   nel  possente  urto. 

Le  accrebbe  il  dì  seguente  a  io  e  mezzo  e  rinnovò  i  suoi  sforzi 
per  guadagnar  terreno  sufficiente  a  combattere  e  a  vivere:  già  si  de- 
lineava per  esso  il  pericolo  di  rimaner  compromesso  in  troppo  angu- 
sto spazio,  col  fiume  alle  spalle.  Mentre  i  suoi  piani  prevedevano  per 
la  sera  del  16  l'occupazione  della  linea  segnata  dai  tronchi  ferroviari 
MoTJtebelluna-Treviso-Mestre,  con  violenti  contrattacchi  la  brigata 
Potenza  (271.0-272.0)  l'impegnava  fortemente  nell'ansa  di  Zenson. 

La  33.a  divisione,  con  la  intrepida  brigata  Sassari  (151.0-152.0) 
e  il  9.0  battaglione  bersaglieri  ciclisti  (IV  gruppo)  più  tardi  raffor- 
zati da  elementi  della  brigata  Bisagno  (209.0-210.0),  si  lanciava  con- 
tro la  testa  di  ponte  avversaria  di  fronte  a  S.  Dona,  rioccupando  il  ca- 
posaldo di  Croce.  Qui  e  nell'ansa  di  Gonio  e  a  Capo  d'Argine  la  lotta 
assumeva  violenza  terribile. 

Il  giorno  17,  mentre  da  parte  nostra  la  31. a  divisione,  la  bri- 
gata Potenza  (271.0-272.0)  e  la  11. a  divisione  —  brigata  Perugia 
(129.0- 130.0)  e  28.0  reggimento  della  brigata  Pavia  —  con  la  Vol- 
turno (217.0-218.0)  di  rincalzo  impegnavano  da  Candelù  a  Bocca  di 
Callalta  aspri  combattimenti  che  si  svolgevano  attraverso  continue 
fluttuazioni,  il  nemico,  aumentate  ancora  le  proprie  forze  a  12  divi- 
sioni e  mezza,  assalì  con  rinnovata  violenza  da  Zenson  e  dall'ansa  di 
Confo,  riuscendo  a  staccare  le  nostre  truppe  dal  fiume  tra  quei  due 
punti  ed  a  collegare  le  sue  teste  di  ponte,  facendo  arretrare  i  nostri 
nella  direzione  di  Meolo  e  lanciando  riparti  verso  Monastier.  Un  gros- 
so pattuglione,  passato  negli  intervalli  della  nostra  linea,  raggiunse 
anzi  Monastier,  dove  venne  caricato  e  catturato  dal  5.0  squadrone  di 
Piemonte  Reale  Cavalleria  (2.0).  Immediati  contrattacchi  di  riparti 
del  69.0  reggimento  fanteria  (brigata  Ancona),  di  due  battaglioni 
della  i.a  divisione  d'assalto  e  di  alcuni  squadroni  dei  Lancieri  di  Mi- 
lano (7.0)  e  di  Vittorio  Emanuele  (lo.o)  arrestarono  il  nemico  pren- 
dendogli qualche  centinaio  di  prigionieri. 

Il  18,  pur  continuando  la  lotta  ai  due  lati  della  strada  di  Ponte 
di  Piave,  il  nostro  sforzo  si  volse  a  interrompere  la  comunicazione 
tra  le  due  teste  di  ponte  nemiche.  La  i.a  divisione  d'assalto,  con  la 


432  II,  CARROCCIO 


brigata  Bergamo  (25.0-26.0)  a  rincalzo,  occupò  con  gran  impeto  la 
linea  Fossalta-Osteria  Capo  d'Argine,  premendo  minacciosamente  il 
fianco  settentrionale  della  testa  di  ponte  di  S.  Dona.  Il  nemico  lanciò 
invano  nuove  riserve  contro  le  nostre  linee  a  nord  della  strada  Ponte 
di  Piave-Treviso. 

I  suoi  estremi  sforzi  si  ruppero  il  giorno  I0  contro  i  caposaldi 
di  Capo  d'Argine,  di  Losson  e  di  Candeliì. 

Truppe  fresche  nostre  della  37. a  divisione  —  brigate  Macerata 
(121. 0-122.0)  e  Foggia  (280.0-281.0)  —  e  della  22. a  divisione  — 
brigate  Roma  (79.0-80.0)  e  Firenze  (127.0-128.0)  —  entravano  in 
linea,  contrattaccavano  con  grande  vigore  e  ardimento  a  cavallo  della 
rotabile  Treviso-Ponte  di  Piave,  riprendendo  la  linea  di  Fosso  Pa- 
lumbo  e  il  caposaldo  di  C.  Martini  :  grossi  stuoli  di  prigionieri  resta- 
rono nelle  nostre  mani. 

Nello  stesso  giorno  19,  con  la  cooperazione  del  Reggimento  Ma- 
rina (battaglioni  Grado,  Caorle,  Golametto  e  Bafile)  avanzammo  an- 
che oltre  il  Sile  fino  al  limite  delle  inondazioni. 

L'EQUILIBRIO  VOLGE  IN  NOSTRO  FAVORE 

II  giorno  20  l'equilibrio  si  rompeva  ormai  a  nostro  favore  :  su 
tutta  la  fronte  del  Piave,  dal  Montello  al  mare,  la  pressione  delle 
nostre  fanterie  continuava  serrata,  decisa,  irresistibile  ;  un  formida- 
bile fuoco  d'artiglieria  l'accompagnava  flagellando  le  truppe  nemiche, 
sfasciando  di  continuo  alle  spalle,  con  l'instancabile  cooperazione  de- 
gli aviatori,  ponti  e  passerelle.  E  il  Piave,  gonfio  per  pioggie  a  monte, 
travolgeva  barche  e  travate,  rendeva  più  ardua  ai  pontieri  austriaci 
la  riorganizzazione  dei  passaggi.  L'avversario,  schiacciato  in  una  fa- 
scia di  terreno  sempre  più  angusta,  irresistibilmente  ricacciato  nel  fiu- 
me, doveva  ritirarsi  precipitosamente  per  sfuggire  a  una  catastrofe. 

Il  Comando  nostro  aveva  previsto  questa  eventualità  e  l'atten- 
deva. Dal  momento  che  gli  sforzi  nemici  di  sboccare  erano  riusciti 
vani,  il  fivnne  costituiva  un  terribile  ostacolo  alle  spalle  degli  assali- 
tori inesorabilmente  falciati  dai  nostri  proietti,  incessantemente  pre- 
muti dalle  nostre  fanterie. 

L'equilibrio  dinamico  stabilitosi  avrebbe  dovuto  finire  col  cedere 
in  nostro  favore,  perchè  troppi  elementi  materiali  e  morali  si  accu- 
mulavano di  momento  in  momento  a  carico  del  nemico,  che  il  23,  vin- 
to, ordinava  a  quel  che  rimaneva  delle  sue  18  divisioni  passate  sulla 
destra  di  ripassare  sulla  sinistra  del  Piave. 

Alla  ritirata  nemica  corrispose  l'ordine  dell'avanzata  generale 
nostra  e  l'intensificarsi  fino  al  massimo  possibile  del  nostro  fuoco  di 
artiglieria.  Le  nostre  truppe,  né  dome  né  stanche  da  8  giorni  di  lotta, 
si  lanciarono  avanti  frementi  di  cogliere  il  frutto  della  vittoria.  I  forti 
nuclei  di  copertmra  e  di   retroguardia,   i  numerosi  nidi   di   mitraglia- 


LA  BATTAGLIA  DEL   PIAVE  433 

trici  guarniti  da  gente  votata  alla  morte,  venivano  successivamente, 
metodicamente  spazzati,  la  gragnuola  dei  proiettili  uccideva,  feriva, 
mandava  alla  deriva  nel  fiume  uomini,  cavalli  e  materiali  bellici  del 
nemico. 

Rapidamente  le  nostre  truppe,  passando  su  stuoli  di  cadaveri 
austriaci,  raggiunsero  la  linea  del  fiume.  Di  fronte  a  S.  Dona,  dove 
forse  l'avversario  accarezzava  l'idea  di  conservare  una  testa  di  ponte, 
il  combattimento  durò  più  a  lungo,  ma  alla  fine  qui  pure  la  riva  destra 
del  Piave  venne  completamente  rioccupata. 

La  sera  del  24  giugno  la  situazione  anteriore  alla  battaglia  era 
integralmente  ristabilita;  anche  la  testa  di  ponte  di  Capo  Sile  veniva 
rioccupata.  Il  2.0  battaglione  dell'Si.o  fanteria,  la  mattina  del  25, 
eseguiva  una  magnifica  puntata  oltre  il  Sile  a  Porte  del  Taglio,  e  vi 
prendeva  400  prigionieri. 

AZIONI  CONTROFFENSIVE 

Avevamo  vinto  il  nemico  con  una  battaglia  d'arresto,  facendo 
fallire  i  suoi  piani  ambiziosi,  strappandogli  con  una  vigorosa  imme- 
diata controffesa  tattica  quasi  tutti  i  vantaggi  di  terreno  acquisiti 
nel  primo  urto:  gli  rimanevano  i  cocuzzoli  del  M.  di  Val  Bella,  del 
Col  del  Rosso  e  del  Col  d'Echele  sull'altopiano  d'Asiago,  costituenti 
insieme  con  Cima  Echar  e  con  M.  Melago  una  sorta  di  ridotto  avan- 
zato, utile  a  noi  come  fiancheggiamento  e  copertura  delle  nostre  linee 
verso  la  conca  d'Asiago,  utile  a  esso  come  approccio  alle  nostre  po- 
sizioni principali. 

Per  riavere  il  pieno  possesso  di  codesta  posizione  cuscinetto  e 
per  affermar  la  nostra  superiorità  sull'avversario  all'indomani  della 
sua  offensiva,  il  Comando  decise  la  riconquista  dei  monti  abbandonati. 

La  mattina  del  29  giugno,  dopo  accurate  esplorazioni,  con  l'ap- 
poggio di  potente  fuoco  d'artiglieria,  sottili  colonne  nostre  del  XIII 
corpo  d'armata  miste  di  fucilieri  e  di  arditi  si  gettarono  all'attacco. 
Il  M.  Val  Bella  venne  conquistato  rapidamente  da  fanti  del  9.0  reg- 
gimento, da  una  compagnia  del  3.0  bersaglieri  e  da  una  compagnia 
czeco-slovacca  e  difeso  poscia  saldamente  contro  i  ritorni  offensivi 
dell'avversario  da  tutta  la  brigata  Regina   (9.0-10.0). 

Il  giorno  dopo  anche  il  Col  del  Rosso  e  il  Col  d'Echele  venivano 
strappati  al  nemico  in  una  vivace  lotta  a  corpo  a  corpo  sostenuta  da 
riparti  della  brigata  Teramo  (241.0-242.0)  del  265.0  fanteria  (briga- 
ta Lecce)  e  di  arditi  bersaglieri  del  3.0  reggimento. 

Il  nemico,  che  ci  aveva  opposto  quattro  divisioni  complete  —  la 
3.a  Edelweiss,  la  26.a  Schìitzen,  la  36.a.  la  53.a  ed  elementi  di  altre 
due,  la  i8.a  e  la  74.a,  subì  perdite  gravissime.  88  ufficiali,  1935  uomini 
di  truppa,  8  cannoni,  82  mitragliatrici,  5  lanciafiamme,  4  lanciamine, 
più  di  2000  fucili  e  ingente  quantità  di  materiale  da  guerra  rimase 


434  II'   CARROCCIO 


nelle  nostre  mani;  ricuperammo  anche  15  bombarde  catturate  dal  ne- 
mico nella  sua  offensiva. 

*  *  * 

Con  una  serie  di  azioni  locali,  eseguite  a  partire  dal  2  luglio  dal 
IX  Corpo  d'Armata,  venne  integralmente  ristabilita  la  nostra  occu- 
pazione primitiva  della  regione  a  nord-ovest  del  Grappa,  dal  fondo 
della  vai  S.  Lorenzo  alle  Rocce  Anzini  (margine  di  vai  Brenta)  :  cat- 
turammo 25  ufficiali,  608  uomini  di  truppa  e  24  m.itragliatrici.  I^e  no- 
stre posizioni  vennero  migliorate  notevolmente  anche  alle  Porte  di 
Salton,  il  4  luglio,  e  al  Roccolo  di  Casa  Tassoni  complessivamente  fu- 
rono presi  altri  4  ufficiali,  74  uomini  di  truppa,  6  mitragliatrici  e  un 
lanciafiamme. 

Carattere  nettamente  offensivo  ebbe  l'operazione  svolta  per  ri- 
cacciare il  nemico  oltre  il  Piave  Nuovo,  da  Intestadura  alla  foce. 

L'azione,   condotta  simultaneamente   dalla   54.a  divisione   mossa 
dal  Piave  Vecchio  e  marciante  verso  sud-est  e  dalla  4.a  che,  uscendo 
dalle  teste  di  ponte  di  Cavazuccherina  e  di  Cortellazzo  agiva  in  dire- 
zione di  nord-est,  si  iniziò  all'alba  del  2  luglio.  La  lotta  si  frazionò 
in  infiniti  episodi,  occorrendo  vincere  la  resistenza  molteplice  acca- 
nitissima di  una  sistemazione  difensiva  a  nuclei  di  mitragliatrici,  mi- 
rabilmente adattata  alle  condizioni  del  terreno  in  gran  parte  allagato 
e  percorribile  solo  attraverso  pochi  passaggi  obbligati.  Dopo  quattro 
giornate  di  vivacissimi  combattimenti,  la  pertinacia  e  il  valore  delle 
truppe  del  XXIII  Corpo  d'Armata  ebbero  ragione  della  4i^esa  e  de- 
gli infiniti  contrattacchi  delle  forze  nemiche   (divisioni  57.a  e  58.a  al 
completo,  parte  della  46.a  ed  elementi  dell'Orient  Korp).  Nella  mat- 
tina del  6  le  due  divisioni  operanti  si  congiungevano  a  Palazzo  Bres- 
sanin,  occupando  saldamente  la  linea  del  Piave  Nuovo,  di  otto  chi- 
lometri piij  breve  di  quella  del  Sile  e  di  6  km.  circa  piìi  lontana  dalla 
laguna  di  Venezia.  Tutte  le  truppe  impegnate  si  distinsero:  le  brigate 
Granatieri  di  Sardegna  (i.a  e  2.a),  Torino  (8i.a-82.a),  Novara  (i53.a 
I54.a),  la  III  brigata  Bersaglieri  (ij.a  e  i8.a),  il  III  gruppo  Bersa- 
glieri  ciclisti    (1.0-7.0-8.0  battaglione),   il   reggimento  Marina,  il  7.0 
battaglione  guardie  di  Finanza,  il  33.0  battaglione  zappatori,  la  20.a 
e  la  22.a  compagnia  lagunari  e  le  altre  specialità  del  genio;  tutte  le 
artiglierie  del  corpo  d'armata  e  del  Raggruppamento  della  R.  Marina 
e  gli  aviatori.  2900  prigionieri,  di  cui  70  ufficiali,  20  cannoni.  18  bom- 
barde, 80  mitragliatrici,  4000  fucili  rimanevano  nelle  mani  delle  va- 
lorose  truppe  della  3.a  Armata. 

*** 

Così„  con  la  piena  vittoria  nostra,  finiva  la  grande  battaglia  dal- 
TAstico  al  mare  che  nell'ambizioso  concetto  avversario  avrebbe  do- 
vuto segnare  il  crollo  della  fronte  italiana  e  l'inizio  della  sconfitta  del- 


TO  ITALV  435 


l'Intesa.  Essa  invece,  per  il  mirabile  valore  delle  nostre  truppe,  ha 
segnato  il  nostro  trionfo  e  l'inizio  di  una  riscossa  decisiva.  Le  conse- 
guenze della  sconfitta  per  gli  austriaci  non  possono  ancora  essere  ap- 
prezzante in  tutta  la  loro  gravità,  (i)  11  nemico  ha  avuta  ridotta  la  sua 
occupazione  territoriale  di  circa  70  km.  quadrati.  Informazioni  ve- 
nute da  ogni  parte  concordano  col  dire  ch'esso  lamenta  oltre  80.000 
uomini  perduti  tra  morti  e  prigionieri  su  un  totale  di  230-250.000  fuori 
combattimento.  524  ufficiali  e  23.951  uomini  di  truppa,  70  cannoni. 
75  bombarde.  1234  mitragliatrici,  151  lanciafiamme  e  37000  fucili  so- 
no rimasti  nelle  nostre  mani.  / 

Il  nostro  esercito,  tiscito  vittoi'ioso  dalla  grande  prova  affrontata 
e  ritemprato  a  nuove  lotte,  prosegue  deciso  e  con  incrollabile  fede  ver- 
so il  compimento  dei  destini  della  Patria. 


(  I  )    S'è   vi.sta   !a  conseguenza  —   dal   24  ottobre   al  4  novembre   sul    fronte 
nostro;  fino  all'i  1  sul  fronte  francese!  —  Xota  del  Carroccio. 


TO  ITALy 

MoTiiKR  of  Nohlc  Minds!  How  shaìl  «r  pay 
The  homage  of  our  love — nay,  wliat  zmthhoìdf 
Thou  Bride  of  Learning,  ncver  false  or  cold; 
Hostess  of  Beauty  to  the  world, — lìo  day 
Uncheered  by  thee  along  our  saddest  zvay; 
Mothcr  of  Men  ardent  and  unse  and  bold, 
IVho  gave  io  Art  neiv  lifc.  to  Lazv  nezv  niould, 
And  unto  Preedom  nezv,  inmiortal  bay. 

Mother  of  Great  Adventiircrs,  air  or  sea! 

Columbus,  z'oyaging  to  undreamcd  good 

JJke  Mon's  brave  soni;  and  he,  of  thy  nezv  brood 
The  farthest  piekct  in  the  vague  of  space. 

What  height  or  hindrance  ever  daunted  thee, 

Whose  forzvard  spirit  debtors  cz'ery  race? 

October    12.    rgiS. 

ROBERT  UNDERWOOD  JOHNSON 


^OPQ  LA  CONDANNA 

Questo  articolo  dell'Idea.  Nazionale  apparve  alla  dimane  della  proposta 
di  pace  avanzata  dall'Austria  al  governo  degli  Stati  Uniti,  non  all'Italia  —  l'uni- 
ca che  la  teneva  inchiodata  sul  Piave  e  sta'-  "^  lì  lì  per  schiantarla.  Tra  i  co- 
menti  alla  proposta  ambigua  e  codarda,  vanamente  disdegnosa  di  chi  solo  aveva 
potere  e  farsa  di  giudicarla,  questo  dell'Idea,  sembrò  piti  schietto  e  più  energi- 
co. Più  fremente  di  ansia.  Tra  le  linee  si  ritrova  la  minaccia  oscura  che  veniva 
all'Italia  da  quell'atto  di  macchinosa  diplomasia. 

A  mettere  in  rilievo  la  forza  di  volontà  che  decise  l'Italia  al  suo  sforzo 
supremo  liberatore  e  affrettò  l'ora  anelata  della  vittoria,  va  rievocato  il  periodo 
in  cui  la  trepidazione  teneva  gli  animi  e  minaccioso  all'Italia  massimamente 
sembrava  il  nembo  degli  eventi  —  all'Italia  che  l'Austria,  perisse  il  mondo) 
voleva  ferma  a  metà  strada,  con  le  terre  sue  profanate,  lontana  ancora  daP 
la  mèta. 

Questo  articolo  dell'Idea  Nazionale  dice  quanto  scuro  fu  Vieri  —  in  con- 
trasto con  la  tanta  luce  d'oggi! 

L»  Austria  non  può  proporre  la  pace.  A  chi  potrebbe  proporla? 
Non  all'Italia.  Questa  per  i  suoi  sacrosanti  diritti  di  sicurezza 
e  di  vita,  per  la  liberazione  dei  suoi  figli  di  Trento,  Trieste  e 
della  Dalmazia,  e  d'accordo  con  i  principii  generali  di  giustizia  e  di 
libertà  che  i  suoi  alleati  professano,  una  sola  cosa  vuole  e  può  volere: 
che  l'Austria  sia  tolta  di  mezzo.  L'Austria  non  ha  più  la  personalità 
civile  per  proporre  la  pace.  Essa  è  un  condannato  a  morte  che  non 
può  discutere  con  i  giudici.  Può  al  massimo  chieder  grazia  e  non 
averla. 

A  chi  potrebbe  proporre  la  pace  l'Austria?  Non  ai  popoli  oppres- 
si sotto  il  suo  giogo  e  che  intendono  di  scuoterlo.  Questi  per  giungere 
a  ciò  hanno  bisogno  che  l'Austria  sia  smembrata  e  chiedono  che  sia 
smembrata.  E  ora  è  tempo  di  conoscere  se  alcuni  di  loro,  gli  jugo- 
slavi, per  esempio,  di  Trumbic  e  non  di  Trumbic,  facevano  sul  serio, 
quando  s'univano  al  patto  celebre  contro  l'Austria.  Se  sì,  ora  è  il 
tempo  di  stringersi  all'Italia  per  affermare  che  l'Austria  non  può,  né 
deve  tentare  di  captare  con  l'atto  di  tal  proposta  una  figura  giuridica 
che  non  può,  né  deve  aver  piìi,  per  il  congresso  della  pace,  in  cui  deve 
stare  come  cosa  da  spartire  e  non  come  persona  in  facoltà  di  discutere 
e  di  decidere. 

A  chi  potrebbe  proporre  la  pace  l'Austria?  Non  alla  Francia  e 
all'Inghilterra  che  hanno  con  l'Italia  il  trattato  di  Londra.  Non  alla 
Francia,  all'Inghilterra,  all'America,  che  tante  volte  hanno  dichiarato 
di  combattere  per  quei  principii  di  giustizia  e  di  libertà  dei  popoli 
cui  accennavamo  più  sopra,  e  di  cui  l'Austria  è  la  negazione  e  l'impe- 
dimento ;  non  alla  Francia,  all'Inghilterra,  all'America,  al  Giappone, 
che  già  hanno  riconosciuto  lo  stato  czecoslovacco,  lo  stato  polacco, 


DOPO  I,A   CONDANNA  43/ 


e  stanno  per  riconoscere  lo  stato  jugoslavo:  vale  a  dire,  che  hanno 
già  spartito  e  distribuito  il  territorio  dell'impero  austro-ungarico. 
Sulle  frazioni  di  tale  impero  già  sorgono  lo  stato  czecoslovacco,  lo 
stato  polacco,  lo  stato  jugoslavo  e  l'Italia  redenta,  per  volontà  nostra 
e  dei  nostri  alleati,  e  l'Austria  indarno  tenta  di  riunire  le  sue  membra 
disiecta  e  ricomporsi  una  unità  organica,  la  sua  personalità,  per  pre- 
sentarsi, anzi  precedere  gli  altri  al  congresso  di  pace.  A  questo  con- 
gresso già  seggono  i  suoi  successori. 

L'Austria  adunque  non  può  proporre  la  pace  a  nessuno.  Quando 
lo  fa,  un  solo  effetto  essa  produce,  quello  di  indicarci  che  dobbiamo 
compiere  ancora  uno  sforzo  per  ridurla  dal  proporre  al  chiedere  pa- 
ce, cioè,  la  grazia  della  vita  che  non  avrà.  Tale  sforzo  è  debito  e  com- 
pito di  tutta  quanta  l'Intesa,  della  Francia,  dell'Inghilterra,  dell'Ame- 
rica, dell'Italia,  perchè  non  è  più  lecito,  né  è  più  possibile,  rompere 
l'unità  dell'alleanza,  della  guerra  e  delle  fronti;  ma  è,  quello  sforzo, 
in  particolar  modo  debito  e  compito  dell'Italia.  Indubitatamente  il  go- 
verrio  italiano,  l'esercito  e  il  comando  supremo  e  tutti  quanti  i  citta- 
dini italiani  capaci  hanno  la  coscienza  piena  e  intiera  di  questo  fatto 
della  unità  totale  e  assoluta  della  guerra  mondiale  e  della  condizione 
di  avanguardia  antiaustriaca  che  l'Italia  ha  nell'unità  della  guerra 
mondiale.  E  mdubitatamente  il  governo  italiano  e  il  comando  supre- 
mo non  possono  non  tener  fermo,  tanto  lo  debbono,  non  tener  fermo 
che  l'unità  della  guerra  si  realizzi  intorno  all'Italia  che  fronteggia 
l'Austria,  come  la  Francia,  l'Inghilterra,  l'America,  fronteggiano  la 
Germania.  Si  realizzi  nella  forza  d'armi  di  tutta  quanta  l'Intesa,  come 
nella  forza  morale  e  politica  di  quei  sovraccennati  popoli  soggetti  al- 
l'Austria e  antiaustriaci,  i  quali  dinanzi  al  mondo  civile  si  assunsero 
la  particolare  missione  di  far  saltare  dall'interno  l'impero  austro- 
ungarico, e,  vogliamo  credere  oggi,  tutti  sinceramente,  oggi  in  cui 
possono  cominciare  a  dimostrarlo.  Questo  non  possono  non  tener 
fermo  il  governo  italiano  e  il  comando  supremo,  come  allo  stesso  tem- 
po non  possono  non  sapere,  tanto  lo  debbono,  non  sapere  lo  specifico 
compito  antiaustriaco  che  spetta  all'Italia.  Non  può  non  saperlo  il  go- 
verno italiano  per  la  sua  parte  che  più  è  quella  di  intendere  e  di  fare 
intendere  l'unità,  non  ideale,  ma  pratica  e  pragmatica,  della  guerra 
mondiale  ;  e  non  può  non  saperlo  il  comando  supremo  per  la  sua  parte 
che  più  è  quella  di  agire  conforme  al  sopraddetto  compito  specifico 
dell'esercito  italiano. 

La  proposta  di  pace  dell'Austria  ci  addita,  come  dicevamo,  il 
cammino  che  abbiamo  ancora  da  percorrere  dinanzi  a  noi.  E  illumina 

la  meta. 

Le  proposte  e  le  offensive  pacifiste  si  susseguono  ora  con  ritmo 
accelerato;  batte  forte  il  cuore  lassù,  in  Austria  e  in  Germania,  ora 
come  noi  vogliamo.  Sulla  soglia  dell'autunno  e  dinanzi  all'inverno 
i  nostri  nemici  vedono  in  faccia  a  sé  il  destino  che  avevano  preparato 


438  IL   CARROCCIO 


all'EurDpa  da  tanti  anni.  Potranno  attraversare  ancora  l'inverno,  ma 
essi  sentono  già  che  il  giorno  sta  per  spuntare  in  cui  dovranno  toc- 
carlo, e  tal  sentimento  è  nelle  loro  offensive  e  proposte  sempre  piìi 
accelerate  e  convulse,  sempre  piìi  dissennate  per  noi  e  per  loro,  a 
prova  che  lo  spirito  d'inganno  va  trasformandosi  in  frenesia  di  spa- 
vento. Noi  li  fissiamo  per  quel  giorno  che  essi  ci  additano  ora  più 
jìrossimo,  e  in  cui  dovranno  toccare  il  loro  destino.  La  Germania, 
di  essere  vinta,  non  nel  suo  presente,  ma  nel  suo  avvenire;  l'Austria, 
di  essere  distrutta. 

L'IDEA  NAZIONALE 


\^ith  the  American  /.  M.C.  A.  in  Italy 

A  special  lettor  front  Italy  to  II  Carroccio 

IT  is  one  thing  to  come  to  Italy  in  times  of  peace,  it  is  quite  another 
to  come  here  in  the  days  of  "La  Guerra".  In  those  past  summers, 
when  I  have  spent  my  vacations  here,  I  have  loved  it  for  its  tran- 
quility  and  unexcelled  physical  beauty,  to-day  my  appreciation  of  Italy 
is  based  upon  recognition  of  what  she  stands  for  in  the  world  of  high 
principlcs. 

The  pens  of  others  and  more  ready  writers  than  myself  have  made 
it  very  clear  that  Italy's  place  by  the  side  of  France,  England,  America, 
and  the  other  Allies  is  neither  a  place  taken  by  her  for  selfìsh  purposes 
nor  one  forced  upon  her  by  England  as  .some  aver. 

I  have  been  in  ali  the  principal  cities  during  this  visit  where  I  have 
liad  the  privilege  of  talking  with  men  in  politicai,  religious  and  com- 
mercial life,  and  I  have  yet  to  see  the  first  man  who  has  any  idea  of 
anything  save  the  idea  of  "carrying  on"  until  vvar  is  defeated  by  war 
itself.  Whatever  mistakes  have  been  made  and  they  have  been  made 
here  as  elsewhere,  are  being  corrected  and  atoned  for  by  such  deeds 
of  increasing  heroism  as  should  cause  even  her  bitterest  enemies  to 
blush  with  shame  should  they  make  reference  to  them.  Treachery  has 
had  its  day  here  but  its  day  was  short,  and  a  more  united  Italy  is  the 
consequence,  a  big  price  to  pay  to  he  sure  but  there  are  those  who  feel 
th'at  it  is  worth  it.  When  one  rcads  the  best  papers  of  Rome,  Milan, 
Florence,  Turin  and  other  cities,  one  is  struck  with  the  fact  that  popu- 
lar  sentiment  is  in  favour  of  continuance,  regardless  of  ali  sacrifice. 

Always,  everyvvhere  we  find  some  who  are  in  favor  of  peace  at  any 
price  but  I  think  I  find  less  of  it  here  than  anywhere,  notwithstanding 
tlie  fact  that  Italians  have  had  their  full  share  of  war  both  before  and 


WITH  THE  AMERICAN  Y.   M.  C.  A.  IN   ITAL,Y  439 

since  this  present  war  began.  A  certain  class  having  made  ali  they  can 
out  of  the  war  would  like  to  see  a  peace  brought  about  by  any  means 
during  which  they  might  enjoy  their  ili  gotten  gains  but  these  are  few 
and  they  are  known  and  branded  for  future  recognition  so  that  when 
peace  comes  to  the  world  there  will  be  no  peace  for  such.  Profiteers 
prosper  to-day  but  to-morrow  will  bring  with  it  a  new  and  an  unplea- 

sant  experience  for  them. 

*  *  * 

On  the  top  of  Monte  Grappa,  I  bave  seen  and  talked  with  the  men 
drawn  from  ali  trades  and  professions  as  well  as  from  no  trade  or  pro- 
fession,  and  on  this  Italian  Rock  of  Gibraltar  which  overlooks  Austria, 
the  sentiment  to  a  man  is  They  cannot  pass.  It  is  an  impregnable  for- 
tress  in  the  head  of  which  are  a  thousand  eyes  from  which  ma)'  be  seen 
the  movement  of  the  enemy  and  from  which  also  there  may  dart  a  look 
of  fire  from  carefully  concealed  pieces  of  artillery  sufficient  to  stay  the 
progress  of  those  beasts  of  brutality  who  would  scale  Grappa's  steep 
side  and  invade  the  peaceful  plains  of  Lombardy.  Up  the  Italian  side  of 
Grappa  on  a  road  of  42  kilometers  zig-zagging  in  a  continuous  suc- 
cession  of  hair-pin  curves  a  vast  army  with  ali  that  is  necessary  to 
feed  and  equip  such  an  army  has  been  transported  with  such  spced  and 
frictionless  movement  as  will  astonish  the  engineering  world  when  it 
is  made  known  in  ali  its  magnificent  detail.  As  I  came  out  with  others 
from  the  great  tunnel  from  one  end  of  which  one  views  the  righ  fields 
of  Italy  and  from  the  other  end  one  looks  down  into  the  villages  of 
Austria,  I  almost  bumped  into  a  young  lad  from  the  States,  a  Yankee 
ambulance  driver  who  had  driven  bis  car  up  the  steep  side  of  Grappa. 
We  stopped  to  talk  for  a  moment  on  the  spot,  which  I  bave  since  lear- 
ned  was  not  the  safest  place  in  the  world,  when  one  of  those  strange 
tbings  took  place  which  reveal  how  small  this  old  world  of  ours  really 
is.  A  quick  glance  of  recognition  took  place,  hearty  band  shake  and 
the  Red  Cross  ambulance  driver  and  a  Y.  M-  C.  A.  worker  from  Ame- 
rica fell  to  talking  of  things  far  removed  from  scenes  of  blood  and 
carnage.  There  they  stood  and  talked  while  shells  from  the  artilleiy 
whistled  above  and  clouds  gathered  below,  and  their  subject  of  con- 
versation  was  the  same  college  in  which  the  Y.  M.  C.  A.  man  was 
professor  and  the  Red  Cross  man  a  student.  As  we  journed  back  to 
Bassano  where  not  one  house  remains  that  has  roof  or  windows,  the 
never  ceasing  traffic  bore  testimony  to  the  care  fui  preparations  for 
whatever  may  happen.    The  Italians  will  never  be  caught  napping  again. 

*  *  * 

From  this  region  with  ali  its  military  activity  on  the  other  I  was 
driven  in  the  direction  of  the  memorable  Piave.  Into  the  first  line  tren- 
ches  I  was  taken,  provided  with  helmet  and  most  improved  gas  mask; 


440  IL   CARROCCIO 


as  an  officer  said,  "to  see  for  yourself".  I  saw  for  myself  as  I  traveled 
through  miles  of  first  line  trenches  on  the  bank  of  the  Piave.    I  saw 
for  myself  across  a  ri  ver  no  wider  at  certain  points  than  forty  or  fifty 
feet  the  Austrian  first  line  trenches   from  which  Austrian  soldiers 
looked  at  us  through  their  wooden  periscopes  ever  as  we  looked  at  them 
through  ours.    As  we  walked  along  the  trail  in  the  trenches  orders 
were  given  in  whispers,  and  the  most  frequent  order  was  a  word  in 
Italian  which  means,  "duck",  and  duck  we  did  with  alacrity.    In  the 
evening  we  carne  out  of  the  trenches  where  we  talked  in  whispers  with 
men  who  had  worked  in  Pittsburg,  Newark,  New  York,  White  Plains, 
Philadelphia  and  other  places.    Almost  to  a  man  the  question  was, 
"How  many  Americans  are  in  Italy?"  We  could  only  say  there  were 
many  and  more  were  coming.    This  was  a  welcome  communication, 
not  because  they  feel  the  need  of  men  so  much  as  they  feel  the  need 
of  assurance  that  America  is  fully  in  sympathy  with  Italy's  position. 
These  men,  many  of  them,  were  among  the  first  to  respond  to  Italy's 
cali  when  she  declared  at  such  great  national  sacrifice  her  war  upon 
Austria  in  the  interest  of  humanity  and  civilization.   One  day  this  de- 
claration  of  war  will  be  seen  in  a  Hght  which  will  reveal  Italy  as  one 
of  the  greatest  nations  in  the  galaxy  of  nations  now  striving  for  the 
purification  of  the  world.  I  ha  ve  come,  I  bave  seen,  I  am  astounded. 
There  is  nothing  I  can  write  which  will  convey  what  I  feel  concerning 
the  psychology  of  Italy's  soul,  her  stern  resolve,  her  cairn  confidence. 
From  now  on  the  world  will  see  for  itself  what  an  important  factor 
Italy  is  in  this  war,  and  what  she  has  been  since  the  beginning.  When 
Jacob  of  old  said,  "The  Lord  is  in  this  place  and  I  knew  it  not",  he 
voiced  an  idea  which  is  just  now  beginning  to  percolate  through  the 
minds  of  the  other  Allies  —  Italy  has  been  in  this  place  and  they  knew 
it  not,  save  for  an  occasionai  reminder  in  the  forni  of  some  great  achie- 
vement.  Hereafter  let  us  profit  by  our  past  remissness.  Let  us  in  Ame- 
rica see  to  it  that  in  every  way  possible  we  render  swift  assistance,  par- 
ticularly  in  matters  financial-    The  rate  of  exchange  is  stili  too  high, 
exorbitantly  too  high  notwithstanding  it  has  been  going  down  steadily. 
Before  closing  this  communication  from  Grappa  and  the  Piave 
(which  the  Editor  will  pardon  me  for  sending  in  pencil,  as  I  bave  no 
typewriter  bere)  I  would  like  to  mention  the  fact  that  the  Ambulances 
of  the  American  Poets  Society  of  which  Mr.  Robert  Underwood  John- 
son is  President,  are  doing  a  wonderful  work  at  the  Italian  Front.    It 
might  interest  the  members  of  this  Society  to  know  that  their  gift  of 
something  like  60  Ambulances  sent  before  the  American  Red  Cross 
arrived  on  the  scene  of  action  is  most  highly  appreciated  by  the  army 
and  those  who  bave  been  succored  by  them  —  My  friend  Dr.  Nollen 
of  Bologna  saw  these  ambulances.    Incidentally  I  wish  to  speak  of 
Dr.  T.  Nollen  and  the  magnificent  work  he  is  doing  bere.  As  the 


WITH  THE  AMERICAN  Y.  M.  C.  A.  IN  ITALY  44I 

head  of  the  American  Y.  M.  C.  A.  in  Italy  at  work  among  the  Italian 
Armies,  he  is  accomplishing  marvels.  Under  his  direction  Y.  M.  C.  A. 
men  are  taking  cigarettes,  chocolate,  writing  materials  and  other  things 
right  into  the  first  line  trenches. 

I  saw  them  there.  Back  of  the  ttenches  and  as  dose  to  them  a.«s 
they  can  get  the  Y.  M.  C.  A.  serves  hot  drinks  and  in  the  villagcs  just 
in  the  rear  cinema  or  moving  picture  performances  are  "pulled  off" 
in  buildings  where  horses  and  wagons  are  stored  during  the  day  and 
around  which  "hot  shot"  drops  at  regalar  intervals  during  the  night. 
I  attended  an  intertainment  for  the  soldiers  a  few  nights  ago  arranged 
by  a  Y.  M.  C.  A.  man,  John  A.  Botsfood,  at  Mirano,  Venezia-  His 
company  was  composed  of  soldiers  and  Y.  M.  C.  A.  men.  Paganelli,  a 
noted  tenor,  and  an  equally  noted  baritene,  a  violinist  of  rare  ability 
and  two  comedians,  one  an  Italian  soldier  and  the  other  an  American 
Y.  M.  C.  A.  secretary,  Jewett  by  name,  who  was  ali  through  the  last 
great  offensive  on  the  Piave.  During  this  concert  a  little  confusion 
arose  owing  to  what  sounded  like  a  bombardment  of  the  old  building 
in  which  it  was  being  held.  The  lights  evidently  revealed  its  location, 
but  the  concert  went  on,  and  after  it  was  over  we  ali  went  home  in  the 
dark. 

Whatever  has  taken  place  elsewhere  I  can  say  that  there  is  no 
proselying  and  no  evangelising  under  Dr.  Nollen's  administration  and 
I  bave  come  in  contact  with  his  assistants  ali  along  the  line.  In  their 
ministrations  they  are  tremendously  human,  and  for  this  reason  they 
are  most  divine.  A  cigarette  pressed  between  the  lips  of  a  wounded 
soldier  who  looks  his  gratitude,  a  cup  of  water  or  a  piece  of  chocolate 
to  a  man  in  a  hurry  who  cannot  stop  for  more,  and  yet  to  whom  such 
a  trifle  is  a  God-send,  are  a  few  of  the  things  which  these  men  of  Nol- 
len's are  doing  in  a  hundred  places.  Italy  needs  them  badly  and  when 
I  get  back  I  am  going  to  help  in  sending  them  over.  Way  off  bere  we 
are  looking  to  America  and  we  shall  not  be  disappointed. 

Dr.  W.  JOHN  MURRAY 


"My  country,  right  or  wrong"  —  Il  testo  delle  parole  di  De- 
catur  suona  così  :  —  In  her  intercourse  with  forcign  nations  may  ske 
akvays  be  right;  but  oiir  country,  right  or  wrong.  —  Nei  rapporti  con 
le  nazioni  straniere,  possa  la  nostra  aver  sempre  ragione  ;  ma  la  patria 
nostra,  abbia  ragione  o  abbia  torto. 


"NOVA  PRQGEME!" 

Sonnino   -   T^aralisi   sociale   -    L'artierato  del    mare   -    Le  acque   interne 
La    natura    italiana   e'    mutata   -    Il    Liberatore   - 
La   profezia   di    Dante   si   realizza. 

La  prima  parte  di  questo  notevolissimo  scritto  che  Paolo  Orano,  illustre 
collaboratore,  ha  mandato  al  Carroccio,  è  stata  letta  col  massimo  interesse. 
Con  non  minore  attenzione  sarà  letta  la  seconda  parte,  nella  quale  l'insigne 
autore  congiunge  al  finissitno  intuito  politico  ed  all'acceso  carattere  battagliero 
che  gli  è  proprio'  l'anima  squisita  dell'artista.  Paolo  Orano,  letterato,  giorna- 
lista, critico,  uomo  pubblico,  soldato  —  tipico  esponente  della  Italia  che  sorge 
purificata  dalla  guerra  —  ha  una  visione  dell'Italia  così  luminosa  e  alta,  che 
non  i/è  poeta  che  sappia  o  possa  oggi  vederla  in  una  luce  più  fulgida  e  in  al- 
tezza più  eccelsa. 

Non  v'è  rivista  di  lingua  italiana  o  straniera  che  non  si  onori  della  firma 
di  Paolo  Orano.  Noi  di  New  York  abbiamo  in  lui  più  che  un  collaboratore,  un 
milite  di  prima  linea,  di  schiera  avanzata.  Bgli  ci  ha  scritto  che  "si  onora"  di 
collaborare  al  Carroccio,  poiché  segue  ed  apprezza  l'opera  —  soggiungeva  — 
"nobile  e  simpatica"  della  Rivista. 

Il  Carroccio  hd'  l'alta  soddisfazione  di  aver  fatto  conoscere  in  Italia  forze 
tali  nel  giornalismo  coloniale  da  attrarre  subito  le  simpatie,  la  stima,  l'adesione 
piena  del  fior  fiore  degl'intelletti  della  Nazione.  Cosi  questa  Rivista,  forza  in 
Colonia,  è  anche  in  Italia  forza  che  .ù  tien  da  conto. 

SONNINO 

SONNINO  poco  più  che  ventenne  capì  le  ragioni  del  mare  in  Sicilia 
ed  in  Inghilterra.  Oggi  si  comprende  dalla  nessuna  esitanza  delle 
sue  dichiarazioni  che  francofilia  come  germanofilia  nella  questio- 
ne del  Mediterraneo,  egli  le  considera  come  episodi  del  sentimento 
nazionale  o  dell'intellettualismo,  due  varie  fortune  alternatesi  con  gli 
anni  dal  '67  in  qua.  Dirò  meglio  quel  che  a  me  sembra,  e  cioè  ch'egli 
non  le  consideri  affatto.  Bisogna  che  l'Italia  faccia  nel  Mediterraneo 
la  sua  politica.  La  Francia  che  l'ama,  la  seguirà  su  questa  via  ;  la  Ger- 
mania che  l'ammira  e  la  temerà,  non  potrà  opporvisi.  E  Sonnino  è  in 
maceria  il  più  autorizzato  ad  essere  deciso  e  preciso  ;  perchè  egli  non 
ha  mai  avuta  una  percezione  futura  del  mare  e  dell'espansione  ed  ha 
fatto,  anzi,  caposaldo  del  rinnovamento  italiano  il  ristabilito  ordine 
fecondo  dell'agricoltura,  l'elevazione  della  classe  contadina  che  prima 
d'ogni  altro,  dopo  Cavour,  ha  indicato  al  Parlamento  ed  al  Paese, 
il  supremo  interesse  della  legislazione  sociale,  antesignano  ne'  suoi 
discorsi  senza  fiori  e  senza  solfeggi,  d'una  politica  per  il  proletariato 
dei  campì. 


'nova  progenie!"  443 


Oppositori  di  governo  e  neanche  difensori  si  sono  accorti  che 
la  poHtica  del  mare  che  Sonnino  va  conducendo  non  subisce  sugge- 
stione di  sorta.  Chi  potrebbe  dire  mai  :  una  nave  itahana  s'è  mossa 
con  quelle  delle  flotte  alleate,  solo  perchè  una  politica  generica  e  to- 
tale l'ha  voluto?  Nessuna  mescolanza,  nessuna  generalizzazione.  Non 
basta  non  fare  un  passo  falso  ;  occorre  non  fare  passi  di  troppo,  oc- 
corre non  fare  un  passo  di  meno.  Ciò  potrebbe  non  piacere  ai  senti- 
menti delle  patrie  puerili,  ai  razionalisti  d'un  liberalismo  guerresco 
che  corazza  le  frasi,  a  coloro  che  ogni  qualvolta  comprano  il  giornale, 
sia  pure  tre  volte  al  giorno,  vi  vogliono  leggere  la  vittoria,  la  con- 
quista, il  valico  superato,  la  soluzione,  l'ultima  definitiva  parola  del- 
la Storia. 

Ma  ciò  dà  confidenza  a  chi  giudica  l'uomo  di  Stato  alla  stregua 
dei  fatti,  vigilando  la  sua  capacità  a  mantenere  una  linea  d'azione  pure 
in  mezzo  alle  eruenze  improvvise  delle  vicende.  Ora  niuno  che  abbia 
onesta  coscienza  potrebbe  dubitare  che  la  politica  estera  italiana  di 
Sonnino  sia  stata  diminuita  o  nìaltrattata  dai  fatti  accaduti  in  Europa 
e  nell'Europa  che  è  fatta  lizza  di  guerra. 

In  quest'opera  Sonnino  matura  la  personalità  d'uomo  politico  che 
si  designò  nella  vita  italiana  fin  da  quarant'anni  fa,  e  con  quest'opera 
dà  a  noi  che  miriamo  ad  emanciparci  da  ogni  soggezione  un  aiuto  di 
incrollabile  valore.  Il  Governo  che  lo  precedette  e  per  l'appunto  il 
Marchese  di  San  Giuliano,  non  aveva  avuto  l'energia  di  imprimere 
un  carattere  sicuro  alla  politica  mannaia  d'Italia.  Era  un  navigare 
ad  oriente  come  a^  occidente  tra  gl'innumerevoli  infames  scopulos 
delle  minacele,  delle  intimidazioni,  dei  sotterfugi,  dei  complotti.  La 
politica  estera  del  Di  San  Giuliano  tessè  la  trama  più  fitta  alla  servitìi 
internazionale  dell'Italia  ed  autorizzò  la  politica  interna  a  diventare 
quella  povera  e  trista  cosa  che  noi  vogliamo  sia  un  passato  stroncato 
e  gittato  via  dai  nostri  ricordi. 

Questa  politica  è  talmente  obiettiva,  che  pur  nel  rombo  e  nello 
schianto  della  guerra  noi  ci  sentiaiìio  guidati  da  una  luce  serena  a 
cui  non  fanno  velo  né  le  affinità  storiche  né  gli  atroci  odii.  Così  Son- 
nino riallaccia  la  superba  ora  che  procede  rapida,  allo  spirito  della 
politica  di  Crispi  spogliata  di  quelle  scorie  giacobine  e  di  cfuella  cappa 
teutonica,  liberata  dalle  manie  che  agitarono  il  genio  vij^rosc  di  Fran- 
cesco Crispi. 

Anche  il  Marchese  di  San  Giuliano  fu  im  commentatore  di  Dan- 
te. E'  sempre  un  fedele  del  Poeta  Divino  quel  che  guida  la  nostra  po- 
litica estera  ;  ma  i  simboli  che  imparadisavano  la  mente  del  primo  non 
trattengono  il  pensiero  del  secondo.  Questi  vuol  placare  il  cuore  del 
Poeta  rendendo  agl'Italiani  l'Italia  sin  dove  il  mare  i  suoi  termini 
bagna. 


444  II*   CARROCCIO 


PARALISI  SOCIALE 

Vietate  che  saranno  le  Alpi  al  tedesco,  chiusi  i  tre  ordini  di  porte 
montane,  resa  l'Italia  temuta  dal  Coralberg  a  Cattare,  il  dovere  ci  si 
imporrà  di  stendere  la  forza  e  il  fàscino  d'Italia  per  tutto  il  Mediter- 
raneo, disatrofìzzando  la  vecchia  costa  adriatica  e  delle  isole.  Questa 
atrofia  di  lembi  causò  la  paralisi  progressiva,  con  fenomeni  d'arresto 
e  di  scatenamento,  di  alcune  zone  agricole  nelle  quali  la  pretesa  con- 
tadina non  comprometteva  soltanto  le  fortune  d'una  generazione  pa- 
dronale, ma  della  produzione  totale.  Sorda  e  disperata  anima  contadina 
delle  bonifiche,  embrione  con  mezza  idea,  sguardo  miope  del  proleta- 
riato ancor  ieri  artigianato,  plasma  filaccioso  dell'organismo  impro- 
gressivo: ecco  il  movimento  contadino  troppo  e  tutto  chiuso  nella  ter- 
ra, ignaro  o  superstiziosamente  nemico  del  mare,  avverso,  mortalmen- 
te avverso  all'emigrazione  anche  solo  nei  confini  del  Mediterraneo. 
Rivoluzione  fuori  delle  leggi  geografiche  quella  sindacalista  italiana, 
anche  se  splendente  qua  e  là,  ad  ora  ad  ora,  di  fiamme  sacrificali,  vam- 
pe di  stoppa  che  rodono  sino  al  macigno. 

In  questa  assenza  di  coscienza  del  mare,  del  mare  che  allarga 
i  bacini  di  sfruttamento  e  cresce  i  margini  del  profitto  e  permette 
ardimenti  al  padronato  e  più  grosso  salario  al  proletariato,  sta  la 
causa  della  sterilità  di  moti  iniziati  con  eccesso  di  torbida  furia  e  pre- 
sto caduti  come  flaccidi  corpi  vuotati.  Profondo  il  motivo  morale  nel 
sindacalismo  operaio  italiano,  cieco  l'occhio  pragmatico.  Perchè  que- 
sto fascio  di  nuclei  seletti  non  può  trovare  la  nuova  ragione  di  vita 
che  nel  balzare  ardita  tra  le  iniziative  della  ricchezza.  Il  proletariato 
sindacalista  o  diventerà  un  proletariato  produttore  di  fatto  o  non  sa- 
rà e  bisogna,  a  ciò,  che  egli  entri  nell'eccnomia  con  aumentata  possa 
di  tecnico,  con  volontà  ideatrice,  con  spirito  espansivo  e  creativo.  Si- 
nora è  un  proletariato  cinto  della  sua  pretesa  di  "produttore"  come  lo 
schiavo  ebbro  nel  triclinio  si  coronava  della  quercia  e  dell'alloro  del 
suo  signore.  Sinora  è  un  proletariato  che  consuma  la  materia  prima 
dell'esistenza  e  divora  il  padronato.  Non  solo  questo  sindacato  non 
vuol  ereditare  dunque  la  ricchezza  della  borghesia;  ma  impoverito 
il  padronato,  lo  uccide  e  poi  s'uccide. 

L'ARTIBRATO  DBL  MARE 

Ma  fa  il  conquisto  del  mare  e  fa  la  guerra.  E'  il  rinsavimento,  è 
l'uscir  dalle  acredini  dell'inerzia  ascetica,  è  il  diventar  consapevole 
d'un  destino,  il  rientrar  nella  storia,  è  l'accordarsi  con  la  borghesia, 
contro  la  borghesia  vorace  e  il  tortuoso  proletariato  di  Germania, 
guerra  d'interessi  e  di  competizioni  che  non  sarà  per  finire,  quetate 
che  siano  le  armi.  Ne  siamo  tutti  sicuri. 


'NOVA  progenie!"  445 


Vuol  navigare  il  sindacato  proletario  d'Italia,  ravveduto  dall'er- 
rore entro  cui  l'aveva  tratto  la  ciurmerla  politica  del  marxismo.  Il  ma- 
re, il  nemico  del  socialismo,  ricorda  la  forza  e  la  gloria  delle  corpora- 
zioni di  Venezia,  di  Genova,  di  Pisa,  e  s'apre  fremendo  d'amore  la- 
tino alla  volontà  d'impresa  sociale.  Regime  d'acque  ha  da  esser  per 
noi,  di  moli,  di  scali,  di  traffici,  di  mercati  chiedenti  e  braccia  e  mer- 
ci e  genio  italiano,  non  solo,  ma  regime  di  comode  strade  allaccianti 
ogni  molo  alle  città  dell'interno.  Tutte  le  nostre  città  bisognerà  sen- 
tano il  soffio  vicino  del  mare.  Regime  d'acque  fluviali,  magnifiche  ar- 
terie sicure  tra  monte  e  mare,  tra  monte  e  centro  di  traffici,  tra  mare 
e  mare.  Occorre  arginare  con  opere  degne  della  Roma  degli  Imperatc^- 
ri  e  dei  Papi  la  costa  che  il  mare  batte,  la  costa  che  frana,  dal  Piceno 
al  Gargano,  da  Ortona  a  Vasto.  Si  direbbe  che  l'onda  insonne  voglia 
colà  scalzare  le  sagome  sacre  della  penisola,  voglia  abolire  la  possibilità 
d'abitarvi,  di  coltivarvi,  di  gittare  l'ancora.  A  Fossacesia,  a  San  Vito 
Chietino,  a  Ortona  a  Mare  l'acqua  s'avventa  morde  e  divora  le  radici 
d'un  suolo  famoso  e  ne  tremano  i  fondamenti  del  bel  tempio  di  San 
Giovanni  in  Venere.  Arginiamo  la  costa  d'Italia  contro  al  mare  che 
sale  perchè  il  mare  obbedisca  alle  forze  d'Italia! 

LB  ACQUE  INTERNE 

Il  problema  dei  porti  e  del  regime  dei  fiumi  e  dei  bacini  fluviali 
è  tutt'una  cosa;  ed  è  in  gran  parte  il  problema  della  bonifica  e  dello 
incremento  agricolo  in  questa  sublime  e  terribile  Italia  che  conta  ot- 
tocento paesi  franati.  Questi  caratteri  spaventosi  incominciò  ad  as- 
sumere la  nostra  Penisola  da  quando  la  sua  chioma  fragrante  cadde 
sotto  i  colpi  della  voracità  disboscatrice.  Il  disboscamento  rende  sec- 
chi, ostilm.ente  aridi  nell'estate  i  corsi  d'acqua  eccetto  i  massimi  e  cioè 
quelli  in  rapporti  con  le  più  alte  catene  montuose  e  d'autunno,  o  anche 
per  un  estivo  nubifragio,  devastatori.  Il  disboscamento  ha  preparato 
il  facile  terreno  disgregantesi  della  costa  adriatica,  che  nereggiava  di 
bosco  sopra  ogni  altura  pendente  sul  mare. 

Colei  che  siede  sopra  l'acqua  meglio  partirà  al  conquisto  quando 
la  sua  ricchezza  d'acque  interne,  il  suo  tumultuoso  sistema  linfatico 
sarà  alveato,  quando  per  ogni  alveo  —  e  i  piccoli  non  hanno  minore 
importanza  dei  grandi  —  sarà  fatto  quel  ch'è  stato  fatto  per  il  Po 
e  il  Po  può  ancora  minacciare,  ancora  far  sospettare  una  sua  violenta 
apparizione  repentina.  Diamo  robusto  dorso  di  argini  alla  Patria,  così 
che  tutta  la  sua  fronte  s'apra  sotto  l'elmo  alpino  fasciato  di  candore 
erto  d'acuti  diaspri  ;  diamo  argini  generosi  ai  fiumi  nostri,  così  che 
resti  vana  la  traboccante  ebrezza  del  cielo  e  non  si  sperda  la  vena  e 
non  si  debbano  deviare  gli  alvei,  ma  vadano  recando  al  mare  ai  mari 
la  gagliardia  delle  correnti  fecondatrici.  Restaurare  i  boschi  non  è 
onninamente  possibile  come  da  alcuni  si  crede,  perchè  l'humus  delle 


446  IL,  CARROCCIO 


cime  fu  trascinato  in  basso  dallo  scatenamento  pluviale  sulle  cime 
disarmate  dal  pettine  delle  ferme  cime  secolari.  Rimboschire  le  cime, 
rivellutare,  ri  fecondare  gli  scrimini  delle  vette  e  le  più  alte  crepidini 
della  njpe,  veder  riaffacciarsi  e  frondeggiare  e  metter  tronco  i  boschi 
folti  delle  querce  austere,  dei  faggi  ampi,  delle  nere  elei  :  questa  è  una 
chimera.  Se  la  macchia  può  ricominciare,  ricomincierà  qualche  cen- 
tinaia di  metri  più  in  basso,  e  su  di  un  humus  ben  diverso  da  quello 
delle  foreste  di  cui  forse  in  pochi  abbiamo  conosciuto  gli  ultimi  alberi. 
Lo  strato  della  terra  d'altipiano  forzato  per  un  rendito  boschivo  in- 
tenso, sappiamo  già  tutto  quel  ch'esso  può  dare.  I  monti  discendono 
€  noi  tendiamo  su  tutta  la  Terra  all'altipiano.  E  come  la  natura  che 
noi  abbiamo  dunque  alterata,  è  forse  l'anima  nostra;  ormai  trascinata 
dalle  cime  pure  del  suo  aristocratismo  alle  pianure  dell'agguagliamen- 
to,  scoppia  di  quando  in  quando  in  ribellioni  in  fondo  alle  quali  urla 
la  nostalgia  della  libertà  in  altitudine  —  o  la  sua  illusione;  ed  è  la 
stessa  cosa. 

LA  NATURA  ITALIANA  E'  MUTATA 

Disboscate  le  vette,  la  terra  feconda  scende  precipita  con  l'ac- 
qua, il  sasso  emerge  come  un  dente  della  gengiva  corrosa  che  si  disfà 
e  vacilla.  Or  ecco  che  un  giorno  di  sul  sasso  fatto  nemico  scivola  il 
groppo  di  radici  e  l'albero  piomba  tetramente  traverso  il  sentiero. 
Col  tempo  la  montagna  si  modifica  e  tre  volte  nella  sua  vita  ormai 
l'uomo  —  sì  breve  !  —  può  non  riconoscere  la  montagna  e  il  versante, 
perchè  i  boschi  continuano  a  cadere  e  debbono  mutarsi  in  cicli  della 
coltivazione  e  deve  sparire  la  possibilità  dei  tronchi  vasti  ed  alti.  La 
vegetazione  vertebrata  non  è  più  ;  siamo  alla  cartilaginea.  Ma  l'albero 
teneva  masso  e  zolla  com'era  tenuto  da  essi.  In  tal  modo  si  conservava 
la  propria  altitudine  e  i  venti  erano  guidati,  avevano  un  ritmo,  resta- 
vano nel  giro  armonico  delle  stagioni,  davano  un  canto  di  ritorno,  li 
riconoscevamo  alla  loro  voce,  al  desiderio  alitante,  all'ardore  respiran- 
te, alla  foga  soffiante,  al  languore  esalante  e  sulla  tavolozza  mobile 
infinita  il  verde,  il  nero,  l'oro,  la  cenere  si  seguivano  violento  solenne 
soave  silenzioso,  armonia,  certezza  dello  spirito. 

Ripetiamoci  dunque  che  l'Italia  di  Venezia,  di  Genova,  di  Amalfi 
non  c'è  più.  Gli  uomini  pazzi  ed  imprevidenti  l'hanno  messa  in  balìa 
del  cielo  e  del  mare  divoratori.  Dov'è  il  Sardo  pellita  d'Amsicora  e 
di  Josto?  Nemmeno  c'è  più  il  Barbaricino  di  Gialeto  e  di  Eleonora 
d'Arborea,  Eleonora  genio  imperiale  entro  l'armatura  di  condottiero 
d'eserciti.  Ove  sono  i  boschi  di  Sardegna?  Io  già  li  piansi  caduti  tra 
la  protesta  dei  loro  ruderi  supremi  in  lotta  con  la  selvaggia  aggres- 
sione del  vento.  E  sarà  tra  poco  un  quarto  di  secolo.  La  Sardegna  fu 
denudata  dai  disboscatori  e  l'ira  delle  acque  celesti  si  scaglia  contro 


'nova  progenie!"  447 


gli  ieratici  mausolei  degli  eroi  mediterranei  piiì  antichi  e  le  povere 
capanne  di  Ladiri  e  il  tralcio  nocchiuto  che  rade  il  sasso  fa  ingombro 
all'alluvione  che  tutto  trascina. 

IL  LIBBRATORB 

Noi  accettavamo  un  destino  straniero  e  ci  negavamo  ad  una  vo- 
lontà latina.  Noi  bestemmiavamo  ed  ingiuriavamo  gli  uomini  giovani 
e  semplici  dal  gesto  breve  e  la  parola  domestica  che  si  opponevano  alla 
nostra  formola  esotica.  Quale  ira  e  donde  scaturita  fu  dunque  la  no- 
stra? Fu  un'ira  metafisica  che  non  ha  riscontro  se  non  nelle  parados- 
sali dogmatiche  ire  dei  gesuiti  da  romanzo.  Gli  Ufficiali  dell'Esercito 
Italiano,  erano  per  noi  un  trito  poverume  burocratico  in  divisa. 

Dicevamo:  —  Ci  costano  milioni  e  domani,  sul  campo  di  batta- 
glia, al  primo  miagolio 

Sì  !  dicevamo  questo.  E  tu.  o  mio  asciutto  e  schietto  Peppino  De 
Dominicis,  tu  tornavi  dalla  tua  Africa  Eritrea  —  quanto  tenebrosa 
allora  !  —  con  già  i  segni  del  volere  che  non  si  volge  e  ride  al  soffio 
della  morte  e  nella  tua  modesta  casa  romana  presso  la  Sapienza  io 
venivo  adolescente  a  toccare  le  rudi  armi  tigrine  assaortine  derwisce 
prese  al  nemico.  L,a  vecchia  casa  cattolica  accoglieva  onesta  la  gloria 
ingenua  del  soldato  di  cui,  tu  o  Cis,  non  sapevi  cingerti  che  come  un 
sorriso  ardito.  Ma  nel  tuo  sorriso,  o  Eroe  di  Zanzur,  io  vidi  allora  — 
è  passato  un  venticinquennio  —  il  raziocinio  implacabile  e  sublime 
delle  guerre  che  si  sarebbero  dovute  combattere  dopo  col  tuo  primo 
faticoso  ed  oscuro  cimento  d'armi  coloniale  !  L'ingenua  dedizione  di 
ogni  ora  e  il  palpito  rassegnato  della  Madre  austera  e  il  fedele  con- 
senso tutto  certezza  dei  fratelli,  mi  caddero  un  giorno  dalla  memoria. 
Ogni  ricordo,  sino  il  più  concreto,  svanì  da  questa  mia  mente  entro 
cui  il  bisogno  di  sapere  assume  l'atteggiamento  a  volta  a  volta  d'una 
disposta  causa  e  la  dismemorata  anima  bestemmiò  coloro,  i  mille,  i 
dieci  mila  che  neppure  venti  anni  di  poi.  ieri  in  Libia  e  oggi  di  fronte 
al  mondo,  avrebbero  date  le  ali  dell'impeto,  per  vincere  e  per  trionfare 
d'una  invertebrata  Italia  facendo  un  pitano  più  alto  di  ogni  cima. 
Ed  illumina  della  sua  face  le  vie  di  tutte  le  giustizie. 

L'ingiuria  era  diventata  sistema  e  formula  ne  facemmo  per  il  te- 
sto d'una  emancipazione  in  omaggio  alla  quale  recitammo  ogni  mat- 
tina il  salmo  della  verità  obiettiva.  Diflfamazione  e  sarcasmo  ebbero 
la  quotidiana  vignetta  caricaturistica,  l'articolo  di  fondo  e  il  discor- 
sone poi  salirono  agli  onori  della  Camera  e  l'insulto  dell'Istrione  fu 
sigillato  e  consacrato  negli  Atti  Parlamentari.  Né  bastò.  Furono  chia- 
mati e  potere  giudiziario  e  poteri  eccezionali  di  Stato  a  toccar  con  ma- 
no e  navi  e  conti  e  intenzioni  e  dagli  antri  del  tradimento  e  della  spe- 
culazione in  Borsa  uscirono  figuri  a  commerciare  turpi  menzogne  in 


448  IL  CARROCCIO 


nome  del  denaro  dei  poveri  per  il  colpo  della  speculazione.  E  lì  si  dis- 
sero emancipatori,  i  borsisti  borsaioli,  e  salirono  a  cacciare  lo  sguardo 
adunco  nella  privata  esistenza  degli  uomini  puri. 

L'offeso,  l'insultato,  il  diffamato,  l'Ufficiale  Italiano  bevve  tutto 
il  calice  guardando  con  occhi  fermi,  obbedendo  e  non  tremando,  il 
turpe  snodarsi  delle  piovre  occhiute  gocciolanti  menzogna  pagata  in 
Borsa  o  in  Germania.  E  l'Ufficiale  Italiano  perdonò.  Egli  era  il  mis- 
sionario, il  maestro,  l'apostolo,  l'esempio;  doveva  essere  anche  il  mar- 
tire. Tra  le  immacolate  vittime  dell'imbestiamento  demagogico  erano 
creature  il  cui  spirito  fioriva  sul  tronco  della  nostra  piìi  pura  onestà 
di  razza.  Il  Calvario  fu  salito  in  silenzio,  a  passo  calmo,  la  berlina  fu 
sopportata  serenamente  con  la  pazienza  di  chi  accetta  perchè  crede 
che  l'espiare  per  gli  altri  ricompri  le  fortune  alla  Patria. 

Allora  la  voce  di  quest'apostolo  guerriero  salì  sul  deserto,  gridò 
fra  le  dune  insanguinate  e  la  Patria  lo  udì  e  la  città  ne  fu  turbata.  Gli 
Ufficiali  dell'Esercito  Italiano  erano  dunque  i  pionieri  dell'emanci- 
pazione italiana.  Ecco,  essi  davano  il  cemento  di  sangue  necessario 
all'edificio;  —  Le  nostre  vene?  Eccovi  le  nostre  vene!  —  Così  disse- 
ro :  —  morire  bisogna,  perchè  da  quindici  anni  ci  avete  ricoperto  d'on- 
ta e  nel  mistero  del  cuore  abbiamo  dovuto  cercare,  dissimulandola  con 
angoscia,  la  forza  della  fede.  —  No.  Invece  hanno  detto  :  —  Noi  siamo 
coloro  che  tutto  dobbiamo  dare  e  provare  qualche  cosa,  un'antica,  una 
vecchia,  una  tradizionale  parola  che  non  muore,  che  rinasce  sempre, 
fiore  dei  secoli  e  fiore  d'ogni  primavera,  inno  delle  epoche  e  inno  di 
ogni  stagione,  amore  infinito  e  amore  di  ciascuno,  ragione  d'ogni  ra- 
gione, idea  di  ogni  idea,  tremito  d'ogni  moto  d'anima,  splendore  piìi 
vivo  d'ogni  splendore,  termine,  punto  fermo  nel  sublime,  l'Assoluto  : 
la  Patria  d'Italia! 

E  aggiunsero  :  —  tutto  diamo  e  cioè  la  vita  fatta  ormai  di  un 
cumulo  addensato  di  angoscia.  La  vita,  perchè  in  Patria  non  abbiamo 
altro  più  e  nemmeno  l'onore.  Ci  si  chiama,  ci  si  aspetta,  si  ha  bisogno 
di  noi?  Si  placa  dunque  il  destino  di  infamia?  O  povero  immutato 
cuore  della  caserma,  valeva,  o  sì  valeva  la  pena  tu  fossi  attanagliato, 
se  la  bandiera  si  rialza  ed  è  necessario  morire  per  l'Italia! 

Ed  ecco  gli  aridi  aforismi  franati.  La  ostinazione  fu  svergognata, 
che  pareva  forza,  e  nell'arbitraria  clausura  della  celluzza  dottrinale, 
il  vuoto  apparve.  Contro  tutto  il  malore  civile,  scuola  di  salvezza  fu 
la  Caserma  e  l'Uomo  nostro,  il  frutto  nuovo,  l'Italiano  di  questa  no- 
stra Italia  e  il  soldato  di  terra  e  di  mare.  Ancora  e  sempre  l'anima 
credente  balza  dalla  disciplina  del  comando,  l'eroe  dall'obbedienza,  la 
certezza  è  partorita  dalla  dedizione  ideale  e  l'autorità  splende  con  luce 
di  letizia  alle  anime  liberate. 


LA  PROFEZIA  SI  REALIZZA 


"nova  progenie!"  449 


Noi  sappiamo  quel  ch'è  necessario  ripetere.  L'oblìo  del  mare  è 
stato  l'errore  dal  quale  ci  sono  derivati  tutti  i  mali  sociali  e  politici, 
compreso  lo  sfruttamento  dell'ignoranza  contadina  da  parte  di  spe- 
culatori dottrinari,  compreso  il  nostro  antimilitarismo  di  cui,  chi  più 
chi  meno,  siamo  stati  tutti  maculati.  Ripetiamo  che  dal  Settanta  in 
qua  una  Italia  in  tendenza  di  grandezza  non  avrebbe  dovuto  occuparsi 
che  d'esistere  sul  mare,  d'essere  grande  sul  mare.  Il  nostro  agricolismo 
degenerato  in  un  socialismo  acido  d'importazione  che  ha  raccolto  la 
perfidia  di  tutti  i  falliti  del  lavoro  e  della  gloria,  ci  ridusse  a  rovesciare 
contadini  sul  mondo  e  a  non  averne  più  noi,  rinunciando  sino  al 
nome  di  questo  generoso  ed  umile  dono  di  mano  d'opera  al  mondo 
contemporaneo.  L'intera  Italia  povera  navigava  andando  e  tornando, 
non  tornando  spesso,  e  gli  arroganti  politicastri  del  socialismo  non  si 
davan  pensiero  di  difendere  la  vita  e  il  pane  e  il  nome  della  dolente 
carne  ammassata  nelle  stive  fetide.  E  la  gran  mercè  quando  non  cola- 
vano a  fondo  perchè  il  tonnellaggio  era  superato  da  qualche  quintale 
d'anime  espulse  e  dieci  volte  sfruttate?!  Ripetiamo  che,  preso  tra  i 
due  fuochi  della  concorrenza  tedesca  e  dello  spavento  soffiato  dagli 
scioperati  del  socialismo,  il  nostro  padronato  era  già  alla  vigilia  di 
perdere  il  necessario  entusiasmo  a  produrre  la  ricchezza  ;  entusiasmo 
di  cui  ogni  destino  storico  è  materiato. 

Il  libro  dell'apogeo  umano,  ove  ogni  termine  della  classicità  è 
superato,  la  Di-vina  Commedia,  reca  sin  da  oltre  seicento  anni  fa  il 
mònito  e  la  profezia  dei  nostri  destini.  Nel  canto  ventisei  dell'Inferno 
Dante  fa  servire  Ulisse  della  leggenda  elleno-asiatica  a  sopravalorare 
l'Uomo  nuovo  d'Italia.  Nulla  può  vincere  non  dolcezza  di  figlio,  non 
pietà  di  vecchio  padre,  non  debito  amor  di  sposo,  che  avrebbe  fatto 
lieta  Penelope,  nulla  potè  vincere  l'ardore  che  Ulisse  ebbe  a  divenir 
esperto  del  mondo  e  dei  vizi  umani  e  del  valore 

Ma  misi  me  per  l'alto  mare  aperto 
Sol  con   un   legno 

E'  Ulisse  —  è  Dante:  l'uomo  d'Italia  —  che  rende  concreta  la 
profezia  nebulosa  di  Seneca  nell'atto  valicatore  del  Marinaro.  E'  Dan- 
te che  ritto  sulla  rupe  indica  la  via  sulla  spianata  lucida  dell'acqua 
a  Colombo. 

Venient  annis  saecula  seris 

guibtis  Oceanus  vincla  rerum 

laxet  et  ingens  pateat   tellus, 

Thitysque  novos  delegai  orbes 

nec  sìt   terris  ultima   Thule 

Ma   misi   me   per   l'alto   mare  aperto 

sol  con  un  legno,  e  con  quella  compagna 

picciola   dalla   qual   non    fui   diserto. 


450  IL   CARROCCIO 


Pochi  i  compagni,  pochi  i  fedeli  alla  sublime  impresa. 

L'un  lito  e  l'altro  vidi  infin  la  Spagna, 
fin  nel  Morrocco,  e  l'Isola  dei  Sardi, 
e  l'altre  che  quel  mare  intorno  bagna. 

Il  Navigatore  volge  intomo  lo  sguardo  anelo  ma  esperto.  Viag- 
gia ancora  tra  le  terre  della  realtà,  egli  che  andrà  oltre  ad  ogni  con- 
fine toccato  sino  a  lui  da  nave  o  da  sguardo  umano.  E'  questa  la  pri- 
ma e  la  più  impetuosa  delle  avventure  di  mare  in  cui  campeggi  un 
volere  d'uomo  che  nessuna  paura  può  arrestare  e  che  il  mare  dovrà 
inghiottire  invitto. 

Io  e  i  compagni  eravam  vecchi  e  tardi, 
quando  venimmo  a  quella  foce  stretta 
ove  Ercole  segnò  li  suoi  riguardi, 
acciocché  l'uom  più  oltre  non  si  metta. 

Bisogna  dunque  violare  i  riguardi  di  Ercole;  bisogna  che  l'Uomo 
si  metta  più  oltre,  appunto  perchè  è  scritto  che  un  limite  vi  sia.  Ed 
ecco  Ulisse  parla  ai  canuti  compagni  parole  nove,  d'ardire,  parole  di 
sfida  all'impossibile,  a  ciò  che  non  fu  fatto,  e  le  parole  cadono  nei 
cuori  sì  profonde  e  vive  e  ciascuno  cuore  ne  diventa  subito  sì  acutq 
al  cammino  che  non  sarebbe  stato  facile  trattenerlo  poi. 

E  vòlta  nostra  poppa  nel  mattino, 

de*  remi   facemmo  ale  al  folle  volo. 

Ulisse  non  vuole  ignobilmente  finire  la  sua  giornata  tra  le  como- 
dità pavide  della  casa.  Ulisse  vuol  fuggire  al  destino  misero  che  gli 
fa  la  picciola  leggenda  greca.  L'uomo  di  Dante,  l'uomo  nuovo  d'Italia 
non  morrà  consolato  dal  figliuolo  fatto  adulto  e  dalla  vecchia  Penelope, 
dopo  avere  goduto  i  giorni  dolci  ma  vuoti  d'un  lungo  tramonto  senile. 
No.  L'Ulisse  italiano  ritufìferà  la  prora  in  mare  e  dalle  stesse  braccia 
de'  compagni  vecchi  corse  da  un  fremito  inaudito  di  vigore,  sarà  lan- 
ciato su  nuovi  e  più  spaventevoli  gorghi  verso  orizzonti  arcani,  verso 
la  moniagna  dell'altro  emisfero.  Profezia  radiosa  !  Colei  che  siede 
sovra  l'acque,  la  Donna  dalla  giovinezza  di  fulgori  e  di  venture  glo- 
riose, si  sveglierà  un  giorno  non  lontano  rinnovellata  di  novella  fronda 
e  sovra  l'acque  s'avanzerà  per  il  suo  dominio  più  vasto.  Fatti  non 
foste  a  viver  come  bruti  !  aveva  gridato  l'Ulisse  novo  ai  magnifici 
compagni  —  O  Italiani,  fatti  non  foste  per  fare  omaggio  al  ventruto 
servo  arricchito  con  le  rapine  e  le  frodi  perpetrate  nella  superba  ma- 
gione della  vostra  storia  e  della  vostra  natura  e  per  chiudervi  nella 
angusta  casa  a  non  turbare  i  traffici  e  gli  spionaggi  del  mercante  con 
occhiali  d'erudito  !  Fatti  foste  a  tramutare,  nel  miracolo  dell'impeto, 
in  naviglio  vittorioso  la  vostra  Sedente  sull'acque. 


CERAMICHE    ITALIANE  45T 


E  salutiamola  questa  Italia  dell'Ulisse  Dantesco  per  le  sue  coste 
armate  e  i  suoi  promontori  criniti  di  cannoni  contro  il  nemico  livido 
di  rabbia  ;  salutiamola,  perchè  arme  ha  fatto  d'ogni  metallo  e  il  fiore 
dei  suoi  figli  è  pronto  alle  rembate  contro  il  barbaro  di  fuori  e  i  suoi 
mezzani  i  manutengoli  di  dentro,  salutiamola,  perchè  la  sua  fronte 
s'è  levata  ed  i  suoi  occhi  guardano  fissi  al  più  lontano  orizzonte  ! 

Ma  questo  orizzonte  non  lo  vedi  tu,  pavido  e  ambiguo  sofista 
criticuzzo.  perfidietto  amasio  dell'irco  teutonico,  non  lo  vedi  tu,  o 
senz'anima  che  avendone  invano  una  cercata  nel  pensiero  senza  sole, 
ti  accontenti  d'una  etichetta  su  molta  carta.  Questo  orizzonte  tu  lo 
scorgi  e  tu  ce  lo  indichi,  autoctono  Eroe  ventenne,  che  sulla  vetta  più 
alta  dell'Alpe  impugni  la  scure  in  cui  si  specchia  la  stella. 

E  questo   orizzonte  è  il   mondo  ! 


U 


IL  DO'PO.GUER'RA  ITALIANO  NEGLI  STARI  UNITI 


CERAAiCHE  ITALIA/^E 

IN  Italia  è  gloriosa  l'industria  delle  ceramiche,  delle  porcellane,  delle 
maioliche   e    delle    terraglie.     Abbiamo    stabilimenti    di    primissimo 
ordine  e  possiamo  rivaleggiare  con  qualsiasi  altro  paese,  vittorio- 
samente. 

Come  spiegarci  che  l'esportazione  in  x\merica  sia  rimasta  molto 

limitata  ? 

I  tedeschi,  prima  della  guerra  erano  riusciti  quasi  a  monopoliz- 
zare questo  mercato  per  le  ceramiche  di  qualità  corrente  se  vogliamo, 
però  di  molto  buona  apparenza.  Lo  stesso  avvenne  per  le  terraglie  da 
tavola,  che  smaltivano  in  quantità  rilevantissima,  dati  i  loro  prezzi 
eminentemente  popolari. 

La  Francia,  poi,  con  le  sue  porcellane  di  Limoges,  esporta  in 
questa  contrada  articoli  fini  e  di  quelli  strafini  e  di  lusso.  Il  segreto 
della  Francia  per  questo  primato  è  a  ricercarsi  nel  fatto  delle  conti- 
nue novità,  nell'immensa  varietà  dei  disegni  e  nell'inesauribile  e  con- 
tinua creazione  di  nuove  combinazioni  di  colori. 


452  II*  CARROCCIO 


Anche  la  Danimarca  manda  in  America,  con  buon  successo,  le  sue 
ceramiche  artistiche,  tanto  apprezzate  per  le  armoniose  e  delicate  com- 
binazioni di  tinte  tutte  di  carattere  locale. 

L'Inghilterra,  poi,  ha  saputo  mantenere  la  reputazione  da  tanto 
tempo  acquistata,  con  le  sue  specialità  di  porcellana  e  segnatamente 
per  i  servizi  da  tavola,  per  i  quali  ha  sempre  conservato  l'originalità 
dello  stile,  bello  nella  sua  semplicità  e  reso  piiì  bello  ancora  dall'uni- 
formità delle  tinte,  che  serbano  sempre  un  carattere  di  giusta,  pacata, 
non  spiacente  monotonia. 

Anche  per  gli  articoli  artistici  come  vasellame,  anfore  ed  oggetti 
per  decorazione  di  pareti  e  specialmente  per  quelli  del  Wedgwood  si 
può  dire  che  l'Inghilterra  sia  rimasta  ancora  senza  rivali. 

Che  dire  poi  della  Cina  e  del  Giappone,  che  per  la  caratteristica 
esotica  dei  loro  prodotti,  sono  riusciti  a  entrare  dappertutto,  special- 
mente per  il  vasellame  di  mole  vistosa? 

L'Italia,  tuttoché  possegga,  ripeto,  diverse  fabbriche  di  primis- 
simo ordine  per  la  produzione  di  simili  articoli,  pure  ha  curato  molto 
poco  di  aumentarne  l'esportazione  nel  vasto  mercato  americano.  Se 
i  nostri  industriali  fossero  stati  un  po'  piti  previggenti  e  se  la  inizia- 
tiva non  fosse  mancata,  anche  noi  con  i  prodotti  d'argilla  avremmo 
potuto  rivaleggiare  con  le  altre  nazioni. 

A  differenza  di  altri  paesi  di  Europa  —  si  può  dire  ciascuno 
specializzatosi  quale  per  le  porcellane  di  lusso,  quale  per  quelle  di  uso 
popolare,  quale  per  le  ceramiche  e  quale  per  le  terraglie  —  l'Italia  ha  il 
grande  vantaggio  di  produrre  di  tutto:  dalle  porcellane  di  lusso  che 
arricchiscono  appartamenti  reali,  agli  oggetti  piìi  comuni.  Il  famoso 
servizio  da  tavola  per  l'ex-kedivè  d'Egitto,  rimasto  proverbiale  per  ra- 
gione del  suo  prezzo  di  parecchie  centinaia  di  migliaia  di  lire,  è  uscito 
dalle  nostre  rinomate  fornaci  di  Riffredo. 

Che  dire  poi  delle  nostre  ceramiche  artistiche,  e  delle  nostre 
maioliche  di  Capodimonte,  di  Bassano  e  di  Firenze?  Dei  nostri  biscuits 
che  nulla  hanno  da  invidiare  a  quelli  francesi? 

Le  nostre  ceramiche  e  le  nostre  maioliche  tanto  reputate  pei  loro 
caratteri  geniali,  potrebbero  suscitare  in  America  un  vero  fanatismo. 

Prima  della  guerra  l'esportazione  di  questi  nostri  articoli  venne, 
è  vero,  tentata;  però  non  s'ebbe  tutto  quel  successo  che  si  potrebbe 
ottenere  ora  se  il  complesso  di  questa  esportazione  venisse  meglio  stu- 
diato e  curato. 

Per  accennare  a  qualche  difetto,  che  tanto  influì  al  m-'gro  risul- 
tato che  ora  si  deplora,  diremo  che  l'imballaggio,  fattore  principale  nella 
esportazione  di  articoli  fragili,  lasciava  tutto  a  desiderare;  qualche 
cosa  di  primitivo  addirittura. 

Altra  ragione  poi  è  da  ricercarsi  nel  caro  dei  prezzi,  assolutamente 
fuori  misura. 


CERAMICHE   iTAIvIANE  453 


Gl'industriali  italiani  nel  vedersi  domandare  i  loro  prodotti  dalla 
lontana  America,  che  in  quei  tempi  era  ancora  più  lontana,  aumen- 
tavano talmente  i  loro  preziari  da  renderne  l'importazione  pressoché 
proibitiva.  Spesso  con  le  spese  di  trasporto,  con  i  dazi  enormi,  e  con 
le  frequentissime  rotture  da  sopportare,  i  prezzi  piìi  che  alla  portata 
del  commercio  all'ingrososo,  raggiungevano  quelli  della  vendita  a 
dettaglio. 

Si  è  fatto  poco,  dunque,  non  perchè  gli  articoli  italiani  non  fosse- 
ro piaciuti  ;  al  contrario,  bisogna  dirlo,  essi  incontrarono  tutto  il  fa- 
vore del  pubblico  americano,  specialmente  le  ceramiche  e  le  maioli- 
che napoletane  che  tanto  emergono  per  la  loro  caratteristica  decora- 
zione a  colori  vivaci  ed  attraenti. 

Con  un  imballaggio  accurato  per  quanto  perfetto,  e  con  una  scala 
di  prezzi  da  rendere  possibili  dei  forti  ordini,  per  importazione  diretta, 
l'Italia  potrebbe  competere,  con  certezza  di  successo,  con  tutti  gli  altri 
paesi.  Con  dei  solerti  ed  onesti  agenti  e  con  una  sensibile  reclame  a 
mezzo  di  dettagliati  cataloghi,  illustrati  possibilmente  a  colori,  non  so- 
lamente potremmo  rivaleggiare,  quanto  potremmo  conquistare  il 
primato. 

Occorre   organizzarsi. 

Fino  a  ieri  abbiamo  detto:  "prepariamoci  pel  dopo-guerra".  Ecco, 
la  guerra  è  finita.  E'  necessario  attuare  i  propositi  maturati  in  questi 
ultimi  quattro  anni  di  sconvolgimenti.  Attuarli  subito. 

Che  la  Madre  Italia,  ora  che  ha  realizzato,  per  virtù  del  suo  Eser- 
cito glorioso,  le  aspirazioni  nazionali,  si  lanci  a  riportare  altre  vittorie 
nel  campo  industriale  e  con  l'espansione  dei  suoi  commerci.  Siano  im- 
pegnate tutte  le  battaglie,  grandi  e  piccole,  pur  di  riuscire,  superar  le 
concorrenze,  e  giungere  trionfanti  al  traguardo. 

G.  B.  VITELLI 


^EI  PROSSIMI  FASCICOLI: 

THE  AMERICAN  RED  CROSS  IN  ITALY  —  di  Mary  L.  Stephenson,  con 
illustrazioni. 

REMINDERS  OF  ANCIENT  LIFE  IN  MODERN  ITALY  ~  del  prof.  Walton 
Brooks  McDatìiel  dell'University  of  Pennsylvania. 

ITALO-AMERICANI  —  novella  di  guerra  di  Maria  Moro  Gabelli. 

IL  DOPO-GUERRA  DEGLI  STATI  UNITI  —  del  nostro  collaboratore  finan- 
ziario Luigi  Criscuolo. 

L'ANNATA  DEL  COMMERCIO  ITALO-AMERICANO  —  di  Genserico 
Granata,  presidente  della  Camera  di  Commercio  Italiana  di  New  York. 

WHY  NOT  "ITALIAN"  IN  THE  HIGH  SCHOOL?  —  del  prof.  Emilio 
Goggio,  dell'University  of  Washington. 

L'ITALIA  IN  GUERRA  —  Articoli  del  congressman  aviatore  maggiore  Fio- 
rello La  Guardia  e  del  senatore  Salvatore  Cotillo. 


IL  PRIMO  SALUTO  A!  SOLDATI  ITALIA/SI 

Al  cav.  uff.  Lionello  Perora,  "chainiuiìt"  del  Coìiiitato  Italiano  del  4.0  Pre- 
stito della  Libertà,  toccò  la  fortuna  di  dirigere  la  prima  parola  dì  saluto  ai  Sol- 
dati d'Italia  che  furono  ospiti  del  Governo  degli  Stati  Uniti  durante  la  cant-i 
pagna  del  prestito  stesso.  Ai  nostri  soldati  che  giunsero  il  2  ottobre  le  autorità 
cittadine  vollero  dare  un  primo  ricevimento  popolare  il  giorno  successivo. 
Il  cav.  Pevera,  quale  "chairman"  del  Comitato  consigliò  ed  ottenne  che  il  rice- 
vimento avesse  luogo  al  Columbus  Circle,  nei  vasto  piazzale  dove  sorge  il 
monumento  a  Cristoforo  Colombo.  Località  più  adatta  non  poteva  suggerirsi. 
Là  i  neutri  soldati  ebbero  grandiosa  accoglienza.  Oltre  diecimila  persone  gremi- 
vano la  piazza. 

Nelle  pagine  illustrate  pubblichiamo  la  fotografia  che  nell'occasione  prese 
l'artista  Cici-vo.  l'i  si  vede  la  enorme  massa  di  popolo.  Davanti,  vcdonsi  in 
quest'ordine  :  il  cav.  uff.  Perera,  il  cap.  Sani,  il  cap.  Lampugnani,  il  generale 
Guglielmotti,  il  cap.  Romoli,  mr.  Hartigan.  Director  of  Foreign  Division  del 
Fourth  Liberty  Loan,  il  cav.  cap.  Sapelli,  il  cav.  Giuseppe  di  Giorgio,  il  tenen- 
te Mazzini. 

Il  cav.  Perera  pronunziò  queste  inspirate  parole  : 

Bersaglieri,  Alpini,  Granatieri  d'Italia  ! 

AL  Comitato  Italiano  che  fa  parte  del  Grande  Comitato  Nazionale 
del  Quarto  Prestito  della  Libertà  viene  dato  l'onore  di  porgervi 
il  primo  pubblico  saluto,  ufficialmente,  a  nome  dell'Autorità  che 
vi  ha  desiderati  e  lietamente  vi  tiene  ospiti  in  America. 

Io  vi  porgo  questo  saluto  con  cuore  italiano  caldo  di  fede  e  picHO 
di  ammirazione  per  voi. 

Questo  saluto  vi  viene  ofìferto,  o  eroici  Figli  d'Italia,  o  invitti 
nostri  fratelli,  in  questa  piazza,  di  fronte  al  monumento  che  gl'Italiani 
raminghi  vollero  offrire  al  loro  Paese  d'adozione  dedicandolo  a  Co- 
lombo. 

Nessun  luogo  meglio  di  questo  poteva  essere  degno  della  presente 
glorificazione  vostra. 

Voi  vi  siete  coperti  di  gloria.  Voi  vedeste  il  nemico  faccia  a  fac- 
cia e  nessun  pericolo  fu  piti  possente  del  vostro  coraggio,  quando  voi 
consacraste  il  vostro  sangue  ai  combattimenti  che  diedero  la  vittoria 
all'Italia  nostra,  al  mondo  intero,  all'umanità  minacciata. 

L'eco  delle  vostre  gesta  giunse  qui  come  un  riflesso  della  luce 
di  gloria  onde  circondavate,  col  sacrificio  del  sangue,  il  nome  d'Italia, 
e  per  l'eroismo  di  voi.  Bersaglieri  invitti,  per  l'ardimento  ed  invinci- 
bile di  voi  Alpini,  per  lo  slancio  irresistibile  e  sempre  vittorioso  di  voi 
Granatieri  di  Sardegna,  il  nome  della  Patria  crebbe  gigante  nella  con- 
siderazione dei  popoli  stranieri. 


IL   PRIMO   SALUTO  AI   SOLDATI   d'iTALIA  455 

Ieri  vedeste  come  il  popolo  americano  vi  acclamò  al  primo  appa- 
rire nelle  strade  della  metropoli  ;  oggi  vedete  quanto  entusiasmo  vi 
circonda. 

Siete  belli  e  fieri.  I  vostri  visi  di  adoloscenti  e  di  uomini  maturi, 
battezzati  dal  sangue,  sfiorati  dall'ala  della  gloria  immortale,  hanno 
l'impronta  indistruttibile  e  leonina  della  nobile  fatica  della  guerra 
che  avete  compiuta.  Sembrate  di  bronzo,  e  siete  di  carne  viva.  Avete 
un  cuore  di  fuoco,  un'anima  d'acciaio. 

Ringraziate  la  sorte  che  vi  ha  destinati  a  compiere  questo  nuovo 
dovere  nella  terra  lontana  dei  vostri  Alleati  generosi  e  possenti. 

Ringraziate  la  sorte  che  vi  conduce  qui,  onorata  rappresentanza 
dell'Esercito  Italiano  presso  il  Popolo  che  ha  mandato  la  sua  bandiera 
stellata  sulle  sponde  del  Piave. 

Che  la  vostra  visita  in  America  sia  di  buon  augurio  e  che  le  sim- 
patie e  gli  entusiasmi  che  susciterete  negli  animi  concorrano  valida- 
mente all'opera  che  ci  siamo  prefissi  :  quella  di  contribuire  al  successo 
del  Quarto  Prestito  della  Libertà  che  è  il  Grande  Prestito  della 
Vittoria. 

Il  trionfo  finale  delle  armi  alleate  già  si  delinea.  Nulla  arresterà 
la  fatale  caduta  dell'Austria  odiata  e  della  Germania  criminale. 

Il  Quarto  Prestito  della  Libertà  di  questi  gloriosi  Stati  Uniti 
schierati  con  noi  nella  lotta  contro  la  barbarie,  è  un'altra  gigantesca 
battaglia  che  noi '\lobbiamo  vincere,  che  la  coalizione  germanica  de- 
ve perdere. 

Gli  Italiani  faranno  il  loro  dovere. 

Faranno  il  loro  dovere  perchè  voi.  Bersaglieri  di  Lamarmora,  voi 
Alpini  gloriosi,  voi  Granatieri  invincibili  faceste  il  vostro  a  prezzo 
di  sangue. 

Davanti  a  voi.  Fratelli  d'Italia,  questo  gli  Italiani  d'America  pro- 
mettono e  manterranno. 

Viva  l'Italia  !  Viva  gli  Stati  Uniti  ! 

LIONELLO  PERERA 


D'Annunzio  al  poeta  Robert  Undenvood  [ohnson 

Presidente   del  Comitato   orgamszatore   del   concerio   prò   ciechi  di  guerra 

italiani,  I2  ottobre  1918 

La  luce  del  mondo  è  oggi  fatta  dal  sangue  dei  popoli  che  combat- 
tono per  la  libertà  ;  generosissimo  il  vostro  fra  tutti. 

Lumen  pcrpetum  factum  est  cruor  effusus.  E'  questa  la  parola 
fondamentale  della  nuova  Scrittura.  Perciò  la  cecità  dell'eroe  è  oggi 
piiì  luminosa  che  quella  di  Milton  e  di  Omero.  Non  vi  sono  ciechi 
della  guerra,  o  Poeta,  ma  veggenti  del  liberato  avvenire. 

Gabriele;  d'Annunzio 


Discussioni   del   CARROCCIO 

Saluto  —  Date  —  La  riprova  —  Per  la  storia  —  La  più  grande  soddisfazione  — 
Gli  jugoslavi  a  Washington  —  Gli  jugoslavi  di  Hinkovic  —  La  Missione 
degl'italiani  irredenti  —  L'americanata  —  Forse....  —  Zara  italianissima  — 
La  nuova  offensiva  tedesca  —  La  Missione  speciale  italiana  negli  Stati  U- 
niti  —  "Alone  and  unaided"!  —  //  generale  Tozzi  —  Rivendicazione  —\ 
Edoardo  San  Giovanni  —  /  debiti  degli  Alleati  —  "Est  modus  in  rebus"  — 
Cannoni  d'Austria  in  America  —  Una  vergogna  da  sopprimere  —  Per  la 
coltura  italiana  nel  sistema  educativo  americano. 

SALUTO 

L'anima  degl'Italiani  d'America  si  protende  commossa,  riconoscen- 
ee,  ammirata  verso  i  fieri  Soldati  che  hanno  portato  la  bandiera 
della  Patria  ai  giusti  sacri  confini  della  Nazione,  che  hanno  libe- 
rato i  fratelli  schiavi,  che  hanno  dato  gloria  perenne  all'Italia  rinata 
signora  per  sé  e  per  il  mondo. 

In  mezzo  al  lavoro  insonne  che  mai  finisce,  all'opera  che  mai  s'in- 
terrompe, sia  concesso  agl'Italiani  d'oltre  Atlantico  una  sosta  per  ab- 
bandonarsi al  divino  orgoglio  di  quest'ora  di  trionfo  che  fu  negata 
ai  Prodi  che  moriron  per  donarcela,  e  che  nella  nostra  esistenza  non 
tornerà  mai  piiì  così  pura  e  perfetta. 

Onore  al  Re,  intrepido  Duce,  esempio  di  coraggio  e  di  ardimento; 
corone  di  lauro  per  questo  Principe,  primo  cittadino  e  primo  soldato  ! 

Onore  a  te.  Armando  Diaz,  autore  della  Vittoria  ! 

Vendicato  sei  tu,  Luigi  Cadorna,  tu  che  preparasti  a  vincere  l'E- 
sercito, tu  che  lo  conducesti,  d'un  balzo,  oltre  l'Isonzo  sulla  strada  di 
Vienna,  a  guardar  dall'Hermada  insanguinata  San  Giusto  e  dalle  Alpi 
contrastate  Dante  in  attesa!  Vendicato  sei  stato  col  tuo  Esercito.  Non 
vinto  fu,  e  non  tradì  !  Tradito  fu  !  Un  Esercito  senz'anima  nazionale. 
come  i  nemici  e  anche  gli  amici  ingenerosi  Io  considerarono,  non  resi- 
ste subito  sul  Grappa,  non  vince  dopo  otto  mesi  sul  Piave,  non  sbara- 
glia il  nemico  spazzandolo  in  otto  giorni  dal  suolo  patrio  !  Non  fosti 
tu,  Cadorna,  a  modificare  con  rapida  prontezza,  i  confini  della  Patria, 
sì  che  noi  invademmo  la  terra  tenuta  dal  nemico  e  salvi  furono  i  piani 
d'Italia  fin  dalla  prima  ora  designati  alla  invasione? 

Onore  a  voi,  Soldati  delle  Dolomitiche  e  delle  Carniche,  di  Mon- 
tenero,  di  Piava,  del  Sabotino,  di  Monte  Santo,  di  San  Gabriele,  di 
Doberdò!  A  voi  del  Grappa,  dell'Alto  Piave,  del  Sile,  del  Montello! 
A  voi,  nostri,  d'Albania,  di  Macedonia,  di  Palestina,  di  Francia  —  delle 
Argonne.  di  Piligny,  di  Reims,  di  Soissons,  di  Sissonne  !  A  voi,  che  pel 
cielo  di  Vienna  portaste  le  ali  d'Italia  !  A  voi  marinai  che  affondaste  le 
navi  nemiche  e  placaste  le  anime  nel  fondo  di  Lissa!  Onore  a  voi  che 


DISCUSSIONI  DKlv  "carroccio"  457 


dal  24  ottobre  al  4  novembre  poneste  il  suggello  alla  Vittoria  col  vostro 
sacrificio  più  bello  e  più  sventurato  ! 

Benedetti,  benedetti  voi  che  versaste  il  vostro  nobile  sangue,  voi 
martiri  d'ieri,  voi  combattenti  d'oggi,  uniti  in  una  sola  ardenza  d'a- 
more per  l'Italia,  sognanti  il  medesimo  sogno,  coronati  oggi  della  me- 
desima luce  di  gloria!  Piloti  alle  navi  dalle  quali  sbarcarono  i  nostri 
bersaglieri  sul  molo  di  Trieste,  guida  alle  avanguardie  trafelate  che 
entrarono  in  Trento  e  Rovereto,  furono  le  ombre  vostre,  o  martiri, 
o  combattenti,  padri  nostri,  fratelli  nostri  che  moriste  per  l'ideale  1  Be- 
nedetti da  ogni  cuore  italiano  ! 


Date;.  —  La  prima  mossa  sullo  scacchiere  della  pace  la  fece  l'Au- 
stria —  rammentiamolo  —  il  14  settembre.  Cominciava  con  la  nota 
frase:  ''Allo  scopo  di  esaminare  se  la  situaaione  sia  tale..."  Mezz'ora, 
anzi  meno,  dopo  averla  ricevuta  ufficialmente  alla  Casa  Bianca,  il  16, 
alle  6.20  pom.  —  il  Presidente  rispondeva  —  alle  6.45  —  negati- 
vamente. 

C'era  stato  tempo  di  far  giungere  a  "Washington  le  impressioni 
dei  governi  "associati"  (la  nota  austriaca  era  stata  comunicata  ai  gior- 
nali in  antecedenza,  notiamolo).  Sappiamo  che  cosa  dissero  Balfour 
e  Clemenceau.  Il  governo  di  Roma  parlò  col  suo  comunicato  del  18, 
nel  quale  il  punto  delle  aspirazioni  italiane  era  ben  chiarito:  —  "Esse 
(le  aspirazioni)  sono  ben  note  al  governo  austriaco,  come  sono  rico- 
nosciute dagli  Alleati  e  si  riassumono  nel  compimento  dell'unità  nazio- 
nale, con  la  liberazione  delle  popolazioni  italiane  finora  soggette  al- 
l'Austria e  nel  conseguimento  delle  condizioni  indispensabili  alla  sicu- 
rezza dell'Italia". 

Re  Vittorio,  due  giorni  dopo,  nel  telegramma  del  XX  Settembre 
al  Sindaco  di  Roma,  di  nuovo  assicurava  alla  Patria  il  compimento 
della  sua  unità  nazionale. 

Intanto  la  coscienza  del  popolo  —  senza  attendere  —  scrisse  la 
Perseveranza  —  i  lumi  da  Parigi  o  da  Londra,  da  Washington  o,  ma- 
gari da  Tokio  —  si  destava  come  alla  vigilia  del  24  Maggio  del  '15. 
Il  7,  dalla  zona  di  guerra,  col  suo  Esercito  in  pugno,  Diaz  rassicura- 
va: "....La  saggezza  dei  governanti  nostri  e  alleati,  inspirata  ai  sensi 
di  giustizia  ed  al  raggiungimento  degli  altissmii  scopi  della  nostra 
guerra,  ci  indicherà  la  sicura  via  da  seguire....  Noi  artefici  della  vitto- 
ria.... dobbiamo  conservarci  più  che  mai  pronti  ad  abbattere  comple- 
tamente il  nemico....  Nessuna  lusinga  mai  ci  infiacchisca  finché  il  ne- 
mico occupa  le  nostre  terre  e  preme  sulle  popolazioni  doloranti,  che 
ansiose  aspettano  da  noi  la  liberazione.  L'animo  sia,  perciò,  saldo  e 
sereno  nella  coscienza  del  nostro  diritto,  pronto  ad  imporlo  ove  altre 
lotte  siano  necessarie". 

Parole  che  non  ammettevano  discussioni. 


458 


IL   CARROCCIO 


Intanto  l'Austria  e  il  disfattismo  interalleato  manovravano. 
Il  7  ottobre  Wilson  riceveva  la  prima  richiesta  austriaca  dell'ar- 
mistizio. 

Contemporaneamente   c'era   scambio   di   note   tra   Washington   e 
Berlino. 

E'  solo  il  i8  ottobre  che  Wilson  replica  a  Vienna. 
Vienna  controreplica  il  28. 
Diaz,  intanto,  ingigantiva  la  sua  vittoria. 

Fu  il  29  che  Andrassy,  disperatissimo,  ancora  telegrafava  a  Lan- 
sing  chiedendo  armistizio  e  pace  negoziata. 

Troppo  tardi.  Non  a  Wilson,  ma  a  Diaz  bisognava  chiedere  l'armi- 
.  stizio,  direttamente. 

E  martedì,  29  ottobre,  l'ultimo  imperatore  degli  Absburgo  alzava 
la  bandiera  bianca  e  i  suoi  messi  passavano  bendati  nelle  file  dell'Eser- 
cito che  aveva  fatta  la  guerra,  l'aveva  vinta  e  aveva,  quindi,  il  diritto 
di  imporre  le  condizioni  della  resa. 

La  riprova.  —  La  Germania  quando  voleva  discutere  la  pace  non 
sì  trovava  in  condizioni  di  dichiararsi  battuta.  Massimiliano  di  Baden 
lo  conferma.  Dice  che  l'armistizio  gli  venne  imposto  da  Berlino  dalle 
autorità  militari.  Erroneamente,  come  gli  dichiararono  una  settimana 
dopo,  avevano  giudicata  la  loro  situazione  al  i.  di  ottobre.  "Né  le  po- 
tenze nemiche  né  il  nostro  popolo  riguardavano  la  nostra  situazione 
militare  tanto  disperata  da  render  necessario  l'armistìzio",  scrive  Max. 

Ecco  fornita  la  riprova  che  era  necessario  dì  abbattere  l'esercito 
austriaco;  ecco  fornita  la  riprova  che  senza  la  vittoria  italiana  finale, 
che  le  toglieva  l'appoggio  dell'impero  alleato,  la  Germania  non  avreb- 
be accettato  l'armistizio  che  l'ha  finita. 

Per  la  storia.  —  "Il  governo  italiano  ha  informato  ì  Governi 
alleati  che  esso  considera  il  movimento  dei  popoli  jugoslavi  per  la  con- 
quista della  indipendenza  e  per  la  loro  costituzione  in  libero  stato  come 
rispondente  ai  prìncìpiì  per  cui  gli  Alleati  combattono  nonché  ai  finì 
■di  una  pace  giusta". 

Queste  le  parole  con  cui  in  Italia  si  annunciava  —  il  26  settembre 
—  la  deliberazione  presa  in  Consiglio  dei  Ministri  l'S  stesso  mese  sulla 
questione  jugoslava. 

In  Italia,  subito,  gli  jugoslavi  le  interpretarono  a  modo  loro;  gli 
jugoslavofili  —  i  rinunciatari  del  Patto  di  Londra. 

Senonché,  c'era  da  osservar  questo:  la  formola  trovata  in  Consi- 
glio dì  ministri  non  era  nuova. 

Noi  la  conoscevamo  fin  dal  29  maggio,  nelle  parole  usate  dal  Se- 
gretario Lans'ng,  quando  egli  desiderò  dì  annunciare  che  le  "aspira- 
zioni nazionalist'clie  degli  czeco-s^ovacchi  e  degli  jugoslavi  godevano 


DISCUSSIONI  DEL  "CARROCCIO"  459 

la  più  viva  simpatia  del  governo  americano".  A  Versailles,  la  Confe- 
renza Interalleata  del  5  giugno  ne  prendeva  atto.  Alla  conferenza  par- 
tecipava anche  Sonnino. 

Che  vuol  dire  ?  Vuol  dire  che  Sonnino,  l'S  ottobre,  era  il  medesimo 
del  5  giugno  :  tutto  un  pezzo  col  suo  programma  nazionale,  saldo  so- 
stenitore del  'JVattato  di  Londra. 

Se  i  colendissimi  jugoslavotili  delle  nostre  amene  contrade  aves- 
sero studiata  la  questione  come  andava  studiata,  avrebbero  —  non 
diciamo  fatto  a  meno  della  scomposta  polemica  antisonniniana  di  que- 
st'estate —  capito  che,  infine,  il  programma  estero  del  governo  di  Roma 
rimaneva  sempre  il  medesimo,  sempre  quello  concordato  e  sostenuto, 
con  gli   Alleati. 

Ma  no  !  Si  doveva  lasciar  intendere  che  Sonnino  aveva  ceduto 
a....    Orlando!... 

Sì.  che  si  dovette  dar  sulla  voce  agli  jugoslavofili  che  gongolavano 
di  gioia  trionfale. 

Piano  ! 

La  formola  enunciata  da  Lansing,  ammessa  a  Versailles,  ripro- 
dotta a  Roma  in  settembre fu  elaborata  a  Washington  nel  maggio. 

Da  chi.  potremmo  dirlo,  ma  è  facile  intenderlo:  da  chi  sosteneva  la 
politica  italianamente  rettilinea  del   Barone   Sonnino. 

Possiamo  aggiungere,  che  non  fu  fatica  lieve  mettere  assieme 
quelle  cinque  parole  :  the  nationalistic  aspìratiorts  for  frccdom  —  le 
aspirazioni  nazionalistiche  alla  libertà  —  del  comunicato  Lansing. 

Per  la  storia,  è  bene  stabilire  la  precedenza  della  formola  :  mag- 
gio non  settembre  191 8. 

La  levata  di  scudi  contro  Sonnino,  per  far  cadere  il  Trattato  di 
Londra,  è  del  periodo  intermedio. 

Ma  prima  la  piattaforma  dell'Italia  e  dell'Intesa  nel  considerare 
il  problema  jugoslavo  era  stata  posata  a  Washington. 

Poi,  su  quella  stessa,  l'Italia  s'è  battuta  a  Versailles,  pardon,  nuo- 
vamente sul  Piave  e il  Patto  di  Corfù  è  la  charta  del  disfattismo 

più  schietto  che  l'Italia  ebbe  la  malaventura  di  coltiv^ure  per  consumo 
interno  e  per  esportazione. 

La  più'  grande  soddisfazione.  —  Sì.  onorevole  Salandra,  il  sa- 
luto che  vi  manda  Trieste  è  davvero  la  più  grande  soddisfazione  della 
vostra  vita.  Voi  la  voleste  italiana,  voi  —  quando  gli  "obliqui  contatti" 
la  volevano  ancora  nelle  grinfie  austriache! 

Gli  jugoslavi  a  Washington  non  hanno  saputo  dimostrare  la 
loro  capacità  giuridica  nazionale,  con  sommo  rincrescimento  di  quelle 
sfere  che  anelavano  proprio  che  la  nuova  Jugoslavia  si  dimostrasse 
nazione  vitale  e  sopratutto  portasse  le  sue  brave  ragioni  pel  dominio 
dell'Adriatico  in  confronto  dell'Italia. 


460 


II.   CARROCCIO 


Di  qui  un  furore  italofobo  che  traspira  da  tutti  i  pori;  di  qui  i 
"patiti"  di  Savie,  d'Hinkovic,  del  lontano  Trumbic,  che  si  stempe- 
rano in  geremiadi. 

I  New  York  Times,  dopo  aver  raccolto  negli  ambienti  washingto- 
nìani  larghe  notizie  sulla  profonda  impressione  prodotta  dalla  deci- 
sione dei  croati  di  rimanersene  in  regime  proprio,  austriaco,  fuori  dì 
ogni  alleanza  con  sloveni  e  slavi  del  sud  —  dopo  aver  constatato  che 
a  Washington  s'è  avuta  la  riprova  di  ciò  che  è  sempre  stato  detto  dagli 
italiani  benpensanti:  che  cioè  la  campagna  new-europea  (Patto  di  Cor- 
fù,  Patto  di  Roma,  comitati  jugoslavi  di  Parigi,  di  Londra,  di  Wash- 
ington, agenti  stranieri  e  italiani,  pagati  dall'Austria  o  in  volontariato 
italiano,  adesso  la  Mid-European  Democratic  Union  of  Peoples  del 
•prof.  Miller!)  è  una  insigne  mistificazione  internazionale  armata  e- 
.sclusivamente  per  colpire  il  programma  italiano  nazionale  attraverso 
il  Trattato  di  Londra  —  i  New  York  Times  gridano  alle  macchina- 
zioni avverse  e  alla  inettitudine  di  qualche  amico. 

Ciò  che  adesso  vanno  cercando  i  nostri  ineffabili  '  avversari,  è 
qualche  passo  falso,  compromettente,  di  noi  italiani. 

Basterebbe  una  qualsiasi  dichiarazione  jugoslavofila  di  qualsiasi 
gruppo  d'"irredenti"  italiani  per  dimostrare  a  Wilson  che,  per  auto- 
decisione, gr"irredenti"  nostri  debbansi  attribuire  alla  Jugoslavia. 

Così,  sorpresero  la  buona  fede  di  Bevione,  quando  lo  trassero  seco 
alla  Casa  Bianca  a  fare  atto  di  adesione  ai  voti  delle  nazionalità  op- 
presse, jugoslavi  massimalisti  compresi.   Savie  e  Hinkovie  compresi. 

Tentarono  di  accalappiare  i  delegati  dell'Associazione  Politica  fra 
gl'Italiani  Irredenti,  e  soltanto  la  pronta  risolutezza  del  collega  Alma- 
già,  triestino  di  fede  italiana  incorrotta,  valse  a  smontare  la  cabala 
antitaliana. 

Tuttavia  occorre  stare  con  tanto  d'occhi  aperti,  poiché  il  lavorìo 
degli  jugoslavi  e  dei  loro  amici  austro-americani  s'è  intensificato  iper- 
bolicamente. 

Un  membro  del  comitato  jugoslavo  di  Londra  ha  osato  di  pre- 
sentare un  memorandum  al  comitato  esteri  del  Senato  di  Washington 
perchè  gli  Stati  Uniti  tolgano  Trieste  all'Italia! 

In  seno  agl'italiani  e  slavi  delle  terre  ritornate  all'Italia  si  fanno 
circolare  idee  di  repubblica  ! 

Sono  state  mobilitate  enormi  influenze  nel  mondo  politico,  nelle 
sfere  intellettuali,  nella  stampa  perchè  —  dovendosi  dare  voci  ai  popoli, 
dovendo  l'Europa  rinascere,  dovendosi  dare  alle  nazioni  nuove  confini 
nuovi,  e  dovendo  poi  formarsi  la  sognata  Lega  delle  Nazioni,  eccetera 
eccetera  — ....  alla  Jugoslavia  si  consacri  tutto  l'Adriatico. 

Ora  —  noi  sappiamo  —  tutti  questi  son  conati  folli  che  piegano 
e  s'infrangono  di  contro  a  quella  Gibilterra  ch'è  il  Trattato  di  Lon- 
dra che,  fra  l'altro,  adesso,  s'è  trasformato  in  diritto  di  possesso  in- 


DISCUSSIONI  Dth  "carroccio"  461 


crollabile.   Però,  non  dobbiamo  noi  disarmare.  Disarmare  dobbiamo, 
invece,  gli  altri. 

L'opinione  pubblica  americana  è  una  fonnidabile  forza,  che  noi 
non  dobbiamo,  costi  quel  che  costi,  lasciar  passare  dalla  parte  av- 
versaria. 

Noi  dobbiamo  centuplicare  gli  sforzi  per  affermare  la  purità  degli 
intenti  della  nostra  guerra  e  per  sostenere  i  diritti  e  le  nostre  salva- 
guardie nazionali  riconosciutici  dal  Trattato  di  Londra;  e  dobbiamo 
far  sì  che  gli  Stati  Uniti  vi  aderiscano,  non  tanto  per  rendere  favore 
all'Italia,  quanto  perchè  il  trionfo  delle  aspirazioni  italiane  in  Adria- 
tico e  nel  Mediterraneo  risolve  giustamente,  logicamente,  la  guerra, 
assicura  la  pace  là  dove  nacque  la  guerra  e  garentisce  il  compimento 
effettivo  del  programma  di  libertà  e  di  democrazia  per  cui  gli  Stati 
Uniti  scesero  in  armi. 

Sopratutto:  dobbiamo  risolutamente  isolare  gli  jugoslavi  e  gli 
jugoslavofili.  Isolarli  e  combatterli  a  visiera  alzata.  Nessun  contatto 
con  i  propagandisti  antitaliani,  per  qualsiasi  ragione.  La  loro  malafede 
è  smaccata  ;  essi  sono  incorreggibili. 

La  posizione  dell'Italia  verso  gli  jugoslavi  di  buona  fede  è  nota 
attraverso  le  diverse  dichiarazioni  fatte  dai  governanti  italiani.  A 
Washington  ed  a  Versailles  amici  ed  alleati  ne  sono  perfettamente 
edotti. 

E  non  dobbiamo  essere  noi,  proprio  noi,  con  profferte  d'amicizia 
propiziative,  a  giustificarci  per  ammansire  la  belva. 

Contro  chi  nega  il  diritto  dell'Italia,  bisogna  opporre  la  santità 
civile  del  diritto  dell'Italia,  senza  ambagi,  e  tanto  meno  sottoporre  quel 
diritto  alla  revisione  e  alla  tolleranza  dei  nemici  stessi. 

Anche  chi  non  crede  al  Trattato  di  Londra,  deve  ammettere  che 
i  diritti  dell'Italia  contemplativi,  preesistevano  al  Trattato,  e  sono  vivi 
e  verdi,  oggi,  dopo  la  furia  della  guerra  —  trattato  o  non  trattato. 

Non  ci  piace  —  come  abbiamo  visto  in  una  recente  dichiarazione 
ai  giornali  americani  —  che  si  vadano  accattando  scuse  per  l'Italia, 
quasi  a  sedare  le  irritazioni  jugoslave.  Come  non  ci  piacque  che  a 
Washington,  proprio  mentre  l'Italia  rioccupava  le  sue  terre  contese 
dagli  jugoslavi  di  Corfù  !,  in  qualche  circolo  italiano  (vedi  N.  Y.  Times 
del  4  novembre)  si  facesse  l'apologia  del  Patto  di  Rom.a,  nel  senso  che 
più  si  presta  al  travisamento  dell'avversario;  cui  piace,  con  malizia, 
di  farlo  passare  agli  occhi  del  mondo  come  rinuncia  al  Trattato  di  Lon- 
dra e  accordo  territoriale  con  gli  jugoslavi. 

Anche  in  questi  giorni,  per  esempio,  il  bollettino  quindicinale  del- 
ritalian  Bureau  of  Public  Information,  n.  5,  riparla  del  Patto  di  Ro- 
ma, e,  non  si  sa  perchè,  del  discorso  di  Orlando  alla  delegazione  del 
congresso,  cita  solo  il  periodo  in  cui  si  parla  di  aspirazioni,  di  soffe- 
renze e  di  speranze  degli  jugoslavi.  Ora,  Orlando  quando  pronunciò 


462  IL   CARROCCIO 


quelle  parole  ne  disse  altre,  che  certo  non  significarono  rinuncia  del 
programma  italiano.  E  bisognava  pubblicarle  !  Bisognava  anche  ripro- 
durre le  ultime  dichiarazioni  dell'Orlando  alla  Camera  !  E  spiegare 
il  significato  italiano  del  riconoscimento  dell'indipendenza  jugoslava. 
Infine,  bisognava  dire  che  gli  irredenti  italiani,  ora  liberati,  non  par- 
teciparono al  congresso  di  Roma,  e  non  sono  legati  al  relativo  Patto, 
perchè  ivi  si  discuteva,  anche  da  nemici,  con  proponimenti  antitaliani, 
di  materia  che  non  ammetteva  discussioni  :  della  nazionalità  di  terre 
italianissime. 

Il  nostro  Corradini  spiega  altrove,  in  questo  fascicolo,  il  valore 
del  Patto  di  Roma,  che  non  autorizza  menomamente  l'interpretazione 
dei  nostri  rinunziatari. 

Generare  confusione  nella  mente  americana,  oggi,  circa  i  diritti 
dell'Italia  su  Trento,  sull'Istria,  sulla  Dalmazia,  su  Fiume,  sul  Dode- 
caneso,  nel  Mediterraneo,  è  vero  crimine  politico. 

Bisogna  che,  in  quest'ora  decisiva,  la  propaganda  italiana  —  uffi- 
ciale e  non  ufficiale  — -  si  faccia  innanzi  all'opinione  pubblica  americana 
a  dir  le  proprie  ragioni,  non  importa  se  gli  jugoslavi  si  sorprendano 
di  saperci  vivi  in  America  e  se  qualcuno,  nelle  sfere  del  governo  ame- 
ricano, arricci   il  naso. 

E'  l'opinione  pubblica  sovrana  che  noi  dobbiamo  conquistare,  in 
libero  paese  di  democrazia,  se  pensiamo  che  da  un'azione  di  propa- 
ganda debba  venirci  qualcosa.  Che  se  niente  conta,  questa  propaganda, 
allora  a  che  i  propagandisti? 

Gli  jugoslavi  di  Hinkovic.  —  Il  dr.  H.  Hinkovic.  è  un  ex- 
membro del  parlamento  croato  ed  è  uno  dei  più  fegatosi  membri  del 
Comitato  Jugoslavo  di  Londra.  Testé  ha  lasciato  gli  Stati  Uniti  per 
recarsi  a  brigare  di  nuovo  a  Londra  ed  a  Parigi.  Prima,  volle  parteci- 
pare al  congressino  delle  nazionalitcà  oppresse  di  Filadelfia.  Stracciò 
con  un  tal  gesto  tragico-eroicomico  una  carta  geografica  che  com- 
prendeva Trieste  nei  confini  d'Italia!  Poi.  a  sostegno  della  incompa- 
tibilità irreducibile  tra  i  suoi  jugoslavi  e  gl'italiani,  candidamente  di- 
chiarò che,  alla  fin  fine,  gli  slavi  delle  terre  adriatiche  erano  stati  i  più 
fieri  combattenti  contro  gl'italiani  sull'Isonzo  e  sul  Piave! 

Sapevancelo,  dr.  Hinkovic.  Soltanto,  non  l'hanno  voluto  mai  in- 
tendere in  Italia  i  "liberatori  delle  nazionalità  oppresse". 

Mario  Borsa  non  desiderava  che  l'Italia  ufficiale  non  lasciasse 
ombra  a  Washington  sulla  nostra  politiva  nei  riguardi  delle  nazionalità 
oppresse  dall'Austria? 

Adesso,  in  una  comunicazione  dell'Ufficio  d'Informazioni  del- 
l'on.  Bevione,  cui  appartiene,  il  collega  Leonardo  Vitetti.  spiega  indi- 
rettamente le  ragioni  per  cui  a  Washington  non  dovevano  essere  ap- 
poggiate  le  pretese   jugoslave.    Perchè  —  scrive   Vitetti  :   "E'  troppo 


DISCUSSIONI  DEL  "CARROCCIO"  463 

noto  il  fatto  che  gli  jugoslavi  hanno  formato  in  tutte  le  nazioni  del- 
l'Intesa dei  forti  blocchi  che  cercano  di  premere  sull'opinione  pubblica 
e  di  agire  di  consegiienza  sulle  trattative  politiche  dei  diversi  Stati. 
Si  tratta,  in  sostanza,  di  un  movimento  della  più  grande  importanza  e, 
che,  come  ha  dimostrato  l'atteggiamento  del  sig.  Hinkovic  al  recente 
Congresso  di  Filadelfia,  è  schiettamente  e  sfacciatamente  antitaliano". 
1  "liberatori"  del  bell'italo  regno  sono  serviti  ! 

La  Missione  degl'italiani  irredenti.  —  Era  stata  annunciata 
la  venuta  in  America  d'una  delegazione  italiana  dell'Istria  e  della  Dal- 
mazia —  con  a  capo  gli  onorevoli  Pitacco,  Bennati,  Zanella  e  Ghiglia- 
novic,  zaratino  quest'ultimo.  Poi,  ci  si  dice  che  non  viene  più. 

Era  una  Missione  più  che  necessaria  in  America.  Avrebbe  posto 
i  punti  su  parecchi  i,  come  fece  a  Londra  ed  a  Parigi,  dove  le  ragioni 
dell'italianità,  dalla  voce  di  autentici  irredenti,  trovarono  conforto 
massimo. 

Vero  è  che  tipi  alla  Pitacco,  alla  Penanti  e  alla  Zanella  possono, 
ora,  assai  giovare  con  la  loro  parola  nei  circoli  di  Versailles,  dove  si 
reca  Wilson  in  persona  e  dove  è  andato  a  brigare  l'Hinkovic.  Comun- 
que, non  è  superfluo  che  dalla  viva  voce  dei  triestini,  dei  fiumani  e  dei 
dalmati  gli  Stati  Uniti  apprendano  la  storia  della  loro  italianità.  Si 
faccia  venire  una  Missione  di  redenti,  dunque. 

Ammenoché,  anche  per  questa  Missione,  non  si  debba  chiedere 
permesso,  putacaso,  al  direttore  dell'Officiai  Serbian  Bureau  of  Infor- 
mation in  Washington,  che  si  fa  interprete  del  Concilio  di  Zagabria  che 
protesta  contro  l'azione  delle  autorità  italiane  nelle  terre  adriatiche! 

L'americanata.  —  Al  banchetto  di  congedo  dato  a  Masarik,  il 
neo-presidente  della  repubblica  di  Boemia  (il  quale,  avuto  il  suo,  ha 
lasciato  perdere  le  fantasticherie  jugoslave)  ci  fu  un  bell'ori gmale 
—  certo  Bossom  —  che  propose  di  costruire  uno  stradone  dall'Adria- 
tico al  Baltico.  Dieci  miglia  di  larghezza  !  Su  di  esso  ogni  nazione  do- 
vrebbe poter  far  passare  la  sua  linea  ferrata,  i  suoi  veicoli,  le  sue  ban- 
diere. Insomma,  una  immensa  fiera  internazionale. 

Lo  stradone  dovrebbe  essere  lastricato  delle  buone  intenzioni 
di....  internazionalizzare  Trieste.  Poiché  —  non  l'abbiamo  detto  anco- 
ra ?  —  é  Trieste  che  dovrebbe  essere  capolinea  di  questo  enorme  ridi- 
colo corridoio  medio-europeo. 

Ci  si  sente  un  po'  di  programma  della  Mid-European  Union  ! 

Attenti  al  ridicolo,  sostenitori   dell'Union,  attenti  ! 

Forse sarebbe  stato  meglio  che  Diaz  giungesse  a  Vienna  !  Al- 
meno sapremmo  qualcosa  di  preciso  su  quanto  accade  in  repubblica, 
o  meglio  in  e  fra  ciascuno  di  quei  popoli  liberi  e  indipendenti....  di 


464  IL  CARROCCIO 


continuare  a  fare  gli  austriaci.  Che  si  faccia  sotto  il  berretto  frigio 
del  vero  e  proprio  federalismo,  di  quello  autentico,  marca  imperiale? 

■ —  Poveri  austriaci  !  Han  bisogno  di  tutto  !  Mandiamo  loro  da 
mangiare  ! 

E  la  "spedizione  della  fame"  che  fecero  il  giugno  scorso  contro 
di  noi  ?  E  gli  ordini  dei  loro  generali  che  promettevano  ai  seguaci  bot- 
tino pingue  e  donne  belle  italiane?  E  la  fame  imposta  alle  popolazioni 
friuliane,  e  l'inedia  e  la  tubercolosi  dei  nostri  prigionieri? 

A  Vienna  —  dice  il  dispaccio,  nel  quale  la  sottile  propaganda  teu- 
tonica trova  modo  di  carezzare  Wilson  e  gli  Americani,  perchè  da 
essi  s'aspettano  assistenza  e  cibo  —  a  Vienna  c'è  pienezza  di  vita  e  i 
teatri  sono  aperti  ("Vienna  appears  full  of  life.  The  theatres  are 
open").  Desidereremmo  sapere  se  i  repubblicani  d'oggi  vi  lascino 
proiettare  le  cinematografie  degli  orrori  della  guerra  compiutisi  sotto 
gli  ordini  dell'imperatore,  degli  arciduchi,  dei  generali,  dei  criminali 
che  sono  stati  tutti  lasciati  a  piede  libero  ! 

Lo  stesso  dispaccio  —  via  Ginevra,  17  novembre  —  s'affretta  a 
dirci  che  la  ritirata  dell'esercito  austriaco  si  compì  in  buon  ordine  {"The 
retreat  of  the  Austrian  army  7vas  made  in  rjood  arder").  Non  si  di- 
rebbe, dopo  quel  po'  po'  di  roba  che  si  attribuisce  a  Diaz. 

Ma  il  dispaccio  serve  lo  stesso  alla  propaganda  :  intenerire  la  gen- 
te, e  rianimare  lo  spirito  tedesco  e  tedescofilo.  Sopratutlo....  pane  per 
vivere;  che  fin  quando  c'è  vita,  —  non  è  vero?  —  c'è  speranza!.... 

I  soldati  di  Diaz  faran  bene  a  non  disarmare. 

Zara  italianissima.  —  "La  popolazione  di  Zara  s'inginocchiò 
sulla  banchina  del  porto  quando  vi  entrò  la  torpediniera  italiana  libe- 
ratrice. Per  parecchi  minuti  vi  fu  un  silenzio  religioso,  poi  si  levò  il 
grido  di  Viva  l'Italia!"  —  Così  i  dispacci  dalle  terre  liberate. 

Arrossite,  vergognatevi,  voi  che  avreste  sottoscritto  alla  rinuncia 
di  Zara  "la  meraviglia  e  l'onore  dell'italianità"  !  TI  primo  zaratino  che 
v'incontra  avrà  diritto  di  sputarvi  in  faccia. 

La  nuova  "offensiva"  tedesca.  —  Armistizio?  Pace?  E  se  la 
Germania,  ai  fini  della  sua  guerra  —  piegata  in  ginocchio  come  s'è 
trovata,  conoscitrice  della  psicologia  delle  masse  che  la  guerra  ha  fatte 
inquiete,  turbolente,  esigenti  —  meditasse,  con  la  campagna  del  pie- 
tismo lanciata  in  tutto  il  mondo,  di  reclutar  tedeschi  "onorari"  fra 
i  popoli  ?  Socialismo  e  repubblica  in  Germania  !  ?  Hindenburg  è  sem- 
pre capo  dell'esercito!  Ma  —  direte  —  le  condizioni  dell'armistizio 
puntuahnentc  soddisfatte,  la  consegna  delle  navi,  dei  sottomarini,  dei 
cannoni,  delle  fortezze....  Sì.  Ma  quando  i  tedeschi  avessero  bolsce- 
vizzato il  mondo  e  Francia,  Inghilterra,  Italia,  Stati  Uniti  rimanessero 
coi  nervi  della  resistenza  recisi,  chi  vieterebbe  loro  di  muovere  al  futuro 


DISCUSSIONI  DEI,  "carroccio"  465 


assalto  e  riprender  tutto  e  riconquistar  tutto  e  asservire  tutto  e  tutti? 

Certo,  segni  evidentissimi  della  réprise  della  velenosa  propaganda 
pro-Germania  si  stanno  già  vedendo  negli  Stati  Uniti  ;  segni  còlti  dagli 
stessi  organi  di  governo. 

In  guardia,  tutti  —  con  lo  stesso  animo  che  avemmo  nel  pieno 
del  conflitto! 

La  Missione  speciai^e  itauana  negu  Stati  Uniti.  —  Vengono 
in  Missione  ufficiale  il  senatore  Marconi,  il  senatore  Ruffini,  presi- 
dente dell' Unione  Italo- Americana,  il  senatore  generale  Dallolio,  ex- 
ministro delle  Armi  e  Munizioni,  e  il  Principe  Di  Scalea,  ex-segretario 
agli  esteri. 

Portano  doni  del  Governo  d'Italia  al  Presidente  Wilson,  al  Con- 
gresso, alla  Città  di  New  York  :  codici  colombiani,  vespucciani,  ver- 
razzaniani. 

Abbiamo  ragione  di  attenderci  dalla  Missione  magnifica  opera  di 
italianità  ai  fini  dell'intesa  politico-intellettuale  con  gli  Stati  Uniti. 

Si  tratta  di  quattro  delegati  della  più  grande  autorità,  di  ecce- 
zionale competenza,  di  elevatissima  coscienza  nazionale. 

L'Italia  ha  bisogno  di  essere  conosciuta,  conosciuta,  conosciuta 
negli  Stati  Uniti,  e  occorre  che  vengano  qui  elementi  rappresentativi 
di  alto  calibro. 

"Alone  and  unaided"  !.  —  E'  vero,  la  Serbia  dovette  sostenere 
da  sé  l'urto  nemico,  "olone  and  unaided",  come  ricordavano  i  A''.  Y. 
Times  all'indomani  della  rientrata  in  Belgrado. 

Poi  il  giornale  metropolitano  che  ha  preso,  non  si  sa  perchè,  un 
dirizzone  jugoslavofilo  che  Dio  glielo  perdoni  !.  fa  la  storia  della  sven- 
tura serba,  della  invasione  crudele,  dell'esodo  doloroso,  pietosissimo. 

Però,  lo  scrittore  che  prima  bene  aveva  accennato  al  particolare 
"alone  and  unaided",  si  è  guardato  poi  di  seguire  lo  stesso  ordine  di 
idee.  E'  evidente  ;  —  doveva  scrivere  :  aided  by  I.taly  ! 

Sì,  dall'Italia,  dall'Italia  ! 

Ih  generale  Tozzi.  —  Il  generale  Pasquale  Tozzi,  da  tre  anni 
capo  della  Missione  Militare  Italiana  negli  Stati  Uniti,  è  stato  chia- 
mato a  Roma  per  motivi  di  servizio. 

Il  distinto  ufficiale  lascia  gli  Stati  Uniti  con  l'alta  soddisfazione 
di  avere  contribuito  —  fra  i  primissimi  —  a  far  vincere  la  guerra 
italiana. 

Se,  per  quanto  riguarda  le  munizioni  ed  i  materiali  di  guerra,  è 
all'America  che  gli  Alleati  debbono  la  vittoria;  è  chiaro  che  organiz- 
zatori della  vittoria  qui.  per  ciascuno  Stato,  furono  coloro  che  prov- 
videro alle  munizioni  ed  ai  materiali.  Per  l'Italia.  Pasquale  Tozzi. 


466  IL   CARROCCIO 


Se  dai  rapporti  economico-industriali  creati  nel  periodo  bellico 
verranno  benefici  immancabili  all'industria  patria  di  pace,  quando  do- 
vrà parlarsi  di  benemeriti  ideatori  e  suscitatori,  il  primo  pensiero 
deve  ricorrere  a  Pasquale  Tozzi. 

Lo  avremmo  detto  per  primi  noi,  se  il  Carroccio  non  l'avesse  ap- 
preso direttamente,  dietro  un  referendum  indetto  a  suo  tempo  e  reso 
pubblico,  dalle  grandi  Ditte  che  hanno  fornito  all'Italia  il  materiale 
di  guerra  abbisognatole.  Avemmo  dichiarazioni  —  si  ricorderà  —  dei 
più  alti  industriali  d'America,  esaltanti  l'abilità  e  l'accortezza  e  la 
rigidità  del  generale  italiano. 

Il  generale  Tozzi  lascia  la  sua  Missione  col  più  vivo  rincresci- 
mento delle  alte  autorità  americane,  che  in  lui  contavano  un  collabo- 
-atore  di  rara  esperienza  e  d'integrità  estrema. 

Noi  avremmo  desiderato  che  il  Tozzi  rimanesse  in  America,  in 
questo  periodo  delicatissimo  di  trapasso  dall'attività  guerresca  alla 
attività  pacifica.  Con  la  sua  partenza,  ecco  interrotto  il  lavoro  pazien- 
temente preparato  e  curato  per  un  triennio,  nel  momento  che  avrebbe 
dovuto  dare  i  suoi   frutti. 

Ma  quando  parla  Roma,  già  si  sa!.... 

Noi  vogliamo  ricordare  soltanto  questo  a  Roma  :  —  che  nel  1916, 
quando  d'improvviso  il  nemico  precipitò  giù  dal  Trentino,  furono  le 
provviste  che  il  generale  Tozzi  mandò  in  Italia  in  tempo  opportuno, 
con  lungimirante  previsione  —  forse  senza  che  ne  fosse  stato  richiesto 
dai  superiori,  soltanto  per  sagace  valutazione  del  fabbisogno  dell'Eser- 
cito, così  per  intuizione  —  furono  le  munizioni  mandate  dal  Tozzi  che 
salvarono  l'Italia. 

Noi  accompagniamo  questo  nostro  Generale  che  parte  con  le 
simpatie  più  illimitate,  con  l'ammirazione  che  gli  è  dovuta  da  tutti 
gl'italiani. 

Eppure  :  egli  toma  in  Italia  senza  sul  petto  il  nastrino  di  ricono- 
scimento del  combattente,  poiché  non  è  stato  al  fronte  ! 

Ma  dal  fronte  americano  salutiamolo  questo  collaboratore  della 
vittoria  che  ha  onorato  e  tuttavia  onora  l'Esercito  cui  appartiene,  e 
nella  cui  onestà,  un  giorno,  ci  piacque  di  riconoscere  e  di  difendere 
appunto  l'Esercito  che  in  terra  straniera  veniva  sospettato  e  calun- 
niato ! 

Rivendicazione.  —  Nel  banchetto  che  la  Colonia  di  New  York, 
sotto  gli  auspici  della  Camera  di  Commercio,  ofìFrì  la  sera  del  13  otto- 
bre, all'Astor  Hotel,  ai  Bersaglieri,  agli  Alpini  ed  ai  Granatieri  venuti 
in  America  per  la  campagna  del  Prestito  della  Libertà,  vennero  sot- 
toscritti dagl'italiani  presenti  3  milioni  e  972  mila  dollari. 

Manifestazione  di  maturità  civile  ed  economica  non  si  poteva 
avere  migliore  da  questa  nostra  Colonia  che  i  consoli  smidollati  del 


DISCUSSIONI  DElv      CARROCCIO  467 

passato,  a  coprire  la  loro  insufficienza  a  dirigerla,  fecero  apparire  agli 
occhi  della  Madre  Patria  piena  di  colpe  e  di  oblii,  indisciplinata,  senza 
fede  patriottica. 

Ma  i  fatti  demoliscono,  man  mano  che  si  svolgono,  i  rapporti 
mendaci  dei  funzionari  che  tradirono  la  loro  missione  e  stettero  lì  lì 
per  perdere  le  Colonie  alle  istituzioni  nazionali. 

Edoardo  San  Giovanni.  —  La  famiglia  del  Carroccio  piange 
uno  dei  suoi  più  insigni  collaboratori:  Edoardo  San  Giovanni. 

L'influenza  spaglinola .  in  pochi  giorni,  abbattè  la  sua  robusta 
persona,  privando  la  Colonia  del  migliore  italiano  che  avesse.  Poiché 
Edoardo  San  Giovanni  era  uno  dei  più  illustri  latinisti  dell'epoca 
d'oggi. 

Venne  qui  a  far  l'insegnante  una  ventina  d'anni  fa,  giovanissimo, 
in  lotta  con  gli  atroci  bisogni  della  giornata.  Aveva  studiato  lingue 
a  Venezia  e  a  Bologna.  Fece  per  alcun  po'  il  giornalista,  redattore 
capo  del  Progresso.  Poi  fu  interprete  di  Corte;  poi  si  laureò  per  l'in- 
segnamento superiore  in  America,  e  fu  prima  al  City  College  di  New 
York,  poi  all'Alta  Scuola  Normale  e  al  St.  Francis  College  di  Brook- 
lyn.  Proprio  nell'ora  dell'agonia  gli  giungeva  la  nomina  di  direttore 
del  dipartimento  di  lingue  romanze  del  College  of  New  York. 

Ma  l'insegnamento,  cui  attendeva  con  coscienza  elevatissima,  non 
lo  distoglieva  dall'appassionato  studio  del  latino,  dalla  composizione 
poetica  nella  grande  lingua  di  Roma.  Un  giorno  —  nel  1905  —  lo  si 
seppe  vincitore  —  accanto  a  Pascoli  !  —  del  concorso  internazionale 
di  poesia  latina  di  Amsterdam,  autore  d'un  poema:  AnciUa.  Non  fu 
caso,  che  due  anni  dopo  un  altro  suo  lavoro  —  Oasis  —  veniva  pre- 
miato allo  stesso  concorso.  Poi  scrisse  libretti  d'opera  in  inglese,  tra- 
dusse libri  e  monografie,  alla  Catholic  Encycìopacdia  dell'Appleton  con- 
corse con  le  vite  dei  poeti  italiani.  Scriveva  versi  in  italiano  e  in  inglese 
di  perfettissimo  ritmo,  di  squisiti  sentimenti. 

Abbiamo  ragion  di  credere  che  fosse  l'italiano  più  colto  di  lingua 
e  letteratura  inglese  fra  i  viventi. 

Post  naufragia  portus  —  era  il   suo  motto. 

Povero  amico  e  compagno  di  lavoro,  povero  grande  emigrato  :  a 
quarant'anni  la  morte  ha  sbarrato  il  porto  che  dovevi  raggiungere,  e 
sei  stato  tolto  ai  figli  che  avevi  voluto  educati  in  Italia,  alla  dama  ame- 
ricana che  ti  vantava  compagno  ed  era  fiera  della  tua  italianità,  agli 
amici  che  ti  volevano  bene,  a  chi  appena  ti  conosceva  subito  ti  sti- 
mava ! 

Edoardo  San  Giovanni  è  morto  povero. 

Non  era  cavaliere. 

Le  insegne  cavalleresche  —  la  riconoscenza  nazionale  —  non 
sembrano  fatte  pei  sovrani  dell'ingegno,  per  chi  onora  davvero  l'Ita- 
lia all'estero. 


468  IL  CARROCCIO 


I  DEBITI  DEGLI  ALLEATI.  —  Si  discorre  che  l'America  abbuoni  agli 
Alleati  i  prestiti  di  guerra.  Generosa  idea.  Ma  noi,  prevedendo  le  de- 
generazioni del  futuro  —  quando  l'atto  magnanimo,  di  cavalleresco 
fraterno  aspetto  oggi,  verrebbe  interpretato  dai  nepoti  come  soccorso 
largito  dal  ricco  in  alto  al  bisognoso  in  basso  —  pensiamo  che  sarebbe 
meglio,  per  la  dignità  di  tutti  i  popoli,  che  si  facilitasse  a  ciascuno  il 
modo  di  rifarsi,  di  produrre  e  di  restituire,  moltiplicato,  il  denaro  rice- 
vuto, con  le  mille  forme  consentite  da  ben  organizzati  scambi  bancari, 
commerciali  e  industriali. 

Gratitudine  immensa  agli  Stati  Uniti,  sì  —  ma  nessun  dollaro 
che  non  rientri  nel  suo  tesoro,  con  infiniti  atti  di  grazie. 

"Est  modus  in  rebus".  —  Avremmo  desiderato  che,  proprio  nel 
momento  in  cui  si  giubilava  per  la  riconsacrazione  all'Italia  delle  terre 
redente,  non  si  desse  fuori,  con  accenti  disperati,  un  appello  alle  Co- 
lonie per  soccorrere  i  bisogni  dei  fratelli  liberati. 

L'Italia  è  entrata  a  Trento,  a  Trieste,  a  Fiume,  in  Dalmazia  non 
per  umiliare  i  redenti  con  l'elem.osina  privata,  ma  per  chiamarli  invece 
al  diritto  di  partecipare  a  tutti  i  benefici  e  alle  fortune  della  Patria. 

Ai  liberati  d'Italia  si  provveda  prima  con  i  fondi  di  guerra  —  con 
gli  stessi  fondi  cioè  dove  attingono  i  fornitori  dagli  esorbitanti  gua- 
dagni (lo  dice  Nitti)  —  eppoi  si  lancino  appelli  alla  beneficenza  privata. 

Lo  sappiamo  :  i  bisogni  sono  enormi  e  urgenti  ;  ma,  via  !  fare  sten- 
dere quelle  mani  subito  dopo  aver  issato  le  bandiere  e  aver  suonato  le 
campane  a  stormo!.... 

Cannoni  d'Austria  in  America.  —  Al  console  di  Denver,  Colo. 
—  quella  perla  di  funzionario  che  risponde  al  nome  del  cav.  Giuseppe 
Gentile  —  il  sindaco  di  quella  città,  on.  W.  F.  R.  Mills,  ch'è  amico 
personale  del  rappresentante  italiano  (è  sempre  da  apprezzarsi  l'af- 
fiatamento dei  nostri  Consoli  con  le  autorità  locali  e  con  gli  elementi 
più  rappresentativi  e  fattivi)  ha  scritto  una  nobile  lettera  in  cui  lo 
prega  di  interporre  i  suoi  buoni  uffici  presso  il  Governo  italiano,  onde 
vengano  concessi  in  dono  alla  Città  dì  Denver  due  cannoni  presi  agli 
austriaci,  da  essere  posti  nel  maggiore  parco  civico  con  una  targa  che 
ricordi  perpetuamente  la  fratellanza  degli  Stati  Uniti  e  dell'Itaha  nel 
grande  conflitto  mondiale,  che  sia  a  tutti  ispiratrice  di  alti  sentimenti 
patriottici  e  umanitari,  che  sia  prova  di  eterna  riconoscenza  per  gli 
eroi  immolatisi  alla  grande  causa  della  civiltà.  Il  Sindaco  è  giunto  a 
ta'  punto  di  cortesia  da  dichiarare  che  la  città  contribuirebbe  alle  spese 
del  trasporto  dei  cannoni. 

—  Inutile  dire  che  la  nobilissima  richiesta  del  primo  Magistrato 
di  questa  città  avrà  il  mio  più  completo  ed  entusiastico  appoggio  — 
scrive  al  Carroccio  il  cav.  Gentile  —  mentre  faccio  voti  sinceri  che 


DISCUSSIONI  DEL  "CARROCCIO"  469 

il  SUO  esempio  venga  seguito  dai  sindaci  delle  grandi  città  d'America 
ove  più  numerosi  risiedono  i  nostri  connazionali.  — 

Voti  che  dovrebbero  essere  soddisfatti. 

Si  muova  chi  deve. 

Una  vergogna  da  sopprimere.  —  E'  necessario  che  scomparisca 
dalle  strade  degli  Stati  Uniti  —  dovunque  circolino  —  i  suonatori  am- 
bulanti di  nazionalità  nostra  accompagnati  da  scimmie,  pappagalli, 
merli  e....  donne  da  sfruttare. 

Il  Carroccio  si  associa  alla  protesta  pubblica  fatta  dal  sig.  Gioac- 
chino Rossi  di  New  Haven  con  sentimento  encomiabile. 

Non  crediamo  difficile  estirpare  la  mala,  la  vergognosissima  pian- 
ta dei  girovaghi  scrocconi. 

Un  po'  di  vigilanza  da  parte  dei  connazionali.  Una  brava  denun- 
zia alla  polizia  locale.  Nel  caso  d'indigenza  autentica,  da  soccorrersi, 
procurare  lavoro  a  chi  crede  quello  della  scimmia  il  miglior  modo  di 
campare  la  sciagurata  esistenza. 

Per  la  coltura  italiana  nel  sistema  educativo  americano.  — 
Il  Carroccio  ha  pubblicato  un  estratto  di  quanto  apparve  nel  fasci- 
colo di  settembre  sotto  la  firma  dell'illustre  prof.  Ernest  H.  Wilkins 
dell'Università  di  Chicago  :  The  place  of  Italian  in  the  American  edu- 
cational system. 

L'estratto  serve  alla  propaganda  della  nostra  coltura  e  della  no- 
stra lingua  in  mezzo  agli  Americani,  e  va  diffuso  quanto  più  è  possibile. 
Ne  teniamo  una  certa  quantità  di  copie  a  disposizione  di  quanti  pen- 
sano di   secondare   la  Rivista  nell'attività  diffonditrice  della   coltura 

nazionale. 

IL  BIOLCO 


^'Annunzio   pel   varo   del    "Piave" 

(Cantiere  di  Kearny,  N.  J .,  7  settembre   1918) 

Tutta  l'Italia  combattente  è  oggi  di  là  dell'Oceano,  mentre  il  gran 
popolo  redentore,  come  patto  e  come  promessa,  inscrive  sulla  prua 
della  nave  robusta  il  nome  italiano  di  quel  fiume  glorioso  che  propagò 
lo  splendore  della  vittoria  a  tutte  le  acque  dell'Adriatico.  L'asta  della 
bandiera  stellata  è  oggi  santa  come  il  legno  a  cui  fu  sospeso  il  prezzo 
del  mondo.  Giunga  altissimo  di  là  dell'Oceano  il  grido  guerriero  che 
risuonò  nel  cielo  nemico  di  Vienna.  A  nome  dell'unione  lo  ripetono  col 
braccio  levato  tutti  gli  aviatori,  tutti  i  marinai,  tutti  i  fanti  d'Italia, 
tutti  i  vincitori  del  Piave  !  Evviva,  evviva  l'Italia  ! 

Gabriele  d'Annunzio 


C'RQ^ACHE  D'A'RTE 

Preludio  di  stagione: —  Opera  americana  ed  altro 

II,  NOSTRO  gran  teatro  di  musica  s'è  riaperto  quest'anno  senza  clamori 
preventivi.  Eppure  il  programma  della  stagione  è  ricco  di  buone 
promesse.  Opere  nuove  e  artisti  nuovi  ;  e  in  un  momento  in  cui 
le  cose  del  teatro  son  sospese  al  filo  di  molte  incertezze.  Ma  di  clamori 
il  pubblico  non  ha  bisogno  più.  Sa  che  al  Metropolitan  si  promette 
sempre  meno  di  quanto  s'intende  di  dare.  E  mano  mano  che  la  stagione 
procede,  man  mano  che  serga  l'occasione  di  offrire  qualche  cosa  di 
straordinario,  l'impresa  non  attende  di  essere  stimolata. 

Opere  ed  artisti  americani  non  mancano  :  questi  ultimi  abbon- 
dano. I  soliti  piagnoni  sono  stati  —  ormai  da  qualche  anno  —  disar- 
mati. I  compositori  americani  vedono  ormai  spalancate  le  porte  del 
loro  tempio.  E  nel  tempio  non  entrano  soltanto  quelli  che  seppero 
aprirsi  la  via  :  v'entrano  pure  i  neofiti.  L'autore  di  una  delle  opere 
che  verran  date  quest'anno  non  era  neppur  conosciuto  di  nome,  e  non 
dovette  penare  per  farsi  accettare  :  mandò  la  sua  partitura,  e  —  a 
prova  fatta  —  fu  invitato  a  rivelarsi  :  in  questo  inverno  il  pubblico 
consacrerà  un  maestro  di  provincia  di  cui  non  si  conosceva  neppure 
l'esistenza.  Un  Cameade.  Sissignori  :  un  Cameade  ;  di  buona  stoffa, 
a  quanto  dicono. 

Anche  quest'anno  è  venuta  in  discussione  la  questione  dell'Opera 
d'autore  americano.  Ma  con  intonazione  diversa.  E  non  ne  hanno  par- 
lato, per  la  centesima  volta,  i  maestri  irranciditi  e  i  critici  atrabiliari. 
Sono  usciti  a  parlarne  Gatti-Casazza  e  Campanini,  cioè  le  due  egregie 
persone  tanto  accusate,  pel  passato,  di  fare  dello  sciovinismo  per  loro 
conto,  e  del  nazionalismo  accaparratore. 

(Prima  di  parlare  Gatti-Casazza  e  Campanini  hanno  dimostrato 
coi  fatti  di  non  aver  alcun  preconcetto  escluditore  verso  l'opera  ame- 
ricana. Hanno  rappresentato  molti  lavori,  perdendo  del  denaro  e  di- 
sgustando anche  un  poco  il  pubblico.  I  clamanti  hanno  avuto  in  questi 
ultimi  anni  la  loro  medicina.  Ma  la  maggioranza  di  buon  senso,  quella 
che  pagava,  ha  liquidato  parecchia  musica  indigena,  disertando  il  tea- 
tro ed  esprimendo  —  quando  non  lo  disertava  —  opinioni  inesorabili 
nei  corridoi  del  Metropolitan.  Abbiamo  assistito  a  parecchie  santissime 
stroncature,  una  più  romorosa  delle  altre). 

Gatti-Casazza  s'è  espresso  in  poche  righe  chiestegli  dal  Musical 
America;  Campanini  in  una  lunga  e  giudiziosa  intervista  che  abbiamo 
letta  riprodotta  nei  Times  di  New  York. 

—  I  compositori  americani  —  ha  detto  Gatti-Casazza  —  avranno 
dopo  la  guerra  magnifica  opportunità  di  rivelarsi  se  essi  primiera- 


CRONACHE  d'arte  47 1 


mente  intenderanno  in  via  assolutamente  pratica  i  limiti  e  le  finalità 
del  teatro.  Gli  americani  sono  il  popolo  più  pratico  del  mondo:  i  loro 
compositori  devono  realizzare  che  il  teatro  di  cui  l'opera  è  una  specie 
di  sublimazione,  è  fatto  per  letificare,  per  divertire  il  pubblico  e  per 
suscitare  le  sue  emozioni  —  non  per  annoiarlo.  Se  il  pubblico  è  chia- 
mato in  teatro  per  dormire,  dopo  breve  tempo  scovrirà  che  è  più  como- 
do e  meno  dispendioso  rimanere  a  casa  e  andare  a  letto.  — 

Sono  parole  piane  e  aperte,  che  sommarizzano  il  più  equanime 
giudizio  intorno  agli  svariati  tentativi  dei  compositori  americani,  in 
questi  ultimi  anni. 

Campanini,  con  parole  non  meno  chiare  e  persuasive,  lancia  su- 
gli estremisti  che  vociano  di  affermazioni  gloriose  dell'Opera  lirica 
americana  la  doccia  fredda  della  sua  lunga  pratica  di  maestro  con- 
certatore e  d'impresario.  Invece  di  abbandonarsi  ad  esaltazioni  scom- 
poste e  a  speranze  pazzesche  —  egli  dice,  in  sostanza  —  invece  di  so- 
gnare esclusivismi  che  sono  fuori  di  luogo  nel  teatro  di  musica,  si  rag- 
giunga un'entente  cordiale  tra  le  varie  tendenze  ;  i  compositori  ameri- 
cani lavorino  con  fervore  e  con  intelletto  :  avranno  tutto  da  gua- 
dagnare. 

Di  non  diverso  parere  era  James  Gibbons  Huneker  —  il  forte  sti- 
lista americano  e  critico  —  quando  scriveva,  pochi  giorni  fa,  occu- 
pandosi appunto  di  compositori  americani  :  —  "Genuine  ability  abetted 
by  fundamental  brain  work  will  attain  the  goal  and  not  nationality 
alone.  The  must  fervid  patriotism  alone  will  not  color  the  orchestrai 
score  of  a  native  born  composer,  while  skill,  experience  an  tempera- 
ment  may". 

La  questione,  insomma,  è  posta  nei  suoi  termini  precisi.  Quando 
non  potette  più  parlare  di  trascuranza  volontaria  e  di  congiura  ai 
danni  dell'Opera  americana,  la  gente  dovette  delibare  la  produzione 
dei  compositori  paesani,  e  giudicarla.  E  giudicare  —  anche  quando 
lo  fece  con  somma  condiscendenza  —  che  a  tutte  queste  musiche,  ninna 
esclusa  e  tutte  sature  di  troppe  derivazioni,  mancava  la  contestura 
stilistica,  il  nerbo,  perfino  la  cifra.  Perchè  quasi  tutte  le  opere  di  scuola 
americana,  non  ostante  le  repliche,  giungevano  alla  fine  della  stagione 
già  vizze  —  vissute  come  le  rose  :  lo  spazio  d'un  mattino.  Non  son 
risorte  più. 

Quale  sorte  è  destinata  alle  nuove  opere  ?  Confidiamo  ;  sebbene 
oggi,  in  fatto  di  musica  di  teatro,  si  sia  ridotti  ad  esercitare  l'aeriman- 
zia,  che  è  l'arte  di  presagire  per  i  segni  dell'aria.  Per  ora  il  silenzio  può 
esser  carico  di  musiche  future  ;  ma  quale  di  esse  rischiarerà  il  fondo 
reale  che  produce  le  creature  ideali  ? 

Sulle  opere  di  Puccini  —  le  novissime  che  devono  esser  battez- 
zate in  dicembre  —  è  stato  molto  detto  in  queste  cronache,  nei  pas- 
sati fascicoli.  Dicono  che  Puccini  si  sia  superato.  Così  fosse  !  V'è  bi- 


4/2  II,   CARROCCIO 


sogno  che,  dopo  tanto  aspettare  e  tanto  sperare,  per  lo  meno  Puccini 
"sciolga  —  come  scrisse  D'Annunzio  —  il  problema  che  stupisce  e 
travaglia  quanti  studiano  la  storia  della  nostra  musica:  il  problema 
della  tradizione  interrotta  e  della  triste  lacuna". 

Per  il  pubblico  metropolitano  La  farsa  del  destino  è  stata  un'opera 

virtualmente   nuova.   Una   nuova  opera   di   Verdi Singolare   sorte 

di  questo  pubblico  americano,  al  quale  può  esser  oggi  donata,  in  pieno 
periodo  di  stasi  musicale,  un'opera  vecchia  di  molti  lustri,  d'un  crea- 
tore spento,  con  la  certezza  di  largirgli,  nella  potenza  e  nell'innocenza 
della  melodia  "l'amore,  il  dolore,  la  voluttà,  la  magnanimità,  la  pre- 
ghiera, la  temenza,  tutti  gli  affetti  umani  parlanti  con  la  lor  voce  stes- 
sa, col  loro  accento  profondo  e  originario". 


PASQUALE  DE  BIASI 


VOLTI  E  MASCHE'RE  DEL  MET'ROPOLITA/^ 

IL  GRANDI-;  teatro  metropolitano  s'è  riaperto  quest'anno  sulla  gioia  della  vitto- 
ria :  un'altra  singolare  fortuna  della  magnifica  istituzione  musicale  di  cui 
l'America  va  giustamente  orgogliosa.  E  fu  serata  di  gloria. 

Il  pubblico  aveva  il  cuore  pieno.  Un  po'  stordito,  molto  commosso,  eccitato, 
s'aspettava  che  si  sarebbe  abbandonato  al  delirio.  Ma  non  fu  così.  Accolse  gli 
inni  patriottici,  partecipò  al  coro  ed  acclamò  con  profonda  esultanza,  ma  con 
compostezza.  Volle,  insomma,  che  lo  spettacolo  si  svolgesse  senza  eccessivo 
turbamento  disperditore.  E  fece  bene. 

Si  eseguiva  Sansone  e  Dalila,  la  più  nobile  musica  francese  contemporanea, 
ed  uno  degli  spettacoli  piìi  armoniosi  che  ci  abbia  mai  dato  Gatti-Casazza,  per 
complesso  d'artisti,  per  architettura  ed  intonazione  scenica,  per  gusto  di  parti- 
colari, per  imponenza  di  effetti.  I  tre  lunghi  atti  furono  ascoltati  con  raro  godi- 
mento, perchè  la  musica  di  Saint-Saèns  (meno  poche  eccezioni)  si  ascolta 
sempre  cosi. 

Caruso  è  il  "Sansone"  piià  grande  che  oggi  conti  il  teatro.  Che  musica  per 
un  artista  di  così  acuta  sensibilità  come  lui,  per  un  cantante  come  lui  tanto 
doviziosamente  dotato,  per  un  sempre  nuovo  suscitatore  d'emozioni  come  luì  ! 
E  ogni  volta  egli  ci  sembra  nuovo  davvero,  in  quest'opera,  poi  che  il  pathos 
di  questo  cantante  sommo  è  così  ricco  d'intensità,  d'ombre,  di  sfumature,  e  le 
sue  risorse  drammatiche  tanto  varie  e  numerose,  da  creare  ogni  sera  intorno 
al  personaggio  un'atmosfera  diversa,  esercitando  sul  pubblico  una  suggestione 
sempre  profonda. 

Applausi?  Furon  grandi  gli  applausi.  Ma  che  contano  più  ormai,  per  Ca- 
ruso, i  battimani?  Conta,  invece,  l'estasi  in  cui  cade  un  intero  teatro  (e  questo, 
infallibilmente,  tutte  le  sere)  al  suo  canto  ch'è  amore,  passione,  dolore,  dispe- 
razione, delirio:  tonte  la  lire  del  cuore  umano,  tutte  le  corde  dell'arte!  Non  vi 
può  esser  analisi  critica  nel  Sansone,  per  Caruso.  La  musica  è  per  la  sua  voce, 
e  il  ruolo  è  pel  suo  temperamento.  Al  primo  atto,  nella  scena  della  seduzione, 
navighiamo  nella  dolcezza;  ed  è  la  sua  voce  la  fonte  della  divina  delizia.  Al 


CRONACHE  d'arte 


473 


secondo  ci  rapiscono  i  suoi  accenti  di  passione  veemente  ;  al  terzo  ci  lacera 
il  suo  strazio.  Il  resto  è  cornice. 

E  fa  parte  della  cornice  il  baritono  Caouzinou,  debuttante.  Mediocre  figura 
questa,  che  sbianchisce  quando  si  pensa  alla  voce  tonante  di  Amato,  "Gran  Sa- 
cerdote" insigne,  e  alla  voce  rotonda  di  De  Luca,  altro  "Gran  Sacerdote"  di 
alto  stile. 

Sbianchiscono  gli  altri.  Rimane  la  nobile  musica  eseguita  con  molta  finezza 
e  diretta  assai  meglio  dell'anno  scorso  da  Monteux.  Tuttavia  l'esecuzione  or- 
chestrale non  ha  neppure  stavolta  eguagliata  quella  di  Polacco,  rimasta  tipica. 

***  La  prima  settimana  del  Metropolitan  è  stata  di  grande  interesse  non 
soltanto  per  il  pubblico  in  generale,  ma  per  la  critica,  pure.  Ha  debuttato  un 
cantante  italiano  di  bella  fama  :  il  tenore  Grimi. 

Ne  diremo  al  prossimo  fascicolo  :  queste  note  vengono  scritte  quando  l'at- 
tuale è  in  avanzata  composizione. 

***  Il  prossimo  dicembre  dovrà  segnarsi  a  matita  rossa  nella  storia  della 
stagione  per  l'esecuzione  delle  tre  opere  novissime  di  Puccini. 

Rosa  Ponzillo  —  Un  nuovo  astro  sorge  all'orizzonte  del  Metropolitan  :  Rosa 
Ponzillo  (una  felice  scoperta  e  un'allieva  preziosa  di  William  Thorner)  ha 
debuttato  nella  Forza  del  Destino  con  Caruso  e  con  De  Luca.  Tra  questi  due 
colossi  ha  brillato  straordinariamente.  Bellissima  voce,  eccellente  metodo,  figura 
prestante,  e  quel  geniale  modo  di  porgere  ch'è  degli  artisti  genuinamente  votati 
all'arte.  Farà  molto  cammino.  Intanto  s'è  piazzata  in  buon  posto,  dal  quale 
potrà  esserle  facilitato  il  volo.  La  critica  l'ha  consacrata.  Ventiduenne.  Italiana, 
sebbene  nata  nel  Connecticut. 

De  Luca  —  Il  nobilissimo  cantante  è  apparso  al  suo  pubblico  di  ammiratori, 
al  Metropolitan,  nel  ruolo  di  "Don  Carlos"  {Forza  del  Destino).  Ha  cantato 
impeccabilmente,  degno  compagno  —  assolutamente  degno  —  d'un  così  perspi- 
cuo "Don  Alvaro"  qual'è  Enrico  Caruso.  Il  famoso  duetto  tra  baritono  e  tenore 
procurò  impareggiabile  gioia. 

Don  Alvaro  —  Grande  parte  per  un  tenore.  Ma  Caruso  la  fa  più  grande  : 
le  dà  un'anima  canora,  la  sua  ch'è  unica.  Nessuno  può  cantare  come  lui  la  fa- 
mosa romanza.  Nessuno  come  lui  può  cantare  nel  famoso  duetto.  Non  si  tratta 
di  voce  soltanto.  E'  la  creazione  d'arte,  completa.  E'  la  dramatis  persona  uma- 
nizzata.   "Was  vocally  colossal"  ha  detto  un  critico.  Ha  detto  il  vero. 


Le  prove  delle  tre  opere  novissime 
di  Puccini  procedono  alacremente  al 
Metropolitan.  Abbiamo  già  dato  i  no- 
mi degli  artisti  che  le  canteranno. 
L'opera  che  produrrà  impressione  pro- 
fonda sarà  Suora  Angelica,  di  cui  sa- 
rà   protagonista    la    Farrar. 

L'opera  dura  tre  quarti  d'ora,  e  si 
svolge  nel  recinto  d'un  convento.  L'a- 
pre un'Ave  Maria  dolcissima,  in  cui 
la  vena  lirica  pucciniana  suscita  anco- 
ra una  volta  la  più  viva  emozione. 
Suor    Angelica    è    profondamente    tri- 


ste, né  basta  a  rallegrarla  l'arrivo  di 
una  sua  zia,  che  le  reca  gli  echi  del 
mondo  ch'ella  ha  da  sette  anni  abban- 
donato. La  zia  le  reca  un  documento 
da  firmare  :  un  documento  riguardan- 
te  il    suo   patrimonio. 

Suor  Angelica  sorride  d'amarezza. 
E  chiede  : 

—  Dunque,  soltanto  questo  mi  si  di- 
ce, dopo  sette  anni  ?  Da  sette  anni 
prego,  da  sette  anni  aspetto....  Que- 
sto? 

—  Questo....  —  ribatte  la  dama. 


474 


IL   CARROCCIO 


E  la  suora,  con  disperata  urgenza 
della   voce: 

—  Ma  lui,  il  bimbo? 

La  congiunta  le  dà  la  terribile  nuo- 
va :  il  bimbo  è  morto.  E'  morto  da 
qualche    anno. 

Un  gelo  mortale  nell'anima  della 
suora.  Tutto  è  finito.  Non  v'è  che  da 
morire.  Raggiungere  il  bimbo.  E  pre- 
para la  sua  morte  tra  i  fiori.  Tra  i 
fiori  s'assopisce  attendendo  la  fine.  Lo 
stordimento,  il  delirio....  Delirando, 
Suor  Angelica  intrav\'ede  il  castigo 
che  il  Signore  assegna  a  chi  si  sottrae 
violentemente  alla  vita.  La  povera 
suora  chiama  in  aiuto  la  Vergine.  E 
la  Vergine,  circonfusa  di  luce  cele- 
stiale, appare  all'agonizzante.  Un  nim- 
bo d'angioli  la  circonda  :  sulla  visione 
paradisiaca  cala  lentamente  il  velario. 

Alla  musica  di  questo  mistico  so- 
gno fa  contrasto  quella  intensamente 
tragica  del  Tabarro,  e  quella  gioconda 
di  Gianni  Schicchi,  che  —  com'è  noto 
—  verranno  eseguite  la  stessa  sera. 

***  Ermete  Novelli  sta  scrivendo  le 
sue  Memorie.  Nel  volume  saranno  rac- 
colte le  vicende  vissute  di  cinquanta 
anni  di  palcoscenico  :  da  povero  guit- 
to a  divo.  Sarà  un  libro  del  massimo 
interesse  anche  in  America,  dove  il 
nostro  grande  comico  ha  tanti  ammi- 
ratori. 

***  Si  afferma  che  Puccini,  dopo  le 
rappresentazioni  in  Italia,  abbia  rima- 
neggiato la  Rondine.  Avremo  dunque, 
l'anno  venturo,  al  Metropolitan,  la  Ron- 
dine cambiata  —  speriamo  —  in  me- 
glio. 

***  Uno  dei  primi  concerti  della  sta- 
gione fu  quello  dato  da  Nina  Morga- 
ra  —  squisita  cantatrice  e  artista  fi- 
nissima —  alla  Aeolian  Hall  il  24  ot- 
tobre. Accompagnata  con  molto  gusto 
dal  maestro  Bimboni,  la  Morgana  e- 
seguì  cinque  gruppi  di  melodie  :  deli- 
ziosamente. Voce,  espressione,  delica- 
tezza, sentimento,  soavità:  tutto  ella 
ebbe,  in  maniera  suggestiva  e  comuni- 
cativa. Un  pubblico  assai  scelto  accla- 
mò la  graziosa  artista  con  immensa 
simpatia  e  con  genuina  ammirazione; 
e  le  offrì  bellissimi  fiori.  Un  vero  suc- 
cesso. 

***  Alla  direzione  della  Boston 
Symphony  è  stato  assunto  Henri  Rau- 
baud.  Fautore  del  Marotif  e  di  varie 
composizioni  sinfoniche.  I  francesi  — 
che  si  stanno  adoperando  fervidamen- 
te per  fare  strada  in  America  alla  loro 
arte  e  ai  loro  artisti  —  sono  lieti  di 


questa  nomina,  alla  quale  qualche 
giornale  ha  già  dato  un  significato  che 
va  oltre  la  persona  del  Raubaud.  E 
fanno  bene  i  francesi.  Soltanto  :  noi 
dovremmo,  in  questa  soddisfazione  pa- 
triottica, imitarli. 

***  Il  maestro  Domenico  Brescia, 
residente  a  San  Francisco  è  stato  clas- 
sificato quarto  in  un  concorso  inter- 
nazionale per  il  premio  di  mille  dol- 
lari offerto  da  Mrs.  F.  S.  Coolidge. 
Il  maestro  Brescia  è  stato  direttore 
del  Conservatorio  Nazionale  di  Quito. 

***  Quell'artista  simpatico  e  aristo- 
cratico ch'è  Andreas  De  Segurola,  pri- 
mo basso  della  Metropolitan  Opera 
House,  ha  fatto  un  breve  e  brillantis- 
simo giro  di  concerti  per  la  città  del 
Pacifico,  in  unione  al  soprano  Anna 
Fitziu.  Ovunque  pubblici  plaudenti  ed 
entusiastici,  e  le  piìi  alte  lodi  della 
critica. 

***  Sotto  la  direzione  dell'autore 
fu  rappresentata  al  Park  Theatre  l'o- 
pera in  un  atto  del  maestro  america- 
no Henry  Hadley  :  Bianca.  Il  libretto 
è  tratto  dalla  Locandiera  di  Goldoni. 
Esito  assai  contrastato.  Hadley  ha 
scritto  musica  troppo  seria,  troppo  sin- 
fonica per  una  cosuccia  fragile  ;  e  que- 
sta musica  greve  risente  di  troppe  de- 
rivazioni. Dell'Hadley  è  annunziata 
per  quest'anno  al  Metropolitan  un'o- 
pera  nuova  :   La  notte  di  Cleopatra. 

***  Si  annunzia  che  l'opera  del  mae- 
stro Gino  Marinuzzi  :  Jacquerie  abbia 
avuto  al  Colon  di  Buenos  Aires  esito 
magnifico.  IMolte  lodi  agli  esecutori, 
tra  cui  il  baritono  Alontesano. 

***  Leggiamo  nei  giornali  d'Italia 
che  il  giovanissimo  figlio  del  maestro 
Arturo  Toscanini,  Walter,  sottotenen- 
te d'artiglieria,  è  stato  decorato  con 
medaglia  di  bronzo  al  valore,  per  atti 
d'eroismo  in  battaglia.  Pensiamo  con 
soddisfazione  alla  gioia  dell'insigne 
maestro. 

***  I!  nuovo  studio  di  canto  del 
noto  baritono  e  distinto  maestro  cava- 
lier  Ferruccio  Corradetti  s'è  trasferi- 
to al  n.  223  Riverside  Drive.  N.  Y. 
City.  Telefono  :   Riverside  7140. 

***  Tra  le  insegnanti  di  canto  ame- 
ricane è  da  notarsi  Mrs.  Ida  Hagger- 
ty-Snell  che  ha  al  n.  337  'West  Ssth 
Street  uno  Studio  frequentato  da  uno 
scelto  numero  di  allievi.  Maestra  di 
molta  penetrazione  e  di  grande  accor- 
gimento, madame  Haggerty-Snell  giu- 
stifica  il   giudizio  che    di   lei    dette   la 


CRONACHE  d'arte 


475 


celebre  Matilde  Marchesi,  che  l'ebbe 
per  aUieva:  "Madam.  you  are  the 
cleverest  professor  I  bave  ever  had 
in   my   studio". 

I  numerosi  allievi  di  questa  inse- 
gnante hanno  per  lei  i  più  caldi  elogi. 

***  Il  comm.  Giuseppe  De  Luca  — 
il  grande  baritono  di  cui  si  gloria  ir 
Metropolitan  —  ha  perduto  improvvi- 
samente, con  uno  dei  più  crudeli  colpi 
della  sorte,  la  sua  diletta  compagna, 
signora  Olimpia  De  Luca.  Gli  è  spa- 
rita la  collaboratrice  più  devota  e  pre- 
ziosa. Lutto  irreparabile,  del  quale  nep- 
pure l'arte  può  riuscire  a  consolare  in- 
teramente l'ottimo  amico  nostro.  Ci 
associamo  vivamente  al  suo  dolore, 
nella  reverenza  dell'estinta  che  tante 
simpatie   s'era  create   nella   metropoli. 

I  funerali  ch'ebbe  la  signora  De  Lu- 
ca, di  commovente  solennità,  dissero 
quale  compianto  larghissimo  Ella  la- 
sciasse  fra  noi. 

***  Vittima  dell'influenza  si  spense 
a  Pelham  Manor  lo  scultore  Pietro 
Cartaino-Sciarrino,  ch'ebbe  nel  mondo 
artistico  metropolitano  singolare  for- 
tuna. Fu  artista  accurato  e  grande  la- 
voratore. Lascia  parecchi  lavori  — 
specialmente  busti  —  nelle  gallerie  dei 
magnati    della    finanza. 

***  L'influenza  ha  ucciso  a  Chicago 
lo  scultore  Giorgio  Renault,  di  nobile 
famiglia  lombarda.  Ebbe  acerbe  con- 
trarietà :  recentemente  era  stato  co- 
stretto a  chieder  lavorò  in  una  fab- 
brica di  munizioni.  Sono  del  Renault 
le  statue  che  si  ammirano  al  palco  del- 
la musica  del  Lincoln  Park  di  Chica- 
go ;  parimenti  sua  una  delle  statue  sor- 
genti all'entrata  dell'Art  Institute  del- 
la stessa  città. 

***  La  deliziosa  operetta  dell'irlan- 
dese Sullivan  :  //  Mikado  ha  mandato 
in  visibilio  il  pubblico  del  Park  Thea- 
tre.  Molto  bene  eseguita,  essa  apre  al- 
la Society  of  American  Singers  un 
bell'orizzonte.  Se  si  limitasse  a  questi 
lavori  leggeri,  la  sua  fortuna  sarebbe 
assicurata. 

***  A  Bergamo  si  celebra  nel  corso 
di  questo  mese  di  novembre  il  cente- 
nario dell'inizio  della  carriera  artisti- 
ca di  Donizetti.  Cento  anni  fa,  infatti, 
al  teatro  San  Luca  di  Venezia  fu  rap- 
presentato VEnrico  di  Borgogna. 

***  La  serata  per  la  "Piedigrotta  di 
Vittoria"  che  il  maestro  Salmaggi  e 
il  suo  giornale  Music  and  Mtisicians 
promuovono  con  tanta  alacrità,  fu  do- 


vuto rimandare  per  la  regnante  epi- 
demia. Sarà  tenuta  sabato,  23,  ed  ac- 
quisterà maggiore  importanza.  E'  as- 
sicurato un  folto  intervento  di  artisti, 
musicisti,  intenditori.  Al  brillante  con- 
corso s'interessa  vivamente  anche  l'e- 
lemento americano. 

***  E'  stata  costituita  la  Scotti 
Grand  Opera  Company,  di  cui  è  centro 
animatore  il  celebrato  baritono  Anto- 
nio Scotti  del  Metropolitan.  Un  ottimo 
complesso  di  artisti,  diretto  dall'emi- 
nente cantante-attore,  darà  per  le  prin- 
cipali città  degli  Stati  Uniti  L'Oracolo 
del  maestro  Leoni  e  Cavalleria  rusti- 
cana. 

***  I  giornali  dicono  gran  bene  di 
Dolores  Cassinelli  —  americana,  di 
discendenza  italiana  —  che  dal  teatro 
lirico  è  passata  con  grande  successo 
all'arte  muta.  La  Cassinelli  è  apparsa 
recentemente  in  una  film  interessantis- 
sima allo   Strand. 

***  Dopo  una  breve  sosta  —  impo- 
sta dall'influenza  —  la  San  Carlo 
Grand  Opera  Company  ha  ripreso  il 
suo  giro.  Attualmente  si  trova  al  Teck 
Theatre  di  Buffalo,  per  passare  poi  a 
Syracuse  e  a  Rochester.  Alla- fine  del 
mese   la  compagnia   sarà  in   Canada. 

Ecco  l'itinerario  del  giro  fino  a  feb- 
braio   1919: 

Detroit,  Mich.,  Detroit  Opera  House 
dicembre  9-14;  St.  Paul,  Minn.,  J\[e- 
frapolifan  Opera  House.  16-18:  Min- 
neapolis, Minn.,  Metropolitan  Opera 
House.  ig-2i  ;  Winnipeg,  Afan.,  IVal- 
ker  Theatre,  23-4  genn.  ;  Regina,  Sask., 
Regina  Theatre,  genn.  6-8;  Saskatoon, 
Sask.,  Empire  Theatre,  9-1 1;  Moose 
Jaw,  Sask..  Orpheum  Theatre.  13-14; 
Swift  Current,  Sask.,  Princess  Thea- 
tre, 15;  Medicine  Hat,  .Mta..  Empress 
Theatre,  16;  Lethbridge,  Alta.,  Ma- 
jestìc  Theatre.  17-18;  Edmonton,  Alta. 
Empire  Theatre,  20-22:  Calgary,  Alta., 
Grand  Theatre,  23-25  ;  Spokane.  Wash, 
/luditorium  Theatre.  27-29;  Seattle, 
Wash..  Metropolitan  Theatre,  30-1 
febbraio;  Portland.  Ore..  City  Audi- 
torium, 3-8  febbraio:  San  Francisco, 
Calif.,   Curran   Theatre,  10-22. 

***  La  Lega  Musicale  Italiana  ha 
iniziato  assai  felicemente  le  sue  perio- 
diche, negli  splendidi  suoi  locali  al 
n.  251  West  74th  Street.  La  prima  fe- 
sta ebbe  a  conferenziere  —  sul  Tea- 
tro —  il  nostro  brillante  collega  Paolo 
Pallavicini-Pirovano,  romanziere,  com- 
mediografo  e  critico   distinto.   Poi   fu 


476 


IL   CARROCCIO 


fatta  musica  squisita,  in  cui  furono 
acclamati  il  baritono  Mario  Laurenti 
del  Metropolitan,  la  pianista  Ada  Dal 
Vagos-Lombardi,  e  la  signorina  Man- 
na. La  serata  deliziosa  culminò  in  dan- 
ze vivaci.  Le  sale  della  Lega  Musicale 
Italiana  sono  destinate  a  diventare  la 
sede  di  convegno  intellettuale  del  mi- 
glior elemento  della  Colonia. 

***  Mrs.  J.  M.  Metcalf  ha  donato 
alla  Scuola  di  Disegno  di  Providence, 
R.  I.,  un  dipinto  di  pregio  rappresen- 
tante Sant'Antonio  Abate,  dovuto  a 
Spinello  Aretino. 

***  La  popolarità  di  Enrico  Caruso 
è  divenuta  immensa,  a  cagione  della 
generosa,  entusiastica  prestazione  che 
il  grande  artista  ha  dato,  instancabil- 
mente, a  tutte  le  opere  di  collabora- 
zione civile  alla  guerra.  I  suoi  con- 
certi di  beneficenza  non  si  contano  più; 
e  ogni  sua  apparizione  rappresenta  un 
magico  richiamo.  In  un  recente  con- 
certo all'Hippodrome  Caruso  ricevette 
dalle  mani  dell'ammiraglio  Usher,  co- 
mandante del  Dipartimento  navale  di 
New  York,  una  medaglia  d'oro  in  no- 
me della  Marina  di  guerra. 

***  A  Buffalo  venne  data  un'Aida 
eccezionale,  con  Antola,  giudicato  dal 
Buffalo  Express  con  queste  parole  :  "a 
fìner  Amonasro  than  that  of  Antola 
is  rarely  heard  or  seen".  Ottimi  Pie- 
tro de  Biasi  e  Natale  Cervi. 

***  A  Boston  è  morto  un  artista  di 
grande  talento,  il  romano  Palamede 
Raggi,  autore  di  ammirati  quadri  ed 
affreschi  in  diverse  chiese  di  Boston  e 
della  New  England.  Proveniva  dallo 
Istituto  di  S.  Michele  di  Roma.  —  Alla 
scrittrice  Amalia  Palmerio-Raggi  sua 
vedova  il  Carroccio  invia  parole  di 
conforto. 

***  Il  Verdi  Club  —  l'eletta  asso- 
ciazione artistica  fondata  e  presieduta 
da  quella  squisita  dama  ch'è  mrs.  Flo- 
rence Poster  Jenkins  —  ha  riaperto 
la  sua  serie  di  musicales  il  6  novem- 
bre al  Waldorf  Astoria.  Quest'anno 
il  Club  si  è  trovato  notevolmente  ar- 
ricchito di  socie  e  soci  :  prova  del  suo 
sviluppo  e  del  credito  acquistatosi  nel- 


la più  fine  società  metropolitana,  II 
prossimo  trattenimento  si  terrà  pure 
al   Waldorf  Astoria  il  6  dicembre. 

***  La  sera  della  riapertura  dell'O- 
pera la  sig.na  Almagià,  l'avvenente  e 
valente  cantatrice  che  spesso  abbiamo 
lodata,  presentava  ad  Enrico  Caruso 
una  statuetta  raffigurante  il  Divo  nelle 
vesti  di  "Sansone".  La  statuetta  fu 
modellata  dallo  scultore  P.  Piai,  arti- 
sta modesto  quanto  valoroso. 

***  Mascagni  s'accinge  a  scrivere  un 
Inno  in  onore  del  Popolo  d'America, 
che  dovrebbe  esser  eseguito  contempo- 
raneamente  qui   e   in   Italia. 

***  Si  parla  di  una  prossima  espo- 
sizione d'arte  industriale  veneta,  che 
dovrebbe  esser  aperta  prossimamente 
fra  noi,  sotto  il  patronato  dell'Amba- 
sciatore  e   dell'Ambasciatrice   d'Italia. 

***  La  Loubet  Opera  Company  ha 
fatto  recentemente  un  giro  per  varie 
città  degli  Stati  Uniti,  eseguendo  va- 
rie opere  italiane  con  artisti  di  bel  no- 
me, e  ottenendo  il  plauso  dei  giornali 
e   l'appoggio  del  pubblico. 

***  A  Filadelfia  è  morto,  improvvi- 
samente, il  maestro  di  canto  Alfonso 
Rosa,  che  portò  nell'insegnamento  la 
grazia  ammaliante  e  suadente  del  bel 
canto  italiano.  Artista  squisito  e  gen- 
tiluomo, scompare  con  Alfonso  Rosa 
una  dei  veramente  egregi  rappresen- 
tanti dell'arte  musicale  italiana  in  A- 
merica.  Scriviamo  queste  righe  affret- 
tate e  commosse  col  più  sincero  com- 
pianto per  l'amico  perduto. 

***  E'  morto  il  pittore  Paolo  Mus- 
sini,  noto  per  essersi  fatto  frate  dopo 
aver  raggiunto  ragguardevole  notorie- 
tà in  arte. 

***  In  questo  fascicolo  il  Carroccio 
inizia  nelle  sue  pagine  di  pubblicità 
la  pubblicazione  di  avvisi  con  nomi  e 
indirizzi  degli  artisti,  maestri  di  musi- 
ca e  canto,  impresari  ecc.  —  utilissimi 
a  chi  vuol  tenersi  a  contatto  del  mi- 
gliore elemento  italiano  e  di  quello  a- 
mericano  che  nel  Carroccio  trova  gui- 
da e  consiglio  per  quanto  rifletta  l'e- 
lemento italiano. 


GL'ITALlAyVI  /MEGLI  STATI  U/MITI 


La  vittoria  nazionale  ha  destato  nel- 
le Colonie  furore  patriottico  indicibi- 
le. Dovunqiie  feste,  cortei,  comizi,  di- 
scorsi, giubilo  trascinante. 

Non  è  possibile  fare  una  cronaca  di 
tutti  i  nostri  centri.  I  giornali  coloniali 
ne  son  pieni  ;  di  corrispondenze  ne  ri- 
ceviamo un'infinità.  Tenteremo  —  sep- 
pur ci  riuscirà  !  —  di  far  una  cronaca 
qualsiasi   nel    fascicolo   di   dicembre. 

***  Al  saluto  che  S.  E.  l'Ambascia- 
tore Macchi  di  Cellere  gli  rivolse  a 
nome  degl'Italiani  d'America,  S.  M. 
il  Re  ha  così  risposto  : 

—  Grazie  di  tutto  cuore  dell'affettuo- 
so, patriottico  saluto  rivoltomi  dagli 
italiani  d'America  nell'ora  gloriosa  dei 
compiuti   destini   d'Italia.  — 

Cosi,  al  saluto  dello  stesso  Amba- 
sciatore, rispondeva  il  Capo  dello  Sta- 
to Maggiore  della  Marina: 

—  A  Vostra  Eccellenza  ed  ai  fra- 
telli d'oltre  oceano  la  Marina  Italiana 
invia  vivi  ringraziamenti.  —  Thaon  di 
Revel. 

***  Dovunque  apparvero,  durante  la 
campagna  del  Liberty  Loan,  i  soldati 
italiani  venuti  dalle  trincee  —  tutti 
valorosi,  tutti  decorati  —  destarono 
ammirazione  negli  stranieri,  fanatismo 
tra  i  connazionali.  Ebbero  festosissime 
accoglienze  in  tutte  le  Colonie.  La 
Banda   dei   Granatieri   fece   furore. 

***  vSi  calcolano  a  20  milioni  di  dol- 
lari le  sottoscrizioni  italiane  al  Quarto 
Prestito  della  Libertà  nel  solo  distret- 
to di  New  York. 

***  I  prestiti  fatti  dal  Tesoro  degli 
Stati  Uniti  all'Italia  sommano  finora 
a  un  miliardo  e  250  milioni  di  dollari. 

***  Il  Columbus  Day  fu  osservato 
negli  Stati  Uniti  come  Liberty  Day, 
per  proclama  del  Presidente  della  Re- 
pubblica. —  A  New  York  fu  l'Italian 
Da}',  celebrato  con  uno  spettacolosis- 
simo corteo  capitanato  dal  Presidente 
Wilson.  Dall'Altare  della  Libertà  assi- 
stevano alla  sfilata  il  Governatore  del- 
lo Stato.  Whitman,  il  Sindaco  della 
Città.  Hylan,  l'Ambasciatore  Italiano  e 
uno  stuolo  di  alte  autorità  e  ufficiali 
di  tutte  le  nazioni.  Nel  corteo  ebbero 
enorme  successo  i  Bersaglieri  nostri 
che  sfilarono  a  passo  accelerato  e  an- 


che di  corsa  con  la  fanfara  squillante 
in  testa.  Mai  la  Quinta  Avcnue  vide 
spettacolo  più  belio!  Enorme  la  massa 
italiana  decoratasi  di  coccarde  e  ban- 
dierine tricolori  :  di  sicuro  oltre  300 
mila  persone. 

Qualche  ora  prima  del  corteo  fuvvi 
la  cerimonia  della  bandiera  italiana  is- 
sata  fra  le  altre  delle  nazioni   alleate 
dinanzi   all'Altare  della   Libertà. 

L'Ambasciatore  conte  di  Cellere  pro- 
nunciò un  applaudito  discorso  e  lesse 
il  messaggio  del  Columbus  Day  di  Or- 
lando al  Popolo  Americano  e  un  di- 
spaccio di  Diaz.  Il  generale  Gugliel- 
motti issò  la  bandiera  ;  la  signora  Tri- 
toni, consorte  del  Console  Generale 
di  New  York  depose  dinanzi  splendidi 
fiori.  _^ 

Nel  pomeriggio  fuvvi  il  grande  co- 
mizio italiano  del  Liberty  Loan,  orga- 
nizzato dal  comitato  presieduto  dal 
cav.  uff.  Lionello  Perera.  Anche  qui 
l'Ambasciatore  fu  acclamato  e  pronuu- 
ciò   un   discorso   applauditissimo. 

La  giornata  si  chiuse  poi,  trionfal- 
mente, col  grande  concerto  prò  no.stn 
soldati  ciechi  dato  alla  Metropolitan 
Opera  House  sotto  la  direzione  ge- 
nerale del  comm.  Gatti-Casazza  ;  il 
concerto  organizzato  dal  poeta  cava- 
liere Robert  Underwood  Johnson  e  dal 
pittore  cav.  Francesco  Paolo  Finoc- 
chiaro.  V'intervennero  il  Presidente 
Wilson,  la  sua  Signora  e  miss  Mar- 
garet Wilson,  l'Ambasciatore  d'Ital"ia 
e  quanto  New  York  ha  di  più  alto  nel- 
le sue  più  alte  sfere.  Non  si  ricorda 
a  New  York  una  festa  più  grande  in 
omaggio  all'Italia.  Cantò  Caruso  con 
superbo  slancio  patriottico  e  Mimi  A- 
guglia  recitò  in  inglese  facendosi  am- 
mirare per  la  perfetta  dizione  e  per 
l'arte  squisita.  La  Banda  dei  Grana- 
tieri ebbe  applausi  infiniti.  Il  coro  di- 
retto dal  cav.  S^tti  cantò  per  la  prima 
volta  in  America  Vlnno  delle  Nazioni 
di  Verdi.  Il  cav.  Forster  Carr  lesse 
al  pubblico  il  saluto  mandato  da  D'An- 
nunzio al  presidente  del  comitato,  poe- 
ta Johnson,  e  il  nobile  telegramma 
mandato  al  segretario  cav.  Finocchia- 
ro  dal  ministro  Colosimo.  —  II  con- 
certo rese,  fra  incasso  al  botteghino  e 
•sottoscrizioni  a!  prestito  americano  prò 
ciechi,  oltre  60  mila  dollari.  —  Il  Pre- 


478 


IL  CARROCCIO 


sifknte  Wilson,  la  sua  Signora  e  l'Am- 
basciatore manifestarono  il  proprio 
compiacimento  agli  organizzatori  del- 
la indimenticabile  serata  italo-america- 
tia,   cav.   Johnson   e   cav.   Finocchiaro. 

***  La  sera  dopo,  13  ottobre,  all'Ho- 
tel Astor,  la  Colonia  di  N.  Y.  —  au- 
spice la  sua  Camera  di  Commercio  — 
offri  il  banchetto  in  onore  degli  Alpi- 
ni, dei  Bersaglieri  e  dei  Granatieri  ve- 
nuti in  America  per  la  campagna  del 
Prestito  della  Libertà.  Parteciparonvi 
1500  connazionali.  V'intervenne  l'Am- 
basciatore con  uno  stuolo  di  autorità, 
ufficiali  e  rappresentanze.  Anche  que- 
sta fu  una  manifestazione  italiana  se- 
gnalatissima. 

Era  toastmaster  il  prof.  Alessandro 
Oldrini,  garibaldino  di  Mentana  e  uf- 
tlciale  d'ordinanza  all'Assedio  di  Pa- 
rigi. 

Parlarono:  il  Presidente  della  Ca- 
mera di  Oammercio  signor  Genserico 
Granata,  ch'ebbe  sentiti  scatti  orato- 
rii  applauditi;  il  console  generale 
comm.  Tritoni,  che  salutò  a  nome  del- 
la Colonia  l'Ambasciatore  conte  Mac- 
chi di  Cellere.  Indi  l'Ambasciatore, 
ch'ebbe  un'ovazione  clamorosissima, 
segno  dell'infinita  stima  di  cui^  è  cir- 
condato a  New  York,  pronunciò  il  di- 
scorso che  il  Carroccio  oggi  riproduce. 
Seguirono  l'on.  Bevione,  acclamato 
quando  augurò  alle  armi  italiane  di 
portarsi  oltre  l'Isonzo  prima  di  qual- 
siasi pace  o  armistizio;  per  la  munici- 
palità cittadina  l'on.  Smith;  pel  Comi- 
tato del  Liberty  Loan  il  chairman 
Hartigan  ;  il  generale  Guglielmotti,  vi- 
bratissimo ;  l'on.  senatore  Cotillo  che 
esaltò  lo  spirito  di  resistenza  della 
'nazione  italiana,  e  pei  soldati  festeg- 
giati il  capitano  degli  alpini  professor 
Lampugnaiii.  —  Durante  il  banchetto 
la  signorina  Maria  Almagià  cantò  as- 
sai bene  gl'iimi  delle  nazioni  alleate  e 
"Ritorna  vincitori"  deWAida,  riscuo- 
tendo enormi  applausi.  —  Poi,  sotto 
la  direzione  del  giudice  on.  Freschi, 
s'aprì  la  sottoscrizione  del  Liberty 
Loan.  Si  sottoscrisse  per  la  cifra  co- 
spicua di  3  milioni  e  972.350  dollari. 
Gran  plauso  s'ebbe  la  medaglia  com- 
memoratila dello  scultore  Ruotolo,  co- 
niata dalla  Ditta  Di  Sanza.  La  Sezione 
della  Giovine  Italia  e  i  Pour  Minute 
Men  italiani  offrirono  vini  e  sigari  ai 
soldati  ospiti.  11  sig.  Giulio  Cirrincione 
offrì  a  ciascuno  un  portasigarette  d'ar- 


gento. Le  ditte  L.  Calissano  e  Figli, 
Pessagno  e  Montresor  e  Luigi  Bosca 
e  Figli  concorsero  coi  loro  vini  alla 
migliore  riuscita  della  festa,  il  cui  suc- 
cesso devesi  particolarmente  al  comi- 
tato organizzatore  presieduto  dal  com- 
mendatore Antonio  Zucca,  avente  a 
segretarii  il  conte  avv.  Riccardo  Gat- 
teschi e  il  sig.  Arturo  Di  Pietro.  L'ar- 
tista-fotografo Ciervo  donò  a  ciascun 
milite  una  copia  della  fotografia,  che 
riproduciamo  nelle  pagine  illustrate, 
ricevendo  in  dono  da  ciascun  bersa- 
gliere una  piuma  :  gradito  ricordo  de- 
gli eroi  vincitori  del  Carso  e  del  Piave. 

***  La  Lega  Navale  tenne  un  rice- 
vimento in  onore  degli  ufficiali  italiani 
ospiti  degli  Stati  Uniti,  la  mattina  del 
13  ottobre,  al  quale  intervennero  an- 
che il  generale  Guglielmotti  e  il  con- 
trammiraglio Lovatelli.  Parlarono  ìT 
cav.  Ziniti,  il  generale  Guglielmotti,  il 
vice-console  cav.  Domenico  Marino, 
l'avv.  Ferrari.  —  Seguì  un  luncheon  al 
P!aza. 

***  Quest'anno  la  festa  genetliaca 
del  Re  è  stata  celebrata  nelle  Colonie 
con  moltiplicato  entusiasmo.  Nello 
stesso  giorno  tutti  gli  Stati  Uniti  esul- 
tavano all'annunzio  del  firmato  armi- 
stizio  in    Francia. 

A  Washington  vi  fu  un  grande  ri- 
cevimento  all'Ambasciata. 

A  New  York  la  Lega  Navale  inau- 
gurò nella  sua  nuova  sede  un  busto 
in  bronzo  del  Re  Democratico  e  il  Ti- 
ro a  Segno  Nazionale  tenne  il  tradi- 
zionale suo  banchetto. 

Alla  Lega  parlarono  il  presidente- 
fiduciario  cav.  Giorgio  Ziniti  e  il  capi- 
tano Mario  Baratelli.  Il  vice-console 
dr.  Mariani  rappresentava  il  console 
comm.  Tritoni .  Poi  fuvvi  un  riuscito 
concerto  diretto  dal  maestro  cav.  Lo 
\'erde,  cui  parteciparono  la  signorina 
E.  La  Gambina,  la  signorina  Masse- 
net-Mosconi,  il  tenore  Vogliotti,  il  ba- 
ritono M.  A.  Rossini. 

II  banchetto  del  Tiro  a  Segno  venne 
presieduto  dal  cav.  Ercole  Locatelli. 
in  divisa  di  soldato  semplice.  Parlaro- 
no: il  console  comm.  Tritoni.  G.  Al- 
magià, triestino,  il  dottor  A.  C.  Bona- 
schi,  manager  dell'Italian  Bureau  del 
Committee  on  Public  Information  e 
il  sig.  Vicenzi. 

***  La  convenzione  militare  italo- 
americana  è  entrata  in  vigore  il  12 
novembre.  —  Presso  l'Ambasciata  fun- 


GI^'lTALTANI   NEGLI  STATI  UNITI 


479 


ziona  la  commissione  speciale  per  gli 
esoneri  temporanei  al  quale  per  mez- 
zo dei  consoli  devono  essere  dirette 
tutte  le  domande. 

***  Con  solenne  cerimonia  all'Aca- 
dem}^  of  Music  di  Brooklyn  la  Società 
Indipendente  Milazzo  fece  la  sera  del 
17  ottobre  la  consegna  della  spada  di 
onore  e  d'un  indirizzo  in  pergamena 
destinati  al  conterraneo  Luigi  Rizzo, 
il  vincitore  di  Premuda.  Presente  l'am- 
miraglio Usher,  rappresentante  il  mi- 
nistro della  Marina  americana  Da- 
niels, la  spada  e  la  pergamena  furono 
rimesse  nelle  mani  del  generale  Gu- 
glielmotti venuto  appositamente  da 
Washington  in  rappresentanza  dello 
Ambasciatore   d'Italia. 

L'orazione  ufficiale  venne  pronuncia- 
ta da  Agostino  de  Biasi.  al  quale  ri- 
spose il  generale  Guglielmotti.  Dopo 
che  ebbe  parlato  l'amm.  Usher,  prese 
la  parola  il  vice-console  cav.  Domenico 
Marino. 

Presiedette  la  cerimonia  il  signor  P. 
Zanghi,  presidente  della  "Milazzo". 

La  spada  con  elsa  d'oro  viene  porta- 
ta ora  in  Italia  al  Comandante  Rizzo 
dal   generale   Pasquale  Tozzi. 

***  Alla  First  Field  Artillery  Armo- 
ry  —  sotto  gli  auspici  del  comitato 
deirUnited  War  Work  Campaign,  e 
ad  iniziativa  del  sig.  Edgar  Perera, 
direttore  dei  trattenimenti  delle  na- 
zioni alleate — venne  celebrata  la  vitto- 
ria italiana  con  un  artistico  corteo  ri- 
producente  le  Città  Italiane  alfine  ri- 
congiunte aUa  patria.  Al  vestiario  prov- 
vide la  cortesia  inesauribile  del  com- 
mendatore Gatti-Casazza,  direttore  ge- 
nerale del  Metropolitan.  Parlarono  il 
generale  Guglielmotti  e  il  giudice  ono- 
revole Freschi.  Cantò  il  tenore  com- 
mendatore Ferrari-Fontana. 

***  Il  presidente  della  Lega  Navale 
spediva  il  19  novembre  al  Presidente 
Orlando  il  seguente  cablogramma  :  — 
Aprendosi  il  Parlamento  i  consoci  del- 
la Lega  Navale  Italiana  del  Nord  Ame- 
rica pregano  Vostra  Eccellenza  rasse- 
gnare a  Sua  Maestà  il  Re,  al  Governo, 
ai  rappresentanti  del  Popolo,  ai  Capi 
dell'eroico  Esercito  e  dell'ardita  Marina 
da  guerra  e  mercantile  la  loro  devo- 
zione e  la  riconoscenza  per  la  conse- 
guita completa  unità  d'Italia  per  virtù 
di  popolo  e  per  governo  di  Casa  Sa- 
voia, segnacolo  di  libertà.  —  Cav.  Gior- 
gio Ziniti.  — 


***  Per  essere  mandati  ai  fratelli 
bisognosi  delle  terre  redente,  l'Amba- 
sciatore Di  Cellere  ha  ricevuto  dai 
connazionali,  in  brevissimi  giorni,  200 
mila  lire,  che  tosto  vennero  spedite  te- 
legraficamente al  primo  ministro  Or- 
lando. 

***  Il  dr.  Fernando  Cuniberti,  ad- 
detto alla  R.  Ambasciata  di  Washing- 
ton, con  indovinata  idea,  ha  raccolto 
in  un  volume  :  lialy's  prohlems  and 
achievcmcnfs  un  gruppo  di  articoli  e 
discorsi  pubblicati  e  pronunciati  da 
italiani  ed  americani  sull'Italia  e  suoi 
problemi  di  guerra.  Il  volume  ha  una 
introduzione  del  chiaro  comm.  Wil- 
liam Roscoe  Thayer.  Ottima  pubbli- 
cazione di  propaganda. 

***  Nella  chiesa  dei  Francescani  in 
SulHvan  Street,  N.  Y.,  fu  cantato  un 
solenne  Te  Deum  per  la  vittoria  ita- 
liana, con  l'intervento  delle  autorità, 
di  ufficiali  e  rappresentanze.  Pronun- 
ciò uno  smagliantissimo  discorso  Pa- 
dre Ferdinando   Farri. 

***  A  sostituire  come  addetto  na- 
vale alla  R.  Ambasciata  di  Washing- 
ton il  comandante  Vannutelli,  è  venu- 
to il  contrammiraglio  marchese  Mas- 
similiano LovateUi,  distintissima  figu- 
ra di  marinaio. 

***  Il  comm.  G.  N.  Francolini,  pre- 
sidente del  Comitato  newyorkese  della 
Dante,  inviò  due  sentiti  dispacci  al 
generale  Diaz  e  all'Ambasciatore. 
'^  Anche  la  Giovine  Italia  inviò  un  di- 
spaccio a  S.  E.  Orlando. 

***  Nel  lasciare  Washington  e  New 
York,  gli  ufficiali  della  Alissione  cui 
per  tre  anni  fu  a  capo,  ofifrirono  al 
generale  Pasquale  Tozzi  due  cordia- 
fissimi  pranzi  di  addio.  In  quello  di 
Washington  pronunciò  parole  di  e- 
strema  ammirazione  e  di  riconoscenza 
per  il  bene  fatto  dal  Tozzi  all'Eserci- 
to e  alla  causa  nazionale,  il  generale 
Guglielmotti. 

***  Il  cav.  dr.  Zuculin.  console  d'I- 
talia a  New  Orleans,  giungeva  il  12 
ottobre  questo  dispaccio  dalla  natia 
l^rieste:  —  -Mia  grande  città,  dove 
un  cittadino  di  Trieste  rappresenta  ri 
Governo  d'Italia.  l'Associazione  degli 
Italiani  irredenti  di  Trieste,  l'Istria  e 
la  Dalmazia,  manda  un  saluto  augu- 
rale nel  giorno  di  Colombo  che  uni- 
sce nella  stessa  gloria  l'Italia  e  l'A- 
merica ed  esprime  fiducia  nel  trionfo 


4iio 


Ih  CARROCCIO 


della  Libertà.  —  Giorgio  Pitocco,  de- 
putato di  Trieste.  — 

I!  dr.  Zuculin  comunicò  il  telegram- 
ma al  Sindaco  di  New  Orleans,  che 
significò  vivo  compiacimento  pel  gen- 
tile omaggio. 

***  Il  prof.  Vittorio  Falorsi,  addet- 
to alla  R.  Ambasciata,  ebbe  un  calo- 
roso successo  oratorio  il  29  ottobre  al 
Metropolitan  Club  di  New  York,  dove 
venne  a  parlare  nell'adunanza  del 
Council  of  Foreign  Relations  che  stu- 
dia i  problemi  di  ricostruzione  in  Eu- 
ropa. Fece  una  chiara  e  convincente 
esposizione  dei  bisogni  dell'Italia. 

***  Sotto  gli  auspici  dell'Archaeolo- 
gical  Institute  of  America  di  N.  Y.,  il 
18  ottobre,  alla  Columbia,  il  profes- 
sore Walton  Brooks  McDaniel  della 
Università  di  Pensilvania,  tenne  una 
interessante  conferenza  illustrata  su 
quanto  ancora  sopravvive  della  vita 
antica  nell'Italia  d'oggi  :  Rcminders  of 
Life  in  Modem  Italy.  Al  Carroccio  è 
stato  accordato  il  privilegio  di  pubbli- 
care presto  quanto  disse  l'illustre  ora- 
tore. 

***  Il  cav.  G.  B.  Vitelli,  figura  tanto 
eminente  del  mondo  commerciale  ita- 
lo-americano e  nostro  apprezzato  col- 
laboratore, inviò  il  seguente  telegram- 
ma all'Ambasciatore  conte  di  Cellere  : 

—  Esultante  compiuta  unità  italiana 
per  virtià  delle  nostre  gloriose  armate 
di  terra  e  di  mare,  voglia  Vostra  Ec- 
cellenza gradire  omaggi  mia  sincera 
devozione.  — 

S.  E.  l'Ambasciatore  subito  rispose  : 

—  Compiacciomi  nobili  sensi  patri  ma- 
nifestati suo  telegramma  e  ringrazio 
cortesi  espressioni  rivoltemi  in  questa 
ora  di  giubilo  nazionale.  —  Macchi  di 
Cellere.  — 

***  Nelle  elezioni  di  novembre  sono 
stati  rieletti  con  ottime  votazioni  a 
New  York  il  congressman  on.  avA'o- 
cato  Fiorello  La  Guardia  (14.  distret- 
to) ;  l'on.  avv.  Salvatore  Cotillo  e  on. 
ax'v.  Cesare  Barra  rispettivamente  al 
Senato  e  all'Assemblea  dello  Stato  di 
.\'ew  York.  —  Rallegramenti  ai  tre 
ottimi  amici  nostri. 

***  E'  stata  conferita  la  croce  di 
cavaliere  della  Corona  d'Italia  ad  uno 
dei  più  degni  campioni  del  lavoro  ita- 
lo-americano —  al  ricco  sarto-indu- 
striale Almerindo  Portfolio,  che  s'è 
fatto  tanto  apprezzare  per  il  largo 
contributo  dato  alle  opere  di  assisten- 


za di  guerra.  —  Il  cav.  Portfolio  è  uno 
dei  pili  ardenti  amici  e  sostenitori  del 
Carroccio,  che  gli  manda  cordialissime 
felicitazioni. 

***  Trovasi  in  America  il  professo- 
re Raffaele  Bastianelli,  uno  dei  più 
illustri  chirurghi  d'Italia,  festeggiatis- 
simo  dai  suoi  colleghi  stranieri  e  con- 
nazionali. 

***  Al    senatore    on.    Salvatore   Co- 
tillo, appena  ritornato  dall'Italia  dove 
svolse    per    conto    del    governo    ame- 
ricano  una   laboriosa      propaganda   di 
guerra,  la  Colonia  volle  significare  la 
sua  simpatia  con  un  grande  ricevimen- 
to   datogli   all'Harlem    River    Park.    Il 
console    comm.    Tritonj       presentò    al 
simpatico    parlamentare   italo-america- 
no   le    insegne    della    commenda    della 
Corona   d'Italia.   Altri    oratori    furono 
l'on.  Alfredo  Smith,  testé  eletto  gover- 
natore   dello    Stato    di    New   York  ;  il 
Presidente  della  Camera  di   Commer- 
cio   Italiana    sig.    G.    Granata  ;    l'avvo- 
cato Miele  ;  il  giudice  Walker  ;  l'avvo- 
cato Ferme  ;  l'on.  giudice  Freschi  ;  l'o- 
norevole Hnbbard  ;   il  cap.  cav.   Sapel- 
li  ;   l'on.  giudice  Wagner.  —  Il  presi- 
dente del  comitato  ing.  Caggiano  pre- 
sentò  al    festeggiato   una   coppa   d'ar- 
gento. —  Il  comitato  aveva  a  solerte 
segretario  il  notaio  Carmelo  Amoruso. 
***  Il  5  novembre,  a  soli  due  giorni 
di    distanza    dall'annuncio    della    libe- 
razione di  Trento  e  di  Trieste,  il  ca- 
valiere   Giuseppe    Gentile,    console    di 
Denve.-,   Colo.,  ebbe  il  piacere  di  po- 
tere inviare  al  suo  congiunto  generale 
.Antonino    Di   Giorgio,  comandante   di 
armata    e    deputato    al    Parlamento,  il 
seguente  telegramma  :  —  Quale  testi- 
monianza    ammirazione     connazionali 
ni'o  distretto  consolare  verso  valoroso 
Esercito    italiano     invioti    telegrafica- 
mente  a    mezzo    Credito    Italiano    lire 
sessantacinquemila  che  vorrai  far  per- 
venire  Comando    Supremo   onde   ven- 
gano  distribuite   in   premio   eroici    no- 
stri soldati  in  quel  modo  che  Comando 
stesso  e  tu  crederete  più  conveniente. 
Viva   l'Italia   ora   e   sempre!   — 

Le  lire  sessantacinquemila  vennero 
raccolte  mercè  una  sottoscrizione  pro- 
mnss.a  subito  dal  Console. 

***  Nel  gran  mondo  metropolitano 
ha  fatto  rumore,  per  l'elevata  posizio- 
ne degli  sposi,  il  matrimonio  del  pit- 
tore cav.  Francesco  Paolo  Finocchia- 
ro   con   mrs.   Florence   Angeli    Mason, 


GIv  ITALIANI   NEGLI   STATI  UNITI 


481 


ricca  dama,  figura  distintissima  del- 
l'alta società  newyorkese.  —  Il  cava- 
liere Finocchiaro  è  noto  pei  suoi  qua- 
dri e  ritratti  che  decorano  i  migliori 
ambienti  di  Parigi  e  New  York.  E'  no- 
to il  ritratto  a  posa  che  fece  di  Papa 
Pio  X,  e  ammiratissima  è  la  sua  Ma- 
dflnna  che  decora  il  suo  sontuoso  stu- 
dio al  n.  44  West  77th  Street.  —  Le 
nozze  vennero  celebrate  da  monsignor 
Ferrante  ;  compare  d'anello  fu  il  dottor 
Vincenzo  Jannuzzi.  —  Il  Carroccio 
manda  le  più  cordiali   felicitazioni. 

***  I  connazionali  di  Alontreal  han- 
no fatto  coniare  artistiche  medaglie 
d'oro  in  onore  del  Comandante  Rizzo 
e  dei  suoi  marinai,  eroi  di  Premuda. 
Esse  verranno  rimesse  agli  arditi  del- 
l'Adriatico dal  Ministro  della  Marina. 
L'iniziativa  si  deve  al  cav.  RafiFaele 
Mandato,  benemerito  presidente  della 
Società    di    Beneficenza    Italiana. 

***  Il  nostro  amico  e  collaboratore 
Francesco  Albano,  recatosi  in  Italia  a 
fare  il  suo  dovere  di  soldato,  appena 
giunto  in  Italia,  versò  al  Prefetto  del- 
la provincia  di  Cagliari  —  dove  l'Al- 
bano possiede  i  caseifici  che  mandano 
in  America  la  loro  ricercata  produzio- 
ne —  la  somma  di  lire  4500,  che  venne 
distribuita  a  diverse  opere  d'assistenza 
della  guerra.  Così  l'ottimo  connaziona- 
le continua  a  dar  concorso  pecuniario 
ai  bisogni  della  guerra,  ai  quali,  fin 
dal  1914.  contribuisce  generosissima- 
mente.    Esempio    di    verace    patriotti- 


smo 


***  Il  22  dicembre  ricorre  il  primo 
anniversario  della  morte  della  com- 
pianta Madre  Cabrini,  la  meravigliosa 
suora  fondatrice  delle  Missionarie  del 
Sacro  Cuore  che  fondaron  con  lei  57 
orfanotrofi,  ospedali,  sctiole  italiane, 
in  Francia,  Spagna  e  ne'le  Americhe. 
La  memoria  dell'elettissima  Donna 
quel  giorno  sarà  più  \'iva  fra  quanti 
la  sostennero  nella  sua  opera  benefica 
italianissima  e  fra  quanti  dei  suoi  isti- 
tuti si  giovarono.  —  A  Denver,  Colo., 
viene  eretto  in  memoria  della  grande 
benefattrice  un  nuovo  orfanotrofio,  del 
quale  lo  scorso  giugno  fu  collocata  la 
prima  pietra.  Pel  22  dicembre  si  a- 
spetta  che  le  offerte  raggiungano  i 
centomila  dollari  necessari  al  comple- 
tamento dell'edificio. 

**♦  La  dimostrazione  della  vittoria 
italiana  a  Easton.  Pa.,  venne  organiz- 
zata dal  rev.  dr.  Giovanni  Daraio.  pre- 


sidente d'un  attivo  comitato.  Fuvvi 
corteo  e  banchetto.  Vi  parteciparono 
autorità  americane,  uomini  politici,  ma- 
gistrati. 

***  La  istituzione  a  New  York  di 
una  grande  banca  italiana,  sul  tipo  e 
in  rapporto  con  la  grande  Banca  d'I- 
talia di  San  Franci.sco,  può  dirsi  fatto 
compiuto.  Il  comitato  organizzatore  ha 
già  acquistato  per  conto  degli  azioni- 
sti della  istituenda  Banca,  il  controlling 
interest  della  nota  Fast  Ri  ver  Bank. 
Appena  l'autorità  avrà  dato  gli  op- 
portuni consensi,  la  Banca  d'Italia  di 
New  York  inizierà  la  sua  apertura,  che 
sarà  pei  primi  dell'anno  prossimo.  Il 
comitato  che  coadiuva  il  sig.  Amedeo 
P.  Giannini,  presidente  della  Banca 
d'Italia  di  San  Francisco,  invitato  a 
New  York  per  dirigere  e  consigliare, 
è  composto  dal  sig.  Genserico  Grana- 
ta, presidente  della  Camera  di  Com- 
mercio Italiana  ;  dal  sig.  Francesco  Al- 
bano, dal  sig.  Luigi  Costa,  dal  signor 
Frank  Zunino.  dall'avv.  Martin  Wech- 
sler. 

***  La  Società  Musicale  Mascagni 
ha  mandato  questo  dispaccio  al  Gene- 
rale Diaz:  —  Società  Mu?ica_^e  Ma- 
scagni inneggia  trionfo  Esercito  che 
anim.ato  da  valoroso  Re  e  guidato  voi 
condottiero  mirabile  circonda  immen- 
sa gloria  Italia.  —  Prof.  Giuseppe  Gua- 
ri-'i.    Presidente. 

La  stessa  Società  fra  le  ultime  atti- 
vità patriottiche  conta  quella  di  avere 
sottoscritto  al  Prestito  della  Libertà  e 
di  avere  acquistato  grande  quantità  d; 
francobolli  di  guerra. 

***  Il  sac.  prof.  avv.  G.  B.  Nicola  è 
giunto  a  Washington,  nuovo  segretario 
della  Delegazione  Apostolica  colà.  E" 
un  giovane  prelato  di  eccezionale  va- 
lore. 

***  Al  Fabio  della  Terza  Italia  — 
che  con  serenità  attere  —  l'ereditario 
nemico  al  Piave  —  riportando  fulgida 
vittoria".  E'  la  dedica  dettata  dal  dottor 
\''incenzo  .Antonio  Lapenta,  per  la  me- 
daglia d'oro  che  la  Colonia  di  Tndla- 
nanolis  ha  voluto  rimettere  al  Gene- 
rale Diaz,  omaggio  d'ammirazione  e 
di  riconoscenza.  —  Diaz  ha  risposto 
vivamente  ringraziando  del   dono. 

***  Una  nuova  grande  compagnia 
marittima  pel  commercio  dei  frutti  del 
tropico  è  stata  formata  sotto  la  ra- 
gione sociale  di  S.  Di  Giorgio  &  Co.. 
Inc.  N'è  presidente  e  general  manager 


482 


IL   CARROCCIO 


il  sig.  Salvatore  Di  Giorgio,  il  cui  no- 
me è  di  grandissima  considerazione 
nel  mondo  americano  ;  tesoriere  è  mr. 
A.  J.  McDonnell  ;  Jas.  A.  Fechtig,  se- 
gretario. Fra  i  direttori  sonvi  :  il  cava- 
liere Almerindo  Portfolio,  il  cav.  Do- 
menico Truda  e  il  cav.  Peter  McDon- 
nell, agenti  della  Transatlantica  Ita- 
liana. 

***  L'avv.  E.  Paul  Vaselli,  assistant 
U.  S.  attorney  e  capo  dei  Four  minu- 
tes  vien  italiani  di  New  York,  richie- 
sto dall'autorità  americana,  si  recò  in 
Boston  a  organizzare  nei  distretti  ope- 
rai di  colà  diversi  meetings  patriotti- 
ci, per  neutralizzare  la  propaganda  te- 
desca che  tentava  di  farsi  strada  nel 
nostro  elemento.  Venne  coadiuvato 
dalla  signorina  Amy  Bernardy,  dal 
cap.  cav.  Sapelli,  dal  rag.  Ubaldo  Gui- 
di e  da  comitati  locali  presieduti  dai 
sigg.  A.  A.  Badaracco,  C.  De  Simone. 

***  L'avv.  Matteo  Teresi  di  Roche- 
ster, N.  Y.,  ha  pubblicato  interessan- 
tissime pagine  :  IDalla  educazione  mo- 
rale alla  educazione  politica.  Il  Teresi 
è  fra  i  più  colti  emigrati  negli  Stati 
Uniti  :  forte  ingegno  e  sostenuto  ca- 
rattere. 

***  II  prof.  Antonino  Palisi  ha  pub- 
blicato in  nitida  edizione,  pei  tipi  Cap- 
pabianca,  il  suo  discorso  sulla  Missio- 
ne della  Donna,  detto  il  24  agosto  ul- 
timo in  commemorazione  di  Maria  De- 
mo, madre  compianta  del  rev.  P.  De- 
mo, provinciale  degli  Scalabriniani  in 
America.  Nella  stampa  il  discorso  ri- 
vela bellezze  nuove,  non  tutte  potute 
cogliere  da  chi  l'udì  dalla  bocca  del 
chiaro  oratore  e  letterato. 

***  Il  nostro  agente  consolare  di 
Welland,  Ont.,  Canada,  sig.  Danova- 
ro,  è  stato  strenuo  propagandista  del 
quinto  prestito  di  guerra  canadese. 
Tenne  conferenze  in  molte  fabbriche 
e  riuscì  a  far  sottoscrivere  per  varie 
centinaia  di  migliaia  di  dollari. 

***  La  prima  ditta  italiana  che  ab- 
bia caricato  merci  sul  piroscafo  Piave, 
varato  con  tanta  solennità  patriottica 
il  7  settembre  scorso  a  Kearny,  N.  J., 
è  stata  quella  dei  sigg.  Borrelli  e  Vi- 
telli —  produttrice,  lavoratrice,  espor- 
tatrice di  coralli  —  401  Broadw^ay. 
New  York. 

***  Dal  rapporto  comparativo  delle 
Banche  dell'Associazione  di  Risparmio 
di  San  Francisco,  si  rileva  che  la  Ban- 


ca Popolare  Fugazzi  in  due  mesi  — 
luglio  e  agosto  —  aumentò  le  sue  at- 
tività per  ben  542.659,92  dollari,  por- 
tando il  totale  del  suo  bilancio  a  dolla- 
ri 11.608.221,37;  fatto  questo  ancora 
più  significante  per  quanto  si  pensi  che 
la  Banca  Popolare,  la  più  giovane,  ha 
oltrepassato  sette  delle  istituzioni  ban- 
carie più  vecchie  di  quella  città  ed  ha 
avuto,  in  proporzione  al  capitale,  il 
maggiore  incremento  di  tutte  le  Ban- 
che di  Risparmio  di  San  Francisco. 
—  Non  possiamo  non  compiacerci  di 
questo  col  suo  Presidente  sig.  F.  N. 
Belgrano.  sostegno  formidabile  del  po- 
tente istituto  da  lui  fondato  e  diretto. 

***  Con  successo  artistico  che  va 
notato  con  parole  di  compiacimento, 
s'inaugurò  il  20  ottobre  nell'auditorium 
di  Santa  Clara,  436  W.  36th  Street, 
N.  Y.,  il  club  artistico  Giosuè  Borsi 
diretto  dal  violinista  Mario  Fresali.  Il 
Club  svolse  uno  scelto  programma  di 
fine  musica.  —  La  formazione  del 
Club  si  deve  agl'incoraggiamenti  di  P. 
Ruggero  Passeri. 

***  La  Società  Croce  Rossa  Italiana 
di  Winnipeg,  Canada,  ha  inviato  testé 
in  Italia  un  vaglia  di  io  mila  lire,  a 
poca  distanza  da  un  altro  di  20  mila 
spedito  tempo  fa.  In  tutto,  il  sodalizio 
ha  finora  mandato  50  mila  lire,  e  altre 
ne  sta  raccogliendo.  —  La  Società  fun- 
ziona con  l'autorizzazione  dell'agente 
consolare  Barattieri  di  San  Pietro.  Ha 
a  presidente  onorario  il  venerando  pa- 
triota E.  .  Martinucci,  ch'ebbe  l'onore 
dell'amicizia  di  Mazzini  a  Londra;  a 
presidente  effettivo  l'avv.  A.  J.  Costi- 
gan;  a  vice-presidenti  E.  Marchetti  e 
P.  Cancilla  ;  a  tesoriere  F.  Nesti.  a  se- 
gretari i  solerti  F.  Bianchi  ed  Euge- 
nio Celio  ;  a  membri  A.  Carelli,  J.  Co- 
velli.    T.   Badali.  _ 

La  Società  inviò  un  telegramma 
a  Orlando,  per  la  vittoria  delle  armi 
italiane. 

Il  segretario  sig.  Celio,  a  nome  an- 
che della  Società  Roma  si  fece  inter- 
prete sulla  locale  Free  Press  dell'en- 
tusiasmo della  Colonia  di  Winnipeg 
esultante   di  gloria  nazionale. 

***  Nel  dare  notizia,  nello  scorso 
fascicolo,  dell'uscita  a  Chicago  della 
Camicia  Ro~sa,  la  dicemmo  diretta  an- 
che dal  prof.  Luigi  Carnovale.  Il  Car- 
novale —  ci  scrive  —  non  ha  nessun 
rapporto  con   la   pubblicazione. 


f)AL  PLAUST'RO 

Telegrammi  del  3  novembre 

A  S.  E.  l'Ambasciatore  d'Italia,  conte  Macchi  di  Cellere,  Washington: 
Gloria  all'Italia  nostra  vittoriosa!  —  Agostino  de  Biasi,  direttore  dei 
Carroccio. 


Ad  Agostino  de  Biasi,  direttore  del  Carroccio: 
Si',  gloria  immortale  all'Italia!  —  Cellere. 

*  *  * 
Il  perche'. 

E'  facile  comprendere  il  perchè  questo  Carroccio  esce  in  ritardo.  Il  fascì- 
colo era  già  pronto  in  tipografia  per  essere  fuori  ai  primi  di  novembre  :  tutto 
di  articoli  e  di  comenti  che  —  chi  poteva  mai  supporre  tanta  precipitazione 
di  eventi?  —  furono  in  un  attimo  sorpassati  dalla  vittoria  italiana,  dallo  sfa- 
sciamento dell'Austria,  dal  crollo  germanico  —  dagli  armistizi,  dalla  celebra- 
zione della  pace. 

Così,  a  farlo  uscire  com'era  pronto,  sarebbe  stato  un  numero  di  preistoria. 
Invece,  il  Carroccio  tiene  all'attuaHtà  ;  tiene,  pel  suo  precipuo  carattere  di  pro- 
paganda, allo  studio  e  alla  discussione  immediata  del  problema  del  giorno. 

Insomma,  oggi  si  ripara  al  ritardo,  e  si  dà  al  lettore  un  Carroccio  up  to  date, 
un  Carroccio  tutto  luci  e  chiaroscuri  che  presentano  la  vittoria  italiana  nei 
suoi  pili  spiccati  profili. 

Poi,  avremo  il  Numero  della  Vittoria  —  lo  straordinario  Numero  di  Natale. 

Aspettatelo  ! 

*  *  * 

L'-A.BB0NAMENT0    IQIQ. 

Raccomandiamo  di  leggere  le  prime  due  pagine  della  sezione  colorata  di 
questo  fascicolo.  Si  parla  dell'Abbonamento  della  Vittoria  ;  dell'Abbonamento- 
dono  ;  della  rinnovazione  degli  abbonamenti  ;  dell'aumento  a  4  dollari  dell'ab- 
bonamento al  Carroccio  pel  1919.  Sono  parole  che  rivolgiamo  a  quanti  amano 
e  si  sono  appassionati  all'opera  bella  che  questa  Rivista  compie. 

Si  leggano  e  si  agisca! 

*  *  * 

Giudizi. 

Dal  Risveglio  Italiano  di  Parigi:  —  Il  Carroccio,  magnifica  rivista  italiana 
che  tiene  alto  a  New  York  e  in  tutti  gli   Stati  Uniti  il  vessillo  dell'italianità 

—  Dair//a/ia  Meridionale,  rivista  di  Napoli  :  —  Il  Carroccio,  la  magnifica, 
patriottica,  auspicale  rivista  italiana  di  New  York. 

—  Al  nostro  collaboratore  prof.  Oldrini  il  senatore  Angelo  Salmoiraghi 
scrive  da  Milano  :  —  Grazie  ed  evviva.  Ha  ragione.  Finalmente  !  Ai  palpiti 
suoi  rispondono  i  miei   pieni  di   fede. 

—  Dal  sig.  Antonio  Parente  ass.  manager  della  Monessen  Savings  and 
Trust  Company,  il  nostro  Direttore  riceve  :  —  L'arma  di  pura  italianità,  ch'ella 
ha  fatto  della  sua  interessante  Rivista,  brilla  sempre  più  di  luce  vivida,  in 
questi  giorni  in  cui  ogni  cuore  italiano  batte  palpiti  d'ansia  e  di  gioia  per  la 
diletta  e  grande  Italia  e  per  il  suo  potente  avvenire.  — 


484  IL   CARROCCIO 


Echi, 

La  Revue  Fìnancière  &  Economique  d'Italie,  che  si  pubblica  a  Roma  sotto 
la  direzione  del  comm.  Guglielmo  Mangili,  s'è  fatta  eco,  nel  mondo  internazio- 
nale in  cui  svolge  la  sua  propaganda  economica,  delle  idee  svolte  sul  Carroccio 
dal  nostro  egregio  collaboratore  cav.  G.  B.  Vitelli  sullo  incremento  da  darsi 
in  America  agli  articoli  italiani  di  lino  e  di  seta.  La  Revue  ha  riprodotto  inte- 
gralmente l'articolo  del  Vitelli  apparso  nel  nostro  fascicolo  di  luglio. 

Pure  dal  Carroccio  l'Italia  Meridionale,  nuova  rivista  ch'esce  a  Napoli 
sotto  la  direzione  dell'avv.  Nicola  Rubino,  riproduce  l'articolo  che  il  signor 
Francesco  Albano  vi  pubblicò  il  mese  di  maggio-giugno  :  Per  la  ripresa  delle 
esportazioni  italiane   in  America. 

Ci  fa  piacere  di  notare  che  anche  fuori  degli  Stati  Uniti  le  proposte  illu- 
minate e  pratiche  dei  nostri  collaboratori  vengano  discusse,  comentate  e  diver- 
se —  sappiamo  —  messe  sulla  via  di  essere  poste  in  pratica. 

Cosi  l'opera  incitatrice  e  propulsiva  del  Carroccio  si  va  compiendo  e  tra- 
ducendo in  utile  realtà  di   fatti. 

*  ♦  ♦ 
Dante  non  Leopardi. 

Una  distinta  scrittrice  americana.  Mrs.  Beulah  B.  Amram,  ci  avverte  da 
Filadelfia  che  il  verso  :  Libertà  va'  cercando,  ecc.  affìsso  al  disegno  pubblicato 
dal  Carroccio  nello  scorso  fascicolo,  a  pag.  315,  non  è  di  Leopardi,  come  ap- 
pare, ma  di  Dante. 

Precisamente.  Fu  svista  del  disegnatore  e  del  correttore. 

Prendiamo  atto  dell'avvertenza  della  nostra  lettrice  e  collaboratrice,  per- 
chè ci  dà  occasione  di  parlare  di  lei  ch'è  studiosissima  del  nostro  idioma,  della 
nostra  letteratura,  grande  adoratrice  dell'Italia  bella. 

♦  *  * 
Condoglianze. 

A  Roma  è  morto  il  prof.  Domenico  Orano,  fratello  del  nostro  illustre 
collaboratore  prof.  Paolo.  Scrisse  :  im  ampio  studio  sui  rioni  di  Roma  ;  //  sacco 
di  Roma  nel  1527;  //  problema  della  scuola  laica;  Pagine  critiche,  ecc. 


^EI  PROSSIMI  FASCICOLI: 

UN  FIORENTINO  CITTADINO  AMERICANO  —  del  comm.  Piero  Barbèra. 

IL  MORBO  TEUTONICO  —  del  cav.  prof.  Giuseppe   Cosenza. 

ALMA  PARENS  GENTIUM  —  note  e  appunti  dalle  trincee  di  Francia  del 
aott.  Alberto   Biondi,  appartenente  all'Esercito   Canadese   e  ferito   a  l.ens. 

RICORDI  PERSONALI  SU  PADRE  SECCHI  —  del  conte  Detalmo  di  Brassà. 

LO  STUDIO  DELLA  LINGUA  ITALIANA  NELLE  SCUOLE  AMERICA- 
NE —  del  prof.  Antonio  Marinoni  dell'University  of  Arkansas. 

L'ITALIA  DAL  '70  AD  OGGI  —  del  cav.  dr.  Gentile,  console  d'Italia  a  Denver. 


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STATEMENT  OF  THE  OWNERSHIP,  MANAGEMENT  CIRCULA- 

TION,  ETC,  REQUIRED  BY  THE  ACT  OF  CONGRESS 

OF  AUGUST  24.   1912.  OF 

Piihlìshcd  Monthly  at  New  York,  N.  Y.,  for  Oct.  ist,  T918 

State  of  New  York,  County  of  New  York  ss.  —  Ecfore  me,  a  Notary 
Public  in  and  for  the  State  and  county  aforesaid,  personally  appeared 
Agostino  de  Biasi,  who  having  been  duly  sworn  according  to  law,  deposes 
and  says  that  he  is  the  editor  of  the  IL  CARROCCIO  (THE  ITALIAN 
REVIÈW)  and  that  the  following  is,  to  the  best  of  his  knowledge  and 
behef,  a  true  statement  of  the  ownership,  management  (and  if  a  daily 
paper,  the  circulation),  etc,  of  the  aforesaid  pubHcation  for  the  date 
shown  in  the  above  caption,  required  by  the  Act  of  August  24,  1912,  ern- 
bodied  in  section  443,  Postai  Laws  and  Regulations,  printed  on  the  reverse 
of  this  form,  to  wit  : 

1.  That  the  names  and  addresses  of  the  publisher,  editor,  managing 
editor,  and  business  managers  are  : 

Publisher:  //  Carroccio  Publishing  Co.,  Inc.,   150  Nassau  st.,  N.  Y. 
Editor  :  Agostino  de  Biasi,   150  Nassau   st.,   N.  Y. 
Managing  Editor  :  Agostino  de  Biasi,  150  Nassau  st.,  N.  Y. 
Business  Manager:  Merio  de  Biasi,  150  Nassau  st.,  N.  Y. 

2.  That  the  owners  are  : 

Owner:  //  Carroccio  Publishing  Co.,  Inc.,  150  Nassau  st.,  N.  Y. 

Stockholders : 

P.  Roberto  Biasotti,  237  E.  ii6th  Street.  New  York  —  Dr.  Vincenzo 
Jannuszi,  26  Roosevelt  st.,  New  York  —  Agostino  de  Biasi,  150  Nassau 
Street,  New  York  —  Aw.  Alessandro  Caccia,  261  Broadway,  New  York 
— Antonio  Bove,  7  Touro  st.,  Providence,  R.  I.  —  Cav.  Arminio  Conte,  18 
Broadway,  New  York  —  Dr.  Nicola  Fusco,  Hillsville,  Pa. — Comm.  Enrico 
Caruso.  Metropolitan  Opera  House,  New  York  —  Dr.  Alfonso  Arcese, 
802  Kent  av.,  Brooklyn,  N.  Y. 

3.  That  the  known  bondholders,  mortgagees,  and  other  security 
holders  owning  or  holding  i  per  cent  or  more  of  total  amount  of  bonds, 
mortgages,  or  other  securities  are  :  None. 

4.  That  the  two  paragraphs  next  above,  giving  the  names  of  the 
owners.  stockholders,  and  security  holders,  if  any,  contain  not  only  the 
list  of  stockholders  and  security  holders  as  they  appear  upon  the  books 
of  the  company  hut  also,  in  cases  where  the  stockholder  or  security 
holder  appears  upon  the  books  of  the  company  as  trustee  or  in  any  other 
fiduciary  relation,  the  name  of  the  person  or  corporation  for  whom  such 
trustee  is  acting,  is  given;  also  that  the  said  two  paragraphs  contain  state- 
ments  embracing  affiant's  full  knowledge  and  belief  as  to  the  circums- 
tanccs  and  conditions  under  which  stockholders  and  security  holders  who 
do  not  appear  upon  the  books  of  the  company  as  trustees,  hold  stock 
and  securities  in  a  capacity  other  than  that  of  a  bona  fide  owner;  and 
this  affiant  has  no  reason  to  believe  that  any  other  person,  association, 
or  corporation  has  any  interest  direct  or  indirect  in  the  said  stock,  bonds. 
or  other  securities  than  as  so  stated  by  him. 

AGOSTINO  DE  BIASI,  editor. 
Sworn  to  and  subscribed  before  me  this  30th  day  of  Septeinber  1918. 
Joseph  W.  Guidi,  Notary  Public,  N.  Y.  County,  Register  n.  156  —   (My 
commission  expircs   March   30th,    1920). 


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